Camera dei deputati

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 gennaio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) stabilisce la lotta al cambiamento climatico quale obiettivo dichiarato della politica ambientale dell'Unione europea. Si prevede che, qualora non vengano adottate ulteriori misure volte a ridurre le emissioni, nel corso di questo secolo la temperatura globale media possa subire un aumento compreso tra 1,1 e 6,4 °C. Attività umane quali l'utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e l'agricoltura producono emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e fluorocarburi. Tali gas a effetto serra catturano il calore che viene irradiato dalla superficie terrestre e ne impediscono la dispersione nello spazio, provocando il riscaldamento globale;

    il riscaldamento globale ha provocato e provocherà fenomeni meteorologici estremi più frequenti (quali inondazioni, siccità, piogge intense e ondate di calore), incendi boschivi, scarsità delle risorse idriche, scomparsa dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare, mutamento dei modelli di distribuzione o persino estinzione di fauna e flora, malattie delle piante e parassiti, scarsità di alimenti e acqua potabile, nonché migrazione di persone in fuga da tali pericoli. La scienza dimostra che il rischio di un cambiamento irreversibile e catastrofico aumenterebbe in modo rilevante qualora il riscaldamento globale superasse i 2 °C – o anche solo i 1,5 °C – rispetto ai valori preindustriali;

    il Green deal europeo, il programma europeo per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, vuole dare impulso alla transizione ecologica in un'ottica di sostenibilità con un ambiente sano e una popolazione che possa aspirare, senza discriminazioni, a più che soddisfacenti condizioni di vita. Tutti i 27 Stati membri hanno assunto l'impegno di fare dell'Unione europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050;

    l'Unione europea ha approvato, nel dicembre 2020, un obiettivo riveduto di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In particolare, per conseguire tale ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili, e il 14 luglio 2021 ha presentato ai membri della Commissione ambiente del Parlamento europeo il pacchetto di proposte legislative denominato «Fit for 55 per cent», contenente 12 iniziative, sia di modifica di legislazioni esistenti sia di nuove proposte, tese a mettere in atto e realizzare tale maggiore livello di ambizione. Per raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e l'apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72 per cento al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100 per cento del mix energetico primario complessivo, in Italia ciò si traduce con un raddoppio nel 2030 dell'attuale quota del 38 per cento di produzione da Fer installando circa 65 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile;

    in questo modo si creeranno nuove opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione, ma anche per ridurre le emissioni, creare posti di lavoro e favorire la sostenibilità economica, affrontare il problema della povertà energetica, ridurre la dipendenza energetica dall'esterno, migliorare la salute e il benessere. Al tempo stesso, la trasformazione garantirà opportunità per tutti, in quanto sosterrà i cittadini vulnerabili affrontando le disuguaglianze e la povertà energetica e rafforzerà la competitività delle imprese europee;

    il metano ha un impatto sul riscaldamento globale maggiore rispetto a quello dell'anidride carbonica con un potenziale climalterante tra le 20 e le 30 volte superiore. In uno scenario business as usual le emissioni annuali di metano sono destinate ad aumentare fino al 2040. È pertanto necessario invertire la rotta con politiche decise diminuendo ogni anno le emissioni di circa 180 milioni di tonnellate tanto da risparmiare un aumento della temperatura globale di 0,3 °C al 2045. In termini di costi sanitari e sociali, equivarrebbe a prevenire nel mondo 260.000 morti premature, 775.000 visite in ospedale per asma, 73 miliardi di ore di lavoro risparmiate da ondate di calore estremo, salvare 25 milioni di tonnellate di coltivazioni altrimenti andate perdute ogni anno;

    le aziende partecipate dallo Stato Eni e Snam hanno il loro core business negli idrocarburi e pertanto, per definizione, ogni progresso di decarbonizzazione completa entrerebbe in contrasto con la mission delle due partecipate. Modificare la loro mission, adeguandola alla completa decarbonizzazione dei processi energetici, rappresenta l'unica soluzione per permettere prosperità alle suddette aziende di Stato;

    il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) stabilirà quali sono le aree idonee del Paese dove effettuare prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, tuttavia la sua approvazione è in forte ritardo rispetto a quanto stabilito dall'articolo 11-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, che ne prevedeva l'approvazione entro il 30 di settembre 2021 e, al momento, dopo l'intesa sancita con le regioni, manca ancora l'atto definitivo. Inoltre i documenti pubblicati sul sito del Ministero della transizione ecologica prevedono una zonizzazione delle aree il che indebolirà il valore del PiTESAI. Infine, dopo 3 anni è scaduta al 30 settembre 2021 la moratoria nei confronti dei nuovi progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi per cui le attività inquinanti finalizzate ad estrarre idrocarburi da nuovi giacimenti potrebbero riprendere. Tutto ciò rappresenta un netto arretramento dell'Italia nei confronti della transizione ecologica. Anche la proposta delle regioni di estrarre nelle aree idonee solo gas metano oltre a non essere in linea con il dettato costituzionale e la norma in questione in quanto non hanno competenza sulle zone a mare, è comunque impattante sull'ambiente, in quanto per verificare la presenza di idrocarburi in mare occorrono operazioni di prospezione e ricerca di idrocarburi che prevedono l'utilizzo di Air Gun fortemente e impattante sulla fauna marina;

    la narrazione condotta dai Governi italiani che ha portato alla costruzione del gasdotto TAP veniva motivata dalla necessità di ulteriore approvvigionamento di gas dall'estero per abbassare le bollette elettriche dei cittadini. Oggi invece il Ministro della transizione ecologica afferma che al fine di diminuire il costo delle bollette elettriche dei cittadini si dovrebbe diminuire l'approvvigionamento di gas importato dall'estero e aumentare la produzione nazionale. Tutto ciò oltre a rappresentare una evidente contraddizione non è corroborato da alcun dato scientifico dato per assodato che un eventuale incremento della produzione domestica italiana verrebbe scambiato a mercato secondo il livello di prezzo a cui si attesta in quel momento il mercato del gas italiano, ossia il PSV ed inoltre l'ambito di riferimento di tale dinamica non è solo il mercato italiano, ma quello europeo nel suo complesso, essendo i mercati di gas all'ingrosso strettamente interconnessi sia come scambi di volumi che come logiche di formazione del prezzo, per cui qualsiasi volume in tal senso dev'essere misurato su scala europea. Pertanto se ne deduce che un aumento di estrazione di idrocarburi in Italia di circa 4 miliardi di metri cubi annui rispetto l'attuale fabbisogno europeo di circa 400 miliardi di metri cubi annui, avrebbe un effetto ininfluente sul costo delle bollette elettriche dei cittadini;

    i risultati dei programmi di finanziamento EEPR e NER 300 a sostegno delle tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio nei giacimenti fossili in via di esaurimento (CCS) sono stati bocciati dalla Corte dei conti europea al punto che i progetti finanziati sono stati cancellati o conclusi senza essere entrati in funzione oppure senza che abbiano dimostrato vantaggi significativi. Inoltre, al momento non si conoscono i prevedibili rischi legati a tale tecnologia, gli impatti ambientali e i costi di manutenzione. È ormai accertato che i progetti di CCS sono utili soltanto alle multinazionali degli idrocarburi al fine di esaurire i giacimenti;

    l'industria è una componente fondamentale dell'economia europea. Secondo Eurostat, nel 2018, rappresentava il 17,6 per cento del prodotto interno lordo (Pil) e impiegava direttamente 36 milioni di persone. Allo stesso tempo, l'industria è responsabile di oltre la metà delle emissioni totali di alcuni principali inquinanti atmosferici e dei gas a effetto serra, nonché di altri importanti impatti ambientali, tra cui il rilascio di inquinanti nell'acqua e nel suolo, la produzione di rifiuti e il consumo energetico. L'inquinamento industriale in Europa sta diminuendo grazie a una combinazione di normative e sviluppi nelle iniziative manifatturiere e ambientali. Tuttavia, l'industria continua a inquinare e la transizione verso la neutralità climatica in questo settore è una sfida ambiziosa. L'inquinamento atmosferico è spesso associato alla combustione di fonti fossili. Ciò vale ovviamente per le centrali elettriche ma anche per molte altre attività industriali che possono disporre in loco di produzione di energia elettrica o termica, come la produzione di ferro e acciaio o la produzione di cemento. Dalla produzione di acciaio primario da ciclo integrato vengono prodotte anche emissioni di inquinanti cancerogeni e genotossici come le diossine e il benz(a)pirene;

    in Italia al 2020 sono stati prodotti 20,9 milioni di tonnellate di acciaio nei 39 siti di produzione dislocati in tutto il Paese di cui 37 siti da forni elettrici che rappresentano l'83,5 per cento della produzione nazionale e 2 siti da altoforno che rappresentano il 16,5 per cento della produzione nazionale. Relativamente ai 2 siti di produzione di acciaio da altoforno, mentre la produzione di Piombino è ferma per inadempienze del gestore, a Taranto la produzione non si è mai fermata. Taranto e Piombino sono gli ultimi due siti rimasti in Italia di produzione di acciaio da altoforno, poiché per risolvere le criticità ambientali e sanitarie da ciclo integrato da altoforno, nel 1999 per Genova e nel 2021 per Trieste, sono stati realizzati degli accordi di programma al fine di chiudere gli impianti più inquinanti che sono nelle «aree a caldo» dei siderurgici, rinforzare le «aree a freddo», sostenere il reddito dei lavoratori formandoli per altre occupazioni;

    inspiegabilmente a Taranto non è stato deciso lo stesso destino di Genova e Trieste nonostante nel capoluogo jonico gli effetti della produzione di acciaio su ambiente e salute siano notevolmente più impattanti. Infatti, a Taranto l'area a caldo è sottoposta dal 2012 a sequestro giudiziario senza facoltà d'uso della magistratura con l'accusa di aver «creato eventi di malattia e morte nella popolazione» e il relativo processo è in fase di svolgimento; tuttavia, con oltre 13 decreti-legge è stata creata una legislazione speciale per la continuità produttiva del siderurgico di Taranto stabilendo tra l'altro nel 2012, subito dopo il sequestro giudiziario, la continuità produttiva anche in caso di sequestro senza facoltà d'uso. A causa della produzione di acciaio dell'ex Ilva di Taranto l'Italia è stata condannata nel 2019 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dal 2013 è soggetta a procedura d'infrazione per la mancata realizzazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il termine temporale di realizzazione dell'Aia è stato di volta in volta prorogato nel tempo e dal 2015 è scivolato ad agosto 2023. I dati sanitari e ambientali continuano a rappresentare una realtà drammatica. Dagli annunci del Governo si evincerebbe un ulteriore piano industriale – al momento non pubblico – che teoricamente decarbonizzerebbe l'ex Ilva non prima del 2030 al costo stimabile, ma presumibilmente molto più alto, di 6 miliardi di euro. Tale opzione non permetterà di bonificare l'intera area inquinata in quanto molte aree che necessitano di bonifica sono occupate da impianti esistenti o di prossima costruzione;

    sia la produzione di acciaio da forno elettrico che quella da altoforno creano fenomeni emissivi inquinanti. Notoriamente l'acciaio prodotto da Altoforno è qualitativamente migliore rispetto a quello prodotto da forno elettrico ma al contempo crea effetti maggiormente inquinanti. Tuttavia, l'utilizzo di Dri – un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico ottenuto a partire da pellet (palline) di minerale ferroso trattate per mezzo di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2) – nei forni elettrici migliorerebbe la qualità dell'acciaio che potrebbe essere qualitativamente paragonabile a quello da altoforno e al contempo si stimano impatti emissivi più tenui, anche se non esistono studi che corroborano questa tesi redatti dal Ministero della transizione ecologica e da quello della salute. La realizzazione di grandi impianti da Dri in Europa non è economicamente sostenibile da parte di privati se non con costi totalmente a carico della collettività;

    oltre il 70 per cento delle emissioni del settore dei trasporti in Europa si devono ai trasporti su strada. Gli inquinanti atmosferici, come il particolato (PM) e il biossido di azoto (NO2), danneggiano la salute umana e l'ambiente. Sebbene l'inquinamento atmosferico provocato dai trasporti sia diminuito nell'ultimo decennio grazie all'introduzione di norme di qualità per i carburanti, alle norme europee sulle emissioni dei veicoli e all'uso di tecnologie più pulite, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate. L'inquinamento acustico rappresenta un altro importante problema di salute ambientale legato ai trasporti. Il traffico stradale costituisce la fonte di rumore più diffusa, con più di 100 milioni di persone colpite da livelli nocivi nei Paesi membri dell'Aea. Inoltre, le infrastrutture di trasporto hanno un grave impatto sul paesaggio, perché dividono le aree naturali in piccoli appezzamenti con gravi conseguenze per gli animali e le piante. L'utilizzo di veicoli elettrici per la mobilità urbana ed extraurbana al posto di quelli endotermici ridurrebbe sia le emissioni inquinanti sia l'impatto acustico della circolazione stradale, inoltre diminuirebbe la domanda di fonti fossili come petrolio e gas;

    modificare i modelli di consumo dei materiali e gestire correttamente i rifiuti non solo permette di risparmiare denaro e aumentare l'occupazione, ma è anche importante per migliorare le prestazioni ambientali e ridurre il cambiamento climatico, preservando inoltre le materie prime. A tal fine, devono essere necessariamente perseguiti gli obiettivi stabiliti in senso gerarchico dall'articolo 4 della direttiva 98/2008 incentivando la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, in seconda istanza il riciclo dei materiali e soltanto in modo residuale – e quindi non dovrebbero essere incentivati – il recupero e il recupero energetico. L'incenerimento dei rifiuti è un trattamento che, a seconda dell'efficienza energetica, si colloca tra la pratica residuale del recupero energetico e lo smaltimento al pari di una discarica e pertanto non deve essere promosso, in quanto è una pratica in contrasto con il principio europeo di «non arrecare un danno significativo»;

    le città contribuiscono fortemente al cambiamento climatico in quanto circa il 75 per cento degli europei vive in aree urbane. Le aree urbane sono responsabili del 60-80 per cento del consumo di energia a livello mondiale e più o meno della stessa percentuale di emissioni di CO2, dunque è logico che abbiano un'impronta di carbonio voluminosa. Edifici ed elettrodomestici più efficienti possono far risparmiare ingenti quantità di energia, emissioni e denaro. Una porzione considerevole dell'energia utilizzata dalle famiglie europee serve per riscaldare le abitazioni pertanto la riqualificazione energetica deve essere pianificata e sostenuta con adeguati incentivi fruibili nel tempo dalla totalità delle famiglie;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. Attualmente, vi sono due punti controversi che hanno spaccato l'Europa e sono rappresentati dalla proposta di alcuni Stati di inserire nucleare e gas tra le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. L'Italia non ha pubblicamente preso posizione in merito nonostante la produzione di energia nucleare sia stata oggetto di ben due referendum abrogativi del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare;

   in data 9 gennaio 2022 il Commissario europeo al mercato interno Thierry Breton ha affermato che «le centrali nucleari europee di nuova generazione richiederanno all'Unione europea un investimento di 500 miliardi di euro, da qui al 2050», aggiungendo che «solo gli impianti nucleari già in funzione necessitano di 50 miliardi di euro di investimenti fino al 2030». Tali dichiarazioni rendono chiara l'idea dello spropositato e insostenibile esborso economico a carico dei cittadini europei di politiche energetiche che confermino e/o rilancino la produzione di energia da nucleare nel continente;

    inoltre, in Italia, come nel resto del mondo, perdura il problema del decommissioning, in quanto dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale. I costi sono scaricati sulle bollette dei cittadini. Se per i rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività si è in fase di individuazione di un deposito nazionale dove stoccarli definitivamente e che dovrebbe essere pronto non prima del 2029, il problema rimane irrisolto per i rifiuti a media e soprattutto per quelli ad alta attività per i quali al mondo non si è ancora riusciti a trovare metodi e/o siti dove smaltirli definitivamente. Tantomeno i roboanti annunci sul rilancio del nucleare di IV generazione ma anche sulla fusione nucleare non si sono ancora concretizzati e i tempi di realizzazione da oltre 10 anni vengono di volta in volta spostati avanti e al momento le stime molto approssimative indicano la realizzazione nei prossimi decenni, sicuramente troppo avanti nel tempo per rispettare gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici. Occorre aggiungere che, nonostante i costi della ricerca in tali settori siano quadruplicati rispetto alle stime iniziali, al momento non si conoscono gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute per cui è impossibile definire come «sicure e sostenibili» queste produzioni energetiche;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. È quindi ovvio che continuare a puntare sulle fonti fossili così come sul nucleare abbia un costo economico maggiore scaricato sulla cittadinanza rispetto al puntare sulle fonti rinnovabili;

    per velocizzare la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili la direttiva dell'Unione europea n. 2018/2001 (cosiddetta RED II) prescrive che gli Stati membri pianifichino le aree idonee alla loro installazione, nel rispetto del principio «non arrecare un danno significativo» all'ambiente. Il Governo ha parzialmente dato attuazione alla direttiva RED II con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, senza ancora, tuttavia, individuare, tramite il Ministero per la transizione ecologica, le suddette aree idonee e non idonee, nonostante abbia già ricevuto, in data 26 luglio 2021, una lettera di messa in mora da parte della Commissione europea, determinando in tal modo il concreto rischio di sospensione dell'erogazione delle prossime tranche di finanziamenti europei del Recovery Plan, necessari per realizzare la transizione ecologica;

    parimenti il Governo ha dato attuazione solo parzialmente, tramite il decreto legislativo n. 201 del 2016, alla direttiva dell'Unione europea n. 2014/89 sulla pianificazione dello spazio marittimo, anche ai fini della individuazione delle aree più idonee alla installazione degli impianti eolici off shore, come precisato nella Comunicazione della Commissione europea n. 741 del 19 novembre 2020. Nonostante le linee guida approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017, ad oggi ancora nessun piano di gestione dello spazio marittimo è stato approvato dal Comitato tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, rendendo concreto il pericolo di una procedura di infrazione e non fornendo un quadro chiaro sugli interventi ammissibili agli imprenditori del settore eolico, alla cittadinanza e agli enti pubblici coinvolti nelle procedure autorizzative;

    per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo per l'energia, secondo i dati del «Rapporto annuale per l'energia elettrica» del Ministero della transizione ecologica, nel 2018 la spesa per ricerca nell'efficienza energetica è diminuita al 57 per cento, mentre nel 2016 era al 58 per cento, ma è quadruplicata rispetto al 2007. L'efficienza energetica assieme alle fonti rinnovabili e alle tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia elettrica, rappresenta il 76 per cento della ricerca energetica italiana, mentre il peso della ricerca sulle fonti fossili è circa del 12 per cento, mentre sul nucleare è circa del 7 per cento;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi. Sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata ma al contrario accelerata con politiche di stimolo degli investimenti di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita e il nucleare come anche il gas non sono, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, per cui sarebbe necessario che la Commissione europea e i Governi nazionali cogliessero l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie veramente pulite;

    il 3° Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli identifica sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) stimati per il 2018 in 15,3 miliardi di euro e sussidi ambientalmente dannosi (Sad) stimati in 19,7, quelli di incerta classificazione in 8,6 miliardi di euro. Fra i dannosi, i sussidi alle fonti fossili sono stimati in 17,7 miliardi di euro. La Strategia dell'Unione europea per l'integrazione del sistema energetico COM(2020)299 persegue l'obiettivo di guidare gli Stati membri nella graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili;

    con la strategia dell'Unione europea sulla biodiversità per il 2030 gli Stati membri si sono impegnati a creare una rete di zone protette ben gestite comprendenti almeno il 30 per cento della superficie terrestre e marina dell'Unione europea. L'Italia è ben lontana da questo obiettivo avendo una superficie terrestre protetta del 20 per cento e una superficie marina protetta del 15 per cento. La biodiversità è un presupposto per lo sviluppo sostenibile dell'uomo e degli altri esseri viventi nonché degli ecosistemi. La biodiversità e le foreste contribuiscono alla riduzione della povertà, per esempio garantendo la salute e la sicurezza alimentare, mettendo a disposizione acqua e aria pulite, immagazzinando le emissioni di CO2 e fornendo una base allo sviluppo ecologico. Inoltre, la promozione e la fruizione sostenibile delle aree protette rappresenta un volano per il turismo sostenibile da preferire a quello invasivo e di massa. Le statistiche mostrano tuttavia una costante riduzione della biodiversità e una perdita delle superfici boschive,

impegna il Governo:

1) a stabilire una pianificazione con tempi certi e stringenti per garantire il phase-out dalle fonti fossili, salvaguardando la sicurezza dell'approvvigionamento energetico mediante un importante ricorso alle fonti di energia rinnovabile, adeguati stoccaggi di energia e mirati investimenti per migliorare la stabilità delle rete elettrica nazionale;

2) ad adottare iniziative per pianificare la riconversione del «core business» delle società partecipate Eni e Snam al fine di renderle libere dagli idrocarburi e compatibili con una decarbonizzazione totale e quindi garantirle un futuro anche oltre il phase-out dalle fonti fossili;

3) ad adottare iniziative per diminuire gradualmente in Italia l'estrazione di idrocarburi in mare e in terra ed inoltre vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

4) a prevedere una zonizzazione delle aree non idonee nel Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) con mappe dove si possa verificare quali sono le zone in mare e in terra dove i procedimenti sono vietati e quindi dove le concessioni in essere non verranno prorogate a termine della concessione e di conseguenza gli iter dei procedimenti non ancora rilasciati verranno respinti;

5) ad adottare iniziative volte ad accompagnare la riconversione dell'industria oil & gas, pianificando in tempi certi una graduale dismissione e una riconversione ove possibile e facendo sì che siano assicurati da parte del mercato, in virtù del principio europeo «chi inquina paga», investimenti privati in nuove tecnologie, la sostituzione e la dismissione degli impianti obsoleti esistenti, e ad incoraggiare l'automazione, la digitalizzazione e l'elettrificazione diffusa della filiera di produzione energetica, nonché l'utilizzo di sistemi per il rilevamento accurato e l'individuazione puntuale delle perdite di metano;

6) ad adottare iniziative per disincentivare la realizzazione dei progetti di CCS, in quanto non garantiscono alcun ritorno economico, ambientale e sociale per il Paese;

7) ad esprimere pubblicamente e in sede europea il netto dissenso nei confronti dell'inserimento del gas naturale e del nucleare nella tassonomia verde;

8) ad adottare iniziative per incentivare e semplificare la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, e in via subordinata, il riciclo dei materiali, posto che il recupero e il recupero energetico non devono ottenere né semplificazioni normative né incentivi diretti e indiretti;

9) a velocizzare la pubblicazione delle linee guida per l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e la redazione dei piani di gestione degli spazi marittimi;

10) ad adottare iniziative per condizionare la concessione dei finanziamenti pubblici per la realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile, alla loro collocazione sulle aree e sugli spazi marittimi pianificati come idonei dal Ministero competente e dalle regioni;

11) a promuovere l'eolico off shore e l'agrovoltaico nel rispetto dei vincoli ambientali, paesaggistici e senza arrecare danno alla fauna, alla flora e alle colture caratteristiche;

12) a promuovere, con un Piano nazionale dell'acciaio, una visione moderna, competitiva, innovativa e sostenibile della produzione italiana dell'acciaio migliorando la qualità dell'acciaio prodotto nei forni elettrici attualmente esistenti, tramite l'utilizzo di Dri e di idrogeno verde e a concludere entro il 2022, attraverso accordi di programma con gli enti locali in analogia al modello Genova, la chiusura delle «aree a caldo» dei cicli integrati dell'acciaio primario, a cominciare dal polo di Taranto, adottando iniziative affinché gli accordi di programma prevedano la formazione lavorativa e il reimpiego degli eventuali lavoratori in esubero garantendo i livelli reddituali;

13) a promuovere l'immagine dell'Italia, valorizzando le aree protette e promuovendo un turismo sostenibile e non invasivo e ad adottare iniziative per aumentare in tempi certi la superficie di aree protette, portandola ad almeno il 30 per cento della superficie nazionale sia terrestre che marina, e realizzare il santuario dei cetacei nel Golfo di Taranto;

14) ad adottare iniziative per ripristinare gli incentivi per i veicoli elettrici fino al 2035 prevedendone una graduale riduzione a partire dal 2030 e contestualmente modernizzare in tempi certi la rete stradale di competenza di Anas e la rete autostradale italiana in «Smart Road» con punti di ricarica elettrica «Fast Charge» almeno ogni 50 chilometri;

15) ad adottare iniziative per incentivare la riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica e privata rinnovando la misura del «bonus 110 per cento» fino al 2030;

16) ad adottare iniziative per pianificare in tempi certi la dismissione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) prevedendo altresì entro il 2023 che gli stessi SAD siano esclusi dalle bollette elettriche dei cittadini;

17) ad adottare iniziative per concretizzare, attraverso una pianificazione con modalità e tempi certi, semplificazioni normative e nuovi investimenti, le bonifiche nei Sin italiani, nei SIR e nei siti orfani, affinché si completino entro la fine del decennio le bonifiche nelle suddette aree;

18) a pianificare ed adottare iniziative volte alla formazione occupazionale dei lavoratori attualmente impiegati nei settori «hard to abate» e «oil & gas», garantendone i livelli reddituali e riconvertendo tali posizioni lavorative nei settori delle energie rinnovabili, nella riqualificazione energetica degli edifici, nelle bonifiche ambientali, nella protezione e tutela ambientale, nella digitalizzazione dei servizi e dei processi, nell'economia circolare;

19) a porre in essere ogni iniziativa affinché i Piani territoriali per una «transizione giusta» siano diretti prevalentemente ad agevolare le persone, le piccole e medie imprese e gli enti territoriali attualmente svantaggiati e arretrati rispetto la transizione ecologica, agevolando le opportunità di lavoro in nuovi settori e in quelli in fase di transizione, investendo nella lotta alla povertà energetica, facilitando l'accesso a un'energia pulita e rinnovabile, sicura e a prezzi equi, sostenendo la transizione delle piccole e medie imprese verso tecnologie a basse o bassissime emissioni di CO2, incentivando la decarbonizzazione dei settori dell'agricoltura e della pesca sostenibile, investendo nella creazione di nuove aziende, piccole e medie imprese e start-up e investendo in attività di ricerca e innovazione.
(1-00570) «Vianello, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Raduzzi, Paolo Nicolò Romano, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Leda Volpi, Lombardo, Benedetti, Sarli».


   La Camera,

   premesso che:

    i recenti episodi di cronaca nera impongono nuovamente al legislatore di svolgere una profonda riflessione e assumere adeguati provvedimenti utili al contrasto dei così detti matrimoni combinati; a fini chiarificatori, per matrimonio forzato o coatto è da intendersi un matrimonio in cui una o entrambe le persone coinvolte sono sottoposte a vincolo matrimoniale contrariamente alla propria volontà;

    già nel 2019, attraverso la previsione contenuta nell'articolo 7, comma 1, della legge 19 luglio 2019, n. 69, era stato introdotto, all'interno del sistema giuridico sanzionatorio italiano, l'articolo 588-bis del codice penale, rubricato «Costrizione o induzione al matrimonio»;

    la disposizione in parola, attualmente vigente, prevede che: «1. Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni. 2. La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile»;

    i successivi commi prevedono, altresì, delle circostanze aggravanti e relativi aumenti di pena qualora i fatti siano commessi in danno di minori rispettivamente di anni diciotto e quattordici;

    tuttavia, quanto previsto dal legislatore del 2019 in tema di violenza di genere e contro le donne con l'approvazione del così detto codice rosso (di cui alla legge n. 69 del 2019) è utile ai fini di un intervento qualificato come repressivo e punitivo, ma esclude del tutto interventi in ottica preventiva volti ad evitare e scongiurare il verificarsi dell'evento criminoso;

    tale disposizione si pone quale obiettivo quello di offrire una maggior tutela a soggetti deboli e fragili che versano in particolari condizioni di vulnerabilità legate sia alla giovane età anagrafica e al contesto familiare, sia a possibili casi di inferiorità fisica e psichica della persona offesa rispetto al soggetto o ai soggetti agenti, in riferimento al fenomeno dei matrimoni precoci, forzati o combinati;

    alcuni studiosi di diritto, in ogni caso, effettuano una distinzione giuridica tra il matrimonio combinato e quello forzato, definendo il primo come un atto sottoposto alla mera guida o indirizzo dei genitori ovvero soggetti terzi, preservando la piena volontà dei nubendi che restano liberi di esprimersi, rispetto al matrimonio forzato in cui gli interessati sono privi di esprimere liberamente il libero e pieno consenso;

    ad ogni buon conto, l'interpretazione di cui sopra è da respingere, in quanto il soggetto sottoposto a matrimonio combinato versa certamente nella particolare condizione di vulnerabilità di cui al comma secondo dell'articolo 588-bis del codice penale (matrimonio indotto) essendo afflitto, tendenzialmente per giovane età e particolari condizioni fattuali, dal conflitto di lealtà nei confronti della famiglia che tende a imporre il vincolo matrimoniale;

    anche la Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dall'assemblea delle Nazioni Unite nel dicembre del 1948, all'articolo 16, paragrafo secondo, sancisce che «il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi»;

    la pratica – che tendenzialmente colpisce più le donne che gli uomini – è fortemente in uso in alcune culture di matrice islamica che tendono a stringere legami familiari fra famiglie fine di aumentarne la ricchezza ovvero per ovviare alle conseguenze di una gravidanza indesiderata;

    ad oggi, a circa due anni dall'entrata in vigore della legge summenzionata, non vi sono stime recenti e attendibili per comprendere la vastità del fenomeno, che viene portato in luce soltanto nei casi in cui l'epilogo è tragico come nel caso di Saman Abbas;

    gli unici dati ufficiali indicati nel rapporto «Codice Rosso» del Ministero dell'interno fanno riferimento, nel periodo 1° agosto 2019-31 luglio 2020, ad appena trentadue casi di attivazione di procedimento penale per il reato di costrizione o induzione al matrimonio, di cui solo tre casi sono stati sottoposti all'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e, sempre stando al rapporto del Ministero, alcun caso risulta essersi concluso con sentenza;

    il fenomeno, quindi, giusto il rapporto del Viminale, pare essere sottostimato rispetto ai reali casi in cui si verifica e, in quest'ottica, si rende più che mai necessario intervenire per garantire alle vittime che denunciano tali costrizioni o induzioni adeguate tutele e protezioni, evitando che simili eventi criminosi rimangano sommersi per timore di ripercussioni personali;

    per le vittime, spesso di giovane età e particolarmente vulnerabili, la famiglia rimane l'esclusivo solido punto di riferimento affettivo e, pertanto, risulta assai controverso denunciare alle autorità competenti la violenza subita;

    il solo aspetto punitivo previsto dall'articolo 588-bis del codice penale risulta quindi inefficace ed inefficiente ad arginare il dilagare del fenomeno dei matrimoni forzati o combinati e si rende opportuno attuare specifiche politiche di genere che tendano ad equiparare queste costrizioni o induzioni a veri e propri atti di violenza nei confronti della vittima vulnerabile che deve quindi essere accompagnata nel percorso di denuncia all'autorità di pubblica sicurezza, in maniera similare ai casi di maltrattamenti in famiglia;

    il disposto di cui all'articolo 588-bis del codice penale estende la tutela anche «quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia», presumendo che la maggior parte dei matrimoni combinati siano celebrati all'estero,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, che sostengano campagne di sensibilizzazione e di contrasto al fenomeno dei matrimoni forzati o combinati all'interno degli istituti scolastici secondari di primo e secondo grado;

2) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, che prevedano anche presso i presidi territoriali di pubblica sicurezza di piccoli centri urbani o distaccamenti periferici di grandi città (locali stazioni dell'Arma dei carabinieri ovvero Commissariati di P.S.) figure appartenenti alle forze dell'ordine che abbiano elevate e comprovate capacità in ambito psicologico tali da supportare la vittima nel percorso di segnalazione e denuncia del fatto criminoso alle autorità competenti;

3) ad adottare iniziative per istituire un apposito fondo destinato a supportare economicamente le vittime che procedono a sporgere denuncia per il reato di cui all'articolo 588-bis del codice penale nel momento in cui si allontano dalla famiglia e sono sprovviste dei necessari mezzi e risorse economiche che siano in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni primari;

4) a promuovere, per quanto di competenza, iniziative che sensibilizzino la popolazione residente a considerare le forme di induzione e costrizione al matrimonio quali forme di gravi violenze nei confronti di chi subisce l'induzione o la costrizione;

5) a sviluppare, d'intesa con le regioni e gli enti locali, reti di collaborazioni che diano vita, in ogni città capoluogo di provincia, ad apposite case di accoglienza in grado di garantire tutele ai soggetti che sporgono denuncia per i fatti di cui all'articolo 588-bis del codice penale;

6) a porre in essere, per quanto di competenza, apposite convenzioni con le università italiane affinché ai soggetti che procedono a denuncia per i fatti di cui all'articolo 588-bis del codice penale siano garantite apposite borse di studio che permettano di avviare e concludere il percorso universitario;

7) ad adottare iniziative per istituire un osservatorio permanente sul fenomeno dei matrimoni combinati o forzati che produca report aggiornati sul dilagare del predetto fenomeno e possa predisporre un piano nazionale per il contrasto allo stesso promuovendo azioni di prevenzione;

8) a promuovere, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei ministri, specifiche campagne pubblicitarie che stigmatizzino il fenomeno dell'induzione o costrizione al matrimonio e lo equiparino alle tradizionali forme di violenza nei confronti di soggetti deboli;

9) ad adottare iniziative per rendere obbligatorie campagne informative e di sensibilizzazione del predetto fenomeno in tutti i luoghi di culto e preghiera ad opera di enti istituzionali;

10) ad istituire un'apposita linea di ascolto, tramite un numero di emergenza, gestita da personale esperto, che possa fornire anche supporto a distanza a chi versa in situazioni di particolare disagio e pericolo per fatti riconducibili all'articolo 588-bis del codice penale;

11) ad adottare iniziative che assicurino, anche attraverso il sistema sanitario nazionale, gratuite sedute di supporto psicologico per le persone che si allontanano dalle proprie famiglie a seguito di denuncia per i fatti di cui all'articolo 588-bis del codice penale;

12) a porre in essere iniziative, per quanto di competenza, che istruiscano e formino il personale dipendente in forza presso i servizi sociali degli enti locali affinché riconoscano e gestiscano preventivamente le situazioni in cui si teme si possano verificare o si stiano verificando i fatti di cui all'articolo 588-bis del codice penale;

13) ad adottare iniziative normative affinché ai soggetti che vengono condannati con sentenza irrevocabile per il reato di cui all'articolo 588-bis del codice penale non sia concesso alcun beneficio giudiziario e, una volta espiata la pena, venga garantita l'espulsione dal territorio della Repubblica;

14) ad adottare iniziative di competenza affinché le misure di supporto e tutela di cui ai precedenti capoversi del dispositivo siano garantite anche in territorio estero, qualora i fatti ivi posti in essere siano commessi da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia, attraverso le ambasciate e le autorità estere.
(1-00571) «Montaruli, Meloni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid sta tornando a ripercuotersi sui servizi sanitari ed ospedalieri in tutto il Paese, e, soprattutto, nel Mezzogiorno;

   in Campania, a partire da lunedì 10 gennaio 2022 è scattata l'interruzione dei ricoveri programmati e delle attività di specialistica ambulatoriale non urgenti nelle strutture sanitarie pubbliche della regione. Tale scelta è stata disposta dall'Unità di crisi della regione Campania con un provvedimento adottato «al fine di consentire una rapida ottimizzazione dell'organizzazione ospedaliera per fronteggiare la situazione pandemica», di «impegnare il personale sanitario pubblico e convenzionato in via prioritaria alla gestione dei pazienti Covid» e ravvisata «la necessità garantire la disponibilità di un più adeguato numero di posti letto sia nella degenza medica che chirurgica da dedicare ai pazienti affetti da Covid-19»;

   nell'ordinanza del 7 gennaio 2022, firmata dal presidente della regione Vincenzo De Luca, si afferma che: «L'attuale situazione pandemica sta registrando picchi di contagio da Covid-19 che stanno provocando crisi evidenti nella risposta assistenziale delle strutture sanitarie pubbliche. Le stesse prospettive a breve periodo non offrono dati rassicuranti per una subitanea inversione di tendenza, posto che l'indice Rt in Campania e l'incidenza di casi positivi per 100 mila abitanti hanno raggiunto limiti tra i più alti dall'insorgenza della pandemia, e tra i più alti d'Italia»;

   in particolare, il provvedimento prevede la sospensione, a far data dal 10 gennaio 2022, e fino a nuova espressa disposizione, dei ricoveri programmati sia medici che chirurgici presso le strutture sanitarie pubbliche, stabilendo la possibilità di effettuare solo ricoveri con carattere d'urgenza «non differibili» provenienti dal Pronto soccorso o per trasferimento da altri ospedali, con la precisazione che tale sospensione è valida per tutti i ricoveri programmati, ad eccezione dei ricoveri per pazienti oncologici, oncoematologici, di pertinenza ostetrica, trapiantologica, nonché delle prestazioni salvavita e di quelle la cui mancata erogazione può pregiudicare, nell'immediato la salute del paziente e, pertanto, non procrastinabili;

   inoltre, il provvedimento prevede la sospensione, a far data dal 10 gennaio 2022 e fino a nuova espressa disposizione, di tutte le attività di specialistica ambulatoriale, nelle medesime strutture, che non siano caratterizzate da urgenza o indifferibilità (attività ambulatoriali per le prestazioni di oncologia, oncoematologia, dialisi e radioterapia e attività di screening oncologico);

   infine, si dispone che il personale che si libera dalla gestione ordinaria deve essere destinato all'attività di ricovero e trattamento dei pazienti Covid;

   in Campania, l'occupazione dei posti letto nelle terapie intensive subisce incrementi quotidiani ed è arrivata al 9 per cento, dunque a un passo dalla soglia critica. Mentre nei reparti ordinari, i posti letto occupati dai malati Covid arrivano al 19 per cento;

   un aspetto completamente trascurato nel corso dell'emergenza Covid è la possibilità di offrire una gestione alternativa dell'assistenza ai soggetti che non necessitano di ricovero ospedaliero;

   è necessario potenziare la presa in cura e la sorveglianza territoriale attiva per i pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio affetti da COVID-19, dimessi, o paucisintomatici non ricoverati e per i pazienti in isolamento fiduciario per i contatti di caso o i pazienti sintomatici senza evidenza di contatto. Si tratta di misure che vanno potenziate, soprattutto nei confronti dei pazienti fragili, cronici e affetti da patologie invalidanti, i quali costituiscono la parte più vulnerabile della popolazione;

   una volta valutate le singole condizioni relazionali, abitative e sociali, qualora le stesse non siano idonee a garantire l'isolamento, i servizi di sanità pubblica territorialmente competenti, in raccordo con i medici di medicina generale e l'Unità speciale di continuità assistenziale, e garantita la necessaria assistenza sanitaria in cooperazione con i servizi sociali delle amministrazioni comunali e le associazioni di volontariato, devono adottare specifici protocolli che definiscono tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela e il supporto per le necessità della vita quotidiana per le persone sole e prive di caregiver;

   l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, disponeva che le regioni fossero tenute ad adottare sistemi di sorveglianza e monitoraggio volti al contenimento del contagio e del rischio connesso alle situazioni intra-familiari, anche istituendo una gestione per coorti, presso strutture residenziali e/o alberghiere rivolte a quei soggetti che, a causa di ragioni logistiche, strutturali, socio-economiche, non possono essere accolti in isolamento presso il proprio domicilio. Analoghe soluzioni di alloggiamento potevano essere rivolte al personale sanitario e socio-sanitario maggiormente esposto, ai fini di tutelare i medesimi e i rispettivi nuclei familiari;

   l'articolo 6 del medesimo decreto-legge prevedeva che, nelle circostanze in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per fronteggiare improrogabili esigenze connesse con l'emergenza, il prefetto, su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il dipartimento di prevenzione della Asl territorialmente competente, avrebbe potuto disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture idonee, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare. Opzioni che, nel corso di tutta la pandemia non sono mai state realmente applicate;

   la mancata adozione, a livello nazionale e regionale, di tutte queste misure ha determinato, inevitabilmente, il congestionamento della sanità campana, con gravissime ripercussioni sugli ospedali. Si assiste ad una nuova riconversione dei presìdi ospedalieri, come sta accadendo, ad esempio, presso il presidio ospedaliero «Frangipane» di Ariano Irpino, con conseguente forte limitazione delle specialità attive;

   Governo, prefetture, Asl ed enti territoriali devono agire immediatamente per predisporre misure di assistenza alternativa per scongiurare il collasso definitivo della sanità a livello regionale e consentire la riattivazione degli ospedali in tutte le specialità precedentemente attivate –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, di concerto con le autorità regionali, al fine di evitare il collasso dei servizi ospedalieri in tutto il Paese ed in particolare in Campania, adottando iniziative, per quanto di competenza, per l'allestimento, capillare e proporzionato alle esigenze territoriali, di strutture extra-ospedaliere per la cura ed il trattamento dei pazienti affetti da Covid che attualmente necessitano di ricovero;

   se il Governo intenda intervenire, nelle circostanze in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per fronteggiare improrogabili esigenze, insieme a prefetture, Dipartimento della protezione civile e dipartimenti di prevenzione delle Asl territorialmente competenti, disponendo, con proprio decreto, la requisizione di strutture idonee agli scopi dell'assistenza extraospedaliera.
(2-01400) «Maraia, Sportiello, D'Arrando, Federico, Ianaro, Lorefice, Mammì, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Ruggiero, Villani, Daga, Deiana, Di Lauro, Casa, Cimino, Del Sesto, Iorio, Melicchio, Spadafora, Tuzi, Valente, Adelizzi, Buompane, Donno, Faro, Flati, Gallo».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della cultura, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il settore delle discoteche e delle sale da ballo ha affrontato e sta affrontando gravissime difficoltà a seguito della crisi pandemica e delle chiusure disposte per contrastare la diffusione del virus SARS-CoV-2 e si è visto negare la riapertura, nonostante abbia sempre dimostrato la massima e fattiva disponibilità all'ipotesi ad esso prospettata – in più riprese – di riaprire con il green pass e in base a ben definiti protocolli di sicurezza differenziati tra attività all'aperto e quelle al chiuso;

   la riapertura del settore, sempre con limitazioni, è stata infatti disposta solo con l'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2021, n. 205, dopo ben venti mesi di porte chiuse;

   a seguito della più recente cabina di regia COVID-19 però, il Consiglio dei ministri il 23 dicembre 2021 ha approvato il decreto-legge cosiddetto «festività» divenuto poi il decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, che proroga lo stato di emergenza nazionale e stabilisce ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell'epidemia;

   all'articolo 6, del summenzionato cosiddetto decreto «festività», si prevede, in particolare, il divieto di feste, comunque denominate, eventi a queste assimilati e concerti che implichino assembramenti in spazi aperti, nonché la sospensione delle attività che si svolgono in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, a far data dal 25 dicembre e sino al 31 gennaio 2022;

   le perdite economiche subite dal settore sono, come si può immaginare, ingenti dopo ben due anni di sospensione delle attività e la nuova chiusura richiesta durante l'attuale periodo di festività;

   nella notte di Capodanno, è andato in onda uno show, su Canale 5, dal Teatro Petruzzelli di Bari e, mentre tutte le discoteche e sale da concerto del Paese erano chiuse a causa dell'impennata dei contagi, in diretta televisiva, il pubblico ha danzato, senza mantenere il distanziamento ed è stato attraversato tutto lo spazio della platea presente nel teatro;

   si tratta di un episodio avvenuto in spregio di un settore che, professionalmente, ha dettato, in termini di qualità, le regole del night-entertainment anche all'estero e dei 90.000 lavoratori e 3.500 aziende che rappresenta e che sono rimaste ferme in virtù del «decreto festività» summenzionato;

   il Sindacato Italiano dei Lavoratori dello Spettacolo ha deciso di presentare un esposto contro Mediaset, contro la Fondazione Teatro Petruzzelli, Radio Norba e contro gli organizzatori dell'evento, «per la palese violazione delle norme contenute nel decreto del 24/12/2021 valutando tutti i possibili reati che possano emergere dall'analisi dei filmati»;

   lo stesso sindacato dei lavoratori dello spettacolo, nel comunicato, contesta anche «l'etica dei colleghi che si sono prestati e hanno prestato la propria immagine e la propria professionalità a questa pagliacciata», chiedendo se i conduttori dell'evento, tra cui Federica Panicucci, Fernando Proce, Daniele Battaglia, Alan Palmieri e altri, durante la serata «abbiano sollecitato i presenti al rispetto delle regole, all'uso delle mascherine e al mantenimento del distanziamento»;

   su sollecitazione dell'amministrazione comunale di Bari, la Fondazione Petruzzelli ha avviato altresì un'indagine interna che si è conclusa con una contestazione formale alla società responsabile degli addetti del servizio di sala e accoglienza e con l'applicazione di una penale per violazione contrattuale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se abbia adottato o intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione a quanto esposto, posto che sembrano esservi gli estremi di una violazione dei termini di legge, in particolare ai sensi dell'articolo 6, del decreto-legge summenzionato;

   se non ritenga di adottare, con urgenza, iniziative normative, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, per predisporre specifici e adeguati indennizzi che sostengano le imprese, i lavoratori e le lavoratrici del settore delle sale da ballo e delle discoteche.
(2-01401) «Alemanno, Sut, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI, MURELLI e TOMBOLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, ha introdotto disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria che modificano le previsioni recate sul punto dal precedente decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 74 del 2020), in particolare per quello che concerne i criteri per determinare il periodo di durata dell'isolamento/quarantena e le modalità per accertarne la fine con l'attestazione di guarigione;

   più propriamente, il comma 7-ter del decreto-legge n. 33 del 2020, inserito dall'articolo 2 del citato decreto-legge n. 229 del 2021, ha previsto che: «con circolare del Ministero della salute sono definite le modalità attuative dei commi 6 e 7 sulla base dei criteri stabiliti dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020. La cessazione della quarantena di cui ai commi 6 e 7 o dell'autosorveglianza di cui al comma 7-bis consegue all'esito negativo di un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione dell'antigene Sars-CoV-2, effettuato anche presso centri privati a ciò abilitati. In quest'ultimo caso, la trasmissione, con modalità anche elettroniche, al dipartimento di prevenzione territorialmente competente del referto con esito negativo determina la cessazione del regime di quarantena o di autosorveglianza»;

   la circolare ministeriale richiamata dalla norma sopracitata è stata adottata lo stesso 30 dicembre 2021 e ha stabilito, tra le altre cose, una differenziazione della durata e del termine della quarantena, sia in base al tempo trascorso dal completamento del ciclo vaccinale primario che alla somministrazione della dose «booster»;

   l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021 prevede che, nel caso in cui risulti la positività al Sars-CoV-2 di una persona in possesso di certificazione verde COVID-19 in corso di validità, la Piattaforma nazionale-DGC generi la revoca e invii la notifica all'interessato. Tuttavia, «la revoca verrà annullata automaticamente a seguito dell'emissione della certificazione verde COVID-19 di guarigione dalla positività che l'ha generata» (confronta l'articolo 8, comma 5, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 17 dicembre 2021);

   risulta indispensabile, sotto ogni profilo (scolastico, lavorativo, professionale, sociale), anche alla luce delle ulteriori disposizioni di cui al decreto-legge n. 1 del 2022, che il momento della fine dell'isolamento o della quarantena sia accertato il più rapidamente possibile per permettere la cessazione della misura sanitaria restrittiva e che all'interessato venga ripristinata la certificazione verde precedentemente revocata o emessa una nuova con attestazione di guarigione;

   la Regione Emilia-Romagna, anche in considerazione dei ritardi riscontrati nella refertazione dei tamponi molecolari «finali» (fino a 3 giorni dal prelievo), ha stabilito solamente a partire dal 10 gennaio 2022 – e non immediatamente dal 31 dicembre 2021, come avrebbe dovuto fare con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 229 del 2021 – che è possibile terminare il periodo di isolamento/quarantena anche mediante tampone antigenico rapido effettuato nelle farmacie. Il nuovo criterio, oltreché adottato tardivamente, non menziona peraltro i laboratori privati e indica che «il test con esito negativo certifica la fine dell'isolamento da esibire in caso di controlli e in attesa della riattivazione del Green Pass» –:

   se e quali iniziative di competenza intendano adottare per verificare la corretta e uniforme attivazione delle disposizioni di cui al citato decreto-legge n. 229 del 2021, alla luce di quanto rappresentato in premessa e con riguardo alla Regione Emilia-Romagna, nell'ottica di permettere ai guariti di rientrare più rapidamente nel posto di lavoro, a scuola o nella vita sociale senza dovere attendere le lungaggini per la fissazione dei tamponi molecolari finali e la loro refertazione.
(4-11055)


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nel decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, è sancito, all'articolo 1, comma 2, l'estensione del cosiddetto «Super Green Pass» per l'accesso e la fruizione dei mezzi di trasporto;

   il 3 gennaio 2022 l'Associazione dei comuni delle isole minori ha scritto una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, dottor Mario Draghi, al Ministro della salute, dottor Roberto Speranza, al Commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, generale c.a. Francesco Paolo Figliuolo;

   l'associazione sottolinea l'importanza dei mezzi di trasporto rappresentando questi l'unico collegamento possibile con il resto della nazione e, quindi, evidenziando che precludere l'accesso a tali mezzi di trasporto (a partire dal 10 gennaio 2022) a chi non è in possesso del «Super Green Pass» significa condannare ad un «esilio» forzato i residenti sulle isole minori che, per vari motivi, non si sono sottoposti a vaccinazione anti Covid. Per fare solo un esempio il cittadino della terraferma si può spostare con la propria auto da una regione all'altra, mentre i cittadini delle isole non dispongono di mezzi alternativi;

   infine nella suddetta lettera si richiede che «... siano apportate delle modifiche al dispositivo di limitazione dell'accesso ai trasporti marittimi per i residenti sulle isole minori, riportandolo allo status attuale e, quindi, autorizzando l'accesso a tali mezzi di trasporto anche a chi, non vaccinato, è in possesso di tampone negativo al Covid-19 e deve viaggiare per motivazioni legate alla Salute, alla Scuola e al proprio lavoro»;

   il 25 novembre 2021 la Commissione europea ha proposto di aggiornare le norme sul coordinamento della libera circolazione nell'Unione europea in condizioni di sicurezza, che sono state messe in atto in risposta alla pandemia di Covid-19. Alcuni dei principali aggiornamenti relativi al certificato Covid digitale dell'Unione europea sono:

   privilegiare un «approccio basato sulla persona»: il titolare di un certificato Covid digitale dell'Unione europea valido non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetto a ulteriori restrizioni, quali test o quarantena, indipendentemente dal luogo di partenza nell'Unione europea. Chi non possiede un certificato Covid digitale dell'Unione europea potrebbe essere tenuto a sottoporsi a un test prima o dopo l'arrivo;

   nelle isole minori è stata portata avanti una campagna di vaccinazioni per le prime due dosi in maniera eccellente grazie alla collaborazione tra amministrazioni comunali, aziende sanitarie e Ministero della difesa e la stessa associazione dei comuni;

   questa organizzazione o sinergia non è più attiva o possibile e per gli stessi richiami dei vaccini, spesso, la prenotazione va oltre il 10 gennaio 2022 con tempi non esattamente brevi;

   nell'ultima ordinanza del Ministero della salute si stabilisce che: a decorrere dal 10 gennaio 2022 e fino al 10 febbraio 2022, l'accesso e l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico per gli spostamenti da e per le isole minori e della Laguna di Venezia per documentati motivi di salute e di frequenza, per gli studenti di età pari o superiore ai 12 anni, dei corsi di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado, è consentito anche ai soggetti muniti di una delle Certificazioni verdi COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, e successive modificazioni;

   sono esclusi da tale misura i lavoratori e altre categorie di cittadini, senza alcuna ragionevole motivazione diversamente da quanto previsto per studenti o per chi ha motivi di salute –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare al fine di accogliere le istanze dell'associazione comuni Isole Minori e dei tanti cittadini residenti, lavoratori nelle isole, permettendo la fruizione dei trasporti anche tramite tampone o test rapido negativo.
(4-11064)

CULTURA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDO. — Al Ministro della cultura, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 ha stabilito la proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19;

   in particolare, l'articolo 6 – contenente disposizioni in materia di eventi di massa, feste all'aperto e sale da ballo, discoteche e locali assimilati – vieta fino al 31 gennaio 2022 le feste comunque denominate, gli eventi assimilati e i concerti che implichino assembramenti in spazi aperti, sospendendo altresì le attività che si svolgono in sale da ballo, discoteche e locali assimilati;

   la decisione del Governo, non preannunciata e non accompagnata da misure compensative, è arrivata a pochi giorni da una delle serate economicamente più fruttuose dell'intero anno che fornisce al settore dell'intrattenimento – già fortemente bersagliato dalla pandemia con perdite superiori ai 4 miliardi di euro – il 15 per cento del fatturato complessivo;

   una scelta della politica del tutto inopportuna che ha dato il colpo di grazia ad un comparto che conta migliaia di imprese e di lavoratori e che rischia di produrre effetti disastrosi: gli operatori del settore appena ripartito hanno visto di fatto vanificati tutti gli investimenti per l'acquisto di merce, le assunzioni di personale e gli artisti scritturati in vista di una serata di Capodanno in cui gli è stato per legge vietato di lavorare;

   oltre al danno economico, numerose sigle sindacali hanno segnalato all'interrogante la beffa di dover assistere impotenti ad una vera e propria festa – dove si è ballato, in assenza di qualsiasi forma di controllo e con pericolose situazioni di aggregazione – trasmessa la notte del 31 dicembre 2021 in diretta nazionale sui canali Mediaset: sembrerebbero essere state palesemente violate le norme contenute nel decreto-legge, con la compiacenza dei conduttori televisivi che non avrebbero redarguito i presenti, sollecitandoli al rispetto delle regole, all'uso delle mascherine e al mantenimento del distanziamento –:

   quali chiarimenti il Governo, per quanto di competenza, intenda fornire sui fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza in relazione alle circostanze rappresentate e alle possibili violazioni del decreto-legge n. 221 del 2021.
(4-11065)


   SILLI. — Al Ministro della cultura, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Bari ha salutato il 2021 con lo show «Capodanno in musica» organizzato da Mediaset e in diretta la sera del 31 dicembre su Canale 5, dal Teatro Petruzzelli;

   tale evento è stato organizzato in un contesto difficile per tutto il Paese, vista la situazione pandemica e le nuove disposizioni previste nel decreto-legge cosiddetto «festività», approvato in Consiglio dei ministri il 23 dicembre 2021, il quale prevedeva il divieto di svolgere eventi e feste di Capodanno nelle piazze, con la chiusura di discoteche e locali da ballo fino al 31 gennaio 2022 inoltre, stabilendo che per l'accesso ad autobus, metropolitane, treni regionali e partecipare ad eventi non sia prevista più la mascherina chirurgica, ma diventa obbligatoria quella più protettiva Ffp2;

   l'evento trasmesso in diretta da Canale 5 ha sicuramente portato lustro alla città di Bari, rappresentando una vetrina in tutto il Paese; e, tuttavia, allo scoccare della mezzanotte le immagini trasmesse hanno acceso i riflettori in tutta Italia su una festa danzante con trenini, persone che ballavano, con abbracci e assembramenti, mentre nel resto del territorio nazionale tutto il settore degli eventi e dello spettacolo continua ad essere in seria difficoltà;

   i posti a disposizione del teatro erano 1.055, con l'aggiunta di ospiti, cast, operatori e cantanti, le persone presenti nel teatro, un numero assai superiore a quello consentito –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli episodi successi la notte del 31 dicembre 2021 al Teatro Petruzzelli di Bari e delle negligenze durante lo svolgimento di uno spettacolo che appare irrispettoso nei confronti di tutti i lavoratori di un settore, ancora in sofferenza, che ha dovuto rinunciare ad organizzare eventi per festeggiare la notte dell'ultimo dell'anno;

   se non intendano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, adottare iniziative al fine di verificare le modalità di svolgimento dello spettacolo di cui in premessa, trasmesso in diretta su Canale 5, apparso non aderente alle regole imposte dall'attuale situazione pandemica e non rispettoso delle condizioni operative di tutti gli altri lavoratori del settore a livello nazionale.
(4-11066)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   UNGARO e FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 119, comma 10-bis, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, dispone che, per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, per le organizzazioni di volontariato e per le associazioni di promozione sociale, indicate nel precedente comma 9, lettera d-bis), le quali svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, e i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica, e che abbiano la disponibilità di immobili rientranti nelle categorie B/1, B/2, D/4, a titolo di proprietà, di nuda proprietà o di comodato – purché registrato anteriormente alla data di entrata in vigore del citato articolo 119 – «il limite di spesa ammesso alle detrazioni di cui al presente articolo, previsto per le singole unità immobiliari, è moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva dell'immobile oggetto degli interventi di incremento dell'efficienza energetica, di miglioramento o di adeguamento antisismico previsti ai commi 1, 2, 3, 3-bis, 4, 4-bis, 5, 6, 7 e 8, e la superficie media di una unità abitativa immobiliare, come ricavabile dal Rapporto Immobiliare pubblicato all'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'articolo 120-sexiesdecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 355»;

   allo stato il portale di «Comunicazione opzioni per interventi edilizi e Superbonus» prevede, nell'ultima versione software 1.0.5. del 4 ottobre 2021, la possibilità di inserimento di comunicazione di cessione solo per interventi realizzati da privati e da condomini, mentre non contempla la possibilità di inserire i nuovi massimali previsti per le Onlus, per le organizzazioni di volontariato nonché per le associazioni di promozione sociale;

   si pone, quindi, la necessità, ad avviso dell'interrogante, di un chiarimento circa le modalità di utilizzo della piattaforma attualmente vigente, nel caso in cui la comunicazione di cessione del credito da «Superbonus», con relativa apposizione del visto di conformità, debba essere effettuata da uno dei predetti enti del terzo settore, i quali effettuino interventi di efficientamento energetico nonché di miglioramento o adeguamento sismico;

   infatti il citato software non risulta aggiornato al dettato normativo scolpito nel menzionato comma 10-bis dell'articolo 119, posto che il massimale di spesa consentito risulta ancora agganciato al numero delle unita immobiliari e non al nuovo limite, come determinato sulla base del calcolo ivi previsto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica riferita e quali iniziative intenda adottare in merito.
(5-07326)


   CURRÒ, MARTINCIGLIO, ALEMANNO, CANCELLERI, CASO, GRIMALDI, GABRIELE LORENZONI, MIGLIORINO, SCERRA, TROIANO e ZANICHELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   tra le prime misure adottate a supporto della liquidità delle imprese nel contesto della pandemia la legge 5 giugno 2020, n. 40, ha statuito, al Capo I, misure di accesso al credito per le imprese. In particolare, l'articolo 1 dispone, al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia a seguito della pandemia da COVID-19, che Sace s.p.a. conceda fino al 31 dicembre 2020 (prorogato al 31 dicembre 2021) le garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese;

   tali garanzie sono concesse ai sensi dei nuovi orientamenti assunti dall'Unione europea col «Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak» emanato dalla Commissione europea il 19 marzo 2020, per finanziamenti con durata massima di 8 anni;

   l'articolo 2, comma 1, lettera c), del suddetto decreto-legge «Liquidità», ha previsto che Sace è abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e dunque fuori dalle regole in materia di aiuti di Stato, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di banche, confidi e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l'importo complessivo di 200 miliardi. Tale norma, dispone inoltre che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti criteri e modalità del rilascio di tali garanzie;

   l'interrogante rileva, purtroppo, che ad oggi tale decreto non risulta ancora emanato: tale vuoto normativo rende – si noti bene – tale disposizione inattuabile. Ciò priva le imprese dell'importante possibilità di accedere a garanzie per finanziamenti a lungo termine, anche fino a 20 anni, essenziali per riequilibrare la loro situazione finanziaria appesantita dal ricorso massivo a prestiti emergenziali –:

   se intenda chiarire i propri orientamenti con riferimento a quanto esposto, delineando quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere per velocizzare l'emanazione del decreto di cui in premessa, considerato che le iniziative per la salvaguardia del tessuto produttivo del Paese così come immaginate dal precedente Governo appaiono inutili, se non accompagnate dall'introduzione di tali misure.
(5-07327)


   CENTEMERO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, RIBOLLA e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 33 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha introdotto per i dirigenti e i titolari di rapporti di collaborazione coordinata che lavorano per le imprese operanti nel settore finanziario un'aliquota addizionale dell'Irpef nella misura del 10 per cento, da calcolarsi sui compensi a titolo di bonus e stock options che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione;

   la sopra menzionata disposizione – come risulta dal comma 1 – è stata prevista «in dipendenza delle decisioni assunte in sede di G20 e in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate sotto forma di bonus e stock options»);

   tuttavia, sin dall'entrata in vigore di tale norma, si riscontrano rilevanti dubbi interpretavi e criticità in merito all'ambito di applicazione della medesima che hanno condotto a molteplici contenziosi in materia: sotto il profilo soggettivo, in mancanza di un'espressa definizione di «settore finanziario» – in sede di commento alle novità introdotte dal sopracitato decreto-legge n. 78 del 2010 – l'Agenzia delle entrate, con circolare n. 4/E/2011, aveva precisato che tale disposizione dovesse applicarsi anche a «le banche nonché, ad esempio, le società di gestione (Sgr), le società di intermediazione mobiliare (Sim), gli intermediari finanziari, gli istituti che svolgono attività di emissione di moneta elettronica, le società esercenti le attività finanziarie indicate nell'articolo 59, comma 1, lettera b), del Testo Unico Bancario, le holding che assumono e/o gestiscono partecipazioni in società finanziarie, creditizie o industriali»;

   successivamente, l'Agenzia delle entrate, con risposta ad interpello n. 106/2018, nonostante le intervenute modifiche legislative nel settore finanziario, ha continuato a ritenere che il rinvio operato dalle norme fiscali al decreto legislativo n. 87 del 1992 (vigente ratione temporis e oggi abrogato) dovesse essere interpretato in senso «statico» e restare, quindi, valido nonostante le intervenute modifiche;

   sotto il profilo oggettivo, l'amministrazione finanziaria, con circolare n. 41/E del 5 agosto 2011, ha ritenuto corretto applicare, a partire dal 17 luglio 2011, la sopracitata addizionale sull'intero importo della componente variabile di retribuzione e non, come previsto dal primo comma, sull'importo della componente variabile di retribuzione che eccede del triplo rispetto alla componente fissa –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione agli effetti applicativi e di finanza pubblica della sopracitata disposizione, nell'ottica di prevedere l'abrogazione del prelievo addizionale di cui alla norma sopramenzionata, tenuto conto dell'ormai mutato contesto politico-economico rispetto a quanto descritto in premessa e tale da rendere del tutto anacronistica la citata misura, nonché foriera di effetti discriminatori verso un'ampia categoria di lavoratori altamente qualificati.
(5-07328)


   FRAGOMELI, BOCCIA, BURATTI, CIAGÀ, SANI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate, con circolare 8 luglio 2020, 19/E, nella sezione dedicata al Sismabonus, fa riferimento alle linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni e alle modalità per l'attestazione di cui al decreto dei Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 28 febbraio 2017, n. 58, come modificato dal decreto ministeriale del 7 marzo 2017, n. 65;

   in particolare, per l'ammissibilità al beneficio fiscale la guida, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 119, comma 13, lettera b), del decreto-legge n. 34 del 2020, prevede come condizione necessaria il requisito previsto dall'articolo 3 del succitato decreto ministeriale n. 58 ovvero che l'asseverazione rilasciata dal progettista sia stata presentata contestualmente al titolo abilitativo urbanistico;

   il decreto ministeriale 9 gennaio 2020, n. 24, correggendo la rigidità del precedente testo, ha previsto la possibilità che l'asseverazione possa essere presentata successivamente alla presentazione del titolo abilitativo urbanistico e comunque prima dell'inizio dei lavori;

   tuttavia, dal momento che il citato decreto non precisa che la norma dispone anche per il pregresso, l'Amministrazione finanziaria la starebbe applicando ex nunc, distinguendo a seconda che le istanze siano state formalizzate prima o dopo l'entrata in vigore del citato decreto n. 24 del 2020 (16 gennaio 2020) e generando così disparità di trattamento tra i contribuenti, ai fini dell'applicazione delle detrazioni fiscali ed in particolare del «Superbonus»;

   molti cittadini stanno ricevendo, da parte dell'Agenzia delle entrate, richieste di documentazione e contestazione del «Sismabonus» inserito nella dichiarazione dei redditi, seppure le attestazioni del miglioramento del rischio sismico siano valide ma trasmesse al comune dopo la data di presentazione del titolo abilitativo e prima dell'inizio lavori;

   a parere degli interroganti è evidente che si tratta di un errore di natura formale, dal quale non può derivare la decadenza dal beneficio del «Sismabonus» e la richiesta da parte dell'Amministrazione finanziaria di restituzione di somme importanti, delle quali spesso i contribuenti non dispongono e alle quali potrebbe sommarsi anche la sanzione del 30 per cento al momento dell'accertamento finanziario –:

   quali iniziative si intendano adottare per porre rimedio alle criticità evidenziate in premessa, anche prevedendo l'applicazione del citato decreto ministeriale n. 24 del 2020 alle istanze presentate anteriormente al 16 gennaio 2020, chiarendo comunque che in ogni caso resta esclusa la decadenza dal beneficio fiscale rientrando tale fattispecie nei casi di errore formale.
(5-07329)


   GIACOMETTO e MARTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il codice nazionale o codice amministrativo catastale (o, impropriamente, codice catastale) è un codice identificativo univoco assegnato a ogni comune italiano. Tale codice, composto da una lettera e tre cifre, è assegnato oggi dall'Agenzia delle entrate;

   il codice nazionale è importante in quanto è usato nel codice fiscale, che identifica tutte le persone fisiche residenti in Italia: nel codice fiscale è infatti contenuto anche il comune di nascita dell'individuo, espresso appunto tramite il suo codice nazionale;

   molti cittadini hanno nel codice fiscale, un codice nazionale ormai obsoleto, perché sono nati in comuni che non esistono più per via di accorpamenti, fusioni e divisioni di altri comuni. Per fare un esempio: Brusasco-Cavagnolo (Torino) oggi non più esistente aveva un codice catastale B226, mentre oggi Cavagnolo ha C369 e Brusasco B225;

   capita molto più spesso di quanto si pensi che ai portatori di codici catastali obsoleti sia precluso l'accesso ad alcune banche dati, che banalmente non riconoscono il codice. Il caso classico è presso gli uffici postali;

   un problema analogo si creò nel 1989, a seguito della normalizzazione dei codici fiscali di tutti i cittadini italiani, allorquando l'Agenzia delle entrate non inserì, tra gli allora 8.100 comuni italiani, i 136 comuni dell'Istria, Fiume e Dalmazia e le tre relative Province di Fiume, Pola e Zara, che tra il 1920 ed il 1947 appartenevano all'Italia. Con la legge n. 54 del 1989 si stabilì l'obbligo di riportare unicamente il nome del comune di nascita e l'Agenzia delle entrate modificò i software in modo da riconoscere i codici dei suddetti comuni come appartenenti a cittadini italiani –:

   quali iniziative intenda adottare per evitare disagi ai cittadini che abbiano nel proprio codice fiscale il codice di comuni non più esistenti.
(5-07330)


   OSNATO, ALBANO, BIGNAMI e BELLUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il protrarsi della crisi sanitaria da COVID-19 ha costretto molti cittadini ad affrontare disagi e difficoltà sempre crescenti che la situazione pandemica ha prodotto sulla salute e sul benessere delle persone;

   con l'obiettivo di offrire un aiuto mirato a chiunque si trovi in una condizione di stress o di fragilità emotiva dovuta all'emergenza sanitaria da COVID-19, sono nate molte situazioni in cui ascolto e sostegno di professionisti di vario tipo, tra cui medici, psicologi, psichiatri, hanno dato il loro servizio non più in presenza ma «a distanza», o meglio «da remoto»;

   l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 concede l'esenzione Iva alle «prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza» e, ad oggi, al fine di adempiere alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, si provvede al pagamento dell'imposta di bollo sui documenti mediante l'applicazione di contrassegni sostitutivi le marche da bollo;

   molti professionisti procederanno all'invio delle fatture ai propri clienti anche attraverso il servizio postel, mail e fax e conseguentemente non sarà più possibile per loro apporre le marche da bollo sui suddetti documenti;

   il decreto ministeriale 7 giugno 1973 e successive modificazioni ed integrazioni, in attuazione dell'articolo 15, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, ha previsto la possibilità di autorizzare l'assolvimento dell'imposta di bollo in modo virtuale per i documenti di cui all'articolo 13 della prima parte della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, così come modificata dal decreto ministeriale 20 agosto 1992 –:

   quali iniziative intenda adottare affinché si autorizzi l'assolvimento dell'imposta di bollo in modo virtuale come descritto in premessa, anche indipendentemente dal numero dei documenti emessi e dall'importo del fatturato dell'emittente il documento.
(5-07331)


   SANGREGORIO e PLANGGER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le Commissioni tributarie di Bolzano vedono da tempo una importante carenza di personale amministrativo della II e III area: la situazione diventerà ancor più critica a causa dei programmati pensionamenti;

   allo stato attuale, rispetto ad un organico previsto di 13 unità per entrambe le Commissioni, sono in servizio 10 unità, di cui 6 nella 3a area, 4 nella 2a e 1a area: 3 andranno in pensione entro giugno, uno entro luglio del 2023. Resterebbero in servizio a fine 2023 solo 6 unità, di età avanzata, suddivise a metà nelle due Commissioni;

   in questa situazione (3 unità per la Commissione tributaria) non è possibile garantire un livello minimo di servizio, con gravi disfunzioni nelle attività istituzionali che non possono non avere delle ripercussioni sul buon funzionamento della Giustizia tributaria in tutta la provincia;

   si rischia concretamente di non poter garantire i diritti dei cittadini e del mondo economico al pari del funzionamento degli altri settori del sistema giudiziario, questione ora al centro dell'attenzione delle azioni di Governo anche in riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   con tre funzionari per Commissione tributaria risulta impossibile garantire tutti gli adempimenti formali previsti dal processo tributario – supporto nella fissazione delle udienze, convocazioni delle parti, notifiche sentenze, adempimenti previsti dal processo telematico tributario per il quale il corretto, tempestivo aggiornamento dei fascicoli e delle procedure è di fondamentale importanza – nonché fornire la consueta assistenza ai magistrati nelle udienze;

   da anni si segnala questa precaria situazione agli organi competenti – Commissariato del Governo per la provincia di Bolzano – per sollecitare bandi di concorso da espletarsi a livello locale, con riserva dei posti banditi. Finora nessuna risposta è stata data dagli uffici del Commissariato del Governo per la provincia di Bolzano che è l'unico organo competente per gestire i concorsi pubblici ed eventuali bandi di mobilità a livello locale per i singoli Ministeri, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 752 del 1976, che è norma di attuazione dello Statuto di autonomia approvato con legge costituzionale;

   risulta invece che a livello nazionale siano stati banditi diversi concorsi pubblici, senza riservare alcuna unità alle Commissioni tributarie di Bolzano –:

   se il Ministro non ritenga urgente adottare tutte le iniziative di competenza affinché si possa provvedere a destinare le risorse umane necessarie, e in tempo utile, per il regolare funzionamento delle commissioni tributarie della provincia di Bolzano, nel rispetto della Costituzione e delle relative norme di attuazione.
(5-07332)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORDONALI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è possibile detrarre dall'imposta lorda un importo pari al 19 per cento delle spese sanitarie; ai fini dell'individuazione delle spese sanitarie detraibili, occorre fare riferimento ai provvedimenti del Ministero della salute contenenti l'elenco delle specialità farmaceutiche, dei dispositivi medici e delle prestazioni specialistiche;

   le regole per la detrazione delle mascherine impiegate per il contenimento della diffusione del virus COVID-19 sono state quindi chiarite dall'Agenzia delle entrate con la circolare 11 del 6 maggio 2020: in particolare, le spese sostenute per l'acquisto di Dpi, come le mascherine, possono essere detratte nell'ambito delle spese sanitarie della dichiarazione dei redditi, ma occorre verificare che nello scontrino o nella fattura siano indicati il soggetto che sostiene la spesa e la conformità del dispositivo, ovvero che sia riportato il codice AD «spese relative all'acquisto o affitto di dispositivi medici con marcatura CE»;

   in mancanza di questo, è necessario conservare la documentazione dalla quale risulti la marcatura CE per i dispositivi compresi nella «Banca dati dei dispositivi medici» pubblicato sul sito del Ministero della salute, mentre, per quelli non compresi nell'elenco, è necessario che il prodotto riporti, oltre alla marcatura CE, anche la conformità alla normativa europea (direttive europee 93/42/CEE, 90/385/CEE e 98/79/CE). Di conseguenza, se lo scontrino della farmacia non riporta il riferimento alla marcatura europea, né questa appare sulla confezione la spesa non è ammessa alla detrazione;

   la recrudescenza del COVID-19 impone a tutti la necessità di rispettare le indicazioni dell'istituto superiore di sanità e, quindi, di indossare regolarmente le mascherine Ffp2, che tuttavia hanno un costo maggiore, soprattutto per le famiglie, in considerazione del particolare trattamento di filtraggio –:

   se ritenga di adottare iniziative al fine di rendere detraibili per le famiglie i dispositivi di protezione Ffp2 e Ffp3 acquistati, anche se non dichiaratamente considerati dispositivi medici, ma comunque conformi alla normativa europea, e indispensabili per contrastare il diffondersi dell'epidemia.
(4-11060)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   FOTI, BUTTI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento al progetto definitivo proposto da Anas Spa riguardante l'ammodernamento e la messa in sicurezza del tratto della strada statale 45 di Val Trebbia, compreso tra la località Cernusca, nel comune di Travo, e Rivergaro al di là di alcune rimostranze di alcuni sindaci, di cui si è riferito nell'atto di sindacato ispettivo n. 5-07188, si registra il parere negativo della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per le provincie Parma e Piacenza;

   in particolare, nella nota 34.43.04/1494/2021, a firma della Soprintendente, si legge «...tutto ciò premesso si ritiene complessivamente incompatibile l'intervento proposto ai fini della tutela paesaggistica, si chiede pertanto una soluzione progettuale che sia più aderente al tracciato attualmente esistente» ed ancora: «...Tali verifiche, autorizzate con ns. precedente nota prot. N. 2451 del 29 marzo 2021, non sono ancora state effettuate. Nelle more, pertanto, del procedimento di verifica preventiva attualmente in corso, in assenza delle suddette verifiche. Questo Ufficio, non dispone di tutti gli elementi necessari per potere esprimere il parere di competenza in merito agli aspetti di tutela archeologica» –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza si intendano assumere per definitivamente superare la situazione sopra rappresentata, tenuto conto che le popolazioni di quella valle attendono la realizzazione dell'opera in questione da svariati lustri.
(5-07333)


   MAZZETTI, CORTELAZZO, LABRIOLA, CASINO, FERRAIOLI e VALENTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 2022 sarà l'anno decisivo per il decollo effettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza sotto il profilo della apertura dei cantieri e dell'avanzamento dei lavori. Sotto questo aspetto è indispensabile dare avvio, fin da subito, ai lavori e farli proseguire e concludere nel rispetto del crono programma concordato con l'Unione europea;

   come ricordato anche dall'Ance, è necessario intervenire su alcune criticità che, se non affrontate, rischiano di non consentire un rapido utilizzo delle tante risorse attualmente disponibili, ossia un deficit di progetti esecutivi, e una carente capacità progettuale delle tante Amministrazioni pubbliche;

   un esempio tra i tanti è quello relativo al recente «Bando Nazionale Sport Periferie» che ha messo a disposizione dei comuni, per l'ammodernamento delle strutture sportive locali, un importo pari a 300 milioni di euro. Sono stati presentati 3.380 progetti; ben 2.200 non sono stati ammessi perché non in linea rispetto alle prescrizioni del bando e dei residui 1.180 progetti ammessi, solo 495 sono stati finanziati;

   una ulteriore criticità riguarda il deficit di adeguatezza dei prezzi di appalto. Negli ultimi quindici mesi si è registrata una impennata dei prezzi, in primis delle materie prime, dell'energia e del gas, che colpisce indistintamente tutti i settori, ma quello edile più degli altri;

   è evidente che il forte aumento dei prezzi inciderà in maniera ancora più significativa sui lavori che saranno banditi da ora in avanti perché hanno progetti con quadri economici redatti sulla base di prezzari disallineati dagli attuali prezzi di mercato;

   occorre quindi un intervento che consenta un riequilibrio dei prezzi unitari a base di asta. In assenza di ciò, si rischia di assistere a due anomalie: a) ci sarà sempre una azienda che, per necessità, contrattualizzerà una commessa anche sotto costo, confidando in eventuali interventi salvifici futuri; b) qualsiasi appalto preso così sottocosto, ancora prima di iniziare, sconterà problematiche che non consentiranno né il regolare avanzamento dei lavori, né il rispetto dell'importo economico oggetto di contratto –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per superare le criticità indicate in premessa, con particolare riguardo alla necessità di adoperarsi per ridurre il deficit di progettazione esecutiva e di capacità progettuale delle tante amministrazioni pubbliche e per favorire il riequilibrio dei prezzi a base d'asta con gli attuali prezzi di mercato.
(5-07334)


   PEZZOPANE, BRAGA, BURATTI, MORASSUT, MORGONI, PELLICANI e ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Strada dei Parchi è collocata in un'area ad alta sismicità e, essendo l'unica infrastruttura in grado di collegare le aree del cratere sismico con il resto del Paese, è stata dichiarata infrastruttura di valore strategico dalla Protezione Civile (legge n. 228 del 24 dicembre 2012);

   ad oggi l'intera infrastruttura necessita di interventi per la messa in sicurezza e i cantieri aperti e non ultimati causano quotidianamente forti disagi e ripercussioni sul traffico veicolare con conseguente forte disagio per i cittadini e ripercussioni negative anche in termini di inquinamento ambientale;

   per garantire la messa in sicurezza antisismica dell'infrastruttura, è stato nominato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 settembre 2020, ai sensi dell'articolo 206 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito con legge 17 luglio 2020 n. 77, un commissario straordinario per la gestione degli interventi urgenti per il ripristino e la messa in sicurezza delle tratte autostradali A24 e A25 a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017;

   il commissario straordinario nominato nel 2020 ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico, a decorrere dal 1° gennaio 2022. Occorre, pertanto, che il Governo crei le condizioni affinché le dimissioni possano essere revocate o, in alternativa, nomini quanto prima un nuovo commissario, altrettanto all'altezza del gravoso compito;

   i cittadini non possono subire ulteriori ritardi per la messa in sicurezza di un'arteria strategica, la cui viabilità è messa ulteriormente a dura prova anche dal ghiaccio e dalla neve –:

   quali siano gli interventi e i relativi stanziamenti previsti e programmati per la messa in sicurezza della Strada dei parchi, il relativo cronoprogramma e quali iniziative di competenza intenda adottare per provvedere senza indugio alla nomina del nuovo Commissario straordinario per la messa in sicurezza antisismica delle Autostrade A24 e A25.
(5-07335)


   LUCCHINI, BENVENUTO, BADOLE, D'ERAMO, DARA, EVA LORENZONI, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con precedente interrogazione a risposta scritta n. 4-10640 del 9 novembre 2021, ancora senza risposta, è stata evidenziata la fondamentale importanza che assume, nell'assetto urbanistico del territorio dell'oltrepò Pavese, la realizzazione del tracciato stradale tangenziale all'abitato della città di Stradella, denominato «Gronda Nord»;

   infatti, la bretella stradale è indispensabile sia per lo sviluppo economico e sociale degli insediamenti di espansione degli abitati di Brani e Stradella e l'assorbimento del traffico veicolare leggero e pesante sulle strade intercomunali, e in particolare sulla ex strada statale 10 «Padana Inferiore», sia per decongestionare e rendere ambientalmente sostenibile l'accesso alla A21 – Torino Piacenza e alla rete autostradale, con particolare riferimento ai flussi provenienti dalla strada provinciale 200 e dalla strada provinciale 201, anche in considerazione delle attuali limitazioni di transito ai mezzi pesanti imposte su due dei tre ponti sul Po presenti nell'area (Ponte della Becca, Ponte di Spessa e Ponte di Pieve Porto Morone);

   il progetto dell'intero tratto stradale, completo anche dell'ultimo tratto di completamento della cui stesura si è occupato il comune, è stato inviato dall'amministrazione provinciale al Ministero, per poter partecipare ad un riparto di fondi della società Satap gestore del tratto autostradale della A21 Torino Piacenza;

   la provincia di Pavia e il comune di Stradella hanno inoltre chiesto al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di inserire il progetto della Gronda nord nel bando di gara per il riaffidamento delle concessioni all'autostrada A21 Torino-Piacenza, tra gli interventi finalizzati al miglioramento della funzionalità, accessibilità e fruibilità del collegamento autostradale; si apprende dalla stampa locale che il completamento della Gronda nord è stato inserito nell'allegato L del bando, non come opera strettamente legata alla sicurezza infrastrutturale, ma comunque funzionale alla fruibilità dei collegamenti con l'autostrada A21;

   ultimamente, gli interroganti sono venuti a conoscenza di un surplus di risorse, che risulterebbero pari a 300 milioni di euro, provenienti dall'incremento dei pedaggi autostradali sul territorio nazionale che non sarebbero stati ribassati nel periodo emergenziale da COVID-19, sulla ripartizione dei quali la provincia di Pavia ha indicato come unica opera richiesta il completamento della Gronda Nord dal costo stimato pari a 8 milioni di euro –:

   se la realizzazione della «Gronda nord» di Stradella resti inclusa tra gli impegni del nuovo concessionario della A21 e se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza per l'individuazione delle risorse necessarie per la realizzazione del completamento di tale opera, anche utilizzando le sopraccitate risorse provenienti dall'incremento dei pedaggi autostradali.
(5-07336)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 73-ter, commi 3 e 4, del decreto «Sostegni bis» (decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106), l'attuale maggioranza, grazie all'approvazione di un subemendamento del Pd a prima firma Melilli (subemendamento 0.68.032.8 nuova formulazione) ha già assegnato 40 milioni di euro per studi di fattibilità e progettazione dei collegamenti ferroviari tra Roma e i capoluoghi di provincia delle zone colpite dal sisma del 2016;

   in particolare, il comma 3 del citato articolo prevede l'assegnazione di un contributo di 40 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la progettazione anche esecutiva di interventi per il miglioramento dei collegamenti tra Roma e le aree dell'Appennino soggette agli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016 anche attraverso la revisione o l'aggiornamento di progetti esistenti già esaminati dal CIPE o presenti nel contratto di programma RFI, nonché per la redazione di studi di fattibilità finalizzati a migliorare il collegamento tra i capoluoghi di provincia dell'Italia centrale ricompresi nel cratere sismico e Roma;

   lo studio di fattibilità riguardante i territori di Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria (Miglioramento dei collegamenti tra i capoluoghi dell'Italia centrale compresi nel cratere sismico e Roma) è stato inserito nella Tabella III.1.2. del Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci, così pure mentre è in corso lo studio di fattibilità della linea Roma-Pescara (Tratta Roma-Tagliacozzo, Avezzano-Sulmona, Scafa-Pratola Peligna) e della linea L'Aquila-Tagliacozzo;

   uscire dall'isolamento infrastrutturale è un tema strategico per il territorio abruzzese ed in particolare per le aree interne della regione, soprattutto per quanto riguarda i collegamenti ferroviari –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per far uscire dall'isolamento infrastrutturale, in particolare ferroviario, la città de L'Aquila e, in generale il territorio interno, e se intenda attivare un tavolo di confronto sul progetto di collegamento ferroviario Roma-L'Aquila al fine di delineare una strategia per un collegamento veloce tra le due città.
(5-07323)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 42-43, della legge n. 160 del 2019 ha previsto, per gli anni dal 2021 al 2034, l'assegnazione di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, mentre con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 gennaio 2021 sono stati fissati i criteri di assegnazione delle sopra menzionate risorse;

   con decreto interministeriale del 30 dicembre 2021, a seguito dell'approvazione dell'elenco dei progetti beneficiari dei contributi per investimenti in opere di rigenerazione urbana, molte amministrazioni locali hanno riscontrato la mancata assegnazione delle risorse previste, pur rientrando tali progetti nella graduatoria di quelli ritenuti ammissibili, completi del target del Piano nazionale di ripresa e resilienza di riferimento;

   secondo gli ultimi dati pubblicati sul sito del Ministero dell'interno, su un totale di 2.418 progetti presentati e 2.325 opere ammesse, l'elenco di opere attualmente ammesse e finanziate si compone di 1.784 unità, per complessivi 483 enti locali beneficiari: come riportato da ilgazzettino.it del 5 gennaio 2022, su 541 progetti che sono stati ammessi ma non finanziati, 210 risultano presentati da 53 comuni della regione Veneto, con una percentuale generale per tutti i territori del Settentrione pari al 93 per cento dei progetti esclusi;

   il criterio di assegnazione di tali contributi ai comuni, basato sull'indice di vulnerabilità sociale e materiale, si è dimostrato a parere degli interroganti alquanto anacronistico e inadeguato ai fini di un'equa ripartizione delle risorse disponibili su tutto il territorio nazionale, al netto di energie e risorse già investite per la progettazione da parte dei comuni stessi e con un'evidente disparità tra comuni del Nord e comuni del Mezzogiorno nell'assegnazione dei contributi previsti;

   anche l'articolo 1, commi 534-542, della legge n. 234 del 2021 presenta ancora alcuni limiti normativi: risultano beneficiari soltanto comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti che, in forma associata, raggiungono una popolazione superiore a 15.000 abitanti, nonché i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, a valere sulle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 534, della legge n. 234 del 2021, nel limite massimo della differenza tra gli importi previsti dall'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 gennaio 2021 e le risorse attribuite dal relativo decreto del Ministro dell'interno –:

   se e quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendano adottare al fine di integrare le risorse disponibili per investimenti in progetti di rigenerazione urbana con l'obiettivo di finanziare tutti i progetti ammissibili, nonché di rivedere il criterio dell'indice di vulnerabilità sociale e materiale di cui in premessa per la ripartizione tra gli enti locali di ulteriori contributi previsti da successivi bandi che riguardano il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-02713)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANGIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi, nella città di San Severo sono accaduti cruenti fatti criminali che esigono una risposta forte e incisiva da parte dello Stato;

   tra questi è doveroso ricordare l'omicidio commesso durante i festeggiamenti della vittoria dell'Italia agli Europei, nella cui occasione è stato colpito a morte un noto pregiudicato della città ed è stato ferito in maniera grave un minore di otto anni che ad oggi rischia di non poter camminare più;

   ad agosto, è accaduto un altro grave fatto criminale con un altro omicidio e il ferimento di altri due soggetti, tra cui un minore;

   ad ottobre è avvenuta l'aggressione ai danni dell'inviato di Striscia la notizia Vittorio Brumotti, cui ha fatto seguito il servizio delle Iene sulla commissione reiterata di turbativa d'asta da parte di vari soggetti e l'omicidio di un soggetto per debiti;

   il 27 dicembre c'è stata l'ennesima rapina nei confronti di una tabaccheria in centro città, cui sono seguiti nella notte tra il 3 ed il 4 gennaio di quest'anno di due atti intimidatori dinamitardi nei confronti di due attività commerciali;

   nella notte del 10 gennaio si sono registrati altri due attentati dinamitardi ai danni di esercizi commerciali della città –:

   se il Ministro, per quanto di competenza, non ritenga necessario, alla luce dei numerosi fatti criminali avvenuti negli ultimi mesi, adottare iniziative per: elevare al 1° livello il commissariato di San Severo e di conseguenza ampliare le unità di polizia sul territorio; avviare un tavolo consultivo permanente per la sicurezza con il prefetto, il questore, il comando provinciale dei Carabinieri, il comando provinciale della Guardia di finanza, il sindaco della città di San Severo e gli altri sindaci della provincia di Foggia; visitare la città e l'intera provincia per dare un segnale forte a tutti i cittadini della presenza e della vicinanza dell'intero Governo.
(4-11063)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Calabria è regione molto condizionata dal potere criminale della 'ndrangheta;

   a Lamezia Terme è presente un commissariato di polizia distaccato, il cui personale sopporta da tempo un sostanziale aumento dei carichi di lavoro rischiando di subire un collasso operativo a causa di sopraggiunte carenze di organico;

   lo stesso territorio rappresenta un centro nevralgico di illeciti interessi da parte di pericolose cosche di ’ndrangheta, come racconta la storia criminale di Lamezia Terme, connotata da guerre di mafia di cadenza e crudeltà impressionante;

   l'attuale fase di apparente «pax mafiosa» non deve in alcun modo essere intesa come mancanza dei fenomeni di micro e macro criminalità che storicamente attanagliano quel comprensorio e ne impediscono lo sviluppo economico e sociale;

   nel territorio in predicato vi sono diverse cosche criminali che in passato si sono contrapposte con azioni sanguinarie;

   a contrasto l'organico del Commissariato di pubblica sicurezza di Lamezia Terme è stato determinato dal dipartimento di pubblica purezza con una circolare datata 15 giugno 1992; da allora il Commissariato, ossia da 30 anni, non è stato adeguato alle esigenze reali del territorio, aumentate anche per l'evoluzione espansiva della 'ndrangheta;

   Lamezia Terme è la terza città della Calabria per numero di abitanti (70.664) e per estensione territoriale (162,43 chilometri quadrati), nonché sede di aeroporto internazionale, di stazione ferroviaria e di svincolo autostradale di primaria importanza;

   nella città si trova anche la zona industriale più vasta del Meridione e ivi ha sede l'aula Bunker utilizzata per i processi alle cosche calabresi;

   il consiglio comunale lametino è stato sciolto per tre volte a causa di infiltrazioni mafiose;

   il territorio locale è crocevia di numerosi traffici illeciti e ivi si contendono il predominio numerose famiglie delinquenziali, non solo locali;

   merita di essere segnalato che nel commissariato lametino è presente e attivo il servizio «113», con annesso servizio di volante che, ogni giorno, impegna cospicua parte dell'organico;

   a ciò devono aggiungersi, oltre alle attività burocratiche necessarie alla gestione del presidio, tutti i servizi al cittadino che vanno dalla polizia amministrativa alla gestione degli immigrati, sino alla polizia anticrimine;

   vanno evidenziate le gravi carenze organiche presenti nel settore investigativo e di polizia scientifica, cui sopperisce lo spirito di abnegazione e di attaccamento al dovere dei singoli operatori in servizio;

   ad oggi il commissariato di Lamezia Terme conta un organico di 93 unità, di cui solo 76 operative (4 in c.s. lunga degenza; 6 esentati dai servizi esterni e 7 esentati legge n. 104 del 1992);

   delle suddette 76 unità, 38 o sono impiegate per il controllo del territorio e concorrono non solo in servizi esterni di prevenzione generale e di soccorso pubblico, ma anche per altre tipologie di attività;

   risulta inspiegabile la circostanza che nel presidio lametino vi sia un organico notevolmente inferiore rispetto a quello di omologhi uffici dirigenziali del territorio calabrese;

   tutte le circostanze sopra richiamate sono state oggetto, nel dicembre 2021, di una nota di segnalazione inviata dall'interrogante al Ministro interrogato, che è ancora senza riscontro e/o risposta –:

   quali iniziative intenda assumere per superare le riassunte gravi carenze di organico e per garantire un efficace presidio del territorio da parte della polizia di Stato.
(4-11067)


   NOVELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la tutela delle minoranze linguistiche fa parte del nucleo dei princìpi fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana;

   tra le regioni che vivono il fenomeno del multilinguismo, una particolare attenzione merita la realtà del Friuli-Venezia Giulia, da sempre una terra di confine e di incontro di popoli: oltre all'italiano, lingua ufficiale, la regione autonoma ha anche riconosciuto come lingue regionali il friulano, lo sloveno e il tedesco;

   in particolare, per la sola minoranza slovena sono state introdotte specifiche disposizioni dalla legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia»;

   tale legge, all'articolo 8, comma 4, stabilisce che nelle città di Trieste, Gorizia e Cividale del Friuli, le amministrazioni comunali devono istituire un ufficio per i cittadini che intendano: avvalersi del diritto di ricevere risposta in lingua slovena nelle comunicazioni verbali, di norma direttamente o per il tramite di un interprete ovvero nella corrispondenza, con almeno una traduzione allegata al testo redatto in lingua italiana; vedersi riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali; ottenere il rilascio di atti e provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identità e i certificati anagrafici, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana;

   al fine di garantire l'utilizzo della lingua slovena nella pubblica amministrazione il medesimo articolo autorizza la spesa massima di 5.805 milioni di lire annue a decorrere dall'anno 2001 –:

   quanti servizi, e di quale tipologia, siano stati erogati e quante persone ne abbiano usufruito per ogni ufficio costituito ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, negli ultimi 3 anni, nonché quale sia la percentuale di utilizzo di moduli redatti in lingua italiana e slovena e di quelli redatti solo in lingua italiana.
(4-11069)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, ha modificato la disciplina delle tutele previste, durante l'emergenza da COVID-19, per i lavoratori in quarantena, perché entrati in contatto con un soggetto positivo al COVID-19, nonché per i cosiddetti lavoratori «fragili», ovvero per i lavoratori dipendenti che possiedono certificazione di condizioni di rischio della salute;

   la succitata forma di tutela, introdotta dall'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha riconosciuto, ai lavoratori dipendenti del settore privato, una indennità da quarantena equiparando alla malattia i periodi di assenza dal lavoro trascorsi dal lavoratore in quarantena, con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria, e corrispondendo un trattamento economico erogato dall'Inps;

   tale misura di tutela è stata prorogata fino al 31 dicembre 2021, a fronte di un ulteriore stanziamento;

   purtroppo, non sarà più possibile riconoscere l'indennità di malattia ex articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ai lavoratori in quarantena, poiché il legislatore non ha previsto lo stanziamento di nuove risorse volte a rifinanziare la misura stessa anche per l'anno 2022;

   il mancato rifinanziamento della misura in questione produrrà un grave vuoto normativo e previdenziale, dal momento che i lavoratori in quarantena si vedrebbero decurtate dalla busta paga in media tra i 600 e i 700 euro per i giorni di assenza –:

   alla luce dell'altissimo tasso di contagi determinati dalle varianti del virus COVID-19 cosiddetto Omicron e Delta, se il Ministro non ritenga opportuno e urgente adottare iniziative di carattere normativo, per risolvere tale incresciosa situazione, anche in considerazione della proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022.
(2-01399) «Tripiedi, Invidia, Cominardi, Pallini, Segneri, Davide Aiello, Tucci, Ciprini, Cubeddu, Barzotti, Amitrano, Aresta, Di Sarno, D'Uva, Del Monaco, Frusone, Emiliozzi, Fantinati, Grande, Berti, Olgiati, Vacca, Iovino, Licatini, Gubitosa, Roberto Rossini, Del Grosso, Cassese, Alberto Manca».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MURA, VISCOMI e CARLA CANTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da diversi organi di informazione, il 30 dicembre 2021 è stata depositata una class action presso il tribunale di Roma nei confronti della neonata compagnia Ita Airways, lamentando criteri discriminatori nei confronti delle lavoratrici;

   nella denuncia si segnala che, nonostante il personale di condotta e di cabina degli aeromobili sia proveniente per il 99,9 per cento dal bacino del settore Aviation di Alitalia, si registra una ingiustificata contrazione della presenza di lavoratrici e, in particolare, di quelle ritenute in «età critica» per la gestione operativa dei voli per ragioni di cura familiare, come nel caso di presenza di familiari non autosufficienti;

   durante le procedure di selezione, ogni candidato ha dovuto postare online un video rispondendo a molte domande tra le quali, secondo il citato esposto, vi era la richiesta di allegare un estratto contributivo dal quale è possibile desumere le condizioni personali del lavoratore quali malattia, disabilità e maternità;

   raffrontando i dati relativi alla composizione del personale della ex compagnia Alitalia con quelli di Ita si evidenzierebbe una significativa riduzione del cosiddetto «indice di femminilità» per il personale di cabina, con un calo del 46 per cento nella fascia 36-40 anni e del 38 per cento nella fascia 41-45 anni. Lo stesso fenomeno si registra, con percentuali ancor più marcate, per quanto concerne il personale che beneficia degli istituti previsti dalla legge n. 104 del 1992;

   le ricorrenti lamentano, inoltre, che le lavoratrici verrebbero ulteriormente penalizzate sul piatto retributivo, in quanto sarebbe fortemente diminuita la percentuale delle lavoratrici con responsabilità di cabina;

   interpellata dagli stessi organi di informazione la dirigenza della nuova compagnia ha precisato che la stessa «nella composizione del personale opera nel massimo rispetto dei criteri di diversità e inclusione» e che «i beneficiari della legge n. 104 del 1992 devono presentare ex novo, tramite Inps, la richiesta ai benefici di legge; non vi è automatismo della pratica del passaggio tra aziende»;

   nonostante tali rassicurazioni, qualora venissero confermati i dati illustrati nel citato esposto, si ravviserebbero inaccettabili pratiche discriminatorie nei confronti di lavoratrici, in aperto contrasto con la normativa nazionale e comunitaria e con gli indirizzi più volte ribaditi anche di recente dal Parlamento italiano in materia di parità di genere. Discriminazioni tanto più inaccettabili laddove si consideri che la società è a totale capitale pubblico –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di accertare gli elementi sommariamente esposti in premessa ed, eventualmente, provvedere al riguardo.
(5-07341)


   MUGNAI e VIETINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la proprietà dell'azienda Ortofrutticola del Mugello, la bergamasca Italcanditi, ha annunciato alla fine di dicembre 2021, di voler chiudere lo stabilimento di Marradi (Firenze), comunicando alle parti sociali – rappresentanti Flai Cgil e Fai Cisl – l'intenzione del Fondo Investindustrial, proprietario al 70 per cento di Italcanditi, di cessare l'attività dell'ortofrutticola del Mugello per trasferire tutta la produzione di marron glacé allo stabilimento principale di Pedrengo (Bergamo);

   lo stabilimento di Marradi rappresenta una storica produzione dell'Alto Mugello, nata nel 1984 e dal 2020 di proprietà dell'Italcanditi, che produce il rinomato Marrone del Mugello Igp, esportando in 30 Paesi prodotti di elevata qualità; specializzato anche nella lavorazione e trasformazione industriale delle castagne e dei marroni per l'industria e la Grande distribuzione organizzata (Gdo);

   l'Ortofrutticola del Mugello occupa una decina di lavoratori a tempo pieno e 80-90 stagionali all'anno, mobilitando un forte indotto locale di produttori e raccoglitori, volano per tutto il territorio; un polmone economico e produttivo sia per Marradi che per i Paesi limitrofi, che nel 2018 ha fatturato 8,7 milioni di euro, senza considerare l'indotto, composto da coltivatori di castagne del «marron buono IGP» del Mugello;

   da quanto risulta all'interrogante, solo a nove dipendenti a tempo indeterminato (sette dipendenti e due dirigenti) sarà offerta la possibilità di un trasferimento a Pedrengo (Bergamo), mentre non appare chiaro il futuro della maggioranza dei lavoratori stagionali, molti dei quali storici e principalmente donne (oltre il 90 per cento), che hanno contribuito, con sacrifici personali e familiari, fin dalla nascita della fabbrica al determinarsi dei successi produttivi e commerciali, lavorando anche nei giorni di festa e superando anche richieste di lavoro in condizioni problematiche;

   la scelta di Italcanditi (acquisita da Investindustrial) non appare motivata da diseconomie dovute ad impianti e aspetti produttivi, quanto dalla ben nota determinazione di solidi fondi di investimento che, dapprima interessati ad acquisire fatturato e quote di mercato, in favore di futuri azionisti, operano poi con l'unico scopo di guadagnare quotazioni in borsa del gruppo, anche a scapito di produzioni locali storiche e a danno dei lavoratori –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, con urgenza, per scongiurare impatti sociali rilevanti su lavoratori e lavoratrici, in seguito all'annunciata chiusura dell'azienda storica dei marroni di Marradi, con un trasferimento di produzione che mette in crisi anche l'indotto dell'intero territorio montano del Mugello.
(5-07342)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 31 dicembre 2021 è scaduta la copertura dell'indennità di quarantena, che era stata prorogata con il cosiddetto «decreto fiscale» n. 146 del 2021;

   si ritiene urgente rifinanziare questa misura per il 2022; in mancanza, saranno danneggiati economicamente sia lavoratori che imprese;

   tra l'altro, sulla decisione del Governo di escludere il rimborso della quarantena da COVID-19 ai lavoratori, è intervenuto Giovanni Marcantonio, segretario del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, delegato ai rapporti con l'Inps, per segnalare ulteriori criticità che comporta questa decisione;

   da un punto di vista di gestione delle pratiche di lavoro, tale esclusione porterà estreme difficoltà nella compilazione del Libro unico del lavoro, visto che per registrare le assenze si dovrà formalmente ricorrere a ferie, permessi o assenze giustificate, pur non rappresentando la realtà tali inquadramenti;

   ma soprattutto, va considerato che, anche per ragioni di privacy, generalmente dal certificato medico non emerge la circostanza che si tratti di malattia per quarantena o altra motivazione. Solo dopo molti mesi, l'Inps avrà conoscenza del fatto che quel certificato è stato emesso per malattia o quarantena. Dunque, potrebbe accadere che il datore di lavoro disponga, illegittimamente, un licenziamento per superamento del periodo di comporto, in base a dati da lui non conoscibili –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative per rifinanziare l'indennità per quarantena, anche superando le criticità segnalate dai consulenti del lavoro, come esposto in premessa.
(5-07343)


   MOSCHIONI e GIACCONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Dynamic Technologies di Attimis, azienda specializzata nella lavorazione di tubi metallici e altro per il settore automotive, ha comunicato un esubero di personale tra le 50/60 unità su 170 dipendenti, metà dei quali in cassa integrazione. La decisione ha spinto i sindacati, nelle scorse settimane, ad indire 8 ore di sciopero con presidio;

   le preoccupazioni dei lavoratori per il nuovo anno e per il medio periodo si sono concentrate, soprattutto, sull'assenza di investimenti e sulla mancanza da parte della proprietà di porre in essere reali iniziative di rilancio aziendale, lasciando trapelare uno scarso attaccamento al territorio ed un sostanziale disinteresse per la sorte dell'attività e soprattutto dei dipendenti;

   i vertici dell'azienda hanno giustificato le decisioni intraprese, asserendo che il costo del lavoro manuale, incidendo fortemente su prodotti a basso valore aggiunto, rende non economicamente conveniente continuare a produrre in Italia, evidenziando, inoltre, come la congiuntura economica del settore auto, principale mercato di riferimento, abbia provocato uno stato di crisi da cui, al momento, sembra difficile uscire;

   la Dynamic Technologies, azienda di Udine, leader a livello mondiale nella progettazione e nella produzione di sistemi per il trattamento dei fluidi e di componenti di precisione in alluminio per il settore automotive, occupava 500 dipendenti, è stata acquisita nel 2017 da Ardian North America Direct Buyouts;

   contestualmente all'acquisizione Ardian ha previsto anche la fusione con la partecipata statunitense Huron, specializzata nella progettazione e produzione di sistemi per il trattamento dei fluidi nel settore automobilistico. La realtà industriale che si sarebbe dovuta sviluppare dalla fusione avrebbe dovuto creare un gruppo leader nella fornitura di componenti tubolari per il settore automotive, con stabilimenti produttivi in numerosi Paesi europei ed extraeuropei;

   in un momento di grave emergenza economica come quello che si sta vivendo non si può neppure pensare di rinunciare ad un marchio da sempre strategico, non solo per la produzione manifatturiera friulana, ma per l'intera filiera produttiva nazionale;

   occorre pertanto individuare al più presto delle misure che consentano nell'immediato la ripresa della produzione, anticipando le nuove necessità determinate dall'evoluzione del mercato e proteggendo al tempo stesso le competenze specializzate del territorio della provincia di Udine –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di assicurare la continuità produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali nello stabilimento Dynamic Technologies di Attimis.
(5-07344)


   INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la forte crescita economica acquisita per il 2021 (+6,2 per cento) risulta paradossalmente sostenuta da forme di lavoro precario, senza prospettive di lungo periodo;

   da alcuni dati statistici si evince che la quota dei rapporti di lavoro cessati con durata effettiva inferiore o pari all'anno sia passata dal 74,7 per cento del primo trimestre all'82,3 per cento del terzo trimestre e, nello stesso periodo, i contratti con durata tra 1 e 3 giorni siano cresciuti da 265 mila a 433 mila (+168 mila, pari a + 63,4 per cento). Questa discontinuità lavorativa causa bassi salari e buchi contributivi che domani determineranno, a loro volta, basse pensioni;

   dai dati Inps relativi ai dipendenti del settore privato, esclusi agricoli e domestici, risulta una diminuzione del salario medio lordo annuo tra il 2019 e il 2020 del 5,9 per cento dal 21.945 a 20.658 euro. Focalizzando l'attenzione sui diversi profili si osserva che la riduzione più rilevante ha interessato, in particolare, i lavoratori con salari medi sotto la media generale: gli operai (-9,3 per cento), le donne (-6,7 per cento), i dipendenti a tempo determinato, inclusi gli stagionali (-10,5 per cento) e i lavoratori del Mezzogiorno (-8,1 per cento). Il salario medio dei giovani under 35 si riduce del 6,5 per cento, una diminuzione in linea con quella osservata nelle altre classi d'età, e, tuttavia, particolarmente grave perché incide su un livello salariale estremamente basso;

   recentemente, la Spagna, con apposito decreto, ha ristretto il ricorso ai contratti a termine, che prima della crisi pandemica toccavano la quota del 22,3 per cento, contro una media italiana del 13,4 per cento –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative volte ad applicare lo stesso meccanismo virtuoso della Spagna.
(5-07345)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ripetutamente negli ultimi mesi dello scorso anno la stampa ha dato ampio risalto a diverse operazioni delle forze dell'ordine di smascheramento dei cosiddetti «furbetti del reddito di cittadinanza»;

   tra le operazioni sopra accennate si rammenta in questa sede quella che è stata condotta nelle regioni Campania, Puglia, Abruzzo, Molise e Basilicata, portando alla denuncia di ben 4.839 soggetti che avrebbero percepito indebitamente il reddito di cittadinanza per un ammontare complessivo pari a circa 20 milioni di euro. Si ricorda altresì l'operazione guidata dalla Guardia di finanza di Cremona, coordinata dalla procura di Milano, con 16 arresti e 9 mila denunce di cittadini rumeni che, nonostante non risiedessero in Italia, hanno richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza (rem); anche in questo caso la truffa ammonterebbe a ben 20 milioni di euro;

   tali fatti di cronaca riconfermano per l'ennesima volta che il principale anello debole del reddito cittadinanza e dei benefìci analoghi dipende dal fatto che sia la Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) sia l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee), presentati dai richiedenti anche attraverso i Caf, non sono soggetti ad alcuna verifica preventiva, il che permette ai malintenzionati di rendere liberamente dichiarazioni mendaci, contando sul fatto che gli uffici Inps, travolti da una mole spropositata di domande, difficilmente riescano a verificare e scoprire le false dichiarazioni;

   una delle modalità per truffare l'Inps è data, ad esempio, dal fatto che più componenti della stessa famiglia effettuano singole richieste per il reddito di cittadinanza in luogo di dichiarare il reddito complessivo del nucleo familiare. C'è anche chi altera il proprio nucleo familiare al fine di abbattere il reddito dell'Isee. La maggior parte degli stranieri denunciati, inoltre, dichiarano il falso sia nell'autodichiarazione dello stato di famiglia, sia inventando residenze di fantasia, come nel caso sopra rammentato delle 9 mila denunce a carico di cittadini rumeni che non risiedono in Italia, ma sono comunque riusciti agevolmente a percepire il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza;

   quanto scritto risulta confermato dall'articolo del giornale la Repubblica dell'11 novembre 2021 in cui si legge: «L'indagine del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Paolo Storari, hanno registrato residenze fittizie tutte negli stessi palazzi: 686 in piazzale Selinunte, 618 in via Degli Apuli, 566 in via Giambellino, 553 in via Bolla, e altri indirizzi nel capoluogo lombardo»;

   a parere degli interroganti, le modifiche introdotte sul punto dalla legge di bilancio non sono ancora sufficienti a contrastare efficacemente gli abusi perpetrati in danno dello Stato ad opera dei cosiddetti «furbetti» del reddito di cittadinanza; invero, per potenziare le attività di contrasto degli abusi e agevolare i controlli, appare necessario sfruttare le potenzialità dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) che già consente di scaricare online e gratuitamente 14 certificati per proprio conto o per un componente della propria famiglia, senza doversi recare allo sportello comunale, e di rendere altresì visibile al Caf per il richiedente Isee, in modalità precompilata, i componenti il nucleo familiare con collegamento all'Anagrafe medesima;

   in tal senso, si rammenta, il Governo ha accolto favorevolmente, in sede di approvazione del disegno di legge di bilancio 2022, l'ordine del giorno n. 9/3424/74 –:

   se il Ministro interrogato intenda dar seguito all'impegno di cui all'ordine del giorno richiamato in premessa e, quindi, adottare le opportune iniziative, anche normative, affinché l'attuale autocertificazione dello stato di famiglia che si allega alla Dsu e all'Isee per la richiesta del reddito di cittadinanza, del reddito di emergenza e dei benefìci analoghi, venga sostituita, entro il più breve tempo possibile, dai certificati anagrafici dello stato di famiglia e di residenza, tenuto conto anche della possibilità di reperite agevolmente tali certificati attraverso l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr).
(5-07324)

Interrogazione a risposta scritta:


   VIETINA e MUGNAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro del turismo, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 234 del 30 dicembre 2021 – legge di bilancio 2022 – prevede misure rilevanti per il lavoro e le politiche sociali, con modifiche legislative di carattere strutturale, al fine di ridisegnare un nuovo modello di welfare inclusivo, in favore di un sistema di protezione sociale universale; tali misure riguardano: riforma degli ammortizzatori sociali, gestione delle crisi aziendali, rilancio dell'apprendistato formativo e dei tirocini extracurriculari, interventi per giovani e donne, contrasto alla delocalizzazione, riforma del reddito di cittadinanza, agevolazioni per accesso alla Naspi, rafforzamento di politiche attive e trattamenti premiali per imprese che accedono a programmi Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) e ad accordi di transizione occupazionale;

   per quanto riguarda in particolare la riforma degli ammortizzatori sociali (Cigo e Cigs), la manovra di bilancio 2022 introduce un processo di universalizzazione delle tutele, con estensione della platea dei beneficiari, volta a includere nel sostegno al reddito tutti i lavoratori subordinati, anche con una minima anzianità di lavoro, compresi gli apprendisti e i lavoratori a domicilio, riconoscendo a tutti, in aggiunta alla CIG, la possibilità di beneficiare di trattamenti di integrazione salariale (Fis) anche ai lavoratori di imprese di piccole dimensioni (da 1 a 15 dipendenti), con un incremento del quantum dell'assegno;

   i trattamenti di integrazione straordinaria (Cigs) vengono estesi a tutti i datori di lavoro, ma solo a quelli con più di 15 dipendenti e a condizione che non accedano ai Fondi di solidarietà bilaterali (per integrazioni salariali e tutele applicate a imprese non coperte da (Cigo); tuttavia, l'effettiva operatività della riforma degli ammortizzatori sociali ha tempi incerti, richiedendo l'attuazione di nuove procedure tecniche e circolari applicative, sia del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che dell'Inps, con il rischio che molti lavoratori e imprese rimangano ancora scoperti dalle tutele, soprattutto in considerazione del termine del finanziamento, al 31 dicembre 2021, degli ammortizzatori sociali emergenziali e della cassa straordinaria con causale COVID-19;

   il permanere della pandemia e gli effetti della nuova ondata di contagi (per la compresenza di Delta e Omicron, varianti di Sars-CoV-2 maggiormente contagiose e trasmissibili) stanno producendo restrizioni, di fatto, e contrazione di numerose attività economiche, con particolare preoccupazione da parte delle imprese del comparto turistico-alberghiero e della ristorazione, per il rischio di ridurre l'organico o di chiudere con licenziamenti di centinaia di lavoratori (come avvenuto con le recenti chiusure e licenziamenti di prestigiosi e storici hotel nella capitale);

   secondo dati recenti di Confesercenti, senza interventi immediati, da gennaio 2022 sono a rischio circa 200.000 posti di lavoro nel solo comparto turistico, e numerose aziende e piccole e medie imprese saranno messe a dura prova nei prossimi mesi per la nuova ondata di contagi;

   è necessario, pertanto, un nuovo intervento normativo che dia continuità alla cassa integrazione, quantomeno per i settori maggiormente colpiti dalla nuova ondata pandemica, per salvaguardare le attività di piccole imprese artigiane e di quelle del comparto turistico-alberghiero, soprattutto nelle città d'arte, comprendente agenzie di viaggio, tour operator, alberghi, case vacanze, strutture ricettive, agriturismo, stabilimenti termali –:

   se non ritengano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, di dover adottare iniziative normative con urgenza per prorogare al 30 giugno 2022 il termine, scaduto il 31 dicembre 2021, degli ammortizzatori sociali di emergenza con causale COVID-19, in favore di tutte le attività della filiera turistico-alberghiera e per le realtà produttive, anche al di sotto di 15 dipendenti, nonché a prevedere nuovi ristori e benefici fiscali e previdenziali, atti a salvaguardare l'occupazione e a scongiurare nuove chiusure di aziende maggiormente colpite dal permanere della crisi pandemica.
(4-11068)

POLITICHE GIOVANILI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per le politiche giovanili, il Ministro della salute, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 ha fissato le modalità e i criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria;

   il Governo è tenuto a presentare al Parlamento una «Relazione annuale sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia» entro il 30 giugno di ogni anno, ai sensi dell'articolo 131 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990;

   nella Relazione annuale al Parlamento presentata nel 2019 (dati 2018), a pagina 158, si può leggere che il 56,9 per cento dei soggetti in trattamento (nei servizi pubblici per le dipendenze/SerD) ha ricevuto prestazioni farmacologiche, con una media di 185 prestazioni per utente. La relazione non contiene alcuna informazione sulla natura di tali prestazioni farmacologiche (ad esempio distinzione fra trattamenti con metadone o con buprenorfina; distinzione fra trattamenti a scalare o a mantenimento), né sui trattamenti sanitari assicurati dai SerD ai cittadini tossicodipendenti in carcere;

   nella Relazione annuale al Parlamento presentata nel 2020 (dati 2019), a pagina 205, si può leggere che il 58,3 per cento dei soggetti in trattamento ha ricevuto prestazioni farmacologiche, con una media di 193 prestazioni per utente. Nemmeno in questo caso la relazione contiene alcuna informazione sulla natura di tali prestazioni farmacologiche, né sui trattamenti sanitari assicurati dai SerD ai cittadini tossicodipendenti in carcere;

   nella relazione annuale al Parlamento presentata nel 2021 (dati 2020), a pagina 231, si può leggere che il 53 per cento degli assistiti ha ricevuto prestazioni farmacologiche, con una media di 185 prestazioni per utente. Dalla Tabella 6.1.7 si può ricavare il numero totale di prestazioni effettuate, che sono 12.350.946. La relazione non contiene alcuna informazione sulla natura di tali prestazioni farmacologiche. A pagina 245 della relazione si legge che i servizi ambulatoriali e interni alle strutture carcerarie che hanno completato la raccolta dati relativa all'utenza trattata sono 8, e che le stesse hanno trattato 2.265 utenti nel corso del 2020. A pagina 247 della relazione si legge che, su 8 dei servizi ambulatoriali e interni al carcere che hanno partecipato alla ricerca, soltanto 6 hanno riportato le informazioni sui trattamenti erogati;

   nel «Rapporto Tossicodipendenze. Analisi dei dati del Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze. Anno 2019», soltanto a pagina 101, si forniscono dati generali e non disaggregati (per carcere o, quantomeno, per regione di riferimento) sui trattamenti sanitari effettuati in carcere dai Ser.D;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 sopra citato ha inteso porre fine alla distinzione tra «sanità in carcere» e «sanità fuori dal carcere», ribadendo il diritto di tutti i cittadini, reclusi o meno, ad accedere allo stesso livello di assistenza sanitaria, come peraltro è garantito dal combinato disposto degli articoli 3 e 32 della Costituzione –:

   se i Ministri interrogati ritengano, al fine di attuare concretamente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, di adottare iniziative, per quanto di competenza, per implementare, in quantità e in qualità, i trattamenti farmacologici in carcere che debbano essere assicurati ai cittadini tossicodipendenti, nella consapevolezza, per esempio, che i trattamenti a mantenimento possono garantire al cittadino recluso quella rete di protezione sanitaria che gli consentirebbe, scontata la pena, di poter essere riagganciato dal Serd di provenienza;

   se si intendano presentare dati più dettagliati in relazione ai trattamenti farmacologici nella prossima Relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia e nel prossimo rapporto tossicodipendenze, tra i quali, nella parte relativa a SerD: il numero totale degli utenti trattati, suddivisi per regione di residenza; il numero totale dei trattamenti farmacologici, suddivisi tra trattamenti a scalare e a mantenimento e tra trattamenti con metadone e con buprenorfina; il numero delle prestazioni per utente, precisando se trattasi di prestazioni a scalare o di mantenimento; e, nella parte relativa ai trattamenti in carcere: i dati relativi a tutti gli istituti penitenziari italiani, precisando, istituto per istituto, il numero totale dei trattamenti farmacologici (metadone e buprenorfina) assicurati e il numero totale delle persone assistite; la suddivisione analitica tra trattamenti a scalare e a mantenimento; il numero delle prestazioni per utente, precisando se trattasi di a scalare o di mantenimento.
(2-01402) «Magi».

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   LAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha recentemente divulgato l'ultimo rapporto sui numeri del cancro in Italia: nel nostro Paese, nel 2021, sono diminuiti i decessi per tumori ed è migliorata la sopravvivenza. Per il 2021 sono state stimate 181.330 morti per neoplasie, 1.870 in meno rispetto al 2020. Negli ultimi sei anni si è altresì osservato un calo complessivo della mortalità per cancro del 10 per cento negli uomini e dell'8 per cento nelle donne. Le percentuali di sopravvivenza a 5 anni per tutti i tumori sono invece risultate in incremento, attestandosi al 59,4 per cento negli uomini e al 65 per cento nelle donne;

   nell'analisi dei dati di mortalità ha giocato un ruolo fondamentale la pandemia da SARS-CoV-2, che ha avuto effetti negativi sull'organizzazione dei servizi sanitari, inclusi quelli oncologici, quali screening e procedure diagnostiche e terapeutiche;

   l'emergenza pandemica ha sottolineato nel nostro Paese la forte sofferenza delle reti di cura territoriali, mettendo in luce una situazione di disomogeneità di risposta assistenziale che non solo cambia di regione in regione, ma che si differenzia anche all'interno della stessa Unione europea;

   la Commissione europea ha elaborato e presentato al Parlamento europeo ed al Consiglio europeo il nuovo «Piano europeo di lotta contro il cancro», che contiene azioni concrete e ambiziose volte a sostenere, coordinare e integrare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per ridurre le conseguenze causate dal cancro sui pazienti e sulle loro famiglie;

   il Piano contiene nuovi obiettivi strategici, sostenuti da dieci «iniziative faro», per aiutare gli Stati membri ad invertire la tendenza nella lotta contro il cancro e per promuovere la nascita di un nuovo centro di conoscenze, con lo scopo di agevolare il coordinamento delle iniziative scientifiche e tecniche a livello comunitario;

   l'interrogante, il 3 marzo 2021, ha presentato una mozione con la quale si chiede al Governo di sottoscrivere il Piano europeo, facendo propri gli obiettivi in esso contenuti e la portata innovativa degli strumenti ivi previsti per fronteggiare questa importante emergenza: un documento del quale, al momento, non risulta essere stato avviato l'esame parlamentare –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, in raccordo con tutte le istituzioni competenti intenda adottare al fine di garantire che il nostro Paese sottoscriva, condivida e ponga in essere azioni previste nel citato «Piano europeo di lotta contro il cancro».
(3-02707)


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la malattia renale cronica, in Italia, interessa circa il 7 per cento della popolazione e l'insufficienza renale cronica rappresenta l'evoluzione della malattia renale, caratterizzata dalla perdita progressiva della funzione renale, che rende necessaria la dialisi e il trapianto di rene;

   la dialisi è un processo artificiale di depurazione praticato a pazienti con meno del 10 per cento della funzionalità renale residua; in Italia, oltre 50.000 pazienti nefropatici necessitano di trattamenti dialitici salvavita, dei quali 46.000 di tipo extracorporeo (emodialisi) e 4.500 di tipo intracorporeo (peritoneale);

   nel 2014, il documento di indirizzo per la malattia renale cronica, oggetto di un accordo in Conferenza Stato-regioni, ha indicato tre possibili livelli di presa in carico precoce del paziente: territorio, gestione ambulatoriale e ospedaliera; il Piano nazionale della cronicità del 2016 ha individuato l'obiettivo specifico di personalizzare la terapia dialitica, auspicando l'aumento delle prestazioni di dialisi peritoneale ed emodialisi con sperimentazione di modelli di dialisi domiciliare;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza inserendo i trattamenti dialitici domiciliari, le cui modalità di erogazione sono disciplinate dalle regioni;

   un impulso alla domiciliarità dei trattamenti di dialisi è arrivato con la pandemia, che ha messo in luce la fragilità dei pazienti con malattie renali croniche, dializzati e sottoposti a trapianto; ciò ha indotto il Ministero della salute ad emanare, nell'aprile 2020, una circolare per invitare gli assessorati regionali a incrementare l'emodialisi domiciliare e peritoneale, per ridurre il contatto con l'ambiente ospedaliero e, quindi, il rischio di contagio;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nella casa e negli ambulatori di prossimità il luogo di cura per i malati affetti da patologie croniche; occorre osservare che i trattamenti dialitici domiciliari o in sedi di prossimità costituiscono un approccio terapeutico con una migliore integrazione nel contesto socioculturale e familiare e migliorano la responsabilizzazione dei pazienti circa lo stato di salute;

   è importante finanziare la ricerca in questo campo per rendere sempre meno invasiva e agevole una pratica che modifica la qualità di vita delle persone –:

   se non intenda predisporre ulteriori iniziative di competenza volte a incentivare trattamenti dialitici domiciliari e ambulatoriali di prossimità, sia nell'ambito dell'aggiornamento del Piano nazionale della cronicità, sia nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel capitolo case della comunità e dell'assistenza domiciliare integrata, sia nell'ambito dei finanziamenti per la ricerca, al fine di rispondere in maniera più adeguata ai bisogni di cura e di vita dei pazienti con insufficienza renale cronica.
(3-02708)


   PROVENZA, RUGGIERO, VILLANI, IANARO, SPORTIELLO, D'ARRANDO, FEDERICO, LOREFICE, MAMMÌ, MISITI, NAPPI e PENNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02606 presentata il 9 novembre 2021, gli interroganti avevano segnalato come fossero numerose le persone che, pur risultando contagiate dal virus, avessero ancora il green pass valido rilasciato per avvenuta vaccinazione, con la conseguente possibilità di accedere nei luoghi lavorativi o di socialità; si chiedeva, quindi, quali iniziative il Ministro interrogato intendesse intraprendere al fine di revocare tempestivamente la validità della certificazione verde COVID-19 qualora, nel periodo di vigenza della stessa, l'interessato fosse stato identificato come caso accertato positivo al SARS-CoV-2;

   a seguito dell'interrogazione citata e del moltiplicarsi delle segnalazioni al riguardo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2021 il Governo è intervento per risolvere la problematica segnalata, prevedendo che, nell'eventualità in cui risulti la positività al SARS-CoV-2 di una persona in possesso di certificazione verde COVID-19, in corso di validità, la Piattaforma nazionale-DGC genera una revoca delle certificazioni verdi COVID-19 rilasciate alla persona risultata positiva al SARS-Cov-2, inviando alla stessa la notifica della revoca;

   la stessa disposizione prevede che la revoca verrà annullata automaticamente a seguito dell'emissione della certificazione verde COVID-19 di guarigione dalla positività che l'ha generata; dunque, il green pass revocato dovrebbe riattivarsi all'avvenuta negativizzazione;

   più in particolare, la struttura che ha eseguito il nuovo tampone con esito negativo dovrebbe trasmettere il risultato alla Piattaforma nazionale, mentre il soggetto interessato dovrebbe trasmetterlo al proprio medico che, a sua volta, procederà allo sblocco del certificato; tuttavia questa procedura non giova della tempestività e numerose persone, nonostante l'avvenuta guarigione, non possono recarsi al lavoro o accedere a tutte le attività o servizi che la legge consente;

   infatti, da più parti, vengono segnalate difficoltà e criticità in riferimento all'annullamento della revoca e, dunque, alla riattivazione del green pass previa emissione del certificato di guarigione rilasciato dal medico di base dopo che è avvenuta la negativizzazione dal COVID, ovvero previo tampone negativo la cui attendibilità, rispetto alla variante omicron, appare peraltro essere assai incerta –:

   quali siano le iniziative di competenza che il Ministro interrogato intende porre in essere per un più efficace funzionamento del green pass attraverso la riattivazione immediata della certificazione verde affinché quest'ultima sia correlata in tempo reale allo status di avvenuta guarigione.
(3-02709)


   NOJA, BALDINI, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia l'epidemia da SARS-CoV-2 si trova in una fase delicata caratterizzata dalla maggiore circolazione della variante omicron;

   nel più recente report di monitoraggio sull'epidemia, pubblicato dall'Istituto superiore di sanità il 7 gennaio 2022, si osserva un peggioramento dell'incidenza settimanale dei contagi che, a livello nazionale, ha raggiunto i 1.700 casi per 100.000 abitanti;

   tale andamento è confermato anche dai dati degli ultimi giorni: il 10 gennaio 2021 in Italia si sono registrati 101.762 nuovi casi di contagio su 612.821 tamponi effettuati;

   nel predetto report dell'Istituto superiore di sanità si sottolinea come l'elevata incidenza dei contagi attualmente non consenta una puntuale mappatura dei contatti dei contagiati e come l'attività di tracciamento si confermi in continua e costante diminuzione in tutte le regioni italiane;

   si sta, inoltre, assistendo ad un'aumentata pressione sui servizi ospedalieri: secondo il report, il tasso di occupazione in terapia intensiva è al 15,1 per cento, in continua e costante crescita rispetto alle settimane precedenti, e si registra anche un incremento del tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale, pari attualmente al 20,3 per cento, con un incremento relativo del 33 per cento;

   secondo le rilevazioni dell'Istituto superiore di sanità, i casi di malattia grave che determinano i dati sopra richiamati riguardano prevalentemente la fascia di popolazione non ancora vaccinata: il tasso di ricovero in intensiva è 23,1 ogni centomila abitanti per i non vaccinati, contro 1 ogni centomila abitanti per vaccinati da meno di 120 giorni e 0,9 per vaccinati con dose booster;

   ciò dimostra come il completamento dei cicli di vaccinazione in tutte le fasce di età eleggibili e il mantenimento di un'elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo costituiscano la condizione indispensabile per proteggere l'efficiente funzionamento del servizio sanitario nazionale;

   le misure assunte dal Governo con i decreti-legge 30 dicembre 2021, n. 229, e 7 gennaio 2022, n. 1, sono volte a raggiungere tale obiettivo;

   tuttavia, nell'immediato, si segnalano in molti territori revisioni organizzative delle prestazioni assistenziali erogate a favore dei pazienti COVID-19, con il rischio concreto di nuovi rinvii di cure e ricoveri programmati per pazienti «non COVID» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per fare fronte, nell'immediato, alla necessità di proseguire a pieno ritmo con la campagna vaccinale, garantire un'efficace attività di tracciamento dei casi di contagio e, al contempo, assicurare la piena efficienza dei servizi di cura per tutti i cittadini, evitando che l'aumento della pressione sui servizi ospedalieri determini una diminuzione delle prestazioni per i pazienti «non COVID».
(3-02710)


   SERRACCHIANI, SENSI, CARNEVALI, DE FILIPPO, LEPRI, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, LORENZIN, BERLINGHIERI e FIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le società scientifiche di psicologia hanno da tempo lanciato l'allarme sui danni psicologici che la pandemia ha lasciato sulla popolazione, soprattutto tra i più giovani, tanto che ormai si parla di «COVID distress» per indicare una condizione di malessere psicologico che riguarda oltre un quarto della popolazione e che ha ricadute significative sulla vita quotidiana;

   tale situazione è evidenziata anche dall'aumento delle richieste (39 per cento in più) di aiuto psicologico che, comunque, non comprende quella parte di popolazione che per ragioni economiche non si è rivolta al privato e, allo stesso tempo, non ha trovato adeguate risposte nel pubblico;

   dopo due anni di pandemia, di restrizioni e di incertezze il danno o disagio psicologico ha raggiunto proporzioni tali che è necessario agire su più fronti con risposte concrete ed immediate, senza le quali non può che aggravarsi;

   la pandemia ha dimostrato come le diverse e necessarie misure adottate dal Governo per fronteggiare la diffusione del virus abbiano avuto un impatto sulla salute psicologica delle persone di ogni età;

   se grazie alla legge di bilancio per il 2022 sono state prorogate per un anno le assunzioni di psicologi, di personale per servizi di neuropsichiatria ed è stato rifinanziato il fondo destinato al benessere psicologico per le fasce più deboli della popolazione, con priorità per i pazienti oncologici e gli studenti, non ha invece visto la luce il «bonus» salute mentale, ovverosia un sostegno per chi, anche senza una diagnosi di disturbo mentale, a causa dell'impatto della pandemia vive una condizione di disagio profondo. Un bisogno di assistenza psicologica contro gli stati di depressione, di senso di solitudine, ansia o paura di ammalarsi, troppo spesso senza risposta anche per difficoltà economiche degli utenti;

   è di questi giorni la notizia che il Lazio ha destinato un fondo di 2,5 milioni di euro per garantire l'accesso alle cure per la salute mentale e la prevenzione del disagio psichico attraverso voucher, così come analoga iniziativa per i giovani, anche se in forma ridotta, è stata avviata dal municipio 9 di Milano –:

   se il Ministro interrogato, in attesa di una ristrutturazione della rete neuropsicologica e psicologica territoriale ed ospedaliera, non ritenga, anche alla luce delle evidenze messe in atto dalle società scientifiche di settore, predisporre ulteriori misure, compreso un possibile voucher per il sostegno psicologico, volte a raggiungere il maggior numero di persone che evidenziano un disagio a seguito della pandemia.
(3-02711)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 7, ha introdotto uno specifico obbligo vaccinale per i cittadini e residenti nel territorio nazionale che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età;

   il mancato rispetto dell'obbligo comporta una sanzione di 100 euro, che potrà essere irrogata una sola volta, a partire dal 1° febbraio 2022, a carico dei soggetti che a quella data non hanno avviato o concluso il ciclo vaccinale e che non abbiano effettuato la cosiddetta dose booster nei termini di validità della certificazione verde;

   la sanzione per gli over 50 non vaccinati è di competenza del Ministero della salute per il tramite dell'Agenzia delle entrate e, secondo notizie di stampa, potrebbe avvenire a seguito di controlli effettuati tramite la consultazione degli elenchi dei vaccinati presenti negli archivi delle aziende sanitarie;

   tale ipotesi, a parere degli interroganti, appare gravemente lesiva della tutela della segretezza dei dati personali dei cittadini –:

   attraverso quali modalità saranno accertate le violazioni all'obbligo descritto in premessa.
(3-02712)

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO, MARTINCIGLIO e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza pandemica ha letteralmente sconvolto il mondo per come eravamo abituati a conoscerlo fino ad allora;

   l'impatto è stato devastante anche sul piano della salute mentale e ha interessato tutte le fasce della popolazione, in particolare: i giovani, privati della socialità in ambito scolastico; gli anziani, isolati ancor più dell'ordinario; le fasce economiche più deboli piegate dalla crisi economica; a questi si aggiungono le fasce della popolazione che già vivevano in una situazione di fragilità che questa crisi ha peggiorato sensibilmente, anche irrimediabilmente;

   la situazione giovanile è particolarmente grave: Margherita Fioruzzi, fondatrice di Marna Chat, rileva che le richieste di intervento «sono davvero quintuplicate [...] Molti sono minori, alcuni con comportamenti autolesionistici. I consultori sono strapieni e i pazienti ci confessano che non possono permettersi nemmeno di spendere 36 euro a settimana per la terapia, questo il costo calmierato che abbiamo noi per una seduta»;

   sulla stessa linea è anche il dottor Stefano Porcelli, responsabile dell'area psichiatrica-psicologica-neuropsicologica del Santagostino: «Tanti giovani arrivano da noi quando trovano lavoro. Questo significa che iniziano le cure decisamente in ritardo»;

   Andrea Civitillo, dell'ordine degli psicologi del Lazio, conferma: «l'aspetto economico è un grave problema, molti sono esclusi dalle cure. Tra l'altro, stanno arrivando persone sempre più persone giovani [...] Pur di avere un contatto, uno scambio relazionale, questi ragazzi si danno appuntamento per fare risse. [...], Fenomeno che è esploso soprattutto dopo la pandemia»;

   fanno eco i dati pubblicati dall'Unicef nel mese di ottobre 2021: un piovane su tre con problemi di malessere psicologico, uno su cinque con problemi di depressione, uno su sette con una patologia psichica strutturata, il suicidio come seconda causa di morte (4 casi su 100 mila);

   il presidente dell'Ordine nazionale degli psicologi, David Lazzari, ha sintetizzato questa drammatica situazione: «[...] è da tempo in atto una emergenza psicologica che solo la politica non vuol vedere. Che oggi si ripropone e si accentua con una nuova ondata della pandemia. A fronte dei miliardi investiti per fronteggiare la salute fisica nella pandemia la salute psicologica è stata oggetto di attenzione ed investimenti quasi inesistenti, che somigliano più alla carità che si concede per dire di aver fatto qualcosa che ad un intervento pubblico. Questa logica non è sostenuta né dalla scienza né dall'economia. La prima ha ben documentato il forte impatto dei problemi psicologici sulla salute (anche fisica), sul lavoro e su tutte le dimensioni della vita. Gli studi economici hanno mostrato i costi dei problemi psicologici per chi li ha e per tutta la società. In termini di disabilità prodotta è la prima voce di costo nel campo della salute, così come è la prima causa di assenteismo dal lavoro [...]. Secondo la London School of Economics ogni euro speso per la salute psicologica produce 2,5 euro di minori spese. Non ci sono dunque motivazioni scientifiche né economiche per continuare a trascurare un problema che è diventato sociale ed è sotto gli occhi di tutti. Non volerlo vedere è ora, come è stato detto da molti, una mancanza di rispetto verso i cittadini. Presta il fianco all'idea che per le Istituzioni democratiche, ancora oggi, la sofferenza psicologica sia considerata una debolezza, un capriccio o una vergogna. I cittadini giustamente chiedono risposte immediate, in termini di bonus e di aiuto psicologico nella scuola, chiedono poi che lo Stato si organizzi per garantire in modo strutturale una rete psicologie pubblica» –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di investire nella prevenzione e nella cura della salute mentale, attraverso riforme strutturali, anche al fine di migliorare i trattamenti sanitari e ridurre la spesa pubblica.
(3-02706)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità, le percentuali di posti letto ospedalieri a livello nazionale, occupati da pazienti Covid, sono il 23 per cento per l'area medica e il 18 per cento per la terapia intensiva; il tasso di ricovero in intensiva è 23,1 ogni 100 mila per i non vaccinati, contro 1 ogni 100 mila per vaccinati da meno di 120 giorni e 0,9 per vaccinati con booster;

   l'attuale situazione pandemica, con aumento di contagi e pazienti che necessitano di ricovero, sta nuovamente provocando difficoltà nella risposta delle strutture sanitarie e territoriali. L'impegno del personale sanitario in via prioritaria alla gestione dei pazienti Covid costringe a rimodulazioni e/o sospensioni delle attività di ricovero e ambulatoriali per prestazioni specialistiche non legate al Covid-19;

   i report dell'Istituto superiore di sanità riferiti alle persone affette da malattie croniche evidenziano tutti i problemi dell'assistenza sanitaria, dell'accesso ai servizi e al sostegno socio-sanitario. Le statistiche inerenti alla mortalità a causa della pandemia dimostrano la maggiore incidenza di forme gravi e letali di Covid-19 in pazienti con pregresse patologie croniche;

   la sospensione delle attività specialistiche accresce i tempi delle liste di attesa per pazienti cronici; un'adeguata gestione delle cronicità consentirebbe di contenere l'impatto della pandemia, delle forme più severe di patologia e conseguenti costi sanitari;

   le evidenti difficoltà gestionali e organizzative derivano dalla ben nota carenza di medici, prospettandosi critica anche per il prossimo futuro;

   tra il 2018 e il 2025, dei circa 105.000 medici specialisti della sanità pubblica, ne andranno in pensione la metà (52.500); per il 2025 si prevede una carenza di circa 16.500 specialisti; i 27.000 medici di medicina generale, in pensione nei prossimi cinque anni, lasceranno deserti interi ambiti di assistenza primaria e continuità assistenziale, con gravi carenze nel sistema di emergenza-urgenza;

   la legge di bilancio 2022 ha prorogato le disposizioni per liste d'attesa e per l'assunzione di personale sanitario, in via temporanea; tali misure appaiono insufficienti per fronteggiare la rilevante mancanza di organici e garantire la gestione dei pazienti covid e degli altri pazienti, in particolare quelli con patologie croniche –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per scongiurare la sospensione delle attività specialistiche ospedaliere per i pazienti non Covid e affetti da patologie croniche anche prospettando soluzioni strutturali per la carenza di personale, per l'utilizzo della telemedicina e per una rapida e strutturale ottimizzazione dell'organizzazione ospedaliera e territoriale.
(5-07346)


   BOLDI, PETTAZZI, PANIZZUT, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acondroplasia è una malattia rara causata da una mutazione del gene FGFR3 che influisce sulla crescita di quasi tutte le ossa del corpo, incluse quelle del cranio, della colonna vertebrale, delle braccia e delle gambe, determinando una statura molto bassa di aspetto caratteristico;

   nel mese di agosto 2021, è stato autorizzato, a livello europeo, il primo medicinale orfano indicato per il trattamento della suddetta malattia, avente denominazione Voxzogo, a base del principio attivo vosoritide;

   in uno studio condotto su 121 bambini e adolescenti con acondroplasia confermata, Voxzogo si è rivelato efficace nell'aumentare la velocità di crescita, garantendo un miglioramento sensibile dei sintomi della malattia;

   il fattore tempo è indispensabile ai fini dell'accesso alla terapia in questione. Quest'ultima, infatti, è più efficace se somministrata precocemente, dai due anni di età in poi, e «deve terminare quando è improbabile che il paziente cresca ulteriormente» (confronta l'Epar relativo al farmaco, pubblicato nel sito Ema);

   al momento in cui si scrive – nonostante il rilascio dell'autorizzazione comunitaria, la rammentata importanza del fattore tempo e gli strumenti previsti dalla normativa vigente per garantire l'immediata disponibilità dei farmaci orfani – l'Aifa non ha ancora classificato Voxzogo tra i medicinali erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale;

   nel corso delle sedute dell'1-3 dicembre 2021, inoltre, la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa ha confermato il proprio parere non favorevole all'inserimento di tale medicinale nell'elenco istituito ai sensi della legge n. 648 del 1996, dichiarando di «essere disponibile ad una valutazione rapida del dossier registrativo» che, peraltro, non si è ancora conclusa;

   è di tutta evidenza la necessità di superare l'attuale situazione di impasse burocratico e di assicurare al più presto la disponibilità di Voxzogo nel territorio nazionale, alla pari di quanto già avviene, da diversi mesi, in altri Paesi europei, al fine di tutelare pienamente il diritto alla salute dei bambini con acondroplasia, consentire il raggiungimento di una maggiore autonomia nel corso della loro vita e rispondere anche alle richieste delle famiglie coinvolte, le quali si trovano peraltro impossibilitate ad acquistare autonomamente il farmaco, considerato il costo molto elevato dello stesso per ciclo di terapia –:

   se e quali iniziative intenda adottare al fine di garantire, con la massima urgenza e nel più breve tempo possibile, la disponibilità del farmaco Voxzogo sul territorio nazionale e la sua erogazione ai pazienti con costi a carico del Servizio sanitario nazionale.
(5-07347)


   CARNEVALI, BRAGA, BERLINGHIERI, FIANO, FRAGOMELI, DE FILIPPO, SIANI, RIZZO NERVO, LEPRI e PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge della regione Lombardia 11 agosto 2015, n. 23, «Evoluzione del sistema socio-sanitario lombardo, modifiche al Titolo I e al Titolo II della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33» ha introdotto un modello organizzativo che presenta caratteristiche non rinvenibili negli altri ordinamenti regionali e per tale motivo ne è stato specificato il carattere sperimentale;

   successivamente in data 16 dicembre 2020 con il documento redatto dallo stesso Ministero della salute con il supporto di Agenas «La riforma del sistema socio-sanitario lombardo (L.G. 23/2015) a cinque anni dell'avvio. Analisi del modello e risultati raggiunti» si prendeva atto di alcune rilevanti criticità del modello e si avanzava una serie di proposte per la riorganizzazione del servizio socio-sanitario lombardo che rispondevano all'esigenza di riallineamento alla normativa statale, con particolare riguardo alle disposizioni di principio del decreto legislativo n. 502 del 1992 e si davano 120 giorni alla regione per attuare tale riallineamento;

   le prescrizioni necessarie erano: 1) istituire i dipartimenti di prevenzione, quali articolazioni delle Asst; 2) istituire i distretti, quali articolazioni delle Asst; 3) istituire i dipartimenti di salute mentale, quali articolazioni delle Asst; 4) istituire la figura del direttore di distretto; 5) assegnare alle Asst l'attuazione degli atti di indirizzo, di pianificazione e di programmazione regionali con le connesse attività di programmazione ed organizzazione dei servizi a livello locale; 6) attribuire alla Regione la funzione di accreditamento istituzionale delle strutture pubbliche, private e dei professionisti; 7) assegnare alla Regione oppure all'Ats unica, funzioni di vigilanza e controllo degli erogatori privati accreditati di valenza regionale o extraregionale con cui ha stipulato gli accordi contrattuali e assegnare alle Asst la funzione di controllo degli erogatori privati accreditati: ospedalieri, ambulatoriali e socio-sanitari, con valenza locale, con cui hanno stipulato gli accordi contrattuali;

   oltre a tali prescrizioni vi erano anche delle indicazioni non strettamente necessarie, ma fortemente raccomandate in quanto ritenute utili per introdurre cambiamenti migliorativi nel nuovo modello organizzativo del servizio socio-sanitario Lombardo;

   da una attenta analisi è evidente che la Regione Lombardia ha disatteso nell'approvazione a novembre 2021 del testo finale della riforma della sanità regionale (legge n. 22 del 2021) non solo le raccomandazioni ma anche diverse indicazioni obbligatorie –:

   alla luce dei fatti sopra esposti, quali iniziative urgenti di competenza il Ministro ritenga doveroso adottare al fine di assicurare il pieno rispetto delle prescrizioni indicate nel documento già inviato alla regione Lombardia in data 16 dicembre 2020.
(5-07348)


   LAPIA e DE GIORGI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati relativa all'esame del disegno di legge A.C. 2790-bis è stato accolto l'ordine del giorno 9/02790-bis-AR/012;

   preso atto del ricorso presentato da 180 cittadini di Taranto, la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza emessa il 24 gennaio del 2019, ha stabilito all'unanimità che, valutati gli effetti nocivi sulla salute delle emissioni tossiche dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto, vi è stata violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti a seguito della mancata adozione, da parte delle autorità italiane, di tutte le misure necessarie per salvaguardare efficacemente il diritto in oggetto;

   sempre secondo i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell'Ilva ha messo in pericolo la salute dell'intera popolazione che vive in un'area ritenuta dall'Organizzazione mondiale della sanità teatro di una gravissima emergenza sanitaria proprio in ragione della specificità di un'attività industriale che incide negativamente sia sull'ambiente sia sulla qualità della vita;

   ritenendo opportuno prevedere la creazione di un regime di indennizzo garantito dagli attuali gestori dell'ex Ilva e dall'amministrazione statale per tutte quelle persone che hanno riportato e riportano danni a seguito delle emissioni di sostanze nocive e della dispersione di polveri nell'atmosfera, entrambe conseguenze dirette dell'attività industriale di quella che viene indicata la «più grande acciaieria d'Europa», si è impegnato il Governo, nei limiti dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo e finanziario, volte a prevedere per l'area di Taranto la creazione e la successiva applicazione di un regime di indennizzo capace di fornire un valido sostegno economico sia alle famiglie che devono fronteggiare spese sanitarie per cure oncologiche, sia a quelle che hanno subìto la perdita dei propri cari a seguito di patologie tumorali o comunque collegabili agli effetti dell'attività industriale inquinante –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro, per quanto di competenza, per prevedere forme di indennizzo per le famiglie che devono sostenere spese sanitarie per le cure ontologiche o per quelle che hanno subìto la perdita dei propri cari a seguito di patologie tumorali o comunque collegate agli effetti dell'attività industriale inquinante, anche alla luce dell'ordine del giorno accolto dal Governo pro tempore.
(5-07349)


   IANARO, SPORTIELLO, D'ARRANDO, FEDERICO, LOREFICE, MAMMÌ, MISITI, NAPPI, PENNA, PROVENZA, RUGGIERO e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riferito da alcuni organi d'informazione, «l'Italia continua a sequenziare molto poco, rischiando di dover nuovamente rincorrere la caccia alle varianti. Il target minimo del 5 per cento dei tamponi positivi fissato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie – e raccomandato anche dall'Oms – per ora resta un miraggio, nonostante a giugno fosse stata annunciata la nascita della rete “integrata” per la sorveglianza epidemiologica e il sequenziamento dei ceppi virali circolanti (...) i dati italiani disponibili sulla banca dati internazionale Gisaid, dove vengono caricati i risultati delle analisi dei test, sono desolanti: appena 76.029 sequenze di Sars-Cov-2 depositate dal 10 gennaio 2020, l'1,53 per cento del totale dei tamponi positivi»;

   l'attività di genomica avanzata (NGS) non rientra per complessità e onerosità nella gestione dei servizi sanitari ed assistenziali ed è per questo che l'attività di sequenziamento di nuova generazione è molto carente e poco integrata nel Servizio sanitario nazionale;

   eppure, inserire nella rete sanitaria anche gli istituti con competenze di genomica medica risponderebbe anche a ragioni strettamente economiche, dal momento che i lavoratori regionali si stanno attrezzando per l'acquisto di nuovi sequenziatori, a carico del Servizio sanitario nazionale, con capacità limitate rispetto ai super-sequenziatori di cui sono già dotati gli istituti di genomica che ad oggi, per ragioni tecnico/scientifiche, non fanno parte delle reti sanitarie regionali;

   nell'ambito del numero minimo di prestazioni annuali delle strutture sanitarie, garantire una soglia minima dedicata solo alla struttura sanitaria che devono essere dedicate all'attività di sequenziamento consentirebbe, da un lato, di aumentare le esecuzioni dei tamponi e ridurre il sovraccarico per le farmacie e i laboratori di analisi, e, dall'altro lato, di monitorare più rigidamente l'andamento epidemiologico evitando il «fai da te» (auto-test);

   considerata l'emergenza in essere, si potrebbero dunque autorizzare, anche attraverso un provvedimento ministeriale, tutti i laboratori di genetica molecolare ad effettuare le indagini di genetica medica e medicina di laboratorio senza la necessità di valutare il fabbisogno della regione di appartenenza –:

   se, per far fronte alla richiesta sempre crescente di tamponi antigenici e molecolari, non ritenga opportuno adottare iniziative per ampliare la rete dei laboratori che effettuano le indagini di genetica medica e medicina in laboratorio, anche includendo nella rete strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio anche i laboratori e gli istituti di ricerca con comprovata esperienza nel campo della genetica molecolare.
(5-07350)


   BAGNASCO, VERSACE, NOVELLI, BOND e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria conseguente alla pandemia che sta colpendo da due anni anche il nostro Paese, ha comportato forti restrizioni, limitazioni, ripetuti lockdown e una situazione generale di profonda perdurante incertezza che hanno acuito fortemente le situazioni di difficoltà e di disagio psicologico in parte della popolazione e in particolare dei giovani e gli adolescenti;

   come ha rilevato uno studio pubblicato sulla rivista Lancet, i casi di depressione sono aumentati del 28 per cento e gli stati di ansia del 26 per cento colpendo soprattutto gli adolescenti, i giovani sotto i 24 anni e le donne;

   secondo una indagine dell'istituto Piepoli redatta per il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, sono aumentati dell'83 per cento i disturbi legati all'ansia, del 72 per cento i problemi di depressione e del 61 per cento quelli relazionali;

   anche per dare una prima, seppur parziale risposta a quanto suesposto, durante l'esame del disegno di legge di bilancio 2022 al Senato, era stato proposta l'introduzione di un «bonus, psicologi» con l'istituzione di un fondo da 50 milioni per ampliare l'accesso al sostegno psicologico, al fine di sostenere economicamente le persone che ne avessero necessità, soprattutto in una situazione come quella attuale di diffuse e aumentate forme di disagio mentale conseguenti alla fase pandemica che stiamo attraversando;

   la suddetta proposta è stata però respinta e la legge di bilancio approvata non prevede conseguentemente questo voucher;

   il Presidente dell'ordine degli psicologi, David Lazzari, ha ricordato come esistono ormai tantissimi studi che sostengono che problematiche psicologiche non affrontate hanno un costo molto importante per l'economia oltre che per le persone, e che il bonus proposto era comunque un primo importante passo nella giusta direzione;

   in questi giorni è stata lanciata una petizione sulla piattaforma on-line change.org, per chiedere l'introduzione di questo importante sostegno economico –:

   se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte all'introduzione del contributo di cui in premessa, al fine di sostenere anche economicamente le tante persone che hanno bisogno di un sostegno psicologico, soprattutto in questa fase conseguente alla pandemia in atto.
(5-07351)


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella legge di bilancio 2022 è stata inaspettatamente espunta la norma che prevedeva l'introduzione del «bonus psicologo» per rendere disponibili le competenze psicologiche nei contesti sanitari, sociali e nella scuola e per facilitare l'accesso all'aiuto psicologico e psicoterapico da parte dei cittadini meno abbienti;

   secondo i dati dell'istituto Piepoli, nel 2021 il 27,5 per cento dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche, mentre il 21 per cento è stato costretto a interromperlo; i cinque mila psicologi dipendenti del Servizio sanitario nazionale sono del tutto insufficienti a coprire le richieste e i bisogni, nonostante il supporto psicologico rientri nei livelli essenziali di assistenza, e per questo molti sono costretti a rivolgersi ai terapeuti in libera professione;

   nonostante l'aumento di disagio psicologico dall'inizio della pandemia, soprattutto fra i giovani che registrano un aumento del 30 per cento di atti di autolesionismo e tentati suicidi, e la crescente richiesta di sostegno, la risposta delle istituzioni è rimasta del tutto assente;

   dure le parole di Lazzari, presidente del Cnop, secondo il quale a fronte dei miliardi «investiti per fronteggiare la salute fisica nella pandemia, la salute psicologica è stata oggetto di attenzione ed investimenti quasi inesistenti, che somigliano più alla carità che si concede per dire di aver fatto qualcosa che ad un intervento pubblico. Questa logica non è sostenuta né dalla scienza né dall'economia. La prima ha ben documentato il forte impatto dei problemi psicologici sulla salute (anche fisica), sul lavoro e su tutte le dimensioni della vita. Gli studi economici hanno mostrato i costi dei problemi psicologici per chi li ha e per tutta la società. In termini di disabilità prodotta è la prima voce di costo nel campo della salute, così come è la prima causa di assenteismo dal lavoro. Secondo la London School of Economics ogni euro speso per la salute psicologica produce 2,5 euro di minori spese»;

   le istituzioni continuano a trascurare un problema che è diventato sociale, prestando il fianco all'idea, sbagliata, che, ancora oggi, la sofferenza psicologica è considerata una debolezza, un capriccio o una vergogna –:

   quali immediate iniziative il Governo intenda assumere per rendere disponibili le competenze psicologiche nei contesti sanitari, sociali e nella scuola per facilitare, nell'immediato, l'accesso all'aiuto psicologico e psicoterapico da parte dei cittadini, garantendo in modo strutturale una rete psicologica pubblica e la convenzionabilità della psicoterapia privata.
(5-07352)


   NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 ha introdotto l'obbligo di utilizzare le mascherine FFP2 sui mezzi pubblici, per gli spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso o all'aperto, nei teatri, nei cinema o nelle sale da concerto, nei locali di intrattenimento, con musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportive al chiuso o all'aperto;

   in data 3 gennaio 2022, la struttura commissariale, d'intesa con il Ministero della salute e sentito l'Ordine dei farmacisti, ha raggiunto l'accordo con FederFarma, AssoFarm e FarmacieUnite circa la vendita di mascherine FFP2 al prezzo calmierato di massimo 0,75 euro per unità presso le farmacie aderenti;

   in data 4 gennaio 2022, il Presidente della sezione Safety di Assosistema Confindustria ha inviato alla struttura commissariale e al Ministero dello sviluppo economico una nota in cui si evidenziava come le associazioni e le aziende produttrici di Dpi condividessero la scelta di intervenire sui prezzi delle mascherine in questione, evidenziando però di non essere stati coinvolti nel processo decisionale relativo al calmiere, che aveva interessato i soli distributori;

   come evidenziato da più parti, lo strumento del calmiere – volto ad evitare speculazioni e diseguaglianze nell'accesso ai Dpi – deve essere necessariamente accompagnato da misure che garantiscano, altresì, l'adeguato approvvigionamento dei dispositivi, nonché alti standard di qualità e sicurezza dei prodotti commercializzati, supportando adeguatamente la filiera italiana di produzione;

   il mancato coinvolgimento e sostegno ai principali operatori italiani del settore, infatti, può determinare la non autosufficienza produttiva di Dpi in pandemia, ovverosia la necessità per l'Italia di fare ricorso al mercato internazionale, con ripercussioni negative in termini di aggravio dei costi, deficit di sicurezza interna e possibilità concreta di incorrere in truffe, dovute in special modo a prodotti non conformi alla normativa di certificazione;

   proprio al fine di scongiurare il verificarsi di tale situazione, altri Paesi europei hanno adottato provvedimenti volti alla individuazione di poli produttivi certificati interni, al fine di garantire ai propri cittadini la massima sicurezza in materia di Dpi –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo affinché sia garantito il più alto livello di qualità e sicurezza dei dispositivi di protezione individuale del tipo mascherine FFP2, vendute al prezzo calmierato di 0,75 euro per unità, garantendo adeguatamente il coinvolgimento e il supporto dei produttori italiani di Dpi certificati.
(5-07353)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COSTANZO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 23 dicembre 2021 la società Saapa Spa, che gestisce l'ospedale civico di Settimo Torinese, ha deliberato un avviso pubblico per manifestazione di interesse entro il 31 gennaio 2022, «finalizzata alla cessione della proprietà del complesso immobiliare situato in via Santa Cristina 3» con un prezzo a base d'asta di 26 milioni e 285 mila euro e riservata a società con fatturato minimo di 10 milioni di euro;

   come riportato da La Stampa, il comune di Settimo, socio al 34 per cento di Saapa, è venuto a sapere della vendita a privati dell'ospedale civico solo grazie alla comunicazione sul sito internet della società;

   secondo la sindaca di Settimo, Elena Piastra, contraria alla vendita a privati, la decisione è imputabile alla regione Piemonte, socia di maggioranza in Saapa al 52 per cento attraverso l'Asl città di Torino e l'Asl To4;

   le restanti quote di Saapa sono possedute al 16,50 per cento dalla cooperativa Frassati, che fino a luglio 2021 garantiva i servizi, e allo 0,02 per cento da Patrimonio, una partecipata del comune di Settimo;

   l'ospedale civico era stato creato attraverso una gestione sperimentale pubblico-privata terminata nel 2019 e prorogata fino a maggio 2021, quando Saapa è andata in liquidazione;

   come ricordato da La Stampa, l'assessore alla sanità Luigi Icardi aveva sempre risposto che l'ospedale civico sarebbe rimasto aperto e sotto il controllo pubblico;

   la vendita a privati dell'ospedale potrebbe chiudere definitivamente la possibilità di vedere realizzato al piano terra della struttura, l'ospedale di comunità finanziato dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) come richiesto dalla sindaca Piastra;

   il 20 gennaio 2020 in Conferenza Stato-regioni era stata sancita l'intesa sugli ospedali di comunità, definita dal presidente Bonaccini «una conquista sociale molto attesa che caratterizzerà in meglio il nostro servizio sanitario (...) e che svolgerà una funzione intermedia tra la cura domiciliare e il ricovero ospedaliero» –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con la regione Piemonte, in relazione alla questione della vendita dell'ospedale civico di Settimo, e ponendo in essere ogni iniziativa di competenza, per dare impulso alla creazione dell'ospedale di comunità sopracitato, finanziato con i fondi del Pnrr.
(5-07325)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 234 del 30 dicembre 2021, all'articolo 1, comma 980, è stato disposto il divieto di allevamento e di riproduzione in cattività di animali al fine di ricavarne pelliccia;

   al comma 981 del medesimo articolo si prevede che gli allevamenti autorizzati alla data di entrata in vigore della legge possano continuare a detenere gli animali già presenti nelle strutture per il periodo necessario alla dismissione delle stesse, e comunque non oltre il 30 giugno 2022. Gli stessi, ove alla data di entrata in vigore della legge in questione dispongano ancora di un codice, anche se non detengono animali, saranno destinatari di un indennizzo, ai sensi del comma 982;

   con il comma 983 si dispone che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero della transizione ecologica, individuino entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, i criteri e le modalità di indennizzo, nonché, ai sensi del comma 984, l'eventuale cessione degli animali presso strutture autorizzate, con obbligo di sterilizzazione –:

   quanti siano gli allevamenti di animali da pelliccia che hanno diritto all'indennizzo e quale sia la loro collocazione territoriale;

   quanti siano gli animali detenuti presso gli stessi, distinti per sesso ed età, e su quanti dei quali graverà l'attività di sterilizzazione;

   a quali strutture faccia riferimento il comma 984 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021 per l'accoglienza di questi animali, e con quali disponibilità economiche le stesse saranno supportate;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per garantire e vigilare in futuro sul benessere degli animali ad oggi detenuti nelle strutture.
(4-11056)


   MAGI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la procreazione medicalmente assistita (Pma) è l'insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento; dal 2014 la Corte costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa nel nostro Paese, cioè la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia;

   a partire dal 2017, nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) sono state inserite le prestazioni riguardanti le varie tecniche di Pma, ma manca, attualmente, il nomenclatore tariffario per tali tecniche, per le spese connesse alle prestazioni di raccolta, conservazione e distribuzione di cellule riproduttive finalizzate alla Pma eterologa; è invece previsto un contributo il cui importo è fissato dalle singole regioni;

   finché non saranno definite le tariffe di queste prestazioni, non è attuabile nessuna convenzione e, quindi, il fabbisogno dei pazienti continua ad essere disatteso; inoltre, è necessario che le tariffe per le tecniche di Pma siano congrue rispetto alla complessità della procedura, onde evitare che le convenzioni non siano accettate dai centri;

   inoltre non è inclusa nei Lea la diagnosi genetica di preimpianto (Dgp), una indagine clinica diagnostica sull'embrione per individuare malattie genetiche, per avvalersene è necessario sottoporre la coppia ad un programma di fecondazione in vitro anche se non ci sono problemi di fertilità; dal 2015, grazie alla sentenza n. 96, del 2015 della Corte costituzionale emessa a seguito di un procedimento presso il tribunale di Roma per due coppie con l'Associazione Luca Coscioni, anche le coppie fertili con patologie genetiche possono accedere alla fecondazione assistita; dunque nonostante nel 2017, con queste tecniche diagnostiche, siano nati 705 bambini che altrimenti non avrebbero mai visto la luce e che si aggiungono alle altre 14.000 nascite annuali grazie alle tecniche di fecondazione assistita, l'accesso a tale tecnica è ancora ostacolato nel nostro Paese, dal momento che non è a carico del Servizio sanitario nazionale e sono poche le regioni che si fanno carico della spesa –:

   se e in quali tempi intenda adottare iniziative per aggiornare il Nomenclatore tariffario sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita e quali siano le tariffe ipotizzate.
(4-11059)


   SCANU, CADEDDU e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei piccoli comuni come nelle grandi città, le farmacie che eseguono i tamponi rapidi antigenici sono in difficoltà per la grande richiesta;

   è sotto gli occhi di tutti, in questo periodo contrassegnato dal dilagare della variante Omicron del COVID-19, la grande difficoltà di eseguire un test rapido antigenico, in quanto i luoghi ove eseguirli e il personale addetto sono insufficienti;

   non tutte le farmacie effettuano i test e accade che i comuni medio-piccoli abbiano a disposizione una sola farmacia che li esegue con inevitabili lunghe file e persone che non riescono ad accedere al servizio;

   in tutta Italia i farmacisti titolari di parafarmacie lamentano l'impossibilità di effettuare i tamponi antigenici, attività riservata solo alle farmacie;

   si tratta della negazione del diritto di esercizio della professione che sta creando disagi e ritardi ingiustificabili;

   eppure una soluzione immediata a questa situazione esiste, ossia il coinvolgimento delle parafarmacie, ove c'è un laureato in farmacia e dove si potrebbero applicare gli stessi protocolli delle farmacie;

   secondo il Movimento nazionale liberi farmacisti è il Ministro della salute che dovrebbe farsi carico di questa situazione, intervenendo direttamente e assumendosi in prima persona la responsabilità di risolvere una situazione ormai insostenibile;

   già dalla legge di bilancio 2020 le parafarmacie hanno chiesto al Governo questa possibilità;

   in alcuni casi si è provvisoriamente avviata grazie ad una convenzione a livello regionale: un modello virtuoso che purtroppo è stato presto interrotto dai ricorsi amministrativi condotti da Federfarma;

   nelle more dei tempi dei ricorsi e della burocrazia questa situazione sta pregiudicando l'operatività delle parafarmacie che potrebbero contribuire invece a rendere un servizio fondamentale;

   i professionisti del settore hanno chiesto che sia loro permesso di dare una mano alla ripresa e al ripristino della normalità, superando differenziazioni inique, consentendo l'effettuazione dei tamponi anche in parafarmacia;

   tutto ciò andrebbe a vantaggio dei cittadini (l'aumento della concorrenza concorre alla diminuzione dei prezzi) e dei farmacisti di parafarmacia, che si sono prestati, sin dagli albori dell'emergenza da COVID-19, a lavorare per vincere la sfida della pandemia;

   le parafarmacie rappresentano strutture regolarmente autorizzate e nelle quali si vendono farmaci di classe C, strumenti medicali, presìdi di medicazione, da parte di professionisti che hanno le medesime caratteristiche professionali di coloro che operano nelle farmacie –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare per autorizzare le parafarmacie alla erogazione del servizio di effettuazione dei tamponi rapidi antigenici ed al rilascio del relativo green pass.
(4-11061)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CONTE, FORNARO, DE LORENZO, PALAZZOTTO e TIMBRO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   un incremento significativo di crescita nazionale si realizza solo con il contributo decisivo delle aree più deboli del Paese;

   di ciò sono ben consapevoli le istituzioni europee che, in risposta alla crisi economica della pandemia, hanno strutturato, anche su impulso e proposta dei Governi italiani, strumenti come il Next generation EU, con l'obiettivo di rilanciare la crescita europea concentrando gli investimenti sulla riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha allocato nel Mezzogiorno il 40 per cento delle risorse, pari a circa 83 miliardi di euro;

   le quote di stanziamento, già di sé espressione di un gap storico-strutturale, sono solo una parte del problema, perché la vera sfida per il Mezzogiorno è utilizzare tutti e bene i finanziamenti disponibili;

   il Governo ha predisposto una governance del Piano con struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell'economia e delle finanze; le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti;

   l'Italia potrà richiedere e ottenere i finanziamenti solo a fronte dell'effettivo conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi, secondo una sequenza temporale predefinita: entro il 2022, per esempio, si dovranno raggiungere 100 obiettivi totali, entro il 2023, 96, entro il 2026, 121;

   al Sud un cittadino su 3 risiede in un comune in crisi finanziaria; in Campania, negli ultimi anni, si è perso un terzo dei dipendenti degli enti locali; il personale laureato in pochi casi supera il 30 per cento e a Napoli si ferma al 19 per cento; il valore medio dell'indice di ricambio del personale in Italia è pari a 0,65 per tutto il periodo 2007-2018, al Centro-Nord l'indice è pari a 0,70, mentre nel Mezzogiorno è pari a 0,58;

   il Governo, consapevole del grave deficit di personale nelle amministrazioni locali del Mezzogiorno, ha messo in campo una serie di strumenti per supportare l'azione degli enti, rafforzandone l'organico con nuove assunzioni per rafforzare le loro strutture tecnico-operative;

   viene segnalata, tuttavia, da più parti, e in particolare dagli amministratori locali, la preoccupazione che questi strumenti non siano sufficienti e adeguati per i comuni del Mezzogiorno, che, con personale nuovo e inesperto, potrebbero non essere in grado di gestire nei modi e nei tempi previsti le fasi dell'investimento, dal progetto all'esecuzione –:

   quali iniziative di competenza, oltre alle misure rese disponibili in via emergenziale, la Ministra interrogata intenda proporre, anche di intesa con gli altri Ministri competenti, per supportare gli enti territoriali del Mezzogiorno con dotazioni e assistenza tecnica in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-02714)


   D'ATTIS, CANNIZZARO, CASCIELLO, CASINO, FASANO, GENTILE, LABRIOLA, ELVIRA SAVINO, PENTANGELO, PRESTIGIACOMO, PAOLO RUSSO, SARRO, SIRACUSANO, TARTAGLIONE, TORROMINO e MARIA TRIPODI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   come noto, i prossimi anni rappresentano un punto di svolta cruciale, soprattutto per il futuro del Mezzogiorno, considerato che si concentrano, in un breve spazio temporale, scelte determinanti per la programmazione di investimenti di portata pluriennale: non solo il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche il programma React-Eu, il nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali europei 2021-2027 e quello del Fondo di sviluppo e coesione relativo allo stesso orizzonte temporale. Si tratta di ingenti risorse che offrono, nell'arco dei prossimi anni, la possibilità di programmare opere e investimenti come mai accaduto in precedenza;

   un ruolo fondamentale nella complessiva strategia programmatoria è rappresentato dalle ingenti risorse della politica di coesione, considerato che il Fondo per lo sviluppo e la coesione — nel prossimo settennio — prevede una dotazione di 50 miliardi di euro, ai quali si sono aggiunti altri 23,5 miliardi di euro con la legge di bilancio per il 2022;

   considerata l'importanza delle sfide che ci attendono, l'impostazione della nuova programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione è, dunque, strategica e dovrà probabilmente caratterizzarsi e concentrarsi soprattutto su quei settori o ambiti di intervento coerenti con quelli previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché con i fondi strutturali europei, rispettando il principio di addizionalità delle risorse –:

   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intende adottare per individuare le priorità della nuova programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche al fine di massimizzare le sinergie e le complementarietà con gli interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nei fondi strutturali europei, nonché le misure adottate allo scopo di rafforzare e imprimere una significativa accelerazione della capacità di utilizzo delle predette risorse e di realizzazione degli investimenti.
(3-02715)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, SOVERINI e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da COVID-19 ha messo in seria crisi la produzione industriale dei chip su scala globale, e ormai da alcuni mesi è evidente lo squilibrio presente nel mercato dei semiconduttori dovuto all'esplosione della domanda provocata dalla ripresa post Covid, a cui l'offerta produttiva dei principali gruppi mondiali non riesce a far fronte nell'immediato;

   a richiedere sempre maggiore utilizzo dei chip sono oggi il mercato dell'automotive, quello dell'elettronica di consumo, le telecomunicazioni con i forti investimenti nelle reti e nel cloud, Industria 4.0. I semiconduttori giocano quindi un ruolo essenziale nel funzionamento dell'economia moderna con vastissime applicazioni in vari campi, dalla vita quotidiana di tutti noi al settore militare. Sistemi di guida avanzati e intelligenza artificiale sono solo due tra i moltissimi campi in cui l'avanzamento tecnologico in materia di semiconduttori avrà effetti estremamente significativi nei prossimi anni;

   secondo recenti studi, la capacità produttiva installata di microchip nel mondo dal 1990 a oggi si è già moltiplicata per 15 volte ed oggi la domanda supera l'offerta del 15 per cento circa, un gap mai così ampio dall'inizio della crisi e il fatto che la concentrazione della manifattura dei chip si trovi in aree ad alta tensione internazionale come Taiwan e lo stesso valore strategico della tecnologia rendono i semiconduttori un settore di interesse geopolitico;

   l'Italia è dotata di una significativa industria nel settore dei semiconduttori con l'italo-francese ST Microelectronics, l'azienda produttrice di chip più grande d'Europa, ed aziende più specializzate, come LPE nella produzione di macchinari necessari alla manifattura dei wafer di silicio, che è stata oggetto dell'esercizio del golden power da parte del Governo, per impedirne l'acquisto da parte di un'azienda cinese;

   nel 2021 l'Unione europea ha lanciato la «Industrial Alliance for Semiconductor Technology» e ha inoltre annunciato un «Chips Act» europeo: un'occasione per consolidare l'Italia in un'industria strategica come quella dei semiconduttori;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza riserva 750 milioni per la costruzione di «progetti industriali ad alto contenuto tecnologico», tra i quali è prevista anche una nuova fab a Catania, dove ST Microelectronics possiede già degli impianti –:

   se sia intenzione del Ministro, per quanto di competenza, sostenere l'industria dei semiconduttori e quali iniziative intenda adottare per aumentare le attuali capacità di una manifattura così avanzata e strategica e per metterla in sicurezza da eventuali acquisizioni straniere predatorie.
(5-07337)


   VIANELLO e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 5 gennaio 2015 n. 1 e l'articolo 13, comma 1-ter, del decreto-legge n. 91 del 2017 disciplinano la destinazione delle risorse del «patrimonio destinato» composto dai fondi sequestrati alla famiglia Riva, prevedendo a tale scopo che:

    le somme del predetto debbano essere utilizzate in via prioritaria per gli interventi indicati nell'offerta del soggetto aggiudicatario del complesso dell'Ilva Spa in amministrazione straordinaria (coincidenti con quelli contemplati a carico del gestore nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2017);

    il patrimonio eccedente gli importi sopra menzionati debba essere impiegato per gli interventi ambientali posti a carico dei commissari Ilva Spa in amministrazione straordinaria nonché per ulteriori progetti di tutela della salute e di bonifica sempre a carico dei commissari;

   l'articolo 21 del decreto-legge n. 228 del 2021 impegna la somma residua del «patrimonio destinato» di 575 milioni euro per nuovi interventi non meglio precisati, né sottoposti a VIA e/o AIA né previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2017, in favore di Acciaierie d'Italia per la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto, distogliendoli dall'originaria destinazione agli interventi di bonifica nelle «aree escluse» e di sostegno occupazionale in carico a Ilva Spa in amministrazione straordinaria determinando altresì l'interruzione delle bonifiche nelle suddette aree di seguito elencate:

    A. aree con interventi in corso: Discarica Ex Cava Due Mari, Discarica Ex Cava Cementir, Stoccaggio Fanghi AFO ed ACC, Discarica Nuove Vasche, Aree limitrofe stoccaggio fanghi;

    B. aree sottoposte a sequestro: Discarica NordOvest, Gravina Leucaspide, Collinette ecologiche Tamburi;

    C. aree con procedimento aperto: aree a verde lungo SP Statte lato ovest, aree a verde nord, Land A – Area a verde adiacente a stabilimento, Land C – area a verde adiacente a stabilimento, Land D1 – area a verde adiacente a stabilimento, Land E – sito industriale non attivo ex Sidercomit, Land L – cava L'Amastuola, Land D2 – area a verde con chiesetta, area Pozzo 25;

    D. aree cedibili prive di pendenze: Land I – Area a verde adiacente ad Ospedale nord;

   di conseguenza, non si potranno più utilizzare per le bonifiche delle «aree escluse» i lavoratori rimasti nel perimetro di Ilva in amministrazione straordinaria –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato il Governo alla scelta sottesa alla disposizione di cui in premessa.
(5-07338)


   SQUERI, TORROMINO, SORTE e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'onda d'urto dell'emergenza sanitaria ha colpito in particolare le aree a maggior afflusso turistico, dove molte imprese commerciali, della ristorazione e dell'intrattenimento si sono viste costrette a chiudere per sempre;

   il Conto satellite del turismo in Italia del settembre 2021, che individua anche i consumi connessi al settore, riferisce che il relativo shopping è crollato tra il 2019 e il 2020 del 38,4 per cento, la ristorazione addirittura del 51 per cento;

   il bilancio 2021 è solo meno disastroso: rispetto al 2019 si registrano -120 milioni di presenze, rispetto al -207 milioni del 2020. Nelle tre ultime settimane dell'anno cancellate 8 milioni di prenotazioni. Le recenti misure, tra smart working e limitazioni alla circolazione, hanno generato, secondo Confesercenti, una sorta di lockdown mascherato, con conseguente crollo dei consumi;

   il Governo è intervenuto (2020-2021) con misure dedicate, compreso un contributo per le attività nei centri storici, ma tali interventi hanno avuto natura episodica, legati alla convinzione che la pandemia sarebbe presto terminata;

   il credito d'imposta per gli affitti non abitativi (8 mesi tra il 2020 e il 2021, di cui al decreto-legge n. 34 del 2020 e al decreto-legge n. 73 del 2021), riferito alle sole somme pagate, si è rivelato di complesso utilizzo a fronte delle difficoltà di cessione al locatore o alle banche;

   due interventi che potevano avere valenza di sostegno strutturale del commercio e servizi nelle città d'arte e nelle aree a maggiore affluenza turistica non sono andati a buon fine;

   quanto alle locazioni commerciali le associazioni di settore hanno contestato che queste sono rimaste a livello pre-lockdown. A fronte di una giurisprudenza a macchia di leopardo era stata approvata una norma per la ricontrattazione dei canoni commerciali (decreto-legge n. 41 del 2021, articolo 6-novies), subito «azzerata» dal decreto-legge n. 73 del 2021, che l'ha limitata alle sole attività chiuse. Il Governo ha poi accolto un ordine del giorno (9/3132-AR/24) per riconsiderare la materia;

   nemmeno è giunto a conclusione il procedimento per l'attribuzione di un codice Ateco specifico per le attività economiche operanti nelle aree ad alta densità turistica di cui all'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020;

   la perdurante emergenza impone l'adozione di ulteriori misure di sostegno per tutti i comparti colpiti dalla crisi del turismo, non solo alberghiero, ma anche dell'intrattenimento, della ristorazione, del commercio –:

   quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare a sostegno dei settori indicati in premessa maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia, anche con riferimento ai citati interventi di natura strutturale.
(5-07339)


   SUT, CHIAZZESE, ALEMANNO, CARABETTA, DAVIDE CRIPPA, FRACCARO, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PALMISANO e PERCONTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 2019, con l'introduzione del cosiddetto «ecobonus auto» di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è in vigore un piano di incentivazione per l'acquisto di veicoli a basse emissioni di CO2, originariamente teso ad agevolare l'acquisto di auto ibride plug-in ed elettriche e, successivamente, esteso anche alle vetture ad alimentazione tradizionale;

   la citata misura, più volte rifinanziata con l'immissione di nuove dotazioni per sostenere il mercato dell'auto travolto dalla pandemia (da ultimo, il decreto-legge n. 146 del 2021, cosiddetto decreto-legge Fiscale, con risorse pari a 100 milioni di euro per il 2021 peraltro esaurite in appena due giorni), è terminata il 31 dicembre 2021;

   fin dalla sua introduzione, la ratio alla base della misura è stata quella non solo di indirizzare il comportamento di consumo e di utilizzo dei mezzi da parte dei cittadini, ma anche di consentire all'industria di pianificare e programmare nel lungo periodo gli investimenti;

   nel Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano non si rintraccia uno schema di misure strutturali a sostegno del rinnovo del parco auto a zero emissioni;

   una mancanza di visione confermata dalla legge di bilancio 2022 nella quale nonostante i numerosi appelli di imprese e consumatori non è stato disposto il rinnovo per il 2022 degli incentivi per l'acquisto dei predetti veicoli;

   è un arresto di fatto alla transizione ecologica del settore automotive le cui ricadute, anche sociali, sono state chiaramente enunciate anche dall'amministratore delegato di Stellantis Tavares per il quale il mancato sostegno all'elettrificazione dell'auto comporterà nel breve periodo un drastico ridimensionamento del mercato;

   in sede di esame della legge di bilancio 2022 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/03424/210 a prima firma Chiazzese impegnandosi a prorogare almeno per il 2022 sia l'ecobonus per la fascia 0-20 grammi/chilometro di CO2 che la detrazione per l'acquisto e la posa in opera delle colonnine di ricarica per EV nonché a partire dall'anno in corso a prevedere una rimodulazione del meccanismo di disincentivo all'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori alla soglia minima di 161 grammi/chilometro di CO2 –:

   quali iniziative di competenza intenda predisporre al fine di delineare una politica industriale di programmazione relativa agli incentivi per l'automotive, in particolare con riferimento agli Electric Vehicle (EV) per il 2022.
(5-07340)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE FILIPPO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura dell'ufficio postale nel quartiere popolare «Bucaletto», a Potenza, rappresenta un duro colpo per la città ed i suoi abitanti;

   il quartiere Bucaletto, situato nella periferia sud-est della città è stato progettato all'indomani del terremoto che colpì l'Irpinia e la Basilicata nel novembre 1980 per risolvere i problemi delle famiglie sfollate;

   la possibile chiusura del presidio dove sono ubicate le Poste, per motivi di agibilità del fabbricato, rappresenta un'ulteriore perdita per uno dei quartieri più delicati e complessi dal punto di vista sociale della città. Infatti, nel corso degli anni, diversi sono stati i servizi soppressi in questa realtà, basti pensare alle scuole medie, agli uffici comunali e dei vigili urbani, fino all'assenza di un medico di famiglia;

   nei giorni scorsi anche Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo metropolita di Potenza, ha chiesto pubblicamente di scongiurare la chiusura dell'ufficio postale che rappresenterebbe «una desertificazione sociale e sarebbe un ulteriore aggravio per i residenti, per lo più anziani e famiglie a basso reddito, che ancora una volta non si vedrebbero riconosciuto il diritto di accesso a servizi minimi. Una tale decisione confermerebbe come troppo spesso la periferia urbana rischi di corrispondere, purtroppo, a una periferia umana. Dobbiamo continuare a impegnarci tutti affinché tale assunto sia smentito con i fatti»;

   su tale chiusura sono intervenuti anche la Caritas diocesana, l'associazione la Cittadella, le associazioni dei consumatori e delle organizzazioni sindacali, evidenziando come questa chiusura rappresenterebbe un depauperamento sociale per l'intera comunità potentina;

   è necessario che venga trovata una soluzione soddisfacente per la comunità come, ad esempio, lo spostamento dell'ufficio presso altri fabbricati presenti nell'area o l'utilizzo temporaneo di servizio mobile, e non, invece, un mero servizio navetta verso altri uffici postali in quanto lo stesso non consentirebbe, soprattutto ai cittadini più anziani, di poter accedere ai servizi postali –:

   alla luce dei fatti sopraesposti quali iniziative urgenti di competenza si ritenga doveroso adottare affinché possa essere scongiurata l'imminente chiusura dell'ufficio postale, punto di riferimento specialmente per le persone anziane, nel quartiere «Bucaletto» all'interno dell'area urbana della città di Potenza.
(4-11057)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   SQUERI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il prezzo del gas è quintuplicato in tre mesi e decuplicato in dodici, trainando il prezzo dell'elettricità. Con questi aumenti esponenziali della materia prima nell'ultimo anno, le società di vendita che acquistano all'ingrosso hanno serie difficoltà con gli affidamenti che parimenti si sono decuplicati. Sarebbero già una decina le società «saltate» perché non più in grado di integrare le garanzie finanziarie richieste per operare sui mercati energetici;

   tra i nomi emersi pubblicamente figurano Greenetwork, Curale Alpherg – che avrebbe interrotto l'attività di trading dopo aver accumulato un'esposizione miliardaria;

   l'inasprimento della quantità di garanzie richieste dagli operatori istituzionali (Terna, Snam e Gme) – che crescono di pari passo ai prezzi, adeguandosi nel caso del Gme addirittura su base quotidiana – si somma alle difficoltà crescenti di rispetto delle tempistiche di pagamento da parte dei consumatori finali (non solo domestici, ma anche piccole e medie imprese e industriali);

   sono evidenti in questo contesto le difficoltà per i venditori nel rispettare le tempistiche di pagamento «a monte» verso Terna, Snam, i distributori ed il Gme;

   il reperimento di linee di credito/garanzia sul mercato diventa sempre più difficoltoso per gli operatori che non possono far fronte da soli alle esigenze di cassa e a quelle fideiussorie senza un sostegno delle banche, le quali, a loro volta, necessitano di garanzie ulteriori rispetto a quelle che i fornitori possono di fatto offrire;

   in un contesto estremamente fragile nel quale non possono più trovare spazio ulteriori appesantimenti della finanza per le imprese e nel quale occorre scongiurare il ricorso alla salvaguardia e ai conseguenti aumenti per i clienti finali, appare necessario introdurre misure urgenti realmente capaci di contenere la crisi in atto;

   sarebbe auspicabile – al superamento di determinate soglie di prezzo dell'energia elettrica o del gas identificate da Arera – l'intervento di Sace come garante per gli istituti bancari (con riferimento a quelli con rating investment grade) in modo che quest'ultimi possano aprire le linee di credito necessarie agli operatori per approvvigionarsi e fornire i propri clienti;

   sarebbe inoltre auspicabile la soppressione della franchigia del 3 per cento, oltre la quale l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), attiva, a favore degli esercenti la vendita, il meccanismo di anticipazione degli importi rateizzati ai clienti finali aventi diritto, previsto dal comma 510 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2022 (n. 234 del 2021) –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo alla possibilità di introdurre le due suddette misure al fine di tutelare le imprese sane e i clienti finali e non vanificare oltre dieci anni di sforzi fatti per la liberalizzazione del mercato.
(3-02705)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2020, n. 178, legge di bilancio 2021, all'articolo 1, commi 757 e 758, ha istituito, nello stato di previsione dell'allora Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per il recupero della fauna selvatica, con dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2021;

   il predetto fondo sarebbe stato istituito con la finalità di «sostenere l'attività di tutela e cura della fauna selvatica» svolta dalle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi di legge, con riferimento alle specie faunistiche di interesse comunitario;

   a fronte di una generica destinazione di utilizzo di tali risorse, non è compiutamente noto come esse siano state effettivamente impiegate nella loro totalità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti, se abbia contezza di quante delle risorse allocate nel fondo di cui in premessa siano state effettivamente spese e se intenda condividere e pubblicare informazioni relative ai beneficiari ed alle destinazioni d'uso relative alle risorse del fondo impiegate.
(4-11062)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLANI, MANZO, MARTINCIGLIO e BARBUTO. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con avviso pubblico prot. 3772/21 del 22 dicembre 2021, si è disposta la riapertura della procedura di acquisizione delle istanze per l'assegnazione ed erogazione di contributi pari a euro 5.000.000,00 destinati al ristoro dei bed and breakfast a carattere non imprenditoriale;

   si ricorda che il decreto-legge n. 146 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 215 del 2021, recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili», e, in particolare, l'articolo 5-sexies ha modificato l'articolo 7-bis, comma 3, del decreto-legge n. 73 del 2021, come convertito, e ha stabilito che le risorse di indennizzo sono destinate al sostegno dei soli bed and breakfast muniti di codice identificativo regionale, o, in mancanza, identificati mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell'attività ricettiva a gestione familiare;

   il su citato avviso veniva pubblicato nelle more della definizione del procedimento di efficacia del decreto del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 21 dicembre 2021, la cui piena efficacia ed il suo effetto erano contestuali al perfezionamento del suddetto decreto interministeriale;

   in relazione alla vicenda dei contributi una tantum per i bed and breakfast non imprenditoriali disposti dal Ministero del turismo si è generato grave malcontento fra i proprietari di strutture extralberghiere non aventi i requisiti richiesti per ottenere il su citato contributo;

   il settore, di fatti, composto da piccole imprese ma soprattutto da gestori non imprenditoriali di migliaia di strutture extralberghiere, che hanno contribuito al successo delle località culturali e turistiche, ha sofferto non poco la pandemia e le sue conseguenze e, fin dall'inizio della pandemia, non ha potuto beneficiare di alcun tipo di contributo, né di defiscalizzazioni e detassazioni;

   la maggior parte dei proprietari, negli ultimi due anni, ha dovuto comunque far fronte alle rate Imu e canoni fissi delle utenze malgrado i lockdown e le «zone rosse», lamentando di fatto disparità di trattamento rispetto alle micro imprese destinatarie di ristori;

   l'Abbac, Associazione nazionale extralberghiera, tenendo conto dell'esclusione di altre tipologie ricettive non imprenditoriali, ha altresì rilevato numerose incongruenze relative sia al ridotto plafond rispetto alla vasta platea di aventi diritto, sia ai tempi ristrettissimi dell'avviso pubblico e dell'avvio delle istanze – meno di 2 giorni –, con la riapertura dei termini decisa in pochissime ore e una gestione assai discutibile della piattaforma Aci adoperata, andata in tilt più volte durante la fase di registrazione delle istanze online;

   sulla vicenda il presidente nazionale Abbac, ha dichiarato la scarsa fiducia nella misura già quando fu disposta nel decreto, perché appariva un mero atto di concessione, solo 5 milioni di euro, con 2.000 euro concedibili ad un massimo di 2.500 bed and breakfast a fronte di una platea di migliaia di gestori di bed and breakfast e di altre tipologie ricettive, come le case vacanze, escluse invece, pur essendo anch'esse state avviate con scie amministrative comunali;

   l'intervento ministeriale è risultato comunque parziale, certamente utile, ma dalla gestione discutibile;

   è opportuno verificare a monte le anomalie dell'avviso pubblico, la gestione del click day così ridotto nei tempi e nelle modalità e le complicazioni della piattaforma tecnica che ha evidenziato diverse inefficienze –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per fare chiarezza e dare risposte in tempi rapidi, al fine di individuare migliori e più efficaci azioni a supporto di una filiera che ora più che mai sta subendo disdette a causa delle restrizioni e dell'aumento dei contagi.
(4-11058)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Giarrizzo n. 1-00424, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 462 del 24 febbraio 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), definisce il cloud come «un modello di infrastrutture informatiche che consente di disporre, tramite internet, di un insieme di risorse di calcolo (ad esempio reti, server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente erogate come un servizio. Questo modello consente di semplificare drasticamente la gestione dei sistemi informativi, trasformando le infrastrutture fisiche in servizi virtuali fruibili in base al consumo di risorse»;

    il mercato del cloud è in forte crescita, in parte anche in virtù della spinta venuta, nel 2020, dalla situazione di emergenza scaturita dalla pandemia da COVID-19, che ha richiesto ad aziende e collettività di riorganizzare in modalità agile attività e processi. Alla fine del 2020, il 59 per cento delle imprese italiane faceva uso di servizi di cloud computing;

    la trasformazione digitale è uno dei driver strategici per lo sviluppo delle moderne economie ed è pertanto essenziale investire nell'evoluzione dei servizi in ottica cloud e di data management;

    per concretizzare l'evoluzione digitale delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione italiana, è necessario definire un modello operativo di riferimento che assicuri rapidamente l'efficientamento e messa in sicurezza dei data center della pubblica amministrazione, la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio di dati della pubblica amministrazione, la razionalizzazione di costi per lo sviluppo e manutenzione dei sistemi Ict delle pubbliche amministrazioni;

    secondo il censimento dei data center nazionali curato da AgId; la stragrande maggioranza dei Centri elaborazione dati (Ced) della pubblica amministrazione non forniscono idonee garanzie di sicurezza, efficienza ed affidabilità;

    l'Italia ha avviato un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, anche alla luce delle recenti modifiche al codice dell'amministrazione digitale (Cad) operate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale;

    in particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (Ced) destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    nell'ambito della missione 1 componente 1 «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA» del Piano Nazionale di ripresa e resilienza del 12 gennaio 2021 sono descritti interventi finalizzati a favorire l'adozione e lo sviluppo delle tecnologie cloud nel settore pubblico e, al contempo, a rimuovere gli ostacoli all'utilizzo del cloud da parte della pubblica amministrazione;

    in questo ambito, si prevede lo sviluppo di un cloud nazionale e la effettiva interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni. L'investimento mira a favorire l'adozione dei servizi cloud secondo quanto previsto nella strategia cloud first del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione attraverso lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei data center di Tipo B della pubblica amministrazione centrale e il rafforzamento in chiave green dei data center di tipo A candidabili a Polo strategico sanitario nazionale in base al censimento AgId. Si prevede inoltre la realizzazione di un cloud enablement program per favorire l'aggregazione e la migrazione delle pubbliche amministrazioni centrali e locali verso soluzioni cloud e fornire alle stesse pubbliche amministrazioni procedure, metodologie e strumenti di supporto utili a questa transizione;

    secondo dati del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il 60 per cento del mercato italiano del cloud è fornito da operatori non europei;

    attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, IBM) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;

    il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l'immediato futuro. L'obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;

    in un'epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);

    occorre considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l'applicabilità della legislazione americana, ed in particolare del cosiddetto «Cloud Act» e del «Foreign Intelligence Surveillance Act». Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina, come altri Paesi dell'Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata;

    la preliminare valutazione della normativa e della giurisdizione applicabili costituisce dunque un passaggio necessario ed irrinunciabile, accanto alle considerazioni economiche e tecnologiche. Le incertezze e i rischi risultanti da tale valutazione possono peraltro essere compensati dalla predisposizione di modelli contrattuali e politiche che disciplinino in anticipo ed in dettaglio il comportamento che il cloud provider deve tenere nel caso di provvedimenti di autorità di Paesi terzi, con riferimento all'accessibilità ed alla conservazione dei dati;

    la strategia per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale, in accordo con la strategia europea, rappresenta il fondamento per razionalizzare le risorse, rendere più moderni i servizi pubblici e mettere in sicurezza i dati;

    la strategia opera una distinzione fondamentale tra: infrastrutture che gestiscono servizi strategici, ovvero un ridotto numero di asset tecnologici (server, connettività, reti, e altro) che abilitano funzioni essenziali del Paese, come ad esempio la mobilità, l'energia, le telecomunicazioni; tutte le altre infrastrutture gestite dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali che gestiscono la stragrande maggioranza dei servizi, erogati al cittadino o interni agli enti che permettono il funzionamento di servizi comuni;

    il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, adottato nell'ambito della «strategia per la crescita digitale del Paese», ha previsto una strategia per l'adozione del cloud computing nella pubblica amministrazione che si articola attraverso tre elementi principali:

     il principio cloud first secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono, in via prioritaria, adottare il paradigma cloud (in particolare i servizi SaaS) prima di qualsiasi altra opzione tecnologica tradizionale, normalmente basata su housing o hosting;

     il modello cloud della pubblica amministrazione, cioè il modello strategico che si compone di infrastrutture e servizi qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) sulla base di un insieme di requisiti volti a garantire elevati standard di qualità e sicurezza per la pubblica amministrazione. In fruizione di questo modello è stata creata un'apposita piattaforma, il Cloud Marketplace dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), che consente di visualizzare la scheda di ogni servizio mettendo in evidenza le caratteristiche, il costo e i livelli di servizio dichiarati dal fornitore. Le pubbliche amministrazioni possono così confrontare servizi analoghi e decidere, in base alle loro esigenze, le soluzioni più adatte;

     il programma di abilitazione al cloud (cloud enablement program) vale a dire l'insieme di attività, risorse, metodologie da mettere in campo per rendere le pubbliche amministrazioni capaci di migrare e mantenere in efficienza i propri servizi informatici (infrastrutture e applicazioni) all'interno del modello cloud della pubblica amministrazione;

    a decorrere dal 1° aprile 2019, le amministrazioni pubbliche possono acquisire esclusivamente servizi IaaS PaaS e SaaS qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) e pubblicati nel catalogo dei servizi cloud per la pubblica amministrazione qualificati;

    grazie al censimento dei centri di elaborazione dati, trentacinque sono stati individuati come eleggibili a poli strategici nazionali; sarebbe quindi sufficiente federarli e convogliare gli investimenti sull'interoperabilità per ottenere i migliori risultati e salvaguardare gli investimenti che i territori hanno fatto sulle proprie società in house;

    è ormai indifferibile la necessità di provvedere alla creazione di una piattaforma nazionale di cloud storaging, nella quale far confluire tutti i dati e le informazioni disponibili e quotidianamente impiegati dalle amministrazioni pubbliche;

    come affermato dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso di un'audizione davanti alla Commissione trasporti della Camera, l'obiettivo del Governo è di assicurare che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono e questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in strategici, critici e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni, come già fatto da molti altri Paesi. In tal senso, per i dati più sensibili si intende creare un Polo strategico nazionale, localizzato sul suolo italiano e con garanzie di vigilanza e giurisdizionali elevate. Il Polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che ad oggi non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, mentre per le tipologie di dati e applicazioni meno sensibili si prevede la possibilità per le amministrazioni di usufruire di efficienti cloud messi a disposizione da operatori di mercato, pubblici o privati;

    in data 7 settembre 2021 il Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale ha pubblicato la policy Cloud Italia esprimendo requisiti per la realizzazione del Polo strategico nazionale;

    tra il settembre 2021 e il dicembre 2021 sono stati presentati tre progetti in risposta all'annuncio del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale;

    in data 27 dicembre 2021 il Dipartimento per la trasformazione digitale ha annunciato l'avvio della gara per la realizzazione del Polo strategico nazionale a seguito della selezione del progetto di riferimento, elaborato dal raggruppamento Tim, CDP, Leonardo e Sogei. Secondo quanto riportato dal Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, la progettualità in questione risulta soddisfare in particolare i requisiti di completezza dei servizi cloud e di sicurezza dei dati, «strategici» e «critici» della pubblica amministrazione integrandosi con servizi di assistenza alla migrazione delle pubbliche amministrazioni e di formazione del personale della pubblica amministrazione;

    il progetto sarà messo a gara entro le prime settimane del 2022 attraverso un apposito bando curato dalla società Difesa Servizi, in house del Ministero della difesa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere che la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della difesa provvedano a far pervenire alle competenti Commissioni parlamentari una relazione dettagliata sull'espletamento delle procedure relative al Polo strategico nazionale, al fine di assicurare trasparenza in ordine all'autonomia tecnologica del Polo strategico nazionale stesso e con particolare riferimento all'eventuale coinvolgimento anche indiretto di operatori extraeuropei;

2) ad adottare iniziative per assicurare che il Polo strategico nazionale sia sottoposto a vigilanza pubblica, in particolare sotto il controllo della Agenzia per la cybersicurezza nazionale per quanto concerne le modalità di trattamento e localizzazione dei dati strategici e la gestione di chiavi e strumenti di crittografia per dati della Pubblica amministrazione, nell'ambito delle competenze già previste dall'ordinamento vigente, e che comunque i concessionari dello stesso siano per tutta la durata della concessione conformi ai requisiti definiti dall'esercizio del cosiddetto golden power governativo;

3) a prevedere un'opportuna campagna di informazione pubblica sulle scelte effettuate e gli obiettivi perseguiti rispetto alla strategia per il Cloud nella pubblica amministrazione e al Polo strategico nazionale;

4) ad adottare iniziative per supportare, in particolare, i comuni sotto i 5000 abitanti nel passaggio al cloud, favorendo azioni di formazione del personale della Pubblica amministrazione, valutando l'opportunità di erogare contributi per l'adeguamento dei software e restituendo entro 6 mesi un monitoraggio della situazione negli enti locali;

5) ad adottare ogni opportuna iniziativa per rafforzare il ruolo dell'Italia sul fronte dell'intelligenza artificiale e dei servizi applicativi basati su cloud per quanto riguarda l'offerta formativa delle università italiane, le attività di ricerca e quelle di «technology transfer», anche in sinergia con attori privati;

6) ad adottare ogni opportuna iniziativa per promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università, negli Its e nei centri di ricerca italiani relativamente alle nuove tecnologie – integrando o modificando se necessario anche i curricula scolastici e universitari – e sostenerne le applicazioni rispetto alla produzione industriale, alla pubblica amministrazione e ai servizi civili in imprese consolidate e start up innovative, al fine di creare nuovi posti di lavoro e accrescere il patrimonio di proprietà intellettuale nazionale;

7) ad assicurare che la migrazione nel cloud delle piattaforme della pubblica amministrazione centrale e locale sia accompagnata da una convergenza dei sistemi informativi, tenuto conto anche del principio del «mobile first» espresso nel Piano triennale per l'informatica dell'Agenzia per l'Italia Digitale e di app IO, che nelle recentissime norme (decreto-legge n. 76 del 2020 «Semplificazione e innovazione digitale», convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120) è indicata come unico punto di accesso telematico ai servizi, alle informazioni e alle comunicazioni della pubblica amministrazione con i cittadini.
(1-00424) (Ulteriore nuova formulazione) «Carabetta, Capitanio, Bruno Bossio, Palmieri, Nobili, Stumpo, Angiola, Ripani, Colucci, Fusacchia, Morassut».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Giuliodori n. 1-00479, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 500 del 04 maggio 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    il sistema delle infrastrutture digitali è un fattore importante per lo sviluppo economico di tutti i territori di un Paese, per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e un elemento critico per la tutela dell'interesse nazionale e la sovranità digitale, essendo essenziale evitare che i dati relativi ai cittadini, alle imprese, all'apparato statale di un Paese finiscano nelle mani di Paesi terzi;

    il Codice dell'amministrazione digitale (CAD), di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ha stabilito i principi e le finalità che lo Stato, le Regioni, gli enti locali, le società pubbliche e i gestori di servizi pubblici devono perseguire nel percorso di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, per assicurare ai cittadini «la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale» (articolo 2);

    a tale scopo è stato istituito un ente ad hoc, l'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID), che «promuove l'innovazione digitale nel Paese e l'utilizzo delle tecnologie digitali nell'organizzazione della pubblica amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le imprese» (articolo 14-bis), utilizzando un documento di indirizzo strategico, redatto in collaborazione con il Dipartimento per la trasformazione digitale, chiamato «Piano triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione»;

    i principi guida del Piano triennale 2020-2022 riconoscono che il patrimonio informativo della pubblica amministrazione è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e deve essere valorizzato e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile, stabilendo la priorità per le pubbliche amministrazioni di usare la forma digitale per svolgere le proprie funzioni;

    al fine di raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione del lavoro dell'apparato amministrativo, è necessario far svolgere l'attività amministrativa secondo il principio del cloud first, ossia privilegiare il paradigma cloud prima di qualsiasi altra offerta tecnologica;

    al fine di predisporre tale infrastruttura, il Governo si è dotato della Strategia Cloud Italia, un piano per la migrazione al cloud computing che si fonda su tre pilastri strategici: la classificazione dei dati e dei servizi per ordinare la priorità della migrazione nel cloud, la qualificazione dei servizi utilizzabili dalla PA e la creazione di un'infrastruttura nazionale per l'erogazione dei servizi chiamata Polo strategico nazionale (PSN);

    attualmente il processo di trasformazione digitale dei servizi della pubblica amministrazione vede ancora l'utilizzo di tecnologie e infrastrutture digitali fornite da operatori terzi, che sono detentori di dati e informazioni trattati dalle pubbliche amministrazioni;

    la creazione del Polo strategico nazionale va nella direzione di internalizzare i servizi nell'alveo della pubblica amministrazione affinché lo Stato sia dotato di un'infrastruttura digitale pubblica, unico modo per eliminare i rischi in termini di sicurezza, affidabilità, autonomia e proprietà dei dati; anche per dare effettività agli articoli 13-bis («al fine di favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione e garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, [le pubbliche amministrazioni] progettano, realizzano e sviluppano i propri sistemi informatici e servizi digitali») e 14 (volto a promuovere «l'adozione di infrastrutture e standard che riducano i costi sostenuti dalle amministrazioni e migliorino i servizi erogati assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica») del Codice dell'Amministrazione Digitale;

    altresì, è fondamentale che il cloud pubblico fornisca un'adeguata sicurezza al patrimonio informativo nazionale, dato che, come segnala la «Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza» del 2020, l'83 per cento delle pubbliche amministrazioni italiane sono state vittime di attacchi cibernetici - nel rapporto si segnala che gli attacchi a fini di spionaggio, nonostante rappresentino soltanto circa il 3 per cento delle azioni ostili, sono i più insidiosi, motivo per cui è importante strutturare un sistema cloud capace di resistere alle infiltrazioni esterne, per meglio tutelare la sovranità della Repubblica;

    in particolare, i problemi di sicurezza nazionale aumentano laddove si utilizzano piattaforme informatiche di proprietà statunitense (esempio Microsoft, Google, Amazon, ecc.), in quanto il Cloud Act, una legge varata dagli USA nel 2018, permette alle autorità, forze dell'ordine, servizi di intelligence statunitensi di acquisire dati informatici dai servizi di cloud computing a prescindere dal luogo di conservazione dei dati, se le società che forniscono il cloud sono sotto la giurisdizione USA oppure hanno una filiale negli Stati Uniti o vi operano;

    la creazione del Polo Strategico Razionale intende risolvere anche il problema di affidabilità dei data center della pubblica amministrazione, articolandosi in almeno 4 centri di elaborazione dati distribuiti in due regioni, dato che, da quanto risulta dal censimento del patrimonio ICT 2018-2019, il 95 per cento dei centri elaborazione dati (CED) dell'amministrazione italiana sono carenti dei requisiti minimi di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza;

    ulteriore problematica delle banche dati delle pubbliche amministrazioni è la loro frammentarietà e non comunicabilità, rendendo difficoltosa l'attuazione del principio once only. A tale proposito il cosiddetto decreto semplificazioni (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76) ha modificato il CAD, prevedendo di realizzare la Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) per rendere possibile «l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici» (articolo 34);

    è fondamentale che la realizzazione dell'infrastruttura digitale sia guidata dalla volontà di migliorare la tutela dei dati personali alla luce dei principi cardine del GDPR: liceità e correttezza del trattamento, minimizzazione, esattezza, limitazione della conservazione, integrità e riservatezza del dato;

    in particolare, la tutela della riservatezza deve valere nel processo di interoperabilità dei database, essendo necessario operare nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, come ribadito dall'articolo 50, comma 2, del Codice dell'amministrazione digitale;

    altresì, la pubblica amministrazione italiana sconta l'elevata età media che, nel 2021, si attesta a 50 anni e la scarsa formazione interna verso l'alfabetizzazione digitale (secondo la ricerca 2021 del Forum PA, soltanto il 5 per cento dei funzionari pubblici nel 2019 ha svolto formazione nel settore delle competenze digitali);

    i dati sopracitati mettono in luce la necessità di intervenire sul miglioramento delle competenze professionali del personale della pubblica amministrazione al fine di permettere un uso ottimale degli strumenti informatici che si intendono adottare,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi per lo sviluppo di un cloud completamente pubblico, che preveda la proprietà degli impianti e gestione degli stessi in mano a soggetti pubblici o a totale partecipazione pubblica, per la conservazione di tutti i dati, sensibili e non, trattati dalle pubbliche amministrazioni;

2) a promuovere la massima fruibilità e condivisione del dato tra le varie pubbliche amministrazioni nell'ottica di erogare i migliori servizi al cittadino, sempre nel rispetto della trasparenza e della privacy e basati sul principio di accessibilità e semplificazione burocratica;

3) ad investire nella formazione del personale delle pubbliche amministrazioni e ad assumere personale con competenze specifiche in ambito digitale.
(1-00479) (Nuova formulazione) «Giuliodori, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Forciniti, Maniero, Paxia, Paolo Nicolò Romano, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Costanzo».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Capitanio n. 1-00467 del 21 aprile 2021;

   mozione Bruno Bossio n. 1-00468 del 21 aprile 2021.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Centemero n. 4-10631 del 8 novembre 2021;

   interrogazione a risposta scritta Plangger n. 4-10825 del 26 novembre 2021.