Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 marzo 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    a quasi un anno dalla comparsi della pandemia in Italia, diversi studi e analisi mettono in evidenza il peso che le differenze di genere hanno avuto sugli impatti sociali, economici e sanitari del Covid-19;

    nello specifico, il virus Sars-CoV-2 ha colpito in modo particolare le donne che si sono ritrovate esposte su molteplici fronti, come quello economico, familiare e sanitario;

    nel settore dell'occupazione, le donne hanno pagato, più di tutte le altre categorie, le ripercussioni derivanti dall'epidemia ancora in corso: secondo l'ultimo report Istat sul lavoro, reso noto il 1° febbraio 2021, nell'ultimo mese del 2020 ci sono stati 101 mila occupati in meno e di questi 99 mila sono donne;

    i dati mostrano una situazione allarmante, tanto che dei 444 mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70 per cento è costituito da donne;

    nel dettaglio, il solo mese di dicembre 2020 mostra rispetto a novembre una dinamica decisamente diversa tra donne e uomini: per le prime cala il tasso di occupazione (-0,5 punti) e cresce quello di inattività (+0,4 punti), per i secondi la stabilità dell'occupazione si associa al calo dell'inattività (-0,1 punti);

    non può sottacersi il fatto che le misure del cosiddetto lockdown, adottate per combattere la pandemia, hanno avuto un impatto significativo nei settori economici con un'alta presenza femminile e sulle professioni svolte in prevalenza da donne che hanno inoltre visto aumentare il carico della cura dei figli a causa della chiusura delle scuole e degli asili nido, con conseguenze particolari soprattutto per le madri lavoratrici;

    la pandemia sta agendo in un contesto dove la disparità di genere nel settore occupazionale rappresentava una criticità già prima dell'emergenza sanitaria: il Censis fino all'inizio del 2020 rilevava che le donne rappresentano circa il 42 per cento degli occupati complessivi del Paese e il tasso di attività femminile era intorno al 56 per cento, contro il 75 per cento degli uomini;

    la nota dolente del nostro Paese continua infatti a essere l'occupazione, che è la peggiore in tutta Europa: solo il 31,3 per cento delle donne ha un lavoro a tempo indeterminato, contro la media europea del 41,5 per cento e lo stipendio medio femminile resta uno dei più bassi d'Europa ed è di un quinto inferiore rispetto a quello degli uomini;

    la disparità tra donne e uomini si spiega con la qualità degli impieghi in cui sono maggiormente coinvolte le donne, in media più precari, meno tutelati e sempre più interessati dal ricorso al part time involontario, cioè a un part time imposto dal datore di lavoro, come confermano i dati Istat;

    le donne, in Italia, hanno anche molte meno prospettive di carriera rispetto al resto del continente: il Career Prospects Index dell'Eige, che valuta l'autonomia nel lavoro, le tipologie di contratto, le possibilità di avanzamento di carriera e la probabilità di essere licenziate in caso di ristrutturazione aziendale, assegna al nostro Paese un punteggio di 52 su 100, contro la media europea di 64;

    secondo l'ultimo Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum ci vorranno 99,5 anni per raggiungere la parità tra uomini e donne e per la parità a livello di accesso alla partecipazione economica 257 anni;

    a ciò si aggiunga che i dati del World Economic Forum dimostrano che, se nel 2018 l'Italia aveva raggiunto il 70esimo posto (dall'82esimo posto del 2017), nel 2019 è scivolata al 76esimo posto su 153 Paesi;

    da un'analisi dei dati il problema si registra principalmente in merito alle opportunità e sulla partecipazione alla vita economica, a cui fa seguito la disparità di trattamento salariale che relega l'Italia al 125esimo posto in una lista di 153 Paesi;

    a ciò si aggiunga che sull'Italia pesa anche il divario salariale tra uomini e donne a parità di livello e di mansioni, tanto che più le donne studiano, più aumenta il divario: se un laureato uomo guadagna il 32,6 per cento in più di un diplomato, una laureata guadagna solo il 14,3 per cento in più;

    le difficoltà si rintracciano nei posti di lavoro in cui sono maggiormente rappresentate le donne – nel commercio al dettaglio e nel settore impiegatizio – più penalizzati dalla progressiva automazione mentre non rientrano in quelle professioni dove la crescita dei salari è stata più significativa (nel settore Stem in particolare);

    oltre ad avere difficoltà nell'accesso al mercato del lavoro, le donne scontano anche le problematiche legate al bilanciamento vita-lavoro: a livello globale, il lavoro di cura non retribuito è svolto per il 75 per cento dalle donne, che vi dedicano dalle tre alle sei ore al giorno, mentre il numero di donne che lavorano part time è il 32,9 per cento del totale delle occupate;

    il gender pay gap cresce al diminuire della categoria contrattuale ed è più alto fra impiegati e operai, che tra dirigenti e quadri: a parità di inquadramento contrattuale, le donne hanno sempre una retribuzione inferiore rispetto ai colleghi uomini;

    una donna guadagna meno di un collega maschio sia a parità di ruolo professionale che a parità di settore d'impiego: da un'analisi statistica condotta da Jobpricing, nel 77,8 per cento dei casi, gli uomini hanno retribuzioni superiori alle donne e questa situazione è estesa a tutti i settori professionali;

    ancora oggi, purtroppo, per molte donne lavorare e formare una famiglia rimangono due percorsi paralleli e spesso incompatibili: per questo una donna occupata su tre (il 32,4 per cento, cioè più di 3 milioni di lavoratrici) ha un impiego part time (nel caso degli uomini questa percentuale si riduce all'8,5 per cento), che molto spesso viene scelto per mancanza di alternative da circa due milioni di lavoratrici ed è involontario per il 60,2 per cento delle donne che, invece, lo richiede;

    sono quasi 6 milioni le donne italiane che hanno figli minori e che allo stesso tempo lavorano e tra quelle occupate con almeno tre figli quasi 1,3 milioni lavora a tempo pieno e 171.000 (l'85 per cento del totale delle occupate) sono dirigenti, quadri o imprenditrici;

    è necessario insistere con l'adozione di misure strutturali volte a favorire la creazione di un quadro certo su cui le donne possano fare affidamento per la costruzione del loro progetto di vita;

    in questa prospettiva, due sembrano le criticità sulle quali è doveroso operare in maniera strutturale e di lungo periodo: il problema dei carichi familiari e la scarsa copertura dei servizi di asili nido e di scuole per l'infanzia, attuando politiche della famiglia indirizzate alla piena possibilità di armonizzare la vita familiare con la vita sociale, lavorativa e relazionale, affinché l'indispensabile sostegno al contrasto alla denatalità possa svilupparsi anche attraverso l'implementazione di politiche di conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia e di strategie family friendly;

    secondo l'Istat le donne presentano, infatti, una maggiore quota di sovraccarico tra impegni lavorativi e familiari: più della metà delle donne occupate (54,1 per cento) svolge oltre 60 ore settimanali di lavoro retribuito e familiare (46,6 per cento nel caso degli uomini);

    la presenza di forti carichi familiari si riverbera in modo decisivo sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro in ogni suo segmento: dall'ingresso alla progressione di carriera;

    un altro dato assolutamente degno di nota è quello che riguarda la copertura territoriale dei servizi di asili nido e di scuole per l'infanzia e le relazioni che intercorrono fra questo aspetto e l'occupazione femminile;

    la copertura dei servizi di asilo nido e di scuola per l'infanzia nel nostro Paese è scarsa: la media nazionale dei bambini che ne fruiscono è del 20 per cento, con riduzioni drastiche al Meridione, pari al 7 per cento circa dei bambini, a fronte di una media europea del 40 per cento circa;

    la scarsa partecipazione femminile è legata in buona parte all'incapacità delle politiche italiane di welfare e del lavoro di conciliare i tempi della vita lavorativa e familiare, come peraltro si sta verificando dall'inizio della pandemia: si è innescato un circolo vizioso per cui la conciliazione lavoro e vita privata è complicata e il reddito medio delle famiglie non è adeguato per domandare servizi privati per l'infanzia, soprattutto nel Mezzogiorno, dove la «divisione del lavoro» all'interno delle famiglie è fortemente dicotomica per genere e la partecipazione femminile al mercato del lavoro patologicamente bassa;

    l'accesso delle donne alle posizioni apicali resta ancora molto basso, soprattutto nelle aziende private: secondo dati Istat del 2019 la percentuale di dirigenti donna è del 32 per cento quella dei quadri il 46 per cento;

    a tal proposito il principio della parità di genere ha avuto un significativo riconoscimento con la cosiddetta legge Golfo-Mosca (legge n. 120 del 2011), la cui efficacia è stata prorogata dal decreto-legge n. 124 del 2019 e modificata dalla legge di bilancio 2020 con cui è stata aumentata, per le società quotate in borsa, la quota da riservare al genere meno rappresentato da un terzo (30 per cento) a due quinti (40 per cento);

    si tratta di una battaglia bipartisan proseguita nella presente legislatura che ha avuto il merito di cambiare in modo decisivo l'atteggiamento degli operatori di mercato nei confronti del gender board diversity; la vigenza della legge citata è utile per permettere a quelle donne che stanno maturando esperienze nella governance di società quotate di conseguire gli skill professionali necessari per accedere anche a ruoli apicali esecutivi o di massima rappresentatività;

    l'Istat, nel suo Rapporto sul mercato del lavoro 2020 frutto della collaborazione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, evidenzia che i molteplici effetti negativi occupazionali prodotti dalla pandemia, sottolineando come le peggiori conseguenze stiano ricadendo su donne e giovani che hanno subito le maggiori perdite occupazioni poiché in larga parte interessati da lavori temporanei;

    la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha avviato, sul tema della parità salariale, dell'occupazione e dell'imprenditoria femminile, l'esame di alcune proposte di legge che intervengono sulla materia e delle quali si auspica una rapida approvazione;

    la questione della parità salariale e occupazionale tra donne e uomini assume una rilevanza strategica anche in riferimento alla violenza domestica soprattutto in quei casi in cui le donne che hanno subito violenza non trovano il coraggio di denunciare le violenze subite nel timore di non trovare una propria autonomia anche dal punto di vista economico;

    a ciò si aggiunga che nelle fasi più acute della pandemia si è registrato un preoccupante quanto allarmante incremento di episodi di violenza domestica nei confronti dei più fragili e in particolare delle donne;

    purtroppo, la violenza sulle donne è una piaga che non arresta a fermarsi e l'emergenza sanitaria ha creato e amplificato le tensioni familiari senza considerare che la chiusura in casa per alcuni mesi, necessaria per rallentare la diffusione del Covid-19, ha peggiorato le situazioni di abuso domestico; gli ultimi dati Istat rilevano come il 31,5 per cento delle donne dai 16 a 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2 per cento ha subito violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro;

    dall'indagine dell'Istat, che ha analizzato i dati dei servizi dello Stato per combattere la violenza di genere è emerso che nel periodo del lockdown (marzo-giugno 2020) le telefonate al 1522 e le richieste di aiuto via chat siano passate da 6.956 a 15.280 rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente, con un aumento del 119,6 per cento;

    uno degli aspetti più rilevanti nell'analisi Eures riguarda la «correlazione tra convivenza e rischio omicidio», considerato che il più delle volte il femminicidio è un reato commesso all'interno delle mura domestiche e segnatamente all'interno della coppia;

    in valori assoluti, nel confronto tra i dieci mesi del 2019 e il medesimo periodo del 2020, il numero dei femminicidi familiari con vittime conviventi sale da 49 a 54 (+10,2 per cento) mentre contestualmente scende da 36 a 26 quello delle vittime non conviventi (-27,8 per cento);

    nella maggior parte dei casi gli autori dei crimini così efferati sono soprattutto il partner attuale (nel 58,4 per cento dei casi), l'ex partner (15,3 per cento) e un familiare, come un genitore a un figlio (18,8 per cento);

    dal punto di vista economico, il monitoraggio operato da Actionaid sui fondi antiviolenza nazionali ripartiti tra le regioni ha rilevato che solo il 10 per cento dei fondi del 2019, nonostante la pandemia, siano arrivati direttamente ai Centri antiviolenza per rispondere ai nuovi bisogni delle strutture di accoglienza;

    nonostante il 2 aprile 2020 il Ministro competente abbia siglato il decreto per la procedura accelerata di trasferimento delle risorse per il 2019 prevedendo la possibilità di usare i fondi destinati al Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, ai sensi della legge 15 ottobre 2013, n. 119, per coprire le spese dell'emergenza sanitaria, a distanza di sei mesi dall'incasso delle risorse, solo cinque regioni hanno erogato i fondi (Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Molise e Veneto);

    la situazione non sembra migliorare rispetto agli anni precedenti: al 15 ottobre 2020 solamente il 72 per cento delle risorse per il 2015-2016 è stato liquidato dalle regioni, il 62 per cento di quelle del 2017 e il 39 per cento per il 2018: nonostante le regioni negli ultimi tre anni abbiano fatto qualche passo in avanti, i fondi mettono ancora dai 10 ai 12 mesi per arrivare direttamente nelle casse dei centri antiviolenza;

    a ciò si aggiunga che il Piano nazionale antiviolenza 2017-2020, che ha terminato di produrre i suoi effetti dal dicembre 2020, ha mostrato la sua incompletezza: le risorse effettivamente impegnate non sono sufficienti a coprire le azioni programmate ma ancor più grave è la poca trasparenza che non consente di verificare se esse siano realmente spese;

    dalle ultime rilevazioni dell'Istat emerge una evidente carenza delle case rifugio sull'intero territoriale nazionale tanto che circa 272 quelle attive in Italia, pari a 0,04 case per 10 mila abitanti (232 nel 2017);

    la loro presenza è molto differenziata nel territorio: il 36 per cento delle case rifugio è attiva nel Nord-est, in particolare nel Friuli Venezia Giulia e in Emilia-Romagna, il 32,4 per cento nel Nord-ovest, con la Lombardia che da sola conta 57 case rifugio attive, e il 17,1 per cento al Centro Italia, con la Toscana in cui sono presenti 21 case rifugio a fronte delle sole 6 dislocate in tutto il Lazio. Nelle altre regioni la presenza di case rifugio è molto più bassa;

    l'89,6 per cento delle case che hanno partecipato all'indagine Istat aderisce a una rete territoriale antiviolenza, il 4,1 per cento non vi aderisce e un restante 6,3 per cento non aderisce, perché nel 2018 questa rete non esisteva sul proprio territorio; in particolare, tutte le case rifugio del Nord-ovest, l'87,5 per cento di quelle del Nord-est, il 92,1 per cento di quelle del Centro Italia e il 90 per cento di quelle attive nelle Isole aderiscono a una rete territoriale per contrastare la violenza contro le donne;

    una forma di violenza molto diffusa e difficile da riconoscere, esplicitamente citata nella Convenzione di Istanbul, è la violenza economica. Una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare le violenze subite nello stesso ambito familiare sono le difficoltà economiche legate a percorsi di fuoriuscita dalla relazione, soprattutto quando il partner detiene il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari, cosicché molte donne, nel momento della denuncia nei confronti del partner, rischiano di perdere la casa senza più alcuna risorsa economica;

    il rapporto del Gruppo di esperti del Consiglio d'Europa contro la violenza nei confronti delle donne (Grevio) esorta le autorità ad adottare maggiori misure per proteggere le donne dalla violenza: il documento valuta l'attuazione da parte dell'Italia della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come «Convenzione di Istanbul», e, nel riconoscere i progressi compiuti per promuovere i diritti delle donne in Italia, il rapporto sottolinea che la causa dell'uguaglianza di genere incontra ancora resistenze nel Paese e che sta emergendo una tendenza a reinterpretare e riorientare la nozione di parità di genere in termini di politiche per la famiglia e la maternità;

    a ciò si aggiunga che le donne con disabilità rimangono troppo spesso ai margini: non solo la loro condizione è peggiore rispetto a quella delle donne non disabili, ma lo è anche rispetto a quella degli uomini con disabilità;

    ancora oggi, prendendo in considerazione la popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni risulta occupato solo il 31,3 per cento di coloro che soffrono di gravi limitazioni (26,7 per cento tra le donne e 36,3 per cento tra gli uomini) contro il 57,8 per cento delle persone senza limitazioni; a livello territoriale il dato peggiore è quello del Mezzogiorno dove solo il 18,9 per cento delle persone con disabilità è occupato;

    appare necessario e non più procrastinabile dare finalmente piena attuazione alla Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone disabili per quanto attiene all'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, al fine di garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità;

    la differenza di sesso nella disabilità condiziona anche la prospettiva di accesso alla formazione e di conseguenze anche al lavoro: le bambine e le ragazze con difficoltà, dopo l'obbligo scolastico, spesso non vengono avviate a cicli di istruzione che potrebbero garantire delle posizioni lavorative più elevate;

    per quanto riguarda più propriamente gli interventi di natura legislativa, durante i Governi Berlusconi sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro la violenza sulle donne; non ci si può esimere, a tal riguardo, dal dare atto, ad esempio, delle misure poste in essere contro la violenza di genere e lo stalking;

    c'è però ancora molto da fare: benché il 4 marzo 2020 la Camera dei deputati abbia approvato varie mozioni a sostegno delle donne e per contrastare i fenomeni di violenza, ancora oggi mancano interventi concreti volti a dare concreta attuazione a tutti gli impegni profusi nelle mozioni citate;

    eccezion fatta per rarissimi casi virtuosi, ove sia consolidato un lavoro integrato con i servizi specialistici, le donne che subiscono violenza si rivolgono, in prima battuta, ai servizi generali, tra i quali servizi sanitari e il servizio sociale del territorio e solo di rado ricevono informazioni adeguate sui servizi specializzati, pur essendo espressamente previsto dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119;

    le procure e le forze di polizia, il più delle volte, adottano strumenti informativi per le vittime che si traducono, nella maggior parte dei casi, in una mera riproduzione del contenuto normativo, di difficile comprensione per le vittime, raramente fruibili in una lingua diversa dall'italiano e, ove presenti, disponibili solo nel caso in cui la vittima decide di presentare denuncia/querela;

    ancora oggi, in Italia, le donne trovano ancor troppi ostacoli sia con le forze dell'ordine, che con professionisti/e dell'ambito sociale e sanitario, dovuti ancora ad una scarsa preparazione e formazione sul fenomeno della violenza, ma soprattutto al substrato culturale italiano, caratterizzato da profondi stereotipi sessisti e diseguaglianze tra i generi, oltre che pregiudizi nei confronti delle donne che denunciano situazioni di violenza, cui ancora si tende a non credere;

    dal momento in cui una donna trova la forza per denunciare la violenza subita, deve poter contare su un'adeguata assistenza da parte dello Stato che in questa partita gioca un ruolo cruciale;

    su questo tema, la legislatura in corso si è caratterizzata per l'approvazione del cosiddetto «codice rosso» (legge 19 luglio 2019, n. 69), che ha visto l'inserimento in sede parlamentare di numerose proposte provenienti da Gruppi di maggioranza e opposizione. Il provvedimento nei suoi punti salienti ha inasprito le pene per i reati di violenza sessuale (da 5-10 anni a 6-12 anni), ha introdotto il reato di sfregio del volto punito con 14 anni di reclusione, ha previsto per la violenza su bambini fino a 24 anni di carcere, ha previsto una corsia preferenziale per le denunce, indagini più rapide sui casi di violenza alle donne e l'obbligo per i pubblici ministeri di ascoltare le vittime entro tre giorni. Ha inoltre introdotto il delitto di revenge porn, previsto una fattispecie specifica di reato, diretta a punire la «costrizione o induzione al matrimonio mediante coercizione», l'applicazione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (braccialetti elettronico) nei casi di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    oltre alle proposte appena citate, è significativa l'approvazione dell'emendamento con cui è stato previsto lo stanziamento di una quota pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 da destinare a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie degli orfani per crimini domestici;

    un fenomeno in crescita è quello delle donne che ricevono molestie o minacce sul luogo di lavoro: i dati Istat – basati sulla rilevazione effettuata negli anni 2015-2016 – danno atto che le donne che hanno subito un ricatto sessuale nel corso della loro vita lavorativa sono un milione e 404 mila;

    tali dati rilevano altresì che, quando una donna subisce violenza, nell'80,9 per cento dei casi non ne parla con nessuno e che solo la quota dello 0,7 per cento si è rivolta alle forze di polizia;

    come se non bastasse, ancora oggi, la società italiana è caratterizzata da stereotipi di genere radicati e da diffuso sessismo;

    partendo dal presupposto che, solo con un profondo mutamento culturale, si può raggiungere la parità effettiva tra donne e uomini, sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista economico, è necessario mettere in campo iniziative, anche in sede legislativa, volte a superare le reali necessità delle donne, madri e lavoratrici,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa volta a favorire la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro e a prevedere misure strutturali di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche alla luce delle evidenti difficoltà emerse durante l'emergenza sanitaria ancora in corso;

2) ad adottare opportune iniziative volte a superare le condizioni di organizzazione e distribuzione del lavoro che siano, di fatto, pregiudizievoli per l'avanzamento professionale di carriera ed economico della donna;

3) ad adottare iniziative per colmare il divario retributivo tra donne e uomini, prevedendo sgravi contributivi per incentivare anche la contrattazione di secondo livello, al fine di introdurre, attraverso accordi tra datori di lavoro e lavoratori, misure ad hoc di monitoraggio e di valutazione delle condizioni di lavoro e di retribuzione dei due sessi;

4) a promuovere, per quanto di competenza, interventi permanenti per il potenziamento e la riqualificazione di strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia;

5) ad adottare iniziative volte ad incrementare l'occupazione femminile come elemento fondamentale di emancipazione e liberazione da ogni tipo di violenza (sessuale, psicologica ed economica), da intendersi soprattutto quale strumento di inclusione sociale;

6) ad adottare tempestivamente iniziative per rendere operativo il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, al fine di prevenire e contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, e di potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza;

7) ad assumere le opportune iniziative di competenza al fine di stanziare risorse adeguate destinate alla formazione del personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza, chiamato ad interagire con le donne che hanno subito maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, per incentivare una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima;

8) ad adottare le iniziative di competenza per l'istituzione del «soccorso di libertà» quale misura volta al sostegno economico e all'inserimento sociale delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro e diretta a favorire, garantendo la loro indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle vittime da ogni forma di sopruso o ricatto, al fine di accedere ai beni essenziali e di partecipare liberamente alla vita sociale;

9) a intraprendere le opportune iniziative al fine di prevedere misure di prevenzione e di sensibilizzazione contro il sessismo e l'utilizzo degli stereotipi che alimentano la vittimizzazione secondaria a tutti i livelli;

10) ad adottare iniziative per rivedere ed adeguare i meccanismi di finanziamento statali, garantendo su tutto il territorio nazionale una presenza delle case rifugio e dei centri antiviolenza sufficiente in linea con i parametri internazionali;

11) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per prevedere forme di coordinamento e di raccordo tra interventi nazionali e regionali, coinvolgendo le associazioni di donne che offrono servizi specialistici, con allocazione di risorse umane, tecniche e finanziarie adeguate e stabili nel tempo per un'attuazione sistematica ed efficace delle azioni, nonché il monitoraggio e la valutazione del loro impatto;

12) ad adottare ogni iniziativa atta a far emergere il fenomeno delle molestie in ambito lavorativo e favorire al più presto l'adozione di accordi specifici nel settore privato;

13) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi di maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, attraverso ulteriori iniziative normative.
(1-00433) «Polidori, Occhiuto, Valentini, Bagnasco, Baldini, Cappellacci, Cassinelli, Cristina, Giannone, D'Attis, Labriola, Giacometto, Orsini, Palmieri, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Ripani, Rossello, Rotondi, Saccani Jotti, Sarro, Elvira Savino, Spena, Versace, Vietina».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XII,

   premesso che:

    il volontariato di protezione civile è nato nel nostro Paese in risposta alle grandi emergenze a livello nazionale, per poi svilupparsi, crescendo in termini quantitativi e qualitativi, dotandosi di proprie strutture organizzate e forme associative. Con la legge 24 febbraio 1992, n. 225, è stato istituito il Servizio nazionale di protezione civile, riconoscendo un ruolo esplicito al volontariato organizzato, quale struttura operativa del Servizio al pari delle altre, Forze armate, Forze di polizia, e altre, e attribuendo al tempo stesso un ruolo preciso agli enti locali quali componenti del Servizio;

    con la circolare del dipartimento della protezione civile n. 01768/1994 si è iniziato a prevedere espressamente, tra le forme di volontariato organizzato di protezione civile, anche i gruppi comunali. Successivamente il previgente decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 2001, n. 194, agli articoli 1 e 2, aveva incluso esplicitamente i gruppi comunali di protezione civile tra le organizzazioni di volontariato di protezione civile, come confermato anche dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 novembre 2012;

    tuttavia, i gruppi di protezione civile comunali con le nuove disposizioni in vigore sono oggi da considerarsi enti del terzo settore generici e, a differenza del passato, non sono equiparati di diritto alle organizzazioni di volontariato;

    infatti, il nuovo codice della protezione civile, adottato con decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, in attuazione della legge delega per il riordino delle disposizioni legislative in materia di Sistema nazionale della protezione civile 16 marzo 2017, n. 30, nella sezione relativa alla disciplina della partecipazione del volontariato organizzato alle attività di protezione civile, all'articolo 32, comma 3, stabilisce che: «La partecipazione del volontariato al Servizio nazionale si realizza mediante enti del Terzo settore, ivi compresi i gruppi comunali, che svolgono l'attività di protezione civile di cui all'articolo 5, comma 1, lettera y) del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, nonché mediante altre forme di volontariato organizzato appositamente costituite, per il perseguimento, senza scopo di lucro, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale concorrenti all'esercizio della funzione di protezione civile di cui all'articolo 1»;

    più in dettaglio l'articolo 35, dedicato esplicitamente ai gruppi comunali di protezione civile, al comma 1, dispone che i comuni possono promuovere la costituzione, con riferimento al proprio ambito territoriale, di un gruppo comunale di protezione civile composto esclusivamente da cittadini che scelgono di aderirvi volontariamente, quale ente del terzo settore costituito in forma specifica, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. Probabilmente il legislatore, nel riconoscere la struttura del gruppo comunale come ente del terzo settore, dato che entrambi i codici, del terzo settore e della protezione civile, sono di recentissima emanazione, ha voluto trasfondere nella normativa di riforma un riconoscimento ai gruppi comunali, ma non ha rilevato la necessità di inserire un principio di dettaglio come la classificazione come ente specifico del terzo settore;

    il citato articolo 4 del decreto legislativo n. 117 del 2017 stabilisce che i soggetti operanti nel settore della protezione civile sono da considerarsi come enti del terzo settore, disciplinati all'articolo 32, comma 4, del medesimo decreto, in base al quale alle organizzazioni di volontariato che svolgono l'attività di protezione civile, le norme in materia di organizzazioni di volontariato (con particolare riferimento alle risorse, all'ordinamento e all'amministrazione), di cui al titolo V, capo I, del medesimo decreto, si applicano nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione civile, e alla relativa disciplina si provvede nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera d) della legge delega per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile 16 marzo 2017, n. 30;

    tuttavia, all'articolo 32, comma 2, il codice del terzo settore prevede che: «Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato». Inoltre, il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 106 del 2020, che istituisce il Registro unico nazionale del terzo settore, introdotto con l'articolo 45 del decreto legislativo n. 117 del 2017, all'articolo 3, comma 1, lettera g), nella esplicazione della struttura dello stesso registro, di cui all'articolo 46, decreto legislativo n. 117 del 2017, prevede una sezione dedicata a «Altri enti del Terzo settore, a cui sono iscritti tutti gli enti del Terzo settore diversi da quelli di cui alle lettere a), b), c), d) ed f) del presente comma», laddove alla lettera a) sono specificate le organizzazioni di volontariato;

    l'interpretazione congiunta delle predette disposizioni vigenti, constatato che i gruppi comunali, intercomunali e provinciali rappresentano in tanti territori la maggioranza delle realtà di volontariato, di fatto circoscrive fortemente la partecipazione degli stessi gruppi a strutture associative di volontariato della protezione civile di secondo livello, peraltro necessarie per un coordinamento dell'intero sistema di protezione civile ed antincendio boschivo, impedendo un efficace funzionamento del volontariato organizzato di protezione civile, componente fondamentale del servizio di protezione civile nazionale,

impegnano il Governo

alla luce di quanto esposto in premessa e della rilevata distorsione derivante dal combinato disposto delle norme contenute nel codice del terzo settore e nel codice della protezione civile, ad adottare ogni iniziativa di carattere normativo finalizzata a consentire il corretto funzionamento del servizio nazionale di protezione civile nella sua interezza, equiparando i gruppi comunali, intercomunali e provinciali di protezione civile alle organizzazioni di volontariato mediante una mirata modifica del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 ed il dovuto raccordo del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.
(7-00618) «Stumpo, Buratti, Pastorino, Fornaro».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    la partita geopolitica del secolo si deciderà in mare e l'Italia, come è noto, è circondata da 7.456 chilometri di coste, 155.000 chilometri quadrati di acque marittime, interne e territoriali, e 350.000 chilometri quadrati di acque internazionali; un patrimonio non solo naturalistico, storico e culturale ma oggi più che mai anche e soprattutto economico;

    in Italia sono circa duecentomila le imprese impegnate nella cosiddetta «economia del mare», che va dalle attività primarie come quella dei trasporti marittimi, arrivando a quelle secondarie quali la cantieristica;

    oggi le navi trasportano cento volte più merci rispetto a un secolo fa, e si è passati da mezzo miliardo di tonnellate trasportate negli anni '50 a circa undici miliardi nel 2017; l'aumentata capacità di carico e di trasporto hanno ridotto i costi e piazzato il commercio marittimo in testa rispetto a tutte le alternative, un primato impareggiabile che fa sì che quasi il 90 per cento del commercio mondiale avvenga via mare, con oltre un milione le navi che lo attraversano ogni anno;

    nel 2018 tra i primi venti porti commerciali globali, 15 erano asiatici di cui 9 cinesi;

    nel periodo 2009-2018, il commercio mondiale di beni e servizi è cresciuto complessivamente del 57 per cento, registrando un calo nel biennio 2015-2016 e raggiungendo un valore di oltre 25 mila miliardi di dollari nel 2018 (elaborazione di dati Istat);

    secondo i dati del Review of Maritime Transport 2019 dell'Unctad, il trasporto marittimo rimane la spina dorsale del commercio mondiale e della catena di approvvigionamento manifatturiera; nel 2018 il volume del commercio marittimo internazionale è aumentato del 2,7 per cento e ha raggiunto il massimo storico di 11 miliardi di tonnellate;

    la crisi provocata dal Covid-19 ha colpito il commercio mondiale già indebolito nel 2019 a causa delle tensioni tra Cina e Stati Uniti, delle incertezze sulla Brexit, di dispute commerciali e dell'ascesa di molte politiche protezionistiche rafforzate dalla pandemia che ha accelerato questa tendenza;

    secondo un rapporto del Global Trade Alert, alla fine del 2019 si registrava un maggiore protezionismo e una minore liberalizzazione del commercio: tra gennaio 2017 e novembre 2019, in tutto il mondo, e non solo negli Stati Uniti e in Cina, sono state introdotte 2.723 nuove politiche tariffarie che hanno creato distorsioni commerciali, con una conseguente perdita di oltre 10 miliardi di dollari nel commercio globale;

    per quanto riguarda le merci, alla fine del 2020, si stima un calo pari all'1,9 per cento nel trasporto via mare dei container, di fatto inferiore a quanto inizialmente previsto; per le rinfuse secche il calo totale sarà del 2,5 per cento, con riduzioni rilevanti per il carbone (-9 per cento) e le rinfuse minori (-4 per cento), a fronte di aumenti del trasporto di grano (+6 per cento) e di minerale di ferro (+3 per cento), in gran parte dovuti alla consistente domanda dalla Cina. A seguito della forte contrazione della domanda e dei tagli alla produzione Opec, si prevede una riduzione del 6,6 per cento dei traffici marittimi di greggio e del 7,7 per cento dei prodotti petroliferi, nonostante le forti importazioni di greggio della Cina;

    i porti italiani riescono solo in parte ad intercettare i grandi flussi marittimi che giungono o partono dall'Europa; il rischio, concreto, è quello di essere «aggirati» nella direttrice Grecia/Balcani, sulla quale la Cina sta investendo ingenti capitali, o in quella della Penisola iberica. Da questo punto di vista, il rafforzamento e la promozione del sistema logistico e strutturale dei nostri porti nonché il sostegno alle attività di impresa e la semplificazione delle procedure burocratiche rappresentano un tassello strategico decisivo per il rilancio del made in Italy. Il nostro sistema portuale, peraltro, terminale dei corridoi marittimi euro-mediterranei, può diventare elemento di forza, snodo nevralgico, del nostro sistema produttivo, leader in molti tipologie di prodotti che utilizzano materie prime importate ed esportano prodotti finiti di grande qualità e riconoscibilità;

    il settore del trasporto passeggeri, in particolare le crociere, sta affrontando dai primi mesi del 2020 sfide molto difficili: praticamente, durante la fase iniziale della crisi, tutte le operazioni sono state sospese sia in Europa che negli Stati Uniti, e attualmente, solo Italia, Germania e Grecia hanno autorizzato la ripresa delle operazioni, ma con rigide restrizioni. In Spagna, una sola compagnia di crociere è stata autorizzata a operare nelle Isole Canarie;

    secondo recenti statistiche, a causa del Covid-19, il mancato contributo all'economia italiana del turismo crocieristico a fine 2020 è pari a un miliardo di euro e si stima che, a fine anno, i passeggeri movimentati nei porti nazionali saranno circa 800 mila, con un crollo del 93,5 per cento rispetto al 2019, con un ritorno ai livelli del 1993;

    la pandemia ha messo in luce quanto il mondo fosse impreparato a una simile crisi e ha evidenziato l'urgenza di investire nella gestione del rischio e nella formazione per rispondere alle emergenze nei trasporti e nella logistica;

    è emersa, altresì, l'esigenza di investire nella digitalizzazione e nella semplificazione delle pratiche burocratiche nel settore marittimo e nei porti, e, per contro, si sono manifestati i gravi rischi derivanti da attacchi informatici che potrebbero paralizzare le catene di approvvigionamento e i servizi nel commercio marittimo globale;

    il Covid-19 ha anche dimostrato che il trasporto marittimo è la modalità più economica e ambientalmente compatibile, principale facilitatore del commercio globale, e che sarà al centro della ripresa economica, sia in mare che a terra, anche se l'industria del trasporto marittimo dovrà essere preparata ad affrontare un mondo post-Covid-19 trasformato;

    nel prossimo futuro, nell'ambito delle politiche volte a contrastare il cambiamento climatico, proseguirà l'azione dello shipping mondiale per rendere il trasporto marittimo sempre più green, con la consapevolezza che circa il 90 per cento del commercio mondiale viaggia via mare: ciò significa che, senza le navi, metà della popolazione del pianeta morirebbe di fame e l'altra metà morirebbe di freddo;

    questo è tanto più vero in quanto in questo periodo il trasporto marittimo, che non si è mai fermato, riveste un ruolo fondamentale assicurando gli approvvigionamenti necessari alla popolazione, a cominciare dai prodotti alimentari, l'energia e le materie prime, le forniture medico-sanitarie e molti prodotti venduti nei supermercati;

    questa emergenza sanitaria ha messo in evidenza il ruolo vitale del trasporto marittimo e di tutta la blue economy per la vita quotidiana, e ciò è particolarmente vero per l'Italia, Nazione povera di materie prime e grande esportatore di manufatti;

    l'Italia su tutti gli aspetti sopra enunciati può giocare un ruolo decisivo, ma per farlo deve presentare una strategia, di una vera politica dei trasporti e dell'economia marittima;

    dal 1994, anno della riforma del sistema portuale è attesa l'emanazione del regolamento per uniformare le concessioni negli scali italiani, necessario per scongiurare le distorsioni di mercato oggi esistenti tra un porto e l'altro;

    Mario Mattioli, presidente della Confederazione Italiana Armatori e della Federazione del Mare, ha affermato che, nonostante il 2020 sia stato un «annus horribilis» per tutta l'economia e, in particolare, per le attività legate al trasporto e alla logistica, specie per quelle marittime, fortemente integrate nel commercio internazionale e che rappresentano l'anello fondamentale del sistema economico, con la pandemia «è emersa chiaramente l'importanza del settore marittimo-portuale il cui ruolo fondamentale è stato riconosciuto dalle istituzioni, sia italiane che estere. E in questo contesto, la creazione di una vicepresidenza di Confindustria con delega specifica all'Economia del mare, è di grande stimolo per la Federazione del Mare che nel 2021 dovrà capitalizzare questo riconoscimento cogliendo l'occasione della presidenza italiana del G20 e delle iniziative B20 guidate dalla task force di Confindustria, per mettere il mare al centro della ripresa di un'economia blu sostenibile»;

    non si può inoltre dimenticare che le Zls nel Nord Italia, così come le Zes al Sud, devono essere la dimostrazione del rilancio economico e dell'unità nazionale, e per questo sembra assolutamente necessario che tutto il pacchetto di agevolazioni fiscali individuate per le Zes si applichi in particolar modo ai porti strategici di rilevanza nazionale;

    promuovere una fiscalità di vantaggio in favore delle zone economiche speciali del Sud Italia ed anche delle aree portuali delle regioni centrali e settentrionali – prevedendo nuove forme di beneficio per le Zes (quali riduzione dell'imposta sui redditi delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive), estendendo tale disciplina (anche in materia di riconoscimento del credito d'imposta introdotta per le Zes) anche alle istituende Zls, risponderebbe alle esigenze di ripresa e rilancio economico della Nazione;

    la Commissione europea, nonostante la politica fiscale sia un settore non ricompreso nelle proprie competenze ai sensi dell'articolo 3 del Tue e 7 del Tfue, è, ad avviso dei firmatari del presente atto, «entrata a gamba tesa», aggirando tali articoli e ponendo la questione fiscale come distorsione dalla concorrenza e come aiuti di Stato vietati dall'articolo 107 del Tfue, arrivando paradossalmente alla distorsione secondo la quale gli Stati membri che attuano una politica fiscale molto vantaggiosa per le imprese alterano la concorrenza nel mercato europeo;

    per evitare un'altra distorsione più geopolitica che giuridica, la Commissione dovrebbe tener conto che i porti italiani, come gli altri euro-mediterranei, non sono tanto in competizione e concorrenza con quelli del Northern Range, ma piuttosto con quelli del Nord Africa quali Tangeri Med, Algeri e Port Said. Pertanto, negli interessi generali dell'intera economia europea, la Commissione invece di mettere in discussione l'intera struttura giuridica del sistema portuale italiano, dovrebbe, di contro, aiutare la portualità italiana come «scudo» contro l'avanzata commerciale dei porti africani;

    non si è saputo o, peggio ancora, voluto difendere il nostro asset strategico più importante quale quello portuale, poiché dal 2013 quando i servizi della Commissione europea inviarono a tutti gli Stati membri dei questionari al fine di raccogliere informazioni riguardo la tassazione dei porti e a eventuali altre forme di sostegno o investimenti per la gestione degli stessi, si chiusero di fatto le interlocuzioni con l'Unione europea, quando sarebbe dovuto avvenire esattamente il contrario, vista la rilevanza strategica nazionale che ricopre questa specifica questione;

    i nuovi orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete Ten-T prevedono la creazione di una rete articolata in due livelli: una rete globale (da realizzare entro il 2050) e una rete centrale a livello europeo (da realizzare entro il 2030) basata su un «approccio per corridoi», che dovranno includere almeno tre modalità differenti di trasporto, attraversare almeno tre Stati membri e prevedere l'accesso ai porti marittimi;

    la rete centrale è articolata in 9 corridoi principali, quattro dei quali interessano l'Italia tali corridoi comprendono: 9 nodi urbani, 14 porti marittimi della rete centrale (Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia); 5 porti fluviali (Cremona, Mantova, Ravenna, Trieste e Venezia) e 15 interporti: Jesi (Ancona), Marcianise (Caserta), Nola (Napoli), Bologna, Cervignano (Udine), Pomezia nodo di Roma, Vado (Genova), Milano smistamento, Novara, Orbassano (Torino), Bari, Prato, Guasticce (Livorno), Padova, Verona;

    in tale quadro è di importanza fondamentale la realizzazione delle infrastrutture di collegamento, anche in considerazione del fatto che l'Italia, grazie alla sua posizione geografica privilegiata, si pone come naturale piattaforma nel Mediterraneo, attraversata da tre grandi direttrici di collegamento mondiale: due direttrici est-ovest, la prima che va dai Balcani e dall'Europa orientale verso l'Europa occidentale e la penisola iberica, la seconda che va dall'estremo oriente all'Europa occidentale attraverso il canale di Suez e il Mediterraneo e, infine, la direttrice nord-sud che va dal Nord Africa e dai Paesi del Vicino e Medio Oriente verso l'Europa meridionale e centrale;

    in un tale scenario assume una veste particolare il sistema portuale nazionale che per il suo ruolo di congiunzione tra diverse modalità di trasporto rappresenta un fondamentale tassello del complesso sistema logistico che coinvolge il trasporto via terra, il trasporto aereo e il trasporto marittimo,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza utile al mantenimento della proprietà italiana di tutte le infrastrutture portuali nazionali, anche mediante un attento e rigoroso esercizio dei poteri del cosiddetto golden power nei processi di vendita che coinvolgono imprese attive nei settori portuali di particolare di rilevanza nazionale;

   a rafforzare le iniziative di competenza finalizzate al contrasto di investimenti stranieri chiaramente volti a depauperare il patrimonio aziendale portuale italiano;

   a convocare con urgenza un tavolo di confronto con tutti i soggetti istituzionali interessati al fine di adottare il decreto per uniformare le concessioni portuali, evitando il rischio di isolamento e della conseguente emarginazione della portualità italiana in ambito europeo e internazionale;

   a farsi promotore, presso le competenti sedi dell'Unione europea, dell'introduzione del criterio di reciprocità con gli Stati esteri in materia di acquisizione di asset portuali di rilievo nazionale;

   a promuovere la semplificazione delle normative e delle procedure relative all'istituzione e al funzionamento delle zone economiche speciali (Zes) e delle zone logistiche speciali (Sls), e la minimizzazione dei tempi, dei permessi e delle autorizzazioni necessari all'operatività delle imprese che si insedieranno in tali aree, agevolando lo sviluppo infrastrutturale necessario per la crescita della competitività logistica e portuale dell'Italia;

   nell'ambito dello sviluppo della rete Ten-T, a profondere il massimo impegno in sede nazionale ed europea per la realizzazione e il completamento delle infrastrutture di collegamento, con procedure e tempi ristretti per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, al fine di sostenere la competitività delle imprese e di favorire una maggiore integrazione tra Nord e Sud della Nazione, nonché per garantire l'integrazione dell'Italia nello sviluppo europeo;

   ad adottare iniziative di sostegno per il comparto cantieristico navale, settore di eccellenza della produttività nazionale.
(7-00619) «Silvestroni, Rotelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   dal 16 febbraio 2021 l'Etna è incessantemente in piena eruzione stromboliana provocando frequenti colonne di nubi eruttive che, spinte dai venti in alta quota, hanno causato fenomeni di piogge laviche con lapilli di grosse dimensioni e cenere lavica arrecando enormi disagi e danni soprattutto nelle zone del versante nord-orientale;

   i maggiori disagi sono stati provocati in particolare da due parossismi: quello del 28 febbraio e del 7 marzo 2021. Si calcola che soltanto il 7 marzo siano caduti 678 mila metri cubi di cenere;

   i sindaci di diversi comuni etnei si sono riuniti per fare il punto della situazione, lamentando il fatto che gli enti locali non sono in grado di far fronte in maniera autonoma nemmeno alle spese di pulizia di strade ed edifici, sottolineando perfino la pericolosità per la salute pubblica della volatilità della cenere depositata nel caso in cui non si intervenisse tempestivamente;

   per quanto riguarda il comparto agricolo, i lapilli hanno letteralmente coperto interi appezzamenti danneggiando pesantemente il florovivaismo, l'ortofrutta e l'orticoltura. Coldiretti Sicilia ha reso noto che nei campi coltivati tonnellate di verdure e ortaggi sono ad oggi invendibili e che suscitano forti preoccupazioni le polveri nere che macchiano e bloccano la maturazione dei frutti;

   l'emergenza vulcano si somma alla difficile situazione che gli agricoltori siciliani hanno dovuto affrontare in un anno di pandemia e di contrazione economica. Secondo Confagricoltura Catania, il Governo deve disporre l'immediata sospensione di versamenti Inps, dei mutui agrari e cambiali per almeno un anno;

   dopo ben 11 episodi parossistici la regione siciliana, vista la documentazione fornita dalla protezione civile regionale, ha dichiarato in data 7 marzo 2021 lo stato di crisi e di emergenza e ha conseguentemente richiesto al Consiglio dei ministri lo stato di emergenza nazionale per ben 13 comuni ricadenti nelle aree sommitali del vulcano e per altri 30 comuni della provincia etnea;

   la stessa regione ha nominato commissario delegato per la realizzazione degli interventi in stato di emergenza il dirigente generale del dipartimento della protezione civile, Salvo Cocina;

   la valutazione dei danni è ancora in corso e non definitiva, ma sono state fatte delle stime sulla base della situazione provvisoria. Per i danni a edifici, ai sistemi di smaltimento delle acque e alle attività agricole si è stimata una somma di più di 10 milioni di euro, la quale si va a sommare ai circa 15 milioni di euro per i costi di raccolta, rimozione e smaltimento delle ceneri in conformità a quanto prevede la normativa;

   allo stato attuale la regione siciliana ha impegnato 600 mila euro per reperire mezzi e affidare servizi aggiuntivi a quelli ordinari già in essere presso i comuni per le attività di spazzamento e raccolta della cenere. Oltre a questa somma, è stato stanziato nelle scorse ore 1 milione di euro aggiuntivo –:

   se siano state adottate iniziative di competenza per verificare la situazione reale e quantificare i danni;

   se si intenda deliberare lo stato di emergenza nazionale per aiutare gli enti locali a ripristinare le condizioni di normalità e sostenere economicamente la popolazione colpita dall'eruzione dell'Etna;

   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali stia già valutando sostegni e indennizzi in favore delle imprese del comparto agricolo nei comuni maggiormente colpiti.
(2-01143) «Suriano, Siragusa, Sarli, Sapia, Costanzo, Ehm».

Interrogazione a risposta orale:


   CABRAS, VALLASCAS e CORDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   gli organi di stampa della Sardegna hanno dato ampio risalto alla notizia secondo cui le recenti misure restrittive assunte dal Governo per il contenimento dei contagi da Covid-19 (tra cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2021) avrebbero destato forte allarme tra amministratori locali e cittadini per quanto concerne le disposizioni in merito alle eccezioni sul divieto di spostamento tra regioni e, in particolare, alla facoltà di fare «rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, compreso il rientro nelle "‘seconde’ case" ubicate dentro e fuori regione»;

   in forza delle nuove restrizioni, alle «zone gialle» verrebbero applicate le disposizioni previste per le «zone arancioni» mentre per le giornate delle festività pasquali (3, 4 e 5 aprile) su tutto il territorio nazionale, a eccezione delle «zone bianche», sarebbero applicate le restrizioni previste per le «zone rosse»;

   ne conseguirebbe che durante le festività pasquali, tutto il territorio nazionale verrebbe classificato «zona rossa», a eccezione della Sardegna, unica regione in «zona bianca»;

   le disposizioni che consentirebbero gli spostamenti nelle seconde case, anche se dislocate al di fuori della regione, investirebbero in primo luogo la Sardegna, regione nella quale è presente un numero straordinariamente elevato di abitazioni di proprietà di non residenti;

   numerosi organi di stampa avrebbero già riferito di trasferimenti avvenuti dalle «zone rosse» alla Sardegna, con il pericolo che si riproponga la medesima situazione di rischio già verificatasi nel corso della scorsa estate quando (per assenza di adeguati controlli agli arrivi e alle partenze, per inefficacia del sistema di tracciamento dei contagi e, in generale, per comportamenti incompatibili con le misure di contenimento dell'epidemia), la Sardegna si trasformò, da regione tra le meno colpite dal virus, in luogo di contagio con un effetto moltiplicatore che interessò altre regioni;

   a questo proposito, è opportuno riferire che nel corso della stagione turistica estiva 2020, secondo i dati della regione, la Sardegna avrebbe registrato oltre dieci milioni di presenze, molte delle quali, come detto, di proprietari non residenti di «seconde case»;

   questi flussi avrebbero determinato, in breve tempo, un'impennata dei contagi nell'isola, così come riferisce il Fatto Quotidiano del 28 agosto 2020, secondo il quale, «I casi in Sardegna sono aumenti vertiginosamente nelle ultime settimane, quasi tutti legati a località di villeggiatura, discoteche movida»;

   la circostanza avrebbe determinato una situazione di grave emergenza sanitaria nella misura che la stessa Protezione civile avrebbe annunciato un piano «di rientro utilizzando navi o aerei dedicati per riportare a casa queste persone», mentre le regioni Sardegna e Lazio avrebbero sottoscritto un «Patto» sui protocolli reciproci per i controlli alle partente, misure peraltro mai compiutamente realizzate;

   in una fase in cui l'epidemia registra preoccupanti indici di diffusione e la campagna di vaccinazione stenta ancora a decollare, autorizzare spostamenti nelle seconde case in Sardegna rappresenterebbe un motivo di legittimo allarme per l'alto rischio sanitario che si determinerebbe, per residenti e non residenti, tanto più che i sistemi di controllo non sarebbero pronti a sostenere la pressione prodotta dall'alto flusso di arrivi nell'isola, così come previsto per le prossime festività pasquali, e considerato che il personale abilitato ai controlli (medici, sanitari, forze dell'ordine) sono già impegnati nelle campagne di screening e di vaccinazione –:

   se il Governo non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative, anche di natura normativa, per evitare, in considerazione dell'elevato rischio sanitario, spostamenti di massa dalle zone con alto coefficiente di contagio verso le «zone bianche»;

   se il Governo non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative volte rafforzare i controlli sanitari presso porti e aeroporti sardi, attribuendo anche risorse e personale adeguati, soprattutto in termini di forze dell'ordine a supporto del personale sanitario.
(3-02117)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la normativa volta a fronteggiare l'emergenza sanitaria e, in particolare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2021 hanno disposto l'applicazione, fino al 5 aprile 2021, di nuove misure restrittive per il contenimento del contagio da Covid-19;

   tra tali misure di contenimento rientra la chiusura delle attività di servizi per la persona, quali parrucchieri e centri estetici;

   gli operatori del settore estetico (centri di estetica, saloni di acconciatura, onicotecnici e altro) si sono prontamente adeguati ai rigidi protocolli di sicurezza anti-Covid, organizzando gli accessi nei propri locali solo su appuntamento, evitando qualsiasi tipo assembramento all'interno degli stessi e adoperandosi per evitare la presenza di clienti all'esterno, tanto da arrivare a essere considerati operatori di attività a basso rischio di contagio e con una incidenza potenziale stimata al di sotto del due per cento;

   tali attività hanno una significativa ricaduta in termini sociali, per il benessere e l'autostima delle persone che, non a caso, con centri e saloni chiusi, tendono a rivolgersi ad operatori abusivi per mantenere la cura della propria immagine, mettendo a repentaglio la propria salute sia sotto il profilo igienico-sanitario, sia sotto quello del contagio, posto che non vengono assicurate le più basilari misure di contrasto del virus;

   si tratta quindi di attività che andrebbero considerate a buona ragione tra quelle di carattere essenziale e i cui servizi, che possono essere fruiti in condizioni di assoluta sicurezza, dovrebbero poter essere garantiti anche durante il lockdown (zona rossa), in quanto considerati prioritari per buona parte della popolazione –:

   se il Governo intenda adottare con la massima tempestività una revisione della classificazione delle attività economiche di servizio di estetica ed acconciatura che, non essendo reputate essenziali, vengono sistematicamente chiuse con i provvedimenti restrittivi di contrasto alla pandemia da Sars-Cov-2, ancorché non generatrici di focolai ed assembramenti come rilevato dalle stesse autorità competenti.
(5-05534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il reddito di cittadinanza, oltre ad essersi rivelato, ad avviso dell'interrogante, un clamoroso insuccesso per la percentuale irrisoria di beneficiari che ha trovato un nuovo lavoro, di fatto si è tradotto spesso in un beneficio per criminali, mafiosi, spacciatori, terroristi, delinquenti abituali, truffatori ed evasori fiscali;

   i casi, scoperti dalla Guardia di finanza, si contano ormai a centinaia: l'ultimo a Catanzaro, dove la Guardia di finanza ha scovato 15 persone che percepivano il sussidio pubblico, pur essendo state condannate o sottoposte a misure cautelari per associazione mafiosa;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, sarebbero in totale 86 le posizioni irregolari individuate, per circa 700 mila euro di somme indebitamente erogate;

   gli investigatori hanno accertato la posizione di 129 famiglie, selezionate sulla base di molteplici indici di rischio, rilevando altri 6 soggetti che avrebbero omesso di comunicare vincite al gioco per complessivi 508.000 euro, 35 che non hanno informato l'ente erogatore di variazioni patrimoniali e reddituali e 3 risultati residenti all'estero;

   tra maggio e giugno 2020, sempre in Calabria, erano stati scoperti quasi 150 tra boss e gregari delle maggiori cosche di 'ndrangheta, tutti beneficiari del reddito di cittadinanza;

   nelle cronache degli ultimi mesi, tra i casi di beneficiari di reddito di cittadinanza senza averne diritto, si annoverano persone arrestate per detenzione di esplosivi, narcotrafficanti, evasori totali, parcheggiatori abusivi, svaligiatori di appartamenti, zingari dediti ai furti, rapinatori: tutti percepivano il bonifico mensile dell'Inps in quanto «indigenti» –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se il Governo intenda chiarire cosa non ha funzionato nel sistema dei controlli preventivi e quanti siano i casi accertati di indebita percezione del reddito di cittadinanza;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per introdurre idonei correttivi;

   quali siano i dati aggiornati in merito al reddito di cittadinanza, con particolare riferimento al numero delle offerte di lavoro e di quelle andate a buon fine.
(4-08620)


   BORDONALI, DONINA, FORMENTINI, EVA LORENZONI, RAFFAELE VOLPI, FRASSINI, RIBOLLA, BELOTTI e INVERNIZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   Bresciatoday.it dell'11 marzo 2021 riporta l'arrivo alla protezione civile lombarda dello studio del dipartimento di geologia e geotecnologie dell'università di Milano Bicocca, finanziato dalla regione, su tre possibili scenari di frana verificatasi sul lago di Iseo, sulle pendici del Monte Saresano, con le simulazioni di «espandimento» in caso di collasso totale o parziale della frana stessa;

   il Monte Saresano è stato negli anni oggetto di attività estrattiva di marna da cemento, materiale definito «di interesse nazionale» e, come tale, direttamente controllato dall'allora Ministero dell'industria attraverso il distretto minerario, che ha permesso la continuazione delle attività estrattive nonostante i diversi segni di instabilità che ne hanno segnato la storia;

   i tre scenari dello studio sono caratterizzati da volumetrie diverse comprese tra 440 mila metri cubi (scenario minimale) sino a 2,1 milioni di metri cubi di roccia in movimento (scenario massimo) e la zona interessata è quella della Cementeria Italsacci e le strade del lago, nella parte alta del versante, e la strada per Parzanica nonché le altre aree del comune di Tavernola Bergamasca;

   lo studio contiene, inoltre, valutazioni sul monitoraggio della frana stessa che attualmente è in fase di decelerazione costante, e propone valutazioni circa le soglie di attenzione, pre-allarme e allarme con la strumentazione Radar gestita dalla provincia di Bergamo;

   nello scenario peggiore, il volume che arriverebbe al lago sarebbe di circa 600.000 metri cubi con velocità elevate; l'Autorità di bacino lacuale ha incaricato l'Università degli studi di Bologna ad effettuare la «modellazione» dell'onda d'acqua anomala generata sul lago dal fenomeno franoso;

   attualmente la frana è in fase di decelerazione e, pertanto, non dovrebbero esistere situazioni di pericoli imminenti per la popolazione interessata e per le strade sottostanti, come l'allarme lanciato nel febbraio 2021, ove l'area ha iniziato pericolosamente a cedere in modo significativo, creando crepe ben visibili e movimenti importanti;

   tuttavia, tutto il territorio interessato dalla frana vive in una condizione di costante preallarme e, chiaramente, occorre prendere provvedimenti urgenti per evitare uno stato di emergenza a livello nazionale; soprattutto, occorre finanziare e realizzare un piano di viabilità alternativa per evitare l'isolamento per un periodo indeterminato di tutti i paesi interessati, collegando i comuni, anche attraverso la realizzazione di una galleria, alla viabilità locale e nazionale;

   in una situazione analoga, il Governo, nel febbraio 2020, ha deciso di finanziare la realizzazione della galleria stradale sulla strada provinciale 29 che conduce al Passo del Gavia, nell'area della frana del Ruinon, in comune di Valfurva, assegnando ad Anas 100 milioni di euro su richiesta della regione Lombardia per la realizzazione di un bypass stradale che permetterà di convogliare il traffico e non isolare interi paesi –:

   se il Governo intenda valutare, per quanto di competenza, la situazione di pericolo per la popolazione e, allo scopo di prevenire situazioni di emergenza con l'isolamento dell'intera popolazione interessata dalla frana del monte Saresano sul lago di Iseo nel comune di Tavernola Bergamasca, adottare iniziative in accordo con la regione Lombardia, per stanziare le risorse occorrenti per:

    a) la redazione e realizzazione di un progetto con una galleria di bypass che possa permettere, in maniera continuativa e in totale sicurezza, la transitabilità nel territorio e il collegamento dei paesi interessati con la viabilità locale e nazionali;

    b) il potenziamento del monitoraggio e la realizzazione di opere di prevenzione finalizzate a stabilizzare la frana in atto.
(4-08628)


   DORI, ZOLEZZI, COMINARDI e BUFFAGNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Tavernola Bergamasca, sulla riva bergamasca del Lago di Iseo, si erge il cementificio Italsacci, che dal 2018 fa capo alla Società Italcementi s.p.a. appartenente al gruppo Heidelberg Cement;

   dietro il cementificio si innalza il Monte Saresano oggetto, sin dagli inizi del Novecento, di un'intensa attività cementiera con diversi passaggi di proprietà e con rilevante impatto ambientale e paesaggistico;

   l'escavazione di marna avviene attraverso la coltivazione della miniera denominata «Ognoli», nel comune di Tavernola Bergamasca, posta alle spalle del cementificio, fino alla fine degli anni '90, per poi proseguire con l'apertura di una nuova miniera, verso il lato nord dello stesso monte, nel Comune di Parzanica, denominata «Ca1 Bianca», ancora attiva;

   il Monte Saresano è stato negli anni oggetto di escavazione e di sbancamento del piede per estrarre marna da cemento, materiale definito «di interesse nazionale» e, come tale, direttamente controllato dall'allora Ministero dell'industria, attraverso il distretto minerario, nonostante i diversi segni di instabilità che ne hanno segnato la storia;

   nel corso dei decenni si sono susseguite numerose frane, le più consistenti nel luglio 1970, nel marzo 1986 e nel novembre 2010;

   il continuo sgretolamento roccioso è dimostrato dai dati registrati dai sensori che monitorano il Monte Saresano, che dimostrano un progressivo spostamento della massa franosa;

   nel febbraio 2021 l'area ha iniziato pericolosamente a cedere in modo significativo, fino a 20 millimetri al giorno, creando crepe ben visibili e movimenti importanti rilevati dagli strumenti di monitoraggio;

   il fronte instabile, con più possibili punti di rottura, viene stimato in oltre 2 milioni di metri cubi;

   una tale quantità di materiale avrebbe evidentemente conseguenze devastanti, anche in relazione all'onda anomala che si potrebbe generare con la caduta nel lago di una parte della frana;

   il 27 febbraio 2021 il professor Nicola Casagli, presidente dell'istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, ha effettuato assieme al Centro per protezione civile dell'università degli studi di Firenze un sopralluogo sulla frana situata sul versante sud-orientale del Monte Saresano;

   tenuto conto della relazione del predetto sopralluogo, pubblicata il 4 marzo 2021, l'Università di Milano-Bicocca ha effettuato uno studio sugli scenari di massima dell'espandimento della frana del Monte Saresano;

   l'Università di Bologna è stata incaricata di predisporre una relazione definitiva sulla base delle risultanze dei predetti studi;

   presso lo stabilimento Italsacci di Tavernola risulta depositata una notevole quantità di rifiuti tra cui additivi e combustibili che, in caso di frana, finirebbe nel lago, provocando un disastro di natura ambientale;

   la riattivazione di qualsiasi tipo di attività da parte del cementificio Italsacci aggraverebbe le condizioni del Monte Saresano e quindi il rischio per la sicurezza della popolazione e dei lavoratori –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza per verificare la causa delle continue frane che coinvolgono da alcuni decenni il Monte Saresano e, in particolare, la possibile correlazione tra l'attività estrattiva e gli stessi episodi franosi, se intenda valutare il possibile impatto ambientale e sull'intero ecosistema lacustre nel caso in cui la frana trascinasse nel lago i rifiuti depositati presso lo stabilimento e se intenda utilizzare risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per realizzare un programma straordinario di consolidamento dei territori a rischio idrogeologico, compreso quello del lago di Iseo.
(4-08629)


   BORDONALI, DONINA, EVA LORENZONI, FORMENTINI, MICHELI, RAFFAELE VOLPI, COLUCCI, BERLINGHIERI e BAZOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   com'è purtroppo noto, la provincia di Brescia è il territorio più gravemente colpito dall'ultima ondata della pandemia da Covid-19, nella quale il virus in questione e, in particolare, la sua variante cosiddetta inglese, fanno registrare indici di positività estremamente elevati che stanno sovraccaricando le strutture ospedaliere e i relativi reparti di terapia intensiva;

   secondo i dati diffusi dalla regione, ripresi dagli articoli di stampa, nella provincia in questione si sono registrati 6.148 casi totali di positività negli ultimi sette giorni, con una media di 878 contagi al giorno, ancora molto elevata, di cui 949 nelle ultime ventiquattro ore;

   i numeri sopra citati stanno mettendo a dura prova la tenuta del servizio sanitario (1.300 ricoveri nella sola provincia di Brescia) e producono gravi ripercussioni, oltre che da un punto di vista sanitario, anche da un punto di vista economico, commerciale e produttivo, a causa dell'applicazione delle più stringenti misure di contenimento della pandemia che si rendono inevitabili;

   a fronte di quanto precede, il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, ha richiesto, nei giorni scorsi, la destinazione di un maggior numero di vaccini alla regione e alla provincia di Brescia, ravvisando la necessità di un intervento rapido e deciso in tale territorio per arginare la delicata situazione in essere;

   è di tutta evidenza la necessità di dare ascolto a tale richiesta e di fornire alla regione Lombardia i vaccini necessari per mettere in campo una strategia di immunizzazione massiccia nella provincia di Brescia che possa incrementare sensibilmente la copertura vaccinale e limitare la portata diffusiva del virus e delle sue varianti –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza, a fronte della situazione esposta in premessa, al fine di assicurare alla regione Lombardia un numero di dosi adeguato per accelerare, in maniera consistente, i ritmi della campagna vaccinale nella provincia di Brescia, tenuto conto dell'elevato numero di contagi, ricoveri e, purtroppo, decessi ivi registrati.
(4-08630)


   BELOTTI, FRASSINI, INVERNIZZI e RIBOLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da alcune settimane i comuni di Tavernola Bergamasca, Parzanica e Vigolo sono minacciati da una possibile frana in movimento sul versante prospiciente il lago d'Iseo del monte Saresano, per altro sotto osservazione da oltre 50 anni e oggetto già di 5 smottamenti dal 1970 ad oggi;

   secondo un'analisi del dipartimento di geologia e geotecnologie dell'Università di Milano Bicocca, commissionata da regione Lombardia, si ipotizzano tre possibili scenari con volumetrie diverse comprese tra 440 mila metri cubi (scenario minimale) sino a 2,1 milioni di metri cubi di roccia in movimento (scenario massimo) e la zona interessata è quella della Cementeria Italsacci e le strade del lago, nella parte alta del versante, e la strada per Parzanica nonché le altre aree del comune di Tavernola Bergamasca;

   nello scenario peggiore, il volume che arriverebbe al lago sarebbe di circa 600.000 metri cubi con velocità elevate generando una sorta di tsunami che andrebbe a colpire Montisola e la sponda bresciana;

   attualmente la frana è in fase di decelerazione e, pertanto, non dovrebbero esistere situazioni di pericoli imminenti per la popolazione interessata e per le strade sottostanti, come l'allarme lanciato nel febbraio 2021, ove l'area ha iniziato pericolosamente a cedere in modo significativo, creando crepe ben visibili e movimenti importanti;

   tuttavia, tutto il territorio interessato dalla frana vive in una condizione di costante preallarme e, chiaramente, occorre prendere provvedimenti urgenti per evitare uno stato di emergenza a livello nazionale;

   nei giorni scorsi il sindaco di Tavernola ha scritto al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell'interno e della transizione ecologica per rimarcare il pericolo della frana che secondo il piano d'emergenza prevede l'evacuazione di tutti gli edifici delle due sponde del lago posti al di sotto di 195 metri s.l.m corrispondenti a circa 66.000 abitanti;

   il lago d'Iseo vive di turismo e questo rischio frana sommato alla pandemia sta mettendo sul lastrico un intero territorio –:

   quali iniziative il Governo intende adottare, per quanto di competenza e in accordo con la regione Lombardia, per realizzare un progetto con una galleria di bypass che possa permettere, in maniera continuativa e in totale sicurezza, la transitabilità nel territorio e il collegamento dei paesi interessati con la viabilità locale e nazionale e potenziare il monitoraggio e la realizzazione di opere di prevenzione finalizzate a stabilizzare la frana in atto.
(4-08632)


   SCHULLIAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 18 febbraio 2021 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bolzano ha disposto l'archiviazione del procedimento penale per doping contro il marciatore Alex Schwazer per non aver commesso il fatto, ritenendo accertato con alto grado di credibilità razionale, sulla base di prove gravi e convergenti, che i campioni di urina siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell'atleta e del suo allenatore, Sandro Donati;

   si ricorda che l'atleta era stato squalificato nel 2016 per 8 anni dal Tribunale arbitrale dello sport di Losanna (Tas), dopo che era stata rilevata la sua positività alla sostanza proibita testosterone in un controllo urinario fuori competizione, effettuato il 1° gennaio 2016 dalla World athletics (già Iaaf), analizzato dal laboratorio antidoping di Colonia, accreditato dalla Wada (World anti-doping Agency), e notificato all'atleta solo in data 21 giugno 2016 nell'imminenza dei giochi olimpici di Rio de Janeiro;

   nell'ordinanza di archiviazione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bolzano vengono evidenziate gravi illiceità perpetrate da Wada e dalla World athletics – le quali opererebbero in maniera totalmente autoreferenziale, ostacolando controlli dall'esterno – ipotizzando i reati di falso ideologico, frode processuale e diffamazione nei confronti di chi avrebbe manipolato le provette di Schwazer;

   in risposta a tale ordinanza la Wada ha pubblicato il 18 febbraio 2021 un comunicato Twitter nel quale si dichiara inorridita dalle accuse sconsiderate ed infondate del giudice contro l'organizzazione e di rigettare decisamente le statuizioni contenute nella pronuncia;

   il 19 febbraio 2021 la World athletics in una nota dichiara di rifiutare qualsiasi intento da parte dell'atleta o chi per lui di minare o annullare la decisione vincolante del Tas di Losanna del 2016, che aveva squalificato Schwazer dalle competizioni fino al 2024;

   con una nota del 26 febbraio 2021 l'Associazione nazionale magistrati del Trentino-Alto Adige ha espresso preoccupazione per il comunicato della Wada, affermando che, pur essendo legittimo che in uno Stato democratico i provvedimenti giudiziari siano oggetto di critiche, queste tuttavia non devono mai trasmodare in attacchi più o meno velati al magistrato che tali provvedimenti ha emesso;

   appare assolutamente necessario adottare iniziative, nelle competenti sedi, a difesa della magistratura –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative di competenza contro le prese di posizione poco rispettose nei confronti di una pronuncia di un tribunale italiano da parte delle suddette organizzazioni internazionali, che dovrebbero esprimere terzietà e al finanziamento delle quali contribuisce anche lo Stato italiano.
(4-08637)


   MILANATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dopo oltre un anno dall'inizio dell'emergenza sanitaria da Sars-Cov-2, la diffusione del contagio non accenna a ridursi nonostante le forti restrizioni negli spostamenti e le misure imposte dalla pandemia;

   centrale per sconfiggere la propagazione del virus è certamente l'attuazione nei tempi prefissati del piano vaccinazioni anti Covid-19 con l'implementazione e l'accelerazione imposti dall'attuale Governo;

   se lo sforzo è quello di uniformare il piano vaccinale su scala nazionale, le regioni si sono organizzate con tempistiche e modalità non sempre omogenee e uguali tra di loro;

   da quando si è avviata la campagna vaccinale, una problematica gestita con diversi approcci dalle diverse regioni, è quella relativa alla vaccinazione di chi abita in una regione diversa dal luogo di residenza;

   è questo un problema che riguarda diverse categorie di persone come molti lavoratori, tra cui il personale scolastico e universitario nonché gli studenti fuori sede, e i tanti cittadini che per motivi di ricovero e cura si trovano a soggiornare momentaneamente in regioni diverse da quella in cui sono residenti;

   la regione Veneto, per esempio, riguardo al problema dei non residenti, ha optato di utilizzare il criterio della sede lavorativa, mentre per chi fa cure fuori regione, il criterio è quello del luogo dove sono curati, con la possibilità del comune di residenza;

   riguardo alla possibilità di vaccinare i non residenti, quello che comunque sembra emergere dalle decisioni di diverse regioni, è la possibilità di vaccinarsi fuori dalla regione di residenza per coloro che risultano iscritti al servizio sanitario locale e che quindi, hanno scelto un medico di famiglia temporaneo nel luogo di domicilio. Questo significa che possono prenotare il vaccino le persone che hanno attivato il domicilio sanitario temporaneo e che sono quindi assistiti da un medico di base del servizio sanitario regionale;

   la suddetta possibilità se può essere una soluzione per molti lavoratori o studenti non residenti, non risulterebbe applicabile ai cittadini che si trovano in regioni diverse da quella in cui sono residenti per motivi di ricovero e cura –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza, in coordinamento con le regioni, al fine di garantire una procedura omogenea su tutto il territorio nazionale riguardo alla possibilità di ricevere il vaccino anti Covid-19, nel luogo nel quale si trovano, anche per i cittadini che soggiornano, per motivi di cura o di lavoro, in una regione diversa dal luogo di residenza.
(4-08644)


   ERMELLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   domenica 22 marzo 2020 l'agenzia Ansa notizia che all'aeroporto militare di Pratica di Mare sono arrivati nove aerei con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica, giunti ufficialmente a sostegno del sistema sanitario della provincia di Bergamo in lotta con la pandemia da Covid-19;

   pochi giorni dopo, il giornalista de La Stampa, Jacopo Iacoboni, ha pubblicato diverse foto che certificavano la presenza di «alti ufficiali dell'esercito russo acquartierati nella foresteria Pio IX di Roma (di solito riservata allo stato maggiore dell'esercito italiano)». Nell'articolo viene inoltre dato conto dell'opinione espressa sul caso dall'ex comandante del Coi, generale Marco Bertolini, che ha sostanzialmente invitato alla massima attenzione e cautela sulle operazioni di delegazioni militare estere in Italia;

   nello stesso giorno sono state diffuse istantanee e video di mezzi militari russi per le strade e le autostrade italiane, a volte non scortati da mezzi delle forze armate o di polizia italiani;

   a seguito delle inchieste apprese su La Stampa, il Ministero della difesa russo ha diffuso un comunicato aggressivo e minaccioso nei confronti di Iacoboni e della direzione del quotidiano;

   altri resoconti giornalistici hanno evidenziato i timori di fonti politiche qualificate riguardo alla possibilità che l'operazione russa non fosse altro che un tentativo di inserirsi nello scenario italiano per trarne un vantaggio geopolitico, riportando inoltre la circostanza che i medici atterrati in Italia fossero anche alti graduati dell'esercito sotto il diretto comando del Ministero della difesa russo e non di quello della salute;

   più recentemente l'ex direttore della Cia, Jim Woolsey, pur non confermando direttamente la notizia riportata dal quotidiano americano New Yorker circa l'utilizzo di ceppi di Covid-19 italiani – reperiti presumibilmente in occasione della citata missione – per testare il vaccino Sputnik, non ha escluso che i militari russi abbiano effettivamente potuto agire in tal senso, chiarendo che il loro modus operandi «è esattamente quello» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   sa il Governo intenda chiarire se i militari russi abbiano eseguito le loro operazioni sotto il controllo delle autorità italiane o in autonomia e chi, in seno alla catena di comando italiana, sia stato incaricato di seguire l'operazione;

   chi abbia consentito, e secondo quali accordi, che personale militare altamente specializzato di un Paese non alleato abbia potuto usufruire di una struttura in dotazione all'Esercito italiano, quale la struttura Pio IX.
(4-08652)


   LACARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la regione Puglia ha svolto, nel ciclo 2014-2020, il ruolo di autorità di gestione del programma Italia-Albania-Montenegro, di segretariato congiunto Grecia-Italia e di Co-Presidente del Comitato nazionale del programma di vicinato Eni Med, in seno ai programmi dell'Unione europea di cooperazione territoriale europea (Cte);

   nel secondo semestre del 2019 la Commissione europea ha lanciato una serie di idee ad alto impatto sulla nuova programmazione Cte 2021/2027 (quali la riduzione dei programmi, nuovi criteri di allocazione delle risorse finanziarie tendenzialmente penalizzanti per aree costiere a minore densità di popolazione e altro). Nel documento intitolato «Cross-Border Cooperation in the Adriatic-Ionian» (Ref. Ares(2019) 7919639 – 27 dicembre 2019) ha introdotto l'ipotesi di allargare il futuro programma Grecia-Italia sul lato italiano, includendo le regioni Calabria e Basilicata, ma nessuna riduzione del territorio eleggibile pugliese era stata menzionata, né tanto meno erano previste variazioni sul programma Italia-Croazia;

   le proposte della Commissione sono state per lo più osteggiate dai Paesi membri i quali, Italia in testa, hanno espresso la volontà di definire la programmazione Cte 21/27 in base al principio di continuità con il periodo precedente, in particolare per quanto riguarda numero e geografia dei programmi;

   tale volontà era stata parimenti rappresentata dal Parlamento europeo in sede di triloghi ed altre fasi di negoziazione. L'unica novità sostanziale in seguito a questi consessi è stata l'eliminazione del programma Balkan Med, che ha comunque generato a cascata delle dinamiche di riposizionamento geografico da parte degli Stati interessati: essenzialmente Grecia, Bulgaria e Nord Macedonia;

   in Italia le regioni, d'intesa con il DPCoe, hanno in più occasioni convenuto di sostenere il principio della continuità con la programmazione 2014/20, sia in termini di geografia sia in termini di organismi di governance dei futuri Programmi Cte;

   inaspettatamente, con nota della DG Regio Ref. Ares(2021)1226057 trasmessa in data 17 febbraio 2021 alla delegazione italiana presso l'Unione europea la Commissione europea ha rilanciato la propria intenzione di modificare la partecipazione dell'Italia ai Programmi Cte 21/27, con particolare riferimento ai programmi transfrontalieri marittimi nel bacino Adriatico-Ionico;

   la proposta della Commissione è doppiamente penalizzante per la regione Puglia, in quanto prevede l'eliminazione delle province di Brindisi e Lecce dal programma Italia-Croazia e delle province di Foggia e Bari-Andria-Trani (Bat) dal Programma Grecia-Italia. Al contempo, nel programma Grecia-Italia si prevede il coinvolgimento della Basilicata (con la provincia di Matera) e della Calabria (tutte le 4 province maggiori, con l'esclusione della sola Vibo Valentia);

   con riguardo a tale proposta la Commissione europea ha richiesto un riscontro entro il 5 marzo 2021;

   la geografia proposta dalla Commissione europea prevede di fatto l'esclusione dell'intero Salento (Province di Brindisi e Lecce) dagli spazi di cooperazione nell'Adriatico che coinvolgono la Croazia, Paese transfrontaliero per la Puglia, con cui vanta anni di proficua collaborazione;

   nell'attuale ciclo di programmazione il Salento rientra pienamente nell'area geografica Interreg Italia-Croazia e dunque non si comprende la proposta di esclusione da parte della Commissione europea;

   altrettanto incomprensibile è la proposta di escludere le Province Bat e Foggia dal Programma Grecia-Italia; dopo 5 cicli di programmazione che hanno visto partecipe l'intero territorio pugliese, si propone improvvisamente per il periodo 21/27 l'esclusione di territori che hanno avuto eccellenti performance nelle iniziative di cooperazione con i territori costieri della Grecia;

   quel che emerge, oltre a quella che l'interrogante giudica l'arbitrarietà delle esclusioni geografiche proposte, è l'assoluta assenza di riferimenti normativi che possano giustificare tali scelte –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per farsi parte attiva al fine di tutelare la regione Puglia a fronte della proposta della Commissione europea riportata in premessa e consentire il consolidamento della regione nelle reti di cooperazione territoriale sviluppate negli anni e indispensabili alla crescita dei territori.
(4-08653)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Myanmar – dopo più di un mese e mezzo dal colpo di stato messo a segno dall'Esercito, che ha nominato un ex generale alla presidenza ad interim e ha arrestato i principali leader politici, tra cui Aung San Suu Kyi, ponendo fine al processo di democratizzazione iniziato nel 2011 con la Costituzione varata nel 2008 – l'escalation della repressione dei militari non ha ancora fermato la mobilitazione popolare, che continua a chiedere quotidianamente il ritorno alla vita democratica e la liberazione idei leader civili, tra cui Aung San Suu Kyi;

   il 3 marzo 2021, durante una delle tante manifestazioni di protesta della popolazione, la polizia della città di Yangon ha preso di mira un'ambulanza che con tutta probabilità si trovava in zona per soccorrere i manifestanti. I poliziotti hanno picchiato i soccorritori e sparato contro i vetri del veicolo. Poco dopo l'aggressione una persona ha sollevato il bossolo lasciato dall'arma da fuoco della polizia e l'ha mostrato a un fotografo. Sul bossolo si legge chiaramente la matrice, la parola Cheddite, il nome di una nota azienda livornese che produce soprattutto armi e munizioni da caccia;

   dal 1991 in Myanmar è in vigore un embargo sulla vendita di armi imposto dall'Unione europea, che nel 2000 è stato esteso e reso ancora più severo;

   già in passato però era successo che armi e munizioni europee, anche italiane, finissero in Myanmar. Giorgio Berretta, analista dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia, ha spiegato che allora come oggi l'ipotesi più probabile è che le munizioni italiane trovate in Myanmar siano arrivate attraverso la cosiddetta «triangolazione», cioè passando da un Paese in cui teoricamente l'Italia può esportare armi e munizioni;

   per quanto riguarda le armi e le munizioni militari, sia l'esportazione sia la «triangolazione» sono vietate dalla legge italiana e monitorate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ma, per armi e munizioni «comuni», cioè più leggere di quelle militari, la triangolazione è più facile: la legge n. 110 del 1975 permette infatti di esportarle dietro il permesso del questore della provincia dove ha sede l'azienda e una certificazione dell'Agenzia delle dogane, mentre per l'acquirente non prevede alcun vincolo alla rivendita;

   è opportuno ed importante, a questo punto, chiarire quale sia stato il percorso delle munizioni prodotte dalla Cheddite, considerando che vendite dirette non appaiono possibili proprio alla luce dell'embargo. Acquisire elementi sarà utile anche a scongiurare il sospetto di una «triangolazione» favorita da altri Paesi destinatari delle vendite della Cheddite –:

   quali notizie abbia il Ministro interrogato riguardo alla vicenda.
(5-05540)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALANTINO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LOLLOBRIGIDA, BIGNAMI, DONZELLI, CIABURRO, MASCHIO, ALBANO e VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   è di queste ore la notizia che le trincee della Folgore ad El Alamein, in Egitto, rischiano di essere sostituite da grattacieli e autostrade;

   secondo quanto confermato dal monitoraggio satellitare, la linea continua difensiva composta da un'infinità di piccoli cerchiolini non è più visibile, al suo posto asfalto e cemento: sul campo di battaglia che vide fronteggiarsi i soldati dell'Asse e gli Alleati sorgerà un'autostrada a otto corsie circondata da una colossale megalopoli, a metà tra una riviera turistica e un elegante distretto, già pianificata dal governo del presidente al-Sisi;

   i cantieri avrebbero già rimosso le trincee della divisione Folgore, le buche dalle quali i nostri paracadutisti uscivano per lanciarsi contro i carri armati dell'ottava Armata del generale Montgomery, armati di rudimentali molotov, oppure aggrappandosi ai cingoli per attaccarvi delle letali mine: gesta valse l'ammirazione delle truppe e celebrate annualmente con cerimonie solenni che ricordano i 4.634 caduti, seppelliti in un cimitero militare tra le dune e che oggi rischiano di essere dimenticati definitivamente sotto colate di cemento e asfalto, che non lasceranno tracce del sacrificio e del coraggio dei nostri militari e della storia;

   ancora oggi l'assurdità e l'inutilità della guerra viene testimoniata dai sacrari degli eserciti che si susseguono a una manciata di metri l'uno dall'altro e sui quali la bandiera Tricolore, la Union Jack, quella a stelle e strisce e quella tedesca garriscono tutte assieme;

   storici e archeologi hanno lanciato un appello per salvare il teatro della battaglia celeberrima che nel 1942 rovesciò le sorti della seconda guerra mondiale e vide affrontarsi le truppe dell'Asse, italiani e tedeschi, contro il Commonwealth e unità di altre nazioni alleate, tra cui anche i francesi;

   la memoria di quel teatro di battaglia con le postazioni, circa 30.000 buche, tra quelle dell'Asse e degli Alleati, si deve soprattutto a un colossale progetto di monitoraggio, «Progetto El Alamein», voluto e portato avanti negli ultimi anni da un gruppo di 300 ricercatori e volontari, che ruota attorno all'Università di Padova, alla Società italiana di geografia e geologia militare e diverse associazioni, tra cui la «Congedati della Folgore» e la «paracadutisti d'Italia»: in venti missioni hanno ricostruito tutte le fasi della battaglia, recuperando informazioni richieste anche dagli storici inglesi;

   come denunciato dal giornalista Angelo Cimarosti, «Vedere le postazioni della Folgore scomparire sotto un'autostrada a otto corsie fa effetto. Quando l'ingegnere e scrittore Paolo Caccia Dominioni, che qui era stato un militare combattente, percorse il deserto per ritrovare una a una 2.800 salme di caduti italiani e di altre nazioni, lo fece tra sassi, sabbia e vento, e tutto sembrava immutabile. Mai avrebbe immaginato che questa desolazione sarebbe diventata 80 anni dopo una città da due milioni di abitanti. Ma le trincee, o meglio le buche che videro tanti uomini sacrificarsi, hanno subito o stanno per subire il destino capitato a tante vestigia nella storia, quello che gli archeologi riassumono con un verbo: obliterare. Ossia cancellare, rendere illeggibile un edificio, una testimonianza materiale. Ecco, registrare quanto è possibile prima che lo si cancelli per sempre è un dovere, per la storia, per gli studi futuri e anche per rispetto alla memoria di quei giovani» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare, avviando contatti con le autorità egiziane, per salvare la storia del campo di battaglia di El Alamein e onorare la memoria dei caduti, salvaguardando le postazioni, i resti, i documenti e le molte testimonianze materiali che può ancora restituire il deserto a ovest di Alessandria d'Egitto.
(4-08624)


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 93, il personale dell'amministrazione degli affari esteri «è costituito dalla carriera diplomatica, (...), dalla dirigenza e dal personale delle aree funzionali (...), nonché dagli impiegati a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura»;

   in aggiunta alle figure istituzionalmente sancite dalla norma come parte integrante del personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, risulta all'interrogante anche quella dei «digitatori», sebbene questa categoria si collochi in una sorta di cono d'ombra della gestione amministrativo-contabile della rete estera della Farnesina. Le assunzioni di personale definito «digitatore», infatti, risultano attuate attraverso agenzie di somministrazione di lavoro interinale che, collocandosi come intermediarie tra l'amministrazione e il lavoratore, stipulano appositi accordi di prestazione di servizio con la sede estera, ricevendo peraltro compensi significativi e assolutamente sproporzionati rispetto all'esiguità degli stipendi percepiti dai digitatori: si parla di cifre al limite dell'indigenza. A titolo di esempio, a quanto consta all'interrogante, nella sede di Buenos Aires un digitatore percepisce mensilmente appena 140 euro a fronte della retribuzione mensile di un impiegato a contratto con la legge locale, pari a circa 1.800 euro;

   non risulta all'interrogante una specifica disciplina in materia di operatività dei digitatori, da parte dell'amministrazione, che ne stabilisca le regole di ingaggio, univoche e certe, la contrattualizzazione ed i parametri retributivi; così come risulta non chiaro a quanto ammonti il fondo che alimenta le spese sostenute dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per i servizi erogati dalle società di lavoro interinale che si occupano di reclutare e contrattualizzare i digitatori;

   l'assenza di una specifica disciplina in capo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale lascia dedurre che sussista discrezionalità operativa in capo alle singole sedi estere, in ragione dell'autonomia contabile e gestionale disposta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 54 del 2010. L'assenza di una norma che sancisca la corretta e legittima proporzione tra impiegati di ruolo, impiegati a contratto e digitatori solleva quindi il dubbio, assolutamente legittimo in tempi di impasse emergenziale e vacanze di organico, che i digitatori possano qualificarsi come una sorta di via celere e priva di vincoli normativi per ovviare alla carenza di personale e contenere gli oneri dell'amministrazione;

   in alcuni interventi in sede parlamentare, il Governo ha annoverato i digitatori come parte della forza lavoro a cui attingere per il disbrigo della mole di lavoro crescente presso le strutture consolari, accostandoli alla categoria degli impiegati a contratto e sollevando il dubbio che le due fattispecie operative appartengano al medesimo contingente;

   la vacatio legis in materia di digitatori si sovrappone alle criticità esistenti in materia di gestione degli impiegati a contratto, i quali rientrano in una fattispecie sui generis contraddistinta da una disciplina priva di organicità, non capace di adeguarsi alle variabili che contraddistinguono la categoria ed il mercato locale, oltre che priva di certezze applicative; tutto ciò, a palese nocumento ai lavoratori. In quella che l'interrogante giudica una opacità legislativa ed amministrativa si inserisce anche una discrezionalità operativa da parte dei capi missione, la quale rischia di sfociare in atti unilaterali che potrebbero recare non poche criticità anche sul fronte delle relazioni bilaterali con i Paesi ospitanti –:

   quali siano le norme che regolano il coinvolgimento dei digitatori nell'attività delle sedi estere e quanti di questi stiano attualmente lavorando presso le stesse;

   quali siano e a quanto ammontino le risorse destinate all'assunzione di digitatori e quale sia il rapporto tra il costo, sostenuto dall'Amministrazione, per le agenzie di lavoro interinale e lo stipendio percepito dal digitatore.
(4-08635)


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha presentato, alle sigle sindacali rappresentative del personale dell'amministrazione, il piano organizzativo del lavoro agile (Pola), ai sensi dell'articolo 263, comma 4-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;

   nel suddetto piano viene affermata l'esclusiva applicazione dello stesso alla sola amministrazione centrale: attuandosi così una sperequazione intra-amministrativa tra lavoratori operativi presso la sede centrale e quelli invece operanti presso la rete estera. Nello specifico, si evidenzia come ai sensi dell'articolo 263, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, la presenza in ufficio del personale delle sedi estere sia vincolata alle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali: emerge pertanto il carattere, ad avviso dell'interrogante assolutamente discutibile, della preminenza delle norme locali per quanto concerne la materia; discutibile non solo in virtù del carattere straordinario dell'emergenza sanitaria in atto, che avrebbe dovuto indurre ad una maggiore determinatezza dello Stato nella gestione dei propri lavoratori oltre confine, con regole e linee operative univoche e certe; ma anche a causa dell'atteggiamento improprio perpetrato da taluni Paesi in materia di gestione sanitaria dell'emergenza epidemiologica, il quale ha, nei fatti, compromesso o rischiato di compromettere la salute dei lavoratori dello Stato;

   risulta all'interrogante come all'estero esista la prassi di assegnare, ai lavoratori, il lavoro agile: infatti, centinaia di qualifiche funzionali e di diplomatici, da marzo 2020 ad oggi, sono stati trasferiti dalla sede centrale verso quelle sedi chiuse a causa del Covid-19, e ciò, pur nella consapevolezza, da parte dell'amministrazione, di evidenti condizioni avverse. Appare verosimile che molti dei trasferimenti di cui alla lista straordinaria Aaff n. 1/2021, che si andranno a verificare nei prossimi mesi, si andranno a collocare proprio in questo trend;

   si tratta di un paradosso a causa del quale si attuerebbe una sovrapposizione grossolana tra la normativa vigente in materia di lavoro agile (ai sensi della quale vi è l'esclusione dei lavoratori delle sedi estere) e una prassi consolidatasi oltre confine (lavoro agile applicato ai lavoratori trasferiti nelle sedi chiuse o con condizioni avverse);

   in occasione della presentazione del piano, risulta all'interrogante come non siano emersi dettagli e informazioni circa la prassi, consolidatasi all'estero, di implementazione de facto del lavoro agile in assenza di una apposita regolamentazione; mentre sono stati forniti esclusivamente i dati relativi al personale che si è avvalso a rotazione del lavoro agile presso la sede centrale, evidenziando come questo sia arrivato a circa il 70 per cento circa del totale dei lavoratori –:

   quali siano le ragioni ostative ad una giusta quanto opportuna disciplina del lavoro agile presso le sedi esterne del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   se non si ritenga di adottare iniziative per rivedere le disposizioni di cui all'articolo 263, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020 che riconoscono preminenza alle norme locali per quanto concerne la materia del lavoro e della sicurezza sanitaria, soprattutto alla luce del carattere straordinario dell'emergenza sanitaria in atto;

   quali siano le ragioni per cui il piano organizzativo per il lavoro agile non contempli anche i dati relativi al personale che si è avvalso del lavoro agile nelle sedi estere.
(4-08641)


   CUNIAL. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 20 dicembre 2020, Israele da il via alla campagna vaccinale contro il Covid-19 con il vaccino Pfizer;

   il 9 febbraio 2021, si apprende, da greekcitytimes.com che Grecia e Israele concordano un «passaporto verde» per il turismo;

   il 18 febbraio 2021 sul quotidiano israelnationalnews.com, con l'articolo «Vaccinazioni in Israele: cifre impegnative sulla mortalità?» è stata pubblicata l'analisi del dottor Hervé Seligmann e dell'ingegnere Haim Yativ della facoltà di medicina delle malattie infettive e tropicali emergenti dell'Università di Aix-Marsiglia, che afferma che l'iniezione di Pfizer causa «una mortalità centinaia di volte maggiore nei giovani rispetto alla mortalità per coronavirus senza vaccino», mentre negli anziani causa maggiore mortalità per infarto e ictus. Gli autori affermano che «le vaccinazioni hanno causato più morti di quanto il coronavirus avrebbe causato nello stesso periodo» e che le pressioni delle autorità per vaccinarsi stanno causando «un nuovo Olocausto»;

   al 18 febbraio 2021 oltre 4,1 milioni di israeliani avevano ricevuto la loro prima dose del vaccino contro, mentre 2,8 milioni la seconda dose. Il Ministro della salute ha dichiarato che non ci saranno né obbligo né sanzioni contro coloro che non si vaccinano;

   il 19 febbraio 2021, su un articolo di ynetnews.com dal titolo «I bambini sono sempre più vittime di COVID», viene riportato il dato che mostra come a novembre 2020 si siano verificati 400 casi di coronavirus in bambini israeliani di età inferiore ai due anni ed, a febbraio 2021, quel numero era salito a 5.800;

   il 28 febbraio 2021, il Ministero della salute Yuli Edelstein ha lanciato ufficialmente il programma di «passaporto verde». Solo le persone che sono state vaccinate o si sono riprese dal coronavirus avranno diritto a uno di questi passaporti che sarà valido per sei mesi a partire da una settimana dopo la seconda dose. Il Ministro ha dichiarato che saranno riservate alcune aree aperte a tutti, ai non vaccinati;

   il 1° marzo 2021, Reuters afferma che gli sforzi vaccinali di Netanyahu sono una vetrina della sua campagna in vista delle elezioni nazionali del 23 marzo. Inoltre, si viene a sapere che Austria e Danimarca vanno verso l'alleanza con Israele per la produzione di vaccini di nuova generazione, e sono in attesa di vedere da vicino il rapido lancio del vaccino israeliano;

   sempre il 1° marzo 2021 76 medici di ogni ceto sociale in Israele, pubblicando una lettera, denunciano che le misure del Governo sono una pressione significativa sui cittadini affinché si vaccinino contro Covid-19;

   il 5 marzo 2021, gli avvocati di «People of Truth» hanno presentato una denuncia al Tribunale de L'Aja, la quale pare la stia esaminando, contro Israele, sugli esperimenti illegali sui cittadini israeliani, attraverso la Pfizer;

   il 7 marzo 2021 il JerusalemPost ha dato la notizia il Ceo di Pfizer non è potuto entrare in Israele perché non vaccinato. Già il 15 dicembre 2020 aveva dichiarato di non volersi vaccinare vendendo anche le proprie azioni della società come riportato nell'interrogazione n. 4-07541;

   l'8 marzo 2021, la stampa italiana riporta la notizia del passaporto di Israele come una vittoria per la riapertura delle attività economiche e viene annunciato il progetto del passaporto vaccinale per entrare in Sardegna;

   l'11 marzo 2021, l'attivista politica e artista, Dea, ha denunciato su ByoBlu che la strategia israeliana ha generato un apartheid vaccinale;

   a parere dell'interrogante, la politica israeliana è in palese violazione dei diritti umani ed occorre interrompere ogni relazione verso Israele fino al ripristino degli stessi –:

   ove quanto esposto in premessa risulti confermato, quali iniziative politico-diplomatiche il Governo intenda assumere al riguardo.
(4-08645)

CULTURA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della cultura, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18, convertito dalla legge del 24 aprile 2020, n. 27, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», e in particolare, l'articolo 89, al fine di sostenere i settori dello spettacolo, del cinema e dell'audiovisivo a seguito delle misure di contenimento del Covid-19, istituisce, nello stato di previsione del Ministero della cultura, due fondi di parte corrente e in conto capitale, da ripartire e assegnare agli operatori dei settori;

   valutato l'impatto economico negativo conseguente all'adozione delle misure di contenimento, sono stati successivamente emanati i seguenti provvedimenti: il decreto ministeriale n. 188 e i decreti ministeriali nn. 503 e 557;

   con decreto ministeriale n. 188/2020 venivano stabiliti i criteri di riparto di 20 milioni di euro attinti dal fondo di parte corrente, pubblicati con DDG n. 624;

   a seguito delle 2.680 domande ricevute, con decreto ministeriale 10 giugno 2020, n. 278, il fondo veniva integrato con ulteriori 6,8 milioni di euro, così da concedere euro 10.000 per ogni soggetto ammesso;

   il persistere delle misure di contenimento ha portato il Ministero ha emanare 2 altri provvedimenti integrativi: decreto ministeriale n. 503 del 9 novembre 2020 con dotazione di 13,4 milioni di euro per concedere euro 5.000 a ogni soggetto ammesso dal decreto ministeriale n. 188; il decreto ministeriale n. 557 del 3 dicembre 2020 con dotazione di 13,4 milioni per concedere ulteriori euro 5.000 a ogni soggetto ammesso dal decreto ministeriale n. 188;

   l'articolo 183 del decreto-legge «Rilancio» 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 disponeva: al comma 2 come parziale ristoro delle perdite subite dagli organizzatori di concerti di musica leggera una dotazione di 12 milioni, come da avviso di cui al decreto ministeriale n. 394; al comma 11-quater un fondo per il sostegno della musica dal vivo, con una dotazione di 10 milioni, come da avviso di cui al decreto ministeriale n. 397, integrato con il successivo avviso di cui al decreto ministeriale n. 486 di ulteriori 10 milioni, di cui 2 milioni come un premio alle realtà che avessero tentato di ripartire;

   il 2 gennaio 2021 l'Ufficio stampa del Ministero annunciava l'ampliamento della dotazione del Fus di 50 milioni, aprendo alle nuove istanze 2021 anche ai live club e alla musica contemporanea; in realtà, ad è oggi ancora precluso alle imprese l'accesso alla sezione musica contemporanea riservato solo agli enti no profit;

   in data 03 marzo 2021 il Ministero della cultura ha trasmesso per la registrazione il decreto ministeriale n. 107, contenente «misure di ristoro e sostegno del settore della musica dal vivo e degli autori, artisti interpreti ed esecutori»;

   su questi temi non è stato instaurato un confronto con le associazioni di categoria che rappresentano il settore, che con l'iniziativa «l'UItimo Concerto?» hanno dimostrato l'impatto che queste tematiche hanno sul pubblico;

   secondo quanto l'interpellante ha appreso da KeepOn Live, Assomusica, ARCI, le sigle rappresentative di settore, risulterebbe che tutti questi atti siano stati redatti in assenza della dovuta attività di concertazione e di confronto;

   ad oggi risultano liquidate solo parzialmente le assegnazioni dei decreti ministeriali 394 e 397, mentre non sono state liquidate le risorse di cui ai decreti ministeriali 503, 557 e 486 (liquidazione annunciata e attesa per fine dicembre 2020/gennaio 2021), ma sono state liquidate somme relative ad avvisi successivi a questi in ordine temporale;

   a parziale spiegazione di ritardo, sembrerebbero esserci problemi di cassa e di messa a disposizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;

   si ritiene fondamentale questo confronto, anche in considerazione del fatto che questa tipologia di aiuti, pur se importante per superare la fase iniziale di criticità, non garantisce e non definisce azioni di natura strutturale, che intervengano in maniera propulsiva per la ripartenza del settore –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per affrontare la problematica rappresentata, considerato che le associazioni di categoria hanno fatto affidamento su queste risorse per sostenere il prosieguo delle attività e il sostegno dei costi fissi;

   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interpellati per verificare le suesposte criticità, per accertare i motivi sottesi a questi ritardi, anche in considerazione della reiterazione degli stessi, e per appurare i tempi per l'effettivo pagamento;

   se non si ritenga necessario e opportuno, vista la complessità dell'accesso al Fus, adottare iniziative per spostare i fondi previsti per i live club e la musica contemporanea sugli avvisi «extra fus» sia per sostenere l'allestimento delle arene estive e dei festival, che altrimenti sarebbero insostenibili con le attuali limitazioni di capienza e i criteri di distanziamento, sia per assicurare il sostegno alla ripartenza degli spettacoli musicali dal vivo al chiuso e nei live club, quando la situazione pandemica lo consentirà a piena capienza;

   quali iniziative intenda, adottare il Governo per concertare con le associazioni azioni che definiscano e garantiscano misure strutturali che servano da volano propulsivo per supportare la ripartenza del settore dello spettacolo, per consentire una migliore distribuzione delle risorse disponibili tra i soggetti coinvolti e salvaguardare la sopravvivenza e la ripartenza del settore, che avverrà con lenta gradualità, ci si augura, dal 2022, e che avrà bisogno di sostegno fino al ritorno della piena operatività.
(2-01141) «Papiro».

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLINI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la chiesa seicentesca di San Pietro in Valle, a Fano è, senza dubbio, una delle più belle delle Marche. Fu arricchita, tra molti altri, da importanti quadri di Guido Reni, (La Consegna delle chiavi, oggi al Louvre), Simone Cantarini (il miracolo di S. Pietro) e Matteo Loves, (S. Pietro che resuscita Tabita), tutti trafugati da Napoleone e mai più restituiti all'Italia;

   importanti sono gli affreschi, gli stucchi, i marmi, i legni, la cupola luminosa, le sei cappelle, le due cantorie contrapposte. Alcune opere che valorizzavano l'edificio sono state rimosse ed allocate presso il civico museo o in altri siti;

   a fine 2018 il distacco di alcuni stucchi ha determinato la chiusura della struttura al pubblico, per ragioni di sicurezza;

   solo recentemente, a quanto si apprende dalla stampa, è stato effettuato un sopralluogo del comune e della Soprintendenza alle belle arti, per verificare lo stato dei luoghi in previsione di interventi conservativi idonei a rendere di nuovo accessibile l'edificio;

   se il biennale ritardo per iniziare ad affrontare il problema può apparire – in parte – giustificabile a causa della intervenuta emergenza pandemia da Covid-19, resta il fatto che occorre recuperare il tempo perso accelerando al massimo le procedure burocratiche e autorizzatorie ma, soprattutto, lo stanziamento e la celere messa a disposizione del comune di Fano dei fondi necessari agli interventi di restauro e consolidamento di un'opera di valore assolutamente rilevante per l'intera comunità nazionale –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per dare massimo impulso alla velocizzazione delle procedure autorizzatorie dei lavori e per destinare a tale restauro, con il primo provvedimento utile, uno specifico finanziamento integrativo delle risorse che potranno essere messe a disposizione dal comune di Fano.
(4-08633)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nel corso di un'esercitazione notturna in un poligono riservato alle Forze armate, un carro armato dell'Esercito, appartenente alla Brigata Pozzuolo del Friuli, sbagliando mira ha colpito un allevamento di galline;

   l'incidente è avvenuto a Vivaro, sul torrente Cellina, in provincia di Pordenone, e ha provocato ingenti danni all'azienda agricola coinvolta. Numerose galline sono state trovate morte dai proprietari e parte del capannone che le ospitava è crollata al suolo;

   a seguito dell'accaduto la procura di Pordenone ha avviato un'inchiesta e sottoposto a sequestro i quattro carri armati impegnati nell'esercitazione alla quale partecipavano il Genova Cavalleria e i Lagunari di Venezia;

   le dinamiche e le cause dell'incidente sono tutte da chiarire anche perché l'aria riservata ai tiri del poligono si trova in direzione opposta rispetto al centro abitato e l'allevamento che è stato colpito –:

   se sia a conoscenza dell'evento esposto e quali iniziative di competenza intenda adottare per contribuire a chiarire gli aspetti della vicenda.
(4-08640)


   DE CARLO e CORNELI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo una prima ricostruzione dei fatti da parte dei carabinieri di Spilimbergo, in provincia di Pordenone, nella notte di mercoledì 17 marzo 2021, a Vivaro, a causa di un errore durante un'esercitazione in un poligono riservato alle Forze armate sul torrente Cellina, un carro armato della Brigata Pozzuolo del Friuli, impegnato nelle esercitazioni di tiro ha aperto il fuoco in direzione opposta all'area riservata ai tiri, centrando un allevamento di galline;

   i militari coinvolti non si sono accorti dell'errore e i titolari dell'azienda agricola hanno potuto scoprire e rilevare i danni solo la mattina successiva;

   la procura di Pordenone ha aperto un'inchiesta e i mezzi armati sono stati posti sotto sequestro, anche a causa della traiettoria di tiro;

   una parte del bestiame è rimasto vittima durante l'esercitazione e gli agricoltori hanno subito inoltre un danno legato al crollo di una parte del manufatto che ospitava il pollame –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, quali siano i tempi e le procedure finalizzate a garantire un rapido ed adeguato risarcimento agli agricoltori coinvolti e quali iniziative di competenza si intendano adottare alla luce della gravità dei fatti riportati in cui si evidenzia peraltro la pericolosità dell'atto compiuto nei confronti dei cittadini.
(4-08643)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno recentemente sollevato dubbi circa la genuinità e la trasparenza delle nomine e degli incarichi di vertice della Sose – Soluzioni per il sistema economico – S.p.a., partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze (88 per cento) e dalla Banca d'Italia (12 per cento);

   i fatti risalirebbero al dicembre del 2018, quando l'allora Ministro dell'economia e finanze – Giovanni Tria, scelse il nuovo amministratore delegato nella persona del collega dell'ex Ministro, condividendo con questi, nell'ateneo di Tor Vergata, l'insegnamento della disciplina economica, ossia il professore Vincenzo Atella;

   costituitosi il consiglio di amministrazione, con il dottore Antonio Dorrello – presidente del consiglio di amministrazione, il professore Vincenzo Atella – amministratore delegato e la dottoressa Laura Serlenga – consigliere, si passò alla nomina del direttore generale;

   il Consiglio di amministrazione, mise a verbale, nel febbraio 2019, di voler affidare sempre al professore Atella l'incarico di direttore generale; nomina che si cumulava a quella di amministratore delegato – anche se manchevole dei connessi emolumenti. Fermo restando che, solitamente, i compensi del direttore generale vengono decisi dallo stesso Consiglio di amministrazione, l'idea che la rinunzia ai compensi non sia di natura etica e che potrebbe paventarsi un potenziale conflitto di interessi non apparrebbe peregrina visto che controllore e controllato si fondono nella stessa persona;

   peraltro, stando a quanto affermato dal quotidiano, la funzione apicale che l'Atella è chiamato a rivestire, oltre che essere sine die, si atteggia a vera e propria assunzione all'interno di una società interamente a capitale pubblico, con i vantaggi che il pubblico impiego riserva e con una remunerazione generosa da centonovantamila euro annui;

   invero, la collezione di eccentricità riguardanti la Sose non ha né principio né fine con il professore Atella;

   si narra di consulenze da seicentocinquanta euro al giorno affidate a un ex dipendente della pubblica amministrazione – il dottore Pier Luigi Semiani – oggi in pensione, nonostante le preclusioni della legge 6 novembre 2012, n. 190 (cosiddetta legge Severino) ovvero dell'incarico a membro del Consiglio di amministrazione della dottoressa Laura Serlenga – responsabile della corruzione e della trasparenza – docente presso l'università degli studi di Bari, autorizzata dallo stesso ateneo a svolgere un incarico extra istituzionale della durata di tre anni con un compenso di ottocento euro l'ora;

   di tutto ciò sembra non se ne siano accorti né il presidente, né il consigliere, né il collegio sindacale, formato da Claudio Lenoci, già deputato e sottosegretario, da Marco Cuccagna, beneficiario di una molteplicità di nomine in società pubbliche e Concetta Lo Porto;

   va considerata la natura esclusivamente pubblica della società in questione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative di competenza per porre in essere le opportune verifiche atte a garantire la reale trasparenza delle nomine e degli incarichi societari.
(5-05531)


   DEL BARBA, CENTEMERO, SUT, NARDI e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 119 del «decreto rilancio» ha rimodulato e rafforzato le detrazioni del cosiddetto ecobonus;

   il comma 3 dello stesso articolo chiarisce che le agevolazioni si applicano anche agli interventi di demolizione e ricostruzione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del Testo unico dell'edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

   quest'ultimo definisce gli interventi di ristrutturazione edilizia come «interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente [inclusi] il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti»;

   per giurisprudenza costante deve considerarsi «edificio esistente», anche quell'unità immobiliare sprovvista di copertura, dei muri perimetrali, o di entrambi, così come ora previsto anche dal comma 1-quater del citato articolo 119, introdotto con la legge di bilancio 2021;

   in alcuni casi il richiesto aumento di due classi energetiche come pure la prassi interpretativa di dover dimostrare l'esistenza di un impianto di riscaldamento (anche non funzionante) potevano apparire speciosi e di difficile interpretazione, foriera di contenziosi. Per questo il legislatore ha introdotto il citato comma 1-quater, proprio al fine di fugare tale impostazione, richiedendo al contribuente a fronte di tali semplificazioni, per i soli edifici «fatiscenti», il raggiungimento della classe A;

   quest'ultimi risultano senz'altro ammissibili alle detrazioni previste dal «Superbonus», purché ne sia dimostrabile la preesistente consistenza con qualsiasi mezzo, ciò sia per il Testo unico dell'edilizia che per la norma Uni 10838, che definisce l'organismo edilizio «l'insieme strutturato di elementi spaziali ed elementi tecnici, interni ed esterni, pertinenti all'edificio, caratterizzati dalle loro funzioni e dalle loro relazioni reciproche»;

   nella recente risposta n. 161 l'Agenzia delle entrate recita: «Al riguardo, si ritiene che, sentita ENEA, per gli interventi di efficientamento energetico (ad eccezione dell'installazione dei collettori solari per produzione di acqua calda e dei generatori alimentati a biomassa) deve altresì essere dimostrato, sulla base di una relazione tecnica, che nello stato iniziale l'edificio era dotato di un impianto idoneo a riscaldare gli ambienti di cui era costituito»;

   nei casi in esame appare incongruo che concetti come riqualificazione/efficientamento possano contemplarsi solo in presenza di un impianto preesistente (peraltro non funzionante), sia perché il «Superbonus», non impedisce il cambio di destinazione d'uso, sia perché il comma 1-quater mira a garantire il consolidamento di un patrimonio immobiliare efficiente dal punto di vista energetico, oggettivamente a prescindere dalle situazioni precedenti;

   l'esenzione dall'Ape introdotta dal comma 1-quater per le peculiari caratteristiche degli immobili ivi contemplati si rivela incoerente ove si ritenesse comunque necessario un impianto preesistente: è la stessa non necessarietà dell'attestato di prestazione energetica che esclude quest'ultimo, anche perché, in caso contrario, andrebbe effettuato un accertamento tecnico fine a sé stesso, del tutto inutile ai fini del «superbonus» posto che l'unico obiettivo da garantire è il raggiungimento della fascia A –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per chiarire che, ai fini del «Superbonus» non sussistono obblighi normatività circa la presenza di un impianto di riscaldamento preesistente negli edifici di cui al comma 1-quater, nonché per ribadire che la qualificazione di edificio esistente non può declinarsi fino a precludere le relative detrazioni a edifici «fatiscenti» e non preriscaldati, con grave pregiudizio sia per gli obiettivi di decarbonizzazione che di limitazione di consumo del suolo.
(5-05539)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con precedenti interrogazioni parlamentari è stato posto all'attenzione del Ministro interrogato il tema delle chiusure dei rapporti di conto corrente ad opera di alcuni istituti di credito nei confronti delle aziende di gioco pubblico;

   tale fenomeno, nonostante il perdurare dell'emergenza sanitaria in corso e della conseguente crisi finanziaria, non solo non si è arrestato, ma è proseguito con maggiore intensità e frequenza;

   innumerevoli e convergenti sono le segnalazioni provenienti dalle imprese del settore relativi ad una restrizione o chiusura dei rapporti di credito da parte del settore bancario;

   il settore del gioco pubblico è oggetto di privativa dello Stato e gestito in virtù delle concessioni assegnate attraverso procedure di selezione emanate dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da aziende che svolgono, pertanto, attività e funzioni pubbliche in tale materia;

   tali operatori, nello svolgimento delle proprie funzioni, sono obbligati per concessione all'utilizzo di conti correnti dedicati per il corretto tracciamento dei flussi finanziari derivanti dalla raccolta di gioco e in quanto agenti della riscossione sottoposti al controllo della Corte dei conti;

   nell'ambito delle risorse raccolte durante l'attività di commercializzazione dei giochi pubblici gli operatori movimentano denaro pubblico, in quanto l'imposta da versare all'erario costituisce parte della raccolta;

   le operazioni comuni a tutte le aziende, quali ad esempio pagamento di stipendi, fornitori, contributi ed altre tasse, non possono che avvenire attraverso l'utilizzo di conti correnti bancari come disposto per legge;

   i conti correnti sono servizi pubblici essenziali per garantire il funzionamento del ciclo economico e, in quanto tali, non possono essere negati –:

   quali iniziative di competenza anche normative, intenda intraprendere per consentire alle società di gioco pubblico di avere accesso, al pari delle altre aziende appartenenti al settore produttivo, ai servizi bancari e creditizi al fine di poter svolgere regolarmente la propria attività nel rispetto delle normative vigenti, nonché in virtù della normativa generale sulle limitazioni dell'utilizzo del contante di cui alla legge 19 dicembre 2019, n. 157 e della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che impone ai cittadini l'esclusivo utilizzo di un conto corrente sul quale depositare emolumenti derivanti da rapporti di lavoro e altre transazioni oltre una somma determinata.
(4-08631)


   SCAGLIUSI, LIUZZI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia del demanio è ente pubblico economico sottoposto all'alta vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze;

   l'attività dell'Agenzia è regolata dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, dallo statuto e dalle norme del codice civile e dalle altre leggi relative alle persone giuridiche private e adotta propri regolamenti di contabilità e di amministrazione;

   l'articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e l'articolo 5 dello statuto dell'agenzia del Demanio prevedono che il direttore venga nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata Stato, regioni, autonomie locali;

   le stesse norme stabiliscono che il direttore sia scelto in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di qualificata esperienza nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell'Agenzia;

   l'articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che specifici incarichi di funzione dirigenziale, tra cui quello di direttore dell'Agenzia del demanio, cessino decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo;

   da notizie di stampa si apprende che potrebbe esserci un cambio al vertice dell'Agenzia del demanio e l'attuale direttore Antonio Agostini dovrebbe essere sostituito da Alessandra Del Verme, già responsabile dell'ispettorato generale per gli affari economici della Ragioneria generale dello Stato e cognata dell'attuale Commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni;

   l'assenza di una normativa rigorosa sul tema del conflitto d'interessi nelle nomine pubbliche non esime il decisore da doverose valutazioni di opportunità sulla scelta del direttore dell'Agenzia del demanio –:

   se trovi conferma quanto esposto in premessa e quali siano gli orientamenti del Governo al riguardo.
(4-08638)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI e ALBANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   anche quest'anno il Festival della musica italiana si è concluso suscitando talune polemiche tra le quali quelle relative all'esibizione del cantante Achille Lauro fortemente criticato sia per l'utilizzo improprio di simboli religiosi che per l'offensivo gesto contro il Tricolore;

   il cantante, infatti, si sarebbe presentato sul palco dell'Ariston brandendo il Tricolore per poi gettarlo a terra e proseguire nella sua esibizione;

   esemplari su quanto accaduto sono le parole del Generale di Brigata, Rodolfo Sganga, comandante dell'accademia militare di Modena che in un post social di Facebook scrive: «Cos'è il Tricolore? Il Tricolore è una cosa seria. È il simbolo della nostra Patria che è la Terra dei Padri. E la Patria non è un concetto astratto, anzi! Rappresenta la nostra storia, le nostre tradizioni, i nostri Valori, la nostra cultura, la nostra lingua, le nostre famiglie. La nostra Patria siamo noi. Quel Tricolore siamo noi. Il Tricolore è la bussola etica che ci indica costantemente la direzione corretta da seguire nella vita. E noi Soldati in uniforme, gli rendiamo omaggio in maniera solenne ogni mattina. Per difendere quel Tricolore sono morti Soldati a centinaia di migliaia e altrettanti Italiani sarebbero pronti a farlo se dovessimo difenderlo ancora. Ecco cos'è il Tricolore»;

   il gesto del cantante di gettare a terra la bandiera italiana rappresenterebbe una esplicita manifestazione di gratuito disprezzo e svilimento dell'emblema, che, insieme allo Stato e alle sue istituzioni, è oggetto di tutela penale; né la sua azione si potrebbe ritenere giustificata quale libera manifestazione del pensiero che trova un suo limite nella tutela di altri valori costituzionalmente garantiti;

   quanto descritto è avvenuto nel corso di una manifestazione tra le più importanti trasmesse dalla televisione di Stato (per la quale i cittadini contribuiscono con il pagamento del canone Rai), seguita da milioni di telespettatori, con il rischio di veicolare e legittimare simili condotte di disprezzo e dileggio del Tricolore;

   del resto, negli ultimi anni, numerose sono le azioni di vilipendio contro i simboli di Stato, le sue istituzione e sovente anche contro le Forze armate, a causa, forse, ad avviso degli interroganti, di una politica deflattiva tesa a destrutturare la valenza penale e offensiva di simili azioni;

   il reato di vilipendio contro la bandiera nazionale di cui all'articolo 292 del codice penale, infatti, è stato oggetto di riforma nel 2006 che ha disposto per talune condotte l'applicazione della pena pecuniaria, in sostituzione della reclusione, secondo gli interroganti, azzerando la fruizione deterrente della norma;

   a parere dell'interrogante, la difesa della nostra Patria e dei suoi simboli richiede che venga ripristinata la precedente formulazione dell'articolo 292 del codice penale che prevedeva la reclusione da uno a tre anni per punire le condotte ignobili e oltraggiose verso la bandiera nazionale, non essendo sufficiente la mera sanzione pecuniaria per condannare espressioni o gesti ingiuriosi come quello descritto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare urgenti iniziative di carattere normativo per prevedere un inasprimento delle pene per le condotte di vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato.
(4-08639)


   IOVINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con decreto interministeriale (Ministro della giustizia-Ministro dell'economia e delle finanze) del 30 dicembre 2019, si è disposta la determinazione annuale delle risorse destinate all'erogazione delle borse di studio per coloro che abbiano svolto i tirocini formativi di cui all'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, per l'anno 2019, individuando i requisiti di attribuzione;

   con decreto interministeriale (Ministro della giustizia-Ministro dell'economia e delle finanze) dell'11 dicembre 2020, si è intervenuti a correggere il decreto interministeriale del 30 dicembre 2019 su indicato, con l'apporto di istruzioni operative per la presentazione delle domande e per la trasmissione dei dati da parte degli uffici della giustizia amministrativa;

   il 17 marzo 2021, sul sito del Ministero della giustizia, viene pubblicata la graduatoria definitiva delle borse di studio per i tirocini formativi ex articolo 73 decreto-legge n. 69 del 2013, svolti nell'anno 2019 presso gli uffici giudiziari italiani della giustizia ordinaria e amministrativa;

   alla data di oggi non vi è traccia né del bando per le borse di studio relative ai tirocini formativi di cui all'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, per l'anno 2020, né del decreto interministeriale per la determinazione annuale delle risorse destinate all'erogazione di tali borse di studio relative sempre al 2020;

   va sottolineata l'importanza di tale contributo per i tirocinanti che svolgono servizio presso gli uffici giudiziari, nonché l'importanza che tali borse vengano erogate e ricevute in tempi rapidi, specialmente in questa situazione di emergenza socio-sanitaria –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per porre rimedio alla problematica sopra descritta, riguardante i tirocini formativi di cui all'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, per l'anno 2020, sia ai fini della determinazione annuale delle risorse sia ai fini della pubblicazione del bando per le borse di studio.
(4-08651)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6 della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso) ha modificato l'articolo 165 del codice penale, inserendo, dopo il quarto comma, la previsione di cui al quinto comma per cui nei casi di reati che sono concreta manifestazione di violenza familiare e di genere «la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati»;

   la novità legislativa introdotta è importante, perché nei confronti di un soggetto ritenuto colpevole di reati gravi quali sono quelli della violenza in ambito familiare, domestico e sessuale, subordina la sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici e significativi percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, di assistenza psicologica e di recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, nell'intento di valorizzare la funzione riparatoria e di risocializzazione della pena. Non sempre, infatti, il carcere, soprattutto per chi è incorso per la prima volta nella commissione di un reato, costituisce la soluzione più efficace in termini di rieducazione dello stesso;

   nonostante ciò, la disposizione citata presenta degli aspetti di criticità sotto il profilo della sua concreta attuazione e operatività, perché effettivamente priva di disposizioni di dettaglio presentando, altresì, talune problematiche interpretative. Tali profili di criticità appaiono ancor più rilevanti in considerazione dell'assenza di indirizzi operativi, in fase di prima applicazione, sia per i giudici che per gli uffici di esecuzione penale esterna;

   tra questi profili di criticità (taluni individuati e segnalati dagli operatori del diritto) vi sono i seguenti:

    1) viene fatto il generico riferimento alla «partecipazione» ai percorsi di recupero: a) senza che si fornisca una precisa indicazione sul momento in cui debba essere intrapreso tale percorso rispetto all'emanazione della sentenza; b) senza specificare i requisiti minimi e i contenuti che i percorsi di recupero debbano avere per essere ritenuti adeguati da un giudice e senza indicare i criteri necessari per identificare e valutare la legittimazione degli enti o delle associazioni abilitate allo svolgimento dei percorsi di recupero;

    2) ci si chiede, inoltre, se: a) l'accesso al beneficio debba funzionare ad istanza di parte o d'ufficio; se il giudice possa emettere sentenza di condanna a pena sospesa solo dopo avere accertato l'effettiva partecipazione dell'imputato al percorso di recupero oppure se sia sufficiente che l'interessato produca documentazione attestante la richiesta rivolta ad uno dei centri specializzati, con relativa accettazione; b) quali altri strumenti necessari occorrerebbe attivare a conclusione del percorso di trattamento e quali nell'ipotesi di una interruzione riferibile alla volontà dell'imputato; c) se la nuova previsione sia applicabile anche alle ipotesi di patteggiamento;

    3) infine, ci si chiede quid iuris per l'imputato che versi in condizioni di disagio economico, visto che gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero sono a carico del condannato;

   ad oggi, in assenza di disposizioni di dettaglio e di indicazioni operative ministeriali capaci di colmare le criticità operative e interpretative che tale disposizione presenta, in alcuni tribunali si sta cercando di addivenire alla stesura di protocolli per ovviare a tali lacune normative e interpretative per rendere attuabile siffatto disposto normativo; diversamente, il suo contenuto rimarrebbe svuotato nella sua concreta efficacia;

   la prescrizione legislativa di cui all'articolo 165, quinto comma, del codice penale, è una norma importante in quanto, in attuazione dei principi della Convenzione di Istanbul, mira a rafforzare la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere tramite una seria ed efficace prevenzione di tale fenomeno che passa necessariamente per una rieducazione dell'autore del reato commesso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative normative ritenga opportuno adottare al fine di risolvere le problematiche attuative e interpretative che la statuizione di cui all'articolo 165, quinto comma, del codice penale, presenta, affinché la stessa possa dispiegare, concretamente, i propri effetti.
(4-08654)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPENA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per l'anno 2020, n. 160 del 2019, all'articolo 1, commi 113 e 114, come modificati dall'articolo 86 del decreto-legge n. 104 del 2020 e dalla legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 650, ha stanziato complessivamente 53 milioni di euro per l'anno 2020 da destinare, per un importo pari a 50 milioni di euro, al ristoro delle rate di finanziamento o dei canoni di leasing, con scadenza compresa, anche per effetto di dilazione, tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020, concernenti gli acquisiti di veicoli nuovi di fabbrica di categoria M2 e M3 e adibiti allo svolgimento del servizio di trasporto di passeggeri su strada, effettuati a partire dal 1° gennaio 2018 anche mediante contratti di locazione finanziaria, e, per un importo pari a 3 milioni di euro, al rinnovo del parco veicolare delle imprese di autotrasporto esercenti l'attività di trasporto di passeggeri su strada e non soggette ad obbligo di servizio pubblico;

   le sopra citate risorse non sono state ancora erogate ai soggetti aventi diritto a seguito della mancata adozione dei relativi provvedimenti attuativi;

   anche a causa del perdurare dello stato di crisi prodotto dalla pandemia da Covid-19, in particolare nel settore dei bus turistici, è quanto mai urgente procedere all'erogazione dei finanziamenti previsti per l'anno 2020 –:

   quando si potrà procedere all'erogazione ai soggetti destinatari delle risorse di cui ai commi 113 e 114 dell'articolo 1 della legge 106 del 2019.
(5-05533)


   GALLO, VILLANI, DI LAURO, DAVIDE AIELLO, SCANU, IORIO, GRIMALDI, BUOMPANE, MARTINCIGLIO e ADELIZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in questi mesi segnati dalla crisi epidemiologica globale, i lavoratori marittimi hanno duramente sofferto a causa del sostanziale blocco del settore e, purtroppo, le prospettive di ripresa sono ancora indefinite;

   a ciò si aggiungono criticità già note, quali:

    la mancata attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 27 (collocamento della gente di mare) del decreto legislativo n. 150 del 2015, che prevedeva la possibilità, da parte delle capitanerie di porto, di svolgere attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, sulla base di convenzioni tra Anpal e Mit che, tuttavia, non sono mai state siglate;

    le criticità connesse all'applicazione della legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 910-914, concernente il divieto per il datore di lavoro, anche di anticipare contanti ai propri dipendenti: il comma 913, nell'individuare alcune categorie esentate, non contempla i marittimi i quali, durante le franchigie a terra, si trovano spesso in porti esteri remoti ove risulta impossibile effettuare prelievi o pagamenti elettronici per compiere spese personali sia ricreative, sia di necessità;

    l'obbligatorietà dei marittimi di conseguire e rinnovare presso private academy, certificati e attestati di qualificazione professionale, le cui spese sono poste totalmente a carico dei lavoratori stessi, causando una contrazione del proprio reddito;

    il mancato riconoscimento di detti certificati, laddove conseguiti in centri di addestramento esteri regolarmente riconosciuti dall'Imo, da parte delle capitanerie di porto le quali, contravvenendo alle regole I/10 – riconoscimento dei certificati, e I/2 – certificazioni e convalide (endorsement) della convenzione Stcw, richiedono, ad avviso dell'interrogante, in maniera alquanto arbitraria, un'ulteriore certificazione «italiana», mentre il lavoratore marittimo comunitario può imbarcare su navi italiane con certificazioni emesse dal proprio Stato, in quanto l'Stcw stabilisce e garantisce i parametri minimi per la tenuta della guardia. Inoltre, si sottolinea la normale procedura del Ministero dello sviluppo economico, che riconosce i certificati di global maritime distress safety system, a fronte di una semplice domanda di endorsement e dell'esibizione dell'originale in corso di validità;

   le lungaggini burocratiche cui sono sottoposti i lavoratori del settore, inducono a suggerire fortemente l'ammodernamento, la semplificazione e la digitalizzazione del settore, creando un'anagrafe informatica unica della «Gente di mare»;

   un siffatto sistema consentirebbe di avere una conoscenza dettagliata e aggiornata di questa platea di lavoratori e garantirebbe la possibilità di espletare in maniera rapida e sicura una serie di gravosi adempimenti burocratici –:

   se si intendano intraprendere tutte le iniziative di competenza necessarie a definire le convenzioni con l'Anpal, di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;

   se intendano adottare iniziative normative, per quanto di competenza, al fine di prevedere l'esenzione dei lavoratori marittimi dall'applicazione dei commi da 910 a 914 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, limitatamente alla possibilità di ricevere anticipi sullo stipendio nei periodi di navigazione;

   se si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire la deduzione dei costi sostenuti dai lavoratori marittimi per la partecipazione a corsi ed attività di formazione inerenti alla propria attività lavorativa;

   se si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché il Corpo delle capitanerie di faccia rispettare i trattati internazionali, in particolare il riconoscimento in Italia dei certificati di addestramento svolti in centri abilitati dall'Imo presso Stati membri dell'Unione europea, dietro accertamento di autenticità;

   se si intendano adottare iniziative per implementare un'anagrafe informatica unica della «gente di mare», tramite portale informatico in capo al Comando generale delle capitanerie di porto, che possa fornire una serie di servizi telematici, come quelli di cui in premessa, al fine di semplificare, velocizzare e sburocratizzare il settore, come sopra esposto.
(5-05542)


   MURONI, CECCONI, FIORAMONTI e LOMBARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dal dibattito tenuto in un recente consiglio comunale di Casalmaggiore (Cremona) sul tema della tangenziale, sarebbe emersa l'esistenza di una trattativa in corso tra la società regionale Aria spa, in qualità di concedente, e la concessionaria del progetto autostradale regionale Cremona-Mantova, Stradivaria spa, per addivenire alla rescissione del relativo contratto di concessione;

   va considerato questo un indispensabile passaggio amministrativo, propedeutico all'apertura di una nuova fase, con la realizzazione e la gestione del suddetto progetto autostradale attraverso una delle soluzioni alternative ipotizzate al tavolo regionale delle infrastrutture del 30 luglio 2019, e precisamente lo «scenario C – concessione pubblica», che prevede l'affidamento della concessione a una società pubblica partecipata da regione Lombardia (esempio Cal/Ilspa);

   inoltre al progetto autostradale della Cremona-Mantova, mancano i 9 chilometri centrali del tracciato, la cui realizzazione è attualmente in carico alla concessione del Ti-Bre autostradale e, nell'ipotesi richiamata, «scenario C», verrebbero portati in capo alla concessione regionale, previa revisione della convenzione di concessione del Ti-Bre, con conseguente rideterminazione della sua durata, e con significativi riflessi negativi sull'accordo siglato tra Governo italiano e Commissione europea in ordine alla chiusura della procedura di infrazione per la proroga senza gara della concessione autostradale A15 Parma-La Spezia;

   tra gli scenari regionali, c'è quello proposto dalle associazioni ambientaliste, il cosiddetto «Scenario ulteriore», strada a una corsia per senso di marcia: si tratterebbe di una ricalibratura (piattaforma categoria C1) dell'esistente con un costo di 100/200 milioni di euro a carico di soggetti pubblici e tempi di realizzazione tre anni;

   tale proposta è stata inviata al Ministro interrogato con nota del 22 febbraio 2021, corredata da un apposito studio;

   tale proposta rappresenta la vera alternativa alla Cremona-Mantova, sostenibile sia sul piano economico-finanziario che ambientale, con uno scarsissimo consumo di suolo, commisurata all'effettivo Tgm della strada statale 10, che da decenni si attesta sui 9.000 veicoli/giorno;

   oltre al costo regionale di realizzazione della Cremona-Mantova di 1.083 milioni di euro, l'onere finanziario statale, qualora si decidesse di assecondare la scelta di regione Lombardia, ammonterebbe a circa, ulteriori, 1 miliardo di euro, per finanziare:

    i 9 chilometri del tracciato (ex Ti-Bre);

    le opere di connessione alla Cremona-Mantova;

    il credito di imposta a titolo di Iva sui lavori e imposte su utili di esercizio e sull'attività di gestione;

   questi costi sono da confrontare con quelli derivanti dall'accordo di programma proposto dalle associazioni ambientaliste, che ammontano a circa 400 milioni di euro;

   inoltre il piano della mobilità della regione Lombardia evidenzia che:

    dei circa 16 milioni di spostamenti quotidiani, il 90 per cento avviene entro i 20 chilometri e di questi il 70 per cento avviene entro i 10 chilometri;

    solo il 7 per cento delle merci viaggia su «ferro», mentre il 93 per cento ancora su gomma;

   l'European Green Deal delinea una rivoluzione verde anche in tema di infrastrutture al servizio di un nuovo modello di mobilità, moderna e sostenibile, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 –:

   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, in relazione alla proposta che prevede la riqualificazione della strada statale 10, la cui gestione è ora passata in capo ad Anas, come alternativa concreta e sostenibile alla realizzazione dell'autostrada Cremona-Mantova, all'interno di un preciso accordo di programma e nel segno di una indispensabile sostenibilità ambientale;

   quale sia l'orientamento del Governo, per quanto di competenza, in ordine alla richiesta, avanzata da regione Lombardia, di stralciare dalla convenzione della concessione autostradale A15 Parma-La Spezia i 9 chilometri centrali di interconnessione con il progetto dell'autostrada regionale Cremona-Mantova.
(5-05544)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il crollo delle due campate centrali del ponte Lenzino, che collegava il comune di Corte Brugnatella a quello di Cerignale, a circa 80 chilometri da Piacenza, è avvenuto ormai il 3 ottobre 2020 intorno alle 15 durante una forte ondata di mal tempo e di piena del Fiume Trebbia. Il cedimento dell'opera, non ha provocato feriti ma ha isolato le due zone dell'Alta val Trebbia causando la chiusura della strada statale 45 che collega Piacenza a Genova;

   i disagi della complicata viabilità alternativa, di circa 15 chilometri più lunga, che prevede il passaggio sulla strada provinciale 73 di Lago, in provincia di Piacenza, e un piccolo tratto della strada provinciale 186 del Brallo, in provincia di Pavia, si sono riversati addosso ai 1.300 cittadini residenti di zona ed alle attività già provate duramente dalle restrizioni legate all'emergenza Covid-19;

   i danni legati al crollo del ponte sono superiori a cinque milioni di euro ed attualmente Anas, a cui compete la gestione della strada statale 45, ha avviato i cantieri per la realizzazione di un ponte Bailey che consenta provvisoriamente di riattraversare il fiume e collegare Corte Brugnatella a Cerignale;

   il cantiere per la realizzazione di tale ponte sembra caratterizzato da diverse difficoltà che ne stanno rallentando i tempi di consegna previsti per fine marzo 2021, tra cui l'approvvigionamento di materiale inerte utilizzato dal cantiere molto distante dal luogo dei lavori, nonostante sia stata inoltrata una richiesta di utilizzo di «ghiaia locale» agli enti competenti, Anas, ex difesa del suolo ed Arpae, diretta a sottolineare l'abbondanza di ghiaia che si trova in Val Trebbia che ridurrebbe i tempi di realizzazione per le opere del ponte Bailey;

   per quanto riguarda, invece, il ponte definitivo, è stato approvato in Unione Montana Valli Trebbia e Lauretta un ordine del giorno nel quale i sindaci chiedono ufficialmente che questo non sia realizzato sul tracciato del ponte crollato, perché soggetto a frane. Il ponte ipotizzato dai primi cittadini avrebbe un costo di 10 milioni di euro, mentre quello realizzato sul tracciato del vecchio, salvandone i ruderi, costerebbe 13 milioni;

   nonostante gli annunci dell'ex Ministro De Micheli durante un sopralluogo del 9 ottobre 2020, poco dopo il crollo del Ponte Lenzino, ancora non esiste una data certa della realizzazione dell'opera provvisoria e continuano i sacrifici per la cittadinanza di zona e il traffico sovraccarico per il percorso alternativo sulla strada provinciale 73;

   l'Anas, inoltre, ha stanziato oltre 41 milioni di euro per sistemare l'importante arteria della strada statale 45 su cui da decenni si inseguono diversi progetti senza l'avvio concreto dei cantieri; gli ammodernamenti per la strada statale 45 riguardano principalmente: messa in sicurezza, pavimentazione, allargamento della sede stradale — su tutto il tratto — da 6 a 9,5 metri –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda mettere in atto, per quanto di competenza, affinché si realizzi in tempi celeri il ponte provvisorio e si progetti e si realizzi il nuovo Ponte Lenzino sul Trebbia, accogliendo, per quanto possibile, le indicazioni dei rappresentanti delle amministrazioni legali interessate, e, inoltre, affinché siano sbloccati i lavori di ammodernamento previsti per tutta la strada statale 45 garantendo, nel contempo, soluzioni di transito alternative per la fase del cantiere che evitino di sovraccaricare la strada provinciale 73.
(4-08619)


   TASSO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 89, detta Garganica, è una strada in gestione Anas spa, che, attraversando il Parco nazionale del Gargano, percorre il periplo dell'omonimo promontorio collegando San Severo a Foggia;

   gli ultimi 40 chilometri di tale infrastruttura, da Manfredonia a Foggia, sono impostati come una superstrada a 4 corsie, che costeggia anche l'aeroporto militare di Amendola;

   si tratta di un'arteria stradale fondamentale per la viabilità del territorio, molto trafficata sia per gli spostamenti di persone che per la movimentazione delle merci che viaggiano su gomma. La strada statale 89 è, infatti, la principale via di collegamento tra l'autostrada A14-Adriatica e i centri turistici del Gargano, l'aeroporto militare Amendola, l'area industriale di Manfredonia;

   numerosi e spesso mortali sono gli incidenti stradali, soprattutto nei tratti di codesta arteria non dotati di barriere e/o guard-rail spartitraffico centrali di sicurezza che ne regolerebbero oltremodo il flusso veicolare;

   un incidente che destò particolare sconcerto nell'opinione pubblica fu quello di una coppia di coniugi travolta e uccisa da un'autovettura di fronte all'Abbazia di San Leonardo in Lama Volara;

   dal 2015 ad oggi, nel solo tratto a doppia carreggiata senza spartitraffico fra l'uscita Manfredonia Sud e l'aeroporto di Amendola, 8 persone sono decedute e 14 sono rimaste ferite in maniera grave in incidenti stradali. L'ultimo episodio è avvenuto sabato 23 gennaio 2021 ed è costato la vita ad una giovane di Manfredonia;

   questo testimonia la cogente Necessità di mettere in sicurezza la circolazione e la viabilità, nel territorio della provincia di Foggia, di questa fondamentale arteria viaria;

   in risposta ad una nota dell'interrogante del 2018, Anas comunicò che: «L'intervento di adeguamento e miglioramento tecnico funzionale, mediante installazione di barriere di sicurezza tipo New Jersey, sul tratto tangenziale di Manfredonia – svincolo di San Giovanni Rotondo della S.S. 89, è stato inserito nel piano dei fabbisogni ANAS per la manutenzione programmata 2017-2021»;

   ad una interrogazione sullo stesso tema presentata dal sottoscritto, il Ministro interrogato rispose che Anas aveva in programma i lavori di separazione delle carreggiate, nel tratto Manfredonia-Aeroporto Amendola;

   dal sito dell'azienda risulta all'interrogante che ci sarebbero i fondi per realizzare barriere spartitraffico su tutta la rete viaria nazionale gestita da Anas spa –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative per garantire la sicurezza della circolazione stradale nella tratta di cui in premessa con specifici interventi, in particolare attraverso l'installazione di barriere di sicurezza.
(4-08636)


   BRAMBILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il parco naturale regionale del monte San Bartolo è un'area protetta della regione Marche, istituita nel 1994 tra Gabicce e Pesaro, che confina a est con il mare e ad ovest, per circa 10 chilometri, con il tracciato della strada statale 16;

   sul territorio del parco non vi sono fonti alle quali possano abbeverarsi gli animali selvatici, che infatti utilizzano il cosiddetto «fosso della Ranocchia», situato al di là della strada statale 16, attraversandola generalmente nella parte meno antropizzata, il valico delle Siligate;

   nel tratto confinante con il parco, l'Anas aveva previsto, per proteggere le corsie, l'installazione di barriere New Jersey alte 1,3 metri che costituirebbero un ostacolo insormontabile per gli individui più giovani dei branchi di ungulati in cerca di acqua. Gli animali rischierebbero di rimanere bloccati sulla sede stradale, mettendo in pericolo la propria vita e quella degli automobilisti;

   secondo i residenti della zona, il passaggio per l'abbeverata degli animali potrebbe essere garantito da piccoli tunnel, inadatti però ad ungulati di taglia maggiore;

   il 25 febbraio 2021 la Soprintendenza all'archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche ha rilevato l'assenza dell'autorizzazione paesaggistica e ha chiesto, nelle more di un tempestivo avvio del procedimento che veda coinvolti tutti gli enti e i soggetti direttamente interessati, la sospensione dei lavori e l'invio di una relazione sullo stato d'avanzamento;

   da fonti stampa (edizione locale del Resto del Carlino, 9 marzo 2021) si apprende inoltre che l'Anas avrebbe manifestato l'intenzione di rimuovere le barriere dalle Siligate –:

   con quali accorgimenti l'Anas intenda garantire agli animali selvatici del Parco di monte san Bartolo la possibilità di recarsi all'abbeverata senza correre il rischio di essere investiti e di provocare incidenti.
(4-08650)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   TRAVERSI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto dirigenziale 1211 del 26 febbraio 2021 la regione Liguria ha concesso alla società C.E T. (Compagnia europea per il titanio) l'autorizzazione per la ricerca mineraria del rutilo, minerale contenente elevate concentrazioni di titanio, nel parco regionale del Beigua tra i territori dei comuni di Urbe e di Sassello, in Liguria;

   il progetto occuperebbe per circa 288 ettari il sito di interesse comunitario Sic IT1331402 Beigua-Pavaglione e verrebbe a trovarsi a circa 600 metri dalla zona di protezione speciale Zps IT1331578 Beigua-Turchino;

   l'area è sottoposta a vincolo idrogeologico ed ambientale ed è interessata dalla presenza di acque pubbliche. Inoltre, a causa delle rocce presenti nel sottosuolo, l'attività di ricerca mineraria rischierebbe di liberare amianto nell'aria;

   le attività di ricerca proposte sono realizzate da un'azienda mineraria e si configurano come attività di prospezione finalizzate all'apertura di una miniera nel prossimo futuro;

   l'Ente Parco del Beigua, con nota prot. n. 41 del 13 gennaio 2021, ha trasmesso la propria determinazione n. 19 del 13 gennaio 2021 esprimendo parere negativo in quanto: le attività di ricerca proposte si configurano come attività di prospezione mineraria (ricerca di giacimenti di sostanze minerali, economicamente coltivabili) non assimilabili alla ricerca scientifica propriamente detta e finalizzate ad un'attività incompatibile con le norme del piano integrato del Parco; le modalità e gli strumenti impiegati nella proposta di ricerca appaiono non funzionali ad ottenere i risultati scientifici descritti; la mancata sottoscrizione da parte della Cet S.r.l. del modulo di richiesta di ricerca e monitoraggio previsto dal regolamento del Parco per la ricerca e il monitoraggio n. 11 del 2020, fa presupporre la mancanza dei requisiti richiesti dall'Ente Parco per effettuare le indagini sul campo proposte;

   il Ministero della transizione ecologica, con nota prot. n. 62285 del 6 agosto 2020, ha archiviato l'istanza di valutazione di impatto ambientale nazionale per l'intervento di ricerca sopraindicato, evidenziando che «... in assenza quindi di interventi che possano, anche potenzialmente, apportare modifiche all'ambiente naturale o al paesaggio, si ritiene che le attività di ricerca previste dal progetto in oggetto non possono costituire di per sé oggetto di valutazione e che, pertanto, non sussistano i presupposti per l'attivazione di una procedura di VIA»;

   il Ministero della transizione ecologica, nel pronunciarsi, non ha considerato, ad avviso dell'interrogante, le linee guida per la valutazione di incidenza (Vinca) circa l'applicazione dell'articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE che prevedono; «per quanto riguarda l'ambito geografico, le disposizioni dell'articolo 6 paragrafo 3, non si limitano ai piani e ai progetti che si verificano esclusivamente all'interno o coprono un sito protetto; essi hanno come obiettivo anche piani e progetti situati al di fuori del sito ma che potrebbero avere un effetto significativo su di esso, indipendentemente dalla loro distanza dal sito in questione (cause C-98/03, paragrafo 51, C-418/04)» –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto;

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno adottare le iniziative di competenza affinché sia rivista la richiamata decisione sulla ricerca in questione, alla luce delle linee guida sulla valutazione di incidenza ambientale (Vinca) succitate.
(4-08655)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TUZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da Daniele Tissone, segretario del sindacato di polizia Silp Cgil, da oltre 15 anni è stato ridotto il turn over di poliziotti, carabinieri, finanzieri e penitenziari di oltre il 50 per cento portando, per la sola Polizia di Stato, le 117.291 unite del 1989 alle attuali 99.781;

   in relazione alla persistenza dell'emergenza sanitaria da Covid-19, sono stati rimandati i concorsi pubblici per l'assunzione di allievi agenti della Polizia di Stato, come è accaduto al concorso pubblicato il 15 maggio 2020 in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 4ˆ Serie speciale «Concorsi ed esami» per l'assunzione di 1350 allievi agenti della Polizia di Stato, indetto con decreto del Capo della Polizia – direttore generale della pubblica sicurezza e rimandato per ben cinque volte comportando un ritardo nelle assunzioni ritenute urgenti;

   il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali», all'articolo 6-bis – rubricato «Armonizzazione dei termini di validità delle graduatorie di concorsi pubblici» – ha novellato il comma 362 che proroga la validità delle graduatorie approvate nel 2016, al 30 settembre 2020, prevedendo che quelle approvate nel 2017 restino valide fino al 31 marzo 2021, e quelle approvate nel 2018 fino 31 dicembre 2021;

   quelle approvate a partire dal 1° gennaio 2019 saranno valide per i 3 anni successivi alla data di approvazione;

   vista l'applicazione di nuove misure restrittive per il contenimento del contagio da Covid-19, in particolare per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, presumibilmente non sarà possibile effettuare, nel breve termine, nuovi concorsi –:

   se sia stata presa in considerazione l'ipotesi di adottare iniziative per prevedere un'ulteriore proroga delle graduatorie del concorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4ˆ Serie Speciale «Concorsi ed Esami» del 26 maggio 2017 per l'assunzione di 1.148 allievi agenti della Polizia di Stato in scadenza il 31 marzo 2021.
(5-05535)

Interrogazione a risposta scritta:


   VIANELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 marzo 2021 da fonti stampa della Gazzetta del Mezzogiorno dal titolo «Elezioni Comunali a Pulsano ecco come votò il clan Agosta» si apprende che, a seguito delle rivelazioni del collaboratore di giustizia Vito Nicola Mandrillo, nelle carte dell'inchiesta antimafia denominata «Taros» emergono molteplici elementi di contatto tra il clan Agosta e la politica;

   in particolare, si apprende dall'articolo sopracitato, dall'inchiesta emergono questi contatti non soltanto con alcuni esponenti politici di Forza Italia del comune di Leporano in provincia di Taranto – Antonio Azzolino (commissario cittadino di Forza Italia e candidato a vicesindaco nel 2019) arrestato e indagato per concorso in scambio politico mafioso. Indagata per il medesimo reato risulta essere anche la ex candidata nella stessa lista dell'Azzolino, Daniela Vestita – ma anche e soprattutto con alcuni politici di Pulsano (comune limitrofo a Leporano) dove il gruppo ha il suo quartier generale;

   in merito alle rivelazioni del collaboratore di giustizia si apprende che: «L'Ecologia sarebbero i posti nella Lombardi, la ex Lombardi Ecologia gestiti da Mimmo D'Errico e dall'altro assessore che non ricordo, Lupoli, se non mi sbaglio, Lupoli, una cosa del genere, Franco, non mi ricordo, comunque di persona lo conosco, adesso il nome non lo sto ricordando. Agosta con tutti gli affiliati gli fecero la campagna elettorale per quanto mi ricordo io»;

   gli inquirenti chiesero al Mandrillo in ordine ai rapporti con questi politici, se gli risultasse che veniva dato denaro, e Mandrillo rispose così: «Penso che sia denaro. Era tutta una cosa praticamente fra Agosta, Lupoli, Franco o Francesco (il riferimento è all'attuale sindaco di Pulsano che all'epoca dei fatti era assessore comunale);

   Agosta gli garantiva protezione anche da Venere e che bruciò la macchina della sorella del vice sindaco. Si davano una mano a vicenda, il comune, gli operatori del comune e Maurizio Agosta, perché era il referente della zona, per qualsiasi problema si andava da Maurizio Agosta e Maurizio Agosta ingaggiava le altre persone per fare i danni...»;

   in data 18 febbraio 2019 emerge un altro riferimento al presunto sostegno del clan Agosta all'attuale primo cittadino di Pulsano Lupoli quando i due arrestati con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso Pietro Soprano e Domenico Costanzo si recano a casa dell'assessore comunale di Pulsano con delega allo sport, pubblica istruzione e servizi sociali Marika Mandorino (che risulta essere non indagata). I due interloquiscono con lei e il padre, chiedendo un aiuto per il procacciamento di voti in vista delle amministrative di Leporano. Al termine dell'incontro, Soprano fece un chiaro riferimento al sostegno fornito nell'ultima tornata elettorale locale del gruppo di Maurizio Agosta all'attuale sindaco di Pulsano, Lupoli (non indagato) che il Mandrillo indica quale esponente politico locale attiguo al gruppo criminale di Maurizio Agosta –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga di valutare se sussistono i presupposti per adottare iniziative di competenza, ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
(4-08623)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRASSINETTI, BELLUCCI, VARCHI e CIABURRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 17 marzo 2021 si celebra la giornata dell'Unità nazionale della Costituzione, dell'inno e della bandiera;

   con la legge n. 222 del 23 novembre 2012, il Parlamento italiano ha ufficialmente riconosciuto la predetta giornata con l'obbiettivo di ricordare e consolidare l'identità nazionale attraverso la memoria civica. Per le scuole di ogni ordine e grado sono previsti dall'articolo 1 percorsi didattici, momenti di riflessione, iniziative e incontri celebrativi. Iniziative che hanno il fine di far conoscere gli eventi e il significato del risorgimento nonché di meditare sulle vicende che hanno condotto all'unità nazionale, alla scelta dell'inno di Mameli e della bandiera nazionale e all'approvazione della Costituzione, anche alla luce della storia europea;

   il comma 2 dell'articolo 1 prevede l'insegnamento dell'inno di Mameli e dei suoi fondamenti storici e ideali;

   per quanto risulta agli interroganti la maggioranza delle scuole ignora le predette disposizioni –:

   se intenda fornire elementi su quanti istituti scolastici abbiano spiegato il significato della giornata del 17 marzo come previsto dalla legge.
(4-08622)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per sapere – premesso che:

   la riforma del collocamento della gente di mare è stata avviata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 231 del 18 aprile 2006, «Regolamento recante disciplina del collocamento della gente di mare, a norma dell'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297»;

   ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del citato decreto, è stato adottato il decreto interministeriale del 24 gennaio 2008 sulle comunicazioni dei rapporti di lavoro da parte dei datori di lavoro marittimi. Il provvedimento ha introdotto il sistema delle comunicazioni on line anche per i datori di lavoro marittimo. Pertanto, a partire dal 1° agosto 2008, tutti gli armatori e le società di armamento sono tenute a comunicare le assunzioni, le trasformazioni, le proroghe e le cessazioni con un unico modello, denominato «Unimare», valido su tutto il territorio nazionale, il cui portale è gestito dal Ministero del lavoro e politiche sociali;

   il decreto legislativo n. 150 del 2015 «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive (...)» all'articolo 27, comma 3, ha disposto che le capitanerie di porto possano svolgere attività di intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro, in raccordo con le strutture regionali e con l'Anpal;

   sulla base di specifiche convenzioni tra Anpal ed il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, si sarebbero dovute individuare le capitanerie di porto autorizzate a svolgere tale attività di intermediazione, prevedendo altresì le modalità di accesso al sistema informativo di cui all'articolo 14 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015. Tuttavia, da quanto segnala Anpal, la stipula delle predette convenzioni non sarebbe ancora avvenuta;

   per quanto attiene allo specifico ruolo di Anpal nello sviluppo delle politiche attive e dei servizi per il lavoro per i lavoratori marittimi, il decreto del Presidente del la Repubblica n. 231 del 2006 ha previsto all'articolo 5, comma 5, l'approvazione di un ulteriore decreto del Presidente del la Repubblica, mai adottato, attraverso il quale il personale delle capitanerie di porto – adibito agli uffici di collocamento della gente di mare – avrebbe dovuto essere trasferito alle dipendenze funzionali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La mancanza di tale decreto, ha probabilmente impedito la stipula delle convenzioni previste dall'articolo 27, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2015;

   il presidente della Confitarma, Mario Mattioli, nell'ambito di una recente audizione in Senato in ordine all'esame della proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha auspicato che si istituisse un'anagrafe nazionale della gente di mare, nell'ambito della più complessiva attuazione della riforma del collocamento della gente di mare. L'anagrafe nazionale, aggiornata in tempo reale, dovrebbe lavorare insieme al sistema Unimare, consentendo di avere a disposizione una banca dati con il personale disponibile all'imbarco;

   la riforma del collocamento e l'integrazione con Unimare permetterebbero anche un migliore orientamento della programmazione degli istituti scolastici, sulla base delle reali esigenze formative di mercato;

   si rende pertanto necessario un confronto tra i soggetti coinvolti – Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Anpal, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e capitanerie di porto – al fine di ricostruire un quadro aggiornato della materia, nonché per la interconnessione dei soggetti coinvolti con le banche dati, necessarie allo svolgimento di tale attività, ai sensi della normativa vigente –:

   quali siano le motivazioni del ritardo in ordine all'adozione delle iniziative di competenza per l'emanazione del decreto previsto dall'articolo 5, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 231 del 2006 e alle conseguenti convenzioni tra Anpal e Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, propedeutiche all'individuazione delle capitanerie di porto autorizzate a svolgere attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro marittimo;

   quale sia lo stato di attuazione delle linee di indirizzo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con particolare riferimento al completamento ed all'attuazione della riforma del collocamento della gente di mare.
(2-01140) «Scagliusi, Barzotti, Martinciglio, Grippa, Manzo, Barbuto».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, RIZZETTO e BUCALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il 23 giugno 2020 la Corte costituzionale si è pronunciata sugli assegni di invalidità civile, il sostegno economico che lo Stato garantisce agli invalidi civili totali, e quindi inabili al lavoro;

   nella sua pronuncia la Corte ha rilevato che un importo mensile di soli 285,66 euro è manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i «mezzi necessari per vivere» ed è in contrasto perciò con il diritto riconosciuto dall'articolo 38 della Costituzione, secondo cui «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale»;

   tali assegni, infatti, disciplinati dalla legge 30 marzo 1971, n. 118, laddove corrisposti ai soggetti di età inferiore ai sessanta anni, erano sinora stati esclusi dal cosiddetto «incremento al milione», beneficio riconosciuto dalla legge n. 448 del 2001 per i soggetti con più di 60 anni di età, ma in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale il beneficio è stato esteso ai soggetti riconosciuti invalidi civili totali, sordi o ciechi civili assoluti a partire dai 18 anni di età;

   tuttavia, come si legge sul portale dell'Inps, «per avere diritto alla maggiorazione la legge prevede una soglia di reddito annuo personale pari a 8.469,63 euro (che sale a 14.447,42 euro, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato)»;

   tale cumulo, tuttavia, non opera laddove il percettore del reddito risulti altrimenti inserito all'interno di un nucleo familiare con altri soggetti –:

   se non si ritenga di adottare iniziative per sanare tale disparità di trattamento, prevedendo che sia sempre solo il reddito del percipiente l'assegno a costituire l'eventuale vincolo reddituale.
(5-05532)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della entrata in vigore del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, che ha modificato il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è stato introdotto il comma 2-bis all'articolo 55-septies del decreto legislativo n. 165 del 2001 con il quale è stata prevista la sottoscrizione di apposita convenzione tra l'Inps e le organizzazioni sindacali rappresentative dei medici di medicina fiscale per regolare i rapporti finalizzati alla effettuazione degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia ed è stato altresì previsto l'atto di indirizzo per la stipula delle convenzioni adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro della salute, sentito l'Inps per gli aspetti organizzativo-gestionali e sentite la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri e le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative;

   ai fini della predetta convenzione, il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, assegna all'Inps «l'importo di 15 milioni di euro per l'anno 2017, 35 milioni di euro per l'anno 2018 e 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019»;

   il 2 agosto 2017 è stato emanato il decreto ministeriale previsto dall'articolo 55-septies, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e con esso è stato approvato l'atto di indirizzo per la stipula della convenzione tra l'Inps e le organizzazioni sindacali, indicando il contenuto della convenzione, i princìpi e i criteri cui essa doveva uniformarsi;

   in forza dell'articolo 17, comma 5, lettera b-bis), del decreto-legge n. 98 del 2011 le risorse per l'effettuazione degli accertamenti, di cui alla predetta disposizione, sono state assegnate ogni anno ed a far data dal 2017, nella misura annualmente indicata, all'Inps, che parimenti annualmente, avrebbe dovuto corrisponderle ai medici impiegati, nelle operazioni di accertamento e predisporre poi una relazione annuale al fine di consentire il monitoraggio sull'utilizzo di tali risorse per il pagamento delle relative prestazioni rese dai medici fiscali;

   i medici fiscali hanno regolarmente eseguito gli accertamenti per il controllo delle assenze dei dipendenti per malattia dal 2017 ad oggi;

   in data 30 luglio 2020 è stata stipulata, pedissequamente alle indicazioni dell'atto di indirizzo e di tutte le normative sopra indicate, la convenzione con le organizzazioni sindacali più rappresentative dei medici fiscali: la convenzione espressamente prevede, all'articolo 2, comma 3, che l'entrata in vigore è fissata al «primo giorno del mese successivo, decorsi sei mesi dalla data della stipula», ovvero (con enorme ritardo rispetto al termine originario del 31 agosto 2017) il 1° febbraio 2021;

   a tutt'oggi, a quanto consta all'interrogante, l'Inps non ha ancora provveduto a dare attuazione alla convenzione suddetta, mancando così di rispettare le tutele integrative, retributive e contrattuali stabilite e a lungo attese da parte dei medici fiscali –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per l'immediata l'applicazione della convenzione stipulata in data 30 luglio 2020 fra l'Inps e le organizzazioni sindacali più rappresentative dei medici fiscali.
(5-05538)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su Repubblica l'8 marzo 2021 dal titolo «Le voci delle donne», si apprende la storia di Patrizia Daffinà, una donna di 53 anni che lavorava come addetta delle pulizie in una clinica privata a Roma per 800 euro al mese;

   l'11 novembre 2020 il figlio è risultato positivo al Covid-19 e appresa la notizia, Patrizia, sentito anche il medico di famiglia, ha chiesto di lasciare il lavoro per collocarsi in isolamento fiduciario ed effettuare il tampone nelle strutture preposte, così come previsto dalle procedure sanitarie in materia di contrasto alla crisi pandemica;

   dopo 3 giorni, il 14 novembre, è stata accertata la sua positività al Covid-19 e, di conseguenza, comunicava l'esito alla clinica per la quale lavorava;

   anche in qualità di responsabile della sicurezza dei lavoratori chiedeva che le colleghe e i colleghi con cui aveva avuto contatti stretti venissero sottoposti al tampone, inviando una comunicazione alla clinica;

   la clinica, pur effettuando i tamponi al personale in attività presso la stessa, prima sospendeva Patrizia dal lavoro a partire dal 17 novembre e successivamente, il 7 gennaio 2021 Patrizia si è vista recapitare la lettera di licenziamento per giusta causa per afferente motivi disciplinari, la cui motivazione consisterebbe nella «mancanza di fiducia nel datore di lavoro»;

   a parere dell'interrogante la scelta della clinica di procedere prima con la sospensione dal lavoro e poi con il licenziamento nei confronti di Patrizia è vergognosa e viene da chiedersi quale sarebbe la violazione disciplinare in cui sarebbe incorsa, se essersi ammalata o aver scelto di seguire le regole mettendo la salute dei colleghi e delle colleghe di lavoro prima del profitto dell'impresa;

   Patrizia si è ovviamente opposta al licenziamento e l'auspicio dell'interrogante è che possa essere reintegrata al più presto, perché non è pensabile che si possa essere licenziate per aver fatto il proprio dovere e per aver cercato di proteggere le colleghe e i colleghi che potevano essere stati contagiati;

   purtroppo, la triste vicenda di Patrizia non rappresenta un caso isolato e dimostra quanto sia necessario aumentare le tutele e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori –:

   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano adottare iniziative normative per garantire e aumentare le tutele e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, anche in relazione all'emergenza sanitaria in atto.
(4-08625)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la segreteria provinciale di Caserta dell'Organizzazione sindacale «Libertà e Sicurezza Polizia di Stato (LeS)», con nota del 29 settembre 2020, ha denunciato la disparità di trattamento ai fini pensionistici dei dipendenti della Polizia di Stato rispetto alle altre Forze di polizia e Forze armate;

   secondo il sindacato, l'istituto del cosiddetto «moltiplicatore» per il personale delle Forze di polizia a status civile fu creato per compensare il beneficio dell'istituto «dell'ausiliaria» per i militari, e per cercare di ridurre l'enorme divario, in termini economici, venutosi a creare nel passaggio tra il sistema di calcolo retributivo e quello contributivo;

   con nota del 26 aprile 2018, l'Inps precisava che il decreto legislativo n. 94 del 2017 articolo 10, comma 2, ha operato un'estensione dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, applicando anche al personale delle Forze armate l'istituto del «moltiplicatore» in alternativa al collocamento in «ausiliaria»;

   l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 1997 prevede che, nei confronti del personale escluso dall'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età ordinamentale previsto dall'ordinamento di appartenenza, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione; al personale delle forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione da parte dell'interessato;

   destinatario di tale incremento figurativo è altresì, il personale militare che al raggiungimento dei limiti di età non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere in ausiliaria;

   l'Inps con la propria nota va ad individuare le cinque «finestre d'uscita» che danno diritto alla cessazione dell'attività lavorativa;

   tra queste figura la possibilità di uscire, a domanda, qualora il militare si trovi a non più di cinque anni dal raggiungimento del limite di età, e sempre che abbia maturato i requisiti per la pensione di anzianità, il cosiddetto «scivolo» disciplinato dall'articolo 2229, comma 6, del codice dell'ordinamento militare;

   questa ipotesi crea una disparità di trattamento tra il personale ad ordinamento militare e il personale ad ordinamento civile, nella misura in cui riconosce al solo personale militare la possibilità di accedere al collocamento in «ausiliaria», o di beneficiare del «moltiplicatore» a seconda dell'opzione esercitata, ben 5 anni prima del limite ordinamentale fissato per legge;

   in sostanza, i poliziotti, per avere lo stesso beneficio devono lavorare 5 anni in più e attendere il sessantesimo anno di età prima di vedersi applicare il «moltiplicatore» –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di equiparare il trattamento di cui in premessa per il personale della polizia di Stato a quello delle altre Forze armate.
(4-08647)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIVIANI, RIXI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS e MANZATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sarebbero arrivate, da un terroir Unico della Cote de Bar Francese, già imbottigliate tremila bottiglie numerate di Champagne vitigno Principe del Pinot Noir in purezza; queste bottiglie dopo alcuni mesi di rifermentazione in bottiglia arriverebbero all'evoluzione nelle profondità dell'Area marina protetta di Portofino immerse a -52 metri, esattamente con la stessa procedura che ha reso noto in Italia e all'estero il vino degli Abissi (Portofino doc) della nota azienda agricola Bisson di Sestri Levante;

   sull'etichetta dello champagne francese, a quanto risulta agli interroganti, comparirebbe la scritta «Portofino», sia nella descrizione che nel logo dell'Area marina protetta;

   a parere degli interroganti appaiono evidenti i presupposti per considerare non conforme alla normativa vigente questo tipo di etichetta, visto e considerato che in quell'area si vinifica la denominazione «Portofino Doc», e, in particolare, si potrebbe configurare una violazione del divieto di cui all'articolo 74, comma 3, del testo unico sul vino evocando la denominazione protetta «Portofino», anche se l'origine vera è indicata; inoltre, appare agli interroganti del tutto evidente che l'etichetta rischia di indurre il consumatore in inganno con tali indicazioni;

   altra evidente, grave incongruenza, si riferirebbe al luogo dell'etichettatura, la quale verrebbe effettuata, non dal produttore all'origine, ma da chi lo commercializza;

   inoltre, il tappo originario in sughero nelle bottiglie immerse ad una profondità di -52 metri (nella quale si verifica una condizione meglio indicata come isopressione di 6 bar) potrebbe subire delle alterazioni e carenze di ermeticità o comunque essere difettoso all'atto dell'utilizzo;

   il tappo, essendo ancorato alla bottiglia attraverso la canonica gabbietta (prodotta con materiale ferroso), presenterebbe ampie colature di ruggine, le quali andrebbero a depositarsi sul bordo esterno della bottiglia inquinandolo; anche se il tutto è rivestito da una capsula gommosa, l'acqua marina potrebbe comunque penetrare all'interno ed è quindi facilmente ipotizzabile che sia a forte rischio di salubrità dovuta a possibili infiltrazioni;

   inoltre, all'atto della mescita del vino, destinato al consumo, esso andrà inevitabilmente a scorrere sulle descritte tracce ferrose;

   altro elemento che si evidenzia, a quanto consta agli interroganti; sarebbe la mancanza del capsulone che caratterizza ogni spumante e il sigillo, riportante i dati del confezionatore/produttore; lo champagne in questione sarebbe munito di una capsula anonima e quindi priva di alcuna indicazione;

   infine, la tracciabilità del prodotto non sarebbe assicurata, in quanto, per quanto consta agli interroganti, è sconosciuto il modo con cui queste bottiglie sono giunte al sito dell'Area marina protetta di Portofino, essendo queste prive di una etichetta originale, e la documentazione indicherebbe solo il numero delle bottiglie di spumante che verrebbero poste in una località senza avere dichiarato il deposito fiscale che attesti la presenza delle bottiglie in questione –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda mettere in atto per salvaguardare la denominazione «Portofino Doc» da evocazioni che possano portare il consumatore in inganno.
(5-05545)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il distretto ospedaliero di S.Agata Militello comprende 20 comuni, S.Agata Militello, Capo d'Orlando, Caprileone, Frazzanò, Galati Mamertino, Longi, Militello Rosmarino, Mirto, San Marco d'Alunzio, Alcara Li Fusi, Tortorici, S.Salvatore di Fitalia, Acquedolci, S.Fratello, Caronia, Naso, Casteill'Umberto e Torrenova, Ucria;

   oltre ai comuni afferenti al summenzionato distretto sanitario, usufruiscono del servizio del nosocomio Santagatese altri comuni del comprensorio nebroideo e Tirrenico-settentrionale;

   la conformazione orografica del territorio nebroideo, nonché il sistema infrastrutturale di collegamento tra i centri urbani, rendono particolarmente difficile raggiungere strutture ospedaliere ubicate notevolmente distanti (es. Cefalù, Patti);

   la sospensione di alcuni servizi che dovrebbero essere garantiti da tale struttura, causa di fatto un notevole disservizio per la popolazione residente, non garantendo né i diritti dei cittadini, tantomeno i livelli essenziali di assistenza;

   sulla Gazzetta ufficiale della regione siciliana n. 6 dell'8 febbraio 2019 è stato pubblicato l'adeguamento della rete ospedaliera di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, che classifica il presidio ospedaliero di S.Agata Militello come presidio di base, prevedendo unità operative semplici di ostetricia e ginecologia (dotazione di 6 posti letto) e di neonatologia (dotazione di 2 posti letto) ed una complessa di pediatria (dotazione di 2 posti letto);

   lo stesso provvedimento richiama una richiesta di «mantenimento in deroga» per il punto nascita, avanzata al Comitato percorso nascite nazionale (CPNn) in considerazione della particolare posizione territoriale dei nosocomi (nonostante non raggiunga i 500 parti l'anno, come previsto dal decreto Balduzzi);

   nonostante l'assessore alla salute abbia dichiarato in un'intervista del 7 luglio 2019, che era già avvenuto l'invio al Ministero della salute di una richiesta di mantenimento del punto nascita di S. Agata Militello per il 2020, questo però risulta sospeso ormai già da 18 mesi;

   a confermarlo è l'allora direttore generale dell'Asp di Messina nel corso di una visita ispettiva presso il punto nascita dell'ospedale di Patti svoltasi il 29 ottobre 2019;

   sulla sospensione la regione siciliana ha comunicato che tale scelta è stata disposta a causa delle numerose e gravi criticità presenti e stante la necessità di ripristinare gli standard organizzativi e di sicurezza; inoltre sempre sulla questione, l'assessore siciliano alla salute, nell'ambito di una riunione del 10 febbraio 2021, alla presenza dei sindaci del comprensorio, avrebbe riferito di un parere consultivo negativo espresso dal CPNn alla concessione della deroga richiesta dalla regione siciliana per il punto nascita di S. Agata Militello;

   l'Asp di Messina ha promosso una serie di azioni per allineare il punto nascita agli standard previsti dall'accordo del 16 dicembre 2010, necessari a «proporre il mantenimento in deroga del PN»;

   lo stesso ex direttore generale dell'Asp, in data 2 ottobre 2019, a margine di una conferenza con i sindaci del territorio, esprimendosi sulla temporanea sospensione del punto nascita di S.Agata di Militello abbia dichiarato: «Non mi arrendo e voglio superare la temporanea sospensione prima possibile e non avendo risorse interne ho chiesto aiuto alle altre tre aziende di Messina per avere in prestito (prestazioni aggiuntive) medici Anestesisti e Pediatri da impiegare presso il punto nascita di Sant'Agata, per permettere al comprensorio dei Nebrodi di avere un punto nascita in piena sicurezza»;

   la regione, nonostante diverse dichiarazioni ufficiali, sembra non aver mai presentato una richiesta di parere in deroga secondo le procedure ordinarie, almeno stando anche alle dichiarazioni rilasciate dal Ministero della salute su organi di stampa, in cui il dicastero, in risposta alle numerose sollecitazioni del territorio alla riapertura e al mantenimento del punto nascita avrebbe affermato: «... nonostante la Regione Siciliana non abbia trasmesso al CPNn una domanda ufficiale di "parere di deroga", secondo le modalità previste dal summenzionato protocollo, ma una "proposta di mantenimento in attività", il Comitato Percorso Nascita nazionale, in considerazione comunque dell'invio di documentazione atta a verificare il dichiarato disagio orografico del territorio e la presenza nel PN degli standard previsti dall'Accordo del 16 dicembre 2020, ha proceduto ad effettuare l'istruttoria e nella riunione del 16 novembre 2020 è stata valutata la situazione del PN di Sant'Agata Militello, è in itinere l'invio alla Regione Sicilia del parere consultivo espresso dal CPNn in merito all'eventuale deroga» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto accaduto e se intenda fornire chiarimenti in merito alla tipologia di richieste avanzate dalla regione siciliana sul punto nascita di S.Agata Militello;

   quali iniziative di competenza siano state assunte e quali si intendano assumere per monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e per concedere una deroga al punto nascita di Sant'Agata Militello, in virtù dell'importanza di questa struttura ospedaliera per il territorio nebroideo.
(2-01142) «Papiro, Nappi, D'Uva».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 21 agosto 2020 l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha autorizzato la commercializzazione in Europa del farmaco Kaftrio (triplice composto Ivacaftor/Tezacaftor/Elexacaftor) per il trattamento di persone affette da fibrosi cistica di età pari o superiore a 12 anni con una mutazione F508del e una mutazione con funzione minima o due mutazioni F508del nel gene Cftr;

   la fibrosi cistica è una malattia genetica rara che colpisce circa 75.000 persone in tutto il mondo, di cui circa 6.000 in Italia, riducendone le aspettative di vita; è una malattia multisistemica progressiva che colpisce polmoni, fegato, tratto gastrointestinale, naso, ghiandole sudoripare, pancreas e organi riproduttivi;

   Kaftrio, assunto in associazione con Ivacaftor, è risultato efficace nel migliorare la funzione polmonare su pazienti affetti da fibrosi cistica di età pari o superiore a 12 anni, che soffrono, tra le altre cose, proprio di complicatissimi e pericolosi sintomi respiratori che rimandano, peraltro, all'emergenza da Covid-19;

   secondo quanto dichiarato da Donatello Salvatore, direttore del Centro regionale per la fibrosi cistica dell'Ospedale San Carlo di Potenza: «l'incremento di funzione respiratoria, il miglioramento dello stato di nutrizione e la riduzione del numero di infezioni polmonari acute costituiscono un avanzamento che finora avevamo intravisto solo nei pazienti affetti da FC con mutazioni gating, grazie a Kalydeco. La notizia dell'avvicinarsi del trattamento su larga scala dei pazienti eleggibili per la triplice combinazione era attesa da tempo da coloro che fino ad oggi non avevano alcuna alternativa terapeutica»;

   con determina 118-2020 dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), il Kaftrio è stato collocato nella sezione denominata Classe C (nn), dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità, conformemente all'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158: la normativa stabilisce, infatti, che i farmaci debbano essere autorizzati entro 60 giorni dalla data di pubblicazione dell'approvazione dell'Ema e «automaticamente collocati» in una nuova classe di farmaci Cnn, dove «C» significa che il farmaco non è rimborsabile, mentre «nn» sta per «non negoziato»;

   sulla base di tale provvedimento il farmaco diventa commercializzabile dopo che il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio abbia ottemperato a tutti gli eventuali obblighi previsti dalla decisione comunitaria e alle condizioni o alle limitazioni per quanto riguarda l'uso sicuro ed efficace del medicinale e dopo aver comunicato ad Aifa il prezzo di vendita non negoziato e la data di inizio della commercializzazione del medicinale;

   si rende ora necessario attendere i fondamentali passaggi di valutazione del farmaco e la discussione con l'azienda farmaceutica relativa a prezzo e rimborsabilità;

   se per la maggior parte delle persone rimane una questione meramente commerciale, agli occhi dei pazienti affetti da fibrosi cistica e delle loro famiglie è un tempo di attesa infinito che potrebbe cambiare le sorti del proprio futuro: da un lato, c'è l'orologio biologico della malattia; dall'altro, la mancanza di una data certa all'orizzonte –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per velocizzare il processo di negoziazione per garantire la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale del farmaco Kaftrio.
(4-08621)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4-08451 dell'8 marzo 2021 si sono affrontate le criticità in merito al consenso informato anche del vaccino Astrazeneca contro il, Covid-19;

   l'interrogante ha chiesto l'immediata sospensione;

   l'ultimo aggiornamento del database inglese delle reazioni avverse al vaccino Astrazeneca, del 11 marzo 2021 riporta che: 1.098 persone hanno avuto disordini del sangue; 1.192 problemi cardiaci; 1.217 disturbi alle orecchie; 36 disturbi al sistema endocrino; 2.150 disturbi agli occhi; 22.336 disturbi gastrointestinali; 71.732 — disordini di carattere generale; 29 disturbi epatici; 542 disturbi al sistema immunitario, di cui 194 reazioni 4 anafilattiche; 3.839 hanno avuto infezioni di vario tipo, di cui 174 riconducibili al coronavirus Covid-19; 916 lesioni; 2.644 disturbi metabolici; 24.631 problemi muscolari e ai tessuti; 18 neoplasie; 43.951 disturbi del sistema nervoso, di cui 3.503 tremori, 1.146 anomalie sensoriali, 347 eventi di crisi e disturbi compulsivi, 112 paralisi o paresi, 2.387 parestesie e disestesie, 96 disturbi del nervo cranico facciale; 4 aborti; 3.554 disturbi psichiatrici; 563 disturbi ai reni e all'apparato urinario; 297 al sistema riproduttivo; 5.323 al sistema respiratorio; 10.507 disordini alla pelle; 1.635 disordini vascolari; molte altre persone hanno riportato eventi avversi per un totale di 201.622 reazioni al farmaco;

   l'ultimo aggiornamento del database europeo delle reazioni avverse al vaccino Astrazeneca, del 13 marzo 2021 riporta che: in tutta Europa su un totale di 54.571 reazioni avverse 2.838 (5,2 per cento) riguardano l'Italia. Dal secondo Rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 di Aifa, che registra le reazioni avverse dal 27 dicembre 2020 al 26 febbraio 2021, si apprende che: al 26 febbraio 2021 sono state inserite 729 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal vaccino, e che 40 segnalazioni riguardano casi di «decesso», per un tasso di segnalazione di circa 0,97 su 100.000 dosi somministrate. Il 3 per cento delle reazioni avverse riguarda Astrazeneca, ovvero su 255.563 dosi somministrate si sono avute 834 reazioni avverse;

   l'Aifa ricorda che «la tipologia delle segnalazioni inserite dall'inizio della campagna vaccinale è prevalentemente di tipo spontaneo (99 per cento circa) e le rimanenti segnalazioni sono invece stimolate tramite progetti di farmacovigilanza attiva», questo vuol dire, a parere dell'interrogante, che il fenomeno delle reazioni avverse è sottostimato;

   inoltre, si legge che ben 16 somministrazioni a mRNA non hanno il brand segnalato e che non ci sono ancora sufficienti informazioni per definire il fallimento vaccinale immunologico e clinico, ovvero se una vaccinazione completa e appropriata comporta una risposta immunitaria adeguata o protegge dalla malattia che intende prevenire, questo perché non sono ancora chiari quali siano i marcatori immunologici di protezione –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché sia aggiornato il modello del consenso informato per inserire le reazioni avverse, compresa la morte, al fine di meglio informare il cittadino.
(4-08626)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione del 30 settembre 2021 n. 4-06949 l'interrogante ha segnalato che durante il lockdown l'assenza della disponibilità della cura domiciliare potrebbe aver aggravato una possibile emergenza Covid-19 in Italia;

   il 30 novembre 2020, il ministero emana la circolare n. 24970 «Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-Cov-2», a firma dei direttori generali della prevenzione dottor Giovanni Rezza e programmazione sanitaria dottor Andrea Urbani. La circolare non prevedeva: eparina, idrossiclorochina e nemmeno supplementi vitaminici o integratori alimentari inclusa vitamina D e lattoferrina. In riferimento ai trattamenti farmacologici, prescriveva il paracetamolo, o Fans, in caso di febbre o dolori articolari o muscolari. L'uso routinario di cortisonici era riservato ai pazienti positivi gravi che necessitano di supplementazione di ossigeno. La prescrizione di antibiotici era prevista «solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l'infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico». In particolare, nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, si consigliava la «vigile attesa»;

   il 9 dicembre 2020, anche l'Aifa emana la sua raccomandazione in merito alla gestione a domicilio dei casi Covid-19 che ribadisce la vigile attesa e il paracetamolo nei pazienti asintomatici;

   con le interrogazioni nn. 4-06548 (3 agosto 2020), 4-07886 (22 dicembre 2020) e 4-08056 (18 gennaio 2021), si è trattata la prevenzione mediante vitamina C e D, melatonina, idrossiclorochina e adenosina e nello specifico con l'interrogazione del 17 febbraio 2021 n. 4-08295 si era chiesto al Governo di aggiornare la circolare di cui sopra, allineandosi alla letteratura scientifica, per integrare l'assunzione di vitamina D tra le cure preventive e protettive per le persone a rischio;

   il 9 febbraio 2021 La Rete Sostenibilità e Salute con una pubblicazione sul proprio sito internet sosteneva che il paracetamolo e i Fans possono aiutare la moltiplicazione dei virus e favorire il loro arrivo nei polmoni superando le difese innate delle vie respiratorie superiori e consumando anche le nostre difese antiossidanti. Nel documento si fa riferimento a prove preliminari secondo le quali paracetamolo e alcuni Fans peggiorano le infezioni respiratorie e aumentano la contagiosità;

   il 4 marzo 2021 il Tar del Lazio a seguito di un ricorso n. 1557 del 2021, presentato dal «Comitato Cura Domiciliare Covid-19», sospende, in via cautelare, la delibera Aifa. L'avvocato Erich Grimaldi, presidente del Comitato, ha dichiarato: «Finalmente anche il Tribunale Amministrativo ha compreso che lasciare i pazienti senza cure precoci, a domicilio è assolutamente inaccettabile. Ora ci attendiamo una revisione immediata delle linee guida ministeriali, tenendo conto dello schema terapeutico redatto dai nostri medici per le cure domiciliari precoci, nell'interesse di tutto il Paese». Il Tar nell'ordinanza dichiara infatti che il ricorso «appare fondato» in relazione alla richiesta dei medici «di far valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza» e tale diritto/dovere non può risultare «compresso nell'ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi». L'avvocato Grimaldi non nasconde la propria soddisfazione, in quanto il pronunciamento potrebbe preludere a un significativo cambiamento di rotta circa la cura domiciliare del Covid-19 in fase precoce;

   con l'interrogazione dell'8 marzo 2021 n. 4-08453 l'interrogante ha chiesto al Governo di interrompere la campagna vaccinale, in favore di una prevenzione vera e di una cura vera mediante soluzioni anche farmacologiche ed esistenti sul mercato –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per interrompere quella che l'interrogante giudica una politica di negazione della cura domiciliare, ormai sostenuta da numerose prove scientifiche.
(4-08646)


   ORRICO, D'IPPOLITO, TUCCI, MELICCHIO, BARBUTO, SCUTELLÀ e MISITI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la regione Calabria è dotata di un Commissario ad acta nominato, ai sensi del comma 569 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, dal Governo con l'incarico di attuare i programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale e di conseguire l'obiettivo del riequilibrio finanziario economico e contabile nonché per garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e dunque assicurare il fondamentale diritto alla salute;

   il decreto-legge n. 150 del 10 novembre 2020, conosciuto come decreto «Calabria-Bis», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 30 dicembre 2020, prevede il rafforzamento dei poteri del sopracitato commissario ad acta;

   secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 2, del decreto «Calabria-bis» la regione Calabria deve mettere a disposizione del commissario ad acta il personale, gli uffici e i mezzi necessari all'espletamento dell'incarico;

   il contingente minimo di personale messo a disposizione dalla regione Calabria, per come contemplato dall'articolo 1, comma 2, del decreto «Calabria-bis», è costituito da 25 unità di personale dotato di adeguata esperienza professionale, appartenente ai ruoli regionali in posizione di distacco obbligatorio o da acquisire tramite interpello, da enti pubblici regionali e da enti del servizio sanitario regionale;

   sempre secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto «Calabria-Bis», in caso di inadempienza da parte della regione Calabria nel fornire il necessario supporto, il commissario ad acta ne dà comunicazione al Consiglio dei ministri ed invita la regione a garantire il necessario supporto entro trenta giorni ed, in caso di perdurante inadempienza, il Ministro della salute, previa delibera del Consiglio dei ministri, adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure per il superamento degli ostacoli riscontrati;

   in virtù dell'articolo 1, comma 3, del decreto «Calabria-Bis», il commissario ad acta deve essere coadiuvato da uno o più sub-commissari, in numero comunque non superiore a tre, in possesso di qualificata e comprovata professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria e in materia amministrativa;

   secondo quanto risulta agli interroganti, la struttura commissariale, ad oggi, è incompleta essendo sprovvista dell'adeguato supporto garantito dalle suesposte previsioni di legge, sebbene persista una grave condizione emergenziale aggravata dalla pandemia, venendo così meno alla sua ragion d'essere –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per verificare l'effettivo funzionamento della struttura commissariale e se essa sia stata messa nelle reali condizioni di potere adeguatamente operare e dunque di perseguire gli importanti obiettivi di necessità e urgenza per cui era stata pensata.
(4-08648)


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo alcuni organi di stampa nazionali, il protocollo «Covid a casa», sperimentato a partire dal mese di marzo 2020, al fine di garantire l'assistenza domiciliare, ridurre l'ospedalizzazione dei pazienti e decongestionare le terapie intensive, non sarebbe stato attuato uniformemente su tutto il territorio nazionale, ma limitatamente ad alcune aree del Paese, con la conseguenza che i risultati ottenuti sarebbero stati deludenti non producendo alcun effetto in merito all'alleggerimento della pressione sugli ospedali;

   in particolare, l'edizione dell'11 marzo 2021 del quotidiano La Verità, nel riferire gli ottimi risultati che si sarebbero ottenuti nel distretto dell'Alessandrino con l'attuazione del citato protocollo, avrebbe ribadito che, viceversa, il mancato avvio su tutto il territorio nazionale non avrebbe consentito di raggiungere risultati analoghi;

   è il caso di riferire che, secondo il giornale, «il protocollo prevede l'uso di vari farmaci, come l'idrossiclorochina, l'eparina, gli steroidi, gli antibiotici, la vitamina D e altri farmaci a seconda delle esigenze del malato: una terapia che costa una cinquantina di euro e si può fare a casa»;

   l'impiego tempestivo dei farmaci, «anche senza aspettare l'esito del tampone ma solo all'insorgenza dei primi sintomi, secondo i responsabili del distretto sanitario nell'80 per cento dei casi dà risultati positivi in pochi giorni e per un restante 15 per cento ha effetti nel giro di una decina di giorni»;

   l'attuazione del protocollo, «nell'arco di un anno, ha consentito di ridurre del 30 per cento le ospedalizzazioni» e nel complesso gli ultimi dati disponibili, al 9 marzo scorso, sarebbero positivi: «Su 260 infetti, i ricoverati sono 20. Morti: 1» a fronte delle stime dell'Oms, secondo le quali «su 260 contagiati, in ospedale sarebbero dovuti finire in 57»;

   da quanto riportato, sembrerebbe che anche il tasso di letalità del Covid-19, che in Italia è del 3,2 per cento, nel distretto sanitario dell'Alessandrino sarebbe inferiore: la media è dello 0,8 per cento;

   è il caso di riferire che, secondo il quotidiano digitale «Il Post», «In molte regioni italiane oltre il 30 per cento dei posti letto disponibili nei reparti di terapia intensiva è occupato dai malati di COVID-19 in gravi condizioni» un dato preoccupante, visto che «Il 30 per cento è la soglia di allerta fissata dal Ministero della salute»;

   secondo gli ultimi aggiornamenti, le persone ricoverate nelle terapie intensive, al 12 marzo, sarebbero state 2.914, e i ricoverati con sintomi 23.656: «Al momento in Italia il tasso di occupazione dei posti letto è al 28 per cento, una percentuale in aumento negli ultimi giorni e vicina alla soglia di allerta»;

   in considerazione dei risultati che si sarebbero ottenuti nel distretto sanitario dell'Alessandrino per effetto dell'attuazione del protocollo «Covid a casa», sarebbe opportuno applicare il protocollo su larga scala, anche in considerazione del fatto che la pandemia, secondo numerose previsioni e stime di medici e scienziati, potrebbe perdurare ancora a lungo –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per attuare uniformemente su tutto il territorio nazionale il protocollo «Covid a casa», al fine di somministrare tempestivamente a domicilio i farmaci necessari alle cure, ridurre l'ospedalizzazione dei pazienti e mitigare la pressione, oggi eccessiva, sulle terapie intensive.
(4-08649)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 124 del 2017 è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di confronto per redigere le linee guida sulla riparazione a regola d'arte dei veicoli; a tale tavolo hanno partecipato 17 associazioni dei consumatori, l'Ania, Federcarrozzieri e Ivass e Unipol quali invitati;

   Cna, Confartigianato e Casa artigiani, pur invitati, hanno inteso non parteciparvi, contestando la natura del consesso a causa della presenza di Federcarrozzieri, a loro avviso non legittimata per motivazioni che, ictu oculi, paiono all'interrogante capziose e del tutto non inerenti alla natura tecnica della materia in discussione; l'Ania, con altra comunicazione, ha subordinato la partecipazione al tavolo a quella delle summenzionate confederazioni; il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti con delibera del 4/18 ha costituito un preciso coordinamento tra le associazioni dei consumatori per la prosecuzione dei lavori;

   considerato lo stato di impasse, il Ministero dello sviluppo economico, a quanto consta all'interrogante, ha formulato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un quesito in merito alla rappresentatività di Cna, Confartigianato, Federcarrozzieri, Casa artigiani. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha censito le summenzionate quattro organizzazioni e, considerando la natura tecnica del tavolo, ha sollecitato una partecipazione il più possibile plurale e inclusiva; nonostante tali chiarimenti Ania, Cna, Confartigianato Casa artigiani e alcune organizzazioni dei consumatori hanno costituito un tavolo presso le sedi di Confartigianato; il Vice Ministro Galli, in data 4 febbraio 2019, anche nella sua qualità di presidente del Cncu, ha inviato una comunicazione a tutte le organizzazioni artigianali e all'Ania, stimolando nuovamente la massima incisività e partecipazione ai lavori;

   in data 16 maggio 2019, nonostante tale comunicazione, le proteste di molte associazioni dei consumatori, dell'Associazione familiari vittime della strada e di Federcarrozzieri e un articolo del Fatto Quotidiano che riassume la vicenda, Cna, Confartigianato, Casa artigiani, Ania e una ristretta minoranza delle associazioni aderenti al Cncu hanno sottoscritto un documento intitolato «Linee Guida per la definizione di Standard Minimi e raccomandazioni per un servizio di qualità»;

   detto documento non contiene alcun elemento «oggettivamente riscontrabile» che possano definire una riparazione eseguita a regola d'arte e propone una procedura risarcitoria irrituale che si sovrappone a quella attualmente prevista dalla legge;

   in detta procedura vi sono, ad avviso dell'interrogante, elementi palesemente restrittivi della concorrenza e limitazioni al diritto di difesa del danneggiato e non è presente alcun indicatore in merito alla sicurezza del veicolo riparato –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere per far sì che, con il contributo di tutti gli attori legittimati a proseguire i lavori, si giunga in tempi rapidi a una corretta redazione di linee guida tecniche per la riparazione dei veicoli a regola d'arte per aumentare il livello di sicurezza attiva e passiva del parco circolante in adempimento alla norma e alle procedure previste.
(5-05530)


   DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Officine Maccaferri s.p.a. è una multinazionale italiana specializzata in prodotti e soluzioni per l'edilizia, con sede a Zola Predosa (città metropolitana di Bologna) ed è leader mondiale nella produzione di manufatti di sostegno, rinforzo del suolo, stabilizzazione del terrapieno, opere idrauliche fluviali, protezione delle coste, controllo dell'erosione, mitigazione delle cascate, flussi di detriti e protezione contro le valanghe;

   la Maccaferri Manifattura Italia s.r.l. società appartenente al gruppo Maccaferri, rappresenta un pezzo importante della storia dell'industria salernitana, atteso che intorno all'unità produttiva sita a Bellizzi (Salerno), che occupa ancora 37 lavoratori, si è costruita un'intera comunità;

   i vertici locali dell'azienda – in occasione dell'ultimo incontro tenutosi il 12 marzo 2021 – hanno formalizzato la decisione di cessare l'attività dello storico stabilimento salernitano, facendo sorgere il rischio concreto di una procedura di licenziamento collettivo per i lavoratori, attualmente già in cassa integrazione;

   l'azienda ha motivato la cessazione dell'attività industriale per la mancanza di commesse e, più in generale, per la crisi economico-finanziaria che sta attraversando l'intero gruppo industriale;

   tuttavia, recentemente, vi è stato l'ingresso nel gruppo industriale di nuovi investitori, tra cui Ad Hoc group (la società guidata dal Fondo d'investimento Carlyle), ragion per cui, a parere dell'interrogante, vi sarebbero le condizioni per giungere all'elaborazione di un nuovo piano industriale o ad altre soluzioni che consentano il rilancio delle attività del sito produttivo di Bellizzi, contando peraltro sull'annunciata ripresa di un settore – quello del contrasto al dissesto idrogeologico – per il quale il piano nazionale di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico ha stanziato ingenti risorse;

   la prospettiva di imminente chiusura dello stabilimento di Bellizzi determinerebbe un grave depauperamento del tessuto produttivo e provocherebbe un notevole impatto negativo sia dal punto di vista occupazionale che sociale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se ritenga opportuno convocare, con la massima urgenza, un tavolo di crisi, per avviare un confronto tra i vertici della società Maccaferri Manifattura Italia s.r.l., le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché si possa giungere ad una soluzione che garantisca la continuità dell'attività produttiva dello stabilimento sito a Bellizzi, salvaguardando integralmente i livelli occupazionali.
(5-05536)


   NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha trasmesso al Parlamento una segnalazione in merito alla disciplina per il rilascio delle concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica;

   l'articolo 1, comma 686, della legge n. 145 del 2018 (cosiddetta legge di bilancio 2019), ha modificato il decreto legislativo n. 59 del 2010, che aveva recepito la direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva servizi o «Bolkestein»), sottraendo il settore del commercio al dettaglio su aree pubbliche dal relativo ambito di applicazione;

   il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio) ha prorogato al 2032 le concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche in scadenza (articolo 181, comma 4-bis), prevedendo altresì che eventuali posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione siano assegnati in via prioritaria e in deroga a qualsiasi criterio agli operatori che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione ovvero non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione (articolo 181, comma 4-ter);

   il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 25 novembre 2020 detta le linee guida per il rinnovo delle concessioni di aree pubbliche, previa consultazione delle regioni, delle associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello nazionale e dell'Anci;

   il citato decreto attribuisce il diritto al rinnovo in favore degli intestatari della concessione, previa verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi, di onorabilità e professionali richiesti, secondo una modalità semplificata (i comuni provvedono d'ufficio all'avvio del procedimento di rinnovo);

   le regioni sono tenute a definire le modalità di rinnovo delle concessioni, secondo le linee guida e sentite le associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale e l'Anci regionale;

   la regione Lazio ha approvato le modalità operative per il rinnovo, fino al 31 dicembre 2032, delle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche del territorio regionale, in scadenza entro il 31 dicembre 2020;

   l'Autorità ritiene che le norme sopra richiamate sollevino dubbi di compatibilità con il diritto europeo e con le norme costituzionali e ha invitato il comune di Roma a disapplicare le descritte norme nazionali;

   il comune di Roma ha annunciato di voler dar seguito all'invito dell'Autorità;

   la normativa di rango legislativo non è stata peraltro dichiarata costituzionalmente illegittima dall'unico organo preposto (Corte costituzionale);

   il settore del commercio ambulante si trova esposto a un contrasto normativo e istituzionale che rischia di compromettere la stabilità dell'attività lavorativa dei concessionari, in un anno già segnato dalla crisi derivante dalla pandemia;

   sia pure con riferimento alla disciplina degli aiuti di Stato, la Commissione dell'Unione europea ha fatto proprio un principio di eccezionale appoggio a misure nazionali di sostegno volte ad aiutare le imprese colpite durante la pandemia e consentire loro di riprendersi, sempre nel quadro di un mercato comunitario interno non frammentato, arrivando a modificare fino a dicembre 2021 la citata disciplina sugli aiuti di Stato –:

   se il Governo intenda avviare un nuovo confronto con le parti sociali, le regioni e i comuni per una soluzione del tema e se siano stati avviati contatti con altri Paesi europei e con le competenti autorità dell'Unione europea per l'introduzione di straordinarie misure di sostegno – anche temporanee – al settore del commercio ambulante.
(5-05537)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento motoristico di Pratola Serra (AV), oggi Stellantis nato negli anni Novanta, ha come mission l'assemblaggio di otto tipi di motore in 74 possibili versioni prevalentemente ad alimentazione diesel;

   nel 2008 si è aperta per lo stabilimento una grave crisi produttiva che non è ancora stata realmente risolta. I dati sono preoccupanti: 1.500 giornate tra Cassa integrazione guadagni ordinaria e Cassa integrazione guadagni straordinaria e contratti di solidarietà per ogni lavoratore, con una perdita salariale di 50.000 euro di media pro capite; circa 400 posti di lavoro in meno tra addetti alle aziende terziarizzate e Fca;

   le ragioni di questi numeri sono da rintracciarsi soprattutto nella crisi di mercato del motore diesel, motore che rappresenta il 99,5 per cento di produzione dello stabilimento di Pratola Serra. Entro il 2025 tutto il parco auto di Stellantis dovrebbe essere elettrico;

   oggi il numero degli addetti in Stellantis è di 1780 e la forza lavoro è giovane con media di 45 anni ed una prospettiva media di vita lavorativa di altri 20-25 anni;

   al momento lo stabilimento Stellantis si occupa anche della produzione di mascherine chirurgiche;

   ad avviso della interrogante è necessario avviare una riflessione sul futuro di Stellantis al fine di definire un serio progetto industriale di riconversione produttiva, valorizzando il capitale umano, garantendo l'occupazione e rilanciando la produzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di individuare strategie volte ad assicurare il pieno utilizzo dello stabilimento in questione e a predisporre un progetto di riconversione produttiva verso i sistemi di mobilità elettrica.
(4-08627)


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2018 la Cevital Spa di Piombino è stata ceduta al gruppo Jindal South West Steel (Jsw). Nel luglio 2018 l'azienda si è impegnata, con un accordo di programma, a completare lo studio di fattibilità dell'impianto, in sostituzione dell'altoforno fermato nel 2014 e ormai inservibile, entro 18 mesi dalla firma del contratto di proprietà;

   il 16 gennaio 2020, presso il Ministero dello sviluppo economico si è tenuto il gruppo di coordinamento e controllo dell'area di crisi industriale complessa di Piombino. Nel corso dell'incontro è stato condiviso un percorso operativo al fine di definire un cronoprogramma dettagliato di interventi in grado di accelerare la riqualificazione e il rilancio produttivo del territorio. È da quella data che Jsw avrebbe dovuto presentare un piano di sviluppo industriale alle istituzioni locali e nazionali;

   il 3 giugno 2020, nel corso di un incontro con il Ministero dello sviluppo economico si è impegnata a presentare entro due settimane il nuovo piano industriale. Il 6 agosto 2020 il nel vicepresidente esecutivo del gruppo Jsw Italy di Piombino, Marco Carrai, ha confermato al Ministero l'impegno a proseguire le interlocuzioni per la predisposizione del piano industriale da presentare a settembre 2020;

   il 29 dicembre 2020 si è tenuta una riunione, alla presenza del Ministro dello sviluppo economico, tra una delegazione di Invitalia e i rappresentanti dell'azienda Jsw, allo scopo di fare chiarezza sulle prospettive delle società rispetto allo stabilimento di Piombino. Da una nota del Ministero dello sviluppo economico si è appreso che dalla discussione sono emerse quattro importanti novità. La prima riguarda la comunicazione di Rpi con cui essa ha confermato la volontà di concludere il contratto con Jsw di Piombino per la produzione di rotaie. La seconda novità riguarda il piano industriale che, dopo una ampia discussione, la società ha accettato di presentare in modo unitario ossia prevedendo la realizzazione, in modo contestuale, degli investimenti sui laminatoi e per la realizzazione del forno elettrico. La terza consiste nella conferma della volontà del Governo di entrare nel capitale societario. La quarta concerne gli investimenti su cui ha invitato l'azienda a voler riportare gli opportuni approfondimenti;

   a fine gennaio 2021, secondo quanto appreso da una nota stampa di Jsw, l'azienda ha presentato una bozza del piano che prevederebbe azioni per efficientare gli impianti di laminazione e realizzare il forno elettrico. Da fonti di stampa si apprende con preoccupazione che nel piano industriale presentato non sarebbero previsti investimenti di Jsw, ma solo investimenti pubblici;

   il 15 marzo 2021 si è tenuto un incontro tra l'azienda e i sindacati che, ad oggi, non conoscono ancora il piano industriale e non sanno se esso contenga anche il piano economico finanziario;

   i sindacati hanno chiesto e sollecitato la convocazione al Ministero dello sviluppo economico per avere risposte ufficiali in merito agli impegni del Governo e dell'azienda. I lavoratori sono in presidio fino a quando non arriverà la lettera di convocazione –:

   se non ritenga necessario convocare con urgenza un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico, come già chiesto dai sindacati;

   se il Ministro sia a conoscenza del piano industriale e se esso comprenda anche il piano economico finanziario;

   se e come intenda riprendere il progetto dell'ingresso dello Stato nel capitale societario.
(4-08634)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal monitoraggio congiunto di Enea e Ministero dello sviluppo economico del 22 febbraio 2021 risultano poco meno di 4.400 interventi legati al «Superbonus 110 per cento» per un ammontare corrispondente di quasi 500 milioni di euro, con un incremento del 50 per cento rispetto a due settimane prima sia in termini di numero che nell'importo, segno inequivocabile che la norma ha finalmente cominciato a funzionare e che sta incontrando l'interesse fattivo di cittadini ed imprese;

   Luiss Business School e OpenEconomics hanno pubblicato nel mese di febbraio 2021 un Executive Summary contenente la stima a livello preliminare dell'impatto macroeconomico del «Superbonus del 110 per cento» sulle spese per interventi antisismici e di efficientamento energetico sugli edifici: lo scenario che viene analizzato prevede che il «Superbonus» determini un'espansione della spesa per edilizia abitativa pari a 8,75 miliardi di euro nel periodo 2020-2022, in linea con le previsioni pubblicate nel rapporto curato dalla Camera dei deputati in collaborazione con il Cresme su «Il recupero e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione»;

   tra i risultati principali di questa analisi emerge che, a fronte di un aumento della spesa per edilizia abitativa pari a 8,75 miliardi nel triennio 2020-2022, si registrerebbe un incremento del valore aggiunto complessivo per il Paese di 16,64 miliardi di euro nel periodo di attuazione del provvedimento e un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi a fronte di un impatto netto attualizzato sul disavanzo pubblico pari a -811 milioni di euro;

   l'intenso lavoro parlamentare ha reso possibile la proroga del «Superbonus» fino al 2022 ed il superamento di alcune difficoltà interpretative che stavano rallentando l'applicazione di questa norma che, come evidenziato dai dati del monitoraggio, sta contribuendo al rilancio economico ed occupazionale di un settore, quello edilizio, da sempre prioritario per il prodotto interno lordo nazionale;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza attualmente in corso di definizione prevede una proroga fino al 2023, ma sarebbe opportuno considerare un differente e più ampio orizzonte temporale che consenta di raggiungere la più vasta platea possibile di beneficiari con indubbi risultati anche sul contrasto al degrado urbano, promuovendo il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti sostenibili e rallentando il consumo di suolo –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per stabilizzare il «Superbonus 110 per cento», monitorandone l'impatto e semplificando il più possibile le procedure, anche prevedendo, con riferimento al patrimonio edilizio, incentivi che seguano un unico modello procedurale e possibilmente una unica percentuale di detrazione con meccanismi di aggiustamento a scalare del rimborso nella progressione temporale.
(5-05541)


   MURONI, CECCONI, LOMBARDO, FIORAMONTI e FUSACCHIA. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   c'è il rischio concreto che le Arpa, ma anche le aziende che gestiscono gli acquedotti e, più in generale, i tecnici addetti alle attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro non abbiano più la possibilità di effettuare verifiche sulla presenza del cC604 nell'ecosistema;

   il cC604 è un Pfas di nuova generazione prodotto esclusivamente da Solvay che ne detiene il brevetto (si tratta della molecola prodotta a Spinetta – per cui è stato chiesto l'ampliamento di produzione – che ha sostituito il pericoloso Pfoa);

   ci si chiede perché si rischi che questa sostanza sparisca dal calendario dei controlli e ciò sarebbe dovuto al fatto che Solvay Italia avrebbe intimato alla «Wellington Labs», nel nostro stato rappresentata dalla Chemical Research 2000 srl, di non vendere il materiale di riferimento certificato del prodotto, vantando sullo stesso «una licenza di brevetto», tutto questo è riportato in un articolo pubblicato il 19 febbraio 2021 sul sito online de «Il Piccolo»;

   a tal proposito va ricordato che, con comunicato stampa n. 645 del 26 aprile 2019, la regione Veneto, nel notiziare circa la presenza nel fiume Po di C604 (Pfas di nuova generazione) in quantità quasi 2.000 volte superiore rispetto a quelle rilevate sul sito Miteni, comunicava di aver trasmesso i relativi atti alla procura della Repubblica competente;

   la limitazione alla vendita del materiale di riferimento certificato di cui sopra potrebbe avere chiare conseguenze ai fini del reperimento degli strumenti necessari allo svolgimento dei controlli;

   si apprende, da un articolo pubblicato sul sito online de «Il Piccolo» del 12 febbraio 2021 che: i Carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Alessandria, in data 11 febbraio 2021, hanno perquisito lo stabilimento di Solvay Specialty Polymers Italia a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, nell'ambito di un'indagine avviata dalla procura della Repubblica di Alessandria per il vaglio delle ipotesi delittuose di «disastro ambientale» e «omessa bonifica» in merito a possibili fuoriuscite in falda del C604;

   si evidenzia che su tale vicenda è stata presentata, il 22 febbraio 2021, l'interrogazione a risposta scritta n. 51 dalla consigliera della regione Veneto Cristina Guarda –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare ripercussioni a medio e a lungo termine sui controlli in questione in Veneto, e nel resto del Paese, per effetto della limitazione del materiale certificato di cui in premessa;

   se il Governo intenda adottare iniziative normative in relazione alla limitazione di cui in premessa imposta alla vendita del materiale di riferimento certificato del prodotto, anche alla luce di quanto disposto dal regolamento di esecuzione (UE) 2019/1776 del 9 ottobre 2019;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di pervenire al reperimento del materiale certificato di cui in premessa, così da non creare soluzioni di continuità nello svolgimento dei controlli sulla presenza del cC604.
(5-05543)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa avrebbero dato la notizia secondo la quale si registrerebbero dei forti ritardi, con il rischio di un probabile fallimento, nel programma di chiusura, entro il 2025, delle centrali elettriche a carbone, così come sarebbe previsto dal Piano nazionale per l'energia e clima (Pniec);

   in particolare, l'edizione online del quotidiano Il Sole 24 Ore, del 9 marzo 2021, riferiva che «Il nuovo governo ha annunciato la volontà di accelerare la transizione ecologica, ma intanto l'obiettivo di chiudere le centrali elettriche a carbone entro il 2025, previsto dal Piano nazionale per l'energia e clima (Pniec), rischia di saltare»;

   in Italia opererebbero otto centrali elettriche a carbone (La Spezia, Fusina, Civitavecchia, Brindisi, Fiumesanto, Portovesme, Monfalcone e Brescia) che produrrebbero meno del 10 per centro del consumo interno lordo di energia elettrica;

   nonostante questo, da quanto riportato dal quotidiano, sembrerebbe che ci siano delle difficoltà a rispettare l'obiettivo della chiusura al 2025, in considerazione delle lungaggini che si sarebbero registrate negli iter autorizzativi connessi alla realizzazione di impianti sostitutivi (impiego di fonti rinnovabili, centrali a gas) e nella stessa mancata autorizzazione a chiudere le attuali in funzione;

   in particolare, l'Enel avrebbe segnalato che, a fronte di una programmata dismissione – entro il 2023 per Fusina (Venezia) e La Spezia, entro il 2025 per Civitavecchia e Brindisi – che dovrebbe impiegare anche fonti rinnovabili, batterie e impianti a gas, «il processo autorizzativo (commissione VIA, ma non solo) sta però segnando il passo»;

   questa situazione starebbe ritardando «la realizzazione dei nuovi impianti a gas, soprattutto a Fusina e a La Spezia» e la situazione di quest'ultima centrale sarebbe resa ancora più complessa e controversa dal fatto che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe negato, su parere di Terna, l'autorizzazione a dismettere la centrale già a partire dal primo gennaio 2021;

   inoltre, si potrebbero registrare delle ripercussioni sul mercato dell'energia elettrica e sulla stessa sicurezza del sistema, considerato che «nel frattempo Enel ha partecipato alle aste indette da Terna per il capacity market: si è aggiudicata la possibilità di fornire energia elettrica, prodotta con impianti a gas ancora da costruire, a partire dal 2023 [...] Terna ha ammesso la partecipazione alle gare perché l'iter autorizzativo per la costruzione degli impianti era in corso e l'ok era atteso a fine dicembre 2020. Ovviamente non è arrivato e la scadenza è stata prorogata a fine giugno 2021»;

   se non dovesse essere rilasciata l'autorizzazione entro il citato termine, «Terna potrebbe rescindere il contratto per il capacity market. E quindi chiudere le centrali a carbone entro il 2025 sarebbe impossibile»;

   per quanto concerne le centrali della Sardegna, è il caso di segnalare che i ritardi nella realizzazione dei progetti infrastrutturali alternativi al carbone (rigassificatori GNL e cavo Thirrenian link) non permetterebbero di rispettare la scadenza del phase-out del carbone, così come avrebbe fatto intendere recentemente Terna;

   da quanto esposto, emergerebbero molteplici ritardi e criticità nella delicata e fondamentale fase di dismissione delle centrali elettriche a carbone entro il 2025, così come previsto dal Pniec –:

   se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative, anche di natura normativa, volte ad accelerare procedimenti e adempimenti connessi al processo di dismissione delle centrali elettriche a carbone;

   se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative volte ad accelerare l'impiego in Sardegna di risorse, quali gli accumuli, le fonti rinnovabili e il gas, rafforzando la stessa elettrificazione dell'isola, al fine di sostenere la dismissione delle centrali elettriche a carbone.
(4-08642)

TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 4 dicembre 2020 è on line, pubblicato dalla direzione generale Turismo, il decreto contenente in allegato gli elenchi dei beneficiari dei contributi ai sensi del decreto-legge «Rilancio» quali misure urgenti di ristoro degli operatori nel comparto fiere e dei congressi e delle mostre, per le perdite subite a causa dell'annullamento, del rinvio e del ridimensionamento della propria attività a seguito dell'emergenza da Covid-19;

   nella pagina viene riportato testualmente: «Al momento sono assegnate le risorse disponibili, pari a 20 milioni di euro. L'importo per ciascun singolo beneficiario è del valore massimo di 800 mila euro. Il Fondo destinato al settore, istituito con decreto-legge n. 34 del 2020, è stato incrementato per l'anno 2020 da destinare al settore specifico». L'avviso fa seguito al decreto del direttore generale per il turismo del 5 ottobre 2020;

   a quanto consta all'interrogante, più beneficiari hanno lamentato, durante incontri pubblici e manifestazioni di proteste, che, a differenza di qualcuno, gli aiuti promessi non siano mai arrivati e che, per altro, ci sia la totale mancanza di informazioni per capirne la causa;

   appare sconfortante, dopo un intero anno di inattività, non ricevere le informazioni dovute e assolutamente necessarie per rivendicare un diritto acquisito –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se intendano chiarire, ad oggi, quanti beneficiari hanno ricevuto quanto dovuto e previsto dal decreto di cui in premessa e i motivi dei ritardi lamentati dai beneficiari.
(3-02118)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Siani e altri n. 7-00617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Madia, Pellicani, Di Giorgi, Morani.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ehm e altri n. 4-08584, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Leda Volpi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Chiazzese n. 2-00940, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 400 del 29 settembre 2020.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   la tutela dell'ambiente e la lotta al cambiamento climatico sono le principali sfide che le nostre società devono affrontare nei prossimi decenni in materia di sostenibilità;

   la strategia «Europa 2020» ha definito chiaramente il contributo che gli Stati membri devono fornire per una crescita sostenibile, basata su un'economia a basse emissioni di CO2 e sull'ammodernamento e sulla decarbonizzazione della mobilità pubblica e privata in ambito urbano;

   analogamente, la strategia Trasporti 2050 si propone l'obiettivo di dimezzare l'uso di auto «ad alimentazione convenzionale» nel trasporto urbano entro il 2030, di escluderle gradualmente dalle città entro il 2050 e di ottenere entro il 2030 un trasporto delle merci privo di emissioni di CO2 e di inquinanti locali;

   l'aggiornamento del Piano nazionale di infrastrutturazione per la ricarica dei veicoli elettrici (Pnire), redatto in ottemperanza al comma 2 dell'articolo 17-septies dal decreto-legge n. 83 del 2012 convertito dalla legge 134 del 2012, prevede al 2030, sulla base del target di 6 milioni di auto elettriche previsto dal Pniec, 1.850 colonnine di ricarica veloci per le aree di servizio autostradali, 10 mila in area extraurbana, e 30.650 in area urbana (divise tra 19.650 veloci e 78.600 lente);

   in particolare, con riguardo allo sviluppo della rete infrastrutturale viene ribadita la facoltà degli enti locali di predisporre un Piano della mobilità elettrica ad hoc anche se in linea con il piano nazionale; facoltà questa che favorisce però indirizzi e velocità di sviluppo non omogenei;

   inoltre, a regioni e comuni, ma anche ai privati, è assegnato il compito di fornire le informazioni per la Piattaforma unica nazionale (Pun), ideata con l'obiettivo di garantire, a livello nazionale, uniformità e omogeneità delle informazioni afferenti alle reti di ricarica pubblica e privata con accesso al pubblico, piattaforma ad oggi non ancora resa pubblica;

   il suddetto Piano poi non contiene indicazioni circa l'interoperabilità, ovvero la possibilità per l'utente di essere svincolato dalle infrastrutture di ricarica della sua città o del suo distributore e di accedere a tutte le stazioni di ricarica in Italia, a prescindere da quale sia l'operatore con cui ha l'abbonamento, senza costi aggiuntivi o difficoltà burocratiche;

   la mobilità elettrica presenta grandi potenzialità in termini di riduzione dell'inquinamento sia atmosferico che acustico ed offre la possibilità di numerose applicazioni a livello territoriale;

   condizione necessaria per un adeguato sviluppo della mobilità elettrica è l'installazione di infrastrutture di ricarica innovative e superveloci distribuite e localizzate, sia in sede pubblica che privata, di concerto con gli enti locali, con i gestori delle stazioni ferroviarie, i concessionari di autostrade e superstrade e i distributori di energia elettrica;

   da quanto risulta dalla stessa bozza del Piano, i Fondi precedentemente destinati al cofinanziamento dei progetti di installazione delle infrastrutture di ricarica a pubblico accesso nei comuni risultano in gran parte non spesi;

   l'unico obiettivo minimo obbligatorio per i comuni sulle infrastrutture di ricarica è quello indicato nell'articolo 57 del decreto-legge «semplificazioni» che non riporta tuttavia né premialità né penalità per il mancato rispetto dello stesso;

   affidare ai comuni la proprietà degli asset di ricarica, unico modello di business scelto per accedere ai fondi del Pnire anche nella sua ultima declinazione, si scontra con la realtà di mercato: oggi infatti, nella quasi totalità dei casi, operatori privati offrono ai comuni gratuitamente l'acquisto, l'installazione, la connessione e la gestione delle infrastrutture di ricarica lente e rapide (7, 11 e 22 kW fino ai 50 kW) a fronte unicamente di una concessione di occupazione di suolo;

   la rete italiana delle infrastrutture di ricarica è carente nei piccoli comuni, soprattutto in quelli non a vocazione turistica, nonché nell'installazione di infrastrutture di ricarica «ultra veloci» (oltre i 100 kW) lungo le autostrade, le strade a scorrimento veloce e in contesti urbani di compromesso fra i flussi di traffico e la disponibilità di potenza delle reti di distribuzione elettrica;

   l'erogazione di cofinanziamenti agli operatori, per la copertura capillare dei comuni piccoli e medi con ricariche a bassa e media potenza (dai 7 ai 22 kW) e ad alta potenza (veloci 50 kW, ultraveloci oltre i 50 kW), si scontra con le regole sugli aiuti di Stato dell'Unione europea, alle quali altri Stati membri hanno richiesto e ottenuto una deroga proprio per la realizzazione dei Piani nazionali delle infrastrutture di ricarica (ad esempio Germania, Romania);

   i concessionari autostradali dovrebbero aver presentato i propri piani per l'infrastrutturazione per la ricarica dei veicoli elettrici delle aree di servizio ricadenti nei propri perimetri di concessione –:

   se, per quanto di competenza, non si ritenga opportuno adottare iniziative per utilizzare i fondi a disposizione del Piano per lo sviluppo di infrastrutture HPC (oltre 150 kW) in ambito autostradale, extraurbano e urbano al fine di aumentare la qualità e la distribuzione degli impianti collocati sul territorio nazionale e per la copertura di quei comuni non appetibili per gli operatori economici;

   se non si ritenga opportuno aprire una concertazione con gli altri Ministeri interessati e un confronto proficuo con il Parlamento sul testo del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica (Pnire), in particolare sulle modalità di erogazione dei fondi e sull'oggetto di spesa degli stessi;

   se, per quanto di competenza, non si ritenga opportuno preparare una notifica alla Commissione europea inerente alle norme in materia di aiuti di Stato, come già fatto da Germania e Romania;

   quali siano le ragioni, a tutt'oggi, della mancata pubblicazione della Piattaforma unica nazionale (Pun), cruciale per il controllo ed il monitoraggio delle infrastrutture di ricarica pubbliche nonché per le politiche di mobilità sostenibile da sviluppare a livello locale e nazionale;

   se non si ritenga opportuno rendere pubblici alcuni dati, utili alla cittadinanza e agli operatori di mercato, dei piani di installazione di infrastrutture di ricarica nelle aree di servizio in ambito autostradale, al fine di verificarne l'efficacia e facilitare gli investimenti necessari alla realizzazione in tempi contenuti di una rete di ricarica capillare ed efficiente.
(2-00940) «Chiazzese, Sut, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Corda, Corneli, Costanzo, Cubeddu, Currò, D'Ambrosio, Ehm, De Carlo, De Lorenzo, Del Grosso, Del Monaco, Del Sesto, Di Sarno, Di Stasio, Dieni, Donno, Dori, D'Orso».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Colletti n. 4-03373 del 19 luglio 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05530;

   interrogazione a risposta scritta Colletti e Martinciglio n. 4-07330 del 29 ottobre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05531.