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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 15 gennaio 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'articolo 39 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto, in particolare, che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i lavoratori dipendenti che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione;

   sebbene tale disposizione preveda espressamente un termine di applicazione certo, ovvero la data di cessazione dello stato di emergenza, la medesima è stata oggetto di due specifici provvedimenti di proroga e, in particolare, il decreto-legge n. 23 del 2020 (allegato 1, n. 14), che ne ha disposto la proroga fino 15 ottobre 2020 e il decreto-legge n. 125 del 2020, articolo 1, comma 3, che ne ha previsto la proroga fino al 31 dicembre 2020;

   risulta all'interpellante che, in assenza di successivi provvedimenti normativi, a partire dal 1° gennaio 2021, non è più riconosciuto ai dipendenti che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave il diritto di svolgere attività lavorativa in modalità agile nei termini previsti dal richiamato articolo 39 del decreto-legge n. 18 del 2020;

   tale vuoto normativo appare ingiustificabile, considerata la maggiore esposizione al rischio di contatto da Covid-19 delle persone affette da disabilità grave e la conseguente necessità di salvaguardare al massimo i contatti esterni delle persone appartenenti al medesimo nucleo familiare;

   il disagio appare ancora più evidente nel caso in cui la persona affetta da disabilità sia un figlio del dipendente, in quanto alle richiamate esigenze di precauzione sanitaria si aggiungono ulteriori compiti di assistenza dei genitori connessi alle restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria, come ad esempio, lo svolgimento della didattica a distanza –:

   se il Governo intenda avviare ogni iniziativa di competenza affinché l'articolo 39 del decreto-legge n. 18 del 2020 sia applicato in senso letterale e venga pertanto riconosciuta la possibilità di svolgere attività lavorativa in modalità agile ai dipendenti, che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave fino alla cessazione dello stato di emergenza.
(2-01078) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta orale:


   ASCARI, NESCI e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, il primo centro (cosiddetto Centro uomini maltrattanti - Cam) che ha cominciato ad occuparsi dell'ascolto e del trattamento degli uomini «maltrattanti», ossia degli uomini autori di comportamenti violenti nelle relazioni affettive è nato nel 2009;

   questi centri, nati spontaneamente e su impulso di alcune associazioni, ad oggi, rappresentano un punto di riferimento per quegli uomini che, al fine di non incorrere nella commissione di nuovi atti di violenza, vogliono intraprendere un percorso psicologico trattamentale di cambiamento volto all'adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali ed assumersi la conseguente responsabilità per i reati di maltrattamento fisico e/o psicologico, di stalking e altri reati nei confronti delle donne;

   nel nostro Paese, ad oggi, queste strutture, nonostante i risultati positivi ottenuti con la loro azione, sembrano ancora poche e mal distribuite sul territorio italiano: si concentrano soprattutto al Nord, operano in modo indipendente e non sono ancora inseriti, a pieno titolo, all'interno della rete dei servizi per il contrasto alla violenza maschile contro le donne;

   tale analisi pare confermata da un rapporto (n. 2/2017) effettuato dall'istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali – Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps - Cnr) sui programmi di trattamento per autori di violenza: al 31 dicembre 2017 sono risultati attivi 54 programmi di trattamento, il 17 per cento dei quali con più di una sede, per un totale di 69 punti di accesso sul territorio nazionale, concentrati maggiormente nel Nord Italia. Gli uomini che hanno contattato il programma nel corso del 2017 sono 1.199 e quelli in carico 1.214;

   l'articolo 165, comma 5, del codice penale (come modificato dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, sul cosiddetto «Codice rosso» in un'ottica di rafforzamento degli strumenti normativi per il contrasto alla violenza di genere) prevede che nei casi di condanna per i delitti come maltrattamenti, violenza sessuale e reati di tal genere, «la sospensione condizionale, della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati»;

   in ossequio a quanto previsto dall'articolo 16 della cosiddetta Convenzione di Istanbul, e in linea con quanto richiesto da diversi organismi internazionali ed europei in materia di contrasto alla violenza contro le donne e quella domestica, nel Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 (adottato dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013), è prevista l'attivazione di percorsi di rieducazione degli uomini autori di violenza contro le donne, riservando agli stessi percorsi delle specifiche risorse economiche;

   il 26 marzo 2020 è stato presentato un disegno di legge, a prima firma della senatrice Alessandra Maiorino (A.S. 1770), volto all'istituzione dei centri di ascolto per uomini maltrattanti e che, facendo leva sulla rieducazione degli autori delle violenze, mira a integrare e rafforzare il regime di tutele introdotto dal «Codice rosso» nell'ambito dell'attività di prevenzione e di eradicazione di comportamenti recidivanti;

   in ossequio a quanto previsto dalla normativa vigente nazionale e internazionale sopra citata, il recupero dei soggetti maltrattanti è, dunque, uno strumento fondamentale di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere poiché è riconosciuto che i soggetti violenti nelle relazioni di intimità tendono a reiterare il comportamento deviante anche all'interno di nuove relazioni;

   pare difficile attingere ai dati ufficiali (ad oggi risalenti ancora all'anno 2017 come sopra evidenziato) sul numero degli enti o delle associazioni attualmente operative che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero degli uomini maltrattanti. Tali dati sono essenziali per poter comprendere appieno lo stato dell'arte dei programmi di recupero dei soggetti maltrattanti al fine di rafforzare tali realtà operative sul territorio, e di conseguenza la stessa attività di prevenzione e di contrasto alla lotta contro la violenza sulle donne e quella domestica –:

   se i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito della propria competenza, siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se sia possibile fornire i dati ufficiali e aggiornati, almeno all'anno 2020, sul numero esatto dei centri di ascolto degli uomini maltrattanti attualmente operativi sul nostro territorio, e se sia intenzione dei Ministri interrogati adoperarsi, per quanto di competenza, per prevedere l'istituzione di tali centri presso le unità operative delle Asl territoriali del nostro Paese che si occupano dei percorsi di prevenzione e di contrasto alla violenza sulle donne e a quella domestica.
(3-02019)


   ASCARI, NESCI, D'ORSO, MARTINCIGLIO e BARBUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   una delle criticità emerse dal documento conclusivo, approvato il 17 gennaio 2018, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a conclusione dell'indagine conoscitiva sui minori «fuori famiglia», è quella relativa alla mancanza di dati certi sui minori collocati al di fuori della famiglia di origine, in particolare quella inerente il sistema di raccolta e di aggiornamento dei dati sulla reale consistenza del fenomeno;

   la stessa Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza – tra gli auditi nell'ambito dell'indagine conoscitiva citata – ha evidenziato come in Italia ci siano diverse fonti in materia di dati relativi ai minori «fuori famiglia»: quelli della stessa Autorità elaborati in accordo con le Procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni; i dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (quest'ultimi pubblicati a marzo 2020 e relativi solo all'anno 2017): e quelli dell'Istat;

   gli ultimi dati del monitoraggio sui percorsi dei minori fuori famiglia sono stati illustrati, nel mese di novembre 2019, dal Ministro della giustizia (a seguito del lavoro realizzato dalla squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori). Dai dati forniti da 213 uffici giudiziari su 224 (il 95 per cento del totale), è emerso che, nel periodo che va dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019. sono stati 12.338 i minori collocati in ambiente terzo, circa 23 collocamenti al giorno. A disporre i collocamenti sono soprattutto i tribunali per i minorenni: 8.722 casi (il 70 per cento del totale), mentre il rimanente 30 per cento viene deciso da tribunali ordinari, corti di appello e uffici requirenti. Sempre nel periodo oggetto della rilevazione si sono, infine, registrate 5.173 ispezioni ordinarie o straordinarie effettuate negli istituti di assistenza pubblici 0 privati, pari a circa 9 al giorno. Infine, sono stati solo 1.540 i provvedimenti di rientro del minore nella famiglia di origine, dopo un collocamento in ambiente terzo (comunità, struttura 0 altra famiglia): il 12,5 per cento sul totale di collocamenti. Quest'ultimo è il dato più preoccupante, a dimostrazione che si debba anche intervenire sulla famiglia di origine per permettervi un rientro da parte dei minori;

   la tutela dei bambini e degli adolescenti fuori dalla propria famiglia di origine costituisce uno dei compiti fondamentali di cui ogni legislatore deve farsi carico in quanto la condizione dei minorenni che vivono un'esperienza di allontanamento necessita di particolare attenzione e sostegno sia nella scelta della risposta più conforme al bisogno specifico di ciascun minorenne, sia nella fase dell'eventuale reinserimento all'interno del nucleo originario ovvero nell'avvio di un percorso di autonomia. E, in tale ambito, proprio per la particolare natura degli interessi superiori dei minori in gioco, si appalesa necessario effettuare un monitoraggio costante, capillare e trasparente da parte degli operatori istituzionali competenti e in sinergia tra loro, su tutto quello che accade nel percorso di affidamento del minore. L'assenza di una banca dati nazionale costituisce, in tal caso, un serio ostacolo per la comprensione del fenomeno e per la garanzia della continuità degli interventi e del coordinamento tra i diversi livelli di amministrazione coinvolti;

   ad oggi, nonostante un'interrogazione parlamentare del 14 maggio 2020 presentata dall'interrogante, le criticità sopra rappresentate sembrano persistere, come persiste l'assenza di una banca dati nazionale sui dati relativi ai minori «fuori famiglia»;

   occorre, quindi, insistere per migliorare i rapporti interistituzionali tra i soggetti competenti in materia al fine di far diventare strutturale, periodica e completa la raccolta dei dati in questione con un lavoro di rete, e pervenire all'istituzione di un sistema informativo unico e uniforme su tutto il territorio nazionale che raccolga in maniera automatica i dati relativi ai minori privi di un ambiente familiare, il numero delle strutture di accoglienza e il numero dei soggetti affidatari –:

   se i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito della propria competenza, siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e intendano fornire i dati ufficiali e aggiornati, all'anno 2020, sul numero esatto dei minori «fuori famiglia», delle strutture di accoglienza e dei soggetti affidatari, e se i Ministri interrogati, di concerto con tutte le autorità istituzionali competenti, si stiano adoperando attivamente per addivenire, quanto prima, all'istituzione, a livello nazionale, di una banca dati o di un'anagrafe centralizzata e completa delle informazioni riguardanti i minori collocati al di fuori della famiglia di origine.
(3-02020)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo comparso il 9 gennaio 2021 su «Il Fatto Quotidiano», il giornalista rende noto il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali che gettano numerose ombre sulla maxi-commessa di mascherine importate dalla Cina da parte del Commissario Arcuri;

   secondo la ricostruzione fornita dal giornale, dopo l'affare da 1 miliardo e 251 milioni di euro e l'arrivo in Italia di 801 milioni di mascherine dalla Cina, il trader ecuadoriano Jorge Solis a ottobre aveva fiutato il business dei tamponi rapidi antigenici;

   il 26 ottobre 2020, Solis al telefono prospetta la possibilità di un altro affare con il Governo: «lo ho avuto fortuna con lo Stato italiano a breve dovranno arrivare 60 milioni di test rapidi in tutta Italia»;

   «lo c'ho il numero di Arcuri. La gara la vinciamo noi, qualità prezzo mi hai capito. Possiamo fare 60 milioni in quattro giorni», avrebbe detto Solis che voleva tenere fuori i «soci» con cui aveva concluso la prima maxi-consegna di marzo, ovvero il titolare della Sunsky srl, Andrea Tommasi, il banchiere sanmarinese Daniele Guidi e il mediatore Mario Benotti, tutti indagati dalla Procura di Roma per traffico di influenze;

   la consegna aveva fruttato 59 milioni di euro alla Sunsky e 12 milioni di euro alla Microproduct Srl di Benotti. La Sunsky ha poi pagato 3,8 milioni di euro alla società di Solis. Per i magistrati, le forniture sarebbero state «intermediate illecitamente da Benotti, che ha concretamente sfruttato la personale conoscenza» del commissario governativo Domenico Arcuri, «facendosene retribuire, in modo occulto e non giustificato da esercizio di attività di mediazione professionale/istituzionale»;

   dalle conversazioni emergerebbe anche il tentativo di Tommasi, il 20 novembre 2020, di «mettere a posto i contratti». La Sunsky aveva infatti pagato 53 mila euro a persona che risulta attualmente indagata, accanto ad altri pagamenti per somme più consistenti, che risulterebbero effettuati da Benotti sempre nei confronti di persona indagata;

   nella vicenda resta centrale Benotti, peraltro già titolare di incarichi fiduciari attribuiti da Ministri di rilievo e sottosegretari di Governi di centro-sinistra;

   il 20 ottobre 2020 parla con Mauro Bonaretti, componente della struttura commissariale. È «deluso» dal comportamento del suo «vecchio amico Domenico». «Dì al commissario che vorrei venerarlo sempre che abbia il piacere ancora di ricevere un vecchio amico», si legge nell'articolo;

   «Io quello che ho fatto per dargli una mano – dice Benotti – e le persone che ho mosso di fatto sono j state le uniche che gli hanno portato a casa in anticipo di 6 mesi le cose di cui aveva bisogno». Poi aggiunge: «Mi spiace perché avevo organizzato due o tre cose per lui importanti ma magari riesce ad andare lui alla Finmeccanica»;

   agli atti sono stati acquisite anche le fatture degli acquisti effettuati dagli indagati una volta incassate le provvigioni. Beni di lusso, «beni rifugio» per i finanzieri; «normali sfizi di chi ha portato a termine l'affare della vita», replicano i legali. Tommasi, ad esempio, ha versato 900 mila euro per saldare la barca che aveva acquistato in leasing e ha versato l'acconto per l'acquisto di una Lamborghini Urus. Benotti ha saldato alcune cartelle pregresse con il fisco per circa 500 mila euro. Solis ha acquistato un Rolex. Guidi ha speso migliaia di euro in beni di lusso –:

   se il Governo intenda avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare la regolarità dell'aggiudicazione e dell'esecuzione dei contratti pubblici indicati in premessa;

   se non intenda valutare, per quanto di competenza, possibili conseguenze da quanto emerso dalle richiamate fonti di stampa ed evidenziato in premessa.
(3-02022)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che il Comitato Internazionale Olimpico (Cio) potrebbe avviare un contenzioso con una procedura di infrazione della carta olimpica nei confronti del Coni, perché non avrebbe contrastato le ingerenze governative;

   si tratta di una persistente diatriba quella tra il Governo italiano per la legge sullo sport e il Cio presieduto dal tedesco Thomas Bach, che potrebbe evolversi con la prossima riunione a Losanna del Cio, che rappresenta 206 Paesi, per esaminare anche il dossier Italia. L'ultimo report del Cio è del 9 settembre 2020, occasione in cui, sulla situazione del Coni, alla luce della legge delega dell'agosto 2019, erano state segnalate delle norme che minaccerebbero l'autonomia del Coni. Al riguardo, a quanto è dato sapere, ci sono state discussioni con il Coni e le autorità di Governo, per addivenire a una soluzione condivisibile da entrambe le parti, ma l'auspicato accordo non è stato ancora raggiunto;

   questa situazione di scontro tra Cio e Governo si è determinata già alla fine del 2018 con la legge di bilancio che aveva sostituito Coni Servizi, con la società Sport e Salute nel distribuire i finanziamenti a Federazioni e organismi sportivi, una società non più strumentale alla sola attività del Coni. Successivamente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2019, ha previsto, oltre alla vigilanza del Governo sul Coni, anche l'indirizzo, previsione che secondo l'interrogante è in contrasto con i princìpi della carta olimpica;

   il 20 novembre 2019 una delegazione Cio si è incontrata, a Milano, con una delegazione del Ministero per le politiche giovanili e lo sport e, in quell'occasione, sarebbero state fornite sommarie assicurazioni che, tuttavia, non sembrano aver trovato un riscontro concreto;

   se il contenzioso dovesse andare avanti, il Coni potrebbe essere sospeso in base all'articolo 59 comma 1.4 della legge olimpica e il comitato esecutivo può determinare anche le conseguenze per il comitato olimpico nazionale e per i suoi atleti, con il rischio che gli atleti italiani non potrebbero più gareggiare alle successive competizioni con la sigla ITA ma con quella IOA (Independent Olimpic Athlet); di conseguenza, non ci sarà il tricolore italiano da esibire, né l'inno italiano, né medaglie attribuite all'Italia;

   per le sue ripercussioni internazionali questo dossier potrebbe essere gestito direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri, difatti, lo stesso Conte, il 24 giugno del 2019, ossia il giorno in cui si celebrava a Losanna la decisione circa l'assegnazione della sede delle Olimpiadi invernali del 2026 a Milano-Cortina, assicurò al presidente Bach l'impegno del Governo per superare le obiezioni del Cio sulla legge delega di riforma del Coni, che secondo il Comitato avrebbe violato la carta olimpica almeno in sei punti e l'autonomia del Coni;

   si tratta di una grave situazione che si trascina da tempo e che invece avrebbe dovuto trovare una risoluzione tempestiva, per evitare i seri rischi a cui è esposta l'Italia con i suoi atleti –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e, in particolare, sulle violazioni contestate dal Cio rispetto alla legge delega di riforma del Coni;

   se e quali immediate iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per tutelare l'Italia dai danni che comporterebbe il contenzioso con i|Cio se si addivenisse alla sospensione del Coni e ai provvedimenti conseguenti, tra i quali l'impossibilità per gli atleti italiani di gareggiare con il tricolore.
(5-05281)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 7 agosto 2020 le associazioni ambientaliste Italia Nostra, Caal, Venezia Cambia, Eco Istituto del Veneto hanno presentato un esposto alla Corte dei conti (procura regionale per il Veneto), in seguito alle notizie pubblicate dai quotidiani, La Nuova Venezia del 9 aprile 2020 e Corriere del Veneto del 15 luglio 2020, sulla prossima sostituzione di 800 pali di legno in rovere per segnalazione (briccole), posti ad ausilio della navigazione lungo i canali della laguna di Venezia, che non sarebbe conforme ad una corretta gestione delle risorse pubbliche;

   il finanziamento per la sostituzione, che ammonta a 1.342.000 euro, non è stato approvato nell'ambito dell'ordinaria procedura di manutenzione della segnalazione lagunare, bensì con «urgenza» con decreto n. 30 del 7 luglio 2020 del commissario delegato ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 616/2019 del 16 novembre 2019, riferita all'emergenza dell'acqua alta del novembre 2019, per asseriti motivi di pubblica incolumità e sicurezza della navigazione lagunare;

   secondo le associazioni, il materiale utilizzato non è adatto alle acque salmastre della laguna, né i pali sarebbero stati preventivamente trattati con alcun materiale protettivo e per questo il rischio è che le nuove briccole saranno corrose in breve tempo con un conseguente «possibile danno ambientale grave e danno all'erario certo di rilevante dimensione»;

   secondo le analisi del Cnr-Ismar, il rischio è che entro 24 mesi l'intervento dovrà essere rinnovato per via della breve durata dei pali che non sono adatti all'aggressione della Teredine;

   il suddetto Istituto, nel 2011, aveva individuato diversi materiali alternativi, sintetici plastici e in legno trattato, che garantivano una durata media dei pali di circa 15 anni e che erano stati inseriti nel «Protocollo d'Intesa» sottoscritto il 13 luglio 2011 dal magistrato alle acque di Venezia, dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Venezia e Laguna e dal comune di Venezia. Per conto del magistrato alle acque, in tale periodo sono state installate briccole di questo tipo, che a distanza di 12 anni sono ancora in perfetto stato di esercizio. Tali materiali sono stati anche approvati dall'Avvocatura dello Stato con nota n. 5796 dell'11 giugno 2014;

   secondo le stime del Cnr-Ismar, nell'arco di 15 anni, i pali avranno bisogno quindi di essere sostituiti almeno altre quattro volte, a causa dell'usura provocata dall'attacco dei microorganismi lignivori, quali la Teredine, per una spesa complessiva aggiuntiva di circa 5.368.000 euro (1.342.000 x 4) –:

   se trovi conferma quanto rappresentato in premessa e se il Governo non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, attivarsi per verificare i rischi esposti dalle associazioni ambientaliste;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché non vengano vanificati gli studi effettuati dal Cnr-Ismar sui materiali alternativi da utilizzare per la sostituzione dei pali nella laguna di Venezia, per garantire la sicurezza della navigazione lagunare e per assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche.
(4-08032)


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nonostante le misure restrittive adottate in relazione all'emergenza sanitaria a partire dallo scorso autunno, tra cui le forzate chiusure festive e prefestive, non si sono registrati risultati soddisfacenti, anzi l'indice dei contagi è continuato ad aumentare, tanto che il Paese è sottoposto all'ennesima «tortura» della divisione in zone;

   questa situazione solleva dubbi sull'attendibilità delle informazioni e dei dati scientifici alla base di tali scelte, e quindi sul lavoro del Comitato tecnico-scientifico (Cts) e sulle relative scelte del Governo;

   è evidente che l'evoluzione epidemiologica ha avuto un percorso completamente diverso da quanto previsto ad ottobre 2020, costringendo il Governo ad imporre, senza risultati, le varie chiusure alle nostre regioni;

   sarebbe interessante poter avere a disposizione gli studi, le evidenze scientifiche e i relativi risultati di laboratorio, clinici e statistici del Cts in base ai quali il Governo ha adottato tutte le conseguenti misure restrittive ad oggi, a giudizio dell'interrogante, inefficaci ed inutili –:

   se, alla luce del preoccupante andamento dei contagi nonostante le misure adottate, il Governo ritenga opportuno rivedere le scelte fin qui imposte agli italiani e soprattutto riconsiderare l'attendibilità dei lavori del Cts nonché i dati e le evidenze scientifiche da questo presi a riferimento per l'identificazione delle misure di contenimento adottate;

   quali siano i motivi per i quali da mesi il Governo si è concentrato sulla spasmodica ricerca dei cosiddetti «positivi asintomatici», al fine di porli in quarantena, senza sapere da quanti giorni fossero effettivamente positivi né tanto meno asintomatici.
(4-08036)


   RIXI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo di programma firmato da Arcelor Mittal, in qualità di proprietaria dello stabilimento Ilva s.p.a. di Genova prevedeva un livello occupazionale garantito dalla parte privata di 2700 unità di lavoratori, ma ad oggi i lavoratori in forze sono in numero di gran lunga inferiore;

   tale situazione, come emerso durante la seduta del collegio di vigilanza Ilva (di cui all'articolo 32 dell'atto modificativo 8 ottobre 2005 dell'accordo di programma 29 novembre 1999) del 10 dicembre 2020, determina un inadempimento della parte privata rispetto agli impegni assunti con l'accordo di programma che, conseguentemente, risulta disatteso;

   nel corso della citata riunione il sindaco di Genova, richiamate le funzioni di controllo proprie del collegio di vigilanza in ordine al rispetto degli impegni assunti con l'accordo di programma, ha espresso la necessità, condivisa da tutti i componenti, di richiedere con urgenza l'istituzione di un tavolo a livello centrale per affrontare il tema relativo all'entità delle aree da mantenere in futuro nella disponibilità dell'azienda;

   da ultimo, sempre in detta sede istituzionale, il sindaco di Genova ha segnalato un'ulteriore problematica relativa al mancato rimborso da parte del Governo, a far data dal 2016, delle risorse finanziarie anticipate dalla società per Cornigliano, al fine di integrare il reddito dei lavoratori ex-Ilva in cassa integrazione guadagni straordinaria –:

   se il Governo abbia ricevuto tali richieste e se intenda darvi seguito:

    a) convocando con urgenza un tavolo di confronto a livello centrale per affrontare il tema relativo all'entità delle aree da mantenere in futuro nella disponibilità dell'azienda, alla luce della ravvisata inottemperanza da parte privata degli impegni occupazionali garantiti nell'accordo di programma;

    b) procedendo al rimborso delle risorse finanziarie anticipate dal 2016 dalla società per Cornigliano al fine di integrare il reddito dei lavoratori ex-Ilva in cassa integrazione guadagni straordinaria;

   quali siano i progetti di investimento e sviluppo del sito produttivo Ilva di Genova e quale sia la prospettiva occupazionale del medesimo sito alla luce del cambio di proprietà.
(4-08037)


   BELLUCCI, GEMMATO, DEIDDA, FERRO, MASCHIO, RAMPELLI, ALBANO e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dopo mesi di inchieste giornalistiche e un'indagine della procura di Bergamo sulla preparazione dell'Italia a una pandemia come quella da Coronavirus, il Ministro Speranza ha pubblicato una bozza del nuovo piano pandemico nazionale;

   il documento prevede una serie di misure organizzative e azioni per fronteggiare possibili nuove pandemie e affronta il dilemma etico dei medici, costretti a decidere chi curare quando mancano le risorse;

   abbandonando il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, e, pertanto, l'intoccabile principio di uguale possibilità di accesso alle cure, il piano pandemico sembra abbracciare un principio assurdamente utilitaristico: «Lo squilibrio tra necessità e risorse disponibili può rendere necessario adottare criteri per il triage nell'accesso alle terapie. Gli operatori sanitari sono sempre obbligati, anche durante la crisi, a fornire le cure migliori, più appropriate, ragionevolmente possibili. Tuttavia, quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio»;

   come spiegato dagli anestesisti, per le rianimazioni, significa accertare chi «potrà con più probabilità o con meno probabilità superare la condizione critica con il supporto delle cure intensive» e, al riguardo, sono stati individuati anche tutti i parametri e le possibili condizioni da seguire prima di arrivare alla scelta;

   in particolare, i criteri individuati sono legati all'età del paziente, alle comorbilità secondo l'indice di Charlson (ad esempio infarto, demenza, neoplasia, diabete, leucemia, linfoma e altro), allo stato funzionale pregresso e alla fragilità, alla gravità del quadro clinico attuale e alla volontà del paziente;

   sono dure le parole del professor Filippo Maria Boscia, luminare e presidente dell'Associazione italiana medici cattolici: «Inaccettabile leggere che il piano pandemico propone come selezionare vite. Si crea una selezione tra pazienti e questa selezione fatalmente colpisce gli anziani e le persone deboli, che reputa esseri umani da rottamare. Stiamo liquidando anni di civiltà e di tradizione medica che era di rispetto degli anziani e delle persone fragili, penso ai malati oncologici. [...] Il grande problema è che la politica scarica sui medici tutte le sue responsabilità che sono sperpero di soldi e mancata ottimizzazione delle risorse. Occorre ricordare quanto saggiamente ha detto ultimamente il Papa che nessuno si salva da solo, che deve prevalere la logica del noi e non dell'io»;

   ma vi è di più, perché non è accettabile inserire tra i criteri da considerare per le scelte in terapia intensiva quello della «fragilità», che va da una scala con punteggio 1 per una persona «molto in forma» alla persona «in fase terminale» con punteggio 9: una persona su sedia a rotelle, secondo questa scala, corrisponderebbe ad una persona «molto fragile» con punteggio 7;

   l'indirizzo di considerare l'età e la fragilità nella scelta etica rischia di penalizzare sempre e comunque il paziente anziano o disabile, che non sempre, però, è il più fragile: la fragilità non è un difetto, una patologia, un handicap, ma l'espressione della condizione umana; una vita difficile che dovrebbe essere protetta a tutti i costi, perché spesso complicata dalla sofferenza, rischia di tradursi in una minore probabilità di sopravvivenza per una scelta etica utilitaristica inaccettabile;

   è legittimo che il medico indichi se sia opportuno o no intervenire su una persona, ma solo valutando le sue condizioni cliniche, al fine di evitare l'accanimento terapeutico, non se un paziente ha più possibilità di vivere dell'altro –:

   se il Governo non ritenga di dover rivedere il testo del piano pandemico nazionale, al fine di garantire a tutti il diritto di essere curati, eliminando ogni possibile forma di discriminazione o privilegio.
(4-08038)


   GRIPPA, NAPPI, NESCI e BARBUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   consultando il XXIII Rapporto «Gli Italiani e lo Stato», si apprende che, tra gli altri effetti correlati alla manifestazione dell'avanzare della diffusione della pandemia, il virus segna un confine: tra un «prima», che non riavremo, e un «dopo», da costruire; che gli italiani, nel mezzo della pandemia, si stringono alle istituzioni: rispetto al 2019, l'ultimo anno prima del COVID-19, si assiste a un assestamento o una crescita del consenso. Si osserva, però, come siano soprattutto comune, regione, Stato e Parlamento a beneficiarne, con saldi che variano tra +5 e +11 punti percentuali; di contro, con le restrizioni resesi necessarie dalla medesima emergenza, emerge il dato di quanto sia calato l'impegno sociale e le manifestazioni collettive si siano svolte in rete. Di tal guisa, la pandemia ha scosso la società e la politica, compresa la partecipazione. Tutti, o quasi, gli indicatori di impegno, rispetto ad un anno fa, registrano un minore attivismo dei cittadini. Piuttosto, sarebbero sempre di più le persone che sentono il bisogno di conoscere le decisioni prese dalla politica, gli iter procedimentali che ne seguono. Insomma anche l'informazione istituzionale appare altresì coinvolta dal processo di globalizzazione della conoscenza;

   negli ultimi anni, il tema della trasparenza amministrativa è stato al centro di un forte dibattito all'interno della società civile ed oggetto di numerose attenzioni da parte del legislatore culminate nell'approvazione del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni». Il decreto legislativo n. 33 del 2013 diventa, di fatto, il testo di riferimento per tutte le amministrazioni pubbliche ed i cittadini per quanto riguarda un livello minimo di trasparenza e di apertura che le amministrazioni sono tenute a mettere in atto;

   sulla pagina «RaiScuola» del social Facebook in data 3 novembre 2017 è caricato un video in cui Evgenij Morozov sociologo, giornalista interessato allo studio degli effetti sulla società e sulla pratica, della politica, causati dallo sviluppo della tecnologia e dalla sempre più crescente diffusione dei mezzi di comunicazione telematica, asserisce che: «Uno degli effetti più sottovalutati degli ultimi decenni, è la cosiddetta “Asimmetria Epistemica” tra istituzioni e cittadini. Essa creerebbe notevole dislivello a livello informativo tra le istituzioni e i cittadini stessi, per il semplice fatto che, i cittadini, per via dei vari mezzi tecnologici e delle varie tecnologie social utilizzate comunemente durante la vita quotidiana, siano sempre più analizzati. Il tutto porterebbe a una crescente registrazione di tali dati analizzati e di conseguenza a una maggiore trasparenza delle loro vite»;

   nel video emerge altresì che il tutto però come facilmente intuibile, non sarebbe equilibrato, perché, dall'altro lato, le istituzioni sono sempre meno trasparenti e tendono a classificare le informazioni raccolte, rendendole sempre più difficili da reperire e sempre meno visibili e affidabili. Polemiche non sono mancate anche dall'inizio della pandemia rispetto ad ipotetici documenti mai pubblicati da parte del governo o di suoi delegati nella gestione della straordinaria emergenza sanitaria –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi corrispondano al vero;

   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, si ritenga necessario implementare nel sistema interno del Paese al fine di far emergere la trasparenza del sistema istituzionale e non solo, permettendo di iniziare un percorso che dia la possibilità di equilibrare questa situazione di squilibrio tra le parti, al fine di consentire una riduzione e potenzialmente l'eliminazione di quelle attività corruttive, di intermediazione e di scambio, che nell'attuale sistema contemporaneo si presentano all'ordine del giorno, rendendo un po' tutto più visibile, tracciabile e facilmente controllabile.
(4-08041)


   MASCHIO, FERRO, VARCHI e RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le attività motorie migliorano la salute fisica e mentale, ma lo sport non sembra essere considerato un'attività essenziale per la politica nazionale, come testimoniano i numerosi decreti adottati nell'ultimo anno dal Governo;

   la situazione economica per il settore è drammatica e il futuro continua ad essere ancora molto incerto: prima la chiusura durante il lockdown a inizio marzo 2020, seguita da una brevissima riapertura nei mesi estivi, in cui gli esercenti avevano dovuto affrontare ingenti spese per l'adozione dei necessari protocolli di sicurezza, poi il nuovo stop fissato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, confermato dall'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020;

   a dicembre 2020 le dichiarazioni del Ministro Spadafora sembravano aver aperto uno spiraglio sulla riapertura di palestre e piscine, ma le ultime indiscrezioni sui provvedimenti di prossima approvazione lasciano purtroppo temere ancora mesi di chiusura totale;

   i molteplici decreti del Governo hanno destinato agli operatori del settore bonus inizialmente di 600 euro, poi incrementati da novembre 2020 a 800, mentre per le società dilettantistiche è stato previsto un fondo di 50 milioni di euro e per l'impiantistica di 5 milioni di euro, ma si tratta di misure assolutamente insufficienti, soprattutto di fronte alla chiusura indiscriminata in tutte le regioni, al di là dei dati della curva epidemiologica rilevati nei diversi territori;

   ancora più assurda e incomprensibile a parere dall'interrogante è stata la chiusura totale imposta il 24 ottobre 2020, solo una settimana dopo l'annunciato controllo dei centri sportivi, predisposto dal Ministero della salute, nonostante la stragrande maggioranza dei centri avessero investito risorse anche ingenti per riorganizzare il lavoro dei loro operatori e ripensare in modalità anti-Covid l'utilizzo degli spazi;

   nessuna piscina, palestra e campo sportivo è risultato focolaio di contagi e l'incidenza era al di sotto dell'1 per mille; eppure tutto è stato richiuso a fine ottobre 2020;

   in Italia, lo sport fattura ogni anno 12 miliardi di euro, una ricchezza prodotta dal lavoro di 100 mila centri sportivi (palestre, piscine, campi) per circa un milione di lavoratori;

   per il 2020 si stima una perdita secca del 70 per cento rispetto all'anno precedente, pari a 8,5 miliardi di euro e nel 2021 i danni stimati si aggirano al 60 per cento, ovvero un azzeramento dei profitti nel biennio post-Covid; a cui bisogna aggiungere la platea di 20 milioni di persone, pari ad almeno un soggetto per famiglia, che praticano sport;

   tali dati dimostrano il notevole valore sociale, oltre che economico, dello sport per la sua presenza così diffusa e capillare sul territorio nazionale –:

   se e quali immediate iniziative il Governo intenda assumere per garantire una celere riapertura in sicurezza di palestre e piscine, anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico-politico;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire un equo ristoro agli operatori di palestre e piscine, con particolare riguardo ai lavoratori con partita Iva, al fine di evitare il tracollo del settore.
(4-08042)


   SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'8 gennaio 2021 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un'intervista al senatore Ugo Grassi, nella quale ha dichiarato di aver ricevuto un'offerta di incarico da parte del Presidente Conte affinché non abbandonasse la maggioranza, quando, nell'ottobre 2019, aveva deciso di lasciare il proprio partito, il Movimento 5 stelle;

   il giorno dopo la pubblicazione della notizia su la Repubblica, la Presidenza del Consiglio ha confermato l'avvenuto colloquio, il 31 ottobre 2019, smentendo però il contenuto così come divulgato dal senatore, e comunicando che si sarebbe trattato, invece, di un mero incontro di cortesia «visto che anche Grassi, come il presidente Conte, è professore ordinario di Diritto privato»;

   la Presidenza del Consiglio, inoltre, imputa a la Repubblica di aver riportato solo parzialmente le sue precisazioni sull'argomento e attacca il senatore Grassi accusandolo di «intenti diffamatori»;

   appare, però, all'interrogante alquanto strano che questo incontro di ipotetica cortesia, sia avvenuto giusto il giorno in cui il senatore Grassi avrebbe manifestato ai vertici del movimento la sua intenzione di lasciare: «è già pronta la mia lettera d'addio» – avrebbe detto – così si legge su Il Giornale.it del 31 ottobre 2019;

   è vecchia e inquietante pratica quella della «compravendita», l'acquisto di consensi attraverso l'offerta di incarichi, che non si vorrebbe diventasse prassi anche di questo Governo, soprattutto visto il momento di difficoltà in cui si trova –:

   quali siano stati le reali circostanze e i contenuti dell'incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e il senatore Ugo Grassi nella giornata del 31 ottobre 2019.
(4-08043)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   FORMENTINI, BILLI, COIN, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   agli inizi di gennaio 2021 le autorità di Hong Kong hanno paventato l'ipotesi di chiedere al Regno di Danimarca l'estradizione di due parlamentari danesi allo scopo di procedere legalmente contro di loro, malgrado non sussista tra i due Paesi un accordo che regoli la materia;

   tra la Danimarca e la Provincia autonoma di Hong Kong esisterebbe però un accordo sull'assistenza legale reciproca in campo penale;

   ai parlamentari danesi è contestata un'attività di sostegno svolta nel novembre 2020 in favore di Ted Hui Chi-fung, un dissidente già membro del Consiglio legislativo di Hong Kong, invitato in Danimarca e giuntovi con regolari documenti rilasciati dalle autorità cinesi;

   i parlamentari sono Katarina Ammitzboell ed Uffe Elbaek, che avrebbero organizzato un incontro sul cambiamento climatico proprio allo scopo di offrire un pretesto per allontanarsi dal Paese a Ted Hui Chi-fung;

   circostanze analoghe potrebbero verificarsi anche in Italia, qualora venissero promossi eventi cui partecipassero ad invito dissidenti cinesi –:

   se e quali iniziative il Governo italiano intenda assumere per dimostrare la propria solidarietà alla Danimarca ed ai membri del suo Parlamento nei confronti dei quali sarebbe stata annunciata una richiesta d'estradizione;

   quali siano gli orientamenti del Governo di fronte al problema delle eventuali richieste di estradizione in Cina avanzate nei confronti di cittadini e parlamentari italiani in ragione del sostegno da loro eventualmente assicurato ai dissidenti cinesi
(3-02023)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il direttore del parco è nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni;

   il direttore del Parco nazionale del Gargano Maria Villani, nominata con decreto del Ministro interrogato n. 77 del 7 aprile 2020, con contratto sottoscritto in data 26 maggio 2020, approvato con deliberazione del consiglio direttivo n. 2 del 2020 avente decorrenza dal 1° giugno 2020, in data 7 settembre 2020 ha ricevuto una nota di licenziamento a firma del presidente del parco, per asserito mancato superamento della prova;

   la normativa vigente in materia è chiara, ponendo a presidio il fondamentale ruolo di vigilanza riservato al Ministero su tutti gli enti parco nazionale, e in generale, gli enti disciplinati dalla legge quadro. In virtù del principio del contrarius actus, il licenziamento, per essere valido, avrebbe dovuto seguire le stesse forme dell'assunzione;

   la Villani ha provveduto, altresì, ad avviare il ricorso per provvedimento d'urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile innanzi al tribunale di Foggia. Nel suddetto provvedimento, il giudice osserva: «Quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio, in virtù della natura della controversia, delle motivazioni del rigetto della domanda e della circostanza che sussistono concreti dubbi circa la legittimità della procedura di licenziamento, anche e soprattutto alla luce della nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 7 ottobre 2020, si stima equo ed opportuno disporne la compensazione per intero fra le parti»;

   il tribunale di foggia, in funzione del giudice del lavoro, conferma quanto indicato nella nota del Ministero (protocollo n. 79261 del 7 ottobre 2020) e chiarisce che: «Si rileva altresì che lo svolgimento dell'attività dell'ente nell'adozione dell'atto di risoluzione del rapporto di lavoro, per mancato superamento del periodo di prova del direttore, viola quanto disposto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, che affida a questa Amministrazione, in qualità di autorità vigilante, l'esercizio del controllo di legittimità sulle determinazioni di competenza degli organi amministrativi del Parco»;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha invitato l'ente al rigoroso rispetto della legge quadro, sottolineando che l'azione amministrativa dell'ente si connota come elusiva dell'attività di vigilanza;

   è del tutto evidente che se il Ministero non esprimesse la propria posizione in materia, quanto ai presupposti e al merito del licenziamento, la vicenda potrebbe dare inizio ad una prassi pericolosa, in termini di legalità;

   ad oggi l'esercizio del controllo di legittimità sulle determinazioni di competenza degli organi amministrativi del Parco ad opera del Ministero non risulta ancora adottata;

   con la nomina della Villani si pensava che si sarebbe finalmente avviato un percorso rinascita del parco. Con questa decisione si rischia che questo virtuoso percorso possa essere bruscamente interrotto. L'interrogante, come già riportato in una precedente interrogazione 5-04598, auspica che questa decisione non sia stata dettata da una volontà di bloccare ogni tentativo di cambiamento;

   si ricorda, a tal proposito, che la Villani, oltre ad essere competente, era una delle poche donne ai vertici amministrativi di un parco italiano. Una vicenda triste che conferma una drammatica realtà: l'Italia non è un Paese per donne –:

   se e nel caso in quali tempi si intenda esercitare l'attività di vigilanza e controllo ovvero se vi siano motivi, alla luce di quanto in premessa, che impediscono l'adozione di provvedimenti conseguenti, privando da circa quattro mesi l'ente parco della figura del direttore.
(5-05282)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   PATELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 367 del 1996, «decreto Veltroni», gli enti lirici regolati dalla legge n. 800 del 1967 sono stati tramutati in fondazioni di diritto privato;

   negli anni successivi all'entrata in vigore del citato decreto legislativo si sono più volte reiterate situazioni di gravissima criticità nei bilanci di tutte le trasformate Fondazioni lirico-sinfoniche, criticità che si sono riversate sulle situazioni di debito strutturale delle stesse;

   la mancata realizzazione del piano di risanamento previsto dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, «legge Bray», recante «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo», ha costretto i vari Governi succedutesi a rifinanziare, ovvero a riaprire e procrastinare i termini per il risanamento;

   il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo attualmente in carica ha ritenuto di dover rifinanziare con 40,3 milioni di euro il processo di risanamento delle Fondazioni lirico sinfoniche;

   tuttavia, nelle periodiche relazioni inviate dal commissario straordinario del Governo sul monitoraggio dello stato di attuazione dei piani di risanamento delle Fondazioni lirico-sinfoniche, dottor Gianluca Sole, emerge chiaro come diverse fondazioni lirico-sinfoniche non solo non abbiano ridotto l'esposizione debitoria ma l'abbiano addirittura incrementata;

   l'auspicato coinvolgimento di fondi privati a sostegno delle Fondazioni lirico sinfoniche ha avuto un impatto impercettibile a causa della legislazione che non rende assolutamente appetibile per i privati un apporto economico, a causa di una defiscalizzazione insufficiente;

   le Fondazioni oggi di diritto privato continuano a percepire finanziamenti a sostegno della loro attività per larga parte dagli enti pubblici (Stato, regioni, comuni);

   la privatizzazione ha comportato una serie di danni incalcolabili per i lavoratori e le lavoratrici italiane non permettendo l'applicazione di quelle clausole di salvaguardia previste anche dai trattati europei;

   tale status colpisce particolarmente i giovani artisti italiani neodiplomati, rendendo pertanto vani anni di studio passati nei conservatori o nelle istituzioni musicali pareggiate, ivi comprese accademie di perfezionamento, e le fasce più deboli della filiera degli artisti;

   come denunciato più volte dalle associazioni di categoria (Assolirica-Ariacs-Fas-Assomusica, per citarne alcune), tale privatizzazione ha determinato un caos totale nelle modalità di ingaggio degli artisti, ivi compreso l'inserimento molte volte arbitrario di clausole vessatorie nei confronti degli stessi e, non ultima, una organizzazione del lavoro con orari paragonabili solamente al caporalato che in diverse occasioni hanno causato malesseri fisici ai lavoratori che non sono stati, per difetto della legislazione, economicamente tutelati e protetti) –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per un ritorno alla natura pubblica delle Fondazioni lirico sinfoniche in tempi brevi e certi, come auspicato anche da eminenti esponenti della cultura musicale italiana, e in nome dell'universale diritto alla cultura espresso dalla Costituzione, all'articolo 9, e quali iniziative intenda adottare al fine di dotare ogni capoluogo di regione italiana almeno di una istituzione musicale pubblica, laddove non ve ne sia una ancora operante e, precisamente, in Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige, Marche, Basilicata, Umbria, Molise, Calabria.
(4-08039)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRANO e RIZZONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 gennaio 2020 il Consorzio sviluppo industriale sud pontino ha venduto alla Immobiliare Cavour srl un complesso immobiliare già facente parte della linea ferroviaria Formia-Gaeta, comprensivo di un'area annessa di pertinenza di circa 2.732 metri quadri, che può contenere oltre 100 posti auto ed un immobile già adibito a stazione ferroviaria della città di Gaeta di metri quadri catastali 388, per un importo complessivo pari ad euro 409.000,00;

   ma il contratto di provenienza con cui il Consid ha acquistato i beni dalle Ferrovie dello Stato indicava le finalità pubbliche del medesimo, ossia la «riattivazione ed elettrificazione della linea Formia-Gaeta con le fermate ed i nodi di scambio» come da conferenza dei servizi del 10 luglio 2009;

   all'atto dell'ultima compravendita è stato allegato un certificato di destinazione urbanistica del 4 dicembre 2019 che attesta che i beni hanno una destinazione urbanistica «s» – zona per l'edilizia scolastica che al più avrebbe potuto indicare servizi, stante l'insistenza in situ della stazione ferroviaria, di binari della ferrovia e di parcheggi pubblici, e non attesta che, con delibera 171/2019, la giunta comunale di Gaeta ha trasformato tale area da «s» a «p» – parcheggi, nella premessa della permanenza «ad uso pubblico» dell'area, con variante dichiarata peraltro «non sostanziale», elusiva dell'obbligatoria procedura delle pubblicazioni, della facoltà di presentare osservazioni, dei passaggi in consiglio comunale e presso la regione Lazio;

   tra i beni venduti c'è una strada non richiamata nel certificato di destinazione urbanistica suddetto, ormai pubblica, di congiunzione tra via Mazzini e via del Piano che, in base a quanto statuiscono il Consiglio di Stato e l'articolo 824 del codice civile, costituisce demanio pubblico;

   a seguito della chiusura dei due accessi l'area potrebbe godere di una destinazione «B completamento», con elevati indici di edificabilità, evocata peraltro nella proposta di variante del Cosind n. 85/2019;

   sono state vendute dal Cosind all'Immobiliare Cavour srl varie particelle già oggetto di frazionamento ed in precedenza con destinazione «Ferrovia sp»;

   il prezzo dell'intero complesso immobiliare appare risibile dal momento che in zona Serapo le quotazioni del mercato immobiliare prevedono un valore di euro 3.200 al metro quadro (in riferimento all'immobile già adibito a stazione ferroviaria di metri quadri 388), mentre il valore di un posto auto in zona persino più decentrata si aggira su decine di migliaia di euro;

   il Cosind ritiene di aver dato adeguata pubblicità, ma il sindaco di Gaeta, nonostante il Cosind sia ente derivato e partecipato dal comune di Gaeta, ha dichiarato di essere all'oscuro dell'operazione immobiliare;

   il Cosind non ha previsto ed il comune non ha esercitato il diritto di prelazione su un bene di fatto demaniale, nonostante il comune regoli da decenni, attraverso apposita segnaletica ed il comando di polizia municipale, l'uso della superficie in questione ed abbia effettuato lavori pubblici, compresa la pulizia del piazzale stesso;

   con delibera n. 25/2020 il consiglio comunale di Gaeta ha impegnato il sindaco e la giunta comunale ad incaricare dirigenti ed avvocatura a verificare l'esistenza della suddetta prelazione, ma ad oggi non si ha notizia di azioni consequenziali –:

   se il Governo non ritenga utile e necessario l'invio degli ispettori della Ragioneria generale dello Stato e dell'Ispettorato generale di finanza presso gli enti citati in premessa per verificare se vi sia stata una spoliazione del patrimonio pubblico a favore di un privato.
(4-08031)


   CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1162 del 19 febbraio 2019, ha dichiarato illegittima l'assimilazione – ai fini della Tari – degli agriturismi agli alberghi ed ai ristoranti, prassi condotta da numerosi Comuni su tutto il territorio nazionale italiano;

   in modo particolare, la sentenza ha dato conferma alla posizione assunta dal Tar Umbria, il quale, a seguito del ricorso presentato dai titolari di alcune aziende agrituristiche nei confronti di un comune, era giunto alla conclusione che, sebbene l'attività agrituristica fosse da classificarsi come utenza non domestica, in quanto i rifiuti prodotti non potevano considerarsi alla stregua di quelli provenienti dalle unità abitative, ciò non avrebbe dovuto condurre alla conclusione che si trattasse di rifiuti provenienti da attività commerciale, in quanto l'attività agrituristica era da qualificarsi come agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile;

   l'amministrazione comunale contestata ha quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato, argomentando di aver applicato, per la commisurazione delle tariffe, il cosiddetto «metodo normalizzato» di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1999, n. 158, secondo il quale – nella posizione sostenuta dal comune ricorrente – in assenza di una specifica classificazione per l'attività agrituristica, il comune può assimilarla alla categoria alberghiera, ritenuta più affine;

   il Consiglio di Stato, accogliendo in questa fase la posizione del Tar Umbria, ha considerato che: «l'assimilazione praticata implica invece una presunzione di equivalenza di condizione soggettiva: quando, all'opposto, l'ordinamento differenzia le due fattispecie, sia dal punto di vista dello statuto imprenditoriale e delle finalità dell'attività, sia dal punto di vista dell'ordinamento del turismo», sulla base del fatto che l'attività agrituristica è considerata specificazione dell'attività agricola e non attività assimilabile a quella alberghiera, dalla quale la dividono finalità e regime;

   nonostante la sentenza di cui sopra, numerose amministrazioni comunali continuano ad applicare l'assimilazione degli agriturismi ad alberghi e ristoranti per fini Tari, non riconoscendo la specificità dovuta a questo tipo di attività, individuata sia dalla predetta sentenza del Consiglio di Stato, che dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8851 del 13 aprile 2007;

   è evidente che occorra riconoscere in modo uniforme la specificità delle attività agrituristiche in fase di determinazione ed applicazione delle tariffe Tari, tenendo conto della specificità dell'attività svolta, dunque il recupero del patrimonio edilizio rurale, e la forte natura stagionale dell'attività stessa, che comporta una minor capacità ricettiva rispetto agli alberghi, legata al numero massimo di pasti e di posti letto offerti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative normative intendano adottare per garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale il rispetto delle specificità degli agriturismi per quanto attiene alla determinazione e all'applicazione delle tariffe Tari, ai fini del rispetto della sentenza e delle evidenze di cui in premessa ed evitando quindi l'assimilazione ai fini Tari degli agriturismi ad alberghi e ristoranti.
(4-08033)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MACCANTI, GIGLIO VIGNA e BENVENUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la ferrovia Canavesana (SFM 1) è una linea di interesse regionale del Piemonte; la linea parte dalla stazione di Settimo Torinese e collega vari comuni del Canavese; il servizio è gestito da Trenitalia, subentrata a Gtt il 1° gennaio 2021, giusta contratto di servizio della durata di 15 anni;

   il nuovo contratto del servizio ferroviario metropolitano sottoscritto con Trenitalia (Sfm) contempla, tra l'altro, l'inserimento sulla linea SFM1 di convogli di nuova generazione «Pop»;

   nelle prime settimane di servizio erogato da Trenitalia, la linea SFM1 è stata frequentemente interessata da ritardi, alcuni dovuti al ghiaccio sui binari, altri dovuti a guasti tecnici dei convogli; nella giornata dell'8 gennaio 2021, il ritardo sulla corsa delle 8,20 in partenza da Chieri è stato di oltre 25 minuti, con gravi disagi per pendolari e utenti della linea;

   il potenziamento della linea SFM 1 è funzionale a farne una vera e propria linea metropolitana atta a collegare Torino con le aree del chierese e del canavese, ma un avvio del servizio caratterizzato da guasti e ritardi non fa ben sperare e frustra le legittime aspettative di trasporto efficiente di quanti usufruiscono del servizio medesimo –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda attivare affinché Trenitalia, da poco affidataria del servizio di trasporto sulla linea SFM 1, garantisca un servizio efficiente e puntuale, a beneficio dei cittadini delle aree interessate, anche alla luce delle risorse statali destinate alla linea in questione.
(5-05280)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI, MARTINCIGLIO, TESTAMENTO e NAPPI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012, dall'intuizione dell'ex presidente del tribunale per i minorenni di Reggio Calabria Roberto Di Bella, nasce il «Progetto Liberi di scegliere» finalizzato alla rieducazione ed al reinserimento di minori e di giovani provenienti da contesti di criminalità organizzata attraverso la realizzazione di percorsi personalizzati di sostegno ed inclusione sociale;

   oggi rappresenta un protocollo operativo su tutto il territorio nazionale che consente a molti minori, a molte donne e a interi nuclei familiari di essere protetti e aiutati quando prendono le distanze dall'ambiente «'ndranghetista» di provenienza. Il progetto si applica a una pluralità di situazioni differenti, dai minori maltrattati in contesti di mafia agli adolescenti che negli stessi ambienti diventano autori di reato in giovanissima età, e costituisce un percorso alternativo alla comunità, al carcere, all'affidamento ai servizi sociali o ai parenti;

   la novità più importante del progetto, che costituisce un unicum a livello internazionale, rappresenta una garanzia di protezione anche per le madri e i nuclei familiari che possono seguire i figli e disporre delle risorse per rifarsi una vita altrove;

   tale progetto è oggetto dell'ultima versione del protocollo risalente al 31 luglio 2020 e sottoscritto da diversi Ministeri, dalla direzione nazionale antimafia, da Libera e dalla Cei, oltre che dalla procura e dal tribunale per i minorenni e dalla procura distrettuale di Reggio Calabria. Quest'ultima versione prevede, in primis, la creazione di una rete sociale specializzata – giudici, assistenti sociali, psicologi, forze dell'ordine, famiglie affidatarie, case famiglia, strutture comunitarie – appositamente preparati ad affrontare tali casi particolari e a curare anche il rapporto con i familiari detenuti, nel tentativo di coinvolgerli nel nuovo percorso dei figli;

   a seguito di quest'ultimo protocollo, i Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca pare dirameranno circolari a tutti i dirigenti scolastici regionali d'Italia, con l'obiettivo di sensibilizzare sulla tematica e sulle opportunità previste dal progetto Liberi di scegliere;

   il progetto «Liberi di scegliere» condensa l'idea di un'antimafia che non si rassegna all'idea che possano esistere vite di scarto, ed è per questo volto ad assicurare una concreta alternativa di vita ai soggetti minorenni provenienti da famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata o vittime della violenza mafiosa, e ai familiari che si dissociano dalle logiche criminali aspirando ad una nuova vita conforme ai princìpi costituzionali e della civile convivenza anche senza assumere lo status di collaboratori o di testimoni di giustizia;

   occorre favorire la più ampia diffusione e conoscenza del progetto «Liberi di scegliere» attraverso efficaci canali di comunicazione e un'attività preventiva culturale coinvolgendo, attivamente e concretamente, le scuole e l'università;

   la scuola e l'università sono, infatti, prima di tutto studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma sono anche educazione, teatro di crescita civile e di cittadinanza. Il loro compito fondamentale è fornire gli strumenti necessari per crescere culturalmente, psicologicamente e socialmente, acquisire un certo grado di responsabilità e autonomia e, infine, formare alla cittadinanza e alla vita democratica –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano opportuno adottare per promuovere e rafforzare una maggiore conoscenza dei contenuti del progetto «Liberi di scegliere», anche attraverso la previsione dello stesso all'interno dei programmi di educazione alla legalità nelle scuole d'Italia, e far sì che lo stesso progetto possa costituire, altresì, oggetto di studio e di approfondimento universitario, al fine di incentivare tanti minori e giovani provenienti da alcuni difficili contesti territoriali di criminalità organizzata ad aderire a tale progetto finalizzato alla rieducazione e al reinserimento degli stessi nel tessuto sano della nostra società.
(3-02021)

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in sede di esame degli emendamenti alla vigente legge di bilancio (A.C. 2790-bis) per il triennio 2021-2024, è stato approvato l'emendamento n. 165.59, a prima firma della deputata del Movimento 5 stelle Virginia Villani, cofirmato da numerosi esponenti della maggioranza, che va ad eliminare il limite di idonei da inserire in graduatoria nel concorso per direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole bandito nel 2018 a seguito di quanto previsto dall'articolo 1, comma 605, della legge n. 205 del 2017;

   tale emendamento ha l'effetto di annullare la disposizione originariamente prevista dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 2019 (convertito dalla legge n. 159 del 2019), che aveva elevato la percentuale degli idonei (dal 20 per cento previsto dal bando) al 30 per cento dei posti messi a concorso per la singola regione, nonché l'articolo 32-ter, comma 3, del decreto-legge n. 104 del 2020), convertito dalla legge n. 126 del 2020, che aveva ulteriormente innalzato tale percentuale al 50 per cento;

   sebbene interventi di tale natura vertano verso la copertura di quei posti che, ad oggi, risultano scoperti, perciò necessari a garantire il rispetto del principio del buon funzionamento della amministrazione pubblica come sancito dall'articolo 97 della nostra Carta costituzionale, tale misura risulta però di ostacolo all'applicazione dell'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 2019 che prevede invece la possibilità della progressione di carriera all'area dei direttori dei servizi generali e amministrativi del personale assistente amministrativo di ruolo che abbia svolto a tempo pieno le funzioni dell'area di destinazione per almeno tre interi anni scolastici a decorrere dal 2011/2012;

   le graduatorie così risultanti dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 2019 potranno essere utilizzate solamente in subordine a quelle del concorso di cui all'articolo 1, comma 605, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per il quale è stato eliminato il sopraddetto limite, ritardando perciò la possibile indizione del sopramenzionato concorso;

   pertanto, l'ottenuto scorrimento della graduatoria del concorso ordinario che, secondo la modifica introdotta con l'emendamento dovrebbe comprendere anche tutti gli idonei, avviene infatti con priorità rispetto a quella del concorso riservato di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 2019. Rimane così invariata la disposizione di cui all'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, la quale prevede per i concorsi riservati al personale interno, debba comunque essere accantonato un 30 per cento di posti rispetto alla disponibilità per i concorsi ordinari. È da verificare se tale percentuale sarà sufficiente ad assumere i duemila assistenti amministrativi, che attualmente stanno svolgendo la funzione di direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) perché i relativi posti sono attualmente vacanti, all'esito del concorso riservato –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda realizzare al fine di indire il prima possibile il concorso come previsto dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 2019, tale da garantire il rispetto dell'imparzialità di trattamento e del buon andamento della pubblica amministrazione come previsto dall'articolo 97 della Nostra Costituzione, affinché i direttori dei servizi generali e amministrativi facenti funzione con tre anni di servizio e in possesso degli adeguati titoli, possano trovare il giusto riconoscimento per il prezioso servizio offerto alla scuola, senza alcuna discriminazione di trattamento rispetto alle altre categorie dell'amministrazione pubblica.
(4-08040)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   LAPIA. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:

   in Sardegna continua a crescere il numero di persone affette da anoressia, bulimia e altri disturbi del comportamento alimentare e l'età media dei pazienti si abbassa pericolosamente; l'unica struttura residenziale specializzata – la comunità Lo Specchio di Iglesias – è semivuota, come scrive l'Unione Sarda.it del 11 gennaio 2021;

   nonostante le numerose richieste di ingresso, i malati più gravi continuano a essere inviati in centri della penisola con costi economici doppi o tripli per le casse regionali senza considerare i disagi sia per i malati che per le famiglie;

   lo denuncia, con una lettera inviata all'assessorato alla sanità, Giovanna Grillo, direttrice dell'associazione Casa Emmaus, che gestisce la struttura e teme, dopo numerosi investimenti economici e formativi, di dover gettare la spugna nonostante il Centro, che è stato accreditato dalla regione Sardegna, abbia come supervisore uno dei maggiori esperti italiani in materia;

   si quantifica che in Sardegna siano tra tremila e quattromila le persone affette da disturbi del comportamento alimentare. Si tratta di patologie complesse che creano molto sofferenza ai pazienti e alle loro famiglie e che per essere trattate hanno bisogno di équipe multidisciplinari che comprendono psichiatri, psicoterapeuti, nutrizionisti, internisti, infermieri, educatori;

   le linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell'alimentazione del Ministero della salute del settembre 2017 prevedono che la riabilitazione intensiva/estensiva ospedaliera/residenziale ed extra-ospedaliera va eseguita in un centro specializzato nella cura dei disturbi dell'alimentazione che sia in grado di fornire al paziente un programma che integri la riabilitazione nutrizionale, fisica, psicologica e psichiatrica;

   la riabilitazione intensiva rappresenta un nodo cruciale nella rete assistenziale quando: il livello di gravità e comorbilità è elevato; l'impatto sulla disabilità e sulla qualità di vita del paziente è gravoso; gli interventi da mettere in atto sono numerosi ed è opportuno – per ragioni sia cliniche sia economiche – concentrarli in tempi relativamente brevi secondo un progetto coordinato;

   il 6 maggio 2020, il Centro Epicentro dell'istituto superiore della sanità ha richiamato l'attenzione sui disturbi della nutrizione e dell'alimentazione nel corso della pandemia da COVID-19 per quattro motivi principali: il rischio di ricaduta o peggioramento della patologia; l'aumento del rischio di infezione da COVID-19 tra chi soffre di disturbi dell'alimentazione; la possibile comparsa di un disturbo dell'alimentazione ex novo; l'inadeguatezza dell'offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell'emergenza COVID-19;

   nell'ambito del progetto MA.NU.AL. del Ministero della salute è prevista la mappatura dei centri-creazione e aggiornamento di un database delle strutture pubbliche e del privato sociale che offrono un servizio di cura per le persone con disturbo alimentare –:

   se non ritenga di intraprendere tutte le iniziative di competenza, in collaborazione con la regione Sardegna, per appurare se le strutture funzionanti in Sardegna siano adeguatamente utilizzate per la riabilitazione intensiva/estensiva ospedaliera/residenziale ed extra-ospedaliera delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare;

   se non ritenga di adottare iniziative per implementare i trattamenti sanitari per i pazienti con patologia collegata ai disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, tenuto conto della pandemia da coronavirus in corso;

   se la mappatura nazionale prevista dal progetto Ma.nu.al delle strutture pubbliche e del privato sociale che offrono un servizio di cura per le persone con disturbo alimentare sia stata completata in tutta Italia e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, eventualmente, per sostenere le attività, in tutte le regioni italiane, dei servizi di cura per le persone affette da disturbi alimentari.
(3-02018)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbero sussistere recenti casi in cui, in strutture sanitarie non meglio definite, alcune dosi di vaccino anti Covid-19 sarebbero state buttate per effetto della imprevista cancellazione delle relative prenotazioni per eseguire l'inoculazione, presumibilmente da parte di operatori sanitari aventi diritto alla somministrazione del vaccino in via prioritaria, così come previsto dal piano strategico per la vaccinazione anti Sars-CoV-2/Covid-19:

   il direttore generale della Asl dell'Alto Adige, Florian Zerzer, avrebbe confermato la predetta notizia affermando quanto segue: «Sono a conoscenza di un caso in cui quattro o cinque dosi sono state buttate. Ma non è avvenuto in ospedale. Non si può imputare la responsabilità alla ASL, non possiamo costringere nessuno a vaccinarsi e se le persone non si presentano agli appuntamenti siamo costretti a buttare le dosi scongelate»;

   secondo fonti di stampa, «la causa di questo spreco è la diffidenza degli operatori sanitari, specialmente in periferia. Infatti, non si trovano volontari per riempire i buchi dovuti alle cancellazioni... In altre parole se nel comprensorio di Bolzano si è vaccinato quasi il 60 per cento degli operatori sanitari, nella valli siamo sotto il 50 per cento». Secondo quanto affermato dal Direttore Zerzer, inoltre, «sui vaccini obbligatori nel resto d'Italia siamo oltre il 90 per cento, qui siamo al 40 per cento»;

   secondo quanto affermato dall'assessore alla salute della provincia di Bolzano, Thomas Widmann, pare che, per evitare ulteriori sprechi, la Asl dell'Alto Adige abbia deciso di somministrare alcune dosi di vaccino agli operatori sanitari di alcune case di riposo. Anche in questo caso, però, pare sia stata registrata una percentuale di operatori sanitari che si sono sottoposti volontariamente all'inoculazione ancora relativamente bassa tanto che le predette dosi sarebbero state inoculate alle persone anziane ricoverate, nonostante facciano parte di un sottogruppo di aventi diritto al vaccino da somministrarsi in una seconda fase, successiva a quella degli operatori sanitari –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondono al vero;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di integrare con urgenza la programmazione strategica e i relativi processi inerenti alla campagna vaccinale anti Covid-19 con elementi utili ad evitare lo spreco delle dosi vaccinali, in particolare disponendo anche meccanismi che possano favorire con celerità l'inoculazione del vaccino a soggetti aventi diritto che possano sostituire coloro che, improvvisamente, cancellano la prenotazione o non si presentano agli appuntamenti concordati per effettuare la prestazione sanitaria.
(5-05279)

Interrogazione a risposta scritta:


   LONGO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dai primi del mese di novembre 2020, nonostante la pandemia da COVID-19 che sta creando seri problemi di salute ed economici ai cittadini, giungeva la notizia della chiusura di importanti reparti dell'ospedale di Montefiascone (Viterbo);

   la notizia «nefasta» ha determinato la legittima protesta dell'ex sindaco di Montefiascone, Massimo Paolini, dipendente della medesima struttura ospedaliera, il quale, tra l'altro, svolge la funzione di rappresentanza sindacale nell'ambito del gruppo aziendale Uil del distretto A (Montefiascone, Acquapendente);

   le preoccupate proteste del Paolini per l'indebolimento delle strutture sanitarie del territorio determinavano, incredibilmente, dapprima (26 novembre 2020) una contestazione di addebito disciplinare e poi (15 dicembre 2020) il provvedimento di trasferimento, con effetto immediato, del Paolini all'ospedale «Belcolle» di Viterbo, nonostante che all'ospedale di Montefiascone perdurasse la necessità della presenza di figure tecniche professionali, come quella dello stesso Paolini, che svolge da circa 40 anni la propria attività lavorativa come addetto agli ingressi e centralinista del predetto ospedale;

   si rileva la gravità della circostanza, ossia che l'azienda sanitaria locale abbia contestato al Paolini, sindaco appena uscente, nonché rappresentante sindacale, l'espressione del proprio libero pensiero, nonostante non sussista alcun divieto di svolgere attività politica e/o sindacale per gli operatori tecnici del Servizio sanitario nazionale e non sia assolutamente configurabile alcun conflitto di interessi con le mansioni espletate, di carattere meramente impiegatizio e quindi inidonee ad impegnare l'ente presso l'esterno –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, in merito ai gravi fatti suesposti verificatisi presso la Asl di Viterbo, che hanno portato alla chiusura di importanti reparti dell'ospedale di Montefiascone, terzo comune per popolazione della provincia escluso il capoluogo Viterbo;

   se non ritengano di approfondire, per quanto di competenza, la vicenda, anche al fine di tutelare il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero (articolo 21 della Costituzione), in relazione alla contestazione di addebito disciplinare nei confronti dell'ex sindaco di Montefiascone, dipendente Asl in servizio presso l'ospedale di Montefiascone, nonché rappresentante sindacalese quindi al trasferimento che appare del tutto ingiustificato dello stesso Paolini presso l'ospedale di Viterbo, in circostanze che, a giudizio dell'interrogante, potrebbero apparire di «carattere punitivo».
(4-08030)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per il sud e la coesione territoriale, per sapere – premesso che:

   è in corso l'attività di ricognizione in applicazione del decreto-legge n. 34 del 2019, articolo 44, comma 7, lettere a) e b), sugli interventi finanziati con risorse Fsc al comune di Palermo;

   l'istruttoria riguarda anche gli interventi previsti dalla delibera del Cipe n. 69 del 2009;

   nelle more dell'istruttoria è possibile procedere all'attuazione degli interventi previsti –:

   se intenda adottare iniziative per escludere gli interventi previsti dalla delibera del Cipe n. 69 del 2009 dall'ambito di applicazione di cui all'articolo 44, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2019, consentendo al comune di Palermo una ulteriore riprogrammazione delle risorse con esclusivo riferimento a quei progetti che presentano ritardi di attuazione.
(2-01077) «Varrica».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   EVA LORENZONI, FORMENTINI, BINELLI, ANDREUZZA, COLLA, DARA, FIORINI, GALLI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende della trattativa in corso per l'acquisizione del marchio Iveco della Cnh Industrial da parte della cinese Faw Group. Sul tavolo degli accordi ci sarebbero i furgoni leggeri Iveco Daily, gli autobus e gli Eurocargo, ovvero la parte più consistente del fatturato di Iveco (circa 10,4 miliardi di dollari nel 2019), e una quota di Fpt Industrial, divisione che produce motori, con la quale i cinesi entrerebbero in minoranza;

   la trattativa oggi ancora alla sua fase preliminare preoccupa non poco i sindacati, che temono contraccolpi sull'occupazione nei 16 stabilimenti italiani del gruppo, tra i quali anche il sito di Brescia che conta in totale 1850 dipendenti;

   se l'affare dovesse arrivare a conclusione, Cnh incasserebbe 3,5 miliardi di euro, ma l'azienda Iveco, compreso lo stabilimento di via Volturno a Brescia, entrerebbe a far parte del gruppo Jiefang, la divisione di Faw specializzata nei mezzi pesanti, nata per volontà di Mao nel 1953 utilizzando tecnologia sovietica. La cessione sarebbe il nuovo salto in avanti per acquisire delle conoscenze avanzate di cui ancora l'industria cinese non dispone e tale operazione, ove conclusa, rappresenterebbe l'ennesimo successo conseguito dalla Cina nell'ambito di un progetto più ampio che mira, in questo grave periodo di crisi economica dovuto all'emergenza pandemica, ad accaparrarsi asset strategici per l'economia del nostro Paese –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali iniziative intendano adottare per tutelare i marchi del made in Italy che risultano strategici per il settore economico e produttivo del nostro Paese;

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano avviare a garanzia dei posti di lavoro degli stabilimenti Cnh-Iveco e, in particolare, quello di via Volturno a Brescia.
(4-08034)


   LUPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste italiane è una società quotata nell'indice FTSE Mib della Borsa di Milano ed è controllata per il 35 per cento da Cassa depositi e prestiti e per il 29,3 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. Sino al 30 aprile 2026 la società è affidataria del servizio postale universale, ovvero deve fornire alcuni servizi essenziali di consegna lettere e pacchi su tutto il territorio nazionale;

   in questi giorni a causa del COVID-19 gli uffici postali italiani sono intasati e in numerose città italiane si assiste a file interminabili di persone anziane al freddo per ore, come riportato da alcuni organi di stampa locale da nord a sud;

   Milanotoday descrive: «Code infinite fuori dagli uffici postali. Fuori, perché all'interno l'ingresso è contingentato a causa dell'epidemia COVID. Non solo, ma in alcune sedi gli orari sono stati ridotti, e questo provoca l'aumento dell'afflusso negli uffici che invece hanno conservato gli orari abituali. Con la stagione fredda, l'attesa all'esterno è particolarmente poco sopportabile, soprattutto da parte degli utenti più anziani. E così i sindaci del Rhodense hanno deciso di scrivere una lettera per chiedere alla direzione generale di Poste italiane di ampliare gli orari di apertura»;

   InfoCilento dichiara: «Da Capaccio Paestum a Sapri, passando per Agropoli e Vallo della Lucania è caos presso le Poste. Da tempo, infatti, si segnalano lunghe file all'esterno degli uffici postali, e attese eccessive. Se il problema nei mesi scorsi era comunque alleviato da condizioni climatiche sopportabili, con il freddo e la pioggia i disagi si avvertono maggiormente. Inoltre è inevitabile, visti gli spazi ridotti, che si creino assembramenti. Insomma una situazione ritenuta per molti inaccettabile»;

   le code, tra l'altro, sono per la maggior parte di cittadini che devono ritirare raccomandate o comunicazioni della pubblica amministrazione (multe, atti e altro) –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, affinché sia posto rimedio a questa situazione insostenibile per i cittadini, aggravata dal rischio di contagio e dal disagio dovuto alle basse temperature che si riscontrano in questi giorni nel nostro Paese.
(4-08035)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Rizzetto e Bellucci n. 7-00595, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Butti.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Baldelli e altri n. 2-01063, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal la deputata Polverini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-05261, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Verini, Zardini.

  L'interrogazione a risposta scritta Centemero n. 4-08020, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale di Modena è stata al centro di disordini che l'8 marzo 2020 hanno causato gravi danni alla struttura, il decesso di nove detenuti e il ferimento di oltre trenta unità di personale di polizia penitenziaria;

   il sindacato di polizia Sappe, a seguito di una visita ispettiva presso la struttura, avvenuta nel maggio 2020, ha denunciato una serie di mancanza e criticità della struttura, a seguito della sua parziale riapertura avvenuta nelle scorse settimane;

   tra questi, si segnalano la totale assenza o il completo malfunzionamento dei sistemi di video sorveglianza remota, di monitor e di una sala regia (fuori uso sin dal 2004);

   sono inoltre mancanti o non funzionanti i sistemi antintrusione, di antiscavalcamento, nonché il sistema di televisione a circuito chiuso (Tvcc);

   si segnalano inoltre le criticità relative all'efficacia della sorveglianza dinamica, la rottura della pavimentazione del camminamento, la necessità di istallare nuovi apparati telefonici, radio e allarme e di revisionare i fari direzionali;

   vi sarebbero delle falle dei cortili passeggio del nuovo padiglione in ordine all'altezza del muro perimetrale che potrebbero permettere possibili tentativi di scavalcamento;

   gli ascensori del nuovo e vecchio padiglione sono completamente fuori uso;

   mancherebbero dispositivi di protezione individuale antiaggressione e dispositivi del vigilante da parte del personale della polizia penitenziaria;

   le due porte carraie che conducono al piazzale della struttura sarebbero facilmente suscettibili di manomissione, tant'è che durante la rivolta sono state danneggiate;

   il Sappe ha dichiarato, inoltre, di aver riportato ai soggetti responsabili, ai sensi della vigente normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavori, le criticità riscontrate nel corso dell'ispezione senza tuttavia, alcun riscontro –:

   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi, per quanto di competenza, al fine di assicurare un corretto ripristino dei livelli di sicurezza strutturale e personale all'interno della casa circondariale di Modena, a seguito delle rivolte che sono ivi avvenute nel marzo del 2020.
(4-06463)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, premessi i noti disordini occorsi nel mese di marzo 2020 all'interno del carcere di Modena, avanza specifico quesito in ordine alle iniziative che si intendano assumere onde risolvere i problemi di carenze strutturali e di mezzi.
  Orbene, va subito evidenziato che l'istituto di Modena, pur avendo subìto ingenti danni nel corso delle rivolte avvenute nel mese di marzo 2020, allo stato, non risulta inagibile, bensì solo parzialmente fruibile, atteso lo stato dei locali e dei presìdi di controllo e vigilanza.
  Il locale provveditorato regionale, e la direzione dell'istituto, ciascuno per quanto di propria competenza, stanno quindi operando per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione edile degli ambienti danneggiati.
  In particolare, entrando nel dettaglio, quanto al sistema di video sorveglianza e sala regia, unitamente a quello antintrusione, è stato già elaborato un progetto esecutivo stimato in 635.420 euro, comprensivo di una vasta gamma di interventi: impiantistici, edili e strutturali, che riguardano anche il rifacimento del muro di cinta.
  Il locale provveditorato ha trasmesso alla competente direzione generale del personale e delle risorse gli elaborati progettuali relativi al nuovo impianto di videosorveglianza, antiscavalcamento e tv.cc., ai fini dell'espletamento della relativa procedura.
  In aggiunta a tale intervento più complessivo e generale, è stato autorizzato, altresì, dal summenzionato provveditorato, anche un finanziamento straordinario 60.000 euro per un parziale rafforzamento dei livelli di sicurezza e per la realizzazione del sistema di videosorveglianza all'interno del padiglione vecchio, sulla falsariga di quello che era già attivo al padiglione nuovo, prima della rivolta.
  Questa soluzione consentirà di realizzare, all'interno del corpo di guardia del padiglione vecchio, una postazione di mini sala regia, con l'installazione di telecamere all'interno dei reparti detentivi. Nei prossimi giorni sarà avviata la relativa procedura di gara per la realizzazione di tale sistema.
  Quanto ai cortili passeggi del nuovo padiglione, è stata richiesta al locale provveditorato una valutazione tecnica sull'intervento di innalzamento dell'altezza del muro perimetrale, alla luce delle criticità riscontrate in occasione della rivolta dell'8 marzo.
  In data 5 agosto 2020 è stata trasmessa dalla direzione dell'istituto modenese la relazione tecnica sulle modalità di realizzazione di tali interventi e sui materiali utilizzabili.
  È in fase di avvio la procedura di gara per l'individuazione della ditta che dovrà eseguire i relativi lavori.
  In relazione ai livelli di sicurezza del padiglione nuovo, si segnala che si stanno ultimando i lavori di sostituzione delle elettroserrature delle porte di accesso alle camere di pernottamento e dei cancelli di sbarramento.
  Infine, è in corso la procedura per l'affidamento dei lavori di ripristino del sistema di videosorveglianza.
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  Ancora, sono stati ripristinati gli ascensori nei piani del nuovo padiglione, di nuovo operativo, fatta eccezione per un piano, per il quale si attende l'arrivo di un pezzo di ricambio.
  Gli ascensori non sono in funzione al vecchio padiglione detentivo, ancora in fase di ristrutturazione, essendo necessario prima terminare i lavori elettrici in quell'area.
  Quanto alla porta carraia, si è proceduto a una prima messa in sicurezza della struttura ed è stata richiesta una valutazione tecnica per assicurare un ulteriore intervento di rinforzo.
  Dall'analisi tecnica è emerso che sulle due porte sono necessari interventi strutturali e la sostituzione dei quattro motori che ne garantiscono l'automazione; la relativa procedura è in corso.
  Con riferimento, invece, all'asserita inefficacia della sorveglianza dinamica, si rappresenta che, immediatamente dopo la rivolta, è stato adottato un regime detentivo chiuso, con ripristino della modalità di sorveglianza statica da parte del personale di polizia penitenziaria e della vigilanza sul camminamento perimetrale; regime che si sta prorogando, nelle more della ristrutturazione definitiva dell'intero istituto penitenziario e della definizione di una progettualità interna che preveda un'efficace differenziazione dei circuiti penitenziari, in ragione delle graduali progressioni trattamentali.
  Da ultimo, in ordine ai dispositivi di protezione individuale antiaggressione, si rappresenta che gli equipaggiamenti per la difesa passiva e/o da ordine pubblico in dotazione alla polizia penitenziaria, distribuiti nelle strutture dell'amministrazione, risultano le seguenti: n. 2.562 caschi antisommossa (tipo ubott); 2.675 scudi antisommossa; n. 11.943 manganelli o sfollagente; n. 2.569 maschere antigas e n. 4.000 giubbotti antiproiettile (esterni e sottocamicia).
  Ai dispositivi suesposti, si aggiungono n. 779 scudi tondi girevoli (in sperimentazione – ultima distribuzione gennaio 2020, per n. 253 pezzi), usati anche in occasione delle recenti rivolte di inizio marzo 2020.
  Per completezza, si evidenzia, inoltre, che, relativamente ai
kit di protezione da ordine pubblico, composti da protezioni per braccia, gamba, inguine e torace (corpetto tattico), il relativo contratto 28 dicembre 2017, inerente alla fornitura di n. 426 kit di protezione da ordine pubblico, è stato recentemente annullato per mancata rispondenza della fornitura alle caratteristiche tecniche richieste; pur tuttavia, il prodotto è stato inserito nella programmazione biennale 2020-2021, per una nuova acquisizione.
  Si evidenzia, altresì, che è stata recentemente avviata una gara per l'acquisizione di 800 nuovi giubbetti antiproiettile, antitaglio e antiperforazione, flessibili sottocamicia e di 500 nuovi giubbetti antiproiettile, antitaglio e antiperforazione, flessibili esterni, completi di piastre toraciche e dorsali aggiuntive.
  A breve saranno completate le procedure di predisposizione degli atti per l'avvio di ulteriori gare per l'acquisizione di nuovi caschi e scudi antisommossa, manette modulari multiple e manette individuali.
  Al momento, sono in prova di collaudo 335 paia di guanti antitaglio, recentemente acquisiti dall'Amministrazione, in forma sperimentale.
  Presso il provveditorato regionale di Bologna, competente per territorio, risultano distribuiti: n. 208 caschi antisommossa (tipo ubott); n. 188 scudi antisommossa; n. 1.006 manganelli o sfollagente; n. 186 maschere antigas; n. 89 scudi tondi girevoli; n. 198 giubbotti antiproiettile (esterni e sottocamicia).
  Quanto alla casa circondariale di Modena, risultano distribuiti: n. 13 caschi antisommossa (tipo ubott); n. 16 scudi antisommossa; n. 99 manganelli o sfollagente; n. 17 maschere antigas; n. 89 scudi tondi girevoli; n. 198 giubbotti antiproiettile (esterni e sottocamicia).

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le operazioni di svaso della diga di Pavana situata sul fiume Limentra, al confine fra la regione Toscana e l'Emilia-Romagna, rese necessarie per ottemperare all'ordine di adeguamento sismico richiesto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al gestore della diga, Enel Green Power, hanno cagionato, e purtroppo gli effetti devastanti non possono ritenersi esauriti dal momento che ad oggi risultano coinvolti dal fenomeno anche 20 chilometri del fiume Reno interessando i comuni dell'Alto Reno Terme (Bologna) e di Vergato (Bologna), un gravissimo danno ambientale di incalcolabili proporzioni e di inaudita portata a causa della fuoriuscita di tonnellate di fango sedimentate negli anni sul fondo del bacino che hanno invaso il fiume, provocando una moria di pesci e la distruzione di un intero ecosistema;

   la causa di quanto accaduto parrebbe riconducibile ad un cedimento durante la fase conclusiva dello svuotamento di materiale sovrastante limitrofo che avrebbe reso necessario il mantenimento della completa apertura dello scarico di fondo della diga con conseguente eccessiva fuoriuscita di sedimento lungo l'alveo a valle della diga;

   questo tratto fluviale non è nuovo a simili episodi ricordando che già negli anni 1993 e 1997 si verificarono, sempre a causa di simili operazioni, disastri di questo tipo con danni inestimabili al patrimonio floro-faunistico della zona;

   già nei mesi precedenti all'inizio dei lavori alla diga di Pavana anche le associazioni dei pescatori avevano lanciato l'allarme alle autorità competenti circa il potenziale rischio ambientale derivante dalle operazioni in questione e della necessità di attuare tutte le misure necessarie al fine di prevenire possibili danni alla fauna ittica presente nel bacino di Pavana e nel fiume Reno anche spostando i pesci in altri corsi d'acqua prima di aprire la diga, sottolineando la mancanza, contrariamente al passato, di una commissione ittica di zona che avrebbe potuto occuparsi della salvaguardia del fiume monitorando costantemente la situazione –:

   se intendano attivarsi urgentemente presso gli enti e le società competenti al fine di comprendere quanto prima le ragioni dell'accaduto ed accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità verificando se siano state preventivamente adottate tutte le misure necessarie a garantire la messa in sicurezza e la tutela ambientale dell'area interessata;

   nel caso venissero accertate delle responsabilità, come ritenga possa essere risarcito il danno causato all'intero ecosistema e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nei confronti di chi, all'uopo preposto, non abbia assunto tutte le dovute precauzioni ambientali.
(4-06527)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel mese di agosto 2020 ha ricevuto richiesta di intervento ai sensi dell'articolo 309, decreto legislativo n. 152 del 2006, da parte delle regioni Emilia-Romagna e Toscana.
  Entrambe le richieste hanno evidenziato problematiche ambientali correlate alle operazioni di svaso della diga di Pavana, situata al confine tra le regioni Emilia Romagna e Toscana e gestita dalla Enel Green Power Italia s.r.l. (a seguire indicato anche come «operatore»). Dette operazioni sono state condotte
in loco il 28 luglio 2020, con ingenti rilasci di sedimenti sul torrente Limentra di Sambuca, eccedenti le quantità autorizzate e con effetti sulla fauna ittica.
  Gli impatti, riferiscono le regioni, si sono propagati fino al fiume Reno, nel territorio della provincia di Bologna, causando significative alterazioni al relativo ecosistema.
  Le operazioni di svaso della diga in questione sono state autorizzate dalla regione Emilia-Romagna con determinazione dirigenziale n. 2004 del 6 luglio 2020, recante approvazione del piano operativo per lo svaso del bacino diga di Pavana trasmesso da Enel con nota dell'aprile 2020, imposto dal provvedimento urgente e contingibile dell'ufficio tecnico per le dighe di Firenze n. 7906 del 1° aprile 2020 e «...motivato da superiori finalità di tutela e salvaguardia della pubblica incolumità».
  La menzionata autorizzazione prevede, tra l'altro, espressamente gli obblighi a carico di Enel Green Power Italia di «... provvedere a ripristinare tempestivamente qualsiasi danno causato dalle opere idrauliche ed al corso d'acqua per l'effetto dello svaso...», nonché l'obbligo di «... risarcimento per gli eventuali danni che fossero arrecati a terzi e/o alle amministrazioni interessate dalla procedura in corso».
  Con una prima comunicazione del 10 agosto l'operatore ha riferito al Ministero l'avvenuta necessità, nella mattina del giorno 28 luglio 2020, di mantenimento dell'apertura dello scarico di fondo della diga a causa della presentazione di «... sedimenti che, molto verosimilmente per fenomeni di adesione, mostravano una maggiore e imprevista consistenza e che scivolavano in grosse quantità e in blocchi nello scarico dell'invasi».
  A seguito delle richieste di intervento statale ricevute
ex articolo 309, decreto legislativo n. 152 del 2006, lo stesso Ministero si è prontamente attivato chiedendo alla soc. Enel Green Power Italia di comunicare, nel dettaglio, tutte le iniziative e le misure di ripristino adottate ai sensi dell'articolo 305, comma 1, lettere a) e b), decreto legislativo n. 152 del 2006, da trasmettere entro il termine di 30 giorni dall'evento ai sensi dell'articolo 306, comma 1, decreto legislativo citato.
  La richiesta ha comportato il coinvolgimento dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) per un'opportuna valutazione.
  L'Enel Green Power Italia ha quindi illustrato le prime misure di prevenzione poste in essere chiedendo un differimento del termine di 30 giorni previsto dalla legge per la presentazione delle misure di riparazione.
  Il Ministero ha ribadito l'obbligo previsto dalla legge di presentazione entro 30 giorni dall'evento dannoso delle possibili misure di riparazione conformi all'allegato III, parte sesta, decreto legislativo n. 152 del 2006 (articolo 306, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006, come richiamato dall'articolo 305, comma 1, lettera
b), decreto legislativo medesimo), ferma restando, peraltro, la facoltà di successivi ulteriori approfondimenti.
  A ciò ha fatto seguito la trasmissione, da parte dell'operatore, di una nuova comunicazione recante illustrazione delle prime misure di ripristino adottate e con riserva di ulteriori integrazioni da trasmettere all'amministrazione entro la fine del corrente mese di settembre.
  Nella menzionata nota Enel Green Power Italia indica:

   1) in merito alla componente acqua: la conferma della conduzione di monitoraggi ambientali in continuo sia sul torrente Limentra che lungo il fiume Reno per la verifica dei parametri di torbidità ed ossigeno di sciolto, al fine di verificare l'evoluzione delle condizioni a seguito dell'evento, con indicazione di un miglioramento della situazione con il ripristino dei livelli precedenti lo svaso lungo tutto l'alveo interessato e con indicazione del successivo monitoraggio da condurre nei mesi di settembre, novembre e febbraio, impiegando l'indicatore relativo allo stato ecologico del corso d'acqua (indice LIMeco) e quello associato al suo stato chimico;

   2) per quanto concerne l'habitat:

    a) l'assenza, a seguito dei sopralluoghi e rilievi effettuati nei giorni successi all'evento, di modifiche morfologiche dell'alveo e delle sponde che possano configurarsi come ostacoli per la normale idraulicità o in caso di eventi di piena, peraltro con rilievo di spessori di sedimentazione più significativi soltanto in «... alcune zone ben individuate e circoscritte, strettamente legate alla morfologia fluviale, con poche rive convesse che hanno favorito il deposito dei sedimenti», con interventi effettuati presso tali zone di accumulo dei sedimenti attraverso l'impiego di una ditta specializzata secondo uno specifico piano di intervento per la rimozione degli organismi morti ed il recupero di sedimento, mediante mezzi idonei all'escavazione in alveo, nonché per l'aspirazione e lo stoccaggio di detto materiale.
    L'operatore riferisce, altresì, al riguardo che detti interventi sono stati effettuati con autorizzazioni a lavori in alveo dedicati, e, quanto al materiale, esso sarà conferito – previa caratterizzazione – a discarica autorizzata.
    Ulteriori azioni previste sono quelle di:

     a) provvedere al rilascio di acqua dagli invasi esistenti e lavaggi dalle opere idrauliche (anche in coda ad eventuali eventi di piena) per consentire la diluizione di tali sedimenti;

     b) proseguire, per le zone che mostrano il maggiore accumulo, con il monitoraggio anche nei mesi a venire, al fine di valutare l'evoluzione in considerazione dei possibili eventi di piena e dei lavaggi;

   3) relativamente al ripristino delle specie ittiche coinvolte:

    a) la conduzione di un piano di ripopolamento al fine di concorrere alla loro riparazione primaria nel bacino di Pavana, ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2 aprile 2020, «Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di etti all'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e per l'immissione di specie e di popolazioni non autoctone», con centralità sull'uso di specie autoctone previa «... attenta consultazione delle documentazioni pregresse in merito al numero di specie e distribuzione spaziale a scala di bacino idrografico» e con utilizzo di novellame o individui giovanili della stessa, catturati all'interno del medesimo bacino idrografico o comunque più prossimi geograficamente (fiume Reno e/o affluenti).

  L'operatore prevede l'inizio delle operazioni di «traslocazione», tenendo conto del ciclo riproduttivo, nella primavera del 2021, con verifica dell'acclimatazione da condurre almeno per un'intera stagione.
  In conclusione l'operatore ha, infine, rammentato, di proseguire le attività anche nel rispetto della sopra menzionata autorizzazione alle operazioni di svaso della diga, rilasciata da regione Emilia-Romagna con determinazione n. 2004/2020.
  Con specifica nota dell'8 settembre il Ministero ha, pertanto, richiesto ad Ispra l'opportuna valutazione tecnica delle sopra indicate misure di ripristino, nonché di quelle che saranno successivamente comunicate.
  In armonia con la disciplina europea di cui alla direttiva 2004/35/CE l'operatore è soggetto, peraltro, agli obblighi di cui all'articolo 305, comma 1, lettere
a) e b), decreto legislativo n. 152 del 2006, quanto all'obbligo di adottare immediatamente:

   a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;

   b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306, decreto legislativo medesimo.

  Come detto tali misure devono essere presentate «senza indugio e comunque non oltre 30 giorni dall'evento dannoso» al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'approvazione, con costi a carico dell'operatore (combinato articoli 306, comma 1, e 308, comma 1, decreto legislativo citato).
  Nel caso in questione rileva, altresì, ai sensi dell'articolo 298-
bis, comma 1, lettera a), decreto legislativo n. 152 del 2006, una responsabilità oggettiva dell'operatore in riferimento ai danni cagionati dall'attività professionale condotta, trattandosi di attività rientrante nell'elenco di cui all'Allegato V, parte sesta, decreto legislativo n. 152 del 2006, punto 6 (estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce).
  All'esito delle ulteriori misure di ripristino ambientale che saranno comunicate dall'operatore, il Ministero valuterà, con l'ausilio di Ispra, l'idoneità delle azioni poste in essere, se del caso richiedendo le integrazioni necessarie.
  Dette misure di ripristino dovranno, infine, essere sottoposte al Ministro per l'approvazione prevista dalla legge (citato articolo 306, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006).
  Quanto sopra fermo restando la possibilità per questo Ministero di costituirsi parte civile nell'eventuale giudizio penale che potrà all'uopo promuoversi nei confronti del presunto responsabile qualora dovessero emergere ipotesi di reato.
  Nel caso di mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articolo 305 e 306, decreto legislativo n. 152 del 2006, resta ferma la possibilità per il Ministero di agire ai sensi dell'articolo 311, decreto legislativo citato, in sede giudiziaria nei confronti dei responsabili, per il conseguimento della riparazione del danno ambientale.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   numerose sono le segnalazioni da parte dei cittadini di disagi a seguito dell'incremento dei treni merci a Barcola. La richiesta di costruzione di barriere antirumore risulterebbe quindi necessaria, in quanto sembrerebbe che il potenziamento dei traffici portuali ha conseguentemente comportato un aumento dei convogli che provocano rumori e vibrazioni continue;

   un problema analogo sembrerebbe esserci nel porto di Trieste, primo porto ferroviario in Italia, dove il traffico ferroviario è aumentato notevolmente negli ultimi anni e aumenterà ancor di più con il potenziamento di 70 chilometri di binari interni al porto che collegheranno i moli alle reti ferroviarie nazionali e internazionali;

   l'esigenza di garantire l'efficienza delle operazioni ferroviarie, come, per esempio, smistamento ferroviario e l'accesso a più treni contemporaneamente, impone al contempo il rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa;

   ai sensi dell'articolo 10, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 - legge quadro sull'inquinamento acustico «le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui ai regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente»;

   l'elaborazione di piani di intervento volti al contenimento e all'abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture stesse impone l'individuazione di aree in cui vi sia il superamento dei limiti di immissione previsti;

   il decreto 29 novembre 2000 recante «criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore» prevede, inoltre, che le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture comunicano entro il 31 marzo di ogni anno l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessivamente a partire dalla data di entrata in vigore della legge n. 447 del 1995, lo stato di avanzamento fisico e finanziario dei singoli interventi previsti, comprensivo anche degli interventi conclusi, e soprattutto svolgono un'attività di controllo sul conseguimento degli obiettivi del risanamento, nell'ambito delle competenze assegnate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla normativa statale e regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il rispetto del decreto ministeriale 29 novembre 2000, riducendo l'impatto acustico dei treni.
(4-04737)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto ministeriale ambiente 29 novembre 2000 emanato, in attuazione della legge quadro sull'inquinamento acustico (n. 447 del 1995), definisce i criteri relativi alla predisposizione da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore, oltre a prevedere l'approvazione da parte Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la conferenza unificata, dei piani di interesse nazionale o di più regioni, presentati dal gestore stesso.
  In linea con tale previsione, il gestore Rete ferroviaria italiana s.p.a. (R.f.i. s.p.a.), in data 31 dicembre 2003 ha presentato al Ministero dell'ambiente, alle regioni ed ai comuni interessati, il predetto piano secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera
b.2) del citato decreto ministeriale ambiente.
  In data 1° luglio 2004 è stata raggiunta l'intesa con la conferenza unificata sul primo quadriennio di attuazione del piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore, prevedendo altresì specifiche prescrizioni. A tal proposito Rfi s.p.a. ha presentato al Ministero dell'ambiente l'aggiornamento del piano trasmesso all'Ispra ai fini istruttori.
  Dalla relazione istruttoria sono emerse alcune criticità che hanno reso necessari incontri con Rfi s.p.a., le regioni, l'Ispra, l'Upi, l'Anci e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, stante le criticità riscontrate rispetto al decreto ministeriale ambiente 29 novembre 2000 e il mancato rispetto del cosiddetto approccio combinato concordato in sede di intesa nel 2004, ha richiesto una serie di integrazioni al gestore.
  Il persistere di dette criticità ha reso necessaria l'istituzione di un tavolo tecnico con la presenza, oltre che del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della società Rfi s.p.a., del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle regioni, dell'Ispra, dell'agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie (Ansf), dell'Anci e dei gestori dei servizi di trasporto pubblico.
  A valle di tali incontri e dell'istruttoria svolta dalle regioni e in seguito all'invio al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte di Rfi s.p.a. di un cronoprogramma aggiornato degli intendenti del piano di risanamento acustico, lo stesso Ministero ha inviato alla conferenza unificata, lo schema di decreto di approvazione della programmazione degli interventi relativi agli, anni successivi, al primo quadriennio dello stesso piano, ai fini dell'acquisizione dell'intesa prevista e quindi della conclusione del procedimento.
  Gli interventi ricompresi nel Piano che interessano, in particolare, il comune di Trieste, secondo quanto riportato nell'ultimo cronoprogramma trasmesso da Rfi s.p.a. al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, constano di sette interventi (n. 5 barriere antirumore e n. 2 interventi diretti ai ricettori) nel periodo compreso dai dieci ai quindici anni.
  In merito alle infrastrutture ferroviarie poste internamente al sedime del porto di Trieste, si precisa che, a legislazione vigente, i porti devono essere considerati alla stregua di generiche sorgenti industriali.
  Infatti, le eventuali infrastrutture stradali e ferroviarie collocate all'interno del sedime portuale e a servizio dello stesso, sono da considerarsi come sorgenti sonore fisse e ad esse si applicano le disposizioni previste dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447, con particolare riferimento all'articolo 8 della predetta legge sulla valutazione di impatto acustico.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   DEIDDA e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i provvedimenti normativi adottati dal Governo al fine di limitare gli effetti negativi sull'economia, conseguenti alle disposizioni poste in essere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in atto hanno previsto alcune misure, seppure esigue, di sostegno economico in favore dei lavoratori e delle imprese;

   nonostante il settore delle attività e degli spettacoli viaggianti, di giostre e luna park risulti gravemente e maggiormente danneggiato dalle disposizioni limitative suindicate, in favore del medesimo settore non risulta che siano state previste specifiche e adeguate misure di sostegno economico;

   l'emergenza sanitaria in atto ha determinato la cancellazione di tutte le feste e/o sagre paesane, nell'ambito delle quali le imprese del settore in esame esercitano, di solito, la relativa attività, in particolare, nel periodo ricompreso tra aprile e ottobre;

   nel solo territorio regionale sardo, nel settore in esame operano circa ottanta ditte individuali e l'attività in questione, proprio perché svolta in modo itinerante, necessita di adeguata e tempestiva programmazione;

   la maggior parte delle ditte suindicate opera in modo autonomo ed indipendente, avvalendosi prevalentemente di collaboratori familiari, dimodoché il blocco dell'attività, spesso, ricade sull'intero nucleo familiare, e non su un singolo componente;

   pure nell'ipotesi in cui l'emergenza epidemiologica in atto dovesse cessare, le imprese in questione risulterebbero comunque impossibilitate a riprendere l'attività e, pertanto, le stesse non sarebbero in grado di sostenersi – come invece accade solitamente – nella prossima stagione invernale, nella quale, il mercato in questione risulta pressoché integralmente interrotto;

   allo stato, la categoria in esame appare tra le più colpite dall'emergenza, tenuto conto anche del fatto che, ad oggi, nessuna manifestazione può essere programmata e che la cittadinanza, pure al termine dell'attuale stato emergenziale, difficilmente risulterà propensa ad accedere alle suddette attrazioni;

   appare necessario prevedere, in favore degli esercenti in questione, misure specifiche di sostegno, tra cui, in particolare, l'istituzione di un reddito di emergenza in favore del titolare dell'attività – da determinare anche in modo proporzionale rispetto al numero dei componenti del nucleo familiare attivi nella stessa azienda – nonché di un fondo specifico destinato alla concessione di contributi a fondo perduto e/o all'esenzione dal pagamento di imposte e tributi per le annualità 2020-2021 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di sostenere il settore in questione, se del caso, con l'istituzione di un reddito di emergenza in favore del titolare dell'attività – da determinare anche in modo proporzionale rispetto al numero dei componenti del nucleo familiare attivi nella stessa azienda – nonché di un fondo specifico destinato alla concessione di contributi a fondo perduto e/o all'esenzione dal pagamento di imposte e tributi per le annualità 2020-2021.
(4-05720)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla crisi del comparto delle attività e degli spettacoli viaggianti, di giostre e
luna park, conseguente alle misure di contenimento della pandemia da Sars-Cov-2 adottate dal Governo, e chiedono adeguate misure di sostegno.
  Infatti, oltre alle limitazioni imposte dal
lockdown, il settore ha sofferto le limitazioni imposte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020, il quale aveva disposto: «restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso, le fiere e i congressi».
  Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, eventi e attività fieristiche erano potute ripartire, ma poi sono state nuovamente chiuse con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, il quale ha espressamente stabilito quanto segue: «Sono vietate le sagre, le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi» (articolo 1, comma 9, lettera
n).
  Orbene, al momento della ripartenza, il Ministero dello sviluppo economico sarà pronto, per quanto di competenza e come successo in occasione della precedente riapertura, a fornire tutto il supporto necessario nella predisposizione dei protocolli per garantire l'apertura in sicurezza delle manifestazioni fieristiche.
  In questa direzione si dovranno muovere, come già accaduto a seguito della prima ondata, anche le linee guida della Conferenza delle regioni, contenenti le regole da rispettare per il contenimento dei rischi legati alla diffusione del contagio da Sars-Cov-2 nelle varie attività, ivi comprese le attività relative a fiere e congressi.
  A tal ultimo riguardo, infatti, si ricorda che lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, ha demandato l'attuazione e la normazione secondaria agli enti territoriali i quali, nel rispetto dei principi e della disciplina generale, devono declinare la stessa in base alla situazione specifica del territorio amministrato.
  Per quello che attiene ai contributi di natura finanziaria, si segnala quanto disciplinato dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» (decreto Rilancio), convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77. In particolare, l'articolo 82 del citato decreto ha previsto il riconoscimento di un reddito di emergenza in favore dei nuclei familiari in possesso degli specifici requisiti ivi elencati.
  In materia di esenzione dagli oneri fiscali, si richiama l'articolo 181, comma 1-
bis, dello stesso decreto rilancio, introdotto in fase di conversione, il quale, proprio in considerazione dell'emergenza epidemiologica, esonera – dal 1° marzo 2020 al 30 aprile 2020 – «i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 [...] dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche [TOSAP], di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e del canone per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche [COSAP], di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446». Dunque, il settore delle attività di commercio ambulante su area pubblica è stato destinatario di una specifica misura di esonero dal versamento della TOSAP e del COSAP, in considerazione della circostanza che, nel periodo considerato dalla norma, vi era l'impossibilità oggettiva di svolgere tali attività nelle strade e nelle piazze in conseguenza dell'adozione delle rigorose misure di contenimento della pandemia.
  Più in generale, si ricordano anche le numerose misure adottate a sostegno del settore fieristico.
  Fondamentale, inoltre, è la misura del «credito di imposta per la partecipazione di PMI a fiere internazionali», introdotta dall'articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» (decreto crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che prevedeva inizialmente uno stanziamento di 5 milioni di euro. Successivamente, la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha incrementato lo stanziamento del 2020 da 5 a 10 milioni di euro, estendendo la misura all'anno 2021 con ulteriori 5 milioni di euro.
  Per offrire uri ulteriore ausilio al settore fieristico, è stato rifinanziato il fondo rotativo SIMEST di cui al decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 recante «Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane», convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.
  Si ricorda, peraltro, che l'operatività del Fondo in parola è stata recentemente estesa dall'articolo 18-
bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» (decreto crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, il quale ha previsto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati possano fruire di specifiche agevolazioni finanziarie, in conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  L'articolo 72 del decreto Cura Italia ha inoltre istituito il «Fondo per la promozione integrata», con una dotazione iniziale di 400 milioni di euro per l'anno 2020. Tra le altre cose, tale Fondo è finalizzato anche alla concessione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi ai sensi del Fondo rotativo SIMEST di cui si è detto in precedenza.
  Si segnala inoltre che, in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» (decreto liquidità), è stato garantito un rimborso per mancata partecipazione a fiere in forma di credito d'imposta, con particolare riferimento a quelle all'estero (articolo 12-
bis).
  Infine si ricorda che il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, cosiddetto «decreto Ristori 1», dedica al settore il suo articolo 6 «Misure urgenti di sostegno all'
export e al sistema delle fiere internazionali» e destina 400 milioni di euro per il sostegno al settore; e ha anche introdotto la possibilità, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di aiuti di Stato, di concedere, sempre per il tramite di SIMEST, contributi a fondo perduto commisurati ai costi fissi sostenuti dal 1° marzo 2020 e non coperti da utili, oltre che ulteriori misure di sostegno.
  Infine, si vogliono ricordare le misure finanziarie urgenti di ristoro connesse all'emergenza epidemiologica da Sars-Cov-2 promosse dal Governo con i decreti-legge 9 novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori
bis») e 9 novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori ter»), che hanno interessato tutti i settori produttivi, ivi compresa la categoria del commercio ambulante.
  Per far fronte al quadro emergenziale che ha costretto il sistema fieristico a riprogrammare quasi tutti gli eventi, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha previsto, in seno al «Patto per l'
Export» recentemente firmato dal Ministro degli affari esteri Luigi Di Maio, ulteriori strumenti promozionali finalizzati a sostenere la ripartenza del settore fieristico e del relativo indotto, quali:

   la creazione della piattaforma digitale «Fiera Smart» a disposizione di tutte le fiere, associazioni, consorzi e aziende per l'organizzazione di manifestazioni fieristiche, missioni e incontri virtuali;

   un programma straordinario di incoming alle manifestazioni fieristiche italiane;

   una campagna di comunicazione dedicata ai calendari fieristici italiani su tutti i principali mercati esteri, privilegiando canali di comunicazione on-line e supporti audiovisivi 3D;

   eventi promozionali di filiera in collaborazione con i principali organizzatori italiani di fiere specializzate;

   finanziamenti agevolati per la partecipazione ad eventi fieristici in Italia.

  Infine, l'«ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane» ha previsto un pacchetto di misure per gli eventi all'estero, con l'obiettivo di rafforzare il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI). Esso prevede:

   servizi gratuiti di assistenza e consulenza per imprese sino a 100 dipendenti;

   rimborso forfettario delle spese già sostenute per la partecipazione a fiere, seminari, workshop realizzati dall'ICE-Agenzia a partire da febbraio 2020;

   partecipazione a titolo gratuito e fornitura di un modulo espositivo per tutte le manifestazioni organizzate dall'ICE-Agenzia che si svolgeranno nel periodo marzo 2020 marzo 2021.

  In conclusione, fermo restando le misure attuate dal Governo, alla luce della grande attenzione al settore fieristico e del commercio (ivi compreso quello ambulante), ci si rimette al dibattito parlamentare per la presentazione di ulteriori proposte anche tenuto conto delle valutazioni di natura finanziaria che verranno fornite dal competente Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano La Nazione e da altri quotidiani locali, nel pomeriggio di domenica 24 maggio 2020, un detenuto di nazionalità turca di 23 anni si è impiccato nel carcere La Dogaia di Prato. Il detenuto, trasportato in codice rosso all'ospedale pratese Santo Stefano, è poi deceduto il giorno 27 maggio 2020;

   l'interrogante, con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03633 presentata in data 24 settembre 2019, aveva già posto all'attenzione del Ministro della giustizia e del Ministro della salute le forti criticità rilevate all'interno del carcere di Prato in seguito alla visita di una delegazione dei Radicali Italiani; in particolare, anche a fronte della cospicua presenza tra la popolazione carceraria di cittadini stranieri, si chiedeva quali fossero le iniziative che i Ministri interrogati intendessero intraprendere per riportare alla piena efficienza la struttura penitenziaria della terza città del Centro-Italia;

   nella risposta al suddetto atto di sindacato ispettivo pubblicata il 25 febbraio 2020, il Ministro interrogato, dopo l'enunciazione dei propositi da attuare per la tutela delle condizioni e della qualità della vita detentiva, dichiara: «È del tutto ragionevole ritenere che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva così da comprimere significativamente quello stato di disagio che, comunemente, è alla base degli eventi critici nelle carceri, rispetto a cui, con specifico riferimento alla Casa Circondariale di Prato, giova evidenziare che, nell'ultimo triennio, non si è registrato alcun episodio di suicidio»;

   secondo il report sulle condizioni detentive in Italia redatto dall'associazione Antigone e pubblicato il 22 maggio 2020, nei primi cinque mesi del 2020 sono stati 17 i suicidi nelle carceri italiane. Nel 2019 i suicidi registrati sono stati in totale 53, a fronte di una presenza media di 60.610 detenuti ovvero un tasso di 8,7 su 10.000 detenuti mediamente presenti, a fronte di un tasso nel Paese di 0,65 suicidi su 10.000 abitanti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se intenda avviare, in via cautelativa, una indagine amministrativa interna al fine di verificare se nei confronti del detenuto morto suicida siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e, quindi, se non vi siano profili di responsabilità per omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di garantire condizioni di vita dignitose per i detenuti ospitati negli istituti carcerari, anche attraverso il reperimento di adeguati fondi e di risorse umane ed economico-finanziarie, con esplicito riferimento al carcere di Prato;

   quali misure intenda adottare al fine di ridurre l'alto tasso dei decessi e dei suicidi delle persone detenute.
(4-05889)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, riferendo del tragico evento di suicidio di un detenuto occorso nel maggio 2020 nel carcere di Prato, avanza quesiti circa l'avvenuta apertura di una indagine amministrativa interna, quindi circa gli intendimenti volti a ridurre il tasso di eventi simili.
  Orbene, va subito premesso che la tutela psicofisica dei detenuti, come degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti è dovere primario dell'Amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
  Ciò premesso, l'evento critico citato concerne il detenuto Sohan Nail, di nazionalità turca, appartenente al circuito media sicurezza e ristretto presso la sezione protetti del carcere La Dogaia di Prato.
  A seguito del gesto il locale provveditore ha incaricato il direttore dell'ufficio detenuti e trattamento del provveditorato stesso di svolgere tutti gli opportuni accertamenti di natura amministrativa tesi ad accertare le cause e le modalità dell'evento.
  Dalla verifica effettuata, è emerso che il detenuto in questione era stato arrestato in Livorno in data 25 dicembre 2018, in flagranza del delitto di tentata violenza sessuale, quindi associato alla casa circondariale della medesima città.
  Presso l'istituto livornese il detenuto riferiva di essere alla prima esperienza detentiva e chiedeva di non essere ammesso a vita in comune a causa della tipologia del reato commesso che lo rendeva inviso alla restante popolazione detenuta.
  Pertanto, ne veniva richiesto il trasferimento e, giusta disposizione del locale Provveditorato regionale 28 dicembre 2018, faceva ingresso presso la casa circondariale di Prato – dotata di sezione per detenuti
sex offenders – il 31 dicembre successivo.
  In tale data, nell'ambito del colloquio psicologico di primo ingresso, era stato rilevato un rischio autolesivo/o anti conservativo «basso» ed era stata applicata la «grande sorveglianza», trattandosi di un detenuto alla prima esperienza detentiva.
  Nei successivi colloqui psicologici, effettuati nell'arco temporale compreso tra il 2 gennaio e l'11 dicembre 2019, non erano emersi indicatori di rischio suicidario.
  In data 9 gennaio 2020, su segnalazione dello psicologo, il detenuto era stato sottoposto a visita e lo psichiatra aveva segnalato l'opportunità di un maggiore attenzionamento per adattamento, senza ulteriori precisazioni.
  In data 14 maggio 2020, in seguito a disordini arrecati in sezione per frasi ingiuriose mosse dal detenuto Sohan nei confronti di altri ristretti, il coordinatore del reparto, a scopo cautelativo, aveva disposto la «grande sorveglianza» per eteroaggressività, con immediata segnalazione ai sanitari e con chiusura del detenuto durante gli orari di apertura della sezione, al fine di evitare che lo stesso potesse intrattenere rapporti con altri ristretti.
  Nei frequenti colloqui con lo psicologo e lo specialista in psichiatria, proseguiti fino al 16 maggio 2020, non era stata rilevata la presenza di ideazioni autolesive/anticonservative.
  Il 18 maggio 2020, lo psichiatra aveva ravvisato un quadro psicopatologico tale da ritenere necessario l'invio in ospedale per un eventuale ricovero, avvenuto, poi, con urgenza, il giorno successivo, dopo un ulteriore colloquio con lo specialista, nel corso del quale il detenuto aveva manifestato diversi comportamenti anomali con spunti persecutori: aveva riferito manipolazioni del suo cervello, durante il sonno, da parte di alcuni detenuti della sezione, e fobie varie, quali la convinzione che volessero avvelenarlo.
  A seguito di tale visita, il detenuto era stato ricoverato presso il DEA del presidio ospedaliero di Prato per manifesti episodi di demoralizzazione emotiva, con scompenso psicotico acuto, e dimesso il 21 maggio 2020, con diagnosi di «reazione paranoide acuta».
  Al rientro in istituto, dopo la visita psichiatrica che non aveva segnalato intenti autolesivi, lo
staff multidisciplinare decideva di ubicarlo, temporaneamente, a causa dell'emergenza sanitaria in atto, nella sezione «Isolamento sanitario ex Polo scolastico», per sottoporlo al previsto monitoraggio COVID-19, in attesa del risultato del tampone.
  Il giorno 22 maggio 2020, il detenuto aveva palesato insofferenza per la sua ubicazione presso quella sezione; così, lo
staff multidisciplinare aveva deciso di allocarlo nella sezione protetti, con l'adozione di alcune misure per la prevenzione del contagio da COVID-19: divieto di uscire dalla propria stanza e avere contatti con altri detenuti, fino all'esito dei tampone.
  Era stato previsto, inoltre, il monitoraggio quotidiano da parte degli operatori del servizio di salute mentale, se presenti in istituto.
  Il giorno 23 maggio 2020, il detenuto era stato rivisto dalla psicologa, che non aveva rilevato alcun intento autolesivo né anticonservativo.
  Il 24 maggio 2020, intorno alle ore 15:00, il ristretto metteva in atto il suo proposito suicidano, tramite impiccamento alla grata della finestra della camera di pernottamento, attraverso la cintura dell'accappatoio.
  Al momento del suicidio, il sig. Sohan si trovava in stanza da solo, perché in isolamento sanitario, e non risulta abbia lasciato messaggi o lettere di spiegazione del suo gesto.
  A ridosso dell'atto era stato più volte controllato.
  In particolare, alle ore 14:21 circa, durante uno dei giri di controllo in sezione, l'agente di turno si era soffermato dinanzi alla camera di pernottamento del Sohan; questi gli aveva chiesto un antidolorifico per il mai di denti; ricevute rassicurazioni circa il tempestivo interessamento alla problematica, il detenuto ringraziava l'agente che, dopo aver completato le attività in sezione, alle ore 14:25 circa, si recava presso l'infermeria del piano, ove erano presenti le infermiere, alle quali riferiva la problematica rappresentata dal detenuto.
  Alle ore 14:35 circa, l'agente si dirigeva nuovamente verso la camera di pernottamento del sig. Sohan per metterlo al corrente di aver informato l'infermiera.
  In quel momento, il detenuto si trovava seduto sul letto e rispondeva all'agente mostrandogli il pollice in segno di approvazione.
  Alle ore 14:40 circa, l'operatore terminava la conversazione con il sig. Sohan e faceva nuovamente accesso alle ore 14:57, unitamente all'infermiera, per la somministrazione dell'antidolorifico; proprio in tale frangente, il detenuto è stato rinvenuto come sopra descritto.
  Il soccorso è stato attivato, nell'immediatezza, dal personale di Polizia penitenziaria e dal l'infermiera presente in sezione; all'arrivo del medico di turno, di lì a poco, il detenuto si presentava in arresto cardiocircolatorio, con rilascio involontario dello sfintere vescicale e conseguente perdita di urina. Posizionato il collare, i sanitari hanno da subito iniziato le manovre di RCP con il defibrillatore; nel frattempo, alle ore 15:15 giungeva in istituto il 118, che poneva in essere ulteriori interventi rianimatori.
  Alle ore 15:30 circa, il quadro clinico presentava netto miglioramento, con ripresa del battito cardiaco e della respirazione.
  Dopo aver atteso un congruo lasso di tempo per consentire una stabilizzazione dei parametri, alle ore 16:10 circa il sig. Sohan veniva accompagnato in ospedale a mezzo ambulanza e personale di scorta del locale nucleo traduzioni e piantonamenti, già predisposto all'impiego.
  Nella circostanza, come rilevato durante l'ispezione, il personale di Polizia penitenziaria ha operato con professionalità, rapidità e lucidità, soccorrendo il detenuto nel tentativo di salvargli la vita.
  Dalla dettagliata cronologia degli eventi non sono emerse condotte negligenti a carico degli operatori penitenziari nei cui confronti, pertanto, non risulta attivato alcun procedimento disciplinare.
  Trattando della tematica in linea generale risulta che nel corso dell'anno 2019 sono stati registrati un totale di n. 53 suicidi, mentre, dal 1° gennaio al 18 agosto 2020 (data dell'ultima rilevazione effettuata) ne sono stati rilevati n. 37.
  Con specifico riferimento alla casa circondariale di Prato, invece, nel corso del 2019 non si sono registrati eventi suicidari, mentre nel corrente anno (fino alla data del 18 agosto 2020) è stato registrato un suicidio, oggetto appunto dell'atto di sindacato ispettivo in trattazione.
  In merito alla prevenzione del suicidio in carcere, l'Amministrazione ha sempre messo in atto azioni finalizzate all'accoglienza, in particolare dei detenuti alla prima esperienza detentiva, e alla prevenzione del rischio.
  A tal riguardo, a titolo esemplificativo, si citano le circolari e lettere circolari più significative che si sono susseguite nel tempo a partire dal 7 aprile 1986: circolare 21 luglio 1986 recante: «Tutela della vita e della salute delle persone detenute»; circolare 30 dicembre 1987 recante: «Tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati: istituzione e organizzazione del Servizio nuovi giunti»; circolare 17 giugno 1997 recante: «Tutela della vita e della salute delle persone detenute. Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario»; circolare 12 maggio 2000 recante: «Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario: linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi nelle carceri»; lettera circolare 6 giugno 2007 recante: «I detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza. Linee di indirizzo»; lettera circolare 25 gennaio 2010 recante: «emergenza suicidi – Istituzione unità di ascolto di Polizia penitenziaria».
  Negli ultimi anni tale attenzione si è maggiormente consolidata ed è stata condivisa con l'Amministrazione della salute, tanto che il 19 gennaio 2012, in seno alla Conferenza unificata Stato-regioni, è stato sancito l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidano dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (Repertorio Atti n.: 5/CU del 19/01/2012; Allegato A) e nel 2017 è stato sottoscritto il «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti».
  Questo documento ha lo scopo di fornire linee guida ai livelli regionali al fine di consentire la successiva redazione dei protocolli locali, con la più ampia condivisione e concretezza tra le parti, sanitaria e penitenziaria.
  Ancora, con lettera circolare 11 ottobre 2017, a firma del capo del dipartimento
pro tempore, sono state divulgate ai provveditorati regionali e a tutte le direzioni degli istituti penitenziari le indicazioni fornite dall'accordo della conferenza unificata del 27 luglio 2017, con il quale, sinteticamente, viene dato impulso a una fattiva collaborazione tra l'amministrazione penitenziaria e le aziende sanitarie territorialmente competenti, al fine di creare i presupposti per alleviare, in via preventiva, l'eventuale disagio sofferto dalla persona privata della libertà personale e, in secondo luogo, delineare ambiti di intervento.
  In sostanza, è stato promosso il congiunto impegno di tutte le figure professionali che operano all'interno degli istituti penitenziari che, attraverso sollecite segnalazioni del personale sanitario piuttosto che della Polizia penitenziaria o altro, possano intervenire tempestivamente.
  A tale fine, nell'accordo vengono previsti, tra l'altro, il modello di lavoro interdisciplinare e la presa in carico congiunta, attraverso cui si sviluppa una collaborazione sinergica tra le varie figure professionali coinvolte, con l'obiettivo di lenire il disagio della persona offrendo vicinanza e supporto sociale.
  I dati derivanti da tali interventi congiunti, dovranno essere raccolti da un sistema locale, regionale e nazionale e monitorati al fine del miglioramento della prevenzione e della conoscenza del fenomeno suicidario.
  Nell'accordo, infine, viene citata la prioritaria esigenza di elaborare dei protocolli operativi per la gestione dell'urgenza per i casi di gravi gesti autolesionistici, finalizzati a evitare ritardi nelle prestazioni di primo soccorso.
  Da ultimo, con altra lettera circolare 3 maggio 2019 recante: «Interventi urgenti in ordine all'acuirsi di problematiche in tema di sicurezza interna riconducibili al disagio psichico», il capo del dipartimento
pro tempore, a seguito di aggressioni perpetrate da detenuti ai danni di personale di polizia penitenziaria e non solo, ha inteso ribadire i concetti sopra espressi, evidenziando la necessità di una fattiva collaborazione delle varie amministrazioni, con coinvolgimento dei garanti delle persone private della libertà personale e delle autorità giudiziarie, che, attraverso un tavolo paritetico, possano avere un confronto congiunto sulle tematiche derivanti dal disagio dei ristretti con l'obiettivo di migliorare l'agire comune.
  Si menziona, inoltre, la recente nota 2 luglio 2020 a firma del direttore generale dei detenuti e del trattamento, indirizzata alle direzioni e ai provveditorati regionali, con la quale si raccomanda massima prudenza e attenzione nella percezione di possibili segni di disagio psichico o comunque di alterazione comportamentale dei ristretti, prevedendo un'assistenza psicologica più ampia.
  Pertanto, come si vede, costante impegno volto a prevenire eventi auto lesivi.
  Per completezza, si evidenzia che, alla data del 18 agosto 2020, presso la casa circondariale di Prato sono presenti 549 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi n. 581 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 94,49 per cento, ben al di sotto dell'indice medio percentuale regionale (113,98 per cento) e nazionale (113,63 per cento).
  Dei 549 detenuti presenti, 262 sono di nazionalità italiana, mentre i restanti 287 sono stranieri.
  Quanto al quesito inerente il reperimento di risorse umane, con esplicito riferimento alla casa circondariale di Prato si riferisce che a fronte della dotazione prevista, pari a 310 unità, risulta assegnato un contingente di personale pari a 287 unità, con presenza di fatto di 275 unità di personale in ragione dei distacchi operati in ingresso (5 unità) ed in uscita (17 unità).
  Ciò riferito è indubbio che l'opera della polizia penitenziaria sia di primaria importanza, per la sicurezza interna così come per quella esterna, di cui costituiscono primo baluardo, ma altresì per l'alto contributo che forniscono nell'attività di rieducazione e reinserimento dei condannati nel consorzio sociale.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Orbene, come riferito in sede di risposta ad analoghe interrogazioni sul tema dell'organico del Corpo della polizia penitenziaria, si rappresenta che la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista dal successivo intervento normativo ha rimodulato la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria, passata da 44.610 unità a 41.202 unità, da ultimo implementata a 41.667 unità.
  Pertanto, allo stato, si osserva un divario tra organico del corpo di polizia penitenziaria previsto (41.667 unità) e organico effettivamente presente (37.654) pari al 9,63 per cento, sebbene risultano presenti nel ruolo agenti/assistenti del corpo 33.495 unità, cioè, 2.105 in più rispetto anorganico previsto per lo stesso ruolo, pari a 31.390.
  Per garantire utile
turn over, già nel febbraio 2019 è stato indetto il concorso a complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, successivamente elevati a 938.
  Tale procedura, celermente attivata, e quasi giunta al termine, fu purtroppo sospesa e rinviata a data da destinarsi in considerazione della situazione di emergenza determinata dalla diffusione del contagio da COVID-19.
  Attualmente, grazie al serio impegno dell'Amministrazione, ed in ossequio alla previsioni della normativa emergenziale, la procedura è ripresa nel rispetto delle prescrizioni tecniche idonee a garantire la tutela della salute dei candidati e nei giorni 4 e 5 agosto sono state effettuate le visite mediche e psicoattitudinali di prima istanza. Quelle di seconda istanza saranno effettuate prossimamente ed al termine sarà stilata la graduatoria finale.
  A conclusione della procedura i vincitori saranno chiamati a frequentare il prescritto corso di formazione che si terrà entro il mese di dicembre.
  Non solo, l'Amministrazione procederà a bandire un nuovo concorso agenti a valere sulle cessazioni (
turnover) anno 2019 e sulle assunzioni straordinarie autorizzate ai sensi dell'articolo 1, comma 236, lettera e) legge n. 205 del 2017 (n. 236 unità) e articolo 1, comma 381, lettera b), legge n. 145 del 2018 (n. 277 unità), per complessive circa 1.600 unità.
  Ancora, già state attivate le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica iniziale di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, in ossequio a quanto disposto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di «Revisione dei Ruoli delle Forze di Polizia».
  Peraltro, per quanto concerne il ruoto agenti/assistenti, si segnala che l'organico dell'istituto penitenziario pratese è stato incrementato di n. 8 unità nel ruolo maschile agenti/assistenti e n. 1 unità nel ruolo femminile agenti/assistenti, a seguito della mobilità sviluppata in occasione delle assegnazioni del 175°, 176° e 177° Corso allievi agenti, avvenute nei mesi di marzo ed aprile 2020.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LEGNAIOLI, BILLI, DE ANGELIS, DURIGON, GERARDI, LOLINI, PICCHI, ZICCHIERI e ZIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa di Pisa di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale nel Mar Tirreno si troverebbe un ammasso di plastica composto da 1,9 milioni di microscopici frammenti per metro quadrato depositati nelle acque più profonde;

   il materiale arriva soprattutto dalle lavatrici quando vengono lavati indumenti come le felpe di pile o le tute da ginnastica in acrilico;

   secondo due studi pubblicati sulla rivista Science e che portano la firma di alcune delle più autorevoli università al mondo, come quella di Washington, di Manchester, Durham e Brema insieme al centro oceanografico britannico (Noe) e all'istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare (Ifremer), quello dei fondali del mar Tirreno rappresenta un triste primato;

   in questo mare, infatti, fra la Toscana, il Lazio, la Sardegna e la Corsica è presente la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata prima e le plastiche non si depositano in maniera uniforme, ma «prediligono» aree specifiche a causa delle correnti marine profonde che le trasportano insieme a ossigeno e nutrienti, aumentando così il rischio che gli organismi marini possano ingerirli;

   sempre secondo questi studi, le microplastiche che poi si depositano anche a migliaia di metri di profondità sono veicolate soprattutto attraverso i fiumi, come l'Arno in Toscana o il Tevere nel Lazio –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative per intervenire nell'area marina sopra descritta al fine di ripulirla.
(4-05473)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è direttamente impegnato sulla tematica delle micro e macro plastiche disperse in mare da numerosi anni, in largo anticipo rispetto all'attuale diffusione della problematica, con primario riguardo alla tutela e conservazione dei cetacei (in particolare in area Pelagos, «area pilota» dell'Accordo (Agreement on the Conservation of Cetaceans of the Black Sea, Mediterranean Sea and Contiguous Atlantic Area) e degli ecosistemi marini, in attuazione degli adempimenti degli accordi internazionali di settore (Accordo per il santuario pelagos e Accordo ACCOBAMS, ed interazioni con la Marine Strategy Framework Directive).
  Il Ministero si è attivato già nel 2007, ottenendo l'inserimento della tematica dell'impatto tossicologico delle micro e macroplastiche sui mammiferi marini nel
work programme 2008/2010 dell'accordo ACCOBAMS.
  A partire dal 2011 sono stati finanziati diversi progetti scientifici — aventi quale soggetto capofila l'università di Siena, altamente qualificata e riconosciuta – di monitoraggio e «ricerca orientata» volti alla conoscenza, valutazione scientifica ed individuazione di metodiche
standard del fenomeno, a scala nazionale e internazionale.
  I molteplici risultati acquisiti, caratterizzati dalla implementazione operativa di un innovativo approccio metodologico che ha integrato i dati ecotossicologici con modelli idrodinamici e con modelli di
feeding, hanno consentito di sovrapporre la mappa dell'abbondanza delle microplastiche nel santuario Pelagos, con l'osservazione e il campionamento dei cetacei, alle mappe della circolazione oceanica.
  Ciò ha permesso di identificare le aree «
hot spot» di accumulo di microplastiche che si sovrappongono in parte alle aree di foraggiamento/osservazione di esemplari di balenottera comune e delle altre specie di mammiferi marini (tursiope, stenella, e altre) e ha altresì permesso, per la prima volta su scala nazionale ed internazionale, di:

    stabilire, attraverso campionamenti effettuati in mare, il potenziale impatto ecotossicologico delle microplastiche in alcune specie «chiave» della fauna mediterranea, che costituisce una prima informazione di dettaglio sull'inquinamento derivante dalle microplastiche nel Mar Mediterraneo, restituendo le concentrazioni e la distribuzione spaziale delle microplastiche nell'area del santuario Pelagos;
    mostrare per la prima volta la prova del potenziale impatto dei più abbondanti tra i derivati delle plastiche (ftalati) in tali specie;
    valutare la presenza e l'impatto delle micro e macroplastiche nel santuario Pelagos e sulla sua fauna, avendo come obiettivo prioritario l'individuazione di possibili aree di accumulo di microplastiche (cosiddette
gyres) e le sorgenti di esse nell'area del santuario, valutando l'impatto delle micro e macroplastiche su diversi organismi bioindicatori (tra cui i mammiferi marini) in quest'area di rilevante importanza ecologica;
    fornire le informazioni e i dati mancanti sulla presenza e gli effetti del «
marine litter» nel santuario Pelagos, utilizzando diverse specie di organismi marini quali «specie sentinella» (in particolare cetacei), ed applicando un nuovo strumento integrato di monitoraggio;
    identificare le aree potenzialmente «
hot spot» come ad esempio i «gyres» e/o zone di convergenza, nonché aree portuali e foci dei fiumi, sottolineando la potenzialità dei rifiuti plastici – anche di range dimensionale diverso – di accumularsi, nelle stesse aree;
    delineare un quadro complessivo sull'abbondanza delle microplastiche, delle mesoplastiche e macroplastiche nelle aree analizzate: l'area in prossimità dell'isola di Capraia è risultata essere quella in cui si riscontrano i valori massimi di abbondanza;
    apprendere che l'area del Mar Ligure risulta quella con maggiore abbondanza delle tre categorie di plastica analizzate, mentre nell'area del Mar Tirreno centrale e del Mar di Sardegna si sono riscontrati valori di distribuzione variabili per le tre categorie.

  Pertanto, l'esistenza di «gyres» nell'area del santuario Pelagos, in particolare nel tratto di mare compreso tra l'Elba, la Corsica e Capraia, non soltanto è evento noto da tempo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma sono altresì ben note le caratteristiche di dettaglio in termini di composizione e densità della tipologia di «marine litter» in esso presenti, così come la sua estrema variabilità in termini spaziali e temporali connessi agli aspetti meteoclimatici, nonché le loro ricadute su specie «sentinella» quali i mammiferi marini.
  Relativamente all'impegno del Governo per quanto concerne la pulizia del mare e delle spiagge, si rappresenta come siano state poste in atto importanti iniziative nel campo della prevenzione, nel quale il nostro Paese si è peraltro sempre posto all'avanguardia, adottando provvedimenti che mettono al bando i sacchetti monouso non compostabili, i
cotton fioc in materiale plastico e le microplastiche dei cosmetici.
  Il Governo ha inoltre svolto un ruolo attivo e propositivo nell'attuazione del
Marine Litter Action Plan della Convenzione di Barcellona, in considerazione della natura transfrontaliera del fenomeno, finanziando anche specifici progetti di Paesi Mediterranei, quali la Bosnia e il Montenegro, nell'ambito di un accordo bilaterale tra il Ministero dell'ambiente e l'Unep-Map, sulla prevenzione dell'immissione del Marine Litter in mare.
  Per quanto concerne le azioni di rimozione dei rifiuti dalle spiagge e dai fondali marini, si evidenzia che è attualmente in corso l'
iter legislativo del disegno di legge Promozione del recupero dei rifiuti in mare e per l'economia circolare (legge salvamare) – già approvato dalla Camera dei deputati e trasmesso per il proseguo dell'esame al Senato – che contribuirà significativamente alla riduzione dei rifiuti presenti sui fondali marini.
  Il disegno di legge si prefigge, infatti, di favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati, di incentivare campagne volontarie di pulizia del mare, di promuovere l'economia circolare, mediante disposizioni volte a consentire la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti accidentalmente pescati o raccolti nelle campagne di pulizia del mare.
  Si evidenzia, infine, che circa la metà dei Comuni litoranei sottoscrittori della carta di partenariato del santuario Pelagos delle regioni Liguria, Toscana e Sardegna hanno aderito alla recente campagna «
Plastic Free» promossa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   MELICCHIO, D'IPPOLITO, ORRICO e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   negli anni novanta il depuratore comunale di contrada Muccone nel comune di Bisignano venne dato in gestione alla ditta WTS. Nel 1992 fu permesso di installare, su un territorio comunale, un ulteriore impianto per la depurazione di liquami ad alta concentrazione. Nel 2000 viene affidata la gestione alla ditta Consuleco, che aveva assorbito la WTS, per nove anni. La Consuleco viene autorizzata a esercitare autonoma attività di smaltimento di rifiuti liquidi e attività collaterali e si consente l'utilizzo della capacità residua di trattamento dell'impianto di depurazione pubblico per depurare reflui pretrattati nell'impianto per rifiuti speciali, ormai diventato privato, della Consuleco;

   nel 2005 la Consuleco presentò una proposta di ampliamento. Nella nota si metteva in evidenza come parte del refluo non depurato, attesa la presenza di uno scolmatore di piena, fluiva direttamente nelle acque del fiume Muccone;

   nel luglio 2007 la polizia provinciale di Cosenza scopriva una sospetta e consistente moria di pesci nei fiumi di Bisignano. Nel 2008 un rapporto della questura di Cosenza parlava di grave inquinamento proveniente dai depuratori, paventando il disastro ambientale per inquinamento dei fiumi Crati e Moccone. Nel settembre 2008, a seguito di queste informative, un'ordinanza del comune ordinò il sequestro preventivo del depuratore. Subito dopo il sindaco revocò l'ordinanza. Nel febbraio 2009, a seguito delle vibrate proteste dei residenti, che paventavano una situazione di pericolo per la salute pubblica, il comune di Bisignano deliberava che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, il territorio comunale di contrada Muccone, sul quale è costruito l'impianto privato di depurazione, sarebbe ritornato improrogabilmente in pieno possesso del comune. A settembre 2009 tre avvisi di garanzia venivano notificati al sindaco e all'amministratore unico della Consuleco, nell'ambito di un'indagine riguardante reati di natura ambientale connessi alla gestione dell'impianto. In particolare sarebbe stata contestata la mancata autorizzazione dell'impianto allo scarico dei reflui nel fiume Muccone. Su disposizione della magistratura di Cosenza fu disposto il sequestro preventivo dell'impianto di depurazione privato e si apposero i sigilli allo stesso, lasciando in funzione solo quello pubblico;

   scaduta la concessione e indetta una nuova gara per la gestione degli impianti, nel 2009, la Consuleco non smantellava gli impianti privati, nonostante le varie diffide e ordinanze. Nel luglio 2011 il comune di Bisignano mise in mora la società sulla necessità di dotarsi di un collettore di scarico autonomo per il depuratore privato;

   a marzo 2016, dopo numerose vicissitudini giudiziarie, il comune di Bisignano riprendeva possesso degli impianti di depurazione comunale con la finalità di trasferirli alla ditta Smeco Lazio, aggiudicataria della gara d'appalto del 2009/2010. La ditta però rifiutava la consegna gestionale dell'impianto e così, in somma urgenza, la gestione veniva affidata alla ditta EMID;

   ad aprile 2016 un filone dell'inchiesta «Tempa rossa» evidenziava come i rifiuti pericolosi, ai quali erano stati cambiati i codici CER, partivano dal Centro Oli di Viggiano per Bisignano, per essere smaltiti in maniera illegittima nel depuratore della Consuleco;

   i controlli effettuati dall'Arpacal sulle acque reflue del depuratore Muccone del 26 agosto 2016 e quelle successive del 16 ottobre 2017 certificavano il superamento dei valori rispetto ai limiti previsti, in particolare quelli relativi all'azoto ammoniacale, ai tensioattivi e escherichia coli. L'autorizzazione allo scarico, solo provvisoria, era scaduta da 2 anni;

   il 5 febbraio 2018, a seguito della revoca dell'affidamento in somma urgenza alla Emid e nelle more del periodo necessario a indire una gara ad evidenza pubblica, nonostante il contenzioso giuridico ancora esistente tra la Consuleco e il comune di Bisignano, veniva presa a noleggio una parte dell'impianto di depurazione della stessa Consuleco, che possiede il depuratore privato i cui reflui pretrattati finiscono poi nel depuratore pubblico –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa situazioni come quella di cui in premessa e se, in particolare, non intenda adottare iniziative normative per evitare nella gestione degli impianti di depurazione rischiose sovrapposizioni e conflitti di interesse, considerato che nel caso in questione la Consuleco, ricevendo i reflui pretrattati del suo impianto privato, si trova nelle condizioni di essere controllore e controllato;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, intensificare i controlli, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, sull'attività in corso, con particolare riferimento ai casi già accertati di inquinamento dei fiumi Muccone e Crati.
(4-01383)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In merito alla gestione del depuratore comunale di contrada Mucone nel comune di Bisignano e l'inquinamento dei fiumi Crati e Mucone, causato dallo sversamento di reflui non depurati, la stazione dei Carabinieri di Bisignano ha fatto pervenire alla prefettura di Cosenza una specifica relazione dalla quale è stato estratto il contributo riguardante in particolare i controlli sull'impianto in argomento.
  Già nel maggio 2016, a seguito dell'intervento del comando della stazione dei Carabinieri di Bisignano venne accertato che, dallo scarico finale dell'impianto che sversa nel torrente Mucone, fuoriuscivano reflui di colore marrone scuro.
  Al fine di accertare la natura di detta sostanza veniva richiesto all'ARPAC di effettuare i dovuti prelievi che, per quanto riguarda lo scarico delle acque reflue urbane, accertarono il superamento del valore limite (previsto dalla tabella 3, allegato 5 parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006) dei parametri relativi a Escherichia coli.
  Furono quindi interessati gli organi amministrativi affinché fosse irrogata la relativa sanzione.
  Nell'ottobre 2017 venne effettuata una ulteriore segnalazione al comando di Bisignano, per la fuoriuscita dei liquami maleodoranti e schiumosi versati nel fiume Mucone.
  Di qui, il nuovo intervento dell'ARPAC che evidenzia nello scarico delle acque reflue urbane il superamento del valore limite (previsto dalla tabella 3, allegato 5 parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006, dei parametri relativi ad azoto ammoniacale, tensioattivi anionici ed escherichia coli.
  La conseguenza fu la notifica di violazione amministrativa ai soggetti coinvolti, ovvero il comune di Bisignano e la società, EMID srl alla quale lo stesso comune di Bisignano, con delibera di Giunta n. 30 datata 8 aprile 2016, aveva commissionato, con provvedimento di somma urgenza, la gestione degli impianti, affidamento poi revocato nel febbraio 2018 e nuovamente affidato alla Consuleco srl che aveva gestito l'impianto fino a mese di marzo 2016. Anche in questo caso, a seguito della notifica di violazione amministrativa, furono interessati gli organi amministrativi competenti affinché fosse ad irrogata la relativa sanzione.
  Tra la fine del 2018 e il giugno 2019 la stazione Carabinieri Forestale di Acri, ha effettuato dei controlli che hanno condotto a una sanzione amministrativa per scarico di reflui senza autorizzazione, a carico del gestore dell'impianto e del responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Bisignano.
  Allo stato, l'impianto di depurazione comunale di contrada Mucone è gestito dalla società Consuleco srl sulla base della determinazione n. 26 del 24 gennaio 2019 del comune di Bisignano e ha ottenuto dalla provincia di Cosenza l'autorizzazione provvisoria allo scarico datata 13 maggio 2020.
  Il Ministero dell'ambiente, più in generale, ritiene di dover precisare che la depurazione e conseguentemente, la gestione degli impianti, si inserisce nel processo verticale del Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) composto appunto da acquedotto, fognatura e depurazione e che la normativa di settore, in particolare l'articolo 149, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, affida agli enti di governo d'ambito, in sede di predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, il compito di condurre le seguenti attività:

   1. Ricognizione delle infrastrutture;

   2. Programmazione degli interventi;

   3. Redazione piano economico finanziario.

  La regione Calabria è tra le regioni che ad oggi non hanno ancora provveduto a dare piena attuazione al servizio idrico integrato, causa di criticità organizzative, gestionali ed infrastrutturali e grave pregiudizio al territorio.
  La corretta gestione del servizio idrico integrato, secondo le norme vigenti, prevede una struttura decisionale locale che fa capo agli enti di governo d'ambito a cui spetta la scelta del modello organizzativo del SII, la pianificazione degli interventi necessari a fornire un servizio di qualità, la redazione del piano economico e finanziario della gestione e l'affidamento del servizio ad un gestore unico, oltre che il controllo e la vigilanza sulla gestione.
  È fondamentale, quindi, per la regione Calabria, attuare l'organizzazione del SII per evitare la frammentazione gestionale che equivale a carenze infrastrutturali, dispendio di risorse, pianificazione non aggiornata, tariffazione non coerente con la regolazione nazionale.
  Sulla base delle informazioni acquisite anche dai dati dell'ARERA risulta che il 6 novembre 2018, per quel che concerne la costituzione dell'ente di governo d'ambito (autorità idrica della Calabria), è stato approvato lo statuto, è stata istituita l'assemblea dei sindaci, ma non è stato istituito il comitato direttivo, né nominato il direttore generale.
  Pertanto, ad oggi, sono ancora in corso le procedure per completare l'operatività dell'ente di governo d'ambito (autorità idrica della Calabria).
  In ordine alla gestione del servizio idrico, si evidenzia che non è stata ancora individuata la tipologia di gestione da utilizzare che, peraltro, condiziona anche la redazione del piano di ambito.
  La mancata attuazione del SII ha determinato, nel tempo, forti criticità nel settore fognario depurativo, criticità che hanno causato l'avvio di procedure d'infrazione comunitarie, per non corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, per 141 agglomerati con carico generato maggiore di 2.000 a.e. appartenenti alla regione Calabria.
  Tra gli agglomerati coinvolti da procedura d'infrazione rientra anche l'agglomerato di Bisignano.
  Nello specifico si tratta della procedura d'infrazione 2014/2059 giunta allo stadio di parere motivato complementare.
  Proprio al fine di accelerare la realizzazione degli interventi e garantire nel minor tempo possibile l'adeguamento degli agglomerati alle norme comunitarie, con l'articolo 4
-septies della legge n. 55 del 14 giugno 2019 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019 n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito degli eventi sismici» l'operato del Commissario straordinario unico — di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2016 n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017 n. 18 — è stato esteso anche alla procedura d'infrazione in argomento.
  Secondo quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 4-
septies della citata legge n. 55 del 2019, entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, le regioni trasmettono al commissario straordinario unico, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell'ambiente, al Ministero dell'economia e delle finanze, una dettagliata relazione sulle misure intraprese e programmate, finalizzate al superamento delle procedure d'infrazione.
  Nel luglio scorso, la regione Calabria ha trasmesso una relazione sullo stato di attuazione degli interventi programmati per gli agglomerati oggetto di procedura ed inseriti nel documento «Programma regionale degli interventi prioritari dei sistemi fognari e depurativi» approvato con DGR n. 34 dell'8 febbraio 2018 e relativo a n. 138 interventi per un importo complessivo pari ad euro 195.733.856,29 a valere su:

   FSC2014/2020 — Patto per il Sud per euro 144.869.277,01;

   FESR - POR per euro 49.419.383,23;

   Impegno n. 4713/2017 (capitolo n. U3303011801) per euro 1.445.196,05.

  Nello specifico per l'agglomerato di Bisignano, con carico generato pari a 22.000 abitanti equivalenti, la regione ha riferito che sono previsti interventi di realizzazione di nuovi impianti di depurazione nella zona industriale località Macchiatavola – potenziamento degli impianti in località Duglia e località Pucchio — realizzazione di collettori fognari e impianti di sollevamento.
  Il Ministro della giustizia ha in ultimo evidenziato che, in merito al fiume Crati, la procura di Cosenza sta svolgendo le relative indagini, affidate al NIPPA dei Carabinieri ex forestali di Cosenza.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, considerata l'importanza del problema della depurazione e, conseguentemente, della gestione degli impianti, continuerà a mantenere alta l'attenzione e a monitorare gli enti che non avessero ancora provveduto, a dare piena attuazione al servizio idrico integrato, secondo le prescrizioni normative vigenti.
  Per quanto riguarda sia l'adozione di iniziative normative al fine di evitare che nella gestione degli impianti di depurazione intervengano rischiose sovrapposizioni e conflitti di interesse sia la richiesta d'intervento del Comando dei carabinieri per la tutela ambientale ai fini di una maggiore conoscenza dello stato d'inquinamento dei fiume Muccone e Crati, lo stesso Ministero si riserva di compiere le proprie opportune valutazioni.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   MICELI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del concorso pubblico ad 800 posti per assistenti giudiziari indetto dal Ministero della giustizia nel novembre 2016 si è costituito spontaneamente un Comitato (Ciag) a sostegno dei circa 5 mila idonei di cui, grazie ai provvedimenti del precedente Governo, circa 2.800 hanno già preso servizio;

   l'ex Guardasigilli Orlando ha inviato richiesta formale al Dipartimento della funzione pubblica per l'assunzione di ulteriori 200 idonei – ad oggi ancora in attesa di autorizzazione – residuando, così, circa 1.860 giovani risorse da redistribuire in possesso di ragguardevoli titoli di studio in discipline giuridico-economiche e un notevole bagaglio di esperienze professionali;

   altri soggetti – tra cui il Ministero per i beni e le attività culturali, Agenzia delle dogane e Ministero dell'interno – hanno richiesto di poter attingere personale dalla graduatoria in questione, anche alla luce dei piani di ricognizione per il fabbisogno del personale dei singoli Ministeri;

   in più occasioni, il Ministro interrogato, il Sottosegretario Ferraresi, il Ministro Bongiorno hanno rilasciato «dichiarazioni-spot» esprimendo la volontà di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione allo scopo di risolvere il problema della carenza di personale nel comparto della giustizia, senza – però – passare, ad avviso dell'interrogante, dai pubblici proclami ai fatti;

   l'invito al Governo a procedere allo scorrimento integrale della graduatoria al fine di un migliore funzionamento della macchina amministrativa della giustizia è giunto dai vertici di Anm, Cnf e Csm e – secondo le stime del Ciag – la scelta di non procedere allo scorrimento della graduatoria non dipende da carenza di risorse economico-finanziarie, essendo in dotazione al Ministero oltre 72 milioni di euro da destinare al personale per il 2019 a fronte di un costo di 61 milioni di euro per 1.860 idonei residuanti in graduatoria;

   al pari di altre graduatorie ministeriali, anche la menzionata ha una validità triennale a partire dalla data di pubblicazione della stessa e si potrebbe evitare di giungere al termine del triennio, operando una proroga della validità della medesima, come già avvenuto nella legge di bilancio 2018 prevedendo la proroga per tutte le graduatorie della pubblica amministrazione –:

   quali siano, al netto degli annunci, le intenzioni del Governo in merito allo scorrimento integrale della graduatoria in riferimento alle tempistiche di convocazione delle duecento unità di cui in premessa, alla proroga della validità o all'utilizzo della graduatoria da parte di altri soggetti istituzionali e ai dati quantitativi su risorse – umane ed economiche – e turnover per l'anno 2019 da inserire in bilancio.
(4-07507)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame, si rappresenta che con PDG del 16 luglio 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato con ultimo scorrimento e definitivo esaurimento della graduatoria dei residui 837 candidati risultati idonei nel concorso ad 800 posti di assistente giudiziario area II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia-amministrazione giudiziaria, indetto nel novembre 2016.
  Tale scorrimento è stato articolato in una prima fase che si è conclusa il 7 agosto 2020 ed ha avuto ad oggetto i 500 idonei (ivi compresi i titolari di preferenza o prescelta
ex lege), e in una seconda fase, dopo la sospensione feriale, per i restanti 337.
  In osservanza delle disposizioni sanitarie connesse all'emergenza Covid-19 la scelta della sede è avvenuta con modalità da remoto nelle giornate ricomprese tra il 27 luglio e il 7 agosto 2020, mediante videochiamata o collegamento telefonico o telematico; con tali modalità sono state scelte 453 sedi di uffici giudiziari dislocate nell'intero territorio nazionale sulle 500 messe a disposizione.
  La sottoscrizione del contratto e la conseguente immissione in possesso dei neoassunti avverranno presso gli uffici di destinazione, il giorno della presa di possesso.
  Sulla base dei nuovi orientamenti politico-amministrativi che hanno determinato la conclusione, da tempo auspicata, di un lungo periodo contrassegnato dal blocco del
turn over e dei concorsi pubblici ed in controtendenza rispetto al passato, le linee di azione intraprese in materia di gestione del personale sono state dunque dirette a riavviare un forte ricambio anche generazionale della forza lavoro del settore giustizia.
  In questa prospettiva il concorso per assistente giudiziario ha rappresentato un passaggio epocale per l'Amministrazione, non soltanto per l'elevato numero di posti, ma anche per le innovative modalità di svolgimento delle prove.
  Avuto riguardo all'utilità strategica dello specifico profilo professionale, già sottolineata dall'interrogante, l'integrale scorrimento della graduatoria è stato un impegno assunto e onorato con forza da questa Amministrazione (si consideri che la graduatoria degli idonei ha complessivamente ricompreso 4.915 soggetti giudicati idonei dopo le prove scritte ed orali, a fronte di 800 posti inizialmente previsti).
  Fino ad oggi si è proceduto in varie
tranches allo scorrimento di 4.078 posizioni (2.151 delle quali dopo il mio insediamento, a cui devono aggiungersi le ulteriori 837 posizioni sopra indicate).
  L'intera procedura sarà pertanto interamente definita in poco più di tre anni dallo svolgimento delle preselezioni.
  Con decreto ministeriale del 20 luglio 2020, coerentemente con le circostanze e le considerazioni sopra svolte, si è inoltre proceduto, nell'ambito della dotazione organica del personale non dirigenziale dell'Amministrazione giudiziaria, ad incrementare di 194 unità il ruolo dell'assistente giudiziario, con redistribuzione di 272 unità complessive di tale profilo, con un'operazione di riequilibrio delle varie qualifiche professionali, tenendo altresì conto dei mutati flussi di lavoro di molti uffici giudiziari.
  Sono altresì attualmente in corso le procedure di reclutamento per:

   616 operatori giudiziari, mediante avviamento dei lavoratori indicati dai centri per l'impiego (le prime assunzioni sono state formalizzate il 20 luglio 2020, presso il distretto di Ancona);

   2.242 funzionari giudiziari (sono state espletate le prove preselettive; le prove scritte non hanno potuto svolgersi a causa della sospensione ex articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2002 e saranno ricalendarizzate a breve);

   8 funzionari giudiziari nel circondario di Aosta, in ossequio alla normativa propria della regione a Statuto Speciale;

   109 conducenti di autoveicoli, mediante avviamento dei lavoratori indicati dai centri per l'impiego (in attesa di indicazione dei nominativi da parte delle autorità regionali o delle loro articolazioni territoriali);

   97 ausiliari (nell'ambito delle categorie titolari di riserva ex lege, con chiamata diretta dai centri per l'impiego; le prime assunzioni sono già state formalizzate).

  È stato altresì richiesto al dipartimento della funzione pubblica un concorso unico per 137 posti da assistente tecnico (geometra), estensibili sino a 237 unità; analogamente si procederà per ulteriori 361 unità di funzionari tecnici (edili/strutturisti, informatici, statistici, contabili).
  Le disposizioni di cui all'articolo 252 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modifiche, dalla legge 19 luglio 2020, n. 77, consentiranno altresì l'imminente pubblicazione di tre bandi – con procedure semplificate, per titoli e prova orale, idonee a garantire la celerità del reclutamento, l'accuratezza della selezione e nel contempo, il rispetto della normativa anti-Covid per 400 direttori, 2.700 cancellieri e 150 funzionari giudiziari (per i soli distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia e Bologna, in considerazione delle gravissime scoperture di organico e della fortissima incidenza della pandemia Covid-19).
  Con decreto dirigenziale dei 15 settembre 2020 pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale concorsi ed esami n. 72 del 15 settembre 2020 è stato inoltre adottato il bando relativo alla procedura concorsuale per l'assunzione a tempo determinato di n. 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1, con contratto di lavoro a tempo determinato della durata di ventiquattro mesi anche in sovrannumero rispetto all'attuale dotazione organica, per il profilo di operatore giudiziario, da inquadrare nell'area funzionale II, fascia economica F1, nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria (ad eccezione della regione Valle d'Aosta); tale procedura si svolgerà mediante colloquio di idoneità e valutazione dei titoli.
  Tale procedura, prevista dall'articolo 255 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e concepita col fine precipuo di dare attuazione ad un programma di misure straordinarie per la celere definizione dei giudizi pendenti e per l'avvio del processo di digitalizzazione del processo penale, si presenta come particolarmente innovativa per le modalità di reclutamento e per essere espressamente destinata a coloro che hanno già svolto positivamente attività di formazione e tirocinio presso l'amministrazione giudiziaria, ferma restando la riserva di legge prevista dal codice dell'ordinamento militare: prevede infatti l'invio della domanda di ammissione esclusivamente per via telematica, attraverso la compilazione del modulo
on line sul sito del Ministero della giustizia entro il termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal giorno della pubblicazione del presente bando nella Gazzetta Ufficiale.
  Con P.D.G. del 29 settembre 2020 la direzione generale del personale e della formazione ha nominato la Commissione esaminatrice, competente per l'espletamento di tutte le fasi del concorso; per esigenze di funzionalità e celerità della procedura concorsuale si è comunque riservata la nomina di sottocommissioni per la fase di espletamento del colloquio di idoneità.
  Dopo quasi vent'anni di blocco delle assunzioni, l'Amministrazione della giustizia, a partire dal concorso per assistenti giudiziari, ha dunque posto in essere un poderoso piano assunzionale, rinforzato dalle recenti disposizioni del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modifiche, dalla legge 19 luglio 2020, n. 77, che porterà a breve migliaia di nuovi reclutamenti in tutte le aree professionali e su tutto il territorio nazionale.
  Si evidenzia infine che, a fronte di questo massiccio ingresso di nuove risorse, per garantire una piena mobilità (di fatto congelata da anni), in data 15 luglio 2020 è stato sottoscritto con le organizzazioni sindacali il nuovo accordo per la mobilità, al fine di garantire fluidi movimenti di personale sul territorio, anche con adeguata ponderazione dell'anzianità di servizio.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   NESCI, D'IPPOLITO, MELICCHIO, BARBUTO, PARENTELA, TUCCI, MENGA, MISITI, SAPIA, NAPPI e FORCINITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-15214, presentata nella XVII legislatura alla Camera il 16 gennaio 2017, rimasta senza risposta, venivano descritte le problematicità legate all'erogazione di acqua potabile nel comune di Ricadi (frazione di Santa Domenica) e in numerose altre località nella provincia di Vibo Valentia; l'acqua erogata, risulterebbe, dal 2013 a oggi, seppur in maniera discontinua, caratterizzata da una colorazione marrone e da un odore acre, condizioni, queste, che ne impediscono l'utilizzo per il consumo umano; a seguito delle analisi effettuate nella primavera del 2018 dall'Arpacal sulla composizione dell'acqua erogata dai serbatoi nella provincia del vibonese, i comuni di Ricadi, Tropea e Joppolo avevano emanato ordinanze per sancire il divieto di utilizzo dell'acqua per scopi igienico-sanitari e alimentari; a tali ordinanze di divieto, inoltre, per scongiurare ogni ipotetico disagio ai danni dei cittadini, si è accompagnata la chiusura delle fontane pubbliche nei comuni sopracitati, da cui veniva prelevata l'acqua da analizzare; tali ordinanze sono state successivamente revocate. Tuttavia, la riapertura di suddette fontane non è stata sempre conseguenzialmente e puntualmente sancita. In particolare, la fontana pubblica ubicata nella principale piazza Roma a Santa Domenica di Ricadi è tuttora non funzionante; in data 17 settembre 2018 sono stati effettuati nuovi prelievi di acqua destinata al consumo umano presso i serbatoi, di proprietà della So.Ri.Cal, di Santa Domenica, Santa Maria e Masa nel Comune di Ricadi. Le analisi che Arpacal ha effettuato su tali prelievi in data 18 settembre 2019 hanno infine evidenziato una presenza di nitriti superiore a quella consentita da legge; similmente, le analisi effettuate in data 18 settembre 2019 su campioni di acqua prelevati dal serbatoio Vulcano del comune di Tropea, hanno permesso di rilevare una presenza di nitriti superiore a quella consentita; a seguito di tali rilevamenti, il comune di Ricadi, in data 19 settembre 2018, ha nuovamente emanato un'ordinanza, successivamente revocata, di divieto di utilizzo dell'acqua erogata dalla condotta adduttrice Medma di Nicotera, che alimenta i suddetti serbatoi; numerose sono state le iniziative volte alla denuncia di tale insostenibile situazione: nel 2016, è stato presentato un esposto alla procura di Vibo Valentia, indirizzato, oltre che al procuratore della Repubblica, anche al prefetto, al direttore generale e al direttore del dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria provinciale, all'allora Ministro della salute, al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al comando carabinieri per la tutela della salute, al comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato, alla Sorical e alla commissione straordinaria del comune di Ricadi, al fine di sciogliere i molti nodi amministrativi, gestionali, tecnici e di monitoraggio che hanno determinato il verificarsi di una tale situazione di disagio; tale esposto è stato poi successivamente firmato da oltre 1.400 cittadini che sottoscrivevano l'urgenza di una celere e definitiva azione di risanamento dei filtri dell'acqua nella località di Ricadi e della provincia del vibonese; come riportato dal quotidiano online www.ilvibonese.it nell'aprile 2019, la So.Ri.Cal ha avviato la costruzione di una seconda linea di filtrazione dell'acqua presso l'impianto Medma a servizio dei comuni di Nicotera, Joppolo, Ricadi e Tropea, a sostegno di una prima linea di filtrazione ultimata nel 2016; la nuova sezione filtrante è giunta all'impianto Medma in data 10 aprile 2019 e, ad oggi, se ne attende l'attivazione –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, una verifica, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e del comando dei carabinieri per la tutela della salute, circa lo stato e la qualità delle acque destinate al consumo umano, nell'ottica di salvaguardare i diritti dei cittadini.
(4-06384)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, per quanto attiene alle dirette competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si precisa che la regione Calabria registra un notevole ritardo nell'attuazione del servizio idrico integrato (SII).
  Infatti, sulla base delle informazioni acquisite mediante un costante e puntuale monitoraggio, integrate dai dati dell'Arera per quel che concerne la costituzione dell'ente di governo d'ambito (autorità idrica della Calabria), risulta che il 6 novembre 2018 ne è stato approvato lo statuto ed è stata istituita l'assemblea dei sindaci, ma non è stato istituito il comitato direttivo e non è stato nominato il direttore generale.
  Pertanto, ad oggi, sono ancora in corso le procedure per garantire la piena operatività dell'ente di governo d'ambito e per l'individuazione della tipologia di gestione da utilizzare.
  Al momento, infatti, sul territorio operano un gestore all'ingrosso, Sorical S.p.A., proprietario anche di alcuni serbatoi di accumulo, nonché alcune forme gestionali non rientranti nelle tipologie di gestione unica previste dalla normativa vigente quali, ad esempio, le gestioni in economia da parte dei comuni.
  L'individuazione della tipologia di gestione del servizio idrico condiziona la filiera della distribuzione della risorsa e il controllo della stessa, nonché la redazione del piano d'ambito, strumento contenente tutti gli investimenti necessari per garantire un servizio di qualità. Attualmente, non è stata prodotta alcuna versione definitiva del piano d'ambito. A tale riguardo, si evidenzia, comunque, che la Regione Calabria si è impegnata a fornire i dettagli del percorso che intende perseguire.
  Fermo restando quanto esposto, con specifico riferimento alla qualità delle acque destinate al consumo umano, secondo quanto segnalato dal Ministero della salute, ai sensi del decreto legislativo n. 31 del 2001, la responsabilità circa l'idoneità dell'acqua al consumo umano è di specifica competenza dell'azienda Usl territorialmente competente, che svolge controlli esterni per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del citato decreto.
  Nel caso di non conformità ai parametri di qualità, l'azienda Usl di interessata, effettuate le valutazioni del caso e tenuto conto dell'entità del superamento del valore di parametro pertinente, comunica al Gestore idrico l'avvenuto superamento affinché attui i correttivi gestionali di competenza, necessari all'immediato ripristino della qualità delle acque erogate, nonché propone al sindaco l'adozione degli eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica.
  A tal proposito, per quanto attiene la presenza di Nitriti sul territorio vibonese, l'Arpacal, che svolge attività a supporto delle Aziende sanitarie provinciali, ha fatto presente che sono stati analizzati presso i laboratori di Vibo Valentia e di Reggio Calabria i campioni prelevati in data 17 settembre 2018 presso i serbatoi situati nel comune di Ricadi denominati «Santa Maria», «Masa» e «Santa Domenica»: in tutti i campioni prelevati è stata riscontrata la presenza di Nitriti in quantità superiore al limite stabilito dal decreto legislativo n. 31 del 2001, cui è seguita immediata comunicazione all'azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia.
  Inoltre, in data 18 settembre 2018, sono stati, eseguiti prelievi presso i serbatoi situati nel comune di Tropea denominati «Capoluogo» e «Vulcano»: anche nel campione prelevato in quest'ultimo serbatoio è stata riscontrata la presenza di Nitriti in quantità superiore al limite stabilito dal più volte richiamato decreto, cui è seguita immediata comunicazione all'azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Arpacal ha, peraltro, segnalato che entrambi i campioni sono risultati «fuori norma» dal punto di vista microbiologico.
  Successivamente, in data 27 settembre 2018, sono stati ripetuti i campionamenti presso i serbatoi «Santa Maria», «Masa» e «Santa Domenica» del comune di Ricadi, sui quali sono state richieste le analisi chimiche di base; mentre in data 2 ottobre 2018 sono stati ripetuti i campionamenti presso i serbatoi del comune di Tropea denominati «Vulcano» e «Capoluogo», sui quali sono state richieste le analisi del controllo microbiologico di verifica: tutti i parametri analitici determinati sui campioni di questa seconda fase di prelievi sono risultati conformi al decreto legislativo n. 31 del 2001.
  Il comune di Ricadi ha comunicato, altresì, con nota del 23 settembre 2019, che attualmente non si riscontrano anomalie sulla potabilità dell'acqua destinata al consumo umano.
  Per quanto attiene, più in generale, al coordinamento e al monitoraggio delle attività di vigilanza nazionale ai fini della tutela della salute umana, il Ministero della salute ha fatto presente di aver dato mandato all'Istituto superiore di sanità di emettere le «Linee guida per la valutazione e gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano secondo il modello dei
Water Safety Plans (WSP)», uno strumento posto a supporto dello sviluppo progressivo dei Piani di sicurezza delle acque (Psa) sull'intero territorio nazionale, al fine di tenere sotto controllo i molteplici contaminanti delle filiere idro-potabili, a partire dalle risorse idriche dei territori.
  Tale documento ha altresì posto le basi per l'implementazione di azioni di controllo dei parametri già normati (tra cui i Nitriti) ed emergenti non oggetto di ordinario monitoraggio, nonché di prevenzione dei potenziali rischi ad essi associati, integrando la sorveglianza sulla filiera idro-potabile con un controllo estensivo sulle risorse idriche ambientali ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, sulla base di un'analisi sito-specifica nei sistemi acquedottistici nazionali.
  Sempre secondo quanto riferito dal Ministero della salute, l'approccio basato sul
Water Safety Plan, elaborato e promosso dall'Oms, costituisce la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo di ogni possibile evento pericoloso derivante dagli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idropotabili.
  Le misure di prevenzione e gestione dei rischi correlati alla presenza di parametri sottoposti a ordinario controllo nelle acque distribuite dall'acquedotto, come pure di altri inquinanti sito-specifici di origine antropica/industriale, e il rafforzamento della prevenzione nella filiera idro-potabile interessata, si devono inquadrare nell'ambito dell'implementazione dei Psa.
  Infatti, attraverso un sistema globale di valutazione e gestione delle possibili fonti di rischio che minacciano le captazioni, con il concorso degli enti territoriali e di ogni altro rilevante portatore di conoscenza, si definiscono azioni sinergiche di prevenzione e misure di controllo adeguate e aggiornate, condivise nell'ambito di un
team multidisciplinare.
  Il Ministero della salute richiama, dunque, i contenuti del decreto ministeriale 14 giugno 2017, emanato di concerto con il Ministero dell'ambiente, che recepisce la direttiva (UE) n. 1787 del 2015 la quale, fra l'altro, introduce l'obbligo di attuazione dei Psa sull'intero sistema idro-potabile nazionale ai fini della valutazione del rischio.
  Le valutazioni del rischio sono sottoposte ad esame da parte dell'Istituto superiore di sanità al fine dell'approvazione da parte del Ministero della salute.
  Alla luce delle considerazioni esposte, si rassicura dunque che, per quanto di specifica competenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a svolgere le proprie attività mantenendo costantemente un elevato livello di attenzione sulla qualità delle acque potabili, sia in ambito nazionale che in sede di Commissione europea, tenendosi informato anche mediante gli altri soggetti istituzionali coinvolti.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   NITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi, come testimoniato dagli organi di stampa, diversi monumenti e luoghi di culto della nostra penisola sono stati oggetto di episodi di vandalismo e deturpazione;

   nel solo mese di agosto 2020 si segnalano, tra gli altri, i casi del monumento in marmo a Pellegrino Rossi a Carrara, della chiesetta rupestre di Santo Stefano, in località Macurano a Montesardo, frazione di Alessano, della statua in omaggio ad Andrea Camilleri ad Agrigento, di sette sculture della BIAS - Biennale internazionale di Arte sacra contemporanea a Porto Rotondo;

   nel corso della legislatura sono state già adottate iniziative normative volte a riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale;

   il 22 luglio 2020, il Senato ha approvato cinque mozioni sulla tutela del patrimonio artistico nazionale presentate da Isabella Rauti (Fdi), Francesco Verducci (Pd), Michela Montevecchi (M5S), Lucia Borgonzoni (Lega) e Anna Maria Bernini (FI);

   in occasione della discussione delle mozioni, il rappresentante del Governo, la sottosegretaria al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo Anna Laura Orrico, ha dato parere completamente favorevole alle mozioni dei senatori Verducci e Borgonzoni e ha chiesto la riformulazione, accettata, di quelle presentate da Montevecchi, Bernini e Rauti;

   tra gli impegni approvati della mozione Rauti figura quello ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire un'adeguata ed efficace difesa del patrimonio culturale e paesaggistico, anche attraverso una riforma organica della disciplina sanzionatoria in materia;

   risulta quanto mai urgente, alla luce dei numerosi episodi di vandalismo citati, dare seguito agli impegni delle mozioni approvate il 22 luglio 2020, al fine di introdurre nel nostro ordinamento specifiche fattispecie di reato a tutela del patrimonio artistico e culturale –:

   quali ulteriori iniziative ritenga di dover intraprendere in merito ai reati contro il patrimonio culturale;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative che prevedano per i responsabili, oltre a quanto contemplato in termine di legge, anche la partecipazione ad eventi ed attività culturali che contribuiscano ad accrescere in loro atteggiamenti di responsabilizzazione verso il nostro patrimonio e ad acquisire maggior coscienza del suo valore per l'intera società, anche attraverso un coinvolgimento rieducativo nelle attività di recupero e restauro delle opere da loro stessi danneggiate.
(4-06742)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende adottare in merito ai reati contro il patrimonio culturale.
  L'interrogazione nasce dai recenti episodi di vandalismo e deturpazione di cui sono stati oggetto diversi monumenti e luoghi della cultura.
  Richiama, a tal fine, l'approvazione da parte del Senato in data 22 luglio 2020 delle mozioni n. 258 della senatrice Rauti, n. 263 della senatrice Montevecchi, n. 264 del senatore Verducci, n. 266 della senatrice Borgonzoni e n. 269 della senatrice Bernini tutte vertenti sulla tutela del patrimonio artistico nazionale.
  Al riguardo si rappresenta quanto segue.
  La tutela penale dei beni culturali è attualmente affidata al Codice dei beni culturali e al codice penale.
  In particolare, nel Codice dei beni culturali sono previsti:

    reati a tutela dei beni culturali (articoli da 169 a 172), come definiti ed elencati nell'articolo 10 del codice («sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico»). Si tratta di contravvenzioni relative alla realizzazione di opere illecite su beni culturali (articolo 169), all'uso illecito dei beni culturali (articolo 170), alla collocazione e rimozione illecita degli stessi beni (articolo 171) e all'inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta (articolo 172);
    reati di tutela del patrimonio culturale nazionale (articoli da 173 a 176). Si tratta di una serie di disposizioni, di natura tanto delittuosa quanto contravvenzionale, che mirano a impedire il depauperamento del patrimonio nazionale. In particolare, quanto ai delitti, il Codice prevede la violazione delle norme in materia di alienazione ed esportazione delle opere culturali (articoli 173 e 174), l'impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (articolo 176); quanto alle contravvenzioni, la violazione delle disposizioni in materia di ricerche archeologiche (articolo 175);
    reati a tutela della genuinità dell'opera d'arte. Si tratta della fattispecie prevista dall'articolo 178 del Codice, che punisce a titolo di delitto la contraffazione di opere d'arte.

  Nel codice penale non sono numerose le disposizioni che possono essere specificamente ricondotte alla tutela dei beni culturali; esse hanno natura delittuosa (è il caso dei delitti di danneggiamento (articolo 635), deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico o artistico (articolo 639), nei quali la qualità della cosa offesa del reato comporta l'applicazione di una specifica aggravante, e natura contravvenzionale (è il caso del reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico, di cui all'articolo 733, e del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, di cui all'articolo 734.
  Più volte si è tentato di riorganizzare il quadro sanzionatorio penale a tutela del nostro patrimonio culturale, ma i progetti riformatori non hanno superato la fase dell'esame da parte delle commissioni parlamentari.
  L'esigenza riformatrice è stata tentata, da ultimo, con il disegno di legge A.C. 4220 (presentato nella scorsa legislatura dal Ministro per i beni culturali e per il turismo Franceschini e dal Ministro della giustizia Orlando).
  Quest'ultimo, approvato dalla Camera il 22 giugno 2017, è passato all'esame del Senato per l'approvazione definitiva ma non ha concluso l'
iter parlamentare.
  Nella relazione di accompagnamento al predetto disegno di legge si legge testualmente:
  «L'esigenza di un intervento normativo organico e sistematico nella materia è resa indefettibile non solo dalle rilevanti criticità emerse nella prassi applicativa in riferimento alle disposizioni legislative vigenti, ma anche – e soprattutto — dalla circostanza che le previsioni normative in materia di repressione dei reati contro il patrimonio culturale... risultano attualmente inadeguate rispetto al sistema di valori delineato dalla Carta fondamentale. La Costituzione, infatti, in base al chiaro disposto degli articoli 9 e 42, richiede che alla tutela penale del patrimonio culturale sia assegnato un rilievo preminente e differenziato nell'ambito dell'ordinamento giuridico e colloca con tutta evidenza la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione a un livello superiore rispetto alla mera difesa del diritto all'integrità del patrimonio individuale dei consociati
».
  Il disegno di legge in esame si caratterizzava per i seguenti aspetti:

    favorire la coerenza sistematica del quadro sanzionatorio penale, attualmente ripartito tra codice penale e codice dei beni culturali;
    assicurare l'omogeneità terminologica di tutte le disposizioni incriminatrici, riconducendole al concetto di reati contro il patrimonio culturale;

    introdurre nuove fattispecie di reato;
    innalzare le pene edittali vigenti, così da attuare pienamente il disposto costituzionale in forza del quale il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela differenziata e preminente rispetto a quella offerta alla tutela della proprietà privata;
    introdurre aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali.

  Da quanto sopra, ne discende che questa Amministrazione è ben consapevole degli interventi da effettuare per la tutela del patrimonio culturale italiano, ma la previsione di una modifica sanzionatoria, più severa rispetto all'attuale, e l'introduzione di nuovi reati, pur avendo nel complesso un effetto deterrente, non costituiscono l'unica soluzione.
  Come riportato nelle mozioni richiamate, molti sono gli interventi da effettuare e questo Ministero è fortemente impegnato nel raggiungerli, e tanto è già stato fatto.
  Sono stati messi in atto molteplici piani di finanziamento, finalizzati alla messa in sicurezza, alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, destinando fondi consistenti e crescenti.
  Il nuovo regolamento di riforma ha introdotto importanti novità nella sua struttura organizzativa, anche a seguito del ritorno delle competenze in materia di turismo.
  Quanto alla partecipazione «rieducativa» a eventi culturali, segnalata come utile dall'onorevole interrogante, essa potrebbe essere presa in considerazione in sede di eventuale integrazione e revisione della citata norma penale.
  L'educazione all'arte e alla tutela del patrimonio artistico, alla sua tutela e valorizzazione, è una componente essenziale delle attività di questa amministrazione.
  Si rassicura, pertanto, l'interrogante che le indicazioni riportate nelle mozioni approvate il 22 luglio 2020 non solo saranno tenute in debita considerazione ma questa amministrazione provvederà a predisporre tutti gli interventi necessari a tutela del patrimonio culturale italiano.
  

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   NITTI, LATTANZIO, ANGIOLA e DE GIORGI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la cooperativa «Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento - OLES» ha avviato la sua attività nel 2017, grazie a un finanziamento della regione Puglia per il rilancio complessivo della produzione e distribuzione della musica classica in ambito regionale, con l'obiettivo di salvaguardare, potenziare e modernizzare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica dell'Orchestra leccese (già Orchestra sinfonica della provincia di Lecce e Orchestra sinfonica «Tito Schipa»);

   l'Orchestra sinfonica della provincia di Lecce e Orchestra sinfonica «Tito Schipa» era in possesso della qualifica di istituzione concertistico orchestrale riconosciuta ai sensi dell'articolo 28, comma 4, della legge 14 agosto 1967 n. 800;

   a seguito della ridefinizione della struttura istituzionale e della governance delle province attuata con la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «Legge Delrio»), la provincia di Lecce, socia di maggioranza assoluta dell'orchestra sinfonica «Tito Schipa», non ha più conferito i fondi necessari alla sua sopravvivenza, determinando peraltro la perdita del contributo proveniente dal Fondo unico per lo spettacolo;

   la cooperativa «Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento - OLES» si è posta in continuità con le attività dell'ex Fondazione Ico «Tito Schipa» di Lecce, attualmente in liquidazione, incorporando tutti i professori d'orchestra e il personale;

   il 22 gennaio 2018 l'Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento, Oles, società cooperativa ha presentato al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo istanza di nuova decretazione della qualifica di istituzione concertistica orchestrale;

   in data 29 gennaio 2018 il Ministero ha inoltrato l'istanza di Oles alla commissione consultiva per la musica, la quale, con verbale del 23 marzo 2018, ha stabilito di rinviare l'esame di tutte le istanze di riconoscimento Ico alla fine del triennio 2018-2020;

   con l'interrogazione a risposta scritta numero 4/01153, presentata dall'interrogante, si richiedeva al Ministro interrogato «quali iniziative intendesse assumere per il rilancio dell'attività della Cooperativa "Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento - OLES"»;

   il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, in risposta all'interrogazione, ha dichiarato che il Ministero «ha tenuto in debita considerazione le richieste formulate dalla "Cooperativa Oles"» e di voler «salvaguardare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica della ex Orchestra Sinfonica "Tito Schipa", costituita da una produzione artistica ed una tradizione culturale di indiscussa qualità»;

   al fine di salvaguardare l'inestimabile patrimonio culturale rappresentato da una delle principali orchestre attive nel Meridione, la regione Puglia ha, nel frattempo, messo in campo tutta una serie di azioni di rilancio, investendo ingenti risorse, per il tramite del Teatro pubblico pugliese, che hanno consentito ad Oles di portare a compimento un'intensa attività concertistica, partecipando a grandi eventi a carattere regionale e nazionale, fra cui la giornata inaugurale delle celebrazioni nazionali per il centenario della nascita di Federico Fellini a Rimini, di produrre nuove rassegne musicali, di valorizzare talenti e affidare commissioni di nuove opere;

   attraverso il riconoscimento dello status di Ico si porrebbe fine ad un periodo di costante incertezza sul futuro dei professori dell'Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento - Oles, e, al contempo, sarebbe assicurato il sostegno degli altri enti territoriali che si sono già espressi favorevolmente in merito al progetto di rilancio dell'orchestra –:

   se, in considerazione dell'imminente conclusione del triennio 2018-2020, il Ministro interrogato intenda convocare la commissione consultiva per la musica, avvalendosi della facoltà che ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 800 del 1967 consente di riconoscere la qualifica di «Istituzione Concertistica Orchestrale» all'organismo in argomento, di cui è stata già ampiamente segnalata la produzione artistica di indiscussa qualità, una realtà viva e concretamente utile alla crescita culturale del territorio.
(4-06809)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questa amministrazione, sentita la Commissione consultiva per la musica, intende riconoscere la qualifica di «Istituzione concertistica orchestrale» alla Cooperativa sinfonica OLES di Lecce e quali iniziative intende porre in essere per il rilancio della stessa.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente Direzione generale dello spettacolo si rappresenta quanto segue.
  La richiesta presentata in data 22 gennaio 2018 dall'Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento OLES, tesa ad ottenere il riconoscimento quale istituzione concertistica, è stata inoltrata in data 29 gennaio 2018 alla competente Commissione consultiva per la musica la quale ha ritenuto di rinviare l'esame di tutte le istanze di riconoscimento pervenute alla fine del triennio 2018-2020.
  Tuttavia, al momento, ancorché il triennio 2018-2020 non sia ancora concluso, vista l'attuale situazione emergenziale, non si ritiene opportuno porre all'ordine del giorno della competente Commissione consultiva per la musica l'esame delle istanze di riconoscimento pervenute nel triennio 2018-2020, che potrà essere esaminata all'avvio del nuovo triennio.
  Ciò premesso, alla luce del parere espresso dalla competente Commissione consultiva per la musica, la predetta Direzione Generale ha tenuto in considerazione l'attività della Cooperativa in questione sovvenzionandola durante, il triennio in corso ai sensi dell'articolo 21 del decreto ministeriale 27 luglio 2017 con i seguenti finanziamenti:

   anno 2018: 95.061,00 euro ridotta a consuntivo a 60.408,63 euro;

   anno 2019: 38.117,00 euro ridotta a consuntivo a 36.484,98 euro;

   anno 2020: concessa anticipazione di 26.269,19 euro.

  Il Ministero, quindi, ha tenuto presente le richieste formulate dalla Cooperativa OLES e intende salvaguardare l'importante patrimonio musicale costituito da quarant'anni di attività concertistica e operistica della ex Orchestra sinfonica «Tito Schipa» costituita da una produzione artistica ed una tradizione culturale di indiscussa qualità.
  Si è consapevoli, pertanto, della presenza di una realtà viva e concretamente utile alla crescita culturale del territorio.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   diversi servizi giornalistici – tra i quali l'articolo pubblicato su Il Manifesto il 21 settembre 2019, dal titolo «Basket e integrazione, non si ferma il Tam Tam» e il servizio della trasmissione televisiva «Le Iene» del 24 settembre 2019, dal titolo «Tam Tam Basket: non abbastanza italiani per l'eccellenza» – hanno evidenziato come l'assenza di una legge che consideri cittadini italiani tutti quei ragazzi nati e regolarmente residenti in Italia da genitori stranieri, ha determinato la mancata iscrizione della squadra di basket «Tam Tam» di Castel Volturno al campionato regionale campano;

   la «Tam Tam basket», infatti, è composta interamente da minorenni, figli di immigrati di origine nigeriana e dunque considerati stranieri sia per la legge italiana che per quella sportiva;

   Tam Tam Basket rappresenta uno dei progetti sportivi e di integrazione più coraggiosi d'Italia e più premiati nel mondo e ha strappato dalla strada e dall'inattività una sessantina di ragazzi che spesso vivono in situazioni economiche e familiari difficilissime;

   al fine di rimuovere il suddetto ostacolo e permettere alla squadra di basket «Tam Tam» di Castel Volturno di partecipare al campionato regionale campano, nel testo della legge di bilancio per l'anno 2018 è stata inserita la norma ribattezzata «salva Tam Tam» che prevede la possibilità per tutti i figli di genitori stranieri di poter partecipare a qualsiasi tipo di sport senza alcuna limitazione e discriminazione, se in grado di dimostrare la frequenza del figlio ad almeno un anno scolastico in qualsiasi classe e ordinamento italiano;

   grazie alla suddetta disposizione, la squadra «Tam Tam» riuscì a disputare il campionato, dominandolo per la sua intera durata e riuscendo a vincerlo, facendo così riscuotere alla nuova norma, che nel frattempo ha visto destinatari ben 500 mila ragazzini, grande successo nel mondo sportivo;

   per la normativa italiana in vigore questi atleti saranno italiani solamente dopo il compimento della maggiore età; conseguentemente essi non potranno partecipare al campionato nazionale di eccellenza under 16 di pallacanestro;

   questa situazione ha generato molta amarezza all'interno del gruppo dei ragazzi di Castel Volturno, per il semplice motivo che distrugge la filosofia che ha ispirato il progetto nato in un territorio come Castel Volturno, considerato sotto il controllo della mafia, in particolare quella nigeriana –:

   quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, affinché il progetto «Tam Tam Basket» possa continuare ad esistere visto l'importante lavoro di integrazione e cultura della legalità che tale realtà svolge in un territorio come Castel Volturno, dove alta è la presenza della criminalità organizzata, anche promuovendo un'ulteriore modifica della normativa in materia di tesseramento sportivo.
(4-03857)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di conoscere quali iniziative intenda promuovere il Governo affinché il progetto «Tam Tam» possa proseguire, atteso l'importante lavoro di integrazione e cultura della legalità che esso svolge nel territorio di Castel Volturno.
  Al riguardo è utile una breve premessa di carattere generale.
  La Federazione italiana pallacanestro (Fip) è un'associazione con personalità giuridica di diritto privato, che non persegue fine di lucro, riconosciuta a norma dell'articolo 18 del decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242, costituita allo scopo di promuovere, regolare e sviluppare lo sport della pallacanestro in Italia, nel rispetto dei princìpi costituzionali, della legislazione vigente, dei regolamenti e disposizioni della
Federation International de Basketball (FIBA), degli indirizzi e direttive del CONI e CIO.
  La Fip, che svolge la sua attività sotto la vigilanza del Coni, è costituita da Società ed Associazioni sportive; che praticano, promuovono ed organizzano lo sport della pallacanestro agonistico od amatoriale. Tutte le società riconosciute dal Consiglio Nazionale del Coni o dal Consiglio Federale della Fip, nonché le persone tesserate, si obbligano ad osservare lo Statuto Fip, i Regolamenti e le delibere federali.
  Il Regolamento esecutivo gare, approvato con delibera n. 70 della Giunta nazionale del Coni il 26 marzo 2012, prevede, tra l'altro, che le società partecipanti ai Campionati giovanili di eccellenza maschili e femminili possano iscrivere in lista elettronica un massimo di due atleti di cittadinanza straniera.
  Su queste basi e tornando al caso
de quo si osserva che la Fip nel 2017, in deroga alla normativa vigente e in via del tutto eccezionale, autorizzò la società «Tam Tam» ad iscrivere a referto fino a 12 atleti di cittadinanza straniera per le gare del Campionato giovanile maschile regionale under 14, in deroga a quanto statuito dall'articolo 51, comma 2 R.e. Gare.
  Evidenzio, altresì, che i Regolamenti della Fip prevedono, in ossequio alle vigenti disposizioni della Federazione Internazionale di riferimento e alle leggi dello Stato italiano, la possibilità di tesserare atleti senza distinzione di cittadinanza e limiti di numero. Ai sensi dell'articolo 51 comma 5 R.e. Gare, per i Campionati giovanili regionali maschili non sono previste limitazioni all'utilizzo di atleti di cittadinanza straniera. Pertanto, la doverosa osservanza della normativa vigente, rispetto alla quale l'autorità politica non può e non deve intervenire in ragione del principio dell'autonomia sportiva, non impedisce ai ragazzi di giocare, in quanto tale limite non sussiste nelle altre competizioni giovanili. Per completezza, preciso che il ricorso presentato in sede amministrativa dalla società «Tam Tam» è stato respinto dal Tar Lazio, il quale ha ribadito come non risulti preclusa alla società ricorrente la partecipazione e, con essa la pratica sportiva, di tutti i minori stranieri non aventi la cittadinanza italiana al diverso campionato Under 16 Gold, in cui la società risulta essere regolarmente iscritta.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   PIASTRA, VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO e TONELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni le ville padronali suburbane con i relativi parchi-campagna, gli edifici religiosi e soprattutto le numerose corti coloniche che costellano tutto il territorio della Valle dell'Idice rappresentano una delle principali componenti dell'insediamento storico dell'Emilia-Romagna per il loro valore strettamente legato all'integrazione storico-ambientale e paesaggistica di quella regione;

   sulla base delle esperienze diffuse nella regione Emilia-Romagna, le corti coloniche rappresentano oggi una delle più innovative forme di turismo sostenibile e un'importante occasione di sviluppo e valorizzazione territoriale per l'intera Valle dell'Idice;

   nella giornata del 17 novembre 2019 il maltempo ha flagellato l'Emilia-Romagna provocando ingenti danni su tutto il territorio regionale: in particolare, il cedimento dall'argine dell'Idice a Massa Finalese e a Budrio ha creato una falla di oltre 40 metri, dalla quale quasi un milione di metri cubi d'acqua ha trovato sfogo inondando casolari, stalle e campi;

   l'immediato intervento dei soccorritori ha consentito l'evacuazione di 209 persone e 100 casolari nella zona della piena, ma molte delle corti coloniche ivi situate risultano completamente devastate –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda urgentemente adottare a supporto di queste importanti strutture, soprattutto con riferimento alle corti coloniche della Valle dell'Idice fortemente danneggiate dalle incessanti piogge di cui in premessa.
(4-06385)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In relazione agli eventi meteorologici di novembre 2019 e alla rottura arginale del torrente Idice in corrispondenza del comune di Budrio, la regione Emilia-Romagna ha fatto presente di aver avviato uno specifico percorso tecnico-amministrativo nell'ambito del sistema di protezione civile.
  Il presidente della regione Emilia-Romagna ha provveduto, infatti, a richiedere al Presidente del Consiglio la deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, per le eccezionali avversità atmosferiche che hanno colpito la regione.
  Il comune di Budrio è stato, ovviamente, ricompreso all'interno della relazione di evento, con la puntuale descrizione di quanto accaduto, dei relativi effetti al suolo e dei primi interventi urgenti effettuati.
  La dichiarazione di stato di emergenza rappresenta la precondizione per attivare, con successive ordinanze della protezione civile, sia il primo piano degli interventi pubblici e delle spese rispetto alla prima fase di gestione dell'emergenza (soccorso ed assistenza alla popolazione) sia la fase di ricognizione dei danni ai soggetti privati e imprese.
  Il Consiglio dei ministri, il 2 dicembre scorso, ha deliberato l'estensione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza, adottato con delibera del 14 novembre 2019, anche al territorio della regione Emilia-Romagna.
  Conseguentemente, il capo dipartimento di protezione civile, il 17 dicembre 2019, ha emanato l'ordinanza (Ocdpc) n. 622, nominando il presidente della regione Emilia-Romagna commissario delegato per l'emergenza con il compito di predisporre, entro 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, il piano dei primi interventi urgenti da sottoporre all'approvazione del capo del dipartimento della protezione civile.
  Con nota del 21 febbraio 2020, il commissario ha inviato la proposta di piano dei primi interventi urgenti – primo stralcio, per la relativa approvazione.
  Il Consiglio dei ministri, con deliberazione del 17 gennaio 2020, ha stanziato ulteriori risorse per la realizzazione degli interventi per i territori interessati dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel mese di novembre 2019.
  Nel primo stralcio del Piano, in corso di approvazione da parte del capo dipartimento della protezione civile, sono previsti:

   a favore del comune di Budrio, spese di assistenza alla popolazione ed interventi di somma urgenza di pulizia e di ripristino della viabilità e di rimozione e smaltimento rifiuti per 181.195,95 euro;

   a favore della città metropolitana l'intervento «Ricostruzione del corpo stradale della strada provinciale n. 6, Zenzalino» per 25.000,00 euro; a favore del consorzio di bonifica renana interventi di urgenza per espurgo, risezionamento e ripresa frane sui canali consortili in destra Idice necessari al ripristino della funzionalità idraulica ed irrigua, a seguito della rottura dell'argine destro del torrente Idice, per 1.400.000,00 euro;

   a favore di FER il ripristino provvisorio della tratta Budrio-Mezzolara per la parte strettamente necessaria alla riattivazione del servizio ferroviario, con limitazioni di esercizio, per 2.500.000,00.

  Nel secondo stralcio del redigendo piano sono previsti, a favore del comune di Budrio, interventi per la sistemazione della viabilità per 500.000,00 euro ed interventi per la pulizia e sistemazione dei fossi per 100.000,00 euro.
  Relativamente ai privati e alle imprese, il presidente della regione Emilia-Romagna con decreto n. 15 del 15 gennaio 2020 ha approvato le direttive per la concessione di contributi ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive per i danni subiti a causa degli eventi calamitosi verificatisi nel territorio regionale nei mesi di maggio e novembre 2019 e nel territorio delle province di Bologna, Modena e Reggio-Emilia il 22 giugno 2019.
  Le direttive disciplinano in particolare le modalità di definizione dei puntuali fabbisogni da rappresentare al dipartimento nazionale della protezione civile al fine di attivare le relative risorse. A causa dell'emergenza nazionale in corso, il termine per la presentazione delle domande, inizialmente previsto per il 2 marzo 2020, è stato successivamente prorogato.
  Ferme restando le misure adottate dalla regione Emilia-Romagna per fronteggiare lo stato di emergenza, occorre, inoltre, segnalare che, per quanto concerne la difesa del suolo e gli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico previsti in via generale dal Governo, il 20 febbraio 2019 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale viene approvato il piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale.
  Detto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede che, ai fini di un tempestivo avvio ed elevazione del livello di operatività, le competenti amministrazioni predispongono e sottopongono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Cabina di Regia Strategia Italia anche in coordinamento con la struttura di missione Investitalia, ed al Cipe, un piano stralcio 2019 recante elenchi settoriali di progetti e interventi immediatamente eseguibili già nel 2019, aventi carattere di urgenza e indifferibilità.
  Per i territori della regione Emilia-Romagna sono stati programmati n. 18 interventi per un importo complessivo di oltre 21 milioni di euro. Inoltre, con riferimento al piano stralcio manutenzione dei corsi d'acqua, si segnala che nell'ambito della programmazione dei fondi FSC 2014-2020, è stata chiusa l'istruttoria su n. 236 interventi per un importo complessivo di oltre 360 milioni di euro, di cui n. 2 interventi ricadenti nei territori della suddetta regione Emilia-Romagna per un importo complessivo di circa 17 milioni di euro.
  Si rappresenta, infine, che, per quanto riguarda gli interventi sui fiumi della medesima regione, con il 5° atto integrativo, siglato l'11 aprile 2018, all'accordo di programma tra regione e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico del 3 novembre 2010, sono stati finanziati n. 8 interventi per un importo complessivo di circa 74 milioni di euro.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   RAMPELLI, LOLLOBRIGIDA, LUCA DE CARLO, VARCHI, TRANCASSINI, FOTI, MOLLICONE e BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 4 gennaio 2019 un drammatico incidente si è verificato nel comprensorio sciistico di Corno del Renon, in Alto Adige; una bambina di otto anni originaria di Reggio Emilia è morta e la sua mamma versa in gravissime condizioni all'ospedale di Bolzano dopo che le stesse si sono schiantate contro un albero con il loro slittino, mentre percorrevano una pista nera interdetta all'uso di questi mezzi;

   dai primi rilievi dell'inchiesta in corso sembrerebbe pressoché certo che nella cartellonistica predisposta dalla società che ha in gestione gli impianti del Renon il divieto di percorrere la pista con la slitta fosse descritto esclusivamente in lingua tedesca e con un simbolo grafico assai poco visibile;

   se tutto ciò sarà confermato dalla magistratura – nella quale gli interpellanti ripongono la massima fiducia – risulta evidente che la causa della tragedia sia da rinvenire nell'ennesimo caso di mancato rispetto dell'obbligo del bilinguismo in Alto Adige;

   negli ultimi anni, e anche in tempi più recenti, nella provincia autonoma di Bolzano sono innumerevoli le denunce riguardanti la sostanziale violazione dei criteri sull'uso delle due lingue provinciali nella segnaletica di montagna: ciò avviene per lo più attraverso l'installazione di cartelli turistici recanti toponimi riportati solo in lingua tedesca o contenenti indicazioni in entrambe le lingue ma con caratteri tipografici sproporzionatamente diversi, sempre a scapito della lingua italiana;

   va poi considerato che gli enti e le organizzazioni che si rendono responsabili della cancellazione della lingua italiana dalla toponomastica e nelle comunicazioni con gli utenti sono gli stessi che beneficiano di fondi pubblici per l'allestimento della cartellonistica;

   la perdurante e sistematica violazione delle disposizioni sull'obbligo del bilinguismo contenute nello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige rappresenta una evidente mortificazione per la popolazione di lingua italiana residente in provincia di Bolzano, nonché per gli stessi turisti che ivi si recano da altre regioni, i quali, sempre più spesso, hanno la sensazione di trovarsi come stranieri nella propria Nazione, «buoni» solo per portare risorse economiche al territorio;

   quanto descritto avviene, secondo gli interroganti, con il silenzioso avallo delle istituzioni della provincia autonoma di Bolzano, le quali, specie dopo l'approvazione della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, hanno di fatto avviato un vero e proprio «ostracismo» nei confronti di parte della toponomastica italiana;

   il Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca, prof. Mario Monti, ha presentato ricorso dinanzi alla Corte costituzionale contro la provincia autonoma di Bolzano per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della citata legge provinciale: il ricorso, dopo vari rinvii dovuti a modifiche della legge in questione, è stato trattato all'udienza pubblica del 3 aprile 2019;

   la stessa Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 210/2018, pubblicata in data 28 novembre 2018, occupandosi di un caso analogo, ha richiamato una precedente pronuncia nella quale si afferma che «Il primato della lingua italiana (...) non solo è costituzionalmente indefettibile [ma è] decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell'identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell'italiano come bene culturale in sé (sentenza n. 42 del 2017)»;

   in un altro decisivo passaggio della sentenza n. 210/2018, i giudici costituzionali sono giunti a questa conclusione: «nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (...) devono essere utilizzati, per un verso, toponimi anche in lingua tedesca nella Provincia autonoma di Bolzano e, per un altro, al fine di rispettarne le tradizioni, toponimi anche in lingua – secondo i casi – ladina, cimbra o mochena, nei territori ove sono presenti le rispettive popolazioni. Prescrivendo la compresenza della lingua italiana e, a volta a volta, delle lingue minoritarie, viene apprestata una tutela alle minoranze linguistiche e al loro patrimonio culturale in tema di toponomastica, senza tuttavia far venire meno, neppure in tale ambito, la primazia della lingua ufficiale della Repubblica, espressamente riconosciuta dall'articolo 99 dello statuto speciale» –:

   se non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, affinché in Alto Adige siano garantite alla lingua e alla cultura italiana pari dignità, utilizzo e diffusione e se, tra le iniziative volte a tutelare i cittadini italiani, non intenda considerare l'ipotesi di ricondurre alla competenza legislativa dello Stato la materia della toponomastica.
(4-02901)

  Risposta. — L'interrogante, prendendo spunto da un drammatico incidente verificatosi nel comprensorio sciistico di Corno del Renon che – dai primi rilievi dell'inchiesta – sembrerebbe essere stato causato dalla cartellonistica scritta esclusivamente in lingua tedesca, denuncia «la perdurante e sistematica violazione delle disposizioni sull'obbligo del bilinguismo contenute nello statuto speciale per il trentino Alto Adige», specie dopo l'approvazione della legge provinciale 2 settembre 2012, n. 15 che adotta un nuovo sistema di ricognizione della toponomastica fondato sul criterio dell'uso comprensoriale. Chiede in particolare «se, tra le iniziative volte a tutelare i cittadini italiani, non [si] intenda considerare l'ipotesi di ricondurre alla competenza legislativa dello Stato la materia della toponomastica».
  Con riferimento a tale sollecitazione, si premette che l'articolo 8 dello Statuto del Trentino Alto Adige prevede che: «Le province hanno la potestà di emanare norme legislative, entro i limiti indicati dell'articolo 4, nelle seguenti materie: ... 2) toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano». Tale previsione chiaramente impone che la toponomastica della provincia di Bolzano sia sempre e in ogni caso bilingue.
  Conformemente, l'articolo 101 del richiamato Statuto precisa che: «nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione», mentre l'articolo 102 prevede che anche le popolazioni ladine, quelle mochene e cimbre hanno diritto «al rispetto della toponomastica» nella propria lingua: ciò evidenzia come la toponomastica italiana sia imprescindibile e come la redazione bilingue della medesima si attui prevedendo anche una dizione tedesca e, nei casi dell'articolo 102, ladina, mochena o cimbra.
  I richiamati articoli 101 e 102 che, come visto, dettano disposizioni specifiche in tema di toponomastica, vanno poi letti nella cornice generale dell'articolo 99 dello Statuto, secondo il quale: «Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente statuto è prevista la redazione bilingue.».
  Nessun atto pubblico, così come nessuna cartografia ufficiale o indicazione toponomastica può quindi essere redatta soltanto in lingua tedesca. È sempre necessaria la redazione italiana, a cui quella bilingue o trilingue viene parificata.
  Dalla ricostruzione normativa appena esposta emerge che la competenza legislativa in materia di toponomastica risulta disciplinata da fonti di rango costituzionale – in quanto tali sottratte alla disponibilità del Governo – e che per un'eventuale ricollocazione della competenza a livello statale si renderebbe comunque necessario seguire l'
iter previsto dall'articolo 103, che rinvia al procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.
  Per completezza si segnala, infine, che la legge n. 15 del 2012 è stata abrogata con la legge provinciale 23 aprile 2019, n. 1 e che, conseguentemente, in data 18 luglio 2019 la Corte costituzionale, con ordinanza n. 190/2019, ha dichiarato estinto il giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri
pro tempore avverso la ripetuta legge n. 15 del 2012.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.


   RAMPELLI, FERRO, LUCA DE CARLO, ZUCCONI e MANTOVANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sono drammatiche le ricadute economiche dell'emergenza sanitaria da Covid-19 in ogni settore del tessuto produttivo nazionale;

   in particolare, uno dei comparti maggiormente colpiti dalla crisi, a rischio di estinzione definitiva secondo il Financial Times, è quello del «cibo di strada», il cosiddetto street food, rappresentato da 25 mila operatori — cuochi, chef, pizzaioli, artigiani e professionisti del gusto — che da anni portano nelle piazze italiane l'eccellenza del made in Italy, accostandola a un'idea di comunità e di sano intrattenimento all'aria aperta; operatori che da marzo 2020 ad oggi hanno perso quasi 800 milioni di euro, oltre all'ulteriore danno di milioni di euro di merce invenduta, prossima alla scadenza e gli incassi degli ultimi mesi quasi azzerati;

   si tratta di operatori che rientrano nella categoria degli ambulanti, ma con la peculiarità di essere stagionali e di lavorare solo all'interno di manifestazioni programmate, come il «Festival internazionale dello street food», previsto in 100 piazze italiane con oltre 600 operatori a rotazione; è necessario scongiurare la chiusura di questo settore, che può conoscere in una nazione squisitamente mediterranea la sua consacrazione: la perdita di posti di lavoro e il fallimento di tante piccole imprese della ristorazione produrrebbero un rallentamento nello sviluppo di questa novità del cibo di strada di qualità che è cresciuto a dismisura in pochi anni –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire la sopravvivenza del settore del cibo da strada, attivando contributi a fondo perduto per gli operatori, l'azzeramento degli oneri fiscali per l'anno in corso e misure per snellire gli adempimenti burocratici;

   se non ritenga di adottare iniziative per aiutare le eccellenze enogastronomiche italiane a ripartire, autorizzando il progetto virtuoso dell'«International street foodaway», mercato temporaneo sul cibo di strada da 7 ai 10 giorni in una o più aree delle città, attraverso la predisposizione di idonei protocolli di sicurezza e linee guida per gli operatori e gli utenti.
(4-05804)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla crisi del settore dello
street food, conseguente alle misure di contenimento della pandemia da Sars-Cov-2 adottate dal Governo, e chiedono semplificazione burocratica e adeguate misure di sostegno.
  Infatti, oltre alle limitazioni imposte dal
lockdown, il settore ha sofferto le limitazioni imposte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020, il quale aveva disposto: «restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso, le fiere e i congressi».
  Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, eventi e attività fieristiche erano potute ripartire, ma poi sono state nuovamente chiuse con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, il quale ha espressamente stabilito quanto segue: «Sono vietate le sagre, le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi» (articolo 1, comma 9, lettera
n).
  Orbene, al momento della ripartenza, il Ministero dello sviluppo economico sarà pronto, per quanto di competenza e come successo in occasione della precedente riapertura, a fornire tutto il supporto necessario nella predisposizione dei protocolli per garantire l'apertura in sicurezza delle manifestazioni fieristiche.
  In questa direzione si dovranno muovere, come già accaduto a seguito della prima ondata, anche le linee guida della conferenza delle regioni, contenenti le regole da rispettare per il contenimento dei rischi legati alla diffusione del contagio da Sars-Cov-2 nelle varie attività, ivi comprese le attività relative a fiere e congressi.
  A tal ultimo riguardo, infatti, si ricorda che lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, ha demandato l'attuazione e la normazione secondaria agli enti territoriali i quali, nel rispetto dei princìpi e della disciplina generale, devono declinare la stessa in base alla situazione specifica del territorio amministrato.
  Per quello che attiene ai contributi di natura finanziaria, si segnala quanto disciplinato dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» (decreto rilancio), convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77. In particolare, l'articolo 82 del citato decreto ha previsto il riconoscimento di un reddito di emergenza in favore dei nuclei familiari in possesso degli specifici requisiti ivi elencati.
  In materia di esenzione dagli oneri fiscali, si richiama l'articolo 181, comma 1-
bis, dello stesso decreto Rilancio, introdotto in fase di conversione, il quale, proprio in considerazione dell'emergenza epidemiologica, esonera – dal 1° marzo 2020 al 30 aprile 2020 – «i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 [...] dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche [TOSAP], di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e del canone per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche [COSAP], di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446». Dunque, il settore delle attività di commercio ambulante su area pubblica è stato destinatario di una specifica misura di esonero dal versamento della TOSAP e del COSAP, in considerazione della circostanza che, nel periodo considerato dalla norma, vi era l'impossibilità oggettiva di svolgere tali attività nelle strade e nelle piazze in conseguenza dell'adozione delle rigorose misure di contenimento della pandemia.
  Più in generale, si ricordano anche le numerose misure adottate a sostegno del settore fieristico.
  Fondamentale, inoltre, è la misura del «credito di imposta per la partecipazione di PMI a fiere internazionali», introdotta dall'articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» (decreto crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che prevedeva inizialmente uno stanziamento di 5 milioni di euro. Successivamente, la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha incrementato lo stanziamento del 2020 da 5 a 10 milioni di euro, estendendo la misura all'anno 2021 con ulteriori 5 milioni di euro.
  Per offrire un ulteriore ausilio al settore fieristico, è stato rifinanziato il fondo rotativo SIMEST di cui al decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 recante «Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane», convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.
  Si ricorda, peraltro, che l'operatività del fondo in parola è stata recentemente estesa dall'articolo 18-
bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» (decreto crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, il quale ha previsto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati possano fruire di specifiche agevolazioni finanziarie, in conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  L'articolo 72 del decreto Cura Italia ha inoltre istituito il «Fondo per la promozione integrata», con una dotazione iniziale di 400 milioni di euro per l'anno 2020. Tra le altre cose, tale fondo è finalizzato anche alla concessione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi ai sensi del Fondo rotativo SIMEST di cui si è detto in precedenza.
  Si segnala inoltre che, in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» (decreto Liquidità), è stato garantito un rimborso per mancata partecipazione a fiere in forma di credito d'imposta, con particolare riferimento a quelle all'estero (articolo 12-
bis).
  Infine si ricorda che il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, cosiddetto «decreto Ristori 1», dedica al settore il suo articolo 6 «Misure urgenti di sostegno all'
export e al sistema delle fiere internazionali» e destina 400 milioni di euro per il sostegno al settore; e ha anche introdotto la possibilità, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di aiuti di Stato, di concedere, sempre per il tramite di SIMEST, contributi a fondo perduto commisurati ai costi fissi sostenuti dal 1° marzo 2020 e non coperti da utili, oltre che ulteriori misure di sostegno.
  Infine, si vogliono ricordare le misure finanziarie urgenti di ristoro connesse all'emergenza epidemiologica da Sars-Cov-2 promosse dal Governo con i decreti-legge 9 novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori
bis») e 9 novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori ter»), che hanno interessato tutti i settori produttivi, ivi compresa la categoria del commercio ambulante.
  Per far fronte al quadro emergenziale che ha costretto il sistema fieristico a riprogrammare quasi tutti gli eventi, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha previsto, in seno al «Patto per l'
Export» recentemente firmato dal Ministro degli affari esteri Luigi Di Maio, ulteriori strumenti promozionali finalizzati a sostenere la ripartenza del settore fieristico e del relativo indotto, quali:

   la creazione della piattaforma digitale «Fiera Smart» a disposizione di tutte le fiere, associazioni, consorzi e aziende per l'organizzazione di manifestazioni fieristiche, missioni e incontri virtuali;

   un programma straordinario di incoming alle manifestazioni fieristiche italiane;

   una campagna di comunicazione dedicata ai calendari fieristici italiani su tutti i principali mercati esteri, privilegiando canali di comunicazione on-line e supporti audiovisivi 3D;

   eventi promozionali di filiera in collaborazione con i principali organizzatori italiani di fiere specializzate;

   finanziamenti agevolati per la partecipazione ad eventi fieristici in Italia.

  Infine, l'«ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane» ha previsto un pacchetto di misure per gli eventi all'estero, con l'obiettivo di rafforzare il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI). Esso prevede:

   servizi gratuiti di assistenza e consulenza per imprese sino a 100 dipendenti;

   rimborso forfettario delle spese già sostenute per la partecipazione a fiere, seminari, workshop realizzati dall'ICE – Agenzia a partire da febbraio 2020;

   partecipazione a titolo gratuito e fornitura di un modulo espositivo per tutte le manifestazioni organizzate dall'ICE – Agenzia che si svolgeranno nel periodo marzo 2020-marzo 2021.

  Come possibile soluzione alle criticità evidenziate con l'atto in oggetto, gli interroganti propongono la creazione di un mercato temporaneo del cibo di strada. La soluzione proposta è potenzialmente condivisibile; si osserva però che la disciplina programmatoria del settore è rimessa alla competenza delle regioni, alle quali spetta l'onere di fornire ai comuni i criteri generali ai quali essi devono attenersi per: determinare le aree e il numero dei posteggi da destinare allo svolgimento dell'attività in parola; istituire, sopprimere o spostare i mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, ivi compresi quelli destinati a merceologie esclusive quali lo street food; determinare le caratteristiche e le modalità di partecipazione alle fiere. Spetta quindi ai comuni il secondo livello di regolamentazione, poiché essi, sulla base delle disposizioni emanate dalle regioni, sono chiamati ad individuare l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività o l'individuazione delle aree aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale per la cui salvaguardia il commercio su area pubblica è vietato o sottoposto a limitazioni, nonché eventuali divieti e limitazioni all'esercizio per motivi di viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse.
  Gli interroganti si soffermano anche sul tema degli oneri burocratici. Sul punto, si ricorda che la disciplina nazionale in materia è contenuta nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio, specificamente nel suo Titolo X recante «Commercio al dettaglio su aree pubbliche». In particolare, l'articolo 28 precisa che il commercio sulle aree pubbliche è «soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative» (comma 2) e che può essere svolto:

   «a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;

   b) su qualsiasi area purché informa itinerante» (comma 1).

  Resta ferma, pertanto, la distinzione fra commercio tramite posteggio, esercitabile esclusivamente sulla porzione di area assegnata e con i limiti temporali stabiliti dall'autorità che l'ha concessa, e commercio itinerante, svolto su qualsiasi area pubblica e la cui modalità di effettuazione è caratterizzata appunto dal divieto di esercizio in forma stanziale.
  L'autorizzazione all'esercizio mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune sede di posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio della regione, alla quale appartiene il comune che ha rilasciato il titolo, nei giorni nei quali il posteggio non è concesso. L'autorizzazione all'esercizio esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente intende avviare l'attività ed abilita anche alla vendita a domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura o di intrattenimento o svago. Il rilascio delle autorizzazioni, quindi, è affidato al comune, mentre la regione è chiamata ad emanare gli indirizzi e la disciplina di dettaglio.
  Fermo restando le misure attuate dal Governo, alla luce della grande attenzione al settore fieristico e del commercio (ivi compreso quello ambulante), ci si rimette al dibattito parlamentare per la presentazione di ulteriori proposte anche tenuto conto delle valutazioni di natura finanziaria che verranno fornite dal competente Ministero dell'economia e delle finanze.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   ROSPI e ANGIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal 1973 al 1989 presso il comune di Ferrandina in provincia di Matera è rimasto in attività lo stabilimento della Materit s.r.l., azienda del gruppo Fibronit, attivo nella produzione di manufatti in amianto;

   lo stabilimento Materit a partire dal 1989 è stato chiuso dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri in seguito alla mancata realizzazione di una discarica per lo smaltimento dei rifiuti;

   il sito dalla sua chiusura ad oggi risulta altamente contaminato, in quanto al suo interno sono presenti oltre 800 sacchi contenenti amianto, quantità imprecisate di crisotilo o amianto bianco, crocidolite o amianto blu, che è la forma di amianto più pericolosa in circolazione, in quanto le sue fibre hanno un aspetto aghiforme e si frazionano con più facilità;

   dal 2008 molto del materiale presente nell'ex stabilimento Materit è insaccato in 97 big bags, tutte contenute all'interno di un capannone che fungeva da contenimento ma che con il passare del tempo si è deteriorato;

   molti dei sacchi in cui sono state stipate le polveri di amianto versano in pessimo stato con il rischio di diffusione delle polveri di amianto anche al di fuori dell'impianto;

   il sito industriale ex Materit rientra nel perimetro del sito di interesse nazionale, Sin Tito e Valbasento, che in data 19 giugno 2013 è stato oggetto di un accordo di programma stipulato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico e la regione Basilicata e che prevede la realizzazione di diversi interventi di caratterizzazione e bonifica dell'area;

   il sito in questione risulta, inoltre, censito come sito di abbandono di materiali e rifiuti contenenti amianto secondo quanto stabilito dal piano amianto istituito con la legge n. 6 del 2 febbraio 2001 dalla regione Basilicata;

   da quanto si apprende da alcuni organi di stampa locali il 20 febbraio 2020 c'è stata una riunione tecnica presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per verificare lo stato di attuazione degli interventi di bonifica presso l'area ex Materit;

   a seguito dell'inquinamento da amianto dell'ex Materit sono stati accertati cinque decessi e altre 17 persone colpite, che a vario titolo hanno lavorato presso l'impianto o sono state comunque in contatto con le fibre di amianto presenti nello stabilimento, e per tali ragioni sono state rinviate a giudizio cinque fra ex amministratori e dirigenti della società;

   il sito ormai da 18 anni rientra tra i siti Sin oggetto di bonifica da parte dello Stato; ad oggi nulla è stato ancora fatto e la situazione di degrado e inquinamento in cui versa l'area comporta un grave pericolo per i cittadini residenti –:

   se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di attivare, in tempi rapidi, tutte le attività connesse alla rimozione, allo stoccaggio del materiale in amianto presente e alla messa in sicurezza dell'area;

   se intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di acquisire un quadro esauriente dello stato in cui versa il sito ex Materit e delle criticità determinate dalla sua gestione e dai ritardi della bonifica dell'area.
(4-04828)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il sito industriale ex Materit ricade nel perimetro del sito di interesse nazionale «Sin Tito e Valbasento» per il quale, in data 19 giugno 2013, è stato stipulato tra il Ministero dell'ambiente, il Ministero dello sviluppo economico e la regione Basilicata un apposito accordo di programma quadro, che prevede la realizzazione di diversi interventi di caratterizzazione e bonifica nelle aree di Tito e Valbasento.
  Nell'ambito di tali attività, il Ministero dello sviluppo economico svolge attività di vigilanza e garantisce l'erogazione delle risorse, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in qualità di autorità procedente nel SIN garantisce lo svolgimento delle istruttorie tecniche per l'approvazione degli interventi previsti dall'accordo, e la regione Basilicata ha il ruolo di soggetto attuatore e garantisce l'esecuzione degli interventi previsti dall'Accordo medesimo.
  Si segnala, tuttavia, che l'area posta al chilometro 72 della strada statale SS407 Basentana, in direzione Metaponto, non ricade all'interno del perimetro del SIN.
  Fermo restando quanto esposto, la regione Basilicata ha fatto presente che il sito in argomento, nel territorio del comune di Ferrandina in località Finocchio, risulta censito come sito di abbandono di materiali e rifiuti contenenti amianto dal Piano Amianto approvato con legge regionale n. 6 del 2 febbraio 2001, insieme ad altri quattro siti.
  La regione Basilicata ha evidenziato, altresì, che anche l'Arpab, all'esito del sopralluogo effettuato in data 10 agosto 2005, ha segnalato diversi siti nel territorio del comune di Ferrandina con presenza di cumuli di rifiuti di eternit, già individuati dal comune medesimo. Per tali siti, il comune ha anche emesso, a suo tempo, specifiche ordinanze di rimozione e smaltimento a carico dei rispettivi proprietari.
  Per il sito in località Finocchio l'intervento di bonifica è stato candidato a finanziamento ai sensi, della legge regionale n. 27 del 1999 per l'annualità 2009 e riproposto per l'annualità 2012 da parte del comune di Ferrandina.
  Tuttavia, sempre secondo quanto riferito dall'amministrazione regionale, tale finanziamento non è stato concesso per mancato invio, da parte del Comune proponente, delle integrazioni richieste dall'apposita Commissione di valutazione. Dalla documentazione allegata alle predette candidature a finanziamento regionale risulta inoltre che il comune di Ferrandina ha acquisito l'area dall'Alsia e che nel corso del 2007 e 2008 ha affidato ad apposita ditta i lavori di rimozione e smaltimento dei cumuli presenti, nel sito. I suddetti lavori si sono conclusi nel corso del 2008 con l'insaccamento del materiale rinvenuto in 97
big bags che sono rimaste in loco.
  Sempre secondo quanto riferito dalla regione, nel permanere del rischio per la salute pubblica, la stessa ha sollecitato il comune, con nota del 23 febbraio 2016, a procedere alla rimozione e smaltimento dei predetti rifiuti, ai sensi dell'articolo n. 192 del decreto legislativo n. 152 del 2006, rappresentando l'opportunità di accedere ai contributi regionali disciplinati dalla delibera di giunta regionale 8 maggio 2012, n. 551. Il sollecito è stato reiterato con nota del 21 dicembre 2017.
  In ultimo, con nota del 12 luglio 2019, l'ufficio regionale prevenzione e controllo ambientale ha sollecitato nuovamente il comune ad adempiere agli obblighi di rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi che l'articolo n. 192 del codice dell'ambiente pone in capo all'Ente comunale e al proprietario, ribadendo la possibilità di accedere ai contributi regionali previsti per la rimozione di rifiuti abbandonati disciplinati dalla richiamata delibera di giunta regionale n. 551.
  Il comune di Ferrandina, da parte sua, ha fatto presente che, con contratto pubblico del 22 febbraio 2008, con il quale è stato trasferito
ex lege a favore del comune medesimo il terreno in questione, l'Alsia si è accollata integralmente l'onere finanziario della bonifica da amianto, in ragione della titolarità dell'area.
  Ad ogni modo, anche il comune ha evidenziato di aver provveduto ad eseguire un intervento di Mise mediante insaccamento del materiale rinvenuto (amianto friabile) in 97
big-bags e contestuale confinamento dell'area, al fine di prevenire e tutelare la salute pubblica.
  L'ente comunale ha, inoltre, rappresentato di aver trasmesso, con nota del 30 gennaio 2009, alla regione Basilicata il progetto relativo agli interventi di smaltimento delle
big-bags e alla definitiva bonifica dell'area in località Finocchio. Il progetto veniva escluso dal finanziamento per mancanza del parere Asm, sebbene, a detta del comune, fosse stato formalmente richiesto.
  Con nota dell'11 marzo 2010, l'ente ha inoltre diffidato l'Alsia, invitandola, in qualità di originario proprietario, ad adempiere all'obbligo della definitiva bonifica dell'area, in quanto l'onere finanziario computato inizialmente risultava insufficiente allo scopo. In un successivo incontro tecnico, il comune ha sollecitato la regione a farsi carico delle problematiche relative alla bonifica dei siti contaminati da amianto, a partire dalla annosa questione ex Materit.
  Il comune ha ribadito, ad ogni modo, di ritenere responsabile l'Alsia, in qualità di proprietario originario, oltre che per ragioni di contaminazione storica dell'area in argomento. L'Ente comunale ha dato, comunque, indirizzo ai propri uffici di procedere all'aggiornamento del progetto già a suo tempo presentato alla regione Basilicata, che sarà sottoposto ad Alsia, in modo da ripresentarlo all'amministrazione regionale al fine di accedere ai finanziamenti dedicati.
  Alla luce delle considerazioni esposte, si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, continuerà a tenersi informato al fine di monitorare la messa in sicurezza e bonifica del sito in parola e sollecitare l'eventuale coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali competenti.
  Sarà in ogni caso cura del Ministero, informare il comando carabinieri tutela dell'ambiente, affinché, sulla base delle proprie valutazioni, attivi eventuali iniziative di competenza, in stretto accordo con l'autorità giudiziaria e le autorità amministrative locali.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   SCHIRÒ e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione delle recenti votazioni referendarie del 20-21 settembre 2020, nei Paesi compresi nella ripartizione America Meridionale, si sono manifestate notevoli diversità di comportamento da parte delle nostre autorità diplomatiche e consolari nell'adozione di modalità operative e organizzative inerenti allo svolgimento del procedimento elettorale;

   in particolare, tali difformità hanno riguardato due momenti fondamentali delle operazioni elettorali, quali i tempi di invio dei plichi agli elettori e le modalità di rientro e di raccolta delle buste preintestate, contenenti le buste con le schede votate;

   risulta infatti agli interroganti che in Argentina le consegne agli elettori sarebbero avvenute già dal 24 agosto 2020, mentre in Brasile le consegne sarebbero avvenute a partire dal 31 agosto 2020, vale a dire una settimana più tardi, con evidente restrizione dei tempi disponibili per l'invio ai consolati, già più brevi del consueto per l'anticipazione sancita nel cosiddetto «decreto semplificazioni»;

   analoga diversità di comportamento si sarebbe manifestata nella fase della riconsegna delle buste, dal momento che, per le note difficoltà postali, aggravate quest'anno dalle restrizioni imposte dalla pandemia e da un contemporaneo sciopero delle poste brasiliane, molti elettori sarebbero stati indotti, a quanto consta agli interroganti, a riconsegnarle direttamente nei consolati, trovando nelle strutture argentine un'organizzazione specifica per tale operazione, non trovandola invece in quelle brasiliane, pare per precauzione, rispetto ai rischi di contagio;

   in ogni caso, ai fini di una più generale valutazione di quanto accaduto e delle misure da adottare in futuro, sarebbe utile conoscere quanti siano stati i plichi spediti da ciascun consolato dell'America latina, quante le buste ritornate negli stessi consolati e quante di esse siano state escluse dal conclusivo invio alla corte di appello di Roma per essere arrivate oltre la scadenza fissata –:

   se il Governo non ritenga di fornire un quadro informativo, come presupposto di un maggiore coordinamento delle operazioni elettorali in futuro sul movimento dei plichi e sul ritorno delle buste preaffrancate, come segnalato in premessa;

   se, nelle prossime occasioni elettorali, non ritenga di dare indicazioni miranti ad una maggiore uniformità dei comportamenti e delle soluzioni organizzative da adottare nei consolati, in particolare per quanto riguarda i tempi di invio dei plichi e le modalità, non solo postali, di restituzione delle buste, in modo da avere omogeneità di azione, pur tenendo conto delle peculiarità dei singoli Paesi interessati.
(4-07402)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-07402 sulle votazioni referendarie del 20 e 21 settembre 2020 nei Paesi della ripartizione America meridionale.
  Nelle operazioni elettorali legate al recente
referendum costituzionale, tutte le sedi diplomatico-consolari hanno operato nel rispetto delle tempistiche previste per legge e con l'obiettivo di consentire la più ampia e corretta partecipazione alla consultazione elettorale.
  La legge n. 459 del 2001 non stabilisce una data a partire dalla quale debbano essere spediti i plichi agli elettori, lasciando agli uffici consolari la definizione della tempistica utile alla stampa dei materiale elettorale, alla predisposizione dei plichi medesimi e al loro invio in considerazione del contesto locale. Rilevano a questo riguardo la disponibilità e qualità dei servizi
in loco, come quelli di stampa e spedizione, la consistenza della comunità residente in ogni specifica circoscrizione consolare, l'ampiezza geografica della circoscrizione e la diversa diffusione e concentrazione dei residenti.
  La legge impone agli uffici consolari di inviare i plichi agli elettori ammessi al voto per corrispondenza non oltre diciotto giorni antecedenti la data stabilita per le votazioni in Italia, ovvero, per l'ultimo
referendum, entro il 2 settembre (articolo 12, comma 13, della legge n. 459 del 2001). La scadenza normativa è stata rispettata sia dalle sedi argentine che da quelle brasiliane, ciascuna delle quali ha adottato le scelte ritenute più consone tenendo conto delle condizioni locali.
  Fatte queste premesse e tenuto conto della situazione di oggettiva precarietà e inaffidabilità dei collegamenti aerei internazionali al momento del rientro delle schede votate in Italia, indicativamente tra il 16 ed il 20 settembre 2020, secondo la normativa sul voto all'estero, la Farnesina ha proposto alcune modifiche normative tramite l'articolo 16 del cosiddetto decreto-legge «Semplificazione». In particolare, è stato previsto l'anticipo dell'invio delle schede votate alle ore 16 del 15 settembre rispetto al termine ordinario stabilito dalla legge n. 459 del 2001 (le ore 16 del 17 settembre), in modo da lasciare maggiore flessibilità alle Ambasciate sull'arrivo in tempo utile delle schede per lo scrutinio presso la Corte d'Appello di Roma. È fondamentale sottolineare che questa misura si è rivelata assolutamente propizia. In base al piano voli di rientro delle schede votate, circa il 50 per cento dei voli in rientro sono infatti atterrati proprio il 17 settembre 2020, un anticipo che ha consentito un margine di flessibilità nella ricerca di vettori aerei sicuri, in una situazione di grave disagio del traffico aereo causato dalla pandemia.
  Per porre le sedi nelle migliori condizioni operative possibili, il materiale elettorale è stato inoltre messo a disposizione di ambasciate e consolati con anticipo rispetto al 26esimo giorno antecedente la data del voto, come previsto dalla legge, consentendo ai nostri uffici di stampare i plichi elettorali con maggiore agio e inviarli in tempi rapidi agli elettori. Molte sedi, in particolar modo quelle con una circoscrizione ampia, si sono organizzate con largo anticipo e hanno inviato i plichi elettorali già a fine agosto, anche per scongiurare eventuali rallentamenti dei sistemi postali. In questo modo gli elettori hanno avuto almeno due settimane di tempo per votare e re-inviare la scheda ai consolati,
  Gli uffici consolari si sono inoltre attenuti scrupolosamente alla legge (articolo 12, comma 6, della legge n. 459 del 2001) per le modalità e i tempi di restituzione dei plichi, tenendo conto delle peculiarità delle diverse situazioni nazionali. I nostri consolati hanno in questa circostanza largamente applicato il principio del
favor voti, accettando di ricevere la busta consegnata personalmente da parte del connazionale e non ordinariamente spedita entro il decimo giorno antecedente la votazione in Italia.
  A fronte di una situazione di emergenza, di perdurante incertezza e caratterizzata da condizioni locali avverse, eventuali ritardi nella restituzione dei plichi sono imputabili a cause di forza maggiore e non possono dunque essere ascrivibili agli uffici consolari. Questi hanno infatti messo in atto tutte le dovute precauzioni e preso accordi con i vettori postali per far sì che la spedizione e la restituzione dei plichi elettorali avvenissero nelle modalità ed entro le scadenze di legge.
  Al momento, dunque, non si ritiene opportuno irrigidire ulteriormente le procedure elettorali, applicando un sistema organizzativo
standard per tutti i Paesi. La diversità di procedure attuative da un Paese all'altro è la risultante dell'autonomia gestionale interna a ciascuna ambasciata e consolato. L'Ufficio all'estero, applicando scrupolosamente il dettato normativo, può riservarsi un margine flessibile d'azione in funzione del contesto locale in cui opera. Preme infine rassicurare le Interroganti che le operazioni di voto all'estero sono state coordinate dalla Farnesina in modo tale da assicurare la massima partecipazione al voto degli elettori, in un contesto emergenziale senza precedenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   SIRACUSANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   sono ancora bloccati in Libia i diciotto membri dell'equipaggio di due pescherecci di Mazara del Vallo, «Antartide» e «Medinea», sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dalle autorità libiche a circa 35 miglia a nord di Bengasi;

   il 22 settembre 2020, il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Pietro Benassi, ha ricevuto a Roma i familiari dei fermati, ma oltre alle solite rassicurazioni dal Governo non sono arrivate indicazioni precise;

   nel frattempo nel comune trapanese si susseguono manifestazioni per tentare di accendere i riflettori su un pericoloso episodio come quello appena riportato, a giudizio dell'interrogante, totalmente sottovalutato dal Governo;

   ad avviso dell'interrogante, il nostro Paese non può in alcun modo permettere che propri concittadini restino nelle mani di autorità non riconosciute senza porre in essere alcuna iniziativa concreta per il loro rimpatrio –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo stia assumendo per garantire l'immediato rilascio dei due pescherecci «Antartide» e «Medinea» oltre che dei diciotto membri dell'equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi;

   quali iniziative urgenti il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare per porre fine alle ripetute aggressioni subite dai pescatori italiani e se non intenda avviare tempestivamente un'azione concordata a livello europeo al fine di superare il contenzioso relativo alle zone esclusive di pesca istituite da diversi Paesi per permettere a tutti i pescherecci europei di operare legalmente e in sicurezza.
(4-06910)

  Risposta. — Il Governo sta seguendo con la massima attenzione, tramite tutte le sue articolazioni, la vicenda che vede coinvolti gli equipaggi dei due pescherecci Antartide e Medinea, fermati nella notte tra il primo e il 2 settembre da parte dell'autoproclamato governo dell'Est del Paese. Gli otto cittadini italiani e un doppio cittadino italo-tunisino e tutti gli altri marittimi fermati stanno bene, non condividono gli spazi in cui si trovano con persone che possano mettere a rischio la loro incolumità e, tramite l'Ambasciata d'Italia a Tripoli, ricevono l'assistenza e i medicinali di cui necessitano.
  L'intervento libico sembra sia scaturito dalla presunta violazione dell'autoproclamata zona di pesca protetta. Il tratto di mare in cui è avvenuto il sequestro dei pescherecci sarebbe infatti considerato zona militare dalla parte est-libica.
  Al di là della situazione di grave instabilità interna che caratterizza lo scenario libico e delle valutazioni di profilo giuridico-internazionale, nel maggio 2019 il Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist) ha dichiarato l'area della zona di protezione di pesca libica ad «alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologie. Analogo messaggio viene riportato sui sito istituzionale della Farnesina «Viaggiare Sicuri». A più riprese il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Comando generale della Guardia costiera e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali hanno raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. In ottemperanza alle decisioni del Cocist, le unità della Marina militare in navigazione nell'area invitano le unità di pesca italiane localizzate in quella zona a lasciarla.
  Riteniamo inaccettabile lo stato di fermo per qualcuno che viola una zona autoproclamata, soprattutto considerando che ad emetterlo è un'entità che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo. Ciò non toglie che quella rimane una zona a rischio. Quanto accaduto pone con rinnovata evidenza il tema della progressiva territorializzazione del Mediterraneo. Negli ultimi anni, un numero crescente di Stati ha proclamato proprie zone marittime per esercitare diritti di sovranità esclusivi. Con alcuni di questi, come Algeria e Grecia, abbiamo concluso accordi. È ovviamente impossibile, in questa fase, prevedere accordi analoghi con una Libia contesa tra più fazioni in conflitto tra loro. I nostri sforzi ora sono concentrati sul riportare a casa i pescatori, ma certamente occorre lavorare, e il Governo lo sta facendo, anche per creare le condizioni che evitino il ripetersi di episodi così dolorosi per la nostra marineria.
  In merito alla possibilità di avviare un'azione concordata a livello europeo volta a superare il contenzioso relativo alle zone esclusive di pesca istituite dai Paesi del Mediterraneo e permettere ai marittimi di operare in sicurezza, occorre premettere che l'Unione Europea non è competente a concludere accordi di delimitazione delle acque in connessione con lo sfruttamento delle risorse ittiche. Questo genere di accordi competono infatti in via esclusiva ai singoli Stati membri. In linea generale, la gestione delle risorse biologiche del Mediterraneo è già definita a livello multilaterale nell'ambito della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo della Fao. La Commissione ha la funzione di promuovere, su un piano di parità tra tutti gli Stati rivieraschi, la conservazione e l'uso sostenibile delle risorse e lo sviluppo dell'acquacoltura. A tutela delle risorse ittiche nelle acque circostanti le coste italiane, e a maggiore garanzia degli interessi del settore nazionale della pesca, da alcuni anni l'Italia ha avviato una politica volta a concludere accordi bilaterali con i Paesi confinanti del Mediterraneo per delimitare le rispettive aree marittime di interesse esclusivo.
  Adesso, come ha sottolineato il Ministro Di Maio nel
question time al Senato del 15 ottobre 2020, occorre anzitutto stringersi intorno ai connazionali trattenuti a Bengasi, evitando speculazioni politiche e perseguendo insieme l'unico obiettivo che conta: restituirli al più presto all'affetto dei loro cari. Il Ministro Di Maio si è subito attivato con partner internazionali, in particolare quelli (come Russia ed Emirati Arabi Uniti) che intrattengono rapporti specifici con Bengasi. Questa azione parallela potrà corroborare gli sforzi che il Governo svolge a tutto campo con i libici. Per raggiungere l'obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   TATEO, SASSO e GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il raddoppio di un tratto di linea ferroviaria di 35 chilometri circa tra Termoli e Lesina da 150 anni blocca lo sviluppo dell'intera linea ferroviaria sulla dorsale Adriatica; dal 1863 la tratta è rimasta a binario unico e, a parte l'elettrificazione, nulla è stato fatto, impedendo la connessione ferroviaria veloce tra Nord e Sud del Paese;

   nonostante la serie di decreti-legge del Governo per la semplificazione di appalti e procedure di valutazione di impatto ambientale (Via) e nonostante le promesse per il recupero del gap infrastrutturale del Sud Italia e per la realizzazione del corridoio Ten-T parte adriatica con la linea Ac-Av, la richiesta di alternative sostanziali di tracciato sul raddoppio Termoli-Lesina, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, provoca la divisione in due del Paese per i prossimi anni;

   si apprende dalla stampa che, diversamente da ogni buon senso e contrariamente alla possibilità di prevedere compensazioni agli impatti ambientali, previste anche dalle direttive comunitarie sulla Via, in ordine alle interferenze sulla natura e verso gli uccelli «fratino» e «ghiandaia marina» che, secondo il parere di esperti riportato su primonumero.it del 15 ottobre 2020, nemmeno nidificano sul tracciato previsto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare chiede varianti sostanziali al tracciato, che ne impediscono la realizzazione, prediligendo scelte diverse di carattere tecnico o di aspetti tipologico-costruttivi e dimensionali;

   sembra che le ultime integrazioni al progetto presentate da Rfi sono state giudicate dalla sottocommissione Via insufficienti e lacunose;

   in particolare, oltre agli impatti valutati insormontabili rispetto all'avifauna, si intravedrebbero impatti atmosferici e le barriere antirumore sarebbero inadeguate e obsolete per il territorio della regione Molise, poiché non intervengono direttamente sulla fonte dinamica generatrice del rumore; inoltre, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta che la biodiversità verrebbe danneggiata irrimediabilmente dal passaggio di un numero maggiore di treni ad alta capacità, che creerebbero frammentazione degli habitat, alterazione e interruzione di corridoi ecologici, rischi di collisione; anche la realizzazione della galleria naturale di 1715,85 metri nel territorio di Campomarino, richiederebbe rilievi alla quota di scavo;

   secondo gli interroganti si tratta di impatti mitigabili e compensabili presenti su tutti i progetti di infrastrutture ferroviarie –:

   quali iniziative improcrastinabili il Governo intenda adottare per sbloccare in tempi brevi la realizzazione del raddoppio della tratta Termoli-Lesina, attraverso soluzioni meno rigide e più propense a permettere l'ammodernamento della linea, anche considerando che si tratta di una ferrovia, ritenuta funzionale a una mobilità pulita e ambientalmente sostenibile, come tutte le altre che Rfi ha già realizzato nel Centro-nord del Paese con impatti ambientali che sono stati mitigati e compensati.
(4-07155)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre innanzitutto evidenziare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è consapevole della valenza del ruolo strategico che assume il raddoppio della tratta Termoli-Lesina per il potenziamento della «Direttrice Adriatica» sia per il trasporto passeggeri sia per il trasporto merci. Proprio in considerazione dell'importanza dell'opera in questione, infatti, nel 2001 si era proceduto all'inserimento del raddoppio della tratta Termoli-Lesina fra le infrastrutture strategiche di interesse nazionale rientrando così nell'ambito delle disposizioni della così detta «Legge Obiettivo».
  Per maggiore chiarezza è utile ripercorrere le tappe che hanno portato all'attuale situazione. Il progetto preliminare dell'intera opera «Linea Pescara-Bari, raddoppio Termoli-Lesina», lotti 1, 2 e 3, fu sottoposto alla Via speciale di legge obiettivo e valutato positivamente con prescrizioni nel luglio del 2013 dalla allora Commissione Via-Vas.
  Nel 2015, in sede di approvazione del Cipe di questo progetto preliminare, veniva prescritto, su richiesta della regione Molise, di «valutare gli impatti economici sul progetto, derivanti dalla soluzione proposta dalla regione Molise per l'ottimizzazione urbanistica e territoriale del tracciato tra la prog. 1+940 (lotto 2) e 8+298 (lotto 3) (prescrizione n. 1 regione Molise)».
  Soltanto alla fine del 2019, Rete ferroviaria italiana s.p.a. ha trasmesso il progetto definitivo, successivamente integrato nel marzo 2020, elaborato sulla base della variante ipotizzata dalla regione Molise, dei lotti 2-3, per lo svolgimento della nuova Via speciale che ha avuto l'8 maggio scorso l'esito negativo citato nell'interpellanza. Tale esito è stato determinato dalle carenze evidenziate nella valutazione della commissione Via attinenti la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti per superare le carenze di analisi ambientale così come presentate.
  Successivamente la sottocommissione Via, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per superare il parere negativo di compatibilità espresso dalla commissione Via nel mese di maggio ha nuovamente richiesto a Rete ferroviaria italiana s.p.a. alcune integrazioni alla documentazione depositata dal gestore della rete ferroviaria, documentazione che è stata rilevata nuovamente essere significativamente carente per vari aspetti non legati solo all'area Sic.
  Appare utile ricordare che le richieste tecniche avanzate dalla commissione sono formulate in modo costruttivo ed esplicativo verso Rete ferroviaria italiana s.p.a. che non ha fornito in maniera adeguata quegli elementi conoscitivi, progettuali e tecnici, che sono necessari a superare le carenze di analisi ambientale della documentazione trasmessa e poste alla base del motivato parere negativo.
  Si evidenzia che le carenze riguardano numerose componenti ambientali:

   popolazione e salute umana; atmosfera e clima;

   geologia ed acque sotterranee;

   suolo, uso del suolo e patrimonio agroalimentare;

   biodiversità;

   fauna; avifauna;

   piano di utilizzo delle terre rocce da scavo;

   mancato svolgimento di una valutazione «appropriata» della Valutazione di incidenza ambientale sui siti di importanza comunitaria;

   definizione di eventuali necessarie opere di compensazione;

   massima attenzione agli effetti indiretti legati ad abbassamenti temporanei o duraturi del livello di falda.

  RFI ha trasmesso la documentazione richiesta che è stata acquisita lo scorso 26 ottobre, ed è attualmente in esame presso la commissione Via.
  Tanto premesso si ribadisce ancora che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, riconoscendo la grande importanza strategica dell'opera in questione, ha manifestato e continuerà a farlo, la massima disponibilità per la costruzione di un percorso che raggiunga il punto di equilibrio tra le fondamentali esigenze del trasporto e della tutela ambientale. Equilibrio che verrà certamente trovato grazie alla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   VARCHI, GALANTINO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, ROTELLI, MASCHIO, LUCASELLI, CIABURRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   desta perplessità la scelta della direzione del carcere romano di Rebibbia di attivare, tra le attività ludico-ricreative rivolte alla popolazione detenuta, anche un corso di pugilato;

   tale decisione sembra ancora più assurda se si analizzano i dati relativi alle aggressioni ai danni degli agenti penitenziari, che «registrano un sensibile aumento del tasso di comportamenti violenti ed antidoverosi, spesso indirizzati contro il personale del Corpo di Polizia penitenziaria, dell'Amministrazione penitenziaria e del personale medico o infermieristico, nell'esercizio delle funzioni», come si legge nella circolare n. 3689/6139 del 23 luglio 2020 dello stesso Ministero della giustizia;

   gli eventi critici contro gli appartenenti alla polizia penitenziaria sono aumentati in maniera preoccupante; si è passati dalle 378 aggressioni agli agenti del primo semestre 2019 ai 502 del successivo semestre, dai 737 ai 1.119 telefonini rinvenuti e sequestrati ai detenuti, dalle 477 minacce-violenze-ingiurie alle 546, dalle 3.819 alle 4.179 manifestazioni di protesta; senza dimenticare le recenti rivolte in oltre trenta strutture detentive sull'intero territorio nazionale, con circa 60 poliziotti penitenziari feriti e contusi, 13 detenuti morti per abuso di farmaci (9 a Modena e 4 a Rieti), interi reparti detentivi devastati, incendiati e distrutti, agenti sequestrati ed evasioni di massa;

   sono dure le parole del Sappe, che ha chiesto l'intervento del Ministro della giustizia: «Piuttosto che trovare soluzioni idonee agli eventi critici che sistematicamente si verificano nelle carceri, piuttosto che impiegare i detenuti in opere di recupero ambientale (come la pulizia delle spiagge, dei sentieri, degli alvei dei fiumi, dei giardini pubblici) per trovare soluzione all'ozio penitenziario nel quale i ristretti stanno 24 ore al giorno, a Rebibbia si pensa a mettere i detenuti in condizione di imparare le migliori tecniche per magari aggredire i poliziotti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se non ritenga di dover adottare iniziative per l'immediata revoca della scelta operata dalla direzione del carcere di Rebibbia;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per assicurare le necessarie tutele e garanzie per gli agenti di polizia penitenziaria, anche attraverso la dotazione di idonei strumenti che migliorino il servizio bodycam e i taser.
(4-06977)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, partendo dalla notizia inerente l'inserimento di un corso di pugilato tra le attività ludico-ricreative organizzate in favore dei detenuti del carcere di Roma Rebibbia, e stigmatizzata tale iniziativa in ragione dei numerosi atti di violenza che si registrano in danno degli appartenenti alla polizia penitenziaria, avanza specifico quesito in ordine alle iniziative che si intendano assumere sul punto, nonché circa la possibilità di dotare gli agenti della polizia penitenziaria di strumenti tecnologici quali bodycam e taser.
  Orbene, va subito precisato come, a prescindere dalla terminologia utilizzata dagli organizzatori del corso inviati dal Coni, nel caso in questione si tratta di un'attività ginnica varia, non mirata ad una preparazione prepugilistica, come ritenuto dall'interrogante.
  Ciò precisato, merita riferire che nell'ambito del protocollo d'intesa Coni & regione, negli ultimi tre anni sono state realizzate una serie di iniziative tra cui il progetto «Lo sport entra nelle carceri», al quale la direzione dell'istituto penitenziario di Rebibbia aderisce ormai da diversi anni, attraverso l'organizzazione di corsi di calcio, tennis e scacchi.
  L'iniziativa di promozione dello sport e delle attività motorie è evidentemente tesa al miglioramento delle condizioni psico-fisiche dei detenuti, alla creazione di momenti di aggregazione e di svago, nonché all'indicazione di sani e corretti stili di vita.
  La pianificazione del progetto in esame è avvenuta d'intesa con l'ufficio coordinamento della regione e il garante regionale dei detenuti e i tecnici che il Coni Lazio mette a disposizione degli istituti penitenziari sono tecnici qualificati.
  Quest'anno, attesa l'inagibilità del campo da tennis, il progetto del Coni, d'intesa con l'area trattamentale, ha previsto anche l'attivazione del corso in esame, una volta alla settimana, per un'ora e mezza.
  Poiché il corso è destinato ai detenuti appartenenti al circuito della «custodia attenuata per tossicodipendenti» (I.C.A.T.T.), che per la loro stessa condizione di dipendenza risultano certamente più fragili, esso sembra ben inserirsi all'interno del percorso di riabilitazione, mirando a far emergere determinazione e conoscenza di sé.
  Quanto al tema delle aggressioni in danno degli appartenenti alla polizia penitenziaria, si evidenzia che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e l'8 ottobre 2020 presso la III casa circondariale di Roma «Rebibbia» non si sono registrati eventi critici inerenti a episodi di aggressione al personale del Corpo di polizia penitenziaria da parte di detenuti ivi ristretti.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   VILLANI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, CASA, DE LORENZO, CUBEDDU, MARIANI, CIPRINI, TRIPIEDI, PERCONTI, ELISA TRIPODI, NAPPI, FRATE, DI SARNO, GRIMALDI, CURRÒ, MARTINCIGLIO, MANZO, PROVENZA, TRANO, CASO e MELICCHIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il museo archeologico nazionale della valle del Sarno è un punto di riferimento sia per le comunità locali, che lo percepiscono come la più grande espressione culturale del territorio, sia per il mondo scientifico, in quanto custode di un patrimonio che, databile dal neolitico fino all'epoca medioevale, risulta fondamentale per comprendere e ricostruire le dinamiche storiche della Campania antica;

   la collezione museale è costituita da reperti provenienti dall'attività di tutela che la soprintendenza ha svolto negli ultimi 50 anni e in venticinque comuni dell'agro sarnese-nocerino;

   i reperti ammontano a oltre 50 mila oggetti rinvenuti in più di 2 mila tombe scavate che, insieme agli straordinari reperti rinvenuti nelle ville del suburbio pompeiano e negli edifici pubblici di epoca romana dell'antica città di Nuceria, rappresentano il fulcro dell'intero museo archeologico della valle del Sarno;

   il personale in servizio al museo comprende, oltre a un archeologo con l'incarico di direttore del museo, anche due assistenti amministrativi, due operatori tecnici e sette assistenti alla vigilanza, fruizione e accoglienza di cui sei sono impegnati in turnazioni al fine di coprire le 24 ore;

   per le esigenze di tutela il contingente di assistenti alla vigilanza, fruizione e accoglienza del Ministero per i beni e le attività culturali è estremamente ridotto e, in caso di assenza il servizio risulterebbe seriamente compromesso;

   la presenza umana h24 è assolutamente indispensabile in quanto i sistemi di antifurto, antieffrazione e antintrusione non sono efficienti; inoltre, la videosorveglianza non copre i depositi e una parte dell'edificio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica in questione e quali iniziative intenda intraprendere al fine di incrementare il personale adibito alla vigilanza, alla fruizione e all'accoglienza del museo archeologico nazionale della valle del Sarno;

   se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative al fine di aumentare la sicurezza dello stesso.
(4-02878)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative il Ministero intende intraprendere per incrementare il personale adibito alla vigilanza, alla fruizione e all'accoglienza del Museo archeologico nazionale della Valle del Sarno, punto di riferimento sia per le comunità locali sia per il mondo scientifico.
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla Direzione regionale musei della Campania e dalla Direzione generale organizzazione, si rappresenta quanto segue.
  Il Museo archeologico nazionale della Valle del Samo dal 2011 ha sede nel centro storico della città di Sarno, in un palazzo gentilizio, edificato verso la metà del Settecento, acquisito al demanio dello Stato nel 1986 con l'obiettivo specifico di allestirvi il museo e dichiarato di notevole interesse storico-artistico
ex legge 1089 del 1939 con decreto ministeriale del 3 ottobre 1987.
  Già dal 1994 il palazzo è stato adibito a deposito dei reperti archeologici portati alla luce in tutto l'agro sarnese-nocerino dalla Soprintendenza di Salerno, nel corso della sua attività di tutela, con il conseguente trasferimento del personale di vigilanza.
  Al piano terra, gli ambienti di servizio, quali guardiola, stalle e cantine, sono stati utilizzati prevalentemente come depositi e sono stati in parte rifunzionalizzati per l'accoglienza dei visitatori.
  Al primo piano sono ubicati rispettivamente l'esposizione permanente e gli uffici.
  Il secondo piano, con soffitti e pareti affrescate verso la fine del Settecento e agli inizi del Novecento, è attualmente oggetto di interventi di natura edile in via di ultimazione, cui seguiranno i lavori di restauro degli apparati decorativi («Interventi di restauro dipinti murali, pavimentazione, ripristino infissi, realizzazione di servizi igienici proposizione di nuovo accesso museale», A.F. 2018/2019, importo euro 800.000,00), come da progetto redatto dal responsabile tecnico del museo, in servizio presso la Certosa di Padula. A fronte di tali interventi, risulterà incrementato lo spazio espositivo del museo, ampliandone l'offerta culturale, e saranno fruibili in sicurezza le stanze affrescate.
  In questo istituto, che attualmente afferisce alla Direzione regionale della Campania, sono ad oggi in servizio un funzionario archeologo, con l'incarico di direttore dal 29 ottobre 2018 (decreto n. 305 del 12 ottobre 2018), due assistenti amministrativi gestionali, un operatore tecnico e sei assistenti all'accoglienza, sorveglianza e vigilanza.
  Il Museo, per il servizio di accoglienza, si avvale anche di quattro unità di personale della società Ales spa, presenti tutti i giorni della settimana, equamente distribuite nei turni antimeridiano e pomeridiano.
  Anche in considerazione di tali carenze di organico, la Direzione regionale ha promosso un intervento di implementazione dei sistemi di sicurezza e degli impianti di videosorveglianza che ha consentito di sopprimere il servizio notturno di vigilanza, a decorrere dal 21 marzo 2020, attivando contestualmente il controllo da remoto in collegamento con una centrale operativa esterna e applicando per il personale di vigilanza l'istituto della reperibilità.
  Il predetto intervento ha avuto un effetto immediato non solo sulla gestione delle presenze, ma soprattutto sull'efficientamento dei sistemi di sicurezza, antieffrazione e antintrusione.
  Con riferimento alle iniziative intraprese per ovviare alla grave carenza di personale che caratterizza questa Amministrazione, sono in corso di svolgimento una serie di procedure concorsuali e selettive e sono state avviate interlocuzioni con il Dipartimento della funzione pubblica in ordine a ulteriori procedure assunzionali.
  Nella specie, sono in corso di svolgimento le procedure concorsuali e selettive di seguito indicate.
  Concorso pubblico, per esami, per il reclutamento di n. 1.052 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato, da inquadrare nella II Area funzionale, posizione economica F2, profilo professionale di «assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza», indetto dalla Commissione interministeriale RIPAM, con bando pubblicato in
Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale Concorsi ed esami, n. 63 del 9 agosto 2019. Dall'8 gennaio 2020 al 20 gennaio 2020, per il quale sono state espletate le prove preselettive; in data 28 gennaio 2020 è stato pubblicato l'elenco dei candidati ammessi alle prove scritte. Lo svolgimento di queste ultime, inizialmente previsto in data 19 marzo 2020 e successivamente in data 24 aprile 2020, è stato rinviato in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Lo svolgimento delle successive fasi del concorso potrebbe avvenire secondo le modalità stabilite dall'articolo 248 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto Decreto rilancio), il quale, con riferimento alle procedure concorsuali già bandite o per le quali sia stata effettuata anche una sola delle prove concorsuali, riconosce la possibilità, per RIPAM, su richiesta delle Amministrazioni destinatarie delle procedure concorsuali, di modificare le modalità di svolgimento delle prove, prevedendo, da un lato, l'utilizzo di strumenti informatici e digitali per le prove scritte oppure il ricorso a sistemi di videoconferenze per le prove orali; dall'altro lato, lo svolgimento delle stesse prove presso sedi decentrate.
  Procedura selettiva per il reclutamento di n. 500 unità di personale non dirigenziale con profilo professionale di «operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza» della II Area funzionale, posizione economica F1, a tempo pieno e indeterminato, mediante avviamento degli iscritti ai Centri per l'impiego. Tale procedura è stata indetta con avviso di selezione pubblicato in
Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale Concorsi ed esami n. 15 del 21 febbraio 2020. In applicazione dell'articolo 3, comma 2 dell'avviso di selezione, i segretariati regionali di questo Ministero hanno trasmesso, entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del predetto avviso, ai centri per l'impiego territorialmente competenti, nonché agli uffici provinciali o regionali del lavoro, la richiesta di avviamento a selezione dei candidati ai fini del reclutamento. L'ulteriore svolgimento della procedura è demandato ai centri per l'impiego. Sul punto, tuttavia, si deve tener presente che l'articolo 40 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, ha disposto la sospensione delle procedure di avviamento a selezione tramite centri per l'impiego per due mesi dall'entrata in vigore del medesimo decreto-legge. La sospensione, inoltre, è stata ulteriormente prorogata per effetto dell'articolo 76 del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale ha stabilito che le procedure anzidette sono sospese per quattro mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020. Pertanto, la procedura in esame risulta sospesa fino al 17 luglio 2020. Ultimate dette procedure selettive, si procederà all'inquadramento nei ruoli della II Area funzionale delle prime n. 250 risorse già nel corso del 2020, con riserva di procedere alla nomina delle ulteriori n. 250 a decorrere dall'anno 2021.
  In aggiunta, si evidenzia che sono state avviate interlocuzioni con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, in ordine a procedure finalizzate al reclutamento delle seguenti risorse:

   n. 250 unità di personale di qualifica non dirigenziale, III Area funzionale, posizione economica F1, nel profilo professionale di «funzionario amministrativo». L'autorizzazione ad esperire la procedura concorsuale per il reclutamento è stata prevista dall'articolo 1, comma 338, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019). Questo Dicastero ha formulato al Dipartimento della funzione pubblica una richiesta di reclutamento mediante procedura concorsuale unica, secondo quanto disposto dall'articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013. Il relativo bando, a cura della Commissione per l'attuazione del progetto Ripam è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 giugno 2020;

   n. 17 unità di personale non dirigenziale, III Area funzionale, posizione economica F1, profilo professionale di «funzionario architetto» – la cui assunzione è autorizzata dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 aprile 2017 e 10 ottobre 2017 – da reclutare mediante attingimento di personale idoneo da graduatorie «RIPAM Abruzzo (TC7/A)» e, in subordine, «RIPAM Rieti (TC7/L)». Al fine di procedere alle assunzioni delle predette unità di personale, questo Dicastero ha avanzato a Formez PA la richiesta di attingimento dalle graduatorie sopra indicate. Assolto l'obbligo di comunicazione ex articolo 34-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, è attualmente in corso una interlocuzione con il delegato Formez PA ai fini delle assegnazioni dei candidati idonei che hanno manifestato interesse per questo Ministero ai fini di un imminente inquadramento delle suddette unità;

   n. 398 unità di personale non dirigenziale, II Area funzionale, posizione economica F2, di cui, rispettivamente, n. 334 unità appartenenti al profilo professionale di «assistente amministrativo gestionale» e n. 64 unità appartenenti al profilo professionale di «assistente informatico». L'assunzione delle predette unità è consentita dall'articolo, comma 4, della legge n. 56 del 2019, in deroga alla normativa vigente concernente l'obbligo di esperire preliminarmente procedure di mobilità di personale ex articolo 30, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e senza la necessità di preventiva autorizzazione, mediante l'utilizzo delle risorse in anticipazione corrispondenti alle facoltà assunzionali previste per il triennio 2019-2021, nel limite massimo dell'80 per cento delle medesime. Questo Dicastero ha formulato al Dipartimento della funzione pubblica richiesta di reclutamento delle predette unità mediante procedura concorsuale unica; l'IGOP-MEF, verificata la capienza delle facoltà assunzionali, ha assentito a tali richieste nei termini riferiti.

  Il piano di assunzioni programmato, nel rispetto delle esigenze di funzionalità e del principio della ottimizzazione delle risorse finanziarie a disposizione, sarà tale da garantire a questo Ministero una sostanziale integrazione dell'organico del personale.
  In tale contesto, potranno essere considerate senz'altro anche le esigenze segnalate dall'interrogante.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   VILLANI, NAPPI, MARIANI, SARLI, BARBUTO e PERANTONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha comportato un impatto economico devastante in tutti i settori produttivi dei Paesi coinvolti;

   a causa della pandemia da Coronavirus, che ha portato alla sospensione degli spettacoli teatrali, la situazione è diventata drammatica. Appare impossibile immaginare, almeno per ora, una riapertura di tutte le attività dello spettacolo e niente, comunque per adesso, potrà tornare come prima;

   la Fondazione Centro Studi Doc parla del 90 per cento dei lavoratori dello spettacolo fermi: musei chiusi, mostre sospese o cancellate, monumenti sbarrati, cinema sotto chiave, produzioni interrotte, spettacoli teatrali rimandati: anche la cultura, almeno quella che rimanda a luoghi fisici, è stata ostaggio del Coronavirus;

   per Agis, la perdita stimata è di circa 20 milioni di euro a settimana: quindi, facendo un rapido calcolo, quasi una «calamità» (economica);

   la crisi, se ha colpito le grandi realtà culturali, sta colpendo ancor più severamente di altri, gli esercenti del piccolo spettacolo viaggiante: tra costoro, soffre il teatro di burattini, il più delle volte vera e propria impresa a conduzione familiare;

   il teatro dei burattini è parte importante, ad esempio, della cultura salernitana: il Teatro Ferrajolo nato nel 1860, operativo con le sue compagnie in giro per l'Italia, con gli spettacoli viaggianti, altamente culturali pedagogici, da sempre distribuisce sorrisi, gioia, emozioni;

   questi artisti dello spettacolo viaggiante si pongono tanti interrogativi soprattutto inerenti all'incertezza sui tempi, sulle regole e sulle condizioni per tornare in piazza a lavorare in sicurezza ma chiedono anche chiarezza su eventuali sussidi e aiuti da parte dello Stato;

   il teatro, in tutte le sue accezioni, è parte importante della cultura italiana, anche quello di «strada» e, a parere dell'interrogante, è doveroso tutelarlo alla stregua di tutte le bellezze artistiche, patrimonio unico della nostra nazione;

   questi lavoratori itineranti sul territorio nazionale riescono a fare profitti aprendo le loro attività in condizioni, per lo più economiche, diverse rispetto ad altri: ad esempio, oltre alle condizioni meteorologiche che devono essere favorevoli, occorre trovare sempre nuove piazze e far fronte alla tassa per l'allaccio, alla tassa di occupazione del suolo pubblico e adesso in aggiunta a tutte le dovute ed opportune precauzioni per la messa in sicurezza degli spettatori, quali mascherine, numero di posti, distanziamento sociale;

   si tratta di voci di spesa cospicue e difficilmente recuperabili in condizioni avverse –:

   se il Ministro sia a conoscenza della realtà esposta in premessa e, in funzione della ripresa di tutti i settori e dell'auspicabile ripartenza in sicurezza della cultura in generale e del teatro cosiddetto viaggiante in particolare, se e quali iniziative ritenga necessario adottare, per consentire a tali esercenti di fare fronte anche alle spese per la sanificazione ed il distanziamento, oltre a quelle fisse indispensabili al riavvio delle attività;

   quali siano i protocolli necessari per mettere gli esercenti nelle condizioni di riaprire in piena sicurezza per loro, per i dipendenti e per i clienti.
(4-06016)

  Risposta. — Sulla base degli elementi acquisiti dalla Direzione generale spettacolo, si rappresenta quanto segue.
  Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020 (articolo 1, comma 1, lettera
p)) è stato disposto che dal 15 giugno 2020 gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Tali misure sono state confermate anche dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020.
  Le attività devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei prìncipi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri comuni di cui all'allegato 10 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri.
  Restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto, quando, non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni prescritte.
  Le regioni e le province autonome, in relazione all'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, possono stabilire una diversa data di ripresa delle attività, nonché un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi (articolo 1, comma 1, lettera
m)).
  Al fine di sostenere gli organismi operanti negli ambiti dello spettacolo dal vivo il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» e, in particolare, l'articolo 89, ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, di due fondi, uno di parte corrente e l'altro in conto capitale, per le emergenze nei settori dello spettacolo e del cinema e audiovisivo e stabilisce che tali fondi, con dotazione complessiva di 130 milioni di euro per l'anno 2020, di cui 80 milioni di euro per la parte corrente e 50 milioni di euro per gli interventi in conto capitale, sono ripartiti e assegnati agli operatori dei settori, ivi inclusi artisti, autori, interpreti ed esecutori, tenendo conto altresì dell'impatto economico negativo conseguente all'adozione delle misure di contenimento del COVID-19, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  In attuazione di quanto disposto, è stato emanato un primo decreto ministeriale per il sostegno degli organismi operanti nello spettacolo dal vivo nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che non sono stati destinatari di contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo nell'anno 2019 (decreto ministeriale 23 aprile 2020, n. 188) e successivamente un secondo decreto destinato, in particolare, al sostegno delle imprese di esercizio di spettacolo viaggiante, con il decreto ministeriale 28 aprile, n. 211.
  I successivi avvisi pubblici per l'ammissione ai contributi previsti hanno avuto una importante risposta da parte dei soggetti interessati, con circa 4000 domande presentate e la conseguente erogazione dei primi contributi in esito alle procedure istruttorie e alle dovute verifiche amministrative.
  Successivamente, è intervenuto il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (legge n. 77 del 2020) che ha, tra l'altro, ampliato o prorogato alcuni interventi già previsti dal decreto-legge n. 18 del 2020 (legge n. 27 del 2020).
  Nello specifico, il decreto-legge n. 34 del 2020 (legge n. 77 del 2020), ha incrementato (da euro 130 milioni) a euro 245 milioni la dotazione complessiva dei fondi di parte corrente e in conto capitale introdotti per il 2020 dal decreto-legge n. 18 del 2020 (legge n. 27 del 2020: articolo 89) e destinati al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell'audiovisivo. In particolare, il Fondo di parte corrente è passato (da euro 80 milioni) a euro 145 milioni; il fondo in conto capitale è passato (da euro 50 milioni) a euro 100 milioni. È stato previsto, altresì, un possibile incremento di euro 50 milioni per il 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione, già assegnate al Piano operativo «Cultura e turismo» di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (articolo 183, comma 1). Al contempo, tuttavia, si è ridotto di euro 9,6 milioni per il 2020 l'incremento del fondo di parte corrente, destinando tali risorse a misure di sostegno dei lavoratori danneggiati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, fra i quali vi sono anche lavoratori intermittenti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, che non beneficiano del trattamento di integrazione salariale (articolo 84, comma 15).
  In attuazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020 (legge n. 27 del 2020) e dal decreto-legge n. 34 del 2020 sono stati emanati diversi provvedimenti ministeriali.
  In particolare:

   con decreto ministeriale n. 188 del 23 aprile 2020 (già richiamato) sono stati destinati euro 20 milioni, quota parte del fondo di parte corrente, agli organismi operanti nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che sono stati destinatari di contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo nel 2019. Tali risorse sono poi state incrementante di euro 6,8 milioni, sempre provenienti dal fondo di parte corrente, con decreto ministeriale n. 278 del 10 giugno 2020. Ciò ha consentito di soddisfare tutte le domande pervenute;

   con decreto ministeriale n. 211 del 28 aprile 2020 (già richiamato) sono stati destinati euro 5 milioni, quota parte del fondo di parte corrente, allo spettacolo viaggiante. Le risorse sono ripartite in parti uguali per ciascun beneficiario e comunque in misura non superiore a euro 2.000 per ciascun beneficiario (limite poi eliminato dal decreto ministeriale n. 313 del 10 luglio 2020 in considerazione del numero di domande pervenute);

   con decreto ministeriale n. 313 del 10 luglio 2020 sono stati destinati euro 10 milioni, quota parte del fondo di parte corrente, al sostegno dell'esercizio teatrale privato (e, al contempo, come già evidenziato, sono state apportate modifiche al decreto ministeriale n. 211 del 28 aprile 2020). Al riguardo, con decreto ministeriale n. 407 del 17 agosto 2020 è stato consentito l'accesso al beneficio anche alle piccole sale teatrali (fra 100 a 299 posti) e, al contempo, sono stati aggiornati i criteri previsti dal decreto ministeriale n. 313 del 2020.
   Riguardo alle iniziative intraprese per consentire agli esercenti di far fronte anche alle spese per la sanificazione si richiama l'articolo 125 del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito in legge 17 luglio 2020, n. 77.
   Quest'ultimo, riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché alle strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale un credito d'imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.
   Il credito d'imposta è riconosciuto fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2020.
   Successivamente, il decreto-legge n. 104 del 2020 ha ulteriormente incrementato la dotazione complessiva dei fondi per il 2020 a euro 335 milioni, di cui euro 185 milioni relativi al fondo di parte corrente ed euro 150 milioni relativi al fondo in conto capitale (articolo 80, comma 2).
   Lo stesso provvedimento ha individuato criteri specifici per l'attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) nel periodo 2020-2022, in deroga alla disciplina generale, e ha previsto che per il 2020 le stesse risorse possono essere utilizzate anche per integrare le misure di sostegno del reddito dei dipendenti degli organismi dello spettacolo (legge n. 77 del 2020, articolo 183, comma 4, 5 e 6);

   ha istituito, con una dotazione di euro 10 milioni per il 2020, il fondo destinato al sostegno delle imprese e degli enti di produzione e distribuzione di spettacoli di musica, compresi gli enti in forma cooperativa e associativa, costituiti formalmente entro il 28 febbraio 2020, non finanziati a valere sul Fus, per le attività di spettacolo dal vivo messe in scena a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2020 (articolo 183, comma 11-quater).

  In seguito, il decreto-legge n. 104 del 2020 ha incrementato la disponibilità del fondo a euro 231,5 milioni e lo ha destinato, con riferimento a spettacoli, fiere, congressi e mostre, al ristoro delle perdite derivanti anche dai casi di rinvio (come già previsto in alcuni decreti ministeriali attuativi intervenuti) o di ridimensionamento (articolo 80, comma 1, lettera a)).
  Meritano particolare attenzione, tra le altre di recente adottate con il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, le seguenti disposizioni.
  L'articolo 9, comma 4, che prevede un'indennità onnicomprensiva di 1.000 euro a favore degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in possesso dei requisiti di cui all'articolo 38 del decreto «cura Italia» (almeno 30 contributi giornalieri versati nell'anno 2019 e reddito non superiore a 50.000); la medesima indennità è riconosciuta anche ai lavoratori dello spettacolo che possono far valere almeno sette contributi giornalieri versati nel 2019 ed un reddito nel medesimo anno 2019 non superiore a 35.000 euro.
  Al riguardo, è utile ricordare che per fronteggiare l'emergenza economica conseguente al Covid-19 sono stati varati una serie di provvedimenti normativi, che hanno previsto per i mesi di marzo, aprile e maggio un indennizzo erogato dall'Inps a favore di lavoratori che, a causa della crisi, hanno subito un danno alla loro attività economica.
  Tra i provvedimenti normativi che hanno disciplinato tale indennizzo, l'articolo 84 del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto «Rilancio») ha riguardato in particolare alcune categorie di lavoratori più esposte, come gli stagionali e i lavoratori dello spettacolo ai quali è stato garantito, sotto certe condizioni, un indennizzo pari a 600 euro mensili per i mesi di marzo, aprile e maggio.
  Tra gli interventi previsti nei confronti del settore in esame, vanno menzionati, altresì, gli articoli 78 e 80 del «decreto-legge agosto».
  Il comma 1 dell'articolo 78 dispone, per l'anno 2020, l'esenzione dal pagamento della seconda rata dell'imposta municipale propria (Imu) di cui all'articolo 1, commi da 738 a 783, della legge n. 160 dei 2019 relativa, tra gli altri, agli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate.
  Ai sensi del comma 3 del predetto articolo, tale esenzione fiscale è estesa anche agli anni 2021 e 2022.
  Ciò, ovviamente, non va a discapito dei comuni; infatti, per dare ristoro ai predetti enti territoriali delle minori entrate correlate al regime di esenzione, è stato incrementato il fondo di cui all'articolo 177, comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2020 in misura corrispondente agli importi stimati in termini di minori incassi.
  Altra disposizione di particolare rilievo si rinviene nel comma 2 dell'articolo 80, volto a rifinanziare, nella misura complessiva di 90 milioni di euro per l'anno 2020, il Fondo per il finanziamento di interventi a sostegno dei settori dello spettacolo, del cinema e dell'audiovisivo iscritto nello stato di previsione di questo Ministero.
  In particolare si prevede l'incremento, sia con riferimento alla sua dotazione corrente nella misura di 40 milioni di euro (capitolo 1919) sia a quella di conto capitale nella misura di 50 milioni di euro (capitolo 7250).
  In definitiva, questa Amministrazione è ben consapevole delle difficoltà intervenute nel settore dello spettacolo a seguito dell'emergenza COVID-19 e si sta adoperando, con notevole impegno, per la loro risoluzione.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   VINCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a norma dell'articolo 13-ter del vigente decreto-legge n. 179 del 2012, lo Stato riconosce l'importanza del superamento del divario digitale, in particolare nelle aree depresse del Paese, per la libera diffusione della conoscenza fra la cittadinanza, l'accesso pieno e aperto alle fonti di informazione e agli strumenti di produzione del sapere. A tal fine, promuove una «Carta dei diritti», nella quale sono definiti i principi e i criteri volti a garantire l'accesso universale della cittadinanza alla rete internet senza alcuna discriminazione o forma di censura;

   purtroppo, il divario digitale, specialmente nelle aree interne montane è oggi ancora assai presente. È il caso del comune di Civago (RE), cittadina apprezzata per le meravigliose montagne, per i servizi turistici sempre attenti all'ospite, per i suoi rifugi montani, San Leonardo, Segheria e CAI Battisti, per le vertiginose vie ferrate;

   da anni l'unico operatore telefonico mobile ad offrire servizi di telefonia cellulare a Civago, è Vodafone;

   dalla fine di giugno 2020 si registrano gravi disservizi di rete nel comune e continuamente cittadini residenti, villeggianti e turisti denunciano inascoltati una situazione insostenibile: il ripetitore locale di Vodafone smette spesso di funzionare isolando letteralmente la bella località appenninica, che d'estate attira anche numerosi smart-workers, che a causa dei disservizi nelle telecomunicazioni si trovano a non poter svolgere il proprio lavoro;

   per svariati giorni, chi transitava o soggiornava a Civago non ha potuto chiamare i numeri di emergenza 118 e 112, in caso di bisogno del Soccorso alpino o di una più semplice ambulanza, anche per un banale soccorso stradale;

   dal 2019, Civago è inserita dall'Uncem, Unione nazionale comuni comunità enti montani, nelle 1.220 località italiane dove telefonare, mandare un messaggio Sms, navigare in Internet con il proprio smartphone è impossibile o quasi;

   lo sviluppo delle aree interne dell'Appennino, specialmente dell'Appennino reggiano, passa indiscutibilmente dalla possibilità per i turisti ed i visitatori di non essere isolati con le telecomunicazioni e soprattutto dai canali internet;

   anche per fare fronte alle misure di distanziamento sociale ed alle conseguenti possibilità di adottare le forme del lavoro agile e dell'istruzione a distanza, è inderogabile avere l'accesso garantito alla rete internet e lo Stato dovrebbe rimuovere gli ostacoli che lo pregiudicano –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per fare in modo che soprattutto nelle aree montane, segnatamente dell'Appennino reggiano, sia, assicurato il superamento del divario digitale;

   se non si intendano adottare le iniziative di competenza affinché nel comune di Civago sia garantita la piena ed efficace continuità dei servizi di telecomunicazioni e della telefonia mobile.
(4-06744)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'importanza del superamento del divario digitale, in particolare nelle aree interne montane, soffermandosi sui disservizi di rete nel territorio di Civago, frazione del comune di Villa Minozzo (Reggio Emilia).
  L'interrogante riferisce, in particolare, che da anni l'unico operatore telefonico mobile ad offrire servizi di telefonia cellulare a Civago, sarebbe Vodafone.
  Sulle criticità sollevate è stato sentito direttamente l'operatore in questione, che – a riguardo – riferisce quanto segue.
  La stazione radio che fornisce servizio al territorio di Civago è rilegata in rete fissa da una catena di ponti radio, a causa della conformazione orografica del territorio e della contestuale assenza di collegamenti in fibra. Perché questa soluzione sia efficiente, è necessario il perfetto funzionamento di tutte le stazioni radio base che fanno parte della catena trasmissiva: un qualsiasi disservizio su una delle stazioni poste sulla catena trasmissiva pregiudica, infatti, il funzionamento delle altre stazioni.
  Ebbene, è proprio a causa di alcuni disservizi (di diversa natura) verificatisi sulla catena trasmissiva che, nel corso dei mesi passati, il funzionamento della stazione che serve la frazione di Civago è stato parziale ovvero in guasto con inusuale frequenza.
  La società, tuttavia, ha informato questo Ministero di impegnarsi a risolvere, nel più breve tempo possibile, le criticità che si sono verificate e di adottare dovute modifiche strutturali tese a ridurre il numero di nodi presenti della catena trasmissiva per aumentarne l'affidabilità.
  Sul punto sono stati sentiti anche gli altri operatori di telefonia mobile. In particolare, l'operatore TIM ha confermato che, nonostante la copertura mobile nel comune sia complessivamente buona, sussistono zone con segnale affievolito o carente, a causa della vastità e orografia del territorio. La frazione di Civago, in particolare, non presenterebbe alcuna copertura mobile TIM, in quanto la stessa sconta caratteristiche orografiche complesse.
  Alla luce delle problematiche sollevate dall'interrogante, si ribadisce anche in questa sede che i problemi connessi alla digitalizzazione dei comuni italiani sono noti ed una delle priorità di questo Governo è senz'altro quella di eliminare il divario digitale esistente nel nostro Paese.
  A tal fine, il 24 luglio 2020, nell'ambito degli Stati generali della Montagna, il Ministro per l'innovazione tecnologica – presidente del Comitato per la diffusione della banda ultralarga (COBUL) e la digitalizzazione e l'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM) hanno firmato il «Protocollo d'intesa per la realizzazione di un programma di azioni coordinate per l'innovazione e la digitalizzazione dei Comuni montani italiani», con il quale le parti si sono impegnate a realizzare azioni sinergiche per garantire la più ampia e inclusiva diffusione delle tecnologie digitali in modo da permettere a tutti i cittadini, ovunque residenti, di fruire dei servizi digitali messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni, anche attraverso un adeguato e paritario accesso alla rete.
  Tra le misure varate dal Governo a sostegno delle situazioni come quella in parola, si ricorda quanto disposto dall'articolo 1, comma 315, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), il quale ha previsto: «Per sostenere gli interventi di iniziativa regionale volti alla realizzazione di tralicci di proprietà pubblica in zone prevalentemente montane, ove è palese il fallimento di mercato dell'offerta di servizi di telefonia mobile degli operatori fisici cellulari, è riconosciuto un contributo, nel limite delle disponibilità del fondo [...], a favore delle regioni che presentano un programma per la realizzazione di detti tralicci in zone prevalentemente montane entro il 31 marzo 2020. A tale fine è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione pari a 1,5 milioni di euro per l'anno 2020. Il Ministro dell'economia e delle finanze [...] ripartisce, entro il 30 giugno 2020, tra le regioni che ne fanno richiesta, le risorse disponibili presso tale fondo».
  Ulteriori azioni sono state varate con il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (decreto «Semplificazioni»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha introdotto misure per consentire l'adeguamento o l'installazione di impianti di telefonia mobile, nonché con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (decreto «Cura Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il quale contempla «Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche» (articolo 82). Quest'ultimo dispone che le «imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche, [intraprendano] misure e [svolgano] ogni utile iniziativa atta a potenziare le infrastrutture e a garantire il funzionamento delle reti e l'operatività e continuità dei servizi» (comma 2), dando comunicazione di tali misure straordinarie all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), la quale a sua volta «provvede a modificare o integrare il quadro regolamentare vigente» (comma 6).
  Si evidenzia, inoltre, che il territorio dell'Appennino emiliano è oggetto di un programma di infrastrutturazione della regione Emilia-Romagna gestito dalla società Lepida –
utility regionale per le telecomunicazioni – a cui partecipano diversi operatori della telefonia mobile. Si tratta di un progetto a cofinanziamento pubblico-privato di durata pluriennale per la copertura della telefonia mobile nelle zone montane e rurali più periferiche del territorio regionale. Durante la fase di screening del progetto, i comuni, interpellati da Lepida, hanno fornito informazioni in ordine alle carenze di copertura mobile nei propri territori. Il progetto prevede che la regione Emilia-Romagna realizzi infrastrutture e collegamenti da mettere a disposizione, senza oneri, degli operatori interessati, cui spetterebbe la fornitura e posa degli apparati, la relativa manutenzione e il costo dei consumi energetici.
  Sulle criticità espresse nell'atto in parola è stata sentita anche l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), impegnata nel monitoraggio del mercato di
broadband e ultra-broadband al fine di individuare le azioni idonee ad incentivare gli investimenti privati, tenuto anche conto della copertura realizzata con infrastrutture finanziate con aiuti di Stato.
  Il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, infatti, ha dato all'Autorità il compito di costituire una banca dati di tutte le reti di accesso ad
internet esistenti sul territorio nazionale, disponibile all'indirizzo https://maps.agcom.it. La banca dati offre la possibilità di analizzare lo stato di sviluppo dell'offerta di accesso ad internet al singolo indirizzo e di fare valutazioni comparative sulle diverse tecnologie e velocità. Le informazioni possono essere utilizzate per sapere quale infrastruttura di accesso ad internet arrivi a casa propria o per identificare eventuali misure per colmare il divario digitale.
  La banca dati mette a disposizione anche informazioni relative alla copertura mobile assicurata con le diverse tecnologie e consente di individuare le zone di territorio non coperte. I dati disponibili mostrano che vi è stata negli anni una significativa crescita nella disponibilità di infrastrutture di rete, sia per quanto riguarda le reti mobili che quelle fisse.
  Orbene, da tale banca dati, risulterebbe che la frazione di Civago è coperta con rete 4G da almeno un operatore.
  In generale, la disponibilità di servizi di rete mobile 4G era pari a circa il 98 per cento del territorio nazionale a fine 2019, anche nelle aree rurali, a fronte di un 90 per cento a fine 2018.
  L'AGCOM ricorda, inoltre, che gli operatori TIM e Vodafone, aggiudicatari dei blocchi da 80 MHz della banda 3600-3800 MHz assegnata per i servizi 5G dalla delibera della stessa AGCOM n. 231/18/CONS, hanno obbligo di copertura, nell'ambito dei comuni con meno di 5.000 abitanti, di quegli utenti che dovessero rimanere scoperti al termine della realizzazione dei progetti riguardanti il Piano strategico nazionale per la Banda Ultra-Larga (BUL), relativi ai bandi di gara pubblici gestiti dalla società Infratel e attualmente in corso di realizzazione da parte del concessionario vincitore Open Fiber. Tale obbligo, che scatterebbe solo qualora un utente rimasto scoperto richiedesse il servizio di connettività, è dunque complementare e distinto rispetto ai piani pubblici per la banda ultra-larga. La copertura dei comuni oggetto d'obbligo selezionati dagli operatori aggiudicatari è prevista progressivamente a partire dall'inizio del prossimo anno, secondo un calendario definito da ciascun aggiudicatario. A tale riguardo, l'AGCOM rileva che il comune di Villa Minozzo, di cui Civago è una frazione, è stato inserito nelle liste d'obbligo di entrambi gli operatori TIM e Vodafone, anche se temporalmente verso la fine del periodo entro il quale va espletato l'obbligo medesimo. Poiché le liste d'obbligo possono subire modifiche, spetterebbe all'amministrazione comunale verificare direttamente con gli operatori la possibilità di anticipare la copertura di Villa Minozzo. Tuttavia, al fine di circoscrivere l'obbligo, occorre che sia acquisito preventivamente il piano di copertura di Open Fiber.
  L'AGCOM specifica altresì che l'obbligo di copertura e connettività sopra richiamato riguarda la fornitura del servizio direttamente all'unità immobiliare in cui è situato il cliente finale, ad esempio mediante l'impiego di architetture di tipo
Fixed Wireless Access (FWA). Tale meccanismo potrebbe indirizzare alcune delle problematiche esposte dall'Onorevole interrogante, pur non essendo sostitutivo di una copertura mobile generalizzata, anche in considerazione delle caratteristiche radioelettriche della banda di frequenza in questione.
  In conclusione, si rappresenta che il comune di Villa Minozzo risulta inserito nelle cosiddette «aree bianche» – ossia aree a fallimento di mercato, prive di investimenti da parte di operatori privati – del Piano banda ultralarga (Piano BUL). I lavori per la realizzazione di una rete in fibra nel territorio di riferimento sono stati avviati nel 2019 e sono attualmente in corso; la commercializzazione dei servizi su infrastruttura «
Fiber to the Home» (FTTH), cioè «fibra fino a casa», è prevista a metà 2021. È, altresì, previsto l'avvio, a gennaio 2021, dei lavori per la realizzazione della infrastruttura wireless per la fornitura di connettività ad alta velocità, con data di chiusura dei lavori ad inizio 2022 e piena operatività a giugno 2022.
  L'infrastrutturazione delle cosiddette «aree bianche» rappresenta la prima fase di attuazione del Piano nazionale BUL. Il piano strategico per la banda ultralarga è coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite COBUL.
  Si rappresenta, infine, che gli aggiornamenti giornalieri dello stato di avanzamento del Piano BUL, comune per comune, indicando anche la tecnologia disponibile (FWA o fibra) sono riportati da Infratel Italia, società controllata al 100 per cento da Invitalia s.p.a. e vigilata dal Ministero dello sviluppo economico e soggetto attuatore del Piano nazionale BUL, sull'apposito sito dedicato (
https://bandaultralarga.italia.it/).
La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 23 ottobre 2020 si è tenuto all'ambasciata d'Italia a Pechino un seminario del Beijing Health Partners Group volto ad approfondire i temi di maggiore attualità in ambito sanitario, dalle misure di contenimento della crisi pandemica da Covid-19 alla produzione del vaccino per sconfiggerlo e la sua futura distribuzione successiva;

   all'evento, che risulta essere stato coordinato dall'addetta del Ministero della salute presso l'ambasciata d'Italia, Giusi Condorelli, avrebbero partecipato i rappresentanti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella Repubblica popolare cinese nonché i responsabili del settore sanitario della comunità diplomatica ed esponenti del mondo scientifico cinese;

   stando a quanto si è appreso, nella circostanza si sarebbe discusso delle politiche sanitarie adottate nei vari Paesi per contenere il virus della Covid-19 e delle aree prioritarie di collaborazione in ambito multilaterale con la Cina, con particolare riferimento alla recente adesione cinese alla «Covax Facility»;

   nel proprio indirizzo di saluto ai convenuti, l'ambasciatore d'Italia a Pechino, Luca Ferrari avrebbe evidenziato il grande impatto dispiegato dalla crisi pandemica sulle attività di tutti i cittadini del mondo, che avrebbe a sua volta dimostrato «in maniera chiara ed inequivocabile la profonda interconnessione dei mercati globali» e la necessità di una maggiore collaborazione multilaterale per giungere più rapidamente a produrre e distribuire quote significativa di vaccino anti-Covid;

   non risulta invece che siano stati in alcun modo approfonditi i temi relativi alle origini del virus, alla gestione iniziale della pandemia e alle responsabilità della Repubblica popolare cinese nel suo mancato contenimento –:

   se nel seminario descritto in premessa abbiano comunque trovato spazio considerazioni in merito a quanto accaduto nella Repubblica popolare cinese all'atto dello scoppio della pandemia, in particolare sotto il profilo della reticenza su quanto stava accadendo e della rinuncia a fermare i movimenti internazionali dei cittadini cinesi.
(4-07277)

  Risposta. — Vorrei innanzitutto evidenziare come il Beijing Health Partners Group (BHPG) sia stato fondato circa tre anni fa su iniziativa dell'Ambasciata USA a Pechino, con l'obiettivo di promuovere lo scambio di informazioni sulle politiche sanitarie cinesi e sulla cooperazione bilaterale e multilaterale in ambito sanitario. Il gruppo si riunisce a cadenza regolare presso le ambasciate dei Paesi che vi aderiscono.
  In considerazione della rilevanza che le tematiche sanitarie hanno acquisito a livello globale, l'Ambasciata d'Italia, nel quadro del coordinamento tra gli esperti del settore della salute delle ambasciate accreditate a Pechino ed in collaborazione con la locale delegazione dell'Unione europea, ha ospitato una sessione del BHPG, coinvolgendo anche funzionari del locale Ufficio dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
  L'interesse per le tematiche discusse è stato confermato dal numero di adesioni ben più elevato rispetto alle normali riunioni di coordinamento (circa cinquanta partecipanti, contro gli abituali venticinque).
  La discussione ha avuto come principale
focus la collaborazione sanitaria in ambito multilaterale con la Cina. È stato anche elaborato un quadro sullo stato di avanzamento globale dei numerosi vaccini in via di sperimentazione ed è stata inoltre registrata la recente adesione della Cina alla Covax Facility. Si tratta, questo, di un programma che si pone l'obiettivo di promuovere l'equa distribuzione dei vaccini e che è promosso dai principali organismi di salute globale, tra i quali Gavi, Cepi, Fondo globale, Oms, e sostenuto dall'Unione europea ed i suoi Stati membri e complessivamente da 186 Paesi e territori. Sono state altresì analizzate le politiche di contenimento adottate dai vari Paesi in risposta alla diffusione del Coronavirus, il potenziamento dei sistemi di allerta rapida e prevenzione, nonché la crescente digitalizzazione dell'assistenza sanitaria.
  In questo contesto, l'evento ha offerto anche l'occasione per una presentazione e valorizzazione del sistema sanitario italiano, collocandosi nel quadro del programma di promozione «vITALYty», avviato dall'Ambasciata nel 2016.
  Quanto alle indagini in corso da parte dell'Oms sulle origini del virus, avviate da una specifica risoluzione dell'Assemblea mondiale della salute adottata per consenso dagli Stati membri, gli stessi rappresentanti dell'Oms in Cina ne hanno sottolineato l'esclusiva competenza della sede di Ginevra, anche a seguito della missione di esperti svoltasi nel Paese asiatico lo scorso luglio.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.

(Risposta pervenuta il 13 gennaio 2021)