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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 22 aprile 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in questo periodo di grave emergenza derivante dall'epidemia tuttora in corso, una delle categorie economiche del tessuto imprenditoriale del nostro Paese maggiormente in difficoltà è quella dei ristoratori;

   come è noto, tra il 2020 e il primo quadrimestre del 2021, a causa delle misure di contenimento del COVID-19, le imprese della ristorazione sono state assoggettate per oltre 210 giorni a misure restrittive che hanno imposto onerosi vincoli alla libertà d'impresa con gravi conseguenze sulla redditività delle stesse;

   tale scenario, nel solo 2020, ha determinano un calo senza precedenti del fatturato del settore con variazioni negative che hanno toccato il picco del -64,2 per cento nel II trimestre del -44 per cento nel IV trimestre con una perdita, nel complesso dell'anno, di circa 35 miliardi di euro;

   sono andati persi circa 50.000 posti di lavoro tra gli autonomi e 243.000 tra i dipendenti, metà dei quali, pur in presenza del blocco dei licenziamenti, riguardano contratti di lavoro a tempo indeterminato (tutti i dati sono stime ed elaborazioni dell'Ufficio studi Fipe su dati Inps);

   il 13 aprile 2021 la Federazione italiana pubblici esercizi – l'associazione di categoria maggiormente rappresentativa del settore – ha convocato, straordinariamente, la propria assemblea in Roma, a Piazza San Silvestro, per chiedere con urgenza alle istituzioni di indicare una data certa da cui iniziare una graduale – ma stabile – riapertura delle attività di ristorazione;

   tra l'altro, come fatto già presente al Comitato tecnico scientifico e al Ministero dello sviluppo economico le imprese del settore sono pronte anche ad adottare protocolli di prevenzione ancor più rigorosi, a condizione di (i) poter riaprire nelle zone cosiddette «gialle» in orario serale (fino alle ore 22,00) almeno per quelle attività di ristorazione in grado di garantire il servizio al tavolo all'aperto, così da assicurare la consumazione nel rispetto delle necessarie misure di distanziamento interpersonale; (ii) consentire alle attività di ristorazione e bar delle cosiddette «zone arancioni» – tra le poche a rimanere chiuse in tali fasce di rischio – la somministrazione al tavolo all'aperto fino alle ore 16,00;

   non si può infatti non tenere conto che dai report mensili pubblicati sul sito web del Ministero dell'interno relativi ai controlli sul rispetto delle misure di contenimento anti Covid-19, emerge come da ottobre 2020 (inizio della seconda ondata) e fino a febbraio 2021, sulle 1.919.489 imprese commerciali controllate solo 8.509 (circa lo 0,44 per cento) sono state sanzionate; questi dati dimostrano che la netta maggioranza delle imprese commerciali, tra cui le attività dei servizi di ristorazione, rispettano i protocolli di sicurezza a garanzia della salute dei consumatori, dei lavoratori dipendenti e degli stessi titolari delle attività e che, dunque, non rappresentato luoghi di aumento del numero dei contagi;

   in questi mesi le luci spente delle nostre città hanno messo in evidenza come le attività di ristorazione rappresentino un servizio essenziale per tutti i cittadini che per motivi di studio o di lavoro si spostano, e un presidio di sicurezza per il territorio. Tali imprese, inoltre, tanto più in un momento come questo, rappresentano altresì un presidio di legalità anche e soprattutto in orario serale, dove l'operatore è il primo ad essere interessato al fatto per cui i clienti rispettino le misure di prevenzione all'interno del proprio locale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per consentire una graduale ma stabile riapertura delle attività di ristorazione nelle modalità sopra indicate e, nell'eventualità in cui ciò non fosse possibile, quali iniziative specifiche intenda adottare a sostegno e per il rilancio economico del settore della ristorazione, quale categoria essenziale per il tessuto produttivo ed economico del nostro Paese.
(3-02218)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, PRISCO, MANTOVANI, BUTTI, ROTELLI, TRANCASSINI, VINCI, ZUCCONI, SILVESTRONI, RACHELE SILVESTRI, FERRO e LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sul sito ufficiale dell'ambasciata americana in Italia vengono sconsigliati i viaggi verso l'Italia per via de COVID-19, ma soprattutto, ed in termini decisamente inquietanti, si consiglia di «esercitare maggiore tutela a causa del terrorismo»;

   in termini ancor più agghiaccianti sul sito si precisa ulteriormente che «l'Italia ha un rischio di vecchia data rappresentato da gruppi terroristici, che continuano a tramare possibili attacchi in Italia. I terroristi possono attaccare con poco o nessun preavviso, prendendo di mira località turistiche, snodi di trasporto, mercati/centri commerciali, strutture governative locali, hotel, club, ristoranti, luoghi di culto, parchi, grandi eventi sportivi e culturali, istituzioni educative, aeroporti e altre aree pubbliche»;

   quanto sopra apre due fronti decisamente terrificanti: se da una parte lo stigma del COVID-19 e del terrorismo è idoneo a pregiudicare ulteriormente la stagione turistica italiana, dall'altra, la segnalazione del rischio terroristico insorgente apre uno squarcio agghiacciante sotto il profilo della sicurezza pubblica;

   la propalazione circa probabili attacchi terroristici ai danni dell'Italia interviene, oltre tutto, nel momento della paralisi del Copasir –:

   se il Governo abbia, sul rischio di attentati in Italia, ricevuto segnalazioni da parte dei nostri servizi segreti;

   se il Governo ritenga fondato o meno l'allarme dell'ambasciata americana e per quali motivi e cosa intenda fare per fronteggiare l'eventuale rischio;

   se il Governo, nel caso in cui non ritenesse fondato l'allarme, intenda intervenire immediatamente per tutelare l'immagine italiana di Paese sicuro.
(3-02219)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 21 aprile 2021, la Cassazione venezuelana ha ordinato al quotidiano «EL Nacional» di pagare oltre 13 milioni di dollari di risarcimento al numero due del chavismo, Diosdado Cabello per «danni morali»;

   la ragione della condanna è dovuta a una replica, nel 2015, ad un servizio del quotidiano spagnolo ABC che lo indicava coinvolto in narcotraffico, secondo la testimonianza della sua ex guardia del corpo;

   indiscrezioni di stampa individuano la vera ragione della condanna nel fatto che «El Nacional» è proprietario di uno straordinario edificio a Caracas e che Cabello lo intende espropriare;

   Diosdado Cabello fu uno dei protagonisti principali dei tentativi di colpo di Stato effettuati nel 1992, sotto la guida di Hugo Chávez, contro il presidente democratico Carlos Andrés Pérez, per i quali il golpista scontò due anni di prigione;

   il presidente di «El Nacional», Miguel Henrique Otero, ritiene la causa iniziata da Cabello, e la sua intenzione di espropriare l'immobile, un altro metodo del regime contro la libertà di espressione;

   diverse organizzazioni giornalistiche hanno condannato la decisione della Corte suprema di giustizia, composta da magistrati imposti direttamente dal regime di Nicolás Maduro, a favore di Cabello. Tra queste figurano la Società Interamericana della Stampa (Iapa) e il «Grupo de Diarios America» (Gda), e hanno espresso il loro sostegno ai direttori e ai lavoratori del giornale di fronte alle varie minacce ricevute;

   l'episodio appena indicato getta ulteriori ombre sulla situazione politica in Venezuela poiché mira a «silenziare» una voce indipendente del giornalismo venezuelano, una di quelle che è in grado di raccontare verità alternative rispetto a quelle propalate dagli organi di regime;

   a giudizio dell'interrogante, l'azione liberticida condotta dal regime di Maduro necessita di una ferma condanna da parte dell'Italia e dell'Unione europea, nonché la conseguente adozione di sanzioni a livello comunitario affinché venga salvaguardata la libertà dell'informazione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto indicato in premessa;

   se il Governo intenda promuovere, nelle opportune sedi europee, iniziative per l'adozione di sanzioni contro Diosdado Cabello e altre personalità del regime di Maduro coinvolte nella vicenda.
(5-05829)

DISABILITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   SILVESTRONI. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo censimento generale della popolazione e delle abitazioni, quello del 2011, l'Istat ha censito 12.187.698 edifici di tipo residenziale, di cui il 58,1 per cento costituiti da abitazioni singole. Le abitazioni censite sono in totale 31.208.161;

   da dati del censimento, risulta che con riferimento alla classe di edifici residenziali con 4 e più piani fuori terra, si registrano 1.174.906 edifici, di cui ben il 69,1 per cento, pari a 811.707 edifici, è privo di ascensore. Degli edifici residenziali con 3 piani fuori terra, solo il 2,3 per cento è dotato di ascensore;

   nella tabella pubblicata nel medesimo documento, sono riportati i dati relativi alla quota di persone con gravi limitazioni sensoriali e motorie secondo le fasce di età. Per quanto riguarda le sole disabilità motorie, il 7,2 per cento delle persone di 15 anni e più denuncia gravi limitazioni; tale quota sale sensibilmente nelle persone anziane, con più di una persona su tre nella classe di età di 75 anni o più;

   il rapporto Istat – Conoscere il mondo della disabilità, 2019 –, dimostra che per le persone sopra i 75 anni, l'8,8 per cento hanno gravi limitazioni nella vista, il 18,9 per cento hanno gravi limitazioni dell'udito e il 36,6 per cento hanno gravi limitazioni motorie;

   i dati sopra riportati, relativi all'elevato numero di persone con gravi limitazioni motorie e sensoriali e all'elevatissimo numero di edifici residenziali privi di ascensori, evidenziano la situazione critica dell'accessibilità delle abitazioni in Italia e che pertanto vi sono milioni di abitazioni non accessibili alle persone con disabilità motorie e sensoriali;

   il rapporto Istat «Conoscere la disabilità» del dicembre 2019 fornisce un quadro sulla condizione delle persone con disabilità nella nostra Nazione. Una parte del rapporto è dedicata alle persone colpite da limitazioni funzionali di tipo motorio o sensoriale. La capacità motoria è stata rilevata con due indicatori: il livello di difficoltà nel camminare e quello nel salire le scale senza l'utilizzo di ausili come bastoni, stampelle o sedie a rotelle e senza l'aiuto fornito da altre persone. Nel rapporto, sono definite persone con gravi limitazioni funzionali quelle che dichiarano molta difficoltà o che non sono in grado affatto di svolgere tali attività;

   la legge di bilancio 2021, all'articolo 1, comma 66, lettera d), ha modificato l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «decreto Rilancio», convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, estendendo le agevolazioni previste dall'articolo 119, concernenti gli interventi di efficientamento energetico e antisismici, agli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, purché eseguiti congiuntamente agli interventi sopra citati. Il comma 3 del richiamato articolo 119 del «decreto Rilancio» prevede che tutti gli interventi rientranti nell'ecobonus, ritenuti prioritari (trainanti) di cui al comma 1 e quelli secondari (trainati), di cui al comma 2, rispondano a requisiti minimi definiti in appositi decreti applicativi. Il cosiddetto «decreto Requisiti» e il cosiddetto «decreto Asseverazioni», emanati dal Ministro dello sviluppo economico il 6 agosto 2020, non sono stati novellati per tenere conto dei requisiti tecnici relativi agli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche introdotti successivamente nel suddetto articolo 119 -:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa rappresentato e se il Governo ravvisi l'urgenza di adottare iniziative volte a specificare i requisiti minimi e i relativi criteri di asseverazione per l'accesso alle detrazioni fiscali di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, con riguardo agli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche;

   se ravvisino la necessità di adottare iniziative per novellare il decreto ministeriale n. 236 del 1989 in modo tale da renderlo conforme alla legislazione europea che disciplina i mezzi di sollevamento e trasporto di persone e cose (direttiva Macchine 2006/42/CE e direttiva Ascensori 2014/42/UE) e con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008.
(4-09045)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI e CASO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm), istituita con decreto legislativo n. 300 del 1999, è una delle tre agenzie fiscali che operano in settori strategici del Paese;

   l'Agenzia, in quanto autorità doganale, provvede alla riscossione dei dazi; nell'ambito delle accise (energia elettrica, oli minerali, gas naturale e alcole) e dei monopoli (giochi e tabacchi) provvede all'accertamento e alla riscossione del gettito erariale. Negli ambiti delle accise, dogane e monopoli è anche il principale ente regolatore e di vigilanza. I funzionari dell'Adm – diversamente da quelli delle altre Agenzie fiscali – sono tutti agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (cosiddetta qualifica di polizia giudiziaria) e collaborano con le altre forze di polizia e con l'autorità giudiziaria e la direzione nazionale antimafia nel contrasto ai reati in materia di traffico di merci e valute ed ai fenomeni criminali (contrabbando, riciclaggio, contraffazione, import-export di armi, droga, rifiuti, alimenti e farmaci in violazione alle disposizioni vigenti);

   stanti le numerose e delicate funzioni ad essa attribuite, esistono ad oggi nell'ambito della sua attività ordinaria alcune discrasie normative che sarebbe indispensabile sanare, tra queste si segnala la necessità di un adeguamento normativo per la riconoscibilità dei veicoli di proprietà dell'Agenzia all'interno degli spazi doganali (porti, interporti e aeroporti);

   in tali spazi, infatti, solo i funzionari dell'Agenzia – diversamente dai loro omologhi della Polizia di frontiera, della Capitaneria di porto, dei Vigili del fuoco e della Guardia di finanza – sono costretti ad avvalersi di veicoli con targa civile sebbene (per via della qualifica di polizia giudiziaria bei suoi funzionari) dotati di sirena, lampeggiante e paletta. Questi dispositivi però, diversamente da una targa di servizio dell'Adm, possono facilmente essere reperiti sul mercato generando rischi di sicurezza e di efficacia dei controlli;

   l'articolo 138 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, comma 11, elenca i soggetti che possono usufruire delle targhe di riconoscimento dei veicoli e tra queste non è contemplata l'Adm;

   il comma 8 del suddetto articolo stabilisce che le caratteristiche delle targhe di riconoscimento dei veicoli sono stabilite d'intesa tra il Ministero dal quale dipendono l'Arma o il Corpo e il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   l'Adm è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per una modifica del citato articolo per sanare questo vulnus, estendendo all'Agenzia la possibilità di dotare le proprie vetture di targa di servizio Adm o individuare soluzioni alternative per identificare i mezzi, così da non confonderli con i mezzi privati negli spazi doganali.
(5-05822)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAVIDE CRIPPA, SUT, VIANELLO, MARAIA e TORTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il rilascio delle concessioni per la ricerca e coltivazione di idrocarburi rientrava nelle competenze del Ministero dello sviluppo economico, oggi transitate al Ministero della transizione ecologica ai sensi del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22;

   a seguito della rideterminazione dei canoni per le concessioni di coltivazioni e stoccaggio di idrocarburi prevista dell'articolo 11-ter, commi 9 e 10, del decreto-legge n. 135 del 2018, con decreto ministeriale del 18 novembre 2019 sono definite le modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni annui, da effettuarsi «a favore del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo d'entrata n. 2620 del Capo VII», ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto;

   il titolo concessorio, contenente l'indicazione della superficie e dell'importo unitario del canone, viene trasmesso alle direzioni territoriali dell'Agenzia del demanio per la conseguente emissione dei modelli di pagamento;

   le indicazioni operative predisposte dai Ministeri competenti in data 3 dicembre 2020 prevedono che il concessionario, che registri un ammontare annuo complessivo del canone di superficie superiore al 3 per cento della valorizzazione della produzione ottenuta nell'anno precedente, comunichi ai predetti Ministeri, con idonea autocertificazione, un prospetto indicante la valorizzazione della produzione e l'ammontare annuo complessivo dei canoni dovuti;

   la trasmissione dei predetti dati da parte dei succitati Ministeri alle direzioni territoriali dell'Agenzia del demanio costituisce pertanto il presupposto per le richieste di pagamento delle previste maggiorazioni riferite al corrispondente codice tributo;

   le risorse rivenienti dalla maggiorazione dei canoni sono poste a copertura degli oneri connessi alla sospensione dei permessi di prospezione e ricerca, nelle more dell'adozione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), nonché agli oneri connessi alla predisposizione del medesimo piano e, per la parte eccedente, sotto versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fondo istituto presso il Ministero dello sviluppo economico per far fronte agli oneri complessivamente derivanti dall'attuazione del citato articolo 11-ter;

   in relazione all'aumento dei canoni per le concessioni di coltivazione sono state stimate maggiori entrate per il bilancio dello Stato di circa 15,7 milioni per l'anno 2019 e 27,8 milioni per ciascuno degli anni successivi;

   a partire dal 2019 sono state autorizzate riduzioni e razionalizzazioni delle aree interessate dalle attività minerarie. Solo nel mese di dicembre 2019 sono stati emanati 45 decreti ministeriali per una riduzione complessiva del 26,6 per cento delle aree in terraferma interessate dalle attività di coltivazione. Un'analoga significativa riduzione di superficie è stata avviata per le concessioni vigenti in mare –:

   se i Ministri interrogati intendano dettagliare quale sia l'ammontare delle somme versate al capitolo d'entrata n. 2620 citato in premessa e quali iniziative intendano intraprendere a fronte di versamenti non ancora corrisposti al fine di ottemperare agli oneri previsti per l'attuazione dell'articolo 11-ter del decreto-legge n. 135 del 2018;

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della regolarità dei versamenti dei canoni all'Agenzia del demanio, oltreché di quelli imputati al capitolo d'entrata n. 2620 citato in premessa.
(4-09039)


   ALBERTO MANCA e PERANTONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono molti i comuni che, trovandosi in aree montane e lontano dai grandi insediamenti urbani, combattono quotidianamente lo spopolamento. Il Governo, negli anni, ha previsto numerose agevolazioni fiscali destinate ai comuni montani, nonché numerosi incentivi rivolti a chi decideva di trasferirsi o restare a vivere nei piccoli centri montani. Ma, nel tempo, si sono riscontrate numerose difficoltà attuative in ragione della difficoltà di classificazione dei comuni, quali comuni montani o parzialmente montani;

   infatti, ad oggi, esistono tanti comuni che, pur avendo tutti i requisiti, non sono presenti nella lista ufficiale dei comuni italiani classificati come comuni montani;

   è il caso di Nule e di Nughedu San Nicolò in Sardegna, che non è previsto in tale lista, pur avendo tutte le caratteristiche previste per la classificazione come comuni montani, la cui classificazione varia a seconda dello strumento finanziario adottato su scala regionale o nazionale, senza poter far riferimento ad un sistema di classificazione univoco e costante nel tempo;

   la legge n. 99 del 1952, oltre a stabilire i criteri di classificazione geomorfologici (l'80 per cento della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni (reddito imponibile medio per ettaro inferiore a 2.400 lire), disponeva che la commissione censuaria centrale, istituita presso il Ministero delle finanze, fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero già classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (articolo 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (articolo 14). Ma l'abrogazione degli articoli 1 e 14, avvenuta con una successiva norma (legge n. 142 del 1990), ha di fatto impedito la possibilità di rivedere e/o aggiornare tale classificazione;

   successivamente, la legge 25 luglio 1952, n. 991, fu parzialmente modificata dalla legge 30 luglio 1957, n. 657, che ha sostituito l'articolo 1 della legge n. 991 del 1952;

   l'elenco dei comuni interamente e parzialmente montani è stato quindi stilato in applicazione della normativa nazionale richiamata, sino alla legge 8 giugno 1990, n. 142, la quale all'articolo 29, comma 7, ha infine abrogato le disposizioni che avevano, sino ad allora, presieduto alla classificazione medesima, cristallizzando l'elenco dei comuni montani alla data della sua entrata in vigore. Sul punto va evidenziato che, attualmente, l'Istat, ogni semestre, pubblica sul proprio sito l'elenco dei comuni italiani, specificando per ciascuno di essi il carattere di montanità (anche alla luce delle variazioni amministrative comunali), ma da quanto si evince da un comunicato dell'istituto del 2015, la classificazione per grado di montanità, che prevede la suddivisione dei comuni in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani», non è una «classificazione Istat», ma l'esito dell'applicazione dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952 che è trasmessa all'Istat dall'Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani), come viene anche specificato nelle note dell'elenco pubblicato, ed è inclusa tra le informazioni di interesse ai fini dello studio statistico del territorio comunale congiuntamente ai codici statistici comunali;

   quindi ad oggi, con l'abrogazione dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952, persiste un vuoto legislativo circa l'individuazione dell'organismo deputato alla classificazione dei comuni montani, papalmente montani e non montani –:

   quali siano, ad oggi, i requisiti necessari che un comune deve possedere per essere classificato comune montano;

   quali procedure è tenuto ad attivare quel comune, che possedendo tutti i requisiti necessari, intenda essere classificato come comune montano.
(4-09042)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale «Concorsi ed esami» del 13 dicembre 2011 n. 98 è stato pubblicato il bando di concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 375 allievi del Corpo di polizia penitenziaria nel ruolo maschile riservato ai soli volontari VFP1 che avessero partecipato alla selezione/concorso nell'anno 2012;

   nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 7 del 15 aprile 2013 è stata pubblicata la graduatoria di merito e, come riportato nel bando, secondo l'articolo 9, punto 9, avrebbero dovuto essere convocati per le successive prove psico-attitudinali i candidati posizionati fino al numero 1400 (uomini) e al numero 350 (donne);

   nonostante diverse circolari ministeriali e ulteriori provvedimenti favorevoli all'assunzione tramite lo scorrimento delle graduatorie vigenti in essere nel corso degli anni a seguire, l'amministrazione penitenziaria ha continuato a bandire regolarmente ogni anno dei concorsi per la medesima figura che a volte sono stati annullati a causa di irregolarità o anomalie nella fase iniziale del concorso, quali quiz svelati in anteprima e braccialetti indicativi;

   la graduatoria di cui sopra è stata prorogata al 31 dicembre 2017 e nello stesso anno sono stati assunti 887 agenti attingendo da altre graduatorie di concorsi più recenti, mentre dalla graduatoria del Corpo di polizia penitenziaria non si è arrivati coprire le 1400 posizioni, fermandosi alla posizione 1253 per la graduatoria maschile, lasciando fuori 147 uomini, e alla posizione 316 per la graduatoria femminile, lasciando fuori 34 donne;

   non è stato chiarito il criterio con il quale si è deciso di non attingere dalla graduatoria del 2013, lasciando fuori 180 unità e prorogandola al 31 dicembre 2018;

   nel 2020 è stata data priorità all'assunzione straordinaria tramite lo scorrimento di concorsi banditi tra il 2017 e il 2018, non considerando il concorso di cui sopra né il fatto che nei bandi recenti sono state previste delle quote riservate anche al personale civile;

   nella legge di bilancio per il 2019 era previsto che la graduatoria di interesse sarebbe rimasta vigente fino al 30 settembre 2019;

   la legge cosiddetta «salva imprese» pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 2 novembre 2019 ha previsto un'ulteriore proroga al 30 settembre 2020;

   tenendo in considerazione anche i limiti di età presenti nei concorsi di categoria viene preclusa la possibilità di partecipare a nuove selezioni, nonostante ormai da sette anni la graduatoria sia rimasta inutilizzata –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per consentire ai soggetti in graduatoria di portare a termine le prove psico-attitudinali, dando la possibilità di bandire un nuovo concorso per la categoria.
(5-05832)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la sottosegretaria alla giustizia del MoVimento 5 Stelle Anna Macina in un'intervista al Corriere della Sera del 22 aprile 2021 ha pronunciato pesanti accuse nei confronti dell'avvocata Giulia Bongiorno, difensore della ragazza che ha denunciato il figlio del leader politico del suo partito Beppe Grillo;

   nello specifico, la Sottosegretaria ha insinuato che l'avvocato Bongiorno abbia diffuso gli atti del procedimento penale per fini politici, ed ha dichiarato che si utilizza «per fini politici una vicenda in cui non si capisce se Bongiorno parla da difensore (che ha quel video) o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore»;

   sull'avvocato Bongiorno la sottosegretaria ha aggiunto: «mi ha gelato sentirla dire che porterà il video Grillo in Tribunale, lasciando intendere che il comportamento del papà ricadrà sul figlio», sindacando palesemente un'attività della difesa –:

   se ritenga compatibili tali dichiarazioni, con l'assolvimento della funzione di sottosegretaria al Ministero della giustizia e quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere sulla vicenda.
(4-09047)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto accertato dalla relazione conclusiva relativa all'«inchiesta sui beni sequestrati e confiscati in Sicilia», approvata all'unanimità dalla Commissione regionale antimafia il 16 febbraio 2021, il sistema della gestione dei beni sequestrati e confiscati è caratterizzato da gravi criticità;

   ne è prova il caso, finito davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, degli imprenditori Cavallotti che hanno denunciato l'irragionevole durata del sequestro dell'azienda di famiglia, la Euroimpianti plus srl, tenuta sotto sigilli dallo Stato per otto anni, durante i quali, sotto amministrazione giudiziaria, ha subito danni certificati per oltre 11 milioni di euro;

   per la prima volta, la Corte di Strasburgo affronterà non il tema della restituzione, ma la questione dell'irragionevole durata del processo dal punto di vista delle misure di prevenzione, nonché la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e della protezione della proprietà;

   la vicenda affonda le proprie radici in un iter lungo e travagliato, iniziato nel dicembre 2011 quando il Tribunale di Palermo ha sottoposto a sequestro la società, per la presunta riconducibilità dell'Euroimpianti ai fratelli Gaetano e Vincenzo Cavallotti, che, all'esito di un lungo processo penale, iniziato nel novembre 1998 e conclusosi nel dicembre 2010, erano stati assolti con sentenza definitiva dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa;

   per gli stessi fatti, i fratelli Cavallotti erano stati coinvolti in un procedimento di prevenzione, iniziato nel maggio 1999 e conclusosi a dicembre 2015, e avevano subito l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ma, nonostante l'assoluzione nel procedimento penale, solo il 3 maggio 2019, ovvero dopo circa sette anni e mezzo dal sequestro, è stata revocata la misura cautelare reale per carenza dei presupposti di legge, riconoscendo la natura lecita dell'Euro Impianti plus s.r.l.;

   come denunciato dal legale di fiducia, dopo la restituzione dei beni, che per la famiglia rappresentava la «fonte di sostentamento economico», i Cavallotti si sono ritrovati in mano una «scatola vuota», una società in crisi irreversibile, senza considerare lo stigma sociale che, nonostante l'assoluzione, li ha marchiati come mafiosi e, dunque, reietti; i dipendenti, dopo essere stati posti in cassa integrazione, hanno perso il posto di lavoro, avendo per di più maturato consistenti crediti per stipendi non pagati;

   la Euroimpianti plus srl era stata costituita nel gennaio 2006 ed era attiva nel settore della costruzione e manutenzione di reti di distribuzione del metano; alla data del sequestro aveva cantieri aperti in diverse regioni d'Italia, annoverava tra i propri committenti società di rilievo nazionale quali l'Italgas s.p.a. e la Gas Natural s.p.a.; occupava oltre 100 dipendenti, aveva un capitale sociale interamente versato di oltre un milione e mezzo di euro e vantava crediti per lavorazioni già eseguite per oltre un milione e mezzo di euro;

   in Sicilia, su 780, imprese confiscate solo 39 sono attive, con un impatto devastante sullo sviluppo economico e sui livelli occupazionali: una fotografia drammatica che delinea una realtà caratterizzata da un altissimo tasso di mortalità delle aziende confiscate e la perdita di centinaia di posti di lavoro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere per introdurre specifiche forme di ristoro per chi subisce un illegittimo depauperamento del proprio patrimonio aziendale, successivamente dissequestrato, anche a tutela dello sviluppo economico e dei livelli occupazionali, in particolare della regione Sicilia.
(4-09050)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO, PRETTO e RACCHELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   già con precedente atto di sindacato ispettivo n. 4-07352 veniva sottoposta all'attenzione del Governo la seguente problematica;

   le Motorizzazioni civili di tutta Italia, ormai da diverso tempo, soffrono di una grave mancanza di personale; il numero di funzionari addetti agli esami per il conseguimento delle patenti di guida e quello degli addetti alle revisioni e collaudi di veicoli non sono sufficienti a coprire le richieste che provengono da territorio, autoscuole, studi di consulenza, autotrasportatori, costruttori e installatori di veicoli;

   con le misure restrittive adottate per contenere la pandemia da COVID-19, i ritardi nelle procedure si sono aggravati e i tempi di attesa si sono ulteriormente allungati;

   presso la Motorizzazione civile di Vicenza, in particolare, sono 5.300 i candidati attualmente in attesa di sostenere l'esame per il conseguimento della patente di guida, la cui durata media solitamente va dai 4 ai 6 mesi; pertanto, la Motorizzazione in questione sarebbe intenzionata a interrompere la modalità in smart working dei propri dipendenti nel tentativo di smaltire l'accumulo delle domande;

   il possesso dell'abilitazione alla guida, in particolare se di categoria superiore alla patente B, specialmente nella provincia di Vicenza, svolge anche una funzione di garanzia di accesso al mercato del lavoro e, nell'attuale situazione di crisi economica, i continui ritardi e la mancata erogazione di un servizio pubblico di tale importanza possono avere gravi ricadute anche dal punto di vista sociale –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché, pur nel protrarsi dello stato di emergenza pandemica, si possa garantire il ripristino di una situazione di normalità nell'erogazione dei servizi presso le Motorizzazioni civili e, in particolare, presso quella di Vicenza.
(4-09040)


   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Strada della Pace, ubicata nel territorio del comune di Chieti, è una strada di bonifica realizzata con i fondi della Cassa del Mezzogiorno, successivamente trasferita al consorzio di Bonifica Centro di Chieti con legge regionale dell'Abruzzo;

   questa strada fu realizzata quale infrastruttura avente natura di servizio per la manutenzione di opere idrauliche di bonifica e/o irrigazione e per il collegamento dei fondi rustici alle strade comunali;

   la Strada della Pace, nel corso del tempo, ha perso la sua originaria funzione, per divenire una strada di ordinaria percorribilità di utenti che transitano quotidianamente per motivi che non hanno nulla a che vedere con la funzione originaria della strada, generando consistente volume di traffico. Di conseguenza, l'uso prevalente dell'opera non è più ai fini consortili, ma di ordinaria viabilità;

   già dall'anno 2002 il consorzio di bonifica ha evidenziato a diversi enti problematiche relative alla viabilità della Strada della Pace. Nel 2019 il Consorzio di Bonifica Centro richiedeva il trasferimento di competenze della strada consortile alla luce del notevole volume di traffico di veicoli anche pesanti e delle caratteristiche che aveva assunto la strada consortile nel corso degli anni;

   nel 2020 il Consorzio di Bonifica centro di Chieti ha richiesto di nuovo il trasferimento di competenze sulle infrastrutture viarie delle strade consortili denominate «Strada della Pace e Strada Dendalo»;

   la regione Abruzzo, con una nota del mese di ottobre 2020, indirizzata anche alla provincia di Chieti, ha evidenziato che, in base alla legge regionale dell'Abruzzo n. 11 del 1999, «sono trasferiti alle province i compiti e le funzioni relative(...) all'adozione dei provvedimenti di classificazione e declassificazione delle strade, anche costruite come opere di bonifica o con leggi speciali, aventi caratteristiche di strade provinciali, comunali o vicinali.» Pertanto, la regione chiedeva alla provincia di Chieti di attivarsi nel più breve tempo possibile per la soluzione delle problematiche relative alla Strada della Pace;

   il 30 marzo 2021, per mezzo della stampa locale, si è appreso che il Consorzio di Bonifica ha presentato un esposto in relazione alla situazione della «Strada della Pace»;

   la Strada della Pace presenta diverse situazioni che rappresentano un grave pericolo per gli utenti che la utilizzano in quanto risulta anche deformata in più parti e con segnaletica insufficiente e inadeguata;

   di fatto il Consorzio di Bonifica centro di Chieti, in qualità di ente che opera nei settori della gestione e della valorizzazione del patrimonio idrico, della difesa idraulica, e del risanamento delle acque, non ha specifiche competenze in materia di viabilità stradale ordinaria, mentre altri enti, per loro natura, hanno competenze specifiche al riguardo;

   l'interrogante ha personalmente informato il prefetto di Chieti della situazione sopra descritta, e, dagli atti formali in possesso dell'interrogante, risulta che il prefetto stesso abbia più volte in passato sollecitato una soluzione agli enti coinvolti in merito alla gestione delle strade citate in premessa;

   a giudizio dell'interrogante è necessario trovare una soluzione che risolva questa situazione che si trascina da anni, anche per garantire la sicurezza stradale dei cittadini –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire la funzionalità e la sicurezza della Strada della Pace, anche in considerazione della sua funzione di collegamento con la strada statale n. 81 e l'autostrada.
(4-09046)


   GAGLIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Gronda di Genova è fondamentale sia per tutto il territorio ligure, che necessita urgentemente di investimenti volti a supportare una viabilità locale ormai al collasso, sia per lo sviluppo commerciale del Nord-ovest del Paese. Nonostante l'importanza dell'opera, da anni l'attuazione del progetto rimane bloccata;

   il 10 settembre 2020, il Ministro pro tempore De Micheli riferiva come la Gronda fosse stata inserita nel piano economico finanziario dell'accordo con Aspi per 4,5 miliardi di euro e come il Ministero, pur avendo inviato tutti i documenti, fosse ancora in attesa della risposta della società. «Quando Aspi ci risponderà avremo la conferma della realizzazione della Gronda», concludeva il Ministro;

   il 14 aprile 2021, durante l'audizione davanti alle Commissioni ambiente e trasporti della Camera, Enrico Valeri, direttore di gestione della rete di Aspi, nel confermare come la Gronda fosse nel piano economico finanziario di Autostrade per l'Italia concertato con il Ministero, sottolineava come «nel momento in cui il piano economico finanziario verrà sottoscritto sarà un impegno vincolante per noi»;

   il direttore riferiva poi che l'attività per la costruzione della Gronda di Genova avrebbe finalmente avuto un avvio rispetto alla parte di espropri e ad alcune attività relative al blocco preliminare, evidenziando come il progetto esecutivo fosse stato da tempo completato ed inviato al Mit il 13 agosto del 2018, per cui «prevediamo che il progetto possa essere definitivamente approvato, auspicando che nel frattempo sia stato sottoscritto il nuovo atto aggiuntivo con la società entro il mese di settembre»;

   per quanto le parti concordino sulla necessità della Gronda e sull'inserimento dell'opera nel piano economico finanziario, come si evince dalle dichiarazioni, a distanza di anni, mancano ancora l'assunzione da parte di entrambe dell'impegno nel piano economico finanziario e l'approvazione del progetto definitivo –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per avviare il prima possibile la realizzazione della Gronda di Genova, una infrastruttura fondamentale per la Liguria e l'intero mondo produttivo del Nord-ovest.
(4-09053)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIMINO. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 3 aprile 2021 oltre 2.500 istituti scolastici gestiti da Axios Italia, società informatica che si occupa dello sviluppo di software per la gestione delle segreterie scolastiche, sono state vittime di un attacco ransomware posto in essere da hacker che inibisce, di fatto, l'accesso sia alla piattaforma telematica sia ai dati registrati nella sua memoria;

   a seguito della grave violazione alla suddetta società informatica, gli hacker, hanno richiesto un riscatto in bitcoin per consentire il normale utilizzo della piattaforma;

   Axios Italia ha più volte denunciato violazioni informatiche alle proprie strutture da parte di hacker e, per questo, molti dirigenti scolastici si dicono preoccupati in merito alla tutela della privacy di minorenni, ma anche per possibili atti di cyberbullismo attraverso filmati o immagini della vita scolastica virtuale carpita in maniera illegittima;

   negli ultimi anni si sono verificate numerose violazioni di questo genere nei confronti degli istituti scolastici di ogni ordine e grado;

   come specificato dagli articoli 2 e 5 della circolare Agid del 18 aprile 2017, n. 2/2017 recante «Misure minime di sicurezza ICT per le pubbliche amministrazioni», i destinatari della circolare sono i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2 del C.A.D., compresi gli istituti scolastici, e le misure minime di sicurezza dovevano già essere adottate entro il 31 dicembre 2017;

   dagli eventi sopra indicati emerge con chiarezza la necessità di portare avanti l'attività posta in essere dall'ex Ministro dell'istruzione Azzolina, avente ad oggetto lo sviluppo di una piattaforma pubblica unica, integrata con tutti i servizi e le funzionalità utili per le scuole, dagli strumenti per la didattica digitale, agli spazi dove archiviare contenuti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per arginare il fenomeno, oltre che per verificare che gli istituti scolastici siano dotati di adeguati livelli di sicurezza come disposto dalla circolare Agid n. 2/2017;

   quali ulteriori e tempestive iniziative di competenza intendano adottare al fine di impedire che fatti di tale gravità abbiano più a verificarsi, in quanto i dati sensibili del personale scolastico e degli studenti sono stati seriamente e gravemente messi in pericolo;

   quale sia lo stato di avanzamento dei lavori relativi allo sviluppo di una piattaforma digitale unica, per tutti gli istituti scolastici statali, al fine di fornirli di un efficace sistema integrato che faciliti la didattica e lo scambio di informazioni.
(4-09035)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da organi di stampa, il 12 aprile 2021, i carabinieri del Comando provinciale di Salerno hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Potenza nei confronti di sette persone, ritenute responsabili di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale;

   le attività investigative coordinate dalla direzione distrettuale antimafia condotte dal Nucleo investigativo di Salerno e dalla compagnia carabinieri di Sala Consilina, costituiscono un autonomo filone dell'inchiesta denominata «febbre dell'oro nero» – relativa ad un vasto contrabbando di idrocarburi;

   nel corso delle relative captazioni sarebbe emersa l'esigenza di individuare nell'area del Vallo di Diano ed in quelle limitrofe della Basilicata e della Puglia nuovi siti di illecito stoccaggio e sversamento di rifiuti pericolosi, frutto di lavorazione industriale, che non dessero adito a particolari sospetti e che fossero ben collegati con gli assi viari principali, per facilitare le operazioni di trasporto;

   gli accertamenti, in particolare, avrebbero disvelato comportamenti illeciti riconducibili alle lavorazioni di due società valdianesi le quali, al fine di risparmiare, si sarebbero rivolte ad una organizzazione criminosa per lo sversamento illegale dei rifiuti prodotti;

   i pericolosi liquidi, circa 22 tonnellate, dapprima stoccati in alcune botti all'interno di una società di calcestruzzi situata nella zona Pip di Sant'Arsenio, pochi giorni dopo sarebbero stati in parte sversati da un autotrasportatore;

   le successive operazioni di scavo, campionatura ed analisi svolte assieme all'Arpac, hanno permesso di certificare e confermare che il terreno fosse stato avvelenato da precedenti sversamenti; tra l'altro, la drammatica situazione era già evidente dalle fotografie aeree che palesavano chiazze colorate nelle zone oggetto di sversamento;

   solo grazie all'indagine, denominata «Shamar» (parola ebraica che significa custodire gelosamente), si è impedito lo smaltimento del restante materiale inquinante che, se proseguito, avrebbe trasformato il Vallo di Diano, area naturale protetta, nella nuova «terra dei fuochi» a disposizione della criminalità organizzata campana;

   la grave vicenda sopra riportata disvela uno scenario inquietante caratterizzato da indicibili accordi tra la criminalità organizzata ed imprenditori locali senza scrupoli, i quali, pur di arricchirsi, sono disposti ad avvelenare le stesse terre in cui vivono, deturpando aree naturali di inestimabile bellezza;

   le autorità competenti hanno il dovere di mantenere alta l'attenzione e il controllo sul territorio interessato per impedire il ripetersi di tali azioni criminali che compromettono in maniera irreversibile la salute pubblica, l'economia e la reputazione di una intera regione –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di preservare l'ambiente e l'incolumità dei cittadini che abitano nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; quali iniziative di competenza intendano adottare per contrastare il business del traffico illecito dei rifiuti in Campania.
(4-09036)


   TONELLI e PIASTRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 novembre 2020, il sindaco di Bologna adottava un'ordinanza permanente («Emergenza Covid-19. Strade e piazze del centro storico: ulteriori misure a tutela della salute pubblica»; p.g. n° 465481/2020) con cui veniva stabilito «dal 12 novembre 2020 e fino a nuova disposizione il divieto di utilizzare le piazze e le strade ubicate nell'area del centro storico, delimitata dai viali di circonvallazione, per ogni tipo di manifestazione, per iniziative ed eventi, comprese le attività degli artisti di strada»;

   tale provvedimento, ricompreso all'interno delle misure straordinarie consentite a seguito dell'avvio dello stato di emergenza nazionale dichiarato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 (e poi ulteriormente prorogato, sino al 30 aprile 2021), risultava originariamente necessario per la tutela della salute dei cittadini, e quindi, certamente condivisibile;

   a seguito dell'adozione della suddetta ordinanza, all'interno del centro storico della città di Bologna non sono state più permesse, tra le altre, le iniziative politiche mediante occupazione di suolo pubblico per banchetti e gazebo, e ciò, nonostante l'imminenza dello svolgimento delle elezioni amministrative per il rinnovo di sindaco e consiglio comunale, che, in forza dell'articolo 1, comma 1, decreto-legge 5 marzo 2021 n. 25, si terranno tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021;

   l'attuale legge elettorale consente la raccolta delle firme per la presentazione delle liste a partire dal 180° giorno precedente il termine finale fissato per la presentazione delle candidature (articolo 14, comma 3, legge 21 marzo 1990, n. 53);

   pertanto, già in questi giorni, tutti i cittadini avrebbero la possibilità di esercitare i propri diritti di elettorato attivo e passivo per il rinnovo del prossimo consiglio comunale di Bologna;

   l'ordinanza del 12 novembre 2020 del sindaco di Bologna, che distingue tra iniziative dentro e fuori il centro storico, ed impedisce lo svolgimento di attività politica in periodo preelettorale in alcune parti della città, si pone per l'interrogante in aperto contrasto con questa disposizione di legge superiore, in virtù del fondamentale principio nella gerarchia delle fonti («Preleggi», articolo 1);

   alla data del 19 aprile 2021, è infatti già possibile svolgere le attività connesse alla presentazione delle liste elettorali, prima tra tutte quella della raccolta delle firme per la presentazione delle candidature, secondo le norme vigenti in ordine ai termini minimi e massimi antecedenti la data delle elezioni (articolo 14, comma 3, legge 21 marzo 1990, n. 53);

   il divieto contenuto nell'ordinanza del sindaco di Bologna rivolto per l'interrogante idoneo a ledere le prerogative non solo di tutte le forze politiche, ma più in generale dei cittadini, ai quali viene impedita la facoltà di esercitare i diritti politici costituzionalmente garantiti, che in questo caso coincidono con il diritto di compiere tutte le iniziative finalizzate alla partecipazione alla prossima consultazione elettorale, anche all'interno del centro storico, in cui sono residenti oltre 50.000 bolognesi -:

   come il Ministro interrogato ritenga che l'ordinanza emessa dal sindaco di Bologna di cui in premessa si concilii con la normativa in materia elettorale vigente;

   se parimenti non ritenga che la stessa possa essere lesiva delle prerogative di tutte le forze politiche e più in generale dei cittadini, ai quali, secondo l'interrogante, viene impedita la facoltà di esercitare pienamente i propri diritti politici costituzionalmente garantiti;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere a tale riguardo.
(4-09043)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 30 e 31 marzo 2021 il sistema informatico del comune di Brescia è rimasto vittima di un attacco informatico consumato da parte di ignoti;

   gli hacker hanno diffuso un virus che ha causato danni al sistema centrale e alle postazioni di lavoro non consentendo al comune di garantire l'erogazione dei normali servizi;

   sia il sito web istituzionale, che la posta elettronica, è stata bloccata e molti servizi, pratiche, pagamenti, certificati, hanno subito un forte rallentamento;

   il comune di Brescia ha immediatamente verificato la disponibilità dei dati e dei documenti sui propri sistemi e ripristinato l'operatività delle principali piattaforme (anagrafe, tributi, gare e appalti e altro) con immediatezza;

   l'attacco sarebbe stato effettuato utilizzando un file apparentemente innocuo ma che in realtà nasconde un programma in grado di bloccare, modificare e criptare i dati e mettere fuori servizio l'intero sistema informatico;

   il virus utilizzato dagli hacker potrebbe essere il CryptoLocker, una tecnica di attacco che prevede la richiesta di un riscatto;

   la società Symantec, produttrice di software per la sicurezza informatica, ha stimato che nel 2013 il 3 per cento degli utenti colpiti aveva deciso di pagare;

   secondo il comune di Brescia gli autori dell'attacco sarebbero legati ad un gruppo di cyber-crime molto organizzato e preparato e avrebbero chiesto, inutilmente, prima 1,3 milioni di euro è successivamente fino a 3 milioni di euro da pagare in moneta elettronica bitcoin per decriptare i file hackerati e sbloccare tutto il sistema informatico. Il comune di Brescia si è rivolto prontamente alla polizia postale e ha denunciato l'attacco al Garante per la protezione dei dati personali;

   si tratta dunque di un attacco violento e molto evoluto ai danni del sistema informatico anche se, secondo il direttore generale dell'ente, per fortuna, ad oggi, non ci sono evidenze secondo cui dati sensibili dei cittadini siano stati copiati o rubati;

   il danno economico subito dal comune di Brescia potrebbe comunque essere ingente, tra costi diretti e le spese di recupero dei dati;

   secondo il rapporto annuale di Clusit, l'Associazione italiana di sicurezza informatica nata all'interno dell'università statale di Milano, gli attacchi ransomware (un tipo di malware che limita l'accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione) nel 2020 sono aumentati del 20 per cento arrivando ad essere il 29 per cento degli attacchi totali registrati nel mondo;

   nonostante l'impossibilità di ottenere il riscatto da un ente pubblico, le amministrazioni comunali, anche piccole, sono finite spesso nel mirino degli hacker, probabilmente a caccia di dati dei cittadini o di percorsi alternativi per colpire obiettivi più grandi;

   a parere dell'interrogante, quanto accaduto al comune di Brescia e il numero crescente di attacchi ai danni di istituzioni italiane deve far comprendere quanto la sicurezza e l'educazione alla sicurezza informatica siano fondamentali e rappresentino un investimento indispensabile per innovare la pubblica amministrazione, garantendo un'adeguata protezione dei dati dei cittadini e della stessa amministrazione -:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per affrontare, anche in raccordo con l'Anci, il tema della cyber-sicurezza dei comuni sia in termini di sicurezza, di investimenti nelle infrastrutture informatiche e di educazione alla sicurezza, al fine di trovare soluzioni e risorse anche economiche adeguate per garantire la massima protezione delle reti e dei sistemi informatici, riducendo al minimo i rischi di hackeraggio da parte di ignoti criminali.
(4-09051)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) 26 maggio 1999 – articolo 34 – ha istituito, a decorrere dal 1° settembre 2000, la figura del «direttore dei servizi generali ed amministrativi» – Dsga; il comma 2 del citato articolo 34 ha stabilito le modalità di accesso al profilo medesimo e cioè:

    1) vi si accede con i titoli di cui alla tabella B (diploma di laurea in giurisprudenza; in scienze politiche sociali e amministrative; in economia e commercio o titoli equipollenti);

    2) in prima applicazione, vi accede il personale con contratto a tempo indeterminato del profilo professionale di responsabile amministrativo in servizio nell'anno scolastico 1999/2000 nelle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative e nei conservatori ed accademie, previa regolare frequenza di apposito corso modulare di formazione con valutazione finale;

   negli anni scolastici successivi al 1° settembre 2000 e fino ad oggi il reclutamento del personale per l'accesso al profilo di Dsga è avvenuto ed avviene mediante lo scorrimento delle graduatorie rese permanenti dalla legge n. 124 del 1999;

   il trattamento economico è determinato dall'articolo 8 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2001 con il metodo della «temporizzazione» in prima applicazione. L'articolo 19 del citato Contratto collettivo nazionale di lavoro 2001 (Norme finali) recita testualmente «per quanto non previsto dal presente contratto, restano in vigore le norme del CCNL 1999», e quindi non è stata abrogata la disposizione prevista dall'articolo 66, comma 6, del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1995 che prevede il trattamento economico più favorevole tra la temporizzazione e riconoscimento servizi preruolo;

   l'istituto della «temporizzazione» è un atto dovuto dell'amministrazione e viene effettuato quando un dipendente passa da un profilo inferiore ad uno superiore;

   l'istituto della «ricostruzione della carriera» è un diritto del dipendente e viene esercitato se il trattamento economico derivante dalla stessa è più favorevole rispetto alla temporizzazione ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988 n. 399 (deliberazione della Corte dei conti – Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato n. SCCLEG/4/2019/SUCC del 25 luglio 2019);

   il Ministero dell'istruzione invece sostiene la tesi che l'istituto della ricostruzione di carriera e quindi il citato articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 399 del 1988 sia stato implicitamente abrogato dall'articolo 8 del Contratto collettivo nazionale di lavoro del 2001. I lavoratori ritengono sia applicabile l'articolo 66, comma 6, del Contratto collettivo nazionale di lavoro 4 agosto 1995, il quale richiama l'articolo 4, comma 13, del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399;

   è vero, infatti, che i Dsga continuano a essere prelevati dai vecchi ruoli dei responsabili amministrativi, e, esauriti questi, addirittura da quelli della qualifica inferiore di assistente amministrativo –:

   se il Ministro dell'istruzione sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda adottare le iniziative di competenza necessarie per garantire il riconoscimento dell'intera anzianità di servizio anche ai direttori dei servizi generali ed amministrativi inquadrati prima del 2003;

   se si intendano adottare le iniziative necessarie affinché sia riconosciuto ai direttori dei servizi generali ed amministrativi di cui sopra il trattamento economico e la ricostruzione della carriera ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399.
(5-05824)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dal 22 ottobre 2020 al 4 aprile 2021 in Puglia si sono succedute 15 ordinanze in materia scolastica, rivolte ad introdurre misure restrittive in deroga al regime previsto dalle disposizioni nazionali;

   le ultime tre classi delle scuole superiori hanno sospeso la frequenza a far data dal 22 ottobre 2020, mentre le classi prime e seconde hanno proseguito al 25 per cento fino al 28 ottobre, data in cui è stata sospesa la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado, disponendo l'attivazione della didattica a distanza;

   in data 4 novembre 2020 il presidente del Tar Puglia di Bari, sezione III, ha sospeso l'ordinanza n. 407 del 2020, con la motivazione dell'«inadeguatezza del sistema scolastico pugliese ad attivare subito la DAD» che «si traduce in una sostanziale interruzione delle attività didattiche e dei servizi all'“utenza scolastica”» e «considerato che dalla motivazione del provvedimento impugnato non emergono ragioni particolari per le quali la Regione Puglia non debba allinearsi alle decisioni nazionali in materia di istruzione»;

   in data 6 novembre 2020 la regione Puglia ha deciso di introdurre la presenza a scuola su base volontaria, dando vita alla didattica digitale integrata (Ddi) a richiesta delle famiglie, creando le basi per una condizione di disparità tra alunni sul territorio regionale;

   in data 5 gennaio 2021 la regione ha proseguito la gestione della didattica a distanza totalmente svincolata dalle decisioni del Governo e del Parlamento, rendendo ancora più difficile la possibilità di didattica in presenza dal momento che ha previsto che le famiglie devono richiederla esplicitamente per poterne usufruire;

   in data 25 marzo 2021 il Coordinamento Scuole diffuse Puglia – La scuola che vogliamo ha indirizzato all'ufficio scolastico regionale e al dipartimento regionale per la salute, un'istanza di accesso civico generalizzato per conoscere informazioni relative alle comunicazioni in merito al numero degli studenti e del personale scolastico positivi al Covid-19 o in quarantena, di tutti i provvedimenti di sospensione dell'attività scolastica adottati dalle singole scuole a causa dell'emergenza Covid-19;

   in data 8 aprile 2021 la Camera ha approvato una mozione in cui tra gli impegni del Governo, si prevede di «adoperarsi, in tutte le sedi, al fine di garantire la massima uniformità sul territorio nazionale delle decisioni relative all'apertura delle istituzioni scolastiche (e assicurare) l'effettiva attuazione delle scelte nazionali nei contesti regionali»;

   la problematica situazione per le famiglie e le scuole pugliesi dal 31 gennaio 2021 è aggravata dal fatto che la direttrice generale dell'USR Puglia, dottoressa Anna Cammalleri è in pensione per sopraggiunti limiti di età e dopo tre mesi non risulta ancora avviata la procedura per la nomina del suo successore –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per assicura condizioni omogenee in materia di diritto allo studio sul territorio nazionale, anche alla luce della mozione di cui in premessa;

   quali siano i tempi per la nomina del nuovo direttore generale dell'ufficio scolastico regionale Puglia, necessaria anche a supportare il sistema scolastico pugliese e a garantire il diritto all'istruzione per tutti i cittadini.
(5-05827)


   PALMIERI e APREA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 12 marzo 2021, nell'istituto tecnico statale per il turismo Marco Polo di Firenze, si è svolto un incontro durato l'intera mattinata sul tema: «La pornografia. L'intimità non è un tabù, parliamone»;

   l'incontro, che si è svolto con il beneplacito del dirigente scolastico, ha visto la partecipazione di alcuni ospiti tra cui una giovane performer a luci rosse che si autodefinisce gender fluid;

   durante l'incontro è stato trasmesso il trailer di un film pomo a sfondo lesbico al quale ha fatto seguito una sorta di lezione di educazione sessuale, con espliciti riferimento al porno, alla masturbazione, al travestitismo, alle pratiche hardcore, ai siti porno da poter visitare, il tutto inneggiante a una sorta di pornografia etica fino ad arrivare a consigli sul come intraprendere la carriera del/la pornostar;

   l'incontro si è svolto senza alcun contraddittorio. Di fatto, si è svolta una lezione di indottrinamento, all'oscuro delle famiglie, mentre il patto educativo di corresponsabilità prevede il coinvolgimento dei genitori per quanto riguarda le tematiche eticamente sensibili e divisive come quelle oggetto dell'incontro e, prevede il consenso informato preventivo dei genitori, secondo quanto stabilisce la Nota Miur n. 19534/2018: «la partecipazione a tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio delle discipline, ivi inclusi gli ampliamenti dell'offerta formativa di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, è, per sua natura, facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni, o degli stessi se maggiorenni. In caso di non accettazione, gli studenti possono astenersi dalla frequenza. Al fine del consenso, è necessario che l'informazione alle famiglie sia esaustiva e tempestiva»;

   per quanto riguarda i temi che esulano dal curricolo obbligatorio delle discipline, la Nota Miur n. 1972 del 2015 prevede: «tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere a scuola non rientrano in nessun modo né ideologie gender né l'insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo»;

   numerose associazioni di genitori hanno segnalato il caso al Ministro dell'istruzione, agli uffici scolastici competenti sia regionali che provinciali mettendo in copia pure il dipartimento dello studente e il dirigente scolastico, al fine di sollevare critiche puntuali a quanto accaduto e di sottolineare come il tema fosse del tutto fuori luogo, tanto più in tempo di pandemia e dopo un anno di didattica a distanza, quando le ragazze e i ragazzi stanno mostrando maggiore fragilità emotiva, sono più esposti alla dipendenza dalla rete – per via dell'ingente quantità di tempo trascorso davanti al pc e in merito alla quale è già scattato l'allarme – e in cui si registra un indebolimento dei livelli di apprendimento;

   quanto accaduto a Firenze è solo l'ultimo di una serie di casi segnalati in tutta Italia da genitori preoccupati del fatto che, in una situazione già molto difficile per studenti e famiglie, ci sia chi ne approfitti per svolgere iniziative di propaganda diseducative e dannose per la crescita equilibrata e realmente matura delle personalità dei figli –:

   se non ritenga, considerata la difficoltà ad accedere alle segreterie scolastiche a causa del Covid e le conseguenti difficoltà di contatto e di informazione tra genitori e scuole, di valutare l'adozione di iniziative volte a promuovere, pur nel rispetto dell'autonomia scolastica, una sospensione, fino al post pandemia, di tutte le proposte didattiche non strettamente attinenti al curricolo obbligatorio delle discipline, tanto più svolte tramite webinar e senza controllo genitoriale.
(5-05834)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto segnalato dai sindacati e da quanto è emerso a mezzo stampa, diversi dipendenti o ex dipendenti dalla Azienda socio-sanitaria territoriale di Lodi si sarebbero visti recapitare una lettera da parte dell'Asst di Lodi avente ad oggetto la presunta indebita erogazione di retribuzioni che sarebbero state percepite in violazione del contratto nazionale di lavoro;

   l'assenza di un dipendente affetto da patologie per le quali è necessario sottoporsi a terapie salvavita, non è equiparata a livello retributivo nè alla malattia, nè al permesso ed il dipendente continua a percepire la piena retribuzione per tutto il periodo di astensione;

   nel 2001 è stato adottato il «Ccnl integrativo» del Ccnl del personale comparto sanità del 7 aprile 1999; con l'articolo 11 del suddetto Ccnl integrativo è stato introdotto il comma 6-bis all'articolo 23 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1° settembre 1995, secondo il quale, il dipendente in caso di patologie gravi, per poter godere del trattamento retributivo, avrebbe dovuto presentare all'ente, oltre al certificato del medico curante, anche un'ulteriore certificazione rilasciata da uno specialista e attestante gli effetti invalidanti delle terapie cosiddette salvavita;

   in tutti questi anni l'amministrazione l'Asst di Lodi non avrebbe verificato la sussistenza dei requisiti, ovvero non avrebbe contestato i certificati prodotti, salvo in due soli casi che però hanno visto prevalere, in sede di giudizio, le ragioni di Asst, con la conseguenza che ai due dipendenti oggetto di giudizio, sarebbe stata trattenuta dalla busta paga la cifra pattuita;

   stando però a quanto emerso dalle notizie di cronaca, sarebbe stato comunque il comparto amministrativo della stessa Asst di Lodi, tra il 2002 ed il 2016, a proporre ai dipendenti, gravemente malati, di usufruire di quanto stabilito dall'articolo 11 del Contratto nazionale del lavoro di categoria sopra richiamato, a fronte della presentazione di alcuni documenti e giustificativi da parte dei dipendenti stessi;

   solo a distanza di diversi anni, l'Asst di Lodi si sarebbe poi accorta che, per l'applicazione del suddetto articolo 11, assieme al certificato del medico di famiglia, sarebbe invece servito anche un documento prodotto dal medico ospedaliero specialista che attestasse gli effetti invalidanti delle terapie cosiddette salvavita;

   la mancanza della suddetta documentazione aggiuntiva, verificata solo a distanza di anni, avrebbe quindi permesso all'Asst di Lodi di dichiarare la documentazione fornita dai dipendenti insufficiente e quindi avrebbe attivato tutte le procedure di legge volte a richiedere la restituzione di parte dello stipendio erogato, in quanto sarebbe stato corrisposto in modo illegittimo;

   la dirigenza della Asst di Lodi, intervistata sul punto, ha precisato di essere stata messa a conoscenza della situazione solo il 15 marzo 2021 e che l'avvio delle procedure di legge per la ripetizione dell'indebito, sarebbe un atto dovuto in quanto l'Asst di Lodi è una pubblica amministrazione;

   emergerebbe inoltre come gli errori e le mancate verifiche, sarebbero state causate dai precedenti amministratori, con conseguente segnalazione alla procura della Repubblica presso la Corte dei Conti della Lombardia –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se ritengano opportuno porre in essere iniziative per compiere le opportune verifiche, per quanto di competenza, in relazione a quanto sopra esposto e per contribuire a fare chiarezza circa la corretta applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo di categoria sopra citato.
(5-05828)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane Spa è una società per azioni a partecipazione pubblica, controllata dallo Stato. Il 65 per cento delle sue azioni è ripartito tra il Ministero dell'economia e delle finanze (29,26 per cento) e Cassa depositi e prestiti (35 per cento);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane Spa fino al 30 aprile 2026 e soggetto a verifiche quinquennali da parte del Ministero dello sviluppo economico, sulla base del contratto di programma 2020-2024 che regola i rapporti tra lo Stato e Poste Italiane Spa;

   nei giorni scorsi rappresentanti sindacali lombardi della Slc-Cgil hanno segnalato, a mezzo stampa, la «situazione di collasso che gli Uffici Postali della Lombardia stanno subendo a causa della carenza strutturale e cronica di personale», condizione che si protrae da anni e che rischia di diventare insostenibile, andando ad incidere profondamente sia sulle condizioni di lavoro e di sicurezza dei dipendenti in organico, che sull'efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini;

   in Lombardia, in meno di tre anni, si sono persi, e questo al netto delle politiche attive, più di duemila addetti a causa delle uscite pensionistiche; con tale insufficienza di organico le disfunzioni organizzative e le condizioni di stress lavorativo stanno costantemente aumentando e sono destinate a peggiorare ulteriormente a seguito delle continue pressioni commerciali dovute anche all'incremento dell'offerta dei servizi di Poste Italiane (Rc Auto, Spid, prenotazione vaccinale, offerte commerciali multiple, e altro), stante il piano industriale appena varato, cui non corrisponde un adeguato numero di addetti;

   la carenza di personale, le sofferenze organizzative e di sicurezza sono tutte scaricate sui lavoratori di Poste Italiane. Continuo è il ricorso dello strumento del «distacco» dei dipendenti di Poste da un ufficio all'altro, anche in situazione di crisi pandemica da COVID-19, per tamponare un'emergenza d'organico divenuta ormai strutturale, così come frequente è il ricorso allo strumento dei contratti a tempo determinato o in somministrazione, soprattutto nel settore della logistica e del recapito –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad avviare un reale potenziamento delle politiche attive del lavoro in modo da sopperire alla carenza cronica di personale, alle sofferenze organizzative e di sicurezza dei dipendenti degli uffici di Poste Italiane della Lombardia, favorendo anche azioni di ricambio generazionale programmate e di progressiva stabilizzazione del personale temporaneo o in somministrazione.
(4-09041)


   D'ORSO, MARTINCIGLIO e DEL SESTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) è un documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale del dichiarante e del proprio nucleo familiare necessarie a descrivere la situazione economica del predetto nucleo tramite il calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee);

   questo documento è richiesto e utilizzato da quei cittadini bisognosi di accedere alle prestazioni sociali agevolate (esempio retta per asilo nido, mensa scolastica, sussidi assistenziali tasse universitarie, e altro) ovvero a tutte le altre prestazioni o servizi sociali o assistenziali la cui erogazione dipende dalla situazione economica del nucleo familiare del richiedente. La dichiarazione può essere utilizzata anche per l'accesso ai servizi di pubblica utilità a condizioni agevolate (esempio telefono fisso, luce, gas e altro) qualora sia così previsto dalle autorità e dalle amministrazioni pubbliche competenti;

   di recente, si è intervenuto in tale materia con l'articolo 7 del decreto-legge n. 101 del 3 settembre 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128 recante «Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali». Tale disposizione normativa ha apportato due modifiche con riferimento al periodo di validità della Dsu e agli anni di riferimento dei redditi e dei patrimoni da considerare ai fini del calcolo dell'Isee. In merito alla scadenza della Dsu, inizialmente, l'articolo 10, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 5 dicembre 2013 prevedeva che la Dsu fosse valida dal momento della presentazione fino al 15 gennaio dell'anno successivo. Attualmente, invece, con la nuova formulazione normativa prevista dall'articolo 7 si è stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la Dsu ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre, tuttora, nella dichiarazione sostitutiva unica i contribuenti sono costretti ad attestare i dati del proprio nucleo familiare e quelli relativi al reddito e alla situazione patrimoniale mobiliare o immobiliare al 31 dicembre, dei due anni precedenti a quello di presentazione della Dsu. Tuttavia, il secondo periodo della norma prescrive che: «Resta ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell'ISEE corrente da individuarsi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.». Ebbene, oggi, nonostante quanto stabilito da quest'ultimo secondo periodo della norma citata, non si può comunque fruire della possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi ed i patrimoni dell'anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, in quanto non è stato ancora emanato quel decreto interministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale si sarebbero dovute individuare le modalità estensive dell'Isee corrente;

   questo decreto doveva essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 7;

   l'emanazione di tale decreto si appalesa necessaria, specie in questo momento di grave crisi economica che il nostro Paese sta attraversando, per consentire a ogni cittadino di aggiornare i dati della situazione economica e patrimoniale del proprio nucleo familiare qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, al fine di ottenere un calcolo dell'Isee realmente fedele alla situazione contingente ed evitare che un cittadino si veda rifiutata, ingiustificatamente, l'erogazione di una prestazione sociale a condizioni agevolate sulla base di un Isee che prenda in considerazione dei dati di due anni precedenti che non rispecchiano più l'attualità della condizione economica in cui versa ogni famiglia. Solo così si potrà consentire a tante famiglie di essere sostenute da prestazioni sociali assistenziali di cui, purtroppo, oggi tanti cittadini non possono fare a meno per vivere in maniera decorosa e dignitosa –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare per addivenire, quanto prima e in attuazione di principi di giustizia ed equità fiscale, all'emanazione del decreto interministeriale di cui al secondo periodo del comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 147 del 2017 come modificato per effetto dell'articolo 7 del decreto-legge n. 101 del 2019 citato in premessa, con il quale dovevano essere individuate, entro sei mesi dell'entrata in vigore della stessa disposizione, le modalità estensive dell'Isee corrente di ogni nucleo familiare richiedente.
(4-09052)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI, CENNI, CRITELLI, CAPPELLANI e FRAILIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi della legge 28 luglio 2016, n. 154, articolo 16, Ismea ha costituito la «Banca delle terre agricole» con la finalità di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni agricoli che si rendono disponibili in quanto rientrati nella disponibilità dell'ente. Nel corso degli anni la Banca è stata alimentata sia con i terreni delle operazioni fondiarie realizzate da Ismea, sia con i terreni appartenenti a regioni, province autonome o altri soggetti pubblici, anche non territoriali, interessati a vendere, per il tramite della Banca, i propri terreni, previa sottoscrizione di specifici accordi con l'Istituto;

   lo strumento della «Banca delle terre agricole» costituisce una novità finalizzata a rimettere in circolo capitali e investimenti sul bene terra, segnando un punto fondamentale nella ricomposizione fondiaria e nella lotta all'abbandono dei terreni agricoli a beneficio della competitività dell'intero sistema agricolo italiano;

   da quando la Banca è stata creata, ha già messo all'asta due lotti: il primo per un totale di 7 mila ettari, il secondo per circa 8 mila. Si va dai vigneti agli uliveti, fino ai campi di cereali, con una superficie media di circa 26 ettari;

   entro l'estate Ismea dovrebbe aprire una nuova asta per l'assegnazione di 620 terreni. Si tratta di 320 lotti non venduti nelle tre precedenti tornate più altri 300 nuovi appezzamenti, per un totale di 16 mila ettari. Finora sono stati 213 i terreni aggiudicati attraverso la manifestazione d'interesse e il versamento della caparra da parte dei giovani agricoltori;

   secondo un recente censimento in Italia sono oltre 548 mila le aziende condotte da under 35 in tutti i comparti produttivi, dal commercio alla manifattura, dall'abbigliamento ai servizi con il settore agricolo che vanta più del 10 per cento dei giovani che fanno impresa e creano lavoro. Una presenza che ha di fatto rivoluzionato il lavoro della terra dove sette imprese under 35 su dieci operano in attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, all'agricoltura sociale per l'inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, alla sistemazione di parchi, giardini, strade, all'agribenessere e alla cura del paesaggio o alla produzione di energie rinnovabili;

   questa rinnovata attrattività della campagna per i giovani si riflette nella convinzione comune che l'agricoltura sia diventata un settore capace di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, peraltro destinate ad aumentare nel tempo;

   nonostante questo cambiamento epocale l'accesso alla terra per giovani agricoltori presenta troppi ostacoli da superare. La gran parte delle terra che i giovani gestiscono è in affitto;

   le garanzie Ismea hanno tempi di istruttoria troppo lunghi tanto da incidere sulle garanzie che le banche richiedono. I prezzi dei terreni risultano in molti casi più alti del valore di mercato, in quanto gli stessi sono parametrati sui valori di quando quei terreni sono stati acquistati –:

   quali iniziative intenda promuovere per semplificare le procedure che consentono l'accesso alla terra e quali sostegni finanziari intenda favorire per rendere competitive le aziende agricole gestite da giovani imprenditori.
(5-05823)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della cultura, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica del 1° ottobre 2020 è stato disposto l'accoglimento parziale del ricorso al Capo dello Stato, presentato nel 2019 contro la delibera di giunta regionale relativa al Piano specifico di prevenzione antincendi boschivi per le pinete litoranee di Grosseto e di Castiglione della Pescaia;

   il ricorso ha riguardato un intervento di manutenzione nella pineta del Tombolo, stabilendo che per svolgere attività selvicolturale in boschi sottoposti a vincolo paesaggistico, sia necessaria l'autorizzazione della Soprintendenza; analoga autorizzazione occorre per il taglio dei boschi effettuati al di sopra dei 700 metri sul livello del mare;

   in conseguenza di ciò sarebbe necessario emanare un nuovo piano antincendi boschivi (Aib) per la pineta del Tombolo, in sostituzione di quello già autorizzato dalla regione Toscana. Ma la nuova interpretazione colpisce anche le aree della provincia di Arezzo al di sopra dei 700 metri sul livello del mare, quali il casentinese o il Monte Amiata, le cui comunità vivono di una economia prettamente forestale, sulla base di una disposizione emanata dalla Soprintendenza di Siena Arezzo e Grosseto;

   la decisione sul ricorso sopra citato, di cui al suddetto decreto del Presidente della Repubblica adotta una nuova interpretazione dell'articolo 136 del codice del paesaggio e del decreto ministeriale n. 59 del 1976, in base alla quale è da attribuirsi alla Soprintendenza non solo il potere di stabilire le modalità per effettuare l'attività selvicolturale in boschi sottoposti a vincolo paesaggistico, ma anche quello relativo ad ogni taglio boschivo effettuato nel territorio comunale al di sopra dei 700 metri;

   se ciò fosse confermato, i funzionari della Soprintendenza avrebbero anche il potere di decidere quali tipologie di tagli sono considerati opportuni per il mantenimento del paesaggio, alto fusto o ceduo composto. Una scelta che renderebbe, di fatto, impossibile la produzione di paleria di castagno, su cui si basa gran parte dell'economia forestale amiatina;

   stabilire l'obbligo di autorizzazione paesaggistica per effettuare i tagli ha posto numerose boschive professionali in condizioni di crisi, perché l'economia forestale locale è strettamente legata alla gestione a ceduo e ai suoi prodotti;

   ad avviso dell'interrogante, inoltre, non appare la Soprintendenza l'ente dotato delle competenze idonee a stabilire le modalità con le quali effettuare il taglio dei boschi. Questo fatto, inoltre, aggrava ulteriormente le procedure burocratiche a cui soggiacciono le imprese del settore, ma anche i privati, che, da sempre, in montagna, tagliano la legna per uso personale. Nelle nuove condizioni date saranno costretti ad inoltrare una domanda ulteriore alla Sovrintendenza, oltre alla domanda ordinaria. La sovrintendenza concederà l'autorizzazione tenendo conto del vincolo paesaggistico, con ulteriori costi e tempi aggiuntivi;

   il danno economico e occupazionale che ne deriva non è limitato a chi lavora direttamente la legna, ma riguarda l'intero l'indotto. Nei piccoli comuni montani il taglio delle piante è un mestiere tramandato da generazione a generazione, ed uno dei modi più efficaci con i quali si custodisce il territorio stesso. Un bosco non tagliato e non curato, inoltre, è più facilmente soggetto ad incendi che pongono a rischio l'ambiente e la vita umana e di specie animali, procurando anche un danno diretto anche per il fondovalle, a causa del dissesto idrogeologico, considerati i violenti eventi atmosferici degli ultimi anni;

   l'Anci stessa, appoggiata dai sindaci casentinesi e della provincia di Arezzo, avrebbe espresso forti perplessità per le conseguenze delle nuove interpretazioni descritte, che mettono in crisi un intero comparto lavorativo –:

   quali iniziative di competenza, anche urgenti, si intendano porre in essere al fine salvaguardare la redditività delle imprese boschive professionali che effettuano attività selvicolturali.
(4-09044)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLOGNA e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la campagna vaccinale per contrastare il Covid-19 sta accelerando, le regioni cercano di raggiungere gli obiettivi programmati e i numeri in assoluto sono in miglioramento: ad oggi dieci milioni e 900 mila italiani hanno ricevuto almeno una dose e 4,4 milioni anche il richiamo; inoltre, rassicurano le notizie sull'arrivo delle forniture di vaccini;

   l'esigenza di ampliare la campagna vaccinale deve però considerare sempre la sicurezza dei cittadini;

   come ha ricordato il presidente Fnomceo Anelli: «il Vaccino è un farmaco e deve essere somministrato, così come prevedono le agenzie regolatorie, solo previa prescrizione del medico, ossia dopo la valutazione anamnestica e clinica. Sempre cioè sotto la supervisione, in presenza, di un medico, che possa raccogliere il consenso informato, valutare lo stato di salute del paziente e gestire in maniera pronta eventuali effetti collaterali. Questo prevede l'Agenzia italiana del Farmaco, che espressamente raccomanda in caso di somministrazione del vaccino “assistenza medica urgente se si manifestano sintomi di grave reazione allergica”»;

   vi sono 450.000 medici e odontoiatri e più di 164.000 tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, odontoiatri, medici specializzandi, medici Inps, medici volontari che si sono messi a disposizione;

   il modello organizzativo unitario nazionale sta funzionando nell'ambito degli hub vaccinali e degli ospedali grazie alla collaborazione di medici e infermieri che gestiscono il flusso delle vaccinazioni ognuno per le proprie competenze professionali;

   sembra che al momento molti centri vaccinali e molte linee negli hub non siano attivi perché in attesa delle forniture dei vaccini e delle prenotazioni, non certo per mancanza di vaccinatori;

   tutte le altre professionalità che hanno offerto la collaborazione come «inoculatori» (dai farmacisti, ai biologi, alle ostetriche, ai tecnici di radiologia e riabilitazione) dovrebbero collaborare in un contesto dove opera un medico che si è formato professionalmente per rilevare l'anamnesi, la valutazione dello stato di salute del paziente e l'eleggibilità alla vaccinazione, l'eventuale scelta della tipologia di vaccino in concomitanza di condizioni particolari, il consenso informato e, non ultime, la prevenzione e la gestione di possibili, seppur rari, eventi avversi di varia gravità fino allo shock anafilattico, attraverso la pronta somministrazione di farmaci adeguati e salvavita;

   occorre evitare che l'emergenza si trasformi in una deroga che metta in discussione il percorso formativo e professionale delle figure sanitarie. Ogni percorso universitario prepara a svolgere una specifica professione sanitaria con programmi di formazione diversi – che vanno dai 3 anni per alcune facoltà ai 12 anni per altre – per il cui esercizio è necessaria l'iscrizione nei rispettivi albi professionali;

   bisogna scongiurare ulteriori disuguaglianze in sanità: il «task shifting» rischia di diventare solo un paravento che nasconde interessi divisivi per le professioni ed economicità che produce inefficienza, invece di migliorare la sinergia tra le professioni ed implementare appropriatezza e tutela della salute e della sicurezza per i cittadini. Garantire le competenze significa garantire la qualità dell'assistenza;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza rileva la necessità di una riforma che punti a una presa in carico dei pazienti multi-professionale per integrare nella cura tutte le professionalità sanitarie ognuna per il suo ruolo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno prevedere l'apertura di un tavolo di lavoro che contempli le figure sanitarie che saranno coinvolte nel nuovo assetto di sanità territoriale multi-professionale affinché inizi ad affermarsi l'orientamento a una cultura organizzativa che porti alla strutturazione di un percorso efficiente nell'assistenza dei cittadini, anche in previsione della implementazione della vaccinazione di massa e degli eventuali richiami di vaccinazioni legati all'andamento della pandemia.
(5-05821)


   PAOLO RUSSO e ANNA LISA BARONI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto decreto «Cura Italia», all'articolo 2-bis, comma 5, per far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del Sars-CoV-2, ha ammesso il cumulo di retribuzioni in deroga alla normativa vigente, e quindi i medici in quiescenza assunti per l'emergenza da Covid-19 con contratto da «co.co.co.» continuavano a percepire il loro trattamento previdenziale;

   la legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 423 (legge di bilancio 2021), ha confermato la validità della suddetta previsione per tutto l'anno 2021;

   successivamente, con l'articolo 3-bis del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, si è consentito alle aziende sanitarie e socio-sanitarie pubbliche, proprio per far fronte allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 di retribuire gli incarichi attribuiti al personale sanitario già collocato in quiescenza avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia. Il medesimo comma 3-bis stabilisce che, al conferimento dell'incarico a titolo oneroso, consegue la sospensione dell'erogazione del trattamento pensionistico per le corrispondenti mensilità;

   la previsione introdotta dal suddetto articolo 3-bis del decreto-legge n. 2 del 2021 comporterebbe quindi la decurtazione della pensione del personale sanitario in quiescenza a fronte dell'impegno di dare un contributo alla campagna vaccinale per il contrasto alla pandemia. È evidente, ad avviso degli interroganti, che si è di fronte ad una norma poco chiara e palesemente incostituzionale;

   la previsione secondo cui i compensi ricevuti per l'attività di medico vaccinatore-pensionato comportano la perdita, seppur momentanea, del trattamento pensionistico, è profondamente ingiusta e si pone in evidente contraddizione con lo spirito dell'iniziativa di estendere ai sanitari pensionati la possibilità di ricevere incarichi retribuiti per fronteggiare le esigenze Covid-19 –:

   se non si ritenga urgente adottare iniziative per modificare la norma prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 2 del 2021, e comunque chiarirne la portata, al fine di prevedere che i compensi percepiti dai medici e sanitari in pensione, che svolgono volontariamente attività di contrasto alla pandemia e contribuiscono a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale, non sono alternativi alla percezione della pensione.
(5-05826)


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale peer-reviewed «Vaccines» l'articolo scientifico dal titolo: «Simultaneous CD8 + T-Cell Immune Response against SARS-Cov-2 S, M, and N Induced by Endogenously Engineered Extracellular Vesicles in Both Spleen and Lungs». Gli autori fanno parte del Centro nazionale per la salute globale presso l'Istituto superiore di sanità (Iss);

   nell'articolo pare si descrivano esperimenti condotti su modelli animali che hanno dimostrato la immunogenicità di un vaccino originale anti-Sars-CoV-2> basato su una tecnologia innovativa creata e sviluppata presso il predetto Centro;

   detto vaccino sembrerebbe basarsi su un principio diverso ed originale rispetto agli altri in uso o correntemente allo studio, ovverosia l'attivazione dell'immunità indotta dai linfociti CD8 T;

   in base a dati consolidati di letteratura, il disegno di tale vaccino avrebbe la potenzialità di bloccare qualsiasi variante del virus Sars-Cov-2 che si possa generare nel tempo. Questo perché il vaccino dell'Istituto superiore di sanità si basa sull'immunità cellulare CD8 T verso quattro antigeni interi e, quindi, anche molto numerose mutazioni del virus potrebbero avere al più solo una marginale influenza sulla risposta al vaccino;

   in base a dati consolidati di letteratura, l'immunità generata da questo vaccino potrebbe perdurare fino a 17 anni dall'ultimo inoculo;

   detto vaccino si baserebbe sull'inoculo di semplici e corte molecole di Dna il cui costo industriale sembrerebbe essere molto contenuto e pare possa essere conservato a temperatura ambiente per un tempo indefinito;

   è interesse della comunità ottenere nuove, sicure ed efficaci vie alternative per la prevenzione dell'infezione da Sars-Cov-2 e delle connesse forme gravi della malattia da COVID-19;

   come verificabile nei database di Epo e Ministero dello sviluppo economico, l'Istituto superiore di sanità sembrerebbe essere titolare di brevetti connessi alla tecnologia alla base di questa innovativa strategia vaccinale;

   data la gravità della malattia da COVID-19, è tuttora necessario combattere la diffusione virale attraverso cambiamenti comportamentali e interventi di natura sociale e medica. Tra questi ultimi, grandi sforzi sono stati prodotti per la produzione di vaccini da somministrare su larga scala. Tutte le attuali strategie vaccinali sono state mirate all'induzione di anticorpi neutralizzanti contro la proteina spike del virus attraverso tecnologie basate su Rna messaggero, vettori adenovirali, proteine ricombinanti o particelle virali inattivate;

   oltre alla sicurezza, sia l'efficacia che la durata della risposta immunitaria devono essere considerati nella valutazione complessiva degli attuali vaccini. I correlati immunologici di protezione da Sars-Cov-2 (ovverosia, i parametri immunologici correlanti la protezione dall'infezione) sono ancora sconosciuti. Purtroppo, i tempi molto ristretti di osservazione non hanno consentito una valutazione a lungo termine della risposta immunitaria indotta dagli attuali vaccini;

   inoltre, nuove varianti di virus stanno emergendo in tutto il mondo. I vaccini attuali sono basati sulla sequenza della proteina S del virus isolato inizialmente a Wuhan. I risultati di studi recenti indicano che gli attuali vaccini neutralizzano male sia la variante brasiliana che quella sudafricana. Anche a causa della vaccinazione di massa in atto, la rapida comparsa di mutazioni non è sorprendente. La riprogettazione degli attuali vaccini sulla base di nuove sequenze può comportare un elemento di pressione selettiva con generazione di nuove varianti in grado di eludere gli anticorpi vaccinali. Al contrario, una strategia per un vaccino universale che includa un componente che induca un'immunità efficace delle cellule T CD8, come quello sviluppato dall'Iss, potrebbe rompere questo pericoloso circolo vizioso –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo:

    a) quali siano le motivazioni sottese al mancato avvio verso la sperimentazione clinica del vaccino descritto in premessa;

    b) se intenda adottare iniziative normative di competenza volte a destinare adeguate risorse per la sperimentazione clinica di codesto vaccino.
(5-05830)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCOLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, per rilevare l'infezione da Sars-Cov-2 sono attualmente disponibili diverse tipologie di test, con finalità, livelli di affidabilità e campi di applicazione differenti. I più comuni sono sicuramente: (i) il test molecolare, il gold standard per la diagnosi, che consiste nel prelievo di un campione attraverso il cosiddetto tampone nasofaringeo e nella sua successiva analisi in laboratorio dove si procede all'estrazione, alla purificazione e alla ricerca dell'Rna virale; (ii) il test rapido antigenico, che ricerca le proteine superficiali del virus, con un livello di sensibilità e specificità inferiore al molecolare, ma con una rapidità estremamente superiore (circa 15-30 minuti contro 24-48 ore) che lo rende particolarmente adottato per lo screening;

   entrambe le tipologie di test sopra menzionate richiedono l'effettuazione di un tampone (nasofaringeo, orofaringeo, nasale profondo o nasale), la cui invasività – ormai nota ai più – li rende non particolarmente pratici all'utilizzo, in particolare in ambito scolastico, con riferimento ai bambini e alle persone più vulnerabili;

   per ovviare a questa criticità, è stata sviluppata una nuova tipologia di test che, a differenza dei precedenti, si basano sull'analisi di un campione di saliva prelevato in maniera molto più agevole, masticando semplicemente per un paio di minuti un tampone di cotone (cosiddetti test salivari, anche detti test «chewing gum»);

   a quanto consta, i test salivari attualmente approvati e utilizzati nel nostro Paese sono di tipo molecolare, come quello recentemente validato, con ottimi risultati, in Friuli Venezia Giulia. Essi prevedono il prelevamento del campione salivare e una successiva fase di analisi dello stesso in laboratorio, con un indice di affidabilità molto elevato e numerosi vantaggi in termini di minore invasività, riduzione dei costi e del rischio di infezione degli operatori;

   non si hanno notizie chiare, invece, in merito allo stato di approvazione dei cosiddetti test salivari rapidi che, a fronte di una sensibilità e specificità inferiore, garantirebbero un risultato «a vista» e un'applicazione ideale per lo screening veloce, soprattutto in ambito scolastico;

   è di tutta evidenza la necessità di sostenere e dare la massima priorità a questo tipo di sperimentazioni che potrebbero rivoluzionare il meccanismo di diagnosi dell'infezione e screening della popolazione, con evidenti benefici in termini di sicurezza sanitaria, allentamento delle restrizioni, migliore impiego delle risorse del Servizio sanitario nazionale e minore invasività dei test eseguiti –:

   quale sia lo stato di avanzamento delle procedure di validazione dei test salivari molecolari e rapidi e quali siano i tempi necessari per la loro conclusione e la successiva diffusione dei test stessi, in particolare in ambito scolastico.
(4-09037)


   PATELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i vertici dell'azienda sanitaria locale di Biella risultano indagati a vario titolo nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria riguardante centinaia di soggetti (i cosiddetti «furbetti» dei vaccini) che – a quanto consta – avrebbero ottenuto la somministrazione del vaccino anti COVID-19 in violazione dei criteri di priorità, sulla base di dichiarazioni false o altri espedienti di dubbia legittimità;

   secondo gli articoli di stampa, l'inchiesta sarebbe concentrata su tre filoni di indagine concernenti, rispettivamente: le posizioni dei medici in pensione, vaccinati sulla base di false autocertificazioni, nonostante la cessazione dell'attività; le vaccinazioni eseguite presso le case riposo, nell'ambito delle quali sarebbero state fatte rientrare forzatamente figure esterne o, comunque, marginali, non in contatto diretto con gli ospiti della struttura; infine, la posizione dei vertici dell'azienda sanitaria di Biella e, in particolare, del commissario, del direttore sanitario e di quello amministrativo;

   per questi ultimi, in particolare, i reati ipotizzati sarebbero l'omissione di atti d'ufficio, nel senso di omesso controllo e, per quanto concerne il commissario, anche di omessa denuncia di chi avrebbe ottenuto il vaccino senza averne diritto;

   è di tutta evidenza la necessità di rafforzare i controlli sulle vaccinazioni e sul rispetto delle priorità, contrastando fermamente i comportamenti dei cosiddetti furbetti dei vaccini e dei soggetti che possono essere considerati in concorso con gli stessi –:

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza al fine di assicurare lo svolgimento dei dovuti controlli sulle vaccinazioni, anche a fronte dell'inchiesta di cui si è dato conto in premessa, oggetto di numerosi articoli di stampa.
(4-09049)


   DE CARLO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   si rileva che l'Arpa del Friuli Venezia Giulia è un ente pubblico istituito con legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 6 del 3 marzo 1998, integrata e modificata dalla legge regionale n. 16 del 15 dicembre 1998, come ente preposto all'esercizio delle funzioni e delle attività tecniche per la vigilanza e il controllo ambientale, all'esercizio delle attività di ricerca e di supporto tecnico-scientifico e all'erogazione di prestazioni analitiche di rilievo impegnata a svolgere funzioni di potenziamento e supporto della qualità degli ecosistemi naturali e antropizzati, controllo degrado ambientale, istituito dunque come ente di vigilanza ambientale tramite presìdi di prevenzione, Piani mirati dalla prevenzione (Pmp) e Laboratori di igiene e profilassi (Lip);

   a seguito della soppressione dei Pmp e degli ex Lip i dipendenti delle medesime sono passati, con le stesse competenze e finalità, alle dipendenze delle agenzie regionali Arpa e nel Contratto collettivo nazionale del 7 aprile 1999 venne introdotto, a tal proposito, l'articolo 50, che permetteva, nella sostanza, all'ente, la possibilità di reclutare nuove figure tecniche e professionali, mentre il personale confluito in Arpa, non proveniente dal Servizio sanitario nazionale, è stato inquadrato secondo tabelle di equiparazione del personale contenute nel Ccnl del 27 gennaio 2000 del Comparto del servizio sanitario nazionale (Ssn);

   a seguito di una errata interpretazione dell'articolo 50, comma 2, del Ccnl 7 aprile 1999, che prevede tra i requisiti di accesso, anche l'aver frequentato ulteriori corsi di laurea, parrebbe che molte agenzie regionali abbiano reputato opportuno reclutare nei profili di Consulente tecnico professionale (Cpt) anche laureati del vecchio ordinamento in biologia, chimica e fisica, il cui inquadramento era già previsto dal contratto collettivo della dirigenza sanitaria nel ruolo appunto di «dirigente» e risulta che tale causalità ha comportato una situazione di disparità tra biologi e chimici assunti prima del 1999, inquadrati come dirigenti e quelli assunti dopo il 1999 inquadrati in ruoli tecnici o addirittura in ruoli di collaborazione. Tale condizione, presentata all'attenzione del giudice amministrativo, parrebbe sia risultata contraria alla legge ed alla contrattazione collettiva (Consiglio di Stato, Sezione I, decisione 17 giugno 2019, n. 1735; Tar Basilicata n. 782/2019; Tar Marche n. 573/2020);

   secondo quanto esposto, si è evidenziata una chiara disparità contrattuale, come per esempio: l'impossibilità di mobilità verso altre Asl, nonostante la legge 11 gennaio 2018, n. 3, ribadisca che le figure professionali di biologi, chimici e fisici appartengano di diritto alla categoria «sanitaria» e che devono quindi iscriversi ai relativi ordini professionali, i quali sono posti, dalla medesima legge, sotto la vigilanza del Ministero della salute;

   ad oggi, più di 1.000 biologi assunti negli ultimi 20 anni dai suddetti enti occupano ruoli di rilievo, pur venendo inquadrati diversamente secondo quanto previsto dalla legge e nonostante le alte prestazioni fornite –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione alle richiamate criticità di inquadramento contrattuale delle figure professionali delle Arpa, in considerazione delle mansioni svolte e della loro formazione.
(4-09054)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   preoccupa molto la notizia dell'annunciato ridimensionamento delle sedi dell'azienda Brioni di Penne, Civitella Casanova e Montebello di Bertona e dei conseguenti esuberi previsti dal piano industriale 2021/25;

   Brioni è uno dei brand più autorevoli del made in Italy, una delle realtà più importanti del settore nazionale della moda, oltre che uno dei motori dell'economia abruzzese e del territorio vestino a cui è da sempre fortemente radicata per le maestranze e le sedi operative: la Brioni racconta una storia italiana, dà lustro alla creatività e alla forza produttiva che arriva dal territorio, di cui è stata traino da sempre e, vista la disponibilità dimostrata dall'azienda a condividere le scelte annunciate, sarebbe opportuno avviare un confronto istituzionale che parta dal comune e arrivi al Ministero, passando per la regione che dovrebbe assolutamente avere un ruolo di mediazione fra le esigenze datoriali e i diritti dei lavoratori a mantenere il proprio posto, soprattutto in vista della fase post pandemica;

   è dunque necessario agevolare il confronto con la filiera istituzionale, anche attraverso la raccolta delle istanze che arrivano dalle parti sociali ai fini della tutela del lavoro e di questa importantissima realtà produttiva e industriale, che per anni è stata un modello per il Paese: avviare un organismo permanente, in grado di riunire tutte le voci utili a supportare soluzioni, includendo sindacati e associazioni di categoria, un coinvolgimento indispensabile, per attivare un'azione integrata che porti anche all'istituzione di un organismo che accompagni il comparto industriale abruzzese tutto fuori dalla crisi pandemica e ponga le basi di un piano specifico a sostegno dei comparti in difficoltà-:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare le iniziative di competenza per attivare le necessarie interlocuzioni attraverso un tavolo di confronto con le istituzioni locali e le parti sociali.
(5-05825)


   RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da oltre 20 anni, Blasetti spa e Pigna spa, leader di cartotecnica in Italia, servono Poste Italiane per la fornitura delle buste;

   Poste italiane deve rinnovare i contratti per l'acquisto di buste di carta, ma ha messo gli storici produttori nelle condizioni di ridurre il prezzo altrimenti non saranno più i fornitori;

   nel gennaio 2021, per rinegoziare il prezzo, ha indetto un confronto competitivo che apre ad altre aziende italiane ed il prezzo minimo è stato abbassato sotto il costo del lavoro in Italia e non sono stati inclusi standard ambientali nel punteggio finale;

   i prezzi pretesi da Poste non possono essere applicati dalle aziende italiane, ma solo da produttori esteri dove il costo del lavoro e la tassazione sono bassi;

   sembra quindi che Poste stia tentando di delocalizzare la produzione di buste e ciò comporterebbe un grave danno per le fornitrici tradizionali, come la storica Blasetti spa, leader nella produzione di buste. L'azienda lavora con Poste da decenni garantendo la produzione di milioni di buste al giorno nello stabilimento di Pomezia, sede scelta proprio perché situata a poche centinaia di metri dal grande centro di Poste dove le buste vengono consegnate;

   la Blasetti ha segnalato che, con il prezzo richiesto da Poste, l'assegnazione dell'appalto andrebbe ad aziende straniere, che pagheranno tasse all'estero e daranno vita a una filiera estera, recando un ulteriore pregiudizio al comparto italiano;

   il nuovo confronto competitivo taglia fuori tutte le aziende italiane, ma Poste intende procedere per l'offerta economicamente più vantaggiosa (con un risparmio che si potrebbe aggirare intorno a 0,001 euro in meno a busta) a scapito della qualità, della celerità del servizio offerto e senza considerare le mancate entrate dello Stato derivanti dalle tasse che Blasetti e i suoi fornitori italiani non pagheranno più nella filiera;

   per Poste italiane l'ipotetico risparmio diventerà di certo nullo, in quanto sarà costretta a scontare ai propri clienti i minori costi sostenuti, senza contare le conseguenze derivanti dal fatto che 6 milioni di chilogrammi di carta, non verranno più acquistati in Italia ma all'estero;

   la Blasetti ha fatto sapere che, se perderà la commessa, non potrà più contare su un fatturato di milioni di euro all'anno e sarà costretta a licenziare molti operai e delocalizzare parte della produzione in Paesi stranieri;

   appare assurdo che Poste italiane voglia portare avanti una politica, che appare all'interrogante scellerata, con prezzi che possono essere accolti solo da aziende straniere, danneggiando la produzione italiana e il suo indotto. Non di meno, va considerato che, in una fase in cui va privilegiata la sostenibilità ambientale, va in senso opposto la decisione di rivolgersi ad imprese estere che dovranno trasportare le forniture con centinaia di Tir per l'Europa;

   in questa vicenda non, può essere trascurato il fatto che Poste italiane è un'azienda controllata da Cassa depositi e prestiti e dal Ministero dell'economia e delle finanze. Eppure, sta portando avanti un'operazione, a parere dell'interrogante, priva di logica e che va contro gli interessi dello Stato –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza, intendano porre in essere, affinché Poste italiane non proceda ad un'operazione che, oltre ad essere dannosa per le aziende italiane produttrici di carta – mettendo a rischio molti posti di lavoro – pregiudica secondo l'interrogante gli interessi dello Stato;

   se e quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano porre in essere, per evitare l'affidamento degli appalti in base a prezzi individuati con criteri che rendono drasticamente meno competitive le imprese italiane, che sono sottoposte a maggiori costi, dovendo rispettare normative fiscali, e a tutela dei lavoratori e dell'ambiente, a cui non sono tenute le imprese straniera, che, per questo, sono avvantaggiate nell'assegnazione della gara.
(5-05833)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato negli ultimi mesi tre chiamate per la manifestazione di interesse delle imprese italiane su altrettanti Important projects of common european interest (IPCEI) lungo le catene del valore della microelettronica, dell'idrogeno e dei servizi digitali;

   al contempo, sono stati approvati negli ultimi anni tre Ipcei per Microelettronica 1, Batterie 1 e Batterie 2, e solo per il primo di essi è stata erogata una prima tranche di contributi nazionali per 400 milioni di euro;

   i tre Ipcei già approvati attendono contributi per 1.400 milioni di euro, ma il relativo fondo, istituito con la legge 27 dicembre 2019, n. 160, legge di bilancio per il 2020, e il cui decreto interministeriale attuativo è ancora alla firma del Ministero dell'economia e delle finanze (l'iter del decreto istitutivo è stato avviato nel dicembre 2020), quota attualmente 1.050 milioni di euro, un importo insufficiente a coprire per intero il fabbisogno dei progetti approvati;

   nel frattempo, è stato avviato, nel dicembre 2020, il processo negoziale per l'Ipcei Microelettronica 2, e i progetti presentati, circa trenta, fanno ipotizzare un fabbisogno di mille milioni di euro;

   è seguito il lancio dell'Ipcei Idrogeno, cui hanno partecipato circa 150 imprese, e i progetti pronti per la successiva fase negoziale, ormai in corso, fanno prevedere un fabbisogno pari a circa quattromila milioni di euro;

   infine, è stata pubblicata da poche settimane la chiamata per la manifestazione di interesse di imprese su un Ipcei Cloud, Infrastructures and Services, che resterà aperta fino alla metà del mese di maggio 2021 e ha visto una numerosissima partecipazione di imprese nell'evento di lancio;

   il Fondo Ipcei sarà alimentato a carico del Piano nazionale di ripresa e resilienza nella missione M4C2; attualmente esso quota 1.700 milioni di euro, sufficiente a coprire appena il 34 per cento dei soli Ipcei Microelettronica 2 e Idrogeno;

   il processo di un Ipcei ha un'alta garanzia di attuazione dei progetti autorizzati dalla decisione della Commissione europea, in un arco di tempo ben individuato e ricompreso nella time line del Pnrr, fatto che indurrebbe a pensare che investire su questi progetti metterebbe al sicuro dai rischi di mancato utilizzo dei fondi, con un effetto moltiplicatore degli investimenti altissimo sull'industria nazionale, posto che ad ogni euro investito dallo Stato in Ipcei corrisponde un euro di investimento privato;

   gli Ipcei coinvolgono diversi Ministeri: transizione ecologica, innovazione tecnologica e transizione digitale, sviluppo economico e università e ricerca –:

   per quando sia prevista la firma del decreto istitutivo del Fondo Ipcei e del relativo regolamento di funzionamento, e per l'erogazione dei contributi a favore delle imprese partecipanti a Microelettronica 1, Batterie 1 e Batterie 2, per progetti ormai in corso di realizzazione in alcuni casi già da oltre due anni;

   con quali risorse saranno finanziati i progetti per gli Ipcei in corso di negoziazione, posto l'esiguo stanziamento nella missione M4C2 del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   se non ritengano di adottare iniziative per distrarre una quota del budget assegnato a ciascun Ministero coinvolto negli Ipcei per aumentare l'assegnazione alla missione M4C2 e garantire alle imprese partecipanti agli Ipcei un adeguato sostegno, volto a dare un pieno ed effettivo slancio ai settori produttivi coinvolti nelle strategie «green» e digitale.
(4-09048)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il consumo di suolo applicato all'utilizzo del fotovoltaico rappresenta oggi una problematica fondamentale nel dibattito su come impostare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili richiesto dagli obiettivi comunitari e nazionali sulla decarbonizzazione;

   per comprendere le dimensioni del comparto è utile riferirsi ai dati elaborati dal Gestore dei servizi energetici (Gse), società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze che eroga gli incentivi che riguardano le energie rinnovabili. Il rapporto statistico «Solare fotovoltaico» relativo al 2019 mostra una crescita significativa del numero e della potenza installata degli impianti fotovoltaici negli ultimi dodici anni. Si è infatti passati da 34.805 impianti nel 2008, con una potenza installata pari a 483 megawatt, a 880.090 impianti nel 2019, con una potenza pari a 20.865 megawatt;

   l'ultimo «Rapporto su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici» pubblicato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa), ha evidenziato «la significatività del consumo di suolo dovuto alle installazioni a terra del fotovoltaico» censendo ad oggi 769 ettari di campi fotovoltaici a terra;

   su tale tematica è intervenuto recentemente anche il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Patuanelli, durante la sua audizione nelle Commissioni parlamentari competenti: il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), preparato dal Governo italiano, stanzia per il comparto agricolo oltre 3 miliardi di euro. Di questi 2,5 sono espressamente dedicati alla «agricoltura sostenibile», una delle linee d'azione della missione Rivoluzione verde e transizione ecologica. Tale voce prevede iniziative per la competitività, la riqualificazione energetica, la produzione rinnovabile e la digitalizzazione dell'agricoltura italiana. E si articola in tre grandi progetti relativi a contratti di filiera, parchi agrisolari e logistica. Il Ministro ha inoltre rimarcato come lo sviluppo della funzione energetica dell'agricoltura sia in grado di trainare il settore in un ciclo virtuoso permettendo la diversificazione e l'integrazione delle fonti di reddito: «Si dovrà anche tutelare il patrimonio boschivo nazionale, con una corretta valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta e promuovere uno sviluppo del fotovoltaico sui tetti delle strutture agricole e dell'agro fotovoltaico, che consente di non sottrarre terreno alla produzione food e feed»;

   nonostante queste rassicurazioni le associazioni di categoria evidenziano una ricerca continua, da parte delle imprese del settore, di terreni agricoli per il posizionamento di impianti fotovoltaici a terra, spesso di enormi proporzioni;

   sono attualmente numerosi i progetti realizzati nel nostro Paese. Solo per fare alcuni esempi significativi: il parco fotovoltaico in provincia di Foggia esteso per oltre 1 milione e mezzo di metri quadri realizzato da una società danese che ha annunciato investimenti per circa 800 milioni di euro per progetti simili nel nostro Paese. Senza dimenticare le istallazioni di 90 ettari tra i comuni di Uta e Assemini (in Sardegna) ed i 24 ettari nel comune di Partanna in provincia di Trapani;

   in questo contesto va poi ricordato il progetto per realizzare il più grande impianto fotovoltaico a terra d'Europa (110 ettari) nel territorio comunale di Manciano (provincia di Grosseto), presentato alla regione Toscana dalla società Iberdrola Renovables Italia: in una zona peraltro ad alta vocazione agricola, turistica ed ambientale;

   l'importanza delle energie rinnovabili per lo sviluppo sostenibile è oramai appurata, ma è altrettanto necessario riflettere sulla fragilità dell'agricoltura e su quanto sia davvero ricostruibile il tessuto economico e sociale di comunità rurali che perdono per almeno una generazione l'uso di distese di terreni così ampie e conseguentemente opportunità occupazionali e gran parte delle stesse peculiarità agro gastronomiche territoriali;

   è quindi urgente, nel pieno rispetto delle competenze regionali in materia, l'emanazione di una norma nazionale che definisca i limiti dell'utilizzo del suolo agricolo nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza ed in relazione a quanto espresso in premessa sui contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativamente al settore agricolo, per rendere realmente compatibile il virtuoso sviluppo delle energie rinnovabili con la salvaguardia dei terreni agricoli e delle comunità rurali.
(5-05831)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA, D'ATTIS, ELVIRA SAVINO, GIANNONE, CASINO e CORTELAZZO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 275 Maglie-Leuca è un'opera infrastrutturale importante che ha incontrato molte criticità nel suo lungo percorso di realizzazione;

   il progetto stradale già nel 2001 veniva compreso nella delibera n. 121 tra i «Sistemi stradali e autostradali» del «Corridoio Plurimodale Adriatico»;

   il progetto definitivo, nella sua interezza (1° e 2° lotto), è stato quindi approvato dal Cipe nel 2009 per circa 288 milioni di euro. Tuttavia, ad oggi il solo primo lotto è in una fase avanzata di progettazione;

   da molto tempo i territori interessati, che da decenni aspettano quest'opera strategica, hanno chiesto con forza di poter giungere quanto prima alla definizione dell'iter e alla cantierizzazione della medesima opera infrastrutturale per consentire il suo ammodernamento e indispensabile adeguamento;

   preso atto dell'ulteriore ritardo accumulato dalla commissione speciale Via del Ministero della transizione ecologica, nelle scorse settimane il Comitato pro Ss275, composto da 20 sigle tra (associazioni di categoria, sindacati e ordini professionali, ha sollecitato la medesima Commissione ad esprimere il parere sulla verifica di congruità del progetto e sull'attuale contesto ambientale, in quanto condizione necessaria per la chiusura del procedimento autorizzativo;

   la commissione Via (insediatasi a maggio 2020) ha tra l'altro il compito valutare se le modifiche apportate da Anas al progetto definitivo del primo lotto approvato a novembre 2017 (Maglie-Zona industriale di Tricase) siano aderenti o meno alla Via rilasciata nel 2008 con riferimento al progetto originario;

   si ricorda che una verifica di ottemperanza, per legge, dovrebbe concludersi in sessanta giorni, e quella della strada statale 275 è stata avviata a maggio 2020 ed è ancora in corso –:

   se nei giorni scorsi la Commissione tecnica Via/Vas del Ministero della transizione ecologica abbia esaminato il progetto del primo lotto della strada statale 275 Maglie-Leuca e, in caso affermativo, quali siano stati gli esiti.
(4-09038)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Cabras e altri n. 1-00456, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Testamento.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Suriano e altri n. 5-05727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Testamento.

  L'interrogazione a risposta scritta Prisco n. 4-08998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-09001, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-09013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Pastorino e altri n. 4-09032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Traversi.