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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 23 aprile 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la gestione della pandemia è stata fallimentare sotto molteplici aspetti, a partire dalle mancate forniture dei dispositivi di protezione individuale nelle prime fasi dell'emergenza, passando per la scarsità dei ventilatori e di risorse a disposizione del personale medico, con lo scandalo dei banchi a rotelle rimasti nei magazzini delle scuole e la costruzione delle cosiddette «primule» per l'inoculazione dei vaccini: ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo uno spreco di risorse, tempo e denaro che potevano essere impiegati in maniera più mirata e utile;

    il lavoro, specie quello autonomo, è diventato una vera emergenza sociale, con il prodotto interno lordo del prossimo anno stimato ad un meno 12/18 per cento e con migliaia di esercizi commerciali e di imprese che in questi mesi sono stati costretti a chiudere; mentre il Governo trovava le risorse per finanziare i monopattini, in alcuni casi non è ancora stata pagata la cassa integrazione di marzo 2020; Fratelli d'Italia è stata vicino ai liberi professionisti e alle partite Iva, proponendo l'abolizione dei famigerati Isa, nuova versione dei vecchi studi di settore, e l'estensione a tutti i professionisti del «minimo tariffario», mutuato dalla legge forense, una battaglia vinta per tutelare la dignità del lavoro intellettuale; Fratelli d'Italia ha chiesto l'immediato potenziamento degli uffici giudiziari e il rispetto della garanzia costituzionale del pieno diritto alla difesa, così come ha detto «no» alla politica dei bonus una tantum, puntando, invece, su un'ampia moratoria fiscale che preveda il blocco totale di tasse e tributi e non la loro semplice posticipazione, computando nelle scadenze del 2021 sia gli utili del 2019 che le perdite del 2020, e semplificando il sistema delle aliquote; ancora, nel «decreto ristori» ha chiesto di portare il credito di imposta sui locali commerciali al 100 per cento e ha studiato un meccanismo, solo in parte accolto, simile alla cassa integrazione anche per i liberi professionisti, gli artigiani e i lavoratori impegnati in mare e in agricoltura, con una liquidità immediata sui conti correnti pari all'80 per cento del fatturato del 2019 calcolato non solo sui dati del mese di aprile, ma di tutto l'anno, al fine di non tagliare fuori i lavoratori stagionali, gli addetti alle mense e alla ristorazione collettiva, il mondo del turismo, dello sport, dell'intrattenimento e dello spettacolo;

    è necessario uscire progressivamente dall'emergenza da COVID-19, superando la psicosi creata dai metodi adottati anche a livello comunicativo nell'ambito della prassi della decretazione d'urgenza, utilizzata con particolare frequenza all'epoca dei Governi Conte I e Conte II, per tutelare la salute dei cittadini, ma anche per non finire di distruggere ciò che resta della nostra economia; in questa fase molte categorie produttive sono state fortemente penalizzate, con ristori insufficienti e tardivi, mentre la tanto decantata «pace fiscale» si è risolta sostanzialmente in un nulla di fatto;

    il Servizio sanitario nazionale ha dimostrato tutta la sua fragilità nel corso della pandemia, soprattutto per la carenza di personale medico; il problema è stato reso ancora più evidente a causa dell'imbuto formativo, quel fenomeno che definisce la differenza tra numero di accessi al corso di laurea in medicina e chirurgia e l'insufficiente numero di borse per accedere a medicina generale e agli altri corsi specialistici;

    per combattere questa situazione, bisogna programmare oltre l'emergenza, in una prospettiva di oltre dieci anni, che equivalgono ad un ciclo completo di studi; inoltre, per evitare la fuga di cervelli all'estero il sistema universitario dovrebbe essere riformato completamente, prevedendo ad esempio i test di accesso ai corsi di medicina e chirurgia dopo il primo anno, per verificare l'effettiva conoscenza delle materie che permetteranno il proseguimento degli studi;

    i test di ammissione, infatti, spesso vertono su temi che non sono insegnati nelle scuole secondarie di secondo grado, generando un ennesimo imbuto, questa volta però in entrata;

    la «rivoluzione» in ambito universitario potrebbe essere realizzata attraverso un utilizzo mirato delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza in questo settore;

    i finanziamenti che arriveranno all'Italia dall'Europa tramite il meccanismo del Recovery fund assommano complessivamente a 209 miliardi di euro, dei quali 81,4 come trasferimenti diretti di bilancio e 127 miliardi sono prestiti, totalizzando 222 miliardi di euro se si comprendono anche i fondi per la coesione territoriale;

    in seguito al famoso «compromesso» di fine luglio 2020 l'Italia mantiene, quindi, invariata la quota dei sussidi prevista nel primo accordo di maggio 2020 e aumenta esclusivamente la parte dei prestiti di circa il 30 per cento; questo a differenza di altri Paesi, come Francia e Germania, che non faranno ricorso a prestiti, limitandosi solo ad una quota dei sussidi, rispettivamente circa 45 e 35 miliardi di euro;

    dei 222,9 miliardi di euro previsti per il Revovery plan italiano, 68,9 andranno ai progetti «green», tra cui superbonus, piano contro il dissesto idrogeologico e mobilità verde, circa 46 miliardi saranno impegnati per la digitalizzazione, innovazione e competitività del Paese, 28,4 per l'istruzione e la ricerca e 20 per la sanità, al netto delle eventuali future decisioni sul ricorso o meno al Mes, mentre appena 31 miliardi (pur con un aumento di 10 miliardi rispetto alla prima stesura del documento) per le opere infrastrutturali quali strade, autostrade e ferrovie;

    le necessità della Nazione sul fronte delle infrastrutture sono molteplici: dal rilancio del sistema ferroviario, stradale e autostradale al primato nazionale nel settore delle tecnologie avanzate e delle infrastrutture immateriali, con il chiaro obiettivo di difendere gli interessi dell'Italia sempre e comunque, come abbiamo fatto, ad esempio, per la nostra compagnia aerea di bandiera, l'Alitalia, chiedendo la tutela dei lavoratori del comparto e il mantenimento di quello che è stato un simbolo dell'eccellenza italiana nel mondo;

    la crisi economica acuita dalla pandemia mette a rischio l'interesse nazionale e la proprietà dei nostri asset strategici; per questo è necessario estendere il golden power anche ai settori indicati nella proposta di legge di Fratelli d'Italia (intelligence, intelligence economica, settore bancario creditizio e assicurativo, estensione anche ai soggetti interni all'Unione europea) e introdurre una legge annuale per la sicurezza nazionale;

    il trasporto pubblico locale nelle grandi aree metropolitane non è stato adeguatamente potenziato, creando un ulteriore rischio in termini di mancato distanziamento personale e di possibile diffusione del contagio da COVID-19;

    riguardo alle politiche fiscali, la linea è sempre quella di intervenire per la riduzione delle aliquote più basse, al fine di agevolare l'inclusione sociale; la proposta di Fratelli d'Italia invece si basa su una semplificazione e una riduzione del numero delle aliquote, andando ad eliminare quelle intermedie che più penalizzano il ceto medio in difficoltà attraverso l'introduzione della flat tax; inoltre è necessario prevedere una no tax area e deduzioni ad esenzione totale dei redditi bassi;

    in materia fiscale appare, altresì, necessaria una vera pace fiscale per tutti i piccoli contribuenti che si trovano in condizioni di difficoltà economica, l'abolizione dell'inversione dell'onere della prova fiscale e la riforma del contenzioso tributario;

    l'abolizione del tetto al denaro contante è una misura importante, perché il tetto è un rischio per la privacy e rappresenta un grande limite per l'economia reale; non ha alcun senso avere un limite al contante quando in Austria, Germania e gran parte d'Europa non c'è alcun limite; chi vuole evadere con il contante potrà farlo lo stesso, la criminalità può spendere i suoi fondi negli altri Stati europei; il limite è solo un inutile fardello all'economia italiana;

    l'Italia è il terzo Stato al mondo per consistenza di riserve auree, con 2.451,8 tonnellate di oro, pari ad una somma di circa 110 miliardi di euro; l'oro è custodito per il 48 per cento a Palazzo Koch, sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma, e per il restante 52 per cento è distribuito fuori dai confini nazionali; si rende assolutamente necessario un atto normativo che ribadisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia e che le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero debbono rientrare nel territorio nazionale;

    Fratelli d'Italia ha chiesto e in parte ottenuto adeguati ristori per il comparto della montagna e dello sci, messi in ginocchio dalle recenti politiche adottate dal Governo; ha inoltre richiesto in epoca non sospetta, e ancora prima della pandemia, di completare il definitivo ristoro per le popolazioni colpite in questi anni da eventi sismici e di avviare una messa in sicurezza complessiva di tutto il territorio italiano;

    servono ulteriori stanziamenti significativi ed immediati per il mondo della cultura, del turismo, dello sport, dell'università e della ricerca scientifica e della scuola, che la ex Ministra Azzolina, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha ridotto a barzelletta con l'unica iniziativa assunta dell'acquisto dei famosi «banchi a rotelle» per garantire quel distanziamento in classe il cui rispetto è stato lasciato nella responsabilità di insegnanti e presidi, letteralmente abbandonati al loro destino, insieme a milioni di famiglie;

    si è arrivati all'assurdo per cui risulta possibile viaggiare per turismo all'estero, ma non tra le regioni italiane di diverso colore;

    le riaperture previste dal 26 aprile 2021 sono un primo passo, ma ancora non saranno sufficienti, specie per il mondo legato ai settori del turismo e della ristorazione, con l'assurda vigenza del coprifuoco alle ore 22,00, la cui efficacia effettiva in termini di contenimento del contagio risulta assolutamente incomprensibile;

    le chiusure hanno fatto aumentare in maniera esponenziale i profitti dei colossi del web, di pari passo con i fallimenti e le perdite di fatturato delle attività di prossimità, una concorrenza sleale anche perché i giganti del web non pagano, se non in maniera risibile, tasse in Italia;

    altra concorrenza sleale è quella dei negozi aperti da stranieri: per i primi due anni non c'è controllo fiscale e quindi possono permettersi prezzi impossibili per chi deve pagare le tasse e dopo due anni spesso questi esercizi commerciali cambiano proprietario, e così proseguono distruggendo il tessuto commerciale locale; per ovviare a questo fenomeno, è necessario introdurre una caparra così da coprire l'eventuale elusione della tassazione;

    cinema, teatri, palestre e piscine sono oramai arrivati al collasso, mentre manca una chiara indicazione sul perché si sia ritenuto più pericoloso assistere ad uno spettacolo in numero contingentato e in sicurezza, piuttosto che affollarsi senza distanziamento sui mezzi pubblici;

    l'importanza dello sport dal punto di vista dei rapporti sociali e per lo sviluppo delle difese immunitarie è certificata da innumerevoli studi, ma questa centralità, ancor più evidente in tempi di pandemia, non è riconosciuta né con una giusta attenzione ai ristori per chi lavora nel settore e alle riaperture, né con l'istituzione di un Ministero, né con l'inserimento di una specifica norma nella Costituzione;

    i luoghi della cultura – teatri, cinema, musei in particolare – sono sull'orlo del fallimento e con loro gli organizzatori d'eventi, gli artisti e tutti quelli che, come associazioni o partite iva, lavorano nella filiera;

    la cultura ha un ruolo fondamentale nella vita quotidiana e anche nella promozione del turismo italiano, eppure è totalmente estranea al dibattito e all'attenzione del Governo;

    i dati presentati dall'Agis – Associazione generale italiana dello spettacolo sono molto chiari in tal senso: «Su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno 2020 (giorno della riapertura dopo il lockdown) ad inizio ottobre 2020, si registra un solo caso di contagio da COVID-19 sulla base delle segnalazioni pervenute dalle aziende sanitarie locali territoriali»;

    la gestione della pandemia ha dimostrato ancora una volta che l'architettura dello Stato va riformata partendo dall'elezione diretta del Presidente della Repubblica che possa, proprio perché eletto direttamente dagli italiani a rappresentare e guidare la Nazione, e rappresentare l'unità nazionale può garantire una maggiore autonomia delle regioni;

    le polemiche interne al Governo in un momento così complesso rendono evidente l'utilità del vincolo di alleanza per impedire che nascano Governi «innaturali» e incapaci di politiche coerenti con i programmi presentati agli elettori;

    appare assolutamente ingiustificabile l'ulteriore incremento proposto di un miliardo di euro per il cosiddetto «reddito di cittadinanza», mentre tale cifra, unitamente alla previsione di ricavo di cinque miliardi di euro dal meccanismo del cash back, potrebbe essere impegnata per garantire ristori più adeguati alle milioni di piccole e medie imprese e ai liberi professionisti in ginocchio;

    si assiste alla perdurante furia «gender» portata avanti dalla sinistra, a cominciare dalla sostituzione della mamma e del papà con la triste dizione «genitore uno» e «genitore due», mentre per alcune forze di Governo tematiche quali lo «ius soli» sembrano avere maggiore importanza della ripresa economica, che è la vera sfida di oggi, con la crisi che morde milioni di famiglie e di imprese italiane;

    la cosiddetta «cancel culture» e l'iconoclastia, cioè la vandalizzazione o addirittura l'abbattimento di parte del patrimonio culturale considerato «politicamente scorretto», è un fenomeno che dagli Usa e da alcune nazioni europee sta arrivando, grazie ad alcuni presunti intellettuali, in Italia; il dibattito sul passato, totalmente decontestualizzato, rischia d'inasprire il confronto e di cancellare, dai libri e dal nostro patrimonio, la nostra cultura;

    è insensato pensare di invertire il trend della caduta della curva demografica e della natalità zero nel nostro Paese, attraverso l'agevolazione di un ingresso incontrastato di immigrati e clandestini, anche attraverso la semplificazione contenuta nell'ultimo «decreto sicurezza» delle pratiche necessarie per ottenere accoglienza e residenza, non solo per chi provenga da zone teatro di guerra ma anche per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti;

    sul fronte della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina Fratelli d'Italia ha proposto fin da subito la soluzione del blocco navale: per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un mare di morte, regno degli scafisti e delle organizzazioni non governative che, dietro presunte operazioni umanitarie, sono state spesso complici anche involontarie ma non per questo meno colpevoli del traffico di esseri umani; ma Fratelli d'Italia ha anche chiesto in tutte le leggi di bilancio aumenti concreti per gli stipendi delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco e di tutti quelli che ogni giorno lottano contro il crimine, aumenti che troppo spesso per il Governo si sono ridotti a semplice elemosina,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per raddoppiare la percentuale prevista per i ristori una tantum, relativamente alle perdite di fatturato rispetto al precedente esercizio finanziario delle imprese, dei liberi professionisti, dei lavoratori autonomi ammessi a godere del relativo contributo una tantum a fondo perduto, con un ristoro pari ad almeno l'80 per cento della perdita di fatturato relativamente alla annualità 2019 e garantendo un'immediata e corrispondente liquidità nei conti correnti delle imprese e dei liberi professionisti beneficiari della relativa misura;

2) ad adottare iniziative per autorizzare l'accesso ai cosiddetti «ristori» anche per le imprese medie con fatturato fino a 50 milioni di euro e a prevedere come ulteriore condizione un calo medio del fatturato mensile non inferiore al 25 per cento, per garantire, da un lato, a una platea più ampia di imprese la possibilità di accedere alla misura e per non escludere, dall'altro, soggetti anche di piccole dimensioni, come bar, pub e locali di somministrazione al dettaglio, che specie nelle periferie urbane si trovano spesso con un fatturato sensibilmente ridotto, ma non nella misura capestro del 30 per cento;

3) ad adottare iniziative per prorogare la misura del credito di imposta per i canoni di locazione di botteghe e negozi o di immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda fino al 31 dicembre 2021, elevando la percentuale fino al 100 per cento dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell'attività di lavoro autonomo;

4) ad adottare iniziative per introdurre la golden power per tutte le infrastrutture e le aziende strategiche;

5) ad adottare iniziative per rivedere il modello attuale di tassazione progressiva, mirata ad un'ulteriore riduzione delle aliquote più basse in termini di inclusione sociale, andando a semplificare e a ridurre il numero delle aliquote stesse, eliminando quelle intermedie che più penalizzano il ceto medio in difficoltà;

6) ad adottare iniziative per introdurre la flat tax al posto della attuale tassazione progressiva, riducendo le aliquote intermedie ed estendendo l'area «no tax» a vantaggio dei ceti meno abbienti;

7) ad adottare iniziative per abolire il tetto all'utilizzo del contante;

8) ad adottare iniziative per garantire una vera e duratura «pace fiscale» con i contribuenti, considerato che il «condono» per le cartelle esattoriali fino a 5 mila euro maturate entro il 2010 per contribuenti con reddito fino a 30 mila euro annui appare assolutamente insufficiente rispetto alle decine di milioni di cittadini che per oggettive difficoltà economiche hanno accumulato in questi anni pendenze con il fisco;

9) a ribadire la proprietà pubblica delle riserve auree e a riportare in Italia le riserve auree di proprietà dello Stato italiano custodite all'estero;

10) ad adottare iniziative per prevedere l'introduzione di una vera web tax per i giganti del web per garantire una concorrenza più equa;

11) ad adottare iniziative per introdurre una caparra di 30.000 euro per autorizzare l'apertura di attività commerciali gestite da cittadini extra-Unione europea;

12) a rendere effettiva e veloce la cosiddetta vaccinazione di massa, dopo i ritardi accumulati dal precedente Governo e dalla struttura commissariale guidata dall'ex commissario Arcuri, considerato che oggi Paesi come l'Inghilterra, che hanno effettuato una massiccia campagna vaccinale e stanziato ingenti risorse economiche per lo sviluppo in proprio e l'acquisizione del vaccino, stanno riaprendo imprese e attività commerciali e che il rischio, oltre che per la salute, è quello di perdere ulteriore competitività economica rispetto alle Nazioni che si sono mosse prima e meglio dell'Italia;

13) ad adottare iniziative per riformare la formazione universitaria in ambito medico per impedire l'imbuto formativo e la cosiddetta «fuga di cervelli» attraverso l'aumento delle borse di studio per l'iscrizione alle scuole di specializzazione e per una maggiore collaborazione pubblico-privato;

14) a non porre in essere nessun pregiudizio politico, che possa ritardare la disponibilità di vaccini nel nostro Paese, vincolando le scelte ad una mera ricognizione tecnica dei prodotti attualmente esistenti in commercio;

15) a rilanciare un grande piano per la messa in sicurezza del territorio e per il potenziamento delle infrastrutture materiali ed immateriali capaci di ammodernare definitivamente il sistema Paese, attraverso una scelta decisa in favore dell'alta velocità nel trasporto ferroviario da portare anche al Sud dell'Italia, per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, per il completamento del «corridoio ferroviario europeo» e il collegamento attraverso la Val di Susa, per il rilancio definitivo della compagnia aerea di bandiera, per la difesa degli interessi nazionali sul fronte delle nuove tecnologie legate al 5G e alla banda larga ultraveloce;

16) ad adottare iniziative per prevedere un rifinanziamento di 1 miliardo di euro del Fondo nazionale trasporti, per consentire alle regioni e ai comuni di mettere in campo risposte adeguate in termini di potenziamento del trasporto pubblico locale, anche in relazione ai nuovi standard imposti dalla pandemia da COVID-19 ancora in corso;

17) ad adottare iniziative per definire l'assetto e i poteri di Roma capitale, fermi alle disposizioni di cui alla legge n. 42 del 2009 e alle funzioni amministrative conferite, tra l'altro, ancora esclusivamente sotto un aspetto puramente formale, con il decreto legislativo n. 61 del 2012, un impegno tra l'altro preso solennemente in occasione del voto unanime all'ordine del giorno 9/02790-bis-AR/092, a prima firma Meloni, presentato alla Camera ed approvato nel mese di dicembre 2020;

18) a completare le ricostruzioni delle aree colpite da sisma e ad adottare iniziative per prevedere ulteriori stanziamenti per gli operatori della montagna, superando il meccanismo proporzionale sulla differenza dei biglietti venduti nell'anno precedente;

19) a rendere immediate le riaperture di tutte le attività, ristoranti, bar e pub, cinema, teatri, piscine e palestre e a togliere immediatamente quella che i firmatari del presente atto di indirizzo valutano l'inutile misura del coprifuoco alle 22, la cui efficacia in termini di contenimento del contagio non è stata mai provata, né avallata da alcun organismo scientifico qualificato;

20) ad adottare iniziative per prevedere interventi straordinari per chi lavora nei settori dello sport e della cultura, garantendo la riapertura dei luoghi della cultura – teatri, cinema, musei – e sostenendoli attraverso sgravi fiscali, in particolare per le spese relative alla sanificazione e alla sicurezza dei luoghi;

21) ad adottare iniziative per rivedere il decreto-legge n. 130 del 2020, cosiddetto «decreto sicurezza», limitando i casi di accoglienza a quelli strettamente previsti dalle leggi e dalle convenzioni internazionali vigenti, in termini di controlli di frontiera, permesso di soggiorno, accoglienza di richiedenti e riconoscimento della protezione internazionale, anche in considerazione della grave e perdurante crisi economica in cui versa l'Italia, aggravata dall'epidemia di COVID-19;

22) ad evitare l'adozione di iniziative, la cui priorità appare del resto ai firmatari del presente atto di indirizzo incomprensibile nell'attuale fase di pandemia e di crisi economica che l'Italia sta attraversando, che, sotto la formula dello «ius soli» e dello «ius culturae», mirino surrettiziamente ad affrontare il problema del preoccupante calo demografico nel nostro Paese, con l'estensione erga omnes del diritto di cittadinanza, anche a soggetti mossi da motivazioni contingenti, spesso di natura meramente economica, talvolta portatori di principi estranei e incompatibili con la nostra tradizione culturale e non anche di quell'idem sentire che deve caratterizzare sempre il requisito minimo per far parte di una comunità nazionale;

23) ad adottare iniziative per prevedere maggiori stanziamenti per le forze dell'ordine, per un importo ulteriore di un miliardo di euro, in considerazione dell'impegno straordinario profuso per garantire la sicurezza particolarmente in questo ultimo anno di pandemia, anche in relazione alle specifiche ed ulteriori incombenze relative al supporto alla campagna vaccinale di massa nel nostro Paese;

24) a difendere la famiglia tradizionale, come nucleo fondante della società, prima cellula di protezione e difesa delle vecchie e nuove fragilità, e presidio ineludibile per qualunque prospettiva tesa a garantire un futuro prosperoso e florido alla Nazione;

25) ad adottare iniziative per inasprire le pene per chi vandalizza, deturpa, distrugge o rimuove indebitamente opere e monumenti del nostro patrimonio culturale.
(1-00469) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Unione europea, attraverso tre direttive, la n. 2014/23/Ue del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, la n. 2014/24/Ue del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/Ce e la n. 2014/25/Ue del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/Ce, ha prescritto, per i Paesi membri, innovazioni sugli appalti pubblici, da realizzare, attraverso il recepimento negli ordinamenti nazionali, entro il 18 aprile 2016;

    le direttive, in campo comunitario, fissano gli obiettivi che tutti i Paesi membri hanno l'obbligo di conseguire, pur mantenendo questa autonomia nazionale sulle modalità per pervenire ai risultati prefissati;

    con la legge 28 gennaio 2016, n. 11, è stato delegato il Governo all'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;

    in data 18 aprile 2016 è stato emanato il decreto legislativo n. 50, recante il nuovo codice dei contratti pubblici che introduceva l'uso delle soft law, ossia l'emanazione da parte di Anac di linee guida in modo da rendere efficace il nuovo codice dei contratti pubblici. Senza l'emanazione delle linee guida di Anac, infatti, il nuovo codice sarebbe risultato inefficiente;

    l'introduzione delle soft law ha, però, complicato il quadro normativo a causa della permanente emanazione di linee guida da parte di Anac;

    dal 2016 ad oggi a causa della sua complessità il codice ha subito diverse modifiche al fine di introdurre semplificazioni, che però non hanno modificato il suo impianto principale e pertanto non hanno prodotto i risultati sperati e quindi una velocizzazione nella realizzazione delle opere pubbliche;

    al fine di velocizzare la realizzazione di alcune opere strategiche sul territorio nazionale i Governi che si sono succeduti dal 2016 ad oggi, invece di attuare una modifica puntuale del codice hanno preferito continuare ad emanare norme derogatorie (decreto semplificazioni, sblocca cantieri e altri) o nominare commissari per le opere ritenute strategiche, senza però prevedere procedure più snelle per il codice dei contratti;

    l'unico caso in cui il nostro Paese è stato in grado di realizzare un'opera strategica e complessa in un periodo di tempo «accettabile», ossia circa 24 mesi, è rappresentato dal cantiere derivato dalla tragedia del crollo del Ponte Morandi. Oggi questo esempio viene utilizzato come modello di efficienza, il più volte citato «Modello Genova» altro non è se non un meccanismo equilibrato di deroghe che hanno in parte sospeso l'applicazione del codice dei contratti pubblici. Ciò non può che far ritenere che lo stesso sia troppo macchinoso e farraginoso per consentire la rapida apertura di cantieri e realizzazione delle opere pubbliche e infrastrutturali che sono invece così importanti per l'ammodernamento del nostro Paese e per la ripresa economica;

    il «modello Genova», per poter essere replicato sull'intero territorio nazionale, ha ovviamente necessità di essere modificato e adeguato alle esigenze legate alla realizzazione di opere nuove e non solo di ricostruire un'opera crollata. Il modello Genova è sicuramente figlio di una situazione emergenziale, quale il crollo del Ponte Morandi, ma con le giuste variazioni si potrebbe adoperare nell'immediato per sbloccare le tante opere infrastrutturali finanziate dal Recovery Plan;

    molte sono le criticità che rendono difficoltosa e il più delle volte impossibile l'applicazione del codice; pertanto, si rende necessaria una scelta radicale in questa materia, da un lato derogare al codice degli appalti per le opere ritenute strategiche per il Paese e inserite nel Recovery Plan e, dall'altro, aprire comunque un tavolo di lavoro per modificare il codice medesimo anche per l'applicazione ordinaria, riducendo in maniera sensibile i tempi della procedura di gara e le incombenze burocratiche poste a carico delle stazioni appaltanti e degli operatori economici;

    serve intervenire con una legislazione d'emergenza, sulla base del «decreto Genova», per tutte le opere strategiche e che rientrano nel Recovery Plan, anche attraverso l'adozione di uno o più provvedimenti volti a derogare al codice,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sospendere l'applicazione del codice dei contratti pubblici per le opere individuate e rientranti nei finanziamenti previsti dal Recovery Plan, con l'emanazione di una normativa ad hoc, ispirata al modello già utilizzato per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova di cui al decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, così come convertito dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, e la nomina di commissari straordinari, con funzioni di project manager;

2) ad adottare iniziative di competenza per garantire la libera concorrenza delle imprese a partecipare e concorrere all'aggiudicazione dei lavori attraverso l'invito ad almeno 10 operatori economici, la regolare rotazione delle imprese nell'assegnare le gare e un meccanismo premiale per le imprese con una solidità storica, per le opere finanziate dal Recovery Fund per le quali prevedere la nomina di commissari straordinari;

3) ad adottare iniziative per prevedere una semplificazione del codice dei contratti pubblici attraverso la riduzione dei livelli di progettazione, riducendoli dagli attuali tre a due e aumentando i dettagli del progetto di fattibilità tecnico-economico in maniera da eliminare la fase di progettazione definitiva;

4) ad adottare iniziative per prevedere, al fine di accelerare le procedure autorizzative, l'ottenimento dei nulla osta ministeriali, in particolar modo la valutazione di impatto ambientale, la valutazione ambientale strategica e i pareri delle Soprintendenza per i beni culturali sul solo progetto di fattibilità tecnico-economico;

5) ad adottare iniziative per prevedere una riduzione del 50 per cento dei tempi previsti per le conferenze dei servizi e le varie procedure autorizzative.
(1-00470) «Rospi, Gagliardi, Silli, Benigni, Bologna, Della Frera, Napoli, Pedrazzini, Ruffino, Sorte».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VI e VIII,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio), all'articolo 119, ha introdotto il superbonus, ossia una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure di adeguamento antisismico sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici);

    l'articolo 121 del medesimo decreto Rilancio dà inoltre la possibilità di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione per interventi in materia edilizia ed energetica, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cosiddetto sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante;

    la cessione del credito può essere disposta in favore: a) dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi; b) di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d'impresa, società ed enti); c) di istituti di credito e intermediari finanziari;

    l'articolo 1, commi 66-74, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), ha quindi disposto per i Superbonus 110 per cento, una proroga di soli 6 mesi, ossia sino al 30 giugno 2022 (per gli Istituti autonomi case popolari (Iacp) sino al 31 dicembre dello stesso anno), con possibilità, per i condomini, di poter beneficiare di una estensione fino al 31 dicembre 2022 (per gli Iacp sino al 30 giugno 2023) qualora al 30 giugno 2022, sia stato realizzato almeno il 60 per cento dell'intervento di miglioramento. Il lieve maggior tempo concesso agli edifici condominiali o a quelli di edilizia residenziale pubblica, è conseguente alla obiettiva necessità che detti interventi hanno bisogno di una tempistica più estesa per la progettazione e la successiva esecuzione di interventi complessi, che a stento rientrerebbero nei termini attualmente in vigore per le singole unità immobiliari;

    il beneficio fiscale del 110 per cento, introdotto dal citato decreto-legge n. 34 del 2020, è certamente uno strumento potente e davvero indispensabile per poter finalmente accelerare sugli interventi per la rigenerazione, la messa in sicurezza e la riqualificazione anche energetica del patrimonio immobiliare del nostro Paese;

    il superbonus rappresenta una grande opportunità per decarbonizzare le città, sostenere il settore edile, produrre posti di lavoro, e accrescere il valore degli immobili. Ma è indispensabile risolvere prioritariamente i problemi legati alle complessità burocratiche e ad un orizzonte temporale legato alla sua vigenza davvero troppo breve;

    dall'ultimo recente monitoraggio congiunto di Enea e Ministero dello sviluppo economico, emerge che al 22 febbraio 2021, risultano poco meno di 4.400 interventi legati al Superbonus per un ammontare corrispondente di quasi 500 milioni;

    rispetto alla precedente pubblicazione dell'8 febbraio 2021, dalla quale emergevano 2.960 interventi per un ammontare di 338,7 milioni di euro, si evidenzia che, in sole due settimane, si è registrato un eccezionale aumento di circa il 50 per cento sia in termini di numero che nell'importo. Dall'esame dei suddetti dati ufficiali, si può stimare un ammontare annuo di almeno 3,6 miliardi di euro;

    peraltro, occorre sottolineare che molto probabilmente l'importo annuale è notevolmente sottostimato. Va infatti ricordato che solitamente il mese di febbraio a cui si riferiscono i dati non rappresenta un mese di piena operatività dei lavori dei cantieri edili. Inoltre, i dati pubblicati dal monitoraggio Enea-Ministero dello sviluppo economico prendono in considerazione interventi che abbiano uno stato di avanzamento dei lavori di almeno il 30 per cento. A ciò si aggiunga che la stima di 3,6 miliardi di euro, non considera pienamente gli interventi su interi condomini, i quali alla luce della loro complessità, scontano chiaramente maggiori difficoltà nella partenza dei lavori rispetto agli interventi che insistono su singole unità immobiliari. Ad oggi, infatti, solo l'8 per cento degli interventi attivati si riferisce ai condomini;

    va sottolineato con forza che la procedura per poter beneficiare del superbonus presenta un elevato livello di criticità e di complessità, tanto che molte imprese si stanno organizzando per cercare collaborazioni con altri soggetti, in primo luogo studi professionali ma anche con altre imprese del settore. La complessità non riguarda tanto gli aspetti tecnici quanto la normativa che regola tutto il superbonus 110 per cento. E questo è il motivo per cui, ad oggi, solo una piccola parte delle richieste di informazioni da parte dei cittadini si sono trasformate in preventivi per lavori e soltanto una parte minoritaria delle imprese ha già avviato interventi agevolabili con il superbonus 110 per cento;

    molti aspetti attuativi delle norme che regolamentano il superbonus sono poco chiari e poco definiti nella loro portata, e questo sta imponendo l'emanazione di una gran quantità di «Faq», circolari interpretative, guide e provvedimenti da parte delle Agenzie delle entrate volte a fornire chiarimenti e risposte alle imprese, agli operatori e ai tecnici che devono essere messi in condizione di avviare i cantieri. Questo fa sì che i termini di validità del superbonus, previsti dalla citata legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) risultino obiettivamente troppo ridotti e rischiano di vanificare l'impatto positivo dello stesso beneficio fiscale;

    recentemente il Cesef (Centro studi sull'economia e il management dell'efficienza energetica), ha presentato un rapporto nel quale tra l'altro, si evidenziano alcuni limiti del 110 per cento, a cominciare dalla durata ridotta del provvedimento. Nonostante la proroga prevista dalla manovra, l'estensione è ritenuta troppo limitata con il risultato che si privilegiano interventi più piccoli con iter burocratici meno complessi per non avere lavori incompleti allo scadere del provvedimento. A questo, si aggiungono gli eccessivi adempimenti burocratici per la realizzazione dell'intervento e per ottenere il beneficio fiscale che impattano negativamente sull'operatività del superbonus, e la complessità della normativa, sottoposta a continue modifiche che gli operatori devono inseguire per essere o rimanere aggiornati;

    il 23 febbraio 2021, alla Camera, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02845-A/105 a prima firma il presentatore del presente atto di indirizzo, che chiedeva il prolungamento almeno fino a tutto il 2023, del termine entro il quale effettuare le spese per interventi di efficienza energetica e di adeguamento antisismico sugli edifici per poter beneficiare della detrazione del 110 per cento, nonché la medesima proroga delle conseguenti norme per la cessione del credito di sconto in fattura;

    la relazione della V commissione della Camera sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) del 30 marzo 2021, sottolinea la richiesta de «l'estensione del cosiddetto superbonus 110 per cento all'intero anno 2023, indipendentemente dalla avvenuta realizzazione di percentuali di lavori nell'ultimo anno di vigenza dell'incentivo, anche al fine di moltiplicare gli effetti positivi in termini di risparmio energetico annuo generato dagli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio privato; si valuti altresì l'inserimento di tale incentivo in una strategia di riqualificazione degli edifici e di semplificazione per favorire l'accesso ad essa, in particolare sul versante della verifica preventiva della conformità urbanistica, degli interventi sugli edifici ubicati nei centri storici laddove la presenza di vincoli impedisce il miglioramento di almeno due classi energetiche e l'accelerazione dei tempi di recupero del credito nonché la sua estensione ad altre tipologie di immobili e l'opportunità di un'estensione delle platea dei beneficiari»;

    tra le osservazioni della relazione delle Commissioni 5a e 14a del Senato sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) del 31 marzo 2021 si legge: «prevedere l'estensione – operando al contempo una semplificazione delle procedure burocratiche – del cosiddetto superbonus 110 per cento almeno fino al 30 giugno 2023, dall'attuale scadenza del 30 giugno 2022, nonché la possibilità di adottare un'estensione più consistente della misura, confermando la possibilità di cessione del credito, almeno pari a cinque anni, ovvero fino al 30 giugno 2027, così da garantire un utilizzo il più possibile diffuso della stessa e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, ai sensi degli accordi europei e internazionali; prevedere altresì l'estensione della platea dei beneficiari del superbonus anche a soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni»;

    la medesima relazione delle Commissioni 5a e 14a del Senato, evidenzia inoltre come «appare opportuno razionalizzare tutti gli altri bonus esistenti per le ristrutturazioni e per l'efficientamento energetico degli edifici sotto un'unica aliquota al 75 per cento, modificando l'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo anche per questi la durata della detrazione in cinque anni»,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per prevedere una proroga del superbonus 110 per cento almeno fino al 2023 in quanto è una misura che, per la sua complessità attuativa, impone un orizzonte temporale ben più ampio di quello finora previsto;

   ad adottare le opportune iniziative normative affinché la suddetta proroga venga prevista già nei prossimi provvedimenti d'urgenza e comunque ben prima della prossima legge di bilancio 2022;

   ad adottare iniziative per prevedere, e dare seguito a tutti i rilievi contenuti nelle due relazioni di Camera e Senato sulla proposta di Pnrr, riportati in premessa, anche con riguardo alla necessità di una reale semplificazione delle norme e delle procedure che regolamentano la concessione del superbonus, laddove si registrano attualmente eccessivi e farraginosi adempimenti burocratici per la realizzazione dell'intervento e per ottenere il beneficio fiscale;

   ad adottare iniziative normative per estendere la platea dei soggetti che possono fruire dell'ecobonus e del sismabonus al 110 per cento anche ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni;

   ad adottare iniziative per tenere separato il beneficio fiscale del 110 per cento dagli altri bonus esistenti per le ristrutturazioni e per l'efficientamento energetico degli edifici per i quali la citata relazione delle Commissioni 5a e 14a del Senato ha rilevato l'opportunità di prevedere un'unica aliquota al 75 per cento, prevedendo anche per questi la durata della detrazione in cinque anni.
(7-00637) «Mazzetti, Cattaneo, Cortelazzo, Giacometto, Baratto, Casino, Ferraioli, Labriola, Versace».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTINCIGLIO e CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto appreso dagli organi di stampa locale e dalle foto pubblicate sui social, nella città di Mazara del Vallo (TP), da giorni, si registrano numerosi assembramenti in prossimità del centro vaccinale di Via Livorno;

   la situazione, di per sé grave, è ancor più preoccupante dal momento che la quasi totalità dei cittadini in attesa di essere vaccinata è costituita, per come è ovvio in questa fase, da anziani e soggetti fragili, ossia persone maggiormente esposte al contagio;

   quanto descritto rende del tutto evidente l'inadeguatezza della macchina organizzativa incaricata della gestione della campagna vaccinale che, ove non si intervenisse per tempo, potrebbe rendere vano l'indefesso operato messo in campo dal personale sanitario che procede da giorni senza sosta e a ritmo serrato;

   la delicata e complessa fase che si sta attraversando, unitamente al cospicuo numero di soggetti che attendono ancora di essere vaccinati, impongano un grado superiore di efficienza organizzativa capace di erogare il servizio in sicurezza e nei tempi adeguati, onde evitare il paradosso che chi sta facendo di tutto per mettersi al sicuro dal contagio, alla fine contragga il virus proprio nei luoghi preposti alla tutela della salute;

   a ciò si aggiunga che gli stessi organi di stampa, a quanto consta agli interroganti, denunciano i medesimi disservizi anche presso il centro unico di prenotazione sito nei locali dell'ex Area emergenza di via Livorno dove giornalmente si registrano assembramenti per la prenotazione delle visite specialistiche ed esami;

   la stessa situazione di disordine e assembramento risulta aver interessato anche il palazzo di vetro in via Castelvetrano, in cui sono ubicati gli sportelli al pubblico del distretto sanitario 53, frequentati da chi deve effettuare operazioni amministrative – quali, per citarne alcune, richieste presidi, esenzione ticket, scelta-cambio medico et similia – i cui esigui spazi obbligano gli utenti ad attendere fuori i locali, dietro la porta d'ingresso, non rispettando il distanziamento sociale e qualunque siano le condizioni climatiche;

   l'inammissibilità di quanto descritto impone un tempestivo intervento volto a sollecitare l'autorità preposta ad eseguire un controllo più incisivo riguardo alle modalità messe in atto dalle diverse aziende sanitarie provinciali che si stanno occupando della campagna vaccinazioni anti COVID-19 –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, anche in raccordo con la regione Siciliana, al fine di sanare questo grave vulnus organizzativo che rischia di vanificare l'esito della campagna di vaccinazione in atto.
(5-05840)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 11 gennaio 2018, n. 3, è stato delegato il Governo ad adottare misure in materia di disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie;

   l'articolo 7 della citata legge prevede l'individuazione e l'istituzione tra le professioni sanitarie della professione di osteopata e del chiropratico, nonché un accordo da stipulare in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di stabilire le attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell'osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale e i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti;

   in data 5 novembre 2020, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ha siglato l'accordo sull'istituzione della professione sanitaria dell'osteopata e del chiropratico;

   l'accordo stabilisce gli ambiti di attività, le competenze, il contesto operativo e i criteri di valutazione dell'esperienza professionale e dei titoli delle nuove figure, nonché l'adozione da parte dei Ministeri interessati di una serie di decreti attuativi volti al riconoscimento della figura professionale e la definizione dell'ordinamento didattico;

   ad oggi, non risulta che sia ancora stato adottato alcun provvedimento attuativo di quelli previsti, né per il riconoscimento della figura professionale di osteopata e chiropratico, né per la definizione dell'ordinamento didattico in relazione al riconoscimento dei titoli universitari e ai criteri di valutazione dell'esperienza professionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di emanare quanto prima i decreti attuativi relativi l'istituzione della professione sanitaria dell'osteopata e del chiropratico.
(4-09058)


   CAVANDOLI, TOMBOLATO e MURELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 aprile 2021, la Tep s.p.a., società partecipata in parti uguali dal comune di Parma e dalla provincia di Parma, gestore unico del servizio di trasporto pubblico locale nella città e nella provincia di Parma, ha inviato ai dipendenti un ordine di servizio con il quale ha raccomandato al personale in servizio l'utilizzo delle nuove mascherine Ffp3 messe a disposizione dalla protezione civile regionale, riconoscendo contestualmente l'esistenza di criticità riguardanti le precedenti forniture, nell'ambito delle quali sarebbero ricompresi alcuni «lotti tema di verifiche da parte delle autorità competenti»;

   la notizia relativa al predetto ordine di servizio giunge in concomitanza con l'inchiesta della procura di Gorizia riguardante le mascherine cinesi acquistate lo scorso anno dall'allora commissario straordinario per il contrasto all'emergenza COVID-19, Domenico Arcuri;

   i dati emersi dall'inchiesta, diffusi dai principali organi di stampa, sono sconcertanti: circa la metà dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) acquistati all'estero dall'ex commissario Arcuri, per un quantitativo attualmente stimato in 250 milioni di pezzi, possiederebbe una capacità di filtrazione inferiore alla norma, anche di dieci volte rispetto al dichiarato, sarebbe accompagnato da documentazione di origine turca contraffatta e, per queste ragioni, ha formato oggetto di un provvedimento di ritiro a scopo precauzionale;

   il 31 marzo 2021 i finanzieri hanno rintracciato e bloccato 60 milioni di mascherine stoccate nei depositi della struttura commissariale, ma vi sarebbero ancora 190 milioni di pezzi in circolazione, utilizzati inconsapevolmente, anche da personale sanitario in ospedali, ambulatori e residenze per anziani, trattandosi di mascherine – teoricamente – ad alta protezione di standard «Ffp2» e «Ffp3»;

   gli esiti degli accertamenti condotti dalla procura di Gorizia disvelano, dunque, un quadro gravissimo, gettando, ad avviso degli interroganti, più di un'ombra sull'operato della precedente struttura commissariale, e soprattutto preoccupano per le conseguenze sulla sicurezza e sulla salute degli utilizzatori che hanno indossato e stanno indossando ancora oggi inconsapevolmente queste mascherine contraffatte;

   tra questi lavoratori potrebbero esservi anche i dipendenti della Tep s.p.a., vista la contiguità temporale tra l'ordine di servizio sopra citato e la notizia relativa all'inchiesta della procura di Gorizia –:

   se non ritengano di adottare iniziative di competenza al fine di agevolare ritiro dalla circolazione delle oltre 190 milioni di mascherine cinesi contraffatte, acquistate dall'ex commissario straordinario Arcuri, che sarebbero ancora in circolazione nonostante la capacità di filtrazione ampiamente inferiore alla norma e a quanto dichiarato;

   se non ritengano di adottare iniziative di competenza per tutelare adeguatamente la posizione dei dipendenti e dei lavoratori che, come pare sia avvenuto presso la Tep s.p.a.., hanno ricevuto la consegna delle mascherine in questione e potrebbero utilizzarle in contesti a rischio, senza ricevere la dovuta protezione.
(4-09067)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TESTAMENTO, TERMINI, COLLETTI, MENGA, SARLI, GIULIODORI, SPESSOTTO, CABRAS, LEDA VOLPI, MASSIMO ENRICO BARONI e CORDA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 13 aprile 2021 Il Fatto Quotidiano riportava che il Ministero della cultura, con decreto del 29 dicembre 2020, avviava la ricerca di 500 unità di personale, fra cui archeologi, architetti, assistenti tecnici di ingegneri, storici dell'arte e tecnici contabili «per il conferimento di incarichi di collaborazione» presso le 43 Soprintendenze Abap (Archeologia, Belle arti e Paesaggio) sparse sul territorio nazionale. Si trattava di contratti a partita IVA, di 6 o 12 mesi, con scadenza entro il 31 dicembre 2021;

   i requisiti di partecipazione al bando erano: almeno 15 anni di esperienza di cui 3 «maturati in incarichi di collaborazione con le pubbliche amministrazioni» oppure 10 anni di esperienza più un dottorato o, infine, la docenza universitaria (di ruolo) nell'ambito disciplinare di riferimento. Non occorreva curriculum vitae, ma solo «una sintetica presentazione personale, con l'indicazione dei titoli di studio conseguiti e delle esperienze professionali maturate in massimo duemilacinquecento battute spazi inclusi» e una lettera motivazionale della stessa lunghezza. La domanda di partecipazione doveva essere compilata dal 25 gennaio al 9 febbraio 2021 mediante la piattaforma informatica del Ministero;

   nell'articolo di cui sopra venivano riportate diverse anomalie che avrebbero caratterizzato la composizione della graduatoria di vincitori o idonei, con soggetti che non avrebbero maturato i requisiti richiesti per la presentazione della candidatura oppure che sarebbero, direttamente o indirettamente, legati o già stati legati a rapporti di collaborazione col Ministero della cultura. A tal proposito, in un altro articolo pubblicato sul quotidiano on line «Linkiesta» del 13 gennaio 2021 un funzionario del Ministero della cultura, in forma anonima sosteneva che questo bando è stato fatto «solo per stabilizzare i collaboratori che già lavoravano con gli uffici» e «così facendo – continua la fonte anonima – si attirano solo lavoratori ormai avanti con gli anni, mentre un'esperienza di questo tipo potrebbe essere utile a professionisti più giovani per farsi le ossa in vista di un concorso»;

   nel medesimo articolo de «Linkiesta on line» lo stesso funzionario del Ministero della cultura ribadiva anche le difficoltà in cui da anni lavora ormai il Ministero a causa della carenza di personale. L'ultimo concorso è del 2016 e da allora le carenze di organico sono state tamponate tramite Ales, la partecipata al 100 per cento dal Ministero, attraverso collaborazioni esterne e, a livello dirigenziale, con incarichi ad interim che spesso durano anni. Inoltre, proprio a fronte della carenza di personale e della precarietà in cui operano gran parte delle Soprintendenze, la previsione di rapporti di lavoro limitati a 6 o 12 mesi risulta poco efficace per lo svolgimento ottimale delle mansioni ministeriali e ciò si ripercuote ancora una volta sulla qualità dei servizi –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per accertare le ragioni per le quali sarebbero stati immessi nell'elenco degli idonei diversi professionisti privi dei requisiti di partecipazione richiesti dal decreto e se non ritenga altresì doveroso attivare controlli e accertamenti, per quanto di competenza, sull'operato della commissione esaminatrice che ha redatto la graduatoria definitiva;

   a fronte del cronico sottodimensionamento di personale, se e quali concorsi pubblici siano previsti nell'immediato futuro al fine di ripianare tali carenze e garantire ai beni culturali italiani la tutela e la valorizzazione che meritano.
(5-05841)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO, DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la tragedia della Meloria, il disastro aereo accaduto il 9 novembre 1971 nelle secche della Meloria, un tratto di mare situato a circa 7 chilometri al largo di Livorno, in Toscana, rappresenta il più grave incidente occorso alle forze armate italiane dalla fine della seconda guerra mondiale;

   nell'ambito dell'esercitazione militare Nato denominata «Cold Stream», svoltasi in Sardegna nel novembre 1971, era previsto il decollo di nove aerei militari Lockheed C.1 Hercules ed un Hawker Siddeley Andover, tutti britannici, dall'aeroporto di Pisa-San Giusto, per effettuare un lancio di paracadutisti italiani sulle zone di operazione. L'Hercules della Royal Air Force, matricola XV216, appartenente al No.24 Squadron di Lyneham, si inabissò al largo della costa livornese all'alba del 9 novembre 1971, con a bordo 6 militari britannici dell'equipaggio e i 46 paracadutisti italiani della 6a compagnia «Draghi», tutti periti nell'incidente;

   nell'ambito di questa tragedia, le cui cause non sono mai state accertate, tra i 46 paracadutisti caduti, ad alcuni è stato riconosciuto lo status di vittima del dovere, mentre per altri, come nel caso del caporalmaggiore Giuseppe Iannì, è stato incomprensibilmente escluso;

   come denunciato dai legali della famiglia del Caporalmaggiore Iannì, si è di fronte a «un'evidente situazione di iniquità e diseguaglianza, rispetto ai familiari degli altri paracadutisti», molti dei quali inseriti nell'elenco delle «vittime del dovere», ma non Giuseppe Iannì che compare solo come «vittima del dovere equiparata»;

   l'articolo 5 della legge 3 agosto 2004, n. 206 prevede la concessione di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile di euro 1.033,00 mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992 e successive modificazioni, a decorrere dal 26 agosto 2004, a favore dei superstiti delle vittime di atti di terrorismo;

   l'articolo 2, commi 105 e 106, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha esteso, a decorrere dal 1° gennaio 2008, i benefìci di cui all'articolo 5, commi 3 e 4, della citata legge n. 206 del 2004, alle vittime del dovere, agli equiparati ed ai loro famigliari superstiti;

   la legge 23 novembre 1998, n. 407, ed in particolare l'articolo 2, prevede la concessione di un assegno vitalizio non reversibile, avente natura di indennizzo ed esente dall'Irpef, a favore dei superstiti e delle vittime di azioni terroristiche che abbiano subito una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa;

   la legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed in particolare l'articolo 1, commi 563, 564, 565, reca i criteri per la progressiva estensione delle provvidenze già previste in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, in favore di tutte le vittime del dovere e delle categorie alle stesse equiparate, nonché dei familiari superstiti –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare in ordine ai fatti esposti in premessa, per garantire che il caporalmaggiore Giuseppe Iannì venga inserito a pieno titolo nell'elenco delle vittime del dovere, portando un po' di pace e il riconoscimento del previsto assegno vitalizio ai familiari superstiti;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per celebrare, con i dovuti onori, il 50° anniversario della Sciagura della Meloria.
(5-05842)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VISCOMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10-bis del decreto-legge n. 137 del 2000 dispone che «i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917»;

   l'Agenzia delle entrate, con risposta n. 273 su specifico interpello, ha precisato che ai sensi della predetta legge non siano da sottoporre a tassazione le erogazioni a beneficio dei titolari di reddito di lavoro autonomo professionale, di coloro che esercitato un'arte o una professione, e in genere di tutti coloro che svolgono un'attività di lavoro senza vincolo di subordinazione, quand'anche autonomi senza partita Iva, con contratto occasionale o con contratto di cessione del diritto d'autore;

   tuttavia, la stessa Agenzia ha ritenuto che siano invece assoggettati a tassazione i benefici ricevuti dai lavoratori autonomi titolari di un contratto di collaborazione e i lavoratori cosiddetti parasubordinati iscritti alla Gestione degli interventi assistenziali (Gias);

   tale diverso trattamento dei benefici ricevuti dai soli lavoratori autonomi collaboratori o parasubordinati è giustificato dall'Agenzia argomentando sul fatto che il Tuir assimila i redditi da costoro prodotti a quelli di lavoro dipendente; essi, dunque, autonomi quanto alla tipologia contrattuale secondo le regole comuni (come richiede l'articolo 10-bis, sarebbero da escludere dai benefici in quanto assimilati ai lavoratori subordinati dalla legislazione fiscale;

   la posizione dell'Agenzia, ad avviso dell'interrogante, tradisce così la ratio legis che intende tutelare proprio e tutti i lavoratori autonomi, per tali dovendosi evidentemente intendere i lavoratori che siano parte di un contratto di lavoro autonomo qualunque sia il regime fiscale dei redditi prodotti, e finisce così per penalizzare proprio quelle categorie di lavoratori che versano in situazioni di maggiore debolezza contrattuale, quali sono appunto i collaboratori e i cosiddetti parasubordinati, peraltro oggi in situazione di maggiore disagio professionale a causa della crisi epidemica –:

   se non ritenga di dover adottare iniziative, con il primo veicolo normativo utile, per precisare che il beneficio di cui all'articolo 10-bis del decreto-legge n. 137 del 2020, relativo alla detassazione delle indennità riconosciute in ragione dell'emergenza epidemiologica, è da riferire a tutti i lavoratori autonomi a prescindere dalla qualificazione e dal trattamento fiscale dei redditi ordinariamente prodotti.
(5-05836)


   FRAGOMELI, BURATTI, CIAGÀ, DE MICHELI, SANI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto una detrazione del 110 per cento, cosiddetto Superbonus, sulle spese relative a interventi di efficienza energetica e antisismici; il successivo articolo 121 ha previsto la fruizione di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica sotto forma di crediti d'imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni sulla cedibilità dei crediti;

   l'articolo 1, comma 66, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante la legge di bilancio 2021, ha modificato tale disciplina, introducendo, tra l'altro, la proroga del Superbonus fino al 30 giugno 2022;

   l'amministrazione finanziaria è intervenuta più volte per chiarire la normativa, tuttavia vi sarebbero ancora dubbi interpretativi che ne rallentano l'applicazione;

   l'articolo 1, comma 66, lettera d), della legge di bilancio per il 2021, modificando il citato articolo 119, prevede la possibilità di usufruire, a decorrere dal 1° gennaio 2021, del superbonus anche per gli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, anche nel caso siano effettuati in favore di persone aventi più di 65 anni, a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno un intervento cosiddetto «trainante»; la disposizione tuttavia sembrerebbe non includere gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche tra quelli per i quali si può scegliere la fruizione indiretta (sconto in fattura e cessione del credito);

   la lettera n) del citato comma 66, include tra i soggetti beneficiari dell'agevolazione, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche le persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche, senza tuttavia esplicitare se il numero massimo di unità ricomprenda anche quelle ad uso non residenziale quali box e cantine;

   l'articolo 1, comma 74, della legge di bilancio per il 2021 specifica che l'efficacia delle proroghe resta subordinata alla definitiva approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea che al momento non risulta ancora pervenuta;

   la circolare 30/E/2020 chiarisce che per interventi su parti comuni condominiali deve essere rilasciata fattura unica intestata al Condominio e ogni proprietario godrà della detrazione in base alla suddivisione millesimale o secondo i criteri individuati dall'assemblea condominiale; in quest'ultima modalità sembrerebbe possibile addebitare la spesa e la fruizione del relativo beneficio ad un numero di proprietari ridotto –:

   di quali elementi disponga circa i tempi di approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea circa le proroghe di cui in premessa per evitare un rallentamento significativo nell'utilizzo della detrazione nel 2021;

   se intenda fornire i necessari chiarimenti sulle seguenti problematiche:

    a) se sia confermata la facoltà di fruizione indiretta delle agevolazioni per gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche; quale sia la circostanza del dato anagrafico dei sessantacinquenni in riferimento al momento di effettuazione dei lavori; quale sia il limite di spesa da considerare per questa fattispecie; se si debba intendere disapplicato per questa fattispecie il comma 3 del citato articolo 119 che richiede il miglioramento di almeno due classi energetiche dell'edificio;

    b) al fine di stabilire il numero di unità immobiliari che compongono l'edificio e il relativo massimale di spesa, se siano da considerare, ai fini dell'articolo 1, comma 66, lettera n), della citata legge di bilancio per il 2021, anche le unità immobiliari con destinazione diversa da quella residenziale;

    c) se sia corretta l'interpretazione secondo la quale sarebbe possibile addebitare la spesa o una quota e la fruizione del relativo beneficio ad un minor numero di proprietari che compongono il condominio.
(5-05839)

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 veniva pubblicato il bando di gara, predisposto dall'Azienda tutela salute-Assl di Olbia, per l'affidamento ed esercizio del servizio di elisoccorso a supporto del sistema di emergenza urgenza della regione Sardegna per un periodo di 8 anni;

   il bando, di 73.123.900,00 di euro, Iva esclusa, prevedeva che il servizio dovesse essere effettuato H12 sulle basi presso l'Aeroporto di Cagliari – Elmas e l'aeroporto di Alghero – Fertilia e H24, presso l'aeroporto di Olbia – Costa Smeralda con tre elicotteri tecnicamente attrezzati e personale di volo e tecnico dotato di adeguata competenza, restando a carico del Servizio sanitario regionale il personale sanitario;

   precedentemente, sulla base di una convenzione stipulata dalla regione Sardegna, la gestione dell'elisoccorso era affidata al Corpo nazionale di vigili del fuoco che, dal 1999 al 2018, ha fornito, in aggiunta al servizio di elisoccorso, supporto tecnico specialistico speleo alpino fluviale, imbarcando il personale saf e i sommozzatori per gli eventi a mare, ampliando nel modello Hetms, soccorso sanitario tecnico integrato, lo spettro operativo del semplice standard Hems a bando;

   la regione, invece, ha deciso di servirsi soltanto di un servizio sul modello Hems, che di fatto si sostanzia nel solo intervento di tipo sanitario, mentre il servizio svolto con i vigili del fuoco, avendo già essi le competenze tecnico professionali, operava già secondo il modello avanzato Hetms che completa il soccorso sanitario con il soccorso tecnico;

   la convenzione stipulata con i vigili del fuoco per una postazione H12 prevedeva un costo annuale complessivo di 1.380.000,00 euro. Tale costo era già nettamente inferiore rispetto a quello previsto dal bando pari a 2.904.000,00 euro annui per una postazione H12 producendo un risparmio di oltre 3 milioni di euro all'anno considerate le due postazione H12 richieste dal bando e che, moltiplicato per 8 anni di convenzione, si sarebbe tradotto in un risparmio di 24.384.000,00 euro se il servizio fosse stato svolto ancora dai vigili del fuoco;

   la società Airgreen si è aggiudicata la gara offrendo il 12,4 per cento in meno rispetto alla base d'asta di 73,1 milioni, quindi 58,5 milioni al netto di Iva, ovvero 7,3 milioni all'anno per otto anni;

   a quanto consta all'interrogante, dalle fatture emesse dalla predetta società, però, si evince che i costi per il servizio di elisoccorso sono nettamente superiori, in particolare se raffrontati con quelli della convenzione stipulata con i vigili del fuoco: per i soli due mesi di operato nel 2018 il totale dei costi delle fatture per i mesi di novembre e dicembre sarebbe pari a 1.351.760,88 euro; mentre il totale dei costi dell'esercizio per l'annualità 2019 sarebbe pari a 10.403.271,21 euro; per l'anno 2020 la pubblicazione delle fatture risulta all'interrogante ferma al mese di settembre nel quale sono state pubblicate quelle per i mesi di giugno, luglio e agosto –:

   se si intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione alle criticità di cui in premessa, con particolare riguardo all'eventuale incremento della spesa pubblica.
(4-09066)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 9 aprile 2021 su «La Nazione» si apprende che il Tribunale di Siena avrebbe portato ad esecuzione una sentenza di condanna per spaccio di sostanze stupefacenti emessa in primo grado il 14 dicembre 2012 ai danni di un uomo, originario di Cariati;

   all'epoca della condanna, gli avvocati dell'imputato avevano proposto appello – si cita dall'articolo – «depositando l'atto presso la cancelleria del Tribunale di Cosenza il 27 aprile 2013, regolarmente trasmesso al Tribunale di Siena il 29 aprile»;

   per più di otto anni non viene fissato il processo presso la Corte d'appello di Firenze;

   il 24 febbraio 2021 l'imputato viene arrestato a Roma su ordine di esecuzione emesso dalla procura di Siena perché «per il Tribunale senese la sentenza era diventata irrevocabile il 12 maggio 2013»;

   subito dopo l'arresto, i legali dell'uomo contestano l'ordine d'esecuzione e rimangono in attesa della fissazione dell'udienza e del rilascio che, però, non arriva, visto che – raccontano gli avvocati a «La Nazione» – «dal 24 febbraio al 9 marzo, il Tribunale di Siena dichiara la propria incompetenza, sostenendo che l'ordine di esecuzione non doveva essere emesso dalla procura senese, ma dalla procura generale presso la Corte d'Appello di Roma»;

   solo dopo la trasmissione degli atti a Roma e la successiva fissazione dell'udienza il 31 marzo 2021 da parte della Corte d'appello di Roma, l'uomo viene infine scarcerato su sollecitazione dello stesso procuratore generale presso la Corte d'appello «per la necessità di lasciar prevalere esigenze di giustizia sostanziale a questioni di carattere forma» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per rispondere alla segnalazione della vicenda che gli avvocati soprammenzionati – secondo quanto riportato da «La Nazione» – hanno inoltrato agli uffici del Ministro interrogato.
(4-09055)


   TURRI, BISA, DI MURO, MARCHETTI, MORRONE, PAOLINI, POTENTI, TATEO e TOMASI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 aprile 2021, in relazione al video con il quale Beppe Grillo ha difeso il figlio Ciro dalle accuse di stupro di gruppo, puntando il dito contro la ragazza che lo aveva denunciato, la Sottosegretaria alla giustizia Anna Macina ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera sulla vicenda Grillo, in cui ella si chiede se il video citato come «prova» dal garante M5S sia stato visto anche da Matteo Salvini adducendo che: Il leader della Lega «in tv ha riferito di averne parlato con Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e avvocato della ragazza. E ha detto di aver saputo altri dettagli. Non è che questo video che non doveva vedere nessuno, lui l'ha visto?», «Sarebbe grave» che «si utilizzi per fini politici una vicenda in cui non si capisce se Bongiorno parla da difensore (che ha quel video), o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore»;

   a parere degli interroganti le dichiarazioni della Sottosegretaria, che dimostrano inadeguatezza a ricoprire il suo ruolo, e denotano un uso politico della giustizia e della sua posizione, rappresentano insinuazioni gravissime, insultanti e indegne di un membro del Governo che sempre secondo gli interroganti ha violato gravemente i suoi doveri istituzionali. Attaccare l'avvocato difensore di una ragazza che denuncia una violenza per stupro di gruppo è un atto deplorevole, e se a ciò si aggiunge la considerazione del ruolo istituzionale di chi ha pronunciato tali parole, si compie una violazione gravissima del codice comportamentale. Prendere posizione pubblicamente su una vicenda giudiziaria ancora in corso è davvero inqualificabile;

   occorre che sia chiaro che chi rappresenta le istituzioni e che, secondo gli interroganti, viola apertamente, come in questo caso, principi etici e giuridici di base, debba fare un passo indietro e dimettersi dal suo ruolo istituzionale –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dell'accaduto esposto in premessa, ritenga il Sottosegretario ancora compatibile con l'incarico ricoperto e con le deleghe assegnatele;

   quali urgenti iniziative di competenza, il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda intraprendere sulla vicenda di cui in premessa
(4-09069)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIPPA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dopo anni di discussioni in sede europea, si è finalmente arrivati all'approvazione della nuova normativa di omologazione dei caschi: la ECE 22-06, entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2021, andando così a sostituire o meglio affiancare (per tre anni, i produttori potranno ancora mettere in vendita caschi omologati secondo la vecchia normativa fino a luglio 2023) l'attuale ECE 22-05;

   con l'entrata in vigore della nuova normativa, tuttavia, i costruttori avranno a disposizione 18 mesi per omologare, secondo il precedente standard, i caschi, 2 anni e mezzo per smaltire i caschi omologati ECE 22-05 in magazzino e i caschi omologati 22-05 non potranno essere più venduti al pubblico dal 2024;

   le novità introdotte dalla nuova normativa sono diverse e prendono in considerazione un'ampia possibilità gamma di valutazione positiva ai test: dai maggiori punti di impatto, quelli a bassa frequenza, test di rotazione, visiere protettive e una doppia omologazione che devono contenere i caschi apribili e modulari;

   di recente, la nota trasmissione di Canale 5 «Striscia la notizia», ancora una volta era ritornata sull'argomento dei caschi in commercio per scooter con regolare omologazione. Si era però evidenziato che se essi venivano sottoposti ai test di legge, purtroppo non li passavano. In merito a tale questione viene spiegato che ci sarebbe una lacuna normativa in quanto gli organi preposti potrebbero controllare soltanto i caschi prodotti in Italia. Per tutti quelli che sarebbero costruiti nel mondo ed omologati in Europa non esisterebbe invece alcun controllo di prevendita;

   risulta all'interrogante che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili aveva disposto delle verifiche su un campione di 120 caschi commercializzati in Italia –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia a disposizione i dati delle verifiche disposte dal Dicastero di cui è titolare;

   se non intenda adottare le opportune iniziative di competenza al fine di colmare un vuoto normativo riguardo ai controlli da eseguire su caschi non omologati nel nostro Paese.
(5-05835)


   TRANCASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 4 – Salaria è di importanza strategica per tutte le regioni del centro Italia attraversate;

   il suo potenziamento e la sua riqualificazione devono essere, quindi, priorità imprescindibili;

   in particolare, Rieti, essendo tagliata fuori dalle arterie autostradali e da tutti i percorsi ferroviari, è particolarmente sensibile agli interventi di riqualificazione di cui sopra e attende risposte concrete per i suoi cittadini che ogni giorno devono spostarsi all'interno di tutta la provincia;

   il potenziamento della Salaria andrebbe anche a facilitare i collegamenti con i paesi colpiti dagli eventi sismici del centro Italia del 2016 e 2017, che trarrebbero certamente un ritorno non solo per la qualità della vita dei residenti, ma anche dal punto di vista economico;

   il tratto che, ormai da molti anni, presenta maggiori criticità e pericoli è quello compreso tra i chilometri 58 e 62, in cui è frequente il salto di corsia; questo la rende una delle strade con il più alto tasso di mortalità in Italia; urge, quindi, effettuare interventi strutturali su tutta la statale, ma in particolare su questo tratto;

   la legge di bilancio 2021, sulla base di una proposta emendativa presentata da Fratelli d'Italia, ha previsto all'articolo 1, commi 723 e 724, l'autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2021, proprio per la messa in sicurezza del suddetto tratto; la norma intende rilanciare il territorio ed evitare ulteriori gravi incidenti; pertanto non si comprendono i motivi dei ritardi nella programmazione e nell'inizio dell'intervento –:

   quali saranno i tempi dell'inizio dell'intervento di manutenzione e della messa in sicurezza del tratto della strada statale n. 4 – Salaria compreso tra il chilometro 58 e il 62 e se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative per velocizzare gli iter al fine di affrontare efficacemente le difficoltà di trasporto dei cittadini e scongiurare ulteriori perdite di vite umane.
(5-05837)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOSCOLO e RIXI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dal 19 aprile 2021 notevoli disagi sulla rete viaria della provincia di Savona rendono difficili gli spostamenti e il normale corso della vita di cittadini e imprese;

   l'Anas ha posizionato un cantiere quotidiano sull'Aurelia, lungo il versante di Capo Noli, con un senso unico alternato dalle 8 alle 18 tutti i giorni feriali, che porta all'istituzione di un senso unico alternato fino al 15 luglio, salvo imprevisti; il cantiere riprenderà il 15 settembre 2021 fino a Natale, con chiusure anche totali del tratto della strada statale, con riacquisto della viabilità la notte e nel fine settimana;

   contemporaneamente, la chiusura per almeno 10 giorni dei caselli autostradali sulla A10, nella tratta tra Spotorno e Finale Ligure, in orario notturno dalle 22 alle 5, porta un aumento sostanziale del traffico pesante sulle strade di competenza provinciale, ossia su strade secondarie che per conformazione e pavimentazione non hanno caratteristiche di sicurezza adatte ad ospitare tir e mezzi pesanti; si tratta di circa 300 mezzi pesanti ogni notte per senso di marcia, secondo i dati del traffico medio giornaliero forniti da Autostrade;

   dall'Anas fanno sapere che gli interventi di consolidamento della scarpata posta a monte dell'Aurelia, mediante la rimozione della vecchia rete esistente, la posa di nuova rete zincata e in alcuni tratti la posa in opera di nuove barriere paramassi ad alto assorbimento di energia, sono prioritari e indispensabili per garantire la sicurezza della circolazione stradale e l'incolumità pubblica;

   tuttavia, l'accavallarsi dei due cantieri scatena le reazioni dei cittadini, degli amministratori e di tutto il comparto turistico, preoccupato dall'effetto «a catena» che i lavori concomitanti hanno su tutta la viabilità provinciale; gli amministratori criticano aspramente la decisione presa anni fa di non realizzare un tunnel, ritenendo che questo problema ci sarà per sempre;

   l'Unione provinciale albergatori ha parlato di «una nuova tegola sulla testa del turismo» e annunciato proteste «anche con modalità eclatanti»; si tratta di un periodo vitale per l'economia della zona che risente un danno gravissimo per le categorie economiche in particolare per tutta la filiera del turismo della riviera di ponente; i disagi per il contenimento dei contagi da COVID-19 hanno inferto un colpo durissimo alle imprese, soprattutto agli albergatori, che ora, con il ritorno in zona «gialla» dal 26 aprile, intravedevano la possibilità di impostare una programmazione del lavoro per l'imminente stagione estiva; molte attività rischiano la chiusura definitiva per i problemi causati alla viabilità; gravi problemi si presentano anche per il raggiungimento in emergenza dell'ospedale di Savona;

   gli amministratori locali chiedono una migliore programmazione e coordinamento tra i vari enti e società che gestiscono le arterie viarie della provincia di Savona e provvedimenti immediati per monitorare i cantieri e limitare i disagi per tutti i cittadini che utilizzano quotidianamente tali strade –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire una migliore programmazione dei lavori nella provincia di Savona da parte di Anas e Autostrade per l'Italia e assicurare un monitoraggio continuo sulla viabilità anche secondaria utilizzata, allo scopo di salvaguardare la sicurezza della circolazione, limitare i problemi e i disagi di cittadini e imprese e sostenere il comparto turistico della zona nell'approssimarsi del periodo estivo.
(4-09061)


   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dal 18 novembre 2019, come riportato da notizie di stampa, il distretto sanitario di Chieti Scalo (Chieti), collocato in via de Litio è stato chiuso dalla Asl competente. In seguito a ciò, è stato emanato un avviso con scadenza il 29 novembre 2019 al fine di reperire nuovi locali nell'area urbana di Chieti Scalo per ricollocare il distretto sanitario di base ed il consultorio familiare;

   in seguito a ciò è stata anche presentata una interpellanza in consiglio regionale dell'Abruzzo dalla consigliera regionale Barbara Stella del Movimento 5 Stelle con il fine di avere chiarimenti in merito alla chiusura del distretto sanitario ed in particolare per sapere notizie circa il reperimento di nuovi locali idonei per il ricollocamento del distretto sanitario;

   all'interpellanza ha risposto l'assessore alla sanità della regione Abruzzo, dichiarando che in seguito all'esito negativo della procedura volta a reperire altro immobile ove collocare la sede del NOD di Chieti Scalo, è stato fatto ricorso ad una procedura negoziale alternativa rispetto a quelle già esperite a cui ha risposto l'ente RFI (Rete Ferroviaria Italiana) il 28 gennaio 2020 rendendosi disponibile ad avviare una trattativa diretta per il reperimento dell'immobile da adibire al NOD;

   in seguito a ciò, come dichiarato sempre dall'assessore alla sanità della regione Abruzzo, il 5 giugno la direzione della Asl ha comunicato all'ente Rfi la disponibilità ad avviare trattative dirette finalizzate all'accordo tra enti ai sensi della legge n. 241 del 1990 per il reperimento dell'immobile da destinare al Nod;

   in particolare, l'assessore comunicava che la struttura proposta da RFI è collocata in Chieti Scalo, all'interno dell'area delimitata dalle strade pubbliche dotata di parcheggi e collegamenti a mezzi pubblici situata in piazzale Marconi;

   tuttavia l'assessore affermava, nel corso della risposta all'interpellanza, che la direzione della regione era in attesa di riscontro da parte dell'ente RFI in merito al progetto di fattibilità tecnica ed economica di ristrutturazione dell'immobile ed alla dichiarazione di disponibilità ad eseguire direttamente i lavori a proprio carico e ad ottenere dagli enti preposti il cambio di destinazione d'uso dei locali affinché il legale rappresentante potesse inoltrare richiesta di autorizzazione a svolgere le attività sanitarie;

   l'interrogante è a conoscenza di una missiva con cui Rfi comunicava alla regione Abruzzo l'avvio del procedimento di accordo tra gli enti per il reperimento di un immobile da adibire a distretto sanitario con sede in Chieti Scalo risalente a ottobre 2020; da quel momento in poi non si hanno più notizie riguardo alla procedura della regione Abruzzo con Rfi;

   ad avviso dell'interrogante è censurabile la condotta della regione Abruzzo e della Asl di Chieti che ha privato Chieti Scalo di un distretto sanitario di base, chiudendolo senza una alternativa di ricollocazione chiavi in mano. È ancora più grave la lentezza della regione nel realizzare la riapertura del distretto sanitario di base, soprattutto in un momento storico in cui l'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha messo in evidenza l'importanza di una rete sanitaria capillare sul territorio –:

   quali siano i riscontri che Rfi ha fornito alla Asl di Chieti in merito alla procedura negoziale descritta in premessa;

   di quali elementi disponga circa il fatto che l'ente della regione Abruzzo, rispetto all'ipotesi progettuale inizialmente discussa con Rfi, abbia formalmente modificato le richieste rendendo in sostanza irricevibile da parte della stessa Rfi le nuove proposte formulate.
(4-09065)


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da troppo tempo la rete stradale e infrastrutturale della Liguria mostra tutte le sue criticità e la necessità di interventi ormai improcrastinabili di ispezione, manutenzione e messa in sicurezza di strade, autostrade, ponti e gallerie;

   l'ultimo accadimento in ordine di tempo, per fortuna senza conseguenze per le persone, è il crollo, il 22 aprile 2021, di una piastra di metallo caduta dalla pancia del viadotto autostradale di Rapallo della A12 Genova-Livorno, danneggiando un'automobile in sosta in un'area privata;

   sul posto, oltre alla polizia municipale, sono intervenute le forze dell'ordine e i vigili del fuoco per accertare l'accaduto e per verificare la sussistenza di eventuali altre situazioni di pericolo;

   l'amministrazione comunale di Rapallo, ha riferito di valutare la possibilità di azioni legali;

   come ha denunciato il sindaco Carlo Bagnasco, «è da due anni che facciamo segnalazioni per iscritto su quel viadotto ma nessuno ci ha mai risposto. Ora stiamo pensando di affidare tutto a un legale e chiedere i danni, almeno perché non si dica che noi non avevamo avvertito», E ancora: «se la lastra avesse colpito una persona sarebbe probabilmente successo il peggio (...). Abbiamo già potuto constatare, purtroppo nel peggiore dei modi, cosa succede quando si sottovalutano situazioni potenzialmente critiche. Il viadotto sovrasta una strada piuttosto trafficata nonché diverse abitazioni, i cui inquilini hanno già manifestato a più riprese la propria preoccupazione a fronte della caduta di calcinacci. Abbiamo ancora tutti negli occhi e nel cuore quanto accaduto a Genova il 14 agosto 2018. Vogliamo davvero aspettare che succeda di nuovo qualcosa di molto grave?» –:

   se non si ritenga di adottare iniziative al fine di verificare, per quanto di competenza, se vi siano state delle responsabilità, anche in termini di mancato controllo, nel crollo di una piastra del viadotto autostradale di piastra del viadotto autostradale di Rapallo di cui in premessa;

   se non si ritenga improcrastinabile adottare le iniziative di competenza per accelerare e potenziare le attività di ispezione, monitoraggio e manutenzione delle infrastrutture viarie liguri.
(4-09068)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VERSACE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   due articoli di stampa pubblicati sul sito redattoresociale.it del 14 aprile 2021 e sul sito mysuperabile.inail.it del 16 aprile 2021, ricostruiscono la vicenda occorsa a Ilaria, una giovane donna che a cui è stata inflitta una sanzione di 400 euro per aver accompagnato suo fratello, con disabilità psichica, in prossimità del mare, e aver conseguentemente violato le norme vigenti per il contrasto alla diffusione del Sars-Cov-2;

   proprio per il suo valore «simbolico», e soprattutto perché convinta di aver subito una vera e propria ingiustizia da parte di un appartenente alle forze dell'ordine, Ilaria ha deciso di impugnare la multa di 400 euro, forte anche della sua competenza professionale. Oltre a essere caregiver di suo fratello Nicola, Ilaria è infatti praticante avvocato;

   il fatto è accaduto a Napoli e risale al 10 aprile 2021, e come ricostruisce la stessa Ilaria, per cercare di interrompere l'isolamento dovuto e forzato del fratello causato dalla pandemia, ed accogliendo una volontà del medesimo fratello, ha cercato di avvicinarsi al mare, «poiché il luogo era giustamente presidiato dalle forze dell'ordine, mi sono avvicinata all'agente sul posto per chiedergli, in qualità di convivente ed accompagnatrice di una persona speciale, la possibilità di poter far avvicinare Nicola al mare, anche solo per cinque minuti». Ilaria prosegue nel suo racconto: «l'agente, considerando le mie parole come insistenti, ha mal interpretato la mia richiesta di chiarimenti, da me legittimamente pretesi, in virtù delle deroghe contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per le persone affette da disabilità. E mi ha invitato a seguirlo. Lì per lì non ho capito la intenzione volontà di farmi un verbale, perché davvero non comprendevo la violazione che avevo commesso, a tutti gli effetti inesistente (...).» E invece, è arrivata la multa di 400 euro. Ilaria aggiunge: «Abbiamo subito una vera e propria ingiustizia e nessuno dei colleghi dell'agente è intervenuto cercando di capire effettivamente cosa fosse accaduto. L'accusa? Assembramento! Noi, vaccinati, adeguatamente distanziati e con tutti i dispositivi di sicurezza indossati! Nicola compreso, nonostante le sue difficoltà! E, ribadisco, nonostante l'esistenza di specifiche deroghe contenute nel decreto Draghi per le persone con disabilità! La risposta al mio forte senso di impotenza e ingiustizia? Signorina, faccia ricorso». Questa è stata la risposta dell'agente di polizia;

   la vicenda descritta è emblema della sofferenza e della fatica che, soprattutto in questi lunghi mesi di forti restrizioni e sacrifici, pesa sulle spalle soprattutto delle persone con disabilità e dei loro caregiver. La denuncia di Ilaria ha raccolto sostegni e consensi, anche da parte dell'associazionismo, e tra questi dall'associazione «Tuttiascuola», che sostiene e accompagna, soprattutto in Campania, i genitori delle persone con disabilità –:

   quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare alla luce del fatto che la sanzione comminata al caregiver di cui in premessa, appare del tutto illegittima, in quanto la normativa vigente consente deroghe alle limitazioni e ai divieti di spostamento per le persone con disabilità e in particolare per le persone con disabilità psichica;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative, anche con riguardo all'attività delle forze dell'ordine incaricate di controllare il territorio in questa fase di pandemia, affinché quanto esposto non si abbia più a ripetere.
(4-09056)


   LOLINI, POTENTI, LEGNAIOLI, ZIELLO, PICCHI e BILLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   già nel 2018, secondo il Rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata curato dalla Scuola Normale di Pisa, la Direzione investigativa antimafia segnalava come in Toscana vi fossero ben 78 clan attivi mentre, ammontavano a 223 le persone accusate di aver commesso un reato con l'aggravante mafioso. Il porto di Livorno, dopo quello di Gioia Tauro, era il primo in Italia per sequestri di cocaina, mentre la provincia di Prato è la prima per reati di riciclaggio, con livelli venti volte superiori alla media nazionale;

   nella mattina di giovedì 14 aprile la Toscana si risvegliava, nuovamente, con la notizia stampa dell'arresto di 23 persone in relazione a tre indagini collegate tra loro in materia di inquinamento ambientale, narcotraffico internazionale, estorsione ed illecita concorrenza, tutti reati aggravati sia da agevolazione che da metodo mafioso «in favore di potenti cosche di 'ndrangheta» fra cui la cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro). Le infiltrazioni vanno dal Mugello, al distretto conciario di Santa Croce (Pisa) a Livorno;

   in una di queste, gli inquirenti hanno operato sul fronte dello smaltimento illecito di rifiuti conciari, portando sotto indagine un sindaco, un consigliere regionale ed il capo di gabinetto del presidente della regione Toscana. Dalle indiscrezioni è di evidenza la sinergia di imprese vicine alla ‘ndrangheta rispetto ad attività di prestazione di servizi ambientali a prezzi particolarmente vantaggiosi per le imprese del settore conciario;

   dai reati predetti emerge una operatività delle organizzazioni criminali che non lesinano a porre in grave rischio la salute pubblica, attraverso condotte di collocamento di rifiuti pericolosi in varie parti del territorio toscano, all'interno di aree cantiere –:

   se e di quali informazioni sia in possesso il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa le nuove dinamiche criminali commesse con metodo mafioso nel territorio toscano;

   se e quali ulteriori iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per eradicare il fenomeno mafioso rispetto ai nuovi metodi di aggressione ai beni privati e pubblici del territorio toscano.
(4-09057)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Scuola Angelo Pescarini arti e mestieri con sede a Ravenna, «organizza corsi di formazione professionale per ragazzi dai 15 ai 18 anni e per adulti in ambito tecnico-artigianale e socio-sanitario» e gestisce vari istituti sul territorio provinciale di Ravenna, tra cui le scuole comunali di musica di Faenza e di Cervia, dove organizza corsi ed attività musicali oltre a tutte le funzioni ed attività proprie di una scuola;

   il comune di Faenza (Ravenna), ha affidato la gestione della scuola comunale di musica «G. Sarti» proprio alla citata scuola Angelo Pescarini, tramite una convenzione stipulata in data 22 dicembre 2017, in scadenza il 31 agosto 2021, con la possibilità di una proroga per altri 4 anni;

   l'ente gestore deve assicurare la conduzione didattica, artistica, organizzativa ed amministrativa della scuola, curandone i vari aspetti e per fare questo, la convenzione prevede, a carico del gestore, l'assunzione di tutte le iniziative necessarie tra cui l'assunzione del personale docente ed amministrativo;

   il regolamento della scuola di musica «G. Sarti» prevede che siano attivati tutti gli organi presenti negli istituti scolastici, come il collegio dei docenti, il consiglio di direzione, il direttore didattico ed artistico, e viene prescritto al personale docente l'obbligo di rispettare il calendario delle lezioni predisposto ad inizio anno, dandone atto mediante il registro presenze;

   all'inizio di ogni anno scolastico, l'ente gestore deve presentare al comune l'elenco di tutto il personale impiegato suddiviso per funzioni e con la specificazione delle qualifiche professionali possedute;

   in particolare, per l'assunzione del personale, l'ente gestore è tenuto ad osservare le norme e le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore, mentre risulterebbe che siano state sempre applicate forme contrattuali di tipo precario come prestazioni professionali con P. Iva, Co.Co.Co. e di prestazione occasionale anche per quei docenti che, da svariati anni, qui insegnano;

   la convenzione prevede da parte del comune di Faenza la funzione di controllo. La violazione, anche solo di una delle disposizioni ivi presenti, dovrebbe portare alla risoluzione dell'accordo stesso;

   risulterebbe depositato un esposto presentato all'ispettorato del lavoro e alla Procura regionale della Corte dei conti per accertare se sussistano illeciti che possano portare a danni erariali sia per il comune di Faenza che, in base alla convenzione stipulata, versa annualmente un importo pari a 288.620,00 euro per coprire i contratti dei docenti, sia per il mancato versamento del corretto ammontare degli oneri previdenziali;

   si potrebbe configurare, inoltre, la violazione della norma nazionale per irregolarità nei rapporti di lavoro sopra citati, che non sarebbero in linea con la convenzione sopra richiamata;

   anche la scuola di musica di Cervia è affidata in gestione alla «Angelo Pescarini scuola arti e mestieri» –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, alla luce di quanto esposto, per avviare un esame approfondito delle finalità delle scuole di musica e della loro gestione, al fine di definire una normativa «quadro» che miri a promuovere questo importante settore a tutela del personale assunto.
(4-09063)


   CIMINO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro dell'istruzione 20 aprile 2021, n. 138, il termine per la presentazione delle domande per l'inserimento nelle graduatorie di terza fascia del personale Ata previsto dall'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro dell'istruzione 3 marzo 2021, n. 50, è stato prorogato al 26 aprile 2021;

   il comma 11 dell'articolo 2 del decreto del Ministro dell'istruzione 3 marzo 2021, n. 50, specifica che gli attestati di qualifica rilasciati ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 dicembre del 1978, n. 845, devono essere rilasciati al termine di un corso strutturato sulla base degli insegnamenti tecnico scientifici impartiti nel corrispondente corso statale (diploma di qualifica rilasciato dagli istituti professionali statali);

   il comma 13 dell'articolo 2 dello stesso decreto del Ministro dell'istruzione n. 50 del 2021, afferma che i requisiti ed i titoli valutabili ai fini del presente decreto devono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della relativa domanda;

   la lettera a) dell'allegato A\1 del decreto del Ministro dell'istruzione 3 marzo 2021 elenca i titoli di cultura che permettono l'attribuzione di ulteriori punteggi per le graduatorie Ata di terza fascia;

   la maggior parte dei corsi volti al conseguimento degli attestati di qualifica, rilasciati ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, validi per l'integrazione di n. 1,50 punti nelle graduatorie, per i profili professionali del personale Ata di terza fascia, oltre a presentare una parte teorica, sono costituiti da una parte pratica. Proprio per questo secondo aspetto, sono stati oggetto di numerose sospensioni, in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, ciò quindi non ha consentito ai corsisti il pieno conseguimento dei relativi titoli;

   tutte le sigle sindacali hanno richiesto una proroga del termine di presentazione della domanda, di 45 giorni, per consentire ai corsisti il conseguimento dei suddetti titoli –:

   se il Ministro interrogato, tenuto conto di quanto sopra esposto, ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere una proroga di 45 giorni del termine di presentazione della domanda, per l'inserimento nelle graduatorie di terza fascia del personale Ata previsto dall'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro dell'istruzione 3 marzo 2021, n. 50.
(4-09071)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOGLIANI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, GOLINELLI, LOLINI, LOSS, LIUNI, MANZATO, PATASSINI e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 31 marzo 2021 la Commissione europea ha messo online un questionario, al quale possono accedere tutti i cittadini europei, per raccogliere opinioni sulle possibili opzioni da adottare per consolidare le politiche di promozione dell'agricoltura europea rafforzandone – si legge – «la competitività attraverso una maggiore consapevolezza degli elevati standard qualitativi che caratterizzano i prodotti agroalimentari»;

   si legge, ancora, che «la revisione della politica nel 2021 dovrebbe migliorare il suo contributo alla produzione e al consumo sostenibile in linea con il passaggio a una dieta più vegetale, con meno carne rossa e/o lavorata insieme ad altri alimenti legati al rischio di cancro»;

   a parere degli interroganti è l'ennesimo tentativo di mettere al bando il consumo di carne, sottoponendo ai consumatori un documento dove di fatto vengono suggerite le risposte alle domande sul ruolo della carne e della sua salubrità che sono ancora oggetto di un grande dibattito in sede di Unione europea;

   questi orientamenti contrastano, infatti, con le politiche di tutela del made in Italy e tentano di mettere in cattiva luce il sistema degli allevamenti italiani, che è fra i più sicuri e sostenibili a livello mondiale;

   ad avviso degli interroganti, non si tratta di un questionario volto esclusivamente ad informare il consumatore, in modo obiettivo, su un determinato argomento, ma l'inaccettabile tentativo, tra l'altro da parte di un'istituzione europea, di veicolare la volontà dei consumatori europei verso altri tipi di mercato ma soprattutto verso quello delle carni sintetiche; mercato in espansione, governato da importanti multinazionali dell'industria alimentare, le quali da tempo stanno indirizzando verso questo segmento parte dei loro investimenti, per portare avanti una campagna basata solamente su convinzioni ideologiche;

   attacchi di questo tipo al sistema produttivo italiano nonché al made in Italy, portano a criminalizzare il consumo di carne e mettere all'indice la pratica dell'allevamento intensivo, come un tipo di allevamento assolutamente non rispettoso del benessere animale; inoltre, portano il consumatore a pensare che mangiare un determinato alimento sia la causa di tutti i mali;

   sul fronte del benessere animali è giusto porre l'attenzione sul fatto che negli ultimi 100 anni l'efficienza di una bovina è migliorata del 65 per cento con un indubbio beneficio sia sanitario che ambientale e che proprio grazie alla ruminazione dei bovini l'80 per cento di produzioni vegetali non edibili si trasforma in proteine nobili che ritroviamo nel piatto quando mangiamo carne;

   la zootecnia italiana sta già facendo ogni possibile sforzo, in linea con le prescrizioni comunitarie, in favore del benessere animale, per ricondurre il sistema nell'ambito dell'economia circolare e rendere i sistemi di allevamento rispettosi delle normative previste in materia animale e ambientale;

   simili iniziative rischiano di generare un impatto pesantissimo sui bilanci delle aziende che operano nella filiera delle carni, in quanto, insinuano nel consumatore il sospetto che la carne fa male; la conseguenza è quella di incidere negativamente e pesantemente sulla competitività dell'industria alimentare italiana;

   nel settore zootecnico operano 250.000 lavoratori addetti e 270.000 aziende agricole e di trasformazione, che generano un fatturato per il nostro Paese di oltre 40 miliardi di euro e sono al servizio dei consumatori, per garantire l'approvvigionamento di beni alimentari primari in totale sicurezza –:

   se siano a conoscenza del questionario proposto dalla Commissione europea e quali iniziative, per competenza, nelle opportune sedi europee, intendano mettere in atto al fine di tutelare il consumo delle carni bovine e il settore zootecnico nazionale, settore fondamentale del made in Italy, nonché ribadire l'importanza strategica della filiera delle carni per l'economia italiana.
(4-09060)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in questa primavera, l'alternarsi di caldo e freddo intenso sono frequenti e le gelate dei giorni scorsi stanno creando gravi problemi anche alle api e agli apicoltori, poiché non riescono a raccogliere nettare per via delle basse temperature e del danneggiamento dei fiori a causa della formazione di ghiaccio;

   come noto, le api sono un indicatore dello stato di salute dell'ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l'impollinazione dei fiori. Una singola ape visita in genere circa cinquemila fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele;

   in Friuli Venezia Giulia ciò accade in astratto, ma non in concreto, poiché la temperatura è scesa sotto i dieci gradi;

   le gelate hanno provocato ingenti danni alle piante spontanee di interesse apistico, come il ciliegio, l'acero, ma soprattutto l'acacia. Di quest'ultima si notano l'appassimento e il disseccamento dei germogli. Per quanto riguarda le prime produzioni, è stata discreta la raccolta del miele di tarassaco nella pianura friulana, mentre la collina è in una fase di stallo, tenendo conto che sono stati persi i raccolti di miele di ciliegio e sottobosco ed è compromesso quello dell'erica carnea e in parte dell'acero campestre e montano;

   si consideri che, nella zona, tre colture alimentari su quattro dipendono, per resa e qualità, dall'impollinazione dalle api. Tra queste ci sono mele, pere, fragole, ciliegie, cocomeri e i meloni; il danno non è solamente ambientale, ma anche economico. Durante la pandemia, gli apicoltori hanno visto aumentare del 13 per cento gli acquisti familiari di miele, grazie a una aumentata sensibilità verso i prodotti più salubri dimostrata dai consumatori, ma nei supermercati, più di un vasetto di miele venduto su due proviene dall'estero. Ciò induce a consumare prodotti di più bassa qualità rispetto al miele italiano, perché nel nostro territorio non sono ammesse coltivazioni Ogm, a differenza di quanto avviene in Paesi dai quali l'Italia importa miele, ad esempio in Cina;

   nel solo Friuli Occidentale si contano 8.600 alveari, 715 apiari e 400 soci consorzio apicoltori Pordenone; il rapporto dell'Osservatorio nazionale miele certifica che gli apicoltori in Italia sono passati dai 62.944 del 2019 ai 68.684 del 2020, di cui 47.957 hobbisti che producono per l'auto-consumo e 20.727 con partita Iva che producono per il mercato. È in aumento il numero degli alveari e degli sciami, passati da 1.597.739 del 2019, a 1.632.825 del 2020, il 72 per cento detenuti da apicoltori professionisti;

   dopo le nevicate invernali si preannunciava un'ottima stagione, aspettative che sono state cancellate in un paio di notti di gelo –:

   se il Governo intenda adottare tutte le necessarie e opportune iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare interventi di natura economica a favore degli operatori economici coinvolti, riconoscendo sostegni economici alle aree interessate dall'eccezionale ondata di maltempo e valutando la possibilità di consentire la sospensione del pagamento delle imposte e dei contributi per assicurare la ripresa produttiva delle imprese e il ripristino delle attività danneggiate.
(4-09062)


   SILVESTRONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   dal 2016, oltre duecento stazioni appaltanti hanno introdotto divieti di fornitura di olio di palma o prodotti contenenti olio di palma nei disciplinari di gara per servizi di ristorazione collettiva e distributori automatici di bevande e alimenti preconfezionati;

   alcune linee guida regionali o di aziende sanitarie locali discriminano l'olio di palma ed il suo utilizzo. Queste misure non sono fondate su basi scientifiche, né normative e non rispondono a raccomandazioni o disposizioni di organismi nazionali, comunitari o internazionali, e sono in evidente contrasto con le norme che tutelano la libera concorrenza, oltre che in contrasto con le linee guida sui criteri ambientali per le gare verdi (Green Public Procuremets) proposti dall'Unione europea, che si preoccupano, semmai, di indicare requisiti di certificazione di sostenibilità ambientale e sociale per tutti gli oli vegetali, incluso l'olio di palma;

   tali divieti e l'invito a utilizzare oli diversi dall'olio di palma possono ledere anche gli interessi dei consumatori, non correttamente informati e indotti ad adottare diete non salutari anche nei consumi domestici, con conseguenze negative sulla loro salute. I consumatori sono indotti a credere che la semplice eliminazione di un ingrediente renda il prodotto più sano e possa essere consumato senza limitazioni, quando ciò che conta è adottare una dieta bilanciata limitando l'apporto calorico;

   ad oggi, nessuna autorità o organizzazione ha mai adottato alcun provvedimento per eliminare l'olio di palma dai prodotti alimentari, affermando che questo ingrediente sia dannoso per la salute; né ne ha mai limitato l'uso neppure in via precauzionale ai sensi delle norme sulla sicurezza alimentare (regolamento (CE) n. 178 del 2002 e regolamento della Commissione europea n. 2018/290);

   le più recenti Linee guida per una sana alimentazione del Crea (ente di ricerca che fa capo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, confermando le conclusioni del parere dell'Istituto superiore di sanità del 2016, precisano che è concettualmente sbagliato «parlare di un valore nutrizionale positivo o negativo di un singolo componente senza inquadrarlo nel contesto della dieta globale»;

   l'olio di palma non reca conseguenze negative per la salute diverse da quelle di tutti gli alimenti contenenti grassi saturi, presenti in diversi prodotti di largo consumo ed oggetto di normale fornitura alle pubbliche amministrazioni;

   tra i grassi vegetali, la filiera dell'olio di palma è quella più garantita da schemi di certificazione che hanno concorso a rendere la filiera più sostenibile come riconosciuto anche da diverse ricerche scientifiche tra cui quella di Iucn 2018 e dalle principali organizzazioni non governative ambientaliste, come ad esempio il Wwf;

   la Dichiarazione di Amsterdam sull'olio di palma, firmata anche dall'Italia, impegna i Paesi firmatari ad importare e a promuovere l'impiego esclusivo di olio di palma certificato come sostenibile;

   i criteri dell'Unione europea per gli appalti pubblici verdi in materia di prodotti alimentari, servizi di ristorazione e distributori automatici prevedono specifiche tecniche per l'approvvigionamento di grassi vegetali, secondo le quali almeno una percentuale degli oli vegetali o dei prodotti alimentari preconfezionati contenenti oli vegetali deve essere stata prodotta a partire da colture conformi a specifici criteri ambientali –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per un maggior coordinamento con regioni ed enti locali in coerenza con gli orientamenti comunitari e nazionali in materia di sana e sostenibile alimentazione, garantendo la libera concorrenza tra ingredienti, incluso l'olio di palma;

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza per dare attuazione alle linee guida dell'Unione europea per gli appalti pubblici verdi, così che almeno una percentuale degli oli vegetali o dei prodotti alimentari preconfezionati contenenti oli vegetali debba essere prodotta a partire da colture conformi ai criteri ambientali in esse contenuti.
(4-09074)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TORROMINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   anni di commissariamento della regione Calabria e i conseguenti piani di rientro per la sanità calabrese, non solo non hanno prodotto alcun miglioramento del servizio sanitario regionale, ma hanno in realtà peggiorato la situazione. Tra i territori calabresi maggiormente penalizzati, si trovano la sibaritide ed in particolare il territorio del basso ionio cosentino, e soprattutto quello dell'alto crotonese, bacino d'utenza dall'ex ospedale «Vittorio Cosentino» di Cariati;

   l'ospedale di Cariati, aperto nel 1978, non ha mai fatto registrare casi di malasanità, e ha servito in maniera egregia un territorio di oltre 80 mila abitanti;

   la struttura ospedaliera, dal 2003, è stata spogliata di tutti i suoi reparti, servizi, e di tutte le proprie funzionalità. La chiusura definitiva è avvenuta con decreto n. 18 del 2010;

   da troppo tempo i cittadini chiedono il reinserimento dell'ex presidio ospedaliero di Cariati nella rete ospedaliera pubblica regionale, in quanto struttura fondamentale per garantire il diritto alla salute dei residenti;

   peraltro, prima della chiusura l'ospedale di Cariati aveva un tasso di occupazione dell'81,46 per cento a fronte di una richiesta minima del 75 per cento, e i costi venivano interamente coperti da una produzione ospedaliera che riusciva addirittura a far chiudere i bilanci in attivo;

   dopo la chiusura del nosocomio di Cariati, gli unici ospedali esistenti sono quelli di Crotone e Corigliano-Rossano, distanti più di cento chilometri che, se rapportati alle condizioni della viabilità, significano una distanza doppia per tempi di percorrenza, con gravissime difficoltà a gestire le emergenze dei pazienti critici;

   questa situazione risulta aggravata ulteriormente dal fatto che l'indice dei posti letto (p.l.), che vengono assegnati in base al numero degli abitanti, per il suddetto territorio, risulta essere il più basso della regione Calabria. I parametri nazionali sono di 3,5 p.l. per mille abitanti. Nel territorio, con la chiusura dell'ospedale di Cariati, sono di 0,93 p.l., di conseguenza mancano più di 2,5 p.l. per mille abitanti;

   peraltro, questa situazione aggrava la mobilità sanitaria che spinge molti assistiti che usufruiscono dei servizi sanitari presso strutture che non appartengono alla propria regione di residenza, con evidenti costi per la regione Calabria;

   sarebbero quindi necessarie la riapertura dell'ospedale di Cariati e la qualificazione dello stesso come ospedale di zona disagiata;

   risulta che sia stata preso in considerazione un piano per la riattivazione dell'ospedale di Cariati e garantirne così il suo pieno funzionamento per garantire il diritto alla salute dei cittadini calabresi –:

   se non si ritenga indispensabile e urgente assumere le necessarie iniziative di competenza, anche per il tramite del Commissario per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per consentire al più presto la riattivazione dell'ospedale di Cariati di cui in premessa, così come l'indispensabile potenziamento dell'ospedale di Crotone, quale unico ospedale della provincia, al fine di consentire ai cittadini calabresi residenti nel territorio di vedersi erogati i servizi sanitari e garantito il diritto ai livelli essenziali di assistenza.
(4-09059)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 gennaio 2020 viene trasmessa dal Ministero della salute a tutti i soggetti istituzionali interessati una circolare avente ad oggetto «polmonite di eziologia sconosciuta – Cina». In questa circolare si sottolinea, in ragione delle rilevanti conseguenze sul piano respiratorio della comparsa di polmoniti nei pazienti colpiti, l'esigenza di riferirsi alle «raccomandazioni dell'Oms sulle misure di sanità pubblica e sulla sorveglianza dell'influenza e delle gravi infezioni respiratorie acute». Dunque, lo stesso Ministero indicava nelle misure di sanità pubblica e sulla sorveglianza dell'influenza e delle gravi infezioni respiratorie acute gli strumenti da attivare per contrastare la diffusione del COVID-19;

   tali strumenti in Italia consistevano per l'appunto nel Piano nazionale di preparazione e risposta ad una eventuale pandemia anti influenzale risalenti al 2006, anno di adozione del Piano medesimo;

   tuttavia, il Governo, disattendendo le stesse indicazioni della circolare del 5 gennaio 2020 del Ministero della salute, inspiegabilmente ha deciso di non attivare il piano –:

   per quale motivo si siano disattese le indicazioni contenute nella circolare del 5 gennaio 2020 nella quale si affermava l'esigenza di fare riferimento alle misure di sanità pubblica e sulla sorveglianza dell'influenza e delle gravi infezioni respiratorie acute di cui appunto al Piano del 2006.
(4-09070)


   CORNELI, SARLI, DI LAURO, FLATI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinanza del Ministro della salute 21 novembre 2020, recante «Norme sanitarie in materia di infezione da Sars-CoV-2 nei visoni d'allevamento e attività di sorveglianza sul territorio nazionale» ha previsto la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni sul territorio nazionale fino al 28 febbraio 2021 incluso;

   con la circolare n. 27663 del 21 dicembre 2020, la direzione generale sanità animale e farmaco veterinario (Dgsaf) del Ministero della salute ha disposto e stabilito le misure di verifica e sorveglianza da adottarsi negli allevamenti di visoni. Nello specifico è stato previsto da parte delle regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, l'aggiornamento del censimento degli allevamenti/strutture di visoni presenti sul territorio di competenza, tramite i servizi veterinari delle Asl;

   la citata circolare della Dgsaf prevedeva l'invio dei dati raccolti nell'ambito del censimento degli allevamenti e delle strutture che allevano visoni al Ministero della salute con cadenza semestrale a partire dal 10 gennaio 2021;

   con l'ordinanza 25 febbraio 2021 il Ministro interrogato, sulla base di un rapporto del Consiglio superiore di sanità sui pericoli di trasmissione del Covid-19, ha esteso la proroga temporanea della sospensione delle attività di allevamento dei visoni a tutto il 2021;

   la presenza del coronavirus Sars-CoV-2 negli allevamenti italiani di visoni è stata accertata a partire dal mese di dicembre 2020, prima in un allevamento in provincia di Cremona, dove sono stati abbattuti tutti gli oltre 26.000 visoni presenti, e in seguito, anche in un secondo allevamento in provincia di Padova, tra gennaio e febbraio, dove il 100 per cento degli animali controllati sono risultati positivi a test sierologici neutralizzanti (Pnrt);

   l'esatta conoscenza, da parte delle autorità sanitarie locali e del Ministero della salute, della numerosità dei visoni presenti sul territorio nazionale è funzionale e necessaria al fine di dare attuazione alle misure di biosicurezza finalizzate ad evitare la ulteriore diffusione del coronavirus Sars-CoV-2 anche in forma mutata proprio a seguito delle già documentate varianti provenienti dagli allevamenti dei visoni e diffuse anche nell'uomo;

   recentemente, a seguito di una iniziativa da parte della Lega anti vivisezione (Lav), sono stati acquisiti dati relativi alla popolazione di visoni «riproduttori» in Abruzzo dall'Asl 1 «Avezzano-Sulmona-L'Aquila» che, a distanza di qualche mese, ha fornito dati incongruenti. Nello specifico, secondo i dati acquisiti dall'Associazione, risultano mancanti 50 visoni stando al censimento dell'Asl 1: il 15 febbraio erano 1.150, il 25 marzo erano 1.100 –:

   se il Governo sia a conoscenza della esatta e attuale numerosità della popolazione di visoni presenti negli allevamenti italiani;

   quali strumenti siano stati predisposti per verificare la corretta trasmissione di dati regionali derivanti da suddetto censimento di allevamenti e strutture di visoni, evitando il sorgere di incongruenze come nel caso dell'Asl 1 Avezzano-Sulmona-L'Aquila;

   se sia intenzione del Governo adottare iniziative per supportare la riconversione delle suddette attività, a tutela della salute pubblica e dei diritti di migliaia di animali coinvolti, e la definitiva chiusura degli allevamenti di visoni (e di ogni altra specie per la riproduzione di pellicce), disponendo anche il divieto su tutto il territorio nazionale, allineandosi a quanto già deciso da decine di Paesi europei, come Regno Unito, Austria e Germania.
(4-09072)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI, ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   tra i lasciti del precedente Governo vi sono una serie di iniziative avviate con l'intento di sviluppare la rete di telecomunicazioni italiane secondo un principio di rimonopolizzazione intorno all'operatore Tim, un operatore verticalmente integrato;

   per tale progetto sono state avviate dal precedente governo nel corso del 2020 una serie di azioni tese a ridurre la presenza pubblica nella rete di telecomunicazioni a favore della presenza privata, come nel caso di Enel, cui è stato chiesto espressamente di cedere la propria quota a favore del fondo australiano Macquarie;

   l'attuale Governo non ha ancora espresso alcun parere sull'intera spinosa vicenda che riduce la presenza pubblica in una infrastruttura critica e strategica come quella della rete di telecomunicazioni con modalità che non si riscontrano in alcun altro Paese europeo;

   le azioni adottate in continuità con il precedente Governo proseguono in modo disordinato e secondo una spinta inerziale, sostenuto da ragioni emergenziali ma senza chiare finalità;

   tale fretta spinge conglomerati pubblici rilevanti come Cassa depositi e prestiti ad assumere decisioni strategiche di tale portata, come l'acquisizione della maggioranza in Open Fiber e la contestuale presenza in Tim, anzi addirittura in lista di maggioranza e con un consigliere che altri non è se non lo stesso presidente di Cassa depositi e prestiti, decisioni strategiche che diventano pertanto anche imbarazzanti, perché assunte da vertici aziendali in scadenza di mandato che tra pochi giorni saranno destinati ad altro incarico;

   per ultimo, la soluzione sembrerebbe essere la creazione di un «Consorzio» tra operatori, rispolverando la vecchia teoria della società condominio, molto discussa una decina di anni fa e archiviata come impraticabile perché contro ogni elementare regola di mercato;

   l'idea di «Consorzio» sembra essere nata per puntare ad eventuali assegnazioni dirette dei bandi per l'assegnazione delle risorse infrastrutturali del Pnrr;

   tale ipotesi è impraticabile perché vietata dalle regole dell'Unione europea, secondo cui non un centesimo potrà essere dato a società private senza regolare bando di gara europeo; in caso di gare europee Open Fiber godrebbe di tutti i vantaggi previsti dal codice delle comunicazioni europee in favore degli operatori Wholsale-Only;

   anziché parlare di Rete Unica, come si è fatto per lunghi mesi, ora l'obiettivo sembra più chiaro e sarebbe, secondo gli interroganti, quello di smantellare Open Fiber, indebolendo la presenza pubblica;

   non risultano chiari gli obiettivi del Governo, nello specifico se si intenda sviluppare l'infrastruttura di rete della Nazione secondo criteri di gestione pubblici o privati; nel primo caso non si comprende perché Enel debba essere obbligata a uscire da Open Fiber, nel secondo caso non si comprende perché Cassa Depositi e Prestiti debba fare i passi che intende fare e che ha fatto in Open Fiber e Tim –:

   quali urgenti iniziative si intendano porre in essere, per quanto di competenza, al fine di perseguire uno sviluppo della rete in chiave di mercato, se non ritengano opportuno rivedere le decisioni poco meditate fino ad ora poste in essere;

   se non ritenga necessario adottare iniziative per procedere alla mappatura delle zone gialle, proprio in chiave di scelte operative per il Pnrr, chiamando a raccolta gli operatori, chiedendo loro di dichiarare le zone di eventuale interesse dove intendono investire e predisporre immediatamente i bandi per le rimanenti aree.
(5-05838)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta scritta:


   RACCHELLA, VALBUSA e LAZZARINI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, attuativo delle misure di contenimento per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021,) è prevista l'apertura al pubblico dei musei|(articolo 14), mentre sono sospese attività dei parchi tematici e di divertimento (articolo 20)

   in tale contesto è stata prevista la chiusura del Parco faunistico Cappeller di Cartigliano (Vicenza), parco che accoglie molte specie di animali provenienti da tutto il mondo e che con le sue oltre 500 specie di essenze arboree è anche un orto botanico, nonostante all'interno del parco si trovino anche un Museo sull'evoluzione dell'uomo e una mostra tassidremica;

   indubbiamente, i giardini zoologici italiani sono fra le strutture maggiormente colpite dal grave stato di emergenza dovuto alla diffusione del COVID-19, sia per gli ingenti costi che gli stessi si ritrovano a sostenere senza usufruire di finanziamenti pubblici, bensì potendo esclusivamente essere sostenuti dall'incasso derivante dalla vendita di biglietti, sia per il benessere degli animali, la cui cura e attenzione e delegata a personale specializzato temporaneamente non impiegato a causa delle chiusure;

   spiace constatare agli interroganti l'assoluta mancanza di univocità sul territorio nazionale circa l'apertura di parchi e giardini zoologici;

   il Bioparco di Roma, infatti, struttura sita all'interno di Villa Borghese, è regolarmente aperto al pubblico da novembre 2020; il Presidente della Fondazione Bioparco, con Nota Prot. n. 656/2020, nel prendere atto «della comunicazione del Direttore del Dipartimento Tutela Ambiente di Roma Capitale (...) in cui non si ravvisano motivi per cui (...) il bioparco debba restare chiuso al pubblico», ne ha decretato la riapertura già da allora;

   l'ultimo provvedimento varato dal Governo il 21 aprile 2021, il cosiddetto «decreto-legge ri-aperture», prevede la riapertura dei parchi tematici dal 1° luglio 2021, il che, con riguardo alla criticità esposta nel presente atto, significherebbe per il Parco Faunistico Cappeller e parchi similari si trovano a dover attendere – a parere degli interroganti ingiustamente – ancora più di un mese per la riapertura –:

   per quali ragioni sia stata possibile l'apertura al pubblico del Bioparco di Roma diversamente da quanto accaduto per altri parchi come appunto il Parco faunistico Cappeller e se e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare per sostenere le attività dei parchi tematici come quello sopra citato, che svolgono un importante ruolo per la tutela della fauna e della biodiversità, considerata anche l'emergenza socio-economica in atto e per fornire in particolare un sostegno alle strutture ed agli addetti del settore in difficoltà per le chiusure di cui in premessa.
(4-09064)


   GRIPPA, VACCA e CORNELI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   con la firma dei recenti decreti a firma del Ministro interrogato e del Ministro Franceschini è stata approvata la valutazione di impatto ambientale (Via) per il rinnovo di dieci concessioni e per la messa in produzione di nuovi impianti estrattivi, nonostante non sia stato ancora completato il Pitesai, il piano regolatore delle aree in cui sarà possibile creare e sfruttare i giacimenti di idrocarburi, che è in sospeso da due anni e dovrebbe essere adottato entro il 30 settembre 2021 come previsto da una modifica voluta fortemente dal gruppo parlamentare di cui gli interroganti sono componenti;

   gli interroganti sono altresì a conoscenza che i provvedimenti cui si fa riferimento non rappresenterebbero ancora un «via libera» definitivo ai lavori, piuttosto una autorizzazione transitoria, proprio in attesa del piano regolatore. Allo stesso modo si ritiene sia da valutare la necessità per l'Italia di bloccare definitivamente, anche nelle aree che il piano riterrà idonee, nuovi permessi per trivellazioni ed air gun;

   la decisione di firmare le autorizzazioni potrebbe significare una clamorosa smentita della politica proclamata dal Governo a giudizio degli interroganti calpestando l'Accordo di Parigi del 2015 – il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nonché l'European Green Deal, varato dall'Unione europea per trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti;

   al netto di quelle sulla terra ferma le attività autorizzate si trovano tutte nel mare Adriatico (tra Veneto e Abruzzo) e nel canale di Sicilia e non sono trascurabili gli impatti locali, visto che l'Adriatico è praticamente un mare chiuso come un lago e per un ricambio di tutta la sua acqua occorrerebbero ben ottanta anni. Si evidenzia come si sia fatto in modo che si pervenisse anche all'autorizzazione Aia (autorizzazione integrata ambientale) per la contestatissima centrale di compressione Snam di Sulmona (Aq). Tutto ciò, mentre su scala globale si sta attraversando una crisi ecologica e climatica gravissima e mentre incombe minaccioso il surriscaldamento climatico foriero di immani disastri;

   le più recenti evidenze scientifiche, pubblicate sulle migliori riviste internazionali si fa presente –, dimostrano non solo che il metano è un gas clima-alterante molto più potente della CO2, ma che viene immesso in grandi quantità direttamente in atmosfera lungo la filiera (pozzi, gasdotti, stoccaggi e rete di distribuzione), in ragioni di perdite più o meno occulte che nonostante il dibattito internazionale, sembrerebbero non essere state prese in considerazione –:

   quali siano state le ragioni che abbiano reso opportuna la firma di tali autorizzazioni alla luce di quanto esposto e rappresentato in premessa e se non si ritenga che esse siano da rivalutare;

   se non ritenga che sia doveroso, per quanto di competenza, giungere all'approvazione del piano regolatore Pitesai sopra richiamato con espresso e trasparente riferimento al rispetto della sostenibilità ambientali e della transizione ecologica delle attività della nostra nazione.
(4-09073)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Palmieri e Aprea n. 5-05834, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Casciello.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Delmastro Delle Vedove n. 7-00273, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 206 del 10 luglio 2019.

   La III Commissione,

   premesso che:

    nel mondo, un cristiano ogni 7 vive in una condizione di persecuzione, oltre 300 milioni di persone discriminate per il loro specifico credo. Dal XV Rapporto sulla libertà religiosa di «Aiuto alla Chiesa che Soffre» emerge una situazione fortemente cupa per i cristiani, la comunità di fedeli maggiormente perseguitata al mondo;

    la libertà religiosa è violata in quasi un terzo dei Paesi del mondo (31,6 per cento), dove vivono circa due terzi della popolazione mondiale. 62 Paesi su un totale di 196 registrano violazioni molto gravi della libertà religiosa. Il numero di persone che vivono in questi Paesi sfiora i 5,2 miliardi, il 67 per cento della popolazione mondiale, poiché tra i peggiori trasgressori vi sono alcune delle nazioni più popolose del mondo (Cina, India, Pakistan, Bangladesh e Nigeria);

    sono 62 gli Stati in cui si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa: 26 sono classificati come «PERSECUZIONE»: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Cina, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, India, Iran, Corea del Nord, Libia, Malesia, Maldive, Mali, Mozambico, Myanmar, Niger, Nigeria, Pakistan, Somalia, Sri Lanka, Turkmenistan, Yemen;

    in questi 26 Paesi vivono 3,9 miliardi di persone, ovvero poco più della metà (il 51 per cento) della popolazione mondiale. Questa classificazione include 12 Stati africani e 2 Paesi in cui sono in corso indagini per un possibile genocidio: Cina e Myanmar (Birmania);

    36 sono luoghi di «DISCRIMINAZIONE»: Algeria, Azerbaijan, Bahrain, Brunei, Cuba, Gibuti, Egitto, Etiopia, Indonesia, Iraq, Giordania, Kazakistan, Kuwait, Kirghizistan, Laos, Madagascar, Mauritania, Mauritius, Marocco, Nepal, Nicaragua, Oman, Palestina e Gaza, Qatar, Singapore, Sudan, Siria, Tagikistan, Tanzania, Thailandia, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Uzbekistan, Venezuela e Vietnam;

    in questi 36 Paesi vivono 1,24 miliardi di persone. Sono stati identificati leggeri miglioramenti in 9 Paesi, mentre in 20 nazioni la situazione sta peggiorando;

    in 30 Paesi delle persone sono state uccise in attacchi a sfondo religioso a partire dalla metà del 2018;

    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan, che si colloca al 5° posto nel ranking della «World Watch List 2020», l'annuale rapporto della Ong Porte Aperte sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che fotografa la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani;

    il Pakistan nasce come Stato laico, il tratto islamico-radicale si è affermato a partire dal 1956, anno in cui la denominazione fu cambiata in Repubblica Islamica del Pakistan. Pakistan vuol dire «terra dei puri»: la parola è un neologismo che combina i termini pāk, «puro» in urdu, e -stan, che significa Paese. Da allora il Pakistan ha assunto un orientamento nettamente islamista specialmente sotto la dittatura del generale Zia ul-Haq, al potere dal 1977 al 1988, durante la quale la legge islamica (shari'a) ha acquisito un ruolo predominante all'interno del sistema giuridico pachistano;

    qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge sulla «blasfemia», disciplinata nel codice penale pachistano dagli articoli 295 B, 295 C, 298 A, 298 B, 298 C;

    la legge è entrata in vigore nel 1986 e limita fortemente la libertà di religione e di espressione. Contempla, nei casi estremi, la condanna a morte e l'obiettivo nascosto è quello di impedire che il cristianesimo si diffonda;

    la legge sulla blasfemia è un'eredità dell'ordinamento dell'impero britannico del 1947, anno di nascita dello Stato pakistano. Inizialmente, la norma prevedeva il carcere o una sanzione amministrativa per chi «dolosamente e deliberatamente oltraggi, con parole, scritti o altre rappresentazioni, qualsiasi religione». Risale al 1986 l'aggiunta di due commi, il 295 B che prevede l'ergastolo «per chi offende il Corano o ne danneggi una copia in tutto o in parte o lo utilizzi per scopi illeciti» e il 295 C che commina «la pena capitale o carcere a vita e/o multa per chiunque offenda il nome o la persona del Profeta Muhammad con parole, scritti o altre rappresentazioni». Dal 1990 per il comma 295 C viene applicata solo la pena di morte;

    nella vita di tutti i giorni, questa legge è spesso utilizzata come strumento per perseguitare le minoranze religiose poiché non prevede l'onere della prova per chi accusa;

    dati recenti diffusi dal Centre for Social Justice (Csj, Centro di giustizia sociale), mostrano che le leggi sulla blasfemia creano sempre più vittime. Dal 1987 fino al dicembre 2020, almeno 1855 persone sono state accusate di offese legate alle «leggi sulla blasfemia»;

    il 2020 è l'anno in cui vi sono stati più accusati: 200. Il fatto considerevole è che il 75 per cento degli accusati sono musulmani e il più alto numero di vittime sono sciiti (il 70 per cento). Le altre vittime sono ahmadi (20 per cento); sunniti (5 per cento); cristiani (3,5 per cento) indù (1,5) e altre religioni, o religioni non confermate (0,5 per cento);

    almeno 78 persone sono state uccise con assassini extra-giudiziari, dopo essere stati accusati di blasfemia o apostasia. Di questi, 42 sono musulmani; 23 cristiani; 9 ahmadi; 2 indù; 2 la cui identità religiosa non è chiara; è evidente come l'uso della legge sia diventato uno strumento facile nei confronti degli avversari economici, politici o religiosi. Dall'inizio, in cui musulmani accusavano non-musulmani, si è giunti a una situazione in cui musulmani accusano anche altri musulmani;

    gli accusati di religione musulmana godono di un trattamento privilegiato: ai musulmani basta negare le accuse per essere assolti e quando sono implicati loro non c'è mai la violenza che si vede con i cristiani. Secondo la giurisprudenza pakistana, nessun musulmano può essere condannato a morte per blasfemia se nega chiaramente le accuse e afferma di essere un vero musulmano. I musulmani, per essere assolti, non hanno bisogno neanche di testimoni, mentre per i cristiani le regole sono diverse. Si dà per scontato che i cristiani siano blasfemi perché non credono in Allah: per condannarli a morte basta anche una sola persona che renda testimonianza per iscritto;

    per il momento, nessun condannato a morte per blasfemia è stato giustiziato in Pakistan. La prima donna condannata a morte per effetto della legge è stata Asia Bibi nel 2010. Tuttavia, spesso accade che coloro che vengono rilasciati siano assassinati a seguito di agguati o attentati da parte di estremisti islamici;

    un altro caso si è concluso con la condanna a morte in primo grado di un cristiano, a Lahore, al termine di un processo durato sette anni. La condanna si riferiva a messaggi inviati dal 37enne Asif Pervaiz nel 2013 e per i quali è rimasto in carcere per sette anni. Il suo capo in una fabbrica di abbigliamento lo aveva accusato di aver inviato messaggi sacrileghi sui social dal suo cellulare. Da allora, la moglie Marilyn e i suoi quattro figli piccoli sono dovuti fuggire per salvarsi la vita. Il suo avvocato riferisce che in tribunale «non è stato veramente provato» che abbia commesso blasfemia, aggiungendo che presenterà ricorso all'Alta corte di Lahore;

    per chi viene accusato, la prigione è già di per sé una punizione ma a questo si aggiunge l'isolamento dagli altri detenuti perché si teme che qualcuno possa uccidere il blasfemo. Secondo il Centre for Research and Security Studies, dal 1990 almeno 65 persone – tra cui giudici e avvocati – sono state linciate o assassinate per sospetto di blasfemia o per aver difeso persone accusate di tale reato;

    l'assoluzione di Asia Bibi rappresenta un momento storico per i cristiani e in generale per tutte le minoranze religiose del Pakistan. Tuttavia quella della cosiddetta legge anti-blasfemia e in particolare dell'abuso della stessa, resta una questione aperta. Negli ultimi anni, i tentativi dei governi di combattere la violenza interreligiosa, di contrastare la discriminazione contro i non musulmani e i vari tentativi di riformare o definire i limiti della norma non hanno avuto grande successo, e la società pakistana ha subito un processo molto evidente di islamizzazione;

    quando dei cristiani sono accusati di presunta blasfemia, tutti i cristiani della zona vengono incriminati. Ne deriva un sempre più diffuso senso di insicurezza che spinge le minoranze religiose pakistane a lasciare il Paese. I numeri a riguardo sono chiari: nel 1947 le minoranze nel Paese raggiungevano il 30 per cento della popolazione. Nel 1998 la percentuale è scesa al 3 per cento;

    i cristiani non saranno mai al sicuro fino a quando ci sarà la legge sulla blasfemia perché cancella la libertà religiosa, la libertà di espressione e gli altri diritti fondamentali: oggi un cristiano è libero di dire cosa pensa del Corano o non è libero di dire che Gesù è figlio di Dio perché, altrimenti, sarebbe accusato di avere dichiarato che Maometto è un falso profeta;

    nell'apice degli scontri sul caso Asia Bibi, le chiese hanno chiesto a tutti i cristiani di non parlare della propria fede con i musulmani e hanno deciso di non diffondere in nessun modo il cristianesimo, anche se la Costituzione lo consente come diritto;

    San Giovanni Paolo II sosteneva che «la difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese»: se in una nazione non viene rispettata la libertà religiosa, difficilmente saranno rispettati anche gli altri diritti della persona;

    per la sua importanza per la sicurezza e la stabilità dell'ordinamento internazionale, numerose dichiarazioni e convenzioni ne incoraggiano la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e degli organismi internazionali;

    il diritto alla libertà religiosa è tutelato, tra le altre, dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed inteso come il diritto di ogni individuo alla libertà di cambiare di religione o credo, di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti;

    la Costituzione pakistana del 1973 stabilisce, nel suo preambolo ed agli articoli 20, 21 e 22, che tutti i cittadini godono della libertà di praticare e professare liberamente la religione che desiderano. Tuttavia, il diritto alla libertà religiosa è considerevolmente limitato dalle previsioni costituzionali che non considerano gli appartenenti alle minoranze religiose cittadini pieni al pari dei musulmani. Vale la pena citare, a titolo di esempio, l'articolo 41.2 afferma che il Capo dello Stato deve essere un musulmano e l'articolo 91.3 stabilisce che anche il Primo Ministro deve essere musulmano;

    da un punto di vista politico, invece, il cosiddetto sistema di «elettorato separato» ammette esplicitamente la rappresentanza politica delle minoranze religiose nelle assemblee elette del Paese: secondo questo schema, dieci seggi del Parlamento federale sono riservati alle minoranze religiose, che tuttavia in questo modo sono considerate come un qualcosa di distinto dal resto della nazione. All'inizio del gennaio del 2018, gli Stati Uniti hanno posto il Pakistan in una «watch list» speciale di Stati in cui avvengono gravi violazioni della libertà religiosa, insieme a nazioni come la Birmania, la Cina, l'Iran, la Corea del Nord e l'Arabia Saudita;

    il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, poi, ha sospeso gli aiuti Usa al Pakistan per l'anno fiscale 2018, circa 3 miliardi di dollari statunitensi, fino a quando il governo pachistano non otterrà maggiori risultati nella lotta contro le organizzazioni terroriste islamiste attive nel Paese, le cui azioni incidono anche sul livello di sicurezza in Afghanistan;

    il 20 aprile 2021, Asia Bibi ha lanciato questo appello al primo ministro pakistano Imran Khan: «Abolisca la legge sulla blasfemia o ne impedisca l'abuso», definendola «una spada nelle mani della maggioranza del Paese, composta per il 95 per cento da musulmani». Asia Bibi poi ha chiesto «alla comunità internazionale e alle autorità in Pakistan di far rispettare il diritto alla libertà religiosa»,

impegna il Governo:

  1) a promuovere ogni opportuna iniziativa affinché il Pakistan proceda all'abrogazione delle disposizioni normative che prescrivono pene per presunti atti di blasfemia;

  2) ad assumere iniziative per sospendere l'erogazione di aiuti e contributi finanziari al Pakistan fino all'avvenuto miglioramento delle condizioni in cui versano le minoranze religiose;

  3) ad adottare ogni utile iniziativa, anche normativa, per ricomprendere l'effettivo rispetto della libertà religiosa tra i requisiti necessari per la concessione di aiuti a Paesi terzi;

  4) ad inserire il tema del rispetto effettivo della libertà religiosa tra gli argomenti da trattare nel corso degli incontri ufficiali tra il Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale con gli omologhi degli Stati in cui sono presenti discriminazioni di carattere religioso;

  5) ad assumere iniziative per garantire, negli accordi con i Paesi terzi, che una parte degli aiuti economici destinati agli Stati dove non viene pienamente garantita la libertà di religione sia destinata a progetti specifici che favoriscano l'emancipazione, l'accesso all'istruzione, alla formazione professionale e alla casa per le minoranze religiose.
(7-00273) «Delmastro Delle Vedove».