Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 11 giugno 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    come evidenziato da un documento informativo pubblicato il 4 febbraio 2021 dall'Associazione europea dell'industria siderurgica (Eurofer), nel periodo intercorso tra il 2004 e il 2019, le esportazioni totali di rottami contenenti materiali di valore sono aumentate del 66 per cento (da 21.700.000 tonnellate a 36.100.000 tonnellate) e l'esportazione di rottami ferrosi è aumentata del 79 per cento, passando dalle 12.000.000 tonnellate del 2004 alle 21.500.000 tonnellate del 2019;

    il Green deal europeo e il Nuovo piano d'azione per l'economia circolare hanno evidenziato l'importanza in termini di riduzione delle emissioni climalteranti dell'uso dei rottami prodotti internamente in luogo delle risorse vergini;

    i principali importatori di rottami ferrosi sono anche (come nel caso della Turchia) tra i principali esportatori di acciaio nel mercato europeo, determinando un costo ambientale dovuto sia al trasporto che all'uso produttivo tecnologicamente meno avanzato, e quindi più ambientalmente dannoso, dei rottami ferrosi in molti dei Paesi importatori;

    l'uso di rottami ferrosi da parte dell'industria siderurgica permette di ridurre di due terzi le emissioni di anidride carbonica;

    nel corso dell'ultimo anno il costo rottame ferroso è aumentato rapidamente ed è oggi quotato a circa 350 euro a tonnellata contro i 200 euro a tonnellata di un anno fa;

    i rottami di materie prime costituiscono un asset strategico per l'industria italiana a causa della loro economicità e del loro impatto ambientale più contenuto e, per quanto riguarda ad esempio il settore siderurgico, la domanda di acciaio è superiore rispetto alla disponibilità di rottami ferrosi, determinando un aumento significativo del prezzo dei rottami ferrosi, e quindi una riduzione della loro economicità e la loro massiccia esportazione verso Paesi competitori e non in grado di assicurare un processo produttivo in grado di minimizzare le emissioni di gas climalteranti o inquinanti;

    l'esportazione dei rottami e l'aumento del loro costo determinano significative difficoltà all'industria italiana, favorendo di conseguenza tanto l'importazione di acciaio con impatto ambientale e carbonico più elevato quanto la produzione interna da materie vergini che, a causa del loro significativo impatto climatico e ambientale, rischiano di rendere incompatibile la difesa dell'industria italiana con il rispetto degli ambiziosi obiettivi europei in termini di riduzione delle emissioni climalteranti;

    il Governo italiano si è prefissato l'obiettivo, anche con riferimento al futuro dello stabilimento ex-Ilva, di creare le condizioni per mantenere in Italia impianti di produzione dell'acciaio sostenibili sia a livello ambientale che a livello economico, ed entrambi questi obiettivi sarebbero compromessi da un ulteriore aumento delle esportazioni dei rottami ferrosi. Infatti, fra il 2011 e il 2019 la produzione interna è calata da 13,7 a 12,5 milioni di tonnellate, mentre il fabbisogno interno è di 21,4 milioni di tonnellate;

    in termini strategici, la perdita di competitività dell'industria italiana determina un indebolimento complessivo del Paese ed è quindi incompatibile con una politica tesa a perseguire l'interesse nazionale di lungo periodo;

    in termini economici, l'impatto positivo delle esportazioni di rottami sul reddito nazionale e sul tasso d'occupazione è prevedibilmente largamente inferiore rispetto all'impatto negativo determinato da una perdita di competitività dell'industria manifatturiera,

impegna il Governo

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative tese, nel quadro di una politica industriale più strutturata, a programmare e razionalizzare la quantità di rottami ferrosi esportata, allo scopo di permettere all'industria manifatturiera italiana di essere competitiva e di rispettare gli ambiziosi obiettivi in termini di sostenibilità ambientale fissati dall'Unione europea, ad esempio promuovendo, anche nelle opportune sedi europee ed internazionali, la definizione di una serie di parametri in termini di riduzione dell'impatto ambientale derivante dal trattamento dei rottami ferrosi ai quali i Paesi importatori devono obbligatoriamente attenersi.
(1-00493) «Giovanni Russo, Bologna, Cabras, Leda Volpi, Silli, Del Monaco, Aresta, Tondo, Grimaldi, Romaniello».


   La Camera,

   premesso che:

    Enrico Forti, detto Chico, è un connazionale, nato a Trento nel 1959, che, dal 2000, si trova in carcere negli Stati Uniti. Lo stesso ha subito una condanna all'ergastolo con sentenza diventata definitiva nel 2010, per l'omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio 1998 a Miami, di cui si è sempre professato innocente;

    è stato condannato in base a un procedimento giudiziario che, notoriamente, sia nella fase delle indagini che durante il processo, è stato caratterizzato da molteplici errori di procedura e violazioni dei diritti di difesa dell'imputato, che fanno ragionevolmente ritenere che tale verdetto sia frutto di un assurdo errore giudiziario. Ciò nonostante, la richiesta di revisione è sempre stata respinta. Eppure, accurate inchieste anche giornalistiche, in questi anni, hanno fatto emergere fatti e circostanze che confermerebbero l'innocenza di Forti, vittima di gravi violazioni nell'ambito dell'intera vicenda giudiziaria, come emerso anche in un servizio nell'ambito del programma 48 hours e trasmesso dalla rete televisiva americana Cbs, che ha fatto luce su importanti prove a discolpa di Forti;

    negli anni, le istituzioni italiane sono intervenute per manifestare, con ogni provvedimento di competenza, il massimo sostegno verso il connazionale e la necessità di assumere iniziative nei confronti delle autorità statunitensi anche per ottenere la revisione del processo;

    in particolare, alla Camera dei deputati è stata approvata la mozione n. 1-00291, presentata il 20 dicembre 2013, a prima firma del deputato Mauro Ottobre, il quale ha portato avanti un'intensa battaglia a difesa di Forti, per pervenire alla soluzione di un caso giudiziario palesemente controverso. A tale mozione ne sono seguite delle successive, con le medesime richieste a tutela del connazionale e presentate al Senato della Repubblica e, altresì, al Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, al Consiglio della provincia autonoma di Trento e in molteplici Comuni, tra i quali quello di Arco (TN);

    i diversi Ministri degli affari esteri che si sono succeduti hanno espresso l'attivo interessamento del Governo italiano sul caso Forti, soprattutto, Giulio Terzi, ex Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (2011-2013) che ha evidenziato come dall'esame della vicenda emergesse con chiarezza l'assenza di un giusto processo con le garanzie che gli sono proprie;

    il Ministro degli affari esteri in carica, Luigi Di Maio, durante il Governo Conte II, in data 2 luglio 2020, nel dare riscontro ad un atto di sindacato ispettivo, ha riferito che stava seguendo il caso di Chico Forti e che il connazionale era assistito dall'ambasciata a Washington e dal consolato generale a Miami;

    il Ministro, in particolare, ha dichiarato che l'ambasciata stava svolgendo un'incisiva opera di sensibilizzazione presso le competenti autorità statunitensi, affinché venisse accolta l'istanza di trasferimento in Italia presentata da Forti nel 2018, ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, per continuare a scontare in Italia la pena inflitta dalla giustizia americana;

    nel mese di dicembre 2020, il Ministro Di Maio ha poi annunciato l'imminente ritorno in patria di Chico Forti, poiché era giunta l'autorizzazione da parte del governatore della Florida volta a riconoscere a Forti la possibilità di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo, per ritornare nel proprio Paese a scontare la pena;

    tuttavia, a distanza di mesi, Chico Forti attende ancora di essere rimpatriato, né sono confortanti le notizie che si stanno susseguendo sulla procedura che dovrebbe consentire il suo ritorno in Italia. Recentemente, il ritardo era stato attribuito, addirittura, allo smarrimento in Italia della documentazione relativa all'estradizione. Il 7 giugno 2021, il Ministero della giustizia ha poi chiarito che dagli Usa non hanno mai inviato i documenti per l'estradizione di Forti;

    anche la Farnesina è intervenuta, con una nota, per riferire che non è stato smarrito alcun documento relativo al trasferimento dagli Stati Uniti all'Italia del connazionale Forti, precisando che si tratta di una procedura complessa che coinvolge diverse amministrazioni degli Stati Uniti, in particolare lo Stato della Florida e il Dipartimento della giustizia federale degli Stati Uniti. Inoltre, dichiara che, in questa fase, è il Ministero della giustizia italiano che sta seguendo direttamente l'iter del trasferimento, mentre l'ambasciata italiana a Washington e la Farnesina stanno monitorando gli sviluppi del caso;

    dunque, la confusione di notizie, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sta agevolando un rimpallo di responsabilità, in danno alla posizione di Forti. Tra l'altro, ci sono informazioni contrastanti anche rispetto al penitenziario in cui è detenuto, poiché sembrerebbe non si trovi in un carcere statale della Florida in attesa di rimpatrio, ma in un istituto federale di massima sicurezza, il Dade Correctional Institution, in cui non sono, generalmente, detenute persone in procinto di trasferimento;

    la famiglia di Chico Forti è in grande ansia, poiché, dopo l'annuncio dell'imminente ritorno in patria del loro caro, lamenta di non aver avuto più notizie sullo stato del trasferimento, i cui tempi sono sempre più incerti. Intanto lo zio, Gianni Forti, riferisce preoccupazione per lo stato del nipote che è ormai stremato dalla vicenda processuale che lo ha coinvolto e che lo confina ancora in carcere negli Usa, lontano dalla famiglia e dall'Italia, a causa delle lungaggini che si stanno verificando;

    è evidente che le pressioni del Governo italiano nei confronti delle autorità americane competenti devono essere più incisive rispetto alla gravità della vicenda in questione, poiché, oltre ai ritardi relativi al rimpatrio, si ricorda che in questi anni è emerso chiaramente che Forti è vittima di un abuso da parte delle autorità americane che non gli hanno garantito un equo processo e, malgrado ciò, lo hanno condannato all'ergastolo. Adesso, il nostro connazionale è destinatario di ulteriori condotte vessatorie considerando che le autorità americane stanno di fatto ripetutamente ostacolando il rimpatrio, creando uno stallo, posto che i trascorsi sei mesi rappresentano un periodo più che congruo per concludere l'iter burocratico necessario al trasferimento,

impegna il Governo

1) ad assumere, in ogni sede, le opportune iniziative di competenza volte a tutelare il connazionale Enrico Forti, affinché si pervenga all'immediato rimpatrio in Italia, per porre fine all'ulteriore abuso che si sta perpetrando nei suoi confronti, in questi mesi, non procedendo al trasferimento e aggravando fortemente il suo disagio, posto che è già vittima di una vicenda giudiziaria caratterizzata dalla negazione del diritto di difesa.
(1-00494) «Meloni, Rizzetto, Lollobrigida, Bellucci, Albano, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    gli enti locali sono stati i soggetti, tra quelli ricompresi nella pubblica amministrazione, che hanno sostenuto in maggior misura il peso delle crisi economiche verificatesi nel 2008 e successivamente nel 2012, e la conseguente revisione e razionalizzazione della spesa pubblica;

    tra il 2010 e il 2017 le autonomie locali hanno subito una riduzione di risorse pari a circa 22 miliardi di euro, come calcolato a suo tempo dall'ufficio studi della Cgia;

    i comuni sono stati gli enti che hanno subito la riduzione di risorse maggiore con un taglio pari a circa 8.3 miliardi di euro;

    alla riduzione di risorse si sono aggiunti forti vincoli imposti sulle capacità assunzionali con l'introduzione di una severa disciplina vincolistica in materia di spese per il personale e limitazioni al turn-over;

    la capacità per gli amministratori locali di gestire efficaci politiche per il personale è stata fortemente compressa dalla legislazione finanziaria, che ne ha drasticamente ridotto l'autonomia organizzativa. Tutto questo ha determinato nel giro di pochi anni:

     una drastica diminuzione del numero di dipendenti pubblici impiegati nel comparto;

     un notevole incremento dell'età media del personale;

    con meno risorse a disposizione, i sindaci, almeno fino al 2015, hanno reagito agendo sulla leva fiscale. Successivamente, molti amministratori si sono difesi riducendo la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini. Tagliando i trasferimenti a regioni ed enti locali, lo Stato centrale si è dimostrato sobrio e virtuoso: in realtà, il conto è stato pagato in gran parte dai cittadini e dalle imprese che hanno subito un fortissimo aumento del prelievo fiscale;

    la limitazione al turn over è stata superata nel corso dell'anno 2019 con il collegamento tra spesa per il personale ed un determinato valore soglia riferito alle entrate correnti;

    le amministrazioni comunali rimangono ancora eccessivamente limitate nella possibilità di programmare e procedere ad assunzioni di personale; inoltre le procedure amministrative attualmente previste antecedenti la fase concorsuale rendono eccessivamente lento sia il percorso che porta al bando di concorso, sia il tempo che intercorre tra la pubblicazione del bando e le effettive assunzioni, stimato in media in 4 anni;

    l'articolo 10 del decreto-legge n. 44 del 2021 in materia di semplificazione delle procedure concorsuali rappresenta sicuramente un primo, importante, passo avanti, al quale debbono, però, seguirne altri in particolare per consentire ai comuni di assolvere l'importante ruolo che è stato loro riconosciuto nell'attuazione di numerosi progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza,

impegna il Governo:

   1) ad adottare iniziative per garantire, alle amministrazioni comunali virtuose, maggiore autonomia in materia di assunzione di personale, superando la normativa attualmente vigente in materia di valori soglia e collegando le facoltà assunzionali con il mantenimento dell'equilibrio finanziario espresso nel bilancio consuntivo e preventivo per il triennio successivo;

   2) ad adottare iniziative per velocizzare ulteriormente le procedure propedeutiche all'avvio della procedura concorsuale, prevedendo, per le amministrazioni comunali, la riduzione dei tempi per la mobilità di personale di cui all'articolo 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, con particolare riferimento al periodo temporale di cui al comma 4 del medesimo articolo prevedendone la riduzione da quarantacinque a quindici giorni;

   3) ad adottare iniziative per semplificare le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019, prevedendo che i comuni possano avvalersi di percettori del reddito di cittadinanza per lo svolgimento, per un periodo temporaneo all'interno del quale è congelata la decorrenza del periodo temporale previsto per il beneficio, di attività inerenti alle funzioni dei medesimi enti;

   4) ad adottare iniziative per prevedere la possibilità per le amministrazioni comunali di avvalersi, nell'ambito del rispetto dell'equilibrio di bilancio interno, di prestazioni di lavoro occasionale con le modalità di cui agli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015, nel testo previgente al 17 marzo 2017;

   5) ad adottare iniziative per rimuovere, per le amministrazioni comunali virtuose, l'applicazione del limite di spesa complessivo sostenuto nell'anno 2009 previsto dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122.
(7-00678) «Musella, Zangrillo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   un consorzio di bonifica è un ente di diritto pubblico che cura l'esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica, nonché controlla l'attività dei privati sul territorio di competenza;

   per la regione Campania, la disciplina è dettata dalla legge regionale 25 febbraio 2003, n. 4, avente ad oggetto nuove norme in materia di bonifica integrale;

   il consorzio di bonifica è amministrato dagli stessi consorziati, che coordinano interventi pubblici e privati nel settore delle opere idrauliche e dell'irrigazione;

   le tipologie di attività poste in essere dal consorzio sono molteplici e diversificate, come la gestione delle acque destinate all'irrigazione delle piantagioni, la realizzazione di opere atte a garantire la sicurezza idraulica del territorio, ivi incluse quelle che rivestono ruoli preminenti per la tutela del patrimonio agricolo, ambientale ed urbanistico;

   i consorzi di bonifica si caratterizzano per essere soggetti autonomi rispetto ai loro partecipanti;

   con decreto del Presidente della giunta regionale 3 gennaio 2017 n. 1, il presidente della giunta regionale della Campania ha proceduto allo scioglimento degli organi ordinari del Consorzio centrale di bonifica del bacino inferiore del Volturno ed alla nomina di un Commissario straordinario, che aveva il compito di provvedere, entro 180 giorni, alla convocazione dell'assemblea dei consorziati per l'elezione del nuovo consiglio dei delegati, in conformità all'articolo 32, comma 3, della legge regionale 25 febbraio 2003 n. 4, come novellato dall'articolo 52, comma 10, lettera b) della legge regionale 27 gennaio del 2012, che dispone come il Commissario straordinario, nominato nei casi di cui al comma 2, debba procedere alla elezione in un termine comunque non superiore a 360 giorni;

   il decreto del presidente della giunta regionale 27 luglio 2017 n. 242, stante la persistenza dell'interesse pubblico a disporre il rinnovo della gestione commissariale del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, ha confermato lo status di commissariamento per ulteriori 360 giorni, sempre con il compito di indire nuove elezioni, mediante convocazione dell'assemblea dei consorziati; convocazione che, però, per ragioni non precisate, non è mai avvenuta;

   la regione Campania, con delibera della giunta regionale del 3 luglio 2018 n. 419, preso atto del mancato espletamento delle mansioni assegnate da parte del Commissario nel termine di 360 giorni, stabilito dal decreto del presidente della giunta regionale 27 luglio 2017 n. 242, ossia di convocare l'assemblea dei Consorziati per la ricostituzione degli organi ordinari dell'ente, ha disposto il rinnovo della gestione commissariale del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, affidando al Commissario straordinario, ingegnere Carlo Maisto, nominato con decreto del presidente della giunta regionale del 1° agosto 2018 n. 130, il compito di provvedere, sempre nel termine di 360 giorni, allo svolgimento delle elezioni;

   è lapalissiano che la situazione descritta, secondo l'interrogante, si ponga in contrasto con la norma imperativa, andando ad eludere la ratio dell'articolo 32, comma 3, della legge regionale 25 febbraio 2003 n. 4, che pone cumulativamente il termine massimo di 360 giorni e che è stato, nella successione degli atti, secondo l'interrogante, ripetutamente violato. Non di meno, tale situazione ha suscitato l'indignazione degli agricoltori di Caserta, fortemente preoccupati da tali continue prorogatio contra legem della gestione commissariale, senza che l'organo straordinario abbia mai provveduto ad avviare le procedure per l'elezione del consiglio dei delegati, al fine di ripristinare la regolare e democratica gestione amministrativa;

   ciò premesso si deve aggiungere che la giunta regionale della Campania, con delibera del 20 maggio 2019 n. 220, ha disposto la soppressione del Consorzio Aurunco di bonifica e la conseguente assegnazione delle competenze al Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno;

   nella suddetta delibera si fa menzione delle assegnazioni di territorio e competenze, lasciando tuttavia dubbi sul futuro dei lavoratori;

   in un quadro così incerto per molti lavoratori, risulta da organi di stampa locale, che il commissario nominato dalla regione Campania avrebbe, di recente, assunto nuove unità di personale a tempo indeterminato;

   data la delicatezza e la rilevanza degli interessi coinvolti, anche di rango costituzionale, appare più che necessario un celere intervento dello Stato al fine di ripristinare il corretto esercizio del potere amministrativo ed il rispetto della legge, al fine di assicurare lo Stato di diritto, anche in considerazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale in base all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, anche d'urgenza, al fine di:

    a) valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, presso l'ente di cui in premessa;

    b) attivarsi per garantire la tutela occupazionale dei lavoratori di cui in premessa;

    c) promuovere, inoltre, modifiche del quadro normativo vigente, con il coinvolgimento delle regioni, che consentano di rivedere e migliorare la governance di tali enti, a salvaguardia dei rilevanti interessi pubblici e privati coinvolti.
(2-01247) «Buompane».

Interrogazione a risposta scritta:


   TURRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge 5 maggio 2009, n. 42 disciplina, tra le altre cose, i principi generali per l'attribuzione alle regioni e agli enti locali di un proprio patrimonio;

   il successivo decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, applicativo della legge formale, ha individuato i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni e ne ha disciplinato il procedimento di attribuzione e trasferimento;

   grazie a questa disciplina, i livelli territoriali di Governo hanno potuto beneficiare dell'attribuzione a titolo non oneroso anche di molti immobili statali dismessi, che hanno potuto valorizzare nell'interesse della propria comunità, nel rispetto delle finalità perseguite dalla normativa sopra citata;

   in particolare, il secondo comma dell'articolo 9 del decreto legislativo summenzionato ha previsto che, nel caso in cui il bene generi un'entrata allo Stato, per evitare che la cessione comporti maggiori oneri per le casse erariali, quest'ultimo riduce le risorse da destinare alle regioni o agli enti locali in misura pari alla riduzione delle entrate erariali;

   il medesimo comma dispone che le modalità per ridurre le risorse sono determinate attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per i rapporti con le regioni;

   la riduzione delle risorse può essere giustificata dal fatto che, laddove la regione o il comune subentrano nei contratti di locazione, questi enti, insieme al bene attribuito, conseguono anche una nuova entrata;

   tuttavia, la disposizione appare intrinsecamente iniqua laddove fosse la regione o l'ente territoriale stesso a essere conduttrice dell'immobile – e quindi a pagare il canone di locazione allo Stato – prima del trasferimento; in tal caso, infatti, la regione o l'ente locale sarebbero tenuti a continuare a pagare allo Stato il canone annuale di locazione, anche una volta diventati proprietari del bene; la previsione, così interpretata, comporta un aggravio eccessivo per il comune che, non potendo alienare il bene ed anzi dovendolo valorizzare, è penalizzato da un taglio di risorse; così facendo, si va paradossalmente a penalizzare l'ente che già valorizzava, con proprie risorse, il bene demaniale –:

   se il Governo intenda porre rimedio alle criticità esposte in premessa adottando iniziative normative, con funzioni anche interpretative con le quali si escluda esplicitamente l'applicazione della disciplina contenuta nell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 alle regioni e agli enti locali che già pagavano il canone di locazione allo Stato quando non erano ancora proprietari del bene.
(4-09511)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOSS, ZOFFILI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 2 luglio 2020 il Governo pro tempore rispondeva all'interrogazione n. 4-05699, presentata dai sottoscrittori della presente: «il signor Forti ha optato nel luglio 2018 per la presentazione di un'istanza di trasferimento in Italia ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, per continuare a scontare nel nostro Paese la pena comminatagli dalla giustizia americana. Su tale istanza è chiamato a pronunciarsi il Governatore della Florida, la cui decisione passerà poi al vaglio del Dipartimento per la giustizia degli Stati Uniti per il nulla osta sull'accoglimento dell'istanza»;

   alla vigilia di Natale 2020 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale annunciava da una piattaforma social: «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia. L'ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Il Governatore della Florida ha infatti accolto l'istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia»;

   il 7 giugno 2021, il Ministero della giustizia chiariva che «ad oggi gli Stati Uniti non hanno mai trasmesso all'Italia la documentazione prevista per il trasferimento di Enrico Forti, detenuto in un penitenziario della Florida. Il Ministero della giustizia non ha quindi ricevuto alcun faldone – né alcun documento utile all'estradizione del cittadino italiano, condannato per omicidio nel 2000. Al contrario, l'ultimo atto pervenuto dagli Stati Uniti è una lettera del Department of Justice di Washington. Missiva datata 26 febbraio, in cui si fa presente che il Governatore dello Stato della Florida sollevava ulteriori richieste di chiarimenti, a cui la Ministra della giustizia, Marta Cartabia, ha subito dato seguito. L'ultima comunicazione formale è una lettera inviata dalla Guardasigilli lo scorso 10 marzo al Governatore dello Stato della Florida, per attirare la sua attenzione sul caso. E fornire ulteriori rassicurazioni, al fine di favorire il trasferimento in Italia di Forti». «Ad oggi i competenti uffici del Ministero della giustizia, che hanno lavorato in coordinamento con quelli del Ministero degli affari esteri, non hanno ricevuto alcuna risposta a questa lettera, di cui la Guardasigilli ha parlato anche nell'incontro con l'incaricato d'affari americano in Italia»;

   a fine marzo 2021, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, durante una trasmissione televisiva affermava che «Chico Forti lo sentiamo pressoché ogni giorno. Stiamo aspettando gli ultimi documenti dell'amministrazione Usa per poter procedere al trasferimento in Italia. La buona notizia è che è stato recentemente spostato in un nuovo penitenziario dove ci sono detenuti proprio in attesa di essere trasferiti»;

   nei primi giorni di giugno 2021 la famiglia di Chico Forti, che è ormai stremato, ha nuovamente portato all'attenzione degli organi di stampa la questione;

   la vicenda è stata ripresa anche da alcuni parlamentari: il Senatore Matteo Salvini ha scritto alla famiglia per mettersi a disposizione come già fatto in passato, quando si rivolse alla Presidente del Senato il 22 agosto 2020 per chiederle di interessarsi alla vicenda al fine di far tornare in Italia il nostro concittadino;

   il 9 giugno, quindi, il Ministro della giustizia ha chiesto l'interessamento personale dell'attorney general, Merrill B. Garland, nell'auspicio che il connazionale Forti, dopo oltre 20 anni già trascorsi in carcere in America, possa essere trasferito quanto prima in Italia, per scontare la pena nel suo Paese d'origine –:

   quale iniziativa congiunta i Ministri interrogati abbiano concordato per ottenere risposte certe sulla situazione attuale e sulla documentazione necessaria al rimpatrio di Chico Forti, per consentirgli di vedere di nuovo sua madre, i suoi figli e tutta la sua famiglia.
(4-09512)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MELICCHIO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   a Belmonte Calabro, in provincia di Cosenza, in Calabria, fu edificato dal regime fascista, negli anni trenta, un grande monumento funebre in onore del gerarca e quadrumviro della Marcia su Roma Michele Bianchi;

   con l'utilizzo della legge per il federalismo demaniale, a quanto risulta all'interrogante sembrerebbe essere stata presentata una richiesta di trasferimento della proprietà di questo mausoleo del demanio al comune di Belmonte Calabro;

   a quanto costa all'interrogante sarebbero state avviate a tal fine, trattative con il demanio e con il Segretariato regionale del Ministero della cultura per la Calabria;

   il sindaco del comune di Belmonte Calabro si è espresso per una «valorizzazione» del mausoleo nato in onore e omaggio ad un quadrumviro e segretario del primo Partito nazionale fascista. Più precisamente il sindaco ha spiegato all'AdnKronos il 24 aprile 2021: «Sto lottando per far passare il monumento di Michele Bianchi dal demanio dello Stato al comune, non fosse altro perché da vari decenni facciamo anche piccoli interventi con le nostre modeste risorse. Ieri ho chiuso l'ultima videoconferenza, andrò ad investire 150 mila euro per riqualificare, rivalutare e rimettere in uno stato più presentabile il monumento e l'area antistante. Una volta che il monumento sarà passato al comune, il comune dovrà conservarne tutti gli aspetti e i valori che ha rappresentato nel passato e che deve continuare a tramandare nella storia»;

   la paura è che tutto ciò possa portare ad un'esaltazione della figura del gerarca fascista Michele Bianchi, facendo diventare così questo comune della Calabria la Predappio del Sud;

   di contro, l'Anpi, Associazione partigiani «Antonio Gramsci» Tirreno Cosentino, ha realizzato un'idea progetto per la riconversione del monumento funebre in un Museo dell'Antifascismo, con l'installazione di elementi che ricordino l'impegno e il sacrificio delle tante e dei tanti protagonisti della Resistenza, dalla quale è poi nata l'Italia moderna e democratica. Questo mausoleo di epoca fascista potrebbe così diventare un luogo di conservazione e di trasmissione della memoria ai giovani, per ricordare alle future generazioni ciò che hanno fatto i partigiani e le partigiane per ridare all'Italia la libertà –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e se intenda adottare iniziative per chiarire se trovi conferma la notizia di un avvio delle trattative tra il Segretariato generale del Ministero della cultura per la Calabria e il comune di Belmonte Calabro, al fine di individuare le finalità del progetto paventato sul mausoleo dedicato a Michele Bianchi.
(5-06204)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le Forze armate hanno messo a disposizione del Servizio sanitario nazionale un cospicuo numero di medici e infermieri militari, normalmente impiegati per il sostegno sanitario del personale della Difesa, a supporto degli operatori civili attivi nelle zone più colpite dall'emergenza sanitaria: in particolare, il sistema difesa ha destinato al Servizio sanitario nazionale, nel periodo di massima emergenza, oltre 350 operatori sanitari, tra medici e infermieri, cui devono aggiungersi altri 139 medici e 271 infermieri impiegati nelle strutture sanitarie militari parimenti messe a disposizione per l'emergenza;

   le ottime capacità logistiche e professionali degli operatori delle Forze armate sono state ampiamente riconosciute da tutti gli altri attori intervenuti e le stesse stanno risultando decisive per il buon andamento della campagna vaccinale, oltre che, nel recente passato, per la campagna di screening e l'accoglienza e la cura dei cittadini contagiati;

   sulla stampa sarda è stata riportata la notizia dell'azione dei medici dell'Esercito con grande enfasi dovuta alla loro presenza e dell'apprezzamento per l'azione in quei comuni in cui è da tempo assente il medico di base;

   nonostante non sia ancora chiara l'evoluzione della emergenza pandemica, appare comunque opportuno evitare la dispersione del patrimonio professionale sanitario in esame, allo stato assegnato in ferma annuale, al fine di confermarne l'impiego nella campagna vaccinale in atto, nonché per ripristinare la complessiva attività del comparto della sanità militare e delle sue strutture, anche in favore dei cittadini affetti da altre patologie, oggi trascurate in ragione dell'emergenza sanitaria, in alcuni casi non utilizzate per assenza di personale;

   al fine di perseguire i suindicati obiettivi, appare necessario procedere con lo scorporo del comparto della sanità militare dai limiti di cui alla legge n. 244 del 2012: ciò anche perché il medesimo comparto riveste un'importanza fondamentale e diretta anche in favore della cittadinanza e, d'intesa con le regioni, può dare un contributo decisivo all'abbattimento delle liste d'attesa, o supplire alla perdurante assenza di medici di base, come troppo spesso si riscontra in alcuni comuni della Sardegna;

   quello che viene considerato l'ospedale militare più antico d'Italia è nella città di Cagliari, oggi dipartimento militare di medicina legale;

   l'ospedale militare attualmente si sviluppa su una superficie di 6.157 metri quadri, dei quali circa tremila sono coperti;

   ovviamente la struttura necessita di continue manutenzioni ma ha al proprio interno strumentazioni e macchinari utili per venire incontro alle pressanti esigenze del sistema sanitario regionale sardo;

   la necessità più urgente è quella del personale medico sanitario;

   in passato è stata predisposta una bozza di accordo di collaborazione con l'azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari basato sul reciproco scambio di professionalità e servizi, nonché di attività congiunte, atte a privilegiare i percorsi formativi di studio, specializzazione sanitaria e ricerca;

   l'università di Cagliari intendeva realizzare un'attività di cooperazione con l'Esercito per beneficiare delle risorse e dell'esperienza dei quadri militari sanitari già formati, facenti capo, in loco, al D.m.m.l. Cagliari;

   tale università ha attivi corsi di studio in grado di rispondere a specifiche esigenze formative del personale sanitario in servizio presso l'Esercito;

   è in grado di costruire percorsi formativi articolati, oltre che sulla didattica frontale, anche in modalità di e-learning, di videoconferenza e in attività di laboratorio –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere al fine di confermare le professionalità acquisite nel corso dell'emergenza nell'ambito della sanità militare e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di adottare protocolli d'intesa con l'azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, con la regione Sardegna e con altre istituzioni per la crescita del distretto militare di medicina legale.
(5-06208)

Interrogazione a risposta scritta:


   POTENTI e FERRARI. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione nazionale paracadutisti d'Italia (Anpdi) è l'associazione d'Arma dei paracadutisti italiani, come previsto dall'articolo 941 del decreto legislativo n. 90 del 2010; nasce nell'immediato dopoguerra e successivamente è stata riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica n. 620 del 1956. Rappresenta certamente la principale organizzazione paracadutistica italiana, non solo per la storia, ma anche, per struttura, numero soci;

   la regolamentazione relativa all'attività di paracadutismo ha un suo punto cardine nel decreto ministeriale 467T del Ministero dei trasporti che, fin dal 1992, prescrive l'uso di paracadute plananti (ad ala) per il paracadutismo sportivo, esentandone però l'Anpdi che, sotto il controllo del Ministero della difesa, può continuare ad utilizzare i paracadute emisferici, di tipo militare. Tale decreto ministeriale è la naturale conseguenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 566 del 1988 che, a sua volta, parifica le abilitazioni rilasciate dall'Anpdi alle licenze rilasciate dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in materia di paracadutismo. Sia il decreto del Presidente della Repubblica che il decreto ministeriale sono tuttora in corso di validità;

   pur a normative invariate e senza aver mai alcunché contestato in ordine alla sicurezza, Enac, da mesi, ha iniziato a mettere in contestazione la legittimità dell'attività dell'Anpdi disconoscendone la possibilità di effettuare lanci con paracadute emisferico da velivolo civile. Anche un tentativo di far certificare ad Enac le scuole Anpdi non ha risolto la problematica;

   il danno che l'Associazione rischia di subire appare irreparabile e non pare potersi attendere l'esito di un annunciato, da Enac, regolamento sul paracadutismo. Infatti, oltre a mettere in discussione la stessa esistenza dell'Anpdi si rischierebbe di vanificare molti decenni di sacrifici e di investimenti ad opera di quanti si sono impegnati in prima persona per dotarsi delle necessarie capacità specifiche –:

   se e di quali notizie sia in possesso il Governo circa le vicende esposte;

   se e quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire ad Anpdi la possibilità di svolgere le attività con paracadute emisferico, evitando interruzioni che potrebbero essere pregiudizievoli anche ai fini della sicurezza all'atto della ripresa.
(4-09504)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   nella prevista riorganizzazione di Terna Rete Italia s.p.a. i sei dipartimenti presentano dei criteri localizzativi che non sembrano tenere in considerazione la contiguità territoriale e le caratteristiche e la mole di investimenti che nei prossimi decenni verranno realizzati in Sicilia;

   la Sicilia verrebbe, infatti, accorpata al Lazio, al Molise e all'Abruzzo, creando il dipartimento Centro-Sicilia –:

   se intenda avviare interlocuzioni istituzionali con Terna, anche per il tramite di Cassa depositi e prestiti, per approfondire la riorganizzazione di Terna Rete Italia s.p.a. e, in particolare, l'accorpamento della Sicilia al dipartimento del Centro Italia.
(2-01246) «Varrica, Alaimo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANICHELLI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da articoli di stampa pubblicati nelle scorse settimane, le nomine avvenute nei consigli d'amministrazione di Borsa italiana e delle controllate Mts, Elite e Montetitoli (acquisite ad aprile 2021 per circa 4,44 miliardi di euro) vigilate dal principale mercato finanziario dell'area euro da parte del gruppo francese Euronext, rischiano di determinare un assetto del management sbilanciato per il nostro Paese, penalizzandolo, considerato il numero dei nuovi ingressi negli organi sociali di nazionalità non italiana e, nel maggiore dei casi, francese;

   al riguardo, l'interrogante evidenzia che, a differenza di quanto avvenuto in precedenza del passaggio di Borsa Italiana, (quando l'assemblea dei soci del London Stock Exchange approvò nel novembre 2020 la vendita a Euronext) in cui la rappresentatività italiana nei consigli di amministrazione era più equilibrata e rassicurante per l'Italia, il nuovo «rimpasto», considerato dai quotidiani economici di una certa rilevanza, rischia di mettere a repentaglio l'autonomia operativa della piazza finanziaria italiana, configurando un assetto addirittura peggiore di quello precedente, ovvero quando Borsa italiana faceva parte del London Stock Exchange e non c'era la partecipazione pubblica;

   si rileva inoltre che, nonostante in Euronext siano presenti gli azionisti nazionali, Cassa depositi e prestiti e Intesa San Paolo, le recenti nomine evidenziano un manifesto squilibrio in favore della Francia, nei confronti della quale occorre prestare la massima attenzione nel corso dei prossimi mesi, considerato che, sia Borsa Italiana, che Mts costituiscono due asset strategici rispettivamente: per il progetto di crescita delle piccole e medie imprese e per il ruolo cruciale nella gestione del debito pubblico nazionale –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se i consigli di amministrazione in precedenza richiamati fossero tutti in scadenza nella data stabilita o, in caso contrario, se le nuove nomine abbiano subito un'accelerazione a seguito della nuova proprietà;

   quali siano, conseguentemente, i motivi per i quali i dirigenti di Borsa italiana e Mts siano stati sostituiti da manager della capogruppo, nonostante le precedenti rassicurazioni di Euronext secondo le quali non sarebbero in realtà avvenuti cambiamenti sostanziali all'interno degli organi sociali;

   se il Ministro interrogato non convenga, alla luce dei cambiamenti avvenuti nell'azionariato e nei consigli d'amministrazione, sulla necessità di rendere noti gli accordi di governance tra Euronext e gli azionisti italiani, in merito alle recenti nuove nomine, informando il Parlamento anche in relazione alle strategie di Euronext, per lo sviluppo di Borsa Italiana;

   se il Ministro sia a conoscenza dell'impatto che avranno i più di 50 milioni di sinergie di costi sulle società italiane e se sia in grado di garantire che non ci saranno tagli di investimenti e personale (che sarebbero ingiustificati vista l'elevata redditività ed efficienza di Borsa Italiana);

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda infine intraprendere, al fine di tutelare l'operatività e l'autonomia della piazza finanziaria italiana, la cui difesa, alla luce della situazione economica attuale particolarmente delicata, appare di fondamentale importanza per gli asset dell'impresa e dell'economia italiana.
(5-06205)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 14 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto «decreto Rilancio», ha disposto un rafforzamento delle agevolazioni «ecobonus» e «sismabonus», con una detrazione pari al 110 per cento dell'importo relativo agli interventi effettuati;

   tali disposizioni si aggiungono a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni dal 50 all'85 per cento delle spese spettanti, tra gli altri, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio ai fini antisismici disposti dall'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013;

   più volte, l'Agenzia delle entrate è intervenuta per fornire chiarimenti ed affermando che i Superbonus sono un'agevolazione che eleva al 110 per cento l'aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022, per specifici interventi;

   in base alla normativa, gli interventi riferiti a SismaBonus, devono riguardare la messa in sicurezza statica delle parti strutturali di edifici o di complessi di edifici collegati strutturalmente, ubicati nelle zone sismiche 1, 2 e 3 di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;

   come precisato dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 24/E del 2020, ai sensi dell'articolo 119 del decreto rilancio, il Sismabonus spetta a fronte del sostenimento delle spese relative a specifici interventi finalizzati all'adozione di misure antisismiche degli edifici (interventi trainanti) e ad interventi realizzati congiuntamente ai primi (interventi trainati);

   questi interventi devono riguardare parti comuni di edifici residenziali in condominio, nonché di edifici costituiti da due a quattro unità distintamente accatastate di un unico proprietario o in comproprietà tra più persone fisiche, edifici residenziali funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, edifici residenziali unifamiliari e relative pertinenze, unità immobiliari residenziali funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari e relative pertinenze e singole unità immobiliari residenziali e relative pertinenze all'interno di edifici in condominio per i soli interventi trainati;

   per quanto concerne l'applicazione del SismaBonus, sussistono problemi interpretativi per quanto riguarda le singole unità interne ad un condominio che necessitano di interventi a seguito di demolizione e ricostruzione, anche con modifica di sagoma, sedime, prospetto (cosiddetto decreto-legge Semplificazioni, decreto-legge n. 76 del 2020);

   la circolare n. 24/2020 della Agenzia delle entrate precisa che spetta anche a fronte di interventi che prevedono la demolizione e la ricostruzione, purché inquadrabili nelle ristrutturazioni edilizie;

   vanno considerati il principio secondo cui l'intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati (risoluzione 147/E del 2017) e l'interpello n. 175 del 16 marzo 2021, in cui l'Agenzia delle entrate sembra assentire che, tra i costi agevolabili nell'importo del SismaBonus dell'intero condominio, possono rientrare le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria relative alle singole unità immobiliari, quali ad esempio, il rifacimento delle pareti esterne e interne, dei pavimenti, dei soffitti, dell'impianto idraulico ed elettrico necessarie per completare l'intervento nel suo complesso in un intervento di demolizione e ricostruzione di un condominio –:

   se intenda adottare un'iniziativa risolutiva per fornire chiarimenti rispetto alla detraibilità degli interventi edilizi, e di tutti i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, riguardanti le singole unità abitative interne ad un immobile, nell'ipotesi in cui quest'ultimo venga demolito e ricostruito, anche al fine di evitare dubbi interpretativi delle norme;

   se intenda chiarire anche se, nel caso in cui un condominio sia sprovvisto di impianto termico, siano agevolabili con il SismaBonus i costi relativi agli infissi, all'installazione di un nuovo impianto termico e al cappotto termico che sono direttamente riferibili all'agevolazione «Bonus Ristrutturazione», la quale si deve considerare congiunta al Sismabonus, vista la risoluzione da parte dell'Agenzia delle entrate che ha specificato un unico massimale.
(4-09499)


   D'ATTIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1, commi 535 e 536, della legge di bilancio del 2016, n. 232, è stato modificato l'articolo 23 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico imposte di produzione), restringendo il mercato delle licenze di deposito fiscale in ambito energetico;

   il novellato articolo 23 impone alle imprese operanti nel mercato di riferimento requisiti dimensionali più stringenti per il rilascio dell'autorizzazione; richiede un elevato rapporto percentuale tra il livello di estrazioni avvenute in un biennio e le forniture di prodotto in regime di sospensione di accisa; ammette deroghe agli standard ivi previsti solo per i grandi gruppi di imprese dislocati sul territorio nazionale; richiede agli altri operatori economici un adeguamento dimensionale e di mercato entro il termine di tre anni, pena la revoca della licenza;

   la riformulazione della norma, apparentemente limitata al settore fiscale, si riflette sulle condizioni del mercato di riferimento, subordinando l'accesso al medesimo al soddisfacimento di determinati standard dimensionali e qualitativi;

   l'introduzione di questi requisiti si riflette altresì sulle imprese in cui tali prodotti vengono fabbricati, detenuti, spediti e altro, impedendo l'accesso al mercato agli operatori economici che non rispettano detti standard. Tali requisiti non presentano alcun collegamento, neanche astratto, con il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale, rispetto al quale risultano totalmente ininfluenti;

   il legislatore europeo, in ragione della sua competenza esclusiva a definire la regolamentazione applicabile al mercato unico doganale (articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), è intervenuto sulle accise relative ai prodotti energetici e all'elettricità;

   per valutare la legittimità dell'attuale formulazione dell'articolo 23 occorre far riferimento alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno, afferendo la riformulazione del citato articolo 23 al regime concorrenziale dei «depositi fiscali di prodotti energetici»;

   da un raffronto tra i testi si evince, ad avviso dell'interrogante, che l'articolo 23 del richiamato Testo unico contrasta con:

    1) l'articolo 9 della direttiva che stabilisce le condizioni di ammissibilità dei regimi di autorizzazione;

    2) con l'articolo 14, primo paragrafo, n. 5, della direttiva che vieta «l'applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell'autorizzazione alla prova dell'esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato». In una economia di mercato aperta e in libera concorrenza tale verifica spetta al mercato e non all'autorità amministrativa;

    3) con l'articolo 15, paragrafo 2, lettera a) della direttiva, che elenca tra i «requisiti da valutare» le restrizioni quantitative o territoriali sotto forma di restrizioni, fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

    4) con gli articoli 101-106 del Tfue che vietano agli Stati membri di adottare misure che facilitano alle imprese la violazione di regole di concorrenza;

    5) con l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione sulla tutela della concorrenza, qui limitata da misure legislative –:

    se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative anche normative, al fine di affrontare e superare le difficoltà che incontrano le imprese in qualche modo discriminate dalla nuova normativa sulle accise, cercando anche di trovare il giusto compromesso tra l'articolo 23 del sopracitato Testo unico e la normativa europea.
(4-09509)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'aprile del 2009 tragici eventi sismici colpirono in particolar modo l'Abruzzo devastando, tra l'altro, la provincia dell'Aquila, e causando centinaia di vittime, 1.600 feriti e circa 80.000 sfollati oltre a profondi danni al tessuto economico regionale;

   per far fronte all'emergenza abitativa, sociale ed economica causata dal drammatico accadimento, furono intraprese una serie di iniziative pubbliche tra cui il Progetto C.a.s.e. (complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili) finalizzato a dare un tetto ai circa 15 mila aquiliani;

   in particolare, il Progetto in parola prevedeva la costruzione di ben 164 edifici, situati nelle periferie del capoluogo abruzzese, per un totale di 4.300 abitazioni ed avrebbe dovuto restituire dignità e sicurezza a migliaia di cittadini, ma così non è stato;

   ed infatti già nel settembre del 2014, a Cese di Preturo, un balcone del secondo piano delle prefate palazzine si staccò, fortunatamente senza causare vittime;

   seguirono ulteriori pericolosi cedimenti di edifici fino ad arrivare al sequestro del condominio e dell'intera area e, quindi, all'avvio di una indagine per plurime e gravi ipotesi delittuose;

   più precisamente l'attività investigativa avviata nel 2015 dalla procura della Repubblica presso il tribunale dell'Aquila portò all'iscrizione nel registro degli indagati di 37 persone (poi divenute 29), tra cui Gaetano Manfredi, già Ministro della ricerca e dell'università, per reati assai gravi come quelle di falso in atto pubblico oltre che di disastro e crollo colposo;

   il coinvolgimento dell'ex Ministro Manfredi – secondo fonti giornalistiche – sarebbe stato legato alla sua partecipazione ad una commissione di collaudo statico che avrebbe attestato la conformità dell'opera realizzata alla legge, al contratto e ai progetti, opera che, invece, secondo gli inquirenti non sarebbe stata a norma;

   come riportato da organi di stampa, il procedimento penale in parola sarebbe stato inficiato da intoppi e ritardi che sarebbero consistiti in errori nelle notifiche di atti giudiziari, rinvii dell'udienza causati dall'assenza del giudice ed ancora da altre questioni relative addirittura alla competenza territoriale;

   in sede di udienza preliminare, il G.u.p. del tribunale dell'Aquila emetteva decine di pronunce di proscioglimento addirittura per prescrizione dei reati, come è accaduto per l'ex Ministro Manfredi che, accusato di delitti da considerarsi ancor più deplorevoli soprattutto per chi ha ricoperto ruoli istituzionali di vertice ed oggi si candida a rappresentare la città di Napoli, beneficiava dell'istituto della prescrizione;

   appare davvero intollerabile che per il procedimento penale in parola non sia stata riservata la massima attenzione, attesa la gravità degli eventi che, dopo il terremoto, solo per mera fortuna non hanno mietuto altre vittime tra una popolazione già fortemente martoriata;

   è incontestabile, d'altronde, senza voler entrare nel merito della vicenda processuale, che gli edifici commissionati per essere addirittura antisismici siano crollati poco dopo la loro edificazione in dispregio della sicurezza dei cittadini e di centinaia di milioni di euro di risorse pubbliche investite;

   tale vicenda è assai dolorosa, in quanto oltre a minare la credibilità delle istituzioni che si erano fatte carico di ricostruire in sicurezza un territorio devastato, oltraggia la popolazione abruzzese che, dopo più di un decennio, oltre ad essere ancora in condizioni drammatiche, sembrerebbe aver perso l'occasione di conoscere la verità sulla drammatica vicenda del progetto C.a.s.e.;

   appare, dunque, doveroso, nonostante la vicenda processuale abbia avuto un deludente epilogo, che le istituzioni si attivino per ricostruire gli accadimenti in parola, al fine di recuperare le ingenti risorse economiche spese per la ricostruzione dell'Aquila;

   è, altresì, doveroso accertare le cause del rallentamento del procedimento penale originato dalla vicenda sopra esposta, e comprendere se vi siano gravi negligenze e comportamenti lassisti che ne hanno determinato l'epilogo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se non intenda avvia una ispezione ministeriale presso gli uffici giudiziari sopra indicati.
(4-09493)


   SIANI, VERINI e BAZOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 322 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un fondo con una dotazione pari a 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, destinato a contribuire all'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette, ai sensi dell'articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, e in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino;

   il successivo comma 323 prevede che il riparto di detta dotazione tra le regioni sia effettuato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, da adottarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge;

   l'accoglienza in case-famiglia protette delle detenute madri e della loro prole è, tra le modalità di detenzione alternativa dei genitori con bambini al seguito e sussistendone i presupposti, quella in grado di assicurare la miglior qualità di vita dei minori coinvolti nella detenzione del genitore;

   in particolare, tale modalità alternativa di detenzione si differenzia dall'assegnazione a istituti di custodia attenuata per detenute madri (cosiddetto Icam) in quanto non presenta alcun tipo di somiglianza con la detenzione in carcere e, dunque, è idonea ad assicurare ai minori una condizione di vita il più possibile analoga a quella che vivrebbero ove il genitore non fosse sottoposto a regime di detenzione;

   inoltre, l'assegnazione a case-famiglia protette appare altresì maggiormente idonea al coinvolgimento delle persone in regime di detenzione in percorsi di reinserimento sociale ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione;

   secondo il XVII rapporto sulla condizione di detenzione: «Donne-bambini» al 31 gennaio 2021 erano 29 i bambini, 13 dei quali stranieri, in carcere con le proprie 26 madri, alloggiati nell'Icam di Lauro (8), nell'Icam affiliato al carcere di Torino (6), nel carcere femminile di Rebibbia (5), nelle carceri di Salerno e Venezia (3), nel carcere di Milano Bollate (2), e nelle carceri di Foggia e Lecce (un unico bambino per ciascuna delle due strutture) e al 28 febbraio 2021 i bambini erano scesi ulteriormente a 27;

   pur essendo una realtà che riguarda piccoli numeri, la detenzione di bambini innocenti con le loro mamme, anche se in istituti a custodia attenuata, è comunque una realtà che non può più essere accettata poiché le conseguenze della detenzione sul piano psicologico, emotivo e fisico di un bambino piccolo hanno comunque una portata devastante e inaccettabile;

   la legge n. 62 del 2011, nonostante le premesse e i princìpi che l'hanno positivamente ispirata, non elimina la carcerazione dei bambini poiché frequentemente si fa ricorso agli Istituti a custodia attenuata per le madri, dimenticando che si tratta comunque di una forma di detenzione all'interno di una struttura carceraria non adeguata non solo a rispondere alle esigenze di un bambino, ma allungando anche l'età della sua detenzione fino a 6 anni –:

   quali iniziative intenda assumere la Ministra interrogata al fine di assicurare la più rapida adozione del decreto in questione e gli adempimenti conseguenti, finalizzati all'impiego delle risorse al fine di rendere operativa la possibilità per le madri detenute di scontare la propria pena all'interno di case-famiglia o di case alloggio insieme ai propri figli piccoli, non più costretti, così, a subire le conseguenze psicologiche ed emotive di una detenzione carceraria;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di promuovere e valorizzare l'assegnazione delle detenute madri a case-famiglia protette, anche in luogo della loro assegnazione a istituti a custodia attenuata.
(4-09496)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'organigramma del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (D.a.p.), a livello regionale, contempla i Provveditorati (P.r.a.p.), che sono organi decentrati di livello dirigenziale generale;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 84 del 15 giugno 2015 i P.r.a.p. di Liguria, Marche, Umbria, Abbruzzo/Molise (già precedentemente accorpati) e Basilicata sono stati soppressi;

   con decreto ministeriale del 2 marzo 2016, in luogo dei soppressi P.r.a.p. sono stati istituiti i Distaccamenti, accorpati ad altri P.r.a.p. ed aventi sede nei capoluoghi delle regioni interessate;

   tale operazione sembrerebbe non aver disvelato gli effetti sperati, invero, fatti salvi gli stipendi dei dirigenti generali venuti meno (ovvero i provveditori dei soppressi provveditorati), sotto il profilo economico, si sarebbe registrato un aumento di spese in termini di missioni, di manutenzione degli automezzi e di straordinario del personale;

   oltre al non trascurabile danno economico, vi sarebbero state ulteriori e più rilevanti conseguenze, in particolare, sotto il profilo della funzionalità e dell'efficienza, la perdita di contatto diretto con il territorio e le notevoli distanze chilometriche, che separano le sedi accorpate dalle sedi accorpanti, avrebbe comportato notevoli disagi, rallentamenti, affanni e lacune in termini di sicurezza, di presenza istituzionale e di tempestività degli interventi richiesti ad un'amministrazione complessa quale quella penitenziaria;

   tali problematiche si sarebbero riversate su tutti gli ambiti di competenza degli ex Provveditorati regionali, abbassando di fatto gli standard qualitativi delle prestazioni offerte;

   difficoltà e confusione si sarebbero riscontrate, tra l'altro, anche in materia di sicurezza e di traduzioni dei detenuti, di vestiario, armamento ed equipaggiamento del personale di polizia penitenziaria, di formazione ed aggiornamento dei dipendenti, di gestione dei ristretti e di loro movimentazione verso gli Istituti del distretto, di edilizia penitenziaria, di relazioni istituzionali interne ed esterne, di trasmissione di atti e documenti alle sedi accorpate, di rispetto dell'organizzazione piramidale che connota l'amministrazione di cui trattasi;

   i Distaccamenti avrebbero vissuto, dunque, un notevole depotenziamento che ha comportato una tangibile delegittimazione;

   l'opportunità di ridare contenuto sostanziale ai Distaccamenti è stata evidenziata anche da diverse sigle sindacali, in particolare l'Uspp e DirPolPen, che hanno sottolineato la necessità di rafforzare i Distaccamenti e di riportarli all'originario rango di sede dirigenziale (seppur di livello non generale), conferendo loro autonomia operativa rispetto ai Provveditorati accorpanti ed istituzionalizzando al loro interno la presenza dei dirigenti del Corpo, a tutela e a vantaggio dell'amministrazione, che non può privarsi di un così rilevante anello di congiunzione fra il centro e la periferia;

   tale determinazione permetterebbe di recuperare funzionalità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché di restituire dignità professionale ai dipendenti del comparto sicurezza e del comparto funzioni centrali che vi prestano servizio e che hanno maturato un bagaglio esperienziale di indubbia utilità per l'amministrazione di appartenenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e accertata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di rendere i Distaccamenti sedi dirigenziali di livello non generale, consentendo così che, in ben sei regioni di importanza strategica nel sistema statale, vi sia una presenza reale, costante ed efficace dell'amministrazione e del Corpo di polizia penitenziaria, con i suoi dirigenti, senza i quali l'autorevolezza e la rappresentatività sul territorio sarebbero pressoché nulle e le basilari ed irrinunciabili funzioni di polizia extramoenia verrebbero, in concreto, a sparire.
(4-09497)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 12 giugno 2021, a Frangarto, frazione di Appiano, in provincia di Bolzano, le organizzazioni dichiaratamente secessioniste denominate Südtiroler Schützenbund e Südtiroler Heimatbund prevedono l'organizzazione di un ritrovo pubblico per ricordare ed esaltare la cosiddetta «Notte dei fuochi», ovvero l'insieme degli attentati dinamitardi compiuti dai terroristi secessionisti altoatesini nella notte tra l'11 e il 12 giugno 1961;

   in quella tristemente famosa notte, che diede l'avvio alla buia e devastante stagione del terrorismo indipendentista in provincia di Bolzano, furono rasi a suolo a colpi di tritolo e di esplosivo al plastico decine e decine di tralicci dell'alta tensione, causando ingenti danni materiali e la morte dello stradino Giovanni Postal;

   i manifesti e le locandine affissi nelle principali città altoatesine e diffusi sul web per pubblicizzare l'evento, voluto da Heimatbund e Schützenbund, sfoggiano l'immagine di un traliccio abbattuto, come un vero e proprio trofeo di guerra, esibito al pari di una macabra icona degli attentati e dell'attacco all'ordine repubblicano costituito compiuti da terroristi condannati come tali da sentenze passate in giudicato dallo Stato italiano, ma celebrati come «combattenti per la libertà» sulle locandine del convegno;

   il bilancio del terrorismo secessionista in Alto Adige è un vero e proprio bollettino di guerra: 361 sono stati gli attentati perpetrati con tritolo ed armi da fuoco, 21 i morti, di cui 15 servitori dello Stato, 57 i feriti, di cui 24 membri delle forze dell'ordine e 33 civili;

   per questi reati, la giustizia italiana ha condannato 157 persone: 103 italiani di lingua tedesca, 40 cittadini austriaci, 14 cittadini della Germania occidentale;

   tra i cittadini italiani di lingua tedesca responsabili delle azioni più cruente, vi erano i cosiddetti «bravi ragazzi della Valle Aurina», Siegfried Steger; Sepp Forer; Heinrich Oberleiter e Heinrich Oberlechner, condannati all'ergastolo per una lunga serie di azioni eversive;

   riparati in Austria e Germania, nessuno di loro ha mai scontato un solo giorno di carcere e mostrato segni di pentimento; il solo Oberleiter ha fatto domanda di grazia al Presidente della Repubblica, pur senza mostrare volontà di volere partecipare ad un processo di riconciliazione che passi attraverso il riconoscimento delle proprie azioni e il risarcimento dei danni;

   in questi giorni, l'ipotesi della grazia verso i latitanti superstiti è stata richiamata dal Presidente della Repubblica austriaca che non ha escluso novità su questo fronte che appartengono in ogni caso alla libera determinazione del Presidente della Repubblica italiana;

   secondo l'interrogante sarebbe opportuno considerare, nell'ambito del processo di accertamento sull'ipotesi di grazia richiesta, l'oggettivo rischio che ogni qualunque provvedimento unilaterale da parte istituzionale italiana possa incontrare, invece di un favorevole stimolo alla rilettura storica critica di quegli eventi drammatici, una rinnovata spinta alla celebrazione di quella stagione infelice, come le rinnovate celebrazioni di cui in premessa e quello che, a quanto consta all'interrogante, risulta essere l'ampio clima benevolente (e riconoscente) verso tale stagione da parte di numerose forze politiche di governo e opposizione locale –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza, nell'ambito dell'istruttoria relativa al procedimento per la concessione della grazia, al fine di esprimere un chiaro parere negativo al provvedimento di clemenza unilaterale di parte italiana in assenza di concreti atti di rincrescimento, scuse e risarcimento da parte dei condannati, latitanti all'estero da sempre.
(4-09498)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da diverse fonti stampa si apprende che dal 13 giugno 2021 saranno attivati due nuovi servizi che collegheranno, per la prima volta senza cambi intermedi, la ferrovia Adriatica alle stazioni Italo di Firenze Santa Maria Novella, Roma Termini e Napoli Centrale, mentre, da metà luglio, ripartiranno i servizi sulla linea Adriatica verso Milano e Bologna, con 6 corse giornaliere;

   in tal modo Italo farà il suo ingresso su questa linea, garantendo ai tanti turisti che in estate raggiungono la riviera Adriatica, ma anche a tutti i cittadini che necessitano di spostamenti per lavoro o altre esigenze, di avere collegamenti comodi e diretti, senza mai dover cambiare treno;

   le stazioni interessate da questa importante svolta per gli spostamenti ferroviari sono Forlì, Cesena, Rimini, Riccione, Cattolica e Pesaro, oltre ovviamente alle stazioni principali di Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli;

   già ad una prima lettura appare evidente come rimanga isolata da questi interventi la regione Umbria, al contrario di quanto invece auspicato dai cittadini, ma, soprattutto, delle necessità ed esigenze della regione che manca di un numero adeguato di collegamenti diretti sia con la capitale che con il nord Italia, costringendo i cittadini a spostamenti faticosi e spesso disagiati;

   l'unica linea veloce è infatti quelle che passa da Orte e che, è noto, è spesso interessata da malfunzionamenti; una linea che necessita comunque di un potenziamento e di investimenti concreti;

   il potenziamento di tutta la rete ferroviaria nazionale è, in questo momento, fondamentale per garantire la ripresa turistica e di conseguenza economica del Paese, potenziando al contempo il trasporto su ferro che rappresenta sicuramente uno degli elementi più importanti per il raggiungimento degli obiettivi di mobilità sostenibile che l'Italia si è posta, poiché in grado di diminuire gli impatti ambientali, sociali ed economici generati dai veicoli privati –:

   se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda, per quanto di competenza e nel rispetto delle prerogative regionali in materia, adottare iniziative per promuovere il potenziamento dei collegamenti ferroviari tra la regione Umbria e il resto d'Italia, sia al fine di una più rapida ripresa economica e turistica, sia nell'ottica più complessiva del raggiungimento degli obiettivi di mobilità sostenibile.
(5-06202)


   BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella risposta fornita il 3 novembre 2020 all'atto di sindacato ispettivo 5-04794, a prima firma dell'interrogante, il Governo ha comunicato che, su un totale di 7.904 comuni, erano state presentate 4.695 relazioni sui proventi delle sanzioni per infrazioni al codice della strada e sul loro utilizzo da parte degli enti locali, 680 delle quali erano state considerate irregolari;

   il Governo ha altresì rappresentato che erano in corso di predisposizione le occorrenti attività amministrative per rendere accessibile al pubblico il contenuto delle relazioni inviate –:

   se siano state adottate le sanzioni previste dall'articolo 142, comma 12-quater del codice della strada nei confronti degli enti locali che, nell'anno 2020, non hanno inviato la relazione relativa ai proventi dell'anno 2019 e nei confronti dei 680 che hanno inviato una relazione irregolare;

   quante siano state le relazioni relative ai proventi dell'anno 2020 inviate entro il termine del 31 maggio 2021, e se siano state ultimate le attività per rendere accessibile al pubblico il contenuto della documentazione inviata.
(5-06207)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALBUSA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   attualmente una parte significativa del traffico automobilistico diretto alle località turistiche sul lago di Garda usufruisce del casello di Peschiera, il quale presenta collegamenti alla viabilità statale della zona del basso Garda veronese molto complessi e poco funzionali, tanto da essere sede di frequenti rallentamenti e code specialmente in occasione dei fine settimana e della stagione estiva quando il traffico turistico, attratto dal lago e dai parchi turistici, raggiunge le punte massime;

   tale situazione determina la pressoché quotidiana presenza di livelli di congestione fortemente pronunciati e diffusi, che danno luogo ad accodamenti veicolari, e basse velocità di percorrenza con frequenti scadimenti delle condizioni di circolazione;

   per risolvere il problema della congestione del traffico basterebbe aprire nel comune di Castelnuovo del Garda un casello dedicato, collegato con la superstrada costruita apposta per alleggerire il traffico sulla strada statale 11, anche questa intasata dai vacanzieri;

   l'intervento prevede una nuova stazione autostradale lungo la carreggiata ovest della A4, circa 3,5 chilometri a est dell'attuale casello di Peschiera del Garda e la realizzazione di interconnessioni con la viabilità ordinaria, finalizzate al miglioramento dei collegamenti tra l'autostrada A4 Torino-Trieste e l'area del Basso Garda veronese, zona quest'ultima a vocazione turistica con elevatissime presenze nel periodo primaverile ed estivo, nonché importante snodo viario di collegamento est-ovest e direttrice nord verso il Brennero;

   nel progetto è previsto anche un ampio parcheggio per gli utenti che potrà accogliere fino a 438 veicoli;

   nel corso del 2018, dopo aver aggiornato il progetto del casello di Castelnuovo alle ultime normative intervenute, ne è stato avviato l'iter approvativo per l'ottenimento dei provvedimenti di conformità urbanistica ed autorizzazione paesaggistica;

   il progetto esecutivo è stato trasmesso nell'ottobre 2019 dalla società concessionaria al concedente Mit – ora Mims – direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali per la superiore approvazione, che ha coinvolto, per l'espressione del parere tecnico, il provveditorato alle opere pubbliche per il Veneto, il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia;

   si rappresenta che l'opera è molto attesa dal territorio per le sue finalità atte a migliorare i collegamenti tra l'autostrada A4 e l'area del Basso Garda veronese e a risolvere le problematiche legate al traffico turistico e commerciale di tale zona;

   inoltre, sollecitazioni all'esecuzione del nuovo casello provengono anche da parte di altri soggetti interessati, rappresentando, la realizzazione di nuove infrastrutture, un elemento concreto per il rilancio e la ripresa dell'economia –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di una rapida conclusione dell'iter per la realizzazione del casello autostradale di Castelnuovo del Garda.
(4-09502)


   DARA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la variante di Goito alla ex strada statale 236 «Goitese» è una delle opere connesse al raccordo autostradale Tirreno-Brennero, denominato TI.BRE, tra l'autostrada della Cisa A15 e l'autostrada del Brennero A22, da Fontevivo (PR) a Nogarole Rocca (VR) la cui realizzazione è in capo al concessionario Salt s.p.a.;

   i livelli di traffico presenti sulla ex strada statale 236 – Goitese e la previsione, inserita nel progetto definitivo dell'autostrada nazionale TI.BRE di realizzare uno svincolo in prossimità della cittadina di Goito hanno determinato l'inserimento, nel progetto della nuova autostrada, della variante all'abitato di Goito, opera connessa e funzionale alla nuova infrastruttura autostradale;

   nel 2020 i comuni interessati dalla variante alla ex strada statale 236 – Goitese: Goito, Monzambano e Marmirolo hanno espresso la richiesta di realizzare la tangenziale di Goito senza dover ulteriormente attendere il completamento dell'autostrada, a fronte delle risorse previste da regione Lombardia con il programma degli interventi per la ripresa economica – approvato con delibera di giunta regionale XI/3531 del 5 agosto 2020, confermato dalla successiva delibera di giunta regionale XI/3749 del 10 ottobre 2020 – che ha previsto un importo massimo di 130 milioni di euro per la realizzazione della tangenziale;

   sono state così avviate da regione Lombardia le interlocuzioni con l'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (oggi Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) e il concessionario Salt nell'incontro del 18 novembre 2020, al fine di definire un percorso operativo condiviso anche con la provincia di Mantova, il comune di Goito ed eventuali altri enti coinvolti per avviare la progettazione e realizzare l'opera il prima possibile, in ragione della necessità e urgenza di contenere il traffico che insiste sulla viabilità goitese con anche l'attraversamento dei centri abitati;

   inoltre, il quadro di riferimento funzionale, normativo e ambientale dal 2005 ad oggi è stato interessato da numerose variazioni, aggiornamenti e integrazioni, anche rilevanti, che rendono necessario un importante rifacimento e adeguamento progettuale, rispetto al vecchio progetto TI.BRE, partendo dall'elaborazione di un nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica;

   successivamente si è convenuto che la provincia di Mantova si occuperà delle procedure approvative ed espropriative e Cal (Concessioni autostradali lombarde) della elaborazione delle fasi progettuali e della realizzazione dell'opera –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto, per far fronte alle problematiche connesse alla realizzazione della variante di Goito e quali siano i tempi per la conclusione degli accordi con il concessionario Salt ai fini dell'inizio dei lavori previsti per la messa in esercizio dell'opera.
(4-09503)


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2021 è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sullo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la ripartizione e l'utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza dei ponti e viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti, con problemi strutturali di sicurezza, della rete viaria di province e città metropolitane, con cui vengono rese disponibili risorse per un valore di 1,150 miliardi di euro per il triennio 2021-23;

   l'amministrazione provinciale di Latina, in ragione dell'ordinanza n. 13 del 13 aprile 2021, ha disposto, con effetto immediato, e sino al permanere delle condizioni di pericolo, la chiusura al traffico, in entrambi i sensi di marcia, per tutte le categorie di veicoli, con l'istituzione del segnale di divieto di transito e del transito vietato ai pedoni del ponte sul Fiume Garigliano e del tratto della strada provinciale 129 Maiano dal chilometro 1+000 al chilometro 1+057 e, comunque, fino al limite territoriale della provincia di Caserta;

   nella predetta ordinanza si chiarisce che il provvedimento si è reso necessario a seguito delle «risultanze delle indagini strutturali eseguite sul ponte in questione, (...) le quali, oltre ad evidenziare numerose criticità strutturali e gravi ed estesi scartellamenti dell'intradosso della trave di bordo lato valle, della scarpata centrale, con espulsione di rilevanti porzioni di copriferro e corrosione dei fili di precompressione che; in qualche caso, risultano completamente ossidati e quindi tracciati ...», ha evidenziato tra l'altro che «allo stato attuale non si può escludere il rischio di una rottura improvvisa della trave di valle»;

   l'interruzione all'utilizzo del suddetto ponte permarrà fino all'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza, con interventi di manutenzione e di risanamento strutturali;

   la chiusura del ponte sta creando problemi molto seri alle comunità locali dei comuni di Castelforte e di Santi Cosma e Damiano del Basso Lazio e di Sessa Aurunca dell'Alto Casertano che, nella infrastruttura viaria, avevano l'unico mezzo per recarsi nei luoghi lavoro e per realizzare occasioni di scambi economici e sociali;

   dopo il 21 aprile 2021 (data in cui si è tenuto un tavolo tecnico presso il comune di Sessa Aurunca per pianificare gli interventi relativi al ponte di Maiano), non è più stato possibile conoscere con certezza se e quando sarà ripristinata la normale viabilità del ponte sul fiume Garigliano per i pedoni e per il traffico veicolare –:

   se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa;

   se intenda assumere urgenti iniziative di competenza, anche nell'ambito delle misure previste dall'emanando decreto ministeriale per l'utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza dei ponti e viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti, volte a consentire il superamento delle criticità esposte con riguardo alla viabilità sulle infrastrutture in questione.
(4-09505)


   FORNARO e PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni sono state realizzate diverse opere che hanno reso più funzionali i quattro porti della Sicilia Occidentale (Palermo, Porto Empedocle, Termini Imerese e Trapani) e che, grazie alla credibilità acquisita con il rispetto dei tempi previsti per il loro completamento, hanno attratto investimenti privati, sia di colossi del settore delle crociere sia di altri operatori portuali;

   a seguito di ciò, è stato possibile ridare una prospettiva di sviluppo ai cantieri navali di Palermo, che negli ultimi 20 anni sono stati progressivamente ridimensionati a causa dell'immobilismo della Regione Siciliana. Va nella direzione di un'inversione di tendenza l'accordo firmato nel dicembre 2020 tra la Fincantieri e l'Autorità portuale che prevede la costruzione di navi, anche di grandi dimensioni. Così come la nomina a commissario del presidente dell'Autorità portuale di Palermo, decisa dal secondo Governo Conte, per la ricostruzione del bacino di carenaggio di 150.000 tonnellate e per i lavori che ridisegneranno le strutture portuali e il loro rapporto con la città. L'accordo sottoscritto a dicembre 2020, dovrebbe generare una vera e propria rivoluzione anche nell'assetto infrastrutturale, oltre che operativo, del porto di Palermo, destinando un'area estesa, oggi composta da un bacino d'acqua e piazzali, a un moderno stabilimento da adibire alla costruzione di navi, accanto alle riparazioni e alle grandi trasformazioni navali, settore nel quale Fincantieri ha maturato notevole esperienza negli ultimi anni;

   resta tuttavia un ostacolo al rilancio del porto e dei cantieri navali: l'assenza di un collegamento tra queste strutture e il sistema viario regionale, il cosiddetto ultimo miglio. Per risolvere in maniera definitiva il problema dell'attraversamento della città, è stato sottoscritto un protocollo dal comune di Palermo, l'Anas, l'Autorità portuale e il Provveditorato. Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha stanziato un milione e mezzo di euro per lo studio di fattibilità di un tunnel sotterraneo di 12 chilometri che, nei progetti, consentirebbe di attraversare il capoluogo siciliano collegando al porto le due autostrade per Catania e per Trapani senza passare dalla circonvallazione. Tuttavia, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, oltre a non prevedere il raddoppio ferroviario, non stanzia neppure investimenti per la realizzazione di questo progetto –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per individuare in tempi rapidi le risorse necessarie, nazionali e/o europee, per il completamento del progetto strategico per il rilancio delle attività del porto di Palermo e dei suoi cantieri navali.
(4-09507)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   VILLANI, NAPPI e DEL SESTO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 20 maggio 2021 è stato siglato il «Patto per la scuola al centro del Paese» tra il Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, e le parti sociali (Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Cisal, Cida, Codirr); nelle premesse del Patto si legge che:

    «(...) il sistema educativo italiano è chiamato ad una sfida straordinaria: valorizzare come opportunità di profonda innovazione l'esperienza vissuta da tutta la comunità educante durante il periodo pandemico»;

    «Diviene indifferibile (...) affrontare in maniera organica e strutturata i temi della formazione iniziale, del reclutamento, della formazione in ingresso e in servizio e della valorizzazione della professionalità di tutto il personale della scuola»;

   tra gli impegni concordati tra Ministro e parti sociali, vi sono:

    «Garantire un'efficace programmazione e gestione dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche autonome attraverso nuove procedure di reclutamento finalizzate ad assicurare la presenza di ogni figura professionale prevista dall'organico il primo settembre di ogni anno (...)»;

    «Rendere le procedure per il reclutamento del personale scolastico regolari, per la selezione delle migliori competenze (...)»;

    «Programmare percorsi formativi per il reclutamento e la formazione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole, compresi i neoassunti»;

    «Prevedere efficaci politiche salariali per la valorizzazione del personale dirigente, docente e ATA, con il prossimo rinnovo del contratto, tramite le risorse di cui al “Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”»;

    «Prevedere nell'Atto di indirizzo, con un confronto preventivo, un adeguato riconoscimento a tutte le professionalità operanti nella scuola, compresa la dirigenza scolastica»;

   il Patto si conclude scrivendo «La valorizzazione delle persone è la leva fondamentale e necessaria per condividere la visione di unità del Paese e per accrescere il ruolo della scuola quale catalizzatore di idee, visioni, progetti e innovazione»;

   si ricorda che tra gli elementi fondanti del «Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale», il punto 3 prevede che, attraverso i contratti collettivi nazionali 2019-2021, si procederà alla rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, ricorrendo a risorse aggiuntive con la legge di bilancio per il 2022 e adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze;

   il suddetto punto 3 evidenzia, inoltre, la necessità di valorizzare specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze e conoscenze specialistiche, in grado di assumere specifiche responsabilità organizzative e professionali;

   nel mondo dell'istruzione, questa valorizzazione non può che passare per la creazione di un livello contrattuale separato dal resto del personale scolastico, riservato a direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) e alcuni docenti, quali figure intermedie necessarie e utili per garantire una leadership diffusa e la continuità del presidio delle procedure organizzative e amministrative interne;

   infatti, in tutte le istituzioni scolastiche i Dsga sono incaricati di svolgere mansioni particolarmente complesse di tipo organizzativo amministrativo, contabile, e altro che necessitano anche di capacità relazionali e di problem solving e richiedono un impegno non indifferente, soprattutto in periodi particolarmente difficili come quelli che stiamo vivendo;

   nonostante il ruolo sia evidentemente importante e centrale per il buon funzionamento amministrativo, permangono una grave inadeguatezza della categoria di inquadramento professionale e la necessità di definire e valorizzare un livello di contrattazione autonomo, nonché una grave insufficienza retributiva rispetto alla complessità della mansione svolta e alle relative responsabilità –:

   se, nell'ambito dell'attività di negoziazione contrattuale per i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2019-2021, il Governo intenda porre in essere iniziative di competenza volte a valorizzare la professionalità del Dsga, in particolar modo prevedendo il livello contrattuale separato dei quadri, nonché una maggiorazione della retribuzione economica.
(3-02327)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI, CENNI, AVOSSA, CRITELLI, CAPPELLANI e FRAILIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dopo giorni di trattative il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea non hanno trovato un compromesso sui fondi da destinate alla nuova Politica agricola comune (Pac);

   l'intesa si sarebbe arenata sull'architettura verde della nuova Pac, sulla quota di aiuti da riservare agli incentivi ambientali (eco schemi);

   grazie agli sforzi di questi mesi, sono stati raggiunti risultati importanti, evitando la rinazionalizzazione della Pac, salvaguardando il ruolo delle nostre regioni, rafforzando le misure di gestione del rischio, anche nel primo pilastro, dando la possibilità di effettuare programmazione produttiva a tutte le Dop e Igp, anche nel settore viti-vinicolo. Inoltre, la Pac riconoscerà il ruolo fondamentale dei lavoratori agricoli, con un meccanismo che penalizzerà quegli imprenditori che non rispettino le norme sul lavoro, e premierà quelli che si impegnano a garantire i più elevati standard di sicurezza;

   si è alla vigilia di importanti decisioni che devono garantire regole certe e stabilità agli agricoltori, la tenuta e la crescita delle aree rurali, la sfida alla sostenibilità ambientale;

   il mancato accordo a livello comunitario rischia, inoltre, di rallentare il percorso di scrittura e di approvazione del Piano strategico nazionale nel quale dovranno trovare spazio interventi urgenti e molto attesi da tutto il comparto agricolo, quali le misure di assicurazione e di gestione del rischio a tutela del reddito degli agricoltori, oggi più che mai necessarie per dare sostegno alle aziende sempre più colpite da eventi climatici avversi –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti su quanto esposto e quali iniziative intenda assumere, nelle competenti sedi europee, per favorire un accordo sulla riforma della Pac.
(5-06203)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA, CENNI, ROTTA, PELLICANI, PEZZOPANE, MORGONI, BURATTI e CIAGÀ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la Wte srl è un'azienda bresciana operante nel settore del trattamento e del recupero dei rifiuti solidi e liquidi. Dal 2011 la Wte è al centro di esposti e denunce presentati dai cittadini per molestie olfattive prodotte dai fanghi. Anche la provincia di Brescia e l'Arpa hanno più volte contestato all'azienda alcune irregolarità nelle lavorazioni, nel superamento dei limiti di soglia per diverse sostanze, imponendo migliorie agli impianti;

   a seguito dell'inchiesta avviata nel 2018, il 24 maggio 2021 la procura di Brescia ha iscritto quindici persone nel registro degli indagati per traffico illecito di rifiuti e posto sotto sequestro i tre stabilimenti industriali della Wte siti nei comuni di Calcinato, Calvisano e Quinzano d'Oglio;

   i risvolti emersi dalle indagini, riportati dalla stampa nazionale, delineano un quadro connesso al ciclo dei rifiuti inquietante. Da gennaio 2018 ad agosto 2019 la Wte avrebbe ritirato i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane e industriali, da sottoporre a trattamento per garantirne l'igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. L'azienda, per massimizzare i propri profitti, anziché abbattere gli inquinanti ne avrebbe aggiunti degli altri come l'acido solforico delle batterie esauste, classificando infine il tutto come «gessi di defecazione», per poi smaltirli su terreni destinati a coltivazioni agricole;

   si tratterebbe di circa 150.000 tonnellate di fanghi tossici, contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altri inquinanti, finite nei campi agricoli di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza, fatte passare da sei compiacenti aziende di lavorazioni rurali conto terzi retribuite dalla Wte, come fertilizzanti derivanti da scarti dell'agroalimentare e venduti ad agricoltori ignari del potere inquinante di quelle sostanze;

   gli stralci delle intercettazioni pubblicate sulla stampa nazionale restituiscono dialoghi agghiaccianti sia per la spregiudicatezza che per la deliberata intenzionalità di inquinare e arrecare danno all'ambiente, alla salute delle persone, persino dei bambini: «io ogni tanto ci penso. Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi, lo sono stato consapevolmente un delinquente». «Sono un mentitore!... Io finisco all'inferno», «Lo facciamo per il bene dell'azienda!» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione concernente i fanghi tossici smaltiti dalla Wte srl riportata in premessa, e in quali tempi intendano adottare iniziative per aggiornare la disciplina in materia di utilizzazione agronomica dei fanghi e di gestione dei rifiuti costituiti da fanghi.
(4-09494)


   VARCHI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   sta scatenando forti polemiche la proposta avanzata dal Ministro in delle politiche agricole alimentari e forestali di ripartizione delle risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) per il biennio di transizione 2021-2022, fortemente penalizzante nei confronti del comparto agricolo delle regioni del Mezzogiorno e con impatti preoccupanti sulla tenuta economico-sociale dei territori rurali interessati;

   in particolare, il 16 gennaio 2014, quando in sede di Conferenza delle regioni e province autonome furono firmati i precedenti criteri di riparto, i presidenti di regione si impegnarono a rivederli alla fine di quel settennato di programmazione, ma tale passaggio si è sovrapposto ai negoziati per modificare la Pac, ritenuta tra l'altro colpevole di penalizzare le piccole aziende agricole in favore di quelle con una gestione di tipo «industriale», e, ad oggi, quei criteri non sono stati modificati;

   con propria nota del 23 marzo 2021, n. 0137532, il Capo di Gabinetto del Ministro ha trasmesso alla segreteria della Conferenza Stato-regioni, al fine di acquisire l'intesa ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, una proposta di ripartizione dei fondi assegnati all'Italia nel settore dello sviluppo rurale (Fondo Feasr) per gli anni 2021 e 2022;

   secondo la denuncia degli assessori di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria, sulla base di tale proposta le regioni del Sud perderebbero rispetto alla ripartizione precedente che le ha viste destinatarie di circa metà dei 10,4 miliardi di euro complessivi: «Non accetteremo mai colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022: ciò si tradurrebbe in una penalizzazione mortificante per regioni già svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate»;

   con il fondo europeo Feasr vengono, infatti, finanziati, nell'ambito della Politica agricola comune dell'Unione, i cosiddetti piani di sviluppo rurale, che, stando ai regolamenti europei, puntano a migliorare la competitività del settore agricolo, garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, promuovere azioni per il clima e raggiungere uno sviluppo territoriale equilibrato delle economie e delle comunità rurali, compresa la creazione e il mantenimento di posti di lavoro;

   all'Italia spettano, per il periodo di programmazione 2021-2027, quasi 10 miliardi di euro a cui si sommano i cofinanziamenti nazionali: risorse fondamentali per migliorare le condizioni di vita nelle aree più povere e depresse, ridurre il divario tra il Mezzogiorno e il resto d'Italia e, in generale, per il rilancio dell'intero sistema Italia, soprattutto in considerazione del fatto che le regioni che resterebbero penalizzate rappresentano il 60 per cento delle aree italiane interessate dal Programma di sviluppo rurale;

   lo stallo sull'intesa in materia di ripartizione dei 3,9 miliardi di euro di Fondo europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale per il biennio 2021-2022 sta danneggiando le aziende agricole in attesa di finanziamenti –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per non modificare i criteri di riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale per il biennio di transizione 2021-2022, demandando all'istituzione di un tavolo politico l'opportunità di individuare, a partire dal 2023, nuovi criteri coerenti con lo spirito e le finalità del Programma di sviluppo rurale.
(4-09506)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARLI, SURIANO, TRANO, SAPIA, MASSIMO ENRICO BARONI, TERMINI, LEDA VOLPI e EHM. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella nota dell'Aifa del 26 maggio 2021 sulle complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti COVID-19 con AstraZeneca o Johnson & Johnson, c'è scritto «sono stati tuttavia accertati rari casi di eventi del tutto peculiari, caratterizzati da trombosi dei seni venosi cerebrali (TSVC) e/o trombosi delle vene splancniche, spesso associati alla presenza di trombi in sedi multiple e a piastrinopenia, con emorragie gravi e talvolta segni di coagulazione intravascolare disseminata (CID). Questi eventi sono stati osservati quasi esclusivamente entro circa tre settimane dalla vaccinazione in soggetti sani con età inferiore a 60 anni, prevalentemente donne»;

   l'Associazione Luca Coscioni, il 7 giugno 2021, ha scritto una lettera al Governo e al Commissario per la pandemia sottoscritta da medici ed esperti nella quale c'è scritto:

    «in contrasto con la politica prudente degli altri paesi europei, molte regioni italiane stanno organizzando open days di vaccinazioni AstraZeneca (AZ) e Johnson&Johnson riservati a fasce d'età per le quali AIFA ha sconsigliato questi vaccini. Diversi open days sono riservati ai giovani over 18, in particolare ai maturandi»;

   nella lettera dell'Associazione Luca Coscioni, inoltre, si riportano dati di studi che dimostrerebbero la pericolosità della somministrazione di tali vaccini per i giovani, in particolare si scrive: «che i vaccini a vettore adenovirale possono causare in soggetti probabilmente predisposti la trombosi venosa trombocitopenica (VITT), un effetto collaterale raro che si presenta a distanza di 5-15 giorni dalla vaccinazione e può avere esito fatale. La fascia di età più a rischio è quella dai 20 ai 55 anni, soprattutto individui di sesso femminile. Nei primi studi l'incidenza risultava di 1:100.000, con un terzo di casi fatali. L'analisi dei dati forniti dall'Agenzia del Farmaco e dal Servizio Sanitario Inglese, aggiornati a metà maggio, suggerisce una incidenza superiore. La nota informativa del vaccino AZ riporta la VITT come possibile effetto indesiderato che può interessare fino a 1 persona su 10.000»;

   uno studio inglese, del maggio 2021 dal titolo «Vaccinating children against SARS-COV-2» in merito alle vaccinazioni anti COVID-19 afferma che: «la gravità del COVID-19 nei bambini di età inferiore ai 12 anni è simile a quella dell'influenza e poiché le risorse sanitarie sono limitate anche nei paesi ad alto reddito, è improbabile che la vaccinazione dei bambini sia una priorità»;

   a Genova, come riporta il giornale «Today», il 6 giugno 2021, una ragazza di 18 anni è stata ricoverata per un caso di trombosi. I problemi sanitari alla giovane sarebbero iniziati dopo la somministrazione della prima dose di vaccino AstraZeneca, avvenuta il 25 maggio 2021 –:

   se risulti al Governo che le regioni abbiano informato correttamente i giovani degli eventuali rischi a seguito delle somministrazioni di vaccini AstraZeneca o Johnson & Johnson;

   se non valuti di adottare iniziative, anche normative, affinché siano bloccati gli open days di vaccinazioni AstraZeneca (AZ) e Johnson&Johnson per la popolazione under 55-60 anni, considerando che il rapporto rischio/beneficio, così come da rapporti internazionali, non è a favore dei benefici per questo tipo di platea;

   se non valuti, alla luce di quanto descritto in premessa, che la vaccinazione nei minorenni e nei giovanissimi vada effettuata solo se pazienti fragili o se conviventi di persone particolarmente a rischio.
(5-06206)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come stabilito al comma 1 dell'articolo 17 del decreto del Presidente Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 «Il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone di cui all'articolo 18 le prestazioni sanitarie che comportano l'erogazione di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell'ambito di un piano riabilitativo-assistenziaie volto alla prevenzione, alla correzione o alla compensazione di menomazioni o disabilità funzionali conseguenti a patologie o lesioni, al potenziamento delle abilità residue, nonché alla promozione dell'autonomia dell'assistito»;

   fino a gennaio 2017 l'assistenza in materia di protesi ed ausili è stata gestita con lo strumento del Nomenclatore tariffario, attualmente in vigore, stabilito dal decreto ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999 che individua le prestazioni di assistenza protesica definendone anche le modalità di erogazione;

   nel Nomenclatore non vengono registrati «prodotti» (modello e marca), ma sono indicate solo le tipologie erogabili dallo Stato delle quali vengono descritte funzioni e caratteristiche generali;

   l'articolo 30-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto in sede di conversione dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha previsto, al fine di soddisfare le specifiche esigenze degli assistiti con disabilità grave e complessa, l'adozione da parte delle regioni di procedure ad evidenza pubblica che prevedano l'intervento di un tecnico abilitato che provveda all'individuazione e alla personalizzazione degli ausili indicati negli elenchi 2A e 2B dell'allegato 5 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 con l'introduzione delle modifiche necessarie;

   dal mese di marzo 2017 nei nuovi livelli essenziali di assistenza è stato introdotto il Nuovo nomenclatore delle protesi e degli ausili, nel quale sono stati inseriti anche nuovi dispositivi che potrebbero migliorare in maniera significativa la vita delle persone con disabilità;

   nonostante questi importanti e positivi aggiornamenti, il sistema di gestione dell'erogazione delle prestazioni protesiche risulterebbe però ancora inefficiente ed inadeguato, sia per la mancanza di un organismo permanente che possa valutare l'andamento del mercato al fine di aggiornare periodicamente le liste eliminando i prodotti obsoleti ed inserendo i nuovi, sia per l'assenza di procedimenti semplici e trasparenti che permettano di proporre e fornire i nuovi dispositivi;

   a tale riguardo si è dimostrata particolarmente problematica l'erogazione dei dispositivi di serie inclusi nell'elenco 2 del Nuovo nomenclatore: mentre le tipologie incluse nell'elenco 1 (ausili su misura) sono forniti a tariffa, i dispositivi inclusi nell'elenco 2 devono essere acquistati direttamente dalle Asl tramite appalti, ma, essendo ricompresi in questa categoria anche quei tipi di ausilio che pur essendo di produzione industriale per essere utilizzati efficacemente devono essere individuati ed allestiti ad personam, risulta impossibile acquistare a gara questa tipologia non standard di prodotti, tant'è che dopo oltre 4 anni dalla pubblicazione del nuovo Nomenclatore nessuna gara per questi dispositivi risulta essere stata bandita e aggiudicata;

   ciò ha comportato che il Nuovo nomenclatore, formalmente in vigore anche per i prodotti inclusi nell'elenco 2, non sia di fatto applicabile per tutti gli ausili destinati ai bisogni più complessi ed alle persone con patologie più gravi che possono ottenere soltanto i dispositivi contenuti nel vecchio elenco e alle tariffe del 1999, dal momento che le nuove tariffe predisposte dai funzionari ministeriali della programmazione sanitaria non sono ancora state validate –:

   se, in ragione delle problematiche sopra evidenziate, non ritenga necessaria un'iniziativa normativa urgente al fine di modificare le procedure richieste per l'ottenimento dei dispositivi inseriti nell'elenco 2 del Nuovo nomenclatore;

   se non ritenga altresì indispensabile e non più procrastinabile adottare le iniziative di competenza per procedere all'aggiornamento dei vecchi elenchi e del tariffario, che dovrebbe essere periodicamente aggiornato (ogni 3 anni), ma risale ancora al 1999.
(4-09500)


   PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, COLMELLERE, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in queste settimane, in Veneto, ma si presume anche nel resto del territorio nazionale, i mezzi di comunicazione stanno dando voce ai presidenti delle Rsa che lamentano la preoccupante carenza d'infermieri, non ultima quella dell'Ipab di Treviso che, a numero di posti letto, è la più grande del Veneto;

   il rapporto Ocse Health at a Glance 2020 evidenzia come in Italia vi sia un rapporto di 5,7 infermieri ogni 1.000 abitanti contro una media Ocse di 8,2 e con tutti gli Stati del Nord Europa sopra i 10 infermieri ogni 1.000 abitanti;

   tale carenza, del resto, è denunciata da anni dalla Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche) che dichiara che ad oggi nel nostro Paese mancano circa 63.000 infermieri;

   a fronte di questa grave mancanza d'infermieri, acuita dalla pandemia, il Governo ha solo previsto, all'articolo 13 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto decreto cura Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 – come sostituito dall'articolo 4, comma 8-sexies, del decreto-legge n. 183 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 21 del 2021 – la possibilità di assumere, fino al 31 dicembre 2021, anche presso le Rsa autorizzate o accreditate, personale sanitario non appartenente all'Unione europea che sia iscritto, nello Stato di provenienza, all'albo delle professioni sanitarie che s'intendono venir esercitare in Italia e che lo stesso sia titolare di un permesso di soggiorno che consenta di svolgere l'attività lavorativa –:

   se sia stato stimato quanti anni serviranno al Paese per formare infermieri sufficienti ad azzerare la carenza denunciata in premessa, operazione che di converso andrà a creare nuova occupazione;

   quali iniziative normative intenda porre in essere, a breve, per far fronte alla grave carenza d'infermieri che da anni affligge l'Italia;

   se – a fronte del reale pericolo prospettato dalle Rsa tenuto conto della mancanza di personale infermieristico, di essere costrette, non solo a non accogliere più ospiti in struttura, ma addirittura a dimettere anche quelli già presenti, non potendo più rispettare le normative relative al rapporto infermieri/ospiti – non ritenga di adottare iniziative per estendere quanto previsto dal citato articolo 13 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, anche per gli anni 2022 e 2023.
(4-09501)


   ANGIOLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dal Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes) dell'Istat emerge che la crescita degli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale e in ricerca e sviluppo (r&s) resta debole in Italia in tutti i settori compresa la ricerca biomedica;

   il prossimo Programma Quadro Horizon Europe 2021-2027 rappresenta uno dei più ambiziosi e avanzati strumenti per favorire la ricerca e la mobilità scientifica transnazionale in Europa;

   i singoli Stati membri devono partecipare all'utilizzo dei fondi europei in maniera proporzionata alle esigenze e alle capacità espresse nei singoli Paesi e l'accesso a tali fondi deve essere possibile per tutti i soggetti competenti, in base ai criteri previsti dalle politiche europee della ricerca, e pertanto la partecipazione alle procedure competitive a livello nazionale dovrebbe essere aperta a tutte le categorie che vi hanno accesso a livello europeo o, più in generale, a tutti i soggetti di comprovata esperienza e competenza scientifica nel settore;

   l'Italia, facendo uso di proprie procedure nazionali come quelle stabilite per la ricerca sanitaria dagli articoli 12 e 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, limita la partecipazione ad alcuni rilevanti bandi europei, come ad esempio i programmi Eranet, ad alcuni soggetti istituzionali ivi stabiliti, eventualmente allargati ad altri soggetti sulla base di decisioni del Ministero della salute e, al contempo, impedisce la partecipazione ad altri soggetti in possesso delle competenze specifiche per il tipo di ricerca a cui il bando si riferisce;

   di recente il Ministero della salute nel dare il via all'attuazione del Piano operativo salute 2021, un ampio programma destinato ad implementare la ricerca biomedica, ha applicato le limitazioni all'accesso sancite dagli articoli 12 e 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 consentendo la partecipazione esclusivamente a Irccs, Cnr e università ed escludendo ogni altro ente di ricerca –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per adeguare la normativa vigente nel campo della ricerca sanitaria e biomedica, tuttora basata sul decreto legislativo n. 502 del 1992, ai principi europei di libero accesso alle risorse di tutti i soggetti aventi adeguate competenze;

   come si intenda evitare ogni tipo di discriminazione nelle scelte dei soggetti da ammettere agli interventi previsti dai piani di ricerca nazionali ed europei, al fine di non escludere in particolare le organizzazioni non-profit di ricerca riconosciute a livello internazionale per le attività nei settori a cui le risorse sono destinate;

   quali iniziative il Governo intenda adottare perché si potenzi la capacità di sviluppare in Italia proposte progettuali di rilievo internazionale atte a colmare numerosi ed inevasi bisogni di ricerca connessi ad un insieme di malattie (genetiche, metaboliche, croniche, neonatologiche, neuro sviluppo) che colpiscono, in particolare, i soggetti più fragili, i cui bisogni di salute sono maggiormente insoddisfatti (ricerca pediatrica e sulle malattie rare);

   quali iniziative il Governo intenda adottare per favorire anche in Italia la creazione di ampie partnership, pubbliche e private, profit e non profit, che coinvolgano tutte le organizzazioni pubbliche e private di ricerca incluse università, Cnr, ospedali, fondazioni, consorzi, associazioni, anche di pazienti esperti, e sviluppare un modello di ricerca cooperativo nell'ambito biomedico, attraverso lo stanziamento di fondi atti a promuovere la creazione di network e infrastrutture dedicati basati sulle competenze ed i bisogni riconosciuti.
(4-09508)


   CIABURRO. — Al Ministro della salute, Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Verzuolo (CN), ha sede uno stabilimento produttivo appartenente al gruppo Burgo-Marchi, specializzato in cartiere; lo stabilimento, inizialmente destinato alla produzione di carta patinata, è stato riconvertito in stabilimento di produzione di carta da imballaggio, utilizzante carta riciclata come materia prima;

   come riportato a mezzo stampa, sono emersi numerosi problemi legati ai cattivi e persistenti odori provenienti dalla fabbrica e percepiti da tutti i verzuolesi e non solo;

   in tal senso il sindaco di Verzuolo ha avviato numerose interlocuzioni con la proprietà dello stabilimento, la quale si è intestata l'onere di trovare una soluzione al problema legato ai miasmi; in merito, il sindaco di Casteldelfino (CN), comune nelle vicinanze di Verzuolo, ha avuto modo di esprimersi a mezzo stampa, pubblicando online alcune documentazioni inviate alla provincia di Cuneo del 2019, le quali, riprendendo una delibera della giunta regionale del Piemonte, raccomandavano il controllo delle particelle aerosol per evitare il rischio legionella, nonché di infestazione degli impianti;

   come espresso in risposta alle predette dichiarazioni da parte del sindaco di Verzuolo, l'amministrazione comunale non è in possesso di documentazioni che attestino il predetto pericolo, ed ha pertanto fatto una richiesta documentale alla Asl CN1, responsabile del territorio;

   inoltre, il sindaco di Verzuolo ha anche convocato un apposito tavolo tecnico, in data 8 giugno 2021, con le competenti autorità, per discutere sia dei ripetuti episodi di molestia olfattiva, che per verificare la sussistenza o meno dei rischi sollevati ed evidenziati dal sindaco di Casteldelfino;

   occorre evidenziare, in ogni caso, il valore dell'impianto per i livelli occupazionali del territorio, enfatizzando come, in ogni caso, la soluzione alla controversia in questione debba essere trovata nel rispetto del ruolo che la cartiera ricopre per l'occupazione del territorio –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché sia data piena pubblicità a tutte le documentazioni disponibili sul fatto di cui in premessa, in modo da poter verificare in piena trasparenza se quanto dichiarato dal sindaco di Casteldelfino in merito al rischio di legionella legato all'impianto corrisponda al vero;

   se intenda adottare iniziative di competenza, in coordinamento con le competenti autorità territoriali, al fine di contribuire a risolvere la controversia di cui in premessa e al fine di garantire, in ogni caso, il mantenimento e la tutela dei livelli occupazionali derivanti dalla presenza sul territorio dell'impianto sopra citato, tenendo conto del valore ricoperto dalla riconversione dell'impresa in un'ottica di economia circolare.
(4-09510)


   DE CARLO e SUT. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   gli effetti devastanti della pandemia da Covid-19 hanno oltremodo accentuato carenze in ambiti e settori già fortemente compromessi. Tra questi la sanità pubblica ha pagato il prezzo più alto. La Sores, sala operativa regionale di emergenza sanitaria della regione Friuli Venezia Giulia, in prima linea nella lotta al Coronavirus, è preposta alla ricezione delle chiamate in emergenza e costituisce, sul territorio, il raccordo tra le strutture territoriali ospedaliere e i mezzi di soccorso ad essa collegati grazie a sistemi di telecomunicazioni avanzati;

   a seguito del pensionamento del suo storico direttore, è stato indetto, il 23 marzo 2021, un concorso pubblico per la nuova nomina della figura dirigenziale del Sores di Palmanova;

   nonostante l'indizione del concorso sopra indicato e la partecipazione di 4 candidati, la selezione ha subito una sospensione come conseguenza della nomina diretta a nuovo direttore del dottor Amato De Monte, già primario della terapia intensiva di Udine;

   considerato il decreto legislativo n. 502 del 1992, in base al quale viene subordinata l'attribuzione dell'incarico di direttore di struttura complessa ad un concorso pubblico e per cui la scelta dovrebbe ricadere su una rosa di candidati, emerge con certezza che il dottor De Monte, pur non risultando il vincitore del concorso citato, viene designato direttore della struttura operativa regionale di emergenza sanitaria (Sores) dal dottor Giuseppe Tonutti (direttore generale dell'Arcs), dopo un accordo informale tra le parti, come annunciato durante l'audizione presso la III Commissione del consiglio regionale Friuli Venezia Giulia, «bypassando» di fatto il concorso pubblico bloccato subito dopo la nomina. Nonostante il dottor Giuseppe Tonutti abbia dichiarato di aver agito secondo diritto, anche a seguito di una rimostranza di interesse alla carica da parte del dottor De Monte, è emerso in maniera evidente come la nomina dello stesso potrebbe influire negativamente sul ruolo ricoperto e sulla stessa Sores, poiché lo stesso sarebbe stato scelto arbitrariamente e, da notizie emerse a mezzo a stampa, anche con l'obiettivo di portare il primario fuori dal contatto diretto con i pazienti, in considerazione delle norme nazionali e in applicazione del decreto-legge n. 44 del 2021 che, all'articolo 4, reca disposizioni per i sanitari che, come il dottor De Monte, rifiutano di vaccinarsi contro il Covid-19. Durante l'audizione sulle procedure adottate per la nomina del nuovo direttore della struttura operativa regionale di emergenza (Sores) e, più in generale, sul futuro del servizio, svoltasi il 3 giugno 2021 presso la III commissione sopra citata, si evince, da informazioni video che il dottor Tonutti dichiara di aver preferito spendersi per il dottor De Monte, piuttosto che continuare con il concorso intrapreso con la partecipazione dei 4 candidati cui alcuni, secondo suo parere, non sarebbero in grado di svolgere la mansione oggetto di concorso, pur avendo requisiti validi e documentabili per l'accesso allo stesso –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, per quanto di competenza, considerati i fatti esposti, anche alla luce dell'articolo 60, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in ordine alla nomina di direttore della struttura operativa regionale di emergenza sanitaria (Sores) effettuata dal dottor Giuseppe Tonutti (direttore generale dell'Arcs).
(4-09514)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VILLAROSA e SODANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la «Commerciale Gicap Spa», da oltre 60 anni, era una storica azienda messinese di proprietà della famiglia Capone che operava, con oltre 700 dipendenti, tra la regione siciliana e la regione Calabria;

   l'azienda, nel marzo 2019, ha vissuto un'importante crisi aziendale, conclusasi con l'affitto biennale, preordinato alla futura vendita, nel rispetto delle norme della legge fallimentare, del ramo d'azienda costituito da oltre 42 negozi, per poi arrivare al 15 maggio 2019 con la presentazione dell'istanza di concordato preventivo presso il tribunale di Messina;

   in data 27 maggio 2019, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è tenuto un tavolo di crisi in cui hanno partecipato la struttura per le crisi di impresa del Ministero, la regione siciliana, i rappresentanti della Commerciale Gicap S.p.a. e della società Like Sicilia S.r.l. ed i vari rappresentati sindacali;

   durante l'incontro, sono state illustrate dalla società le ragioni della crisi societaria che hanno portato, a partire da marzo del 2019, inoltre, gli istituti di credito a non concedere più crediti all'azienda;

   la società, come si evince dal verbale della riunione su citata, aveva inoltre presentato istanza di ammissione ad apposito ammortizzatore sociale al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   ad ottobre 2020, la Fisascat denunciava come l'azienda subentrata alla gestione precedente, ovvero Like Sicilia srl, «non ha rilanciato i punti vendita ma, anzi, ha messo i lavoratori in cassa integrazione per crisi Covid-19 riducendo così di fatto anche le loro retribuzioni mensili. Una situazione anomala nel commercio alimentare perché, mentre gli altri gruppi hanno avuto un aumento di fatturato, loro continuano a dichiarare una perdita a causa anche dell'impossibilità di investire per l'incertezza legata alle decisioni del tribunale. A pagarne le spese, però, sono solo i lavoratori che comunque continuano a dare il massimo sul posto di lavoro in una situazione di grave disagio e rischio personale perché sempre esposti alla possibilità di contagi»;

   nella prima settimana di giugno 2021 Giselda Campolo, segretaria generale della Filcams Cgil di Messina, e Francesco Rubino, segretario generale della Uil tucs di Messina, a seguito dell'avvicinarsi della conclusione del biennio d'affitto del ramo d'azienda, definiscono la prossima e possibile nuova vertenza della società come un «emergenza pubblica», con oltre 400 famiglie che non conoscono ancora quale possa essere la loro sorte dal 18 giugno 2021, in quanto, come si evince da fonti di stampa, la società GiCap Spa, ha inviato una disdetta del contratto di affitto alla Like Sicilia Srl, attuale conduttore della rete di vendita, non rinnovando l'intesa con la stessa società;

   da fonti di stampa si apprende inoltre come «la stessa GiCap ha di recente depositato in tribunale una ulteriore richiesta di rinvio agli organi della procedura fallimentare, con in aggiunta la proposta della Ergon Srl per il cambio d'affitto dei punti vendita, precedentemente affittati alla Like Sicilia spa»; si tratta di una proposta che pare possa generare numerosi esuberi tra i lavoratori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per la salvaguardia dei lavoratori e dell'azienda e se intenda inoltre verificare la qualità, la quantità e la congruità degli «aiuti» ricevuti dalle aziende coinvolte durante la pandemia.
(4-09495)


   POTENTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Liberty Magona, fondata come Magona d'Italia, è un'azienda specializzata nella produzione di acciaio. È situata a Piombino in prossimità del mare e vicino allo stabilimento siderurgico di Piombino. La Magona è stata rilevata nel 2005 dal gruppo ArcelorMittal, con sede legale in Belgio, mantenendo lo stabilimento in via Portovecchio a Piombino. Lo stabilimento Magona è stato venduto nell'ottobre 2018 dal gruppo ArcelorMittal alla multinazionale anglo indiana Liberty Steel cambiando ragione sociale in Liberty Magona;

   il 31 maggio 2021 le sigle sindacali provinciali Fim, Fiom, Uilm, hanno espresso la loro preoccupazione riguardo alla vicenda dello stabilimento «Liberty Magona», comunicando alle istituzioni locali, regionali e nazionali, l'interesse all'apertura di un tavolo al Ministero dello sviluppo economico e di incontrare la direzione dello stabilimento in presenza del magnate anglo indiano Sanjeev Gupta, patron di Gfg Alliance;

   le difficoltà per Magona sono tutte da far risalire al fallimento della banca Greensill Capital che ha trascinato il gruppo indiano Liberty Steel sull'orlo del dissesto finanziario. L'azienda di Piombino, infatti, anche grazie ai primi investimenti effettuati da Liberty, stava dando già importanti segni di ripresa sul mercato;

   fino a qualche settimana fa il management dello stabilimento era riuscito a tamponare i problemi di liquidità grazie all'aiuto della regione Toscana e del sistema creditizio locale. La situazione ora, però, secondo i sindacati, rischia di diventare insostenibile, poiché sta per terminare lo stock dei semi prodotti a terra e i fornitori non inviano altro materiale se non a fronte della riscossione dei crediti che vantano nei confronti degli stabilimenti europei del Gruppo Liberty –:

   se e di quali notizie sia in possesso il Ministro interrogato su quanto rappresentato in premessa;

   se e quali iniziative intenda assumere per salvaguardare la continuità produttiva e occupazionale dello stabilimento, con particolare riguardo alla possibile prosecuzione delle regolari forniture utili alle attività aziendali.
(4-09513)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Frassinetti n. 4-09490, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Osnato.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-06165 del 4 giugno 2021.