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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 4 dicembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

   la pandemia da Covid-19 e le misure limitative applicate per contenerne la diffusione hanno accentuato le situazioni di diseguaglianza ed emarginazione sociale esistenti nel nostro Paese, generando gravissime ricadute sul piano dell'inclusione e della tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, dei nuclei familiari in condizione di povertà e, in generale, dei soggetti fragili;

   le associazioni intervenute nel corso delle audizioni in XII commissione hanno confermato l'impatto elevatissimo della pandemia sotto i predetti punti di vista, ribadendo la necessità di adottare iniziative urgenti e, soprattutto, concrete per rispondere ai bisogni delle fasce più vulnerabili della popolazione;

   a parere dei firmatari del presente atto, le misure sin qui adottate dal Governo per contrastare le ricadute sociali dell'emergenza epidemiologica sono carenti, tardive e mal coordinate tra loro;

   la prima categoria dimenticata è senza dubbio quella dei lavoratori fragili, nella quale rientrano i soggetti in condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche, dallo svolgimento di terapie salvavita e da disabilità grave accertata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 (così prevede l'articolo 26, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020. Peraltro, ad avviso dei firmatari del presente atto, dovrebbero rientrare nella categoria in questione anche altri lavoratori come quelli affetti da malattie croniche o rare suscettibili di determinare comunque conseguenze particolarmente gravi in caso di contagio);

   nella scala delle priorità, la tutela dei lavoratori fragili avrebbe dovuto essere messa al primo posto dal Governo, con norme chiare e puntuali, rinnovate in corrispondenza di ciascuna proroga dello stato di emergenza;

   invece, dopo una prima fase di proroghe intermittenti e tardive, disposte solamente su insistenza delle forze di opposizione, il Governo ha ritenuto di poter abbandonare completamente i lavoratori fragili al loro destino;

   dal 16 ottobre 2020, infatti, i lavoratori in questione che non possono o che non vengono autorizzati a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, vengono costretti a scegliere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro. Devono decidere se tornare in servizio, mettendo a rischio la propria incolumità, ovvero rimanere in casa, sacrificando in questo caso il posto di lavoro, con ripercussioni in entrambi i casi drammatiche e inaccettabili sul piano sociale, della carriera lavorativa e del sostentamento dei nuclei familiari coinvolti;

   allo stesso modo, è stata trascurata la posizione dei caregiver familiari sui quali è ricaduto interamente il carico dell'assistenza delle persone non autosufficienti nei mesi più duri dell'emergenza;

   i caregiver hanno sopperito alle carenze del sistema di gestione dell'emergenza, hanno rinunciato alla propria individualità, hanno assunto l'onere totale dell'accudimento dei propri cari e, cionondimeno, sono stati completamente dimenticati nei provvedimenti varati dal Governo per fronteggiare le ricadute economiche e sociali della pandemia: nessun bonus, nessun congedo, nessun riconoscimento sul piano giuridico, economico o previdenziale, nonostante i moltissimi emendamenti e ordini del giorno presentati in questo senso dalle forze di opposizione;

   tra i soggetti maggiormente penalizzati dall'emergenza si menzionano poi le persone sorde e sordocieche, per le quali l'applicazione delle misure di contenimento, il distanziamento sociale e l'impiego obbligatorio dei dispositivi di protezione individuale hanno determinato una situazione di isolamento nell'isolamento, con gravi difficoltà nella comunicazione e nelle relazioni, accentuate in caso di ricovero per Covid-19 o altre patologie;

   l'operato del Governo appare carente anche sotto il profilo del sostegno garantito alle strutture residenziali (Rsa e altre strutture analoghe) e semiresidenziali che erogano prestazioni per anziani, persone con disabilità e soggetti in condizione di fragilità;

   nonostante gli emendamenti presentati e nonostante quanto previsto dall'articolo 1-ter del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, il Governo non ha garantito il necessario supporto alle strutture in questione, accumulando ritardi nella fornitura dei dispositivi di protezione individuale, in particolare nella prima fase dell'emergenza, ai quali si aggiungono adesso ulteriori ritardi nella fornitura dei tamponi rapidi, la cui esecuzione periodica — non garantita — consentirebbe di intercettare tempestivamente eventuali focolai;

   in luogo che inviare aiuti concreti, in termini di strumenti, dispositivi e di personale, il Ministero della salute ha ritenuto di inviare i Nas presso le strutture in questione (si veda l'articolo del 9 novembre 2020 su Corriere della sera, dal titolo «Emergenza contagi nelle RSA, il Ministero mette in allerta i Nas»), confermando in questo modo la propensione allo scarico continuo di responsabilità che ha contraddistinto, fin dall'origine, il modello di gestione nazionale dell'emergenza e che ha contribuito a mettere in difficoltà le strutture stesse e i soggetti fragili, spesso non autosufficienti, che sono ricoverati presso di esse;

   obiezioni e criticità sono state sollevate anche con riferimento alla Commissione nominata dal Ministro della salute con decreto in data 8 settembre 2020, incaricata di formulare proposte in materia di riforma del modello assistenziale sanitario e sociosanitario dedicato alla popolazione anziana;

   le associazioni di settore hanno denunciato la mancanza, all'interno della citata Commissione, di rappresentati del mondo del sociale, del terzo settore e delle strutture residenziali per anziani;

   in sostanza, il Ministero pretende di concepire una riforma del sistema di assistenza dedicato alle persone anziane, che dovrà farsi carico delle ricadute sociali dell'emergenza Covid-19, escludendo dal relativo tavolo di discussione gli attori principali del sistema stesso, in particolare, i rappresentanti del terzo settore che quotidianamente contribuiscono, in prima linea, al suo funzionamento;

   del resto, gli enti del terzo settore a parere dei firmatari del presente atto sono stati penalizzati anche nel disegno di legge di bilancio per il 2020) attualmente all'esame della Camera, il cui articolo 108, ove effettivamente approvato, obbligherebbe gli enti medesimi, anche quelli più piccoli, con bilanci da poche migliaia di euro, ad aprire partita Iva, con tutto ciò che ne consegue in termini di relativi adempimenti fiscali e contabili;

   l'operato del Governo appare inconcludente anche sotto il profilo dell'assistenza domiciliare integrata (Adi) per la cui implementazione non sono certamente sufficienti le risorse e le norme di principio contenute nel decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «decreto rilancio», ma occorrono soluzioni concrete, soprattutto con riferimento all'acclarata carenza di personale sanitario e sociosanitario, in assenza del quale ogni discorso sull'Adi rimane puramente teorico e impossibile da attuare concretamente;

   infine, nella valutazione delle ricadute sociali dell'emergenza, occorre considerare i riflessi negativi che la stessa determinerà sul tasso delle nuove nascite, a causa del clima di incertezza e paura associato alla pandemia da Covid-19;

   secondo il rapporto annuale dell'Istat, i nuovi nati potrebbero scendere a 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi drasticamente a 396 mila nell'anno 2021, con una riduzione, quindi, di 40 mila nascite rispetto al 2019, nel quale già si era toccato un minimo storico (il settimo minimo storico consecutivo, per la precisione); nel frattempo, l'introduzione dell'assegno unico universale, che la precedente legge di bilancio aveva previsto per il 2021, è stata prorogata, per mancanza di risorse, all'anno 2022,

impegna il Governo

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a supportare le strutture residenziali e semiresidenziali che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità, al fine di rassicurare la disponibilità presso le strutture medesime di personale sanitario e sociosanitario, nonché dei dispositivi utili al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, inclusi ovviamente i tamponi rapidi;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare l'assistenza domiciliare integrata, riconducendo ad unità le diverse prestazioni che attualmente vengono erogate in maniera parcellizzata nell'ambito di essa (quali la ventilazione meccanica, l'ossigenoterapia, la nutrizione artificiale, e le prestazioni sanitarie proprie dell'Adi in modo che siano le prestazioni in questione a ruotare intorno all'assistito e ai suoi caregiver familiari e non viceversa;

   ad adottare iniziative per quanto di competenza, per favorire il potenziamento dei servizi sociali territoriali, per la promozione dei progetti di vita indipendente e per la presa in carico globale delle persone con disabilità e dei rispettivi caregiver familiari, incluse le persone con disabilità intellettive e disturbi dello spettro autistico, al fine di soddisfare l'aumentato fabbisogno assistenziale che, per le persone in questione, si è determinato in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   ad adottare iniziative per tutelare adeguatamente la categoria dei cosiddetti lavoratori fragili, in particolare quelli impossibilitati a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, garantendo loro l'equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero, sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica e con esclusione dell'assenza stessa dal periodo di comporto;

   ad adottare iniziative volte a riconoscere il ruolo di assistenza e di cura dei caregiver familiari, garantendo loro congedi e indennità per il periodo dell'emergenza epidemiologica e promuovendo, per il periodo successivo, tutele di carattere strutturale, in grado di valorizzarne l'attività sul piano previdenziale, sanitario, sociale e lavorativo, anche mediante l'individuazione di prestazioni specifiche da ricomprendere nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni, come prevedono le proposte di iniziativa parlamentare depositate in materia alla Camera e al Senato;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire l'accesso delle persone con disabilità e, in particolare, delle persone sorde e sordocieche, all'informazione e alla comunicazione, anche in ambito ospedaliero e anche in caso di ricovero per infezione da Sars-CoV-2, promuovendo a tal fine il più ampio e diffuso utilizzo delle mascherine cosiddette trasparenti e la disponibilità di servizi di interpretariato in lingua italiana dei segni (LIS) e LIS tattile;

   ad adottare iniziative di competenza per la definizione di protocolli e linee guida per assicurare, anche nell'ambito dell'attuale contesto epidemiologico, forme di comunicazione e di relazione tra i pazienti ricoverati in strutture ospedaliere o residenziali e i rispettivi parenti, incentivando, laddove possibile, la creazione di apposite «stanze degli abbracci» e assicurando negli altri casi la comunicazione tramite chiamate o videochiamate, anche per i pazienti anziani, meno avvezzi all'utilizzo dei moderni strumenti di comunicazione;

   ad adottare iniziative volte a garantire il diritto alle cure per i pazienti oncologici, con malattie croniche e immunodepressi, anche favorendo e sostenendo lo sviluppo e l'ampliamento della telemedicina e teleassistenza;

   ad adottare iniziative per rinnovare e potenziare le iniziative di solidarietà alimentare, incrementando ulteriormente il Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti;

   ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse stanziate per l'assegno universale e i servizi alla famiglia, accelerando, per quanto di competenza, il relativo progetto di riforma e definendo il prima possibile importi e platea dei beneficiari, tenuto conto dell'assoluta urgenza di procedere in questo senso per contrastare gli effetti negativi che la pandemia da Covid-19 determinerà, con ogni probabilità, anche da un punto di vista demografico.
(7-00590) «Locatelli, Bagnasco, Bellucci, Panizzut, Bond, Gemmato, Boldi, Brambilla, De Martini, Mugnai, Foscolo, Novelli, Lazzarini, Versace, Paolin, Sutto, Tiramani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in prossimità della fine della vigenza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha preannunciato un nuovo provvedimento, poi adottato il 3 dicembre 2020, questa volta finalizzato al contenimento della diffusione del virus Covid-19 durante le festività natalizie;

   tra le disposizioni del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, vi è, oltre alla totale chiusura degli impianti sciistici, anche la previsione di una quarantena obbligatoria per coloro che decideranno di trascorrere le vacanze invernali all'estero o comunque nei Paesi che non aderiranno alla chiusura dei predetti impianti;

   le limitazioni soprarichiamate sono evidentemente conseguenza dell'aumento esponenziale del numero dei contagi ovvero della cosiddetta seconda ondata che, già nel mese di giugno 2020, l'Organizzazione mondiale della sanità, prevedeva come certa durante il periodo autunnale;

   va da sé che la prospettiva di una riviviscenza dell'emergenza sanitaria come quella vissuta nei mesi primaverili avrebbe dovuto indurre il Governo ad adottare provvedimenti di contenimento della diffusione del virus già durante l'estate;

   tuttavia, ciò non è accaduto, ed infatti durante i mesi estivi si è assistito ad una apertura incontrollata delle frontiere in entrata e in uscita, a cui non è seguita neanche la predisposizione di un efficace sistema organizzativo per il tracciamento dei cittadini al rientro dalle vacanze, il cui incremento ha determinato l'immediato collasso del sistema evidentemente inadeguato;

   se ciò non bastasse, in conformità alla politica estiva del «liberi tutti» adottata dal Governo, vi è stata anche una ingiustificabile inerzia nel contrasto del fenomeno migratorio che ha causato, non solo il collasso dei centri di accoglienza, con notevole disagio per gli operatori, le forze dell'ordine e la popolazione, ma ha altresì contribuito in maniera rilevante ad amplificare la diffusione del contagio, ed infatti, più volte, organi di stampa hanno riportato notizie inerenti fughe di immigrati dai centri di prima accoglienza che, data l'assenza di qualsivoglia sanzione, hanno continuato ad emulare le predette violazioni senza soluzione di continuità;

   appare dunque evidente che le nuove restrizioni prospettate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri natalizio, se, da un lato, possono essere considerate una conseguenza inevitabile della cosiddetta seconda ondata, dall'altro, rappresentano per l'interrogante un'incontrovertibile ammissione di colpa dell'Esecutivo in ordine alle determinazioni assunte per il periodo estivo;

   in altre parole l'inerzia del Governo, nei mesi in cui avrebbe potuto e dovuto mettere in campo tutte le azioni utili per impedire una nuova emergenza sanitaria, sembrerebbero essere causa diretta della preannunciata nuova ondata del virus con drammatiche ripercussioni sulla vita e la libertà degli italiani e sull'economia del Paese –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di accertare le cause che hanno determinato la nuova ondata di contagi da Sars-CoV-2;

   se non intenda fornire chiarimenti in ordine alle determinazioni assunte durante il periodo estivo e, quali iniziative e risorse abbia previsto per il tracciamento dei cittadini italiani che facciano ritorno in Italia dopo aver trascorso le vacanze invernali all'estero al fine di monitorare e contenere la diffusione del virus.
(4-07708)


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Parco nazionale «Costa teatina» è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con la regione Abruzzo (ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93);

   secondo quanto stabilito dalle norme (l'articolo 34, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394) entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva del parco, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare doveva provvedere alla delimitazione provvisoria dell'area del Parco sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici disponibili, sentita la regione e gli enti locali interessati;

   in seguito ad un iter lungo e complesso che non ha mai visto la conclusione e che ha comportato anche la nomina di un commissario per la perimetrazione dell'area del Parco, ad oggi il «Parco della costa teatina» non è concretamente ancora attivato;

   bisognerebbe agire nell'ottica di puntare sull'alto valore ambientale della costa teatina, sulla necessità di creare una istituzione con le finalità di tutelare il territorio e i beni ambientali che funga anche da promotore e incubatore di uno sviluppo economico sostenibile e in armonia con l'ambiente;

   ad avviso dell'interrogante e alla luce anche delle attese territoriali della provincia di Chieti e dell'intero Abruzzo, è necessario e non più procrastinabile portare a conclusione l'iter procedurale per realizzare il Parco della Costa Teatina, che si trascina ormai da 19 anni –:

   se il Governo intenda portare a compimento l'iter per la costituzione del Parco della Costa Teatina e con quali tempi;

   quali siano le iniziative che il Governo intenda mettere in campo per portare a compimento l'iter procedurale di realizzazione del Parco della Costa teatina.
(4-07710)


   BAZZARO, LOCATELLI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e GUIDESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già con precedente atto di sindacato ispettivo (4-07588) venivano sollevate criticità in merito alla gestione del piano vaccini anti-Covid da parte del Commissario straordinario Domenico Arcuri, richiamandosi le dichiarazioni delle maggiori aziende del settore e del direttore generale di Confindustria sui dispositivi medici, secondo cui l'Italia sarebbe in forte ritardo, rispetto agli altri Paesi europei e del mondo, nell'approvvigionamento di aghi e siringhe di precisione, indispensabili per la somministrazione dei vaccini stessi;

   di recente, alcuni articoli di stampa hanno sollevato problematiche ulteriori, di carattere logistico, con particolare riferimento alla disponibilità di celle frigorifero e container speciali necessari per la distribuzione e la conservazione dei vaccini che, attualmente, si trovano nelle fasi più avanzate dell'iter di registrazione;

   com'è noto, infatti, il vaccino anti-Covid prodotto dalla Pfizer/BioNTech – che ha già ottenuto il via libera nel Regno Unito e che verosimilmente sarà il primo a completare l'iter di autorizzazione anche a livello europeo – è vulnerabile alla degradazione a temperatura ambiente e, per evitarla, dovrà essere congelato a temperature estremamente basse (-70/-80 gradi) che vanno ben al di là delle possibilità dei dispositivi di stoccaggio ordinariamente presenti in ospedali e farmacie;

   dinanzi a tali criticità – che si aggiungono a quella relative agli aghi e alle siringhe sopra richiamate e che denotano una certa improvvisazione nella gestione del piano – i chiarimenti forniti dal Ministro della salute appaiono francamente poco puntuali e circostanziati;

   nel corso delle comunicazioni del 2 dicembre 2020 alla Camera, infatti, il Ministro della salute ha confermato che i vaccini «che necessitano di catena del freddo estrema verranno consegnati direttamente dall'azienda produttrice a 300 punti vaccinali», ma non ha chiarito se, presso i punti in questione, è stata già verificata la disponibilità di celle frigorifero idonee e neppure se siano state attivate procedure per il loro approvvigionamento –:

   quali siano i siti individuati per la somministrazione dei vaccini Pfizer/BioNTech e se presso i siti in questione siano già disponibili celle frigorifero o container speciali, idonei a consentire la conservazione dei vaccini stessi, alla temperatura richiesta, nel rispetto della cosiddetta catena del freddo estrema;

   se la distribuzione dei vaccini avverrà effettivamente a cura dell'azienda farmaceutica Pfizer e se il Commissario straordinario abbia verificato la disponibilità di container idonei al trasferimento dei vaccini dal sito produttivo ai punti vaccinali.
(4-07711)


   COVOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la tempesta «Vaia» del 26-30 ottobre 2018 è un evento che si è verificato sul nordest italiano (interessando quasi esclusivamente l'area montana) a seguito di una forte perturbazione di origine atlantica che ha portato sulle regioni del nord-est persistenti piogge a partire dal 26 ottobre 2018. A questo si è aggiunto anche un fortissimo vento caldo di scirocco che, soffiando tra i 100 e i 200 km/h per diverse ore, ha distrutto 42.500 ettari di foreste e abbattuto oltre nove milioni di metri cubi di piante;

   le zone più colpite in Veneto sono state quelle dell'Agordino, del Cadore, del Feltrino, del Comelico, e del Vicentino (Altopiano di Asiago/Sette Comuni);

   sono stati rasi al suolo migliaia di alberi in particolare sull'Altopiano di Asiago/Sette Comuni (Val d'Assa e Piana di Marcesina), e, per quanto riguarda il bellunese, in Val Visdende, nell'alto Agordino (Rocca Pletore, Colle Santa Lucia, Caprile e Alleghe);

   a due anni da «Vaia» le amministrazioni comunali altopianesi si trovano di fare i conti con un esbosco che proseguirà ancora per circa 18 mesi e, nello stesso tempo, a dover avviare il ripristino delle strade silvopastorali, logorate dal passaggio dei camion forestali, e dei boschi e percorsi naturalistici sconvolti dalla tempesta; il tutto con la data di scadenza dello stato di emergenza prevista, da ultimo, per la fine del 2021;

   a seguito dello scatenarsi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e delle relative misure straordinarie di contenimento disposte mediante i vari decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, le attività di recupero del legname e pulizia dei boschi sono state notevolmente rallentate;

   questa catastrofe ha un grossissimo impatto ambientale ed economico per i territori interessati, mettendo in difficoltà la già fragilissima economia montana e i comuni interessati dalla tempesta, dove per almeno i prossimi trent'anni non si potranno più tagliare gli alberi e vendere legname –:

   quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare, affinché sia prorogato lo stato d'emergenza fino alla fine del 2022 per consentire il termine dell'esbosco e il ripristino delle strade locali e dei percorsi naturalistici.
(4-07715)


   ALESSANDRO PAGANO e GAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Palermo versa in una situazione di pericolosa emergenza igienico sanitaria, causata da un sistema di gestione dei rifiuti in Sicilia del tutto compromesso, aggravata negli ultimi mesi da tonnellate di rifiuti accumulati vicino a case, scuole, ospedali e luoghi di lavoro, condizione tale da comportare un grave rischio per la salute della popolazione, specialmente per i più piccoli e per le persone più fragili;

   già in precedenza è stato dichiarato lo stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nella provincia di Palermo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2009, prorogato con decreto del 13 gennaio 2010;

   l'ordinanza del capo del dipartimento della Protezione civile n. 227 del 6 marzo 2015, recante ulteriori disposizioni per superare le criticità nello smaltimento dei rifiuti nella regione Siciliana, ha disposto il prosieguo, fino al 31 agosto 2016, dell'apertura della contabilità speciale n. 5446, già intestata al direttore generale del dipartimento dell'acqua e dei rifiuti dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità della regione Siciliana, prevedendo anche l'invio di una dettagliata relazione semestrale al dipartimento della protezione civile, sullo stato di avanzamento delle attività condotte per l'attuazione degli interventi, fermi restando gli obblighi di rendicontazione;

   attualmente, in regime di gestione ordinaria dei rifiuti, restano evidenti le gravi carenze di gestione e smaltimento per la città di Palermo, che comportano un rischio ambientale, con ricadute nel breve periodo sulla salute dei cittadini siciliani;

   la normativa vigente, pur prevedendo un regime di gestione ordinaria sui temi dell'ambiente, non esclude, tuttavia, il ricorso a procedure di carattere emergenziale e straordinario qualora sia in pericolo la salute della popolazione che risiede in un'area soggetta al rischio;

   risulta agli interroganti che il gruppo consigliare comunale Lega Salvini Premier sottolineato la necessità di inoltrare la richiesta di deliberazione dello stato di emergenza per mancato smaltimento di rifiuti nella città di Palermo, con misure urgenti di tutela ambientale e della salute pubblica, rivolgendosi sia al Sindaco che al presidente della regione Siciliana;

   da notizie stampa risulta che il Ministero interrogato abbia dato mandato al Capo di Gabinetto e al segretario generale di aprire un'istruttoria amministrativa interna per conoscere chi abbia violato la sua direttiva politica nell'ambito della valutazione del piano regionale rifiuti della Sicilia, che è stata interpretata come un via libera alla realizzazione di nuovi inceneritori –:

   se il Governo, prendendo atto della situazione di allarmante rischio ambientale, non ritenga opportuno intervenire ai fini della dichiarazione dello stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nella provincia di Palermo, per poter attivare immediatamente il dipartimento di Protezione civile per la rimozione dei cumuli di rifiuti che invadono la città di Palermo ed evitare il rischio del diffondersi di pericolose epidemie e infezioni;

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno avviare un'ispezione attraverso il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, presso la società partecipata di Palermo «Rap SpA», per verificare eventuali irregolarità e per compiere, per quanto di competenza, immediati accertamenti circa l'emergenza ambientale e sanitaria in atto a Palermo;

   quali siano i motivi per i quali il Ministro interrogato non abbia consentito l'attuazione del piano regionale rifiuti della Sicilia condiviso con la direzione generale rifiuti del Ministero, che era orientato verso la chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti adeguati anche per il recupero di energia;

   se il Ministro interrogato intenda fornire ulteriori elementi circa quanto annunciato pubblicamente in merito all'avvio di un'istruttoria amministrativa interna al Ministero in direzione rifiuti per accertare chi abbia violato la propria direttiva politica nell'ambito della valutazione ambientale strategica sul piano regionale rifiuti della Sicilia.
(4-07716)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il gabinetto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha reso noto a mezzo di una missiva indirizzata al deputato europeo Paolo Borchia datata 2 novembre 2020 circa l'istituzione di una posizione da vicario nell'organico del Consolato d'Italia a Toronto, in esecuzione di una deliberazione al riguardo assunta dalla competente direzione generale per le risorse e l'innovazione del Dicastero;

   nella stessa lettera, sono stati altresì comunicati l'avvio delle procedure di selezione del nuovo funzionario vicario e l'invio nella sede consolare di Toronto di un diplomatico in missione temporanea;

   a seguito di ulteriore scambio di missive, si è appreso che il funzionario vicario assegnato al Consolato d'Italia a Toronto sarà aggiuntivo nella pianta organica della sede;

   la circoscrizione del Consolato di Toronto ha circa 68 mila iscritti all'Aire, 16 mila dei quali residenti a Toronto, mentre a circa 30 chilometri a nord di questa città, in una località chiamata Vaughan, ve ne sono altri 20 mila –:

   stante l'importanza della sede consolare di Toronto e i bisogni della folta comunità italiana che ricade nella sua circoscrizione, entro quanto tempo il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale preveda di perfezionare l'iter di nomina del funzionario vicario da assegnarle;

   quale posizione il funzionario vicario occuperà nella pianta organica del Consolato d'Italia a Toronto.
(4-07706)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   APRILE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 42 del decreto legislativo n. 42 del 2004 definisce le «Aree tutelate per legge» e tra queste, al comma 1 lettera a) inserisce «i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia»;

   la regione Puglia con delibera di giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015 ha approvato il Piano Paesaggistico Territoriale regionale Puglia (Pptr) – in relazione ai «territori costieri», di cui all'articolo 45 comma 1 delle Norme tecniche di attuazione del Pptr, conforme al predetto articolo e, con successiva delibera di giunta regionale n. 2231 del 2017, ha fornito un'interpretazione restrittiva della disciplina paesaggistica nazionale e regionale pervenendo alla totale preclusione di edificazione nell'ambito dei 300 metri dal mare (anche nelle aree tipizzate come zone territoriali omogenee di Tipo «A» Centri Storici e di Tipo "B" Completamento Edilizio (come definiti dal decreto-interministeriale n. 1444 del 1968 – articolo 2, prima del 6 settembre 1985), e ciò benché l'articolo 142, comma 2 lettera a) del decreto legislativo n. 42, del 2004 disponga che le stesse non rientrino tra le «Aree tutelate per legge»;

   la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto, con un'interpretazione combinata delle predette norme, esprime ricorrente parere negativo al rilascio dei pareri prodromici all'Autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di costruzioni nella fascia di 300 metri dal mare – anche nelle «ZTO A e B» –; la stessa, con nota prot. 19363 del 2018, ha invitato i comuni delle province di Lecce, Brindisi e Taranto a denegare il rilascio di qualsiasi assenso;

   nonostante con recenti sentenze (nn. 638 del 2020 e 1188 del 2020) il Tar per la Puglia abbia annullato i pareri rilasciati dalla Soprintendenza, quest'ultima continua ad esprimere pareri negativi a qualsiasi intervento edilizio ricadente nella fascia dei 300 metri dal mare, a prescindere dal fatto che il contesto di riferimento sia urbanizzato o meno, che si tratti di nuova costruzione o di condono edilizio (ex legge n. 47 del 1985 e legge n. 724 del 1994);

   cosicché, porzioni libere ricadenti in Zto «A» e «B» degli agglomerati urbani costieri vengono permanentemente sottratte all'utilizzo da parte dei proprietari, assoggettate – in concreto – alle medesime previsioni di tutela delle zone naturalistiche e ambientali da preservare;

   la situazione giuridica, patrimoniale e fiscale delle predette aree diventa così contraddittoria: edificabili per i comuni sotto il profilo urbanistico-edilizio (e soggette al versamento dell'Imu), ma inedificabili per la Soprintendenza;

   ciò comporterà anche l'esito negativo delle pratiche di condono edilizio in atto, con conseguente demolizione dei manufatti (anche quelli già oggetto di atti di compravendita) e restituzione ai proprietari delle somme versate a titolo di oneri e oblazione, con evidenti danni patrimoniali per cittadini ed amministrazioni;

   molti comuni pugliesi non hanno ancora adeguato la strumentazione urbanistica locale al Pptr;

   risulta quanto mai necessario l'intervento del Governo, anche ai fini della convocazione della Conferenza Stato-regioni per riportare la garanzia dei diritti patrimoniali (proprietà ed edificazione) sulle aree tipizzate in Zto «A» e «B a meno di 300 metri dal mare»;

   l'intervento potrebbe limitarsi, per ora, a consentire la disapplicazione delle norme di attuazione del Pptr sui territori dei comuni che non hanno ancora adeguato la strumentazione urbanistica locale al Pptr con conseguente esclusiva applicabilità della normativa nazionale –:

   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati al riguardo e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, sia per garantire il rispetto della normativa statale, prevalente in materia di tutela paesaggistica, con una conseguente applicazione uniforme della stessa sul territorio nazionale, sia per risolvere la contraddittorietà rilevata circa la tutela giuridica dei diritti del cittadino/utente, con un'univoca interpretazione, in materia, alla luce delle richiamate sentenze del TAR Puglia, e superare le criticità che si lamentano in premessa.
(4-07720)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nonostante l'ampliamento del numero di codici Ateco beneficiari degli aiuti previsti dai provvedimenti di natura economica, soprannominati «decreti Ristori», restano ancora esclusi da qualunque forma di indennizzo i corsi di formazione e di aggiornamento professionale dal momento che non si rinviene menzionato il codice Ateco a loro riferito, il 85.59.20;

   il settore dei corsi di formazione per chef, albergatori e ristoratori, così come quello per parrucchieri ed estetisti, sta facendo i conti dal marzo 2020 con il drammatico crollo di iscrizioni provocato dall'emergenza coronavirus e si trova attualmente, dopo l'introduzione delle restrizioni previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 – oltre ad affrontare la fumosità e la contraddittorietà di disposizioni ed ordinanze – a dover fare a meno delle lezioni in presenza assolutamente indispensabili per la formazione pratica degli studenti;

   l'erogazione della formazione di chef, ristoratori, parrucchieri ed estetisti può essere svolta a distanza soltanto per la parte teorica, ma richiede inderogabilmente che la parte pratica delle attività formative sia svolta in presenza, nel pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   proprio in funzione della necessità di garantire il rispetto di queste misure nello svolgimento delle attività formative, le imprese che erogano corsi di formazione ed aggiornamento professionale avevano impiegato – in occasione della fine del primo lockdown – risorse e personale al fine di sanificare e mettersi in regola, ma le sopraggiunte misure restrittive del Governo e delle regioni hanno reso vacua questa spesa –:

   quali siano i motivi che hanno comportato l'esclusione di questa categoria di lavoratori dai provvedimenti finora adottati e se sia intenzione prevedere l'accesso ai contributi anche alle imprese di cui in premessa;

   quali siano le valutazioni del Governo e quali eventuali iniziative intenda assumere al fine di evitare il tracollo economico di un settore necessario, specialmente nella prospettiva di far fronte alla crisi occupazionale determinata dall'emergenza e che dovrebbe intensificarsi in caso di mancata proroga del blocco dei licenziamenti.
(4-07713)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 22 ottobre 2019, il Consiglio nazionale forense (Cnf) presso il Ministero della giustizia – richiamando la legge n. 247 del 2012 e il regolamento n. 1 del 20 novembre 2015 del Cnf sui corsi per l'iscrizione all'albo speciale (con particolare riferimento all'articolo 2 di istituzione della Scuola superiore dell'avvocatura per cassazionisti che opera mediante un consiglio di sezione) –, ha indetto una procedura selettiva per l'ammissione al corso propedeutico all'iscrizione nell'Albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori ai sensi dell'articolo 22 comma 2, legge n. 247 del 2012;

   tra i requisiti per l'accesso-ammissione dei candidati al predetto corso sono state espressamente previste le seguenti condizioni: 1) anzianità di iscrizione all'albo ordinario o all'elenco speciale degli enti pubblici di almeno 8 anni; 2) l'effettivo svolgimento della professione, la cui effettività è stata dimostrata mediante attestazione di aver patrocinato, negli ultimi 4 anni, un numero predeterminato di giudizi dinanzi l'autorità giudiziaria;

   l'articolo 22 della citata legge prevede che l'iscrizione all'albo speciale può essere richiesta al Cnf «anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all'albo di otto anni, successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF. Il regolamento può prevedere specifici criteri e modalità di selezione per l'accesso e per la verifica finale di idoneità. La verifica finale di idoneità è eseguita da una commissione d'esame designata dal Cnf e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione»;

   quest'anno, il corso è stato proficuamente e diligentemente frequentato sia in relazione al modulo comune con modalità a distanza, sia in relazione a quello specialistico «in presenza»;

   la situazione pandemica si è ulteriormente aggravata, determinando limitazioni negli spostamenti e un elevato rischio di contagio;

   in tale contestò, atteso il rischio che taluno dei partecipanti e/o componenti la Commissione possa vedere preclusa la presenza per impedimenti sanitari e/o possa diffondere o contrarre l'infezione, l'organizzazione della (e la partecipazione alla) verifica finale di idoneità non solo si rivela particolarmente gravosa per gli interessati, ma espone al pericolo concreto di acuire l'emergenza, a detrimento della salute pubblica;

   la situazione emergenziale rischia quindi di avere quale effetto la proroga sine die dello svolgimento della verifica finale di idoneità;

   appare opportuno e doveroso, nel contemperamento degli interessi in rilievo, adottare ogni più adeguata e pertinente determinazione utile a garantire la salute collettiva e quella dei partecipanti, senza pregiudicare l'effettività del corso e, dunque, la possibilità di conseguire l'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio davanti le giurisdizioni superiori –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere normativo, per far sì che siano rispettate le legittime aspettative dei candidati di potere accedere, entro l'anno e comunque il prima possibile, all'iscrizione all'albo speciale delle giurisdizioni superiori, tenendo in considerazione le difficoltà oggettive e senza precedenti con le quali l'intero Paese si sta confrontando e le esigenze di sicurezza dei partecipanti connesse alla situazione pandemica.
(5-05128)

Interrogazione a risposta scritta:


   BISA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si sta perpetrando una grave ingiustizia per i numerosi aspiranti avvocati che hanno maturato/matureranno i requisiti per partecipare all'esame di Stato a partire dall'11 novembre 2020;

   il 5 novembre 2020 è stato reso noto che le prove scritte, originariamente fissate per il 15,16 e 17 dicembre 2020, sono state rinviate a causa dell'emergenza sanitaria e il decreto pubblicato il 10 novembre 2020 ha stabilito che il rinvio dell'esame scritto avrebbe comportato anche una proroga dei termini per la presentazione della domanda (la cui scadenza originaria era l'11 novembre 2020), senza precisare se la proroga riguardasse anche la maturazione dei requisiti (la cui scadenza era il 10 novembre 2020);

   una nota del Ministero della giustizia, datata 10 novembre 2020 e diffusa il 12, ha precisato che la proroga riguarda solo la domanda: il termine per la maturazione dei requisiti è rimasto quello originario;

   tale decisione ha creato una situazione di palese ingiustizia nei confronti di molti aspiranti avvocati che, pur avendo maturato i requisiti, non potranno partecipare all'esame di Stato, ora fissato per la primavera 2021, perdendo di fatto un anno;

   si tratta di una decisione priva di motivazioni: non si capisce quale sia il senso di una proroga unicamente per la domanda. Tutti gli interessati, come di consueto, si erano già affrettati a depositarla e non esisteva il problema dell'impossibilità a presentarla da parte dei residenti nelle zone rosse, dal momento che la presentazione era già in origine prevista telematicamente. Quindi, da questo punto di vista, la riapertura dei termini è pressoché inutile. L'utilità avrebbe potuto esistere per tutti coloro che si trovano nel «limbo» tra il 10 novembre 2020 e l'11 febbraio 2020, quanto alla maturazione dei requisiti: si tratta di 25/30enni che, da quasi o 18 mesi stanno svolgendo un tirocinio non retribuito (o solo parzialmente retribuito) che, se qualche mese fa, consci della «perdita» della possibilità di sostenere l'esame 2020, o potevano confidare nei concorsi pubblici, ora si trovano confinati in casa a studiare senza una meta sine die;

   infatti, com'è noto, gli ultimi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri hanno disposto la sospensione di tutti i concorsi pubblici, con poche eccezioni. I pochi che sono stati indetti presuppongono, a monte, il titolo di avvocato, anni di professione forense o alcuni anni di esperienza lavorativa nel settore della pubblica amministrazione escludendo di fatto giovani freschi di laurea e tirocini;

   in termini pratici, significa che moltissimi giovani che fino a ieri confidavano di accedere al mondo del lavoro a breve, hanno davanti un ulteriore anno di disoccupazione. Va ricordato che il titolo di avvocato è esso stesso requisito per la partecipazione ad alcuni concorsi, primo fra tutti quello in magistratura, nonché per l'accesso ad alcune posizioni lavorative diverse dalla libera professione. Trattandosi di un esame di abilitazione e non di un concorso, non essendo quindi in gioco un numero delimitato di posti disponibili, l'aumento dei candidati non avrebbe comportato una perdita di chance per coloro che hanno già maturato i requisiti a far data dal 10 novembre 2020;

   l'idea di «perdere» l'esame del 2020, comunque rinviato alla primavera 2021 per soli tre mesi, con il rischio dunque, in caso di sovrapposizione, di non fare l'esame nemmeno nel dicembre 2021, appare francamente inaccettabile –:

   se il Ministro interrogato non reputi necessario ed equo riaprire i termini di maturazione dei requisiti di cui in premessa che dovranno essere prorogati, come di consueto, ad una data a ridosso della prevista prova scritta, andando a coincidere con il termine di scadenza per la domanda.
(4-07712)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA, MIGLIORE, ROSTAN e VITIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la gestione commissariale-per la realizzazioni della strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda, cessata in data 31 dicembre 2018, aveva garantito il reperimento di risorse che successivamente, con la presa in carico da parte della regione Campania dei lavori, avrebbero consentito la finalizzazione dell'opera e la ripartenza dei lavori per il completamento della Lioni-Grottaminarda, a fronte di una spesa complessiva di 430 milioni/ di euro, di cui 280 da Fondi Cipe con delibere della regione Campania, considerato che i primi 36 milioni di euro, sui restanti 150 avrebbero garantito la definizione e l'avvio dei lavori per il lotto mancante alla chiusura dell'opera (Lioni/Terme di San Teodoro di 6,5 chilometri) che è un'opera strategica e finalmente avviata a conclusione;

   si tratta di un'opera fondamentale e strategica per l'Irpinia e per le aree interne, che rappresenta, da oltre quattro decenni, una priorità assoluta, al pari della Paolisi - Pianodardine, che invece fu concepita all'indomani del sisma in Irpinia per portare fuori dall'isolamento la Valle Caudina e che, al netto dei primi due lotti, è sino ad oggi rimasta sulla carta;

   se è vero che si hanno ragionevoli motivazioni per ritenere che nel 2026 sarà completata l'Alta capacità con la stazione Hirpinia, e che, seppure a rilento, sono cominciati i lavori per l'elettrificazione della linea ferroviaria Benevento-Avellino-Salerno, due opere che cambieranno il volto delle dinamiche economiche e sociali della provincia, questo non può rappresentare l'alibi per non fare i conti con la realtà, con il prezzo incalcolabile che intere generazioni hanno pagato per tale immobilismo;

   urgente è la necessità di portare a compimento quelle opere infinite, a partire dalla Lioni-Grotta, e contestualmente dovremmo spingere per il completamento dell'Alta Capacità e della elettrificazione della Benevento-Avellino-Salerno, per dare concretezza ad un nuovo modello di sviluppo fondato sulla logistica e sulla retro portualità, ovvero sulla valorizzazione della naturale vocazione della Campania interna che fa da cerniera tra i due mari, che si apre ai grandi flussi di merci e persone, che si attrezza per conquistare la modernità a cui ha sino ad oggi rinunciato –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per far sì che sia portata a termine la suddetta opera infrastrutturale di rilevo per il nostro Paese e quali siano i tempi di intervento.
(5-05126)


   GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Autorità di sistema portuale (AdSP) è un ente pubblico non economico dotato di autonomia amministrativa, di bilancio e finanziaria che indirizza, programma, coordina, promuove e controlla le operazioni portuali. Svolge la manutenzione delle parti comuni, mantiene i fondali, sorveglia la fornitura dei servizi di interesse generale, amministra in via esclusiva le aree e i beni demaniali, pianifica lo sviluppo del territorio portuale. L'AdSP è inoltre sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

   il 13 novembre 2020 è apparso sui media un comunicato stampa redatto da Confindustria di La Spezia dal titolo «Confindustria La Spezia a sostegno di Di Sarcina Presidente». Tale articolo era a firma di Alessandro Laghezza, presidente della sezione logistica di Confindustria La Spezia;

   in tale comunicato, l'associazione datoriale ha chiesto la continuità nella guida del porto ligure, perorando nella sostanza, come si evince dal titolo del comunicato, la promozione dell'attuale segretario generale e Commissario dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure orientale, Di Sarcina, a presidente;

   tale nota riporta una posizione assolutamente legittima; non altrettanto legittima appare all'interrogante la diffusione del comunicato stesso indirizzata agli stakeholders e ai media, dalla e-mail istituzionale della responsabile del settore comunicazione promozione, marketing e Urp della stessa Autorità di sistema portuale del Mar Ligure orientale, che ha provveduto altresì a pubblicarlo sul profilo Facebook della stessa Autorità e sulla home page del sito internet istituzionale dell'ente;

   l'Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure orientale è infatti attualmente guidata, nella veste di Commissario, proprio dalla stessa persona di cui il comunicato perora la riconferma –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga conseguentemente opportuno, per quanto di competenza, fornire indicazioni alle Autorità di sistema portuale affinché gli uffici comunicazioni delle varie autorità si astengano da comportamenti non istituzionali.
(5-05129)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAZZETTI, SOZZANI e BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come riportato anche dalla stampa, già dall'inizio del 2021 riprendono i lavori sia per la realizzazione della stazione Foster di Firenze, che per il tunnel dell'Alta Velocità, seppure in ritardo rispetto alle ultime previsioni;

   riguardo alla stazione Foster, si ricorda che ora è in corso la revisione esecutiva del progetto del nodo fiorentino da parte della nuova società Infrarail Firenze srl. Progetto partito nel 1995, ma più volte bloccato dalle inchieste della magistratura, la burocrazia e altri rallentamenti, fino allo stop dal 2016;

   la suddetta società ha spiegato di dover passare dalla riprogettazione per via delle nuove norme, il logorio del tempo trascorso e il nuovo assetto intermodale della stazione, che, a questo punto, prevede non solo il passaggio e la fermata in sotterranea dei treni veloci, ma anche uno hub dei pullman extraurbani al suo esterno, oltre alla già esistente fermata della tramvia T2 di viale Belfiore e un people mover per la stazione di Santa Maria Novella;

   il cronoprogramma dice che nell'agosto del 2021 inizierà, invece, lo scavo del tunnel. All'alta velocità fiorentina mancano 9 chilometri circa, di cui oltre 7 in sotterranea con due gallerie a singolo binario tra Campo di Marte e la stazione di Rifredi, via stazione Foster;

   il costo stimato dell'intera opera è di circa 1,6 miliardi di euro, con sei anni di lavori ed entrata in funzione nel 2027. Con l'obiettivo di rendere più veloci i collegamenti Roma-Firenze-Milano, ma soprattutto di «alleggerire» i binari fiorentini, per lasciare posto ai treni regionali, ora rallentati da quelli veloci, liberando la stazione di Santa Maria Novella –:

   se non si intendano adottare iniziative per provvedere alla completa realizzazione dell'opera di cui in premessa, garantendo le risorse necessarie anche attraverso l'utilizzo della quota comunitaria dei Fondi Ten.
(4-07709)


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le ex Ogr oggi officine manutenzioni cicliche (Omc) di Foligno sono il simbolo di un'intera filiera manutentiva delle Ferrovie dello Stato Italiane e dei suoi rotabili su scala nazionale, in virtù anche del ruolo chiave che essa riveste nell'industria metalmeccanica nel mondo dei trasporti;

   ancora oggi, così come nel corso degli anni, all'interno delle Omc di Foligno sono nate, cresciute e maturate grandi maestranze e professionalità, che, nel corso del tempo, hanno donato lustro alla tecnologia rotabile, introducendo tecnologie sempre più all'avanguardia e attente all'ambiente;

   lo storico sito produttivo di Foligno, le attuali Omc hanno il compito di eseguire le revisioni cicliche di tipo 2, le più complete e impegnative, che prevedono anche riverniciature integrali e pellicolature, sostituzioni dei carrelli e prove dinamiche. Tale tipo di revisione ha una frequenza normata dalla legge e deve essere eseguita sui rotabili ogni 1.200.000 oppure ogni 6 anni di servizio;

   nel corso degli anni le Omc hanno raggiunto anche il picco di 1.000 addetti, mentre oggi conta poco più di 380 unità;

   da anni, a fasi alterne, sono state avanzate idee e progetti di revamping del sito, anche perché, come sostengono anche le organizzazioni sindacali, solo attraverso un serio investimento che consenta una ristrutturazione e un ammodernamento del sito si potrà tornare a far crescere i numeri produttivi ed occupazionali del sito;

   purtroppo, oggi, l'inevitabile crisi del trasporto ferroviario, causato dall'emergenza sanitaria, ha determinato il congelamento del piano industriale da 20 milioni di euro che avrebbe permesso alle Omc di Foligno di acquisire la tecnologia necessaria per ospitare i treni di nuova generazione che avrebbe garantito, di fatto, nuova ricchezza e immediate assunzioni, a partire dalle 25 che erano già previste a fine anno;

   il clima di forte incertezza determinato dalla crisi del trasporto ferroviario rischia di vanificare quanto era già stato predisposto nei vari tavoli tecnici in vista della realizzazione di 3 nuovi binari da 120 metri ciascuno e di tutte le altre opere strutturali necessarie ad ospitare i treni monoblocco, a cominciare dai «Jazz» e dai «Pop», che, nel contesto nazionale, occupano un'importantissima fetta del materiale rotabile destinato al trasporto regionale;

   il piano industriale predisposto avrebbe consentito, entro il 2024, di riportare le Officine manutenzioni cicliche al primo posto nel campo della manutenzione nazionale;

   fortunatamente, nonostante lo scenario rischi di mutare a causa della pandemia da Covid-19 e dell'emergenza sanitaria in corso, l'evidente calo della produttività non ha creato, ad oggi, ripercussioni sull'attività delle Officine che stanno riuscendo a mantenere gli attuali livelli occupazionali;

   condividendo quanto dichiarato dalle organizzazioni sindacali e in particolare dalla Filt-Cgil dell'Umbria, a parere dell'interrogante, il progetto che prevede la realizzazione dei tre binari da 120 metri ciascuno diventa essenziale e indispensabile per perseguire quel piano industriale che oggi più che mai è fondamentale realizzare per garantire il mantenimento e lo sviluppo di questa importante realtà industriale –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati e quali iniziative di competenza intendano assumere, anche nei confronti di Trenitalia, affinché venga assicurata sia la realizzazione del progetto di costruzione dei 3 binari da 120 metri ciascuno di cui in premessa e con quali tempistiche, sia il mantenimento degli impegni presi con l'ultimo piano industriale che prevede circa 20 milioni di euro di investimenti e nuove assunzioni, tutti elementi fondamentali per garantire il mantenimento e lo sviluppo di una importante e fondamentale realtà industriale come le Officine manutenzioni cicliche di Foligno.
(4-07719)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quando riportato dalla stampa, mercoledì 18 novembre 2020, un immigrato di nazionalità tunisina ospite del centro di accoglienza straordinaria di Monastir, con precedenti denunce a carico, è stato arrestato a San Sperate dai carabinieri di Iglesias in flagranza del reato di furto aggravato;

   da notizie di stampa si apprende altresì che qualche giorno dopo, sabato 21 novembre 2020, un altro ospite algerino del centro di accoglienza è stato arrestato dai carabinieri poiché segnalato dal personale del centro commerciale «Carrefour» in quanto superava le barriere antitaccheggio con della merce non pagata;

   va considerato che quanto accaduto rappresenta l'ennesimo episodio riguardante il centro di accoglienza di Monastir, che risulta essere assolutamente inadeguato e dotato di un numero esiguo di operatori delle forze dell'ordine per il suo presidio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle difficoltà del centro di accoglienza straordinaria di Monastir e dei danni che arreca ai cittadini e agli esercizi commerciali dell'area;

   se non ritenga dunque opportuno potenziare la dotazione di personale delle forze dell'ordine per la sorveglianza o, in caso di impossibilità, se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative per chiudere il centro;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di fermare gli sbarchi in Sardegna e tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dell'isola.
(4-07705)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MARROCCO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, con circolare 1585/2020, riguardante i lavoratori fragili, ha previsto che il docente lavoratore fragile possa essere sottoposto a sorveglianza sanitaria su sua richiesta e, qualora dal relativo procedimento risulti inidoneo temporaneamente alla mansione, viene collocato in malattia fino al termine indicato dal giudizio di inidoneità temporanea;

   in merito all'inidoneità relativa alla specifica mansione, si applica il contratto collettivo nazionale integrativo concernente i criteri di utilizzazione del personale dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di salute del 2008. Detto contratto collettivo nazionale integrativo stabilisce che il personale docente riconosciuto temporaneamente inidoneo allo svolgimento delle proprie funzioni può chiedere l'utilizzazione in altre mansioni. Ne discende il diritto del personale fragile, riconosciuto temporaneamente inidoneo dal medico competente, ad essere utilizzato in altri compiti. E anche qualora il personale dichiarato temporaneamente inidoneo non chiedesse di essere assegnato ad altre mansioni avrebbe comunque diritto di percepire lo stipendio;

   nella situazione epidemiologica attuale non si ha a che fare con docenti e Ata «inidonei» alle proprie mansioni per disposizione della Commissione medica o del medico competente, ma di personale considerato «fragile» dal medico competente perché esposto a rischi nel caso di infezioni da Covid;

   la pandemia in atto pone tutti i docenti a tempo determinato (con contratto al 30 giugno o 31 agosto 2020) e indeterminato, Ata, innanzi ad una medesima situazione di rischio, tutelata però diversamente dallo Stato. Il docente a tempo determinato viene discriminato rispetto al docente assunto a tempo indeterminato;

   per questo motivo vari sindacati hanno chiesto al Ministero dell'istruzione di garantire al personale a tempo determinato lo stesso trattamento dal punto di vista del rapporto di lavoro (possibilità assegnazione ad altri compiti) ed economico. Si rammenta che il personale assunto a tempo determinato al 30 giugno o 31 agosto, se fragile e temporaneamente inidoneo, viene posto in malattia e resta soggetto alle limitazioni rispetto al personale assunto con contratto a tempo indeterminato, sia riguardo la durata della malattia, 30+30+30, sia sul trattamento economico: poiché percepirebbe lo stipendio al 100 per cento il primo mese, al 50 per cento il secondo e terzo mese e dal quarto mese più nulla. Quindi al docente a tempo determinato (al 30 giugno o 31 agosto) viene applicata la normale disciplina prevista per la malattia, che comporta: impossibilità di chiedere lo svolgimento di altri compiti; stipendio dimezzato per il secondo e terzo mese di assenza; stipendio azzerato dal quarto mese di assenza;

   ciò produce disparità di trattamento dinanzi ad una situazione assolutamente eccezionale rappresentata da una pandemia. Per gli uni si segue una disciplina più favorevole e ad hoc, per gli altri la disciplina prevista per la semplice malattia, pur non essendo la condizione di fragilità equiparabile all'ipotesi di malattia;

   inoltre, nel caso di malato oncologico che ha subito intervento chirurgico e chemioterapia, dovrebbe essere prevista una maggiore tutela (in termini di durata della malattia, possibilità di essere adibito ad altre mansioni, trattamento economico) anche nella fase successiva alla chemioterapia a fronte di una pandemia, sia da un punto di vista sanitario che economico, considerato che gli effetti immunodepressivi della chemio si protraggono a lungo e di conseguenza il malato è sottoposto a maggiori rischi anche a distanza di mesi dalla fine della medesima chemioterapia –:

   se il Governo non ritenga, alla luce delle criticità esposte in premessa, di intervenire al fine di garantire al personale a tempo determinato della scuola in condizione di fragilità, equità di trattamento dal punto di vista del rapporto di lavoro (possibilità di assegnazione ad altri compiti) ed economico anche prevedendo che possano svolgere il proprio lavoro in sicurezza e senza dover ricorre allo stato di malattia, nonché dare soluzione alle criticità esposte in materia di lavoratori malati oncologici.
(4-07717)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le oloturie svolgono un ruolo fondamentale ai fini della conservazione dell'ecosistema marino e delle altre risorse biologiche del mare in ragione della forte interdipendenza esistente tra gli organismi marini e del ruolo svolto da ciascuno di essi;

   il prelievo delle oloturie (risorse destinate prevalentemente al consumo in mercati extracomunitari) ha assunto sempre maggiore dimensione tanto da richiedere l'applicazione del principio di precauzione ai sensi dell'articolo 151 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   lo stesso Ispra ha rilevato il ruolo ecologico delle oloturie e come una eventuale autorizzazione allo sfruttamento potrebbe portare ad un impatto severo in aree riconosciute come ecologicamente di grande pregio («strutturanti dell'habitat»), con effetti negativi sulla biodiversità ed i servizi ecosistemici, ivi inclusi gli equilibri che sostengono la produttività delle specie commerciali;

   la nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Reparto Pesca del Corpo delle Capitanerie di porto – del 17 ottobre 2019, prot. n. 16154, ha evidenziato che la pesca indiscriminata della specie oloturia potrebbe causare gravissimi e irreparabili danni all'ecosistema marino;

   alla luce di quanto suesposto, con decreto ministeriale 27 febbraio 2018 è stata vietata la pesca delle oloturie fino al 31 dicembre 2019;

   successivamente, con decreto ministeriale del 30 dicembre 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 28 maggio 2020, è stata disposta una ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2020 di divieto di pesca (catture bersaglio o accessorie), detenzione a bordo, trasbordo e sbarco di esemplari della classe Holothuroidea (comunemente detti cetrioli di mare o oloturie) –:

   se non ritenga necessario, alla luce del ruolo fondamentale ai fini della conservazione dell'ecosistema marino di cui in premessa, adottare iniziative per prorogare il divieto di pesca, detenzione a bordo, trasbordo e sbarco delle oloturie.
(5-05127)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDINI e BOND. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per limitare il più possibile i contatti fra le persone e dunque la diffusione del Coronavirus, in questi mesi sono stati presi diversi provvedimenti restrittivi da parte del Governo;

   due delle principali misure di salute pubblica introdotte per contenere il rischio contagi del virus Sars-CoV-2, sono l'isolamento e la quarantena;

   l'isolamento consiste nella separazione tra coloro che hanno una diagnosi accertata di infezione da Sars-CoV-2 (e dunque con esito positivo al tampone) e i soggetti sani, predisponendo condizioni tali a prevenire la trasmissione dell'infezione. I soggetti con diagnosi accertata di infezione Sars-CoV-2, possono essere sintomatici e asintomatici;

   la quarantena si applica invece a persone sane, ma che potrebbero essere state esposte al virus;

   attualmente, le procedure prevedono che, nel caso di pazienti positivi sintomatici, questi sono tenuti a rimanere in isolamento per almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi e possono rientrare in comunità dopo un tampone negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi. Se il secondo tampone dovesse invece risultare positivo, occorre proseguire l'isolamento e ripetere il tampone dopo 7 giorni. Se il soggetto risultasse ancora positivo, l'isolamento si conclude 21 giorni dopo l'esecuzione del primo tampone e dopo almeno l'ultima settimana senza sintomi;

   nel caso di pazienti positivi asintomatici, questi devono rimanere in isolamento per almeno 10 giorni e alla fine di questi eseguire un tampone. Se l'esito è ancora positivo occorre prolungare l'isolamento ed effettuare un ulteriore tampone dopo 7 giorni. Se il paziente risultasse ancora positivo, l'isolamento si conclude 21 giorni dopo l'esecuzione del primo tampone e dopo almeno l'ultima settimana senza sintomi;

   in pratica, sulla base delle indicazioni del Ministero della salute, un soggetto positivo che, dopo l'isolamento e l'effettuazione di tutti i tamponi previsti, continua a confermarsi positivo al Sars-CoV-2, è comunque autorizzato a uscire dall'isolamento e rientrare nella comunità –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative per rivedere le disposizioni in materia di isolamento per diagnosi accertata di infezione da Sars-CoV-2, con particolare riguardo ai rischi di contagio conseguenti all'attuale previsione per cui un paziente Covid, dopo un periodo congruo di isolamento, può comunque rientrare nella comunità anche in presenza di un ulteriore tampone che si conferma positivo.
(5-05125)


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la giunta regionale dell'Umbria, con deliberazione n. 1139/2020 avente ad oggetto Test per la ricerca di SARS-CoV-2 presso i luoghi di lavoro e le strutture private, ha stabilito, tra l'altro, che «in caso di positività al test antigene/sierologico, la conferma diagnostica attraverso test molecolare dovrà essere effettuata da un laboratorio privato dell'elenco regionale dei laboratori autorizzati ai sensi della DGR n. 571/2020»; è inoltre stabilito che «fino a quando il Ministero della Salute non indicherà ufficialmente che il "caso confermato" può essere definito tale anche sulla base del solo test antigenico rapido positivo, ogni test antigenico positivo effettuato per identificare un caso dovrà essere confermato con test molecolare»;

   dunque, nella sostanza, i cittadini umbri che decidano di sottoporsi al test antigene/sierologico presso una struttura privata sono tenuti, in base a questa delibera, a effettuare il test molecolare successivo sempre e solo presso la stessa struttura privata, sobbarcandosene il costo, con un esborso di denaro che va dagli 80 ai 90 euro per test;

   tale obbligo risulta essere stabilito esclusivamente nel territorio umbro, non risultandovi essere analoghe delibere regionali;

   la circolare del Ministero della salute del 30 ottobre 2020, riguardante la materia, nulla dispone in questa direzione con riferimento al test molecolare e nemmeno sembra legittimare l'introduzione di un obbligo di tal fatta, che potrebbe astrattamente pregiudicare, rispetto a tutti gli altri, i soli cittadini umbri, i quali, per rispettare la delibera citata, si troverebbero formalmente impediti a rivolgersi alla sanità pubblica per l'effettuazione del test molecolare, con ogni conseguenza con riguardo alla necessità di sostenere una notevole correlativa spesa –:

   se il Ministro sia a conoscenza della descritta situazione;

   se ritenga coerente con gli indirizzi ministeriali un provvedimento regionale che imponga ai cittadini di rivolgersi alla sanità privata per lo svolgimento del test molecolare, dopo l'esito positivo del test antigene/sierologico;

   se ritenga di dovere assumere iniziative per quanto di competenza, a tutela della libertà di scelta dei cittadini umbri di rivolgersi alla sanità pubblica per l'effettuazione del test molecolare.
(5-05130)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in Italia esistono storiche disuguaglianze tra le varie aree della Nazione e, in particolare, il Mezzogiorno risulta essere il territorio meno sviluppato sotto molteplici aspetti, dal tasso di occupazione al livello di istruzione, dal reddito medio al rischio di povertà o esclusione sociale, dalla sanità ai trasporti;

   con il federalismo fiscale, si era tentato di elidere tali disparità, attraverso la definizione da parte dello Stato dei livelli essenziali di prestazione (Lep), cioè livelli di prestazioni sociali e civili da garantire a tutti (articolo 117 della Costituzione) e la creazione di un fondo perequativo da distribuire ai territori più svantaggiati che non sono in grado di svolgere le proprie funzioni fondamentali (articolo 119 della Costituzione);

   a 20 anni dalla riforma, tuttavia, non sono stati ancora individuati tali livelli essenziali di prestazione, una lacuna che ha impedito di elaborare un sistema di finanziamento basato sulla reale necessità di servizi sul territorio, con conseguente penalizzazione, soprattutto per i comuni del Mezzogiorno che di fatto non riescono a garantirli;

   tra le ultime sperequazioni a danno del Sud sembrerebbe esservi l'aggiornamento della nota metodologica relativa ai fabbisogni standard dei comuni delle regioni a statuto ordinario per il servizio di smaltimento rifiuti che verrà adottata con decreto dal Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere della commissione bilancio e della commissione parlamentare per il federalismo fiscale;

   tale nuova metodologia determinerebbe che gli uffici comunali definiranno in maniera analitica le tariffe del servizio di smaltimento dei rifiuti, con conseguente neutralizzazione della componente rifiuti nell'ambito della perequazione delle risorse assegnate attraverso il Fondo di solidarietà comunale (Fsc), in virtù del principio di copertura integrale del costo del servizio da parte dei cittadini residenti;

   proprio in relazione alla predetta neutralizzazione, il presidente della commissione tecnica per i fabbisogni standard, professor Arachi, nell'audizione del 10 novembre 2020, ha evidenziato che, tale nuova metodologia comporterà una modifica del riparto del Fondo di solidarietà, in una misura approssimativamente pari a circa l'1 per cento a favore dei comuni del Centro Nord;

   in altre parole, come riportato anche dal giornale Il Mattino, tale ripartizione determinerebbe lo spostamento di circa 70 milioni di euro verso i comuni del Centro Nord, a discapito dei comuni del Sud;

   secondo le predette dichiarazioni, che per la loro importanza certamente meriterebbero un maggiore approfondimento, la nuova metodologia non terrebbe in debita considerazione i gravi disagi economici e sociali che caratterizzano le regioni e i comuni del Mezzogiorno, oggi ancor più accentuati a causa dell'emergenza sanitaria, ma al contrario andrebbe ad elidere il principio stesso di solidarietà cui il Fondo per i comuni si ispira;

   tale dinamica, unitamente alla distribuzione delle risorse secondo metodologie che non tengono conto delle effettive esigenze dei territori, non farebbe altro che incrementare l'incolpevole arretratezza e quindi la disuguaglianza socio-economica in cui continua a versare il Mezzogiorno d'Italia ancor più inaccettabile nell'attuale periodo storico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di riequilibrare gli effetti distorsivi che di fatto allocherebbero maggiori risorse nelle are del Centro Nord a discapito dei comuni del Mezzogiorno d'Italia, nonostante una cronica carenza d'infrastrutture anche per responsabilità dello Stato centrale, e quali iniziative intenda adottare al fine di contrastare maggiormente le disuguaglianze esistenti tra Centro, Nord e Sud del Paese.
(4-07707)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FIORINI, GUIDESI, BINELLI, ANDREUZZA, DI MURO e PETTAZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto rilancio al suo articolo 46-bis ha previsto per il 2020 un incremento di 30 milioni di euro delle risorse a favore del credito d'imposta per la partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali (ex articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2019), già legate alle spese per fiere e manifestazioni all'estero disdette a causa della pandemia (ex articolo 12-bis del decreto-legge n. 23 del 2020);

   i nuovi fondi messi a disposizione sono destinati a imprese diverse dalle piccole e medie imprese e agli operatori del settore fieristico per i danni subiti a seguito dell'annullamento o della mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali in ragione dell'emergenza legata alla situazione epidemiologica in atto;

   in base alle citate norme gli operatori del settore fieristico hanno diritto a un credito di imposta pari al 30 per cento fino a un massimo di 60.000 euro, delle spese sostenute per l'affitto degli spazi espositivi e per il loro allestimento nonché per le attività pubblicitarie, di promozione e di comunicazione connesse alla partecipazione agli eventi fieristici;

   nonostante tali misure siano state approvate con la massima urgenza dal Parlamento per supportare un comparto fortemente penalizzato dall'emergenza epidemiologica, si assiste oggi al paradosso per cui l'agevolazione del credito di imposta risulta ancora inaccessibile perché il primo decreto attuativo del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che avrebbe dovuto stabilire nel dettaglio le tipologie di spese e le procedure per usufruire del beneficio già introdotto con il cosiddetto «decreto Crescita» (decreto-legge n. 34 del 2019), non è stato ancora emanato. La scadenza era prevista per il 30 giugno 2019 e, in mancanza di tale atto normativo, l'attuazione della misura resta ferma, pur ampliandosi, a seguito dei provvedimenti di urgenza approvati per far fronte all'emergenza da Covid-19, la platea dei potenziali beneficiari; tali ritardi non hanno consentito agli operatori del settore fieristico di usufruire del credito di imposta già maturato per l'anno 2019 — che certamente avrebbe dato una boccata di ossigeno all'intero settore in questo periodo di grave crisi di liquidità — e, ad oggi, non danno modo neppure di richiedere quanto spetti sugli esigui redditi che verranno dichiarati per l'anno 2020 –:

   quali siano le motivazioni che hanno determinato questi incomprensibili ritardi nell'adozione del decreto previsto dall'articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 e cosa i Ministri interrogati intendano fare per riconoscere il prima possibile alle imprese del settore fieristico quanto di spettanza ai sensi delle norme approvate e ancora inattuale.
(4-07714)


   TORTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 la Società Seastock Srl, in data 4 giugno 2014, ha chiesto di essere autorizzata, alla costruzione e all'esercizio di un deposito costiero di ricezione travaso di GPL, per uno stoccaggio complessivo di mc 25.000, da realizzarsi all'interno dell'area portuale di Ortona (CH) attraverso l'installazione di n. 5 serbatoi metallici della capacità di 5.000 mc ciascuno;

   nell'ambito del procedimento di autorizzazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per le valutazioni ambientali, ha reso noto di non rilevare aspetti di propria competenza in materia di Via comunicando altresì che il progetto necessita di una preventiva procedura di verifica di assoggettabilità di competenza della regione Abruzzo. Il parere del Comitato di coordinamento regionale per la valutazione d'impatto ambientale dell'Abruzzo si è dichiarato favorevole all'esclusione dalla procedura di Via con giudizio del 12 febbraio 2015 indicando inoltre che il parere non assorbe l'iter tecnico-amministrativo della realizzazione del progetto di colmata, che è oggetto di autonoma procedura di valutazione e di autorizzazione;

   il consiglio comunale del 16 giugno 2016 prende atto della contrarietà della città di Ortona, approvando all'unanimità una mozione che si esprime contrariamente all'impianto Gpl proposto dalla società Seastock Srl;

   con nota del 5 ottobre 2017 sembrerebbe, che l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Centrale abbia trasmesso la deliberazione n. 28 del 27 settembre 2017 contenente le valutazioni del Comitato di gestione con la quale sarebbe stato espresso parere contrario in ordine alla valutazione dell'istanza presentata dalla Società Seastock S.r.l.;

   a distanza di anni, il procedimento, per quanto consta all'interrogante risulta ancora aperto;

   ad avviso degli interroganti tale procedimento dovrebbe avviarsi verso la conclusione, considerando che sono trascorsi oltre 6 anni dall'istanza presentata dalla Società Seastock Srl –:

   quale sia la ricostruzione integrale dell'iter amministrativo riguardante la richiesta di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un deposito di Gpl oggetto dell'interrogazione;

   se e quali atti formali siano stati prodotti dal Ministero competente successivamente al parere contrario dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Centrale in merito al procedimento oggetto dell'interrogazione;

   per quale motivo a distanza di anni l'iter autorizzatorio non risulti ancora concluso;

   quando verrà concluso l'iter autorizzatorio.
(4-07718)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dall'anno accademico 2001-2002 è stata introdotta in Italia la riforma del sistema universitario che tra le varie novità ha previsto la sostituzione delle lauree a ciclo unico (generalmente quadriennali) con quelle 3+2: triennale e specialistica, quest'ultima successivamente sostituita dalla magistrale;

   i diplomi di laurea del vecchio ordinamento quadriennale sono stati così equiparati alle corrispettive lauree specialistiche – magistrali. Nello specifico, il decreto interministeriale 9 luglio 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2009) equipara le lauree del vecchio ordinamento (decreto ministeriale n. 39 del 1998) a quelle specialistiche e magistrali (decreto ministeriale 270 del 2004) ai fini concorsuali. Sul sito del Ministero dell'università e della ricerca è possibile trovare le tabelle di equivalenza tra i vari titoli (http://attiministeriali.miur.it);

   tale equivalenza, però, non risulta valida per i concorsi in ambito scolastico perché la tabella A delle classi di concorso fa differenza tra vecchio ordinamento, specialistica e magistrale. In questo modo, a un laureato del vecchio ordinamento non sempre è permesso l'accesso alla classe di concorso a cui può invece concorrere un «laureato 3+2»;

   in particolare, ed a titolo esemplificativo, la laurea del vecchio ordinamento 1240 in discipline dell'arte, della musica e dello spettacolo (indirizzo di studio cinema) trova, per decreto, equivalenza nella laurea specialistica 73/S scienze dello spettacolo e della produzione multimediale e nella laurea magistrale LM-65 scienze dello spettacolo e produzione multimediale. Tuttavia, i laureati 73/S e LM-65 possono insegnare Discipline Audiovisive (classe di concorso A07), mentre al laureato del vecchio ordinamento 1240 in Disciplina delle arti, della musica e dello spettacolo (Dams) (che magari ha dato nel suo percorso di studi 12 esami in ambito cinematografico-fotografico-televisivo) non è consentito insegnare tale materia;

   paradossalmente, secondo le tabelle ministeriali quel «damsiano» di vecchia generazione, integrando con alcuni esami del tutto teorici, potrebbe insegnare musica nelle scuole secondarie di I e II grado, sebbene non sappia ne leggere un pentagramma, né suonare alcuno strumento –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, perché possa essere consentito sempre a un laureato del vecchio ordinamento l'accesso alla classe di concorso a cui può concorrere un «laureato 3+2» ed, in particolare a un «laureato Dams» del vecchio ordinamento, con un curriculum di studio ad indirizzo cinema, di accedere legittimamente all'insegnamento di discipline audiovisive per le quali ha una preparazione specifica pari a quella dei laureati più recenti.
(5-05124)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta in Commissione Carnevali n. 5-04220 del 23 giugno 2020

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CECCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dalla cronaca di questi ultimi mesi, nonché dalle continue segnalazioni, risulta che i cittadini della frazione Rhodense di Lucernate (provincia di Milano), stanno subendo forti disagi a causa del locale ufficio postale chiuso – ininterrottamente – ormai dal 2 marzo 2020, cioè da quando è iniziata l'emergenza da Covid-19;

   a fronte delle legittime richieste di chiarimenti, e di notizie, da parte dei residenti nei confronti di Poste Italiane spa, ormai si è a fine settembre 2020 nel momento in cui si scrive, i dirigenti di Poste Italiane hanno continuamente fornito rassicurazioni, e promesse di prossima apertura, tuttavia fino ad oggi tutte disattese;

   le difficoltà sono ormai enormi: ritardi nel poter ritirare raccomandate e corrispondenza ordinaria, che giace negli scaffali degli uffici postali chiusi; impossibilità di utilizzare documenti ufficiali necessari per il vivere quotidiano (si pensi, ad esempio, al caso delle patenti rinnovate il cui nuovo documento è «fermo» degli uffici in parola) e in generale una serie di disservizi che colpiscono, soprattutto, i più anziani come quello – particolarmente grave – dell'impossibilità di ritirare (allo sportello) la propria pensione accreditata in questi uffici, in assenza di altre modalità o possibilità di prelievo;

   occorre ricordare che gli uffici postali rappresentano preziosi presidi del territorio e svolgono, da sempre, prestazioni di servizio pubblico universale stante la loro vocazione «di servizio alla collettività»;

   vi è il timore, quindi, di una riorganizzazione o razionalizzazione, non ancora dichiarata da Poste Italiane spa, che preveda la chiusura definitiva dell'ufficio di Lucernate che determinerebbe una serie di grosse problematiche per il territorio interessato –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario promuovere ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, per eliminare i disservizi illustrati, di cui subiscono le conseguenze i cittadini, al fine di ripristinare sul territorio un servizio d'interesse generale, ricordando che Poste Italiane spa annovera tra i propri compiti l'erogazione di un servizio a vocazione universale e quindi anche di rilevanza pubblica.
(4-06846)


   CECCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i cittadini del comune di Rho (Milano), in particolare del quartiere Stellanda, sono ormai esasperati dalle continue promesse non mantenute, come nel caso dei residenti della frazione di Lucernate, da parte della direzione centrale delle Poste italiane s.p.a. circa la mancata riapertura degli uffici postali nel quartiere;

   fino ad oggi, tutte le rassicurazioni fornite dalla società sono state disattese;

   risultano, infatti, ormai costanti – e mai superati – i disagi che stanno subendo i residenti del quartiere (particolarmente popoloso e con molti anziani) circa la mancata riapertura dell'ufficio postale di via Giusti, chiuso dal mese di marzo 2020 a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19;

   lo stato di agitazione, legittimo, dei cittadini si è concretizzato in questi giorni (nel momento in cui si scrive) con una manifestazione di protesta nonché con una raccolta firme (si è ad oltre 350 adesioni) per una petizione nei confronti di Poste Italiane s.p.a.;

   anche in questo caso le difficoltà sono ormai enormi e si possono richiamare le problematiche analoghe ad altri casi: ritardi nel poter ritirare la corrispondenza; impossibilità di prelevare (per chi non ha altre modalità) la propria, ad esempio, pensione o, in generale, difficoltà nell'espletare tutte le operazioni che si svolgono allo sportello; peraltro, tutti questi disservizi interessano maggiormente la popolazione più anziana;

   sui quotidiani locali si legge che Poste Italiane s.p.a. sta «effettuando alcune valutazioni in merito ai due uffici in questione», quartiere Stellanda e Lucernate, ma null'altro viene detto;

   ancora una volta occorre ricordare che gli uffici postali rappresentano preziosi presidi del territorio e svolgono, da sempre, prestazioni di servizio pubblico universale stante la loro vocazione «di servizio alla collettività»;

   i servizi di consegna della posta, i servizi allo sportello e la presenza sul territorio degli uffici postali costituiscono un aspetto fondamentale per la comunità locale;

   il silenzio, anzi l'inerzia, di Poste Italiane s.p.a. nella mancata riapertura dell'ufficio in questione sembra dettato, anche in questo caso, da ragioni di riorganizzazione o razionalizzazione, in palese contraddizione con gli stessi impegni che il Gruppo (così è scritto sul sito di Poste Italiane) ha dichiarato di voler raggiungere: «... ricercare la costante integrazione tra esigenze della collettività e obiettivi aziendali, identificando progetti e iniziative che rispondano a interessi condivisi e generino un impatto concreto e misurabile sulla comunità...»; belle parole che tradotte, ad avviso dell'interrogante, sembrano voler dire: prima gli interessi aziendali poi quelli della collettività –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario promuovere ogni utile iniziativa di competenza per eliminare i disservizi illustrati tutelando la cittadinanza coinvolta, in particolare quella più anziana, al fine di ripristinare sul territorio un servizio d'interesse generale, ricordando che Poste Italiane s.p.a. annovera tra i propri compiti l'erogazione di un servizio a vocazione universale e quindi anche di rilevanza pubblica.
(4-06948)

  Risposta. — Con riferimento agli di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla mancata riapertura degli uffici postali del comune di Rho (Milano), in particolare del quartiere Stellanda e nella frazione di Lucernate.
  A tal proposito, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, infatti, all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. A riguardo, informo che la suddetta Autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS, che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  Inoltre, occorre ricordare che, in occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019, Poste Italiane ha illustrato l'impegno di Poste Italiane verso i piccoli comuni: in primo luogo, la scelta di non chiudere più gli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento; in secondo luogo, la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare.
  Ciò premesso, si rappresenta che, a causa dell'allerta pandemica da Sars-Cov-2, Poste Italiane ha dovuto apprestare una serie di misure di contenimento della diffusione del virus, in linea con le prescrizioni governative, anche attraverso la riorganizzazione della rete degli uffici postali, disponendo chiusure e rimodulazioni orarie.
  In virtù della sua funzione di vigilanza, sulla questione è stata sentita l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale conferma che Poste Italiane ha dovuto ripensare profondamente le modalità di erogazione dei servizi e l'operatività degli uffici postali al fine di garantire la messa in sicurezza degli stessi – attraverso la sanificazione degli ambienti, il posizionamento di linee di distanziamento e l'installazione di circa 14.000 pannelli schermanti in plexiglass – e garantire la corretta gestione dei momenti di maggiore afflusso legati al pagamento delle pensioni.
  L'Agcom riferisce che gli interventi attuati da Poste Italiane, volti al graduale riassorbimento degli impatti dell'emergenza sulla rete e al contenimento delle situazioni critiche, sono proseguiti senza interruzioni e avrebbero dovuto garantire un recupero graduale e crescente dei livelli di operatività degli uffici postali. Tuttavia, l'insorgere di nuovi casi di contagio sta avendo conseguenze sull'operatività del servizio. Ad ogni modo, l'Agcom riconosce che, grazie all'impegno profuso da Poste Italiane, il numero di uffici inizialmente coinvolti dall'emergenza continua a ridursi.
  Sul punto sollevato dall'interrogante è stata sentita direttamente Poste Italiane. Questa ha comunicato di aver posto in essere, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica e in totale trasparenza e collaborazione con le Istituzioni, le azioni necessarie ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare comunque i propri servizi, in coerenza con le disposizioni normative vigenti in materia di tutela della salute pubblica, ivi comprese le disposizioni afferenti al distanziamento sociale.
  Poste Italiane ha riferito, al contempo, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola, dandone preventiva informativa ai sindaci dei comuni interessati.
  Tali iniziative hanno riguardato anche i cinque uffici postali presenti nel comune di Rho: tre di questi uffici hanno infatti ripreso la consueta operatività, un ufficio è al momento sottoposto a razionalizzazione; soltanto un ufficio è rimasto chiuso, con operatività in appoggio presso il limitrofo ufficio postale.
  In particolare, Poste Italiane rappresenta quanto segue:

    l'ufficio postale Rho, sito in via Renato Serra 3, inizialmente sottoposto a razionalizzazione, dal 27 aprile 2020 ha ripreso la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì, dalle 8:20 alle 19:05 e il sabato dalle ore 8:20 alle 12:35. L'ufficio è inoltre dotato di tre sportelli automatici (ATM) fruibili durante l'intera giornata;
    l'ufficio postale Rho1, sito in Galleria Mohandas Karamchand Gandhi 32, inizialmente sottoposto a razionalizzazione, dal 27 aprile 2020 ha ripreso la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì, dalle 8:20 alle 13:35 e il sabato dalle ore 8:20 alle 12:35. Anche questo ufficio è dotato di ATM;
    l'ufficio postale Lucernate, rimasto chiuso fino al 3 ottobre 2020, dal 5 ottobre ha ripreso la consueta operatività, con apertura dal lunedì al venerdì, dalle 8:20 alle 19:05 e il sabato dalle ore 8:20 alle 12:35;
    l'ufficio postale Rho2, sito in Via Giuseppe Casati 42, è attualmente sottoposto a razionalizzazione con apertura il martedì e il giovedì dalle ore 8:20 alle 13:35 ed il sabato dalle 8:20 alle 12:35. Anche questo ufficio è dotato di Atm fruibile durante l'intera giornata;
    l'ufficio postale Rho3, sito in Via Giuseppe Giusti 1, è al momento chiuso, ma con operatività in appoggio sul limitrofo ufficio postale di Rho, dal quale dista 2,1 chilometri.

  La stessa Agcom conferma che, nel comune di Rho, l'operatività è garantita da tre uffici postali secondo il proprio orario standard (Lucernate, Rho e Rho1), da un ufficio postale con orario rimodulato, che garantisce comunque il servizio con apertura su tre giorni settimanali (Rho2), mentre solo l'ufficio postale di Rho3 risulta a tutt'oggi chiuso.
  Relativamente agli uffici postali ancora sottoposti a razionalizzazione oraria o chiusura, Poste Italiane riferisce che razionalizzazione e chiusura non hanno carattere definitivo: l'Azienda proseguirà con il costante monitoraggio degli uffici postali in parola, al fine di valutare la data di ripristino della loro consueta operatività. Nel frattempo, la regolare erogazione di tutti i servizi viene assicurata attraverso gli altri uffici postali normalmente aperti nel medesimo comune; infatti, sulla base dell'analisi dei flussi di traffico e del numero delle operazioni effettuate, Poste Italiane ritiene che essi siano per ora in grado di assorbire l'operatività degli uffici temporaneamente razionalizzati o chiusi.
  La società riferisce, inoltre, di aver avuto, nel mese di settembre 2020, diversi contatti telefonici con il sindaco, il quale ha chiesto chiarimenti sulle chiusure che hanno interessato gli uffici postali del comune. I rappresentanti territoriali di Poste Italiane hanno ribadito il carattere temporaneo degli interventi di razionalizzazione e di chiusura ancora in atto e sottolineato l'impegno dell'azienda nell'assicurare l'erogazione dei propri servizi, nel rispetto delle disposizioni normative in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica. Poste Italiane ha illustrato le iniziative adottate per limitare la diffusione del contagio, ivi compresa la procedura di sanificazione e l'istallazione di pannelli schermati in plexiglass in tutte le postazioni di
front office sprovviste di vetro blindato, nonché il posizionamento di strisce di sicurezza idonee a garantire il distanziamento interpersonale, a tutela della clientela e dei dipendenti dell'azienda.
  Infine, Poste Italiane riferisce di aver inviato al sindaco, il 1° ottobre la comunicazione della riapertura dell'ufficio postale di Lucernate, con la ripresa della normale operatività.
  In conclusione, voglio precisare che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le modalità di erogazione del servizio postale, nei limiti delle proprie competenze, al fine di assicurare un servizio efficiente e omogeneo, e ad avviare – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali e serie criticità in tale ambito.
  

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   CIABURRO, CARETTA e VARCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020, che ha introdotto ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili sull'intero territorio nazionale, il Governo ha stabilito un elenco di attività essenziali che, proprio in virtù della natura strategica della loro produzione, non sono sottoposte a chiusura forzata così come predisposto dal predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   l'elenco delle attività essenziali è stato oggetto di revisione a seguito di un confronto con le principali sigle sindacali, quali Cgil, Cisl e Uil, portando a un accordo che ha comportato un elenco di attività essenziali più ristretto rispetto a quello emanato in data 22 marzo 2020;

   tra le attività escluse dal novero di quelle essenziali a seguito di questa modifica figura la produzione di gomma; così si è andata a forzare la chiusura di numerose aziende sul territorio, le quali saranno costrette a disfarsi di centinaia di migliaia di euro di materia prima, come ad esempio la mescola di gomma, prodotto che, per le sue caratteristiche, è utilizzabile fino ad un massimo di 10 giorni, in quanto questa non potrà essere più impiegata nei processi produttivi dell'impresa a causa della sopravvenuta e improvvisa chiusura delle attività produttive;

   il tavolo di confronto tra Governo e sigle sindacali per la revisione dell'allegato di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 inerente alle attività essenziali e non essenziali è stato tenuto a porte chiuse, senza includere le associazioni di categoria quale, nel caso di specie, Assogomma;

   tale provvedimento di chiusura forzata di numerose attività produttive su tutto il territorio nazionale non ha preso in considerazione quei casi in cui gli impianti produttivi sono stati lasciati in funzione durante il fine settimana precedente l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020, impedendo quindi ai responsabili della produzione di predisporre misure emergenziali per una chiusura improvvisa e urgente, con conseguenti danni per molte attività produttive su tutto il territorio nazionale-;

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per:

    a) predisporre un tavolo di lavoro con le categorie produttive e le associazioni di categoria per rivedere l'elenco delle attività essenziali di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020;

    b) indennizzare tutte le attività produttive che hanno subito danni come nel caso di cui in premessa;

    c) garantire misure a tutela dell'intero comparto produttivo del Paese a copertura del mancato guadagno procurato dalle nuove e più stringenti misure restrittive approvate dal Governo, anche in considerazione della perdita di quote di mercato a detrimento delle imprese nazionali, fattore che può causare una contrazione della capacità produttiva del tessuto industriale italiano irrecuperabile.
(4-05026)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Le interroganti fanno riferimento all'adozione di iniziative volte a salvaguardare le attività produttive, con particolare riferimento al comparto della produzione della gomma, fornendo strumenti idonei e tempestivi in grado di arginare la crisi causata dall'emergenza derivante dalla pandemia da COVID-19.
  A tal proposito, con riferimento agli aspetti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, relativi, in particolare, alle misure idonee alla tutela del comparto produttivo sopra citato e, quindi, all'adozione di nuove misure per fornire liquidità delle imprese, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, occorre ricordare che, con il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, è stata superata l'esclusione iniziale della produzione di gomma dal novero delle attività essenziali, come era stato stabilito dal richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020. Infatti, nell'elenco aggiornato delle attività con il permesso di riapertura del medesimo decreto (allegato 3) risulta anche il codice Ateco 22 relativo alla «Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche».
  Ciò premesso, si vuole sottolineare che il tema del sostegno alle imprese, alla loro liquidità e alla conservazione della forza lavoro, è prioritario per il Governo, come dimostrano le importanti misure che sono state adottate, in immediata risposta all'attuale situazione di crisi economica, la cui
ratio è quella di fornire massimo sostegno alle famiglie e alle imprese.
  Per quanto attiene alle misure più recenti varate dal Governo si segnala,
in primis, la nuova disciplina di accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
  In particolare, l'articolo 13 del «decreto liquidità» ha integralmente riscritto le regole in materia di accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, trasformando il citato Fondo in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità a supporto delle piccole e medie imprese.
  Per garantire un intervento di pronta attuazione per le imprese, dunque, si è inteso far leva su uno strumento già esistente e apprezzato dagli operatori, qual è il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese:

    incrementando la dotazione finanziaria;
    estendendo la possibilità di accedere alla garanzia statale alle imprese fino a 499 dipendenti;
    prevedendo garanzie statali:

     1) al 90 per cento per prestiti fino a 5 milioni di euro;
     2) al 100 per cento – di cui 90 per cento dallo Stato e 10 per cento da Confidi – per prestiti di importo non superiore al 25 per cento dei ricavi fino a un massimo di 800.000 euro;
     3) al 100 per cento per prestiti di importo non superiore al 25 per cento dei ricavi fino a un massimo di 25.000 euro, senza alcuna valutazione del merito di credito. In questa ipotesi inoltre gli istituti di credito potranno erogare i prestiti automaticamente, senza neppure attendere il via libera del Fondo di garanzia.

  Voglio sottolineare, altresì, che il Ministero dello sviluppo economico e Medio credito centrale, si sono attivati sin da subito per rendere operativi, in tempi brevi, tutti i sistemi informatici e la modulistica necessaria alla richiesta della citata garanzia. Allo stesso tempo, prima ancora che il «decreto liquidità» venisse pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si è lavorato attivamente per accelerare l'autorizzazione delle misure messe in campo da parte della Commissione europea, nell'ambito del Temporary Framework Agreement ed è stato designato un team dedicato all'interlocuzione con il mondo bancario, con l'obiettivo di evitare rallentamenti e ridurre al minimo il tempo di attesa tra la richiesta di finanziamento e l'accredito delle somme richieste.
  Non a caso, subito dopo l'autorizzazione della Commissione europea, pervenuta il 14 aprile 2020, abbiamo attivato subito la piattaforma telematica per la presentazione delle domande e già dal 17 aprile 2020 sono stati erogati dal sistema bancario i primi finanziamenti garantiti dal Fondo centrale di garanzia.
  Peraltro, si segnala che nel decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 «decreto Rilancio» convertito in legge 17 luglio 2020 n. 77, sono stati stanziati ulteriori 55 miliardi di euro per sostenere imprese, artigiani, commercianti, professionisti, lavoratori e famiglie messe a dura prova dall'eccezionale crisi economica che ha colpito il sistema produttivo del nostro Paese.
  Tra i principali interventi messi in campo, segnalo:

    i. il pacchetto imprese, nel quale è stato prorogato al 31 dicembre 2020 il termine per la consegna dei beni strumentali oggetto del super ammortamento. Imprese e professionisti potranno, pertanto, beneficiare dell'incentivo fiscale anche se non riusciranno a ricevere, a causa del lockdown, la consegna del bene entro il 30 giugno 2020 così come previsto dalla normativa vigente prima della proroga disposta con il decreto in questione;
    ii. gli incentivi per favorire la ricapitalizzazione di imprese, con fatturato compreso tra i 5 e i 50 milioni di euro;
    iii. il rafforzamento dell'ecosistema delle
start up innovative attraverso la liquidità garantita mediante il programma Smart&Start e risorse aggiuntive al Fondo per il Venture Capital;
    iv. i finanziamenti del Fondo Innovazione dedicato al trasferimento tecnologico tra il mondo della ricerca e quello produttivo, nonché il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali, finalizzato a contrastare la delocalizzazione di aziende e tutelare i lavoratori;
    v. l'incremento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con un finanziamento di circa 7 miliardi per l'esercizio finanziario corrente, di cui:

     4 miliardi di euro stanziati dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020 n. 27 (decreto Cura Italia) e dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio);
     circa 3 miliardi di euro stanziati dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito in legge 5 giugno 2020 n. 40 (decreto Liquidità).

  Inoltre, sono stati stanziati:

    con legge di bilancio 2020, 700 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2024, per un totale di 2.800 milioni di euro;
    con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (decreto agosto), 3.100 milioni di euro per l'anno 2023, 2.635 milioni di euro per l'anno 2024 e 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.

  In conclusione, alla luce delle citate misure, sottolineo che questo Governo intende continuare ad essere a fianco delle imprese dell'intero comparto produttivo del nostro Paese, compresa la filiera della gomma, supportandole adeguatamente in questa delicata fase di «rinascita» economica e sociale.
  

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionali e internazionali, tra cui il «The Telegraph», riportano la notizia che il Governo turco, guidato dal presidente Erdogan, avrebbe concesso la cittadinanza a taluni agenti di Hamas;

   si tratterebbe di persone che erano detenute in carcere in Israele per gravi reati e che farebbero parte dei prigionieri palestinesi che vennero liberati in cambio della libertà del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2011;

   il «The Telegraph» dichiarerebbe di essere in possesso della documentazione comprovante il rilascio di carte di identità e passaporti turchi nei confronti di «senior members» di Hamas, mentre altri sarebbero in attesa di riceverli;

   l'accordo tra la Turchia e Hamas sarebbe scaturito da una serie di incontri avvenuti durante il mese di agosto e, in particolare, in data 22 agosto 2020 il Governo turco avrebbe incontrato una delegazione di Hamas, guidata dal capo politico Ismail Haniyeh e tra i componenti sarebbe stato presente anche Saleh al-Arouri, vice capo di Hamas, inserito dagli Stati Uniti nella lista dei terroristi;

   siffatta vicenda comproverebbe ulteriormente il sostegno del Governo turco, a guida Erdogan, nei confronti di Hamas, organizzazione palestinese considerata di matrice terroristica dall'Unione europea e dagli Stati Uniti e che, invece, viene ritenuta legittima dalla Turchia;

   le azioni descritte, unitamente ad altre che il Governo di Erdogan sta promuovendo, preoccupano il mondo occidentale, poiché destabilizzano e cancellano quell'impronta laica che nel tempo la Turchia aveva assunto, anche in vista della sua adesione all'Unione europea;

   negli ultimi anni è divenuta lampante la volontà di Erdogan di attestarsi non solo quale presidente della Repubblica turca, ma altresì quale leader della fratellanza mussulmana espandendo rapidamente e concretamente il suo progetto di islamizzazione della società turca;

   del resto, già nel mese di dicembre 2019, il «The Telegraph» rivelò che la Turchia ospiterebbe da tempo cellule del movimento di Hamas, permettendo loro di pianificare attacchi terroristici da Istanbul contro Israele, compreso un complotto contro il sindaco di Gerusalemme;

   quella di Erdogan sarebbe di tutta evidenza una politica rivolta al radicalismo ed estremismo islamico che ha effetti dirompenti sia all'interno del Paese turco, calpestando i più basilari e fondamentali diritti politici e civili dei cittadini, sia all'esterno, veicolando azioni in grado di destabilizzare la pace internazionale e fomentare il terrorismo;

   basti ricordare, tra l'altro, quanto accaduto in relazione alla storica ex basilica cristiana, già museo di Santa Sofia che di recente, per scelta di Erdogan, è stata riconvertita in moschea cristallizzando quella politica panislamica tanto invocata dal Capo di Stato;

   se quanto riferito dal «The Telegraph» venisse confermato ci si troverebbe di fronte ad un Governo, quello turco, in grado di ostacolare e danneggiare le politiche di contrasto che la coalizione internazionale, Stati Uniti e Unione europea, ha compiuto contro le organizzazioni terroristiche e, in particolare, nei confronti di Hamas;

   la cittadinanza turca che sarebbe stata concessa a più componenti di Hamas consentirebbe agli stessi di dirigersi liberamente in molti Paesi, in alcuni anche senza la necessità del visto, celandosi dietro false identità idonee per non essere correttamente identificati dalle autorità preposte dei Paesi esteri;

   tali circostanze consentiranno ad Hamas di espandere con maggiore facilità le sue manovre terroristiche, incrementando la propria rete con gravi conseguenze per la sicurezza interna dei Paesi, in articolare dell'Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere per contrastare nelle sedi opportune le azioni del Governo di Erdogan in favore di Hamas e intensificare la sicurezza della nostra Nazione anche incrementando i controlli frontalieri nei confronti di cittadini turchi o comunque in possesso di passaporto turco.
(4-06727)

  Risposta. — La vicenda della concessione da parte delle autorità turche della cittadinanza ad alcuni esponenti di Hamas è nota al Governo italiano, che ne segue gli sviluppi anche al fine di prevenire l'eventuale infiltrazione di individui che possano rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale. Appare opportuno ricordare che la determinazione dei criteri relativi alla concessione della cittadinanza rientra nella sfera di competenze dello Stato (in questo caso, turco); mentre la materia della liberalizzazione dei visti ricade nell'ambito dei rapporti tra Unione europea e Turchia. Più specificamente, l'Unione europea ha avviato nel 2013 un dialogo sulla liberalizzazione dei visti di entrata per i cittadini turchi, basato su una «roadmap» che stabilisce alcuni requisiti che la Turchia deve soddisfare per consentire ai propri cittadini di viaggiare senza visto per soggiorni brevi. I negoziati si erano intensificati in seguito alla dichiarazione sulla cooperazione migratoria Unione europea-Turchia del 18 marzo 2016. Ma, ad oggi, il processo ha subìto un rallentamento e resta condizionato al rispetto da parte turca di tutti i parametri relativi all'adeguamento normativo e alla corretta applicazione delle procedure, nonché agli sviluppi nel Mediterraneo orientale.
  Il tema della protezione delle frontiere italiane riveste carattere prioritario per il Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale, che agisce in costante raccordo con il competente Ministero dell'interno. Il Governo italiano continuerà a monitorare con particolare attenzione l'evoluzione della situazione e a vegliare affinché sia tutelata la sicurezza nazionale, operando tanto sul piano bilaterale, quanto a livello di Unione europea, in stretto coordinamento con i
partner europei.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   CORNELI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni sono state implementate norme e messe a regimi strutture operative per il trattamento dell'autismo e dei disturbi generalizzati dello sviluppo, ai sensi della vigente normativa socio-sanitaria introdotta a garanzia dei livelli essenziali di assistenza (Lea), la quale contempla la presa in carico dei pazienti eleggibili per lo svolgimento degli appropriati programmi riabilitativi;

   il 12 settembre 2015 entrava in vigore la prima legge sull'autismo, la legge n. 134 del 2015, mentre il 12 gennaio 2017, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», entravano in vigore i nuovi Lea, includendo l'autismo (articolo 60) nei livelli essenziali degli interventi garantiti dal sistema pubblico e riconoscendo la patologia come condizione cronica alla quale assicurare le prestazioni necessarie;

   il 7 luglio 2017, con delibera di giunta regionale n. 373/2017, la regione Abruzzo confermava la presa in carico di utenti con autismo e la definizione delle relative modalità organizzative a garanzia dei nuovi Lea prevedendo che il Crra (Centro riferimento regionale autismo) divenisse il punto nevralgico delle attività di coordinamento e di garanzia degli interventi;

   l'8 agosto 2017, con delibera di Giunta regionale n. 437/2017, la medesima regione prevedeva la riorganizzazione territoriale degli interventi per l'autismo, con l'attivazione di percorsi specifici, anche residenziali, per coloro i quali fossero risultati esclusi dalle strutture convenzionate;

   a fronte di tali normative e previsioni, negli ultimi anni, come portato all'attenzione anche da alcune associazioni come Autismo Abruzzo Onlus, si sono tuttavia verificati continui casi di inadempienze – alcune ancora in essere – da parte delle strutture sanitarie deputate all'erogazione di tali servizi, con grave danno causato ai legittimi destinatari a seguito di interpretazioni normative, a giudizio dell'interrogante, spesso arbitrarie e inaccettabili che hanno permesso alle Asl di evitare l'adempimento di specifiche ordinanze emesse dai giudici di diversi tribunali abruzzesi;

   tra i casi più eclatanti, da evidenziare vi è quello di V.G., bambino affetto da un severo disturbo dello spettro autistico, la cui vicenda è stata contraddistinta da un estenuante contenzioso protrattosi per anni con la asl n. 2 Lanciano-Vasto-Chieti, mentre solo l'ultimo in ordine di tempo è quello relativo al piccolo T.B., che pare essersi sbloccato soltanto di recente dopo la minaccia della madre di lasciarsi morire di inedia se non fosse stato riconosciuto al figlio il diritto alle cure;

   la medesima asl è stata inoltre coinvolta in altri simili casi di inadempienza nei confronti di minori aventi diritto all'assistenza e, nonostante l'accoglimento dei ricorsi presentati nei confronti di tale Asl, la stessa, a quanto consta all'interrogante, non ottempererebbe ai provvedimenti giudiziari;

   a seguito di quanto esposto rileva rimarcare che, nonostante le normative e le varie ordinanze, a tutt'oggi appare ancora assai farraginoso garantire in tempi consoni il diritto alla cura a diversi bambini affetti da codesta patologia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del sistematico ripetersi di tali criticità nel garantire l'erogazione dei corretti setting riabilitativi, così come esplicitamente definiti e riconosciuti dalla legge, e se e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché siano definitivamente superati, sia in merito alle fattispecie descritte in premessa, che in un'ottica di sistema, gli ostacoli che tuttora impediscono di assicurare le effettive cure a tutti i «pazienti eleggibili», in applicazione di quanto disposto dalle normative sopra richiamate.
(4-04362)

  Risposta. — L'assistenza alle persone con disturbo dello spettro autistico rientra tra i livelli essenziali che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire nell'ambito delle risorse messe annualmente a disposizione dello Stato.
  In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio (del 12 gennaio 2017 recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502», all'articolo 60, garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni di diagnosi precoce, di cura e di trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, richiamando integralmente la legge 18 agosto 2015, n. 134, «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», che definisce gli interventi di tutela della salute che il Servizio sanitario nazionale deve garantire attraverso le sue articolazioni centrali, regionali e locali.
  Inoltre, il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, agli articoli 25 e 32, assicura l'erogazione dell'assistenza sociosanitaria (distrettuale, domiciliare, residenziale e semiresidenziale) ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, indicando le specifiche aree di attività nelle quali il Servizio sanitario nazionale eroga le prestazioni mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, psicologiche e psicoterapeutiche, nonché riabilitative, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati su avanzate evidenze scientifiche e su linee guida.
  In particolare, nei citati articoli, indipendentemente dalla specifica condizione o patologia di ciascun assistito, viene garantita, altresì, la presa in carico integrata del paziente e della famiglia, la valutazione multidimensionale dei bisogni clinici e assistenziali e la stesura di un programma terapeutico individualizzato, che indichi il trattamento sanitario più adatto a quel paziente, in termini di intensità, complessità assistenziale e durata, nonché il luogo di cura in cui deve essere erogato, a domicilio, o presso i servizi territoriali delle Asl o in una struttura residenziale o semiresidenziale, nonché le modalità del suo monitoraggio nel tempo.
  Quanto ai casi descritti nell'interrogazione in esame, si precisa che a questo Ministero non sono pervenute segnalazioni, le quali, per la gravità rappresentata, avrebbero senz'altro comportato l'inoltro di una richiesta di chiarimenti alla regione, in ordine ai contestati disservizi, pur nel rispetto del riparto delle competenze e della conseguente attribuzione specifica in materia di «programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali» sul territorio, demandata alle regioni.
  Le persone con disturbi dello spettro autistico necessitano della massima attenzione nell'ambito delle strategie di prevenzione e controllo dell'epidemia da COVID-19.
  In effetti, le misure adottate per contenere la diffusione dell'evento pandemico, in particolare durante la «fase 1», hanno spesso fatto registrare un impatto negativo sulla salute e sui comportamenti di questi soggetti assistiti: in merito a questi casi sono pervenute al Ministero della salute numerose segnalazioni.
  Per fronteggiare tali criticità, il rapporto dell'Istituto superiore di sanità sul COVID-19 «Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno delle persone nello spettro autistico nell'attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2», pubblicato il 30 marzo 2020, ha fornito indicazioni per offrire un appropriato sostegno ai soggetti nello spettro autistico.
  In linea generale, i servizi sanitari dedicati sono tenuti a continuare ad erogare tutte le attività di supporto non incompatibili con le disposizioni normative adottate a seguito dell'epidemia, anche attraverso il ricorso a metodiche e tecniche alternative a quelle di base.
  Pertanto tutte le attività ambulatoriali e semiresidenziali non urgenti e per le quali non sia indispensabile l'effettuazione in presenza dell'assistito, devono essere rimodulate ricorrendo a modalità telematiche, allo scopo di garantire la massima continuità di supporto alle persone nello spettro autistico ed alle loro famiglie, e nel contempo, il minimo rischio di diffusione del contagio.
  Si segnala che, durante al «fase 1», alcune regioni hanno provveduto ad emanare ordinanze, circolari e disposizioni precisando che, anche in tale fase di emergenza, poteva risultare necessario, a vantaggio dei quadri clinici che ne avessero necessità e valutando attentamente i rischi, consentire brevi uscite accompagnate, quali indispensabili azioni di prevenzione e gestione delle crisi comportamentali connesse alle relative condizioni dei soggetti, e nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale.
  

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Sandra Zampa.


   DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che l'azienda Poste italiane sta per avviare un progetto di rimodulazione della sua presenza in città ad alta densità abitativa;

   all'interno di questo progetto si apprende la decisione della probabile chiusura dell'ufficio postale di via dell'Industria 13 a Bologna;

   i servizi di prossimità, quali uffici postali, rappresentano un aspetto fondamentale per la qualità della vita nelle comunità locali, poiché svolgono anche una funzione di presidio;

   l'eventualità di questa chiusura provocherebbe disagi molto elevati per i residenti della zona, in particolare per le persone più anziane;

   gli uffici postali che resterebbero in servizio sono distanti e non facilmente raggiungibili dagli utenti di via dell'Industria 13;

   l'area che fa riferimento all'ufficio postale di via dell'Industria 13 è anche caratterizzata da una forte presenza di attività industriali, commerciali e del terziario;

   alcuni cittadini della zona hanno attivato una raccolta di firme contro il progetto di chiusura che sta raccogliendo numerose adesioni proprio a dimostrazione di quanto l'ufficio postale sia considerato punto di riferimento e parte integrante della vita quotidiana nel territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il servizio postale agli utenti di quel territorio.
(4-06573)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, dunque, all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Ciò premesso, con specifico riferimento alle criticità derivanti da chiusure di uffici postali in esito al piano di razionalizzazione dei servizi avviato da Poste Italiane, si evidenzia che Agcom ha regolamentato espressamente la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS. la quale ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008, con la finalità di tutelare le realtà minori e disagiate quali i piccoli comuni, le aree montane e rurali e le isole minori.
  A tal riguardo, si segnala che Poste Italiane, in più occasioni, ha ribadito l'impegno verso i piccoli comuni a mantenere la presenza dei propri uffici. Da ultimo, tale impegno è stato ribadito durante l'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi il 28 ottobre 2019 alla presenza degli amministratori locali e delle istituzioni centrali dello Stato.
  In tale occasione, Poste italiane ha rimarcato la scelta di non procedere alla chiusura degli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento. La Società ha, inoltre, sottolineato che in esito agli impegni assunti, in molti piccoli comuni sono state abbattute le barriere architettoniche, esteso il servizio di
wi-fi gratuito ed installati nuovi sportelli automatici Atm.
  Poste Italiane ha evidenziato di essere tenuta comunque ad adottare interventi di adeguamento dell'offerta all'effettiva domanda di servizio postale universale da parte della clientela, nel rispetto dei criteri di distribuzione degli uffici postali sul territorio per la fornitura del servizio postale universale, di cui al citato decreto 7 ottobre 2008 e alle delibere dell'Agcom in materia.
  D'altro canto la società ha rilevato che, nell'ottica di una maggiore prossimità ai cittadini, è impegnata ad ampliare i canali di offerta dei propri servizi, anche grazie ad accordi che prevedono l'utilizzo di reti terze (come ad esempio i tabaccai). Tra l'altro, Poste Italiane ha anche riferito che il piano di rimodulazione investe solo alcuni uffici postali collocati nelle grandi aree urbane. I criteri di chiusura degli uffici postali sarebbero, peraltro molto stringenti: riguardano solo città con numero di abitanti superiore a centomila, uffici postali con esiguo numero di operazioni giornaliere, seguono l'adeguamento ai processi di trasformazione urbana e prevedono il confronto preventivo con le autorità comunali competenti.
  Quest'ultimo aspetto è di fondamentale importanza, posto che nessun ufficio postale potrà essere chiuso senza una preventiva condivisione con le competenti autorità comunali, al fine di garantire la capillarità della rete, da un lato, e l'efficienza degli investimenti territoriali effettuati, dall'altro.
  Tali iniziative riguardano anche la città di Bologna. In proposito, si osserva che il 18 ottobre 2019 i rappresentanti di Poste Italiane hanno incontrato il sindaco unitamente a due assessori della città, i quali hanno preso atto del progetto e delle posizioni rappresentate da Poste Italiane al fine di delineare la presenza degli uffici postali sul territorio comunale.
  Con specifico riferimento all'ufficio postale di via dell'industria 13, menzionato dall'interrogante, la società ha riferito che la decisione di procedere al relativo intervento di razionalizzazione scaturirebbe, invero, dalla valutazione dell'esiguità dei flussi di traffico, del ridotto numero di operazioni effettuate, nonché dalla presenza, in posizione limitrofa, di uffici in grado di assorbirne l'operatività, senza aggravio.
  Nel comune di Bologna, si passerebbe così a 36 uffici postali: 28 con orario mono-turno e 8 con orario a doppio turno. Inoltre, 28 uffici postali sono dotati di strumenti di gestione delle attese, 35 sono dotati di Atm e 34 di servizio
wi-fi.
  Infine, Poste italiane informa che, nel rispetto della citata delibera dell'Agcom 342/14/CONS, in data 2 dicembre 2019, è stata inviata alle autorità locali comunicazione formale di chiusura dell'ufficio postale in parola, con il preavviso richiesto di 60 giorni. Inoltre, in data 7 gennaio 2020 ai sensi della delibera Agcom 385/13/CONS, sono stati regolarmente affissi gli avvisi al pubblico con il previsto preavviso di 30 giorni, riportanti l'indicazione della data del 10 febbraio 2020 quale data di chiusura e la contestuale indicazione degli uffici postali limitrofi ai quali rivolgersi. Per ogni ufficio postale chiuso, infatti, la clientela ha a disposizione almeno altri due uffici postali limitrofi, aperti 6 giorni alla settimana e dotati di Atm.
  In conclusione, dunque, quello in corso rappresenterebbe un articolato progetto di razionalizzazione organizzativa, innovazione tecnologica ed ammodernamento della rete postale, che comporta la chiusura e la ricollocazione di taluni uffici in zone a maggiore richiesta di servizi, al fine di adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti nonché a garantire un servizio postale maggiormente efficiente. Il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, monitorerà affinché gli obiettivi di miglioramento del servizio da parte di Poste italiane, come auspicati dalla medesima azienda, siano raggiunti, prestando, comunque, il dovuto riguardo così che si possano evitare eventuali disagi ai clienti, compresi quelli della città di Bologna.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sul giornale La Verità del 19 settembre 2020, viene riportata l'ennesima disperata richiesta di intervento da parte di Marco Marrone, armatore del Medinea, uno dei due pescherecci italiani che il 2 settembre 2020 sono stati sequestrati dalla marina libica fedele al generale Haftar;

   «I 18 italiani si trovano in carcere, l'altro giorno, per la prima volta dopo 16 giorni, abbiamo ricevuto una telefonata, ci hanno detto che stavano bene ma imploravano aiuto»;

   l'armatore ha dichiarato che «Di Maio ci ha promesso che li porterà a casa, gli chiediamo di fare più in fretta possibile perché la situazione è disperata. E ci dispiace che il presidente Conte non ci abbia dato nessuna risposta anche tramite i media»;

   qualche giorno prima, aveva dichiarato: «Abbiamo appena parlato con il Ministro degli Esteri Di Maio. Ci ha rassicurati sull'impegno del Governo, della Farnesina e dell'intera intelligence. Ha preso un grande impegno: portare a casa al più presto l'equipaggio e i pescherecci. Le trattative sono in corso e il Ministro ci ha molto rassicurati»;

   uno dei 18 marittimi dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati dice: «ci accusano che hanno trovato droga a bordo». I due motopesca Antartide e Medinea sono tuttora sotto sequestro in Libia, nel porto di Bengasi, mentre i pescatori sono stati trasferiti nel carcere di El Kuefia, in stato di arresto;

   secondo fonti libiche, nel corso di una perquisizione, gli ufficiali di Haftar avrebbero trovato dei panetti di sostanze stupefacenti, poi schierati sul molo e fotografati come una tradizionale operazione antidroga. «Ci vogliono incastrare, non so di cos'altro ci vorranno accusare», dice l'armatore Marco Marrone. In effetti i pescherecci sarebbero rimasti incustoditi sin dai primi giorni e la contestazione sarebbe saltata fuori soltanto durante ulteriori accertamenti. La circostanza non viene confermata dalla Farnesina;

   indirettamente, ha trovato conferma la proposta di uno «scambio di prigionieri». L'ipotesi avanzata dagli uomini di Haftar riguarda quattro libici, condannati a 30 anni dal tribunale di Catania e detenuti in Italia, accusati di essere tra gli scafisti della cosiddetta Strage di Ferragosto in cui morirono 49 migranti. In Libia, lunedì 14 settembre, i loro familiari hanno manifestato per chiedere di bloccare la liberazione dei pescatori per ottenere l'estradizione dei quattro –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   cosa stia facendo il Governo per la liberazione degli ostaggi.
(4-06848)

  Risposta. — Nella notte tra 1° e il 2 settembre 2020 quattro pescherecci italiani sono stati intercettati e fermati dalle autorità marittime libiche riferibili all'autoproclamato governo dell'est del Paese. Al momento del fermo, le imbarcazioni si trovavano a circa 40 miglia nautiche a nord-ovest di Bengasi. Due pescherecci («Antartide» e «Medinea») sono stati coattivamente condotti presso il porto di Bengasi e lì trattenuti insieme al loro equipaggio composto da 6 cittadini italiani (4 sull'Antardide e 2 sul Medinea) e altri membri di varie nazionalità (principalmente tunisina). Le restanti barche («Anna Madre» e «Natalino») sono rientrate in Italia, mentre 2 membri dei loro equipaggi sono stati coattivamente condotti a Bengasi, insieme al gruppo di «Antartide» e «Medinea». Sono quindi 8 i connazionali coinvolti nella vicenda.
  Tutti i connazionali risultano attualmente in stato di fermo. Sono stati trasferiti presso un centro della polizia locale, non si trovano quindi in un carcere con detenuti che potrebbero minacciarne l'incolumità. L'intervento libico sembra essere scaturito dalla presunta violazione della zona di pesca protetta (Zpp), che la Libia ha unilateralmente proclamato nel 2005. Il tratto di mare sarebbe considerato «zona militare» dalle forze dell'est libico.
  Al di là della situazione bellica contingente che caratterizza lo scenario libico o delle valutazioni di profilo giuridico internazionale, l'area corrispondente alla Zpp libica è stata dichiarata dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist), nel maggio 2019, «zona ad alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana senza distinzione di tipologia. Anche in passato, a più riprese, la Farnesina, insieme al Comando generale della guardia costiera e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche, ove azioni da parte delle autorità o delle milizie locali possono facilmente concludersi con serie misure sanzionatorie che includono multe elevate, sequestro delle attrezzature di pesca e dell'eventuale pescato, confisca delle imbarcazioni.
  Lo stato di fermo, oltretutto emesso da forze che né l'Italia, né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo, è inaccettabile. Così come inaccettabile sarebbe se qualcuno ci dicesse: «Se liberate i nostri, vi diamo gli italiani». Il ritorno dei nostri connazionali è una priorità assoluta per l'intero Governo italiano, in tutte le sue articolazioni competenti e sotto il coordinamento di Palazzo Chigi.
  Il Ministro Di Maio – sin dalla videoconferenza con i familiari degli equipaggi dei due pescherecci sequestrati, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori, il 15 settembre 2020 – ha confermato la determinazione e il sostegno del Ministero degli affari esteri. Il 22 settembre, alcuni familiari dei pescatori italiani attualmente fermati in Libia sono stati ricevuti a Palazzo Chigi su indicazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e presso la Farnesina su indicazione del Ministro Di Maio. Dopo un ulteriore incontro presso il Ministero degli affari esteri il 25 settembre 2020, alcuni membri delle famiglie dei fermati sono stati nuovamente ricevuti (29 settembre) a Palazzo Chigi dal Presidente Conte, con il Ministro Di Maio. Gli incontri che ho citato e il continuo contatto con le famiglie assicurato attraverso l'Unità di crisi della Farnesina intendono trasmettere la vicinanza e l'impegno del Governo a fianco di chi sta vivendo momenti di grande preoccupazione e angoscia.
  Il nostro lavoro mantiene necessariamente riservatezza e basso profilo, come richiesto da vicende del genere.

  Stiamo lavorando alla soluzione di questo difficile caso su due piani. Il primo è il lavoro dei nostri diplomatici e dell'intelligence in contatto con i diversi interlocutori locali, sia per monitorare quotidianamente le condizioni dei connazionali, che per sollecitarne il rilascio. I marittimi si trovano in buone condizioni e risulta che siano trattati in modo corretto. La nostra Ambasciata a Tripoli ha facilitato la messa a disposizione dei medicinali di cui avevano bisogno.
  Il secondo livello è quello dei contatti internazionali, soprattutto con i
partner che hanno specifica influenza su Bengasi. Oltre alla conversazione telefonica con il Ministro francese Le Drian e alle recenti consultazioni a Roma con il Segretario di Stato Usa Pompeo, il Ministro Di Maio ha avuto colloqui telefonici con il suo omologo emiratino Abdullah bin Zayed Al Nayan e con il Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, che ha incontrato anche a Mosca.
  Le iniziative del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si inseriscono in uno sforzo corale delle Istituzioni del nostro Paese nell'obiettivo di coordinare ulteriormente gli sforzi per pervenire presto a una soluzione positiva della vicenda. Per raggiungere questo obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   DI LAURO, GIORDANO, SARLI, D'ARRANDO, SCERRA, AMITRANO, PARENTELA, ROMANIELLO, MANZO, IOVINO, BRUNO, MASSIMO ENRICO BARONI, TROIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 180 del 1978, nota anche come «legge Basaglia», è un caposaldo della legislazione nazionale in tema di salute mentale. Essa ha avuto il merito di porre fine al trattamento inumano delle persone con sofferenza psichica, disponendo la chiusura degli ospedali psichiatrici (cosiddetti manicomi), passando, da una logica di esclusione sociale e di emarginazione ad una di responsabilità verso il malato, di umanità, di garanzia dei diritti della persona ed inclusione all'interno della società;

   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità tale legge è «uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale»;

   secondo la Società italiana di psichiatria, dall'approvazione della legge Basaglia, sono stati curati 20 milioni di italiani, ed attualmente 800.000 pazienti all'anno si rivolgono ai dipartimenti di salute mentale; tuttavia, circa 6 milioni di persone con problemi psichici evitano di rivolgersi alle strutture pubbliche e in parte usufruiscono di servizi offerti dal settore privato;

   attualmente il sistema dei dipartimenti di sanità mentale è sottoposto ad enormi stress, svolgendo il ruolo di interfaccia primaria con persone colpite da psicopatologia, a causa della mancanza di risorse e personale adeguato e per l'assenza o inadeguatezza delle strutture;

   negli ultimi anni si stanno ulteriormente approfondendo le ricerche sui disturbi legati all'ansia e alla depressione, sui disturbi alimentari (a partire da bulimia e anoressia), sui disturbi pervasivi dello sviluppo, sui disturbi dello spettro autistico, sulle dipendenze da sostanze, da gioco d'azzardo patologico, e da nuove forme di dipendenza tra cui le dipendenze tecnologiche a altro;

   risulta assente uno strumento omogeneo sul territorio nazionale che si occupi di gestione emergenziale della salute mentale e che possa trattare quei casi che necessitano un intervento urgente e che invece vengono gestiti con personale sanitario non formato in maniera specifica;

   investimenti nel benessere psicologico, come evidenziato da recenti studi, comporterebbero, se non nell'immediato, quanto meno nel medio e nel lungo periodo, ingenti risparmi nella spesa pubblica; tali risparmi si realizzerebbero tramite minori spese sanitarie ed assistenziali;

   sono trascorsi circa 18 anni da quando la Consulta nazionale per la salute mentale, creata presso il Ministero della salute, ha terminato i propri lavori e dato grande impulso a una discussione molto fertile sul tema della sofferenza psichica, promuovendo una serie di rinnovamenti e aggiornamenti importanti;

   oggi si rende necessario e improrogabile ricreare nuovamente tale organo, con la partecipazione di dirigenti esperti del Ministero della salute e del Ministero della giustizia, di esponenti delle società scientifiche più rappresentative a livello nazionale degli operatori del settore, dell'università e della ricerca, di associazioni di pazienti e di familiari, di referenti delle regioni degli ordini professionali, dando inoltre la possibilità di partecipare, in qualità di uditori, a parlamentari impegnati su questo tema –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per formare nuovamente la Consulta nazionale per la salute mentale, coinvolgendo, all'occorrenza, enti e istituzioni che operano da anni nel settore del benessere mentale, al fine di affrontare le tematiche esposte in premessa.
(4-02143)

  Risposta. — Come ricordato nell'interrogazione parlamentare in esame, la legge n. 180 del 1978 ha radicalmente modificato il sistema di trattamento della malattia mentale, rendendo l'Italia un Paese pioniere nel riconoscere i diritti del malato, promuovendo la chiusura delle «istituzioni totali», come i manicomi, consentendo lo sviluppo di una rete di servizi integrati, nonché prevedendo il ricovero del paziente solo in caso di acuzie (presso i servizi psichiatrici di diagnosi e cura), servizi che la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha valutato come un modello di eccellenza internazionale.
  L'organizzazione degli interventi (sanitari e sociosanitari) basati su questa visione è proseguito nell'arco di questi 40 anni ed ha portato, con le leggi n. 9 del 2012 e n. 81 del 2014, anche al superamento, conclusosi nel 2017, degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) su tutto il territorio italiano, per far posto, non solo alle residenze per le misure di sicurezza detentive (Rems), ma soprattutto a percorsi di cura e riabilitazione individuali con misure di sicurezza non detentive.
  Tale azione è stata riconosciuta a livello internazionale come una grande sfida e un passo decisivo nel rispetto dei diritti di tutte le persone con disabilità mentale.
  Per quanto attiene alla questione sollevata, nel far presente che, ad oggi, non sussiste alcuna iniziativa rivolta alla ricostituzione della Consulta nazionale per la salute mentale, si segnala che, con decreto del Ministro della salute in data 24 gennaio 2019, è stato istituito presso questo Ministero un tavolo di lavoro sulla salute mentale della durata di tre anni, con il compito di:

   a) verificare lo stato di implementazione delle linee guida o dei documenti scientifici, ivi compresi gli accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza unificata in attuazione del piano di azioni nazionale per la salute mentale;

   b) verificare l'appropriatezza dei percorsi di trattamento e riabilitazione erogati dai servizi territoriali e dai servizi psichiatrici di diagnosi e cura;

   c) approfondire, alla luce dei dati del «sistema informativo salute mentale», l'esistenza di eventuali criticità nei servizi territoriali, ed elaborare proposte per il loro superamento e per l'ottimizzazione della rete dei servizi, attraverso il loro potenziamento;

   d) proporre azioni operative e normative per favorire l'attuazione dei più appropriati modelli di intervento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione psicosociale dei portatori di disagio psichico, finalizzati alla riduzione dei trattamenti sanitari obbligatori (Tso) e volontari, la contenzione meccanica e quella farmacologica.
   In data 17 giugno 2019 è stato costituito, in seno al tavolo di lavoro, il gruppo di lavoro, composto da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'istituto superiore di sanità, delle società scientifiche più rappresentative, degli ordini professionali, delle principali associazioni nazionali e delle federazioni nazionali delle categorie professionali coinvolte, nei dipartimenti di salute mentale, nel processo di presa in carico dei pazienti affetti da disturbi mentali di ogni fascia di età, nonché delle associazioni dei familiari di valenza nazionale.
   Il tavolo di lavoro si è insediato il 26 giugno 2019: nel corso del periodo di attività, in particolare, il tavolo ha elaborato una serie di proposte concernenti le aree critiche relative alle tematiche della salute mentale.
   Tali proposte sono state sottoposte all'attenzione del Ministro della salute il 26 giugno 2020, e sono state condivise ed approvate dal Ministro il 28 luglio 2020.
   Segnalo inoltre che, in seguito alle problematiche derivanti dall'emergenza pandemica da coronavirus Sars-CoV-2, il Tavolo di lavoro ha prodotto il documento «COVID-19: indicazioni emergenziali per le attività assistenziali e le misure di prevenzione e controllo nei dipartimenti di salute mentale e nei servizi di neuropsichiatria infantile dell'infanzia e dell'adolescenza».
   Il Ministero della salute ha dato a questo documento la massima diffusione presso i servizi dedicati ed i soggetti interessati, tramite la circolare n. 14314 del 23 aprile 2020, recante il medesimo titolo del documento.

La Sottosegretaria di Stato per la salute: Sandra Zampa.


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Italtel è una delle più importanti Società di telecomunicazioni del Paese. Ha avuto un ruolo da protagonista nella realizzazione dell'infrastruttura di telecomunicazione elettronica negli anni '80 e nell'introduzione, primi anni 2000, del Voip (Voice Over Ip);

   la società ha rischiato per due volte il fallimento, dovendo ricorrere nel 2012 e nel 2017 all'ex articolo 182 (accordo di ristrutturazione del debito) con i principali creditori (accordo che ha ricevuto l'approvazione del tribunale di Milano). Le banche hanno quindi trasformato parte del debito (svariate decine di milioni di euro) in strumenti finanziari partecipativi (Sfp);

   l'ultimo decennio si è caratterizzato per un uso costante di ammortizzatori sociali e per accordi fra Italtel e sindacati volti a ridurre il personale delle tre sedi di Carini, Roma e Settimo Milanese dai circa 2.300 addetti nel 2010 agli attuali 1.059;

   nel 2017 Exprivia ha acquisito l'81 per cento del capitale di Italtel, mentre il restante 19 per cento è in mano alla multinazionale Cisco;

   dopo poco meno di due anni, a fronte dei risultati negativi nell'ambito delle telecomunicazioni il piano industriale presentato ai mercati nel 2018 è stato messo in discussione dal management e si susseguono, con sempre maggiore insistenza, voci a dir poco preoccupanti sul futuro dei lavoratori;

   il bilancio del 2019 ha segnato una forte contrazione del fatturato e una svalutazione consistente del patrimonio aziendale. Italtel si è vista costretta a indire due assemblee dei soci per tentare una ricapitalizzazione: tentativi falliti;

   Italtel ha depositato presso il tribunale di Milano una prenotativa di concordato preventivo al termine della quale o si giunge a un accordo di ristrutturazione del debito o si entra nel concordato vero e proprio con un quasi inevitabile fallimento della società;

   il 24 giugno 2020 si è svolto un incontro tra il Ministero dello sviluppo economico, le direzioni di Italtel ed Exprivia, le rappresentanze sindacali e i rappresentanti delle regioni Lombardia, Lazio e Sicilia. Nell'incontro l'azienda ha comunicato che una società del gruppo finanziario Pillarstone ha acquistato la quota di debito di Italtel da Unicredit;

   Italtel rappresenta per l'Italia un'azienda strategica, le cui lavoratrici e lavoratori hanno competenze e know how che non devono essere dispersi. Non va escluso un intervento pubblico, anche attraverso Cassa depositi e prestiti (Cdp) per salvaguardare e rilanciare l'azienda nella sua integrità e scongiurare spacchettamenti che avrebbero ripercussioni estremamente negative sui lavoratori –:

   se non ritenga necessario riconvocare in tempi rapidi un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico come già chiesto dai sindacati, al fine di individuare una soluzione che privilegi l'unità dell'azienda.
(4-06430)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla crisi gruppo Italtel, iniziata nel 2008, che ha portato la società verso un graduale processo di risanamento aziendale incentrato sulla ristrutturazione dei debiti, sull'ottimizzazione del personale e sul sostegno del
partner commerciale Telecom (che ha assicurato un impegno di acquisto per il periodo dal 2003 al 2016).
  Il processo di recupero ha spinto l'azienda verso una diversificazione del suo portafoglio clienti e un'apertura verso l'estero, tramite la stipula di alleanze, con grandi
player internazionali. Tuttavia, la società, nel dicembre del 2017, è andata incontro a un ulteriore peggioramento, che ha portato a modifiche dell'azionariato, con l'entrata di Exprivia S.p.a. nella compagine azionaria (all'81 per cento) e di Cisco (al 19 per cento). La situazione di crisi ha portato infine Itatel a richiedere, in data 6 aprile 2020, al tribunale di Milano il concordato preventivo ex articolo 161 della legge fallimentare.
  Il citato tribunale ha fissato in 120 giorni, a decorrere dall'11 maggio 2020, il termine per la presentazione della domanda definitiva di concordato preventivo o di una domanda di omologa di accordo di ristrutturazione dei debiti. Il 23 giugno 2020 il Ministero dello sviluppo economico ha convocato in video
call tutte le parti coinvolte nella vicenda Italtel s.p.a. (tra le quali si evidenzia la presenza dei rappresentanti delle regioni Lombardia, Lazio e Sicilia, di Sace, di Exprivia, di Italtel e delle segreterie nazionali e territoriali delle sigle sindacali nonché delle Rsu). In tale tavolo, in particolare, è emerso che:

   il gruppo finanziario internazionale Pillarstone ha acquistato una parte del credito della società;

   sono state presentate offerte di accordi per la ristrutturazione dei debiti e si stava procedendo alla verifica nei confronti di eventuali investitori interessati all'acquisizione;

  sono stati attivati tavoli di confronto relativi alla società anche nelle regioni Lombardia e Lazio.

  A tale riunione, sono seguite continue ed ulteriori interlocuzioni tra il Mise e la società Italtel. Nel corso dell'ultimo incontro tenutosi il 4 settembre 2020 è emerso che Italtel, a partire da fine luglio, ha ricevuto 8 manifestazioni di interesse all'acquisizione della totalità degli asset aziendali o parte di essi. Ciò ha spinto la società a richiedere al tribunale di Milano la proroga del termine di cui all'articolo n. 161, comma 6, della legge fallimentare, che il tribunale ha concesso stabilendo la data del 7 novembre 2020 per la presentazione della domanda di concordato «piena» o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.
  Il consiglio di amministrazione dell'azienda ha riferito di aver esaminato le manifestazioni di interesse, accettando infine, il 7 settembre 2020, l'offerta presentata da PSC Partecipazioni. Il Cda ha riferito di aver selezionato PSC Partecipazioni in quanto gruppo noto con grandi capacità industriali, affidabilità industriale e patrimoniale e in possesso delle caratteristiche più in linea con il piano industriale che Italtel dovrà presentare. Tale piano sarà infatti volto, come riferito dalla società, al mantenimento dell'unitarietà dei compendi aziendali e dell'attuale organico. Si è dunque in attesa che Italtel presenti il piano industriale alla luce dell'offerta prescelta entro il termine del 7 novembre 2020.
  Ricordo, tra l'altro, che nell'ambito della realizzazione della strategia nazionale per la banda larga, Italtel è stata selezionata da Open Fiber come progettista incaricato per tutte le attività di progettazione definitiva ed esecutiva del Grande progetto BUL. Il ruolo di progettista incaricato comprende tutte le fasi della progettazione definitiva ed esecutiva e la verifica delle opere realizzate.
  In conclusione, la forte volontà del Governo di inserire nei progetti che avranno il percorso europeo di
Next Generation Eu quelli relativi alla digitalizzazione del Paese è la massima garanzia, per chi come Italtel opera nella progettazione di telecomunicazioni.
  Il Ministero dello sviluppo economico, pertanto, manterrà alta l'attenzione sull'evoluzione della vicenda e continuando a confrontarsi con l'azienda in un dialogo costruttivo il 30 ottobre 2020 ha convocato il relativo tavolo.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessandra Todde.


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   data l'attuale fragile situazione economica in cui versa il nostro «sistema Paese», aggravata dall'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus COVID-19, assume evidenza la questione dell'adempimento dei canoni per i contratti di locazione ad uso abitativo e non, di cui all'articolo 2 della legge n. 431 del 1998, all'articolo 1 della legge n. 392 del 1978 e all'articolo 27 e seguenti della stessa legge n. 392 del 1978;

   tale situazione ha travolto anche il mondo dell'università e della ricerca, dove la repentina adozione di forme alternative alla didattica frontale ha consentito agli studenti di continuare a seguire le attività curriculari dalle rispettive abitazioni;

   l'adozione di tali misure ha pertanto garantito la continuità nell'esercizio del diritto allo studio e il ritorno alle proprie abitazioni di provenienza per gli studenti fuorisede, nei limiti delle autorizzazioni riconosciute dai rispettivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati;

   se, da un lato, le disposizioni emanate hanno permesso il ritorno degli studenti fuorisede nelle proprie abitazioni, dall'altro li hanno esposti — in particolare quegli studenti che lavorano per sostenere le spese legate agli studi e al proprio sostentamento — a un esborso senza tutele per il versamento dei rispettivi canoni di locazione per alloggi attualmente inoccupati, considerato il probabile slittamento a settembre della riapertura delle università;

   inoltre, gli studenti che rientrano nelle fasce di reddito bassa e media risultano essere maggiormente esposti al rischio di dover abbandonare gli studi –:

   quali iniziative normative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare le problematiche esposte in premessa, connesse al contenimento ed alla prevenzione della diffusione del virus COVID-19, per garantire a pieno il diritto allo studio anche alle fasce meno abbienti di studenti fuorisede.
(4-05416)

  Risposta. — La questione posta fa riferimento ad uno degli aspetti su cui il Governo, sin dall'inizio della emergenza sanitaria, ha posto maggiore attenzione dal momento che è risultata immediatamente chiara la necessità di individuare misure specifiche e tempestive per far fronte alle esigenze degli studenti universitari fuori sede – e, più in generale, delle loro famiglie – che, più degli altri loro colleghi, hanno sofferto le limitazioni imposte a tutta la popolazione per effetto della crisi epidemiologica che ha investito il Paese.
  Proprio in quest'ottica, il Governo ha deciso di intervenire in maniera importante con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 cosiddetto «decreto Rilancio».
  In sede di conversione di tale decreto, infatti, grazie alle giuste sollecitazioni dei gruppi parlamentari, è stato incrementato il fondo per il sostegno alle locazioni di ulteriori 20 milioni di euro, da destinarsi esclusivamente alle locazioni di immobili abitativi degli studenti fuori sede.
  Tale misura, invero, viene a inserirsi nel più ampio contesto di aiuti adottati in corso d'anno dal Ministero dell'università e della ricerca, che, fin da subito, ha assegnato un ruolo centrale alla tutela del diritto allo studio, nella piena consapevolezza che l'emergenza che stiamo vivendo è, purtroppo, in grado di originare o accrescere diseguaglianze, che non possono essere tollerate.
  In questa ottica, allora, ricordo che nell'ambito dei fondi previsti per l'emergenza Covid, ulteriori 20 milioni di euro sono stati destinati agli studenti che necessitino di un contributo economico per l'acquisto di dispositivi digitali e di servizi per la didattica; 165 milioni di euro sono stati destinati all'esonero, totale o parziale, dalle tasse universitarie (in tal modo, di fatto, estendendo la cosiddetta
no tax area); per le medesime finalità, inoltre, altri 8 milioni di euro sono stati riservati agli studenti delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica. Sempre al fine di promuovere il diritto allo studio universitario, infine, il fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi è stato incrementato di 40 milioni di euro.
  A queste, rilevanti, misure di ordine economico, il Governo ha aggiunto, in piena intesa con le regioni – alle quali compete primariamente la materia del diritto allo studio – una specifica disposizione, nell'ambito del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, cosiddetto «decreto Agosto», che va, fortemente, nella direzione della tutela degli studenti fuori sede.
  Con l'articolo 33, comma 2, si è introdotta, infatti, una deroga a beneficio degli studenti universitari fuori sede che, a causa della situazione conseguente alla crisi epidemiologica, avrebbero potuto vedersi pregiudicati lo status di «studente fuori sede» e, conseguentemente la fruizione delle relative borse di studio.
  Con tale disposizione, dunque, si prevede che – sia per l'anno accademico in corso di conclusione, sia per quello che sta per iniziare – il riconoscimento della condizione di «fuori sede» possa essere soddisfatta anche da chi prenda alloggio nel luogo della sede del corso per un periodo inferiore a 10 mesi – condizione che sino ad oggi risultava indispensabile, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2001, per l'ottenimento della borsa di studio – e che, proprio in ragione della possibilità che essa sia venuta meno per via delle intervenute limitazioni alla libertà di circolazione, potrà essere soddisfatta anche da chi abbia alloggiato fuori sede per soli 4 mesi.
  Tale previsione normativa è stata, dunque, motivata dalla necessità di evitare che la grave situazione di emergenza vissuta dal Paese per effetto della crisi epidemiologica da Covid-19, potesse in qualche modo pregiudicare una forma di aiuto agli studenti e alle loro famiglie, in molti casi, ritenuta indispensabile.
  Concludo, rassicurando circa le intenzioni del Governo a voler proseguire nell'adozione di ulteriori iniziative volte a supportare i nostri studenti fuori sede e le nostre università, allo scopo di superare questo frangente così complesso e continuare a dare piena effettività al diritto allo studio costituzionalmente sancito.
  

Il Ministro dell'università e della ricerca: Gaetano Manfredi.


   FIORAMONTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende della vendita da parte dell'Italia di due fregate Fremm all'Egitto, all'indomani della telefonata tra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Presidente della Repubblica egiziana Abdel Fattah al-Sisi in merito al dossier libico e all'ancora irrisolta vicenda del caso Regeni;

   la scelta della vendita sembra essere stata condivisa con i vertici di Fincantieri, i quali erano già in trattativa con Il Cairo e attendevano l'autorizzazione all'esportazione delle due navi, la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi, per un valore di circa 1,2 miliardi di euro;

   l'accordo riguarda le due fregate multiruolo Fremm sopramenzionate in origine destinate alla Marina militare italiana e dunque già costruite e finanziate con fondi pubblici italiani. Non essendo state ancora iscritte al registro navale militare, tali navi verrebbero «dirottate verso» un destinatario estero, con conseguente modifica delle previsioni di dotazione delle Forze amate italiane in assenza di chiarezza sugli eventuali rimpiazzi e relativi costi;

   violazioni sistematiche dei diritti umani continuano a contraddistinguere la gestione del potere del presidente al-Sisi; inoltre, manca ancora un vero sostegno al Governo italiano nella ricerca di verità per l'uccisione di Giulio Regeni, e si continua a trattenere in carcere lo studente egiziano dell'università di Bologna, Patrick George Zaki;

   nonostante tutto ciò, l'Egitto continua a godere dello status di principale acquirente di armi italiane, con un volume di affari, derivante da nuove autorizzazioni, da 871 milioni di euro solo nel 2019. La notizia della trattativa si colloca pertanto all'interno di dinamiche poco istituzionali, che, ad avviso dell'interrogante, lasciano sospettare una sorta di compravendita tra giustizia e mercato, al prezzo della verità sottaciuta;

   tale accordo, secondo l'interrogante, violerebbe la legge n. 185 del 9 luglio 1990 che regola l'export di materiali d'armamento e ne vieta le esportazioni verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate «violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani» oltre che «Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite» come risulta essere lo stesso Egitto sia per quanto riguarda il conflitto in Yemen che il conflitto in Libia –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di fare chiarezza sulla vicenda di cui in premessa, considerando il danno politico e l'imbarazzo che una tale decisione suscita nei cittadini italiani, soprattutto se avallata da parte di un Governo progressista, che dovrebbe invece impegnarsi per sospendere l'esportazione delle armi in quei Paesi che continuano a perpetrare violazioni dei diritti umani, svolgendo anche le necessarie valutazioni sull'impatto di questa vendita riguardo alle dotazioni della Marina militare.
(4-06006)

  Risposta. — La questione delle forniture nel settore della difesa è argomento politicamente sensibile e tecnicamente complesso, su cui i processi decisionali in materia vengono affrontati tenendo conto di due ordini di valutazioni, entrambi importanti: un controllo tecnico e un vaglio politico. Sulla base della legge n. 185 del 1990 il Governo esamina, caso per caso, le richieste delle imprese italiane di autorizzazione a trattative contrattuali. In un secondo momento, se le trattative hanno portato alla firma di un contratto, valuta l'autorizzazione all'esportazione. Nello specifico, il Governo analizza in dettaglio la natura delle forniture, il destinatario, l'utilizzatore, la loro possibile destinazione d'uso. Gli accertamenti vengono effettuati anche attraverso il contributo di pareri tecnico-militari. Il rilascio dell'autorizzazione resta sottoposto all'applicazione rigorosa di questi criteri, nonché alla previa verifica dell'esistenza di ulteriori impedimenti.
  Questi possono riguardare le aziende coinvolte o scaturire da un embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'Organizzazione delle Nazioni unite (Onu), dell'Unione europea o dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), o ancora da responsabilità per gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani.
  Le violazioni devono essere accertate dai competenti organi delle Nazioni unite, dall'Unione europea o dal Consiglio d'Europa.
  Per quanto riguarda nello specifico le fregate Fremm, il Governo ha effettuato sia un'attenta disamina sotto il profilo tecnico giuridico, a livello nazionale e internazionale, che a livello tecnicomilitare, accertando altresì che l'eventuale vendita non arrecasse pregiudizio alle attività e all'operatività delle forze armate italiane.
  Naturalmente sono state compiute delle valutazioni anche circa gli aspetti prettamente politici della questione. Sotto questo aspetto va tenuto in considerazione il ruolo svolto dall'Egitto nel Mediterraneo allargato e dalla, lotta al terrorismo e al contrasto del traffico di esseri umani, dalla tutela dei nostri interessi energetici alla crisi libica.
  Questo vaglio complessivo è stato completato con una discussione nel Consiglio dei ministri nella riunione dell'11 giugno 2020, in esito alla quale è stata conferita a Fincantieri l'autorizzazione alle trattative contrattuali per le due fregate in questione. Dopo la conclusione di tali trattative ed un ulteriore passaggio al Consiglio dei ministri, nella riunione del 7 agosto 2020, è stata quindi rilasciata l'autorizzazione definitiva all'esportazione da parte della Autorità nazionale Uama.
  Tengo a precisare che nessun altro Stato europeo ha finora adottato misure restrittive su questo tipo di materiali.
  Tali valutazioni e scelte non inficiano in alcun modo la ferma e incessante ricerca della verità sul barbaro assassinio di Giulio. La sua tragica morte è una ferita aperta per tutto il Paese. La richiesta di giustizia rimane profondamente radicato nell'opinione pubblica, in questo Parlamento e in tutte le istituzioni, Governo in prima fila. Non cesseremo di esigere ad ogni occasione la verità, come reiterato dal Ministro Di Maio in occasione dei suoi più recenti colloqui con l'omologo egiziano. Per tutti noi è un impegno ben chiaro, una responsabilità che sentiamo forte nelle nostre coscienze.
  Anche per quanto riguarda il caso di Patrick Zaki, continueremo ad attribuirvi forte priorità, soprattutto con riferimento alle sue condizioni detentive e all'esigenza di assicurare un
iter processuale rapido, in vista di un auspicabile rilascio.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   fin dagli inizi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha celermente definito le misure a tutela dei lavoratori operativi presso la sede centrale di Roma, mentre ciò non è avvenuto con la medesima celerità e l'auspicata chiarezza e organicità a tutela dei lavoratori impiegati presso le rappresentanze oltre confine, segnatamente in quei Paesi ove l'incidenza virale è stata particolarmente elevata;

   fino al 10 marzo 2020 la rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non ha avuto indicazioni operative dalla sede centrale, malgrado l'esposizione dei lavoratori ed il crescente numero di contagi in determinate aree con significative ripercussioni sull'incolumità dei lavoratori e sulla conseguente certezza dei servizi erogati dalle strutture medesime;

   già in data 5 febbraio 2020 la sigla sindacale maggiormente rappresentativa degli impiegati a contratto della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, accogliendo i segnali d'allarme provenienti dalla Cina, sollecitava l'intervento dell'Amministrazione e proponeva forme di tutela per la salute del personale;

   soltanto in data 10 marzo 2020, a seguito dei molteplici solleciti da parte delle sigle sindacali, la direzione generale per le risorse e l'innovazione (Dgri) aveva diramato una nota nella quale, nell'ambito delle modalità operative definite, prevedeva anche l'ipotesi di «lavoro da remoto» – sebbene tale modalità operativa non sia stata assimilata a quella di «lavoro agile» per il quale la stessa amministrazione fornisce la strumentazione atta a garantirne l'espletamento delle funzioni, così come previsto dalla Circolare n. 1 del Ministro della pubblica amministrazione del 4 marzo 2020, aggravando in tal modo la già vistosa sperequazione tra i diritti dei lavoratori della medesima amministrazione;

   risulta all'interrogante che, al momento, siano circa 64 i casi di contagi di nostri dipendenti sulla Rete oltre confine, su 300 sedi: il continuo confronto con il pubblico, l'assenza di specifici protocolli operativi atti a contenere il distanziamento e l'incremento della richiesta di presenza in sede da parte dell'Amministrazione per far fronte ai servizi correlati ai prossimi appuntamenti elettorali che coinvolgono anche i connazionali all'estero, rischiano di amplificare l'esposizione ad un rischio che dovrebbe invece essere contenuto;

   con riferimento all'espletamento del voto nella Ripartizione estero, risulta all'interrogante che alcune sedi estere abbiano chiuso gli uffici, con conseguente blocco dell'accesso degli utenti in seguito ai casi di contagio; malgrado ciò, molte sedi sui portali invitano i connazionali a recarsi di persona per ritirare certificati e schede elettorali, favorendo in tal modo assembramenti indisciplinati;

   inoltre, risulta all'interrogante che, in ragione dell'introduzione di misure di contenimento epidemiologico in diversi Paesi, gli impiegati a contratto non sono stati legittimamente accreditati presso le autorità competenti dei Paesi ospitanti, con il risultato paradossale che il personale operativo sia stato sanzionato per violazione delle norme in materia di circolazione, nonostante dovesse recarsi presso le sedi diplomatico-consolari straniere –:

   quali siano le misure attualmente adottate presso la rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale atte a tutelare la sicurezza e l'incolumità del personale e degli utenti delle strutture medesime;

   quali siano le ragioni ostative all'attuazione del diritto al lavoro agile per gli impiegati della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, alle medesime condizioni disciplinate dalla suindicata circolare del 4 marzo 2020;

   quali siano le ragioni ostative all'accreditamento degli impiegati a contratto presso le autorità locali al fine di renderli destinatari delle deroghe previste circa le misure restrittive per la libera circolazione attualmente vigenti sul territorio di alcuni Paesi ospitanti in ragione dell'emergenza epidemiologica ancora in atto;

   se non si ritenga necessario accelerare le procedure di dematerializzazione e digitalizzazione dei servizi consolari, al fine di ridurre le presenze in loco e le conseguenze degli assembramenti.
(4-06866)

  Risposta. — Onorevole deputato Fitzgerald Nissoli, rispondo alla sua interrogazione n. 4-06866 e in relazione ai quesiti posti le preciso che in ordine alle misure adottate presso la rete all'estero per tutelare la sicurezza e l'incolumità del personale e degli utenti, va anzitutto premesso che le Rappresentanze diplomatico/consolari all'estero operano nell'ambito della propria autonomia gestionale sancita dal decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 54, e possono disporre direttamente qualsiasi misura atta a garantire la sicurezza dei lavoratori tenendo conto delle differenti situazioni locali ed ambientali. La tutela della sicurezza del personale, in particolare, rientra tra i compiti del capo missione nella propria veste di datore di lavoro.
  Fin dalle prime manifestazioni dell'epidemia in Cina, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha adottato le necessarie misure a tutela della salute dei dipendenti e delle loro famiglie in quanto obiettivo primario della propria azione.
  Nello specifico, si è data applicazione al regime di prevenzione – che la legge ha statuito essere differenziato rispetto a quanto previsto per l'Italia – di cui all'articolo 263, comma 4, del «decreto Rilancio» convertito della legge n. 77 del 2020, il quale stabilisce che la presenza dei lavoratori di pubbliche amministrazione negli uffici all'estero è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali per il contenimento della diffusione del COVID-19, fermo restando l'obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuali. In ottemperanza al dettato normativo, l'opera di adeguamento delle misure sede per sede si è dunque svolta tenendo conto dell'effettiva diffusione geografica del virus, delle misure di contrasto adottate nei diversi Paesi e dei pareri dei competenti medici di fiducia. Il livello di operatività e di presenza fisica del personale in Sede dipende, pertanto, dall'andamento della situazione sanitaria locale e intende assicurare la massima tutela della salute del personale nonché degli utenti che si recano presso gli Uffici della rete estera.
  Per quanto riguarda il personale in servizio all'estero, fin dal mese di febbraio e ancor prima delle misure urgenti adottate dal Governo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2020, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha diramato istruzioni alla rete per meglio garantire la sicurezza sanitaria sui luoghi di lavoro. In attuazione delle prime indicazioni provenienti dal Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha incoraggiato il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa – tenendosi al passo con l'evoluzione della situazione epidemiologica nei vari Paesi di accreditamento – pur garantendo in presenza le prestazioni indifferibili e l'assistenza ai connazionali. Anche in tal caso vi è stato un costante lavoro di aggiornamento e adattamento.
  Le Sedi all'estero sono inoltre state invitate ad aggiornare, ove necessario, i rispettivi documenti di valutazione del rischio anche al fine di recepire da ultimo le misure previste dal «protocollo per il rientro in sicurezza dei lavoratori» sottoscritto dalla Ministro della pubblica amministrazione, nonché quelle della «Dichiarazione congiunta concernente l'attuazione di misure per il contrasto e contenimento della diffusione del virus COVID-19 presso l'Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale», che dettaglia e precisa quanto già indicato dai protocolli sottoscritti dal Governo con le parti sociali.
  Merita anche sottolineare come l'Amministrazione centrale abbia peraltro sempre prontamente soddisfatto le numerose richieste di finanziamento di interventi provenienti dalle sedi estere volti a garantire sia la sicurezza dei lavoratori sia quella degli utenti, quali – ad esempio – la sanificazione degli ambienti, l'installazione di pannelli divisori per assicurare il distanziamento sociale, l'effettuazione di tamponi al personale nei casi di contagio, ed altro.
  Da ultimo, in occasione del voto all'estero per il referendum costituzionale, massima è stata l'attenzione posta dall'Amministrazione e dalle nostre sedi estere alla sicurezza dei connazionali e dei dipendenti. Come noto, il voto all'estero si tiene per corrispondenza: questa modalità di esercizio, grazie alla spedizione postale a casa dell'elettore e la riconsegna sempre via posta del plico elettorale, evita occasioni di assembramento e di contatto interpersonale. Gli elettori hanno avuto la possibilità di recarsi in consolato per ritirare un duplicato del plico elettorale qualora necessario – sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio da COVID-19 e delle norme sanitarie localmente vigenti. Le richieste di duplicato sono state, in ogni caso, molto contenute nei numeri (pari allo 0,08 per cento di tutti gli elettori).
  La Farnesina ha inoltre contribuito a diffondere l'informazione circa le modalità di partecipazione al voto attraverso ogni canale, ovvero:

   in modalità telematica, attraverso il sito istituzionale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e attraverso tutti le pagine delle rappresentanze diplomatico-consolari, nonché attraverso i canali sui social media (Twitter, Facebook, Instagram);

   attraverso i media tradizionali: il 5 agosto 2020 il direttore generale della direzione generale italiani all'estero Luigi Vignali è inoltre intervenuto nella trasmissione «L'Italia con voi» sul canale Rai Italia per presentare il referendum e illustrare le modalità di voto. È stato inoltre ripetutamente trasmesso nel palinsesto h24 di Rai Italia il video ministeriale sulle procedure di voto all'estero – che ha raggiunto un bacino potenziale di circa 20 milioni di famiglie e 70 milioni di utenti.

  Le sedi diplomatico-consolari hanno poi condotto la campagna informativa utilizzando i canali ritenuti localmente più opportuni, quali giornali, programmi televisivi e radiofonici, sempre nell'osservanza delle norme sanitarie locali.
  Per quanto concerne la questione dell'accreditamento degli impiegati a contratto presso le autorità locali, va rilevato che il personale locale non viene accreditato, né potrebbe esserlo in ragione del proprio status. La convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 stabilisce infatti, in termini generali, che il personale di una missione diplomatica goda dei privilegi e delle immunità previste dall'accreditamento «sempreché non siano cittadini dello Stato accreditatario o non abbiano in esso la residenza permanente», circostanza che invece si verifica per gli impiegati a contratto delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari italiani.
  Per quanto riguarda, infine, la digitalizzazione e dematerializzazione dei servizi consolari, si concorda con l'interrogante sull'opportunità di procedervi
quam primum, anche ai fini di ridurre la necessità della presenza fisica in ufficio. In linea con l'agenda digitale della pubblica amministrazione, la Farnesina sta portando avanti con grande determinazione un percorso di digitalizzazione dei servizi consolari promuovendo strumenti informatici innovativi ed efficienti.
  Nello specifico, numerose sono le attività completate o in fase di ultimazione con l'obiettivo di accelerare la digitalizzazione dei servizi consolari. In questo senso vanno infatti tutte le seguenti iniziative:

   in materia elettorale, gli operatori consolari si sono serviti di una piattaforma ad uso interno dedicata, il portale per il voto all'estero, che si conferma un applicativo informatico innovativo per una efficiente gestione dei processi elettorali, poiché tutte le funzionalità necessarie allo svolgimento delle attività relative alle operazioni elettorali all'estero possono essere svolte on-line;

   il 15 luglio 2020 è stato pubblicato in una nuova veste grafica il portale Fast-It per il rilascio dei servizi consolari (anche con credenziali Spid), in conformità con le nuove linee guida Agid e di e-Government, con l'obiettivo di renderlo di più facile utilizzo per l'utenza (oltre 550.000 italiani residenti all'estero registrati al portale) e di quanti vi si affaccino per la prima volta. Questo portale, tra l'altro, consente all'utente di completare online – senza doversi recare personalmente allo sportello consolare – una serie di pratiche anagrafiche, tra cui la richiesta di iscrizione all'Aire e di variazione dell'indirizzo. Il 30 settembre 2020 è stata pubblicata una nuova versione del portale multilingua (inglese, spagnolo, e portoghese). Sono inoltre in fase di realizzazione sullo stesso portale – che ad oggi consente al connazionale di comunicare le variazioni di residenza – nuovi servizi: tra questi, la possibilità di registrarsi al voto in vista delle prossime elezioni per il rinnovo dei Com.It.Es., previste per il 2021;
   anche con l'obiettivo di fornire al cittadino uno strumento di identità digitale per l'accesso ai servizi
online della pubblica amministrazione, alle sedi consolari pilota di Vienna, Atene e Nizza che lo scorso autunno hanno avviato il rilascio della carta di identità elettronica agli italiani residenti nelle rispettive circoscrizioni, si sono aggiunte nei mesi di giugno e luglio anche Riga, Tallinn, Vilnius, Bucarest e Nicosia: dal corrente mese di ottobre la sperimentazione ha raggiunto anche le 9 Sedi consolari italiane in Germania e in Lussemburgo. In tali Sedi è stato possibile realizzare un servizio di interrogazione da parte dell'operatore consolare dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Si tratta pertanto di un significativo progresso, a vantaggio di una più efficace gestione degli schedari consolari e di una maggiore efficienza del servizio reso al cittadino, anche nell'ottica del principio «once only» (una volta soltanto), in linea con le previsioni del codice dell'amministrazione digitale e del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione;
   prosegue anche l'attività di aggiornamento della piattaforma prenota
online, applicativo che consente agli utenti di prenotare gli appuntamenti presso gli Uffici consolari di competenza. Sta proseguendo il programma di erogazione della carta d'identità elettronica (Cie), ora erogata ad Atene, Vienna, in tutta la Francia, in Romania, a Cipro, nelle tre Repubbliche baltiche, e a partire dal 1° ottobre 2020 in tutta la Germania e in Lussemburgo, con l'obiettivo di coprire nei prossimi mesi l'intera rete europea;
   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha aderito alla piattaforma «PagoPA» per il pagamento dei servizi consolari
online e negli ultimi mesi contatti si sono avuti con il Ministero dell'innovazione e della digitalizzazione al fine di testare il relativo «Portale dei pagamenti», che sarà attivo presso le prime sedi pilota entro la fine dell'anno:
   proseguono anche le attività relative all'aggiornamento della piattaforma «prenota
online», con la quale gli italiani residenti all'estero possono prenotare un appuntamento presso l'ufficio consolare di competenza. La nuova piattaforma sarà, disponibile in fase di test in alcune sedi pilota entro la fine dell'anno, e prevede nuove funzionalità, tra le quali un sistema di gestione delle code e un più robusto sistema di autenticazione, in grado di superare le criticità presenti sull'applicativo esistente, che gestisce già oltre 600.000 appuntamenti all'anno;
   in relazione ai documenti di riconoscimento, è attivo il progetto Fico (Funzionario itinerante consoli onorari) per la distribuzione ai consoli onorari di postazioni mobili per la captazione dei dati biometrici in remoto per il rilascio del passaporto, e ciò nell'ottica di promozione di servizi di prossimità all'utente, in condizioni di sicurezza. Alla luce della positiva accoglienza presso gli italiani all'estero del progetto, si intenderebbe replicare tale progetto anche per le pratiche di richiesta della carta di identità elettronica. Durante il periodo di pandemia, inoltre, è stato avviato un progetto che ha permesso ai funzionari di più di 20 sedi consolari di accedere da remoto ai principali applicativi informatici consolari, nell'ottica di una prossima estensione all'intera rete diplomatico-consolare. Numerose sedi della rete sono inoltre impegnate in progetti di dematerializzazione degli archivi consolari cartacei, operazione che consentirà inoltre ai funzionari consolari in lavoro agile di accedere da remoto ai fascicoli archiviati;

   è stato inoltre avviato il progetto di digitalizzazione degli archivi cartacei delle sedi consolari, in stretto contatto con l'Agenzia per l'Italia digitale, anche alla luce della pubblicazione delle nuove linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici. Nelle scorse settimane alle sedi consolari sono state inviate le prime istruzioni operative di processo e tecnologiche, e numerose sedi hanno aderito all'iniziativa, inviando i propri progetti. Le prime sedi pilota potranno avviare le attività presumibilmente entro la fine dell'anno. Anche questa attività si inserisce nel contesto di una crescente digitalizzazione delle procedure di lavoro, con significative ricadute attese sui destinatari dei servizi consolari;
   sono state avviate nei giorni scorsi al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le attività relative alla personalizzazione di una piattaforma in riuso per la gestione documentale degli uffici della Farnesina, della rete diplomatico-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura. La nuova piattaforma consentirà una più efficace gestione del documento informatico e di protocollo, una migliore interoperabilità con altre pubbliche amministrazioni, con l'obiettivo costante della dematerializzazione crescente e dello snellimento dei metodi di lavoro, con positive ricadute sui servizi della Farnesina a cittadini e ad imprese;
   infine, è importante segnalare che nel pieno della crisi pandemica, già ad inizio maggio il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a seguito dell'applicazione di modalità flessibili di lavoro anche alle sedi estere, ha adottato un'apposita soluzione volta a consentire a circa 20 grandi uffici diplomatico-consolari pilota – mediante la configurazione in Vpn (
Virtual Private Network) di dispositivi dedicati – l'accesso da remoto agli applicativi ministeriali impiegati per lo svolgimento delle attività consolari. Nel frattempo, sono state individuate e sono in corso di test ulteriori soluzioni tecnologiche («bolla protetta» e sistema di doppia autenticazione) che – nel garantire adeguati livelli di protezione informatica – consentano di rendere l'accesso da remoto sempre più scalabile, anche in termini di estensione, ad un maggior numero di sedi e di applicativi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 luglio l'amministrazione comunale di Gabiano, in provincia di Alessandria, ha sollecitato la direzione provinciale di Poste Italiane, informando per conoscenza il prefetto di Alessandria e il presidente della provincia, a ripristinare l'orario normale dell'ufficio postale del paese, riportandolo alle sei ore previste prima della riduzione;

   il perdurare della riduzione di orario è causa di notevoli disagi ai cittadini e il formarsi di lunghe file di persone in attesa di accedere agli sportelli, rendono più difficoltoso il mantenimento delle regole di distanziamento sociale necessarie per frenare la diffusione dei contagi da Covid-19;

   l'utenza all'ufficio postale è in gran parte anziana ed è costretta a lunghe attese in piedi e all'aperto –:

   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza della grave situazione generata dal protrarsi della riduzione di orario, e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per superare questa situazione che sta arrecando notevoli disagi alla comunità di Gabiano.
(4-06549)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo la presenza di disservizi presso l'ufficio postale di Gabiano nell'omonimo comune in provincia di Alessandria, causati dalla riduzione oraria del medesimo ufficio, sentita a riguardo anche la società Poste Italiane, si rappresenta quanto segue.
  Nel corso dell'emergenza sanitaria in atto Poste Italiane ha posto in essere, in collaborazione con le istituzioni coinvolte, tutte le azioni ritenute opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti mettendo in campo una serie di misure volte a riorganizzare parallelamente ai processi produttivi e al modello di servizio, la rete degli uffici postali, con l'obbiettivo di coniugare le esigenze di continuità nell'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini con quelle preminenti della salute pubblica.
  In tale contesto, così come confermato anche, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), in relazione all'evolversi dell'emergenza epidemiologica e in ossequio alle disposizioni via via adottate dal Governo, sono stati implementati, fin da subito, interventi di rimodulazione della rete degli Uffici postali su tutto il territorio nazionale.
  L'azienda già dal 24 giugno 2020 è impegnata al graduale ripristino della operatività degli uffici postali interessati da modifiche, quale conseguenza di quanto sopra esposto, dandone preventiva informativa ai sindaci dei comuni interessati. Tali iniziative hanno interessato anche l'ufficio postale di Gabiano sottoposto a razionalizzazione dallo scorso mese di marzo, con apertura su tre giorni settimanali (lunedì, mercoledì e venerdì) con orario dalle ore 8.20 alle ore 13.45.
  A decorrere dal 14 settembre 2020, la società ha comunicato che l'ufficio di Gabiano (AL) è tornato alla consueta apertura dal lunedì al venerdì dalle ore 8.20 alle ore 13.45 e il sabato dalle ore 8.20 alle ore 12.45.
  Per completezza di informazione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico nell'ambito delle proprie specifiche competenze ma, in special modo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, proseguiranno nell'attività di vigilanza, provvedendo a verificare la legittimità, sotto il profilo della coerenza con la normativa vigente, delle chiusure o delle rimodulazioni orarie degli uffici postali e con l'obbiettivo prioritario di assicurare un servizio efficiente e in linea con le aspettative dell'utenza.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio come modificata dalla direttiva 2002/39/CE e dalla direttiva 2008/6/CE si occupa del pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari;

   il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 – modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, dal decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58, dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, e dalla legge 4 agosto 2017, n. 124 – ha attuato la direttiva 97/67/CE, come successivamente modificata;

   la rete capillare degli uffici postali svolge un ruolo fondamentale nella funzione di coesione sociale ed economica sul territorio nazionale, consentendo l'accesso universale a servizi di interesse economico generale;

   il 15 maggio 2020 è stato sottoscritto digitalmente il contratto di programma 2020-2024 tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane Spa;

   appaiono del tutto incomprensibili le ragioni che hanno portato alla ridimensionata apertura al pubblico (a quanto consta all'interrogante limitata alle sole giornate di martedì, giovedì e sabato) dell'ufficio postale n. 8 di Piacenza, posto in Via Perfetti 1, nel quartiere Besurica, che conta oltre 4.000 abitanti e che, da sempre, assolve una funzione molto importante per gli utenti del servizio postale della zona;

   appare indispensabile una modifica della decisione di limitare l'apertura del detto ufficio postale, giusto quanto sopra esposto –:

   se la vicenda sia nota al Ministro interrogato e quale sia il suo orientamento al riguardo, anche in relazione a quanto disposto dal citato contratto di programma.
(4-06301)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico e l'azienda Poste Italiane, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'apertura ridimensionata dell'ufficio postale n. 8 di Piacenza (Piacenza 8), posto in Via Perfetti 1, nel quartiere Besurica.
  Preliminarmente, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Agcom delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta infatti all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. La suddetta Autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  In occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019, è stato illustrato l'impegno di Poste Italiane verso i piccoli comuni: in primo luogo, la scelta di non chiudere più gli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento; in secondo luogo, la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare. In molti piccoli Comuni sono state abbattute le barriere architettoniche, è stato esteso il servizio di
wi-fi gratuito e sono stati installati nuovi sportelli automatici Atm Postamat. Sportelli automatici sono stati aperti anche in alcuni comuni storicamente privi di uffici postali e sono stati attivati accordi con i tabaccai per la fornitura di alcuni servizi.
  Ciò premesso, sentita sul punto sollevato dall'interrogante, Poste Italiane fa sapere che, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica, la società ha posto in essere, in totale trasparenza e collaborazione con le istituzioni, le azioni necessarie ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare comunque i propri servizi, in coerenza con le disposizioni normative vigenti durante l'emergenza, in materia di tutela della salute pubblica, ivi comprese le disposizioni afferenti al distanziamento sociale.
  Poste Italiane riferisce, al contempo, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola.
  Anche l'ufficio postale di Piacenza 8 è stato chiuso in data 11 marzo 2020 a causa dell'emergenza sanitaria. A partire dal 21 aprile 2020, a seguito di comunicazione al sindaco effettuata in data 9 aprile 2020, l'ufficio postale di Piacenza 8 è stato riaperto ed è attualmente operativo tre giorni a settimana: il martedì e il giovedì dalle ore 08:20 alle ore 13:35 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:35. L'azienda comunica, inoltre che l'ufficio postale in parola è dotato di sportello automatico Atm fruibile 24 ore al giorno.
  Secondo i dati aziendali di Poste Italiane, questa modalità operativa non presenta criticità. Ad ogni modo, essa non ha carattere definitivo: l'azienda sta monitorando la situazione al fine di valutare la data di ripristino dell'operatività ordinaria.
  Poste Italiane fa sapere, inoltre, che in posizione limitrofa si trovano altri uffici postali, specificamente: gli uffici postali Piacenza 2 e Piacenza 4, anch'essi dotati di Atm h24, attualmente aperti sei giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:35 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:35; nonché l'ufficio postale Piacenza 7, anch'esso dotato di Atm h24, attualmente aperto sei giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 19:05 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:35.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Comitato europeo per la prevenzione della tortura Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt) ha presentato a Strasburgo il 21 gennaio 2020 un rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia ove si riferisce di abusi, maltrattamenti, condizioni di isolamento inaccettabili soprattutto nel regime speciale del 41-bis e nelle sue «aree riservate». Sul sovraffollamento si afferma che «dal 2016, la popolazione carceraria italiana ha continuato ad aumentare in modo progressivo». Dal 2016 ad oggi, infatti, si registrano quasi novemila detenuti in più e ciò è avvenuto dopo il forte calo seguito alla cosiddetta «sentenza Torreggiani» del 2013 e ai provvedimenti «tampone», varati subito dopo l'esemplare e umiliante condanna dell'Italia per sistematici trattamenti inumani e degradanti nelle nostre carceri;

   al 31 dicembre 2019 i detenuti ristretti nelle carceri italiane sono 60.769, a fronte di 50.688 posti regolamentari di cui 3.666 indisponibili per inagibilità e/o ristrutturazioni. La capacità effettiva risulta di 47.022 posti;

   il sovraffollamento effettivo è quindi del 129,24 per cento a livello nazionale, con punte che superano il 150 per cento in 46 istituti, in cui 17.418 detenuti sono costretti a vivere in 10.232 posti. Molto sovraffollati sono gli istituti di Larino con il 214 per cento, Taranto 203 per cento, Como 196 per cento, Monza 192 per cento, Milano San Vittore 186 per cento, Lecce 186 per cento, Latina 184 per cento, Brescia 183 per cento, Varese 183 per cento, Busto Arsizio 182 per cento, Lucca 181 per cento;

   gli istituti che superano la media del sovraffollamento nazionale sono 97, con ben 35.965 detenuti per 23.385 posti;

   questa situazione si ripercuote drammaticamente nella vita detentiva, causando seri problemi igienico-sanitari e fatiscenza dei luoghi, difficile accesso alle cure sanitarie, scarse attività trattamentali quali studio e lavoro, arduo accesso alle misure alternative per l'eccessivo carico di lavoro dei pochi e sottodimensionati educatori, assistenti sociali, psicologi e magistrati di sorveglianza;

   l'unico riferimento, peraltro indiretto, al sovraffollamento, nella relazione del Ministro interrogato, è relativo all'edilizia penitenziaria; nelle «comunicazioni al Parlamento» si riscontra una contraddittorietà e sfanghi tra quanto riferito il 28 gennaio 2020 dal Ministro e quanto affermato dal suo gabinetto in risposta al Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt) sulla ripresa del sovraffollamento. In Parlamento, il Ministro ha parlato di uno stanziamento, da oggi ai prossimi 13 anni, di circa 350 milioni di euro per creare nuovi posti, senza specificare quanti, se non i pochi già decisi nelle passate legislature relativi ai padiglioni di Lecce, Parma e Trani, per un totale di 592 nuovi posti e altri 400 dei nuovi padiglioni di Taranto e Sulmona che verranno consegnati quest'anno; il suo gabinetto, invece, ha riferito al Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt) di 5.000 nuovi posti, che saranno costruiti nei prossimi 5 anni, «al fine di raggiungere l'obiettivo di 60.000 posti di detenzione regolari disponibili», dando per scontato che altri 5.000 posti saranno prossimamente fruibili non si sa come;

   si individuano quindi due diversi «piani» di edilizia penitenziaria: il primo, quello riscontrabile nelle comunicazioni del Ministro interrogato che prospetta un piano carceri da qui a 13 anni; il secondo, rintracciabile nella risposta fornita dal suo gabinetto al Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt), velocissimo, di 5 anni per 10.000 nuovi posti –:

   quali iniziative intenda assumere nell'immediato, per fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento penitenziario;

   se esista un piano di edilizia penitenziaria scadenzato nel tempo e se intenda farlo conoscere all'interrogante, con riguardo alla costruzione di nuovi istituti penitenziari, di nuovi padiglioni detentivi, alla ristrutturazione e all'adeguamento del patrimonio esistente, il tutto dettagliato nelle differenti caratteristiche di ogni singolo intervento, nei suoi tempi di realizzazione, nei suoi singoli costi; se intenda disporre la pubblicazione sul sito del Ministero della giustizia, tradotto dall'inglese in lingua italiana, sia del rapporto del Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt) sulle condizioni di detenzione in Italia, sia della successiva risposta del nostro Paese.
(4-04627)

  Risposta. — Si fa riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante ha chiesto quali iniziative si intenda assumere al fine di fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento penitenziario, se esista un piano di edilizia penitenziaria che preveda la nuova costruzione di istituti penitenziari e di nuovi padiglioni detentivi, nonché la ristrutturazione e l'adeguamento del patrimonio esistente e se intenda disporre la pubblicazione sul sito del Ministero della giustizia, tradotto in lingua italiana, il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione delle torture sulle condizioni di detenzione in Italia e della successiva nota di risposta del nostro Paese.
  Si rappresenta, in via preliminare, che alla realizzazione di nuove strutture destinate all'accrescimento della capacità ricettiva del sistema penitenziario nazionale, concorrono, allo stato, sia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia il Ministero della giustizia, per gli effetti delle nuove competenze a esso attribuite dall'articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12.
  Nuovi posti detentivi: interventi in corso e procedure avviate:

  N.

  Istituto

  Intervento

  Posti detentivi

  Fine lavori (indicativo)

  1

  CR Sulmona

  Nuovo padiglione

  200

  2020

  2

  CC Taranto

  Nuovo padiglione

  200

  2020

  3

  CC Trani

  Nuovo padiglione

  200

  2020

  4

  CR Milano «Opera»

  Nuovo padiglione

  400

  n. d.

  5

  CC Cagliari Uta

  Nuovo padiglione – Reparto 41

  92

  2020

  6

  Ex I P.M. Lecce

  Trasformazione in custodia

  100

  n. d.

  7

  CR Milano

  Ampliamento istituto

  200

  n. d.

  8

  CR Brescia «Verziano»

  Ampliamento istituto preesistente – aggiudicata gara

  400

  n. d.

  9

  Forlì

  Nuovo istituto – Ricorso Consiglio Stato su riappalto

  250

  n. d.

  10

  Bolzano

  Nuovo istituto – Attesa

  250

  n. d.

  11

  Bologna

  Nuovo padiglione

  200

  2021

  12

  Roma Rebibbia

  Nuovo padiglione

  400

  n. d.

  13

  Nola

  Nuovo istituto – aggiudicata gara

  1.200

  n. d.

  14

  San Vito al Tagliamento

  Nuovo istituto – Lavori

  300

  n. d.

  Totale

  4.391

  Recupero posti detentivi: interventi in corso e procedure avviate:

  1

  CC Milano

  Manutenzione straordinaria II e VI Raggio

  250

  n. d.

  2

  CC Livorno

  Recupero padiglione C e D

  250

  2021

  3

  CR Castelfranco

  Adeguamento DPR 230/2000

  70

  2021

  4

  CR Fossombrone

  Adeguamento DPR 230/2000

  200

  2021

  5

  CC Napoli

  Adeguamento DPR 230/2000

  600

  n. d.

  6

  CC Bari

  Adeguamento DPR 230/2000

  40

  n. d.

  7

  CC Potenza

  Adeguamento DPR 230/2000

  100

  2021

  8

  CC Brindisi

  Ristrutturazione sezione

  30

  2021

  Totale

  1.540

  Riguardo tali interventi, stante la competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si partecipa che le date di ultimazione degli stessi, laddove indicate, si rilevano dalle interlocuzioni e dalla corrispondenza intercorsa tra questa Amministrazione e i competenti uffici del predetto dicastero.
  Per quanto attiene, invece, agli interventi a cura del Ministero della giustizia, l'Amministrazione penitenziaria porta avanti la propria attività istituzionale finalizzata a riqualificare e valorizzare il patrimonio immobiliare conferitole in uso governativo, sa con l'obiettivo sia di aumentare il numero dei posti disponibili sia di favorire il conseguimento di più adeguate condizioni di vivibilità ai ristretti e agli operatori penitenziari.
  Oltre al completamento dei padiglioni detentivi già in corso di costruzione, nel corso dell'anno 2019 sono state promosse e finanziate le attività manutentive degli istituti, attraverso l'assegnazione ai provveditorati regionali della gran parte delle risorse finanziarie disponibili sui capitoli 7300 (investimenti), 7301 (manutenzione straordinaria) e 1687 (manutenzione ordinaria), per l'avvio di significative iniziative di recupero di strutture immobiliari inutilizzate e/o sottoutilizzate, soprattutto nelle aree geografiche di criticità maggiore.
  Sono state dunque colte le opportunità offerte dall'esercizio finanziario 2019, che è stato caratterizzato da rilevanti aumenti di risorse sul capitolo della manutenzione ordinaria, fino a circa 25 milioni di euro (valore corrispondente al 50 per cento del fabbisogno, pari a circa 50 milioni di euro, cioè l'1 per cento del valore del capitale immobiliare in uso governativo a questa Amministrazione stimato in 5 miliardi di euro).
  Tali interventi conservativi hanno consentito e consentiranno di recuperare i posti inagibili per problemi edili e impiantistici, con l'obiettivo del conseguimento – entro l'anno in corso – di un abbattimento di tali posti a circa 2.700, di modo da tendere al raggiungimento della soglia fisiologica di indisponibilità per l'espletamento dei lavori ciclici di manutenzione, pari al 5 per cento.
  Il positivo
trend d'aumento dei posti detentivi regolamentari è confermato dalle prossime attivazioni dei nuovi padiglioni presso gli istituti di Lecce e Parma e dalle previsioni di disponibilità, entro il 2020, dei nuovi padiglioni da 200 posti presso gli istituti di Trani, Sulmona e Taranto, raggiungendo così la cifra di circa 51.500 posti detentivi regolamentari.
  Sono inoltre in corso d'esecuzione, a cura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, le opere di realizzazione di un nuovo padiglione detentivo presso la casa circondariale di Agrigento, per ulteriori 150 posti detentivi, con previsione di ultimazione dei lavori nel 2021.
  A fronte delle competenze attribuite all'amministrazione penitenziaria dall'articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12, per contrastare il sovraffollamento, è stato inoltre avviato un piano specifico finalizzato alla realizzazione, all'interno di aree disponibili in alcuni istituti penitenziari, di 25 nuovi padiglioni modulari da 120 posti ciascuno, per complessivi 3.000 nuovi posti detentivi, così come di seguito individuati:

  N.

  Istituto

  Intervento

  Posti detentivi

  1

  CC Santa Maria Capua Vetere

  2 Nuovi padiglioni

  240

  2

  CC Perugia

  2 Nuovi padiglioni

  240

  3

  CC Rovigo

  2 Nuovi padiglioni

  240

  4

  CC Civitavecchia

  1 Nuovo padiglione

  120

  5

  CC Viterbo

  1 Nuovo padiglione

  120

  6

  CC Vigevano

  1 Nuovo padiglione

  120

  7

  CC Monza

  1 Nuovo padiglione

  120

  8

  CR Asti

  1 Nuovo padiglione

  120

  9

  CC Napoli Secondigliano

  1 Nuovo padiglione

  120

  10

  CR Alessandria

  1 Nuovo padiglione

  120

  11

  CR Vercelli

  1 Nuovo padiglione

  120

  12

  CC Pavia

  1 Nuovo padiglione

  120

  13

  CC Padova

  1 Nuovo padiglione

  120

  14

  CC Bologna

  1 Nuovo padiglione

  120

  15

  CC Reggio Emilia

  1 Nuovo padiglione

  120

  16

  CC Ferrara

  1 Nuovo padiglione

  120

  17

  CR Spoleto

  1 Nuovo padiglione

  120

  18

  IPM Lecce

  1 Nuovo padiglione

  120

  19

  CR Reggio Calabria Arghillà

  2 Nuovi padiglioni

  240

  20

  CC Vibo Valentia

  1 Nuovo padiglione

  120

  21

  CC Gela

  1 Nuovo padiglione

  120

  3.000

  Per quanto attiene all'ulteriore potenziamento del patrimonio immobiliare penitenziario, si sta dando attuazione al piano avviato, in collaborazione con l'Agenzia del demanio e il Ministero della difesa, per l'acquisizione e la riconversione in istituti penitenziari di una serie di complessi ex militari, caratterizzati da una configurazione di tipo modulare, che possono convenientemente essere trasformati in penitenziari a trattamento avanzato, ottenibili con investimenti e tempi notevolmente inferiori rispetto alla realizzazione ex novo di un pari numero di complessi e posti detentivi.
  Tali interventi di recupero, peraltro, rispondono anche al requisito di mantenimento delle strutture penitenziarie in ambienti urbani, così come evidenziato dal predetto tavolo 1 degli Stati generali dell'esecuzione della pena e, contestualmente, all'esigenza, sotto il profilo ambientale, di non consumare ulteriori suoli agricoli con una nuova edilizia pubblica.
  A tal riguardo, sono già state prese in consegna la caserma Bixio a Casale Monferrato e la caserma Battisti a Napoli, con avvio e completamento degli interventi di bonifica e delle attività di diserbo propedeutici alla progettazione dei lavori, mentre è imminente la presa in consegna la caserma Barbetti a Grosseto. Complessivamente, si tratta di interventi di riqualificazione che dovrebbero recare circa 1.000 nuovi posti detentivi in istituti penitenziari particolarmente vocati per le attività di riabilitazione e reinclusione sociale.
  Nella fattispecie, per la caserma Battisti di Napoli, in consegna temporanea a questa Amministrazione dal 16 luglio 2019, sono in corso i lavori del tavolo tecnico allargato a regione Campania, comune di Napoli e Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per la valutazione congiunta dell'attuale situazione tecnica e urbanistica.
  Per la caserma Bixio di Casale Monferrato è stato avviato il procedimento per i rilievi architettonici e strutturali per la successiva valutazione di vulnerabilità sismica propedeutica all'attività di progettazione definitiva, la cui impostazione dovrà essere preventivamente concordata con la competente Soprintendenza.
  Per la caserma Barbetti di Grosseto, infine, si è in attesa di conoscere la data di sottoscrizione del protocollo d'intesa per la presa in consegna del complesso.
  A seguito dell'emergenza edilizia giudiziaria di Bari, dovuta alla chiusura della sede di via Nazariantz, sono state avviate le attività finalizzate allo studio dell'ipotesi realizzativa di una nuova cittadella giudiziaria nelle aree delle ex caserme Capozzi e Milano in Via Alberotanza, trasformabili, rispettivamente, in istituto penitenziario e futura sede collegata della cittadella giudiziaria, con i conseguenti benefici sotto i profili organizzativi.
  Si sta infine valutando l'opportunità di pubblicare i testi tradotti in italiano del rapporto del Comitato europeo per la prevenzione delle torture e della successiva risposta.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per supportare ulteriormente l'adozione delle tecnologie cloud, Poste Italiane e Microsoft hanno recentemente rinnovato la propria partnership per promuovere l'innovazione tra sviluppatori, start up, grandi aziende e pubblica amministrazione. Le due aziende lanceranno un piano congiunto per sviluppare una nuova serie di servizi cloud per soddisfare le esigenze digitali emergenti delle aziende italiane e del settore pubblico, tra cui un progetto di digital skilling per i dipendenti stessi di Poste Italiane e un'iniziativa congiunta per la formazione nel Paese. Facendo leva sulle tecnologie Microsoft, Poste Italiane accelererà inoltre il processo di trasformazione digitale a supporto della propria crescita sostenibile;

   l'accordo si inserisce nel piano «Poste Italiane Deliver 2022», con l'intento di rafforzare il già iniziato percorso di trasformazione digitale e modernizzazione delle infrastrutture, Piattaforma nazionale di cloud ibrido;

   l'altro pilastro dell'accordo stabilisce lo sviluppo di una Piattaforma nazionale di cloud ibrido che combina i pilastri dell'architettura Data Center di Poste Italiane con le soluzioni cloud Microsoft Azure per permettere al mondo delle aziende private e della pubblica amministrazione di intraprendere percorsi di trasformazione digitale e di modernizzazione dei servizi pubblici. Grazie al modello ibrido, è possibile definire quali informazioni e applicazioni risiedono nel cloud pubblico e quali restano nel cloud privato, con una gestione semplificata e unificata tra questi due mondi che permetterà di avere i massimi vantaggi dai due approcci. È inoltre possibile garantire in qualsiasi momento la possibilità di spostare le applicazioni da cloud pubblici a privati e viceversa, sulla base di un criterio etico e sicuro della gestione dei dati. In questa ottica Poste Italiane e Microsoft svilupperanno un'offerta congiunta di servizi cloud ibridi per le piccole, medie e grandi organizzazioni. Sarà lanciato anche un Hybrid Cloud Competence Center per favorire l'accelerazione dell'adozione delle soluzioni cloud computing;

   Poste Italiane S.p.a. è una società per azioni, controllata per il 35 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, la cui attività primaria è: servizi di posta, bancoposta e di telecomunicazione; servizi di telematica pubblica; operazioni di riscossione e pagamento; raccolta del risparmio postale;

   il cloud computing è flessibile, economico ed è metodo rodato per la fornitura e l'uso di servizi via internet. Poiché i servizi e i dati aziendali vengono affidati a terzi, sicurezza e privacy sono esposti a un livello di rischio più elevato, il cloud sfrutta infatti diverse tecnologie, ereditandone anche le vulnerabilità;

   il fatto di avere dei data center nel nostro territorio e del personale specializzato italiano che risponda a qualsiasi esigenza è un valore aggiunto da non sottovalutare. Ed anche i pacchetti offerti dalle aziende italiane hanno una flessibilità e un'offerta che le grandi compagnie mondiali non possono permettersi, con possibilità di scalare velocemente, eseguire backup giornalieri e lavorare a tu per tu con gli operatori;

   aziende a totale controllo pubblico sono in grado di sostenere il progetto di cloud nazionale;

   nello sviluppo dell'infrastruttura sarà necessario sviluppare data center diffusi e le numerose agenzie regionali potranno svolgere un ruolo fondamentale nel posizionare l'Italia ai primi posti nell'innovazione tecnologica –:

   non si reputi opportuno promuovere e sostenere le politiche di sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione delle tecnologie digitali anche nell'ottica della realizzazione di un cloud nazionale.
(4-05952)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la Direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico e gli uffici del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'adozione delle tecnologie
cloud, per sviluppare una nuova serie di servizi finalizzati a soddisfare le esigenze digitali emergenti delle aziende italiane e del settore pubblico, in particolare alle iniziative promosse da Poste Italiane in tal senso.
  Interpellata in merito, Poste Italiane riconoscendo i benefìci economici derivanti dalle suddette tecnologie, rispettivamente in termini di ottimizzazione dei costi, ed operativi, nonché in termini di dimensionamento, scalabilità e affidabilità dei sistemi, ha evidenziato, altresì, che il
cloud introduce nuovi rischi che devono essere valutati al fine di indirizzare correttamente la strategia aziendale di evoluzione del modello di rogazione dei propri servizi.
  A riguardo, uno dei principali temi messi in risalto da Poste è per l'appunto quello della sicurezza: in un ambiente
cloud si amplia il perimetro dei sistemi e degli accessi, le risorse sono condivise, cambiano responsabilità e controlli, aumenta la velocità del provisioning di risorse e applicazioni, si ha una distribuzione geografica dei sistemi e dei dati con le relative implicazioni di conformità legislativa. La sicurezza negli ambienti cloud deve, pertanto, essere garantita: in tal senso, tra i presìdi di sicurezza adottati da Poste Italiane allo scopo di valutare e gestire i relativi rischi, rientrano i documenti di Linee guida per la sicurezza dei servizi di cloud computing, messi a disposizione dell'azienda da fornitori esterni e i documenti per la sicurezza di tali servizi erogati da Poste Italiane alla pubblica amministrazione (ai sensi delle circolari AgID n. 2 e n. 3 del 9 aprile 2018).
  La società ha tenuto a sottolineare, peraltro, che le richiamate Linee guida prendono in considerazione i principali dieci rischi connessi alla sicurezza del
cloud computing (contrattualistica non sempre adeguata; impossibilità di negoziare termini contrattuali; legge applicabile e foro competente; mancato rispetto normativa sulla privacy, riflessi di azioni giudiziarie su altri clienti; perdita di governance; lock-in; indisponibilità di un servizio o di un provider, compromissione delle caratteristiche di sicurezza dei dati; compromissione della sicurezza di rete), e forniscono i requisiti di sicurezza per la progettazione e la gestione dei servizi di cloud computing.
  Invero, Poste ha informato che è stato definito un insieme di controlli per l'ambito
cloud derivanti dai principali standard di settore e best practice internazionali.
  I controlli individuati sono stati recepiti all'interno degli strumenti utilizzati per l'Analisi del rischio informatico. In particolare, gli interventi includono:
  1. lo
Standard ISO/IEC 27017 Information technology Security techniques Code of practise for information security Controls based on ISO/IEC 27002 for cloud services:
  2. lo
Standard ISO/IEC 27018 Security techniques Code of practise for protection of personally identifiable information in public clouds actings Pll processors;
  3.
Cloud Controls Matrix versione 3.0.1 (CCM);
  4. Le Linee guida sicurezza dei servizi di
cloud computing erogati a Poste Italiane da fornitori esterni e delle Linee guida sicurezza dei servizi di cloud computing erogati da Poste Italiane alla pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda i Servizi di
cloud computing erogati da Poste Italiane alla pubblica amministrazione, la società ha segnalato che la strategia cloud delineata dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) prevede un percorso di qualificazione per i soggetti pubblici e privati che intendono fornire infrastrutture e servizi alla pubblica amministrazione. Inoltre, a decorrere dal 1° aprile 2019, le pubbliche amministrazioni possono acquisire esclusivamente infrastrutture e soluzioni qualificate e presenti nel Cloud Market Place. In tale catalogo sono iscritti i fornitori di servizi cloud e i fornitori di infrastrutture che soddisfino le caratteristiche organizzative, di sicurezza e conformità legislativa indicate nella procedura di qualificazione. Uno dei requisiti necessari in tema sicurezza è il conseguimento della certificazione ISO/IEC 27001 estesa con i controlli degli standard ISO/IEC 27017 e ISO/IEC 27018.
  Poste Italiane ha, perciò, deciso di procedere all'estensione della certificazione ISO/EEC 27001 del Sistema di gestione integrato «Servizi ICT e Sicurezza Informatica» ai controlli degli
standard ISO/IEC 27017 e ISO/IEC 27018. Sono in corso gli adempimenti necessari per tale estensione.
  Relativamente alla piattaforma
Cloud Azure di Microsoft, Poste Italiane ha osservato che questa fornisce garanzie sull'applicazione dei requisiti di sicurezza per l'erogazione dei servizi in cloud, essendo applicato quanto previsto da standard di conformità internazionali e specifici del settore, soddisfatti da Azure e certificati da Enti terzi accreditati, quali (GDPR) General Data Protection Regulation, ISO 27001, HIPAA, FedRAMP, SOC 1 e SOC 2, nonché standard specifici di singoli Paesi come l'australiano IRAP, G-Cloud del Regno Unito e MTCS di Singapore e che la piattaforma è qualificata all'interno del Cloud MarketPlace di AgID, in qualità di Cloud Service Provider di tipo C.
  Ad ulteriore garanzia della riservatezza dei dati di Poste Italiane e dei suoi clienti, la Società ha, tra l'altro, precisato che è stata implementata una soluzione di cifratura di tutti i dati presenti sulla piattaforma
cloud, che garantisce a Poste Italiane il possesso esclusivo delle chiavi di cifratura. Tali chiavi di cifratura sono infatti generate in Poste Italiane e memorizzate in dispositivi HSM (Hardware Secure Module) presenti nei Data Center di Poste Italiane (on premises). Le chiavi generate dagli HSM sono a loro volta cifrate con una KEK (Key Encryption Key) generata da un apparato HSM su Azure, e solo quest'ultimo può accedere alla chiave in chiaro. In tal modo non è possibile che terzi, nemmeno la stessa Microsoft, possano accedere alla chiave generata e utilizzata per le cifratura dei server.
  Poste Italiane ha segnalato, inoltre, ulteriori presìdi adottati per il rafforzamento delle misure di sicurezza degli accessi, delle applicazioni e dei dati resi disponibili
in cloud:

    • per l'accesso alle risorse del cloud è stato implementato il doppio fattore di autenticazione (Multi Factor Authentication) per il personale di Poste Italiane che opera come amministratore di sistema;
    • è in fase di rilascio un piano per estendere l'utilizzo della MFA (
Multi Factor Authentication) anche al top management aziendale;
    • sono state effettuate attività di
Vulnerability Assessment, Penetration Testing e Code Review su risorse ospitate sull'infrastruttura cloud, al fine di individuare eventuali vulnerabilità o problemi di sicurezza.

  Le predette verifiche di sicurezza sono state svolte tramite:

    attività automatiche (VA) atte a verificare la robustezza delle misure di sicurezza a protezione dell'infrastruttura Azure del servizio;
    attività manuali (PT) atte a verificare nel dettaglio lo stato di sicurezza dei protocolli e degli algoritmi utilizzati per la comunicazione tra i sistemi e la comunicazione tra i sistemi e l'utente finale;
    attività di
Secure Code Review con l'ausilio di prodotti di mercato e audit manuali sia relativamente ai sorgenti (code review statica) che di tracciamento tramite le interfacce web messe a disposizione dal servizio (code review dinamica).

  In termini generali, l'adozione di un cloud ibrido, a cui fa riferimento l'interrogante, non ha impatti negativi sulla sicurezza dei dati e di conseguenza sulla loro disponibilità-riservatezza e integrità (CIA). La scelta di implementare soluzioni ibride ha un vantaggio principalmente in termini di resilienza e continuità, oltre che manifestare benefìci per il business e la competitività sul mercato di riferimento.
  Il Gruppo Poste Italiane, tramite le analisi del rischio specifico e di impatto sul
business, determina il livello di protezione necessario al fine di garantire la conformità alle Direttive e Regolamenti Europei e alla legislazione nazionale, il livello di cifratura necessario e l'eventuale piano di disaster recovery (DR) associato alla tipologia del dato stesso.
  L'importanza che riveste il dato per Poste Italiane è sancita sin dalla fase di acquisizione di servizi o
asset, imponendo rigidi requisiti di sicurezza ai fornitori, la conformità al regolamento Gdpr e l'ubicazione dei data center esterni in Italia o Europa. In questo contesto l'infrastruttura, offerta dagli operatori cloud, è utilizzata come abilitatore alla creazione di servizi innovativi per il cittadino senza che ne venga inficiata la riservatezza e privacy del dato.
  La scelta di certificarsi IS027001, implementando un sistema di gestione di sicurezza delle informazioni prova la volontà del Gruppo di assicurare la protezione delle proprie informazioni e di quelle dei suoi
stakeholder. Tale sistema di gestione viene certificato tenendo conto di tutta la catena del valore delle informazioni, compresi anche i fornitori di servizi cloud, a cui Poste si affida. La verifica dell'applicazione delle direttive, dei regolamenti, delle normative e delle policy è affidata alle funzioni aziendali interne di sicurezza che monitorano i servizi h24, garantendo una risposta immediata a criticità ed eventi di sicurezza.
  Nello specifico del quesito posto dall'interrogante, sentiti anche i competenti uffici del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, si evidenzia che il ricorso al
cloud possa costituire una soluzione tecnologica idonea ed efficiente a favorire la realizzazione della transizione digitale sia della pubblica amministrazione sia delle imprese.
  Per queste ultime, il
cloud consente di ridurre i costi di gestione, garantendo l'uso di innovazioni tecnologiche in campo ITC in modo da promuovere la competitività delle imprese stesse. Per le pubbliche amministrazioni, la migrazione in cloud di molti servizi costituisce un passo fondamentale, che ha mostrato enorme utilità specie durante l'emergenza sanitaria permettendo il prosieguo di numerose attività solitamente eseguite in presenza negli uffici e nelle aziende che, pertanto, sarebbero state impedite a seguito delle misure restrittive adottate in quest'ultimo periodo.
  Sotto altro profilo, occorre altresì contemperare le esigenze di tutela dell'autonomia tecnologica del Paese e di sicurezza delle infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni con la necessità di garantire la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali.
  Sfruttando elevate economie di scala prodotte da un'aggregazione significativa della domanda di risorse e dalla concentrazione delle infrastrutture in installazioni di grandi dimensioni è possibile immaginare di poter disporre di infrastrutture IT affidabili, sicure ed energeticamente efficienti anche nell'ottica del necessario adeguamento a quanto previsto dalla disciplina in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica dettata per rafforzare la sicurezza degli
asset strategici del Paese.
  L'Agenzia per l'Italia Digitale, attraverso il Censimento del patrimonio ICT della pubblica amministrazione svolto in tre fasi dal dicembre 2018 fino al settembre 2019, ha rilevato che moltissime infrastrutture della pubblica amministrazione sono prive dei requisiti di sicurezza e di affidabilità necessari e, inoltre, sono carenti sotto il profilo strutturale e organizzativo. Questa realtà espone il Paese a numerosi, gravi, rischi tra cui quello di interruzione o indisponibilità dei servizi e quello di attacchi
cyber con il rischio di illegittimo accesso da parte di terzi a dati (o flussi di dati) particolarmente sensibili o perdita e alterazione degli stessi dati.
  Occorre, pertanto, avviare un percorso di attività volto alla razionalizzazione delle infrastrutture ICT della pubblica amministrazione e alla individuazione e realizzazione di un Polo strategico nazionale, un insieme di
data center localizzati all'interno del territorio nazionale, ad alta disponibilità, in grado di garantire elevati livelli di sicurezza, affidabilità ed efficienza energetica per poter erogare servizi di cloud computing privato dedicato alla pubblica amministrazione in coerenza con quanto stabilito nel piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
  Nel contempo, è necessario prevedere un processo di migrazione verso soluzioni affidabili e sicure delle infrastrutture, dei sistemi e dei servizi delle pubbliche amministrazioni oggi privi dei livelli minimi di sicurezza, capacità elaborativa, risparmio energetico e affidabilità fissati da AgID, nel rispetto della disciplina in materia di perimetro di sicurezza nazionale prevista dal decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito dalla legge 18 novembre 2019, n. 133.
  Il Dipartimento per la trasformazione digitale, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, effettuerà un monitoraggio periodico dello stato di migrazione al
cloud dei servizi della pubblica amministrazione in attuazione del Programma di abilitazione al Cloud.
  Riguardo, invece, alle politiche di sostegno alla ricerca, sviluppo e innovazione delle tecnologie digitali, si rimanda alle misure introdotte nel recente decreto «semplificazioni», volte a facilitare la ripresa post-emergenza, con le quali si interviene anche attraverso semplificazioni per favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione.
  Ebbene, a favore delle attività di impresa, il Ministero dello sviluppo economico ha previsto, in tale provvedimento, un pacchetto di misure finalizzate ad avviare un importante processo di sburocratizzazione del nostro Paese, in modo tale da sostenere l'intero sistema produttivo in questa fase di ripresa economica, attraverso procedure più snelle e veloci.
  Tra queste misure approntate, si ricordano quelle per l'innovazione, tese a semplificare e favorire le iniziative che riguardano le sperimentazioni e la ricerca, mediante l'impiego di tecnologie emergenti.
  Tra le altre iniziative messe in campo, occorre segnalare l'avvio dell'Atlante i4.0, il primo portale nazionale con la mappa delle 600 strutture per l'innovazione e la digitalizzazione delle imprese, nato dalla collaborazione tra Unioncamere e Ministero dello sviluppo economico. L'Atlante digitale rappresenta uno strumento molto utile, mappando su tutto il territorio nazionale le principali strutture esistenti, al fine di dare alle imprese, soprattutto le più piccole, un supporto rilevante nei processi di trasferimento tecnologico, utilizzando la ricerca per azioni di mercato.
  Infine, con il decreto direttoriale 9 giugno 2020, il Ministero dello sviluppo economico ha disciplinato l'intervento agevolativo sulla
digital transformation, istituito all'articolo 29 del «decreto Crescita» finalizzato a sostenere la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese, attraverso la realizzazione di progetti diretti all'implementazione delle tecnologie abilitanti individuate nel Piano nazionale impresa 4.0, nonché di altre tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera.
  In conclusione, l'impegno del Ministero dello sviluppo economico milita verso il sostegno di una digitalizzazione ad ampio raggio, nella piena consapevolezza che l'innovazione tecnologia rappresenta una chiave per la crescita sostenibile e per l'inclusione dell'intero Paese. Di questo nuovo paradigma devono essere consapevoli sia il settore pubblico che quello privato, nell'ottica di sfruttare le tecnologie digitali attraverso nuovi approcci e appalti pubblici innovativi.
  In tal senso, è in corso un'attività di impulso all'utilizzo del
cloud nella pubblica amministrazione che garantisca alti standard di sicurezza e di interoperabilità oltre che uno scambio di informazioni con amministrazioni, esperti, aziende e cittadini, utile a favorire l'organizzazione e il cambiamento culturale necessario alla diffusione e all'adozione delle tecnologie cloud in Italia.
  

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il giornalista di Avvenire Nello Scavo è tra i primi in Italia ad aver raccontato quanto accade quotidianamente lungo la rotta migratoria dalla Libia verso l'Europa e ha più volte denunciato la presenza di uomini legati al traffico di esseri umani all'interno della Guardia costiera libica;

   le sue inchieste hanno svelato i legami tra il governo maltese e la Guardia Costiera libica sui respingimenti in mare e nei giorni scorsi è stato attaccato e minacciato su Twitter da uno degli uomini più vicini ai due ultimi premier maltesi, già indicato dall'Avvenire quale presunto coordinatore delle operazioni che hanno preceduto la tristemente conosciuta «Strage di Pasquetta», il naufragio nel quale morirono 12 persone, rimaste per giorni su un gommone in avaria nel Mediterraneo Centrale e «accusato in precedenza di comportamenti illeciti e controversi, tra cui legami con un leader delle milizie libiche che gestisce estorsioni e centri di detenzione non ufficiali»;

   dalle inchieste giornalistiche emerge come il signor Gafà sia il fautore dell'accordo segreto tra Malta e Libia siglato tre anni fa e che prevede anche l'uso di «pescherecci fantasma» nel respingimento illegale di migranti;

   Gafà è stato accusato dalla famiglia di Daphne Caruana Galizia, uccisa con un'autobomba nel 2017, di essere uno dei principali sostenitori della campagna diffamatoria contro la giornalista, di cui Gafà diffondeva foto della vita privata e fotomontaggi;

   pur avendo sempre negato di conoscere le persone coinvolte nell'omicidio della giornalista, diverse immagini ritraggono Gafà accanto ad alcuni degli uomini imputati dell'omicidio;

   oltre a Nello Scavo, Neville Gafà, ex coordinatore dell'ufficio del Primo ministro maltese ha attaccato e minacciato anche la piattaforma Mediterranea che con la nave Mare Jonio è impegnata in attività di «search and rescue» nel Mediterraneo Centrale e Alarm Phone, la linea telefonica che riceve e rilancia le richieste di soccorso da parte dei migranti che si trovano in mare in situazioni di difficoltà e a rischio naufragio;

   rispondendo a un tweet di Alarm Phone in cui si denunciava il fatto che un neonato, partorito durante la traversata, fosse stato riportato dalla Guardia costiera libica in una zona di guerra insieme agli altri naufraghi soccorsi, puntando il dito contro le politiche messe in campo dai governi europei, Gafà ha scritto: «È bene che fermiate i vostri sporchi affari. Pieno supporto alla Guardia costiera libica»;

   a quel punto Nello Scavo ha scritto: «Affari sporchi, petrolio sporco, accordi sporchi tra governi. Niente da dire su questi metodi sporchi?»;

   l'incredibile risposta di Gafà, indirizzata direttamente non solo al giornalista di Avvenire ma, attraverso i relativi «tag», anche a Mediterranea e Alarm Phone, è stata la seguente: «Fermate i vostri sporchi affari. Altrimenti, vi fermeremo noi»;

   tale affermazione del signor Gafà risulta come una minaccia rivolta alle due organizzazioni ed al giornalista italiano che da tempo è nel mirino dei trafficanti di esseri umani per le sue inchieste sui rapporti tra questi e il governo maltese, nonché per l'inchiesta sul trafficante libico «Bija» e sulla partecipazione dello stesso ad incontri con le autorità italiane. Le minacce di «Bija» hanno portato alla decisione di assegnare al giornalista una scorta;

   il diritto di cronaca e il giornalismo di inchiesta non possono essere in alcun modo repressi e va respinto con forza ogni tentativo di intimidazione nei confronti di quei giornalisti che svolgono con professionalità il proprio mestiere –:

   quali iniziative, anche di tipo diplomatico, il Governo intenda intraprendere nei confronti del governo maltese affinché venga tutelata l'«agibilità» professionale del giornalista Nello Scavo, vittima di esplicite minacce da parte di Neville Gafà, capo di gabinetto del Primo ministro maltese fino al gennaio 2020, a causa delle inchieste da lui condotte e richiamate in premessa.
(4-06264)

  Risposta. — Onorevole Deputato Palazzotto, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06264.
  Neville Gafà è soggetto ben noto alle cronache maltesi per dichiarazioni sopra le righe e asseriti ruoli pubblici mai chiariti.
  Pur avendo prestato servizio in passato nei ruoli della pubblica amministrazione maltese, il sig. Gafà non riveste attualmente alcuna carica istituzionale né risulta aver mai ricoperto il ruolo di capo di gabinetto o di direttore del Primo Ministro maltese, come erroneamente riportato da diversi mezzi di stampa italiani.
  Nell'assenza di comunicati ufficiali da parte del Governo maltese, il Ministero degli esteri maltese ha stigmatizzato per le vie brevi l'episodio ricordato dall'interrogante e sul caso è stata avviata un'indagine a cura della magistratura locale. Prosegue poi l'attività di sensibilizzazione al più alto livello da parte dell'Ambasciata d'Italia a Malta affinché la vicenda sia tenuta nella massima considerazione dalle autorità maltesi.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   RIBOLLA, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   al primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo sono arrivate varie segnalazioni riguardanti disservizi che si sono verificati nei consolati italiani all'estero durante l'estate scorsa, imputabili solo in parte alla pandemia da Covid-19;

   segnalazioni particolari sono pervenute dal consolato di Ginevra, dove il coronavirus ha pesantemente colpito questo Cantone, richiedendo l'implementazione di misure sanitarie urgenti che hanno comportato anche la chiusura del consolato stesso;

   in Svizzera risiedono circa 600.000 connazionali, che necessitano di servizi consolari efficienti, in particolare in questo periodo di grave crisi economico-sanitaria –:

   quali iniziative intenda mettere in atto il Governo al fine di rendere più efficienti le pratiche di disbrigo burocratico per il rinnovo dei documenti di identità dei nostri connazionali e assicurare così la più ampia attuazione dell'articolo 16 della Costituzione in merito alla libertà di circolazione e movimento.
(4-07051)

  Risposta. — Onorevole deputato Ribolla, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-07051 e condivido pienamente l'attenzione da riservare alla numerosa collettività italiana residente in Svizzera. La Farnesina è impegnata costantemente ad individuare soluzioni che possano migliorare l'efficienza della rete nell'erogazione dei servizi consolari nei Paesi come la Svizzera dove, soprattutto negli ultimi anni, si è assistito a un rilevante incremento della già numerosa presenza dei connazionali.
  L'Amministrazione è consapevole delle difficoltà venutesi a creare a seguito dell'emergenza sanitaria, in particolare nella circoscrizione consolare di Ginevra dove, per affrontare le criticità rilevate, si sta agendo su diversi piani.
  Dal 16 novembre 2020 si procederà ad estendere l'emissione della carta di identità elettronica presso tutti gli uffici consolari della rete Svizzera. Le sedi attualmente abilitate ad emettere la Cie sono 22 nei seguenti Paesi: Austria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Romania.
  La Cie, essendo uno strumento di identità digitale, consentirà l'accesso ai servizi
online della pubblica amministrazione. Per l'emissione della Cie si utilizza un servizio di interrogazione da parte dell'operatore consolare dell'anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr). Si tratta pertanto di un significativo progresso, a vantaggio di una più efficace gestione degli schedari consolari e di una maggiore efficienza del servizio reso al cittadino, anche nell'ottica del principio «once only» (una volta soltanto), in linea con le previsioni del codice dell'amministrazione digitale e del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
  In relazione al rilascio del passaporto è attivo il progetto Fico (Funzionario itinerante consoli onorari) che consente agli uffici consolari onorari di captare
in loco le impronte digitali dei connazionali residenti nell'area di competenza e di inviarle telematicamente (azzerando quindi i costi degli spostamenti tra ufficio periferico e sede centrale) all'ufficio consolare di riferimento, che procederà all'emissione e all'invio dei passaporti, ciò nell'ottica di promozione di servizi di prossimità all'utente, in condizioni di sicurezza.
  Alla luce della positiva accoglienza del progetto presso gli italiani all'estero, si intenderebbe replicare tale progetto anche per le pratiche di richiesta della carta di identità elettronica. Durante il periodo di pandemia, inoltre, è stato avviato uno studio che ha permesso ai funzionari di più di 20 sedi consolari di accedere da remoto ai principali applicativi informatici consolari, nell'ottica di una prossima estensione all'intera rete diplomatico-consolare. Numerose sedi della rete sono inoltre impegnate in progetti di dematerializzazione degli archivi consolari cartacei, operazione che consentirà ai funzionari consolari in lavoro agile di accedere da remoto ai fascicoli archiviati.
  Proseguono inoltre le attività relative all'aggiornamento della piattaforma «prenota
online», con la quale gli italiani residenti all'estero possono prenotare un appuntamento presso l'ufficio consolare di competenza. La nuova piattaforma sarà disponibile in fase di test in alcune sedi pilota entro la fine dell'anno, e prevede nuove funzionalità, tra le quali un sistema di gestione delle code e un più robusto sistema di autenticazione, in grado di superare le criticità presenti sull'applicativo esistente, che gestisce già oltre 600.000 appuntamenti all'anno.
  Nel luglio 2020 è stato pubblicato in una nuova veste grafica il portale Fast-It per il rilascio dei servizi consolari (anche con credenziali Spid), in conformità con le nuove linee guida Agid e di
e-government, con l'obiettivo di renderlo di più facile utilizzo per l'utenza (oltre 550.000 italiani residenti all'estero registrati al portale) e di quanti vi si affaccino per la prima volta. Questo portale, tra l'altro, consente all'utente di completare online – senza doversi recare personalmente allo sportello consolare – una serie di pratiche anagrafiche, tra cui la richiesta di iscrizione all'Aire e di variazione dell'indirizzo, che devono essere espletate in via preliminare rispetto al rilascio dei documenti di viaggio.
  Il 30 settembre 2020 è stata pubblicata una nuova versione del portale multilingua (inglese, spagnolo, e portoghese).
  Da ultimo, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha aderito alla piattaforma «PagoPA» per il pagamento dei servizi consolari
online e negli ultimi mesi contatti si sono avuti con il Ministero dell'innovazione e della digitalizzazione al fine di testare il relativo «Portale dei pagamenti», che sarà attivo presso le prime sedi pilota entro la fine dell'anno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   SORTE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il servizio postale è un servizio pubblico di fondamentale importanza per i cittadini per lo svolgimento di moltissime attività quotidiane, dal pagamento delle utenze al ritiro del denaro contante;

   sono ancora molti, del resto, gli anziani che ritirano la pensione all'ufficio postale;

   la direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 inserisce le prestazioni postali tra i servizi di interesse di economia generale e stabilisce specifiche obbligazioni comunitarie per la tutela dei servizi universali a garanzia della piena efficienza a favore degli utenti;

   il contratto di programma 2020-2024 tra il Ministro dello sviluppo economico e Poste Italiane s.p.a. disciplina le modalità di erogazione del servizio postale universale nonché gli obblighi della società affidataria, i servizi resi agli utenti, i trasferimenti statali, la disciplina concernente l'emissione delle carte valori e le disposizioni in materia di rapporti internazionali;

   da ormai 5 mesi è segnalata dall'utenza la chiusura dell'ufficio postale di San Gervasio, frazione del comune di Capriate San Gervasio (BG);

   tale chiusura comporta moltissimi disagi ai cittadini più deboli e, in particolare, agli anziani che utilizzano si rivolgono all'ufficio postale per ritirare la pensione ed effettuare il pagamento delle utenze;

   la chiusura, inoltre, determina una maggiore affluenza all'ufficio postale di Capriate, che peraltro presenta una cronica carenza di personale;

   ciò è causa di lunghissimi tempi di attesa allo sportello e conseguente rischio di assembramenti, esponendo l'utenza a pericoli per la salute –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica segnalata relativa alla chiusura, da ormai 5 mesi, dell'ufficio postale a servizio della frazione di San Gervasio del comune di Capriate San Gervasio (BG);

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire all'utenza, in particolare ai cittadini più deboli, la possibilità di accedere ai fondamentali servizi erogati dagli uffici postali sull'intero territorio nazionale, in specie in situazioni quali quelle della frazione di San Gervasio del comune di Capriate San Gervasio (BG).
(4-06988)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue. L'interrogante fa riferimento alla chiusura dell'ufficio postale di San Gervasio, frazione del comune di Capriate San Gervasio (BG).
  A tal proposito, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, infatti, all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale», prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. La suddetta Autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/Cons, che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  Inoltre, occorre ricordare che in occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019, Poste Italiane ha illustrato l'impegno di Poste Italiane verso i piccoli comuni: in primo luogo, la scelta di non chiudere più gli uffici postali nei Comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento; in secondo luogo, la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare.
  Ciò premesso, si rappresenta che, a causa dell'allerta pandemica da Sars-Cov-2, Poste Italiane ha dovuto apprestare una serie di misure di contenimento della diffusione del virus, in linea con le prescrizioni governative, anche attraverso la riorganizzazione della rete degli uffici postali, disponendo chiusure e rimodulazioni orarie.
  In virtù della sua funzione di vigilanza, sulla questione è stata sentita l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale conferma che Poste Italiane ha dovuto ripensare profondamente le modalità di erogazione dei servizi e l'operatività degli uffici postali al fine di garantire la messa in sicurezza degli stessi – attraverso la sanificazione degli ambienti, il posizionamento di linee di distanziamento e l'installazione di circa 14.000 pannelli schermanti in
plexiglass – e garantire la corretta gestione dei momenti di maggiore afflusso legati al pagamento delle pensioni.
  L'Agcom, in generale, riferisce che gli interventi attuati da Poste Italiane, volti al graduale riassorbimento degli impatti dell'emergenza sulla rete e al contenimento delle situazioni critiche, sono proseguiti senza interruzioni e avrebbero dovuto garantire un recupero graduale e crescente dei livelli di operatività degli uffici postali. Tuttavia, l'insorgere di nuovi casi di contagio sta avendo conseguenze sull'operatività del servizio. Ad ogni modo, l'Agcom riconosce che, grazie all'impegno profuso da Poste Italiane, il numero di uffici inizialmente coinvolti dall'emergenza continua a ridursi.
  Sul punto sollevato dall'interrogante è stata sentita altresì direttamente Poste Italiane. Questa ha comunicato di aver posto in essere, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica e in totale trasparenza e collaborazione con le istituzioni, le azioni necessarie ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare comunque i propri servizi, in coerenza con le disposizioni normative vigenti in materia di tutela della salute pubblica, ivi comprese le disposizioni afferenti al distanziamento sociale.
  Poste Italiane ha riferito, al contempo, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola, dandone preventiva informativa ai Sindaci dei Comuni interessati.
  Tali iniziative hanno riguardato anche i due uffici postali presenti nel comune di Capriate San Gervasio.
  In particolare, Poste Italiane rappresenta quanto segue:

   l'ufficio postale di Capriate San Gervasio, inizialmente sottoposto a razionalizzazione, dal 27 aprile 2020 ha ripreso la consueta operatività con apertura dal lunedì al venerdì, dalle ore 8:20 alle ore 13:35 ed il sabato dalle ore 8:20 alle ore 12:35. L'ufficio è inoltre dotato di uno sportello automatico (ATM) fruibile durante l'intera giornata;

   l'ufficio postale di San Gervasio d'Adda è al momento chiuso, ma con operatività in appoggio sul limitrofo ufficio postale di Capriate San Gervasio.

  Poste Italiane riferisce, inoltre, che la chiusura dell'ufficio postale di San Gervasio d'Adda non ha carattere definitivo: l'azienda proseguirà con il costante monitoraggio al fine di valutare la data di ripristino della sua consueta operatività. Nel frattempo, la regolare erogazione di tutti i servizi viene assicurata attraverso l'ufficio postale di Capriate San Gervasio; infatti, sulla base delle verifiche effettuate dall'azienda, il personale assegnato all'ufficio postale di Capriate San Gervasio risulta coerente con il fabbisogno di risorse stimato in base ai flussi di traffico, al numero di operazioni effettuate e al numero dei clienti serviti, inclusi quelli dell'ufficio postale di San Gervasio d'Adda.
  L'azienda riferisce altresì di aver avuto, nel mese di settembre 2020, contatti con il sindaco, il quale ha inviato una nota ai rappresentanti territoriali di Poste Italiane, chiedendo la riapertura dell'ufficio postale di San Gervasio d'Adda. Nel fornire risposta, l'azienda ha confermato il provvedimento di chiusura, ribadendone però il carattere temporaneo e sottolineando l'impegno di Poste Italiane nell'assicurare l'erogazione dei propri servizi, nel rispetto delle disposizioni normative in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica. Poste Italiane ha illustrato le iniziative adottate per limitare la diffusione del contagio, ivi compresa la procedura di sanificazione e l'istallazione di pannelli schermati in
plexiglass in tutte le postazioni di front office sprovviste di vetro blindato, nonché il posizionamento di strisce di sicurezza idonee a garantire il distanziamento interpersonale, a tutela della clientela e dei dipendenti dell'azienda.
  In conclusione, voglio precisare che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le modalità di erogazione del servizio postale, nei limiti delle proprie competenze, al fine di assicurare un servizio efficiente ed omogeneo, e ad avviare – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali e serie criticità in tale ambito.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   TOCCALINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica è istituito dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 368 del 17 agosto 1999;

   tale organo è composto da tre rappresentanti del Ministero della salute, tre rappresentanti del Ministero dell'università e della ricerca, tre presidi della facoltà di medicina, tre rappresentanti delle regioni e tre rappresentanti dei medici di formazione specialistica;

   lo scopo dell'istituzione è quello di definire i criteri di accreditamento per le strutture universitarie e ospedaliere e verificare, delle stesse, l'idoneità a formare i medici specializzandi;

   ad oggi, tuttavia, non sono stati nominati i componenti dell'Osservatorio per la valutazione dei criteri di accreditamento delle strutture ospedaliere per la formazione degli specializzandi e non è nota con ufficialità la data in cui i medici abilitati potranno sostenere il concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione;

   tenendo presente, al riguardo, che i tempi di costituzione dell'Osservatorio non sono brevi e che le procedure di accreditamento hanno bisogno di essere svolte con serietà e molta attenzione, tutto fa pensare che il concorso verrà svolto dopo l'estate oppure sarà svolto a luglio 2020 con il pericolo che la rete formativa da utilizzare sarebbe quella utilizzata lo scorso anno;

   sostenere nuovi test e quindi iniziare un nuovo percorso di formazione specialistica senza un nuovo Osservatorio equivale a far formare nuovi medici in strutture che lo scorso anno soddisfacevano determinati criteri, ma non è detto che lo facciano anche quest'anno;

   in tal modo ne risentirebbe la qualità formativa dei medici specialisti;

   la formazione specialistica dei medici neo-laureati investe fortemente la società, perché da essa dipende la qualità della salute futura di tutti noi, oltreché l'inserimento nel mondo del lavoro di molti giovani medici;

   negli ultimi tempi si parla di una carenza di medici specialisti in molte discipline, e l'impegno dello Stato nella formazione diventa cruciale, anche al fine di realizzare un adeguato e qualificato ricambio generazionale –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere riguardo alla certezza della data dell'esame di Stato e quali tempistiche si prevedano per la costituzione dell'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica.
(4-07162)

  Risposta. — Il quesito in esame consente allo scrivente di fare chiarezza su una questione di grande importanza, soprattutto se rapportata al contesto di emergenza sanitaria che ancora stiamo vivendo ed alle conseguenti misure d'urgenza che ne sono scaturite.
  Nel suo atto di sindacato ispettivo l'interrogante lamenta il ritardo dei tempi nella costituzione dell'Osservatorio nazionale della formazione medico specialistica, organo al quale è demandata l'integrale istruttoria delle istanze di accreditamento delle scuole di specializzazione.
  Va detto, preliminarmente, che il cennato contesto ha richiesto – prima ancora di provvedere alla ricostituzione dell'Osservatorio – che fossero individuate misure tempestive ed eccezionali, in assenza delle quali – proprio in questo anno caratterizzato da una così grave crisi del sistema sanitario nazionale – sarebbe risultato a rischio addirittura l'avvio dell'anno accademico delle scuole di specializzazione di area sanitaria. Ed è proprio in virtù di tale eccezionalità che il Governo ha ritenuto, con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto decreto Rilancio, da una parte, di prorogare per il prossimo anno accademico l'accreditamento definitivo o provvisorio concesso per l'anno accademico 2018/2019 e, dall'altra, di consentire alle sole scuole che non avessero superato l'accreditamento nel precedente anno la possibilità di ripresentare istanza di accreditamento.
  Per lo svolgimento di tale, limitata, attività istruttoria – che di fatto costituisce, peraltro, un mero seguito dell'attività già svolta in occasione del precedente anno accademico – si è ritenuto di investire, per evidenti ragioni di economia procedurale, una Commissione di esperti
ad hoc, costituita dai componenti dell'Osservatorio nazionale alla data del 29 settembre 2018: e, cioè, dai soggetti che, nell'anno precedente, avevano impartito le prescrizioni, sulla base delle quali valutare le nuove istanze.
  Tale previsione normativa, si ribadisce, è stata motivata dalla necessità di evitare che la grave situazione di emergenza vissuta dal Paese per effetto della crisi epidemica da Covid-19, con le conseguenti limitazioni alla libertà di spostamento, potessero in qualche modo precludere alle scuole di specializzazione in questione la possibilità di accreditamento per l'anno accademico 2019/2020 nei termini e secondo le scadenze previste dalla normativa di settore. Tutto questo ha consentito, dunque che, sebbene in una situazione di emergenza, fosse rispettato l'
iter previsto ai fini della indizione del concorso nazionale per l'accesso dei medici alle scuole di specializzazione.
  Ciò posto, rispondendo allo specifico quesito dell'onorevole interrogante, desidero informare che con decreto del 5 ottobre 2020, già vistato dai competenti organi di controllo, ho provveduto a ricostituire, nella sua interezza, l'Osservatorio nazionale della formazione medico-specialistica: provvedimento, questo, che giunge nei tempi giusti per poter programmare tutta la necessaria attività istruttoria in vista del prossimo anno accademico.
  In merito all'ulteriore quesito posto, si fa presente che a seguito della emanazione, in data 24 luglio 2020, del bando di concorso per l'accesso dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria per l'anno accademico 2019/2020, la prova prevista dal bando ha avuto regolarmente luogo in data 22 settembre 2020.
  Nonostante le difficoltà organizzative dovute alla necessità di assicurare il pieno rispetto delle disposizioni e delle prescrizioni nazionali finalizzate alla prevenzione dal contagio pur in presenza di tanti candidati, la prova è stata regolarmente svolta.
  A tal riguardo, desidero far notare che, in ragione di tale prova concorsuale, le università sono risultate le prime istituzioni pubbliche chiamate a gestire, dopo il
lockdown, «eventi» di grande impatto organizzativo in presenza: e ciò, va detto subito, senza che si sia registrata alcuna anomalia o disfunzione e, dunque, in piena sicurezza per i partecipanti.
  Per ottenere questo risultato il Ministero ha fatto sì che le prove si svolgessero in modo più capillare sul territorio (40 atenei rispetto ai 12 del 2013) ed in un maggior numero aule informatizzate (ben 582 rispetto alle 337 dello scorso anno).
  Numeri, questi, che confermano che il sistema universitario ha saputo rispondere celermente, dal punto di vista organizzativo, alle nuove esigenze sottese alla gestione di eventi complessi, quali quelli di una prova concorsuale con i «grandi numeri» che ho dianzi citato.

Il Ministro dell'università e della ricerca: Gaetano Manfredi.


   TONDO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi un Hercules C 130 italiano proveniente da Pisa e con a bordo 40 militari è atterrato a Misurata in Libia. Ad alcuni dei nostri soldati è stata negata l'autorizzazione allo sbarco perché sul loro passaporto mancava il visto d'ingresso;

   i nostri soldati che dovevano svolgere attività di pace e pertanto di sostegno alla popolazione locale sono stati costretti a ripartire. Si ricorda, tra l'altro, che i militari del nostro Paese svolgono da anni in diversi «teatri di guerra» una funzione importantissima e fondamentale per garantire la pace e per proteggere le popolazioni coinvolte. È anche da sottolineare che i nostri militari sono apprezzati in tutto il mondo per la professionalità, il senso di responsabilità e l'umanità con cui svolgono la funzione prevista dalle missioni internazionali;

   il Ministro degli affari esteri e il Ministro della difesa italiani hanno taciuto sull'accaduto (riportato nel primo periodo di questa premessa). Ed anche le agenzie di stampa non hanno pubblicato la suddetta notizia;

   si ricorda che in Libia ci sono due governi, uno riconosciuto a livello internazionale, di Al Sarraj, ed un altro del generale Haftar. Si fa presente che la Libia è la parte più importate di territorio africano da cui partono i migranti che giungono da altre parti dell'Africa per arrivare soprattutto in Italia ed in Europa. Tra l'altro è ormai innegabile che nei centri libici dove soggiornano i migranti ci sia una violazione dei diritti umani;

   si evidenzia inoltre l'attivismo politico di alcune nazioni come la Turchia, l'Egitto e la Russia per arrivare ad una stabilizzazione dell'intero territorio di questo Paese soprattutto ricco di petrolio;

   tra l'altro, i migranti partono dalla Libia su barconi gestiti da «scafisti» privi di scrupolo. La guardia costiera libica dovrebbe vigilare sulle coste del proprio Paese per impedire l'attività criminosa proprio degli «scafisti» –:

   quali siano le ragioni del mancato visto ad alcuni soldati italiani e perché si sia taciuta una notizia così importante. Quali siano le responsabilità di tale accadimento, che risulta a parere dell'interrogante gravemente dannoso per il prestigio delle forze armate italiane che da sempre svolgono le loro attività, come detto in premessa con grande senso di responsabilità e valore riconosciuto a livello internazionale, e se si ritenga del suddetto accadimento (ovvero la mancata concessione del visto per lo sbarco) sia da considerarsi dannoso, come detto, per l'immagine ed il prestigio delle nostre Forze armate;

   quale sia l'orientamento della politica estera italiana per concorrere a stabilizzare un territorio come quello libico così importante strategicamente (per il petrolio e gli sbarchi sul nostro territorio di migranti) per il nostro Paese;

   se ci siano stati incontri, oltre ad accordi già presi con le autorità libiche, per evitare il «traffico di uomini», ovvero per evitare che troppi migranti giungano in Italia, soprattutto in questo momento in cui il nostro Paese è «alle prese» con una situazione economico-sociale e sanitaria grave dovuta al diffondersi del Covid-19;

   se ci siano precise politiche ed indicazioni da parte del Ministro dell'interno circa le modalità di accoglienza dei migranti che giungono proprio dal territorio libico che, a parere dell'interrogante, risultano in un numero troppo elevato per essere accolti ed inseriti nelle strutture italiane, soprattutto in ragione della grave crisi economica dovuta al diffondersi del Covid-19 (quindi delle minori disponibilità economiche per lo Stato italiano) che sta attraversando il nostro Paese;

   se il Ministro dell'interno intenda indicare con esattezza quali siano le politiche sulla sicurezza interna del nostro Stato relativamente ai continui sbarchi di migranti nel nostro Paese, posto che, a parere dell'interrogante, infatti, la situazione degli sbarchi appare incontrollata.
(4-06545)

  Risposta. — Onorevole Deputato Tondo, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06545, che solleva una serie di questioni di rilievo preminente per la politica estera e la sicurezza nazionale dell'Italia. Le vicende che coinvolgono il nostro personale militare in Libia si inseriscono nel contesto degli sforzi italiani per fermare il conflitto in corso e riportare pace e sicurezza nel Paese, nel tentativo di assicurare quella stabilità necessaria anche ai fini di una gestione più efficace dei flussi migratori.
  In merito all'episodio che ha interessato i militari italiani a Misurata e, in particolare, alle richieste di visto d'ingresso in Libia per il personale militare là impegnato, il ruolo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è limitato al coordinamento della necessaria documentazione di sostegno (nota verbale indirizzata all'ambasciata di Libia a Roma), sulla base delle informazioni e delle richieste nominative di volta in volta avanzate dalle varie articolazioni del Ministero della difesa.
  A tale riguardo, il Ministero della difesa ha riferito che, sin dall'apertura nel 2016 del
Field Hospital nazionale – Operazione Ippocrate, per il personale nazionale in viaggio dall'Italia a Misurata era necessario il solo passaporto di servizio accompagnato da una Nota verbale, senza quindi necessità di apposizione di un visto da parte dell'ambasciata libica a Roma. Questo a differenza di quanto previsto per il resto del personale in ingresso a Tripoli, per il quale è sempre stato necessario il visto. La procedura, adottata per anni e accettata dall'ufficio passaporti di Misurata, prevedeva che all'arrivo del personale fosse apposto un «visto» per autorizzare la permanenza all'interno del compound ed eventuali spostamenti a Misurata. Il 16 luglio 2020, con lettera indirizzata all'addetto militare italiano a Tripoli, il Viceministro della difesa libico, Ali Namroush, ha comunicato che «(...) il visto non sarà concesso ai cittadini italiani se non con l'approvazione del Ministero della difesa (libico), attraverso richieste e con un appuntamento anticipato il 14 giorni, tramite l'Ambasciata libica in Italia, senza eccezioni, comprese le richieste di visto di ingresso allo scopo di entrare nell'ospedale da campo a Misurata (...)». In occasione di un successivo incontro avuto con l'addetto militare, il Vice Ministro ha assicurato che l'obbligo del «visto» sul passaporto per il personale in ingresso a Misurata sarebbe stato richiesto solo a partire dal volo del successivo 15 agosto e che, quindi, la misura non avrebbe interessato il personale previsto imbarcarsi sul volo del 30 luglio. A questo proposito, sono state contattate le autorità del Governo di Accordo nazionale libico per ottenere, come precedentemente concordato, l'autorizzazione allo sbarco a Misurata del personale in arrivo dall'Italia, senza tuttavia ottenere il risultato sperato.
  L'Italia ha sempre sostenuto che non può esservi alcuna scorciatoia militare alla crisi libica. L'unica opzione perseguibile è quella del dialogo sotto l'egida delle Nazioni Unite, nel solco del Processo di Berlino, affinché possa essere raggiunta una soluzione politica pienamente inclusiva e duratura.
  Per ottenere questo obiettivo l'azione diplomatica italiana si incentra su alcuni principi cardine:

   i) porre fine alle azioni militari inducendo le parti, e tutti i loro sponsor internazionali, alla moderazione, così da evitare che la nuova linea del fronte che si sviluppa da Sirte a Joufra si trasformi in un nuovo fronte delle ostilità o in una linea di divisione della Libia in sfere di influenza;

   ii) assicurare la cessazione di ogni interferenza esterna, poiché il persistente afflusso di armamenti e mercenari dall'esterno rischia di innescare una recrudescenza del conflitto su scala regionale. L'operazione EU Navfor Med Irini costituisce un utile strumento per assicurare il rispetto dell'embargo Onu;

   iii) sostenere con decisione l'azione della Missione di supporto dell'Onu in Libia (Unsmil) e della rappresentante speciale ad interim Stephanie Williams, con particolare riguardo agli sviluppi recentemente registrati sul fronte del dialogo politico intra-libico. Nel solco dei colloqui di Montreux, Bouznika (Marocco) e Il Cairo, il prossimo passo concepito da Unsmil per segnare un avanzamento auspicabilmente decisivo nel dialogo politico sarà la convocazione – indicativamente attorno alla metà di ottobre – del «libyan political dialogue», che nelle intenzioni dei promotori dovrà definire il futuro assetto politico e istituzionale libico;

   iv) esercitare pressione politica sulle parti libiche, direttamente e attraverso i rispettivi sponsor internazionali, affinché riprendano il prima possibile i negoziati diretti in seno alla commissione militare congiunta 5 + 5 in vista della conclusione di un accordo di cessate il fuoco duraturo e dell'istituzione di una zona demilitarizzata seguendo l'approccio «incrementale» proposto da Unsmil, quindi partendo da Sirte per poi estendere progressivamente la zona demilitarizzata ad altre aree. La volontà di riavviare i contatti diretti nella commissione militare congiunta 5+5 emersa dai recenti colloqui di Hurghadha, in Egitto, tra rappresentanti del Libyan National Army e del Governo di accordo nazionale è un segnale positivo che va incoraggiato;

   v) garantire pieno sostegno al Processo di Berlino nelle sue tre dimensioni del dialogo intra-libico (politica, economica, militare) e nella sua componente internazionale rappresentata dal Comitato internazionale dei seguiti sulla Libia. In questa prospettiva, è fondamentale che si arrivi presto alla nomina del prossimo Inviato Speciale Onu per la Libia;

   vi) lavorare affinché la ripresa totale della produzione petrolifera possa avvenire senza ulteriori ritardi, nel convincimento che essa costituisce la fonte primaria dell'economica libica e uno strumento essenziale per favorire la distensione del confronto. La recente decisione del presidente della National oil company, Sanallah, di revocare la condizione di «forza maggiore» da alcuni terminal petroliferi, permettendo così una parziale ripresa della produzione energetica, è uno sviluppo iniziale positivo che va consolidato ed esteso al resto dell'infrastruttura produttiva.

  La stabilizzazione della Libia, fattore determinante per lo sviluppo e la prosperità dell'intera area euro-mediterranea, si configura come una condizione indispensabile per contrastare efficacemente la minaccia terroristica, tutelare i nostri interessi energetici e assicurare una gestione efficace del fenomeno migratorio irregolare verso le coste italiane ed europee.
  L'impegno del Governo in quest'ultima direzione è forte, come testimonia la decisione di procedere alla rinegoziazione del
memorandum d'intesa italo-libico in materia di cooperazione migratoria del 2017. Il 2 luglio 2020 si è tenuta a Roma una prima riunione bilaterale del Comitato italo-libico sulle questioni migratorie, nell'ottica di realizzare una convergenza tra le proposte di modifica italiane e le controproposte libiche in un quadro, prioritario per l'Italia, di rafforzamento del rispetto degli standard internazionali.
  La rinegoziazione del
memorandum si svolge in parallelo all'interlocuzione costante in materia migratoria che il Governo italiano conduce con le autorità di Tripoli, da ultimo confermata dalla visita a Tripoli, il 16 luglio 2020, del Ministro dell'interno Lamorgese.
  Per quanto riguarda le attività finalizzate alla sorveglianza marittima delle coste nazionali, il Ministero dell'interno – che le coordina e le gestisce insieme all'Agenzia Frontex – sottolinea l'importanza dell'operazione di pattugliamento congiunto Themis, avviata il primo febbraio 2018 e tuttora in corso, in sostituzione dell'operazione Triton conclusasi il 31 gennaio 2018. Le novità di Themis rispetto a Triton sono le seguenti:

   una ridefinizione dell'area operativa che include, per la zona di mare d'interesse, esclusivamente l'area SAR italiana, mantenendo, comunque la sorveglianza aerea pre-frontaliera attraverso l'impiego del MAS (Multipurpose aerial surveillance) anche sulle acque internazionali fino al limite delle acque di competenza tunisine e libiche;

   l'esclusione dell'area di pattugliamento riservata a Malta;

   la clausola dello sbarco dei migranti nella nazione ospitante. L'operazione riguarda infatti solamente i soccorsi nell'area operativa effettuati dai mezzi che partecipano all'operazione;

   i migranti soccorsi al di fuori dell'area operativa devono essere gestiti secondo le vigenti norme e convenzioni internazionali in materia di ricerca e soccorso in mare.

  Con riferimento all'accoglienza dei migranti giunti in Italia dalla Libia, il Ministero dell'interno ha comunicato che tutti i migranti giunti nel territorio nazionale a seguito di sbarchi o attraverso frontiere terrestri, indipendentemente dall'area geografica di provenienza, rientrano, se richiedenti asilo, nel sistema di accoglienza previsto dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, di attuazione delle direttive europee n. 33/2013 e n. 32/2013, rispettivamente in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e di procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale.
  In questo periodo di emergenza sanitaria, i migranti sono sottoposti sin dal momento dell'ingresso alle procedure di controllo sanitario e di quarantena attuate secondo le indicazioni fornite dal Ministero della salute nelle «Indicazioni operative
ad interim per la gestione di strutture con persone ad elevata fragilità e marginalità sociosanitaria nel quadro dell'epidemia COVID-19».
  La misura della quarantena viene eseguita a bordo di navi, secondo quanto previsto nel decreto del capo dipartimento della protezione civile n. 1287 del 12 aprile 2020, oppure nelle strutture appositamente attivate a cura dei prefetti. Durante il periodo di sorveglianza sanitaria è assicurato il rispetto delle misure di contenimento del virus, compresa la misura dell'isolamento fiduciario per le persone risultate positive al virus. Il Ministero dell'interno ha al riguardo diramato alle prefetture numerose circolari esplicative.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   TONELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a Castel del Rio, un comune della città metropolitana di Bologna, ormai da giorni davanti all'ufficio postale si registrano lunghissime code di cittadini che, per poter accedere e usufruire dei relativi servizi, sono costretti a ore di attesa sul marciapiede, con conseguenti e inevitabili rischi di assembramenti;

   addirittura, in molti casi, dopo ore di fila, gli stessi non riuscirebbero neanche ad accedere ai locali dell'ufficio a causa del sopraggiunto termine dell'orario di lavoro;

   il protrarsi della riduzione delle giornate di apertura dell'ufficio, passate da sei a tre durante il periodo di emergenza sanitaria, sta continuando e creando notevoli problemi e disagi alla popolazione, che, a differenza di quanto accade in altri comuni limitrofi, è invece costretta ancora oggi, inspiegabilmente, ad affrontare lunghe code per accedere ai servizi postali;

   difatti, il servizio continuerà a essere erogato ancora a giorni alterni e ciò, secondo Poste italiane, in virtù delle proporzioni della cittadina e in linea con gli standard delineati dalla sede centrale di Roma;

   invece, a sconfessare quanto dichiarato dalla società, vi sarebbe quanto accade nella vicina Sesto Imolese dove il servizio sarebbe già da tempo tornato alla normalità, nonostante il numero dei residenti sia minore;

   l'ufficio postale di Castel del Rio è essenziale per il borgo situato nelle colline imolesi e dunque è di tutta evidenza che la sua apertura ancora oggi a giorni alterni sta creando alla cittadinanza, che si è già attivata con una petizione al fine di riattivare il servizio, notevoli e inspiegabili disagi che non possono di certo essere ridotti costringendo i cittadini a recarsi negli uffici dei comuni limitrofi, come invece consigliato da Poste italiane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di attivare a tempo pieno il servizio dell'ufficio postale del comune di Castel del Rio ed evitare così gli attuali e spiacevoli disagi alla cittadinanza, oltre a ridurre gli inevitabili assembramenti a cui sono costretti i cittadini a causa delle lunghe file sui marciapiedi innanzi al medesimo ufficio.
(4-06281)


   TONELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a Castel Guelfo, un comune della città metropolitana di Bologna, ormai da giorni davanti all'ufficio postale di piazzale Dante Alighieri si registrano lunghissime code di cittadini, con conseguenti e inevitabili assembramenti, costretti ad ore di attesa per poter accedere ai locali e usufruire dei relativi servizi postali;

   addirittura, secondo quanto riportato anche dalla stampa, sarebbero numerosi i casi di persone in fila per oltre due ore che sono poi dovute rientrare alle proprie abitazioni senza neanche aver potuto accedere all'ufficio a causa del sopraggiunto termine dell'orario di lavoro;

   il protrarsi della riduzione delle giornate di apertura dell'ufficio, passate da sei a tre durante il periodo di emergenza sanitaria, sta continuando e creando notevoli problemi e disagi alla popolazione guelfese, che, a differenza di quanto accade in altri comuni, è costretta ancora oggi, inspiegabilmente, ad affrontare lunghe code per accedere ai servizi postali;

   difatti, secondo quanto dichiarato dal gruppo Poste Italiane in risposta all'amministrazione comunale che ha chiesto, senza successo, già dal 28 maggio 2020 il ripristino del normale orario di attività dell'ufficio, a Castel Guelfo il servizio continuerà a essere erogato ancora a giorni alterni e ciò in virtù delle proporzioni della cittadina e, dunque, in linea con gli standard delineati dalla sede centrale di Roma;

   invece, a sconfessare quanto dichiarato vi sarebbe quanto accade nella vicina Sesto Imolese dove il servizio sarebbe già da tempo tornato alla normalità, nonostante il numero dei residenti sia minore rispetto a quello di Castel Guelfo;

   è di tutta evidenza che l'apertura ancora oggi a giorni alterni dell'ufficio postale di Castel Guelfo sta dunque causando notevoli e inspiegabili disagi alla cittadinanza e tali disagi non possono di certo essere ridotti costringendo i cittadini a recarsi negli uffici dei comuni limitrofi, come consigliato da Poste italiane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di attivare a tempo pieno il servizio dell'ufficio postale del comune di Castel Guelfo ed evitare così gli attuali e spiacevoli disagi alla cittadinanza, oltre a ridurre gli inevitabili assembramenti a cui sono costretti i cittadini a causa delle lunghe file sui marciapiedi innanzi al medesimo ufficio.
(4-06284)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, sentita la Direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'apertura ridimensionata degli uffici postali di Castel del Rio e Castel Guelfo di Bologna, entrambi Comuni della città metropolitana di Bologna.
  Preliminarmente si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta infatti all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. La suddetta Autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  In occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019, è stato illustrato l'impegno di Poste Italiane verso i piccoli comuni: in primo luogo, la scelta di non chiudere più gli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento; in secondo luogo, la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare. In molti piccoli comuni sono state abbattute le barriere architettoniche, è stato esteso il servizio di
wi-fi gratuito e sono stati installati nuovi sportelli automatici Atm Postamat. Sportelli automatici sono stati aperti anche in alcuni comuni storicamente privi di uffici postali e sono stati attivati accordi con i tabaccai per la fornitura di alcuni servizi.
  Ciò premesso, sentita sul punto sollevato dall'interrogante, Poste Italiane fa sapere che, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica, la società ha posto in essere, in totale trasparenza e collaborazione con le istituzioni, le azioni necessarie ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare comunque i propri servizi, in coerenza con le disposizioni normative vigenti durante l'emergenza, in materia di tutela della salute pubblica, ivi comprese le disposizioni afferenti al distanziamento sociale.
  Poste Italiane riferisce, al contempo, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola.
  Tali iniziative hanno riguardato anche gli uffici postali di Castel del Rio e Castel Guelfo di Bologna, negli omonimi comuni che contano rispettivamente 1200 e 4500 abitanti circa, sottoposti a razionalizzazione dallo scorso mese di marzo a causa dell'emergenza sanitaria, con apertura tre giorni a settimana: lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:45.
  Per quello che attiene specificamente all'ufficio postale di Castel del Rio, l'azienda specifica che lo stesso è stato aperto in data 18 marzo 2020 con la modalità operativa sopra descritta. Secondo i dati aziendali di Poste Italiane, questa modalità non presenta criticità. Ad ogni modo, essa non ha carattere definitivo: l'azienda sta monitorando la situazione al fine di valutare la data di ripristino dell'operatività ordinaria.
  Poste Italiane fa sapere, inoltre, che in posizione limitrofa si trovano altri uffici postali, specificamente: l'ufficio postale di Fontanelice, nell'omonimo comune, dotato di sportello automatico Atm fruibile 24 ore al giorno e attualmente aperto sei giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:45 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:45; nonché l'ufficio postale di Sassoleone, nel comune di Casalfiumanese, attualmente aperto nella giornata di giovedì dalle ore 08:20 alle ore 13:45. Gli uffici postali di Fontanelice e Sassoleone rimarranno aperti con le modalità operative sopra descritte per tutto il periodo estivo.
  Per quello che attiene specificamente all'ufficio postale di Castel Guelfo di Bologna, aperto in data 11 marzo 2020 in modalità ridotta, come l'ufficio postale di Castel del Rio, l'azienda specifica che, a partire dal 27 luglio 2020, è stata ripristinata la modalità operativa ordinaria, con apertura sei giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:45 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:45, come comunicato ufficialmente al Sindaco in data 21 luglio 2020.
  Per quello che attiene all'ufficio postale di Sesto Imolese, menzionato dall'interrogante e ubicato nell'omonima località che conta circa 1500 abitanti, l'azienda fa sapere che lo stesso è stato riaperto l'11 maggio 2020 con la consueta operatività, dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:45 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:45.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.