Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 21 dicembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    è di questi giorni la notizia in merito alla ennesima chiusura e delocalizzazione all'estero, a scapito dell'economia e occupazione nazionale;

    il fenomeno della delocalizzazione delle imprese italiane diventa sempre più frequente. Oramai, in maniera costante negli ultimi anni ci si trova a porre rimedio alla scelta di grandi e piccoli gruppi industriali di trasferire la produzione fuori dai confini nazionali, attirati da un costo del lavoro più basso (con punte a volte pari anche al 75 per cento in meno rispetto ad un lavoratore italiano), da regole fiscali e tassazioni agevolate o semplicemente da mercati maggiormente remunerativi. Ciò comporta che strutture fisiche come fabbriche, impianti e call center vengono trasferiti all'estero, diminuendo le opportunità di lavoro per i cittadini italiani. Le delocalizzazioni avvengono principalmente verso Paesi in via di sviluppo e dall'Est Europa, ai confini medio orientali o asiatici, ove la regolamentazione del lavoro è scarsa e assente, le condizioni di sicurezza e tutela sono minori e il mercato del lavoro è molto più flessibile del nostro (flessibilità al ribasso, a scapito dei lavoratori). Secondo stime dell'Istat del 2019, tra le imprese che hanno delocalizzato, il 69,3 per cento ha trasferito all'estero attività funzioni di supporto dell'attività principale, il 43,4 per cento l'attività principale; riduzione della pressione fiscale (84,5 per cento delle imprese), politiche per il mercato del lavoro (79 per cento) e incentivi per innovazione, ricerca e sviluppo (70,9 per cento) sono tra i fattori indicati da medie e grandi imprese per scegliere di riportare in Italia attività o funzioni svolte all'estero. Inoltre, il 62 per cento delle imprese ha trasferito all'estero funzioni aziendali per ridurre il costo del lavoro, il 38 per cento ha trasferito all'estero funzioni aziendali per accedere a nuovi mercati e solo lo 0,9 per cento ha riportato in Italia attività o funzioni già trasferite all'estero;

    nel periodo 2015-2017, circa 700 imprese – pari al 3,3 per cento delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi – hanno trasferito all'estero attività o funzioni aziendali precedentemente svolte in Italia. La dimensione aziendale e l'appartenenza a gruppi di impresa rappresentano fattori importanti per tale scelta. Delocalizza all'estero il 5,6 per cento delle grandi imprese contro il 2,9 per cento delle medie e il 4,6 per cento delle imprese appartenenti a gruppi contro lo 0,6 per cento delle imprese indipendenti;

    la conseguenza sul piano politico e sociale è evidente. Le imprese che decidono di delocalizzare sono di medie e grandi dimensioni, quindi ad ogni trasferimento si perdono centinaia di migliaia di posti di lavoro, che si riversano in un mercato del lavoro come quello italiano già saturo aumentando la precarietà e la concorrenza nell'individuazione di una occupazione stabile e duratura. Vengono drammaticamente aumentati i costi sociali, in quanto ogni unità lavorativa in meno si trasforma in ammortizzatori sociali, cassa integrazione e welfare state, per garantire sostegno economico a seguito della delocalizzazione. Ulteriore conseguenza, non meno importante, è la dispersione di competenze; il tessuto lavorativo italiano si è sempre contraddistinto per capacità, precisione e qualità nella realizzazione dei prodotti, dalla lavorazione delle materie prime sino ai prodotti compositi. Appare chiaro che la delocalizzazione e il trasferimento aziendale vadano a minare la qualità di un prodotto e la difficoltà per i lavoratori di ricollocarsi in altre aziende dopo avere, per molti anni, costruito una specifica ed elevata competenza in un determinato settore;

    il tessuto produttivo italiano è stato nuovamente impoverito, atteso che il 6 dicembre 2021 e giunta la conferma ufficiale del Gruppo svizzero Ronal, proprietà della Speedline di Tabina di Santa Maria di Sala (Venezia), azienda leader nella produzione di cerchi in lega per l'industria automobilistica, di chiudere il proprio stabilimento di Santa Maria di Sala, trasferendone altrove la produzione;

    la decisione, presa da un giorno all'altro senza alcuna specifica avvisaglia, coinvolge circa 600 lavoratori che potrebbero aumentare ad 800 se si considerano l'indotto e le piccole realtà produttive che operano in rapporto di esclusiva con la Speedline;

    la chiusura dello stabilimento, oltre che ingiusta, risulta incomprensibile; infatti, l'azienda ha sempre lavorato a livelli elevatissimi, sia in termini di quantità che di qualità del lavoro. I lavoratori dell'azienda vantano una competenza e un livello di specializzazione difficilmente rinvenibile e replicabile fuori dal territorio di riferimento. Inoltre, è ben noto che moltissime aziende chiedono che alcuni pezzi vengano specificatamente prodotti negli stabilimenti di Santa Maria di Sala, a conferma della qualità e della competenza raggiunta negli anni. Non può andare disperso un così pregiato capitale umano leader nel comparto dell'automotive;

    la decisione di delocalizzare impoverisce, come spesso accade, una eccellenza tutta italiana che ha permesso all'azienda di crescere e di strutturarsi nel mercato nazionale; ciò, non solo sminuisce il sistema di garanzie e tutele degli investimenti nel mercato italiano, ma è altresì in contrasto con gli impegni presi dall'azienda a favore della realizzazione di progetti di crescita e sviluppo sul territorio. Appare chiaro che, atteso il livello altamente competitivo dei prodotti realizzati e l'impatto sociale derivante dalla perdita di così tanti posti di lavoro, risulti necessario porre un'attenzione particolare alla crisi in corso;

    risulta doveroso un intervento forte e tempestivo a fronte di un'azienda che, nonostante l'elevato numero di licenziamenti, si è resa quasi irreperibile, rifiutando di sedere ai tavoli di mediazione e agli incontri organizzati,

impegna il Governo:

1) ad assicurare ai lavoratori della Speedline Srl adeguata tutela ponendosi quale intermediario qualificato in una operazione di mediazione volta ad ancorare la società alle proprie responsabilità, sul piano industriale e sociale;

2) ad utilizzare tutti gli strumenti previsti dalla legge e a disposizione dei Ministeri competenti per garantire la produzione, la retribuzione e la continuità lavorativa a dipendenti e all'intero indotto;

3) a valutare di porre in essere progetti alternativi, nel caso in cui non si riesca a trattenere la società Speedline srl sul territorio italiano, che possano comunque garantire il mantenimento degli impianti, la salvaguardia della produzione e la conservazione del know-how che negli anni i lavoratori hanno saputo costruire.
(1-00567) «Andreuzza, Bazzaro, Fogliani, Vallotto, Badole, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paolin, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Zordan».

ATTI DI CONTROLLO

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   ALESSANDRO PAGANO, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MOLINARI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 273 e 274, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto nel testo unico delle imposte sui redditi l'articolo 24-ter disciplinante l'«opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno»;

   in particolare, si tratta di un regime fiscale agevolato a cui possono accedere le persone fisiche non residenti, titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri, le quali trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia: il regime agevolato, quindi, consente ai contribuenti di poter optare per l'imposta sostitutiva del 7 per cento sui redditi prodotti all'estero in luogo della disciplina ordinaria, previa contestuale variazione della propria residenza fiscale in un comune del Mezzogiorno con popolazione non superiore a 20.000 abitanti;

   questo regime, secondo recenti stime del Ministero dell'economia e delle finanze e con riferimento all'anno di imposta 2019, ha avuto al momento un impatto molto modesto, con un totale dei redditi da pensione estera dichiarati che ammonta a 992.000 euro, mentre sono pari a 1,8 milioni di euro i redditi diversi dichiarati. L'imposta sostitutiva incassata è stata pari a un totale di 127.000 euro;

   tuttavia, l'attuale regime fiscale agevolato non è sufficiente per attrarre l'ampia platea dei pensionati esteri e, considerando gli effetti positivi che l'analoga disciplina ha prodotto in altri Paesi come il Portogallo, la previsione normativa in vigore in Italia andrebbe implementata o, comunque, necessita di correttivi applicativi per richiamare ulteriormente quanti desiderano usufruire dell'opzione per l'imposta sostitutiva di cui in premessa –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, mutuando le buone esperienze di altri Paesi europei, affinché l'imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera venga ulteriormente implementata così da non limitare gli investimenti, i consumi e il radicamento solo ai comuni appartenenti al Mezzogiorno che ospitano i medesimi pensionati, bensì estenderli all'intero territorio nazionale, e, soprattutto, che le risorse provenienti dalla predetta imposta sostitutiva e destinate ai poli universitari tecnico-scientifici del Sud per assegni di ricerca e progetti innovativi non vadano persi.
(3-02694)


   RADUZZI, TRANO, FORCINITI, COLLETTI, CABRAS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CORDA, MANIERO, TESTAMENTO, LEDA VOLPI, SPESSOTTO, GIULIODORI, VALLASCAS, COSTANZO, VIANELLO e SAPIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'Eurosummit del 16 dicembre 2021 a Bruxelles è stato affrontato anche il tema dell'entrata in vigore del Trattato Mes (Meccanismo europeo di stabilità) nella sua versione riformata e firmata dai Ministri plenipotenziari nel gennaio 2021;

   secondo quanto affermato dal Presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe, l'operatività del Meccanismo europeo di stabilità sarebbe «prossima», già a partire da gennaio 2022, con la possibilità di un prestito paracadute che lo stesso Meccanismo europeo di stabilità potrebbe erogare al fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie;

   tuttavia, a norma del trattato, il Meccanismo europeo di stabilità entrerà in vigore con la ratifica di tutti i 19 Stati dell'eurozona, ma, a oggi, gli Stati che non hanno ancora ratificato il Trattato Mes sono sette, tra cui l'Italia, la Francia e la Germania;

   nel caso specifico dell'Italia, a oggi non risulta depositato presso le Camere alcun disegno di legge di ratifica del Trattato Mes, né il Governo o la maggioranza hanno espresso una dichiarazione in merito all'eventuale ratifica;

   il tema del Meccanismo europeo di stabilità è di altissimo rilievo politico poiché, in determinate circostanze previste dal trattato medesimo, porta con sé l'eventualità di un commissariamento di fatto del Paese e l'imposizione di vincoli di bilancio e aggiustamenti macroeconomici tesi a politiche restrittive, sulla scorta della tristemente nota esperienza greca;

   a parere degli interroganti è pertanto grave che, a oggi, né il Governo né la maggioranza abbiano chiarito se intendono o meno ratificare un trattato di tale pericolosa portata –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla ratifica del Trattato Mes.
(3-02695)


   MARATTIN, UNGARO, FREGOLENT, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   al fine di dare attuazione ad interventi in materia di riforma del sistema fiscale, l'articolo 1, comma 3, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha istituito un Fondo per la riduzione della pressione fiscale;

   fermo restando il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, al Fondo di cui sopra sono destinate le risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo (cosiddetta tax compliance), al fine di creare un collegamento diretto tra il recupero di entrate derivanti dalla lotta all'evasione e la diminuzione della pressione fiscale a carico dei contribuenti;

   secondo l'ultimo Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, allegato alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2021, tra il 2014 e il 2019 la lotta all'evasione ha comportato il recupero di circa 10 miliardi di euro, anche grazie a misure come la fatturazione elettronica, la cosiddetta rottamazione delle cartelle e la dichiarazione pre-compilata;

   secondo la memoria dell'Ufficio parlamentare di bilancio sul disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale del 26 novembre 2021, le potenziali maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo e da far confluire nel Fondo per la riduzione della pressione fiscale ammonterebbero a circa 4,4 miliardi di euro;

   l'articolo 2 del disegno di legge di bilancio per il 2022 – ora all'esame del Senato della Repubblica – autorizza l'utilizzo di 8 miliardi di euro annui a decorrere dal 2022 al fine di fornire le coperture finanziarie di provvedimenti normativi da adottarsi nell'ambito della riforma fiscale, volti a perseguire la riduzione dell'Irpef e dell'Irap, con conseguente riduzione del cuneo fiscale;

   il disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale, all'attenzione della Camera dei deputati, fa riferimento per le relative coperture finanziarie necessarie non compensate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui sopra, collegando l'attuazione della riforma fiscale anche alle risorse derivanti dal miglioramento degli adempimenti spontanei –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare quante delle risorse recuperate attraverso il contrasto all'evasione fiscale e contributiva sia stata utilizzata per finanziare gli 8 miliardi di euro destinati all'attuazione della riduzione della pressione fiscale, anche attraverso l'attuazione della riforma fiscale, e se quindi vi siano risorse aggiuntive – sempre derivanti dal miglioramento della compliance – non ancora confluite nel predetto fondo.
(3-02696)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte costituzionale, nella sentenza n. 168 del 2021, ha recentemente descritto le drammatiche disfunzionalità e criticità del servizio sanitario regionale della Calabria, non limitandosi a dichiarare l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150, recante «Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario», perché la misura in questione «si dimostra irragionevole per la sua inadeguatezza alla situazione nella quale deve intervenire, segnata dal più che decennale commissariamento della sanità della Regione Calabria», ma censurando pesantemente la gestione da parte del Governo degli undici anni di commissariamento, attesa «l'incongrua modalità di disciplina del potere sostitutivo statale»;

   con deliberazione del 4 novembre 2021 il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina del presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto, a commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario nella medesima regione, a norma dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007;

   in seguito, con deliberazione del 18 novembre 2021, il Consiglio dei ministri ha nominato a subcommissario per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario nella regione Calabria, con il compito di affiancare il commissario nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale, il colonnello dei carabinieri Maurizio Bortoletti, che, oltre a indubbie capacità manageriali, ha già dimostrato – in analoghi contesti di particolare criticità ambientale, non solo in tema di sanità – di possedere particolari e indispensabili, in quelle aree, capacità di sapersi districare in situazioni spesso complesse;

   nonostante dalla nomina del colonnello Bortoletti a subcommissario sia già trascorso più di un mese, le amministrazioni interessate non hanno ancora dato corso a tale decisione e alla consequenziale definizione della posizione di impiego dell'ufficiale, che, con estremo senso della responsabilità, ha finora lavorato in vacanza e a proprie spese, per non lasciare solo il commissario ad acta in una situazione devastante –:

   se sia informato di quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per perfezionare la posizione di impiego del subcommissario.
(3-02697)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PENNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il fondo pensioni Sicilia è l'ente pubblico previdenziale dei dipendenti di ruolo della regione Sicilia che risulta commissariato da ben 1350 giorni. L'organizzazione e il funzionamento sono disciplinati con decreto presidenziale n. 14 del 2009. Detto fondo, alla data del 31 dicembre 2020, gestiva la pensione di 18.732 ex dipendenti con una spesa di 688,23 milioni di euro: 650,13 milioni di euro a carico del bilancio regionale e 38,10 milioni di euro a totale carico del fondo pensioni. Oltre a ciò, il fondo pensioni investe sul mercato 930,66 milioni di euro: 777 milioni in titoli di Stato italiani; 130 milioni in assicurazioni Ramo V; 23,66 milioni in concessione di prestiti. Il consiglio d'amministrazione del fondo è commissariato dal 26 febbraio 2018; il Collegio dei revisori dei conti è scaduto l'8 maggio 2021; il consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dal 21 dicembre 2020 è presieduto da un commissario ad acta nominato dall'assessore regionale dell'economia fino a quando «non sarà ricostruito il plenum nella composizione prevista» (decreto assessoriale n. 58 del 21 dicembre 2020 regione Sicilia, assessorato dell'economia). Peraltro, il Civ svolge un ruolo fondamentale, approvando il bilancio, intervenendo sui criteri di investimento e disinvestimento e sulle strategie gestionali. Questi organi fondamentali ad oggi presieduti da singoli soggetti facenti capo tutti alla regione Sicilia, garantiscono grazie alla collegialità quell'imparzialità e bilanciamento nelle scelte che difficilmente possono essere garantite dal singolo. Si aggiunga che la nomina di un commissario ad acta ha natura straordinaria e non può protrarsi sine die, dovendo prevedere un termine entro cui la situazione ordinaria deve essere ripristinata. Ai sensi dell'articolo 15, comma 14, della legge istitutiva del fondo (legge regionale n. 6 del 2009) «la regione è garante, in ogni caso, delle prestazioni pensionistiche e del pagamento dell'indennità di buonuscita del personale destinatario delle disposizioni del presente articolo». Molte testate giornalistiche riportano la denuncia dei sindacati Cobas/Codir, facenti parte del Civ prima che questo decadesse, secondo i quali la regione, attraverso il commissariamento degli organi direttivi e di controllo, vorrebbe imporre scelte incaute volte all'acquisto di alcuni specifici asset. In particolare, torna in evidenza la vicenda degli immobili della regione, conferiti per un valore di 263 milioni di euro al Fondo immobiliare pubblico regione Siciliana, per il 65 per cento privato. Da quello che si apprende dai quotidiani, la regione vorrebbe dismettere il suo 35 per cento residuo in favore del fondo pensioni: operazione non riuscita per l'opposizione dei sindacati. Oltre al «no» dell'allora Civ, anche la Corte dei conti, in sede di giudizio di parifica per la regione siciliana, si è espressa negativamente, sia per le «previsioni negative del mercato immobiliare, [...], sia alla luce della forte esposizione debitoria del soggetto che dovrebbe cedere il patrimonio immobiliare». Detta linea di investimenti si discosta da quella adottata dai fondi pensionistici e dall'Inps che, invece di acquistare o investire dismettono il patrimonio immobiliare per «mettere in sicurezza» gli investimenti e diminuire il rischio per la copertura futura delle pensioni, cosa che invece non garantisce la linea assunta dal Fondo pensioni Sicilia –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare, nell'ambito delle prerogative legate alle attività di vigilanza, quanto esposto in premessa, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, ed operare un controllo sulle scelte e sull'utilizzo del denaro pubblico, anche a tutela degli iscritti al fondo;

   se i Ministri interrogati intendano, per quanto di competenza adottare iniziative per disciplinare la gestione degli investimenti dei fondi pensione obbligatori, anche attraverso l'adozione di linee guida nazionali, nel rispetto del principio della sana e prudente gestione, perseguendo l'interesse dei beneficiari della prestazione pensionistica.
(4-10994)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come risulta anche da organi di stampa, nel mese di ottobre 2020 veniva annunciato il progetto di fusione tra le società Sia S.p.a. e Nexi S.p.a., entrambe operanti, tra l'altro, nel settore dei servizi di pagamento, soprattutto online;

   più precisamente, Sia S.p.a. è una società italiana non quotata e controllata da Cdp Equity, del gruppo Cassa depositi, e da Poste Italiane (tramite la Fsia Investimenti Srl), operante nel settore dell'Ict erogando soluzioni e tecnologie per il settore bancario e finanziario nonché piattaforme per i mercati finanziari e i servizi per i pagamenti tecnologici;

   la Nexi S.p.a. è una holding quotata in Borsa e controllata dai fondi di investimento quali Advent International Corporation e Bain Capital Investors Llc (tramite il «veicolo» Mercury UK HoldCo);

   il progetto di fusione tra la Sia S.p.a. e la Nexi S.p.a. darebbe origine ad un vero e proprio colosso europeo nell'ambito dei pagamenti digitali (e non solo) e ciò ha destato fin da subito l'attenzione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che, il 31 agosto 2021, avviava una istruttoria per esaminare il caso;

   tra le perplessità sin da subito rappresentate dall'«Antitrust» vi è quella secondo la quale l'operazione in parola sarebbe stata «suscettibile di determinare (...) la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante», con effetti di tipo orizzontale, nonché di natura verticale e conglomerale;

   l'Autorità in parola sarebbe giunta a tale approdo, secondo quanto riportato da articoli di stampa, avendo stimato che per alcuni dei servizi sopra elencati si sarebbe potuto arrivare ad una concentrazione in capo ad un unico soggetto di quote di mercato del 50, 70, anche del 95 per cento ciò potrebbe dare origine, conseguentemente, ad un soggetto quasi-monopolista con cui, tra l'altro, dovrebbero interfacciarsi le banche (in particolare le medio-piccole), gli esercenti ed i cittadini, con un «potere» negoziale ridottissimo;

   alla luce delle fondate perplessità appena sopra esposte e rappresentate anche dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, vi è da chiedersi come tale operazione possa conciliarsi con il Piano nazionale di ripresa e resilienza in quanto ivi è previsto che il rilancio del nostro Paese dovrebbe passare anche per la «promozione della concorrenza», «essenziale per favorire l'efficienza e la crescita economica e per garantire la ripresa dopo la pandemia», oltreché decisiva per «contribuire a una maggiore giustizia sociale»;

   tale operazione, di cui non sono ben chiari i vantaggi, desterebbe ulteriori preoccupazioni nella misura in cui, trattandosi di una vera e propria acquisizione di Sia S.p.a. da parte di un gruppo molto più grande, comporterebbe di fatto la trasmissione delle potenzialità di un'eccellenza tecnologica e infrastrutturale tutta italiana, che trasferirebbe informazioni preziose ad un'azienda come Nexi, partecipata da tanti capitali privati, e porrebbe a repentaglio le sorti degli stessi dipendenti, giustamente preoccupati delle incognite sul proprio futuro per la disparità di grandezza tra i gruppi;

   appare doveroso, quindi, sia difendere da incursioni straniere gli asset strategici della nostra Nazione al fine di evitare che dati pubblici italiani vengano svenduti ad altri, sia preservare il livello occupazionale di Sia oltre che tutelare il principio della libera concorrenza –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di appetenza, intenda adottare al fine di tutelare il principio della libera concorrenza, e se non ritenga di interesse strategico nazionale impedire la fusione tra le due società, Sia S.p.a. e Nexi S.p.a., al fine di tutelare l'interesse dell'azienda italiana in discorso che rappresenta un importante asset della nostra Nazione e dei tanti lavoratori coinvolti.
(4-10995)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al 30 giugno 2021, nelle carceri italiane sono presenti oltre 54 mila detenuti, su circa 50 mila posti disponibili. Le complesse fasi di gestione della pandemia hanno acuito le problematiche legate al sovraffollamento;

   negli ultimi dodici mesi l'osservatorio di Antigone, l'Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, ha visitato 67 carceri: nel 42 per cento degli istituti sono state rilevate celle con schermature alle finestre che impediscono addirittura il passaggio di aria e luce naturale, nel 36 per cento delle carceri le celle non erano dotate di doccia e nel 31 per cento degli istituti visitati le celle erano prive di acqua calda;

   simili condizioni caratterizzano molte carceri italiane e si pongono in evidente contrasto con le disposizioni del Regolamento sull'ordinamento penitenziario di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, ai sensi del quale i locali in cui si svolge la vita dei detenuti devono essere igienicamente adeguati, le finestre delle camere devono consentire il passaggio diretto di luce e aria naturali e non sono consentite schermature che impediscano tale passaggio;

   evidenti profili di contrasto emergono con riferimento all'articolo 7 del predetto Regolamento, secondo cui i vani in cui sono collocati i servizi igienici forniti di acqua corrente, calda e fredda, sono dotati di lavabo, di doccia e, in particolare negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet, per le esigenze igieniche dei detenuti;

   nonostante la tendenziale diminuzione del numero di suicidi in carcere sembri suggerire una progressiva riduzione del fenomeno, quest'ultimo rimane estremamente grave, soprattutto se rapportato ai dati degli altri Paesi europei;

   il Garante nazionale delle persone private della libertà personale in visita al carcere di Pavia ha dichiarato, in data 15 dicembre 2021, che «l'impressione è stata di trovarsi davanti al rischio di un carcere abbandonato a sé stesso con carenze di personale e di gestione. Non ci sono a Pavia opportunità trattamentali e strumenti per rendere il tempo detentivo un tempo utile alla risocializzazione. All'estremo degrado di alcuni padiglioni si aggiungono le carenze di personale e risorse nell'area sanitaria»;

   lo stesso Garante ha avuto un incontro con la procura per segnalare, tra l'altro, l'allarme sul dato inaccettabile del verificarsi di tre suicidi nell'arco di un solo mese;

   le condizioni in cui versano le carceri italiane, soprattutto nelle realtà maggiormente critiche, come quella appena citata, appaiono in contrasto con il principio della funzione rieducativa della pena di cui all'articolo 27 della Costituzione e con il divieto di pena o trattamenti inumani e degradanti di cui all'articolo 3 della Cedu rispetto ai quali il nostro Paese aveva già dovuto rispondere a seguito della cosiddetta sentenza Torreggiani;

   la presenza all'interno della popolazione carceraria di detenuti con dipendenze o disagio psichico e il complesso rapporto con i servizi sanitari territoriali, rischiano di acuire una situazione già critica per la cronica carenza di personale di polizia penitenziaria e nell'area trattamentale. Tale situazione mina la qualità della vita dei detenuti e del personale coinvolto, sovente esposto a episodi di violenza che mettono a rischio l'incolumità degli operatori;

   le statistiche evidenziano altresì come adeguati percorsi formativi, lavorativi e di integrazione delle persone detenute contribuiscano a una drastica riduzione della recidiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in relazione al carcere di Pavia denunciati anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà personale e quali iniziative intenda adottare rispetto al caso in questione e in termini generali in merito alla situazione cronica in cui versano le carceri italiane in materia di sovraffollamento, carenza di personale, manutenzioni ordinarie e straordinarie.
(4-10991)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MARIA TRIPODI e ORSINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da un articolo di Massimiliano Coccia pubblicato dal quotidiano la Repubblica che è stato chiuso il conto corrente della A.b.s.p.p. Onlus Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese presieduta da Mohammad Hannoun, architetto palestinese residente a Genova;

   tale provvedimento si è reso necessario a causa di una serie di transazioni sospette verso gruppi afferenti all'orbita di Hamas – riconosciuta come organizzazione terroristica da Unione europea e Stati Uniti – causando la segnalazione all'Unità di informazione finanziaria (Uif), comunemente nota come «Antiriciclaggio», che attualmente sta valutando i vari indici di anomalia riscontrati;

   nonostante la denominazione «Onlus» l'associazione di Hannoun non risulta iscritta al registro dell'Agenzia delle entrate e sembrerebbe al centro di una massiccia movimentazione di contante e provviste economiche a soggetti non censiti in Palestina e ad altri inseriti nelle black list delle banche dati europee delle organizzazioni terroristiche;

   tale attività svolte dalla A.b.s.p.p., sebbene apparentemente finalizzate ad attività di carattere sociale, comprendono anche una meno pubblicizzata opera di proselitismo che si sostanzia nell'organizzazione di conferenze con esperti di geopolitica e di preghiere con imam noti. Lo scorso maggio Hannoun ha organizzato la preghiera del venerdì al Palasharp di Milano e alla Moschea Omar di Torino con lo stesso protagonista: Sheykh Riyad Al Bustanji, uno dei predicatori più radicali dell'islam;

   tale attività, nota anche alla procura di Genova, era emersa con l'inchiesta «Collette del terrore», finalizzata ad accertare se alcune tra le numerose Ong operanti nei Paesi europei avessero raccolto fondi da devolvere, a titolo di risarcimento, alle vedove ed ai figli dei terroristi autori di attentati suicidi contro la popolazione israeliana;

   risulta inoltre che il prestigio di Hannoun sia cresciuto negli anni, a dispetto di quanto emerso dall'inchiesta di Genova, tanto da essere nominato Presidente dell'associazione «Europei per Al-Quds», un network costituito da decine di gruppi, che attrae interessi e donazioni;

   si evidenzia, infine, anche la capacità di Hannoun di essere riuscito ad accreditarsi come interlocutore per una parte della politica italiana –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per implementare i controlli volti a contrastare il finanziamento di organizzazioni terroristiche che compiono attentati contro la popolazione civile israeliana.
(3-02689)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano «La Repubblica» ha dato notizia che, nell'ufficio del segretario comunale di Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, è esposta la foto di Leon Degrelle, militare belga, arruolatosi in un reparto delle SS della Vallonia e fondatore del gruppo filonazista Rex;

   negli anni successivi al conflitto mondiale, dopo essere riparato in Spagna sotto la protezione del regime franchista, Degrelle scrisse diversi libri di propaganda nazista nei quali sosteneva testi negazioniste sull'Olocausto. La sua figura è oggetto di omaggi e commemorazioni da parte di diversi gruppi dell'estrema destra italiana ed europea che riconoscono in lui uno dei più tenaci difensori del nazifascismo, tanto da essere stato definito da Hitler stesso un suo «figlio ideale»;

   a segnalare l'esposizione dell'immagine di Degrelle nell'ufficio del segretario comunale, l'avvocato Mariano Cingolani, è stata la sezione dell'Anpi di Pavia che ha sottolineato la gravità di tale atto da parte di un funzionario pubblico;

   Cingolani è segretario comunale di altre cinque località della Lomellina: Tromello, Pieve Albignola, Casei Gerola, Ottobiano e Valeggio –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere di fronte a un atto grave, inaccettabile, da parte di un pubblico funzionario, in palese contrasto con i valori dell'antifascismo che stanno a fondamento della nostra Costituzione.
(4-10989)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa e quotidiani locali riportano la notizia di numerosi episodi di delinquenza registrati sul territorio di Angri (Sa), con una vera e propria escalation soprattutto nell'ultimo periodo;

   in particolare, sta destando allarme e paura tra i residenti del territorio in parola l'ondata di furti che si sta susseguendo con preoccupante frequenza soprattutto nei palazzi del quartiere Alfano, dove diverse abitazioni sono state saccheggiate di danaro e preziosi;

   inoltre, è balzata alla cronaca anche la notizia di numerosi danneggiamenti ad autovetture private che venivano depredate di molteplici parti (in particolare, le plance navigatore/radio/climatizzatore);

   la spregiudicatezza dei fatti appena esposti sembrerebbe denotare una forte senso di impunità da parte degli autori e, conseguentemente, anche una comprensibile frustrazione da parte degli inermi cittadini che, soprattutto nell'ultimo periodo, hanno visto aumentare i controlli da parte delle forze dell'ordine nei loro confronti per le normative anti-COVID-19, a discapito evidentemente della sicurezza del territorio;

   occorre, dunque, intervenire con tempestività ed efficacia per riconsegnare alla legalità il territorio in parola, mediante maggiori presidi e controlli, previo reclutamento di maggiore personale addetto alla sicurezza dei cittadini, oggi ancor più di prima, atteso che una parte importante delle forze dell'ordine – anziché al contrasto della criminalità – è impiegata per i controlli relativi al green pass;

   è necessario, dunque, incrementare l'organico delle forze dell'ordine e garantire maggiori presidi sul territorio locale oltre che nazionale; tale intervento avrebbe non solo una efficacia repressiva, ma anche e soprattutto un concreto risvolto dissuasivo ed al contempo genererebbe una maggiore percezione di sicurezza nella cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di ripristinare la massima sicurezza nella città di Angri, e in tutto l'Agro-Nocerino-Sarnese, così come nel resto d'Italia;

   se non intenda potenziare i presidi delle forze dell'ordine del predetto comune al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini della zona.
(4-10990)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   INVIDIA, COMINARDI, TRIPIEDI, DAVIDE AIELLO, BARZOTTI, CIPRINI, CUBEDDU, PALLINI, SEGNERI e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 18 dicembre 2021 a Torino la caduta di una gru ha determinato la morte di tre giovani operai;

   nel 2021 il settore dell'edilizia è quello che conta il maggior numero di lavoratori deceduti, cui seguono trasporto e logistica;

   la fascia d'età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è quella tra i 45 e i 64 anni;

   lo stesso direttore generale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dottor Bruno Giordano, in un'intervista resa qualche tempo fa al TG3, avrebbe evidenziato la necessità di un coordinamento degli organi di vigilanza per intervenire nella prevenzione e nella repressione delle violazioni in materia di sicurezza, anche alla luce delle dotazioni finanziarie disponibili; risorse messe a tale scopo a disposizione;

   con l'ordine del giorno Invidia, n. 9/3146-AR/162, accolto dal Governo, si chiedeva l'istituzione di un tavolo tecnico-politico presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali finalizzato ad approfondire il tema dell'autonomia giuridica e funzionale di ciascun ente nell'esercizio dell'attività ispettiva, nonché di perfezionare la governance dell'Ispettorato nazionale del lavoro prevista dalla riforma del 2015 –:

   quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per istituire e convocare il tavolo tecnico-politico al fine di perfezionare la governance dell'Ispettorato nazionale del lavoro, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, e i relativi rapporti con Inps e Inail, incluso quello assunzionale.
(3-02690)


   DE LORENZO e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Leonardo s.p.a.-divisione Aerostrutture ha comunicato alla Fiom-Cgil, alla Fim-Cisl e alla Uilm-Uil la decisione, assunta in via unilaterale, che dal 3 gennaio 2022 inizieranno 13 settimane consecutive di cassa integrazione ordinaria a zero ore per oltre 3.400 lavoratori, tutti collocati nel Mezzogiorno d'Italia;

   nello specifico saranno coinvolti 1.174 dei 2.500 dipendenti dell'impianto di Pomigliano, 430 dei 700 addetti dello stabilimento di Nola, 1.050 sono invece i lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni dello stabilimento di Grottaglie, in provincia di Taranto, e 790 su 960 per quelli dello stabilimento di Foggia;

   una situazione che fisiologicamente produrrà negative ricadute anche sull'indotto di Campania e Puglia, territori che già in epoca prepandemica vivevano una drammatica ed atavica sofferenza occupazionale;

   la società, con una partecipazione di controllo del Ministero dell'economia e delle finanze, ha giustificato la decisione con la motivazione di una temporanea congiuntura negativa di mercato, nonostante che le organizzazioni sindacali avessero indicato soluzione alternative;

   la situazione dell'industria del trasporto aereo e della catena del valore dell'aviazione desta un qualificato allarme sociale, perché il crollo catastrofico del traffico aereo derivante dalla pandemia si aggiunge alle pregresse difficoltà del settore;

   le commesse in tutto il settore risultano significativamente ridotte ma in maniera non perfettamente coincidente con il crollo del trasporto aereo civile, il che dimostra le potenzialità di questo strategico segmento che, grazie ad un adeguato piano industriale nazionale, si tradurrebbero in concrete opportunità occupazionali;

   la società, al contrario, ha scelto di non coinvolgere preventivamente i sindacati e il Governo su un piano industriale, senza il quale non sono chiare le prospettive occupazionali e industriali per i siti del gruppo e per la tenuta complessiva dell'azienda;

   l'urgenza di misure di sostegno per questo comparto ha trovato una forma tangibile il 6 dicembre 2021 nella manifestazione nazionale di Roma delle organizzazioni sindacali del Paese e degli amministratori locali –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare o abbia adottato con riferimento a questa vertenza per ogni opportuna verifica sul numero dei lavoratori destinatari della cassa integrazione rispetto alla complessiva ed attuale contrazione del volume d'affari e, sul piano industriale, alle strategie della società, anche in considerazione del controllo pubblico della stessa, e quindi dell'interesse primario alla tutela dell'occupazione in alcune regioni italiane del Mezzogiorno, già caratterizzate da un alto indice di disoccupazione acuito da altre crisi aziendali in corso.
(3-02691)


   VISCOMI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA, SERRACCHIANI, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il lavoro nei cantieri resta tra i più pericolosi, faticosi e usuranti, con una percentuale molto alta di infortuni, malattie professionali e di morti sul lavoro. Infortuni che sono aumentati in modo esponenziale con la ripresa del settore;

   uno degli elementi che incide su questa drammatica contabilità è senz'altro legato al fattore anagrafico, aumentando esponenzialmente il potenziale dei rischi all'aumentare dell'età degli operai edili, soprattutto con riferimento ad alcune tipologie di prestazione, come quelle in quota;

   le misure che opportunamente sono state previste per anticipare la fuoriuscita lavorativa e il progressivo accesso al trattamento pensionistico, in ragione della gravosità della prestazione lavorativa, introdotte dalla cosiddetta «Ape sociale», hanno da subito evidenziato una serie di problemi applicativi per quanto riguarda il settore dell'edilizia;

   in particolare, il requisito contributivo ha rappresentato per questa categoria di lavoratori, caratterizzati da strutturali periodi di discontinuità della prestazione lavorativa, un oggettivo e, spesso, insormontabile ostacolo per l'accesso al trattamento di indennità previsto dall'«Ape sociale»;

   a tal riguardo, anche dopo le innumerevoli sollecitazioni provenienti dalle organizzazioni sindacali, sono state presentate molteplici iniziative normative volte a rivedere il suddetto requisito contributivo. Proposte che sono state formalizzate anche in occasione dell'esame del disegno di legge di bilancio per l'anno 2022 e su cui sembra emergere in queste ore un'intesa che avvia la soluzione del problema;

   il confronto avviato con le organizzazioni sindacali per il ridisegno complessivo e strutturale del sistema pensionistico rappresenta una fondamentale opportunità per dare, finalmente, al nostro Paese un complesso di regole che superi le attuali rigidità e incongruenze, ritagliandolo sulle specifiche esigenze e caratteristiche delle diverse tipologie lavorative –:

   laddove risultino confermati gli intendimenti di correggere, il vigente requisito contributivo per gli operai dell'edilizia per l'accesso all'«Ape sociale», quali ulteriori iniziative si intendano adottare al fine di delineare un sistema previdenziale e di regole per lo svolgimento delle prestazioni lavorative nel settore dell'edilizia in sicurezza e regolarità.
(3-02692)


   D'ETTORE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nell'attuale quadro di crisi pandemica, appare essenziale potenziare le politiche attive del lavoro per favorire il reinserimento di coloro che perdono il lavoro e per garantire sostegno al reddito delle persone che hanno difficoltà a trovare un'occupazione e, in particolare, di tutti i soggetti in condizione di marginalità, a rischio di esclusione sociale;

   si tratta di veri e propri «diritti soggettivi» dei cittadini italiani, diritti che trovano fondamento nella Costituzione e che devono trovare pieno supporto nella rete dei servizi per l'impiego in tutto il territorio nazionale, in condizioni di uniformità, al Nord come nel Sud del Paese; nelle regioni del sud, in particolare, occorre attivare tutte le risorse disponibili, incluse quelle disponibili nell'ambito del Fondo per l'occupazione e la formazione;

   di particolare importanza è il raccordo tra i servizi per il lavoro offerti dalle agenzie per l'impiego e la formazione, definendo veri e propri «percorsi integrati con la formazione»: occorre tener conto degli eventuali deficit di competenze del lavoratore, opportunamente valutando il contesto «ambientale», il mercato di riferimento, le imprese e i servizi presenti nel territorio in cui vive il lavoratore;

   le risorse disponibili sono consistenti: nell'ambito della missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono previsti, per questa finalità, 4,4 miliardi di euro, a cui occorre aggiungere i 500 milioni di risorse del programma React-UE; nella stessa missione è previsto il piano di rafforzamento dei centri per l'impiego; per questo obiettivo, insieme alle risorse nazionali, vi sono fondi per un miliardo di euro complessivi, a cui si sommano quelle a disposizione delle regioni per i centri per l'impiego, 464 milioni di euro all'anno –:

   quali iniziative intenda assumere per potenziare, nel breve periodo, le politiche attive del lavoro e le politiche di formazione e di riqualificazione dei lavoratori che perdono il lavoro nell'attuale stato di crisi pandemica.
(3-02693)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acondroplasia è una malattia della cartilagine che affligge lo sviluppo scheletrico, la cui insorgenza è data dalla mutazione del recettore del fattore di crescita dei fibroblasti, che influisce sulla crescita di quasi tutte le ossa del corpo, incluse quelle del cranio, della colonna vertebrale, delle braccia e delle gambe, determinando una statura molto bassa;

   tale malattia genetica colpisce un bambino ogni 25.000 nati e può portare, oltre che a condizioni di nanismo, all'emersione di vari problemi legati al sistema nervoso, alle articolazioni, alla respirazione, ma anche ai denti ed alla schiena, motivi per cui i bambini effetti da questa malattia sono seguiti in centri specializzati e devono essere sottoposti a particolari controlli sanitari a ritmo regolare;

   il farmaco indicato per il trattamento, il Voxzogo, ha ricevuto l'approvazione dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) nell'agosto 2021, dopo una raccomandazione favorevole del Comitato per i medicinali ad uso umano (Chmp) dell'Agenzia stessa;

   a seguito dell'autorizzazione ricevuta dal farmaco, altri Paesi membri dell'Unione europea hanno speditamente provveduto a recepire quanto fatto dall'Ema per poter rendere fruibile il farmaco medesimo;

   ad oltre tre mesi di distanza dall'autorizzazione effettuata dall'Ema, e nonostante la possibilità di adottare un iter accelerato per i «farmaci orfani», il Voxzogo non è ancora stato oggetto di negoziazione da parte dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per le condizioni di prezzo e rimborso;

   nelle sedute del 1°-3 dicembre 2021, l'Aifa ha confermato il proprio parere contrario all'inserimento del Voxzogo nell'elenco dei farmaci mutuabili, ovvero dei farmaci la cui erogazione è in tutto o in parte a carico del Sistema sanitario nazionale (Ssn);

   un ciclo di terapia a base di Voxzogo ha un costo superiore ai 250.000 euro, rendendo di fatto impraticabile l'accesso al farmaco da parte di buona parte dei cittadini italiani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per promuovere, con la massima urgenza, una rivalutazione dei pareri espressi dall'Aifa in merito alla mutuabilità del Voxzogo, in modo da velocizzare la procedura di integrazione del farmaco nel sistema sanitario nazionale, rendendolo rimborsabile a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn), anche con riferimento alle procedure di approvazione del farmaco disposte dall'Ema e dagli altri Paesi membri dell'Unione europea.
(4-10993)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è balzata agli onori delle cronache la notizia della proclamazione dello stato di agitazione dei medici del «Ruggi» e di tutti gli ospedali afferenti alla azienda ospedaliera universitaria di Salerno;

   la vicenda in parola sembrerebbe aver preso la stura già agli inizi del mese di novembre 2021 quando veniva denunciata «l'incapacità dell'AOU Ruggi ad avviare e portare a conclusione l'applicazione delle norme contrattuali contenute nel CCNL 2016-2018 entrato in vigore dal 1° gennaio 2020 e la incongrua gestione delle rilevazioni orarie dei cartellini di presenza»;

   di tali problematiche venivano resi edotti anche il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, il prefetto di Salerno Francesco Russo, il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, il direttore generale dottor D'Amato, il direttore sanitario dottoressa A. Borrelli e il direttore amministrativo dottor E. Memoli, ai quali veniva indirizzata una missiva ponendo in evidenza come, da circa due anni, sarebbero mancate risposte da parte della direzione sanitaria che avrebbe ignorato tutti i tentativi esperiti dalle organizzazioni sindacali per giungere ad una soluzione condivisa dei vari problemi;

   in particolare, i sindacati, avendo richiesto di avere risposte certe e definitive sulle varie problematiche in parola entro il 15 novembre 2021, e non avendo ricevuto, entro tale termine, alcuna convocazione da parte dell'azienda ospedaliera universitaria (Aou) per un confronto costruttivo ai fini della stesura di un cronoprogramma con impegni ufficiali, certi e definitivi, proclamavano per il 1° dicembre 2021 lo stato di agitazione per cui sarebbe stato garantito dai dirigenti medici solo l'orario istituzionale rifiutando le disponibilità ad effettuare ore in autoconvenzionamento;

   occorre con urgenza far fronte a tali problematiche di ordine contrattuale ed organizzativo anche onde scongiurare che possano ripetersi disservizi che, secondo quanto rappresentato dai sindacati, sarebbero da attribuirsi esclusivamente alla condotta della direzione dell'azienda ospedaliera universitaria di Salerno;

   appare intollerabile che, soprattutto nella attuale fase emergenziale a causa della diffusione del virus Covid-19, i vertici aziendali si dimostrino indifferenti alle legittime istanze dei sindacati determinando, conseguentemente, da un lato notevoli disservizi del servizio sanitario e, dall'altro, la mortificazione della categoria dei medici che, in prima linea, per far fronte all'emergenza pandemica, hanno, messo a repentaglio la loro stessa vita –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione alle problematiche di ordine contrattuale e organizzativo dell'azienda ospedaliera universitaria di Salerno, se in particolare non intenda farsi promotore della convocazione di un tavolo di confronto tra sindacati e vertici aziendali onde individuare una soluzione condivisa alle problematiche indicate in premessa e dare soddisfazione alle legittime istanze rappresentate da tutte le sigle sindacali, anche al fine di evitare il prodursi di disservizi a discapito dei cittadini.
(4-10996)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


   POLVERINI, CANNATELLI, FATUZZO, MUSELLA e ZANGRILLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la gestione delle crisi industriali è da tempo il punto più critico dell'attività del Ministero dello sviluppo economico. Ci sono quasi 80 mila lavoratori coinvolti solo nei tavoli gestiti dal Ministero dello sviluppo economico. Senza contare le crisi gestite su base regionale e quelle, ormai arrivate a livelli irrecuperabili, in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   dal 10 dicembre 2021 hanno iniziato a lavorare su questi temi i dieci esperti esterni nominati dal Ministro interrogato, che avranno il compito di lavorare sulle singole crisi. Uno dei primi problemi è mettere ordine nei numeri, aggiornando le stime precedenti sul numero dei tavoli che dovrebbe essere tra 90 e 100;

   gli esperti dovranno proporre misure e strumenti che andranno a integrare quelli che sono già stati messi in campo;

   c'è il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività di impresa, ci sono le norme sulla decontribuzione triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori provenienti da aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi al Ministero dello sviluppo economico e il nuovo Fondo per la transizione industriale pari a 150 milioni di euro annui per adeguare il sistema produttivo alle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici;

   la fotografia della crisi evidenzia oltre 21 mila lavoratori nell'automotive, con la componentistica in forte sofferenza (tra gli altri Baornark, Bekaert, Gkn, Bosch, Blutec, Speedline), quasi 8.700 nella siderurgia (ad esempio, Ast, Cernità, Jsw Piombino e senza contare l'ex Ilva che lunedì vedrà al Ministero dello sviluppo economico un tavolo azienda-sindacati in vista del nuovo piano industriale);

   quasi 6.700 i lavoratori del comparto elettrodomestici, compresi quelli della Wanbao Acc e quelli della Whirlpool, che cerca ancora la strada della reindustrializzazione. E ancora: 5 mila nel tessile-calzature (Forali, Brioni e Ittierre alcuni esempi), 4.700 nel commercio (tra gli altri, Conad-Auchan, Dico, Distribuzione Cambria), 4 mila nell'agroalimentare (come Acque Minerali, Alimentitaliani, Ferrarini), 3.600 nell'Ict-telecomunicazioni (come Italtel, Finix, Flextronics, Salta, Semitec, Sirti);

   nel disegno di legge di bilancio per il 2022 il Governo ha proposto un emendamento antidelocalizzazione con un mix di disincentivi a fughe senza comunicazioni regolate e incentivi al mantenimento dei siti e alla formazione dei dipendenti in uscita –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire al Parlamento un elenco aggiornato sui tavoli di crisi in essere con i dettagli delle singole situazioni e se non ritenga opportuno aggiornare periodicamente tale elenco.
(3-02698)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRAGA, PEZZOPANE, ROTTA, BURATTI, MORASSUT, MORGONI e PELLICANI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della transizione ecologica ha complessivamente messo a disposizione dei Parchi nazionali italiani un fondo di 167 milioni di euro per il rinnovo della campagna «Parchi per il Clima», già lanciata nel 2019, e dedicata a interventi di riduzione delle emissioni di CO2 e ad azioni di adattamento ai cambiamenti climatici;

   si tratta di un programma di grande valore per il sistema dei Parchi nazionali, perché mette le più importanti aree protette d'Italia nella condizione di essere partecipi e protagoniste delle missioni 2 e 3 del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   più in dettaglio, le iniziative finanziabili sono indirizzate a interventi:

    per l'adattamento ai cambiamenti climatici;

    di efficienza energetica del patrimonio immobiliare pubblico nella disponibilità dell'Ente parco, nonché degli enti locali rientranti nel territorio del parco o nelle aree contigue e alla realizzazione di impianti di piccola dimensione di produzione di energia da fonti rinnovabili;

    per la realizzazione di servizi e infrastrutture di mobilità sostenibile;

    di gestione forestale sostenibile;

    di innovazione tecnologica per il supporto alla prevenzione e al governo degli incendi boschivi;

   il bando «Parchi per il Clima» ovvero le attività ad esso correlate risultano a valere sui fondi prodotti dalle aste Ets il cui impiego è stabilito dall'omonima direttiva dell'Unione europea, che assoggetta detti fondi ai controlli della Corte dei conti dell'Unione europea;

   i bandi dei citato progetto ministeriale costituiscono griglie strettamente selettive per la progettualità dei parchi, correttamente motivate dal vincolo di destinazione d'uso delle risorse assegnate e però appaiono spesso troppo puntuali al punto di limitare l'efficacia e le finalità stesse del programma «Parchi per il clima» –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire quale sia lo stato di attuazione del programma di cui in premessa;

   se non ritenga altresì opportuno adottare iniziative per un ampliamento e una maggiore flessibilità delle fattispecie progettuali finanziabili – pur sempre nell'ambito delle predefinite finalità dei fondi – oltre che per l'introduzione di misure di semplificazione e accelerazione della validazione dei progetti, riconoscendo al contempo maggiore autonomia gestionale alle amministrazioni dei Parchi nazionali;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per sostenere il rafforzamento della disponibilità del personale per garantire la migliore operatività al sistema dei Parchi, anche mediante interpelli specifici nell'ambito degli indirizzi di rafforzamento della pubblica amministrazione.
(5-07295)


   FERRARESI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa locale che in regione Emilia-Romagna sarebbero stati recentemente adottati dei provvedimenti, aventi ad oggetto l'abbattimento di numerose alberature, che rischierebbero di determinare un danno per l'ambiente e per la popolazione localmente interessata;

   con legge regionale 20 dicembre 2018, n. 20 «Promozione del prodotto turistico e della riqualificazione urbana nel distretto balneare della costa Emiliano-romagnola», la regione Emilia-Romagna ha incentivato progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana, con l'erogazione di specifici contributi, al fine di migliorare le condizioni di offerta e attrattività delle aree diluizione turistica costiera e favorire lo sviluppo della vocazione turistica del distretto turistico balneare della costa emiliano romagnola;

   a riguardo, il comune di Comacchio si è aggiudicato la somma di 2.8 milioni di euro per la riqualificazione di Viale Carducci e Viale delle Querce a Lido degli Estensi;

   in particolare, tra i vari interventi, il comune avrebbe disposto l'abbattimento di tutte e 47 le alberature storiche presenti sui suddetti viali, che comprendono pino domestico, pino marittimo e querce, di alto fusto e di circa 85 anni di età, prevedendo una compensazione di più di 100 alberi, tra cui quercia di montagna e pero vietnamita;

   nonostante il Comitato cittadino di salvaguardia civico ambientale abbia documentato, attraverso una apposita perizia, il buono stato di salute di tali alberature storiche per evitare il loro abbattimento, l'amministrazione locale sarebbe rimasta sorda alle richieste e ferma sulle proprie decisioni;

   in tal senso preme segnalare che le linee guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la gestione del verde urbano prevedono, con particolare riferimento al rinnovo di intere alberature storiche, la necessità che venga seguito un iter procedurale ben preciso, suddiviso in specifiche fasi, che comprendono, tra le altre, quella di analisi del contesto storico ed architettonico del sito, di analisi della situazione fitopatologica e statica dell'alberata da sostituire, di definizione del cronoprogramma di sostituzione, valutando l'eventuale mantenimento di soggetti di pregio che possono rappresentare una memoria storica del sito. È infine previsto che l'intervento di rinnovo di un'alberata o di parte di essa, deve essere sempre preceduta da attività capillare di informazione presso la cittadinanza affinché vengano condivisi motivazioni e scopi;

   questo episodio desta preoccupazione se accostato a quanto accaduto nell'ultimo biennio sugli argini del Reno, dove si è assistito ad interventi di abbattimento massivo di alberi e di intere zone ripariali, sulla carta giustificati da esigenze di pubblica sicurezza, che avrebbero determinato un danno paesaggistico e la compromissione dell'importante corridoio ecologico rappresentato dal fiume in tutta la sua biodiversità. I boschi ripariali, tra i pochissimi boschi rimasti in Pianura Padana, garantiscono un servizio ecosistemico fondamentale, in una delle aree più inquinate d'Europa;

   l'interrogante ritiene non giustificato e tollerabile che vengano compiuti interventi così tanto invasivi, in assenza di attente valutazioni e specifiche perizie atte a verificare il loro effettivo impatto sull'ambiente e sulla popolazione interessata e, in piena crisi climatica, ritiene altresì illogico continuare ad autorizzare opere drastiche a danno dei boschi che sorgono naturalmente lungo i corsi d'acqua –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere con riferimento alle citate procedure di abbattimento massivo dei pini di Lido degli Estensi, al fine di tutelarne l'intrinseco valore storico e paesaggistico, nonché delle alberature e delle zone ripariali presenti sugli argini del Reno;

   se i sopracitati interventi siano compatibili con la normativa primaria di riferimento, con le linee guida ministeriali per la gestione del verde urbano, con particolare riferimento alla procedura di rinnovo delle alberature storiche, nonché con gli impegni presi dall'Italia alla COP26 sul tema.
(5-07296)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRETTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di lunedì 6 dicembre 2021 un grosso incendio è divampato all'interno dell'azienda Futura Srl di Montebello Vicentino, che si occupa di trattamento dei rifiuti e bonifiche ambientali;

   l'incendio ha distrutto 300 tonnellate di carta e legno per un danno di circa 250.000 euro;

   per l'azienda Futura Srl si tratta del terzo incendio nel giro di 18 mesi: le prime due volte era successo ad aprile e a settembre del 2020;

   continua così la serie di incendi ai danni di aziende operanti del ciclo dei rifiuti in Veneto, assieme ai connessi rischi per la salute dei cittadini e per l'ambiente;

   solo in Veneto si sono registrati una trentina di incendi ad aziende di rifiuti negli ultimi 3 anni;

   le istituzioni hanno il compito di impegnarsi al massimo per proteggere i cittadini, assicurare il rispetto dei protocolli di sicurezza nelle aziende che operano in settori delicati come lo smaltimento dei rifiuti e garantire tutto il sostegno possibile alle forze dell'ordine e alla magistratura che stanno indagando per fare luce su quanto accaduto a Montebello Vicentino;

   il primo passo da compiere è, naturalmente, che le autorità locali sanitarie monitorino attentamente la situazione con rilievi e campionamenti dell'aria per la salvaguardia della salute della popolazione;

   si attendono, inoltre, i risultati dei rilievi Arpav e l'esito delle indagini delle forze dell'ordine e della magistratura per capire le cause dell'incendio: non si esclude, infatti, la sua natura dolosa;

   tali episodi ripetuti di incendi di rifiuti destano preoccupazione negli amministratori locali e nei cittadini, anche in funzione dell'integrità dell'ambiente in cui vivono ed operano –:

   se il Ministro intenda adottare tutte le opportune iniziative di competenza al fine di proteggere i cittadini e assicurare il rispetto dei protocolli di sicurezza nelle aziende che operano in settori delicati e adoperarsi affinché possa essere fatta chiarezza sulle cause che hanno portato agli incendi, valutando anche l'impatto che questi ultimi hanno avuto sulla salute dei cittadini e sulla salvaguardia dell'ambiente.
(4-10992)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Ferrari e altri n. 7-00772, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Perego di Cremnago.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Giaccone e altri n. 5-07293, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benvenuto, Boldi, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Patelli, Pettazzi, Tiramani.

Cambio di presentatore di interrogazioni a risposta in Commissione.

  Interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2021, è da intendersi presentata dalla deputata Tateo, già cofirmataria della stessa.

  Interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07294, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2021, è da intendersi presentata dalla deputata Murelli, già cofirmataria della stessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Bordonali n. 4-10947, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 614 del 14 dicembre 2021.

   BORDONALI e IEZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane i giornali locali hanno riportato la notizia che circa duemilacinquecento corpi di bambini morti prima della nascita o appena nati sono stati riesumati dal riquadro «A» del cimitero Vantiniano di Brescia per essere depositati nell'ossario comune;

   come dimostra l'impressionante numero delle bare coinvolte, non si tratta di un'operazione marginale, ma di un intervento senza precedenti che, tuttavia, è avvenuto nell'arco di poche settimane;

   in moltissimi casi, il comune di Brescia ha proceduto alla esumazione senza avvisare le famiglie coinvolte, senza attaccare sulle bare gli adesivi gialli di avvertimento dell'imminente operazione – come si è soliti fare prima delle esumazioni –, ma limitandosi solo a pubblicare un avviso non visibile sulla bacheca del cimitero e una scarna comunicazione sul portale web comunale;

   l'edizione online de «Il Giornale» del 22 novembre 2021 riporta una sconvolgente testimonianza di una delle madri: «Andata al cimitero ho dovuto rovistare in uno scatolone per cercare gli oggetti che c'erano sulla tomba della mia bimba»;

   alcuni degli oggetti personali e dei capi d'abbigliamento non decomponibili di cui erano vestiti corpicini sembrano andati perduti, come ad esempio un pile indossato da un bimbo di 7 mesi, ma ritrovato, a dimostrazione, a parere dell'interrogante, dell'incuria e della estrema negligenza con cui si è operato;

   ad oggi, non è più possibile identificare i bambini che non sono stati identificati dai genitori prima del disseppellimento;

   nelle settimane successive sembra che siano stati trovati alcuni resti ossei sparsi nel campo dove sono state rimosse le lapidi;

   le giustificazioni fornite dal comune di Brescia sono sempre state, a parere dell'interrogante, assai evasive e imbarazzate, tant'è che molte famiglie che hanno presentato formali reclami all'ufficio del settore servizi cimiteriali non hanno ricevuto ancora nessuna risposta;

   il comune si è dimostrato addirittura ostile alle iniziative di ricordo e di sensibilizzazione dei genitori: il 18 dicembre 2021 alcuni di essi avevano espresso il desiderio di collocare un albero di Natale nel luogo dell'esumanzione, ma il comune di Brescia, per tutta risposta, il giorno in cui si sarebbero dovuti ritrovare i genitori ha fatto trovare l'area recintata e, come se non bastasse, ha inviato una pattuglia della polizia locale per vigilare sul fatto che nessuno vi accedesse; a dar man forte alla polizia locale, il questore ha inviato anche un distaccamento di agenti della Digos, dimostrando anch'egli – a parere degli interroganti – un'assoluta e grave mancanza di sensibilità civile –:

   se il Governo possa spiegare come siano avvenute le operazioni di esumazione, come sia possibile rimediare alla dispersione dei corpi e procedere alla loro corretta identificazione e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare il ripetersi degli errori e delle inadempienze riportati in premessa.
(4-10947)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Plangger n. 4-10978 del 17 dicembre 2021.

ERRATA CORRIGE

  Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato della mozione Lollobrigida e altri n. 1-00466 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 615 del 15 dicembre 2021. Alla pagina 23642, prima colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quarantasettesima, deve leggersi: «b) la presenza, in una delle cordate, di Sogei, società in house del Ministero dell'economia e delle finanze, che era», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALAIMO, GIARRIZZO, DEL SESTO, MARTINCIGLIO, D'ORSO e SEGNERI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020, articolo 1, commi 97-106) ha istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il «Fondo a sostegno dell'impresa femminile» al fine di promuovere e sostenere l'avvio e il rafforzamento dell'imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra la popolazione femminile e massimizzare il contributo, quantitativo e qualitativo, delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese;

   il Fondo è dotato di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e sostiene:

    a) l'avvio dell'attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili, con specifica attenzione ai settori dell'alta tecnologia;

    b) programmi ed iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile;

    c) programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile va adeguata alle indicazioni di livello europeo e nazionale, con iniziative per promuovere il valore dell'impresa femminile nelle scuole e nelle università e per la diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne;

   il comma 103 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono determinati la ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo tra i diversi interventi, le modalità di attuazione, i criteri e i termini per la fruizione delle agevolazioni previste;

   ad oggi, trascorso il termine sopra richiamato, sembrerebbe che il Ministero dello sviluppo economico non abbia ancora adottato il relativo decreto attuativo finalizzato ad individuare i criteri di ripartizione delle risorse stanziate;

   si tratta di un intervento volto ad intervenire sulla più ampia questione del lavoro femminile in Italia;

   con il sopravvenire della crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia da COVID-19, le imprese femminili hanno pagato un conto salato. Infatti, a fine 2020, le imprese femminili risultavano un milione e 336 mila, quasi 4 mila attività in meno rispetto al 2019;

   ad avviso dell'interrogante, lo sblocco delle risorse del Fondo tramite l'adozione del decreto è ad oggi quanto mai urgente e necessario al fine di attivare tutti quegli interventi di supporto previsti dalla legge di bilancio 2021, come i contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili, finanziamenti a tasso zero, incentivi per rafforzare le imprese femminili, azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile italiano –:

   se i Ministri interrogati non ritengano indispensabile adottare le iniziative di competenza per sbloccare la situazione predisponendo il decreto necessario per dare attuazione concreta al Fondo a sostegno dell'impresa femminile e consentire l'accesso alle risorse disponibili, al fine di attivare i progetti e le attività ad oggi bloccate.
(4-09691)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita a riguardo la direzione generale del Ministero dello sviluppo, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti chiedono che vengano adottate iniziative utili a sbloccare l'adozione del decreto attuativo finalizzato ad individuare i criteri di ripartizione delle risorse stanziate a favore del «Fondo a sostegno dell'impresa femminile», istituito con la legge di bilancio 2021 (articolo 1, commi 97-106, legge n. 178 del 2020).
  Orbene, il decreto di attuazione della misura sull'imprenditoria femminile è stato predisposto dal Ministero dello sviluppo economico allo scopo di definire, come noto, le modalità di funzionamento del nuovo «Fondo a sostegno dell'impresa femminile», al fine di promuovere e sostenere l'avvio e il rafforzamento dell'imprenditoria femminile, la diffusione dei valori dell'imprenditorialità e del lavoro tra la popolazione femminile e di massimizzare il contributo quantitativo e qualitativo delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese.
  L'iniziativa legislativa trae origine dalla consapevole necessità di un efficace intervento in materia di partecipazione delle donne al mercato del lavoro e di rispetto del principio costituzionale della parità di genere nelle retribuzioni e assume anche una notevole rilevanza nel contesto di crisi indotta dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.
  Il Fondo, che ha una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, opera attraverso specifiche linee di azione che prevedono:

   interventi volti a sostenere l'avvio dell'attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili. Tale linea di azione è declinata in una serie di misure, che individuano il sostegno in forma di aiuti accompagnati da percorsi di assistenza tecnico-gestionale;

   programmi e iniziative per la diffusione della cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile e programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile deve essere adeguata alle indicazioni di livello dell'Unione europea e nazionale.

  Nell'ambito delle attività del Fondo è inoltre promossa la collaborazione con le regioni e gli enti locali, con le associazioni di categoria, con il sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e con i comitati per l'imprenditoria femminile, anche prevedendo forme di cofinanziamento tra i rispettivi programmi in materia.
  Nell'ambito della stessa legge, inoltre, è stata prevista l'istituzione del Comitato Impresa Donna, al fine di:

   a) contribuire ad attualizzare le linee di indirizzo per l'utilizzo delle risorse del fondo a sostegno dell'impresa femminile istituito dal comma 97 dello stesso articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178;

   b) condurre analisi economiche, statistiche e giuridiche relative alla questione femminile nell'impresa;

   c) formulare raccomandazioni relativamente allo stato della legislazione e dell'azione amministrativa, nazionale e regionale, in materia di imprenditorialità femminile e in generale sui temi della presenza femminile nell'impresa e nell'economia;

   d) contribuire alla redazione della relazione che il Ministro dello sviluppo economico presenta annualmente alle Camere sull'attività svolta e sulle possibili misure da adottare per risolvere i problemi relativi alla partecipazione della popolazione femminile alla vita economica e imprenditoriale del Paese, ai sensi del comma 102 dello stesso articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

  Dal punto di vista procedurale, si informa che il 2 ottobre 2021 il Ministro dello sviluppo economico unitamente al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro per le pari opportunità e la famiglia hanno firmato il decreto interministeriale che è stato inviato alla Corte dei conti per la propria registrazione.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   BARBUTO, NAPPI, PARENTELA e GRIPPA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 ottobre 2021 l'Inps ha emanato il messaggio 3495/2021, con il quale stabilisce l'esclusione del beneficio dell'assegno di invalidità parziale per quanti svolgono attività lavorativa produttiva di reddito anche se quest'ultimo risulta inferiore al limite previsto di euro 4.931,29, che consente di ottenere la prestazione assistenziale suindicata;

   la situazione risulta paradossale ove solo si ponga mente che, mentre il decreto 14 agosto 2020, cosiddetto Agosto, sulla scorta della sentenza n. 152 della Corte costituzionale del 22 luglio 2020, ha stabilito che l'incremento «al milione» di cui alla legge n. 448 del 2001 spetta a tutti i percettori di pensione di invalidità civile totale, il messaggio Inps sembra aggiungere ulteriori limiti a chi ha una invalidità compresa tra il 74 e il 99 per cento e, sempre sulla scorta della giurisprudenza, stavolta, sembrerebbe ripudiare la natura del sussidio ed il suo scopo di dare dignità ad una categoria in cerca di una collocazione stabile e duratura;

   invece, in un periodo post-pandemico quale quello che si sta vivendo, un messaggio di questo tipo rischia di precludere a tale categoria l'accesso ad ogni tipo di lavoro, anche parziale o precario e magari prodromico ad una stabile occupazione. Si tratta, come riferito dal Presidente dell'Amnic, di un assurdo logico giuridico, ma anzitutto sociale che preclude a chi è disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa percependo un reddito bassissimo, la possibilità di percepire una prestazione economica istituita proprio per sostenere la persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente priva di reddito. Si sta infatti discutendo di un assegno di soli 287 euro al mese;

   inoltre, è stato evidenziato che il messaggio rischia non solo di essere discriminatorio, ma di avere conseguenze deleterie nei giovani con disabilità contenute nella forbice dal 74 al 99 per cento. Discriminatorio perché tratta con un unico peso ma due misure chi percepisce un reddito, a seconda della provenienza dello stesso. Ed infatti, chi ha un reddito da locazione che è al di sotto dei limiti potrà percepire il beneficio assistenziale, chi invece percepisce reddito analogo, magari da un lavoretto occasionale, non potrà più percepire l'assegno;

   ci saranno, poi, conseguenze deleterie per i giovani che spesso cercano di integrarsi nella società facendo piccoli lavoretti. In pratica, a migliaia di ragazzi verrà impedito di svolgere minimi lavoretti, precari e poco pagati, lavori che preludono magari ad un'occupazione stabile e compiutamente remunerata. Ciò consentirebbe loro di rinunciare all'assegno di invalidità e di avviare una reale integrazione. In questo mondo di incertezze si rischia che nessuno si arrischi ad abbandonare il certo, sia pure poco, per l'incerto;

   risulta che molti esponenti del Governo si siano interessati del contenuto del messaggio promettendo interessamento per la risoluzione della vicenda, ma allo stato nessun provvedimento è stato adottato nonostante l'urgenza della situazione lo richieda –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare per tutelare questa categoria di persone fragili che hanno il diritto di essere accompagnate ad una stabile occupazione e non possono vedersi penalizzate con provvedimenti ablativi di un beneficio che è un baluardo di civiltà sociale, ancor prima che giuridica.
(4-10561)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento. La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico-giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'Inps, del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021, relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fitto al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni, compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'Inps.
  Con due messaggi del 2008 l'Inps aveva ritenuto di identificare il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'Inps si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di Cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'Inps, affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'Inps» (Cassazione n. 3517/2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (Cassazione n. 6463/2014).
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre 2021, che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo ai fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Inps, ha elaborato un intervento volto a rivisitare la formulazione vigente del precetto normativo per consentire l'erogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura del reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   BELLUCCI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nell'agosto 2020 il Comune di Roma Capitale pubblicava il bando di «Concorso pubblico, per esami, per il conferimento di n. 420 posti per l'accesso alla Categoria D (posizione economica D1)», tra i quali n. 80 posti per l'accesso nel profilo professionale di funzionario educativo scolastico;

   con avviso del 22 aprile 2021 il bando, sospeso a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, veniva modificato con riapertura dei termini; in particolare, oltre a non essere prevista alcuna valutazione dei titoli di cultura e professionali, imprescindibile nei concorsi, in ambito scolastico, venivano eliminate sia la prova preselettiva, sia la prova orale, riducendosi l'intero concorso ad una sola prova a quiz;

   le modifiche della procedura venivano giustificate con un errato richiamo all'articolo 10, comma 1, decreto-legge n. 44 del 2021, che ha ridisegnato il nuovo modello concorsuale, prevedendo, nel testo in vigore fino al 31 maggio 2021, che «le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevedono, anche in deroga alla disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e della legge 19 giugno 2019, n. 56, le seguenti modalità semplificate di svolgimento delle prove, assicurandone comunque il profilo comparativo:

    a) nei concorsi per il reclutamento di personale non dirigenziale, l'espletamento di una sola prova scritta e di una prova orale;

    b) l'utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale [...];

    c) [...] una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti [...] ai fini dell'ammissione alle successive fasi;

    c-bis) [...] i titoli e l'eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere alla formazione del punteggio finale.»;

   nel nuovo modello di concorso delineato dal citato articolo 10 i titoli non sono stati affatto eliminati ma, anzi, assurgono al ruolo di prova preselettiva e possono altresì contribuire a formare il punteggio finale;

   proprio l'eccessivo peso assegnato ai titoli ha fatto sorgere le note polemiche sfociate in un emendamento che, in sede di conversione del decreto-legge n. 44 del 2021, ha modificato la lettera c) dell'articolo 10, distinguendo tra profili ad elevata specializzazione tecnica o amministrativa e profili privi di tale carattere: per i primi la valutazione dei titoli rimane in funzione preselettiva della stessa partecipazione; mentre, per i secondi la valutazione dei titoli rimane ai soli fini dell'attribuzione di punteggio, non potendo però essere superiore a un terzo del punteggio finale;

   le modifiche apportate all'originario bando, non applicano, peraltro, il modello generale di concorso pubblico di cui all'articolo 10, comma 1, bensì il successivo comma 3, che riguarda i concorsi pubblici espletati fino al permanere dello stato di emergenza, prevedendo due diverse ipotesi: procedure concorsuali i cui bandi sono già pubblicati, ma non sia stata svolta alcuna attività alla data di entrata in vigore del decreto, che è esattamente il caso in esame, e procedure concorsuali i cui bandi sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto e fino al permanere dello stato di emergenza;

   essendo già stato pubblicato il bando di concorso, il «decreto Brunetta» ad avviso dell'interrogante non consentiva di eliminare la prova preselettiva prevista dal bando, bensì soltanto di modificarla nella preselezione fondata sui titoli di cui al comma 1, lettera c), dandone avviso con modifica del bando pubblicata, in Gazzetta Ufficiale e riapertura dei termini, cosa che l'amministrazione ha effettivamente fatto –:

   se il Governo non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in relazione a quelli che l'interrogante giudica profili di illegittimità nel bando del concorso del comune di Roma di cui in premessa, con particolare riguardo all'eliminazione della prova preselettiva originariamente prevista.
(4-09905)

  Risposta. — L'interrogante, con riferimento al concorso pubblico per esami bandito dal comune di Roma nell'agosto del 2020 per il conferimento di n. 420 posti per l'accesso alla categoria D (posizione economica D1), chiede se il Governo non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo, n. 165 del 2001, in relazione a presunti profili di illegittimità nel bando, con particolare riguardo all'eliminazione della prova preselettiva originariamente prevista.
  Dopo la sospensione dovuta allo stato di emergenza, il comune, con avviso pubblicato il 23 aprile 2021, ha proceduto a modificare il bando, con riapertura dei termini, eliminando la prova preselettiva e la prova orale ed unificando l'intera procedura in una prova scritta unica, avvalendosi, in questo modo, della facoltà di modificare le prove di svolgimento dei concorsi prevista dall'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 1° aprile 2021, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
  Tale disposizione, pensata proprio per aiutare le amministrazioni nel reclutamento di nuove risorse, riguarda le procedure concorsuali espletate fino al permanere dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 e considera due ipotesi: da un lato, le procedure concorsuali i cui bandi sono già pubblicati, ma non sia stata svolta alcuna attività, alla data di entrata in vigore del decreto – come il caso in questione – e, dall'altro, le procedure concorsuali i cui bandi sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto e fino al permanere dello stato di emergenza.
  Secondo l'interrogante, ci sarebbe stato, da parte dell'amministrazione, un errato richiamo all'articolo 10, comma 3, in quanto, essendo già stato pubblicato il bando di concorso alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, il comune non avrebbe potuto eliminare la prova preselettiva prevista dal bando, ma, semmai, soltanto modificarla nella preselezione fondata sui titoli di cui al comma 1, lettera
c), dello stesso articolo 10.
  Ad avviso dell'interrogante, quindi, il citato bando di concorso sarebbe sotto tale profilo illegittimo e, per tale ragione, richiede una verifica da parte dell'ispettorato.
  Al riguardo, nel precisare preliminarmente che non sono pervenute all'ispettorato altre segnalazioni riguardanti lo svolgimento della summenzionata procedura concorsuale, si rappresenta che non emergono, in relazione alla questione posta, i presupposti per una verifica ispettiva, non ravvisandosi irregolarità negli atti adottati dal comune di Roma.
  La scelta operata di rivedere le regole di svolgimento del concorso in questione, prevedendo lo svolgimento di una prova unica – la prova scritta – appare, infatti, del tutto coerente con la disposizione dell'articolo 10, comma 3, sopra richiamato, nella parte in cui contempla che le amministrazioni pubbliche, qualora – come nel caso di specie – non sia stata svolta alcuna attività «possono prevedere la fase di valutazione dei titoli di cui al comma 1, lettera
c), dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti nelle medesime forme di pubblicità adottate per il bando e riaprendo, per un periodo massimo di trenta giorni, i termini di partecipazione, nonché, per le procedure relative al reclutamento di personale non dirigenziale, l'espletamento di una sola prova scritta e di una eventuale prova orale...».
  La citata disposizione, infatti, utilizzando il termine «possono» e prevedendo come «eventuale» l'espletamento della prova orale, deve essere correttamente interpretata nel senso di attribuire all'amministrazione la facoltà di scegliere, alternativamente, tra le diverse modalità di svolgimento delle prove dalla stessa previste, anche prevedendo lo svolgimento della sola prova scritta.
  Contrariamente all'avviso dell'interrogante, pertanto, il comune non potrebbe ritenersi vincolato all'espletamento della prova preselettiva prevista nel bando originariamente emanato.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   BELLUCCI e DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   preoccupa e ha gettato nello sconforto migliaia di famiglie l'annuncio dell'Inps di voler corrispondere l'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali, dal 74 al 99 per cento, solo in caso di «inattività lavorativa», intesa come nessuna attività lavorativa che produca reddito, anche se minimo e anche se inferiore ai 4.931 euro annui;

   secondo una prassi consolidata, infatti, finora per «inattività lavorativa» valevano i più favorevoli requisiti previsti per l'iscrizione alle liste di collocamento che ammettevano la possibilità di svolgere piccoli lavori, entro il limite, appunto, di 4.931 euro annui, senza perdere l'assegno, dando la possibilità a persone con disabilità di provare ad avviare dei percorsi di inclusione lavorativa;

   in particolare, con il messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021 l'istituto previdenziale, rifacendosi a pronunciamenti della Corte di cassazione (sentenze n. 17388/2018 e 18926/2019), ha modificato le sue precedenti indicazioni sulla concessione dell'assegno mensile di assistenza, peraltro assai ridotto (287 euro al mese), per i soggetti che svolgono piccoli lavoretti;

   a segnalarlo in una nota sono CoorDown, Coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con Sindrome di Down, e Uniamo, la Federazione delle associazioni di persone con malattie rare d'Italia, che hanno denunciato il grave impatto, a fronte di un residuale «risparmio» per le casse Inps, per le persone con disabilità già a bassissimo reddito, per le loro famiglie, per la possibilità di svolgere lavori con orari limitati e magari con finalità più terapeutiche e socializzanti che di reale sostentamento;

   si tratta, secondo gli interroganti, di una decisione assurda e discriminatoria, che nega il diritto all'inclusione sociale delle persone con disabilità, le quali saranno oggi costrette a scegliere tra un lavoro, anche di poche ore settimanali, e l'assegno di assistenza; una scelta miope che spinge le persone all'autoisolamento, alla rinuncia di percorsi di autonomia e di inclusione, cancellando le conquiste di decenni di battaglie;

   un paradosso frutto di una burocrazia bizantina che ha interpretato in modo cinico ed eccessivamente restrittivo l'orientamento della Corte di cassazione, con il risultato di accanirsi contro i più fragili, privandoli di lavori che sostengono l'autorealizzazione e, come detto, spesso si integrano con il percorso terapeutico e di socializzazione, oltre ad essere un piccolo aiuto economico in particolare per le famiglie più in difficoltà;

   secondo Pagano, presidente di Anmic e Fand, peraltro, «Un altro aspetto che troviamo inaccettabile è che il 7 settembre avevamo firmato un protocollo d'intesa tra le associazioni Anmic, Ente nazionale sordi (Ens), Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici) e Associazione nazionale disabilità intellettiva e/o relazionale (Anffas) con l'INPS, accordo che impegnava a consultare le parti prima di emanare disposizioni in ordine alle provvidenze economiche e alle politiche in favore delle persone con disabilità. Non siamo stati interpellati, non abbiamo ricevuto neanche una chiamata da parte dell'Inps. Ora lo sconforto da parte delle famiglie coinvolte è massimo» –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sanare questa grave situazione determinata dalla disposizione adottata dall'Inps così da ristabilire la doverosa tutela dei più fragili, ripristinando, anche con una norma di carattere interpretativo il riconoscimento dell'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali e restituendo un segnale positivo a favore dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilità.
(4-10531)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento. La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'Inps, del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021, relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fino al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'Inps.
  Con due messaggi del 2008 l'Inps aveva ritenuto di identificare il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'Inps si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'Inps, ha affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'Inps» (Cassazione n. 3517/2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (Cassazione n. 6463/2014).
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre 2021 che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Inps, ha elaborato un intervento volto a rivisitare la formulazione vigente del precetto normativo per consentire l'erogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura del reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   BENIGNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 106 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito uno specifico fondo diretto ad assicurare ai comuni, a fronte delle conseguenze sui bilanci dell'emergenza sanitaria, le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali;

   l'articolo 112 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha inoltre assegnato risorse straordinarie ai comuni delle province più colpite. Tale articolo prevede che tali risorse debbano essere utilizzate per misure di sostegno economico connesse all'emergenza sanitaria, senza precisare se sia possibile destinare i fondi altresì a spese in conto capitale;

   l'interrogante ha presentato una proposta emendativa volta a chiarire la possibilità di impiego dei fondi dell'articolo 112 per il finanziamento di investimenti;

   l'allora sottosegretario Castelli, come risulta dal resoconto della seduta della Commissione bilancio del 1° luglio 2020, ha confermato la possibilità di utilizzare le risorse in questione altresì per spese di investimento, purché connesse all'emergenza;

   il Governo in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2500-AR/55, presentato dall'interrogante, impegnando il Governo a valutare l'opportunità di diffondere immediatamente una nota esplicativa del testo normativo, finalizzata a chiarire che le risorse di cui all'articolo 112 possono essere utilizzate altresì per il finanziamento di spese in conto capitale;

   non risulta che sia stata indirizzata agli enti alcuna nota esplicativa;

   il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 59033 dell'1° aprile 2021 ha definito il prospetto che i comuni sono tenuti a compilare e trasmettere al fine di certificare la perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese connesse alla predetta emergenza;

   le istruzioni di compilazione prevedono che ciascun ente debba indicare le maggiori spese sostenute nell'anno 2020 per l'emergenza epidemiologica. Il decreto riporta, a titolo esemplificativo, le spese per i dispositivi di sicurezza e per il distanziamento, al materiale e ai macchinari per la sanificazione, alle attrezzature per misurare la febbre, ai plexiglas. Nulla è precisato in relazione alle spese in conto capitale, nemmeno nelle Faq disponibili sul sito della Ragioneria dello Stato. A fronte di ciò, è stato segnalato che le maggiori spese in conto capitale ammesse ai fini della rendicontazione siano esclusivamente quelle relative a «piccole manutenzioni straordinarie funzionali alle norme anti contagio» con esclusione, invece, delle spese relative ad interventi di manutenzione straordinaria di edifici;

   è evidente che il confine tra tali definizioni sia alquanto labile. Peraltro, l'esclusione tout court degli interventi di manutenzione straordinaria degli edifici non appare in linea con l'interpretazione dell'articolo del 112 del decreto-legge n. 34 del 2020 fornita dal sottosegretario Castelli;

   il mancato riconoscimento delle spese sostenute determina il rischio di restituzione di parte delle risorse. Di conseguenza, i comuni che hanno attuato spese di investimento per adeguare le proprie strutture alle esigenze connesse all'emergenza sanitaria (ad esempio, ampliando le mense scolastiche, al fine di rispettare le misure di distanziamento) si troveranno costretti a ricercare altrove le necessarie coperture di bilancio;

   appare allora necessario chiarire definitivamente che, ai fini della rendicontazione dei contributi ricevuti, quanto al riconoscimento delle maggiori spese, l'unico parametro rilevante sia il collegamento con interventi messi in atto per affrontare l'emergenza sanitaria, siano essi di parte corrente o di conto capitale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle problematiche segnalate relative alla rendicontazione da parte dei comuni dei fondi trasferiti dallo Stato nell'ambito dei provvedimenti adottati per affrontare la pandemia dal COVID-19 e se intendano adottare le iniziative di competenza per chiarire definitivamente che, ai fini di tale rendicontazione, sono riconosciute tutte le spese sostenute dai comuni per realizzare interventi connessi all'emergenza sanitaria, anche qualificabili quali manutenzioni straordinarie di edifici.
(4-09229)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione 4-09229, relativa all'utilizzo delle risorse previste dall'articolo 112 del decreto-legge n. 34 del 2020.
  Al riguardo, sentiti gli uffici tecnici del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dell'interno, si rappresenta quanto di seguito esposto.
  Il citato articolo 112 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito presso il Ministero dell'interno un fondo di 200 milioni di euro per l'anno 2020 in favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, di cui al comma 6 dell'articolo 18 del decreto-legge 9 aprile 2020, n. 23.
  L'articolo 18 del decreto-legge n. 23 del 2020 aveva disposto per determinati operatori economici la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria. In particolare, il comma 6 ha previsto un allargamento dei requisiti per beneficiare della sospensione del versamento dell'Iva nei mesi di aprile e maggio 2020 a favore dei soggetti domiciliati in alcune province particolarmente colpite dall'emergenza Covid-19, ovvero le sopra elencate province.
  Con decreto del Ministero dell'interno del 7 maggio 2020 è stato effettuato il riparto del contributo tra i comuni destinatari sulla base della popolazione residente e i comuni beneficiari devono destinare le risorse assegnate ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria da COVID-19.
  Ciò premesso, si precisa che i vincoli di destinazione del contributo
ex articolo 112 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, sono chiaramente indicati dalla norma e consistono:

   1) nell'impiego delle risorse per interventi di sostegno economico e sociale;

   2) nella connessione di tali interventi con l'emergenza sanitaria da Covid-19.

  In proposito si precisa altresì che il termine «sostegno» possa essere inteso non nella limitata accezione di «assistenza» o «soccorso», ma in senso più dinamico di «stimolo» alla ripresa economica e sociale.
  A tale conclusione si perviene contestualizzando la norma nel provvedimento legislativo che la contiene. Infatti l'articolo 112 è inserito nel citato decreto-legge n. 34 del 2020, tra l'altro significativamente denominato «decreto rilancio», che si colloca temporalmente al termine di quella che è stata definita la fase 1 (
lockdown/contenimento) ed all'inizio della cosiddetta fase 2 (riapertura/ripresa).
  A differenza del precedente decreto emergenziale (n. 18 del 17 marzo 2020, definito, altrettanto significativamente, «cura Italia» ed emanato nei giorni più critici dell'emergenza), che recava misure (...) «di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese», il decreto-legge n. 34 contiene misure (...) «in materia di sostegno al lavoro e all'economia». Ben diversa è poi l'articolazione dei titoli ed il contenuto delle singole norme: per limitarsi agli enti locali il «cura Italia» differisce termini, fornisce risorse per spese correnti di urgenza e per potenziare il controllo del territorio.
  Il decreto rilancio invece stanzia risorse ingenti per assicurare l'esercizio delle funzioni fondamentali, per il pagamento dei debiti commerciali, per il ripiano delle perdite di gettito, ovvero per «rimettere in moto» gli enti locali. La stessa cosa avviene con riferimento al sistema produttivo, verso il quale le norme del secondo decreto emergenziale sono ben più articolate, vaste e tese alla ripresa.
  Quanto sopra esposto autorizza quindi a ritenere che al termine «sostegno» possa essere attribuita una valenza dinamica, propulsiva e non meramente assistenziale.
  In tale ottica il contributo
ex articolo 112 del decreto-legge n. 34 del 2020 può essere utilizzato anche per interventi di spesa in conto capitale, se relativi ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria da COVID-19, con esclusione di quelli finalizzati ad incrementare il patrimonio degli enti.
  Ed è sempre in tale ottica che, già nel corso dell'anno 2020, il Ministero dell'interno ha chiarito numerose situazioni e fornito risposte puntuali agli enti interessati.

La Viceministra dell'economia e delle finanze: Laura Castelli.


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto nazionale di previdenza sociale con messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021, ha fornito importanti chiarimenti in merito al requisito del «non svolgimento dell'attività lavorativa» per l'ottenimento della liquidazione dell'assegno mensile di invalidità di cui all'articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, come modificato dall'articolo 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2017;

   in particolare, richiamando alcune pronunce della Corte di Cassazione (sent. n. 17388/2018; n. 18926/2019), ha specificato che, dalla data della pubblicazione del messaggio, l'assegno mensile di assistenza di cui sopra sarà liquidato, fermi restando tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla legge, «solo nel caso in cui risulti l'inattività lavorativa di soggetto beneficiario», considerando in tal modo il mancato svolgimento dell'attività lavorativa un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale;

   a seguito di tale provvedimento, pertanto, non potranno più usufruire della pensione i possessori di invalidità civile dal 74 per cento fino al 99 per cento tra i 18 e i 67 anni d'età. Resta il beneficio per gli invalidi al 100 per cento, purché non superino la soglia reddituale annua dei 16.982,49 euro;

   la decisione assunta dall'Inps impatterà in maniera estremamente pesante sulla vita delle persone disabili e delle loro famiglie, sia sotto l'aspetto economico, sia sotto l'aspetto sociale, precludendo la possibilità, già fortemente limitata, di accedere al mondo del lavoro se non al prezzo di dover rinunciare a quel minimo, e certamente non sufficiente, sostentamento economico spettante;

   l'inclusione lavorativa e l'inclusione sociale sono condizioni imprescindibili al fine di garantire il fondamentale diritto alle persone disabili di vivere una vita il più possibile libera, dignitosa ed autonoma –:

   se intenda adottare urgentemente le iniziative di competenza affinché l'Inps ritiri il provvedimento di cui al messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021.
(4-10643)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento. La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico-giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'Inps del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021, relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fino al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'Inps.
  Con due messaggi del 2008 l'Inps aveva ritenuto di identificare il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'Inps si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di Cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'Inps ha affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'Inps» (Cassazione n. 3517 del 2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (Cassazione n. 6463 del 2014).
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre scorso, che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Inps ha elaborato un intervento volto a rivisitare la formulazione vigente del precetto normativo per consentire l'erogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura del reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.
  

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   CECCANTI, CRITELLI, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI e FASSINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 giugno 2021 ha avuto luogo in Perù il secondo turno delle elezioni presidenziali, che a giudizio di tutti i principali osservatori internazionali si è svolto in modo assolutamente trasparente e regolare;

   da qualche settimana è terminato da parte dell'autorità competente Onpe (Oficina Nacional de Processo Eletorales) il conteggio nazionale dei voti assegnando il primato al candidato Pedro Castillo;

   la candidata risultata perdente Keiko Fujimori ha fatto presentare vari ricorsi che in questi giorni sono stati sistematicamente bocciati dall'organismo di giustizia elettorale competente JNE (Jurado Nacional de Elecciones);

   in ultimo, nei giorni scorsi si sono aggiunte a varie altre prese di posizione in senso analogo, quelle dell'arcivescovo cattolico di Lima mons. Carlos Castillo, che si è mantenuto scrupolosamente al di sopra delle parti durante tutto il processo elettorale, e sono emerse preoccupazioni per i ritardi con cui si sta procedendo a concludere le operazioni e timori su possibili interventi di manipolazione di informazioni e di violazione della legalità, analoghi a quelli che si sono manifestati nelle recenti elezioni presidenziali americane –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, sia bilaterali sia concertate con gli altri Paesi dell'Unione europea, perché sia favorita una rapida proclamazione del Presidente eletto e siano rispettate le successive scadenze costituzionali, prevenendo i rischi di esiti violenti e illegali.
(4-09710)

  Risposta. — Abbiamo seguito con grande attenzione quanto avvenuto in Perù in seguito al secondo turno delle elezioni presidenziali del 6 giugno 2021.
  Il 19 luglio José Pedro Castillo Terrones è stato proclamato vincitore delle elezioni per la Presidenza della Repubblica del Perù, dopo che la Giuria nazionale elettorale (
Jurado Nacional de Elecciones) ha rigettato i ricorsi promossi dal partito Fuerza Popular.
  Castillo ha quindi regolarmente assunto le funzioni di Capo dello Stato il 28 luglio.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   CIABURRO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa e come reso noto, l'INPS, sulla base di alcune pronunce della Corte di cassazione (sentenze nn. 17388/2018 e 18926/2019) che includono l'assenza di redditi da lavoro tra i requisiti per l'erogazione dell'assegno di invalidità parziale (dal 74 per cento al 99 per cento), ha riconosciuto la corresponsione del beneficio unicamente a chi non lavora, orientamento confermato con messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021;

   sinora l'istituto ha tenuto una posizione estensiva sul tema, permettendo lo svolgimento di piccoli lavori, entro il limite di 4.931 euro annui, in compatibilità con il beneficio, come ai sensi della circolare n. 148 del 18 dicembre 2020;

   la precisazione in corso d'opera effettuata dall'Istituto, tuttavia, non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un'attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una modalità di sostentamento, nonché uno strumento di inclusione e dignità sociale;

   è evidente che il tema, stante l'origine meramente giuridica, necessita di una soluzione politica per garantire la dignità di tutti i cittadini colpiti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per poter garantire la regolare corresponsione del beneficio in premessa senza le limitazioni sopravvenute.
(4-10557)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento, La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico-giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'Inps del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021 relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fino al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'Inps).
  Con due messaggi del 2008 l'Inps aveva ritenuto di identificare il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'Inps si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime, orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'Inps, ha affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'Inps» (cassazione n. 3517/2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (cassazione n. 6463/2014),
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre 2021, che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Inps, ha elaborato un intervento volto a rivisitare la formulazione vigente del precetto normativo per consentire l'erogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura del reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   D'ATTIS. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di aprile 2016 l'Anas ha annunciato lo stanziamento di 7 milioni di euro per l'ammodernamento della strada statale 16 nel tratto Maglie-Otranto, finalizzato al completamento dei lavori avviati nel 2010. Detto ammodernamento, tra il chilometro 985+000 e il chilometro 999+100 prevedeva l'ampliamento da 2 a 4 corsie con carreggiate separate, la realizzazione di una viabilità di servizio (complanari), la ricucitura (con la realizzazione di nuovi sottovia e cavalcavia) e la sistemazione di molti tratti della viabilità secondaria esistente per migliorare l'accessibilità nell'entroterra salentino dagli svincoli dislocati lungo l'asse principale. Il 5 agosto 2016 è stato aperto al traffico l'asse principale della strada statale 16 e successivamente sono stati completati i restanti lavori;

   il progetto definitivo di ammodernamento della statale, approvato in conferenza di servizi nel 2006, non prevedeva la realizzazione di uno svincolo diretto sulla strada provinciale 59 Palmariggi-Minervino di Lecce;

   nel progetto approvato in conferenza di servizi era invece prevista una complanare, a destra rispetto alla direzione Maglie-Otranto, che avrebbe consentito il raggiungimento della provinciale per Minervino di Lecce, complanare poi di fatto stralciata dalla Regione Puglia;

   all'esito delle richieste dei sindaci del territorio, si svolgeva il 27 aprile 2016 un'audizione presso la V Commissione consiliare della regione Puglia, nel corso della quale Anas illustrava l'unica soluzione che permetteva di accogliere le richieste avanzate dai comuni di Palmariggi, Minervino di Lecce e Uggiano la Chiesa, condivise peraltro, dalla commissione consiliare regionale, dall'assessore regionale all'assetto del territorio e dal sindaco di Minervino;

   in quella sede Anas precisava che per la realizzazione dell'uscita diretta per Minervino sarebbe stato necessario avviare l'iter approvativo previsto dalla normativa vigente e che il progetto avrebbe avuto adeguata copertura finanziaria dai ribassi d'asta rivenienti dall'appalto di alcune opere di completamento previsti nel quadro economico dei lavori principali;

   nessun seguito hanno avuto gli impegni assunti il 27 aprile 2016 e confermati dal Governo con la risposta a un'interrogazione pubblicata nell'allegato B al resoconto della seduta n. 819 del 22 giugno 2017: da allora la vicenda, in ben quattro anni, non ha conosciuto alcuna novità. Alcuna notizia è mai pervenuta in ordine alla progettazione del nuovo svincolo, alcun elaborato è mai pervenuto, alcun atto di gara consta sia stato predisposto ed alcun lavoro avviato;

   le condizioni attuali permangono di estrema difficoltà nella viabilità, con gravi rischi per la sicurezza e l'incolumità degli utenti della strada in questione, obbligati a transitare nel comune di Palmariggi per recarsi a Minervino di Lecce. Gli effetti negativi e penalizzanti del mancato completamento dello svincolo si ripercuotono sull'economia locale, soprattutto quella turistica –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se sia a conoscenza dei ritardi esistenti per la realizzazione di quanto confermato nella risposta del Governo pro tempore all'interrogazione di cui in premessa e delle relative ragioni;

   quali iniziative urgenti e necessarie intenda assumere affinché l'ente gestore della rete stradale velocizzi la conclusione dei lavori stradali nel tratto esposto in premessa evitando la prosecuzione delle difficoltà e degli ostacoli per le comunità locali interessate che attualmente sono escluse dalla fruizione della strada statale n. 16 Maglie-Otranto, con evidenti ripercussioni negative per le attività commerciali e turistiche locali.
(4-09810)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante chiede di conoscere lo stato dei lavori dello svincolo per Minervino.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali e dalla società ANAS, si rappresenta che la medesima ANAS prevede di avviare le procedure per l'approvazione del progetto afferente la realizzazione del citato intervento entro la fine del corrente anno e, contestualmente, quelle relative all'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio delle aree interessate dall'opera.
  Il progetto prevede la realizzazione di una rampa di diversione dall'asse principale al chilometro 991+400 della strada statale 16 in direzione Otranto e di un successivo incrocio a rotatoria sulla strada provinciale 59 con rami di raccordo con la viabilità esistente.
  In tal modo sarà possibile fornire alle comunità locali il necessario collegamento diretto alla strada statale 16 oltre ad una più agevole fruizione turistica della zona.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, come anche ripetutamente riportato dai mass-media, si assiste ad un notevole incremento degli episodi di criminalità nella città di Sassari, in modo particolare nella parte bassa del centro storico, vale a dire nell'area compresa tra la zona San Donato, il corso Vittorio Emanuele e la parte bassa di via La Marmora;

   appare ipotizzabile che i vari reati riscontrati — spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, business dell'immigrazione clandestina, risse, pestaggi, accattonaggio — oltre che riconducibili ai singoli, siano da ascrivere ad una vera e propria organizzazione criminale;

   il 22 gennaio 2021, la questione è stata anche sollevata dal consigliere comunale di Sassari, Daniele Deiana, con la trasmissione di una lettera al prefetto di Sassari, nella quale si ribadiva la richiesta di una maggiore presenza delle forze dell'ordine nell'area in questione;

   in ragione di una probabile, forte presenza di immigrati irregolari nello stesso centro storico, come anche più volte richiesto con altri atti ispettivi, appare necessaria l'attivazione di maggiori forme di controllo sulla legittimazione dei soggetti interessati a permanere nel territorio nazionale, anche al fine di non vanificare gli sforzi di chi sceglie la via dell'immigrazione regolare;

   grazie al prezioso lavoro delle forze dell'ordine, negli anni passati, sia nel 2017 che nel 2018, sono state smantellate alcune vere e proprie organizzazioni criminali, finalizzate alla tratta degli esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione e al racket: ciò nonostante, tali interventi non sono comunque stati sufficienti per fermare l'accrescimento degli episodi di violenza e degrado sociale; recentissimamente, dal focus realizzato sulla mafia nigeriana in Italia — a cura del Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale, pubblicato sul sito del Viminale — si è appreso che l'Italia, per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, con la presenza di importanti porti ed aeroporti collegati alle rotte internazionali, è considerata dalla criminalità nigeriana una terra dove poter espandere i propri interessi illegali;

   appare necessario intervenire tempestivamente per colpire tali organizzazioni criminali, anche con l'aumento degli operatori delle forze dell'ordine nelle varie città, al fine di rendere maggiormente sicuri i centri in questione e, in particolare, le suindicate zone della città di Sassari, appunto caratterizzate da un'alta presenza di immigrazione irregolare –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire una maggiore sicurezza nella città di Sassari, in particolare nel centro storico, nonché per supportare l'azione delle forze dell'ordine contro la criminalità, con specifico riferimento a quella organizzata.
(4-08206)

  Risposta. — Con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  L'evidenza investigativa e la relativa analisi mostrano che i reati prevalenti nel territorio di Sassari, caratterizzato com'è da importanti scali portuali e aeroportuali e dalla presenza del turismo, nonché da consistenti settori economici (edile/commerciale/immobiliare), sono quelli contro il patrimonio.
  La criminalità locale si dedica prevalentemente al traffico di sostanze stupefacenti.
  Al riguardo sono state dispiegate apposite strategie operative tese a contrastare il radicamento di fenomeni di illegalità, nell'ambito delle quali è stata disposta una intensificazione dei servizi di prevenzione e repressione nel centro storico del capoluogo, con particolare riguardo ai reati di spaccio di sostanze stupefacenti e contro il patrimonio.
  In particolare, in data 26 gennaio 2021, si è tenuto il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza del procuratore della Repubblica presso il locale tribunale dei minorenni, nel quale è stata analizzata la situazione sotto il profilo dell'ordine pubblico del centro storico, al quale ha fatto seguito l'apertura di un tavolo tecnico presso la questura con un
focus permanente dedicato a tale problematica.
  Dalle valutazioni operate in tali consessi non è emersa una «
escalation» dei fenomeni delinquenziali da porre a rischio il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico nel centro storico del comune capoluogo.
  Si rappresenta anche che, in considerazione della situazione e delle dinamiche della criminalità organizzata nella provincia, la locale questura ha predisposto mirati e coordinati servizi di controllo del territorio attraverso l'impiego di equipaggi delle forze di polizia con un presidio costante della zona citata dall'interrogante e ha provveduto ad intensificare, con servizi dedicati, la prevenzione dei reati predatori e dello spaccio di sostanze stupefacenti, senza trascurare i controlli concernenti il divieto di assembramento e il disturbo alla quiete pubblica. Più in dettaglio, dal 1° marzo al 22 settembre 2021, sono state messe in campo oltre 900 pattuglie e gli interventi effettuati nella zona del centro storico cittadino sono stati 255.
  Ulteriori, eloquenti, indici dell'attenzione riservata dalle istituzioni alla sicurezza del territorio sassarese sono le numerose operazioni di polizia concluse negli ultimi mesi nel distretto di Sassari.
  Limitando l'analisi a quelle più significative, vale menzionare l'operazione del 31 gennaio 2021, che ha consentito l'esecuzione di provvedimenti restrittivi nei confronti di 14 soggetti ritenuti responsabili di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché quella del 9 dicembre 2020 che ha portato all'emissione di ulteriori provvedimenti restrittivi nei confronti di 7 soggetti ritenuti responsabili di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. E ancora: nel marzo 2021 sono stati eseguiti provvedimenti restrittivi nei confronti di 13 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, rapina tentata e consumata, furto e detenzione illegale di armi. Successivamente, nel giugno 2021, le forze di polizia hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 4 soggetti, ritenuti responsabili di furto aggravato, ricettazione e detenzione abusiva di munizioni.
  Quanto al contrasto dei flussi migratori illegali, si evidenzia che i migranti illegali, appena sbarcati, ove non manifestino l'intenzione di presentare domanda di protezione internazionale sono identificati, per essere poi destinatari di un provvedimento di espulsione, come previsto dalla normativa in vigore.
  Si precisa inoltre che, nei primi nove mesi del 2021, il numero dei migranti irregolari provenienti dall'Algeria è diminuito del 16,63 per cento rispetto all'analogo periodo del 2020.
  Sotto il profilo della strategia di prevenzione, si rappresenta inoltre che sono stati incrementati i controlli presso i porti e gli aeroporti della provincia soprattutto nelle tratte ritenute più a rischio.
  Circa i presidi, delle forze dell'ordine presenti nella provincia, si rappresenta che la questura di Sassari è dotata di un organico di 247 unità, che, già aumentato di 12 effettivi nel 2020, è stato ulteriormente incrementato di 4 unità nei primi sette mesi del 2021. Inoltre, l'Arma dei carabinieri vi è presente con 964 unità, la guardia di finanza è presente con 296 unità e la polizia di Stato conta complessivamente su 639 unità.
  Più in particolare e con specifico riferimento alla città di Sassari, l'Arma dei carabinieri dispone di 156 unità e la guardia di finanza è presente con una forza effettiva di 116 unità. Per l'Arma dei carabinieri, si rappresenta, altresì, che la compagnia di Sassari è stata riconfigurata «a maggior impegno operativo». Per la guardia di finanza operano anche il G.i.c.o. del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Cagliari e, nell'ambito del reparto operativo aeronavale di Cagliari, la sezione operativa navale di Alghero, la sezione operativa navale di La Maddalena, la sezione operativa navale di Olbia e la sezione aerea di Elmas.
  Per completezza di informazione, si precisa che per quanto concerne la delittuosità, dai risultati della rilevazione statistica emerge che il 2020 nella provincia di Sassari ha fatto registrare una riduzione pari al 9 per cento dei delitti commessi rispetto ai delitti posti in essere nel 2019. A livello provinciale la tendenza al declino è confermata anche per l'anno in corso. Infatti, nei primi sette mesi del 2021, il calo del numero totale dei delitti rispetto al medesimo arco temporale dell'anno precedente è stato pari al 3,5 per cento.
  Anche il comune di Sassari nel 2020 ha visto una riduzione pari al 7,6 per cento dei delitti commessi rispetto al 2019. Questo
trend decrescente risulta confermato anche per i primi sette mesi del 2021, con un calo pari al 7,3 per cento rispetto al medesimo arco temporale dell'anno precedente.
  Alla luce dei dati rilevati e delle misure adottate si assicura quindi che, pur restando alta l'attenzione su eventuali segnali di disagio che possano emergere nel contesto urbano sassarese, la situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico nel centro storico non si differenzia da quella presente nelle altre aree cittadine, ove, peraltro, resta costante l'impegno delle forze di polizia.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei primi giorni di maggio 2021 si è appreso dalla stampa che gli agenti della questura di Sassari avrebbero arrestato un cittadino nigeriano di 32 anni, con l'accusa di violenza sessuale, pochi minuti dopo il suo tentativo di bloccare una ragazza intenta a correre nella periferia di Sassari, la quale, però, sarebbe riuscita a divincolarsi, sferrando calci e ginocchiate, attirando, altresì, l'attenzione di alcuni automobilisti, i quali hanno comunicato immediatamente l'accaduto alle forze dell'ordine, poi effettivamente intervenute;

   l'intervento delle forze di polizia ha consentito l'immediata identificazione e l'arresto dell'attore del reato in questione, al quale, come risulta dalle indagini, si debbono attribuire analoghi episodi, tra cui uno immediatamente precedente a quello suindicato e l'altro intervenuto qualche giorno prima, sempre nell'ambito territoriale della città di Sassari: il sospettato, peraltro, risulta essere già stato condannato per reati di carattere sessuale, commessi nel Nord Italia, nonché destinatario di un decreto d'espulsione;

   appare opportuno dare seguito alla risoluzione approvata il 24 ottobre 2018 (8-00002) dalla Commissione esteri della Camera dei deputati, la quale impegna il Governo a avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere gli accordi necessari affinché, in sostanza i detenuti stranieri possano scontare le pene irrogate dai tribunali italiani nelle strutture carcerarie dei rispettivi Paesi, «attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative»;

   recentemente, con un precedente atto di sindacato ispettivo, l'interrogante aveva avuto modo di sollevare la questione relativa alla sicurezza del territorio comunale di Sassari e, in particolare, del suo centro storico, caratterizzato da una forte presenza di immigrati clandestini, così come anche sollevata da un ordine del giorno approvato dal consiglio comunale della medesima città, con il quale è stata richiesta l'adozione di misure atte a garantire una maggiore sicurezza e una più cospicua presenza delle forze dell'ordine nel territorio;

   appare opportuno che il Governo adotti immediate iniziative finalizzate a garantire una maggiore sicurezza nella città di Sassari, se del caso, implementando, in modo adeguato, il numero degli operatori delle forze di polizia assegnati al medesimo ambito territoriale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire una maggiore sicurezza nella città di Sassari, anche a mezzo di un serio adeguamento del numero degli operatori di polizia presenti nel territorio e, se del caso, anche adottando le iniziative opportune per dare piena attuazione alla citata risoluzione approvata dalla commissione esteri della Camera dei deputati.
(4-09186)

  Risposta. — Con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante, con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nella mattinata del 1° maggio 2021, una donna, mentre stava svolgendo attività fisica su una pista ciclabile nella periferia della città di Sassari, è stata aggredita da un cittadino extracomunitario di origine nigeriana che, dopo averla avvicinata, ha tentato di consumare una violenza sessuale. La vittima ha reagito, riuscendo a divincolarsi e scappare.
  L'immediato sopraggiungere delle Forze di polizia sul posto, allertate da un automobilista, ha permesso di fermare il cittadino straniero, che dagli accertamenti effettuati è risultato già colpito da provvedimenti giudiziari per reati sessuali e destinatario di un provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Nuoro, con contestuale ordine del questore di abbandonare il territorio nazionale entro sette giorni.
  Al termine degli accertamenti di rito, l'uomo è stato tratto in arresto in flagranza di reato per violenza sessuale e lesioni personali e condotto presso la locale casa circondariale.
  Da quanto comunicato dal Ministero della giustizia risulta che, alla data del 1° ottobre 2021, il cittadino nigeriano si trova in custodia cautelare in carcere, ed è imputato per violenza sessuale consumata e tentata nonché lesioni nei confronti di tre donne davanti al tribunale di Sassari con giudizio immediato.
  Per quanto riguarda il riferimento dell'interrogante alla sicurezza nella città di Sassari, si rappresenta che, come già riferito in risposta all'interrogazione scritta n. 4-08206 di analogo argomento, nel quadro delle strategie operative tese a contrastare il radicamento di fenomeni di illegalità, sono state disposte nel centro storico del capoluogo sassarese attività che hanno consentito una intensificazione dei servizi di prevenzione e repressione con particolare riguardo ai reati di spaccio di sostanze stupefacenti e contro il patrimonio.
  In data 26 gennaio 2021 si è tenuto il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza del procuratore della Repubblica presso il locale tribunale dei minorenni, nel quale è stata analizzata la situazione sotto il profilo dell'ordine pubblico del centro storico sassarese. Successivamente, si è svolto un tavolo tecnico presso la questura, nel quale è stato dedicato un
focus permanente alla problematica.
  Dalle valutazioni operate in tale ambito non è emersa una crescita dei fenomeni delinquenziali tale da fare considerare a rischio il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza nel centro storico sassarese.
  Nonostante ciò, la locale questura ha predisposto mirati e coordinati servizi di controllo del territorio, attraverso l'impiego di equipaggi delle forze di polizia con un presidio costante della zona citata dall'interrogante e ha provveduto ad intensificare, con servizi dedicati, la prevenzione dei reati predatori e dello spaccio di sostanze stupefacenti non trascurando i controlli concernenti il divieto di assembramento e il disturbo alla quiete delle persone.
  Dal 1° marzo al 22 settembre 2021 sono state messe in campo oltre 900 pattuglie e gli interventi effettuati nella zona del centro storico cittadino sono stati 255.
  In questo contesto, per completezza di rappresentazione, meritano di essere ricordate almeno le più significative operazioni recenti realizzate sul territorio dalle forze di polizia. L'operazione del 31 gennaio 2021 ha permesso l'esecuzione di provvedimenti restrittivi nei confronti di 14 soggetti, ritenuti responsabili di spaccio di sostanze stupefacenti mentre un'operazione di poco precedente, risalente al 9 dicembre 2020, ha portato all'emissione di provvedimenti restrittivi nei confronti di 7 soggetti ritenuti responsabili di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Successivamente, nel mese di marzo 2021 sono stati eseguiti provvedimenti restrittivi nei confronti di 13 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, rapina tentata e consumata, furto e detenzione illegale di armi. Ancora più di recente, lo scorso giugno, le forze di polizia hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 4 soggetti, ritenuti responsabili di furto aggravato, ricettazione e detenzione abusiva di munizioni.
  Infine, con particolare riguardo alla lotta alle organizzazioni criminali straniere, si rappresenta che sono stati rafforzati e resi più efficaci i meccanismi di contrasto mediante l'incremento dei controlli presso i porti e gli aeroporti della provincia soprattutto nelle tratte ritenute più a rischio.
  Per quanto riguarda i presidi delle forze dell'ordine presenti nella zona in esame, si fa presente che la questura di Sassari è dotata di un organico di 247 unità, che, già aumentato di 12 effettivi nel 2020, è stato ulteriormente incrementato di 4 unità nei primi sette mesi dei 2021.
  Inoltre, nella provincia di Sassari, l'Arma dei carabinieri è presente con una forza effettiva di 964 unità, la guardia di finanza dispone di 296 unità e la polizia di Stato agisce con una forza effettiva di 639 unità.
  Con specifico riferimento alla città di Sassari, l'Arma dei carabinieri ha 156 unità e la guardia di finanza 116 effettivi. Inoltre, per l'Arma dei carabinieri, si rappresenta che la compagnia di Sassari è stata riconfigurata «a maggior impegno operativo». Si fa anche presente che, per la guardia di finanza, nell'area di interesse operano, altresì, il G.i.c.o. del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Cagliari e, nell'ambito del reparto operativo aeronavale di Cagliari, la sezione operativa navale di Alghero, la sezione operativa navale di La Maddalena, la sezione operativa navale di Olbia e la sezione aerea di Elmas.
  Per quanto concerne la delittuosità e la connessa azione di contrasto, emerge dalla rilevazione statistica che, nella provincia di Sassari, c'è stata una riduzione pari al 9 per cento dei delitti commessi nel 2020 rispetto al 2019.
  Inoltre, si profila anche una riduzione dei delitti nei primi sette mesi del 2021 rispetto al medesimo arco temporale dell'anno precedente. Tale riduzione è pari al 3,5 per cento.
  Più specificamente, nel comune di Sassari, i delitti compiuti nel 2020 sono il 7,6 per cento in meno dei delitti commessi nel 2019 e si rileva una riduzione, pari al 7,3 per cento, dei delitti posti in essere nei primi sette mesi del 2021 rispetto ai delitti commessi nel medesimo arco temporale dell'anno precedente.
  Alla luce dei dati rilevati, si assicura dunque la massima attenzione delle autorità di pubblica sicurezza circa possibili segnali di deterioramento del quadro urbano del comune capo luogo al fine di garantire
standard operativi sempre più elevati delle forze di polizia nell'interesse dell'intera comunità sassarese.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.


   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sanac spa è una società attiva dal 1939 nel settore della progettazione e della produzione di materiali refrattari per l'industria siderurgica e per applicazioni generali;

   nello stabilimento della Sanac, nell'area industriale di Macchiareddu, in provincia di Cagliari, trovano impiego circa 100 lavoratori tra diretti ed indotto;

   in diverse occasioni, l'assessore regionale sarda dell'industria, per altro condividendo le sollecitazioni delle associazioni sindacali e delle diverse forze politiche, maggioranza e opposizione, ha rivolto al Ministro dello sviluppo economico un appello affinché sia trovata una soluzione positiva alla vertenza;

   Invitalia (società controllata dallo Stato tramite il Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze) è entrata nel capitale sociale di Ilva (con il 38 per cento, ma con diritto di voto pari al 50 per cento);

   recentemente, più precisamente a fine settembre 2021, ancora una volta non è stata finalizzata l'acquisizione del gruppo Sanac da parte di Acciaierie d'Italia, vincitrice del bando e assegnataria della gara pubblica con decreto del Ministero dello sviluppo economico del marzo 2019;

   l'incertezza del futuro legata, per altro, al saldo dei crediti dovuti da Acciaierie d'Italia nei confronti della stessa Sanac, rischia di vanificare il lavoro che, fino a qualche mese fa, il sito industriale di Macchiareddu ha portato avanti, unitamente agli altri 3 siti produttivi appartenenti alla stessa Sanac;

   Sanac rappresentava un'azienda produttiva, numeri alla mano: + 20 per cento di produzione, + 45 per cento di spedizioni, + 2 miliardi di redditività;

   il mancato acquisto da parte di Acciaierie d'Italia comporta, come annunciato dallo stesso Governo, anche a seguito di ulteriori atti di sindacato ispettivo, l'apertura di un nuovo bando di gara;

   dal giugno 2021 Sanac non riceverebbe più ordini di materiale refrattario da parte di Acciaierie d'Italia, poiché sostituita in tal senso da approvvigionamenti stranieri;

   tutto ciò è da considerarsi inaccettabile considerato che la stessa Acciaierie d'Italia è partecipata per il 38 per cento da Invitalia, dunque dallo Stato italiano e, tra l'altro, il Parlamento ha appena approvato, all'interno del cosiddetto decreto-legge «Grandi navi a Venezia» (decreto-legge n. 103 del 2021), una norma che autorizza Invitalia a sottoscrivere una ricapitalizzazione dell'ex Ilva di 705 milioni di euro per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell'impianto siderurgico –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di dare continuità produttiva e salvaguardare il gruppo Sanac, i lavoratori tutti e il sito industriale di Macchiareddu.
(4-10507)

  Risposta. — L'atto in esame riguarda la situazione occupazionale e produttiva dell'impresa Sanac, in amministrazione straordinaria, e in particolare la situazione dello stabilimento di Massa. A riguardo, sentita anche la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si evidenziano i principali momenti che hanno interessato la vicenda.
  Arcelor Mittal Italy Holding s.r.l. (AMIH) ha presentato in data 5 dicembre 2018 un'offerta vincolante che, all'esito del procedimento di gara, ha determinato l'aggiudicazione dei complessi aziendali di Sanac alla stessa AMIH, previo decreto autorizzativo assunto dal Ministero dello sviluppo economico in data 12 marzo 2019.
  Successivamente, con lettera del 21 marzo 2019, i commissari straordinari hanno comunicato tale assegnazione ad AMIH invitando quest'ultima a formalizzare il contratto di cessione secondo il modello allegato all'offerta vincolante.
  Per circa due anni AMIH ha chiesto di rinviare la data di sottoscrizione del contratto di cessione adducendo ragioni organizzative, prorogando le garanzie prestate e dichiarando espressamente di mantenere fermi i termini e le condizioni di acquisto di cui all'offerta vincolante.
  Al fine di assicurare il buon esito dell'operazione, i commissari straordinari hanno di volta in volta acconsentito a tali richieste di proroga.
  In data 25 giugno 2021, Sanac in AS ha invitato AMIH ad indicare due o più date per la stipula del contratto di cessione entro il termine del 30 giugno 2021.
  In data 21 luglio 2021, i commissari straordinari – preso atto dell'inadempimento di AMIH agli obblighi assunti con l'offerta vincolante – hanno provveduto a escutere la fideiussione (prestata da BNL per euro 1.000.000,00) posta a garanzia degli obblighi assunti con l'offerta vincolante.
  Successivamente, AMIH ha informato la BNL e Sanac dell'avvio di trattative per addivenire a una composizione bonaria della controversia.
  In data 31 luglio 2021, le parti hanno sottoscritto un accordo, di cui la BNL ha preso espressamente preso atto, e per effetto del quale:

   il pagamento dell'importo di euro 1.000.000,00 veniva sospeso fino al 30 settembre 2021, per dar modo alle parti di verificare la possibilità di raggiungere, entro tale data, un accordo transattivo sulla lite insorta a seguito della mancata stipula del contratto di cessione;

   in caso di mancato raggiungimento di un accordo transattivo entro il predetto termine, la BNL avrebbe provveduto al pagamento del suddetto importo.

  A tal proposito, i commissari straordinari hanno riferito che non è stato possibile, nonostante le interlocuzioni intercorse, raggiungere alcun accordo con AMIH in merito al perfezionamento dell'acquisizione dei complessi aziendali.
  Allo scopo di non pregiudicare la possibilità di attuare il programma di cessione – considerati anche i tempi non brevi e le incertezze di qualunque iniziativa giudiziaria – i commissari straordinari hanno riferito di aver dunque presentato istanza al comitato di sorveglianza per l'acquisizione del parere relativamente all'avvio di una nuova procedura competitiva per la cessione dei complessi aziendali di Sanac, ai fini del rilascio dell'autorizzazione di competenza del Ministero.
  Al contempo, i commissari straordinari si sono riservati ogni azione nei confronti di AMIH anche in base a quello che sarà l'esito della nuova procedura competitiva che sarà espletata.
  All'esito di quanto verificatosi, BNL, nel frattempo, ha provveduto al pagamento dell'importo di euro 1.000.000,00 oggetto di escussione.
  Quanto invece ad Acciaierie d'Italia (da ora anche ADI), si informa che tale società, dal gennaio 2020 sino ad aprile 2021, ha effettuato pagamenti con cadenza periodica, in modo non correlato ai decreti ingiuntivi che le sono stati via via notificati.
  Per effetto di tali pagamenti – che, secondo quanto comunicato dai commissari, sono stati parziali, irregolari e sempre tardivi rispetto alle scadenze naturali – Sanac ha potuto comunque far fronte alle proprie esigenze di cassa, seppure con molte difficoltà.
  Tuttavia, a partire dalla metà di aprile 2021, ADI ha interrotto i pagamenti. Sanac, d'altro canto, ha continuato regolarmente a consegnare i prodotti refrattari ad ADI onorando in propri impegni contrattuali.
  Al suddetto quadro va aggiunto che, in data 29 giugno 2021, la stessa si è vista costretta a presentare un ricorso
ex articolo 700 del codice di procedura civile nei confronti di ADI presso il Tribunale di Milano, in quanto la propria situazione finanziaria si era notevolmente aggravata, sempre in ragione degli ingiustificati inadempimenti dell'ADI ai propri obblighi di pagamento.
  In data 8 luglio 2021 si è tenuta l'udienza del ricorso
ex articolo 700 del codice di procedura civile davanti al giudice del tribunale di Milano.
  Successivamente, ADI ha provveduto a effettuare pagamenti per un totale di circa 21 milioni di euro e, al momento, secondo quanto rappresentato, la situazione della liquidità di cassa di Sanac si è sostanzialmente assestata.
  Malgrado ciò, resterebbero ancora da incassare consistenti somme relative a fatture già scadute, con un dato pari a circa 4,5 milioni di euro al 20 settembre 2021, ed in sensibile crescita; in relazione a ciò Sanac, dopo aver effettuato i dovuti solleciti, provvederà, se necessario, a nuove azioni esecutive nei confronti di ADI.
  Per quanto riguarda gli aspetti di tipo operativo, a partire dalla metà del mese di giugno 2021, si è registrata la mancata ricezione di nuovi ordini. A fronte di tale preoccupante situazione, l'attività dei quattro stabilimenti della società potrebbe subire una consistente riduzione già dalla prima settimana di novembre (con possibile ricorso agli ammortizzatori sociali nei confronti del personale).
  Da ultimo, nei giorni scorsi informalmente i commissari straordinari hanno comunicato di aver dato mandato ai legali che assistono la Società di avviare delle iniziative nei confronti di ADI per far perseguire gli illeciti contrattuali ed extracontrattuali che si sono verificati.
  In conclusione, si rappresenta il mio impegno, per quanto di competenza, a continuare a monitorare la vicenda in oggetto, al fine di garantire a Sanac una continuità produttiva e la tutela dei lavoratori coinvolti.

La Viceministra dello sviluppo economico: Alessandra Todde.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI e BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le federazioni sportive sono organismi di diritto privato che svolgono compiti di rilevanza pubblica e interesse generale e, fra queste, non fa eccezione il procuratore federale della F.I.G.C.;

   con decreto ministeriale del 16 febbraio 2021 il signor Giuseppe Chinè, Consigliere di Stato, è stato nominato Capo di Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze;

   in pari data, consapevole delle sanzioni penali previste per il caso di dichiarazioni false o mendaci, il signor Giuseppe Chinè, con riferimento all'attribuzione dell'incarico di Capo di Gabinetto, redigeva, sottoscriveva e depositava «dichiarazione di inesistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità» ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 39 del 2013 e decreto legislativo n. 165 del 2001 e dichiarazione per l'assolvimento degli obblighi di trasparenza ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, oltre che atto di notorietà;

   in ordine alla dichiarazione relativa a cariche ricoperte presso enti pubblici o privati, il signor Chinè indicava la sola carica di Giudice Tributario ricoperta dal 2012, omettendo quella pacificamente ricoperta di procuratore federale;

   successivamente alla sapiente omissione e segnatamente in data 19 febbraio 2021, sempre con decreto ministeriale, veniva attribuita la somma a titolo di emolumento per l'incarico di Capo di Gabinetto;

   in data 1° luglio 2021 e sempre con riferimento all'attribuzione dell'incarico di Capo di Gabinetto, il signor Giuseppe Chinè depositava ulteriore «dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità incompatibilità» ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 39 del 2013 e decreto legislativo n. 165 del 2001 e dichiarazione per l'assolvimento degli obblighi di trasparenza ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, oltre che atto di notorietà;

   nella predetta dichiarazione compariva, magicamente seppur tardivamente, la carica di procuratore federale ricoperta dallo stesso;

   ulteriormente, il signor Giuseppe Chinè indicava, come data di inizio dell'incarico di procuratore federale, il 1° luglio 2021 con data di cessazione dalle funzioni al 30 giugno 2025;

   anche questa seconda dichiarazione, per quanto consta all'interrogante, non è conforme al vero;

   il signor Giuseppe Chinè, per quanto consta all'interrogante, infatti svolge le funzioni di procuratore federale a far data dal dicembre 2019;

   quanto sopra rappresenterebbe, ove confermato, quanto a conoscenza dell'interrogante, in prima battuta una dichiarazione mendace e/o falsa sotto specie di evidente e sapiente omissione, ed in seconda battuta una dichiarazione falsa e/o mendace in relazione alla data di conseguimento della carica di procuratore federale presso la F.I.G.C. –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza di quanto oggetto dell'interrogazione;

   quando il Ministro interrogato abbia appreso la circostanza che il signor Giuseppe Chinè ricoprisse all'epoca dell'attribuzione di capo di gabinetto e ricopra tuttora anche la carica di procuratore federale presso la F.I.G.C.;

   se il Ministro interrogato intenda urgentemente verificare quanto esposto in premessa e, per il caso di verifica positiva, quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere;

   se, verificata la fondatezza di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato ritenga che permangano in capo al signor Giuseppe Chinè i requisiti per ricoprire l'incarico di capo di gabinetto in seno al Ministero dell'economia e delle finanze.
(4-10568)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione n. 4-10568, relativa agli incarichi rivestiti dal Capo di gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze presso la Federazione italiana giuoco calcio (F.I.G.C.), si comunica quanto segue.
  Il Consigliere di Stato Giuseppe Chinè è stato nominato Capo di gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze il 16 febbraio 2021.
  All'atto del conferimento dell'incarico, il medesimo ha sottoscritto apposita dichiarazione di assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità e ha consegnato all'Amministrazione il proprio
curriculum vitae; entrambi i documenti sono stati contestualmente pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze (ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013).
  Nel
curriculum vitae dell'interessato, datato 16 febbraio 2021, è indicato, tra quelli rivestiti dal medesimo a quel momento, il seguente incarico: «Dal 2004. Componente della Procura Federale FIGC», già autorizzato dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, organo di autogoverno dei magistrati amministrativi.
  Il 1° luglio 2021 – data del conferimento dell'incarico di procuratore federale F.I.G.C. – l'interessato ha quindi aggiornato la dichiarazione già rilasciata, nonché il relativo
curriculum vitae, indicando in entrambi gli atti l'avvenuto conferimento del nuovo incarico, anche in questo caso autorizzato dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.
  I predetti atti sono stati pubblicati sul sito istituzionale dell'Amministrazione, in sostituzione dei precedenti, con l'espressa dicitura «dati aggiornati al 1° luglio 2021».
  In sintesi e per maggior chiarezza, dagli atti sottoscritti dal Capo di gabinetto e pubblicati dal Ministero dell'economia e delle finanze risulta che:

   nel curriculum vitae, datato 16 febbraio 2021 e pubblicato sul sito istituzionale dell'Amministrazione unitamente alla dichiarazione di assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità, è stato espressamente indicato l'incarico di «Componente della Procura Federale FIGC», svolto a quella data e fin dal 2004;

   il 1° luglio 2021, all'atto del conferimento del nuovo incarico di procuratore federale, sono state subito aggiornate le informazioni sul sito istituzionale.

  Pertanto, l'incarico di procuratore federale non risulta conferito a far data dal dicembre 2019 tenuto conto che, come emerge dai comunicati ufficiali della F.I.G.C. reperibili on line, in data 18 dicembre 2019 (confrontare comunicato n. 138/A) il Consiglio federale – viste le dimissioni rassegnate dal procuratore federale pro tempore e considerati «i tempi procedurali necessari alla nomina di un nuovo Procuratore Federale» – affidava all'interessato, già componente della procura (in qualità di procuratore aggiunto), la mera attività di coordinamento della procura federale e soltanto in data 1° luglio 2021 (confrontare comunicato n. 226/A) sopravveniva la nomina a procuratore federale.
  L'assenza di omissioni nelle comunicazioni e nelle pubblicazioni relative alla posizione di Capo di gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze soddisfa dunque l'esigenza di trasparenza e di conoscibilità degli incarichi in questione.
  Appare comunque utile rappresentare ulteriormente quanto segue.
  L'Autorità nazionale anticorruzione ha più volte evidenziato che «l'incarico di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico è espressamente sottratto alla disciplina sulle inconferibilità e incompatibilità di cui al d.lgs. n. 39/2013» (delibere n. 788 del 19 luglio 2017, n. 803 del 18 settembre 2019, n. 71 del 29 gennaio 2020). Sono quindi applicabili ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione – tra i quali figurano i capi di gabinetto dei ministri – unicamente gli obblighi di pubblicazione sanciti dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e, in particolare, l'obbligo di pubblicare i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati.
  Pertanto, per quanto fin qui esposto, gli obblighi di dichiarazione e di pubblicazione gravanti rispettivamente sull'interessato e sull'Amministrazione risultano essere stati, nel caso di specie, correttamente e adeguatamente adempiuti.
  In definitiva, l'interessato, pur non essendo soggetto, come enunciato ripetutamente dall'ANAC, all'applicazione del decreto legislativo n. 39 del 2013 (disciplina dell'inconferibilità e incompatibilità), ma unicamente all'applicazione dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 (obblighi di pubblicazione), in conformità alla prassi in uso presso l'Amministrazione finanziaria, sia all'atto dell'assunzione dell'incarico di Capo di gabinetto, sia in occasione delle successive variazioni, ha comunque reso e tempestivamente aggiornato la dichiarazione recante l'assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità.

La Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze: Alessandra Sartore.


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   l'Inps, attraverso il recente messaggio n. 3495 del 14 ottobre 2021, ha fornito chiarimenti in merito al requisito dell'inattività lavorativa ai fini della liquidazione dell'assegno mensile di invalidità civile, specificando il cambiamento dei criteri di accessibilità della misura, derivante non già da una modifica legislativa, ma dal recepimento del mutamento dell'orientamento giurisprudenziale;

   la Corte di cassazione è intervenuta sul requisito dell'inattività lavorativa, stabilendo che il mancato svolgimento dell'attività lavorativa integra non una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, affermando, altresì, che lo svolgimento dell'attività lavorativa, a prescindere dalla misura del reddito ricavato, preclude il diritto al beneficio (si veda Corte di cassazione n. 17388/2018; n. 18926/2019);

   l'articolo 13 della legge n. 118 del 1971 riconosce l'assegno di invalidità civile qualora sia accertata la diminuzione della capacità lavorativa, in una percentuale di almeno due terzi; l'articolo 9 del decreto legislativo n. 509 del 1988 ha incrementato tale limite, operativo dal 1992, fissando al 74 per cento la percentuale di riferimento per l'invalidità;

   l'importo per l'assegno d'invalidità corrisponde al valore di 287,09 euro mensili a favore dei cittadini disoccupati, anche in presenza di un reddito minimo personale; il limite reddituale dipende dalla tipologia del lavoro svolto: per i lavoratori dipendenti è fissato in 8.145 euro annui, per l'attività in proprio in 4.800 euro annui;

   la Corte di cassazione secondo l'interrogante ha stravolto i limiti per il riconoscimento del diritto al beneficio, facendo venir meno condizioni ed eccezioni per svolgere un'attività lavorativa, quantunque parziale o retribuita con importi minimi;

   sono più di 3 milioni i cittadini disabili nel nostro Paese, molti dei quali vivono in una condizione di disagio e povertà, percependo un assegno di assistenza di importo estremamente esiguo; venendo meno la possibilità di integrare con un reddito minimo personale, si mina anche la possibilità di realizzarsi attraverso il lavoro, che andrebbe invece incentivato, in favore di una reale inclusione sociale –:

   se non intendano i Ministri interrogati adottare iniziative, per quanto di competenza, alla luce delle disposizioni interpretative dell'Inps di cui in premessa, per scongiurare un aggravio delle condizioni dei disabili beneficiari del sussidio, in favore di un intervento correttivo della legge n. 118 del 1971 e di un innalzamento degli importi dell'assegno di invalidità civile, inadeguati a garantire una vita decorosa degli invalidi civili disoccupati.
(4-10594)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento. La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico-giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'Inps, del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021, relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti, di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fino al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'Inps).
  Con due messaggi del 2008 l'Inps aveva ritenuto di identificare il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'Inps si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di Cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'Inps, ha affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'Inps» (Cassazione n. 3517/2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (Cassazione n. 6463/2014).
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre 2021, che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Inps, ha elaborato un intervento volto a rivisitare, la formulazione vigente del precetto normativo per consentire l'erogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura del reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   DI LAURO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 24 dicembre 2020 veniva pubblicato un avviso pubblico, per soli titoli, sul sito istituzionale dell'Azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud per il reclutamento di personale a tempo determinato, di 6 mesi, da impiegare nelle attività connesse al COVID-19 e da inserire nelle varie articolazioni dell'azienda;

   tra i requisiti previsti dall'avviso, oltre a quelli generali, vi era il possesso di un diploma di perito informatico o in alternativa il possesso di Eipass o Ecdl. La scadenza per l'invio delle candidature, da trasmettersi attraverso un apposito modulo on line era prevista entro 5 giorni dalla pubblicazione ossia il 29 dicembre 2020;

   nell'avviso pubblico veniva omessa l'indicazione dell'atto di indirizzo, ossia la delibera di approvazione da parte del direttore generale, su cui poggiasse, dal punto di vista amministrativo, il codesto reclutamento;

   a causa di questa omissione, con deliberazione n. 0993 del 29 dicembre 2020 veniva ratificata a posteriori, da parte del direttore generale, la volontà di procedere, a causa di carenze del personale amministrativo, alle assunzioni in parola per organizzare nell'immediato i servizi connessi alla emergenza COVID-19. Inoltre, con lo stesso atto, veniva rettificato il bando precedente, contenente «da una più attenta lettura», come espressamente dichiarato nella narrativa in premessa, «dei refusi». Nello specifico, veniva modificato, a procedura in corso, il requisito di ammissione relativo al titolo di studio in possesso del candidato, aggiungendo anche il diploma di scuola secondaria di primo grado con attestato Eipass o Ecdl. Inoltre, risulterebbe anche modificato il profilo della figura professionale ricercata, la quale si sarebbe tramutata da perito informatico a coadiutore amministrativo. Per effetto di tali modifiche si stabiliva nella stessa delibera di prorogare i termini per la presentazione delle domande fino al 2 gennaio 2021;

   con deliberazione del direttore generale n. 0008 del 7 gennaio 2021 venivano così approvati la graduatoria di merito e i relativi atti della Commissione valutatrice, all'uopo costituitasi in pari data. Quest'ultima, con proprio verbale, dichiarava di aver optato di avvalersi di una «Valutazione massiva» attraverso dei parametri valutativi elaborati dalla piattaforma informatica Ison con cui sono state recepite le domande di partecipazione da parte dei candidati. Ciò, a detta della Commissione, per velocizzare la procedura visto che sono pervenute in totale 497 candidature e demandando, inoltre, l'accertamento dei requisiti in capo a ciascun partecipante «al momento della convocazione per il conferimento dell'incarico»;

   a seguito di alcune notizie riportate dalla stampa, si è venuti a conoscenza del fatto che «alcune contraddizioni emergono nel bando pubblicato, visto che l'articolo 4 statuiva che la commissione risultava deputata all'accertamento del possesso dei requisiti necessari prima di redigere la graduatoria finale. Di contro, nella delibera numero 8/2021 invece, si demanda l'accertamento dei requisiti al momento della convocazione, pertanto ad una sola persona dell'ufficio del personale, e non ad un organo collegiale come la commissione. [...] Inoltre, in palese e chiara contraddizione con il presupposto previsto nella stessa delibera, si evidenzia in maniera netta ed inequivocabile che l'ufficio del personale può produrre solo osservazioni ma, in sintesi, è destinato solo a prendere atto di quanto decide la commissione». Inoltre, parrebbe che diversi nominativi presenti in graduatoria siano riconducibili a esponenti politici e sindacali e al personale dell'amministrazione sanitaria;

   ad opinione dell'interrogante, in una fase delicata che il Paese sta attraversando per fronteggiare l'emergenza pandemica e socio-economica, è inaccettabile che vengano espletate soluzioni poco trasparenti, sebbene urgenti –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare il corretto svolgimento della procedura concorsuale in questione a tutela della regolarità della stessa, attivando i servizi ispettivi dell'ispettorato della funzione pubblica.
(4-10510)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di conoscere le iniziative che intendo assumere in merito alla verifica della regolarità della procedura concorsuale, indetta dalla ASL Napoli 3 SUD, per soli titoli, per il reclutamento di personale a tempo determinato, di sei mesi, da impiegare nelle attività connesse al COVID-19 e da inserire nelle varie articolazioni dell'azienda, il cui avviso è stato pubblicato il 24 dicembre 2020 sul sito istituzionale della citata azienda sanitaria locale.
  Al riguardo rappresento di avere attivato l'ispettorato della funzione pubblica, alle cui richieste di chiarimento la ASL Napoli 3 SUD ha fornito riscontro con la nota della UOC gestione risorse umane del 2 aprile 2021 n. 0070172.
  Circa l'assenza nell'avviso pubblicato dell'indicazione della delibera concernente la volontà di procedere al reclutamento, l'azienda ha reso i seguenti chiarimenti:

    nell'ambito della gestione dell'emergenza COVID-19, «il 23/12/2020 nel corso della riunione della cabina di regia, preso atto dell'accelerazione del processo vaccinale, con conseguente avvio dello stesso entro la fine dell'anno 2020 o, al massimo, nei primi giorni dell'anno 2021, è emersa la difficoltà di formare il team vaccinale» e, «considerata la carenza di operatori informatici e la circostanza che al momento non era attiva alcuna procedura di reclutamento da graduatorie di altre Aziende, la cabina di regia ha dato mandato a questa UOC di procedere all'avviso di cui si discute. Al termine dell'incontro del suddetto organismo, avvenuto intorno alle ore 18.30, la scrivente articolazione aziendale ha provveduto a predisporre l'avviso in questione, avviso che è stato pubblicato nella medesima data intorno alle ore 20.»;
    «l'urgenza che il caso richiedeva è all'origine dell'avvenuta pubblicazione dell'avviso in carenza di un atto deliberativo, nella consapevolezza non solo della circostanza che l'ora tarda impediva, di fatto, di acquisire la sottoscrizione del provvedimento amministrativo del Management Aziendale, per l'assenza in Azienda di parte dei soggetti istituzionali che lo compongono, ma anche del fatto che la sottoscrizione del relativo bando da parte del Direttore Generale rappresentava la palese volontà dell'Amministrazione di assicurare l'acquisizione di risorse umane in tempo celere. Non a caso la procedura è stata poi ratificata con delibera n. 993 del 29/12/2020.»;
    l'ASL ha, infine, precisato che «la previsione nell'ordinamento giuridico italiano dell'istituto della ratifica, di fatto, rende fisiologica la scelta operativa condotta».

   In merito alla tipologia di requisito specifico richiesto nell'avviso, l'azienda fa presente che «la richiesta del possesso del Diploma di Perito informatico in alternativa al possesso della patente europea per uso del computer è direttamente funzionale alle esigenze aziendali, dovendo le risorse eventualmente reclutate essere adibite al caricamento dei dati sulla piattaforma SINFONIA. L'indicazione, poi, del possesso del Diploma di scuola secondaria di primo grado oltre all'attestato EIPASS o ECDL, si sostanzia in una mera specificazione, nella misura in cui è di tutta evidenza che l'obbligo di frequentazione della scuola secondaria di primo grado previsto dalla legge comporta, di per sé, il possesso da parte di tutti i cittadini del relativo Diploma, prima ancora di qualsiasi attestato di formazione, compreso quello identificato dall'acronimo EIPASS o ECDL. Tale precisazione si è resa necessaria per venire incontro alle richieste di chiarimenti pervenute dagli interessati».
   Quanto alla «modifica del profilo ricercato con l'avviso», l'ASL ha provveduto a «precisare che le caratteristiche professionali richieste ai partecipanti alla procedura rispondono a quelle proprie di un operatore tecnico e non a quelle di un coadiutore amministrativo, di tal che risulta di tutta evidenza come non si è inteso modificare a procedura in corso la tipologia di risorse umane richieste quanto piuttosto rettificare un evidente refuso».
   Circa «le osservazioni sulla valutazione massiva operata dalla Commissione», è stato rappresentato che «l'inserimento in piattaforma di un avviso e/o un concorso prevede, obbligatoriamente, la specificazione dei requisiti di accesso alla procedura, in mancanza dei quali non è possibile completare l'iscrizione all'avviso.»
   Detti requisiti vengono autocertificati dai candidati, a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, e di norma, l'UOC GRU procede all'accertamento a campione della veridicità all'atto del reclutamento.
   Nello specifico l'azienda riferisce che «all'atto dell'insediamento la Commissione ha preliminarmente accertato che i partecipanti, sulla base delle autocertificazioni prodotte, fossero in possesso dei requisiti di accesso alla procedura e, successivamente, ha fissato i criteri di valutazione dei candidati. Tali criteri sono stati inseriti nella procedura informatica, che ha elaborato sia le schede individuali dei candidati che la successiva graduatoria. La Commissione, pertanto, dopo aver accertato il possesso dei requisiti di accesso, lungi dal non valutare la posizione dei candidati, ha solo utilizzato una possibilità fornita dalla piattaforma informatica al fine di rendere più veloce possibile la conclusione di una procedura funzionale alle esigenze della campagna vaccinale. L'azione demandata alla UOC GRU, è, pertanto, quella che già istituzionalmente la stessa svolge per il tramite dei suoi Uffici.».
   A tal proposito si è osservato che «l'unica differenza con quanto avviene nell'ordinaria conduzione delle attività è che, in tale caso, l'ufficio preposto al reclutamento anziché operare una verifica a campione del possesso dei titoli, ha richiesto a tutti i convocati la presentazione dei titoli dichiarati nella domanda», come avviene in ogni procedura selettiva in cui la verifica del possesso dei requisiti di accesso è demandata alla UOC GRU, che chiude questa fase endoprocedimentale con una delibera di ammissione ed esclusione dei candidati, provvedimento propedeutico all'insediamento della commissione di valutazione.
   L'ASL chiarisce ulteriormente che «nella fattispecie che qui si discute, invece, la verifica dei requisiti è stata condotta dalla commissione valutatrice prima di avviare le attività di valutazione», quindi «un'attività di competenza di un ufficio (la verifica del possesso dei requisiti di accesso) è stata demandata ad un organo collegiale che, prima di iniziare i suoi lavori, si è assunto l'onere di accertare quanto dichiarato dai partecipanti. Ciò, ovviamente, è stato possibile grazie al fatto che la piattaforma informatica, non consente margini di autonomia ai candidati, i quali, per poter concludere la procedura di iscrizione devono necessariamente autocertificare il possesso dei requisiti richiesti nelle singole selezioni.».
   Infine «in ordine alla presunta partecipazione alla procedura di persone "... riconducibili a esponenti politici e sindacali e al personale dell'amministrazione sanitaria"», a parere dell'azienda «è di tutta evidenza che l'uso di procedure informatiche, di per sé, esclude la possibilità di fare valutazioni "ad personam"’ ed assicura la massima trasparenza dell'azione. Ciò senza contare la sussistenza in capo ad ogni cittadino del diritto di partecipare a tutte le procedure selettive, a prescindere dai propri legami familiari e/o affettivi».

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   DIENI. – Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. – Per sapere i premesso che:

   l'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 stabiliva che i segretari comunali e provinciali, per poter mantenere la natura di dipendente statale, potevano volontariamente chiedere all'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali – istituita con legge n. 127 del 1997 – l'iscrizione ad apposita sezione speciale e transitare in mobilità presso pubbliche amministrazioni secondo graduatorie regionali gestite dal Dipartimento della funzione pubblica;

   il contratto collettivo nazionale di categoria 1998/2001, del 16 maggio 2001, riconosceva all'articolo 32, in caso di mobilità, l'inquadramento nel ruolo dirigenziale, facendo partire tale riconoscimento dal 2002 con conseguente disparità di trattamento per i segretari comunali transitati in mobilità prima del 2002, nonostante requisiti giuridici e di carriera identici;

   la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) all'articolo 1, comma 49, sembrava eliminare tale iniquità, tanto che, in applicazione della stessa, un ex segretario comunale transitato in mobilità ai sensi del suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, veniva inquadrato direttamente come dirigente di seconda fascia della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   gli altri segretari comunali mobilitati a seguito del diniego delle Amministrazioni presso le quali erano transitati in mobilità ai sensi della medesima disposizione di legge, erano costretti a ricorrere dinanzi alla giurisdizione del lavoro;

   dopo anni di contenzioso, circa ottanta sentenze favorevoli di merito ed il successivo inquadramento nei ruoli dirigenziali delle Amministrazioni dove prestavano servizio, la questione veniva esaminata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite;

   questa, con sentenza n. 784/2016, escludeva l'applicabilità della suddetta norma alle procedure di mobilità già concluse al 1° gennaio 2005, data di entrata in vigore della legge n. 311 del 2004, consigliando, tuttavia, per mancanza di chiarezza della disposizione, di procedere a «chiarimenti e interpretazioni autentiche della normativa che regola il caso in esame»;

   ad oggi la situazione non è risolta. I segretari comunali che erano stati inquadrati a seguito di sentenza di merito favorevole sono stati retrocessi al rango di funzionari, nonostante l'aver esercitato per anni le funzioni dirigenziali nelle diverse Amministrazioni dello Stato;

   si sono verificate talune circostanze che hanno permesso solo ad alcuni segretari comunali mobilitati di «consolidare» la propria posizione di dirigenti, mentre per altri ciò non è avvenuto, pur essendo in possesso degli stessi requisiti professionali e di carriera ed essendo transitati presso altre Amministrazioni (ai sensi dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997);

   nel caso del Ministero della giustizia, a quanto consta all'interrogante si è ritenuto, nello stesso arco temporale, di impugnare in Cassazione soltanto alcune sentenze favorevoli a segretari comunali mobilitati; in altri casi, invece, non è stata proposta impugnazione e, a seguito del passaggio in giudicato del provvedimento di secondo grado, i funzionari in questione sono stati inquadrati definitivamente come dirigenti;

   di recente, per tracciare un percorso risolutivo della questione che eliminasse le varie situazioni di disparità di trattamento, nella sottoscrizione del Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dirigenziale dell'Area funzioni centrali, si addiveniva alla seguente dichiarazione congiunta n. 9: «Le parti concordano sulla necessità di approfondire la problematica dell'inquadramento nella dirigenza dei segretari comunali e provinciali già transitati nei ruoli dei Ministeri, sulla base di disposizioni di legge, al fine di valutare possibili soluzioni, sul piano normativo»;

   da ultimo, nell'agosto 2020, è stato anche accolto come raccomandazione l'ordine del giorno del Senato n. G/1883/33/1 e 8 al disegno di legge n. 1883 del 2020 («Decreto semplificazioni»), volto a rinvenire una soluzione alla problematica in questione –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per addivenire, come suggerito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite a «chiarimenti e interpretazioni autentiche della normativa che regola il caso in esame», al fine di fornire positiva e univoca soluzione ai differenti inquadramenti operati nei confronti dei segretari comunali mobilitati in applicazione delle stesse disposizioni.
(4-09833)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, riguardante l'inquadramento professionale dei segretari comunali che abbiano usufruito della mobilità volontaria permanente, di cui all'articolo 30, decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Con l'atto di sindacato ispettivo in argomento si chiedono delucidazioni su tali aspetti al Governo, insistendo sulla necessità di individuare – anche per via normativa – possibili soluzioni in merito alla situazione di «disparità di trattamento» che connota l'inquadramento professionale dei segretari comunali mobilitati prima del 2002, i quali non hanno guadagnato quindi la qualifica dirigenziale.
  Per rispondere al quesito è necessario ripercorrere brevemente la genesi delle vicende richiamate.
  La figura del segretario comunale è stata a lungo posta alle dipendenze dello Stato. Sin dal regio decreto-legge 17 agosto 1928, n. 1953, difatti, tale categoria di dipendenti è stata ricondotta a quella degli impiegati civili dello Stato.
  Con la legge 15 maggio 1997, n. 127, l'assetto della disciplina è mutato radicalmente. I segretari comunali sono stati sottratti ai ruoli del Ministero dell'interno e sono passati ad una neo-istituita agenzia autonoma posta sotto la mera vigilanza di tale dicastero. Così facendo, è stato tracciato un legame più stretto fra la figura del segretario – dotato di capacità tecniche elevate – ed il vertice politico-amministrativo dell'ente locale, il quale attingeva al suddetto elenco per la nomina dell'organo. Oggi, peraltro, la suddetta agenzia è stata espunta dall'ordinamento ad opera del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e nella gestione dell'albo è succeduto direttamente il Ministero dell'interno.
  Ad ogni modo, sulla scia della riforma del 1997, il decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, è intervenuto a disciplinare nel dettaglio l'istituto della mobilità dei segretari comunali, anche al fine di assicurare un congruo margine di accomodamento per quei segretari che fino a pochi mesi prima avevano conservato un rapporto di servizio con l'amministrazione statale. Segnatamente, l'articolo 18, nella versione originaria, prevedeva la creazione di una «sezione speciale» dell'albo cui potevano iscriversi i segretari interessati ad usufruire della mobilità verso le altre amministrazioni.
  Il successivo CCNL segretari comunali (anni 1998-2001), firmato il 16 maggio 2001 dalle parti sociali, delineava all'articolo 32 i criteri di corrispondenza fra le «fasce professionali» dei segretari (i.e. fasce A, B e C) e gli inquadramenti professionali delle altre amministrazioni. Segnatamente, a decorrere dall'entrata in vigore del CCNL:

   i segretari appartenenti alle fasce inferiori (ossia, la fascia C e B con stipendio tabellare inferiore) potevano essere inquadrati soltanto nelle categorie o aree professionali apicali ma non dirigenziali delle amministrazioni di destinazione;

   al contrario, per i segretari delle fasce superiori (ossia i restanti della fascia B e quelli della fascia A) potevano accedere alla qualifica dirigenziale nelle amministrazioni di destinazione.

  La disciplina appena delineata è stata successivamente modificata nel 2004. Prima la legge 27 luglio 2004, n. 186, ha abrogato il già citato articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 (salvando solo principio di corrispondenza tra la qualifica di provenienza e quella di accesso alla nuova amministrazione) ed ha ricondotto la disciplina della mobilità permanente dei segretari comunali a quella generale prevista dall'articolo 30, decreto legislativo n. 165 del 2001. Poi, l'articolo 1, commi 47-49, legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha rimodulato i criteri di corrispondenza fra le fasce professionali dei segretari comunali e gli inquadramenti delle amministrazioni di destinazione della mobilità.
  Segnatamente, l'articolo 1, comma 48, ha previsto che «nelle more della nuova disciplina contrattuale, i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati, analogamente a quanto previsto per i segretari appartenenti alla fascia C, nella categoria o area professionale più alta prevista dal sistema di classificazione vigente presso l'amministrazione di destinazione». Come sottolineato anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza richiamata dall'interrogante, «mentre nel sistema delineato dal CCNL 1998-2001 il personale di fascia A e di fascia B più elevata, in caso di mobilità accedeva alla dirigenza presso le amministrazioni di destinazione, nel nuovo contesto normativo, più restrittivo, anche per queste qualifiche più elevate si rese possibile la mobilità senza acquisizione della qualifica di dirigente» (Cassazione, sezioni unite, 19 gennaio 2016, n. 784).
  In altri termini, come chiarito dall'interpretazione autentica contenuta nell'articolo 16, legge n. 246 del 2005, «i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati in posizioni professionali equivalenti alla ex IX qualifica funzionale del comparto Ministeri, previa espressa manifestazione di volontà in tale senso, con spettanza del trattamento economico corrispondente».
  La disciplina concernente lo stato giuridico e l'inquadramento professionale dei segretari comunali è stata quindi modificata più volte nel corso degli anni ma, a partire dal 2004, non è più previsto l'automatico inquadramento nei ruoli della dirigenza in caso di utilizzo della mobilità volontaria. Di tale «progressione» di carriera hanno beneficiato soltanto quei segretari che hanno utilizzato la mobilità nel periodo compreso fra l'entrata in vigore del citato CCNL del 2001 e l'entrata in vigore della legge n. 311 del 2004.
  Peraltro, la condizione di quei professionisti rappresenta un
unicum non replicabile nel nostro ordinamento. Si trattava infatti di impiegati civili prestati alle amministrazioni locali i quali, a seguito dell'utilizzo della mobilità volontaria permanente, avevano avuto accesso alla qualifica dirigenziale, in deroga al principio del concorso. Ciò era avvenuto, probabilmente, in contrasto con quanto ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, la quale – anche recentemente – ha ribadito come «il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio». Anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta «l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso» (sentenza n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009) (in termini, Corte costituzionale, 17 marzo 2015, n. 37).
  Appurato ciò, nessuna «disparità di trattamento» è utilmente invocabile nei confronti di quei segretari comunali mobilitati anteriormente al 2002, i quali non avevano potuto beneficiare della più favorevole disciplina della mobilità delineata dal CCNL del 26 maggio 2001. Invero, tali professionisti si trovano in una situazione analoga a quella che si è venuta a creare a partire dal 2004. Al contrario, i loro colleghi divenuti dirigenti, rappresentano ormai una categoria in via di esaurimento.
  Questa condizione non può essere scalfita nemmeno da quanto rappresentato dall'interrogante, il quale ricorda come «[i] segretari comunali che erano stati inquadrati a seguito di sentenza di merito favorevole sono stati retrocessi al rango di funzionari, nonostante l'aver esercitato per anni le funzioni dirigenziali nelle diverse Amministrazioni dello Stato». L'assunto fa leva sulla giurisprudenza di merito stratificatasi anteriormente alla citata pronuncia della Corte di Cassazione n. 784 del 2016. Si tratta, invero, di un argomento difficilmente utilizzabile, per due ordini di ragioni.
  In primo luogo perché, come peraltro affermato dalla stessa Corte di Cassazione in quella pronuncia, una volta riconosciuto il principio del concorso, se ne desume che «[l]’interpretazione di testi normativi che apportano deroghe in materia di accesso alla dirigenza deve essere [...] quanto mai rigorosa e non può estendersi al di là di quanto emerga in maniera precisa ed inequivoca dalle affermazioni del legislatore».
  In secondo luogo perché, in deroga all'articolo 2103 del codice civile e come espressamente sancito dall'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, «[l]'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione». Dunque, gli ex segretari comunali temporaneamente inquadrati nei ruoli della dirigenza hanno maturato soltanto il diritto di ricevere la retribuzione corrispondente per il periodo di riferimento, ma non possono in alcun modo consolidare il proprio
status giuridico all'interno dell'amministrazione di destinazione.
  A quanto detto non osta l'ordine del giorno del Senato n. G/1883/33/1 richiamato dall'interrogante. Si tratta infatti di un atto che, seppur vincolante, non può obbligare il Governo ad adottare soluzioni contrarie alla Costituzione. Il riordino della disciplina dell'inquadramento dei segretari comunali mobilitati in altre amministrazioni deve perseguire un ragionevole contemperamento di tutte le istanze esaminate e, soprattutto, non può tradursi in una generalizzata deroga al principio del concorso per l'accesso alla dirigenza.
  A tal proposito, si segnala che il recente decreto legislativo 9 giugno 2021, n. 80, all'articolo 3, comma 3, ha previsto nuove possibilità di progressioni di carriera per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento all'ingresso alla qualifica dirigenziale. Segnatamente, la disposizione richiamata ha previsto che le amministrazioni riservino una quota fino al 30 per cento delle facoltà assunzionali relative alla dirigenza in favore del personale già in servizio. Tali procedure comparative dovranno tenere conto proprio «della valutazione conseguita nell'attività svolta, dei titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e in particolar modo del possesso del dottorato di ricerca, nonché della tipologia degli incarichi rivestiti con particolare riguardo a quelli inerenti agli incarichi da conferire [...]».
  Se ne desume, quindi, che anche i segretari comunali che hanno usufruito della mobilità volontaria permanente e desiderano accedere alla qualifica dirigenziale, potranno beneficiare dell'esperienza precedentemente maturata. Tutto ciò, ovviamente, nel pieno rispetto del principio del concorso.
  In conclusione, si ritiene che non sia rinvenibile nell'ordinamento professionale dei segretari comunali quella «disparità di trattamento» paventata dall'interrogante. La condizione eccezionale in cui si son venuti a trovare soltanto alcuni segretari comunali agli inizi degli anni duemila non può fondare alcuna legittima pretesa da parte degli altri. Tutt'al più, potranno essere utilizzati gli strumenti messi a disposizione dal recente decreto-legge n. 80 del 2021, il quale ha inteso valorizzare l'esperienza e le capacità maturate durante il periodo di servizio ai fini delle progressioni di carriera.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   FERRAIOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i viaggiatori sono obbligati a ricorrere a due distinti mezzi di trasporto e all'acquisto di due distinti titoli di viaggio sulla tratta Battipaglia/Lagonegro gestita da Trenitalia, a mezzo autobus;

   il biglietto ferroviario può essere prelevato solo presso biglietterie automatiche, spesso collocate ad eccessiva distanza dai piazzali di sosta degli autobus: una difficoltà non da poco soprattutto per gli utenti con «capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta», perché ancora si aspetta la riattivazione di una linea ferroviaria che si attende da oltre 33 anni;

   in attesa della agognata riattivazione, chi viaggia sulla tratta Battipaglia, Sicignano, Lagonegro non può non utilizzare autobus gestiti (dalla società Bus Italia Rail Service e da altre imprese di trasporto subappaltatrici) per conto di Trenitalia;

   i viaggiatori sono obbligati ad un primo tragitto in autobus e ad un secondo tragitto in treno che, per di più, non prevede un «unico titolo di viaggio»: gli autisti degli autobus non sono legittimati a gestire né la vendita di un biglietto unico né la vendita di un biglietto ferroviario;

   questa situazione complica ulteriormente la vita di persone che viaggiano su distinti mezzi di trasporto con distinti documenti di viaggio;

   questa gestione causa l'ulteriore disagio di doversi munire del titolo di viaggio per l'accesso al treno, nei tempi brevi del cambio da autobus a treno e della ricerca delle biglietterie automatiche, peraltro esistenti solo a Battipaglia e Sicignano e non collocate a breve distanza dai piazzali di sosta degli autobus –:

   se si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di farsi carico delle esigenze di ogni viaggiatore e non ignorare i problemi dei portatori di disabilità; risolvendo in particolare la inadeguatezza del servizio sostitutivo di Trenitalia con autobus (che va limitato alla relazione Battipaglia-Lagonegro), prendendo atto delle difficoltà delle persone affette da disabilità e, soprattutto, assicurando la tutela dei «disabili nella vista», come tutelati dalla concessione speciale III per biglietti ferroviari e dal regolamento (CE) n. 1371/2007, con l'assistenza a bordo di personale d'accompagnamento (capotreno).
(4-07382)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante evidenzia talune difficoltà che i viaggiatori con disabilità incontrano sulla tratta Battipaglia-Lagonegro – servita parte con autobus e parte con treno – e chiede quali iniziative si intendono porre in essere per venire incontro alle difficoltà segnalate.
  In merito al quesito posto, Trenitalia ha comunicato che tra Lagonegro e Battipaglia sono attivi 6 servizi giornalieri, di cui uno con treno tra Battipaglia ed Eboli e prosecuzione verso Lagonegro tramite bus da Eboli e gli altri 5 effettuati con soli bus sostitutivi. Per tutti questi servizi è previsto l'acquisto di un unico biglietto Trenitalia che consente di utilizzare indistintamente treno e bus.
  Nelle stazioni di Battipaglia, Eboli, Contursi Terme e Sicignano i titoli di viaggio sono acquistabili presso le emettitrici automatiche, ovvero presso gli esercizi commerciali autorizzati presenti nei diversi comuni della linea, oltre che sul sito e sull'App Trenitalia.
  Con riferimento all'interscambio tra treno e bus nella stazione di Battipaglia, Trenitalia ha rappresentato che, per consentire lo svolgimento di alcuni lavori, il comune di Battipaglia ha vietato ai mezzi di Busitalia di effettuare la fermata sul piazzale esterno della stazione, nel tratto di strada prospiciente l'ex parcheggio di via Plava, con ordinanza del mese di ottobre 2020.
  Per facilitare il trasbordo dei passeggeri in sicurezza, la fermata dei bus è stata spostata a circa 400 metri dalla stazione; Trenitalia ha in corso interlocuzioni con comune di Battipaglia per individuare una fermata più vicina alla stazione ferroviaria.
  Più in generale, con riferimento ai servizi per le persone con disabilità o a ridotta mobilità, Rete ferroviaria italiana (Rfi) è impegnata in un piano pluriennale di valorizzazione delle principali stazioni italiane denominato
Easy and Smart Station nell'ambito del quale, sono previsti ingenti investimenti nelle 620 stazioni più frequentate della rete nazionale che, nel complesso, accolgono quasi il 90 per cento dei viaggiatori che utilizzano il trasporto ferroviario per i loro spostamenti.
  Il Piano di riqualificazione prevede il
restyling dei fabbricati viaggiatori, degli spazi interni di attesa, dei sottopassaggi e delle pensiline, il rinnovo dei sistemi visivi e sonori per le informazioni al pubblico e l'installazione di impianti di illuminazione a led che, coniugando efficacia e risparmio energetico, contribuiscono a innalzare il livello di sicurezza dei viaggiatori.
  Per quanto attiene agli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche è stato previsto l'innalzamento dei marciapiedi ad altezza di 55 centimetri per consentire una migliore accessibilità all'utenza durante le fasi di salita/discesa dai treni, nonché l'installazione di impianti elevatori e la posa di percorsi e di targhette tattili per persone con disabilità visiva.
  La stazione di Battipaglia, che ricade nel citato piano di interventi, è stata già oggetto di attività di riqualificazione e adeguamento, in base agli
standard europei di interoperabilità.
  Anche presso le stazioni di Eboli e di Contursi Terme sono previsti i lavori di innalzamento dei marciapiedi, di realizzazione dei sottopassaggi pedonali fra i marciapiedi con relativi ascensori e rampe per persone a ridotta mobilità, di posa di percorsi e targhette tattili, oltre che di realizzazione delle pensiline nei tratti antistanti i fabbricati di stazione.
  Da ultimo, nel ricordare che la stazione di Battipaglia è inserita nel circuito di assistenza alle persone con disabilità o con ridotta mobilità gestito dalle Sale Blu di Rfi, Rete ferroviaria italiana ha rappresentato che, da accertamenti svolti presso la competente Sala Blu di Napoli, non sono emersi, negli ultimi mesi, casi di mancata assistenza nell'interscambio presso la stazione in argomento e ha assicurato il monitoraggio costante dell'attività di assistenza in una ottica di miglioramento dei servizi resi.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2021 è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sullo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la ripartizione e l'utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza dei ponti e viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti, con problemi strutturali di sicurezza, della rete viaria di province e città metropolitane, con cui vengono rese disponibili risorse per un valore di 1,150 miliardi di euro per il triennio 2021-23;

   l'amministrazione provinciale di Latina, in ragione dell'ordinanza n. 13 del 13 aprile 2021, ha disposto, con effetto immediato, e sino al permanere delle condizioni di pericolo, la chiusura al traffico, in entrambi i sensi di marcia, per tutte le categorie di veicoli, con l'istituzione del segnale di divieto di transito e del transito vietato ai pedoni del ponte sul Fiume Garigliano e del tratto della strada provinciale 129 Maiano dal chilometro 1+000 al chilometro 1+057 e, comunque, fino al limite territoriale della provincia di Caserta;

   nella predetta ordinanza si chiarisce che il provvedimento si è reso necessario a seguito delle «risultanze delle indagini strutturali eseguite sul ponte in questione, (...) le quali, oltre ad evidenziare numerose criticità strutturali e gravi ed estesi scartellamenti dell'intradosso della trave di bordo lato valle, della scarpata centrale, con espulsione di rilevanti porzioni di copriferro e corrosione dei fili di precompressione che; in qualche caso, risultano completamente ossidati e quindi tracciati ...», ha evidenziato tra l'altro che «allo stato attuale non si può escludere il rischio di una rottura improvvisa della trave di valle»;

   l'interruzione all'utilizzo del suddetto ponte permarrà fino all'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza, con interventi di manutenzione e di risanamento strutturali;

   la chiusura del ponte sta creando problemi molto seri alle comunità locali dei comuni di Castelforte e di Santi Cosma e Damiano del Basso Lazio e di Sessa Aurunca dell'Alto Casertano che, nella infrastruttura viaria, avevano l'unico mezzo per recarsi nei luoghi lavoro e per realizzare occasioni di scambi economici e sociali;

   dopo il 21 aprile 2021 (data in cui si è tenuto un tavolo tecnico presso il comune di Sessa Aurunca per pianificare gli interventi relativi al ponte di Maiano), non è più stato possibile conoscere con certezza se e quando sarà ripristinata la normale viabilità del ponte sul fiume Garigliano per i pedoni e per il traffico veicolare –:

   se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa;

   se intenda assumere urgenti iniziative di competenza, anche nell'ambito delle misure previste dall'emanando decreto ministeriale per l'utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza dei ponti e viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti, volte a consentire il superamento delle criticità esposte con riguardo alla viabilità sulle infrastrutture in questione.
(4-09505)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, l'interrogante chiede di conoscere le modalità di utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza di ponti e viadotti, con particolare riferimento al ponte sul fiume Garigliano ubicato sulla strada provinciale 129.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali e dal Ministero dell'interno, si rappresenta quanto segue.
  Questo Ministero, con i decreti ministeriali n. 49 del 16 febbraio 2018, n. 123 del 19 marzo 2020, n. 224 del 29 maggio e n. 225 del 7 maggio 2021 ha previsto lo stanziamento di complessivi 6.974 milioni di euro per gli anni dal 2018 al 2034, finalizzati ad interventi di messa in sicurezza di ponti e viadotti esistenti e per la realizzazione di nuovi ponti insistenti sulla rete viaria di province e città metropolitane.
  I suddetti decreti ministeriali pongono in capo al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili le attività di approvazione dei programmi presentati dalle province e dalle città metropolitane nonché la verifica della rendicontazione finale delle somme spese, mentre agli enti locali – in qualità di soggetti attuatori – compete la scelta degli interventi da realizzare, la gestione dell'appalto, nonché lo svolgimento di tutte le attività prodromiche e conseguenti.
  Pertanto, in relazione alla competenza della provincia di Latina sulla strada in argomento, è stato interessato il Ministero dell'interno che ha rappresentato quanto segue.
  Con l'ordinanza n. 132021 del 13 aprile 2021, l'amministrazione provinciale di Latina – comproprietaria del ponte sul fiume Garigliano che collega la strada provinciale n. 129 Maiano (di proprietà della provincia di Latina) con la strada provinciale n. 308 Lauro-Castelforte-Minturno (di proprietà della provincia di Caserta) – prendendo atto delle numerose criticità strutturali del suddetto ponte, ha ordinato la chiusura al traffico, in entrambi i sensi di marcia, per tutte le categorie di veicoli e per i pedoni, fino al limite territoriale della provincia di Caserta.
  La stessa provincia di Latina ha poi avviato con la provincia di Caserta un percorso amministrativo per l'effettuazione di un intervento di manutenzione straordinaria sull'opera in questione, che ha portato alla predisposizione di uno schema di accordo di programma sottoscritto dalle due amministrazioni in data 17 giugno 2021.
  Sulla base di tale accordo, è stato redatto il progetto di fattibilità tecnica ed economica, poi approvato con decreti del Presidente della medesima provincia di Latina n. 31 del 23 luglio 2021 e n. 32 del 3 agosto 2021.
  Attualmente, la provincia di Latina sta realizzando tutte le attività occorrenti per l'individuazione degli operatori economici cui affidare la realizzazione dell'intervento.
  

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   FUSACCHIA, CECCONI, MURONI, FIORAMONTI e LOMBARDO. — Al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   il 30 marzo 2019 veniva emanato dal Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale il Bando fermenti, scaduto nel giugno 2019 e ulteriormente prorogato di sessanta giorni. Tale bando, il cui budget complessivo ammonta a 16 milioni di euro, aveva come obiettivo la selezione delle migliori idee progettuali, per finanziare proposte realizzate da associazioni composte in maggioranza da giovani sotto i 35 anni, in grado di contribuire ad affrontare sfide importanti per l'Italia, come promozione, inclusione, partecipazione, formazione e cultura, spazi, ambiente e territorio, autonomia, welfare, benessere e salute;

   dopo quasi un anno si concludeva la prima fase di istruttoria e il Dipartimento pubblicava la graduatoria preliminare dei soggetti ammessi a finanziamento. Le associazioni rientranti nella graduatoria preliminare seguivano un percorso di mentoring, pena la perdita del finanziamento, con l'Università Federico II di Napoli in collaborazione con la Apple Academy;

   in seguito, in esecuzione delle disposizioni previste nel bando, le associazioni formavano delle Associazioni temporanee di scopo (Ats), registrate presso l'Agenzia delle entrate e presentavano il progetto esecutivo, soggetto ad una seconda valutazione, all'esito della quale il Dipartimento pubblicava una graduatoria definitiva approvata con decreto il 27 ottobre 2020;

   successivamente, le Ats dovevano essere convocate dal Dipartimento per la firma della convenzione, ma mesi dopo (il 15 gennaio 2021) veniva inviata una comunicazione alle Ats vincitrici elencando la documentazione da trasmettere propedeutica alla firma del contratto. Tale documentazione veniva trasmessa dalla maggior parte delle Ats, compresa la determina di accreditamento dei soggetti del terzo settore presso un albo Regionale;

   il 7 giugno 2021 il Dipartimento pubblicava una comunicazione sul sito web www.fermenti.gov.it, nella quale comunicava di aver richiesto un parere all'Avvocatura di Stato in data 31 maggio 2021, e affermava che avrebbe invitato a firmare la convenzione le sole Ats che erano in possesso del requisito di iscrizione ad uno degli albi regionali del terzo settore in data antecedente al giugno 2019 ed appartenenti ad una delle forme giuridiche previste dalla riforma del terzo settore, nonostante tali requisiti non fossero espressamente indicati nel bando, ad avviso dell'interrogante, in contraddizione con un'istruttoria durata oltre 2 anni, con le Faq pubblicate (e poi rimosse) e varie comunicazioni indirizzate alle Aps, come ad esempio la richiesta di trasmettere la documentazione propedeutica alla stipula della convenzione;

   dopo oltre 2 anni, il 3 agosto 2021, a quanto risulta agli interroganti, veniva comunicato a diverse Ats la decadenza dal beneficio del finanziamento, adducendo come motivazione la mancata qualifica di «ente del terzo settore» dell'Ats stessa, nonostante le contraddizioni già riportate e nonostante la norma citata dal Dipartimento sia transitoria (lo stesso albo nazionale ad oggi non è stato ancora istituito) e, secondo gli interroganti, ignorando l'esistenza di norme consolidate che contribuiscono formalmente e sostanzialmente a qualificare gli enti del terzo settore;

   vengono quindi, ad avviso degli interroganti, sperperate importanti risorse, vanificate le aspettative di centinaia di giovani, progettualità, idee ed opportunità per i territori, in, particolare in una fase come questa, aggravata dalla situazione pandemica, nella quale la realizzazione di questi progetti poteva rappresentare un valore aggiunto per la collettività. Si prospettano inoltre serie conseguenze economiche per le Ats vincitrici che hanno investito tempo e risorse economiche in questo progetto, in contrasto con lo spirito del bando che aveva invece l'ambizione e la pretesa di valorizzare proprio i giovani, oltre che un serio danno alla credibilità delle istituzioni nei rapporti con i cittadini –:

   quali iniziative il Ministro intenda adottare per garantire la piena attuazione di quanto emerso dagli esiti della graduatoria definitiva del bando in questione, rispettando gli impegni presi con le Ats che per oltre due anni sono state impegnate dal Dipartimento, seguendo un lungo percorso che ha richiesto dispendio di risorse private, pubbliche, tempo, progettualità e rinunce ad altre opportunità.
(4-10045)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti chiedono chiarimenti in ordine alle iniziative assunte o da assumersi al fine di garantire la piena attuazione di quanto emerso dagli esiti della graduatoria definitiva del bando «FERMENTI».
  Al riguardo, occorre preliminarmente sottolineare che i soggetti proponenti, organizzati in forma di associazione temporanea di scopo (ATS), in sede di presentazione della domanda di partecipazione al bando, hanno dichiarato, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (recante «Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa»), di essere «soggetti che, sulla base della vigente normativa, sono qualificati enti del Terzo settore», così come specificamente richiesto dall'articolo 3, comma 1, lettera
b) del bando stesso.
  Come previsto dall'articolo 7 del bando, il dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale ha proceduto a verificare d'ufficio la ricevibilità delle domande di partecipazione pervenute, con riferimento alla regolarità della trasmissione delle stesse e al rispetto dei termini di scadenza. Tale attività si è conclusa in data 27 giugno 2019, con la trasmissione, al presidente della commissione di valutazione, dell'elenco delle candidature pervenute via PEC dichiarate ricevibili.
  La successiva verifica dell'ammissibilità delle domande di partecipazione e la valutazione di merito delle proposte progettuali, secondo i criteri di valutazione stabiliti nel bando, è stata effettuata da un'apposita commissione, nominata con decreto dipartimentale. Non rientrava tra i compiti della predetta commissione verificare il possesso del requisito soggettivo, di cui al citato articolo 3, comma 1, lettera
b) del bando, in quanto lo stesso, come sopra anticipato, era stato autocertificato dai singoli associati in ATS.
  Dopo la pubblicazione della graduatoria definitiva, avvenuta in data 27 ottobre 2020, il dipartimento ha richiesto la trasmissione della documentazione propedeutica alla sottoscrizione delle convenzioni ai 39 beneficiari organizzati in ATS riscontrando alcune «discrepanze», di seguito meglio specificate, rispetto a quanto autocertificato dalle stesse in sede di candidatura.
  A seguito di tale richiesta, tra cui l'iscrizione, di ogni associazione costituita in ATS, ad uno dei registri di settore, in base alla normativa transitoria vigente (di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 – Codice del terzo settore), talune ATS hanno rappresentato il difetto di iscrizione di almeno un ente associato al progetto. Il mancato possesso dei requisiti previsti dal bando e dichiarati dai soggetti proponenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, comma 11, «[...] comporta l'esclusione del soggetto proponente dal finanziamento».
  Tuttavia, nell'ottica del principio generale del
favor partecipationis e al fine di dirimere qualsiasi dubbio circa l'interpretazione del citato articolo 3 del bando, il dipartimento ha richiesto un parere all'Avvocatura generale dello Stato.
  In data 31 maggio 2021, l'Avvocatura generale ha rappresentato che l'interpretazione fornita dal dipartimento risulta corretta e in linea con il quadro normativo vigente, nonché con gli orientamenti giurisprudenziali in materia di requisiti di partecipazione a procedure selettive per l'attribuzione di contributi e sovvenzioni pubbliche, per cui la mancanza del possesso del requisito soggettivo, sancito dall'articolo 3, comma 1, lettera
b) del bando, in data antecedente alla presentazione della domanda di partecipazione al bando medesimo, determina l'impossibilità di sottoscrivere la convenzione con il dipartimento, difettando del requisito soggettivo richiesto ai partecipanti.
  Nel rispetto del principio della trasparenza amministrativa e della pubblicità, il dipartimento ha quindi pubblicato, il 17 giugno 2021, sul proprio sito istituzionale e su quello dedicato all'iniziativa, una specifica notizia per assicurare ampia informativa circa lo stato di attuazione della procedura e, in particolare, con riferimento al mancato possesso del requisito previsto dalla
lex specialis, relativo alla qualificazione di ente del terzo settore, in base alla normativa vigente, alla data di presentazione della domanda di partecipazione al bando.
  Per completezza, infine, si evidenzia che, nella domanda di partecipazione al bando, i soggetti proponenti organizzati in ATS hanno dichiarato, alla lettera
dd), «di essere a conoscenza che il Dipartimento si riserva il diritto di procedere d'ufficio a verifiche, anche a campione, in ordine alla veridicità delle dichiarazioni rilasciate dal Capofila o dagli Associati in sede di domanda di partecipazione e/o, comunque, nel corso della procedura, ai sensi e per gli effetti della normativa vigente» e, alla successiva lettera ee), «di essere consapevole che l'accertamento della non veridicità del contenuto delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio o di certificazioni, proprie o degli associati, ovvero la non corrispondenza tra le predette dichiarazioni sostitutive con quanto effettivamente risultante dalla documentazione prodotta, comporterà l'esclusione dalla procedura, ovvero, se già presente in graduatoria, comporterà l'esclusione dalla graduatoria medesima e la decadenza dal beneficio».
  In relazione a quanto sopra premesso, nel rispetto delle previsioni del bando, il dipartimento ha inviato, da un lato, la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dal beneficio del finanziamento per n. 26 soggetti che rientrano nella fattispecie sopra descritta e, dall'altro, sta ponendo in essere gli adempimenti di competenza finalizzati a giungere, in tempi rapidi, alla sottoscrizione delle convenzioni con n. 13 beneficiari che risultano in possesso dei requisiti stabiliti dal bando.
  Per completezza di informazione, con riferimento ai 62 enti del terzo settore – ETS (già gruppi informali), si evidenzia che il dipartimento ha predisposto lo schema di convenzione e sta concludendo la verifica dei requisiti previsti dal bando. Nel mese corrente si inizieranno a sottoscrivere le convenzioni con i beneficiari ETS la cui istruttoria si è positivamente conclusa.
  Da ultimo, si rende atto che per l'utilizzo delle risorse che dovessero rendersi disponibili in seguito alle suddette verifiche, si intende comunque procedere allo scorrimento, fino ad esaurimento, della graduatoria definitiva.

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dello svolgimento di un convegno denominato «Un patto strategico per l'automotive, alla sfida della transizione» tenuto a Torino 17 settembre 2021, il vice direttore operativo di Stellantis Europa, Davide Mele, ha avuto modo di esporre alcune considerazioni sull'attuale crisi dei microchip che da mesi attanaglia segnatamente l'industria dell'auto, costringendo a riprogrammare la produzione, chiudere impianti e fare ricorso alla cassa integrazione;

   la carenza di semiconduttori si sta acuendo in maniera concreta su tutti gli stabilimenti di Stellantis, compresi quelli italiani, tra cui l'impianto Alfa Romeo di Cassino. Tale impianto sta accusando pesantemente della mancanza dei componenti elettronici rimanendo ferma ormai con cadenza continua e duratura. La situazione dell'impianto è talmente grave che ha dovuto dichiarare il fermo delle attività per i giorni dal 30 settembre ed almeno fino alla prima metà del mese di ottobre 2021;

   nel suddetto convegno di Torino, il Dcoo (deputy chief operating officer) Mele aveva affermato che al momento non si prevede «nessuna soluzione immediata per la crisi dei chip», spiegando che bisognerà fare i conti con la crisi dei chip ancora per molto tempo. In effetti, la situazione di crisi per la disponibilità dei componenti elettronici per veicoli attanaglia molti costruttori europei e americani, soprattutto perché sono quasi totalmente dipendenti dai produttori asiatici, dove tra pandemia da COVID-19, focolai e contagi nelle fabbriche di Taiwan, Cina e Corea non si riesce più a star dietro alla domanda mondiale di semiconduttori;

   nel frattempo le industrie elettroniche non asiatiche iniziano a pianificare investimenti di lungo periodo nel settore dei microchip per l'automotive: Intel, ad esempio, prevede di aumentare notevolmente la produzione di chip per il settore automotive da qui al 2030 per aiutare il settore a modernizzare i progetti in atto e utilizzare chip più avanzati con la sua previsione che i semiconduttori rappresenteranno oltre il 20 per cento della distinta base (Bom) totale dei veicoli premium entro il 2030;

   in Lombardia l'argomento dello sviluppo della produzione interna dei componenti elettronici è stato preso in debita considerazione, tanto che nel mese di maggio 2021 la regione ha promosso un incontro con la confederazione Sistema Impresa per fare il punto sulle strategie della ripresa anche alla luce delle novità contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza licenziato dal Governo Draghi. In tale occasione la Associazione Assodel ha posto l'accento sul problema della carenza dei componenti elettronici, illustrando la propria politica della sinergia (distretti elettronici) per trovare punto di convergenza tra i vari attori della supplychain che lavorano sul territorio (fornitori, Cem/Ems, clienti);

   Assodel ha esposto il proposito di alimentare un ecosistema che integri i diversi attori, ciascuno con le proprie competenze: supportare la specializzazione (verticalizzare la fornitura), identificare imprese e competenze per mercati verticali, accompagnare le imprese all'investimento tecnologico, supplire al gap formativo sul tema digital transformation;

   il distretto dell'automotive di Cassino e del Basso Lazio, già attivo sulle prospettive dell'elettrificazione dei veicoli, potrebbe porsi come un punto di riferimento per tutti gli impianti Stellantis del Mezzogiorno e fare diventare un'opportunità futura l'attuale crisi della componentistica elettronica per i veicoli, allo scopo facendo assumere allo stesso il ruolo di organismo di rete integrata volto alla realizzazione di un progetto di sviluppo per la produzione interna dei semiconduttori automobilistici –:

   se, nell'ambito dell'attuazione dei progetti di sviluppo previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, non si intendano coinvolgere le istituzioni locali, le associazioni delle imprese dell'automotive, gli enti di ricerca universitari e le organizzazioni del settore del lavoro presenti ed operanti nel Cassinate e nel Basso Lazio, al fine di prevedere in tale area la realizzazione di specifiche fabbriche di semiconduttori per i settori dell'automotive e della mobility.
(4-10446)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla grave carenza di semiconduttori e
microchip che ha colpito tutti gli stabilimenti del settore automotive nel suo complesso. Sul punto, l'interrogante suggerisce la realizzazione, nel territorio del Cassinate e del Basso Lazio, di specifiche fabbriche di semiconduttori per i settori dell'automotive e della mobility.
  Al giorno d'oggi, i semiconduttori sono una categoria di componenti essenziali ad una molteplicità di produzioni. Essi, infatti, oltre che nel settore
automotive, sono impiegati nella produzione di numerosi beni di consumo di natura elettronica, come personal computer e cellulari, come pure nella produzione di elettrodomestici, aerei e molto altro.
  Orbene, la questione sollevata è strettamente connessa con la criticità afferente alla generalizzata difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di materiale di base per la produzione industriale.
  A riguardo, come ha già avuto modo di riferire il Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti recentemente in Aula al Senato, si sottolinea anche in questa sede che nel corso degli ultimi mesi è emersa una grande preoccupazione per la carenza di materie prime, materiali e prodotti di base e l'aumento globale dei prezzi degli stessi, sia per le imprese che per le famiglie. Le cause che caratterizzano questo fenomeno sono diverse a seconda della tipologia di bene e settore. Si va, infatti, da tematiche geopolitiche a fenomeni meramente speculativi, con un dato ormai caratterizzante rappresentato da un rapporto fra domanda ed offerta che ha spinto i prezzi al rialzo. Da non trascurare poi le difficoltà nel comparto della logistica e l'impatto che le politiche climatiche sortiscono nell'innalzare i prezzi delle materie prime. Si tratta in parte di fenomeni contingenti, ma non è certo trascurabile il rischio che ci si trovi solo all'inizio di una fase di generale rincaro dei prezzi. Conseguentemente, gli strumenti per far fronte a tali criticità sono diversi.
  Per quello che attiene specificamente alla carenza di offerta dei semiconduttori, oggetto della presente interrogazione, va rilevato come essa non abbia determinato solo un innalzamento dei prezzi, ma una vera e propria criticità a livello mondiale, con ripercussioni su intere filiere produttive (come quella dell'
automotive).
  In questo caso, l'approccio per il futuro deve essere senz'altro quello dell'incentivo alla produzione nazionale, favorendo gli investimenti esteri su siti e stabilimenti produttivi italiani.
  Da ciò si evince, altresì, come la carenza di materie prime, materiali e prodotti di base colpisca tutta l'industria europea e richieda soluzioni a livello di Unione europea, dove l'attenzione per la problematica in parola è altissima.
  In particolare, si richiama il «Piano d'azione sulle Materie Prime Critiche» presentato dalla Commissione europea e progressivamente ampliato. Nella sua ultima versione, risalente al settembre 2020, è stata aggiornata la lista di «materie prime critiche» ed è stato formulato un rapporto prospettico. In questa lista figurano i semiconduttori, che rientrano tra i 34 prodotti critici per l'approvvigionamento. Per queste forniture, l'obiettivo è quello di creare una catena del valore europea e rendere le catene degli approvvigionamenti più sicure e resilienti alle variabili del commercio mondiale. Proprio in tale direzione, è stato annunciato a livello unionale il varo di un
Microchips Act.
  Il Piano d'azione affronta il tema delle materie prime essenziali per il funzionamento di un'ampia gamma di ecosistemi industriali e mira a: i) sviluppare catene del valore resilienti per gli ecosistemi industriali dell'Unione europea; ii) ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche primarie mediante l'uso circolare delle risorse, i prodotti sostenibili e l'innovazione; iii) rafforzare l'approvvigionamento interno di materie prime nell'Unione europea; iv) diversificare l'approvvigionamento dai paesi terzi e rimuovere le distorsioni del commercio internazionale.
  Uno strumento per realizzare l'obiettivo di una catena del valore europea è rappresentato dall'importante progetto di interesse comune europeo (Ipicei sui semiconduttori, finalizzato a sostenere attività di ricerca e innovazione anche nella prima applicazione industriale Ipicei Microelettronica).
  L'Ipicei Microelettronica sostiene attività di ricerca, sviluppo e innovazione in cinque settori tecnologici (
chip efficienti sul piano energetico, semiconduttori di potenza, sensori intelligenti, attrezzatura ottica avanzata e materiali compositi), con l'obiettivo di sviluppare tecnologie e componenti microelettroniche innovative che possano essere trasferite alle industrie a valle, tra le quali rileva l'industria dell'automotive.
  Grazie a questa iniziativa, la filiera nazionale della microelettronica ha beneficiato di uno stanziamento di oltre 700 milioni di euro. I progetti sono stati autorizzati dalla Commissione europea e sono in corso di realizzazione.
  Il Ministero dello sviluppo economico è attualmente impegnato in un secondo Ipicei sulla Microelettronica, volto a rafforzare lo sviluppo in Italia e in Europa di nuove tecnologie e prodotti altamente innovativi, quali ad esempio i
microchip di nuova generazione.
  Si coglie l'occasione per sottolineare il sostegno che il Governo ha dato e continua a dare agli investimenti di importanti imprese del settore in parola. Infatti, la consapevolezza della strategicità della microelettronica e, in particolare, del settore dei semiconduttori per lo sviluppo del sistema industriale nazionale, ha condotto il Governo a incentivare e assistere le imprese che operano in questo settore, sia attraverso l'utilizzo dello strumento del contratto di sviluppo, sia con l'allocazione di importanti risorse nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
  Tra le cose, si ricorda che nel mese di aprile 2021 il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato un accordo per l'innovazione per un investimento complessivo di 18 milioni di euro, con le regioni Lombardia e Sicilia e talune aziende, per la realizzazione di un progetto innovativo nella produzione microelettronica. Inoltre, nel catanese, la società STMicroelectronics ha annunciato un investimento dell'ordine di 400 milioni di euro, assistito in parte da contribuzione statale. Questo tipo di investimento contribuirà a rafforzare anche l'indotto dell'industria e contribuirà a quella autonomia strategica che l'industria nazionale ed europea dovrebbero avere, relativamente alla fornitura di semiconduttori.
  Infine, nell'ambito del settore
automotive, per il quale sono stati stanziati nel 2021 oltre un miliardo di euro per incentivare l'acquisto di veicoli a bassa emissione, proprio per far fronte ai ritardi nelle consegne dovute alla carenza di semiconduttori, il Governo ha prorogato al 30 giugno 2022 i termini entro cui concludere le prenotazioni dei contributi effettuate nel semestre in corso.
  In conclusione, si ribadisce che è massima l'attenzione del Governo per evitare fenomeni speculativi e tutelare sia gli operatori del settore, sia i consumatori. A tal fine, oltre all'utilizzo degli strumenti a disposizione dei Governi nazionali, è necessario promuovere un quadro europeo di intervento unitario, finalizzato ad addivenire a soluzioni armonizzate, per garantire l'approvvigionamento di materie prime, materiali e prodotti di base e sostenere lo sviluppo competitivo delle imprese.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   GALLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con la sentenza n. 5 del 2005, ha precisato che «la giurisprudenza è venuta chiarendo, sin dall'indomani della emanazione dell'articolo 23 della legge n. 241 del 1990, che le regole in tema di trasparenza si applicano, oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico e altro)». Tale pronuncia riprende quanto già affermato con la sentenza del Supremo giudice amministrativo, in sede plenaria n. 4 del 1999;

   detta linea interpretativa è stata seguita dal legislatore, con le modifiche apportate all'articolo 23 della citata legge n. 241 del 1990 dalla legge 3 agosto 1999 n. 265 e, più ancora, con la legge n. 15 del 2005 che ha stabilito di iscrivere – agli effetti dell'assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza –, tra le pubbliche amministrazioni, anche i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse;

   la Gori S.p.a., è il soggetto gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito distrettuale sarnese-vesuviano della Campania, che comprende numerosi comuni sia della provincia di Napoli che quella di Salerno, per un totale di 74 comuni;

   con riferimento all'attività del suddetto gestore, sono state segnalate all'interrogante alcune inottemperanze degli obblighi di trasparenza di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990;

   in particolare, il dirigente della città di Torre del Greco chiedeva con specifica nota alcuni atti e informazioni in possesso della Gori S.p.a., in risposta ai questionari del segretario generale dell'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, dottoressa Vera Corbelli, impegnata nella raccolta di dati ed informazioni importantissimi e necessari alla definizione del progetto Master-Plan relativo al Bacino del fiume Sarno, promosso dal Ministero della transizione ecologica e volto al risanamento del bacino idrografico del fiume Sarno;

   ad oggi, nonostante l'ampio lasso di tempo trascorso, non risulta alcun riscontro alla richiesta documentale suindicata;

   inoltre, a seguito di un incontro informale svoltosi a Torre Annunziata tra il sindaco del comune e i residenti di via Fusco, strada interessata dai lavori di realizzazione del sistema per il collettamento e il trasporto reflui, a quanto consta all'interrogante permarrebbero criticità in merito alla conoscibilità della documentazione riguardante il progetto preliminare e definitivo nonostante le denunce e le preoccupazioni dei cittadini per l'invasività dell'opera e possibili connessi rischi dell'incolumità e sicurezza dei residenti;

   inoltre, il citato Master-Plan, importantissimo intervento di risanamento del fiume Sarno che vede coinvolti numerosi comuni sia della provincia di Napoli che di Salerno, necessita che la Gori svolga un ruolo collaborativo sul fronte della condivisione di tutte le informazioni necessarie che garantiscano agli enti locali la possibilità di agire e progettare opere che riguardano il bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, così come progetti per affrontare il dissesto idrogeologico dei comuni, rispettando gli obblighi di trasparenza e accesso agli atti, con proficua collaborazione e dialogo tra i comuni e il gestore –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche per il tramite della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, in relazione alle criticità segnalate in premessa circa gli obblighi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e più in generale agli obblighi di trasparenza gravanti in capo alla società Gori Spa, che per altro riguardano dati rilevanti per il Master Plan concernente il bacino del Fiume Sarno.
(4-10463)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in argomento si chiedono chiarimenti in merito alle informazioni di cui il Governo dispone relativamente al rispetto degli obblighi di trasparenza di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 da parte della società Gori s.p.a., peraltro funzionali al corretto coordinamento amministrativo per la messa a terra del progetto Master Plan.
  Ringrazio l'interrogante per i quesiti formulati, perché permettono di fare luce su circostanze di primaria importanza per i cittadini dei territori interessati.
  In via preliminare, è bene evidenziare come gli invocati obblighi di trasparenza, enucleati agli articoli 22 e seguenti della legge 8 agosto 1990, n. 241, non riguardino specificamente il caso oggetto di interrogazione. Il diritto di accesso è infatti attribuito dalla legge soltanto alle persone fisiche e giuridiche di diritto privato e, quindi, non può essere invocato nei rapporti tra pubbliche amministrazioni.
  È proprio l'articolo 22, comma 5, della legge n. 241 del 1990, a prevedere che «[l]'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante» nel novero degli atti passibili di accertamento d'ufficio, «si informa al principio di leale cooperazione istituzionale». In base a tale premessa, dunque, diventano inconferenti i richiami giurisprudenziali allegati dall'interrogante. Al contrario, bisogna fare riferimento a quell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui «l'accesso ai documenti amministrativi [...] è istituto essenzialmente rivolto (se non riservato) al privato nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione, atteso che il comma 5 del citato articolo 22 espressamente contempla un regime speciale per i rapporti tra pubbliche amministrazioni, nel senso che “L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale” (principio di leale cooperazione tra pubbliche amministrazioni che trova del resto emersione anche nell'articolo 15 della medesima legge n. 241 del 1990, in base al quale “Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”; si tratta di un principio fondamentale, in forza del quale le pubbliche amministrazioni non litigano tra di loro, ma cooperano per migliorare il servizio ai cittadini e alle imprese)» (T.A.R. Campania – Napoli, sezione III, 17 gennaio 2012, n. 215).
  Chiarito quest'aspetto, si rappresenta che comunque la società Gori s.p.a. ha adottato un atteggiamento di leale cooperazione e – come a breve si dirà – ha correttamente messo a disposizione della «Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale» (di seguito soltanto «Autorità») la documentazione rilevante per il progetto
Master Plan.
  Nello specifico, nel mese di gennaio 2021, la Gori s.p.a. ha trasmesso i seguenti documenti di interesse per l'ambito distrettuale Sarnese-Vesuviano:

   la relazione sullo schema di funzionamento e le analisi eseguite in ingresso ed uscita nel periodo 2018-2020;

   le planimetrie dei bacini comprensoriali;

   le planimetrie dei collettori comprensoriali e degli impianti di depurazione (con evidenza dei tratti non in esercizio);

   le planimetrie delle zone afferenti ai «Terminali Liberi in Ambiente» («TLA») con indicazione dei cosiddetti abitanti equivalenti («AE») civili ed industriali;

   le planimetrie delle aree produttive, come individuate dal CTR regione Campania;

   la relazione sui controlli eseguiti sulle industrie conserviere.

  Successivamente la medesima società, nei mesi di febbraio e marzo 2021, sempre con riferimento all'istruttoria condotta dall'Autorità competente sul Master Plan in questione, ha trasmesso altresì gli schemi delle reti fognarie dei comuni ricadenti nel bacino idrografico del fiume Sarno e, nello specifico:

   gli schemi delle reti di collettamento delle acque meteoriche, acque reflue civili, e industriali;

   la relazione degli schemi di funzionamento impianti di depurazione ed il loro stato di funzionamento;

   l'analisi sugli effluenti degli impianti di depurazione;

   le relazioni e gli schemi di funzionamento degli impianti di depurazione;

   gli esiti dei controlli analitici sugli effluenti ed influenti degli impianti di depurazione svolti dall'avvio della relativa gestione da parte di GORI;

   gli shapefile delle reti, dei collettori comprensoriali e degli impianti fognari;

   elenco aggiornato riportante i dati di tutti i punti di scarico.

  Infine, nel mese di maggio 2021, sono stati forniti dati e informazioni più dettagliate in merito alle reti fognarie dei comuni di Bracigliano (Salerno), Fisciano (Salerno), Pagani (Salerno), San Marzano sul Sarno (Salerno), Sant'Antonio Abate (Napoli), Siano (Salerno).
  Nel complesso, quindi, la situazione prospettata dall'interrogante si è evoluta e, allo stato, si può dire che la Gori s.p.a. abbia adempiuto al proprio dovere di leale collaborazione, ostendendo tutta la documentazione rilevante per l'autorità distrettuale.
  D'altra parte, i lavori in corso per la realizzazione delle opere di collettamento delle acque reflue che interessano anche il territorio di Torre Annunziata e, soprattutto, la Via Fusco espressamente richiamata dall'interrogante, si stanno svolgendo in base al progetto esecutivo pubblicato sul sito della Gori s.p.a., liberamente accessibile al
link https://bit.ly/3BoGDY8. Dunque, anche rispetto a tali atti di progettazione è stato adottato il massimo grado di trasparenza, anche e soprattutto a beneficio dei cittadini dei territori interessati dai lavori.
  Va da sé che la pubblicazione degli atti di progettazione da parte della Gori s.p.a. mette nelle condizioni gli enti locali del territorio provinciale di svolgere tutti gli accertamenti istruttori del caso, eventualmente volti ad «agire e progettare opere che riguardano il bacino distrettuale dell'Appennino meridionale» – come attentamente osservato dall'interrogante – per gli aspetti di loro competenza.
  In conclusione, per le ragioni appena illustrate, si ritiene che, in base alle informazioni a disposizione di questo Governo, la società Gori s.p.a. abbia messo a disposizione dei soggetti pubblici e privati interessati la documentazione oggetto della presente interrogazione e che, di conseguenza, non vi siano particolari azioni da intraprendere.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   GIACOMONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per l'anno 2021 ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo, con una dotazione pari a 10 milioni di euro, allo scopo di potenziare gli uffici dei comuni che si occupano della gestione dei servizi connessi all'erogazione del cosiddetto «Superbonus al 110 per cento» per interventi finalizzati all'efficienza energetica, con l'assunzione a tempo determinato e per l'anno in corso di personale tecnico;

   i criteri e le modalità di assegnazione delle risorse, per quanto risulta all'interrogante, sarebbero in corso di avanzata definizione e saranno oggetto di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che verrà adottato su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

   per la presentazione delle domande, considerata la non perentorietà del termine previsto dall'articolo 1, comma 70, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, i comuni interessati dovranno attendere le indicazioni operative contenute nel relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   ad oggi il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta ancora adottato e ciò pregiudica inevitabilmente il buon funzionamento degli uffici dei comuni che si occupano della gestione dei servizi connessi all'erogazione del cosiddetto «Superbonus al 110 per cento», già di fatto sommersi di richieste di accesso agli atti il cui obiettivo è, come noto, quello di favorire gli interventi di efficientamento energetico e antisismici, nonché l'installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per sbloccare tale impasse ed emanare con la massima sollecitudine, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenente le indicazioni operative per i comuni che intendano potenziare gli uffici che si occupano della gestione dei servizi connessi all'erogazione del suddetto «Superbonus al 110 per cento», con l'assunzione a tempo determinato e per l'anno in corso di personale tecnico.
(4-08449)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero della transizione ecologica ha già da tempo avviato l'
iter istruttorio per la predisposizione dello schema di decreto previsto dall'articolo 1, comma 70 della legge n. 178 del 2020 (cosiddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri Assunzioni).
  Come è noto, infatti, il comma 69 della legge n. 178 del 2020) (legge di bilancio 2021), al fine di permettere ai comuni di fare fronte ai maggiori oneri gestionali connessi al cosiddetto Superbonus, di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 2020 consente l'assunzione, a tempo determinato e parziale, per la durata massima di un anno, non rinnovabile, e anche in forma associata tra più comuni, di personale da impiegare per le finalità sopra richiamate, in deroga ai limiti di spesa stabiliti dall'articolo 1, commi 557, 557-
quater e 562, della legge n. 296 del 2006.
  A riguardo, il comma 70 della legge di bilancio 2021 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (MISE) un apposito fondo da 10 milioni di euro per l'anno 2021 ed ha previsto la pubblicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per la gestione delle istanze che i Comuni avrebbero potuto presentare entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2021, ovvero entro il 31 gennaio 2021.
  Subito dopo l'emanazione della disposizione in questione, sono emerse alcune criticità.
  In primo luogo, la dotazione del fondo risulta non adeguata a coprire le richieste di tutti i comuni italiani, la maggior parte dei quali di piccole dimensioni (e, dunque, potenzialmente più bisognosi di un supporto professionale).
  Allo stesso tempo, così come segnalato dall'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), la misura dovrebbe essere estesa anche all'assunzione di personale con contratto a tempo pieno e non solo a tempo parziale. Le assunzioni dovrebbero poter derogare non solo a quanto stabilito dalla legge n. 296 del 2006, ma anche al limite di
budget per l'impiego di personale a tempo determinato, di cui all'articolo 9, comma 28 del decreto-legge n. 78 del 2010 e le relative spese dovrebbero non rilevare ai fini della verifica del rispetto del valore soglia di spesa del personale per le nuove assunzioni nei Comuni, finalizzate ad accelerare gli investimenti pubblici, secondo quanto previsto dal comma 2, articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019.
  Tali aspetti sono stati trattati nella fase di istruttoria congiunta tra il Ministero dello sviluppo economico e la Presidenza del Consiglio, nonché oggetto di confronto con ANCI. Si rappresenta, altresì, che era stato anche predisposto uno schema di decreto volto a privilegiare l'assegnazione delle risorse a quei comuni con rapporto dipendenti dell'ufficio tecnico su popolazione residente più basso e ai raggruppamenti tra piccoli comuni.
  Inoltre, lo schema di decreto prevedeva la valorizzazione dell'esistente piattaforma del Ministero dell'interno per l'erogazione di finanziamenti ai comuni, al fine di contenere gli oneri amministrativi sulla pubblica amministrazione centrale, data l'estrema numerosità dei potenziali richiedenti.
  È altresì necessario evidenziare che il capitolo di bilancio su cui grava l'apposito fondo in questione è stato assegnato agli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico in materia di incentivi. Ad oggi, il riordino dei Ministeri previsto dal decreto-legge n. 22 del 2021 con cui sono state trasferite le competenze in materia di energia dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero della transizione ecologica deve essere ancora perfezionato e, pertanto, si è in attesa di conoscere se tale capitolo transiterà o meno nelle competenze del Ministero della transizione ecologica.
  Lo strumento del «Superbonus» va comunque considerato in un'ottica più ampia e bisogna prendere in considerazione l'attività al riguardo condotta dal Governo.
  Ci si riferisce innanzitutto alle attività di semplificazione, peraltro previste anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, apportate recentemente con il decreto-legge n. 77 del 2021 cosiddetto semplificazioni); difatti è stata inserita la comunicazione di inizio lavori asseverata semplificata (CILA semplificata) con l'introduzione del comma 13-
ter, all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.
  Tale semplificazione risulta in linea con le finalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri assunzioni, proprio in quanto dirette a ridurre gli oneri gestionali connessi al superbonus per gli uffici tecnici comunali.
  Infatti, aver previsto un titolo semplificato come la CILA per tutti gli interventi ammissibili al beneficio del superbonus, aver eliminato la contestuale verifica in sede di presentazione del titolo autorizzativo dello stato legittimo dell'immobile, nonché aver definito puntualmente le condizioni di decadenza dell'incentivo, rappresentano condizioni che, di fatto, riducono sensibilmente l'onere gestionale in capo agli uffici tecnici.
  Attesa la relativa scarsità delle risorse momentaneamente allocate per il diretto potenziamento degli uffici tecnici dei comuni rappresentato precedentemente, di cui questo Ministero è consapevole, le modifiche introdotte hanno lo scopo di rendere il superbonus un elemento fondante per la transizione energetica, in linea con le aspettative dell'Unione europea, nonché uno strumento efficace nella riduzione degli oneri amministrativi nei riguardi dei cittadini, del mondo produttivo e delle pubbliche amministrazioni.

Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   LOMBARDO, FUSACCHIA, CECCONI e MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 7 gennaio 2021 è partito il 7° Censimento generale dell'agricoltura, di titolarità Istat; la rilevazione – l'ultima a cadenza decennale per il settore – si rivolge alle aziende agricole presenti in Italia, circa 1,7 milioni, e ha lo scopo di fornire una fotografia attuale del settore agricolo e zootecnico e un quadro informativo statistico sulla sua struttura a livello nazionale, regionale e locale;

   fra le principali novità introdotte nell'operazione censuaria – oltre al coinvolgimento dei Centri di assistenza agricola (Caa) nella Rete di rilevazione e la tecnica multicanale di raccolta dei dati – vi è il questionario in formato esclusivamente digitale: la scadenza dei termini per la sua compilazione è fissata al 30 luglio 2021;

   dai rapporti riassuntivi degli uffici regionali di censimento (Urc) – a pochi giorni dalla scadenza dei termini – sembrerebbe emergere un ritardo sullo stato di avanzamento della raccolta dei dati che il Sistema di gestione dell'indagine (Sgi) monitora quotidianamente: in particolare, detto ritardo sarebbe da attribuire ad alcune organizzazioni nazionali dei Caa;

   l'imminente scadenza, inizialmente fissata al 30 giugno e poi prorogata al 30 luglio, richiede un intervento urgente da parte dell'Istat affinché i Caa rispondano in modo più efficace e nel minor tempo possibile agli obblighi loro derivanti dagli oneri contrattuali, tenuto conto che ad oggi si registrano risultati inferiori alle aspettative in ordine alle risposte ottenute con le tecniche di indagine Caw e Cati e si riscontrano enormi difficoltà nel reperire le aziende agricole;

   le criticità rappresentate nella delicata fase della rilevazione potrebbero influire negativamente, in termini prospettici, sugli aspetti organizzativi del censimento permanente –:

   quali chiarimenti il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda fornire sui fatti esposti in premessa e, al contempo, quali iniziative intenda avviare per far fronte al ritardo fino ad oggi accumulato nella raccolga dei dati utili per il censimento del settore agricolo.
(4-09922)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, riguardante il 7° censimento generale dell'agricoltura svolto da Istat e terminato il 30 luglio 2021 rivolto alle aziende agricole presenti in Italia con lo scopo di fornire una fotografia attuale del settore agricolo e zootecnico e un quadro informativo statistico sulla loro struttura a livello nazionale, regionale e locale.
  Con l'atto di sindacato ispettivo in argomento si chiede al Governo dei chiarimenti in merito alle criticità emerse in corso di rilevazione statistica, criticità dovute anche allo scoppio della pandemia.
  Il censimento in oggetto è stato previsto dal Regolamento (UE) 2018/1091 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 luglio 2018 relativo alle statistiche integrate sulle aziende agricole e Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1874 della Commissione del 29 novembre 2018 sui dati da presentare per l'anno 2020 a norma del Regolamento (UE) 2018/1091 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 luglio 2018.
  Con delibera consiliare dell'11 giugno 2020, l'Istat ha approvato il piano generale del censimento e, conseguentemente, ha deciso di avviare le rilevazioni necessarie dal 7 gennaio 2021 e di protrarle – nel disegno originario – sino al 30 giugno 2021. Le informazioni da raccogliere erano riferibili all'annata agraria 2019-2020, ossia al periodo compreso tra il 1° novembre 2019 e il 31 ottobre 2020, salvo diverse indicazioni nei questionari.
  Successivamente, con delibera del presidente dell'Istat (delibera DOP 500 2021_CENSAGR2021_), per garantire la massima efficacia della rilevazione, è stata disposta la proroga del periodo di svolgimento del censimento sino al 30 luglio 2021. La raccolta dei dati si è conclusa in tale data e, con un comunicato del successivo 4 agosto, l'Istat ha attestato una «partecipazione che ha sfiorato l'83% delle aziende agricole».
  Nel complesso, il 7° censimento ha rappresentato l'occasione per sperimentare un modello organizzativo fondato sull'interazione sinergica di diversi soggetti pubblici e privati. In accordo con l'Istat, hanno concorso allo svolgimento dell'indagine censuaria, con diversi livelli di coinvolgimento, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, AGEA e i CAA (Centri di assistenza agricola) in qualità di organi censuari, presso i quali sono stati individuati gli uffici di censimento.

  Nel complesso, tale modello ha perseguito diversi obiettivi. Se ne menzionano alcuni: garantire la stabilità e il consolidamento della rete di rilevazione, anche in vista della transizione verso i censimenti permanenti; ridurre in maniera significativa i costi di rilevazione grazie al ricorso alle tecniche di rilevazione CAWI e CATI; utilizzare la presenza capillare sul territorio nazionale della rete dei CAA e le professionalità del personale ivi operante; affidare alle regioni attività di controllo della qualità del dato rilevato, da realizzare anche con eventuali verifiche sul campo secondo le modalità da specificare nei piani regionali di censimento, coerentemente a quanto stabilito nel presente piano; dare seguito operativo alla collaborazione tecnico-statistica tra gli stakeholder che hanno siglato, a dicembre 2017, il protocollo d'intesa per il coordinamento dei flussi informativi in materia di statistiche agricole; assicurare la coerenza con la struttura metodologica del Farm Register, aggiornato annualmente dall'Istat sulla base dell'integrazione di numerose fonti di cui la più importante, per esaustività e dettaglio, è quella del fascicolo aziendale 3 di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, facilitando così il processo di convergenza tra dati censuari e dati contenuti nel FR.
  Fra questi, l'obiettivo di ridurre in maniera significativa i costi di rilevazione grazie ad un approccio di tipo multi-tecnica CAWI-CATI e CAPI – esplicitamente richiamato dall'interrogante – può ritenersi centrato. Da un lato, infatti, le aziende agricole hanno dimostrato un elevato grado di partecipazione alle rilevazioni, con oltre un milione di questionari compilati (1.004.084) ed un tasso di risposta lordo pari all'82,6 per cento; peraltro, il tasso di risposta lordo è risultato pari al 91,5 per cento, con riferimento alle aziende agricole più rilevanti in termini di superficie agricola e allevamenti. Dall'altro lato, le aziende agricole rispondenti alla rilevazione hanno scelto per quasi il 15 per cento l'autocompilazione tramite il sito
web messo a disposizione dall'istituto (canale CAWI), risultato che ha significativamente superato le aspettative iniziali; per circa il 17 per cento la compilazione del questionario si è svolta con l'assistenza di un operatore telefonico (canale CATI), mentre per il 68 per cento con l'assistenza dei CAA, sia tramite intervista faccia a faccia (46,1 per cento) che tramite intervista telefonica (21,9 per cento ).
  In conclusione, ritengo che i primi riscontri numerici emersi dalla conclusione del 7° censimento siano in grado di sciogliere i – pur comprensibili – nodi sollevati dall'interrogante con la sua interrogazione. I risultati derivanti dall'utilizzo delle nuove tecniche di rilevazione si sono rivelati positivi, anche oltre le aspettative iniziali.
  

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   MELICCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   Anas S.p.a., in data 8 maggio 2019, ha pubblicato annuncio di lavoro, cosiddetto «Job posting», per il reclutamento di alcune figure professionali all'interno dell'azienda: tecnico professionale, tecnico specializzato, assistente tecnico, capo cantoniere;

   tra gli idonei assunti non tutti sono stati allocati presso i compartimenti indicati nel citato annuncio di Job posting;

   in data 15 ottobre 2020, nell'incontro di Anas con i sindacati, Anas ha fornito il piano delle assunzioni per il 2020;

   in merito ai processi selettivi di Job posting, in tale incontro, Anas si era impegnata alla definizione dei trasferimenti previsti per gli aventi diritto;

   per la regione Calabria, ad oggi, a quanto consta all'interrogante, non sarebbero stati attuati i trasferimenti programmati per coloro che hanno superato la selezione Job posting, nonostante, nel biennio novembre 2019-novembre 2021, si siano resi disponibili circa 30 posti per pensionamenti cui vanno aggiunti i posti resisi liberi a seguito dei pensionamenti intervenuti dal novembre 2021 ad oggi;

   inoltre, Anas S.p.a. da anni risulterebbe escludere la Calabria, sempre a quanto consta all'interrogante, dall'emanazione dei bandi per l'assunzione a tempo determinato di operatori specializzati (cosiddetti trimestrali) da inserire a supporto delle direzioni per la gestione ordinaria durante il periodo invernale, nonostante la Calabria necessiti fortemente di tali prestazioni per il suo clima e per la morfologia del suo territorio;

   pertanto, in data 31 marzo 2020, l'interrogante aveva formulato, presso Anas S.p.a., istanza di accesso agli atti ex articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con la quale si chiedeva, tra l'altro, le ragioni di tali mancati trasferimenti;

   nella stessa istanza si chiedeva anche l'indicazione dei bandi attivi, ovvero di prossima pubblicazione, per l'assunzione di personale per la Struttura Territoriale Calabria, bandi che dovrebbero essere pubblicati sul sito e comunque forniti, anche a mezzo di link, in caso di specifica richiesta;

   Anas S.p.a., con missiva protocollo n. U.0247365 del 22 aprile 2021, in risposta alla richiesta, non forniva le informazioni in quanto i dati richiesti «non rientrano tra quelli oggetto di volontaria pubblicazione», essendo l'istanza qualificata quale accesso civico «generalizzato», ed in quanto tale non può essere gestita;

   pertanto, considerata l'oggettiva impossibilità di ottenere da Anas anche le informazioni riguardanti i bandi pubblicati, con la presente interrogazione si richiedono direttamente al Ministro interrogato chiarimenti circa la situazione esposta –:

   quali siano le ragioni per le quali, nonostante siano trascorsi due anni, non sia stata ancora comunicata la nuova allocazione, come annunciato nella comunicazione del 9 ottobre 2019 trasmessa dalla direzione risorse umane e organizzazione, a tutti coloro che avevano positivamente superato la selezione di Job posting – rif. JP 05.2019;

   se risulti che, da più anni, Anas escluda la Calabria dall'emanazione dei bandi per l'assunzione a tempo determinato di operatori specializzati per la gestione ordinaria durante il periodo invernale, e, in caso affermativo, per quali ragioni;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare in merito.
(4-10069)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito alle selezioni di personale effettuate da Anas per individuare alcuni specifici profili professionali da collocare nella struttura territoriale della Calabria.
  Al riguardo, la società Anas ha rappresentato di aver attivato, nel mese di maggio 2019, un
job posting per individuare internamente delle professionalità idonee alla copertura di alcuni profili professionali da allocare nella propria struttura territoriale Calabria.
  L'
iter selettivo è stato avviato su tutto il territorio nazionale con la finalità di creare delle liste di idonei cui attingere per eventuali necessità che avrebbero potuto manifestarsi in futuro e non per ricoprire fabbisogni già rilevati.
  All'esito dei processi selettivi, sono stati individuati i seguenti idonei:

   assistente tecnico, n. 5 unità;

   capo cantoniere, n. 9 unità;

   capo nucleo n. 2 unità;

   direttore operativo, n. 6 unità;

   capo centro, n. 3 unità.

  Ad oggi, sono stati allocati tutti gli idonei selezionati per i profili per i quali era stato indetto il job posting (tranne quelli che hanno rinunciato), ad eccezione dei selezionati per il profilo di capo cantoniere la cui allocazione è in via di formalizzazione.
  Con riferimento al mancato avvio, negli ultimi anni, di avvisi di selezione per l'assunzione di stagionati, Anas ha rappresentato che – sia in esecuzione del processo selettivo del 2019 che nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 27, comma 4, del vigente Contratto collettino nazionale di lavoro dei dipendenti del gruppo Anas – negli anni 2019, 2020 e 2021 sono state assunte 42 unità di stagionali per soddisfare il fabbisogno derivante dalle attività da effettuarsi nei periodi invernale ed estivo.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   MINARDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel carcere dell'Ucciardone di Palermo, le aggressioni verso gli agenti di polizia penitenziaria preoccupano per la loro frequenza;

   nei primi giorni di gennaio 2021, un assistente capo della polizia penitenziaria, di 53 anni, e stato portato con l'ambulanza in ospedale in quanto colpito da un detenuto nella nona sezione, riportando diverse escoriazioni e traumi; pochi giorni dopo, il 9 gennaio 2021, un altro agente è stato ferito da un recluso che ha lanciato un oggetto pesante, colpendolo al ginocchio;

   secondo le ricostruzioni, a scagliarsi contro l'agente è stato un detenuto al rientro dai colloqui con i familiari. Il recluso avrebbe lanciato qualcosa di pesante, forse un tavolino, colpendo l'agente al ginocchio. I fatti saranno chiariti dall'indagine interna avviata dalla direzione dell'istituto penitenziario;

   si reputa che nel carcere di Palermo, le aggressioni verso la polizia penitenziaria siano il frutto anche di politiche divisorie, che, a volte, hanno dato l'impressione di voler scaricare verso chi ha l'onere primario di custodire, tanto che, tramite i mass-media, il garante dei detenuti e l'associazione Antigone denunciano legittimamente le condizioni di vita dei reclusi, ma sembra che il vero problema non si voglia affrontare, e sembra che si cerchi di responsabilizzare soltanto chi ha l'onere di custodire persone detenute, probabilmente anche malate;

   la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari ha determinato la conseguenza di confinare al carcere dell'Ucciardone (ma anche in altri istituti penitenziari) oltre 60 detenuti tra cui moltissimi con problemi psichiatrici, altri accusati di reati di riprovazione sociale ed infine alcuni, al regime del 14-bis O.P, in un reparto come la 9ª sezione dell'Ucciardone; ma non si è tenuto nella giusta considerazione che tale sezione ha delle celle dotate di suppellettili in ferro, in legno, e parti di porcellana, tutti materiali che possono aumentare il rischio che un detenuto possa farsi male, nonché di farlo a chi cerca di garantire l'ordine e la sicurezza all'interno di un carcere;

   risulta evidente la mancanza di sinergia tra chi è deputato a garantire le esigenze di sicurezza, rispetto a quei detenuti che hanno la necessità di cure sanitarie e coloro che devono assicurare una vigilanza particolare, in strutture non idonee, e tale mancanza di sinergia sta innalzando pericolosamente il livello di aggressioni verso chi vive e lavora nelle strutture penitenziarie;

   ormai ogni giorno si assiste ad aggressioni di questo tipo a scapito di donne e uomini in divisa che con spirito di sacrificio ed abnegazione garantiscono, seppur fra mille difficoltà, la sicurezza all'interno delle nostre carceri su tutto il territorio nazionale –:

   se e in che termini il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per ristabilire gli opportuni livelli di sicurezza in questo penitenziario per tutti coloro che ogni giorno prestano la propria attività lavorativa a rischio dell'incolumità fisica, nonché per incrementare l'organico presso la medesima struttura.
(4-08362)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, riferendo di due aggressioni occorse nella prima decade del mese di gennaio 2021 in danno di 2 agenti della polizia penitenziaria operanti presso il carcere Ucciardone di Palermo, avanza precipuo quesito circa gli intendimenti volti a tutelare l'incolumità psicofisica degli appartenenti alla polizia penitenziaria e a superare le problematiche derivanti dalla carenza di organico e dalla presenza di detenuti con disagio psichico.
  Va subito evidenziato come la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è interesse primario dell'Amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
  Ciò premesso, si evidenzia che presso la casa di reclusione di Palermo alla data del 10 agosto 2021 risultano presenti 398 detenuti a fronte di 545 posti regolamentari disponibili.
  Per quanto attiene la prevenzione delle aggressioni a danno degli operatori penitenziari già con la circolare n. 0186697-2015 del 26 maggio 2015 è stata data disposizione ai provveditorati regionali di individuare alcune sezioni ove allocare quei detenuti non ancora pronti per il regime aperto, o incompatibili con lo stesso, in osservanza di quanto previsto dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  La norma suindicata prevede infatti che i detenuti e gli internati che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, vengano assegnati ad appositi istituti o sezioni.
  L'individuazione di tali sezioni non risponde ad una logica di isolamento o punizione, ma ad un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare per i soggetti che vi sono assegnati il ritorno al regime comune «aperto», e nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
  È comunque previsto che l'allocazione presso tali sezioni venga verificata dalle direzioni periodicamente, con cadenza semestrale, al fine di appurare la permanenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
  Al proposito va menzionata anche la nota Dap n. 0316870 del 10 ottobre 2018 avente ad oggetto: «Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza» ove viene evidenziato che le richieste delle direzioni relative all'allontanamento di detenuti per motivi di ordine e sicurezza dovranno riguardare quei soggetti responsabili di aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria del personale medico o infermieristico od ancora di quello del volontariato; le aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti; danneggiamenti dei beni dell'Amministrazione e qualsiasi altro evento di violenza.
  Il provvedimento dovrà essere adottato dai provveditorati regionali che disporranno il trasferimento del detenuto presso altro istituto del distretto.
  Nei casi da considerarsi più gravi, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, acquisiti tutti gli elementi informativi più utili, potrà provvedere, anche su richiesta del capo del dipartimento, al trasferimento del detenuto o dei detenuti interessati dall'evento critico disponendone l'assegnazione presso altro istituto extra-distretto.
  Il tempestivo intervento dell'Amministrazione assume, certamente, altresì una funzione special-preventiva, evidenziando una risposta immediata ed efficace quindi anche sotto il profilo della deterrenza verso future condotte aggressive.
  Ancora, di recente è stata emanata la circolare Dap n. 3689/6139 del 22 luglio 2020 avente ad oggetto: «Aggressioni al personale-linee di intervento», in cui viene evidenziata la necessità, ai fini di un ridimensionamento della portata del fenomeno delle aggressioni, di ricorrere ad un approccio integrato che tenga conto sia del profilo della prevenzione sia del versante delle conseguenze che devono scaturire dalla consumazione degli eventi di aggressione.
  Quanto alla presenza di detenuti con problematiche psichiatriche, si rappresenta che l'istituto in questione dispone di servizio di assistenza psichiatrica trisettimanale.
  Va aggiunto che il carcere siciliano si pone sul territorio regionale quale casa di reclusione che, unitamente a quella di Augusta, si caratterizza quale istituto attrezzato sul piano, della sicurezza, sia interna/penitenziaria che esterna, date le caratteristiche strutturali della citata sede (muro di cinta con camminamento presidiato, reparto isolamento, sezione
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, disponibilità di adeguate soluzioni allocative sia per i detenuti del circuito media sicurezza, che del circuito protetti), le dotazioni tecnologiche presenti e la disponibilità sul territorio del medesimo comune di Palermo, ove occorressero, di idonei immediati supporti sia di altri reparti di polizia penitenziaria (C.C. Palermo Pagliarelli, Ntp cittadino Palermo Pagliarelli, Prap che di organismi di Pubblica sicurezza, come del resto sperimentato in occasione dei disordini occorsi nel mese di marzo 2020.
  Inoltre anche dal punto di vista dei presidi sanitari esistenti l'istituto dispone di un maggior numero di servizi sanitari offerti in modalità intramuraria, grazie agli sforzi messi in campo dalla Asp di Palermo, che garantiscono livelli di assistenza sanitaria non disponibili presso altri istituti.
  Le scelte allocative interne dei detenuti ristretti all'interno di ogni singolo reparto sono rimesse alla direzione dell'istituto in funzione delle specificità dei singoli detenuti, risultanti soprattutto dai fascicoli personali, e delle possibilità organizzative della struttura.
  Quanto infine all'organico, il Ministero pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale.
  Sul punto si rappresenta che sono già state attivate le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo «maschile e femminile» del Corpo di polizia penitenziaria, in ossequio a quanto disposto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei «Ruoli delle Forze di Polizia».
  Si segnala, infine, che l'organico del carcere Ucciardone è stato incrementato di n. 19 unità del ruolo agenti/assistenti «maschile», n. 7 unità del ruolo agenti/assistenti «femminile», in occasione delle assegnazioni del 175°, 176° e 177° corso allievi agenti, avvenute, rispettivamente, nei mesi di marzo ed aprile 2020.
  Inoltre, a conclusione del 178° corso allievi/agenti, avvenuta nel mese di luglio 2021, è stato disposto un ulteriore aumento di n. 12 unità maschili.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   OCCHIONERO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, fra le voci che compongono la retribuzione della dirigenza del pubblico impiego, figura la retribuzione di risultato, che viene erogata a seguito di un procedimento di valutazione che tiene conto del grado di raggiungimento degli obiettivi loro assegnati dall'Amministrazione;

   il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante norme di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, prevede che la retribuzione di risultato sia direttamente collegata al conseguimento dei predetti obiettivi di risultato;

   in relazione agli enti locali, territoriali e alle regioni, avviene, sempre più sovente, che le amministrazioni non adempiano ad erogare tale indennità accessoria di risultato;

   in taluni casi è avvenuto perfino che le amministrazioni regionali e gli enti non abbiano dato completa attuazione al ciclo della performance, ovvero che non abbiano ottemperato alle indicazioni degli organismi interni di valutazione;

   a puro titolo di esempio, i dirigenti della regione Molise dal 2017, non percepiscono l'indennità di risultato, pur avendo, in alcuni casi, prodotto le necessarie e relative refertazioni;

   nella Regione Molise ciò sembra sia avvenuto anche per l'inerzia, talvolta della giunta, altre volte dell'organismo di valutazione interno, ovvero per la mancata nomina dello stesso;

   tali situazioni, che si verificano ormai sempre più frequentemente e che, nella più parte dei casi, non dipendono dalla dirigenza, ma dalla cattiva gestione dei processi della performance, ovvero dalla loro cattiva applicazione, penalizzano quei dipendenti pubblici che andrebbero invece valorizzati;

   in considerazione del fatto che i dirigenti della pubblica amministrazione a breve, saranno chiamati a gestire i complessi ed imponenti processi di spesa relativi alla gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, in considerazione della necessaria efficienza e celerità che l'attuazione del Piano imporrà, sarebbe auspicabile non vi fossero problemi nell'applicazione della disciplina relativa ai processi della performance e alle conseguenti indennità premiali di risultato;

   nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione, sarebbe opportuno prevedere sistemi sempre più automatici e oggettivi di valutazione, che, però, impediscano anche, in maniera categorica, che tali processi possano essere arrestati o addirittura inficiati da inerzia degli organi competenti, penalizzando i dirigenti più capaci ed equiparandoli, nel trattamento economico, a quelli meno efficienti –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di porre rimedio a tale ingiusto trattamento nei confronti della dirigenza pubblica nazionale e locale, eventualmente adottando anche iniziative di carattere normativo affinché la premialità nella pubblica amministrazione sia effettiva, efficace e non rechi pregiudizio ai dipendenti pubblici, con ciò concretizzando situazioni di oggettiva inefficienza.
(4-10475)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in argomento si chiedono chiarimenti in merito alle soluzioni che il Ministro intende adottare per porre fine al trattamento diffuso nei confronti della dirigenza pubblica nazionale e locale, alla quale spesso non verrebbe corrisposta la componente accessoria della retribuzione connessa alla valutazione della performance.
  Segnatamente, l'interrogante denuncia il verificarsi di diversi casi in cui, per inerzia o per negligenza, le pubbliche amministrazioni – nazionali e, soprattutto, locali – non corrisponderebbero ai dirigenti la retribuzione di risultato, nonostante questi ultimi abbiano raggiunto gli obiettivi predeterminati e quindi abbiano maturato il diritto a tali somme.
  È necessario, in proposito, operare una distinzione: una cosa sono i problemi che possono sorgere a monte, per una disciplina normativa che presenta alcune criticità; altra cosa sono i casi di scorretta gestione amministrativa a valle, in cui le pubbliche amministrazioni vengono meno agli obblighi legali e agli impegni contrattuali assunti con i propri dipendenti. I due aspetti richiedono risposte differenti da parte di questo dicastero.
  Quanto al primo profilo, l'interrogante sostiene che «sarebbe opportuno prevedere sistemi sempre più automatici e oggettivi di valutazione, che, però, impediscano anche, in maniera categorica, che tali processi possano essere arrestati o addirittura inficiati da inerzia degli organi competenti».
  La proposta non è soddisfacente e ritengo vada esattamente nella direzione opposta rispetto a quella assunta negli ultimi anni dalla normativa di riferimento. Da vent'anni ormai i tentativi del legislatore sono rivolti a sottrarre la valutazione dei dipendenti pubblici – e in special modo dei dirigenti – ai rigidi automatismi della disciplina legale. Il tentativo di conformare l'azione amministrativa ad un modello «manageriale» mutuato dal settore privato ha imposto al legislatore di conferire ai vertici delle amministrazioni maggiore discrezionalità, proprio per consentire una valutazione quanto più puntuale e dettagliata possibile.
  A riprova di quanto detto, bisogna ricordare che la concreta valutazione della
performance è stata delegata dal legislatore ai vertici amministrativi anche sottraendola, in linea di massima, alla contrattazione collettiva. L'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, chiarisce infatti che la contrattazione in merito alla «valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio [...] è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge». E difatti, l'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2009, così come modificato dal decreto legislativo n. 74 del 2017, dispone proprio che «[i]l contratto collettivo nazionale, nell'ambito delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance ai sensi dell'articolo 40, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e fissa criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi [...] corrisponda un'effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati».
  D'altra parte, per garantire l'imparzialità della valutazione e la sua rispondenza al principio di buona amministrazione, l'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2009 ha previsto una forma di controllo interno, preposta al monitoraggio e all'asseverazione dei processi valutativi, impersonata dagli organismi indipendenti di valutazione (OIV), i quali godono di uno statuto di indipendenza funzionale all'interno delle pubbliche amministrazioni.
  Fra le funzioni assegnate a tali organismi, sono da segnalare la valutazione e il controllo strategico, che mirano a verificare l'effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo politico; il monitoraggio del funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni; la verifica circa la correttezza dei processi di misurazione e valutazione.
  Non va poi dimenticato che il dipartimento della funzione pubblica, nell'ambito della funzione di coordinamento assegnata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzata proprio a ridurre il rischio di un'applicazione disomogenea e dissonante delle prescrizioni normative nell'ambito della pubblica amministrazione in genere (e sottacendo l'attività di verifica dell'ispettorato, di cui fra poco si dirà), si è impegnato da tempo a fornire orientamenti univoci nel processo di costruzione del sistema (linee guida) e a promuovere lo sviluppo di competenze e conoscenze specifiche sul tema della
performance, attraverso strumenti di diffusione delle esperienze e conoscenze, come le comunità di pratica.
  Detto questo, è innegabile che talvolta le inefficienze dell'apparato possano tradursi in un malfunzionamento del modello legale disegnato dal legislatore del 2009. Un problema di questo tipo, per esempio, può verificarsi qualora il vertice politico-amministrativo di un'amministrazione non adotti il piano della
performance. In tal caso, l'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 150 del 2009, impedisce la corresponsione del trattamento accessorio ricollegabile alla valutazione dei risultati «ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del piano, per omissione o inerzia nell'adempimento dei propri compiti».
  Ora, una tale evenienza può verificarsi per negligenza degli uffici di vertice, ma può anche accadere che le pubbliche amministrazioni si ritrovino oberate di oneri amministrativi e burocratici eccessivi. Ciò è vero soprattutto per le amministrazioni di minori dimensioni, come quelle degli enti locali.
  Peraltro, proprio nei confronti delle regioni e degli enti locali, va precisato che, in base agli articoli 16 e 31, del decreto legislativo n. 150 del 2009, sussiste semplicemente un obbligo di adeguare i propri ordinamenti ai princìpi sopra elencati. In altri termini, anche il modello legale può differire fra i diversi livelli delle amministrazioni territoriali.
  In questo conteso, la regione Molise merita un discorso a parte. La relazione della Corte dei conti di accompagnamento al giudizio di parifica del rendiconto 2018 della regione Molise (Del. CdC n. 121/2019/PARI), infatti, ha evidenziato come, da un lato, la regione abbia recepito le linee programmatiche imposte dal decreto legislativo n. 150 del 2009; ma ha anche censurato, dall'altro lato, la concreta gestione amministrativa di valutazione della
performance della regione, sottolineando come «dalla relazione sui controlli interni della Regione Molise dedicata alla valutazione del personale emerge un sistema complessivamente insoddisfacente quanto ai metodi ed ai sistemi utilizzati, che risultano incompleti, non aggiornati alla normativa vigente e non in grado di assicurare una valutazione integrata ed incrociata alle varie tipologie di controlli interni normativamente previste». Ora, proprio nell'ottica di provare a fornire una risposta «sistematica» alle possibili criticità accennate e, soprattutto, per prevenire il rischio di una mancata adozione dei piani da parte delle amministrazioni di minori dimensioni, il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, ha recentemente introdotto una misura di semplificazione e razionalizzazione degli atti di pianificazione del personale pubblico. Mi riferisco al Piano integrato previsto dall'articolo 6 del predetto decreto, il quale, a regime, dovrà assorbire anche il piano della performance. Si tratta, in verità, di una misura la cui natura semplificatoria comporterà un minor onere amministrativo per le pubbliche amministrazioni, derivante dall'assorbimento in un unico documento di molteplici atti di programmazione e pianificazione attualmente vigenti.
  In questo modo si è inteso migliorare l'assetto normativo della materia, sottraendo alla dirigenza di vertice delle piccole amministrazioni qualunque appiglio legale alla sua eventuale negligenza. Ciò, tuttavia, non esclude del tutto che si verifichino situazioni ingiustificate in cui le pubbliche amministrazioni comunque non corrispondono la retribuzione di risultato ai propri dipendenti. Le fattispecie astrattamente configurabili sono infinite e possono discendere tanto dal dolo quanto dalla colpa grave degli organi di vertice, nonché da possibili situazioni di dissesto finanziario degli enti.
  Per questo motivo – e vengo al secondo profilo della mia risposta – non si possono confondere in questa materia gli aspetti legislativi – di competenza dello Stato e delle regioni in base ai rispettivi ambiti – con gli aspetti gestionali, i quali chiamano in causa la responsabilità delle singole amministrazioni direttamente coinvolte e che non competono direttamente al mio dicastero.
  Nello specifico, la mancata corresponsione del trattamento accessorio, se illegittima e connessa alla colpa grave o al dolo della dirigenza, può tradursi in una responsabilità per danno erariale, da sottoporre al vaglio della Corte dei conti. D'altra parte, una situazione di dissesto finanziario di un ente può ragionevolmente comportare un ritardo nei pagamenti dei dipendenti, ma questi ultimi risultano comunque parzialmente garantiti.
  In altri termini, l'universo delle ipotesi di illegittimità è ampio e per tali fattispecie è pur sempre possibile adire l'autorità giudiziaria per tutelare i propri interessi giuridici ed economici; spetta poi eventualmente alla funzione di sindacato ispettivo degli organi di rappresentanza politica delle autonomie territoriali esigere una risposta da parte delle rispettive amministrazioni.
  È sempre possibile, nelle fattispecie sopra richiamate, richiedere l'attivazione dei poteri di controllo da parte di questa amministrazione – per il tramite del proprio Ispettorato per la funzione pubblica – nel qual caso è necessario circostanziare nel dettaglio le situazioni di irregolarità riscontrate.
  In conclusione: l'indirizzo politico-legislativo costantemente ribadito negli ultimi anni dal legislatore induce a non percorrere strade atte a rendere «automatici e oggettivi» i sistemi di valutazione della
performance.
  Nondimeno, un elemento di miglioramento della disciplina può rinvenirsi nella semplificazione amministrativa operata con il Piano integrato recentemente previsto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 80 del 2021.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sabato 22 maggio 2021, Musa Balde, un giovane di 23 anni proveniente dalla Guinea si è suicidato con un lenzuolo nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino, dove da giorni era rinchiuso in isolamento sanitario;

   il giovane qualche settimana era stato vittima di un violento pestaggio, testimoniato anche da un video, da parte di 3 italiani armati di spranghe e bastoni per le vie di Ventimiglia, per un presunto tentativo di furto di un cellulare;

   dopo l'aggressione il ragazzo era stato trasportato in ospedale e poi, appurato che era sprovvisto della documentazione necessaria a giustificare la sua presenza sul territorio italiano, era stato trasferito presso il Cpr di Torino;

   il Garante per le persone private della libertà Mauro Palma, così come riporta il sito online Redattore sociale, ha ribadito anche in questa circostanza l'inadeguatezza dei Cpr e, in particolare, della struttura di Torino ad accogliere persone fragili e vittime di violenza;

   il suicidio di Musa Balde pone diversi interrogativi anzitutto rispetto all'idoneità del centro ad accogliere un ragazzo che si stava riprendendo da un'aggressione; inoltre ci si chiede se lo stesso sia stato preso in carico come persona fragile e quindi quale tipo di assistenza abbia realmente ricevuto;

   da quanto riportato da Redattore sociale per i casi di «isolamento sanitario» nel Cpr di Torino viene utilizzato il cosiddetto «Ospedaletto», costituito da un unico corpo di fabbrica suddiviso in 12 locali di pernottamento con una capienza pari a 24 posti;

   la prefettura competente avrebbe assicurato che questi ambienti vengono riservati esclusivamente alle persone trattenute che presentano particolari esigenze, che la collocazione avviene sotto continua sorveglianza medica e che gli unici casi di persone trattenute collocate in tali ambienti per ragioni «non sanitarie» sono ascrivibili a soggetti che ne fanno espressa richiesta e comunque sempre per motivi legati alla tutela della loro incolumità fisica;

   il Garante per le persone private della libertà ha sollevato molteplici criticità sulla struttura chiamata «Ospedaletto» e ha mosso diversi rilievi, dai quali emergono le numerose difficoltà a garantire un'effettiva sorveglianza sanitaria da parte del personale preposto e una condizione detentiva considerata «inaccettabile» che si sviluppa in un contesto «disumanizzante», dove l'accesso ai diritti di cui le persone trattenute sono titolari passa attraverso la demarcazione fisica della relazione di potere tra il personale e lo straniero ristretto che versa in una situazione di inferiorità;

   a questo si aggiunge la prassi di utilizzare gli ambienti dell'isolamento sanitario anche per altri scopi riconducibili a ragioni di sicurezza e mantenimento dell'ordine, per cui il ricorso all'isolamento per ragioni sostanzialmente disciplinari senza una specifica disciplina giuridica che definisca la procedura con le dovute garanzie di contraddittorio, i tempi di durata della misura e la possibilità di ricorso è molto critica e presenta profili di inaccettabilità;

   a parere dell'interrogante, Musa Balde, da vittima, nonché testimone di violenza subita e potenziale richiedente asilo, tenuto anche conto del Paese di provenienza, è stato trattato come straniero da espellere senza nemmeno considerare i rischi ai quali veniva esposto con il rimpatrio in Guinea ed è stato trattenuto in un Cpr inadatto a prendere in carico situazioni del genere –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si faccia chiarezza su quanto di gravissimo è accaduto presso il Cpr di Torino e in relazione al trasferimento di Musa Balde presso quel Cpr nelle delicate ore successive alle sue dimissioni dall'ospedale e se risulti al Ministro interrogato che lo stesso giovane abbia ricevuto adeguata assistenza dal punto di vista medico-psicologico e legale attraverso chiare informazioni sull'esercizio dei propri diritti in materia di protezione internazionale, anche in quanto vittima di violenza.
(4-09369)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Come riportato nell'interrogazione, il suicidio del giovane Moussa Balde è avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2021 nel CPR di Torino.
  Qualche giorno prima, il predetto era stato vittima di un'aggressione a Ventimiglia ed era stato condotto all'ospedale di Bordighera per le cure del caso. Dagli accertamenti effettuati emergeva che il medesimo aveva diversi precedenti penali, anche per lesioni personali e detenzione abusiva di armi, e che nei suoi confronti era già stato emesso un provvedimento di espulsione da parte del prefetto di Imperia. In ragione di tali precedenti, il giovane veniva trasferito dall'ospedale al CPR di Torino, munito di un certificato di idoneità alla vita in comunità ristretta, rilasciato dall'ASL di Imperia e, appena giunto nel centro, confermato del direttore sanitario della struttura, che sottoponeva immediatamente alla visita di primo ingresso il cittadino straniero ivi giunto. Successivamente, il 12 maggio, il giudice di pace di Torino convalidava il trattenimento, con provvedimento con il quale si rilevava in particolare che «non sono emersi elementi tali da far ritenere illegittimo il decreto di espulsione, né sono state rilevate circostanze di cui all'articolo 19 T.U.I.».
  Non consta che, in data successiva all'udienza, i legali del signor Balde abbiano fatto pervenire segnalazioni utili a far ritenere che lo stesso si trovasse in una situazione di fragilità psicologica o che fosse stato vittima di atti di aggressione precedentemente al suo trasferimento presso il C.P.R. di Torino né risultano richieste di rimpatrio assistito nel Paese di origine.
  A seguire, il signor Balde veniva sottoposto a colloquio conoscitivo dalla psicologa in servizio presso il centro, anche alla presenza del responsabile del supporto legale. In tale circostanza non emergevano vulnerabilità, anzi il cittadino straniero si mostrava collaborativo e non evidenziava segnali di fragilità o intenti autolesionistici e dichiarava di essersi procurato con una caduta accidentale le ferite riscontrate durante la visita.
  Va anche precisato che, al suo arrivo, il Balde era stato collocato come unico occupante in uno specifico reparto del centro, per una precauzione di carattere medico, in considerazione di una sua possibile patologia dermatologica contagiosa, esclusa poi dal successivo accertamento clinico.
  Il successivo 19 maggio, al cittadino straniero venivano rimossi i punti di sutura alle due ferite al capo e il 21 maggio lo stesso era nuovamente convocato presso l'ambulatorio medico per la verifica delle sue condizioni di salute.
  In tale occasione, gli veniva prospettata l'opportunità di una sistemazione nell'area comune della struttura, cosiddetta «Area verde», ipotesi tuttavia respinta dall'interessato.
  Si segnala che la direzione dell'ente gestore, al fine di acquisire una valutazione ancora più accurata dello stato psichico del Balde, aveva deciso di fissare per il 24 e il 25 maggio successivi un appuntamento con lo psichiatra per un colloquio con l'ospite e un nuovo colloquio con la psicologa, che però purtroppo non hanno potuto essere svolti per il gesto estremo del migrante guineano, verificatosi, come detto, il 23 maggio.
  Alla luce degli elementi appena rassegnati, la semplice successione dei fatti induce a escludere che nel caso in questione vi siano state negligenze degli operatori che abbiano potuto concorrere a determinare il doloroso evento.
  Riguardo, infine, al miglioramento delle condizioni di vita all'interno dei CPR, sono stati disposti ingenti interventi presso i CPR di Bari, Milano, Roma e anche della stessa Torino, allo scopo di migliorarne l'efficienza, la capacità e la qualità ricettiva, gravemente compromessa da atti di vandalismo posti in essere dagli stessi ospiti, tenendo anche conto delle esigenze di distanziamento connesse alla pandemia.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   PETTARIN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha deliberato l'emissione il 30 giugno 2021 di francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica «il Patrimonio naturale e paesaggistico – Serie Turistica: Roma, Milano, Firenze, Venezia, Napoli, Palermo» con la legenda «L'Italia riparte» in duecentomila esemplari per ciascun francobollo in fogli da 28, centomila esemplari per ciascun francobollo in minifogli da 10 e quarantacinquemila foglietti composti da sei francobolli diversi;

   in particolare, foglietti, del valore nominale di 6,60 euro, a quanto si apprende, sarebbero stati distribuiti in modo non capillare sul territorio. Ad esempio, in Friuli Venezia Giulia, a quanto risulta all'interrogante, sarebbero state consegnate solo poche decine di pezzi alla direzione provinciale di Poste Italiane di Trieste e nessuno a Udine, Gorizia e Pordenone. Il foglietto risulta inoltre non acquistabile dal sito di Poste Italiane. La tiratura oggettivamente contenuta e la modalità di distribuzione hanno creato, a quanto consta all'interrogante, gravi disagi all'utenza che non è riuscita ad acquistare il foglietto tramite i canali istituzionali – Uffici postali abilitati, «Spazi Filatelia» e sito poste.it – contrariamente a quanto assicurato da Poste Italiane; ciò suggerisce l'ipotesi che la tiratura possa essere stata oggetto di così scarsa distribuzione da aver causato di fatto la impossibilità per molti interessati di acquistare il prodotto;

   il foglietto sarebbe diventato così subito oggetto di speculazione;

   tale modalità di emissione suscita perplessità se si considera la finalità di promuovere la ripresa del Paese dopo la pandemia («L'Italia riparte»);

   non è la prima volta che si verificano casi di distribuzione disomogenea con il pericolo di conseguenti speculazioni;

   la tiratura del foglietto «L'Italia riparte» è notevolmente inferiore rispetto alle tirature ordinarie di due-trecentomila pezzi e pertanto insufficiente a coprire le richieste degli utenti. Una tiratura di duecentomila esemplari, anziché quarantacinquemila, porterebbe probabilmente alla vendita di almeno altri centocinquantamila esemplari, pari alla consueta domanda di mercato, con un maggiore introito estremamente importante –:

   se sia a conoscenza dei disagi e delle problematiche connesse alla distribuzione del foglietto «L'Italia riparte» in ogni direzione provinciale di Poste Italiane; quali iniziative intenda assumere per evitare il ripetersi di tali inconvenienti e se, in questo caso, ritenga necessario autorizzare la stampa di almeno ulteriori centocinquantamila esemplari del foglietto in parola, con caratteristiche indistinguibili dalla tiratura già autorizzata, garantendone la capillare distribuzione sul territorio nazionale e parità di condizioni nell'acquisto per tutti gli utenti interessati.
(4-10270)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sentita a riguardo la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, nonché la società Poste italiane s.p.a., si rappresenta quanto segue.
  Le carte valori postali rappresentano un'affrancatura per l'accesso al servizio postale universale e possono anche essere oggetto di collezionismo. Le tirature delle stesse sono proposte da Poste italiane al Ministero dello sviluppo economico, tenuto conto dell'andamento delle vendite effettuate presso gli uffici postali, i rivenditori autorizzati e i canali
on line, dei prodotti filatelici da realizzare e delle giacenze.
  A riguardo, si rappresenta che ogni ufficio postale detiene una scorta di francobolli adeguata a soddisfare le specifiche esigenze del territorio di riferimento avendo, comunque, in caso di maggior richiesta, la possibilità di ordinarli e riceverli entro pochi giorni.
  I francobolli a tiratura limitata – celebrativi, commemorativi e ordinari tematici – vengono immediatamente distribuiti, subito dopo l'emissione, ai circa 750 uffici postali sul territorio nazionale che hanno consolidato nel tempo le esigenze di acquisto da parte della clientela e vengono, inoltre, messi a disposizione del canale
on line e dei clienti che hanno sottoscritto l'abbonamento. Anche in questo caso, tutti gli uffici postali hanno la possibilità di richiedere i francobolli e, se disponibili, ottenerli in tempi brevi.
  In particolare, riferisce la società Poste italiane che la tiratura dell'emissione del francobollo appartenente alla serie turistica dedicata a Roma, Milano, Firenze, Venezia, Napoli e Palermo, citata nell'atto in parola, è stata complessivamente di due milioni e settantamila esemplari, pari a 345.000 francobolli dal valore nominale di 1,10 euro per ciascuna città.
  Tale tiratura è ritenuta in linea con le tirature delle altre emissioni a tiratura limitata, normalmente ricomprese tra 200.000 e 400.000 francobolli per ciascuna città e, inoltre, soddisfa sia le esigenze postali che quelle del collezionismo.
  Si rappresenta, altresì, che la tiratura di 45.000 foglietti di francobolli contenenti l'immagine delle sei città appare adeguata alle esigenze della clientela sulla base delle giacenze tutt'ora disponibili presso gli uffici postali e i depositi territoriali che consentono di gestire e soddisfare le eventuali ulteriori richieste di fabbisogno.
  I suddetti foglietti, avendo prevalentemente una valenza di collezionismo, sono stati distribuiti ai 500 uffici postali, dotati di sportello filatelico, sul territorio e messi a disposizione del canale
on line, dei clienti abbonati.
  Il fornitore del servizio postale ha evidenziato che nell'area del Friuli Venezia Giulia, citata dall'interrogante, la distribuzione per un totale di 350 foglietti alcuni dei quali ancora invenduti, è stata fatta negli uffici di Gorizia, Pordenone, Santa Caterina, Sacile, San Vito al Tagliamento, Spilimbergo, Trieste 4, Spazio Filatelia Trieste, Udine Centro, Cividale, Codroipo, Gemona, Latisana, San Daniele, Tolmezzo, Lignano, S. Cervignano e, non da ultimo, sul canale
on line di Poste italiane tutti i foglietti di francobolli sono normalmente a disposizione della clientela fino ad esaurimento delle disponibilità.
  In conclusione, tuttavia si vuole precisare che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le criticità evidenziate nell'atto in esame, nei limiti delle proprie competenze e avvierà – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali problematiche in tale ambito.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i vigili del fuoco, come previsto dall'articolo 1, comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, non sono compresi tra i lavoratori per i quali è prevista l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro che garantisce il diritto alle prestazioni Inail;

   il rischio di infortuni sul lavoro al quale sono esposti i vigili del fuoco, compreso in questo periodo, il contatto continuo con soggetti potenzialmente positivi al Covid-19, per la tipicità della loro professione, renderebbe necessaria una garanzia dinamica che si faccia carico della tutela dell'infortunato fin dal momento dell'evento, per tutto quello che possa occorrere per il recupero completo e tempestivo dell'integrità fisica e della salute in generale;

   in data 23 dicembre 2019, il rappresentante del Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno 9/02305/017 che impegna a «valutare l'opportunità di adoperarsi per quanto di competenza anche con l'individuazione delle eventuali risorse finanziarie necessarie, al fine di arrivare celermente al varo di una disciplina normativa che riconosca finalmente la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro dell'Inail anche al personale del corpo dei Vigili del Fuoco» –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per dare seguito agli impegni assunti con l'approvazione dell'ordine del giorno di cui in premessa, anche adottando iniziative per l'individuazione di eventuali risorse finanziarie, al fine di arrivare al varo di una disciplina normativa che riconosca finalmente la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'Inail anche al personale del corpo dei vigili del fuoco e per quali motivazioni non si sia ancora provveduto in tal senso.
(4-09007)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il riconoscimento della copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'Inail anche al personale del Corpo nazionale del vigili del fuoco, si rappresenta quanto segue.
  Si osserva preliminarmente che per il predetto personale è attualmente in vigore un complesso sistema di misure di sostegno, capace di garantire interventi di natura previdenziale privilegiata e assistenziali, nonché di natura indennitario-risarcitoria, che consente di tutelare l'infortunato ai fini del recupero completo e tempestivo dell'integrità fisica e della salute in generale.
  In particolare, sono previsti gli istituti del riconoscimento della causa di servizio – per infermità e per malattia dipendenti dall'attività di servizio, ai finì della concessione dell'equo indennizzo, nonché per la perdita dell'integrità fisica subita – e della pensione privilegiata, qualora l'infermità e la malattia abbiano causato l'inidoneità al servizio d'istituto.
  Si evidenzia che gli istituti appena descritti sono tuttora in vigore per il personale del suddetto Corpo, mentre sono stati abrogati per tutti i dipendenti civili dello Stato (articolo 6, decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214).
  Oltre a ciò, i vigili del fuoco – per quanto riguarda il rimborso delle spese mediche sostenute dai dipendenti per accertamenti sanitari, acquisto di medicinali, cure, ricoveri e protesi relativamente a infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio – usufruiscono di una copertura assicurativa tramite l'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Si evidenzia, inoltre, che il comma 1-
bis dell'articolo 38 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (introdotto dall'articolo 1, comma 906, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023) stabilisce che «le spese sanitarie sostenute dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per cure relative a ferite e lesioni riportate nello svolgimento di servizi operativi e di supporto all'attività operativa sono anticipate dall'amministrazione, nei limiti delle risorse disponibili destinate a tali finalità, su richiesta del dirigente della sede di servizio, previo nulla osta del servizio sanitario del Corpo medesimo».
  Tale norma prevede, quindi, un beneficio di natura assistenziale volto a garantire – anticipatamente rispetto alla definizione del procedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio – un concreto sostegno economico a ristoro delle spese mediche sostenute dal personale del Corpo nazionale per la cura di ferite e lesioni riportate nello svolgimento di particolari attività di lavoro. Il danno fisico, consistente in «ferite» o «lesioni», deve essere stato originato da un preciso evento traumatico occorso in servizio e derivante dallo svolgimento di attività che la norma individua come «servizi operativi e di supporto all'attività operativa».
  Ciò premesso, l'ipotesi di estendere la copertura Inail ai vigili del fuoco è stata oggetto di attenta riflessione, al fine di verificare la compatibilità dell'applicazione degli istituti in godimento da parte del personale del Corpo nazionale con quelli previsti dall'Inail. Infatti, in assenza di nuove disposizioni normative, tale copertura deve ritenersi alternativa a quella prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, attesa la plausibile non cumulabilità dei risarcimenti.
  Si rappresenta, inoltre, che l'ipotesi di un intervento normativo in materia di transito al sistema gestito dall'Inail è stata discussa e valutata d'intesa con le forze di polizia e le forze armate, in ragione della condivisione di esigenze di tutela comuni.
  Al riguardo, rinati ha costantemente auspicato un superamento dell'attuale quadro normativo, mediante un apposito intervento legislativo che ricomprendesse nell'ambito di applicazione della tutela Inail non solo i vigili del fuoco in servizio permanente, ma tutto il Corpo nazionale, ivi compreso il personale volontario.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ribadito comunque la propria disponibilità a proseguire gli approfondimenti, per giungere all'estensione condivisa della tutela Inail nei confronti delle categorie in esame.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   RUFFINO, GAGLIARDI, NAPOLI, PEDRAZZINI e SILLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   al fine di essere rappresentata in giudizio, sia per agire che per difendersi, la persona non abbiente può richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato;

   l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è valida per ogni grado del processo e, in ambito penale, altresì nella fase delle indagini;

   per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile, ultima dichiarazione, non superiore a 11.746,68 euro (decreto ministeriale 23 luglio 2020). Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla loro somma, salvo che gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi;

   possono richiedere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato: a) cittadini italiani; b) stranieri, regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare; c) apolidi; d) enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica;

   la domanda di ammissione in ambito civile si presenta presso il consiglio dell'Ordine degli avvocati competente, che valuta la fondatezza delle pretese da far valere e se ricorrono le condizioni per l'ammissibilità. Poi trasmette copia del provvedimento all'interessato, al giudice competente e all'ufficio delle entrate, per la verifica dei redditi dichiarati. Se il consiglio dell'Ordine respinge l'istanza, questa può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto;

   dopo il provvedimento di ammissione l'interessato può nominare un difensore, scegliendolo dall'elenco degli avvocati abilitati alle difese per il patrocinio gratuito appositamente approntati dal consiglio dell'Ordine;

   è stato recentemente segnalato, oltre al noto problema della lungaggine nella procedura di pagamento, l'esaurimento delle risorse stanziate per il 2020, che si sono rivelate insufficienti a soddisfare tutti i compensi dovuti ai difensori che hanno prestato attività in regime di patrocinio a spese dello Stato –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare tempestivamente le iniziative di competenza per risolvere la problematica dell'esaurimento delle risorse stanziate per il 2020 per la liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati che prestano la propria attività a favore di assistiti che beneficiano del patrocinio a spese dello Stato.
(4-08713)

  Risposta. — L'interrogazione in esame, dopo aver tratteggiato i presupposti normativi, la ratio e le condizioni procedurali per l'accesso all'istituto del patrocinio a spese dello Stato, evidenzia come sia stato «recentemente segnalato, oltre al noto problema della lungaggine nella procedura di pagamento, l'esaurimento delle risorse stanziate per il 2020, che si sono rivelate insufficienti a soddisfare tutti i compensi dovuti ai difensori che hanno prestato attività in regime di patrocinio a spese dello Stato»; quindi chiede se il Ministro interrogato «intenda adottare tempestivamente le iniziative di competenza per risolvere la problematica dell'esaurimento delle risorse stanziate per il 2020 per la liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati che prestano la propria attività a favore di assistiti che beneficiano del patrocinio a spese dello Stato».
  Con riguardo all'oggetto dell'interrogazione, premessa la disponibilità da parte di questo Ministero delle risorse finanziarie necessarie a saldare interamente il debito per le spese di giustizia inerente l'anno 2020, deve evidenziarsi che è stato adottato ogni intervento organizzativo dal punto di vista amministrativo-contabile, e profuso il massimo sforzo per consentire il sollecito pagamento agli aventi diritto, così da evitare ulteriori dilazioni nelle tempistiche.
  Nell'anno 2021, le risorse disponibili in conto residui per spesa delegata ammontano a circa 38 milioni di euro. Le stesse, ai sensi dell'articolo 34, comma 2-
bis, della legge n. 196 del 2009, verranno riassegnate a favore della rete dei funzionari delegati per ripianare i debiti pregressi dell'anno 2019, sulla base dei fabbisogni di spesa già pervenuti. Tanto premesso, nel corso del corrente esercizio finanziario, il Ministero sta ponendo in essere una serie di azioni mirate alla gestione dei fondi in conto residui degli anni 2020 e 2019, al fine di ripianare gli ulteriori debiti pregressi maturati al 31 dicembre 2020 e comunicati dagli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta entro la scadenza del 5 febbraio 2021. Invero, sulla base di quanto appena detto, in data 18 marzo 2021 si è provveduto ad accreditare, agli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta, un primo acconto per il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2020 per complessivi euro 59.618.545. Il debito che, ad oggi, risulta ancora da ripianare, pari a circa 31 milioni di euro e in via di accertamento definitivo (considerato che molti uffici richiedono i fondi in conto residui anche oltre la scadenza indicata nelle circolari diramate dal Ministero), verrà evaso nei prossimi mesi con gli strumenti di flessibilità di bilancio messi a disposizione dalla legislazione vigente in materia di contabilità pubblica. Per quanto riguarda, invece, il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2019, ad oggi, pari a circa 30 milioni di euro e in via di accertamento definitivo, si provvederà ad emetterei i necessari ordini di accreditamento in tempi brevi agli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta, stante la definizione dell'iter di variazione compensativa in aumento di sola cassa richiesto con decreto a firma della Ministra e a favore del piano gestionale 13 del capitolo 1360, a fronte di decreti d'impegno per spesa delegata in essere a favore della rete dei funzionari delegati dislocati sul territorio e da utilizzare in conto residui per l'anno 2019, secondo la novellata disciplina prevista dalla legge n. 196 del 2009.
  I dati in possesso del Ministero evidenziano una spesa in costante aumento, essenzialmente imputabile ai costi crescenti della spesa per i difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, che nell'ultimo decennio è passata dai 178 milioni di euro circa dell'anno 2012 ai 215 milioni circa dell'anno 2015, ai 271 milioni circa dell'anno 2016, ai 323 milioni circa dell'anno 2017, fino ai 366 milioni circa dell'anno 2018 e ai 395 milioni circa dell'anno 2019.
  Nell'anno 2020 si registra una spesa per difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato di circa 393 milioni di euro, in lieve flessione rispetto a quella registrata lo scorso anno.
  Il dato riferibile all'anno appena trascorso, in ogni caso, deve essere letto alla luce dell'attuale contesto di emergenza sanitaria che ha fortemente condizionato l'attività processuale, con la sospensione o il rinvio dei giudizi civili e penali.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   TIMBRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal quotidiano L'Avvenire, nel centro di detenzione ufficiale di Shar al-Zawyah, prigione nella quale vengono collocati i migranti catturati in mare dalla guardia costiera libica in attesa del loro trasferimento in uno degli altri 28 campi di prigionia riconducibili al Governo di Tripoli, sono rimaste oramai solo cinque ragazze;

   le ragazze, tutte somale e minorenni, hanno subito violenze inaudite da parte degli agenti libici preposti alla vigilanza del centro; come riportato dal predetto quotidiano, infatti, circa un mese fa due di queste ragazze poco più che bambine, dopo gli ennesimi abusi ad opera degli agenti, hanno provato a togliersi la vita; successivamente, sono state ricoverate in ospedale a Tripoli e visitate da personale di Medici senza frontiere, che ne ha chiesto l'immediato rilascio. Tuttavia, nonostante la richiesta di rilascio, le giovani sono state nuovamente recluse nel campo di prigionia ed esposte ad ulteriori abusi e violenze;

   come rivelato all'Associated Press da una fonte anonima, le ragazze subiscono lo stupro come indicibile pegno ad ogni richiesta da loro formulata, dall'andare in bagno, al mangiare o al poter chiamare la famiglia. Violenze continue che si aggiungono alle violenze già subite nei centri di detenzione illegali;

   il Governo libico non ha voluto commentare le notizie emerse; Suki Nagra, rappresentante in Libia dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha, invece, confermato: «Le armi tacciono, c'è un cessate il fuoco, ma le violazioni dei diritti umani continuano senza sosta». L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha affermato che si tratta di «violenza sessuale inconcepibile contro donne e ragazze migranti nel centro di detenzione Shar al-Zawyah di Tripoli: tentativi di suicidio per disperazione e fame. Chiediamo il loro rilascio e protezione immediati. La Libia non è un porto di ritorno sicuro per i migranti»;

   come denunciato da Vincent Cochetel, inviato dell'Alto commissariato per i rifugiati nel Mediterraneo Centrale: «La maggior parte delle donne rifugiate evacuate dai centri di detenzione dove erano state trattenute per più di 9 mesi avevano figli o erano incinte a causa degli stupri subiti da parte delle guardie». Ciononostante, anche nei casi ampiamente documentati i presunti colpevoli vengono arrestati, ma spesso vengono rapidamente rilasciati per mancanza di testi disposti a testimoniare per paura di rappresaglie;

   secondo i dati resi noti da Unhcr-Acnur, alla data del 10 giugno 2021 un totale di 10.454 rifugiati e migranti sono stati intercettati dai guardacoste libici nel 2021 e portati nei centri di detenzione dove, come ormai tristemente noto, sono sottoposti a torture e violenze indicibili;

   a riprova di quanto detto si pensi che il 19 maggio 2021 la procura internazionale dell'Aja ha reso note come negli ultimi sei mesi, l'Ufficio del procuratore abbia continuamente ricevuto e raccolto informazioni credibili e prove sostanziali su gravi crimini che si presume siano stati commessi nei centri di detenzione ufficiali e non ufficiali in Libia –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga necessario e urgente adoperarsi presso le opportune sedi per ottenere l'immediato rilascio delle ragazze detenute nel centro di Shar al-Zawyah;

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente adoperarsi altresì, attraverso le opportune interlocuzioni con il nuovo Primo Ministro del Governo di unità nazionale della Libia, Abdelhamid Dabaiba, al fine di ottenere la rapida chiusura dei centri di detenzione, dove, come ripetutamente riportato e documentato da diverse organizzazioni umanitarie, sono quotidianamente calpestati tutti i diritti umani.
(4-09674)

  Risposta. — La Libia sta attraversando un periodo di transizione istituzionale fortemente sostenuto dall'Italia per consentire la progressiva stabilizzazione del Paese. La gestione della situazione umanitaria, nel cui contesto si inserisce la questione evocata dall'interrogante, resta tuttavia ancora oggi complessa.
  Grazie al sostegno della nostra ambasciata a Tripoli e all'assistenza dell'organizzazione umanitaria italiana CESVI, nonché all'azione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Alto commissariato ONU per i rifugiati, le cinque ragazze detenute nel centro di Shar al-Zawyah sono state trasferite in Italia. Il caso si è dunque positivamente concluso nell'ambito di un nuovo programma di corridoi umanitari realizzato insieme a Ministero dell'interno, comunità di Sant'Egidio, federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Tavola valdese e Alto commissariato ONU per i rifugiati.
  La circostanza permette di ricordare che l'Italia resta al momento l'unico Paese europeo ad effettuare evacuazioni dirette dalla Libia e rimane uno dei principali sostenitori dei rimpatri volontari assistiti dal Paese. Il contrasto al traffico di esseri umani e, più in generale, la corretta gestione del fenomeno migratorio in maniera più rispettosa dei diritti umani sono costantemente poste all'ordine del giorno degli incontri istituzionali bilaterali susseguitisi al più alto livello politico. Da ultimo, questo auspicio è stato ribadito dal Ministro Di Maio al Primo ministro libico Dabaiba durante la visita a Tripoli del 2 agosto 2021.
  La questione del definitivo superamento del sistema dei centri di detenzione per migranti è stata sollevata dall'Italia in ogni occasione di incontro a livello bilaterale. La stessa chiusura dei centri è stata espressamente inclusa tra gli impegni sottoposti alle autorità libiche nelle conclusioni della seconda Conferenza di Berlino sulla Libia del 23 giugno.
  Nell'ambito del Fondo migrazioni 2021, la Farnesina ha inoltre ulteriormente valorizzato l'azione congiunta con Organizzazione internazionale per le migrazioni e Alto commissariato ONU per i rifugiati. Proseguendo il piano già avviato nel 2020, è stata potenziata l'offerta di servizi di base e sanitari per migranti e rifugiati vulnerabili in Libia, sia nei centri di detenzione che nei contesti urbani. Anche quest'anno la programmazione degli interventi nel Paese ha posto al centro la tutela dei diritti individuali, affidando alle due Organizzazioni del sistema delle Nazioni unite il compito di svolgere attività di formazione per la tutela dei diritti umani dei migranti a beneficio di tutti gli enti libici coinvolti nelle operazioni di soccorso in mare.
  Anche se la situazione specifica sollevata dall'interrogante è oggi risolta, essa conferma la necessità di un impegno europeo deciso a favore del miglioramento delle condizioni dei migranti presenti sul territorio libico, soprattutto nell'ottica del definitivo superamento del sistema dei centri di detenzione. In questo senso, l'Italia condivide l'esigenza espressa il 7 giugno 2021 dalla Commissaria europea per gli affari interni, Ylva Johansson, al Primo ministro libico Dabaiba di migliorare significativamente le condizioni nei centri di detenzione e assicurare i diritti fondamentali delle persone trattenute.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   TRANO, COLLETTI, SAPIA, SPESSOTTO, CORDA, GIULIODORI, MASSIMO ENRICO BARONI, MANIERO, VALLASCAS, FORCINITI, CABRAS, BENEDETTI, EHM, TESTAMENTO, SURIANO, RIZZONE, PAXIA, SODANO, TERMINI, SARLI, MENGA, SIRAGUSA, COSTANZO, APRILE, VILLAROSA, TRIZZINO, RADUZZI, PIERA AIELLO e ERMELLINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 gennaio 2021 è stata presentata l'interrogazione scritta n. 4-08031, nella seduta n. 452 inerente il piazzale dell'ex Stazione di Gaeta;

   detta area strategica, già di proprietà delle Ferrovie dello Stato, è stata acquistata prima dal Consorzio industriale Sud Pontino, con la finalità pubblica della «riattivazione ed elettrificazione della linea Formia-Gaeta» e, successivamente, rivenduta all'immobiliare Cavour srl, società costituita poco dopo il bando ad un prezzo che appare irrisorio, come già documentato;

   data la valenza pubblica dell'area, lo stesso consiglio comunale di Gaeta, con delibera n. 25/2020, ha impegnato all'unanimità il sindaco e l'amministrazione ad «incaricare i dirigenti tecnici e l'avvocatura comunale a constatare se il Comune avesse un diritto di prelazione e quindi se la mancata comunicazione costituisca titolo per l'annullamento della vendita», nonché, a «porre in essere ogni azione legale a tutela dell'ente comunale»; non risulta che detti impegni abbiano avuto un seguito apprezzabile;

   il 23 marzo 2021 l'amministratrice di Gaeta Parking, società napoletana, ha inviato al comune una Cila asseverata;

   il «parere di competenza a corredo di Cila depositanda» richiesto dalla Gaeta Parking srl è stato rilasciato nel tempo record di 48 ore dal Comando dei vigili dell'ente;

   con sbalorditiva velocità, rispetto ai tempi medi per l'espletamento delle pratiche, specialmente in tempi di Covid, in 96 ore è stato rilasciato il parere della Soprintendenza beni archeologici;

   il 29 marzo 2021 sono state completate le operazioni di transennamento e sono iniziati i lavori, ma al comune è pervenuto un valido titolo di disponibilità dell'area, da parte della Gaeta Parking, quindici giorni dopo, il 14 aprile 2021, benché, come noto, mutuando la nozione dall'articolo 11 TU edilizia, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, solo il proprietario dell'immobile, o chi abbia un effettivo titolo, può richiedere un permesso di costruire, ovvero, presentare una comunicazione di inizio lavori asseverata Cila, o una Scia;

   il 31 marzo 2021 per agevolare il compito dell'ufficio tecnico e giustificare i lavori in atto, la Gaeta Parking, ha inviato una bozza di contratto di affitto dell'area non firmata, della durata di 20 anni e 8 mesi, a partire dal 1o aprile 2021, ed importi mensili crescenti, che indica come possessore un terzo soggetto, la partecipante No Problem Parking spa; il comune non pare abbia accertato la validità del documento ai fini della disponibilità dell'area, basandosi, come dire, sulla parola;

   la No Problem Parking, insieme alla Sigea, (sua partecipata al 100 per cento, hanno costituito un Rti a cui il Consorzio per lo sviluppo industriale del Sud Pontino (Cosind) ha affidato, mediante bando pubblico, la costruzione di un parcheggio ed è titolare di concessione sulla rimanente parte del piazzale della stazione dal 28 settembre 2020, mentre la Gaeta Parking, costituita dalla Sigea S.r.l. e dalla No Problem Parking Spa, è stata creata solo il 14 gennaio 2021 con il medesimo scopo sociale;

   in data 14 aprile 2020 il comune di Gaeta è entrato in possesso di valido contratto stipulato dalla Gaeta Parking, riportante una durata di 20 anni ed 8 mesi e presumibilmente agli stessi importi;

   non si comprende perché il Consorzio abbia deciso di escludere una parte del piazzale dalla concessione, e lo abbia alienato ad una società costituita «ad hoc», consentendo ad un privato un lucroso business, su un'area che aveva acquistato per uno scopo pubblico, privandosi al contempo di una fonte reddituale consistente, presentando nel consiglio comunale del 2 febbraio un planvolumetrico, a quanto consta agli interroganti, apparentemente diverso –:

   se il Governo, anche alla luce dell'originario vincolo di destinazione e sulla base dei nuovi elementi emersi, non ritenga utile e necessario inviare gli ispettori della Ragioneria generale dello Stato e dell'ispettorato generale di finanza presso gli enti citati in premessa per verificare se vi sia stata una spoliazione del patrimonio pubblico a favore di un privato.
(4-09413)

  Risposta. — Si riscontra l'interrogazione n. 4-09413 relativa ad una richiesta di verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso il comune di Gaeta per una questione attinente al piazzale dell'ex stazione.
  Al riguardo si rappresenta preliminarmente che non rientra nei compiti dei servizi ispettivi di finanza pubblica (SIFIP) il controllo di legittimità di singoli atti, né i citati servizi ispettivi sono titolari di poteri sanzionatori che consentano di imporre l'esecuzione di specifiche attività.
  In proposito si precisa, inoltre, che l'attività dei SIFIP ha natura conoscitiva e referente ed ha come finalità quella di verificare la regolarità e la proficuità della spesa e il regolare funzionamento dei servizi che, in modo diretto o indiretto, interessino la finanza pubblica presso le pubbliche amministrazioni individuate dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dall'articolo 1, comma 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  Ciò premesso, relativamente alle criticità segnalate nell'interrogazione, considerato che i fatti in questione riguardano in maggior misura atti e soggetti privati, si rappresentano le limitazioni operative dei SIFIP nei confronti di soggetti non rientranti nell'elenco delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009.
  Si segnala, inoltre, che i fatti riportati, come si evince dall'interrogazione, non sono stati oggetto di provvedimenti da parte del comune di Gaeta, se non in termini di autorizzazioni urbanistiche. Il comune di Gaeta, difatti, detiene una partecipazione percentualmente minoritaria nel consorzio e, comunque, non in grado di determinare un'influenza sulle scelte dello stesso. L'esercizio o meno di una prelazione, inoltre, rientra nelle scelte discrezionali di un ente locale, non sindacabili in termini di opportunità amministrativa da soggetti esterni.
  Al pari, dello stesso tenore, appaiono le scelte del consorzio, poiché rientranti nell'ambito di quelle teoricamente ammissibili in base allo statuto sociale.
  Una eventuale verifica presso il comune, pertanto, non consentirebbe accertamenti o valutazioni di regolarità sui fatti segnalati. La stessa cosa dicasi di un'attività ispettiva presso il consorzio.
  Si ricorda, infine, che l'esecuzione di verifiche amministrativo-contabili da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica avviene, tipicamente, sulla base di un programma annuale, redatto selezionando gli enti sulla base di diversi parametri, attraverso le banche dati utilizzate dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
  Tenute ferme le predette considerazioni, al fine di corrispondere comunque alle segnalazioni degli interroganti, sarà valutata la possibilità di inserire il comune di Gaeta in un prossimo programma annuale di verifiche ispettive.

La Viceministra dell'economia e delle finanze: Laura Castelli.


   UNGARO. — Al Ministro per le politiche giovanili, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo dell'Avvenire del 22 agosto 2021, a firma di Pino Ciociola, riporta che il Dipartimento del servizio civile ha comunicato, con una nota del 13 agosto 2021 agli enti interessati, l'invito a sospendere in diciannove Paesi le partenze di circa trecento ragazze e ragazzi che avrebbero dovuto svolgere il servizio civile e, per coloro che erano già partiti in missione, di farli rimpatriare o di portare a conoscenza del Dipartimento i nominativi;

   i circa trecento volontari, dopo aver presentato la domanda per il servizio civile all'estero, superato le selezioni, firmato il contratto di servizio ed aver completato il ciclo delle vaccinazioni, si ritrovano improvvisamente in un limbo dove non sembra esserci via di uscita. Si tratta di un episodio spiacevole per chi vuole dedicare alcuni mesi della propria vita al servizio della difesa, non armata e non violenta, e all'educazione alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, attraverso azioni per la comunità e il territorio;

   nell'articolo di Ciociola vengono riportati alcuni episodi sulle difficoltà che hanno riscontrato alcune delle associazioni come ad esempio la Caritas italiana che ha avviato il 7 giugno 2021 dei progetti per far rimpatriare i suoi volontari dall'Etiopia o, ad esempio, l'associazione Papa Giovanni XXIII, che ha dovuto bloccare la partenza di 13 volontari in partenza per Camerun, Cile e Kenya –:

   se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se non intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative affinché i trecento giovani volontari possano partire rispettando tutte le opportune misure di sicurezza.
(4-10247)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, per quanto di competenza, si rappresenta quanto segue.
  Nel corso della Consulta nazionale del servizio civile universale del 3 agosto 2021, il capo dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, ha comunicato che, in conseguenza del parere negativo espresso dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in data 20 luglio 2021, sarebbero state bloccate le partenze dei volontari avviati il 25 maggio e 24 giugno nei 19 Paesi specificatamente elencati nel predetto parere.
  Tale orientamento è stato poi ufficializzato in data 13 agosto con la pubblicazione sul sito istituzionale del dipartimento della comunicazione che ha previsto la sospensione dell'avvio dei suddetti operatori.
  Con specifico riferimento alla «
ratio» che ha motivato tale misura – assunta in via cautelativa al fine di non esporre sia i volontari a rischi ultronei rispetto a quelli normalmente considerati nell'ambito dei progetti di servizio civile all'estero – l'obiettivo prioritario del dipartimento è stato quello di garantire che le partenze avvenissero in sicurezza, considerata anche la cogenza delle norme che governano il sistema di servizio civile universale.
  Nello specifico, nell'ambito delle «Disposizioni sulle caratteristiche e sulle modalità di redazione, presentazione e valutazione dei progetti di Servizio civile universale in Italia e all'estero», approvate con decreto ministeriale 11 maggio 2018 n. 58, al punto 8, è previsto che «non verranno approvati progetti in Paesi o aree che siano sconsigliate a qualsiasi titolo, ovvero sia raccomandato di evitarvi viaggi, nel sito
web istituzionale www.viaggiaresicuri.it curato dal MAECI. Analogamente i progetti approvati e/o in via di esecuzione dovranno essere interrotti in qualsiasi momento se, successivamente all'approvazione, il Paese o l'area diventino sconsigliati a qualsiasi titolo ovvero venga raccomandato di evitarvi viaggi sul citato sito».
  In tale contesto, pur tenendo nella dovuta considerazione le «inibitorie» stabilite dalla normativa citata e dalle indicazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il dipartimento, con nota del 20 agosto, in risposta alle diverse istanze pervenute dagli enti e dagli operatori volontari relativamente al blocco delle partenze nei Paesi esteri «critici», si è comunque impegnato ad istituire un tavolo tecnico congiunto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, gli enti coinvolti, le loro rappresentanze e la rappresentanza nazionale degli operatori volontari, al fine di esaminare, caso per caso, le situazioni securitarie e sanitarie dei paesi in questione.
  Il dipartimento, pertanto, si è mantenuto in costante contatto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al fine di verificare e monitorare l'evolversi delle diverse situazioni emergenziali. A seguito di tali incontri, taluni Paesi, tra cui il Kenya, risultano attualmente «sbloccati» ai fini delle partenze degli operatori volontari. Trattasi di: Kenya, in riferimento a tutte le sedi indicate nei progetti; Ecuador, a condizione che l'ente stipuli apposita polizza assicurativa integrativa che copra eventuale «rientro sanitario per contagio COVID» dei giovani; Etiopia, limitatamente alla città di Addis Abeba; Mozambico limitatamente alla città di Maputo; Colombia limitatamente alla città di Bogotà; Perù limitatamente alla città di Lima (per i quartieri Miraflores, Jesus Maria, Magdalena, Chorillos e Lince e San Isidro).
  Ciò premesso, ritengo utile fornire anche un quadro riassuntivo dei programmi di servizio civile universale all'estero per il 2021. Il bando ha finanziato 736 posizioni di servizio civile all'estero di cui 78 vacanti (non coperte); sono 658 le posizioni assegnate di cui 411, ben oltre il 60 per cento, sono in avvio regolare e non sono coinvolte dal blocco delle partenze. Diversamente da quanto comunicato anche da alcuni organi di stampa, le partenze attualmente bloccate ammontano a 247: per queste si sta procedendo, in questi giorni, all'autorizzazione per 63 volontari e al ricollocamento per ulteriori 53 volontari, arrivando così a 116 unità in regolare avvio.
  Rimarrebbero ad oggi confermati i blocchi solo per 131 operatori volontari per i quali è attiva una costante interlocuzione con gli enti ai fini dell'individuazione di soluzioni alternative per l'impiego dei giovani volontari: lo svolgimento di attività da remoto o il ricollocamento in altre sedi considerate sicure.
  Nel caso in cui le suddette opzioni non possano essere praticate, gli enti potranno richiedere al dipartimento l'interruzione temporanea dei progetti che saranno riattivati non appena si ripristineranno adeguate condizioni di sicurezza, con il pieno recupero del periodo di interruzione. Per altro verso, nell'eventualità gli enti dovessero optare per la chiusura definitiva del progetto a causa della situazione emergenziale o le soluzioni individuate non dovessero soddisfare le aspettative dell'operatore, quest'ultimo avrà la possibilità di ricandidarsi al servizio civile, qualora, alla data di presentazione della domanda, non abbia superato il 29° anno di età. Per andare incontro alle esigenze degli enti, il dipartimento, stante la ricorrenza di causa di forza maggiore, provvederà anche al rimborso delle spese effettivamente sostenute dagli operatori volontari.
  In data 23 settembre 2021, è stata diramata dal dipartimento un'apposita circolare recante indicazioni agli enti di servizio civile in relazione all'impiego degli operatori volontari nei Paesi a rischio, disponibile sul portale istituzionale.
  Nel ringraziare per l'attenzione, confermo massima attenzione verso il mondo degli enti del servizio civile e colgo l'occasione per inviare i più cordiali saluti.

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la motorizzazione di Forlì sta vivendo momenti di forte disagio per il rischio di chiusura e trasferimento di sede a Cesena degli uffici e dei dipendenti;

   gli uffici di Forlì evadono quasi la metà delle operazioni provinciali in materia di trasporti: dalle patenti, alle revisioni, ai collaudi; pertanto, si tratta di un importante servizio di cui il comprensorio forlivese non può fare a meno;

   mantenere la sede della motorizzazione civile a Forlì è un'esigenza avvertita da tutti e, in particolare, dagli operatori del settore, poiché gravi sarebbero i disagi connessi alla chiusura;

   una tale riorganizzazione avrebbe ricadute negative sui lavoratori e sugli utenti privati e imprese;

   il bacino di utenza che gravita sulla sede di Forlì è importante in termini numerici: un territorio come quello di Forlì-Cesena, per la sua struttura geografica e per il suo territorio economico, necessita di entrambe le sedi della motorizzazione per far fronte ai bisogni della comunità;

   la chiusura della sede della motorizzazione di Forlì nel corso del 2022 è una decisione inaccettabile, irrazionale e penalizzante per cittadini e imprese del territorio –:

   quali siano le ragioni della prospettata chiusura della sede forlivese della motorizzazione civile;

   quali interventi intenda porre in essere il Ministro interrogato per scongiurare la chiusura e gli innumerevoli disagi ad essa connessi.
(4-06645)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame si chiede di sapere quali iniziative questo Ministero intenda adottare in merito alla paventata chiusura della sede degli uffici della motorizzazione civile di Forlì.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale territoriale Nord-Est, si rappresenta che, sin dall'anno 2015, il piano di razionalizzazione degli immobili assegnati alla sezione della motorizzazione Forlì-Cesena prevedeva di chiudere la sede periferica di Forlì il 29 dicembre 2022, ossia alla data di scadenza del contratto di locazione, mantenendo unicamente la sede di Cesena, allocata in un immobile demaniale.
  Al riguardo sono in corso interlocuzioni con l'Agenzia del demanio finalizzate a verificare la disponibilità, nel comune di Forlì, di un immobile demaniale ove poter trasferire le attività della motorizzazione dopo la data del 29 dicembre 2022.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   VITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   sul sito del Dipartimento per le politiche antidroga del Governo, tra le pubblicazioni, è ancora presente un Manuale relativo alla Cannabis del marzo 2014, completamente superato dalle successive risultanze scientifiche e dalle raccomandazioni dell'Oms del 2019 e dell'Onu del 2020;

   va considerato che, in vista della prossima campagna referendaria sulla cannabis, è necessario che soprattutto la comunicazione istituzionale sul tema sia corretta –:

   se non si intenda rimuovere dal sito governativo del Dipartimento delle politiche antidroga la pubblicazione del manuale sulla cannabis risalente al 2014.
(4-10365)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, nel segnalare che sul sito del dipartimento per le politiche antidroga, nella sezione «pubblicazioni», è ancora presente un manuale relativo alla Cannabis del marzo 2014, a suo dire completamente superato dalle successive risultanze scientifiche e dalle raccomandazioni dell'OMS del 2019 e dell'ONU del 2020, reputa necessario che, in vista della prossima campagna referendaria sulla cannabis, soprattutto la comunicazione istituzionale sul tema sia corretta. L'interrogante chiede pertanto al Presidente del Consiglio dei ministri se non si intenda rimuovere dal sito governativo del dipartimento per le politiche antidroga la pubblicazione del suddetto manuale.
  In relazione a quanto precede, per quanto di competenza, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Nel mese di gennaio 2019, l'Organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha inviato alle Nazioni unite un
report della «Commissione di Esperti sulle Dipendenze da Droghe», commissione indipendente e interna alla citata organizzazione mondiale. Tale report proponeva alla commissione stupefacenti (CND) delle Nazioni unite di apportare alcune modifiche alle tabelle della Convenzione unica sugli stupefacenti di New York del 1961 con riferimento alla «collocazione» della cannabis e suoi derivati.
  In particolare, con una raccomandazione, è stata suggerita la cancellazione della
cannabis (pianta e resina) dalla tabella IV (tabella delle sostanze stupefacenti altamente pericolose già ricomprese nella tabella I) della Convenzione del 1961 e la conferma della cannabis (pianta e resina) nella tabella I (tabella delle sostanze stupefacenti in generale) della stessa convenzione.
  La proposta è stata motivata dalla WHO evidenziando che le sostanze stupefacenti attualmente presenti in entrambe le tabelle sono molto pericolose per la salute, con alta probabilità di causare la morte di chi le assume, mentre la
cannabis e la resina di cannabis non sarebbero suscettibili di produrre effetti nocivi della stessa portata delle altre sostanze che figurano nell'allegato IV della Convenzione del 1961.
  Tale raccomandazione, dopo oltre un anno di approfondimenti nell'ambito delle Nazioni unite, è stata approvata dalla Commissione stupefacenti (CND) delle Nazioni unite nel mese di dicembre 2020. Ne consegue che la
cannabis (pianta e resina) rimane inserita solo nella tabella I (tabella delle sostanze stupefacenti in generale) della citata Convenzione, senza alcuna variazione nell'ambito del controllo internazionale.
  Con riferimento alle non meglio circostanziate risultanze scientifiche citate dall'interrogante, segnalo che il dipartimento per le politiche antidroga non è competente a pronunciarsi tecnicamente al riguardo, rimandando alle eventuali considerazioni di competenza del Ministero della salute.
  Infine, rappresento che, ai fini della trasparenza, sul sito internet del dipartimento per le politiche antidroga vengono riportati tutti gli studi e le ricerche effettuate negli anni per conto del dipartimento, anche per favorire ed eventualmente stimolare un'adeguata attività di ricerca e approfondimento rispetto all'evoluzione della materia nel tempo e che la pubblicazione in oggetto è presente negli archivi del sito proprio per tali finalità.

La Ministra per le politiche giovanili: Fabiana Dadone.


   ZOFFILI, BILLI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e SNIDER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Tunisia sono in corso disordini per effetto della decisione del Presidente della Repubblica Kais Saied di sospendere l'attività parlamentare per un mese e rimuovere dal proprio incarico il Premier, Hichem Mechichi, espressione del partito Ennahda, d'ispirazione islamista e vicino alla Fratellanza Musulmana;

   contestualmente è stato imposto il coprifuoco dalle 19 alle 6 in tutta la Tunisia ed ordinato ai dipendenti pubblici di rimanere a casa per due giorni;

   una parte della popolazione tunisina avrebbe accolto con favore gli sviluppi appena descritti, ma si segnalano anche incidenti tra i seguaci del Presidente Saied e i simpatizzanti del partito Ennahda;

   in Tunisia vivono e lavorano numerosi cittadini italiani, la cui situazione potrebbe risentire del deterioramento della situazione politica locale –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire l'incolumità dei nostri connazionali in Tunisia e, contestualmente, contribuire alla stabilizzazione del Paese in questo momento difficile della sua storia.
(4-09953)

  Risposta. — Sin dall'inizio dell'emergenza pandemica nel 2020, e ancor più nell'attuale contingenza politica, la Farnesina mantiene alta l'attenzione verso i connazionali residenti o in transito in Tunisia, fornendo loro tutta la necessaria assistenza. Particolare è lo sforzo profuso dalla nostra ambasciata a Tunisi in termini di sostegno finanziario ai connazionali indigenti, sotto forma di sussidi, prestiti ed altre forme di aiuto economico.
  Tra il 2020 e il luglio 2021 sono stati effettuati 118 interventi di assistenza ordinaria (77 nel 2020 e 41 nei primi sette mesi del 2021) in soccorso dei connazionali più bisognosi, per un totale di oltre 90.000 euro erogati. L'ambasciata a Tunisi ha inoltre garantito aiuto a micro e piccoli imprenditori grazie ai 220.500 euro stanziati con i decreti «Cura Italia» e «Rilancio».
  Da marzo a giugno 2020, inoltre, la Farnesina ha promosso, tramite l'unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Tunisi e con il supporto delle autorità locali, nonché di alcune compagnie aeree e di navigazione italiane, 11 operazioni straordinarie per consentire il rientro di oltre 1.200 connazionali rimasti bloccati nel Paese, ivi inclusi alcuni imprenditori.
  Negli ultimi mesi l'impegno dell'Italia a sostegno dell'amico popolo tunisino si è concretizzato anche attraverso la cooperazione in ambito sanitario. Per contrastare la pandemia sono state consegnate a Tunisi un milione e mezzo di dosi vaccinali e oltre 25 tonnellate di materiale sanitario. Tramite la cooperazione allo sviluppo sono stati effettuati, inoltre, interventi volti a finanziare l'acquisto di concentratori di ossigeno, di cui la Tunisia aveva urgentemente bisogno.
  Il Governo italiano segue da vicino l'evolvere della situazione politica nel Paese nord africano, che ha visto solo di recente la nomina del Capo di Governo e dei membri del nuovo esecutivo da parte del Presidente della Repubblica Kais Saied.
  Nei contatti bilaterali con le autorità tunisine abbiamo sempre segnalato la necessità di evitare ogni ricorso alla violenza e di ripristinare quanto prima l'ordine costituzionale. Il rispetto dello stato di diritto e la garanzia delle condizioni di sicurezza per il popolo tunisino sono stati posti al centro dei colloqui tra il Ministro Di Maio e il proprio omologo Jerandi, il 28 luglio 2021 e, successivamente, tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente della Repubblica Saied, il 3 agosto 2021.
  Insieme al Presidente del Consiglio europeo Michel, all'Alto rappresentate per gli affari esteri e la politica di sicurezza Borrell e ai nostri
partner europei, con i quali ci manteniamo in costante contatto e coordinamento, abbiamo sottolineato l'esigenza urgente di consentire al Parlamento tunisino di ritornare a svolgere le proprie funzioni. Continueremo a muoverci e ad esprimerci, nelle forme più opportune, lungo queste linee guida.
  Siamo convinti che il pieno ristabilimento delle libertà democratiche sia in definitiva la migliore garanzia per assicurare stabilità, sviluppo e sicurezza alla Tunisia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio provinciale di Mantova insistono 4 presidi dei vigili del fuoco: il comando provinciale sito nel capoluogo e 3 distaccamenti operativi, rispettivamente nei comuni di Castiglione delle Stiviere, Suzzara e Viadana;

   la sede principale è posiziona in zona baricentrica rispetto allo sviluppo del territorio provinciale, si affaccia su una vasta area acquatica, con un sistema di laghi che vengono utilizzati anche nel corso dell'anno come punto di imbarco, per le crociere turistiche a corto e medio raggio che raggiungono il fiume Po, ed un attracco fluviale che dal 1° aprile 2020, metterà in comunicazione Mantova con Venezia;

   la cittadella turistica di Palazzo ducale e Palazzo Tè, ritenuta una delle più grandi d'Europa, ospita mediamente ogni anno un afflusso di 340.000 e 38.000 turisti, condizione impegnativa per garantire lo svolgimento di molteplici servizi;

   i possibili rischi emergenziali, considerate la conformazione idrogeologica e l'attività industriale, vanno da rischi alluvionali, a pericolosità sismica di livello 3 e incidenti aziendali rilevanti;

   nel capoluogo mantovano ha sede anche il Museo nazionale dei vigili del fuoco, il più grande d'Italia per mezzi e reperti, attualmente ospitato in un complesso collegato a Palazzo Ducale composto dalle Scuderie Reali, dal Teatro Vecchio e dalla Torre di Sant'Alò;

   edificato vicino all'area periferica a ridosso dello stadio comunale, il comando di Mantova oggi è ospitato in un edificio risalente alla fine degli anni '50, attualmente gravemente sottodimensionato, che soffre di molteplici gravi problematiche di manutenzione ordinaria e straordinaria;

   attualmente di proprietà dell'ente territoriale Invimit ha strutture, che oltre ad essere soggette ad un elevato grado di deterioramento (la copertura e parte dei solai delle autorimesse sono state puntellate da rinforzi) rispondono a criteri distributivi ora apparentemente non più idonei ad ospitare tutti i mezzi in assegnazione al comando;

   nel corso degli ultimi anni sono stati ripetutamente richiesti e costantemente rinviati importanti interventi di manutenzione straordinaria, anche ai fini degli adempimenti di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 inerenti alla sicurezza e all'igiene dei luoghi di lavoro;

   il numero di uomini che prestano servizio nella struttura di Mantova scende frequentemente sotto organico a causa della frequente mobilità del personale che causa un rapido turnover non solo della componente operativa, ma anche di quella dei funzionari del comando alla quale sono demandate tutte le attività di gestione e prevenzione incendi e del coordinamento della sicurezza sul territorio provinciale;

   da ultimo il museo dei vigili del fuoco, autentico fiore all'occhiello del Corpo utilizzato dal dipartimento e da tutti i comandi d'Italia per le esigenze di rappresentanza, si trova in un edificio vincolato dalla Soprintendenza per le belle arti, di grande rilevanza storica per la città di Mantova, che versa in condizioni di grave degrado strutturale ed impiantistico;

   anche le altre strutture provinciali risultano presentare svariate criticità (si veda l'articolo della Gazzetta di Mantova del 13 luglio 2020) –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questa situazione e se intendano adottare iniziative per risolvere, nei limiti delle possibilità, le carenze di organico rappresentate;

   se si intendano adottare iniziative per un sollecito intervento di costruzione della nuova caserma o di ristrutturazione di quella esistente a Mantova, prevedendo nel frattempo interventi di consolidamento della struttura esistente nelle parti più critiche e se si prevedano eventuali interventi per le altre strutture provinciali mantovane;

   se intendano adottare iniziative, eventualmente in accordo con gli altri Ministeri competenti, per salvaguardare e valorizzare l'eccellenza del Museo storico nazionale dei vigili del fuoco.
(4-09372)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che la sede del Comando dei vigili del fuoco di Mantova ospitato in una serie di edifici progettati e realizzati nel 1955, si trova in una posizione logisticamente favorevole rispetto alla copertura del territorio urbano e provinciale, e nelle immediate vicinanze del centro cittadino.
  In merito alla gestione manutentiva dell'immobile del Comando dei vigili del fuoco, di proprietà del Fondo i3 – Patrimonio Italia, la società Invimit spa, partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e deputata a gestire il suddetto Fondo, ha provveduto ad eseguire diversi lavori di manutenzione programmata che hanno interessato varie aree, attualmente in fase di collaudo. In particolare; i locali del piano interrato erano caratterizzati da un fenomeno non strutturale di sfondellamento del solaio, risolto attraverso la posa di un sistema di protezione non strutturale di anti-sfondellamento. Al riguardo è stata realizzata la prova di carico che ha dato esito positivo, garantendo la continuità d'uso della struttura ai carichi delle autobotti. È stato risanato il locale «archivio ufficio prevenzione» che presentava tracce di umidità derivanti da pregresse infiltrazioni già risolte. Le opere hanno ricompreso l'impermeabilizzazione del terrazzino superiore, il rifacimento dell'intonaco e la completa tinteggiatura. Sono state eseguite e ultimate le opere di sostituzione e realizzazione della linea di scarico acque reflue dei servizi igienici della caserma con l'eliminazione delle vetuste biologiche, è stato, inoltre, eseguito l'adeguamento e l'ampliamento del sistema di rilevamento fumi delle parti sensibili della Caserma e la sostituzione del quadro generale elettrico. Sono state eseguite le opere di manutenzione dei bagni del piano primo oltre al rifacimento delle relative docce. Si è provveduto alla bonifica della cisterna del combustibile, ancora presente e dismessa, del vecchio sistema di riscaldamento. La copertura dei locali uffici e delle camerate è stata oggetto di opere di completamento attraverso la posa del nuovo manto di guaina impermeabilizzante.
  Inoltre, nel corso del corrente anno, il comando provinciale ha provveduto, con fondi dell'Amministrazione, a sostituire i serbatoi interrati di benzina e gasolio dell'impianto di distribuzione del carburante per i mezzi operativi, da tempo in pessime condizioni.
  In ordine alle iniziative poste in essere per individuare un'area ove realizzare una nuova sede del comando provinciale, si rappresenta che, su assegnazione del competente provveditorato interregionale delle opere pubbliche per la Lombardia, è stato individuato un sito in un'area periferica della città denominata S.Giorgio, il cui
iter autorizzativo dell'ipotesi progettuale elaborata, nonostante un primo parere favorevole da parte dell'ente «Parco del Mincio» ed un secondo, sempre favorevole, da parte del comune di Mantova, risulta allo stato sospeso, a seguito di un pronunciamento contrario espresso dalla soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per le province di Cremona Lodi e Mantova. Al riguardo, la prefettura di Mantova ha convocato una riunione ristretta della conferenza provinciale permanente al fine di favorire la definizione di un percorso condiviso tra tutti gli attori istituzionali coinvolti, orientato ad individuare una soluzione praticabile e funzionale alle problematiche riscontrate e, ove necessario, a promuovere la ricerca di una nuova area dove realizzare la struttura.
  Per quanto concerne la condizione dei tre distaccamenti presenti sul territorio provinciale, quello avente sede nel comune di Castiglione delle Stiviere, edificato negli anni Novanta, è situato in un immobile di proprietà dell'amministrazione comunale: allo stato non presenta particolari carenze logistico-strutturali o sotto il profilo igienico-sanitario, pur necessitando, comunque, di interventi di manutenzione ed adeguamento, segnalati puntualmente da parte del comando provinciale all'ente proprietario. Il distaccamento nel comune di Suzzara, realizzato nel 1922, è ubicato anch'esso presso un immobile di proprietà dell'amministrazione comunale: la struttura, in questo caso, presenta carenze logistico-impiantistiche tali da richiedere necessari interventi di manutenzione straordinaria, in parte eseguiti a cura dell'ente proprietario per il riscaldamento ed il condizionamento degli ambienti. Circa il distaccamento nel comune di Viadana, insediato in un edificio di proprietà comunale e anch'esso connotato da alcune carenze, il prefetto di Mantova ha riferito che è stata approvata con delibera del consiglio comunale di Viadana del 4 maggio 2020, la proposta di un possibile suo trasferimento su altra area comunale, con affidamento dei lavori entro l'anno 2021 e termine dell'opera, presumibilmente, nel 2022.
  In merito all'organico in servizio presso il comando provinciale di Mantova, la situazione attuale, nei numeri, risulta inferiore alla dotazione ordinamentale prevista, peraltro ridefinita ai sensi del decreto ministeriale 2 dicembre 2019.
  A riguardo, si precisa che, in occasione delle prossime assegnazioni, sia nei ruoli operativi che nei ruoli tecnico-professionali, si terranno nella dovuta considerazione le esigenze del comando provinciale. In particolare, si rappresenta che, nella procedura concorsuale in fase di svolgimento per nuove assunzioni nel ruolo degli ispettori antincendi, si prevede l'assegnazione di 3 unità sulle 5 previste in pianta organica. Analogamente, con riferimento al concorso in atto di 574 posti per l'accesso alla qualifica di capo-squadra, ne sono state previste 22 unità.
  Infine, il Museo storico nazionale dei vigili del fuoco, aperto al pubblico nel 1991, rappresenta la rassegna di autoveicoli e reperti storici del Corpo più grande d'Italia. Collocato nel complesso monumentale del Palazzo ducale di Mantova, è gestito dall'Associazione storica nazionale, composta prevalentemente da vigili in congedo. Al fine di garantire la sopravvivenza delle strutture e con esse lo stesso museo storico, il comando provinciale di Mantova ha recentemente sottoscritto, unitamente al provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Lombardia e l'Emilia Romagna ed alla soprintendenza ai beni architettonici di Mantova, una dichiarazione di intenti relativa alle modalità di restauro conservativo della struttura e per l'esecuzione di alcuni lavori di straordinaria manutenzione per la messa in sicurezza e l'adeguamento alla normativa antisismica. Ciò al fine di recuperare la fruibilità del piano superiore, ad oggi inutilizzabile, che consentirebbe di poter esporre un numero maggiore di reperti attualmente conservati nei magazzini ed in ambienti esterni il compendio in uso al comando.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.