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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 3 marzo 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'attuale situazione epidemiologica da epidemia di Covid-19 ha ulteriormente accentuato la drammaticità della situazione delle persone che, in seguito ad un grave danno cerebrale acquisito, presentano una grave disabilità cognitivo-motoria o permangono in uno stato vegetativo o di minima coscienza. Questa drammaticità colpisce, in parallelo, le famiglie di queste persone, aggravando ulteriormente il carico assistenziale necessario per la gestione di questa complessa condizione clinica;

    seppur eterogenea, questa situazione è presente su tutto il territorio nazionale ed è difficile per diversi aspetti come, ad esempio, in termini di sostegno economico e psicologico alle famiglie, di accesso alle cure di alta specialità, possibilità per i familiari di visitare i loro congiunti in reparti di riabilitazione o, di lungodegenza, appropriatezza e continuità dell'assistenza medica e riabilitativa domiciliare nel caso di ritorno a casa, possibilità di avere sostegni sociali o sanitari a casa, possibilità di frequentare centri diurni se in condizione di grave disabilità, possibilità di ricevere cure appropriate se infettati da Coronavirus. La pandemia per queste persone e le loro famiglie ha, di fatto, aggravato una situazione che già presentava delle criticità che ora sono diventate drammatiche e richiedono azioni urgenti;

    dopo una grave cerebrolesione acquisita (Gca) il recupero della funzionalità motoria e cognitiva può essere molto eterogeneo, in un continuum che si estende dal buon recupero funzionale, con un reintegro nella società, a condizioni di disabilità severa con necessità di assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, aggravata per una percentuale di pazienti dall'incapacità di recuperare la coscienza (la capacità di essere consapevoli di sé e dell'ambiente circostante) o da un recupero solo minimale della stessa. Si tratta delle persone che dopo Gca presentano una condizione definita come disordine persistente della coscienza (che include le diagnosi di stato vegetativo – Sv – e stato di minima coscienza – Smc –). Oltre ad avere una compromissione gravissima della coscienza, queste persone hanno delle serie menomazioni nella capacità di motilità e nella capacità di masticazione e deglutizione (con conseguente impossibilità di una ripresa dell'alimentazione per bocca) e necessitano di ricorrere all'alimentazione tramite gastrostomia, attraverso quindi un «tubo nello stomaco» (Peg), e talora con alterazione della funzione respiratoria e con necessità di ventilazione meccanica;

    le stime epidemiologiche, purtroppo non aggiornate, sui tassi di incidenza delle Gca e del sottogruppo dei disordini di coscienza appaiono tutt'oggi imprecise e molto diverse non solo nel nostro Paese ma anche da nazione a nazione a causa della estrema difficoltà nel processo di codifica delle Gca. In merito ai pazienti con Gca a eziologia neuro-traumatica, si stima un tasso di incidenza di 235 soggetti ogni 100.000 abitanti per anno, di cui il 9 per cento circa di livello severo, mentre per quanto concerne le eziologie non traumatiche si stima un range di incidenza pari a 114-350/100.000 abitanti per anno in Europa (Tagliaferri et al. 2006, Cuthbert JP et al. 2011, Zhang Y et al. 2012);

    per quanto concerne le stime dei tassi di incidenza e prevalenza dei pazienti con disordine della coscienza, in Italia i dati indicano le stesse rispettivamente pari a 1,8-1,9/100.000 e a 2,0-2,1/100.000 abitanti solo per quanto concerne la diagnosi di stato vegetativo, con evidenti differenze regionali (per esempio, in regione Lombardia si stima una incidenza pari a 5,3-5,6/100.000 per anno e una prevalenza pari a 6,1/100.000 abitanti). Per quanto concerne la condizione di minima coscienza a oggi non sono disponibili stime epidemiologiche ponderate sui dati italiani, sebbene sia condivisa l'idea nel mondo scientifico che i valori numerici potrebbero essere maggiori rispetto alla popolazione con diagnosi di stato vegetativo;

    la cura può essere definita come il tentativo di rispondere alla vulnerabilità, alla costitutiva dipendenza che caratterizza la condizione umana in quanto tale, al fine di promuovere la dignità della persona umana, a partire dalle differenti condizioni di salute in cui si trova, in modo da evitare che una particolare condizione di salute possa costituire un criterio di esclusione dalla tutela dei diritti umani fondamentali;

    una persona affetta da Gca necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta). A partire già da questa fase sono necessari interventi medico-riabilitativi di tipo intensivo (definita riabilitazione precoce o early rehabilitation), anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero. Questi interventi possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta o riabilitativa). Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni, disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase del reinserimento o degli esiti);

    gli esiti disabilitanti delle gravi cerebrolesioni, soprattutto di quelle classificate come severe o molto severe, costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria, economica e sociale nel nostro Paese. Infatti, dopo Gca generalmente permangono diversi problemi che rendono davvero complessa, se non impossibile, una vita autonoma delle persone. In tale quadro, assume un ruolo fondamentale il «Sistema di cura & care» che si muove intorno al paziente composto dai professionisti sanitari e dai familiari. Tale Sistema risulta fondamentale per limitare la disabilità della persona con esiti di una grave cerebrolesione;

    la disabilità viene definita dalla Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive». Tenendo in considerazione tale definizione alla base della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf), si può affermare che le persone con esiti di una Gca, ed ancor più se con disordini di coscienza, possono essere definiti come un paradigma di «estrema disabilità», cioè sono persone che presentano un bassissimo funzionamento e che richiedono un alto e continuo intervento di facilitatori ambientali. In Italia questo sistema di cura e presa in carico è disomogeneo e molto variabile;

    l'impatto della malattia è quindi estremamente gravoso e limitante anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, che di fatto svolgono spesso un vero e proprio lavoro di cura, che in quanto tale necessita di tutele, formazione e assistenza specifiche;

    sul piano normativo dal 2009, con la legge n. 18 del 3 marzo 2009 (Gazzetta Ufficiale 14 marzo 2009, n. 61) che ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (Crpd) da parte dell'Italia e dopo la morte di Eluana Englaro (un caso che è diventato simbolico e divisivo ma che ha risvegliato interesse nazionale sulla questione del Gca e dei disordini di coscienza), vi è stato un progressivo impegno del Ministero della salute, delle società scientifiche e delle associazioni di familiari per migliorare i percorsi di cura per le persone con una Gca e con disordine di coscienza in particolare;

    tale lavoro ha portato alla pubblicazione di diversi documenti di indirizzo come, citandone alcuni, il Report del gruppo di lavoro ministeriale «Stato vegetativo e di Minima Coscienza» (4 dicembre 2009 – gruppo di lavoro istituito con decreto ministeriale 15 ottobre 2008), le linee di indirizzo per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza (5 maggio 2011 – commissione «Di Virgilio») e le raccomandazioni finali delle tre Consensus Conference sulle Gca (2000, 2005 e 2010) sulle «modalità di trattamento del paziente traumatizzato cranio-encefalico in fase acuta», sulla «riabilitazione ospedaliera» e sui «bisogni riabilitativi ed assistenziali nella fase post-ospedaliera», ponendo l'accento sui percorsi organizzativi nelle varie fasi dopo uno stato di coma;

    le associazioni nazionali di familiari delle persone con esiti di Gca sono e sono state parte attiva in diversi gruppi di lavoro con le società scientifiche e con il Ministero della salute, con il quale hanno istituito per un lungo periodo un seminario permanente che è pervenuto alla pubblicazione del «Libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza – Il punto di vista delle associazioni che rappresentano i familiari» (4 ottobre 2010 – Gruppo di lavoro ministeriale e associazioni di settore) e alla Carta di San Pellegrino, un decalogo di raccomandazioni per la tutela della dignità, della libertà e dei diritti delle persone con disordine di coscienza;

    le associazioni di familiari hanno inoltre proposto un «Osservatorio nazionale per definire gli standard di qualità dei percorsi di cura» nel 2012 in collaborazione con il Ministero della salute ed hanno poi realizzato due Consensus Conference con l'intento di dare risposte ai bisogni dei familiari ed alle domande che derivavano dal loro ruolo, mettendo al centro indicatori di qualità condivisi tra il mondo sanitario e l'associazionismo. Le raccomandazioni derivate dai documenti conclusivi delle due conferenze di consenso sono state diffuse e condivise con le istituzioni. I lavori della seconda «Conferenza di consenso» sono attualmente in corso e i risultati intermedi sono stati discussi il 6 febbraio 2021 e presentati il 9 febbraio 2021 in occasione della decima «Giornata nazionale degli stati vegetativi» istituita su proposta delle associazioni (con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 novembre 2010);

    sono state anche svolte diverse ricerche, come il Progetto nazionale stati vegetativi il Progetto Ccm «Incarico», sulle differenze di presa in carico interregionali, il Registro «Giscar» e il Registro «Gracer» per la regione Emilia-Romagna. Tuttavia, gli sforzi per trasformare i risultati di ricerca in azioni concrete non hanno ancora ottenuto i risultati sperati;

    le associazioni firmatarie nel 2011 hanno inoltre chiesto, e ancora non ottenuto, il riconoscimento di due manifestazioni altamente rappresentative in Italia che si svolgono da oltre 22 anni: la «Giornata nazionale del trauma cranico» e la «Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma» anche «Giornata europea dei risvegli» (sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e l'Alto Patrocinio del Parlamento europeo) per porre ulteriore attenzione al problema dei pazienti e dei familiari;

    la recente emanazione del documento del Ministero della salute (17 dicembre 2020) contenente le indicazioni nazionali per le prestazioni in telemedicina è un passaggio fondamentale per rafforzare l'assistenza al domicilio anche in caso di Gca, Sv e Smc, che faciliterà l'introduzione di questo strumento nel percorso di presa in carico globale del paziente;

    sul piano economico, il fondo per la non autosufficienza e quello per il sostegno del ruolo di cura del caregiver familiare risultano insufficienti a garantire un livello di tutele adeguato per i rispettivi beneficiari e, di conseguenza, necessitano di essere garantiti e incrementati per gli anni a venire, proprio ed anche in considerazione di esiti disabilitanti gravi e gravissimi e di specifici bisogni nel lungo termine;

    nonostante tutti questi sforzi, oggi è evidente come vi siano ancora delle macro lacune sulla implementazione di percorsi di cura e presa in carico per le persone con esiti di una Cga, gravi disabili, stato vegetativo e di minima coscienza, con una estrema eterogeneità nazionale e soprattutto regionale in termini di legislazione vigente e servizi offerti ai pazienti ed alle loro famiglie dai diversi sistemi di welfare. La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente drammatizzato questa situazione che peraltro si scontra con la farraginosità di alcune procedure amministrative fondamentali per la presa in carico precoce come, per esempio, la nomina di un amministratore di sostegno per le persone no-competent;

    è importante che tutte le gravi cerebrolesioni trovino risposte adeguate nella propria regione di residenza e, omogeneamente, in tutte le regioni italiane,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative multiple per sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite e sui disordini di coscienza (stato vegetativo e di minima coscienza), assicurando adeguate forme di finanziamento e di collaborazione tra pubblico e privato per la creazione di reti e per lo sviluppo di progetti di ricerca, finalizzata e non, sul tema;

2) ad adottare iniziative per garantire un adeguato finanziamento a favore del fondo nazionale per la non autosufficienza e del fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, in modo da assicurare una risposta effettiva alle esigenze dei pazienti colpiti da una disabilità grave o gravissima, tra cui appunto le persone con sequele date da una grave cerebrolesione e i familiari che prestano assistenza in loro favore in tutte le regioni italiane;

3) a promuovere percorsi virtuosi di cura e presa in carico dei soggetti con esiti di grave cerebrolesione e del familiare fino alla fase degli esiti per un progetto di vita ed una acquisizione di autonomia, facendo sì che l'implementazione di questi percorsi avvenga in maniera tempestiva e omogenea su tutto il territorio nazionale, sulla base di un approccio multi-disciplinare e multi-professionale che preveda la collaborazione di specialisti ospedalieri e territoriali e delle associazioni di familiari, figure integrate e unite tra loro dall'obiettivo comune di migliorare il benessere psicofisico del paziente, anche con l'obiettivo di creare le migliori condizioni orientate, ove possibile, all'inclusione sociale e all'inserimento/reinserimento scolastico e lavorativo;

4) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali e riabilitativi e per garantire percorsi di formazione per il caregiver non come aspetto accessorio, ma come elemento cardine della qualità di cura delle persone con disabilità, nonché per promuovere e garantire su tutto il territorio nazionale la realizzazione, l'attivazione e l'implementazione di centri extra ospedalieri-centri diurni, specializzati per la presa in carico e per il proseguimento di una riabilitazione estensiva, facilitando il reinserimento sociale, scolastico e lavorativo;

5) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere la creazione di percorsi certi e appropriati di cura e di assistenza ampliando le disponibilità di posti letto e del personale sanitario dedicato in tutte regioni italiane, perché la famiglia possa avere una risposta appropriata alla sua libera scelta del luogo di cura, compatibilmente alle condizioni di stabilità del paziente e di vicinanza dei reparti coinvolti nel processo di cura con i reparti per acuti (terapia intensiva, neurochirurgia, stroke unit, Utic e altro) di provenienza;

6) ad adottare iniziative per garantire con strumenti e fondi adeguati la giusta e puntuale informazione sulla ricerca scientifica, sull'uso dei farmaci e delle terapie adeguate;

7) ad adottare iniziative per garantire, per quanto di competenza, a livello nazionale e in tutte le regioni, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento e ai comitati che svolgono attività di indirizzo, per supportare la famiglia nella scelta del luogo di cura e nel percorso che vuole avviare;

8) a promuovere iniziative atte a garantire la procedura di urgenza per la nomina di un amministratore di sostegno nei pazienti che non hanno la capacità di decidere e devono essere tutelati e protetti;

9) a promuovere iniziative per sostenere le soluzioni tecnologiche, che possono implementare i benefici dati dal sostegno e dai trattamenti tradizionali; dalla telemedicina, alla teleriabilitazione e a tutti i dispositivi innovativi che possono migliorare la qualità di vita delle persone con Gca e delle loro famiglie;

10) a istituire un Registro nazionale per le persone con grave cerebrolesione acquisita allo scopo di avere anche dati epidemiologici di incidenza e prevalenza della condizione per migliorare la programmazione e l'allocazione delle risorse;

11) ad adottare iniziative per istituire un fondo nazionale dedicato allo sviluppo di servizi sanitari e sociali per le persone con Gca e le loro famiglie;

12) ad adottare iniziative per istituire una Giornata nazionale del trauma cranico e una Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma.
(1-00426) «Bologna, Rospi, Silli, Benigni, Della Frera, Gagliardi, Napoli, Pedrazzini, Ruffino, Sorte».


   La Camera,

   premesso che:

    l'associazione italiana di oncologia medica (Aiom), nell'ultimo rapporto denominato «I numeri del cancro in Italia» presentato nel mese di ottobre 2020 all'Istituto superiore di sanità, ha stimato 377 mila nuove diagnosi di cancro in Italia per tutto il 2020: di queste 195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne (nel 2019 erano, rispettivamente, 196.000 e 175.000). Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2020, è stato il carcinoma della mammella (54.976, pari al 14,6 per cento di tutte le nuove diagnosi), seguito dal colon-retto (43.702), polmone (40.882), prostata (36.074) e vescica (25.492);

    lo stesso rapporto, che è stato curato da Aiom, dall'Associazione italiana registri tumori (Airtum), dalla Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (Siapec-Iap), dalla Fondazione Aiom, da Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) e Passi d'argento, fornisce tuttavia ulteriori ed importanti dati che denotano anche i progressi effettuati nella lotta al cancro. L'efficacia delle campagne di prevenzione già adottate nel nostro Paese negli ultimi anni e delle terapie innovative messe a disposizione dalla ricerca scientifica contro il cancro ha determinato un complessivo aumento del numero delle persone che, dopo la diagnosi, sopravvivono e conducono una vita sostanzialmente normale: si parla di circa 3,6 milioni di persone in più (il 5,7 per cento dell'intera popolazione italiana), con un incremento del 37 per cento rispetto a 10 anni fa. Inoltre, almeno un paziente su quattro (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito;

    un altro dato importante, stimato nel 2020 e messo a confronto con i numeri del 2015, è quello relativo alla riduzione complessiva dei tassi di mortalità: sono in diminuzione sia negli uomini (-6 per cento) che nelle donne (-4,2 per cento). Nelle donne, infatti, la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 63 per cento, superiore rispetto a quella degli uomini (54 per cento): il dato è legato al fatto che nel sesso femminile il tumore più frequente sia quello della mammella e che la stessa neoplasia sia caratterizzata da una prognosi migliore rispetto ad altre neoplasie;

    spostando lo sguardo a livello europeo, attualmente l'Europa pur rappresentando un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi totali di cancro nel mondo: il numero di vite perse a causa delle malattie oncologiche, a livello europeo, è destinato ad aumentare di oltre il 24 per cento entro il 2035 (dall'International Agency for Research on Cancer – WHO), rendendo il cancro la prima causa di morte in tutta l'Unione europea. Oltre all'impatto sanitario, non da meno è quello economico: tale impatto, sempre secondo le stime, ammonterebbe a 100 miliardi di euro annui in tutto il continente;

    ai numeri citati, nell'ultimo anno, si è aggiunta l'emergenza sanitaria che dal febbraio del 2020 sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. La pandemia da Covid-19 ha avuto infatti forti ripercussioni negative non solo sulla cura del cancro, ma soprattutto sulla prevenzione e sui trattamenti di cura, ritardando di fatto molte diagnosi e incidendo sull'accesso alle terapie. La illusoria diminuzione dei casi di cancro da inizio pandemia lascia inoltre presagire un futuro drastico aumento delle nuove diagnosi che, riscontrate in stadi avanzati della malattia, ridurranno ulteriormente la possibilità di trattamento e sopravvivenza dei pazienti e moltiplicheranno i costi economici dell'assistenza a carico dei sistemi sanitari nazionali;

    a livello nazionale il Covid-19 ha drammaticamente colpito la rete oncologica italiana. In alcune regioni, in particolar modo in quelle dove non esiste un sistema adeguato di rete oncologica operativa, si sono registrati casi – oltre che di ritardata diagnosi – di sospensione della continuità diagnostica e terapeutica o addirittura di mancata somministrazioni delle terapie, il tutto collegato ad un calo degli acquisti dei farmaci antitumorali su scala nazionale. Nonostante durante il lockdown si sia cercato di garantire una continuità nella presa in carico dei pazienti, con importanti sforzi da parte del personale sanitario, alcuni decisivi processi di screening (mammella, colon-retto, cervice uterina e altro) sono stati ritardati, interrotti o completamente sospesi in molte regioni. In altre realtà regionali, invece, grazie a reti oncologiche attive ed efficienti, seppur la lotta al cancro ed il sostegno alla prevenzione abbiano subito una brusca frenata, sono stati costituiti nuovi e diversi modelli organizzativi per la prevenzione del tumore e la presa in carico del paziente. Tutto ciò descrive dunque, soprattutto nel nostro Paese, un processo di lotta al cancro in generale e gestione dei pazienti affetti da patologie oncologiche, decisamente non uniforme ovvero a doppia velocità: un modello organizzativo che va dunque ripensato sia su scala nazionale che a livello europeo, in particolare avviando o completando gli interventi di monitoraggio centralizzato delle diverse situazioni, che consentano l'individuazione delle maggiori criticità regionali e i relativi, indispensabili interventi;

    in modo particolare, l'emergenza da Covid-19 ha sottolineato nel nostro Paese la forte sofferenza delle reti di cura territoriali e lo scarso sviluppo della sanità digitale. La scelta strategica italiana di riservare l'ospedalità all'acuzie (con un numero di posti letto ospedalieri che è tra i più bassi tra i Paesi europei a prodotto interno lordo equiparabile) comporterebbe inevitabilmente la necessità di potenziare l'assistenza territoriale, garantendo adeguate risposte assistenziali extraospedaliere al paziente cronico (tra cui è ormai assai spesso annoverato il paziente oncologico). L'utilizzo delle potenzialità della sanità digitale e della telemedicina ha invece consentito alle regioni italiane più vocate all'innovazione di attenuare l'impatto negativo del Covid-19 sull'accessibilità alle cure ospedaliere, consentendo di mantenere da remoto le attività di continuità assistenziale;

    nell'attuale situazione di disomogeneità di risposta assistenziale, non stupisce che l'Europa intenda farsi promotrice di un rinnovato impegno a favore della prevenzione del cancro, sfruttando questo importante momento di totale rivoluzione dei sistemi sanitari regionali e nazionali, puntando a modelli di trattamento e assistenza dei pazienti oncologici che siano moderni ed adeguati alle nuove sfide;

    per far ciò una prima, importante risposta è stata fornita il 3 febbraio 2021: la Commissione europea, in un documento inviato al Parlamento europeo ed al Consiglio europeo, ha infatti elaborato il nuovo «Piano europeo di lotta contro il cancro»;

    il «Piano europeo di lotta contro il cancro» si propone di essere la risposta dell'Unione europea alle esigenze sino ad ora descritte nella presente mozione. Esso contiene azioni concrete e ambiziose, come lo stesso Piano le definisce, che mirano a sostenere, coordinare ed integrare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per ridurre le conseguenze causate dal cancro sui pazienti e sulle loro famiglie, ed in maniera generale in tutta la società, sia a livello sanitario che a livello economico; obiettivo primario del Piano è quello di far fronte all'intero decorso della patologia ed è strutturato su quattro ambiti di intervento: la prevenzione, l'individuazione precoce delle neoplasie, la diagnosi ed il trattamento, la qualità di vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia. A questi si aggiungono nuovi obiettivi strategici, sostenuti da dieci iniziative faro e da molteplici azioni di sostegno, per aiutare gli Stati membri ad invertire la tendenza nella lotta contro il cancro e per fare in modo che si realizzi una suddivisione delle competenze e delle risorse in tutta l'Unione europea. Il Piano sarà inoltre sostenuto dal nuovo programma EU4Health che, con altri strumenti messi a disposizione dall'Unione europea, si propone di fornire agli Stati membri 4 miliardi di euro per coadiuvare gli sforzi nel rendere i propri sistemi sanitari più solidi e più efficaci nell'affrontare il cancro;

    per quanto concerne la prevenzione il Piano punta, altresì, sulla combinazione intelligente di dati sanitari e nuove tecnologie che consentirebbero lo sviluppo esponenziale della medicina personalizzata, la quale diventa un potente strumento per contrastare il cancro mediante strategie di prevenzione e trattamento su misura: i pazienti, in sintesi, ricevono terapie studiate e proposte su misura per il loro caso specifico. Questo, oltre a determinare una migliore risposta al trattamento, determina un calo della spesa per eventuali tentativi di cura e conseguenti possibili errori frutto di imprecise valutazioni della diagnosi del paziente;

    le dieci iniziative «faro» che sosterranno il nuovo Piano europeo, sono state così individuate:

     1. inaugurazione, nel 2021, del nuovo centro di conoscenze sul cancro presso il centro comune di ricerca, allo scopo di agevolare il coordinamento delle iniziative scientifiche e tecniche;

     2. avvio dell'iniziativa europea sull'imaging dei tumori nel 2022 per compilare un «atlante UE» di immagini relative al cancro, che metterà a disposizione di una vasta gamma di portatori di interessi nell'intero ecosistema di ospedali, ricercatori ed innovatori, immagini anonimizzate di diagnosi di neoplasie;

     3. sostenere gli sforzi della vaccinazione sistemica contro i papillomavirus umani di ragazze e ragazzi, in modo da puntare a debellare il carcinoma della cervice uterina e altri tumori causati da tali virus;

     4. proposta di un nuovo programma di screening dei tumori sostenuto dall'Unione europea per aiutare gli Stati membri a garantire che il 90 per cento della popolazione dell'Unione europea che soddisfa i requisiti per lo screening del carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon retto, abbia la possibilità di sottoporvisi entro il 2025;

     5. istituzione, entro il 2025, della rete dell'Unione europea che collegherà i centri oncologici integrati nazionali riconosciuti in ogni Stato membro. Questo servirà a facilitare la diffusione di diagnosi e trattamenti di qualità garantita in tutta l'Unione europea;

     6. avviare entro il 2021 la nuova iniziativa di diagnosi e trattamento del cancro per tutti, al fine di contribuire a migliorare l'accesso a diagnosi e trattamenti innovativi dei tumori;

     7. avviare l'iniziativa europea per comprendere le neoplasie (UNCAN.eu) nell'ambito della prevista missione contro il cancro, per migliorare la comprensione dell'insorgenza dei tumori;

     8. utilizzo dei fondi del programma EU4Health per migliorare la vita dei malati di tumore per fornire, entro il 2022, una smart card del «sopravvissuto al cancro», al fine di riassumere la storia clinica dei pazienti e facilitare e monitorare le cure di follow-up;

     9. istituire, entro il 2021, un registro delle disuguaglianze di fronte al cancro, il cui scopo sarà quello di individuare le tendenze, le disparità e le disuguaglianze tra Stati membri e regioni. Il registro individuerà le criticità e le specifiche aree di intervento per orientare gli investimenti e gli interventi a livello nazionale e dell'Unione europea nell'ambito del piano europeo di lotta contro tutte le neoplasie;

     10. mettere in primo piano, entro il 2021, il cancro infantile, avviando l'iniziativa per aiutare i bambini affetti da tumore allo scopo di garantire che i minori abbiano accesso a un'individuazione, una diagnosi, un trattamento ed una cura rapidi e ottimali. Tale iniziativa sarà finanziata nell'ambito del futuro programma EU4Health;

    a sostegno del Piano saranno messi a disposizione ulteriori fondi, oltre a quelli previsti dal programma EU4Health, come quelli del quadro di ricerca ed innovazione Orizzonte Europa che potrebbe erogare fino a 2 miliardi di euro a sostegno di progetti di prevenzione e ricerca sul cancro; ed ancora, quelli del programma Erasmus+ (con Istituto europeo di innovazione e tecnologia e azioni Marie Sklodowska-Curie) che potrebbe mettere a disposizione fino a 500 milioni di euro per progetti di istruzione e formazione; inoltre, vi saranno fondi per 250 milioni di euro derivanti dal programma Europa digitale per sostenere iniziative volte a investire in programmi digitali come i dati elettronici, la sicurezza informatica e le competenze digitali per il settore sanitario. I fondi della politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo di coesione e Fondo sociale europeo Pus), infine, sosterranno gli stati membri e le rispettive regioni, affinché migliorino la resilienza, l'accessibilità e l'efficacia dei rispettivi sistemi sanitari;

    un altro importante strumento attraverso il quale gli Stati membri potrebbero decidere di sostenere la lotta al cancro ed i progressi della ricerca scientifica, è il Next Generation EU, con una dotazione complessiva di 672,5 miliardi di euro: un fondo del quale, al nostro Paese, spetta la parte più cospicua e che ammonta ad oltre 200 miliardi di euro;

    al fine di agevolare il ricorso degli Stati membri agli strumenti di finanziamento messi a disposizione dall'Unione europea, la Commissione si propone di istituire un meccanismo di condivisione delle conoscenze per informare tutti i Paesi sui diversi meccanismi di accesso alle risorse;

    nel prossimo futuro, come riportato dal documento consegnato dalla Commissione al Parlamento Europeo ed al Consiglio, verrà istituito il gruppo di attuazione del Piano contro il cancro dell'Unione europea, che si riunirà costantemente per discutere e riesaminare l'attuazione del Piano strategico europeo contro il cancro e della prevista missione di Orizzonte Europa;

    il Piano europeo di lotta contro il cancro sarà riesaminato entro la fine del 2024;

    è opportuno ora più che mai, soprattutto in questo periodo di stravolgimenti a livello globale che stanno mettendo a dura prova la tenuta del tessuto sociale e dei sistemi sanitari dei Paesi di tutto il mondo, che l'Italia sostenga il Piano strategico europeo contro il cancro, facendosi promotrice di azioni concrete ed immediate, occupando all'interno del gruppo di attuazione del piano di cui in premessa una posizione di prima linea;

    la cura del cancro non può e non deve essere più esclusiva responsabilità del nostro sistema sanitario e del personale sanitario e socio-sanitario: occorre l'impegno di tutte le istituzioni, ad ogni livello, e di una vasta gamma di settori e portatori di interessi;

    rendere la cura e l'assistenza omogenee su tutto il territorio, con particolare riferimento al nostro Paese, è oggi una necessità non più differibile e l'Italia può raggiungere questo obiettivo anche e soprattutto utilizzando, per avviare immediatamente il processo, le risorse del Recovery Plan: risulta necessario pensare alla rete oncologica italiana come ad una emergenza cui dover far fronte in tempi brevi, puntando al sostegno della qualità della vita dei pazienti. È un processo, questo, che mira a rendere il nostro un Paese più civile, solidale e promotore di una visione oncologica moderna ed avanzata,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, nelle sedi competenti, per la immediata attivazione delle principali misure contenute nel «Piano oncologico contro il cancro dell'Unione europea» e a farsi promotore e parte attiva del gruppo di attuazione del piano stesso che verrà istituito nel prossimo futuro;

2) ad assumere tutte le iniziative opportune tese a colmare le differenze dei servizi assistenziali per la cura del cancro, tra regioni caratterizzate dall'esistenza di reti oncologiche efficienti e all'avanguardia e regioni caratterizzate da una eccessiva mobilità passiva sull'oncologia;

3) ad adottare iniziative finalizzate ad omogeneizzare in tutto il contesto nazionale gli interventi in materia di rafforzamento dell'assistenza territoriale e di potenziamento delle reti di telemedicina, valorizzando il ruolo di tali strumenti nella piena attuazione dei processi di deospedalizzazione, che rivestono ruolo fondamentale per la gestione sanitaria dell'intera cronicità e di quella oncologica in particolare;

4) ad adottare iniziative, in raccordo con le regioni, per l'attivazione in tempi celeri di nuovi modelli organizzativi per la gestione dei pazienti oncologici in tempo di pandemia Covid-19, con particolare riferimento alla tutela dei soggetti più deboli e a rischio, anche dal punto di vista della campagna vaccinale, valutando dunque l'opportunità di creare fasce di priorità in base allo stato clinico e diagnostico del paziente;

5) a promuovere, utilizzando gli strumenti finanziari messi a disposizione dall'Unione europea, ogni campagna di prevenzione necessaria a prevenire nuove diagnosi di cancro, soprattutto quelle relative allo screening tumorale fortemente compromesse durante l'attuale emergenza sanitaria;

6) a promuovere per quanto di competenza l'adeguamento dei servizi e dei percorsi terapeutici assistenziali alle esigenze dei pazienti affetti da neoplasie, compresi i processi relativi alle cure palliative, sostenendo le reti locali degli hospice e utilizzando altresì modelli centrati sulle esigenze individuali unitamente ai nuovi strumenti della medicina personalizzata;

7) ad attivare in sede europea, di concerto con gli altri Stati membri, ogni iniziativa utile a implementare la lotta al cancro e sostenere la ricerca scientifica per la scoperta di terapie sempre più innovative, mirate ed adatte ai casi specifici di ogni paziente;

8) a sostenere la lotta al cancro infantile, facendone assoluta priorità e valutando l'istituzione di un fondo permanente per il sostegno ai piccoli pazienti oncologici e alle loro famiglie.
(1-00427) «Lapia, Rizzone, Termini, Berardini, Trizzino, Lombardo, Ermellino, Cardinale, Sapia, Costanzo, De Girolamo, Bagnasco, Boldi, Sarli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:

   ci sono storie difficili da leggere, storie impossibili da accettare, come quella di «Violetta», una bambina di dieci anni allontanata l'11 febbraio 2020 dal padre e dalle sorelle in nome di una presunta alienazione parentale;

   secondo numerose fonti di stampa, tutto è iniziato quando il padre, con il quale la piccola viveva insieme alle sorelle, in attesa del processo per maltrattamenti nei confronti della madre, si è rivolto agli assistenti sociali, per essere aiutato a comprendere e gestire le difficoltà psicologiche della figlia, ma i servizi sociali, invece di supportarlo, hanno deciso inaspettatamente di prelevare la bambina da scuola e affidarla ad una comunità;

   la decisione del tribunale dei minorenni sarebbe stata assunta sulla base della relazione della consulenza tecnica d'ufficio, che ha ritenuto che la piccola provasse risentimento verso la madre perché manipolata dal padre, ma, secondo l'avvocato Miraglia, al quale il padre si è rivolto, «la bambina è stata allontanata dal papà ancor prima che venisse depositata la Ctu»;

   la decisione di rinchiudere Violetta in una comunità sarebbe stata assunta, come accertato dal consulente tecnico della famiglia, la professoressa Vincenza Palmieri, «senza avere mai incontrato padre e bambina insieme o la bambina con il suo nucleo familiare, in assenza oggettiva di alcun malessere o alcun disagio manifestato dalla bambina che invece stava benissimo»;

   tale caso ha, peraltro, portato alla luce un fenomeno finora sconosciuto, il «reset» del minore e dei suoi affetti, quale forma più crudele di tortura per un bambino: secondo la professoressa Palmieri, infatti, Violetta è stata allontanata dal padre sulla base della «necessità di resettare la bambina per evitare ipotetici rischi futuri alla sua salute psico fisica; provocandole, invece, un danno certo e reale»;

   usando le parole del legale, Violetta «vive in uno stato di “infelicità cronica”, sentendosi la figlia “sbagliata” in quanto l'unica ad essere stata allontanata dal papà e dalle sorelle, alle quali è molto legata. È stata poi costretta ad interrompere i corsi di danza che seguiva, il tutto senza alcuna plausibile spiegazione. Ha subito un netto calo nel rendimento scolastico dal momento in cui ha fatto il suo ingresso nella comunità, dove non è seguita a dovere dal punto di vista medico e sanitario»;

   il padre, che da febbraio 2021 ha sentito la figlia due volte e solo tramite messaggi, ha assistito impotente alle violenze subite all'interno della comunità: «Dopo qualche settimana mi hanno chiamato dicendomi che la bambina era stata spinta ed aveva subito un trauma cranico. Inoltre, in seguito ad una visita pediatrica, è stato riscontrato che mia figlia ha eruzioni cutanee, una scarsa igiene personale ed un soffio al cuore, che non aveva assolutamente alla nascita. Per riuscire a fare visitare la bambina da un cardiologo ho dovuto fare un esposto ai carabinieri. Violetta è stata maltrattata da chi l'ha messa al mondo ed ora continua ad essere maltrattata dallo Stato»;

   sempre secondo l'avvocato Miraglia, che ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Torino per accendere i riflettori su modus operandi opaco dei servizi sociali, del tribunale di Torino e di tutto ciò che ruota intorno, «molte case famiglie a Torino siano gestite da giudici onorari, con un conflitto di interesse evidente. Ci sono allontanamenti facili tanto che la regione Piemonte ha istituito una commissione»: solo a titolo esemplificativo, Franca Seniga, referente del consorzio intercomunale dei servizi alla persona comuni di Collegno e Grugliasco, è anche giudice onorario presso il tribunale dei minori, referente Cismai Piemonte; il dottor Enzo Genco, consigliere onorario della sezione per i minorenni della Corte di d'appello di Torino, è anche responsabile del servizio minori del comune;

   della stessa idea la professoressa Palmieri, che ha parlato di un vero e proprio «sistema Piemonte»: «La situazione Minori del Piemonte è affine a quella di tutte le regioni italiane. Ma emerge per alcune specificità particolari. [...] Intanto, una infinità di casi di cui mi sono occupata, sempre qui in Piemonte, di una crudeltà ed efferatezza inusitate a cui è seguita una totale chiusura delle Istituzioni. Episodi in cui abbiamo visto ragazzini portati via davanti ad una scuola da un plotone di operatori e rinchiusi in comunità psichiatriche solo perché “litigavano con i genitori”. Al di là di questi fatti specifici, in Piemonte abbiamo registrato la presenza di ben 531 Strutture per Minori e 146 Enti che gestiscono tali Strutture. Il dato più significativo, tra i tanti, è quello di ben 52 Strutture Psichiatriche per Minori: il Piemonte è la Regione col maggior numero di Comunità Psichiatriche in Italia! [...] Attualmente, in Piemonte si contano 2.700 posti letto per bambini sottratti alla propria famiglia. Ognuno di questi posti, quando resta vuoto, rappresenta un mancato guadagno. Ecco, allora, che spesso vengono occupati anche da bambini provenienti da altre Regioni. A tutto ciò dobbiamo aggiungere un elemento ulteriore, importantissimo. Il fitto sistema della Formazione Regionale, all'interno di tale Sistema. [...]. E allora è tutta una filiera, che si snoda lungo un percorso che ci indica persone che ricoprono ruoli importanti, nodali, CTU, CTP, Servizi Sociali che alimentano il Sistema. [...] È il Sistema di connivenza tra Potere Politico, Autorità Giudiziaria e Lobby Psichiatriche e della Formazione; ed è questo che, con coraggio, va scardinato»;

   in numerosi altri casi denunciati con atti di sindacato ispettivo, è stata attivata una procedura d'urgenza, salvo dover poi aspettare anni per verificare, magari, che non vi fossero i presupposti per un intervento del genere: spesso si strappa un bambino alla propria famiglia per un ipotetico rischio e lo si consegna ad una certezza di infelicità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intenda adottare anche in relazione alla vicenda di Violetta e scardinare definitivamente un eventuale «sistema Piemonte» o qualunque altro analogo «sistema» sul territorio nazionale;

   se sia a conoscenza della portata del preoccupante fenomeno del «reset» dei minori citato in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere in merito.
(2-01116) «Bellucci, Lollobrigida, Montaruli».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 974 e seguenti della legge n. 208 del 2015 ha istituito il programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (di seguito «programma periferie»);

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 dicembre 2016 ha approvato la graduatoria del bando relativo al sopracitato programma, con la città metropolitana di Palermo in 47 esima posizione (finanziamento richiesto 40 milioni di euro);

   tra gli interventi previsti dalla città metropolitana di Palermo vi è la riqualificazione e trasformazione in complesso scolastico polivalente dell'ex sede compartimentale delle Poste italiane sita nel quartiere Brancaccio (via Cirincione); tale area è stata acquistata nel 2004 dall'ex provincia di Palermo per promuovere un processo di riqualificazione urbana di un'area periferica, con un elevato indice di dispersione scolastica, disagio sociale e disoccupazione, per rigenerare un complesso edilizio esistente, trasformandolo in un polo di istruzione secondaria e per migliorare la qualità dell'edilizia scolastica del territorio, riducendo i canoni di locazione di immobili adibiti a scuole; il progetto iniziale prevedeva la ristrutturazione integrale degli edifici esistenti con la realizzazione di 57 aule normali, 18 aule speciali e/o laboratori, una sala multifunzionale trasformabile in massimo sei aule speciali, una biblioteca a doppia altezza e una sala multimediale, auditorium-aula magna, palestra coperta, sale ginniche, posteggio scoperto, uffici a servizio dell'attività scolastica; il complesso scolastico, oltre a svolgere funzioni didattiche, diventerebbe un centro di aggregazione e fulcro di attività sociali a servizio del quartiere, grazie alla differenziazione degli ingressi all'interno del complesso per consentire l'uso extra scolastico di alcuni servizi quali la biblioteca e l'auditorium; il progetto prevede elevati standard di efficienza energetica (anche con dotazione di impianti fotovoltaici sulle coperture e di un sistema di riscaldamento a sonde geotermiche), antisismica e di abbattimento delle barriere architettoniche;

   in sede di elaborazione del progetto definitivo, nel dare seguito alle nuove norme tecniche sulle costruzioni, con specifico riferimento agli aspetti antisismici, è emersa la convenienza economica ed in termini di tempistiche di intervento nel procedere alla demolizione e alla ricostruzione delle strutture invece dell'ipotesi, inizialmente prevista, di ristrutturazione e rifunzionalizzazione dell'esistente; il fabbisogno finanziario per la realizzazione di tale intervento è passato da poco meno di 15 milioni (finanziati dal programma «periferie») a 22;

   nella lista degli interventi finanziati dal «programma periferie» per la città metropolitana sono presenti progetti per circa 3,3 milioni di euro sul demanio statale in capo al Provveditorato alle opere pubbliche; per ostacoli amministrativi insormontabili e indipendenti dalla città metropolitana, il Provveditorato ha rinunciato a portare avanti questi interventi nell'ambito del «programma periferie» e buona parte di questi hanno trovato copertura finanziaria con fondi ministeriali;

   nella lista degli interventi finanziati dal «programma periferie» per la città metropolitana erano presenti 3 progetti per poco più di 2 milioni di euro in capo ad alcuni comuni del palermitano che non hanno mai riscontrato le note e le sollecitazioni della città metropolitana che si è trovata impossibilitata a portarli avanti;

   risultano dunque circa 5,5 milioni di euro stanziati a favore della città metropolitana, nell'ambito del «programma periferie», e non utilizzabili per cause di forza maggiore dovute a eventi straordinari e imprevedibili (si consideri ad esempio, l'aggiornamento e la rimodulazione necessaria del progetto per la realizzazione di un polo scolastico a Brancaccio, in virtù delle nuove norme tecniche per le costruzioni valide a partire dal 2018 e successive all'approvazione del programma nel 2016);

   in data 11 febbraio 2021 la Città metropolitana, su proposta dell'interrogante, ha presentato istanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri per chiedere la rimodulazione finanziaria dell'intervento relativo alla realizzazione del polo scolastico a Brancaccio, al fine di coprire l'accresciuto fabbisogno finanziario con le risorse degli interventi non realizzabili per cause indipendenti e non prevedibili dall'amministrazione e fermo restando che l'oggetto, le finalità e i risultati dell'intervento rimarrebbero inalterati come previsto dall'articolo 3, commi 2 e 3, della convenzione vigente tra città metropolitana e Presidenza del Consiglio dei ministri;

   va considerata l'assoluta rilevanza di tale intervento per diversi quartieri della seconda circoscrizione di Palermo, proprio in considerazione della necessità di puntare su una più elevata qualità dei servizi scolastici e per favorire la piena affermazione della scuola come centro strategico per il rilancio socio-culturale ed economico di quell'area;

   in assenza del via libera alla richiesta di rimodulazione sarebbe impossibile per la città metropolitana di Palermo garantire copertura finanziaria e realizzare l'intervento –:

   se, nell'ambito del «programma periferie», il Governo intenda procedere all'accoglimento della richiesta di rimodulazione delle risorse relative all'intervento di realizzazione, da parte della città metropolitana di Palermo, del complesso scolastico polivalente nel quartiere Brancaccio.
(2-01113) «Varrica».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio di bonifica di Piacenza ha convocato per votare di presenza (e non telematicamente, come da molti elettori richiesto) 102 mila contribuenti circa per i giorni 18/19 aprile 2021;

   preliminarmente a quella data, si imporranno adempimenti vari che porteranno necessariamente a spostamenti fra comuni, peraltro vietati –:

   se le autorità locali di polizia ed ordine pubblico, a cominciare dai sindaci, dal prefetto e dal questore abbiano segnalato l'evento al Ministro dell'interno, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della salute;

   alla luce di quanto sopra esposto, se i Ministri interrogati non ritengano di assumere immediate iniziative, per quanto di competenza, anche normative, a tutela della pubblica sanità e per garantire il pieno rispetto delle misure anticovid.
(5-05433)


   RIZZETTO, ALBANO, BUTTI, CIABURRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, LUCASELLI, PRISCO, SILVESTRONI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come noto, ad oggi sussiste ancora uno stallo sull'erogazione dei contributi economici destinati ai collaboratori sportivi, soprattutto per quanto concerne le quote relative ai mesi di gennaio e febbraio 2021;

   il bonus promesso consiste in un'indennità da 800 euro, da erogare a sostegno dei lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso il Coni, il Comitato italiano paralimpico, le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni e dal Cip, le società e associazioni sportive dilettantistiche;

   il bonus di gennaio 2021 doveva essere erogato dalla società Sport e Salute spa, che si occupa della distribuzione dei contributi dallo scorso mese di marzo 2020. Tale società è stata oggetto di aspre critiche per i ritardi nei pagamenti ai beneficiari, alcuni infatti attendono ancora i ristori di alcune mensilità del 2020;

   inoltre, ad oggi, non è dato sapere se il prossimo «decreto ristori» riconoscerà delle specifiche iniziative a tutela dei lavoratori in questione;

   non è possibile continuare a far gravare sulla categoria dei collaboratori sportivi l'incapacità di provvedere a congrui sostegni economici e in tempi certi;

   si ripropone quindi la necessità di prevedere tempestivi provvedimenti, per i lavoratori del settore tra i più penalizzati dalla pandemia e danneggiati, altresì, da provvedimenti del Governo Conte sempre tardivi e mai all'altezza dei danni che hanno subito e tuttora subiscono;

   si rileva, inoltre, che attualmente nella compagine del nuovo Governo a guida del Presidente Mario Draghi è assente un Ministro allo sport, né è stata conferita la delega allo sport con la nomina di un sottosegretario. Al riguardo, i problemi irrisolti del settore meritano la massima attenzione e questa mancanza non è buon segnale –:

   se e quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo affinché i collaboratori sportivi siano adeguatamente indennizzati in tempi certi, e ragionevoli.
(5-05439)


   FOTI e BUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in occasione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla legge n. 21 del 2021, recante «disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (Ue, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dell'Unione europea. Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”», è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/2845-A/132, con il quale il Governo si impegna a verificare la congruità dei termini di scadenza della sospensione degli sfratti per morosità, per gli immobili anche ad uso non abitativo, distinguendo tra le situazioni di morosità pregressa e successiva rispetto all'insorgenza della crisi pandemica; nonché a prevedere, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, forme di ristoro economico o di agevolazione fiscale in favore dei proprietari degli immobili interessati dalla sospensione del rilascio per morosità –:

   quali iniziative risultino assunte in attuazione del citato ordine del giorno, al fine di porre rimedio a quella che appare agli interroganti la profonda iniquità di una misura che ha portato a quasi un anno e mezzo il periodo di requisizione di fatto di beni che i giudici avevano ordinato di restituire ai proprietari, spesso dopo anni di morosità, contenzioso e già lunghe attese di attuazione della fase esecutiva.
(5-05440)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI e MASCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   millecinquecento migranti sono sbarcati lungo le coste italiane in sole 36 ore e altre, imbarcazioni aspettano i soccorsi, come non si vedeva da mesi, nonostante le condizioni meteorologiche del mese di febbraio 2021 non siano state certamente favorevoli;

   sono giorni di traffico molto intenso nel Mediterraneo, dove i trafficanti hanno messo in mare decine di barconi contemporaneamente e solo a Lampedusa, nel fine settimana, sono sbarcate 1.350 persone, mandando nuovamente in tilt l'hotspot che ospita più di un migliaio di persone;

   sempre in Sicilia, nel porto siracusano di Augusta, in questi giorni, nell'indifferenza generale, sono sbarcati dalla Ocean Viking di Sos Mediterranée 422 migranti naufragati e 102 migranti dalla AitaMari, di cui 21 sono risultati positivi al Covid-19 al termine dei controlli sanitari;

   è di queste ora la notizia che fra i 232 migranti sbarcati a Porto Empedocle, cinquanta sono risultati positivi al Covid-19 e isolati in quarantena obbligatoria sulla nave Allegra;

   sempre a febbraio, un gommone con 71 migranti, tutti uomini e senza bambini, è stato soccorso in zona Sar libica a circa 40 miglia da Al Khoms e, mentre era in corso l'operazione di soccorso, l'equipaggio della Viking ha ricevuto da Alarm Phone la segnalazione di un altro gommone in difficoltà, con a bordo 116 migranti, originari del Sudan, Costa d'Avorio, Mali e Nigeria;

   se il buongiorno si vede dal mattino, non c'è di che ben sperare, come ha fatto notare anche Repubblica: il Pos, l'indicazione del porto sicuro dove sbarcare, è arrivato a 15 ore appena dalla richiesta, sottolineando un cambio di prospettiva piuttosto visibile rispetto alla politica di questi anni e da «prima i ricollocamenti e poi gli sbarchi», si sarebbe passati a «prima gli sbarchi e poi i ricollocamenti»;

   al Senato, il neo Presidente del Consiglio ha dichiarato: «Per quanto riguarda il problema, la risposta più efficace e duratura passa per una piena assunzione di responsabilità sul tema da parte delle istituzioni comunitarie ed europee. È d'altronde uno dei dossier politici più rilevanti a livello europeo quello sulle proposte normative presentate dalla Commissione nel settembre dello scorso anno, nell'ambito del cosiddetto Patto europeo su migrazione e asilo. Si tratta di nuove proposte che fanno seguito al fallimento dei negoziati, svolti nel periodo 2014-2019, per la riforma del sistema comune europeo di asilo, ma che non sciolgono lo stallo politico che continua a bloccare l'azione dell'Unione europea, specie sulla declinazione del principio di solidarietà. Permane infatti la contrapposizione tra Stati di frontiera esterna, maggiormente esposti ai flussi migratori (Italia, Spagna, Grecia, Malta e in parte Bulgaria) e Stati del Nord ed Est Europa, principalmente preoccupati di evitare i cosiddetti movimenti secondari dei migranti dagli Stati di primo ingresso nel loro territorio. L'Italia, appoggiata anche da alcuni Paesi mediterranei, come la Spagna, Grecia, Cipro e Malta, propone come concreta misura di solidarietà – per segnare la specificità della gestione delle frontiere marittime esterne – un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei migranti pro quota»;

   la difesa dei confini e la lotta all'immigrazione incontrollata di massa devono rimanere prioritarie, soprattutto in vista dell'avvicinarsi della bella stagione che porterà con sé il moltiplicarsi degli sbarchi –:

   quale politica in materia di gestione dei flussi migratori il Governo intenda adottare, con particolare riguardo ai meccanismi di redistribuzione dei migranti tra i Paesi europei, ai rimpatri per chi non ha diritto alla protezione internazionale e alle misure di contenimento dei contagi da Covid-19;

   quanto gravino sulla spesa pubblica le procedure nazionali di accoglienza dei migranti in generale e con specifico riferimento all'affitto di navi e complessi alberghieri per la quarantena dei soggetti positivi.
(4-08371)


   MARAIA, DEL SESTO, VILLANI e FARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il responsabile tecnico della gestione rifiuti è una figura regolata dal decreto Ministeriale del 3 giugno 2014 n. 120, che si occupa dell'organizzazione nella gestione dei rifiuti nelle imprese e del rispetto della normativa. Tale ruolo può essere ricoperto sia da una figura interna, sia da un professionista esperto in consulenza;

   il responsabile, al fine di garantire il rispetto della disciplina e la tutela dell'ambiente, deve avere determinati requisiti. Questi afferiscono al titolo di studio e alle esperienze ed è prevista una verifica sulla preparazione del soggetto ed il suo continuo aggiornamento, mediante un esame a cadenza quinquennale;

   l'albo nazionale dei questori ambientali ha comunicato, mediante la circolare n. 13 del 9 dicembre 2020, che, in applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020, le verifiche d'idoneità per responsabili tecnici rimangono sospese, causando disagi nelle attività delle aziende del settore in virtù dell'imprescindibilità di tale ruolo;

   il sistema di controllo tracciabilità dei rifiuti (Sistri), è stato il sistema informativo voluto dal Ministero dell'ambiente per monitorare i rifiuti pericolosi, tramite la tracciabilità degli stessi. Con l'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, se ne è decretata la soppressione, non essendo, oltretutto, mai entrato definitivamente in funzione. Questo prevedeva la digitalizzazione dei previdenti adempimenti documentali, basati sul Modello unico di dichiarazione ambientale (Mud) e sul registro di carico e scarico dei rifiuti e sul formulario di identificazione dei rifiuti (Fir);

   sempre con il suddetto decreto, si è istituito il registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (Ren), gestito direttamente dal Ministero, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti di cui all'articolo 189 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

   per quanto ad oggi sia stato emanato il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, questo si limita a tracciare il perimetro entro cui dovrà muoversi la copiosa decretazione attuativa, cui spetta l'ambizioso compito di forgiare un sistema in grado di colloquiare con l'utenza privata e pubblica. Inoltre, mancano sanzioni specifiche, certe ed efficaci, all'infuori di quanto ad oggi previsto all'articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in tema di violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri e dei formulari in grado di garantire il rispetto della normativa; nondimeno non viene chiaramente evidenziato quale sia lo strumento per assicurare il tracciamento degli spostamenti dei rifiuti, il cui transito, come è stato più volte ricordato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti ed illeciti ambientali, è uno dei principali business della criminalità organizzata –:

   se il Governo intenda comunicare la tempistica relativa all'emanazione dei decreti ministeriali di cui all'articolo 188-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione al funzionamento del sistema di tracciabilità, così da consentire il tracciamento digitale dei rifiuti su tutto il territorio nazionale, nonché l'interoperabilità con i sistemi degli utenti, pubblici e privati; se si intendano adottare iniziative al fine di disporre deroghe per garantire la ripresa delle verifiche di idoneità dei responsabili tecnici, che costituiscono attività di pubblico interesse.
(4-08378)


   VITIELLO, ANNIBALI e FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il Piano strategico per la vaccinazione anti Sars-CoV-2/Covid-19, così come aggiornato l'8 febbraio 2021 in ordine alle categorie e all'ordine di priorità per la seconda fase della campagna vaccinale, il vaccino AstraZeneca sarà somministrato al personale scolastico e universitario docente e non docente, alle forze armate e di polizia, presso gli ambienti a rischio, quali penitenziari e luoghi di comunità, e al personale di altri servizi essenziali;

   con la seconda fase del Piano è emersa con disarmante evidenza una disparità di attuazione tra le regioni, anche per l'assenza di indicatori che dovrebbero essere impartiti a livello nazionale per implementare sui territori la fase di vaccinazione di massa;

   i differenti piani regionali comportano, di conseguenza, gravissime disparità di trattamento fra soggetti parimenti a rischio, vaccinati in una regione e non vaccinati in altre anche se confinanti;

   in particolare, non si riscontrano regole omogenee per gli avvocati e i praticanti avvocati, laddove solo la Sicilia e la Toscana, ad oggi, hanno considerato i legali tra le categorie a rischio, includendoli nella profilassi prevista per gli uffici giudiziari. In tutte le altre regioni, la categoria degli avvocati e dei praticanti, già abilitati o in attesa di abilitazione, non è stata inserita fra i servizi pubblici essenziali, nonostante esercitino un servizio di pubblica utilità, frequentino affollate aule d'udienza, visitino i detenuti, incontrino quotidianamente una pluralità di assistiti, testimoni e operatori della giustizia e siano parte essenziale e imprescindibile del sistema giudiziario –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per far rientrare anche gli avvocati e i praticanti avvocati tra le categorie a rischio e per assicurare un intervento omogeneo a livello nazionale che garantisca loro la somministrazione del vaccino, evitando così disparità di trattamento fra le regioni.
(4-08382)


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la situazione nel carcere di Chieti risulta essere di estrema urgenza in quanto da notizie giornalistiche sembrerebbe che il carcere di Madonna del Freddo, sia il secondo in Italia per numero di contagi;

   sempre da notizie di stampa, risulta che al 23 febbraio 2021 la registrazione del numero di detenuti positivi raggiunge oltre i 50 casi a cui si aggiungono 8 agenti tutti positivi al Covid-19;

   all'interrogante risulta che anche il direttore della casa circondariale di Vasto, la Dottoressa Giuseppina Ruggero, abbia lanciato un allarme, attraverso una missiva indirizzata all'assessore alla sanità della regione Abruzzo, Nicoletta Verì, al fine di evitare lo scoppio di una vera e propria bomba epidemiologica, sollecitando, nel più breve tempo possibile, l'avvio della campagna vaccinale in favore del personale penitenziario;

   preme evidenziare che all'interno del carcere, essendo una struttura chiusa allo stregua di una Rsa la probabilità di essere contagiati è decisamente più elevata e, inoltre, il continuo accesso dall'esterno ne incrementa il potenziale di rischio. A tutto ciò si aggiunge il considerevole aumento dei contagi di questi giorni che sta mettendo a dura prova il sistema sanitario, ormai sempre più in affanno, che verrebbe ulteriormente sollecitato e stressato se non si pone un immediato rimedio alla diffusione massiva del virus all'interno degli istituti penitenziari, non solo a tutela dei detenuti e dei poliziotti, ma anche di tutti i cittadini;

   si ricorda, pertanto, quanto sia auspicabile la possibilità di somministrare la vaccinazione anti-covid a tutto il personale in servizio, senza alcuna distinzione di fasce d'età, che altrimenti comporterebbe disomogeneità e soprattutto il mancato raggiungimento dell'obiettivo di tutela dell'intero personale nell'ambito di una medesima struttura;

   a quanto consta all'interrogante, vi sono altre numerose testimonianze, riportate dalla stampa locale, di situazioni similari a quella sopra riportata relativa all'istituto penitenziario di Chieti, verificatesi in Abruzzo ed in particolare nella casa circondariale di Pescara e in quella di Sulmona –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere una priorità, nella campagna vaccinale nazionale anti-Covid, per il personale delle strutture penitenziarie senza distinzioni di età, con quali tempi e in che modalità;

   quali siano le iniziative che il Governo intende mettere in campo per contrastare la veloce diffusione del Covid-19 tra il personale penitenziario e i detenuti.
(4-08384)


   SNIDER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2020 era prevista per il 15 febbraio 2021 la riapertura degli impianti nei comprensori sciistici agli sciatori amatoriali subordinatamente all'adozione di apposite Linee guida da parte della Conferenza delle regioni e validate dal Comitato tecnico scientifico;

   tali linee-guida, validate dal Comitato tecnico scientifico il 4 febbraio 2021 e approvate dalla Conferenza, prevedevano una serie di misure di sicurezza e prevenzione;

   se l'utilizzo degli impianti di risalita è soggetto a particolari limitazioni a causa dei rischi di assembramento, di contro l'attività sportiva è consentita all'aperto senza particolari restrizioni, fatte salve le ovvie misure di distanziamento sociale;

   nello specifico la pratica dello sci non sempre è subordinata alla fruizione degli impianti di risalita, come nel caso dello sci di fondo ma anche dello scialpinismo, praticato tipicamente al di fuori dagli impianti e piste attrezzate e mediante l'utilizzo di sci opportuni e «pelli di foca», anche in modalità di avvicinamento invernale a percorsi prettamente alpinistici;

   la decisione assunta dal Ministro della salute con brevissimo preavviso di non riaprire gli impianti non ha impedito ad alcuni sciatori di raggiungere ugualmente alcune località sciistiche; come avvenuto nelle varie zone turistiche montane della Lombardia;

   in provincia di Brescia, ad esempio, il 21 febbraio 2021 qualche centinaio di amanti della montagna hanno imbastito una manifestazione suggestiva e simbolica, percorrendo a piedi il tracciato sciistico di Baradello e discendendo, di notte, la pista illuminata; in provincia di Sondrio, invece, un'interpretazione restrittiva da parte della prefettura lo ha impedito;

   l'evento bresciano, dal valore prima di tutto dimostrativo — e che di fatto non ha violato alcuna disposizione in merito alla chiusura degli impianti — si inserisce nella diatriba che vede coinvolti operatori turistici, regione Lombardia e la prefettura di Sondrio;

   con lettera n. 7914 del 15 febbraio 2021 il prefetto di Sondrio chiedeva alla Presidenza del Consiglio e al Ministero della salute chiarimenti riguardo allo svolgimento della pratica dello sci amatoriale e sull'utilizzo delle piste da sci; se cioè per «impianti nei comprensori sciistici» oggetto di chiusura si dovessero considerare solo le infrastrutture o, invece, l'intera area in cui insistono le piste da sci;

   con propria nota la regione Lombardia spiegava che, a norma di legge, le aree sciabili e gli impianti di risalita sono da considerarsi due ambiti esplicitamente separati; che la pratica dello sci di fondo, dello sci alpino e le cosiddette ciaspolate, è per sua stessa natura svincolata dall'utilizzo degli impianti di risalita e che il divieto di risalita della pista a piedi (senza l'autorizzazione del gestore dell'area) è preordinato soltanto alla prevenzione di incidenti (l'articolo 14 comma 4, della legge regionale 26 del 2014 e articolo 40 del r.r. 5 del 2017);

   in altri termini, per la regione Lombardia deve escludersi un'interpretazione estensiva dell'espressione «impianti nei comprensori sciistici» contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri fino ad includere sic et simpliciter anche l'uso delle piste da sci;

   per l'interrogante trattasi di un'interpretazione ragionevole e compatibile con la lettera e con lo spirito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e di conseguenza, il sintagma «impianti nei comprensori sciistici» deve ricomprendere «le sole infrastrutture ed i mezzi meccanici preposti alla risalita delle piste» e non essere interpretato «in chiave onnicomprensiva, quindi includendo anche le stesse piste da sci» –:

   come il Governo ritenga, dando altresì formale riscontro alla predetta richiesta di chiarimenti da parte del prefetto di Sondrio che debba essere interpretato l'articolo 1, comma 1 lettera oo), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021 e, in relazione a tale interpretazione, quali criteri siano da utilizzare per evitare di assegnare alla disposizione in parola un significato eccessivamente estensivo tale da determinare una indebita ingerenza nella libertà di circolazione degli sciatori.
(4-08391)


   ZENNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   esistono alcune categorie professionali che lavorano a contatto con soggetti e/o con materiali potenzialmente infetti e che quindi sono maggiormente a rischio di esposizione a malattie infettive, come la Sars-CoV-2; per tali categorie professionali, rientrare in un programma di vaccinazione può ridurre in modo sostanziale i rischi, sia di acquisire pericolose infezioni, sia di trasmettere patogeni ad altri lavoratori e soggetti con cui i lavoratori possono entrare in contatto;

   gli addetti del settore funebre, che consta di circa 6.000 imprese sul territorio nazionale, rappresentano una categoria altamente esposta al contagio da Covid-19 per le specifiche attività svolte;

   in questo ultimo anno, dall'inizio della pandemia, la Federcofit, Federazione comparto funerario italiano, ha rilevato un consistente numero di vittime e terapie intensive tra gli addetti funebri a causa dei contagi avvenuti negli ambienti di lavoro; la stessa Federcofit ha ritenuto opportuno sollecitare in più occasioni i vari livelli istituzionali affinché venissero avviate iniziative concrete atte a consentire alla categoria di svolgere con relativa tranquillità il trattamento dei defunti morti per Coronavirus, senza però ricevere alcun riscontro –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire al settore funerario di svolgere con la giusta protezione il proprio compito;

   se il Governo intenda adottare iniziative per inserire gli addetti alla categoria funebre, potenzialmente a contatto con il virus, nel programma di vaccinazione nazionale.
(4-08397)


   LAPIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella regione autonoma della Sardegna, secondo le linee guida del «piano strategico vaccinazione» predisposto dal commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 e dall'istituto superiore della sanità, si sta procedendo in queste settimane — seppur con molto ritardo come già segnalato al Ministro interrogato dall'interrogante con precedente interrogazione — con la prima fase di vaccinazione, ossia quella che riguarda tutto il personale socio-sanitario;

   in molte Assl della regione Sardegna è stata altresì avviata, ed in parte già conclusa, la vaccinazione di medici specialisti ed odontoiatri che operano in regime di libera professione. Ad essi si aggiunge, per ovvie ragioni, anche il personale amministrativo che opera all'interno dei medesimi centri specialistici e convenzionati;

   risulta opportuno segnalare come anche le suddette categorie di medici operino ad altissimo rischio, al pari di quelli operanti all'interno del servizio sanitario nazionale: la maggior parte di loro, infatti, esercita la professione a diretto e strettissimo contatto con pazienti che, per ragioni evidenti, non possono indossare i dispositivi di protezione individuale (come, ad esempio, la mascherina) nel momento in cui si sottopongono alle visite ed alle cure. Questo pone in serio pericolo anche i pazienti stessi i quali, molte volte, costituiscono una fascia di popolazione debole, non ancora vaccinata e dunque particolarmente esposta al rischio di contrarre l'infezione da Sars-CoV-2;

   per quanto concerne la Asl di Nuoro, tuttavia, la campagna di somministrazione dei vaccini nei confronti dei medici specialisti ed odontoiatri che operano in libera professione all'interno del medesimo distretto, ad oggi non risulta avviata;

   quanto viene sopra riportato, tra l'altro, è confermato da notizie apparse sulla stampa locale e regionale, a cui si aggiungono le sollecitazioni e continue richieste avanzate dagli organi rappresentativi delle categorie momentaneamente escluse dalla somministrarne delle dosi;

   è necessario che, nel più breve tempo possibile, la regione autonoma della Sardegna ovvero la Asl di Nuoro, possano concludere la fase di vaccinazione che riguarda tutto il personale socio-sanitario, compreso quello che opera in regime di libera professione;

   si rammenta che il completamento della suddetta fase di vaccinazione risulta oltremodo essenziale per procedere con la somministrazione delle dosi nei confronti della successiva fascia in ordine di priorità come stabilito dal piano strategico nazionale, ossia i cittadini ultra ottantenni –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, di concerto con il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 e gli altri organi competenti, affinché nell'area di Nuoro si proceda con la somministrazione dei vaccini anche nei confronti dei medici specialisti ed odontoiatri che operano in regime di libera professione negli ambulatori privati.
(4-08402)


   PAOLO RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   giovedì 21 gennaio 2021 Antonella Sicomero, una bambina di 10 anni residente a Palermo, è morta per auto-soffocamento;

   stando a quanto riportato dai quotidiani, la bimba si sarebbe stretta intorno al collo una cintura legata, per l'altra estremità, al termosifone del bagno per partecipare ad una «hanging challenge», una sfida che per giorni ha spopolato su TikTok, un social network molto utilizzato soprattutto tra i bambini e gli adolescenti;

   già nel mese di dicembre 2020, il Garante per la protezione dei dati personali aveva contestato al social numerose violazioni tra cui la scarsa attenzione alla tutela dei minori nonché la facilità con la quale il divieto, previsto dalla stessa piattaforma, di iscriversi per i minori sotto i 13 anni poteva essere aggirato;

   tuttavia, a seguito del tragico evento e, in attesa di ricevere il riscontro richiesto con l'atto di contestazione, l'Autorità ha disposto nei confronti di Tik Tok il blocco immediato dell'uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata l'età anagrafica, al fine di assicurare immediata tutela ai minori iscritti al social network;

   il provvedimento di blocco era stato predisposto fino al 15 febbraio 2021 in attesa del riscontro dell'autorità irlandese, considerato che recentemente Tik Tok ha comunicato di avere fissato il proprio stabilimento principale in Irlanda;

   nonostante quanto sin qui riportato, il provvedimento del Garante risulterebbe ancora disatteso quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per limitare la diffusione di tali pericolosissime pratiche sui social, al fine di tutelare la sicurezza dei bambini e degli adolescenti.
(4-08409)


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'incremento dell'attività esplosiva dell'Etna a Catania in queste settimane ha portato alla emissione di lava e nubi di cenere e lapilli che hanno invaso intere aree, con ripercussione e disagi evidenti, senza dimenticare la chiusura a cui è stato costretto lo scalo aeroportuale di Fontanarossa, chiuso per l'emergenza connessa alla cenere lavica. La città di Catania e molti paesi ai piedi del vulcano continuano ad essere coperti da uno strato di cenere lavica dopo le violente e spettacolari eruzioni di questi giorni. In particolare, dopo il furioso parossismo del 16 febbraio 2021, una copiosa quantità di cenere e detriti è caduta su alcuni comuni etnei. Le strade dei paesi etnei e le auto sono coperte di cenere e lapilli, così anche le piazze e monumenti. La caduta di cenere è stata registrata a Pedara, Mascalucia, Nicolosi e Tremestieri Etneo e Catania. Tutte le attività agricole, con particolare riferimento alle colture, hanno subito danni enormi con prospettive davvero drammatiche per le aziende agricole e per chi vi lavora;

   la natura e la consistenza dell'evento sono tali da richiedere l'adozione di provvedimenti straordinari e urgenti. La richiesta e quindi il riconoscimento dello stato di calamità rappresentano un grido di disperazione per un territorio già gravemente danneggiato nelle sue attività commerciali e produttive, con danni ai servizi e ai collegamenti –:

   se non si ritenga necessario, previa un'attenta e scrupolosa analisi dei danni provocati dall'eruzione dell'Etna, adottare iniziative di sostegno, anche fiscali, a favore delle popolazioni di tutta l'area effettivamente interessata dal fenomeno dell'eruzione e dalla caduta di cenere vulcanica e, cioè, di tutta la zona direttamente o indirettamente danneggiata e, in particolare, di quella ionica-etnea.
(4-08411)


   NOVELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per l'acquisto dei vaccini anti-Covid, i Paesi dell'Unione europea hanno previsto che i contratti con le aziende produttrici fossero stipulati direttamente dalla Commissione europea per conto di tutti i Paesi membri, e che la loro distribuzione sarebbe stata parametrata in proporzione alla popolazione; tra agosto e novembre 2020 la Commissione europea ha stipulato vari contratti, vincolati all'accertata efficacia dei vaccini, per l'acquisto dei sieri sviluppati da AstraZeneca, BioNTech-Pfizer, Moderna, Sanofi-GSK, Johnson & Johnson e Curevac, oltre ad aver avviato colloqui esplorativi con Novavax e Valneva;

   il 21 dicembre 2020 la Commissione europea ha concesso un'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata per il vaccino sviluppato da BioNTech-Pfizer, per poi concedere l'autorizzazione a Moderna il 6 gennaio 2021 e a AstraZeneca il successivo 29 gennaio; domenica 27 dicembre 2020 ha preso il via la campagna vaccinale contro il Sars-Cov-2 a livello europeo, il cui obiettivo è giungere, nel minor tempo possibile, alla vaccinazione del 70 per cento della popolazione, individuata come la soglia minima da raggiungere per determinare l'immunità di gregge. Percentuale che, a livello nazionale, traduce in circa 40 milioni di persone;

   il 28 gennaio 2021 è stato pubblicato il decreto del Ministero della salute del 2 gennaio 2021 con cui è adottato il Piano strategico nazionale dei vaccini e resa nota una tabella relativa alla stima della potenziale quantità di dosi di vaccino disponibili in Italia nel 2021, suddivisa per trimestre e azienda produttrice. Da tale tabella si desume che l'Italia ha prenotato 226.169.382 dosi, di cui 177.365.383 per l'anno in corso, di cui circa 100 milioni relativi a vaccini giù autorizzati;

   nel corso dei mesi di gennaio e febbraio 2021 si sono registrati frequenti problemi di approvvigionamento dei vaccini, causati da difficoltà sulle linee produttive che hanno avuto come conseguenza un rallentamento nella campagna vaccinale;

   nelle ultime settimane, alcune regioni hanno avanzato l'ipotesi di procedere autonomamente all'acquisto di vaccini che, secondo alcune fonti, sarebbero disponibili in misura ulteriore rispetto a quelli acquistati a livello europeo. Da più parti giungono inoltre sollecitazioni affinché sia il Governo a procedere ad acquisti ulteriori rispetto a quelli programmati dalla Commissione europea;

   la Commissione europea ha precisato che negoziati paralleli per vaccini coperti dalla strategia vaccinale dell'Unione europea sono contrari giuridicamente e politicamente al Piano europeo, poiché metterebbero in difficoltà la strategia adottata dalla Commissione stessa;

   è necessario chiarire ufficialmente quante siano le dosi in meno consegnate al nostro Paese rispetto alle previsioni e se la strada di acquisti ulteriori rispetto a quelli comuni europei sia percorribile –:

   quante siano le dosi in meno consegnate al nostro Paese rispetto alle previsioni;

   se la strada di procedere autonomamente, a livello nazionale o regionale, all'acquisto di ulteriori vaccini rispetto a quelli stabiliti nell'ambito della strategia vaccinale a livello europeo, sia percorribile.
(4-08414)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata di sabato 27 febbraio 2021 a Reggio Emilia si è svolta una conferenza stampa, presso la sede di Fratelli d'Italia, per annunciare il passaggio al partito del deputato Gianluca Vinci, nel 2018 eletto con la Lega;

   all'esterno della sede di Fratelli d'Italia era stato preparato un tavolino con bicchieri e bottiglie per un breve brindisi da fare al termine della conferenza stampa, ma, al momento dell'uscita in strada dei partecipanti, gli stessi sono stati fermati dalla polizia municipale che, giunta sul posto, ha identificato e multato tutti i partecipanti per assembramento e violazione delle disposizioni anti Covid;

   dalle informazioni in possesso degli interroganti risulta che l'intervento della polizia municipale abbia avuto luogo nonostante tutti i partecipanti indossassero la mascherina e l'iniziativa si stesse svolgendo nel pieno rispetto delle regole sul distanziamento, come confermato anche dalla cronaca di alcuni quotidiani;

   a parere degli interroganti, quanto accaduto appare gravemente lesivo delle prerogative di un movimento democratico rappresentativo di milioni di italiani e della dignità e della libertà delle persone garantita dalla Costituzione;

   l'iniziativa appare, infatti, discriminatoria nei confronti degli esponenti del partito Fratelli d'Italia, posto che non si ricordano, infatti, simili interventi quando in altre occasioni si è assistito ad assembramenti anche numerosi, come ad esempio in occasione delle dichiarazioni pubbliche dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, pure trasmesse in diretta televisiva –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda fornire chiarimenti per quanto di competenza, in merito a quanto accaduto.
(4-08422)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 13 febbraio 2021 è stato nominato Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani;

   Roberto Cingolani è membro del consiglio di amministrazione di Ferrari e di Illycaffè, e «chief technology e innovation officer» di Leonardo S.p.a. e, nell'aprile 2020, fu scelto per fare parte del Comitato di esperti in materia economica e sociale presieduto da Vittorio Colao, neo Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale;

   nel 2016, Roberto Cingolani ha relazionato, per conto dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit) al meeting annuale della Commissione trilaterale, fondazione fondata dal noto filantropo americano David Rockfeller; si ricorda che l'Iit è vigilato dal Ministero dell'università e da quello dell'economia e delle finanze;

   da un articolo del Fatto Quotidiano del 16 febbraio 2021, dal titolo: «Cingolani e quei fondi dati dall'IIT al centro guidato dalla ex moglie» si apprende come il neo Ministro sia implicato in una vicenda che secondo l'interrogante fa emergere un conflitto di interesse. Secondo l'articolo nel 2006 avrebbe trasferito 3,5 milioni di euro dei fondi dell'Iit, di cui era direttore nel 2004, al laboratorio nazionale di nanotecnologie di Lecce diretto da Rosaria Rinaldi (oggi ex moglie) e da lui stesso fino al 2004;

   nel 2004, Cingolani fu nominato direttore dell'Iit da Giulio Tramonti e, fino al 2006, responsabile della fase di accorpamento dell'istituto nazionale di fisica della materia (Infm) dentro il Cnr su nomina dell'allora presidente Fabio Pistella;

   Cingolani fondò il laboratorio nazionale di nanotecnologie di Lecce nel 2001, quando era vicepresidente dell'Infm ed è colui che, materialmente, ha firmato la delibera, come responsabile Infm-Cnr, in cui si autorizza che la convenzione Iit-Cnr venga svolta plesso lo stesso laboratorio di Lecce, in un momento in cui era contemporaneamente direttore dell'Iit, autorizzando altresì lo spostamento dei 3,5 milioni di euro di cui sopra;

   dalla ricostruzione de Il Fatto, elaborata mediante la consultazione di documenti pubblici, la nuova moglie di Cingolani, Athanassia Athanassjou, pare essere stata una delle prime ricercatrici ad essere stata assunta a tempo indeterminato all'Iit. Dal 2006 al 2010, inoltre, Athanassia era stata anche ricercatrice senior presso il laboratorio di Lecce, di cui fu anche coordinatrice della piattaforma materiali intelligenti dello stesso nel 2011;

   sempre dalla ricostruzione de Il Fatto, riportando una dichiarazione dello stesso Cingolani del 2014, si apprende che anche il figlio e il marito della tata dei figli di Cingolani, rispettivamente Paolo e Arcangelo Barbieri, sono stati assunti dall'Iit;

   a parere dell'interrogante, tali comportamenti e situazioni, in considerazione dell'attuale incarico di Ministro della Repubblica, fanno sorgere forti dubbi circa il rispetto dell'articolo 54 della Costituzione –:

   di quali informazioni disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, e se il Ministro della transizione ecologica non intenda dimettersi dal suo incarico.
(4-08423)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo dei Trenta («Group of Thirty»), fondato nel 1978, è un organismo globale indipendente composto da leader economici e finanziari del settore pubblico e privato, con lo scopo di approfondire la comprensione delle questioni economiche e finanziarie globali e di esplorare le ripercussioni internazionali delle decisioni prese nei settori pubblico e privato. Tra i sostenitori di questa istituzione si trova anche BlackRock;

   in una interrogazione parlamentare europea, la n. P-002369/2020 del 20 aprile 2020, viene denunciato che, l'8 aprile 2020, la Commissione ha aggiudicato un appalto a BlackRock per monitorare lo sviluppo di orientamenti di sostenibilità ambientale per il settore bancario dell'Unione europea e le politiche di investimento delle imprese. Tale aggiudicazione avviene dopo che gli Stati Uniti l'hanno scelto come consulente in materia di acquisto di obbligazioni e titoli di debito. Tale aggiudicazione, a parere degli interroganti europei, conferisce a una società americana un notevole margine di manovra per influenzare la legislazione dell'Unione europea e un'attuazione equa del Green Deal nel settore finanziario. Nella stessa interrogazione si fa presente che BlackRock è uno dei principali gestori globali di investimenti per il settore bancario e della produzione di energia basata sul carbone, i cui attivi sono attualmente valutati a 87,3 miliardi di Usd e che si è regolarmente opposto all'intenzione della Commissione di esaminare l'impatto delle imprese sull'ambiente e sul cambiamento climatico. È probabile che gestirà attivi connessi alla fase di recupero dopo l'emergenza Covid;

   in risposta, la Commissione europea non rileva conflitti di interessi professionali tra questi e le attuali pratiche di investimento;

   nell'interrogazione parlamentare europea n°E-005377/2020 si fa presente che BlackRock si è impegnata a garantire una «segregazione fisica» (del tutto ridicola a parere dell'interrogante, ndr) per impedire la fuga di informazioni verso altre parti della società;

   la finanza sostenibile a livello dell'Unione europea mira a sostenere la realizzazione degli obiettivi del Green Deal europeo, incanalando gli investimenti privati nella transizione verso un'economia climaticamente neutra, resiliente al clima, efficiente sotto il profilo delle risorse e giusta, come complemento al denaro pubblico. Il 37 per cento del Recovery Fund inoltre è anch'esso destinato alla transazione verde prevista nel Green Deal europeo;

   i ministri dell'ambiente e del clima dell'Unione europea hanno tenuto un dibattito politico, nel luglio 2020, sul contributo delle politiche ambientali e climatiche alla ripresa dalla pandemia Covid-19, convenendo che il Green Deal europeo dovrebbe guidare la ripresa verso una crescita verde e un'Unione europea più resiliente;

   Mario Draghi, che è membro senior del Gruppo dei Trenta, fu co-autore della pubblicazione del 14 dicembre 2020, del Gruppo dei Trenta, dal titolo: «Rilanciare e ristrutturare il settore aziendale Post-Covid: progettare interventi di politica pubblica», che detta quelle che secondo gli autori dovrebbero essere le linee che ciascun Governo del mondo dovrebbe seguire per uscire dalla crisi scatenata dal Covid;

   in questo rapporto, come riportato da Router, nell'articolo dal titolo «Analisi: Draghi prende le redini come Primo Ministro italiano, ora arriva la parte difficile». Draghi sollecitava la fine degli aiuti di Stato per le imprese il cui destino è stato segnato dal Covid-19, suggerendo che potrebbero esserci medicine dolorose in serbo. Il rapporto chiede «una certa quantità di “distruzione creativa” quando alcune aziende si restringono o chiudono e se ne aprono di nuove e alcuni lavoratori devono spostarsi tra aziende e settori»;

   come Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi dovrà presiedere alle decisioni in merito al Recovery Fund e disciplinare l'utilizzo dei fondi europei sulla sostenibilità spettanti all'Italia –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga particolarmente inopportuna la partecipazione al Gruppo dei Trenta, in qualsiasi forma, alla luce delle responsabilità istituzionali recentemente assunte, e se quindi non intenda astenersi da qualsiasi adesione all'attività di tale organismo.
(4-08424)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da un'inchiesta andata in onda su La7 durante le puntate di «Piazza Pulita» dell'11 e del 18 febbraio 2021 e ripresa da diversi quotidiani, emergerebbe l'esistenza di un mercato parallelo dei vaccini anti Covid-19 gestito da personaggi che sostengono di essere in grado di garantire forniture massicce di dosi vaccinali proprio nel momento in cui sia lo Stato che l'Unione europea stanno incontrando molteplici difficoltà nell'approvvigionamento;

   secondo quanto riportato dalla citata inchiesta un intermediario brasiliano avrebbe offerto un milione di dosi di vaccino AstraZeneca direttamente all'ufficio del commissario all'emergenza Domenico Arcuri;

   un'altra offerta, assai consistente, sarebbe stata avanzata per la regione Lombardia da un intermediario italiano che sostiene di avere una società in Italia e una in Svizzera;

   il presidente della regione Veneto Luca Zaia, nei giorni scorsi, ha dichiarato di essere in grado di poter acquistare rapidamente 27 milioni di dosi, in due tranche da 12 e 15 milioni e di aver chiesto l'autorizzazione al Governo nazionale per l'acquisto, ammettendo di aver ricevuto l'offerta da intermediari di un'azienda che collabora già con la regione Veneto per la fornitura di altri medicinali;

   anche in Emilia-Romagna sarebbero arrivate offerte dall'Europa dell'Est così come qualche contatto, da parte di intermediari, ci sarebbe stato anche con il Friuli-Venezia Giulia e la Campania;

   l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) ha aperto un'inchiesta su offerte per circa 250 milioni di dosi di vaccini con richieste di denaro che superano i 2 miliardi di euro, avanzando l'ipotesi che si tratti di tentativi di truffa o vaccini contraffatti;

   il primo interrogativo da porsi è come sia possibile che, sul mercato europeo, dove nel primo trimestre di quest'anno arriveranno tramite i canali ufficiali, 100 milioni di dosi di vaccini, esista una così ampia disponibilità di vaccini in questa sorta di mercato parallelo;

   uno degli intermediari intercettati da Piazza Pulita sostiene di comperare le dosi di vaccino dai rivenditori, ad un prezzo maggiorato di quasi 4 volte e garantisce di poter soddisfare gli ordini richiesti in un arco temporale che va da una settimana a dieci giorni. Lo stesso intermediario sostiene che le aziende produttrici, una volta onorato l'accordo con l'Unione europea, sono libere di muoversi sul mercato e vendere a chiunque il loro prodotto;

   a parere dell'interrogante, la vicenda descritta disegna due possibili scenari, entrambi preoccupanti: o si tratta di vaccini contraffatti, che intermediari senza scrupoli si propongono di mettere in circolazione, oppure si sta sviluppando un mercato parallelo dei vaccini gestito dalle case farmaceutiche secondo logiche di profitto;

   in entrambi i casi, sempre a parere dell'interrogante, si tratta della dimostrazione lampante di quanto il prioritario interesse della salute pubblica non sia compatibile con le dinamiche di mercato e, per questo motivo, diventa sempre più indispensabile che i contratti fra le case farmaceutiche e le istituzioni europee siano pubblici. Così come, liberati dai brevetti, i vaccini siano accessibili a tutti –:

   di quali ulteriori elementi sia a conoscenza il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché le necessarie dosi di vaccino anti-Covid-19, indispensabili ad implementare la campagna vaccinale già iniziata, siano a disposizione dello Stato in tempi brevi, richiamando le case farmaceutiche produttrici alle proprie responsabilità, così da stroncare qualsiasi tentativo di truffa e/o di proliferazione di un mercato parallelo dei vaccini ad opera di intermediari che, aggirando gli accordi europei, propongono alle regioni e agli Stati l'acquisto di massicce dosi vaccinali a prezzi maggiorati.
(4-08426)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   continuano gli episodi di violenza all'interno delle case circondariali italiane, questa volta ad essere coinvolto è stato il carcere di Bellizzi Irpino (Avellino), dove, nella serata di giovedì 25 febbraio 2021, una coppia di detenuti ha appiccato il fuoco;

   in particolare, sembrerebbe che i due ristretti del reparto di isolamento, probabilmente in segno di protesta, abbiano dato fuoco ai materassi in dotazione delle celle;

   il poliziotto addetto alla sezione ha prontamente dato l'allarme e sul posto è accorso altro personale di polizia penitenziaria che ha provveduto a mettere in salvo i due detenuti;

   a farne tuttavia le spese è stato uno degli agenti della polizia penitenziaria che, a causa delle esalazioni di fumo, è stato trasportato all'ospedale Moscati di Avellino, ove gli è stata riscontrata una dispnea causata dalle inalazioni di materiale tossico;

   a rendere noto l'accaduto è stato il segretario provinciale del sindacato Uil-Pa penitenziaria di Avellino, Franco Volino, che ha evidenziato la necessità di arginare simili condotte violente che minano l'incolumità degli uomini della polizia penitenziaria;

   il grave episodio sopra riportato, a parere dell'interrogante, è diretta conseguenza di una serie di criticità che, senza soluzione di continuità, affliggono il sistema carcerario italiano, e che i provvedimenti adottati dal precedente Governo non hanno in alcun modo arginato, ma anzi hanno contribuito ad esacerbare;

   il problema della sicurezza all'interno delle carceri non è infatti nuovo, con numerosi atti di sindacato ispettivo, e non solo, l'interrogante ha evidenziato le criticità degli istituti di pena tra cui la carenza di personale, l'introduzione della sorveglianza dinamica, l'assenza di strumentazione idonea per la tutela degli agenti di polizia penitenziaria, il sovraffollamento delle case di detenzione;

   a fronte degli episodi di violenza sovente commessi dai detenuti, il personale penitenziario è spesso costretto ad intervenire non senza riserve di ordine psicologico, temendo che le proprie azioni possano astrattamente e paradossalmente configurare l'ipertrofica fattispecie del reato di tortura;

   appare, pertanto, doveroso ed improcrastinabile una inversione di tendenza rispetto all'inerzia e all'inefficacia delle politiche penitenziarie adottate dal precedente Governo; occorre affrontare con risolutezza ed organicità una sequela di emergenze oramai prioritarie quanto interconnesse;

   in particolare, al fine di rafforzare la tutela intramuraria e scongiurare analoghi e più gravi episodi di quello sopra richiamato sarebbe opportuno dotare il personale penitenziario di taser e di ogni strumento idoneo a garantirne la sicurezza, rimodulare la sorveglianza dinamica, che sembrerebbe contribuire ad aumentare tensioni e aggressioni in danno del personale penitenziario, disporre la costruzione di nuove carceri, arginare il sovraffollamento degli istituti di pena, anche mediante una efficace gestione dei flussi migratori e incrementare il personale attingendo dalle graduatorie dei concorsi già espletati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di evitare il ripetersi di fatti analoghi o più gravi rispetto a quello riportato;

   se non intenda intervenire incrementando l'organico della polizia penitenziaria, attingendo anche alle graduatorie sopracitate, prorogandone finanche la validità con riferimento ai concorsi già espletati; se non intenda dotare il personale penitenziario di taser, spray e di ogni altra strumentazione utile a garantire la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;

   se il Governo non intenda adottare iniziative anche sul piano normativo ed internazionale, atteso che almeno il 30 per cento dei detenuti è straniero, mediante la stipula di accordi bilaterali, che consentano ai detenuti stranieri, condannati in Italia, di espiare le loro pene nei rispettivi Paesi d'origine, al fine di decongestionare la situazione delle carceri italiane ormai al collasso e rendere meno ostili e più sicure le condizioni di vita e di lavoro al loro interno.
(4-08433)


   BELOTTI, BELOTTI, RIBOLLA, INVERNIZZI e FRASSINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 1o marzo 2021 il quotidiano La Verità riporta che, tra le 38 associazioni beneficiarie dei contributi erogate dall'Unar, ovvero l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'organizzazione della «Settimana di azione contro il razzismo», in programma dal 21 al 27 marzo 2021 figura anche la cooperativa Ruah di Bergamo;

   il fondo destinato dall'Unar per la «Settimana di azione contro il razzismo» ammonta complessivamente a 346.968 euro con un contributo massimo unitario di 10.000 euro;

   secondo quanto riportato dal quotidiano, la Ruah riceverebbe 9.971 euro, ovvero quasi la cifra A massima di 10.000 euro stabilita dai finanziamenti pro capite per questo evento;

   la cooperativa Ruah figura oggetto di un'inchiesta della procura di Bergamo in merito all'ospitalità dei richiedenti asilo;

   i reati contestati sono truffa aggravata per conseguimento di erogazioni pubbliche e adempimento di contratti di pubbliche forniture;

   il 6 febbraio 2021 la procura comunicava a 35 persone, tra cui i responsabili della Ruah, la chiusura delle indagini;

   dall'apertura dell'indagine, risalente al giugno 2020 più volte è stato richiesto alla prefettura di Bergamo e al Ministero dell'interno, sia da parlamentari che da consiglieri comunali, la sospensione in via cautelativa dei contratti in essere con la cooperativa Ruah, visti i procedimenti penali in corso, con la conseguente chiusura dei centri di accoglienza straordinaria da loro gestiti e il trasferimento in altre strutture fuori dalla provincia di Bergamo dei richiedenti asilo ospitati;

   pur nella legittima presunzione di innocenza, pare ancor più anomalo che ora una cooperativa indagata per truffa ai danni dello Stato riceva, dallo stesso Stato, un contributo «premio» per un evento di «iniziative di informazione, sensibilizzazione e animazione territoriale» –:

   se non ritengono opportuno, nell'interesse dello Stato e in particolar modo dei contribuenti, valutare la possibilità di sospendere in via cautelativa il contributo di 9.971 euro destinato alla cooperativa Ruah per le iniziative della «Settimana dell'azione contro il razzismo», visto il procedimento penale che vede indagati i responsabili della cooperativa dalla procura di Bergamo, con l'accusa di truffa aggravata per conseguimento di erogazioni pubbliche e adempimento di contratti di pubbliche forniture.
(4-08435)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo un articolo apparso su «La Stampa» l'Ambasciatore d'Italia nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio si era reso conto di operare in una zona molto pericolosa e avrebbe chiesto alla Farnesina una scorta rafforzata;

   il suo allarme sarebbe rimasto inascoltato;

   nel 2018, un anno dopo il suo arrivo a Kinshasa, avrebbe inviato una lettera alla Farnesina per richiedere formalmente che la scorta di due carabinieri di cui disponeva venisse raddoppiata;

   evidentemente, nel corso delle missioni che aveva compiuto nell'arco dei dodici mesi precedenti, aveva avvertito la necessità di una maggiore protezione e che sarebbe stato più prudente e sicuro operare con una difesa personale più consistente;

   il Ministero degli affari esteri, in seguito alla sollecitazione ricevuta, avrebbe inviato un suo ispettore a verificare la situazione, ma la visita e la verifica sul posto non hanno portato ad un esito positivo. Attanasio ha continuato ad essere protetto solo da due militari;

   a rafforzare la sua richiesta, si legge nell'articolo, c'era anche il fatto che, prima del suo arrivo, l'ambasciatore italiano a Kinshasa disponesse normalmente di una scorta di quattro persone;

   la Farnesina, contattata da La Stampa, non ha dato risposte in merito alla vicenda, che appare piena di contraddizioni;

   quanto illustrato si aggiunge ai dubbi che restano ancora da chiarire;

   nel corso della sua informativa alla Camera, il Ministro interrogato ha dichiarato che la Farnesina, a livello interno, classifica la Repubblica Democratica del Congo in terza fascia di rischio su quattro, ossia con un livello di minaccia alto;

   nonostante il rischio alto, l'ambasciatore e il carabiniere si sono affidati al protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico fin da Kinshasa, su un aereo della missione Onu Monusco, per il viaggio fino a Goma;

   il Ministro ha dichiarato che «in qualità di capo missione, l'Ambasciatore Luca Attanasio aveva piena facoltà di decidere come e dove muoversi all'interno del Paese. La missione si è svolta su invito delle Nazioni Unite. Quindi, anche il percorso in auto si è svolto nel quadro organizzativo predisposto dal Programma alimentare mondiale» –:

   a seguito dell'ispezione effettuata dal Ministero, per quali ragioni non siano state concesse le 2 unità ulteriori di scorta personale dell'Ambasciatore italiano richieste dallo stesso Attanasio e sia stata confermata la precedente valutazione di ridurre tale scorta da 4 a 2 unità.
(5-05429)


   BOLDRINI, QUARTAPELLE PROCOPIO e FASSINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 novembre 2016, dodici parlamentari del partito filocurdo Partito democratico del popolo (Hdp) venivano arrestati in Turchia con l'accusa di essere legati al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato un'organizzazione terroristica dal Governo. Tra gli arrestati, anche i leader dell'Hdp, Demirtaş e Yüksekdağ;

   Hdp ha raggiunto il 12,7 per cento dei voti nelle elezioni del 2015, entrando nel Parlamento per la prima volta nella storia del Paese e diventando la principale forza di opposizione al Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp);

   Demirtaş e Yüksekdağ sono stati al centro di numerose indagini su presunti legami con il Pkk, ma l'Hdp, ha sempre negato di essere la sua «ala politica»;

   nel 2016 il Parlamento turco ha approvato un emendamento costituzionale, proposto dal partito di Governo Akp, che rimuoveva l'immunità parlamentare ai deputati dei 3 partiti di opposizione, tra cui quelli del Hdp sotto inchiesta (51 su 59);

   dopo il fallito colpo di stato del 2016 in Turchia, Erdogan ha dato inizio a una enorme opera di repressione, che ha visto anche l'arresto dei parlamentari dell'Hdp;

   Demirtaş è avvocato, attivista per i diritti umani, fondatore di Amnesty international a Diyarbakir. Durante la campagna elettorale del 2015, il leader dell'Hdp è stato il principale obiettivo di Erdoğan;

   dopo più di 4 anni, Demirtaş è ancora in stato di carcerazione preventiva sulla base di accuse inconsistenti di terrorismo, nonostante la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia già emesso due sentenze vincolanti a favore del suo rilascio, perché giudicato arbitrariamente arrestato «per ragioni politiche»;

   il Governo turco continua a rifiutarsi di liberarlo così come aveva fatto nel 2018, sostenendo che la Corte non abbia giurisdizione. E il 7 gennaio 2021 un tribunale penale turco ha approvato l'avvio di un altro procedimento nei confronti di Demirtaş e di altre 107 persone che esige l'ergastolo per 38 di loro;

   di fronte al perdurare di questa situazione di illecita detenzione, nel mese di gennaio 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale ha chiesto il rilascio di Demirtaş –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, nei consessi bilaterali con la Turchia, e in quelli internazionali ed europei, per assicurare il rispetto dei diritti umani e delle prerogative parlamentari, il pluralismo politico, adeguate garanzie di indipendenza della magistratura e il riconoscimento delle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo da parte delle autorità turche.
(5-05430)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 e successivamente il cosiddetto decreto Milleproroghe 2020 avevano previsto un riadeguamento del fondo destinato alla rimodulazione salariale del personale, di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, ai parametri di riferimento di cui all'articolo 157 del medesimo decreto, in ragione del fatto che le dinamiche di revisione stipendiale della categoria sono estranee a quelle della contrattazione collettiva e assoggettate alla discutibile discrezionalità amministrativa;

   l'articolo 14, comma 4-quinquies, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, a decorrere dall'anno 2021, ha stanziato l'ammontare di 1.400.000 euro per il riadeguamento delle retribuzioni del personale a contratto, una cifra irrisoria rispetto agli intenti della norma;

   l'interrogante ha presentato nell'ambito dell'esame del decreto cosiddetto Milleproroghe 2021 un emendamento per prevedere un incremento di 600.000 euro rispetto a quanto già stanziato a decorrere dal 2021, per un adeguamento delle retribuzioni del personale in questione, emendamento, respinto ad avviso dell'interrogante senza un necessario approfondimento;

   si evidenzia ulteriormente che l'urgenza di rimodulare le risorse di cui al citato fondo nasceva anche dall'esigenza di colmare il danno economico in capo a molti impiegati a contratto derivante dall'applicazione del regolamento (CE)883, che ha determinato perdite nette di capacità di acquisto dei lavoratori, che potranno essere corrette – secondo una nota del Ministero – attraverso i meccanismi di revisione stipendiali previsti dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;

   in assenza di un correttivo la categoria dei lavoratori a contratto sarà costretta a fare i conti ancora una volta con un «abbandono» amministrativo, che risulta ancora più incomprensibile nella fase attuale, contrassegnata dal rischio epidemiologico, con poche misure di sicurezza e scarse disponibilità di strumenti di lavoro agile, soprattutto con una mole di lavoro accresciuta per i nostri lavoratori, spesso unici interlocutori delle nostre aziende all'estero;

   gli impiegati a contratto compensano con sacrificio anche i vuoti di organico nella rete estera: dai dati risultanti dalle liste di trasferimento «invernali» risulterebbe un ammanco di più dell'80 per cento dei posti di ruolo, la cui funzionalità è affidata ai lavoratori a contratto –:

   se non ritenga di dover adottare iniziative per provvedere al riadeguamento salariale degli impiegati a contratto, unitamente ai correttivi per far fronte all'applicazione del regolamento (CE) 883/2004 considerando l'evidente incapienza del fondo di cui in premessa.
(5-05431)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLDRINI, PALAZZOTTO, EHM e FASSINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la campagna vaccinale avviata il 23 dicembre 2020 dal Ministero della salute israeliano sta ottenendo vasti riconoscimenti, essendo Israele lo Stato che, in termini percentuali sulla popolazione, vanta finora la maggiore copertura vaccinale: alla data odierna, ha infatti somministrato dosi a più di un terzo della sua popolazione di 9,3 milioni di abitanti, compresi gli abitanti (circa 600.000) delle colonie in Cisgiordania e compresi gli arabi israeliani e i palestinesi di Gerusalemme Est, e ha fornito 2.000 dosi del vaccino Moderna all'Autorità nazionale palestinese (Anp) all'inizio di febbraio, consentendole di iniziare a vaccinare gli operatori sanitari;

   da questa campagna di vaccinazione sono però esclusi i palestinesi che vivono nei territori occupati e, nonostante da settimane si susseguano gli appelli delle associazioni per i diritti umani, a tutt'oggi i quasi 5 milioni di palestinesi di Cisgiordania e Gaza, che vivono di fatto sotto il controllo militare israeliano, rimangono ancora senza possibilità di essere vaccinati;

   secondo l'articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra il Governo di Israele ha il dovere, nei territori che occupa, di «assicurare e mantenere le strutture e i servizi medici e ospedalieri, la salute pubblica e l'igiene con particolare riferimento all'adozione e all'applicazione delle misure di profilassi e di prevenzione necessarie per combattere la diffusione di malattie contagiose e di epidemie»;

   a tutt'oggi, per quanto a conoscenza degli interroganti, Israele non garantirebbe che i palestinesi sotto occupazione in Cisgiordania e Gaza avranno accesso nell'immediato futuro ai vaccini disponibili;

   il numero totale di infezioni da Coronavirus nei territori occupati, aggiornato al 17 febbraio 2021, ha raggiunto 192.791, con 2.147 morti. Gaza ha confermato 53.871 casi e 538 morti. Le infezioni e i decessi sono aumentati costantemente nelle ultime settimane;

   secondo gli esperti Onu, vaccini ordinati autonomamente dall'Autorità Palestinese potrebbero essere consegnati soltanto fra molte settimane;

   l'Anp è infatti inserita nel programma Covax dell'Organizzazione mondiale della sanità per i Paesi in via di sviluppo, che dovrebbe fornire 400 mila dosi di AstraZeneca, ma i tempi non sono ancora definiti;

   per il trasferimento dei futuri lotti dall'Anp a Gaza servirà inoltre sempre il permesso di Israele;

   il Governo di Israele, l'Autorità palestinese e le autorità di Gaza devono coordinarsi efficacemente, lasciando da parte qualsivoglia considerazione di natura politica, al fine di fornire gratuitamente e senza discriminazioni i vaccini per il Covid-19 –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, nei consessi bilaterali con Israele, così come in quelli internazionali ed europei, affinché venga garantito, in ossequio all'articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra, che i vaccini siano rapidamente distribuiti alla popolazione palestinese sotto il suo controllo e venga rimosso ogni blocco nei confronti della Striscia di Gaza che impedisca il pieno funzionamento del sistema sanitario locale.
(5-05406)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, sul social network Twitter, il profilo dell'ambasciata d'Italia in Bosnia ha lasciato un «like» ad un post che chiedeva una «chiamata alle armi» contro una presunta campagna d'odio lanciata dalla destra di cui sarebbe vittima lo storico Erik Gobetti;

   a ridosso del Giorno del ricordo delle Foibe e dell'esodo degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia, Gobetti ha pubblicato un libro, edito da Laterza, in cui nega, senza troppi fronzoli, la tragedia delle Foibe;

   «Le uccisioni commesse sul confine orientale e nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945», si legge in una dichiarazione rilasciata all'Ansa, «non possono essere in alcun modo considerate un tentativo di genocidio e le vittime non sono individuate in quanto appartenenti ad uno specifico popolo»;

   il post al quale ha messo il suo «mi piace» il profilo dell'ambasciata in Bosnia chiedeva a chiunque di diffondere la versione di Gobetti in risposta alle critiche dell'onorevole Meloni, al fine di contrastare la «macchina del fango» azionata dalla destra contro di lui;

   dal «mi piace» lasciato sul profilo si potrebbe dedurre una presa di posizione da parte dell'ambasciata in Bosnia in merito alla vicenda, posizione evidentemente a favore di Gobetti e del suo pensiero, ossia a favore della negazione delle Foibe;

   la vicenda assume un valore ancora più grave se si considera che l'attacco mosso da parte di sedicenti intellettuali di sinistra, supportato dalle attività «social» dell'ambasciata, ha, secondo l'interrogante, l'unico scopo di ledere la libertà di pensiero altrui, lanciando messaggi falsi e tendenziosi in merito alla genuinità delle critiche mosse;

   giova ricordare che la pubblica amministrazione deve essere imparziale, in rispetto del dettato costituzionale, e che esiste una legge dello Stato che ha contribuito a fare finalmente chiarezza su una delle pagine più buie della nostra storia. Dal 2004, il Parlamento ha istituito il Giorno del Ricordo proprio per rompere un silenzio durato 60 anni sulla tragedia dei giuliano-dalmati, vittime della dittatura comunista di Tito, che ancora oggi non riescono a trovare pace e una memoria condivisa –:

   quali siano le ragioni del sostegno dato attraverso il profilo Twitter dell'ambasciata in Bosnia alle posizioni negazioniste di Erik Gobetti e alla diffusione della sua «verità».
(5-05418)


   BOLDRINI, QUARTAPELLE PROCOPIO e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina del 23 febbraio 2021. nella sede dell'associazione di volontariato «Linea d'Ombra Odv» di Trieste – che si occupa di raccogliere fondi per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica – è stata effettuata una perquisizione da parte di agenti di Polizia che hanno sequestrato apparecchiature telefoniche e libri contabili, ipotizzando il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;

   l'operazione è stata confermata dalla questura di Trieste che, nella nota ufficiale, ha dichiarato: «Dalle prime ore di oggi, è in corso una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, volta a contrastare un'organizzazione criminale, finalizzata all'ingresso e al transito in territorio nazionale di immigrati irregolari, a scopo di lucro. L'attività investigativa è stata condotta dalla Digos di Trieste, supportata dal Servizio per il contrasto all'estremismo e terrorismo esterno della Dcpp/Ucigos». La perquisizione all'associazione rientrerebbe nell'ambito di questa più vasta operazione;

   Linea d'Ombra è un'organizzazione di volontariato nata a Trieste nel 2019 con il fine – si legge sul sito – di «raccogliere fondi per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica e ovunque potrà esserci bisogno. Operiamo prestando cure mediche e indumenti puliti a chi passa in transito per la città di Trieste, inoltre compiamo circa un viaggio al mese in Bosnia per portare aiuti concreti ai migranti e agli attivisti presenti in loco»;

   i fondatori dell'associazione, Lorena Fornasir, 68 anni, psicoterapeuta, e suo marito Gian Andrea Franchi, 84 anni, professore di filosofia in pensione, dal 2015 hanno anche creato assieme ad altri attivisti un presidio all'esterno della stazione di Trieste per offrire prima assistenza ai migranti in arrivo dalla rotta balcanica. I volontari dell'associazione si erano recentemente recati, tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio 2021, in Bosnia per fornire aiuto e sostegno diretto alle migliaia di migranti bloccati nel gelo e accampati nei boschi;

   la situazione dei migranti della Bosnia Erzegovina è drammatica: secondo la Caritas di Padova, sono circa 8.000 i migranti bloccati nel Paese, di cui 5.000 accolti nei centri di transito e nei campi, e almeno 3.000 in edifici abbandonati, sistemazioni improvvisate, o all'addiaccio: non sono solo uomini, ma anche tante famiglie con bambini piccoli, tanti minori non accompagnati sia in Bosnia che in Serbia, che sostano per mesi in questi campi nell'attesa di entrare nell'Unione europea;

   a parere dell'interrogante la vicenda poc'anzi riportata circa la vasta operazione di polizia connessa alle indagini giudiziarie sta incidendo fortemente sull'operatività di un'associazione che da tempo è dedita ad importanti attività umanitarie, in condizioni anche di grave rischio per gli stessi volontari, cosicché sembra sempre più problematica l'assistenza a migranti che si trovano oggettivamente in situazioni estremamente drammatiche –:

   di quali elementi disponga il Governo su tale situazione e sull'attività dell'associazione citata in premessa, e se abbia intrapreso o intenda intraprendere iniziative per potenziare l'assistenza ai migranti lungo la rotta balcanica, anche agendo nelle competenti sedi europee ed internazionali.
(5-05434)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 febbraio 2021 l'allora Sottosegretario Merlo ha dichiarato: «Oggi sono entrate al ministero degli Esteri 270 nuove unità di personale. (...) Una parte di questo personale sarà inviato presso i diversi Consolati italiani nel mondo (...)»;

   l'autorizzazione alle nuove assunzioni di cui in sopra, è da rinvenirsi nell'articolo 3, commi 1 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e in quanto disposto dall'articolo 1, comma 274, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e il bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020»;

   dal 2006 a fine 2019 la riduzione di circa il 35 per cento delle unità in servizio alla Farnesina ha portato le unità di personale da 3.006 a 2.465; una perdita rilevante se si tiene anche conto degli ulteriori 500 pensionamenti previsti per il 2022;

   la cessazione dal servizio per innalzamento dell'età è un problema che impatta pesantemente sul funzionamento della rete diplomatica e consolare, che ha una dotazione di personale mediamente inferiore a quella dei Ministeri dei Paesi omologhi membri dell'Unione europea;

   si evidenzia che le autorizzazioni, introdotte nella legge di bilancio per il 2021, all'assunzione di appena 80 unità del contingente degli impiegati a contratto e all'assunzione nelle aree funzionali, di circa 150 unità tra seconda e terza area, sebbene siano state qualificate come una sorta di conquista amministrativa, nei fatti rappresentano un'esigenza operativa inderogabile, in ragione del fatto che tali incarichi andranno a malapena a colmare i vuoti derivanti dai pensionamenti; pertanto, non si collocano in una prospettiva incrementale rispetto al precario status quo;

   si ritiene, inoltre, opportuno evidenziare che, a rendere più critico uno scenario evidentemente complesso, intervengono anche i dati afferenti alle liste di trasferimento cosiddette «invernali» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dai quali emerge che l'80 per cento di posti sulla rete estera risulta attualmente vuoto e a tale carenza stanno sopperendo i lavoratori a contratto, le cui precarie condizioni operative, contrattuali e retributive sono note e oggetto di molteplici solleciti al Governo anche in sede parlamentare;

   è urgente rafforzare le rappresentanze diplomatiche e consolari con un più adeguato contingente di personale, condizione imprescindibile per garantire servizi più efficienti agli italiani residenti all'estero –:

   come il Ministro interrogato intenda dislocare i 270 neo assunti nella rete estera e con quali tempi, al fine di sopperire alla carenza di personale all'estero e alla necessità di smaltire e velocizzare pratiche e servizi destinati ai nostri connazionali.
(4-08380)


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le camere di commercio italiane all'estero (Ccie) sono associazioni di imprenditori e professionisti, italiani e locali, ufficialmente riconosciute dallo Stato italiano ai sensi della legge 1° luglio 1970, n. 518, che operano per favorire l'internazionalizzazione delle imprese italiane e promuovere il made in Italy nel mondo;

   di recente è pervenuta all'interrogante una segnalazione relativa alla camera di commercio italo maltese (di seguito Micc), che meriterebbe un maggiore approfondimento da parte del Ministero competente;

   la Micc è una delle associazioni membro di Assocamerestero, è l'unica ed ufficiale camera di commercio a Malta riconosciuta dal Governo italiano dal 15 gennaio 1991, ricopre un ruolo importante nello sviluppo degli scambi commerciali tra i due Paesi, sostenendo attività di promozione e sviluppo ed è sottoposta al controllo e sostegno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ai sensi del decreto-legge n. 104 del 21 settembre 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 132;

   la legge n. 518 del 1970 stabilisce la concessione di un cofinanziamento annuo alle camere di commercio italiane all'estero ufficialmente riconosciute;

   la domanda di liquidazione del contributo, firmata dal presidente in qualità di legale rappresentante, deve essere corredata, tra l'altro, della copia del bilancio consuntivo relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre dell'anno precedente, approvato dai competenti organi della Ccie e corredato dalla relazione dei revisori dei conti o dell'organismo esterno di revisione contabile;

   in tale cornice si colloca la grave denuncia presentata dall'ex vice-presidente del Micc Stanislao Filice e trasmessa ai Ministeri di competenza, in ordine ad una anomala gestione contabile ed amministrativa del prefato ente;

   in particolare, sembrerebbe che il 30 marzo 2017 sia stata inviata una documentazione contabile e progettuale all'ambasciata italiana e presso la Assocamera estero a firma del dottor Filice, che non era legale rappresentante della Micc, per ottenere il contributo per spese ed attività di 34.101,84 euro; il documento in questione sarebbe stato inviato anche al Ministero dello sviluppo economico al fine di ottenere i finanziamenti di competenza dell'anno 2016 pari ad euro 34.101,18 (di fatto erogati) ed il mantenimento del patrocinio ministeriale stesso;

   la firma di cui alla documentazione indicata, come si legge dall'esposto, risulterebbe apocrifa in quanto il 29 marzo 2017 l'esponente si trovava in Italia per esigenze mediche e sarebbe rientrato a Malta solo il 6 maggio 2017;

   la stessa documentazione contabile riferita all'anno 2016 e inviata agli organi di competenza anche al fine dell'ottenimento del contributo annuale, presenterebbe delle anomalie in termini finanziari e, come riferito nell'esposto dal dottor Filice, il suddetto bilancio sarebbe stato approvato il 26 aprile 2017, quando l'ex vice-presidente del Micc era ancora in Italia; bilancio che, come dal medesimo dichiarato, non era stato approvato dal precedente consiglio per problematiche che il segretario generale ed il presidente in carica avrebbero omesso di rappresentare al dottor Filice nonostante le sue numerose richieste di chiarimenti in ordine all'elevata movimentazione finanziaria riscontrata sui conti correnti della Micc;

   stante le prefate anomalie, il dottor Filice avrebbe richiesto a più riprese l'accesso agli atti dell'istituzione di cui era vicepresidente, sempre negato; ad oggi, sarebbe in corso una indagine presso il nucleo ispettivo crimini finanziari della polizia maltese;

   sembrerebbero, dunque, configurarsi in capo ad un ente riconosciuto e cofinanziato dal Governo italiano anomalie che, laddove confermate, danneggerebbero gli imprenditori e le istituzioni italiane ed, al contempo, pregiudicherebbero la sussistenza stessa dei presupposti per il relativo riconoscimento e per l'erogazione del contributo;

   l'articolo 7 del decreto direttoriale Ccie del 4 dicembre 2019 prevede infatti che «Ove risultassero dati, notizie o dichiarazioni inesatti o falsi la domanda sarà considerata non accoglibile o, in caso di controlli effettuati successivamente all'erogazione del contributo, fatte salve le comunicazioni alle Autorità competenti, si procederà alla revoca del contributo» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, per quanto di competenza, se non intenda avviare ispezioni e controlli in merito alla documentazione trasmessa dalla camera di commercio italo maltese, al fine di valutare se sussistano i presupposti per revocare il riconoscimento e addivenire alla restituzione del contributo, laddove si accertassero le irregolarità di cui in premessa.
(4-08390)

CULTURA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARBONARO. — Al Ministro della cultura, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la crisi sanitaria in corso, e le conseguenti misure di contenimento del contagio adottate dal Governo, hanno inevitabilmente esacerbato le problematiche preesistenti ed evidenziato le fragilità tipiche del settore dello spettacolo dal vivo;

   secondo i dati Siae per lo spettacolo 2020, l'intero comparto cultura e spettacolo ha subito un impatto drammatico: dal cinema (-70,85 per cento ingressi/-71,55 per cento spesa al botteghino) al teatro (-70,71 per cento ingressi/-78,45 per cento spesa botteghino) dai concerti (-83,19 per cento ingressi/-89,32 per cento spesa botteghino);

   le misure di sostegno all'occupazione e al reddito non sono sempre accessibili o adatte alle nuove e informali tipologie di impiego (freelance, intermittenti, ibridi) che tendono a essere più precarie e più diffuse nel settore dello spettacolo;

   appare evidente come nel lavoro dello spettacolo (considerato nel suo insieme) la carenza di soluzioni specifiche per le prestazioni pensionistiche, gli ammortizzatori sociali, la formazione, per il welfare, in generale, renda molti di queste lavoratrici e lavoratori dei veri e propri working poors;

   in attesa di una riforma complessiva del settore, auspicabilmente informata agli esiti dell'indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo, avviata in forma congiunta dalla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) e la XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, si ritiene urgente ed opportuno rafforzare le misure di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo che sta particolarmente soffrendo la perdurante chiusura delle attività;

   ad oggi, dopo una prima interlocuzione con le rappresentanze sindacali, i tavoli di confronto ministeriali non sono stati riconvocati –:

   se, come richiesto dalle rappresentanze sindacali, il Governo intenda, con urgenza, farsi promotore dell'attivazione di un apposito tavolo interministeriale che coinvolga lavoratrici e lavoratori del settore spettacolo al fine di predisporre un piano di medio periodo per la progressiva riapertura in sicurezza dei luoghi della cultura e per concordare ulteriori misure di sostegno economico al settore.
(4-08377)


   PARENTELA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l’«Albergo delle Fate» è una struttura sita al centro di Villaggio Mancuso, che si trova nel territorio del comune di Taverna (Catanzaro) ed è posta a 1289 metri sul livello del mare, nell'area del Parco nazionale della Sila Piccola;

   nella nota prot. 1037 del 25 febbraio 2021, il sindaco del comune di Taverna, dottor Sebastiano Tarantino, ha chiesto a diverse istituzioni «un tavolo d'incontro e programmazione operativa, finalizzati principalmente a intraprendere tutte le indispensabili azioni congiunte volte a salvare e ridare un nuovo uso pubblico a questo prezioso bene culturale che unitamente al patrimonio artistico esistente nella patria di Mattia Preti, può certamente essere riconsiderato come valore identitario di bellezza e positività per l'intera regione Calabria»;

   ivi lo stesso sindaco ha ricordato che la suddetta struttura «è stata costruita interamente in legno nei primi decenni del trascorso Novecento ad opera dell'industriale calabrese Eugenio Mancuso, il quale si avvalse di artigiani e maestranze locali per la realizzazione di soluzioni architettoniche in perfetta armonia con l'ambiente naturale, raggiungendo inusitate cifre estetiche»;

   l'albergo, per quanto si legge nella predetta nota, con Ddr n. 124 del 28 novembre 2007 è stato dichiarato «bene di notevole interesse architettonico» da parte Ministero;

   inoltre l'albergo, ricorda la nota in predicato, rivestì una significativa importanza turistica e storica registrando negli anni di maggiore sviluppo la presenza di noti personaggi del mondo del cinema e della cultura italiana quali Sofia Loren, Amedeo Nazzari, Mike Buongiorno e tanti altri;

   recentemente, si evince dalla stessa nota, l’«Albergo delle Fate» è stato sottoposto a sequestro per ragioni di tutela dell'incolumità pubblica, alla luce del cattivo stato di conservazione del fabbricato ligneo, con contestuale consegna tutelare al comune di Taverna –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere perché si possa salvaguardare il riferito bene di notevole interesse architettonico.
(4-08415)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   ZANICHELLI, MARTINCIGLIO, CHIAZZESE e CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 288-290, della legge di bilancio 2020, detta misure premiali per gli acquisti tramite l'utilizzo degli strumenti di pagamenti elettronici cosiddetto cashback, stabilendo il diritto al rimborso in denaro, alle condizioni e sulla base di criteri individuati da successive disposizioni attuative, mentre l'articolo 1, comma 1097, della successiva legge di bilancio 2021, chiarisce che i rimborsi attribuiti, non concorrono a formare il reddito del percipiente, per l'intero ammontare corrisposto nel periodo d'imposta e non sono assoggettati ad alcun prelievo erariale;

   i suesposti interventi rientrano all'interno di un ampio piano integrato, predisposto dal Governo, di misure tese a favorire la transizione dall'uso del contante al digitale e di contrasto all'evasione fiscale e si sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, valide e condivise da coloro che hanno aderito, come dimostrano l'elevato numero di iscritti, circa 6 milioni, e i quasi 10 milioni di strumenti di pagamento registrati, così come l'elevato incremento delle identità digitali che in questo modo avranno una più agevole interfaccia con la pubblica amministrazione;

   al riguardo, l'avvio del piano cashback, avvenuto l'8 dicembre 2020, è stato tuttavia caratterizzato da alcune difficoltà, in relazione agli acquisti effettuati anche con le ricariche di strumenti di pre-pagamento che talvolta consentono di usufruire doppiamente del cashback o che consentono in altri casi l'acquisto successivo di beni e/o servizi attraverso canali digitali, consentendo così un ulteriore rimborso del 10 per cento in talune fattispecie di transazioni non propriamente affini agli scopi per cui era concepito l'incentivo;

   gli interroganti evidenziano inoltre che, con riferimento ai divieti di frazionamenti dei pagamenti effettuati con strumenti di pagamento elettronici, riferibili al medesimo acquisto presso lo stesso esercente, tale disposizione, inizialmente contenuta nel testo iniziale del decreto ministeriale (in un comma dell'articolo 8), è stata tuttavia soppressa, come risulta dalla pubblicazione ufficiale del medesimo provvedimento attuativo del 24 novembre 2020, n. 156, che reca le condizioni e i criteri per l'attribuzione delle misure premiali per l'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici (supercashback), determinando così un incentivo per coloro i quali, scorrettamente, frazionano taluni acquisti, ad esempio, presso distributori automatici –:

   quali orientamenti di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e alle criticità in precedenza richiamate e quali iniziative intenda intraprendere al fine di incrementare i livelli di efficienza ed equità del cashback di Stato, misura che rappresenta comunque uno strumento utile e apprezzabile per incrementare la digitalizzazione del Paese e la promozione delle transazioni elettroniche.
(5-05412)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   UNGARO, LIBRANDI e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende da alcuni articoli in rete il «super cashback» previsto dal Governo Conte II da 1.500 euro potrebbe subire un brusco stop;

   il Ministero dell'economia e delle finanze parrebbe intenzionato a congelare il premio semestrale da 1.500 euro per chi utilizza più volte bancomat, carte di credito e app per pagare gli scontrini, per far fronte al problema dei «furbetti» delle tante mini-transazioni, che a poche ore di distanza frazionano i pagamenti per scalare la classifica e arrivare tra i primi 100 mila che hanno fatto più transazioni in un semestre;

   da tutta Italia sono arrivate centinaia di segnalazioni da parte di gestori di impianti che hanno scoperto scontrini chilometrici per incassi di poche decine di euro, fatti da clienti che hanno «strisciato» ripetutamente per importi totali irrisori. Uno su tutti il cliente che ha effettuato in un distributore di benzina self-service ben 62 transazioni con il bancomat in soli 55 minuti, per una spesa totale di 6,51 euro;

   si ipotizza infine che il «super cashback» possa anche essere abolito del tutto e questo porterebbe un risparmio di 500 milioni di euro nelle casse dello Stato. Rimarrebbe solo il cashback ordinario, ovvero l'incentivo fino a 150 euro per chi effettua almeno 50 transazioni in sei mesi;

   la società PagoPa è attualmente all'opera per attivare i controlli e verificare le transazioni con scopo fraudolento;

   è auspicabile che un'operazione efficace di lotta all'evasione vada inserita all'interno della più ampia riforma fiscale, favorendo l'uso dei pagamenti elettronici attraverso una riduzione delle commissioni bancarie e l'introduzione di incentivi per le transazioni digitali anche nelle piccole attività –:

   se il Ministro interrogato, anche a fronte del costo oneroso per il bilancio dello Stato di tutta la campagna «cashback», non intenda individuare strumenti più utili e meno onerosi per favorire l'utilizzo della moneta elettronica, adottando iniziative per abolire o riformare profondamente la campagna in atto già censurata dalla Banca centrale europea.
(5-05413)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   MARTINO, BOND, GIACOMONI, GIACOMETTO, CATTANEO, PORCHIETTO e BARATTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507, della legge n. 145 del 2018) ha istituito e disciplinato, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), sostituendo il Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio per il 2018;

   tali norme sono state più volte modificate: il decreto-legge n. 34 del 2019 ha modificato la disciplina del Fir, ridefinendo il perimetro dei risparmiatori e prevedendo una procedura di indennizzo forfettario; la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 236-238) è intervenuta sul prezzo medio di acquisto dei titoli su cui commisurare l'indennizzo. L'articolo 50 del decreto-legge n. 18 del 2020 («cura Italia») ha previsto che, all'azionista e all'obbligazionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, poteva essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell'importo dell'indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica, posticipando peraltro al 18 giugno 2020 il termine per la presentazione delle domande di indennizzo. Infine, il comma 1143 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 ha stabilito che, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 100 per cento dell'importo dell'indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica;

   al momento, l'indennizzo è commisurato ai costi sostenuti per l'acquisto dei titoli, nella misura del 30 per cento per gli azionisti e del 95 per cento per gli obbligazionisti, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore;

   ad oggi oltre un miliardo di euro non è stato speso né impegnato. Il 2021 è l'ultimo esercizio con disponibilità di 525 milioni di euro, dopodiché la partita si blocca;

   a fronte di 144.245 domande di indennizzo solamente 9.969 sono quelle liquidate a gennaio 2021, con erogazioni per un importo complessivo di poco più di 18 milioni di euro. Per raccogliere le domande sono occorsi 10 mesi, mentre per esaminarle e liquidarne il 6,9 per cento 8 mesi;

   a questi ritmi per liquidare tutti i danneggiati, occorrerà attendere più di 8 anni, sempre che le risorse siano mantenute a bilancio –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per accelerare l'erogazione degli indennizzi di cui in premessa, anche individuando eventuali responsabilità in merito ai ritardi, e se non ritenga necessario rassicurare i risparmiatori in merito al mantenimento in bilancio delle risorse per gli indennizzi loro destinati.
(5-05414)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   FRAGOMELI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da quasi 20 anni i Governi tentano di disincentivare l'uso dei contanti nei pagamenti che, secondo uno studio della Banca d'Italia, comporterebbe costi sociali complessivi per circa 15 miliardi di euro; i contanti hanno oneri nella loro emissione e spesso causano perdite legate allo smarrimento; inoltre, la gestione ha costi elevati per la vigilanza, il trasporto e le coperture assicurative che raggiungono annualmente 7,4 miliardi di euro e pesano per la metà sugli esercenti, riflettendosi poi sui prezzi ai consumatori;

   il Piano Italia cashless è stato concepito come nuova strategia per incentivare l'uso di carte e «app» di pagamento, al fine di modernizzare il Paese e favorire lo sviluppo di un sistema maggiormente digitale, veloce, semplice, trasparente e per combattere l'evasione fiscale;

   il citato Piano si compone di più strumenti di incentivazione per la diffusione dei pagamenti elettronici tra cui: il credito d'imposta al 30 per cento per i negozianti sulle commissioni bancarie addebitate per transazioni elettroniche; l'abbassamento della soglia dei pagamenti consentiti in contanti; l'obbligo di pagamenti elettronici nella pubblica amministrazione; l'obbligo di fatturazione elettronica; il programma cashback di Stato fino a giugno 2022; il protocollo per azzerare le commissioni sui micro-pagamenti e, non ultima, la cosiddetta lotteria degli scontrini per i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi;

   il programma cashback e la lotteria degli scontrini possono risultare, a giudizio degli interroganti, anche validi strumenti per incentivare i consumi ora stagnanti a seguito dell'emergenza epidemiologica e agevolare la ripresa dell'economia, dal momento che sono escluse le transazioni effettuate sulle piattaforme e-commerce;

   per tenere conto delle difficoltà causate dall'epidemia e consentire agli esercenti di adeguare i registratori telematici, il decreto-legge n. 183 del 2020 («Milleproroghe 2021») ha previsto l'avvio e l'operatività della lotteria dal 1° febbraio 2021 e ha spostato al 1° marzo 2021 la decorrenza del termine per i consumatori di effettuare le segnalazioni degli esercenti che rifiutino di acquisire il codice lotteria;

   secondo i dati Sogei, i registratori di cassa telematici attivi a ottobre 2020 erano circa 1,3 milioni –:

   quali siano i primi risultati relativi alla lotteria degli scontrini, con particolare riferimento al numero di soggetti che hanno richiesto il codice di partecipazione, il numero di transazioni valide per la prima estrazione mensile, prevista l'11 marzo 2021, e il numero di registratori telematici attualmente attivi.
(5-05415)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   CENTEMERO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, TARANTINO e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2021 gli istituti di credito soggetti a vigilanza diretta della Bce devono applicare le nuove soglie di rilevanza specificate dal regolamento delegato (Ue) 2018/171 della Commissione europea;

   i criteri e le modalità stabiliti dalle nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in default, molto più stringenti rispetto ai precedenti, potrebbero portare le banche a svalutare i crediti acquistati dalle imprese, comportando così un gravissimo danno per le aziende italiane;

   indubbiamente la crisi economica correlata all'emergenza pandemica da Covid-19 ha comportato di fatto un allungamento delle tempistiche di pagamento alle imprese dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione;

   a titolo esemplificativo, basti pensare che le imprese fornitrici di dispositivi medici, peraltro operanti un servizio fondamentale in considerazione dell'attuale periodo storico, vantano – secondo i dati pubblicati da Confindustria Dispositivi medici – nel mese di settembre 2020, un credito complessivo pari a 1,8 miliardi di euro –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, al fine di scongiurare un grave danno per il sistema economico nazionale.
(5-05416)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   ALBANO, OSNATO e BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 1° gennaio 2021 l'Amministrazione doganale nazionale ha subito un considerevole aggravio di lavoro, dovuto alla definitiva uscita del Regno Unito dall'Unione doganale, che ha causato un incremento del 20 per cento delle operazioni di import-export dichiarate ai competenti uffici, con i conseguenti controlli documentali e visite merci da svolgersi immediatamente da parte dei funzionari preposti;

   già nell'aprile del 2019, con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-01954, il Gruppo di Fratelli d'Italia aveva segnalato il depauperamento della struttura organizzativa doganale nell'intero Paese, e, in particolare, nella regione Marche, derivante dall'introduzione della nuova organizzazione doganale prevista dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, legge di bilancio per il 2018;

   la legge n. 205 del 2017 ha, infatti, previsto l'istituzione di 218 posizioni organizzative di elevata responsabilità (Poer) in luogo delle previgenti 117 posizioni organizzative temporanee (Pot) creando due ordini di problemi;

   in primo luogo, in ben ventidue uffici di 4° livello in tutto il territorio nazionale tali posizioni sono totalmente assenti;

   in secondo luogo, non essendo più previsto, come in precedenza per le Pot, che le attuali Poer siano istituite solo nelle sedi ove manca un dirigente in servizio e, quindi, coperte ad interim, si è generato il paradosso che numerosi uffici ove è presente un dirigente in sede siano forniti anche di Poer, mentre un ufficio retto ad interim, come quello, ad esempio, di Civitanova Marche, sede di rilevante importanza per il distretto manifatturiero delle Marche centromeridionali, risulti privo di Poer, con la conseguenza di depotenziare ulteriormente la struttura doganale sul territorio marchigiano, già carente nella sede cruciale di Ancona;

   inoltre, la distribuzione delle Poer risulta fortemente sbilanciata a favore delle strutture organizzative centrali ed interregionali a scapito degli uffici operativi, provocando in tal modo diversi risultati paradossali, come quello generato, ad esempio, nella direzione interregionale di Bologna, dove, a fronte di 14 posizioni organizzative doganali previste, ben 13 sono localizzate in Emilia-Romagna e solo 1 nelle Marche –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per ripristinare le posizioni organizzative soppresse nei ventidue uffici di cui in premessa e per potenziare la struttura doganale nazionale, anche al fine di fare fronte all'incremento di attività operativa derivante dall'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, e, in particolare, degli uffici della regione Marche.
(5-05417)
(Presentata il 2 marzo 2021)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come emerso da un articolo de Il Sole24Ore del 23 febbraio 2021, anche in seguito alla Brexit, dal 1° gennaio 2021, ai fini della tassazione Ivie, per gli immobili posseduti da cittadini italiani nel Regno Unito, non sarà più valido il criterio del valore catastale, ma quello del costo di acquisto o del valore di mercato;

   in particolare, nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 28/E del luglio 2012 era stato chiarito che per gli immobili situati in Paesi appartenenti all'Unione europea o in Paesi aderenti al See spazio economico europeo, che garantiscono uno scambio adeguato di informazioni, il valore da utilizzare a fini della determinazione dell'imposta è prioritariamente quello catastale;

   orbene, l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea sembra indicare che, così come stabilito dalla circolare suddetta, per gli immobili posseduti nel Regno Unito, non si potrà più utilizzare ai fini Ivie il valore catastale come determinato ai fini della «Council tax», ma si renda applicabile il criterio del costo di acquisto o il valore di mercato;

   si tratta, pertanto, di un aumento improvviso ed esponenziale dell'imposta per migliaia di contribuenti e risparmiatori italiani alla luce dell'elevato costo nominale degli immobili situati nel Regno Unito, che dunque rischiano di rimanere vittime ignare della Brexit, in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di acquisti effettuati ben prima del referendum del 2016;

   il continuo scambio di informazioni a livello bilaterale tra le autorità fiscali italiane e britanniche continuerà anche dopo l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per prevedere il mantenimento del valore catastale, definito dalla «Council Tax» britannica, per calcolare l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero (Ivie) dovuta dai cittadini italiani residenti o perlomeno per utilizzare il citato parametro per gli immobili acquistati prima del recesso del Regno Unito dall'Unione europea.
(5-05410)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, le autorità della Commissione europea hanno integrato il quadro temporaneo per gli aiuti di Stato in data 28 gennaio 2021, prorogando la misura fino al 31 dicembre 2021, aumentando – tra gli altri – il tetto dei sussidi erogabili alle aziende da 800.000 euro a 1.800.000 euro per azienda e il tetto per la copertura dei costi fissi da 3.000.000 euro a 10.000.000 euro e prevedendo la possibilità di convertire strumenti rimborsabili in contributi a fondo perduto;

   a dicembre 2020, nel corso delle interlocuzioni tra Commissione e Stati membri per l'ampliamento del quadro temporaneo, il Governo tedesco ha notificato, in data 4 dicembre 2020, un aiuto di Stato equivalente a 642 milioni di euro per le perdite subite dal comparto fieristico da marzo a dicembre, rimborsate nella loro totalità;

   il comparto fieristico ha subìto perdite di fatturato a causa dell'emergenza da COVID-19 pari al 70-80 per cento del loro fatturato annuo e, nel caso dell'Italia, è stata stimata l'erogazione di circa 408 milioni di euro a fondo perduto a tutela del comparto fieristico, dei quali – secondo stime dell'Aefi (Associazione enti fieristici italiani), solo il 4 per cento è arrivato concretamente nelle casse delle società fieristiche;

   tale ritardo nell'erogazione delle risorse, come emerso anche a mezzo stampa, è da imputarsi alla mancata emanazione delle necessarie normative attuative (ad oggi, infatti, mancano oltre 500 decreti attuativi delle misure straordinarie emanate dal precedente Esecutivo);

   il ritardo è tuttavia da imputarsi anche alla normativa europea in materia di aiuti di Stato e regime de minimis, in quanto anche nonostante l'aumento del tetto dei sussidi erogabili alle aziende a 1,8 milioni di euro, nel caso dei principali poli fieristici italiani (Milano, Bologna, Rimini-Vicenza e Verona), nel 2020 sono state viste perdite per oltre 550 milioni di euro, compensate da 4 milioni di indennizzo;

   come evidenziato anche in precedenti atti di sindacato ispettivo e da più fonti di stampa nazionale, il Governo federale tedesco è riuscito ad ovviare al plafond degli aiuti di Stato, mediante dimostrazione e riconoscimento del COVID-19 come calamità naturale, e dunque riuscendo ad ottenere l'autorizzazione dei propri aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107(2b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anziché ai sensi dell'articolo 107(3b);

   le fiere sono, notoriamente, un efficace strumento di promozione industriale, basti in tal senso considerare che le oltre 50 manifestazioni realizzate da Fiera Milano nel 2019 hanno generato 17,5 miliardi di euro di export per le aziende espositrici italiane e ricavi per 46,5 miliardi di euro, oltre a 8,1 miliardi di euro di indotto sul territorio;

   a livello nazionale, il valore aggiunto dell'economia delle esposizioni si aggira a 60 miliardi di euro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per ottenere l'autorizzazione all'erogazione di aiuti di Stato a tutela dei comparti nazionali, e in particolar modo quello fieristico, in deroga al regime de minimis, anche secondo l'esempio di cui in premessa.
(4-08387)


   BENEDETTI, TRANO e VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 143, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» prevede, testualmente, che: «Al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo da ripartire, con dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. A decorrere dall'anno 2020, il fondo può essere alimentato con le eventuali somme, da accertarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che si rendono disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021, ai sensi dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per l'attuazione di quanto previsto dal precedente periodo, le somme iscritte nel conto dei residui sul fondo da ripartire per l'attuazione dei contratti del personale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al fondo di cui al primo periodo. Le risorse del fondo sono destinate, nella misura del 90 per cento, alla graduale armonizzazione delle indennità di amministrazione del personale appartenente alle aree professionali dei Ministeri al fine di ridurne il differenziale e, per la restante parte, all'armonizzazione dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato delle medesime amministrazioni. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione delle risorse del fondo tra le amministrazioni di cui al primo periodo per il finanziamento del trattamento accessorio di ciascuna di esse, tenendo conto anche del differenziale dei trattamenti di cui al precedente periodo e, in deroga all'articolo 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla conseguente rideterminazione delle relative indennità di amministrazione ...»;

   la norma citata, quindi, ai fini della progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri, prevede l'istituzione di un fondo da ripartire nello stato di previsione del Ministero dell'economia, con una dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 e, a decorrere dal 2020, il fondo in questione può essere alimentato con le eventuali somme, da accertarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che si rendono disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021;

   se il Ministro dell'economia e delle finanze, ferma restando la dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, abbia predisposto per il 2020 il previsto decreto di accertamento delle eventuali somme disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021 e, nel caso, di quale sia l'entità delle stesse;

   a che punto sia la relativa procedura per l'emanazione del previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la ripartizione delle risorse del fondo in argomento tra le varie amministrazioni, per la conseguente rideterminazione delle indennità di amministrazione.
(4-08389)


   ALBANO, FRASSINETTI, CIABURRO, VINCI, CARETTA, ROTELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia di Covid-19 rappresenta un grave shock per l'economia globale ed europea;

   questa situazione sta facendo registrare una serie di shock economici che fotografano una grossa contrazione della domanda e dell'offerta, con delle ripercussioni consistenti sul Pil e con grave rischio di aumento della disoccupazione;

   appare evidente che, in questa particolare situazione, il credito ha assunto un ruolo cruciale per assicurare la necessaria liquidità alle imprese;

   in tale contesto, la piena entrata in vigore della nuova definizione di default in tema di crediti deteriorati, sta creando enormi problemi a milioni di famiglie e imprese;

   è quindi di primaria importanza rivederla e coordinarla con la complessa situazione attuale dell'economia;

   la nuova normativa europea prevede infatti che qualunque operatore economico sia segnalato come «cattivo pagatore» (past due) dopo soli 90 giorni di ritardo sul proprio fido e che, successivamente, la banca possa avviare le proprie azioni di recupero e di svalutazione del credito secondo calendari obbligatori (calendar provisioning), con necessità di ulteriori accantonamenti per le banche, che diventeranno quindi ancor più prudenti nella concessione del credito;

   sarà essenziale il supporto del credito nella fase successiva alla pandemia per sostenere le imprese nel percorso di ripristino delle condizioni di economicità dei loro business-:

   se, in considerazione del contesto economico minato dalla pandemia, non ritenga di adottare le iniziative di competenza in tutte le sedi opportune, anche a livello europeo, per pervenire a una maggiore flessibilità del credito, anche promuovendo soluzioni temporanee, in modo da evitare l'impatto sociale negativo degli attuali vincoli.
(4-08400)


   RIXI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'11 febbraio 2021 l'Agenzia delle entrate con interpello n. 98, ha concluso che, se manca un'espressa previsione legislativa che ne escluda la concorrenza al reddito di impresa, i ristori spettanti agli autotrasportatori per il crollo del ponte Morandi, ovverosia i maggiori oneri di gestione sostenuti dai medesimi per i trasporti effettuati percorrendo, a causa di interruzioni, più strada rispetto a quella ordinaria, concorrono alla determinazione della base imponibile dei soggetti percettori;

   nello specifico, ripercorrendo la logica giuridica sottesa alla risposta dell'Agenzia delle entrate, occorrerebbe partire dalla asserita norma di riferimento, che, secondo l'amministrazione, è l'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 109 del 2018. Secondo l'Agenzia delle entrate saltando a piè pari eventuali disposizioni analogicamente applicabili anche per un principio di capacità contributiva e non discriminazione tra soggetti colpiti dal medesimo evento (danni diretti o indiretti, ma pur sempre danni), dal momento che è assente una espressa disposizione legislativa che escluda la rilevanza ai fini delle imposte sui redditi dei contributi pubblici, occorre «prendere a prestito» i principi ordinari circa il concorso dei contributi alla formazione del reddito;

   in sostanza, secondo l'Agenzia, difettando tale «aggancio normativo», il criterio che contraddistingue, o dovrebbe contraddistinguere, ciascun tipo di contributo si fonda sulla finalità per la quale viene assegnato. In particolare, i contributi in conto esercizio sono destinati a fronteggiare esigenze di gestione, i contributi in conto capitale sono diretti ad incrementare i mezzi patrimoniali dell'impresa, senza che vi sia una connessione tra erogazione ed investimento;

   il fine dei ristori è di fronteggiare i maggiori oneri di gestione sostenuti dai soggetti economici colpiti dall'evento; lo stesso, a giudizio dell'Agenzia, concorrerebbe alla determinazione della base imponibile, sulla base delle regole Ires o Irpef secondo i criteri di competenza o di cassa in ragione del regime contabile applicato dall'impresa;

   occorre riferirsi al richiamo più generale individuato dalla disposizione di cui all'articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 109 del 2018 convertito dalla legge 16 novembre 2018, n. 130;

   è del tutto evidente che una diversa, e più circoscritta interpretazione, della disposizione normativa da parte dell'amministrazione finanziaria vada a tutto scapito degli autotrasportatori, ma soprattutto provocherà grave nocumento al principio della certezza del diritto e delle più elementari garanzie previste dallo statuto del contribuente, così dimenticando che in tragedie come quelle del ponte Morandi il ristoro deve avere effettiva valenza di aiuto alle imprese e, quindi essere non soggetto a tassazione;

   si evidenzia sul punto che, come la stessa Trasportounito ha segnalato, interpretare le norme nel senso della non tassabilità dei ristori era stato fatto anche dalla stessa struttura commissariale presso la regione Liguria che, al momento della liquidazione dei ristori alle Imprese, non ha applicato la ritenuta d'acconto. Invero, gli effetti per le aziende di trasporto colpite sono gravissime considerata, la retroattività della disposizione in questione (il che significa su circa 180 milioni di ristori erogati e in via di erogazione a oltre un migliaio di aziende di autotrasporto, restituire dai 60 ai 70 milioni) nonché la grave congiuntura economica in cui tale dimenticanza normativa si innesta;

   l'attività degli autotrasportatori, come ben noto anche nel periodo del crollo Morandi, è stata sempre apprezzata per essere stata in prima linea nelle emergenze e ha subito, tuttavia, enormi disagi in termini di costi e percorrenze a seguito della tragedia anzidetta –:

   quali urgenti iniziative di carattere normativo il Ministro intenda assumere al fine della corretta interpretazione della disciplina prevista dall'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 109 del 2018, anche alla luce della risposta all'interpello n. 98 dell'11 febbraio 2021.
(4-08405)


   BENVENUTO e GUSMEROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 147 del 2013,articolo 1, comma 48, lettera c), ha istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo di garanzia per i mutui prima casa, gestito da Consap;

   l'obiettivo del Fondo consiste nel favorire l'accesso al credito alle famiglie per l'acquisto della casa di abitazione principale, attraverso il rilascio di garanzie nella misura del 50 per cento della quota capitale su mutui ipotecari il cui ammontare non superi 250.000 euro e che siano finalizzati all'acquisto di immobili da adibire ad abitazione principale;

   la disciplina del Fondo non prevede alcun limite di età o di reddito per i richiedenti; viene attribuita soltanto una priorità di accesso, con tassi agevolati, alle seguenti categorie: giovani coppie, nuclei familiari mono-genitoriali con figli minori, conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, nonché giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico;

   la disciplina del Fondo prevede quindi una platea di potenziali destinatari della misura molto estesa, che non garantisce l'accesso alle risorse da parte dei soggetti più deboli, andando in una direzione diversa che, secondo gli interroganti, tradisce lo spirito istitutivo della legge;

   in proposito, la Corte dei conti nella sua relazione «Gestione fuori bilancio del Fondo di Garanzia Mutui Prima Casa» del 30 dicembre 2019 ha messo in evidenza il fatto che nel periodo analizzato (2014-2019), l'85,5 per cento di mutui coperti da garanzia Consap è stato concesso dagli istituti di credito a soggetti che non rientravano tra le categorie «prioritarie», sottraendo al Fondo risorse che potevano essere destinate ai soggetti appartenenti alle fasce più deboli della popolazione;

   la stessa relazione ha inoltre segnalato come le banche ottengano un vantaggio, in virtù della cosiddetta «ponderazione zero», che permette loro di ridurre l'accantonamento in termini di capitale di rischio, dalla concessione di una garanzia pubblica gratuita anche per mutui erogati a soggetti che avrebbero avuto i requisiti per ottenere tale finanziamento pur in assenza di una garanzia pubblica;

   la Corte dei conti, sempre nella relazione, ha invitato gli enti preposti ad un supplemento di indagine in ordine all'opportunità di conservare la gratuità della garanzia dello Stato di ultima istanza a favore degli istituti finanziatori, in quanto il rischio relativo alle operazioni del Fondo appare quindi sbilanciato sulle finanze pubbliche, mentre il vantaggio appare collocarsi dal lato delle banche;

   il decreto-legge n. 34 del 2019 («decreto crescita»), convertito, con modificazione, dalla legge n. 58 del 2019, ha previsto per il Fondo la riduzione degli accantonamenti obbligatori, passando dal 10 per cento all'8 per cento, a copertura dell'importo garantito;

   la gestione del Fondo nell'esercizio 2018 ha chiuso con un disavanzo di 256 milioni di euro (fonte Consap spa) –:

   se non si ritenga opportuno valutare l'adozione di iniziative per una riforma della normativa del Fondo di garanzia mutui prima casa che si attenga alle osservazioni della Corte dei conti, in modo da assicurare che la funzione del Fondo di garanzia venga effettivamente espletata nei confronti delle categorie più svantaggiate della società nell'acquisto della propria abitazione, in linea con quello che originariamente era lo spirito della legge;

   se non si ritenga opportuno, anche alla luce della recente modifica apportata al funzionamento del Fondo con il decreto-legge 137 del 2020 convertito dalla legge n. 176 del 2020, adottare iniziative per riconsiderare la gratuità della garanzia dello Stato di ultima istanza a favore degli istituti finanziatori;

   se non si ritenga che, a tutela ulteriore di tutti i soggetti richiedenti la garanzia dello Stato ed al fine di consentire che lo strumento della garanzia assolva allo scopo di agevolare l'accesso al credito anche dal punto di vista delle condizioni di finanziamento, sia opportuno adottare iniziative per stabilire, sul modello di quanto già fatto con il precedente «Fondo giovani coppie», un tasso di interesse calmierato ed equo anche per i soggetti richiedenti non «prioritari».
(4-08410)


   MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le misure restrittive messe in campo per arginare la diffusione del Covid-19 hanno avuto gravi ripercussioni anche sul settore del gioco legale con vincita in denaro;

   le reti distributive dei giochi pubblici in concessione, in particolare quelle delle scommesse, del bingo e di controllo telematico degli apparecchi da intrattenimento costituiscono un presidio di legalità nel delicato settore dei giochi con vincite in denaro;

   la straordinarietà dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha imposto a tali reti distributive di interrompere totalmente la propria attività, incidendo pesantemente sulle risorse finanziarie dei concessionari e dei punti vendita collegati per l'esercizio in corso, nonché sull'indotto occupazionale; la chiusura prolungata dei punti fisici nel 2020 e la crisi economica hanno portato a un calo del 35 per cento delle giocate, con una spesa complessiva crollata da 19,4 a 12,5 miliardi di euro. In totale, nel 2020 il settore retail (agenzie di scommesse, sale slot, Bingo) ha registrato un calo del 43 per cento;

   a subire il danno maggiore sono gli apparecchi (slot e Vlt), che registrano un crollo del 54 per cento rispetto al 2019 (a 4,7 miliardi di euro), la chiusura del retail ha spostato parte dei giocatori verso l'offerta online, che registra nel 2020, invece, un aumento della spesa del 39 per cento a quota 2,5 miliardi di euro;

   nel 2019 gli incassi statali dai giochi avevano superato gli 11 miliardi di euro, secondo i dati del Libro Blu dell'Agenzia delle dogane. A fronte del calo di oltre il 20 per cento dell'intero settore del gioco legale, la chiusura dei punti vendita per quasi sei mesi ha portato a un calo del 47,5 per cento in termini di raccolta (73,9 miliardi di euro nel 2019 contro i 38,8 nel 2020). Una frenata dei consumi che pesa sulle casse dello Stato: nel 2019 ha incassato 10,3 miliardi di euro dall'area retail del gioco legale, mentre nel 2020 si è privato del 42,3 per cento di entrate, pari a 4,3 miliardi di euro;

   per i lavoratori del settore il permanere di una situazione di lockdown potrebbe comportare la definitiva chiusura dell'attività per un cospicuo numero di esercizi, mettendo a rischio i 150 mila posti di lavoro che gravitano attorno al settore del gioco pubblico, e in particolare, i circa 30 mila addetti impiegati nella distribuzione fisica (sale giochi, sale scommesse, sale slot, sale bingo). Un comparto, che rappresenta, una difesa efficace contro il gioco illegale e per tali motivi sarebbe importante che le sale venissero riaperte, anche per fermare il dilagarsi di attività di gioco clandestine, che rappresentano un grave danno all'erario e alla legalità;

   sarebbe dunque opportuno, per gli interessi pubblici, preservare la capacità della rete distributiva di garantire la propria funzione di presidio di legalità, di generazione di gettito erariale e di mantenimento di una significativa occupazione qualificata, nell'ordine di decine di migliaia di persone –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, alla luce dei fatti sopra esposti, per affrontare al meglio questo momento di difficoltà ora e nelle fasi successive non emergenziali, assicurando la tutela dei lavoratori con un'attenzione particolare al contrasto dei fenomeni illeciti.
(4-08412)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 176 della 2020 ha introdotto l'obbligo del deposito telematico delle memorie di cui all'articolo 415-bis codice di procedura penale. Il decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021 estendeva poi tale procedura obbligatoria al deposito di diversi altri atti propri del procedimento penale, dalla querela sino alla nomina del difensore fiduciario;

   dopo una prima fase di utilizzo, è stato tuttavia riscontrato come il portale del processo telematico non sia ancora tecnicamente idoneo a garantirne il corretto funzionamento. Il sistema, ad oggi, presenta continue anomalie e subisce ripetute sospensioni del servizio che ne rendono praticamente impossibile l'utilizzo;

   oltre a ciò, sono state riscontrate nella struttura diverse criticità, al momento insuperabili. Tra queste, non in via esaustiva, a quanto consta all'interrogante il mancato coordinamento con il mod.21, che comporta l'inaccessibilità al fascicolo da parte del difensore sino al momento di inserimento della nomina (la lavorazione degli atti da parte del personale comporta fisiologicamente un ritardo nella possibilità per il difensore di accedere alla documentazione), la preclusione di utilizzarlo per il deposito di nomine nei procedimenti davanti al giudice di pace, la impossibilità di caricare file di dimensioni superiori a 30 megabyte;

   questi problemi incidono concretamente sul diritto di difesa, comprimendo di fatto i termini processuali: il ritardo nell'accesso, non imputabile al difensore, non viene comunque scorporato dal termine previsto per l'attività difensiva;

   nella pratica, le singole procure stanno affrontando le indicate criticità emanando autonome circolari e contribuendo a predisporre con i locali uffici giudiziari protocolli finalizzati a consentire il deposito di tali atti anche con modalità non telematiche. Tutto questo, oltre che creare una intollerabile forma di «federalismo» processuale e giudiziario, pare stia avvenendo in contrasto con il sistema di gerarchia delle fonti previsto nel nostro ordinamento e senza garanzie sul riconoscimento di tali protocolli;

   non può essere tollerato che il diritto di difesa di un cittadino venga limitato dal malfunzionamento di un portale di deposito degli atti reso obbligatorio senza almeno un periodo di prova. È perciò necessario che il sistema di deposito telematico nel processo penale non permanga obbligatorio sino a quando non sia formato un portale in grado di renderlo effettivo e, nell'attesa, venga garantita ai difensori la possibilità di depositare gli atti di cui alla legge n. 176 del 2020, e successive integrazioni, anche nella forma tradizionale, ovvero mediante il deposito cartaceo in cancelleria –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire, in attesa del corretto funzionamento del processo penale telematico, il pieno diritto di difesa dei soggetti indagati ed imputati nel procedimento penale, anche per il tramite della istituzione di un regime transitorio che sospenda l'obbligatorietà dell'utilizzo del deposito telematico nel processo penale e ripristini alternativamente la facoltà del deposito manuale degli atti in cancelleria.
(4-08392)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel carcere di Carinola (Caserta) è in corso un focolaio di Covid-19 che sta mettendo a dura prova l'organico della polizia penitenziaria;

   una nota congiunta dei sindacati di polizia penitenziaria Sinappe, Uil Pa, Uspp, Fns Cisl, Cnpp e Fp Cgil rende noto che un ispettore di 50 anni è morto a causa delle complicanze sorte dopo essere stato contagiato dal SArs-Cov-2;

   si tratta del secondo agente della polizia penitenziaria rimasto contagiato che perde la vita negli ultimi mesi. A questi si aggiunge un terzo agente del carcere di Santa Maria Capua Vetere recentemente deceduto;

   i sindacati hanno ribadito lo stato di agitazione e annunciato ulteriori forme di proteste;

   nell'istituto di pena casertano dove si registrano già una trentina di defezioni a causa del Covid-19;

   i sindacati lamentano che, ad oggi, in Campania non c'è una data per la vaccinazione degli agenti di polizia penitenziaria. A pagarne le conseguenze sono gli agenti che, per adempiere al proprio dovere istituzionale, stanno rischiando e sacrificando la propria vita;

   qualora il Ministro della giustizia pensasse, in continuità con il Governo precedente, che il problema del contagio sia lo stesso carcere come struttura, a giudizio dell'interrogante il Ministro medesimo dovrebbe avere il coraggio di non arrendersi al fatto che non vi sia altra soluzione al problema al di fuori di un provvedimento «svuotacarceri» e dovrebbe, piuttosto, valutare l'opzione di un piano di vaccinazione capillare degli agenti di polizia penitenziaria e degli altri operatori provenienti dall'estero che potrebbero portare il virus in un luogo chiuso –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito ad un piano di vaccinazione per gli agenti della polizia penitenziaria per far fronte alle situazioni di rischio in cui versano gli stessi agenti, anche alla luce dei focolai scoppiati nelle carceri campane.
(4-08403)


   DI SARNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020, emanato per far fronte all'emergenza sanitaria da Covid-19, ha disposto la sospensione di tutte le procedure concorsuali, ivi compreso lo svolgimento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense;

   il cosiddetto decreto rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) convertito dalla legge n. 77 del 2020, ha predisposto un'innovativa regolamentazione per l'espletamento dell'esame di avvocato, sia per quanto riguarda la correzione degli elaborati, avvenuta con modalità di collegamento a distanza, sia con riferimento alle prove orali, svoltesi da remoto;

   il decreto del Ministro della giustizia 14 settembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 15 settembre 2020, n. 72, ha stabilito che l'esame di Stato si sarebbe svolto nei giorni 15-16-17 dicembre 2020. Tuttavia, a causa dell'aggravarsi della situazione pandemica, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, sono state adottate nuove misure di contenimento, prevedendosi un'ulteriore sospensione delle prove di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato;

   con decreto del 10 novembre 2020, il Ministro della giustizia ha rinviato alla primavera del 2021 lo svolgimento delle prove scritte per la sessione 2020, individuando le date del 13-14 e 15 aprile 2021, come da successiva comunicazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, del 18 dicembre 2020;

   a oggi, i dati di monitoraggio della pandemia evidenziano un aumento della curva dei contagi ed il Comitato tecnico scientifico ha fornito parere negativo allo svolgimento in presenza delle prove scritte, giacché è necessario evitare gli assembramenti derivanti dalla partecipazione all'esame di un numero elevato di candidati, soprattutto nei distretti delle corti di appello più numerosi;

   tale situazione comporta per gli aspiranti avvocati uno stato di intollerabile incertezza, non sapendo, gli stessi, se e quando verranno espletate le prove d'esame, con il rischio di compromettere l'accesso al mercato del lavoro per i giovani professionisti;

   per scongiurare l'ennesimo rinvio, sarebbe opportuno consentire eccezionalmente lo svolgimento dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato mediante l'espletamento di una prova orale «rafforzata», secondo modalità individuate dallo stesso Ministero della giustizia, attraverso le quali saggiare l'effettivo grado di preparazione dei candidati, sostituendo in tal modo la prova scritta, compensando il disagio subito per effetto dell'emergenza sanitaria sviluppatasi nel mese di dicembre 2020;

   occorre dare risposte celeri alle numerose istanze provenienti dalle associazioni forensi e dai praticanti avvocati, che chiedono che l'esame si svolga in piena sicurezza, salvaguardando il diritto alla salute dei candidati, dei commissari e del personale coinvolto nella procedura di selezione, nonché per garantire agli aspiranti avvocati di conseguire l'abilitazione in tempi ragionevoli –:

   in che modo il Ministro interrogato intenda agire in relazione alle criticità segnalate in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire lo svolgimento dell'esame di abilitazione alla professione forense - sessione 2020.
(4-08408)


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'illecita introduzione della droga e di cellulari destinati ai detenuti è un fenomeno, purtroppo, largamente diffuso nelle carceri italiane e non pare attenuarsi nonostante la previsione di reato di cui all'articolo 391-ter del codice penale di recente introduzione che punisce, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, l'accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti;

   e del 24 febbraio 2021 la notizia di un avvocato arrestato in flagranza per cessione di droga a un detenuto albanese nel carcere di Bergamo. E il sospetto di chi indaga è che, anche qualche altra volta, lo stesso abbia portato in carcere droga e telefoni cellulari destinati a detenuti per detenzione o spaccio di sostanze stupefacenti;

   è sempre del 24 febbraio 2021 un'ulteriore notizia di una vera e propria piazza di spaccio, attiva all'interno del carcere di Salerno, dov'era operativo anche un «mercato nero» di cellulari: è stato scoperto, dai poliziotti della squadra mobile di Salerno che, insieme al nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, hanno arrestato 44 persone e ne hanno denunciate tre;

   questi episodi, a cui se ne aggiungono altri simili se da un lato confermano il grado di maturità raggiunto e le elevate doti professionali del personale di polizia penitenziaria in servizio nelle carceri italiane nel sapere garantire ed assicurare la legalità intercettando tali attività illecite, dall'altro impongono, oggi più che mai, una seria riflessione sulle gravi criticità e carenze strutturali e di risorse umane e materiali tuttora sussistenti negli istituti penitenziari;

   da anni, ormai, i colloqui settimanali e la consegna dei pacchi sono diventati «momenti» delicati per le forze dell'ordine, laddove gli agenti si trovano a contrastare l'introduzione di oggetti vietati nei penitenziari;

   occorre un bilanciamento tra le necessità di sicurezza e il bisogno di trattamento dei detenuti, viste le conseguenze negative derivanti dall'introduzione di droga e di telefoni cellulari in un carcere;

   alla luce di tutto ciò, urgono delle soluzioni per dotare tutti gli istituti penitenziari di risorse umane e materiali (tra quest'ultime, ad esempio, la schermatura delle sezioni detentive e degli spazi nei quali sono presenti detenuti all'uso dei telefoni cellulari e degli smartphone) per evitare che tali episodi di illegalità si verifichino nuovamente e con tale frequenza, al fine di garantire la sicurezza e la legalità nelle carceri –:

   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche in raccordo con altre istituzioni competenti, per risolvere il problema dell'illecita introduzione della droga e di cellulari destinati ai detenuti, al fine di garantire la sicurezza e la legalità nelle carceri.
(4-08416)


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di alcuni articoli di giornale l'interrogante ha appreso che il direttore del carcere di Tolmezzo, in provincia di Udine, avrebbe respinto la richiesta di un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis o.p. di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza de L'Aquila;

   a seguito di ciò il detenuto avrebbe già proposto ricorso avverso la suddetta decisione dell'amministrazione penitenziaria alla magistratura di sorveglianza;

   i diritti fondamentali di ogni detenuto (anche di colui che è ristretto in regime speciale di cui all'articolo 41-bis o.p.) riconosciuti dall'ordinamento costituzionale possono essere limitati legittimamente solo a fronte della salvaguardia delle esigenze preventive di massima rilevanza sottese al regime detentivo differenziato disciplinato dall'articolo 41-bis della legge di ordinamento penitenziario (di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354). Tuttavia, tale regime non può risolversi in una compressione delle facoltà inerenti ad un diritto fondamentale eccedente la misura minima necessaria al soddisfacimento delle esigenze di sicurezza, e non può comportare la pratica vanificazione del diritto inciso;

   il diritto allo studio e, più in generale alla cultura, è un diritto inalienabile dell'uomo, costituzionalmente riconosciuto, ed il suo esercizio concreto non è incompatibile con il carcere duro. Ciò trova puntuale riscontro nello stesso ordinamento penitenziario che eleva l'istruzione ad elemento essenziale del trattamento penitenziario (vedi articoli 15 e 19 ordinamento penale);

   lo strumento del cosiddetto carcere duro istituito per contrastare, nello specifico, forme di criminalità organizzata di tipo mafioso dovrebbe, comunque, considerare il divieto di trattamenti carcerari contrari al senso di umanità, oltre alla essenziale funzione rieducativa della pena ex articolo 27, terzo comma della Costituzione e 3 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

   la stessa Corte Costituzionale (vedi sentenza 20 del 2017 e 349 del 1993) evidenzia il principio in base al quale chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso, in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua libertà individuale, è il suo esercizio, proprio per questo, non può essere rimesso alla discrezionalità dell'autorità amministrativa preposta all'esecuzione della pena detentiva;

   in uno Stato di diritto, che assicuri rispetto e salvaguardia dei diritti e delle libertà dell'uomo, «si va in carcere perché si è puniti, non per essere puniti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza anche promuovendo un'eventuale attività ispettiva presso l'Amministrazione penitenziaria di cui in premessa.
(4-08417)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'attività di ascolto delle categorie, condotta in questi mesi dall'interrogante, i sindacati di polizia penitenziaria hanno evidenziato un doppio fronte di criticità;

   da una parte c'è l'attività della magistratura che incalza gli agenti con le accuse di reato di tortura;

   dall'altra, la mancanza di un protocollo operativo da seguire in caso di sommossa, che ad oggi, non è stato ancora fornito da parte dell'amministrazione penitenziaria, a differenza della polizia di Stato che ha inteso tutelare immediatamente i propri agenti;

   a seguito dell'introduzione del reato di tortura nel 2017, sono numerosi gli agenti della polizia penitenziaria sotto processo a seguito dei violenti episodi di rivolta in carcere, nel corso dell'epidemia COVID che, secondo quanto emerso, avrebbero una regia occulta da parte delle organizzazioni criminali;

   ad oggi, vige un clima di assoluta incertezza operativa e giuridica. Il 15 gennaio 2021 è arrivata la prima sentenza di condanna per il reato di tortura da parte del tribunale di Ferrara, a febbraio 2021 è giunta la sentenza sugli agenti del carcere di Ranza in cui il reato di tortura è stato riconosciuto come reato autonomo e non come aggravante;

   i sindacati lamentano le disastrose condizioni di lavoro in cui operano gli agenti della polizia penitenziaria. I detenuti, ormai forti delle maglie larghe con cui è stato imbastito il reato di tortura, minacciano gli agenti quotidianamente con la consapevolezza di restare pressoché impuniti;

   gli agenti sono costretti ad operare in un'ottica di limitazione dei danni, subendo i soprusi patiti. A giudizio dell'interrogante, le vere torture le subiscono loro;

   il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, nel suo discorso davanti alla Corte dei conti, ha parlato di «evitare gli effetti paralizzanti della fuga dalla firma». Per analogia, secondo l'interrogante corre l'obbligo per il Ministero della giustizia di adempiere quanto prima con un nuovo protocollo operativo antisommossa per evitare effetti antisociali e paralizzanti della «fuga dalla sorveglianza»;

   vanno anche considerati i primi incontri avuti dal Ministro interrogato in questi giorni, che con il Garante nazionale per i diritti dei detenuti e non con i sindacati di polizia penitenziaria –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'adozione urgente di un protocollo operativo per fronteggiare i reati di sommossa in carcere, che possa servire anche a tutelare gli agenti della polizia penitenziaria.
(4-08421)


   FASSINA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2019, le sentenze di sfratto emesse sono state circa 48.543, le richieste di esecuzioni sono state 100.595, le azioni di rilascio con l'ausilio della forza pubblica sono state 25.930, e, questo, in un anno in cui i tribunali hanno operato in maniera continuativa e non era ancora insorta l'emergenza sanitaria da Covid-19;

   nel corso del 2020 sembrerebbe che le sentenze di sfratto siano state circa 37.000 e di queste sembrerebbe che solo 3.000 siano motivate da finita locazione;

   se il numero di sentenze di sfratto emesse nel 2020 fossero state effettivamente circa 40.000, nonostante che i tribunali, a causa delle misure di contrasto al Covid, hanno operato in maniera largamente ridotta, ciò segnalerebbe che c'è stato un innalzamento degli sfratti e di quelli motivati da morosità, un dato ulteriormente preoccupante se rapportato alle oltre 48.000 sentenze del 2019;

   dal 1° gennaio 2021 non opera la sospensione delle azioni di rilascio per le sentenze di sfratto motivate da finita locazione e per necessità del locatore;

   in Italia, al momento della presentazione del presente atto, ancora sono evidenti gli effetti del Covid-19 e delle sue varianti, tanto che il Governo ha dovuto prorogare le restrizioni e attualmente 8 regioni e due province autonome sono arancioni, alcune anche rafforzato e due regioni e circa cinquanta comuni sono stati dichiarati zone rosse;

   purtroppo, il Covid-19 non è debellato e il Governo è impegnato in una poderosa e complicata opera di vaccinazioni, che comunque ha bisogno ancora di tempo per la sua completa attuazione;

   in tale contesto, le attività degli ufficiali giudiziari, per le azioni di rilascio attualmente in esecuzione, ovvero per gli sfratti per necessità del locatore per finita locazione, devono prevedere forme di tutela della salute degli stessi, dato che devono operare nel corso delle esecuzioni in presenza di personale delle forze dell'ordine, delle famiglie oggetto di sfratto, del locatore, degli avvocati delle parti interessate, senza che questi siano a conoscenza di eventuali accessi con persone che potrebbero essere contagiate –:

   quante siano le sentenze di sfratto emesse dai tribunali nel corso del 2020 e quante per morosità, per finita locazione e per necessità del locatore, possibilmente suddivise per regioni e province;

   quali siano le misure di tutela della salute degli ufficiali giudiziari adottate dai singoli tribunali o corti di appello in relazione alle azioni di rilascio in materia di sfratti esecutivi ed in particolare nelle regioni e comuni dichiarate arancioni e rosse;

   quante siano le richieste di esecuzioni di sfratti motivati da finita locazione e necessità del locatore presentate dal 1° gennaio al 28 febbraio 2021 e, contestualmente, quante siano state le azioni di rilascio effettuate nel citato periodo attraverso gli ufficiali giudiziari;

   nel caso, purtroppo, perdurasse l'emergenza sanitaria da Covid-19, se il Governo ritenga appropriato che gli ufficiali giudiziari continuino nell'esecuzione di azioni di rilascio, nelle regioni e nei comuni soggetti a misure restrittive, in particolare quelle dichiarate arancioni e quelle rosse e se intenda adottare iniziative al riguardo.
(4-08427)


   RAMPELLI e BELLUCCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   secondo una ricerca dell'università di Padova, negli ultimi vent'anni, sono stati 160 mila i casi di minori allontanati dalle famiglie per decisione dei tribunali o su segnalazione dei servizi sociali, dei quali la metà archiviati;

   troppo spesso si tratta di figli, strappati ai genitori e alla loro vita con metodi «brutali» e «dimenticati» per anni presso comunità, senza nemmeno la possibilità di mantenere una continuità affettiva con la famiglia;

   è il caso di un bambino che nel dicembre 2016, nell'ambito della separazione tra i suoi genitori, è stato dapprima collocato in una casa-famiglia e dal luglio 2019 affidato al padre, denunciato dall'ex moglie per violenza domestica e riconosciuto dalle consulenze tecniche d'ufficio pericoloso per il figlio perché violento;

   sulla vicenda è intervenuta anche Roberta Sacchi, criminologa e psicologa: «La vicenda di Giada rappresenta un capitolo raccapricciante nei procedimenti per l'affido dei minori. In più di quindici anni di lavoro non ho mai visto e letto niente del genere. In quattromilacinquecento pagine di vicenda giudiziaria non si rintraccia alcun valido motivo per cui un bambino debba essere allontanato dalla madre, un provvedimento così innaturale dovrebbe essere adottato solo per gravi psicopatologie dei genitori, abusi o maltrattamenti. L'unico motivo per cui il bambino è stato strappato a Giada G. è la violenza istituzionale»;

   nonostante le prove raccolte in questi anni dalla mamma, che dimostrano con evidenza la volontà del bambino di tornare a vivere con lei, il minore non è mai stato ascoltato dai giudici, né tale documentazione è mai stata presa in considerazione dal tribunale, come si legge nel fascicolo processuale: «rimane superfluo acquisire tutti i verbali e le videoregistrazioni degli incontri avvenuti presso il servizio sociale tra madre e figlio»;

   a nulla sono servite le decine di relazioni di autorevoli specialisti che hanno contestato la perizia di sette anni fa con cui mamma Giada è stata bollata come «simbiotica e alienante» e utilizzata dai giudici per supportare la loro decisione;

   secondo le perizie degli specialisti, peraltro, il bambino avrebbe manifestato disturbi nel comportamento «che potrebbero essere ancora più gravi in presenza di una figura paterna percepita come inadeguata e/o pericolosa, come dimostrano le volontà degenerate del padre e i suoi sconsiderati gesti a scapito del figlio per colpire una figura femminile odiata, quale la moglie»;

   nel maggio 2020, il Ministro pro-tempore Bonafede, rispondendo a un'interrogazione relativo al caso in questione, ha sottolineato la tutela data dall'ordinamento a vari livelli al pieno diritto di ascolto del minore e aveva annunciato l'istituzione di una «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori» volta a «effettuare la ricognizione e il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti»;

   l'ascolto è un diritto, ma soprattutto un obbligo del giudice in tutti i procedimenti che riguardano il minore, sancito dall'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, dall'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo e, non ultimo per importanza, dagli articoli 315-bis, 336-bis e 337-octies del nostro codice civile –:

   se e quali immediate iniziative di competenza, il Governo intenda adottare in relazione alla vicenda di cui in premessa, e al più generale diritto del minore ad essere ascoltato, e quali siano ad oggi le risultanze del lavoro della citata «Squadra speciale».
(4-08428)


   IOVINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la recente notizia della concessione degli arresti domiciliari a Vincenzo Lo Presto, condannato per l'omicidio della moglie Fortuna Bellisario, di 36 anni e madre di tre figli, avvenuto il 7 marzo 2019, ha generato perplessità riguardo ai soli due anni trascorsi in carcere dal colpevole;

   l'uxoricida era stato condannato in primo grado a 10 anni per omicidio volontario, poi derubricato a «preterintenzionale» con lo sconto previsto dal rito abbreviato, infine martedì scorso il giudice Fabio Provvisier ha accolto l'istanza del difensore e considerato «non socialmente pericoloso» il soggetto, concedendogli così i domiciliari, sebbene l'omicidio della donna fosse stato l'epilogo di pestaggi reiterati negli anni e lo stesso tribunale per i minori abbia stabilito che i tre figli devono essere tenuti al riparo dal padre;

   l'efferatezza della violenza che ha portato alla morte di Fortuna Bellisario, causata dall'emorragia provocata dai ripetuti colpi sferrati contro di lei da Vincenzo Lo Presto, con l'utilizzo di una gruccia medica, mostra una dinamica fin troppo presente nelle vicende di violenza famigliare e «femminicidio» in generale, la quale andrebbe punita in maniera esemplare oltre che considerata reiterabile;

   nei primi dieci mesi del 2020 le donne vittime di omicidio sono state 91, una ogni tre giorni, un dato in leggera flessione rispetto alle 99 dello stesso periodo dell'anno scorso. È quanto emerge dal VII Rapporto Eures sul femminicidio in Italia, secondo cui a diminuire significativamente in realtà sono soltanto le vittime femminili della criminalità comune (da 14 a 3 nel periodo gennaio-ottobre 2020), mentre risulta sostanzialmente stabile il numero dei femminicidi familiari (da 85 a 81) e, all'interno di questi, il numero dei femminicidi di coppia (56 in entrambi i periodi); in aumento (da 0 a 4) anche le donne uccise nel contesto di vicinato. In sostanza, l'incidenza del contesto familiare nei femminicidi raggiunge nel 2020 il valore record dell'89 per cento, superando il già elevatissimo 85,8 per cento registrato nel 2019. All'interno del contesto familiare, i femminicidi consumati all'interno della coppia salgono al 69,1 per cento (erano il 65,8 per cento l'anno passato) –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere, con il coinvolgimento anche della magistratura, delle associazioni delle vittime e delle famiglie, per approfondire la gravissima problematica esposta in premessa e per adottare iniziative normative volte ad inasprire la pena detentiva nei confronti dei rei di queste violenze e a favorire una più attenta valutazione della possibile pericolosità di tali individui nel contesto sociale.
(4-08434)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2020, l'ormai ex Ministro delle infrastrutture e trasporti, Paola De Micheli, ha istituito una Commissione, presso il proprio Ministero, per individuare il mezzo migliore attraverso cui collegare la Sicilia alla Calabria;

   il collegamento è un tassello significativo non solo per due regioni del Mezzogiorno: Calabria e Sicilia, ma per l'intero Paese. È un progetto chiave, capace di dare nuova centralità al Sud nel contesto del Mediterraneo e dell'Europa;

   per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, esiste già un progetto definitivo, cantierabile, in grado di mobilitare un quantitativo enorme di risorse, e di creare migliaia di posti di lavoro; il Ponte segnerebbe una nuova era, e sarebbe una svolta anche da punto di vista eco-sostenibile: verrebbero, infatti, ridotte dell'80 per cento le emissioni di CO2 di navi traghetto e aerei, offrendo come modalità primaria di trasporto l'alta velocità ferroviaria, che non sarebbe realizzabile senza il necessario collegamento tra le due sponde dello Stretto;

   inoltre, il Ponte sullo Stretto permetterebbe di intercettare il traffico merci che, dal canale di Suez, oggi si dirige verso Gibilterra per puntare sui porti del Nord Europa, e sarebbe fondamentale per rilanciare il turismo nel Mezzogiorno e nel Paese;

   tuttavia, i lavori della Commissione sembrano procedere a rilento, in attesa dell'acquisizione dello studio trasportistico, della valutazione economica e della valutazione ingegneristica; già il 27 ottobre 2020 il Gruppo Forza Italia, nell'ambito della discussione della mozione concernente iniziative per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, aveva inizialmente accettato la richiesta di rinvio della votazione della stessa (la mozione è stata poi votata il 4 novembre 2020), perché la suddetta Commissione ministeriale avrebbe dovuto chiudere le proprie valutazioni il 30 ottobre, per poi vedere slittare di mese in mese la conclusione definitiva dei lavori;

   di recente il neo Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha dichiarato di «aspettare gli esiti della valutazione da parte della Commissione» prima di pronunciarsi rispetto all'«attraversamento stabile dello Stretto di Messina» –:

   se il Ministro interpellato intenda fornire informazioni relative allo stato dei lavori della task force ministeriale e se intenda adottare le necessarie iniziative di competenza per indicare il termine entro cui i lavori della stessa andranno conclusi, anche alla luce delle prossime e urgenti decisioni relative ai progetti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(2-01114) «Siracusano, Prestigiacomo, Bartolozzi, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   diversamente da quanto ipotizzato dall'Anas e dal Ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti nella riunione tenutasi in prefettura il 4 ottobre 2020, del ponte provvisorio che avrebbe dovuto essere realizzato «entro circa 5-6 mesi» in località Ponte Lenzino (in provincia di Piacenza), a monte dell'infrastruttura crollata il 3 ottobre 2020, vi è solo minima traccia, tant'è che a tutt'oggi si evidenzia uno stato di avanzamento dei lavori pari al 7 per cento dell'intervento da realizzare;

   al riguardo, appare lapidaria la dichiarazione (pubblicata su Libertà del 23 febbraio 2021) del sindaco di Corte Brugnatella: «Il guado provvisorio per il cantiere è già volato via tre volte per la forza del fiume. Questo è ormai il ponte dei sospiri»;

   del resto, in un'intervista al quotidiano locale (Libertà del 20 febbraio 2021), Alessandro Pesaresi, presidente della «Pesaresi Giuseppe spa» di Rimini, capofila della rete temporanea di imprese chiamata a costruire il summenzionato ponte provvisorio avente una lunghezza di 54 metri, afferma: «in queste settimane abbiamo imparato molto. Ad esempio, c'è un problema di innalzamento del fiume legato non solo agli eventi climatici ma anche ai rilasci dalla diga. Mi sembra di capire che questi avvengano in autonomia, anche se abbiamo contattato i gestori per capire se sia possibile concordare una linea più condivisa. Altrimenti ogni volta il fiume ci porta parte del lavoro, per noi è un problema». Ed ancora: «Nel sottosuolo ci sono difficoltà oggettive, servono altri macchinari. Non vuol dire più grandi o più piccoli, ma adeguati alla zona. Chiunque può vedere nel cantiere due trivelle già pronte, da un mese. Questo per noi si traduce in un costo, ma abbiamo rilevato come non siano idonee per il tipo di terreno»;

   a ricostruire sia le vicende legate alla mancata manutenzione del ponte poi crollato, sia quelle successive alla realizzazione di una struttura provvisoria, si ha lo spaccato vero dello stato dell'approssimativa, a tacer d'altro, gestione delle infrastrutture pubbliche in Italia –:

   se i fatti di cui sopra siano noti al Ministro interrogato e, alla luce degli stessi, quando sia prevista la conclusione dei lavori per la realizzazione del ponte provvisorio;

   quali siano i risultati emersi dall'apposita commissione costituita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con Anas, volta ad accertare le cause del crollo e attivare specifica procedura di audit per svolgere approfondimenti circa l'adeguatezza delle procedure di verifica a suo tempo effettuate sull'infrastruttura crollata, nonché dei conseguenti provvedimenti adottati.
(5-05403)


   GAGLIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha disposto che, in luogo dei canoni Omi (quelli dei cosiddetti «balneari pertinenziali»), alle concessioni relative alla realizzazione e alla gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, si applicano le misure dei canoni determinati secondo i valori tabellari previsti per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative;

   la normativa citata ha contestualmente aumentato, dall'inizio del 2021, la soglia minima dell'importo dovuto per i canoni demaniali ad euro 2.500,00 annui. L'indicato rialzo, che incide paritariamente su ogni concessione, avrà effetti devastanti sull'economia di tutte quelle micro concessioni demaniali (ormeggi, gavitelli, cartelloni pubblicitari, e altro) che, sino ad oggi, resistevano pagando un importo di euro 862,90 annui;

   l'aumento della soglia minima, ricadrà in prima battuta sulle realtà connesse alla piccola nautica da diporto, produttive di utili spesso molto limitati. Ma non solo: questo aumento andrà ad incidere gravemente anche sulle attività più strutturate, che dovranno pagare oneri rilevanti per quelle piccole concessioni che sono pertinenzialmente collegate alla propria attività;

   a titolo di esempio, si possono evidenziare casi di consorzi marittimi, eccellenze nel trasporto nautico con diverse imbarcazioni e numerosi addetti, i quali per svolgere la loro attività usufruiscono di una moltitudine di concessioni «satellite» connesse a pontili, boe, gavitelli, biglietterie e cartelli. Con gli aumenti previsti recentemente introdotti si andrebbe ad incidere sull'attività per importi di decine di migliaia di euro;

   pare quasi superfluo, poi, rilevare come il citato provvedimento vada a gravare sui concessionari in un momento di estrema criticità, in cui, tra sospensione legale delle attività e contrazione dei movimenti turistici, hanno avuto un crollo degli incassi e non possono effettuare alcuna prognosi favorevole per la ripresa delle attività nell'anno corrente –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di tutelare i soggetti e le attività titolari di concessioni demaniali, settore già segnato gravemente dalle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria, anche attraverso una riduzione degli importi recentemente ritoccati al rialzo.
(5-05426)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BITONCI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il potenziamento della tratta ferroviaria tra Padova e Bologna è da tempo trascurato nell'ambito della pianificazione infrastrutturale del Paese; eppure, senza di essa, manca un nodo importante nell'alta velocità italiana; inoltre, l'asse ferroviario Padova-Bologna rappresenta un traino nello sviluppo sostenibile di entrambe le regioni, Veneto ed Emilia-Romagna, e con esse dell'intero Paese;

   il totale della rete ferroviaria italiana ad alta velocità attualmente in esercizio si estende per un totale di 1.647 chilometri e la direttrice principale lungo cui si articola è la Salerno-Napoli-Milano-Torino, che a livello internazionale integra il Transeuropean Networks - Transport (TEN-D). Altre direttrici, ad oggi in gran parte in fase di progettazione, sono quelle che collegano Milano, Venezia e Terzo Valico, e quelle meridionali Napoli-Bari e Palermo-Messina-Catania;

   la tratta Bologna-Padova è una delle principali linee ferroviarie d'Italia; attraversa importanti città e si inserisce nei percorsi di due corridoi Ten-T: il Baltico-Adriatico e il Mediterraneo collegando la città di Padova a Bologna, nodo di interscambio nazionale dei traffici diretti verso nord/sud ed est/ovest;

   la linea, classificata da Rfi come linea «antenna», è stata potenziata per l'integrazione nella rete alta velocità/alta capacità, ma non costituisce un tratto ad alta velocità; è invece una linea elettrificata, a doppio binario, che si snoda per un percorso di 123 chilometri con traffico passeggeri e merci. La tratta Bologna-Padova costituisce poi uno snodo ferroviario fondamentale per collegare la città di Venezia con Bologna, Firenze, Roma e Napoli, percorso interamente abilitato all'Alta Velocità, compreso il tratto Padova-Venezia, fatta eccezione proprio per i 123 chilometri di ferrovia tra Bologna e Padova;

   Padova e Bologna sono i due principali snodi logistici ed economici del nord-est e fungono da «porte d'ingresso» per l'area del Triveneto Orientale (Venezia, Treviso, Friuli Venezia Giulia) e del Veneto Centrale (Vicenza e Verona) e quindi, potenziare il collegamento ferroviario tra Padova e Bologna con il passaggio all'alta velocità, oltre a consentire di utilizzare al meglio le potenzialità economiche, turistiche e culturali di queste aree, produrrebbe ricadute positive nell'ambito della mobilità e, conseguentemente, della qualità dell'ambiente;

   il potenziamento dell'alta velocità tra Padova e Bologna favorirebbe, dunque, un naturale completamento di una più articolata rete di alta velocità dell'intero Paese, consentendo così collegamenti veloci (dimezzando i tempi di percorrenza su una tratta di oltre 100 chilometri per un numero altissimo di collegamenti) anche con il capoluogo veneto e con il resto d'Italia e d'Europa, sostenendo in tal modo la crescita sotto vari profili, siano essi economico-sociali che culturali;

   tale potenziamento, infatti, servirà un bacino che comprende le intere regioni del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e dell'Emilia-Romagna come collegamento tra il Nord-est e la stessa Capitale d'Italia, un territorio che complessivamente produce 357 miliardi di euro di prodotto interno lordo;

   ulteriori benefici derivanti dall'intervento infrastrutturale riguardano: la messa in sicurezza di una linea obsoleta dal punto di vista delle infrastrutture, eliminando i passaggi a livello; un sostegno al tessuto economico locale, migliorando la circolazione delle merci, anche su gomma; un consolidamento dell'integrazione territoriale nell'area metropolitana delle province di Padova, Treviso e Venezia (la cosiddetta Pa.Tre.Ve); un abbattimento delle emissioni dovute a un minore uso dell'auto privata e una diminuzione del traffico autostradale –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda adottare iniziative per procedere al finanziamento ed alla realizzazione della tratta ferroviaria ad alta velocità tra Padova e Bologna.
(4-08374)


   CARELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il Regolamento europeo 2021/267 stabilisce, per tutti gli Stati membri ed in mancanza di opt-out, il posticipo di 10 mesi per le revisioni dei veicoli (con Ptt si fino a 3,5t sia oltre le 3,5t) che sarebbero in regolare scadenza nel periodo compreso tra settembre 2020 e giugno 2021;

   la prima ondata della pandemia COVID-19 ha dimostrato che le organizzazioni dei Centri di revisione italiani hanno gestito correttamente la crisi e implementato con successo misure efficaci per proteggere sia i clienti che il personale durante l'esecuzione dei controlli;

   gli effetti negativi del posticipo previsto nel regolamento europeo sono valutabili su 3 aree:

    a) aumento dei rischi in termini di sicurezza stradale: l'Italia ha un'anzianità del parco circolante tra le più alte in Europa e necessita di una puntuale attività di controllo degli standard di sicurezza. Applicando il regolamento verrebbe posticipata la revisione di più di 6 milioni di veicoli fino a 3,5t, di cui il 73 per cento (circa 4,4 milioni) con un'anzianità di oltre 10 anni e il 63 per cento (circa 3,8 milioni) euro 4 o precedente, con un rischio aggiuntivo sulle emissioni inquinanti;

    b) insostenibilità economica delle attività dei Centri di revisione, che perderebbero fatturato per circa 325 milioni di euro, e dell'intero indotto dell'autoriparazione che perderebbe circa 870 milioni di euro (stime 2021 Dekra su dati Autopromotec e con tariffa ex legge di bilancio 2020)

    c) impatto economico per lo Stato derivante dalla perdita di Iva, diritti e commissioni per circa 330 milioni di euro nel 2021, senza contare i costi per supportare le ripercussioni sui dipendenti delle attività della filiera produttiva e quelli sociali della, prevedibile, maggiore incidentalità;

   gli ultimi due punti si ripresenterebbero, per gli anni a venire, perché le revisioni future sarebbero effettuate con tempistiche a partire dalla revisione precedente, modificando la struttura del mercato, con la domanda quasi assente per circa metà anno di tutti gli anni dispari;

   questa ulteriore proroga delle revisioni avrebbe un impatto superiore rispetto a quelle già approvate nel 2020 per il maggiore posticipo (10 mesi rispetto ai massimo 7 mesi nel 2020), la maggiore finestra temporale di applicazione (10 mesi rispetto ai 5 mesi del 2020) e la maggiore facilità di recepimento dal pubblico, perché non sovrapposta ad altre proroghe;

   in occasione del precedente, analogo, regolamento europeo del 2020, ben 24 Stati dell'Unione europea su 27, si avvalsero della facoltà di opt-out e non implementarono la proroga;

   risulta che la maggioranza degli Stati membri si stia già attivando per richiedere l'opt-out anche in questa occasione e non applicare il posticipo: questo lascerebbe l'Italia, tra i pochissimi Stati a rimandare le revisioni di 10 mesi –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le iniziative di competenza volte a derogare all'applicazione del regolamento Ue 2021/267, almeno per i veicoli fino a 3,5t, applicando conseguentemente l'articolo 5, che specifica come ogni Stato possa «decidere di non applicare i paragrafi 1 e 2», previa comunicazione alla Commissione.
(4-08375)


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   tra la Liguria ed il Piemonte esiste una infrastruttura ferroviaria di rara bellezza che collega Ventimiglia e Cuneo, attraversando la Val Roya francese. Una infrastruttura di grande ingegneria strutturale, un vero patrimonio ambientale, eletto in questi giorni al primo posto del Censimento Fai e i Luoghi del Cuore;

   dal mese di ottobre 2020, sia la linea ferroviaria che la strada statale 20 sono interrotti a causa dei gravissimi danni causati dalla «tempesta Alex», pertanto le località lungo la linea non sono raggiungibili sia con il treno che con i mezzi stradali;

   tale situazione sta creando grossi disagi alle popolazioni locali e gravi danni al sistema economico dei territori;

   ad oggi non si conosce il calendario degli interventi di messa in sicurezza della linea che devono essere realizzati sulla parte sud della linea medesima, tra Airole e Breil, per permettere la regolare riapertura –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare, e con quali tempistiche, per la messa in sicurezza e la regolare riapertura dell'infrastruttura di cui in premessa.
(4-08401)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura della galleria Montegalletto, gestita da Autostrade per l'Italia, e i cantieri aperti sulla A26 hanno da alcuni giorni mandato in tilt, non solo il trasporto delle merci che dal porto di Genova sono destinate al Nord Italia, ma hanno anche paralizzato la viabilità cittadina, mettendo in seria difficoltà il mondo dell'autotrasporto e dei corrieri, che effettuano le consegne;

   con le chiusure autostradali e i cantieri la viabilità della città risulta paralizzata: sono diminuiti gli incassi ed aumentati i costi del trasporto delle merci dei generi alimentari sia della grande che media e piccola distribuzione;

   i lavoratori che si trovano alla guida, inoltre, sono quotidianamente sottoposti ad uno stress senza precedenti a causa delle ore di coda e spesso non riescono a portare a termine le consegne che dovrebbero concludere in giornata;

   si tratta di una situazione che rischia di portare al collasso l'intero sistema produttivo della zona della città di Genova –:

   quali iniziative intenda adottare per ripristinare la viabilità nella zona dell'autostrada A26 e della galleria Montegalletto.
(4-08406)


   SIRACUSANO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza sanitaria, dovuta alla diffusione del virus SARS-CoV-2, le città portuali italiane tra le quali Messina, Napoli, Civitavecchia, Livorno, Genova, Palermo e Bari, hanno subito ingenti perdite economiche dovute al calo del turismo crocieristico;

   al fine di ristorare tali perdite, grazie all'approvazione dell'emendamento presentato dal Gruppo parlamentare Forza Italia, nell'ambito della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) all'articolo 1, comma 734, è stata prevista l'istituzione di un fondo, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di 5 milioni di euro per il corrente anno;

   invero, il comma 735 del medesimo articolo, disponeva che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, individuasse i criteri e le modalità di riparto del fondo in ragione della riduzione dell'afflusso di turisti;

   si tratta di risorse fondamentali per tanti imprenditori in difficoltà che fino ad oggi sono stati inspiegabilmente esclusi dai precedenti «decreti ristori» riservati alle città turistiche –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire ogni utile informazione riguardante i tempi necessari per l'adozione del decreto richiamato in premessa, nonché circa i contenuti dello stesso.
(4-08407)


   FASSINA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto 6 maggio 2020, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvedeva al riparto delle risorse disponibili del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per l'anno 2020, nella somma complessiva di 60 milioni di euro, relativa a 10 milioni di euro a valere sulle risorse previste dall'articolo 1, comma 20 della legge n. 205 del 2017, e per 50 milioni di euro, a valere sulle risorse previste dall'articolo 1, comma 234 della citata legge n. 160 del 2019;

   con il decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 12 agosto 2020 si provvedeva all'ulteriore riparto dell'incremento di 160 milioni di euro del fondo sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione di cui all'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, assegnato dall'articolo 29 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;

   ai sensi dei citati decreti, le risorse assegnate alle regioni possono essere utilizzate, anche in forma coordinata con le risorse del fondo inquilini morosi incolpevoli;

   il decreto del 12 agosto 2020 ha previsto, altresì che ai fini del monitoraggio dell'utilizzo delle spesa delle risorse ripartite e di quelle aggiuntive messe a disposizione dalle regioni e dai comuni, le regioni medesime, entro il 31 dicembre 2020, avrebbero inoltrato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un resoconto: sulle modalità adottate per trasferire le risorse ai comuni; sui requisiti individuati per l'assegnazione dei contributi, sul fabbisogno riscontrato nel territorio; sulle modalità di controllo adottate e sulle criticità gestionali riscontrate;

   sarebbe grave se, dagli esiti del monitoraggio, si evidenziasse che non tutte le regioni hanno resocontato l'uso delle risorse e che queste non sono state, in gran parte, erogate;

   è da tenere presente, inoltre, che con la legge di bilancio per il 2021 e di bilancio pluriennale 2021-2023, sono stati finanziati il fondo contributi affitto, 210 milioni di euro per il 2021 e 230 milioni di euro per il 2022, e il fondo morosità incolpevole, con 50 milioni per il 2021 che, ancora, per quanto a conoscenza dell'interrogante, non risultano essere ripartite, forse anche per mancanza di dati certi da parte delle regioni attesi dal monitoraggio previsto dal decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 12 agosto 2020;

   è necessario conoscere gli esiti del monitoraggio sull'uso delle risorse ripartite nel 2020 al fine di affrontare efficacemente le morosità nel settore delle locazioni riscontrate a seguito dell'adozione delle misure per affrontare l'emergenza sanitaria da COVID-19, ed è necessario conoscere gli effetti e l'efficacia degli stanziamenti ordinari e straordinari stabiliti dai decreti «Cura Italia» e «Rilancio», nonché se la loro erogazione sia avvenuta e se sia avvenuta in tempi rapidi l'erogazione dei contributi altrimenti inutili per prevenire gli sfratti per morosità –:

   quali siano gli esiti del monitoraggio sull'utilizzo da parte delle regioni delle risorse ripartite messe a disposizione di regioni e comuni, nel corso del 2020, desumibili dai resoconti inviati dalle regioni, qualora inviati, e, in tale contesto, se dai resoconti regionali sia desumibile il numero di contributi effettivamente erogati nel 2020 e l'ammontare degli stessi suddivisi per regione e per comuni.
(4-08431)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   da anni la stazione ferroviaria sita nel comune di San Bonifacio, in provincia di Verona, versa in sempre più gravose condizioni di degrado per la costante presenza di persone senza fissa dimora, spesso ubriache, che occupano i locali abbandonati e che, oltre a disturbare gli utenti del servizio ferroviario, causano risse e diverbi anche violenti. È diventata altresì il luogo privilegiato in cui si consumano, in modo costante e frequente, ogni tipo di reato: aggressioni, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, base ove organizzare borseggi sui treni, e altro;

   nonostante i numerosi e professionali interventi eseguiti dalla polizia locale e dalla locale Compagnia dei Carabinieri, in questi anni, rimane tuttavia la necessità di assicurare all'interno della stazione una presenza fissa e quotidiana delle forze dell'ordine, in particolare della polizia ferroviaria, al fine di garantire la sicurezza degli utenti e cittadini;

   stante la persistente situazione di degrado e di abbandono sopra evidenziata, la richiesta di creare un posto di polizia ferroviaria in loco permanente pare essere stata negli ultimi anni più volte rinnovata anche dall'amministrazione comunale, che si è resa disponibile a favorire la sistemazione logistica e ogni altra necessità per la sua creazione;

   nonostante nel novembre 2019, la vice dirigente del compartimento Polfer di Verona Porta Nuova, Maria Grazia Di Masi, avesse confermato in tal senso «la massima volontà e la massima disponibilità», ancora oggi la stazione ferroviaria di San Bonifacio risulta priva di questo presidio fondamentale, soffrendo quindi di tutte le problematiche presenti, laddove non siano presenti tali presidi, con gravissime conseguenze in termini di sicurezza per i cittadini e di controllo del territorio;

   a conferma della necessità di un posto di polizia ferroviaria all'interno della stazione di San Bonifacio, nel mese di novembre 2019, tale progetto fu anche inserito all'ordine del giorno dell'incontro del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto di Verona, Donato Cafagna;

   sebbene, ad oggi, vengano periodicamente organizzati controlli straordinari, frutto della grandissima collaborazione con carabinieri e polizia locale di San Bonifacio, la situazione di degrado in cui continua a versare la stazione ferroviaria, come purtroppo riportato anche di recente dalla stampa, impone l'adozione di tempestive misure per il ripristino della legalità e della sicurezza dei cittadini;

   lungo tutto il tratto della linea ferroviaria Verona-Venezia, attualmente le stazioni della Polfer, sono presenti solamente nelle città capoluogo di provincia: Verona, Vicenza, Padova e Venezia, quindi molto distanti tra loro e ciò impedisce che gli interventi possano essere tempestivi;

   facendo un raffronto con altre linee ferroviarie, si nota come, oltre alle stazioni collocate nelle città più importanti, ci siano anche dei distaccamenti di Polfer, molto più vicini tra loro, in località minori, come ad esempio: Peschiera del Garda (VR), Legnago (VR), Portogruaro (Ve), e altro;

   la stazione ferroviaria di San Bonifacio serve un bacino di 150 mila abitanti, per lo più pendolari che si spostano per recarsi al lavoro o a scuola –:

   quali iniziative intenda assumere riguardo a quanto esposto in premessa, al fine di assicurare la presenza di un presidio di polizia ferroviaria permanente all'interno della stazione ferroviaria di San Bonifacio.
(2-01112) «Turri».

Interrogazioni a risposta immediata:


   SENSI, ENRICO BORGHI, CECCANTI, CIAMPI, DE MARIA, FIANO, MICELI, POLLASTRINI, RACITI, MADIA, QUARTAPELLE PROCOPIO e GRIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sistemi di riconoscimento facciale sono sempre più diffusi, malgrado le preoccupazioni crescenti in merito alla loro efficienza e ai rischi per la privacy e per i diritti civili dei cittadini;

   negli Stati Uniti milioni di immagini digitali sono state letteralmente «raschiate» da Facebook, YouTube e da milioni di altri siti web, raccolte in giganteschi database e vendute da aziende private alle forze di polizia o ad altre aziende private. Casi analoghi sono avvenuti anche in altre nazioni;

   la risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2021 sull'intelligenza artificiale ha invitato la Commissione europea a prendere in considerazione l'introduzione di una moratoria sull'utilizzo di tali sistemi da parte delle autorità dello Stato nei luoghi pubblici, aeroporti ad esempio, e nei locali destinati all'istruzione e all'assistenza sanitaria, fino a quando le norme tecniche non saranno considerate pienamente conformi ai diritti fondamentali, i risultati ottenuti non saranno privi di distorsioni e di discriminazioni e non vi saranno rigorose garanzie contro gli utilizzi impropri in grado di assicurare la necessità e la proporzionalità dell'utilizzo di tali tecnologie;

   la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri attraverso il Sistema automatico di riconoscimento immagini (S.a.r.i. Enterprise), da anni, sono in grado di risalire all'identità di un individuo mediante il confronto di volti su una lista di candidati, selezionati dal sistema tra tutte le foto segnaletiche presenti nella banca dati Afis (Automated fingerprint identification system). Le immagini utilizzate sono acquisite dagli uffici di polizia operanti nell'ambito di indagini relative ad un procedimento penale; altre sono trasmesse dal servizio di cooperazione internazionale di polizia della Direzione centrale della polizia criminale;

   secondo un'indagine della testata giornalistica IrpiMedia, il Ministero dell'interno sarebbe intenzionato a sviluppare questo sistema per utilizzare il riconoscimento facciale in tempo reale sui migranti: «sistema tattico per monitorare le operazioni di sbarco e tutte le varie tipologie di attività illegali correlate, videoriprenderle ed identificare i soggetti coinvolti»;

   la stessa indagine sostiene l'esistenza di un progetto, esteso questo a tutti i cittadini, il sistema S.a.r.i. Real-Time, pensato a «supporto di operazioni di controllo del territorio in occasione di eventi e/o manifestazioni» in tempo reale –:

   quali sistemi di riconoscimento facciale intenda utilizzare per le attività di competenza del Ministero o se non ritenga invece opportuno una moratoria in attesa di una migliore definizione della normativa in materia di privacy a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini.
(3-02074)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   TRANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio della cosiddetta seconda ondata del COVID-19, all'emergenza sanitaria ed economica se ne è aggiunta una di ordine pubblico, con protagonisti in larga parte minorenni;

   decine e decine di giovanissimi, in grandi città come Roma e Napoli, ma anche in centri più piccoli come, ad esempio nel Lazio, Velletri, Nettuno e Formia, si stanno rendendo protagonisti di risse caratterizzate da incredibile violenza, armati spesso di bastoni e coltelli;

   proprio a Formia, il 16 febbraio 2021, uno di questi episodi è sfociato nell'omicidio del 17enne Romeo Bondanese;

   in alcuni casi è emerso che le risse vengono organizzate a seguito di appuntamenti presi sui social network: scontri quindi programmati per essere ripresi e diffusi su quelle stesse piattaforme;

   un esempio per tutti quello che abbiamo visto accadere a Roma, al Pincio. Ma non solo. Larga parte delle risse avvengono infatti per motivi futili, per uno sguardo sbagliato o una parola di troppo, come a Formia;

   si parla di minori che escono di casa armati e che si abbandonano ad atti di vandalismo e violenza nel centro delle città, in pieno giorno;

   a Latina si è inoltre assistito all'iniziativa di alcuni minorenni, appartenenti a famiglie di un clan oggetto di recenti arresti per mafia, che sono arrivati a realizzare un video rap a sostegno degli arrestati, per sfidare la polizia e per dire che la città «è cosa loro», che sono pronti a sparare e che lo spaccio è una via rapida per accumulare denaro;

   un video che per ore è rimasto visibile sulla piattaforma YouTube, lanciando un messaggio terribile; purtroppo ai giovani sono venuti a mancare nell'ultimo anno, a causa della pandemia, luoghi e momenti di aggregazione e sfogo più sani e le conseguenze si stanno rivelando in tutta la loro pericolosità;

   c'è assoluto bisogno di ragazzi capaci, pronti a sostenere territori già in enorme difficoltà a causa della pandemia e non ci si può permettere di lasciar crescere invece nuove leve a disposizione dei clan;

   è grande l'apprensione all'interno delle famiglie: in troppi sono dovuti correre in ospedale in queste settimane per un figlio massacrato dal branco –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per porre un argine deciso a queste manifestazioni incontrollate di violenza gratuita, restituendo così serenità e sicurezza alle famiglie e ai cittadini.
(3-02075)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo «cruscotto statistico», pubblicato il 1° marzo 2021 sul sito del Ministero dell'interno, mostra che il numero dei migranti sbarcati a decorrere dal 1° gennaio al 1° marzo 2021, comparato con il numero degli sbarcati nello stesso periodo del 2020, è raddoppiato da 2.553 a 5.033 persone;

   il raddoppio dei migranti si colloca, oltretutto, in piena emergenza sanitaria, con tutti i rischi sanitari conseguenti, momento nel quale, al contrario, gli arrivi dovrebbero essere del tutto bloccati nel rispetto delle misure di prevenzione a tutela dei cittadini;

   è di ieri, inoltre, la notizia dell'accusa formulata nell'ambito delle indagini avviate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Ragusa sul trasbordo di ventisette naufraghi, avvenuto nel settembre 2020, dal cargo danese Maersk Etienne alla nave italiana «Mare Jonio»;

   alcuni membri dell'equipaggio della «Mare Jonio» sono stati accusati di aver preso a bordo i migranti in cambio di soldi, dato che è emerso che il trasbordo dei migranti effettuato dalla nave italiana sarebbe stato effettuato a partire da un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, dal quale la «Mare Ionio» avrebbe percepito un'ingente somma;

   tale gravissima ipotesi di reato, laddove confermata, aprirebbe per l'ennesima volta scenari inquietanti sui cosiddetti salvataggi dei migranti in mare, posto che configura un vero e proprio traffico di essere umani camuffato da missione umanitaria;

   il 24 novembre 2020 il gruppo di Fratelli d'Italia aveva denunciato in un'interrogazione la grave situazione che si riscontra ogni giorno davanti alla questura di Napoli, dove l'ufficio immigrazione è letteralmente preso d'assalto dagli utenti stranieri che si assembrano all'esterno dell'edificio, contravvenendo alle più basilari misure di sicurezza per il contenimento della crisi sanitaria e mettendo a repentaglio la salute di tutti gli utenti e degli agenti, senza ricevere alcuna risposta;

   la situazione sul fronte immigrazione continua a essere drammatica e non appare chiaro se il nuovo Governo intenda dare un segnale di discontinuità rispetto al precedente o meno –:

   quali iniziative il Governo voglia porre in essere per limitare il numero dei migranti in ingresso nel nostro Paese e fare in modo che sia tutelata la salute dei cittadini italiani e degli stessi migranti, rispettando tutte le norme e le restrizioni dovute all'emergenza sanitaria.
(3-02076)
(Presentata il 2 marzo 2021)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 17 agosto 2020, da Malpensa, sono partiti per la Cina tre minori di 9, 13 e 15 anni accompagnati dai nonni paterni senza l'autorizzazione della madre;

   la mamma Xu.S. nata in Cina e attualmente domiciliata presso la ditta del marito, a Prato, il 20 agosto 2020 si è recata presso gli uffici della questura di Prato per denunciare l'accaduto;

   la signora Xu ha, tra l'altro dichiarato, di essere in fase di separazione dal marito e che sui bambini decidevano di comune accordo;

   durante la prima fase della pandemia da Coronavirus, con il consenso della mamma, i tre bambini sono rimasti a casa del padre;

   dall'inizio del mese di luglio la signora constatava sempre più problemi nel comunicare con i propri figli e, pertanto, preoccupata ha chiesto ad un legale di inviare una raccomandata, intimando al padre di non portare fuori dall'Italia i figli senza un'espressa preventiva autorizzazione;

   il 20 agosto 2020 la mamma, nell'apprendere che i suoceri erano rientrati in Cina con i nipoti, tutti minori, ha fatto una denuncia/querela per sottrazione di minori resa oralmente presso gli uffici preposti della questura di Prato –:

   come sia stato possibile che tre minori di 9, 13 e 15 anni abbiano potuto varcare, senza autorizzazione dei genitori, la frontiera a Malpensa senza alcun controllo da parte delle autorità preposte;

   quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di acquisire ogni elemento utile circa dove e con chi si trovino i minori, e circa la complessiva situazione degli stessi, anche al fine di pervenire ad una soluzione della vicenda, nel pieno rispetto della normativa vigente.
(5-05402)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARAIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Avellino è una delle più estese d'Italia, con un territorio complesso sia dal punto di vista morfologico, che sociale;

   il comune di Ariano Irpino, anch'esso molto esteso, conta diverse contrade e centri abitati, che richiedono un adeguato numero di agenti e mezzi di forza pubblica per controllare il territorio e la sicurezza dei cittadini. Si deve poi sempre tenere presente che il comune si trova in una posizione di confine, fra differenti province, e risente delle criminalità organizzata del napoletano e del foggiano;

   negli ultimi mesi, come più volte riportato dalla stampa locale e nazionale, vi è stato un aumento esponenziale dei casi di furto e di effrazione, tanto da ingenerare forti preoccupazioni nella popolazione, che è corsa a rimedi con mezzi propri ed è sempre più impaurita a lasciare incustodita la propria abitazione. Inoltre, complice l'aggravarsi della crisi economica prodotta dalla pandemia e l'impossibilità con gli attuali mezzi per le forze dell'ordine di assicurare il pieno controllo del territorio, l'efferatezza dei malviventi è andata aumentando. Questi hanno compiuti furti in abitazioni con i proprietari in casa, così da mettere a rischio l'integrità fisica e la stessa vita degli stessi, non considerando il trauma psicologico dei cittadini ed in particolare dei soggetti più fragili, come donne, anziani e bambini;

   l'escalation degli ultimi mesi, ha avuto un aumento vorticoso ed è sempre più preoccupante; ciò fa comprendere come nonostante l'abnegazione degli operatori delle forze dell'ordine e per quanto la loro opera sia strenua e la più efficiente possibile, con i mezzi attuali queste non possano garantire la sicurezza dei cittadini, il rispetto dell'ordine pubblico e della legalità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione che sta colpendo il comune di Ariano Irpino, visto l'aumento esponenziale dei casi di furto e di violazione di domicilio e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere per assicurare il rispetto della legalità e la sicurezza dei cittadini; in particolare, se intendano aumentare il dispiego di personale e di mezzi sul territorio ed in quali tempi tali misure verranno realizzate.
(4-08381)


   LICATINI e PENNA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, vigilato dal Ministro dell'interno così come previsto dall'articolo 110 del decreto legislativo n. 159 del 2011, in cui è confluito quanto già stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito dalla legge 31 marzo 2010, n. 50;

   a seguito della confisca definitiva i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato (ai sensi dell'articolo 45 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione). È l'Agenzia stessa a deliberare in ordine alla destinazione del bene, versando al fondo unico per la giustizia le somme di denaro, ivi incluse quelle derivanti dalla vendita dei beni;

   l'Agenzia favorisce la raccolta e lo scambio di informazioni sui beni e il superamento di eventuali criticità relative alla loro destinazione, dalla fase di sequestro durante la quale coadiuva gli amministratori giudiziari alla fase di gestione diretta dei beni, dopo la confisca, fino alla loro destinazione;

   i beni immobili sono mantenuti al patrimonio dello Stato (per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile o per essere utilizzati da altre amministrazioni pubbliche) ovvero trasferiti agli enti locali che potranno gestirli direttamente oppure assegnarli in concessione, a titolo gratuito, ad associazioni del terzo settore, seguendo le regole della massima trasparenza amministrativa;

   il 79 per cento circa dei beni immobile «destinati» è gestito dai comuni, mentre in altri casi i beni sono assegnati alle forze dell'ordine o ad altri organi dello Stato; gli enti territoriali destinatari possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione gratuita ad associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative o altri soggetti;

   nonostante vi siano esempi virtuosi di riutilizzo del patrimonio confiscato al malaffare, questi sono di numero esiguo; infatti, esistono tantissimi altri beni abbandonati che rischiano di essere dimenticati e mai ri-utilizzati per scopi sociali, educativi e altro ancora;

   la lentezza della burocrazia ad avviso dell'interrogante rischia in questo caso di vanificare anni e anni di lotta alle mafie, le quali ne traggono beneficio e, anzi, si oppongono in modo subdolo all'assegnazione di tali beni, dal momento che il patrimonio economico è ciò che li colpisce maggiormente, costituendo l'obiettivo precipuo della loro attività criminosa; ma vi è di più, considerando anche che il loro mancato riutilizzo potrebbe significare, sia per le organizzazioni criminose che per la collettività, una sorta di prosecuzione del potere mafioso e favorire l'aumento del consenso a vantaggio di tali organizzazioni, oltre che la perdita di credibilità dello Stato;

   inoltre, si corre il pericolo di lasciare nel degrado interi patrimoni che potrebbero essere sfruttati per la collettività;

   l'Azienda sanitaria provinciale di Palermo, a titolo di esempio, paga da più di due decenni un canone di locazione per un bene adibito a consultorio familiare che non è nemmeno adeguato a tale fine, nonostante sia stato assegnato ad essa un bene confiscato alla mafia per ivi trasferirvi i locali, dopo due anni, la situazione non è cambiata e continua ad essere pagato un canone per un bene che ad avviso dell'interrogante, non garantisce in nessun modo i diritti delle donne, in particolare nel periodo di crisi pandemica –:

   se, alla luce di quanto esposto, il Ministro interrogato intenda, anche sulla base delle risultanze della relazione semestrale trasmessa al Parlamento ai sensi dell'articolo 49, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, assumere iniziative finalizzate a snellire l'iter burocratico previsto per l'assegnazione di tale patrimonio e rendere più incisiva la gestione dei beni, anche in relazione al ruolo svolto dall'Agenzia per l'amministrazione e la destinazione nazionale dei beni confiscati, con particolare riferimento alla fase della loro destinazione finale per scopi sociali.
(4-08383)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come rilevato dal portavoce comunale di Fratelli d'Italia, Marco Eboli, un grave episodio di auto lesioniamo si è verificato oggi all'interno della questura di Reggio Emilia;

   una persona invitata per la notifica di un atto all'ufficio immigrazione della questura si è infatti inferto una coltellata all'addome ed in ragione della ferita procuratasi è stato prontamente ricoverato in ospedale;

   appare chiaro che si è in presenza di un fatto preoccupante, che evidenzia la necessità di un rafforzamento del sistema di controlli e prevenzione per accedere agli uffici della pre citata questura, anche per una maggior tutela dell'incolumità del personale in divisa e di quello civile –:

   se i fatti evidenziati siano noti al Ministro interrogato e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al riguardo.
(4-08386)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 26 gennaio 2021 su il Resto del Carlino vennero riportate le dichiarazioni dell'allora viceministro Mauri che confermava la soppressione del distaccamento della polizia stradale di Lugo;

   secondo il viceministro la soppressione sarebbe stata in linea con il progetto di riorganizzazione e razionalizzazione dell'intero assetto della polizia stradale, previsto dal piano di razionalizzazione disposto dal dipartimento della pubblica sicurezza formulato sulla base di una serie di parametri quali il quadro della mobilità, lo sviluppo della circolazione, l'analisi dei dati sulla infortunistica e l'ottimizzazione delle risorse disponibili;

   la dotazione dell'ufficio sarebbe stata ridotta dai 14 agenti nel 2015 agli attuali 6 al fine di recuperare personale alla luce della «legge Madia» che nel luglio del 2015 ha tagliato oltre 40.000 unità nelle forze dell'ordine;

   i dati a disposizione dell'interrogante sul suo rendimento e sull'assoluta necessità di questo presidio per la legalità e sicurezza del territorio sconfesserebbero la necessità della sua soppressione per esigenze di razionalizzazione conseguenti all'applicazione di tali parametri;

   nonostante presso il distaccamento di Lugo operino solo sei agenti, nel 2019 sarebbero state effettuate ben 400 pattuglie di cui in gran parte di vigilanza stradale, mentre altre sarebbero state impiegate in servizi specifici, quali prevenzione stragi, scorte, controlli esercizi pubblici;

   quasi 200 pattuglie di vigilanza stradale sarebbero state effettuate in autostrada e circa 150 in viabilità ordinaria, con oltre mille infrazioni contestate e una sessantina di incidenti rilevati;

   le pattuglie di vigilanza autostradale verrebbero impiegate sulla A/14 tratto Faenza-Forlì e A/14 direzione Ravenna, mentre le pattuglie sulla viabilità ordinaria, per sopperire alla mancanza di personale della sezione di Ravenna, verrebbero effettuate prevalentemente sull'itinerario di Ravenna sulla strada statale 16 Adriatica fino a Cesenatico e sulla strada statale 309 Romea fino a Casalborsetti; quindi, solo una scarsa percentuale sarebbe impiegata sull'itinerario di competenza;

   in ufficio sarebbe prevista solamente la presenza dell'operatore di giornata con orario 07-13 e del comandante, mentre gli altri componenti risultano tutti impiegati nei servizi esterni; invece, con un minimo potenziamento di due persone, considerando ferie e malattie, si guadagnerebbero circa 200 pattuglie in più all'anno;

   chiudere questo presidio significa non conoscere il territorio della Bassa Romagna, composto da 9 comuni, Lugo-Bagnacavallo-Cotignola-Alfonsine-Conselice-Massa Lombarda-Bagnara-Fusignano-Sant'Agata sul Santerno, con oltre 100.000 abitanti, di cui 30.000 a Lugo, attraversato da molte strade di rilevanza come la strada statale 16 «Reale» e la strada provinciale 253 «San Vitale», che hanno visto negli ultimi anni un forte aumento del traffico veicolare;

   l'aumento della circolazione è avvenuto in particolare sulle predette strade, ma anche su quelle che affluiscono al casello autostradale di Lugo-Cotignola, per la presenza sul territorio di importanti attività, quali Lugo terminal, polo logistico per la movimentazione di merce attraverso il trasporto combinato ferro-gomma, delle ditte Valfrutta e Madel a Cotignola, Unigrà, Golfera e Surgital a Conselice, citando le più importanti;

   è stato anche costituito un comitato civico «Uniti per la sicurezza stradale», per evitare la chiusura del distaccamento, che ha già raccolto 550 firme;

   la sua soppressione sarebbe un grave danno per il controllo e la sicurezza stradale del territorio, soprattutto in questo periodo nel quale gli incidenti stradali sono tornati ad aumentare;

   analoga considerazione va fatta per gli altri 22 distaccamenti di polizia stradale che, oltre quello di Lugo, il piano di razionalizzazione prevede di sopprimere –:

   se al Ministro risultino i dati esposti in premessa e se, alla luce di questi, non ritenga piuttosto opportuno procedere al potenziamento del distaccamento della polizia stradale di Lugo nonché a una rivalutazione del piano di razionalizzazione sopra richiamato.
(4-08395)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la procura di Ragusa sta indagando sul trasbordo di 27 clandestini, avvenuto nel settembre dal cargo danese Maersk Etienne alla nave italiana Mare Jonio;

   l'accusa mossa dagli inquirenti è gravissima: il trasbordo dei clandestini dal cargo danese alla Mare Jonio sarebbe avvenuto in cambio di una somma di denaro;

   «Le indagini fin qui svolte, corroborate da intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali, hanno permesso di far emergere che il trasbordo dei migranti effettuato dall'equipaggio della Mare Jonio – si legge in una nota della procura – è stato effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, accordo in virtù del quale la società armatrice della Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso»;

   il 1° marzo 2021 guardia di finanza, guardia costiera e polizia hanno eseguito perquisizioni e sequestri nei confronti della società armatrice del rimorchiatore e nei confronti dei quattro indagati, a Trieste, Venezia, Palermo, Mazara del Vallo, nel Trapanese, Augusta, nel Siracusano, Bologna, Lapedona e Montedinove, nelle Marche;

   sono quattro gli indagati tra soci, dipendenti e amministratori della società armatrice del rimorchiatore messo in mare dall'associazione Mediterranea: l'ex disobbediente Luca Casarini, il capo missione del salvataggio Beppe Caccia, ex assessore a Venezia nella giunta Cacciari, il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone, al timone durante le operazioni;

   nei controlli scattati subito dopo l'attracco, gli investigatori hanno visionato il diario di bordo della Mare Jonio e si sono insospettiti per alcuni contatti avuti nei giorni precedenti tra il rimorchiatore italiano e il cargo danese;

   la strategia politica del Governo, ad avviso dell'interrogante impalpabile sotto il punto di vista della difesa dei confini, ha incentivato il proliferare delle imbarcazioni delle Ong che si occupano di trasbordi in mare, divenute oramai una presenza stabile davanti alle coste libiche;

   i flussi di clandestini sono saldamente nelle mani della criminalità nordafricana ed è già emerso a più riprese che alcune Ong hanno contatti diretti con chi organizza questi flussi;

   a seguito di quanto accaduto, sarebbe opportuno dare un forte messaggio politico disponendo l'interdizione di quelle Ong che hanno finora operato senza rispettare le regole dello Stato in materia di immigrazione e la sacralità dei confini nazionali –:

   se il Governo, a fronte di quanto emerso e valutata la sussistenza dei presupposti di legge, non intenda assumere iniziative per adottare misure interdittive alla luce di quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 130 del 2020.
(4-08420)


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   riportano i media che sabato 27 febbraio 2021 in Darsena a Milano, a poche ore dal passaggio della Lombardia in zona arancione, si sia tenuto un rave party con migliaia di persone; in effetti, le numerose immagini e filmati che girano in Rete parlano da soli e documentano la musica e la folla avvolgente di giovani che ballano e bevono senza rispettare le più elementari norme di distanziamento; a conclusione della nottata, si sono registrati lanci di bottiglie, urla e persino risse;

   la situazione epidemica a Milano non e ancora sotto controllo: si è di fronte a 4.191 nuovi casi che si sono registrati in un solo giorno in Lombardia (pari al 9,7 per cento dei tamponi effettuati), di cui 1.003 nel solo comune di Milano;

   il raduno in Darsena rappresenta solo l'ultimo di una serie di feste non autorizzate che si tengono a Milano a dispetto delle norme anti-contagio e degli inefficaci e incoerenti tentativi del sindaco Sala di prevenire il rischio di assembramenti; già tra il 13 settembre e il 7 dicembre 2020 erano stati scoperti dalle forze dell'ordine dei rave illegali rispettivamente in un ex asilo nido in via Verro e in una cascina all'estrema periferia sud di Milano; allo stesso modo, più volte erano venuti all'attenzione dei giornali grandi assembramenti organizzati in centro città;

   il sindaco di Milano, al di là di flebili appelli alla prudenza, non sembra all'interrogante avere adottato tutte le misure idonee a garantire il rispetto delle norme anti-contagio, né sembra avere il polso della situazione; ciò è tanto più incomprensibile se si pensa che la Darsena rappresenta risaputamente uno snodo cruciale per la movida milanese e pertanto dovrebbe essere oggetto di una più attenta osservazione e prevenzione –:

   quali iniziative per quanto di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, a fronte di quelle che l'interrogante giudica come misure inidonee e/o inefficaci messe a punto dal comune di Milano e di una situazione che sembra ormai fuori controllo, per contenere il fenomeno dei rave organizzati a Milano durante l'emergenza pandemica in corso.
(4-08430)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal settimanale «L'Espresso» (in un'inchiesta intitolata: «Da Napoli a Palermo, la Dad strappa i ragazzi dalle scuole. E la malavita ringrazia»), negli ultimi mesi, le segnalazioni di dispersione scolastica nel sud Italia sono significativamente aumentate;

   si tratta dell'ingiustificata e non autorizzata assenza dei minorenni dalla scuola dell'obbligo dovuta alla chiusura delle scuole in città come Napoli e Palermo e che starebbe rimpinguando di manodopera la malavita;

   sono molte le storie riportate dal settimanale, di ragazzi finiti nella rete della malavita e tante le denunce di insegnanti ed educatori. Infatti, sebbene la paura del contagio induca all'accettazione della cosiddetta «didattica a distanza», occorre constatare come questa si sia rivelata prodromica di quel fenomeno di dispersione a causa del quale, dal 24 settembre 2021, molti ragazzi non sono più andati a scuola e probabilmente non ci andranno più;

   come dichiarato dal prefetto di Napoli, risulta evidente che la mancanza di «contatto fisico» con l'educazione e la cultura metta a rischio i valori positivi della convivenza, che crescono nelle esperienze di comunità, prima tra tutte la scuola;

   pertanto, è necessario un grande lavoro per mitigare gli effetti negativi derivati delle necessarie chiusure: i ragazzi sono esausti, in casa da mesi con i genitori che, magari, hanno anche perso il lavoro. Un terzo di loro non prosegue gli studi, né cerca lavoro;

   oltre che a Napoli, numerose criticità sono state riscontrate nella città di Palermo. La dottoressa Sabrina Di Salvo, responsabile della scuola e delle realtà dell'infanzia del comune di Palermo, ha dichiarato che, già nei primi mesi di questo anno scolastico, ha ricevuto 840 segnalazioni di ragazzi non più reperibili dalla scuola, 250 dei quali nel quartiere di Brancaccio e nella zona che si estende verso Bagheria;

   la pandemia, infatti, ha ampliato il divario sociale: molte famiglie non vivono in contesti abitativi idonei a fare lezioni a distanza e non hanno le risorse per dare a tutti i loro figli pc e tablet. Di conseguenza, gli studenti nella fascia tra i 13 e i 16 anni, anziché frequentare le lezioni, entrano a far parte di circuiti di microcriminalità o, peggio, vengono utilizzati dalla mafia per lo spaccio di stupefacenti;

   infine, anche Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, ha rilevato come la maggiore forma di lotta alla mafia sia la scuola, essendo l'età adolescenziale quella nella quale si forma la persona;

   stando a quanto sin qui riportato, è evidente la necessità di un intervento per ripristinare l'ordine in un sistema ormai al collasso affinché i ragazzi, tornando a godere del loro diritto all'istruzione, siano allontanati dalla criminalità organizzata –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di contemperare la tutela della salute degli studenti con la necessità di garantire loro istruzione e socializzazione;

   quali iniziative di competenza intenda altresì adottare per mettere in sicurezza le scuole e quali intendimenti abbia su eventuali nuove chiusure delle stesse, al fine di evitare i fenomeni descritti in premessa.
(2-01111) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FASSINA e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 159 del 20 dicembre 2019 ha modificato l'articolo 58 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, introducendo il comma 5-sexies che autorizza il Ministero dell'istruzione ad avviare una nuova procedura selettiva per l'assunzione su posti di collaboratore scolastico nella scuola statale;

   questa procedura è finalizzata ad assumere alle dipendenze dello Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2021, 1.593 lavoratrici e lavoratori ex Lsu e appalti storici, impegnati per almeno 5 anni presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, in qualità di dipendente a tempo determinato o indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi;

   per l'espletamento di questa procedura è necessario un decreto del Ministro dell'istruzione che, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, determini i requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, nonché le relative modalità di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande;

   questo decreto autorizza a sua volta il Ministero dell'istruzione ad emanare il bando per indicare il numero dei posti disponibili e le modalità di espletamento della procedura selettiva da parte dell'ufficio scolastico regionale a livello provinciale;

   a seguito delle domande presentate viene poi redatta, sulla base di una tabella valutativa contenuta nel decreto interministeriale, una graduatoria provinciale utilizzata per l'assegnazione dei posti disponibili;

   questa complessa modalità realizzativa aveva già determinato dei ritardi che avevano indotto il Parlamento ad approvare nel corso dell'esame del decreto-legge n. 183 del 31 dicembre 2020 (decreto «milleproroghe», poi convertito dalla legge 26 febbraio 2021 n. 21) lo slittamento della decorrenza della data di assunzione del personale coinvolto dal 1° gennaio al 1° marzo 2021;

   nel tempo trascorso, anche a causa del cambio di Governo, le procedure necessarie ad attivare il processo di internalizzazione di questi lavoratori, seppur approntate, non sono state espletate, e purtroppo in fase di conversione in legge del decreto «Milleproroghe» la data di decorrenza delle assunzioni è rimasta invariata al 1° marzo 2021;

   nel corso della conversione in legge del decreto «Milleproroghe», però, riprendendo le considerazioni precedenti, è stato accolto un ordine del giorno che impegna il Governo «a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente il termine fissato al 1° marzo 2021 per l'assunzione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese già impegnate nella pulizia delle scuole, all'esito della seconda procedura selettiva per la stabilizzazione»;

   occorre dare una risposta certa alle lavoratrici e ai lavoratori che nel frattempo sono stati sospesi dalle ditte di pulizia dal lavoro precedente e, di conseguenza, vivono in una condizione psicologica ed economica molto difficile e in alcuni casi drammatica;

   occorre contemporaneamente dare certezze alle scuole assegnando personale stabilizzato su posti già esistenti ma occupati da precari, ai quali viene rinnovato il contratto di mese in mese. Alle scuole va garantita la possibilità, in una fase così difficile per la salvaguardia della salute nelle stesse, di definire un assetto organizzativo immediatamente stabile e anche avviare la costruzione di un progetto organizzativo più certo per il prossimo anno scolastico –:

   se, in presenza di strumenti normativi già approntati, risorse già stanziate e posti pienamente disponibili, non ritenga necessario adottare al più presto le iniziative di competenza idonee per attivare la procedura in corso e concludere, nel più breve tempo possibile, un processo tormentato che assicuri alle lavoratrici e ai lavoratori certezza per il loro futuro e alle scuole il personale necessario al loro pieno funzionamento.
(5-05427)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELLUCCI e BUCALO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria, a cui è seguita quella sociale ed economica, porterà nei prossimi mesi ad una ecatombe occupazionale, la cui portata dipenderà in gran parte dalle misure di sostegno e investimento allo sviluppo che verranno adottate;

   situazione preoccupante, in particolare, è quella che coinvolge circa 4.000 lavoratori addetti alle pulizie nelle scuole, creatasi a seguito della scelta politica di internalizzare il servizio di pulizia dei plessi scolastici, che ha portato tutte le imprese esterne partecipanti agli appalti alla necessità di smaltire il personale in esubero assunto per questo specifico compito;

   erano circa 16 mila in tutta Italia i lavoratori coinvolti in questa vertenza, a cui il Governo, in un tavolo con sindacati, aziende e Ministero dell'istruzione, aveva promesso l'assunzione alle dipendenze dirette dello stesso Ministero dell'istruzione, in qualità di personale Ata;

   il 6 dicembre 2019 è stato pubblicato il bando Ddg 2200 che ha disciplinato «la procedura selettiva, per titoli, finalizzata all'assunzione a tempo indeterminato di personale che ha svolto, per almeno 10 anni, anche non continuativi, nei quali devono essere inclusi gli anni 2018 e il 2019, servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi. Le assunzioni a tempo indeterminato sono effettuate, mediante la stipula di contratti a tempo pieno e/o a tempo parziale al 50 per cento, nei limiti finanziari complessivi di 11.263 unità di personale (...)»;

   se per 11 mila unità la questione si e risolta apparentemente in modo positivo, posto che di queste circa 6.000 sono state assunte con una drastica riduzione dell'orario di lavoro e un taglio del 50 per cento dello stipendio, 4.000 lavoratori e lavoratrici rischiano di restare totalmente esclusi e, cosa che acuisce la problematica, nei mesi di lockdown, sono rimasti senza stipendio e senza possibilità di cercare lavoro, in quanto sottoposti all'articolo 34 del Contratto collettivo nazionale di lavoro Multiservizi;

   il mancato accordo sui licenziamenti collettivi, che avrebbe dovuto permettere a tutti di essere riassunti al Ministero dell'istruzione, con le medesime mansioni, ha significato per oltre 4.000 lavoratori l'impossibilità di essere riassunti, ma anche di potersi dimettere volontariamente, scelta che avrebbe comportato il mancato riconoscimento della «Naspi» da parte dell'Inps;

   il 2 dicembre 2020 il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) ha approvato lo schema di decreto relativo al nuovo bando Ata ex Lsu, che avvia le procedure selettive, ma la pubblicazione del bando è slittata e l'immissione in ruolo del personale, inizialmente prevista dal 1° gennaio 2021, è stata rinviata al 1° marzo 2021 e ad oggi non è ancora formalizzata dalla pubblicazione del relativo bando –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per portare a termine l'internalizzazione a tempo pieno di tutto il personale ex Lsu, anche attraverso l'ampliamento dell'organico oltre le disponibilità attualmente previste;

   se e quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire una soluzione definitiva anche per quei lavoratori che, non avendo i requisiti previsti, saranno esclusi da tutte le procedure di internalizzazione, ma che hanno parimenti diritto alla garanzia di una continuità occupazionale.
(4-08373)


   TUZI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della circolare protocollo n. 0005079-09/02/2021-DGPRE, dal titolo «Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e chiarimenti sul consenso informato», del parere del Comitato Tecnico scientifico dell'Aifa, trasmessa con nota protocollo n. 0019693 del 17 febbraio 2021 e delle successive precisazioni del Consiglio superiore di sanità trasmesse il 22 febbraio 2021, il Ministero della salute con la circolare del 22 febbraio 2021 avente ad oggetto «Aggiornamento sulle modalità d'uso del vaccino COVID-19 VACCINE ASTRAZENECA e delle raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19» aggiorna le modalità di somministrazione del vaccino AstraZeneca estendendolo alla fascia di età compresa tra i 18 e i 65 anni;

   l'Aifa ha suggerito, in ragione della maggiore robustezza delle evidenze di efficacia, un utilizzo preferenziale dei vaccini Pfizer e Moderna nei soggetti anziani e/o a più alto rischio di sviluppare una malattia grave, mentre l'indicazione per il vaccino AstraZeneca resta preferenziale per la popolazione tra i 18 e 65 anni di età e senza patologie gravi;

   in parallelo alla vaccinazione riguardante soggetti anziani e/o a più alto rischio di sviluppare una malattia grave, ha preso avvio qualche settimana fa la vaccinazione riguardante il personale scolastico e universitario docente e non docente non portatore di patologia concomitante di età compresa tra i 18 e i 65 anni;

   rimane quindi escluso dalla vaccinazione, non trovandosi né nell'una né nell'altra categoria, il personale scolastico e universitario docente e non docente di età superiore ai 65 anni;

   solamente negli istituti statali del Lazio, il personale docente di età superiore ai 65 anni che rimane escluso dalla vaccinazione si aggira intorno alle 4.112 unità;

   in queste ultime settimane si sono moltiplicate in tutta Italia le scuole chiuse a causa delle varianti del Covid-19 –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative intenda adottare il Governo, e con quali tempistiche, per garantire al personale scolastico e universitario docente e non docente over 65 la vaccinazione per permettere allo stesso di lavorare in sicurezza.
(4-08432)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:

   secondo un report delle Nazioni Unite «The impact of Covid-19 on women», la pandemia da COVID-19 ha aumentato vertiginosamente la disparità tra uomini e donne portando molti Paesi indietro di anni;

   il tema della «gender equality» divenuta recentemente tema centrale, ha sollevato dibattiti pubblici anche sul ruolo delle donne oggi;

   in tale contesto, si lamentano disuguaglianze e disparità accentuate oltremodo dalla pandemia e per cui si ricorda a tal proposito la ricerca condotta lo scorso anno da Episteme, per cui parrebbe emerso che il 68 per cento delle donne lavoratrici con partner, ha dedicato più tempo al lavoro domestico durante il lockdown e che, nel 61 per cento dei casi a seguito della chiusura delle scuole, le mamme hanno dedicato maggiore tempo ai figli;

   in un primo momento, la chiusura degli edifici scolastici ha causato criticità a genitori impossibilitati nello svolgimento del proprio lavoro in modalità smart working;

   a seguito della situazione eccezionale, nel decreto-legge cosiddetto «decreto agosto» è stata introdotta una forma di sostegno per le famiglie in difficoltà, il cosiddetto «congedo Covid-19» per la quarantena scolastica dei figli: strumento utilizzabile da chi, impossibilitato a svolgere la propria mansione lavorativa in modalità agile, con figli minori di 14 anni e in sospensione della didattica in presenza;

   una agevolazione di cui hanno usufruito fino al 31 dicembre 2020 moltissime famiglie e tornata d'attualità con la chiusura delle scuole a partire dal 1° marzo 2021, dove, secondo le stime oltre 3 milioni di studenti rimarranno a casa;

   secondo il direttore del Movimento italiano dei genitori quella appena descritta è: «una situazione che presenta elementi di forte criticità per i genitori che hanno esaurito congedi e ferie» in evidenza del fatto che «la pandemia non può ricadere sulle famiglie»;

   a partire da gennaio 2021 non sono ancora stati reintrodotti i termini di presentazione della richiesta dei congedi indennizzati per poter restare a casa nei casi specifici, ma si prevedono solo congedi straordinari in caso di sospensione scolastica per i comuni in zone rosse, escludendo di fatto le nuove aree e dunque, per fare un esempio, anche le aree in zona arancione scuro, non tenendo conto della precarietà del momento in cui potrebbero presentarsi contagi anche all'interno di scuole in zone dichiarate gialle di altro colore vista l'imprevedibilità del virus;

   a conferma ulteriore di quanto appena detto parrebbe che molte scuole in comuni e provincie italiane, comprese quelle della regione Friuli Venezia Giulia, stiano nuovamente chiudendo e con preavvisi minimi, in alcuni casi, appena 12 ore. Sono notizie pubbliche che lasciano intere famiglie in balia degli eventi e con gravi disagi organizzativi –:

   se il Governo non intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, adottare iniziative normative per prevedere la reintroduzione dei congedi per COVID-19, promuovendo anche nuove forme di congedo speciali per mamme single.
(2-01117) «De Carlo, Martinciglio».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente, emergono nuove opportunità ma anche problematiche connesse alla tutela e alla sicurezza dei lavoratori. La cosiddetta «gig economy», il ruolo degli algoritmi e delle app nei sistemi di organizzazione del lavoro stanno creando in diversi casi «zone grigie» dal punto di vista normativo e della sicurezza;

   il 31 maggio 2018 è stata firmata a Bologna la Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano. Tra le richieste inserite nel documento ci sono: diritti sindacali, copertura assicurativa, compenso equo e dignitoso, diritto alla privacy dei lavoratori, miglioramento della trasparenza, manutenzione dei mezzi a carico delle piattaforme e forme di indennità in caso di maltempo. In particolare, l'articolo 6, paragrafo 3, della Carta sancisce che «le piattaforme si assumono l'impegno di fornire gratuitamente a tutti i lavoratori e collaboratori idonei strumenti e dispositivi di sicurezza obbligatori, previsti dalle normative vigenti»;

   nelle città italiane e non solo in quella di Bologna, le nuove forme di lavoro legate a piattaforme digitali, o che operano in settori di recente sviluppo, hanno visto un crescente incremento del numero di lavoratori coinvolti;

   lo sviluppo di nuovi lavori e professioni deve andare di pari passo con l'estensione di tutele e garanzie per i lavoratori impiegati in queste attività;

   il 15 settembre 2020 la federazione delle piattaforme Assodelivery e il sindacato Ugl hanno siglato un accordo, in vigore dal 3 novembre 2020 e non sottoscritto dai sindacati confederali maggiormente rappresentativi, che mantiene nei fatti il lavoro a cottimo e blocca l'introduzione di una paga oraria in linea con i livelli salariali stabiliti dai contratti collettivi nazionali di settori che prevedono la figura del fattorino;

   fino ad ora i riders hanno lavorato soprattutto con contratti di prestazione occasionale, come collaboratori coordinati continuativi o tramite partita IVA;

   «just Eat» ha annunciato che introdurrà anche in Italia, a partire dal 2021, il modello di consegna a domicilio Scoober che inquadra i rider come lavoratori dipendenti. La società ha specificato che tutti i rider «Scoober» saranno lavoratori dipendenti e quindi completamente tutelati e assicurati;

   i sindacati di categoria maggiormente rappresentativi Cgil, Cisl e Uil denunciano come con l'esplosione dell'epidemia le piattaforme avrebbero dimezzato le ore e le paghe ai rider, in considerazione del presunto calo delle consegne dovuto alla paura dei clienti, precisando che la maggioranza dei lavoratori risulterebbe essere senza contratto e che vengono ancora pagati sulla base delle consegne effettuate;

   secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro (24 gennaio 2020 n. 1663): «quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio della applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato [...] Una scelta per tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di debolezza economica, operanti in una zona grigia tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea»;

   nell'attuale emergenza epidemiologica, è fondamentale, dunque, introdurre un obbligo generalizzato, immediatamente applicabile e sanzionabile, a carico di tutte le piattaforme di food delivery, di adozione di misure di protezione e prevenzione per la salute e la sicurezza dei fattorini, specifiche per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19;

   a seguito delle misure restrittive da Covid-19, che hanno determinato una diversa modalità di aperture di bar e ristoranti, probabile che si verifichi, o addirittura sia già in atto, un'esplosione delle consegne a domicilio per cui i riders svolgeranno un ruolo fondamentale e non è accettabile che lo facciano sottopagati, senza diritti e tutele e mettendo a rischio la loro salute –:

   se i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze siano a conoscenza dei fatti sopra esposti, e se ritengano opportuno adoperarsi, anche in raccordo con altri soggetti istituzionali competenti e, le parti sociali, adottando opportune iniziative normative, per integrare e adeguare l'attuale legislazione per coloro che lavorano nel mondo del food delivery, riconoscendo, a quest'ultimi lavoratori, nuovi diritti e maggiori tutele tipiche del lavoro subordinato.
(3-02072)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   ZANGRILLO, CANNATELLI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come risulta dai dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, pubblicati il 19 febbraio 2021, in dodici mesi, nel periodo che va da novembre 2019 a novembre 2020, si è registrata una perdita totale di 664.423 posti di lavoro. Di questi ben 445.471 posti di lavoro riguardano contratti a termine;

   le gravi ripercussioni prodotte dalla pandemia da Covid-19 si sono abbattute principalmente su lavoratori con contratti a termine, dato, questo, messo in evidenza anche dal Presidente del Consiglio dei ministri, Professor Mario Draghi, nel corso del suo intervento programmatico svolto alle Camere, quando ha parlato di «disoccupazione selettiva che ha colpito i soggetti non protetti dal blocco dei licenziamenti»;

   l'articolo 93, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 279, della legge n. 178 del 2020, ha previsto fino al 31 marzo 2021 la possibilità di prorogare o rinnovare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 –:

   se il Governo, anche in vista dell'annunciata rimodulazione del blocco dei licenziamenti, non intenda adottare iniziative normative per prevedere un'ulteriore proroga della sospensione delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, in materia di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
(5-05420)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   SERRACCHIANI, VISCOMI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI e MURA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo il censimento del Ministero dell'interno del 2019, nel settore della vigilanza privata, nonostante le molte crisi aziendali di questi ultimi anni, risultavano operative 580 aziende, delle quali solo poche risultavano di dimensione nazionale e con capitalizzazione adeguata;

   lo stesso Ministero dell'interno ha rilevato che, tutt'ora, una quota pari al 20 per cento risultava ancora non in regola con i requisiti stabiliti con il decreto ministeriale n. 115 del 2014;

   ulteriore elemento di criticità si registra nell'ambito dell'assegnazione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, tenuto conto del fatto che, nonostante il vigente codice degli appalti pubblici sancisca con chiarezza il principio della clausola sociale – a garanzia della tutela occupazionale e dell'applicazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative –, troppo spesso nei bandi di gara e nei capitolati d'appalto tale finalità venga subordinata ad un mal inteso principio di libera concorrenza;

   a tal fine, le tabelle sul costo del lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (auspicabilmente derivanti dai Contratto collettivo nazionale di lavoro) dovrebbero tornare a costituire, come avveniva in passato, il riferimento per la congruità delle offerte per le gare pubbliche, soprattutto per servizi con tale significatività per la sicurezza collettiva;

   anche per quanto attiene la validità della contrattazione collettiva di riferimento, va segnalata l'anomalia del mancato rinnovo del Ccnl, risalente al 2013 e scaduto il 31 dicembre 2015. Per sollecitarne il rinnovo, dall'aprile 2018, ci sono state diverse giornate di sciopero nazionale. Come altri comparti del terziario, si registra una proliferazione di contratti collettivi sottoscritti da varie organizzazioni sindacali prive di adeguata rappresentatività;

   durante questi mesi di emergenza sanitaria, la vigilanza privata è stata chiamata ad un impegno straordinario per consentire ai cittadini e alle imprese di affrontare una situazione per tutti inedita: migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno operato continuativamente, oltre che nella loro normale attività, anche per collaborare con enti pubblici ed imprese private nella gestione delle procedure di sicurezza e per regolare l'accesso delle persone nei luoghi pubblici e privati –:

   quali iniziative intenda adottare per favorire un positivo e sollecito negoziato per la definizione del nuovo contratto nazionale del settore della vigilanza privata, scongiurando il protrarsi di una situazione di incertezza giuridica ed economica, dovuta anche al proliferare di contratti sottoscritti da organizzazioni non rappresentative, oltre che per assicurare che, nelle procedure di assegnazione dei servizi di sicurezza da parte delle pubbliche amministrazioni, venga assicurata la piena applicazione della clausola sociale nonché della congruità delle offerte.
(5-05421)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   D'ALESSANDRO e OCCHIONERO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Cassa italiana di previdenza dei geometri (Cipag) fu costituita nel 1955 come ente pubblico di previdenza ed assistenza dei geometri e con il decreto legislativo n. 509 del 1994 è diventata associazione di diritto privato;

   la cosiddetta «riforma Fornero» del 2011, tentò di arginare l'insostenibilità delle casse, mediante un piano di riforme che posticiparono il traguardo previdenziale e fecero lievitare la contribuzione, i cui effetti andavano monitorati nel tempo, attraverso i bilanci tecnici attuariali finalizzati alla verifica della sostenibilità cinquantennale;

   la fragilità del sistema si è resa sempre più evidente, con il numero degli iscritti in forte declino, con l'esiguità del patrimonio che, solo teoricamente, copre la riserva legale quinquennale a garanzia delle pensioni, in quanto oltre il 40 per cento di esso è costituito da crediti per morosità degli iscritti caduti in disperazione, grazie alla forte pressione contributiva superiore del 62 per cento di Inarcassa e del 114 per cento di Eppi, ovvero le rispettive casse tecniche di ingegneri architetti e periti che operano nello stesso settore costruzioni;

   in tale contesto, la Cipag fa registrare una gestione manageriale molto discutibile, che potrebbe condurla al default;

   nell'ambito della gestione finanziaria dell'ente, ripetutamente l'affidamento degli incarichi ai gestori finanziari è stato effettuato seguendo procedure poco trasparenti, ma soprattutto in violazione del codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 che avrebbe dovuto essere rispettato senza alcuna deroga, essendo le casse pubbliche amministrazioni anche se privatizzate nella gestione;

   la quasi totalità del patrimonio mobiliare, pari a circa 915 milioni di euro, sono finiti in Lussemburgo nel fondo GD2, gestiti dalla Quaestio SGR compartecipata dalla Cipag con una quota minoritaria, investiti per il 95 per cento in prodotti finanziari stranieri di cui il 17 per cento in titoli spazzatura, con rendimento irrisorio molto inferiore alla media;

   la quasi totalità del patrimonio immobiliare, pari a centinaia di milioni di euro, sarebbe, a quanto consta agli interroganti, finito nel fondo Fpep gestito dalla Investire SGR compartecipata dalla Cipag, con una quota minoritaria, con valori delle quote NAV in caduta libera, dove sono stati azzerati tutti gli introiti provenienti dagli affitti;

   in questo quadro, gli unici a rimetterci sono i comuni geometri che, nonostante si stiano facendo carico della contribuzione più esosa del sistema casse, avranno una previdenza inadeguata –:

   se le informazioni riportate in premessa siano vere e quali iniziative di competenza intenda adottare per portare la Cipag ad una situazione economica e manageriale sostenibile.
(5-05422)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da mesi, molteplici gruppi politici chiedono la rimozione del presidente dell'Anpal, Domenico Parisi;

   i fatti emersi riferiscono del fallimento della sua gestione, a fronte di un lauto stipendio annuo di circa 170.000 euro e di sue onerose spese, mai adeguatamente rendicontate, per circa 160.000 euro, di cui 60 mila per viaggi in business class per gli Stati Uniti;

   ed ancora, non è mai stata risolta la violazione del regolamento Anpal, rispetto all'incompatibilità del suo ruolo di presidente con il rapporto di lavoro dipendente che svolge presso la Mississippi State University, confermato da un accesso agli atti;

   indigna ancora di più il disastro economico che avrebbe prodotto per l'interrogante causato dal non aver conseguito alcun risultato utile rispetto alle politiche attive del lavoro. Inaccettabile, se si pensa alla crisi economica attuale e alla necessità di formare e indirizzare verso nuove occupazioni con l'emergenza Covid;

   la Corte dei conti nel «Rapporto 2020 sul coordinamento di finanza pubblica» riferendosi al Reddito di cittadinanza ha affermato che: «Per le politiche attive per il lavoro i risultati appaiono al momento largamente insoddisfacenti... non si intravvedono segni di un maggiore dinamismo dei Centri per l'impiego rispetto al passato»;

   si ricorda che Parisi ha messo al centro del suo piano per l'Anpal, 2700 cosiddetti «navigator», costati 180 milioni, che per la non riuscita del suo progetto non sono stati utili al sistema delle politiche attive del reddito di cittadinanza, come ha rilevato un'inchiesta giornalistica di Milena Gabanelli, del 25 gennaio 2021;

   tra l'altro, Parisi – come risulta da varie fonti di stampa – si è reso artefice di atti che ne hanno messo in luce l'irresponsabilità, come l'aver reso dichiarazioni non veritiere. Si pensi alla direttrice generale di Anpal, Paola Nicastro, che è dovuta pubblicamente intervenire sulle dichiarazioni di Parisi che affermava di aver rendicontato le sue spese, quando invece tale documentazione non era mai stata fatta pervenire a chi di competenza. La Nicastro infatti si rivolse al presidente con queste parole «Non è mai stata fornita la richiesta documentazione attinente i rimborsi sostenuti da Anpal. La invito, per il futuro, a volersi astenere dal diffondere notizie infondate e contrarie agli atti ufficiali dell'Amministrazione»;

   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, ha pubblicamente denunciato lo stallo surreale in cui versa l'Anpal guidata da Parisi con durissime parole, che hanno messo in discussione la permanenza del suo ruolo –:

   se intenda adottare iniziative finalizzate a rimuovere Domenico Parisi dal suo ruolo, vista la fallimentare e dannosa gestione di Anpal.
(5-05423)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   FRATE e SCHULLIAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 137 del 2020, all'articolo 16, ha previsto un esonero contributivo a favore degli imprenditori agricoli professionali, dei coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni, con riferimento alla contribuzione dovuta per il mese di novembre 2020;

   il decreto-legge n. 149 del 2020, all'articolo 21, ha riconosciuto l'esonero anche per il mese di dicembre 2020;

   il decreto-legge n. 183 del 2020, all'articolo 10, comma 6, ha previsto la sospensione del pagamento della rata in scadenza il 16 gennaio 2021 fino alla comunicazione, da parte dell'ente previdenziale, degli importi contributivi da versare e comunque non oltre il 16 febbraio 2021;

   il messaggio Inps n. 103 del 13 gennaio 2021 ha ribadito la sospensione del pagamento della rata in scadenza il 16 gennaio 2021;

   successivamente con il messaggio n. 587 del 10 febbraio 2021, tenuto conto dell'approssimarsi della data del 16 febbraio 2021, l'ente ha comunicato il differimento del pagamento della rata fino alla comunicazione degli importi da versare;

   con il messaggio n. 4272 del 13 novembre 2020, l'Inps ha precisato che l'esonero è fruibile soltanto previa domanda telematica predisposta dall'Istituto che, ad oggi, non risulta ancora disponibile;

   la legge n. 120 del 2020 promuove la semplificazione, la digitalizzazione delle procedure e il miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione;

   il Registro nazionale Aiuti di Stato, operativo dal 2017, consente di effettuare controlli nella fase di concessione e verifiche sul cumulo dei benefici o il superamento del massimale concedibile dall'Unione europea;

   ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 241 del 1990, le amministrazioni acquisiscono d'ufficio, qualora siano in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero siano detenuti da altre pubbliche amministrazioni, atti, fatti, e stati che sono tenuti a certificare;

   nella relazione al «Milleproroghe» è stato evidenziato che soltanto l'ente previdenziale «dispone di tutti i dati aggiornati sulle posizioni contributive» e per questo deve procedere alle operazioni di ricalcolo per non rischiare successive contestazioni;

   l'Istituto previdenziale dispone già, ovvero è in grado di ottenere dagli uffici competenti e dai registri della pubblica amministrazione, le informazioni necessarie per l'esonero contributivo –:

   se il Ministro interrogato, ai fini di promuovere un'amministrazione digitale, moderna, efficiente e vicina al cittadino, non ritenga opportuno adottare iniziative normative, affinché l'Istituto previdenziale, che dispone già di tutte le informazioni richieste, effettui l'esonero contributivo d'ufficio senza richiedere la compilazione di un apposito modello d'istanza.
(5-05424)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   BARZOTTI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore del trasporto aereo è uno dei più colpiti dalla crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19. Secondo la International Air Transport Association (Iata), che riunisce 290 compagnie aeree di tutto il mondo, in Europa sarebbero a rischio oltre 7 milioni di posti di lavoro. Sempre secondo la Iata, inoltre, nel 2020, il settore, a livello globale, dovrà fare i conti con un deficit senza precedenti per il quale il traffico aereo dovrebbe tornare ai livelli pre-Covid-19 solo nel 2024;

   tra le misure introdotte per fronteggiare le conseguenze di tale emergenza, l'articolo 203 del cosiddetto «decreto Rilancio» n. 34 del 19 maggio 2020, prevede l'obbligo, in capo ai vettori aerei e alle imprese che impiegano personale sul territorio italiano, di applicare in favore dei propri dipendenti, con base di servizio in Italia, i minimi retributivi previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore. Questo, indipendentemente dalla nazionalità della compagnia e/o dell'impresa, essendo a tal fine sufficiente che le stesse operino sul territorio italiano. Tale obbligo retributivo è poi esteso anche nei confronti dei dipendenti di imprese terze impiegati dai vettori per l'esercizio della propria attività;

   la norma non definisce l'ambito soggettivo della previsione, considerato che il personale impiegato in Italia dalle compagnie aeree non gode ancora di adeguate tutele che definiscano il mansionario e che permettano di definire i relativi rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e le retribuzioni, nonché le tempistiche di svolgimento del lavoro che vengono stabilite solo da contratti collettivi aziendali, spesso non concordati con i sindacati più rappresentativi a livello nazionale, né equiparati alle normative nazionali del settore aereo;

   va tenuto conto che, secondo la nuova norma, devono espletarsi necessariamente delle conseguenze sanzionatorie in caso di inadempienza, come la revoca delle concessioni per la compagnia con sede in Italia o come l'applicazione, da parte dell'Enac, di una pena pecuniaria –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per risolvere i vari aspetti problematici di cui in premessa, con l'obiettivo di rappresentare gli interessi dei lavoratori e delle compagnie aeree che operano in Italia e valutare il parametro più adeguato con il quale verranno calcolate le retribuzioni minime, anche in considerazione dei possibili risvolti sanzionatori della normativa e dell'importante ruolo che svolge il personale di volo che lavora nelle compagnie aeree che operano nel nostro territorio.
(5-05425)
(Presentata il 2 marzo 2021)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, ALBANO, DEIDDA, FERRO, LUCASELLI, RAMPELLI, SILVESTRONI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il trasferimento dei servizi un tempo erogati dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema) all'Inps, dal 1° gennaio 2014, i lavoratori marittimi devono affrontare molteplici disagi in caso di malattia o qualora si venga dichiarati inidonei dal Sasn (servizio sanitario naviganti);

   in tutti questi anni, non è stata adottata alcuna soluzione per corrispondere i trattamenti relativi ai periodi di malattia indennizzabili, in tempi ragionevoli. Al riguardo, i marittimi di tutto il territorio nazionale (salvo rare eccezioni) in caso di un evento di malattia per il quale hanno diritto all'erogazione della relativa indennità, devono attendere non meno di due o tre mesi per ottenere quanto gli spetta;

   pertanto, nelle more dell'erogazione, questi lavoratori restano senza alcun reddito, poiché l'indennità, si ricorda, è sostitutiva dello stipendio;

   addirittura, pur di non vivere tali difficoltà, accade che molti lavoratori marittimi avendo paura di restare senza sostegno economico in attesa dell'indennità, nascondono lo stato di malattia. Ciò è molto pericoloso, considerando il periodo in corso di emergenza sanitaria da Covid-19, poiché si determina un maggior rischio di contagio negli equipaggi che minaccia gravemente la sicurezza di tutti i lavoratori del settore;

   sebbene i lavoratori marittimi beneficiano di una specifica disciplina, relativamente all'ammontare e alla durata dell'indennità concessa in caso di malattia, pur volendo considerare le problematiche che l'Inps ha dovuto affrontare, inizialmente, quando ad esso è stata attribuita la competenza a erogare tali trattamenti, non è accettabile che, a distanza di tanti anni, l'istituto non sia riuscito ad elaborare un sistema adeguato per adempiere alle prestazioni nei giusti tempi. Ciò anche considerando che attualmente, da un punto di vista informatico, ci sono tutti i mezzi per svolgere le procedure burocratiche con maggiore celerità;

   l'Ugl Nazionale, settore mare e porti, ha più volte segnalato la predetta situazione e sono stati svolti anche degli incontri istituzionali con chi di competenza, ma sono rimaste incompiute le promesse di risoluzione delle problematiche messe in rilievo –:

   se il Governo sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intenda urgentemente adottare affinché ai lavoratori marittimi vengano corrisposti, in tempi ragionevoli, i trattamenti di malattia e, dunque, si escluda che debbano restare senza alcun sostegno economico in attesa delle indennità.
(5-05409)


   ALBANO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FRASSINETTI, RIZZETTO, BUCALO, CIRIELLI e VARCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Croce rossa italiana (Cri) dispone del corpo militare ausiliario delle Forze armate, volontario, con compiti di emergenza in pace e guerra, con 19.314 unità, che in emergenza svolge il soccorso sanitario di massa, attraverso reparti, unità e formazioni campali (gruppi sanitari mobili ospedali da campo, treni ospedali, posti di soccorso) supportando la protezione civile;

   il personale militare viene richiamato in servizio quando si verificano le necessità di impiego previste dalla legge e per il 2020, nell'emergenza Covid-19, sono stati impegnati 9.713 militari, a supporto delle Forze armate (in attività presso la Sala Covid, Comando operativo interforza difesa) e in attività di emergenza Covid-19;

   l'articolo 1 della legge 10 giugno 1940, n. 653, dispone il diritto alla conservazione del posto di lavoro e all'indennità per i lavoratori dipendenti di imprese private con qualifica di impiegati o di operai, che, per qualunque esigenza nelle Forze armate, vengano richiamati alle armi;

   il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, ha sì previsto la riorganizzazione della Cri, ridefinendola persona giuridica di diritto privato, ma questa è autorizzata a operare sul territorio nazionale quale organizzazione di soccorso volontario, conformemente alla Convenzione di Ginevra, e a «svolgere attività ausiliaria delle Forze armate, in Italia e all'estero, in tempo di pace o di grave crisi internazionale, attraverso il Corpo militare volontario e il Corpo delle Infermiere volontarie» (Articolo 1, comma 4, lettera g));

   il medesimo decreto definisce il Corpo militare e il Corpo infermiere volontarie Cri ausiliari delle Forze armate e i loro appartenenti soci dell'Associazione, contribuendo all'esercizio della funzione ausiliaria delle Forze armate (articolo 5, comma 1); il Corpo militare volontario resta disciplinato dal decreto legislativo n. 66 del 2010 (codice dell'ordinamento militare), che prevede la conservazione del posto di lavoro, e dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo n. 178 del 2012 (articolo 5, comma 2);

   con la circolare Inps n. 13 del 5 febbraio 2021, a seguito di pareri espressi dal Ministero della difesa e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, considerata l'Associazione della Croce rossa italiana esclusa dal novero delle Forze armate, per i lavoratori dipendenti, richiamati alle armi presso la suddetta Associazione, non è prevista l'indennità di cui alla legge n. 653 del 1940;

   a seguito della suddetta circolare, che, tra l'altro, cita l'articolo 5 del decreto legislativo n. 178 del 2012, la maggior parte del personale in servizio ha dovuto chiedere il congedo anticipato, vista l'improvvisa sospensione della garanzia di indennizzo e della conservazione del posto di lavoro;

   il servizio effettuato è gratuito e senza retribuzione e il decreto legislativo n. 1 del 2018 prevede che i volontari appartenenti ad organizzazioni di volontariato regolarmente iscritte negli elenchi, impiegati in attività di protezione civile, abbiano diritto al mantenimento del posto di lavoro e del trattamento economico previdenziale;

   il trattamento di cui alla legge 10 giugno 1940, n. 653, parla di «indennità mensili pari alla retribuzione» in caso di richiamo alle armi, alla stregua di quello previsto dagli indennizzi di cui all'articolo 39 del nuovo codice della protezione civile; stesso trattamento è previsto per i volontari del soccorso alpino del Cai, di cui alla legge 18 febbraio 1992, n. 162, e al decreto del 24 marzo 1994, n. 379, in base alla circolare Inps del 9 febbraio 2016 –:

   per quale motivo, in un periodo di estrema emergenza, in piena pandemia, i 9.713 volontari del Corpo militare della Croce rossa italiana di cui in premessa si vedano negati dall'Inps la tutela del posto di lavoro e della retribuzione, con la conseguenza di numerose richieste di congedo, tutela che, invece, è riconosciuta, ad esempio, ai volontari del Cai per esercitazioni e soccorsi.
(5-05419)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i commi 797-804 dell'articolo 1 della legge 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) stabiliscono le istruzioni operative e modalità pratiche di calcolo del contributo riconosciuto agli ambiti sociali territoriali in ragione del numero di assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali assunti a tempo indeterminato in servizio nell'anno;

   la legge di bilancio 2021, all'articolo 1, comma 797 e seguenti, ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4.000 abitanti;

   in quest'ottica, ai fini di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, ha previsto l'erogazione di un contributo economico (da richiedersi entro il 28 febbraio 2021), a favore degli ambiti sociali territoriali (Ats) in ragione del numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente, così determinato: 40.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dall'ambito, ovvero dai comuni che ne fanno parte, in termini di equivalente a tempo pieno, in numero eccedente il rapporto di 1 a 6.500 abitanti e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 5.000, 20.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto in numero eccedente il rapporto di 1 a 5.000 abitanti e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 4.000;

   le linee guida per la concessione dei contributi fanno riferimento ad assistenti sociali assunti a tempo indeterminato da comune, unione di comuni, comunità montana, azienda speciale, azienda di servizi alla persona, istituzione ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 267 del 2000, comune capofila in caso di convenzione, consorzio per la gestione di servizi socio-assistenziali e sociosanitari, società della salute, azienda speciale consortile servizi alla persona;

   in base a tali disposizioni restano esclusi gli assistenti sociali dipendenti da soggetti privati o del terzo settore;

   diverse realtà territoriali, negli anni scorsi, a causa del blocco delle assunzioni negli enti locali, hanno optato per la costituzione di fondazioni di diritto privato, ma con soci i comuni, quindi soggetti pubblici, per l'assunzione di personale del servizio sociale di comunità;

   tutte queste realtà comunali/consortili sono escluse dai contributi ministeriali a favore degli ambiti sociali e quindi pesantemente penalizzate in un periodo in cui l'assistenza sociale sul territorio è ancora più urgente e fondamentale –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per includere al più presto, tra i soggetti beneficiari dei contributi, anche le fondazioni onlus costituite dai comuni per la gestione del servizio di assistenza sociale.
(4-08385)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 10 giugno 1940, n. 653, dispone il diritto alla conservazione del posto di lavoro ed alla corresponsione di una indennità per i lavoratori dipendenti di imprese private con la qualifica di impiegati o di operai che vengano precettati dalle forze armate, financo incluso il Corpo militare della Croce rossa italiana (Cri);

   come emerso a mezzo stampa, migliaia di militari del Corpo militare della Croce rossa italiana stanno presentando richiesta di congedo immediato dall'organizzazione in risposta all'emanazione della circolare Inps n. 13 del 5 febbraio 2021;

   la predetta circolare, infatti, esclude l'applicazione dell'indennità di cui alla presente premessa ai lavoratori dipendenti precettati nel quadro del Corpo militare della Cri;

   come noto, la Croce rossa italiana dispone di un Corpo militare ausiliario, su base volontaria, con compiti di soccorso e gestione delle emergenze sia in tempi di pace che in tempi di guerra, per un totale di 19.314 effettivi;

   buona parte di questi volontari sono professionisti, come manager, insegnanti, operai, ingegneri, avvocati, spesso richiamati in servizio per far fronte ad emergenze come la pandemia da Covid-19 nel corso del 2020 vi sono state oltre 9700 precettazioni, per periodi che vanno da qualche giorno a qualche mese, il personale del Corpo militare della Cri è stato infatti impiegato sia per la gestione logistica di luoghi di transito come aeroporti e stazioni, che per la consegna di farmaci che per presidiare zone rosse e le aree soggette a focolai di Covid-19;

   la predetta circolare dell'Inps non ha, tuttavia, privato dell'indennità di cui alla legge n. 653 del 1940 i volontari del Club Alpino italiano (Cai), ente che presenta caratteristiche analoghe al Corpo militare della Cri;

   non si ravvisano le ragioni per mortificare economicamente del personale volontario che, richiamato alle armi come personale militare generico, ha prestato il proprio servizio in un contesto emergenziale del tutto inedito e sconvolgente come la crisi pandemica da Covid-19 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti, se intendano indicare le ragioni sottese alla circolare di cui in premessa e se non intendano adottare le iniziative di competenza, nelle sedi opportune, per pervenire alla revoca della stessa.
(4-08404)


   UNGARO e D'ALESSANDRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   secondo gli ultimi dati Istat riferiti al secondo trimestre del 2020, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia 15-24 anni, si attesta al 24,7 per cento mentre i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni sono 2.157.000 (dai 2.003.000 del 2019), ovvero il 24 per cento del totale dei giovani della stessa età, donne per oltre la metà dei casi. Secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, con il 27,8 per cento contro una media dell'Unione europea del 16,4 per cento, l'Italia è il Paese con il più alto numero di giovani inattivi («Neet») dell'Unione europea;

   la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e pertanto è compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano straordinario di attivazione rivolto ai giovani inattivi che preveda il pieno finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri paesi europei. Un esempio virtuoso è dato dal Kickstart Scheme nel Regno Unito che prevede per i giovani Neet, o comunque giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, la possibilità di svolgere un periodo di lavoro e formazione, presso le imprese, con contestuale erogazione di un ristoro economico. I giovani lavoratori sono selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze, mentre il compenso per l'attività prestata sarebbe interamente a carico dello Stato;

   attualmente il programma «Garanzia Giovani» copre al massimo il 60 per cento del costo del lavoro dei giovani beneficiari e prevede il coinvolgimento di diversi attori e soggetti a bando di gara, una frammentazione che ostacola la celerità necessaria per fare fronte all'emergenza giovanile sopra descritta –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per mettere in campo, assieme alle regioni, un piano nazionale di emergenza per l'occupazione di giovani inattivi mediante il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese completamente a carico dello Stato attraverso procedure semplici e dirette analoghe a quelle intraprese da altri Paesi europei.
(4-08413)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la Slovenia ha recentemente segnalato alle autorità della Commissione europea una norma tecnica nazionale di produzione e commercializzazione degli aceti che, oltre a porsi in netto contrasto con gli standard comunitari e con il principio di armonizzazione del diritto dei Paesi membri in materia di disciplinari agroalimentari, mira a rendere l'aceto balsamico uno standard di prodotto, aggirando il sistema dei marchi di tutela Dop e Igp vigenti attualmente in Italia;

   la nuova norma segnalata alla Commissione permette di denominare e vendere come «aceto balsamico» qualsiasi miscela di aceto di vino con mosto concentrato, costituendo un vero e proprio attacco al disciplinare nazionale italiano ed alla tradizione, qualità e sforzi produttivi portati avanti dai produttori italiani, creando un prodotto di eccellenza, noto in tutto il mondo;

   la scelta del Governo sloveno costituisce per l'interrogante un attacco ed un sostegno alla contraffazione di prodotti tipici italiani, tale da mettere a rischio 1 miliardo di euro di valore al consumo e la tenuta di un prodotto di punta del made in Italy nel mondo;

   l'aceto balsamico sloveno costituirebbe, com'è ovvio che sia, un'evocazione che può indurre in errore i consumatori europei, poiché facente concorrenza all'alimento tutelato nello stesso segmento di mercato, cosa che non dovrebbe essere possibile per l'ordinamento europeo in materia di sistema di etichettatura, di informazione del consumatore e tutela delle produzioni tipiche;

   il contrasto all'Italian sounding costituisce una priorità strategica nazionale per la tutela del mercato agroalimentare italiano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere per aprire i necessari tavoli di lavoro in sede europea per tutelare il marchio di tutela «Aceto Balsamico», contrastare iniziative, che all'interrogante appaiono di plagio, quali quelle poste in essere dal Governo sloveno.
(4-08388)


   PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   Arcea è l'organismo pagatore per la regione Calabria, riconosciuto con provvedimento del 14 ottobre 2009, per quanto concerne l'erogazione di aiuti, contributi e premi previsti da disposizioni comunitarie, nazionali e regionali a favore del mondo rurale;

   dalla risposta all'interrogazione n. 4-02108 del 29 gennaio 2019, presentata dall'interrogante, emergeva la necessità che Arcea si dotasse di un piano d'azione per incrementare la dotazione organica e quindi mantenere il riconoscimento di organismo pagatore;

   ivi si precisava che dall'autorità competente Arcea era stata invitata ad attuare un piano di interventi correttivi, pena la revoca del riconoscimento delle sue funzioni;

   l'attuazione di tale piano ha evidenziato forti criticità, tanto che, secondo quanto riportato dall'agenzia online «Terra e Vita» in un articolo dell'11 giugno 2020, come prospettato nell'ambito della procedura, avviata nel marzo 2019, della Commissione europea per verificare la funzionalità e l'efficienza di Arcea, gli esiti «potrebbero portare alla revoca del riconoscimento dell'organismo pagatore, gravato dalle gravi inefficienze del passato»;

   l'assessore della regione Calabria all'agricoltura, Gianluca Gallo, ha in quella circostanza affermato che – sempre secondo il summenzionato articolo – «la situazione è seria e delicata, non appena insediatomi, con uno dei miei primi atti ho trasmesso al Mipaaf l'aggiornamento sulle azioni del piano di interventi correttivi, assicurando massimo impegno, da parte della nuova giunta regionale, nell'affrontare con determinazione le problematiche sul tappeto, molteplici e tutte aggravate dai ritardi nel tempo accumulati» evidenziando «il mancato consolidamento della datazione organica» e «la necessità di una rettifica finanziaria pari a 40 milioni»;

   il perdurare della situazione di criticità dell'ente ha indotto Alessandra Baldari, segretario generale Fp Cgil Calabria, e Ferdinando Schipano, coordinatore regionale Funzioni locali, a rivolgersi formalmente all'assessore Gallo, a Francesco Del Castello, all'epoca commissario straordinario di Arcea, e al presidente facente funzione della giunta regionale calabrese, Nino Spirlì;

   le intese doglianze sindacali sono riassunte in un articolo de La Gazzetta del Sud del 15 febbraio 2021;

   ivi si legge che la stessa organizzazione sindacale «deve amaramente constatare che a distanza di quasi un anno dal suo (rivolto all'assessore Gallo, nda) grido d'allarme per una probabile soppressione di Arcea, quale organismo pagatore, nessuna iniziativa concreta atta a rimuovere le criticità evidenziate da Mipaaf e Commissione Europea è stata messa in campo»;

   ancora, ivi si riporta che «il rilancio di Arcea non si fa con i fichi secchi ma deve passare attraverso una revisione del modello organizzativo nel suo complesso, ridefinendo ruoli e responsabilità, valorizzando il personale interno anche attraverso le progressioni di carriera ma soprattutto con la disponibilità della dotazione finanziaria, necessaria a dotare l'Agenzia, in maniera stabile ed effettiva, dell'adeguata quantità di personale, per come più volte richiesto dalle autorità competenti, ai fini del mantenimento del riconoscimento di Organismo pagatore»;

   con un'articolata nota di risposta al direttore generale del dipartimento agricoltura della regione Calabria, il commissario straordinario Francesco del Castello nominato, allo scopo, di rimettere in sesto Arcea nell'ottobre 2018 dalla giunta regionale calabrese presieduta da Mario Oliverio e prorogato nel giugno 2020 da quella presieduta da Jole Santelli, ha ritenuto concluso il suo rapporto di lavoro con la regione Calabria, nella predetta missiva spiegandone le ragioni;

   tale conclusione del rapporto, a quanto pare riconducibile anche alla probabile decurtazione del compenso da parte della regione, ha destato la preoccupazione delle organizzazioni agricole, come riportato da un articolo del Corriere della Calabria del 16 febbraio 2021 –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per verificare se, allo stato, Arcea possieda i requisiti per mantenere il riconoscimento di organismo pagatore e di quali precise notizie disponga sull'effettiva dotazione organica della stessa Agenzia.
(4-08394)


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il regolamento transitorio n. 2020/2220 è stata prorogata fino al 31 dicembre 2022 la vigente normativa sulla politica agricola comune (Pac), in un regime di transizione verso la nuova programmazione;

   il predetto regolamento transitorio ha assegnato, tra le altre, agli Stati membri la facoltà di rivedere le decisioni inerenti al processo di riduzione dei divari tra gli importi degli aiuti diretti e di prevedere la modifica dei pagamenti accoppiati, il trasferimento di fondi tra i due pilastri Pac e l'eventuale introduzione del pagamento redistributivo a favore delle aziende più piccole;

   come evidenziato in una nota ministeriale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'amministrazione italiana ha scelto di non avvalersi della flessibilità accordata dalla Ue, lasciando pertanto invariate le regole vigenti;

   le ragioni dietro tale decisione sarebbero, ai sensi della predetta nota, da ricondursi alla crisi politica che ha determinato la transizione dal secondo Governo Conte al Governo Draghi, la quale non avrebbe consentito di usufruire dei tempi tecnici necessari per definire le eventuali decisioni di modifica delle regole ad oggi esistenti;

   nonostante sia stata annunciata l'intenzione di aprire un confronto con le parti sociali per eventuali deroghe nell'anno 2022, nulla è stato fatto per compensare il mancato esercizio del regime di flessibilità accordato dall'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare il manifestarsi di situazioni di svantaggio competitivo in capo al comparto agricolo nazionale a fronte del mancato esercizio dei margini di flessibilità di cui in premessa, utilizzati da altri competitor europei.
(4-08396)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SILVESTRONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 24 febbraio 2021 si è insediata presso il Dipartimento della funzione pubblica la nuova task force, fortemente voluta dal Ministro interrogato per la gestione dei fondi europei del Recovery Fund destinati alla pubblica amministrazione, pari a circa 11,4 miliardi di euro;

   a presiedere il gruppo di lavoro il Ministro stesso e a coordinarlo il capo di gabinetto ed ex direttore generale di Confindustria Marcella Panucci; al suo interno sono presenti diverse figure, a partire da esperti del dipartimento stesso per arrivare a varie professionalità tecniche esterne; tra queste: Bernardo Mattarella, noto avvocato amministrativista; il segretario generale del Censis Giorgio De Rita; i docenti dell'Università Bocconi Carlo Altomonte e Raffaella Saporito; i dirigenti pubblici della regione Lazio Alessandro Bacci e Andrea Tardiola; Antonio Naddeo, il presidente dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran), il magistrato del Tar Germana Panzironi, e collaborerà anche l'economista Carlo Cottarelli;

   benché occorra riconoscere al Ministro una grande proattività nella nomina della task force, quasi a suggellare una voglia di mettersi subito al lavoro, e pur individuando alcune grandi professionalità tra i suddetti consulenti, non appare chiaro come siano stati selezionati, soprattutto in riferimento ai dirigenti pubblici che ne faranno parte;

   alcune sigle sindacali che rappresentano i dirigenti delle pubbliche amministrazioni (Fedirest, Area Direr-Sidirss e Area Direl) hanno già inoltrato una richiesta di accesso agli atti in relazione al decreto di nomina e ai criteri con i quali sono stati scelti i componenti del gruppo di lavoro, riferendosi in particolare ad alcuni dirigenti della pubblica amministrazione nominati;

   tali dirigenti infatti, sembrano aver spesso applicato quella che l'interrogante giudica una loro visione distorta nella definizione delle politiche delle risorse umane, visione che ha causato un diffuso e articolato contenzioso in materia di diritti pensionistici dei lavoratori regionali, di diritto alla carriera dei funzionari, di salvaguardia della sicurezza sui luoghi di lavoro;

   l'ex segretario generale della regione Lazio Tardiola è stato, inoltre, oggetto di atti dell'Anac che ne hanno stigmatizzato il comportamento sia come dirigente che come responsabile dell'anticorruzione, mentre Bacci ha subito una rovinosa censura, attraverso una sentenza del Consiglio di Stato, come responsabile del personale della giunta regionale del Lazio, sulle modalità di reclutamento della dirigenza esterna;

   non appare chiaro quali sarebbero le reali competenze e mansioni assegnate alla task force stessa e, in ragione dell'importanza del fine ultimo per cui è stata creata, sembra doveroso avere maggiori elementi di chiarezza in merito –:

   se sia a conoscenza delle attività pregresse, e delle criticità a esse connesse, dei dirigenti di cui in premessa chiamati a far parte della task force, e se non ritenga che queste ultime possano creare pregiudizio al proficuo svolgimento del lavoro del gruppo;

   quali siano stati i criteri di selezione dei componenti e quali saranno i loro reali compiti, ambiti e limiti di azione.
(4-08425)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   il Ministro della salute ha presentato il 2 dicembre 2020 al Parlamento le linee guida del piano strategico per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19, di cui al decreto 2 gennaio 2021, elaborato dal Ministero della salute, dal commissario straordinario per l'emergenza, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Agenas e dall'Aifa;

   come previsto dal piano stesso, è stato successivamente pubblicato il documento che aggiorna le categorie e l'ordine di priorità per quanto riguarda le varie fasi della campagna vaccinale contro il Covid-19 in base all'evoluzione delle conoscenze e alle informazioni sui vaccini, disponibili;

   il piano strategico dell'Italia per la vaccinazione anti Sars-CoV-2/Covid-19, basandosi sul dettato costituzionale ed ispirandosi ai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere, riconosce che, nella fase iniziale di disponibilità limitata di vaccini contro il Covid-19, e necessario definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee;

   il documento individua altresì come categorie prioritarie, gli operatori sanitari e sociosanitari, il personale ed ospiti dei presidi residenziali per anziani, gli anziani over 80, le persone dai 60 ai 79 anni, la popolazione con almeno una comorbilità cronica e riporta inoltre che, con l'aumento delle dosi di vaccino disponibili, si inizierà a vaccinare anche altre categorie di popolazioni tra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali, quali anzitutto gli insegnanti ed il personale scolastico, le forze dell'ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità;

   il piano vaccinale anti-Covid, che ha preso dunque il via ufficialmente il 27 dicembre 2020, è stato strutturato su tre fasi ed all'interno della terza fase, iniziata già il 18 febbraio 2021, è stata prevista la somministrazione del vaccino anche al personale scolastico e universitario docente e non docente, nell'ottica di assicurare, oltre alla sicurezza degli stessi, anche quella di migliaia di studenti;

   nei giorni scorsi purtroppo è venuto alla luce un grave problema che urge risolvere, ovvero che i docenti non residenti non possono accedere al vaccino, in quanto, il piano vaccinale, è regionale ed ogni regione, stabilisce tempistiche e modalità, per la somministrazione delle dosi di vaccino;

   è prioritario che la questione sia risolta proprio per assicurare quei valori e quei principi che, ancorché costituzionalmente garantiti, se non osservati scrupolosamente in questa fase, rischiano di mettere in pericolo molte vite umane;

   le regioni hanno, d'altronde, già fatto presente al Governo che il problema non è più rinviabile, chiedendo la possibilità di garantire la vaccinazione a tutti gli insegnanti indipendentemente dalla regione in cui prestano servizio (seduta 21 febbraio 2021, Conferenza delle regioni, documento 21/24/CR2/COV19);

   è necessario dunque un accordo tra le regioni, che garantisca regole uguali su tutto il territorio nazionale, affinché tutti gli afferenti a queste categorie particolarmente esposti al contagio, a prescindere da dove vivono o da dove lavorano, possano accedere ai vaccini, secondo quanto stabilito dal piano del Ministero della salute –:

   quali iniziative i Ministri interpellati intendano adottare in merito alla grave problematica, affinché tutto il personale scolastico e universitario docente e non docente possa essere vaccinato indipendentemente dalla residenza o dal luogo in cui presta servizio.
(2-01115) «Paxia, Schullian».

Interrogazioni a risposta orale:


   ALEMANNO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il tumore al seno è la neoplasia più frequente nella popolazione femminile (colpisce una donna su otto) e ne esistono diverse forme, che necessitano di differenti approcci;

   secondo il rapporto Aiom-Airtum 2019 «I numeri del cancro in Italia», sono circa 53 mila le nuove diagnosi di tumore al seno, che si stima arriveranno a 55 mila nel 2020;

   le principali società scientifiche nazionali ed internazionali riconoscono che i test genomici offrono l'opportunità di personalizzare al meglio le terapie, dando in particolare indicazioni sull'opportunità o meno di sottoporre la paziente, con determinate caratteristiche del tumore, alla chemioterapia. Difatti, le pazienti con un tumore ormonoresponsivo, di dimensioni contenute e con un ridotto numero di linfonodi coinvolti, possono evitare tale trattamento;

   tale possibilità, considerando l'impatto che la chemioterapia comporta a livello fisico, psichico e relazionale, permette di ottimizzare il percorso di cura in termini clinici e di costi economici e sociali;

   l'utilizzo dei test multigenici a scopo prognostico e predittivo consentirebbe altresì di migliorare la qualità di vita delle pazienti – e dei loro familiari – per le quali la chemioterapia risulterebbe inefficace. Si eviterebbe, inoltre, a persone immunodepresse di recarsi in ospedale per sottoporsi alle terapie, riducendo così il rischio di contagio da Covid-19 ed alleggerendo il carico per le strutture, già sottoposte a forte stress organizzativo;

   peraltro, ad oggi, solo le regioni Lombardia e Toscana, oltre alla provincia autonoma di Bolzano, prevedono il rimborso diretto dei test genomici in parola;

   al fine di rendere uniforme sull'intero territorio nazionale quanto previsto nei casi citati, ai commi 479 e 480 della legge di bilancio per il 2021, è stato istituito presso il Ministero della salute un fondo, con dotazione di 20 milioni di euro annui, per il rimborso diretto delle spese sostenute per l'acquisto – da parte degli ospedali, sia pubblici che privati convenzionati – di test genomici per il carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce, ma occorre un decreto attuativo del Ministro della salute ai fini dell'erogazione di tali risorse;

   tale decreto è richiesto a gran voce dalle associazioni impegnate su queste tematiche, tra cui il Movimento italiano per la prevenzione e la cura del tumore al seno, Europa Donna Italia, che, di recente, ha lanciato una campagna per la rapida attuazione della su menzionata normativa –:

   quali tempi di adozione siano previsti per il decreto ministeriale citato in premessa, attuativo del comma 480 della legge di bilancio 2021.
(3-02073)


   TIRAMANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni, il Pronto soccorso dell'ospedale di Borgosesia si è ritrovato, suo malgrado, al centro delle cronache e delle polemiche a causa di un medico dipendente di una cooperativa esterna che, durante il turno di servizio, ha prestato assistenza ai pazienti, in evidente stato di ebbrezza;

   la segnalazione di questo episodio sconcertante è arrivata direttamente al firmatario della presente interrogazione, sindaco di Borgosesia, da un concittadino recatosi in Pronto soccorso nella serata del 22 febbraio 2021;

   appena chiamato a visita, il paziente ha constatato lo stato di alterazione del medico e si è rifiutato di farsi curare, segnalando l'accaduto agli altri medici in servizio;

   a quanto consta, la vicenda ha richiesto, nella notte, l'intervento sul posto dei Carabinieri che avrebbero allontanato il medico in questione, registrando peraltro il suo rifiuto di sottoporsi agli accertamenti;

   l'episodio avrebbe potuto mettere a serio rischio la salute e la vita dei pazienti, soprattutto se in quel frangente fossero arrivati in Pronto soccorso e affidati allo stesso medico soggetti fragili, vulnerabili o incoscienti, impossibilitati a verificare il suo stato di alterazione;

   peraltro, a detta degli stessi vertici dell'azienda sanitaria di Vercelli, l'episodio in commento non sarebbe isolato. Esisterebbero precedenti «segnalazioni», non meglio specificate, che riguarderebbero la medesima cooperativa;

   secondo gli articoli di stampa, la stessa Asl avrebbe fatto ammenda, riconoscendo l'inadeguatezza del bando a suo tempo predisposto per l'affidamento del servizio e determinandosi adesso a stilarne uno nuovo che «contiene criteri di qualità di accesso più stringenti, in modo da garantire una migliore qualità del servizio»;

   a fronte dell'accaduto, il presidente della commissione regionale sanità ha presentato prontamente un'istanza di accesso agli atti, al fine di verificare le precedenti segnalazioni riguardanti la cooperativa, la loro gravità e i criteri di qualificazione previsti dall'originario bando di gara, in modo da ricostruire compiutamente la catena degli eventi –:

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza, anche normative, per assicurare più stringenti controlli anche con riguardo ai requisiti di idoneità tecnica, professionale ed economica posseduti dalle cooperative che svolgono servizi quali quelli indicati in premessa, a fronte delle gravi criticità segnalate presso l'Azienda sanitaria di Vercelli.
(3-02082)


   DI LAURO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dal comunicato stampa della regione Campania del 3 febbraio 2021 si è appreso che: «È stato sottoscritto questa mattina a Palazzo Santa Lucia il contratto per l'avvio della progettazione dell'ospedale unico della Penisola Sorrentina. Presenti con il Presidente della regione Campania Vincenzo De Luca il direttore generale dell'Asl Napoli 3 Gennaro Sosto, il presidente del Gruppo MATE Raffaele Gerometta, in rappresentanza della squadra di progettisti incaricati del lavoro, e i sindaci dei comuni interessati. L'Ospedale è finanziato dalla regione Campania con 65 milioni di euro»;

   nello studio di fattibilità prodotto nel giugno 2018 per la costruzione del suddetto ospedale, ad avviso dell'interrogante, non sono stati presi in considerazione alcuni fattori di rischio, quali l'inevitabile costipazione del traffico e l'indiscriminato incremento del transito veicolare dovuto non solo alla fruizione della struttura da parte di pazienti e visitatori e l'accesso necessario di medici, paramedici, informatori sanitari, fornitori e relativi mezzi di approvvigionamento in genere, tenuto conto che l'ospedale sorgerebbe nel pieno centro cittadino tramite l'unica strada di collegamento, già di per sé notoriamente caotica;

   non solo, altri fattori di rischio sarebbero stati trascurati nello studio di fattibilità: la chiusura dei due presidi ospedalieri di Vico Equense e Sorrento e le conseguenti difficoltà che avranno i mezzi di soccorso e i pazienti che necessitino di urgenti misure emergenziali, nel raggiungere il nuovo ospedale; l'enorme cambiamento urbanistico che subirà principalmente il comune di Sant'Agnello, e il ripensamento da luogo turistico per antonomasia a comune ospedaliero, viste le dimensioni del nuovo Dea di I livello; l'immane impatto ambientale su un luogo già di per sé fragile, giacché l'edificazione avverrebbe pericolosamente su di un suolo costituito da roccia tufacea friabile dalle ampie cavità sotterranee, oltre che in demolizione dell'esistente, con l'ampliamento del corpo cementizio e relativa distruzione di giardini, che, unitamente all'incremento del traffico, renderebbe ancora più inospitale e invivibile la zona e, paradossalmente, fornirebbe conseguentemente più pazienti al nosocomio;

   particolarmente grave è il rischio di dissesto idrogeologico della zona: infatti, come si può desumere dalle tavole illustrative relative alla pericolosità delle frane e al rischio idraulico dell'autorità di bacino del Sarno, sull'area insistono pericolosità medie se non elevate;

   a tal proposito, desta non poche preoccupazioni il cedimento del suolo nel parcheggio del vicino ospedale del Mare a Ponticelli, fortunatamente senza vittime ma con gravi conseguenze circa l'attività medica, in virtù del fatto che viale dei Pini, strada sulla quale è posto l'ingresso all'ospedale, è più volte drammaticamente precipitata giacché edificata sulla colmata di materiale di risulta sversato nel rivo San Filippo, e quindi a grave rischio idrogeologico;

   dal punto di vista sanitario, la costruzione del nuovo ospedale denota alcune criticità: secondo l'interrogante il Nuovo ospedale unico non risolverebbe la necessità di abbreviare i tempi per le visite specialistiche e la diagnostica «pubblica», in quanto, contestualmente, verrebbero chiusi i due presidi ospedalieri «Santa Maria della Misericordia» e il «De Luca e Rossano», senza contare che l'attuale emergenza epidemiologica da Covid-19 sta dimostrando in tutta la sua drammaticità i limiti di un sistema centralizzato dei presidi ospedalieri;

   il progetto comporta un impiego di fondi pubblici per oltre euro 65.000.000, che, visto quando sopra esposto, potrebbero non risolvere le criticità del sistema sanitario della penisola sorrentina, se non, addirittura, aggravarle e allargarle a nuovi ambiti, quali la viabilità del comune di Sant'Agnello e delle aree vicine e il dissesto idrogeologico nelle zone in cui avverranno gli interventi –:

   di quali informazioni disponga in merito alla costruzione del Nuovo ospedale unico della penisola sorrentina e se intenda avviare verifiche, per quanto di competenza, in merito alle criticità esposte in premessa.
(3-02083)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute, dispone all'articolo 1, comma 1, quanto segue: «1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo specifico riferimento alla medicina di genere e all'età pediatrica»;

   ad oggi, anche secondo diverse fonti di stampa, ancora non sono stati adottati tutti i decreti di cui al predetto articolo 1, comma 1 –:

   quali siano le motivazioni che sottendono la ritardata adozione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3;

   quale sia lo stato di avanzamento relativo alla elaborazione dei medesimi decreti e quali siano le relative tempistiche di completamento e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di accelerare i processi che porteranno alla loro definitiva approvazione.
(5-05404)


   BUSINAROLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria mondiale legata alla diffusione del Covid-19 sta avendo gravi ripercussioni nell'ambito della sanità e, nel caso specifico della regione Veneto, si evidenziano diverse criticità già presenti da molto tempo e che mettono a rischio le prestazioni sanitarie che non rientrano nell'ambito dell'emergenza;

   le scelte operate nell'ultimo ventennio dalla regione Veneto nel settore della sanità, attraverso numerosi tagli alle risorse finanziarie, hanno portata ad una ingente carenza di organico, arrivando alla mancanza di 4000 infermieri (1000 soltanto per la provincia di Padova) e alla chiusura di alcuni nosocomi, tra cui quelli di Conselve, Monselice, Este e Montagnana;

   nel Quarto rapporto redatto dall'Istat, unitamente all'Istituto superiore di sanità, del 30 dicembre 2020 si evidenzia che, nella regione Veneto, si è registrato un aumento del 42,8 per cento dei decessi rispetto allo stesso mese del 2019 e, analizzando i dati della provincia di Padova suddivisa in 102 comuni, risultano 6.211 (903 uomini e 3308 donne) le persone decedute, tra il 1° marzo e il 31 ottobre 2020, il dato Istat fa riferimento a qualsiasi causa di mortalità e non solo di Covid-19);

   facendo riferimento in particolare ai comuni della Bassa Padovana, che contano nel loro insieme 180.000 abitanti, si deduce un incremento di 127 decessi, tra maschi e femmine, con una mortalità che in questa zona si attesta ad una percentuale molto alta, pari al 9,95 per cento;

   l'alto tasso di mortalità rilevato nella Bassa Padovana non sarebbe dovuto soltanto alla diffusione del Covid-19, visto che in periodo di lockdown ci sono stati meno decessi legati al lavoro o al traffico veicolare, ma anche ad una serie di scelte operate nel corso degli anni tra cui le autorizzazioni per la realizzazione di impianti per il trattamento dei rifiuti per gli impianti a biogas e per tutte quelle strutture che producono sostanze inquinanti, che hanno reso la stessa una delle zone più inquinate d'Europa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e delle possibili conseguenze che possono derivare dal mancato raggiungimento dei Livelli essenziali di assistenza nel territorio in questione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire il diritto alla salute dei cittadini.
(5-05405)


   FRAGOMELI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   recentemente sono state predisposte dal Ministero della salute le linee guida sulla telemedicina; l'iniziativa è stata accolta positivamente sia dagli operatori di mercato che dai cittadini, i quali possono così semplificare e velocizzare il proprio accesso alle strutture sanitarie. Tali linee guida riguardano 4 aree principali: televisita, teleconsulto, teleconsulenza, telerefertazione;

   in seno a queste quattro aree non è tuttavia presente riferimento alcuno alla categoria degli esami clinici o strumentali a domicilio del paziente o in strutture private che devono evitare lo spostamento dei propri pazienti: ciò rappresenta una grave mancanza;

   in particolare, si fa riferimento alla diagnostica domiciliare (radiografie ed ecografie), pratica presente sul mercato da circa quattro anni e fortemente apprezzata dagli utenti, nonché di notevole importanza sia in questa fase pandemica che in prospettiva, a supporto delle categorie con difficoltà negli spostamenti: anziani, disabili, pazienti allettati;

   la radiologia domiciliare permette di effettuare l'esame, con il supporto di un tecnico radiologo, spostando l'attrezzatura (portatile) direttamente presso il domicilio del paziente che ne fa richiesta; l'esito viene poi telerefertato al medico radiologo;

   i vantaggi di tale attività sono:

    1. riduzione dell'affollamento nei pronto soccorsi; le tempistiche garantite per l'erogazione del servizio sono paragonabili, se non migliori, a quelle del pronto soccorso;

    2. riduzione degli spostamenti degli anziani dalle strutture di assistenza (Rsa, case di riposo) verso strutture sanitarie, evitando così il rischio di esposizione ad ambienti con forte affluenza di persone;

    3. in caso di follow-up, riduzione dell'accesso alle strutture ospedaliere pubbliche, permettendo così di concentrarne le risorse sulle casistiche più gravi;

    4. riduzione dei disagi per le persone con difficoltà (disabili, anziani) che patiscono nel dover abbandonare, anche temporaneamente, il proprio ambiente;

    5. aumento della copertura territoriale delle prestazioni e riduzione degli spostamenti dei pazienti verso un unico punto di accoglienza, con benefici su traffico e inquinamento;

    6. ottimizzazione del lavoro dei professionisti sanitari, con miglioramento qualitativo delle prestazioni erogate e relativo beneficio per i pazienti;

   attraverso la radiologia domiciliare, anche gli esami ecografici che attualmente richiedono la presenza di un medico, possono essere svolti in streaming con il supporto di un tecnico radiologo, attivo presso il paziente, adeguatamente formato e in collegamento real time con un medico radiologo. Tale pratica consente un estremo efficientamento e un notevole aumento di produttività nell'effettuazione di questa tipologia di esami, la cui richiesta sta oggi esplodendo con conseguenti ripercussioni sulle liste di attesa e sulla successiva limitata tempestività delle diagnosi –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno valutare l'adozione di iniziative per l'inserimento di questa tipologia di prestazioni (esami clinici e strumentali a domicilio) nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e, in particolare, nell'ambito della telemedicina e almeno per i pazienti over 60, in modo tale da ottenere (per pazienti e operatori sanitari) tutti i benefici elencati in premessa (tenendo conto che in alcune regioni tale pratica è già attiva);

   se, conseguentemente, non ritenga utile attivare un tavolo di lavoro con tecnici esperti (medici radiologi, tecnici di radiologia, iscritti all'Albo dei professionisti e altri) allo scopo di regolamentare con dettagliate linee guida l'operatività della diagnostica domiciliare; la certificazione degli operatori abilitati; i requisiti tecnologici; le attrezzature usate; la tutela della privacy;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per consentire uno spostamento libero delle unità mobili di radiologia anche nelle zone a traffico limitato, allo scopo di velocizzare al massimo il raggiungimento dei domicili ove chiamate ad operare.
(5-05408)


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2020, è stato nominato Commissario ad acta, per la realizzazione del Piano di rientro disavanzi del servizio sanitario della regione Calabria, il dottor Guido Longo;

   in data 18 febbraio 2021 il Commissario ha emanato il decreto del Commissario ad acta n. 31 per indicare le linee guida alle aziende territoriali ed ospedaliere;

   nell'allegato al succitato decreto del Commissario ad acta, con titolo «L'area territoriale», viene riportata una scheda che alla voce «Casa della Salute» include le strutture di Praia a mare e Trebisacce che erano in precedenza classificati come presìdi ospedalieri;

   tutto in netto contrasto con le sentenze emesse dal Tar e dal Consiglio di Stato che hanno sancito la riattivazione dei due presìdi ospedalieri di frontiera, ricadenti nelle aree territoriali dell'Alto Ionio e dell'Alto Tirreno della provincia di Cosenza;

   la chiusura di questi ospedali ha di fatto privato dei servizi un vasto bacino di utenza. In questo modo, mentre si limitano i livelli essenziali di assistenza, si favorisce l'aumento dei costi per la cura di una parte considerevole di cittadini calabresi, costretti a ricorrere alle prestazioni ospedaliere nei presìdi più vicini alla loro residenza, che non sono da annoverare tra gli ospedali calabresi, ma nelle regioni confinanti;

   tale scelta, di fatto, contrasta con il pronunciamento che lo stesso Commissario aveva reso pubblicamente subito dopo il suo insediamento, dichiarando la sua piena disponibilità alla riapertura dei presidi ospedalieri;

   la scheda sopracitata elenca un programma di realizzazione di «Case della Salute» approvato da dieci anni che ad oggi rimane inattuato;

   nell'elenco delle «Case della Salute» viene anche indicato il comune di Cariati, nonostante, sia in sede regionale, che ministeriale, nei mesi scorsi, sia stato preso in considerazione un programma per la riattivazione dell'ospedale e garantirne il pieno funzionamento;

   infine, l'elenco non recepisce il decreto del Commissario ad acta n. 65 del 2020, nel quale era stato inserito il sito di Amantea per la realizzazione della Casa della salute valutata come un prioritario intervento finalizzato alla erogazione di servizi essenziali di assistenza territoriale e al completamento di un'opera di edilizia sanitaria incompiuta, che oggi dopo anni si presenta come un monumentale spreco di risorse finanziarie pubbliche;

   evidente è, a questo punto, il rischio di una continuità con le gestioni commissariali del passato, che ormai da oltre dieci anni, invece di perseguire l'obiettivo di attuare un piano di rientro dai disavanzi pregressi hanno fatto registrare un vorticoso aumento del debito sanitario –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano assumere affinché sia annullato il decreto del Commissario ad acta n. 31 del 18 febbraio 2021 e contestualmente si pervenga alle indicazioni di linee guida capaci di esprimere una reale programmazione dei servizi sanitari in coerenza con il mandato che è previsto nel nuovo «decreto Calabria» (decreto-legge n. 150 del 2020), per il quale il Commissario è tenuto ad adottare iniziative con il fine di tagliare gli sprechi ed elevare il livello dei servizi.
(5-05435)


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa di questi giorni che la situazione sanitaria in Umbria sarebbe molto grave, e che, a fronte dei dati tra i peggiori d'Italia, non vi sarebbe alcuna capacità reattiva delle strutture ospedaliere e soprattutto delle terapie intensive;

   questa situazione troverebbe conferma anche dalla circostanza riscontrata del diffuso timore degli anziani di recarsi in ospedale e della sostanziale impossibilità, in questo periodo emergenziale, di curare le patologie oncologiche, quelle della chirurgia non di urgenza e quelle ambulatoriali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle circostanze emerse, sopra descritte;

   se abbia svolto un approfondimento, per quanto di competenza, per verificarne la veridicità;

   se ritenga vi siano le condizioni per adottare iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con la regione, al fine di tutelare anche in via preventiva la salute dei cittadini umbri, con gli strumenti più opportuni ed immediati.
(5-05436)


   MORANI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 2 dicembre 2020 è stato presentato il Piano strategico per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19 e l'8 febbraio 2021 è stato pubblicato il documento di aggiornamento delle categorie e l'ordine di priorità per la seconda fase della campagna vaccinale in base all'evoluzione delle conoscenze e alle informazioni sui vaccini disponibili;

   con l'arrivo in Italia del vaccino AstraZeneca è iniziata la seconda fase del piano vaccinale con la previsione di due percorsi paralleli, uno con la vaccinazione degli operatori sanitari, degli ospiti delle Rsa e degli over 80 con i vaccini di Pfizer e Moderna e l'altro con il vaccino AstraZeneca su categorie ben definite, tra cui il personale scolastico;

   con l'ingresso del piano vaccinale in seconda fase è diventata evidente la disparità della sua attuazione tra le singole regioni poiché ognuna ha adottato modalità e tempistiche diverse;

   inoltre, ad aggravare la situazione si è aggiunto il fatto che Aifa prima ha autorizzato la somministrazione del vaccino AstraZeneca solo ai soggetti fino a 55 anni e in buona salute e poi, successivamente lo ha esteso ai soggetti di età compresa tra i 55 e i 65 anni;

   in particolare, per quello che riguarda la regione Marche dal 27 febbraio 2021 si sono aperte le prenotazioni per il personale scolastico sulla piattaforma Poste Italiane https://prenotazioni.vaccinicovid.gov.it che gestisce per la regione tale fase;

   sembrerebbe, però, che la regione, non recependo in tempo reale l'estensione dell'autorizzazione di Aifa all'utilizzo del vaccino Astrazeneca, abbia fornito indicazioni non complete sulla vaccinazione del personale scolastico, indicando in un primo momento che solo il personale fino a 55 anni di età avrebbe potuto prenotarsi quando, in realtà, ciò era possibile fino a 65 anni di età;

   questo ha comportato che solo all'ultimo momento i dirigenti scolastici abbiano comunicato tale variazione ai loro docenti con più di 55 anni che hanno potuto trovare posto solo a partire dal mese di aprile in poi, visto che in poco tempo si erano già raggiunte 20 mila prenotazioni;

   in pratica, il personale scolastico con più di 55 anni di età sarà vaccinato dopo i colleghi più giovani che hanno potuto prenotarsi prima. Infine, è da segnalare che il corpo docente e il personale Ata tra i 65 e i 67 anni età è comunque rimasto escluso dalla prenotazione –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e se non ritenga doveroso ed urgente, nel rispetto delle competenze in materia, adottare iniziative affinché sia data la possibilità al personale scolastico più anziano, che non si sia potuto prenotare appena aperte le prenotazioni, a causa di un disguido di comunicazione da parte della regione, di essere vaccinato quanto prima e comunque in contemporanea con il personale più giovane, anche al fine di garantire, nel rispetto dell'andamento epidemiologico e della salute di tutto il personale scolastico, l'attività didattica in presenza;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché anche il personale scolastico compreso nella fascia di età 66-67 anni, attualmente escluso dalla somministrazione del vaccino AstraZeneca limitato alla fascia di età dei 65 anni, possa essere vaccinato il prima possibile, essendo questo, proprio in ragione dell'età, estremamente vulnerabile agli effetti del Covid-19.
(5-05437)


   DE FILIPPO, PINI e RIZZO NERVO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo gli ultimi dati aggiornati al 2 marzo 2021 pubblicati nel Report Vaccini Anti Covid-19 del Governo su un totale di 4.434.131 somministrazioni agli operatori sanitari sono state somministrate 2.353.192 dosi;

   nonostante tali cifre, il tema della protezione dal contagio da Covid-19 nelle strutture sanitarie a causa dello scoppio di focolai dovuti a lavoratori sanitari che hanno rifiutato la vaccinazione è attuale e suscita molte polemiche;

   in particolare, il presidente dell'Inail in risposta ad una richiesta di chiarimenti da parte del Policlinico San Martino di Genova se dovessero essere considerati vittime di infortunio o spettasse loro la semplice copertura Inps per la malattia i 15 infermieri ammalati di Covid-19, dopo aver rifiutato il vaccino ha risposto che «il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto a un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell'infortunato». «Sebbene il rifiuto di vaccinarsi non corrisponda al pressante invito formulato da tutte le autorità sanitarie per l'efficace contrasto della pandemia» — continua la nota — «questo non preclude in alcun modo, in base alle regole consolidate, l'indennizzabilità dell'infortunio in caso di contagio in occasione di lavoro. Il rifiuto di sottoporsi al vaccino, espressione comunque della libertà di scelta del singolo individuo, non può comportare l'esclusione per l'infortunato dalla tutela Inail»;

   tale dichiarazione comporta che anche il lavoratore che rifiuta di vaccinarsi deve essere tutelato in quanto il vaccino anti Covid-19 non è un obbligo di legge e Inail è tenuto alla protezione di tutti i lavoratori vittime di infortunio sul lavoro secondo le attuali previsioni normative;

   da un punto vista legislativo, infatti, non esiste una obbligatorietà della vaccinazione né per il cittadino in generale né per il lavoratore qualsiasi lavoro egli svolga;

   inoltre, dal punto di vista più strettamente assicurativo l'istituto ricorda che la giurisprudenza ha sempre confermato l'obbligo alla copertura assicurativa anche nei casi in cui il lavoratore tenga comportamenti colposi come, ad esempio, il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Tale comportamento semplicemente esclude la responsabilità dei datori di lavoro, ma non esime l'Inail dalla copertura assicurativa;

   infine, viene precisato che il rifiuto del vaccino contro il Covid-19 non introduce la possibilità di invocare il concetto di «rischio elettivo», dal momento che «il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all'occasione di lavoro» –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, se i Ministri interrogati non ritengano necessario adottare iniziative per introdurre, al fine di limitare la diffusione del Covid-19, norme volte a rendere la vaccinazione contro la Sars-cov-2 obbligatoria per tutte quelle categorie di lavoratori a rischio e quindi maggiormente esposti al contagio e alla trasmissione del virus sia per le mansioni svolte che per il luogo in cui queste si svolgono, come sono di fatto gli operatori sanitari.
(5-05438)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOSCOLO, BOLDI, RIXI, PANIZZUT, DE MARTINI, LAZZARINI, PAOLIN, SUTTO e TIRAMANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la fibrosi cistica, nota anche come mucoviscidosi, è una malattia genetica grave, causata da una mutazione del gene Cftr (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che comporta la produzione di secrezioni eccessivamente dense, disidratate, la cui persistenza negli organi determina il loro progressivo danneggiamento, con cicli di infezioni e infiammazioni ingravescenti;

   la malattia colpisce, in particolare, l'apparato respiratorio e quello digerente, incidendo in maniera significativa sulla qualità e, purtroppo, sulla durata della vita dei soggetti che ne sono affetti: il paziente può sviluppare difficoltà nella digestione e nell'assorbimento dei cibi, danni al pancreas, al fegato, all'intestino e, in misura prevalente, una perdita progressiva della funzione polmonare che gradualmente può condurre all'insufficienza respiratoria, rendendo indispensabile il trapianto di polmoni;

   solamente negli ultimi anni, grazie ai progressi della ricerca scientifica, hanno ottenuto l'approvazione i primi medicinali in grado di agire efficacemente sulle cause della malattia, migliorando le prestazioni del gene Cftr alterato;

   il più recente e promettente di questi medicinali, indicato per una fetta importante dei pazienti affetti da fibrosi cistica, è denominato Kaftrio e assume a propria base l'associazione fissa fra i principi attivi ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor;

   il medicinale è stato autorizzato dalla Food and Druq Administration, nel mese di novembre 2019. Successivamente, in data 21 agosto 2020, dopo diversi mesi dall'approvazione statunitense, lo stesso medicinale ha ottenuto l'autorizzazione centralizzata a livello europeo, come farmaco orfano ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000, giusta decisione della Commissione europea C(2020) 5845;

   a questo punto, con determinazione n. 118 del 29 ottobre 2020, l'Agenzia italiana del farmaco ha preso atto dell'autorizzazione all'immissione in commercio centralizzata e ha collocato Kaftrio nella cosiddetta classe C-nn, dedicata ai medicinali non ancora valutati ai fini dell'ammissione alla rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale;

   ad oggi, nonostante siano decorsi circa quattro mesi dalla predetta determinazione, non si hanno aggiornamenti in merito allo stato di avanzamento della procedura di negoziazione delle condizioni di prezzo e rimborso di questo importante medicinale. Kaftrio è autorizzato all'immissione in commercio, ma non è ancora classificato come essenziale e prescrivibile, nelle forme ordinarie, con costi a carico del Servizio sanitario nazionale;

   la pandemia da Covid-19, nella drammaticità delle sue ricadute, ha dato prova di come sia possibile, con il massimo impegno, ridurre i tempi burocratici necessari per l'approvazione e la classificazione dei medicinali, senza per questo rinunciare agli accertamenti indispensabili relativi ai profili di sicurezza;

   sarebbe doveroso assicurare la medesima tempestività anche nella valutazione delle altre terapie essenziali nella cura delle patologie più gravi che affliggono gli assistiti del Servizio sanitario nazionale qual è appunto quella che forma oggetto della presente interrogazione;

   a questo scopo, peraltro, l'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, prevede già una procedura abbreviata per l'ammissione alla rimborsabilità dei medicinali «orfani ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000», qual è appunto il medicinale Kaftrio ai sensi della succitata decisione della Commissione europea;

   ai sensi di tale disposizione, in particolare, l'Aifa è tenuta a valutare i suddetti medicinali con la massima priorità, anche attraverso «la fissazione di sedute straordinarie delle competenti Commissioni», al fine di concludere la procedura di negoziazione nel termine massimo di «cento giorni» dal relativo avvio –:

   quale sia lo stato di avanzamento della procedura di negoziazione delle condizioni di prezzo e rimborso del medicinale indicato in premessa e se non ritenga di adottare le iniziative di competenza al fine di favorirne l'accelerazione e la positiva conclusione.
(4-08372)


   SAPIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come riportato sul sito Internet dell'emittente «Esperia Tv» in un articolo del 22 febbraio 2021, un'anziana ospite di una casa di riposo di Dipignano, che era stata portata al pronto soccorso dell'ospedale di Cosenza, «Annunziata» il 16 febbraio, sarebbe morta la stessa sera del ricovero, ma i parenti sarebbero stati avvisati del decesso soltanto due giorni dopo, e solo per loro insistenza;

   «A rendere nota la vicenda – secondo il citato articolo – sono i figli della donna, la signora Maria, che hanno dato mandato al loro legale per presentare un esposto in Procura e contestualmente richiedere la cartella clinica della paziente»;

   lo scopo dei parenti, riporta l'articolo, è «capire cosa sia realmente accaduto a nostra madre e perché nessuno ci ha avvisato, nonostante sulla sua scheda ci fossero tutti i nostri numeri»;

   contestualmente, ivi si ricostruisce la vicenda: «Nel pomeriggio del 16 febbraio la signora si sente male e accusa diversi sintomi tra cui vomito. La struttura che la ospita allerta immediatamente il 118 e l'anziana viene trasportata in ospedale. Dopo qualche ora dall'arrivo al Pronto Soccorso un medico interpella i familiari per chiedere informazioni sullo stato clinico. Il genero dopo aver fornito le informazioni di cui era a conoscenza consiglia di contattare la struttura che ha certamente il quadro clinico esatto. Da allora è black-out»;

   gli stessi i parenti aggiungono: «Abbiamo telefonato per ore e per giorni senza mai ricevere alcuna risposta, ci siamo anche recati fisicamente al Pronto soccorso ma non ci hanno fatto entrare ripetendoci che dovevamo esclusivamente telefonare ai numeri forniti dall'ospedale. Il centralino però continuava a passare le nostre telefonate al reparto, ma il telefono squillava a vuoto o cadeva la linea»;

   solo il 18 febbraio 2021, e dopo molte insistenze, i parenti, racconta il suddetto articolo, riescono a parlare con un medico il quale comunica loro che «madre era morta da due giorni e che si trovava in una cella frigorifera dell'obitorio»;

   sulla vicenda è intervenuto il direttore del dipartimento emergenza-urgenza, dell'azienda ospedaliera, Pino Pasqua, che – per come riportato da un articolo del «Corriere della Calabria» del 23 febbraio 2021 – «all'indomani dell'accaduto e in esito all'indagine interna avviata nell'immediatezza della notizia, non esita a chiedere scusa ai familiari in nome e per conto dell'Azienda ospedaliera e del commissario straordinario, professoressa Isabella Mastrobuono», aggiungendo: «La gestione della comunicazione ai parenti dei pazienti, che l'emergenza pandemica ci ha costretti a delegare ai sanitari, indubbiamente ha evidenziato molte lacune ed insufficienze, soprattutto in un reparto nevralgico e ad elevata intensità di cura come il Pronto Soccorso e in generale tutta l'Emergenza Urgenza. Al fine di evitare che episodi dolorosi come questo possano riaccadere, siamo pronti, in accordo con la Direzione Strategia, a rivedere il processo di comunicazione e mettere a punto, grazie alle nuove tecnologie, un'informativa ai parenti costante e automatica» –:

   se siano a conoscenza dei fatti in premessa;

   di quali ulteriori informazioni dispongano e se siano a conoscenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, delle risultanze dell'indagine interna avviata dalla suddetta azienda ospedaliera e, all'occorrenza, se intendano riassumerle.
(4-08393)


   SCANU, PERANTONI, CADEDDU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sono innumerevoli le criticità relative all'organizzazione del sistema sanitario regionale sardo con particolare riferimento alla provincia di Oristano;

   l'emblema è rappresentato dall'ospedale San Martino di Oristano che vive ormai da tempo una situazione di grave crisi, determinata da una cronica carenza di personale e aggravata dall'emergenza Covid;

   questa situazione si riflette sul progressivo ridimensionamento dei reparti con il rischio di chiusura dell'intera struttura;

   in proposito, il sindacato dei medici Cimo ha diffuso i dati di un voluminoso dossier, in costante aggiornamento, mettendo in luce quanto tutti i settori dell'ospedale risultino fortemente sotto organico e l'operatività viene garantita soltanto grazie alla perseveranza del personale rimasto che si sottopone a carichi di lavoro e responsabilità non richieste, rinunciando spesso a ferie, permessi e straordinari;

   il quadro che si dipana vede disfunzioni e disservizi in quasi tutte le strutture dell'ospedale, imputabili al mancato rimpiazzo del personale in via di trasferimento o cessazione dal servizio. Nel lungo elenco delle anomalie risalta la situazione del reparto di rianimazione e terapia intensiva, il cuore dell'ospedale, che, a causa di imminenti trasferimenti, determinerà la chiusura del reparto, bloccando così di fatto l'intero presidio. A risentirne sarebbe, infatti, anche tutta l'attività chirurgica che, in assenza della terapia intensiva, dovrà rinunciare a numerosi interventi;

   gravissima risulta la situazione del pronto soccorso, con un organico dimezzato ormai da mesi e con un solo medico e 4 infermieri nel turno di notte, personale che risulta assolutamente insufficiente, con preoccupante incremento del rischio clinico;

   rischia la chiusura anche il reparto di ginecologia, poiché gli ambulatori di supporto alle nascite, come quello di isteroscopia diagnostica sono vicini alla sospensione, con conseguente necessità per le donne in gravidanza di rivolgersi agli ospedali fuori provincia;

   nel reparto di cardiologia manca il laboratorio di emodinamica, che è stato chiuso dal 15 agosto 2020 in quanto l'unico medico emodinamista, vincitore di concorso in altra sede, non è stato sostituito;

   i pochi medici rimasti in servizio nelle strutture del nosocomio si trovano a dover sopportare un carico di lavoro insostenibile, con un elevatissimo rischio di burnout;

   ma il depauperamento di servizi sanitari pubblici non riguarda soltanto il San Martino di Oristano, ma tutti i presidi ospedalieri del territorio;

   all'ospedale Delogu di Ghilarza, i reparti di medicina e chirurgia sono da tempo in grave difficoltà e il laboratorio analisi è del tutto sprovvisto di medici, mentre, a quanto consta agli interroganti, la radiologia non effettua esami diagnostici con l'utilizzo del mezzo di contrasto perché manca la figura del rianimatore;

   non vi sono rianimatori nell'ospedale Mastino di Bosa, dove, tra l'altro, il servizio di pronto soccorso è garantito dai chirurghi;

   la legge regionale 11 settembre 2020, n. 24 ha previsto la sostituzione dell'Ats con l'azienda regionale della salute (Ares) e il sostanziale ritorno al sistema delle otto Asl, dotate di personalità giuridica pubblica e autonomia organizzativa, amministrativa, tecnica, patrimoniale, contabile e di gestione, senza aver portato però ad alcun miglioramento;

   sono, anzi, stati disattesi gli obiettivi propalati di garantire l'uniforme miglioramento della qualità, dell'adeguatezza dei servizi sanitari e socio-sanitari ed il conseguimento dei livelli essenziali di assistenza in maniera omogenea su tutto il territorio regionale;

   nonostante l'annunciata riapertura di tutti i bandi, non sono chiare le tempistiche delle assunzioni ed i concorsi in fase di espletamento riguardano solo medicina interna e patologia clinica –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, per consentire un livello adeguato di personale ed evitare la chiusura dei presidi ospedalieri dell'oristanese.
(4-08398)


   VILLANI, NAPPI, MANZO, DEL SESTO, IORIO, BARBUTO, DEL MONACO, ADELIZZI, MAGLIONE e MARAIA. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in piena emergenza epidemiologica si stanno perpetrando in regione Campania inaccettabili ingiustizie nei confronti dei medici del 118, convenzionati con le Asl, pronti a scendere in piazza per tutelare i propri diritti, paventando una fuga in massa che causerebbe il collasso del sistema dell'emergenza-urgenza, già in grande difficoltà;

   tutto risale ad un accordo che la regione nel 1999 stipulò con la categoria; con delibera regionale n. 6872, fu disposta, nell'ambito del processo di attivazione del Sistema 118, ai medici della ex guardia medica convenzionati, passati a svolgere i compiti di medico di emergenza territoriale 118, una remunerazione aggiuntiva al trattamento economico previsto per il medico di guardia medica dal contratto allora vigente, in considerazione di una specifica attività lavorativa, e relativi rischi, che la stessa delibera definiva «usurante» e ad «elevato rischio fisico»;

   a determinare il taglio, un pronunciamento della Corte dei Conti basato sul nuovo accordo del 2005 che ha escluso ulteriori remunerazioni orarie per i medici e che ha stabilito che tale indennità sarebbe stata indebitamente riconosciuta e percepita dal personale medico convenzionato del 118 impiegato presso i Saut (postazioni di emergenza della rete territoriale) negli ultimi 15 anni; oltre ai tagli dello stipendio, per quasi un terzo della retribuzione mensile, i medici dovrebbero restituire ingenti cifre che oscillano dai 50 ai 90 mila euro;

   con nota del direttore Uoc Cure Primarie prot. n. 71 del 29 gennaio 2020, infatti, l'Asl NA 2 Nord ha sospeso in autotutela la remunerazione aggiuntiva oraria di euro 5,16 per i medici convenzionati in servizio presso i Saut aziendali;

   oltre all'Asl Napoli 2 e Napoli 3, anche l'Asl Avellino e Asl Salerno hanno deciso di procedere in autotutela ai tagli in busta paga ed ai recuperi degli anni passati;

   la deliberazione della giunta della regione Campania Dgrc n. 6872 del 1999, invero, non stabilisce una decadenza automatica del dispositivo, bensì stabilisce che nelle more del nuovo accordo di medicina generale, che ricomprenderà anche le problematiche relative ai medici Saut, vanno definiti alcuni preminenti aspetti legati al trattamento economico del personale ed al funzionamento e messa in rete dei Presidi Saut;

   tutta la vicenda è scaturita secondo l'interrogante da un'errata interpretazione di una norma che prevedeva un'indennità aggiuntiva cancellata con un colpo di spugna da una sentenza della Corte dei conti, a cui la regione si è opposta con un'istruttoria secondo l'interrogante debole;

   l'istruttoria della regione sembrerebbe infatti all'interrogante ictu oculi, «inadeguata e superficiale» nella misura in cui non sottolinea che l'indennità di 5,16 euro consentì di dar vita al servizio dell'emergenza territoriale convenzionata, risparmiando negli anni milioni di euro, senza dover assumere ex novo altri 1.400 medici;

   questi medici negli ultimi 12 mesi, benché impegnati in prima linea, non si sono visti riconoscere neppure le indennità Covid previste per i dipendenti;

   vieppiù che la retribuzione aggiuntiva su citata, uniformando l'indennità a quella percepita dal personale di altre regioni, ad oggi conserverebbe la propria validità economica e giuridica in quanto finora mai annullata;

   l'Accordo integrativo regionale 2003, tuttora vigente, nella parte che riguarda l'area dell'emergenza (articolo 7), conferma la retribuzione aggiuntiva;

   l'Accordo collettivo nazionale 2005, tra l'altro, pur introducendo la retribuzione oraria onnicomprensiva, inserisce la norma transitoria che cita «fatti salvi gli accordi regionali», secondo il principio generale ed inderogabile che nessun accordo può essere peggiorativo di quello precedente –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano adottare per evitare un disastroso esodo di questi medici, insostituibili per il contenimento della pandemia e per la tutela della salute pubblica, al fine di addivenire ad una soluzione della vertenza la cui evoluzione recente non può che procurare autentica indignazione.
(4-08399)


   BORGHESE. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il sistema sanitario regionale calabrese prevede, per le strutture sanitarie e socio-sanitarie private, l'accreditamento istituzionale, necessario per poter erogare prestazioni per conto del servizio sanitario regionale; un processo graduale che parte dalla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di una struttura sanitaria come descritto dal comma 3 dell'articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992 e sue modificazioni e integrazioni, come primo gradino di un più ampio processo che si conclude con l'accreditamento;

   la grave emergenza epidemiologica in atto impone la massima celerità nell'evasione delle richieste di accreditamento al fine di consentire anche alle strutture private accreditate di fornire supporto nella lotta alla pandemia;

   è noto che, negli ultimi due anni, l'istituendo O.t.a. (Organismo tecnicamente accreditante) al quale compete l'istruttoria tecnica volta alla verifica del possesso dei requisiti per il rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione di struttura sanitaria abbia generato dei forti ritardi nell'istruttoria delle pratiche;

   è opportuno e necessario verificare se nel rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter sopracitato venga rispettato l'ordine cronologico di presentazione delle domande e soprattutto i tempi previsti per il rilascio, atteso che il particolare momento storico richiede la massima trasparenza e soprattutto il rispetto della legalità –:

   se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non si ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, per consentire il rispetto della tempistica prevista per evadere le richieste rimaste inevase ormai da tanto tempo.
(4-08419)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 34 del 2020 dispone all'articolo 181 che le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate, sono rinnovate per la durata di dodici anni;

   tale rinnovo avviene secondo linee guida adottate dal Ministro dello sviluppo economico, con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al titolare dell'azienda, previa verifica della sussistenza dei requisiti;

   le regioni hanno inoltre facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, concessioni per posteggi liberi agli operatori in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione ovvero che, all'esito dei procedimenti, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione;

   la regione Lazio, con delibera n. 1042 del 22 dicembre 2020, prendendo atto delle linee guida adottate dal Ministro dello sviluppo economico il 25 novembre 2020, ha approvato le modalità operative per il rinnovo, fino al 31 dicembre 2032, delle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche del territorio regionale, in scadenza entro il 31 dicembre 2020;

   su questa delibera il sindaco di Roma capitale ha richiesto all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un parere, ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, con la richiesta di esprimersi circa possibili alterazioni della concorrenza causata dalle norme sopra esposte;

   l'Autorità ha indicato di disapplicare il quadro normativo nazionale e regionale in materia di rinnovi delle concessioni dei posteggi su area pubblica, in funzione del primato del diritto europeo sulle disposizioni nazionali incompatibili con il dovere di collaborazione degli Stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti in contrasto con le regole di concorrenza applicabili alle imprese;

   l'amministrazione capitolina ha deciso di non seguire il dettato normativo statale e regionale e di mettere a bando le concessioni in oggetto e, conseguentemente, ha dato indicazione ai municipi di revocare le procedure di proroga avviate;

   il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sul quale la sindaca Raggi fonda la sua iniziativa è, appunto, un parere e non ha valore prescrittivo; si rileva contemporaneamente che non vi è stata declaratoria di illegittimità della norma né da parte della Corte costituzionale, né da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda mettere in atto affinché la normativa in oggetto sia applicata da tutti i comuni, con la finalità anche di tutelare la categoria oggetto della norma danneggiata dall'emergenza epidemiologica.
(3-02077)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   SUT, ALEMANNO, CARABETTA, CHIAZZESE, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PAPIRO, PERCONTI e SCANU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 20 gennaio 2021 il Parlamento ha autorizzato, a maggioranza assoluta, l'allora Governo Conte II ad un maggior scostamento di bilancio di 32 miliardi di euro per l'anno 2021, il sesto dall'inizio della pandemia da COVID-19, per far fronte alla conseguente crisi economica, sociale e sanitaria;

   le richieste di scostamento autorizzate dal Parlamento nel corso del 2020 hanno comportato il ricorso a maggior deficit per circa 108 miliardi di euro;

   per fronteggiare la crisi il Governo ha assunto un impegno economico eccezionale al fine di fornire il massimo sostegno a famiglie, lavoratori e imprese;

   per queste ultime, in particolare, ci si è mossi precipuamente nella direzione di garantire l'accesso alla liquidità, la patrimonializzazione e i contributi a fondo perduto in funzione della riduzione del fatturato;

   è necessario ora concentrarsi sulla prosecuzione nella definizione e nell'implementazione di quanto fatto sino ad ora per le attività produttive: risarcire adeguatamente le partite Iva, sostenere gli iscritti alla casse previdenziali private, rendere maggiormente «perequativi» gli indennizzi tra i beneficiari anche attraverso il superamento del riferimento ai codici Ateco;

   nel riformare e implementare il meccanismo dei ristori, è altresì fondamentale non rallentare le operazioni di accredito e conservare, ove possibile, l'automatismo di riconoscimento rispetto ai beneficiari già riconosciuti;

   è verosimile che, sul piano pratico, le metodologie di calcolo ipotizzate e ancora in via definizione per «sostenere» professionisti, autonomi e imprese non consentiranno ai nuovi aiuti di raggiungere i potenziali beneficiari prima di aprile 2021: ciò si tradurrebbe, per i liberi professionisti iscritti alle casse private, in un intero anno di agonia per l'accesso ai ristori e in una spasmodica attesa per le altre partite Iva –:

   se e quali iniziative intenda predisporre al fine di garantire e ampliare il sostegno alle attività economiche e industriali delle diverse realtà colpite dalle conseguenze della crisi scatenata da COVID-19, anche in un'ottica di continuità rispetto allo sforzo posto in essere dal precedente Governo.
(3-02078)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 febbraio 2021 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico il primo incontro del tavolo finalizzato alla produzione del vaccino anti-COVID in Italia, al quale hanno preso parte, tra gli altri, assieme al Ministro interrogato, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi e il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Giorgio Palù;

   secondo gli articoli di stampa, il tavolo starebbe verificando la possibilità di creare un «polo nazionale pubblico-privato» in grado di potenziare la produzione di vaccini nel nostro Paese e fronteggiare, in tal modo, eventuali tagli o ritardi nella consegna degli stessi da parte delle aziende produttrici;

   la costituzione di un polo di questo tipo potrebbe contribuire, nel medio e nel lungo periodo, a dare una svolta concreta alla campagna di vaccinazione, i cui ritmi in Italia e, in generale, nell'Unione europea sono purtroppo inferiori alle attese, proprio a causa dei ritardi negli approvvigionamenti e della carenza di dosi sufficienti;

   a quanto consta, Farmindustria, l'associazione rappresentativa delle imprese del farmaco, ha colto l'importanza del progetto in esame, manifestando la propria disponibilità a collaborare allo stesso, affinché si valutino le diverse strategie percorribili ai fini dell'avviamento del polo;

   analogamente, il Ministro interrogato ha ribadito la totale disponibilità in termini di strumenti normativi e mezzi finanziari per raggiungere l'obiettivo della produzione di vaccini anti-COVID in Italia;

   è noto il grado di complessità delle sfide che un grande progetto di collaborazione come quello in esame inevitabilmente implica da un punto di vista industriale, tecnico, economico e scientifico, soprattutto a causa della scarsa disponibilità dei bioreattori indispensabili per la produzione dei vaccini e delle tempistiche necessarie per la produzione o, comunque, per la riconversione degli stessi;

   l'avvio del progetto rappresenta comunque un netto cambio di passo rispetto al passato che si auspica potrà consentire di rimediare gradualmente ai ritardi fin qui accumulati e rivelarsi fondamentale e strategico in vista delle future fasi della campagna di vaccinazione –:

   quali siano gli scenari, gli orizzonti temporali e gli strumenti tecnici e normativi presi in esame nel corso delle riunioni del tavolo finalizzato alla produzione del vaccino anti-Covid in Italia.
(3-02079)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   LABRIOLA, D'ATTIS, GIANNONE e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'ex Ilva di Taranto è lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa e questo impianto ha contribuito a fare di Taranto un'area ad alta criticità ambientale;

   nel 1990, l'area di Taranto è stata dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale e dal 1998 è ricompresa tra i siti di interesse nazionale;

   la Commissione europea ha più volte invitato l'Italia a risolvere il grave inquinamento che interessa il sito dell'Ilva e del territorio limitrofo allo stabilimento;

   in questi anni le complesse vicende legate allo stabilimento Ilva sono state affrontate quasi esclusivamente con provvedimenti legislativi d'urgenza, che hanno sostanzialmente fallito gli obiettivi prioritari di salvaguardare produzione, salute e ambiente;

   accanto ad una crisi sanitaria e ambientale si è di fronte anche a una profonda crisi produttiva e occupazionale. I dipendenti dell'Ilva sono circa 14 mila, a cui si aggiungono migliaia di persone che lavorano nell'indotto. Le imprese dell'indotto locale vantano attualmente crediti tra i 25 e i 28 milioni di euro da ArcelorMittal e 150 milioni di euro dallo Stato;

   il 6 settembre 2018 è stato siglato al Ministero dello sviluppo economico l'accordo sull'Ilva da sindacati, ArcelorMittal e commissari. ArcelorMittal ha quindi firmato un contratto d'affitto, che diventerà acquisto quando l'azienda avrà raggiunto, entro il 23 agosto 2023, i previsti obiettivi del piano ambientale;

   il 1° novembre 2018 ArcelorMittal ha assunto il controllo direzionale di Ilva;

   il 10 dicembre 2020 è stata firmata l'intesa tra ArcelorMittal e Invitalia per una nuova fase di sviluppo ecosostenibile dell'Ilva di Taranto. Al termine dell'operazione, Invitalia sarà l'azionista di maggioranza con il 60 per cento del capitale della società, avendo ArcelorMittal il 40 per cento;

   intanto la produzione dello stabilimento è ai livelli più bassi di sempre, buona parte degli impianti rimangono fermi e metà del personale rimane in cassa integrazione;

   il 13 febbraio 2021 è stata pubblicata la sentenza del tribunale amministrativo regionale di Lecce che ha stabilito che ArcelorMittal debba procedere allo spegnimento degli impianti dell'area a caldo entro 60 giorni, respingendo il ricorso di ArcelorMittal Italia contro l'ordinanza del sindaco di Taranto del 27 febbraio 2020, che riguardava il rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento –:

   quali iniziative e quale strategia si intendano adottare per rispondere ai gravi problemi che interessano l'ex Ilva e salvaguardare la produzione, l'occupazione dello stabilimento e dell'indotto, nonché certamente la tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
(3-02080)
(Presentata il 2 marzo 2021)


   MORETTO, FREGOLENT, D'ALESSANDRO e MOR. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il secondo mese del 2021 si chiude con una contrazione di immatricolazioni di auto pari a –12,3 per cento sul pari periodo 2020. La produzione degli autoveicoli in Italia nel 2020, rispetto al 2019, ha subito, infatti, una contrazione pari al 15 per cento, cifra che difficilmente sarà recuperata nella sua totalità nel 2021;

   soltanto la produzione di veicoli ibridi plug-in, pari a + 246,4 per cento, e delle altre ibride elettriche (+149,9 per cento), oltre alle elettriche pure (+30,4 per cento), ha registrato una significativa crescita, anche se i numeri assoluti sono assolutamente insufficienti a colmare l'abbattimento della produzione dei veicoli tradizionali;

   dopo il successo degli incentivi auto 2020 il Governo ha confermato l'arrivo di nuovi incentivi anche nel 2021. Il sistema incentivante, infatti, ha consentito di contenere la flessione delle vendite di auto nel nostro Paese che pure è stata pesante, con una riduzione del 27 per cento dei dati 2019 sul 2020 – ma non può rappresentare uno strumento di intervento strutturale e di lungo periodo;

   ad avviso degli interroganti, sul fronte della produzione le operazioni finanziarie Iveco e Stellantis, quest'ultima intrapresa anche per investire sempre più sulla tecnologia ibrida ed elettrica, sono state realizzate in assenza di un qualsiasi ruolo del Governo pro tempore sia in termini di politiche industriali che di supporto e indirizzo degli investimenti privati;

   nel Piano nazionale integrato per l'energia ed il clima (Pniec), settore del trasporto privato, il Governo aveva rivisto al rialzo le previsioni di crescita dei veicoli elettrici, ibridi e ibridi elettrici plug-in (Phev), puntando ad una diffusione complessiva di quasi 6 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica (di cui circa 4 milioni di veicoli elettrici puri) entro il 2030, che risulta però difficilmente raggiungibile nel contesto attuale;

   lo stesso Piano nazionale integrato per l'energia ed il clima prevedeva l'impegno a introdurre quote obbligatorie di veicoli elettrici per il trasporto pubblico;

   nell'attuale bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per il settore automotive non è al momento prevista la creazione di una filiera specifica sulla mobilità elettrica anche attraverso la riconversione delle industrie esistenti, mentre si riserva ampio spazio all'energia rinnovabile, con particolare riferimento all'idrogeno –:

   quale sia la strategia del Governo per il settore dell'automotive da introdurre nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche in termini di investimenti pubblici indispensabili per guidare la transizione ecologica, e, parallelamente, quali iniziative intenda adottare per indirizzare gli investimenti privati in questo importante comparto.
(3-02081)
(Presentata il 2 marzo 2021)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il comparto auto nel 2019 ha fatturato circa 93 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del prodotto interno lordo, con 5.700 imprese e 250 mila occupati, il 7 per cento dell'intera forza lavoro dell'industria manifatturiera italiana;

   nei primi 8 mesi del 2020, a causa dell'emergenza sanitaria in corso, il crollo del mercato dell'auto è stato pesantissimo con un calo del 38,9 per cento delle immatricolazioni (809.655 unità contro 1.325.704), registrando un consuntivo di 516.000 unità in meno;

   per far fronte alla crisi in atto, lo scorso anno, Governo e Parlamento, con un'azione di politica industriale per il settore, hanno introdotto con il «decreto Rilancio» e successivamente confermato con il «decreto Agosto» e con la legge di bilancio 2021 una serie di incentivi per l'acquisto di auto nuove, riuscendo a coniugare l'azione positiva per l'ambiente con l'eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, l'incremento della sicurezza del parco circolazione e il deciso sostegno ad un settore strategico per l'economia ed il lavoro italiani;

   gli incentivi varati con la legge di bilancio per il 2021, in particolare quelli con emissioni di CO2 contenute tra 61 e 135 gr/km hanno evitato, come per la seconda parte del 2020, che il mercato italiano crollasse: a gennaio 2021 il calo è stato del 14 per cento contro il 51,5 per cento della Spagna, il 39,5 per cento del Regno Unito, il 31,1 per cento della Germania;

   gli incentivi in vigore appaiono pienamente adeguati a sostenere per tutto il 2021 il mercato per le elettriche e con emissioni di CO2 tra 0 e 60 gr/km;

   per le auto con emissioni di CO2 tra 61 e 135 gr/km, che danno il contributo maggiore alle immatricolazioni, lo stanziamento di 250 milioni di euro, che riguarda solo il primo semestre 2021, risulta essere invece insufficiente;

   risulta all'interrogante che fino al 22 febbraio sono stati prenotati incentivi per circa 135,5 milioni di euro: tenendo conto della media giornaliera delle prenotazioni dal 18 gennaio (data di apertura delle domande per accedere ai contributi), lo stanziamento a disposizione rischia di esaurirsi a fine marzo, con il risultato di un crollo di immatricolazioni nei mesi successivi, crollo che va evitato se si punta a una crescita del prodotto interno lordo 2021 del 4 per cento come prevede l'Istat –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per rifinanziare, per il primo semestre del 2021, gli incentivi per le auto con emissioni da 61 a 135 gr/km di CO2, quali siano le intenzioni del Governo sulla politica industriale del settore automotive e se si intenda sostenerlo all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(5-05407)


   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Meana Sardo è un comune della provincia di Nuoro nella regione della Barbagia di Belvì. Il suo territorio si sviluppa con una morfologia aspra prevalentemente collinare e montuosa, ai margini del versante sud-ovest del massiccio del Gennargentu;

   l'ufficio postale ha sempre rappresentato un importante punto di riferimento per i cittadini;

   Poste italiane ha «contraccambiato» tale riconoscimento, investendo con varie iniziative portate avanti in generale nei comuni sotto i 5.000 abitanti, e in particolare a Meana Sardo, che è stato ad esempio la prima tappa sarda del progetto di educazione digitale e postale e per l'installazione del postmat;

   l'emergenza pandemica ha compromesso e reso complicata la vita di ogni cittadino nella sua quotidianità non solo nei grossi centri metropolitani, ma anche nelle comunità più piccole e periferiche;

   anche Poste Italiane, ai cui dipendenti va il ringraziamento della comunità, ha dovuto fronteggiare le evidenti difficoltà dell'emergenza pandemica;

   è evidente che bisogna assolutamente evitare assembramenti davanti o negli uffici postali;

   ad inizio anno, il sindaco del comune di Meana Sardo ha scritto una lettere alle Poste Italiane, e al prefetto per conoscenza, facendosi portavoce delle numerose istanze e proteste dei cittadini di Meana Sardo, per il fatto che, nell'ufficio postale di Meana, da diverso tempo, dei due impiegati previsti nella pianta organica, solo uno viene destinato all'ufficio e pertanto si trova a dover gestire da solo i numerosi servizi erogati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di venire incontro alle esigenze manifestate dal primo cittadino e dalla comunità di Meana Sardo riguardo al servizio di Poste Italiane.
(5-05411)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIANA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Ente acque della Sardegna (Enas) è l'ente pubblico non economico strumentale della regione che gestisce il sistema idrico multisettoriale dell'isola. È stato istituito con la legge regionale n. 19 del 2006 che ha trasformato l'ente autonomo del Flumendosa, risalente al regio decreto legislativo n. 498 del 17 maggio 1946;

   il servizio di vigilanza e presidio delle 31 opere di sbarramento principali gestite dall'Enas è stata nel tempo aggiudicato a ditte esterne, con l'impiego di guardie giurate armate, subentrate ai guardiani delle dighe;

   come noto, la guardia giurata è una guardia di sicurezza privata che opera nel campo della vigilanza e della custodia di proprietà mobiliari o immobiliari, con il compito di prevenire o reprimere reati. In caso di disservizi o situazioni di pericolo, le guardie giurate non possono intervenire in nessun modo, ma solo segnalare tempestivamente quanto rilevato a un tecnico dell'ente, che deve raggiungere l'impianto. Al riguardo, si evidenzia che le dighe non sempre sono facilmente raggiungibili, la loro ubicazione è lontana dai centri abitati e i tempi di intervento possono compromettere la tempestività delle operazioni. Per tale ragione il decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959, cosiddetto «Regolamento dighe», all'articolo 15, prevede che le dighe siano costantemente presidiate con personale adatto che risieda nelle immediate vicinanze in apposita casa di guardia;

   la circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 352 del 1987, in merito alle condizioni per l'esercizio e la manutenzione degli sbarramenti, prevede, inoltre, che «la guardiania» deve essere svolta da personale adeguatamente qualificato ed affidabile. A tal fine i «guardiani delle dighe», sono addestrati e preparati non solo per presidiare l'impianto ma anche per gestire situazioni di pericolo e svolgere specifici compiti di controllo, come il rilievo delle condizioni meteorologiche e il controllo dei dati idrometrici;

   la differenza tra le due figure appare rilevante, soprattutto nell'ottica di tutelare la sicurezza degli impianti, della popolazione e dei territori circostanti, che richiede, a parere dell'interrogante, un'attenta riflessione considerati anche i danni causati dalle abbondanti piogge che hanno recentemente colpito il Nord della regione e portato al progressivo riempimento degli invasi, come avvenuto a gennaio per la diga del Bidighinzu che ha raggiunto la soglia di sfioro;

   come denunciato da FederEnergia Cisal, l'Enel, che attualmente detiene le concessioni delle suddette centrali, ha annunciato un piano di esternalizzazioni per il servizio di sorveglianza delle dighe, che prevede l'affidamento a ditte esterne in sostituzione del personale interno specializzato e preposto alla guardiania degli sbarramenti, che, come rilevato, richiede una competenza specifica, considerate le caratteristiche degli impianti;

   a fronte di ciò, riemerge anche la delicata questione dei turni estenuanti di lavoro del personale addetto alla vigilanza e sicurezza delle dighe, con orari di lavoro spesso di gran lunga superiori a quelli contrattualmente previsti e con il rischio di una riduzione degli standard di adeguatezza del servizio di così alta responsabilità –:

   quali iniziative di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare, al fine di approfondire la problematica in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano assumere al fine di assicurare un servizio di guardiania specializzato che garantisca adeguate condizioni di vigilanza e sicurezza degli impianti, della popolazione e dei territori, unitamente alla tutela dell'occupazione e delle condizioni di lavoro del personale preposto.
(4-08376)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VIANELLO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2020 ArcelorMittal Italia spa, per la realizzazione di interventi di chiusura di nastri e torri dello stabilimento, aveva richiesto un differimento del termine al 31 luglio 2021, a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19;

   in data 29 settembre 2020 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emanava un decreto di proroga per la conclusione dei suindicati prescritti interventi e aumentava le prescrizioni e le misure cui l'azienda doveva adempiere per dare conto dello stato di avanzamento degli interventi;

   il medesimo decreto aveva fissato al 30 aprile 2021, il termine per la realizzazione della copertura di torri e nastri in piano e al 31 gennaio 2021 quello relativo al completamento delle attività di chiusura dei nastri e torri in quota dello stabilimento siderurgico, data – in quest'ultimo caso – la maggiore esposizione a fenomeni di spolvero determinanti un elevato rischio di inquinamento (articolo 1 del decreto citato);

   pertanto, ne derivava per la società di gestione l'obbligo di osservare ulteriori e specifiche misure al fine di prevenire e mitigare la suindicata dispersione di polveri quali: la riduzione della quantità specifica di materiale depositata per superficie di nastro; la riduzione della velocità del nastro; la riduzione delle altezze di salto del materiale dal nastro; l'intensificazione delle operazioni di bagnatura del materiale trasportato, oltre all'utilizzo di modalità alternative di trasporto;

   il medesimo provvedimento aveva inoltre imposto all'azienda misure di cautela, monitoraggio e controllo sul cronoprogramma, elaborate dalla commissione Via-Vas e validate dalla conferenza di servizi;

   inoltre, entro il 31 dicembre 2020, la suindicata società aveva l'obbligo di elaborare una relazione di dettaglio contenente lo stato di avanzamento degli interventi di chiusura delle torri e dei nastri trasportatori in quota e in esercizio, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dal provvedimento ministeriale;

   da fonti di stampa de La Gazzetta del Mezzogiorno del 15 ottobre 2020 si evince che ArcelorMittal Italia spa ha impugnato al Tar Lazio il decreto ministeriale succitato con riferimento alle prescrizioni relative alle torri e ai nastri in quota ivi contenute il cui termine, come detto, è stato anticipato al 31 gennaio 2021;

   va considerato l'avvenuto decorso del suddetto termine di scadenza del 31 gennaio 2021 per adempiere alla prescrizione indicata sull'avanzamento dei lavori necessari posti a tutela dell'ambiente e l'elevato rischio che tale inadempimento a tutt'oggi provoca all'ambiente e alla salute dei cittadini –:

   se, alla luce di quanto esposto, il Ministro interrogato, intenda fornire elementi per quanto di competenza in merito allo stato dei fatti concernente l'adempimento delle prescrizioni suindicate relative al completamento delle attività di chiusura delle torri e dei nastri in quota poste a carico di ArcelorMittal Italia Spa, società di gestione dello stabilimento siderurgico.
(5-05428)


   FERRI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate e l'attuazione cosiddetto «Superbonus 110 per cento», introdotto dall'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni, per interventi volti all'efficienza energetica fanno sorgere numerosi e rilevanti interrogativi circa la possibilità e le modalità di realizzazione degli interventi detraibili, arrivando financo a precludere l'accesso alle relative agevolazioni fiscali in presenza di parziali difformità dei titoli edilizi, anche nel caso in cui si tratti di immobili realizzati diversi decenni fa e dotati di regolare certificato di abitabilità;

   per evitare che tale problematica comprometta alla base l'impianto, la ratio e gli obiettivi del «superbonus 110 per cento» in relazione a un altissimo numero di immobili, si rende sempre più necessario chiarire il regime fiscale da ricollegare all'ipotesi di cui all'articolo 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che disciplina il caso in cui la parziale difformità dell'intervento realizzato rispetto al permesso di costruire non può né essere sanata, né essere ricompresa nelle ipotesi delle tolleranze costruttive di cui al successivo articolo 34-bis;

   in linea di principio, si dovrebbe affermare che in presenza di difformità parziali, non suscettibili di regolarizzazione mediante procedura di sanatoria ordinaria e non riconducibili alle tolleranze costruttive di cui all'articolo 34-bis, al fine di accedere agli incentivi fiscali e realizzare gli interventi previsti dalla disciplina del «Superbonus», è necessario sanare la difformità attraverso il ripristino della situazione legittima mediante demolizione delle opere difformi, ovvero, allorquando il ripristino non sia possibile senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, mediante procedura di fiscalizzazione di cui al citato articolo 34, comma 2;

   per non precludere a migliaia di immobili l'accesso al «Superbonus», infatti, la conclusione del procedimento sanzionatorio previsto dall'articolo 34, comma 2, (cosiddetta fiscalizzazione), dovrebbe intendersi come condizione necessaria e sufficiente per beneficiare delle agevolazioni fiscali collegate ai relativi interventi, evitando che l'attuale quadro normativo, da un lato, imponga a detti immobili di mantenere in essere la difformità, dall'altro, di non poter operare interventi di efficientamento e altri al pari di tutti gli altri contribuenti;

   tale situazione riguarda buona parte degli edifici e in particolar modo i condomini costruiti in Italia negli anni Sessanta e Settanta. Pertanto, costituendo tali fabbricati una porzione rilevante del patrimonio immobiliare italiano, che necessita di riqualificazione energetica e adeguamenti sismici, difformi conclusioni rispetto a quelle di cui sopra determinerebbero una notevole riduzione della portata applicativa di un'agevolazione fondamentale per la ripresa economica e per la decarbonizzazione del nostro sistema Paese, in ottica di un'efficace transizione ecologica-energetica, e per la riduzione del rischio sismico a cui sono esposti tutti i cittadini;

   l'alto numero di immobili interessati da detta problematica, inoltre, rischia di costituire un serio ostacolo al conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione 2050 cui il «superbonus 110 per cento» è preordinato –:

   se il Governo sia a conoscenza della problematica descritta e, se del caso, quali iniziative intenda assumere affinché l'accesso al «Superbonus 110 per cento» possa essere garantito anche ai contribuenti titolari di immobile oggetto di fiscalizzazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
(5-05432)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   SPORTIELLO, PERANTONI, MARTINCIGLIO, MASI, RUGGIERO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 1° marzo 2021, n. 22 «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri» istituisce il Ministero del turismo dando, tra l'altro, le seguenti competenze «il Ministero cura la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche turistiche nazionali, i rapporti con le regioni e i progetti di sviluppo del settore turistico, le relazioni con l'Unione europea e internazionali in materia di turismo (...) e cura altresì i rapporti con le associazioni di categoria e le imprese turistiche e con le associazioni dei consumatori»;

   il ruolo assegnato al Ministero del turismo presupporrebbe un'imparzialità di azione politica e un pari trattamento per tutte le attività del Paese legate al turismo;

   sul sito personale del Ministro però è riportata la dicitura «prima il nord», così come riportato anche dall'articolo di La Repubblica del 1° marzo 2021 –:

   se non ritenga che la dicitura, riportata in premessa, che appare sul suo sito personale, sia, eventualmente, pregiudizievole e in contrasto con quanto previsto dalle competenze assegnate al Ministero del turismo in ambito nazionale;

   quali iniziative di competenza, anche di tipo normativo, intenda intraprendere per sviluppare misure a sostegno delle attività turistiche nel Mezzogiorno del Paese.
(4-08418)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal rapporto dell'Istat «L'inclusione scolastica degli alunni con disabilità - A.S. 2019-2020», pubblicato il 9 dicembre 2020, nell'anno scolastico 2019-2020 aumenta ancora il numero di alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane, il 6 per cento in più rispetto all'anno precedente (+13 mila alunni) per un totale pari al 3,5 per cento degli iscritti. Risulta in crescita anche il numero di insegnanti per il sostegno, ma si sottolinea che il 37 per cento non ha le competenze adeguate, trattandosi di docenti individuati per rispondere alla carenza di insegnanti per il sostegno, che tuttavia non possiedono una formazione specifica per supportare al meglio l'alunno con disabilità;

   la pandemia ha aggravato la situazione mettendo a dura prova i soggetti più vulnerabili e determinando per molti di loro un isolamento ancora maggiore. Secondo l'istituto di statistica, tra aprile e giugno 2020 oltre il 23 per cento degli alunni con disabilità (circa 70 mila) non ha preso parte alle lezioni. I motivi sono vari, fra questi si evidenzia la mancanza di strumenti tecnologici ma soprattutto l'assenza delle figure competenti al sostegno, oltre che della parte di socializzazione con i compagni di classe, che realizzano nel concreto la didattica inclusiva;

   nel report dell'Istat si legge che «il numero di insegnanti specializzati risulta ancora insufficiente», ciò nonostante vi siano più di 13 mila insegnanti risultati idonei ma non vincitori alle selezioni del V ciclo Tfa per il sostegno svoltesi presso le varie università, il concorso obbligatorio per accedere al corso di specializzazione che permette di entrare nella graduatoria dedicata e quindi di lavorare come insegnanti di sostegno a pieno titolo. Infatti, per l'anno scolastico 2019-20 il Ministero dell'istruzione aveva bandito 19.585 posti, ma alle prove preselettive di settembre e ottobre si è presentata un numero molto consistente di candidati: per questo il numero di coloro che hanno superato tutte le prove è maggiore dei posti disponibili;

   i suddetti docenti, costituitisi in un coordinamento nazionale, chiedono di poter completare la loro formazione prima possibile per poter essere operativi già a settembre in un settore dove, come rilevato, spesso operano insegnanti che non hanno formazione specifica e non vi è alcuna continuità didattica. Nello specifico domandano l'ammissione in sovrannumero al VI ciclo (in base a quanto previsto all'articolo 4 del decreto ministeriale n. 92 del 2019) con accesso al corso di specializzazione entro giugno 2021 e l'inserimento con riserva nelle graduatorie di luglio dello stesso anno, in coda alla prima o alla seconda fascia sostegno, comunque con chiamata prima delle graduatorie incrociate. Inoltre, chiedono di poter partecipare al corso di specializzazione attivato nel proprio ateneo di riferimento e, qualora lo stesso non preveda di bandirlo, che l'ateneo provveda comunque alla specializzazione dei soprannumerari o, laddove vi sia una reale impossibilità, conceda il nullaosta affinché i propri candidati idonei possano partecipare al corso in altro ateneo, individuandolo sulla base del criterio della vicinanza territoriale –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare al fine di permettere ai candidati, già risultati idonei alle selezioni del V ciclo dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, di specializzarsi, affinché sia colmata la grave carenza di insegnanti di sostegno qualificati e, sin dal prossimo anno scolastico, sia garantito a ciascun alunno con disabilità di svolgere il proprio percorso formativo opportunamente affiancato, con continuità didattica e secondo le proprie possibilità e capacità, nell'ottica di un approccio all'inclusione che abbia l'obiettivo di mettere realmente al centro la persona e i suoi diritti.
(4-08379)


   PATELLI e COLMELLERE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il sistema del diritto allo studio universitario in Italia è disciplinato dalla legge n. 390 del 2 dicembre 1991 (Norme sul diritto agli studi universitari), dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 172 del 26 luglio 2001 recante «Disposizioni per l'uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, a norma dell'articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390» e dal decreto legislativo n. 68 del 2012 «Revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti»;

   a seguito della riforma del titolo V della parte II della Costituzione – operata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 – la potestà legislativa in materia di diritto allo studio universitario spetta alle regioni, non rientrando né tra le materie di potestà esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente. Allo Stato spetta, tuttavia, la competenza legislativa esclusiva relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione) tra cui rientra evidentemente il diritto allo studio universitario;

   le disposizioni di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001 non possono più essere rinnovate utilizzando il medesimo strumento e, al fine di superare le disposizioni risalenti all'anno 2001 e certamente non più attuali, occorre predisporre idoneo atto normativo utile a definire i livelli essenziali delle prestazioni Lep;

   giova ricordare che, non solo il decreto legislativo n. 68 del 2012 all'articolo 7, ma anche la legge n. 240 del 2010 (riforma universitaria), all'articolo 5, comma 1, lettera d), delega il Governo ad attuare uno o più decreti attuativi finalizzati alla revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'accesso all'istruzione superiore e alla contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni;

   è necessario specificare che l'articolo 7 del decreto legislativo n. 68 del 2012 prevede che il decreto del Ministero dell'istruzione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze debba essere aggiornato con cadenza triennale;

   ad oggi la disciplina di tale complessa e delicata materia è affidata al decreto interministeriale Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca-Ministero dell'economia e delle finanze n. 798 del 11 ottobre 2017 (Determinazione dei fabbisogni finanziari delle regioni, in attuazione dell'articolo 1, comma 271, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) nel quale sono definiti i criteri e le modalità per determinare i fabbisogni finanziari e le quote di riparto del Fis tra le regioni unicamente fino al 2019 –:

   se il Ministro interrogato, in coerenza con il dettato costituzionale e con il disposto dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 68 del 2012, al fine di superare le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001, intenda, adottare iniziative normative, prontamente, per disciplinare la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per l'anno corrente e il biennio successivo;

   se, al fine di addivenire ad una disciplina efficace, il Ministro interrogato intenda promuovere l'attivazione di un tavolo di confronto tra Governo e Conferenza Stato-regioni, anche con il coinvolgimento degli altri attori interessati, quali gli enti per il diritto allo studio, il Consiglio nazionale degli studenti universitari e la Conferenza dei rettori delle università italiane.
(4-08429)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Ianaro e altri n. 1-00423, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 febbraio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Troiano.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Miceli n. 4-08159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Luca.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Formentini n. 7-00561, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 409 del 15 ottobre 2020.

   La III Commissione,

   premesso che:

    il Venezuela continua a versare in una situazione di gravissima crisi economica, sociale e politica, in larga misura attribuibile al malgoverno del presidente Maduro, la cui permanenza al potere si deve al risultato di elezioni, la cui regolarità è stata contestata dalle opposizioni e da gran parte del mondo libero;

    dal punto di vista economico, il Venezuela fronteggia da anni un'iperinflazione di cui non riesce a venire a capo e sconta la caduta dei prezzi del greggio, che la pandemia da Covid-19 ha accentuato;

    il Governo venezuelano ha cessato di fornire alla popolazione anche i servizi essenziali, il cui godimento è un diritto dei suoi cittadini, determinando condizioni difficili anche dal punto di vista umanitario, comprovate dall'attivazione di un massiccio deflusso verso l'estero dei suoi abitanti;

    da terra d'immigrazione, in effetti, il Venezuela si è trasformato in un Paese d'origine di consistenti flussi migratori;

    in questo clima di grandissime difficoltà, stando a Vatican News, nel solo 2020, si sarebbero tenute in Venezuela non meno di 5.800 manifestazioni di protesta contro le condizioni di vita, alcune delle quali condotte persino da alleati interni di Maduro;

    in queste condizioni politicamente precarie, i venezuelani sono stati egualmente chiamati a rinnovare il proprio Parlamento il 6 dicembre 2020, in un clima di grande incertezza, contrassegnato da intimidazioni e timori di brogli, che hanno indotto le formazioni maggiori dell'opposizione a non parteciparvi;

    modalità di effettuazione delle elezioni e risultati del voto non sono stati riconosciuti dall'Unione europea, che ha decretato l'imposizione in successione di diverse tornate di sanzioni nei confronti del regime madurista, le ultime varate il 22 febbraio 2021, contro 19 funzionari;

    il nuovo Parlamento uscito dalle elezioni del 6 dicembre 2020 si è riunito per la prima volta in gennaio 2021 ed ha già provveduto ad interdire per i prossimi quindici anni dai pubblici uffici Juan Guaidò ed altri 27 ex parlamentari dell'opposizione;

    le conseguenti tensioni affiorate nelle relazioni tra Venezuela ed Unione europea sono recentemente sfociate nell'espulsione dal Paese dell'ambasciatrice dell'Unione europea a Caracas, Isabel Brilhante Pedrosa, decretata da Nicolas Maduro ed attuata dal suo Ministro degli esteri, Jorge Arreaza, che le ha dato soltanto 72 ore per lasciare il territorio venezuelano;

    occorre più che mai dare un segnale univoco alla popolazione venezuelana circa la determinazione della comunità internazionale a non accettare più passivamente la violazione dei diritti umani e politici da parte delle autorità di Caracas,

impegna il Governo:

   ad assumere tempestivamente ogni iniziativa di competenza in ambito internazionale che sia ritenuta utile per contribuire ad assicurare il rispetto dei diritti umani e politici in Venezuela;

   a coordinare la politica italiana nei confronti del Venezuela con gli indirizzi adottati dagli Stati alleati del nostro Paese, tanto in relazione alle controverse elezioni presidenziali che Maduro ritiene di aver vinto quanto in rapporto alle più recenti elezioni politiche svoltesi il 6 dicembre 2020 in assenza delle formazioni più rappresentative dell'opposizione;

   ad adoperarsi, conseguentemente, sul piano diplomatico, in raccordo con gli alleati atlantici ed europei del nostro Paese, per il ritorno del Venezuela alla democrazia, attraverso l'indizione di nuove elezioni presidenziali e politiche libere e trasparenti;

   ad assicurare, nel frattempo, il riconoscimento, nel quadro delle turbolenze politiche ed istituzionali del Paese latinoamericano, alle opposizioni democratiche e a Juan Guaidò, presidente dell'Assemblea Nazionale eletta nel 2015, la condizione di interlocutori privilegiati nella prospettiva di una soluzione democratica alla crisi venezuelana;

   a chiedere, altresì, assieme agli Stati alleati del nostro Paese, di reintegrare Juan Guaidò nella pienezza dei propri diritti politici, assieme agli altri ex 27 parlamentari dell'opposizione, che ne sono stati privati per i prossimi 15 anni;

   a chiedere l'immediata scarcerazione delle centinaia di prigionieri politici detenuti nelle strutture di polizia e di intelligence venezuelane, tra i quali figurano anche alcuni venezuelani con cittadinanza italiana.
(7-00561) «Formentini, Billi, Coin, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Picchi, Ribolla, Zoffili».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00574, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 424 del 6 novembre 2020.

   La III Commissione,

   premesso che:

    il 6 dicembre 2020, Nicolàs Maduro ha vinto le elezioni legislative del Venezuela. Con l'80 per cento delle schede scrutinate il suo partito, il Partido socialista unido de Venezuela (Psudv), si è assicurato il 67,6 per cento dei voti, contro il 18 incassato dalle altre formazioni. Una vittoria scontata e prevista da tutti i sondaggi. L'astensione è stata del 69 per cento, il dato più alto degli ultimi dieci anni;

    intanto, pochi giorni fa, è stata espulsa dal Paese «decisione decretata da Nicolàs Maduro e attuata dal suo ministro degli esteri, Jorge Arreaza» l'ambasciatrice dell'Unione europea, Isabel Brilhante Pedrosa, in risposta alle sanzioni imposta dall'Unione europea. Arreaza ha giustificato l'espulsione dichiarando che l'Unione europea ha già imposto 55 sanzioni in Venezuela, senza avere nessuna autorità morale o legale per farlo. Altre quattro lettere di protesta sono state consegnate dal cancelliere venezuelano ai rappresentanti diplomatici di Spagna, Francia, Germania e Paesi Bassi in risposta alle nuove sanzioni che l'Unione europea ha determinato, lunedì 22 febbraio 2021, contro 19 funzionari del regime. Le sanzioni dell'Unione europea rispondono alle elezioni legislative del 6 dicembre 2020, svoltesi senza il riconoscimento dell'Onu e della stessa Unione europea;

    il nuovo Parlamento venezuelano derivante da quelle elezioni, insediatosi a gennaio 2021 e che non gode del riconoscimento di tutta la comunità internazionale, è tornato in mano al regime di Maduro e ha già cominciato una epurazione politica. Sempre in questi giorni, infatti, il nuovo Parlamento ha inabilitato Juan Guaidò e altri 27 ex-parlamentari dell'opposizione: nessuno di loro potrà ricoprire una carica istituzionale per i prossimi 15 anni, il motivo di tale decisione risiede, secondo la Contraloria General de la Republica (organo in mano al regime), nel fatto che le persone inabilitate si sarebbero rifiutate di offrire una dichiarazione giurata del loro patrimonio, il 12 febbraio 2021, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle misure coercitive unilaterali e sui diritti umani, Alena Douhan, ha esortato gli Stati Uniti, l'Unione europea e altri Stati a ritirare le sanzioni unilaterali imposte contro il Venezuela, affermando che «le sanzioni hanno esacerbato le calamità preesistenti, provocando una crisi economica, umanitaria e di sviluppo, con un effetto devastante sull'intera popolazione del Venezuela, in particolare ma non solo sulle persone che vivono in condizioni di estrema povertà, donne, bambini, operatori sanitari, persone con disabilità o malattie croniche e popolazioni indigene»;

    la già gravissima crisi politica, economica, istituzionale, sociale e umanitaria in Venezuela si è ulteriormente acuita, diventando drammatica durante la pandemia;

    circa cinque milioni di venezuelani hanno già abbandonato il Paese, l'80 per cento di essi sono sfollati nei Paesi della regione. Secondo l'UNHCR, la crisi dei profughi venezuelani è la seconda più grave al mondo dopo quella siriana e, secondo le stime, entro la fine del 2020 il numero complessivo di persone in fuga da una situazione in costante peggioramento nel Paese, supererà i 6,5 milioni;

    è necessario e urgente continuare a sostenere tutti gli sforzi a favore di una soluzione politica, pacifica e democratica alla crisi del Venezuela e continuare a costruire le condizioni per un confronto tra il Governo e l'opposizione perché si verifichino le condizioni minime per svolgere un processo elettorale credibile, quindi libero e democratico, che deve portare ad una riforma del Consiglio nazionale elettorale che ne garantisca la piena indipendenza, la fine dell'ingerenza del Tribunale Supremo nel funzionamento interno e nella scelta dei dirigenti dei partiti politici di opposizione, la garanzia di un accesso paritetico ai mezzi d'informazione, l'aggiornamento dei registri elettorali con l'inclusione dei venezuelani all'estero, la riabilitazione dei leader politici di opposizione oggi in carcere o nell'esilio,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per sostenere, in tutte le sedi bilaterali con il Venezuela, europee e internazionali, il dialogo con il Governo e con i diversi schieramenti dell'opposizione, per cercare di favorire una transizione pacifica e democratica che conduca a elezioni locali, legislative e presidenziali credibili, inclusive e trasparenti.
(7-00574) «Quartapelle Procopio».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Barzotti n. 3-01816 del 15 ottobre 2020;

   interpellanza urgente Sensi n. 2-01109 del 22 febbraio 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Boldrini n. 5-05394 del 23 febbraio 2021.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Gagliardi n. 4-08244 del 17 febbraio 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05426.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Silli n. 4-07849 del 18 dicembre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05402.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Palmisano n. 4-08359 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 462 del 24 febbraio 2021. Alla pagina 17613, dalla riga quarantacinquesima della prima colonna alla riga prima della seconda colonna, deve leggersi: «la procura dei minori di Lecce, competente per giurisdizione anche in provincia di Brindisi, ha aperto una indagine per» e non come stampato.