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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 7 giugno 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nel settore della generazione elettrica ottenuta tramite fanti rinnovabili, l'Unione europea ha da tempo provveduto a definire un ordinamento normativo sulla base dell'articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La politica dell'Unione europea mira a promuovere lo sviluppo derivante da fonti non fossili per integrare gli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici nel nuovo assetto sociale e di mercato dell'Unione;

    tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, tale impostazione è stata implementata dal Winter package o Clean energy package, con il quale si è fissato il quadro regolatorio per il raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 e per realizzare il percorso di decarbonizzazione del sistema produttivo e dell'economia entro il 2050. Il meccanismo di governance delineato in sede di Unione europea prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima – Pniec –, che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030. Il Governo italiano ha inviato il proprio Pniec alle istituzioni europee nel gennaio 2020;

    nel dicembre 2019, con la comunicazione sul Green New Deal (COM (2019)640) la Commissione europea ha delineato una roadmap volta a rafforzare l'ecosostenibilità dell'economia dell'Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che interessano prevalentemente l'energia, l'industria, la mobilità e l'agricoltura. Il Green Deal supera in ambizione quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l'energia, in quanto con l'accordo raggiunto al Consiglio europeo del dicembre 2020, i leader dell'Unione europea si sono impegnati a ridurre di almeno il 55 per cento le emissioni già entro il 2030;

    sull'implementazione del Green Deal europeo ha inciso la crisi pandemica, che ha determinato la necessità dell'Unione europea di predisporre un piano di ripresa dell'economia europea (Next Generation EU – NGEU) per far fronte ai danni economici e sociali che ne sono derivati. L'attuazione del Green Deal rientra nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), con cui l'Italia ha pianificato l'utilizzo delle risorse Ngeu, costituendone una delle priorità: fornire sostegno alla transizione verde e digitale per promuovere una crescita sostenibile. I progetti e le iniziative nell'ambito dei Pnrr dovranno dunque essere conformi alle priorità di policy legate alle transizioni verde e digitale, oltre che coerenti con i contenuti del Piano energia e clima – Pniec;

    quanto all'energia rinnovabile, la direttiva (UE) 2018/2001, che dovrà essere recepita entro il 30 giugno 2021, ha disposto che gli Stati membri provvedano a far sì che la quota di energia da fonti rinnovabili nei consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 per cento. Contestualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2021, si è stabilito che nel consumo finale lordo la quota di energia derivata da fonti rinnovabili di ciascuno Stato non sia inferiore a determinati limiti fissati per ognuno di essi;

    la direttiva (UE) 2018/2001 definisce (articolo 2) «fonte energetica rinnovabile» (Fer) l'energia proveniente da fonti non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente (termica naturale o in ambienti confinati), energia mareomotrice, energia idraulica, biomassa, gas di discarica o residuati dai processi di depurazione e biogas;

    dal recente Rapporto del Gse sull'energia sulla diffusione e sugli impieghi delle fonti rinnovabili di energia (Fer) risulta che in Italia la quota dei consumi energetici complessivi coperta da Fer si attesta al 18,2 per cento, al di sopra – per il sesto anno consecutivo – del target da raggiungere al 2020 fissato per l'Italia dalla direttiva 2009/28/CE (17 per cento);

    per il 2030 il Pniec si prefigge una percentuale di energia da Fer nei consumi finali lordi di energia pari al 30 per cento, da perseguire principalmente attraverso il raddoppio della produzione da eolico, ma soprattutto la triplicazione della produzione da fotovoltaico. Ulteriori sforzi saranno necessari in considerazione del nuovo obiettivo di riduzione (stabilito dall'Unione europea nel dicembre 2020) di riduzione interna netta delle emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030. La Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegata al Def 2021, conferma che il Pniec rappresenta uno scenario ormai superato. Peraltro, la Strategia nazionale climatica al 2050 inviata dal Governo dimissionario a fine gennaio 2021 a Bruxelles prevede una crescita esponenziale della capacità solare, che dovrebbe passare dagli attuali 21 Gigawatt a «200-300 Gigawatt» (pagina 7);

    ove ci si riferisca alla sola previsione Pniec, l'obiettivo dichiarato di triplicare la produzione da fotovoltaico significa installare, oltre 45.000 Megawatt di nuova potenza FV al 2030, rispetto ai circa 21.000 già installati a fine 2019. Nel novembre 2020, in un position paper sul fotovoltaico in agricoltura sottoscritto da Cia, Confagricoltura, Italia Solare e Elettricità futura – nel quale peraltro si condivide la necessità di consentire il fotovoltaico in agricoltura ma senza sottrarre terreni, privilegiando l'installazione sugli edifici rurali e nelle aree agricole marginali – si afferma che il potenziale realisticamente installabile su coperture di tipo residenziale, industriale, commerciale, infrastrutturale entro il 2030 è pari a 15-20 Gigawatt. Peraltro, con costi da 2,5 a 4,5 superiori all'istallazione a terra. Questo significa che circa il 50 per cento della nuova capacità fotovoltaica da installare (circa 22.000 Megawatt) dovrà essere realizzata a terra. Considerata la produttività media 1 Megawatt ogni 2 ettari (fonte Italia Solare) con la tecnologia e l'efficienza oggi disponibili sul mercato, è potenzialmente necessaria una superficie di 44.000 ettari (pari a 440 chilometri quadrati) con impianti fotovoltaici utility scale, cioè di taglia sufficientemente grande da renderli competitivi senza il sostegno di incentivi (o con ridotte misure di sostegno) e in grado di garantire la bancabilità degli investimenti;

    estendendo questo metro di misura alla previsione della Strategia nazionale climatica al 2050 (200-300 Gigawatt di capacità solare), pur ammettendo che si riesca ad arrivare a 100 Gigawatt sulle coperture, ne deriva che per raggiungere gli obiettivi a quella data è potenzialmente necessaria un'area tra 2.000 e 4.000 chilometri quadrati del territorio nazionale, che non potrà non impattare con l'agricoltura;

    il fotovoltaico dovrà dunque affrontare seriamente il problema del consumo del suolo e, in particolare, del suolo agricolo, per non ripetere, moltiplicato per enne volte, a seconda delle ipotesi sopra delineate, quanto verificatosi prima del 2012. Prima di quell'anno, il settore agricolo ha conosciuto una diffusione rapida ed estesa degli impianti fotovoltaici a terra, con conseguente sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricolo (145 chilometri quadrati a fine 2019 secondo la commissione Via). Gli impatti determinati sono stati rilevanti, ma distorsivi, sul mercato degli affitti dei terreni agricoli e sull'assetto paesaggistico-territoriale;

    con il decreto-legge n. 1 del 2012, è stato eliminato l'accesso agli incentivi statali nel caso di impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole. Il Governo ha fatto questa scelta «al fine di evitare la destinazione ad altro utilizzo di terreni comunque potenzialmente destinabili alla produzione alimentare» (Relazione al disegno di legge di conversione). Contestualmente, alcune regioni sono intervenute attraverso piani paesaggistici e linee guida, in attuazione di quelle nazionali del 2010, per individuare le aree non idonee;

    a fronte dei nuovi obiettivi energetici, il Pniec del gennaio 2020 assicura che «si presterà la dovuta attenzione per assicurare la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e gli obiettivi di tutela del paesaggio... e di tutela del suolo» (pagina 5)... Se, per un verso, alcuni di tali impatti possono essere attenuati – ad esempio promuovendo la diffusione del fotovoltaico su superfici già costruite o comunque non idonee ad altri usi – per altro verso saranno necessarie, «...una serie di infrastrutture fisiche per la cui realizzazione occorrerà promuovere forme di dialogo e condivisione con i territori... Rimane tuttavia importante per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 la diffusione anche di grandi impianti fotovoltaici a terra, privilegiando però zone improduttive, non destinate ad altri usi, quali le superfici non utilizzabili a uso agricolo. In tale prospettiva vanno favorite le realizzazioni in aree già artificiali (con riferimento alla classificazione SNPA), siti contaminati, discariche e aree lungo il sistema infrastrutturale» (pagina 56);

    viene anche auspicato un maggior utilizzo di piccoli impianti promuovendo l'installazione di impianti fotovoltaici su strutture agricole esistenti suggerendo di «introdurre premi per la realizzazione di impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture contenenti amianto» (pagina 123);

    la strategia europea «Dal produttore al consumatore», o Farm to fork strategy – F2F, introduce rilevanti elementi di sostenibilità ambientale nell'ambito della filiera agricola: sviluppo dell'agricoltura biologica, riduzione progressiva dell'uso di pesticidi, diserbanti e concimi chimici, rotazione delle colture, sviluppo delle proteine vegetali, misure per il benessere animale e di riduzione del grado di intensività degli allevamenti. Questa impostazione comporterà necessariamente la riduzione delle rese per ettaro e l'ampliamento delle aree messe a coltura. Una necessità confliggente con l'espansione del fotovoltaico su terreni agricoli. In tale quadro, correttamente, il parere favorevole della Commissione agricoltura della Camera osserva: «Gli interventi diretti a promuovere soluzioni per l'efficienza energetica (...), anche attraverso lo sviluppo del fotovoltaico, dovrebbero essere accompagnati da un'adeguata pianificazione a livello territoriale, diretta a preservare la sostenibilità delle attività agricole, nel rispetto degli obiettivi di riduzione del consumo di suolo»;

    nel Pnrr la Missione 2 concerne, tra gli altri, i temi dell'agricoltura sostenibile e della tutela delle risorse idriche. Nella Componente C2 «Economia circolare e agricoltura sostenibile», sono previsti investimenti sui parchi agrisolari (1,5 miliardi) consistenti nell'installazione di pannelli ad energia solare su di una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di metri quadrati (4,3 chilometri quadrati) senza consumo di suolo, con una potenza installata di circa 430 Megawatt, realizzando una riqualificazione delle strutture produttive agricole. Nella stessa componente è previsto lo sviluppo dell'agrivoltaico (sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia senza compromissione dei terreni dedicati all'agricoltura (1,1 miliardi), con una produzione di circa 1.300 GWh annui. Non si rinvengono dati sugli spazi che saranno impegnati, né sono chiare le modalità con cui la commistione tra le due attività non si risolva in un aumento degli spazi necessari al fotovoltaico, ove si consideri che in presenza di colture questo andrebbe comunque diradato;

    nel parere espresso con riferimento alla relazione della Commissione bilancio sulla proposta di Pnrr trasmesso alla Camera il 15 gennaio 2021 la Commissione agricoltura ha precisato, rispetto alle installazioni di pannelli fotovoltaici, che essi «non potranno essere realizzati su terreni destinati alla produzione agricola a comunque a vocazione agricola; dovrebbero altresì essere definite, conseguentemente, le aree compatibili con tali tipologie di intervento...» (pagina 165). La Commissione attività produttive ha osservato che «occorrerebbe valutare l'analisi costi benefici per l'azione di investimento indicata; occorrerebbe, inoltre, riprendere con forza nel Piano il tema delle rinnovabili nel settore termico – ponendo attenzione anche alle bioenergie derivate dai sottoprodotti agricoli e forestali – che rappresentano da sole circa la metà di tutte le rinnovabili nazionali...». Quanto al fotovoltaico a terra «...sarebbe opportuno prevedere strumenti per il recupero di aree industriali dismesse o di aree agricole non utilizzabili a questo scopo...» (pagina 139);

    il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, in fase di illustrazione delle linee programmatiche in Commissione agricoltura (marzo 2021), ha espresso la convinzione che «Si dovrà anche tutelare il patrimonio boschivo nazionale, con una corretta valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta e promuovere uno sviluppo del fotovoltaico sui tetti delle strutture agricole e dell'agro fotovoltaico, che consente di non sottrarre terreno alla produzione food e feed»;

    quanto alla semplificazione dei procedimenti autorizzatori relativi all'installazione degli impianti a fonte rinnovabile, l'articolo 56 del decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto «decreto-legge Semplificazioni», in riferimento alla promozione delle Fer e alla revisione delle sue forme di incentivazione, ha introdotto delle deroghe al divieto di fruizione degli incentivi statali per gli impianti solari fotovoltaici con moduli a terra in aree agricole. In tale ambito il Pnrr richiama la necessità di ulteriori semplificazioni, per quel che riguarda le procedure di impatto ambientale;

    l'articolo 5 della legge n. 53 del 2021 (legge di delegazione europea 2019-2020) detta numerosi criteri per il recepimento della direttiva (UE) 2018/2001, tra i quali una disciplina, concertata con le regioni in Conferenza unificata, per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela, tra l'altro, delle aree agricole e forestali, e dei princìpi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio e sul paesaggio;

    la necessità di coordinare le esigenze dello sviluppo delle energie rinnovabili, dell'agricoltura, del paesaggio e del turismo è sempre più pressante, a fronte di impegni e obiettivi comunitari che possono risultare confliggenti. Nello stesso Pnrr sono previsti diversi interventi per la riqualificazione delle aree interne e la tutela delle aree protette, nonché per la valorizzazione dell'architettura e del paesaggio rurale. Il valore della natura identitaria del paesaggio italiano è stato recentemente sottolineato dalla più alta autorità nazionale;

    dalle notizie che arrivano da più regioni si rileva una situazione di tensione crescente tra interessi contrapposti. Senza voler essere esaustivi, si elencano i conflitti emersi negli ultimi mesi tra esigenze del fotovoltaico a terra e quelle dell'agricoltura:

     nel Polesine è prevista l'installazione di un impianto fotovoltaico che consumerebbe oltre 50 ettari di coltivazioni a ridosso di una delle aree di maggior pregio del Veneto, nei pressi del Parco del delta dei Po. Tale collocazione potenzialmente rappresenta un pericolo per la biodiversità che si vorrebbe proteggere. Peraltro nel Pnrr è previsto un investimento per la rinaturazione dell'area Po, con l'obiettivo di bilanciare i processi morfologici, attivi e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea. L'impianto, autorizzato dal comune e dalla regione, incontra la fortissima opposizione della comunità locale (comune di Loreo). Giacciono negli uffici della regione richieste per altri 300 ettari di fotovoltaico a terra;

     nella seconda metà del 2020 in soli tre mesi la regione Lazio ha autorizzato la realizzazione di otto impianti fotovoltaici a terra in provincia di Viterbo, per un totale di 686,33 ettari. Nello specifico, si tratta di pronunce favorevoli di valutazione di impatto ambientale (Via), rilasciate nonostante le criticità sottolineate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (oggi Ministero della cultura), amministratori locali ed associazioni ambientaliste, preoccupati per il rischio di uno stravolgimento non solo ambientale di una zona storicamente a prevalenza agricola. Il 28 maggio il TAR Lazio ha annullato gli atti di diniego del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo all'installazione di 416 ettari di pannelli. Il Mic ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato. Tra gli impianti uno è di 250 ettari, tra i 10 più grandi d'Europa. Il viterbese è interessato da progetti (tra installati e previsti) per circa 3.400 ettari;

     in Basilicata (gennaio 2021) gli impianti fotovoltaici autorizzati sono 20 per complessivi 72,511 Megawatt, mentre le istanze di autorizzazione sono 71 per complessivi 950,89 Megawatt. Nel caso tutte le istanze venissero autorizzate la produzione complessiva sarebbe di 1023,401 Megawatt (cioè più di 20 chilometri quadrati). L'obiettivo del Piear – Piano di indirizzo energetico ambientale regionale è di 538,5 Megawatt;

     a febbraio 2021 la protesta contro l'installazione di 7 impianti fotovoltaici, per un totale 194 ettari, in Puglia ha ricevuto l'appoggio di componenti del consiglio regionale, dopo l'allarme lanciato dai Consorzi vinicoli del Primitivo di Manduria e del Consorzio dei vini doc Brindisi e Squinzano, i cui presidenti hanno parlato di lobby delle finte energie pulite, che stanno approfittando del disastro Xylella per accaparrarsi i terreni. Per i Presidenti occorre smascherare la farsa dell'agro-fotovoltaico, perché i vigneti non possono produrre sotto le strutture fotovoltaiche. Ad aprile la provincia di Lecce ha espresso la propria contrarietà alla realizzazione di due mega impianti;

     in Molise, denuncia Coldiretti (aprile 2021) sono oggetto di attenzione oltre 300 ettari di terreni agricoli, compresi tra i comuni di San Martino in Pensilis e Ururi, sui quali è prevista la realizzazione di parchi fotovoltaici che modificheranno radicalmente questi territori. Lo stesso destino, avverte inoltre Coldiretti Molise, potrebbe toccare anche ad altri campi fertili, considerando le numerose istanze relative a progetti simili, presentate all'assessorato all'ambiente della regione, che interessano centinaia di ettari per la realizzazione di parchi fotovoltaici;

     in Abruzzo (aprile 2021) il consiglio regionale ha approvato una norma che sospende l'installazione di parchi eolici di qualsiasi tipologia, di grandi impianti fotovoltaici a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, in tutte le zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche e tradizionali, produzioni tutelate come Dop e Igp), e-o di particolare pregio paesaggistico e culturale;

     col piano energetico scaduto dal 2012, in Sicilia, al netto di alcune prescrizioni sulle distanze, non c'è alcun ostacolo a un impianto fotovoltaico. Ci sono oltre 200 richieste sulle quali insistono 1,5 miliardi, di cui oltre 900 milioni puntati soltanto su sette impianti giganteschi (in media 300 Megawatt l'uno di potenza), localizzati su enormi distese sull'asse Catania-Enna-Ragusa, ma anche nel Trapanese e ad Agrigento;

    è necessario sottolineare che, a fronte di un Pniec concentrato sulla generazione elettrica da eolico e fotovoltaico, il raggiungimento degli obiettivi, ambiziosi, ivi previsti non può prescindere dal sostegno di tutte le fonti rinnovabili e, quindi, da una maggiore libertà in merito alte scelte tecnologiche. Come chiarito dalla direttiva (UE) 2018/2001 limitandosi alle sole fonti che impattano e sono significative in ambito agricolo –, anche le biomasse, l'energia idraulica e i biogas, appartengono al novero delle fonti rinnovabili;

    per quanto riguarda le biomasse la superficie boscata italiana si è triplicata dal 1951, raggiungendo 12 milioni di ettari, sui 30,1 milioni totali del Paese, ma si utilizza come fonte rinnovabile solo il 18 per cento dell'accrescimento, che corrisponde a 7,90 MTEP, e l'Italia è il primo importatore europeo di materia prima legnosa. Germania, Francia e Spagna prevedono al 2030 di produrre il 68 per cento dell'energia termica da biomassa. Se si utilizzasse il 67 per cento dell'accrescimento (media europea) se ne otterrebbero 30 MTEP, che coprirebbero il 70 per cento dei consumi termici da fonte fossile. La gestione sostenibile delle foreste migliora la capacità di assorbimento del carbonio. In Austria la capacità di assorbimento della CO2 è triplicata rispetto all'Italia che dispone di una insolazione molto superiore e ha grande disponibilità di acqua. La Commissione europea ha chiesto all'Italia una maggiore ambizione nella termica rinnovabile, il Pniec non ha raccolto l'invito mantenendo l'orientamento precedente;

    per quanto riguarda l'energia idraulica secondo i dati contenuti nel Registro italiano dighe, le grandi dighe (volume d'invaso maggiore di 1.000.000 metri cubi, altezza maggiore di 15 m) sono in totale 532. Di queste 497 sono ancora in attività e sono date in concessione soprattutto per la produzione di energia idroelettrica (306) dighe cui seguono gli usi irriguo potabile e industriale. La capacità d'invaso è di circa 14 chilometri cubi. Con interventi di manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine secondo alcuni studi si potrebbe avere un incremento di produzione di 25 TWh annui al 2030 (circa il 40 per cento in più). In Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento. L'acqua è centrale per puntare all'autosufficienza alimentare e aumentare la resa produttiva per ettaro. Un progetto recentemente presentato da Coldiretti in connessione con il Recovery Plan prevede la realizzazione di 1.000 invasi ad un costo di 1,8 miliardi che potrebbe avere effetti moltiplicativi fino a 40 miliardi tra maggiori produzioni agricole infrastrutture, idroelettrico, rinnovabili e occupazione. Tuttavia il Pniec prevede una crescita contenuta della potenza idroelettrica (pagina 46);

    nel settore del biogas l'Italia è leader in Europa con 1.600 impianti attivi, 1,7 miliardi di metri cubi di biometano (biogas depurato da CO2) prodotti e 12 mila occupati. La produzione di biogas si avvale oggi di tecnologie all'avanguardia, quali la digestione anaerobica dalla quale deriva un digestato considerato efficace fertilizzante. La produzione di biogas ha effetti a cascata sulla filiera agroalimentare, perché oltre all'energia e alla fertilizzazione, favorisce l'uso efficiente dell'acqua, accompagna tecniche di produzione basate sul precision farming e l'innovazione nella meccanica agraria, ma soprattutto accresce la competitività degli allevamenti preservando il futuro di una filiera fondamentale per il made in Italy. Oggi si trasforma in biogas il 15 per cento dei reflui zootecnici che possono arrivare entro il 2030 a una percentuale del 65 per cento con una produzione di 6,5 miliardi di metri cubi e la creazione di altri 25 mila posti di lavoro. Nel Pnrr la Missione 2 nella Componente C2 «Economia circolare e agricoltura sostenibile» è previsto lo sviluppo del biometano di origine agricola (1,92 miliardi di euro) da destinare al greening della rete gas pari a circa 2,3-2,5 miliardi metri cubi. Appaiono perseguibili obiettivi più ambiziosi;

    è necessario, infine, tener conto delle evidenze geopolitiche internazionali: la Cina è attualmente superpotenza nel settore delle energie rinnovabili, acquisendo in sostanza una leadership tecnologica, industriale, commerciale nell'eolico e nel fotovoltaico, nella supply chain della mobilità elettrica (dalle materie prime alle batterie), nell'efficienza energetica e nella «finanza verde». Grazie ai massicci investimenti effettuati nelle rinnovabili (2012-2017: 478 miliardi dollari), l'industria cinese è quasi-monopolista nella produzione mondiale di pannelli solari e delle turbine eoliche, con una quota superiore ai due terzi. Se non adeguatamente sorretto da una industria europea, il mantra della transizione energetica al dopo-fossili affermatosi nei Paesi occidentali, rischia di trasformarsi in un auto-assoggettamento alle forniture cinesi e nella tomba di importanti catene di valore della meccanica europea;

    viceversa nelle tecnologie relative ai settori delle turbine (idrauliche e non), dello sfruttamento delle biomasse, della produzione di biogas l'Italia è all'avanguardia o comunque svolge un ruolo da protagonista. Quanto all'efficienza energetica il sistema produttivo del nostro Paese presenta valori d'intensità energetica primaria (definita dal rapporto tra il consumo interno lordo di energia e il prodotto interno lordo) inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea;

    quanto alla sicurezza energetica, con le rinnovabili eoliche e fotovoltaiche muta la natura, ma non la sostanza della dipendenza dall'estero: dalla dipendenza fisica da un ampio spettro di fornitori nel caso del petrolio e del metano ad una dipendenza tecnologica da un quasi-monopolista per queste tipologie di generazione elettrica. Una dipendenza più problematica e rischiosa; la pandemia ha mostrato quanto siano fragili le «catene di approvvigionamento» dell'Unione europea;

    nel corso del dibattito relativo all'approvazione del Ngeu è stato affrontato il tema dell'autosufficienza alimentare dell'Unione. Nel 2019 le importazioni di prodotti agroalimentari hanno raggiunto 108,6 miliardi di euro, le esportazioni sono state 1,5 volte superiori, attestandosi a 162,7 miliardi di euro. La Sovranità alimentare è uno dei punti di forza dell'Unione europea ed è necessario difenderla e rafforzarla. Uno dei punti di maggiore debolezza è la produzione di proteine vegetali, che peraltro sono azoto fissatrici, sia per alimentazione umana che animale: diversi Paesi dell'Unione europea hanno impegnato direttamente le risorse Ngeu in direzione di una estensione significativa di queste colture. In Italia questa opzione è tra gli indirizzi approvati dal Parlamento in merito al Pnrr;

    da quanto sopra esposto riassuntivamente:

     1) Il nostro Paese non è in ritardo sui target di produzione da Fer e questo consente un approccio più meditato al processo di transizione energetica, valutando un maggiore equilibrio tra le varie fonti;

     2) l'applicazione dei principi del F2F (agricoltura meno intensiva e più sostenibile) e gli indirizzi del Ngeu (sicurezza alimentare) comportano la massiccia estensione delle aree agricole che dovranno esser messe a coltura. Ma anche lo stesso sviluppo del Made in Italy agroalimentare si muove nella stessa direzione: si consideri che è bastata la possibilità di scrivere «prodotta con grano italiano» sui pacchi della pasta, per incrementare di centinaia di ettari le terre messe a coltura con questo cereale. Ne consegue che l'osservazione delle associazioni degli industriali fotovoltaici che fa riferimento al «riutilizzo delle terre incolte», è priva di pregio se non collocata in un quadro di interessi contrapposti e di obiettivi condivisi;

     3) il fotovoltaico industriale è un'attività economica come le altre, come è giusto che sia, quindi necessità di economie di scala, accesso al credito e massimizzazione del profitto. Il fotovoltaico a terra costa molto meno di quello sulle coperture. Così come sono oggi concepiti, gli impianti fotovoltaici devono essere utility scale, cioè di taglia sufficientemente grande da renderli competitivi e bancabili. Inoltre, è preferibile che siano collocati in aree facilmente raggiungibili e facilmente collegabili alla rete. Ne consegue il gigantismo e la tendenza ad occupare i terreni migliori,

impegna il Governo:

1) a dare attuazione al disposto dell'articolo 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53, per la parte relativa all'individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, limitando gli interventi alle superfici non utilizzabili a uso agricolo o alle aree agricole marginali, come previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), e nel rispetto degli indirizzi espressi dal Parlamento;

2) a dare piena attuazione alla possibilità delle comunità locali di intervenire nel procedimento di individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, come previsto dal Pniec, con riferimento alle decisioni che riguardano il futuro del proprio territorio, assicurando il pieno rispetto della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, ratificata con legge 16 marzo 2001, n. 108;

3) a rivedere il Pniec, tenendo conto delle potenzialità dell'apporto al raggiungimento degli obiettivi climatici dell'energia rinnovabile derivante dall'uso delle biomasse, potenzialità che sono state evidenziate in premessa, tenendo conto altresì degli indirizzi espressi in materia dell'Unione europea nei quali si prevede centralità per questa forma di produzione di energia rinnovabile nel settore termico;

4) a rivedere il Pniec, tenendo conto delle potenzialità dell'apporto al raggiungimento degli obiettivi climatici dell'energia rinnovabile derivanti dall'uso dell'energia idraulica, potenzialità che sono state evidenziate in premessa, in considerazione degli evidenti benefici, anche in termini di stabilità della rete, derivanti dalla programmabilità della produzione di energia idroelettrica e della necessità, a fronte della estremizzazione degli eventi climatici, di incrementare lo stoccaggio della risorsa «acqua»;

5) ad adottare iniziative per prevedere risorse aggiuntive per l'implementazione delle potenzialità dell'apporto al raggiungimento degli obiettivi climatici dell'energia rinnovabile derivante dall'uso del biogas, implementando gli obiettivi già previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), anche al fine ridurre gli impatti e accrescere la multifunzionalità e competitività della filiera zootecnica nazionale;

6) a tener conto, in tale ambito, della valenza paesaggistica delle aree rurali, soprattutto nelle aree interne, anche con riferimento ad aree non oggetto di specifica tutela, per le quali sono previste specifiche misure nel Pnrr sia per quel che riguarda gli interventi afferenti alla Strategia nazionale per le aree interne (Snai), sia con riferimento allo sviluppo del turismo dei borghi, del quale occorre sottolineare la natura culturale ed esperienziale, emanando a tal fine apposite linee guida, concordate con le regioni, nelle quali siano coordinate, nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione, le esigenze del Pniec con le citate azioni del Pnrr;

7) ad adottare iniziative per rafforzare le azioni del Pniec e del Pnrr che favoriscano l'applicazione di tecnologie destinate alla produzione di energia da fonti rinnovabili sviluppate all'interno dell'Unione europea, al fine di perseguire l'obiettivo unionale di ridurre la dipendenza energetica e di riportare all'interno dall'Unione europea le catene di approvvigionamento (supply chain).
(1-00492) «Bond, Squeri, Barelli, Nevi, Porchietto, Torromino, Polidori, Anna Lisa Baroni, Paolo Russo, Spena, Caon, Sandra Savino».

Risoluzione in Commissione:


   La VIII e X Commissione,

   premesso che:

    il problema del «caro prezzi» sta diventando ogni giorno più insostenibile per le imprese del settore edile, in particolare per quelle di piccole è medie dimensioni, con il forte rischio di un aggravamento della situazione economico-finanziaria delle stesse, per altro nell'ultimo anno, già fortemente condizionata dalle gravissime conseguenze determinate dall'emergenza sanitaria;

    si è in presenza, infatti, di una dinamica di mercato ingiustificata e incontrollata, destinata a influire pesantemente delle recenti strategie di sviluppo promosse ai vari livelli di governo, che mette a rischio quel contesto favorevole in cui il comparto e le imprese del settore edilizio fortemente confidano per uscire dalla crisi strutturale in cui versano da oltre un decennio. Inoltre, con riferimento alle materie prime che l'Italia importa, si registra un problema effettivo di reperimento dei container e un aumento dei prezzi di trasporto delle stesse dalla Cina verso l'Europa del 400 per cento dal quarto trimestre del 2020;

    il citato «caro prezzi» agisce sia sui prodotti siderurgici (ad esempio, il ferro necessario al cemento armato e trafilati per travi) che sono aumentati di oltre il 100 per cento sia su molti altri materiali di primaria importanza per l'edilizia (ad esempio; i polietileni +40 per cento, il rame +17 per cento, il cemento che subisce già da tempo incrementi del 10 per cento o il legno per carpenteria e/o costruzioni con aumenti del 30 per cento. Per non parlare del prezzo dell'acciaio che, tra novembre 2020 e febbraio 2021 che ha registrato un'eccezionale aumento di prezzo, pari a circa il 130 per cento. Nei fatti, moltissimi cantieri pubblici e privati rischiano di essere bloccati, a causa delle ragioni sopra esposte, con gravi ripercussioni economiche e sociali;

    con specifico riguardo agli appalti pubblici, le norme vigenti, dettate dal Codice che disciplina la materia, non prevedono adeguati meccanismi di revisione prezzi. Quanto ai cantieri avviati, ad esempio, per il superbonus, avendo allineato tutte le imprese i preventivi ai prezzi stabiliti dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 6 agosto 2020, il repentino ed inarrestabile aumento dei prezzi non può che comportare la sospensione dei lavori in essere. Nell'attuale contesto, quindi, sia i contratti pubblici, che quelli privati, rischiano di non risultare più economicamente sostenibili da parte delle imprese operanti nel settore dell'edilizia, nonostante gli enormi sforzi delle stesse per far fronte agli impegni assunti. Si è in presenza, insomma, di incrementi straordinari del prezzo di alcuni materiali, ben oltre l'alea contrattuale — senza che possano essere invocate le normali fluttuazioni del mercato — che rischiano, come detto, di compromettere la regolare esecuzione dei lavori in corso,

impegnano il Governo:

   ad assumere, con l'urgenza che la situazione impone, adeguate iniziative volte a modificare la normativa vigente, così che sia possibile riconoscere alle imprese — per i lavori eseguiti nel 2021 — adeguate forme di compensazione economica che consentano alle stesse di potere fare fronte all'eccezionale aumento dei prezzi dei materiali utilizzati per l'attività edilizia, giusta anche la necessità di riequilibrare i rapporti negoziali tra le imprese stesse e le stazioni appaltanti;

   a richiedere all'Unione europea di assumere adeguate iniziative — atteso che i problemi derivanti dal «caro prezzi» negativamente si riflettono sulla ripresa dell'attività edilizia in diversi Stati dell'Unione, quindi non solo in Italia — volte a ridurre al minimo gli effetti speculativi in atto sui prezzi di alcuni materiali utilizzati nel settore dell'edilizia, tenuto anche conto che da tutti gli Stati europei è avvertita la necessità di utilizzare al meglio i fondi del Recovery Fund per la realizzazione delle infrastrutture di cui necessitano;

   ad adottare iniziative di competenza affinché le stazioni appaltanti, per quelle gare ancora da esperire, aggiornino i prezziari ai costi «reali» dei materiali, anche per evitare il possibile blocco dei cantieri, in una fase successiva, imputabile proprio al rincaro spropositato dei materiali utilizzati;

   ad assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata a sostenere e a rilanciare il settore edile, che versa in una situazione di crisi strutturale, con particolare riferimento alle imprese di piccole e medie dimensioni, alla luce del cospicuo aumento dei prezzi dei materiali edili.
(7-00676) «Foti, Butti, Rachele Silvestri, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   LORENZIN e LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il giornalista Massimiliano Coccia, che lavora per L'Espresso e si occupa di inchieste inerenti a criminalità organizzata e mafiosa, traffico di stupefacenti e formazioni neofasciste e antisemite ha avviato un'inchiesta giornalistica sui legami tra «ultras» laziali, mafie ed estrema destra e sul conseguente omicidio di Fabrizio Piscitelli avvenuto a Roma il 9 agosto 2019;

   in seguito alle sue inchieste comparse sul suddetto settimanale, il comune di Roma apprendeva che il locale situato in via Amulio, sede prima del gruppo Irriducibili Lazio e successivamente degli «Ultras Lazio», era stato occupato dagli aderenti al gruppo nel contesto di uno scambio di favori con la formazione neofascista Forza Nuova e il suo leader Giuliano Castellino;

   sulla scorta delle inchieste è stata presentata dal consigliere comunale Giovanni Zannola del Partito Democratico una mozione di sgombero del locale;

   successivamente in seguito alla sua segnalazione alla sindaca di Roma Virginia Raggi, è stata bloccata l'affissione di manifesti abusivi per celebrare il primo anniversario della morte di Fabrizio Piscitelli nel mese di agosto 2020;

   in data 9 novembre 2020 la Polizia di Stato ha altresì sgomberato l'immobile di via Amulio, occupato abusivamente e dal quale era partita un'adunata degli «ultras» per unirsi alla manifestazione contro il lockdown indetta da Forza Nuova il 24 ottobre 2020;

   in ragione di tale attività d'inchiesta, il giornalista è stato oggetto di ripetute minacce sin dall'inizio della sua attività da parte di persone afferenti a tale organizzazione di «ultras» con messaggi sia pubblici che privati;

   alla luce di tali messaggi ha sporto formale denuncia-querela all'autorità giudiziaria;

   Massimiliano Coccia nell'arco di questi mesi si è occupato anche di altre inchieste giornalistiche molto delicate;

   le conclusioni relative all'indice sulla libertà di stampa nel mondo 2020 pubblicate da Reporter senza frontiere e le conclusioni dell'Osservatorio del pluralismo dei media del Centro per il pluralismo e la libertà dei media dell'Istituto universitario europeo segnalano, nonostante un generale miglioramento della situazione in Europa, un aumento delle minacce e delle violenze contro i giornalisti, in particolare a Roma;

   sono numerose le risoluzioni del Parlamento europeo in materia, da ultima la risoluzione del 25 novembre 2020, sul rafforzamento della libertà dei media –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per tutelare l'incolumità del giornalista Massimiliano Coccia, alla luce delle minacce ricevute in ragione delle sue inchieste, nonché quali iniziative si intendano intraprendere per migliorare la protezione giuridica dei giornalisti in Italia, alla luce degli obblighi derivanti dalla Costituzione, dal diritto dell'Unione europea e dal diritto internazionale.
(4-09457)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   continua a destare preoccupazione la grave crisi umanitaria in Colombia, dove prosegue la repressione governativa della protesta popolare contro il presidente Duque;

   le cifre su decessi, sparizioni e aggressioni sessuali contro i manifestanti si sommano a quelle relative al contagio da Coronavirus, che vede la Colombia tra i Paesi più colpiti al mondo;

   il dialogo in corso tra il Governo ed alcune componenti della società civile colombiana non ha fin qui ancora inciso sulla demilitarizzazione della risposta delle autorità;

   l'Esecutivo e la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) hanno concordato una missione di verifica sugli abusi commessi dalla polizia, ma l'Alta Commissaria per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha chiesto un'inchiesta indipendente sui fatti di Cali, definendo gravissima la situazione in relazione ai morti e allo schieramento dell'esercito contro la popolazione;

   l'Alto Rappresentante Borrell, intervenuto sulla crisi colombiana, ha riaffermato il diritto alla libertà di assemblea, associazione ed espressione, invocando la fine dell'uso sproporzionato della forza pubblica, come pure le violenze di elementi infiltrati nella protesta pacifica;

   la tutela dei diritti umani è, a partire da Maastricht, un pilastro delle relazioni esterne dell'Unione europea. Nella cooperazione con Paesi terzi, dalla Convenzione di Lomé, si è affermato il principio di condizionalità al rispetto dei diritti umani, con l'inserimento della clausola sugli «elementi essenziali» in tutti gli accordi commerciali;

   tra Unione europea e Colombia è in vigore dal 2012 un Accordo di libero scambio, ratificato dall'Italia nel 2015, che prevede il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, quale elemento essenziale dell'Accordo;

   in caso di violazioni, l'Accordo prevede che, fatti salvi i meccanismi di dialogo politico, qualsiasi Parte può adottare immediatamente le misure opportune a norma del diritto internazionale e in modo proporzionale alla violazione;

   tali misure vanno dal rifiuto del visto per soggetti responsabili al congelamento dei beni detenuti in Paesi dell'Unione europea, alla revisione dei programmi di cooperazione, con sospensione della cooperazione governativa e la prosecuzione del sostegno alla popolazione, fino alla sospensione dell'Accordo;

   il 24 maggio 2021 è stata svolta dal Comitato per i diritti umani nel mondo della Camera dei deputati, un'audizione dell'Associazione Comunità Giovanni XXIII con riferimento alla situazione in Colombia –:

   quali iniziative intenda promuovere in sede europea per ripristinare la tutela dei diritti umani in Colombia, anche con riferimento ai meccanismi di condizionalità propri dei rapporti dell'Unione europea con Paesi terzi.
(5-06172)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella puntata de «Le Iene» del 23 marzo, è stata ricostruita la vicenda di Pompeo Panaro, consigliere della democrazia cristiana, ucciso nel 1982 a Paola, Cosenza, dalla 'ndrangheta. Nel 2013 la magistratura ha rinviato a giudizio uno dei suoi presunti assassini, il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa, ma per gli altri — si legge nella richiesta del pubblico ministero — «si procede separatamente in quanto deceduti»;

   nella puntata, in cui presenzia il figlio del Panaro, emerge, invece, che dei nove presunti responsabili della morte di Panaro solo tre sono morti. Gli altri sei, invece, sono vivi, alcuni liberi e altri detenuti. Il figlio Paolo Panaro ha raccontato i misteri e i depistaggi che, a suo dire, hanno costellato la vicenda del padre. Solo nel 2013, infatti, la magistratura ha rinviato a giudizio uno dei suoi presunti assassini: il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa. L'ex boss della 'ndrangheta, poi assolto perché il reato era ormai prescritto. Nella richiesta di rinvio a giudizio, però, il figlio trova i nomi degli altri indagati per i quali — c'è scritto — «si procede separatamente in quanto deceduti». «Di questi nove solo tre sono effettivamente deceduti. — racconta il figlio della vittima — gli altri sono vivi e vegeti. Tra l'altro pregiudicati, tutti noti alle forze dell'ordine». L'indagine sulla scomparsa di Pompeo Panaro era stata «ufficialmente archiviata come lupara bianca»;

   «Nel 1993, il Tribunale attesta la dichiarazione di morte presunta». Dopo diversi anni, però, grazie a un articolo di giornale il figlio scopre che c'era stata un'indagine. «Ricevo un fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti — dice davanti alle telecamere — che mi documenta una verità sconcertante, la scoperta del ritrovamento del corpo di mio padre: ho capito che c'era qualcosa che non torna». In sostanza, il corpo di Pompeo Panaro era stato trovato pochi mesi dopo la scomparsa grazie a una telefonata anonima che aveva fornito gli elementi per individuare il punto preciso dove era stato seppellito il consigliere comunale;

   il figlio, quindi, ha presentato un esposto alla procura distrettuale antimafia di Catanzaro che nel 2013 ha aperto le indagini. Si scopre così che in realtà erano due i pentiti che avevano parlato dell'omicidio di suo padre. Il primo è stato Fedele Soria, del clan Serpa, che poi ha ritrattato dopo aver indicato il luogo del delitto e i nomi degli esecutori, tutti 'ndranghetisti. A dieci anni dal primo pentito, un altro collaboratore è stato interrogato sullo stesso omicidio e ha confessato di essere uno dei responsabili. Si tratta dell'ex boss Giuliano Serpa che ha indicato gli stessi nomi fatti dall'ex collaboratore Soria;

   «Nessuno dei due pentiti fu mai preso in considerazione». «Giuliano Serpa — aggiunge il figlio della vittima — viene anche accompagnato sul luogo dove avevano già trovato il corpo. Vanno lì dopo 35 anni a cercare un corpo che avevano già trovato». È con il rinvio a giudizio di Serpa che il figlio scopre che per la magistratura gli altri presunti responsabili sono deceduti. Per «come indicato dal pm sono deceduti» scrive il gip che archivia così l'inchiesta nei confronti di tutti i soggetti indicati dal pentito Serpa. La vicenda di Pompeo Panaro si conclude nel 2015 con una sentenza della Corte d'Assise di Cosenza nella quale i giudici dichiarano gli indagati «tutti deceduti»; Serpa verrà valutato dai giudici non solo come «credibilissimo», ma la sua è una testimonianza dotata di valore probatorio certo, quanto a tutte le dichiarazioni auto ed etero accusatorie avendo egli disvelato singole responsabilità, modalità del fatto omicidiario e causale dell'omicidio –:

   se, alla luce di quanto sopra esposto, non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa.
(3-02313)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono attualmente in corso gli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense;

   in virtù degli abbinamenti tra Corti d'appello, il collegio con sede a Lecce è stato chiamato a valutare le prove d'esame dei candidati di Brescia e, a causa della pandemia da Covid-19, gli esami si tengono anche con collegamento da remoto;

   secondo alcuni organi di stampa, nei giorni scorsi, è stato sentito da alcuni candidati bresciani l'audio proveniente dalla commissione d'esame di Lecce secondo cui un membro in collegamento da remoto – dimenticando il microfono acceso durante la sessione di valutazione – avrebbe detto «Quanti ne avete promossi fino ad ora? Non possiamo promuoverli tutti stiamo bassi» e successivamente si sente quasi un battibecco tra due commissari. «Ho fatto apposta una domanda insidiosa». E l'altro: «Io una domanda insidiosa posso farla». Dopo uno scambio di battute il candidato riesce a passare strappando un 18, ma solo perché due esaminatori hanno insistito;

   l'estratto audio è stato pubblicato sui social network diventando immediatamente virale e l'episodio ha suscitato legittimi malumori, in particolar modo, tra i praticanti avvocati chiamati a partecipare alla corrente sessione d'esame;

   ad avviso dell'interrogante, è da ritenersi preminente l'interesse di assicurare la massima trasparenza nelle procedure d'esame i cui esiti devono essere improntati esclusivamente a criteri meritocratici senza l'intervento di fattori che possano inficiare la regolare valutazione delle prove –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di considerare eventuali provvedimenti consequenziali all'accertamento delle condotte di cui in premessa.
(5-06173)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come si legge nella nota dell'Osapp – Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria – del 3 giugno 2021, sono gravissime le problematiche di natura organizzativo-gestionale che si stanno verificando presso gli istituti penitenziari di Parma. In primis, si evidenzia che l'organico del personale di polizia penitenziaria era già di per sé insufficiente in relazione ai criteri del decreto ministeriale del 2017 e tale carenza si è pertanto aggravata dall'apertura del nuovo padiglione detentivo nell'estate 2020;

   infatti, nonostante la contrarietà delle organizzazioni sindacali espresse in varie comunicazioni e comunicati stampa – spesso richiamati nelle precedenti interrogazioni della prima firmataria del presente atto – nel luglio 2020 unilateralmente gli organi dell'amministrazione hanno disposto l'apertura di una sezione all'interno del nuovo padiglione: all'uopo il provveditorato regionale per l'Emilia-Romagna e le Marche aveva disposto l'invio «in missione» di alcune unità di polizia penitenziaria da altri istituti della regione. Purtroppo, tale iniziativa ha avuto breve durata in quanto lo stesso provveditorato ha fatto progressivamente rientrare il personale «in missione» nelle proprie sedi e la gestione del padiglione è rimasta in carico al solo personale di Parma che – come detto – risultava già carente;

   successivamente, il 17 dicembre 2020 è stata aperta una seconda sezione del nuovo padiglione sempre senza alcun incremento delle unità di polizia penitenziaria;

   risulta ancora pendente presso il tribunale Parma un ricorso in appello ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 300 del 1970 nei confronti dell'ex direttore e del provveditore sull'apertura del nuovo padiglione;

   all'interno degli istituti penitenziari di Parma, risulta dalla nota sopracitata che il personale di polizia penitenziaria sia posto in una condizione di continuo stress lavorativo, poiché le carenze di organico determinano il massiccio ricorso a prestazioni straordinarie tanto che nei turni serali risulta impossibile per gli agenti in servizio fruire della mensa ordinaria di servizio;

   inoltre, le quotidiane aggressioni da parte dei reclusi, preoccupanti anche per la gravità delle lesioni riportate dal personale, hanno recentemente coinvolto 8 appartenenti alla polizia penitenziaria che hanno dovuto fare ricorso in massa alle cure del pronto soccorso;

   si segnala anche il mancato trasferimento di detenuti facinorosi e psichiatrici, per i quali risulterebbero adottati da mesi provvedimenti di trasferimento per motivi di sicurezza, che sono rimasti però inattuati per presunta mancanza di posti negli istituti di nuova assegnazione;

   infine, presso l'istituto carcerario di Parma si registra, allo stato, la presenza di un solo direttore titolare, senza alcun aggiunto a supporto, nonché di un solo dirigente di polizia penitenziaria con funzioni di comandante di reparto e di un altro in qualità di coordinatore presso il nucleo traduzioni e piantonamenti, a fronte di quattro funzionari, chiamati a fronteggiare un carico di lavoro abnorme per gestire quasi 700 detenuti di varie tipologie;

   in tal senso, risulterebbe incomprensibile il provvedimento dell'amministrazione penitenziaria centrale che distacca il vice comandante presso la scuola di formazione di Sulmona per l'avvio del 178° corso agenti, con ciò lasciando di fatto il comandante del reparto a gestire, senza alcun funzionario vicario, il complesso istituto di Parma;

   nell'attuale situazione, peraltro, anche il personale in servizio al nucleo traduzioni e piantonamenti è costretto ad effettuare turni di servizio massacranti, superiori alle nove ore previste dall'A.Q.N. con violazioni di tale previsione pressoché quotidiane –:

   se il Ministro intenda approntare con la massima urgenza correttivi in relazione alla preoccupante situazione negli istituti penitenziari di Parma, anche mediante integrazione dell'organico del Corpo in concomitanza con le assegnazioni relative alla conclusione del 178° corso per allievi agenti di polizia penitenziaria.
(4-09454)


   RAMPELLI, MOLLICONE e BELLUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio del 2019, comune di Roma, regione Lazio e Ministero della giustizia hanno sottoscritto un protocollo d'intesa volto a favorire la costruzione di un nuovo edificio del Tribunale nell'area di piazzale Clodio, all'interno della «Riserva naturale di Monte Mario», protetta e soggetta a vincolo, compresa tra via Teulada, via Faravelli, via Falcone e Borsellino e il piazzale stesso;

   l'area su cui incombe il progetto della nuova città giudiziaria costituisce un polmone verde essenziale, come testimoniato dalle numerose manifestazioni, presidi di protesta e sit-in di cittadini organizzatisi in coordinamenti civici per difendere la Riserva naturale regionale di Monte Mario, in allerta da qualche tempo per alcune trivellazioni iniziate nell'area pubblica;

   l'11 novembre 2020, a un anno e mezzo dalla firma dell'accordo, l'allora Ministro Bonafede, in un incontro con l'ordine nazionale degli avvocati, sembrava aver fatto un passo indietro rispetto al citato protocollo d'intesa, affermando che tutte le problematiche inerenti agli edifici dei tribunali italiani non sarebbero state risolte con nuove strutture, bensì con il restauro e il riutilizzo di quelle già esistenti; ma appena un mese dopo, all'interno del parco, sono comparsi dei mezzi pesanti che hanno effettuato alcuni carotaggi del suolo;

   secondo la denuncia dei comitati e delle associazioni dei quartieri Prati, Della Vittoria e Trionfale «Si tratta di un progetto di cementificazione calato dall'alto, senza mai ascoltare organizzazioni di volontariato e gli abitanti di zona, e che da anni grava sull'area verde di Via Teulada, parte integrante della Riserva Naturale di Monte Mario. Che, con i suoi 238 ettari protetti dal 1997, rappresenta uno dei più importanti polmoni verdi di Roma. Su quella che sembrava essere soltanto una prospettiva lontana nel tempo si sono invece riaccesi di colpo i riflettori: in Via Teulada, infatti, in sordina e senza neanche esporre un cartello che segnalasse i lavori, sono iniziate le attività di carotaggio per le prospezioni geologiche, analisi necessarie al fine di conoscere la tipologia di terreno presente nel sottosuolo in vista della realizzazione delle fondamenta delle strutture in progettazione»;

   come hanno spiegato gli attivisti delle associazioni del coordinamento civico «Insieme 17», «Chiediamo di conoscere le ragioni di queste attività e ribadiamo il nostro impegno perché l'area diventi finalmente un vero parco a disposizione della cittadinanza. Chiediamo che il “caso” del Parco di Monte Mario entri con la giusta rilevanza nel dibattito sul verde pubblico da sottoporre ai vari candidati in Campidoglio. La richiesta [...] è di riportare quest'area alla funzione di verde pubblico per la quale è stata creata, libera dal cemento e fruibile da tutti i cittadini»;

   permettere l'ampliamento della città giudiziaria con un progetto di cementificazione, che fagociterebbe l'unico spazio verde presente nel quartiere capitolino, ad avviso degli interroganti, non configura soltanto un pregiudizio alla qualità della vita dei residenti della zona, ma un pericoloso precedente che darebbe adito a simili azioni in altre aree protette –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per ripensare il progetto di ampliamento della cittadella giudiziaria all'interno della Riserva naturale di Monte Mario, come ipotizzato nel citato protocollo del 2019, destinando a struttura giudiziaria uno degli edifici pubblici dismessi o sottoutilizzati già presenti in zona.
(4-09456)


   DI SARNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 31 del 2021 ha stabilito una serie di misure urgenti per lo svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, sostituendo i tradizionali tre scritti con un doppio orale;

   la prima prova orale consiste nella discussione di una questione pratico-applicativa ed è sostenuta in collegamento da remoto con una commissione diversa da quella insediata nella Corte d'appello di appartenenza. La seconda prova orale, relativa alle conoscenze teoriche in varie discipline giuridiche, si svolgerà in presenza davanti alla sottocommissione del distretto della propria Corte d'appello;

   per tale sessione d'esame, la Corte d'appello di Lecce esamina i candidati di Brescia e sono 475 gli aspiranti avvocati bresciani impegnati a sostenere la prima prova orale dell'esame di abilitazione, secondo il calendario stabilito dalla Corte d'appello;

   nel corso di un collegamento da remoto, sarebbe rimasto acceso il microfono della camera di consiglio di alcuni commissari pugliesi, che nel corso della riunione discutevano sull'opportunità di mantenere bassa la percentuale di promossi e di non promuovere tutti i candidati;

   gli aspiranti avvocati in collegamento avrebbero ascoltato in diretta la discussione, che è stata riportata e diffusa sui social media, provocando molte polemiche sul superamento delle prove da parte dei candidati, preoccupati di possibili bocciature di massa che non premiano il merito e la preparazione di tanti praticanti che, con studio e sacrifico, hanno deciso di intraprendere la professione forense;

   l'episodio, se confermato, violerebbe le garanzie di trasparenza richieste nella correzione delle prove, oltre che il diritto dei candidati ad una valutazione imparziale, dimostrando ancora una volta la necessità di procedere ad una riforma complessiva dell'esame di abilitazione alla professione forense –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio verificatosi presso la Corte d'appello di Lecce;

   in che modo intenda agire e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine del regolare svolgimento dell'esame di abilitazione alla professione forense – sessione 2020.
(4-09458)


   ASCARI, MARTINCIGLIO, LICATINI, GRIPPA, SARLI, BOLDRINI e CIAMPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dei procedimenti concernenti i minori, è sempre più frequente il riferimento alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale (Ap) nonostante non sia riconosciuta come disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica. La Corte di Cassazione in una decisione (Cassazione Civile, sezione I, n. 13274 del 2019) ha ritenuto che la diagnosi di alienazione parentale, non avendo basi scientifiche certe, non basta per allontanare il figlio dal genitore; recentemente, anche la procura presso la Corte di Cassazione ha ritenuto l'alienazione parentale quantomeno di dubbia costituzionalità, in quanto «Nel provvedimento impugnato – recitano le conclusioni della procuratrice – non viene indicato alcun fatto, circostanza, o comportamento tenuto dalla madre pregiudizievole al figlio ma sono unicamente evocati concetti evanescenti come "l'eccessivo invischiamento", "il rapporto fusionale", rispetto ai quali è impossibile difendersi non avendo essi base oggettiva scientifica essendo il risultato di una valutazione meramente soggettiva»;

   nonostante ciò, nei tribunali si registrano vicende legate a questo fenomeno che coinvolge molte madri di minorenni;

   numerosi organi di stampa, negli anni, hanno riportato il caso della signora L.M. come vittima di una vicenda giudiziaria che si sta trascinando da anni con innegabili ripercussioni negative soprattutto nei riguardi del figlio minore;

   da anni, la signora combatte contro la pretesa giudiziale dell'ex compagno, che, grazie alla pseudoteoria della alienazione parentale, chiede che le venga sottratto il figlio, oggi undicenne e il tutto contro la espressa volontà del minore di restare con la madre. La signora L. ha denunciato il padre del figlio, ma alcune denunce sono state archiviate; una l'avrebbe ritirata lei stessa, convinta a farlo per dimostrare la propria «parent friendly». Il bambino rifiuta il padre, dice di aver paura e, secondo le consulenze tecniche d'ufficio (Ctu) ed il tribunale per i minori di Roma, la responsabilità di tale avversione sarebbe della madre a motivo della alienazione;

   da ultimo, da quanto si legge da un articolo di giornale pubblicato sul sito di «Dire» (https://www.dire.it) si è appreso che è stato nominato un curatore e una terza Ctu, nonostante dopo otto anni di procedimento in cui pare non sia emerso nulla di grave che possa giustificare l'allontanamento del bambino dalla madre, e dopo un decreto della corte d'appello che revocava questo decreto di allontanamento, il tribunale dei minorenni ha invece confermato la presenza della tutrice, in quanto la madre risulta sospesa da quasi due anni dalla responsabilità genitoriale sulla base di una presunta falsa Ctu in cui si accusa la signora di alienazione parentale; si tratta di una Ctu su cui oggi è stato richiesto dalla procura di Roma l'esercizio dell'azione penale per falso ideologico in atto pubblico a seguito querela della signora L.;

   in questi giorni, si è in attesa del provvedimento con il quale l'autorità giudiziaria potrebbe disporre l'allontanamento del minore dalla madre e la decadenza dalla responsabilità genitoriale per la signora. Tutto ciò in totale contraddizione con quanto disposto dal citato decreto della corte d'appello, che si è definitivamente pronunciata, «per tutte tali ragioni la previsione dell'allontanamento di L. dalla casa materna ed il suo collocamento in luogo diverso dalla abitazione della madre, sia essa la casa paterna che la casa famiglia [...], non appare rispondere al migliore interesse del minore e deve essere revocata»;

   numerosi provvedimenti dei Tribunali dei minorenni pare non tengano conto, nelle decisioni riguardanti l'affidamento del minore e la disciplina della responsabilità genitoriale, delle norme costituzionali di cui all'articolo 32 e 13, limitando la libertà personale di madri e figli minori e costringendoli a seguire percorsi di natura psicologica/psichiatrica contro la loro volontà, utilizzando come leva di convincimento l'utilizzo discriminatorio di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale a danno delle madri, o il ricorso all'allontanamento coatto del minore ed il collocamento forzato presso il padre. Tali decisioni pare non tengano conto del parere espresso dal minore nell'ascolto diretto in spregio all'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo, e dell'articolo 12 della Convenzione di New York, che ne sancisce obbligatorietà e la rilevanza vincolante nelle decisioni del magistrato che giudica sull'affidamento del minore stesso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'esercizio di un'eventuale iniziativa ispettiva presso gli uffici giudiziari coinvolti nella vicenda richiamata in premessa, al fine del pieno rispetto delle regole e dei principi supremi che presiedono lo svolgimento dei procedimenti giudiziari, specie laddove sia in gioco – come nel caso citato – l'interesse superiore dei minori.
(4-09464)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   da una denuncia di un consigliere comunale dell'Aquila, Lelio De Santis, apparsa sugli organi di stampa, si è appreso che l'Anas ha comunicato al settore competente della regione Abruzzo, in data 22 aprile 2021, che provvederà ad abbattere l'alberata storica sulla strada statale 80, dall'Ospedale fino ad Arischia (circa 10 chilometri) e, quindi, trascorsi ormai i 30 giorni, si appresta ora a compiere l'ennesimo «scempio ambientale» nel territorio del comune dell'Aquila;

   le ragioni alla base di questa discutibile scelta sarebbero legate alla sicurezza, al fine di creare spazio per posizionare dei guardrail, stessa motivazione utilizzata nella recente decisione di abbattere tutti gli alberi sulla strada statale 17, in zona San Gregorio, dimostratasi poi pretestuosa, in quanto, l'Anas non ha mai provveduto a installare quei guardrail, come del resto già accaduto nel caso dell'Altopiano delle 5 Miglia, nel novembre del 2018, dove lo stesso compartimento Anas ha proceduto, nell'arco di una sola giornata, al taglio di 70 esemplari di pino nero, peraltro in eccellenti condizioni vegetative, impiantati da oltre 60 anni per segnare la direzione della strada e orientare il viaggiatore in un tratto di strada soggetto a tempeste di neve, modificando in modo significativo il paesaggio;

   non è comprensibile che Anas abbia valutato come unico provvedimento per la sicurezza stradale, in quanto più comodo e meno dispendioso secondo una inaccettabile logica aziendale, il taglio indiscriminato di tutti gli alberi, a quanto consta all'interrogante senza alcuna autorizzazione paesaggistica e senza distinzioni in base al comprovato pericolo dei singoli alberi, ma soprattutto senza considerare le possibili alternative per limitare la velocità e rendere meno pericoloso quel tratto di strada;

   la stessa competenza a vigilare e a decidere su un eventuale «abbattimento selettivo» di alberi, peraltro, risulta in capo al comune dell'Aquila, mentre all'Anas spetta il compito di garantire la sicurezza della strada, mettendo in campo le misure possibili e necessarie, ad esempio, posizionando dissuasori di velocità e guardrail;

   si tratta di filari di alberi di elevato valore storico e paesaggistico, fortemente identitario per i luoghi e le comunità di riferimento, che non possono essere considerati alla stregua di altri interventi per la sicurezza stradale o derubricati alla «voce» manutenzione stradale;

   tale decisione risulterebbe lesiva, in particolare, dell'articolo 9 della Costituzione, posto a tutela del paesaggio e dei beni culturali ed ambientali; inoltre, costituirebbe una grave violazione della normativa nazionale e comunitaria, nonché dei consolidati princìpi giurisprudenziali in materia, che considerano tali beni primari ed assoluti, arrecando, altresì, un danno notevole alla comunità aquilana già colpita, nel recente passato, da simili provvedimenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe, se intendano promuovere iniziative, per quanto di competenza, nel pubblico interesse, a tutela dei princìpi costituzionali e alla luce della normativa e della giurisprudenza in materia, in relazione a quanto evidenziato e, conseguentemente, valutare l'adozione delle iniziative necessarie per porvi rimedio, con l'urgenza che la straordinaria gravità della vicenda richiede.
(5-06171)


   FICARA, MARTINCIGLIO e PENNA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   sin dall'avvio del rapporto convenzionale per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo con le isole minori siciliane (luglio 2012) il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, nell'esercizio delle competenze ad esso attribuite, ha rilevato numerose criticità, tutte tempestivamente contestate alla regione Siciliana;

   con l'approvazione dell'articolo 25, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013, la funzione di vigilanza veniva trasferita alla regione Siciliana;

   in base alla convenzione del 2016, alla regione Siciliana vengono assegnati circa 110.000 euro annui affinché svolga questa attività;

   assai frequenti sono le notizie di stampa in merito ai continui disservizi e/o omissioni di corse, per le quali, il presidente della regione Siciliana, nel 2018, avrebbe disposto una indagine, della quale, tuttavia, in risposta ad una formale richiesta di accesso agli atti dello scorso anno, formulata in regione «l'Assessorato Infrastrutture e Mobilità non sarebbe a conoscenza della costituzione di un gruppo ispettivo per le finalità specificate...»;

   nel 2019 il Ministero ha sollecitato la regione a intervenire;

   tuttavia, ad oggi, i passeggeri continuano a vivere continui disagi, dovuti anche a continui guasti dei mezzi, solo per citarne alcuni, lunedì 24 maggio 2021, il traghetto Simone Martini che avrebbe dovuto salpare da Favignana per Trapani è stato bloccato da un guasto. La Caronte & Tourist – che è la società che gestisce i collegamenti marittimi tra la Sicilia e i suoi arcipelaghi con le navi – ha inviato a Favignana il traghetto Ulisse che a sua volta, mercoledì 26 maggio 2021, ha subito un guasto al portellone;

   non è accettabile che isole che fondano la propria economia sul turismo e alle quali si accede solo via mare, debbano scontare queste incredibili vicissitudini, soprattutto in un momento in cui si aspetta come non mai la ripresa del turismo dopo un anno e mezzo di fermo dovuto alla pandemia;

   sono state prorogate fino al 31 dicembre 2021 le concessioni, in scadenza a fine 2020, con le due compagnie di navigazione che in Sicilia si occupano dei collegamenti marittimi con le isole minori;

   non è stata ancora effettuata la pubblicazione dei bandi di gara per il periodo 2022-2026, prevista per il 30 aprile 2021 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e delle risultanze dei controlli effettuati negli anni dalla regione Siciliana ed, eventualmente, se e in che modo ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire il diritto alla mobilità dei passeggeri e alla continuità territoriale.
(5-06174)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come noto, fino al 16 maggio 2021, con ordinanza del Ministro della salute era prevista una quarantena di 5 giorni con doppio test anti-Covid-19 (cosiddetto tampone) negativo, antigenico o molecolare, nelle 48 ore precedenti l'ingresso in Italia per l'accesso nei confini nazionali da parte di cittadini di alcuni Paesi tra cui la Repubblica francese;

   allo stato attuale è stato mantenuto solamente il tampone negativo, antigenico o molecolare, nelle 48 ore precedenti l'ingresso in Italia, mentre in Francia è permesso l'ingresso unicamente con tampone molecolare effettuato nelle 72 ore precedenti l'ingresso;

   come riportato anche a mezzo stampa da numerosi cittadini, nelle aree di confine sono stati visti numerosi ingressi da parte di cittadini stranieri ai quali non sono stati applicati gli stessi rigidi protocolli di controllo che sono invece applicati all'estero;

   a titolo di esempio, sono stati segnalati numerosi francesi nel territorio della Val di Susa, al confine con la Francia, ai quali non è noto se sia stato richiesto la presentazione del tampone o meno;

   la richiesta da parte italiana di tampone antigenico o molecolare, mentre da parte francese di tampone esclusivamente molecolare, costituisce una forte asimmetria nell'ambito dei controlli, a detrimento dei cittadini italiani;

   parimenti, vi sono altre asimmetrie nei confronti di tutti i Paesi confinanti con l'Italia –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per garantire parità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri nell'ambito dei controlli di frontiera contro la pandemia da Covid-19.
(4-09450)


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come testimoniano gli sbarchi che si registrano quotidianamente sulle coste della Sardegna meridionale, i flussi migratori irregolari dall'Algeria verso l'Italia non si arrestano ed anzi sono in continua crescita;

   gli ultimi arrivi risalgono al 1° giugno 2021, quando all'alba, a bordo di un barchino di legno sono approdati al porticciolo di Nora, sul litorale di Pula, in provincia di Cagliari, altri 14 cittadini presumibilmente algerini; successivamente all'immediato intervento sul posto dei carabinieri per intercettarli, gli immigrati, tutti uomini tra i 20 e i 40 anni, sono stati trasferiti nel centro di prima accoglienza di Monastir dove, dopo le visite mediche e le identificazioni, dovrebbero rimanere ristretti in quarantena. Nel primo pomeriggio dello stesso giorno si sono registrati 11 arrivi a Porto Pino;

   sempre dalla stampa si ha notizia che anche il giorno precedente, in altri due sbarchi, sarebbero stati fermati altri 14 immigrati di nazionalità algerina, tra cui anche una donna, presumibilmente anch'essi trasferiti al centro di prima accoglienza di Monastir, da tempo in sofferenza per i noti problemi di affollamento;

   questa gravissima situazione è stata più volte sottoposta all'attenzione del Ministro dell'interno dall'interrogante negli scorsi mesi con diversi atti di sindacato ispettivo (tra cui le interrogazioni nn. 4-09317, 4-08438, 4-07952, 4-06362, 4-06993, 4-07705, 4-07511, 3-01903, 3-01754, 3-0175) al fine di sollecitare un suo immediato intervento;

   i flussi migratori illegali verso la Sardegna, favoriti ora anche dalle buone condizioni del mare, continuano ad esporre la popolazione ad ingiustificabili pericoli in termini di sicurezza e sotto il profilo sanitario ed anche rischiano di compromettere gravemente la stagione estiva appena avviata e il suo indotto, stante la vocazione turistica dell'Isola –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, con la massima urgenza, al fine di fermare i flussi migratori illegali verso la Sardegna.
(4-09455)


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del comune di Genova del marzo 2017 è stato avviato un percorso finalizzato all'apertura del nuovo distaccamento dei vigili del fuoco nel levante genovese;

   i fondi sono stati resi disponibili già con l'approvazione della legge di bilancio 2019 e prevedono 400 mila euro per l'adeguamento dello stabile e 1,2 milioni per i mezzi e le attrezzature;

   i vigili del fuoco hanno manifestato un interesse per lo stabile denominato «Ex Casa del soldato» sito a Genova in Piazza Sturla a Genova per l'apertura del suddetto nuovo distaccamento;

   inoltre, la delibera del consiglio comunale di Genova n. 42/2019 prevede la «Retrocessione all'Agenzia del Demanio del compendio “Palazzina dell'architettura razionalista denominata Casa del Soldato” per consentire l'uso governativo a favore del Comando dei Vigili del Fuoco»;

   va tenuto conto che il comando dei vigili del fuoco di Genova è stato potenziato di n. 34 unità dedicate al distaccamento cittadino del Lavante –:

   quali siano le tempistiche per la ristrutturazione dello stabile adibito al distaccamento Levante di Genova e l'operatività dello stesso.
(4-09459)


   PRETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'interno Lamorgese ha emanato, il 10 aprile 2020, la direttiva n. 15350/117/3 indirizzata a tutti i prefetti, con la quale ha chiesto di incrementare il monitoraggio legato al disagio sociale ed economico, nonché le attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminosi e di ogni forma di illegalità sul territorio nazionale a causa dei numerosi episodi legati alla criminalità. Ulteriore allarme proviene sia — come emerge dall'audizione in Commissione Antimafia — dal direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Prof. Marcello Minenna, il quale ha dichiarato che i 35 miliardi di euro mancanti dal settore del gioco presenti sul territorio nazionale si sono spostati nel canale telematico e nei circuiti del gioco illegale, sia dalle ultime affermazioni del Procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, il quale ha evidenziato che il fenomeno del «gioco d'azzardo, assieme al traffico di sostanze stupefacenti, oggi appare l'affare più lucroso col quale rimpinguare le casse delle cosche»;

   dalla recente indagine svolta da un'agenzia giornalistica che si occupa di gioco sono stati riportati preoccupanti dati in merito alle operazioni effettuate dalle forze dell'ordine negli anni 2019 e 2020, che hanno in particolare evidenziato nell'anno 2019 un incremento del gioco illegale stimato in 12 miliardi di euro mentre nel 2020 si è verificata la crescita del 50 per cento, raggiungendo i 18 miliardi di euro;

   ancor di più in questo periodo, la criminalità organizzata ha aumentato vertiginosamente il proprio giro d'affari a causa delle disposizioni recate dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che hanno contribuito a generare situazioni di incertezza e difficoltà per migliaia di aziende italiane che operano nel gioco legale, le quali, ad oggi, contano oltre 150 mila persone tra lavoratori diretti, dipendenti dei concessionari e lavoratori dell'indotto, che arrivano a 400 mila persone estendendo il disagio ai nuclei familiari. Per tale motivo, l'applicazione del nuovo decreto-legge 18 maggio 2021, n. 65, cosiddetto decreto-legge Riaperture-bis consentirebbe il ripristino delle attività in questione — soltanto il 1o luglio 2021 — favorendo di fatto lo sviluppo del fenomeno criminale;

   le mafie stanno approfittando dei divieti imposti, ciò è dimostrato anche dalle analisi svolte dalla Guardia di finanza e dalla Direzione investigativa antimafia sulle segnalazioni di operazioni sospette (Sos), che riscontrano un preoccupante aumento, rispetto all'anno 2019, del flusso di segnalazioni pervenute all'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia durante l'emergenza sanitaria –:

   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto esposto, intendano adottare iniziative per procedere all'apertura anticipata dei punti gioco in zona «gialla» per contenere l'esplosione delle attività criminali in tale settore e quali iniziative di competenza intendano adottare per contrastare la criminalità organizzata che lucra incessantemente su tali comparti industriali e fornire, nel contempo, le risultanze in possesso sul numero degli esercenti che sono stati colpiti da tale attività predatoria mafiosa.
(4-09462)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in queste settimane sono numerose le attività turistiche e ricettive che stanno riaprendo dopo molti mesi di lockdown, e che puntano sulla stagione estiva per poter rilanciare la propria attività di impresa dopo una lunga e profonda crisi;

   organi di stampa locali della Toscana di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale le categorie economiche del settore turistico lamentano la difficoltà nel reperire personale per la stagione estiva; soprattutto alcune figure professionali, come baristi, camerieri e addetti all'accoglienza, sono particolarmente ricercate;

   la notizia crea stupore, vista la profonda crisi occupazionale generata dalla recessione dovuta al Covid-19 e sono numerose le opinioni degli operatori del settore che additano questa paradossale situazione al reddito di cittadinanza, che indurrebbe molti potenziali lavoratori, anche giovani, a preferire una indennità certa a una occupazione temporanea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica e quali iniziative intenda adottare per rispondere alle istanze delle categorie economiche, valutando anche la possibilità di rivedere lo strumento del reddito di cittadinanza.
(4-09452)


   CARDINALE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 112 del 2016 recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», cosiddetta legge del «Dopo di noi», è considerata un tassello fondamentale del nostro ordinamento giuridico;

   nonostante l'innovatività apportata dalla legge in materia di sostegno all'inclusione sociale, volto a favorire i progetti di vita dei soggetti con disabilità grave, la concreta realizzazione degli obiettivi previsti è stata ostacolata negli anni da alcune difficoltà e criticità: allo scopo di elaborare possibili proposte migliorative della normativa, da settembre 2020 si è dato inizio ai primi incontri del tavolo tecnico, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

   alla luce della crisi sanitaria tuttora in atto, il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (Fondo «Dopo di noi») è stato incrementato di 20 milioni di euro – per un totale di 76 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 – con la legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021);

   tuttavia, tra le maggiori criticità nell'attuazione della legge, si riscontra una persistente incapacità nella programmazione degli interventi a livello regionale: nonostante gli ingenti stanziamenti stabiliti da parte dello Stato nel corso degli anni, infatti, il ritardo nell'elaborazione di progetti individuali, requisito fondamentale per accedere ai finanziamenti previsti dalla legge in questione, e che dovrebbero promuovere il coinvolgimento dei diversi attori interessati (attraverso azioni di co-progettazione che coinvolgano famiglie, comuni, distretti socio-sanitari e operatori dei servizi pubblici e del privato sociale) è una delle mancanze più gravi rilevata in alcune specifiche regioni;

   quanto descritto si evince dalla valutazione della seconda Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 112 del 2016, trasmessa nel gennaio 2020 – e riferita ai dati aggiornati al 31 dicembre 2018 – che ha restituito un primo quadro eterogeneo, tuttavia incompleta ai fini di una misurazione esatta degli interventi programmati a livello nazionale, e ciò in quanto non tutte le regioni hanno provveduto a fornire i dati richiesti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tra queste: Lazio, Umbria, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia;

   proprio la situazione dell'assistenza sanitaria e dei modelli di cura e protezione dei disabili in Sicilia risulta particolarmente densa di lacune: una delle ultime notizie apprese riguarda un ultimatum lanciato dal Ministero alla regione, affinché la stessa si attivasse ad investire un ammontare di risorse relative alla legge n. 122 del 2016 pari a 500 milioni di euro, pena la revoca degli stessi;

   i numerosi appelli di famiglie e associazioni non hanno ricevuto alcun riscontro da parte degli organi regionali. Difatti, ancora oggi si ha difficoltà ad ottenere un monitoraggio aggiornato sullo stato di programmazione delle risorse regionali e sulla situazione attuale dei piani distrettuali già predisposti, in attesa di validazione;

   con i limiti sopra evidenziati, le buone aspettative della legge di cui sopra rischiano di diventare vane in buona parte del Paese, con la conseguenza di creare un divario troppo ampio rispetto ad altre realtà regionali, dove invece si procede con maggiore celerità di intervento –:

   quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, al fine di adoperarsi ulteriormente affinché la Regione Siciliana dia piena attuazione alla legge n. 112 del 2016 sul «Dopo di noi»;

   quali siano ad oggi i dati dell'attività di monitoraggio dei flussi finanziari ad essa riservati, compresi i trasferimenti sino ad oggi effettuati, ed il numero dei progetti realizzati dalla Regione Siciliana.
(4-09461)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRIZZINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime tre programmazioni comunitarie, riguardanti i criteri di distribuzione delle risorse previste dai fondi di cui al Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), risulterebbe che sarebbero stati sottratti alle regioni meridionali, con particolare riferimento alla Sicilia, diversi milioni di euro decisivi per la crescita del settore agricolo delle regioni del Sud, così come riferito dal Movimento degli agricoltori siciliani con la petizione del 24 maggio 2021;

   eppure a tal riguardo, la Conferenza Stato-regioni avrebbe definito la necessità di indicare criteri oggettivi per la ripartizione dei fondi tra le diverse regioni;

   tali criteri non sarebbero ancora stati determinati con certezza e le regole ad oggi utilizzate mal si attaglierebbero con i principi di miglioramento strutturale del settore agricolo previsto dalla programmazione comunitaria;

   il Piano strategico regionale 2014/2020 sarebbe stato prorogato, in attesa della determinazione degli anzidetti criteri con l'intendimento di fare riferimento al cosiddetto criterio storico per un'equa ripartizione dei fondi de quibus;

   ad oggi, tale principio non sarebbe rispettato e gli uffici del Ministero procederebbero, come riferito nella petizione anzidetta, con criteri definiti in base alle diverse esigenze regionali;

   allo stato, sarebbe necessario organizzare un tavolo tecnico che preveda il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati al fine di determinare nuove regole e nuovi principi per un'equa distribuzione;

   infine, risulterebbe all'interrogante che, in data 24 maggio 2021, sarebbe stata predisposta una petizione a firma degli agricoltori e dei movimenti agricoli regionali finalizzata alla riorganizzazione dei piani e a una migliore ed equa distribuzione dei fondi Fesr –:

   se il Ministro interrogato abbia previsto soluzioni di immediata applicazione per una definitiva determinazione di criteri di equa distribuzione delle risorse di cui in premessa.
(4-09451)


   VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO, PATASSINI e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la questione delle quote del tonno rosso è un argomento molto complesso, proprio perché l'applicazione di esse deriva, da una parte, da regolamenti sovranazionali e, dall'altra, da provvedimenti nazionali, che impongono determinate quote all'interno delle quali le nostre marinerie devono operare ed adeguarsi;

   con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, annualmente, si ripartiscono i contingenti di tonno rosso – per la campagna di pesca 2021 la quota per il nostro Paese è di 4.745,34 tonnellate – tra circuizione, palangaro, tonnara fissa, pesca sportiva/ricreativa e quota indivisa;

   in sede di sbarco delle catture accessorie (by-catch) la percentuale ammessa in sede di sbarco è pari al 20 per cento da calcolarsi su base annuale, unicamente per le imbarcazioni denominate «feluche» e per quelle ricadenti nella fattispecie della «piccola pesca costiera»; tale percentuale viene calcolata sulla base dei dati risultanti dal giornale di bordo (logbook) calcolato in base al peso e/o al numero; dalla suddetta percentuale, però, viene escluso l'attrezzo del palangaro derivante;

   inoltre, i dati di cattura del triennio 2017-2019 hanno evidenziato che, tra i mesi di maggio e di giugno, il contingente cosiddetto «indiviso (Uncl)» si va velocemente ad esaurire con la conseguente interruzione definitiva dei prelievi accessori di tonno rosso;

   risulta agli interroganti che anche per quest'anno vi è una rilevante anticipazione delle consuete tempistiche di esaurimento del contingente Uncl, con la conseguenza di non poter assicurare la copertura alle catture accidentali;

   anche quest'anno è già stata raggiunta la quota di catture by-catch ammesse e per il principio precauzionale si è proceduto alla chiusura immediata delle catture accessorie di tonno rosso a valere sulla annualità 2021, impedendo quindi le operazioni di sbarco e commercializzazione per le imbarcazioni non autorizzate alle catture al bersaglio;

   con la chiusura accidentale della pesca al tonno rosso si ripropone, quindi, il problema della gestione delle quote. Tanti pescatori che da oggi pescheranno accidentalmente il tonno non potranno metterli in commercio con la normativa attuale;

   si tratta di uno spreco biologico di risorse, uno spreco economico per aziende e operatori già duramente provati dalla crisi pandemica, un grave danno per l'intero comparto che rischia di favorire anche pratiche illegali;

   inoltre, risulta agli interroganti che da alcuni giorni sono presenti numerose tonnare battenti bandiera di un Paese terzo al limite delle nostre acque territoriali, impegnate nella pesca al tonno rosso;

   subito dopo la chiusura della quota accidentale è iniziata la stagione della circuizione e, inoltre, per la maggior parte dei pescatori italiani, c'è l'impossibilità di sbarcare il tonno pescato accidentalmente, pesca accidentale che avviene sovente soprattutto da parte della marineria che pesca il pesce spada, essendo il tonno presente in grandi quantitativi nel nostro mare –:

   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto affinché sia definita una nuova ripartizione delle quote a livello nazionale per quello che si può definire come «l'oro blu» presente in grande quantità nel nostro mare;

   se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative per rafforzare il regime di controlli verso i pescherecci battenti bandiera di altri Stati all'interno delle acque territoriali italiane, sia per far sì che vengano rispettate le quote assegnate ai singoli Paesi, sia per un monitoraggio delle unità straniere (dell'Unione europea ed extra-Unione europea) che entrano nelle acque sottoposte alla sovranità/giurisdizione italiana, al fine di tutelare gli interessi marittimi nazionali e garantire lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche dei nostri mari;

   se non intenda adottare iniziative per includere anche gli attrezzi di palangaro derivante nella quota del 20 per cento annuale in sede di sbarco.
(4-09460)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SARLI, VILLANI e SAPIA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la trasparenza negli organigrammi e nella gestione dei dipartimenti delle aziende sanitarie locali, è della massima importanza per garantire l'efficacia, l'efficienza e l'equità nella pubblica amministrazione in generale e nelle strutture sanitarie in particolare, specie in tempi di pandemia;

   le procedure nei concorsi e negli avvisi pubblici devono essere particolarmente trasparenti e aliene da ogni tipo di conflitto di interessi, specie se palesi e di pubblico dominio, nell'interesse delle aziende sanitarie, degli utenti e della cittadinanza in generale;

   la Asl NA1 Centro è da tempo oggetto di valutazione del suo grado di corretta gestione amministrativa, sanitaria e di gestione del personale e nel rapporto con la sanità privata accreditata;

   nel verbale n. 630 del 29 giugno 2020 dell'Asl Napoli 1 Centro, riguardante l'avviso pubblico, per titoli e colloquio, per il conferimento dell'incarico quinquennale di direttore della unità operativa complessa neuropsichiatria infantile si legge: «la Commissione, inoltre, stabilisce che il colloquio è svolto con porte chiuse con un candidato alla volta»;

   nella città di Napoli è stata istituita, con decreto sindacale del 16 aprile 2018 del sindaco di Napoli, la Consulta popolare sulla salute e sanità della città di Napoli;

   tale Consulta popolare sulla salute e sanità della città di Napoli, in un comunicato stampa, pubblicato il 26 aprile 2021, nella pagina social della stessa consulta afferma:

    «che la decisione concorsuale della direzione dell'ASL Na 1 riguardo l'UOSM 24, 73, 31 (che insiste sui territori del centro storico e Capri) di fatto decapita un lavoro culturale, sociale, condiviso e promettente circa il riconoscimento dei diritti del sofferente e dei familiari (...);

    la Consulta Popolare Salute e Sanità della città di Napoli, pur non entrando nel merito della regolarità del concorso, competenza questa degli organi istituzionalmente a ciò preposti se eventualmente interpellati, intende ribadire in conclusione il proprio sconcerto sulla valenza “concretamente simbolica” del messaggio così lanciato dalla direzione dell'ASL Na 1»;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 prevede per i concorsi pubblici, all'articolo 6, comma 4, che prove orali debbano svolgersi in un'aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione –:

   se il Governo intenda acquisire elementi, per quanto di competenza, in ordine al fatto che le prove orali dei recenti concorsi pubblici, in particolare quello di cui all'avviso pubblico per titoli e colloquio, per il conferimento dell'incarico quinquennale di direttore della unità complessa neuropsichiatria infantile dell'Asl Napoli 1 Centro del 29 giugno 2020 per la nomina di sei direttori di struttura complessa del dipartimento di salute mentale dell'Asl NA 1 Centro siano stati svolti a porte chiuse, valutando un singolo candidato alla volta;

   se il Governo non intenda avviare le verifiche di competenza, tramite in particolare l'Ispettorato per la funzione pubblica, in ordine al rispetto della normativa in materia, in particolare del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, nell'espletamento del concorso in questione;

   se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con la Regione Campania, in ordine all'efficacia dei progetti riguardanti la cura della salute mentale nel territorio in questione.
(4-09465)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con nota protocollata n. 248223 del 31 maggio 2021, la direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari (Dgsaf), ha comunicato una progressiva sospensione di alcune misure di contenimento precedentemente disposte a contrasto di eventuali focolai di virus Hpai (influenza aviaria), sottotipo H5N8, in seguito anche ai rinvenimenti dei primi focolai nei Paesi Bassi nell'inverno 2020;

   sul punto, come già menzionato in altri atti di sindacato ispettivo, ma anche a mezzo stampa e con evidenze empiriche, tali focolai coinvolgevano aree estremamente lontane dai confini nazionali, non afferenti agli stessi; eppur, è stata disposta la sospensione dell'uso dei richiami vivi, prescrivendo che gli animali dovranno rimanere presso il luogo di utilizzo, nonostante, quindi, in Italia non siano stati rinvenuti né focolai né soggetti affetti da H5N8;

   le predette misure si trovano su un piano di sostanziale asimmetria rispetto alla situazione affrontata;

   l'uso degli uccelli da richiamo è regolarmente gestito e disciplinato con apposito protocollo operativo 0021498-P del 3 settembre 2018, il quale specifica che eventuali modifiche ed integrazioni dello stesso devono avvenire ai sensi della decisione di esecuzione (UE) 2018/1136 della Commissione, sulla base quindi dell'evoluzione della situazione epidemiologica dell'influenza aviaria ad alta patogenicità in ambito nazionale, eventualità ad oggi non ancora verificatasi;

   la decisione di esecuzione (UE) 2018/1136, disponendo numerosi riferimenti in merito ai necessari controlli sanitari e di contenimento di Hpai, fornisce un quadro normativo confermatorio del predetto protocollo operativo 0021498-P del 3 settembre 2018, il quale non richiede misure di contenimento estreme in assenza di un'evoluzione drammatica o allarmante della situazione epidemiologica legata all'influenza aviaria nei confini nazionali;

   il predetto protocollo operativo prevede, infatti, che i cacciatori garantiscano tracciabilità e rintracciabilità dei richiami vivi, prevedendo apposite pratiche di biosicurezza atte ad escludere il contatto diretto ed indiretto tra i richiami utilizzati per la caccia ed altro pollame, nonché disponendo appositi controlli sanitari sui volatili rinvenuti morti o abbattuti a fine stagione venatoria;

   date le misure di controllo e tracciabilità già in vigore, in assenza di focolai sul suolo nazionale non è ravvisabile la necessità di misure sproporzionate come quelle in questione;

   per effettuare il monitoraggio delle specie, anche ai fini del contenimento di eventuali malattie degli animali, occorre che gli operatori del comparto venatorio siano in grado di prelevare i capi, operazione non facile senza fare uso dei richiami vivi;

   peraltro, la predetta nota protocollata, a fronte di una serie di allentamenti, non prevede novità per quanto attiene allo spostamento dei richiami vivi medesimi, nonostante di per sé si tratti di una fattispecie scarsamente soggetta a eventuali infezioni di Hpai rispetto ad altre –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti, per quale motivo non siano state allentate le misure in materia di impiego dei richiami vivi e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per sospendere le relative restrizioni, data l'assenza di ragionevoli e comprovate situazioni di necessità e di urgenza.
(4-09453)


   MARAIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della seconda ondata della pandemia, in Campania si è assistito alla scelta di convertire l'intero presidio ospedaliero «Landolfi» di Solofra (Avellino) in un Covid-Hospital, fornito di 40 posti letto. In virtù di ciò, è stato attuato un celere smantellamento dei reparti di chirurgia generale, ortopedia, ginecologia e pediatria, nonché è stata decisa la disattivazione del pronto soccorso;

   preliminarmente, il piano regionale di programmazione della rete ospedaliera, approvato con decreto del Commissario ad acta n. 33 del 2016, ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015, nell'ambito della Rete dell'emergenza-urgenza della Macro-Area della provincia Avellino-Benevento, classifica il presidio Landolfi quale presidio ospedaliero sede di pronto soccorso. Tale individuazione ha trovato conferma anche nel successivo decreto del Commissario ad acta n. 103 del 2018 e nel decreto del Commissario ad acta n. 29 del 2018;

   da quasi un anno, la direzione strategica dell'azienda ospedaliera S.G. Moscati di Avellino ha attuato una riorganizzazione delle attività disponendo la disattivazione del pronto soccorso medico-chirurgico del presidio ospedaliero «Landolfi». Si tratta di una scelta confermata dalla nota regionale, Prot. 2960, del 10 dicembre 2020;

   inoltre, sul Burc del 24 maggio 2021, è stata pubblicata la delibera della giunta regionale n. 201 del 19 maggio 2021. Nella delibera si sancisce l'istituzione di punto di primo intervento presso il presidio ospedaliero Landolfi di Solofra, al posto del pronto soccorso, garantendo, quindi, soltanto una struttura che provvederà alla mera stabilizzazione del paziente;

   l'unità operativa del pronto soccorso del «Landolfi» di Solofra è inquadrata come struttura strategica nella rete di assistenza della provincia di Avellino, in quanto fondamentale per un vasto comprensorio;

   il protrarsi della chiusura del pronto soccorso di Solofra non solo mette a rischio l'assistenza e l'emergenza di tale vasto territorio, ma secondo l'interrogante si porrebbe in contrasto anche con i sovraordinati piani regionali, approvati con i richiamati decreti del Commissario ad acta, che hanno individuato il presidio di Solofra quale componente ineludibile della rete di emergenza e di assistenza della provincia di Avellino. Inoltre, inevitabilmente, la sospensione del pronto soccorso di Solofra appesantisce gravemente il funzionamento del pronto soccorso del San Giuseppe Moscati di Avellino, nonché di altre strutture ospedaliere;

   è da sottolineare che il piano ospedaliero della regione Campania fa rientrare nel conteggio dei posti letto totali a disposizione delle Asl i 111 posti gestiti dal polo riabilitativo della Fondazione Don Gnocchi nella struttura di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino), sulla base di una concessione, avente ad oggetto una «sperimentazione pubblico-privato», siglata con l'allora Asl AV1 (oggi Asl AV) ed approvata con delibera n. 418 del 2005 dell'Asl AV1;

   tale sperimentazione veniva posta in essere mediante una totale elusione della normativa che disciplina le modalità di esternalizzazione del servizio sanitario pubblico in favore dei privati (articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502);

   inoltre, la Fondazione Don Gnocchi non è un soggetto dotato del necessario accreditamento istituzionale ex articolo 8-quater;

   il suddetto conteggio dei posti letto è condizionato da tale anomalia gestionale e si ripercuota nella conseguente riduzione totale dei posti letto ospedalieri attribuiti alle altre strutture campane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione che interessa i livelli dell'assistenza ospedaliera nella regione Campania, in particolare, nella provincia di Avellino e relativamente allo smantellamento dell'ospedale «Landolfi» di Solofra;

   se intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per tutelare i livelli basilari di assistenza nella stessa provincia, salvaguardando il succitato ospedale e promuovendo ampliamento della disponibilità dei posti ospedalieri nelle strutture pubbliche, nonché una corretta attribuzione dei posti extra ospedalieri.
(4-09463)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Forciniti e altri n. 1-00490, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 giugno 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Testamento, Sarli.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Conte e altri n. 4-09202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Avossa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00485, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 510 del 18 maggio 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    con un fatturato che supera gli 80 miliardi di euro annui, quasi 500 mila addetti e 224 mila aziende solo in Italia, la filiera della moda rappresenta un asset strategico della industria nazionale, nonostante risulti, con l'industria automobilistica, il settore manifatturiero maggiormente colpito dall'emergenza economica a socio-sanitaria da Covid-19, soprattutto a causa della sofferenza del mercato europeo, fortemente penalizzato da lockdown internazionale;

    il settore moda rappresenta l'8,5 per cento del volume di affari e il 12,5 per cento dell'occupazione dell'industria manifatturiera in Italia; la dimensione media delle aziende è inferiore a quella degli altri Stati dell'Unione europea e questa peculiarità, bilanciata da una forte interrelazione tra le imprese che comporta una elevata capacità di innovazione, consente una maggiore flessibilità e un elevato grado di specializzazione, garantendo una forte competitività della filiera. Questa caratteristica è confermata dalle prestazioni dell'esportazione del settore e dal ruolo di grande rilievo dalla filiera nazionale nel mercato europeo della moda di qualità. Si stima, infatti, che il sistema di subfornitura italiano rifornisca il 60 per cento della moda di qualità del mondo e che l'industria tessile italiana raggiunga il 77,8 per cento del totale delle esportazioni europee;

    per la sua portata attuale, al settore corrisponde una consistente produzione e, di conseguenza, una consistente generazione di problematiche di impatto ambientale, come emerso dall'ultimo World Economie Forum, secondo il quale l'industria della moda è il secondo settore più inquinante al mondo dopo quello petrolifero; ogni anno è, infatti, responsabile del 10 per cento delle emissioni globali di gas serra (CO2) e contribuisce alla dissipazione del 20 per cento delle risorse idriche totali, utilizzate nelle varie fasi lavorative, compresa, naturalmente, l'irrigazione delle colture tessili;

    a livello mondiale una prima problematica concerne il rilascio e la diffusione di sostanze chimiche usate nel processo produttivo, causa primaria del deterioramento della risorsa idrica, in particolare nella contaminazione delle falde acquifere, oltre che effetti nocivi con conseguenze sulla salute dell'essere umano; si stima che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20 per cento dell'inquinamento globale dell'acqua potabile a causa dei vari processi a cui i prodotti vanno incontro, come la tintura e la finitura, e che il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei corsi d'acqua (l'equivalente di 50 miliardi di bottiglie di plastica);

    il consumo di moda è molto diffuso, poi, nelle economie industrializzate: poiché la moda è fondata sulle tendenze, il prodotto ha un ciclo di vita molto breve, che porta a un elevato accumulo di rifiuti spesso non biodegradabili. I dati dell'Ispra indicano che le imprese italiane della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria tessile hanno generato 745.458 tonnellate di rifiuti speciali nel 2018;

    si calcola, poi, che l'industria della moda sia responsabile del 10 per cento delle emissioni globali di carbonio;

    i produttori ed i marchi «made in Italy» che non si rinnoveranno saranno senza dubbio danneggiati nel breve/medio termine da uno dei cambiamenti di paradigma: dai fattori tecnologici, come l'intelligenza artificiale, la biotecnologia, la digitalizzazione industriale, il riutilizzo creativo del lusso, alla necessità di mantenere il passo con una consapevolezza senza precedenti dei consumatori, che oggi si aspettano un autentico impegno dei marchi nei confronti dei valori etico-ambientali;

    da tempo le filiere del tessile, della pelletteria, degli accessori, della calzatura, e della moda tentano di trovare un punto di equilibrio nella coesistenza tra l'emergenza etica, ambientale e sociale e lo sviluppo economico;

    l'attenzione ai temi della transizione ecologica non è solo una caratteristica produttiva, ma un'esigenza; come componente chiave della catena del valore globale, le piccole e medie imprese e le imprese artigiane italiane devono conformarsi alle pratiche sostenibili e alla gestione responsabile, destreggiandosi tra le varie certificazioni etiche, ambientali, e nella sottoscrizione dei diversi protocolli quali, ad esempio, l'elenco delle sostanze soggette a restrizioni (Rsl – Restricted Substances List), l'elenco delle sostanze manifatturiere soggette a restrizioni (Mrsl – Manufacturing Restricted Substances List) e le campagne attivate per la gestione responsabile delle sostanze chimiche nei prodotti e nei processi, come anche i capitolati attraverso cui i marchi committenti effettuano le richieste di approvvigionamento;

    la necessità, sempre più impellente, di conformare tutti i settori alla realtà ecosostenibile, richiede uno sforzo corale affinché questo settore trainante per l'Italia diventi un asset strategico nella nuova programmazione comunitaria 2021-2027 e nel pacchetto della ripresa della Next Generation UE, dotandolo degli strumenti necessari per affrontare le sfide del futuro e, in particolare, per una transizione verso un modello tessile responsabile e sostenibile, per costituire modelli di gestione strategica ed operativa diretti alla compatibilità ecologica e sociale;

    la legislazione italiana, pur sapendo cogliere in termini generali gli obiettivi della sostenibilità e dell'economia circolare, non è stata in grado finora di creare un quadro normativo complessivo idoneo a favorire e sostenere concretamente questa transizione; in particolare, la normativa ambientale italiana continua a mantenere un approccio burocratico con norme a volte incoerenti che frenano anziché favorire la transizione;

    l'Italia, dato il valore economico, sociale e ambientale generato dalla sua filiera nella catena tessile globale, gioca un ruolo importante nell'identificazione, mitigazione e gestione sistemica delle esternalità negative; quella italiana è l'unica filiera al mondo tutt'oggi intatta, composta da imprese artigiane che lavorano dalla materia prima, passando per le fasi del processo produttivo, fino alla distribuzione, coinvolgendo quasi tutte le regioni italiane nell'indotto e, inoltre, la filiera della moda italiana gode di un vantaggio di competitività unico nel contesto globale legato principalmente ad una tradizione produttiva correlata al contributo fornito dalle specializzazioni produttive sorte nei cosiddetti distretti industriali;

    l'obiettivo è una transizione giusta, in cui l'approccio a uno sviluppo sostenibile non si limiti ai soli contesti maggiormente dipendenti da fonti e tecnologie altamente impattanti e climalteranti, ma sia in grado di attivare una leva di crescita che colga le caratteristiche e le esigenze settoriali che, a prescindere dalla dimensione aziendale, accompagni anche le imprese più piccole nella transizione;

    è necessaria la predisposizione di interventi in grado di rendere l'ecosistema tessile idoneo alla transizione ecologica, sostenendo l'accelerazione verde a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, ed enunciando i criteri base da porre a fondamento delle politiche interne;

    l'Italia, e l'Europa tutta, si trovano oggi nel pieno di una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, che ha messo in luce la fragilità delle nostre catene di approvvigionamento; stimolare nuovi modelli aziendali innovativi creerà a sua volta la nuova crescita economica e le nuove opportunità di lavoro che l'Europa ha bisogno di recuperare,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per attuare una più efficace politica di tutela ambientale specificatamente dedicata al settore tessile e orientata, in particolare, ai temi della transizione verso un'economia circolare, con particolare riguardo a:

   a) incentivi, anche di natura fiscale, a favore delle aziende manifatturiere che introdurranno tecnologie, tecniche, servizi, processi e/o prodotti innovativi nella filiera, parametrati sulla base degli effettivi miglioramenti ambientali ed energetici conseguiti;

   b) supporto finanziario alla creazione di una rete nazionale di recycling hub per la gestione ed il riciclo degli scarti di lavorazione (pre e post consumo) e dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata della frazione tessile (capi abbigliamento, biancheria, casa, e altro);

   c) politiche per la promozione della trasparenza e della tracciabilità delle filiere, attraverso il coordinamento di strumenti quali i sistemi di tracciabilità basati sulla identificazione a radiofrequenza e l'etichettatura, oltre che lo sfruttamento e l'utilizzo delle tecnologie e degli strumenti della Blockchain/Dlt, Internet delle cose (IoT), ed Intelligenza Artificiale (AI);

   d) supporto finanziario alla creazione e al potenziamento di impianti (pubblici o consortili) di trattamento delle acque reflue e dei fanghi di depurazione derivanti dai cicli di nobilitazione tessile, con l'introduzione delle tecnologie più avanzate per l'abbattimento dei carichi inquinanti;

   e) supporto alla ricerca di nuove famiglie di prodotti chimici a ridotto impatto ambientale utilizzabili nei cicli di nobilitazione tessile;

2) ad attivare, in ambito europeo, tutte le iniziative di competenza per prevedere nella prossima programmazione comunitaria lo stanziamento di fondi per la prima «settimana della moda» italiana dedicata alla sostenibilità e all'innovazione, sul modello della Sustainable Fashion Innovation Society;

3) ad attivare iniziative di sostegno all'innovazione creativa, mediante:

   a) potenziamento del credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo relativamente al design ed all'ideazione estetica, con l'innalzamento dell'aliquota prevista dall'attuale credito d'imposta e del massimale, per almeno un quinquennio;

   b) sostegno all'attività di realizzazione dei campionari e delle collezioni del settore tessile abbigliamento privi di poliestere (PU) e rispettose dei principi di economia circolare, nei limiti della normativa sugli aiuti di Stato, con contributi a fondo perduto;

4) ad adottare iniziative per attivare strumenti agevolativi per incentivare la rilocalizzazione delle produzioni, almeno per articoli e/o servizi innovativi, favorendo nuovi investimenti industriali con:

   a) agevolazioni fiscali per periodi medio-lunghi (5-10 anni);

   b) finanziamenti agevolati o contributi a fondo perduto per riconversione di aree industriali e di impianti/macchinari;

5) adottare iniziative per inserire, nei decreti attuativi di prossima adozione relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza per il rilancio dell'Italia, il sistema moda come elemento di sviluppo dell'innovazione, della competitività, della transizione ecologica, della rivoluzione verde mediante:

   a) attivazione di strumenti agevolativi a fondo perduto/crediti d'imposta per il supporto alla digitalizzazione di prodotti, collezioni, archivi aziendali;

   b) attivazione di strumenti agevolativi a fondo perduto/crediti d'imposta per lo sviluppo della creatività veloce e potenziata, la flessibilità strutturale degli impianti, la qualità della pianificazione del processo logistico tipico della moda;

   c) sostegno alla virtualizzazione di fiere, di eventi promozionali, di workshop sui principali mercati internazionali, sostegno alla creazione di showroom virtuali ed alla realizzazione di piattaforme per favorire l'incontro tra domanda e offerta di articoli moda ecosostenibile;

   d) sostegno al primo evento dedicato alla transizione ecosostenibile della moda attraverso l'innovazione tecnologica, denominato – Phygital Sustainability Expo –, a cura della Sustainable Fashion Innovation Society;

6) ad adottare le iniziative di competenza per integrare i programmi formativi, con particolare riferimento ai percorsi di formazione professionalizzanti, al fine di includere il tema della sostenibilità e dell'innovazione responsabile per formare una nuova generazione di professionisti attenti e responsabili.
(1-00485) «Meloni, Rampelli, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bucalo, Butti, Ciaburro, Deidda, De Toma, Ferro, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Rizzetto, Varchi, Zucconi».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-08760 del 30 marzo 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02313;

   interrogazione a risposta scritta Boldrini n. 4-09436 del 4 giugno 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06172.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Sarli n. 5-06169 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 518 del 4 giugno 2021. Alla pagina 20200, prima colonna, dalla riga settima alla riga ottava deve leggersi «SARLI – Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. –», e non come stampato.