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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 novembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce a tutti gli individui gli stessi diritti, senza discriminazione di razza, lingua, religione o sesso. Nonostante questo, le donne subiscono numerose privazioni dei diritti fondamentali;

    sin dalla loro fondazione, le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo indispensabile per l'avanzamento e la difesa dei diritti delle donne. Sotto l'egida dell'Onu, viene fondata la Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, che si occupa di promuovere la parità di genere e della stesura sia della Dichiarazione universale dei diritti umani sia della Convenzione sui diritti politici delle donne: primo strumento giuridico riguardante i diritti della donna che enuncia il diritto a votare, ad essere elette e a poter svolgere qualsiasi impiego pubblico;

    punto di svolta per il mondo femminile è l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne: essa elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    nel 2013, il Parlamento italiano, con la legge n. 77 del 2013, ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e ha approvato la legge n. 119 del 2013 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge n. 93 del 2013 recante «Disposizioni urgenti per il contrasto della violenza di genere» previste dal cosiddetto decreto anti-femminicidio. Lo stesso decreto-legge ha disposto l'adozione di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    la quota di straniere che dichiara di aver subito violenza fisica o sessuale è pressoché identica a quella delle donne italiane (31,3 per cento contro 31,5 per cento). Le forme più gravi di violenza sessuale sono più spesso riportate dalle donne straniere (7,7 per cento di stupri o tentati stupri contro il 5,1 per cento delle italiane), e più frequentemente sono commesse da partner attuali o precedenti (68,3 per cento degli stupri e 42,6 per cento dei tentati stupri). Nella maggior parte dei casi, la violenza subita da parte del partner è iniziata nel Paese di origine (68,5 per cento), mentre per quasi il 20 per cento è relativa a una relazione iniziata in Italia;

    la previsione del reato di atti persecutori, il cosiddetto stalking, introdotto nel codice penale italiano all'articolo 612-bis nel 2009 e modificato dal decreto-legge anti-femminicidio nel 2013, ha provocato una crescente tendenza (in termini assoluti) alla denuncia, con conseguente aumento delle condanne;

    l'articolo 572 del codice penale punisce con la reclusione da 3 a 7 anni chiunque maltratta una persona della famiglia, o il convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte. Il decreto-legge anti-femminicidio ha introdotto l'aggravante della «violenza assistita» per maltrattamenti commessi davanti ai figli, cioè «in presenza o in danno di un minore di anni diciotto», oppure «in danno di persona in stato di gravidanza»;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    nonostante gli interventi legislativi repressivi e preventivi il fenomeno della violenza contro le donne subisce continue recrudescenze;

    la violenza contro le donne è certamente un fatto culturale. Nei femminicidi, infatti, l'uomo considera la donna un suo possesso, un oggetto, dunque l'educazione dei giovani costituisce una delle chiavi di volta per un reale cambio di passo della nostra società;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    sarebbe altresì opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    il problema, come riportato nella citata Relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    al pari dei sopracitati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale resa possibilmente ancora più grave dall'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto al 8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali. Per questo motivo, la riduzione del divario di genere nel mercato del lavoro, nelle retribuzioni, ai vertici delle imprese;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    una forma di violenza molto diffusa e difficile da riconoscere, esplicitamente citata nella Convenzione di Instabul, è la violenza economica. Una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare le violenze subite nello stesso ambito familiare sono le difficoltà economiche legate a percorsi di fuoriuscita dalla relazione, soprattutto quando il partner detiene il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari, cosicché molte donne, nel momento della denuncia nei confronti del partner, rischiano di perdere la casa senza più alcuna risorsa economica; in tal senso, l'avvio dello strumento «Microcredito di libertà», annunciato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, rappresenta un importante primo passo nella direzione di promuovere libertà, autonomia e potenzialità delle donne. Il protocollo prevede l'attivazione di un sistema di micro credito (imprenditoriale e sociale) dedicato all'emancipazione delle donne vittime di violenza maschile da forme di sudditanza economica, che possono anche determinarsi o acuirsi nei casi in cui le donne denuncino le violenze subite e si allontanino da contesti di supporto economico basati sui rapporti familiari o sociali nei quali le violenze si sono manifestate;

    nella direzione del contrasto alla violenza di genere, mediante il supporto economico in favore delle donne vittime di violenza, il 20 luglio 2021, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, n. 172 del decreto del Presidente del Consiglio 17 dicembre 2020, è stato istituito il «Reddito di libertà» per le donne vittime di violenza;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità». Certamente, si tratta di una iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    il 5 agosto 2020 Forza Italia ha presentato una proposta di legge, già divenuta realtà in molte regioni italiane, come ad esempio la Sardegna, che istituisce il «Soccorso di libertà»: l'obiettivo è il sostegno economico e l'inserimento sociale delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro: una riforma strutturale, non temporanea né solo assistenzialista, che mira a garantire una sorta di contributo a fondo perduto alle vittime di violenza, e che potrebbe anche fungere da incentivo per le donne – spesso scoraggiate dalla condizione di inferiorità economica – a denunciare le violenze subite;

    al medesimo obiettivo assolve l'incentivo a favore delle imprese la cui titolare è una donna vittima di violenza di genere, inserita in percorsi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai centri antiviolenza o dalle case-rifugio;

    del pari, si rende necessario prevedere anche un piano di interventi finalizzato ad attivare e promuovere progetti di educazione alla non discriminazione, alla parità tra donne e uomini, alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza sui temi della parità tra i sessi, al reciproco rispetto e alla soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali;

    le misure assistenziali e di emergenza non bastano. L'impegno di tutti per la lotta e la prevenzione di ogni forma di violenza nei confronti delle donne deve essere forte e convinto: lo si deve alle tante vittime, che devono avere risposte concrete e non si possono più trovare di fronte il muro dell'indifferenza: di violenza le donne continuano a morire,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie a promuovere e a sostenere, con azioni sistematiche e con garanzia che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, percorsi formativi all'educazione al rispetto della donna nei curricula scolastici di ogni ordine e grado, finalizzati a:

  a) innescare un cambiamento culturale di trasformazione della società italiana nei riguardi del fenomeno della violenza maschile sulle donne;

  b) educare tutti i cittadini stranieri che arrivano nel nostro Paese, a prescindere dalla loro cultura o pratica religiosa, al rispetto della donna, intesa come individuo con pari diritti dell'uomo e non come essere inferiore;

  c) evidenziare il ruolo fondamentale che l'educazione al rispetto delle donne svolge per la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali;

2) a confermare che il contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica rientra fra le politiche prioritarie dell'azione di Governo;

3) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

4) ad adottare iniziative per implementare le misure di sostegno economico e d'inserimento sociale delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione sociale e lavorativa, mediante una riforma strutturale, finalizzata a garantire un contributo a fondo perduto alle vittime di violenza, mediante l'ampliamento dell'ambito di operatività del reddito di libertà.
(1-00544) «Polidori, D'Attis».


   La Camera,

   premesso che:

    la Commissione europea ha definito uno specifico sistema di classificazione volto a identificate le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, quale importante fattore abilitante per supportare gli investimenti sostenibili e per adottare le indicazioni del Green Deal europeo;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. La tassonomia europea definisce sei obiettivi ambientali per identificare le attività economiche sostenibili dai punto di vista ambientale:

     1. mitigazione dei cambiamenti climatici;

     2. adattamento ai cambiamenti climatici;

     3. uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine;

     4. transizione verso un'economia circolare;

     5. prevenzione e riduzione dell'inquinamento;

     6. protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

    Il regolamento della tassonomia introduce un sistema di etichettatura per gli investimenti che indicherà dove indirizzare diverse centinaia di miliardi di euro alle attività produttive che ottengono l'etichetta «sostenibile» per tutte o parte delle loro attività. Pertanto, un'attività economica è definita sostenibile dai punto di vista ambientale se: contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più dei sei obiettivi ambientali; non arreca un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali (Do No Significant Harm – Dnsh); è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia;

    la Commissione europea in data 20 aprile 2021 ha presentato una prima serie di regole di attuazione nell'ambito della tassonomia della finanza sostenibile dell'Unione europea, specificando i criteri tecnici dettagliati che le aziende devono rispettare per avere un marchio di investimento «verde» in Europa;

    l'ambito di applicazione dell'atto delegato relativo agli aspetti climatici della tassonomia dell'Unione europea include già circa il 40 per cento delle imprese quotate in borsa, appartenenti a settori che sono responsabili di quasi l'80 per cento delle emissioni dirette di gas serra in Europa; altre attività saranno aggiunte in futuro. Grazie a tale ambito di applicazione la tassonomia dell'Unione europea può aumentare in modo significativo il potenziale offerto dal finanziamento verde per sostenere la transizione, in particolare per i settori ad alta intensità di carbonio, che richiedono cambiamenti urgenti. Per il momento non sono inclusi due punti controversi, ossia gas e nucleare;

    sul sito del quotidiano on line dell'A.g.i. è stato pubblicato in data 23 ottobre 2021 un articolo dal titolo «L'Ue fa i conti con la crisi energetica. Von der Leyen: Il nucleare ci serve», contenente l'allarme lanciato dalla Presidente della Commissione Europea (Sig.ra Ursula Von Der Leyen) circa il fatto che l'Unione europea sarebbe «chiamata a fare i conti con la crisi energetica immediata, con i prezzi alle stelle, ma anche con l'imponente sfida della transizione ecologica. E su questo dovrà scegliere quali fonti valorizzare, quali salvare e quali abbandonare nella prossima fase di transizione. E lo farà entro dicembre»;

    sempre l'articolo in menzione evidenzia che il Presidente del Consiglio Mario Draghi avrebbe ammesso che «alcuni Paesi chiedono di inserirlo tra le fonti di energia non inquinanti», senza (però) assumere una posizione definita e dimostrando (al contrario) ambiguità (attestata dalla seguente dichiarazione: «La Commissione procederà a una proposta a dicembre. Ci sono posizioni molto divisive in Consiglio. Vedremo quale nucleare e poi in ogni caso ci vuole moltissimo tempo»);

    alcuni Paesi proseguono ingenti investimenti in energia atomica, a carico della fiscalità generale ovvero a carico delle tariffe elettriche che pagano i cittadini, tra cui Gran Bretagna, Russia, India, Cina e Francia. Alla recente COP 26 India e Cina sono le nazioni che hanno posto veti in campo ambientale ed energetica in quanto vorrebbero continuare a utilizzare anche il carbone;

    la Francia ha nuovamente annunciato la costruzione di nuovi reattori nucleari Epr. Giova ricordare come, sistematicamente, in relazione agli annunci e ai presunti costi legati agli investimenti in energia atomica dichiarati dai proponenti, i risultati sono stati sempre disattesi: ad esempio nel 2008 c'erano due soli Epr in costruzione, uno in Finlandia a Olkiluoto e uno in Francia a Flamanville. In Finlandia l'azienda proprietaria della tecnologia e impegnata nella costruzione, Areva, è fallita mentre il costo stimato è lievitato circa 4 volte rispetto al costo di progetto e la nuova previsione di terminare la realizzazione non potrà essere prima del 2024. In Francia a Flamanville, cantiere gestito da Edf, i costi di costruzione sono lievitati fino a 19 miliardi di euro, tenendo conto anche dei costi finanziari come valutati dalla Corte Des Compts nel 2020, e anche questa è ancora in costruzione. Negli Usa a distanza di vent'anni dal «rinascimento nucleare» lanciato da George W. Bush nel 2001, nessun reattore di generazione III+ è entrato in funzione e dei quattro reattori AP1000 in costruzione, due sono stati cancellati e due proseguono a costi esorbitanti: dai circa 9 miliardi di dollari iniziali si è già passati a una stima di 27 miliardi di dollari. L'azienda proprietaria della tecnologia, la nippo-americana Toshiba-Westinghouse, è fallita nel 2017;

    in Italia la produzione di energia nucleare è stata oggetto di ben due referendum abrogativi. A tale scopo, si evidenzia che il referendum abrogativo è considerato un «atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria» (Corte costituzionale 3 febbraio 1987 n. 29) e il suo esito è rinforzato dal divieto (ricavato dall'articolo 75 della Costituzione) di ripristino delle norme abrogate a seguito di un'iniziativa referendaria (Corte costituzionale 17 luglio 2012 n. 199). Ciò vale anche per i referendum del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare in Italia mentre permangono gli studi e le procedure sul decommissioning e sulla ricerca in tale settore;

    nonostante i risultati referendari, il Ministro della transizione ecologica Cingolani ha concesso il patrocinio del proprio Ministero all'evento «Stand Up for Nuclear» (programmato in nove città italiane dal 24 settembre 2021 al 9 ottobre 2021), consistente in una serie di incontri finalizzati a sostenere e promuovere il ricorso al nucleare come fonte energetica;

    sul decommissioning vale la pena ricordare che dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale. I sopra citati 19 siti non hanno le caratteristiche tecniche per stoccare definitivamente in sicurezza rifiuti radioattivi;

    occorre mettere in evidenza che sul territorio nazionale ci sono anche elementi di combustibile radioattivo di fattura extranazionale. In particolare, nell'impianto Itrec (Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) che si trova all'interno del Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella (Matera) tra il 1968 e il 1970 sono stati trasferiti 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota). L'obiettivo era condurre ricerche sui processi di ritrattamento e rifabbricazione del ciclo uranio-torio per verificare l'eventuale convenienza tecnico-economica rispetto al ciclo del combustibile uranio-plutonio normalmente impiegato. Tale sperimentazioni si sono rivelate un insuccesso ed inoltre toccherà all'Italia smaltire definitivamente tali rifiuti radioattivi – stoccandoli provvisoriamente nel Csa - Complesso stoccaggio ad alta attività del deposito nazionale – sempre che non ritornino, previo accordo tra le parti, negli Usa;

    pertanto, si è in attesa della costruzione del deposito nazionale per stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa attività e, temporaneamente, quelli a media e alta attività. Tuttavia, il sito non è stato ancora individuato ed attualmente e in corso il Seminario per la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi);

    i rifiuti radioattivi a media e alta attività che verranno stoccati temporaneamente in una zona all'interno del deposito nazionale (unità CSA – Complesso stoccaggio ad alta attività) verranno poi trasferiti in un deposito geologico. In considerazione degli elevati costi di realizzazione di un deposito di quest'ultimo tipo, alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, con quantità limitate di rifiuti a media e alta attività stanno valutando l'opportunità di costruire uno o più depositi di profondità condivisi, possibilità contemplata dalla direttiva 2011/70/EURATOM. L'attività di sviluppo di accordi internazionali per la realizzazione di un deposito geologico condiviso è in capo al Governo, supportato da Enea, che partecipa ad un gruppo di lavoro internazionale ad hoc denominato Erdo. In merito vale la pena evidenziare che il deposito geologico condiviso è solo una possibilità, ma attualmente manca una reale pianificazione e gli sforzi in tal senso ad oggi sono insufficienti, in quanto si basano sull'adesione ad un programma non vincolante e attualmente rimasto solo teorico; pertanto, per l'Italia non vi è ancora soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività che sono a tutt'oggi un problema irrisolto per il nostro Paese;

    confrontando i costi di gestione dei rifiuti pericolosi e quelli dei rifiuti radioattivi si può notare che mentre i primi hanno un costo di gestione di massimo alcune centinaia di euro a tonnellata (ad esempio per rifiuti contenenti amianto il costo è intorno ai 250 euro a tonnellata), i secondi hanno un costo complessivo di gestione di alcune decine di migliaia di euro a tonnellata, tipicamente nel range tra 25 mila euro per i rifiuti a bassa attività e i 50 mila euro a tonnellata per rifiuti di media attività. Per il deposito nazionale italiano si stima un costo di conferimento pari a circa 16 mila euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti nel deposito di superficie. Va evidenziato che a livello internazionale i costi di smaltimento in depositi geologici, intermedi o profondi, sono in un range tra 12 e 15 volte maggiori del costo di smaltimento in un deposito di superficie. I costi del decommissioning italiano sono attualmente scaricati sulle bollette elettriche alla voce A2RIM e rappresentano il 6 per cento degli «oneri di sistema» che incidono circa il 23 per cento della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo;

    per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo per l'energia, secondo i dati del «Rapporto annuale per l'energia elettrica» del Ministero della transizione ecologica, nel 2018 la spesa per ricerca nell'efficienza energetica è diminuita al 57 per cento, mentre nel 2016 era al 58 per cento, ma è quadruplicata rispetto al 2007. L'efficienza energetica assieme alle fonti rinnovabili e alle tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia elettrica rappresentano il 76 per cento della ricerca energetica italiana, mentre il peso della ricerca sulle fonti fossili è circa del 12 per cento, mentre sul nucleare è circa del 7 per cento. Quindi, contrariamente a quanto si possa pensare, l'Italia non ha mai abbandonato la ricerca sul nucleare;

    in riferimento alla ricerca si segnala le numerose attività di Enea e Leonardo sul campo. Ad esempio, Leonardo attraverso la sua controllata Vitrociset, si è aggiudicata la gara indetta da Iter «Organizzazione per lo sviluppo delle infrastrutture diagnostiche del reattore e i relativi servizi di ingegneria». «ENEA – Fusione» partecipa alla realizzazione di Iter attraverso l'Agenzia europea Fusion For Energy (F4E). Iter è un progetto che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale di 500 Megawatt di potenza. Unione europea, Giappone, Federazione Russa, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e India hanno siglato ufficialmente l'accordo per la realizzazione di Iter il 28 giugno 2005 a Mosca. La costruzione è cominciata nel 2007 nel sito europeo di Cadarache nel sud della Francia e sarebbe dovuto terminare nel 2016, ma ad oggi le stime sono state riviste e l'avvio delle prime attività del reattore sperimentale Iter è stimato, secondo i proponenti, non prima del 2025 e il raggiungimento della piena capacità si pensa, nella più ottimistica delle ipotesi, sia ottenibile dopo il 2035, sempre che non vi siano ulteriori complicazioni o ritardi. Il costo per la ricerca e costruzione di questo impianto prototipo – che ancora non è stato realizzato – era originariamente stimato per 11 miliardi di dollari, ma già nel 2017 aveva superato i 20 miliardi di dollari;

    nel 2002 è stato costituito il Gif (Generation IV International Forum) su iniziativa degli Usa e con la partecipazione di diversi Paesi, dal 2007 anche dell'Italia, per lo sviluppo di sei sistemi nucleari di IV generazione che potessero essere progettati, sperimentati e realizzati a livello di prototipo entro il 2030. Tuttavia, anche in questo caso, le date e i costi stimati sono stati abbondantemente superati e per alcune di queste tecnologie non è stata ancora fornita alcuna scadenza realizzativa. Inoltre, nulla è dato sapere sugli impatti ambientali e sul ciclo di vita di questi impianti che sembrano non avere mai una fine per essere realizzati bensì di sicuro un esorbitante costo a carico degli Stati;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. Secondo il dossier «Renewable power generation costs 2020» – che prende in esame solo fonti rinnovabili – il costo per kWh dell'elettricità prodotta dal fotovoltaico è di 5,7 centesimi di dollaro, mentre per quella prodotta dall'energia eolica è di 3,9 centesimi di dollaro; quindi studi recenti, anche se diversi, hanno stime simili. Tuttavia, occorrono delle precisazioni: gli studi in merito al costo per chilowattora sono molteplici e in quelli più recenti sono più favorevoli alle rinnovabili, mentre in quelli più datati (dal 2002 ai 2014) i costi sono difformi rispetto ai recenti, probabilmente perché con l'andar del tempo le rinnovabili hanno ottenuto maggior diffusione e incentivi, mentre i costi stimati per fossili e nucleare erano completamente esenti da esternalità legate all'intero ciclo di vita delle centrali o alla tassazione. Inoltre, se sulle rinnovabili il costo a chilowattora dipende dalla disponibilità del vento e dell'irraggiamento del sole – caratteristiche di cui l'Italia ha in abbondanza in molte zone del Paese e per cui potrebbe persino essere più contenuto – i costi sul nucleare non tengono in considerazione i corretti costi di smaltimento delle scorie radioattive che, come visto in precedenza, hanno un impatto economico estremamente significativo mentre per il gas, carbone e il nucleare non sono sempre stimati in modo corretto i «costi esterni», ossia gli impatti ambientali e sulla salute che queste produzioni energetiche creano in modo da quantificare il «costo sociale» che quindi presumibilmente potrebbe essere più elevato;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentate la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi (come quelli relativi agli investimenti necessari a sviluppare la capacità produttiva delle energie rinnovabili) ed evitare stress eccessivi del nostro sistema industriale e tensioni sociali insostenibili (cfr. l'articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata (con la riduzione degli investimenti nelle energie fossili in funzione della decarbonizzazione, accompagnata però da un'evidente timidezza verso le rinnovabili che crea un'eccessiva dipendenza dalle fonti di energia intermedie come il gas ed il nucleare), ma (al contrario) accelerata con politiche di stimolo degli investimenti (pubblici e privati) di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita (cfr. il già citato articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    il nucleare (come anche il gas) non è, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, suggerendo (pertanto) tale assunto alla Commissione europea ed ai Governi nazionali l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie pulite;

    in conclusione, appare politicamente inappropriato che il Governo (impersonato dalle componenti apicali sopra individuate) possa manifestare interesse o propugnare la possibilità che possa sia reintrodotto un qualcosa che (come lo sfruttamento dell'energia nucleare) il nostro ordinamento ha bandito ovvero che si faccia promotore di inserire il gas, una fonte fossile fortemente climalterante, nella tassonomia,

impegna il Governo:

1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare in Italia, in ossequio alla volontà popolare espressa all'esito dei referendum del 1987 e del 2011;

2) a manifestare il proprio convinto dissenso nei confronti dell'inserimento dell'energia nucleare e del gas nella tassonomia verde dell'Unione europea;

3) ad adottare iniziative concrete affinché in ambito europeo vi sia una pianificazione certa per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito geologico necessario per stoccare i rifiuti radioattivi ad alta attività non oltre il 2027 o comunque prima della realizzazione del deposito nazionale;

4) ad adottare iniziative per incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, facendo in modo che (entro il 2023) il 95 per cento dei fondi disponibili in ambito energetico sia destinato alla ricerca nei campi sopra elencati e che ogni conseguente onere sia riversato sulla fiscalità generale e non pesi sul costo delle bollette elettriche;

5) ad aprire un confronto con gli Usa affinché si stabilisca che gli 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dalla centrale nucleare americana di Elk River, presenti presso l'Itrec di Rotondella, tornino negli Usa.
(1-00545) «Vianello, Piera Aiello, Ehm, Menga, Raduzzi, Sarli, Siragusa, Sodano, Suriano, Villarosa, Muroni, Fioramonti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la città di Torino ospita le Atp Finals ed è l'unico nuovo evento di portata internazionale che può vantare la città con richiamo di turisti;

   tuttavia, in data 12 novembre 2021, a poche ore dall'inizio dell'evento il Comitato tecnico-scientifico non ha consentito alla deroga della capienza del PalaAlpitour che ospita la competizione, nonostante siano stati venduti i biglietti, considerando una capienza al 75 per cento anziché al 60 per cento;

   Atp e Federtennis avrebbero, da quanto si apprende dagli organi di stampa, fatto affidamento sulla deroga, in virtù della garanzia espressa ufficialmente dal sottosegretario Vezzali; confidando gli organizzatori nella deroga, si era proceduto alla vendita di biglietti oggi annullati;

   invero, sarebbero 15.000 i biglietti azzerati con danno ai singoli acquirenti ma anche alla città e all'Italia intera in termini di immagine ma anche di natura economica;

   peraltro, non si comprende con quale criterio si sarebbero scelti i biglietti annullati, dal momento che pervengono segnalazioni di azzeramento di accessi per persone che li avevano acquistati circa un anno fa;

   il rimborso dei biglietti annullati avverrà dal 1° dicembre 2021, ma non comprenderà tutte le spese di viaggio e alloggio già affrontate dai turisti –:

   come mai, nonostante le dichiarazioni del rappresentante del Governo sopra richiamate, non si sia effettivamente pervenuti alla deroga;

   come mai comunque il Governo non abbia posto in essere iniziative, per quanto di competenza, volte ad evitare la vendita in sovrannumero dei biglietti in assenza di deroga;

   come e in che termini esatti avrebbe rassicurato circa la deroga in questione;

   con quali criteri risulti si sia proceduto all'annullamento dei biglietti già venduti e quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per riparare i danni subiti da persone e attività economiche a seguito della mancata deroga.
(3-02613)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   si svolgono dal 14 al 21 novembre 2021 al Pala Alpitour di Torino le Nitto ATP Finals, un torneo di tennis maschile internazionale di grande prestigio che, a chiusura della stagione, raccoglie i più forti atleti di singolo e doppio della classifica mondiale;

   la Federazione italiana ha venduto i biglietti per l'evento convinta di poter riempire il Pala Alpitour al 75 per cento della capienza, in deroga rispetto a quanto prevedevano i decreti anti-coronavirus. Gli organizzatori avevano ricevuto rassicurazioni in tal senso dalla sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali. Il Comitato tecnico-scientifico, invece, non ha concesso la deroga lasciando la capienza al 60 per cento della disponibilità dell'impianto. Al Pala Alpitour potranno entrare solo 7.200 persone e non più 8.400. Solo che i biglietti erano già stati venduti. Si parla di 1.200 tagliandi di troppo per ciascuna sessione, dunque circa 15 mila posti cancellati nell'arco dell'intera settimana delle Atp Finals;

   a meno di 48 ore dal via, l'organizzazione della Federazione italiana tennis (attraverso la Nitto) ha inviato una email in cui invitava a verificare se i biglietti già inviati fossero «ammessi» all'impianto. Una manovra ingiustificabile in quanto le regole impediscono vendite superiori alla capienza indicata che in estate era inferiore al 50 per cento e che è stata ampliata fino al 60 per cento;

   il 7 ottobre 2021 tutti gli organi di stampa riportavano l'approvazione del decreto-legge da parte del Consiglio dei ministri con l'ampliamento del pubblico al 75 per cento per gli stadi e al 60 per cento per i Palazzetti. Quindi i biglietti venduti prima di questa data dovevano per forza essere nei limiti di legge consentiti e non in «overbooking»;

   si preannunciano così cause di risarcimento da centinaia di migliaia di euro. Anche perché, dietro ad ogni biglietto acquistato ci sono stanze di albergo e viaggi in aereo o in treno non più rimborsabili;

   l'indicazione, presente nella email inviata, che «dal 1 dicembre 2021 i biglietti non ammessi saranno rimborsati» non sarà certo sufficiente: molti clienti hanno comprato il loro posto quasi un anno prima ed è difficile pensare che possano far parte dei presunti 1.200 tagliandi non ammessi per ogni sessione di gara per sette giorni previsti e cioè siano tra quelli «venduti di recente». Basta andare sulla Rete, dove sono nati anche gruppi social di coloro che avevano acquistato i biglietti, e leggere le date di acquisto per rendersene conto. Il sospetto è che non sia stato applicato alcun ordine cronologico nelle «eliminazioni» dei posti tra il pubblico –:

   come sia possibile che sino stati venduti biglietti per dei posti non disponibili, quali criteri risultino essere stati adottati per selezionare i biglietti ancora validi rispetto a quelli che non lo sono più e quali iniziative di competenza si intendano adottare per alleviare il danno di coloro che avevano regolarmente acquistato i biglietti.
(4-10713)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 3 dicembre 2021 si terranno le elezioni per il rinnovo dei Comites, i Comitati degli italiani all'estero. Il 3 ottobre 2021 si è concluso il termine per la presentazione delle liste elettorali;

   è noto all'interrogante che, tra le liste menzionate, comparirebbero i nomi di alcuni candidati che non rispetterebbero i requisiti di eleggibilità descritti agli articoli 5 e 8 della legge 23 ottobre 2003, n. 286;

   alla questione ha fatto anche riferimento il Ministro plenipotenziario Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, nel corso dell'audizione avvenuta il 27 ottobre 2021 in commissione affari esteri alla Camera; si è trattato di un'audizione tenutasi proprio nell'ambito della discussione delle proposte di legge per la riforma dei Comitati;

   di questi episodi ha trattato, inoltre, anche un recente articolo di stampa (Comites al voto tra falle e ineleggibili, TPI, 5 novembre 2021): «Poi c'è il problema della trasparenza: il distretto Usa del South East (con sede a Miami) ne è un esempio: ben tre candidati di tre differenti liste sono ineleggibili per conflitto di interessi. Gianluca Fontani è già director della Camera di Commercio; Michele Maria Merlo ha già superato il numero di mandati possibili; Raffaela Cordova è già presidente del Patronato. Controlli del consolato non pervenuti»;

   secondo l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 2003 è il Comitato stesso che «giudica delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei propri membri»;

   si rende necessaria, a parere dell'interrogante, una modifica normativa volta a ripensare il sistema di verifica delle condizioni di incompatibilità e ineleggibilità dei membri dei Comites, per una più efficace garanzia dei ruoli; auspicando, inoltre, il coinvolgimento dell'autorità consolare di fronte all'eventuale inerzia del Comitato che non dovesse provvedere alla rimozione di un'evidente causa di incompatibilità;

   gli italiani all'estero, sempre secondo l'interrogante, hanno il diritto di conoscere quali sono i candidati ineleggibili e incompatibili col ruolo di membri dei Comites –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica e dei fatti sopra esposti, e come intenda intervenire a riguardo;

   quali siano i casi di incompatibilità e ineleggibilità riscontrati nelle liste per le elezioni dei Comites di cui il Ministro interrogato sia a conoscenza.
(4-10711)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Giuseppe Aonzo, medaglia d'oro al valore militare, è stato un comandante marittimo e militare italiano;

   il guardiamarina Giuseppe Aonzo ha ottenuto la massima onorificenza militare in seguito all'azione di Premuda del 10 giugno 1918 quando al Comando del MAS 21, insieme al MAS 15 sul quale navigava il Comandante della sezione CC Luigi Rizzo, attaccò la flotta Austriaca che cercava di sfondare il blocco sul Canale d'Otranto per interrompere quell'isolamento che portò alla capitolazione dell'Austria Ungheria il successivo 4 novembre 1918/

   il 10 giugno 2019, un anno dopo i festeggiamenti per il centenario dell'impresa di Premuda, il sindaco di Savona faceva richiesta, con lettera indirizzata al Capo di Stato della Marina militare, di valutare l'opportunità di intitolare una futura unità navale alla memoria del Comandante Aonzo Movm;

   oltre alla comunicazione del sindaco di Savona, sono seguite altre testimonianze di condivisione alla succitata intitolazione di un'unità navale, in particolare dalla figlia del valoroso Movm, dell'associazione Marinai d'Italia, del Presidente della Regione Liguria;

   uno dei passaggi più toccanti, tra le motivazioni espresse, è quella di vedere un giorno una unità navale intitolata a Giuseppe Aonzo vicino alla fregata Luigi Rizzo;

   unitamente alla intitolazione, è doveroso ricordare le imprese di chi ha servito la Patria e, al di là di qualsiasi retorica, tramandare alle nuove generazioni il ricordo e l'esempio di questi uomini del mare –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali opportune iniziative di competenza intenda adottare al fine di intitolare una unità navale alla Medaglia d'Oro valor militare Giuseppe Aonzo.
(5-07069)


   MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i giorni 2 e 5 novembre 2021 in diversi comuni del cosentino si sono registrati forti boati a distanza ravvicinata, dovuti al passaggio di aerei a velocità superiore quella del suono;

   si tratta solo degli ultimi casi, in ordine di tempo, segnalati all'interrogante da diversi cittadini della zona, in particolare dei comuni di Piana di Sibari e di Golfo di Corigliano, che lamentano il continuo riproporsi nel loro territorio di eventi simili;

   nonostante le proteste della popolazione locale, il problema non sembra trovare ancora un'adeguata soluzione, in grado di contemperare le esigenze dell'aeronautica militare con la necessità di tutelare i cittadini della provincia di Cosenza e di restituire tranquillità alle popolazioni locali;

   la possibilità di superare il muro del suono dovrebbe essere sempre limitata in prossimità di centro abitati, per ridurre l'innegabile disagio su persone ed esseri viventi;

   l'interrogante è certa che le esercitazioni ai fini di addestramento condotte dall'aeronautica militare si svolgono in piena aderenza alle norme e alle procedure previste, in particolare dei limiti procedurali, temporali, geografici e di quota –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative al fine di verificare con i vertici dell'aeronautica militare, la possibilità di individuare rotte alternative che sorvolino territori scarsamente abitati e urbanizzati, ove non si arrecherebbero i problemi lamentati in premessa.
(5-07071)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «Bonus Investimenti sud» introdotto dalla legge n. 208 del 2015 prevede l'assegnazione di un credito di imposta per le imprese che effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna;

   con circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 l'Agenzia delle entrate individua quali destinatari, di tale beneficio tutti i soggetti titolari di reddito d'impresa in base all'articolo 55 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), indipendentemente dalla natura giuridica assunta, che effettuano nuovi investimenti destinati a strutture produttive situate nelle aree ammissibili;

   la posizione dell'Agenzia delle entrate preclude quindi l'accesso all'incentivo agli imprenditori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 32 del Tuir e non collima col tenore letterale della norma che non opera preclusioni in virtù della tipologia di reddito determinata dall'impresa, ma che prevede l'attribuzione del credito d'imposta alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali nuovi, operando esclusivo riferimento alla nozione di impresa nell'accezione civilistica alla quale è riconducibile anche l'imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile;

   nel comparto agricolo la tipologia imprenditoriale titolare di reddito agrario, costituita da imprese individuali e società semplici agricole non soggette all'articolo 55 del Tuir rappresentano la gran parte delle realtà produttive in agricoltura in tutto il Paese;

   nel caso di imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli, la norma specifica che il beneficio può essere goduto nel regime «de minimis» cui sono soggette tutte le imprese agricole senza alcuna differenziazione reddituale –:

   se i Ministri interrogati non intendano urgentemente fornire un chiarimento circa la disciplina di cui in premessa, finalizzato ad evitare che alle imprese agricole produttive di reddito agrario o dominicale, pur in presenza dei requisiti richiesti dalla norma, sia precluso l'accesso alla agevolazione in parola.
(5-07072)


   FERRO, ALBANO e OSNATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe esaminando una proposta, messa a punto dal direttore dell'Agenzia delle entrate, per limitare l'impugnabilità delle cartelle di pagamento nulle risultanti dall'estratto di ruolo a soli tre casi specifici;

   secondo tale proposta, in particolare, il contribuente, destinatario di una cartella di pagamento che ritiene non essere mai stata effettivamente notificata, non potrà più impugnare l'estratto di ruolo, cioè il documento dell'Agenzia delle entrate-Riscossione attraverso cui viene a sapere di quella richiesta di pagamento;

   se tale notizia fosse confermata, ci si troverebbe di fronte ad una modifica, ad avviso degli interroganti, in un conflitto con l'orientamento della Corte di cassazione (Sezioni Unite 19704/2015; Cassazione 3990/20,14192/21 e 28137/21), che ha chiarito che l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (codice dei processo tributario) non è tassativa e va interpretata in senso estensivo, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della pubblica amministrazione (articoli 24, 53 e 97 della Costituzione);

   secondo la stessa Corte, infatti, il contribuente non può essere privato della facoltà di impugnare ogni atto che, con l'esplicitazione delle ragioni concrete, reca una ben individuata pretesa tributaria: è il caso del ruolo o della cartella di pagamento, della cui esistenza il contribuente può venire a conoscenza richiedendo l'estratto di ruolo;

   l'obiettivo dichiarato è quello di tagliare fuori questo tipo di controversie che intaserebbero commissioni tributarie, giudice di pace e, in generale, la magistratura ordinaria e a cui il contribuente vi farebbe spesso ricorso in modo «pretestuoso», al solo scopo di sfruttare i diffusi problemi legati alle notifiche delle cartelle: nel solo 2020, infatti, sui complessivi 135 mila ricorsi contro la Riscossione, ben 55 mila risultano innescati dagli estratti di ruolo; un 40,6 per cento che, secondo le rielaborazioni, potrebbe essere in parte sfoltito;

   l'analisi dei dati, però, non è completa e diventa, invece, essa stessa pretestuosa, se non si valuta in quale percentuale i ricorsi proposti dal contribuente vengono accolti dalle autorità giudiziarie;

   la riforma, se attuata, impedirebbe, di fatto, al contribuente di ricorrere da subito al giudice per evitare il rischio di pignoramenti, magari ingiusti, rendendolo «debitore a vita» di pretese probabilmente non dovute, così da compromettere la tranquillità familiare e le scelte economiche del contribuente medio a causa dell'ingente peso della spada di Damocle del fisco, pronta a colpire in qualsiasi momento, anche a distanza di anni;

   a parere degli interroganti, sarebbe aberrante in uno Stato di diritto come l'Italia impedire o limitare il diritto di difesa del contribuente per ragioni che riguardano inefficienze del fisco –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali siano gli intendimenti del Governo al riguardo;

   quali siano i dati aggiornati sui ricorsi avverso l'Agenzia delle entrate innescati dagli estratti di ruolo e sui relativi esiti di giudizio.
(5-07074)


   FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 805 della legge n. 160 del 2019, introduce una sezione separata dell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, relativo ai concessionari della gestione e riscossione delle entrate, per le imprese esercenti esclusivamente servizi strumentali alla riscossione delle entrate locali;

   detta disposizione prevede, nel termine di 180 giorni, l'adozione – in realtà, mai intervenuta – di un decreto ministeriale d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie, che dovrebbe definire disposizioni generali sui criteri di iscrizione obbligatoria nella sezione separata dell'albo di cui sopra;

   il successivo comma 807 contempla requisiti di capitale minimo per le imprese esercenti i servizi strumentali alla riscossione delle entrate;

   allo stato, risultano iscritti all'albo i concessionari della gestione e riscossione delle entrate, mentre non lo sono – perché originariamente a ciò non tenuti ed in quanto la suddetta previsione non è stata attuata – le imprese esercenti esclusivamente servizi strumentali alla riscossione;

   la mancata emanazione dell'anzidetto decreto ha determinato gravi difficoltà di accesso al mercato per le imprese esercenti esclusivamente i servizi strumentali alla riscossione delle entrate, che non hanno potuto chiedere di essere iscritte; accade, infatti, che taluni enti locali bandiscano gare per meri servizi strumentali, precludendo loro la partecipazione, stante il difetto di tale requisito;

   per sopperire transitoriamente a tale problematica sono state emanate due risoluzioni, la n. 4/DF le n. 9/DF del 2021, che contemplano un regime di iscrizione provvisoria per le imprese, purché in possesso dei requisiti di cui al decreto ministeriale n. 289 del 2000 (relativo all'albo dei concessionari), nonché dei requisiti finanziari specificamente previsti dal citato articolo 1, comma 807; tuttavia, si prevede che le imprese esercenti solo i servizi strumentali alla riscossione debbano richiedere, in vista della partecipazione ad ogni singola gara, l'attestazione dell'iscrizione provvisoria;

   risulta per l'interrogante irrazionale la mancata previsione di una efficacia temporale, protratta per un determinato periodo, di tale attestazione di iscrizione provvisoria; oltretutto, non ne sono definiti i tempi di rilascio, con gravi – quanto evitabili – difficoltà per le imprese in vista della loro partecipazione alle gare;

   sarebbe opportuno prevedere, nelle more dell'attuazione della legge e dell'istruttoria propedeutica all'iscrizione, che una regolare richiesta di iscrizione, corredata dall'autodichiarazione dei requisiti, produca l'effetto legittimante, come, ad esempio, è stato previsto per l'iscrizione alla cosiddetta white list antimafia;

   inoltre, non è indicata chiaramente la documentazione da fornire per l'iscrizione provvisoria, né, sotto altro aspetto, risulta chiaro se la capitalizzazione di utili non distribuiti sia sussumibile nel concetto di capitale interamente versato in denaro o tramite polizza assicurativa o fideiussione bancaria;

   pertanto, occorre, secondo l'interrogante:

    a) adottare senza indugio un'ulteriore risoluzione, che, in sostituzione delle precedenti:

     (i) indichi in dettaglio la documentazione da fornire per l'iscrizione provvisoria;

     (ii) chiarisca che, ai fini della verifica del possesso dei requisiti di capitale minimo, la capitalizzazione di utili non distribuiti costituisce versamento di capitale in denaro;

     (iii) disponga che – nelle more della adozione del decreto previsto dal citato articolo 1, comma 805 – la domanda di iscrizione provvisoria, corredata dall'autocertificazione dei requisiti, legittimi una volta per tutte alla partecipazione alle gare;

    b) adottare quanto prima l'indicato decreto attuativo per rendere possibili le iscrizioni a regime e, in funzione di ciò, dare corso ad una preliminare fase di interlocuzione con le imprese interessate, tenendo conto di eventuali contributi utili –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per superare quelli che appaiono all'interrogante gli indicati profili di irragionevolezza dell'attuale assetto, fonte di possibile danno per le imprese interessate e, pertanto, di possibile contenzioso.
(5-07076)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con una lettera datata 12 novembre 2021, la magistratura onoraria è tornata nuovamente a richiedere l'intervento della Commissione europea affinché lo Stato italiano si adegui a quanto sancito dalla sentenza UX contro Italia e contenuto nella lettera di messa in mora del 15 luglio 2021, propedeutica all'avvio di una procedura d'infrazione;

   ancora una volta i magistrati onorari contestano l'azione politica del Governo italiano che, invece di riconoscere il loro ruolo di giudici europei, quindi la loro piena appartenenza alla magistratura, continua a perseguire l'obiettivo di un passaggio degli stessi nei ruoli amministrativi;

   a giudizio dell'interrogante la scelta del Governo appare quantomeno scellerata, poiché sprecherebbe tutto il patrimonio di esperienza giudicante maturata dai magistrati onorari stessi nelle loro carriere;

   per velocizzare la giustizia occorrono più magistrati e la magistratura onoraria rappresenta un bacino potenziale di 5.000 giudici già «pronti all'uso», a tutto beneficio dei cittadini italiani;

   inoltre, a giudizio dell'interrogante, il passaggio dalla funzione giudicante alle posizioni amministrative costituisce un grave vulnus per le garanzie costituzionali di autonomia e indipendenza di quei magistrati onorari in servizio che, da qui a breve, probabilmente saranno sottoposti al potere del Governo –:

   se il Governo intenda rivedere i propri orientamenti e adottare le iniziative di competenza per procedere alla stabilizzazione dei magistrati onorari nel ruolo della magistratura ordinaria.
(4-10709)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   per allestire le conche di navigazione a Malamocco e a Chioggia, sono stati spesi più di 400 milioni di euro; oggi, vent'anni dopo i progetti, nessuna delle due è in funzione;

   a Chioggia i lavori non sono mai stati ultimati, a Malamocco le misure sono sbagliate e i danni della mareggiata del 2015 ancora non sono stati riparati;

   lo scorso anno, con i primi sollevamenti delle barriere mobili del Mose, decine di pescherecci erano rimasti bloccati in mare per tutta la notte;

   nulla è cambiato in dodici mesi, il problema della sicurezza delle imbarcazioni in mare non è considerato un'urgenza; le conche servono proprio a garantire il ricovero delle barche (a Chioggia) e il passaggio delle navi (a Malamocco) con le bocche di porto chiuse;

   l'unica delle tre conche funzionante è quella di Treporti, in bocca di Lido, la prima a essere ultimata nel luogo dove viene usata molto meno;

   la conca di Chioggia è la seconda grande incompiuta, costata 7 milioni e 790 mila euro, anche qui un contenzioso tra le imprese ne ha bloccato il proseguimento; si erano scoperti errori e i ritardi si sono accumulati;

   le forze politiche hanno chiesto, a gran voce, la realizzazione della conca di navigazione, opera necessaria per non bloccare l'entrata e l'uscita dei pescherecci in caso di attivazione delle paratoie; il

   Mose deve essere compatibile con l'attività dei pescatori altrimenti per Chioggia i danni si sommano;

   con le barriere sollevate le imbarcazioni non possono entrare e uscire dalla laguna;

   non si può tenere bloccata anche solo per pochi giorni l'intera marineria; considerata la prima d'Italia;

   il Mose non può diventare un problema per Chioggia, dove la pesca rappresenta la voce economica principale;

   conteggiare le ore di pesca anziché le giornate potrebbe offrire ai pescatori l'opportunità di non perdere intere giornate di lavoro a causa del maltempo e della chiusura del Mose –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, Governo se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per assicurare tempi certi per la realizzazione delle conche di navigazione, sollecitata dalla città di Chioggia fin dalla prima progettazione del Mose, e prevedere misure per i lavoratori del settore ittico fortemente penalizzati.
(5-07070)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CHIAZZESE, SUT, SCANU, NAPPI, GRIPPA, BARBUTO, VILLANI e ALAIMO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato la Comunicazione sul Green Deal (COM (2019) 640), una nuova strategia europea di crescita volta ad avviare un percorso di trasformazione del continente in una società a impatto climatico zero attraverso un approccio integrato tra diversi settori;

   a giugno 2021, la Commissione europea ha valutato positivamente il Piano di ripresa e resilienza dell'Italia, che riserva il 37 per cento della spesa totale a misure di sostegno agli obiettivi climatici e alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dei trasporti, e successivamente, nel mese di luglio 2021, con il pacchetto «Fit for 55%», ha presentato una serie di proposte tese a rivedere e aggiornare la legislazione europea in materia di Co2 per autovetture e veicoli commerciali leggeri, nonché ad accelerare la produzione e la vendita di veicoli a basse e a zero emissioni, affinché il trasporto su strada segua una traiettoria ben definita verso la mobilità a zero emissioni nel 2050;

   in risposta ai predetti nuovi obiettivi, il settore automobilistico ha accelerato la riconversione della filiera in un'ottica green, puntando in particolare sullo sviluppo di veicoli a trazione elettrica;

   i veicoli elettrici hanno già oggi performance migliori delle alternative disponibili in termini di impronta di Co2, classificandosi come la più efficiente tecnologia che registra la minor emissione di gas serra nel ciclo di vita del veicolo (Lca/ Life Cycle Assessment);

   nonostante il settore auto stia sperimentando un crollo delle vendite legato alla pandemia, il mercato dei veicoli elettrici è in forte crescita. Secondo il report 2021 sui veicoli elettrici della Iea, il 2020 ha segnato un record nella percentuale di nuove auto elettriche immatricolate a livello mondiale, con un aumento del 70 per cento rispetto all'anno precedente;

   questo trend ha coinvolto anche l'Italia che nell'ultimo anno, anche grazie agli incentivi statali ha visto la quota di mercato delle auto elettriche arrivare al 2,4 per cento (dallo 0,6 per cento dell'anno precedente) con una crescita del volume di oltre il 200 per cento. Questo trend è continuato anche nel 2021: a fine ottobre, infatti, i veicoli Bev (Battery electric vehicle) hanno registrato una quota di mercato del 4,3 per cento con una crescita di volume, rispetto ai numeri record del 2020, di oltre il 165 per cento;

   con l'aumentare del parco circolante di veicoli elettrici, le amministrazioni locali hanno emanato vari provvedimenti volti a promuoverne l'utilizzi, visto il loro minore impatto sulla qualità dell'aria. Tra questi ultimi figurano l'accesso alla Ztl, la sosta gratuita, le tariffe agevolate ed altri provvedimenti similari che ogni amministrazione pubblica locale, tuttavia, disciplina con criteri e modalità differenti, creando disomogeneità e frammentarietà della regolamentazione in materia;

   alcuni comuni hanno adottato propri metodi di identificazione come, ad esempio, l'applicazione di una vetrofania riconoscitiva, oppure la possibilità di registrare telematicamente la targa del veicolo elettrico. Tali misure rischiano di diventare un discrimine per chi, ignaro, arriva da un altro comune o addirittura anche dall'estero incorrendo spesse volte in indebite multe;

   numerosi Stati europei e non sono già intervenuti o stanno intervenendo a livello normativo in favore dell'introduzione di specifiche targhe per veicoli ad alimentazione elettrica (cosiddette targhe verdi), tra i quali spiccano il Regno Unito, Ungheria, Polonia e San Marino;

   sarebbe quindi necessaria l'adozione da parte del nostro Paese, alla stregua di quanto già fatto da altri Stati, di una normativa che consenta l'immediata identificazione, senza ulteriore burocrazia, della vettura Bev –:

   quali iniziative di competenza, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda porre in essere per razionalizzare ed armonizzare, a livello nazionale, la disciplina sulle cosiddette targhe verdi per le autovetture Bev.
(4-10702)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la bretella stradale di Sasso Marconi è una arteria viaria di fondamentale importanza poiché pone in collegamento la Nuova Porrettana di Sasso Marconi con il casello autostradale dei Cinque Cerri, consentendo una maggior fluidità del traffico veicolare nella zona appenninica compresa tra la media valle del Reno e l'Appennino bolognese;

   recentemente, Autostrade per l'Italia ha comunicato la chiusura della bretella stradale in entrambi i sensi di marcia, al fine di effettuare interventi di manutenzione straordinaria nella parete rocciosa a rischio di erosione con potenziale caduta massi, sul versante scosceso alle pendici del Monte Mario e per ulteriori lavori manutentivi in vista della chiusura, già comunicata, della galleria autostradale di Monte Mario si veda al proposito «bretella autostradale di Sasso Marconi chiusa, tutti i nuovi disagi» nella sezione «Cronaca» sul sito ilrestodeicariino.it;

   la chiusura della bretella di Sasso avverrà a partire dal 15 novembre 2021 e i lavori avranno le seguenti cadenze temporali: la corsia sud (in direzione Cinque Cerri) sarà chiusa fino al 31 marzo 2022 e per la corsia nord (in direzione Sasso Marconi capoluogo) è prevista la chiusura fino al 31 dicembre 2025;

   la chiusura della bretella di Sasso, con il traffico che andrà a impattare principalmente sulla strada provinciale 325 Val di Setta (ove già transitano numerosi mezzi), rischierebbe di paralizzare e congestionare quotidianamente le connessioni viarie che pongono in comunicazione l'Appennino bolognese con la l'area urbana di Bologna;

   oltretutto, la zona dell'Appennino bolognese è interessata da altri lavori di manutenzione alla rete stradale che potrebbero causare ulteriori e gravi disagi alla viabilità;

   tale situazione potrebbe generare ripercussioni negative sullo sviluppo del territorio dell'Appennino bolognese, con il rischio di perdere potenziali investimenti ed introiti economici in diversi settori del tessuto economico-sociale e con il rischio di penalizzare ulteriormente un territorio già provato da anni di crisi e recessioni economiche;

   i sindaci del territorio, in primis quello di Sasso Marconi, chiedono maggior coordinamento tra i vari livelli istituzionali per poter avere il tempo necessario per organizzare una viabilità che tuteli l'incolumità di chi transita da tali zone e sotto l'aspetto di una valutazione che coinvolga maggiormente gli enti locali in fase di pianificazione degli interventi di manutenzione stradale, al fine di porre in essere una differenziazione temporale dei lavori, evitando la sovrapposizione dei cantieri;

   l'interrogante non pone in discussione l'importanza degli interventi manutentivi alla rete stradale dell'Appennino bolognese, tuttavia, ritiene un punto critico il poco preavviso che avrebbero avuto gli enti locali nella comunicazione relativa alla chiusura della bretella di Sasso Marconi;

   sarebbe pertanto opportuno valutare le richieste dei sindaci del territorio in questione, attivandosi per porre in essere iniziative amministrative volte alla riduzione del costo del pedaggio nel tratto interessato dai lavori della bretella di Sasso, volte all'attuazione di misure di sgravi fiscali per le attività economiche che rischiano di avere perdite economiche ingenti e al miglioramento viario integrativo, come la stesura dell'asfalto drenante sulla strada Setta Val-Bisenzio prima della chiusura della Galleria Monte Mario;

   se ed entro quali termini si intendano porre in essere le iniziative di competenza volte alla riduzione del costo del pedaggio nel tratto interessato dai lavori della bretella di Sasso, anche attuando iniziative normative per introdurre misure di sgravi fiscali per le attività economiche che rischiano di avere perdite economiche ingenti;

   se verrà posto in essere uno studio relativo alle previsioni economiche riguardanti le potenziali perdite che potrebbero avere i vari indotti e settori economici dell'Appennino bolognese a causa dei molteplici interventi alla rete stradale che coinvolgono la zona in questione;

   se il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili intenda adottare iniziative di competenza per interventi integrativi di miglioramento delle condizioni del manto stradale sulla strada provinciale Val di Setta e Val Bisenzio.
(4-10712)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   TIRAMANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra l'11e il 12 novembre 2021 è stata compiuto un assalto in piena regola nella sede manifatturiera di Loro Piana a Sillavengo, nel Novarese;

   i ladri, che sono entrati nell'area industriale sfondando un muro di recinzione con un furgone, hanno portato via diversi scatoloni contenenti capi di abbigliamento in lana e cashmere per un valore di diverse decine di migliaia di euro;

   durante la fuga, per ostacolare gli inseguimenti messi in atto da carabinieri e polizia stradale, i ladri hanno lanciato sulla carreggiata un estintore e chiodi a tre punte che hanno squarciato le gomme delle pattuglie;

   si tratta di un'azione che, per le violente modalità di esecuzione, ha generato tra i cittadini allarme sociale e un profondo senso di insicurezza, tanto più in una zona, come quella del novarese, ricca di imprese manifatturiere al cui interno si trovano beni il cui valore è stimato in diversi milioni di euro;

   è necessario che il Ministero dell'interno intervenga per tranquillizzare l'opinione pubblica novarese, predisponendo tutte le misure atte a rintracciare nel più breve tempo possibile gli autori di questo reato e a prevenire possibili nuovi fatti criminosi –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assicurare per porre freno al dilagare di episodi di criminalità nel novarese come quello esposto in premessa.
(4-10703)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCHULLIAN, PLANGGER e GEBHARD. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e l'articolo 21 del decreto-legge n. 149 del 2020, hanno previsto un esonero contributivo a favore degli imprenditori agricoli professionali, dei coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni con riferimento alla contribuzione dovuta per i mesi di novembre e dicembre 2020;

   il decreto-legge n. 183 del 2020, all'articolo 10, comma 6, ha previsto la sospensione del pagamento della IV rata della contribuzione 2020 in scadenza il 16 gennaio 2021 fino alla comunicazione, da parte dell'ente previdenziale, degli importi contributivi da versare e comunque non oltre il 16 febbraio;

   il messaggio Inps n. 587 del 10 febbraio 2021 ha differito il termine di pagamento della rata con scadenza originaria 16 gennaio 2021 fino alla comunicazione degli importi contributivi da versare;

   il decreto interministeriale del 17 maggio 2021 in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 20 e 21, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, prevede un esonero dal versamento dei contributi previdenziali riferiti all'anno 2021 dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti;

   il messaggio Inps n. 4272 del 13 novembre 2020 ha specificato che l'esonero contributivo di novembre e dicembre 2020, di cui alla legge n. 176 del 2020 è fruibile soltanto previa domanda telematica resa disponibile dall'Istituto previdenziale;

   l'apposito modello d'istanza è stato messo a disposizione da parte dell'Inps il 4 novembre 2021 (messaggio 3774 del 4 novembre 2021), e le relative domande devono essere inoltrate nei 30 giorni successivi a quella data;

   il mancato versamento delle rate finora sospese provoca delle discontinuità nel pagamento della contribuzione 2020 e 2021 e, di conseguenza, risulta sospesa la liquidazione delle pensioni di soggetti che comunque hanno maturato il diritto alla pensione;

   al fine di arrecare minor danno ai soggetti interessati, l'Inps avrebbe la possibilità di attivare la liquidazione provvisoria delle pensioni, procedura che già viene applicata in altri settori come quelli dell'artigianato e del commercio –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno che l'Inps proceda con la liquidazione provvisoria delle pensioni dei beneficiari del predetto esonero, nelle more delle domande in corso di presentazione e dell'assegnazione dell'esonero ancora non attuato per motivi non imputabili ai contribuenti, considerando utili soltanto le prime tre rate regolari del 2020, visto che le discontinuità nella contribuzione sono dovute alla sospensione per legge della IV rata 2020.
(5-07073)


   BOLOGNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   in attuazione della previsione dell'articolo 38 della Costituzione, che riconosce il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale a tutti i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, alle persone con disabilità e alle famiglie, sono assicurate forme di agevolazioni, prestazioni e servizi;

   i cittadini in condizione di invalidità, previo accertamento sanitario sullo stato di salute e verifica dei dati reddituali, possono richiedere il riconoscimento dell'invalidità civile e delle prestazioni economiche collegate: l'assegno mensile di assistenza – istituito dall'articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 – viene erogato a soggetti con un'invalidità superiore al 74 per cento, secondo quanto previsto dall'Inps, con circolare n. 148 del 18 dicembre 2020, tale beneficio è riconosciuto a persone con reddito annuo non superiore a 4.931,29 euro;

   il 14 ottobre 2021, l'Inps ha, tuttavia, diramato la nota n. 3495, da cui può desumersi che potrebbe essere sospeso l'assegno per persone con disabilità che svolgono ridotta attività lavorativa; l'istituto accoglie un'interpretazione restrittiva secondo cui, con inattività lavorativa, si fa riferimento al soggetto che non svolge alcuna attività produttiva di reddito, se pur minimo e inferiore a 4.931 euro annui;

   la stretta prevista per la concessione di assegni assistenziali ai pazienti non appare ragionevole, secondo l'interrogante, rispetto alla linea di pensiero adottata in precedenza, secondo cui, ai fini della concessione di assegno mensile a persone con disabilità, l'Inps ammetteva che con riferimento all'«inattività lavorativa» si applicassero requisiti più favorevoli che ammettevano lo svolgimento di attività lavorativa nei limiti di 8.145 euro annui per lavoratori dipendenti (4.800 euro in caso di lavoro autonomo);

   l'obiettivo di ridurre i costi per le casse dell'Inps, senza considerare né la ratio dell'assegno erogato né le esigenze delle persone con disabilità, appare violativo dei diritti di cui agli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione, posto che si tratta di persone che non svolgono attività lavorativa a tempo pieno per una condizione fisica che non lo permette; non per questo dovrebbe essergli precluso di accedere ad attività che, compatibilmente con le loro problematiche e con orari di lavoro ridotto, possano contribuire allo sviluppo della loro personalità e alla loro realizzazione;

   la nota diramata dall'Inps non appare in linea neppure con quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) il quale presta particolare attenzione alle persone con disabilità e specifica che: «[...] Per essere efficace, strutturale e in linea con gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, la ripresa dell'Italia deve dare pari opportunità a tutti i cittadini, soprattutto quelli che non esprimono oggi pienamente il loro potenziale. La persistenza di disuguaglianze [...] come l'assenza di pari opportunità a prescindere ...] dalla disabilità, non è infatti solo un problema individuale, ma è un ostacolo significativo alla crescita economica»;

   emerge quindi una preoccupazione circa la decisione dell'Inps che ha evidenti ricadute sulla vita dei singoli e rischia di depotenziare il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità: il lavoro dovrebbe intendersi non solo come attività di mero sostentamento, ma con carattere terapeutico e socializzante, atteso che permette alla persona con disabilità di non vivere in condizione di isolamento, ma di sentirsi valorizzata e di mantenere una, se pur ridotta, sfera di autonomia;

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in raccordo con il Ministero per le disabilità, sentito l'Inps, sta elaborando un intervento normativo per giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali –:

   se i Ministri interrogati intendano fornire aggiornamenti in merito allo status dell'elaborazione normativa di cui in premessa per valutare l'erogazione dell'assegno mensile alle persone con disabilità sulla base dei presupposti previsti in precedenza alla nota Inps del 14 ottobre 2021, così da tutelare i cittadini più fragili e i valori costituzionali.
(5-07075)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Demm è un'azienda storica del tessuto industriale dell'appennino bolognese, operante dal 1929 nella produzione di ingranaggi e sistemi di trasmissione per il settore dei veicoli agricoli e industriali; tale azienda, dopo anni di crisi, è in una fase di progressiva e lenta ripresa grazie a committenze di clienti italiani; tra il giugno ed il luglio di quest'anno sono stati stipulati gli accordi di cassa tra l'azienda medesima ed i sindacati;

   tuttavia, malgrado la stipula degli accordi sopracitati, l'Inps non erogherebbe da luglio 2021 la cassa integrazione ai 130 lavoratori della Demm di Porretta. L'azienda medesima avrebbe già inviato all'Inps la documentazione necessaria per sbloccare l'erogazione della cassa integrazione (si veda l'articolo «Demm, Fim Cisl e Fiom Cgil denunciano: lavoratori senza soldi, Inps non paga la cassa integrazione da 4 mesi», pubblicato su Bologna 2000);

   oltretutto, l'Inps ha richiesto alla Demm una ingente quantità di documenti che già avrebbe dovuto avere in dotazione come le certificazioni dell'anzianità lavorativa e i dati sull'andamento economico dal 2018 ad oggi. Diligentemente la Demm ha provveduto ad inviare la documentazione all'ente previdenziale, tuttavia la pratica non sarebbe ancora stata elaborata dall'Inps;

   la mancata erogazione della cassa integrazione ai 130 lavoratori della Demm sta avendo gravi ripercussioni sulla situazione economica dei dipendenti e dei rispettivi nuclei familiari, poiché sarebbero senza reddito già da alcuni mesi;

   le criticità economiche che stanno vivendo i 130 dipendenti della Demm, a causa della mancata erogazione della cassa integrazione da luglio dell'anno corrente, si innestano in un contesto sociale ed economico nel quale già gravano crisi aziendali come quella della Emifil di Sasso Marconi e della Saga Cofee di Gaggio Montano –:

   se ed entro quali termini intenda adottare iniziative al fine di sbloccare in tempi celeri la pratica per l'erogazione della cassa integrazione ai 130 dipendenti della Demm;

   se intenda acquisire elementi conoscitivi al fine di appurare le motivazioni per le quali si sia prodotto un tale ritardo nell'erogazione della cassa integrazione da parte dell'Inps;

   per quale motivo l'Inps abbia chiesto documentazioni che già avrebbe dovuto possedere, innescando ulteriori ritardi nello sblocco della pratica in questione.
(4-10705)


   D'ORSO, ALAIMO e RAFFA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   presso le sedi di Catania e di Siracusa, il giorno 25 ottobre 2021 sono iniziate le prove scritte di cui Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di 1.514 posti di personale non dirigenziale, a tempo indeterminato, da inquadrare nei ruoli del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'ispettorato nazionale del lavoro e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, per i due profili di ispettore del lavoro, con prove scritte dal 25 ottobre al 26 ottobre 2021, e di funzionario giuridico amministrativo, con prove scritte dal 27 ottobre al 29 ottobre 2021;

   già nella giornata di lunedì 25 ottobre, per il capoluogo etneo, era stata diramata un'allerta meteo rossa e, in ragione di ciò, il sindaco di Catania aveva disposto la chiusura degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, pubblici e privati, dei cimiteri comunali, dei mercati all'aperto, ricadenti nel comune di Catania e la sospensione di tutte le attività commerciali su strada e aree pubbliche all'aperto, degli impianti sportivi all'aperto e, addirittura, la limitazione dell'uso dell'auto e il divieto alla circolazione di ciclomotori. L'Amministrazione comunale raccomandava massima prudenza negli spostamenti e di uscire da casa solo se strettamente necessario. I contenuti di tale ordinanza sono stati confermati anche per la giornata successiva di martedì 26 quando la città di Catania è stata investita da un forte uragano nella mattinata;

   nonostante l'allerta rossa e le disastrose condizioni meteorologiche che hanno flagellato la Sicilia, in particolare la città di Catania, nella giornata di martedì 26 ottobre, il citato concorso si è svolto ugualmente: alcuni candidati sono stati costretti a mettersi in viaggio in situazioni di pericolo, costretti a fare i conti con i disastri provocati dal maltempo tra strade allegate, ponti semi crollati e piogge torrenziali. C'è chi, pur essendosi messo in viaggio, non è riuscito in tempo a raggiungere le sedi delle prove. Altri hanno scelto di rinunciare per non mettere in pericolo la propria vita;

   si è venuti a conoscenza anche del grave fatto per cui nel pomeriggio della giornata del 26 i candidati della sessione concorsuale pomeridiana sono rimasti bloccati per diverse ore al buio, isolati all'interno del mercato ortofrutticolo Maas dove stavano svolgendo la prova concorsuale;

   solo a seguito di ciò, la società organizzatrice della prova «Formez PA» ha comunicato ai candidati il rinvio delle prove per i giorni 27, 28, e 29 per i soli candidati delle sedi di Catania e Siracusa;

   nonostante alcuni candidati abbiano cercato di segnalare, tramite mail, agli organizzatori della prova le possibili difficoltà che avrebbero incontrato i concorrenti siciliani in quei giorni in cui si sarebbero svolte le prove e nonostante la presenza di un'allerta meteo rossa e della stessa ordinanza sindacale, si è deciso di far svolgere ugualmente le prove concorsuali mettendo a rischio così l'incolumità di ciascuno dei candidati che hanno partecipato e negando il diritto di svolgere la prova a chi ha deciso di rimanere a casa per non mettere in pericolo la propria vita o a chi non è riuscito a raggiungere le sedi delle prove a causa delle difficoltà incontrate lungo la strada per il maltempo;

   ai sensi degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, le procedure pubbliche di reclutamento di personale dipendente della pubblica amministrazione devono svolgersi secondo i princìpi di imparzialità, parità di trattamento tra tutti i candidati, oltre che di trasparenza, e senza poter prescindere da una organizzazione efficiente e adeguata delle prove concorsuali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare affinché vengano annullate le prove svoltesi nelle giornate del 25 e del 26 ottobre presso le sedi siciliane, al fine di consentire lo svolgimento di nuove prove o, comunque, di prevedere sessioni di recupero per chi, per causa di forza maggiore, non è riuscito a raggiungere la sede della prova concorsuale.
(4-10706)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAON, BOND, SANDRA SAVINO, ANNA LISA BARONI, SPENA, PAOLO RUSSO e NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono presenti focolai di aviaria, dalla bassa padovana al veronese, nel bresciano, nel Lazio, con casi anche in Sicilia;

   soprattutto in Veneto sono stati coinvolti numerosi allevamenti di tacchini, i primi animali ad essere stati infettati, ma il virus circola anche negli allevamenti di ovaiole e di broiler;

   secondo i dati dell'istituto Zooprofilattico delle Venezie, il Centro di referenza nazionale, nella prima settimana di novembre 2021 gli episodi sono aumentati in anche in altre regioni;

   il virus è stato rinvenuto in alcuni uccelli migratori i quali hanno la capacità di diffondere anche a lunga distanza il virus, in questo caso del ceppo H5N1, fra quelli ad alta virulenza. Per questo motivo si ritiene sia stato riscontrato il virus in numerose regioni;

   in Veneto la situazione è particolarmente delicata. Il presidente della Regione, per contenere il contagio, ha disposto misure restrittive, prevedendo un'ampia zona di protezione ove vige l'obbligo di tenere il pollame e i volatili in strutture chiuse o in un luogo in cui non possono venire in contatto con volatili di altre aziende. Le carcasse degli animali morti vanno distrutte immediatamente e i veicoli vanno sottoposti a disinfezione. Non sono ammessi l'ingresso e l'uscita di volatili in cattività e dei mammiferi domestici, tranne quelli che hanno accesso esclusivamente agli spazi riservati all'abitazione umana. Sono vietati lo spargimento della pollina e l'introduzione e l'immissione di selvaggina delle specie sensibili. Non è possibile movimentare volatili, uova o carcasse tra le aziende, così come il trasporto di carni di pollame dai macelli, dagli impianti di sezionamento e dai depositi frigoriferi. Sono infine vietate le fiere e le esposizioni di pollame e altri volatili. Misure sostanzialmente analoghe sono previste per la zona di sorveglianza –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per prevedere adeguati sostegni agli allevatori i quali, oltre ai danni diretti, come gli abbattimenti, ne subiscono di indiretti per effetto dell'adozione delle misure di biosicurezza che determinano perdite economiche ingenti a causa di mancati o ritardati accasamenti, costi per pulizie, disinfezioni e distruzione della pollina, destinazione alternativa delle uova, distruzione delle uova da cova e mancata produzione nelle aree di depopolamento.
(5-07068)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GERMANÀ, BUCALO, D'UVA, NAVARRA, SIRACUSANO e TIMBRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   continuano a registrarsi con frequenza inaccettabile episodi di malasanità che risultano spesso causa o concausa di tragici decessi e che sono sicuramente indice di un servizio sanitario che, in alcuni territori, rimane ancora oggi inadeguato, nonostante gli interventi di potenziamento dello stesso che si sarebbero dovuti adottare — ma che evidentemente non sono stati, ovunque, adottati — all'indomani delle prime ondate della pandemia da Covid-19;

   l'ultimo di questi episodi che, nel presente atto, si cita a titolo esemplificativo si è verificato nella serata dell'11 novembre 2021 a Messina, all'incrocio tra le vie Centonze e Del Vespro, nei pressi della chiesa di Santa Caterina, dove una donna 46enne è rimasta vittima di un tragico incidente alla guida del suo scooter;

   secondo una prima ricostruzione dei fatti, avvalorata anche dalle testimonianze dei presenti, si sarebbe registrato un ritardo inaccettabile nell'arrivo dei mezzi di soccorso, con la prima ambulanza che sarebbe giunta sul luogo dell'accaduto, addirittura dopo mezz'ora dall'incidente e, peraltro, sprovvista del medico a bordo, in maniera inspiegabile, nonostante le gravi condizioni della donna immediatamente segnalate;

   ritardi, disfunzioni e altre inefficienze più o meno gravi nell'ambito dell'organizzazione del servizio di emergenza urgenza sembrerebbero ormai una costante nel territorio di Messina e provincia, come risulta anche da precedenti denunce e contestazioni, anch'esse riprese da articoli di stampa –:

   se non ritenga opportuno l'invio di una task force di ispettori, per fare chiarezza, per quanto di competenza, sul decesso della quarantaseienne O.C. e per verificare la sussistenza eventuali ritardi, difetti organizzativi e/o altre disfunzioni nella gestione del servizio di emergenza-urgenza.
(4-10710)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9 del «decreto Semplificazione», consente ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali; il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza, fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, comporta la decadenza dall'eventuale incarico assegnato;

   per il periodo di formazione viene assegnato un «incarico temporaneo ai sensi del decreto-legge 135 del 2018» della durata di un anno;

   la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella seduta del 29 gennaio 2020 ha approvato un documento di «Linee guida per l'assegnazione di incarichi di medicina generale ai sensi del decreto-legge 135 del 2018». Si tratta di un testo che definisce alcune regole condivise, al fine di favorire una omogenea applicazione su tutto il territorio nazionale, di quanto previsto dalla vigente normativa in materia di assegnazione degli incarichi vacanti di medicina generale;

   Gaggio Montano è un comune della città metropolitana di Bologna rientrante nelle cosiddette aree disagiate; inoltre, sono sempre più evidenti le difficoltà riscontrate dalle aziende Usl per il reperimento di medici disponibili ad accettare gli incarichi convenzionali di medicina generale nelle zone montane e per l'assegnazione degli incarichi provvisori di sostituzione nelle more dell'individuazione dei medici titolari del rientro in servizio degli stessi;

   dal 1o settembre 2021 a Gaggio Montano, i 1.200 assistiti del medico di medicina generale, assunto con incarico definitivo, saranno trasferiti;

   il medico potrà infatti avere un massimo di 500 pazienti poiché iscritto a un corso di formazione a tempo pieno e quindi risulterà con incarico provvisorio, della durata di un anno (eventualmente rinnovabile), presso il comune di Gaggio Montano;

   trascorso l'anno di assunzione del medico di medicina generale provvisorio, i 1.200 assistiti dovranno recarsi presso il medico di medicina generale di Castel di Casio (17 chilometri da Gaggio Montano);

   non è accettabile che gli assistiti debbano effettuare spostamenti chilometrici così ampi, si pensi in particolare agli anziani che spesso vi si recano a piedi o in bicicletta, alla luce dei numerosi disservizi riscontrati in materia di trasporto pubblico e per la particolarità del territorio montano che non sempre rende agevoli gli spostamenti;

   in analoga situazione si trova il Comune di Alto Reno Terme, così come altri comuni dell'Appennino bolognese;

   i presidi territoriali montani sono essenziali nelle zone di riferimento ed è fondamentale che continuino a soddisfare i bisogni assistenziali della comunità, garantendo l'adeguatezza delle cure e degli interventi;

   l'affanno del Servizio sanitario nazionale durante l'emergenza da Covid-19 ha mostrato a tutti la necessità di investire maggiormente sul territorio, sulle cure primarie e soprattutto sulla medicina generale;

   la difficoltà per i cittadini di rivolgersi al medico di base rischia di mettere a serio rischio la tenuta dei pronto soccorso, già essi stessi carenti di organico –:

   se il Governo intenda adottare urgentemente iniziative per rivedere la normativa vigente in materia, al fine di superare le criticità sopra evidenziate dovute alla carenza di medici di base garantendo ai cittadini, con particolare riguardo alle aree più disagiate, il pieno e continuativo diritto all'assistenza e alle cure.
(4-10704)


   DEIDDA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'alopecia areata è una malattia autoimmune che attacca i follicoli piliferi e provoca la caduta parziale o totale dei capelli o peli;

   colpisce sino al 4 per cento-5 per cento, della popolazione italiana. A essere colpiti sono soprattutto i più giovani: il 60 per cento ha meno di 30 anni;

   «è una patologia causata da un errore del sistema immunitario, che può essere associata ad altre malattie autoimmuni. Le nostre difese invece di proteggerci contro le infezioni si sbagliano, riconoscono capelli e peli come “nemici” e li fanno cadere. Nel 90 per cento dei casi ad essere colpito è il cuoio capelluto a chiazze o nella totalità. Le altre aree pilifere, invece, possono essere interessate congiuntamente o isolatamente, con effetti funzionali in alcuni casi deleteri. A esempio nelle ciglia, l'alopecia areata induce una caduta che interessa sia la palpebra superiore che quella inferiore e provoca una forte sensazione di fastidio per il paziente. Gli occhi, infatti, senza ciglia sono più esposti e non ricevono alcuna protezione dalla luce, dalla polvere e dal vento» spiega testualmente Bianca Maria Piraccini, consigliere SIDeMaST e professore associato in dermatologia presso il Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell'Università di Bologna;

   la stessa aggiunge inoltre che l'alopecia areata non è una malattia indotta dallo stress, come spesso si tende a dire, minimizzandone la patogenesi autoimmune. Per curare l'alopecia areata non basta, perciò, intervenire attraverso un sostegno psicologico, certamente proficuo, ma bisogna intraprendere un percorso di cura farmacologica;

   sul fronte della terapia a oggi non esistono trattamenti in grado di guarire dall'alopecia areata: i farmaci disponibili possono indurre la ricrescita dei capelli, ma non cambiano l'evoluzione a lungo termine della malattia;

   come per l'alopecia provocata da trattamenti antitumorali, la caduta dei capelli per l'alopecia areata, oltre a generare una sofferenza psicologica aggiuntiva, comporta un costo, anche considerevole e non sempre sostenibile per la persona malata, per l'acquisto di una parrucca;

   la qualità della vita, il ritorno al lavoro, la socialità dipendono anche dalla parrucca che non può certo essere considerata un accessorio frivolo e superfluo ma un vero e proprio presidio sanitario necessario, in particolare tra le donne e i bambini;

   le spese per l'acquisto delle parrucche, che hanno un valore terapeutico, rappresentano economico notevole non sempre alla portata dalle persone colpite dall'alopecia;

   una parrucca costa infatti, tra i 1.000 e i 3.000 euro e la sua durata è pari a 8-12 mesi, mentre per la protesi, cioè una parrucca realizzata ad hoc in base alle proprie esigenze e caratteristiche, il costo ammonta a circa 4.000 euro, cui vanno aggiunti i costi di manutenzione;

   a oggi i costi per l'acquisto della parrucca possono essere detratti fiscalmente al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, allegando idonea documentazione comprovante le cure oncologiche sostenute, ma è esclusa l'alopecia areata;

   alcune regioni hanno previsto dei contributi per l'acquisto di parrucche per i pazienti oncologia, mentre la regione Emilia-Romagna è la prima ad aver previsto contributi per i pazienti colpiti da alopecia –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali opportune iniziative intendano adottare ai fini del riconoscimento dell'alopecia areata quale patologia cronica da inserire tra le malattie aventi diritto all'esenzione del ticket o quale patologia rara affinché, in qualunque caso, venga data la possibilità di scaricare fiscalmente tutte le spese sostenute per l'acquisto di protesi e per i trattamenti di dermopigmentazione ai soggetti affetti dalla malattia.
(4-10708)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Open Fiber s.p.a., attualmente partecipata in quote paritetiche da Enel s.p.a. e Cdp Equity s.p.a.;

   nell'ambito della Strategia italiana per la banda ultra larga (Bul) Infratel in qualità di soggetto attuatore incaricato dal Ministero dello sviluppo economico ha indetto una procedura ad evidenza pubblica con la pubblicazione di tre bandi di gara per la costruzione e gestione in concessione di una rete pubblica a banda ultralarga nelle «aree bianche»;

   Open Fiber si è aggiudicata le tre gare, ma gli obiettivi di copertura sono stati ridimensionati e i dati pubblicati da Infratel indicano ritardi nell'attuazione del piano rispetto al cronoprogramma dell'intervento e una proporzione tra case coperte in Ftth e Fwa diversa dal progetto originario;

   il Governo in risposta all'interrogazione n. 5-04111, informava dell'esistenza di listini pubblicati da Open Fiber che includono un contributo di primo allaccio che non può essere dovuto per le Unità Immobiliari ricadenti nei comuni oggetto di gara pubblica;

   Infratel non ha ancora reso disponibili le modifiche intervenute sui documenti di gara, costringendo il Tar a pronunciarsi con sentenza pubblicata il 21 ottobre 2021;

   il Tar ha evidenziato che il ricorso giudiziale è legittimo, in quanto la conoscenza di documenti relativi alle gare è indispensabile «per comprendere, in che misura, i costi in base ai quali Open Fiber ottiene aiuti pubblici siano stati modificati e a valutare se i prezzi di recesso del listino Open Fiber per le aree bianche non debbano a loro volta essere modificati»;

   lo stesso Tar ha altresì riconosciuto che «una modifica dell'infrastruttura da realizzare e delle relative condizioni tecniche inciderebbe sulle modalità di accesso ai servizi passivi e attivi dell'infrastruttura, inoltre, non può escludersi che le modifiche apportate possano incidere sulle modalità di organizzazione dei servizi da erogare ai propri clienti finali e sulla qualità e prezzo conseguenti» –:

   se intenda fornire i dati che il Tar ha riconosciuto di pubblico interesse, ossia quelli concernenti: il cronoprogramma aggiornato di Open Fiber, la copertura di UI in termini di banda e tecnologia, la distanza di disponibilità delle opere in fibra ottica, tenuto conto che la norma tecnica di gara afferma che «il ROE può essere collocato internamente o esternamente agli edifici o in prossimità degli stessi in caso di aree a bassa densità abitativa», i punti di consegna neutri (Pcn), tutte le date pertinenti all'esecuzione e all'approvazione dei progetti definitivi ed esecutivi per comune e tecnologia.
(5-07077)


   LIUZZI, SCAGLIUSI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, DE LORENZIS, CARINELLI, FICARA, GRIPPA, MARINO, RAFFA, SERRITELLA e TRAVERSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   tra le misure straordinarie messe in campo dal Governo per ridurre l'impatto economico derivante dalla pandemia da COVID-19, è stato pianificato un intervento mirato ad aiutare le famiglie non ancora attive nei servizi di rete a banda ultralarga Nga, attraverso l'attivazione di una misura d'incentivazione destinata all'incremento di domanda di servizi di connettività da parte di tali soggetti;

   il 9 novembre 2020 è partita l'erogazione dei voucher per la connettività «Fase I»; i cittadini con Isee inferiore a euro 20.000 hanno potuto utilizzare tali voucher (fino a 500 euro) per l'acquisto di servizi di connettività a banda ultralarga e un tablet o pc. Per accedere al voucher i cittadini potevano rivolgersi direttamente ad uno degli operatori accreditati che hanno presentato offerte valide. Per tale iniziativa sono state stanziate risorse pari a 200 milioni di euro;

   la misura adottata era volta ad incentivare la fruizione di servizi a banda ultralarga su tutto il territorio nazionale, Inizialmente, nelle sole regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Toscana, e su esplicita richiesta di queste regioni, la misura era applicabile solo ad utenze localizzate in alcuni comuni. Dal mese di marzo 2021, le suddette regioni hanno deliberato l'estensione della misura senza limitazioni territoriali, permettendo l'accesso al voucher alle famiglie meno abbienti risiedenti in tutti i comuni;

   il 9 novembre 2021, sul sito di Infratel Italia, si apprende che si è chiusa la «Fase I» del voucher per la connettività, A fine misura sono stati impegnati oltre 106,3 milioni di euro, pari al 53 per cento delle risorse disponibili;

   complessivamente, dal 9 novembre 2020 sono stati attivati più di 200.000 voucher in tutta Italia, per un totale di oltre 98 milioni di euro erogati e, alla data odierna, risultano prenotati voucher per un importo pari a oltre 8,2 milioni di euro;

   a partire dal 25 novembre 2021, non sarà più possibile inserire nuove prenotazioni, per cui tale misura sembra essere non più attiva –:

   quale sia la motivazione per la quale il voucher «fase I» non è stato prorogato e come si intenda impiegare il 47 per cento delle risorse non ancora utilizzate.
(5-07078)


   CAPITANIO, MACCANTI, GIACOMETTI, DONINA, FOGLIANI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la televisione terrestre si trova davanti a una nuova conversione tecnologica dopo il primo passaggio al digitale di 10 anni fa. Questa comincerà nella seconda metà di quest'anno e terminerà il 30 giugno del 2022 e vedrà il passaggio dal DVB-T al DVB-T2;

   con il refarming della banda 700 MHz, il DDT si ritroverà con 12 canali in meno sui 40 attualmente in uso in banda UHF. Le risorse in banda UHF si ridurranno di circa il 65 per cento a causa anche dei vincoli imposti dal coordinamento internazionale delle frequenze;

   la riduzione della risorsa di frequenza impatta in maniera significativa sul settore radiotelevisivo e, pertanto, per fronteggiare la minore disponibilità di frequenze è stato necessario introdurre una nuova tecnologia digitale, il DVB-T2, più efficiente e che consente di trasmettere in canale TV un maggior numero di programmi, anche con migliore qualità;

   vi sono state delle gravi conseguenze nei procedimenti che hanno portato alle esecuzioni dei bandi con sistemi che di fatto hanno escluso dall'etere molte realtà;

   il caso più grave si sta attualmente registrando solo 15 hanno trovato collocazione all'interno dell'unico mix disponibile per la copertura regionale. Il primo step procedurale ha visto la partecipazione delle emittenti tv al bando per la «Formazione delle graduatorie dei fornitori di servizi media audio visivi in ambito locale cui assegnare la capacità trasmissiva delle reti di 1° e 2° livello». Subito dopo è stata indetta una seduta pubblica tra i presenti in graduatoria e il Ministero dello sviluppo economico per una seconda graduatoria degli utilmente collocati. Questa graduatoria è stata stilata in base alle richieste delle Tv che hanno avuto la possibilità di richiedere capacità da 1,5 mega a 3,00 mega. Ovviamente, questo ne ha prodotto l'esaurimento, riservando lo spazio a pochi;

   in molte regioni le emittenti Tv hanno chiesto uno spazio di banda a 1,5 e questo dimostra che è possibile trasmettere in formato più ristretto. L'esigenza di reti grosse di trasmettere in formato Hd è possibile anche a 2,3 mega. Rivedere le quantità di mega rilasciati permetterebbe a molte aziende di trovare spazio e di non chiudere –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire la prosecuzione delle attività al maggior numero possibile di emittenti.
(5-07079)


   ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   fino al 31 dicembre 2022, o fino all'esaurimento delle risorse stanziate, sarà possibile per i cittadini accedere al bonus tv-decoder, un'agevolazione fino a trenta euro per l'acquisto di tv e decoder idonei alla ricezione di programmi televisivi con i nuovi standard trasmissivi che diventeranno operativi a partire dal 2022, nonché per l'acquisto di decoder per la ricezione satellitare;

   inoltre, a partire dal mese di agosto 2021 è diventato operativo anche il bonus rottamazione Tv, il contributo per l'acquisto di televisori di nuova generazione previsto dalla legge di bilancio per il 2021, che consiste in uno sconto del venti per cento sul prezzo d'acquisto del nuovo televisore, fino a un massimo di cento euro, rottamando apparecchi acquistati prima del 22 dicembre 2018 che non risultano più idonei ai nuovi standard tecnologici di trasmissione televisiva del digitale terreste;

   le due citate misure agevolative possono essere cumulate e lo stanziamento complessivo previsto è pari a circa duecentocinquanta milioni di euro;

   dal 20 ottobre 2021 alcuni canali della Rai e di Mediaset sono «migrati» sul nuovo sistema digitale terrestre Dbv-T2, dando l'avvio a un passaggio che coinvolgerà tutta la televisione italiana da qui al 1° gennaio 2023;

   il passaggio dei canali televisivi sul nuovo sistema li rende visibili solo ad apparecchi con determinate caratteristiche tecniche e sta costringendo i cittadini che hanno apparecchi televisivi che non le supportano ad acquistare appositi decoder o nuovi apparecchi –:

   anche alla luce del citato trasferimento di canali televisivi avvenuto a partire dal 20 ottobre 2021, a quanto ammontino sinora le risorse spese per i due bonus di cui in premessa.
(5-07080)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   è pervenuta al Ministero della transizione ecologica l'istanza per l'avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 relativa al progetto «Nuovo permesso di ricerca mineraria “Corchia” per rame, piombo, zinco, argento, oro, cobalto, nickel e minerali associati», che interessa i comuni di Berceto e Borgo Val di Taro e in particolare a Belforte, Corchia in alta Val Manubiola e nel Groppo di Gorro;

   l'area in cui si intendono effettuare le ricerche minerarie copre una superficie di 3.534 ettari di territorio appenninico, ricca di peculiarità naturalistiche per quanto concerne la flora e la fauna;

   l'eventuale avvio dell'attività estrattiva, a seguito di un esito positivo della ricerca mineraria, determinerebbe la quasi totale cancellazione della Zsc Belforte e il dimezzamento della superficie della Zsc Groppo di Gorro, ricadendo esse rispettivamente per il 90 per cento e per il 60 per cento della loro superficie all'interno dell'area di indagine;

   in merito agli aspetti geologici e idrogeologici dell'area, si rileva che nel territorio interessato dal permesso minerario affiorano unità geologiche ofiolitiche che, oltre ad essere l'oggetto della ricerca mineraria in progetto (in special modo, i basalti), hanno caratteristiche di acquiferi e sono sede di numerose sorgenti captate da pubblico acquedotto che alimentano abitati nei comuni di Borgo Val di Taro e Berceto;

   la fragilità del sito mal si coniuga con le necessità ed i sottoprodotti di un impianto minerario che, tra l'altro, non può prescindere dalla disponibilità di acqua per la sua gestione, che dovrà ovviamente essere recuperata in loco depauperando le già compromesse risorse locali;

   l'oggetto dell'istanza di Via, ovvero la verifica della possibilità di sviluppo a fini estrattivi, è incompatibile con i vincoli ambientali e paesaggistici che interessano l'area di progetto e, in particolare, agli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000 interessati, e una tale attività è incompatibile anche con le aree contigue ai siti vincolati per gli effetti difetti ed indiretti che ne comprometterebbero il valore;

   la prospettiva verso cui la richiesta di indagine si indirizza risulta, ad avviso dell'interrogante, incompatibile non solo con le esigenze di protezione ambientale ma anche con il tessuto socioeconomico locale, dove è ormai maturata una spiccata vocazione ecoturistica, sia stagionale che occasionale, e che ha maturato una importante vocazione turistica e nell'ambito della produzione agroalimentare;

   il pregio delle zone in questione, il loro valore paesaggistico ambientale, la particolarità e la fragilità suddetta dei sito, non possono essere messe a rischio per autorizzare lavori di scavo, di studio e ricerca di risorse minerarie in un luogo dove, comunque, non si potrà permettere alcuna attività estrattiva. L'area interessata, inoltre, come il comune di Berceto, è stata recentemente inserita nell'allargamento del Mab Unesco, Riserva della biosfera dell'Appennino Tosco-Emiliano per le sue eccezionali caratteristiche socio-ambientali;

   la popolazione locale sta esprimendo grande preoccupazione e la propria contrarietà all'avvio del progetto di ricerca mineraria, temendo che poi possa avviarsi concretamente l'attività estrattiva, con raccolte di firme e, diverse associazioni e singoli, hanno prodotto molte osservazioni al progetto depositate al Ministero della transizione ecologica;

   la regione Emilia-Romagna ha espresso contrarietà al progetto attraverso delle risoluzioni approvate in consiglio regionale –:

   se intenda adottare iniziative per quanto di competenza, affinché il procedimento di valutazione di impatto ambientale si concluda in modo più celere possibile, tenendo conto delle criticità evidenziate e anche in ragione della grande preoccupazione che esso sta destando nella popolazione del territorio interessato.
(4-10707)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Alaimo e altri n. 4-10670, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giarrizzo.

  L'interrogazione a risposta scritta Bitonci e altri n. 4-10688, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lucchini, Patelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Ascari e altri n. 4-10691, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Palmisano.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lupi n. 1-00540, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 588 del 4 novembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    gli ambiziosi progetti dell'Unione europea per uno sviluppo sostenibile e gli impegni di Cop 26 prevedono in tempi brevi un forte abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, difficilmente raggiungibile nei tempi previsti con il solo utilizzo di energie da fonti rinnovabili;

    con riferimento all'energia da fissione nucleare, molti Paesi proseguono l'investimento in energia atomica, tra cui Gran Bretagna, Russia, India, Cina e Francia, che ha annunciato la costruzione di sei nuovi reattori nucleari EPR (ad acqua pressurizzata), oltre all'entrata in servizio del reattore di Flamanville, prevista per il 2024, e all'impegno di un miliardo di euro per la realizzazione di reattori di piccole dimensioni;

    i Ministri dell'economia e dell'industria di 10 Paesi dell'Unione europea – Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria – hanno pubblicato un documento, il 10 ottobre 2021, per chiedere che l'energia nucleare sia compresa nelle fonti di energia pulita all'interno della «Tassonomia degli investimenti verdi» della Commissione europea, cioè l'insieme di regole di classificazione che si applicano alle attività economiche per poterle definire «sostenibili»;

    anche il Giappone, a 10 anni dall'incidente di Fukushima, per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nel 2050, prosegue nel suo intento di riavviare gli impianti già localizzati sul proprio territorio e di costruirne di nuovi;

    lo sviluppo di reattori nucleari di nuova generazione coinvolge i maggiori Paesi del mondo e numerosi partner industriali europei e vedrà l'avvio della produzione di energia da parte dei primi impianti già dal 2024;

    d'altro canto, con riferimento all'energia nucleare da fusione a confinamento magnetico, mai applicata a livello industriale, la società Commonwealth Fusion Systems (CFS), nata dal Mit di Boston, e che ha come maggiore azionista privato il gruppo italiano Eni, ha condotto con successo il primo test di un supermagnete, fondamentale per la gestione del plasma, composto da isotopi di idrogeno: un passo importante verso la produzione di energia nucleare pulita, con l'impegno a costruire il primo impianto sperimentale entro il 2025 –:

impegna il Governo

nel confermare l'obiettivo di zero emissioni al 2050, a riconsiderare, previa effettuazione delle dovute verifiche di sicurezza e con il coinvolgimento della popolazione, lo sviluppo di tecnologie di fissione nucleare di nuova generazione, a supportare lo sviluppo delle tecnologie di fusione a confinamento magnetico e ad adottare iniziative per comprendere la produzione di energia atomica di nuova generazione all'interno della propria politica energetica, e far sì che la stessa venga classificata tra le fonti energetiche sostenibili.
(1-00540) «Lupi, Schullian».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta L'Abbate n. 4-10497 del 21 ottobre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07072.