Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 15 luglio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la vera ricchezza dell'Italia sono i beni culturali in senso lato, cultura, paesaggio, patrimonio storico e artistico, tutelati dall'articolo 9, secondo comma, della Costituzione e dalla Convenzione europea del paesaggio, definito dalla legge come tutto «il territorio espressivo di identità»;

    l'idea di paesaggio nota ai costituenti, però, non è mai stata attuata compiutamente e, anzi, oggi è a rischio visto che diversi territori della penisola sono soggetti a trasformazioni perentorie anche a causa dei cosiddetti «parchi eolici e fotovoltaici»;

    secondo i dati Statista, l'Italia è la nazione leader al mondo per i consumi di elettricità prodotta da pannelli fotovoltaici e in Europa per la dimensione del settore fotovoltaico è seconda solo alla Germania; tra il 2009 e il 2018 il numero di impianti installati è più che decuplicato, passando da 76.593 unità a 822.301, numero destinato a crescere ancora grazie alle agevolazioni fiscali;

    è del 25 giugno 2021 l'avviso pubblico, pubblicato dal Ministero della transizione ecologica, per presentare la richiesta di manifestazione di interesse, rivolta a soggetti imprenditoriali per la «produzione di energia elettrica mediante impianti eolici offshore galleggianti»;

    secondo i dati Ispra, riportati nel rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2018», Viterbo è la provincia dove nel 2017 la percentuale di terra passata al cemento è cresciuta più di tutte a livello nazionale; i dati Ispra/Snpa relativi all'individuazione di nuovi impianti fotovoltaici installati a terra rilevati tra il 2018 e il 2019 riportano 43 nuove installazioni per un totale di 195 ettari di suolo consumato, corrispondenti a una potenza di circa 103 Mw che rispetto al 2018 (65 ettari di suolo consumato con 34 Mw) rappresentano un significativo incremento. A livello regionale i cambiamenti rilevati nell'ultimo anno si concentrano in alcune aree, rimanendo particolarmente elevati in Veneto (con 785 ettari in più), Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). Il fenomeno sembra intensificarsi e accelerare lungo le coste siciliane e pugliesi e nell'area metropolitana di Roma, mentre gradi elevati di trasformazione permangono lungo quasi tutta la costa adriatica;

    nel 2019 sono state rilevate cinque nuove installazioni nel comune di Viterbo e sei a Civita Castellana; tutta la provincia di Viterbo è interessata da progetti di impianti fotovoltaici, a luglio dello scorso anno erano 14 quelli all'esame della regione Lazio; in soli tre mesi la regione ha autorizzato otto impianti fotovoltaici a terra in provincia di Viterbo, per un totale di 686,33 ettari. Nello specifico si tratta di pareri favorevoli alla valutazione di impatto ambientale (Via), rilasciati nonostante le criticità sottolineate dal Mibact, amministrazioni locali e associazioni ambientaliste, preoccupati per lo stravolgimento di una zona a prevalenza agricola. La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l'Etruria meridionale ha espresso parere negativo per tutti gli otto progetti presentati;

    sempre nel Lazio, la regione aveva approvato l'installazione di una centrale a Pian di Vico vicino Tuscania, in provincia di Viterbo. Il Ministero della cultura aveva fatto ricorso al Tar chiedendo l'annullamento dell'autorizzazione rilasciata a marzo ma il tribunale amministrativo aveva dichiarato inammissibile l'istanza del Ministero; è stato il Consiglio dei ministri con delibera dell'11 giugno 2020, a norma dell'articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad accogliere l'opposizione presentata dal Ministero. Se la totale e drastica alterazione del territorio di Tuscania e dell'intera Maremma Viterbese dovesse realizzarsi, ingenti ed irreparabili sarebbero i danni per chi ha investito nelle risorse, nelle vocazioni tradizionali e nell'integrità del contesto paesaggistico;

    è, inoltre, sul tavolo della Commissione tecnica Via/Vas del Ministero della transizione ecologica la realizzazione di un ulteriore impianto eolico costituito da 16 aerogeneratori più tutte le opere accessorie, per complessivi 90 Mw da installare nel comune di Tuscania (VT) interamente su aree agricole;

    1.500.000 metri quadrati, pari a duecento campi da calcio è l'estensione di un nuovo impianto fotovoltaico a terra, uno dei più grandi in Italia, realizzato a Troia, in provincia di Foggia: entrato in funzione lo scorso giugno e realizzato dalla società danese European Energy che si è detta pronta a investire 800 milioni di euro nei prossimi anni in progetti simili; a maggio 2020 Intesa Sanpaolo ha comunicato di avere siglato con la canadese Canadian Solar, un finanziamento da 55 milioni di euro per realizzare 12 grandi impianti in Sicilia, Puglia e Lazio per la produzione di energia solare;

    il problema non è la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in sé, ma l'assenza di una pianificazione globale che consideri gli impatti su paesaggio e agricoltura; allo stato totalmente ignorato; non si possono invocare i controlli sui cantieri e nello stesso tempo allentare la normativa in ambito Via; non si può snaturare la normativa di settore sulla spinta dei milioni di euro previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sacrificando le peculiarità storico-naturalistiche del territorio nazionale;

    occorre riflettere sulla fragilità dell'agricoltura e su quanto sia davvero ricostruibile il tessuto economico e sociale di comunità rurali che perdono, almeno per una generazione, l'uso di terreni così ampi;

    la limitazione del consumo di suolo e il riutilizzo di aree degradate, così come una progettazione legata alle specificità dell'area in cui realizzare l'intervento, rimangono dichiarazioni di principio e tali obiettivi sono stati, peraltro, ulteriormente minimizzati dai criteri indicati dal decreto ministeriale 10 settembre 2010, nel quale si pongono limitazioni di carattere generale all'individuazione da parte delle regioni dei siti non idonei all'installazione degli impianti;

    al di fuori delle aree oggetto di tutela, la normativa, di fatto, non prevede strumenti efficaci finalizzati alla salvaguardia di porzioni territoriali che costituiscono una componente fondamentale del paesaggio; in totale assenza di pianificazione, la realizzazione di questi imponenti progetti deturpa e stravolge irrimediabilmente aree di grande pregio naturalistico, paesaggistico e storico, come, ad esempio, le campagne di Tuscania, i territori dell'antico Agro Vulcente e del distretto dell'antica Tarquinia, metropoli etrusca la cui necropoli è riconosciuta sito Unesco, snaturando radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari e modificando la visione strategica e programmatica di sviluppo ecosostenibile dei comuni;

    il caso di Pian di Vico, e della Tuscia in generale, è emblematico delle conseguenze in termini di impatto devastante che può produrre l'attuale normativa: esiste infatti una deroga all'uso agricolo, dettata dall'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, introdotta per consentire in via eccezionale la costruzione in zona agricola di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non adeguatamente contemperata però con l'esigenza di sottrarre porzioni di territorio agricolo da conservare intatte per la loro specificità o perché connesse alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio;

    e ancora, l'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003 stabilisce che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici purché tengano conto – tra le altre cose – delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e alla tutela del paesaggio rurale;

    la promozione delle fonti rinnovabili di energia rappresenta uno dei principali obiettivi dell'agenda politica europea e nazionale, ma deve necessariamente essere bilanciata con l'interesse a garantire un'adeguata tutela ambientale e paesaggistica sostenendo il valore dell'agricoltura e, in generale, del suolo agricolo in quanto risorsa limitata e non rinnovabile e, come tale, bene comune;

    a oggi, infatti, non esiste alcuna direttiva vincolante né una legge a livello nazionale che indirizzi in modo univoco la gestione del problema;

    i limiti non sono stati fissati nemmeno dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima che, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030, contempla la diffusione di grandi impianti fotovoltaici a terra. Da preferire, sì, in zone artificiali ma senza l'adozione di specifiche e chiare misure per arginare il consumo di suolo;

    di fatto sta accadendo che diversi promotori (come il sito: affittoterreno.com) invitano gli agricoltori ad affittare le proprietà per 30 anni per ottenere un canone annuale tra i 2.000 e i 3.500 euro ad ettaro. Un mercato già in atto in forma massiva sui social, con proprietari, spesso anziani, stanchi di mantenere terreni poco produttivi e proprietà la cui dimensione è inferiore a quella necessaria per esercitare forme moderne di agricoltura;

    le «ridotte percentuali» di terreno agricolo richieste dagli industriali del fotovoltaico e dai sostenitori tout court delle rinnovabili al suolo (dal 2 per cento al 2030 all'8-10 per cento al 2050) sono fuorvianti e vanno contestualizzate. Si verificano infatti due fenomeni: 1) frammentazione territoriale: gli impianti sono disseminati secondo logiche di comodità e speculazione, dividendo il territorio e trasformandolo in un morbillo urbanistico che in realtà degrada tutta la superficie di riferimento considerata; 2) quelle percentuali si concentrano drammaticamente sulle superfici maggiormente «disponibili» e sguarnite di vincoli, ovvero quelle cerealicole o a seminativo, quelle incolte o a pascolo, prediligendo non le aree «marginali» e compromesse, ma quelle più facilmente raggiungibili dalla strada o prossime agli allacci di rete;

    il pacchetto legislativo adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, il cosiddetto Winter package o Clean energy package, fissa il quadro regolatorio della governance dell'Unione per l'energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 in materia e al percorso di decarbonizzazione entro il 2050. Il meccanismo di governance delineato in sede di Unione europea prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima – Pniec, che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030. L'Italia ha inviato il proprio Pniec per gli anni 2021-2030 alle istituzioni europee a gennaio 2020, a seguito di una interlocuzione intercorsa con le istituzioni nazionali ed europee e una consultazione pubblica;

    a gennaio 2020, con la comunicazione sul Green Deal (COM(2019)640), la Commissione europea ha delineato un cronoprogramma volto a rafforzare l'ecosostenibilità dell'economia dell'Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e interessano prevalentemente l'energia, l'industria (inclusa quella edilizia), la mobilità e l'agricoltura. Il Green Deal intende, in sostanza, superare quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l'energia, che dovrà conseguentemente essere rivisto. Le risorse per l'attuazione del Green deal rientrano nel Piano finanziario per la ripresa e la resilienza, costituendone una delle priorità: sostenere la transizione verde e digitale e promuovere una crescita sostenibile;

    l'obiettivo al 2030 fissato dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) per il fotovoltaico, e ancor più quello maggiormente sfidante che verrà richiesto dal nuovo target di riduzione delle emissioni climalteranti, impongono di affrontare la questione di un nuovo e più importante sviluppo del fotovoltaico con approccio oggettivo. Secondo il Pniec, infatti, il fotovoltaico è chiamato a svolgere un ruolo da protagonista nel sistema elettrico nazionale, guidandone una profonda decarbonizzazione. In particolare, il Pniec prevede un target di 52 gigawatt di capacità fotovoltaica entro il 2030, oltre il doppio rispetto ai 20,9 gigawatt installati fino al 2019; la crescita dovrebbe accelerare notevolmente nel periodo 2023-2025, con una nuova capacità media annuale aggiuntiva pari a circa 4,6 gigawatt, ovvero numeri che non si vedono dal biennio d'oro 2010-2011;

    a fronte dei nuovi obiettivi energetici, il Pniec assicura che «si presterà la dovuta attenzione per assicurare la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e gli obiettivi di tutela del paesaggio... e di tutela del suolo», ma saranno, comunque, necessarie, «...una serie di infrastrutture fisiche per la cui realizzazione occorrerà promuovere forme di dialogo e condivisione con i territori... Rimane tuttavia importante per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 la diffusione anche di grandi impianti fotovoltaici a terra, privilegiando però zone improduttive, non destinate ad altri usi, quali le superfici non utilizzabili a uso agricolo. In tale prospettiva vanno favorite le realizzazioni in aree già artificiali (con riferimento alla classificazione SNPA), siti contaminati, discariche e aree lungo il sistema infrastrutturale» (pagina 56);

    nel Pnrr la Missione 2 concerne, tra gli altri, i temi dell'agricoltura sostenibile e della tutela delle risorse idriche. Nella Componente C2 «Economia circolare e agricoltura sostenibile», sono previsti investimenti sui parchi agrisolari (1,5 miliardi) consistenti nell'installazione di pannelli ad energia solare su di una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di metri quadrati (4,3 chilometri quadrati) senza consumo di suolo, con una potenza installata di circa 430 megawatt, realizzando una riqualificazione delle strutture produttive agricole. Nella stessa componente è previsto lo sviluppo dell'agrivoltaico (sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia senza compromissione dei terreni dedicati all'agricoltura (1,1 miliardi)), con una produzione di circa 1.300 GWh annui. Non si rinvengono dati sugli spazi che saranno impegnati, né sono chiare le modalità con cui la commistione tra le due attività non si risolva in un aumento degli spazi necessari al fotovoltaico, ove si consideri che in presenza di colture questo andrebbe comunque diradato;

    nel parere espresso con riferimento alla relazione della Commissione bilancio sulla proposta di Pnrr trasmesso alla Camera il 15 gennaio 2021 la Commissione agricoltura ha precisato, rispetto alle installazioni di pannelli fotovoltaici, che essi «non potranno essere realizzati su terreni destinati alla produzione agricola; dovrebbero altresì essere definite, conseguentemente, le aree compatibili con tali tipologie di intervento...». La Commissione attività produttive ha osservato che «occorrerebbe valutare l'analisi costi benefici per l'azione di investimento indicata; occorrerebbe, inoltre, riprendere con forza nel Piano il tema delle rinnovabili nel settore termico — ponendo attenzione anche alle bioenergie derivate dai sottoprodotti agricoli e forestali — che rappresentano da sole circa la metà di tutte le rinnovabili nazionali...». Quanto al fotovoltaico a terra «...sarebbe opportuno prevedere strumenti per il recupero di aree industriali dismesse o di aree agricole non utilizzabili a questo scopo...»;

    l'emergenza climatica o la necessità di ripresa economica non possono, però, diventare il grimaldello per far saltare tutte le norme e tutti i diritti, anche di rango costituzionale; il turismo trova la sua fine in un paesaggio che perde integrità, vittima della trasformazione spontanea e disordinata; non appare, pertanto, oggi ingiustificato il timore che le priorità culturali, legate alla storia, agli affetti identitari, alla biodiversità, alla consapevole interiorizzazione della bellezza naturale, possano essere stritolate dagli ingranaggi del Recovery Plan;

    in ossequio agli obiettivi primari del Piano nazionale di ripresa e resilienza, integrati con quelli di efficienza energetica contenuti nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, si rischia di consentire la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela (paesaggistica e archeologica, per esempio) e in quelle cosiddette «contermini», cancellando, di fatto, ogni valore sovraordinato del vincolo paesaggistico poiché le soprintendenze devono esprimersi all'interno di una conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante e con l'applicazione del silenzio assenso in venti giorni;

    al di là delle dichiarazioni d'intento si sta assistendo al sacrificio per legge delle aree più significative del nostro territorio (parchi, boschi, aree agricole eccetera) per gli impianti che producono energia fotovoltaica, eolica, da rifiuti combustibili e, in generale, da qualsiasi altra fonte non fossile, cancellando una, seppur minima, normativa di buon senso, che serviva a mantenere non solo il nostro patrimonio culturale intatto ma anche a limitare il consumo di suolo vergine, agricolo e boschivo e a riconoscerne l'importante ruolo nell'abbattimento dell'inquinamento atmosferico. Ora anche queste aree potranno essere scelte dalle imprese, per la maggior parte estere, che vorranno costruire i propri impianti e inceneritori di rifiuti con produzione energetica;

    è in questo cambio di passo che risiede, per l'ambientalismo industriale, il significato di transizione ecologica: passare da un modello economico territoriale ad alto contenuto occupazionale basato sull'agricoltura di qualità, sul turismo e sulla cultura, a un modello industriale specializzato nella produzione energetica alternativa, a basso contenuto occupazionale e ad altissimo rendimento;

    il nostro modello di sviluppo deve restare quello sostenibile di salvaguardia delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e culturali, non quello dei mega impianti fotovoltaici che deturpano e sconvolgono il territorio e la biodiversità;

    nel Next Generation Eu il 37 per cento dei sussidi e prestiti è destinato e sarà erogato a progetti «green», che includono transizione energetica e mobilità sostenibile, ma uno dei capisaldi della transizione «green» è la protezione della biodiversità. Come si legge nel documento della Commissione europea sulla strategia sulla biodiversità per il 2030; la perdita di biodiversità e la crisi climatica sono interdipendenti. Se una si aggrava, anche l'altra segue la stessa tendenza. Per raggiungere i livelli di mitigazione necessari entro il 2030 è essenziale ripristinare le foreste, i suoli e le zone umide e creare spazi verdi nelle città. Alcuni dei molti elementi chiave della strategia sulla biodiversità saranno, ad esempio, «creare zone protette per almeno il 30 per cento della superficie terrestre e il 30 per cento dei mari in Europa; ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini degradati in tutta Europa [...] ripristinando almeno 25mila km di fiumi a scorrimento libero nell'Ue; piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030». Per finanziare tutto ciò, verranno sbloccati 20 miliardi di euro all'anno per la biodiversità provenienti da varie fonti, tra cui fondi dell'Ue e finanziamenti nazionali e privati;

    la connessione fra protezione del suolo e agricoltura è messa in luce anche dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa) in un report del 22 luglio 2020, secondo cui «Nella realtà italiana, la gestione del territorio da parte degli agricoltori e delle popolazioni rurali rappresenta un elemento strategico che può contribuire significativamente in termini di rallentamento del degrado e dell'abbandono di aree agricole e quindi, indirettamente, in termini di rallentamento del consumo di suolo»;

    una transizione ecologica compatibile con territorio e ambiente vorrebbe che la produzione di energia fosse di piccole dimensioni e a vantaggio delle comunità locali, invece si sta andando in direzione diametralmente opposta con impianti di grandi dimensioni che necessitano di grandi impegni di capitale e occupano enormi porzioni di territorio, e che talvolta, come dimostrano i fatti di cronaca, possono anche lasciare spazio alla criminalità organizzata;

    è necessario stabilire una rigorosa tutela dei suoli liberi, sia per salvaguardare gli spazi vitali connessi al benessere dei cittadini e delle comunità, sia per garantire gli usi agricoli necessari, oggi e domani, all'autosufficienza agroalimentare, nonché la conservazione della biodiversità e la fertilità del suolo; la progettazione degli impianti fotovoltaici collocati a terra deve prevedere un corretto inserimento paesaggistico, anche con riferimento ad eventuali limiti dimensionali e localizzativi degli stessi al fine di rafforzare il concetto di sostenibilità e rapporto con il paesaggio agricolo;

    le testimonianze archeologiche e storiche, i paesaggi identitari, gli ambienti naturali con fauna e flora protette da norme e direttive comunitarie, gli stessi panorami, vanno tutelati e dovranno continuare a essere tutelati senza cedere a provvedimenti devastanti, giustificati dall'iper-enfatizzazione dell'emergenza;

    la valutazione degli impatti cumulativi andrebbe scrupolosamente evidenziata e normata; nella sopracitata area del Lazio settentrionale, in pochi chilometri quadrati, tra i comuni di Arlena, Tessennano, Piansano e Tuscania sono stati realizzati o in corso di realizzazione tre parchi eolici e due fotovoltaici, oltre tutte le opere accessorie;

    gli impianti fotovoltaici ed eolici, peraltro, comportano impatti negativi anche sulla fauna selvatica, quali la perdita di habitat specializzati e la riduzione della qualità ambientale per la fauna, oltre ad inficiare l'eterogeneità ambientale a tutte le scale, con effetti negativi sulla biodiversità dovuti alla sottrazione di suolo;

    se appare inevitabile giungere a compromessi, è necessario pretendere chiaramente che tali compromessi vengano affrontati e risolti su un reale piano di parità tra le diverse esigenze e non, come sembra stia accadendo, riproponendo lo schema del «Superior stabat lupus»; la logica non deve essere quella di promuovere un settore per stroncarne un altro. A farne le spese non è solo il comparto agricolo: distese così vaste e invadenti di pannelli fotovoltaici creano un grave danno paesaggistico, con profili e vedute caratteristiche dei nostri territori profondamente trasformati;

    quella che potrebbe essere l'occasione per la riqualificazione di aree dismesse, terreni abbandonati o per effettuare il repowering degli impianti esistenti, rischia di diventare, così, un danno enorme al settore agricolo, in primis alla biodiversità, ma anche agli allevamenti e alle produzioni caratteristiche del Made in Italy;

    bisogna creare le condizioni affinché gli impianti fotovoltaici possano essere installati anche su terreni agricoli che non presentano una attività particolarmente redditizia e soprattutto non hanno caratteristiche di pregio sotto il profilo ambientale;

    proprio in questi giorni, ai più alti livelli istituzionali è stato pubblicamente dichiarato che gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto all'intelligenza, sono un attacco alla nostra identità;

    uno sviluppo davvero «sostenibile» del territorio non può e non deve passare attraverso radicali e rapide trasformazioni di vocazioni secolari o addirittura millenarie, spesso ben mantenute con precise scelte politiche da parte delle comunità locali;

    un approccio ecologico che metta insieme tutto – umanità, ambiente, industria, agricoltura, cultura e paesaggio – è possibile;

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per garantire la difesa di paesaggi identitari, che meritano particolare attenzione per la loro specificità o perché connessi alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e ai valori paesaggistici;

2) ad istituire un tavolo tecnico nazionale, delegato a individuare adeguati parametri di compatibilità paesaggistica per l'installazione di impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili che non arrechino danni ad altri valori, in attuazione della disposizione di cui all'articolo 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53;

3) ad adottare iniziative di competenza per garantire che la progettazione degli impianti fotovoltaici ed eolici collocati a terra preveda un corretto inserimento paesaggistico, anche con riferimento ad eventuali limiti dimensionali e localizzativi degli stessi al fine di rafforzare il concetto di sostenibilità;

4) ad emanare, in sintonia con le regioni, linee guida nazionali per una omogenea tutela paesaggistica delle aree rurali, soprattutto interne, anche non oggetto di specifica tutela, con particolare riguardo allo sviluppo del turismo dei borghi, del quale occorre valorizzare la natura culturale e identitaria, in linea con le esigenze del Pniec e le citate azioni del Pnrr;

5) ad adottare iniziative per perseguire la tutela del suolo anche nell'ambito della prossima programmazione triennale della Politica agricola comune (PAC) 2014-2020, lavorando per l'adozione di regole per indirizzare gli impianti nei luoghi più adatti, limitando il consumo di suolo, soprattutto agricolo;

6) ad adottare iniziative per introdurre disincentivi all'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici sui terreni agricoli, così da ridurre al massimo il rischio di ogni ulteriore riduzione della superficie agricola utile;

7) ad adottare iniziative di competenza per prevedere rigorosi controlli sulla pratica dell'agro fotovoltaico, da intendersi come soluzione tecnologica innovativa, regolata secondo modelli di «best practices» e in grado di operare in forma sinergica con le attività agricola, senza inficiarne qualità e produttività;

8) ad adottare iniziative di competenza per garantire che, nella fase di installazione di impianti eolici e fotovoltaici, venga preservata e tutelata la fauna selvatica, al fine di ridurre il loro impatto sull'ecosistema e rendere più sostenibile la produzione di energia solare ed eolica;

9) ad assicurare che il Ministero della transizione ecologica, il Ministero della cultura e il Ministero della salute, adottino le «Norme Tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale», predisposte dal Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (Snpa) attraverso l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in seguito ad incarico dell'allora Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica), pervenuto con nota del Dva-8843 del 5 aprile 2019, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104;

10) a garantire, nell'ambito della redazione delle citate norme tecniche, che gli impatti cumulativi rispetto ad altre opere esistenti o in progetto ricadenti nel medesimo territorio vengano dettagliatamente descritte mediante adeguati strumenti di rappresentazione, quali matrici, grafici, cartografie approvate dall'Ente competente in materia, prevedendo, in particolare, che il cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati venga valutato tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto.
(1-00503) «Rampelli, Bellucci, Ciaburro, De Toma, Ferro, Galantino, Gemmato, Mollicone, Rachele Silvestri, Varchi, Vinci, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    domenica 11 luglio 2021 Cuba ha vissuto le più grandi manifestazioni di protesta degli ultimi decenni: al grido di «abbasso la dittatura» o «Patria y vida» («Patria e vita»), una presa in giro dello storico slogan ufficiale «Patria o muerte» i cubani sono scesi in strada per protestare contro la miscela esplosiva della mancanza di generi alimentari e di vaccini contro l'infezione da COVID-19;

    centinaia di cubani hanno iniziato a protestare nelle città di San Antonio de los Baños, vicino all'Avana, e Palma Soriano, a Santiago, una scintilla che si è rapidamente diffusa in tutto il paese, inizialmente, si trattava di una protesta contro i lunghi blackout elettrici e per chiedere la vaccinazione contro il COVID-19. Poco dopo, le richieste si sono trasformate in grida di «libertà» e richieste di cambiamento politico;

    la risposta del regime comunista è stata prevedibile: dopo aver incolpato (ancora una volta) gli Stati Uniti per il peggioramento della situazione, ha chiamato le sue truppe a scendere in strada e ha proceduto ad arrestare centinaia di persone;

    le proteste sono il risultato della lunga crisi economica e sanitaria, una delle peggiori dell'isola dal «maleconazo» del 1994, quando centinaia di cubani uscirono per protestare contro la situazione precaria alla vigilia dello scoppio della crisi «de los balseros»;

    l'isola, che è riuscita a mantenere il controllo della pandemia nel 2020, ha visto nelle ultime settimane una recrudescenza dell'infezione virale, con lo scoppio di un focolaio fra i più pericolosi in America Latina;

    con il turismo, motore economico dell'isola, completamente fermo, gli effetti del coronavirus sono stati aggravati dall'inflazione, da blackout, da carenze di cibo e di beni di prima necessità;

    nel 2020, l'economia cubana si è contratta dell'11 per cento, il dato peggiore in tre decenni e all'inizio del 2021 il Governo cubano ha proposto un nuovo pacchetto di misure economiche che ha aumentato i salari e le pensioni, ma anche i prezzi;

    per contrastare la mancanza di valuta straniera, sono stati creati negozi in valuta liberamente convertibile – solo le carte di credito possono essere usate per pagare – dove si vendono alimenti ed elettrodomestici, mentre nei negozi dove viene utilizzato il pesos cubano il numero di prodotti diminuisce di giorno in giorno;

    in linea con la tradizione castrista, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel non ha esitato a incolpare Washington per le proteste. In una diretta radiotelevisiva accompagnato da membri del suo esecutivo e dell'Ufficio politico del Partito comunista di Cuba (l'unico partito legale), ha detto lunedì 12 luglio 2021, che il suo Governo cercherà di «affrontare e sconfiggere» l'embargo decretato dagli Stati Uniti, che si è aggravato durante la presidenza di Donald Trump. Ha anche detto che i disordini hanno cercato di «rompere l'unità del popolo», aggiungendo che i manifestanti «hanno avuto quello che meritavano» e che «le provocazioni non saranno permesse»;

    lunedì 12 luglio 2021, dopo l'appello del Governo, numerosi gruppi di sostenitori hanno occupato parchi e spazi pubblici per mostrare il loro sostegno alla rivoluzione. Presso i Capitolio Nacional de Cuba, vicino al Parco della Fraternità, soltanto poco più di un centinaio di persone si sono riunite al grido di «Viva Fidel»;

    martedì 13 luglio 2021, con due messaggi postati su Twitter dal presidente cubano venivano esplicitati gli intendimenti del Governo dell'isola caraibica dopo le proteste senza precedenti di domenica. Il primo recita: «La rivoluzione cubana non porgerà l'altra guancia a coloro che la attaccano negli spazi virtuali e reali. Eviteremo la violenza rivoluzionaria, ma reprimeremo la violenza controrivoluzionaria. Chi attacca gli agenti della legge e dell'ordine attacca il paese». Nel secondo si affermava: «La controrivoluzione sogna una guerra tra cubani», e aggiunge: «Non abbiamo intenzione di dar loro il piacere»;

    nel pomeriggio dello stesso giorno, le autorità hanno ammesso che lunedì 12 luglio 2021 si sono registrate nuove proteste e disordini nel quartiere di Arroyo de Naranjo all'Avana, durante le quali è stato ucciso un uomo di 36 anni;

    in aprile 2021 Miguel Díaz-Canel era subentrato a Raúl Castro alla Segreteria generale del Partito comunista Cubano. In questi mesi nulla è cambiato e tutto è peggiorato, lo dimostrano le proteste la cui estensione e spontaneità, per quanto il Governo cerchi ora nemici esterni, rivelano la profondità della stanchezza della popolazione. La pandemia ha solo crudelmente esposto le ataviche carenze del sistema comunista, esacerbando le difficoltà dell'isola. Rispondere con il solito retaggio ideologico, con la repressione e riempiendo le prigioni di oppositori e dissidenti non risolverà i gravi problemi dell'isola,

impegna il Governo:

   a condannare in modo risoluto ogni forma di repressione delle manifestazioni di protesta e di libera espressione del dissenso politico;

   ad adottare iniziative in sede europea affinché l'Unione adotti una posizione unitaria di solidarietà con i cittadini cubani che, pacificamente, sono scesi in piazza per protestare contro la mancanza di libertà, la crisi sociale e la repressione; condanni coloro che istigano a scontri violenti tra la popolazione cubana per mettere a tacere le manifestazioni pacifiche; chieda dal Governo cubano il rispetto delle disposizioni dell'Accordo di dialogo politico e cooperazione tra l'Unione europea e Cuba in materia di garanzia e protezione dei diritti umani, ratificato con la legge n. 42 del 2019.
(7-00698) «Orsini, Valentini, Battilocchio, Cappellacci, Fitzgerald Nissoli».


   La III Commissione,

   premesso che:

    in questi giorni un'ondata di proteste è dilagata in varie città dell'isola di Cuba e ha portato anche alla sollevazione di piazza delle numerose comunità di cittadini cubani nel mondo;

    le manifestazioni di protesta dei cubani contro la dittatura comunista rappresentano una chiara richiesta di libertà contro un regime che da lungo tempo affama i propri cittadini, ai quali la pandemia da COVID e il consequenziale blocco del turismo hanno dato il colpo di grazia;

    migliaia di cittadini sono scesi in piazza per manifestare il loro disagio sulla situazione economica e sociale, chiedendo soluzioni immediate alle continue interruzioni di energia, maggiori disponibilità di vaccini e medicine e maggiori libertà personali;

    i mali atavici del comunismo cubano sono stati acuiti dalla pandemia e dal blocco del turismo, dando vita a proteste nazionali così dure che non si vedevano da almeno trent'anni, dalla grave crisi del «biennio della fame» del 1993-1994;

    la popolazione cubana deve fare i conti con un'economia che si è contratta dell'11 per cento l'anno scorso, a causa del collasso del turismo e delle rimesse degli emigrati, nonché con una recrudescenza della pandemia che nell'ultimo mese che ha portato al collasso della rete sanitaria nazionale;

    numerosi media hanno riportato disordini e violenze da parte delle autorità cubane, come manganellate contro i manifestanti da parte della polizia, l'uso di spray al peperoncino, blocchi arbitrari e arresti;

    Associated Press ha contato almeno 20 persone portate via nelle auto della polizia o da persone in abiti civili. Dalle stime fornite dai giornali internazionali sarebbero circa 140 le persone attualmente detenute dalle forze di sicurezza del regime comunista cubano e il Ministero dell'interno cubano avrebbe confermato la morte di Diubis Laurencio Tejeda, di 36 anni, durante uno scontro tra polizia e manifestanti;

    Yoani Sanchez, nota blogger ed attivista cubana ha scritto su Twitter: «Si riportano diversi feriti nelle proteste che si sono avute in tutta Cuba, a Camaguey i militari hanno sparato contro i manifestanti». L'attivista Maria Antonia Pachecho, che ha partecipato alle manifestazioni, ha confermato che a Camaguey sono stati feriti almeno due giovani;

    il Governo cubano, nel tentativo di impedire la diffusione di notizie e immagini sulle proteste, ha bloccato internet, i social network e i programmi di messaggistica. Le interruzioni della connessione a internet hanno iniziato a essere segnalate dalla sera di domenica, quando era già abbastanza chiaro che i social avessero avuto un ruolo importante nel coordinamento del dissenso contro il governo comunista. Il blocco parziale di internet è continuato anche nei giorni seguenti;

    inoltre ha un'intensa attività di persecuzione nei confronti dei giornalisti: la corrispondente del quotidiano spagnolo Abc a Cuba, Camila Acosta, è stata arrestata ieri all'Avana e sarà perseguita per «crimini contro la sicurezza dello Stato», dopo aver coperto le proteste antigovernative esplose domenica sull'isola. A darne notizia è lo stesso giornale iberico, citando conferme dello scrittore Angel Santiesteban al portale indipendente Cubanet. Il giornale denuncia che, oltre ad Acosta, sono stati arrestati una ventina di giornalisti;

    la star cubana di YouTube Dina Stars è stata arrestata durante un'intervista televisiva in diretta mentre descriveva le proteste in corso. La donna stava parlando con il programma «Todo es Mentira» del canale spagnolo Cuatro quando improvvisamente ha interrotto un altro ospite e ha detto: «Le forze di sicurezza sono là fuori». La donna cubana si è recata alla porta del suo appartamento all'Avana, poi è tornata alle telecamere per dire che veniva portata via dicendo «ritengo il governo responsabile di qualunque cosa mi accada»;

    la democrazia e la libertà sono due valori fondamentali per la cultura occidentale. Ogni cittadino ha diritto a vivere in pace e prosperità, e deve essere in grado di esprimere liberamente le proprie opinioni;

    anche l'Unione europea, per il tramite del portavoce dell'Alto rappresentante Borrell, ha espresso tutta la propria preoccupazione per quanto sta accedendo a Cuba e il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici,

impegna il Governo:

   a condannare la repressione violenta delle proteste ad opera del regime comunista cubano;

   a convocare l'ambasciatore cubano per protestare contro la violazione delle libertà fondamentali del popolo cubano;

   ad adottare iniziative di competenza volte a chiedere il rilascio immediato delle persone arrestate per motivi politici nel corso delle proteste;

   a sospendere l'erogazione dei fondi italiani per la cooperazione allo sviluppo a favore di Cuba;

   di concerto con gli Stati membri dell'Unione europea, ad adoperarsi nei confronti delle autorità cubane a difesa del diritto dei cittadini cubani di manifestare liberamente e pacificamente.
(7-00699) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 settembre 2020 riconosce ai comuni fino ai 5.000 abitanti un fondo da impiegare «per la realizzazione di azioni di sostegno economico in favore di piccole e micro imprese, anche al fine di contenere l'impatto dell'epidemia da COVID-19»;

   le azioni di sostegno economico possono riguardare sia l'erogazione di contributi a fondo perduto per spese di gestione sia iniziative volte alla ristrutturazione, all'ammodernamento e all'innovazione;

   sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 4 dicembre 2020 sono state pubblicate le risposte dell'Agenzia della coesione alle domande frequenti (Faq – aggiornamento marzo 2021) poste in merito ai requisiti per l'accesso alle provvidenze;

   tra le risposte, viene anche chiarito che, al fine della concessione del contributo, deve essere applicata la disciplina in tema di Durc, nello specifico si afferma che «Come disposto dal D.M. 30 gennaio 2015, per l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili, finanziari e vantaggi economici, di qualunque genere, compresi quelli di cui all'articolo 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (in tema di finanziamenti comunitari), è sempre richiesto il Documento Unico di Regolarità Contributiva. Resta, pertanto, ferma la disciplina prevista dal D.L. 9 agosto 2013, n. 69, conv., con modif., in L. 21 giugno 2013, n. 98, e ss.mm.ii.»;

   risulterebbe che la prassi seguita dalle amministrazioni comunali, in caso di posizione contributiva non regolare, sarebbe quella di sospendere temporaneamente l'erogazione del contributo e, nel caso la posizione non venisse sanata, di procedere d'ufficio ad esercitare un intervento sostituivo all'Inps versando il contributo spettante direttamente all'ente previdenziale;

   considerate le dimensioni e la portata della crisi economica generata dalla pandemia, le provvidenze di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri interessano una molteplicità di aziende del Paese, con particolare riguardo alle piccole realtà comunali che rischiano di essere ulteriormente penalizzate perché escluse da misure di sostegno studiate espressamente per loro;

   è il caso di osservare che le cifre erogate in base al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono modeste e del tutto insufficienti a rifondere le attività produttive del rilevante danno economico subito a seguito della pandemia, ma soprattutto appare una contraddizione richiedere la regolarità contributiva ad aziende che, proprio perché sono in sofferenza economica, non hanno potuto ottemperare agli obblighi contributivi;

   sarebbe opportuno, nell'ottica di un coerente ed effettivo sostegno alle imprese (anche sul modello di quanto previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge n. 178 del 2020, l'esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti da lavoratori autonomi e liberi professionisti) sospendere, limitatamente al periodo dell'emergenza COVID-19, il vincolo della regolarità contributiva al fine dell'ottenimento di ristori, contributi, sussidi e altro, a condizione che le imprese beneficiarie abbiano un numero di addetti inferiore a 10 e siano in grado di produrre il Documento unico di regolarità contributiva per il periodo antecedente –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche di natura normativa, al fine di promuovere una riformulazione dei criteri per l'erogazione di sovvenzioni, contributi e sussidi e, in particolare, per sospendere, per il periodo dell'emergenza Covid-19 e limitatamente alle imprese con meno di 10 addetti, la richiesta del Documento unico di regolarità contributiva, quale requisito per l'ottenimento delle citate provvidenze, a condizione che i soggetti beneficiari siano in regola relativamente al periodo antecedente la dichiarazione dello stato di emergenza.
(3-02405)

Interrogazione a risposta scritta:


   LEPRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   dalla cronaca di Torino del quotidiano «La Stampa» del 10 luglio 2021 si apprende la storia di Lara, una ragazza di ventiquattro anni affetta dalla sindrome di down, la quale sperava di poter vivere anche lei, come centinaia di ragazzi della sua età, l'esperienza del servizio civile universale a cui però tale possibilità è stata preclusa;

   Lara, forte di una già precedente esperienza di volontariato presso una biblioteca scolastica avrebbe voluto partecipare a progetti inerenti l'ambito scolastico ed in particolare quello bibliotecario, ma nessun bando prevedeva posti riservati a ragazzi con disabilità se non quello proposto da una scuola privata le cui mansioni non avrebbero comportato alcuna occasione formativa;

   nonostante questo, Lara si è candidata lo stesso per il progetto, pur sapendo di non avere alcuna possibilità di successo perché sarebbe stata messa sullo stesso piano degli altri ragazzi, senza alcuna facilitazione;

   ancora una volta l'inclusione e la piena ed effettiva cittadinanza delle persone con disabilità è stata disattesa;

   se è pur vero che la programmazione triennale e annuale del servizio civile universale prevede, grazie all'articolo 4, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, modalità e strumenti per favorire la partecipazione ai progetti di servizio civile universale di «giovani con minori opportunità» e sicuramente tra questi ci sono i giovani con disabilità, i progetti presentati dagli enti e dalle associazioni sono pochi e molte volte poco qualificanti;

   è necessario, anche alla luce della storia sopra raccontata, riservare specificatamente un numero di progetti e di posti all'interno di ogni bando annuale del servizio civile universale alle persone con disabilità al fine di renderli attori partecipi alla vita civile del nostro Paese –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare, affinché anche le persone con disabilità possano partecipare in modo attivo e a seconda delle loro capacità al servizio civile universale.
(4-09812)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA, SCHIRÒ e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella sera dell'11 luglio 2021, a San Cristobal de La Casas, nello stato messicano del Chiapas, ha perso la vita a seguito di un'aggressione a colpi di arma da fuoco il connazionale Michele Colosio, impegnato da un decennio nella realizzazione di progetti di cooperazione allo sviluppo a beneficio della popolazione locale;

   Michele Colosio, originario della provincia di Brescia, nel tentativo di educare e tutelare i ragazzi del difficile contesto locale, si era fatto promotore e realizzatore di un progetto a loro dedicato ed era, per riconoscimento diffuso della comunità italiana del luogo, benvoluto e apprezzato come persona e come operatore di progetti di cooperazione;

   allo stato, non si hanno notizie sulle motivazioni del grave gesto e sull'identità della persona che lo ha messo in atto, nonostante le dimensioni del villaggio in cui è avvenuto siano tali da non rendere impossibili i dovuti accertamenti –:

   quali informazioni abbia il Governo in merito alla vicenda di cui in premessa, e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, nelle relazioni bilaterali con il Messico affinché sia garantito il più rapido e attento svolgimento delle indagini e per assicurare, al contempo, la necessaria sicurezza per la realizzazione dei progetti di cooperazione allo sviluppo che si svolgono nel territorio messicano da parte dei nostri connazionali.
(5-06443)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TERZONI e SUT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il patrimonio edilizio del Paese è particolarmente vetusto e quindi vulnerabile ai rischi naturali come sismi, alluvioni, frane;

   il Governo Conte ha introdotto, oltre all'ecobonus 110 per cento, anche il sismabonus con la stessa aliquota di beneficio fiscale al fine di recuperare questo gap tecnologico. Inoltre, vi sono anche altre misure collegate all'edilizia che prevedono importanti benefici fiscali (bonus facciate e altro);

   il monitoraggio della misura è fondamentale per tutta la programmazione futura degli interventi nel campo dell'edilizia e per, eventualmente, introdurre ulteriori misure integrative o migliorative, anche del quadro normativo;

   per l'ecobonus 110 per cento l'Enea assicura già un costante aggiornamento attraverso il suo sito web istituzionale e comunque con rapporti non aggiornamento settimanale per il Ministero competente suddividendo i macro dati sia su base regionale, sia per tipologia di edificio oggetto di ristrutturazione in unifamiliare, plurifamiliare e condominiale, nonché per le altre tipologie di edifici previsti per legge come spogliatoi per le associazioni sportive dilettantistiche e case popolari –:

   a quanto ammontino gli interventi beneficiari del super sismabonus a oggi, sia in termini economici, che di numero di interventi effettuati e la loro suddivisione regionale e per tipologia di edificio;

   se il Governo non ritenga di attivare, sull'esempio di quanto avviene per l'ecobonus 110 per cento, un sistema di monitoraggio continuamente aggiornato anche per la misura del sismabonus 110 per cento e per le altre misure che prevedono benefici fiscali nel campo dell'edilizia.
(5-06445)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il ponte Leonardo Da Vinci sul fiume Reno, lungo la strada provinciale 325 «di Val Setta e Val di Bisenzio», nel comune di Sasso Marconi, è chiuso al transito dal 10 febbraio 2021;

   la struttura è in carico alla Città metropolitana di Bologna che sta curando le attività di messa in sicurezza;

   Anas indica che la cessione del ponte dalla Città metropolitana si perfezionerà al termine delle attività di messa in sicurezza – ad oggi previste entro il prossimo mese di settembre 2021 – mentre si prevede l'affidamento dei lavori per l'intervento definitivo nella primavera del 2022 e la conclusione all'incirca nel 2024 con tre anni lavori;

   Anas potrà disporre di un fondo di 6.250.000 euro e risulta che stia già provvedendo alla progettazione per una parziale ricostruzione del ponte;

   per velocizzare la attività si prevede la nomina di un commissario ad hoc;:

   per i trasporti, le attività produttive, commerciali e turistiche e per gli abitanti di quelle aree, che da diversi mesi fanno i conti con le code e gli ingorghi indotti da questa strozzatura nella già difficile mobilità appenninica, avere una prospettiva di tre anni prima che la viabilità sia ripristinata è insostenibile –:

   se quanto in premessa risponda al vero e come intenda il Ministro interrogato operare, per quanto di competenza, per ridurre la durata dei lavori, valutando per il prosieguo la possibilità di un'apertura in sicurezza, anche parziale, in tempi più ridotti.
(5-06437)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUSACCHIA, FIORAMONTI, CECCONI e MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   le procedure relative agli esami di abilitazione per ispettore dei centri di revisione risultano bloccate, in attesa che siano rese operative le linee guida indicate dal Ministero;

   nello specifico, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili inviava la circolare del 4 novembre 2020 alla Conferenza delle regioni e delle province autonome e alle direzioni generali territoriali, in risposta ai numerosi quesiti pervenuti sui corsi di formazione teorico-pratica per ispettori di centri di controllo private;

   in base all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si stabiliva un riesame generale delle tematiche mediante numerosi interventi legislativi tra cui, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;

   al fine di contemperare la necessità di incrementare il numero di ispettori con le criticità rappresentate dalla formazione in presenza, l'autorità competente in materia ha già fornito con nota prot. 15966 del 9 giugno 2020 il proprio assenso alla modalità della «formazione a distanza» Fad;

   per i moduli A e B, sino al cessare dello stato di emergenza e, in analogia a quanto già fatto, consentiva lo svolgimento dei corsi di formazione relativi al modulo C in modalità FAD;

   circa i corsi di aggiornamento, l'allegato IV del decreto ministeriale n. 214 del 2017 prevede che gli ispettori di revisione debbano ricevere un'appropriata formazione d'aggiornamento, così come recepito dall'accordo Stato-regioni-province autonome del 17 aprile 2019 (Accordo), in base al quale viene stabilito, al comma 2, che l'autorità competente può impartire indicazioni specifiche sulla cadenza di aggiornamento, sulla durata del corso e sulle materie da aggiornare. Stante le numerose innovazioni intercorse negli anni precedenti, riguardanti il campo sia tecnologico sia normativo, ai sensi del richiamato articolo, sono state individuate, per il primo corso di aggiornamento, le materie da trattare e, conseguentemente, la relativa durata del corso;

   vista l'attuale situazione pandemica, appena le condizioni lo permetteranno, la circolare sopradetta stabilisce che verrà fissato dal Ministero il calendario previsto dall'articolo 9 comma 2 dell'Accordo e si potrà dare avvio ai corsi di formazione relativi all'aggiornamento. In particolare, in riferimento agli esami di abilitazione «è in corso di definizione il provvedimento in cui saranno fornite le linee guida per l'espletamento degli esami di abilitazione degli ispettori che saranno svolti presso le Direzioni Generali Territoriali» –:

   quando saranno fissate le date dei corsi di formazione di cui in premessa, considerando che sono trascorsi oltre 8 mesi e nella consapevolezza che un ulteriore ritardo potrebbe avere ripercussioni sulla possibilità di rimettere in moto il contesto lavorativo e sociale, con conseguenze in termini occupazionali ed economici, pregiudicando la formazione degli ispettori;

   quali iniziative di competenza il Governo stia adottando, nel caso non vi fossero ancora le condizioni per poter far espletare tale esame di abilitazione presso le delegazioni delle motorizzazioni civili, per snellire tale procedura, abilitando quindi chi ha già sostenuto i corsi di formazione a ispettore delle revisioni e superato positivamente gli esami finali.
(4-09814)


   BELOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   ormai da molto tempo le infrastrutture ferroviarie medio-piccole del nostro Paese necessiterebbero di un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria e di un intervento di riqualificazione e pulizia per migliorarne l'accessibilità nell'interesse di cittadini e utenti;

   in particolare, il grave problema dell'incuria e del degrado in cui versa la struttura della stazione ferroviaria di Seriate è stato più volte segnalato da parte dei cittadini e delle autorità locali alla società Rfi e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   la pavimentazione e i gradini presentano macchie di sporcizia di lunga data, addirittura in più parti, i gradini sono rotti o scheggiati, le barriere di protezione in acciaio inossidabile presentano macchie di ruggine e mancanza di pulizia;

   lo stato complessivo di abbandono e sporcizia è assolutamente inaccettabile anche per il fatto che Rfi ha investito, poco tempo fa, per la stazione in questione, circa un milione e mezzo di euro per realizzare un sottopasso, salvo poi disinteressarsi completamente delle condizioni delle restanti parti della struttura e della sicurezza delle persone;

   entrambi gli ascensori, i cui vetri sono scheggiati in diversi punti, non funzionano; pertanto non possono essere usati da persone fragili, anziani, diversamente abili e donne incinte, l'unica obliteratrice è fuori uso da tempo, i bagni sono chiusi e inaccessibili al pubblico, il vecchio magazzino va immediatamente riqualificato e anche le telecamere promesse anni fa non sono mai state installate;

   dato lo stato di inerzia totale da parte di Rfi, il sindaco di Seriate ha richiesto con urgenza un intervento di riqualificazione e pulizia generale della struttura da parte della società stessa e del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   una struttura accessibile, riqualificata e pulita è anche garanzia di sicurezza per tutti gli utenti e per i cittadini residenti nel comune –:

   se il Ministro, interrogato sia informato da Rfi sulle condizioni delle strutture ferroviarie, soprattutto quelle medio-piccole;

   se intenda adottare iniziative di competenza per mettere in atto un vero piano di manutenzione ordinaria e straordinaria su tutte le infrastrutture ferroviarie del nostro Paese;

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per promuovere un intervento di riqualificazione e di messa in sicurezza di tutte le stazioni, in particolare quella di Seriate, per migliorarne l'accessibilità e la funzionalità, nonché per rilanciare il ruolo di presidio che queste strutture costituiscono per le rispettive comunità.
(4-09818)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI, SILVESTRONI, ROTELLI e MOLLICONE. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati destinati 900 milioni di euro alla creazione di una infrastruttura Cloud su cui far migrare i dati delle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

   quella del Pnrr rappresenta un'occasione irripetibile per investire sulla modernizzazione del Paese. Sarebbe ancor più irripetibile se usassimo queste risorse per valorizzare le nostre imprese di Cloud, rafforzando il rapporto con le università italiane che si occupano di ricerca in ambito Cloud;

   autorevoli esponenti del Governo sostengono che l'Italia non abbia le tecnologie per implementare il Cloud pubblico. Ma sulle tecnologie è necessario investire. L'alternativa è che le stesse si acquistino, come fanno anche i più grossi player di Cloud. Del resto, nemmeno gli operatori di Tlc sono possessori delle tecnologie mobili eppure offrono servizi di prima qualità;

   indiscrezioni della stampa lasciano presagire che lo schema di gioco prescelto dal Governo sul progetto Cloud sia quello di un soggetto esecutore costituito da: Cassa depositi e prestiti, presenza importante ma finanziaria che nulla ha a che fare con il Cloud; Leonardo, altrettanto importante, ma che non si occupa di Cloud; infine Tim, che non si occupa di Cloud, se non attraverso la sua alleanza con Google –:

   se le indiscrezioni apparse nei giorni scorsi riproducano fedelmente le intenzioni del Governo;

   per quale ragionevole motivo Cassa depositi e prestiti dovrebbe appoggiarsi a Tim, della quale possiede solo il 10 per cento, mentre la stessa Cassa depositi e prestiti detiene il 60 per cento di Open Fiber;

   per quale motivo non vi sia stata evidenza pubblica della selezione, consentendo così il coinvolgimento di altre aziende italiane, ed eludendo piuttosto, a parere degli interroganti, le stringenti norme dei bandi europei;

   per quale motivo le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza debbano contribuire alla crescita del Pil di altri Paesi, dai quali si acquistano servizi e beni, anziché incentivare una politica nazionale di sviluppo del settore.
(5-06444)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Larex S.p.A. aveva concesso in locazione a Roma Capitale quattro immobili in Via Marino Fasan ad Ostia Lido, per essere destinati ad alloggi ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) con contratto a decorrere da ottobre 2001 e definitivamente scaduto nel 2013;

   dal 2013 in poi, nonostante gli immobili siano rimasti nella detenzione e nella custodia di Roma Capitale e nonostante gli edifici in oggetto siano a rischio crollo, nessuna decisione è stata avanzata da Roma Capitale e nessuna trattativa è mai stata avviata con l'ente proprietario degli immobili suddetti;

   il 4 agosto 2017 Roma Capitale intimava alla Larex Spa, proprietaria degli immobili in questione di eseguire i lavori di manutenzione straordinaria non più derogabili vista la pericolosità strutturale degli edifici, al fine di tutelare la privata e pubblica incolumità;

   la Larex Spa, che non detiene non può accedere agli immobili, ha successivamente presentato ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il quale ha accolto il ricorso presentato ed ha annullato la determina dirigenziale del comune di Roma con la quale si intimava l'esecuzione dei lavori di cui sopra;

   il Tar, nel chiedere l'annullamento della determina oggetto del contenzioso, ha imputato al comune di Roma un «eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità, incongruenza e contraddittorietà manifesta dei provvedimenti impugnati e carenza di istruttoria, avendo omesso di valutare l'impossibilità della Larex Spa di ottemperare alle prescrizioni indicate, essendole precluso l'accesso e l'intervento sugli immobili in rovina»;

   il regolamento generale edilizio del comune di Roma individua nel destinatario dell'intimazione il soggetto che deve provvedere agli interventi di messa in sicurezza dell'edificio, una volta verificata la condizione di pericolo per l'incolumità pubblica, e non necessariamente il proprietario degli immobili;

   i residenti di Via Fasan a Ostia Lido hanno ricevuto, affissi negli androni dei palazzi di proprietà Larex, il primo avviso di sfratto che prevede come prima data utile quella del 28 luglio 2021;

   nei fatti, Roma Capitale è stata considerata occupante abusiva delle palazzine di Via Fasan oggetto del provvedimento;

   Ostia è una zona molto delicata e critica della città di Roma, dove la criminalità organizzata è fortemente radicata nel tessuto sociale ed economico e molte delle famiglie oggetto dello sfratto vivono in una condizione di fragilità diffusa e sono di conseguenza vittime di pressioni e vessazioni da parte di soggetti pericolosi che tentano di sostituirsi alle Istituzioni quando le stesse non sono in grado di assicurare la loro presenza;

   le palazzine in questione necessitano di importanti e urgenti interventi strutturali che non possono più essere rimandati;

   da quanto è a conoscenza dell'interrogante, Roma Capitale non avrebbe formalizzato alcun piano di collocazione e/o trasferimento temporaneo dei residenti delle palazzine di Via Fasan al fine di avviare gli interventi di consolidamento strutturale;

   al caso citato si aggiunge la critica situazione di 1.042 nuclei familiari che, da oltre vent'anni, continuano a vivere in abitazioni a forte rischio strutturale, nelle cosiddette «case di sabbia» ex Armellini;

   lo stato di precarietà e di incertezza in cui vivono questi cittadini e cittadine di Ostia non è più sopportabile e occorre individuare soluzioni immediate a tale emergenza abitativa –:

   se risulti che il prefetto di Roma sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se lo stesso stia interloquendo con il comune di Roma, per quanto di competenza, al fine di giungere in tempi brevi ad una soluzione positiva e condivisa anche con i residenti coinvolti, della presente emergenza abitativa.
(4-09813)


   SARLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la circolare n. 19/RU/2020 in data 15 luglio 2020 ha previsto un elenco di 73 sedi, individuate per le assegnazioni dei neo vice prefetti con decorrenza 1° gennaio 2020, ai sensi dell'articolo 10 del decreto ministeriale 20 maggio 2019 ed attenendosi al criterio della scopertura nella qualifica di viceprefetto compresa tra il 67 per cento ed il 20 per cento nell'organico previsto;

   sulla base della suddetta comunicazione, a seguito delle operazioni di scrutinio e di superamento del corso di formazione, con decreto ministeriale 28 gennaio 2021 sono stati promossi alla qualifica di vice prefetto 60 dirigenti;

   il 20 aprile 2021, in revisione della precedente circolare, è stato trasmesso alle sole organizzazioni sindacali un elenco di 25 sedi per 37 neo vice prefetti ancora in attesa di assegnazione; va tenuto conto che i restanti, nel frattempo, avevano trovato collocazione con le procedure di mobilità per capo gabinetto e vicario, correttamente esperite attraverso interpello e comparazione dei curricula e con incarichi di diretta collaborazione al Ministero, attribuiti senza pubblicità;

   con la circolare del 25 giugno 2021 le sedi a disposizione dei restanti 25 vice prefetti da assegnare sono ulteriormente mutate;

   va tenuto conto del fatto che il comma 2 dell'articolo 10 del decreto ministeriale 20 maggio 2019 prevede che l'aggiornamento delle sedi deve essere operato a seguito delle modifiche nel frattempo intervenute nella relativa consistenza organica e che, con la circolare del 15 luglio 2020, sono state individuate le sedi di destinazione dei viceprefetti in base al criterio della percentuale di scopertura relativa alla qualifica di viceprefetto compresa tra il 67 per cento e il 20 per cento dell'organico previsto –:

   se sia stato pienamente rispettato, e in che modo, il criterio sopra riportato nella definizione delle sedi di assegnazione dei neo viceprefetti;

   considerato che gran parte dei neo vice prefetti ha già trovato idonea collocazione al Ministero, quali siano gli eventuali correttivi che si intendono adottare per evitare sperequazioni con i dirigenti delle sedi periferiche che, pur risultando nei primi posti della graduatoria, sarebbero costretti ad un trasferimento di molti chilometri dalla sede di provenienza;

   tenuto conto che nella definizione per «sede», così come previsto dell'articolo 1 del decreto ministeriale 20 maggio 2019, si intendono gli uffici centrali del Ministero dell'interno, le prefetture-uffici territoriali del Governo ed i commissariati del Governo per le province autonome di Trento e di Bolzano ed atteso che anche negli uffici centrali si registrano importanti scoperture che rientrano nelle suddette percentuali, quali siano i motivi per cui gli uffici centrali non siano stati inclusi nell'elenco;

   alla luce delle determinazioni scaturite dalle norme sopra citate che non favoriscono per l'interrogante la collocazione dei vice prefetti provenienti dalla Campania e dalla Puglia, quali siano i motivi per cui non siano stati messi a disposizione i posti vacanti nelle regioni limitrofe compresi quelli degli uffici centrali.
(4-09820)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   POTENTI e LOLINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il liceo musicale del Polo Bianciardi di Grosseto ha conosciuto un boom di iscritti per l'anno scolastico 2021-2022 in controtendenza rispetto alla media nazionale;

   nonostante l'iscrizione di 34 nuovi alunni, che hanno superato con successo l'esame d'idoneità e pur avendo il Ministero dell'istruzione concesso una deroga alla formazione di più di una classe, e di cui all'apposita circolare per l'anno scolastico 2021-2022, l'Ufficio scolastico regionale per la Toscana, come riportato da articoli de Il Tirreno e La Nazione di sabato 10 luglio 2021, ha autorizzato la creazione di una sola classe di prima da 27 alunni;

   a conseguenza di ciò, sette alunni che hanno superato brillantemente il test d'ingresso saranno costretti a cercare un istituto più lontano da casa e a non potersi iscrivere al liceo musicale del Polo Bianciardi –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per verificare i motivi che hanno portato l'Ufficio scolastico regionale a non fornire una soluzione alla situazione sopra descritta;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a garantire la piena tutela del diritto allo studio dei sette studenti che hanno superato il test d'idoneità e che ora — secondo un criterio che a parere dell'interrogante potrebbe essere arbitrario — non potranno frequentare una classe prima del liceo musicale.
(3-02406)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELONI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   gli ultimi dati ISTAT disponibili, riferiti all'anno 2019, mostrano che in Italia la percentuale di giovani che abbandonano precocemente i percorsi di istruzione e formazione è pari al 13,5 per cento, un tasso ben al di sopra di quello della media degli Stati dell'Unione europea, attestato al 10,2 per cento;

   dalla Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2020 della Commissione europea emerge, inoltre, che un terzo (32,5 per cento) dei giovani che in Italia abbandonano precocemente gli studi e la formazione (18-24 anni) sono nati all'estero;

   dai dati ufficiali forniti dal Ministero dell'istruzione nel Rapporto dispersione scolastica nell'anno scolastico 2016-17 e nel passaggio all'anno scolastico 2017-18, pubblicato nel 2019, l'abbandono degli studi è particolarmente frequente tra gli studenti nati all'estero in Stati come L'Egitto, il Pakistan, il Bangladesh, il Senegal e la Costa d'Avorio, tutti a maggioranza musulmana;

   sul punto, una ricerca effettuata nel 2017 dall'Associazione Acmid – Donna Onlus, che tutela i diritti delle donne musulmane in Italia, segnalava che, in Italia, sessanta bambine musulmane su cento sono costrette dai genitori ad abbandonare la scuola dell'obbligo tra la classe quinta elementare e la prima media, un dato estremamente preoccupante che tra il 2016 e il 2017 era triplicato;

   l'abbandono scolastico da parte delle bambine di fede islamica è un problema diffuso su tutto il territorio nazionale ed è una condizione in cui versano migliaia di minori in Italia, mentre colpisce in misura decisamente inferiore i coetanei maschi;

   l'emergenza pandemica e la necessità di ricorrere alla didattica a distanza notoriamente hanno causato disagio alla popolazione scolastica e soprattutto alle fasce sociali più fragili, causando, nel 2020, il mancato ritorno a scuola di duecentomila studenti;

   anche l'anno scolastico 2020-2021 ha visto alternarsi numerosi periodi di didattica a distanza e, dunque, verosimilmente si realizzerà il medesimo trend di abbandono, soprattutto nelle fasce più fragili;

   considerato il dato storico rispetto all'abbandono scolastico e le criticità rilevate, si può ritenere che la didattica a distanza abbia penalizzato fortemente anche le bambine di fede islamica, e appare verosimile che il loro tasso di abbandono scolastico possa andare incontro ad un incremento;

   i giovani che lasciano gli studi precocemente sono destinati a diventare Neet (Not in employment, education and training), termine con il quale si indicano gli individui con un'età compresa tra i 15 ed i 29 anni che non studiano e non lavorano;

   il diritto all'istruzione è un diritto fondamentale anche per il pieno sviluppo della personalità, e la tutela dell'infanzia e la garanzia che tutti i minori possano godere in pienezza dei propri diritti deve essere il faro di uno Stato di diritto –:

   se il Governo intenda effettuare una verifica rispetto agli ultimi dati relativi all'abbandono scolastico da parte delle bambine di fede islamica; e se non intenda porre in essere iniziative mirate anche di sensibilizzazione nei confronti della comunità islamica in Italia al fine di circoscriverne l'entità;

   se e quali iniziative intenda assumere per contrastare il fenomeno dell'abbandono dei percorsi di studio e formazione, garantendo a tutti i giovani il diritto all'istruzione.
(4-09815)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCALINI, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, PAROLO e SNIDER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   fino al 31 dicembre 2017 a tutto il personale viaggiante era riconosciuta, ai fini dell'accesso alla pensione, la norma del lavoro usurante; in seguito all'entrata in vigore della cosiddetta legge Fornero (cosiddetto decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto salva-Italia convertito con modificazioni dalla legge 214 del 2011) sono stati esclusi dai benefici di legge i conduttori di convogli ferroviari e relativo personale viaggiante, i quali sono poi stati ricompresi, per effetto del decreto ministeriale 5 febbraio 2018, nell'ambito delle attività gravose;

   il predetto decreto ministeriale del 5 febbraio 2018, tuttavia, ha escluso i conducenti di veicoli tranviari e i macchinisti delle metropolitane creando una oggettiva sperequazione di trattamento tra il personale viaggiante;

   stante la classificazione Istat, i conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante rientrano nella posizione 7.4.1.1., i conduttori di mezzi pesanti e camion nella 7.4.2.3 e i conduttori di autobus, tram, filobus e metro in 7.4.2.2.0;

   le circolari Inps e le classificazioni Istat in materia escludono i conducenti di tram e di metropolitane da tutte le agevolazioni previste dalle norme, portando gli enti a respingere tutte le domande per ottenere il beneficio di legge per attività gravose –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per riconoscere un equo trattamento fra tutte le categorie impegnate nella conduzione dei mezzi di trasporto pubblico, essendo il veicolo tranviario, sotto il profilo dell'impegno della guida e della gravosità dell'attività, equiparabile a tutti gli altri mezzi.
(5-06440)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA, D'ORSO, DEL SESTO, BARBUTO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Istat, per la prima volta, fornisce i dati trimestrali del numero di pubblica utilità 1522 contro la violenza sulle donne e lo stalking; il numero di pubblica utilità è promosso e gestito dal Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

   seguendo un suggerimento fornito a livello internazionale, le informazioni raccolte dal numero verde contro la violenza e lo stalking possono fornire alcune evidenze relative all'andamento del fenomeno della violenza domestica durante il periodo della pandemia e, a distanza di qualche mese, il suo monitoraggio;

   le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri sui canali televisivi e rilanciate sui social tra la fine di marzo e aprile 2021 hanno rinforzato, infatti, il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza, che, alla luce dei nuovi dati aggiornati, confermano la loro rilevanza. Il numero delle chiamate valide sia telefoniche sia via chat nel primo trimestre 2021 è continuato ad aumentare, 7.974 chiamate valide e 4.310 vittime, in aumento rispetto al primo trimestre del 2020 (+38,8 per cento), ma lontano dal picco del secondo trimestre 2020 (12.942 chiamale valide). Ancora in aumento è la quota delle richieste di aiuto tramite chat, che costituiscono il 16,3 per cento delle modalità di contatto (erano pari all'11,5 per cento nel primo trimestre del 2020);

   tra i motivi che inducono a contattare il numero verde in netto aumento vi sono le chiamate per la «richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza» e le «segnalazioni per casi di violenza» che insieme rappresentano il 48,3 per cento (3.854) delle chiamate valide. Nel periodo considerato, rispetto allo stesso periodo del 2020, esse sono cresciute del 109 per cento, mentre diminuiscono le chiamate per avere informazioni sul numero 1522 (-37,6 per cento). Le persone che hanno chiamato per la prima volta il 1522 nel primo trimestre 2021 sono l'84,8 per cento. Tra le vittime, questo dato raggiunge l'88,1 per cento. Le vittime che hanno contattato il 1522 hanno segnalato di avere subito più tipologie di violenze nel 62,1 per cento dei casi (in particolare, 2 nel 23,3 per cento e 3 o più forme di violenza nel 38,8 per cento di casi). Una tipologia di violenza è stata segnalata dal 37,9 per cento delle vittime; la violenza fisica è il tipo più frequente;

   il servizio 1522 svolge un'importante funzione di snodo a livello territoriale tra i servizi a supporto di coloro che vi si rivolgono: il 66,5 per cento delle vittime nel primo trimestre 2021 è stata indirizzata verso un servizio territoriale (dato in diminuzione rispetto ai trimestri del 2020) e di queste il 57,1 per cento (pari a 2.462 vittime) è stata inviata ad un centro antiviolenza;

   uno degli effetti della pandemia potrebbe essere considerato il cosiddetto «effetto Numbing» ovvero un intorpidimento emotivo transitorio che, stando alle rilevanze degli studi scientifici nel settore, si sarebbe verificato in particolare nella prima fase della pandemia del 2020 a seguito del prolungarsi dell'isolamento sociale e del veloce cambiamento delle nostre abitudini –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, siano state poste in essere per la gestione e la cura delle persone che fanno richiesta di aiuto;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per intensificare i servizi di supporto psicologico sui territori e promuovere con maggiore frequenza azioni formative che mirino alla consapevolezza dei benefici di atteggiamenti di gruppo consapevoli basati sull'ascolto, sulla condivisione e sul sostegno a partire dalla scuola materna, nonché per sostenere il lavoro di rete dei professionisti e creare nuovi modelli di cooperazione.
(5-06439)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'incontinenza urinaria è una patologia che colpisce circa 5 milioni di persone in Italia con una prevalenza negli over 70 e, in particolare, nella popolazione femminile (60 per cento del totale) di età superiore ai 45 anni, per cui l'incidenza è calcolata in circa il 20 per cento dei soggetti. La prevalenza aumenta all'aumentare dell'età sino a superare il 50 per cento dei soggetti più anziani;

   secondo recenti studi, anche sulla base della tendenza all'invecchiamento della popolazione nazionale che stima una popolazione anziana di circa 18 milioni di persone (34 per cento del totale nel 2050), si stima che saranno sempre di più gli individui che soffriranno di perdite di urina;

   tale patologia è ancora vissuta come un vero stigma sociale, e in tale ottica il Ministero della salute, con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 maggio 2006, ha indetto il 28 giugno la «Giornata nazionale per la prevenzione e la cura dell'incontinenza»;

   la giornata è stata promossa dai pazienti e voluta dal Ministero della salute ed è volta a impegnare le amministrazioni pubbliche e gli organismi di volontariato «a promuovere, attraverso idonee iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, quali il contributo di specialisti, che effettueranno controlli medici gratuitamente, l'attenzione e l'informazione sui problemi delle persone incontinenti e di quanti sono coinvolti, direttamente o indirettamente, nelle loro vicende, al fine di sviluppare politiche pubbliche e private che allarghino le possibilità di guarire dalla malattia, o quantomeno, conviverci con dignità»;

   in Italia, l'incontinenza incide pesantemente sulla qualità e quantità di vita, provocando, nelle persone colpite, isolamento sociale, ansia e depressione che fanno sì che solo una piccola minoranza si rivolga al medico di famiglia. La patologia, invece, come evidenziano i massimi esperti nel settore, nella stragrande maggioranza dei casi può essere curata con successo, tramite la rieducazione perineale, la chirurgia mininvasiva, la neuromodulazione, e altre terapie;

   stime indicano che lo Stato, tramite regioni e Asl, spende oltre 420 milioni di euro l'anno per prodotti assorbenti come pannoloni e traverse, mentre tramite l'implementazione di percorsi riabilitativi i costi si ridurrebbero drasticamente. I costi globali del settore, tra pubblico e privato sociale ammontano a circa 2,5 miliardi di euro annui, come stima l'Associazione pazienti Fincopp-Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico;

   l'elevata dimensione dei costi rende l'incontinenza tra le cinque patologie più costose, oltre che più diffuse, per il Servizio sanitario nazionale e per i soggetti affetti. Anche in ragione di ciò, è sempre più urgente investire sulle recenti innovazioni per curare l'incontinenza urinaria, che, oltre a comportare una significativa riduzione dei costi complessivi, contribuirebbe anche a migliore la qualità della vita degli individui trattati;

   malgrado l'entità del problema, vi sono ancora molti aspetti deficitari nelle risposte che il Sistema sanitario nazionale e quelli regionali riescono a garantire. Tra questi, è necessario annoverare; la disparità a livello di organizzazione, di livelli di spesa e servizi, di criteri per la definizione della qualità e dei metodi di rilevazione dei dati, le differenti modalità di acquisto dei presidi l'incertezza riguardo ai percorsi di cura, la mancata realizzazione dei centri per l'incontinenza, l'insufficiente informazione, le ingenti spese dirette e indirette che gravano sulle famiglie;

   l'incontinenza è, come detto, un vero e proprio tabù medico ed è pertanto importante divulgare le problematiche e le possibili soluzioni. A tal proposito, sarebbe fondamentale attivare appositi «Centri»;

   con decreto del Ministero della salute del 2 ottobre 2015 è stato istituito un tavolo sull'incontinenza. In tale sede è stato sottoscritto, il 24 gennaio 2018, un accordo dalla Conferenza Stato-regioni che prevede l'attivazione dei «Tavoli di lavoro regionali sull'incontinenza» e l'apertura dei Centri di 1°, 2° e 3° livello in ogni regione;

   per monitorare l'operatività delle regioni e l'attivazione dei «Tavoli regionali» con l'apertura dei «Centri Riabilitativi di 1°, 2° e 3° livello», si ritiene utile e indispensabile attivare presso il Ministero della salute un «Tavolo permanente e ristretto sull'incontinenza urinaria, fecale e disturbi al pavimento pelvico» con il coinvolgimento delle associazioni pazienti;

   il «Tavolo» non comporta per il Ministero alcun onere economico, poiché le riunioni possono svolgersi da remoto e con oneri economici a carico dei partecipanti –:

   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative per istituire un «Tavolo permanente sull'incontinenza urinaria, fecale e disturbi al pavimento pelvico», con il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti;

   se intenda definire, in seno al suddetto «Tavolo», una strategia organica per prevenire, diagnosticare e contrastare l'incontinenza urinaria con maggiore efficacia clinica e terapeutica e con maggiore efficienza economica, anche nell'ottica della riduzione nel medio-lungo termine dei costi attualmente sostenuti dallo Stato e dalle famiglie.
(2-01279) «Lacarra, Zardini, Morani, Miceli, Bonomo, De Maria, Raciti, Nitti, Frailis, La Marca, Siani, Soverini, De Filippo, Ciampi, Critelli, Bruno Bossio, Mura, Pezzopane, Prestipino, Carla Cantone, Boldrini, Bordo, Pellicani, Gariglio, Ubaldo Pagano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NOJA. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a far data dal 1° giugno 2021, il dottor Amato De Monte, già direttore del dipartimento di anestesia e rianimazione di Udine, è stato nominato a capo della struttura operativa regionale dell'emergenza sanitaria per il Friuli Venezia Giulia;

   le motivazioni del decreto di nomina del 26 maggio 2021, dal direttore generale dell'azienda regionale per il coordinamento dei servizi sanitari (Arcs), si basavano sulla cessazione, nel 2019, del direttore della SC Sala operativa regionale emergenza sanitaria di valenza strategica per l'intero sistema sanitario regionale, nonché sulla richiesta di disponibilità al comando fatta pervenire il 7 maggio 2021 dal dottor De Monte;

   a seguito di ciò, si prevedeva un utilizzo a tempo parziale dal 1° giugno fino al 31 luglio 2021, nonché un comando a tempo pieno da agosto 2021 fino al 31 maggio 2023. Lo stesso decreto, infine, disponeva la sospensione fino a nuovo provvedimento della procedura concorsuale in atto per la copertura del medesimo posto di dirigenza;

   il dottor De Monte, pur non dichiarandosi «no vax», non si è sottoposto alla vaccinazione, giustificando tale scelta alla luce di motivi di salute non meglio specificati, rivendicando il diritto di ogni persona a subire il trattamento sanitario più adeguato alle proprie condizioni di salute e definendo «arrogante» la legge sull'obbligo vaccinale;

   com'è noto, l'articolo 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, tenendo conto dell'attuale situazione di emergenza epidemiologica da Covid-19, ha previsto l'obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, disponendo che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. Riconoscendo, solo in caso di accertato pericolo per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate attestate dal medico di medicina generale, la non obbligatorietà di suddetta vaccinazione;

   la norma prevede che l'accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale relativo alla mancata vaccinazione in assenza delle predette condizioni determini la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Covid-19. Tale sospensione è comunicata all'interessato e all'ordine professionale di appartenenza che, investito della questione, è competente a provvedervi;

   in seguito, da notizie di stampa, è emerso che il dottor De Monte si è sottoposto a vaccinazione in Serbia, utilizzando il vaccino di origine cinese Sinopharm, approvato dall'organizzazione mondiale della sanità, ma non dall'Agenzia europea del Farmaco e da lui ritenuto essere maggiormente compatibile con il proprio stato di salute;

   andrebbe valutata l'opportunità di collocare il dottor De Monte in un ruolo apicale, tenendo conto delle posizioni e dei comportamenti di quest'ultimo che gettano ombra sulla sicurezza dei vaccini utilizzati in Italia, già approvati dall'Agenzia europea del farmaco, e che fanno venire meno la fiducia dei cittadini nei confronti della scienza, della medicina e dello stesso sistema sanitario –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e, nel caso, se intenda acquisire elementi circa le ragioni e i presupposti che hanno determinato la sospensione della procedura concorsuale per un incarico di livello dirigenziale nella struttura sanitaria sopra citata, nonché se intenda adottare iniziative di competenza per compiere verifiche in relazione alla nomina del dottor De Monte;

   se non intenda adottare iniziative normative per chiarire la disciplina relativa all'obbligo vaccinale del personale sanitario, alla luce delle criticità che emergono dal caso di cui in premessa.
(5-06438)

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della salute esercita la vigilanza sugli ordini provinciali e regionali e sulle relative Federazioni nazionali delle professioni sanitarie. Gli ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato, al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall'ordinamento, connessi all'esercizio professionale. Promuovono e assicurano l'indipendenza, l'autonomia e la responsabilità delle professioni e dell'esercizio professionale, la qualità tecnico-professionale, la valorizzazione della funzione sociale, la salvaguardia dei diritti umani e dei principi etici dell'esercizio professionale indicati nei rispettivi codici deontologici, al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva. Gli ordini non svolgono ruoli di rappresentanza sindacale;

   agli ordini non è affidato alcun ruolo di sostegno politico alle azioni del Governo, né tantomeno un ruolo di influenza politica o scientifica sull'operato libero e indipendente del medico, infatti il codice deontologico prevede all'articolo 4, che il medico deve svolgere la sua professione in piena «libertà e indipendenza» seguendo principi di «libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità». Il medico si deve ispirare ai principi e alle regole della deontologia professionale senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura, compresa, a giudizio dell'interrogante quella di natura economica e politica. Inoltre l'articolo 6 stabilisce che è il medico a fondare l'esercizio delle proprie competenze tecnico-professionali mediante una costante verifica e revisione dei propri atti; dunque, se ne deduce che non è il Ministero o l'ordine di appartenenza;

   a parere dell'interrogante, in più di una occasione, il presidente della Federazione nazionale dell'ordine dei medici avrebbe esercitato un ruolo che va oltre le sue competenze, suggerendo al Governo e ai cittadini, come fosse attività sindacale e politica, percorsi terapeutici o di prevenzione. Il presidente della federazione non ha un mandato politico e non viene eletto per le sue idee politiche o scientifiche, né per parlare a nome dei medici iscritti agli ordini, ma per svolgere un semplice ruolo di rappresentanza istituzionale, ai sensi dell'articolo 60 del regolamento della Fnomceo verso il Ministero;

   inoltre, ogni singolo membro del consiglio nazionale è presidente del singolo ordine di appartenenza il quale ha anch'esso un ruolo di mera rappresentanza istituzionale e non politica o scientifica;

   recentemente, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici, Filippo Anelli, ha dichiarato, come presidente e inserendosi nel dibattito pubblico politico e scientifico sulla vaccinazione pediatrica anti COVID-19, che: «Si possono ripetere dei focolai come è successo nell'autunno scorso quando si sono anche riscontrati a scuola e poi hanno dilagato in famiglia e con la variante Delta, [...] consiglio di affrettarsi a fare la vaccinazione prima dell'inizio della scuola». Secondo l'interrogante, il presidente, con queste dichiarazioni, svolge un'attività di influenza nel decisore politico verso i medici che, influenzati anche dalla situazione politica vedono sempre di più compresso il loro diritto ad esercitare una libera professione. L'interrogante richiama in questa sede il contenuto dell'interrogazione n. 4-09631 e dell'interrogazione n. 4-07980;

   è parere dell'interrogante altresì, che il presidente nelle sue dichiarazioni punti ad influenzare anche i genitori sulle scelte terapeutiche nei confronti dei figli. Si ricorda come la Federazione sia già intervenuta nel 2016, con il «Documento Vaccini», interferendo nel dibattito pubblico e scientifico sulle vaccinazioni pediatriche, minacciando procedimenti sanzionatori nei confronti dei medici che hanno dubbi basati su evidenze, a suo insindacabile giudizio, non scientifiche;

   con l'interrogazione n. 4-09527, l'interrogante ha sollevato dubbi in merito alla vaccinazione COVID-19 in età adolescenziale, dubbi che vengono qui ripresi per l'età pediatrica con maggiore preoccupazione;

  a giudizio dell'interrogante sarebbe opportuno che il presidente della federazione nazionale dell'ordine dei medici si attenesse al suo mero ruolo istituzionale nel rispetto del codice deontologico -:alla luce delle criticità sopra evidenziate, quale sia l'orientamento del Governo in ordine alle questioni sollevate, in particolare con riferimento ai percorsi terapeutici in età pediatrica e adolescenziale.
(4-09817)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   al fine di far fronte alle esigenze derivanti dall'emergenza pandemica che ha colpito il nostro Paese si è ritenuto necessario riprogrammare fondi strutturali già assegnati alle regioni;

   l'articolo 126, comma 10 del decreto 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020 n. 27, prevede che le amministrazioni pubbliche titolari di programmi cofinanziati dai fondi strutturali possono destinare le risorse disponibili alla realizzazione di interventi finalizzati a fronteggiare l'emergenza COVID-19;

   l'operazione di riprogrammazione consente, non solo l'utilizzo delle risorse europee in funzione di contrasto all'emergenza, ma anche l'adeguamento di finalità, modalità e tempistica degli interventi di politiche di coesione originariamente programmati, alla oggettiva complessità di attuazione che la crisi per la pandemia sta comportando;

   il Ministro per il sud e la coesione territoriale, del precedente Governo, ha sottoscritto con il presidente della regione Abruzzo un accordo di «Riprogrammazione dei programmi operativi fondi strutturali 2014-2020 ai sensi del comma 6 dell'articolo 242 del decreto-legge 34 del 2020»;

   l'accordo citato sottoscritto dall'allora ministro per il sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano e dal presidente della regione Abruzzo, Marco Marsilio, prevede l'individuazione delle risorse del Por FESR e FSE della regione Abruzzo riprogrammati e contemporaneamente definanziati. Nel medesimo accordo è sancito che «il Governo si impegna, inoltre, in sede di assegnazione di risorse fsc nel nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, garantire alla regione una assegnazione addizionale di risorse equivalente alla quota di risorse del por 2014-2020 oggetto di rendicontazione delle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato, in aggiunta a quanto comunque previsto dal comma 1 e 2 dell'articolo 242 del decreto-legge 34 del 2020»;

   con delibera di giunta regionale della regione Abruzzo, n. 416 del 2020, la giunta ha approvato l'elenco degli interventi Fsc (Allegato A), relativo a cicli di programmazione che vanno dal 2000 al 2020, soggetti ad eventuale definanziamento parziale temporaneo e rinegoziazione delle convenzioni con i soggetti attuatori per l'esecuzione di quanto previsto all'articolo 44, comma 7, lettera b del decreto-legge 34 del 2019 e agli altri 241 e 242 del decreto-legge 39 del 2020, come da allegato; gli interventi definanziati rappresentano delle priorità fondamentali attese da tempo dai territori ed il definanziamento ha bloccato tutta la procedura amministrativa per progettazioni, gare ed esecuzione delle opere;

   è in corso la definizione della delibera Cipess con riferimento alla attribuzione di risorse finanziarie come dal citato accordo con il Ministero per il sud e la coesione territoriale sulla base della proposta stralcio avanzata dalla regione Abruzzo e con riferimento alla nuova programmazione 2021-2027 –:

   se intenda chiarire quale sia la proposta di stralcio presentata dalla regione Abruzzo, pervenuta alla Agenzia di coesione e al Ministero per il sud e la coesione territoriale quale dei progetti definanziati, di cui all'allegato A della delibera giunta regionale n. 416 del 2020 e citati in premessa sia stato effettivamente riproposto e in quale ammontare, ai fini della nuova copertura finanziaria che sarà oggetto della delibera Cipess;

   quali siano, eventualmente, i nuovi interventi proposti diversi dalla precedente programmazione definanziata.
(4-09819)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Fibra ottica è e sarà sempre più protagonista nella connettività del futuro, perché permette ad aziende e alle famiglie di poter navigare in modo più veloce e sicuro, per lo svolgimento del lavoro anche in modalità smart working, così come è stato necessario per migliaia di lavoratori durante la fase più acuta della pandemia da Sars-Cov-2;

   anche in provincia di Chieti i residenti possono avere questa opportunità ma con dei distinguo. Infatti, consultando la mappa messa a disposizione dalla società Open Fiber, in quanto aggiudicataria dei bandi Infratel, è possibile visualizzare lo stato di avanzamento dei cantieri sia per la tecnologia Ftth che Fwa per ogni singolo comune presente nelle Aree Bianche;

   risulta all'interrogante che, diversamente da quanto previsto per il comune di Villa Santa Maria dove, fatta eccezione per gli enti pubblici, la rete internet sarebbe stata cablata da fibra ottica fino agli armadietti dislocati sul tutto il territorio comunale, altri comuni come (senza fare del campanilismo), Montelapiano, Fallo, Pietraferrazzana, Civitaluparella, Borrello, Colledimezzo, Quadri, Lanciano, Vasto, Casoli, Guardiagrele e altri comuni viciniori, usufruiscono della tecnologia FTTH Fiber To The Home (fibra ottica fino in casa, accesso in «fibra»);

   ciò competerebbe dei disagi come quelli relativi per esempio alla richiesta avere disponibile la fibra fin dentro casa. Il residente non avrebbe la possibilità di navigare ad 1 giga ma al max 200 mb perché, dall'armadietto all'abitazione, la rete non sarebbe costituita da fibra ottica quanto da un cavo di rame che rallenterebbe irrimediabilmente la trasmissione dati;

   l'intervento Banda ultralarga realizzato nel comune di Villa Santa Maria, si inquadrerebbe nell'ambito del «Piano Strategico Banda Ultralarga» — Regime di Aiuto SA n. 34199/2012 — definito dal Ministero dello sviluppo economico e approvato dalla Commissione europea con Decisione il 18 dicembre 2012. Il piano definisce gli obiettivi, le modalità di attuazione degli interventi, gli aspetti tecnici, i requisiti minimi di copertura, le aree candidate all'intervento, il valore complessivo per la costruzione dell'infrastruttura passiva abilitante l'offerta di servizi a banda ultralarga;

   nel luglio 2016, il piano tecnico è stato revisionato, a seguito della pubblicazione da parte del Governo della «Strategia Banda Ultra Larga», allo scopo di adeguarlo alle direttive in esso indicate, ossia suddividere i comuni in cluster e precisamente in Cluster C (nei quali l'intervento sarebbe stato realizzato, ove le risorse fossero state disponibili, in tecnologia Ftth — sino all'abitazione) e Cluster D (dove l'intervento sarebbe stato realizzato in modalità Fttc — al cabinet);

   il comune di Villa Santa Maria è stato classificato nel cluster D, avendo circa 1.300 unità immobiliari. Gli altri tre comuni, pur essendo classificati nel cluster D (in quanto piccoli comuni), sono stati inseriti nel piano di intervento del Piano Bul - modello a concessione, in quanto il Concessionario, in fase di offerta, si sarebbe dichiarato disponibile a collegare questi comuni, con architettura Fttb/h, come soluzione migliorativa, in aggiunta ai comuni del cluster C;

   risulta all'interrogante che nel comune di Villa Santa Maria, durante la pandemia, si sono registrate diverse criticità legate alla scarsa efficienza della rete internet sia per quanto riguarda le famiglie, che aziende che, con tali limiti, sono state impossibilitate e non riescono ad inviare grossi quantitativi di dati tramite i loro server –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se siano informati sui criteri secondo i quali non siano stati valutati positivamente interventi contenenti una soluzione migliorativa anche nel comune sopracitato;

   se non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di valutare la possibilità di rivedere l'architettura della rete internet nel territorio in questione, evitando di fatto l'isolamento digitale di cittadini residenti e delle aziende locali che agisse in contraddizione con la campagna e i lavori tutt'ora in atto, al fine di raggiungere una maggiore connettività su tutto il territorio nazionale.
(4-09816)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 62-bis del decreto-legge n. 76 del 2020 ha modificato la legge 8 luglio 1950, n. 640, recante la «Disciplina delle bombole per metano». In particolare il comma 2 ha demandata ad un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la disciplina delle nuove modalità di esecuzione della citata legge n. 640 del 1950 e della legge n. 145 del 1990, al fine di semplificare la normativa. Con l'entrata in vigore dello stesso decreto cessa l'efficacia del citato regolamento di esecuzione adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 9 novembre 1991, n. 404;

   tale norma nasce con l'obiettivo di risolvere alcune criticità relative alla revisione delle bombole di metano:

    in primo luogo, in completo disallineamento rispetto alle normative europee che richiedono una revisione quadriennale, mentre nel nostro Paese alcune tipologie di bombole di metano (le «CNG-4») sono sottoposte a una revisione ogni due anni presso officine autorizzate alla presenza di ispettori delle motorizzazioni locali;

    la mancanza cronica e perdurante degli stessi ispettori, che sono in numero inadeguato e molto spesso non riescono a evadere in tempi congrui le richieste crescenti di revisione, determinate infatti dalla stringente periodicità dei controlli biennali;

    le operazioni di controllo, inoltre, richiedono lunghi tempi tecnici di prenotazione e organizzazione tra gli operatori delle officine abilitate e gli uffici locali della Mctc, dilatando ulteriormente i tempi di espletamento delle relative pratiche amministrative;

   queste criticità, già presenti peraltro da anni, sono state aggravate esponenzialmente dalla pandemia e le conseguenze sono ricadute, in primo luogo, sui possessori di macchine a metano che sono penalizzate da tempistiche troppo lunghe per aggiornare il proprio veicolo e circolare in sicurezza sul territorio nazionale, anche in vista dei prossimi spostamenti estivi;

   nel mese di marzo 2021 una bozza di tale decreto era stata inviata dai Ministeri competenti alle associazioni di categoria per una prima valutazione sui contenuti; dopo la risposta delle associazioni, ad oggi, dai Dicasteri competenti non è però pervenuto alcun riscontro;

   dopo oltre 10 mesi, il decreto previsto dal comma 2 dell'articolo 62-bis del decreto-legge n. 76 del 2020 non è stato quindi ancora emanato;

   appare quindi evidente che questi continui ed ingiustificati ritardi stiano causando gravi difficoltà all'intero settore produttivo ed ai numerosi automobilisti interessati –:

   quando verrà emanato il decreto interministeriale previsto dal comma 2 dell'articolo 62-bis del decreto-legge n. 76 del 2020;

   per quali giustificati motivi non sia stato ancora adottato e se le misure di semplificazione previste siano state concordate con le associazioni del settore.
(5-06441)


   TERZONI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva europea 2018/851 del 30 maggio 2018 stabilisce un nuovo quadro comunitario per la gestione dei rifiuti. Tale norma è stata recepita dallo Stato italiano con il decreto legislativo n. 116 del 2020 che ha introdotto modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 anche per quanto riguarda i rifiuti provenienti da attività economiche che possono essere gestiti nella filiera dei rifiuti domestici (cosiddetti assimilati);

   la norma comunitaria, nella versione inglese, al considerando 10, esclude espressamente e inequivocabilmente la possibilità di assimilare ai domestici rifiuti diversi rispetto ai codici dei capitoli «15 01» e «20» («Waste falling under other chapters of that list is not to be considered as municipal waste»). Anche nelle versioni nelle altre lingue principali della Unione europea l'esclusione è categorica. Invece nella traduzione italiana della direttiva vi è un probabile errore di traduzione in quanto l'esclusione non è più categorica e diventa «I rifiuti che rientrano in altri capitoli di tale elenco non dovrebbero essere ritenuti rifiuti urbani»;

   nell'elenco di cui all'allegato L quater, «Elenco dei rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2» della Parte IV relativo ai codici CER del decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificato dal decreto legislativo 116 del 2020 compare, unico caso tra codici diversi da quelli dei capitoli 15 01 e 20, il codice 080318 «TONER: toner per stampa esauriti diversi da quelli di cui alla voce 080317*»;

   il successivo allegato L quinquies «Elenco attività che producono rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2» include una lunga serie di attività economiche i cui rifiuti possono essere ricompresi tra quelli della filiera dei rifiuti urbani. Tra queste, genericamente, «uffici, agenzie e studi professionali» oppure «attività artigianali di produzione beni specifici» che, di per sé, possono usare toner tipici delle attività commerciali. Inoltre è lecito pensare che anche altre aziende più propriamente di carattere industriale, che hanno uffici nei loro stabilimenti, possano, consapevolmente o inconsapevolmente, disfarsi dei toner per uso commerciale attraverso la filiera domestica;

   tale situazione determina difficoltà operative e procedurali nei gestori della raccolta dei rifiuti domestici e criticità per quanto riguarda i controlli, generando anche incertezza tra le aziende. Inoltre, i rilevanti costi per la corretta gestione di questi particolari rifiuti derivanti da attività propriamente economiche vanno a ricadere sulla tariffa pagata per la stragrande parte dai semplici cittadini;

   toner usati per le attività economiche non possono essere considerati «simili per natura e composizione» come dispone il comma 1 lettera b-ter) punto 2 a quelli comunemente usati dai semplici cittadini privati per le stampanti domestiche. I primi possono contenere anche chili di polvere residua, i secondi pochi grammi. Anche le potenzialità per quanto riguarda il riciclo è ovviamente diversa;

   a scala nazionale si stima la produzione di alcune migliaia di tonnellate di rifiuti appartenenti a questi due codici –:

   se intenda adottare iniziative per chiarire, anche attraverso l'eventuale interlocuzione con la Commissione europea, la discrepanza tra la traduzione in italiano della direttiva 2018/851 e le indicazioni della direttiva approvata;

  se intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di escludere il codice CER 080318 tra quelli dell'allegato L quater della parte IV del decreto-legge n. 152 del 2006;

  se non ritenga necessario adottare iniziative, in subordine, per una più stringente regolamentazione dei materiali e delle attività di cui agli allegati L-quater e L-quinquies sopracitati per quanto attiene alla qualifica dei toner come rifiuto, adottando criteri chiari per escludere dalla filiera dei rifiuti domestici quei toner aventi caratteristiche più propriamente commerciali.
(5-06442)

Interrogazione a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane impone agli Stati membri dell'Unione europea di garantire che gli agglomerati o gli insediamenti urbani (cittadine e città) raccolgano e trattino in modo adeguato le proprie acque reflue urbane. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano, pertanto, un rischio per la salute umana. Sulla materia le competenze del Ministero della transizione ecologica sono state rafforzate;

   il 25 febbraio 2021, in Livorno, è stato completato, il primo lotto dei lavori di messa in sicurezza del Rio Maggiore, un intervento di «stombamento» del torrente e ampliamento della sua sezione. L'allargamento dell'alveo è stato realizzato per far defluire senza problemi una massa d'acqua pari a quella caduta nel settembre di 4 anni fa, quando Livorno venne investita da una grave alluvione che provocò morti e ingenti danni;

   già nel corso dei lavori, come riportato da alcune testate giornalistiche locali, si era scoperta la presenza di scarichi fognari abusivi che farebbero pensare a numerose abitazioni prive di collettamento alla rete pubblica fognaria. Recentemente, come riportato da Il Telegrafo del 9 luglio 2021, a seguito di forti maleodoranze percepite dai residenti delle abitazioni che si affacciano sul nuovo canale a cielo aperto, vi sono state lettere di protesta sino al Difensore civico regionale della Toscana;

   pur a fronte degli sforzi compiuti dall'Italia per riparare alle gravi conseguenze delle infrazioni comunitarie in materia di acque reflue, continuano a sussistere gravi irregolarità urbanistiche sul sistema fognario che espongono il Paese a nuove contestazioni –:

   se e di quali informazioni sia in possesso il Governo circa il caso segnalato;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per garantire il rispetto della normativa europea in materia di trattamento delle acque reflue urbane, anche alla luce delle suddette procedure di infrazione a tutela della salute pubblica e di eventuali conseguenze sul rispetto delle normative nazionali e comunitarie in materia.
(4-09821)