Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 26 gennaio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    le cure palliative consistono nell'assistenza attiva, globale e interdisciplinare rivolta ai pazienti affetti da patologie gravi che hanno smesso di rispondere ai trattamenti specifici e per i quali il controllo del dolore, dei sintomi, ma anche degli aspetti emotivi, relazionali e sociali assume un'importanza fondamentale;

    secondo la definizione dell'organizzazione mondiale della sanità (Oms) il trattamento palliativo è «un approccio che migliora la qualità di vita dei pazienti e delle famiglie che hanno a che fare con i problemi associati ad una malattia potenzialmente mortale, attraverso la prevenzione e il trattamento della sofferenza e tramite l'identificazione tempestiva e il trattamento di altri problemi, fisici, psicologici e spirituali»;

    a livello nazionale, la prima norma riferita espressamente alle cure palliative risale al decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito dalla legge n. 39 del 1999, con il quale è stato previsto un programma per la realizzazione, in ciascuna regione, di strutture dedicate all'assistenza palliativa, al supporto dei pazienti e dei relativi familiari;

    la disciplina delle cure palliative ha formato oggetto di nuova regolazione, più di recente, attraverso la legge 15 marzo 2010, n. 38, recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore»;

    la finalità generale della citata legge n. 38 del 2020, enunciata all'articolo 1, è quella di garantire l'accesso alle cure palliative nel rispetto dei principi fondamentali di dignità della persona umana, qualità ed equità nell'accesso all'assistenza;

    le misure di maggiore rilevanza introdotte dalla legge n. 38 del 2010 riguardano, in particolare, la «promozione delle reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore» (articolo 5), la previsione dell'obbligo di riportare la «rilevazione del dolore all'interno della cartella clinica» (articolo 7), le disposizioni in materia di formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario (articolo 8) e la semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore (articolo 10);

    ulteriori disposizioni rilevanti in materia si rinvengono: (i) nell'accordo in Conferenza Stato-regioni del 16 dicembre 2010, contenente le linee guida per la promozione e il coordinamento degli interventi regionali nell'ambito delle cure palliative; (ii) nell'intesa in Conferenza Stato-regioni del 25 luglio 2012, con la quale sono stati definiti i requisiti minimi necessari «per l'accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore»; (iii) nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», i cui articoli 23 e 31 sono dedicati, rispettivamente, alle cure palliative domiciliari e residenziali;

    nonostante i provvedimenti sopra citati, nell'ultima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della citata legge n. 38 del 2010, pubblicata in data 31 gennaio 2019, il Ministero della salute ha riscontrato la presenza di talune criticità con riferimento, in particolare, allo sviluppo delle reti locali palliative, ai percorsi assistenziali di presa in carico, all'offerta formativa per gli operatori sanitari e alla diffusione delle reti di cure palliative pediatriche, «fortemente carenti in quasi tutto il territorio nazionale»;

    a queste difficoltà di ordine strutturale si vanno adesso a sovrapporre quelle determinate dalla diffusione della pandemia da Covid-19;

    quest'ultima, in effetti, ha provocato un'estensione notevole della platea di soggetti che normalmente necessitano di cure palliative, giacché ai malati tradizionalmente in carico presso le reti in questione si sono aggiunti migliaia di pazienti Covid-19, nonché le persone affette da patologie croniche la cui salute è peggiorata repentinamente a causa dei mancati accessi in struttura per esami e visite di controllo;

    di questi radicali cambiamenti si dà atto nel documento dal titolo «Ruolo delle cure palliative durante una pandemia», elaborato dal gruppo di lavoro tra la Società italiana di cure palliative (Sicp) e la Federazione cure palliative (Fcp);

    il documento fornisce indicazioni utili al potenziamento delle cure palliative, suddividendo gli ambiti sui cui si dovrebbe operare in quattro macroaree principali denominate stuff, staff, space e systems (cose, personale, spazi e sistemi);

    lo stesso documento denuncia, in apertura, «la carenza di una presenza organica delle cure palliative nei piani di soccorso nei confronti delle crisi umanitarie», sollevando un problema che nel nostro Paese ha fatto discutere molto, giacché il piano pandemico italiano, quello che avrebbe dovuto organizzare la risposta del Paese, non veniva modificato – a quanto consta – dal 2006 e, conseguentemente, non poteva ricomprendere le reti nazionali di cure palliative implementate successivamente;

    è di tutta evidenza la necessità di sopperire a tali mancanze e di operare una definizione specifica dei bisogni di cure palliative della popolazione, giacché è proprio nei contesti più duri e difficili come quello che si sta attraversando che la loro implementazione diviene ancora più importante;

    in tale prospettiva, è certamente condivisibile l'assunto – riportato sempre nel documento Sicp-Fcp e ribadito anche dall'Oms – secondo cui la risposta a un evento catastrofico come una pandemia dovrebbe essere non solo finalizzata a «massimizzare il numero di vite salvate» ma anche, parallelamente, a tutelare, proteggere e «minimizzare la sofferenza di coloro che potrebbero non sopravvivere»;

    d'altro canto, oltre a ridurre le sofferenze legate ai sintomi, migliorando la qualità di vita dei pazienti, le cure palliative possono diminuire gli accessi ai servizi di emergenza, riducendo ricoveri ospedalieri e cure intensive inappropriate, risultandone pertanto fondamentale l'implementazione anche sotto questo aspetto;

    sempre con riferimento alla pandemia da Covid-19, occorre esaminare le gravi criticità che nei vari setting assistenziali si sono registrate in conseguenza dell'applicazione delle misure di contenimento, quali il distanziamento sociale, del ridimensionamento del concorso dei volontari, ma anche in conseguenza delle riduzioni drastiche alle visite dei familiari presso le strutture;

    per i malati di Covid-19 affetti da gravi complicanze, per le persone con disabilità, per i soggetti fragili e, ovviamente, per tutti i pazienti delle reti di cure palliative, tali misure hanno pregiudicato i rapporti familiari e, pertanto, sono state vissute drammaticamente, generando solitudine, senso di abbandono e sofferenze che hanno investito non solo la sfera psicologica e cognitiva del malato, ma anche la sua sfera fisica, con insorgenza di depressione e altri disturbi in grado di incidere negativamente sul decorso delle patologie preesistenti;

    sono altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà, dal lato dei familiari, di ricevere informazioni, aggiornamenti quotidiani o comunque periodici sullo stato di salute dei pazienti ricoverati;

    in tali situazioni, a maggior ragione nei contesti in cui si trovano pazienti con patologie ad esito sfavorevole, è evidente la necessità di individuare protocolli omogenei e uniformi che sappiano conciliare la qualità della vita, dell'assistenza e delle relazioni con le esigenze di sicurezza e prevenzione delle infezioni, di modo che la tutela di un diritto non annulli l'altro;

    sul punto, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati negli ultimi mesi hanno stabilito che: «l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungodegenza, residenze sanitarie assistite Rsa, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione» (si veda, da ultimo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021);

    nel corso delle prime fasi della pandemia, tuttavia, sono mancati protocolli nazionali uniformi. La disposizione sopra citata, pertanto, ha avuto l'effetto di riversare il problema degli «accessi» in capo singole strutture, abbandonandole di fatto a loro stesse, e alimentando in questo modo le situazioni di disomogeneità nell'applicazione dei divieti e delle limitazioni;

    le prime indicazioni uniformi a livello nazionale sono arrivate solo successivamente, in seguito all'approvazione dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 34 del 2020, e hanno riguardato inizialmente le strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali (si veda il rapporto dell'Istituto superiore di sanità dal titolo «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali») e, solo di recente, in data 15 dicembre 2020, gli hospice e le cure palliative domiciliari (si veda il successivo rapporto dell'Iss dal titolo «Indicazioni per la prevenzione e il controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 negli hospice e nelle cure palliative domiciliari»);

    in tale ultimo documento si riconosce che gli hospice, «pur rientrando nell'ambito delle strutture sociosanitarie territoriali, hanno caratteristiche che li differenziano in maniera sostanziale da queste ultime [...]. I motivi sopra esposti impongono la necessità di mettere in atto strategie di prevenzione e controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 specifiche per gli hospice e per le attività di cure palliative domiciliari»;

    del pari evidente, è la necessità di ripristinare gradualmente le attività delle organizzazioni di volontariato, il cui supporto, soprattutto nelle cure palliative, risulta essenziale, garantendo la vicinanza ai malati e alle famiglie nei momenti più difficili della malattia;

    nel documento «Misure operative per la ripartenza del volontariato in epoca COVID», elaborato dalla Federazione cure palliative, si dà conto della brusca interruzione subita dalle attività in questione, evidenziandosi come «ancora oggi appaia confusa e incerta una possibile ripartenza tanto delle attività dello stare accanto alle persone malate, che del fare; attività di segreteria, orientamento, raccolta fondi, formazione e divulgazione, che sostengono in larga parte la sopravvivenza degli enti non profit, sono tuttora ferme»;

    al fine di ovviare a tale situazione, il documento sopra citato ha quindi fornito indicazioni «per la ripresa delle attività di volontariato in ambito cure palliative nei vari setting assistenziali» formulando una serie di proposte dichiaratamente rivolte alle istituzioni che, tuttavia, non risultano ancora oggi recepite in atti formali, sebbene presuppongano il rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza e riduzione del rischio infettivo;

    un ulteriore aspetto sul quale occorre un cambio di passo, anche alla luce degli effetti determinati dalla pandemia da Covid-19, è quello della formazione specifica;

    com'è noto, l'articolo 8 della citata legge n. 38 del 2010 ha previsto la possibilità di istituire percorsi formativi universitari in materia di cure palliative, demandando a successivi decreti attuativi il compito di stabilire i criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici e le misure affinché possa essere garantito un aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e sociosanitario;

    da ultimo, il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto «decreto rilancio»), ha previsto, a decorrere dall'anno accademico 2021/2022, l'istituzione della scuola di specialità in «medicina e cure palliative» e del «corso di cure palliative pediatriche nell'ambito dei corsi obbligatori della Scuola di specializzazione in Pediatria»;

    è di tutta evidenza la necessità di dare seguito alle norme sopra citate, adottando tempestivamente i decreti attuativi ancora mancanti e incrementando in maniera consistente il numero dei posti di specialità a disposizione, onde fronteggiare la grave carenza di personale con competenze specialistiche, la quale veniva già denunciata da molti anni a questa parte dagli operatori del settore e risulta adesso conclamata, anche nell'ambito delle reti di cure palliative, in conseguenza della pandemia da Covid-19;

    del pari evidente è la necessità di garantire la multidisciplinarietà del percorso di cura e presa in carico del paziente, nel quale è fondamentale la partecipazione di diversi attori, ciascuno con le proprie competenze e formazioni e, in particolare, dei medici di medicina generale, degli psicologi, dei fisioterapisti, degli assistenti sociali, degli infermieri e, non ultimi, dei volontari;

    con riguardo a questi ultimi, si rammenta che la Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 9 luglio 2020, ha raggiunto l'Intesa sui profili formativi omogenei per il volontariato nelle reti di cure palliative e di terapia del dolore: «un tassello molto importante» – ha rilevato la Federazione cure palliative – «poiché il volontariato è una risorsa preziosa per le cure palliative, ne è parte fondante e contribuisce alla sua sostenibilità, oltre ad essere espressione di solidarietà civile delle nostre Comunità»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative finalizzate a promuovere, d'intesa con le regioni, un processo di potenziamento delle reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore, incrementando le risorse a tal fine stanziate dalla normativa vigente, al fine di consolidare il ruolo di tali reti, ridefinire i bisogni dei pazienti in carico presso di esse e mitigare l'impatto della pandemia da Covid-19;

2) ad adottare iniziative finalizzate a recepire, per quanto di competenza, le raccomandazioni diramate dalla Società italiana di cure palliative (Sicp) e dalla Federazione cure palliative (Fcp) nel documento «Le cure palliative durante una pandemia», garantendo l'integrazione delle cure palliative nei servizi sanitari offerti, la multidisciplinarietà delle équipe, la sinergia con le branche specialistiche ospedaliere e l'attuazione delle altre proposte formulate nel documento stesso, secondo il modello «cose, personale, spazi e sistemi» (stuff-staff-space-systems);

3) a riordinare le circolari ministeriali e le indicazioni diramate dall'Istituto superiore di sanità per la prevenzione delle infezioni da Sars-CoV-2 presso gli hospice, le strutture sociosanitarie e le strutture socioassistenziali, attivando tavoli di raccordo con le strutture medesime di modo che i protocolli in vigore possano essere migliorati, monitorati e applicati in maniera uniforme nel territorio nazionale;

4) ad assumere iniziative per adottare protocolli di prevenzione delle infezioni da Sars-CoV-2 che assicurino, per l'ambito ospedaliero e residenziale:

  a) il mantenimento delle comunicazioni tra i pazienti, il personale sanitario e i familiari, tutelando il diritto di questi ultimi a ricevere aggiornamenti periodici sullo stato di salute del loro caro;

  b) la presenza di personale appositamente designato al mantenimento delle comunicazioni stesse, anche a tutela dei pazienti impossibilitati ad utilizzare autonomamente gli strumenti di comunicazione;

  c) lo svolgimento delle visite dei familiari nel rispetto di regole prestabilite e preventivamente consultabili dagli stessi;

5) ad adottare iniziative per consentire, dopo la brusca interruzione determinata dalle prime fasi della pandemia, la ripartenza piena ed effettiva del volontariato, anche nell'ambito delle reti di cure palliative e di terapia del dolore, considerato il contributo insostituibile che viene garantito dalle organizzazioni in questione a supporto delle équipe, dei pazienti e dei relativi familiari;

6) a sostenere gli enti del terzo settore che svolgono attività di volontariato presso le reti medesime, anche da un punto di vista formativo, al fine di valorizzare il ruolo fondamentale dei volontari nell'ambito delle équipe e dare seguito all'intesa in Conferenza Stato-regioni sui percorsi omogenei di formazione dei volontari stessi;

7) ad adottare iniziative per garantire la fornitura continua e prioritaria, anche presso le strutture che compongono le reti delle cure palliative, di mascherine, dispositivi di protezione individuale, tamponi rapidi, disinfettanti, ossigeno, strumenti di telecomunicazione e altri dispositivi utili alla prevenzione e alla corretta gestione delle situazioni cliniche determinate dalla pandemia da Covid-19;

8) ad adottare iniziative per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare per i soggetti bisognosi di cure palliative, promuovendo la presa in carico precoce dei pazienti, l'anticipazione dell'intervento palliativo nei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) e l'integrazione tra quest'ultimo e i trattamenti per la patologia specifica secondo il modello delle cosiddette simultaneous care domiciliari;

9) ad adottare iniziative per sostenere le regioni nel processo di potenziamento delle reti di cure palliative pediatriche, al fine di ovviare alla carenza di offerta che di tali reti si riscontra sul territorio;

10) ad adottare i provvedimenti attuativi delle disposizioni del decreto-legge «Rilancio» che prevedono l'istituzione del «corso di cure palliative pediatriche» e della scuola di specializzazione in «medicina e cure palliative»;

11) ad adottare iniziative per incentivare la programmazione di interventi formativi in cure palliative rivolti al personale sanitario che opera in ambito ospedaliero, residenziale e territoriale, al fine di assicurare, anche per tal via, l'implementazione di interventi palliativi di «base»;

12) ad adottare iniziative per incrementare, in maniera consistente, il numero dei posti di specializzazione in area medica al duplice fine di assorbire l'imbuto formativo e sopperire alla carenza conclamata di medici specialisti che, inevitabilmente, si registra anche presso le reti di cure palliative;

13) ad adottare iniziative per garantire, nell'ambito della rete assistenziale ospedaliera e territoriale, la presenza di personale dedicato all'assistenza psicologica, sociale e spirituale con preparazione idonea a gestire le esigenze dei pazienti affetti da Covid-19, in condizione di maggiore rischio, e dei relativi familiari;

14) a promuovere, d'intesa con le regioni, la definizione di un sistema tariffario di riferimento per la remunerazione delle prestazioni e delle attività erogate nell'ambito delle reti delle cure palliative e della terapia del dolore, nell'ottica di superare le difformità esistenti e attuare pienamente quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della legge n. 38 del 2010;

15) ad adottare iniziative per favorire la telemedicina come risorsa sia per la rete ospedaliera e territoriale che per le cure palliative domiciliari dell'adulto e pediatriche, garantendo servizi di consulenza per i pazienti e i caregiver familiari e professionali, teleconsulti tra professionisti sanitari per discussioni interattive sui casi, formazione del personale sanitario e supporto psicologico.
(1-00419) «Boldi, Bagnasco, Bellucci, Bologna, Panizzut, Baldini, Gemmato, Rospi, Locatelli, Bond, Tiramani, Brambilla, De Martini, Dall'Osso, Foscolo, Mugnai, Lazzarini, Novelli, Paolin, Versace, Sutto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   i «giochi» o sfide della morte sono fenomeni nati in Russia ma diffusi velocemente in Francia, Gran Bretagna, Brasile ed in Italia;

   tali giochi praticati ancor prima dell'avvento della rete, oggi sono molto sviluppati anche on line, e i giovani della cosiddetta «generazione Z» per ottenere «like», popolarità ed approvazione si espongono a pericoli e al rischio della propria vita;

   un «curatore» della sfida adesca le proprie «vittime» invitandole a partecipare al «gioco» attraverso l'utilizzo di uno smartphone o un pc, fissa macabre e terribili regole che includono incisioni fisiche profonde, punizioni, visualizzazioni di video di suicidi, di morti violente, sfida alle altezze ed infine indica una data, la data della morte del giocatore;

   la morte dei partecipanti non sarebbe percepita come un terribile effetto collaterale di un gioco pericoloso online, ma il suo scopo ultimo;

   chi arriverebbe alla fine del gioco sarebbe celebrato dagli altri membri della comunità come un eroe e chi partecipa al «gioco» non deve dire nulla ai genitori né lasciare tracce in giro;

   il sistema sarebbe finalizzato a condizionare le menti e la morte è l'unica soluzione per porre fine al gioco che nel frattempo si è trasformato in un incubo;

   queste sfide, come testimoniano fatti di cronaca recente, sono sempre più diffuse, e hanno mietuto numerose vittime anche in Italia. Proprio per ciò, il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il blocco per gli account dei social «per i quali non sia stata accertata con sicurezza l'età anagrafica»;

   i social network hanno amplificato i rischi che questi «giochi» provocano nei giovani che sono sempre alla ricerca di approvazione da parte dei coetanei;

   spesso i ragazzi che fanno ricorso a queste pratiche estreme cercano una fuga dalla realtà, per evitare di andare a scuola, sfuggire ai litigi con i propri compagni e alle incomprensioni con i genitori; tutte situazioni che possono suscitare in loro ansia, paura e angoscia, senza rendersi conto dei drammatici esiti;

   per limitare la diffusione del fenomeno che ha già causato troppe giovani vittime, bisogna mettere in campo delle regole rigide e ferme quali:

    1) il gestore del social media e delle varie applicazioni di messaggistica multi-piattaforma, per l'iscrizione ai propri siti da parte di soggetti minorenni, deve essere tenuto ad acquisire telematicamente il documento d'identità e il codice fiscale del minore e del genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore;

    2) lo stesso gestore deve altresì garantire:

     a) che non sia possibile inviare alcuna messaggistica in forma anonima ovvero senza che sia possibile individuare l'autore del messaggio;

     b) il blocco di avvisi pubblicitari con contenuti non appropriati per i soggetti minorenni e la diffusione di parental control;

     c) che sia sempre possibile bloccare immediatamente una persona che non esercita un comportamento corretto ancorché punibile all'interno delle varie applicazioni che consentono il dialogo tra soggetti, quali ad esempio Instagram, Facebook, Linkedin, Twitter, YouTube, Pinterest, Snapchat, Tik Tok ed altri ancora (Abuse control);

   gli adolescenti sono molto più suscettibili a questo tipo di sollecitazioni esterne, e dunque ci obbligano a non sottovalutare la pericolosità di questi fenomeni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se essi corrispondano al vero;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare sia in ottica preventiva che repressiva, per la tutela delle giovani generazioni.
(2-01092) «Nappi, Sportiello, Baldino, Alaimo, Brescia, Bilotti, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, De Carlo, Dieni, Forciniti, Macina, Parisse, Francesco Silvestri, Suriano, Elisa Tripodi, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lorefice, Mammì, Menga, Nesci, Provenza, Ruggiero, Sapia, Sarli, Iovino, Gabriele Lorenzoni, Maglione, Manzo, Mariani, Martinciglio, Marzana, Melicchio, Migliorino, Misiti, Olgiati, Pallini, Parentela, Pignatone, Raduzzi, Ricciardi, Romaniello, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Segneri».

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   nell'ambito della strategia europea per accelerare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di vaccini efficaci e sicuri contro il Covid-19, la Commissione europea ha finanziato la ricerca sui vaccini attraverso sovvenzioni ad alcune aziende farmaceutiche private, negoziando il costo delle dosi e supervisionandone la distribuzione;

   l'azienda Pfizer ha tagliato la fornitura dei vaccini destinati in questi giorni all'Italia di circa il 30 per cento della quantità stabilita, senza procedere ad una preventiva comunicazione. Lo stesso dicasi per AstraZeneca che ha confermato recentemente tagli alla fornitura dei vaccini;

   dopo l'annuncio di tali ritardi, l'Unione europea ha convocato la dirigenza di Pfizer, parrebbe, in data 25 gennaio 2021, con l'obiettivo di avere un programma chiaro che consenta di pianificare le consegne e accelerare la distribuzione;

   in questo quadro, il Governo dovrà riscrivere il Piano vaccini rivedendone gli obiettivi;

   in base al suddetto Piano, nel primo trimestre del 2021 sarebbero dovute arrivare in Italia 28 milioni e 269.000 dosi di vaccino: una quantità che, ormai è evidente a tutti, non sarà rispettata: non è ancora chiaro se e quando Pfizer ripristinerà le forniture previste per garantire entro la fine di marzo 2021 8,7 milioni di dosi (fonti dell'Unione europea hanno fatto sapere che l'azienda entro la prossima settimana dovrebbe riportare la media delle consegne al 92 per cento). E, soprattutto, AstraZeneca ha confermato la riduzione a causa di un problema alla produzione. Si parla di un taglio del 60 per cento che, per quanto risulta, per l'Italia significherebbe passare da 8 milioni a 3,4 milioni di dosi;

   l'Italia potrebbe quindi trovarsi a fine marzo 2021 ad avere meno di 14 milioni di dosi, anziché 28 milioni, ovvero la metà di quanto previsto;

   secondo il Presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli si dovrebbe centrare l'impegno di vaccinare entro marzo tutti gli operatori sanitari e sociosanitari, ospiti e personale delle Rsa, anziani sopra gli 80 anni e pazienti fragili, oncologici, cardiologici ed ematologici (7 milioni di italiani complessivamente), ma non le altre categorie: i 13 milioni e 400.000 italiani tra i 60 e i 79 anni, i 7 milioni e 400.000, con almeno una comorbilità cronica, oltre al personale dei servizi essenziali: insegnanti e personale scolastico, forze di polizia. Infine, bisognerà verificare se l'Ema darà il via libera al vaccino di AstraZeneca, e se il vaccino verrà consigliato per la popolazione sotto i 55 anni;

   intanto Israele sta vaccinando 170.000 persone al giorno con l'obiettivo, entro marzo 2021, di una copertura del 55 per cento e questo sarebbe il modello strategico da utilizzare con vaccinazioni fatte ventiquattro ore su ventiquattro ovunque: farmacie, ospedali, medici di famiglia, luoghi di lavoro, scuole, con il massimo del decentramento e l'assunzione urgente di personale sanitario funzionale all'obiettivo di immunizzazione di gregge in 100 giorni e comunque non oltre l'estate;

   alla luce di quanto sopra rappresentato, appare sempre più urgente attivare subito la linea di credito del Mes sanitario;

   con le risorse europee derivanti dal Mes sanitario (37 miliardi di euro) e dal Recovery Fund (del quale, 19,7 miliardi secondo il Recovery Plan italiano, dovrebbero essere destinati alla sanità) si possono capitalizzare 56,7 miliardi di euro da investire direttamente nella sanità;

   oggi più che mai, bisogna superare i contrasti politici ed ideologici, perché solo uscendo dall'emergenza sanitaria si potrà uscire dall'emergenza economica, accedendo il prima possibile a queste risorse che l'Europa ha messo a disposizione (a condizioni irripetibili) per il potenziamento del sistema salute: aprire nuovi reparti Covid, aumentando i posti letto e le terapie intensive sul territorio; assumere e pagare meglio medici e infermieri, distribuire e somministrare gratuitamente il vaccino, digitalizzare il sistema sanitario, investire in ricerca e tecnologie sanitarie e intensificando la prevenzione, è il più grosso investimento per una reale e veloce ripresa del Paese;

   sotto tale profilo, si evidenzia, inoltre, che, accedendo velocemente al Mes sanitario, le risorse dello scostamento di bilancio recentemente votato dal Parlamento pari a 32 miliardi di euro, potranno essere integralmente destinate ai ristori delle, attività economiche in difficoltà e non per coprire in parte spese di carattere sanitario che possono essere invece finanziate con un'apposita linea di credito dedicata –:

   quali elementi si intendano fornire al Parlamento alla luce delle gravi criticità riportate in premessa, evidenziando quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere – sia a livello nazionale, sia presso le competenti sedi europee – per centrare l'obiettivo della copertura vaccinale nel nostro Paese del 70 per cento e per utilizzare appieno 56,7 miliardi di euro di risorse che l'Europa mette a disposizione dell'Italia, soprattutto attivando la linea di credito del Mes sanitario (37 miliardi di euro), oltre che il Recovery fund (19,7 miliardi di euro), oltreché per destinare integralmente le risorse derivanti dall'ultimo scostamento di bilancio, votato dal Parlamento (32 miliardi di euro) ai ristori delle attività economiche in difficoltà di migliaia di persone ormai ai limiti della disperazione e della sussistenza, in una situazione che rischia di diventare l'ennesima bomba sociale da disinnescare.
(2-01093) «Giacomoni».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nell'Unione europea i vaccini sono autorizzati in base ai requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia che sono stati definiti dalle linee guida europee e internazionali per tutti i medicinali, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di questi prodotti. I dati scientifici presentati dalle aziende farmaceutiche vengono sottoposti a una scrupolosa valutazione tecnico-regolatoria che si conclude con un parere positivo (che porta all'approvazione) o negativo (di non approvabilità) sul rapporto tra i benefici e i rischi legati all'uso del vaccino nell'uomo;

   dal punto di vista regolatorio esistono due procedure: quella comunitaria e quella nazionale. La procedura comunitaria può essere centralizzata (con il coinvolgimento di tutti i Paesi membri dell'Unione europea coordinati dal Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'agenzia europea dei medicinali (Ema) ai sensi del regolamento 726 del 2004), o di mutuo riconoscimento e decentrata (in cui uno Stato Membro agisce come Stato referente, ai sensi del decreto legislativo n. 219 del 2006). Quando l'autorizzazione prevede il coinvolgimento di un solo Paese si parla invece di procedura nazionale (decreto legislativo n. 219 del 2006);

   in ogni caso, prima di poter essere commercializzati in Italia, i vaccini e tutti i medicinali devono ricevere l'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) da parte dell'Aifa;

   l'Agenzia europea per i medicinali e l'Aifa hanno autorizzato due vaccini anti Covid-19 a m-RNA. Sono i vaccini Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) e Covid-19 Vaccine Moderna mRNA -1273;

   il rallentamento delle forniture dei vaccini anti-Covid di Pfizer e gli annunciati ritardi di AstraZeneca suscitano gravissima preoccupazione in Europa e in Italia, dove si moltiplicano gli appelli affinché la multinazionale americana (con stabilimenti anche in Italia) renda di pubblico dominio le informazioni industriali in suo possesso, consentendo anche ad altre case farmaceutiche di avviare la produzione;

   ottenere la licenza del vaccino consentirebbe a molti stabilimenti, anche italiani, di produrlo e velocizzare la tempistica per centrare l'obiettivo europeo di ottenere almeno il 70 della popolazione vaccinata in Italia entro fine anno;

   quello che si sta affrontando è certamente un problema di produzione perché Pfizer e Moderna si sono trovate da sole a fare fronte alle richieste provenienti da tutto il mondo, ma anche un problema politico che va risolto con l'acquisto della licenza e la produzione su licenza, per cui, invece che attendere la sede centrale americana, le aziende che si trovano sul territorio nazionale italiano (come la Pfizer) potrebbero iniziare la produzione;

   inoltre, anche altre case farmaceutiche italiane come la Menarini o l'Angelini potrebbero produrre autonomamente vaccini, acquistando la licenza e l'accesso alle risorse del Mes sanitario potrebbero favorire il raggiungimento di questo obiettivo. Se ci fossero le risorse del Mes per acquistare la licenza, le case farmaceutiche italiane si attrezzerebbero subito per produrlo o comunque verrebbero messe in condizione di farlo;

   del resto, all'epoca del vaccino sulla poliomielite, l'emergenza era talmente diffusa e c'erano talmente tanti bambini paralizzati, che l'Italia decise di acquistare le licenze e cominciò a produrre autonomamente vaccini;

   in questo momento si parla anche di Big Pharma, vaccini prodotti in Cina e in Russia e non si comprende il motivo per cui non possano essere le aziende italiane a poter produrre il vaccino autonomamente. Al riguardo si segnala che il 23 gennaio 2021 sul quotidiano Milano Finanza è stato pubblicato un articolo a pagina 14 dal titolo «La corsa dei re dei vaccini» ove si legge che i mercati sono guidati dagli sviluppi sul fronte della cura anti-Covid. A livello mondiale, le 45 società farmaceutiche quotato – peraltro tutte straniere – in corsa per un antidoto, in un anno, sono salite in media del 262 per cento;

   altre aziende farmaceutiche potrebbero prestarsi, su concessione di licenza, a produrre il vaccino per conto di Pfizer –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per l'immediata produzione su licenza dei vaccini anti-Covid da parte di aziende come la Pfizer già operanti sul territorio nazionale, nonché per consentire l'acquisto della licenza per la produzione dei vaccini anti-Covid per permettere alle aziende farmaceutiche italiane di produrre autonomamente il vaccino in Italia, anche attraverso l'accesso alle risorse del Mes sanitario già disponibili da giugno 2020 per un importo complessivo di 37 miliardi di euro.
(2-01095) «Giacomoni».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa, l'8 gennaio 2021 Pfizer ha ottenuto dall'Ema (Agenzia europea del farmaco), l'autorizzazione a prevedere che ogni fiala prodotta con il suo marchio contenga 6 dosi di vaccino contro il Covid-19 anziché 5, calcolo mai stato parte di alcun tipo di negoziazione o trattativa con l'Unione europea, dettaglio rilevante in quanto i contratti di distribuzione con le multinazionali produttrici di vaccini trattano di compravendita di dosi e non di fiale;

   nel contratto stipulato tra la Commissione europea e la multinazionale, identico a quello chiuso con le altre case farmaceutiche che producono il vaccino contro il Covid-19, è stata secretata la clausola secondo la quale nel caso di inadempienze da parte dei fornitori non fossero previste penali automatiche;

   le medesime carte, diffuse a mezzo stampa ed acquisite dall'Avvocatura dello Stato della Repubblica, confermano la presenza di un contratto di forniture parallelo con la Repubblica federale tedesca per una distribuzione di ulteriori 30 milioni di dosi, che rischia di conseguenza di minare la distribuzione delle dosi tra i vari Paesi membri dell'Unione europea;

   il programma di distribuzione prevede una fornitura prevista per il primo trimestre 2021 pari a 8,7 milioni di dosi, seguendo un piano di allocazione di risorse su base trimestrale, unico tipo di allocazione su cui sono previste delle penali, le quali sono escluse dalle forniture settimanali;

   nella settimana del 18 gennaio 2021 sono state consegnate solo 397.800 dosi anziché 562.770, nella settimana successiva è seguito un taglio del 29 per cento destinato a raggiungere il 20 per cento anche se eventuali contestazioni potranno essere rappresentate unicamente alla fine del trimestre, salvo che non venga corretto l'andamento della fornitura nel mese di marzo 2021;

   il contratto stipulato con Pfizer prevede una penale del 20 per cento del valore delle dosi non consegnate, che aumenta in base ai giorni di ritardo, penale però la cui applicazione non è automatica, in quanto alla fine del primo trimestre è previsto che si debba inizialmente esplorare la strada per un «rimedio» alla inadempienza, includendo: il diritto al rimborso, la cessazione del contratto e, solo alla fine, l'applicazione della penale;

   predetto meccanismo lascia di fatto alle aziende la totale libertà di azione, compresa l'eventualità di pagare le penali a fronte di un'offerta alternativa che dovesse rivelarsi più vantaggiosa;

   avendo l'Ema certificato che da ogni fiala è possibile estrarre 6 dosi di vaccino anziché 5 ed essendo i contratti di forniture basati su dosi e non fiale, non è stato possibile disporre – come auspicato dai Paesi membri – del 20 per cento di dosi senza ricorrere a forniture aggiuntive, in quanto Pfizer ha stabilito una riduzione del 20 per cento del numero di fiale in ogni vassoio di vaccini spedito a partire dal 18 gennaio 2021;

   nel breve periodo la riduzione delle distribuzioni vaccinali è tale che a fine trimestre solo 7 milioni di italiani saranno vaccinati, lasciando fuori 13.400.000 cittadini tra i 60 ed i 79 anni, i 7.400.000 cittadini con almeno una comorbilità cronica ed il personale dei servizi essenziali, come insegnanti, personale scolastico e forze dell'ordine –:

   se il Governo intenda spiegare in che modo intenda garantire il rispetto del piano vaccinale in termini di approvvigionamento di dosi e di somministrazione delle stesse secondo i disciplinari di Ema ed Aifa, se fosse al corrente delle clausole secretate del contratto stipulato dalla Commissione europea di cui in premessa e, in caso affermativo, per quale motivo non sia intervenuto per tutelare il ciclo di distribuzione vaccinale.
(4-08140)


   RAMPELLI, CIABURRO, MASCHIO, FOTI, CAIATA, FERRO, DONZELLI, BELLUCCI, ALBANO, BUTTI, LUCASELLI, DEIDDA, ZUCCONI, MANTOVANI e BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   mentre l'Italia è alle prese con i numerosi problemi del piano vaccinale nazionale, dal bando per la fornitura di siringhe aggiudicato da aziende avulse dal mercato dei dispositivi medici, alla carenza di siringhe denunciata da numerose regioni, dalla carenza di personale sanitario, ai continui ritardi nel piano di somministrazione, il Commissario Arcuri ha pubblicato il bando di gara per «l'affidamento della progettazione di dettaglio, ingegnerizzazione, fornitura in opera, manutenzione, smontaggio e messa a dimora di padiglioni temporanei destinati alla somministrazione dei vaccini anti COVID-19»;

   nonostante la disponibilità di molti musei a ospitare la campagna di vaccinazione, il 20 gennaio 2021 Invitalia, sotto la direzione di Arcuri, ha pubblicato il bando per la realizzazione dei celeberrimi padiglioni a forma di fiore, con scadenza per le offerte tecnico-economiche prevista in tempi record per mercoledì 27 gennaio 2021;

   dure e pienamente condivisibili le parole del professor Quintelli, docente di ingegneria e architettura all'università degli studi di Parma: «nonostante l'evidente velleità del progetto, i più o meno garbati inviti a lasciar perdere, le osservazioni tecniche negative che sono emerse attraverso i social non meno che in numerosi interventi sui media web e tradizionali, ebbene no, Arcuri senza risposta alcuna procede comunque. Un atteggiamento questo che preoccupa riguardo a chi riveste un ruolo di così straordinario potere decisionale, in termini di obiettivi e di spesa»;

   tra gli aspetti chiariti dal bando ci sono il costo al metro quadro delle strutture, calcolato intorno ai 1.300 euro + Iva, le caratteristiche tecniche dei padiglioni di circa 315 metri quadri, le altezze e gli ambienti previsti, l'esigenza dell'impianto elettrico o di sonde per il controllo delle condizioni igrometriche e naturalmente l'impianto idrico sanitario (punto 3 del disciplinare);

   in sette giorni, peraltro, i candidati dovranno presentare un'offerta economica complessa, comprensiva di tutte le migliorie tecniche, e avranno soltanto trenta giorni per la progettazione esecutiva e la realizzazione; e, in caso di guasti, per la riparazione degli impianti avranno a disposizione «ben» 30 minuti dalla chiamata;

   volendo usare sempre le parole del professor Quintelli «Delle due l'una verrebbe da pensare: o chi ha redatto il bando è totalmente ingenuo ed estraneo al settore o qualcuno ha già pronto tutto da inizio dicembre»;

   il bando, poi, non chiarisce il numero dei padiglioni che saranno realizzati, almeno 21 ma fino a 1200, con i relativi costi che lieviterebbero da 8-9 milioni di euro a mezzo miliardo di euro, o la distribuzione sul territorio nazionale;

   altro aspetto sui generis, che farebbe sorridere se la situazione nazionale non fosse davvero grave, è la precisazione, contenuta nel bando, che «la presentazione dell'offerta non vincola il Commissario straordinario ad affidare la realizzazione dei padiglioni»;

   ipotizzando che tutto proceda senza intoppi, i padiglioni, la cui utilità sfugge ai più, dovrebbero essere pronti per marzo o aprile 2021, con una campagna vaccinale che, a quel punto, dovrebbe essere già a buon punto –:

   se il Governo non ritenga di dover chiarire gli aspetti di dubbia legittimità del bando di cui in premessa e, in particolare, come ritenga possibile che le aziende interessate possano presentare l'offerta tecnico-economica in soli sette giorni;

   quali siano le valutazioni di merito che hanno portato a ritenere necessario allestire tardivamente nuovi padiglioni come «spinta» alla vaccinazione di massa, nonostante si potesse ricorrere a spazi idonei già disponibili, come, appunto i musei, con risparmio di milioni di euro sulla spesa pubblica;

   se il Governo non ritenga di procedere al ritiro immediato del bando di cui in premessa, che non sembra rispondere ad alcun interesse pubblico, né dal punto di vista sanitario, né da quello economico.
(4-08146)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   di recente il sindaco di Milano, ai microfoni di Rai Documentari, durante le riprese al Piccolo Teatro dell'anteprima del docu-film «Anne Frank. Vite parallele» ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: «Penso che Anne Frank sia stata un'anticipatrice della presenza femminile in così giovane età. Viene naturale pensare a Greta Thunberg, perché sono due storie di coraggio enorme in cui si parte dalla cosa più semplice che c'è e si arriva a un risultato simile»;

   le sue dichiarazioni hanno suscitato più di una polemica: il paragone tra Anne Frank e Greta Thunberg è infatti oggettivamente insostenibile. Le parole del sindaco di Milano sono state lette, infatti, da più parti, come una sottovalutazione dell'immensa tragedia che è stata la Shoah;

   l'accostamento della figura di Anne Frank a quella di Greta Thunberg rischia inoltre di apparire come una mera operazione ideologica, che può ingenerare confusione nelle giovani generazioni le quali invece devono poter coltivare la memoria collettiva con la consapevolezza e la conoscenza di quei tragici fatti storici –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano assumere iniziative di competenza, prendendo pubblicamente le distanze dalle dichiarazioni del sindaco di Milano in quanto rappresentante delle istituzioni e richiamando l'attenzione sull'importante ruolo che hanno le istituzioni stesse con riguardo al dovere di trasmettere la Memoria collettiva sulla tragedia della Shoah in maniera corretta e oggettiva.
(4-08151)


   CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari europei, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come dimostrato dal blocco esercitato dai maggiori social network nei confronti dell'ex Presidente degli Stati Uniti d'America, nonché di alcune testate giornalistiche italiane e profili di esponenti politici, si è resa evidente la necessità di porre in discussione il ruolo delle piattaforme digitali nel controllare la libertà di espressione dei cittadini;

   la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Cdfue) la quale dispone dello stesso valore dei trattati dell'Unione europea grazie al Trattato di Lisbona, prevede, all'articolo 11, la tutela della libertà di espressione e di opinione, senza alcuna ingerenza, principio presente anche nella Carta costituzionale italiana, all'articolo 21;

   la Commissione europea, con le proposte di Digital Service Act (DSA) e di Digital Markets Act (DMA), presentate il 15 dicembre 2020, ha presentato due pacchetti normativi per normare la regolazione delle piattaforme digitali sotto i profili della tutela dei dati e della regolazione concorrenziale antitrust;

   nella versione dell'articolato del progetto del 15 dicembre 2020, il Digital Service Act prevede unicamente una maggiore interlocuzione tra piattaforme digitali ed utenti;

   il quadro normativo europeo e quello nazionale forniscono tutti gli elementi per definire una legislazione italiana a tutela della libertà di espressione sulle piattaforme social;

   la natura oligopolistica dei social network e l'importanza del loro utilizzo per comunicare con i cittadini, anche mediante comunicazione giornalistica e politica, considerando l'utilizzo dei dati derivanti dalle interazioni tra utenti come fonte di guadagno, richiede che queste piattaforme debbano applicare modalità di moderazione dei contenuti basate esclusivamente sulla legge nazionale e sui principi costituzionali da cui questa deriva;

   per garantire che l'esercizio della libertà di espressione di cui all'articolo 11 della Cdfue ed all'articolo 21 della Costituzione italiana non sia conculcata dall'arbitraria gestione monopolistica delle grandi piattaforme digitali, occorre che queste dispongano di interlocutori nazionali che comprendano e si adattino alle garanzie costituzionali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per:

    definire una disciplina che vincoli le piattaforme dei social network a rispettare la libertà d'espressione costituzionalmente garantita di cui in premessa, anche mediante la previsione di un obbligo per queste di istituire centri di raccordo tra cittadini, Stato e social network stessi;

    promuovere nel contesto del Digital Service Act e della riforma del diritto delle piattaforme digitali prevista a livello comunitario, misure volte ad un maggior raccordo e alla più piena applicazione delle garanzie dell'articolo 11 della Cdfue e dell'articolo 21 della Costituzione italiana.
(4-08153)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lascia stupefatti la notizia, passata piuttosto in sordina, di un francobollo commemorativo dei cento anni del Partito Comunista Italiano;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, Poste Italiane ha deciso di celebrare il centenario dalla nascita del Pci con l'emissione di un francobollo celebrativo, della tariffa di 1,10 euro e con una tiratura di trecentomila esemplari. La vignetta riproduce una foto d'epoca, raffigurante la facciata del teatro Carlo Goldoni di Livorno dove si svolse il XVII Congresso del Partito Socialista Italiano che diede vita alla storica scissione che portò il 21 gennaio 1921 alla fondazione del Partito comunista d'Italia;

   l'iniziativa di dubbio valore storico e istituzionale rappresenta un unicum, non essendo mai stata fatta una scelta analoga in occasione della nascita di altri partiti, come, ad esempio, il partito popolare, nato nel 1919;

   indipendentemente dalle convinzioni politiche di ciascuno, il Partito comunista italiano vanta una storia costellata da tante ombre: il rapporto organico con il Pcus di Mosca, i finanziamenti illeciti percepiti dai partiti comunisti dell'Est europeo, la condivisione politica dell'invasione con i carri armati della Stella rossa delle città di Praga e Budapest, il sodalizio con il Maresciallo infoibatore Tito a discapito degli italiani istriani, giuliano e dalmati, la mancata condanna dei crimini efferati commessi nel triangolo rosso a guerra finita, a discapito di preti, donne e bambini, la vicinanza del dittatore sanguinario Stalin ai leader del Pci;

   a parere dell'interrogante, trasformare la commemorazione della nascita di un partito in un affare di Stato risulta una decisione di parte, che non è propria di una liberal-democrazia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se sia stato coinvolto nell'iniziativa;

   se non ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, per far ritirare immediatamente da Poste Italiane il francobollo commemorativo dei cento anni del Partito Comunista Italiano;

   se non ritenga di promuovere analogo «annullo» anche per gli altri partiti per i quali non sia stato emesso un francobollo commemorativo.
(4-08155)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   l'Istituto italiano statale comprensivo di Barcellona è una scuola internazionale italiana con sede in Barcellona, di proprietà del Governo italiano, composto sia dalle scuole secondarie «Edoardo Amaldi» sia dalla scuola primaria e dalla scuola dell'infanzia «Maria Montessori»: in particolare, l'amministrazione scolastica e il liceo occupano un campus nel centro della città catalana, mentre tutte le altre classi trovano sede nel distretto di Sarrià;

   l'attività dell'istituto – ormai storico ente nazionale, operante nella città catalana da decenni – rischia di essere interrotta in ragione di molteplici problematiche legate all'affitto dei locali, nonché della mancanza di attenzione degli ultimi Governi: e ciò, nonostante che la comunità italiana a Barcellona e nella regione della Catalogna sia una della più importanti e numerose comunità di nostri connazionali all'estero, facendo registrare, solamente in Catalogna, circa centomila residenti;

   come si è già accennato, l'Istituto svolge le sue lezioni presso i seguenti due edifici, i quali ospitano circa 800 alunni, entrambi in possesso dell'associazione Casa degli italiani, la quale ha stipulato appositi contratti d'affitto con il locale consolato italiano: a) il primo, il plesso sito in carrer Setantí, 10-12, nel distretto di Sarrià-Sant Gervasi, dove hanno sede, dal 1958, la scuola dell'infanzia e la scuola primaria Maria Montessori, oltre che la scuola secondaria di primo grado Edoardo Amaldi; b) il secondo, il palazzo sito in Pasaje Méndez Vigo, 8, nel centrale quartiere Eixample, dove dal 1928 ha sede il liceo scientifico, unitamente ad alcuni uffici amministrativi;

   nonostante l'Istituto manchi di una palestra per tutti i gradi scolastici, di un laboratorio di scienze per i ragazzi della scuola secondaria, nonché di una sala computer e una biblioteca adatta ad accogliere i ragazzi della scuola media e della scuola elementare, le famiglie degli alunni, al fine di non recedere il fortissimo legame con l'Italia, rinnovano, costantemente, la fiducia all'Istituto;

   alle suindicate carenze strutturali, di recente, si è aggiunta l'assenza di un dirigente scolastico, in quanto, lo storico dirigente dell'Istituto, dopo il grande lavoro svolto anche nell'affrontare l'emergenza epidemiologica in atto, la scorsa estate ha presentato le dimissioni, e la sostituta, arrivata al suo posto ad anno scolastico iniziato, a quanto consta all'interpellante ha lasciato l'incarico prima di Natale, senza peraltro fornire alcuna, opportuna informazione alle famiglie;

   il 19 maggio 2020, l'associazione Casa degli italiani ha comunicato al consolato italiano di Barcellona l'intenzione di rientrare nel possesso dei due edifici, considerato che il contratto d'affitto sottoscritto dalle parti, scaduto già nel giugno del 2018, non risulta essere stato ancora rinnovato;

   la grave situazione dell'Istituto in questione sta avendo grande risalto sui mass media, sia locali che nazionali: e ciò, già dal gennaio 2020 con la comparsa della notizia relativa alla chiusura della sede sita nel quartiere Eixample, a causa della mancanza delle licenze di sicurezza, come anche dichiarato dal presidente della scuola, Carlo Prandini, il quale, con una circolare, comunicava la decisione del consolato italiano di chiudere «temporaneamente» la struttura che ospita il liceo, per la mancanza della licenza d'uso e del piano di attività del plesso, due permessi edilizi che garantiscono l'esistenza dei requisiti di sicurezza necessari per la conduzione dell'attività scolastica;

   la console, Gaia Danese, al riguardo ha dichiarato che il mancato rinnovo delle suindicate licenze fosse da imputare all'assenza di licenze comunali aggiornate, tali da permettere l'utilizzo degli edifici per le attività scolastiche, mentre, il presidente dell'associazione proprietaria dei locali, Mirko Scalletti, ha a sua volta sostenuto che tali autorizzazioni avrebbero dovuto essere gestite e richieste dalla scuola;

   il liceo ha poi riaperto, con autorizzazioni temporanee, seppure con l'invito all'adattamento degli spazi alle nuove normative: e ciò, almeno fino alla successiva chiusura, determinata da un nuovo lockdown generale imposto dalle autorità spagnole, al fine di fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto;

   a causa della grave situazione relativa sia all'inidoneità delle strutture, sia alla direzione dell'Istituto, molti genitori si trovano disorientati in quanto, pur volendo far crescere i propri figli nell'istituto in esame, si vedono costretti a dover depositare le richieste di iscrizione al liceo entro la data odierna, in una condizione di totale incertezza sul futuro dell'istituzione scolastica;

   appare opportuno, altresì, accertare l'effettiva titolarità dell'immobile sito in via Mendez Vigo a Barcellona, come anche già richiesto, con altri atti di sindacato ispettivo, nell'altro ramo del Parlamento, a fronte della rilevazione di alcuni elementi di scarsa chiarezza relativi proprio alla titolarità del diritto di proprietà dell'edificio ospitante –:

   se siano a conoscenza della situazione suindicata e quali iniziative abbiano intenzione di assumere, al fine di assicurare la piena operatività dell'Istituto italiano statale comprensivo di Barcellona, nonché di verificare la reale titolarità dell'immobile su menzionato.
(2-01094) «Deidda».

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   le cronache odierne riferiscono della inquietante vicenda della morte di Luca Ventre, l'imprenditore morto all'interno della ambasciata italiana di Montevideo;

   le immagini delle telecamere dimostrano che il nostro connazionale alle ore 7 dello scorso capodanno aveva scavalcato la recinzione della rappresentanza diplomatica, dopo aver suonato invano in campanello, ed era stato bloccato dagli agenti di vigilanza;

   un poliziotto di nazionalità uruguaiana lo avrebbe trattenuto a terra per 22 minuti;

   la madre, signora Palma Roseti, riferisce che successivamente il figlio è stato portato all'ospedale, dove è stato constatato il decesso;

   la madre vive a Vicenza e dichiara di aver ricevuto le condoglianze da parte della viceministra Del Re, ma non del Ministro Di Maio, al quale pure si era rivolta –:

   se la ricostruzione dei fatti riportata dai quotidiani trovi conferma;

   se per quanto di competenza, siano state individuate responsabilità a carico del personale di vigilanza;

   se sia legittimo l'utilizzo di personale di vigilanza non italiano a tutela della sicurezza delle sedi diplomatiche italiane all'estero.
(3-02048)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 14 giugno 2018 al 31 maggio 2020, il sottosegretario Merlo ha assunto come suo segretario particolare al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale l'onorevole Daniel Ramundo, con un compenso e lordo annuo 50.000 euro;

   Daniel Oscar Ramundo è un deputato del Parlamento del Mercosur, eletto in Argentina per il Movimento associativo italiani all'estero (Maie) e, da quanto risulta dal sito del Parlasur, ha un mandato parlamentare con scadenza il 31 dicembre 2020;

   secondo quanto riportato sul Cv depositato nella sezione dedicata alla trasparenza degli incarichi di collaborazione diretta dei sottosegretari, Ramundo dichiara di essersi dimesso dall'incarico parlamentare nel maggio del 2018;

   stessa cosa, però, non si evince dal sito del Parlamento del Mercosur. In particolare, oltre a quanto si legge nella sezione sulla durata del mandato, un articolo del 19 maggio 2020 illustra che, nell'ambito di un incontro sulla questione delle isole Malvinas, oltre ai relatori sono intervenuti alcuni deputati, tra i quali Daniel Oscar Ramundo della commissione affari internazionali, interregionali e di pianificazione strategica;

   appare quindi evidente che qualcosa non quadri sulle dimissioni di Ramundo dal Parlamento del Mercosur;

   giova ricordare che il Parlamento del Mercosur, noto anche come Parlasur, è un'assemblea parlamentare che funziona come un organo deliberativo del blocco regionale Mercosur;

   il Parlamento del Mercosur è l'organo rappresentativo dei popoli del blocco, un organo indipendente che è stato progettato per svolgere un ruolo politico ed eletto a suffragio diretto, universale e segreto;

   il Congresso argentino, nel 2014, ha approvato la legge elettorale per l'elezione diretta dei 43 parlamentari per il Parlasur e, nell'ottobre 2015, si sono tenute elezioni dirette in Argentina, dove sono stati eletti i 43 parlamentari;

   Ramundo risulta direttamente eletto dai cittadini tra le fila del Maie, movimento politico di cui il Sottosegretario Merlo è fondatore e presidente, di cui dovrebbe conoscere quantomeno le attività istituzionali svolte dai suoi eletti con incarichi parlamentari rilevanti;

   la situazione rappresenta un fatto di gravità inaudita, in quanto lo Stato italiano ha pagato direttamente un parlamentare eletto in rappresentanza di uno Stato estero. Questo, a giudizio dell'interrogante, potrebbe configurare un finanziamento diretto al partito Maie;

   a giudizio dell'interrogante, inoltre, si potrebbe addirittura configurare l'ipotesi di falso ideologico in atto pubblico, qualora venisse accertato che Ramundo abbia presentato un curriculum con informazioni false per ottenere un lavoro nel settore della pubblica amministrazione;

   occorre, quindi, fare immediatamente chiarezza su quanto accaduto e appurare se le dimissioni di Ramundo siano effettivamente state accolte dal Parlasur e se il Sottosegretario Merlo abbia qualche coinvolgimento nella vicenda –:

   se corrisponda al vero che Daniel Oscar Ramundo si sia dimesso dall'incarico parlamentare nel Parlasur e se risulti che le sue dimissioni siano state accettate in conformità con le previsioni di quell'organo parlamentare;

   se il sottosegretario Merlo fosse a conoscenza di quanto indicato in premessa e se abbia appurato, prima di nominare il suo segretario particolare, la regolarità delle sue dimissioni;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per fare chiarezza su eventuali responsabilità del sottosegretario.
(5-05324)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COMENCINI, BILLI, COIN, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2020 il rapporto «Il prelievo forzato di organi in Cina e le sue implicazioni globali» curato dall'organizzazione non governativa Doctors AgainstForcedOrganHarvesting (DAFOH) ha denunciato l'espianto forzato di organi come sistematica e aberrante pratica omicida in uso nella Repubblica Popolare Cinese;

   in Cina l'espianto forzato di organi dai prigionieri sarebbe permesso dal 1984; nei primi cinque anni dall'inizio della persecuzione del movimento religioso Falun Gong da parte del Partito Comunista Cinese, il numero ufficiale annuo dei trapianti di organi in Cina è aumentato del 300 per cento;

   il numero reale degli espianti sarebbe tuttavia superiore ai trapianti effettuati ogni anno;

   l'aumento di oltre dieci volte del numero di trapianti verificatosi dal 1999 in poi è senza precedenti, soprattutto se si considera che un programma di donazione di organi pubblici è iniziato solo sette anni fa;

   nonostante le autorità cinesi affermino di aver interrotto nel 2015 il prelievo forzato, i tassi di donazione risultano sorprendentemente alti;

   supponendo che i numeri dei donatori cinesi siano autentici, nel 2017 la Cina si sarebbe procurata dal suo pool di donatori un numero di organi 140 volte superiore a quello del Regno Unito e degli Stati Uniti, solo 4 anni dopo l'inizio del suo programma di donazione di organi;

   nel 2019 un tribunale indipendente inglese, presieduto da Sir Geoffrey Nice, ha concluso che «il prelievo forzato di organi è stato perpetrato in tutta la Cina [...] e i praticanti del Falun Gong sono stati [...] la principale fonte di approvvigionamento»;

   parrebbe quindi in atto un vero e proprio «genocidio freddo», una campagna di sradicamento che dura da 20 anni, che la Cina starebbe attuando contro i prigionieri di coscienza del Falun Gong –:

   quale sia la posizione del Governo in merito ai presunti crimini contro l'umanità compiuti dalle autorità della Repubblica popolare cinese e descritti in premessa;

   se il Governo intenda assumere iniziative per stigmatizzare in tutte le sedi internazionali competenti la persecuzione del Falun Gong e la pratica dei prelievi forzati di organi da parte delle autorità della repubblica popolare;

   se il Governo sia a conoscenza di qualsiasi forma di partecipazione allo sfruttamento della pratica degli espianti forzati di organi, in particolare di casi di utilizzo nel nostro Paese o da parte di Stati dell'Unione europea di organi forzatamente espiantati.
(4-08148)


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si evince da quanto riportato dai media italiani e uruguaiani sono tanti I dubbi che aleggiano intorno alla tragica morte dell'italiano Luca Ventre, avvenuta il 1° gennaio 2021, a Montevideo in Uruguay;

   come descritto dalla stampa nel primo giorno dell'anno corrente il connazionale di origini lucane si è introdotto scavalcando il muro di cinta nell'ambasciata italiana della capitale uruguaiana. Le immagini delle telecamere di sorveglianza lo mostrano mentre viene fermato da un poliziotto uruguaiano di sorveglianza alla nostra missione diplomatica che lo immobilizza tenendolo per il collo. Il trentacinquenne non riprende più conoscenza: verrà dichiarato morto in ospedale qualche ora più tardi;

   è bene ricordare che Ventre si era messo in contatto poco prima con i familiari sentendosi in pericolo di vita e manifestando l'intenzione di tornare al più presto in Italia. Attualmente risultano all'interrogante delle indagini in corso sull'accaduto da parte della magistratura italiana e uruguaiana –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, per quanto di competenza, di fornire ogni informazione utile al fine di chiarire le circostanze in cui è purtroppo avvenuto il decesso del connazionale Luca Ventre sia nei locali dell'ambasciata d'Italia a Montevideo sia nell'ospedale di soccorso della città, considerato che non è chiaro se egli sia arrivato al nosocomio ancora vivo o meno.
(4-08154)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, come riportato da notizie di stampa (www.veronasera.it del 4 gennaio 2021) la regione Veneto, con Ddr n. 1103 del 29 dicembre 2020, ha escluso dalla procedura di valutazione di impatto ambientale il revamping per il miglioramento dell'impianto di gestione anaerobica ed amianto di selezione secco R.s.a.u. e R.s.u. dell'impianto di Ca' del Bue a Verona, attraverso il progetto presentato da Agsm Verona;

   tale esclusione si basa sulla verifica effettuata dal Comitato tecnico regionale V.i.a. che aveva evidenziato che l'intervento non produce impatti ambientali significativi negativi diversi rispetto a quanto già valutato nell'ambito della procedura di verifica di assoggettabilità conclusasi con Ddr n. 555 del 12 giugno 2020 nel rispetto delle condizioni ambientali in esso contenute;

   sulla vicenda ci sono state molte riserve avanzate da parte della provincia e del comune di San Giovanni Lupatoto e in parte da quello di Verona, nonché dal Comitato civico di Ca' del Bue e dai consiglieri della settima circoscrizione di Verona, che hanno espresso preoccupazione per gli odori, le polveri e i rumori prodotti dal sito;

   la regione ha ritenuto valide le motivazioni esposte da uno studio di Agsm Verona secondo cui «gli impatti ritenuti significativi (ossia superiori al 5 per cento del limite di legge) si esauriscono in prossimità del confine di San Giovanni Lupatoto, evidenziando quindi che restano sempre all'interno del Comune di Verona»;

   sulla base di tale studio, secondo Agsm e la regione, nessun problema legato ai due camini progettati dalla sezione di essiccazione e da cui fuoriusciranno polveri e aria per 58 mila metri cubi/ora ognuno, acidi, metalli e ossidi in quantità significative, può interessare il territorio, l'ambiente e la popolazione residente di San Giovanni Lupatoto;

   l'impianto di Ca' del Bue rappresenta un elemento utile per il ciclo integrato dei rifiuti in un'ottica di economia circolare, nell'ambito del programma europeo Green New Deal, così come il revamping del sito, per la produzione di biometano e costituisce una scelta importante per attuare la transizione energetica, ma occorre evidenziare che nel decreto ci sono diversi passaggi che destano dubbi, come nel punto in cui si evidenzia che gli impatti del progetto si esauriscono nel comune di Verona, per cui non si comprendono le motivazioni alla base dell'esclusione del nuovo progetto dalla Via, al fine di escludere ogni possibile ripercussione negativa sulle zone e le popolazioni interessate –:

   se il Governo non ritenga necessario promuovere ogni iniziativa utile, concreta e immediata, per quanto di competenza, per tutelare pienamente gli aspetti ambientali, la salute pubblica e la qualità della vita al fine di tutelare la salute della cittadinanza, nonché di evitare ogni possibile dubbio su eventuali rischi per l'ambiente.
(5-05333)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 20130 del 24 settembre 2020 si è pronunciata sul tema della disciplina riguardante l'esenzione Imu in situazioni di nucleo famigliare scisso;

   l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011 (così come l'articolo 1, commi 739 e seguenti, della legge 160 del 2019 che disciplina la «nuova Imu») è sempre stato interpretato, anche dalla maggior parte dei comuni, nel senso che, se i coniugi risiedevano anagraficamente in comuni diversi, l'agevolazione spettava solo sulla dimora principale, a meno che non si potesse applicare ad entrambe le unità immobiliari, laddove fosse dimostrata la necessità per i coniugi di risiedere anagraficamente in comuni diversi;

   con l'ordinanza n. 20130 del 24 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha invece ritenuto che, perché possa operare l'esenzione, il possessore e il suo nucleo famigliare debbano non solo dimorare, ma anche risiedere anagraficamente nella unità immobiliare adibita ad abitazione principale, mentre nell'ipotesi di diversa residenza anagrafica dei coniugi e, quindi, «scissione» del nucleo famigliare, nessun immobile può beneficiare dell'agevolazione –:

   se, il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative che permettano di usufruire dell'agevolazione anche nel caso di «scissione» del nucleo famigliare.
(5-05325)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emendamento n. 210.014, nella legge di bilancio per il 2021 è stato innalzato dal 40 per cento fino al 100 per cento l'anticipo sull'indennizzo del Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) che può essere corrisposto ad azionisti e obbligazionisti subordinati in attesa della predisposizione del piano di riparto;

   il predetto anticipo, commisurato ai costi sostenuti per l'acquisto dei titoli, è erogato unicamente nella misura del 30 per cento delle perdite, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore; il predetto emendamento ha quindi incrementato dal 40 per cento al 100 per cento l'entità dell'anticipo, che resta ancorato al 30 per cento delle perdite;

   come evidenziato dalle associazioni rappresentative degli ex soci delle banche popolari, interessati dagli indennizzi da Fir alcuni risparmiatori hanno ricevuto – nella prima metà di gennaio 2021 – bonifici da indennizzo da Fir di importi equivalenti al 12 per cento della somma richiesta sull'apposita piattaforma Consap, anziché al 30 per cento come richiesto dai risparmiatori aventi diritto ai predetti rimborsi;

   sempre come indicato dalle predette sigle di rappresentanza, i rimborsi parziali, liquidati al 12 per cento anziché al 30 per cento da giugno 2020, termine per la presentazione della richiesta di rimborso, a gennaio 2021, nell'arco quindi di sette mesi, sono solamente 9.000 su una platea di 140.000 aventi diritto;

   considerando la corresponsione di 9.000 bonifici – peraltro liquidanti la parzialità dell'importo richiesto – in sette mesi circa, tenendo il medesimo andamento, per saldare tutti i 140.000 aventi diritto, parzialmente, occorreranno anni;

   infatti, il fatto che Consap possa smaltire i pagamenti «in attesa di un piano di riparto» non è garanzia di celerità, anche per via dell'esiguo numero di membri della Commissione tecnica Fir;

   infatti la prima forma di indennizzo dei risparmiatori è stata elaborata normativamente con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, ormai due anni fa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare per indennizzare pienamente e compiutamente tutti gli azionisti ed obbligazionisti aventi diritto al Fir nel corso dell'anno 2021.
(4-08139)


   CIABURRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   come noto, le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) sono state, come altre realtà nazionali, colpite dalla crisi pandemica, economica e sociale da Covid-19;

   date le chiusure ed i blocchi delle attività differenziati disposti a partire dal mese di novembre 2020, numerosi tecnici sportivi delle società sportive appartenenti al Coni hanno fatto richiesta dei ristori messi a disposizione dal Governo, richiesta reiterata anche nel mese di dicembre 2020;

   nonostante le annunciate proroghe del meccanismo indennitario dei ristori anche per il mese di gennaio e, auspicabilmente, febbraio 2021, ad oggi numerosi tecnici non hanno ricevuto alcuna forma di ristoro –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti, se intendano spiegare le ragioni alla base dei ritardi nelle erogazioni dei ristori di cui in premessa e quali iniziative normative intendano adottare per consentire ai tecnici delle società sportive di godere in modo completo delle misure indennitarie messe a disposizione con i vari interventi normativi del Governo.
(4-08142)


   CIABURRO e DEIDDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come riportato a mezzo stampa, secondo una tabella presente nella delibera del Comitato interno di vigilanza (Civ) dell'Inps del 29 dicembre 2020, in approvazione del bilancio preventivo dell'istituto, al 30 novembre 2020 erano presenti ancora oltre 190.000 pratiche relative alla cassa integrazione Covid-19 da lavorare, per un totale di 1,2 milioni di lavoratori;

   il 68 per cento di queste pratiche è relativo al mese di novembre 2020, ma il restante 32 per cento si riferisce ai mesi precedenti, da marzo a ottobre;

   nelle 200.000 pratiche in giacenza ci sono sia domande di cassa integrazione con causale Covid-19 non esaminate che pagamenti non effettuati, nonostante sia sufficiente l'inoltro del modello SR41 per l'erogazione dei pagamenti;

   ad oggi, l'unico percorso di erogazione della cassa integrazione guadagni davvero funzionante è l'anticipo da parte delle aziende con liquidità in cassa, in quanto l'attesa minima per ricevere la cassa integrazione pare assestarsi intorno ai 2-3 mesi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti, se intendano rendere note le motivazioni alla base dei ritardi delle erogazioni della cassa integrazione guadagni di cui in premessa e dello smaltimento di pratiche risalenti fino a marzo 2020 e quali iniziative intendano adottare per processare tutte le pratiche ed i pagamenti in giacenza.
(4-08149)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni, plurime testate giornalistiche di rilevanza nazionale hanno rilanciato la notizia relativa ad una presunta discutibile sentenza emessa dal G.u.p. del tribunale di Milano, nella persona della dottoressa Manuela Cannavaie;

   in particolare, sembrerebbe, che l'origine della predetta vicenda processuale abbia avuto come cornice la nota commemorazione del giovane Ramelli deceduto a seguito di una violenta aggressione da parte di esponenti di Avanguardia Operaia nel 1975;

   sempre secondo quanto riportato da alcune testate giornalistiche, sembrerebbe che, a condurre alla condanna degli imputati, sia stata anche l'applicazione della legge Scelba, in quanto l'Autorità giudiziaria giudicante avrebbe considerato la commemorazione in parola «una manifestazione posta in essere al solo scopo di eseguire riti e gesti del disciolto partito fascista, al solo scopo di evocare i tempi del fascismo con grandissima partecipazione emotiva da parte di tutti i manifestanti, perfetto ordine, pedissequa ripetizione delle frasi, dei gesti, delle ritualità appartenenti al solo fascismo e ciò allo scopo di provocare adesioni e consensi e di concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste»;

   nell'articolato motivazionale che ha condotto all'emissione della sentenza di condanna, sembrerebbe che il giudice in parola abbia espresso, in modo del tutto gratuito, valutazioni di carattere politico e sociologico, operando un puntuale riferimento in termini dispregiativi alla corrente di pensiero politico e sociologico denominata «sovranismo»;

   più precisamente, sembrerebbe che l'autorità giudiziaria in parola avrebbe esplicitato la convinzione che la difesa delle istituzioni democratiche «non è stata mai attuale come nel presente momento storico, nel quale episodi di intolleranza e violenza dovuti a motivi razziali sono all'ordine del giorno e si assiste ad una pericolosa deriva sovranista»;

   ebbene, il sovranismo, come riportato dalle più autorevoli fonti enciclopediche, è una dottrina politica che sostiene la preservazione o la ri-acquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali e sovranazionali, le cui posizioni politiche, che trovano certamente un profondo radicamento anche nella nostra Carta Costituzionale, sono rivendicate e sostenute apertamente da diversi partiti del centro destra presenti legittimamente in Parlamento;

   appare, pertanto, singolare, che una sentenza emessa in nome del Popolo Italiano discorra in termini dispregiativi del «sovranismo», associando arbitrariamente tale opzione politica del tutto legittima e costituzionalmente orientata, ad episodi, di intolleranza e di violenza anche aggravati da motivi razziali, malcelando evidentemente una profonda idiosincrasia per le parti politiche che rivendicano posizioni politiche sovraniste;

   tale comportamento, inoltre, se fosse vero, potrebbe esprimere una concezione della funzione giurisdizionale quale strumento di «correzione» sul piano sociologico e politico piuttosto che di sanzione di condotte penalmente rilevanti, oltre che, cosa ancor più grave, la volontà di denigrare partiti ritenuti illecitamente pericolosi;

   peraltro, la motivazione emessa dal giudice de quo, sembrerebbe all'interrogante travalicare il proprio campo di competenza, con evidente intromissione del potere giudiziario nella funzione legislativa e costituzionale in spregio al fondamentale principio della separazione dei poteri;

   se i fatti in parola corrispondessero al vero, la portata della sentenza in parola sarebbe a parere dell'interrogante a dir poco devastante sia per la credibilità dell'esercizio della giurisdizione, sia per l'intero assetto istituzionale, democratico e costituzionale del nostro Paese;

   è poi fondamentale a parere dell'interrogante che le decisioni della magistratura e i comportamenti dei magistrati non solo siano assunti nel rispetto dei principi di indipendenza e imparzialità dell'autorità giudiziaria, ma che «appaiano» ai cittadini al di sopra di qualsiasi sospetto sotto tali profili –:

   se non intenda valutare la possibilità di assumere iniziative normative rispetto a quanto evidenziato nella vicenda esposta in premessa.
(4-08144)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha ricevuto la lettera di T. C., detenuto presso il carcere di Viterbo in regime di 41-bis;

   nella lettera T. C. fa presente che la direzione del carcere, a cui aveva fatto richiesta, gli ha negato la possibilità di acquistare due libri: quello di Luigi Manconi e Federica Graziani «Per il tuo bene ti mozzerò la testa» e quello di Marta Cartabia e Adolfo Ceretti «Un'altra storia inizia qui»;

   la direzione dell'istituto di Viterbo, esprimendo parere contrario, si è rivolta all'autorità giudiziaria per avere o meno il nulla osta all'acquisto dei due libri;

   ambedue le richieste hanno avuto il rigetto dell'autorità giudiziaria; per il libro di Manconi e Graziani, con la motivazione che «la sottoposizione al regime del 41-bis comporta la sospensione alle regole di trattamento degli istituti, specificatamente indicate al comma 2-quater della suddetta disposizione; considerato che la direzione della casa circondariale di Viterbo ha evidenziato la non opportunità dell'autorizzazione all'acquisto del libro indicato, con motivazione alla quale si aderisce integralmente»; per quello di Cartabia e Ceretti, si documenta sia il parere contrario del pubblico ministero perché «il possesso del libro metterebbe il detenuto in posizione di privilegio agli occhi degli altri detenuti aumenterebbe il carisma criminale», sia il rigetto dell'istanza da parte del giudice con la motivazione che «il possesso del libro determinerebbe una posizione di privilegio rispetto agli altri detenuti»;

   con la sentenza, n. 122 del 2017 la Corte Costituzionale ha stabilito che i detenuti sottoposti al regime speciale del 41-bis ordinamento penitenziario possono ricevere libri solo attraverso l'amministrazione e non dall'esterno, confermando in materia circolari emanate dal Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria;

   la citata sentenza della Corte Costituzionale ha precisato che:

    1) «...la misura che, secondo il “diritto vivente”, può essere adottata dall'amministrazione penitenziaria in base alla norma denunciata non limita il diritto dei detenuti in regime speciale a ricevere e a tenere con sé le pubblicazioni di loro scelta, ma incide solo sulle modalità attraverso le quali dette pubblicazioni possono essere acquisite»;

    2) «Resta fermo, peraltro, che la misura in discussione, nella sua concreta operatività, non deve tradursi in una negazione surrettizia del diritto. Nel momento stesso in cui impone al detenuto di avvalersi esclusivamente dell'istituto penitenziario per l'acquisizione della stampa, l'amministrazione si impegna a fornire un servizio efficiente, evitando lungaggini e “barriere di fatto” che penalizzino, nella sostanza, le legittime aspettative del detenuto. La Corte di cassazione si è, del resto, già espressa chiaramente in tal senso: i libri e le riviste – tutti i libri e tutte le riviste – dovranno pervenire ai detenuti richiedenti in un tempo ragionevole»;

   il potere dell'autorità giudiziaria di «censurare» la corrispondenza, i libri, le riviste o qualunque contenuto informativo, sussiste solo qualora sia ravvisabile un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblici; il diritto all'informazione, allo studio, alla cultura deve essere mantenuto nella sua massima espansione costituzionale, a meno che, ai sensi dell'articolo 18-ter dell'ordinamento penitenziario, sia possibile individuare nel contenuto informativo elementi di sospetto in ordine alla veicolazione di messaggi potenzialmente criminali;

   ad avviso dell'interrogante, quanto accaduto si palesa come una «censura arbitraria» in violazione degli articoli 3 e 21 della Costituzione, come declinati in materia da specifiche pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda adottare interventi di chiarimento normativo, al fine di evitare interpretazioni palesemente arbitrarie, che si traducano nella negazione del diritto all'informazione dei detenuti.
(4-08152)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (cosiddetto decreto Agosto) con l'articolo 95, ha istituito l'Autorità per la laguna di Venezia, ente pubblico non economico di rilevanza nazionale dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria a cui sono attribuite tutte le funzioni e competenze relative alla salvaguardia della città di Venezia e della sua laguna;

   al comma 18 dell'articolo 95, tale decreto ha delegato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alla nomina del commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale-Comar Scarl;

   nel mese di novembre 2020 la Ministra interrogata ha nominato quale commissario il dottor Massimo Miani;

   i pagamenti delle imprese fornitrici nell'ambito del Mose risultavano bloccati già prima di tale nomina e ancora oggi non risulta all'interrogante sia stato effettuato alcun trasferimento;

   per tali motivi le imprese fornitrici hanno accumulato 20 milioni di arretrati, mettendo a rischio il lavoro di circa 1500 lavoratori;

   nemmeno con l'avvio delle operazioni di sollevamento del Mose sarebbero state trasferite le risorse alle imprese, che sono impegnate nel lavoro di difesa della città con circa 70 persone;

   tutti i progetti relativi alle opere interne lagunari, inoltre, (morfologia, difesa insediamenti urbani e altro) risultano fermi da mesi, nonostante siano di pari importanza nella difesa di Venezia, della sua laguna e delle schiere alle bocche di porto;

   ha destato profonda frustrazione la notizia, riportata in questi giorni dalla stampa locale, dell'assegnazione, da parte del commissario straordinario al Mose, di un incarico di consulenza da 1.100 euro al giorno a chi aveva già amministrato in via straordinaria il Consorzio Venezia Nuova dal 2014 al 2020 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'ammontare dei crediti vantati dalle imprese e che oggi risultano bloccati;

   se abbia già verificato quali sono gli impedimenti che non consentono di fare arrivare alle società le risorse già stanziate;

   come si intenda garantire il proseguimento di questa fase di transizione verso la nuova Autorità.
(5-05322)


   GEMMATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che in data 19 novembre 2020 Autostrade per l'Italia abbia emesso un provvedimento di chiusura del casello di Canosa in entrata verso Pescara ed in uscita provenendo da Bari;

   secondo il comunicato stampa di Autostrade per l'Italia del 19 novembre 2020, «...il provvedimento è stato adottato a titolo precauzionale, in seguito alle programmate attività di ispezione effettuate oggi sul cavalcavia di svincolo della stessa stazione che hanno richiesto come da iter ulteriori approfondimenti tecnici...»;

   secondo fonti di stampa, invece, alla base della determinazione di Autostrade sussisterebbe un problema di staticità strutturale relativo al cavalcavia di svincolo in corrispondenza della stazione di Canosa la cui gravità, non meglio precisata, avrebbe reso necessari ulteriori ed evidentemente lunghi approfondimenti tecnici;

   fino ad oggi Autostrade per l'Italia non ha ancora precisato le motivazioni di chiusura del casello e non è dato sapere, dunque, né la veridicità e l'entità del supposto danno al cavalcavia, né le tempistiche di riparazione dell'eventuale danno, né le tempistiche di riapertura del casello autostradale;

   la chiusura del casello di Canosa ha causato, invece, notevoli e reali danni alla viabilità generale e ai trasporti che, indirettamente, hanno generato danni alla cittadinanza di Canosa e alle imprese che utilizzano quella strada. I danni sono ancor più gravi se si considera l'attuale situazione di lavori in corso sulla strada provinciale 231 Andria-Canosa e sulla strada provinciale 2 Foggia-Canosa che costringe cittadini e lavoratori a seguire percorsi alternativi più lunghi e onerosi –:

   quali siano le motivazioni sottese al provvedimento di chiusura del casello di Canosa da parte di Autostrade per l'Italia e quali siano le tempistiche di riapertura del casello.
(5-05330)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio del 2020 il Presidente del Consiglio Conte, durante la conferenza stampa per l'approvazione del decreto «semplificazioni», ha sottolineato l'importanza del provvedimento per sbloccare i cantieri e far ripartire i lavori per 130 opere «strategiche» nel Paese, con particolare attenzione anche alla Sardegna, perché l'isola «ha bisogno di acqua», e dunque, del via libera al commissariamento delle «dighe sarde per dare l'acqua ai sardi»;

   tra le opere idriche di nuova realizzazione o di cui è previsto il completamento, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inserito nell'elenco la diga di Maccheronis (Nuoro), la diga di Monti Nieddu (Cagliari), quella di Medau Aingiu (Cagliari). Viene inoltre disposto l'incremento della sicurezza di grandi dighe esistenti: Cantoniera (Oristano), Rio Olai (Nuoro), Rio Govossai (Nuoro), Rio Mannu di Pattada (Sassari) e Monte Pranu (Oristano);

   per quanto riguarda la diga di Monti Nieddu, a tre anni dall'interruzione dei lavori, non si è verificata nessuna ripresa del cantiere e l'opera rischia di ritornare allo stato di «eterna incompiuta», con la conseguenza di un grave pregiudizio anche per il paesaggio circostante;

   dai territori interessati, in particolare dal Consiglio comunale di Sarroch, si moltiplicano gli appelli per una ripresa dei lavori –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, in collaborazione con la regione autonoma della Sardegna e con gli altri enti interessati, al fine di riattivare il cantiere per la realizzazione della diga di Monti Nieddu.
(4-08141)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Mercato San Severino si è registrato, negli ultimi tempi, un alimento significativo dei reati commessi sul territorio;

   attualmente, il numero delle forze dell'ordine ivi presenti, rappresentate dai carabinieri della locale compagnia, risulta insufficiente rispetto alle esigenze e alla vastità dell'area comprensoriale. Trattasi, infatti, di un ambito territoriale la cui popolazione supera i centomila abitanti e che, abbracciando i comuni di Mercato S. Severino, Fisciano, Castel San Giorgio, Bracigliano, Siano, Roccapiemonte, Calvanico, Baronissi e Pellezzano, si estende per circa 170 chilometri quadrati;

   la stazione dei carabinieri – Mercato San Severino rappresenta, pertanto, l'unico presidio di contrasto alle attività illecite e un baluardo per la sicurezza per i cittadini;

   la carenza di adeguate risorse umane, unitamente all'ampiezza del territorio di osservazione, non consente un'efficace attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminosi, suscitando, talvolta, preoccupazioni e paure all'interno delle comunità;

   negli ultimi tempi, peraltro, si è verificata una forte recrudescenza dei fenomeni criminali sul territorio, sfociati addirittura in allarmanti fatti di sangue;

   si ravvisa, pertanto, la necessità di rafforzare la presenza delle forze dell'ordine nella macro area considerata, mediante l'istituzione di un commissariato di pubblica sicurezza nel territorio del comune di Mercato San Severino;

   a tal riguardo, a quanto consta all'interrogante l'amministrazione del citato comune, con una nota del 13 agosto 2018 ed una successiva nota del 26 febbraio 2020, ha già formulato istanza al Ministro interrogato per l'avvio del procedimento finalizzato all'istituzione di tale commissariato di pubblica sicurezza sul proprio territorio, garantendo la disponibilità di un immobile comunale da adibire a sede dello stesso, i cui soli costi di rifunzionalizzazione graverebbero sul Ministero dell'interno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza per avviare, con la massima urgenza, le procedute per l'istituzione di un commissariato di pubblica sicurezza nel territorio del comune di Mercato San Severino.
(5-05323)

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dai giornali, nonché dai siti di annunci immobiliari (case.it e astelegale.net), si apprende che il 17 marzo 2021, a Monza, nello studio di un curatore fallimentare, saranno messe all'asta – per la vendita – la caserma dei Carabinieri e l'adiacente palazzina degli appartamenti dei militari e delle loro famiglie, strutture site nel comune di Rho (Milano), via Generale Armando Diaz;

   l'asta è a seguito della procedura fallimentare che ha interessato la società proprietaria degli immobili, la Edilteco di Cusano Milanino (Milano);

   tale situazione, oltre interessare il comune di Rho, ha coinvolto – per i medesimi motivi – anche: Concorezzo (Monza Brianza), Cassina De' Pecchi, Cusano Milanino e San Giuliano Milanese, in provincia di Milano e Azzate, in provincia di Varese;

   la vicenda – che ha attivato la procedura fallimentare – meriterebbe, già da sola, specifici accertamenti poiché sarebbe necessario indagare su come sia stato possibile per la società in questione, fornire alle amministrazioni comunali (interessate dalla costruzione delle caserme) una serie di fideiussioni, poi rivelatesi false, a garanzia della realizzazione delle opere (citate) di urbanizzazione del piano integrato;

   risulta, nello specifico, di fondamentale importanza mantenere sul territorio rhodense un presidio di sicurezza, rappresentato dalla caserma in questione;

   il plesso di Rho risulta di metri quadrati 10.618, adibito a caserma dei carabinieri in forza di contratto di locazione stipulato con il Ministero dell'interno in data 12 aprile 2002 e avente scadenza al 9 marzo 2023;

   il prezzo dell'asta è di 3.300.000 euro, con un rialzo minimo di 10,000 euro;

   qualora fosse il comune a partecipare all'asta, servirebbe la garanzia da parte del Ministero dell'interno della permanenza dell'Arma nel territorio (anzi nei medesimi spazi immobiliari), e conseguentemente del prosieguo del contratto di locazione in essere, se non addirittura qualche forma di compartecipazione alla spesa –:

   quali garanzie e iniziative di competenza, nell'immediato, si intendano adottare per garantire la permanenza della Caserma dei Carabinieri sul territorio rhodense, nonché se vi sia intenzione di sostenere un'eventuale partecipazione del comune di Rho all'asta di cui in premessa nonché quali accertamenti, per quanto di competenza, si intendono compiere in relazione ai fatti illustrati.
(4-08145)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il settore della scuola versa ancora in una condizione di fortissima incertezza e senso di precarietà. Considerando l'attuale andamento dei casi e il rischio costituito dalla diffusione di nuove varianti di Covid-19 (probabilmente più contagiose) e considerando i bisogni di ragazzi e famiglie, occorre dare certezze e rassicurazioni. Per la scuola si è fatto molto certo, ma ancora oggi si susseguono rinvii per diversi ordini e gradi. Chiaramente non si può prevedere l'andamento dei dati e del numero di positivi, ma si devono dare sufficienti certezze e chiarimenti per prendere decisioni e pianificare con criteri solidi;

   l'Istituto superiore di sanità (Iss), come anche confermano molti studi, non è in grado di definire con certezza i rischi legati ad andare a scuola; secondo il report del 30 dicembre 2020 fare un assessment affidabile dei rischi nel settore scuola è molto difficile con i mezzi e le informazioni ora a disposizione. Esistono infatti solo dati parziali, insufficienti a dare rassicurazioni; ciononostante, sembra si possa affermare che le scuole in sé sono un ambiente relativamente sicuro. Anche negli altri Paesi si vedono simile incertezza e risposte analoghe;

   l'Istituto superiore di sanità evidenzia l'importanza di agire su alcuni punti specifici per aiutare il comparto scuola: organizzare i trasporti e scaglionamenti di orario. Al fine di coordinare queste misure il Ministero dell'istruzione ha affidato ai prefetti nel dicembre 2020 un ruolo guida nella loro pianificazione. Tuttavia, mentre si sa come procede l'attuazione di questi piani dei prefetti in alcune grandi città, non si conoscono gli esiti dei lavori svolti sull'intero territorio. Il Ministero non ha reso disponibili o non ha questi dati, che invece sarebbero essenziali per capire andamento dei contagi e l'efficacia delle misure adottate;

   rimane essenziale il sistema di tracciamento integrato disposto dall'Istituto superiore di sanità. I dati sui meccanismi di tracciamento previsti sarebbero una forte rassicurazione per personale scolastico e cittadinanza tutta, ma sono ancora poco accessibili e lacunosi. È stata poi dimostrata l'importanza dell'aerazione e salubrità dei locali scolastici; anche su questo mancano dati sulle scelte delle realtà locali –:

   se i Ministri interrogati renderanno disponibili dati sull'implementazione dei piani previsti per le scuole e per la loro messa in sicurezza, per garantire la pianificazione e la gestione della didattica in sicurezza.
(5-05327)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   migliaia di docenti e personale Ata precari assunti con contratti brevi e saltuari, inclusi quelli per l'emergenza COVID-19 non hanno ricevuto lo stipendio dal mese di ottobre 2020;

   molti dei suddetti docenti, che in molti casi hanno interrotto la «Naspi» o gli altri strumenti di sostegno o sussidio nei periodi di disoccupazione, non riescono a far fronte alle spese ordinarie;

   molti peraltro sono stati assunti a centinaia di chilometri da casa e hanno dovuto sostenere spese di affitto e di trasporto, che non riescono più a coprire;

   ad oggi non risulta sia stata trovata una soluzione capace di superare le problematiche che sembrano riguardare più fronti: i malfunzionamenti del portale Sidi, il Ministero dell'economia e delle finanze che non ha provveduto al caricamento dei borsellini elettronici dei singoli istituti, i cosiddetti Pos e l'adeguata copertura dei corretti capitoli di spesa;

   i sindacati di categoria hanno dichiarato che provvederanno alla presentazione di ricorsi formali per mancato funzionamento del sistema;

   il Ministero dell'istruzione aveva annunciato un'emissione speciale per il 13 dicembre 2020 ma poi, disattendendo la prima data, ha rinviato al 9 gennaio 2021 e, successivamente, al 18 gennaio, senza che le situazioni risultino risolte;

   è stata preannunciata un'ulteriore emissione per il 25 gennaio, che però, ammesso che sia risolutiva, si tramuterebbe in una busta paga che verrà emessa soltanto a febbraio, creando ulteriori disagi;

   si dovrebbe trovare, d'intesa con la ragioneria dello Stato, una modalità che risolva una volta per tutte il problema degli stipendi per le supplenze brevi e saltuarie, per evitare il sistematico ripetersi di questo oltraggio intollerabile alla dignità del lavoro –:

   quali siano le ragioni di questi ritardi e quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per far fronte alla situazione esposta in premessa al fine di adottare un sistema di pagamento più rapido che non comporti i ritardi che si verificano ad ogni inizio d'anno.
(4-08136)


   VANESSA CATTOI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   per il secondo anno consecutivo il colosso statunitense dell'e-commerce Amazon propone sul mercato italiano l'iniziativa «Un click per la scuola» finalizzata ad offrire alle scuole di ogni ordine e grado un credito virtuale da spendere sul suo sito per l'acquisto di materiale scolastico;

   l'azienda devolve il 2,5 per cento dell'importo speso dall'utente come credito virtuale alle scuole che si iscrivono al programma e che potranno spenderlo scegliendo dal catalogo di 1.000 prodotti selezionati, venduti e spediti da Amazon stessa;

   i clienti dell'e-commerce possono selezionare l'istituto scolastico che preferiscono, in una lista che include anche molte scuole che non hanno ancora aderito all'iniziativa ma potranno farlo, anche su segnalazione dei genitori, trovando poi il credito a propria disposizione;

   moltissime scuole risultano iscritte al programma di Amazon che, nel 2019, ha donato alle scuole italiane 2 milioni di euro e la maggior parte dei dirigenti scolastici ha inviato comunicazione istituzionale alle famiglie degli alunni chiedendo esplicitamente di supportare l'iniziativa per vedere maggiorato il più possibile il credito in favore della propria scuola;

   è evidente che una tale strategia di marketing individua nella scuola lo strumento attraverso il quale acquisire fette sempre maggiori del mercato, a danno delle piccole realtà che stanno letteralmente sparendo a causa della pandemia;

   il Sil – Sindacato italiano librai e cartolai – ha pubblicamente protestato «Basta pubblicità ad Amazon da parte delle scuole», inviando anche una lettera al Ministro interrogato, in cui denuncia quanto ritengano grave che il mondo della scuola abbia a interferire in modo così invasivo sulle dinamiche della concorrenza, per di più se l'invito viene rivolto, senza alcun ricorso ad un minimo di etica, a privilegiare chi, con la sua attività, sta distruggendo il tessuto commerciale del nostro Paese e chiedendo alla stessa che si faccia «promotrice di un'iniziativa che induca a ritirare da subito queste sollecitazioni e ad evitare che ciò avvenga in futuro»;

   anche per gli interroganti appare grave ed inaccettabile che le istituzioni scolastiche assumano un ruolo attivo in favore del gigante dell'e-commerce, sostenendone l'obiettivo di diventare monopolista assoluto nel campo delle forniture di libri, come evidenziano le indagini della Commissione europea che contesta ad Amazon di essere responsabile di una distorsione illegale della concorrenza nei mercati al dettaglio in rete mediante il «predatory pricing», una strategia predatoria dei prezzi che si propone di mettere fuori mercato la concorrenza per poterne approfittare in un secondo tempo;

   il distacco tra le aziende di e-commerce e i concorrenti è ormai abissale, complice anche la crisi innescata dalle restrizioni imposte dall'allarme COVID che hanno aggravato una situazione già non rosea;

   il perpetrarsi di simili iniziative ha già portato alla chiusura di numerose librerie e cartolibrerie, attività al dettaglio che popolano i centri urbani e rappresentano luoghi di incontro, di cultura, di socialità e di crescita per la cittadinanza;

   gli interroganti reputano che quanto sopra esposto riveli una contraddizione dell'azione di Governo che, col cashback, intende favorire gli acquisti in presenza e al contempo nulla intraprende a favore degli acquisti dei libri di testo nelle librerie d'Italia –:

   per quale motivo il Ministro interrogato non abbia intrapreso alcuna iniziativa atta a tutelare ex ante l'autonomia degli istituti scolastici nella scelta dei propri fornitori;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per evitare quantomeno di sostenere la concorrenza sleale dei colossi dell'e-commerce e favorire piuttosto il mercato nazionale dei libri di testo.
(4-08156)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MULÈ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, introdotto nel corso dei lavori alla Camera dei deputati a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato da Forza Italia, autorizza la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2020 in favore dei lavoratori frontalieri;

   la disposizione citata prevede altresì che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in questione, sono stabiliti i criteri per il riconoscimento del beneficio nel rispetto del limite di spesa previsto;

   nonostante siano ampiamente trascorsi i trenta giorni previsti dalla norma, il decreto attuativo citato non è stato ancora emanato, continuando a provocare notevoli disagi ai lavoratori frontalieri;

   a tal proposito, il 5 novembre 2020, l'interrogante ha svolto una interrogazione a risposta immediata (n. 5-04948) in XI Commissione, chiedendo chiarimenti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa le tempistiche di emanazione del decreto attuativo menzionato;

   in tale occasione, il sottosegretario Stanislao Di Piazza ha affermato che «anche a seguito del confronto con la Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali dell'INPS, sono emerse alcune criticità, legate soprattutto all'esatta individuazione della platea dei beneficiari del contributo e pertanto, gli uffici coinvolti, hanno riscontrato la necessità di ulteriori chiarimenti e approfondimenti»;

   di fronte alla risposta, che appare all'interrogante, sconcertante, appena citata, gli stessi firmatari della suddetta interrogazione, il 18 novembre 2020, hanno, quindi, chiesto ulteriori chiarimenti con una interrogazione risposta immediata (5-05022) in XI Commissione; in tale occasione, la sottosegretaria Francesca Puglisi ha sottolineato come vi sia ancora la necessità di chiarire «aspetti della norma»;

   è sconcertante che, ancora oggi, il decreto attuativo citato non sia stato ancora emanato, continuando a provocare notevoli disagi alla categoria dei lavoratori frontalieri in un momento di grande incertezza e difficoltà economica;

   è, altresì, intollerabile che il Governo si trinceri dietro ad un linguaggio burocratico, nel tentativo di nascondere la propria incapacità di adempiere ai doveri previsti dalla legge –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire tempistiche precise circa l'emanazione del decreto previsto dall'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il cui termine è peraltro ampiamente trascorso, al fine di fornire l'adeguato sostegno economico alla categoria dei lavoratori frontalieri.
(3-02047)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale è una prestazione economica concessa a soggetti che svolgono una determinata attività autonoma e che cessano di lavorare senza aver ancora raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia;

   l'indennizzo, introdotto in via temporanea dal decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è divenuto una misura stabile dal 1° gennaio 2019, per effetto della legge di bilancio 2019. È finanziato con l'aliquota del contributo aggiuntivo dello 0,09 per cento ed è concesso nei limiti delle risorse del Fondo istituito nell'ambito della Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali. L'importo dell'indennizzo è, per il 2019, pari a 513,01 euro e viene erogato fino a tutto il mese di compimento dell'età per la pensione di vecchiaia vigente nella Gestione commercianti;

   secondo quanto si evince da fonti di stampa e dal messaggio n. 2347 del 5 giugno 2020, l'Inps ha reso noto che «... dovrà tenere in sospeso le domande di indennizzo commercianti presentate dopo il 30 novembre 2019... In occasione dell'ultimo monitoraggio degli oneri “è emerso che, stimando in via prudenziale il completo accoglimento delle domande giacenti, non vi è equilibrio del Fondo, in via prospettica, per il pagamento delle prestazioni”. La conseguenza di questa verifica impone, previo intervento normativo del Ministero, una revisione in aumento delle aliquote di finanziamento del fondo attualmente pari allo 0,9 per cento. In attesa dell'emanazione del decreto interministeriale con le nuove aliquote, l'Inps liquiderà esclusivamente gli indennizzi riferiti alle domande presentate entro il 30 novembre 2019. Le domande presentate dal 1° dicembre 2019 saranno acquisite e registrate “in un apposito contatore, predisposto al fine di valutare le ulteriori risorse necessarie al finanziamento del Fondo ...”»;

   la recente legge di bilancio approvata, prevede, al comma 380, quanto segue: «Dal 1° gennaio 2022, l'aliquota contributiva di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è dovuta nella misura dello 0,48 per cento. Resta salvo il meccanismo di adeguamento disciplinato dall'articolo 1, comma 284, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. La contribuzione di cui al primo periodo del presente comma per la quota pari allo 0,46 per cento è destinata al finanziamento del Fondo di cui all'articolo 5, comma 1, del citato decreto legislativo n. 207 del 1996, mentre la restante quota pari allo 0,02 per cento è devoluta alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali. Per effetto della mancata applicazione per l'anno 2021 delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 284, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è previsto un finanziamento a carico del bilancio dello Stato a favore del Fondo di cui all'articolo 5, comma 1, del citato decreto legislativo n. 207 del 1996, pari a 167,7 milioni di euro per l'anno 2021»;

   secondo fonti di stampa, la predetta norma di modifica dell'aliquota contributiva e il predetto rifinanziamento del Fondo, anche se previsto per il solo anno 2021, consentirebbero di finanziare le richieste pendenti ma, nonostante ciò sono molte le proteste di alcuni commercianti che ancora non hanno ricevuto alcuna rassicurazione in tal senso né hanno iniziato a ricevere la prestazione economica –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondono al vero e, in caso affermativo, se le disposizioni che consentono il rifinanziamento del Fondo di cui in premessa e la rimodulazione dell'aliquota contributiva siano adeguate per assicurare le risorse necessarie a finanziare le domande di indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale presentate dopo il 30 novembre 2019 e sospese a seguito di provvedimento dell'Inps sopra citato.
(5-05328)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le pratiche in giacenza all'Inps per la cassa integrazione sono arrivate alla cifra da capogiro di oltre 200 mila: un terzo sono tanto datate che i ritardi risalgono fino a marzo 2020;

   oltre un milione e duecentomila lavoratori fendono che venga pagata la cassa integrazione;

   il 7 giugno 2020 il presidente dell'Inps aveva dichiarato agli organi di stampa che entro venerdì 12 giugno la cassa integrazione COVID sarebbe stata pagata a tutti;

   considerato che i dati sopra citati sono aggiornati al mese di novembre 2020, le conseguenze drammatiche di questo intollerabile stallo politico-burocratico sono destinate a incrementare con conseguenze gravissime per milioni di famiglie italiane –:

   quali iniziative intenda porre in essere per sbloccare e accelerare i pagamenti della cassa integrazione.
(4-08137)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le associazioni che rappresentano l'industria italiana della prima trasformazione e del commercio dei cereali, Anacer, Assalzoo, Assittol, Italmopa, hanno espresso pubblicamente alcune critiche relative a previsioni contenute nella legge di bilancio 2021, in particolare quelle riferite ai commi da 139 a 143;

   nelle disposizioni citate è previsto che «chiunque detenga, a qualsiasi titolo, cereali e farine di cereali, è tenuto a registrare, in un apposito registro telematico istituito nell'ambito dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), tutte le operazioni di carico e scarico, se la quantità del singolo prodotto supera le 5 tonnellate annue.»;

   ad avviso dei rappresentati di categoria, il registro rappresenterebbe non solo una misura di difficile applicazione ma anche di scarsa utilità, sia per le aziende del settore che per i consumatori;

   in particolare, le Associazioni hanno osservato che «il registro di carico e scarico per la commercializzazione o la trasformazione di cereali e di sfarinati a base di cereali, si pone in palese contrasto con la riconosciuta necessità di una maggiore semplificazione» e inoltre risulta essere di difficile comprensione relativamente agli obiettivi perseguiti e risulta difficilmente applicabile nei contenuti;

   inoltre, si legge nella comunicazione pubblica, che essa «introduce una nuova, duplice incombenza, particolarmente onerosa sotto il profilo economico e amministrativo ma anche assolutamente priva di un qualsiasi concreto beneficio per il consumatore»;

   le quattro associazioni interessate segnalano, altresì il fatto che la norma sia stata introdotta senza adeguata discussione in sede parlamentare e senza il loro coinvolgimento, necessario a comprendere l'effettiva portata della disposizione. Pertanto, si pone la necessità di correggere la disposizione o quanto meno posporne l'applicazione. Il decreto attuativo dovrebbe essere emanato dal Ministero entro l'inizio del mese di marzo 2021 –:

   quali iniziative intenda assumere e, in particolare, se ritenga opportuno convocare un apposito tavolo di confronto con le associazioni di settore per tenere conto dei loro pareri, al fine di adottare le eventuali ulteriori e idonee iniziative normative in grado di dare soluzione alle problematicità segnalate.
(5-05334)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 ha istituito il fascicolo sanitario elettronico (Fse), inteso come l'insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l'assistito;

   l'articolo 11 del decreto-legge n. 34 del 2020, al fine di potenziare e rafforzare l'infrastruttura del fascicolo sanitario elettronico (Fse), reca modifiche alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012;

   il citato articolo 11, comma 1:

    alla lettera a), integra il comma 1 dell'articolo 12, al fine di includere nel Fse i dati e i documenti digitali riferiti anche alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale;

    alla lettera b), modificando il comma 2 del medesimo articolo 12, specifica che l'accesso al Fascicolo da parte dell'assistito deve essere assicurato anche tramite il Portale online del Fse;

    alla lettera c) modifica il comma 3 dello stesso articolo 12 prevedendo che il Fse sia alimentato in maniera non solo continuativa, come nel testo finora vigente, ma anche «tempestiva»; in secondo luogo, si prevede – in coerenza con quanto previsto dalla lettera a) – che l'alimentazione riguardi anche i dati inerenti agli eventi clinici, presenti e trascorsi, forniti dagli esercenti una professione sanitaria al di fuori del servizio sanitario nazionale nonché (in via facoltativa) i dati medici in possesso dell'assistito (su iniziativa di quest'ultimo);

    alla lettera d) abroga il comma 3-bis del suddetto articolo 12, il quale prevedeva che il Fse potesse essere alimentato esclusivamente sulla base del consenso libero e informato da parte dell'assistito;

   l'esplicita manifestazione del consenso da parte dell'assistito rimane comunque necessaria per la consultazione del FSE da parte dei soggetti autorizzati (ex comma 5) e per l'alimentazione del pregresso (referti e informazioni relativi a eventi clinici del passato);

   come indicato all'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo, l'assistito può decidere, nel momento dell'accettazione, in sede di refertazione oppure in una fase successiva all'alimentazione, se e quali dati e documenti, creati in occasione delle singole prestazioni erogate, non devono essere resi visibili (ossia oscurati) nel proprio Fse senza che vi sia evidenza di tale scelta in fase di consultazione (oscuramento dell'oscuramento);

   i dati e i documenti oscurati devono essere consultabili solo dall'assistito e dal titolare che lo ha generato (ossia, l'autore del dato/documento). L'assistito ha comunque facoltà di rendere nuovamente visibile un dato o documento precedentemente oscurato;

   in articoli apparsi sugli organi di informazione online si legge che «Lo Stato invierà i dati personali ad altri stati e società private che operano a fine di lucro» ed avrebbe sostanzialmente violato il «diritto alla non raccolta di dati, all'oscuramento (totale o parziale) dei dati e anche un diritto all'oscuramento dell'oscuramento (non far sapere di avere chiesto la cancellazione di alcune informazioni)» –:

   se quanto riportato nell'ultimo paragrafo della premessa corrisponda al vero;

   se l'abrogazione del comma 3-bis del suddetto articolo 12 riguardi anche l'abrogazione del diritto di oscuramento di dati e documenti;

   se i decreti prodromici all'attuazione della norma per definire le modalità e le misure di sicurezza, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano in fase di adozione.
(2-01096) «Ruggiero, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lorefice, Mammì, Menga, Nesci, Nappi, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello».

Interrogazione a risposta orale:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 22 gennaio 2021 il Ministero della salute ha disposto ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 per la regione autonoma della Sardegna;

   l'articolo 1 della sopra citata ordinanza recita: «Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARS-Cov-2, fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021, alla regione Sardegna si applicano le misure di cui all'articolo 2 del medesimo decreto»;

   la decisione è stata adottata a causa del superamento di un punto percentuale della soglia del 30 per cento di occupazione delle terapie intensive individuato dal Ministero della salute, ma proprio nel giorno in cui la disponibilità effettiva è incrementata con l'inaugurazione di 30 nuovi posti nel nuovo reparto dell'Aou di Sassari e a pochi giorni dall'attivazione di ulteriori 14 posti presso l'ospedale «Binaghi» di Cagliari;

   i dati pubblicati da Agenas il 24 gennaio 2021 indicano la percentuale di posti letto di terapia intensiva occupata da pazienti Covid-19 in Sardegna al 24 per cento;

   secondo i dati dell'ultimo monitoraggio settimanale l'Rt in Sardegna si è attestato allo 0.97;

   l'ordinanza appare pertanto basata su presupposti o infondati, o non più attuali e cagiona un danno gravissimo alle imprese isolane, in particolare al settore della ristorazione –:

   se non ritenga opportuno rettificare o revocare le disposizioni contenute nell'ordinanza del Ministro della salute del 22 gennaio 2021.
(3-02046)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   Zolgensma è un medicinale di terapia genica per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale. È indicato in pazienti con mutazioni ereditarie a carico di geni noti come SMN1, cui è stata diagnosticata l'atrofia muscolare spinale di tipo 1 o hanno fino a 3 copie di un altro gene noto come SMN2. L'atrofia muscolare spinale è rara e Zolgensma è stato qualificato come «medicinale orfano» il 19 giugno 2015;

   Zolgensma è tra i farmaci più costosi al mondo e, secondo fondi di stampa, il suo prezzo sarebbe di circa 2 milioni di dollari per singolo trattamento;

   secondo l'Ema, lo studio principale di Zolgensma mostra che una singola infusione può migliorare la sopravvivenza dei pazienti e può aiutare a raggiungere importanti tappe nello sviluppo;

   in data 18 maggio 2020, la Commissione europea ha formalizzato la decisione dell'Ema di concedere un'autorizzazione (cosiddetta Cma ovvero subordinata a condizioni) per il farmaco Zolgensma per il trattamento dei pazienti con atrofia muscolare spinale (Sma) 5q con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e una diagnosi clinica di Sma tipo 1, oppure dei pazienti con Sma 5q con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a 3 copie del gene SMN2;

   secondo quanto si evince dall'Epar relativo al farmaco Zolgensma approvato dall'Ema, e in particolare nel paragrafo relativo alla posologia, il farmaco risulterebbe «raccomandato per pazienti con peso compreso tra 2,6 chilogrammi e 21,0 chilogrammi»;

   con determina 12 novembre 2020, l'Aifa ha inserito il medicinale Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi 6 mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA 1);

   secondo fonti di stampa, sono da tempo in corso proteste da parte di genitori di alcuni bambini con SMAI che hanno superato i primi 6 mesi di vita e che non avrebbero dunque diritto alla somministrazione del farmaco. I genitori si lamentano del fatto che in altri Paesi del mondo, così come riportano alcune fonti di stampa, il farmaco si somministra tenendo conto del parametro del peso (entro i 21 chilogrammi) e non dell'età del bambino;

   da fonti di stampa si apprende infatti che «...il SSN al momento se ne fa carico solo per i neonati che non abbiano superato il sesto mese. Diverso lo scenario negli Stati Uniti e in Europa, dove si raggiunge una platea più ampia grazie a un criterio che valuta il peso del bambino da curare, che deve rientrare nei 21 chilogrammi...»;

   secondo un comunicato della Avexis che produce il farmaco, infatti, pare che la Commissione europea abbia «... concesso l'approvazione condizionale per Zolgensma ... L'approvazione copre neonati e bambini piccoli con SMA fino a 21 chilogrammi secondo la posologia approvata» –:

   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo:

    a) quali siano le motivazioni sottese alla scelta di somministrare il farmaco solo entro i primi sei mesi di vita;

    b) se la somministrazione del farmaco oltre i 6 mesi di vita ed entro i 21 chilogrammi, così come da posologia approvata dall'Ema, sia possibile ed efficace e, se così fosse, quali iniziative di tipo normativo e urgenti intenda adottare per consentire la somministrazione del medicinale ai pazienti che risultino in condizioni di poterlo ricevere;

    c) qualora la somministrazione del farmaco non risulti efficace e possibile entro i 21 chilogrammi, se intenda indicarne le motivazioni.
(5-05326)


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da alcune sue dichiarazioni, pare che il Vice Ministro della salute abbia manifestato apprezzamento nei confronti degli odontoiatri e dei farmacisti che hanno messo a disposizione la loro professionalità nonché le strutture nelle quali operano al fine di poter contribuire alla campagna vaccinale anti COVID-19;

   la recente legge di bilancio n. 178 del 30 dicembre 2020, ha disposto, al comma 471 dell'articolo 1 e in via sperimentale per l'anno 2021, la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici assistiti, se necessario, da infermieri o da personale sanitario opportunamente formato;

   il comma 459, invece, prevede che i medici specializzandi a partire dal primo anno di corso della scuola di specializzazione sono chiamati a concorrere allo svolgimento dell'attività di profilassi vaccinale per la popolazione; il comma 460, poi, dispone l'avvio di una richiesta di manifestazione di interesse riservata a laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali nonché a infermieri e assistenti sanitari iscritti ai rispettivi ordini professionali disponibili a partecipare al piano di somministrazione dei vaccini anti Sars-CoV-2;

   appare evidente, dunque, che la sottesa ratio delle predette norme è non solo quella di ampliare i punti sul territorio nazionale nei quali sarà possibile somministrare i vaccini, ma anche quella di aumentare il numero dei professionisti sanitari abilitati all'esercizio dell'inoculazione del farmaco;

   a seguito della manifestazione di disponibilità degli odontoiatri, su base volontaria, dunque, e con l'approvazione di una nuova norma, si potrebbe non solo consentire di ampliare il numero delle strutture nelle quali poter somministrare i vaccini integrandole con gli studi professionali degli odontoiatri presenti su tutto il territorio ma anche aumentare il numero dei sanitari, abilitando gli odontoiatri all'esercizio dell'inoculazione del farmaco;

   peraltro, appare utile evidenziare che le caratteristiche delle strutture nelle quali operano gli odontoiatri si prestano allo scopo, poiché risultano già adeguate all'esercizio di una professione sanitaria in quanto conformi alla normativa vigente in materia e alla relativa autorizzazione sanitaria regionale rilasciata a seguito di accertamento dei requisiti organizzativi, strutturali, tecnologici, igienici e sanitari della struttura stessa;

   risulta utile evidenziare ancora che gli odontoiatri sono già abilitati all'inoculazione di determinati farmaci in specifici distretti del corpo umano ovvero degli anestetici locali. Questi sanitari, quindi, potrebbero, a seguito di approvazione di una norma che ne consenta l'esercizio della prestazione, essere attivamente coinvolti nella campagna vaccinale anti Covid-19 –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza al fine di garantire a tutti i cittadini, e in tempi rapidi, il livello di prevenzione collettiva previsto dai livelli essenziali di assistenza tramite la prestazione relativa alla somministrazione del vaccino anti COVID-19, in particolar modo assicurando la somministrazione del vaccino anche negli studi odontoiatrici nonché consentendo agli odontoiatri di inoculare il farmaco, così da consentire agli stessi di contribuire in maniera determinante alla campagna vaccinale prevista dal piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da Sars-CoV-2.
(5-05331)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il complesso monumentale dell'ex ospedale psichiatrico di Roma denominato «Santa Maria della Pietà» è al centro da anni di un aspro dibattito intorno al suo utilizzo;

   la regione Lazio sta accelerando l'opera di trasformazione del complesso, con l'attribuzione della stragrande maggioranza degli edifici presenti (28 su 37) all'uso sanitario ed alla proprietà della locale azienda sanitaria (RM1);

   alcune realtà che operano nel campo della salute mentale ed uno storico e composito movimento di associazioni e cittadini, promuovono 25 anni un uso prevalente socio-culturale delle strutture;

   queste realtà rivendicano l'applicazione dell'articolo 98 della legge n. 388 del 2000 (il cui senso è stato confermato e chiarito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1422/2003) che stabilisce per tutti gli ex ospedali psichiatrici la destinazione «reddituale», e la destinazione dei redditi ai servizi pubblici di salute mentale per sostanziare l'applicazione della riforma psichiatrica integrata nella legge n. 833 del 1978;

   le scelte regionali sembrano non confermare un impianto normativo che volle dare alla questione del riutilizzo degli ospedali psichiatrici una dimensione strategica nazionale, individuando il loro patrimonio come una risorsa per la salute mentale sia materialmente, che simbolicamente;

   anche secondo il rapporto sulle Povertà 2019 della Caritas di Roma, il progetto di regione Lazio ed Asl «disattende la Normativa Nazionale»;

   tanto più che le proposte ed i progetti dei comitati e delle associazioni hanno tentato, fin dal 1995, di ottemperare alla normativa nazionale evitando contemporaneamente di disperdere il patrimonio mantenendolo nell'alveo della proprietà e gestione pubblica;

   il S. Maria della Pietà, oltre ad essere un bene territoriale e cittadino, ha un particolare significato storico. Si tratta dell'ex ospedale psichiatrico più grande d'Europa. Tanto più importante risulta quindi il rispetto della normativa a supporto della salute mentale in quanto essa sta subendo da tempo una crisi profonda dovuta alla riduzione delle risorse;

   l'operato della regione e della Asl RM1 sta, di fatto, sottraendo ulteriori risorse dovute ai servizi di prevenzione e cura del disagio psichico per realizzare un polo sanitario in un quadrante della città già saturo di ospedali, cliniche e strutture sanitarie ed in cui i cittadini stanno proponendo da tempo altri tipi di utilizzo: funzioni socio-culturali, turistiche, museali, formative, un «Polo dell'economia sociale» in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini e di rispettare le norme sull'uso delle risorse;

   altrettanto rilevante è la valenza simbolica delle iniziative. Il progetto in corso vede l'accatastamento di strutture sanitarie e residenziali anche legate alla tossicodipendenza, alla disabilità, alla psichiatria, senza alcun progetto organico e con il rischio di riprodurre modelli di ghettizzazione della malattia e del disagio;

   si rileva, infine, ad avviso dell'interrogante l'anomalia di un affidamento di proprietà immobiliari e di finanziamenti e gestione di appalti, di aree e edifici non destinati ad uso sanitario (sede municipale, centro culturale, parco) all'azienda sanitaria Roma 1, delegando funzioni proprie dell'ente pubblico regionale all'azienda;

   in contrasto con il decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, che ha definito l'azienda sanitaria quale azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Quindi non più un «organo regionale», si rileva altresì il contrasto con il decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229 che riconosce alle aziende sanitarie la funzione «economica» ed imprenditoriale, ma solo al fine «del perseguimento dei loro fini istituzionali» –:

   se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche di concerto con la regione, al fine di garantire l'organicità degli interventi di recupero e riutilizzo degli ex ospedali psichiatrici, a partire dal S. Maria della Pietà, garantendo la piena attuazione della normativa nazionale nel campo della tutela della salute mentale.
(4-08147)


   GIACOMONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dalla stampa nazionale, la categoria professionale degli odontotecnici ha scritto recentemente al commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, affinché si adoperi per sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti nell'applicazione del piano strategico vaccinale anti-Sars-CoV-2/Covid-19, e si provveda sull'intero territorio nazionale ed in maniera uniforme, anche a livello territoriale e decentrato, alla vaccinazione in via prioritaria anche nei confronti degli odontotecnici, il tutto per garantire uniformità di trattamento, oltre che per attuare i valori e princìpi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere, su cui basare la strategia di vaccinazione, di cui al piano strategico;

   la mancata adesione alla vaccinazione contro il Sars-CoV-2 nell'ambiente sanitario considerato nel suo complesso può, infatti, costituire un pericolo non solo per i professionisti sanitari, ma anche per tutti gli assistiti;

   la categoria professionale degli odontotecnici è stata messa a dura prova durante l'anno appena trascorso, come d'altronde tutte le categorie socio-sanitarie coinvolte nell'assistere alle richieste di salute dei cittadini;

   sul punto è stato osservato che tutte le lavorazioni degli odontotecnici partono da impronte che vengono fornite intrise di saliva dei pazienti e comunque sanificate come da protocollo dal personale dello studio, ma pur sempre con residui non controllati del principale elemento di trasmissione del virus Covid-19, residui salivari meglio conosciuti come droplets;

   discorso analogo a quello degli odontotecnici riguarda altresì gli studenti dei corsi universitari di medicina e scienze infermieristiche che frequentano regolarmente ospedali e studi medici;

   al momento sembrerebbe che solo gli studenti dell'ultimo anno di corso di medicina (sesto anno) e di scienze infermieristiche (terzo anno) riescano a vaccinarsi, risultando esclusi gli studenti fuori corso e tutti gli studenti degli anni precedenti, mettendo a rischio molti giovani che frequentano i plessi ospedalieri per svolgere il loro tirocinio;

   eppure durante l'emergenza sanitaria da coronavirus, migliaia di studenti universitari in campo sanitario, insieme a moltissimi professionisti del settore hanno dato un enorme contributo per salvaguardare la salute pubblica e aiutare quanti più pazienti possibili;

   non bisogna poi dimenticare che, in molti casi, la presenza degli studenti in medicina e infermieristica nei reparti ospedalieri durante l'emergenza Covid-19 è stata su base volontaria e soprattutto che la figura del tirocinante in medicina e infermieristica non è una figura «statica», bensì una figura dinamica la cui formazione non si limita al semplice superamento degli esami universitari, ma anche attraverso migliaia di ore di lavoro in diverse unità operative ospedaliere;

   anche se non laureati, i tirocinanti di medicina e infermieristica sono comunque dei «lavoratori» intraospedalieri –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere per assicurare che la categoria professionale degli odontotecnici e gli studenti dei corsi di laurea in medicina e scienze infermieristiche, ivi compresi i fuoricorso attivi che continuano a sostenere esami e frequentano i plessi ospedalieri, siano vaccinati tutti con la massima urgenza.
(4-08150)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha presentato la bozza del Piano nazionale di ripresa resilienza (Pnrr) nel quale sono previste risorse per l'intermodalità e logistica integrata, destinata a un programma di investimenti per un sistema portuale competitivo e sostenibile dal punto di vista ambientale, per sviluppare i traffici collegati alle grandi linee di comunicazione europee e valorizzare il ruolo dei Porti del Sud;

   tra gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa resilienza sull'impiego del Recovery PlanNext generation Eu, è previsto il potenziamento della competitività del sistema portuale italiano, in una dimensione di sostenibilità e sviluppo delle infrastrutture intermodali, sulla base di una pianificazione integrata e realizzazione dei collegamenti di ultimo miglio;

   il piano punta a sviluppare il sistema portuale italiano, efficientando i porti del Nord per i traffici oceanici e al Sud i traffici intermediterranei, aumentando dinamicità e competitività;

   nel Piano si precisa che il rafforzamento permetterebbe ai porti del Sud di svolgere un ruolo più rilevante nei traffici intra mediterranei, resistendo maggiormente alla concorrenza dei porti del Nord Africa e che, a tal fine, è indispensabile valorizzare il ruolo delle Zone economiche speciali (Zes) vicino alle aree portuali del Sud, con l'obiettivo di attrarre investimenti produttivi;

   2.10 miliardi di euro dei 3.68 miliardi previsti, finanzierebbero esclusivamente interventi legati all'intermodalità e la restante parte sarebbe indirizzata alla digitalizzazione della catena logistica e alla sostenibilità ambientale del sistema portuale;

   ritenendo importante il tema dell'intermodalità, è necessario considerare però che molti porti, soprattutto quelli del Sud e inseriti nelle Zes, necessitano, per essere competitivi, prioritariamente di interventi strutturali, come ad esempio dragaggi, adeguamento e ampliamento delle banchine, senza le quali l'intermodalità sarebbe una mera chimera;

   nel piano – tra gli interventi – non è previsto nessun investimento per i porti abruzzesi, considerando che il porto di Ortona rientra anche all'interno della Zes –:

   se il Governo non consideri opportuno rimodulare gli investimenti previsti, considerando le opere necessarie e prodromiche, indispensabili ad alcuni porti per essere competitivi, oltre all'intermodalità e se, con tali modifiche, si possano prevedere investimenti per un porto strategico per l'economia abruzzese quale quello di Ortona.
(5-05329)


   COLLETTI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 13 gennaio 2021, il Ministro dello sviluppo economico ha avviato la pubblica consultazione sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi dell'articolo 138 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni e integrazioni;

   i valori economici delle singole invalidità sono stati determinati con il sistema del «punto variabile», elaborato originariamente dalla giurisprudenza dei tribunali di merito, principi da cui sono scaturite numerose tabelle, tra cui le principali risultano essere le tabelle di Milano e quelle di Roma;

   nello schema di decreto del Presidente della Repubblica, come dato economico di base, si è considerato il valore di euro 814,27 previsto dal decreto ministeriale 22 luglio 2019 di cui all'articolo 139, del decreto legislativo n. 209 del 2005 – tabella delle lesioni micropermanenti, scelta che non risulta coerente con quanto disposto dall'articolo 138, comma 2, così come modificato dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, ove si prescriveva di dover tenere «conto dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità», ovvero dalle tabelle milanesi e romane, le principali usate sul territorio nazionale;

   facendo ciò il valore economico relativo al 1° punti di invalidità risulta di oltre il 20 per cento inferiore rispetto alle citate tabelle;

   la medesima relazione illustrativa del Ministero dello sviluppo economico specifica la volontà di fare riferimento a due distinte tabelle uniche nazionali, in base all'entità delle lesioni;

   la stessa previsione delle fasce di oscillazione in aumento o diminuzione dei valori incrementali previsti, con intento analogico rispetto alla tabella adottata dal tribunale di Roma, non tiene conto della notevole differenza che scaturisce mediamente, riguardo ai diversi punti di invalidità, all'esito del calcolo del risarcimento rispetto alla tabella romana;

   tale scelta risulterebbe, peraltro, penalizzante nei confronti dei soggetti danneggiati andando piuttosto a favorire gli interessi del sistema assicurativo complessivamente considerato;

   da un primo sommario calcolo emerge che tale tabella prevederebbe, almeno fino al 90° punto di invalidità, un risparmio per le Compagnie di assicurazione di almeno il 10 per cento che, tenuto conto di tutti i sinistri, potrebbe portare per queste ultime ad un risparmio di ca. 600-700 milioni di euro annui sulle spalle dei danneggiati;

   per quanto riguarda la tabella delle menomazioni macropermanenti, essa, inoltre, risulta redatta senza l'ascolto soggetti coinvolti e alcun confronto con le società scientifiche di medicina legale ad avviso dell'interrogante in spregio della legge 24 del 2017 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e dei possibili esiti, scongiurabili, del succitato schema di decreto del Presidente della Repubblica e se intenda promuovere iniziative di competenza, a tutela del pubblico interesse e del rispetto dei principi di cui all'articolo 138 del decreto legislativo n. 209 del 2005 nella redazione della tabella unica nazionale.
(5-05332)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 69 e 70, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, permette alle amministrazioni comunali di assumere a tempo determinato e parziale, per la durata massima di un anno, non rinnovabile, personale da impiegare per potenziare le prestazioni degli uffici comunali preposti agli adempimenti legati al cosiddetto superbonus del 110 per cento di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e successive modifiche ed integrazioni;

   come previsto dalla normativa di cui alla predetta legge n. 178 del 2020, agli oneri straordinari derivanti dalle assunzioni del personale, si provvede mediante risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, da ripartirsi mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle richieste di assunzione avanzate dai comuni entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge n. 178 del 202,0, istituente la misura, dunque entro fine gennaio 2021;

   alla data del 25 gennaio 2021 – a ridosso della scadenza della misura – sul portale informatico del Ministero dello sviluppo economico, e sulla sezione dedicata al «superbonus del 110 per cento» non sono presenti sezioni, indirizzi o riferimenti a cui far pervenire le richieste di assunzioni straordinarie di cui al predetto articolo 1, commi 69 e 70;

   considerato che numerose amministrazioni comunali, in particolar modo dei piccoli comuni e dei comuni in dissesto, non dispongono delle risorse necessarie per assumere personale che possa gestire in modo appropriato le pratiche legate al «superbonus del 110 per cento» e che pertanto hanno bisogno di usufruire della facoltà straordinaria di assunzione di personale fin qui descritta, occorrono riferimenti puntuali per usufruire della predetta misura –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, se intenda rendere note le ragioni alla base della mancata pubblicazione ed indicazione dei riferimenti necessari per richiedere l'utilizzo delle risorse di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per permettere a tutte le amministrazioni comunali aventi la necessità di usufruire in modo completo delle assunzioni straordinarie disposte dalla legge di bilancio 2021.
(4-08138)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   ZIELLO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio dell'emergenza sanitaria nel mese di marzo 2020 le università italiane non hanno più riaperto in presenza e, incomprensibilmente, l'istituzione che costituisce il più cospicuo investimento del Paese in termini di competenze e di innovazione, in una parola, di futuro è diventata pressoché invisibile;

   i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020 e del 14 gennaio 2021, prevedono che le università, sentito il Comitato universitario regionale di riferimento, debbano predisporre piani di organizzazione della didattica e delle attività curriculari, da svolgersi a distanza o in presenza, nel rispetto delle linfe guida emanate dal Ministero dell'università e della ricerca di cui all'allegato 18;

   ebbene, tali linee guida si riferiscono ancora alle modalità di svolgimento delle attività del primo semestre dell'anno accademico quanto predisposte sulla base della concertazione fra Ministero dell'università e della ricerca/Conferenza di rettori delle università italiane/Comitato tecnico-scientifico risalente al luglio 2020;

   di fatto tutti gli interventi del Governo, dall'inizio dell'emergenza sanitaria ad oggi non influiscono sulle normative di sicurezza riguardanti l'università e lasciano definire le modalità di intervento ai singoli atenei, responsabilizzando unicamente i rettori;

   ciascun ateneo ha dunque affrontato il nuovo anno accademico come meglio ha potuto scontrandosi con un duplice paradosso: un'autonomia che, assicurando ampi margini di discrezionalità, accresce le responsabilità e le aggrava e il divario tecnologico tra istituzioni di forte tradizione e consolidato prestigio, ancora impreparate a gestire il cambiamento, e le università telematiche, che già contavano sull'efficacia delle infrastrutture e dei linguaggi digitali. Un panorama diversificato che difficilmente si riesce a ricondurre a un progetto unitario;

   in questi giorni il Ministro interrogato ha annunciato la ripresa delle attività ordinarie in presenza, da febbraio 2021, almeno al 50 per cento. Le lezioni in presenza infatti ospiteranno il 50 per cento della popolazione accademica, mentre il restante 50 per cento potrà seguire in modalità sincrona attraverso gli strumenti digitali. Si tratterebbe di una soluzione in alcuni casi già sperimentata a settembre 2020 e che, prima della seconda ondata epidemiologica, aveva consentito una ripresa prudente delle attività accademiche;

   dopo il termine della sessione invernale di esami, nelle università si assisterà quindi ad una ripartenza graduale che dovrà necessariamente considerare le misure di sicurezza vigenti per contrastare la diffusione del Covid-19, tanto che le modalità dovranno in concreto essere valutate e discusse con i Comitati regionali perché l'università impatta in maniera importante sul sistema dei trasporti;

   l'assoluta mancanza di una di visione politica sul mondo dell'università che si traduca nella predisposizione di iniziative utili ad assicurare lezioni in presenza e in sicurezza a tutti gli studenti universitari lascia ricadere sugli atenei ogni responsabilità con l'evidente risultato che moltissimi studenti rischiano di non vedersi assicurata l'erogazione della didattica in presenza che invece risulta assolutamente essenziale e urgente;

   in Toscana, per esempio, le università di Firenze e Siena hanno già dichiarato di essere pronte alla riapertura, mentre il rettore dell'università di Pisa continua a non rilasciare dichiarazioni, ad avviso dell'interrogante, lasciando intendere che l'ateneo non sia favorevole ad una ripresa cospicua delle attività in presenza come già era accaduto a settembre quando a nulla valsero le proteste degli studenti e le offerte di ulteriori spazi da parte del comune –:

   come mai il Ministro interrogato non abbia adottato iniziative per implementare la sicurezza in tutti gli atenei del Paese e garantire a tutti gli studenti un graduale ritorno alla normalità in tempi ragionevoli;

   quali concrete e tempestive iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per colmare le gravissime lacune organizzative che hanno caratterizzato la didattica dell'anno accademico in corso, al fine di salvaguardare il ruolo primario delle università italiane nella formazione della futura classe dirigente, plurisecolare fucina di talenti e ricchezza dei territori che rischiano di vedere ampliate le differenze economico-sociali esistenti e le opportunità in grado di offrire ai giovani.
(4-08143)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Giaccone e altri n. 3-02045, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gerardi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Nappi n. 5-04913 del 30 ottobre 2020;

   interpellanza urgente Giachetti n. 2-01090 del 25 gennaio 2021.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ANDREUZZA, FOGLIANI, BAZZARO e VALLOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa, nella sede della Croce rossa italiana di Jesolo sarebbero, al momento, quarantatré le persone risultate positive al COVID-19, di cui quarantadue immigrati di nazionalità africana ospiti del centro e un operatore della struttura;

   mentre gli immigrati trovati positivi al virus, a dispetto delle prescrizioni ancora vigenti per il contenimento dell'epidemia nel Paese, sono stati trasferiti in altre strutture e addirittura pare in alcune in case private nel comune di Cavarzere, gli altri ospiti risultati negativi, circa ottantacinque, rimarranno in isolamento nella sede jesolana della Croce rossa;

   difatti, questi ultimi, che fino al momento della scoperta casuale del focolaio sono stati fatti convivere con gli altri ospiti risultati successivamente contagiati dal virus, prima di essere definitivamente dichiarati negativi dovranno essere nuovamente sottoposti ad altri due tamponi, a distanza di una settimana l'uno dall'altro;

   a rendere quanto accaduto ancora più grave sarebbe poi la circostanza, resa nota dal direttore generale dell'Ulss4 in una conferenza stampa indetta dopo le legittime proteste della popolazione per i rischi a cui è stata nel frattempo e inconsapevolmente esposta, che il focolaio sarebbe stato scoperto solo per caso, ossia a seguito di un tampone effettuato ad un immigrato ospite della struttura che necessitava di un intervento chirurgico ortopedico;

   lo stesso, preventivamente all'operazione, sarebbe stato sottoposto al tampone che avrebbe evidenziato il contagio da COVID-19 e solo allora, dopo aver effettuato lo stesso esame anche agli altri ospiti della struttura, sarebbero venute alla luce complessivamente le quarantatré positività al virus, tutte asintomatiche;

   sebbene il Ministro Franceschini abbia annunciato importanti campagne di comunicazione per dire al mondo che l'Italia è un Paese sicuro dal punto sanitario, al momento la notizia ha fatto grande scalpore ed ha avuto ampio risalto sulla stampa arrecando alla località di Jesolo anche un gravissimo danno di immagine e pesanti ricadute economiche per gli operatori del comparto turistico, i quali invece stanno rispettando in modo estremamente scrupoloso le direttive sanitarie per il contenimento dell'emergenza epidemiologica imposte da quello stesso Governo che, viceversa, sembra disattenderle del tutto nella gestione dei flussi migratori;

   le prime disdette di soggiorni già prenotati presso le strutture jesolane che sono arrivate subito dopo la notizia dimostrano che la scelta di destinare la sede della Croce rossa a centro di accoglienza, che già prima aveva creato enormi problemi di ordine pubblico ed ora anche quelli sanitari, sta vanificando in questo momento l'enorme lavoro finora fatto dalla regione e dagli imprenditori locali per attirare il turismo di prossimità anche da altri Stati confinanti;

   è di tutta evidenza che l'attività di accoglienza di immigrati all'interno della sede della Croce rossa di Jesolo risulta quindi del tutto incompatibile con l'attività e la vocazione della località, capace di attirare fino a cinque milioni di presenze turistiche all'anno;

   oltre ad assistere quotidianamente all'arrivo di centinaia di immigrati irregolari nel nostro Paese in quella che gli interroganti giudicano l'inerzia dell'attuale Governo nell'attivare misure per fermare tali flussi, quanto accaduto a Jesolo fa emergenza con evidenza anche la totale mancanza di adeguati controlli che espone la popolazione e chi si trova in Italia a gravissimi rischi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, dati i già noti problemi di sicurezza, di ordine pubblico e a oggi anche di carattere sanitario sopra evidenziati, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per procedere all'immediata revoca della convenzione con la Croce rossa per l'attività di accoglienza di immigrati all'interno della sede di Jesolo e dunque alla chiusura del centro, affinché possa essere eventualmente destinato ad altre attività che non rechino ulteriori danni e problemi alla comunità locale e siano compatibili con la vocazione turistica della località.
(4-06391)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  La Croce Rossa di Jesolo gestisce, in un immobile di sua proprietà, un Centro di accoglienza straordinaria per richiedenti protezione internazionale che, fino al 15 luglio 2020, ospitava 138 persone.
  Dalle notizie acquisite sui fatti citati nell'interrogazione dalla prefettura di Venezia, è emerso che il 9 luglio 2020 la Croce Rossa ha comunicato che un migrante, in occasione di un suo accesso all'ospedale di San Donà di Piave per controlli post operatori, è risultato positivo al test del tampone per la ricerca del Covid-19.
  Il migrante è stato posto immediatamente in isolamento in una area separata della struttura gestita dalla Croce Rossa. Nella circostanza, la competente Asl ha disposto l'effettuazione dello
screening sanitario per tutti gli ospiti, dal quale è risultata la positività di 43 soggetti, tutti asintomatici. Il 16 e il 17 luglio 2020, 40 dei soggetti positivi sono stati trasferiti presso due strutture individuate nel comune di Cavarzere e gestite, rispettivamente, dalla cooperativa Edeco (30 ospiti) e dalla Onlus «Eleison» (10 ospiti), sottoposte a costante vigilanza da appositi presidi delle forze di polizia.
  Nel centro di Jesolo i rimanenti ospiti, risultati negativi al primo tampone, sono stati posti in quarantena vigilata; tuttavia all'esito del 4° tampone effettuato dall'Asl sono risultati positivi 14 ospiti della struttura, dato questo che evidenziava la sussistenza di possibili carenze in ordine alle misure precauzionali applicate. A seguito del focolaio individuato nel centro di Jesolo, la CRI nazionale ha disposto l'avvicendamento del direttore del medesimo centro e di tutti gli operatori, con medici e personale proveniente da altre regioni.
  Si soggiunge, altresì, che la Prefettura di Venezia ha effettuato un'ispezione straordinaria presso la struttura con un nucleo formato da personale interno, integrato da medici del servizio di prevenzione generale della Asl competente.
  Alla luce delle risultanze dell'attività ispettiva, la Prefettura, il 13 agosto 2020, ha contestato alla Croce Rossa gravi inadempienze contrattuali sulla base di quanto previsto dall'articolo 21 della convenzione a suo tempo stipulata tra Prefettura e suddetto ente gestore, disponendo l'applicazione di una penale sui corrispettivi dovuti per i servizi resi nel mese di luglio 2020. I controlli effettuati hanno evidenziato carenze organizzative e gestionali tali da rendere necessaria la chiusura del centro di accoglienza, in atto già definita.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle forze di completamento volontarie, per la sola categoria degli ufficiali, il comando generale dell'Arma dei carabinieri, come le altre Forze armate, ha attivato la cosiddetta «riserva selezionata»;

   essa è disciplinata dagli articoli 674 e 987 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), ove è previsto che le Forze armate abbiano la possibilità di disporre di un bacino di personale in possesso di particolari professionalità d'interesse, non compiutamente disponibili tra il personale già in servizio, per soddisfare eventuali esigenze operative, addestrative e logistiche, nell'ambito delle forze di completamento volontarie;

   in particolare, per l'Arma dei carabinieri, essa è stata istituita con i decreti del Ministro della difesa in data 20 maggio 2015, 7 aprile 2017 e, da ultimo, 10 agosto 2018, consentendo, a partire dal 2015, di reclutare circa 80 ufficiali, di cui 37 ancora in servizio;

   si tratta in concreto di disporre di un bacino di professionisti, selezionati dal mondo civile, reclutati a tempo determinato per supportare, nel ruolo degli ufficiali, particolari settori dello Stato maggiore del comando generale dell'Arma;

   a parere dell'interrogante, il limitato periodo di permanenza in servizio di tali ufficiali rischia di non consentire il consolidamento delle loro competenze presso le amministrazioni che li impiegano, disperdendo di conseguenza le professionalità acquisite –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intraprendere le opportune iniziative normative volte a consentire la possibilità di assorbimento nei ruoli degli ufficiali a tempo indeterminato per il personale appartenente alla riserva selezionata, al fine di capitalizzare le professionalità conseguite negli anni di servizio.
(4-04235)

  Risposta. — La riserva selezionata concorre alla composizione delle forze di completamento volontarie ed è costituita da personale specializzato in possesso di peculiari professionalità d'interesse della Forza armata/Arma dei carabinieri non reperibili nell'ambito militare (interpreti, tecnici, medici).
  Ai sensi dell'articolo 674 del codice dell'ordinamento militare (COM), la nomina ad ufficiale di complemento, senza concorso e in via eccezionale, può essere conferita a cittadini italiani in possesso di spiccata professionalità che diano ampio affidamento di prestare opera proficua nelle Forze armate.
  La
ratio della norma, quindi, è da rinvenire nella possibilità di poter integrare, temporaneamente, specifiche e puntiformi esigenze circoscritte e delineate nel tempo con personale professionista già formato e proveniente dal mondo civile.
  L'eccezionalità e la temporaneità dell'impiego sono finalizzati, quindi, ad assicurare il soddisfacimento di un'esigenza per un periodo di tempo circoscritto e determinato; ragioni queste che inducono a ritenere non utilmente percorribile la strada del transito in servizio permanente.
  Senza considerare, poi, che la professionalità acquisita con la nomina ad ufficiale di complemento potrebbe non essere più necessaria all'amministrazione beneficiaria ovvero che l'eventuale esigenza futura si ripresenti a distanza di anni.
  L'inserimento nei ruoli del servizio permanente di ufficiali provenienti dalla riserva selezionata che rivestono un grado in alcuni casi anche elevato (tenente colonnello) finirebbe con l'alterare, inoltre, l'armonico sviluppo dei ruoli stessi che si basa su di un avanzamento normalizzato, caratterizzato da permanenze minime prefissate nei vari gradi, da obblighi di servizio, comando o attribuzioni richiesti per la promozione al grado superiore.
  Da qui, peraltro, il rischio concreto di contenzioso con l'Amministrazione da parte di personale, scavalcato in ruolo, in possesso di un
background professionale di assoluto rispetto come, ad esempio, gli ufficiali provenienti dall'Accademia militare con una ventennale anzianità di servizio.
  Si rappresenta, inoltre, che, a norma di precise disposizioni anche di rango costituzionale, agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni si accede tramite concorso; previsione, quest'ultima, che renderebbe illegittima qualsiasi ipotesi di stabilizzazione.
  Per completezza d'informazione, infine, si sottolinea che ai sensi dell'articolo 665 del citato COM, gli ufficiali della riserva selezionata sono destinatari di apposite riserve di posti per l'accesso al «Ruolo Tecnico» dell'Arma dei carabinieri.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da alcune settimane si è riacceso il conflitto tra il Marocco ed il fronte Polisario nella zona del Guerguerat, la regione tampone tra il Sahara occidentale e la Mauritania, le nuove tensioni stanno alimentando ulteriori flussi migratori;

   dal 2016 la zona tampone del Guerguerat, dove sono iniziati gli scontri tra l'esercito marocchino e quello sahrawi, è al centro della tensione tra le due parti, perché attraversata dall'unica strada che porta nella vicina Mauritania, principale arteria per il passaggio via terra di uomini e merci tra il Marocco e l'Africa occidentale;

   le terre dell'ultima colonia africana sono contese da quasi cinquant'anni e lo statuto postcoloniale del Sahara occidentale non è ancora stato definito;

   il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 2548 del 30 ottobre 2020 ha rinnovato di un anno (fino al 31 ottobre 2021) il mandato della missione di peacekeeping Minurso al fine di aiutare le partì a pervenire a una soluzione politica giusta, durevole e mutuamente accettata che garantisca l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale secondo i principi enunciati dalla Carta delle Nazioni Unite, chiedendo inoltre alle parti in causa e agli Stati dell'area di cooperare con le Nazioni Unite, al fine di superare l'impasse in cui si trovano i negoziati, trovare una soluzione politica capace di rinforzare la cooperazione tra gli Stati del Maghreb e contribuire a garantire stabilità e sicurezza nella regione del Sahel;

   il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha altresì chiesto un maggiore impegno nel garantire il rispetto dei diritti umani nel Sahara occidentale e incoraggiato le parti a collaborare con la comunità internazionale per mettere a punto e applicare misure credibili che garantiscano pienamente il rispetto dei diritti umani –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative atte a sostenere e rilanciare i negoziati tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, al fine di realizzare al più presto il referendum di autodeterminazione, come previsto dal piano di pace delle Nazioni Unite;

   se il Ministro interrogato intenda ribadire l'urgenza di nominare un nuovo inviato Onu che sappia dare un nuovo impulso al processo di pace.
(4-07631)

  Risposta. — La questione del Sahara Occidentale ed i suoi recenti sviluppi sono seguiti con grande attenzione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  La Farnesina ha monitorato da vicino l'episodio di El Guerguerat del 13 novembre 2020, nella consapevolezza che un deterioramento della situazione sul terreno potrebbe ripercuotersi negativamente sulla sicurezza e la stabilità di Nord Africa e Sahel, aree che il nostro Paese considera di importanza strategica. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha subito esortato le parti alla moderazione e a evitare il ricorso alla forza, nel rispetto degli accordi di cessate il fuoco del 1991. È importante che quanto accaduto a El Guerguerat non abbia per il momento avuto ulteriori seguiti. Siamo tuttavia consapevoli che i rischi di un peggioramento della situazione persistono. L'innalzamento di tensione registratosi a ridosso della «
buffer zone» dimostra quanto sia urgente che la questione del Sahara Occidentale trovi una soluzione adeguata.
  Con questo spirito, l'Italia garantisce pieno sostegno all'azione delle Nazioni Unite, nella ferma convinzione che l'unica strada percorribile per raggiungere una soluzione definitiva della controversia sul Sahara Occidentale sia quella del dialogo fra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario. Grazie alla mediazione dell'ONU, nel dicembre 2018 e nel marzo 2019, le due parti si sono impegnate in negoziati diretti, svoltisi a Ginevra con la partecipazione, tra gli altri Paesi, di Algeria e Mauritania. Tuttavia, anche a causa delle dimissioni nel maggio 2019 dell'allora Inviato personale del segretario generale ONU, Horst Köhler, il cui operato era stato determinante per la rivitalizzazione dei negoziati diretti, il percorso avviato nella città svizzera non ha registrato nei mesi successivi gli avanzamenti sperati.
  Il nostro auspicio e la nostra costante raccomandazione è che – in linea con le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU e, da ultimo, con la Risoluzione 2548 del 30 ottobre 2020, che ha rinnovato di un anno (fino al 31 ottobre 2021) il mandato della missione di
peacekeeping MINURSO – il Marocco e il Fronte Polisario si impegnino in buona fede nel negoziato diplomatico per la risoluzione della disputa sul Sahara Occidentale.
  Lo stallo nei negoziati diretti e l'episodio di El Guerguerat ricordano l'urgenza di procedere ad una tempestiva nomina del nuovo Inviato Personale ONU, posizione ormai vacante da circa un anno e mezzo. La designazione dell'inviato Personale rappresenta un passaggio fondamentale per la rivitalizzazione del percorso negoziale delineato dalle Nazioni Unite, e su tale aspetto l'Italia continuerà a spendersi con determinazione.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   BAZZARO, ANDREUZZA, FOGLIANI e VALLOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa si ha notizia che il 16 luglio 2020 la prefettura di Venezia ha inaspettatamente deciso di trasferire una parte degli immigrati risultati positivi al COVID-19 e ospitati nel centro della Croce Rossa di Jesolo, dove nei giorni scorsi era stato individuato un focolaio dell'epidemia, nel territorio di Caverzere, un comune della città metropolitana di Venezia;

   secondo le frammentarie notizie a disposizione e poiché la situazione è in continua evoluzione, al momento pare che una ventina di essi siano stati collocati in due casolari della campagna cavarzerana, mentre altri dieci, dopo essere stati alloggiati per una notte in un appartamento nel centro abitato in piazza della Repubblica, sarebbero stati poi ancora trasferiti il giorno successivo in altra struttura, situata sempre nel territorio comunale di Cavarzere;

   secondo le scarne informazioni finora rilasciate dal prefetto, gli immigrati sarebbero dunque stati collocati in alloggi di proprietà di privati che evidentemente avrebbero dato disponibilità in tal senso; secondo quanto riferito dal sindaco alla stampa, il trasferimento dal centro di accoglienza di Jesolo sarebbe stato deciso dal prefetto di Venezia senza interpellare né avvisare l'amministrazione comunale, nonostante l'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 142 del 2015, come modificato dal decreto-legge n. 113 del 2018, con riguardo all'attivazione di misure straordinarie di accoglienza disponga il «previo parere dell'ente locale nel cui territorio è situata la struttura»;

   sempre la prefettura di Venezia, dopo le ripetute richieste di informazioni in merito, avrebbe anche dichiarato che verrà cercata al più presto una collocazione alternativa, senza fornire ulteriori dettagli e facendo così intendere di ulteriori e prossimi trasferimenti sul territorio caverzese di immigrati positivi al COVID-19;

   quanto sopra ha suscitato le legittime proteste ed enorme preoccupazione non soltanto delle istituzioni locali ma di tutta la popolazione di Caverzere, tenuta nel frattempo all'oscuro di quanto sta accadendo nel proprio territorio, la quale, dopo le gravose rinunce e i sacrifici per le misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica, viene ora esposta a ingiustificati e gravissimi rischi per la propria sicurezza e salute;

   come riportato dai quotidiani più recentemente, il prefetto di Venezia avrebbe dichiarato che la situazione è così grave da poter reggere ancora per pochi giorni e di avere necessità di «rinforzi» per sorvegliare adeguatamente le strutture dove sono stati collocati i migranti, ipotizzando anche la riapertura dell'ex hub di Cona, al centro di grandi polemiche e diverse inchieste giudiziarie, chiuso appunto un anno e mezzo fa dall'allora Ministro dell'interno Matteo Salvini;

   alla luce delle considerazioni sopra svolte è di tutta evidenza che quanto accaduto e sta ancora accadendo a Caverzere è di assoluta gravità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della decisione della prefettura di Venezia, quale ne siano state le ragioni e quale sia il motivo per cui il trasferimento degli immigrati positivi al COVID-19 nel comune di Caverzere sia avvenuto senza il necessario parere dell'ente locale interessato e senza alcun preavviso;

   con quali modalità la prefettura abbia individuato le strutture in cui ha collocato e sta collocando tali immigrati e quali preventivi accertamenti siano stati eseguiti circa la loro idoneità ai fini della quarantena;

   se siano previsti ulteriori trasferimenti degli stessi o di altri immigrati all'interno del territorio comunale e quali misure specifiche siano state adottate e previste, anche in occasione di tali trasferimenti, a tutela della salute e della sicurezza della popolazione caverzese;

   se, alla luce delle considerazioni svolte in premessa, ritenga ancora opportuna la decisione di tale trasferimento.
(4-06400)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  La Croce Rossa di Jesolo gestisce, in un immobile di sua proprietà, un Centro di accoglienza straordinaria per richiedenti protezione internazionale che, fino al 15 luglio 2020, ospitava 138 persone.
  Dalle notizie acquisite sui fatti citati nell'interrogazione dalla Prefettura di Venezia, è emerso che il 9 luglio 2020 la Croce Rossa ha comunicato che un migrante, in occasione di un suo accesso all'ospedale di San Donà di Piave per controlli post operatori, è risultato positivo al test del tampone per la ricerca del Covid-19.
  Il migrante è stato posto immediatamente in isolamento in una area separata della struttura della Croce Rossa. Nella circostanza, la competente Asl ha disposto l'effettuazione dello
screening sanitario per tutti gli ospiti, dal quale è risultata la positività di 43 soggetti, tutti asintomatici. Il 16 e il 17 luglio 2020, 40 dei soggetti positivi sono stati trasferiti presso due strutture individuate nel comune di Cavarzere e gestite, rispettivamente, dalla cooperativa Edeco (30 ospiti) e dalla Onlus «Eleison» (10 ospiti). Già in precedenza le suddette strutture erano state individuate in occasione della procedura di gara svolta dalla Prefettura di Venezia, per la quale gli enti gestori avevano presentato, nella loro offerta, la disponibilità dei predetti siti.
  In occasione delle diverse riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, all'uopo convocate, sono stati messi a punto i dispositivi di vigilanza fissa per il centro della Croce Rossa di Jesolo e per quelli di Cavarzere, individuati nella circostanza.
  I soggetti positivi collocati nelle strutture del comune di Cavarzere, hanno dunque svolto il previsto periodo di quarantena sotto stretta sorveglianza del personale degli enti gestori e delle Forze dell'ordine impegnate nei servizi di vigilanza. Gli stessi hanno rispettato le prescrizioni imposte e sono stati sottoposti al prescritto
screening sanitario, all'esito del quale sono risultati negativi. Per tale motivo, la Asl competente ha disposto, in data 4 agosto 2020, la cessazione dell'isolamento di tutti i 40 migranti ospitati nelle strutture di Cavarzere.
  Per quanto concerne il centro di Jesolo, va evidenziato che la Prefettura di Venezia ha effettuato un'ispezione straordinaria presso la struttura con un nucleo formato da personale interno, integrato da medici del servizio di prevenzione generale dell'Asl competente.
  Alla luce delle risultanze dell'attività ispettiva, la Prefettura, il 13 agosto 2020, ha contestato alla Croce Rossa gravi inadempienze contrattuali sulla base di quanto previsto dall'articolo 21 della convenzione a suo tempo stipulata tra Prefettura e suddetto ente gestore, disponendo l'applicazione di una penale sui corrispettivi dovuti per i servizi resi nel mese di luglio 2020. I controlli effettuati hanno evidenziato carenze organizzative e gestionali tali da rendere necessaria la chiusura dei centro di accoglienza, in atto già definita.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   BENIGNI, GAGLIARDI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale («Afam»), è settore soggetto a poteri di programmazione, indirizzo e coordinamento da parte del Ministro dell'università e della ricerca di cui fanno parte le istituzioni formative in ambito artistico e musicale, oggetto della legge di riforma n. 508 del 1999;

   le istituzioni «Afam» sono sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale e svolgono correlate attività di produzione. Sono dotate di personalità giuridica e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile;

   le istituzioni «Afam» istituiscono e attivano corsi di formazione ai quali si accede con il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, nonché corsi di perfezionamento e di specializzazione. Esse rilasciano specifici diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale;

   l'articolo 11, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 prevede il conferimento ad istituzioni non statali, con decreto ministeriale, dell'autorizzazione al rilascio di titoli di alta formazione artistica;

   tale autorizzazione è concessa previa verifica della conformità dell'ordinamento didattico e dell'adeguatezza delle strutture e del personale alla tipologia dei corsi;

   ogni anno viene aperto un «periodo finestra» in cui è possibile chiedere il riconoscimento di nuovi corsi o master;

   nel 2020 tale periodo, normalmente confinato al mese di marzo, è stato ampliato fino a maggio;

   ad oggi, gli organi competenti non hanno ancora proceduto a comunicazioni, ispezioni o altre attività in relazione alle domande di riconoscimento presentate nel 2020;

   il Cians ente di coordinamento delle istituzioni private Afam, ha già più volte segnalato l'ingiustificato ritardo, sottolineando i gravi problemi che questa situazione di stallo provoca al comparto;

   il ritardo nei riconoscimenti, in particolare, rischia di avere effetti gravissimi sulla promozione dei corsi, pregiudicando altresì la possibilità di iscrizione agli studenti extracomunitari, che devono iniziare le procedure per i visti già nei primi mesi dell'anno;

   le istituzioni Afam sono realtà che meritano attenzione, data la loro ampia popolarità fra gli studenti e la loro capacità di internazionalizzazione, e sinora hanno dimostrato notevole capacità di resistenza a fronte del delicato contesto in cui ci trova –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche segnalate in premessa in riferimento ai ritardi registrati nel riconoscimento di nuovi corsi nell'ambito del sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di consentire la veloce conclusione dei procedimenti di riconoscimento, evitando i gravi problemi che la situazione di stallo rischia di creare alle istituzioni, pubbliche e private, parte del sistema Afam.
(4-07323)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, gli interroganti chiedono di sapere se il Ministero sia a conoscenza delle problematiche relative ai ritardi registrati nel riconoscimento di nuovi corsi nell'ambito del sistema di alta formazione artistica e musicale e quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire la conclusione dei suddetti procedimenti di riconoscimento.
  Prima di entrare nello specifico dei quesiti posti dagli interroganti, si precisa che il Ministero dell'università e della ricerca, fin dalla sua istituzione, ha posto grande attenzione al sistema delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. Infatti, si è voluto sin da subito puntualizzare che queste istituzioni contribuiscono ad aumentare l'attrattività internazionale del Paese sotto il profilo culturale perché, da una parte contribuiscono, a pieno titolo, allo sviluppo della ricerca scientifica nel settore di riferimento e, dall'altro, perseguono in tale obiettivo riuscendo a coniugare magistralmente tradizione e innovazione. Anche per questo motivo si è deciso di presentare un disegno di legge di riordino della materia collegato alla legge di bilancio e, allo scopo, è già attivo presso il Ministero un Tavolo tecnico che si pone come obiettivo quello di formulare proposte concrete e fattive volte al rinnovamento dell'intero sistema dell'alta formazione artistica, coreutica e musicale.
  Con riferimento allo specifico quesito posto dall'interrogazione, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212 disciplina la definizione degli ordinamenti didattici delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, a norma dell'articolo 2 della legge 21 dicembre 1999, n. 508. Nello specifico, l'articolo 11 prevede che l'autorizzazione a rilasciare i titoli di Alta formazione artistica, musicale e coreutica possa essere conferita, con decreto del Ministro, a istituzioni non statali le quali, a tal fine, presentano una relazione tecnica corredata dalla documentazione attestante la conformità dell'ordinamento didattico adottato alle disposizioni vigenti per le istituzioni statali, nonché la disponibilità di idonee strutture e di adeguate risorse finanziarie e di personale.

  L'autorizzazione pertanto, viene rilasciata a quelle istituzioni che siano in grado di dimostrare una esperienza pluriennale nell'erogazione di corsi di studio di livello pari a quello delle Istituzioni statali, sulla base della valutazione positiva da parte dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) in ordine all'adeguatezza delle strutture e del personale docente in relazione ai corsi di studio proposti, nonché, nelle more della ricostituzione del Consiglio nazionale per l'altra formazione artistica e musicale (Cnam), da parte di una apposita commissione ministeriale in ordine alla conformità dell'ordinamento didattico proposto a quello delle Istituzioni statali.
  Con nota prot. n. 8093 del 20 giugno 2016 il Ministero, al fine di consentire un trasparite e oggettivo esame delle proposte di autorizzazione al rilascio di titoli Afam aventi valore legale, ha fornito indicazioni operative per la presentazione e la valutazione delle istanze a decorrere dall'anno accademico 2016/2017. Tali istanze possono essere presentate dal 1° febbraio al 31 marzo di ogni anno con apposita procedura informatica.
  Per ciò che concerne l'anno accademico 2020/2021, il termine per la presentazione delle istanze in oggetto è stato differito al 22 giugno 2020 per via dell'emergenza epidemiologica, dapprima ai sensi dell'articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020 e poi in applicazione dell'articolo 37 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
  Entro il succitato termine del 22 giugno 2020 sono state presentate n. 31 istanze.
  Allo stato risulta definito con un provvedimento negativo l'esame di 14 istanze che, previo contraddittorio con gli interessati, non soddisfano i requisiti di ammissibilità previsti dalla normativa. Per ulteriori 4 istanze sono in corso ulteriori approfondimenti sempre in contraddittorio con gli interessati.
  Per le altre 13 istanze sono in corso di definizione i pareri prescritti di Anvur e della Commissione sugli ordinamenti didattici, all'esito dei quali saranno adottati i provvedimenti ministeriali di competenza.
  Tanto premesso, si ritiene pertanto, che al netto della summenzionata dilazione dei tempi connessa alle note misure adottate in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19, dilazione comunque rivolta a favorire proprio la presentazione delle istanze da parte delle istituzioni, non sussistano ulteriori ragioni tali da ritardare ulteriormente l'esito dei provvedimenti conclusivi dei procedimenti in parola, di competenza di questo Dicastero.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Gaetano Manfredi.


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno appena concluso in Italia si sono consumati poco più di 73,8 miliardi di metri cubi di gas naturale, 1,6 miliardi in più rispetto al 2018 e, sebbene con alcune oscillazioni, il trend generale del consumo di gas naturale nel nostro Paese, a partire dal 2014, è in costante aumento;

   nel 2019 la produzione di gas nazionale è stata di circa 5 miliardi di Smc (standard metri cubi) ovvero circa il 7 per cento del consumo;

   le riserve di gas naturale producibili nel sottosuolo del nostro Paese ammontano, ad oggi, ancora a circa 48 miliardi di standard metri cubi (dati del Ministero dello sviluppo economico), numero che viene costantemente aggiornato e rivalutato di anno in anno in seguito al rimpiazzo delle riserve prodotte con quelle nuove che vengono «scoperte» grazie a metodi di indagine più avanzati e alla maggiore conoscenza che si matura sui giacimenti;

   nei prossimi anni in Italia crescerà il contributo delle energie rinnovabili, ma nel 2030, anche secondo l'ambizioso piano energetico italiano, l'Italia consumerà ancora molto gas e petrolio, quasi tutto importato dall'estero;

   a seguito dei provvedimenti assunti da questo Governo e dal precedente potrebbe, a parere dell'interrogante, registrarsi un progressivo disimpegno delle compagnie petrolifere nei confronti dell'Italia. Su questo potrebbe aver inciso l'aumento dei canoni di concessione petrolifere, del mese di dicembre 2019. Il decreto firmato dal Ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli e dal Ministro dell'economia e delle finanze Roberto Gualtieri rivede le «modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni annui per le concessioni di coltivazioni e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana». In totale il Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse (Buig) dà conto di 45 decreti ministeriali di riduzioni delle aree di concessione di coltivazione di idrocarburi sia onshore sia offshore, tutti firmati dal direttore generale del Ministero dello sviluppo economico;

   è notizia di questi giorni lo slittamento al febbraio del 2021 del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), ovvero il piano che il Ministero dello sviluppo economico deve mettere a punto per indicare dove si potrà continuare ad esplorare ed estrarre idrocarburi, di conseguenza, congelando ancora l'attività e gli investimenti connessi alla ricerca e alla produzione di idrocarburi;

   la proposta di modifica prevede anche che, nelle aree che risulteranno incompatibili, il Ministero dello sviluppo economico avvierà i procedimenti di revoca dei permessi. Già esisteva una norma varata dal precedente Governo che aveva sospeso qualunque nuovo rilascio di permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di idrocarburi, sperando nel frattempo di redigere un piano di sostenibilità nazionale;

   nel solo territorio di Ravenna si stimano in circa 10 mila i lavoratori impiegati, direttamente o indirettamente, con la produzione di gas naturale nazionale che è la fonte più pulita per costituire il mix energetico in grado di sostenere la transizione verso un futuro in cui si useranno solo rinnovabili. Quanto sta avvenendo rischia di mettere in discussione anche la permanenza di Eni a Ravenna e il possibile ricollocamento dei lavoratori altrove;

   considerando che nei Paesi esteri produttori gli standard ambientali sono spesso nettamente inferiori all'Italia, se si azzererà la produzione nazionale, visto che il consumo nazionale non è in calo, sarà necessario aumentare il trasporto con navi e condotte, spesso osteggiate, con un impatto ambientale sensibilmente superiore a quello del gas prodotto in casa –:

   se si intendano adottare iniziative di carattere normativo al fine di tutelare la produzione nazionale di gas naturale, incentivandone gli investimenti e salvaguardando l'intero comparto che conta, ad oggi, migliaia di lavoratori.
(4-04863)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla produzione nazionale di gas naturale e, in particolare, al settore dell'estrazione di idrocarburi e alle concessioni delle relative attività di prospezione e ricerca.
  La legge 11 febbraio 2019, n. 12, di conversione del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione», ha previsto l'approvazione, entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), finalizzato all'individuazione di un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale.
  La legge 28 febbraio 2020, n. 8, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, ha prorogato di sei mesi il termine per l'approvazione del piano in parola, che dovrà essere adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa valutazione ambientale strategica.
  Nelle more dell'adozione del PiTESAI, sono sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi.
  Sono, inoltre, sospesi i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, con conseguente interruzione delle attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione, fermo restando l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.
  Non è, invece, prevista alcuna sospensione delle attività di coltivazione di idrocarburi in essere.
  Peraltro, le norme introdotte dalla richiamata legge n. 12 del 2019 prevedono espressamente che la sospensione dei procedimenti per il conferimento di nuovi titoli minerari non si applichi ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge medesima.
  Quanto alle estrazioni
offshore della costa ravennate, alle quali fa riferimento l'onorevole interrogante, si segnala che la produzione di gas del 2019 è stata di circa 1,6 miliardi di metri cubi (1.645.725.788 metri cubi).
  Nell'area in questione sono complessivamente attive 26 concessioni, delle quali la società ENI s.p.a. è rappresentante unico. La parte prevalente della produzione è concentrata in 5 delle concessioni totali, le quali producono oltre 1,1 miliardi di metri cubi (1.126.488.598 metri cubi), pari a circa il 70 per cento della produzione complessiva.
  Parallelamente, considerando tutta la produzione di gas nazionale registrata nel 2019, sia sulla terraferma che in mare, si rileva che sono stati prodotti circa 5 miliardi di metri cubi (4.983.203.565 metri cubi) provenienti da 111 concessioni. Di queste, le 15 concessioni più produttive hanno realizzato complessivamente circa 4 miliardi di metri cubi (3.974.773.938 metri cubi), pari all'80 per cento della produzione nazionale.
  Quanto fin qui rappresentato evidenzia come la produzione di gas nazionale sia concentrata solo in una ridotta percentuale delle concessioni attive: circa il 13 per cento delle concessioni attive fornisce l'80 per cento della produzione nazionale.
  Conseguentemente, la razionalizzazione prevista – attraverso l'adozione del PiTESAI – delle concessioni presenti sul territorio nazionale e nelle acque del Mediterraneo, non sembra porsi in antitesi con le necessità di salvaguardare la produzione nazionale e i livelli occupazionali, atteso che le concessioni di coltivazione, allo stato, non solo non sono oggetto di sospensione, ma possono altresì essere prorogate.
  Giova evidenziare che la redazione del PiTESAI è una misura di carattere prevalentemente ambientale, preordinata e necessaria per il perseguimento di una efficace «transizione energetica» entro i tempi previsti – con primi, sfidanti obiettivi al 2030 – sia dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2017, sia dal Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC), adottato dal Governo alla fine del 2019, con l'intento di contribuire al raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati dall'Unione Europea.
  Va sottolineato, tra l'altro, che tale misura è anche preliminare ad un complessivo riordino delle concessioni in materia di idrocarburi in tutto il territorio italiano, sia in terraferma che in mare.
  Si osserva, infine, che il legislatore, valutando tale equo bilanciamento fra le attività di coltivazione di idrocarburi, da un lato, e la maggiore valorizzazione della sostenibilità ambientale, dall'altro, ha emanato la normativa in argomento da intendersi come misura di razionalizzazione delle attività minerarie, atteso che la predisposizione del Piano di transizione energetica dovrà contemperare il raggiungimento delle esigenze ambientali richieste, tenendo conto tra l'altro degli aspetti socio economici coinvolti anche nel comparto produttivo nazionale del gas naturale, anche al fine di garantire tutti i lavoratori interessati.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle indagini condotte dalla procura di Bergamo in ordine all'eventuale sussistenza di responsabilità nella gestione della pandemia da COVID-19, la medesima ha invitato a comparire, quali persone informate sui fatti, una pluralità di soggetti diversi, operanti in collaborazione o alle dipendenze dell'Oms;

   tra queste vi sarebbe anche il direttore vicario dell'Oms Ranieri Guerra sentito in procura a Bergamo in data 5 novembre 2020;

   tuttavia, ad altri soggetti parimenti convocati in procura e ugualmente legati da rapporti di collaborazione con l'Oms, la medesima Organizzazione mondiale della sanità avrebbe inviato una e-mail intimando loro di non presentarsi in procura, opponendo alle autorità giudiziali italiane l'operatività di una immunità risalente ad una convenzione del 1947;

   va rilevato che, in effetti, la convenzione di New York del 21 novembre 1947 disciplina «privilegi ed immunità delle istituzioni specializzate» tra cui l'Oms;

   tuttavia, l'allegato VII che disciplina specificamente l'applicazione della convenzione con riguardo all'Oms prevede, al paragrafo 2, punti III che l'Oms «deve revocare l'immunità concessa a un esperto in tutti i casi in cui ritenga che essa ostacoli l'azione della giustizia e qualora possa essere revocata senza pregiudicare gli interessi dell'organizzazione»;

   il divieto a testimoniare comunicato dall'Oms ai propri funzionari e collaboratori e opposto dall'Oms alle autorità giudiziali italiane costituisce un evidente ostacolo all'azione della giustizia;

   l'unico limite che l'Oms potrebbe opporre a questo punto è che la testimonianza dei collaboratori convocati dalla procura pregiudichi «gli interessi dell'organizzazione»;

   la procura di Bergamo avrebbe quindi avviato un'interlocuzione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al fine di verificare l'effettiva sussistenza di questa immunità e le modalità mediante le quali acquisire la testimonianza di questi collaboratori che comunque, lo si ricorda, sono tutti cittadini italiani;

   è interesse del Governo garantire la massima trasparenza possibile rispetto alla gestione dell'emergenza e piena collaborazione tra l'Esecutivo e l'autorità giudiziaria –:

   se, come eccepito dall'Oms, sussista effettivamente una qualche forma di immunità nei confronti dell'autorità giudiziaria italiana di dipendenti e collaboratori dell'Oms anche se questi sono cittadini italiani.
(4-07758)

  Risposta. — La disciplina delle immunità del personale dell'Ufficio regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è contenuta nella Convenzione sui privilegi e le immunità delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite del 21 novembre 1947, nel quadro della quale si inserisce l'accordo di sede tra Repubblica Italiana e OMS-Ufficio regionale per l'Europa del 23 novembre 2012.
  Le immunità vivono nella prassi degli attori internazionali e nell'interpretazione del diritto internazionale operata dalle corti interne.
  La Convenzione del 1947 e la prassi internazionale non sono univoche sull'estensione dell'immunità alla testimonianza e alle dichiarazioni da rendere nel corso di indagini preliminari, prestandosi a diverse interpretazioni.
  La citata Convenzione riconosce ai funzionari apicali e relativi reggenti lo stesso regime di immunità e privilegi invalso per gli agenti diplomatici degli Stati, che contempla un espresso riferimento al diritto di non prestare testimonianza o dichiarazioni da rendere in un procedimento penale.
  Ai funzionari non apicali, pur non contenendo una esplicita menzione della testimonianza e delle sommarie informazioni da rendere, la Convenzione riconosce più in generale la cosiddetta immunità funzionale, cioè l'immunità dalla giurisdizione per le opinioni espresse e gli atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni.
  Agli esperti inviati in missione la Convenzione riconosce l'immunità dai procedimenti giudiziari e l'inviolabilità personale.
  In generale, le immunità funzionali sono concesse al personale avente diritto nell'interesse dell'organizzazione cui lo stesso appartiene e prescindono dalla cittadinanza, sebbene l'organizzazione possa sempre rinunciarvi o autorizzare il funzionario a rinunciarvi ai sensi della Convenzione.
  Anche alla luce della collaborazione avviata nel quadro dell'attuale contesto emergenziale COVID-19, l'11 dicembre 2020 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha invitato l'OMS a considerare l'opportunità di permettere a funzionari ed esperti di acconsentire alla richiesta della procura di Bergamo di essere sentiti come persone informate sui fatti. L'Organizzazione ha risposto il 18 dicembre ribadendo la posizione più volte espressa sull'immunità dei suoi funzionari e precisando che i due funzionari Ranieri Guerra e Zambon si erano recati dai magistrati italiani a titolo personale, non essendo stati autorizzati dall'Organizzazione e non rappresentandola in quella circostanza.
  Il Governo proseguirà la sua costante azione in favore della trasparenza su origini e dinamiche della pandemia ancora in corso, come coerentemente fatto fin dalle sue prime fasi anzitutto in sede ONU.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo de Il Fatto Quotidiano, pubblicato il 17 novembre 2020, Giovanni Tartaglia Polcini, consulente giuridico del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha paventato il rischio d'infiltrazione della criminalità nella produzione e distribuzione su larga scala del vaccino per il Covid-19;

   in particolare, secondo il consulente giuridico del Ministro, si profila nei prossimi mesi uno scenario di corsa a procurarsi il vaccino in cui aumenta il rischio di fenomeni corruttivi e condotte illecite, in un settore di per sé ad alto rischio come quello della sanità: dalla contraffazione del farmaco alle infiltrazioni nella catena di fornitura, trasporto e stoccaggio, dalla corruzione nelle gare di appalto, alla speculazione sui prezzi e alla scalata illecita delle liste d'attesa attraverso tangenti –:

   se al Ministro interrogato risulti che il suo consulente giuridico sia a conoscenza di qualche rischio di infiltrazione della criminalità nella distribuzione in Italia del vaccino Covid-19 e, in caso affermativo se non intenda comunicarlo immediatamente al Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 e al Capo della Protezione Civile.
(4-07567)

  Risposta. — L'atto parlamentare in questione tocca temi di indubbio ed attuale rilievo, degni di opportuno approfondimento. In via preliminare, tuttavia, ritengo necessario formulare alcune precisazioni.
  In primo luogo, l'articolo di «
Il Fatto Quotidiano» richiamato ha raccolto dichiarazioni del magistrato Giovanni Tartaglia Polcini, che espleta le funzioni di consigliere giuridico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), non quelle di consulente giuridico del Ministro. Le dichiarazioni sono peraltro state rilasciate dallo stesso quale componente del comitato scientifico dell'Eurispes, importante istituto di ricerca italiano, come esplicitamente chiarito nell'articolo in questione.
  In secondo luogo, va evidenziato che il dottor Tartaglia Polcini, esprimendosi esclusivamente nella veste di studioso e ricercatore, si è limitato a riportare sinteticamente e in modo equilibrato elementi oggettivi e dati fattuali tratti da numerosissime fonti aperte, sia nazionali che internazionali, agevolmente consultabili.
  In altri termini, le valutazioni contenute nell'articolo non riguardano convinzioni personali del Magistrato Tartaglia Polcini, né informazioni privilegiate di cui lo stesso sia venuto in possesso in ragione del suo incarico presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale della sua attività di studioso. Vale infatti la pena ricordare quanto già ampiamente e pubblicamente sostenuto, relativamente ai rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nella produzione e distribuzione su larga scala del vaccino anti COVID-19, da autorevoli rappresentanti delle istituzioni nazionali competenti, come ad esempio il Capo della polizia Franco Gabrielli, il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri ed il direttore generale dell'Agenzia delle dogane Marcello Minenna, ma anche da rilevanti organizzazioni internazionali non governative, come transparency international, nonché da primarie istituzioni di «
enforcement» internazionale competenti in materia, come l'Interpol e l'Europol. Si sono altresì espresse numero organizzazioni internazionali che si occupano della lotta alla corruzione sul piano multilaterale globale (G20, UNODC, OCSE, FMI, GAFI), a conferma della potenziale incidenza globale di questo fenomeno.
  La stessa direttrice esecutiva dell'ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), massima agenzia mondiale di contrasto alla corruzione ed al crimine organizzato, il 13 ottobre 2020, prendendo la parola nel corso dei lavori della riunione dei Paesi ONU che aderiscono alla convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC), aveva dichiarato che «L'immissione sul mercato
online di falsi vaccini anti COVID è la minaccia criminale più seria, oggi» (sostenendo altresì che «Vaccini anti COVID falsificati potrebbero essere presto una letale realtà e i Governi dovrebbero prepararsi a reagire a questa minaccia»). Anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, nella medesima occasione, si è espresso in termini simili.
  Più in generale va sottolineato che tutti i maggiori fori multilaterali dal marzo 2020 hanno attirato l'attenzione sul tema del rischio della corruzione nella sanità, sia in relazione al malaffare in generale, sia con riferimento specifico ai vaccini. Con diversità di accenti, questi contributi si sono proposti di individuare i rischi specifici della corruzione sanitaria e di indicare gli strumenti – non solo giuridici – e le strategie per contrastarli e mitigarli. Anche questi documenti sono stati ampiamente diffusi e risultano agevolmente consultabili su fonti aperte.
  In ambito OCSE, sono stati in particolare diramati una dichiarazione adottata dal gruppo di lavoro sulla corruzione ed un
policy brief del Segretariato in tema di integrità nel settore pubblico, seguito da un successivo ampio policy paper. Particolarmente rilevante è altresì una pubblicazione dell'organizzazione internazionale dedicata specificamente alla contraffazione dei farmaci. Il CoE del Gruppo di Stati contro corruzione del Consiglio d'Europa (GRECO) ha adottato linee guida in materia. L'UNODC, in qualità di Segretariato della Convenzione ONU contro la corruzione (UNCAC), ha presentato un documento di orientamento per le policy degli Stati parte della stessa. Il Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI/FATF), ha elaborato una dichiarazione ed un paper sull'impatto della crisi COVID-19 sul monitoraggio dei flussi finanziari illeciti e sul contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
  Da questi studi emergono dati ed informazioni che non sono solo patrimonio di conoscenza del dottor Tartaglia Polcini ma di tutti gli addetti ai lavori. È infine opportuno rilevare che le informazioni sopra riportate non riguardano circostanze specifiche e concrete, già accadute o in procinto di verificarsi, bensì constatazioni generali su grandi linee di tendenza relative a fenomeni teorici, suscettibili di sostanziarsi in specifiche fattispecie criminose ma non ancora tradottisi in realtà fattuali.
  Quanto al tema della tempestiva comunicazione di ogni utile informazione alla struttura commissariale ed alla protezione civile, appare importante evidenziare come entrambe le istituzioni siano già a conoscenza di queste ricerche per avere partecipato ad importanti lavori multilaterali, che hanno sottolineato il rischio corruzione proprio nel settore in esame: esse hanno in particolare contribuito all'esercizio anticorruzione del Foro Globale G20 (
Anti Corruption Working Group/ACWG, la cui partecipazione è coordinata, per l'Italia, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) che, proprio nel corso del 2020, si è occupato del tema. Alla luce della crescente attenzione internazionale sulla corruzione correlata al settore sanitario nel periodo della crisi pandemica, il G20 ACWG ha anzi avviato la raccolta delle esperienze nazionali di risposta a detta minaccia, redigendo un compendio di buone prassi (pubblicato in rete) che offre, tra le altre, una panoramica delle ipotesi di rischio di corruzione specificamente legate ai vaccini. La struttura commissariale per il COVID-19 ed il dipartimento della protezione civile sono peraltro citati nel compendio come esempio di buona prassi nelle risposte al rischio di corruzione.
  Infine, va notato che l'articolo de
ilfattoquotidiano.it citato nell'interrogazione contiene dichiarazioni del magistrato secondo il quale l'Italia è uno Stato di diritto con un sistema di garanzie assicurato, tra l'altro, da una magistratura indipendente e da un servizio sanitario nazionale che lavora per il diritto universale alla salute, elementi che inducono a prevedere scenari rassicuranti per il nostro Paese.
  Questo Ministero non ravvisa quindi la necessità di una specifica informativa agli organismi competenti in tema di risposta alla pandemia da COVID-19 nel nostro Paese, in quanto già perfettamente al corrente del dibattito internazionale sul tema, ai cui esiti e conclusioni principali il magistrato Tartaglia Polcini ha inteso fare riferimento.

Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   BUOMPANE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Villa Literno è un comune italiano di 12.305 abitanti della provincia di Caserta;

   nel dicembre 2019, dopo l'indagine della direzione distrettuale antimafia di Napoli su presunti appalti pilotati dal clan dei Casalesi, il sindaco di Villa Literno, Nicola Tamburrino, è stato arrestato;

   la procura della Repubblica di Napoli Nord accusò Tamburrino di corruzione e falso ideologico in atti pubblici;

   le indagini dei carabinieri, secondo la procura hanno permesso di ricostruire l'accordo per la realizzazione di un centro ricettivo-turistico in via delle Dune a Villa Literno in cambio di denaro ed appoggio elettorale alle amministrative a favore di Tamburrino;

   durante il periodo di detenzione e di sospensione di Tamburrino, la guida del comune era ricoperta dal vicesindaco Valerio Di Fraia;

   l'articolo 54 della Costituzione della Repubblica italiana recita «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore»;

   il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 53, comma 2, prevede che il vicesindaco sostituisca il sindaco in caso di assenza o di impedimento temporaneo;

   il suddetto decreto legislativo, all'articolo 142, prevede la rimozione e la sospensione di amministratori locali qualora «il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge», mentre all'articolo 50 disciplina le competenze del sindaco;

   nel mese di luglio 2020 il tribunale del riesame ha accolto il ricorso presentato dai legali di Tamburrino, revocando la misura cautelare degli arresti domiciliari;

   il sindaco Tamburrino ha pubblicamente dichiarato di concedersi un periodo di vacanza e di riflessione, continuando in sostanza a delegare il vicesindaco dinanzi agli organi responsabili dell'amministrazione del comune, nonché per tutte le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, valutando in particolare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 142 del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).
(4-07213)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, occorre evidenziare che i principi che sorreggono l'adozione delle misure previste dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di cui agli articoli 141, 142 e 143, non possono essere ricondotti all'alveo dei procedimenti attivabili ad istanza di parte. Si tratta infatti di atti i cui effetti sono direttamente previsti dall'ordinamento, per la cui adozione la pubblica amministrazione accerta esclusivamente la sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge e assume i consequenziali adempimenti.
  L'intervento statale è quindi tassativamente indicato dalla legge e limitato alle fattispecie tipiche, la cui concretizzazione legittima l'adozione dell'atto stesso.
  In particolare, in relazione all'applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera
a), del TUOEL è necessaria la presenza dei requisiti della gravità e della persistenza della violazione di legge, in quanto un intervento straordinario che incide in via definitiva sull'autonomia dell'ente e su organi democraticamente eletti può essere legittimato non da una qualsiasi violazione di legge, ma esclusivamente da una violazione che si qualifichi in modo particolare per la sua gravità, In questo senso, tra le gravi cause che possono dar luogo all'adozione dei provvedimenti di rimozione degli amministratori, rientrano: i gravi motivi di ordine pubblico e le gravi e persistenti violazioni di legge enunciati dall'articolo 141 del TUOEL, oltre che il compimento di atti contrari alla Costituzione. In definitiva, può essere valutata grave una violazione che si riflette direttamente sulle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini, ovvero che compromette la funzionalità del comune o quella complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici. Si tratta pertanto di una norma di chiusura del sistema finalizzata a sanzionare comportamenti dell'amministratore pubblico che esprimono un rifiuto della condivisione dei principi fondamentali previsti dalle norme costituzionali, sulle quali si basa l'ordinamento repubblicano.
  In riferimento poi alla violazione di leggi penali, si rappresenta che la giurisprudenza è intervenuta al riguardo precisando che, in carenza di un'espressa disposizione, in base al principio di presunzione di non colpevolezza dell'imputato, prima di poter desumere conseguenze sul piano di un'eventuale sospensione degli amministratori, è necessario attendere il passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
  Nel caso specifico l'interrogante nel ripercorrere le vicende giudiziarie che hanno interessato il sindaco di Villa Literno, si sofferma fondamentalmente sulla circostanza che il predetto amministratore, rientrato nell'esercizio delle funzioni a seguito della cessazione della causa di sospensione
ex articolo 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, avrebbe eluso le disposizioni normative che disciplinano l'esercizio delle funzioni pubbliche con la dichiarazione di volersi concedere «un periodo di vacanza e riflessione», continuando in sostanza a delegare al vicesindaco la funzione connessa alla carica per la quale era stato eletto.
  A tale riguardo si espone che in data 2 ottobre 2020 la prefettura di Caserta ha ricevuto una nota del sindaco di Villa Literno con la quale veniva comunicato che, a decorrere da quella data e fino al 15 novembre 2020, il predetto non avrebbe potuto svolgere le proprie funzioni a causa di impegni familiari.
  Giova in proposito precisare che l'assenza del sindaco e la conseguente sostituzione da parte del vicesindaco appaiono in linea con le previsioni normative: l'articolo 53, comma 2, TUOEL, prevede, infatti che il vicesindaco sostituisca il sindaco in caso di assenza o impedimento temporaneo di quest'ultimo.

  Infine, appare opportuno evidenziare come la vicenda si sia conclusa il 25 novembre 2020, quando il comune di Villa Literno ha comunicato alla prefettura che, a far data dal 16 novembre 2020, il sindaco ha ripreso a svolgere con regolarità le proprie funzioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   BUTTI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   in piena crisi emergenziale è stato annunciato il rinvio dei giochi olimpici Tokyo al 2021;

   il rinvio delle Olimpiadi ha provocato una inspiegabile incertezza nel rinnovo dei mandati ai vertici delle diverse Federazioni sportive in Italia;

   in un primo tempo, era stata annuncia dal Coni la necessità di procrastinare di un anno le elezioni adducendo ragioni di opportunità al fine di non modificare l'assetto tecnico-organizzativo promosso dai vertici di ciascuna Federazione alla vigilia della nuova collocazione dei Giochi olimpici. Tale previsione, al di là di valutazioni nel merito, appariva, e continua ad apparire, in netto contrasto con le norme di legge vigenti (legge n. 242, cosiddetta legge Melandri), che sancisce in modo inequivocabile che la durata dei mandati è quadriennale indipendentemente dalla celebrazione o meno dei Giochi olimpici;

   alcune federazioni ritengono necessario mantenere la cadenza quadriennale al fine di evitare il paradosso di creare un ciclo triennale come conseguenza dell'estensione ai 5 anni degli attuali vertici (se non 6 in caso di un ulteriore rinvio), tenuto conto anche del fatto che i requisiti del diritto di voto in capo agli associati delle Federazioni maturano in relazione a parametri raggiunti nel corso dell'anno precedente. Ne consegue che, se si votasse nel 2021, i parametri non sarebbero più riferiti all'anno 2019 ma al 2020 con fortissimi effetti dovuti alla limitazione del COVID-19 che ha sostanzialmente bloccato la totalità dell'attività abitualmente svolta;

   solo di recente, notizia del 1° luglio 2020, la giunta del Coni e il successivo Consiglio del Coni hanno indicato, attraverso una norma transitoria che non ha precedenti, l'estensione della «finestra temporale» ai fini dell'effettuazione delle elezioni, fissandone il periodo, tra settembre 2020 ed ottobre 2021. Secondo l'opinione, molto critica, di diversi organi di stampa ma anche di addetti al lavoro, così facendo, e cioè riconoscendo totale discrezionalità a ciascuna Federazione, si sono create le condizioni per una sorta di «libera tutti» che consentirà ai presidenti federali di andare alle urne quando più fa comodo a loro: chi si sente forte punterà a votare nel 2020, chi lo è meno ne approfitterà per allungare il più possibile il suo mandato;

   in realtà, una previsione come quella deliberata dal Coni, e cioè di svolgere le elezioni nel 2021 prima e dopo le Olimpiadi, si potrà realizzare solo in presenza di una modifica della «legge Melandri»: di ciò finalmente si è accorto il Ministro. È notizia di stampa del 14 luglio 2020 che il Ministro interrogato avrebbe diffidato il Coni a svolgere tutte le elezioni federali e del Coni in tempi brevi, e comunque prima del 31 marzo 2021;

   da fonti ministeriali sembra che l'ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio sarebbe già al lavoro per predisporre un intervento normativo ad hoc, ma prima ci sarà da portare in fondo la riforma dello sport. Ciò appare molto strano, visto che i termini per l'approvazione dei decreti delegati, inseriti nel Testo unico dello sport (idea non nuova, dato che si tratta di un emendamento alla legge delega proprio di Fratelli d'Italia), sono stati prorogati di 3 mesi, quindi a novembre 2020 –:

   se non ritenga urgente chiarire, per quanto di competenza, quale sia la soluzione che intenda adottare nell'immediato, se del caso, adottando iniziative per modificare la «legge Melandri» ovvero per indirizzare, in ragione dei poteri di vigilanza, il Coni e le Federazioni nel predisporre al più presto elezioni dei vertici federali in conformità e nel rispetto del dettato normativo.
(4-06436)

  Risposta. — In riferimento ai temi sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, comunico che la deliberazione del Consiglio nazionale del CONI n. 1661 del 2 luglio 2020 non è stata approvata dall'Autorità vigilante in materia di sport.
  Pur comprendendo le ragioni poste a fondamento della suddetta delibera, la stessa, a seguito delle valutazioni tecniche operate dagli uffici, risultava in contrasto con la normativa vigente in tema di durata e rinnovo delle cariche elettive delle federazioni sportive nazionali.
  A partire dal mese di settembre 2020, molte federazioni hanno indetto le assemblee elettive; come noto, rispetto alla proposta normativa attuativa delle deleghe previste dall'articolo 1 della legge 86 del 2019, non si sono create le condizioni per superare strutturalmente la questione.
  Ritengo sia andata persa un'occasione utile per riformare il regime dei mandati delle cariche elettive del mondo sportivo, introducendo principi di autentico rinnovamento in un sistema da troppi anni «bloccato».

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   CANTALAMESSA e CASTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Rosone S.r.l. – Villa Angela, in Via Zabatta 14 a Terzigno (Napoli) è un centro di accoglienza straordinaria (Cas) e, stando a quanto certifica la prefettura di Napoli – Area IV immigrazione, con ultimo aggiornamento al 9 aprile 2020, ospita 70 immigrati;

   a Terzigno, presso Il Rosone S.r.l. Villa Angela, un primo contagio è stato registrato oltre un mese fa, quando tutti gli immigrati ospiti del centro di accoglienza sono stati messi in quarantena;

   dopo l'esito di positività al virus dei primi due tamponi, sono stati sottoposti tutti ad un terzo che, giovedì 8 ottobre 2020, rilevava la positività di altri tre immigrati per un totale di cinque contagiati; ciò ha imposto un ulteriore periodo di isolamento fiduciario a tutti gli inquilini della struttura;

   già venerdì 9 ottobre 2020 gli immigrati hanno manifestato insofferenza per la reclusione forzata, creando disordini, mettendo a soqquadro il Cas via Zabatta, rifiutando di cibo e gettandolo a terra e danneggiando l'automobile del titolare della struttura ricettiva «Villa Angela», Massimo Esposito;

   lunedì 12 ottobre 2020, circa sessanta immigrati sono scappati dalla struttura di accoglienza di via Zabatta, attraversando Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata prima di essere riportati al CAS dalle forze dell'ordine;

   la fuga ha messo a repentaglio la sicurezza e la salute di quanti lavorano nella struttura, delle forze dell'ordine e dei cittadini dei paesi vesuviani e, oggi, costringe le forze di polizia, carabinieri e forestale a presidiare la struttura h24 –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non ritenga di dover avviare, per quanto di competenza, verifiche interne ed ispezioni per monitorare la gestione dei Cas, garantire la sicurezza e la salute dei cittadini, degli operatori e dei cittadini tutti e come intenda agire nel caso in cui vengano accertate irregolarità nella suddetta gestione.
(4-07117)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Va preliminarmente rilevato che tutte le strutture del Ministero dell'interno, fin dall'inizio dell'epidemia, hanno puntualmente e regolarmente applicato le procedure per lo
screening sanitario ai migranti in arrivo sulle nostre coste.
  Con varie circolari, il Ministero ha sollecitato agli enti gestori delle strutture di accoglienza, di primo e di secondo livello, e dei centri di trattenimento il rispetto delle disposizioni per il contenimento dell'epidemia. È stato chiesto di garantire adeguata informazione ai migranti sui comportamenti da seguire, sia attraverso i mediatori culturali che con apposite informative scritte.
  Nell'interrogazione si fa riferimento, in particolare, al Centro di accoglienza straordinaria (CAS) Villa Angela, ubicato nel comune di Terzigno (Napoli), che ospita cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale.
  Il 27 settembre 2020, il legale rappresentante della società Hotel Il Rosone s.r.l., che gestisce il centro, ha comunicato alla prefettura di Napoli la positività al virus COVID-19 di un ospite, posto immediatamente in isolamento all'interno della struttura. Nella medesima giornata, la competente ASL ha eseguito uno
screening degli altri ospiti presenti nel centro, dal quale sono risultati altri 4 casi positivi, anch'essi posti in isolamento con le stesse modalità.
  Da tale momento si sono susseguite proteste e danneggiamenti da parte di migranti che rifiutavano di sottoporsi alle misure sanitarie attivate a titolo precauzionale nei riguardi di tutti gli ospiti del centro. Inoltre, nella giornata del 12 ottobre, un gruppo di migranti è uscito dalla struttura, facendovi rientro solo grazie all'intervento delle forze dell'ordine.
  In relazione ai suddetti comportamenti, il successivo 15 ottobre, il responsabile del centro ha presentato denuncia/querela ai Carabinieri di Terzigno per danneggiamento aggravato e minacce. Inoltre, la locale prefettura ha adottato 9 provvedimenti di revoca delle misure di accoglienza e 16 diffide a non porre più in essere comportamenti in violazione del regolamento del centro e della normativa in tema di emergenza epidemiologica da COVID-19.
  In merito ai citati episodi, la prefettura di Napoli ha assicurato una costante azione di supporto e coordinamento, mantenendo un contatto continuo con il responsabile della struttura e con i referenti dell'ASL. Sono stati garantiti, altresì, i servizi di vigilanza fissa presso la struttura da parte delle Forze dell'ordine, oltre che una costante attività di mediazione con gli ospiti del centro, svolta da personale specializzato dell'organizzazione internazionale per le migrazioni.
  Attualmente la situazione del centro di Terzigno risulta normalizzata e si è registrato un solo altro caso di positività al Coronavirus, posto in isolamento all'interno della struttura.
  Si precisa, infine, che sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria tutti i centri di accoglienza straordinaria presenti nell'area metropolitana di Napoli sono stati oggetto di costante monitoraggio da parte della locale prefettura, con particolare riferimento all'applicazione delle misure per la prevenzione e il contenimento del contagio, in raccordo con le ASL, con il contributo dell'organizzazione internazionale per le migrazioni e la collaborazione di Emergency.
  Tra i principali interventi si segnalano: l'attivazione di una
help line operativa quotidianamente in favore degli ospiti dei CAS; la verifica periodica della disponibilità nei centri di spazi dedicati all'isolamento/quarantena; le sessioni formative e l'orientamento di tipo logistico/sanitario; la condivisione di apposito materiale informativo multilingua sul tema dell'emergenza epidemiologica; la diffusione di specifici protocolli operativi; l'effettuazione di mirati interventi di mediazione e supporto in situazioni di particolare criticità.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CECCHETTI, CAPITANIO, DONINA, FOGLIANI, GIACOMETTI, MACCANTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è notizia pubblicata sul quotidiano Il Messaggero circa un anno fa quella dei disservizi di Poste Italiane nella consegna delle raccomandate;

   in particolare, si denunciava a mezzo stampa il modus operandi dei postini di lasciare di default l'avviso di giacenza nella cassetta della posta senza neanche verificare se qualcuno risponda al campanello, sia in casa e possa ritirare la raccomandata;

   a distanza di un anno nulla è cambiato come emerge anche dall'articolo di stampa del 15 ottobre 2019 su Il Gazzettino;

   probabilmente ciò avviene per carenza di personale e, di conseguenza, per accelerare le consegne, sta di fatto che il non effettuare alcun tentativo di effettivo e immediato recapito, lasciando sempre e comunque l'avviso di giacenza, senza invece verificare che il destinatario sia presente in casa e possa così firmare per il ritiro della missiva, crea non pochi disagi ai cittadini;

   l'avviso di giacenza, infatti, comporta per il ricevente l'obbligo di recarsi di persona presso un ufficio postale per il ritiro del plico o pacco; i giorni e le fasce orarie coincidono con quelli lavorativi, per cui per i più tutto ciò significa dover prendere dei permessi;

   maggiori difficoltà incontrano poi le persone anziane, che giustamente non si capacitano del motivo per cui debbano essere costrette ad andare di persona in un ufficio postale quando sono reperibili sempre a casa, e ancor di più tutti coloro che vivono in piccoli comuni o frazioni ove gli sportelli sono stati chiusi, per cui devono allungare il tragitto di chilometri per ritirare la missiva;

   tutto ciò, a parere degli interroganti, è una grave lesione dei diritti dei cittadini, tenuto conto anche del fatto che a causa dei ritardi dovuti all'impossibilità di recarsi di persona per il ritiro si possono perdere convocazioni e scadenze importanti –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro intenda assumere affinché Poste italiane, quale gestore del servizio postale in Italia, possa garantire che il recapito delle raccomandate e di tutta la posta che necessiti di una firma al ritiro avvenga secondo le procedure canoniche e non costituisca un aggravio di oneri e incombenze per i destinatari.
(4-03862)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, sentita la direzione generale competente e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante lamenta disservizi nella consegna delle raccomandate da parte di Poste Italiane, riferendo che sia prassi per i postini lasciare l'avviso di giacenza nella cassetta della posta dei clienti senza prima verificare se qualcuno risponda al citofono.
  Preliminarmente si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, dunque, all'Agcom l'«adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale», prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Pertanto, il servizio postale richiamato dagli interroganti rientrerebbe nel perimetro del «servizio universale» che Poste Italiane s.p.a. è tenuta ad assicurare, ai sensi del citato decreto legislativo n. 261 del 1999. In particolare, Poste Italiane s.p.a. è tenuta al rispetto di specifici obiettivi di qualità del servizio universale, il cui conseguimento è oggetto di verifica annuale da parte dell'Agcom che svolge anche attività di vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi effettuati da Poste Italiane.
  Inoltre, la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha novellato il citato decreto legislativo n. 261 del 1999, fissando «obiettivi medi per il recapito da effettuare entro il giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale» (articolo 1, comma 278, lettera
f-bis).
  L'allegato A della delibera n. 385/13/CONS dell'Agcom, recante «Condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane», regolamenta poi le procedure per il recapito degli invii raccomandati o a firma da parte di Poste Italiane, in particolare attraverso gli articoli da 27 a 30.
  Per gli invii di posta raccomandata attinenti alle procedure giudiziarie e ai procedimenti amministrativi, le procedure di recapito sono regolate, invece, dalla legge 20 novembre 1982, n. 890 recante «Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari».
  Sull'affidamento a Poste Italiane del servizio universale, il Ministero dello sviluppo economico effettua, ogni cinque anni, un controllo che viene svolto sulla base di un'analisi predisposta dall'Agcom. L'Autorità riferisce che, con l'analisi svolta nel 2016, è stata verificata positivamente la conformità del servizio svolto da Poste Italiane ed è stata verificata la rispondenza ai criteri di riduzione dei costi e di redditività degli investimenti previsti dal contratto di programma stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane.
  Inoltre, l'Agcom ricorda che, laddove emergano da parte di singoli cittadini o associazioni rappresentative del territorio segnalazioni qualificate relative ad uno svolgimento del servizio non in linea con quanto previsto dalla normativa vigente, l'Autorità può avviare delle istruttorie specifiche e un'azione nei confronti dell'operatore, affinché vengano garantiti i diritti dell'utenza.
  Sul sito dell'Agcom sono altresì riportati tutti gli esiti dei procedimenti sanzionatori avviati nei confronti di Poste Italiane e degli altri operatori postali.
  Si riferisce, inoltre, che Poste Italiane è stata direttamente interpellata sulle problematiche sollevate dagli interroganti. In proposito, l'Azienda ha riferito che nel 2018 è stato superato ampiamente l'obiettivo afferente ai tempi di recapito della posta raccomandata. Per quello che riguarda invece la qualità del servizio di recapito, Poste Italiane fa presente che, al fine di standardizzare i comportamenti operativi ed assicurare la corretta esecuzione del servizio, l'operatività dei portalettere è stata codificata con procedure interne conformi alla normativa di settore.
  In merito alla specifica doglianza espressa dagli interroganti, Poste Italiane fa sapere che sono in atto azioni per monitorare e migliorare il servizio e ha evidenziato il proprio «impegno nell'intraprendere varie iniziative volte ad assicurare un servizio in linea con le aspettative dell'utenza e con l'esigenza di una sua evoluzione anche tecnologica dando avvio ad una più ampia azione di digitalizzazione dei servizi».
  Al riguardo l'azienda segnala che la tracciatura e la rendicontazione sono previste in un numero crescente di prodotti, cosicché la clientela dotata di appositi strumenti informatici messi a disposizione dall'Azienda stessa, può verificare costantemente lo stato delle spedizioni dall'accettazione alla rendicontazione degli esiti, verificando autonomamente le
performance.
  Poste Italiane riferisce, inoltre, che sta ampliando e diversificando i canali a disposizione della clientela per la ricezione degli invii a firma attraverso, ad esempio, l'installazione di
locker condominiali (Puntoposte DaTe) presso gli edifici residenziali e le sedi di aziende, con lo specifico obiettivo di agevolare il ritiro degli invii da parte dei cittadini in caso di assenza dal proprio domicilio.
  Inoltre, con riferimento ai prodotti a firma, in particolare raccomandate e pacchi, Poste Italiane fa presente che «nell'anno 2018 è stata rilevata una diminuzione di circa 3 punti percentuali sul numero totale dei reclami ricevuti nell'anno precedente».
  In conclusione, dunque, il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, monitorerà affinché gli obiettivi di miglioramento del servizio da parte di Poste Italiane, così come auspicati dalla medesima azienda, siano raggiunti.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   CIABURRO, ROTELLI, DEIDDA, GALANTINO, BUTTI, CARETTA e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   in Italia ci sono circa 14.000 dimore storiche, beni culturali a pieno titolo, visitate in media da circa 45 milioni di turisti l'anno, per un giro d'affari di circa euro 272.000.000, cifre paragonabili a quelle del comparto museale;

   a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, delle relative misure di contenimento e del deflusso di turisti in Italia, stimato in 31 milioni di visitatori in meno rispetto al 2019 (-49 per cento, dati Enit), le perdite stimate per il comparto equivalgono a circa euro 800.000.000, con 30.000 posti di lavoro a rischio in tutto l'indotto;

   i danni e pregiudizi economici riversatisi verso l'indotto hanno, a cascata, effetto negativo su comparti afferenti a guide turistiche e ristorazione, oltre alla filiera delle micro e piccole imprese artigiane che collaborano alla manutenzione di questi beni (un comparto già in crisi prima del COVID-19 con 33 per cento di chiusure negli ultimi 5 anni);

   l'Associazione dimore storiche italiane (Adsi) ha in tal senso denunziato come in nessuno dei recenti interventi normativi straordinari predisposti dal Governo, primo tra tutti il decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «decreto rilancio», siano state previste misure a sostegno del settore, al netto delle gravi perdite sostenute, dei costi fissi da affrontare anche per la manutenzione e ristrutturazione degli edifici e del fatto che questi immobili sono certamente elemento fondamentale per la ripartenza dei territori e dei piccoli borghi in cui sono per lo più collocati; si trovano per il 54 per cento di essi in comuni sotto i 20.000 abitanti e di questi il 29 per cento sotto i 5.000;

   l'assenza di misure a sostegno del comparto, o meglio di una parte rilevante del patrimonio culturale nazionale che la stessa Costituzione dice di tutelare e promuovere, costituisce un'opportunità persa per lo sviluppo dei territori e di tutte le numerose filiere ad esso collegate, perché, va sempre ricordato, i beni culturali non sono esportabili ed il loro indotto resta indissolubilmente legato ai territori. Si tratta quindi di immobili storici che, oltre a definire la nostra storia, la nostra identità, contribuiscono alla sopravvivenza di piccole comunità locali, contribuiscono direttamente all'economia territoriale con l'afflusso di visitatori e l'attivazione di esercizi commerciali collegati con la presenza di attività culturali anche con comunità locali ed istituti scolastici, determinando, come solo la cultura sa fare, anche coesione sociale;

   le dimore storiche sono tuttora classificate, in termini catastali, al pari delle ville moderne e residenze di lusso, nonostante siano in «condominio» con lo Stato, con i proprietari ricoprenti il ruolo di «custodi pro tempore» piuttosto che di proprietari degli immobili, e la loro funzione pubblica sia riconosciuta dalla Costituzione, dal Testo unico dei beni culturali oltre che dalle più recenti ordinanze per la ricostruzione delle aree colpite dai recenti sismi;

   a titolo esemplare, nel caso del comune di Piossasco (TO), 18.000 abitanti in provincia di Torino, la mancata predisposizione di misure a sostegno delle dimore storiche, così come i danni derivanti dalla crisi da COVID-19 hanno colpito duramente Casa Lajolo, dimora storica che vanta circa 2500 visitatori l'anno, essenziali per l'indotto economico del territorio e la sopravvivenza di attività turistiche, di ristorazione ed artigianali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare a sostegno del comparto degli immobili storici italiani soggetti a vincolo storico artistico ai sensi del Decreto legislativo n. 42 del 2004, anche con misure indennitarie, di revisione della classificazione catastale e di soccorso fiscale almeno al pari di quanto fatto per i restanti 75 milioni di immobili, in collaborazione con l'Associazione dimore storiche italiane.
(4-06608)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative s'intendono adottare a sostegno del comparto delle dimore storiche italiane.
  Sulla base degli elementi forniti dalla Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, si rappresenta quanto segue.
  Le dimore storiche italiane di proprietà privata, qualora riconosciute di interesse culturale particolarmente importante ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, sono assoggettate alle disposizioni della Parte II del Codice dei beni culturali e pertanto possono accedere ai contributi per l'esecuzione di lavori di manutenzione e restauro previsti dagli articolo 35, 36 e 37.
  Si segnala, inoltre, che l'articolo 80, comma 6, del decreto-legge n. 104 del 14 agosto 2020, ha esteso l'agevolazione fiscale prevista dal decreto rilancio, il cosiddetto «superbonus», che eleva al 110 per cento l'aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi in ambito edilizio, anche gli immobili di categoria catastale A9, castelli, palazzi di eminente pregio artistico o storico, purché aperti al pubblico.
  Peraltro, anche le dimore storiche possono accedere a importanti benefici pubblici, sia in base al l'ordinamento dei beni culturali, sia in ragione di una delle più rilevanti e apprezzate misure di sostegno adottate a seguito dell'emergenza sanitaria e dalla conseguente crisi economica. Quanto alla crisi dell'indotto, si tratta di attività e imprese (ristorazione, guide turistiche, piccole aziende che operano nella manutenzione degli immobili) destinatarie di un'articolata serie di aiuti, in forma diretta e indiretta, inclusi nei diversi provvedimenti d'emergenza adottati dal Governo, con particolare riguardo al settore del turismo.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è stata pubblicata dal sito de «il Giornale» una foto sconcertante che ritrae agenti della polizia di Stato ammassati sullo stesso aereo insieme ad una decina di immigrati in assenza del minimo distanziamento sociale previsto dalle disposizioni anti-Covid;

   il velivolo sovraccarico di persone, per ogni fila sei posti, tutti occupati, senza alcun distanziamento tra poliziotti e clandestini, sarebbe partito da Roma Fiumicino alle ore 10.00 del mattino del 12 novembre 2020 in direzione Catania, al fine di trasferire un totale di 82 stranieri dalle navi quarantena ad alcuni centri per i rimpatri del Nord Italia;

   sul primo volo sarebbero stati caricati 40 immigrati, scortati fino a Milano, l'aereo atterrato in Lombardia alle ore 17.30, sarebbe ripartito subito dopo, alle ore 18.00, per ritornare a Catania ed imbarcare altri 42 stranieri da accompagnare, questa volta, a Torino;

   nella città piemontese, sarebbero atterrati alle 2 di notte e, dopo aver fatto sbarcare i migranti, gli agenti sarebbero ripartiti per far finalmente rientro a casa;

   l'arrivo a Roma è avvenuto alle 4.30 del mattino, dopo ben 20 ore consecutive di lavoro dal primo decollo;

   una vicenda assolutamente inaccettabile che dovrebbe imbarazzare il Governo, il quale, per l'ennesima volta, si è dimostrato incapace di gestire efficacemente ed in sicurezza il fenomeno migratorio, ponendo a repentaglio la salute e l'incolumità delle forze dell'ordine che, unitamente agli operatori sanitari, durate l'emergenza pandemica ancora in atto, continuano instancabilmente a svolgere il proprio lavoro a servizio della comunità;

   l'esposizione degli operatori della polizia ad inaccettabili ed inutili rischi non viene scongiurata in termini di certezza dalla certificazione medica attestante la negatività degli stranieri al Sars-Cov-2 risultante da tampone, in quanto, come noto, l'affidabilità del test è condizionata anche dal momento temporale in cui viene eseguito tenuto conto del periodo di incubazione della patologia;

   pertanto, anche alla luce di quanto appena sopra dedotto, pur in presenza dell'esito negativo dei tamponi, è necessario in ogni caso garantire, soprattutto quando, come nei casi di specie, il contatto è notevolmente duraturo, le misure di sicurezza e di distanziamento sociale;

   dai fatti sopra descritti emergerebbero, tra l'altro, anche gli inaccettabili ritmi e le condizioni lavorative cui gli appartenenti alle forze dell'ordine sarebbero costretti a prestare servizio senza soluzione di continuità addirittura per 20 ore;

   appare, dunque, doveroso un intervento del Governo volto a garantire alle forze dell'ordine di svolgere il loro servizio in totale sicurezza con ritmi lavorativi dignitosi e decorosi nel trasferimento degli immigrati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire una gestione efficiente del fenomeno migratorio; quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare la salute delle forze dell'ordine durante lo svolgimento del servizio di scorta nazionale dei migranti verso i centri per i rimpatri nazionali; se non si intendano dotare le forze dell'ordine di dispositivi di protezione individuale congrui rispetto ai lunghi periodi di convivenza in luoghi chiusi con gli immigrati trasportati.
(4-07586)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato parlamentare indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via generale occorre premettere che il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno organizza regolarmente trasferimenti a mezzo aereo dei migranti giunti irregolarmente sulle coste italiane verso i Centri di permanenza per il rimpatrio (C.p.r.) presenti sul territorio nazionale; tali trasferimenti riguardano i destinatari di provvedimenti di respingimento o espulsione e avvengono previa assegnazione di posti nelle succitate strutture (entro i limiti della loro disponibilità) e al termine del periodo di quarantena con esito negativo del tampone.
  Si evidenzia che l'organizzazione dei trasferimenti in questione è influenzata da molteplici varianti riconducibili alle tempistiche richieste dallo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di trasporto aereo (nel caso di vettori privati) o per la disponibilità dell'aeromobile (nel caso di velivoli della Guardia di Finanza utilizzati sulla base di apposita concessione). La complessità organizzativa dei trasferimenti comporta la necessità di una pianificazione preventiva dell'evento e, frequentemente, una sua rimodulazione in caso di circostanze sopravvenute (ad esempio problematiche di ordine pubblico in occasione degli sbarchi o dei trasferimenti in aeroporto, esiti dei tamponi, calcolo dei periodi di quarantena, orario di discesa degli stranieri dalle navi quarantena).
  Nell'attività di pianificazione deve inoltre essere assicurata la collocazione degli stranieri nei C.p.r. in tempo utile per la celebrazione delle udienze di convalida del trattenimento e per il rimpatrio con il primo
charter a disposizione in calendario; occorre quindi ottimizzare nel modo migliore le operazioni di volo, prevedendo la presenza a bordo del maggior numero di stranieri possibile.
  In merito al caso specifico riferito nell'interrogazione, si rappresenta che a seguito di un contemporaneo aumento di capienza nei C.p.r. di Milano e Torino, si è organizzato il trasferimento a mezzo aereo di 81 stranieri sbarcati il 12 novembre 2020 dalla nave Suprema, in rada presso il porto di Augusta, secondo il seguente itinerario; Roma Fiumicino (imbarco degli 84 operatori di scorta) – Catania (imbarco 40 stranieri) – Milano (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr) – Catania (imbarco di ulteriori 41 stranieri destinati ai Cpr di Torino e Roma) – Torino (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr) – Roma (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr e fine servizio).
  Tutti gli stranieri scortati erano stati sottoposti a tampone con esito negativo nel pomeriggio dell'11 novembre. Poiché sia le forze dell'ordine che i cittadini stranieri indossavano i dispositivi di protezione individuale – in particolare mascherine FFP2 e guanti, così come previsto dalle disposizioni ministeriali in materia, la distribuzione del personale di polizia all'interno dell'aeromobile da 184 posti è stata stabilita, per ogni fila di tre posti, con un cittadino straniero al centro e due operatori di polizia ai posti laterali.
  La lunga durata delle operazioni di accompagnamento, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, è stata causata da un evento assolutamente imprevedibile, quale la comunicazione giunta nella mattinata del 12 novembre della positività al tampone di una operatrice in servizio presso il C.p.r. di Torino, meta della seconda tratta del trasferimento. Tale circostanza ha determinato la necessità di sottoporre a tampone tutti gli ospiti di quel centro e tutti gli operatori che vi prestavano servizio, con ovvie ricadute sull'operazione di trasferimento.
  In particolare, si è reso necessario attendere il via libera da Torino, giunto intorno alle ore 20.00, per poter autorizzare la questura di Siracusa alla notifica dei provvedimenti e al trasferimento dei cittadini tunisini presso l'aeroporto di Catania.
  Si informa anche che nel corso delle operazioni sono stati garantiti agli operatori due pasti completi a bordo dell'aeromobile, oltre a un cosiddetto «sacchetto» a cura della questura di Torino, fruito con ritardo a causa della descritta criticità.
  Su un piano più generale si assicura che il Ministero dell'interno è fermamente impegnato nel garantire la massima tutela della salute al personale di polizia impiegato in servizi potenzialmente a rischio. A tal fine la direzione centrale di sanità del dipartimento di pubblica sicurezza fornisce costantemente gli idonei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) a tutti gli operatori della Polizia di Stato, indicandone il corretto utilizzo anche in relazione alle diverse tipologie di servizio, ai potenziali rischi di esposizione ed alla fase epidemiologica territoriale.
  I D.P.I. distribuiti rispondono alle più consolidate evidenze scientifiche ad oggi disponibili e garantiscono, se usati in maniera appropriata, un'efficace misura di protezione per l'operatore di polizia.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   CORDA, RIZZO, ARESTA, IORIO, IOVINO, ERMELLINO, ROBERTO ROSSINI, DEL MONACO, GIOVANNI RUSSO e CHIAZZESE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione «Strade Sicure» condotta dall'Esercito italiano, ininterrottamente dal 2008, su tutto il territorio nazionale è rivolta al sostegno della pubblica sicurezza e al supporto alle forze di polizia per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio come, ad esempio, rispetto a siti e obiettivi sensibili, centri di accoglienza e centri di identificazione ed espulsione;

   tale operazione, nel corso degli anni, ha registrato notevoli successi, dalla gestione del Giubileo straordinario della Misericordia, al G7 di Taormina, agli interventi a L'Aquila in relazione al sisma del 2009 e nei territori dell'Italia centrale colpiti dal terremoto, certificandosi come una missione valida ed efficace nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità e al terrorismo;

   a fronte degli ottimi risultati conseguiti, si registrano tuttavia delle specifiche criticità soprattutto in relazione alle condizioni di lavoro, al benessere psicofisico nonché rispetto alla retribuzione dei militari impiegati nell'operazione;

   il personale militare, infatti, svolge il proprio turno di lavoro con la cosiddetta «turnazione in quinta» che prevede, dopo l'effettuazione di quattro turni lavorativi da 6 ore, un riposo psicofisico di trentasei ore. Tale turno è adottato da tutte le forze dell'ordine impiegate sul territorio nazionale con la differenza però che, mentre essi svolgono il normale servizio nella loro città o zona di lavoro predefinita e con l'arma a seguito, i militari prestano servizio in accantonamenti spesso lontani dall'effettivo luogo di lavoro, con l'obbligo di ritirare/riconsegnare le armi a fine turno, provocando la conseguente maggiorazione di ore che rendono, di fatto, la turnazione tutt'altro che auto-compensante;

   le suddette difficoltà alloggiative e logistiche comportano, inoltre, l'accumulo di un ammontare di ore di straordinario e di festività da recuperare tale da comprimere le capacità addestrativo/operative dei reparti al limite della sopravvivenza. Infatti, ogni militare impiegato in «Strade Sicure» accumula mediamente 300 ore di recupero compensativo e 30 giorni di festività, ai quali si aggiungono i giorni di licenza ordinaria dell'anno in corso non fruiti. Tutto ciò si tradurrebbe in più di 4 mesi di assenza media dal reparto, assenza resa impossibile dai predetti impegni operativi e dal ciclo di ricondizionamento addestrativo propedeutico alla reimmissione, dopo soli sei mesi dal rientro, nell'operazione in parola;

   in merito alla retribuzione, i militari impiegati nell'operazione percepiscono una paga mensile accessoria pari a circa 800 euro ripartiti in: 663 euro di indennità omnicomprensiva; 14 ore a pagamento per un importo al netto pari a 126 euro mensili; 16 euro (70 centesimi al giorno) di viveri di conforto. Se a tutto ciò si aggiunge anche il ritardo nei pagamenti, è indiscutibile il malumore che si diffonde sovente tra il personale militare impiegato in «Strade Sicure», in considerazione del trattamento differenziato rispetto ai colleghi di altre forze armate o di polizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità sopraesposte e se ritenga opportuno adottare iniziative volte a garantire ai militari che partecipano all'operazione «Strade Sicure» un miglioramento delle condizioni di lavoro, l'adeguamento della retribuzione prevista per la partecipazione all'operazione, come pure la tempestiva corresponsione della stessa, promuovendo altresì tutte le misure necessarie per assicurare e sostenere il benessere psicofisico del suddetto personale militare.
(4-02544)

  Risposta. — Con l'atto in esame l'interrogante chiede quali iniziative si intendano adottare per il «miglioramento delle condizioni di lavoro, l'adeguamento della retribuzione prevista per la partecipazione all'operazione, come pure la tempestiva corresponsione della stessa», nei confronti del personale impegnato nell'operazione «Strade Sicure».
  Al riguardo è utile segnalare che il trattamento economico in esame, nell'ambito delle risorse allo scopo stanziate nella legge di bilancio, viene annualmente disciplinato attraverso un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con quelli della Difesa e dell'interno.
  In tale contesto la Difesa, al fine di valorizzare l'impegno dei militari delle Forze armate nell'ambito dell'operazione «Strade Sicure», anche sotto il profilo remunerativo, stante la necessità di rispettare il principio di equiordinazione retributiva, ha ritenuto necessario porre in essere ogni possibile sforzo per reperire maggiori risorse economiche, in modo tale da potere retribuire l'intero monte orario effettuato dal personale di servizio, ciò anche in risposta alle legittime aspettative del personale veicolate anche dal consiglio centrale della rappresentanza militare.
  Al riguardo, voglio ricordare che con il decreto-legge 21 settembre 2019 n. 104, convertito dalla legge n. 132 del 18 novembre 2019, è stato stabilito, tra l'altro, l'incremento delle ore di straordinario retribuibili a favore del personale militare impiegato in servizio di concorso all'ordine pubblico nell'ambito dell'operazione «Strade Sicure».
  La misura è volta a tutelare l'efficienza operativa e addestrativa nonché la funzionalità dello strumento militare poiché riduce sensibilmente i giorni di assenza dal servizio che derivavano dalla mancata remunerazione delle ore maturate in operazione.
  In particolare, con l'articolo 3, salvaguardando il principio di equiordinazione retributiva, si è inteso incrementare il monte ore pro-capite di straordinario del personale effettivamente impiegato nei servizi di vigilanza di siti ed obiettivi sensibili, portandolo da 14,5 a 21 ore mensili, autorizzando le relative spese per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2019.
  In continuità con quanto previsto nel citato decreto-legge n. 104, nella legge di bilancio per il 2020, è stata prevista la proroga dell'operazione «Strade Sicure» per tutto il 2020, garantendo altresì la copertura degli oneri finanziari connessi al pagamento fino a 21 ore mensili per il personale militare ivi impegnato.
  Successivamente, al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19, con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «Decreto Rilancio» convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sono state garantite le risorse necessarie ad assicurare il pagamento del lavoro straordinario fino ad un massimo di 40 ore mensili.
  Con il disegno di legge di bilancio 2021-2023, attualmente all'esame del Parlamento, in assoluta continuità con i provvedimenti di cui in premessa, è stata prevista la prosecuzione da parte delle Forze armate e delle Forze di polizia degli interventi di pubblica sicurezza relativi all'operazione «Strade Sicure», assicurando l'attuale contingente di 7.050 unità fino al 30 giugno 2021, per passare a 6000 unità dal 1° luglio 2021 fino al 30 giugno 2022 e, infine, giungere a 5000 unità dal 1° luglio 2022 fino al 31 dicembre 2022.
  Inoltre, sempre nel disegno di legge di bilancio 2021-2023, è prevista la proroga per ulteriori 31 giorni – dal 1° gennaio fino al 31 gennaio 2021 – dell'impiego di ulteriori 753 unità di personale delle Forze armate posto a disposizione dei prefetti in ragione delle incrementate esigenze di contenimento della diffusione del COVID-19 di cui al citato «Decreto Rilancio».
  Nel merito, poi, delle ulteriori questioni sollevate nell'atto, si precisa che, con particolare riferimento alla turnazione di impiego dei reparti e delle unità, il volume di forza impiegata per l'operazione ha reso necessaria l'adozione di criteri di turnazione semestrale che tenessero in considerazione le esigenze di equa ripartizione dello sforzo tra tutte le unità operative dell'Esercito, al fine di soddisfare le continue esigenze d'impiego nei molteplici teatri operativi esteri e sul territorio nazionale.
  In relazione, poi, alle tempistiche di pagamento dei compensi spettanti al personale, il Centro nazionale amministrativo esercito ha reso noto che il pagamento viene disposto entro i due mesi successivi all'inserimento delle variazioni stipendiali, da parte degli enti d'impiego, nella piattaforma Unificato Web, gestita dalla Banca dati unica stipendiali (BDUS), cioè con la medesima tempistica di corresponsione di ogni altra indennità derivante da attività operative e addestrative, trattandosi di modalità insite nel sistema di pagamento di NOIPA adottato per tutto il personale della Pubblica amministrazione.
  Con riferimento, infine, alle iniziative a tutela dell'integrità psicofisica dei militari impiegati, la Difesa assicura il supporto psicologico attraverso personale specializzato, dalla fase di approntamento e per tutta la durata dell'esigenza.
  Inoltre, dal 2017, per i comandanti a tutti i livelli, è prevista un'attività formativa sperimentale per il riconoscimento e la valutazione dei possibili segnali di
stress.
Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   CORDA e ARESTA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, rubricato «indennità di trasferimento», stabilisce: «1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui al Codice dell'ordinamento militare emanato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi»;

   il concorso per ufficiali in servizio permanente del ruolo speciale delle Armi e Corpi dell'Aeronautica militare è un concorso cui possono partecipare, oltre i marescialli per i quali è prevista una parziale riserva posti, anche sergenti e graduati provenienti dal servizio permanente e per i quali non si verifica una novazione del rapporto di lavoro;

   la direzione impiego del personale militare dell'Aeronautica al termine dell'iter formativo trasferisce presso i reparti tali «frequentatori» considerando i trasferimenti come «prima assegnazione» e non come «d'autorità» contrariamente a quanto previsto dalla legge n. 86 del 2001;

   si verifica la paradossale e ingiusta situazione che personale proveniente dal medesimo corso, ma assegnato in reparti diversi, viene trattato differentemente, attribuendo ad alcuni i benefici della legge n. 86 del 2001, mentre ad altri un diniego che comporta un aggravio di spese per via dei ricorsi amministrativi per il riconoscimento dei propri diritti;

   ciò che ingenera dubbi interpretativi è la questione del «concorso riservato» o con «riserva parziale» per la quale, a quanto consta agli interroganti, sarebbero stati posti diversi quesiti dal servizio di commissariato e amministrazione dell'Aeronautica militare alla direzione generale del personale che, nonostante i reiterati solleciti, non avrebbe mai risposto. Inadempienza che ricade interamente sulle famiglie e sul personale militare;

   il Consiglio di Stato (pronuncia III, 22 ottobre 2002, n. 2432) ha affermato che l'indennità di trasferimento debba essere riconosciuta nel caso di passaggio di grado per effetto di concorso riservato al personale militare ovvero di concorso parzialmente riservato a condizione che il vincitore fruisca della riserva. La predetta indennità non deve essere riconosciuta nel caso in cui il passaggio avvenga per concorso pubblico ovvero senza valersi della riserva, in quanto in questi ultimi casi si verificherebbe una novazione del rapporto di impiego tale da far configurare l'assegnazione del vincitore ad una nuova sede come prima assegnazione e non come trasferimento;

   la giustizia amministrativa, con sentenze n. 00501/2017 del Tar per la Liguria e n. 00605/2018 del Tar per la Toscana, entrambe favorevoli ai ricorrenti, sergenti in servizio permanente vincitori di concorso per ufficiali del ruolo speciale, hanno chiarito il concetto di «riserva» esplicitando che l'ipotesi del concorso riservato debba essere intesa esclusivamente come riserva al personale militare, non rilevando le eventuali ulteriori riserve in favore di talune categorie speciali di personale militare contenute in un concorso cui può comunque partecipare esclusivamente il personale militare –:

   se ritenga di dover adottare le iniziative di competenza affinché la direzione generale del personale militare fornisca le necessarie risposte tese a dirimere ogni dubbio interpretativo e renda esplicito il concetto di concorso riservato e riserva parziale;

   se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché sia emanata una circolare completa e chiarificatrice aggiornata con la recente giurisprudenza in merito alla legge 29 marzo 2001, n. 86.
(4-02883)

  Risposta. — Con riferimento alla tematica rappresentata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, nel rilevare la complessità delle questioni e l'importanza che la stessa riveste per il bacino di militari potenzialmente interessati, la competente direzione generale per il personale militare, con comunicazione diramata a tutti gli enti della Difesa, ha precisato le modalità applicative delle disposizioni vigenti in materia.
  In particolare, la citata direzione generale, tipizzando le diverse situazioni concorsuali, ha avuto modo di chiarire, relativamente a:

   Bando senza quota riservata al personale militare:

    non compete l'indennità di trasferimento di cui all'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, in quanto la posizione dell'interessato dovrà essere considerata alla stregua di tutti gli altri cittadini che hanno partecipato alla medesima procedura concorsuale. In tale caso, quindi, la sede successiva alla fase di formazione costituisce la prima assegnazione, ai sensi dell'articolo 976 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

   Bando con quota riservata al personale militare:

    compete l'indennità di trasferimento, di cui all'articolo 1 della citata legge n. 86 del 2001, a condizione che:

     continui a permanere il rapporto d'impiego, senza soluzione di continuità;

     il posto conseguito nella graduatoria dei vincitori rientri nella quota riservata al personale militare;

     venga disposto il trasferimento dalla sede di servizio di provenienza a quella di nuova destinazione, distanti almeno 10 chilometri.

   Bando riservato al personale militare:

    compete l'indennità di trasferimento a condizione che:

     continui a permanere il rapporto d'impiego, senza soluzione di continuità;

     venga disposto il trasferimento dalla sede di servizio di provenienza a quella di nuova destinazione, distanti almeno 10 chilometri.

  Le eventuali ulteriori riserve di posti costituite a favore di talune categorie di personale militare (a mero titolo esemplificativo: figli superstiti di personale militare deceduto in servizio e per causa di servizio; personale militare che partecipa al concorso per ufficiale RS) non precludono la corresponsione dell'indennità di trasferimento che, pertanto, compete a tutti i militari vincitori di concorso, stante parimenti l'immutato rapporto d'impiego.
  Tanto rappresentato, si rende noto che il TAR Toscana, proprio con la sentenza citata nell'atto, nel riportare testualmente le enunciazioni del Consiglio di Stato in
subiecta materia, ha avuto modo di chiarire come «... l'indennità di trasferimento deve essere riconosciuta nel caso di passaggio di grado per effetto di concorso riservato al personale militare ovvero di concorso parzialmente riservato a condizione che il vincitore fruisca della riserva, mentre la predetta indennità non deve essere riconosciuta nel caso in cui il passaggio di grado avvenga per concorso pubblico ovvero senza valersi della riserva».
  In questi ultimi casi, infatti, si verificherebbe una novazione del rapporto di impiego tale da impedire di configurare l'assegnazione del vincitore ad una sede diversa dalla precedente quale trasferimento piuttosto che come prima assegnazione.
  In conclusione, nel caso in cui la procedura concorsuale preveda la partecipazione esclusiva di appartenenti alle Forze armate (oltre ai familiari), essa stessa deve intendersi riservata con la diretta conseguenza di un pieno riconoscimento dell'indennità di trasferimento.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   CORDA, ARESTA, IORIO, DEL MONACO, IOVINO, DI LAURO, TORTO e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il vice brigadiere dei Carabinieri Leone Giuseppe, rinviato a giudizio, insieme ad altri quattro commilitoni, per i reati di peculato, associazione per delinquere e falso in atto pubblico, per aver utilizzato ed essersi appropriato indebitamente di denaro dell'Arma, veniva condannato, in primo grado, per il reato di peculato continuato, assolto dal reato di associazione per delinquere, mentre per il reato di falso in atto pubblico interveniva declaratoria di prescrizione. Impugnata la sentenza di condanna veniva assolto in ultimo grado perché il fatto non sussiste;

   due dei commilitoni patteggiavano la pena per tutti i reati ascritti subendo, sul piano disciplinare, un provvedimento di sospensione dal servizio nella misura massima di mesi 12, mentre, il Brigadiere Leone Emilio, fratello del Leone Giuseppe, con prescrizione per il reato di peculato, è stato reintegrato in servizio;

   nei confronti di Leone veniva avviata inchiesta disciplinare per il reato di falso in atto pubblico, conclusasi con la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari con cessazione dal servizio permanente ed iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado;

   l'inchiesta presenta per gli interroganti anomalie e dubbi di legittimità in quanto Leone veniva ritenuto non meritevole di conservare il grado e destituito dal servizio poiché identificato, impropriamente, come ideatore di un sistema. Ma, tenuto conto della prescrizione del reato di falso e dell'assoluzione con formula piena che destituisce di fondamento l'associazione per delinquere e il peculato, non pare logico parlare di sistema né quantomeno di ideatore;

   a carico di Leone esistono, allo stato, due provvedimenti di perdita del grado: il decreto M_D GMIL REG2016 0667926, notificato nel novembre 2016, e il decreto M_D GMIL REG2016 0670485 ma mai notificato a Leone, entrambi a firma digitale del Generale Paolo Gerometta del 17 novembre 2016 e per i quali non si comprendono, neppure tecnicamente, le ragioni della loro simultanea esistenza;

   contemporaneamente, veniva avviata un'inchiesta sul Maresciallo Graziosi, sottoposto alla medesima sorte processuale del Leone. Nei confronti di entrambi si è agito per il reato di falso in atto pubblico ma emerge un'evidente disparità di trattamento, anche in relazione agli altri commilitoni, in quanto: il maresciallo Graziosi, cassiere del comando, quale soggetto in grado di avere la materiale disponibilità della contabilità, subisce una sospensione dal servizio per 12 mesi; il vice brigadiere Leone, autista appartenente ad altro comando, quale soggetto non in grado di avere la materiale disponibilità della contabilità e non munito di capacità e/o competenze di questo tipo, subisce la destituzione dal servizio. Ciò appare agli interroganti in difformità alla Guida tecnica – norme e procedure disciplinari, che qualifica antigiuridica la possibilità che alti comandanti della stessa Forza Armata giudichino in modo diverso il comportamento di militari corresponsabili della stessa fattispecie delittuosa;

   nel frattempo Leone, dal 2014 è sindaco del Comune di Vallata (Avellino) e, dall'agosto 2019, è presidente della comunità montana Ufita, ricevendo all'unanimità la fiducia di 17 sindaci e rappresentando un territorio vasto di 50.000 abitanti. Pare agli interroganti illogico che un rappresentante delle istituzioni, chiamato a prestare giuramento di fedeltà alle stesse, sia ritenuto «non meritevole» di vestire la divisa sulla base di una decisione che appare antigiuridica, e che risulterebbe agli interroganti assunta in difformità al giudicato penale e alle regole sull'ordinamento militare –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere in proposito;

   se intenda spiegare le ragioni della simultanea esistenza dei due decreti sopra citati e quella che appare agli interroganti come una disparità di trattamento, sotto il profilo disciplinare, operata nei confronti di Leone.
(4-04041)

  Risposta. — La vicenda riportata nell'atto è stata oggetto – tra le altre – di una sentenza della Corte di appello di Roma del 1° ottobre 2015 che, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, in riforma del giudizio di primo grado, disponeva nei riguardi del militare in argomento:

   l'assoluzione dal reato di «concorso in peculato, aggravato», perché il fatto non sussiste;

   la conferma delle restanti statuizioni, ivi compresa la declaratoria di «proscioglimento per prescrizione del reato di concorso in falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, continuata».

  Detta sentenza della Corte di appello di Roma, divenuta irrevocabile il 15 febbraio 2016, veniva acquisita dalla Difesa in data 6 aprile 2016.
  Successivamente, il comandante interregionale carabinieri «Podgora», relativamente alla condotta che, in sede penale, aveva configurato l'imputazione, poi prescritta, di «concorso in falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, continuata»:

   ordinava l'inchiesta formale a carico del Vicebrigadiere Leone Giuseppe e di altro coimputato, poiché gli stessi (unitamente ad altri militari) producevano una contabilità artefatta: in particolare, il Leone, quale concorrente e «ideatore» del sistema e l'altro coimputato, in qualità di autore materiale del reato;

   deferiva lo stesso militare al giudizio della competente commissione di disciplina la quale, previa acquisizione della relazione finale redatta dall'ufficiale inquirente, nella seduta del 12 ottobre 2016 lo riteneva «non meritevole di conservare il grado».

  In tale contesto, la competente direzione generale per il personale militare con il decreto ministeriale citato nell'atto n. M_D GMIL REG2016 0667926 del 17 novembre 2016:

   tenuto contò delle risultanze della predetta commissione di disciplina;

   ritenute ininfluenti le memorie difensive presentate dall'inquisito nel corso del relativo procedimento disciplinare;

   preso atto che, dall'esame del giudicato penale, emergeva il ruolo del Leone quale «ideatore» di un meccanismo finalizzato all'utilizzo dei fondi dell'Amministrazione e del sistema teso all'occultamento di tale attività delittuosa;

   valutati i precedenti disciplinari e di servizio dell'interessato, disponeva nei confronti dello stesso la sanzione della «perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari», ai sensi dell'articolo 861, comma 1, lettera d) e dell'articolo 867, comma 6 del decreto legislativo n. 66 del 2010, nonché la conseguente cessazione dal servizio permanente e l'iscrizione nel ruolo dei Militari di truppa dell'Esercito, senza alcun grado, ai sensi dell'articolo 923, comma 1, lettera i) e dell'articolo 861, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 66 del 2010.

  Il citato decreto ministeriale del 17 novembre 2016 è stato inviato – per gli adempimenti di competenza e per la conseguente partecipazione al militare interessato – al Comando legione carabinieri «Campania», con lettera della direzione generale per il personale militare n. M_D GMIL REG2016 0670485 in data 17 novembre 2016.
  Da quanto sopra esposto risulta evidente che si è trattato di una mera lettera di trasmissione e non già di altro decreto di perdita del grado, come sostenuto nell'atto di sindacato ispettivo in esame.
  Si precisa, per completezza d'informazione, che tale provvedimento disciplinare è stato partecipato al militare in questione in data 27 novembre 2016 dalla compagnia carabinieri di Sant'Angelo dei Lombardi e, in tale sede, l'interessato ha accettato di ricevere copia dello stesso, rifiutandosi, però, di firmare la relata di notifica, come risulta dal verbale annesso.
  Il citato provvedimento di «perdita del grado per rimozione, per motivi disciplinari» è stato oggetto di più impugnative da parte dell'interessato che, di seguito, si riportano:

   ricorso al TAR per il Lazio, avverso il Decreto n. M_D GMIL REG2016 0667926 del 17 novembre 2016, che lo ha rigettato con sentenza n. 4793/2017;

   ricorso in appello avverso la predetta sentenza, che il Consiglio di Stato – Sezione IV ha respinto con sentenza n. 1344/2019;

   ricorso proposto innanzi al TAR per la Campania – Sezione staccata di Salerno, con il quale si impugnava il medesimo provvedimento espulsivo già oggetto di precedente giudicato da parte del Consiglio di Stato e, pertanto, dichiarato inammissibile con sentenza n. 1718/2019 resa dal tribunale adito;

   ricorso al tribunale di Roma per querela di falso, proposto in data 16 ottobre 2019 e attualmente pendente, con cui il militare ha chiesto di accertare l'autenticità del citato decreto espulsivo n. M_D GMIL REG2016 0667926 del 17 novembre 2016, ponendone in luce l'assenza di sottoscrizione.

  A tal fine, appare superfluo evidenziare come il suddetto decreto del 17 novembre 2016, quale provvedimento finale del relativo procedimento disciplinare, risulta firmato digitalmente dal direttore generale per il personale militare pro-tempore, ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, recante «Codice dell'Amministrazione Digitale», come modificato dal decreto legislativo n. 179 del 2016 e, pertanto, è autentico.
  Da quanto sopra esposto, con riferimento alla «simultanea esistenza di due decreti», si ribadisce l'assoluta legittimità dell'azione amministrativa, posto che con il primo di essi del 17 novembre 2016 è stata comminata la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, mentre con il secondo, nella stessa data, è stato trasmesso il relativo decreto.
  Relativamente, invece, alla presunta disparità di trattamento operata tra il sottufficiale in argomento e gli altri militari coinvolti nella vicenda, lo stesso Consiglio di Stato in sede di appello ha chiarito che «dagli atti non risulta quella assoluta equivalenza delle posizioni che – al limite – potrebbe giustificare la censura di disparità in sede disciplinare» e, conseguentemente, la decisione dell'Amministrazione «non esibisce profili di illogicità sindacabili».

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   COVOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   si sono concluse le celebrazioni per il centenario della Grande Guerra ma non sono ancora iniziati i lavori di ristrutturazione dei sacrari militari gestiti, anzi, che avrebbe dovuto gestire la struttura di missione per anniversari di interesse nazionale istituita presso la Presidenza del Consiglio;

   l'interrogante ricorda che con la legge di bilancio 2015, la regione Veneto ha trasferito cospicue risorse proprio a questa struttura per celebrare gli anniversari di interesse nazionale;

   tuttavia, ad oggi non si ha notizia alcuna circa l'inizio dei lavori di ristrutturazione;

   tale incomprensibile ritardo, da un lato, impone una doverosa riflessione sull'importanza dei sacrari militari, quali luoghi di preghiera e di memoria, dall'altro porta a considerare il fatto che è giunto il momento di chiedere la restituzione di quanto stanziato dalla regione Veneto nella legge di bilancio 2015 per la struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di giungere in tempi rapidi alla continuazione e all'ultimazione dei lavori di ristrutturazione dei sacrari militari, ove necessario prevedendo un commissario ad acta.
(4-06801)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, rappresento quanto segue.
  La competente struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Veneto hanno sottoscritto, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, un accordo avente ad oggetto la realizzazione del programma «I luoghi della memoria – regione Veneto» nell'ambito del quale sono ricompresi i sacrari militari di Cima Grappa, di Asiago, del Montello e il tempio ossario di Bassano del Grappa.
  In attuazione del suddetto accordo, la predetta struttura di missione, in qualità di stazione appaltante, ha avviato le attività necessarie all'esecuzione dei lavori di restauro, procedendo all'acquisizione dei dati conoscitivi (inerenti allo stato di conservazione dei monumenti), dimensionali e tecnici (alla progettazione degli interventi di restauro, messa in sicurezza e valorizzazione). Tutti i suddetti elementi non erano altrimenti disponibili se non attraverso l'indizione di specifiche procedure di affidamento prescritte dal codice dei contratti pubblici.
  Ulteriori distinte procedure sono state pubblicate per il servizio di verifica della progettazione, obbligatorio, ai sensi di legge.
  Per le attività di seguito analiticamente descritte, finalizzate agli interventi oggetto dell'Accordo tra la Regione Veneto e la Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale, risulta ad oggi impegnata la sommò complessiva di 1.291.673,60 euro, mentre 375.900,00 euro sono in corso di esecuzione, per un totale generale di 1.667.573,60 euro.
  Nel dettaglio, lo stato di situazione dei singoli interventi è il seguente.

Sacrario di Cima Grappa

  Si è proceduto all'affidamento del servizio di progettazione (preliminare e definitiva) e dell'allestimento multimediale, della direzione dei lavori, del coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e della certificazione antincendio. La conferenza dei servizi ha espresso parere favorevole sul progetto definitivo di restauro di cui al verbale del 15 agosto 2020; è in corso di perfezionamento il verbale di «raggiunta intesa» cui seguirà l'approvazione del progetto definitivo e la successiva gara di appalto (stima dei lavori per un importo pari a circa 6.900.000.00 euro). Si è proceduto infine con l'affidamento del servizio dell'attività di verifica della progettazione a un organismo certificato ai sensi di legge.

Demolizione della ex base NATO, degli edifici annessi e del traliccio metallico

  L'intervento è ricompreso nel primo lotto funzionale del restauro del Sacrario militare di Cima Grappa. Per la demolizione, la Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale collabora con il Ministero della difesa – Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, con cui è in fase di rideterminazione l'accordo che prevede un impegno economico di circa 350.000.00 euro, in esito dell'adeguamento del progetto alle nuove misure di tutela per la recente pandemia da Sars-Cov-2.

Sacrario militare di Asiago

  Si è proceduto all'affidamento del servizio di progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) e dell'allestimento multimediale, della direzione dei lavori, del coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e della certificazione antincendio.
  Risulta inoltre terminata l'attività di rilievo e di campagna diagnostica di restauro, mentre sono in corso due micro cantieri sperimentali per ,l'individuazione delle migliori modalità di intervento di restauro. In considerazione della necessità, espressa dalla competente soprintendenza e confermata dalle indagini effettuate, di dover svolgere la verifica di vulnerabilità sismica del monumento, si è proceduto in tal senso affidando il servizio all'attuale Rtp aggiudicataria gel servizio. Si è proceduto inoltre con l'affidamento del servizio dell'attività di verifica della progettazione a un organismo certificato ai sensi di legge.
  Si è conclusa la procedura su Mepa del servizio di fornitura e posa in opera (montaggio e smontaggio) di ponteggi propedeutici alla verifica di vulnerabilità sismica.

Tempio Ossario di Bassano del Grappa

  Si è proceduto affidamento del servizio di progettazione (preliminare e definitiva) per un importo dei lavori stimato in sede di prima valutazione per complessivi 990.000,00 euro.
  Al fine di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari alle successive fasi progettuali, è stato affidato il servizio di diagnostica di restauro (concluso) e quello relativo alla verifica di vulnerabilità sismica (in corso).

Sacrario Militare del Montello

  Le attività non sono state ancora avviate in ragione dei numerosi interventi previsti dal programma generale per le commemorazioni del centenario della prima guerra mondiale, nonché dei tagli lineari subiti, nel corso dei vari esercizi, dalla competente Struttura di missione. Di ciò è stata già data puntuale comunicazione alla regione Veneto.

  Nel ringraziare per l'attenzione, colgo l'occasione per inviare cordiali saluti.
  Per le attività sopra descritte, finalizzate agli interventi oggetto dell'Accordo tra la regione Veneto e la Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale, risulta ad oggi impegnata la somma complessiva di 1.291.673,60 euro, mentre 375.900,00 euro sono in corso di esecuzione, per un totale generale di 1.667.573,60 euro.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   CUNIAL. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i Ministeri guidati dai ministri interrogati risultano essere soci istituzionali della Associazione Diplomatia, «un'associazione unica nel suo genere che svolge finalità di carattere istituzionale e di rilevanza internazionale», così come si definisce nel suo sito istituzionale;

   la sua mission è quella di favorire incontri diretti e informali al massimo livello per stabilire un dialogo costruttivo su temi di rilevante attualità, incentivando occasioni di sinergie, di accordi produttivi e di proficuo lavoro;

   al suo interno si trovi la presenza di diverse aziende pubbliche e private o a partecipazione pubblica, nonché banche, e tra i soci istituzionali molte ambasciate straniere in Italia;

   la presidenza onoraria dell'associazione è affidata alla contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, soprannominata da Lettera43.it «Regina di Roma» e descritta come una nobildonna molto potente, nota nei salotti economici, politici, internazionali d'oltreoceano e diplomatici italiani;

   sul sito istituzionale dell'associazione non è pubblicato lo statuto;

   sui siti istituzionali dei ministeri interrogati non risultano informazioni a riguardo sulla partecipazione degli stessi a tale associazione;

   non è resa pubblica alcuna informazione a riguardo a questa associazione e vi sono persone che coprono cariche istituzionali e che fanno parte di queste o altre associazioni come ad esempio il consigliere dell'associazione Diplomatia Vito Cozzoli, oggi presidente e amministratore delegato Sport e Salute spa già consigliere parlamentare della professionalità generale della Camera dei deputati già capo di gabinetto del Ministero dello sviluppo economico nel 2016 consigliere di amministrazione del Centro studi Americani;

   Diplomatia risulta essere altresì gemellata con l'associazione Canova Club;

   il presidente del Canova Club è Stefano Balsamo. L'associazione ha come attività principale «Il Cenacolo dei 30» ovvero un gruppo ristretto del Canova Club composto da rappresentanti del mondo imprenditoriale, finanziario, bancario, accademico, istituzionale e culturale, i cui nominativi non sono pubblici. Il gruppo si riunisce una volta al mese per discutere di argomenti di grande impegno e interesse per il Paese, insieme a qualificati attori della vita politica, sociale ed economica italiana. Vuole essere un punto di riferimento per i gestori della «res publica» in tutte le forme, con la varietà e la diversità delle visioni e delle opinioni dei suoi membri;

   a parere dell'interrogante sia le riunioni informali di Diplomatia che le riunioni del Cenacolo dei 30 di Canova Club, rappresentano consessi dove chi ha funzioni pubbliche e politiche, nonché dirigenziali di aziende pubbliche o di gruppi bancari che hanno relazioni dirette nell'acquisto di titoli di Stato nelle aste pubbliche del Ministero dell'economia e delle finanze si incontra e prende decisioni che poi vengono invece portate all'attenzione della politica solo in una fase di ratifica. Ovvero, secondo l'interrogante, la discussione reale viene fatta fuori dai consessi democratici. Le riunioni non sono pubbliche e le discussioni private, ma i soggetti partecipanti hanno anche cariche pubbliche e discutono di questioni politiche di carattere pubblico;

   considerando la recente auto-regolamentazione dei Ministeri e della Camera dei Deputati in merito al registro delle lobby, che ha come obiettivo garantire una trasparenza dei portatori di interesse che frequentano le «stanze del potere», va a maggior ragione segnalato che viceversa queste associazioni puntano a bypassare questo genere di controllo democratico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dello statuto dell'associazione Diplomatia e intendano renderlo pubblico sui loro siti istituzionali;

   se i Ministri interrogati non intendano promuovere le iniziative di competenza per regolamentare internamente al Governo in modo omogeneo casi quali quelli segnalati in premessa, nelle more di una iniziativa normativa di carattere generale che stabilisca il divieto di partecipazione di Ministri o rappresentanti dei ministeri ad associazioni di questo genere.
(4-07497)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non mantiene rapporti istituzionali né abituali né formalizzati con l'associazione Diplomatia. Inoltre nessun evento o progetto dell'associazione è mai stato organizzato o finanziato con le risorse del Ministero.
  Nel 2018 l'associazione Diplomatia ha richiesto il patrocinio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per il premio «Diplomatia per la Cultura», volto a valorizzare l'operato di personalità – italiane e straniere – distintesi nella promozione degli interessi sociali, culturali ed economici dell'Italia nel mondo. In tale occasione, considerato l'alto profilo degli insigniti e le finalità del premio, si era ritenuto di concedere il patrocinio, che non fu tuttavia confermato per la successiva edizione del 2019. Al di fuori di questo singolo episodio, non si sono verificate ulteriori forme di collaborazione con l'associazione.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha contattato l'associazione Diplomatia per chiarimenti circa l'indicazione, sul sito internet della medesima associazione, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – oltre che di altri Ministeri – quale socio d'onore, chiedendo di giustificarne la base giuridica o di correggere l'erronea dicitura. Da successivi controlli è emerso che la correzione è stata apportata.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dallo spodestamento di Mu'ammar Gheddafi la Libia è territorio di «nessuno», con fronde che si combattono per la supremazia nel Governo dei territori;

   l'Italia è presente con una missione, composta di circa 250 uomini, che lavora a protezione dell'ospedale da campo di Misurata e sostiene la guardia costiera libica impegnata a contrastare il traffico di armi ed esseri umani;

   da tempo il Ministro della difesa Lorenzo Guerini aveva parlato dell'esigenza di una «riconfigurazione» delle missioni che potrebbe alla fine portare in Libia un numero maggiore di uomini e mezzi distogliendoli da altri scenari di crisi;

   negli ultimi tempi l'Italia ha ricentrato i rapporti con le due fazioni che si contrappongono in Libia e ha avviato una serie di contatti anche con i Paesi che sostengono il generale Haftar;

   qualche giorno fa, precisamente il 30 luglio 2020, un Hercules C 130 decollato da Pisa era atterrato alle 17.30 a Misurata con una trentina di soldati italiani a bordo: «Ad alcuni militari del Celio e della brigata Julia è stata però negata l'autorizzazione allo sbarco da parte delle autorità libiche, perché mancava sul loro passaporto il visto d'ingresso. Un caso di respingimento senza scrupoli, ridicolo e al tempo stesso umiliante» denuncia il senatore Enrico Aimi;

   mentre alcuni militari sono potuti scendere, altri 17 sono dovuti ritornare in Patria; considerato che in Libia si ha un massimo di 400 uomini, 142 veicoli, 2 mezzi aerei e una nave nel porto di Tripoli in appoggio alla Guardia costiera nel contrasto alle partenze;

   i nostri militari erano giunti per un cambio del contingente a Misurata, che gestisce l'ospedale da campo e altre attività di sicurezza –:

   se il Governo intenda chiarire se la motivazione addotta in merito al respingimento di cui in premessa sia quella ufficiale;

   per quali ragioni il Presidente del Consiglio dei ministri o i Ministri interrogati non abbiano ancora fornito ampi chiarimenti su questo accaduto;

   quali iniziative politiche si intendano assumere affinché tali comportamenti umilianti da parte delle autorità libiche non abbiano più a ripetersi.
(4-06571)

  Risposta. — Sull'episodio verificatosi il 30 luglio 2020 a Misurata, che ha coinvolto personale militare italiano ivi inviato in missione, tengo a premettere che sono già stati forniti chiarimenti il 5 agosto 2020, in sede di discussione dell'interrogazione a risposta immediata n. 5-04503 presso la Commissione esteri della Camera dei deputati.
  Come rappresentato in tale sede, sin dall'attivazione, nel 2016, del Field Hospital nazionale – Operazione IPPOCRATE, al personale nazionale in afflusso a Misurata è sempre stato chiesto esclusivamente il possesso del passaporto di servizio accompagnato da una nota verbale, senza necessità di «visto» da parte dell'Ambasciata libica a Roma.
  Ciò, a differenza di quanto previsto per il personale in ingresso a Tripoli, per il quale il succitato «visto» da parte dell'Ambasciata libica è sempre stato necessario.
  Tale procedura, adottata per anni, è stata, fino al 30 luglio 2020, accettata dall'Ufficio passaporti di Misurata che, all'arrivo del personale, apponeva un proprio «visto» con il quale lo stesso veniva autorizzato a permanere all'interno del
compound ed eventualmente a muoversi esclusivamente a Misurata.
  Il 16 luglio 2020, con una lettera indirizzata all'Addetto Militare italiano a Tripoli, il Vice Ministro della difesa, Alì Namroush, ha comunicato che «[...] il visto non sarà concesso ai cittadini italiani se non con l'approvazione del Ministero della Difesa (libico), attraverso richieste e con un appuntamento anticipato di 14 giorni, tramite l'Ambasciata libica in Italia, senza eccezioni, comprese le richieste di visto di ingresso allo scopo di entrare nell'Ospedale da Campo a Misurata [...]».
  In occasione di un successivo incontro avuto con l'addetto militare, il sopraccitato Vice Ministro ha assicurato che l'obbligo del «visto» sul passaporto per il personale in ingresso a Misurata sarebbe stato richiesto solo a partire dal volo del 15 agosto 2020 e, quindi, non avrebbe interessato il personale di previsto imbarco sul volo del 30 luglio 2020.
  A seguito dell'accaduto, lo stesso 30 luglio, sono state contattate, per il tramite dell'addetto militare, le autorità del Governo di accordo nazionale libico per ottenere – come precedentemente concordato – l'autorizzazione allo sbarco a Misurata del personale nazionale in arrivo dall'Italia, senza tuttavia ottenere il risultato sperato.
  Al riguardo, rappresento che il tema dello
status giuridico della presenza militare italiana in Libia è stato da me affrontato in occasione dell'incontro avuto il 5 agosto 2020 a Tripoli con il Presidente del Consiglio presidenziale e Premier del Governo di accordo nazionale della Libia Fayez al-Sarraj, con il quale si è convenuto sulla necessità di definire celermente l'individuazione di strumenti atti a disciplinare l'inquadramento e la tutela del personale della Difesa.
  Tale argomento sarà oggetto di adeguate valutazioni fin dalle prossime riunioni bilaterali.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   LUCA DE CARLO, GALANTINO, CIABURRO e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2019 è stato pubblicato dallo Stato maggiore della difesa il nuovo regolamento per la disciplina delle uniformi per i militari in congedo e per le associazioni d'arma (SMD-G-010), il quale al capitolo VII prevede che:

    a) ai militari delle categorie in congedo è sempre precluso l'uso dell'uniforme al fine di evitare ogni possibile confusione con i militari in servizio, ad eccezione di particolari casi legati all'espletamento di funzioni/incarichi di interesse della Difesa, espressamente richiamati da specifiche disposizioni;

    b) ai militari in congedo non in temporanea attività di servizio delle Forze di polizia è sempre precluso l'uso dell'uniforme;

    c) i militari delle categorie in congedo in temporanea attività di servizio, ai fini dell'uniforme, sono tenuti all'osservanza di tutte le norme in vigore;

    d) i militari in congedo iscritti alle Associazioni d'Arma formalmente riconosciute dal Ministero della difesa, che partecipano a cerimonie o a eventi ovvero che prendono parte ad attività connesse con gli scopi/finalità dell'Associazione, sono autorizzati ad indossare solo gli elementi uniformologici e gli accessori eventualmente stabiliti da ciascuna Forza armata;

   l'uniforme porta con sé un alto valore simbolico relativo al senso di appartenenza e al patriottismo e una sua preclusione all'uso, come previsto dal capitolo VII del suddetto regolamento, potrebbe risultare particolarmente restrittiva;

   la preclusione, oltre tutto, riguarda anche le attività addestrative che militari in congedo svolgono al fine di mantenere un adeguato profilo professionale;

   a titolo d'esempio, l'Unuci (Unione nazionale degli ufficiali in congedo d'Italia), che conta circa 23.000 iscritti, collabora regolarmente con le autorità militari nell'addestramento del personale in congedo, e conseguentemente svolge diverse attività con le confederazioni similari degli ufficiali della riserva dei Paesi alleati –:

   quale sia la posizione del Governo al riguardo e quali iniziative stia valutando di intraprendere in merito alle problematiche esposte in premessa.
(4-04537)

  Risposta. — L'aggiornamento della pubblicazione SMD-G-010 «Regolamento per la disciplina delle uniformi», resosi necessario a seguito dell'intervenuta introduzione del codice dell'ordinamento militare e del relativo testo unico, ha inteso rivedere la direttiva in questione – come a suo tempo anticipato ai rappresentanti delle Associazioni d'Arma da parte del Ministro della difesa pro tempore – secondo un criterio di ancor maggiore chiarezza nei confronti del personale non più in servizio.
  Ciò, sia al fine di prevenire errate interpretazioni della disciplina di settore, scongiurando abusi difficilmente prevenibili – e perseguibili – da parte dei comandi territoriali, sia allo scopo di evitare possibili disorientamenti nella collettività, a causa del mutare delle fogge delle uniformi nel tempo e del consolidato, quotidiano impiego del personale militare nelle operazioni di concorso alla pubblica sicurezza.
  Tali previsioni sono, peraltro, in linea di continuità con quelle del codice dell'ordinamento militare che, all'articolo 880, comma 6, già richiamava come l'uso dell'uniforme per il personale militare in congedo fosse, comunque, subordinato alle disposizioni delle Forze Armate.
  Nel merito, va inoltre evidenziato che la direttiva in parola prevede l'ipotesi di utilizzo dell'uniforme da parte del personale in congedo nel caso di particolari incarichi o funzioni che, in ragione della loro natura, delle loro modalità e delle loro finalità, possano sottendere un interesse dell'Amministrazione della Difesa, richiamato da specifiche ulteriori disposizioni che sono in via di emanazione.
  Non ultimo, mi preme rappresentare che l'aggiornamento della pubblicazione è stato, altresì, mirato a favorire e ad incentivare l'affiliazione alle Associazioni d'Arma, nel presupposto che solo gli iscritti possano indossare i previsti elementi uniformologici distintivi, individuati di concerto con le rispettive Forze armate di riferimento, consentendo l'uso dell'uniforme, previa richiesta degli iscritti, nei casi in cui sussista uno specifico interesse della Difesa.
  In tale ottica, la nuova versione della direttiva, lungi dall'escludere l'uso delle uniformi nelle ipotesi indicate, tende ad ulteriormente valorizzare il ruolo delle associazioni, che potranno formulare, sulle richieste avanzate, il proprio qualificato parere.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   LUCA DE CARLO, DEIDDA, ROTELLI, CIABURRO, MOLLICONE, GALANTINO e MANTOVANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 aprile 2020 la trasmissione televisiva «Striscia la notizia» di Canale 5 mandava in onda un servizio girato dall'inviato Vittorio Brumotti in cui è evidente che in alcune strade di Padova, nonostante i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati per il contenimento del contagio da coronavirus, vi sono numerosi spacciatori atti a svolgere l'attività illecita senza alcun disturbo. Quanto emerso dal servizio è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che da anni si consuma in alcune zone della città, presidio costante di spacciatori di sostanze stupefacenti. Piazzale della stazione, via Tiziano Aspetti davanti al locale «Bingo», via Annibale Da Bassano, angolo via Dalmazia, gli argini del Piovego, piazza de Gasperi, i Giardini dell'Arena, il Portello, piazza Cavour e il duomo rappresentano dei centri nevralgici per il commercio di sostanze stupefacenti destinate all'intero territorio veneto. La situazione è già nota alle forze dell'ordine e all'amministrazione comunale, grazie al contributo delle tante denunce e segnalazioni di violenze subite da parte dei cittadini;

   in data 13 gennaio 2020 il consiglio comunale di Padova approvava con voti favorevoli n. 18, astenuti n. 4, non votanti n. 2 su 24 presenti, una mozione di Fratelli d'Italia in cui il comune si impegna a: «ad attivare il percorso istituzionale idoneo affinché venga organizzato un Convegno nazionale con i maggiori esperti forensi e di fenomeni mafiosi per dibattere sulle mafie presenti nel nostro territorio al fine di implementare anche nella nostra città maggiori forze di Intelligence, una giornata che sia al contempo occasione di riflessione e studio sull'aumento della criminalità organizzata, nonché ad individuare un momento di ricordo collettivo per tutte le vittime innocenti delle mafie»;

   il numero elevato di spacciatori in città denota un copioso quantitativo di sostanze stupefacenti che circola nel territorio per un mercato attivo rivolto prevalentemente a una popolazione giovane, come indicato dai dati dell'Istat secondo i quali i maggiori consumatori di sostanze stupefacenti in Italia sono i ragazzi tra i 15 e 35 anni;

   Padova è una città universitaria con una cospicua presenza di giovani; al fine di tutelare la salute pubblica oltre che l'ordine pubblico, notevole è stata l'azione di contrasto alla droga che si è sviluppata in molte operazioni di servizio da parte delle forze dell'ordine. La più recente è stata nel febbraio 2020 con un importante sequestro di sostanze stupefacenti e di denaro contante;

   le grandi quantità di droga che giungono in città sono in mano a una piazza di spaccio a prevalenza extracomunitaria, nella maggior parte dei casi di nazionalità nigeriana e vi è riscontro del fatto che per ogni spacciatore arrestato ne entra in campo immediatamente un altro della medesima nazionalità; si potrebbe pensare che il sistema sia ben strutturato su due piani organizzativi: uno legato alla commercializzazione del prodotto e l'altro legato all'approvvigionamento delle merce e al riciclo del denaro contante frutto dell'attività di cui non si conosce la destinazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di ciò che avviene nella città di Padova, che è specchio di tante altre città italiane, ossia dell'attività di traffico delle sostanze stupefacenti, dell'organizzazione territoriale degli spacciatori e del rapporto tra mafie nazionali e la mafia nigeriana;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di un'attività illecita dovuta al riciclaggio di ingenti somme di denaro derivanti dal traffico delle sostanze stupefacenti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per ripristinare la legalità nei vari punti della città controllati dagli spacciatori.
(4-05162)

  Risposta. — L'interrogante, con l'atto di sindacato ispettivo in esame, richiama l'attenzione sulla situazione della criminalità nella città di Padova, con particolare riferimento al fenomeno del traffico delle sostanze stupefacenti e alla correlata attività di riciclaggio del denaro proveniente dalle attività illecite, chiedendo quali iniziative siano state assunte al fine di contrastare tali criticità.
  In primo luogo, si evidenzia come, su tali fenomeni, sia stato assicurato e rafforzato l'impegno delle Forze di polizia, il che ha permesso di conseguire concreti risultati, nell'ambito di diverse operazioni che nell'ultimo biennio hanno condotto all'emissione di numerosi provvedimenti di custodia cautelare a carico dei responsabili di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché al sequestro di ingenti quantitativi di droga.
  In tale contesto, nell'ambito del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, è stata disposta, già dal mese di aprile 2020, l'intensificazione, con cadenza quotidiana e fino a cessata esigenza, di servizi straordinari e coordinati da parte delle Forze di polizia a competenza generale e della Polizia locale.
  Sulla base delle risultanze dell'attività investigativa, sono state dapprima individuate le due macroaree più sensibili, ubicate nei pressi della stazione ferroviaria e della galleria San Carlo (quartiere Arcella). È stato poi quotidianamente pianificato il consistente impiego di risorse territoriali della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Polizia locale. A tali risorse si sono aggiunte quelle specificamente destinate dal Dipartimento della pubblica sicurezza, che ha assegnato contingenti di forza organica della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.
  Sempre al fine di rafforzare l'attività di prevenzione e controllo del territorio, sono state impiegate pattuglie specializzate, con l'ausilio di unità cinofile antidroga della Polizia di Stato e della Guardia di finanza.
  A conferma dell'attenzione delle forze dell'ordine, che resta elevata e costante, si informa che, nella provincia di Padova, solo dallo scorso mese di aprile, sono stati eseguiti dalla Polizia di Stato 35 arresti, riferibili al contrasto del cosiddetto spaccio di piazza, nei confronti di soggetti stranieri, prevalentemente di origine magrebina e sub sahariana, presenti anche nei quartieri citati nell'interrogazione, nonché 2 arresti in flagranza di reato ed un fermo di indiziato per reati contro il patrimonio.
  In relazione all'attività svolta dall'Arma dei carabinieri, si evidenzia che, da inizio anno a fine ottobre, sono state deferite all'autorità giudiziaria 151 persone, di cui 24 in stato di arresto, sempre per reati riconducibili allo spaccio e al traffico di stupefacenti, tra cui cittadini stranieri, per lo più irregolari o in attesa dell'esito della richiesta di asilo.
  L'impegno profuso dalle forze dell'ordine, si soggiunge, è stato recepito e positivamente considerato, al punto che i servizi svolti hanno ricevuto l'apprezzamento delle istituzioni territoriali, dei comitati di quartiere e dei residenti che in molteplici occasioni, in special modo attraverso i
social network, hanno voluto manifestare il proprio apprezzamento per l'opera svolta dalle forze di polizia nazionali e dalla polizia Locale di Padova.
  Si assicura, pertanto e in conclusione, che il Ministero dell'interno continuerà a dedicare il massimo impegno anche su questo territorio.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 agosto 2019 la prefettura di Trieste con un avviso pubblicato sul sito ha comunicato le offerte pervenute per l'affidamento dei servizi di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale presso la struttura demaniale sita nel comune di Monrupino, località Fernetti n. 16. Le offerte pervenute sono state 4: Versoprobo di Vercelli (mandataria) e Luna S.C.S. di Vasto (mandante), Ors Italia Srl di Roma, la cooperativa sociale Stella di Roasio in provincia di Vercelli e Caritas e Ics;

   Ors Italia srl, affiliata del gruppo elvetico Ors, è stata registrata a Roma il 25 luglio 2018. È inoltre presente anche in Germania e in Austria con Ors Service AG, anch'essa partecipata per intero dalla Ors Holding di Zurigo;

   secondo diversi articoli di stampa vi sono state molte inchieste giornalistiche che hanno denunciato gestioni inefficienti dei servizi erogati nell'accoglienza dei migranti. Nel 2015 infatti, Ors è stata travolta dalle polemiche per la pessima gestione del centro di Traiskirchen, il quale, progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. Il rischio di un interesse volto solamente a massimizzare i profitti, piuttosto che a un'integrazione effettiva dei migranti, non dovrebbe dunque essere sottovalutato;

   in Svizzera, inoltre, vi è stata la chiusura, a seguito della diminuzione dei migranti, di 19 centri. In Italia invece, a dicembre l'Ors si è aggiudicata la gestione del nuovo Cpr in Sardegna, il Macomer, con un ribasso nell'offerta del 3 per cento rispetto agli altri operatori. La vittoria nella gara per la gestione di Casa Malala si è avuta con un ribasso nell'offerta del 14 per cento. La procedura sembrerebbe sia stata bloccata dalla prefettura di Trieste per la sua anomalia;

   il numero dei richiedenti asilo in Friuli Venezia Giulia, nel corso del 2019, è aumentato e conseguentemente anche Casa Malala ha registrato un incremento notevole degli arrivi. Essendo una struttura destinata a una funzione di prima ospitalità dei migranti che poi devono essere inseriti nel sistema della «accoglienza diffusa» vi è una rotazione elevata. Per tali ragioni è necessario tenere in considerazione l'importanza dell'organizzazione dei trasferimenti, così da evitare problemi di ordine pubblico. Per fare ciò è sicuramente indispensabile erogare servizi di qualità. Fino ad oggi l'ex caserma Fernetti, gestita da Ics e Caritas, è riuscita a gestire grandi numeri garantendo la qualità dei servizi erogati –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, del blocco della procedura di affidamento da parte della prefettura e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire che vi sia una corretta gestione ed erogazione dei servizi nelle strutture di prima accoglienza, verificando, altresì, che le offerte vantaggiose degli operatori partecipanti ai bandi di gara siano effettivamente in grado di assicurare un corretto funzionamento delle strutture.
(4-04742)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il centro di accoglienza collettivo denominato «Casa Malala», è collocato in una struttura demaniale con una capienza di 95 posti, sita nel comune di Monrupino in provincia di Trieste, la cui gestione era affidata un Raggruppamento temporaneo di imprese (R.t.i.).
  Scaduta la convenzione per la gestione, la prefettura di Trieste, ha avviato una gara, nel corso del 2019, con procedura aperta sopra soglia, alla quale hanno partecipato quattro operatori economici, presentando altrettante offerte.
  Il controllo della documentazione amministrativa si è concluso il 2 dicembre 2019 con l'ammissione di tutti e quattro i partecipanti.
  Il successivo 4 dicembre è stata nominata la commissione per l'aggiudicazione, incaricata di esaminare l'offerta tecnica ed economica. I lavori della commissione, iniziati il 18 dicembre 2019, si sono conclusi il 22 gennaio 2020 con l'apertura delle offerte economiche in seduta pubblica telematica.
  La società ORS Italia è risultata prima in graduatoria con un'offerta anomala ai sensi dell'articolo 97, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016; il ribasso d'asta offerto è stato pari al 14 per cento.
  Il predetto articolo prevede, al comma 1, che «Gli operatori economici forniscono, su richiesta della stazione appaltante, spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell'offerta»; mentre il comma 3 stabilisce che quando «Il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa fa congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara».
  La prefettura di Trieste ha riferito che sulla base della predetta normativa il 24 gennaio 2020 è stata inviata a ORS Italia la richiesta di giustificazione, da presentare entro il successivo 11 febbraio, al fine di valutare la congruità dell'offerta.
  Successivamente la concorrente, nel termine assegnato, ha presentato le proprie giustificazioni.
  Il competente ufficio della prefettura di Trieste ha provveduto alle verifiche relative al ribasso proposto ritenendo l'offerta congrua; dunque la gara è stata aggiudicata alla predetta società sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Si informa, infine, che in merito alla predetta gara pende ricorso innanzi al tribunale amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia proposto dal candidato terzo in graduatoria.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   DEIDDA, VARCHI, GALANTINO, DONZELLI e PRISCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il sacrario militare italiano di Saragozza, edificato tra il 1942 e il 1945 dal Governo italiano, è il secondo per importanza all'estero dopo quello di El Alamein;

   vi riposano più di 2700 caduti del Regio Esercito, della M.V.S.N. e dell'Aviazione legionaria nella guerra di Spagna. Sono 80, fra essi, le medaglie d'oro alla memoria;

   sul portale del mausoleo è stata apposta nell'immediato dopoguerra una grande epigrafe in cui è scritto «l'Italia a tutti i suoi caduti in Spagna»;

   il Sacrario è dedicato, infatti, indistintamente rispetto agli altri, anche ai 22 caduti del battaglione Garibaldi nella battaglia di Guadalayara ed alcune lapidi al suo interno riportano i nomi dei 526 antifascisti italiani (per lo più delle brigate internazionali) morti in Spagna;

   ogni 2 novembre si è celebrata una messa commemorativa a cui ha sempre partecipato una delegazione militare;

   tuttavia, da qualche anno, spicca l'assenza di qualsiasi rappresentanza istituzionale italiana;

   inoltre, il Sacrario necessita di urgenti e improcrastinabili lavori di manutenzione, ricordando che è territorio italiano ed è inoltre, con la Chiesa dedicata a Sant'Antonio da Padova, una meta attrattiva per l'importanza storica, culturale e architettonica testimoniata da recenti importanti convegni;

   si ritiene doveroso rendere omaggio allo spirito di sacrificio e di cosciente dedizione al dovere di chi è caduto, indipendentemente dagli schieramenti e in un'ottica di pacificazione nazionale –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano adottare al fine di ripristinare il doveroso lustro del Sacrario in questione sia con le opere di manutenzione necessarie sia con la partecipazione della delegazione istituzionale italiana ogni 2 novembre.
(4-04001)

  Risposta. — La Difesa, per il tramite del Commissariato generale per le onoranze ai caduti, ha sempre rivolto notevole attenzione sia ai sacrari e al loro decoro che all'attuazione delle opportune forme di commemorazione di tutti i caduti.
  Il Commissariato generale, sensibile alla problematica della conservazione dell'intero patrimonio storico e culturale che essi custodiscono, segue costantemente la situazione infrastrutturale di tutti i sacrari, cimiteri e sepolcreti di guerra, in Italia e all'estero.
  Per quanto riguarda il Sacrario militare di Saragozza – edificato per iniziativa e con finanziamenti del Governo italiano in un'area fornita dalle autorità spagnole per conferire degna e perenne sepoltura agli italiani caduti durante la guerra civile spagnola – è sempre stato intendimento del Commissariato generale adottare ogni iniziativa utile a tutelare la memoria dei 2.889 italiani ivi sepolti.
  A conferma di ciò, il Commissariato generale ha finanziato con continuità tutte le richieste di fondi – sia per la custodia e la manutenzione ordinaria sia per quella straordinaria – pervenute dal competente consolato generale di Barcellona. In particolare, ha finanziato importanti lavori di sistemazione dei loculi che ospitano i resti mortali dei caduti, per un importo complessivo di 145.000 euro nel 2003 e di impermeabilizzazione della copertura della Torre-Ossario, per un importo pari a circa 45.000 euro nel 2015.
  Sebbene il Sepolcreto, sottoposto alla tutela della Soprintendenza spagnola, appaia, a parere del personale del consolato, in condizioni buone, il console generale e un tecnico di fiducia hanno, tuttavia, presentato il 14 novembre 2019 una relazione con la richiesta di alcuni interventi minimali riferibili all'adeguamento alle norme antinfortunistiche locali e al rifacimento degli spazi espositivi (esposti all'umidità) che non pregiudicano, di certo, il decoro del sepolcreto e non ne limitano la fruibilità.
  Il Commissariato generale, che continua a svolgere le attività necessarie alla puntuale manutenzione del Sacrario, sulla base della imprescindibile collaborazione col competente Consolato generale di Barcellona, ha pianificato e effettuato un sopralluogo nel mese di gennaio 2020, al quale hanno partecipato personale tecnico del Commissariato, un rappresentante del Consolato generale, l'Addetto per la difesa dell'Ambasciata d'Italia a Madrid, il Vice Console onorario di Saragozza e due architetti locali.
  Dal suddetto sopralluogo, nel corso del quale è stato visitato l'intero complesso (torre e chiesa), è scaturito un elenco di lavori con priorità 1, in cui sono stati evidenziati gli interventi da effettuare al fine di consentire la riapertura del sacrario al pubblico, e lavori con priorità 2, in cui sono stati inseriti gli interventi che consentono ai visitatori di poter fruire di servizi accessori, quali museo e illuminazione esterna, oltre alla rimozione degli alberi pericolanti.
  L'avvio dell'
iter tecnico amministrativo presso le superiori autorità spagnole per l'assegnazione di specifici fondi per il finanziamento dei lavori di restauro/messa in sicurezza del Sacrario ha subito un rallentamento a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Allo stato, si è in attesa di ricevere dal Consolato il relativo progetto che è stato affidato a professionisti locali.
  In relazione, invece, alla «partecipazione della delegazione istituzionale italiana ogni 2 novembre», il competente Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha riferito che, in luogo di cerimonie commemorative aperte per la doverosa onoranza ai nostri caduti, vengono svolte periodiche visite organizzate, ad accesso controllato, sia da parte del personale del Consolato e dell'Addettanza militare che su richiesta di connazionali, residenti in Spagna o di passaggio.
  Il doveroso omaggio a tutti i caduti italiani viene reso, altresì, anche nell'ambito della tradizionale cerimonia organizzata in Ambasciata, in occasione della Festa delle Forze armate.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sabato 12 settembre 2020, verso ore 9 e 30, il senatore Matteo Salvini si è recato a fare campagna elettorale ad Ariano Irpino (Avellino) dove si vota per il comune e la regione;

   il senatore Salvini si è recato prima al carcere per fare propaganda elettorale con le guardie carcerarie, poi ha raggiunto piazza Plebiscito dove ha tenuto un comizio a pochi Arianesi e, a parere dell'interrogante, ai molti militanti reclutati nella provincia;

   già da venerdì 11 settembre è stato disposto l'impiego di un nutrito contingente di forze dell'ordine, compreso un elicottero che ha controllato Ariano Irpino dall'alto;

   già prima del comizio erano presenti in piazza circa 20 automezzi tra blindati, autovetture e persino un'unità cinofila e il vice-questore di Ariano Irpino, dottoressa Felicia Salerno;

   in piazza Duomo a decine di giovani arianesi è stato impedito di recarsi in piazza Plebiscito, al comizio di Salvini; a quanto consta all'interrogante diversi cittadini sarebbero stati identificati dalle forze dell'ordine e ad altri sarebbe stato impedito di entrare nella piazza dove si teneva il comizio, perché considerati non favorevoli alla Lega –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali ulteriori elementi di conoscenza intenda fornire, in particolare, in merito alla visita presso il carcere da parte del senatore Salvini, anche con riferimento alla normativa anti-Covid.
(4-06944)

  Risposta. — In relazione a quanto segnalato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, rappresenta quanto segue.
  In data 12 settembre 2020 ha avuto luogo ad Ariano Irpino (Avellino), una manifestazione elettorale, oggetto di regolare preavviso da parte degli organizzatori alle competenti autorità, a sostegno del candidato sindaco, con l'intervento del senatore Salvini, di altri parlamentari e di alcuni candidati alle elezioni regionali del partito della Lega.
  In relazione a tale evento, dal monitoraggio della rete
web e dei social network effettuato alcuni giorni prima, emergeva che diversi gruppi politici, tra cui esponenti di Rifondazione Comunista legati ad ambienti antagonisti e dei centri sociali di Napoli e Benevento, nonché militanti del movimento delle «sardine», avevano intenzione di porre in essere iniziative di accesa contestazione nei confronti del citato esponente politico e a questo scopo, già il 10 settembre 2020, esponenti del movimento «Arianononsilega», avevano presentato un preavviso di «contromanifestazione», con la partecipazione di circa 50 persone per la mattina del 12 settembre nella medesima piazza Plebiscito, preavviso tuttavia dagli stessi revocato il giorno successivo.
  Per la manifestazione in questione il commissariato di P.S. di Ariano Irpino ha pertanto predisposto adeguati servizi di ordine e sicurezza pubblica, con l'impiego di unità della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.
  Già dalle prime ore della mattina del 12 settembre un centinaio di persone, tra cui appartenenti ai movimenti «Arianononsilega» e «Sardine irpine», hanno tentato di raggiungere il luogo della manifestazione, senza riuscire a superare gli sbarramenti predisposti per l'occasione. I predetti sono stati fatti confluire in un'area loro destinata in piazza Duomo, dove si svolgeva, a ragionevole distanza, una contromanifestazione.
  Il senatore Matteo Salvini, giunto ad Ariano Irpino intorno alle ore 10.00, si è fermato presso la locale casa circondariale, ove è stato ricevuto dalla direttrice e da una delegazione della Polizia penitenziaria, nel pieno rispetto delle normative per il contrasto della diffusione del Covid-19.
  Successivamente si è recato in piazza Plebiscito, dove, alla presenza di circa 300-400 persone, ha tenuto il comizio elettorale, che si è svolto fino alle ore 12.00 circa, senza turbative per l'ordine pubblico, per prevenire le quali era stato, altresì, prudenzialmente predisposto un servizio di vigilanza fissa nella piazza dell'evento.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha ricevuto una richiesta d'aiuto da parte di un gruppo di italiani bloccati in Venezuela o per l'emergenza coronavirus a Porlamar e vi sono tutte le ragioni per credere che vi siano altri nostri connazionali nelle stesse condizioni nel resto della nazione;

   il gruppo dichiara di aver regolarmente compilato il form online sul sito dell'ambasciata d'Italia a Caracas, al fine di poter accedere ad un volo di ritorno iscrivendosi alla lista d'attesa per un volo commerciale;

   gli italiani lamentano che da tempo non ricevono aggiornamenti o notizie sulle date programmate di un volo di rientro. Alcuni di loro, anziani, sono nel Paese sudamericano da tempo e hanno necessità di tornare in Italia per poter riprendere alcune terapie farmacologiche interrotte, perché hanno terminato le scorte di medicinali;

   è stato riferito anche che ad un nostro connazionale il consolato di Caracas avrebbe negato la possibilità di lasciare il Paese poiché residente in Venezuela;

   la situazione in Venezuela non è facile ed è aggravata per la scarsezza di benzina e derrate alimentari. Secondo l'ufficio dell'Alto Commissario sarebbero oltre 2,3 milioni di persone in condizione di forte insicurezza alimentare;

   inoltre, il Venezuela è da tempo teatro di violenze politiche e della criminalità. Secondo alcune cifre fornite dalle Ong, dall'inizio di quest'anno 1500 persone sono state uccise da ladri, da bande criminali. In media più di 100mila persone ogni anno muoiono per crimini violenti;

   l'ultimo volo dal Venezuela rinvenuto dall'interrogante risale a maggio 2020 e in questi due mesi la situazione sociale è decisamente peggiorata;

   non si riesce a capire il motivo per cui il Governo si ostini a non utilizzare i fondi del Meccanismo europeo di rimpatrio, che prevede la possibilità di abbattere i costi dei biglietti aerei fino al 75 per cento, invece di lasciare i cittadini italiani economicamente provati in balia dei rincari di mercato sui prezzi generalmente praticati per i voli di linea –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per far rientrare quanto prima gli italiani bloccati in Venezuela e quante persone siano attualmente in lista d'attesa per il volo commerciale;

   se il Governo intenda organizzare un volo non commerciale per raccogliere i gruppi esigui sparsi nei Paesi del Centro e Sud America e porre fine a questo calvario.
(4-06361)

  Risposta. — Rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06361 sugli italiani bloccati in Venezuela, quanti siano attualmente in lista di attesa per il volo commerciale e sulla possibilità di organizzare un volo non commerciale.
  Come ben noto il Venezuela attraversa da lungo tempo (ben prima della pandemia causata dal COVID-19) una profonda crisi istituzionale ed umanitaria, che si caratterizza per la mancanza, o la scarsa fornitura, di servizi fondamentali quali luce, gas, acqua, telefono e Internet, carburante, generi di prima necessità e medicine, nonché per una situazione di gravissima insicurezza in tutto il Paese (rapine, sequestri, ecc). Per queste ragioni, sul portale istituzionale ViaggiareSicuri, sin dal 2016, si raccomanda a tutti i connazionali di posticipare tutti i viaggi non necessari. Le persone che, nonostante questa indicazione, si recano in Venezuela, lo fanno generalmente perché hanno un legame con il Paese che conoscono abbastanza bene (ad esempio visita a familiari, parenti ed amici, gestione di proprietà immobiliari, turismo di lunga data).
  Dall'inizio dell'emergenza sanitaria causata da COVID-19, l'unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Caracas hanno utilizzato tutti i canali a disposizione (ViaggiareSicuri,
social media, sito internet dell'ambasciata, rete consolare, COMITES e CGIE) per informare ed invitare i connazionali temporaneamente presenti nel Paese a lasciarlo in tempi rapidi, con i voli commerciali ancora disponibili. Su ViaggiareSicuri, già dal 14 marzo si raccomandava ai connazionali di verificare tempestivamente con la propria compagnia aerea la sussistenza dei voli di rientro già prenotati e qualora questi non fossero disponibili di partire immediatamente avvalendosi di rotte alternative.
  Come ricordato in più occasioni, i fondi del Meccanismo europeo di protezione civile richiedono tempi lunghi di attivazione e prevedono che una quota del viaggio sia comunque a carico dei passeggeri. Il rimborso previsto da parte del Meccanismo è inoltre solo una percentuale della spesa complessiva ed è determinato in base a vari fattori, incluso il numero di passeggeri UE a bordo, oltre a quelli dello Stato che organizza il volo. Questo modello non si è rivelato particolarmente funzionale o efficace per le necessità della nostra collettività all'estero e sarebbe stato di attuazione ancora più difficile in Venezuela, dove le autorità hanno più volte ritirato all'ultimo minuto autorizzazioni di volo già concesse.
  Dall'inizio della pandemia, quindi, in stretto coordinamento con la Farnesina e le altre rappresentanze dell'Unione europea, l'ambasciata d'Italia a Caracas ha curato l'organizzazione di 20 voli commerciali speciali per l'Europa (di cui due diretti per l'Italia) e di 8 voli interni in coincidenza, che hanno consentito ad oltre 1.100 di connazionali di lasciare il Paese in tutte sicurezza. Si è trattato di operazioni complesse, autorizzate eccezionalmente dalle autorità locali, dato il regime di quarantena che prevedeva la chiusura dello spazio aereo nazionale, e che si sono dovute realizzare in un contesto estremamente difficile, vista l'emergenza sanitaria che ha colpito il Venezuela.
  Dal Venezuela, sono state coordinate anche 36 operazioni di rimpatrio (con voli e navi) dai Paesi di secondario accreditamento (Barbados, Dominica, Grenada, Guyana, St. Lucia, St. Vincent e le Grenadine, Trinidad e Tobago) al fine di consentire la partenza di altri 150 connazionali che, a seguito dello scoppio della pandemia, erano rimasti «bloccati» presso tali località.
  Appare opportuno sottolineare come l'Italia sia stata il primo Paese ad organizzare autonomamente, il 20 maggio 2020, un volo speciale per il rientro dei connazionali dal Venezuela. Nonostante la costante e capillare attività di sensibilizzazione, molti connazionali hanno tuttavia deciso di non cogliere questa opportunità, probabilmente puntando su una rapida ripresa dei voli commerciali. Il volo commerciale speciale Caracas-Roma operato Conviasa è infatti partito solo con 190 passeggeri sugli oltre 270 posti disponibili.
  L'ambasciata italiana in Venezuela è stata inoltre Punica europea ad organizzate ben 8 voli interni (da Maracaibo e dall'Isola di Margarita) per agevolare l'arrivo a Caracas, in coincidenza con i voli commerciali speciali, del maggior numero di connazionali che si trovavano bloccati nelle località più remote del Paese, Per ciascuno di loro i funzionari dell'ambasciata hanno richiesto ed ottenuto dalle Autorità venezuelane, con provvedimenti ad hoc, dei lasciapassare nominativi, che hanno permesso gli spostamenti interni nonostante il regime di rigida quarantena che era in vigore nel Paese.
  Va peraltro notato che moltissimi italo-venezuelani che si sono rivolti all'ambasciata non dovevano lasciare il Venezuela per raggiungere l'Italia bensì altre destinazioni, fra le quali la Spagna, il Regno Unito, il Portogallo e gli Stati Uniti. I connazionali effettivamente residenti in Italia erano quindi una minoranza rispetto a tutti coloro che hanno contattato l'ambasciata chiedendo assistenza.
  Per inciso, e a titolo di esempio dell'assistenza fornita da altri Paesi, segnalo che l'ambasciata di Spagna, la più attiva in questi mesi in materia di rimpatri, vista anche la presenza di diverse linee aeree spagnole che per ragioni commerciali desideravano continuare ad operare durante la pandemia, si è dedicata principalmente al rimpatrio dei propri cittadini residenti in Spagna. Le altre richieste (ad esempio quelle di doppi cittadini, spagnoli e venezuelani, residenti a Miami, non sono state prese in considerazione, se non marginalmente). Stati Uniti e Regno Unito hanno invece semplicemente deciso di non effettuare operazioni di rimpatrio, tenuto conto dell'indicazione, pubblicata da vari anni sui rispettivi portali istituzionali analoghi a ViaggiareSicuri, con la quale si sconsigliava ai propri connazionali di recarsi in Venezuela.
  Ad oggi, grazie al coordinamento assicurato dalla Farnesina, sono rientrati dal Venezuela oltre 1.198 connazionali in 55 operazioni svoltesi in piena sicurezza. L'ultima, il 15 ottobre 2020, con un altro volo diretto Caracas-Roma organizzato dall'ambasciata d'Italia, che ha permesso il rimpatrio di ulteriori 275 tra connazionali e cittadini venezuelani legalmente residenti in Italia.
  L'11 novembre l'istituto nazionale di aeronautica civile venezuelano ha annunciato il prolungamento della chiusura dello spazio aereo nazionale fino al prossimo 11 febbraio. Contestualmente è stata tuttavia annunciata la ripresa dei voli commerciali verso i cosiddetti «Paesi fratelli», che hanno ricevuto delle autorizzazioni speciali da parte delle autorità venezuelane: Turchia (vettori Turkish Airlines e Conviasa), Messico (Conviasa) e Bolivia (Conviasa). Attualmente è quindi possibile lasciare il Venezuela e rientrare in Europa per mezzo di diversi voli commerciali. Anche le numerose limitazioni introdotte delle autorità locali (come ad esempio l'impossibilità per i cittadini residenti di lasciare il Paese) sono venute gradualmente meno.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 12 ottobre 2020, una ventina di immigrati hanno tentato la fuga dal centro accoglienza Villa Angela di Terzigno, in provincia di Napoli;

   hanno violato la quarantena e sono scappati verso i comuni di Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata;

   fortunatamente, i fuggitivi sono stati rintracciati dalle forze dell'ordine in poco tempo e sono tornati agli alloggi. La situazione ha richiesto l'intervento delle forze di polizia del reparto antisommossa;

   gli immigrati sono in isolamento dalla fine di settembre 2020, a seguito dell'emersione di alcuni casi di coronavirus, seppure lo screening completo degli ospiti della struttura non sia stato ancora ultimato;

   la situazione rischia di diventare esplosiva in quanto le autorità competenti non hanno assunto alcun intervento risolutivo della questione. Il personale di vigilanza alla struttura per l'interrogante non è stato adeguato al livello di isolamento richiesto, né alla quantità di persone in quarantena;

   l'episodio non è isolato, in quanto si registra una situazione simile anche nel centro di Arzano;

   il presidente della regione Campania è noto per le sue dichiarazioni colorite sulla necessità di un approccio severo alla limitazione della libertà di circolazione dei cittadini campani ma, a giudicare dalle situazioni elencate in precedenza, le stesse regole non valgono per tutti. Quantomeno, non valgono per quegli immigrati contagiati che, evidentemente stufi dell'isolamento, trovano più appagante il bivaccare per Terzigno, Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per rafforzare la vigilanza sugli immigrati in quarantena al centro accoglienza Villa Angela di Terzigno, al fine di scongiurare un nuovo tentativo di fuga e salvaguardare l'incolumità dei cittadini di Terzigno e dei comuni confinanti.
(4-07144)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Va preliminarmente rilevato che tutte le strutture del Ministero dell'interno, fin dall'inizio dell'epidemia, hanno puntualmente e regolarmente applicato le procedure per lo
screening sanitario ai migranti in arrivo sulle nostre coste.
  Con varie circolari, il Ministero dell'interno ha sollecitato agli enti gestori delle strutture di accoglienza, di primo e di secondo livello, e dei centri di trattenimento il rispetto delle disposizioni per il contenimento dell'epidemia. È stato chiesto di garantire adeguata informazione ai migranti sui comportamenti da seguire, sia attraverso i mediatori culturali che con apposite informative scritte.
  Nell'interrogazione si fa riferimento, in particolare, al centro di accoglienza straordinaria (CAS) Villa Angela, ubicato nel comune di Terzigno (Napoli), che ospita cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale.
  Il 27 settembre scorso, il legale rappresentante della società Hotel Il Rosone s.r.l., che gestisce indentro, ha comunicato alla prefettura di Napoli la positività al virus Covid-19 di un ospite, posto immediatamente in isolamento all'interno della struttura. Nella medesima giornata, la competente ASL ha eseguito uno
screening degli altri ospiti presenti nel centro, dal quale sono risultati altri 4 casi positivi, anch'essi posti in isolamento con le stesse modalità.
  Da tale momento si sono susseguite proteste e danneggiamenti da parte di migranti che rifiutavano di sottoporsi alle misure sanitarie attivate a titolo precauzionale nei riguardi di tutti gli ospiti del centro. Inoltre, nella giornata del 12 ottobre, un gruppo di migranti è uscito dalla struttura, facendovi rientro solo grazie all'intervento delle forze dell'ordine.
  In relazione ai suddetti comportamenti, il successivo 15 ottobre, il responsabile del centro ha presentato denuncia/querela ai carabinieri di Terzigno per danneggiamento aggravato e minacce. Inoltre, la locale Prefettura ha adottato 9 provvedimenti di revoca delle misure di accoglienza e 16 diffide a non porre più in essere comportamenti in violazione del regolamento del dentro e della normativa in tema di emergenza epidemiologica da Covid-19.
  In merito ai citati episodi, la prefettura di Napoli ha assicurato una costante azione di supporto e coordinamento, mantenendo un contatto continuo con il responsabile della struttura e con i referenti dell'ASL. Sono stati garantiti, altresì, i servizi di vigilanza fissa presso la struttura da parte delle Forze dell'ordine, oltre che una costante attività di mediazione con gli ospiti del centro, svolta da personale specializzato dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
  Attualmente la situazione del centro di Terzigno risulta normalizzata e si è registrato un solo altro caso di positività al Coronavirus, posto in isolamento all'interno della struttura.
  Si precisa, infine, che sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria tutti i centri di accoglienza straordinaria presenti nell'area metropolitana di Napoli sono stati oggetto di costante monitoraggio da parte della locale Prefettura, con particolare riferimento all'applicazione delle misure per la prevenzione e il contenimento del contagio, in raccordo con le ASL, con il contributo dell'O.i.m. e la collaborazione di Emergency.
  Tra i principali interventi si segnalano: l'attivazione di una
help line operativa quotidianamente in favore degli ospiti dei Centri di accoglienza straordinaria; la verifica periodica della disponibilità nei centri di spazi dedicati all'isolamento/quarantena; le sessioni formative e l'orientamento di tipo logistico/sanitario; la condivisione di apposito materiale informativo multilingua sul tema dell'emergenza epidemiologica; la diffusione di specifici protocolli operativi; l'effettuazione di mirati interventi di mediazione e supporto in situazioni di particolare criticità.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COIN, COMENCINI, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da Covid-19 ha determinato situazioni di grave disagio che hanno interessato anche molti dei nostri connazionali residenti all'estero, raggiunti dagli effetti della crisi economica che ne è discesa, ormai diffusa con gradazioni differenti in tutto il mondo;

   il decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, comunemente denominato «Cura Italia», ha introdotto misure per il potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero, autorizzando la spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2020, successivamente portati a 6 milioni di euro, per integrare le misure già in essere in favore di quelli fra loro in condizioni di indigenza;

   alla rete consolare sono state pertanto assegnate risorse economiche aggiuntive da destinare all'assistenza diretta ai connazionali, tuttavia utilizzabili solo ad istanza degli interessati –:

   di quali strumenti si sia avvalso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per comunicare adeguatamente la notizia degli aiuti economici messi a disposizione delle comunità residenti all'estero, in modo tale da consentire ai nostri connazionali in maggiore difficoltà di accedervi;

   quali siano i dati aggiornati relativi alle risorse effettivamente erogate ai nostri connazionali in difficoltà, con particolare riferimento al numero dei residenti nella Ripartizione Sud America che hanno richiesto ed ottenuto assistenza economica da parte della rete consolare italiana.
(4-07689)

  Risposta. — Rispondo alla sua interrogazione n. 4-07689 riguardante gli aiuti economici in favore degli italiani all'estero, le modalità di comunicazione della notizia e le risorse erogate, con particolare riferimento alla ripartizione Sud America.
  Come Lei giustamente ricorda, l'ammontare destinato dal Governo all'assistenza dei nostri connazionali all'estero in risposta all'emergenza da COVID-19 è pari complessivamente a 6 milioni di euro. Dapprima, l'articolo 72, comma 4-
bis, lettera b), del decreto «Cura Italia» – convertito nella legge n. 27 del 24 aprile 2020 – ha previsto una spesa integrativa a valere sul capitolo di bilancio 1613, Titolo II.03.01, rubricato «Tutela ed assistenza in favore degli Italiani all'estero» di euro 4 milioni per l'esercizio finanziario 2020. In seguito, l'articolo 48 del «Decreto Rilancio» – convertito nella legge n. 77 del 17 luglio 2020 – ha innalzato tale disponibilità da 4 a 6 milioni di euro.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha provveduto a comunicare la nuova disponibilità di fondi e le nuove modalità di assistenza introdotte per meglio rispondere alle esigenze dei nostri connazionali, determinate dal quadro pandemico, attraverso diversi strumenti e modalità.
  Innanzitutto è stata data informazione alle ambasciate e ai consolati delle nuove disposizioni normative, che, in via eccezionale, allargano la possibilità di concedere sussidi anche ai cittadini italiani non residenti nella circoscrizione consolare, e dell'introduzione di una «casistica allargata» di aiuti che contempla cinque modalità di impiego delle risorse in aggiunta ai prestiti con promessa di restituzione, ai sussidi ed alle altre forme residuali di aiuto ordinariamente erogate ai cittadini italiani all'estero indigenti o in difficoltà. Queste nuove modalità sono:

   a) aiuti economici in favore di connazionali titolari di piccole/micro imprese che abbiano subito un danno dal blocco totale o dalla riduzione della propria attività a causa delle restrizioni collegate alla pandemia;

   b) bonus sussidio per il rimpatrio in favore dei connazionali all'estero che decidano di rientrare definitivamente in Italia;

   c) stipula di convenzioni o contratti con enti e istituti pubblici o privati al fine di fornire adeguata assistenza sanitaria (visite mediche, tamponi, esami sierologici, farmaci) ai connazionali in stato di necessità, colpiti da Coronavirus o da altre patologie, e che non abbiano accesso alla sanità privata né possano contare su strutture sanitarie pubbliche in grado di offrire cure adeguate. Tali convenzioni posso essere stipulate anche per erogare sussidi sotto forma di buoni pasto o pacchi alimentari nei casi in cui il connazionale e il rispettivo nucleo familiare siano obbligati a rispettare la quarantena con isolamento domiciliare;

   d) sostegno all'apprendimento: al fine di garantire l'accesso all'istruzione per i figli in età scolare di famiglie italiane bisognose, nel caso in cui le istituzioni scolastiche locali abbiano adottato la didattica a distanza, le sedi diplomatico-consolari possono erogare sussidi finalizzati all'acquisto di strumentazione informatica quali Pc, laptop, tablet, smartphone o comunque sistemi che consentano la connessione alla rete internet;

   e) promozione di programmi di riqualificazione professionale di cui possono giovarsi i connazionali che, a causa della crisi da Coronavirus, abbiano perso il lavoro.

  Le sedi hanno anche coinvolto gli organismi rappresentativi della comunità italiana all'estero (i Com.It.Es. in particolare) e le associazioni presenti nel territorio affinché contribuissero a diffondere l'informazione e presentassero agli uffici consolari proposte di progetto o segnalassero i nominativi (in molti casi liste di nominativi) dei connazionali più in difficoltà. Ambasciate e consolati hanno inserito sul proprio sito istituzionale, nella sezione «assistenza», le modalità di richiesta e i requisiti di ottenimento degli aiuti finanziari (a titolo di esempio, https://consbuenosaires.esteri.it/consolato_buenosaires/it/i_servizi/per-i-cittadini/assistenza2012-05-27.html#IND o ancora https://ambcittadelmessico.esteri.it/ambasciata_cittadelmessico/it/informazioni_e_servizi/servizi_consolari/assistenza/sanitaria_ed_economica).
  Infine, su tutti i
social del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Facebook, Twitter ed Instagram) è stato lanciato un podcast sul canale tematico dedicato «Voci dalla Farnesina», disponibile sulle piattaforme spreaker, google, apple e spotify. Quella puntata è stata la primo per numero di download e ascolti tra tutti i podcast tematici caricati sulle piattaforme on line, a testimonianza dell'interesse per l'impatto pratico e diretto che le misure descritte hanno sulla vita dei nostri connazionali all'estero più colpiti dalla crisi socio-sanitaria ancora in atto.
  Per quanto riguarda la distribuzione dei fondi, si segnala che dei sei milioni di euro resi disponibili dai decreti «Cura Italia» e «Rilancio», al 6 novembre 2020 era stato distribuito circa un milione e ottocentomila euro dall'amministrazione centrale alle sedi diplomatico-consolari, in risposta alle singole richieste pervenute dalle sedi. Alle sedi dei paesi dell'America Meridionale sono andati 995.241 euro di questi fondi erogati su richiesta (parte dei quali provenienti dai fondi aggiuntivi, parte dai fondi già precedentemente iscritti sul bilancio Maeci), quindi oltre il 50 per cento dell'intera somma. Sempre alla data del 6 novembre, il residuo da ripartire ammontava dunque a circa quattro milioni e duecentomila euro. Di questi 4,2 milioni di euro residui, 2.014.242 euro, pari al 47,6 per cento dei fondi complessivi, sono stati assegnati all'America Meridionale. Nel dettaglio, 1.828.449 euro sono andati alle importantissime reti consolari di Argentina (843.412 euro), Brasile (330.037 euro) e Venezuela (655.000 euro), per un bacino di italiani residenti all'estero nei tre Paesi pari ad oltre 1.820.000 connazionali.
  In totale, alla rete diplomatico-consolare in America Meridionale sono dunque stati assegnati oltre 3 milioni di euro (più del 50 per cento complessivo).
  Infine, segnalo che il numero dei residenti nella ripartizione Sud America che ha richiesto ed ottenuto assistenza economica nel 2020 da parte della rete consolare italiana ammonta finora complessivamente a 4.210 persone: di questi 4.210 interventi di assistenza finanziaria, 2.101 sono stati erogati dalla rete argentina, 1.556 dalle sedi venezuelane e 206 dalla rete brasiliana, per un totale di 3.843 interventi, pari al 91,3 per cento del totale dei provvedimenti di assistenza economica effettuati in America Meridionale.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FERRO e ROTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione la situazione della tendopoli di San Ferdinando, dove vivono circa 260 immigrati di origine africana che lavorano nei campi della Piana di Gioia Tauro e dove si sono registrati nuovamente momenti di forte tensione sociale e una fitta sassaiola contro le forze di polizia;

   dopo la protesta scatenata dall'ordinanza della regione Calabria, che blindava l'area industriale che ospita i migranti, a causa di 14 casi risultati positivi al Covid-19, è di poche ore fa la notizia di un altro episodio di violenza contro gli agenti del reparto mobile di Reggio Calabria;

   secondo la denuncia di Vincenzo Chianese, segretario generale di ES Polizia «è intollerabile che nessuno abbia fatto nulla di idoneo a placare gli animi scaricando così ancora una volta problematiche sociali sulla pelle dei poliziotti, stavolta quelli del Reparto mobile di Reggio Calabria, che stamattina sono stati di nuovo fatto oggetto di una fitta sassaiola, che non solo era prevedibile ma dirittura ovvia, visto il contesto e la situazione»;

   sono durissime anche le parole di Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato, che ha denunciato lo stato di pericolo: «Non abbiamo più parole per commentare lo sfacelo assoluto che la totale incapacità politica in tema di gestione dell'immigrazione sta causando in questo momento di emergenza sanitaria. Non ci sono più parole adatte, neppure, per esprimere la solidarietà ai colleghi che puntualmente subiscono sulla propria pelle gli effetti nefasti di una finta accoglienza, le cui problematiche vengono lasciate sulle loro spalle come meri problemi di ordine pubblico. Oggi solidarietà agli appartenenti alle forze dell'ordine vittime della sassaiola avvenuta alla tendopoli di San Ferdinando, nel Reggino, durante la solita, ennesima rivolta contro le restrizioni imposte dalle norme anticovid. Risultato? Agenti feriti e soggetti che dovrebbero essere ristretti potenzialmente in grado di fare come gli pare e piace. Ai cittadini viene chiesto di continuare a fare sacrifici pesantissimi per colpa del virus, ai poliziotti di continuare a rischiare la pelle per tutelare la salute pubblica, ma in certi posti tutto va a rotoli e l'emergenza sanitaria svela una volta di più le lacune di un sistema politico che chiacchiera tanto e fa pochissimo»;

   i funzionari di polizia hanno tentato una mediazione con i migranti, che chiedono di uscire per andare a lavorare nei campi, nonostante la positività al virus, ma la situazione rimane di estrema tensione, mentre poliziotti e carabinieri restano schierati in assetto antisommossa;

   la gestione incontrollata dei flussi migratori alimenta tensione ed esasperazione tra la cittadinanza e nei territori; micce di una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualunque momento –:

   per quali motivazioni non siano state adottate iniziative d'urgenza subito dopo i primi episodi di violenza all'interno della tendopoli di San Ferdinando e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere la delicata situazione esposta in premessa, anche a tutela dell'incolumità degli agenti di polizia.
(4-07187)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  La tendopoli di San Ferdinando, nella provincia di Reggio Calabria, è una struttura di accoglienza, per cittadini extracomunitari di nazionalità subsahariana, sorta dopo la dismissione e demolizione dell'insediamento abitativo spontaneo già presente in quel sito. Gli abitanti della struttura precedente risultati in possesso di regolare permesso di soggiorno sono stati accolti all'interno della tendopoli, allestita dal Comune di San Ferdinando con il contributo della Protezione Civile, e affidata per i profili gestionali ad alcune associazioni
onlus.
  La tendopoli ha una capienza di 450 posti e ospita stabilmente circa 250 braccianti agricoli extracomunitari. Nel periodo della raccolta degli agrumi si aggiungono temporaneamente altri lavoratori stagionali, che possono essere accolti fino ad esaurimento della capienza.
  Il 13 ottobre 2020 è stata accertata la positività al Covid-19 di 16 migranti alloggiati nella tendopoli di San Ferdinando è di 3 operatori dell'ente che ne cura la gestione.
  Al fine di verificare la situazione epidemiologica, nei giorni immediatamente successivi sono stati predisposti specifici servizi di controllo e ulteriori tamponi; tuttavia la preoccupazione di non potersi recare al lavoro nei campi ha indotto parte dei migranti ad opporsi al prelievo.
  In quel contesto, in data 17 ottobre 2020 la regione Calabria ha adottato un'ordinanza con la quale è stato disposto il divieto di allontanamento per i migranti alloggiati a San Ferdinando e quello di accesso per le persone esterne, ovviamente con l'esclusione del personale impegnato nei controlli, nell'assistenza e nelle attività di contenimento dell'emergenza.
  Si precisa che, fin dalle prime notizie dei contagi nella tendopoli, la situazione è stata oggetto di alcune riunioni presso la prefettura di Reggio Calabria –, con la partecipazione dei soggetti istituzionali interessati – nel corso delle quali sono state disposte le necessarie misure di assistenza e i servizi di vigilanza e controllo delle Forze di polizia.
  Ciò nonostante, la cennata preoccupazione dei migranti di non poter lavorare ha originato contestazioni verso la citata ordinanza regionale; nella stessa serata del 17 ottobre, ha avuto luogo una sassaiola, a seguito della quale sono rimasti lievemente feriti due agenti del Commissariato di Gioia Tauro.
  Successivamente, il 19 ottobre 2020, nel corso di un'ulteriore protesta, sono stati danneggiati alcuni moduli abitativi e altre strutture e feriti lievemente 5 operatori dei reparti mobili.
  Nel corso della giornata, la situazione si è normalizzata; tuttavia, non potendosi escludere ulteriori contestazioni, sono stati intensificati i servizi di vigilanza.
  Si evidenzia che, nella circostanza, il dispositivo di sicurezza predisposto dalle Forze dell'ordine è stato costantemente improntato al contenimento delle tensioni senza mai arrivare a uno scontro fisico con i migranti.
  Si informa infine che sono attualmente in corso le indagini al fine di identificare gli autori dei fatti criminosi e che la situazione è attentamente monitorata dalle forze dell'ordine attraverso servizi di vigilanza continuativa rafforzati, con la presenza su ogni turno di un funzionario della Polizia di Stato e con l'impiego .di personale dei reparti inquadrati.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   FERRO, FRASSINETTI, LUCA DE CARLO, TRANCASSINI, ROTELLI, CIABURRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in piena emergenza pandemica, il Ministero della difesa ha indetto un concorso per titoli ed esami per la nomina di tenenti in servizio permanente nei ruoli normali dell'Esercito, di cui sei del Corpo sanitario (Gazzetta Ufficiale n. 22 del 17 marzo 2020);

   tutti i concorsi per il reclutamento di personale sanitario nei ruoli normali delle Forze armate sono stati sospesi o rinviati a data da destinarsi e, in ogni caso, rallentati dalla necessità di ottemperare alle misure di contenimento del contagio;

   tre sono gli idonei non vincitori del paritetico concorso conclusosi alla fine del 2019 nelle medesime posizioni organiche, già dichiarati in possesso dei requisiti professionali, fisici, atletici e psicoattitudinali ricercati dall'Esercito italiano, alcuni dei quali, peraltro, già in servizio;

   sebbene recentemente siano state giustamente disposte assunzioni in ferma prefissata annuale con lo scopo di fronteggiare l'emergenza, reclutando per soli titoli personale medico già specializzato, le stesse hanno coinvolto anche molti medici non specializzati e mai precedentemente integrati nella realtà militare, rendendo il trattamento riservato ai professionisti, reclutati dopo una selezione durata oltre sei mesi, ancor meno comprensibile in un'ottica di razionalizzazione delle risorse pubbliche;

   per quanto si riconosca il carattere di discrezionalità e non obbligatorietà in merito all'utilizzo delle vigenti graduatorie nell'ambito dei concorsi delle Forze armate, come stabilito dal Consiglio di Stato (sentenze n. 5792/2015, n. 4330/2015 e n. 4332/2015), la stessa giurisprudenza amministrativa ha anche riconosciuto che, anche nei casi in cui lo scorrimento può non avvenire (come per la Difesa), può comunque essere utilizzata tale procedura laddove vi siano «ragioni di opportunità per l'assunzione degli idonei collocati nelle preesistenti graduatorie», e, proprio nell'ambito della situazione emergenziale, non può non ravvisarsi un valido motivo derogatorio alla prassi consueta;

   la difficoltà, se non impossibilità, di completare le nuove procedure concorsuali, unitamente alla recente graduatoria ancora vigente, a parere degli interroganti, fanno decadere anche le ragioni che giustificherebbero l'indizione di nuovi iter concorsuali, ovvero «l'esigenza di verificare l'attualità del possesso dei requisiti inerenti all'età, all'efficienza fisica ed al profilo psico-attitudinale, in capo ai soggetti che si apprestano a ricoprire una specifica qualifica professionale» (sentenza n. 5792/2015);

   lo stesso codice dell'ordinamento militare, all'articolo 643, prevede la possibilità per l'amministrazione di «conferire, nel limite delle risorse finanziarie previste, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che risultano disponibili alla data di approvazione della graduatoria»: si potrebbe, pertanto, persino evitare il ricorso allo scorrimento della graduatoria, in favore di un semplice ampliamento dei posti messi a concorso nel novembre 2019, come peraltro prospettato recentemente dalla direzione generale del personale militare;

   tale scelta garantirebbe la migliore assistenza sanitaria possibile, sia in termini qualitativi che quantitativi, tanto nell'ambito delle Forze armate quanto nei servizi erogati dalle stesse alla popolazione in questo delicato momento epidemiologico della pandemia –:

   se il Governo intenda avvalersi delle graduatorie in corso di validità, al fine di procedere all'assunzione di medici già dichiarati idonei ai ruoli e alle esigenze rappresentate e di preservare il regolare funzionamento dei servizi sanitari ed ovviare alla carenza di personale, attingendo da un bacino di professionisti disponibili, senza la necessità di dover affrettatamente portare a compimento un nuovo iter concorsuale che comporterebbe numerose difficoltà, sia a livello logistico, sia a livello finanziario.
(4-06049)

  Risposta. — La materia concorsuale in ambito Difesa è regolata dal codice dell'ordinamento militare – decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66 – il quale, in tema di scorrimento delle graduatorie stabilisce, all'articolo 643 comma 4-bis, che nei concorsi per il reclutamento del personale delle Forze armate, i termini di validità delle graduatorie finali approvate, ai fini dell'arruolamento di candidati risultati idonei ma non vincitori, sono prorogabili solo nei casi e nei termini previsti dal presente Codice.
  Tale disposto riflette il carattere di specialità – riconosciuto anche nelle pronunce giurisprudenziali menzionate nell'atto di sindacato ispettivo – delle norme che regolano il comparto Difesa rispetto alla normativa generale applicabile al settore pubblico nel suo complesso.
  Alla luce di tale principio, l'indizione di nuovi concorsi in luogo dello scorrimento delle graduatorie rappresenta la soluzione più consona alle esigenze delle Forze armate, prima fra tutte quella di garantire la periodicità del reclutamento.
  Quanto alle menzionate «ragioni di opportunità per l'assunzione degli idonei collocati nelle preesistenti graduatorie» di cui alle pronunce poc'anzi citate, si ritiene che tali ragioni, nella specifica circostanza riferita al concorso per la nomina diretta a tenenti in servizio permanente bandito nel marzo 2019, non possano sussistere, allorquando si consideri che l'eventuale immissione in servizio dei candidati idonei non vincitori – tre, nel caso specifico – non avrebbe esentato l'Amministrazione della difesa dal dover comunque procedere al reclutamento di ulteriore personale medico al fine di ripianare le proprie esigenze organiche, direzione nella quale si è effettivamente proceduto attraverso l'indizione di un successivo concorso – tuttora in atto – per un numero iniziale di otto ufficiali medici, successivamente elevato a tredici.
  Non ultimo, sempre sul piano dell'opportunità, va considerato che, anche in caso di ipotetica immissione in servizio in deroga alla normativa sullo scorrimento delle graduatorie, il personale idoneo non vincitore del concorso concluso non avrebbe potuto essere ammesso al corso applicativo previsto dall'articolo 722 del Codice dell'ordinamento militare e necessario ai fini del perfezionamento dell'arruolamento, essendo quest'ultimo già in fase di conclusione e non sussistendo, quindi, i termini temporali previsti dal citato Codice per un'eventuale ammissione in corso d'opera.
  Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che la linea seguita dall'Amministrazione della difesa sia coerente con i precedenti giurisprudenziali menzionati nell'atto di sindacato ispettivo.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Memorandum of Understanding sottoscritto da Italia e Danimarca nel 1996 durante i lavori preliminari della Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito prevedeva che gli Stati contraenti concordassero sul fatto che l'imposizione fiscale in loco, sancita dall'articolo 19 della Convenzione, si applicasse esclusivamente alle retribuzioni dei beneficiari con cittadinanza danese, e non con quella italiana, e residenti in Danimarca ad accezione dei residenti in territorio danese, a prescindere dalla propria cittadinanza, che avevano acquisito ivi la residenza al solo scopo di prestare servizio a nome del Governo italiano;

   pertanto il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha assoggettato, nella sua veste di sostituto di imposta, la retribuzione dovuta ai dipendenti, alle ritenute fiscali alla fonte a favore dello stato italiano;

   di contro, poiché il Memorandum non si è evoluto in altra formula bilaterale è da considerarsi una mera dichiarazione di intenti tra Italia e Danimarca non trasposta in un atto legislativo vincolante in quanto non oggetto di ratifica parlamentare;

   tale anomalia deriverebbe da una «disattenzione» amministrativa attuatasi su entrambi i versanti che ha legittimato, però, le autorità fiscali danesi, a decorrere dal 2015, dunque 16 anni dopo la sigla della Convenzione bilaterale del 1999, a richiedere un fantomatico «ripristino della legalità» attraverso la pretesa del prelievo delle imposte fiscali in Danimarca con decorrenza dal 1 gennaio 19;

   l'avvio del Mutual Agreement Procedure (Map), a seguito delle procedure di rivalsa dello Skat, non ha condotto finora ad esiti sperati: allo stato attuale sarebbe certo il condono di due annualità fiscali (2015/16), mentre sarebbe in attesa l'ipotesi di condono per il 2017 sebbene l'originario obiettivo dell'amministrazione fosse quello di ottenere il riconoscimento del condono anche per tutto il 2018 in accordo con le istanze dei sindacati e dei lavoratori;

   stando ai calcoli elaborati dalla sigla sindacale maggiormente rappresentativa degli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il passaggio al sistema danese, per il solo 2019 vi sarebbe un onere a carico dei lavoratori variabile dai 15.000 ai 24.000 euro annui, arrivando ad un sestuplo di quanto versato all'erario italiano, a cui andranno poi aggiunti gli oneri previdenziali maggiorati a seguito dell'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 883/2004;

   risulta che lo scorso anno siano stati accordati dall'Amministrazione gli incrementi retributivi previsti dalla norma, assolutamente irrisori rispetto all'ammontare degli oneri fiscali che dovranno poi essere sostenuti in Danimarca: malgrado l'oggettiva urgenza di un ulteriore riadeguamento retributivo, ad oggi l'Amministrazione non ha inteso procedere in tal senso;

   in ragione degli elementi suesposti sarebbe imprescindibile una piena tutela dei nostri lavoratori: sia in sede di confronto Map, attraverso una ferma posizione dell'Italia nella prospettiva di definizione di un condono fiscale esteso a tutto il 2018, sia sul versante dell'agevole tutela degli interessi dei lavoratori attraverso l'attuazione della norma di garanzia sindacale di cui all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 –:

   se non si ritenga prioritario attuare, in sede di confronto Map (Mutual agreement procedure), ogni utile iniziativa volta a garantire una ferma posizione dell'Italia nella prospettiva di definizione di un condono Fiscale esteso a tutto il 2018, al fine di ridurre per quanto possibile gli ingenti danni patrimoniali in capo ai nostri lavoratori;

   se non si ritenga imprescindibile adottare iniziative per prevedere un nuovo e celere incremento retributivo per il personale operativo in Danimarca – sussistendo le condizioni legittimanti di cui all'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 – al fine di definire anche una garanzia per la sostenibilità del nuovo onere fiscale dei dipendenti e garantendo il coinvolgimento dei sindacati nelle procedure di contrattazione e definizione delle retribuzioni.
(4-06606)

  Risposta. — Onorevole deputato Fitzgerald Nissoli rispondo alla sua interrogazione n. 4-06606 sul memorandum tra Italia e Danimarca del 1996 per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e la tassazione del personale a contratto in Danimarca.
  La vertenza in materia fiscale tra Italia e Danimarca risale nel tempo, in quanto già la precedente Convenzione del 1980, di formulazione del tutto simile a quella attuale, aveva generato criticità analoghe a quelle odierne, poi risolte positivamente grazie al Protocollo di modifica del 1988, con il quale le autorità danesi accettarono di concedere all'Italia l'imposizione in via esclusiva.
  Il
memorandum d'intesa del 1996, negoziato nell'ambito della nuova Convenzione, si è inserito in questo contesto e con il medesimo obiettivo di salvaguardia degli interessi dei dipendenti a contratto in servizio presso le sedi diplomatiche italiane in Danimarca. L'azione messa in atto dall'Italia è dimostrata dai lavori del Parlamento danese sulla ratifica della Convenzione ed è possibile affermare come il memorandum sia valso a consentire ulteriori quindici anni di prassi applicativa in senso favorevole ai dipendenti, in deroga ai principi Ocse in materia.
  L'azione delle autorità fiscali danesi ha poi condotto al disconoscimento unilaterale del valore del
Memorandum, portando a un'interpretazione unilaterale della Convenzione.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di fronte a questo sviluppo inatteso, ha subito incoraggiato al negoziato il Ministero dell'economia e delle finanze (Mef). In qualità di amministrazione negoziatrice della Convenzione, nell'aprile 2018 il Ministero dell'economia e delle finanze ha richiesto una MAP interpretativa ai sensi dell'Articolo 26 (3) della Convenzione per giungere ad una definizione della questione e tenere conto della situazione di incertezza sorta sull'applicazione dell'Articolo 19 della Convenzione. Un'incertezza derivante dalla prassi consolidata, mai contestata dall'amministrazione fiscale danese, e dal legittimo affidamento dei contribuenti coinvolti.
  Nel dicembre 2018 la parte danese ha accettato l'apertura del negoziato per una composizione amichevole della problematica. L'esito del negoziato ha consentito di ottenere sia la sospensione delle ingiunzioni di pagamento delle autorità fiscali danesi, sia il condono di due annualità fiscali (2015 e 2016), garantendo così il risparmio per i dipendenti coinvolti di decine di migliaia di euro ciascuno.
  Lo sforzo è proseguito a livello politico con un incontro tra la Vice Ministra Sereni e il Ministro degli Esteri danese Kofod nell'ottobre 2019. Il negoziato ha così ripreso nuovo slancio, favorendo il condono di un'ulteriore annualità (2017).
  Il regolamento (CE) 883/2004 costituisce una normativa europea primaria, uniforme e di diretta e obbligatoria applicazione. Su questa base il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in raccordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con l'Inps, ha utilizzato ogni strumento a disposizione per salvaguardare gli interessi dei dipendenti. Questi sforzi di crescente intensità, da ultimo l'intervento della Ministra Catalfo, sono valsi a ottenere dalla Danimarca un accordo di deroga per 5 anni, termine massimo che la controparte ha ritenuto di poter concedere. In merito ai pregiudizi economici che deriverebbero dall'applicazione del Regolamento, se non è possibile quantificare in via generale le perdite sull'assegno pensionistico individuale, che tiene conto di posizioni singole, è invece possibile affermare che i dipendenti non hanno subito una perdita della retribuzione mensile ma al contrario un guadagno in virtù delle minori trattenute previdenziali da parte del sistema danese.
  Nel 2018 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha proceduto ad un primo, adeguamento retributivo del personale a contratto ai sensi dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, nonostante le fattispecie dell'assoggettamento a diverso ente previdenziale e del passaggio a diverso regime di tassazione non siano incluse tra i parametri di adeguamento retributivo. L'unico strumento del quale il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si può avvalere per tutelare i propri impiegati a contratto sotto il profilo stipendiale è la disposizione prevista dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, nei limiti consentiti dalle norme di legge e dai vincoli di bilancio che caratterizzano la corretta gestione della spesa pubblica. Questo articolo non prevede al suo interno una «norma di garanzia sindacale» ma attribuisce alla direzione generale della Farnesina competente per materia il compito di tenere «altresì conto delle eventuali indicazioni di massima fornite annualmente dalle organizzazioni sindacali» a tutela del personale a contratto in servizio.
  Per ciò che concerne la garanzia di una ferma posizione da parte dell'Italia per ottenere un'esenzione per l'anno 2018 da parte delle autorità danesi, Farnesina e Mef, si sono sempre adoperati, e continueranno a farlo, per l'applicazione della fiscalità danese nel senso più favorevole ai dipendenti a contratto interessati, secondo quanto previsto dalla Convenzione attualmente in vigore tra i due Paesi.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, secondo quanto previsto dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, ha già avviato lo studio di iniziative per riconoscere un ulteriore adeguamento retributivo a decorrere dal 2020.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni nella rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stata registrata una contrazione significativa delle presenze di personale, tale da configurarsi come una vera e propria emergenza amministrativa con conseguenze negative sulla qualità e celerità dei servizi erogati ai connazionali, nonché sulla promozione del sistema Paese oltre confine, preoccupante anche alla luce della crisi pandemica ancora in atto;

   si evidenzia che le liste di trasferimento ordinarie del personale di ruolo messe a bando per gli anni 2017 e 2018 hanno messo in pubblicità 1.341 posti, dei quali assegnati soltanto 647, pari al 48 per cento del totale del fabbisogno della nostra rete, lasciando molteplici vacanze amministrative che impattano notevolmente in una fase di crisi pandemica, considerando l'incidenza dei contagi tra i dipendenti della rete estera e la chiusura di circa 20 sedi a fronte di un carico di lavoro talvolta triplicato;

   l'emergenza da Covid-19 ha reso indispensabile un intervento sugli strumenti e sulle risorse a sostegno dell'economia e dell'internazionalizzazione per consentirne la ripresa e la promozione, soprattutto in seguito ai periodi di lockdown; l'articolo 72 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «Cura Italia»), convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha disposto misure per il sostegno all'internazionalizzazione di imprese e consorzi, misure che, in assenza di un adeguato supporto di personale amministrativo, rischiano di essere vanificate;

   a conferma di questa necessità, la III Commissione della Camera dei deputati, in sede di parere favorevole al cosiddetto decreto rilancio, ha segnalato, tuttavia, l'urgenza di «un incremento delle risorse umane, alla funzionalità degli uffici all'estero della rete diplomatico-consolare in considerazione del ruolo cruciale che essi svolgono nella strategia di rilancio economico del Paese (...)» e «l'opportunità di disporre un adeguato potenziamento della dotazione di risorse, anche finanziarie, a sostegno della rete diplomatico-consolare (...)»;

   in coerenza con quanto esposto, si evidenzia che il 9 luglio 2020, nell'ambito dell'esame del cosiddetto decreto-legge Rilancio, il Governo ha accolto l'ordine del giorno riformulato 9/2500-AR/350-Fitzgerald Nissoli, che lo impegna «a prevedere, con percorsi concorsuali ad hoc che ricalchino la ratio della legge 442 del 2001, l'immissione nei ruoli in aggiunta a quanto già previsto dal piano funzionale del MAECI, con conseguente aumento della relativa pianta organica, del personale a contratto già operante nelle nostre strutture oltre confine (...)»;

   inoltre, la legge 21 dicembre 2001, n. 442, prevedeva il passaggio, mediante concorso riservato nei ruoli organici del Ministero degli affari esteri, del personale a contratto di cittadinanza italiana, con l'obiettivo di superare le criticità relative allo status giuridico dei dipendenti, consentendone l'integrazione nei ruoli con modalità concorsuali ad hoc, che potrebbero essere nuovamente legittimate in ragione delle suddette mutate esigenze dell'Amministrazione;

   tale meccanismo consentirebbe di coinvolgere professionalità già esistenti nel tessuto operativo delle strutture consolari, come gli impiegati a contratto di cittadinanza italiana, che rappresenterebbero un valore aggiunto in ragione dell'esperienza maturata oltre confine, della conoscenza della lingua e delle dinamiche socio-culturali e della loro vocazione a trasferirsi all'estero, con notevoli risparmi in termini di formazione e conseguente superamento della conclamata vacanza di organico delle aree funzionali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale –:

   se non ritengano di dover adottare iniziative per dare attuazione all'impegno di cui all'ordine del giorno 9/2500-AR/350, al fine di consentire l'immissione nei ruoli del personale a contratto già operante nelle nostre strutture, consentendone l'inserimento nelle rappresentanze oltre confine dove attualmente si registrano vacanze di organico in ragione delle mancate richieste di trasferimento, nella prospettiva di ottimizzare le competenze delle risorse esistenti e di valorizzarne il ruolo determinante nella strategia di sostegno economico del Paese.
(4-07235)

  Risposta. — Rispondo alla sua interrogazione n. 4-07235 sulla contrazione del personale della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e le iniziative per dare attuazione all'impegno di cui all'ordine del giorno 9/2500-AR/350, al fine di consentire l'immissione nei ruoli del personale a contratto già operante nelle strutture del Ministero.
  La Farnesina ritiene assolutamente essenziale il contributo del personale a contratto. Per questo abbiamo sempre posto la massima attenzione alle problematiche da loro rappresentate ed io stesso mi sono sempre impegnato in tal senso. La considerazione dell'amministrazione per il personale a contratto è dimostrata anche dalle richieste di aumento del relativo contingente presentate negli ultimi anni. A tale proposito ricordo da ultimo gli incrementi di 50 unità e poi di ulteriori 80 unità disposti rispettivamente dal cosiddetto decreto Brexit (decreto-legge n. 22 del 2019 convertito con legge n. 4 del 2019) e dalla legge di bilancio per il 2021 appena adottata, tramite l'approvazione di un emendamento fortemente sostenuto dalla Farnesina. Il contingente complessivo massimo ha pertanto al momento raggiunto le 3.000 unità. Nello stesso senso è andato l'adeguamento dei loro livelli retributivi, nei limiti previsti dalla Legge.
  Fattori quali lo sblocco del
turnover, i concorsi per il personale di ruolo in via di finalizzazione e di prossimo bando e le recenti autorizzazioni all'incremento del personale a contratto dovrebbero consentire, nei prossimi due anni, di coprire parte dei posti attualmente vacanti all'estero. Sarà comunque opportuno definire un ulteriore piano di assunzioni per i prossimi anni che consenta di dare continuità al graduale «ripopolamento» anche degli organici del personale di ruolo, ad un livello adeguato al peso e alla presenza dell'Italia nel mondo.
  La Farnesina è impegnata ad invertire il trend di progressiva riduzione del personale dovuto al blocco del «
turn over» che nell'ultimo decennio aveva portato a perdere oltre il 30 per cento delle aree funzionali, con un progressivo innalzamento dell'età media a 56 anni ed un conseguente impatto atteso sul tasso di pensionamento. Si sono appena concluse, nonostante la pandemia, le procedure per la selezione di 265 nuovi dipendenti della terza area per il profilo amministrativo, contabile e consolare (che saranno assunti nel corso del mese di febbraio 2021). Inoltre, siamo in attesa di avviare le procedure relative a concorsi che, con le autorizzazioni previste dalla legge di bilancio appena approvata dal Parlamento (rispettivamente per 100 seconde aree e 50 terze aree), consentiranno ulteriori assunzioni per un totale di 300 seconde aree e 222 terze aree. Infine, è in corso l'esame da parte delle competenti istanze del piano assunzionale presentato in corso d'anno dal Maeci in base al quale è prevista l'assunzione di un cospicuo numero di ulteriori unità sia in seconda che in terza area – anche attraverso le modalità flessibili introdotte con la legge n. 56 del 2019.
  In questo quadro, il Governo intende attuare le raccomandazioni previste dall'ordine del giorno 9/2500-AR/350 nel senso di valutare la fattibilità e l'opportunità delle relative misure.
  In tal senso, in tutti i concorsi espletati e da espletare per il reclutamento di nuove aree funzionali e la loro immissione nei ruoli del Maeci, l'amministrazione ha previsto e prevede, in conformità con la normativa (articolo 167 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967), riserve di posti a favore del personale a contratto della rete estera, proprio al fine di valorizzarne l'esperienza e la professionalità.
  Quanto all'ipotesi di «concorsi
ad hoc» per l'immissione del personale a contratto nei ruoli del Ministero, occorre valutare attentamente, da un lato, gli orientamenti giurisprudenziali della Corte costituzionale, come consolidatisi successivamente al 2001, sul principio del concorso pubblico e sulla legittimità di eventuali deroghe, e, dall'altro, le caratteristiche specifiche delle professionalità delle diverse categorie di personale del Maeci.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FOTI e BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   giuste le notizie pubblicate dalle testate nazionali, nella giornata del 5 settembre 2020, nel comune di Salsomaggiore Terme (PR), un minore di origine magrebina è entrato nell'abitazione di una donna di 90 anni e avrebbe posto in essere un'orribile violenza, anche sessuale, ai danni della stessa;

   detto atto di violenza, commesso per di più a danno di una donna debole e dall'età avanzata, pare essere accaduto nel momento in cui l'anziana, rientrando nella propria abitazione, avrebbe sorpreso il 17 enne nell'intento di rubare. Da lì l'orrore: lei lo coglie sul fatto, quindi grida spaventata e lui le si accanisce contro con ferocia;

   pare che l'esecutore sia già noto alle forze dell'ordine per reati parimenti rientranti tra quelli di natura sessuale, seppur di minore gravità rispetto a quelli odierni; se confermato, è evidente che la rete sociale di attivazione di controlli, di prevenzione e rieducazione del minore non ha funzionato e che, nel lassismo delle istituzioni del territorio, si sia consumata una violenza che poteva essere, forse, evitata;

   al di là di questioni di carattere giuridico e processuale – su di una materia che impone risolutezza, anche quando i fatti siano commessi da minori – non vi possono essere tentennamenti di natura politica, essendo la tutela dei cittadini e la sicurezza degli stessi una priorità –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti sopra esposti e se intendano adottare ogni utile iniziativa di competenza per il contrasto, il monitoraggio e la prevenzione di reati efferati, quali quello di cui in premessa;

   quale sia lo status del minore e se sia già noto alle forze dell'ordine;

   se siano allo studio iniziative adeguate ad una situazione non altrimenti tollerabile che impongono al riguardo un intervento fermo e risolutivo, anche in materia minorile.
(4-06804)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante fa riferimento al recente episodio di cronaca, avvenuto in Salsomaggiore Terme lo scorso 5 settembre in danno di una donna novantenne, aggredita e violentata al suo rientro a casa da un ragazzo minorenne, colto mentre stava svaligiando l'abitazione.
  Al riguardo, e in primo, luogo, appare opportuno evidenziare come due giorni dopo, il 7 settembre, i militari della compagnia carabinieri dello stesso comune abbiano individuato e fermato il minore indiziato di delitto.
  Dagli accertamenti svolti è emerso come lo stesso, di nazionalità marocchina, sia emigrato con il suo nucleo familiare a Salsomaggiore, dal luglio del 2017; il minore, pur in regola con i permessi di soggiorno, è risultato essere gravata da alcuni precedenti di polizia.
  In conseguenza del grave episodio, oggetto dell'interrogazione in esame, si rileva che, allo stato, l'indagato è sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere e nei suoi confronti è stata effettuata una richiesta di giudizio immediato.
  Si evidenzia, altresì, che il minore risulta titolare di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, con scadenza al 31 dicembre 2020, e che la sua posizione, in relazione ai requisiti di permanenza sul territorio nazionale, verrà valutata in sede di rinnovo del titolo di soggiorno, avendo il soggetto raggiunto, peraltro, la maggiore età.
  Si assicura, in conclusione, che – al di là del grave episodio, rispetto al quale il responsabile è stato tempestivamente individuato – resta costante ed elevata l'attenzione e l'attività di prevenzione e controllo da parte delle forze dell'ordine sul territorio della provincia, nell'ambito della quale non si rilevano particolari turbative sul piano dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   San Michele Arcangelo a Roncole Verdi è la chiesa che custodisce l'organo dove il maestro Giuseppe Verdi iniziò a formarsi come musicista. La chiesa, oggi, oltre ad ospitare i fedeli e le quotidiane attività religiose, è meta di visita continua da parte degli ammiratori del compositore;

   la struttura della chiesa si è nel tempo deteriorata e necessita di sostanziali interventi di ripristino, che la comunità locale, nonostante i tentativi di autofinanziamento, non è riuscita ad eseguire;

   conseguenza è stata che, pochi giorni fa, il parroco di Busseto, Don Luigi Guglielmoni, ha dovuto prendere atto della situazione di pericolo in cui si venivano a trovarsi coloro che accedevano al sito religioso ed effettuarne così la chiusura. La vicenda ha avuto un notevole impatto sul mondo artistico italiano ed è stata giudicata, tra gli altri, dal Maestro Riccardo Muti come «una colpa che mostra al mondo intero a che livelli di barbarie sono caduti il senso civico e la cultura italiana»;

   la situazione della suddetta chiesa è particolarmente critica. Si ricorda l'importanza della medesima chiesa quale fondamentale sito culturale e patrimonio artistico che richiama ogni anno numerosi visitatori contribuendo allo sviluppo del turismo della zona;

   è perciò ora necessario un intervento finanziario diretto del Ministero per permettere l'esecuzione delle opere di restauro, volto a tutelare, oltre al patrimonio artistico, anche il turismo locale, che risente direttamente della chiusura –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative urgenti dirette al restauro ed alla conservazione della Chiesa di San Michele Arcangelo a Roncole Verdi quale sito culturale fondamentale per lo sviluppo turistico del nostro Paese ed in particolare per la zona di Busseto, in quanto meta ogni anno di numerosi visitatori.
(4-06604)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali urgenti iniziative questo Ministero intende adottare per il restauro della Chiesa di San Michele Arcangelo a Roncole Verdi.
  Sulla base degli elementi forniti dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Parma, si rappresenta quanto segue.
  La chiesa in questione, di proprietà della Curia di Fidenza e destinata al culto, presenta un significativo quadro fessurativo, non nuovo, che coinvolge soprattutto la parte absidale e la zona della controfacciata, principalmente per fenomeni di cedimento fondale innescatisi negli ultimi anni a causa dei repentini abbassamenti della falda dovuti all'alternarsi di stagioni particolarmente siccitose.
  Tali cedimenti hanno comportato nella zona della controfacciata avvallamenti nella pavimentazione oltre ad alcuni fenomeni di deformazione geometrica degli archi e dei pilastri, mentre nella zona absidale, oltre ad evidenti lesioni verticali che lambiscono alcuni degli affreschi riscoperti a seguito della campagna di restauri del 2006, risulta di particolare pericolosità il solaio della sacrestia.
  Lo stato conservativo della Chiesa di Roncole Verdi era già noto dal 2017, quando furono pubblicamente presentati gli esiti delle indagini preliminari promosse dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo, evento a cui prese parte anche la predetta soprintendenza.
  Quest'ultima, agli inizi del 2018, dopo aver effettuato diversi sopralluoghi, ha evidenziato alla parrocchia e alla Diocesi le criticità statiche riscontrate e con nota protocollo n. 1086 del 7 febbraio 2018 ha invitato la proprietà a realizzare alcune prime opere provvisionali ritenute maggiormente urgenti (sacrestia e porta laterale di accesso).
  Tali interventi sono stati poi eseguiti.
  La soprintendenza, a novembre 2017, ha provveduto ad inserire la Chiesa in oggetto nell'elenco degli edifici per i quali non era ancora stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica, inserimento che portò allo stanziamento di complessivi euro 500.000 sul fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 132 dell'11 dicembre 2016 (cosiddetto piano antisismico) per le annualità 2021-2022.
  Attualmente risulta in atto un intervento di somma urgenza riguardante il puntellamelo delle zone pericolanti, l'esecuzione di saggi alle fondazioni lungo la facciata e la realizzazione di un sistema di monitoraggio delle lesioni mediante l'applicazione di fessurimetri da parte del segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  Rappresentato quanto sopra, il Ministro Franceschini – rispondendo all'appello del Maestro Muti – ha fatto presente di aver già dato disposizioni alla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, d'intesa con la locale soprintendenza, al fine di avviare la procedura per un ulteriore intervento di somma urgenza per la messa in sicurezza del monumento, rimodulando le risorse del piano sismico.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   GERMANÀ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 15 luglio 2020 una trentina di migranti sono fuggiti dall'hotspot di Bisconte a Messina a seguito di una rivolta scoppiata intorno alle ore 22 che ha impegnato le forze dell'ordine locali per tutta la notte per essere sedata;

   si apprende dalla stampa che un gruppo di extracomunitari è riuscito ad aprire un varco nella rete di recinzione facendo immediatamente scattare l'allarme e provocando l'arrivo di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia municipale;

   purtroppo, un finanziere risulta ferito ad una gamba dopo il lancio di oggetti ma le sue condizioni sembra che non destino preoccupazione;

   alcuni fuggitivi sono stati riportati all'interno della struttura, ma i media riportano che parecchi sono riusciti a dileguarsi;

   la fuga ha ovviamente destato allarme e paura tra i residenti di Bisconte che hanno seguito in diretta l'evolversi della situazione per tutta la notte, in particolare per il rischio sanitario evidentemente connesso alla fuga degli stessi migranti se affetti da COVID-19;

   dalle notizie divulgate i fuggitivi risulterebbero tutti negativi al test sierologico COVID-19;

   in mattinata sui social viene divulgata la dichiarazione del sindaco di Messina Cateno De Luca che ha annunciato su Facebook che intende chiudere il centro per migranti di Bisconte «realizzato abusivamente presso l'ex caserma Gasparro», dopo gli ultimi avvenimenti che hanno visto una sommossa interna e la fuga di 24 migranti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se, in considerazione dei gravi fatti richiamati in premessa, non intendano adottare iniziative urgenti volte a scongiurare il ripetersi di tali fenomeni, salvaguardando la salute dei cittadini nonché del personale di sorveglianza.
(4-06396)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In ragione della emergenza epidemiologica da Covid-19, l'accoglienza dei migranti extracomunitari giunti sul territorio nazionale si è dovuta coniugare con la necessità di adottare le necessarie misure di contenimento della diffusione del virus, in primo luogo con la sottoposizione degli stessi al regime di quarantena e di isolamento sanitario obbligatorio.
  Nello specifico, per quanto attiene all'episodio segnalato nell'interrogazione, si evidenzia che la necessità di offrire spazi adeguati per consentire l'attuazione delle misure per il distanziamento ha portato, dal 26 giugno 2020, all'assegnazione dapprima di 171 migranti e successivamente di altri 200 al Centro di accoglienza straordinaria situato nell'ex caserma «Gasparro», nel rione Bisconte di Messina, la cui gestione è affidata alla stessa cooperativa sociale che coordina il contiguo
hotspot.
  In tutte le circostanze si è prestata particolare attenzione agli aspetti di carattere medico-sanitario e all'organizzazione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica: sono state programmate turnazioni h. 24 ed è stata prevista la presenza, per ciascun turno, di un funzionario di polizia, di pattuglie itineranti all'esterno, dei reparti territoriali e dei reparti inquadrati di rinforzo, con il concorso della Digos e della Squadra mobile oltre che della polizia scientifica e dell'ufficio prevenzione generale.
  Pur a fronte dell'importante presidio predisposto, nella serata del 15 luglio si sono tuttavia verificati diversi tentativi di fuga da parte dei migranti, alcuni dei quali neutralizzati e altri riusciti.
  In particolare, alcuni gruppi di migranti hanno tentato un'azione di fuga collettiva, impegnando contemporaneamente su più fronti gli operatori di Polizia incaricati della vigilanza. Nelle fasi più concitate hanno avuto luogo anche tafferugli e lanci di oggetti contundenti, a seguito dei quali un appuntato scelto dell'Arma dei carabinieri e un appuntato scelto della Guardia di finanza sono rimasti feriti e hanno dovuto far ricorso alle cure mediche.
  Nonostante l'impegno della Polizia, 24 migranti sono riusciti ad allontanarsi dal Centro e a far perdere le proprie tracce. La Questura di Messina ha avviato immediatamente le indagini per permettere la loro identificazione e segnalazione all'autorità giudiziaria per vari reati. Il giorno seguente uno dei migranti veniva rintracciato e ricondotto all'interno della struttura di accoglienza.
  I fatti riferiti hanno suscitato un certo allarme nella popolazione della zona e il Sindaco di Messina, preoccupato per la sicurezza e la salute della cittadinanza, il 18 luglio ha emesso un'ordinanza contingibile e urgente con la quale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 50 e 54 del Testo unico degli enti locali ha disposto la chiusura dell'
hotspot in quanto ritenuto non conforme sotto il profilo edilizio e inidoneo dal punto di vista logistico.
  Tale ordinanza è stata poi annullata dal Prefetto di Messina il successivo 21 luglio 2020 per carenza dei requisiti e, in particolare, per avere investito la materia dell'immigrazione che rientra nell'esclusiva competenza dello Stato, oltre che per inesistenza dei presupposti prescritti per l'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi degli articoli 50 e 54 del Testo unico degli enti locali.
  Il prefetto si dichiarava in ogni caso disponibile ad avviare un confronto costruttivo con il sindaco di Messina al fine di reperire sul territorio strutture alternative da destinare alla quarantena per i migranti e per pervenire alla identificazione di soluzioni efficaci condivise.
  Per completezza di informazione si rappresenta che, a seguito di ulteriori approfondimenti, nell'agosto 2020 sono state eseguite le procedure relative al trasferimento in altri centri presenti sul territorio nazionale dei migranti ospitati nell'ex caserma «Gasparro» che, da quella data, non ha avuto altri ospiti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   GIACCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in Gazzetta Ufficiale n. 161 del 27 giugno 2020 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell'interno 27 maggio 2020 recante Definizione delle modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative risorse;

   l'articolo 11-bis, comma 19, del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 12 del 2019, demanda ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 marzo di ciascun anno di riferimento, la definizione delle modalità di presentazione delle richieste da parte dei comuni interessati nonché i criteri di ripartizione delle ulteriori risorse di cui all'articolo 35-quinquies del decreto-legge n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2019, relativamente alle annualità 2020, 2021 e 2022;

   con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 31 gennaio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 9 marzo 2018, sono state definite le modalità di presentazione delle richieste di ammissione al finanziamento da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative somme stanziate per gli anni 2017, 2018 e 2019;

   successivamente alle procedure di valutazione delle richieste da parte dei comuni secondo le modalità di cui al citato decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 31 gennaio 2018, sono state assegnate le risorse stanziate per gli esercizi finanziari 2017, 2018 e 2019, per un ammontare complessivo di 67 milioni di euro;

   il provvedimento de quo è stato adottato in data 27 maggio 2020 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale solamente in data 27 giugno, che, a parere dell'interrogante, è un lasso di tempo del tutto ingiustificato ed incomprensibile;

   in particolare, l'articolo 3 del citato decreto prevede che «Le richieste dei comuni di ammissione al finanziamento per l'esercizio finanziario 2020 devono essere presentate alla Prefettura-UTG territorialmente competente entro il 30 giugno 2020», lasciando agli enti territoriali solamente tre giorni per la compilazione delle domande del tutto insufficienti per l'espletamento della procedura e con il rischio per gli amministratori, in caso di errori nella compilazione delle richieste, di incorrere in ipotesi anche di danno erariale;

   alquanto assurdi appaiono, pertanto, all'interrogante, sia il lasso di tempo intercorso tra l'emanazione del provvedimento e la sua pubblicazione, sia l'inadeguato termine per la presentazione delle domande di finanziamento, quest'ultimo, peraltro, ancora più sproporzionato tenuto conto che non era sufficiente la presentazione della sola domanda, bensì essa necessitava anche del progetto preventivamente approvato in sede di «Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica»;

   come noto la legge 11 febbraio 2019, n. 12, «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione», è stata approvata da una maggioranza parlamentare diversa da quella attuale e non si vorrebbe quindi che la previsione di un termine di soli tre giorni per la presentazione delle domande da parte dei comuni rappresenti una scelta politica artatamente preordinata per meri fini politici a danno degli enti locali –:

   se, non intenda fornire chiarimenti in ordine alla questione segnalata in premessa e comunque se non ritenga opportuno adottare con urgenza un'iniziativa volta a prorogare il termine previsto dall'articolo 3 del decreto 27 maggio 2020 citato in premessa.
(4-06210)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo indicata in esame si rappresenta quanto segue.
  Il termine per la presentazione delle richieste di finanziamento da parte dei comuni interessati alla realizzazione di sistemi di videosorveglianza urbana fissato al 30 giugno 2020, dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, del 27 maggio 2020 è stato prorogato al 15 ottobre 2020, dall'articolo 17, comma 4-
quater, del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120.
  Il Ministro dell'interno, con circolare 11 settembre 2020 diramata alle prefetture e all'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), ha fornito le opportune indicazioni in ordine alla procedura in questione, richiamando espressamente il nuovo termine di scadenza ai fini delle conseguenti comunicazioni agli enti locali interessati.
  Un avviso in proposito è stato anche curato dal dipartimento della pubblica sicurezza e pubblicato sul sito istituzionale.
  Si rappresenta, inoltre, che entro il nuovo termine fissato al 15 ottobre 2020, hanno presentato domanda di partecipazione alla procedura 2.282 Comuni.
  La valutazione delle domande è in corso da parte della apposita commissione ministeriale.
  La graduatoria, non appena approvata con decreto del Ministro dell'interno, sarà, pubblicata sul sito istituzionale con relativa comunicazione informativa alle prefetture e all'Anci.
  Si evidenzia, infine che, per i comuni che non hanno avuto modo di presentare istanza o che non rientreranno in posizione utile in graduatoria a copertura dei 17 milioni previsti per il 2020, sarà comunque consentito di partecipare alle prossime procedure, previste per gli anni 2021 e 2022, cui sono stanziati rispettivamente 27 milioni di euro per l'anno 2021 e 36 milioni di euro per l'anno 2022, ai sensi dell'articolo 35-
quinquies del decreto-legge n. 113 del 2018 convertito con legge n. 132 del 2018.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   LOLLOBRIGIDA e GEMMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Bari continuano a ripetersi con inaudita frequenza episodi in cui in piena notte i cittadini vengono svegliati dalle esplosioni di fuochi d'artificio proprio in mezzo ai palazzi;

   fatto ancora più sconcertante è che tali manifestazioni sono da ricondurre alle attività dei clan della criminalità organizzata, che a volte festeggiano in questo modo l'uscita dal carcere di loro affiliati o il compleanno di singoli membri, e altre volte in questo modo lanciano dei messaggi tra i clan dei diversi quartieri su droga e denaro;

   il fenomeno interessa numerosi quartieri, Carrassi, San Girolamo, Japigia, Libertà, fino al lungomare Nazario Sauro e la spiaggia di Pane e pomodoro, e non sembra arrestarsi nonostante i ripetuti appelli dei residenti al sindaco della città di Bari e presidente nazionale dell'Associazione dei comuni italiani, Antonio Decaro;

   secondo alcuni residenti anche le segnalazioni alle forze dell'ordine fatte quasi ogni sera dagli esasperati abitanti dei quartieri interessati «non vengono neppure prese in considerazione e non arriva mai nessuna pattuglia»;

   i continui «festeggiamenti» fatti dai clan non solo arrecano grave disturbo alla quiete pubblica, ma costituiscono anche un esempio intollerabile sotto il profilo sociale e della coscienza civica di ogni cittadino, oltre a rappresentare un evidente pericolo per l'incolumità fisica e, in alcuni casi, per la sicurezza degli edifici presso i quali si fa uso o viene indebitamente custodito il materiale pirotecnico –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito, al fine di ristabilire l'ordine nella città.
(4-06995)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente frequenti esplosioni di fuochi d'artificio in diverse zone della città di Bari, in ore notturne, da ricondurre all'attività di clan criminali che in tal modo festeggerebbero la scarcerazione di affiliati o comunicherebbero in relazione a traffici illeciti, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, preme evidenziare che la maggior parte degli interventi eseguiti da parte delle forze di Polizia, d'ufficio o su segnalazione, in circostanze quali quelle indicate, ha riguardato episodi riconducibili a festeggiamenti per ricorrenze, organizzati da individui incensurati e non legati agli ambienti della malavita: in molti casi, peraltro, il personale intervenuto ha rinvenuto materiale le cui vendita è consentita senza licenza di polizia a maggiorenni e nel limite, comunque non trascurabile, di 25 chili lordi (equivalente a n. 5 cassette di fuochi pirotecnici).
  A prescindere dalla riconducibilità o meno di tali condotte all'operatività di ambienti delinquenziali, lo specifico fenomeno segnalato è già stato esaminato dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che, nell'ambito del «Piano Coordinato di controllo del Territorio» ha disposto un'intensificazione dei controlli e dei pattugliamenti sia in ottica preventiva che repressiva.
  Proprio al fine di contrastare la pratica delle accensioni ed esplosioni pericolose, peraltro prevista come fattispecie penalmente rilevante dall'articolo 703 del Codice penale, sono stati predisposti, in aggiunta ai servizi di controllo del territorio ad «alto impatto», attuati per il controllo della cosiddetta
movida, mirati servizi interforze ad hoc in orari serali e notturni, ulteriormente intensificati in occasione di scarcerazioni e ricorrenze di personaggi appartenenti a clan della criminalità organizzata.
  Inoltre per una maggiore incisività delle azioni, è da ricordare come alle iniziative sinora citate vada ad aggiungersi una specifica attività pianificata dalla questura di Bari, per il contrasto all'illecita commercializzazione di materiale pirico, in difformità alle leggi che ne regolano la tracciabilità, il trasporto e la detenzione; tale dispositivo trae origine dalle risultanze di una mirata attività investigativa dalla quale sono emersi acquisti
online, da parte di singoli cittadini, di prodotti pirici di libera vendita ma in quantità superiori a quelle consentite, senza il prescritto titolo autorizzativo.
  Giova evidenziare che i servizi di controllo appena citati, messi in atto non solo nell'area della città metropolitana di Bari, hanno consentito alle forze di polizia di procedere, nel solo mese di ottobre 2020 al sequestro di un quantitativo superiore a 400 chili di fuochi pirici di diversa tipologia illegalmente detenuti, ad un arresto e a tre denunce alla competente autorità giudiziaria.
  In conclusione si assicura che rimarrà costante il massimo impegno da parte dell'autorità di pubblica sicurezza e delle forze di polizia presenti sul territorio nell'attività di prevenzione e contrasto del fenomeno segnalato nell'atto di sindacato ispettivo.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   MAGGIONI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il 7 aprile 2020 si è appreso delle dimissioni del presidente del Consiglio europeo della ricerca (Cer), l'italiano Mauro Ferrari, con la motivazione di non essere riuscito a convincere Bruxelles a istituire un programma scientifico coordinato e su larga scala contro la pandemia di coronavirus;

   risulta che all'origine delle dimissioni vi sia il voto contrario dell'ente di governo del Cer, in maniera unanime e inappellabile, alla proposta di fornire ai migliori scienziati gli strumenti e le risorse per combattere questa pandemia con nuovi farmaci, nuovi vaccini, nuovi metodi diagnostici e nuove teorie scientificamente solide sulle dinamiche di comportamento sociale, a supporto delle strategie di contenimento pandemico, che per ora si basano intuizioni spesso solo istintive delle autorità competenti, il tutto senza neppure accettare di discutere o sviluppare insieme un programma antiCovid;

   il voto contrario alla mozione è stato basato sul fatto che il Cer finanzia progetti basati sul principio di spontaneità scientifica (il cosiddetto «bottom-up»), ovvero senza privilegiare aree di priorità di ricerca. È vero che la Commissione europea possiede anche altri programmi che sono invece «top-down», e che diversi di questi sono stati in parte diretti su iniziative collegate alla pandemia, purtroppo però questi formano un insieme di attività senza una vera cabina di regia e con una componente limitata di scienza di frontiera. Il Cer ha un budget di circa due miliardi di euro all'anno; nel campo della ricerca europea, tuttavia, in questi mesi è mancato completamente uno sforzo rapido e coordinato, un'iniziativa forte che mettesse in campo i migliori ricercatori e i migliori ricercatori europei, offrendo finanziamenti mirati e supporto organizzativo per non disperdere le energie in un momento così critico. Anche in questo campo, dunque, l'Unione europea, ad avviso dell'interrogante, rifiuta il principio che in situazioni eccezionali servano iniziative eccezionali e che il rispetto delle regole e delle procedure sia il criterio fondamentale da seguire –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda adottare iniziative per acquisire ogni utile elemento in ordine a quanto affermato dal professor Ferrari, uno dei più importanti luminari nella ricerca a livello mondiale, nonché se non intenda adoperarsi al fine di scongiurare l'ennesima conferma dell'assoluta insussistenza e capacità reattiva immediata degli enti europei nelle emergenze, e altresì al fine di appurare che non vi sia stata una difesa corporativa di alcuni ambiti scientifici che abbia vanificato la possibilità di dotare gli scienziati di risorse e opportunità per combattere la pandemia.
(4-05172)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede di sapere quali iniziative intenda adottare il Ministero per verificare le circostanze che hanno portato alle dimissioni del professor Mauro Ferrari quale presidente del Consiglio europeo della ricerca («European Research Council», di seguito «ERC») e se tale vicenda sia ascrivibile alla mancata approvazione da parte dell'ERC della proposta avanzata dal professor Ferrari di istituire un programma scientifico coordinato su larga scala contro la pandemia da COVID-19, come dallo stesso affermato. L'interrogante, inoltre, chiede di sapere, ritenendo che nel campo della ricerca sia mancata a livello europeo un'iniziativa forte, mirata e coordinata volta a contrastare la diffusione dell'epidemia, se il Ministero intenda adoperarsi per scongiurare tali asserite carenze degli enti europei nell'ambito della ricerca.
  Si premette, anzitutto, che l'ERC è un 'Agenzia istituita nel febbraio 2007 dalla Commissione europea nell'ambito del «Settimo programma quadro per la ricerca dell'Unione europea» con l'obiettivo di incoraggiare in Europa la ricerca di massima qualità attraversò finanziamenti competitivi e di sostenere la ricerca di frontiera promossa dai ricercatori in tutti i campi, sulla base dell'eccellenza scientifica.
  Proprio perché si tratta di un'agenzia della Commissione europea che ne garantisce l'autonomia, all'
European Research Council è riservato un particolare grado indipendenza e di operatività a livello sovranazionale.
  Resa tale doverosa premessa, questo Ministero ha comunque acquisito elementi utili al fine di verificare i fatti oggetto dell'interrogazione.
  In merito alle dimissioni del professor Mauro Ferrari dalla carica di presidente dell'ERC, si rappresenta che le stesse sono avvenute in seguito ad una specifica mozione, in data 27 marzo 2020, da parte di tutti i membri attivi del Consiglio scientifico (l'organo direttivo dell'ERC composto da 19 membri eletti tra scienziati di altissimo livello).
  Le valutazioni e le opinioni espresse dal scientifico dell'ERC sono state rese pubbliche in un comunicato dell'8 aprile 2020 divulgato sul sito ufficiale della Commissione europea.
  Dal comunicato emergono diverse motivazioni sottese alla mozione, tra le quali, tuttavia, non verrebbe dato particolare rilievo alla mancata approvazione da parte dell'ERC della proposta avanzata dal professor Ferrari di finanziare un programma scientifico coordinato e su lunga scala contro la pandemia da Covid-19, vertendo, piuttosto, detto comunicato sull'assenza di obiettivi convergenti e sul venir meno del rapporto fiduciario necessario tra quel collegio ed il presidente dell'ERC.
  Il comunicato, infatti, riporta che la mancata approvazione da parte dei membri del Comitato scientifico della proposta del presidente dimissionario di istituire un programma scientifico coordinato e su larga scala contro la pandemia da coronavirus, è dovuta principalmente alla circostanza che la direzione generale della ricerca e innovazione della Commissione, collegata all'ERC, è già molto attiva nello sviluppo di nuovi programmi a sostegno della ricerca contro la pandemia con altre progettualità. Risultano infatti, in corso, oltre 50 progetti di ricerca, per un sostegno complessivo di circa 100 milioni di euro, volti a condurre ricerche potenzialmente rilevanti per il contrasto all'emergenza da COVID-19.
  Il consiglio scientifico aggiunge che, essendo basato sulle iniziative dei ricercatori attraverso un meccanismo di bottom-up, l'approccio dell'ERC è preordinato a non limitare in alcun modo l'azione dei ricercatori in base a priorità stabilite dall'alto. Questo approccio, fondato sulla convinzione che l'unico criterio di selezione sia l'eccellenza scientifica, assicura che i finanziamenti vengano destinati ad aree di ricerca nuove e promettenti con un maggior livello di flessibilità.
  In data 14 aprile 2020, a margine delle dimissioni del professor Ferrari, oltre 300 fra studiosi e ricercatori italiani hanno sottoscritto una «lettera aperta» nella quale, posta l'assoluta condivisione circa la necessità che l'Unione europea si impegni in prima linea nella lotta contro la crisi epidemica in corso con investimenti mirati in ricerca e sviluppo, emerge con forza il concetto che l'ERC non «rappresenta l'istituzione appropriata per un intervento
top-down con obiettivi prestabiliti» dal momento che ciò contrasterebbe l'idea di finanziare la ricerca innovativa «dal basso verso l'alto» in estrema sintesi, la comunità dei suddetti ricercatori sostiene tale ultimo metodo precisando che il mondo della ricerca scientifica ritiene lo stesso non solo meritevole, ma anche altamente efficiente e meritocratico.
  In merito all'esigenza segnalata dall'interrogante di attuare a livello europeo un coordinamento dell'attività di ricerca di contrasto alla crisi da COVID-19, si segnala che la Commissione europea ed i Ministri degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio dell'Unione europea, hanno concordato, il primo piano d'azione ERA vs. Corona, che stabilisce azioni prioritarie coordinate a breve termine. Il piano d'azione sta già determinando un più stretto coordinamento delle misure attuate dai singoli Stati membri e dalla Commissione, fornendo un quadro che consente di unire le forze nel garantire sostegno finanziario, creare nuove opportunità di finanziamento, riorientare progetti esistenti, condividere dati per accelerare la risposta ad un problema comune, evitando duplicazioni.
  Sul piano strettamente attinente ai progetti di ricerca scientifici finanziati a valere sul programma quadro di ricerca ed innovazione, la Commissione europea ha agito altrettanto tempestivamente, immediatamente dopo la divulgazione da parte delle autorità di Wuhan delle prime informazioni ufficiali sulla pandemia. Nel mese di gennaio 2020 è stato pubblicato il primo bando, nell'ambito di uno dei progetti tematici definito Salute (SC1-PHE-CORONAVIRUS-2020-1), che ha previsto il finanziamento di 18 progetti per sviluppare diagnosi, trattamenti, vaccini e preparazione alle epidemie. Inoltre, attraverso il Consiglio europeo per l'innovazione, la Commissione ha investito 117 milioni di euro in 8 progetti di diagnostica e trattamenti.
  Successivamente, è stato bandito un secondo invito a manifestare interesse (SC1-PHE-CORONAVIRUS-2020-2) nell'ambito del tema Salute, rendendo disponibili ulteriori 122 milioni di euro per finanziare progetti di ricerca.
  La Commissione europea ha dato evidenza di tutte le iniziative rientranti nel quadro del piano d'azione comune, che possono ben ritenersi tempestive ed adeguate, sia dal punto di vista del metodo sia sul piano della programmazione finanziaria.
  Durante questa pandemia, dunque, l'apporto della ricerca italiana alla comunità scientifica internazionale che si è mobilitata nella lotta contro il Sars-CoV-2, è stato notevolissimo, sia per quantità che per qualità; in questo quadro il Ministero dell'università e della ricerca proseguirà nell'azione di monitoraggio dei progetti posti in essere dai diversi gruppi di ricerca che stanno lavorando in una lotta contro il tempo, convinto che i nostri ricercatori sapranno mettere al servizio del Paese il loro intuito e le loro grandi competenze.

Il Ministro dell'università e della ricerca: Gaetano Manfredi.


   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di mercoledì 11 novembre 2020, il Comitato centrale comunista di Pechino ha emesso una propria risoluzione con il fine di autorizzare il Governo locale di Hong Kong a destituire qualunque parlamentare eletto ritenuto non rispettoso della sovranità nazionale (cinese), senza dover previamente ricorrere al giudizio di corti e tribunali;

   in quella stessa giornata, pochi minuti dopo la comunicazione ufficiale dell'emanazione del provvedimento da parte della Cina, sono stati immediatamente destituiti 4 deputati dell'opposizione, nello specifico rappresentanti del Civic Party, partito liberale pro-democrazia;

   come conseguenza di tale atto di repressione del dissenso politico, tutti i parlamentari dell'opposizione hanno rassegnato in massa le proprie dimissioni;

   la legge sulla sicurezza nazionale (entrata in vigore il 1° luglio 2020), aveva già fortemente limitato il diritto di parola, di pensiero, di stampa e di manifestazione dei cittadini di Hong Kong;

   le elezioni, inizialmente previste per il 6 settembre 2020, sono state posticipate di un intero anno, ufficialmente a causa della pandemia da Covid-19 e adesso vengono apertamente colpiti i rappresentanti delle forze di opposizione eletti dal popolo;

   il Ministro interrogato ha più volte sostenuto una politica di «non ingerenza negli affari altrui» da parte del Governo italiano con riferimento alla situazione di Hong Kong;

   quanto sta avvenendo in queste ore rappresenta l'ennesimo, preoccupante affronto ai valori democratici fondamentali e ad un'istituzione di rappresentanza popolare democraticamente eletta –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla vicenda e quali iniziative di competenza intenda portare avanti per sostenere il rispetto dei diritti umani e politici all'interno di un territorio la cui ampia autonomia è protetta dai trattati internazionali.
(4-07485)

  Risposta. — Sui recenti sviluppi ad Hong Kong il Governo italiano, anche assieme ai partner dell'Unione europea e del G7, mantiene una chiara posizione in difesa del principio «Un Paese, due Sistemi» e del sistema di diritti e libertà che esso garantisce.
  Da ultimo, l'Italia ha infatti aderito, concordandone i contenuti assieme agli altri Stati membri dell'Unione europea, alla dichiarazione del 12 novembre 2020 dall'Alto rappresentante Borrell, relativa alla pronuncia — prima di ineleggibilità e conseguentemente di decadenza dall'attuale seggio — a danno di alcuni membri del Consiglio legislativo di Hong Kong. Con quella dichiarazione è state espresso unanime e forte riserva sulla decisione adottata il 7 novembre dal massimo organo legislativo cinese, il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo, dal momento che i criteri, in essa delineati per valutare la compatibilità con lo svolgimento della carica pubblica appaiono basati su una nozione di «patriottismo» soggetta a pericolose strumentalizzazioni politiche.
  Preoccupa inoltre come tale decisione possa consentire al potere esecutivo di procedere alla dichiarazione di ineleggibilità e destituzione di membri del Consiglio legislativo, senza che intervenga alcun procedimento giudiziario o che vi sia possibilità di appello.
  Insieme alle istituzioni europee e agli altri Paesi membri, abbiamo dunque affermato che la decisione infligge un ulteriore severo colpo al pluralismo e alla libertà di opinione ad Hong Kong, minando nuovamente la tenuta del principio «Un Paese, due Sistemi». La dichiarazione dell'Unione europea sollecita quindi le autorità di Pechino e Hong Kong a ritornare sui propri passi, al fine di consentire il reintegro dei membri del Consiglio destituiti.
  Quanto alla posizione assunta rispetto all'evoluzione della situazione ad Hong Kong, il Governò italiano ha quindi espresso la propria grave preoccupazione sulla non conformità di tale legge con gli impegni internazionali presi dalla Cina con la dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984 e con stessa Legge fondamentale di Hong Kong. Si tratta di una posizione che il Governo ha veicolato sia congiuntamente ai partner dell'Unione europea – ben nove dichiarazioni negli ultimi sei mesi — e G7, sia sul piano bilaterale, fin dal primo annuncio di introduzione della legge sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong da parte delle autorità cinesi, il 21 maggio 2020.
  Il Governo ha anche attivamente contribuito all'adozione delle conclusioni del Consiglio europeo del 24 luglio 2020 sulle misure a sostegno della società civile di Hong Kong. Esse includono l'avvio di una riflessione sulle implicazioni della legge per la sicurezza nazionale in materia di visti, migrazione, asilo e residenza; sull'opportunità di potenziare lo scrutinio in materia di esportazione di specifici equipaggiamenti e tecnologie sensibili ad Hong Kong potenzialmente applicabili per la repressione interna; l'esplorazione di possibilità di incremento nel numero di borse di studio e scambi accademici per studenti e Università di Hong Kong; la possibilità di approfondire l'
engagement nei confronti della società civile; il monitoraggio dei rischi potenziali derivanti dalla legge in parola per i cittadini europei e quelli relativi all'extraterritorialità; una valutazione sulle conseguenze sull'operatività di accordi di estradizione ed eventualmente altri accordi rilevanti con Hong Kong. Su tutti questi fondamentali aspetti è in corso un'attenta valutazione da parte del Governo italiano, in costante coordinamento con i partner europei.
  In ambito Onu, l'Italia ha da ultimo aderito ad una dichiarazione su Hong Kong (e Xinjiang) effettuata da un gruppo di Paesi «
like-minded» in sede di III Commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
  Sul piano bilaterale, le medesime preoccupazioni — a tutela del sistema di diritti e libertà garantito ad Hong Kong – sono state chiaramente e fermamente ribadite in varie occasioni. Il Ministro Di Maio si è espresso non solo a margine del Consiglio affari esteri del 29 maggio 2020, ma anche in occasione dei colloqui bilaterali con il suo omologo, il Consigliere di Stato e Ministro degli esteri cinese, Wang Yi, sia nella video teleconferenza del 29 luglio che, in particolar modo, nel corso della visita a Roma di quest'ultimo il 25 agosto 2020.
  Le prese di posizione dunque non mancano. La Farnesina continuerà senz'altro a seguire gli sviluppi con la massima attenzione, in coordinamento con i nostri principali partner. Non sfuggirà, infatti come il Governo, parallelamente alla necessaria interlocuzione bilaterale con Pechino, abbia dato forte rilevanza ad un'azione nei fori multilaterali e soprattutto nell'ambito dell'Unione europea, nella convinzione che su questi temi sia fondamentale rafforzare una voce forte e coesa europea, al fine di aumentare l'efficacia e l'incisività della nostra azione a tutela di diritti e libertà fondamentali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   MANTOVANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   all'interno del decreto-legge n. 113 del 2018, l'articolo 29-bis introduce modifiche al codice della strada, in materia di circolazione di veicoli immatricolati all'estero. In particolare, si modificano gli articoli 93 (concernente, tra l'altro, la carta di circolazione), 132 (sulla circolazione dei veicoli immatricolati all'estero) e 196 (inerente la solidarietà in caso di violazioni punibili con sanzione amministrativa pecuniaria) del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992;

   l'articolo 93 del codice della strada reca disposizioni inerenti all'immatricolazione e all'obbligo del possesso della carta di circolazione per gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi. La novità in esame vieta a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni di circolare con un veicolo immatricolato all'estero (nuovo comma 1-bis dell'articolo 93), salvo quanto previsto per taluni casi di leasing, locazione o comodato;

   i veicoli concessi in leasing o in locazione senza conducente da impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo devono essere dotati di un documento dal quale risulti il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. Il documento deve essere custodito a bordo e sottoscritto dall'intestatario. Deve inoltre recare una data certa. Il possesso di tale documento è prescritto anche per il veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con impresa estera. La disciplina si applica, nel rispetto del codice doganale comunitario, alle imprese che non abbiano stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva. In mancanza del documento, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente (nuovo comma 1-ter);

   nei mesi scorsi si sono registrati molti casi controversi e degni di particolare attenzione. Solo per citarne alcuni: una signora residente a Rimini e alla guida dell'auto con targa sammarinese del marito sammarinese è stata multata di 712 euro con confisca della vettura. In precedenza, era stato disposto il fermo (al casello autostradale) di un pullman scolastico targato San Marino dell'azienda sammarinese Benedettini che ha poi deciso di rinunciare a trasportare scolaresche italiane in gita. Un altro pullman targato RSM e condotto da un autista italiano che portava una comitiva di turisti cinesi in aeroporto è stato fermato lungo la strada e i turisti sono stati costretti a chiamare una colonna di taxi per riuscire a prendere l'aereo;

   il provvedimento legislativo italiano sta creando seri problemi anche a chi semplicemente è domiciliato o lavora appena fuori i confini italiani pur restando residente in Italia. In difficoltà sono molti dei 5.800 frontalieri, non solo a San Marino ma anche nelle zone di confine comprese tra il Principato di Monaco e la Svizzera –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di individuare soluzioni concrete per i soggetti interessati;

   se il Governo non ritenga di valutare l'adozione di iniziative per definire un periodo di sospensione del provvedimento al fine di consentire ai soggetti coinvolti di dotarsi dei mezzi necessari per essere in regola con le nuove disposizioni.
(4-03641)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  In sede di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018, è stato modificato l'articolo 93 del codice della strada, prevedendo il divieto di circolazione in Italia dei veicoli immatricolati all'estero condotti da coloro che hanno stabilito la propria residenza in Italia una volta decorsi 60 giorni; divieto temperato da alcune eccezioni espressamente previste dalla normativa per alcuni specifici casi di veicolo concesso in leasing, locazione senza conducente o comodato.
  La norma ha l'obiettivo di contrastare il fenomeno della cosiddetta «esterovestizione», ossia la circolazione di autoveicoli con targa estera nel territorio nazionale al solo fine di eludere gli obblighi assicurativi e fiscali e di evitare l'applicazione delle sanzioni del codice della strada.
  Al fine di intervenire su alcune criticità emerse in sede di applicazione della predetta normativa, sono stati effettuati approfondimenti tra le diverse Amministrazioni interessate, che hanno elaborato alcune proposte confluite nella disposizione normativa introdotta con l'articolo 16-
ter del decreto-legge n. 76 del 16 luglio del 2020, cosiddetto «decreto Semplificazione», convertito con la legge n. 120 del 2020.
  Con tale intervento è stata esclusa l'applicazione del divieto in questione a diverse categorie: ai residenti nel comune di Campione d'Italia; al personale civile e militare dipendente da pubbliche amministrazioni in servizio all'estero, di cui all'articolo 1, comma 9, lettere
a) e b), della legge 27 ottobre 1988, n. 470; ai lavoratori frontalieri, o a quei soggetti residenti in Italia che prestano un'attività di lavoro in favore di un'impresa avente sede in uno Stato confinante o limitrofo, i quali, con il veicolo ivi immatricolato a proprio nome, transitano in Italia per raggiungere il luogo di residenza o per far rientro nella sede di lavoro all'estero; al personale delle Forze armate e di polizia in servizio all'estero presso organismi internazionali o basi militari; al personale dipendente di associazioni territoriali di soccorso, per il rimpatrio dei veicoli immatricolati all'estero.
  Per quanto riguarda, in particolare, i lavoratori cosiddetti «frontalieri» occorre rilevare che la disciplina introdotta con il citato decreto-legge n. 76 del 2020 convertito in legge n. 120 del 2020, risolve alcune ma non tutte le criticità emerse in sede applicativa. Infatti, mentre in forza della citata disposizione sono esentati dal divieto di circolazione i «frontalieri» circolanti con veicolo ad essi intestato, non lo sono quanti utilizzano vetture aziendali né vettura riconducibili ai «servizi di cortesia».
  Su tali temi ci sono stati una serie di incontri ed è stata registrata una convergenza sulle possibili aperture verso soluzioni comuni; in questo senso si rappresenta la disponibilità del Ministero dell'interno e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad individuare delle soluzioni per non penalizzare i lavoratori frontalieri.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   MARIANI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria provocata dal COVID-19 ha generato un forte calo dell'attività sportiva, con conseguenze non solo sull'indotto economico che da lavoro a decine di migliaia di operatori, ma anche e soprattutto sulla salute psicofisica dei cittadini;

   i centri sportivi sono ormai chiusi da più di due mesi e le entrate su cui si sostiene lo sport, prevalentemente istituzionali, derivanti da quote sociali o di tesseramento, non consentono di superare facilmente questo drammatico momento, pesando inoltre sui bilanci delle famiglie già aggravati dalla crisi;

   l'avvio della Fase 2 ha solo parzialmente risolto il problema, in quanto molte associazioni e società sportive non sono riuscite a riprendere l'attività normalmente, a causa sia delle limitazioni nell'uso degli spazi, sia delle modifiche strutturali necessarie per l'adeguamento alle norme di sicurezza che richiedono progettazione e iter autorizzativi con tempi troppo lunghi ed il più delle volte con costi assai elevati;

   al fine di scongiurare la chiusura e il fallimento di migliaia di società, con le inevitabili ricadute sociali ed economiche, si potrebbe consentire al sindaco, di concerto con le società sportive del territorio, di identificare aree verdi e spazi all'aperto, comunque denominati, da destinare gratuitamente, in uso esclusivo o con turnazione oraria, alle associazioni sportive dilettantistiche, che altrimenti difficilmente potrebbero far fronte alle ottemperanze richieste dalla legge;

   un uso più corretto delle aree verdi porterebbe anche ad una maggiore consapevolezza del patrimonio ambientale da parte dei cittadini ed una formazione di coscienza civica in tal senso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione espressa in premessa e, in considerazione delle strette contingenze temporali, nonché degli interessi coinvolti, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di incentivare l'utilizzo del patrimonio verde in uso esclusivo o con turnazione oraria, alle associazioni sportive dilettantistiche.
(4-05995)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, contenente tra l'altro la proposta di consentire ai comuni di concedere gratuitamente ad associazioni e società sportive dilettantistiche di aree verdi all'interno dei parchi cittadini, si conferma che la stessa è apparsa meritevole di attenzione.
  Tale proposta, già messa in pratica da diversi comuni italiani, a partire da alcuni municipi della Capitale, è tornata attuale per via della seconda ondata di contagi connessi all'epidemia da COVID-19 che stiamo attraversando.
  Le misure adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020 e 3 novembre 2020, infatti, sono state sospese le attività sportive che si svolgono al chiuso, nonché le competizioni e gli allenamenti degli sport di contatto.
  Mi preme inoltre evidenziare che in data 22 aprile 2020, ho emanato l'atto di indirizzo alla società «Sport e salute S.p.A.» nel quale è previsto che le politiche pubbliche nel settore sport per l'anno 2020 e per il triennio 2020-2022 dovranno necessariamente valorizzare il binomio «sport-salute», contestualizzandolo nel dato emergenziale connesso, all'epidemia in corso, sia dal punto di vista sanitario che socio-economico.
  In quest'ottica, il 10 novembre 2020 è stato anche siglato il protocollo d'intesa tra l'Anci e la società «Sport e salute S.p.A.» grazie al quale molte aree verdi all'interno dei comuni di tutta Italia potranno essere affidate in concessione gratuita alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche che si trovano in situazione di difficoltà, le quali potranno svolgere le loro attività all'aperto.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   MORRONE, MURELLI, CAVANDOLI, RAFFAELLI e GOLINELLI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'attività fisica a ogni età è indispensabile per mantenere in buona salute le persone: stare bene conviene quindi a tutti gli attori sociali, dallo Stato, alle regioni, al mondo produttivo, ma soprattutto agli stessi individui;

   la Romagna è al primo posto in Italia per chi pratica sport (solo il 13 per cento non fa attività sportiva contro una media italiana del 28 per cento);

   le attività gestite dagli imprenditori del wellness rappresentano il 3,2 del prodotto interno lordo in Romagna rispetto a una incidenza nazionale dell'1,4 per cento;

   il settore del wellness rappresenta un vero motore per l'economia romagnola con quasi 12.500 occupati e con oltre 2400 imprese tra Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna;

   ripartire al più presto per le aziende del settore è motivo di sopravvivenza. In caso contrario, ci sarebbe il rischio chiusura per il 77 per cento delle imprese per i costi insostenibili di gestione senza introiti: il 59 per cento delle aziende nel territorio è infatti composto da piccoli imprenditori e solo il 12 per cento appartiene a catene, la restante percentuale è composta da piccoli studi di yoga, pilates e altro;

   le aziende di questo settore vogliono lavorare in sicurezza, garantendola anche ai loro clienti; purtroppo, i gestori di palestre con codice Ateco attivo, quindi aziende non da equiparare al medesimo livello delle società sportive senza fine di lucro, non hanno ricevuto alcuna comunicazione sulla riapertura e sulle sue modalità, contrariamente a tutte le altre aziende italiane, per questo risulta impossibile organizzare il lavoro futuro e la gestione dei dipendenti e della clientela;

   tra le criticità denunciate vi sono le seguenti: la mancata comunicazione di direttive sull'apertura che permetta ai gestori di organizzarsi senza incertezze; gli immobili utilizzati, non essendo in categoria C1, non fanno parte di quelli per i quali è previsto il recupero di imposte e, non essendo nota la data di riapertura, le aziende non hanno la possibilità di contrattare eventuali riduzioni del canone di affitto; non ci sono direttive per le procedure di disinfezione che potrebbero rappresentare un costo insostenibile a fronte del calo di lavoro –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, con urgenza, per:

   a) scongiurare la chiusura di migliaia di aziende in Romagna e in Italia, considerando gli innegabili e provati benefici dell'attività sportiva a ogni età;

   b) dare, nell'immediato, direttive certe, adeguate e complessive sulla riapertura in sicurezza delle aziende del wellness con codice Ateco attivo;

   c) dare sostegno a queste aziende che coinvolgono migliaia di lavoratori.
(4-05484)

  Risposta. — In riferimento ai temi sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, ritengo opportuno evidenziare che le azioni intraprese dal Governo, per fronteggiare, la crisi sanitaria e le sue gravi conseguenze economico-sociali interessano naturalmente anche le società sportive e di fitness aventi sede nella regione Emilia Romagna e riportate al seguente punto c).
  In particolare, rappresento quanto segue:

   a) le misure adottate dal Governo sono state ispirate sin dall'inizio della crisi a criteri di prudenza, proporzionalità e adeguatezza, prevedendo la graduale riapertura delle attività dopo la fase di lockdown in costante dialogo con le regioni e le competenti autorità sanitarie, sino all'adozione delle recenti misure di contenimento dei contagi, quando le evidenze scientifiche dei dati connessi alla «seconda ondata» hanno imposto misure quali, tra le altre, la sospensione delle attività sportive al chiuso e degli sport di contatto;

   b) come noto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, nel tener conto di prioritarie esigenze di tutela della salute connesse al rischio di diffusione da COVID-19, al fine di sostenere la graduale ripresa delle attività sportive, ha consentito, a partire dal 4 maggio 2020, le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, di discipline sportive individuali, nel rispetto delle norme di distanziamento fisico e senza alcun assembramento. Il Dipartimento per lo sport ha emanato in data 3 maggio 2020 le Linee guida sulle modalità di svolgimento degli allenamenti per gli sport individuali. Documento redatto su impulso del CONI e del CIP, elaborato in stretta sinergia con la Federazione medico sportiva italiana, le federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate e gli enti di promozione sportiva, nonché validate dal comitato tecnico-scientifico istituito presso il Dipartimento della protezione civile. Il suddetto documento ha previsto espressamente la previsione in capo agli organismi sportivi, riconosciuti dal CONI e/o dal CIP, di emanare appositi protocolli di dettaglio che tengano conto tanto delle indicazioni delle Linee guida generali, quanto delle specificità tecnico-organizzative delle singole discipline.
   Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 maggio 2020, sono state consentite le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport di squadra. Ciò ha rappresentato un primo passo verso la ripresa di tutti i campionati. Con procedimento analogo agli sport individuali, il Dipartimento per lo sport ha prontamente emanato le Linee guida generali in data 18 maggio 2020;

   c) a partire dal decreto 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 28, sono state adottate diverse misure a sostegno del settore sportivo tra cui intendo segnalare le seguenti:

    indennità collaboratori sportivi per i mesi marzo (articolo 96 decreto-legge «Cura Italia»), aprile e maggio (articolo 98 decreto-legge «Rilancio»), giugno (articolo 12 decreto-legge «Agosto»), novembre (articolo 17 decreto-legge «Ristori»), dicembre (articolo 11 decreto-legge «Ristori» quater);

    «Fondo Salva Sport» – contributi a fondo perduto per associazioni sportive dilettantistiche e società sportive dilettantistiche previsti dall'articolo 217 del decreto-legge «Rilancio» che stanzia 90 milioni di euro (40 milioni di euro per il 2020 e 50 milioni di euro per il 2021);

    «Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive e dilettantistiche» – contributi a fondo perduto per complessivi 172 milioni di euro previsti dall'articolo 218-bis del «decreto rilancio», dall'articolo 3 del «decreto ristori» e dall'articolo 10 del «decreto ristori quater»;

    fondo perduto da destinare agli operatori IVA – sostegno agli operatori con codice Ateco riferito ai vari settori del mondo sportivo.

  In attuazione dei richiamati provvedimenti, il Dipartimento per lo sport ha avviato le procedure per l'erogazione dei contributi a fondo perduto prevedendo specifiche finestre grazie alle quali le associazioni sportive dilettantistiche e società sportive dilettantistiche titolari di un contratto di locazione potranno presentare istanza di rimborso per le spese di affitto, mentre i contributi a fondo perduto potranno sostenere le spese relative alle utenze nonché per gli eventuali costi sostenuti per le attività di sanificazione.
  A tali misure di sostegno, varate per far fronte alla situazione emergenziale da COVID-19, si devono aggiungere anche quelle predisposte in via ordinaria per il sostegno e il rilancio del mondo dello sport, tra cui assumono particolare rilievo:

   il bando Sport e periferie che eroga per le aree particolarmente svantaggiate finanziamenti per un totale di 140 milioni di euro (chiuso il 30 ottobre 2020, sono stati presentati 3.380 progetti);

   il tempestivo espletamento delle procedure connesse al riconoscimento dello «Sport Bonus»;

   la ripartizione delle risorse aggiuntive destinate al settore sportivo dalla legge di assestamento di bilancio n. 128 del 2020 pari a complessivi 95 milioni di euro che, in linea con l'atto di indirizzo da me emanato nel mese di aprile scorso, saranno destinate dalla società «Sport e Salute S.p.A.» per iniziative volte a fronteggiare la crisi epidemiologica in corso.
Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   NOVELLI e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da fonti di stampa, il 12 novembre 2020 gli agenti del reparto mobile della polizia di Roma, sono stati coinvolti in una operazione di trasferimento migranti della durata di circa 20 ore con 5 diversi voli aerei;

   in particolare, gli agenti sarebbero partiti la mattina del 12 novembre 2020, alle ore 10, da Roma in direzione Catania, dove avrebbero preso in carico circa 40 migranti da scortare a Milano. Da qui sarebbero ripartiti in direzione Catania per prendere a bordo un'altra quarantina di migranti da trasferire a Torino. Dal Piemonte avrebbero poi preso l'ultimo volo della missione, il quinto, per giungere a Roma la mattina del 12 novembre alle ore 4.30;

   i voli per il trasferimento dei migranti avrebbero avuto luogo senza nessun rispetto del distanziamento necessario a proteggere dai rischi di contagio da Covid-19 con 6 posti occupati, tutti, per ogni fila;

   il segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia (Mosap), Fabio Conestà ha dichiarato che «un servizio così lungo provoca un pericoloso abbassamento della concentrazione» con un pericolo per i poliziotti, perché i migranti avrebbero potuto «aggredire gli operatori o cercare di scappare»;

   preoccupa che agenti della polizia di Stato siano costretti a turni come quello appena descritto ed è doveroso che arrivino risposte sul perché sia successo quanto narrato e su come il Ministero dell'interno si muoverà affinché casi del genere non si reiterino –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   perché i poliziotti coinvolti siano stati costretti ad un turno di lavoro di circa 20 ore e se non fosse possibile organizzare diversamente il trasferimento;

   quali iniziative il Governo intenda adottare perché casi del genere non si ripetano più.
(4-07531)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato parlamentare indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via generale occorre premettere che il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno organizza regolarmente trasferimenti a mezzo aereo dei migranti giunti irregolarmente sulle coste italiane verso i Centri di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) presenti sul territorio nazionale; tali trasferimenti riguardano i destinatari di provvedimenti di respingimento o espulsione e avvengono previa assegnazione di posti nelle succitate strutture (entro i limiti della loro disponibilità) e al termini del periodo di quarantena con esito negativo del tampone.
  Si evidenzia che l'organizzazione dei trasferimenti in questione è influenzata da molteplici varianti riconducibili alle tempistiche richieste dallo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di trasporto aereo (nel caso di vettori privati) o per la disponibilità dell'aeromobile (nel caso di velivoli della Guardia di finanza utilizzati sulla base di apposita concessione). La complessità organizzativa dei trasferimenti comporta la necessità di una pianificazione preventiva dell'evento e, frequentemente, una sua rimodulazione in caso di circostanze sopravvenute (es. problematiche di ordine pubblico in occasione degli sbarchi o dei trasferimenti in aeroporto, esiti dei tamponi, calcolo dei periodi di quarantena, orario di discesa degli stranieri dalle navi quarantena).
  Nell'attività di pianificazione deve inoltre essere assicurata la collocazione degli stranieri nei C.P.R. in tempo utile per la celebrazione delle udienze di convalida del trattenimento e per il rimpatrio con il primo
charter a disposizione in calendario; occorre quindi ottimizzare nel modo migliore le operazioni di volo, prevedendo la presenza a bordo del maggior numero di stranieri possibile.
  In merito al caso specifico riferito nell'interrogazione, si rappresenta che a seguito di un contemporaneo aumento di capienza nei C.P.R. di Milano e Torino, si è organizzato il trasferimento a mezzo aereo di 81 stranieri sbarcati il 12 novembre 2020 dalla nave Suprema, in rada presso il porto di Augusta, secondo il seguente itinerario: Roma Fiumicino (imbarco degli 84 operatori di scorta) – Catania (imbarco 40 stranieri) – Milano (discesa degli stranieri destinati a quel CPR) – Catania (imbarco di ulteriori 41 stranieri destinati ai CPR di Torino e Roma) – Torino (discesa degli stranieri destinati a quel CPR) – Roma (discesa degli stranieri destinati a quel CPR e fine servizio).
  Tutti gli stranieri scortati erano stati sottoposti a tampone con esito negativo nel pomeriggio dell'11 novembre. Poiché sia le Forze dell'ordine che i cittadini stranieri indossavano i dispositivi di protezione individuale – in particolare mascherine FFP2 e guanti, così come previsto dalle disposizioni ministeriali in materia, la distribuzione del personale di polizia all'interno dell'aeromobile da 184 posti è stata stabilita, per ogni fila di tre posti, con un cittadino straniero al centro e due operatori di polizia ai posti laterali.
  La lunga durata delle operazioni di accompagnamento, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, è stata causata da un evento assolutamente imprevedibile, quale la comunicazione giunta nella mattinata del 12 novembre della positività al tampone di una operatrice in servizio presso il C.P.R. di Torino, meta della seconda tratta del trasferimento. Tale circostanza ha determinato la necessità di sottoporre a tampone tutti gli ospiti di quel Centro e tutti gli operatori che vi prestavano servizio, con ovvie ricadute sull'operazione di trasferimento.
  In particolare, si è reso necessario attendere il via libera da Torino, giunto intorno alle ore 20.00, per poter autorizzare la questura di Siracusa alla notifica dei provvedimenti e al trasferimento dei cittadini tunisini presso l'aeroporto di Catania.
  Si informa anche che nel corso delle operazioni sono stati garantiti agli operatori due pasti completi a bordo dell'aeromobile, oltre a un cosiddetto «sacchetto» a cura della questura di Torino, fruito con ritardo a causa della descritta criticità.
  Su un piano più generale si assicura che il Ministero dell'interno è fermamente impegnato nel garantire la massima tutela della salute al personale di polizia impiegato in servizi potenzialmente a rischio. A tal fine la direzione centrale di sanità del dipartimento di pubblica sicurezza fornisce costantemente gli idonei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) a tutti gli operatori della Polizia di Stato, indicandone il corretto utilizzo anche in relazione alle diverse tipologie di servizio, ai potenziali rischi di esposizione ed alla fase epidemiologica territoriale.
  I D.P.I. distribuiti rispondono alle più consolidate evidenze scientifiche ad oggi disponibili e garantiscono, se usati in maniera appropriata, un'efficace misura di protezione per l'operatore di polizia.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la questura di Bari – ufficio immigrazione ha sospeso le procedure di rilascio dei permessi di soggiorno sino al 16 giugno 2020 a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   solo successivamente alla riapertura dei servizi, la questura comunica di aver aderito a «cupa-Project», una piattaforma che consente la prenotazione on-line di un appuntamento;

   tutti i cittadini stranieri che avevano già ottenuto un appuntamento per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno fissato in una data ricadente nel suddetto periodo di sospensione, non avendo ricevuto alcuna comunicazione per informarli della necessità di procedere, alla riapertura degli uffici, alla nuova prenotazione con le nuove modalità, a quanto consta all'interrogante hanno visto annullato il loro appuntamento;

   dal 16 giugno 2020, a detta di chi ha tentato di effettuare la prenotazione con modalità telematiche, il servizio è risultato disattivo diverse volte;

   molti dei migranti in questione non sono nelle condizioni di effettuare la registrazione sul sito, sia per scarse conoscenze dei mezzi informatici sia per mancanza di dispositivi adeguati. Alcuni di essi si sono dunque rivolti a un rappresentante legale, il quale si è registrato alla piattaforma per prenotare l'appuntamento per i propri assistiti;

   una volta effettuate due prenotazioni per altrettanti utenti, la piattaforma bloccherebbe l'ulteriore tentativo di prenotazione con l'avviso che segue «Si avvisa che l'ufficio selezionato si è avvalso, per una migliore gestione interna, della funzionalità che non permette prenotazioni multiple presso lo stesso Ufficio in presenza di prenotazioni ancora attive. Pertanto per proseguire è necessario rimuovere le prenotazioni attive presenti, rinunciando di fatto alle stesse»;

   in tal modo, il legale che intenda prenotare per un ulteriore assistito, è costretto a pregiudicare i diritti degli altri suoi assistiti che vedrebbero annullato il loro appuntamento con tutte le conseguenze che ne derivano;

   tentando di effettuare una prenotazione in data odierna, la prima data utile per un appuntamento è quella dell'8 marzo 2021. Tale ritardo potrebbe definitivamente compromettere il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno di un cittadino straniero che si trovi nelle condizioni di doverlo rinnovare entro tale data o, persino, diversi mesi prima –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se intenda spiegare le ragioni delle restrizioni imposte nella gestione delle prenotazioni per conto terzi, posto che quanto riportato in premessa non pare svolgersi in conformità alle norme dell'ordinamento nazionale e internazionale in materia e, al contrario, ad avviso dell'interrogante pregiudica l'esercizio di diritti sanciti dalla legge e dalla Costituzione;

   se e quali iniziative intenda intraprendere per consentire ai rappresentanti legali di gestire le prenotazioni nell'interesse dei propri assistiti e per garantire maggiore celerità nel disbrigo delle procedure di rilascio e/o rinnovo dei permessi di soggiorno presso gli uffici competenti più oberati.
(4-06467)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
  A seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, il Ministero dell'interno ha disposto un insieme di misure riguardanti le modalità di presentazione e rinnovo dei titoli di soggiorno rilasciati agli immigrati presenti sul territorio nazionale. Si è trattato di un ampio ambito di misure, qualitativamente diverse, ma tutte accomunate dal bisogno di contemperare le esigenze di tutela della salute pubblica – dei migranti e degli operatori – durante l'emergenza da COVID-19 con il mantenimento della funzionalità degli uffici, e volte a limitare il più possibile l'accesso agli uffici per prevenire affollamenti.
  In questo quadro, una prima, importante, iniziativa è consistita nella proroga
ope legis dei permessi di soggiorno, realizzata con il decreto-legge (convertito) n. 18 del 2020, entrato in vigore il 17 marzo 2020, che ha prorogato la validità di tutti i titoli di soggiorno fino alla cessazione dello stato di emergenza, deliberato dal Consiglio dei ministri il 7 ottobre 2020 e avente scadenza il 31 gennaio 2021 (articolo 3-bis, decreto-legge n. 125 del 2020, convertito).
  Oltre alle proroghe appena esposte, sono state poste in essere misure di natura organizzativa, che si sono concretate nella chiusura temporanea degli uffici immigrazione su tutto il territorio nazionale e nell'attivazione di procedure telematiche equivalenti ed alternative a quelle basate sull'accesso fisico degli interessati negli uffici.
  In questo senso, si è stabilita la chiusura degli uffici immigrazione per un periodo di 30 giorni a partire dal 9 marzo 2020. Il successivo 2 aprile il Ministero dell'interno ha operato una sospensione selettiva, e cioè limitata ad alcune attività dei predetti uffici, disponendo, d'intesa con Poste Italiane spa, un ulteriore rinvio di 10 settimane per le convocazioni già fissate in agenda ai fini del rilascio dei permessi di soggiorno.
  Di conseguenza, per effetto di tali misure assunte nel periodo di
lockdown, sono state congelate tutte le procedure relative al rilascio/rinnovo dei permessi di soggiorno, sia per le tipologie in ordine alle quali era necessario spedire il kit postale, sia per le pratiche amministrative di protezione internazionale, fatta eccezione per le prime istanze di asilo politico.
  Pertanto, nel periodo di sospensione delle attività, gli stranieri con convocazione in Questura rilasciata da Poste Italiane spa, hanno ricevuto da quest'ultimo ente, direttamente e per due volte consecutive, la comunicazione dello slittamento dei loro appuntamenti.
  Invece, per tutte le pratiche amministrative per le quali non era prevista la presentazione del
kit postale e per le quali quindi, nel periodo ante Covid, gli utenti si dovevano presentare personalmente presso l'Ufficio immigrazione della questura di Bari per fissare un appuntamento, la predetta Questura ha optato per l'adozione di un sistema telematico di prenotazione on-line denominato CUPA-Project. Si tratta, in sostanza, di una agenda elettronica per le prenotazioni che la questura di Bari ha avviato a decorrere dal 22 giugno 2020 mentre la riapertura al pubblico degli sportelli dell'ufficio immigrazione è avvenuta gradualmente a partire dal 16 giugno. L'utilizzazione della piattaforma CUPA-Project ha carattere temporaneo, in attesa di adottare il sistema ministeriale di prenotazione degli appuntamenti, che ad oggi è in fase di sperimentazione presso la questura di Milano. Attualmente 18 sono le questure, oltre quella di Bari, che si avvalgono del programma in oggetto.
  È utile puntualizzare che tutti gli stranieri in possesso di una convocazione rilasciata dal portale di Poste Italiane hanno avuto accesso, secondo la calendarizzazione già programmata telematicamente, agli sportelli per l'acquisizione delle istanze. Va inoltre rilevato che la questura di Bari non ha mancato di dare ampia e tempestiva pubblicità circa la necessità per gli utenti di utilizzare la nuova piattaforma
CUPA-Project tramite il web mediante appositi comunicati stampa, affissioni nei locali dell'ufficio immigrazione ed anche dandone notizia ai responsabili dei principali patronati degli stranieri.
  Per completezza di risposta, inoltre, è il caso di aggiungere che il sistema telematico in questione non consente di effettuare prenotazioni multiple e che tale vincolo tecnico non è modificabile dall'ufficio immigrazione, che utilizza la piattaforma
CUPA-Project a titolo gratuito sulla base di una convenzione con il gestore dell'applicativo (SACI S.a.s.). In pratica, nell'attuale configurazione del sistema, ogni utente, registrandosi con una propria e-mail, può effettuare una sola prenotazione, comprensiva del nucleo familiare, nonché posticipare l'appuntamento o eliminarlo definitivamente.
  Infine, per quanto attiene ai riferiti ritardi nella fissazione degli appuntamenti, si rappresenta che è stato mantenuto inalterato il numero massimo di appuntamenti giornalieri per le differenti tipologie di pratiche amministrative, e anzi, in taluni casi, la disponibilità di prenotazioni è stata aumentata.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su «Avvenire.it» il 26 gennaio 2020 si apprende che, nella serata del 15 gennaio 2020, un uomo di nazionalità libica sarebbe stato ricoverato presso l'ospedale San Raffaele di Milano a seguito di alcune ferite riportate ad una gamba e alla schiena, causate da un accoltellamento subito ad opera di due connazionali;

   i tre libici, il ferito e i due presunti aggressori, si troverebbero in Italia sulla base di un accordo vigente tra l'ambasciata libica presso la Santa Sede e il Gruppo ospedaliero San Donato (di cui fa parte il San Raffaele) che prevede la possibilità di curare in Italia i feriti coinvolti negli scontri in atto in Libia;

   il gruppo ospedaliero, da quanto si apprende, da quasi un anno curerebbe combattenti libici che, a spese delle autorità di Tripoli, vengono portati a Milano per essere curati e, se guariti, rimandati a combattere;

   tra essi vi sarebbero appartenenti ad alcune delle più famigerate milizie, comprese quelle accusate dall'Onu di gravi violazioni dei diritti umani, di abusi sui migranti e di vari crimini;

   l'aggressione descritta in premessa sarebbe avvenuta all'interno di un albergo vicino all'ospedale San Raffaele, dove i tre alloggiavano sempre nell'ambito del programma riabilitativo previsto dal suddetto accordo;

   nel caso specifico, i due presunti aggressori risulterebbero indagati a Milano per lesioni aggravate e porto di coltello e accusati di aver accoltellato e ferito il loro connazionale;

   i due, nei giorni scorsi, sarebbero stati condotti in macchina fino a Roma da dove sarebbero stati imbarcati su un volo verso la Libia;

   gli inquirenti avrebbero deciso di ascoltare una serie di persone informate sui fatti compreso il console libico;

   a parere dell'interrogante, i due uomini sarebbero dovuti restare a disposizione degli investigatori italiani che, indagando sul ferimento, hanno avuto la possibilità di scoprire la presenza di decine di combattenti libici arrivati a Milano in questi mesi;

   una delle ipotesi avanzata dagli stessi inquirenti sarebbe che i tre potrebbero essere dei combattenti libici, fatti rientrare immediatamente nel loro Paese nel timore che, dopo essere stati indagati per l'aggressione, avrebbero potuto rivelare qualcosa che presumibilmente sarebbe dovuto rimanere segreto e per questo, qualcuno in Libia, avrebbe avuto tutto l'interesse a farli tornare immediatamente;

   nell'inchiesta, coordinata dal capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili e condotta dalla Digos, non si ipotizza un caso di rapimento, rimane quindi il legittimo dubbio sul perché i due indagati per lesioni siano stati fatti rientrare nel loro Paese probabilmente dalle stesse autorità libiche, e su chi abbia deciso e permesso ad autorità e personale libico di riportarli indietro –:

   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in merito ai fatti esposti in premessa;

   se dispongano di elementi, per quanto di competenza, circa i motivi per cui due uomini di nazionalità libica, indagati a Milano per lesioni, siano stati fatti rientrare nel loro Paese, sembrerebbe, dalla ricostruzione dei fatti, in tutta fretta e di nascosto;

   se risulti che siano state le stesse autorità libiche ad organizzare il rientro in patria dei due uomini e se si conosca la loro identità;

   se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per reperire ogni informazione utile a comprendere l'eventuale coinvolgimento delle autorità libiche nell'operazione per far rientrare i due loro connazionali e se vi sia un coinvolgimento e in che misura, delle autorità italiane nella stessa operazione;

   se e quali autorità italiane abbiano dato il via libera all'accordo sulle cure di cui in premessa, e come sia stato monitorato il flusso di libici portati in Italia con regolare visto.
(4-04643)

  Risposta. — Dopo lo scoppio delle ostilità a Tripoli nell'aprile del 2019, il Governo di Accordo nazionale libico, legittimo e riconosciuto dalla comunità internazionale e dall'Italia, ha chiesto tramite l'ambasciata di Libia a Roma la collaborazione delle autorità italiane per agevolare l'ingresso nel nostro Paese di feriti affinché potessero ricevere le cure mediche necessarie.
  L'assistenza alle autorità libiche trova il suo inquadramento politico nel persistente sostegno dell'Italia al Governo di accordo nazionale e nella collaborazione bilaterale italo-libica, nel solco del trattato di amicizia partenariato e cooperazione del 2008 e della «Tripoli Declaration» del 2012.
  Le prestazioni mediche menzionate nell'interrogazione risultano essere avvenute nell'ambito di accordi privatistici stipulati direttamente tra le autorità libiche (per il tramite dell'ambasciata di Libia a Roma) e alcune strutture sanitarie private italiane. Essi sono stati negoziati e conclusi senza il coinvolgimento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. I relativi oneri finanziari sono esclusivamente a carico delle parti libiche contraenti.
  Appare quindi opportuno sottolineare che i fatti citati nell'interrogazione si sono svolti senza alcun coinvolgimento, neanche a mero titolo informativo, della Farnesina.
  Il Ministero dell'interno ha da parte sua fatto sapere che il 15 gennaio 2020, nei pressi dell'hotel Rafael in via Olgettina a Milano, tre cittadini libici hanno avuto un violento alterco, generato apparentemente da un debito di poche decine di euro e culminato con l'accoltellamento di uno di loro. Il ferito è stato accompagnato nel vicino ospedale San Raffaele, mentre i due presunti responsabili dell'accoltellamento si sono allontanati rapidamente dalla struttura ricettiva prima dell'arrivo delle Forze dell'ordine. La prima attività di indagine, esperita nell'immediatezza, ha consentito di accertare che i cittadini stranieri coinvolti erano militari libici feriti in combattimento, appartenenti all'esercito del Governo di Accordo Nazionale libico, già curati presso l'ospedale San Raffaele e successivamente ospitati presso l'hotel Rafael, in attesa di ricevere altre cure che non prevedevano un'ulteriore ospedalizzazione.
  I due presunti aggressori, ha riferito il Ministero dell'interno, non risultano più presenti sul territorio nazionale. La prefettura di Milano ha reso noto che è in corso un'indagine della questura di Milano sulle dinamiche che hanno consentito ai due presunti aggressori di allontanarsi dal territorio nazionale e su eventuali connivenze o complicità in ambito consolare e, in generale, sulle modalità di arrivo in Italia dei combattenti libici. L'indagine è stata delegata dall'autorità giudiziaria ed è oggetto del necessario segreto istruttorio.
  Da tempo – ha infine indicato il Ministero dell'interno – è attivo un accurato monitoraggio da parte degli organismi di sicurezza nei confronti di tutti i militari e combattenti libici feriti che giungono in Italia in virtù di convenzioni stipulate tra le autorità libiche e diverse nostre strutture sanitarie (presenti, in particolare, a Roma e a Milano).

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   POTENTI, ANDREUZZA, BINELLI, DARA e PETTAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il ruolo di mediazione sociale dei prefetti è il meno noto dei compiti istituzionali di queste figure pubbliche. Alla luce del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 è diventata una funzione vitale per molte aziende. Sono i prefetti, infatti, i soggetti cui è stato rimesso il gravoso compito di salvare imprese, cittadini e territorio da un'epidemia in grado di mettere in ginocchio l'economia;

   è infatti il prefetto che ha il compito di esaminare le migliaia di «comunicazioni» delle aziende che intendono continuare la loro attività a fronte di una loro ritenuta indispensabilità produttiva, per il rapporto di filiera con industrie strategiche. Provincia per provincia, il prefetto è quindi deputato all'esame delle centinaia, addirittura migliaia per le province più grandi, di comunicazioni pervenute con la decisione di dare l'«ok» o meno alla prosecuzione dell'attività;

   dalle prime informazioni che sono state diffuse pare che le prefetture siano in una situazione gravissima, e stiano facendo ogni sforzo possibile per esaminare tutte le migliaia di domande pervenute;

   la sola prefettura di Livorno, ad esempio, ne contava alla data del 28 marzo 2020 ben 1.500, determinando questa situazione il rischio, in assenza di una indispensabile attività di monitoraggio da parte del Ministero, di discrasie valutative per medesimi tipi di attività da prefettura a prefettura, con aumento di contenzioso che parrebbe opportuno prevenire –:

   se e quali siano i dati in possesso del Ministro interrogato circa le domande delle aziende pervenute alle prefetture italiane alla data odierna; se e quale controllo eserciti il Ministero dell'interno sullo screening delle domande; se vi sia intenzione di adottare correttivi straordinari rispetto a valutazioni di chiusura di aziende che sia opportuno riconsiderare.
(4-05042)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020 fu disposta la sospensione di tutte le attività produttive, industriali e commerciali, fatta eccezione per quelle indicate nell'allegato 1 al decreto stesso.
  Il provvedimento individuava altresì ulteriori tipologie di attività – quelle funzionali ad assicurare la continuità delle filiere nei settori consentiti e quelle degli impianti a ciclo produttivo continuo – la cui prosecuzione era consentita previa comunicazione al prefetto territorialmente competente, il quale, laddove avesse verificato l'insussistenza dei presupposti legittimanti, avrebbe proceduto a sospendere l'attività stessa. Come noto, non si trattava di un meccanismo autorizzatorio, nel senso che l'operatore economico che avesse adempiuto al prescritto onere comunicativo poteva proseguire la propria attività, fino all'eventuale provvedimento prefettizio di sospensione.
  Di contro, era necessaria l'autorizzazione del prefetto territorialmente competente per la prosecuzione delle attività dell'industria dell'aerospazio e della difesa, nonché delle altre attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale.
  All'indomani della pubblicazione del citato decreto presidenziale, il Ministero dell'interno con circolare n. 18035 del 23 marzo scorso, fornì ai prefetti indicazioni finalizzate al miglior esercizio di questa nuova competenza loro affidata nella fase emergenziale.
  In particolare, veniva focalizzata l'attenzione sulla necessità di porre in essere le proprie valutazioni con la massima celerità e di avvalersi del contributo specialistico di qualificati soggetti istituzionali, chiamati a fornire idonei elementi atti a consolidare l'impianto dei provvedimenti sospensivi, autorizzatori ovvero di diniego.
  Anche sulla scorta di queste indicazioni, in tutte le prefetture furono immediatamente attivati tavoli e altri canali di collaborazione interistituzionale, che si nutrivano della costante interlocuzione, tra gli altri, con gli uffici delle regioni e degli altri enti territoriali, con le camere di commercio, con i comandi territoriali della Guardia di finanza e dei Vigili del fuoco e con le associazioni di categoria.
  Il sistema sopra delineato fu poi modificato, sotto un duplice profilo, ad opera del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2020.
  In particolare, da un lato, venne ampliato il novero delle attività economiche e produttive consentite, dall'altro, fu generalizzato il sistema della preventiva comunicazione al prefetto territorialmente competente, estendendolo anche alle attività prima assoggettate al regime autorizzatorio. Ulteriore elemento di novità fu rappresentato dalla previsione che, in sede di valutazione delle condizioni richieste dalla norma per la prosecuzione delle attività per le quali operava l'obbligo della comunicazione, il prefetto potesse adottare il provvedimento di sospensione sentito il presidente della regione interessata.
  Da ultimo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2020 introdusse una nuova fattispecie di preventiva comunicazione al prefetto, avente ad oggetto determinate richieste di accesso ai locali aziendali delle attività sospese per specifici motivi ivi indicati (svolgimento di attività di vigilanza, attività conservativa e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione, spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino e ricezione in magazzino di beni e forniture).
  Con circolare del 14 aprile 2020, il Ministero dell'interno, nell'illustrare ai prefetti le novità introdotte dal citato decreto, forniva loro specifiche indicazioni finalizzate alla più efficiente ed efficace attuazione del sistema di preventiva comunicazione, con particolare riferimento alla necessità di proseguire nelle proficue interlocuzioni collaborative già avviate con le altre amministrazioni ed istituzioni competenti, tra le quali veniva evidenziata la partecipazione degli uffici delle regioni, degli altri enti territoriali competenti, delle camere di commercio, delle rappresentanze di categoria, dei comandi provinciali della Guardia di finanza, ricorrendo, ove ritenuto opportuno, alla stipula di appositi protocolli operativi. Inoltre, veniva suggerita l'opportunità di demandare al personale del Corpo della Guardia di finanza, in linea con le funzioni proprie di polizia economico-finanziaria, lo svolgimento di specifici controlli e riscontri.
  Si forniscono i dati, aggiornati al 4 maggio 2020, relativi alle comunicazioni ricevute complessivamente dalle prefetture in applicazione dei due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, del 22 marzo e del 10 aprile 2020:

   223.754 comunicazioni ricevute, con riferimento alla prosecuzione delle attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere nei settori consentiti, nonché delle attività dell'industria dell'aerospazio, della difesa e delle altre attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale, dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali (3.246 delle quali si sono concluse con l'adozione di provvedimenti di sospensione);

   2.066 comunicazioni ricevute, con riferimento alla prosecuzione degli impianti a ciclo produttivo continuo (61 delle quali si sono concluse con l'adozione di provvedimenti di sospensione);

   3.328 comunicazioni ricevute, con riferimento alle attività dell'industria dell'aerospazio e della difesa, nonché alle altre attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale (235 delle quali si sono concluse con l'adozione di provvedimenti di sospensione);

   59.339 comunicazioni ricevute, con riferimento agli accessi ad attività sospese per vigilanza, manutenzione, pulizie, sanificazione e spedizione di merci giacenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   POTENTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a fine luglio 2015, a seguito della bonifica di un fosso adiacente la porta etrusca Diana, è stato ritrovato a Volterra un anfiteatro romano di grande valore storico, come confermato dall'esecuzione di un saggio di accertamento avvenuto nell'ottobre di quello stesso anno grazie al finanziamento della Fondazione e della Cassa di Risparmio di Volterra;

   lo scavo dell'anfiteatro è stato inserito nella top 5 stilata da Discovery News tra i siti archeologici più promettenti al mondo per l'anno 2016, ma, a due anni di distanza, il monumento non risulta ancora essere aperto al pubblico e nonostante appaia «molto probabile che le strutture interrate siano conservate in stato di crollo», i fondi pubblici erogati ad oggi dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo risultano nettamente al di sotto delle previsioni e delle aspettative –:

   se sia nelle intenzioni del Governo promuovere iniziative per un finanziamento straordinario per sopperire alla scarsità di fondi messi a disposizione fino ad oggi dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo al cospetto di un ritrovamento unico nel panorama degli scavi archeologici mondiali; quali iniziative intenda assumere per garantire la prosecuzione degli scavi e la messa in sicurezza dell'anfiteatro e dei materiali restituiti nelle campagne 2019-2020.
(4-07321)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo all'Anfiteatro romano di Volterra.
  Sulla base degli elementi acquisiti per il tramite della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e della competente soprintendenza territoriale, si rappresenta quanto segue.
  In data 29 ottobre 2020 è stata effettuata una videoconferenza alla presenza del sindaco di Volterra, del soprintendente territorialmente competente, della dirigente del servizio II della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio – scavi e tutela del patrimonio archeologico – e della dottoressa Elena Sorge, funzionario archeologo della soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, responsabile dei lavori di scavo.
  Nel corso della videoconferenza, il soprintendente ha rammentato gli interventi che hanno portato al rinvenimento e al successivo scavo di parte dell'anfiteatro di Volterra, sottolineandone il rilievo storico e archeologico, in quanto elemento di completa novità nel quadro conoscitivo della città romana, nonché potenziale attrattore di flussi turistici, in grado di coinvolgere positivamente anche la comunità residente.
  A tale riguardo, il sindaco di Volterra ha riferito sulle recenti iniziative di valorizzazione e fruizione, organizzate in collaborazione con la soprintendenza, per divulgare i risultati degli scavi del 2019-2020.
  La soprintendenza e il comune hanno quindi rappresentato alla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio la necessità di reperire ulteriori fondi, al fine di portare a termine lo scavo del monumento e, soprattutto, di effettuare i necessari interventi di restauro e di messa in sicurezza.
  Per la sua posizione alle pendici del colle su cui sorge Volterra, infatti, l'anfiteatro è messo in grave pericolo a causa dei dilavamenti che, durante gli ormai ciclici violenti nubifragi stagionali, trasportano dall'alto materiale inerte.
  Le cospicue infiltrazioni di acqua rischiano inoltre di compromettere la stabilità delle murature portate alla luce.
  La soprintendenza, quindi, ha predisposto una relazione sullo stato di avanzamento delle ricerche e sulle criticità emerse in termini di conservazione delle strutture e dell'area da esse occupata ed ha chiesto un finanziamento di euro 200.000,00, finalizzato alla manutenzione straordinaria e alla messa in sicurezza, comprensiva di:

   a) scavo all'interno delle gallerie dell'anfiteatro, per la verifica delle murature e per la ricerca di un piano solido da utilizzare come base di possibili puntellamenti;

   b) scavo dell'entrata nord dell'anfiteatro, per alleggerire il peso gravante sulla copertura della sottostante galleria;

   c) risoluzione del problema delle acque reflue, che tendono a incanalarsi all'interno delle aree scavate che sin dal 2019 vengono regimentate e fatte defluire tramite pozzetti e idrovore, ormai non sufficienti.

  La relazione della soprintendenza è stata trasmessa, in data 3 novembre 2020, alla direzione generale bilancio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per consentire di valutare la reperibilità della somma richiesta, che sarà assegnata, così come concordato con l'ufficio preposto, nei primi mesi del nuovo anno.
  Eventuali finanziamenti straordinari potranno essere previsti a seguito di eventuali stanziamenti di bilancio.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le linee guida per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell'infanzia prevedono l'utilizzo delle palestre per attività differenti dall'educazione fisica, attività curricolare sacrificata data la carenza di spazi all'interno degli edifici scolastici;

   non solo sono noti i relativi benefici psicofisici, ma è doveroso ricordare che le palestre sono anche il luogo dove operano tante associazioni e società sportive in orario pomeridiano che per l'85 per cento non hanno sedi proprie;

   durante l'audizione in 7a Commissione al Senato la Ministra dell'istruzione ha affermato che: «resta ferma e garantita la competenza degli Enti locali nella concessione delle palestre scolastiche alle società sportive che facciano richiesta di utilizzarle al di fuori dell'orario delle lezioni, come è sempre avvenuto»;

   stante tale asserzione, la realtà è ben diversa, in quanto molti dirigenti scolastici hanno disposto l'uso esclusivo di tali spazi scolastici;

   alla carenza di un protocollo unico per la ripresa si aggiunge quindi l'indisponibilità delle palestre che aggrava la difficile situazione economica e sociale dello sport di base, motore di ogni movimento sportivo nel nostro Paese;

   con la chiusura di società e associazioni è oggettivo il rischio del venir meno di un servizio sociale a favore dei territori con gravi ripercussioni principalmente nel settore giovanile;

   lo sport non è unicamente professionismo e grandi eventi, ma è composto anche da tutte quelle piccole realtà che costituiscono un luogo di aggregazione;

   già diverse federazioni italiane hanno chiesto che le palestre scolastiche non siano adibite ad aule o predisposte per attività diverse da quelle sportive –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare per impedire che tantissime associazioni e società sportive continuino ad essere sfrattate dalle scuole per paura del contagio e per un'eccessiva burocrazia nonché per garantire altresì il diritto allo sport per tutti.
(4-06835)

  Risposta. — Con riferimento alle circostanze richiamate tra le premesse dell'atto in esame, rappresento quanto segue.
  Nell'evidenza che le misure di prevenzione adottate per consentire la ripresa dell'anno scolastico in corso prevedono la creazione di gruppi ridotti di classi in ambienti che consentano la distanza fisica tra gli alunni, segnalazioni pervenute da comuni, ASD e SSD hanno rappresentato la mancata concessione da parte dei dirigenti scolastici degli spazi adibiti a palestre per le attività extracurricolari.
  Al fine di assicurare lo svolgimento delle lezioni secondo i parametri del protocollo sanitario, diversi dirigenti sono stati inevitabilmente costretti a impiegare le palestre per ragioni di oggettiva necessità.
  Diversi dinieghi sono presumibilmente dovuti anche al fatto che, concessi gli sforzi, i medesimi dirigenti scolastici avrebbero dovuto provvedere alla tempestiva sanificazione, da assicurare ogni giorno al termine delle attività sportive, così da consentire agli alunni di fare lezione in sicurezza il giorno seguente.
  Per tali ragioni, d'intesa con il Ministro dell'istruzione, saranno destinati specifici contributi a fondo perduto per ASD/SSD che hanno in concessione ambienti scolastici o che ne hanno fatto richiesta.
  Segnalo inoltre un'ulteriore iniziativa che potrà in parte contribuire ad attenuare le difficoltà evidenziate dall'interrogante. Mi riferisco al progetto «Sport nei Parchi», relativo al protocollo d'Intesa tra «Sport e salute S.p.A.» e Anci e che consentirà di concedere in uso gratuito a ASD e SSD spazi all'interno dei parchi cittadini e delle aree verdi dei comuni di tutta Italia.
  Tale iniziativa, risulta in linea con le direttrici strategiche e gli ambiti di intervento dell'Atto di indirizzo alla società «Sport e salute S.p.A.» da me emanato nello scorso mese di aprile per fronteggiare le conseguenze dell'emergenza epidemiologica da Sars-Cov-2.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende da fonti di stampa, un giovane danzatore italiano, primo solista della compagnia della città di Kunming, Gabriele De Fazio, in Cina da un anno e mezzo, non riesce a rientrare in Italia, perché chi lo dovrebbe pagare si è reso irreperibile e, complice l'epidemia di coronavirus, il costo dei voli per rientrare in Europa è lievitato;

   attualmente il ragazzo è bloccato nel suo quartiere di Kunming, un compound con grattacieli collegati tra loro e circondati da cancelli presidiati dai militari e non può muoversi autonomamente perché se prende un aereo locale per raggiungere l'aeroporto di Canton rischia di essere prelevato dalla polizia e messo in quarantena;

   nonostante ciò, in una nota ufficiale, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, rassicurando di essere a conoscenza della situazione di De Fazio, ha fatto sapere che la sua situazione «è totalmente diversa da quelli degli italiani che sono stati rimpatriati da Wuhan, epicentro della diffusione del Coronavirus»;

   la Farnesina, avendo circoscritto il problema al mero aspetto economico, si sarebbe limitata a precisare che il consolato italiano in Cina potrebbe erogare un prestito in suo favore, che poi dovrebbe essere restituito all'erario;

   il problema, però, non è di natura esclusivamente economica, perché il ragazzo rischia di venire bloccato al controllo passaporti e messo in quarantena;

   il caso di Gabriele De Fazio, che non sarebbe isolato, come confermato dalla stessa nota della Farnesina, che parla di migliaia di cittadini italiani rimasti in Cina, conferma la totale inadeguatezza del sistema nazionale e internazionale al recupero degli stranieri al di fuori della zona rossa, Wuhan;

   ci si trova di fronte a una situazione drammatica nella quale tutti gli sforzi si concentrano sul problema sanitario, trascurando colpevolmente l'assistenza dei nostri connazionali che vogliono rientrare –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per garantire che tutti gli italiani in queste oggettive condizioni di difficoltà e desiderosi di fare rientro in patria, anche residenti al di fuori della zona rossa, possano essere soccorsi da aerei di Stato.
(4-04729)

  Risposta. — Rispondo alla sua interrogazione n. 4-04729 relativa al caso del connazionale De Fazio, in Cina nelle fasi iniziali della pandemia.
  Il Consolato generale d'Italia a Chongqing aveva seguito la vicenda del connazionale sin dal 5 febbraio, data a partire dalla quale prese ripetutamente contatto con il signor De Fazio sia per accertare se avesse delle richieste che per assicurarsi che fosse al sicuro ed in buono stato di salute. Durante i contatti intercorsi il signor De Fazio aveva lamentato di trovarsi isolato a Kunming dove riferiva di strade deserte, negozi chiusi e supermercati vuoti. In seguito ad un approfondimento condotto dal Consolato generale si appurava che la situazione di Kunming era in verità in quella fase assai più normale che nelle altre capitali della circoscrizione di Chongqing. Le strade deserte di cui il connazionale aveva fatto stato erano dovute soprattutto al fatto che le autorità cinesi avevano prorogato la chiusura di capodanno per contenere l'epidemia di coronavirus. La percezione che il signor De Fazio aveva della situazione nell'area potrebbe essere stata dovuta al fatto che viveva in una località piuttosto periferica, meno servita del centro città.
  La descrizione che il signor De Fazio e la sua famiglia avevano fornito ai mass media in diverse occasioni sollevò un immotivato allarme presso amici e parenti degli altri italiani presenti nello Yunnan. Inoltre, fino all'11 febbraio, il connazionale non aveva mai manifestato di avere bisogno di denaro. Lo stesso referente del Consolato generale per l'area di Kunming si era offerto di portargli la spesa a casa, ma il signor De Fazio aveva preferito non avvalersi di questa assistenza.
  Quanto al costo del volo per il rientro in Italia, lo stesso De Fazio aveva dichiarato al consolato generale di voler attendere che se ne facesse carico il datore di lavoro, anche perché, aveva aggiunto, il prezzo di un biglietto per l'Italia era proibitivo. Il 12 febbraio il Consolato generale proponeva comunque al De Fazio un prestito consolare con promessa di restituzione. Riguardo ad alcune dichiarazioni espresse dal connazionale e dalla famiglia su vari
social media rispetto alla necessità di avvalersi esclusivamente di un volo diretto, in quanto la sua professione di ballerino non gli avrebbe consentito soste intermedie, va ricordato che da Kunming per l'Italia non vi sono voli diretti nemmeno in tempi normali. Per spostarsi dall'area, in passato il signor De Fazio aveva sicuramente fatto scalo in un Paese terzo.
  Nei contatti con il consolato emergeva come il connazionale fosse soprattutto interessato al recupero del credito che affermava di vantare presso il datore di lavoro, per il quale aveva richiesto e ottenuto la mediazione del Consolato stesso. Era emersa in questo contesto una incertezza dei diritti contrattuali del signor De Fazio che comunicò di avere firmato il contratto senza comprenderne il contenuto e di non possederne una copia.
  Nei contatti successivi al 12 febbraio, il connazionale riferiva di trovarsi a casa e di avere accesso a beni di prima necessità. Aveva inoltre riferito che la compagnia per cui lavorava come ballerino non aveva ancora ripreso le normali attività e di essersi organizzato privatamente, a proprie spese, per affittare una sala e proseguire i propri allenamenti. Egli ribadiva inoltre la volontà di fare ritorno in Italia il prima possibile, ma non senza prima aver ottenuto il rimborso richiesto al datore di lavoro. Il consolato generale aveva peraltro già provveduto a fornire al signor De Fazio i contatti di alcuni avvocati e studi legali di Kunming che offrono servizi in inglese.
  Il 26 febbraio il signor De Fazio trasmise al consolato generale la copia del contratto di lavoro firmato e in corso di validità, privo di specifiche in merito a rimborsi per spese di vitto, alloggio o viaggio. Il signor De Fazio sosteneva di essere stato spinto a firmarlo, in fretta, con la promessa che sarebbe stato integrato con un documento più specifico contenente le sopracitate condizioni, oltre a indicazioni circa l'assicurazione e il luogo di lavoro e di alloggio, A tal proposito, il signor De Fazio fornì nel corso delle conversazioni telefoniche informazioni contrastanti: aveva precedentemente dichiarato di non conoscere il contenuto di tale contratto, essendo il documento interamente in cinese, mentre la versione trasmessa al consolato risultava essere bilingue cinese-inglese, lingua quest'ultima conosciuta dal signor De Fazio. Il connazionale aveva comunque ribadito di voler attendere una risposta dal datore di lavoro, aggiungendo di non avere urgenza immediata di rientro in Italia.
  Ad oggi il signor De Fazio, dopo aver comunicato al consolato di voler rinunciare al prestito con promessa di restituzione in quanto il datore di lavoro si sarebbe fatto carico delle spese di viaggio, risulta aver lasciato la Cina.
  Ricordo infine che dalla Cina, primo e principale focolaio di contagio, quando l'emergenza sanitaria ancora non interessava il territorio nazionale sono state effettuate tre operazioni di rimpatrio dei connazionali rimasti bloccati, con voli militari operati dal Centro operativo interforze del Ministero della difesa. Attività rientrate nello sforzo senza precedenti della Farnesina che, dall'esplosione della pandemia, ha consentito il rientro di oltre 112 mila connazionali da 121 Paesi grazie a 1182 operazioni.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   RIBOLLA, ZOFFILI, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI, COMENCINI, BILLI e DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in alcuni Paesi europei ed extra europei, e in particolare in alcuni Paesi appartenenti all'area orientale dell'unione europea, vengono poste in essere dalle autorità locali misure finalizzate alla prevenzione della diffusione del coronavirus che colpiscono in modo indiscriminato i cittadini italiani ivi residenti e i viaggiatori provenienti dall'Italia, prescindendo dalla specifica area geografica di provenienza e dall'eventuale presenza di qualsiasi sintomatologia;

   tali misure, oltre che arrecare un danno reale agli interessi e all'immagine dell'Italia all'estero, colpiscono in modo incisivo le comunità di connazionali ivi residenti, discriminandole in modo ingiustificato;

   in diverse occasioni, infine, tali misure trovano un'applicazione ancora più stringente da parte delle aziende, delle scuole e delle università che, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e di gestione, impongono al personale di rientro dall'Italia periodi di isolamento domiciliare non giustificati;

   la rete diplomatico-consolare è attiva nell'informare le controparti sulla situazione italiana e sugli sforzi che il nostro Paese sta compiendo per il contenimento e il contrasto al propagarsi dell'infezione –:

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso per rafforzare l'impegno sulla scena internazionale, al fine di tutelare le comunità di connazionali all'estero dall'applicazione di misure discriminatorie e ingiustificate.
(4-04894)

  Risposta. — Gentile Deputato Ribolla, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-04894 sulla tutela dei connazionali all'estero dall'applicazione di misure discriminatorie e ingiustificate poste in essere allo scoppio della pandemia.
  Nella fase iniziale della pandemia, le autorità di vari Paesi, tra cui alcuni dell'Europa orientale, hanno imposto restrizioni alla libertà di circolazione con l'obiettivo ai prevenire i contagi da Covid-19.
  In una prima fase, in ragione della situazione senza precedenti e dell'incertezza del quadro giuridico di riferimento, queste restrizioni hanno talvolta provocato disagi per i cittadini italiani, nei confronti dei quali – tuttavia – le sedi diplomatico-consolari hanno regolarmente fornito assistenza. Isolate misure percepite come discriminatorie, esclusivamente nella fase iniziale dell'emergenza sanitaria, sono in ogni caso da ricondurre essenzialmente alla situazione di incertezza e di confusione provocata dal propagarsi della pandemia.
  Con particolare riferimento alla Bulgaria, nella fase iniziale dell'emergenza (indicativamente dal 25 febbraio al 12 marzo 2020), le locali autorità hanno introdotto provvedimenti restrittivi della libertà di viaggio da e per l'Italia.
  In questa fase il nostro Paese era l'unico in Europa a registrare una diffusione su larga scala dell'infezione e pertanto la sola Italia (insieme a Cina, Taiwan e Corea del Sud) era colpita da questo tipo di provvedimenti, che non toccavano invece gli altri Paesi dell'Unione europea.
  Le disposizioni «discriminatorie» nei confronti dell'Italia erano comunque esclusivamente relative al divieto di collegamenti aerei diretti e all'imposizione di misure di quarantena.
  In quel periodo è stato inoltre registrato dall'ambasciata d'Italia a Sofia un numero limitato di situazioni in cui aziende, enti e privati cittadini bulgari hanno posto in essere dinamiche discriminatorie nei confronti di connazionali (ad esempio studenti italiani costretti alla quarantena a prescindere dall'essere o meno stati recentemente in Italia; lavoratori italiani in quarantena; soggetti italiani che avevano difficoltà ad accedere agli uffici; connazionali a cui veniva rifiutata l'ospitalità negli hotel).
  Pur registrando come queste situazioni fossero sporadiche e dipendessero dal panico e dalla confusione generati da singoli soggetti bulgari a causa dell'epidemia di COVID-19, l'ambasciata d'Italia a Sofia ha seguito e agito sulla base delle segnalazioni, cercando innanzitutto di assicurare assistenza e possibili soluzioni ai connazionali, come quando, a titolo di esempio, il 5 marzo riuscì a trovare rapidamente una soluzione di alloggio alternativa a 40 connazionali ai quali l'hotel rifiutava il
check-in in quanto arrivati dall'Italia.
  A partire dal 13 marzo, poi, anche la Bulgaria ha proclamato l'emergenza sanitaria adottando una normativa omnicomprensiva in cui l'Italia è stata equiparata agli altri Paesi europei colpiti dall'infezione. Ciò ha portato ad eliminare qualsiasi possibilità di discriminazione. Successivamente, dal 12 aprile è stato tolto il divieto di voli diretti tra Bulgaria e Italia.
  Per quanto riguarda la Romania, Bucarest sin dal 23 febbraio ha adottato misure di contenimento del virus COVID-19, modificate nel tempo sulla base dell'evoluzione dell'epidemia. Tra queste, la sospensione dei voli e dei collegamenti marittimi e terrestri con le zone colpite dai focolai infettivi (provvedimento che nei confronti dell'Italia è entrato in vigore il 9 marzo) e quarantena o isolamento domiciliare di 14 giorni per i viaggiatori provenienti da aree a forte concentrazione di casi. All'entrata in vigore dello stato d'emergenza (15 marzo), in tutto il territorio sono state imposte anche misure di limitazione alla libertà di movimento e di riunione. Le misure applicate sul territorio avevano valenza
erga omnes, mentre quelle riguardanti specificamente i viaggiatori sono state applicate in relazione al loro eventuale soggiorno nei 14 giorni antecedenti l'ingresso in Romania laddove provenissero da Paesi o zone incluse nelle liste periodicamente aggiornate, sulla base delle risultanze dell'Oms riguardanti la diffusione del virus.
  Pertanto, le norme in quanto tali non si sono, dimostrate discriminatorie sulla base della cittadinanza, se non nei primissimi giorni di applicazione delle stesse e limitatamente a circoscritti episodi di errata interpretazione.
  In ogni, caso, i pochissimi episodi che si sono tradotti in azioni discriminatorie, in particolare allo scoppio della pandemia sul continente europeo, hanno comunque fatto oggetto di un tempestivo intervento consolare e le misure adottate nei confronti dei cittadini italiani che non avevano soggiornato in zone a rischio sono state prontamente revocate.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   ROTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la recente notizia della fuga di due degli otto migranti trasferiti al centro di accoglienza «Carpe Diem» di Orte ha indotto il sindaco della cittadina, Angelo Giuliani, a inviare al Ministro interrogato una lettera per esprimere le sue preoccupazioni sull'argomento migranti e sul controllo degli stessi;

   i dati statistici sull'immigrazione nella cittadina laziale evidenziano una sostanziale anomalia: sul territorio sono presenti, infatti, 2.002 stranieri registrati su 9.449 abitanti, pari al 21,19 per cento della popolazione residente, percentuale doppia rispetto alla Tuscia e alla regione Lazio e tripla rispetto a tutto il territorio nazionale;

   a questo dato va aggiunto che la vicinanza alla capitale (solo 40 minuti di treno) ha alimentato una sorta di esercito di «residenti fantasma», che lavorano a Roma, ma vivono a Orte; residenti notturni, in buona sostanza, non conteggiati nelle stime ufficiali. Questi ultimi non sono, infatti, nemmeno registrati all'anagrafe del comune;

   in generale, ma in tempo di Covid soprattutto, il monitoraggio in ordine al numero e all'identità delle persone che risiedono in un determinato territorio è importantissimo, in previsione del controllo sanitario riferito alla pandemia; fondamentale, altresì, è il rispetto della percentuale prevista dalla legge del rapporto fra cittadini e richiedenti asilo; percentuale che a Orte appare ampiamente superata;

   per offrire la maggior sicurezza possibile ai cittadini di Orte e delle città limitrofe è di assoluta necessità, quindi, l'istituzione di un commissariato di polizia operativo, che possa dotare il territorio di tutti i servizi amministrativi dedicati al controllo del fenomeno migratorio e, nello stesso tempo, possa svolgere azione preventiva e di repressione di atti illeciti e di microcriminalità, purtroppo ampiamente diffusi sul territorio del comune, ad opera di varie comunità straniere;

   tale richiesta è già stata avanzata dal sindaco di Orte, nella lettera al Ministro summenzionata e dal segretario generale del sindacato di polizia Mosap, Fabio Conestà. Quest'ultimo ha richiesto la stessa misura ai suoi diretti superiori, il Capo della polizia, Franco Gabrielli, e il questore di Viterbo, Massimo Macera –:

   se il Governo sia a conoscenza dell'ampia anomalia riferita al numero di migranti presenti nella città di Orte e all'impossibilità del loro monitoraggio a causa della mancanza di un commissariato di pubblica sicurezza organizzato;

   quali iniziative intenda adottare per garantire la sicurezza dei cittadini di quel territorio, ivi compresa, la possibilità di istituire un commissariato che gestisca, oltre al fenomeno migratorio in sé e le incombenze di controllo connesse all'emergenza Covid-19, la prevenzione dei rischi dovuti ad atti illeciti e criminali.
(4-06605)

  Risposta. — La cittadina di Orte, grazie alla sua collocazione strategica rispetto alla Capitale e a una fitta rete stradale e ferroviaria che ne facilita i collegamenti, risulta un importante crocevia dell'Italia centrale.
  Tale peculiarità ha determinato una significativa presenza di popolazione straniera; in particolare, su un totale di 9.449 abitanti, 2.002 sono stranieri residenti, regolarmente registrati e, quindi, legalmente soggiornanti.
  Secondo quanto precisato dal Comando provinciale dei Carabinieri, i controlli effettuati unitamente alla Polizia di Stato e alla Polizia municipale, hanno evidenziato una sostanziale regolarità nella locazione degli immobili e l'assenza del cosiddetto fenomeno del «popolo fantasma» (migranti non censiti ospitati presso abitazioni di connazionali accondiscendenti). L'attenzione sulla tematica rimane comunque costante, e ulteriori controlli saranno ripetuti nel prossimo futuro.
  Le questioni connesse alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica di Orte sono state oggetto di trattazione nel corso di un apposito Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, tenutosi il 5 agosto 2020 presso la prefettura di Viterbo.
  Nella circostanza, il sindaco di Orte si è fatto portavoce del sentimento di insicurezza percepito dai suoi concittadini chiedendo, quale soluzione alle loro preoccupazioni, l'istituzione di un commissariato di pubblica sicurezza per un miglior controllo del territorio.
  Sul punto va preliminarmente evidenziato che in merito agli interventi di rimodulazione presidiaria sul territorio, in linea con gli indirizzi contenuti nella direttiva del Ministro dell'interno del 15 agosto 2017, è stata delineata una specifica procedura per la dislocazione e la razionalizzazione dei presidi della Polizia. In tale quadro, è stata prevista una prima fase di analisi a cura delle autorità provinciali di pubblica sicurezza interessate che, nel caso specifico, hanno ritenuto opportune, al momento, soluzioni alternative all'istituzione di un nuovo commissariato.
  In relazione alla presenza di presidi di Polizia nell'area in questione va evidenziato che ad Orte, sono già presenti la stazione dell'Arma dei carabinieri e, presso lo scalo ferroviario, un posto di Polizia ferroviaria; a circa 25 chilometri dall'area interessata, e precisamente a Civita Castellana si trovano, inoltre, le compagnie dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
  Al fine di garantire una più incisiva azione di contrasto al crimine, le forze dell'ordine hanno concordato di realizzare delle forme di collaborazione anche con la polizia locale, prevedendo specifici servizi di controllo del territorio, anche mediante la realizzazione di posti di blocco, al fine di intercettare situazioni di rischio e prevenire fenomeni di illegalità.
  In particolare, si segnala che a partire dallo scorso agosto e sino a fine novembre sul territorio di Orte, in particolare nella frazione Scalo di Orte, sono stati effettuati mirati servizi di controllo ad alta visibilità, con il coinvolgimento di tutte le forze di polizia, che hanno consentito di denunciare a piede libero 5 persone e di segnalarne 2 in relazione alla normativa in materia di sostanze stupefacenti.
  Sempre in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, è stata anche evidenziata la necessità di un maggiore coinvolgimento dell'Amministrazione locale nelle politiche integrate di sicurezza urbana, da realizzare mediante la programmazione di controlli mirati nelle abitazioni dei quartieri a maggior presenza stranieri e il miglioramento dell'illuminazione pubblica nelle aree che risultano essere percepite come meno sicure.
  Si assicura che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nel comune di Orte continuerà ad essere seguita con la massima attenzione dalle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, impegnate costantemente, con professionalità e senso di responsabilità, nella predisposizione di adeguate misure di vigilanza e controllo del territorio per fronteggiare in maniera efficace le problematiche segnalate dall'interrogante.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   SUT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si protrae da diversi anni il progetto di ridestinazione di alcuni locali afferenti all'ex Caserma Monti, fino alla fine degli anni '90 presidio militare, poi dismesso, ubicato nel comune di Pordenone in località La Comina;

   lo stabile, un tempo ospitante il suddetto fabbricato ex militare, è di proprietà dell'Agenzia del demanio;

   la struttura si compone di vari aree, alcune delle quali sono, dal 2016, adibite ad hub provinciale di prima accoglienza per cittadini stranieri richiedenti asilo;

   attualmente il Ministero dell'interno utilizza nel comune di Pordenone, quale sede del Comando Provinciale dei vigili del fuoco, della Sezione della polizia stradale e dell'Ufficio tecnico logistico della questura, due immobili di proprietà privata in regime di locazione passiva, corrispondendo un canone annuo di circa euro 350.000,00 oltre l'Iva;

   l'atto di deliberazione n. 173 del 5 luglio 2018 della giunta comunale di Pordenone ha sancito l'approvazione della bozza del protocollo d'intesa per la riqualificazione e la valorizzazione dell'area dell'ex caserma Monti in via della Comina a Pordenone;

   il 10 luglio 2018, il predetto protocollo d'intesa veniva sottoscritto dal comune, dalla prefettura e dalla questura di Pordenone, dal comando provinciale e dai vigili del fuoco e dalla direzione regionale dell'Agenzia del demanio, nell'ambito di un'iniziativa di riqualificazione dell'ex sito militare, nonché di razionalizzazione della spesa pubblica e degli spazi occupati da uffici espletanti pubbliche funzioni;

   il suddetto protocollo aveva previsto un iniziale progetto di realizzazione di una «Federal Building», ovvero una «cittadella della sicurezza» che vedesse accorpati, in un'unica area di circa 50.000 metri quadri un nuovo comando provinciale dei vigili del fuoco, una sezione della polizia stradale e l'ufficio tecnico logistico della questura di Pordenone;

   lo stanziamento complessivo per il progetto di riqualificazione dell'ex caserma è stato destinato, in parti uguali, dal Ministero dell'interno e dall'Agenzia del demanio, per un totale di 11 milioni di euro;

   all'interrogante risulta sussistere, ad oggi, soltanto la parte del piano di riqualificazione dell'area riservata alla nuova sede del comando provinciale dei vigili del fuoco, essendo venuta meno da parte dell'autorità locale di pubblica sicurezza, l'intenzione di collocare un comando di polizia stradale all'interno dell'ex caserma Monti;

   nel 2015, il dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile – direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali ha condotto uno studio di fattibilità in funzione della realizzazione della suddetta nuova sede, avviando anche indagini geologiche-geotecniche in loco per la redazione del Pfte in materia di vulnerabilità sismica;

   il 24 luglio 2017, Ministero dell'interno e Demanio sottoscrivevano un accordo di collaborazione che affidava ad un successivo atto esecutivo la regolamentazione di ulteriori fasi di progettazione;

   il Demanio, il 16 febbraio 2017 inoltrava al comune di Pordenone richiesta di «variante urbanistica» per l'area interessata individuata dal piano regolatore quale area AM – aree speciali – aree dell'Amministrazione militare e aree di rilevanza urbana;

   fonti di Stampa hanno di recente riportato l'attenzione verso la fase di stallo che, contrariamente alle iniziali previsioni dei sottoscriventi il protocollo, interessa ad oggi il progetto di realizzazione del nuovo presidio dei vigili del fuoco;

   le stesse fonti evidenziano il mancato raggiungimento dell'accordo operativo tra Ministero dell'interno e Demanio per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo dell'opera, preliminare all'indizione della gara d'appalto;

   il fermo dell'iter progettuale per la realizzazione del nuovo presidio priva il Corpo e la comunità locale di un'idonea sede per i vigili del fuoco, attualmente collocata a Pordenone, in via Interna –:

   se ritengano opportuno adottare iniziative per il superamento del fermo sostanziale che sta interessando l'accordo operativo con l'Agenzia del demanio, ai fini della prosecuzione dell'iter progettuale per la realizzazione del comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone all'interno dell'ex caserma Monti.
(4-06583)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, in relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia quanto segue.
  In primo luogo appare opportuno rilevare come il corpo nazionale dei vigili del fuoco abbia stipulato negli anni diversi accordi, in collaborazione con l'Agenzia del Demanio, finalizzati alla realizzazione di sedi di servizio dislocate sul territorio nazionale.
  In virtù di tali accordi, la citata agenzia assume il ruolo di stazione appaltante, utilizzando le risorse di bilancio a disposizione del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
  L'iniziativa ha lo scopo di superare difficoltà emerse in sede attuativa. A tal fine è stato stipulato un accordo quadro tra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e l'agenzia, di volta in volta integrato con specifici protocolli operativi per ciascun cantiere o per gruppi di cantieri.
  Con riguardo alla realizzazione della nuova sede del comando dei vigili del fuoco di Pordenone, si rileva che il protocollo operativo, allo stato, è in via di ultimazione.
  Gli elementi di aggiornamento acquisiti in relazione al progetto in esame consentono di evidenziare che:

    è stato completato il masterplan, relativo agli aspetti urbanistici;

    è stata definita l'area destinata alla realizzazione della nuova sede del Comando;

    è stata effettuata la bonifica del sito;

    è stata, infine, valutata la vulnerabilità sismica di un edificio utilizzato nel passato come officina meccanica, da destinarsi ad autorimessa dei mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

  Al momento è in corso una fase interlocutoria tra gli uffici centrali del corpo nazionale dei vigili del fuoco e gli uffici centrali dell'agenzia del demanio, per l'individuazione della stazione appaltante.
  In considerazione del fatto che la sottoscrizione dell'accordo ha fatto registrare talune difficoltà sulla regolamentazione degli incentivi economici per l'esecuzione dei suddetti servizi tecnici ed amministrativi, sta per essere stipulato un nuovo «accordo quadro» tra il corpo nazionale dei vigili del fuoco e l'agenzia del demanio, la cui stesura finale sarà sottoposta alle valutazioni dei competenti organi di controllo (ufficio centrale di bilancio e Corte dei conti). L'accordo è preordinato all'attribuzione delle funzioni di stazione appaltante agli organismi territoriali dell'agenzia.
  Una volta definito il nuovo accordo quadro, si potrà dare immediato avvio a importanti interventi strategici di potenziamento del Corpo nazionale su tutto il territorio nazionale, tra i quali anche la realizzazione della nuova sede del comando dei vigili dei fuoco di Pordenone.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   TOCCALINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito, qualche settimana fa, dell'uccisione del cittadino afroamericano George Floyd da parte di un agente della polizia di Minneapolis, negli Stati Uniti d'America si è sviluppato un forte movimento di protesta;

   tale protesta si è rapidamente allargata all'Europa e si è evoluta in una generale rivendicazione contro il razzismo e la xenofobia e a favore dei cosiddetti «diritti civili»;

   il movimento ha assunto toni violenti arrivando al vandalismo e alla demolizione di monumenti raffiguranti personaggi storici, accusati a vario titolo di essere stati in vita razzisti;

   sono state imbrattate e demolite statue di personaggi come Lincoln, Churchill, Colombo ed altri, anche nel nostro Paese è stata imbrattata la statua di Vittorio Emanuele II;

   a questo si è succeduta una vera e propria «furia iconoclasta», volta a distruggere simboli del passato considerati fastidiosi e che trova esemplificazione nella richiesta di demolizione del monumento in memoria del giornalista Indro Montanelli a Milano –:

   quale sia la posizione del Governo dinnanzi a questi gesti di violenza nei confronti di simboli dedicati a persone che hanno fatto la storia italiana ed europea e quali iniziative intenda assumere per tutelare i nostri monumenti da atti di vandalismo o, peggio, di distruzione.
(4-06035)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative il Governo intende assumere per tutelare i nostri monumenti da atti di vandalismo o di distruzione.
  La questione nasce a seguito degli atti di vandalismo verificatisi negli Stati Uniti d'America a seguito dell'uccisione di George Floyd, in conseguenza del quale sono state imbrattate e demolite le statue di Lincoln, Churchill e Colombo e dal recente episodio verificatosi a Milano con gli atti di vandalismo perpetrati nei confronti della statua di Indro Montanelli.
  Riguardo a quest'ultimo episodio, trattandosi soprattutto di questioni di ordine pubblico, è stato interpellato il Ministero dell'interno che, tramite la prefettura di Milano, ha rappresentato quanto segue.
  Nella serata del 13 giugno scorso, presso i giardini di parco Palestro, è avvenuto l'imbrattamento, da parte di soggetti ancora ignoti, della statua di Indro Montanelli. I giardini sono oggetto di videosorveglianza e nelle ore notturne vengono chiusi al pubblico. La scultura è stata completamente ricoperta di vernice rossa e sul suo piedistallo è stata vergata la scritta, di colore nero, «razzista stupratore».
  Nel corso della stessa serata, l'azione è stata rivendicata, tramite un breve video diffuso su diversi
social media, da due organizzazioni riconducibili alla locale area antagonista movimentista: R.s.m. (Rete studenti Milano) e L.u.me. (Laboratorio universitario metropolitano). Entrambi i gruppi risultano essere molto attivi sul territorio, tanto da riuscire congiuntamente a mobilitare una gran parte del movimento studentesco universitario milanese. I due gruppi risultano, inoltre, intimamente connessi tra di loro e, come altre componenti politicamente attive, hanno aderito al movimento attivista internazionale «Black Lives Matter».
  La statua di Indro Montanelli è stata individuata come simbolo di una mentalità da contrastare, in quanto il famoso giornalista viene accusato di essere stato un apologeta del fascismo, di aver sostenuto le politiche colonialiste italiane e di aver comprato e sposato una ragazza eritrea di soli 12 anni.
  Alcuni giorni prima, il gruppo dei «Sentinelli», cui non si riconduce alcuna azione violenta, aveva indirizzato una istanza al sindaco di Milano, per ottenere la rimozione del monumento.
  Si evidenzia che sull'episodio sono ancora in corso ulteriori approfondimenti investigativi da parte delle forze dell'ordine.
  Nel pomeriggio del 28 giugno scorso, gli agenti della polizia di Stato in servizio nella zona del parco hanno bloccato due persone che avevano posto in grembo alla scultura in questione un manichino raffigurante una bambina, con l'intenzione di rappresentare il matrimonio del giornalista, avvenuto in epoca coloniale. Alla statua avevano applicato, altresì, un manifesto riportante il seguente testo: «Il vecchio e la bambina – il monumento a Indro Montanelli è così completo. Non occorreva colorare la statua, era sufficiente aggiungere, sulle ginocchia del vecchio, la bambina eritrea di 12 anni della quale abusò da soldato colonialista e fascista. Firmato Cdonatimeyer».
  Le persone fermate sono state identificate nei coniugi Donati Meyer Cristina, all'anagrafe Donati Cristina,
street artist politicamente impegnata e molto nota per le sue opere provocatorie, nata a Ponte dell'Olio (PC) il 2.1.1985, e Apuzzo Stefano, assessore al comune di Rozzano (MI) sino a giugno 2019, nonché deputato in quota Verdi dal 1992 al 1994, nato a Napoli il 2 febbraio 1966.
  I due coniugi sono conosciuti per aver realizzato ed esposto in luoghi pubblici installazioni artistiche, realizzate con lo scopo di attirare l'attenzione su alcune tematiche sociali, quali l'immigrazione o la violenza sulle donne. Recentemente, avevano molto attirato l'attenzione mediatica alcuni disegni realizzati per contestare i provvedimenti su immigrazione e sicurezza adottati dall'allora Ministro Salvini.
  Si rappresenta, infine, che il giardino pubblico collocato all'interno di un'area recintata e chiusa al pubblico in orario serale, opportunamente videosorvegliata, rientra tra gli obiettivi sensibili oggetto di vigilanza dinamica da parte delle Forze dell'ordine, sulla base del piano di controllo coordinato del territorio.
  Se quanto sopra attiene a competenze di altra amministrazione, non può non rappresentarsi il forte impegno che il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo rivolge continuamente a tutela del patrimonio storico artistico, sia in termini finanziari sia mediante tutte le strutture dislocate sul territorio.
  La sicurezza degli istituti e dei luoghi della cultura è da sempre all'attenzione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  L'integrità del patrimonio da trasmettere alle generazioni future, l'incolumità delle persone che li visitano o vi lavorano sono obiettivi irrinunciabili sempre presenti nelle politiche nazionali e nella gestione delle situazioni territoriali.
  Negli ultimi decenni si è dovuto far fronte a sempre più frequenti e disastrose calamità naturali, a terremoti e alluvioni, che hanno provocato notevoli danni al patrimonio storico-artistico.
  Si è intervenuti anche sul piano normativo e tecnico per individuare le soluzioni più idonee per adeguare le strutture di musei, biblioteche, archivi alle norme generali di sicurezza antincendio, salvaguardando allo stesso tempo l'armonia complessiva degli ambienti e dei siti.
  Molti istituti, infatti, sono generalmente ospitati in edifici storici di grande pregio.
  Si è ampliata, con le risorse ordinarie e straordinarie, la strumentazione tecnologica di monitoraggio e allerta sulle situazioni di pericolo per i beni culturali per prevenire e impedire il loro degrado e rendere più difficili le azioni criminali.
  Notevole, inoltre, l'impegno del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con gli altri soggetti che operano con competenze diverse nell'ambito della sicurezza (vigili del fuoco, forze dell'ordine, protezione civile e associazioni di volontariato) non solo a fini operativi ma anche per diffondere tra gli addetti ai lavori e alla cittadinanza una sempre maggior consapevolezza su questi problemi, per elaborare linee guida e direttive, per formare quanti operano nelle istituzioni culturali, rendendoli capaci di programmare il complesso di misure di prevenzione necessarie e l'organizzazione più idonea alla singola struttura, di accrescere la loro capacità di utilizzare e manutenere i dispositivi in uso, di far fronte alle piccole e grandi emergenze che si dovessero presentare.
  Questo Ministero ha sostenuto con particolare entusiasmo al progetto congiunto dell'ICOM e del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale dei carabinieri, la cui competenza e esperienza è ben nota, per l'elaborazione di un manuale per i responsabili dei musei pubblici e privati e per tutte le professionalità coinvolte nella loro gestione.
  La finalità è stata proprio la prevenzione e la lotta alle offese del patrimonio che possono provenire dalla mano dell'uomo, furti, danneggiamenti, attentati, per affrontare la questione sicurezza in modo il più possibile integrato.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   TOCCALINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi i gestori dei locali situati sui Navigli, a Milano, hanno lamentato pubblicamente la totale mancanza di sicurezza nella zona, soprattutto la sera quando la Darsena viene presa d'assalto da gruppi di ragazzini minorenni, spesso di origini straniere, delle vere e proprie baby gang dedite ad atti di vandalismo, risse e aggressioni;

   una situazione insostenibile che pregiudica anche economicamente i commercianti della zona oltre a determinare paura sociale che viene avvertita dai commercianti e dai clienti, tanto che i commercianti hanno assunto, a loro spese, personale per svolgere in sicurezza le loro attività, lamentando l'assenza, ormai da anni, dell'amministrazione comunale;

   in alcuni casi gli episodi di guerriglia urbana sono arrivati al ferimento di persone letteralmente prese a bottigliate e alle vetrine sfondate;

   in periodi di pandemia, in cui i territori andrebbero maggiormente presidiati anche per garantire la sicurezza sanitaria, non è tollerabile che i commercianti, già così vessati dalla crisi economica che si è determinata in conseguenza alla chiusura totale dell'Italia a causa dell'epidemia da Covid-19, debbano preoccuparsi anche di garantire la sicurezza ai loro clienti quando dovrebbe esserci lo Stato a presidiare il territorio;

   del resto è notizia di cronaca, che si intensifica nel fine settimana, ma che in estate è stata quasi una costante quotidiana, che nelle zone in cui si concentra la movida, non solo a Milano sui Navigli, ma un po' ovunque, si verifichino atti vandalici, violenze e aggressioni;

   quanto accade era peraltro facilmente prevedibile dal momento che il dipartimento di pubblica sicurezza, quest'anno, ha deciso di non aprire i presidi estivi di polizia, nemmeno nelle località a maggior vocazione turistica, per carenza di uomini e mezzi –:

   se si intenda garantire un adeguato presidio di sicurezza nella zona dei Navigli a tutela dei clienti, dei commercianti e dei residenti della zona alla luce di quanto illustrato in premessa.
(4-06747)

  Risposta. — In relazione a quanto segnalato con l'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  Come è noto, la zona della Darsena e dei Navigli a Milano è uno dei luoghi più noti della cosiddetta
movida milanese, molto frequentata da giovani, provenienti anche da tutta l'area metropolitana milanese, che si ritrovano presso i numerosi locali della zona per consumare bevande alcoliche.
  Le criticità causate da tali assembramenti e dai comportamenti non appropriati dei frequentatori nei luoghi della «
movida» sono state affrontate nella seduta del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 25 maggio 2020, anche al fine di scongiurare i rischi di contagio per la popolazione dovuti alla diffusione dell'epidemia da Covid-19.
  Al termine della riunione è stato stabilito che le forze dell'ordine, con il concorso della Polizia locale del comune di Milano, avrebbero eseguito controlli mirati, sia su turni serali che notturni, nelle zone maggiormente frequentate dai milanesi. Conformemente a quanto deciso dal citato consesso, il questore di Milano ha stabilito, con propria ordinanza, i turni da effettuare e la rotazione tra le forze dell'ordine e la polizia locale, che ha assicurato la disponibilità di 5 equipaggi tutti i giorni, per garantire verifiche capillari su tutto il territorio.
  In particolare, per quanto riguarda l'area Darsena/Navigli, i controlli sono assicurati principalmente dalla Polizia di Stato, dall'Arma dei carabinieri e dalla Polizia locale. Tali servizi hanno consentito di svolgere anche un'importante attività di controllo del territorio finalizzato alla prevenzione dei reati che si verificano episodicamente nelle zone molto affollate. Oltre agli interventi, diretti o su segnalazione, su singoli fatti delittuosi, in un'ottica preventiva le Forze di Polizia hanno proceduto a capillari controlli nei confronti dei frequentatori delle citate aree.
  I controlli sono stati estesi anche ai mezzi pubblici usati per raggiungere le zone della
movida dalla provincia, in particolare ai treni della linea Metro 2 presso alcune fermate strategiche, fra cui la stazione di «Porta Genova», utilizzata proprio per raggiungere la Darsena e i Navigli.
  Un'ulteriore intensificazione dei controlli quotidiani sul territorio della città metropolitana da parte delle Forze dell'Ordine e delle Polizie locali, soprattutto nei luoghi di aggregazione, è stata disposta in occasione della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 7 ottobre 2020.
  Le predette attività, svolte nel periodo 28 maggio-15 ottobre 2020, presso tutte le zone interessate della
movida, tra cui anche la zona Darsena/Navigli, hanno consentito di controllare 14.226 persone; di queste 150 sono state indagate, 21 sono state arrestate e 164 sono state sanzionate per mancato uso dei dispositivi di protezione individuale.
  Va anche evidenziato che, tramite le associazioni di categoria, la locale Questura ha organizzato mirate riunioni con i referenti degli esercizi commerciali delle zone più a rischio, stabilendo contatti diretti con gli stessi al fine di garantire tempestivamente non solo generiche segnalazioni sulle problematiche riscontrate, ma anche specifiche ed immediate indicazioni circa episodi in atto.
  Giova anche segnalare che dal 16 ottobre 2020 sono state adottate, con ordinanza regionale, specifiche restrizioni che hanno inciso proprio sui luoghi della
movida con l'introduzione delle limitazioni orarie per gli esercizi commerciali d'intrattenimento.
  Nelle settimane successive, con l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 e delle connesse ordinanze del Ministero della salute, che hanno inquadrato la regione Lombardia in «zona rossa», è stata sospesa l'attività degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, nonché di quelli di intrattenimento.
  In merito alla presenza della Polizia di Stato nel comune di Milano, si rappresenta che la questura di Milano dispone di un organico di 3.185 unità, che, già incrementato di 64 effettivi nello scorso mese di aprile, sarà ulteriormente accresciuto di 30 unità nel mese di dicembre 2020.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'allarmante aumento degli sbarchi di immigrati irregolari sulle coste italiane, con ben 1.756 arrivi solo dal 9 al 13 luglio 2020, e la mancata adozione di opportune misure da parte del Governo per fermare i continui flussi migratori illegali anche in questo periodo di emergenza epidemiologica, stanno suscitando enorme preoccupazione per gli elevati rischi sanitari a cui si sta così esponendo non solo tutta la popolazione ma anche, in particolare, gli uomini e le donne delle forze dell'ordine, i quali vengono quotidianamente inviati in prima linea a gestire le operazioni di sbarco;

   nonostante i continui proclami e le promesse dell'attuale Governo di garantire adeguate condizioni di tutela sanitaria agli agenti, i più recenti fatti dimostrano, purtroppo, che gli stessi, ancora oggi e dopo mesi, rimangono quelli più esposti ai rischi di contagio, a causa dell'aumento del numero dei casi immigrati risultati positivi al Covid-19 dopo lo sbarco e malgrado le numerose segnalazioni delle organizzazioni sindacali di categoria, tra cui il Sap (Sindacato autonomo di Polizia) con lettera ancora del 2 luglio 2020;

   difatti già allora, a seguito dell'arrivo ad Augusta a luglio di 43 immigrati, di cui 8 risultati poi positivi al Covid-19, tutti i poliziotti del reparto mobile e della scientifica di Siracusa, che, come di consueto, per primi furono fatti intervenire nelle operazioni di sbarco, vennero, dunque, messi tutti in isolamento fiduciario in attesa del tampone, proprio per gli enormi rischi a cui erano stati esposti;

   ancora e più recentemente, dopo l'arrivo venerdì 10 luglio 2020 a Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria, di settanta immigrati clandestini di nazionalità pakistana, di cui ventisei risultati poi positivi al Covid-19, risulta che la metà della forza organica del commissariato di Siderno, già in crisi di personale, è stata messa adesso in quarantena per essere venuta inevitabilmente in contatto con gli immigrati, e ciò con gravi ripercussioni sull'attività di controllo del territorio;

   ancora una volta, infatti, sono stati gli agenti di polizia ad essere stati inviati per primi sul posto per le operazioni di fotosegnalamento e identificazione dei migranti e quindi a venire in contatto con questi ultimi, inspiegabilmente prima ancora che gli immigrati sbarcati fossero posti in quarantena e che venissero effettuati gli esami clinici per individuare soggetti positivi al Covid-19;

   questo ennesimo e ultimo episodio non fa che confermare l'ingiustificato e gravissimo rischio di contagio a cui quotidianamente viene esposta la salute non solo dei poliziotti, senza alcuna colpa se non quella di adempiere con spirito di servizio al proprio dovere e alle direttive impartite, ma, inevitabilmente, anche quella delle loro famiglie;

   questa situazione, oltre ad essere già di per sé gravissima sotto il profilo della dovuta tutela dal punto di vista sanitario che dovrebbe essere garantita agli agenti delle forze dell'ordine, comporta, altresì, evidentemente ulteriori problemi anche dal punto di vista della sicurezza, poiché con tali modalità si sta privando il territorio di risorse indispensabili per assicurarne il presidio a favore della collettività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali specifiche ed urgenti iniziative abbia adottato o intenda adottare al fine di garantire effettiva tutela all'incolumità e alla salute degli agenti delle forze dell'ordine, in particolare di quelli impegnati quotidianamente nelle operazioni successive agli sbarchi che si stanno susseguendo illegalmente sulle coste del nostro Paese, per prevenire il rischio di contagio da Covid-19 degli agenti medesimi ed inevitabilmente a tutela anche delle loro famiglie.
(4-06345)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, si assicura che il Ministero dell'interno, fin dall'inizio dell'emergenza epidemiologica in corso, ha puntualmente applicato tutte le procedure prescritte dalla normativa per lo
screening sanitario dei migranti che arrivano nel nostro Paese, garantendo al contempo l'incolumità e la tutela della salute degli agenti di Polizia impegnati nelle operazioni di sbarco.
  Più in particolare, riguardo allo sbarco dei 43 migranti dalla nave «Mare Jonio» al porto commerciale di Augusta, avvenuto il 1° luglio 2020, si evidenzia che il medico degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf) ha messo in atto i protocolli sanitari previsti, effettuando l'accesso sulla nave con il personale della Croce rossa italiana per effettuare il
triage di bordo.
  Al termine delle operazioni di
screening sanitario, il direttore dell'Usmaf specificava che tutti i cittadini stranieri, imbarcati sulla citata nave, apparivano in buone condizioni di salute, raccomandando nei loro confronti «la sorveglianza sindromica presso il centro di prima accoglienza, al fine di escludere malattie infettive in incubazione».
  Acquisito il nulla osta allo sbarco, il dirigente del Servizio di ordine pubblico presente in loco ha curato le operazioni di sbarco, attraverso un percorso obbligato che guidava i migranti direttamente verso il presidio ivi allestito dall'Azienda sanitaria provinciale (Asp) in modo tale da limitare al massimo l'esposizione al rischio degli operatori di polizia.
  Si evidenzia, al riguardo, come a tutti i migranti siano state fornite tute protettive monouso, calzari, guanti, cuffia e mascherine.
  Nella fase successiva, i migranti sono stati sottoposti a procedimento di preidentificazione e intervistati da parte del personale dell'Ufficio immigrazione, sempre nel rispetto della distanza interpersonale. Successivamente, i migranti sono stati trasferiti in altra località indicata dalla Prefettura.
  Si precisa, al riguardo, che tutto il personale di Polizia coinvolto nelle operazioni di sbarco ha indossato i prescritti dispositivi di protezione individuale e che, per maggior sicurezza, i 19 operatori della questura di Siracusa venuti in contatto con i migranti sono stati sottoposti al tampone rinofaringeo (risultato negativo) e all'isolamento fiduciario.
  In relazione al secondo episodio citato nell'interrogazione, si comunica che, nella serata del 10 luglio 2020, 70 migranti sono stati scortati fino al porto di Roccella Jonica, dopo essere stati intercettati al largo delle coste italiane da una motovedetta della Guardia di finanza.
  Anche in questo caso si è proceduto alle operazioni di sbarco e di fotosegnalamento nel più breve tempo possibile, garantendo sempre la tutela della salute del personale impiegato nei servizi e con la predisposizione di tutte le cautele imposte dalle linee guida della normativa per la prevenzione della diffusione del virus Covid-19.
  La somministrazione del tampone nasofaringeo ai 70 migranti è stata effettuata dal personale dell'Asp di Reggio Calabria e ha dato esito positivo per 26 di loro.
  Tutti i 45 operatori di Polizia impegnati nelle operazioni di sbarco sono stati posti in isolamento, in regime di «temporanea dispensa dalla presenza in servizio», e sottoposti a tampone nasofaringeo.
  Immediatamente è stata effettuata la sanificazione degli uffici della questura, del commissariato di P.S. di Siderno e degli automezzi impiegati nelle attività di istituto e, riscontrato l'esito negativo di tutti i tamponi effettuati dagli operatori di Polizia, il dirigente del locale Ufficio sanitario ne ha disposto il regolare rientro in servizio.
  Più in generale, con riguardo alla tutela della salute del personale impegnato nelle procedure di sbarco dei migranti, si evidenzia che la direzione centrale di sanità del dipartimento di pubblica sicurezza fornisce a tutti gli operatori della polizia di Stato idonei dispositivi di protezione individuale per i servizi di assistenza, soccorso, scorte ai migranti, rimpatri e per tutte le altre procedure previste.
  I Dpi sono distribuiti periodicamente al personale, che viene sensibilizzato e istruito sul corretto utilizzo degli stessi.
  In conclusione, si assicura che, fin dall'inizio della dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria, la fornitura dei predetti dispositivi è stata sempre garantita e incrementata, soprattutto nell'ambito di specifiche tipologie di servizio e in relazione ai potenziali rischi di esposizione.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   hanno destato profondo sconcerto e indignazione le immagini pubblicate da ilGiornale.it relative ad un servizio a cui sono stati chiamati giovedì 12 novembre 2020 90 agenti del reparto mobile di Roma;

   secondo quanto riferito, gli agenti sarebbero stati costretti a lavorare quasi 20 ore consecutive senza sosta, senza pasti adeguati e soprattutto sarebbero stati esposti a gravissimi rischi sanitari per l'emergenza da Covid-19 in corso, in sintesi, come riportato dalla stampa, costretti dal Viminale a subire un trattamento «indegno» e «disumano»;

   le immagini dell'interno dell'aereo sovraccarico di immigrati e poliziotti, tutti assembrati e in spregio ad ogni misura anti-contagio e di distanziamento interpersonale, hanno fatto immediatamente il giro del web, suscitando enorme scalpore e rabbia per l'indegno trattamento riservato agli agenti delle forze dell'ordine, da sempre in prima linea anche in questo momento di emergenza;

   stando al racconto pubblicato sui quotidiani, ad aggravare la situazione è stata anche l'impossibilità per gli agenti di poter consumare dei pasti decenti durante il lunghissimo servizio di 20 ore, costretti infatti a stare sulla pista di atterraggio, senza poter bere un caffè o accedere a un distributore automatico di bevande o a mangiare sull'«asfalto» un pranzo al sacco, ormai freddo e a orari impossibili;

   il vergognoso trattamento a cui sono stati costretti agli agenti del reparto mobile di Roma non solo ha messo a gravissimo rischio la salute degli stessi e dei loro familiari, ma ha dato un'immagine disonorevole delle istituzioni che rappresentano e che dovrebbero invece tutelarli –:

   quali siano i motivi per i quali gli agenti del reparto mobile della questura di Roma siano stati costretti a svolgere il proprio servizio nelle indegne condizioni di cui in premessa, come riportato dalla stampa, e se siano state individuate eventuali responsabilità;

   quali immediate iniziative intenda attivare affinché non si verifichino più analoghi episodi e affinché gli agenti siano maggiormente tutelati a fronte dei gravissimi rischi, anche sanitari, a cui sono esposti quotidianamente.
(4-07550)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato parlamentare indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via generale occorre premettere che il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno organizza regolarmente trasferimenti a mezzo aereo dei migranti giunti irregolarmente sulle coste italiane verso i centri di permanenza per il rimpatrio (C.p.r.) presenti sul territorio nazionale; tali trasferimenti riguardano i destinatari di provvedimenti di respingimento o espulsione e avvengono previa assegnazione di posti nelle succitate strutture (entro i limiti della loro disponibilità) e al termine del periodo di quarantena con esito negativo del tampone.
  Si evidenzia che l'organizzazione dei trasferimenti in questione è influenzata da molteplici varianti riconducibili alle tempistiche richieste dallo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di trasporto aereo (nel caso di vettori privati) o per la disponibilità dell'aeromobile (nel caso di velivoli della Guardia di Finanza utilizzati sulla base di apposita concessione). La complessità organizzativa dei trasferimenti comporta la necessità di una pianificazione preventiva dell'evento e, frequentemente, una sua rimodulazione in caso di circostanze sopravvenute (ad esempio problematiche di ordine pubblico in occasione degli sbarchi o dei trasferimenti in aeroporto, esiti dei tamponi, calcolo dei periodi di quarantena, orario di discesa degli stranieri dalle navi quarantena).
  Nell'attività di pianificazione deve inoltre essere assicurata la collocazione degli stranieri nei Cpr in tempo utile per la celebrazione delle udienze di convalida del trattenimento e per il rimpatrio con il primo
charter a disposizione in calendario; occorre quindi ottimizzare nel modo migliore le operazioni di volo, prevedendo la presenza a bordo del maggior numero di stranieri possibile.
  In merito al caso specifico riferito nell'interrogazione, si rappresenta che a seguito di un contemporaneo aumento di capienza nei Cpr di Milano e Torino, si è organizzato il trasferimento a mezzo aereo di 81 stranieri sbarcati il 12 novembre 2020 dalla nave Suprema, in rada presso il porto di Augusta, secondo il seguente itinerario: Roma Fiumicino (imbarco degli 84 operatori di scorta) – Catania (imbarco 40 stranieri) – Milano (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr) – Catania (imbarco di ulteriori 41 stranieri destinati ai Cpr di Torino e Roma) – Torino (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr) – Roma (discesa degli stranieri destinati a quel Cpr e fine servizio).
  Tutti gli stranieri scortati erano stati sottoposti a tampone con esito negativo nel pomeriggio dell'11 novembre 2020. Poiché sia le forze dell'ordine che i cittadini stranieri indossavano i dispositivi di protezione individuale – in particolare mascherine FFP2 e guanti, così come previsto dalle disposizioni ministeriali in materia, la distribuzione del personale di polizia all'interno dell'aeromobile da 184 posti è stata stabilita, per ogni fila di tre posti, con un cittadino straniero al centro e due operatori di polizia ai posti laterali.
  La lunga durata delle operazioni di accompagnamento, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, è stata causata da un evento assolutamente imprevedibile, quale la comunicazione giunta nella mattinata del 12 novembre 2020 della positività al tampone di una operatrice in servizio presso il Cpr di Torino, meta della seconda tratta del trasferimento. Tale circostanza ha determinato la necessità di sottoporre a tampone tutti gli ospiti di quel Centro e tutti gli operatori che vi prestavano servizio, con ovvie ricadute sull'operazione di trasferimento.
  In particolare, si è reso necessario attendere il via libera da Torino, giunto intorno alle ore 20.00, per poter autorizzare la questura di Siracusa alla notifica dei provvedimenti e al trasferimento dei cittadini tunisini presso l'aeroporto di Catania.
  Si informa anche che nel corso delle operazioni sono stati garantiti agli operatori due pasti completi a bordo dell'aeromobile, oltre a un cosiddetto «sacchetto» a cura della questura di Torino, fruito con ritardo a causa della descritta criticità.
  Su un piano più generale si assicura che il Ministero dell'interno è fermamente impegnato nel garantire la massima tutela della salute al personale di polizia impiegato in servizi potenzialmente a rischio. A tal fine la direzione centrale di sanità del dipartimento di pubblica sicurezza fornisce costantemente gli idonei dispositivi di protezione individuale (D.p.i.) a tutti gli operatori della Polizia di Stato, indicandone il corretto utilizzo anche in relazione alle diverse tipologie di servizio, ai potenziali rischi di esposizione ed alla fase epidemiologica territoriale.
  I dispositivi di protezione individuale distribuiti rispondono alle più consolidate evidenze scientifiche ad oggi disponibili e garantiscono, se usati in maniera appropriata, un'efficace misura di protezione per l'operatore di Polizia.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 11 marzo 2015, n. 35, è stato ratificato l'accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia in materia di previdenza sociale, che ha sostituito la convenzione europea di sicurezza sociale ratificata da entrambi gli Stati;

   l'accordo si applica ai lavoratori dipendenti, autonomi, dipendenti pubblici e agli iscritti alla «gestione separata», e modifica le disposizioni in materia di legislazione applicabile e distacchi; in base all'articolo 3, l'accordo si applica, a prescindere dalla loro cittadinanza, alle persone che siano o siano state soggette alla legislazione di una o di entrambe le parti contraenti, nonché ai familiari e superstiti di tali persone;

   l'articolo 4 prevede che le persone residenti nel territorio di una delle parti contraenti godano degli stessi diritti e siano soggette ai medesimi obblighi previsti dalla legislazione dello Stato contraente nel cui territorio risiedono, come se fossero cittadini di tale Stato;

   nonostante quanto stabilito dall'articolo 4, risulta all'interrogante che ai lavoratori italiani distaccati in Turchia al seguito di imprese italiane e ai loro familiari (che rientrano nel campo di applicazione soggettivo dell'accordo in base all'articolo 7), non verrebbe garantita la parità di trattamento in materia di assistenza sanitaria e che tali lavoratori sarebbero costretti a contrarre assicurazioni private per non rischiare di restare senza le cure necessarie in caso di malattia od infortunio;

   risulta inoltre all'interrogante che le competenti autorità turche giustifichino tale grave violazione dell'accordo sulla base della mancata stipula tra le parti contraenti dell'accordo amministrativo che normalmente esplica le modalità di attuazione dell'accordo di base;

   con la risposta all'atto di sindacato ispettivo presentato al n. 4-00289 dell'11 gennaio 2019, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale confermava l'acquisita disponibilità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a riprendere il negoziato, di cui però non si conosce esito –:

   quali urgenti iniziative i Ministri interrogati ciascuno secondo le proprie competenze, intendano assumere, a 5 anni dall'entrata in vigore dell'accordo sulla sicurezza sociale tra Italia e Turchia, al fine di garantire la sollecita stipula degli accordi amministrativi necessari ai fini dell'applicazione dell'accordo in tutti i suoi contenuti; quali iniziative nelle more della definizione di tali accordi amministrativi, intendano adottare al fine di garantire ai lavoratori italiani distaccati in Turchia e alle loro famiglie la copertura sanitaria garantita dall'accordo di base.
(4-07665)

  Risposta. — Onorevole Deputato Ungaro rispondo alla sua interrogazione n. 4-07665 sull'accordo sulla sicurezza sociale tra Italia-Turchia e la stipula degli accordi amministrativi necessari ai fini dell'applicazione dell'accordo.
  Il Governo italiano è a conoscenza delle problematiche che impediscono ad alcuni connazionali che si trovano in Turchia di accedere alle prestazioni in materia di assistenza sanitaria, invalidità, vecchiaia e reversibilità in condizioni di parità di trattamento. A seguito della conclusione con la Turchia di un accordo sulla previdenza sociale ratificato nel 2015, è stato costante l'impegno per addivenire alla definizione degli accordi amministrativi necessari a dare piena applicazione alle sue disposizioni.
  Per quanto di competenza, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si è adoperato, anche tramite l'Ambasciata d'Italia ad Ankara, per promuovere i contatti del competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le controparti turche, mantenendo alta l'attenzione su una questione di rilievo per la tutela degli interessi dei connazionali in Turchia. Tale attività ha consentito di registrare progressi nei negoziati fra le parti. Pur nel contesto di accresciute difficoltà legate all'emergenza sanitaria in corso, prosegue il lavoro negoziale per giungere, in tempi auspicabilmente brevi, alla finalizzazione di un accordo amministrativo applicativo dell'accordo ratificato nel 2015.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   VARCHI, CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è stata pubblicata su La Sicilia la relazione preliminare della task force della regione sul sopralluogo del 25 agosto 2020 all'hotspot di Pozzallo, in cui si evidenzia quanto i locali di soggiorno e i servizi iconici siano «inadeguati all'osservanza delle più elementari misure di prevenzione» del Covid-19, denunciando numerose carenze, dall'assenza di «pareti divisorie nella zona soggiorno-dormitorio», ai «lavabi comuni, numero di servizi igienici non proporzionati alla capienza reale e, in ultimo, sanificazione insufficiente»; il tutto in un contesto in cui «la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago, dovrebbe essere immediatamente intensificata in relazione alla numerosità degli ospiti»;

   nel copioso dossier si paventa, inoltre, l'ipotesi che alcuni migranti sbarcati come negativi siano stati contagiati all'interno della struttura, come dimostrerebbero «alcuni rilevanti bias analitici»: la «mancata conoscenza della totalità della popolazione esaminata per singolo sbarco», l'«evidenza» che i dati sugli sbarchi siano relativi «piuttosto a trasferimenti da altri hotspot» e la somministrazione, dopo lo sbarco del 9 aprile, dei tamponi «presumibilmente ai soli individui sintomatici (così come suggerito dalle linee guida dell'epoca)»;

   la denuncia più grave, però, riguarda quanto accaduto dopo lo sbarco del 25 luglio, quando a Pozzallo arrivarono 105 persone, di cui uno solo positivo, ma la curva dei contagiati seguì da subito un'evoluzione preoccupante: il 27 luglio i positivi erano già 17; 31 sei giorni dopo lo sbarco e 44 il 12 agosto, fino al totale di 80 contagiati il 18 agosto; come si legge nella relazione, «Ciò, ci induce ad affermare con ragionevole certezza che la possibilità di conversioni virologiche non è esclusivamente legata alla promiscuità del viaggio e della traversata, ma anche alla permanenza ed alla vita comunitaria condotta entro l'hotspot»;

   l'hotspot di Pozzallo, così come il centro di Comiso, sono stati ritenuti strutturalmente inidonei a ospitare soggetti positivi e a consentire l'esecuzione di una quarantena sicura;

   il pesante giudizio della task force non riguarda, però, soltanto la qualità di vita dei migranti, perché anche per gli operatori, in particolare, si evidenzia il «rischio potenziale da esposizione», vista «la concentrazione di ospiti in luoghi chiusi non idoneamente areati in condizioni di permanenza prolungata in tali ambienti» e il personale medico «non è mai stato sottoposto a visita medica, né a sorveglianza (esecuzione tamponi, test sierologici, e altro) per la prevenzione» da Covid-19;

   gli esperti hanno inoltre segnalato «il rischio burn-out per operatori di assistenza e addetti alla sicurezza», mentre su poliziotti, carabinieri e militari «non è stato possibile analizzare, all'esito degli attuali accertamenti, dati specifici circa la situazione clinica»;

   la relazione preliminare della task force della regione siciliana rende ancora meno accettabile la decisione del Governo di impugnare l'ordinanza del Presidente della regione siciliana, avocando, di fatto, a sé la gestione degli hotspot dell'isola;

   come riconosciuto dal costituzionalista Luca Pedullà, «L'articolo 3 del decreto-legge n. 6/2020 (...) ha attribuito (anche) ai governatori regionali il “dovere” di adottare ogni misura per evitare il propagarsi dell'epidemia, anche con riferimento all'accesso di merci e persone a mezzo di imbarcazioni (articolo 1, lettera m)). Pertanto, l'ordinanza del presidente della Regione Siciliana appare coerente sia con l'articolo 32 della Costituzione, sia con l'azione del Governo centrale, i cui rapporti, ex articolo 120 Cost., devono essere di leale collaborazione» –:

   se e quali iniziative di competenza stia adottando il Governo per gestire l'emergenza sbarchi lungo le coste siciliane, che sta mettendo a dura prova la tenuta sociale e sanitaria del territorio.
(4-06696)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo si rappresenta quanto segue.
  La gestione del fenomeno migratorio, già di per sé caratterizzata da una notevole complessità, ha dovuto negli ultimi tempi misurarsi con un ulteriore elemento di criticità costituito dalla pandemia da Covid-19 che ha richiesto l'adozione di una serie di interventi, anche logistici, nell'attività di accoglienza dei migranti, e in particolare la creazione di apposite strutture per l'applicazione delle misure di prevenzione anti Covid e l'utilizzo di navi per la quarantena.
  In tale contesto, il Governo ha dedicato una particolare attenzione alla Sicilia, interessata in modo particolare dalla pressione migratoria, con un approccio di piena collaborazione con tutte le componenti istituzionali coinvolte nella gestione dell'immigrazione.
  In merito alle valutazioni contenute nella relazione della
task force regionale redatta a seguito del sopralluogo effettuato presso l'hotspot di Pozzallo, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, la prefettura di Ragusa ha rappresentato che sin dallo scorso 25 agosto è stata immediatamente attivata in via precauzionale, la riduzione del numero degli ospiti dell'hotspot di Pozzallo nella misura del 50 per cento della capienza prevista.
  Sempre secondo quanto riferito dalla Prefettura, l'attività sanitaria all'interno dell'
hotspot è stata regolata fino allo scorso 31 luglio, da un accordo di collaborazione con la locale azienda sanitaria provinciale che ha fornito personale medico ed Infermieristico, assicurando così un presidio sanitario qualificato da professionalità collaudate all'interno della struttura di accoglienza che ha costituito un valore aggiunto per le continue e necessarie interazioni con il servizio sanitario territoriale.
  Successivamente, dal 1° agosto, perdurando l'emergenza epidemiologica, la sorveglianza sanitaria dell'Asp è proseguita e la relativa attività - svolta d'intesa con i medici forniti dall'ente gestore - si è costantemente avvalsa della presenza dei sanitari dell'azienda medesima, sia a Pozzallo che nella struttura di contrada Cifali a Ragusa, denominata azienda Don Pietro, in relazione al prelievi dei tamponi cadenzati secondo le modalità disposte dal servizio di medicina territoriale.
  Per quanto poi riguarda lo sbarco del 25 luglio 2020, la prefettura di Ragusa riferisce di essersi, in particolare, attenuta alle indicazioni dei sanitari e dell'Azienda sanitaria provinciale che all'epoca gestiva direttamente i servizi sanitari all'interno del centro in esame. In conformità ad esse è stato, pertanto, osservato scrupolosamente il protocollo sanitario che prevedeva l'immediata e stretta separazione dei contagiati per i quali sono state predisposte delle apposite tende all'esterno della struttura sebbene sempre all'interno del perimetro recintato del centro, al fine di non consentire nessun contatto fisico con i restanti ospiti in quarantena.
  La prefettura di Ragusa ha altresì rappresentato che in relazione alle raccomandazioni formulate dalla
task force, è stato dato immediato impulso al provveditorato alle opere pubbliche per la realizzazione, all'interno dell'hotspot di Pozzallo, di altre forme di compartimentazione interne finalizzate a creare ulteriori condizioni di separazione per le donne singole ed i minori non accompagnati, da accogliere, in aree separate.
  Sotto il profilo delle misure di prevenzione del contagio da Covid-19, è stata oggetto di costante attenzione da parte della prefettura di Ragusa la tutela di tutti gli operatori della predetta struttura i quali, unitamente al direttore del centro, sono stati destinatari di puntuali indicazioni e prescrizioni in ordine alle misure di distanziamento sociale e all'utilizzo dei dispositivi di protezione individuali, oltre che di giornate di formazione a distanza sul rischio specifico da contagio e sulle misure da adottare per il contenimento dello stesso.
  Parimenti, riguardo al «rischio potenziale da esposizione» per gli operatori delle Forze di polizia in servizio di ordine pubblico presso strutture come quella oggetto dell'atto di sindacato ispettivo, va sottolineato che sono state emanate circolari e protocolli per la corretta gestione dell'emergenza sanitaria da parte del dipartimento della fabbrica sicurezza del Ministero dell'interno che ha provveduto, altresì, alla distribuzione di un vademecum illustrativo sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuali, forniti costantemente agli operatori di Polizia.
  Per quei che concerne l'ordinanza del presidente della regione Siciliana, cui pure si fa specifico riferimento nell'interrogazione, le censure mosse dal Governo sono state accolte dall'autorità Giudiziaria Amministrativa che, con decreto presidenziale n. 842 del 27 agosto 2020, ha ritenuto l'ordinanza eccedere i poteri di spettanza regionale, sotto il profilo della gestione del fenomeno migratorio.
  In conclusione, si assicura che resta costante ed elevata l'attenzione di questo Ministero sui fenomeni in esame, anche al fine di garantire con assoluto rigore, la tutela della salute della collettività e la sicurezza pubblica nell'attuale contingenza.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   VIGNAROLI e ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la delibera del consiglio comunale di Cisterna di Latina n. 84 del 4 ottobre 2019 menziona il progetto della Gia.Fra S.r.l. di riqualificazione del sito industriale dismesso (situato al chilometro 64,00 della strada regionale 148 «Pontina» di proprietà della Adogi Immobiliare S.r.l. (sottoposta a due provvedimenti, di sequestro e di confisca, adottati rispettivamente il 20 febbraio 2013 ed il 16 aprile 2015, previo mutamento della destinazione d'uso dell'area in parola;

   la Gia.Fra S.r.l. richiede (quindi) al comune di Cisterna di Latina una variante al piano regolatore generale che inizialmente non ottiene, a causa dell'omessa registrazione del contratto preliminare di compravendita stipulato con l'Adogi Immobiliare S.r.l. in data 26 gennaio 2011;

   solo dopo la registrazione (il 26 ottobre 2018) del predetto, l'istante riceve l'assenso «al progetto ed alla relativa variante urbanistica da conseguire attraverso le procedure di previste dall'articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006», previa validazione del «titolo di disponibilità del bene debitamente registrato (contratto preliminare di compravendita sottoposto a condizioni di sospensione)» e delle «relative proroghe alla sua sottoscrizione da parte sia dell'Anbsc che del Coadiutore dell'Anbsc»;

   la delibera del 2019, a giudizio degli interroganti, non consente di verificare il rispetto della destinazione d'uso del bene confiscato che dovrebbe emergere dalle direttive del giudice delegato e dalla delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione di beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) (articoli 40, comma 1, e 47, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) che non risultano acquisite (nonostante le espresse richieste di cui alle note comunali protocollo n. 58185 del 9 dicembre 2016 e protocollo n. 28125 del 17 giugno 2019);

   inoltre, non è possibile, secondo gli interroganti, accertare la conformità del contratto del 26 gennaio 2011 allo scopo di mantenere i beni immobili nel patrimonio dello Stato e/o degli enti locali, potendo la vendita essere disposta (con provvedimento dell'A.n.b.s.c. allo stato ignoto) solo nel caso d'impossibilità a conseguire finalità di pubblico interesse (articolo 48, commi 3, lettere a-d, e 5 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159);

   oltretutto, il contratto del 26 gennaio 2011 è stato ritenuto valido ed efficace dal comune di Cisterna di Latina, sulla base delle sole proroghe sottoscritte dall'A.n.b.s.c. e dal coadiutore, senza che (dalla delibera del 2019) risulti che l'amministrazione comunale abbia anche acquisito copia delle autorizzazioni e dei nulla osta giudiziali che (a norma degli articoli 40, comma 3, e 44, comma 2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) costituiscono il presupposto legittimante la firma, da parte dell'amministratore giudiziario e/o dell'A.n.b.s.c. e/o del coadiutore, delle proroghe successive a quella scaduta il 30 marzo 2015 (unica che agli interroganti risulta effettivamente autorizzata dal giudice delegato);

   peraltro, il contratto del 26 gennaio 2011, ad avviso degli interroganti, non può essere utilizzato in sede amministrativa, sia perché lo stesso è stato registrato dopo la confisca (e, quindi, non è opponibile a quest'ultima per l'assenza di una data certa anteriore al sequestro; cfr. articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), sia in quanto il medesimo ha subito la sospensione ex articolo 56 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (perché parzialmente in seguito alla data del sequestro);

   infine, non è dato sapere se la Gia.Fra S.r.l. abbia accettato le condizioni proposte dall'amministratore giudiziario con l'istanza del 31 dicembre 2013;

   per l'effetto, ad avviso degli interroganti, non si può attualmente ritenere che sia stato concluso un nuovo accordo utilizzabile nella procedura in corso –:

   se, quale titolare del potere di vigilanza sull'A.n.b.s.c., il Ministero dell'interno intenda chiedere chiarimenti alla suindicata Agenzia, in ordine alle numerose irregolarità sopra esposte ed in merito ai provvedimenti che quest'ultima abbia adottato e/o intenda adottare con riferimento alla presente vicenda.
(4-06575)

  Risposta. — In relazione alle questioni poste dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nel comune di Cisterna di Latina, sulla via Pontina al chilometro 64,00, insiste un sito industriale dismesso di proprietà della società Adogi Immobiliare srl.
  L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità (Ansbc) ha informato che l'area in questione, costituita da terreni e capannoni, è stata confiscata, unitamente alle quote del capitale della Adogi Immobiliare srl con decreto del Tribunale di Latina, diventato definitivo a far data dal 28 aprile del 2017.
  Detta società, già prima dell'originario provvedimento di sequestro, aveva sottoscritto in data 26 gennaio 2011 un contratto preliminare di compravendita volto a trasferire la proprietà del suddetto compendio immobiliare in favore della Gia.Fra. srl. Tale contratto era, tuttavia, subordinato alla positiva conclusione della procedura amministrativa volta ad ottenere il cambio di destinazione d'uso del compendio da industriale a commerciale, il rilascio di tutte le autorizzazioni e/o concessioni necessarie sia all'edificazione che alla gestione del complesso immobiliare e, infine, la cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sull'immobile.
  La durata del suddetto impegno a concludere la vendita del citato
asset, per il quale la proprietà ha già ricevuto la somma di 700.000 euro a titolo di anticipo quale deposito infruttifero, veniva fissato in 36 mesi dalla sottoscrizione del relativo preliminare.
  Con provvedimento di proroga della scadenza del suddetto termine (prima al 31 dicembre 2016 e, poi al 31 dicembre 2018), reso dall'allora competente Autorità giudiziaria in fase di sequestro, si è di fatto realizzato il subentro dell'amministrazione giudiziaria nel sopra riferito impegno contrattuale (
ex articolo 56, comma 1, del Codice antimafia).
  Pertanto, l'Ansbc, intervenuta dopo la confisca di 1° grado nella gestione dei suddetti beni, ha provveduto a dare seguito agli impegni contrattuali già autorizzati dal giudice; in tale chiave va dunque letto l'ulteriore provvedimento di proroga (fino al 31 dicembre 2019) emesso dalla Agenzia, dopo la confisca definitiva.
  Ciò premesso l'Ansbc ha, altresì, specificato che sono state adottate le iniziative necessarie a completare le operazioni di vendita dell'immobile in questione, la cui convenienza per la società Adogi Immobiliare srl (e oggi, a confisca definitiva, anche per il socio unico Erario dello Stato) è stata già valutata dal magistrato competente durante la fase di amministrazione giudiziaria.
  La stessa Agenzia ha evidenziato che, al momento, non è stata ancora adottata alcuna delibera di destinazione da parte del Consiglio direttivo della Ansbc atteso che non si sono ancora avverate le condizioni sospensive previste dal contratto in esame, aggiungendo che il citato organo collegiale non potrà che deliberare – qualora dette condizioni dovessero avverarsi – la vendita del bene aziendale di che trattasi, a suo tempo autorizzata in fase giudiziaria dal giudice competente.
  Per quanto attiene, invece, alle prioritarie esigenze di mantenere i beni immobili nel patrimonio dello Stato e/o degli enti locali
ex commi 3 e 5, dell'articolo 48 del Codice antimafia, l'Agenzia ha chiarito che tali disposizioni non possono applicarsi al caso di specie in ragione della natura meramente aziendale del bene oggetto del contratto di vendita.
  Invero, per gli immobili aziendali la disciplina di riferimento è contenuta nel comma 8 dell'articolo 48 del Codice antimafia, il quale prevede per essi la possibilità di procedere all'affitto, alla liquidazione o alla vendita.
  In relazione poi alla mancata acquisizione dei provvedimenti di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria posti a fondamento delle successive proroghe contrattuali, l'Agenzia ha emesso il provvedimento di proroga in assenza di autorizzazioni in quanto, dopo la definitività della misura ablativa, ogni decisione in merito è attribuita, ai sensi del codice antimafia, all'esclusiva competenza della Ansbc.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   ZOFFILI, BELOTTI, BIANCHI, BONIARDI, BORDONALI, CAPITANIO, CECCHETTI, CENTEMERO, COLLA, COMAROLI, ANDREA CRIPPA, DARA, DONINA, FERRARI, FORMENTINI, FRASSINI, GALLI, GARAVAGLIA, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, IEZZI, INVERNIZZI, LOCATELLI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MAGGIONI, MOLTENI, MORELLI, PAROLO, RIBOLLA, TARANTINO, TOCCALINI, RAFFAELE VOLPI, FURGIUELE, GIACOMETTI, MACCANTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si rileva un tentato stupro nell'aeroporto di Malpensa;

   risulta che un senegalese, in procinto di prendere il volo per il Senegal, vedendo la donna dirigersi verso la toilette, la abbia seguita, riuscendo a molestarla in modo pesante;

   le urla della donna che invocava aiuto, fortunatamente hanno richiamato l'attenzione di un altruista e coraggioso passeggero italiano che è riuscito ad interrompere la violenza e a mettere in fuga l'aggressore;

   grazie all'esperienza dei poliziotti e alla collaborazione dei dipendenti della società di gestione aeroportuale, l'uomo è stato individuato nello stesso pomeriggio mentre vagava per il terminal nell'attesa di imbarcarsi sul suo volo –:

   quali siano il motivo e la durata del soggiorno nel nostro Paese del senegalese di cui in premessa e quando allo stesso sia stato, eventualmente, rilasciato un visto per l'ingresso in Italia, se questi risulti avere già precedenti penali, in particolare con riguardo ai reati a sfondo sessuali, nel nostro o in altro Stato, anche di origine;

   in relazione al tema generale della sicurezza pubblica, quali iniziative intenda adottare, alla luce del gravissimo episodio sopra riportato, per implementare la vigilanza nelle aree aeroportuali.
(4-06628)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nel pomeriggio del 20 luglio 2020, presso lo scalo aereo di Malpensa (VA), nei saloni partenze del terminal 1, è stato fermato ed identificato dagli operatori della Polizia di Stato un cittadino senegalese, Guye Cheick, nato il 17 settembre 1996 a Leona Thiaro (Senegal), residente ad Oleggio (NO), titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo – Unione europea rilasciato dalla questura di Novara il 31 marzo 2018, con validità temporale illimitata.
  Il citato passeggero, pochi istanti prima, si era reso responsabile di un'aggressione ai danni di una cittadina italiana, all'interno delle
toilettes femminili. La donna è riuscita a divincolarsi grazie all'intervento di un altro passeggero che ha allertato alcune guardie giurate della sicurezza aeroportuale. Il personale di polizia, immediatamente intervenuto, è riuscito ad individuare e fermare l'aggressore, accompagnandolo presso gli Uffici della polizia di frontiera dello scalo aereo, dove il medesimo è stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria per il reato di tentata violenza sessuale ed associato alla Casa circondariale di Busto Arsizio (VA). Il successivo 25 luglio, a seguito di convalida del fermo da parte del giudice per le indagini preliminari, il cittadino senegalese è stato condotto alla casa circondariale di Pavia, in attesa di giudizio. Dagli atti è emerso che il cittadino senegalese ha fatto ingresso in Italia il 12 giugno 2009, con un visto per ricongiungimento familiare di tipo «D» (visto per soggiorni di lunga durata), rilasciato dal consolato italiano di Dakar il 18 febbraio 2009, per consentirgli di raggiungere i genitori già regolarmente residenti in Italia ed è sempre risultato in regola con le norme sul soggiorno degli stranieri, fino al rilascio del menzionato permesso di soggiorno.
  Il predetto annovera precedenti di polizia risalenti al 2012 (provvedimento di permanenza in casa per rapina aggravata commessa come minorenne), al 2014 (percosse e ingiurie) ed al 2017 (furto aggravato e tentato furto aggravato).
  Per quanto concerne la richiesta di intraprendere iniziative volte ad implementare la vigilanza aeroportuale, si rappresenta che le aree aperte al pubblico dell'aerostazione sono costantemente pattugliate da personale in uniforme, in turnazione continuativa, sia appiedato ai fini della capillarità della sorveglianza, sia a mezzo di veicolo elettrico al fine di velocizzare gli interventi operativi necessari.
  Tale attività di vigilanza è inserita nel contesto del più ampio dispositivo finalizzato a garantire la sicurezza dell'aviazione civile e degli utenti del «sistema aeroporto», cui concorrono tutte le componenti operanti nello scalo, nell'ottica del concetto di «sicurezza partecipata», sul quale vengono costantemente sensibilizzati tutti gli operatori aeroportuali e la cui concreta applicazione nella circostanza in esame ha consentito l'immediata identificazione e il fermo dell'autore del fatto delittuoso.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che presso il centro di accoglienza sito a Predda Niedda, in provincia di Sassari, sarebbero risultati positivi al Covid-19 cinquantacinque immigrati tra quelli ospitati al suo interno e due operatori che prestavano servizio nella struttura;

   all'esito degli accertamenti sanitari sarebbero state attivate le misure di contenimento da parte dell'Ats, con l'isolamento di tutti i soggetti positivi, mentre sarà necessario procedere al tracciamento dei contatti per verificare se i soggetti risultati contagiati dal virus non siano venuti a contatto con altre persone;

   la notizia, arrivata dall'Unità di crisi del nord Sardegna, ha destato comprensibilmente massima attenzione presso le istituzioni regionali ed enorme preoccupazione tra la popolazione, non solo di Predda Niedda, per il pericolo di un nuovo focolaio ancora a causa della forte pressione migratoria irregolare a cui viene da mesi esposta l'isola;

   tale pericolo, risulta ad avviso dell'interrogante, ancor più aggravato dalla decisione dell'attuale Governo di distribuire gli immigrati che giungono illegalmente sulle coste della Sardegna tra diversi comuni dell'isola in strutture del tutto inadeguate e nonostante siano ben note da tempo le criticità di questi centri le cui già precarie condizioni di sicurezza sanitaria sono state ulteriormente aggravate dall'emergenza causata dalla pandemia –:

   quale sia la situazione ad oggi nel centro di accoglienza di Predda Niedda e quali iniziative siano state attivate per contenere l'infezione da Covid-19; quali iniziative si intendano adottare per tutelare la popolazione sarda e per non esporla ad ulteriori ed ingiustificati rischi sanitari;

   se non si ritenga opportuno rafforzare e mettere realmente in atto all'interno dei centri di accoglienza della Sardegna tutte le precauzioni necessarie a scongiurare il ripetersi di episodi simili a quello esposto in premessa.
(4-07089)


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è di lunedì 19 ottobre 2020 la notizia dell'ennesima rivolta scoppiata all'interno del centro di accoglienza allestito presso l'hotel Pagi nel comune di Predda Niedda, a Sassari, dove sono isolati in quarantena ben 67 ospiti della struttura risultati positivi al Covid-19;

   già la settimana precedente gli immigrati ospitati nel centro erano insorti per sottrarsi alla misura di isolamento prescritta a seguito del contatto dei medesimi con soggetti contagiati dal virus e avevano cominciato a lanciare in segno di protesta vari oggetti, olio e vernice sulla strada, oltre a pretendere altri tamponi per verificare immediatamente la loro positività al virus;

   successivamente i risultati dei test effettuati hanno confermato i contagi, ma gli ospiti, tutti asintomatici, non hanno voluto a questo punto accettare il responso delle analisi e hanno provocato un'altra violenta rivolta all'interno della struttura;

   come riportato dalla stampa, per sedare la protesta sono dovuti intervenire gli agenti della questura di Sassari in tenuta antisommossa, grazie ai quali si è infine riportata la situazione alla calma;

   come già evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-07089, depositato dall'interrogante subito dopo la segnalazione dei primi casi accertati all'interno della struttura di Predda Niedda, la decisione dell'attuale Governo di distribuire gli immigrati che giungono illegalmente sulle coste della Sardegna tra diversi comuni dell'isola e in strutture del tutto inadeguate sta creando gravissimi problemi di ordine pubblico e di sicurezza sanitaria sia per le forze dell'ordine che per la popolazione, ulteriormente aggravati dall'emergenza causata dalla pandemia;

   quanto accaduto presso il centro di accoglienza di Predda Niedda non è purtroppo un caso isolato, come dimostrano le numerose rivolte e sommosse provocate dagli immigrati anche in altri centri di accoglienza e che le cronache riportano ormai quotidianamente –:

   cosa sia effettivamente accaduto al centro di accoglienza di Predda Niedda e quale sia la situazione ora al suo interno quali iniziative intenda assumere affinché nella struttura siano garantite tutte le misure e le precauzioni necessarie a scongiurare il ripetersi di episodi simili a quello esposto in premessa e ad assicurare il rispetto delle misure di profilassi per il contenimento del virus Covid-19.
(4-07251)

  Risposta. — Con riferimento alle vicende segnalate nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In merito al centro di accoglienza per migranti «Pagi», sito in via Predda Niedda, a Sassari – cui si fa riferimento nell'interrogazione – si rappresenta che i primi segni di protesta da parte dei cittadini stranieri ivi ospitati sono iniziati la mattina del 5 ottobre 2020, quando all'interno della struttura si andava diffondendo la notizia che alcuni di essi erano positivi al COVID-19.
  La contestazione – attuata chiudendo il cancello principale con un lucchetto, allo scopo di sollecitare le autorità competenti a sottoporre quanto prima tutti gli ospiti del centro ad accertamenti sanitari – si è protratta fino alle 12,30 dello stesso giorno ed è cessata allorquando sono state date ai manifestanti rassicurazioni sul fatto che tali accertamenti si sarebbero svolti nella giornata seguente.
  Una volta giunti gli esiti degli accertamenti sanitari, eseguiti sui 68 migranti presenti, è emersa la positività al Covid-19 di 59 di essi e la negatività dei restanti 9. Questi ultimi sono stati trasferiti presso un'altra struttura locale, denominata Pime2.
  Alle persone risultate positive è stata imposta la quarantena con sorveglianza attiva, con il divieto di lasciare la predetta struttura senza la prescritta autorizzazione.
  A seguito di tale episodio, con emissione di apposita ordinanza, sono stati disposti dei servizi di vigilanza dinamica che hanno coinvolto le varie forze di polizia, con frequenti passaggi e soste davanti alla struttura in questione.
  Un'ulteriore protesta presso il medesimo centro è stata messa in atto dalle ore 19 alle 20 circa del 19 ottobre 2020, quando 13 ospiti risultati positivi anche al secondo
test, ritenendo tale risultato non attendibile, hanno chiesto di poter uscire liberamente dal centro.
  Grazie all'opera di mediazione svolta dagli operatori della Polizia di Stato, intervenuti con il coordinamento della Prefettura di Sassari, la protesta è subito cessata e il centro ha ripreso le ordinarie attività.
  La prefettura di Sassari, nel riferire che gli operatori intervenuti nei vari episodi hanno indossato i previsti dispositivi di protezione individuale (Dpi) e il casco U-Bot quale ulteriore dispositivo di protezione personale da indossare in particolari situazioni operative, ha specificato che il predetto equipaggiamento, in ragione dell'emergenza epidemiologica, è da tempo a disposizione degli operatori in servizio di controllo del territorio.
  Alla data odierna, presso il centro di accoglienza Pagi sono ospitati 45 migranti che risultano ora tutti negativi al Covid-19.
  Dopo i fatti del 19 ottobre 2020, la Prefettura di Sassari ha adottato 7 decreti di revoca delle misure di accoglienza a causa dei comportamenti in violazione del regolamento interno e dei provvedimenti dell'autorità sanitaria tenuti dagli ospiti. La locale Questura ha comunicato che non si sono più registrate presso la struttura in argomento turbative all'ordine e alla sicurezza pubblica tali da richiedere l'intervento delle Forze dell'ordine.
  Su un piano più generale, infine, si assicura che per quanto attiene alle misure attuate per contenere la diffusione del virus Covid-19, il Ministero dell'interno con diverse circolari ha sollecitato gli enti gestori delle strutture di accoglienza, di primo e di secondo livello, e dei centri di trattenimento al rispetto delle disposizioni per il contenimento dell'epidemia; in tale ottica è stato richiesto di garantire un'adeguata informazione ai migranti sui comportamenti da seguire, sia attraverso i mediatori culturali che con apposite informative scritte.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il gabinetto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha reso noto a mezzo di una missiva indirizzata al deputato europeo Paolo Borchia datata 2 novembre 2020 circa l'istituzione di una posizione da vicario nell'organico del Consolato d'Italia a Toronto, in esecuzione di una deliberazione al riguardo assunta dalla competente direzione generale per le risorse e l'innovazione del Dicastero;

   nella stessa lettera, sono stati altresì comunicati l'avvio delle procedure di selezione del nuovo funzionario vicario e l'invio nella sede consolare di Toronto di un diplomatico in missione temporanea;

   a seguito di ulteriore scambio di missive, si è appreso che il funzionario vicario assegnato al Consolato d'Italia a Toronto sarà aggiuntivo nella pianta organica della sede;

   la circoscrizione del Consolato di Toronto ha circa 68 mila iscritti all'Aire, 16 mila dei quali residenti a Toronto, mentre a circa 30 chilometri a nord di questa città, in una località chiamata Vaughan, ve ne sono altri 20 mila –:

   stante l'importanza della sede consolare di Toronto e i bisogni della folta comunità italiana che ricade nella sua circoscrizione, entro quanto tempo il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale preveda di perfezionare l'iter di nomina del funzionario vicario da assegnarle;

   quale posizione il funzionario vicario occuperà nella pianta organica del Consolato d'Italia a Toronto.
(4-07706)

  Risposta. — Rispondo alla sua interrogazione n. 4-07706 sui tempi di perfezionamento dell'iter di nomina del nuovo funzionario vicario presso il consolato generale d'Italia a Toronto.
  Una volta finalizzate le procedure di individuazione e designazione, il diplomatico assegnato al consolato generale a Toronto assumerà le funzioni di vicario del console generale, in qualità di console o di vice console a seconda del grado del funzionario prescelto.
  Le procedure di assegnazione all'estero di tutto il personale avvengono tramite raccolta di candidature volontarie a seguito di apposito annuncio. Nel caso oggetto dell'interrogazione l'annuncio è stato pubblicato da tempo. La missione sarà pubblicizzata fino a che non verrà trovato un candidato che manifesti disponibilità a svolgere la missione e venga ritenuto dagli uffici competenti idoneo a ricoprire l'incarico. La Farnesina continuerà a seguire come prioritaria la questione fino alla sua positiva soluzione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.