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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 14 gennaio 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la vertenza piombinese dello stabilimento JSW è una tra quelle di carattere nazionale che preoccupa parti sociali ed istituzioni e della quale non si riesce ad intravedere certezza per il futuro. Si concorda sulla circostanza per cui il futuro dell'acciaio a Piombino si garantisce solo se ci sarà l'investimento sul forno elettrico, utile a rendere autonomo lo stabilimento per tornare a produrre;

   dal settembre 2020 annunci del Governo sull'ingresso dello Stato nel capitale della società indiana attraverso Invitalia Spa hanno generato forti aspettative. L'operazione di elevato interesse nazionale potrebbe apportare benefici non indifferenti a tutto il sistema Paese; ad esempio per la specializzazione nella produzione di rotaie, ritenuta un elemento strategico anche all'interno del Recovery Plan. Tuttavia, il forte ritardo dell'azienda nella presentazione del piano industriale rende incerto l'obiettivo;

   l'ultima colata di acciaio risale al 24 aprile del 2014, quando l'alto forno di Piombino venne spento a causa del fallimento del gruppo Lucchini, società che aveva rilevato lo stabilimento nel 1992. Il sito ha visto susseguirsi vari proprietari; la società russa Severstal dal 2005 al 2010, anno di richiesta dell'amministrazione controllata. Nel 2015 si aggiudica il bando per gli asset dell'acciaieria il discusso magnate Rebrab, con l'algerina Cevital che prometteva, oltre ad una nuova acciaieria, un nuovo treno rotaie, ubicato sulle fondamenta del ex treno Tpr vicino al laminatoio Tmp. Il tentativo si rivela fallimentare per il mancato mantenimento degli impegni assunti;

   non ha avuto ad oggi miglior sorte, il successivo investitore JSW Steel Italy, società subentrante, appunto, a Aferpi Acciaierie e Ferriere di Piombino Spa. L'ultimo accordo di programma risale al 24 luglio 2018. Tra i molti impegni quello di presentare, entro i successivi 18 mesi, un piano industriale che contemplasse anche la costruzione di uno o più forni elettrici. Il termine previsto al 26 gennaio 2020 e scaduto senza il deposito di alcun piano industriale, ma con la richiesta di sostegno da parte del Governo italiano;

   nel settembre 2020, si è avuta la notizia del possibile ingresso dello Stato nel capitale dell'acciaieria e – di conseguenza – un impegno propulsivo del Ministero dello sviluppo economico per la ripresa della produzione nell'impianto che fa capo alla Jsw Steel Italy del gruppo indiano Jindal, vicepresieduta dall'imprenditore Marco Carrai;

   il Governo non ha esplicitato i termini di questa partecipazione ma, in risposta ad una interrogazione parlamentare presentata a gennaio 2020 sulla vicenda, secondo l'interrogante il Vice Ministro, Stefano Buffagni, sembra contraddire quanto il Dicastero affermava soltanto un mese prima rispetto agli annunci nel settembre 2020, lasciando intendere un ritorno alla fase della valutazione rispetto all'ingresso di Invitalia nel capitale sociale di Jsw;

   nel settembre 2020 – si ricorda – il sottosegretario Alessia Morani ha presieduto, in una conferenza, la presentazione del piano di ingresso dello Stato nel capitale sociale di Jsw, valutato in circa 30 milioni di euro. Il piano annunciato prevedeva due fasi: la prima, a breve termine, volta a rendere più efficienti gli impianti di laminazione, completare la gamma prodotti e far tornare l'azienda ad una redditività soddisfacente; la seconda, tesa, nel prossimo quinquennio, al ritorno alla produzione dell'acciaio attraverso l'utilizzo del forno elettrico, la costruzione di un complesso industriale multicentrico per logistica, manufacturing e ambiente;

   in due videoconferenze dell'11 dicembre 2020 e del 30 dicembre 2020, il Governo confermava questi intendimenti affermando come «Piombino ha la stessa importanza strategica di Taranto nel quadro di un piano Siderurgico nazionale, quanto è stato fatto a Taranto, sarà fatto anche a Piombino», inoltre che «Il Governo investirà a Piombino e metterà quanto serve per rilanciare la produzione di acciaio», ma non vi è stata nessuna formalizzazione e ufficializzazione dell'ingresso dello Stato attraverso Invitalia nel capitale sociale della multinazionale indiana. Le iniziative del Governo trascinano l'altro annoso problema delle bonifiche del sito di interesse nazionale (Sin) di Piombino (istituito con legge n. 426 del 1998) la cui parte di superficie più cospicua di 560 ettari è inserita in area privata del sito siderurgico –:

   se il Governo non condivida l'analisi riportata in premessa in termini di ricadute pratiche dell'investimento sull'acciaieria, nonché sull'attuale situazione di crisi prolungata e quali iniziative urgenti intenda assumere per dare impulso ai propositi più volte annunciati;

   quali siano le valutazioni di competenza del Ministero dello sviluppo economico rispetto alle vicende dell'ingresso Invitalia nel capitale sociale di JSW;

   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare in merito alle cospicue risorse che verranno gestite direttamente dal Governo nazionale (Recovery Fund) rispetto agli interventi sul sito di Piombino.
(2-01076) «Potenti, Lolini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 27 dicembre 2020, il cosiddetto «Vaccine day», è la data che ha segnato il via ufficiale alla campagna di vaccinazione contro il Covid-19 in tutta Europa;

   il Piano strategico nazionale per la vaccinazione ha identificato le categorie da vaccinare con priorità nel primo trimestre 2021: gli operatori sanitari e sociosanitari, sia pubblici che privati accreditati, che hanno un rischio più elevato di essere esposti all'infezione e di trasmetterla a pazienti vulnerabili in contesti sanitari e sociali; i residenti e il personale delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa), gravemente colpite dal virus a causa dell'età avanzata degli ospiti, spesso con molteplici comorbidità; le persone con età avanzata (con più di 80 anni);

   con l'aumento delle dosi di vaccino si inizierà a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di persone: entro il secondo trimestre verrà coinvolta la fascia di età 60-79 anni e le persone con almeno una patologia cronica; tra il secondo e il terzo trimestre, si passerà a vaccinare gli appartenenti ai servizi essenziali, quali, in particolare, gli insegnanti ed il personale scolastico, le forze dell'ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità, fino a raggiungere l'obiettivo di garantire il vaccino al 90 per cento della popolazione entro il 2021;

   lascia allibiti la scelta di non includere la popolazione carceraria tra le categorie prioritarie, già nella prima fase, per la somministrazione del vaccino; e non solo per il drammatico bilancio di morti e contagi all'interno degli istituti penitenziari registrato in questi mesi, ma soprattutto per un discorso, non meno importante, di coerenza delle scelte;

   se si ritiene, infatti, vera la circostanza che nell'ambiente penitenziario sussista un maggiore pericolo di contagio, alimentato da un sovraffollamento cronico che ostacola qualsiasi forma di distanziamento e conclamato dai numeri, e una effettiva difficoltà di gestire l'emergenza sanitaria, logica vorrebbe che venissero vaccinati subito tutti i detenuti e gli operatori penitenziari che operano all'interno delle carceri, scongiurando così la temuta esplosione incontrollata dell'epidemia, che sinora si è dichiarato di voler prevenire favorendo il ricorso alle detenzioni domiciliari e il buon funzionamento della macchina penitenziaria;

   sarebbe più facile una dose di vaccino somministrata con priorità, piuttosto che doversi giustificare un domani del fatto di essere stati costretti a scarcerare altri diecimila condannati perché la situazione è sfuggita di mano –:

   per quali motivazioni il Governo non abbia deciso di includere la popolazione carceraria, dai detenuti alla polizia penitenziaria, al personale socio-sanitario e amministrativo in servizio nelle circa 200 carceri italiane, tra le categorie da vaccinare prioritariamente, anche al fine di garantire l'efficienza e la sicurezza della macchina penitenziaria.
(4-08008)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a quasi cinque mesi dall'approvazione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, cosiddetto decreto-legge Semplificazioni, i circa quaranta commissari previsti dalla normativa per accelerare ed agevolare lo sviluppo di grandi opere infrastrutturali di carattere prioritario non sono ancora stati nominati dal Governo;

   la mancata nomina dei predetti commissari e dell'avvio delle relative opere rappresentano il congelamento, di fatto, di 66 miliardi di euro di investimenti pubblici, stanziati, ma non ancora direttamente impegnati;

   paradossalmente, l'elenco delle 57 grandi opere da avviare, con relativi costi e specifiche progettuali è già pervenuto da tempo al Parlamento;

   le risorse messe a disposizione dall'Unione europea nell'ambito del Next Generation EU, le quali saranno impiegate anche nelle costruzioni infrastrutturali, necessitano di piani di spesa ed impiego rapidi e concisi, pena la sospensione dell'erogazione delle risorse;

   nella fattispecie, occorre ricordare come Next Generation EU costituisca un finanziamento con emissione di debito comune e viene erogato con decisioni proposte dalla Commissione, nella misura in cui si raggiungono degli obiettivi e dei tempi, quelli inseriti nei piani che vanno approvati dal Consiglio, il quale ha più volte ricordato come la predetta erogazione sia vincolata dall'attuazione di riforme legate alle varie voci di spesa –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali riforme intenda promuovere per agevolare l'impiego dei fondi relativi al Next Generation EU per la realizzazione di opere infrastrutturali, ed in che modo si intenda scongiurare il protrarsi delle lungaggini di cui in premessa;

   entro quali tempi il Governo intenda nominare i commissari per l'attuazione delle opere di cui in premessa e se intenda spiegare le ragioni alla base del ritardo verificatosi.
(4-08009)


   FERRO e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il piano vaccinale, nella fase 1 di distribuzione, le prime dosi avrebbero dovuto essere somministrate secondo priorità ben individuate: il personale sanitario e gli ospiti e dipendenti delle Rsa, ossia le categorie più esposte al contagio e quelle più fragili, avrebbero dovuto essere vaccinate perché proteggerle significava salvar loro la vita e, al contempo, ridurre la pressione sul sistema sanitario;

   le priorità indicate, invece, troppo spesso sarebbero state ribaltate, al punto che i carabinieri del Nas, secondo quanto si apprende da Repubblica, stanno acquisendo in diverse regioni l'elenco dei vaccinandi, per accertare che, nella compilazione, non ci siano stati abusi tali da configurare fattispecie di reato;

   secondo i dati aggiornati alle 00:14 del 12 gennaio 2021 risultano somministrate 718.797 dosi di vaccino, delle quali oltre 100 mila a personale non sanitario, senza alcun diritto sulle fasce prioritarie indicate dal piano vaccinale del Ministero della salute;

   scorporando i dati regione per regione come riportati da Repubblica, in molti territori quella che doveva essere la fascia prioritaria sembra arrivare per ultima: in Campania, su 68.138 vaccinati ci sono 1.262 anziani delle Rsa e 10.583 di personale non sanitario; in Calabria, 10.940 vaccinati di cui 1.190 non sanitari e zero Rsa; in Sicilia, 61.694 vaccinati di cui 1.328 ospiti delle case di riposo e 8.719 non sanitari; nelle Marche, hanno vaccinato appena 145 ospiti Rsa e 1.834 non sanitari; nel Lazio, su 66.773 vaccinati 6.019 sono non sanitari e 4.356 gli anziani; in Lombardia, 69.712 vaccinati, 10.397 personale non sanitario, appena 1.631 anziani delle case di riposo; infine, il caso limite dell'Emilia Romagna, dove a fronte di 71.293 somministrazioni, 4.765 sono state dedicate alle Rsa e 21.341, quattro volte di più, ad amministrativi, dipendenti e impiegati;

   il risultato è che la fascia di età più coperta è quella 50-59 anni (195 mila somministrazioni), contro i 16 mila della fascia 70-79 anni, i 20 mila della 80-89 anni, i 15 mila della over 90;

   la giustificazione delle dosi che andrebbero sprecate, peraltro, non tiene, posto che anche quei vaccini devono essere somministrati secondo una logica equa, perché è probabilmente proprio sull'ultima dose che si gioca la tenuta del piano nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza e gravità degli stessi, quali immediate iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per fare chiarezza sulla situazione e in ordine ad eventuali responsabilità in capo a chi dovrebbe gestire l'attuazione del piano vaccinale nazionale;

   se non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, per prevedere un meccanismo di prenotazione giornaliera delle dosi di vaccino in avanzo, al fine di garantirne una distribuzione equa.
(4-08017)


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 178 del regolamento (UE) 26 giugno 2013, n. 575, prevede specifiche disposizioni in materia di default di un debitore, delegando all'Autorità bancaria europea (Abe) il compito di emanare le linee guida applicative e alla Commissione europea l'adozione di un regolamento delegato sulla misura della soglia di rilevanza delle esposizioni cosiddette in arretrato, sulla base delle norme tecniche di regolamentazione pubblicate dall'ABE;

   entro il 1° gennaio 2021, gli istituti di credito soggetti a vigilanza diretta della Bce dovranno applicare le nuove soglie di rilevanza specificate dal regolamento delegato (UE) 2018/171 della Commissione europea;

   si evidenzia che i criteri e le modalità stabiliti dalle nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in default risultano più stringenti rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari finanziari italiani: è prevista, infatti, l'automatica classificazione, quali inadempienti, delle imprese che presentino arretrati di pagamento rilevanti per 90 giorni consecutivi – ovvero per 180 giorni consecutivi quando le esposizioni incluse nel calcolo dell'obbligazione creditizia in arretrato sono esposizioni verso organismi del settore pubblico – sulle esposizioni che esse hanno nei confronti della propria banca;

   uno studio effettuato da Assifact descrive il forte impatto derivante, dalla nuova definizione di default, evidenziando come il 25 per cento delle esposizioni verso le imprese, il 30 per cento delle esposizioni verso le amministrazioni pubbliche centrali, il 63 per cento delle esposizioni verso le amministrazioni locali e addirittura il 94 per cento delle esposizioni verso gli enti del settore sanitario nazionale, dal 1° gennaio 2021 verrebbero classificate tra i crediti deteriorati, per un valore stimabile tra i 7,6 e i 12 miliardi di euro; un'ulteriore conseguenza del limite temporale sopramenzionato riguarda le fattorizzazioni dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione; si tratta del rischio per il quale gli istituti di credito si troverebbero a dover svalutare i crediti acquistati dalle imprese, qualora non venissero incassati entro 180 giorni dalla data di emissione delle fatture;

   in particolare, la pandemia da COVID-19 ha determinato un inevitabile allungamento delle tempistiche di pagamento alle imprese dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione; ad esempio, le imprese fornitrici di dispositivi medici, che operano un servizio fondamentale in considerazione dell'attuale periodo storico, vantano – secondo i dati pubblicati da Confindustria Dispositivi Medici – nel mese di settembre 2020, un credito complessivo pari a 1,8 miliardi di euro –:

   quali iniziative tempestive, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, al fine di evitare il rischio di cui in premessa e scongiurare un gravissimo danno alla liquidità delle imprese italiane.
(4-08020)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze.— Per sapere – premesso che:

   nella prima metà di gennaio 2021 sono state inviate da parte dell'Agenzia delle entrate 35 milioni di cartelle esattoriali e 15 milioni di accertamenti, per un totale di 50 milioni di atti;

   si tratta di oneri fiscali a carico dei contribuenti i quali non possono essere in larga parte corrisposti, sia perché le indennità disposte dal Governo verso le attività produttive sono del tutto inadeguate alla lunghezza delle chiusure a cui sono state sottoposte le attività stesse, sia perché non sono state effettivamente disposte misure atte ad attutire l'assorbimento dei costi fissi di mantenimento delle attività quali eventuali forniture di prodotti o costi di mantenimento della sede dell'attività lavorativa;

   in assenza di misure sanatorie, di condono o di rottamazione comunque denominate, eventuali ed ulteriori rinvii dei predetti atti sono inevitabilmente costretti a sovrapporsi con le scadenze fiscali dell'anno 2021 e con l'eventuale termine del blocco dei licenziamenti e delle cassa integrazione Covid-19, con il conseguente rischio di una vera e propria macelleria sociale;

   in aggiunta a queste problematiche, numerosi lavoratori autonomi e titolari di partita Iva, intestatari di mutui ed altri debiti a titolo individuale stanno riscontrando crescenti difficoltà nel richiedere rifinanziamenti da parte degli istituti di credito i quali, salvo i casi espressamente previsti dalla normativa anti-Covid, anche alla luce delle vigenti normative europee (cosiddette Accordi di Basilea), difficilmente concedono linee di credito a soggetti considerati a «rischio» e quindi potenziale fonte di crediti deteriorati;

   dal 1° gennaio 2021 è in vigore il regolamento EBA (European Banking Authority), sui requisiti di capitale per le banche europee, tale per cui gli istituti bancari devono classificare in stato di default il cliente che non adempie per tre mesi alle proprie obbligazioni creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti, qualora l'ammontare dell'inadempimento è superiore sia alla somma di 100 euro nel caso di privati e 500 euro nel caso di imprese, sia all'1 per cento del totale delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate dalla banca;

   l'attuazione delle predette regole implica che per moltissimi cittadini italiani, in particolar modo quelli maggiormente colpiti dalla crisi da Covid-19, si prospetta il rischio di finire facilmente in «blacklist», ovvero segnalati alla centrale dei rischi, con relative ripercussioni su stipendi, rate di finanziamenti e contributi previdenziali;

   poiché la possibilità di sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto corrente (cosiddetto «fido») è una facoltà concessa dalle banche, ogni istituto di credito gestisce tale facoltà in modo diverso, offrendo diverse tutele e forme di gestione del fenomeno, costituendo di fatto un sistema di tutele multilivello che può discriminare alcuni cittadini in forma maggiore rispetto ad altri –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza, in specie di carattere normativo, intenda intraprendere, per:

    a) agevolare l'apertura di linee di credito o il rifinanziamento di linee di credito esistenti nei confronti dei cittadini più fragili e colpiti dalla crisi da Covid-19;

    b) «rottamare» o condonare le cartelle esattoriali di cui in premessa;

    c) fornire misure indennitarie per l'anno 2021 che siano adeguate e proporzionate ai costi sostenuti dalle aziende e dai lavoratori autonomi, in un meccanismo di lungo periodo, non sottoposto a continui ed imprevedibili rinvii;

    d) prevedere misure per attutire gli effetti dell'entrata in vigore del regolamento Eba sui cittadini italiani, fornendo in modo particolare misure di sostegno uniformi per tutti quei casi di sconfinamento oltre la disponibilità del proprio conto corrente dovuta all'emergenza da Covid-19.
(4-08021)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come illustrato a più riprese ed in più sedi da vari esperti di logistica nonché da operatori sanitari, la campagna di vaccinazione contro il Covid-19 deve basarsi su un rapporto di gestione tra vaccini, vaccinandi e vaccinatori, tale per cui al cambiare di una di queste variabili, in assenza di un adeguamento delle altre due, l'intero meccanismo di somministrazione è destinato a non funzionare;

   a mezzo stampa e tramite varie inchieste giornalistiche è stato riportato come – tra le varie problematiche legate alla fase di vaccinazione – in varie regioni siano state inviate siringhe inidonee alla somministrazione del vaccino Pfizer-Biontech, nella fattispecie dispositivi da 5 millilitri anziché da 1, troppo grandi per il prelievo preciso del siero, dal momento che una dose equivale a 0,3 millilitri;

   ad esempio, nel caso della regione Piemonte, è stato riportato come da Roma siano pervenute aghi da 16 millimetri, normalmente utilizzati per somministrazioni sottocutanee, quando la profilassi anti-Covid-19 prevede l'inoculazione intramuscolare con aghi da 25 millimetri, disguido al quale si aggiunge l'invio di siringhe da 5 millilitri, quando ne occorre una da 3 millilitri per la diluizione del siero ed una da 1 millilitro per la somministrazione;

   a questa serie di problemi logistici si aggiunge, da un lato, il fatto che alcune regioni abbiano già terminato le dosi di vaccino a propria disposizione e, dall'altro lato, la mancata approvazione da parte dell'Ema del vaccino AstraZeneca, opzionato dall'Italia per 40 milioni di dosi, con il conseguente rischio ai non poter rispettare la tabella di marcia prevista nel piano di vaccinazioni previsto dal commissario straordinario;

   da ultimo, occorre menzionare come al bando per la fase di vaccinazione abbiano risposto poco meno di 4.000 infermieri su 12.000 necessari, ponendo l'intera catena di vaccinazione, nazionale sotto forte pressione, soprattutto in prospettiva della seconda metà di gennaio 2021, periodo in cui dovrebbero essere programmati i richiami per le vaccinazioni effettuate nella prima parte del mese;

   in tal senso, il Sottosegretario per la salute Zampa, intervistata su SkyTG24, avrebbe affermato: «Se poi tra la prima dose e la seconda dovessero passare 25-27 giorni anziché 20, non succederà niente», in relazione alla necessità di procedere speditamente alla vaccinazione;

   tale affermazione desta numerose preoccupazioni, in quanto il vaccino contro il Covid-19 va necessariamente somministrato con le dosi ed i tempi raccomandati da Ema ed Aifa, come anche ricordato e raccomandato dalla Fondazione Gimbe –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per:

    a) garantire la somministrazione dei vaccini anti Covid-19 esclusivamente nelle modalità e tempistiche delineate da Ema ed Aifa;

    b) garantire la presenza del personale medico-sanitario idonea per permettere una congrua attuazione del piano vaccinale, evitando e scongiurando la possibilità di slittamenti temporali quali quelli delineati in premessa;

    c) collocare i 1.200 punti vaccinali aggiuntivi rispetto ai 290 attualmente operativi per la fase di vaccinazione dedicata ai soggetti a rischio.
(4-08024)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data lunedì 11 gennaio 2021, le Commissioni Bilancio e Economia del Parlamento europeo hanno approvato la proposta di regolamento 2020/0104 (COD) sullo strumento «Recovery and Resilience Facility» (Rrf), atto a coordinare la redazione e gestione dei vari «Recovery Plan» nazionali, previsti nel quadro del Next Generation EU;

   come noto, i vari Recovery Plan nazionali ed i progetti redatti in attuazione del Next Generation EU sono vincolati al rispetto, tra le altre, delle Raccomandazioni specifiche per Paese del Consiglio del 2019 e del 2020, le quali richiedono la riduzione della spesa pubblica ed il rapporto debito pubblico/Pil, le quali comportano inevitabilmente l'attuazione di misure di austerità;

   l'articolo 15 della proposta di Regolamento relativa al Rrf prevede che ciascun Recovery Plan nazionale delinei in modo puntuale le modalità con cui dare attuazione alle osservazioni di cui alle predette Raccomandazioni specifiche per Paese;

   la predetta proposta di regolamento relativo prevede, all'articolo 9, la sospensione di impegni di spesa e pagamenti legati al Recovery Fund qualora un Paese membro non rispetti alcuni requisiti tra cui le norme di cui al Patto di stabilità e crescita (ad oggi sospeso unicamente fino alla fine del 2021) ed il rispetto del programma di aggiustamento macroeconomico di cui al Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio;

   queste circostanze rendono la Recovery and Resilience Facility, e dunque il Recovery Fund, uno strumento sottoposto a forti condizionalità macroeconomiche, quali il rispetto delle regole fiscali europee, come peraltro confermato dall'attuale presidente della VI Commissione della Camera a messo stampa;

   l'applicazione di eventuali meccanismi di supervisione del debito dei Paesi membri, così come relative misure sanzionatorie come la sopracitata sospensione dei pagamenti legati al Recovery Fund sono vincolati a valutazioni effettuate sulla sostenibilità del predetto debito;

   in tal senso, si segnala come, in data 11 gennaio 2021, l'agenzia di rating Moody's, in un rapporto sulle prospettive dei Paesi dell'eurozona, abbia evidenziato la particolare fragilità del quadro macroeconomico italiano;

   secondo le stime dell'analisi di sostenibilità del debito (Dsa) effettuata dalla Commissione europea in merito all'Italia a seguito della crisi da Covid-19, e secondo quanto riportato sia nei documenti di finanza pubblica, che nelle varie bozze del Recovery Plan nazionale, a fronte di un rapporto debito/Pil nel 2020 al 159 per cento è previsto un percorso di rientro tale da riportare il valore ai livelli pre-crisi solo nel 2030-2031;

   alla luce delle predette evidenze, qualora l'Italia non si dimostri capace di seguire il predetto andamento, vi è il rischio di misure sanzionatorie dal punto di vista macroeconomico, anche nella forma di sospensione dei pagamenti legati al Recovery Fund –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se essi, corrispondano al vero e, qualora essi corrispondano a verità, quali iniziative, per quanto di competenza, in ogni sede opportuna, intenda intraprendere per:

    a) scongiurare l'applicazione di misure di austerità in relazione all'impiego dei fondi della Recovery and Resilience Facility;

    b) scongiurare l'applicazione delle misure sanzionatorie previste nelle normative citate in premessa, financo quelle legate alla procedura per squilibri macroeconomici dell'Unione.
(4-08025)


   CARETTA e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 gennaio 2021, nel corso di un'audizione presso la Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, in merito alle problematiche connesse alla riforma della Politica agricola comune (Pac), il Capo dipartimento politiche europee del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha confermato il mancato cofinanziamento dei fondi del programma Next Generation EU destinati allo sviluppo rurale, equivalenti a 900 milioni di euro per l'Italia, nella bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), resa nota a mezzo stampa ed oggetto di discussione della riunione del Consiglio dei ministri in data 12 gennaio 2021;

   nella predetta bozza di Pnrr è stata infatti rilevata una riduzione di circa 5 miliardi di euro di stanziamento al settore primario, scelta commentata negativamente da tutte le maggiori sigle di rappresentanza del comparto agricolo;

   tale riduzione, se confermata, andrebbe a scapito del miglioramento delle prestazioni climatico-ambientali delle aziende agricole e dello sviluppo e la valorizzazione dell'economia circolare e della chimica sostenibile;

   il taglio delle risorse, inoltre, desta numerose perplessità, in quanto il Recovery Plan è già in parte finanziato da fondi strutturali originariamente sottratti alla Politica agricola comune –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda adottare iniziative per incrementare, contestualmente al Pnrr, le risorse per l'agricoltura in modo tale da garantire il necessario sviluppo e la valorizzazione del settore primario.
(4-08026)


   RIBOLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i concorsi pubblici per le assunzioni sono ormai bloccati da marzo 2020 a seguito delle misure anti-Covid adottate dal Governo per il contenimento dell'epidemia e questo si traduce con l'affanno dei comuni nel portare avanti le proprie attività essenziali;

   molti comuni contavano, all'inizio di quest'anno, di poter far ripartire le procedure per l'assunzione di varie figure professionali in tutti gli uffici, in particolare per la polizia locale, l'ufficio tecnico, anagrafe e ragioneria, invece i dati dei contagi non rendono ancora possibile lo svolgimento dei concorsi pubblici;

   molti sindaci, temendo la paralisi nel lavoro dei propri comuni, stanno chiedendo che si affronti al più presto la questione individuando apposite misure che consentano lo sblocco e lo svolgimento dei concorsi, soprattutto con riguardo alla necessità di assumere agenti di polizia locale;

   il problema è quanto mai sentito nei comuni della provincia di Bergamo, tra cui Caravaggio, Cene, Lallio, Curno, Azzano San Paolo, nonché Treviglio, Dalmine Comun Nuovo e Zogho Valbrembo, i quali rischiano di non riuscire più a garantire il funzionamento dei loro servizi essenziali;

   proprio in questi giorni la questione verrà sollevata nella riunione dell'Ufficio di presidenza di Anci Lombardia, in quanto c'è anche il problema dei molti dipendenti della pubblica amministrazione che, approfittando di «quota 100», sono andati in pensione e che vanno rimpiazzati e i comuni sopra elencati, se venissero sbloccati i concorsi, sarebbero in grado di assicurare dai 300 ai 500 posti di lavoro per consentire l'inserimento di giovani;

   per superare il blocco dei concorsi qualche sindaco ha provato a ipotizzare la possibilità che le prove scritte e orali vengano svolte online, oppure che si torni a poterle svolgere in presenza purché si rimanga sotto un determinato numero di candidati, ipotesi forse più percorribile, purché si superi l'attuale blocco, stante il perdurare della situazione di emergenza sanitaria e le difficoltà lamentate dalle amministrazioni comunali –:

   se il Governo intenda valutare la possibilità di adottare iniziative per sbloccare i concorsi pubblici, soprattutto quelli relativi all'assunzione del personale da impiegare negli uffici comunali e nei servizi di polizia locale, alla luce delle difficoltà rappresentate dai sindaci, individuando appositi protocolli di sicurezza sanitaria per lo svolgimento degli stessi, eventualmente coinvolgendo anche l'Anci nell'individuazione delle linee guida.
(4-08027)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come si è appreso da fonti della stampa locale, è accaduto nuovamente che la polizia sia intervenuta durante la celebrazione di una Messa per contestare al celebrante l'inosservanza delle norme anti-Covid, una vera e propria incursione per verificare il rispetto del Protocollo Messe sancito dalla Cei con il Governo italiano;

   i fatti sono accaduti il 1° giorno dell'anno 2021 in una chiesa del Rione Ponte a Roma, precisamente nella Chiesa Santi Giuliano e Celso retta dall'istituto Cristo Re, ed è stato lo stesso Priore ad annunciarlo ai fedeli nel corso della Messa delle 10.30 per ricordare agli stessi il rispetto delle normative anti-Covid con riguardo al distanziamento e all'uso della mascherina, raccontando come, il giorno stesso, alla Messa precedente delle 8.30, la polizia municipale fosse venuta a verificare il rispetto del protocollo Messe, in seguito alla segnalazione di un vicino;

   non è noto in quale momento della celebrazione siano intervenuti gli agenti – se prima della campanella d'introito o durante lo svolgimento del Santo Sacrificio o addirittura alla fine – ma, qualora si sia trattato di un'interruzione dell'atto di culto, si configurerebbe una violazione delle norme concordatarie e della stessa Costituzione;

   quel che è certo, in ogni caso, è che la polizia è entrata in chiesa per verificare il rispetto delle norme anti-Covid, su segnalazione di un presunto «delatore», ad avviso dell'interrogante, e che la polizia può entrare in chiesa solo per urgente necessità e comunque dopo aver almeno informato il Vescovo;

   l'articolo 5, comma 2, dell'Accordo tra Santa Sede e Repubblica Italiana del 18 febbraio 1984, che ha modificato le norme del Concordato del 1929, infatti, stabilisce che «salvo casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare per l'esercizio delle sue funzioni negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all'autorità ecclesiastica»;

   da quanto sembra evincersi dall'articolo di stampa, il fatto sembra configurarsi, dunque, secondo l'interrogante, come un abuso di potere, non consentito né dal Concordato né dalla Costituzione, rinvenendosi profili di lesione del diritto alla libertà religiosa e di culto –:

   se il Governo intenda chiarire la dinamica di quanto è avvenuto il 1° gennaio 2021 nella chiesa del Rione Ponte a Roma e se intenda chiarire alle forze di polizia con quali modalità sia consentito entrare nei luoghi di culto per verificare il rispetto dei protocolli anti-Covid in ottemperanza degli Accordi tra lo Stato e la Santa Sede.
(4-08029)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA, OSNATO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, ROTELLI, CARETTA e DONZELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 7 gennaio 1992 quattro militari italiani e uno francese – nel sorvolare i cieli del nord della Croazia, a bordo di due elicotteri bianchi e disarmati dell'Aves, con le insegne della Ecmm (European Community Monitor Mission), secondo quanto previsto dalla missione di monitoraggio della Comunità europea, al fine di vigilare sul cessate il fuoco – furono fatti oggetto di un attacco ad opera di un MIG jugoslavo, condotto dal tenente serbo, Emir Sisic, il quale colpendo uno dei due elicotteri, uccise tutti i militari a bordo, mentre, per un miracolo, non colpì il secondo velivolo, il quale atterrò riuscendo, così, a dare l'allarme;

   dopo una lunga e solitaria battaglia giudiziaria promossa dai familiari delle vittime – vale a dire del pilota tenente colonnello Enzo Venturini, del sergente maggiore Marco Matta, dei marescialli Fiorenzo Ramacci e Silvano Natale e del maggiore francese Jean Loup Eychenne – diversi anni fa, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità della Repubblica Serba per l'azione in questione, a partire dai gradi più elevati delle Forze Armate – e cioè: il comandante dello Stato Maggiore delle Forze Armate e della Difesa Aerea, nonché il comandante del Quinto Corpo jugoslavo – condannando sia lo Stato che gli alti ufficiali al risarcimento di tutti i danni in favore dei medesimi familiari;

   dagli atti del processo, anche successivamente riportati in articoli di stampa, si è potuto apprendere che al comandante della base da cui erano partiti i Mig, Dobrivoje Opacic fu affibbiato il soprannome «scuoiali», proprio per aver il medesimo dato l'ordine di abbattere i velivoli in esame, peraltro, sulla base delle indicazioni provenienti dal comandante del V corpo d'armata dell'aeronautica militare e della difesa antiaerea serba, Ljibomir Bajic;

   il medesimo Ljibomir Bajic, in un processo parallelo tenutosi in Croazia, ha confermato di aver ordinato ai suoi subalterni di attaccare immediatamente i velivoli non identificati, senza, dunque, ordinare alcuna cautela, né primo tentativo di identificazione; e che l'autore materiale, Emir Šišić, è stato arrestato ed estradato in Italia dove ottenne una condanna a 15 anni di prigione, successivamente scontati in Serbia, in virtù di un negoziato tra il Governo serbo e le Autorità italiane: e ciò, almeno fino al maggio del 2008, quando venne rilasciato per buona condotta;

   appare assurdo, anche in vista del trentesimo anniversario dell'eccidio previsto per il 2022, che, a tutt'oggi, i familiari delle vittime non siano riusciti ad ottenere dalla Repubblica di Serbia alcun risarcimento, e che, di contro, l'autore materiale del reato, appunto rilasciato nel 2008, attualmente risulti, a quanto consta agli interroganti, essere stato pure promosso al grado di maggiore –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di ottenere dalla Repubblica di Serbia il riconoscimento e il conseguente adempimento delle statuizioni, anche risarcitorie, contenute nelle varie sentenze emesse dalla magistratura italiana, nonché un'espressa presa di posizione, da parte della medesima Repubblica di Serbia, in ricordo delle citate vittime innocenti, impegnate in una missione internazionale a tutela della pace e della vita.
(4-08028)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARZOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° agosto 2019 la società EP Produzione s.p.a. ha depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'istanza di valutazione di impatto ambientale (Via) relativa al progetto di una nuova sezione di produzione a «ciclo combinato», con potenza di 850 Mwe, in sostituzione dell'attuale sezione 8 della centrale termoelettrica in esercizio nei comuni di Tavazzano con Villavesco e Montanaso Lombardo (LO);

   in particolare, la tipologia progettuale è quella di cui al punto 2 dell'allegato II alla parte seconda del codice dell'ambiente e relativo alle «centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 Mw»;

   il sito di progetto si trova all'interno dell'area di 70 ettari occupata dalla centrale termoelettrica di EP Produzione s.p.a. nei settore settentrionale della provincia di Lodi, il cui sedime è classificato come «sito di bonifica di interesse regionale» (Sir), collocato ai sensi e per gli effetti della delibera di giunta regionale IX/3934/2012 in «fascia 1» (ex «area critica»);

   l'ambito territoriale sulla quale insiste la centrale termica è caratterizzato, infatti, essenzialmente, da un contesto agricolo, con cascine sparse e un fitto reticolo idrografico in gran parte artificiale, nel quale spiccano il canale della Muzza, dal quale è prelevata e restituita l'acqua a servizio dell'impianto ed il canale di sfioro Belgiardino, che perimetrano l'area della centrale sui lati occidentale e meridionale;

   in data 22 maggio 2020, con parere n. 3423, la Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale – Via e Vas ha espresso parere favorevole di compatibilità ambientale del progetto «Centrale termoelettrica di Tavazzano Montanaso (LO) – realizzazione di un nuovo ciclo combinato in sostituzione della sezione 8» proposto dalla società EP Produzione s.p.a. a condizione che venissero ottemperate alcune prescrizioni che riguardano la qualità dell'aria dell'area interessata dalla centrale volte ad assicurare la riduzione delle emissioni, stabilendo parametri ben precisi (il limite alle emissioni dal nuovo ciclo combinato per gli NOx non potrà eccedere il valore di 10 mg/Nm3 - al 15 per cento di 02 su base secca);

   dalla documentazione pubblicata sul sito internet del Ministero, il predetto parere non sembra essere corredato da una valutazione di incidenza (VIncA) aggiornata alle «Linee guida nazionali per la valutazione di incidenza» predisposte nell'ambito dell'attuazione della Strategia nazionale per la biodiversità 2011-2020 (Snb), e adottate con intesa Stato-regioni del 28 novembre 2019, per ottemperare agli impegni assunti dall'Italia nell'ambito del contenzioso comunitario avviato in data 10 luglio 2014 con l'EU Pilot 6730/14 in merito alla necessità di produrre un atto di indirizzo per la corretta attuazione dell'articolo 6, paragrafi 2, 3, e 4, della direttiva 92/43/CEE «Habitat»;

   tali linee guida, oltre a recepire le indicazioni comunitarie, costituiscono lo strumento di indirizzo finalizzato a rendere omogenea, a livello nazionale, l'attuazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4, caratterizzando gli aspetti peculiari della valutazione di incidenza (VIncA). Dalla documentazione pubblicata sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, infatti, la Vinca è aggiornata al luglio 2019 –:

   se il parere del 22 maggio 2020 reso dalla Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale – Via e Vas necessiti di eventuali integrazioni volte alla miglior tutela del territorio lodigiano.
(5-05275)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, TRANO, RIZZONE e ERMELLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 152 del 2006 conosciuto come Testo unico ambientale (di seguito Tua) prevede sanzioni relative al divieto di abbandonare mozziconi di sigarette e piccoli rifiuti considerati nocivi per la salute delle persone;

   la problematica riguarda in particolare la procedura per l'accertamento delle sanzioni per l'abbandono dei mozziconi (articolo 232-bis, comma 3, del Tua) ed il relativo pagamento per il quale non è previsto il versamento in misura ridotta come avviene ad esempio nel caso di irrogazione di sanzioni amministrative concernenti la circolazione stradale;

   infatti, non essendo previsto il minimo e il massimo edittale delle sanzioni, non è applicabile l'articolo 16 della legge n. 689 del 1981 e quindi non è applicabile il pagamento in misura ridotta, con aggravio del procedimento a carico sia degli organi accertatori sia per l'autorità amministrativa preposta;

   in particolare, l'agente accertatore, similmente all'iter previsto per le violazioni relative agli abbandoni dei rifiuti pericolosi (articoli 192 e 255 del Tua), deve trasmettere il verbale con la prova delle eseguite contestazioni alla competente autorità amministrativa per la determinazione ed ingiunzione della somma da pagarsi. In seguito l'autorità redige un'ordinanza ingiuntiva che dovrà poi notificare al trasgressore;

   pertanto è necessario introdurre normativamente per le violazioni derivanti dall'abbandono di piccoli rifiuti o di mozziconi di sigarette, come previsto dal Tua, la medesima procedura di contestazione e di pagamento prevista per le multe relative alla violazione della norme sulla circolazione stradale. Inoltre, nel caso in cui la sanzione amministrativa per l'abbandono di piccoli rifiuti o l'abbandono di mozziconi di sigarette non venga pagata, il prefetto attiverà la procedura esecutiva;

   esiste poi il problema relativo alle violazioni. Il testo unico ambientale prevede la competenza della provincia per le sanzioni che vengono irrogate, ad eccezione di quelle previste dall'articolo 261, comma 3, del Tua per le quali provvede il comune. Sarebbe utile indicare un solo ente locale (ad esempio, il solo comune per tutte le violazioni) –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative, come detto in premessa, per introdurre un regime sanzionatorio per le violazioni relative all'abbandono di mozziconi di sigarette o piccoli rifiuti simile a quello delle multe irrogate per la violazione di divieti della circolazione stradale in modo da semplificare la procedura per l'irrogazione delle sanzioni;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative per prevedere che l'accertamento per l'irrogazione di sanzioni relative all'abbandono di mozziconi di sigarette o di piccoli rifiuti sia di competenza esclusivamente del comune in modo da rendere più semplice e certo il quadro normativo vigente che prevede un regime di doppia competenza del comune e della provincia.
(4-08006)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 30 dicembre 2020, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;

   il 5 gennaio 2021, la Sogin ha quindi provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it, la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuati 67 siti che non sono tutti equivalenti tra di essi, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche;

   la realizzazione definitiva del deposito, permetterà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;

   le citate 67 aree individuate come potenzialmente idonee per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e va sottolineato che sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale;

   in particolare, per quanto riguarda la regione Puglia, la Cnapi ha individuato tre aree potenzialmente idonee e, in particolare, due in provincia di Bari, Gravina in Puglia e Altamura, e una in provincia di Taranto, Laterza;

   vi è quindi la possibilità che il deposito di scorie nucleari venga realizzato tra il Parco nazionale dell'Alta Murgia e il Parco regionale delle Gravine, due siti di straordinario valore naturalistico, ambientale e paesaggistico. Il Parco Terra delle Gravine, in cui si trova Laterza, è una delle più importanti aree naturalistiche di tutta Europa;

   le aree individuate dal Cnapi si trovano in zone Sic, Zsc e Zps, e proprio nel Parco nazionale dell'Alta Murgia e nel Parco regionale delle Gravine si collocano attività agroalimentari e agrituristiche ad alto impatto economico –:

   se non si intenda escludere le aree di cui in premessa dalla Cnapi, in quanto aree con straordinario valore naturalistico, ambiente e paesaggistico, con una economia centrata sul turismo e sull'agricoltura di qualità.
(4-08013)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BILLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la pubblicazione della circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l'Agenzia delle entrate ha elaborato una serie di indicazioni operative in merito al regime speciale dei cosiddetti «lavoratori impatriati» di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 così come modificato dall'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019 («Decreto Crescita») convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019;

   successivamente, l'articolo 13-ter del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 157 del 2019 – ha previsto che le stesse disposizioni avrebbero trovato applicazione a decorrere dal periodo d'imposta 2019 per coloro che, a norma dell'articolo 2 del Tuir hanno trasferito la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019, contemplando altresì l'istituzione di un apposito «Fondo controesodo», con la dotazione di 3 milioni di euro a decorrere dal 2020 e demandando ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze la definizione dei criteri;

   in tale contesto, l'Agenzia delle entrate – all'interno della richiamata circolare n. 33/E/2020 (p. 13) – citando specifico parere conforme del Ministero dell'economia e delle finanze (registro ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020) ha dichiarato che, in carenza dell'emanazione del citato decreto del ministro dell'economia e delle finanze, i contribuenti che hanno trasferito la residenza in Italia nel periodo compreso tra il 30 aprile 2019 ed il 2 luglio 2019 non possono avvalersi del regime speciale così come risultante dalle modifiche introdotte dal «decreto Crescita»;

   da ultimo, la disciplina degli impatriati è stata modificata dalla recente legge di bilancio 2021, che ha inserito i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater nell'ambito dell'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019; nello specifico, il nuovo comma 2-bis consente di prolungare l'ambito temporale del regime fiscale agevolato anche ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell'anno 2020 e che, alla data del 31 dicembre 2019, risultino beneficiari del regime di favore ordinario previsto per i cosiddetti lavoratori impatriati;

   tuttavia la formulazione generica secondo la quale l'opzione è riservata ai contribuenti «diversi da quelli indicati al comma 2 dell'articolo 5» rende l'ambito soggettivo incerto, presumendosi tali contribuenti diversi da quelli che hanno trasferito la residenza in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019;

   si ricorda, peraltro, che il 28 febbraio 2021 scadranno i termini per la presentazione delle dichiarazioni tardive o integrative/sostitutive relative al periodo d'imposta 2019, tanto per i singoli contribuenti interessati (Mod. Redditi PF 2020 (Redditi 2019)) quanto per i sostituti d'imposta eventualmente coinvolti nell'applicazione delle minori ritenute (Mod. 770/2020) e che, come specificato all'interno della stessa circolare n. 33/2020 (pp. 22-24), il termine di novanta giorni dalla scadenza ordinaria per la presentazione del Mod. Redditi PF debba intendersi quale termine ultimo per esprimere la volontà di accedere al richiamato regime speciale mediante comportamento concludente –:

   quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione del decreto per la definizione dei criteri per la richiesta di accesso alle prestazioni del «Fondo controesodo» citato in premessa e se intenda accelerarne l'adozione;

   se intenda adottare iniziative per far chiarezza, con riguardo alle criticità esposte in premessa, in merito ai contribuenti che hanno trasferito la residenza in Italia tra il 30 aprile 2019 ed il 2 luglio 2019 ai fini del beneficio del regime previsto per gli impatriati.
(4-08010)


   BOND. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge n. 104 del 2020 il Governo, al fine di incentivare i pagamenti non in contante ha introdotto il cosiddetto «cashback», un sistema di restituzione in denaro di una percentuale di quanto pagato cashless, nell'arco di un semestre;

   tale sistema – avviato a scopo sperimentale nel periodo natalizio – avrebbe dovuto incentivare gli acquisti nei negozi fisici, prevedendo un rimborso del fino ad un massimo di 150 euro – a fronte dell'effettuazione di almeno 10 operazioni cashless;

   il cashback sperimentale di Natale è terminato il 31 dicembre 2020 e, a causa dell'impossibilità di registrare carte di credito e bancomat sull'app IO per molti giorni fuori uso a seguito delle numerose richieste, in molti non hanno potuto, beneficiare a pieno dell'iniziativa;

   inoltre, come denunciato dall'associazione Consumerismo No Profit, sembrerebbe che, nonostante l'avvenuta registrazione sull'app, molti consumatori non abbiano visto acquisite le loro transazioni elettroniche e di conseguenza non sono riusciti a raggiungere la soglia minima di dieci transazioni necessaria per accedere al rimborso;

   accade di sovente che le procedure informatizzate per l'accesso a benefici o programmi di aiuto attivati fin qui dal Governo hanno riscontrato sistematici problemi tecnici, a scapito dei cittadini. Si fa riferimento, oltre al caso in questione, anche ai sistematici problemi riscontrati durante i «click day» della più diversa natura –:

   se il Governo intenda chiarire le criticità che hanno provocato il malfunzionamento del sistema operativo deputato a gestire le operazioni del cashback;

   se e quali iniziative di competenza abbia adottato o intenda adottare per risolvere il problema, al fine di evitare nuovi disservizi ai cittadini.
(4-08022)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FARO, NESCI, MENGA, LOVECCHIO, BARBUTO e VILLANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 10 gennaio 2021 sulla strada statale 90, al confine tra Campania e Puglia, nel tratto compreso tra il comune di Montaguto Campano, in provincia di Avellino e Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, è crollato un muro di contenimento sulla sede stradale a ridosso di una Galleria. Per fortuna, al momento del crollo la S.S. 90 non era percorsa da alcun veicolo, pertanto il crollo del muro non ha causato vittime, ma, nel contempo, ha determinato la chiusura al traffico veicolare in entrambe le direzioni nel tratto compreso tra il chilometro 48,300 e il chilometro 54,200 fino a Orsara di Puglia, creando in tal modo notevoli disagi agli abitanti della zona, ma in particolare al traffico merci per l'approvvigionamento di tutti i piccoli centri dell'area;

   a causare il crollo sono state le condizioni avverse del meteo, ma stando a quanto si apprende dalle dichiarazioni del sindaco di Lecce di Orsara di Puglia, anche la mancata manutenzione delle opere infrastrutturali da parte di Anas;

   secondo quanto affermato dal sindaco di Orsara di Puglia, nel corso degli anni sono state indirizzate ad Anas numerose richieste di intervento di messa in sicurezza proprio dell'area oggi interessata dal crollo del muro di contenimento, che a quanto pare sembrerebbero rimaste inascoltate da parte dell'Ente gestore della strada;

   tra l'altro la strada statale 90 è già stata interessata da altri crolli di muri di contenimento lungo il suo percorso, infatti già il 4 gennaio 2021, un altro crollo si è verificato al chilometro 15, in prossimità del comune campano di Grottaminarda, così come già avvenne nel medesimo tratto nell'ottobre del 2018, causando la chiusura di alcuni tratti della strada e l'istallazione di un semaforo per il senso unico alternato;

   tali eventi, che si sono succeduti nel corso degli anni e che hanno riguardato la strada statale 90, hanno generato l'esasperazione dei cittadini campani e pugliesi a causa dei disagi conseguenti dalle chiusure continue della strada e dalla mancanza di sicurezza determinata, probabilmente, anche da una colpevole carenza di manutenzione da parte di Anas;

   infatti, giova evidenziare che, in merito al muro crollato sulla strada statale 90, in prossimità di Orsara di Puglia al chilometro 48,500, esaminando una fotografia del predetto muro estratta da Google Maps e risalente al lontano gennaio 2011, era già ben visibile una lesione alla base del muro di contenimento realizzato con mattoni in terracotta tanto che, pur in assenza di particolari competenze tecniche, appare evidente la corrispondenza tra la lesione ritratta nella foto e la parte del muro interessata dal crollo, ma, ad ogni buon conto, su tale punto ci si rimette alle valutazioni tecniche preliminari alla ricostruzione del muro;

   dai fatti così come rappresentati appare lecito dubitare sulla qualità dei controlli sulle infrastrutture stradali da parte di Anas, ovvero appare quantomeno plausibile una grave sottovalutazione dell'effettivo stato di deterioramento delle opere infrastrutturali, tale da aumentare esponenzialmente il livello di rischio per i cittadini che quotidianamente si spostano lungo la strada statale 90 tra Puglia e Campania –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;

   se risulti che siano state avviate indagini per individuare gli eventuali responsabili del crollo avvenuto al chilometro 48,500 della strada statale 90, per la mancata manutenzione, ovvero per la sottovalutazione del rischio per l'incolumità pubblica;

   se, a seguito dei fatti accaduti, siano state verificate eventuali inadempienze contrattuali da parte di Anas Spa, società che gestisce la strada statale 90.
(4-08011)


   PLANGGER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono sempre più numerose ed articolate le truffe i raggiri a danni di persone incapaci che necessitano di particolari tutele ed attenzioni da parte delle istituzioni pubbliche;

   i signori Frustaci Vincenzo e Frustaci Fabio Massimo di Roma – entrambi assegnati a due case famiglie gestite dall'amministrazione comunale di Roma – e Seralessandri Claudi, quest'ultima anche in qualità di amministratrice di sostegno, proprietari di quota pro indiviso dell'immobile sito in Roma, Via Giovanni Lanza n. 108, con contratto sottoscritto in data 6 dicembre 2018, hanno concesso in locazione, per uso abitativo, detto appartamento ai signori Pascone Giovanni e Martucci Vincenzo;

   contratto ritualmente registrato al n. 026969 seri 3T, presso l'Agenzia delle Entrate, Ufficio territoriale di Roma il 6 dicembre 2018;

   il canone mensile di 1.350,00 euro doveva essere utilizzato per le necessità sempre più impellenti a causa delle precarie condizioni di salute dei signori Fabio e Vincenzo;

   i conduttori, a differenza di quanto pattuito nel contratto non hanno prestato né la fidejussione né versato la caparra;

   dopo appena due mesi dall'inizio della locazione, a quanto consta all'interrogante, i conduttori hanno informato i proprietari dell'immobile che per sopravvenute ragioni avrebbero riconsegnato l'immobile dal 1° marzo 2019. Da allora, nonostante i numerosi solleciti, l'immobile non è stato mai riconsegnato ai legittimi proprietari e i conduttori non hanno provveduto né al pagamento dei canoni di locazione, ne degli oneri condominiali;

   nello stesso tempo subaffittavano l'immobile dando così luogo a una situazione a dir poco non rispettosa dei diritti dei proprietari;

   di conseguenza i proprietari, nonostante le difficoltà anche economiche, hanno dovuto sostenere tutte le spese del procedimento di sfratto per rientrare in possesso dell'immobile di loro proprietà;

   il tribunale ordinario di Roma, con sentenza del 25 settembre 2019, n. 51177/2019 Rgacc, nel convalidare lo sfratto per morosità fissava l'esecuzione dello stesso per il 17 ottobre 2019;

   a seguito del provvedimento di convalida e del primo accesso dell'8 gennaio 2020, del successivo in data 4 febbraio 2020, poi il 3 marzo 2020 in cui è stata negata la forza pubblica, finalmente l'ufficiale giudiziario è riuscito a concordare l'accesso per il rilascio dell'immobile con la forza pubblica per il 18 marzo 2020;

   detto accesso però fissato nel periodo di sospensione delle attività a causa del Covid-19 ha fatto svanire, per i proprietari, la possibilità di rientrare in possesso dell'immobile: una vera e propria beffa oltre ai danni economici insostenibili per i proprietari;

   il provvedimento di sospensione dell'esecuzione degli sfratti, fino al 30 giugno 2021, non distingue tra chi era moroso ante Covid-19 e chi, suo malgrado, lo è diventato a causa del Covid-19;

   il fatto che i due proprietari siano soggetti ad amministrazione di sostegno non ha determinato alcuna eccezione alla sospensione e ciò sta aggravando la loro già precaria situazione economica –:

   se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative normative per rivedere le disposizioni riguardanti la sospensione, nell'attuale fase di emergenza epidemiologica, dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, al fine di differenziare le situazioni in cui possa aver luogo tale sospensione e di evitare che soggetti fragili come quelli descritti in premessa possano essere oltremodo penalizzati dalle vigenti norme in materia.
(4-08019)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MENGA, IANARO, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI, ZANICHELLI, GRIPPA e NESCI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le regioni Piemonte ed Emilia Romagna, da circa un anno, si sono dotate del servizio «Flag Mii»;

   FlagMii è un software per centrali operative di emergenza, dedicato alla gestione delle chiamate provenienti da smartphone, il cui scopo è creare un vero e proprio link tra la persona che chiede supporto e il call-taker per consentire attività come geolocalizzazione, scambio di video e immagini, interpreti in real time e altro;

   ad opera di questo canale di comunicazione, è possibile fornire indicazioni mediche tempestive a chiunque si trovasse a prestare i primi soccorsi in attesa dell'arrivo del personale sanitario qualificato;

   è quanto accaduto nei giorni scorsi a Bologna e in provincia, precisamente a Crevalcore, dove, grazie a questa piattaforma web, gli operatori del 118 hanno diretto in via telematica il salvataggio di un bimbo di soli due anni che rischiava di soffocare, e aiutato due neogenitori a dare alla luce il loro primogenito nelle mura domestiche;

   il servizio «Flag Mii» è al momento operativo nelle sole regioni sopra indicate, mentre in Veneto è attivo, ma non in tutte le sue possibili funzionalità;

   l'impiego di questo software consentirebbe di migliorare i tempi e la qualità dell'intervento dell'operatore del 118 che in tal modo potrà controllare tutto, attraverso lo smartphone e in diretta video, seduto dalla centrale operativa;

   inoltre, stando a quanto si è appreso da ricerche effettuate sul web, il software in argomento funziona anche in condizioni di connettività limitata, ciò comporterebbe sia la possibilità di individuare un ferito in situazioni sfavorevoli per la localizzazione, basti pensare ad incidenti in luoghi isolati come quelli che avvengono in sentieri di montagna o in zone costiere, sia di risalire alla posizione esatta di feriti che versano in stato confusionale;

   l'utilizzo generalizzato di «Flag Mii» potrebbe, pertanto, scongiurare il verificarsi di episodi analoghi a quello accaduto nell'agosto del 2019 ai danni di un giovane escursionista francese disperso per ben nove giorni nella zona del Cilento; le forze umane dispiegate per il ritrovamento di Simon Gautier non sono bastate, trattandosi di zone impervie e di complicata perlustrazione –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intendano adottare per favorire, sull'intero territorio nazionale, l'utilizzo omogeneo di software analoghi a quello indicato in premessa per gestire con efficienza e celerità le situazioni di emergenza a domicilio, nonché di istituire un sistema di allerta e di geolocalizzazione automatica in assenza di informazioni precise per scongiurare il perpetrarsi di episodi analoghi al ritrovamento senza vita del turista francese.
(5-05272)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dei drammatici e criminosi avvenimenti di Capitol Hill con l'assedio del Congresso a Washington, le prese di posizione di distanza da tali esecrabili azioni non sono state dovunque unanimi e sufficientemente forti e rigorosi. In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, gli atteggiamenti e le dichiarazioni se non di palese sostegno, a dir poco tiepidamente ambigue di una parte politica della destra, hanno condotto a esternazioni dapprima maldestramente etichettate come ironiche da parte degli stessi autori e successivamente dichiarate come «erroneamente interpretate» da chi le ha legittimamente condannate con sdegno e preoccupazione;

   è quanto accaduto nei giorni scorsi e documentato dai media rispetto all'atteggiamento tenuto dall'assessore allo sport e al commercio del comune di Perugia, (Clara Pastorelli) di Fratelli d'Italia che, in un selfie pubblicato sul proprio profilo Facebook mima e si camuffa imitando uno dei più violenti occupanti del Congresso americano, salvo poi appellarsi alla «non compresa ironia» del suo gesto allorquando da più parti il suo comportamento è stato stigmatizzato;

   negli stessi giorni, il capogruppo della Lega al comune di Orvieto, (Andrea Sacripanti), prendendo spunto sempre dai fatti di Capitol Hill, proponeva di occupare e assaltare il Ministero dell'istruzione. Anch'egli, rispondendo alle critiche mosse al suo post, ha ritenuto di dover argomentare respingendo ogni accusa di incitamento alla violenza, ma di aver solo voluto evidenziare il «sentimento di rassegnazione» circolante nel nostro Paese nel non reagire a presunte violazioni;

   purtroppo, episodi di plauso, più o meno incondizionati, a simili episodi sono avvenuti in molti Paesi e in tutta Italia, ma ci si limita a segnalare quelli relativi al territorio umbro – ripresi dagli organi di informazione e dal web – in quanto accaduti nella circoscrizione di elezione dell'interrogante: l'Umbria, terra dove la civiltà, il rifiuto della violenza e dell'odio, la cultura del dialogo, i valori e gli ideali di pace, di dialogo sono elementi particolarmente costitutivi e attuali della convivenza della comunità;

   al netto delle legittime diverse opinioni e dei differenti orientamenti politici, la non presa di distanza e addirittura il cavalcare eventi delittuosi e di gravità inaudita per una democrazia come quelli avvenuti a Washington, richiedono che tutte le forze politiche e le istituzioni di un Paese civile come il nostro stigmatizzino e condannino qualunque tipo di atteggiamento si possa configurare come legittimante atti di violenza, sia essa fisica o verbale, in un clima dilagante di preoccupante recrudescenza e aggressività –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione a fenomeni che si possono configurare come incitamento alla violenza, in particolare tramite il web, e che risultano altamente lesivi ed offensivi della dignità di un popolo, oltreché del tutto inappropriati per rappresentanti delle istituzioni, quali quelli segnalati in premessa.
(5-05278)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATURI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi tempi a Bolzano si sono moltiplicati i casi di criminalità diffusa in città, probabilmente anche conseguenti al perdurare della situazione di crisi economica che si è determinata a seguito dell'emergenza sanitaria;

   sulla stampa locale, infatti, quotidianamente si ha notizia di rapine armate al supermercato, in una profumeria, nonché nelle vie della città, peraltro nelle vicinanze del tribunale;

   in tutti i casi si è trattato di stranieri, per lo più nordafricani, molto probabilmente irregolari, anche con precedenti penali, armati di un grosso coltello, nel caso delle due donne aggredite a distanza ravvicinata per rubare ad entrambe la borsa, nonché di pistola poi risultata un'arma giocattolo, nel caso del supermercato;

   nella città di Bolzano non si era abituati a tali episodi e con tale frequenza e, ad avviso dell'interrogante, tale aggravamento della situazione è determinato anche dal nuovo allargamento delle maglie con riguardo alla lotta all'immigrazione irregolare, a seguito dello smantellamento dei cosiddetti decreti sicurezza operato dal Governo attualmente in carica;

   la Costituzione prevede una competenza concorrente sulla materia della polizia locale e il Ministero potrebbe, dunque, concordare con la provincia autonoma di Bolzano un piano di sicurezza per la città che coinvolga anche la polizia locale a supporto delle forze di polizia –:

   come intenda garantire una maggiore sicurezza nella città di Bolzano, attraverso un maggior presidio territoriale, alla luce dei fatti illustrati in premessa, eventualmente coordinandosi con la provincia autonoma di Bolzano con riguardo al possibile impiego della polizia locale.
(4-08007)


   BELOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'indagine condotta nei mesi scorsi dalla procura di Bergamo in merito all'ospitalità dei richiedenti asilo, la stampa locale dà notizia oggi del patteggiamento dei responsabili della Cooperativa Rinnovamento con sede ad Antegnate (Bg);

   i principali indagati hanno quindi deciso di patteggiare la pena: 4 anni a Padre Antonio Zanotti, 73 anni, fondatore e guida spirituale della cooperativa Rinnovamento di Fontanella onlus e Oasi 7 di Antegnate; 3 anni e 9 mesi ad Anna Maria Preceruti, 59 anni, presidente della Cooperativa e 3 anni e 8 mesi a Giovanni Trezzi, 40 anni, responsabile della contabilità;

   agli indagati è stata contestata la truffa aggravata ai danni dello Stato;

   nell'ordinanza con cui a giugno il giudice per le indagini preliminari aveva messo ai domiciliari i tre indagati si legge di «indole spregiudicata» descrivendo i responsabili della cooperativa come «inclini al compimento di condotte illecitamente falsificatorie, oltre che dalla connotazione fraudolenta, con cadenza ripetuta, se non anche seriale, nel contesto del settore di interesse, in spregio ai principi di legalità e di trasparenza imposti dal vigente ordinamento»;

   ad oggi, risultano in gestione alla coop Rinnovamento ancora alcuni centri per richiedenti asilo tra cui quelli di Fontanella, Antegnate, Pontirolo e Martinengo;

   nei giorni scorsi, il sindaco di Fontanella, dopo aver ricevuto alcune segnalazioni, ha riferito al prefetto di Bergamo di presunti gravi disservizi nella gestione della struttura all'interno del proprio territorio gestita dalla Coop Rinnovamento –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce dell'accertata truffa ai danni dello Stato e della condanna dei responsabili della Cooperativa Rinnovamento, adottare iniziative per la revoca della convenzione in essere con la suddetta cooperativa e la conseguente chiusura dei centri che ospitano i richiedenti asilo.
(4-08016)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VISCOMI e SCHIRÒ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° gennaio 2021 è entrato in vigore l'«accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l'unione europea e la comunità europea dell'energia atomica, da una parte, e il regno unito di gran Bretagna e Irlanda del nord, dall'altra», pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea del 31 dicembre 2020;

   le finalità dell'accordo sono quelle di stabilire le basi di ampie relazioni tra le parti, in uno spazio di prosperità e buon vicinato caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione, nel rispetto dell'autonomia e della sovranità delle parti;

   l'accordo prevede, nella Parte Seconda, Rubrica quarta, intitolata «Coordinamento della sicurezza sociale e visti per soggiorni di breve durata» che gli Stati membri e il Regno Unito coordinino i rispettivi sistemi di sicurezza sociale a norma del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale, al fine di garantire i diritti in materia di sicurezza sociale delle persone ivi contemplate;

   il succitato protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale si applica alle persone che soggiornano legalmente in uno Stato membro o nel Regno Unito e solo alle situazioni che insorgono tra uno o più Stati membri dell'Unione e il Regno Unito;

   il protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale è parte integrante dell'accordo di base ed è allegato allo stesso;

   il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale sostituisce in pratica i regolamenti comunitari (CE) 883/2004 e 987/2009 in materia di sicurezza sociale e in materia di assistenza sanitaria, che, dopo il periodo transitorio, che è terminato il 31 dicembre 2020, non sono più applicabili ai rapporti tra Unione europea e Regno Unito;

   se da una parte il protocollo lascia impregiudicati i diritti relativi a precedenti periodi di soggiorno legale acquisiti al 31 dicembre 2020 dalle persone contemplate nell'ambito di applicazione personale dello stesso protocollo, dall'altra, non assicura che i diritti di libera circolazione, socio-previdenziali e sanitari, previsti dai regolamenti comunitari (CE) 883/204 e 987/2009 entro il 31 dicembre 2020, siano ancora garantiti in maniera immutata a partire dal 1° gennaio 2021 nei rapporti tra Unione europea e Regno Unito, tanto è vero che, per esempio, le prestazioni familiari sono state escluse dal campo di applicazione «ratione materiae»;

   si riconosce l'importanza del coordinamento dei diritti di sicurezza sociale di cui godono le persone che si spostano per lavorare, soggiornare o risiedere, come dei diritti di cui godono i loro familiari e superstiti –:

   se il Governo non ritenga opportuno ed urgente adottare iniziative per informare i nostri connazionali che vivono nel Regno Unito o che intendono andare a vivere nel Regno Unito, se e come i loro diritti socio-previdenziali, sulla libera circolazione e sull'assistenza sanitaria abbiano subito modifiche e/o eventuali limitazioni e lesioni nel passaggio dalla tutela dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale – non più applicabili a partire dal 1° gennaio 2021 nei rapporti tra Unione europea e Regno Unito – al «Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale» provvisoriamente in vigore a partire dal 1° gennaio 2021, così come stabilito dall'Accordo sugli scambi commerciali e sulla cooperazione firmato il 24 dicembre 2020 da Unione Europea e Regno Unito;

   se il Governo, nel caso in cui fosse constatato che i diritti succitati hanno subito delle limitazioni o delle lesioni nel campo della libera circolazione, della sicurezza sociale e dell'assistenza sanitaria, in seguito all'entrata in vigore del nuovo «Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale», non consideri l'esigenza di verificare l'opportunità di stipulare accordi bilaterali con il Regno Unito, possibilità contemplata dall'accordo sugli scambi e la cooperazione, concernenti questioni specifiche attinenti ai diritti nel settore della sicurezza sociale.
(5-05273)


   MURELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dall'ingresso nel nostro ordinamento ad oggi dello strumento del reddito di cittadinanza, diversi sono stati i casi emersi sulla stampa – nazionale e locale – dei cosiddetti «furbetti», percettori non titolati a norma di legge al sussidio;

   l'ultimo, in ordine temporale, è il caso di Sesto San Giovanni, dove, tra i primi 48 percettori chiamati dal comune per i colloqui psicoattitudinali, 30 hanno aderito ai progetti di utilità collettiva messi a punto dall'amministrazione, mentre 18 non hanno risposto o non si sono resi disponibili;

   come spiegato dal sindaco, «praticamente il 38% delle persone contattate, (...) si tratta principalmente di stranieri che non sono più sul nostro territorio nazionale e sono spariti, ma intanto hanno preso il sussidio per mesi. Altri ancora ci rispondono che non possono venire perché impegnati e vorrebbero l'appuntamento fuori dall'orario di lavoro. È palese che questo 38% sottrae risorse a chi ne ha veramente bisogno»;

   ovviamente è partita la segnalazione su tali soggetti, affinché venga interrotta l'elargizione della misura; tuttavia, è fuor di dubbio, per gli interroganti, che non si tratta di un caso isolato;

   tali notizie, peraltro, risultano ancora più stridenti con la situazione economica attuale di centinaia di famiglie, a causa della crisi economica-occupazionale conseguente alla pandemia, e confermano l'assoluta necessità di rivedere lo strumento del reddito di cittadinanza, che nei fatti, appunto, si è rivelato un escamotage per molti furbetti al fine di ottenere impropriamente fondi, discostandosi dalla volontà del legislatore quale sussidio per l'inclusione sociale –:

   se il Governo abbia contezza di quanti siano – o possano essere per mancate verifiche – i casi similari a quello esposto in premessa in tutta Italia;

   se ed in che termini intenda adottare iniziative per rivedere lo strumento del reddito di cittadinanza, affinché possa rappresentare realmente uno strumento a sostegno di tutte le persone in povertà ed in cerca di occupazione.
(5-05274)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GOLINELLI, ZOFFILI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 3 gennaio 2021 presso il sito di Don Guan, le autorità cinesi hanno bloccato due container di carne suina italiana sostenendo, senza alcun fondamento scientifico, una presunta positività delle merci al virus Covid-19;

   la denuncia arriva dall'Opas, uno dei più grandi macelli italiani autorizzato a commercializzare in Cina, che sostiene, inoltre, la probabile distruzione di altri 40 container di carne suina, in direzione del porto di Yantianper un valore di circa 2,5 milioni di euro;

   si tratta di accuse assurde ed infondate, che, tra l'altro, provengono da un Paese sul quale pesa la responsabilità di avere ritardato la diffusione di notizie riguardo la pandemia, usate per colpire l'agroalimentare Made in Italy, che proprio negli ultimi anni, ha investito sulle prospettive di crescita delle esportazioni sul mercato asiatico;

   la Cina è il primo Paese per consumo di carne di maiale e ciò fa pensare che, dietro simili decisioni, vi sia la scellerata volontà di adottare misure protezionistiche per sostenere la produzione locale di carne, che ha subito una gravissima battuta d'arresto a causa della diffusione della peste suina africana;

   proprio a causa della peste suina africana, la Cina ha perso più del 60 per cento dei propri allevamenti, diventando fortemente dipendente dal mercato estero, in particolare dalla Germania, Paese, anche questo, alle prese con la diffusione della malattia, per via della quale il comparto locale è entrato in crisi subendo un drastico crollo dei prezzi, con evidenti ripercussioni anche sulla filiera suinicola italiana;

   il settore, nel complesso, genera 8 miliardi di euro di fatturato. Il nostro Paese non può permettersi di rimanere immobile di fronte agli scenari denunciati, con il rischio di perdere un comparto strategico per l'economia italiana e un riferimento fondamentale delle eccellenze agroalimentari del Made in Italy;

   la suinicoltura, ed il comparto agroalimentare Made in Italy in genere, stanno da tempo subendo gli effetti dei più disparati accadimenti internazionali: dai dazi americani, all'embargo russo, passando per la Brexit, fino all'emergenza Covid-19, quest'ultima utilizzata per promuovere una grave campagna di disinformazione e di concorrenza sleale nei confronti dell'Italia; i danni per il settore sono ingenti e necessito di risposte forti e determinate;

   in tale scenario è opportuno ed urgente adottare tutti gli strumenti necessari per sostenere il settore suinicolo italiano, sia a livello nazionale, che europeo, per far in modo che la grave emergenza epidemiologica da Covid-19 non divenga presupposto di un ulteriore indebolimento della filiera, a danno delle eccellenze agroalimentari italiane –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario adottare iniziative immediatamente, presso tutte le sedi opportune, al fine di denunciare come le motivazioni avanzate dalla Cina per bloccare l'ingresso nel Paese di carne suina italiana siano pretestuose e prive di qualsiasi fondamento scientifico;

   quali iniziative straordinarie i Ministri interrogati intendano mettere in atto a sostegno delle imprese esportatrici per le gravi perdite subite a seguito della decisione presa dalla Cina di bloccare le importazioni di carne suina italiana.
(4-08012)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTINCIGLIO e CANCELLERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da organi di informazione si apprende che a Gibellina, un piccolo paese in provincia di Trapani, si sarebbe proceduto a somministrare il vaccino anti-Covid Pfizer a soggetti non ricompresi nella campagna di vaccinazioni;

   l'anomalia sarebbe dipesa dal fatto che, da ogni fiala del vaccino Pfizer, è possibile ricavare sei dosi anziché le cinque indicate della casa farmaceutica con il risultato che a fine giornata sarebbero disponibili un numero di dosi di vaccino nettamente maggiore rispetto a quelle programmate;

   di per sé tale circostanza non sarebbe negativa se non fosse che, da alcune segnalazioni, si è appreso che le dosi «in più» sarebbero state somministrate discrezionalmente a soggetti non rientranti nelle categorie cosiddette «a rischio» – tra le quali rientrano gli over 80 o soggetti con patologie croniche – ai quali, com'è noto, è riconosciuta la precedenza rispetto al resto della popolazione;

   l'anomala somministrazione sarebbe avvenuta su espressa indicazione del sindaco e avrebbe riguardato docenti, operatori del servizio civile e vigili urbani, alcuni dei quali anche di età inferiore ai quaranta anni;

   sentito su questa incresciosa vicenda, il sindaco di Gibellina avrebbe dichiarato che dopo essere stato contattato dal centro vaccinazioni di Salemi e informato del fatto che avanzassero dei flaconi, avrebbe autorizzato «in buona fede» la somministrazione del vaccino a soggetti che a suo giudizio rientravano nelle categorie più esposte a rischio di contagio, precisando che nella sua città vi erano oltre 50 casi di positivi al Covid-19;

   alla luce di quanto accaduto – peraltro reso noto anche attraverso la pubblicazione sui social di foto che immortalavano i soggetti «non legittimati» durante la somministrazione del vaccino e che sono state dagli stessi rimosse a seguito della aspra protesta esplosa sui social da parte dei veri titolari, o parenti degli stessi, del diritto di precedenza nell'accedere alla dose vaccinale – l'Asp di Trapani ha avviato un'indagine interna per capire come siano andati realmente i fatti e, soprattutto, verificare la ragione per cui il centro di vaccinazioni di Salemi abbia chiamato il sindaco di Gibellina;

   risulta, infine, alla interrogante che la descritta vicenda non sia un caso isolato, essendosi verificata anche in altre regioni di Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, per pervenire ad un controllo più incisivo riguardo alle procedure e alle modalità messe in atto dalle diverse aziende sanitarie provinciali impegnate nella campagna vaccinazioni anti-Covid-19.
(5-05277)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza derivante dalla pandemia del COVID-19 ha visto l'impegno quotidiano, in prima linea, di migliaia di persone che hanno dimostrato sul campo il loro valore professionale e umano;

   tra esse, rientrano i numerosi autisti soccorritori che, con coraggio e altruismo, hanno affrontato una situazione di straordinaria gravità;

   tale prova ha reso ancora più evidente la necessità di riconoscere la figura dell'autista soccorritore, con la precisa finalità di migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria e di riconoscere la professionalità e il valore sociale dell'opera di chi quotidianamente è impegnato nel territorio, come già avvenuto in altri Paesi europei;

   attualmente, numerose attività ordinariamente svolte dall'autista soccorritore esulano da quanto stabilito nel contratto collettivo nazionale di lavoro per la figura dell'autista operatore tecnico specializzato;

   si rende necessario, pertanto, un intervento teso a colmare questa intollerabile lacuna. Ciò vale, in particolare, per le attività che comportano un approccio diretto con il paziente, che richiedono una preparazione specifica e che espongono l'autista alla possibilità di errore, oltre che ad eventuali rischi per la propria persona;

   l'autista soccorritore è, inoltre, parte attiva di una équipe, e ordinariamente interagisce con sei medici e altrettanti infermieri, a rotazione. Pertanto la diversificazione delle mansioni porta nei fatti ad una collaborazione, con un effettivo collegamento funzionale, in numerose attività sul paziente;

   è fondamentale riconoscere conseguentemente il diritto alle indennità di rischio, pericolo e danno previste per le altre figure professionali di operatori del soccorso;

   mediante l'individuazione di un percorso di formazione, dei requisiti per l'accesso al corso di formazione e di un esame finale si può inoltre evitare che le medesime figure ricevano un trattamento sperequato nelle diverse regioni e rispondere ad un interesse generale dei cittadini di una maggiore qualità del servizio, affidata a figure riconosciute, qualificate, titolari di diritti e, allo stesso tempo, di specifiche responsabilità –:

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di riconoscere la figura professionale dell'autista soccorritore.
(4-08014)


   MANZO e NAPPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la penisola Sorrentina è composta da sei comuni con un'estensione di oltre 70 chilometri quadrati la cui popolazione conta più di 80 mila abitanti, senza contare i vicini comuni salernitani di Positano e Praiano e le enormi masse di turisti che, crisi pandemica a parte, fanno contare numeri di presenze vertiginosi;

   tale vasto territorio è servito da due presidi ospedalieri territoriali, il De Luca e Rossano nel comune di Vico Equense e il Santa Maria della Misericordia di Sorrento;

   dalla nota n. 0158110 del 21 ottobre 2020 emerge la volontà di ridurre le attività di urgenza/emergenza del presidio ospedaliero di Vico Equense; l'Azienda sanitaria locale di NA3 Sud ha disposto la chiusura immediata temporanea del pronto soccorso generale del presidio ospedaliero di Vico Equense, ad eccezione di quello ostetrico e pediatrico, spostando «temporaneamente» medici e operatori sanitari nei Covid center campani, lasciando come unico presidio ospedaliero a tutela della salute dei cittadini della penisola sorrentina, il Santa Maria della Misericordia di Sorrento;

   il 23 dicembre 2020 il reparto di rianimazione del presidio ospedaliero di Sorrento è stato chiuso per la mancanza di anestesisti, con il conseguente blocco dell'attività chirurgica sull'intero territorio, compromettendo perfino il reparto urgenza –:

   se sia a conoscenza di tali gravi decisioni che mettono a rischio il diritto alla tutela della salute dei cittadini;

   se, per quanto di competenza, intenda adottare iniziative, in raccordo con la regione, affinché sia ripristinato immediatamente tale vitale servizio pubblico così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, in base al quale la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.
(4-08015)


   ANGIOLA, FRATE e TRIZZINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Ema ha autorizzato l'uso del nuovo farmaco Zolgensma® il 18 maggio 2020, in grado di correggere il difetto genetico alla base della malattia con un'unica somministrazione (terapia «one shot») per tutti i bambini con Sma e che l'approvazione europea, che riguarda neonati e bambini con Sma fino a 21 chilogrammi di peso (secondo la posologia approvata), non pone limitazioni di età dei pazienti e si applica a tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea, oltre ad Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Regno Unito;

   l'Aifa con determina n. 126266/2020 (20A06264, in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 286 del 17 novembre 2020), ha ritenuto opportuno consentire la prescrizione del Zolgensma ai pazienti entro i sei mesi di età con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di Sma 1 e ha inserito il Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, istituito ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (Sma 1);

   in Italia, attualmente, sono solo due le regioni (Lazio e Toscana) che hanno avviato un Progetto Pilota di screening neonatale sistematico per la Sma con la identificazione di sei pazienti con Sma (quattro nel Lazio e due in Toscana), su 30 mila screening neonatali effettuati mentre, nel resto d'Italia, in assenza di screening neonatale, la diagnosi è spesso molto tardiva anche oltre i sei mesi di età;

   la decisione dell'Aifa secondo gli interroganti non è rispettosa all'obbligo per i Paesi membri di attenersi ai termini dell'autorizzazione europea centralizzata rilasciata dall'Ema e si rivela potenzialmente lesiva del diritto alla cura di bambini con Sma di età superiore a sei mesi che hanno avuto una diagnosi più tardiva –:

   in base a quale analisi costo-efficacia questa decisione sia stata assunta dall'Aifa, analisi che correttamente abbia considerato le voci di risparmio attese comparate con gli anni di vita guadagnati dai piccoli pazienti e il valore della loro qualità di vita, e per quali ragioni non si sia invece inteso procedere accelerando le procedure di autorizzazione e rimborsabilità, a favore di tutti i bambini che possono beneficiare della terapia;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per fare in modo che in tutte le regioni italiane la diagnosi di Sma venga fatta tempestivamente per tutti i neonati per non incorrere in una grave discriminazione tra bambini più fortunati (diagnosi precoce e accesso alla terapia entro 6 mesi di vita) e bambini meno fortunati (ritardi nella diagnosi e diniego di iniziare la terapia se hanno superato i sei mesi di vita).
(4-08018)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 ha avuto ripercussioni estremamente negative su tutti i settori produttivi, mettendo in ginocchio l'economia mondiale;

   il comparto turistico è tra quelli maggiormente colpiti dalla pandemia, a causa delle necessarie restrizioni riguardanti gli spostamenti e le chiusure alle frontiere, ai mercati leader (Stati Uniti e Cina) fermi, ai problemi di sicurezza legati ai viaggi, all'assenza di certezze in merito al futuro socio-economico, che ha scoraggiato consumatori e turisti, in una condizione di estrema precarietà generale;

   il 5 novembre 2020, nel corso dell'audizione presso le Commissioni 5a e 6a del Senato, la Federalberghi ha delineato la drammatica situazione in cui versa il mercato turistico italiano ed estero, ancora in piena emergenza, riportando numeri drammatici;

   le Nazioni Unite hanno previsto che i numeri del turismo internazionale potrebbero perdere dal 58 al 78 per cento su base annua nel 2020, mentre il ricavo del turismo a livello globale crolleranno di una cifra compresa tra 910 e 1.200 miliardi di dollari statunitensi. L'Istat ha rilevato che nei primi sette mesi del 2020 le presenze straniere sono state meno di un quarto rispetto a quelle del 2019. Ha inoltre evidenziato una flessione senza precedenti nel settore dei servizi dell'alloggio e della ristorazione: il fatturato nei secondo trimestre del 2020 ha perso il 62,6 per cento rispetto al primo trimestre del 2019 e il 71,4 per cento rispetto al secondo trimestre del 2019. Nel settore dell'alloggio il calo tendenziale del fatturato è dell'88,3 per cento;

   si tratta di dati allarmanti, evidenziati anche dal presidente di Federalberghi Brindisi, Pierangelo Argentieri il quale, come riportato da notizie di stampa (www. brindisireport.it del 12 gennaio 2021) ha sottolineato la necessità di un intervento da parte del Governo, al di là di quanto già fatto, a sostegno del settore turistico e alberghiero, auspicando l'ampliamento della platea di beneficiari della recente misura del cosiddetto «superbonus 110 per cento», importante strumento nato nell'ottica del «Green new deal», diretto al rilancio e allo sviluppo sostenibile, che consente di effettuare lavori di miglioramento antisismico e di efficientamento energetico, senza esborsi di denaro, consentendo a tutti i cittadini, a prescindere dalla fascia di reddito di appartenenza, di vivere in abitazioni sicure e in linea con gli obiettivi di efficientamento energetico –:

   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto descritto in premessa, non ritengano opportuno adottare iniziative per prevedere l'ampliamento della platea di beneficiari dello strumento del «superbonus 110 per cento», consentendo alle strutture ricettizie ed alberghiere, tra i settori maggiormente colpiti dall'emergenza sanitaria ancora in atto, di accedere a tale misura, al fine di risollevare un comparto fortemente in crisi e consentire di adeguare le proprie strutture alle normative in materia di sicurezza antisismica ed efficientamento energetico.
(5-05276)

Interrogazione a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 38, commi 7-8, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, prevede incentivi fiscali in regime de minimis all'investimento in start-up e piccole e medie imprese innovative: in particolare, viene integrata la disciplina agevolativa contenuta nel decreto-legge n. 179 del 2012, introducendo una detrazione Irpef di un importo pari al cinquanta per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale;

   tuttavia, le modalità attuative della sopramenzionata disposizione – da individuarsi con decreto ministeriale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del citato articolo – non sono ancora state definite, sebbene siano trascorsi ulteriori tre mesi dal termine ultimo già stabilito;

   non si comprendono, altresì, le ragioni che hanno portato a non inserire la predetta attuazione di tale normativa di agevolazione fiscale nel decreto attuativo del Ministero dello sviluppo economico – pubblicato in data 1° ottobre 2020 – sulle modalità di impiego delle risorse destinate dal provvedimento sopracitato al Fondo di sostegno al venture capital, determinando una perdurante incompletezza del relativo quadro normativo;

   il sopradescritto ritardo implica un potenziale rallentamento degli investimenti in start-up e piccole e medie imprese innovative: la mancata specificazione dei soggetti cui è riconosciuta la suddetta detrazione e delle modalità con cui le aziende possono offrire tale incentivo agli investitori e il timore che vengano posti limiti imprevisti rischiano di paralizzare un importante quanto doveroso percorso di crescita e di sviluppo all'insegna dell'innovazione nel nostro Paese –:

   quali siano le ragioni della mancata adozione del decreto attuativo di cui in premessa, nonché quali iniziative di competenza intendano adottare tempestivamente al fine di completare il quadro normativo di riferimento.
(4-08023)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Lollobrigida e altri n. 2-01020, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zucconi, Deidda.

  L'interpellanza urgente Baldini e Gelmini n. 2-01044, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Polverini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Molinari n. 1-00414, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 449 del 12 gennaio 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la So.G.I.N. S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;

    tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da So.G.I.N. S.p.A. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Cnapi, elaborate dalla So.G.I.N. S.p.A., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la pubblicazione della Cnapi, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Cnapi, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

    in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la So.G.I.N. S.p.A. aggiornerà la Cnapi che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Cnai, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Cnapi sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista una apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;

    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali ed in particolare dalla International Atomic Energy Agency (Iaea), utilizzati da So.G.I.N. S.p.A. per la redazione della Cnapi;

    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri s.l.m., o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri s.l.m.; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;

    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;

    l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;

    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Cnapi, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla So.G.I.N. S.p.A. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Cnapi sul sito Internet della So.G.I.N. S.p.A. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin SpA appositamente indicato;

    nonostante la realizzazione della Cnapi sia stata prevista già da 10 anni, e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Cnapi, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace, Wwf;

    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Cnapi, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;

    le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Cnapi senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da Covid-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;

    alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati né la scala della cartografia permette calcoli esatti;

    alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;

    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Cnapi da parte della So.G.I.N. S.p.A. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta Mise-Mattm e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da So.G.I.N. «www.depositonazionale.it»;

    tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile, da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;

    inoltre in piena pandemia sanitaria da Covid-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da So.G.I.N. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi);

2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;

3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai);

4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Cnapi e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Cnai e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;

5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per Covid-19;

6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via);

7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Cnai dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;

8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-So.G.I.N. esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;

10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera» o quello de «I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», o quello di Pienza Val d'Orcia e alle relative «buffer zone».
(1-00414) (Nuova formulazione) «Molinari, Gava, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «cuoche combattenti» nasce dall'elaborazione del percorso di fuoriuscita dalla violenza domestica presso il Centro antiviolenza «Le Onde» Onlus di Palermo: si tratta di un progetto di imprenditoria sociale, quale strumento per acquisire competenze personali, tecniche di lavoro, autonomia, capacità imprenditoriali, con l'obiettivo di fornire strumenti di emancipazione economica alle donne vittime di violenza di genere;

   progetti di imprenditorialità femminile di vittime di violenza di genere sono un importantissimo strumento per dare concrete possibilità alle vittime di ottenere un'indipendenza economica che spesso è uno dei principali ostacoli alla denuncia di partner violenti e misogini;

   il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha avviato uno strumento di sostegno all'imprenditorialità femminile;

   garantire forme di finanziamento all'imprenditorialità femminile può essere un valido strumento per supportare progetti simili a quello di «cuoche combattenti» e ridare speranza e dignità a molte vittime di violenza di genere, sottraendole al ricatto della dipendenza economica –:

   quali iniziative siano state attuate o si intendano attuare al fine di garantire forme di sostegno all'imprenditorialità femminile, con particolare riguardo alle vittime di violenza di genere.
(4-07430)

  Risposta. — Nel percorso di fuoriuscita dal circuito di violenza, l'indipendenza economica assume un ruolo cruciale per l'emancipazione delle vittime ed è un elemento irrinunciabile per consentire alle donne di costruire un'autosufficienza nel lungo periodo. È anche con questa consapevolezza che il Governo ritiene, in via generale, importante promuovere e favorire l'imprenditorialità femminile.
  Proprio al fine di ridare «speranza e dignità alle vittime di violenza di genere», come scrive l'interrogante, già il 25 novembre 2019 in occasione della «Giornata internazionale contro la violenza sulle donne» – e, quindi, prima degli effetti negativi conseguenti alle misure necessarie per il contenimento della pandemia – ebbi l'occasione di annunciare la volontà di introdurre un «microcredito di libertà». A livello tecnico i lavori sono in fase avanzata e si prevede di pervenire prossimamente alla definizione di un
Memorandum di intesa con Abi (Associazione bancaria italiana) e Federcasse (Federazione italiana delle banche di credito cooperativo). L'obiettivo centrale del progetto, per il quale saranno opportunamente coinvolti i centri antiviolenza e le case rifugio, è quello di favorire l'emancipazione economica, lavorativa e professionale nonché l'inclusione sociale e finanziaria, delle donne vittime di violenza economica, attraverso lo strumento del microcredito, accompagnato da servizi di tutoraggio e di educazione finanziaria.
  Nel corso dei primi mesi dell'anno, a inizio della diffusione della pandemia, si è intervenuti in data 12 marzo 2020, su mia indicazione, all'incremento con 5 milioni di euro della Sezione speciale del fondo per le piccole e medie imprese dedicato all'imprenditoria femminile, per far fronte alla grave situazione provocata dal coronavirus. In riferimento al periodo 1° gennaio 2020-31 agosto 2020, le garanzie concesse a favore di imprese femminili sono state 18.203, per un ammontare di finanziamenti, pari a euro 1,3 miliardi e un importo garantito, pari a euro 1,0 miliardi. Nel medesimo periodo l'accesso al Fondo per le piccole e medie imprese da parte delle imprese a prevalente partecipazione femminile ha evidenziato, a livello territoriale, la prevalenza di imprese localizzate nel Nord (9.020 operazioni, pari al 49,5 per cento del totale), cui seguono quelle localizzate nel Mezzogiorno (4.802 operazioni, pari al 26,4 per cento del totale) e nel Centro (4.381 operazioni, pari al 24,1 per cento del totale).
  Infine, i dati relativi alla prima fase attuativa (al 30 settembre 2020) del Fondo rotativo nazionale SELFIEmployment, destinato all'erogazione di agevolazioni per sostenere l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali promosse da giovani NEET (
Neither in Employment or in Education or Training) (fino a 29 anni), registrano circa il 40 per cento di domande da parte di donne per accedere a questo strumento finanziario. Con la firma del nuovo accordo di finanziamento con Invitalia (datato 29 luglio 2020), è stato sancito l'allargamento del target di destinatari, prevedendo oltre ai giovani NEET (che chiaramente comprendono uomini e donne), due target specifici: disoccupati di lunga durata e donne inattive.
La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


   BONIARDI e CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ancora il 24 settembre 2019 i carabinieri del comando provinciale di Milano hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Milano nei confronti di ben 16 persone con l'accusa di traffico di stupefacenti nei pressi dell'area del Parco delle Groane;

   la zona del Parco delle Groane, che comprende diversi comuni a nord di Milano, tra cui Garbagnate, Bollate e Cesate, è una delle piazze di spaccio del Milanese, purtroppo, più nota alle cronache, tanto che sono all'ordine del giorno inseguimenti all'interno del parco stesso e arresti di spacciatori da parte delle forze dell'ordine;

   secondo quanto si è appreso dalla stampa, già nel dicembre del 2015 vennero avviate dai militari della compagnia di Rho delle tempestive indagini a seguito delle ripetute segnalazioni dei residenti che avevano notato un intensificarsi della presenza di auto e di persone, già note come tossicodipendenti, nei pressi del Parco delle Groane, noto centro di spaccio di eroina, cocaina e hashish, venduta sia in piccole quantità che all'ingrosso;

   grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine e a una intensa attività di osservazione e intercettazione telefonica, allora i carabinieri avevano arrestato in flagranza 22 persone coinvolte a vario livello nell'attività di spaccio;

   tuttavia le indagini, nell'ambito dell'operazione «Fisarmonica» che ha visto il coinvolgimento di oltre 70 carabinieri, erano poi proseguite e avevano permesso ai carabinieri di ricostruire la struttura di questa organizzazione dedita allo spaccio, con l'arresto di 13 persone nelle province di Milano, Varese e Verbania;

   tra gli indagati risulterebbero anche tre persone di nazionalità marocchina, al momento latitanti, che, secondo le ipotesi degli inquirenti, potrebbero aver già, lasciato il territorio nazionale;

   la presenza di spacciatori e tossicodipendenti nella zona del Parco delle Groane, dove probabilmente si stanno trasferendo dal boschetto di Rogoredo, si è recentemente intensificata in modo preoccupante, come attesta l'aumento vertiginoso degli arresti riportati ormai quotidianamente dalla stampa;

   ancora pochi giorni fa a Garbagnate, i carabinieri della compagnia di Rho hanno arrestato un uomo con l'accusa di spaccio di stupefacenti, in possesso addirittura di una pistola lanciarazzi, con matricola cancellata, oltre a mezzo chilogrammo di marijuana in essiccazione, un cofanetto con semi di piante di marijuana e attrezzatura varia per coltivazione, essiccazione e confezionamento della droga;

   la situazione è ormai drammatica e i cittadini sono esasperati, nonostante l'impegno delle forze dell'ordine che tuttavia, data l'estensione della zona e l'intensificarsi della presenza di spacciatori e tossicodipendenti, non possono garantire con le dotazioni in organico il controllo di tutto il territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere tempestivamente per il ripristino della legalità nella zona del Parco delle Groane nonché per incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella medesima zona.
(4-03892)

  Risposta. — In relazione a quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il Parco delle Groane è un'area boschiva situata a nord-ovest della provincia di Milano – con un'estensione territoriale molto elevata, che coinvolge circa trenta comuni. Le caratteristiche geografiche e morfologiche dell'area si prestano allo spaccio di sostanze stupefacenti, consentendo ai
pusher, anche con il ricorso alle cosiddette «vedette», di agire nascosti tra la fitta vegetazione del parco.
  Con riferimento all'azione di contrasto, condotta dalla Compagnia Carabinieri di Rho (Mi) il 24 settembre 2019 e richiamata dall'interrogazione, si evidenzia che la stessa ha interessato le province di Milano, Varese e Verbania, al termine di un'ampia attività d'indagine, denominata «Fisarmonica», nei confronti di diversi soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso in spaccio di sostanze stupefacenti continuato, in esecuzione di un'ordinanza di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano il 19 settembre 2019.
  In particolare, le indagini hanno consentito di documentare l'esistenza di un gruppo criminale strutturato, composto da individui di nazionalità marocchina e italiana, dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, la cui base operativa era stata individuata proprio all'interno del Parco delle Groane.
  Le indagini hanno anche evidenziato come lo spaccio all'interno di questa area verde fosse gestito principalmente da soggetti di nazionalità nordafricana, dai quali si rifornivano anche soggetti italiani provenienti da altre province del nord Italia che, successivamente, rivendevano al dettaglio nelle aree di provenienza la sostanza stupefacente acquistata. Dall'esame dei dati in possesso, in relazione alle attività svolte nel Parco in questione, emerge un rilevante aumento della quantità di sostanza stupefacente sequestrata, passata dai 13,70 chilogrammi intercettati nei primi cinque mesi del 2019 ai 44,45 chilogrammi sottoposti a sequestro nello stesso periodo del 2020 (+224,43 per cento).
  Pertanto, nell'ottica di una strategia unitaria e condivisa, con il coordinamento della Prefettura e l'impegno di tutti gli attori istituzionali e non del territorio – quali regione Lombardia, comune di Milano, Azienda territoriale sanitaria, città metropolitana di Milano e associazioni
no profit – è stato previsto un piano che persegue l'obiettivo di disincentivare il consumo di stupefacenti, ridurre il danno per i consumatori di sostanze psicotrope e garantire tempestivi piccoli interventi sanitari sul posto.
  Sono stati previsti, altresì, iniziative ed eventi sul territorio con il coinvolgimento del mondo della scuola e dell'associazionismo, nell'ottica di potenziare, a fini preventivi, la conoscenza dei fattori di rischio e contrastare la diffusione del consumo di sostanze stupefacenti. La stessa prefettura si è impegnata a contattare, a tal fine, l'Azienda territoriale sanitaria città metropolitana di Milano per concordare il tipo di attività da programmare nei prossimi mesi.
  Appare, inoltre, opportuno evidenziare come un'efficace azione di controllo e repressione delle attività illecite possa essere associata, al fine di garantire più concreti e duraturi risultati nel tempo, ad opportuni interventi di riqualificazione urbanistica sulle aree interessate.
  Per quanto concerne, in particolare, il dispositivo territoriale delle Forze di Polizia occorre precisare che – oltre alla Questura di Milano ed agli altri presidi nei singoli comuni – l'Arma dei Carabinieri opera nel territorio del Parco delle Groane con le stazioni di Garbagnate Milanese, Cesate nonché con la tenenza di Bollate, supportata dagli assetti investigativi e di pronto intervento della Compagnia di Rho e del Comando provinciale di Milano. Dai dati acquisiti dal Comando generale dell'Arma emerge che i predetti reparti sono attestati su consistenze organiche in linea con i rispettivi indici demografici. In ogni caso, nell'ambito dei lavori del «Tavolo interforze per la rimodulazione dei presidi nelle città metropolitane», per Milano sono state valutate misure di adeguamento della forza dei reparti dell'Arma, per un incremento complessivo in ambito provinciale di 40 unità.
  Al fine di adeguare il presidio dei Carabinieri nella provincia di Milano a seguito della riconfigurazione in Comando provinciale del gruppo di Monza-Brianza, è stato istituito in Rho un Gruppo Carabinieri, competente su 5 delle 10 compagnie della provincia milanese (Rho, Legnano, Abbiategrasso, Corsico e Sesto San Giovanni).
  Si assicura che la situazione del Parco delle Groane è costantemente seguita dalla Prefettura di Milano e oggetto di numerose riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, anche alla presenza dei sindaci dell'area metropolitana interessata. Al riguardo, in occasione del Comitato del 16 settembre 2020, è stata proposta l'attuazione, anche per il Parco delle Groane, delle iniziative già poste in essere nel cosiddetto «Boschetto di Rogoredo».
  Nello specifico, per quanto concerne l'attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti, si prevedono sistematici controlli delle forze di polizia, con il concorso della polizia locale, anche allo scopo di garantire la cornice di sicurezza alte predette attività.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   BRAGA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   Noale è un comune italiano di 16.132 abitanti della Città metropolitana di Venezia in Veneto;

   la città di Noale in epoca medievale fu borgoforte costruito dai nobili Tempesta, sul Marzenego, all'incrocio delle antiche strade che collegavano Treviso a Padova e Mestre a Camposampiero. Si fa risalire al XIII secolo la realizzazione del castello, difeso da terrapieni e fossati e da due porte fortificate in muratura. La costruzione della rocca, nella sua forma attuale, fu avviata da Ezzelino da Romano nel 1245 e portata a termine dai membri della famiglia Tempesta dopo la sua morte. Il comune fa parte dell'Associazione Città Murate del Veneto;

   si evince da numerosi articoli di stampa e dalla rete, come ad esempio un articolo pubblicato da La Nuova Venezia il 15 febbraio 2020, che nell'area denominata «Ex-Lando» a pochissima distanza dalle citate mura storiche l'amministrazione comunale in carica, guidata dal sindaco Patrizia Andreotti, avrebbe intenzione di autorizzare, anziché previo strumento urbanistico attuativo, come previsto dallo strumento generale, tramite una richiesta di permesso di costruire in regime di «piano casa» (legge della regione Veneto n. 32 del 29 novembre 2013), la costruzione di «quattro palazzi, per altrettanti piani, in altezza per oltre 13 metri, per un totale di più di 40 unità immobiliari ed un volume complessivo circa 12.000 mc, in un lotto di 7.200 metri quadri»;

   un progetto giudicato da cittadini e libere associazioni locali, troppo impattante e del tutto decontestualizzato dal tessuto storico-urbano della città;

   il Ministro della pubblica istruzione pro tempore con il decreto ministeriale 13 agosto 1970, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 settembre 1970 n. 224, in forza della legge nazionale 29 giugno 1939, n. 1497, sulla «protezione delle bellezze naturali», decretò «di notevole interesse pubblico le zone comprendenti le strade immittenti al centro storico del comune di Noale», zona in cui ricade anche l'«area ex-Lando»; più precisamente si sancì che «dette strade, fiancheggiate da costruzioni tradizionali, debbano dare sempre la possibilità a che il complesso monumentale costituito dalle torri dominanti il predetto centro storico possa essere ammirato anche dai punti periferici del paese» –:

   se il Ministro interrogato, anche per il tramite degli uffici territorialmente competenti quali la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, ritenga compatibile con la tutela del complesso delle mura, così come dell'intero patrimonio storico paesaggistico di Noale, il citato progetto di nuova edificazione da realizzarsi nell'area denominata «ex Lando».
(4-05970)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se il progetto di nuova edificazione da realizzarsi nell'area denominata «ex Lando» sia compatibile con il complesso delle mura e dell'intero patrimonio storico paesaggistico del comune di Noale.
  Sulla base degli elementi acquisiti per il tramite della competente soprintendenza territoriale, quest'ultima ha rappresentato di aver ricevuto in data 22 luglio 2020 istanza di parere da parte dell'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (Città di Noale - Città metropolitana di Venezia).
  Considerato che il decreto ministeriale 13 agosto 1970 «Dichiarazione di notevole interesse pubblico delle zone comprendenti le strade immittenti al centro storico del comune di Noale» riconosce «che le zone vincolate hanno notevole interesse pubblico perché comprendono le strade immittenti al centro storico di Noale. Dette strade, fiancheggiate da tradizionali costruzioni, danno la possibilità a che il complesso monumentale costituito dalle due torri dominanti il predetto centro storico possa essere ammirato anche dai punti periferici del paese», la soprintendenza, in riferimento alla limitata documentazione trasmessa e ritenendo l'intervento proposto di importante impatto per l'inserimento in un contesto di grande pregio storico e valore paesaggistico ha ritenuto opportuno richiedere documentazione integrativa al fine di valutare, in modo più approfondito, l'entità e l'impatto paesaggistico delle opere proposte, con particolare riferimento all'integrazione del nuovo intervento nel tessuto edilizio esistente.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   LUCIANO CANTONE. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il Cus Catania, con delibera del Consiglio federale del Cusi (Centro universitario sportivo italiano) del 18 novembre 2017, è stato sottoposto a commissariamento ai sensi dell'articolo 35-bis dello statuto del Cusi, ovvero in seguito alle dimissioni del presidente del Cus Catania;

   la delibera prevedeva che il commissariamento dovesse avere la durata di tre mesi dalla notifica del relativo provvedimento. L'articolo 40, comma 4, del regolamento di attuazione dello statuto del Cusi fissa in non oltre sei mesi il termine massimo di durata della gestione commissariale, la quale è tenuta ad attivarsi per il ripristino degli organi ordinari, indicendo, ai sensi del comma 4, tempestivamente, le elezioni per il rinnovo degli organi statutari ordinari;

   nonostante il comma 2 dell'articolo 12 dello Statuto preveda che l'Assemblea in seduta ordinaria è convocata almeno una volta l'anno, nel 2018 non è stata convocata alcuna assemblea dei soci e durante i due anni di commissariamento la componente studentesca è stata tenuta fuori dall'attività svolta dal Cus;

   è stato nominato commissario Luigi Mazzone che ha guidato il Cus Catania sino a nuove elezioni. Il commissariamento ha avuto una durata di 2 anni e l'8 novembre 2019 si è proceduto all'elezione del nuovo presidente nella persona dello stesso commissario;

   in vista delle elezioni, il commissario ha ammesso circa 60 nuovi membri facendo sorgere perplessità circa le procedure adottate non solo per l'ammissione di un così alto numero di nuovi soci ma anche per l'esclusione di altri. Infatti, per prassi adottata dal Cus e per una rigorosa e costante interpretazione dei canoni di ammissione previsti dallo statuto al fine di garantire prestigio e dignità all'associazione sono stati per un decennio ammessi soci in numero esiguo ogni anno (circa tre). A ciò si aggiunge che non vi è la presenza tra i soci aventi diritto di voto di soggetti in regola con i pagamenti che immotivatamente ne vengono esclusi. Tali circostanze hanno indotto alcuni soci ad effettuare istanze di accesso agli atti per verificare la regolarità della sussistenza dei requisiti per i nuovi soci ammessi;

   in data 5 novembre 2019 il Cusi viene informato delle elezioni degli organi sociali del Cus Catania e gli viene formalmente richiesto, quale organo di vigilanza e controllo sulla corretta e conforme applicazione degli statuti e regolamenti Cus, di verificare il rispetto delle procedure e dei requisiti per ammissione di nuovi soci;

   l'articolo 7 dello statuto del Cus Catania dispone che per i nuovi soci «l'ammissione è deliberata dal Consiglio Direttivo a maggioranza, previo esame della richiesta e dell'eventuale documentazione comprovante l'attività sportiva svolta nell'ambito del Cus Catania» e, ai sensi dell'articolo 16, comma 9, dello statuto del Cus, il consiglio direttivo decade in seguito alla cessazione della carica del presidente per qualunque motivo. Dunque, da ciò si potrebbe desumere che i nuovi soci sono stati ammessi in base a disposizione commissariale;

   infine, è da non sottovalutare che lo stesso commissario si è candidato alla carica di presidente ed è stato eletto grazie ai voti dei neo associati –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza, in particolare normative, si intendano adottare in ordine a profili di sostanziale incompatibilità o conflitto di interessi nell'assunzione di incarichi quali quelli segnalati in premessa.
(4-04299)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di conoscere eventuali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo in ordine a profili di incompatibilità o conflitto di interessi nell'assunzione di incarichi, con particolare riguardo alle vicende del Cus Catania.
  Al riguardo è utile una breve premessa di carattere generale.
  Il Cusi (Centro universitario sportivo italiano) è ente di promozione sportiva universitaria riconosciuto e sottoposto al controllo del Coni, con propria personalità giuridica e senza scopo di lucro. Esso opera nell'intero territorio nazionale direttamente e tramite i singoli Cus (Centri universitari sportivi), i quali, fermo restando la propria autonomia organizzativa, finanziaria, amministrativa e patrimoniale, realizzano, nell'ambito di ciascuna aggregazione universitaria, le finalità istituzionali del Cus, promuovendo la partecipazione degli iscritti ad ogni livello.
  I Cus sono soci e federati al Cusi e con l'adesione ad esso accettano, ad ogni effetto, per sé e per i propri soci, lo Statuto, i regolamenti e tutte le delibere e le disposizioni dei competenti organi del Cusi. Essi possono essere commissariati per gravi violazioni dello Statuto e dei regolamenti, per gravi irregolarità amministrativa o contabile, per il mancato funzionamento degli organi sociali, per la mancata adozione del bilancio preventivo e consuntivo da parte del consiglio direttivo.
  Il consiglio federale del Cusi, che dispone la nomina di uno o più commissari scelti fra i componenti del consiglio federale, fissa la durata dell'incarico commissariale, in relazione all'entità delle irregolarità riscontrate, di norma non oltre sei mesi. Il commissario o i commissari, nominati per la sostituzione di tutti gli organi ordinari, hanno poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria dell'ente, ivi compreso il potere di rappresentare con diritto di voto il Cus commissariato in occasione delle assemblee federali, e, rimosse le disfunzioni, devono indire tempestivamente le elezioni per il rinnovo degli organi statutari (cfr. articolo 40 Regolamento di attuazione dello Statuto CUSI).
  Su queste basi e tornando al caso di specie, è utile considerare che:

   in data 7 marzo 2017 l'Agenzia delle Entrate effettuava presso il Cus Catania una ispezione, nel corso della quale venivano riscontrate diverse irregolarità amministrative. Di tale constatazione è stata data notizia al CONI, quale ente controllore, che ne ha informato, con nota in data 4 agosto 2017 a firma del segretario generale, il Cusi, nella sua qualità di organizzazione sportiva affiliante;

   a seguito di detta indagine, il Consiglio federale del Cusi con atto del 7 ottobre 2017, ha disposto, ai sensi dell'articolo 40, comma 2 del regolamento di attuazione dello Statuto, una verifica presso il Cus Catania (effettuata in data 6 novembre 2017);

   nelle more, essendo intervenute le dimissioni della maggioranza del consiglio direttivo del Cus Catania (4 ottobre 2017) e del Presidente (10 novembre 2017), il consiglio federale del Cusi in data 18 novembre 2017, disponeva il commissariamento del Cus, allo scopo di garantire il funzionamento dell'ente e la prosecuzione della sua gestione. Nel testo deliberativo viene disposta la sospensione dei poteri dell'assemblea dei soci fino alla convocazione dell'assemblea per il rinnovo dei consiglio direttivo;

   le irregolarità riscontrate dall'Agenzia delle Entrate, verificate dal Cusi e da una ulteriore verifica disposta dal Rettore dell'Università di Catania ed eseguita dal funzionario incaricato dottor Isidoro Maccarone nel mese di febbraio 2018, sono apparse di tale entità e gravità da indurre il commissario straordinario nominato, dottor Luigi Mazzone, a presentare in data 23 aprile 2018 querela di parte nei confronti dell'ex presidente del Cus Catania, dottor Luca Di Mauro.

  Le stesse gravi irregolarità hanno determinato l'impossibilità di procedere in tempi rapidi alla celebrazione dell'assemblea elettiva, determinando un lungo processo di ripristino delle corrette prassi amministrative e costringendo, di fatto, il consiglio federale a disporre reiterate proroghe del commissariamento.
  Con riferimento al corpo sociale del Cus Catania, l'articolo 15 Statuto Cusi stabilisce che sono soci del Cus le persone fisiche associate e divenute tali a seguito dell'accoglimento della domanda di iscrizione. Si dividono in effettivi ed anziani, godono tutti degli stessi diritti e sono soggetti agli stessi obblighi, Partecipano, con identiche modalità, all'attività espletata dal Cus. Possono essere soci effettivi tutti gli studenti regolarmente iscritti all'Università di riferimento del Cus, che svolgano effettiva e particolare attività sportiva per lo stesso, secondo le modalità indicate nel Regolamento di attuazione dello Statuto del Cusi.
  Possono essere soci anziani tutti i soci che, avendo cessato di appartenere alla categoria di soci effettivi, ne facciano richiesta entro l'anno successivo all'anzidetta cessazione. Per divenire socio, effettivo od anziano, gli interessati devono presentare domanda secondo le modalità stabilite dal regolamento di attuazione dello Statuto. Gli statuti dei singoli Cus non potranno fissare, per l'acquisizione della qualità di socio, requisiti diversi da quelli stabiliti dallo Statuto, né prevedere ulteriori categorie di soci.
  Ne discende che devono essere ammessi alla qualifica di socio effettivo tutti coloro i quali ne facciano domanda e siano in possesso dei requisiti richiesti, da accertarsi ad esclusiva cura degli organi locali. È rilevante precisare che tutti i nuovi soci entrati di recente a far parte del Cus Catania siano stati ammessi in qualità di studenti universitari, con ciò risultando rafforzata la componente studentesca all'interno del corpo sociale del Cus. Una diversa interpretazione di tale disposizione, come la limitazione arbitraria «per garantire prestigio e dignità all'associazione» del numero di soci annualmente ammessi, sembrerebbe contraria al dettato statutario del Cusi, cui i singoli Cus devono attenersi.
  Quanto alla circostanza dell'ammissione dei nuovi soci da parte del Commissario, si rammenta che «Il Commissario o i Commissari nominati per la sostituzione di tutti gli organi ordinari hanno poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria dell'Ente». Tra tali organi è ricompreso il Consiglio direttivo del Cus, cui compete l'ammissione dei nuovi soci; ne discende che, in regime commissariale, tale funzione è necessariamente esercitata dal commissario nominato.
  Quanto, infine, alla candidatura del commissario, a suo tempo nominato dal Cusi, avendone le prerogative, alla carica di Presidente del Cus e che sia risultato democraticamente eletto dall'assemblea dei soci, si rileva che nello statuto del Cusi e nel relativo regolamento, né di conseguenza nello statuto del Cus Catania, non risulta alcuna previsione contraria a tale circostanza.
  Alla luce dei fatti esposti e, ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, sarà mia cura assicurare ogni legittima azione, nel rispetto dei ruoli previsti dall'ordinamento, per garantire la piena trasparenza e il rispetto delle regole nel mondo dello sport, al fine di evitare qualsivoglia conflitto di interesse, anche soltanto potenziale.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   CARETTA, CIABURRO, ROTELLI, LUCA DE CARLO, MANTOVANI e PRISCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la crisi epidemiologica da Covid-19 ha messo in ginocchio l'intero comparto ittico nazionale, con le marinerie ferme a terra, il tracollo della domanda di pesce dovuto alle misure di chiusura totale di numerose attività produttive sul territorio nazionale, misure che peraltro hanno colpito in uno dei periodi più produttivi dell'anno;

   ogni anno, con criteri determinati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, viene stabilito un periodo di fermo biologico, noto anche come «fermo pesca», nel quale, per tutti gli operatori, l'attività di pesca è temporaneamente sospesa, salvo poi riprendere erogando degli appositi indennizzi a tutti gli operatori colpiti dalla misura;

   a mezzo stampa si apprende che numerosi operatori del settore ittico lamentano il mancato versamento relativi ai fermi relativi alle annualità 2018 e 2019;

   il versamento della liquidità relativa alle predette annualità costituisce un diritto acquisito da parte degli operatori del settore; al più, essendo le somme da erogare già iscritte a bilancio, devono solo essere versate;

   oltre che essere un impegno che lo Stato si è assunto nei confronti degli operatori e al quale sta immancabilmente venendo meno, l'indennizzo costituisce ora più che mai una boccata di ossigeno e un'iniezione di liquidità in uno dei settori più colpiti dalla crisi epidemiologica da Covid-19;

   secondo quanto emerso da fonti stampa, i ritardi nell'erogazione dell'indennità sono dovute a lungaggini burocratico-amministrative da imputare alla direzione generale per la pesca dell'Unione europea, aggravate da ulteriori controlli in capo ad Agea –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda predisporre per:

    a) garantire l'erogazione delle indennità relative al fermo biologico per le annualità non evase di cui sopra a tutti gli operatori del settore ittico alla prima occasione utile, considerando anche la particolare necessità di liquidità dovuta alla crisi epidemiologica da Covid-19;

    b) alleggerire tutti quegli oneri burocratico-amministrativi che in modo strutturale vanno puntualmente a ritardare l'erogazione di contributi già iscritti a bilancio e, quindi, unicamente da erogare agli operatori del settore ittico;

    c) introdurre nuove misure a tutela degli operatori del settore ittico, le cui criticità, imputabili al blocco dovuto all'emergenza epidemiologica da Covid-19, sono state aggravate dalla mancata erogazione di una liquidità per essi tanto necessaria quanto garantita.
(4-05160)

  Risposta. — Per quanto attiene alla corresponsione dell'indennità di fermo biologico anno 2018, faccio presente che l'Amministrazione ha proceduto al pagamento di tutte le domande risultate ammissibili al controllo di primo livello.
  Al riguardo, evidenzio che la procedura risulta semplificata grazie all'entrata in vigore dell'articolo 78, 3-
quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27) che modifica l'articolo 83, comma 3, lettera e), del Codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ove è previsto che la documentazione antimafia non vada richiesta per le erogazioni il cui valore non supera i 150.000,00 euro. Tale norma di fatto comporta una riduzione dei tempi di erogazione dei pagamenti da parte dell'Amministrazione.
  Con riferimento invece ai pagamenti del «fermo 2019», si evidenzia che il termine ultimo per la presentazione delle istanze da parte delle imprese era il 31 dicembre 2019. In considerazione dei termini amministrativi per l'espletamento delle attività istruttorie da parte delle Autorità marittime e del sopravvenuto stato di emergenza sanitaria epidemiologica, allo stato attuale, non sono state ancora definite tutte le domande e pertanto non è al momento possibile procedere alla stesura della graduatoria.
  Di conseguenza, la Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura ha avviato un'attività di confronto con tutte le parti interessate, unitamente agli Uffici marittimi sul territorio, per finalizzare quanto prima l'
iter istruttorio. È comunque prevista per metà novembre la pubblicazione della I graduatoria ATE 2019.
  Premesso quanto sopra, si ritiene ulteriormente necessario chiarire che le misure predisposte dal Governo per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (decreto-legge n. 18 del 2020 e successive integrazioni e modifiche) sono misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese, in conseguenza della sospensione delle attività economiche dovute a cause di forza maggiore derivate da una emergenza sanitaria.
  A fronte di tale emergenza (e di tutto ciò che questa economicamente sta producendo) il Governo ha previsto una serie di interventi che coinvolgono e interessano miratamente proprio il comparto pesca e acquacoltura.
  In tale direzione va il dettato dell'articolo 49, comma 8, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, il cosiddetto decreto «cura Italia» il quale ha disposto che le misure di maggior favore in tema di sostegno della liquidità, attraverso il sistema bancario e di garanzie di cui al comma 1, in quanto compatibili, si applichino anche alle garanzie di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, in favore delle imprese agricole e della pesca. Mentre l'articolo 78, comma 2, del medesimo decreto-legge ha istituito un Fondo con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020, per la copertura degli interessi sui finanziamenti bancari e sui mutui contratti dalle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, di cui 20 milioni di euro sono destinati al ristoro delle conseguenze della sospensione dell'attività economica delle imprese della pesca e dell'acquacoltura.
  Oltre a ciò, si segnalano le ulteriori misure recate dal decreto-legge n. 34 del 2020; convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, cosiddetto decreto «Rilancio» che ha stanziato ulteriori risorse per l'avvio della la Fase 2 dell'economia italiana volta a sostenere la ripresa del Paese a seguito della crisi senza precedenti innescata dalla pandemia del COVID-19; in particolare si evidenzia l'articolo 222, comma 2, che destina 426 milioni di euro all'esonero, per i primi sei mesi 2020, dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro appartenenti a diverse filiere, compresa quella della pesca e dell'acquacoltura.
  Il conseguente decreto ministeriale 17 luglio 2020, ha poi di fatto istituito il «Fondo per l'emergenza COVID-19» che prevede la specifica ripartizione dei contributi di cui all'articolo 3 in favore delle imprese di pesca e acquacoltura.
  In data 10 settembre è stato adottato il decreto direttoriale n. 9113287 di attuazione del decreto ministeriale di cui sopra, che determina i termini e le modalità di accesso ai contributi da parte dei soggetti beneficiari del sostegno finanziario.
  In ultimo, si ricorda il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (cosiddetto «Decreto Agosto») che prevede un fondo da 600 milioni di euro per l'erogazione di contributi a fondo perduto delle attività di ristorazione che acquistano prodotti agroalimentari italiani (compreso il pesce).
  Infine, con i decreti-legge n. 137 del 2020 e n. 149 del 2020 attualmente in esame presso le competenti Commissioni parlamentari, sono state stanziate ulteriori risorse per l'estensione dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali in favore delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, ai mesi di novembre e di dicembre 2020.

Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali: Giuseppe L'Abbate.


   CARETTA e ROTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il Governo ha varato, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020, misure straordinarie di contenimento, ponendo in essere anche la sospensione di numerose attività produttive su tutto il territorio nazionale;

   sono numerosi, sul territorio nazionale, operatori di settori duramente colpiti dalla crisi economica derivata dalle misure di contenimento e di chiusura delle attività produttive, che sono attivi anche nel settore della pesca amatoriale;

   a seguito della sopravvenuta mancanza di liquidità per grande parte dei cittadini italiani, è essenziale che lo Stato ponga in essere tutte le misure necessarie per ridurre gli oneri in capo alla cittadinanza;

   sono numerose le località sul territorio nazionale, quale ad esempio la Laguna di Venezia, che permettono l'esercizio della pesca amatoriale per il reperimento di risorse ittiche di prima necessità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda predisporre per:

    a) autorizzare l'esercizio delle attività di pesca amatoriale-dilettantistica per consentire un più agevole approvvigionamento di risorse alimentari da parte dei cittadini italiani, in particolar modo quelli in particolari condizioni di indigenza economica, consentendo, nel caso della pesca da riva praticata nello stesso comune di residenza di mantenere almeno 10 metri di distanza tra pescatori;

    b) rimodulare gli obblighi di sicurezza per il settore della pesca, permettendo l'accesso alla propria imbarcazione, purché ormeggiata già nello spazio acqueo di proprietà e nel comune di residenza, senza quindi accedere a cantieri per alaggi e vari, disponendo in ogni caso un limite inderogabile di una persona per imbarcazione fino a 5 metri e due persone per imbarcazioni oltre i 5 metri e una distanza di almeno 15 metri da un'imbarcazione all'altra.
(4-05161)

  Risposta. — Con riferimento alla questione posta al punto a) dell'atto di sindacato ispettivo in esame, ritengo necessario premettere che la pesca «amatoriale-dilettantistica» citata dall'interrogante (più correttamente, la pesca sportiva ovvero ricreativa) è, per definizione, un'attività esercitata a scopo ricreativo e/o agonistico che sfrutta le risorse marine viventi.
  Le vigenti norme che regolano lo svolgimento dell'attività in parola prevedono il rispetto di limiti e divieti intenti a garantire sicurezza e a preservare la risorsa da prelievi indiscriminati.
  Le citate norme non prevedono il rilascio di autorizzazione e non impediscono di destinare il prodotto pescato al consumo umano diretto (se prelevato nel rispetto dei limiti e divieti di cui sopra), escludendo però tassativamente che questo sia, sotto qualsiasi forma, destinato alla vendita, circostanza questa che configurerebbe invece un'attività professionale.
  Ciò premesso, si ritiene necessario precisare che le misure poste in essere dal Governo per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 non possono essere considerate come misure assimilabili alla disciplina sopra richiamata, trattandosi invero di disposizioni dovute a cause di forza maggiore discendenti da una emergenza sanitaria, a fronte della quale una serie di interventi governativi è stata imposta con chiare finalità di contenimento.
  Da quanto sopra esposto deriva ogni ulteriore considerazione sulla possibilità di annoverare la pesca sportiva in mare tra le attività necessarie, per cui il cittadino possa essere autorizzato a circolare all'aperto in deroga alle predette misure: al riguardo e per chiare motivazioni di natura sanitaria, si ritiene che la questione non possa essere affidata alle cure dell'Amministrazione della pesca, trattandosi al contrario di argomento demandato alle attribuzioni del Ministero della salute, cui incombe la responsabilità di contenere il più possibile la diffusione del virus attraverso il distanziamento sociale.
  A fronte di tale necessità e delle restrizioni che ne sono seguite, peraltro, il Governo ha previsto di destinare fondi e
bonus proprio per venire incontro ai bisogni di spesa delle famiglie meno abbienti (anche tramite le regioni e i comuni).
  In merito alla questione posta al punto
b) dell'atto di sindacato ispettivo in esame, si ribadisce ogni considerazione già più sopra esposta, evidenziando ulteriormente che la disciplina della sicurezza a bordo delle unità impiegate nell'esercizio della pesca è invece materia di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali: Giuseppe L'Abbate.


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 23 accosto 2020 un violento nubifragio, seguito da violente grandinate, ha colpito alcuni territori della regione Veneto, colpendo principalmente le province di Verona, Vicenza e Padova ed investendo in modo particolarmente grave il veronese;

   tra alberi sradicati e disagi per la popolazione, le associazioni di categoria hanno stimato milioni di euro di danni per le campagne, con reti antigrandine ed altri presidi di sicurezza completamente devastati dal maltempo;

   in tal senso sono in corso i primi controlli di Avepa (Agenzia veneta dei pagamenti) per la stima dei danni subiti dalle aziende agricole nelle località colpite dal nubifragio e dalla grandine, ed è stato evidenziato subito come, nella provincia di Verona, sia stata colpita in modo particolare la fascia di territorio della bassa Valpantena, così come parte dell'areale della denominazione Valpolicella;

   a seguito di prime valutazioni sull'impatto generale del nubifragio e della grandine sono stati riscontrati ingenti danni sia alle strutture che alle produzioni stesse, con riferimento alle strutture frutticole per la produzione di kiwi completamente abbattute, e produzioni frutticole e vinicole compromesse;

   dal punto di vista agronomico si manifestano problematiche di gestione fitosanitaria collegate sia ai danni da grandine, che alle abbondanti piogge proprio nel momento in cui le aziende avevano da qualche giorno iniziato la stagione di raccolta;

   il territorio veneto ed il suo comparto agricolo hanno affrontato nel corso degli anni numerose emergenze legate al maltempo dalle quali si sono faticosamente ripresi grazie all'operosità degli operatori agricoli stessi, ferme restando alcune difficoltà nella completa erogazione di sostegni economici agli operatori colpiti;

   tale grave e violento nubifragio si è abbattuto su un intero comparto già messo profondamente in difficoltà dalla crisi economica da Covid-19 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, se del caso, intenda predisporre per attuare, anche con un'apposita iniziativa normativa, misure tempestive e straordinarie di sostegno al comparto agricolo veneto, con particolare riguardo ai casi di cui in premessa.
(4-06679)

  Risposta. — Nel riscontrare l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale vengono richieste informazioni relative agli eventi atmosferici avversi del 23 agosto 2020 (nubifragio, grandinate) che hanno colpito alcuni territori della regione Veneto, principalmente le province di Verona, Vicenza e Padova, ritengo opportuno preliminarmente precisare che a fronte dei danni da avversità atmosferiche, gli agricoltori possono sottoscrivere polizze assicurative con un contributo pubblico fino al 70 per cento della spesa premi sostenuta, grazie alle quali possono ricevere tempestivamente risarcimenti adeguati alle perdite subite.
  Ciò premesso, per i danni alle colture ed alle strutture aziendali assicurabili con polizze agevolate, ai fini dell'attivazione degli interventi compensativi del fondo di solidarietà nazionale in deroga alle disposizioni del decreto legislativo n. 102 del 2004, è necessaria una apposita norma di legge.
  In ogni caso, fermo restando i limiti legislativi precedentemente richiamati, si precisa che la regione Veneto, territorialmente competente, ha 60 giorni di tempo per formalizzare la proposta, elevabili a 90 in caso di difficoltà documentate e oggettive nelle operazioni di rilevazione.
  Si assicura che qualora dovesse pervenire la proposta, nei termini e con le modalità prescritte dal decreto legislativo n. 102 del 29 marzo 2004, e successive modificazioni, compresi danni a produzioni e strutture agricole assicurabili, se nel frattempo verrà approvata la necessaria deroga legislativa, questo Ministero provvederà all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria, con il quale potranno essere attivate le misure compensative a favore delle imprese agricole tra cui: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria, prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo, proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso, esonero parziale (fino al 50 per cento) dal pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali propri e dei propri dipendenti, contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali danneggiate e per la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte.
  Infine, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole, potranno essere adottate anche misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, con onere della spesa a carico del Fondo di solidarietà nazionale.
  Considerando tuttavia la rilevanza dei danni segnalati, il Ministero provvederà ad acquisire gli elementi necessari per valutarne l'effettiva crisi strutturale che ha subito il settore e il conseguente impatto sull'economia delle zone colpite, al fine di poter adeguatamente valutare l'opportunità di presentare una proposta normativa che consenta di derogare alle disposizioni vigenti e così attivare gli interventi compensativi del fondo per le colture non assicurate, ancorché assicurabili, e per superare la perentorietà del termine di novanta giorni dalla fine dell'evento per la deliberazione della proposta.

Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali: Giuseppe L'Abbate.


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è diventato virale e sta generando aspre polemiche e incondizionato disappunto il video che riprende il sindaco di Avellino, Gianluca Festa che, nella notte tra sabato 30 e domenica 31 maggio 2020, si è reso protagonista, con alcune centinaia di giovani che affollavano l'isola pedonale in pieno centro della città, di un vero e proprio assembramento;

   le immagini hanno destato l'indignazione generale e tutte le forze sane della società civile si sono mobilitate richiedendo le dimissioni del primo cittadino e presentando esposti alla procura della Repubblica, al questore e al prefetto;

   Festa, nei video, partecipa alla movida locale, attorniato da centinaia di ragazzi che saltano e cantano – alcuni con la mascherina abbassata o addirittura senza – scherza, si concede selfie e intona assieme a loro, con le braccia roteanti al cielo, cori da stadio, senza tenere conto del distanziamento sociale e delle norme anti-assembramento;

   lascia basiti e non può che essere stigmatizzato, in un momento di così difficile emergenza nazionale, l'irresponsabile comportamento del sindaco che ha, di fatto, generato un pericoloso assembramento, nel totale dispregio delle norme e dei protocolli di contrasto al Covid-19, mettendo a rischio la salute e sicurezza dei cittadini ed esponendoli al rischio di contagio;

   l'articolo 141 del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), prevede che, stante il suo carattere del tutto straordinario ed eccezionale, lo scioglimento dei consigli comunali può essere disposto solo nei casi e per i motivi tassativamente previsti dalla legge;

   secondo la vigente normativa, lo scioglimento è disposto per due ordini di motivi: per il compimento di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

   la nozione di «gravi motivi di ordine pubblico» è quella che attiene alla sicurezza e alla quiete pubblica (Corte costituzionale, 23 giugno-11 luglio 1961, n. 40) e l'adozione dei provvedimenti di scioglimento è riservata alla competenza statale;

   i presupposti appena richiamati sono quelli che fondono, ai sensi dell'articolo 142 del TUEL, anche il provvedimento della rimozione del sindaco;

   va tenuto conto del particolare momento storico e della straordinaria emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro Paese, considerato che numerosi sono stati i comuni sciolti per vicende molto meno gravi –:

   sulla scorta di quanto esposto in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere e se ritenga di esercitare i propri poteri di controllo sugli organi di cui agli articoli 141 e 142 del TUEL, con particolare riferimento al sindaco del comune di Avellino, stante il suo gravissimo comportamento che appare all'interrogante di totale dispregio delle istituzioni e della sicurezza pubblica.
(4-05901)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In data 28 maggio 2020, in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica riunitosi presso la prefettura di Avellino, sono state predisposte mirate attività di controllo del territorio, finalizzate al rispetto della normativa prevista per il contenimento della diffusione del virus COVID-19.
  Particolare attenzione è stata rivolta alle aree cittadine interessate dalla presenza di giovani.
  La sera del 30 maggio 2020 i servizi di controllo predisposti sono stati operativi anche in via De Conciliis divenuta isola pedonale a seguito di un'ordinanza sindacale, e sono stati mantenuti fino a circa la mezzanotte, senza che venissero registrate violazioni alla normativa anti-contagio.
  Considerata la scarsa presenza di persone, anche per via delle avverse condizioni meteorologiche, le attività di controllo sono proseguite con un servizio dinamico.
  Poco dopo la mezzanotte, tuttavia, la questura ha ricevuto numerose telefonate che segnalavano la presenza di molte persone, presenti in via De Conciliis e nelle arterie limitrofe, che si erano radunate, intonando cori da stadio e scattando
selfie con il sindaco della città.
  La questura è immediatamente intervenuta, inviando due unità operative sul posto che hanno provveduto a disperdere circa 400 giovani. La presenza del sindaco è stata confermata da alcuni testimoni e dai video postati sul
web e sui social, dai quali emerge che il primo cittadino si sarebbe fermato con i giovani per dei selfie, partecipando attivamente ad alcuni cori da stadio.
  Va evidenziato che i fatti sopra riportati hanno avuto una vasta eco sui media, sia a livello locale che nazionale e il Prefetto di Avellino ha richiamato il primo cittadino a una condotta più consona e adeguata a trasmettere messaggi di rigore, soprattutto ai più giovani, in considerazione dell'emergenza sanitaria in atto.
  Il Prefetto ha anche ricevuto alcuni consiglieri di minoranza che hanno fatto pervenire un documento, indirizzato anche all'autorità giudiziaria, nel quale si sollecitava l'adozione di sanzioni a carico del sindaco, richiedendone la rimozione e prospettando lo scioglimento del consiglio comunale in base alle disposizioni del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuoel).
  In relazione ai fatti, la questura, informando dell'accaduto la procura della Repubblica, ha elevato sei contestazioni nei confronti di altrettante persone, tra le quali il sindaco, tutti ritenuti responsabili di violazioni delle norme sulla prevenzione del contagio da COVID-19, secondo quanto disposto dal decreto-legge del 25 marzo 2020, n. 19, nonché dall'ordinanza del presidente della Giunta regionale della Campania del 17 maggio 2020, n. 48.
  Successivamente, il Comitato per l'ordine e fa sicurezza pubblica, nella riunione del 2 giugno 2020, ha stabilito di eliminare la zona pedonale in via De Conciliis e l'amministrazione comunale si è impegnata ad avviare le progettualità per implementare il sistema di video-sorveglianza nelle zone interessate dalla
movida locale.
  In merito alla invocata misura dissolutoria, su un piano generale, va rilevato che l'intervento statale è limitato a fattispecie tipiche, tassativamente indicate dalla legge, la cui concretizzazione legittima l'adozione dell'atto stesso.
  È necessario che vengano riscontrate violazioni di legge qualificate per gravità e persistenza ovvero gravi motivi di ordine pubblico.
  Ciò in quanto il previsto intervento straordinario incide in via definitiva sull'autonomia dell'ente e su organi democraticamente eletti.
  Come evidenziato anche dalla giurisprudenza, si tratta di una norma di chiusura del sistema, finalizzata a sanzionare comportamenti dell'amministratore pubblico che esprimono un rifiuto della condivisione dei princìpi posti dalla Costituzione come capisaldi dell'attività amministrativa.
  Premesso quanto sopra si assicura l'attento e costante monitoraggio svolto dal Ministero dell'interno, finalizzato a verificare il rispetto dei princìpi di legalità e trasparenza amministrativa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CECCANTI, BRUNO BOSSIO, CENNI, VISCOMI, SCHIRÒ, BOLDRINI, CIAMPI, SERRACCHIANI e GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della prematura scomparsa della presidente Jole Santelli nelle prossime settimane dovranno essere indette le elezioni per la regione Calabria ai sensi dell'articolo 126, terzo comma, della Costituzione e dell'articolo 33 dello statuto della regione Calabria;

   nella legge elettorale regionale vigente, basata sul voto di preferenza, non risultano ancora recepiti due principi della legge n. 165 del 2004, come novellata dalla legge n. 20 del 2016 (lettera c-bis, punto 1, del comma 1 dell'articolo 4 della legge novellata ossia la doppia preferenza di genere e il tetto del sessanta per cento del totale per i candidati dello stesso genere);

   nella seduta del 4 agosto 2020 il Governo, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 86 del 2020, poi convertito dalla legge n. 98 del 2020 relativo alla regione Puglia, ha accolto un ordine del giorno dei deputati pd Ceccanti, De Maria, Fiano, Miceli, Pollastrini, Raciti, Viscomi, Boldrini, Bordo, Cenni, Bruno Bossio, col quale, tra l'altro, si invitava l'esecutivo a valutare l'opportunità di adottare una iniziativa legislativa in cui, con norma cedevole, fossero estesi a tutte le regioni che utilizzino la preferenza i due principi già richiamati ed il secondo, il tetto del sessanta per cento, con la sanzione più efficace della inammissibilità della lista;

   va sottolineato il fatto che il Consiglio regionale, anche se in regime di prorogatio, potrebbe comunque provvedere a recepire con legge tali principi, come ammesso in casi simili dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 157 del 2016 e n. 158, 81, 64, 55 e 44 del 2015) come puntualmente ricostruita dalla professoressa Tania Groppi in un contributo sul sito www.lacostituzione.info pubblicato il 20 ottobre 2020 –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché vi sia un adeguamento della disciplina regionale in questione, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, valutando a tal fine se procedere all'adozione di apposite iniziative normative, analogamente a quanto già disposto con riferimento alla regione Puglia.
(4-07216)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, indirizzato al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al quale è stata poi delegata la risposta, si rappresenta quanto segue.
  A seguito del decesso del presidente della giunta regionale, nelle prossime settimane dovranno essere indette le elezioni nella Regione Calabria ai sensi dell'articolo 126, terzo comma, della Costituzione e dell'articolo 33 dello statuto regionale. Tuttavia, nella vigente legge elettorale regionale, basata sul voto di preferenza, non risultano ancora recepiti i due princìpi della legge n. 165 del 2004, come novellata dalla legge n. 20 del 2016, posti a garanzia delle pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive regionali, ossia la doppia preferenza di genere e il tetto del sessanta per cento del totale per i candidati dello stesso genere. Il Governo, nella seduta del 4 agosto 2020, durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 86 del 2020, ha accolto un ordine del giorno di alcuni deputati con il quale, tra l'altro, si invitava l'Esecutivo a valutare l'opportunità di adottare una iniziativa legislativa in cui, con norma cedevole, fossero estesi a tutte le regioni che utilizzino la preferenza i due richiamati princìpi prevedendo per il secondo, quello del tetto del sessanta per cento, la sanzione più efficace della inammissibilità della lista. Nell'interrogazione viene ancora sottolineato che il Consiglio regionale, anche se in regime di
prorogatio, potrebbe comunque provvedere a recepire con legge tali princìpi, come ammesso in casi simili dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 157 del 2016 e n. 158,81,64. 55 e 44 del 2015) e come sostenuto in un articolo dalla professoressa Tania Groppi pubblicato su un sito internet.
  Su tali premesse, gli interroganti chiedono se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché vi sia un adeguamento della disciplina regionale in questione, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, valutando a tal fine se procedere all'adozione di apposite iniziative normative, analogamente a quanto già disposto con riferimento alla regione Puglia.
  Tanto riferito riguardo al contenuto dell'interrogazione, si forniscono, per quanto di competenza, i seguenti elementi informativi.
  Il Governo, com'è noto, a fronte del mancato recepimento in alcune leggi elettorali regionali dei princìpi di pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive regionali dettati dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 (come novellato dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20), è intervenuto con il decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante «Disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario», convertito dalla legge 7 agosto 2020, n. 98.
  Tale intervento legislativo, da un lato, ha dettato disposizioni idonee ad assicurare, in occasione delle recenti elezioni del Consiglio regionale della Regione Puglia, l'applicazione dei princìpi di pari opportunità di cui alla richiamata legge n. 165 del 2004; dall'altro, con norma di carattere generale valevole per tutte le regioni (a statuto ordinario), ha previsto che il mancato recepimento nella legislazione elettorale regionale dei princìpi fondamentali di pari opportunità dettati dalla legge statale integri la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisca presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate (articolo 1, comma 1).
  Ciò significa che, nella fattispecie, come avvenuto per la Regione Puglia, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, può diffidare la Regione Calabria ad adottare i provvedimenti necessari ad adeguare la propria legislazione elettorale ai princìpi di pari opportunità, assegnando alla Regione medesima un congruo termine per provvedere, decorso il quale il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, può adottare provvedimenti, anche normativi, ovvero nominare un commissario (articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131).
  Si fa, altresì, presente, come rappresentato anche nel corpo dell'interrogazione, che durante i lavori di conversione in legge del decreto-legge n. 86 del 2020 (A.C. 2619), nella seduta del 4 agosto 2020 è stato approvato l'ordine del giorno n. 9/2619/2 a firma dei deputati Ceccanti, De Maria, Fiano, Miceli, Pollastrini, Raciti, Viscomi, Boldrini, Bordo, Cenni, Bruno Bossio, che impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di presentare quanto prima un'iniziativa legislativa che integri l'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, come modificato dall'articolo 1 della legge 15 febbraio 2016, n. 20, in modo che le disposizioni di principio ivi previste siano rafforzate anche sotto il profilo dei rimedi da introdurre in caso di inottemperanza, ivi compresa la eventuale inammissibilità;

   a valutare l'opportunità di adottare altresì una iniziativa legislativa in cui con norma cedevole sia estesa a tutte le regioni che utilizzino la preferenza sia la doppia preferenza di genere sia tale sanzione più efficace, ovvero le ulteriori misuri di tutela dell'equilibrio di genere nella rappresentanza politica previste in caso di adozione di altri modelli elettorali.

  Ferme le future iniziative legislative del Governo nei sensi sopra indicati, la procedura di cui al richiamato articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (diffida del Presidente del Consiglio dei ministri e successivo intervento sostitutivo, da attuarsi in questo caso con fonte di rango primario in quanto si rende necessario intervenire sulla legge elettorale della Regione Calabria), anche sulla base di quanto previsto in via generale dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 86 del 2020 (il mancato recepimento nella legislazione regionale dei principi fondamentali in materia di parità di accesso alle cariche elettive integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione e costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate) risulta, a parere del Dipartimento, immediatamente percorribile ai fini dell'adeguamento della legislazione elettorale calabrese ai princìpi di cui all'articolo 4 della legge n. 165 del 2004.
  Riguardo all'ulteriore questione sollevata dagli, interroganti, concernente la possibilità che il Consiglio regionale, pur in regime di
prorogatio. recepisca i princìpi di pari opportunità con le necessarie modifiche alla legislazione elettorale regionale, si evidenzia che, in effetti, la giurisprudenza costituzionale ammette l'esercizio della funzione legislativa da parte di un Consiglio regionale in regime di prorogatio laddove, malgrado la limitazione dei poteri, ricorra, come nella fattispecie, la necessità di adottare atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili (da ultimo. Corte cost. sentenza n. 157/2016),
  Per completezza, si comunica che sembrerebbe essere stata calendarizzata in una delle prossime sedute del Consiglio regionale della Calabria la discussione di una proposta di legge regionale che, apportando modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme per l'elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale), garantirà, in caso di approvazione, la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive introducendo la doppia preferenza di genere e il tetto del sessanta per cento per i candidati dello stesso genere, in conformità ai princìpi contenuti, nella legge n. 165 del 2004.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.


   CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la tratta di esseri umani è espressamente punita nel nostro ordinamento dall'entrata in vigore della legge n. 228 del 2003 con la quale sono stati riscritti gli articoli del codice penale già relativi alla riduzione in schiavitù (articoli: 600, 601 e 602);

   nella XVII legislatura, il Governo pro tempore ha approvato il decreto legislativo n. 24 del 2014, con il quale ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime;

   il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha previsto l'adozione del piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, finalizzato a definire strategie di lungo periodo per la prevenzione e il contrasto del fenomeno mediante azioni di sensibilizzazione, promozione sociale emersione ed integrazione delle vittime della tratta;

   il piano è stato adottato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2016 ed è relativo al periodo 2016-2018. Tale documento è finalizzato a individuare strategie di intervento pluriennali attraverso l'attuazione di interventi volti a:

    a) adottare politiche di prevenzione attraverso il miglioramento della conoscenza del fenomeno e la diffusione di tale conoscenza, attraverso azioni mirate nei paesi origine e attraverso attività di comunicazione e sensibilizzazione;

    b) incrementare l'emersione del fenomeno e garantire una risposta efficace e coordinata;

    c) sviluppare meccanismi adeguati per la rapida identificazione delle vittime di tratta attraverso la redazione di linee guida specifiche sul tema;

    d) istituire un Meccanismo nazionale di Referral;

    e) aggiornare e potenziare le misure di accoglienza già esistenti;

    f) fornire formazione multi-agenzia;

    g) adottare specifiche linee guida relative all'adempimento dell'obbligo di informazione delle vittime circa il diritto al rilascio del permesso di soggiorno, a richiedere la protezione internazionale, l'assistenza affettiva e psicologica da parte di un'associazione, il gratuito patrocinio, l'udienza protetta, nonché la presenza obbligatoria di un esperto in psicologia o psichiatria infantile in sede di interrogatorio di minore;

   dal 2016 al 2018 i fondi messi a disposizione per l'attuazione dei progetti di protezione delle vittime sono andati via via aumentando. Erano otto milioni l'anno fino al 2015, sono passati a circa 15 milioni per 18 progetti della durata di 15 mesi, fino ad arrivare a 22,5 milioni stanziati nel 2017 e 24 nel 2018;

   sono circa 20 mila ogni anno le vittime di tratta che entrano nei sistemi di protezione e di assistenza in Europa. In Italia, a ottobre 2018, in occasione della giornata europea anti-tratta, risultavano 1.137 le vittime (il 90 per cento donne) assistite nell'ambito di progetti finanziati dal dipartimento per le pari opportunità;

   il piano nazionale di azione contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani è attualmente scaduto da alcuni mesi;

   il mancato contrasto del piano di azione della tratta rappresenta un vulnus che lascia le vittime del tutto da sole, in balia dei trafficanti di esseri umani anche una volta sbarcati nel nostro Paese. Infatti, vengono meno le quattro direttrici del piano (prevention, prosecution, protection, partnership) e viene meno anche la cooperazione investigativa e giudiziaria internazionale con gli altri Paesi europei e Paesi di origine;

   è stato di fatto bloccato lo sviluppo di un sistema di strumenti efficaci in grado di rispondere alle esigenze del lavoro di rete e di contatto con i sistemi che si occupano delle altre vulnerabilità, nel panorama delle politiche in materia di immigrazione –:

   quali iniziative urgenti, intenda assumere il Governo per prevenire e contrastare la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, e con quali risorse, e quando, conseguentemente, verrà definito ed approvato il nuovo piano nazionale.
(4-07016)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere con la risposta alla presente interrogazione quali iniziative il Governo intenda assumere per prevenire e contrastare la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, con particolare riferimento all'esigenza di misure tempestive e alla necessità di approvare il nuovo piano nazionale.
  Il decreto legislativo n. 24 del 4 marzo 20.14, di recepimento della direttiva UE n. 36 del 2011, prevede che il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri coordini, monitori e valuti gli esiti delle politiche di prevenzione, contrasto e protezione sociale delle vittime di tratta. La medesima fonte, inoltre, prevede: l'adozione di un Piano nazionale di contrasto alla tratta (Pna), trasversale ai vari livelli di Governo; l'unificazione delle due tipologie di intervento preesistenti in un unico programma di emersione, assistenza e integrazione sociale rivolti alle vittime di tratta; l'obbligo della formazione per tutti gli operatori coinvolti; un sistema di indennizzo e ristoro per le vittime.
  Il primo Pna, predisposto attraverso un lungo e complesso percorso di analisi e in condivisione con tutte le amministrazioni e le reti anti tratta, è stato formalmente adottato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2016. Il Piano è stato articolato secondo le 5 priorità individuate dalla strategia dell'Unione europea, e, alla luce della complessità e multi-settorialità degli interventi, ha previsto l'istituzione di una cabina di regia e di coordinamento a carattere politico-istituzionale, cui è affidato il compito di garantire un approccio multidisciplinare e integrato tra i diversi attori, sia istituzionali che del privato-sociale.
  Con l'introduzione del nuovo programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale rivolto alle vittime di tratta (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2016), il Dipartimento per le pari opportunità ha provveduto a predisporre appositi bandi per l'individuazione di progetti presentati da enti accreditati per la realizzazione di programmi di assistenza e integrazione sociale. Nel corso degli anni gli interventi del programma unico sono proseguiti con un incremento delle risorse finanziarie a disposizione.
  Il valore dei progetti, avviati il 1° marzo 2019 a seguito della procedura di selezione di cui al bando n. 3/2018, ammontano a 24 milioni di euro (più 1,5 milioni rispetto al bando precedente). Le azioni progettuali finanziate si sono svolte senza soluzione di continuità, in modo da garantire alle vittime di tratta continuità nell'assistenza, a prescindere dalla scadenza amministrativa dei progetti.
  Con il sopraggiungere dell'emergenza da COVID-19, tenuto conto delle difficoltà che hanno investito tutte le attività di natura sociale e di partenariato, nonché delle istanze pervenute da tutti i soggetti, pubblici e privati, appartenenti al sistema nazionale anti tratta, in prossimità della scadenza del bando n. 3/2018, il Dipartimento per le pari opportunità, con provvedimento del 28 maggio 2020, ha esteso le attività progettuali in corso fino al 31 dicembre 2020 mediante una proroga a titolo oneroso di 7 mesi del valore di euro 11.192.740, preannunciando, al contempo, la predisposizione di un nuovo bando per le attività di emersione, assistenza e integrazione sociale delle vittime di tratta per il periodo successivo al 31 dicembre 2020.
  Le risorse finanziarie messe a disposizione tramite i bandi sono state utilizzate per azioni di contatto con le popolazioni a rischio tratta e/o grave sfruttamento nei luoghi dove si pratica la prostituzione, nei «ghetti», nelle strutture di accoglienza straordinarie e in particolari luoghi di lavoro (specie in agricoltura). Tali interventi, per il 2019, hanno consentito di contattare circa 30.000 persone con lo scopo di informarle sui diritti fondamentali, sulle possibilità di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari e sociali, sulla normativa italiana in tema di immigrazione, nonché di far emergere situazioni di potenziali vittime e/o richieste di aiuto.
  In caso di sospetti o di segnalazioni rispetto all'individuazione di una potenziale vittima, i progetti hanno attivato interventi finalizzati a valutare la sussistenza delle condizioni di tratta e/o grave sfruttamento e la volontà della persona di aderire ad un programma di protezione sociale. Nel corso del 2019 sono state 3.624 le persone che hanno usufruito di questo intervento, beneficiando al contempo di un orientamento ai servizi (557 nei primi 4 mesi del 2020), mentre 812 hanno richiesto l'accoglienza in programmi di protezione sociale e hanno usufruito dei dispositivi di assistenza previsti dal bando unico (1.43 nei primi 4 mesi del 2020). Le vittime sono state assistite da mediatori linguistici, garantendo loro, in ogni fase del contatto, la tutela dei propri diritti umani. Anche per il 2019 e per il 2020, il Dipartimento per le pari opportunità ha poi rinnovato l'accordo di collaborazione con il comune di Venezia per la gestione del numero verde anti tratta (800 290 290), che rappresenta un importante servizio di prima assistenza telefonica e si qualifica come azione di sistema propedeutico agli interventi in favore delle persone vittime di tratta e grave sfruttamento, operando in stretto collegamento con i soggetti pubblici del territorio e con i progetti che attuano il Programma unico sul territorio.
  Il Pna 2016-2018, come anticipato, ha previsto l'istituzione di una cabina di regia quale luogo per la messa a punto della strategia nazionale di contrasto alla tratta degli esseri umani. Tale organismo è stato ricostituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2019. Su iniziativa del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il 2 marzo 2020 la cabina di regia sulla tratta degli esseri umani si è riunita con una nuova composizione e ha formalmente dato avvio al processo di predisposizione del nuovo Pna. A supporto della cabina di regia, ha operato il comitato tecnico (nominato con decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 10 aprile 2019), composto da esponenti delle amministrazioni centrali e locali, delle Forze dell'ordine, degli enti del terzo settore impegnati nel contrasto alla tratta di esseri umani e delle organizzazioni sindacali. Anche il comitato tecnico sarà a breve ricostituito e riconvocato.
  In conclusione, il Dipartimento per le pari opportunità ha avviato la predisposizione del nuovo Piano nazionale anti tratta 2020-2022, che sarà adottato entro fine anno, tenendo in debito conto la strategia dell'Unione europea per la sua eradicazione, le raccomandazioni del comitato delle parti della convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta al traffico di esseri umani (GRETA) e i risultati dell'attuazione del precedente Pna 2016-2018.

La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


   CIABURRO e GALANTINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tempesta Alex/Brigitte, che ha investito tutto il territorio del Nordovest italiano e del Sudest francese, con particolare incidenza sulla provincia di Cuneo e sul nizzardo, ha di fatto comportato l'isolamento di numerosi comuni nel cuneese;

   tale scenario, anche alla luce dell'intenzione del sindaco del comune francese di Barcelonette di bloccare il transito dei camion con tonnellaggio pari o superiore a 22 tonnellate dal 1° dicembre 2020, non può che implicare un ulteriore isolamento sociale, economico ed industriale della provincia di Cuneo, in quanto paralizzerebbe non solo il trasporto merci, ma anche di turisti nonché le possibilità di approvvigionamento delle attività commerciali sul territorio;

   la chiusura del valico internazionale dal lato della Route Départementale RD900 in Francia, al netto dei recenti crolli infrastrutturali legati al maltempo in tutto il Piemonte ed in tutta la provincia di Cuneo, comporterebbe un ulteriore e forzato isolamento di tutto il territorio, nonché l'interruzione di un pubblico servizio per i cittadini italiani, i quali si troverebbero a subire una vera e propria discriminazione da parte francese;

   non sarebbe la prima iniziativa legata al blocco di un valico internazionale da parte francese; più volte alcuni amministratori locali d'Oltralpe hanno minacciato la chiusura dei loro valichi di competenza per fermare il traffico proveniente dall'Italia, causando disservizi ed incertezze per tutte le comunità, attività commerciali della provincia di Cuneo, nonché per tutte le aziende che usufruiscono della tratta per esportare le proprie merci in Francia o in Spagna attraverso il Corridoio transeuropeo 3 Mediterraneo Ten-t –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano intraprendere per aprire tavoli di lavoro con le competenti autorità della Repubblica francese e, nelle sedi opportune, in ambito nazionale per scongiurare la chiusura dei valichi internazionali di frontiera, con particolare riguardo al caso di cui in premessa.
(4-07336)

  Risposta. — A seguito della tempesta Alex/Brigitte, che ha investito tutto il territorio del nord-ovest italiano e dei sud-est francese, è stato avviato un serrato confronto con le autorità francesi per verificare i danni e avviare immediatamente gli interventi necessari a ripristinare i collegamenti sia stradali che ferroviari.
  In particolare, sulla base delle informazioni riferite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e assunte presso la società Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e la società Anas, sulla linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia, e, nello specifico, sulla sezione che attraversa il territorio francese, RFI e Trenitalia hanno avviato una collaborazione con il gestore dell'infrastruttura francese (SNCF-Réseau) per il ripristino della linea e del servizio ferroviario, considerato che Tende e Saint Dalmas de Tende sono ancora difficilmente raggiungibili dalla Francia a causa della contestuale interruzione della linea ferroviaria.
  I contatti tra SNCF-Réseau e RFI, favoriti anche dalla Commissione intergovernativa italo-francese per le Alpi del Sud (CIG), hanno consentito ai due gestori ferroviari di affrontare tempestivamente le modalità di ripristino della connessione nord, da Limone Piemonte verso il territorio francese. Nel dettaglio, RFI è intervenuta in territorio francese per permettere il ripristino di un punto della linea raggiungibile solo da parte italiana, e questo ha consentito di rendere la stessa linea percorribile fino a Saint Dalmas de Tende già a partire dal 17 ottobre 2020.
  Parallelamente, le Autorità francesi hanno chiesto alla Regione Piemonte e a Trenitalia di prolungare il servizio dei treni regionali Cuneo-Limone Piemonte fino a Tende e a Saint Dalmas de Tende, comuni isolati per assenza di collegamenti stradali, così da assicurare a tali località sia il servizio viaggiatori che un servizio merci di emergenza a bordo degli stessi mezzi impiegati per il trasporto passeggeri.
  La CIG ha svolto un'efficace azione di coordinamento e di diffusione delle informazioni a tutti i soggetti interessati, con l'obiettivo di attivare al più presto i nuovi servizi, che risultano ormai operativi dal 24 ottobre 2020.
  Inoltre, al momento due coppie di treni collegano Cuneo e Limone Piemonte con Tende e Saint Dalmas de Tende, mentre sul resto della tratta della linea in territorio francese sono in corso, da parte dei servizi di ingegneria di SNCF-Réseau, e in particolare sulla tratta a nord di Breil, indagini puntuali sulle opere e sui tratti ferroviari coinvolti. Sono state individuate una decina di situazioni gravi che hanno indotto i tecnici francesi ad attivare in alcuni casi una sorveglianza continua, anche con inserimento di sensori per rilevare i cedimenti dei terrapieni.
  In merito alle iniziative intraprese al fine di rafforzare la collaborazione tra il gestore italiano e quello francese, si è provveduto ad organizzare comunicazioni settimanali di coordinamento tra le strutture operative delle rispettive direzioni territoriali produzione, oltre al giornaliero scambio di informazioni. Una volta acquisite le stime dei costi e i tempi di intervento, i Governi italiano e francese, in base all'articolo 7 della Convenzione 1970, provvederanno a definire con specifico accordo la ripartizione delle spese.
  Per quanto attiene alla tratta a sud di Breil, lato Ventimiglia, in considerazione dell'impossibilità di accedere ai luoghi, sono stati effettuati sorvoli a mezzo di elicottero su un tratto di 400 metri, quasi completamente asportato dalla massa d'acqua, per il quale SNCF-Réseau ha richiesto l'intervento di RFI per la ricostruzione. Si segnala che RFI ha già dato la propria disponibilità a intervenire, proponendo un sopralluogo congiunto, anche in modo da fornire, come per la tratta a nord di Breil, le stime degli interventi in termini di costi e tempi.
  Quanto alla tratta della linea Cuneo-Ventimiglia, dal confine sud a Ventimiglia, la Direzione territoriale produzione Liguria di RFI ha comunicato che non ha subìto danni.
  Relativamente al collegamento stradale Italia-Francia, Anas ha riferito che dal lato Italia sussiste un divieto di transito a partire da Limone Piemonte (km 102+700) e fino al confine di Stato, con passaggio consentito solo ai mezzi autorizzati e ai residenti. I lavori di ripristino della viabilità a partire dal km 102+700 continueranno, presumibilmente, ancora per 45-60 giorni.
  Sul lato Francia, la strada RD6204 è interrotta in più punti ed è da ricostruire per circa 30 chilometri, anche alla luce del crollo di almeno cinque ponti. È dunque stato chiesto alla parte francese di conoscere i programmi e i tempi di ripristino della viabilità RD6204 sul proprio versante e se gli stessi interventi si estenderanno fino al cantiere lato Italia, comprese le sistemazioni e le regimentazioni degli alvei. Ciò anche ai fini dello sviluppo della progettazione dei lavori del nuovo tunnel del Colle di Tenda.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continuerà a seguire gli sviluppi della vicenda in costante raccordo con il competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In tale contesto, sono avviate e sono in costante svolgimento le interlocuzioni, sia a livello politico che tecnico, con le competenti autorità della Repubblica francese, le rispettive Prefetture e le regioni, al fine di scongiurare la chiusura dei valichi internazionali di frontiera.
  Infine, si segnala che il 30 novembre si è tenuta la riunione della CIG Alpi del Sud avente ad oggetto l'esame delle problematiche sopra evidenziate, sulla base delle relazioni tecniche e programmatiche delle strutture operative di ANAS, RFI e omologhi francesi, al fine di individuare gli interventi infrastrutturali necessari sulla Route Départementale RD900 in Francia, nonché quelli relativa alle infrastrutture piemontesi e della provincia di Cuneo in particolare.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   COMENCINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   perdurano ad oggi le conseguenze negative dell'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl per la popolazione della Repubblica della Bielorussia e, in particolare, per quei minorenni che continuano ad abitare sui territori contaminati situati sul territorio della Repubblica di Belarus;

   finora i programmi di risanamento realizzati nella Repubblica italiana hanno prodotto risultati positivi; decine di migliaia di minorenni bielorussi, colpiti dalle nefaste conseguenze del disastro di Chernobyl, sono stati curati in Italia a partire dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Repubblica italiana e la Bielorussia;

   il 10 maggio 2007 è stato sottoscritto un accordo intergovernativo tra Italia e Bielorussia sulle condizioni di risanamento a titolo gratuito dei minori bielorussi in Italia; si tratta del primo strumento giuridico internazionale di questo tipo;

   secondo alcuni studi scientifici i soggiorni terapeutici portano a una riduzione compresa tra il 30 e l'80 per cento delle particelle di Cesio-137 presenti nell'organismo dei bambini nati sul territorio interessato dall'incidente nucleare di Chernobyl del 1986;

   da parte bielorussa non vi sono ostacoli pregiudiziali che impediscano lo svolgimento dei programmi di accoglienza in Italia; le autorità bielorusse hanno fatto sapere che la loro decisione si baserà sulla situazione epidemiologica in Italia e sulle misure programmate da parte italiana per provvedere alla sicurezza sanitaria dei bambini bielorussi;

   i programmi di accoglienza sono stati sospesi, in quanto i periodi di risanamento non sono stati classificati tra le attività che per stato di necessità possono essere svolte in deroga alle misure adottate conto la pandemia;

   molte associazioni interessate dai programmi di accoglienza stanno lavorando intensamente per proporre dei protocolli di sicurezza, così come le famiglie italiane interessate si sono dimostrate disponibili ad adottare le necessarie misure a tutela della salute dei minori bielorussi;

   il 25 giugno 2020 il Comitato tecnico costituito dai rappresentanti di tre ministeri (lavoro e politiche sociali, affari esteri e cooperazione internazionale, salute) si è espresso favorevolmente alla ripresa dei progetti di accoglienza, subordinando tale decisione alla pubblicazione della lista dei Paesi extra-Schengen, i cui cittadini avrebbero potuto fare nuovamente ingresso nello spazio Schengen dal 1° luglio 2020;

   il Comitato dei minori ha quindi previsto la sospensione dei progetti per tutta l'estate, dal momento che la Bielorussia non è rientrata nella lista dei suddetti Paesi, nonostante l'Unione europea abbia previsto, in situazioni di particolare importanza e interesse sociale, che si possa fare comunque ingresso in un Paese dell'Unione europea;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999, così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 18 ottobre 2004, disciplina all'articolo 10, comma 3-bis, il rilascio del permesso di soggiorno a gruppi di minori stranieri partecipanti a progetti di accoglienza a carattere umanitario, per soggiorni di durata non superiore a novanta giorni, per i quali sia stato rilasciato il nullaosta da parte del Comitato per i minori stranieri –:

   se il Governo non intenda adoperarsi con il Governo della Bielorussia al fine di trovare un accordo per la ripresa dei programmi di accoglienza e affinché venga aperto un tavolo tecnico al più presto per valutare l'arrivo dei bambini bielorussi sulla base di un protocollo di sicurezza e si studi la possibilità del rilascio di un visto e relativo permesso di soggiorno per questi minori, in modo da non essere vincolati a quanto deciso dall'Unione europea.
(4-06513)

  Risposta. — Onorevole deputato Comencini, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06513.
  A partire dal 1986, anno in cui si è verificata la catastrofe nucleare di Chernobyl ed ha preso avvio in Europa il fenomeno dell'accoglienza temporanea di minori stranieri a fini solidaristici, sono stati accolti in Italia circa 400.000 minori di nazionalità bielorussa, di fascia di età prevalentemente compresa tra gli 8 e i 12 anni. Nel 2018 circa 6.600 minori di nazionalità bielorussa hanno fatto ingresso in Italia nell'ambito di 620 progetti di accoglienza temporanea, accolti in famiglia (circa l'80 per cento) o presso strutture gestite da associazioni, in collaborazione con famiglie e organizzazioni di volontariato attive sul territorio (restante 20 per cento).
  Come anche ricordato dall'interrogante, l'accoglienza temporanea dei minori di nazionalità bielorussa in Italia è stata rafforzata da una proficua e costante collaborazione tra le autorità di governo italiane e bielorusse. Il 10 maggio 2007 è stato firmato un «Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica di Belarus sulle condizioni di risanamento a titolo gratuito nella Repubblica italiana dei cittadini minorenni della Repubblica di Belarus » e, il 21 gennaio 2016, è stato sottoscritto, un protocollo contenente le «Raccomandazioni per garantire le condizioni di massima sicurezza durante il soggiorno dei minori, cittadini della Repubblica di Belarus, che si troveranno nella Repubblica italiana per il risanamento». Oltre al beneficio terapeutico, fisico e psicologico, che hanno assicurato nel tempo a decine di migliaia di minori, i programmi hanno forgiato un legame particolarmente intenso fra l'Italia e la Bielorussia, che questo Ministero è impegnato a preservare e valorizzare, anche tramite l'Ambasciata a Minsk che segue il
dossier con la massima attenzione.
  La pandemia ha purtroppo causato la sospensione cautelativa dei programmi a tutela dei minori e delle famiglie ospitanti, fino alla stabilizzazione della situazione epidemiologica. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha informato che, a causa della diffusione del Covid-19, le autorità bielorusse, con nota trasmessa in data 27 febbraio 2020, hanno disposto la sospensione dell'ingresso dei minori di nazionalità bielorussa in Italia nell'ambito dei progetti solidaristici «fino alla stabilizzazione della situazione epidemiologica». Alla luce di tale decisione, nonché in conseguenza delle misure volte al contenimento della diffusione del Covid-19 adottate a livello nazionale e internazionale, il competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 15 giugno 2020, ha comunicato la temporanea sospensione dei programmi solidaristici di accoglienza dei minori stranieri, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e agli articoli 8 e 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999.
  Si segnala poi che la Bielorussia non è stata inclusa dall'Unione europea fra i Paesi con i quali sono autorizzati i movimenti. Altri ostacoli alla ripresa deriverebbero inoltre dal fatto che non sussistono al momento regolari collegamenti aerei commerciali fra Italia e Bielorussa e che tutti i movimenti dallo spazio extra-Schengen sono comunque subordinati in Italia all'obbligo di quarantena. Inoltre, i soggiorni dei minori possono aver luogo solo nei periodi di sospensione dell'attività scolastica. In Bielorussia la scuola riprende nella prima metà di settembre.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continua in ogni caso ad auspicare fortemente che i programmi solidaristici possano riprendere non appena possibile. Abbiamo pertanto assicurato, nel contesto della concertazione in materia con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, la nostra piena disponibilità ad approfondire con il Governo bielorusso eventuali specifiche modalità per il loro svolgimento, in modo da consentirne il riavvio in sicurezza, auspicabilmente già a partire dal prossimo periodo di sospensione scolastica di dicembre.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia Covid-19 sta già colpendo i sistemi alimentari direttamente attraverso gli impatti sull'offerta e sulla domanda di cibo e indirettamente attraverso la diminuzione del potere d'acquisto e della capacità di produrre e distribuire cibo, che avrà un impatto differenziato e colpirà più fortemente i poveri e i vulnerabili;

   in queste settimane le condizioni di favore per il settore dell'agroindustria nelle politiche del Governo hanno danneggiato la filiera del cibo locale italiano che non è composta solamente di agroindustria. Rara eccezione è stata la riapertura della vendita al dettaglio nel settore vivaistico;

   da indagine Istat 2019 il 25 per cento della produzione agricola nazionale è realizzato da circa 1.016.244 aziende agricole considerate «dedite all'autoconsumo», ma che in realtà sono quelle che riforniscono i mercati territoriali, che praticano la vendita diretta e la trasformazione aziendale;

   inoltre, anche le 260.615 «imprese agricole attive» che hanno fino a un solo addetto sono riconducibili alla categoria precedente per un totale di 1.276.859 aziende che non possono essere confuse con quelle di 5.878 imprese agricole con più di 10 addetti, per un totale di occupati di poco superiori a 108.000 addetti su un totale di circa 805.000 addetti totali (rapporto Istat 2019);

   le interruzioni delle catene di approvvigionamento e dei mercati agroalimentari possono rendere meno sicuri anche i mezzi di sussistenza di queste aziende territoriali;

   il Governo è responsabile nel sostenere le catene di approvvigionamento alimentare per garantire che funzionino senza problemi. Il Governo dovrebbe incoraggiare le comunità locali ad aumentare la produzione alimentare locale, a ridurre al minimo gli sprechi alimentari e ad astenersi dall'acquistare in preda al panico. I Governi dovrebbero fornire misure specifiche per gli operatori del settore alimentare coinvolti nella produzione, manipolazione e lavorazione degli alimenti per evitare la contaminazione e la diffusione di Covid-19;

   è possibile permettere la vendita semplificata, su base territoriale e in via eccezionale, ai canali della grande distribuzione, in deroga alle certificazioni volontarie (ad esempio, Iso En 9001) generalmente richieste da supermercati e industrie. A tal proposito, si ricorda che il regolamento (CE) 852/2004 su igiene e sicurezza alimentare non si applica «alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale. (Art. 1, par. 2, lettera C)»;

   secondo i dati relativi al 2017 il 74 per cento dei lavoratori agricoli sono stranieri. Alcune misure sono immediatamente possibili: la residenza virtuale presso i comuni per tutti i lavoratori che vivono in insediamenti informali; l'accesso alle case agevolato dal ruolo di garanzia di soggetti pubblici; il rispetto dei contratti provinciali sull'obbligo di ospitalità da parte dei datori di lavoro, laddove le condizioni lo permettono (grandi produttori che garantiscono medi-lunghi periodi di lavoro); la regolarizzazione di migliaia di invisibili, che continuano a crescere per effetto dei decreti sicurezza;

   necessaria è la riorganizzazione degli spazi mercatali, anche attraverso il contributo e la collaborazione dei produttori con le autorità locali, al fine organizzare le piazze secondo una metodologia consona alle decisioni del governo e alle disposizioni sanitarie sulla scorta di quanto avviene già in altri Paesi dell'Unione europea –:

   quali iniziative si intendano adottare per garantire la raccolta dei prodotti agroalimentari nei prossimi mesi e se vi sia l'intenzione di adottare iniziative per prevedere le misure elencate in premessa per i lavoratori stranieri;

   se si intendano adottare iniziative per spostare una parte delle risorse finanziarie impiegate verso le aziende di piccola e media dimensione (circa 1.276.000 aziende) identificabili in base all'ammontare di titoli Pac aziendali non superiori a 50.000 euro;

   in che modo si intenda sostenere la riorganizzazione dei mercati contadini locali all'aperto e/o le iniziative che si vanno sviluppando in tutto il Paese per consentire alle produzioni locali di essere messe a disposizione dei cittadini.
(4-05080)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame rilevo in premessa che il Governo, proprio per sopperire al netto calo di manodopera straniera abitualmente impiegata nelle aziende agricole italiane, determinata dall'emergenza Covid, per dare dignità alle persone e far emergere dall'invisibilità chi lavora anche nel settore agricolo, ha provveduto a regolarizzare oltre 30 mila lavoratori in agricoltura con il provvedimento di emersione contenuto nel «decreto rilancio».
  Ricordo poi che il primo piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022), nato dal lavoro portato avanti dal tavolo interministeriale che ha riunito oltre alle istituzioni impegnate a livello centrale, regionale e locale contro lo sfruttamento e il caporalato anche i principali soggetti interessati – come associazioni di categoria, sindacati e Terzo settore – è stato approvato nel febbraio 2020.
  Partendo da una mappatura dei territori e dei fabbisogni di manodopera agricola, il piano affianca interventi emergenziali e interventi di sistema o di lungo periodo, seguendo 4 obiettivi strategici: prevenzione, vigilanza e contrasto, protezione e assistenza, reintegrazione socio-lavorativa.
  In tale direzione, sono state individuate 10 azioni prioritarie su cui concentrare lo sviluppo del piano. Tra queste, segnalo il rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità (mirato all'espansione del numero delle imprese aderenti e all'introduzione di misure per la certificazione dei prodotti che migliorano la trasparenza e le condizioni di lavoro del mercato del lavoro agricolo; la pianificazione dei flussi di manodopera e il miglioramento dell'efficacia e della gamma dei servizi per l'incontro tra la domanda e l'offerta (CPI) di lavoro agricolo (che prevengono il ricorso al caporalato e ad altre forme d'intermediazione illecita); la pianificazione e l'attuazione di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo, in alternativa a insediamenti spontanei e altri alloggi degradanti; la pianificazione e l'attuazione di soluzioni di trasporto per migliorare l'offerta di servizi adeguati ai bisogni dei lavoratori agricoli.
  Mi preme, inoltre rilevare l'avvenuta pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2020 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2020, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro stagionale e non stagionale nel territorio dello Stato per l'anno 2020 che garantisce, da un lato, la conversione dei contratti stagionali già in essere e, dall'altro, l'utilizzo delle 18 mila quote di ingressi stagionali riservate ad agricoltura e turismo. Per la prima volta, sono state coinvolte le organizzazioni agricole che hanno dato il proprio contributo in termini di valutazione delle quote relative ai lavoratori destinati all'agricoltura.
  Sempre nell'ambito del cosiddetto «decreto Flussi» è stata costituita anche la piattaforma di iscrizione dei potenziali lavoratori agricoli sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Le liste sono condivise con altre realtà coinvolte come regioni, centri per l'impiego e organizzazioni agricole al fine di potenziare il collocamento agricolo di emergenza.
  Occorre poi tener presente che, attraverso il decreto-legge «Cura Italia», è stata estesa la validità dei permessi di soggiorno per lavoro stagionale fino al 31 dicembre prossimo e, per agevolare le imprese che utilizzano manodopera saltuaria, è stata garantita l'operatività in campagna anche per i parenti dell'imprenditore. Segnalo inoltre che la visita medica per i lavoratori stagionali è stata portata a un anno, rendendo la vita più semplice a lavoratori e imprese per l'intero anno.
  Ciò posto, rilevo che la tutela delle piccole imprese agricole è una priorità assoluta del Ministero. A tale proposito va ricordato che anche a vantaggio di questa categoria di imprese è indirizzato il contributo a fondo perduto di cui all'articolo 25 del «decreto rilancio», con un'erogazione di oltre 400 milioni di euro a più di 120 mila imprese agricole. Allo stesso tempo sono stati previsti aiuti specifici con fondi di emergenza, come quello per la zootecnia con 90 milioni di euro di dotazione.
  Vorrei infine ricordare che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali si è sempre fatto parte attiva nella tutela dell'intera filiera agroalimentare anche durante le necessarie misure di contenimento del Covid-19. Quella che la Ministra Bellanova ha chiamato «filiera della vita» non si è mai fermata e l'Amministrazione ha contribuito a tutelare anche i mercati di vendita diretta, oggi aperti salvo ordinanze locali, proprio grazie alle scelte operate dal Governo.
  Anche nell'attuazione dell'importante Fondo ristorazione, una particolare attenzione è stata riservata alla valorizzazione della vendita diretta e al prodotto di territorio. Grazie alla dotazione di 600 milioni di euro, il Fondo consente di richiedere contributi a fondo perduto, da un minimo di mille fino a un massimo di diecimila euro, per l'acquisto di prodotti 100 per cento
Made in Italy, così garantendo un sostegno immediato al mondo dell'ho.re.ca. e alla filiera agroalimentare.
Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali: Giuseppe L'Abbate.


   DEIDDA, CARETTA, LUCA DE CARLO e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da un articolo de IlSole24Ore del 3 luglio 2018 secondo l'associazione Coldiretti da inizio anno risulta quadruplicata l'importazione in Italia di olio d'oliva proveniente dalla Tunisia;

   per cercare di sostenere la difficile situazione socio-economica del Paese nel 2016 la Commissione europea ha concesso alla Tunisia due contingenti temporanei a dazio zero per le esportazioni di olio dirette verso l'Unione europea, in particolare 35 mila tonnellate all'anno per il 2016 e il 2017;

   sempre secondo il citato articolo la Tunisia avrebbe chiesto all'Unione europea di rinnovare la concessione di nuove quote di export a dazio zero verso la stessa Unione, dato che l'agricoltura tunisina si è riorganizzata, tanto che per il 2018 è previsto un raddoppio della produzione di olio d'oliva;

   stando all'articolo sembrerebbe che solo nel primo trimestre del 2018 la Tunisia abbia già esportato verso l'Italia ben ventimila tonnellate di olio d'oliva;

   se alla Tunisia si concedesse sia di sfruttare le quote non utilizzate per gli anni passati, pari a poco meno di settantamila tonnellate, più altre settantamila tonnellate di quote per il 2018 e il 2019, l'Unione europea si troverebbe di fronte a un'invasione di olio tunisino e la produzione italiana ne uscirebbe gravemente penalizzata;

   in particolare, nel 2017 la produzione dell'Italia, che è il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, è stata di 429 mila tonnellate;

   il costo di produzione dell'olio in Tunisia risulta pari a circa due euro al litro, contro il corrispondente costo di produzione italiano pari a circa sette euro al litro (fonte Coldiretti);

   l'Italia, per decenni, è stata leader indiscussa di mercato nel settore dell'extra vergine di oliva e punto di riferimento per il settore olivicolo-oleario a livello mondiale;

   il tracollo del settore è quantificabile in una contrazione del 31 per cento negli ultimi sei anni. Tra le ragioni che hanno fatto diminuire la produzione ci sono l'abbandono della coltivazione, la frammentazione della struttura produttiva e il mancato ammodernamento del settore;

   l'Ismea evidenzia, inoltre, una crescita delle importazioni di olio d'oliva dalla Spagna, salite a 319 mila tonnellate (+25 per cento) da gennaio a settembre, ma a crescere vertiginosamente sono state quelle dalla Turchia, schizzate a oltre il 5 mila per cento –:

   di quali informazioni i Ministri interrogati dispongano in merito alla situazione riportata in premessa e se la stessa trovi conferma;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per invertire la tendenza e rilanciare un settore fondamentale, per la nostra Patria, a partire dal rinnovo generazionale, l'innovazione tecnologica e il potenziamento della commercializzazione.
(4-00754)

  Risposta. — Con riferimento a quanto rappresentato dall'interrogante, in via introduttiva e preliminare, evidenzio che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da sempre, segue con estrema attenzione le problematiche della filiera olivicola, monitorandone l'andamento sul mercato, proprio in virtù della sua rilevanza in termini di superfici coltivate, della forza lavoro impiegata e della rilevanza strategica dell'olio extravergine di oliva per molte delle nostre specialità agro alimentari nonché sugli aspetti caratterizzanti il paesaggio rurale italiano.
  Venendo dunque agli argomenti esposti dall'interrogante, è necessario partire dall'attentato terroristico del giugno 2015 in Tunisia, allorché, al fine di alleviare la difficile situazione economica del Paese, la Commissione europea aveva proposto – nel quadro dell'accordo di associazione tra l'Unione europea e tale nazione – l'adozione di misure commerciali autonome di emergenza a favore della Repubblica tunisina.
  Ciò veniva concretizzato attraverso un contingente tariffario annuale di 35.000 tonnellate (aggiuntive rispetto alle 56.700 di quota standard) di olio di oliva vergine tunisino da importarsi nell'Unione europea a dazio zero per gli anni 2016 e 2017 e tale misura è stata, a suo tempo, sostenuta anche dall'Italia.
  Tuttavia, a causa di avverse condizioni climatiche che hanno ridotto la produzione olearia tunisina, il Paese non è riuscito ad utilizzare le concessioni straordinarie per il secondo anno e, quindi, nel 2018 è stata chiesta all'Alto rappresentante
pro tempore per la politica estera dell'Unione, Federica Mogherini una proroga di due anni di tale misura.
  L'Unione europea ha lavorato su una soluzione consistente in un pacchetto di misure reciproche, in cui, alla liberalizzazione di una quota aggiuntiva di olio d'oliva, avrebbe dovuto corrispondere un accesso preferenziale al mercato tunisino per alcuni prodotti agricoli e alimentari dell'Unione.
  L'Italia, ribadendo la prudenza e la necessità di una preventiva consultazione degli Stati membri prima di avanzare qualsiasi offerta, aveva peraltro individuato – per l'inclusione in tale pacchetto – alcuni prodotti ad alto volume di
export e a dazio elevato (crusche - dazio 15 per cento, preparazioni per alimenti animali – dazio dal 15 al 36 per cento, farina di erba medica – dazio 36 per cento).
  La Tunisia, tuttavia, ha poi deciso di non accettare tale proposta, considerando l'impossibilità di sfruttare la stagionalità 2018 del prodotto oleario.
  Ad oggi, per quanto concerne la situazione di mercato, le attuali evidenze indicano basse quotazioni sia per l'olio extra vergine di oliva che per l'olio lampante a fine periodo 2019, mentre dal mese di febbraio 2020 è dato rilevare una leggerissima ripresa.
  Ciò discende da una eccezionale produzione della scorsa campagna olearia in Spagna – che nel 2018/19 ha fatto registrare produzioni record di 1.790 mila tonnellate di olio di oliva – che ha determinato un'eccedenza di produzione riversata poi anche nella campagna successiva, determinando giacenze di circa 800 mila tonnellate di olio di oliva.
  La produzione prevista per la corrente campagna olearia italiana si stima possa attestarsi sulle 360.000 tonnellate circa, quella in Spagna sulle 1.230.000 tonnellate circa e in Tunisia 300.000 tonnellate, mentre il nostro fabbisogno si stima in 900.000 tonnellate circa di olio e quindi è indispensabile ricorrere al prodotto di importazione.
  Per tale motivo, visto che con la prima assegnazione del contingente tariffario di olio proveniente dalla Tunisia, ad oggi è stato già esaurito tutto il quantitativo di olio previsto per l'anno 2020, pari a 56.700 tonnellate, al nostro mercato servirebbero almeno ancora altre 500.000 tonnellate di olio.
  Tuttavia, si registra ancora una forte contrazione dei prezzi soprattutto in Spagna, Portogallo e Grecia tale da collocarsi al di sotto delle «soglie minime» previste dal regolamento dell'Unione europea n. 1308/2013 (euro 1.779/tonnellata per l'olio extra vergine di oliva ed euro 1.524/tonnellata per l'olio lampante) per poter intervenire con delle procedure di riequilibrio di mercato e pertanto la Commissione dell'Unione europea ha deciso quindi di attivare le procedure di ammasso in tutti i Paesi produttori dell'Unione.
  Soluzione questa che permette di congelare, per un periodo di 6 mesi, parte dell'olio di oliva presente sul mercato, e dovrebbe riequilibrare il mercato stesso con un conseguente aumento dei prezzi.
  In tale contesto, si sono svolte quattro procedure di gara, nelle quali gli operatori italiani hanno partecipato soltanto alla terza e quarta procedura.
  Tuttavia, avendo fissato la Commissione dell'Unione europea – a fronte delle diverse offerte presentate – per la terza gara una soglia di aggiudicazione pari a 0,88 euro/tonnellate al giorno per tutte tre le categorie di olii, ciò, di fatto ha escluso dall'aggiudicazione la maggior parte delle offerte presentate dagli operatori italiani che avevano proposto, per la categoria extra-vergine, prezzi di stoccaggio al di sopra della predetta soglia.
  A seguito del risultato di tale gara, abbiamo organizzato con Agea un apposito incontro con gli operatori della filiera, con l'obiettivo di individuare ed eventualmente rimuovere le criticità che hanno impedito agli operatori italiani di partecipare con successo alle predette procedure.
  Anche grazie a specifici contatti poi intrattenuti con gli uffici comunitari, la Commissione europea, relativamente alla quarta ed ultima gara, ha fissato una soglia di prezzo di aggiudicazione che ha permesso l'accoglimento di tutte le richieste di stoccaggio di olio di oliva extra-vergine presentate dagli operatori italiani, per circa 14.700 tonnellate.
  Tuttavia, bisogna evidenziare che si riscontra comunque una certa ciclicità della crisi per questo settore: i prezzi sono correlati all'andamento del prezzo a livello europeo e caratterizzati da una volatilità che risente dell'andamento di altri prodotti e processi tra i quali la consistenza degli
stock a livello globale, il costo dell'energia, l'andamento climatico, le fitopatie. In ogni caso, al fine di garantire maggiormente la trasparenza nella formazione del prezzo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha avviato l'iter per l'attivazione della Commissione unica nazionale per l'olio d'oliva.
  Fattore non meno importante di influenza risulta poi quello di una domanda che è sempre più connotata da una leggera ma tendenziale diminuzione rispetto alle attese e alle pur ottimistiche previsioni.
  Stante quindi la difficoltà di poter agire su questi fattori, il Ministero già con il piano olivicolo-oleario 2016, in accordo con le regioni, ha definito una strategia generale nella quale sono individuati analiticamente gli interventi che sono di stretta competenza delle regioni e quelli di competenza statale.
  Tale piano è stato configurato avendo attenzione alle particolari criticità produttive del settore e alle crescenti esigenze di recupero della produttività e della competitività delle aziende olivicole, insieme con l'esigenza di perseguire l'innalzamento del livello qualitativo del prodotto attraverso la promozione di un regime di qualità certificato, utilizzabile a livello sia nazionale che internazionale, così da contribuire alla valorizzazione del prodotto ma anche alla lotta alla contraffazione e al contrasto del fenomeno dell'
italian sounding.
  L'insieme degli interventi si incardina in un contesto in cui l'applicazione della Organizzazione comune di mercato e l'avvio dei programmi di sviluppo rurale su base regionale hanno richiesto una strategia unica in grado di indirizzare la struttura produttiva nazionale verso «modelli produttivi innovativi», atti ad incidere significativamente sulla produttività della filiera olivicola ma anche a consentire alle organizzazioni dei produttori (OP) e alle loro associazioni (AOP) di ricoprire un ruolo più incisivo sul fronte della commercializzazione.
  Nello specifico, gli interventi hanno riguardato in primo luogo l'incremento della produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva – con attenuazione della pressione sulle risorse naturali, in modo particolare sulla risorsa idrica – attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e l'introduzione di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica, anche con riferimento all'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica.
  Ma si sono concentrati anche sul sostegno e la promozione di attività di ricerca per accrescere e migliorare l'efficienza dell'olivicoltura italiana, nonché su azioni per il recupero varietale delle
cultivar nazionali di olive da mensa in nuovi impianti olivicoli integralmente meccanizzabili.
  Hanno riguardato, ulteriormente, l'incentivo all'aggregazione e all'organizzazione economica degli operatori della filiera olivicola, in conformità alla disciplina delle trattative contrattuali nel settore dell'olio di oliva prevista dal regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.
  Non è mancato il sostegno alle iniziative di valorizzazione del
made in Italy e delle classi merceologiche di qualità il superiore certificate dell'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quelli internazionali.
  Di questi interventi alcuni sono ancora in corso, tra i quali, per la particolare rilevanza, ricordo la campagna informativa svolta da Ismea sull'olio extravergine di oliva, diretta alle nuove generazioni e lo sviluppo di una piattaforma di garanzia a supporto delle organizzazioni di produttori di olio d'oliva e delle relative associazioni in virtù di un accordo tra il Ministero e Cassa depositi e prestiti.
  L'attività informativa comprende: attività di informazione della qualità dei prodotti olivicoli-oleari, con una particolare attenzione all'utilizzo dei
media social, con un destinatario tipo coincidente con la famiglia-tipo e con le nuove generazioni di consumatori; campagne informative mirate sui prodotti olivicoli-oleari, certificati e non o dedicate ad alcuni particolari segmenti quali classe medica e nutrizionisti e su specifici prodotti olivicoli-oleari: olii mono varietali; olii di particolare pregio; olive da mensa; la realizzazione di una webserie da veicolare nei canali digitali per valorizzare la produzione e il legame con il territorio/varietà, le caratteristiche nutrizionali e di gusto, le ricette, l'associazione a uno stile di vita sano.
  Meritano altresì menzione le iniziative nell'ambito della «Settimana della cucina italiana nel mondo», appuntamento annuale dedicato alla promozione della cucina italiana di qualità e dei nostri prodotti agroalimentari che si è tenuta nel 2019, un'iniziativa che rientra nella strategia di promozione integrata «Vivere All'Italiana», lanciata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel 2016, che assomma tutti i punti di forza del
Made in Italy in un unico approccio finalizzato al sostegno della crescita del Paese e al rafforzamento della reputazione e dell'immagine dell'Italia all'estero.
  Il progetto, ideato dalla Farnesina, viene sviluppato all'interno di un gruppo di lavoro che coinvolge il mio Ministero e quelli dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei beni e le attività culturali e del turismo, nonché tutti i principali enti, associazioni ed istituzioni che rappresentano la cucina italiana e l'Italia nel mondo: regioni, Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), Agenzia nazionale italiana del turismo (Enit), università, sistema camerale, associazioni di categoria (inclusa Assitol), scuole di cucina, reti dei ristoranti italiani certificati e operatori del settore enogastronomico.
  La Settimana ha riscosso negli anni un grande successo e – grazie al lavoro della rete-diplomatico consolare e degli istituti italiani di cultura – riesce a riunire una grandissima diversità di eventi in tutto il mondo: incontri con gli
chef e corsi di cucina, degustazioni e cene, attività di promozione commerciale, seminari e conferenze, e momenti di approfondimento su tutti i temi di grande attualità, quali il rapporto fra cibo e sostenibilità, la cultura del cibo sano, la sicurezza alimentare, il diritto al cibo, le identità dei territori e la biodiversità, nel solco dell'eredità di Expo Milano 2015.
  Non meno rilevante si rivela l'opera di valorizzazione, anche a fini turistici, dei territori e degli itinerari enogastronomici regionali, oltre alle attività di presentazione e internazionalizzazione dell'offerta formativa italiana del settore, al fine di attrarre talenti dall'estero e fidelizzarli all'uso dei prodotti italiani di qualità.
  La IV edizione della Settimana (18-24 novembre 2019) è stata dedicata al tema «Educazione alimentare, cultura del gusto» e ha visto la realizzazione di oltre 2.000 eventi in tutto il mondo, focalizzando l'attenzione del pubblico estero sui principi dell'alimentazione italiana e della dieta mediterranea, nonché sui suoi positivi effetti sulla salute, includendo una serie di numerosi eventi dedicati proprio alla promozione dell'olio di oliva italiano.
  Nel contempo, è stato favorito l'accesso al credito della filiera olivicolo-olearia italiana in attuazione del piano di settore oleicolo-oleario, con la concessione di oltre 140 milioni di euro di nuovi finanziamenti alle organizzazioni di produttori e associazioni di organizzazioni dei produttori (AOP) dell'olio e delle olive da mensa.
  In tal senso Cassa depositi e prestiti – utilizzando le risorse messe a disposizione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – concede una garanzia diretta e a prima richiesta a favore di banche e confidi individuati sulla base della procedura di selezione degli intermediari finanziari indetta da Cassa depositi e prestiti, una garanzia destinata alla copertura, a titolo gratuito, della prima perdita di portafogli di nuovi finanziamenti con durata inferiore a 12 mesi e importo minimo di 50.000 euro.
  A questo si aggiungono le risorse messe a disposizione dal decreto emergenze e con i contratti di filiera.
  Proprio in merito ai contratti di filiera e di distretto si segnala che essi offrono al settore un contributo determinante in termini di risorse. Infatti, nell'ambito del quarto bando (contratti di filiera e di distretto 2015-2020) sono state ricevute dall'Amministrazione 4 proposte di contratto di filiera relative al comparto olivicolo.
  Di queste, tre sono state già sottoscritte con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. I tre contratti sviluppano un volume di investimenti di oltre 50 milioni di euro cui corrisponderanno agevolazioni per quasi 17 milioni di euro in conto capitale e circa 14 milioni sotto forma di finanziamento agevolato.
  Il quarto contratto, attualmente in fase di valutazione, sviluppa inoltre un volume di investimenti complessivo di 25 milioni di euro, cui corrisponderanno agevolazioni in conto capitale per euro 3,5 milioni e un finanziamento agevolato di 10,5 milioni.
  Per quanto riguarda, invece, le iniziative per il futuro del settore, la predisposizione di un nuovo piano olivicolo-oleario rientra tra gli interventi che è necessario attivare urgentemente per rilanciare il settore, partendo da una nuova strategia nazionale da condividere con gli operatori della filiera e con le regioni.
  Tali interventi dovranno avere un prevalente carattere sistemico, con un impatto orizzontale su tutti gli operatori della filiera, così come richiedono i più recenti orientamenti dell'Unione europea per gli aiuti di stato nei settori agricolo e forestale (2014 240/01): la verifica degli interventi compatibili, infatti, costituisce un aspetto non marginale e di strategica importanza, attese le modifiche intervenute rispetto al passato regime.
  Su questa strategia le regioni – quali autorità di gestione dei programmi di sviluppo rurale – possono indirizzare le ingenti risorse ivi contenute per attuare interventi finalizzati a rilanciare la competitività del sistema olivicolo italiano, nell'esigenza di ottimizzare le risorse pubbliche e finalizzarle con la massima utilità in relazione agli specifici fabbisogni operativi degli operatori della filiera.
  Ritengo che l'unificazione dell'offerta sia l'unica soluzione per valorizzare il prodotto. Infatti, la scarsa concorrenzialità all'estero viene addebitata ad alcune peculiarità dell'economia italiana, tra cui un'alta frammentazione aziendale e costi di produzione elevati e, dunque, la via dell'associazionismo consentirebbe di superare la polverizzazione dell'offerta e di contrastare la concentrazione della domanda. In questo, l'attuale Organizzazione comune di mercato favorisce alle organizzazioni produttori un potente mezzo di intervento sul mercato.
  Il compito di dare fluidità al mercato spetta alle organizzazioni dei produttori alle quali è stata data la possibilità di gestire il prodotto conferito: il settore, soprattutto nel centro sud, risente di una mancanza di organizzazione in questo senso.
  Il decreto ministeriale n. 617 del 2018 (riconoscimento delle organizzazioni produttori del settore dell'olio di oliva e delle olive da tavola, modificato con il decreto ministeriale n. 7442 del 2019), corredato dalle Linee guida, attuativo del regolamento (UE) 1308/2013 (Organizzazione comune di mercato Unica), ha prospettato per le organizzazioni produttori del settore una operatività nuova: in questa attività le organizzazioni produttori devono essere aiutate a crescere (fondi del piano di sviluppo rurale e quindi impegno delle regioni). Attualmente nel nostro Paese le regioni hanno riconosciuto 109 organizzazioni produttori olivicole, mentre il Ministero ha riconosciuto 3 associazioni organizzazioni produttori.
  Per creare valore e reddito a vantaggio dei produttori associati e necessario sia aumentare il livello di concentrazione nelle organizzazioni produttori, sia favorire processi di fusione ed integrazione per l'aumento delle dimensioni economiche e per lo sviluppo di strategie commerciali più efficaci.
  Faccio inoltre presente che, a seguito dell'emergenza COVID-19 – che ha messo in crisi l'intero settore e, in particolare, il segmento dell'alta qualità che ha visto venir meno il canale di distribuzione e vendita garantito dal circuito Ho.re.Ca. – sono stati effettuati interventi mirati ad agevolare l'attività del comparto anche attraverso la proroga dei termini per l'invio al Ministero e alle regioni delle relazioni sull'attuazione dei programmi di attività di cui al decreto n. 7143 del 12 dicembre 2017, nonché con la richiesta di modifica alla Commissione europea del regolamento di esecuzione (UE) n. 615/2014, nella parte relativa alla richiesta di modifica dei programmi di sostegno e della deroga ai controlli
in loco.
  Premesso quanto sopra, pur confermando l'impegno nel seguire con estrema attenzione le problematiche del settore, si evidenzia anche che le problematiche segnalate potranno essere affrontate in maniera strutturale solo con misure adeguate, a carattere strutturale, in modo da interessare la fase di produzione primaria, grazie ad interventi incisivi sulla ristrutturazione degli impianti produttivi, sull'ammodernamento e razionalizzazione dei frantoi oleari e sulle altre azioni attivabili nell'ambito del negoziato sulla riforma della politica agricola comune
post 2020.
  Infatti sia il regolamento transitorio della politica agricola comune che l'attuale proposta di regolamenti dei pani strategici della politica agricola comune prevedono il mantenimento delle attuali misure di miglioramento delle qualità dell'olio extravergine di oliva per gli anni futuri con una dotazione finanziaria interna di euro 33.000.000 per anno.
  Nell'ambito di detti regolamenti è stata avanzata una proposta, da parte della delegazione italiana, sulla possibilità di utilizzare dette risorse anche per interventi di carattere strutturali e di modernizzazione degli impianti olivicoli del nostro paese.

Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali: Giuseppe L'Abbate.


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 settembre 2020 alcuni organi di stampa, in particolare il quotidiano La Nuova Sardegna, ha riportato la testimonianza di una famiglia, proveniente dalla Sardegna, che in visita al Bio Parco di Roma, è stata bloccata all'ingresso con la sola motivazione della provenienza geografica;

   in particolare, il dipendente del Bioparco, che avrebbe impedito l'ingresso alla famiglia sopracitata, avrebbe motivato la decisione con il divieto di far entrare chiunque abbia transitato, nei 14 giorni antecedenti, in Spagna, Grecia, Malta e Sardegna;

   nei quotidiani viene riportata che tale decisione sarebbe supportata da disposizioni della regione Lazio, che nelle settimane passate, avrebbero sostanzialmente indicato la regione Sardegna quale luogo di contagio di molti residenti in quella regione;

   è innegabile il numero di contagi registrati, ma non è assolutamente provato che il contagio sia avvenuto in Sardegna, considerato che sino ai primi di agosto la Sardegna sia stata considerata regione Covid Free e con uno dei più bassi indici RT;

   il presidente della regione autonoma della Sardegna, alla vigilia della riapertura dei trasferimenti tra le regioni, aveva chiesto al Governo – al fine di mantenere al minimo l'incidenza dell'epidemia in atto nel territorio regionale sardo, nonché tenuto conto della peculiarità del territorio regionale, degli annosi problemi di collegamento con il resto della nazione e, quindi, della difficoltà di ricorrere, eventualmente, allo spostamento in altre regioni di soggetti risultati positivi – di essere autorizzato a richiedere ai soggetti che intendessero far accesso al territorio in questione di sottoporsi ad apposito test, nei giorni immediatamente antecedenti all'arrivo in Sardegna o in apposite strutture da allestire negli scali portuali e aeroportuali;

   il Governo si oppose a tale richiesta e, in ragione del flusso turistico nella stagione estiva e, quindi, a fronte dell'arrivo di un numero rilevante di soggetti dalle altre regioni, la Sardegna è stata interessata da un aumento dei soggetti positivi al virus in questione: cosa che avrebbe potuto certamente essere evitata qualora fosse stata accolta positivamente la suindicata richiesta avanzata, a suo tempo, dal presidente della regione;

   rappresentanti del Governo, seguiti da altri soggetti istituzionali, hanno ribadito sulla stampa l'anti costituzionalità con evidenti caratteri di discriminazione tra cittadini residenti nelle diverse regioni italiane, del provvedimento della regione sarda;

   è evidente che quanto accaduto nel Bio Parco di Roma, i cui vertici si sono scusati pubblicamente per l'equivoco con la famiglia sarda, per altro dopo il grande risalto mediatico nazionale che la vicenda ha avuto, sia deprecabile e bisogna impedire che in futuro avvengano fatti analoghi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare affinché nessun cittadino italiano, che sia residente o sia transitato in Sardegna, subisca alcun tipo di discriminazione.
(4-06899)

  Risposta. — L'interrogante, traendo spunto da un episodio accaduto nel mese di settembre 2020 ad una famiglia sarda bloccata all'ingresso del BioParco di Roma perché proveniente da una regione ad alto indice di contagio (la Sardegna), chiede se il Governo sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative intenda assumere affinché nessun cittadino italiano che sia residente o sia transitato nel territorio sardo subisca alcun tipo di discriminazione.
  In particolare, secondo quanto riportato nel testo dell'interrogazione, un dipendente del BioParco avrebbe impedito l'ingresso nel giardino zoologico alla succitata famiglia motivando la decisione – secondo i quotidiani locali – supportata da disposizioni della regione Lazio che prevedono il divieto di far entrare chiunque avesse transitato nei quattordici giorni antecedenti all'accaduto in Spagna, Grecia, Malta e Sardegna.
  L'interrogante, nell'evidenziare che non è assolutamente provato che il contagio sia avvenuto in Sardegna, pone l'attenzione sul fatto che il Presidente della regione autonoma della Sardegna, alla vigilia della riapertura dei trasferimenti tra regioni, aveva chiesto al Governo di essere autorizzato a sottoporre ad apposito test chiunque intendesse far ingresso nel territorio sardo e che, all'epoca, esponenti del Governo e alcuni «soggetti istituzionali» avevano ribadito l'incostituzionalità di provvedimenti in tal senso in quanto evidentemente discriminatori.
  Si tratta invero di un episodio che, a parte una moderata eco mediatica, non ha avuto conseguenze sul piano giuridico formale; ragion per cui la questione impone solo la ricostruzione delle disposizioni che, all'epoca dei fatti, regolavano gli spostamenti tra le regioni.
  In proposito, occorre richiamare l'articolo 1, comma 3 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2020, n. 74) secondo cui: «A decorrere dal 3 giugno 2020, gli spostamenti interregionali possono essere limitati solo con provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, in relazione a specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in dette aree». Il ripetuto articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 dispone, a sua volta, che le misure di contenimento del rischio epidemiologico sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. In casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute e, comunque, con efficacia limitata fino all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, possono essere adottate dal Ministro della salute.
  Su tali premesse giuridiche sono intervenuti entrambi con efficacia fino al 7 settembre 2020, poi prorogata al 7 ottobre 2020 per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020 (che ha peraltro sostituito l'allegato 20 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020): il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, che prevede la sorveglianza sanitaria e l'isolamento fiduciario per i soggetti provenienti dagli Stati o territori indicati nell'allegato 20; l'ordinanza del Ministero della salute del 12 agosto 2020, che individua specifiche misure di prevenzione per i soggetti provenienti da Croazia, Grecia, Malta o Spagna.
  Ciò posto, appare chiaro che qualunque altra limitazione oltre a quelle previste dai richiamati provvedimenti risulta priva di efficacia. Peraltro il ripetuto decreto-legge n. 33 del 2020, all'articolo 2, prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa quale strumento idoneo a far valere le posizioni di vantaggio presuntivamente lese dalle violazioni delle disposizioni del medesimo decreto ovvero decreti e delle ordinanze emanati in attuazione dello stesso.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.


   DEL BARBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2020 ha istituito un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali e allo sviluppo del Paese, stanziando ingenti risorse per la messa in sicurezza e il potenziamento della viabilità del territorio nazionale;

   dal 20 agosto 2019 la «frana del Ruinon», nel suo avanzare, ha comportato la caduta rovinosa di massi nel territorio comunale di Valfurva (Sondrio), con la conseguente chiusura della strada provinciale n. 29, la quale è stata riaperta 5 mesi dopo, a seguito di numerosi interventi emergenziali di ripristino, quali lavori di demolizione e brillamento dei massi, volti tutti a limitare gli effetti della continua instabilità e degli smottamenti della «frana del Ruinon»;

   la Sp n. 29 rappresenta l'unica arteria di collegamento per la nota località sciistica di Santa Caterina Valfurva e mette in collegamento importanti aree a forte vocazione turistica, come quella del parco dell'Adamello e quella di Bormio;

   i forti rischi che caratterizzano l'area interessata dalla «frana del Ruinon» non sono stati affatto superati dagli interventi di somma urgenza posti in essere dalle autorità competenti e il pericolo che la località di Santa Caterina Valfurva torni a essere isolata rappresenta un'eventualità quanto mai concreta e realistica, ponendo a repentaglio l'economia locale e ripercuotendosi sulle prospettive occupazionali e di sviluppo dell'intera zona;

   le attuali condizioni di precarietà della Sp n. 29 continuano a incidere negativamente sull'economia del territorio interessato, in quanto la mancanza di un intervento definitivo e strutturale sulla strada provinciale non risulta idoneo a scongiurare i pericoli derivanti dalla progressione della «frana del Ruinon», facendo sorgere più di un interrogativo circa lo stato di messa in sicurezza del corrispondente tratto stradale;

   al fine di evitare il futuro isolamento stradale e una possibile catastrofe ambientale sono stati progettati interventi per la realizzazione di bypass idraulico e stradale per importo stimato di 170 milioni di euro;

   dall'interlocuzione avuta con i dicasteri competenti – e cioè il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'economia e delle finanze per i relativi profili di competenza – è emerso chiaramente come la necessità intervenire sulla viabilità della Sp n. 29 attraverso il finanziamento di interventi ad hoc già progettati e definiti nei dettagli sia avvertita come un'esigenza del tutto indifferibile, anche in ragione dei tempi di realizzazione degli stessi e dell'approssimarsi della stagione estiva, i cui effetti economici positivi sulle zone interessate rischiano di venire compromessi dallo stato di precarietà che caratterizza la viabilità del territorio;

   in data 23 dicembre 2019, peraltro, l'interrogante presentava l'Ordine del giorno 9/2305/347, sollecitando lo stanziamento di risorse necessarie alla realizzazione dei progetti volti a ristabilire la sicurezza della viabilità della strada provinciale n. 29 accolto favorevolmente dal Governo –:

   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini del riparto del fondo investimenti, abbia inoltrato al Ministero dell'economia e delle finanze, come dall'interrogante più volte sollecitato, la proposta di stanziamento di fondi di 170 milioni per la realizzazione del programma di messa in sicurezza della Sp 29 sita nel territorio di Valfurva (Sondrio);

   in caso affermativo, se il Ministro dell'economia e delle finanze abbia trasmesso detta proposta alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'adozione dei relativi decreti di riparto del fondo, nonché quale sia l'ordine di priorità che si sta rispettando nell'operare la trasmissione delle proposte di riparto finora pervenute e quali siano le tempistiche entro cui si ritiene che, in caso di esito positivo, l'erogazione del finanziamento connesso all'intervento sulla strada provinciale 29 possa essere effettivamente erogato.
(4-04784)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali, si riportano i seguenti elementi di risposta.
  Il
bypass viario sulla strada provinciale 29 – cosiddetta frana del Ruinon, nel comune di Valfurva (SO) – verrà realizzato dall'Anas, in quanto la strada in argomento è compresa tra quelle in corso di rientro nella rete stradale di interesse nazionale.
  L'opera – il cui progetto di fattibilità è stato realizzato dalla regione Lombardia e vedrà nelle fasi progettuali successive il coinvolgimento anche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in particolare per la parte idraulica – sarà finanziata con risorse proprie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, stanziate con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020).
  Il decreto di riparto delle risorse previste dalla legge finanziaria 2020 è attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari per il prescritto parere.
  Nell'ambito delle risorse assegnate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, una quota di 100 milioni di euro è destinata all'intervento in esame, in particolare alla realizzazione della galleria stradale.

La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con il presente atto di sindacato ispettivo l'interrogante intende segnalare l'incresciosa situazione in cui versa il servizio erogato da Poste Italiane a Casale Monferrato, dove sono rimasti solo due uffici operativi;

   oltre alle problematiche relative alla consegna cattiva della corrispondenza, quello che desta maggiore preoccupazione è che la chiusura degli uffici periferici crea code chilometriche all'esterno dell'ufficio postale centrale;

   su questo ufficio centrale si riversa utenza che necessita di usufruire di servizi collegati ad uffici periferici, in cui è presente la documentazione pertinente e l'ufficio centrale stesso non tratta le richieste di tale utenti, perché, a detta degli operatori, impossibilitato ad operare su quelle specifiche pratiche;

   in sostanza si crea l'imbarazzante questione di dover attendere per ore sotto il sole perché per le norme anti-coronavirus negli uffici possono entrare poche persone, per poi sentirsi dire che le loro richieste non possono essere soddisfatte e di attendere la riapertura degli uffici periferici di competenza;

   almeno in due occasioni il nucleo comunale della Protezione civile è dovuto intervenire all'esterno dell'ufficio postale centrale per distribuire acqua agli anziani in coda sotto il sole;

   Poste Italiane svolge un servizio pubblico. Queste modalità e condizioni operative, come svolte a Casale Monferrato, non sono degne di un Paese civile del mondo occidentale;

   allo stesso modo occorre tutelare i dipendenti delle due sedi aperte, quotidianamente esposti alle legittime rimostranze della cittadinanza adirata, seppur incolpevoli –:

   quali siano le iniziative di competenza che il Governo intende adottare affinché siano risolti i disservizi collegati alla chiusura degli uffici postali di Casale Monferrato.
(4-06737)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e Poste Italiane, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alle criticità in ordine al servizio postale erogato nel comune di Casale Monferrato (Alessandria).
  A tal proposito, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, infatti, all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. La suddetta Autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS, che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  Inoltre, occorre ricordare che in occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019, Poste Italiane si è ufficialmente impegnata verso i piccoli comuni: in primo luogo, in ordine alla scelta di non chiudere più gli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento; in secondo luogo, in ordine alla realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare.
  Vale la pena anche far presente che, a causa dell'allerta pandemica da Sars-Cov-2, Poste Italiane ha dovuto approntare una serie di misure di contenimento della diffusione del virus, in linea con le prescrizioni governative, attraverso la riorganizzazione della rete degli uffici postali, disponendo chiusure e rimodulazioni orarie.
  Nell'esercizio del potere di vigilanza, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, riferisce che Poste Italiane ha dovuto ripensare profondamente le modalità di erogazione dei servizi e l'operatività degli uffici postali al fine di garantire la messa in sicurezza degli stessi – attraverso la sanificazione degli ambienti, il posizionamento di linee di distanziamento e l'installazione pannelli schermanti in plexiglas – e garantire la corretta gestione dei momenti di maggiore afflusso legati al pagamento delle pensioni, garantendo un recupero graduale e crescente dei livelli di operatività degli uffici postali.
  Tuttavia, nonostante l'insorgere dei nuovi casi di contagio ha avuto e continua ad avere conseguenze sull'operatività del servizio, l'Agcom riconosce che, grazie all'impegno messo in atto da Poste Italiane, il numero di uffici inizialmente coinvolti dall'emergenza sanitaria continua a ridursi.
  Sul punto sollevato dall'interrogante è stata sentita anche Poste Italiane. Questa ha comunicato di aver posto in essere le azioni necessarie ai fini della tutela dei lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare in ogni caso i propri servizi, in osservanza alle disposizioni normative vigenti in materia di tutela della salute pubblica e di quelle afferenti al distanziamento sociale in piena collaborazione con le istituzioni.
  Poste Italiane ha riferito, altresì, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola, dandone preventiva informativa ai sindaci dei comuni interessati.
  Tali iniziative hanno riguardato anche gli 8 uffici postali ubicati nel comune di Casale Monferrato; di questi 4 hanno ripreso la consueta operatività, 2 sono al momento sottoposti a razionalizzazione e solamente 2 sono attualmente chiusi ma con operatività in appoggio presso il limitrofo ufficio postale.
  In particolare, Poste Italiane rappresenta quanto segue:

   l'ufficio postale Popolo ha svolto sempre la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì dalle ore 8:20 alle ore 13:45 ed il sabato dalle ore 8:20 alle ore 12:45 tranne nei giorni 19, 21 e 24 marzo u.s. in cui è stato chiuso;

   l'ufficio postale Casale dal 27 aprile 2020 scorso ha ripreso la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì dalle ore 8:20 alle ore 19:05 ed il sabato dalle ore 8:20 alle ore 12:35. L'ufficio è dotato di ATM fruibile H24;

   l'ufficio postale Terranova Monferrato, rimasto chiuso fino alla prima metà del mese di aprile 2020 e successivamente sottoposto a razionalizzazione, dal 18 maggio 2020 ha ripreso la consueta operatività con apertura il mercoledì dalle 8:20 alle ore 13:45 ed il sabato dalle ore 8:20 alle ore 12:45;

   l'ufficio postale Casale Monferrato 3, rimasto chiuso fino alla prima metà del mese di maggio 2020 e successivamente sottoposto a razionalizzazione, dall'8 giugno scorso ha ripreso la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì dalle ore 8:20 alle ore 13:35 ed il sabato dalle ore 8:20 alle ore 12:35. L'ufficio è dotato di ATM fruibile H24;

   l'ufficio postale Casale Monferrato 4, rimasto chiuso fino all'11 aprile 2020 è attualmente sottoposto a razionalizzazione con apertura su tre giorni settimanali (lunedì, mercoledì e venerdì) dalle ore 8:20 alle ore 13:45;

   l'ufficio postale San Germano Monferrato, rimasto chiuso fino all'11 aprile 2020 è attualmente sottoposto a razionalizzazione con apertura su tre giorni settimanali (martedì, giovedì e sabato) dalle ore 8:20 alle 13:45;

   gli uffici postali Casale Monferrato 1 e Casale Monferrato 2, sono al momento chiusi, ma con operatività in appoggio sul limitrofo ufficio postale di Casale.

  Poste Italiane comunica, inoltre, che la chiusura degli uffici postali Casale Monferrato 1 e Casale Monferrato 2 non ha carattere definitivo: l'Azienda proseguirà con il costante monitoraggio al fine di valutare la data di ripristino della consueta operatività, anche riguardo agli uffici sottoposti a razionalizzazione oraria.
  In merito, l'Azienda riferisce di aver avuto un costante dialogo a partire dal mese di marzo e sino allo scorso mese con i rappresentanti delle istituzioni locali. In particolare, il sindaco del comune di Casale Monferrato e il Prefetto di Alessandria con note del 16 luglio e del 4 settembre 2020, inviate ai rappresentanti territoriali di Poste Italiane, avevano chiesto la riapertura degli uffici postali di Casale Monferrato 1 e Casale Monferrato 2. L'Azienda, dal suo canto, ha confermato il provvedimento di chiusura ribadendone tuttavia il carattere temporaneo e impegnandosi ad assicurare l'erogazione dei propri servizi, nel rispetto delle disposizioni normative in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica.
  Poste Italiane informa, infine, che dagli esiti dei propri monitoraggi non sono state rilevate criticità nello svolgimento del servizio di recapito, salvo qualche difficoltà durante il periodo iniziale dell'emergenza sanitaria e durante il mese di agosto in concomitanza con il periodo di ferie del personale caratterizzato tra l'altro da particolari picchi di volumi.
  In conclusione, voglio precisare che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le modalità di erogazione del servizio postale, nei limiti delle proprie competenze, al fine di assicurare un servizio efficiente ed omogeneo, e ad avviare – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali criticità in tale ambito.

Il Vice Ministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   DURIGON, ZICCHIERI e GERARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 giugno 2020 ha rassegnato le proprie dimissioni Alessio Lessio, assessore all'ambiente del comune di Latina. Le dimissioni sembrerebbero originare sostanzialmente dalle indebite pressioni esercitate sull'assessore da parte di alcuni consiglieri comunali appartenenti alla maggioranza consiliare per ottenere vantaggi personali;

   Latina è un comune italiano di 126.746 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia nel Lazio nonché la seconda città laziale per numero di abitanti, preceduta soltanto da Roma;

   l'amministratore ha rilasciato, il 18 giugno 2020, un'intervista alla testata online «il Caffè.tv» nella quale ha affermato di essere stato vittima di illegittime richieste volte ad ottenere – durante il periodo di sospensione delle attività a seguito della quarantena – la sistemazione prioritaria del verde pubblico nei quartieri abitati dai rappresentanti della maggioranza, sotto la costante minaccia che in caso contrario i consiglieri medesimi avrebbero fatto mancare il loro sostegno alla maggioranza in consiglio comunale;

   l'assessore Lessio ha inoltre affermato di essere stato oggetto di «imboscate squadriste» subite «nel mio ufficio e dentro luoghi istituzionali», nonché di promesse di vantaggi personali nel caso lo stesso avesse orientato le scelte dell'amministrazione verso la riapertura della discarica di Borgo Montello;

   le gravi affermazioni dell'assessore Lessio – ove comprovate – dimostrerebbero una condotta impropria e familistica nella gestione della città da parte di alcuni esponenti della maggioranza gettando un'ombra sull'intera amministrazione cittadina;

   le parole dell'amministratore hanno destato l'indignazione generale della comunità cittadina che ha subito denunciato il proprio sdegno anche tramite i social network;

   non risulta agli interroganti che il sindaco abbia ancora posto in essere le doverose attività di verifica di quanto dichiarato dal suo ex assessore circa le minacce ricevute;

   considerato che si riscontrano evidenti violazioni del decreto legislativo n. 267 del 2000, a parere degli interroganti, a fronte della situazione appena descritta, la mancata attivazione dell'amministrazione in presenza di quanto dichiarato dall'assessore Lessio, si potrebbe tradurre in un caso di inadempienza da parte del comune di Latina –:

   quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro intenda porre in essere con riguardo all'amministrazione comunale di Latina, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 141 del TUEL.
(4-06171)

  Risposta. — In relazione alla vicenda segnalata dall'interrogante con l'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
  La prefettura di Latina, interessata in merito a quanto evidenziato nell'interrogazione ha riferito di una intervista resa sul giornale locale «
Il Caffè» dall'ex assessore comunale all'ambiente del comune del capoluogo.
  In particolare, con le dichiarazioni rilasciate l'assessore confermava di essersi dimesso per motivi personali, evidenziando altresì alcuni episodi che si sarebbero verificati nel corso del suo mandato e che lui stesso stigmatizzava come inopportuni, almeno sotto il profilo politico.
  Sulla vicenda, in particolare sul contenuto delle dichiarazioni rese dall'ex assessore, la questura di Latina ha provveduto ad informare la procura della Repubblica di Latina,
  Quanto alla misura dissolutoria prevista dall'articolo 141 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel), su un piano generale va rilevato che l'intervento statale è limitato a fattispecie tipiche, tassativamente indicate dalla legge, la cui concretizzazione legittima l'adozione dell'atto stesso.
  Più in dettaglio, relativamente all'eventuale applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera
a) del citato Testo unico è necessario che si riscontrino violazioni di legge qualificate per gravità e persistenza ovvero gravi motivi di ordine pubblico: ciò in quanto il previsto intervento straordinario incide in via definitiva sull'autonomia dell'ente e su organi democraticamente eletti.
  In particolare, può essere definita grave una violazione che si riflette direttamente sulle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini, ovvero che compromette la funzionalità dell'ente locale, ovvero la funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici.

  Come evidenziato anche dalla giurisprudenza, si tratta di una norma di chiusura del sistema, finalizzata a sanzionare comportamenti dell'amministratore pubblico che esprimono un rifiuto della condivisione dei principi posti dalla Costituzione come capisaldi dell'attività amministrativa.
  Su tali basi, la condotta sanzionata può essere rappresentata anche da una serie di comportamenti che esprimono detto rifiuto, attraverso i quali l'ente locale manifesta apertamente la volontà di disattendere talune norme o princìpi fondamentali che regolano l'ordinamento repubblicano, previsti da norme costituzionali,
  Quanto alla persistenza della violazione, è necessario che l'inadempimento permanga anche dopo espressa diffida inoltrata dall'autorità governativa, che si configura quale strumento ordinario di accertamento della violazione e al tempo stesso quale atto introduttivo dello specifico procedimento,

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la risposta del Governo all'interrogazione n. 4-05986 in materia dei riverberi attuativi del regolamento (CE)883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – ai sensi del quale il cittadino che esercita un'attività subordinata in uno Stato membro è da considerarsi soggetto alla legislazione in materia di sicurezza sociale di tale Stato, superando quanto previsto dalla previgente normativa europea che prevedeva per il lavoratore il diritto di optare per il sistema di sicurezza sociale maggiormente vantaggioso – ha ribadito che il Governo intende «continuare a fornire a tutto il personale della rete estera il massimo sostegno possibile», non chiarendo le modalità o quanto meno le prospettive attraverso cui verrebbe attuato siffatto sostegno;

   nello specifico si intende evidenziare che dal 1° maggio 2020, l'entrata in vigore dell'articolo 11 del regolamento citato ha attuato una sorta di reformatio in peius per gli impiegati a contratto di nazionalità italiana del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in ragione del passaggio coatto dal sistema previdenziale retributivo italiano, per il quale gli impiegati a contratto avevano optato, a quello del Paese di residenza: la spettanza pensionistica è decurtata in media di 700 euro mensili e relativamente ai contributi previdenziali locali maggiori rispetto a quelli versati all'Inps, la retribuzione si contrae mensilmente tra i 380 e i 580 euro;

   riguardo al trattamento pensionistico il Governo ha evidenziato che «con l'iscrizione ai sistemi di previdenza locale, il personale a contratto completa il raggiungimento dei requisiti per il collocamento a riposo, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge e mediante l'istituto della totalizzazione dei contributi» legittimando il rischio di «limbo previdenziale», a cui l'interrogante faceva menzione nella pregressa interrogazione, poiché attraverso il coatto transito al sistema locale sono applicati inevitabilmente i dettami della normativa locale, con stravolgimento dei diritti acquisiti e grave danno dei diritti maturati e della legittima aspettativa in capo ai lavoratori;

   nella medesima risposta si evidenzia che «in conseguenza all'applicazione del Regolamento, le eventuali perdite nette di capacità di acquisto (...) potranno essere corrette attraverso i meccanismi di revisione stipendiali previsti dall'articolo 157 del DPR 18/67», inquadrando tale aggiustamento come «probabilità» e non come inderogabile dovere amministrativo, rimandando tali correttivi alla disponibilità delle risorse del relativo capitolo del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale notoriamente incapiente, senza adeguata precisazione circa il necessario incremento delle risorse;

   inoltre – diversamente da quanto evidenziato nella citata risposta, posto che la cosiddetta deroga diretta di cui all'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (CE)883 riguarda il dipendente pubblico inteso come «persona considerata tale o ad essa assimilata dallo Stato membro al quale appartiene l'amministrazione da cui essa dipende» così come chiaramente specificato dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento medesimo – tale scenario legislativo legittima la discrezionalità in capo all'Amministrazione di individuare la categoria rientrante nella fattispecie in deroga –:

   come si intendano tutelare i diritti previdenziali acquisiti dagli impiegati di nazionalità italiana prossimi al collocamento a riposo, scongiurando che tali diritti vengano stravolti dal passaggio al sistema locale;

   quali siano le ragioni ostative all'assimilazione dello status degli impiegati a contratto di nazionalità italiana allo status di pubblico dipendente, di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 883/2004, almeno per quanto attiene alla disciplina previdenziale, in ragione della specificità contrattuale dei dipendenti del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   quale sia l'ammontare delle risorse da autorizzare, nel prossimo disegno di legge di bilancio, per la revisione stipendiale di cui alla risposta del Governo citata in premessa, in ragione dell'incapienza del pertinente capitolo.
(4-07326)

  Risposta. — In premessa, ritengo utile sottolineare che il regolamento n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale è normativa di diretta e obbligatoria applicazione, salvo deroghe consentite dall'articolo 16 del regolamento stesso. Queste deroghe sono state negoziate con tutti i Paesi coinvolti, mentre soltanto tre di essi, nella loro sovranità e malgrado le richieste formali presentate dall'Italia, anche attraverso un intervento diretto del Ministro del lavoro e politiche sociali, autorità competente per l'attuazione del regolamento, hanno ritenuto di concedere questa deroga solo parzialmente, non includendo un totale di 29 impiegati in servizio, segnatamente in Belgio (19), Danimarca (4) e Paesi Bassi (6).
  Rispetto al primo quesito posto dall'interrogante, mi preme ribadire che la tutela dei diritti previdenziali acquisiti è data dalla legge, nonché dall'articolo 52 dello stesso regolamento 883/2004, che prevede l'istituto della totalizzazione: gli anni di contribuzione acquisiti in Italia sino al 30 aprile 2020 danno diritto ad un assegno pensionistico da parte di Inps, in proporzione ai contributi versati in Italia (cosiddetto assegno pro-rata). Gli anni di contribuzione che saranno maturati presso l'ente previdenziale locale, al quale i dipendenti sono iscritti dal primo maggio 2020, daranno diritto ad un assegno pro-rata locale, in proporzione ai contributi che saranno versati in loco. Il raggiungimento dei requisiti per poter accedere all'assegno pro-rata italiano terrà conto figurativamente degli anni di contribuzione che saranno maturati presso il Paese estero e viceversa.
  Sulle ragioni ostative all'assimilazione del personale a contratto allo
status di pubblico dipendente, segnalo che queste derivano dall'ordinamento giuridico dello Stato membro di appartenenza. L'articolo 11, comma 3, lettera b) del regolamento 883/2004 stabilisce infatti che il «pubblico dipendente» è soggetto alla legislazione previdenziale dello Stato membro al quale appartiene l'amministrazione da cui egli dipende. Come riportato dall'interrogante, l'articolo 1, comma 1, lettera d) del regolamento definisce «pubblico dipendente» la persona considerata tale o ad essa assimilata dallo Stato membro al quale appartiene l'amministrazione da cui essa dipende. L'ordinamento giuridico dello Stato italiano non prevede né che gli impiegati a contratto rientrino nella categoria dei dipendenti pubblici, né che possano essere ad essi assimilati. Anche la giurisprudenza del più alto livello è costante nel negare tale possibilità. La giurisprudenza civile, di legittimità e di merito, e la massima giurisprudenza amministrativa sono infatti unanimi nel confermare la netta distinzione, la non equiparabilità e l'eterogeneità, sotto il profilo giuridico – ancor prima che economico – dei dipendenti a contratto rispetto al personale di ruolo della pubblica amministrazione e al pubblico impiego privatizzato. Lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, autorità competente per l'attuazione del regolamento n. 883/2004, d'intesa con Inps, ritiene da sempre, confermandolo anche di recente, che ogni decisione di assimilazione sarebbe contra legem e che non si possa ricorrere all'articolo 11, comma 3, lettera b) per superare i limiti di deroga delineati dalla controparte estera nella sua sovranità ai sensi dell'articolo 16.
  Nel merito delle risorse necessarie per consentire la revisione stipendiale, questa Amministrazione ha già disposto nel 2020 adeguamenti retributivi nei Paesi Bassi e in Danimarca, ricorrendo alle risorse già stanziate dalla legge di bilancio dello scorso anno. In Belgio, invece, nel 2020 non è stato possibile disporre un aumento retributivo in assenza dei dati richiesti dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967. Laddove i dati che l'Ambasciata raccoglierà rispettino i parametri di legge, l'Amministrazione potrà intervenire avvalendosi delle risorse già stanziate per il 2021 dalla scorsa legge di bilancio. Gli aumenti stipendiali disposti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, pur in assenza di un obbligo giuridico in tal senso, sono volti a sterilizzare la contrazione mensile della retribuzione, accertata dall'Amministrazione.
  Infine, per quanto riguarda la citata decurtazione media dell'assegno pensionistico mensile, il dato non è accertabile dalla Farnesina in quanto dipende dalla carriera previdenziale del singolo interessato, verificabile per ciascun paese tramite patronato o Inps. Inoltre, l'Amministrazione non dispone di ulteriori meccanismi correttivi in aggiunta a quanto previsto dall'istituto della totalizzazione, di cui al già citato articolo 52 del regolamento.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   FOTI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   risulta incomprensibile, oltre che inaccettabile, il fatto che la società Rfi proceda a chiudere per lavori, nei prossimi mesi estivi, la ferrovia Porrettana nel tratto Pistoia-Porretta, in concomitanza proprio con l'avvenuta interruzione della strada Statale a causa di una recente frana nella frazione di Pavana, principale arteria di collegamento tra il pistoiese e l'Alto Reno;

   il tessuto economico dei due territori interessati (l'Alta Valle del Reno nel bolognese, da una parte, ed il comune di Sambuca Pistoiese, dall'altro) ha già subito ingenti danni in tutti questi mesi di chiusura forzata della strada Porrettana (le associazioni di categoria denunciano un vertiginoso calo delle entrate per le attività commerciali), e l'annunciata sospensione anche del collegamento ferroviario tra i due territori non farebbe altro che determinare la definitiva emarginazione degli stessi;

   l'Anas, pur con deplorevole ritardo, sta procedendo all'esecuzione dei lavori per la sistemazione della sede stradale, che tuttavia non vedranno un parziale ripristino della viabilità se non dopo l'estate. È quindi necessario che a fronte di questo eccezionale evento la società Rfi riveda la propria programmazione dei lavori di manutenzione alla ferrovia, affinché gli uni non si sommino agli altri, privando così di fatto i suddetti territori dell'unico collegamento oggi percorribile;

   le attività economiche negli Appennini, così come il tessuto dei territori periferici in generale, possono sopravvivere solamente se le istituzioni sono in grado di garantire quantomeno le condizioni minime di vivibilità, a partire proprio dalle infrastrutture di collegamento, attese le quotidiane necessità di mobilità di cittadini, aziende, lavoratori, turisti –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché l'Anas proceda all'esecuzione dei summenzionati lavori nel più breve tempo possibile (quantomeno con l'introduzione del senso unico alternato) e la società Rfi rinvii la manutenzione della tratta Pistoia-Porretta a quando la viabilità stradale sarà definitivamente ripristinata.
(4-07556)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni della società ANAS e del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  I lavori di ripristino del corpo stradale franato al chilometro 30+200 della strada statale 64 Porrettana, per un investimento di 3,8 milioni di euro, sono stati avviati dalla società ANAS nell'ambito del Piano danni e urgenze 2018.
  A partire dal mese di dicembre 2019, si sono verificati alcuni rallentamenti dovuti dapprima alle avverse condizioni meteorologiche che hanno ripetutamente interessato l'area e successivamente alle misure di contenimento della diffusione del virus COVID-19.
  Nel mese di aprile 2020, l'impresa esecutrice ha presentato una proposta migliorativa, con variazione di alcune opere strutturali utili alla ricostruzione del corpo stradale, senza ulteriori limitazioni alla circolazione c senza aumento dei tempi contrattuali.
  Tale proposta è stata approvata dai competenti uffici dell'ANAS e la conclusione dei lavori è prevista entro la fine del corrente anno.
  Per quanto attiene agli interventi di manutenzione sulla linea ferroviaria Porretta-Pistoia, che hanno interessato tale tratto ferroviario a partire dal 13 luglio 2019 e non differibili stante l'esigenza di garantire il mantenimento dei necessari
standard di sicurezza, Trenitalia ha attivato il servizio sostitutivo con bus fino al successivo 10 agosto 2019, giorno in cui sono terminati detti lavori.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 27 marzo 2018 si teneva un incontro tra i rappresentanti dell'amministrazione provinciale di Piacenza e quelli di Autovia Padana spa, nuova società concessionaria dell'Autostrada A21 Piacenza-Cremona-Brescia, che dal 1° marzo 2018 era subentrata alla precedente concessionaria Autostrade Centro Padane spa;

   giusta la convenzione in essere con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, veniva posta a carico di Autovia Padana Spa la completa realizzazione della variante su nuova sede alla Strada provinciale 6 di Carpaneto Piacentino, nel tratto tra la località Crocetta (comune di Podenzano) e l'abitato di Pozzo Pagano (comune di San Giorgio Piacentino), comprendente, come opera principale, il nuovo ponte sul torrente Nure;

   al termine dei lavori, e ad avvenuta approvazione del relativo collaudo, veniva previsto che il nuovo tratto stradale sarebbe stato di competenza della amministrazione provinciale di Piacenza, mentre quello attuale sarebbe stato trasferito, pro quota, ai due comuni territorialmente competenti;

   veniva prevista l'apertura per stralci degli interventi funzionali di volta in volta realizzati, previo collaudo degli stessi da parte del Ministero delle infrastrutture, così da consentirne l'utilizzo in tempi più brevi di quelli che avrebbe determinato la realizzazione di un unico collaudo dell'opera, tenendo conto degli innumerevoli anni di attesa che ne hanno caratterizzato prima l'avvio e, quindi, l'auspicata conclusione –:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere presso gli uffici competenti del Ministero affinché gli stessi, per quanto di competenza, provvedano ad assumere gli atti necessari, ivi compresi i parziali collaudi delle opere, così da consentire l'utilizzazione dei tratti funzionali dell'opera ad oggi già ultimati.
(4-07557)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La società Autovia Padana è concessionaria per la gestione del collegamento autostradale Piacenza-Cremona-Brescia, ai sensi dell'atto convenzionale sottoscritto in data 31 maggio 2017, divenuto efficace con decreto interministeriale MIT/MEF n. 453 del 5 ottobre 2017.
  Nell'oggetto della convenzione è ricompreso il completamento della variante alla strada provinciale 6 di Carpaneto Piacentino, che si estende dalla località Crocetta al comune di San Giorgio Piacentino.
  I lavori e le relative attività di collaudo si sono conclusi e il 25 settembre 2020 la nuova tangenziale di Carpaneto è stata aperta al traffico.

La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento di polizia stradale di Seregno, istituito 40 anni fa, è l'ultimo presidio della polizia di Stato a nord della provincia di Monza e Brianza;

   il distaccamento garantisce servizi continuativi (24 ore) di vigilanza sulla principale arteria stradale che da Milano raggiunge la Valtellina, la strada statale 36 da Milano a Lecco, oltre a svolgere compiti di vigilanza anche sulla strada che percorre orizzontalmente la provincia, la strada provinciale 527 da Monza fino a Saronno;

   l'Ufficio, nonostante un organico che conta poco meno di 30 operatori, offre servizi diretti al cittadino, quali le ricezioni di denunce, ed è anche impegnato in attività di polizia giudiziaria;

   il decreto di chiusura del presidio di polizia stradale di Seregno, datato 25 gennaio 2019 a seguito dell'apertura della questura di Monza, era stato «congelato» dal Governo allora in carica in attesa di un successivo approfondimento;

   il 30 gennaio 2019 fu rimosso uno degli ostacoli che avrebbero causato la chiusura del presidio di polizia stradale di Seregno, ovvero il prezzo del canone di affitto dell'immobile. Infatti quel giorno, durante un incontro tra la segreteria provinciale del Sap di Milano e il sindaco di Seregno, Alberto Rossi, quest'ultimo si è detto disponibile a rimuovere il canone di locazione, purché la polizia stradale continui a svolgere il suo servizio a tutela del territorio;

   anche il sindaco ha pubblicamente affermato che ritiene «il mantenimento del presidio un aspetto di fondamentale interesse per la nostra comunità. La sede di Polizia Stradale è sempre stata vista come un punto di riferimento ed un servizio prezioso in città, anche – ma certo non solo – per un tema di sicurezza percepita, e i nostri concittadini hanno molto a cuore la possibilità di mantenimento della sede»;

   in data 21 novembre 2019 il Ministero dell'interno ha annunciato l'intenzione di dare attuazione al decreto di soppressione del distaccamento di polizia stradale di Seregno –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per rivedere quanto previsto dal decreto di cui sopra, vista la necessità del territorio a nord di Monza di avere un presidio di sicurezza e considerato che più volte l'amministrazione cittadina ha dimostrato la disponibilità di addivenire a una soluzione economica che consenta il mantenimento del distaccamento senza gravosi oneri per lo Stato.
(4-04174)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto si comunica quanto segue.
  L'articolo 2 del decreto del Capo della Polizia del 25 gennaio 2019 – concernente l'organizzazione degli uffici periferici dell'amministrazione della pubblica sicurezza nella provincia di Monza e della Brianza – ha disposto la soppressione del distaccamento della Polizia stradale di Seregno e l'istituzione della sezione della Polizia Stradale di Monza e Brianza.
  Con il citato decreto, che ha tra l'altro delineato le dotazioni organiche della nuova sezione e ha disposto le conseguenti assegnazioni, è stato stabilito che l'istituenda sezione della Polizia stradale si sarebbe avvalsa del personale già in servizio presso il soppresso distaccamento di Seregno.
  Dopo la chiusura di quest'ultimo, i servizi continuativi di vigilanza stradale sulla S.S. 36, già assicurati nell'arco delle 24 ore mediante l'impiego di pattuglie dalle sezioni Polizia stradale di Milano, Lecco e Sondrio, sono stati effettuati anche dalle pattuglie della sezione di Monza-Brianza. Pertanto, sotto il profilo della vigilanza stradale e del presidio del territorio non si sono registrate carenze.
  Infatti, la sezione Polizia stradale di Monza-Brianza, con un organico effettivo di 29 unità è in grado di garantire mediamente la presenza di due pattuglie al giorno sulla predetta arteria, mantenendo inalterati i livelli di servizio realizzati in precedenza dal distaccamento di Seregno.
  È già stato programmato un ulteriore incremento di personale in occasione delle prossime assegnazioni.
  Con riguardo al comune di Seregno, il sindaco ha comunicato al Dipartimento della pubblica sicurezza di voler avviare il percorso per attivare un presidio di Polizia ferroviaria, richiesta che sarà oggetto di preliminare valutazione da parte dell'Autorità provinciale di pubblica sicurezza.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   GAVA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa, a seguito di alcuni controlli della prefettura di Pordenone sarebbe emerso che oltre cento stranieri avrebbero continuato per mesi a percepire l'assegno sociale e ad alloggiare presso i centri di accoglienza, nonostante gli stessi svolgessero attività lavorativa con stipendi fino a 1.500 euro mensili;

   come è noto l'assegno sociale è una prestazione economica che viene erogata dall'Inps anche in favore di stranieri, titolari dello status di rifugiato e di protezione internazionale, in presenza di precisi requisiti anagrafici, e reddituali, ed in particolare qualora si trovino in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla legge;

   invece, secondo quanto riportato anche dalla stampa, in provincia di Pordenone diversi stranieri, prevalentemente afghani, pakistani oppure originari dell'Africa sub-sahariana, titolari di protezione o richiedenti asilo, non avevano mai dichiarato alla prefettura di aver trovato un lavoro e anche dopo aver trovato un impiego, oltre a percepire l'assegno sociale, hanno continuato a beneficiare della permanenza nel circuito dell'accoglienza, che oltre al vitto garantisce anche l'alloggio gratuito;

   quanto sopra riportato è di assoluta gravità sia perché per mesi ha generato uno sperpero di denaro pubblico non giustificato, sia perché la vicenda è emersa solo in seguito all'intensificazione dei controlli da parte della prefettura di Pordenone sulle mancate dichiarazioni legate all'avvio dell'attività lavorativa dei migranti, potendo dunque ipotizzarsi l'esistenza di casi analoghi in altre provincie e, in generale, su tutto il territorio nazionale;

   si apprende dalla stampa che i richiedenti asilo che percepivano illegittimamente il doppio compenso sono stati espulsi dal sistema dell'accoglienza, ma continueranno il loro percorso giuridico sino al riconoscimento (o meno) dello status di rifugiato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare sia relativamente all'esito delle verifiche effettuate dalla prefettura di Pordenone sia per garantire gli opportuni controlli su tutto il territorio nazionale, al fine di escludere il verificarsi di casi analoghi in altre provincie.
(4-06960)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante pone all'attenzione del Ministero dell'interno quanto riportato da un articolo di stampa apparso sulla pagina locale de
Il Gazzettino il 28 settembre 2020 , dal quale risulterebbe avvenuta, in assenza dei requisiti previsti dalla legge, l'erogazione di assegni sociali a cittadini stranieri titolari di protezione internazionale o richiedenti asilo; questi avrebbero così indebitamente percepito un «doppio compenso», poiché esercenti attività lavorativa e, pertanto, muniti di proprio reddito.
  Sulla vicenda sono stati acquisiti elementi informativi dalla prefettura di Pordenone. Preliminarmente si fa presente che il presunto «compenso», illegittimamente erogato, è stato definito «assegno sociale»; invero, per quel che concerne le misure di assistenza degli stranieri richiedenti protezione internazionale, la relativa normativa non prevede la corresponsione di alcun sussidio economico nella forma del cosiddetto «assegno sociale» che è regolato da diversa normazione e ha come destinatari altra tipologia di soggetti; ovvero sia cittadini italiani che stranieri, titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo e legalmente residenti per almeno 10 anni, i quali versino in condizione di indigenza, ma non i richiedenti protezione internazionale. Per questi ultimi, e solo ove non dispongano di mezzi propri di autosussistenza, è previsto, per il periodo intercorrente dalla presentazione dell'istanza di protezione internazionale, fino alla definizione della rispettiva posizione, valutata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento dello
status di rifugiato, l'inserimento nel sistema di accoglienza a carico dello Stato.
  La modalità di accesso al sistema anzidetto è disciplinata, in particolare, dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 142 del 2015 il quale prevede che la richiesta di accesso all'accoglienza per sé e per i propri familiari sia accompagnata da apposita dichiarazione di insussistenza di sufficienti mezzi di sostentamento.
  La valutazione, in ordine all'insufficienza di questi mezzi, è effettuata dalla prefettura territorialmente competente con riferimento all'importo annuo dell'assegno sociale e, nello specifico, la condizione di indigenza si configura quando il richiedente asilo disponga di un reddito inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale.
  La provincia di Pordenone è stata interessata negli ultimi anni da un importante flusso di stranieri richiedenti protezione internazionale che, in ragione dello stato di indigenza dichiarato, sono stati accolti nei centri di accoglienza allestiti in tutto il territorio provinciale.
  La predetta accoglienza si sostanzia nella fornitura di vitto e alloggio, oltre che in una serie di altri interventi finalizzati all'integrazione. Al cittadino straniero viene inoltre corrisposto direttamente e unicamente, il cosiddetto
pocket-money, pari a euro 2,50 per ogni giorno di accoglienza fruito.
  In merito all'attività di controllo sulle misure di accoglienza, si evidenzia che, nel triennio 2018-2020, la prefettura di Pordenone ha particolarmente intensificato l'attività ispettiva nei centri di accoglienza, anche con il contributo del locale comando provinciale della Guardia di finanza. Ciò al fine di verificare la corretta e regolare rilevazione delle presenze, la qualità dei servizi erogati dagli Enti gestori in conformità a quanto previsto nelle Convenzioni sottoscritte nonché la permanenza, in capo ai richiedenti asilo, dei requisiti di indigenza necessari per poter continuare ad usufruire delle misure di assistenza previste.
  Ciò in considerazione dei fatto che alcuni dei migranti in questione sono risultati percettori di reddito perché impiegati in attività lavorative regolarmente denunciate. Le attività ispettive hanno, quindi, consentito di accertare che la maggioranza degli stranieri accolti erano percettori di reddito ma quest'ultimo è risultato inferiore rispetto all'importo annuo dell'assegno sociale, ossia a quella misura che, secondo un criterio di «calcolo prognostico», è inferiore all'importo limite previsto dalla legge sotto il quale si è considerati indigenti.
  Detti migranti, pertanto, potranno continuare a beneficiare legittimamente: delle misure predisposte dal sistema di accoglienza con esclusione, in tali casi, solamente del cosiddetto
pocket money.
  Avuto riguardo, invece, ai casi di reddito superiore al limite previsto dalla legge per l'assegno sociale annuo, risultati in tutto pari a 59 unità, per le annualità 2018, 2019 e 2020, essendo venuto meno il requisito dell'indigenza, è stata immediatamente disposta la revoca delle misure di accoglienza.
  La prefettura di Pordenone ha poi provveduto ad inoltrare, per i profili di rispettiva competenza, apposita segnalazione alla locale Procura della Repubblica, nonché alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti oltre che a sanzionare gli enti gestori che hanno omesso di «comunicare immediatamente ogni circostanza suscettibile di comportare la perdita dei diritto all'accoglienza» così come previsto dagli obblighi contrattuali previsti dalle convenzioni sottoscritte tra la Prefettura e i gestori delle strutture situate nella provincia.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   GERMANÀ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   permane lo stato di sequestro dei due pescherecci siciliani, l'Antartide e la Medinea di Mazara del Vallo con a bordo 18 lavoratori avvenuto il 2 settembre 2020 a 45 miglia dalle coste libiche;

   l'accusa è la violazione delle acque libiche durante una battuta di pesca, ma la realtà trasforma il fermo in un ricatto;

   sembra che Haftar chieda che quattro libici arrestati nel 2015 a Catania, processati in Corte di assise e in Cassazione, condannati a 30 anni come trafficanti di migranti e assassini, rientrino in Libia in cambio dei diciotto pescatori;

   per gli «amici» libici invece quei quattro sono soltanto calciatori che viaggiavano insieme alle vittime diretti in Germania;

   il 12 marzo 2019 Federpesca, nel tentativo di regolamentare in sicurezza l'attività dei pescherecci di fronte alle coste libiche, aveva firmato con la Libyan investment authority di Bengasi un accordo per consentire a un numero di pescherecci italiani, di stanza a Mazara del Vallo, di operare in acque libiche. L'accordo è un semplice contratto di concessione tra un'autorità pubblica e un privato;

   la Libyan investment authority di Bengasi si trova sotto l'autorità del Governo di Tobruk, che fa capo al generale Khalifa Haftar;

   l'accordo di pesca, ovviamente a titolo oneroso, è diventato esecutivo il 15 luglio 2019, ma nei giorni scorsi ne è stata sospesa l'operatività;

   la Libia da tempo considera il Golfo della Sirte come baia storica, rivendicandone la completa sovranità. Pretesa contestata non solo dagli Stati Uniti, ma anche dall'Italia e dagli altri Paesi membri dell'Unione europea;

   nel 2009, la Libia aveva proclamato una zona economica esclusiva (Zee), che consente allo Stato costiero l'esclusivo sfruttamento delle risorse naturali, incluse quelle ittiche. L'estensione della zona non è delimitata, rinviando la legge istitutiva al diritto consuetudinario e a eventuali accordi con Stati adiacenti e frontisti. Poiché in linea di principio la Zee ha un'estensione di 200 miglia, si dovrà provvedere con un accordo di delimitazione con l'Italia;

   la Libia non ha mai ratificato la Convenzione delle Nazioni unite sui diritto del mare, e quindi fa riferimento solo al diritto consuetudinario;

   la pesca in acque incluse nella zona di pesca/Zee libica sarebbe illegittima, tranne che vi sia il consenso dello Stato costiero;

   i pescatori siciliani possono rivendicare titoli storici, per il fatto che da tempo immemore hanno gettato le reti in acque ora divenute parte della zona di pesca/Zee libica;

   sarebbe opportuna la stipulazione di un trattato nelle dovute forme invece di un accordo privatistico, ma la delimitazione dei confini marittimi è materia degli Stati membri dell'Unione europea, e la stipulazione di accordi di pesca ricade sotto la competenza dell'Unione. Proprio l'anno scorso era stata presentata una mozione al Parlamento europeo per l'adozione di una risoluzione volta a chiedere la conclusione di un siffatto accordo, che dovrebbe riconoscere i diritti storici dei pescatori siciliani;

   per il resto, e in attesa di una pacificazione generale, si potrebbe procedere con iniziative di carattere «privatistico» con chi controlla effettivamente il territorio –:

   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare per porre fine alle ripetute aggressioni ai pescatori italiani, riportando a casa gli ultimi ostaggi;

   se non ritengano di avviare un'azione concordata a livello di Unione europea per armonizzare gli accordi sui confini marittimi tra i Paesi del Mediterraneo per giungere ad un vero piano di sviluppo condiviso per la pesca, volto al superamento anche del contenzioso relativo alle zone esclusive di pesca istituite da diversi Paesi rivieraschi per permettere a tutti i pescherecci europei di operare legalmente e in sicurezza.
(4-06836)

  Risposta. — Il Governo sta seguendo con la massima attenzione, tramite tutte le sue articolazioni, la vicenda che vede coinvolti gli equipaggi dei due pescherecci Antartide e Medinea, fermati nella notte tra il primo e il 2 settembre 2020 da parte dell'autoproclamato governo dell'Est del Paese. Gli otto cittadini italiani e un doppio cittadino italo-tunisino e tutti gli altri marittimi fermati stanno bene, non condividono gli spazi in cui si trovano con persone che possano mettere a rischio la loro incolumità e, tramite l'Ambasciata d'Italia a Tripoli, ricevono l'assistenza e i medicinali di cui necessitano.
  L'intervento libico sembra sia scaturito dalla presunta violazione dell'autoproclamata zona di pesca protetta. Il tratto di mare in cui è avvenuto il sequestro dei pescherecci sarebbe infatti considerato zona militare dalla parte est-libica.
  Al di là della situazione di grave instabilità interna che caratterizza lo scenario libico e delle valutazioni di profilo giuridico-internazionale, nel maggio 2019 il Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist) ha dichiarato l'area della zona di protezione di pesca libica ad «alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologie. Analogo messaggio viene riportato sul sito istituzionale della Farnesina «Viaggiare Sicuri». A più riprese il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Comando generale della Guardia costiera e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali hanno raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. In ottemperanza alle decisioni del Cocist, le unità della Marina militare in navigazione nell'area invitano le unità di pesca italiane localizzate in quella zona a lasciarla.
  Riteniamo inaccettabile lo stato di fermo per qualcuno che viola una zona autoproclamata, soprattutto considerando che ad emetterlo è un'entità che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo. Ciò non toglie che quella rimane una zona a rischio. Quanto accaduto pone con rinnovata evidenza il tema della progressiva territorializzazione del Mediterraneo. Negli ultimi anni, un numero crescente di Stati ha proclamato proprie zone marittime per esercitare diritti di sovranità esclusivi. Con alcuni di questi, come Algeria e Grecia, abbiamo concluso accordi. È ovviamente impossibile, in questa fase, prevedere accordi analoghi con una Libia contesa tra più fazioni in conflitto tra loro. I nostri sforzi ora sono concentrati sul riportare a casa i pescatori, ma certamente occorre lavorare, e il Governo lo sta facendo, anche per creare le condizioni che evitino il ripetersi di episodi così dolorosi per la nostra marineria.
  In merito alla possibilità di avviare un'azione concordata a livello europeo volta a superare il contenzioso relativo alle zone esclusive di pesca istituite dai Paesi del Mediterraneo e permettere ai marittimi di operare in sicurezza, occorre premettere che l'Unione Europea non è competente a concludere accordi di delimitazione delle acque in connessione con lo sfruttamento delle risorse ittiche. Questo genere di accordi competono infatti in via esclusiva ai singoli Stati membri. In linea generale, la gestione delle risorse biologiche del Mediterraneo è già definita a livello multilaterale nell'ambito della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo della Fao. La Commissione ha la funzione di promuovere, su un piano di parità tra tutti gli Stati rivieraschi, la conservazione e l'uso sostenibile delle risorse e lo sviluppo dell'acquacoltura. A tutela delle risorse ittiche nelle acque circostanti le coste italiane, e a maggiore garanzia degli interessi del settore nazionale della pesca, da alcuni anni l'Italia ha avviato una politica volta a concludere accordi bilaterali con i Paesi confinanti del Mediterraneo per delimitare le rispettive aree marittime di interesse esclusivo.
  Adesso, come ha sottolineato il Ministro Di Maio nel
question time al Senato del 15 ottobre 2020, occorre anzitutto stringersi intorno ai connazionali trattenuti a Bengasi, evitando speculazioni politiche e perseguendo insieme l'unico obiettivo che conta: restituirli al più presto all'affetto dei loro cari. Il Ministro Di Maio si è subito attivato con i partner internazionali, in particolare quelli (come Russia ed Emirati Arabi Uniti) che intrattengono rapporti specifici con Bengasi. Questa azione parallela potrà corroborare gli sforzi che il Governo svolge a tutto campo con i libici. Per raggiungere l'obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   INCERTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da più di 3 anni la signora Maria Alessandra S. cittadina italiana di 31 anni, residente in Novellara (Reggio Emilia), vive una condizione di ingiustizia e sofferenza per la sottrazione del figlio Leonardo da parte del padre cittadino tedesco di anni 43, attualmente domiciliato in Urla (Smirne, Turchia);

   dopo la nascita di Leonardo nel 2016, a Firenze, e il conseguente trasferimento nel comune di Regello (FI), il nucleo familiare ha vissuto in una condizione di totale isolamento e di crescente difficoltà economica;

   il padre non lavora, costringe madre e figlio a una conduzione di vita precaria, senza relazioni e rifiutando qualsiasi tipo di aiuto;

   aumentano i litigi per l'affidamento del figlio;

   nel 2017 la signora Maria Alessandra S. si rivolge ad un legale per avviare la separazione;

   dalla scelta scaturiscono maltrattamenti (documentati) e minacce, in particolare quella di sottrarre alla madre il figlio per portarlo in Turchia;

   dopo un faticoso accordo tra legali, il padre del bambino si sottrae ripetutamente agli obblighi e alle regole di affidamento pattuite;

   si aggravano episodi di violenza nei confronti della signora Maria Alessandra S. e del figlio (documentati da verbali di Pronto Soccorso) a cui segue denuncia;

   solo all'inizio del 2020, il 27 gennaio con un decreto, il tribunale di Firenze decreta il collocamento di Leonardo presso la madre, con affidamento condiviso anche se, come indicato nella stessa istruttoria giudiziaria «la conflittualità tra genitori è tutt'ora molto alta»;

   il decreto arriva ufficialmente solo il 6 febbraio 2020 quando nel frattempo il padre del bambino ha portato il figlio in Turchia, in una fuga organizzata da tempo;

   ogni azione per poter rintracciare Leonardo e riportarlo in Italia ha comportato atti, procedure, contatti con ambasciate, indagini investigative;

   saputo il luogo di residenza del figlio in Turchia e precisamente ad Urla, l'avvento della pandemia da Covid-19 le impedisce di raggiungerlo;

   finita l'emergenza la signora Maria Alessandra S. organizza con i legali il viaggio. Riabbraccia il figlio il 16 luglio 2020 e la mattina stessa verrà richiesta, e adottata dal giudice che si occupa del rimpatrio, una misura cautelare che le consente di stare con il figlio;

   dal rientro è in attesa del rimpatrio di Leonardo –:

   se sia a conoscenza della vicenda della signora Maria Alessandra S. e se si intendano intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per garantire alla suddetta signora Maria Alessandra S. il rispetto di un decreto ufficiale che affida alla medesima il figlio Leonardo, ottemperando altresì alla Convenzione dell'Aja.
(4-06964)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-06964 sulla vicenda della cittadina, italiana Maria Alessandra S. e del figlio Leonardo, sottratto dal padre cittadino tedesco e portato in Turchia.
  La Farnesina segue con la massima attenzione la vicenda insieme all'Ambasciata ad Ankara e al Consolato a Izmir. Urla, dove il minore è stato condotto dal padre, è infatti un quartiere di Izmir.
  La signora Maria Alessandra ha presentato istanza di rimpatrio del minore ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1980, in vigore tra Italia e Turchia. La competenza primaria nell'istruire e seguire le relative procedure spetta al Ministero della giustizia, Autorità centrale ai sensi della Convenzione.
  Ricevuta la segnalazione sulla sottrazione il 6 febbraio 2020, la Farnesina ha tempestivamente fornito ogni utile indicazione al legale della signora Maria Alessandra, mettendolo in contatto diretto con il Ministero della giustizia.
  A pochi giorni dalla sottrazione, il nostro Console a Izmir è riuscito a contattare il padre del bambino e ha esperito un tentativo di mediazione tra le parti. Lo stesso Console ha assistito e sostenuto la connazionale durante la sua permanenza in Turchia a luglio. In quell'occasione, su ordine provvisorio del giudice turco, la signora ha potuto trascorrere alcuni, giorni con il figlio.
  Il Console a Izmir e l'Ambasciata ad Ankara, in stretto contatto con la Farnesina, hanno più volte sensibilizzato le Autorità turche, chiedendo una rapida soluzione nell'interesse superiore del bambino.
  Da ultimo, l'Ambasciata è tornata a sollecitare una conclusione in tempi ragionevolmente rapidi del giudizio di rimpatrio avviato dalla connazionale e al momento pendente innanzi, al Tribunale turco competente. Anche grazie a questi interventi, un ordine di divieto di espatrio dai confini turchi per evitarne la fuga e l'irreperibilità è stato emesso nei confronti del padre del minore, La seduta del Tribunale era in programma il 27 novembre 2020.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, l'Ambasciata ad Ankara e il Consolato a Izmir continueranno a seguire con la massima attenzione il caso, mantenendosi in contatto con la madre, con i suoi legali, italiani e turchi e con l'Autorità centrale presso il Ministero della giustizia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   IOVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   la partecipazione dei giovani è stata uno dei tre temi principali della Campagna europea giovanile per la diversità, i diritti umani e la partecipazione, organizzata dal Consiglio d'Europa, in collaborazione con la Commissione europea e il Forum europeo della gioventù (2006/2007). La Commissione europea ha dato priorità alla lotta contro la radicalizzazione e la marginalizzazione dei giovani e alla promozione dell'inclusione dei giovani nella vita sociale, culturale e civica nell'ambito del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione («ET 2020»), del quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018), del piano di lavoro dell'Unione europea per lo sport (2014-2017) e del piano di lavoro per la cultura (2015-2018). È poi stato elaborato un piano di lavoro dell'Unione europea per la gioventù della durata di 36 mesi per guidare l'azione degli Stati membri e della Commissione nel periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018;

   il Forum in termini di legge è un organismo di partecipazione, riconosciuto dal decreto legislativo n. 267 del 2000 e dalla legge regionale n. 26 dell'8 agosto 2016. I «Forum dei giovani» sono quindi la principale forma istituzionale di partecipazione dei giovani alla vita pubblica dei cittadini e, a livello comunale, sono riconosciuti all'articolo 6 della legge regionale 8 agosto 2016, n. 26, «Costruire il futuro. Nuove politiche per i giovani» (Bollettino ufficiale della regione Campania n. 54 dell'8 agosto 2016);

   in particolare, l'articolo 6, comma 2, stabilisce che i comuni possono istituire il Forum dei giovani, quale organismo consultivo di partecipazione giovanile a carattere totalmente elettivo, composto dai giovani residenti nel territorio comunale e rientranti nella fascia di età di cui all'articolo 2 (giovani di età compresa tra i sedici ed i trentaquattro anni);

   con decreto dirigenziale n. 82 del 10 dicembre 2018 della regione Campania, pubblicato nella sezione Casa di vetro del portale regionale, è stato approvato il «Format procedurale per la realizzazione del Forum comunale dei Giovani». Il documento rappresenta uno strumento per l'omogeneizzazione degli standard per la costituzione e il funzionamento dei forum comunali giovanili, anche ai fini di accedere ai contributi progettuali e al relativo monitoraggio regionale;

   al fine di attivare la partecipazione istituzionale dei giovani la regione promuove lo sviluppo del sistema di forum giovanili dei comuni quali organismi fondamentali nella partecipazione dei giovani alla attività dei comuni e quali organi consultivi in materia di politiche giovanili;

   ad oggi, come emerso recentemente anche su testate giornalistiche locali e nazionali, il comune di Salerno per mancanze politiche non è ancora stato in grado di costituire suddetto Forum. Questo ha comportato, non solo, un danno continuativo nei confronti della partecipazione giovanile al processo democratico territoriale, ma ha impedito in questi giorni alla comunità stessa di partecipare a un bando di finanziamento regionale rivolto proprio ai Forum dei giovani, con il progetto «Giovani in comune» –:

   se il Governo intenda, nel caso specifico, adottare iniziative, per quanto di competenza, per supportare i giovani del comune di Salerno nella loro giusta rivendicazione di un luogo istituzionale di espressione delle loro istanze civiche e di partecipazione democratica, come permesso loro tanto dalla legge europea quanto da quella nazionale e regionale;

   se non ritengano di adottare iniziative affinché il piano nazionale svolga una più chiara funzione di controllo e indirizzo nei confronti delle politiche giovanili anche territoriali, valutando un prossimo confronto con le parti sociali e i soggetti consultivi istituzionali in campo, quale il Consiglio nazionale giovani, per avviare, coinvolgendo le forze parlamentari, un progetto di coordinamento e miglioramento della disciplina specifica.
(4-05852)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di conoscere quali iniziative intenda promuovere il Governo per assicurare che il piano nazionale svolga una più chiara funzione di controllo e indirizzo nei confronti delle politiche giovanili anche territoriali, con specifico riferimento a quanto accaduto nel Comune di Salerno.
  Al riguardo è utile una premessa di carattere generale.
  La partecipazione dei giovani è uno dei pilastri principali della Campagna europea giovanile per la diversità, i diritti umani e la partecipazione, organizzata dal Consiglio d'Europa, in collaborazione con la Commissione europea e il
Forum europeo della gioventù.
  Il
Forum in termini di legge è un organismo di partecipazione, riconosciuto dal decreto legislativo n. 267 del 2000 e dalla legge regionale Campania n. 26 dell'8 agosto 2016. In particolare, l'articolo 6, comma 2, della citata legge regionale n. 26 del 2016, stabilisce che i Comuni possono istituire il Forum dei giovani, quale organismo consultivo di partecipazione giovanile a carattere totalmente elettivo, composto dai giovani residenti nel territorio comunale e rientranti nella fascia di età di cui all'articolo 2 (giovani di età compresa tra i sedici ed i trentaquattro anni).
  Ad oggi risulta che il comune di Salerno non è ancora stato in grado di costituire il suddetto
Forum e ciò, oltre a comportare un danno nei confronti della partecipazione giovanile al processo democratico territoriale, ha impedito alla comunità stessa la partecipazione ad un bando di finanziamento regionale rivolto ai Forum dei giovani, con il progetto «Giovani in comune».
  In relazione a quanto precede, si segnala che la legge 30 dicembre 2004, n. 311 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005»), all'articolo 1, commi 153 e 154, ha istituito un fondo speciale nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali, riservando al Forum nazionale dei giovani una quota pari al 70 per cento del predetto fondo, da destinare al finanziamento dei programmi e dei progetti del
Forum, e ripartendo il restante 30 per cento tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio.
  Sul punto, anche se con sentenza n. 118 del 2006 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del citato comma 153, sul presupposto che l'apposizione di vincoli di destinazione su fondi destinati al riparto «viola l'autonomia finanziaria ed amministrativa delle Regioni, in quanto destina, in modo vincolato, risorse in una materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo n. 117, secondo comma, della Costituzione», tale intervento normativo ha determinato un sostanziale riconoscimento del Forum Nazionale dei Giovani come centro di imputazione di diritti ed interessi rilevanti a livello nazionale.
  Anche il precedente decreto legislativo n. 267 del 2000, citato dall'Onorevole interrogante, rubricato «Testo unico, delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», pur non contenendo riferimenti espliciti al
Forum dei giovani, all'articolo 8 («Partecipazione popolare») con un principio di carattere generale, stabilisce che i comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. Esso stabilisce anche che i rapporti di tali forme associative siano disciplinati dallo statuto.
  In ambito regionale, la legge della regione Campania 8 agosto 2016, n. 26, ha previsto all'articolo n. 6 («Ruolo dei Comuni») che i Comuni possano istituire il
Forum dei giovani, quale organismo consultivo di partecipazione giovanile a carattere totalmente elettivo, composto dai giovani residenti nel territorio comunale e rientranti nella fascia di età compresa tra i sedici e i trentaquattro anni. Inoltre, l'articolo 12 («Forum regionale dei giovani - Forum») della legge in argomento ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio regionale, il Forum regionale dei giovani, quale organismo stabile di riferimento e confronto tra i giovani, la Regione e gli enti locali. Per quel che attiene alle competenze, tale legge stabilisce che il Forum può esprimere pareri sulle materie di cui all'articolo 3, riguardante le azioni e gli interventi della Regione in favore dei giovani, sulla programmazione triennale di cui all'articolo 4, comma 2, nonché sullo stato di attuazione e l'impatto della normativa regionale sulle politiche giovanili.
  Così tratteggiato, il quadro normativo generale dedicato al
Forum dei giovani, occorre evidenziare che le politiche giovanili possono essere definite come l'insieme delle azioni poste in essere dai diversi soggetti del settore pubblico allargato e del privato sociale (Stato, enti territoriali, enti del terzo settore, e altro) che incidono su un target di soggetti ricompresi in una determinata fascia di età.
  Sul punto, non è senza rilievo precisare che, a livello legislativo, le politiche giovanili non possano considerarsi una «materia», in senso stretto, ascrivibile
tout court alla competenza legislativa dello Stato o delle Regioni in via residuale, Infatti, nell'elenco tassativo del riparto di cui all'articolo 117 della Costituzione non vi è traccia di essa né fra quelle la cui disciplina è riservata alla competenza esclusiva dello Stato, né fra quelle di tipo concorrente, di precedente assunto, tuttavia, non vale a presumere che, per ciò stesso, si determini una competenza di tipo residuale, e quindi esclusiva, in capo alle Regioni.
  Ciò in quanto, considerata la naturale trasversalità delle politiche giovanili, si deve ritenere che siano gli ambiti specifici (quali ad es. sanità, assistenza, formazione e lavoro, ordine pubblico, e altro) in cui dette politiche trovano una finalizzazione concreta ad opera della normativa primaria a determinare il titolo della competenza legislativa. Tanto si ricava anche nella ricostruzione giurisdizionale operata dalla Corte costituzionale ove si chiarisce come nel sistema di riparto delle competenze legislative delineato dall'articolo 117 della Costituzione, gli interventi normativi che, in senso lato, possano delineare politiche giovanili, siano, in massima parte, da ascriversi alla competenza quantomeno concorrente fra Stato e Regioni.
  Queste ultime, pertanto, dovranno adottare la normativa di dettaglio, restando in capo allo Stato l'indicazione delle norme di principio, da declinare nel consueto ambito della leale collaborazione.
  In particolare, la Corte (sentenze n. 118/2006, n. 453/2007 e n. 50/2008) è stata più volte chiamata a pronunciarsi su questioni di legittimità costituzionale relative all'istituzione di Fondi statali – tra cui anche il Fondo per le politiche giovanili
ex articolo 19, comma 2, decreto-legge n. 223 del 2006 – e ai vincoli di destinazione di risorse finanziarie. Come già chiarito, la disciplina dei Fondi vincolati, infatti, avendo normalmente anche un contenuto dettagliato. In ambiti materiali di pertinenza regionale potrebbe porsi in contrasto con il sistema di riparto delle competenze normative delineato dall'articolo 117 della Costituzione. Secondo la Corte, «non sono, infatti, consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materia di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza n. 50/2018).
  L'articolo n. 19, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, istitutivo del Fondo per le politiche giovanili, di pertinenza del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale, limitandosi ad indicare mere finalità di intervento, ed avendo un contenuto precettivo del tutto generico, non è stato ritenuto dal Giudice delle leggi idoneo a ledere i parametri costituzionali, in quanto una lesione potrebbe «derivare non già dall'enunciazione del proposito di destinare risorse per finalità indicate in modo così ampio e generico, bensì (eventualmente) dalle norme nelle quali quel proposito si concretizza sia per entità delle risorse sia per modalità di intervento sia, ancora, per le materie direttamente e indirettamente implicate da tali interventi» (sentenza n. 50/2008).
  Peraltro, secondo la citata giurisprudenza costituzionale, la natura degli interessi implicati dalle norme oggetto dei giudizi di legittimità costituzionale, impone che il principio di leale collaborazione permei di se i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie, concretizzandosi nella previsione dello strumento dell'intesa con la Conferenza unificata, quale organismo rappresentativo e paritetico.
  In conclusione, considerato il quadro legislativo descritto, appare lesiva delle prerogative regionali l'adozione di iniziative governative volte a supportare i giovani del comune di Salerno, così come l'esercizio di poteri di vigilanza e di indirizzo nei confronti delle politiche giovanili anche territoriali, che, se esercitati, esulerebbero dalle competenze statali in materia dando luogo a conflitti di attribuzione con le Regioni e con le autonomie locali. Nonostante ciò, il Governo apprezza e valuta positivamente la proposta di un confronto, anche in un'ottica di
moral suasion di cui intende farsi carico, con gli enti territoriali, le parti sociali e il Consiglio nazionale giovani, al fine di avviare, con il coinvolgimento del Parlamento, un progetto di coordinamento, di razionalizzazione e, dunque, di miglioramento degli interventi rivolti ai giovani.
Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di degrado e di anarchia presente in alcune zone della capitale, emersa dalla recente inchiesta del quotidiano «Il Messaggero» e denunciata da tempo da Fratelli d'Italia, si è estesa in aree ancora più vaste che vanno dalle periferie alle arterie del traffico in pieno centro, tutto ciò a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini;

   da via Veneto verso Corso d'Italia è pericoloso accedere al sottovia Ignazio Guidi, dove è stata costruita una baraccopoli protetta da giovani che ne impediscono l'accesso;

   identica situazione di degrado, vale a dire stradone sotterraneo con uscite di sicurezza vietate si verifica nel sottovia Lungotevere in Sassia, che costeggia San Pietro, ora preda di sbandati che vivono in vere e proprie discariche sotterranee;

   da via di Porta Cavalleggeri verso l'uscita di emergenza c'è da rimanere traumatizzati: gradini pieni di rifiuti e bottiglie di birra e in fondo, per terra, persone che dormono. Questi contesti sono privi delle regole fondamentali di sicurezza. Nel caso di incendio o altro, nei due sottovia percorsi ogni giorno da migliaia di auto mentre le vie di fuga sono ostruite da tendopoli e montagne di immondizia, le conseguenze potrebbero essere drammatiche;

   le istituzioni preposte alla sicurezza dei cittadini sembrano non avere consapevolezza non solo del degrado, ma soprattutto dei rischi che si corrono a lasciare quei luoghi in preda a sbandati senza scrupoli;

   non si tratta solo di scempio del decoro; nell'esposto indirizzato a Virginia Raggi e alla prefettura dei vigili del fuoco firmato da Roberta Angelilli dell'esecutivo nazionale di FdI e da Stefano Erbaggi dell'esecutivo di Roma, si evidenzia che: «A parte il malfunzionamento degli impianti di ventilazione e l'assenza di estintori, la situazione più problematica riguarda l'impraticabilità delle uscite di sicurezza»;

   inoltre, «In base alla vigente legislazione il decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011 sono previste severe misure di sicurezza per le gallerie stradali superiori ai 500 metri di lunghezza» –:

   se sia a conoscenza delle situazioni di degrado descritte in premessa e che mettono in pericolo i cittadini e quali urgenti iniziative intenda adottare perché venga ripristinata la sicurezza e l'ordine in questi luoghi.
(4-06168)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante pone all'attenzione lo stato di degrado di alcuni sottovia e strade sotterranee nel centro della Capitale, quali il sottovia Ignazio Guidi e quelli ubicati in lungotevere in Sassia e in Via Cavalleggeri.
  In proposito, la prefettura di Roma ha riferito che nel tratto di strada da via Veneto a corso Italia, corrispondente ai sottovia Ignazio Guidi, insistono da anni numerosi insediamenti abusivi realizzati da persone senza fissa dimora, italiani e stranieri, prevalentemente con materiali di risulta e masserizie.
  Tuttavia, nonostante i molteplici interventi di bonifica della zona effettuati da personale della Polizia di Stato e della Polizia locale, con l'ausilio dell'Ama, gli spazi sgomberati vengono sistematicamente rioccupati dalle medesime persone in stato di disagio, in quanto offrono loro riparo, soprattutto nei periodi invernali.
  Per quanto concerne l'identica situazione di degrado segnalata nei sottovia lungotevere in Sassia, si fa presente che la problematica è stata posta all'ordine del giorno, unitamente ad altre analoghe criticità rilevate in tutta la zona della Città del Vaticano, nelle sedute dell'Osservatorio territoriale per la sicurezza del Municipio XIII. In tali riunioni sono stati pianificati servizi di controllo organizzati e disposti dall'Ufficio di gabinetto della locale questura, in tutta l'area comprendente via di Porta Cavalleggeri, la galleria Principe Amedeo nonché il sottopasso che permette il passaggio pedonale da via Fornaci a piazza del Santo Uffizio. Gli interventi delle forze di polizia, effettuati con cadenza quasi giornaliera, hanno consentito di acclarare la presenza di alcuni cittadini stranieri, originari della Polonia e dell'Ucraina, con gravi problemi di alcolismo cronico, i quali di fatto pernottano all'interno del sottopasso, anche in considerazione della vicinanza della mensa delle Missionarie della Carità.
  Rintracciati in diverse occasioni, gli stessi hanno rifiutato una sistemazione alloggiativa presso strutture messe a disposizione dei servizi sociali del comune di Roma e, di conseguenza, sono stati fatti allontanare dalla zona. Si segnala, inoltre, che l'Ama effettua interventi di pulizia straordinaria per la rimozione dei rifiuti ingombranti e la sanificazione delle aree in questione.
  Si evidenzia, altresì, che nel tunnel sottostante la galleria Principe Amedeo di Savoia-Aosta sono presenti tre uscite di sicurezza, le cui annesse vie di fuga consentono l'accesso ai senza fissa dimora che trovano rifugio all'interno del tunnel e vi accumulano nel corso dei tempo una considerevole mole di rifiuti.
  Ulteriori elementi informativi sono stati acquisiti dagli uffici di Roma Capitale i quali hanno evidenziato che in data 24 e 25 agosto 2020, la polizia locale ha supportato il personale Ama nelle operazioni di pulizia e sanificazione delle uscite di sicurezza del sottopasso Ignazio Guidi.
  Al fine di non vanificare gli interventi effettuati, è stato predisposto un servizio di vigilanza da parte della polizia locale ed è stato concordato con Ama un cronoprogramma per la verifica delle uscite di- sicurezza del sottopasso in argomento.
  Per quanto riguarda le criticità relative ai sottopasso lungotevere in Sassia/Castel Sant'Angelo e alle altre gallerie e sottovia presenti sul territorio capitolino, gli uffici di Roma Capitale hanno rappresentato che si sta procedendo a calendarizzare gli interventi per il ripristino della sicurezza.
  Con riferimento alle competenze in materia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si rappresenta, su un piano generale, che il Comando dei vigili del fuoco di Roma ha avviato iniziative per la verifica e il controllo sulle gallerie urbane riferibili alla propria competenza, finalizzate all'accertamento delle loro reali condizioni di sicurezza nonché all'individuazione di quelle aventi lunghezza superiore a 500 metri, soggette agli adempimenti di prevenzione incendi.
  Il citato Comando è intervenuto in varie occasioni per il soccorso all'interno di gallerie, oltre che per gli ordinari incidenti stradali, anche per l'incendio di accumuli di rifiuti e masserizie, nonché per distacchi di intonaci e infiltrazioni d'acqua.
  A seguito di tali interventi è stata comunicata ai gestori delle gallerie la necessità di ripristinare le condizioni di sicurezza, oltre all'esigenza di adottare immediate misure cautelative quali l'interdizione parziale o totale della circolazione veicolare o pedonale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidente della giunta regionale del Lazio, Nicola Zingaretti, in data 17 aprile 2020 con propria ordinanza n. Z00030 ha inteso rendere obbligatoria, a decorrere dal 15 settembre 2020, la vaccinazione antinfluenzale per tutti i cittadini oltre i 65 anni di età e per tutto il personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario;

   il provvedimento riporta anche le sanzioni per il mancato adempimento, e, in particolare, per i cittadini oltre i 65 anni di età l'impossibilità di prendere parte ad assembramenti presso centri sociali per anziani, case di riposo o altri luoghi di aggregazione, mentre per il personale sanitario è prevista l'inidoneità temporanea, a far data dal 1° febbraio 2021, allo svolgimento della mansione lavorativa;

   nell'elenco delle motivazioni del provvedimento adottato dal presidente della regione Lazio si fa riferimento alle «condizioni di eccezionalità ed urgenza», e pertanto allo stato di emergenza nazionale, e vi è riportato un «sentito per le vie brevi il Comitato tecnico scientifico»;

   avverso l'ordinanza n. Z00030 sono stati presentati presso il Tar diversi ricorsi, e in data 2 ottobre 2020 il provvedimento è stato annullato;

   tra le motivazioni del Tar spicca quella secondo la quale «La normativa emergenziale Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie», chiarendo che non debbono essere alterati gli equilibri costituzionali tra Stato e regioni, e che la misura adottata dal presidente della regione Lazio non rientra nella sfera di attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale;

   appare piuttosto singolare che un provvedimento di tale portata possa essere stato assunto solo attraverso un «sentito per le vie brevi» del Comitato tecnico scientifico;

   il Tar censura il presupposto dello «stato di emergenza» utilizzato dalla regione Lazio nell'ordinanza di che trattasi e stabilisce che lo «stato di emergenza» di cui si avvale lo Stato in questo congiuntura non giustifica azioni disgiunte e slegate da parte delle regioni rispetto ad un contesto e rilievo di carattere nazionale;

   dette motivazioni del Tar, espresse nell'annullamento dell'ordinanza n. Z00030 del presidente Zingaretti sull'obbligatorietà dei vaccini antinfluenzali, inevitabilmente si riverberano anche sulla «mole» di atti presidenziali, determinazioni dirigenziali (ivi compresi quelli della Protezione civile del Lazio), e provvedimenti a qualsiasi titolo assunti dalla giunta regionale del Lazio motivate dallo stato di emergenza;

   appare all'interrogante piuttosto singolare, se non addirittura risibile, la giustificazione post sentenza di annullamento data dal presidente Zingaretti circa la volontà di «lanciare una provocazione» al Governo e quindi al Ministero della salute, stante la sua presenza politicamente rilevante nel Governo della Nazione in qualità di segretario nazionale di una delle due forze politiche che lo sorreggono;

   appaiono evidenti le ripercussioni dell'annullamento dell'ordinanza presidenziale sulla spesa pubblica sanitaria;

   il tema dell'obbligatorietà dei vaccini ha animato negli anni un dibattito in Italia, e quindi anche nella regione Lazio, che avrebbe meritato, soprattutto in questo momento storico, ben altra sensibilità istituzionale al fine di non produrre ulteriore divisione e fornire i giusti supporti scientifici –:

   se siano informati dei fatti esposti in premessa;

   se non ritengano adottare le iniziative di competenza, anche mediante più efficaci strumenti di coordinamento, al fine di scongiurare iniziative poste in essere nel contesto emergenziale da singoli presidenti di regione che possano risolversi in un danno per la collettività e per i bilanci del servizio sanitario nazionale.
(4-07030)

  Risposta. — Il deputato Lollobrigida rappresenta che la regione Lazio, con ordinanza n. Z00030 del 17 aprile 2020, ha disposto l'obbligo di vaccinazione antinfluenzale stagionale per tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età, nonché per tutto il personale sanitario e sociosanitario operante in ambito regionale. Chiede quindi di conoscere quali iniziative il Governo intenda assumere per scongiurare il ripetersi di interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie.
  La ripetuta ordinanza, come ricordato anche nel testo dell'interrogazione, è stata annullata dal TAR del Lazio con sentenza del 2 ottobre 2020, n. 10047.
  L'organo giurisdizionale, seguendo l'orientamento espresso anche dal TAR per la Calabria – chiamato a pronunciarsi su analoga questione – nella sentenza del 15 settembre 2020, n. 1462, ha accertato l'incompetenza regionale in merito alla adozione della suddetta misura.
  Infatti, la normativa emergenziale in materia di contrasto al COVID non attribuisce alle regioni il potere di intervenire in materia di trattamenti sanitari obbligatori. In particolare, l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 e l'articolo 1, comma 16 del decreto-legge n. 33 del 2020 autorizzano le regioni ad introdurre misure più restrittive (ed anche più ampliative) rispetto a quelle statali ma soltanto nel circoscritto ambito di settori ed aree tematiche di cui all'articolo 1, comma 2, dello stesso decreto-legge n. 19 del 2020 (ad esempio limitazione della circolazione delle persone, chiusura delle strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose, trasporti, servizi scolastici e presenza negli uffici pubblici, regolazione di attività commerciali, imprenditoriali e professionali). Aree e materie tra cui, come è facile constatare, non è annoverabile la tematica delle vaccinazioni obbligatorie.
  Analogamente, sul piano della normativa più generale (articolo 32 della legge n. 833 del 1978 e articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000), non vi sono previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze.
  Sul piano delle attribuzioni istituzionali, infine, seguendo gli ordinari criteri di riparto dettati dalla Costituzione e cristallizzati dagli insegnamenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 5 del 2018), la vaccinazione obbligatoria è tematica riservata alla competenza statale. Il confine tra trattamenti obbligatori e non obbligatori rientra, infatti, tra i principi fondamentali della materia «tutela della salute» che deve essere stabilito dallo Stato; ciò anche allo scopo di garantire misure omogenee su tutto il territorio nazionale.
  Alla luce delle suesposte considerazioni e tenuto conto degli effetti ripristinatori del corretto assetto delle competenze, conseguente alle pronunce della giurisprudenza amministrativa, non si evidenzia la necessità di dover assumere altre iniziative.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la centrale nucleare di Krško, in Slovenia, operativa dal 15 gennaio 1983, è stata costruita dalla Slovenia e dalla Croazia, entrambe parti, all'epoca, della Jugoslavia. È dotata di un reattore ad acqua pressurizzata 48,7 tonnellate di «combustibile» a base di ossido d'uranio;

   la centrale sorge a soli circa 100 chilometri in linea d'aria da Trieste;

   è di questi giorni la notizia secondo cui le autorità slovene, in collaborazione con la Croazia, realizzeranno un nuovo reattore nucleare nella centrale di Krško;

   la centrale insiste su un'area altamente sismica e già in passato ci sono state preoccupazioni per alcune forti scosse che mettevano a rischio l'impianto, come quella di magnitudo 4,2 registrata il 1° novembre 2015;

   dopo il disastro di Fukushima, la Francia ha chiuso 14 reattori e la Germania ha annunciato il graduale abbandono del nucleare; le autorità slovene e croate sembrano invece intenzionate a proseguire nello sviluppo della tecnologia;

   il Governo italiano deve tutelare i residenti del Friuli Venezia Giulia, invitando la Slovenia a bloccare il progetto di sviluppo della centrale nucleare –:

   se il Governo sia intenzionato a intervenire presso le autorità slovene affinché venga abbandonato il progetto di sviluppo della centrale nucleare di Krško e sia garantita la sicurezza dei residenti nel Friuli Venezia Giulia.
(4-06591)

  Risposta. — La centrale nucleare di Krško è un impianto situato in Slovenia. Lo Stato sloveno è comproprietario del reattore insieme alla Croazia sulla base di una soluzione perfezionata nel 2003 con un accordo bilaterale tra Zagabria e Lubiana. In base ad esso, la Centrale viene gestita su base paritaria e col consenso delle autorità dei due Paesi.
  L'idea di costruire un secondo reattore nucleare, che si aggiungerebbe a quello esistente, è stata avanzata in passato da alcuni governi sloveni e, da ultimo, nell'agosto 2019, dall'allora Primo Ministro Sarec. Si tratta tuttavia di una proposta mai approvata dal Parlamento sloveno.
  Le sorti del reattore di Krško, situato in linea d'aria a circa 100 chilometri da Trieste, sono di naturale interesse per il nostro Paese, anche in virtù dell'importante commessa che l'azienda italiana Ansaldo Nucleare si è aggiudicata nel 2017 per la progettazione, approvvigionamento e costruzione delle opere relative alla terza fase del programma di miglioramento della sicurezza dell'impianto. Tale programma, avviato nel 2012 ed articolato in tre fasi, è volto all'installazione, tra le altre cose, di un sistema per garantire il raffreddamento del reattore anche in situazioni critiche. I lavori di messa in sicurezza previsti dal contratto dovrebbero terminare nel dicembre 2021.
  Relativamente alle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia, la questione è stata affrontata in vari contesti istituzionali. Nel corso dell'ultima sessione del comitato congiunto regione Friuli Venezia Giulia-Slovenia (Capodistria, 19 novembre 2019), il presidente della regione Friuli Venezia Giulia Fedriga ha segnalato la grande attenzione con cui dalla popolazione viene seguita la questione della sicurezza dell'impianto e domandato assicurazioni circa le misure anti-sismiche. In quell'incontro l'allora Ministro degli esteri sloveno Cerar ha affermato che la centrale risponde ai più elevati
standard di sicurezza e che la Slovenia adotta in merito la massima trasparenza. La questione era stata sollevata anche a margine dell'ultima sessione del comitato di coordinamento dei Ministri Italia-Slovenia (Brdo, 10 ottobre 2017), nell'incontro tra l'allora Sottosegretaria di Stato all'ambiente Degani e l'allora Ministra dell'ambiente sloveno Majcen. Infine, lo svolgimento a Lubiana nel 2018 del secondo incontro bilaterale tra l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN) e l'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (SNSA) ha rappresentato l'occasione per uno scambio di informazioni, con particolare riguardo allo stato di avanzamento dei lavori di manutenzione e alle misure di sicurezza applicate alla centrale nucleare di Krško. L'incontro – cui aveva partecipato anche una delegazione dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente/Arpa della regione Friuli – era culminato con una visita congiunta proprio alla centrale di Krško.
  Pur in assenza di una decisione da parte slovena di finanziare il progetto del raddoppio del reattore di Krško, il Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale segue da sempre la questione, anche tramite l'Ambasciata a Lubiana. Il tema continuerà ad essere oggetto di dialogo con le controparti slovene tanto in sede di comitato congiunto regione Friuli Venezia Giulia-Slovenia quanto a livello governativo nel comitato di coordinamento dei Ministri tra Italia e Slovenia, al quale partecipano anche i rispettivi Ministri dell'ambiente.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   SENSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dalla trasmissione televisiva «Report» andata in onda su Rai Tre il 28 ottobre 2019, si apprende che il partito della Lega, attraverso i suoi esperti di comunicazione, dall'inizio del 2019 avrebbe speso in propaganda sui social 140.000 euro e sarebbe l'unico partito a scegliere di utilizzare come target di riferimento anche utenti con una età inferiore a 18 anni per trasmettere e diffondere video che per il loro contenuto potrebbero accrescere l'odio sociale e razziale;

   situazione analoga si è verificata anche qualche mese fa con la diffusione di un video, del Ministro dell'interno pro tempore Salvini dai contenuti violenti che riprendeva la scena di una rissa a cui è seguito un esposto all'autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza poiché il 2 per cento del pubblico maschile e l'1 per cento del pubblico femminile dell'oltre milione di persone che hanno visualizzato tale video aveva un'età compresa tra i 13 ed i 17 anni;

   questa inaccettabile propaganda di odio sociale e razziale è tanto più grave in quanto indirizzata verso una fascia di età che dovrebbe, invece, trovare proprio nelle istituzioni la sua tutela;

   la stessa attività di diffusione di contenuti sui mezzi di comunicazione è sottoposta a una serie di rigide regole che trovano tra l'altro la loro motivazione proprio nella salvaguardia del minore poiché questo non si considera ancora pienamente munito di strumenti tali da proteggersi autonomamente da contenuti non adeguati alla sua età;

   un'effettiva protezione dei minorenni sul web passa anche dalla creazione di una vera e propria «cultura della sicurezza» che, attraverso gli adulti, deve essere trasferita ai più piccoli –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga doveroso ed urgente intervenire attraverso l'adozione di ogni iniziativa di competenza idonea alla protezione e alla tutela dei minori che si interfacciano quotidianamente con la rete internet e con i social network.
(4-07036)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere con la risposta all'interrogazione in esame quali iniziative il Governo intenda adottare per proteggere e tutelare i minori che si interfacciano quotidianamente con la rete internet e i social network, con particolare riferimento ai video e ai messaggi che per i loro contenuti rischiano di accrescere l'odio sociale e razziale.
  I crimini di odio rappresentano una seria minaccia non solo per le vittime, ma per tutta la società, anche in virtù del loro aumento in termini quantitativi, così come registrato dagli organismi nazionali (Oscad) ed internazionali (Osce-Odihr). Con l'espressione inglese
hate crimes si è soliti ricomprendere tutte quelle condotte, tipicamente violente, perpetrate nei confronti di persone discriminate in base alla loro appartenenza etnica o religiosa, all'orientamento sessuale, all'identità di genere o a particolari condizioni fisiche o psichiche.
  Nella rete e nei
social network trova però terreno fertile un fenomeno di portata più ampia e dai profili giuridici più controversi; si tratta dei cosiddetti «discorsi d'odio» (hate speeches), considerati dalla letteratura di riferimento e dalle istituzioni quale fenomeno prodromico della perpetrazione dei veri e propri reati d'odio (hate crimes). Ci si riferisce, nello specifico, a tutti quei comportamenti che non necessariamente configurano immediatamente un delitto, ma che sono sintomatici di un contesto di odio o discriminazione che può, eventualmente, condurre alla violenza vera e propria. In questi casi il monitoraggio è più complesso, perché anticipa la fase processuale e la sentenza.
  Al fine di monitorare e comprendere – e quindi avviare percorsi di prevenzione – il fenomeno dell'
hate speech online, presso l'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (Unar – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), istituito con decreto legislativo 9 luglio 2003 n. 215, è attivo un Osservatorio specifico che, ampliando le attività di monitoraggio già presenti sui media tradizionali (giornali, TV e radio), si pone l'obiettivo di ricercare e analizzare quotidianamente – grazie ad un software specifico e un set di parole chiave – i contenuti potenzialmente discriminatori provenienti dai principali social network e dai social media (articoli, blog e commenti di forum).
  L'Osservatorio adotta una strategia interdisciplinare che combina l'analisi, il monitoraggio e la tutela delle vittime con lo studio, la ricerca e l'ideazione di campagne e iniziative tese alla sensibilizzazione degli utenti di internet in materia di lotta all'odio, all'intolleranza e alla violenza
online. L'Unar condivide le esperienze realizzate con i gestori dei principali social network (IT-Companies) e stabilisce rapporti di scambio con altre istituzioni come l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) del Ministero dell'interno, la Polizia postale e le principali organizzazioni non governative interessate al contrasto dell'hate speech, anche al fine di individuare obiettivi comuni in base ai quali programmare le azioni future.
  I contenuti sui
social network (Facebook, Twitter, Youtube, e altri) vengono segnalati alle IT-Companies, chiedendone la rimozione, e contestualmente all'Oscad per la valutazione dell'eventuale invio all'autorità giudiziaria. Qualora invece i contenuti intercettati si trovino sui social media (commenti su articoli di quotidiani online, blog e siti contenenti potenziali fake news), viene inviata una nota di segnalazione al direttore della testata o al direttore della redazione online, facendo riferimento all'articolo 14 della direttiva 31/2000. Sulla base di questa normativa, l'Unar avvisa il prestatore del servizio di hosting, che diviene responsabile allorché abbia effettiva conoscenza dell'illecita attività posta in essere e non agisca prontamente rimuovendo le frasi ritenute inidonee o impedendo l'accesso al contenuto a seguito di comunicazione delle autorità competenti.
  Per quanto riguarda, poi, gli articoli di quotidiani
online potenzialmente discriminatori viene effettuata una segnalazione contestuale al direttore della testata giornalistica, all'Ordine dei giornalisti regionale dell'autore dell'articolo e all'Associazione Carta di Roma per conoscenza.
  Tra le azioni positive poste in essere invece dal Dipartimento per le politiche della famiglia in merito alla tutela dei minori che utilizzano la rete internet e i
social network vi è quella relativa al contrasto e alla prevenzione del cyberbullismo, In particolare, presso il Dipartimento è incardinato il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, istituito dall'articolo 3 della legge 29 maggio 2017, n. 71, recante «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo», avente il compito di elaborare un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo e di realizzare un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio dell'evoluzione dei fenomeni, anche avvalendosi della collaborazione con la Polizia postale e delle comunicazioni o con altre Forze di polizia, il tavolo tecnico ha attivato una piattaforma online ad hoc per la condivisione dei documenti e il coordinamento dei lavori tra i vari componenti del tavolo stesso. È altresì in fase di elaborazione una specifica campagna di comunicazione di prevenzione e contrasto al cyberbullismo, che verrà trasmessa prossimamente in TV, in radio e online sui siti istituzionali.
  Per quanto concerne la specifica richiesta di elementi su quanto riportato nelle premesse dell'interrogazione, in relazione alla trasmissione televisiva «Report», andata in onda su Rai Tre il 28 ottobre 2019, al Ministero dell'interno non risulta pervenuta alcuna segnalazione riconducibile alla diffusione di messaggi di propaganda con probabili contenuti mirati ad accrescere sentimenti di odio e di violenza, pubblicati sui
social network dal partito della «Lega», fruibili anche da utenti di età inferiore agli anni 18.
  Si rappresenta, in generale, che il servizio polizia postale e delle comunicazioni della Direzione centrale per la Polizia stradale ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato del Dipartimento della pubblica sicurezza è costantemente impegnato nella tutela dei minori
online, svolgendo una mirata attività di prevenzione e contrasto ai fenomeni di violenza e aggressione che, a vario titolo, li vedono coinvolti. La Specialità interviene costantemente presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado per promuovere la cultura della legalità e della sicurezza in rete attraverso strumenti e metodi standardizzati e scientificamente validati da importanti atenei italiani. Vengono anche promosse campagne e iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte agli studenti, ai genitori e agli insegnanti, allo scopo di educare a un utilizzo consapevole e corretto della rete, talvolta in merito al fenomeno dell'antisemitismo, del razzismo e della xenofobia. Nel corso dell'anno sono stati realizzati incontri educativi su tutto il territorio nazionale raggiungendo oltre 300.000 studenti, 40.000 genitori, 25.000 insegnanti e circa 3.000 Istituti scolastici per i quali è stata messa a disposizione anche un'email dedicata: progettoscuola.poliziapostale@interno.it.
  Per quanto riguarda, più direttamente, l'attività di contrasto svolta dalla Specialità nell'ambito dei fenomeni in argomento, essa si svolge attraverso un monitoraggio quotidiano degli spazi
web. I maggiori social network, peraltro, mettono a disposizione delle Forze di polizia un'area dedicata del proprio portale, per consentire di segnalare tempestivamente i contenuti illeciti, sia per la relativa rimozione, che per ottenere i dati informatici utili all'identificazione dell'autore del reato. Si precisa, altresì, che la Polizia postale e delle comunicazioni tratta a livello investigativo anche le segnalazioni provenienti dall'Unar e dall'Oscad.
  Un ulteriore strumento a tutela dei minori e degli adolescenti è dato anche dal Servizio di pubblica, utilità 114 – emergenza infanzia, gestito dall'Associazione S.O.S. Il telefono azzurro Onlus, a cui chiunque, gratuitamente, può rivolgersi h24 per segnalare fenomeni di abuso, inclusi quelli legati alle nuove tecnologie.
  Di rilievo, allo scopo di mettere a fuoco il quadro interistituzionale nell'attività di contrasto ai discorsi d'odio, è, infine, la collaborazione tra Unar, Ministero della giustizia, Oscad, Polizia postale e Agcom, che ha recentemente conosciuto un nuovo slancio grazie al progetto europeo denominato C.O.N.T.R.O. (
Counter Narratives AgainsT Racism Online), avviato nel dicembre 2018. Il progetto ha la durata di due anni e contribuisce a contrastare l'incitamento all'odio e i crimini d'odio attraverso percorsi di conoscenza e consapevolezza sui rischi del fenomeno, con particolare riguardo all'hate speech, oltre a rafforzare e migliorare le azioni di counter speech e counter narrative sui diritti umani attraverso la definizione di una strategia di comunicazione innovativa, che confluirà nella redazione e realizzazione di prodotti editoriali specifici. Le azioni principali che si stanno sviluppando nel corso del progetto sono, da una parte, la rilevazione e l'analisi a livello nazionale ed europeo degli strumenti e delle pratiche da utilizzare per prevenire efficacemente e combattere il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza diffuse attraverso discorsi di odio online, e, dall'altra, lo scambio di dati e informazioni tra diversi portatori di interesse a livello nazionale (istituzioni e società civile). Il Progetto ha di recente prodotto dei contenuti audiovisivi basati su un esperimento sociale avente l'obiettivo di trasmettere alle persone il disagio che provano le vittime del linguaggio dell'odio.
La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.