Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 5 novembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 1051, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), riconosce un credito d'imposta in relazione a diverse tipologie di beni agevolabili, alle imprese residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, che, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d'impresa, effettuino investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate in Italia, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2022;

    il comma 1059 riconosce il principio di cedibilità dei crediti fiscali laddove dispone che il credito d'imposta sia utilizzabile in compensazione in tre quote annuali di pari importo, mentre, per gli investimenti in beni strumentali effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il comma 1054 prevede che il credito d'imposta spettante ai soggetti con volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro sia utilizzabile in compensazione in un'unica quota annuale;

   considerato che:

    il decreto-legge n. 91 del 2017 ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano le Zes (Zone economiche speciali), innalzando, inoltre, per gli investimenti localizzati in tali aree, i massimali di spesa ammissibili per accedere al credito d'imposta previsto dalla legge di stabilità 2016 per gli investimenti strumentali effettuati nell'intero Mezzogiorno;

    per Zona economica speciale si intende, ai sensi dell'articolo 4, comma 2 del citato decreto, nello specifico, «una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 (...)». Le Zes possono essere istituite nelle regioni meno sviluppate o in transizione. La proposta di istituzione di Zes deve essere sempre accompagnata da un piano di sviluppo strategico. Ciascuna Zes è istituita, su proposta delle regioni interessate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

    l'istituzione delle Zone economiche speciali è finalizzata a creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, per consentire lo sviluppo delle imprese già operanti nel territorio e l'insediamento di nuove imprese. Queste ultime, pertanto, beneficiano di speciali condizioni, quali la riduzione dei termini dei procedimenti, semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente e di benefìci fiscali. Al contempo sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa Zes;

    il miglioramento della produttività delle imprese costituisce uno degli obiettivi fondanti del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e richiede, conseguentemente, investimenti connessi principalmente alla digitalizzazione e all'innovazione tecnologica. Il piano intende, tra le molteplici altre azioni, rafforzare il molo e l'efficacia delle Zes attraverso investimenti e riforme;

    il ritardo degli investimenti pubblici e privati, nel ventennio 1999-2019, ha rallentato i processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, ma, soprattutto, delle filiere produttive, tanto che in Italia gli investimenti totali sono cresciuti solo del 66 per cento contro il 118 per cento della zona euro, producendo così un impatto negativo sull'andamento della produttività rispetto al resto d'Europa (cresciuta in Italia del 4,2 per cento per ora lavorata contro il 21,2 per cento e del 21,3 per cento, rispettivamente di Francia e Germania);

    il programma «Next Generation EU» (NGEU) rappresenta per l'Italia un'opportunità imperdibile per realizzare quegli investimenti indispensabili per rafforzare e modernizzare il sistema produttivo e per far crescere l'occupazione, anche attraverso la ripresa del processo di convergenza verso i Paesi più ricchi dell'Unione europea;

    nelle Raccomandazioni specifiche per l'Italia 2020 e 2019, la Commissione europea ha rilevato, tra le altre, l'esigenza di «promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica», anche attraverso riforme pertinenti, sottolineando, altresì, la necessità di investimenti per aumentare la qualità e la sostenibilità delle infrastrutture del Paese;

    gli investimenti privati, anche in ragione del persistere dell'emergenza sanitaria, risultano infatti fortemente ostacolati dalla mancanza di liquidità, dal ridotto capitale proprio, dall'aumento dell'indebitamento e dal peggioramento degli indici di bilancio che inevitabilmente ridurrà la capacità di accesso al credito bancario delle imprese;

    il cash flow generato dalle stesse imprese nella situazione precedente alla pandemia, ovvero nel periodo 2008-2019, non ha permesso il pieno soddisfacimento del debito bancario contratto per investimenti, così come dimostrano le ingenti perdite subite dal sistema bancario e i numerosi interventi pubblici di salvataggio degli istituti di credito in crisi;

    estremamente delicata risulta la situazione dei comparto dei servizi, nell'ambito del quale l'indebitamento delle imprese dovuto alla crisi pandemica è stato particolarmente rilevante, ammontando a circa 57 miliardi di euro per l'anno 2020 e divenendo pertanto insostenibile; le imprese italiane di qualsiasi settore si trovano, dunque, nella sostanziale impossibilità di finanziare gli investimenti ai ritmi precedenti alla crisi in corso, proprio in ragione del calo degli investimenti privati, in parte compensato dal forte recupero degli investimenti pubblici avviato nell'ultimo biennio dopo un decennio di «sostanziale contrazione in termini nominali»;

    in particolare le piccole e medie imprese hanno avuto la necessità di ricorrere a un maggior indebitamento per far fronte ad una crisi imprevedibile, senza precedenti e dalle ingenti perdite economiche;

    risulta evidente l'esigenza di assicurare la massima liquidità alle imprese, anche favorendo temporaneamente l'accesso a fonti finanziarie innovative rispetto al passato, vista la straordinarietà dell'emergenza pandemica;

    il tavolo di coordinamento fra Banca d'Italia, Consob ed Ivass in materia di applicazione dei princìpi contabili internazionali Ias/Ifrs emanati dall'International accounting standards board ha fornito chiarimenti in merito al trattamento contabile e alla rappresentazione in bilancio dei crediti di imposta, specificando in particolare che, per valutare se ed in quale misura l'eliminazione contabile (derecognition) dei crediti ceduti dagli intermediari cedenti sia appropriata nel caso concreto, si applicano i criteri generali contenuti nella sezione 3.2 dell'Ifrs 9 e le disposizioni riportate nei paragrafi da B3.2.1 a B3.2.17 dell'appendice B al principio Ifrs 9, relativo alla «guida operativa» dell'Ifrs 9, che forma parte integrante del principio stesso;

    le misure di incentivazione fiscale rappresentano un tassello fondamentale della strategia nazionale complessiva tesa ad aumentare la produttività, la competitività e la sostenibilità delle imprese italiane;

    la possibilità di estendere la circolazione dei crediti d'imposta agli investimenti nel Mezzogiorno, nonché in particolare a tutte le imprese che operano all'interno delle Zone economiche speciali, assicurerebbe liquidità immediata alle imprese, oltre che ai cittadini, e garantirebbe la realizzazione degli investimenti necessari per il miglioramento della produttività del sistema, realizzando un vero cambio di paradigma, consentendo alle imprese di scegliere tra «compensare» l'agevolazione fiscale con i futuri impegni verso l'erario oppure «monetizzare» il credito d'imposta al momento dell'investimento;

    l'applicazione dei principio di cessione dei crediti d'imposta rappresenterebbe una grande innovazione anche nella gestione delle agevolazioni fiscali, con conseguente semplificazione delle procedure di riconoscimento, validazione e utilizzazione dei crediti d'imposta;

    i vantaggi per le imprese della nuova prospettiva sarebbero notevoli, come dimostrano le dichiarazioni rese da Confindustria, Confapi, Confagricoltura, Cia, Confcommercio, consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro, peraltro avvallati anche dal mondo accademico, con l'Accademia italiana di economia aziendale, tra cui quelli di: monetizzare subito il credito d'imposta; accelerare la transizione ecologica e tecnologica; aumentare la capacità di finanziamento; migliorare la produttività; ridurre il rischio di credito del sistema bancario; indirizzare l'eccedenza di liquidità presente negli istituti di credito nell'economia reale; creare nuova occupazione soprattutto giovanile, dato che gli investimenti oggetto di agevolazione sono proprio più di interesse dei giovani, ovvero digitalizzazione, innovazione tecnologica, informatica;

    la cedibilità dei crediti d'imposta produce rilevanti effetti macroeconomici e precisamente un considerevole aumento immediato del Pil, così come si è già verificato e attestato per le ristrutturazioni legate al superbonus edilizia al 110 per cento, perché ha un alto moltiplicatore che permette una crescita economica superiore agli investimenti agevolati e, conseguentemente, anche una crescita del gettito fiscale che compensa negli anni la riduzione del gettito causata dall'utilizzo del credito d'imposta per ridurre le tasse;

    la cessione del credito d'imposta ad un istituto di credito comporta anche un aumento della massa monetaria in circolazione nell'economia reale, rappresentando un vantaggio che supplisce almeno in parte il «credit crunch» degli ultimi anni, cioè la riduzione del credito bancario che le imprese italiane hanno dovuto subire da parte del sistema bancario italiano;

    gli istituti di credito, tra l'altro, hanno oggi «riserve» in eccesso che fanno fatica ad utilizzare e la cedibilità dei crediti d'imposta permetterebbe di impiegare almeno una piccola parte delle liquidità possedute;

    è evidente dunque che i crediti d'imposta e la loro cedibilità permettono di far crescere l'economia con uno strumento che non genera debito pubblico, ma solo la necessità di reperire «coperture», cioè risorse finanziarie future, che, però, non saranno necessarie perché compensate dall'aumento di gettito fiscale generato dalla crescita economica provocata dagli incrementi di investimenti grazie dall'immissione di crediti d'imposta nell'economia reale;

    nessuna incertezza oggi vige sul trattamento contabile, così come è confermato dal documento più recente di Eurostat del 2019 («Manual on government deficit and debt, implementation of ESA 2010»), laddove conferma che i crediti fiscali «non payable» sono quelli «no refundable», e rimangono «non payable» anche in caso di loro cessione; allo stesso modo, l'Istat ha classificato gli sconti del superbonus 110 come «non payable»;

    la dottrina maggioritaria è concorde nel ritenere che i crediti d'imposta, ancorché cedibili non rientrano nel calcolo del debito pubblico, in quanto rientrano tra le partite «non pagabili», non sono mai una spesa, perché non sono né prestiti (AF.4) e né titoli di debito (AF.3), da restituire ad una certa data e per una determinata somma futura;

    secondo quanto previsto dal regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, i crediti d'imposta, inoltre, non sono titoli di credito «pagabili», perché non sono «strumenti finanziari negoziabili che comprovano l'esistenza di un debito» (articoli 5.89 e 5.90);

    tali crediti non comprovano l'esistenza di un debito da rimborsare alla scadenza, ma rappresentano solo una riduzione di debito d'imposta, in quanto il loro valore è limitato all'ammontare del debito fiscale e l'eventuale eccedenza di credito fiscale non può essere chiesta a rimborso,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per estendere l'opzione della cessione dei crediti anche ad altri crediti d'imposta già disciplinati, tra cui in particolare il credito d'imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno (articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), nonché nelle zone economiche speciali (articolo 5, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91), consentendo a quelle imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali di investimenti di natura incrementale nella Zes di cedere il credito d'imposta ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per ricomprendere, tra i costi ammissibili al beneficio del credito d'imposta nelle Zes, i costi relativi alla produzione di idrogeno rinnovabile e alla produzione e distribuzione di energia da idrogeno rinnovabile;

3) ad adottare le iniziative di competenza affinché, siano definite le modalità attuative delle disposizioni relative all'esercizio dell'opzione, da effettuare in via telematica, prevedendo il visto di conformità sulla documentazione che attesti la cessione;

4) ad adottare iniziative per costituire una piattaforma elettronica per la certificazione e per la circolazione dei crediti d'imposta per cui è consentita l'opzione della cessione in modo tale che detti crediti possano circolare, nella certezza del loro riconoscimento e del diritto.
(1-00541) «Scerra, Galizia, Berti, Bruno, Businarolo, Grillo, Ianaro, Papiro, Ricciardi, Vignaroli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   alle ore 02.00 circa del 1° novembre 2021, in Piazza Cavalli a Piacenza, si è verificate un atto di efferata, inaudita e gratuita violenza, di cui è rappresentativo il seguente titolo del quotidiano locale «Libertà» del 2 novembre: «Halloween di terrore – grida “Allah akbar” e ferisce due persone»;

   nei fatti, un clandestino ha aggredito con un coltello un poliziotto ed un operatore ecologico. L'aggressore, Hissam Habdul Mahmud, 32 anni, egiziano pregiudicato ed autore nei giorni precedenti di atti di violenza nei confronti delle forze dell'ordine, e stato successivamente bloccato e arrestato da agenti di polizia e carabinieri con le accuse di tentato omicidio, lesioni personali aggravate, violenza e resistenza pubblico ufficiale;

   solo il giorno precedente, nei pressi dell'autostazione in via dei Pisoni, un extra comunitario era stato violentemente aggredito, anche a colpi di bastone, da altri extracomunitari poi fuggiti all'arrivo delle Forze dell'ordine;

   in più occasioni, anche in questa legislatura, sono stati puntualmente richiamati all'attenzione del Governo (ad esempio, con gli atti di sindacato ispettivo n. 4-00875 e n. 5-02299) fatti criminali che imporrebbero un diverso approccio a Piacenza nella gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche prevedendo secondo la normativa vigente, l'utilizzo di personale militare;

   la situazione complessa dell'ordine pubblico a Piacenza, così come del degrado che affligge alcune aree, in particolare quelle prossime alla stazione ferroviaria, è stata a più riprese evidenziata anche dai rappresentanti delle istituzioni locali e non può essere fatta deflagrare in alcun modo. È qui il caso di evidenziare che gli stranieri regolari residenti a Piacenza al 1° gennaio 2021 sono 19.762, rappresentano il 19,1 per cento della popolazione residente (si veda al riguardo il sito www.tuttitalia.it), il livello d'integrazione raggiunto è discreto. I pericoli alla sicurezza pubblica vengono da irregolari e clandestini, la cui quantificazione numerica appare fuori controllo, autori della stragrande maggioranza degli atti criminali – di certo più efferati – che si registrano in quella città;

   già il 25 gennaio 2016 il consiglio comunale di Piacenza aveva approvato (22 voti favorevoli, 1 contrario e 1 astenuto) una mozione – presentata dal gruppo di Fratelli d'Italia – con cui si impegnava il sindaco di centrosinistra, Paolo Dosi, a richiedere l'impiego di parte del personale militare, in servizio al II Reggimento Genio Pontieri di Piacenza, nell'attività di controllo del territorio, di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, di prevenzione dei fenomeni di micro-criminalità, in collaborazione e congiuntamente alle forze di polizia;

   analoga iniziativa veniva riproposta, nella seduta del consiglio comunale del 22 gennaio 2018, con una risoluzione presentata da due consiglieri di Fratelli d'Italia. Anche detto atto di indirizzo, approvato a larghissima maggioranza (29 favorevoli, 1 contrario), impegnava il sindaco di centrodestra, Patrizia Barbieri, a richiedere al Governo l'impegno dei personale militare in servizio al II Reggimento Pontieri di Piacenza, per le finalità di cui al capoverso che precede;

   nonostante le iniziative sopra riferite, le decisioni assunte dal consiglio comunale di Piacenza, l'attivazione in tal senso dei citati sindaci, ad oggi nulla si è mosso – ne è testimonianza anche quella che gli interpellanti giudicano l'inerzia del Governo – in favore dell'impiego dei militari e del concorso degli stessi nel controllo del territorio della città, come invece è stato nel passato quando, a far data dal 10 agosto 2009, proprio a Piacenza venne attivata l'«Operazione Strade Sicure», che ebbe a dare significativi risultati, oltre che essere fortemente apprezzata dai piacentini –:

   se, alla luce dei fatti su esposti, il Governo intenda accogliere la richiesta formulata a più riprese a livello istituzionale comunale e non, assumendo le opportune iniziative per promuovere, limitatamente al comune di Piacenza, l'impiego di parte del personale in servizio al II Reggimento Genio Pontieri di Piacenza, o di altro personale militare, nell'attività di controllo del territorio, in collaborazione e congiuntamente alle forze di polizia.
(2-01365) «Lollobrigida, Foti, Ferro, Prisco».

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nella notte del 10 ottobre 2021 nella sede del pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma, sono stati aggrediti, con violenza fisica e verbale, tre infermieri, di cui una alla testa con una bottiglia, e due agenti di polizia, da un manifestante del corteo contro il green pass tenutosi nella Capitale nel pomeriggio, il quale dopo essere stato posto in stato di fermo è stato trasportato in pronto soccorso per degli accertamenti. Nella stessa notte decine di manifestanti, animati da motivazioni ideologiche e antiscientifiche, hanno fatto irruzione nella struttura sanitaria arrecando danni alla stessa e alle strumentazioni mediche presenti al suo interno, costringendo i medici ed infermieri di turno a sigillare i locali per arginare la pressione violenta degli stessi;

   l'attacco subìto è da ritenersi particolarmente grave e intollerabile in quanto perpetrato a danno di chi si è impegnato e continua ad essere in prima linea con efficienza, professionalità e abnegazione, per fronteggiare e gestire l'emergenza sanitaria legata alla pandemia di COVID-19;

   nonostante l'entrata in vigore della legge 14 agosto 2020, n. 113, sulla sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni, non si riesce ancora a sortire un effetto deterrente sulle aggressioni nei confronti del personale sanitario dei pronto soccorso;

   ad avviso dell'interpellante, queste vicende dovrebbero indurre ad una tempestiva riflessione sulla sicurezza all'interno degli ospedali, al fine di mettere urgentemente in atto azioni volte a rafforzare i presidi di sicurezza in essi presenti, a cominciare dall'adozione del decreto del Ministro della salute istitutivo, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 113 del 2020, dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, il quale avrà tra i propri compiti, oltre al monitoraggio degli episodi di violenza commessi ai danni dei lavoratori del settore e degli episodi sentinella, anche quello di promuovere la formazione del personale medico e socio-sanitario finalizzata a prevenire e gestire i conflitti. Sempre al fine di prevenire episodi di aggressione o di violenza, si ravvisa l'urgenza di stipulare dei protocolli operativi con le forze di polizia per garantire interventi tempestivi presso i pronto soccorso, così come già disposto nella su richiamata legge;

   come anche i più recenti accadimenti testimoniano, i professionisti dell'emergenza-urgenza sono purtroppo facili vittime di violenze fisiche e verbali, per questioni che vanno al di fuori delle proprie mansioni, come più volte evidenziato dal presidente della Società italiana della medicina d'emergenza-urgenza (Simeu);

   al fine di garantire la piena operatività delle strutture di emergenza-urgenza, l'interpellante ritiene prioritario affrontare e risolvere le annose criticità che riguardano questo settore e che con la presente pandemia stanno assumendo proporzioni particolarmente allarmanti e che si stanno ripercuotendo in termini di assistenza ai cittadini. In particolare, la carenza di specialisti in medicina d'emergenza-urgenza o specialità equipollenti, la sempre minore attrattività del lavoro di pronto soccorso causata da condizioni di lavoro usuranti, la scarsa valorizzazione delle professionalità, i carichi di lavoro eccessivi, l'elevatissimo rischio clinico e di contenzioso medico-legale, l'assenza di adeguati riconoscimenti economici commisurati alla gravosità della tipologia del lavoro svolto, hanno condotto ad un gravissimo depauperamento delle risorse umane del sistema dell'emergenza-urgenza ospedaliera, condizionato anche da una mancanza di sicurezza nell'espletamento delle mansioni che si estrinseca, tra l'altro, in aggressioni verbali e fisiche che il personale sanitario costantemente subisce nei pronto soccorso, a partire dagli infermieri impegnati nelle operazioni di triage, che risultano essere i più esposti a questo tipo di rischi;

   al fine di incentivare l'accesso alla scuola di specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza sarebbe opportuno considerare alcuni aspetti per garantire una valorizzazione delle professionalità: in primo luogo, un riconoscimento del lavoro svolto più gratificante sotto l'aspetto economico, prevedendo una specifica indennità per chi lavora nel suddetto ambito, oltre ad un aumento dei periodi di ferie per consentire il necessario recupero psico-fisico, tenendo conto della mole di stress subìto dagli operatori sanitari dei pronto soccorso, acuito dai ritmi estenuanti imposti dal periodo emergenziale che si sta affrontando –:

   se il Governo non ritenga opportuno intraprendere le necessarie iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di assicurare un rafforzamento delle misure di sicurezza all'interno dei presidi ospedalieri, per prevenire e contrastare gli atti di violenza rivolti contro il personale sanitario, anche attraverso l'adozione di specifici protocolli per l'intervento delle forze di polizia e, in particolare, per accelerare l'iter della procedura volta all'adozione del decreto di cui all'articolo 2 della legge n. 113 del 2020, con il quale viene disposta l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie presso il Ministero della salute;

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, si intendano assumere per garantire un giusto riconoscimento remunerativo per gli operatori sanitari della medicina di emergenza-urgenza, a fronte del rischio professionale insito nelle attività svolte e della particolare abnegazione richiesta in tale ambito.
(2-01362) «Mammì».

Interrogazione a risposta scritta:


   PATASSINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo complementare Pnrr è finalizzato ad integrare con risorse nazionali gli interventi del Pnrr per complessivi 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026;

   ammontano a 1 miliardo e 780 milioni di euro le risorse per le aree colpite dai terremoti del 2009 e del 2016/2017 nel Centro Italia, che, grazie al Pacchetto Sisma, finanziato con il Fondo complementare al Pnrr, si aggiungono a quelle già stanziate per la ricostruzione delle case e delle opere pubbliche, ed agli altri investimenti previsti dal Recovery Plan;

   il Pacchetto Sisma è gestito dalla cabina di coordinamento integrata, insediatasi il 12 agosto 2021, e riunisce tutte le rappresentanze istituzionali dei due crateri: è costituita dalla cabina del sisma 2016 con i presidenti delle quattro regioni (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria) ed i rappresentanti dei sindaci, dai delegati dalle Anci regionali, integrata dal capo dipartimento Casa Italia e dal Coordinatore della Struttura di missione per il sisma 2009, dal sindaco dell'Aquila e dal coordinatore dei sindaci del cratere 2009, e presieduta dal Commissario straordinario sisma 2016, Giovanni Legnini;

   lo sciame sismico si è diffuso in maniera non omogenea tra le regioni; si stimano oltre 80 mila immobili lesionati tra cratere e fuori cratere di cui il 62 per cento ubicati nella regione Marche, il 16 per cento nella regione Abruzzo, l'11 per cento nella regione Umbria, l'11 per cento nella regione Lazio;

   si ricorda che l'Abruzzo ha visto coinvolti 103.483 abitanti (7,8 per cento della regione) 3 province, 23 comuni, il Lazio 72.798 abitanti (1,2 per cento della regione) una provincia, 15 comuni, l'Umbria 57.505 abitanti (6,5 per cento della regione) 2 province, 15 comuni e le Marche 348.473 (22,6 per cento della regione) 4 province, 85 comuni;

   nelle riunioni della cabina di regia per il sisma 2016 si è storicamente operato nella direzione di definire le scelte sulla base dei danni subiti da ciascun territorio;

   il 28 aprile 2021 è stato formalizzato l'avvio del «Contratto istituzionale di sviluppo del cratere Centro Italia», previsto dall'ultima legge di bilancio con una dotazione di 160 milioni di euro e finalizzato a sostenere la crescita economica delle aree colpite dal sisma: 100 milioni di euro stanziati dalla legge di bilancio e 60 milioni di euro provenienti dalla contabilità speciale del commissario, cui potranno affiancarsi i 50 milioni di euro frutto dei risparmi della Camera dei deputati affidati alla cabina di regia di Palazzo Chigi;

   già con atto di sindacato ispettivo n. 4-09445 l'interrogante chiedeva al Ministro interrogato se, nell'elaborazione dei bandi dei Contratti istituzionali di sviluppo (Cis), intendesse prevedere, per i suddetti contratti una distribuzione degli interventi su base regionale che tenga presente l'effettivo impatto che gli eventi catastrofici dei terremoti del 2016 e 2017 hanno causato sui territori;

   il 14 settembre 2021 è stato approvato il suddetto contratto che ha assegnato i 160 milioni di euro a 49 progetti selezionati delle quattro regioni;

   l'Agenzia per la coesione territoriale ed Invitalia hanno curato l'istruttoria tecnica del Cis, dividendo gli interventi per fasce di rilevanza, alta media e bassa; i progetti ad alta rilevanza delle Marche corrispondono ad un totale di 99,13 milioni di euro e pari al 61,98 per cento del finanziamento complessivo, in linea con la percentuale di danno subito dalla regione nel rispetto dei danni subiti da ciascun territorio –:

   se, in sinergia con la cabina di coordinamento integrata sisma 2016, si intendano adottare iniziative per proseguire con riguardo agli interventi previsti dal fondo complementare Pnrr, con una distribuzione dei medesimi su base regionale che tenga presente l'effettivo impatto causato sui territori dagli eventi sismici del 2016 e 2017, al fine di sostenere lo sviluppo omogeneo delle aree interne appenniniche.
(4-10623)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO, FERRI, FERRARI, BUTTI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FRASSINETTI, CIABURRO, DE FILIPPO, CARETTA, COMAROLI, GRIMOLDI, MURELLI, GERARDI, LUPI, ALESSANDRO PAGANO, LUCCHINI, BORGHESE, BAZZARO, BAGNASCO e VITIELLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le relazioni diplomatiche tra l'Italia e Taiwan si sono interrotte il 6 novembre 1970, ma negli anni successivi i due Paesi hanno rafforzato i rapporti economici, commerciali e di investimento. Nel 1989 l'Ice ha aperto un ufficio a Taipei, nel 1994 il Governo italiano ha inviato un suo rappresentante e istituito l'Ufficio italiano di promozione economica, commerciale e culturale;

   l'Ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia è stato aperto nel 1991 e oggi le relazioni commerciali con Taiwan ammontano a quasi 5 miliardi di euro di scambi con un saldo – in termini di import-export – a favore dell'Italia, che la pone al ventesimo posto tra i partner commerciali di Taiwan nel mondo e al terzo tra gli Stati membri dell'Unione europea;

   Taiwan è uno dei principali partner commerciali asiatici per l'Italia, tra le prime venticinque potenze economiche mondiali, leader nella tecnologia informatica e delle comunicazioni, transizione ecologica, intelligenza artificiale, biotecnologie e agricoltura di precisione, produttore del 65 per cento dei chip dei semiconduttori al mondo;

   Taiwan è presente con investimenti esteri per un valore di 1.120 miliardi di dollari di patrimonio netto investito fuori dal Paese, che la colloca al quinto posto fra gli investitori mondiali, con una riserva valutaria che supera i 550 miliardi di dollari, sesta nel ranking mondiale;

   i mercati dei capitali di Taiwan vedono oltre 1.700 società quotate nella Borsa di Taipei, rendendoli, grazie all'alta concentrazione di startup, incubatori ed acceleratori dell'imprenditorialità giovanile, uno dei centri finanziari più vivaci in Asia e nel mondo;

   la pandemia ha fatto emergere gli elevati standard qualitativi e di efficienza del sistema sanitario e Taiwan è uno degli Stati con il minor numero di contagi e decessi;

   Taiwan ha sempre fornito assistenza tecnica e finanziaria ai programmi di aiuti e alle attività sanitarie dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e, nonostante non ne faccia parte, sostiene diversi progetti in aree povere del pianeta;

   i Paesi del G7 e l'Unione europea hanno espresso sostegno a Taiwan ai fini della partecipazione all'Oms, anche alla luce delle conclusioni del Consiglio Nato del mese di giugno 2021;

   il Parlamento europeo, con due distinte risoluzioni del 20 gennaio 2021 sull'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, ha invitato al miglioramento delle relazioni politiche e commerciali tra l'Unione e Taiwan nonché a supportare in tutte le sedi la sua piena partecipazione alla rete dell'Onu, all'Oms e alle altre organizzazioni internazionali –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per:

    a) promuovere nuovi accordi economici e commerciali e migliorare il meccanismo di consultazione tra i due Paesi nel contesto del «Foro di cooperazione economica, industriale e finanziaria Taiwan-Italia», istituito nel 2010, con particolare riguardo ai settori dell'industria dei semiconduttori con la relativa catena di approvvigionamento, stoccaggio dell'energia e mercato delle materie prime, dei semilavorati e dei lavorati necessari per lo sviluppo della mobilità elettrica;

    b) promuovere la collaborazione nel campo della giustizia e dell'estradizione dei cittadini dei rispettivi Paesi;

    c) sostenere la partecipazione di Taiwan all'Oms e all'Ams, alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), all'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao), all'Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) e ad altre organizzazioni internazionali correlate;

    d) la promozione dello scambio di opere d'arte, l'allestimento di mostre, l'organizzazione di concerti e altri scambi culturali tra i due Paesi;

    e) assicurare l'implementazione dei rispettivi flussi turistici, anche attraverso la valorizzazione dell'accordo «Italia-Taiwan Working Holiday»;

    f) avviare programmi di cooperazione e valorizzazione della sicurezza sanitaria globale, in particolare nel settore epidemiologico, promuovendo la cooperazione tra i Ministeri della salute dei due Paesi;

    g) adottare protocolli di collaborazione sulla politica e tecnologia agricola, la sicurezza alimentare, la protezione della pesca, la semplificazione per l'ispezione e il controllo di piante ed animali e l'implementazione dello strumento della quarantena;

    h) promuovere il rafforzamento delle relazioni economiche, commerciali, industriali, culturali, scientifiche, tecnologiche e agricole tra i due Paesi, tenendo periodicamente aggiornati i competenti organi parlamentari.
(5-07016)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 9 febbraio 2021 la minore di 6 anni, I. M., è stata condotta in Ecuador dalla madre, M. L. B. F. allora console dell'Ecuador a Genova, senza il consenso paterno e da quel momento non è più tornata in Italia. Già nel 2019 la madre era partita per l'Ecuador con la bambina senza preavviso, tuttavia, in quell'occasione, avevano fatto rientro nel territorio italiano, a seguito del quale il padre, rivolgendosi a un giudice aveva ottenuto l'affidamento condiviso;

   il trasferimento della minore in febbraio 2021 è avvenuto con un passaporto diplomatico per cui il padre, temendo con ragione come dimostrano i fatti un nuovo sconsiderato gesto materno, il 28 ottobre 2020 aveva richiesto alle autorità competenti sia italiane sia equadoregne la revoca senza tuttavia ottenere alcun riscontro;

   sono trascorsi nove mesi da quando R. M. ha visto sua figlia, nel mentre ha presentato istanza di rimpatrio, ai sensi della Convenzione de L'Aia del 1980, ma la prima udienza, in violazione dei tempi previsti dai trattati internazionali, è stata fissata solo in ottobre 2021 dando tutto il tempo alla madre e ai parenti materni, come denunciato del genitore italiano, di costruire una falsa realtà familiare generando nella minore sentimenti di diffidenza verso il padre e una forzata dipendenza materna;

   a ciò si aggiunge la quantomeno strana circostanza per cui l'avvocato equadoregno del signor M. a un giorno dall'udienza rinuncia al suo incarico, venendo, non senza difficoltà, sostituito da due legali che sono riusciti a posticipare l'udienza di alcuni giorni. Il giudice equadoregno, il 21 ottobre 2021, ha rigettato le prove inviate dall'Autorità centrale italiana e sentenziato che la minore di 7 anni avrebbe la maturità per decidere dove risiedere;

   il padre attende la sentenza scritta per poter ricorrere in appello, fortemente preoccupato per la salute psicologica e l'incolumità della figlia in un Paese in cui si riscontrano alti livelli di criminalità e, come si legge nello stesso sito internet della Farnesina, «la crisi economica, già seria prima, si è ulteriormente aggravata con la pandemia e ha tratto con sé malcontento e continue minacce all'ordine pubblico» –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia posto in essere in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali ne siano gli esiti;

   di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'allontanamento della minore dal territorio italiano chiarendo in particolare come sia stata possibile la partenza da un aeroporto italiano della suddetta minore con passaporto diplomatico, ma sprovvista del beneplacito del genitore italiano.
(4-10621)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio della pandemia (COVID-19), da quando anche le università si sono dovute fermare, nessun decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ad oggi decreta la fine delle restrizioni per le biblioteche, spazi comuni, aule studio;

   le biblioteche (comunali e ministeriali) sono quasi tutte con servizi ridotti: offrono solo il servizio di visione in sede e restituzione dei libri presi in carico; il numero di accessi consentiti è limitatissimo (alcune sale sono chiuse, altre restano semivuote); vi è il divieto di «deposito» dei volumi in lettura (che un tempo consentiva di tenere un libro per più giorni); vi sono difficoltà di prenotazione dei testi (pochissimi alla volta);

   l'introduzione del Green Pass non cambia la situazione;

   gli spazi comuni delle università sia esterni che interni, le sale studio h24, ancora non sono accessibili senza un appuntamento e con posti limitati: ogni mille studenti ci sono all'incirca tredici posti disponibili;

   la maggior parte delle piattaforme delle biblioteche universitarie consente la prenotazione del posto solo per qualche ora. L'università «La Sapienza» non permette la prenotazione di un posto in aula studio oltre le due ore; la conseguenza è che gli studenti sono costretti ad effettuare più prenotazioni per un singolo giorno, rischiando di cambiare aula o dipartimento; le aule sono sempre piene, e molte volte in una settimana si riesce a prenotare per un solo giorno o per qualche ora un posto per studiare. Con la chiusura delle aule studio si pone la questione della frequenza in aula anche per i pendolari e i fuorisede, che hanno diritto tanto quanto i colleghi con una casa in affitto di poter frequentare le lezioni senza rimanere relegati alla didattica a distanza. Si tratta di un diritto, però, che viene ostacolato quando non ci sono posti dove poter studiare dopo la lezione;

   nell'ambito delle iniziative volte ad allentare le maglie delle restrizioni e la capienza all'interno dei luoghi di cultura, occorre anche affrontare il tema delle biblioteche. Si rileva ad esempio che presso la biblioteca Alessandrina, all'interno della città universitaria de «La Sapienza», di grande importanza per gli studenti, ad oggi si ammette solo il prestito in sede e la consultazione, previo appuntamento;

   i rappresentanti degli studenti hanno già chiesto ai direttori di dipartimento la riapertura delle aule studio h24 e l'allungamento degli orari delle biblioteche, dopo una riunione è emerso che gli stessi direttori attendono una delibera ministeriale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se i Ministri interrogati ritengano di prevedere opportune iniziative di competenza per introdurre misure per allentare le prolungate chiusure e restrizioni delle biblioteche e aule studio, anche nelle università, avendo a disposizione strumenti per arginare il contagio;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati ritengano opportuno adottare per agevolare gli studenti.
(4-10614)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLIN e COVOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi da 493 a 507, della legge n. 145 del 2018, e successive modificazioni, istituiscono presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), destinato ad erogare indennizzi in favore dei risparmiatori che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018; la dotazione finanziaria prevista è di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021;

   come comunicato sul portale ufficiale del Fondo, «alla data del 14 giugno 2021, sul totale di 144.245 domande pervenute, sono state valutate dalla Commissione tecnica n. 75.719 domande ossia il 52 per cento delle istanze complessive e il 60% per cento di quelle afferenti al regime forfettario (125.085) per un totale di 378.517 milioni di euro di indennizzi liquidati»; alla data del 4 ottobre 2021, invece, la Commissione tecnica ha valutato n. 102.168 istanze;

   la Commissione tecnica del Fir ha deliberato di corrispondere a ciascun avente diritto il 100 per cento dell'importo dell'indennizzo riconosciuto a seguito del completamento dell'esame istruttorio;

   i predetti indennizzi verranno quindi corrisposti con bonifico bancario o postale secondo i piani di riparto approvati dalla Commissione tecnica nominata dal Ministero dell'economia e delle finanze, entro i limiti della dotazione finanziaria del Fondo e fino all'esaurimento delle risorse disponibili. In particolare, così come previsto dall'articolo 1, comma 502-bis, della legge n. 145 del 2018, nell'erogazione degli indennizzi forfettari è data precedenza ai pagamenti di importo non superiore a 50.000,00 euro;

   a oggi molti risparmiatori, specie della provincia di Treviso e Vicenza, lamentano di non aver ricevuto ancora alcun rimborso, nonostante gli interventi legislativi, i decreti ministeriali attuativi e un considerevole arco temporale trascorso dall'inizio delle procedure di rimborso;

   per molte famiglie già colpite dai collassi bancari, l'emergenza da Covid-19 ha inferto un ulteriore duro colpo in termini economici e l'indennizzo spettante rappresenta oramai una boccata d'ossigeno impellente;

   inoltre, molti degli aventi diritto sono in età avanzata e desidererebbero vedersi elargire quanto spettante il prima possibile –:

   quanti siano ad oggi i bonifici emessi rispetto alle domande convalidate dalla Commissione tecnica e se, in considerazione dell'accertata circostanza relativa alle tempistiche dilatate nell'erogazione spettante, non si intendano adottare iniziative per un'accelerazione degli indennizzi secondo un criterio anagrafico decrescente.
(5-07015)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARLA CANTONE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da molti organi di informazione, alcuni giorni fa, un anziano ottantaseienne di Roma, tornando dall'ospedale nel quale era stato sottoposto a vari accertamenti sanitari, ha trovato la propria abitazione, sita in via Pasquale Del Giudice, nel quartiere Don Bosco, occupata abusivamente da un nucleo familiare del quale fa parte anche un minore;

   gli occupanti, dopo aver scardinato la porta, hanno sostituito la serratura e non hanno consentito al legittimo proprietario di farvi rientro;

   i carabinieri a cui si è rivolto l'anziano, recatisi presso l'abitazione, hanno potuto solo riscontrare l'occupazione e, una volta identificato gli occupanti, hanno riferito al proprietario che erano molto dispiaciuti ma che doveva allontanarsi, denunciare l'accaduto, magari, con l'aiuto di un avvocato, provare a tentare un po' di strade per rientrare in possesso dell'appartamento;

   come riportato dagli organi di informazione, l'anziano ha chiesto di poter entrare almeno per prelevare i farmaci di cui necessita essendo cardiopatico, così come la relativa documentazione medica nonché alcuni oggetti di valore contenuti nell'abitazione, ma gli è stato negato e i militari gli hanno comunicato che per tali attività necessitava l'intervento di un magistrato;

   i carabinieri, inoltre, hanno spiegato al proprietario che non essendoci un furto in corso, era impossibile per loro procedere allo sfratto forzato, in quanto, l'occupazione abusiva prevede solo una denuncia in stato di libertà;

   pur riconoscendo la piena legittimità dell'operato delle forze dell'ordine interpellate, non può non rilevarsi una evidente aporia giuridica che finisce per tutelare il soggetto che ha commesso un illecito, a scapito del titolare del diritto;

   a parere dell'interrogante, appare altrettanto evidente che, pur rappresentando il fatto sopra citato, in ogni caso, un illecito, sussiste una profonda differenza tra l'occupazione di un appartamento inutilizzato e di proprietà di un soggetto giuridico o di un ente pubblico e l'occupazione di un appartamento abitato dal legittimo proprietario –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche di carattere normativo per scongiurare il ripetersi di episodi analoghi.
(5-07017)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è ormai palese che le istanze della Magistratura onoraria continuano a non ricevere concreto e adeguato riscontro dal Governo nonostante l'avvio della procedura d'infrazione da parte della Commissione europea;

   ancora una volta il Governo ha glissato in merito alle tempistiche per la presentazione delle misure legislative volte a recepire nell'ordinamento i risultati della cosiddetta commissione ministeriale Castelli;

   il 27 ottobre 2021 in commissione giustizia al Senato, il Sottosegretario Sisto ha annunciato che funzionari ministeriali erano a Bruxelles a raccogliere informazioni sulla natura del provvedimento, che la Commissione europea starebbe considerando in funzione della contestazione dell'infrazione eurounitaria in materia chiedendo, conseguentemente, almeno ulteriori trenta giorni di tempo;

   appare del tutto evidente come, paradossalmente, la procedura di infrazione, invece di accelerare la risoluzione del problema, venga utilizzata per procrastinare l'adozione delle misure necessarie; ancora ad oggi nulla si sa in merito alla risposta dello Stato italiano alla Commissione europea, con prima scadenza fissata al 15 settembre 2021, al maxiemendamento promesso dal Governo entro il mese di ottobre 2021, all'esito delle interlocuzioni avvenute nel corso della missione ministeriale a Bruxelles;

   data l'urgenza della questione, che ad avviso dell'interrogante vergognosamente si protrae ormai da lunghissimo tempo, appare necessario interrogare il Governo su quanto sopra indicato;

   i magistrati onorari costituiscono la spina dorsale della giustizia italiana e sulle loro spalle grava la maggior parte del carico giudiziario;

   la categoria merita assoluto rispetto e necessita di godere dei diritti del lavoratore riconosciuti con sentenza dalla Corte di giustizia dell'Unione europea –:

   quale siano le osservazioni inviate dal Governo alla Commissione europea in risposta alla lettera di messa in mora nell'ambito della procedura di infrazione indicata in premessa;

   quale sia l'esito delle interlocuzioni avvenute nel corso della missione ministeriale a Bruxelles;

   quali siano le tempistiche previste dal Governo per adottare le necessarie iniziative normative.
(4-10619)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per sapere – premesso che:

   il collegamento ferroviario Messina-Catania-Palermo, facente parte del corridoio scandinavo-mediterraneo della rete trans-europea di trasporto, riveste una valenza strategica nell'ambito dello sviluppo delle reti di trasporto internazionali, nazionali e regionali;

   l'opera ha l'obiettivo di uniformare tale direttrice agli standard europei e di garantire a diversi poli urbani un moderno collegamento ferroviario metropolitano. Gli interventi previsti consentiranno riduzioni dei tempi di percorrenza, l'ammodernamento delle stazioni e la creazione e/o il miglioramento delle interconnessioni con le aree interne. In particolare, il collegamento Catania-Palermo scenderà a 107 minuti rispetto alle attuali 3 ore;

   proprio il collegamento Palermo-Catania è stato oggetto di numerosi studi di fattibilità a partire dal 2003 sino ad arrivare al progetto definitivo del 2013 che, inizialmente, prevedeva un finanziamento complessivo di oltre 6 miliardi di euro;

   il suddetto progetto è stato rivisto una prima volta, in attuazione del Project Review previsto nel Documento di economia e finanza 2017, con la previsione di una Macrofase 1, con realizzazione di un nuovo binario in completa variante tra Fiumetorto e Catenanuova (la tratta Catenanuova-Bicocca era prevista con un doppio binario completamente nuovo) e di una Macrofase 2 con adeguamento a Specifiche tecniche di interoperabilità (Sti), ammodernamento e velocizzazione del binario esistente. Con questa modifica il costo complessivo dell'opera scendeva a 5 miliardi e 600 milioni di euro;

   con l'aggiornamento 2018, a seguito dello sviluppo delle progettazioni preliminari, il costo della Macrofase 1 saliva a 4 miliardi e 700 milioni di euro, facendo diminuire il costo della Macrofase 2 e mantenendo inalterato il costo complessivo dell'opera;

   con un ulteriore aggiornamento è stato definito lo scenario 2019, a seguito di ulteriori approfondimenti progettuali, che hanno previsto un costo complessivo dell'opera pari a 6.016 miliardi di euro, con una Macrofase 1 che saliva a 5.608 miliardi di euro e una Macrofase 2 che scendeva a 408 milioni di euro;

   il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, ha previsto una serie articolata di disposizioni dalle diverse finalità, che intervengono in materia di infrastrutture, trasporti e sicurezza stradale;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta un'occasione importante per recuperare i divari infrastrutturali tra le varie parti del Paese. La missione 3 (Infrastrutture per una mobilità sostenibile) prevede investimenti importanti che rafforzano le infrastrutture del Mezzogiorno, in particolare l'alta velocità ferroviaria, contribuendo anche a migliorare l'occupazione in tutta la catena logistica;

   alla luce di quanto disposto dall'articolo 73-ter comma 1 del decreto-legge n. 73 del 25 maggio 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 23 luglio 2021, (cosiddetto Sostegni bis) recante «Disposizioni urgenti per il settore ferroviario», emerge un quadro finanziario diversificato tra risorse di Cassa depositi e prestiti 2017-2021 e risorse del Pnrr. In particolare, le risorse del Pnrr sono distinte tra risorse aggiuntive (Nuovi progetti) pari a 412 milioni di euro, ovvero 317 milioni di euro per il Lotto 4a della 1a macrofase del collegamento Palermo-Catania e 95 milioni di euro per il lotto «Interramento linea per allungamento pista aeroporto di Fontanarossa» del progetto relativo al Nodo di Catania, e le cosiddette «risorse liberate» (progetti in essere) pari a 1.123 milioni di euro, risorse che dovrebbero tornare nella disponibilità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   sempre in riferimento alla situazione finanziaria, si evince che i «Fabbisogni residui» sono pari a 408 milioni di euro per la 2a macrofase del collegamento Palermo Catania e 651 milioni di euro per il lotto «Interramento della stazione di Catania Centrale e raddoppio della tratta Catania Centrale-Catania Acquicella» e, per entrambi questi ultimi due interventi, sono in corso di esecuzione i relativi progetti di fattibilità tecnica ed economica;

   nel parere della IX Commissione trasporti sul Pnrr, adottato nel marzo 2021, si sottolinea l'indicazione al Governo che le risorse già stanziate ma liberate dagli investimenti del Pnrr, vengano reinvestiti con la stessa destinazione territoriale;

   va considerato anche l'ordine del giorno 9/3278-AR/043 accolto dal Governo durante la fase di conversione in legge del decreto-legge n. 121 del 2021 –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno porre in essere le iniziative di competenza al fine di realizzare ogni ulteriore possibile miglioramento dei progetti in via di definizione relativi ai lotti del progetto di raddoppio ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina, al fine di ottenere un vero e completo raddoppio del tracciato ferroviario;

   se e in che termini il Ministro interpellato ritenga opportuno attivarsi, per quanto di competenza, al fine di mantenere il vincolo territoriale delle risorse liberate, citate in premessa, relative ai lotti 3, 4b, 5, 6, del collegamento Catania-Palermo, affinché si possa completare nel più breve tempo possibile il finanziamento complessivo dell'opera, in base ai fabbisogni residui definiti ad oggi e alle possibili ulteriori risorse che potrebbero essere necessarie con la definizione dei progetti di fattibilità tecnica economica.
(2-01364) «Ficara, Perconti, Luciano Cantone, D'Orso, Martinciglio, Penna».

Interrogazione a risposta scritta:


   FICARA, MARTINCIGLIO e RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 25 ottobre 2021 si è sfiorata la tragedia sull'autostrada A18 Messina-Catania dopo che un masso di oltre 200 chilogrammi si è staccato da un costone roccioso, nel tratto tra Messina-Tremestieri e Roccalumera in direzione Messina, finendo su un tratto di strada dove insiste il doppio senso di circolazione per via della chiusura dell'altra carreggiata a causa di lavori di rifacimento del manto stradale;

   a seguito dei rilievi è stata prontamente disposta, anche in considerazione del maltempo che nei giorni passati ha afflitto la Sicilia orientale, l'immediata chiusura al transito del tratto autostradale;

   al fine di garantire nel più breve tempo possibile la riapertura del tratto autostradale, il 29 ottobre 2021, grazie ad un'accelerazione dei lavori di bitumazione, è stata riaperta la corsia a monte della A18. Gli interventi di messa in sicurezza della carreggiata a valle, invece, dovrebbero essere portati a termine in circa 30 giorni;

   la chiusura del tratto della A18 ha determinato disagi per gli automobilisti, che sono stati costretti alla deviazione sulla strada statale 114 utilizzando le uscite obbligatorie di Roccalumera e Tremestieri;

   molto più complicata è risultata essere la situazione per i veicoli con peso superiore alle 3,5 tonnellate che, a causa dell'impercorribilità della strada statale 114 a seguito di diverse ordinanze di interdizione, hanno dovuto percorrere le autostrade A20 Messina-Catania e A19 Palermo-Catania con un incremento di circa 400 chilometri sul percorso ordinario e con un conseguente aggravio di costi;

   la vulnerabilità delle opere citate, anche alla luce degli eventi meteorologici sempre più estremi e frequenti, rende impellente la necessità di un loro adeguamento infrastrutturale che eviti il ripetersi di interruzioni simili e consenta l'utilizzo di percorsi alternativi accessibili anche ai mezzi con peso superiore alle 3,5 tonnellate –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti, anche nell'ottica di un'adeguata programmazione infrastrutturale che tenga conto delle criticità suddette, intenda assumere onde evitare il ripetersi di situazioni analoghe e dei conseguenti disagi per gli autotrasportatori.
(4-10617)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MANIERO, LEDA VOLPI, SURIANO, MASSIMO ENRICO BARONI, RADUZZI, CORDA, CABRAS, SODANO, COSTANZO, TRANO, SPESSOTTO, FORCINITI, VALLASCAS, COLLETTI, SAPIA, GIULIODORI e SGARBI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 2 novembre 2021 Stefano Puzzer, lavoratore portuale di Trieste ed esponente di spicco della protesta triestina contro l'obbligatorietà del green pass quale strumento necessario per l'esercizio del lavoro, si è recato a Roma per proseguire il suo legittimo esercizio del diritto di manifestare;

   Stefano Puzzer si è pacificamente posizionato da solo in un angolo di piazza del Popolo con un tavolino e qualche seggiolina, affermando che sarebbe rimasto lì finché non avesse ricevuto una risposta dal Governo circa le richieste avanzate nell'incontro triestino col ministro Patuanelli;

   in serata, Stefano Puzzer è stato prelevato dalla polizia di Stato e portato in Questura, dove è stato trattenuto per cinque ore e dove, infine, gli è stato notificato il foglio di via obbligatorio che gli intimava di lasciare la capitale entro le ore 21 del giorno successivo e di non farvi più ritorno per un anno;

   è noto a tutti come Stefano Puzzer si sia sempre contraddistinto per intenzioni, parole e comportamenti pacifici, senza manifestare alcun sentimento violento, anche quando la sua pacifica e democratica protesta al porto di Trieste è stata bersaglio di discutibili manganellate, idranti e lacrimogeni;

   l'articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, disciplina il foglio di via obbligatorio e precisa che sono oggetto di tale provvedimento gli individui socialmente pericolosi «abitualmente dediti a traffici delittuosi», che vivono di proventi di attività delittuose o che siano dediti alla «commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica»;

   la decisione di emettere nei confronti di Stefano Puzzer un tale provvedimento restrittivo delle libertà personali ha suscitato scalpore ed è sembrata quantomeno esagerata e inappropriata, soprattutto se rapportata al comprovato animus pacifico e non violento di Puzzer;

   tale decisione è fonte di forte preoccupazione e solleva non pochi dubbi su come la massima autorità di pubblica sicurezza stia gestendo l'ordine pubblico;

   fa specie che, poche settimane prima, a centinaia di violenti appartenenti a frange neofasciste ben noti alle forze dell'ordine sia stato invece consentito di muoversi per chilometri nel centro della capitale e di assaltare la sede del principale sindacato italiano;

   in una fase tanto delicata è ancor più importante che le istituzioni garantiscano a tutti l'effettiva possibilità di esercitare il dissenso in maniera pacifica e non violenta, come nel caso di Stefano Puzzer in Piazza del Popolo –:

   quali siano state le motivazioni che hanno portato all'emissione di un foglio di via obbligatorio nei confronti di Stefano Puzzer, manifestante pacifico e non violento;

   se non si intenda revocare con effetto immediato il provvedimento restrittivo delle libertà personali di Stefano Puzzer.
(3-02592)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   quella del Dsga (Direttore dei servizi generali ed amministrativi) è una figura ritenuta fondamentale per l'istituzione scolastica seconda per importanza soltanto a quella del dirigente scolastico;

   il Dsga svolge attività lavorativa di rilevante complessità ed avente rilevanza esterna. Sovrintende, con autonomia operativa, ai servizi generali amministrativo-contabili e ne cura l'organizzazione svolgendo funzioni di coordinamento, promozione delle attività e verifica dei risultati conseguiti, rispetto agli obiettivi assegnati ed agli indirizzi impartiti, al personale Ata, posto alle sue dirette dipendenze. Organizza autonomamente l'attività del personale Ata, nell'ambito delle direttive del dirigente scolastico. Attribuisce al personale ATA, nell'ambito del piano delle attività, incarichi di natura organizzativa e le prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo, quando necessario. Svolge, con autonomia operativa e responsabilità diretta, attività di istruzione, predisposizione e formalizzazione degli atti amministrativi e contabili;

   è funzionario delegato, ufficiale rogante e consegnatario dei beni mobili. Può svolgere attività di studio e di elaborazione di piani e programmi richiedenti specifica specializzazione professionale, con autonoma determinazione dei processi formativi ed attuativi. Può svolgere incarichi di attività tutoriale, di aggiornamento e formazione nei confronti del personale. Possono essergli affidati incarichi ispettivi nell'ambito delle istituzioni scolastiche;

   in provincia di Belluno 12 istituti scolastici di rilevante importanza sono oggi sprovvisti di direttori dei servizi generali ed amministrativi;

   tra gli istituti scolastici sprovvisti di direttori dei servizi generali ed amministrativi compare, ad esempio, l'istituto comprensivo di Feltre. L'Istituto Comprensivo di Feltre è uno dei più grandi ed articolati istituti comprensivi della provincia, vi risultano iscritti oltre 1.200 alunni e vi prestano servizio circa 110 dipendenti; è caratterizzato da una rilevante complessità organizzativa che si articola nella gestione di ben 13 plessi scolastici differenti, non ha in organico una figura di direttore dei servizi generali ed amministrativi titolato dal 2017;

   per sollecitare la risoluzione del problema il Consiglio Comunale di Feltre ha approvato in data 28 settembre 2021 un ordine del giorno puntuale che chiede un intervento risolutivo alle istituzioni regionali e nazionali;

   il problema della carenza di direttori dei servizi generali ed amministrativi colpisce in particolare le zone interne e i territori di montagna del Paese, dove è più difficile il reclutamento e al stabilizzazione di queste figure professionali;

   l'Ufficio scolastico provinciale ha, finora, posto in essere tutte le procedure di competenza per la copertura dei posti da direttore dei servizi generali ed amministrativi vacanti, ma i candidati individuati hanno rinunciato all'incarico;

   a giorni è previsto, previa autorizzazione del Ministero, un nuovo interpello rivolto agli assistenti amministrativi non di ruolo per ricoprire l'incarico di direttore dei servizi generali ed amministrativi –:

   se il Governo intenda farsi carico di questa situazione assumendo ogni iniziativa di competenza per risolvere definitivamente il problema della carenza di direttori dei servizi generali ed amministrativi soprattutto nelle aree interne e nei territori di montagna del nostro Paese.
(5-07018)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLIN, COLMELLERE e COVOLO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nella conferenza stampa tenuta sabato 23 ottobre 2021 dal colonnello Francesco De Giacomo, Comandante provinciale della Guardia di finanza di Treviso, con la dottoressa Barbara Sardella, dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Treviso, è stato reso noto che 101 persone iscritte alle graduatorie di terza fascia triennio 2018-2021 per il personale Ata, sono state denunciate per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, nonché segnalate alla Corte dei conti per danno erariale per circa 2 milioni di euro;

   le indagini, iniziate nel 2019, anche grazie all'incrocio con i dati di Inps e dell'Agenzia delle entrate, hanno fatto emergere come le 101 autocertificazioni dei titoli di studio e di servizio fossero false, nei seguenti termini: 43 diplomi di qualifica professionale risulterebbero rilasciati da scuole private – Istituto «Primo Levi» di Agropoli (Salerno), Istituto «Forcella» di Nocera inferiore (Salerno), Istituto «De Sanctis» di Mugnano del Cardine (Avellino) e Ipsoa «Centro studi Sannitico» di Durazzo (Benevento) – non riconosciute dal Ministero dell'istruzione e acquistati ovvero rilasciati senza che i candidati abbiano frequentato i corsi e sostenuto l'esame; 40 dichiarazioni di prestato servizio in scuole private del sud non risultano essere mai avvenute; 18 diplomi sono falsi;

   dalla conferenza stampa si è appreso che il 76 per cento dei denunciati è residente in Campania, l'11 per cento in Calabria, 2 persone in provincia di Treviso, mentre il restante 13 per cento del resto del Paese;

   diversamente da quanto fin qui esposto, dai controlli che erano stati effettuati sulle autocertificazioni presentate per le graduatorie Ata in provincia di Treviso, prima che si aprisse l'indagine delle forze dell'ordine, su 113 nuove domande solo 20 sono state ritenute invalide per aver prodotto una documentazione palesemente falsa. Casi simili a quello di Treviso sono stati segnalati in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e naturalmente Veneto;

   le autocertificazioni mendaci hanno permesso a questi soggetti di scalare le graduatorie e ottenere contratti a tempo determinato che, in alcuni casi, hanno permesso agli stessi di maturare i requisiti necessari a passare di ruolo –:

   se il Governo sia a conoscenza del fatto che gli istituti scolastici sopra menzionati operino e rilascino diplomi senza essere in possesso delle necessarie autorizzazioni ministeriali e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per assicurare che tutti gli istituti privati rispettino le norme di accreditamento;

   se a fronte delle verità emerse dalle indagini della Guardia di finanza di Treviso, il Ministro dell'istruzione ritenga necessario adottare iniziative affinché gli uffici scolastici provinciali di tutto il territorio nazionale verifichino il possesso dei titoli di studio e la veridicità degli stessi con riguardo a tutti i candidati che hanno ottenuto un contratto di lavoro a termine o siano stati immessi in ruolo dal 2016 ad oggi;

   se, a fronte dell'uso fraudolento dell'autocertificazione, il Ministro per la pubblica amministrazione non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché, prima che siano assegnati posti di lavoro con contratto a termine presso le pubbliche amministrazioni l'interessato presenti sia il diploma, sia di tutte le ulteriori attestazioni che abbia dichiarato di possedere in originale o in copia autenticati pena la revoca del contratto.
(4-10615)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 25 ottobre 2021 all'istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo, al termine di un saluto tenuto dal preside ai maturandi nel cortile dell'istituto superiore alcuni studenti hanno, intonato dei cori che inneggiavano al duce facendo il «saluto romano»;

   nelle immagini registrate con un telefonino e poi diffuse dagli organi di stampa si vede il preside della scuola rispondere ai cori degli studenti con un gesto interpretabile anch'esso come un saluto romano;

   secondo quanto riportato dalla testata online Wired, quattro anni fa, il preside dell'istituto Locatelli di Bergamo, ha concluso un patteggiamento dopo le denunce di una delle madri dei due studenti che il preside aveva umiliato pubblicamente versando loro, davanti a tutti, una bevanda in testa per poi cospargerli di schiuma da barba;

   nel 2017, sono emersi anche altri episodi di nonnismo accaduti nella scuola anni prima come ad esempio quando lo stesso preside aveva deciso di appendere al collo di un ragazzo un cartello recante una scritta offensiva;

   al di là delle interpretazioni e delle considerazioni piuttosto fantasiose dell'avvocato del dirigente scolastico riportate sui quotidiani sull'etimologia del termine «duce» – riconducibile a quella di condottiero degli studenti – e sul fatto che si trattasse veramente o meno di «saluti romani», ciò che stupisce e lascia basito e indignato l'interrogante è che in una scuola si possa lanciare un coro con chiari riferimenti fascisti senza che nessuno, nell'immediato, intervenga e che successivamente si cerchi di derubricarlo ad episodio goliardico;

   un'istituzione scolastica, a parere dell'interrogante, deve insegnare e far conoscere ai propri studenti la storia italiana, la Costituzione nata dalla Resistenza al fascismo, che rappresenta il periodo più buio della nostra storia repubblicana. Un dirigente dovrebbe stigmatizzare ogni comportamento non corretto e non rispettoso della Costituzione e delle leggi e da quanto emerge dalla stampa non si evince dal preside dell'istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo un comportamento che vada in questa direzione;

   sarebbe altresì opportuno, a parere dell'interrogante che di fronte a tale inquietante vicenda si valutasse l'opportunità che venga confermato non solo l'attuale dirigente scolastico ma la parificazione stessa dell'istituto aeronautico alle scuole statali dal momento che il rispetto della Costituzione è un presupposto inderogabile per la parificazione –:

   se il Ministro interrogato sia, a conoscenza di quali opportune e urgenti iniziative abbia intrapreso l'ufficio scolastico competente al fine di fare chiarezza sull'episodio citato in premessa e sulle altre vicende accadute in passato nello stesso istituto, fermo restando che a parere dell'interrogante, data la gravità dei fatti, ricorrerebbero gli estremi per l'allontanamento immediato del dirigente scolastico dell'Istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo valutando eventualmente anche se sussistano i presupposti per la revoca della parità scolastica.
(4-10620)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30) definisce e disciplina gli enti bilaterali;

   l'articolo 2, comma 1, lettera h), del suddetto decreto definisce gli enti bilaterali quali «organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: [...] la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; [...] lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento»;

   la natura stessa dell'ente bilaterale è quella di favorire i rapporti tra sindacati e datori di lavoro, e creare condizioni di lavoro migliori per i lavoratori ponendosi quindi come «mediatore» di interessi tra quelli del sindacato e quelli del datore di lavoro;

   l'esistenza dell'ente bilaterale è prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e il finanziamento degli enti bilaterali ricade sui datori di lavoro e sui lavoratori stessi, nelle modalità indicate nel testo di riferimento;

   le aree di intervento sono molteplici: mercato del lavoro e formazione professionale e continua, regolarità contributiva, certificazione dei contratti di lavoro, salute e sicurezza, sostegno al reddito ed assistenza e previdenza integrativa;

   tra le aree di intervento rientra, quindi, l'erogazione di contributi liberali a favore di lavoratori ed imprese dettata anche da situazioni eccezionali, come quella determinatasi per l'anno 2020, caratterizzato dalla crisi pandemica;

   l'Agenzia delle entrate con la risposta n. 492 del 20 luglio 2021, ha stabilito che concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente i bonus straordinari erogati da enti bilaterali ai lavoratori dipendenti durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, escludendo da tassazione i contributi erogati ai datori di lavoro/imprese;

   in seguito all'emergenza sanitaria, dovuta alla pandemia di COVID-19, infatti, un ente bilaterale ha previsto a beneficio dei lavoratori dipendenti aderenti in regola con la contribuzione verso l'ente, l'erogazione di un «bonus» economico straordinario una tantum in denaro a valore fisso;

   alle imprese in difficoltà economica, che hanno dovuto ricorrere all'utilizzo di ammortizzatori sociali per i propri dipendenti, l'ente bilaterale ha donato dispositivi di protezione individuali (Dpi) e attrezzature necessarie all'apertura dell'attività per un valore economico variabile rispetto al numero dei dipendenti;

   l'Agenzia delle entrate, con la risposta n. 492 del 20 luglio 2021, si è espressa a seguito dell'istanza posta dall'ente bilaterale suddetto;

   ne è derivata l'assoggettabilità a tassazione delle prestazioni inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall'articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi, comprese quelle che costituiscono erogazioni corrisposte in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, esaudendo da tassazione invece le erogazioni effettuate alle imprese/datori di lavoro;

   l'articolo 10-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, ha previsto che i contributi di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, da chiunque e indipendentemente dalle modalità di fruizione, ai soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono a tassazione in considerazione della finalità propria dell'aiuto economico;

   l'Agenzia delle entrate pertanto, non rinvenendo la natura giuridica del bonus erogato dall'ente bilaterale, ha ritenuto che la somma straordinaria di «una tantum in denaro a valore fisso» erogata a favore dei lavoratori dipendenti, concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente;

   sembrerebbe tuttavia opportuno che i princìpi generali di tassazione siano contestualizzati ed interpretati in un'ottica di sistema, considerato anche che il richiamo all'articolo 10-bis non sembra dirimente, lasciando la necessità di ulteriori verifiche caso per caso e comunque nel rispetto dell'articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi –:

   se i Ministri interpellati intendano adottare le iniziative di competenza al fine di individuare una soluzione appropriata in relazione alle criticità esposte in premessa, con particolare riguardo alla natura ed alla finalità del contributo erogato dagli enti bilaterali ai lavoratori dipendenti iscritti ai medesimi.
(2-01363) «Buompane, Nappi, Manzo, Villani».

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLA, NAPPI, MANZO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'assistenza audioprotesica, o erogazione delle protesi acustiche e connesse prestazioni sanitarie del tecnico audioprotesista (professionista sanitario ordinato ex legge n. 3 del 2018), è garantita a tutti i cittadini italiani aventi diritto affetti da ipoacusia; la garanzia è confermata anche dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) del 12 gennaio 2017; il regolamento per l'assistenza protesica di cui al decreto ministeriale n. 332 del 1999 definisce le protesi acustiche come «dispositivi di fabbricazione continua o di serie finiti che, per essere consegnati ad un determinato paziente, devono essere specificamente individuati e allestiti a misura da un tecnico abilitato» e pertanto inseriti nell'elenco 1: dispositivi a tariffa; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Lea aggiorna l'elenco delle protesi acustiche prescrivibili introducendo quelle digitali, ma trasferisce protesi acustiche e relative prestazioni professionali nell'elenco 2A: ausili di serie da acquistare con gare d'appalto; trattandosi di dispositivi destinati a bisogni complessi che necessitano di altissima personalizzazione, il Movimento LIS ha subito denunciato che lo strumento dell'appalto è inappropriato; l'Associazione Luca Coscioni, audita il 28 novembre 2016 dalla XII Commissione della Camera e il 30 novembre dalla 12a Commissione del Senato, ha evidenziato la necessità di un percorso individualizzato per la scelta della protesi acustica; le due Commissioni hanno subordinato il parere positivo al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Lea alla condizione che col primo aggiornamento la «Commissione nazionale per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale» ripristinasse il sistema di acquisto a tariffa per le protesi acustiche;

   la Camera dei deputati, con gli ordini del giorno n. 9/02305/345 e n. 9/02345/420 accolti nel corso dell'iter di approvazione del «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020» ha impegnato il Governo pro tempore di valutare «il ritorno al sistema a tariffa e dunque nell'elenco 1 dei dispositivi acustici» negoziando un accordo quadro con la categoria che garantisca «risparmi per il SSN e appropriatezza e specificità per gli aventi diritto attraverso il necessario processo di adattamento individuale da parte del professionista sanitario»; Consip nel documento «Linee guida per la compilazione delle schede tecniche per la fornitura [tramite appalto] di prodotti e di servizi relativi agli ausili tecnici per persone disabili» rappresenta che Consip ha deciso di prevedere solo [i dispositivi] che possono essere acquistati senza ulteriori personalizzazioni. Non sono stati previsti gli ausili di serie che necessitano di una personalizzazione, come gli ausili per l'udito; il nuovo «Regolamento europeo sui dispositivi medici» classifica le protesi acustiche come dispositivi medici predisposti allestiti, regolati, assemblati o modellati da un professionista sanitario che deve selezionare e allestire la protesi in base alle condizioni cliniche di ciascun paziente. In nessun Paese dell'Unione europea il Servizio sanitario nazionale impiega gare per l'acquisto delle protesi acustiche, ma tariffe amministrate che garantiscano la scelta del dispositivo più adatto a ciascun paziente e un «allestimento su misura»; ad oggi, dopo oltre quattro anni dalla pubblicazione dei nuovi Lea, nessuna gara d'appalto per l'acquisizione di protesi acustiche è stata aggiudicata, non essendo state individuate modalità di gare che permettano di scegliere il dispositivo più adatto per ogni singolo paziente. Si continua a utilizzare il decreto ministeriale n. 332 del 1999 che non prevede le protesi digitali per le quali gli utenti devono pagare cospicue differenze (da 1.500 a 6.000 euro) tra il valore attuale e le tariffe del 1999 delle protesi analogiche –:

   se, per garantire agli assistiti affetti da ipoacusia l'accesso ad un'assistenza sanitaria personalizzata e appropriata nonché alla tecnologia digitale oggi disponibile, non ritenga necessaria un'iniziativa normativa urgente che riporti l'assistenza audioprotesica all'interno dell'elenco 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Livelli essenziali di assistenza, definendo per le protesi audioprotesiche tariffe adeguate, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio dei prezzi internazionali comprensivi delle indispensabili prestazioni professionali.
(5-07014)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCANU e CADEDDU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le criticità relative all'organizzazione della sanità sarda, riferiti sia agli ospedali che agli ambulatori, sono innumerevoli;

   si segnala un vuoto negli organici di circa 1.500 tra medici e infermieri;

   si tratta di un dato che tende a crescere, perché l'età media del personale sanitario è elevata e le due università sarde non riescono a stare dietro ai pensionamenti con un trend che, se non sarà invertito, vedrà la Sardegna costretta, nel giro di pochi anni, a dare un altro taglio a prestazioni e assistenza di base;

   per quanto riguarda la situazione dell'Ospedale San Martino di Oristano si segnala che la grave carenza di organico e il progressivo depotenziamento dei servizi sta portando la struttura di fatto verso la chiusura;

   l'ultima criticità riguarda il reparto di pediatria dove sono presenti 8 medici rispetto ai 12 necessari ma che, a causa della prevista partenza di quattro dottoresse, si ridurrà tra dicembre a gennaio a soltanto 4 unità;

   si tratta di quello che può essere definito il colpo definitivo del presidio che si occupa dei nuovi nati con tutti i servizi che esso comporta, quali l'assistenza ai ricoverati, il punto nascita, l'assistenza al parto, l'ambulatorio, il pronto soccorso pediatrico, i trasferimenti dei piccoli pazienti verso altri ospedali;

   inoltre le carenze della pediatria mettono a repentaglio anche la sopravvivenza del punto nascita della ginecologia, che non può funzionare senza l'assistenza del pediatra;

   va rilevato che la prima ad andare in pensione, già a dicembre, sarà la dottoressa che si occupa dell'ambulatorio di diabetologia pediatrica, un servizio a cui fanno riferimento circa 130 bambini affetti da diabete;

   come segnalato dallo stesso commissario Giorgio Steri, alla guida dell'Assl di Oristano si registra al San Martino una carenza di organico del 30 per cento;

   si tratta di una situazione denunciata più volte dall'Ordine dei medici della provincia di Oristano che recentemente ha denunciato anche irregolarità nella gestione del pronto soccorso da parte dei vertici delle ASSL relativamente a decisioni assenti o inadeguate;

   a fronte di questa difficile situazione l'unica decisione degna di nota che è stata assunta dall'Ats e dalla Assl è stata quella di inviare società esterne, nello specifico una veneta, a svolgere il servizio di medicina d'urgenza, con le figure dei «medici in affitto» nei pronto soccorso di Ghilarza e Oristano;

   questi medici per contratto intervengono solo sui casi meno gravi, come i codici bianchi o verdi, consentendo di tenere aperti i pronto soccorso ma con effetti dubbi sul miglioramento dei servizi;

   nonostante alcune notizie positive relative all'arrivo di medici per cercare di coprire alcuni dei reparti di particolare rilevanza come emodinamica, neurologia, pediatria, allo stanziamento di fondi per incentivare i medici ad accettare sedi disagiate ed all'annunciata apertura di un reparto di oculistica, attualmente l'ospedale San Martino rischia la chiusura per carenza di medici e anche i pochi che restano sono stremati dai turni massacranti con gravi disservizi per la popolazione;

   non sono infatti sufficienti interventi sporadici o temporanei per far fronte alla situazione in maniera adeguata –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, per garantire un servizio sanitario pienamente efficiente, consentire un livello adeguato di personale ed evitare la chiusura dei presidi ospedalieri ed ambulatoriali della Sardegna.
(4-10618)


   D'ORSO, ASCARI, CANCELLERI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese sussistono due profili professionali diversi di educatore professionale, ossia quello di educatore socio-pedagogico e quello di educatore socio-sanitario;

   in particolare, la figura dell'educatore professionale con funzioni socio-sanitarie è stata individuata con decreto del Ministero della sanità, 8 ottobre 1998, n. 520, come un «operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell'ambito di un progetto terapeutico elaborato da un'équipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana» (articolo 1). La legge n. 205 del 2017, all'articolo 1, commi 594-601, ha introdotto la distinzione tra educatore professionale socio pedagogico (che fa riferimento al percorso universitario di scienze dell'educazione e della formazione, L19) ed educatore professionale socio sanitario. Quest'ultimo (si veda il comma 596) fa riferimento alla facoltà di medicina e chirurgia, e rientra tra le professioni sanitarie della riabilitazione SNT02. La successiva legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 517, ha stabilito che gli educatori professionali socio-pedagogici (laureati in classe L 19) possono esercitare la loro professione «nei servizi e nei presidi socio-sanitari e della salute limitatamente agli aspetti educativi», e che non hanno l'obbligo di iscriversi ad alcun albo professionale;

   nonostante tali precisazioni normative, negli anni le due figure professionali hanno dovuto fare i conti con quella incertezza interpretativa che ha visto spesso i due profili professionali sovrapposti nei loro distinti ambiti d'intervento, soprattutto, in occasione dell'emanazione di bandi di concorso con i quali, in alcuni casi, sono state indette delle procedure concorsuali per l'assunzione di figure di educatore professionale senza fare alcuna distinzione tra i due profili in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione al concorso: a volte, agli educatori socio-pedagogici è stata richiesta anche l'iscrizione all'albo (prevista per il solo educatore socio-sanitario). Tutto ciò ha dato vita, negli anni, a un contenzioso giudiziario amministrativo finalizzato a fare chiarezza in tale ambito;

   il Consiglio di Stato (con sentenza 14 aprile 2020 n. 2382), in un giudizio in cui ha stabilito che solo ed unicamente l'educatore professionale socio-sanitario è obbligato ad iscriversi nell'apposito albo professionale per potere esercitare l'attività lavorativa, ha chiarito che le due figure non appartengono ad una categoria unitaria: da un lato, vi sono gli operatori sociosanitari, che operano all'interno di un progetto terapeutico multidisciplinare di matrice sanitaria e, dall'altro, gli operatori socio-pedagogici, che operano all'interno dei servizi sociali ed educativi, con un coordinamento pedagogico ma non medico;

   le due figure si differenziano per il percorso formativo, prevedendo due lauree diverse, nonché per l'obbligo di iscrizione all'albo per l'educatore socio sanitario, albo che non è non previsto per l'educatore socio-pedagogico;

   con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, all'articolo 33-bis, il legislatore ha cercato di dare una definizione del profilo professionale di educatore socio-pedagogico, individuando l'ambito applicativo delle attività e delle funzioni proprie dell'educatore socio-pedagogico e rinviando per la disciplina di maggior dettaglio ad un decreto attuativo del Ministero della salute, da adottare d'intesa col Ministero dell'università e della ricerca, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto;

   il citato decreto attuativo non è stato però ancora adottato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare per addivenire, al più presto, all'emanazione del decreto attuativo dell'articolo 33-bis del decreto-legge citato, al fine di fare chiarezza all'interno dell'ordinamento delle professioni di educatore professionale, definendo con precisione l'ambito delle attività e delle competenze proprie dell'educatore socio-pedagogico che va tenuto distinto dall'altro profilo dell'educatore socio-sanitario.
(4-10622)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   TORROMINO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'ecosistema del Fiume Neto e della sua foce, è stato classificato come Oasi di protezione, e individuato quale Sito di importanza comunitaria «Foce del Neto» (SIC IT9300095) in attuazione della direttiva Habitat 92/43 recepito con decreto ministeriale 3 aprile 2000 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 22 aprile 2000), nonché individuato quale nuova Zona di Protezione Speciale «Marchesato e Fiume Neto» ai sensi della direttiva 79/409/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, con deliberazione della Giunta Regionale del 27 giugno 2005 n. 607 (COD: RN: 2000 IT9320302);

   la regione Calabria già il 15 settembre 1976, con decreto n. 2022, aveva dichiarato la foce del fiume Neto «Oasi di protezione della selvaggina» in quanto rappresenta una importante per gli uccelli migratori che attraversano il Mediterraneo e un luogo «sicuro» e di facile nutrimento per gli uccelli che si fermano a svernare;

   l'area protetta, che si estende per oltre 70 mila ettari interessando il territorio di diversi comuni, si trova in stato di grave abbandono con episodi di bracconaggio, sversamento di rifiuti anche pericolosi, in particolare amianto, prelievo di beni ambientali sottoposti a tutela, quali sabbia e specie arboree. Tali episodi si verificano periodicamente segno di una grave situazione di disinteresse dell'autorità preposte. I Piani di gestione risultano disattesi;

   nel settembre 2021 si è costituito un comitato di cittadini con l'intento di sensibilizzare le autorità locali sul crescente degrado di un'area rilevantissima dal punto di vista ambientale e che potrebbe essere valorizzata dal punto di vista turistico e naturalistico;

   dal 2015 nei confronti dello Stato Italiano è aperta la procedura di infrazione n. 2015/2163, tuttora pendente, in quanto la Commissione europea ritiene che, in relazione a numerosi Siti di interesse (Sic) e Sps istituiti e presenti sul territorio nazionale, non siano adottate adeguate «misure di conservazione». Nel 2019 la Commissione invia una nuova lettera di costituzione in mora in quanto l'Italia ha omesso, in modo generale e persistente, di fissare obiettivi dettagliati di conservazione specifici per sito;

   il patrimonio florofaunistico, il valore paesaggistico – ivi compresi i paesaggi agrari – devono avere maggiori elementi di protezione e non una grave e ingiustificabile diminuzione degli stessi –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di assicurare adeguate misure di protezione dell'area protetta Marchesato e Fiume Neto.
(3-02593)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a inizio di ottobre 2021 erano quattro gli sbarchi succedutisi in una settimana lungo le coste calabresi; l'ultima imbarcazione, una barca a vela con a bordo 34 persone, è stata intercettata dalla Guardia costiera all'isola di Capo Rizzuto, più precisamente a Le Cannella, in provincia di Crotone, mentre nel comune capoluogo, a sbarcare sono stati quasi 100 migranti;

   come denunciato dai cittadini della frazione, a distanza di un mese dal citato sbarco, continua a rimanere arenata la barca a vela utilizzata per l'arrivo degli stessi in Italia, con il rischio che le mareggiate invernali la riducano in frantumi; circostanza confermata dal dirigente locale di Fratelli d'Italia, Vincenzo Gentile: «l'uno ottobre c'è stato uno sbarco di migranti sulla spiaggia grande di Le Cannella, siamo ancora in attesa che le autorità competenti dispongano il traino verso il porto più vicino dell'imbarcazione usata dai migranti, tenendo conto che è ancora in ottimo stato [...] Comprendiamo che ci sono dei tempi tecnici da rispettare, ma sta arrivando l'inverno e c'è il rischio che la prima mareggiata distrugga questa imbarcazione, com'è accaduto a Capo Cimiti, sempre in seguito ad uno sbarco»;

   poche ore fa un gruppo di circa 160 migranti è sbarcato a Capo Cimiti a bordo di un'imbarcazione arenatasi sugli scogli e il timore di residenti e cittadini è che, anche in questa occasione, il natante rimanga abbandonato, in attesa della prossima mareggiata;

   le barche abbandonate sono una rovina per tutta la comunità, minacciano la navigazione e, soprattutto, minacciano l'habitat di questo pezzo di costa incontaminato, generando un'immagine disastrosa dei nostri porti e di territori meravigliosi che vivono di turismo;

   Capo Rizzuto è, infatti, la più ampia area marina protetta d'Italia, la cui importanza risiede sia nella ricchezza faunistica e floristica marina, sia nelle spiagge bianche dalle acque cristalline; un patrimonio ambientale e culturale come pochi, che merita di essere salvaguardato con maggiore attenzione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, se intenda chiarire per quali motivazioni l'imbarcazione risulta ancora arenata lungo la costa calabrese; quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per garantire l'immediato ripristino della spiaggia di Le Cannelle e la rimozione dell'imbarcazione.
(4-10616)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Legnaioli e altri n. 4-10612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Claudio Borghi, Caparvi.