Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 2 dicembre 2020

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:

   la burocrazia rappresenta da decenni una ferita emorragica cronica del nostro sistema amministrativo; basti pensare al «Rapporto sui principali problemi dell'amministrazione dello Stato» presentato nel 1979 alle Camere dal Ministro pro tempore per la funzione pubblica Massimo Severo Giannini, con cui mise a nudo fin da allora, tutte le anomalie e disfunzionalità prodotte dalla macchina burocratica, soprattutto nella sua ultima manifestazione più concreta: l'erogazione dei servizi ai cittadini;

   era evidente, già a quel tempo, che gli interventi normativi da soli non erano sufficienti, eppure si è continuato a produrne a livello nazionale e a cascata se ne sono prodotti anche a livello regionale, provinciale e locale, andando a formare, col passare degli anni, una matassa sempre più grande e difficile da dipanare;

   come riportato dal rapporto DataRoom di Milena Gabanelli pubblicato il 26 luglio 2020 sul Corriere della Sera, in Italia, chi intende aprire un bar ha bisogno di 72 autorizzazioni, 65 per aprire un parrucchiere, 86 per un autoriparatore, da ottenere presso enti diversi, con fasi e tempi non coincidenti; non a caso nella classifica dei Paesi europei Doing Business 2020, a cura della Banca Mondiale, l'Italia si trova al quintultimo posto per facilità di fare impresa, con un indice del 72,9 per cento decisamente indietro rispetto alla media europea del 76,5 per cento;

   a riprova che, in concomitanza al crescendo di leggi, sono proliferati anche gli enti preposti a occuparsi di determinate tematiche, la suddetta fonte di stampa cita la materia ambientale le cui competenze si articolano tra 4 ministeri (Ambiente, salute, interno, agricoltura), 20 regioni, 110 province, e più di 8.000 comuni, camere di commercio, Asl, Arpa, a cui si aggiunge l'ultima nata: l'Ispra, istituita nel 2008: a fronte delle notevoli somme di denaro pubblico impiegato per mantenere tutte queste strutture, ci si aspetterebbe che tanti problemi siano stati risolti, ma non è così;

   secondo il rapporto pubblicato dall'Istat «Situazione e prospettive delle imprese nell'emergenza sanitaria Covid-19», nel periodo tra marzo e aprile 2020, ben quattro imprese su dieci hanno realizzato oltre il 50 per cento di fatturato in meno, il 42,6 per cento ha chiesto nuovi prestiti, il 70,2 per cento ha ricorso alla cassa integrazione guadagni o a strumenti analoghi. Si è registrata la maggiore incidenza di imprese non in grado di riprendere l'attività dal 4 maggio 2020 nel Mezzogiorno (3, 8 per cento di imprese e 1,2 per cento di occupati) e al Centro (2,7 per cento e 0,8 per cento). Inoltre, le chiusure delle attività previste dai decreti hanno infierito soprattutto sulle imprese di minori dimensioni, che in Italia, più che in altri Paesi europei, rappresentano quote elevate in termini di occupazione e di risultati economici del sistema produttivo;

   gli articoli 12-16 del titolo II, del decreto-legge n. 76 del luglio 2020, noto come «Decreto Semplificazioni», modificano la legge n. 241 del 1990 — nota come «Legge sul procedimento amministrativo» — introducendo nelle amministrazioni procedure telematiche per semplificare e velocizzare le comunicazioni tra enti, e con i cittadini e imprese al fine di accelerare gli adempimenti amministrativi. Tuttavia l'articolo 15 prevede che, entro il 17 dicembre 2020, lo Stato, le regioni e le autonomie locali, «sentite le associazioni imprenditoriali, gli ordini e le associazioni professionali, devono completare la ricognizione dei procedimenti amministrativi al fine di individuare» i diversi regimi applicabili, allo scopo di semplificare e snellire le procedure amministrative e autorizzative. L'esito della ricognizione dovrà essere comunicata al «Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per la pubblica amministrazione, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, all'Unione delle province italiane e all'Associazione nazionale dei comuni italiani». Tuttavia, non viene fornita una chiara indicazione sul «dopo» ricognizione, ossia in che modo verranno elaborati gli esiti della ricognizione, entro quando verranno attuate le nuove misure e protocolli, con quali strumenti e da chi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare non appena ricevuto l'esito della ricognizione, per fornire tempestivamente nuovi strumenti e protocolli alle imprese, e metterle così nelle condizioni di ottenere, nel modo più agevole e semplificato possibile, le autorizzazioni necessarie all'esercizio di nuove attività, in un'ottica di ripartenza e ripresa economica veloce, del nostro Paese.
(2-01025) «Massimo Enrico Baroni».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:

   la corte di appello di Venezia, con sentenza n. 2280/2020 pubblicata in data 10 settembre 2020, definitivamente pronunciando, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a pagare a ciascuno dei ricorrenti, tutti medici, che hanno frequentato corsi di specializzazione post universitaria, presso la facoltà di medicina e chirurgia, dall'anno accademico 1982/1983 all'anno accademico 1990/1991, per ciascun anno di frequenza, euro 11.103,00, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali;

   in forza della citata sentenza, i ricorrenti oggi vantano, complessivamente un credito pari ad euro 2.717.877,33;

   anche il credito, maturato in forza della sentenza di primo grado del tribunale di Venezia, non è stato ancora incassato, nonostante assegnazione ed ordine di pagamento, conclusivi del procedimento esecutivo, per un importo di euro 1.395.267,23;

   le spese legali liquidate nei diversi procedimenti e non ancora corrisposte ammontano ad euro 74.002,38 –:

   quando la Presidenza del Consiglio dei ministri provvederà ad adempiere quanto stabilito dalla Corte di appello di Venezia, riconoscendo ai ricorrenti le loro spettanze;

   se la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda assumere iniziative nei confronti di coloro che, ritardando indebitamente i pagamenti ai ricorrenti, hanno prodotto danno ingiusto all'Amministrazione per interessi, rivalutazione monetaria e spese.
(2-01026) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI e BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   mentre i commercianti di tutta Italia combattono per sopravvivere contro chiusure e restrizioni, nel pieno della pandemia si consente l'apertura di un mega centro commerciale durante il «Black Friday», l'unico a essere inaugurato in tutta Italia in questo difficile 2020 segnato da una emergenza sanitaria mondiale;

   come prevedibile, assembramenti e lunghissime file sono stati inevitabili sia all'interno che all'esterno del centro commerciale Maximo di Roma, inaugurato il 27 novembre 2020 e se i privati perseguono giustamente il loro interesse, il problema rimane la debolezza dei decisori pubblici, che non hanno pensato di rinviarne l'inaugurazione;

   il nuovo centro commerciale «Maximo Shopping Center», che sorge in via Laurentina a Roma, è una struttura che si estende su 65 mila metri quadri e al suo interno ospita 160 negozi, tra cui il colosso dell'abbigliamento irlandese Primark ed è proprio per accedere da Primark che, sin dal mattino, si sono formate lunghissime code, anche di centinaia di metri;

   lo stesso assessore regionale alla sanità ha manifestato indignazione per le immagini della folla accorsa all'evento pubblicate da tantissimi utenti sulla rete social, incompatibili con il quadro epidemiologico e le regole anti assembramento per la prevenzione dei contagi;

   anche il Codacons ha polemizzato contro l'amministrazione: «Mentre ai cittadini vengono chiesti sforzi e rinunce per limitare la diffusione dei contagi, a Roma si inaugura un nuovo centro commerciale causando assembramenti e situazioni di potenziale pericolo. Un passo falso per l'amministrazione comunale che ora, se emergeranno contagi legati agli assembramenti odierni, varrà al Comune una denuncia per concorso in epidemia»;

   l'apertura di Maximo sarebbe stata, peraltro, preceduta da settimane di discussione per un contenzioso urbanistico con il Campidoglio per la mancata realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, di quali informazioni disponga in merito alle misure e protocolli adottati per garantire l'apertura in sicurezza del nuovo centro commerciale «Maximo Shopping Center»;

   se non ritenga incoerente da un lato vietare feste al chiuso o all'aperto e «raccomandare» di evitare di ricevere in casa, per feste, cene o altre occasioni, più di sei familiari o amici con cui non si conviva e, dall'altro, consentire l'inaugurazione di un centro commerciale, senza nemmeno l'adozione di rigide misure di contenimento del contagio.
(4-07678)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   all'indomani della messa in onda dell'inchiesta condotta da Report, l'attenzione pubblica è puntata sul presunto scandalo legato alla discutibile gestione dell'emergenza sanitaria da Covid-19 in Italia;

   in particolare, un documento dell'Oms avrebbe rivelato che il piano pandemico italiano, quello che ogni Paese è tenuto a elaborare per far fronte ad eventuali pandemie, risale addirittura al 2006 e non sarebbe mai stato aggiornato: il rapporto «An unprecedented challenge – Italy's first response to Covid-19», a cura di un team di ricercatori della divisione europea dell'Organizzazione mondiale della sanità, descriveva, appunto, luci e ombre della preparazione e gestione italiana della crisi da Covid-19, ma il 14 maggio 2020, appena un giorno dopo la sua pubblicazione, è stato inspiegabilmente ritirato;

   secondo le stime di Pier Paolo Lunelli, ex generale e responsabile della Scuola interforze per la difesa Nbc, riportate in un documento, un piano aggiornato avrebbe salvato almeno 10 mila persone dal Coronavirus e ora quel dossier si trova agli atti della procura di Bergamo che indaga sulla mancata zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo;

   secondo la decisione n. 1082/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, datata 22 ottobre 2013, un'adeguata pianificazione sul rischio pandemico doveva essere considerata un obbligo nazionale e, pertanto, tutti gli Stati europei erano vincolati giuridicamente a mantenere aggiornata la pianificazione pandemica seguendo le linee guida dell'Oms e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie;

   come denunciato nell'inchiesta «Il parafulmine» di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella, tra incidenti diplomatici, cattivo uso di fondi della cooperazione, immunità diplomatica usata da scudo contro le convocazioni della procura di Bergamo e una «santa alleanza» tra i piani alti dell'Oms e il nostro Ministero della salute, il rapporto scomparso è destinato a rivelarsi una vera bomba mediatica;

   Report ha inoltre rivelato come l'Oms stia impedendo agli autori dello studio di presentarsi alla procura di Bergamo, che li ha convocati per ascoltarli come persone a conoscenza dei fatti nella citata inchiesta per falso ed epidemia colposa;

   il motivo della censura, secondo Report, risiederebbe nel fatto che il rapporto metteva in imbarazzo il Governo italiano e, in particolare, il Ministro della salute Speranza e, ancor più, il direttore aggiunto dell'Oms Ranieri Guerra, che tra il 2014 e il 2017 era direttore generale Prevenzione al Ministero della salute e avrebbe dovuto aggiornare il piano pandemico nazionale;

   prima della messa in onda della puntata di Report, Guerra avrebbe scritto a uno degli autori del documento di indicare come data del piano pandemico il 2016 invece del 2006;

   e ancora, andando a leggere l'elenco dei piani pandemici pubblicati nel sito dell'Ecdc l'Italia riporta un aggiornamento al 2010 ma i file «linkati» sono gli stessi del 2006 senza alcun aggiornamento riscontrato;

   il Governo, attraverso l'ufficio stampa del Ministero della salute, al quesito di Report «Esistono piani di gestione della pandemia in corso riservati o tutelati da confidenzialità?», ha risposto con un documento attuale, datato ottobre 2020, ma non ha reso noto il piano di gestione attuato fin dall'inizio dell'emergenza Covid-19 –:

   se i gravissimi fatti di cui in premessa corrispondano al vero e di quali dati disponga il Governo in merito alle specifiche responsabilità per gli errori nella preparazione e nella gestione nazionale dell'emergenza sanitaria da Covid-19, evidenziate nel documento dell'Organizzazione mondiale della sanità e, in particolare, per il mancato aggiornamento del piano pandemico italiano, in violazione della decisione n. 1082/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio;

   quale sia stato il piano di gestione attuato dal Governo sin dall'inizio della dichiarazione dello stato di emergenza.
(4-07680)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo apparso il 20 novembre 2020 su Panorama, il giornalista Fausto Biloslavo riporta una citazione attribuita a fonti governative che getta ombra sull'operato del Governo in merito alla vicenda dei pescherecci italiani sequestrati in Libia;

   seppur a seguito dello scandalo la Marina si sia addossata tutta la responsabilità del mancato intervento, la fonte rivela che la decisione politica in merito all'intervento era di spettanza del Ministro della difesa Lorenzo Guerini e che questo è stato informato dell'accaduto soltanto alle 8 del mattino del giorno dopo, quando oramai i pescherecci erano attraccati al porto di Bengasi;

   secondo la ricostruzione del giornalista, l'allarme sarebbe arrivato a bordo della nave militare Durand de La Penne alle 21:35. Secondo le dichiarazioni della fonte governativa, l'iter da seguire avrebbe previsto che il Capo di Stato maggiore della marina Giuseppe Cavo Dragone avrebbe chiamato il Capo di Stato maggiore della difesa, Enzo Vecciarelli. Vecciarelli avrebbe, poi, dovuto informare sia il Ministro della difesa che, il consigliere militare del Presidente del Consiglio, ammiraglio Carlo Massagli;

   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha confermato di essere stato interessato del caso solo a tarda notte, dopo il tramonto dell'opzione militare. Successivamente, verso l'una, sono state attivate le soluzioni diplomatiche ed è stata avvisata l'ambasciata italiana a Tripoli;

   per ricapitolare la vicenda del mancato intervento, come emerge anche da fonti di stampa, la Farnesina è stata avvisata a cose già fatte, «il Ministro della difesa dormiva» e il Presidente del Consiglio dei ministri non risponde alle domande e agli atti di sindacato ispettivo sul tema;

   occorre, quindi, fare chiarezza sul fatto che la decisione di non intervenire sia stata presa in autonomia dai vertici militari, senza il coinvolgimento dei responsabili politici, o sia avvenuta con il consenso degli esponenti politici di Governo;

   secondo Guido Paglia, il problema sarebbe da ricercare nel fatto che il Capo di Stato maggiore della difesa Vecciarelli ha tenuto per sé il comando operativo di «Mare Sicuro» in luogo del Capo di Stato Maggiore della Marina. Sarebbe spettato a Vecciarelli, quindi, tenere i contatti con i vertici politici e informarli sulla vicenda, nel rispetto della catena gerarchica di comando;

   a giudizio dell'interrogante, dalle numerose dichiarazioni rese da ex alti ufficiali sulla vicenda, appare implausibile che il Ministro della difesa o un esponente del Governo non abbiano impartito l'ordine di non intervenire per impedire il sequestro dei pescatori di Mazara del Vallo;

   tendenzialmente, i vertici militari informano il Governo delle situazioni più delicate prima di agire al fine di ottenere un mandato politico da trasformare in ordini da impartire ai subalterni –:

   chi e quando abbia assunto la decisione di non intervenire;

   se il Ministro della difesa sia stato avvisato del fatto, quando e da chi;

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia stato avvisato del fatto, quando e da chi.
(4-07681)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   i media italiani raccolgono in queste ore l'accorato appello della moglie dello scienziato Ahmadreza Djalali;

   il marito è stato trasferito nella prigione Rajai Shahr di Karaj per eseguire la sua condanna a morte;

   Vida Mehrannia, che vive in Svezia con due figli, è in continuo contatto con la diplomazia svedese, che sta tentando una mediazione difficile, per ottenere clemenza dal Governo iraniano e salvare la vita di Djalali, uno scienziato con doppia nazionalità iraniana e svedese, esperto in medicina dei disastri;

   la moglie ha invocato anche l'aiuto del nostro Paese, in quanto il marito aveva lavorato con l'Università del Piemonte Orientale, a Novara, dove ha vissuto per diverso tempo specializzandosi al Crimedim;

   nel 2016 era tornato a Teheran, dove vive la madre, per una conferenza all'università;

   in quella occasione è stato arrestato con l'accusa di spionaggio per conto di Israele, e condannato a morte –:

   se il Governo italiano intenda assumere iniziative diplomatiche per invitare il governo iraniano ad un gesto di clemenza nei confronti di Ahmadreza Djalali.
(2-01024) «Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Nasibe Semsai, una giovane donna iraniana di 36 anni, attivista del movimento «White Wednesdays» – i mercoledì bianchi –, che ha espresso il suo dissenso al regime iraniano contro l'uso obbligatorio dello hijab, è stata arrestata la scorsa settimana all'aeroporto di Istanbul mentre cercava di imbarcarsi su un volo per la Spagna. Secondo le autorità turche viaggiava con un passaporto falso. Attualmente, risulta trattenuta in un centro per migranti irregolari a Edime, nei pressi del confine con la Grecia, e rischia l'estradizione;

   Nasibe Semsai è una delle promotrici del movimento White Wednesdays, che incita le donne a ribellarsi contro l'obbligo di indossare il velo, non indossandolo o a utilizzarne uno bianco da sventolare con coraggio contro il regime iraniano;

   il velo è obbligatorio nel Paese dalla rivoluzione del 1979. Le donne che si rifiutano di indossare l'hijab e che manifestano contro questa imposizione mettono a repentaglio la loro sicurezza perché non indossare il velo è un reato punito con arresti, detenzioni arbitrarie, torture, fustigazioni;

   a causa della sua protesta in piazza nel 2018 per i White Wednesdays, Nasibe Semsai era stata condannata a sei mesi di carcere in isolamento. Successivamente, la corte suprema l'aveva dichiarata colpevole di «propaganda contro il sistema» e «incitamento alla corruzione e alla prostituzione», imponendole una pena di 12 anni di reclusione; e allora aveva deciso di scappare dall'Iran;

   Magdalena Mughrabi, vicedirettrice per il Medio Oriente e il Nord Africa presso Amnesty International ha definito «la criminalizzazione di donne e ragazze per non aver indossato il velo» come «una forma estrema di discriminazione di genere e di trattamenti crudeli, inumani e degradanti, che danneggiano profondamente la dignità delle donne»;

   la Turchia ha già espulso alcuni dissidenti, nonostante il diritto internazionale proibisca di estradare individui in Paesi in cui devono affrontare persecuzioni e torture;

   Nasibe Semsai è solo l'ultima di una lunga lista di iraniane che hanno lottato per i diritti della donna e che stanno pagando per questa loro protesta scontando pene ingiuste, solo per aver espresso il proprio pacifico dissenso contro il regime –:

   se e quali iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo per evitare l'estradizione – così come prevede il diritto internazionale – di Nasibe Semsai dalla Turchia verso l'Iran dove sarebbe oggetto di ingiusta detenzione e probabili torture.
(5-05107)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Versalis S.p.a. ha presentato lo Studio preliminare ambientale del progetto Hoop T.M. «Impianto pilota per la pirolisi di plastiche miste» che vorrebbe realizzare presso il centro ricerche sito nel comune di Mantova, che, sostiene Versalis: «avrà una capacità di lavorazione di materie plastiche fino a 6 mila tonnellate all'anno, con una capacità produttiva di 640 chilogrammi all'ora, corrispondente a circa l'80 per cento del materiale polimerico alimentato». In particolare, verranno prodotte 4.875 tonnellate all'anno di olio di pirolisi, un distillato di idrocarburi che sarà stoccato in appositi serbatoi e poi esportato per essere utilizzato come materia in altri stabilimenti, e 870 tonnellate all'anno di prodotto solido denominato char, inerte, che dopo essere stato rilavorato potrebbe essere reimpiegato (dal char si potrà ricavare anche un altro prodotto, il coke);

   l'impianto dovrà sorgere nel polo chimico riconosciuto Sito di interesse nazionale (Sin) «Laghi di Mantova e Polo Chimico»;

   da notizie di stampa è in corso un'indagine sulla lentezza delle bonifiche del polo chimico; si attende dal punto di vista amministrativo la firma dell'accordo di programma;

   Mantova ha visto nel 2019 ben 165 giorni con aria inquinata (polveri sottili- PM2.5 sopra a 25 microgrammi/metro cubo e ozono sopra a 120 microgrammi/m3). ATS Valpadana ha stimato in 89 decessi all'anno il carico ambientale delle polveri sottili nell'area urbana intorno al Sin. Mantova ha il record italiano per combustione rifiuti per provincia, oltre 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti, secondo il report Ispra Rifiuti (il 13 per cento dei rifiuti bruciati a livello nazionale con una popolazione dello 0,6 per cento 20 volte di più);

   nello studio preliminare si legge che le emissioni previste saranno di 200 mg di NOx per NM3, circa 20 volte superiori a quelle del turbogas Enipower del medesimo Sin. NOx è uno dei principali precursori delle polveri sottili, in particolare in aree a scarso ricambio d'aria come la pianura Padana; a Mantova Ispra stima che il 70 per cento del particolato sia secondario;

   le tecnologie di pirolisi e gassificazione hanno presentato numerose criticità e sono ancora in fase di sviluppo, per questo motivo sono pochi gli impianti con un numero elevato di ore d'operatività alle spalle;

   secondo l'università di Cagliari i problemi principali riscontrati durante l'utilizzo e la sperimentazione di tali impianti sono dovuti all'intasamento del reattore per un elevata produzione di catrami e al conseguente blocco del sistema;

   il servizio di manutenzione ordinaria è molto rigido e caratterizzato da un elevato numero di ore e costi che vanno dai 5 euro cent/kWhel 10 euro Cent/kWel;

   per quanto riguarda i prodotti risultanti dal processo, risulta difficile realizzare in modo ottimale la pulizia del gas di sintesi (smaltendo i catrami residui) e dell'olio di pirolisi;

   infatti il bio-olio, in particolar modo quello derivante dalla pirolisi delle biomasse, è composto prevalentemente da idrocarburi ossigenati e acqua. La presenza dell'acqua determina la diminuzione del potere calorifico, l'abbassamento del pH, la diminuzione della viscosità e l'instabilità della sostanza ad alte temperature. Per questo motivo, tali prodotti necessitano di trattamenti di up-grading come l'idrogenazione o il trattamento zeolitico per aumentare il contenuto di aromatici e quindi il valore aggiunto del prodotto;

   inoltre, la qualità dei prodotti dipende fortemente dall'umidità contenuta nella biomassa in ingresso che deve essere al di sotto del 20 per cento quindi il sistema di essiccazione che sta a monte del reattore deve essere caratterizzato da un elevato grado di efficienza;

   oltre alle problematiche emissive in termini di precursori delle polveri sottili, va segnalata la temperatura operativa (400-500°C circa) che potrebbe portare alla formazione di diossine e altri interferenti endocrini. Anche in fase di post-combustione, il syngas con metalli catalitici come zinco e bismuto e cloro organico potrà creare diossine e furani;

   anche nella parte solida (Char) ci sarà una grande quantità di Pcb (policlorobifenili) visto che è una pirolisi a bassa temperatura, che potranno essere rilasciati in atmosfera bruciando il «coke»;

   risultano criticità legate allo smaltimento del Pvc fra i polimeri plastici, perché durante la fase del cracking si forma una grande quantità di acido cloridrico che a quelle temperature deteriorerebbe rapidamente l'impianto e conferire resistenza all'acido avrebbe costi altissimi –:

   se i Ministri interrogati abbiano notizia dello stato dei progetti di recupero di materia diretto dai polimeri plastici come «Ecopulplast»;

   se intendano adottare iniziative per bloccare i progetti di pirolisi, già bocciati a Livorno, Pioltello (MI) e Retorbido (PV) per le importanti criticità;

   se in subordine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda chiedere la valutazione di impatto ambientale per questo progetto di «Impianto pilota per la pirolisi di plastiche miste» a Mantova.
(5-05119)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE, ALBANO e FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 30 novembre 2020 Il Tempo ha pubblicato in esclusiva i rilievi dei documenti prodotti dal collegio dei revisori dei conti del Teatro di Roma;

   si legge nell'articolo che, al Teatro di Roma, «ogni anno si sperperano centinaia di migliaia di euro tra appalti e consulenze – addirittura 260 mila alla voce grafica eventi manutenzione – persino nel 2020 del Covid. Per fare cosa nessuno lo sa»;

   «i revisori dei Conti hanno messo nero su bianco tutte le irregolarità a cui il presidente del teatro Emanuele Bentacqua (...) ha risposto in una maniera incredibile», si legge ancora nell'articolo;

   «a quanto risulta a Il Tempo solo a febbraio (2020) il presidente Bevilacqua si degnò di avvisare il collegio dei revisori dei Conti, allora presieduto dal dottor Giuseppe Signoriello, che ben tre mesi prima, il 10 dicembre 2019, erano arrivati i carabinieri. L'Arma aveva fatto accesso al Teatro Argentina e al Teatro India. I sei militari erano a caccia di documentazione. In pratica, avevano i verificato che in una sola giornata erano stati assegnati lavori di manutenzione ad una sola ditta per novantamila euro, ma suddivisi in diversi appalti “senza adempiere alle procedure obbligatorie di gara e trasparenza”»: così Signoriello nella sua prima denuncia sul tema. Nella nota, il presidente dei revisori chiedeva le dimissioni di chi aveva firmato i singoli appalti e di «tutte le persone coinvolte»; la costituzione di un nucleo di valutazione per verificare l'accaduto; l'immediata nomina dell'organismo di vigilanza scaduto da otto mesi. Dieci giorni dopo – il 19 febbraio 2020 – Signoriello tornava alla carica con ancora più dettagli. Svelava l'esistenza di un procedimento penale in procura (numero 501116/201), l'entità dei lavori parcellizzati, l'affidamento alla ditta Edil Svim Co srl, il «dettaglio» della firma dell'affidamento da parte del solo direttore senza alcun appalto. L'11 febbraio 2020 il direttore Barberio Corsetti si era dimesso – diventando poi consulente... – e quindi bisognava nominarne uno nuovo per evitare una gestione affidata impropriamente al Cda continua il pezzo;

   «Con il nuovo collegio dei revisori – subentrato al precedente a giugno 2020 – la musica non cambia. Fino alla clamorosa relazione del 23 novembre scorso: il presidente dell'ente ha continuato ad agire come direttore “procedendo a stipulare molteplici contratti di consulenza estera e ad affidare alcuni contratti di servizio”»;

   «I revisori lamentano il rischio di “danno erariale” per “gli incarichi esterni a professionisti”. In taluni casi si è “duplicata la medesima consulenza, con il latente rischio che sia riconosciuta la natura subordinata della prestazione”. E comunque ogni scelta dei contraenti del Teatro di Roma “è stata effettuata in assenza parziale o totale delle procedure previste dal codice degli appalti”». Addirittura si è affidato il controllo di gestione ad una società esterna, col parere contrario dei revisori, per una spesa di oltre 27 mila euro, «in piena pandemia e con l'attività dei teatri sospesa», conclude l'editoriale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato al fine di ripristinare la legalità e la trasparenza dell'ente, da sempre istituto culturale di altissimo valore, e se per questo non ritenga necessaria valutare la sussistenza dei presupposti per il commissariamento dell'ente Teatro di Roma.
(3-01959)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ATTIS. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Museo nazionale Jatta di Ruvo di Puglia in provincia di Bari, è l'unico museo in Italia che conserva ancora oggi la disposizione originaria voluta dal suo fondatore nell'Ottocento. Il museo Jatta è una raccolta di vasi in terracotta (fatta eccezione per quelli conservati nell'ultima sala) datati dal settimo secolo al quarto secolo avanti Cristo;

   tra il 1990 e il 1991 lo Stato ha acquistato la raccolta, rendendo possibile l'istituzione la conseguente apertura al pubblico nel 1993 del Museo nazionale Jatta;

   la raccolta rappresenta una delle più ricche e complete collezioni archeologiche della Puglia classica e romana;

   per le note vicende legate alla pandemia in corso, il museo è oggi chiuso al pubblico perché le caratteristiche stesse del museo non consentono la sua sanificazione in sicurezza;

   da oltre un anno il Ministero per i beni e le attività culturali ha stanziato fondi per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione e restauro del Museo pari a 1 milione e centomila euro ma, ad oggi, ancora non risulta essere stata effettuata la gara per l'assegnazione dell'appalto;

   inoltre, è già stata presa la decisione di spostare alcune opere, circa venti pezzi della collezione, del Museo nazionale Jatta presso il Castello Normanno Svevo di Bari per una mostra temporanea, e forse per tutta la durata dei lavori lo stesso patrimonio del Museo Jatta sarà «depositato» altrove;

   il tempo necessario per procedere all'assegnazione dell'appalto, nonché all'esecuzione dei lavori rischia di determinare gravi conseguenze sul turismo locale, un settore già profondamente in crisi;

   appare evidente, quindi, come la situazione non possa più essere sottovalutata, atteso che i tempi dei lavori di ristrutturazione e restauro, ad oggi non ancora appaltati, rischiano di privare la città e l'intero territorio pugliese, oltre che delle decine di migliaia di turisti che si recano in città per visitare questa collezione, di un patrimonio culturale ingente –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di accelerare i tempi per l'esecuzione della gara e l'assegnazione dell'appalto per la ristrutturazione e il restauro del Museo nazionale Jatta di Ruvo di Puglia;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per evitare che la città venga privata della collezione, attraverso iniziative volte ad individuare siti alternativi per una mostra temporanea;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire, in caso di impossibile diversa possibilità di fruizione della collezione Jatta, la conservazione degli oltre 2000 pezzi in loco formalizzando e comunicando la relativa collocazione in attesa dei lavori, nonché per assicurare la restituzione dei pezzi in caso di mostra temporanea presso altre città.
(4-07672)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   TONDO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante, con interrogazione n. 5-03086 ha chiesto al Ministero della difesa se non intendesse rendere noti i protocolli della documentazione sanitaria riferita a Francesco Rinaldelli, deceduto nel 2008;

   il Sottosegretario Tofalo, nella risposta, ha affermato che la domanda non poteva essere accolta in quanto tutta la documentazione sanitaria, ovunque esistente presso strutture pubbliche e private, è stata sottoposta a decreto di sequestro, aggiungendo che erano attesi sviluppi della vicenda sui quali sviluppare una positiva interlocuzione;

   l'interrogante, con interrogazione n. 5-03349, chiedeva se il Ministero della difesa fosse in possesso della documentazione prima del sequestro;

   in risposta, il Ministero della difesa ha affermato che la documentazione era disponibile presso gli uffici del Centro documentale (ex Distretto militare) di Ancona;

   con Pec datata 18 febbraio 2020, Andrea Rinaldelli, padre di Francesco Rinaldelli, ha fatto relativa domanda di accesso a tale documentazione;

   con nota di protocollo n. 2452 del 17 aprile 2020 del CME Marche, veniva consegnata ad Andrea Rinaldelli, la totalità della documentazione sanitaria disponibile relativa a Francesco Rinaldelli, per il tramite del suo avvocato;

   dalla documentazione risulta che, l'8 gennaio 2004, Francesco Rinaldelli aveva eseguito un esame emocromocitometrico completo, nel quale si evidenziava una lieve leucocitosi neutrofila, lievemente presente anche negli esami pre-chemio del 15 novembre 2004;

   nel parere medico-legale dello Stato Maggiore della Difesa n. 0101401 in data 11 agosto 2017, viene ribadito che; «[...] non risulta che il Rinaldelli abbia allegato in sede di visita di incorporamento e né successivamente tale esame» e «Né in sede di incorporamento è previsto che vengano effettuati accertamenti ematochimici»;

   all'interrogante risulta che nei bandi di concorso per l'arruolamento per 2004, pubblicati nel corso del 2003, con i quali Francesco Rinaldelli è stato arruolato, venivano disposti accertamenti fisio-psico-attitudinali, da parte del Ministero della difesa, tra i quali un emocromo completo, e che tale documentazione non sia stata formalmente richiesta al momento della convocazione per la visita medica propedeutica all'arruolamento;

   l'interrogante, nel confrontare la documentazione consegnata ad Andrea Rinaldelli, con quanto richiesto nell'interrogazione e quanto sequestrato dalla procura, non riscontra la presenza di documentazione medico-sanitaria inerente ad un emocromo completo o comunque ad esami ematochimici;

   Andrea Rinaldelli ha provato a chiedere un incontro ufficiale al Sottosegretario Tofalo con esito negativo –:

   se non intenda chiarire i motivi per i quali non sia stata disposto nei confronti di Francesco Rinaldelli l'emocromo completo.
(5-05108)


   DEIDDA, FERRO e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nelle Forze armate molti militari usufruiscono dei benefici – riconosciuti sia dalla legge n. 104 del 1992, sia dal decreto legislativo n. 267 del 2000 – tra i quali deve ricomprendersi anche quello del temporaneo trasferimento in un reparto prossimo alla residenza o al domicilio del parente invalido o gravemente malato ovvero alla pubblica amministrazione nella quale ricoprono il corrispondente Ufficio;

   il beneficio in questione è riconosciuto o fin quando il familiare gravemente malato o portatore di handicap è in vita; ovvero fino a quando permangono i requisiti previsti dal decreto legislativo n. 267 del 2000. Conseguentemente, nel momento in cui vengono a mancare i requisiti, l'interessato dovrà far ritorno, con immediatezza, al proprio reparto di appartenenza;

   i citati beneficiari non possono programmare la propria vita, in ragione dell'incertezza sul futuro, con gravi ripercussioni sia di carattere familiare che professionale, nonostante le stesse provvisorie assegnazioni risultano spesso prolungate nel tempo;

   al fine di risolvere tale problematica, nell'ipotesi in cui l'operatore permanga oltre i 5 anni nel reparto di «provvisoria assegnazione», dovrebbe prevedersi che tale assegnazione divenga definitiva a seguito del solo parere favorevole del comandante di reparto, reso a semplice richiesta dell'interessato, ovvero in base ad una decisione dello Stato Maggiore, in relazione al comportamento del beneficiario negli anni di permanenza provvisoria nel reparto;

   l'introduzione di una simile modifica legislativa determinerebbe innanzitutto, un incremento del rendimento dei soggetti interessati e in secondo luogo, consentirebbe agli stessi interessati di poter programmare la propria vita, nonché quella dei relativi familiari –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di proporre un intervento normativo che consenta ai soggetti che da oltre 5 anni beneficiano di quanto previsto dalla legge n. 104 del 1992 e dal decreto legislativo n. 267 del 2000, di essere trasferiti, in via definitiva, nella sede di provvisoria assegnazione.
(5-05109)


   MARIA TRIPODI e BARELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza da Covid-19, che sta facendo registrare questa seconda allarmante ondata, non ha risparmiato le scuole di formazione militare;

   alcuni di questi istituti, quali la Scuola allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri di Firenze, la Nunziatella di Napoli e la Scuola di formazione e di applicazione dell'Esercito di Torino, contano molti allievi risultati positivi al Coronavirus;

   l'articolo 1, comma 9, lettera aa), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 prevede che «le amministrazioni di appartenenza possono, con decreto direttoriale generale o analogo provvedimento in relazione ai rispettivi ordinamenti, rideterminare le modalità didattiche ed organizzative dei corsi di formazione e di quelli a carattere universitario del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, prevedendo anche il ricorso ad attività didattiche ed esami a distanza e l'eventuale soppressione di prove non ancora svoltesi, ferma restando la validità delle prove di esame già sostenute ai fini della formazione della graduatoria finale del corso (...)»;

   ad avviso degli interroganti è fondamentale agire applicando quanto già previsto l'articolo 1, comma 9, lettera aa) del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, al fine di prevenire possibili focolai, ed evitare il dilagarsi del Coronavirus –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare ulteriori iniziative di competenza, volte scongiurare l'insorgere di prevedibili e ulteriori focolai e di nuovi contagi da Covid-19, tali da garantire il diritto alla salute e allo studio dei cadetti appartenenti agli Istituti di formazione militare e alle Accademie militari sicurezza, provvedendo alla immediata chiusura di tali luoghi e ricorrendo alla didattica a distanza come unico strumento di formazione.
(5-05110)


   D'UVA e ARESTA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge 27 marzo 1992, n. 257 ha bandito l'impiego dell'amianto nelle costruzioni proprio a causa della sua accertata nocività alla salute;

   l'attuale Governo ha mostrato un particolare impegno ad incentivare un'azione di bonifica dall'amianto nei nostri edifici pubblici e nelle nostre città, adottando misure concrete ed innovative. Tra queste, né lo stanziamento di ben 385 milioni di euro per l'eliminazione dell'amianto nelle strutture vitali per la società civile cui ha fatto seguito il «Piano bonifica da amianto» adottato con provvedimento del Ministro dell'ambiente e sulla tutela del territorio e del mare;

   anche in ambito militare, sono state promosse delle iniziative normative al fine di potenziare gli interventi di bonifica già esistenti nelle Forze armate, in particolare a beneficio della Marina militare. Intatti, con l'approvazione di un emendamento della maggioranza alla legge di bilancio 2019 è entrata in vigore la norma dell'articolo 1, comma 101, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 per cui, finalmente anche le navi militari rientrano tra i manufatti che possono essere bonificati mediante le risorse del «Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto», di cui all'articolo 56, comma 7, della legge 28 dicembre 2015, n. 221. Il citato fondo, a tal scopo, sempre in legge di bilancio 2019, è stato incrementato di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021, 2022;

   l'opera di bonifica delle navi, a questo punto, può essere completata attraverso un decreto del Ministero della difesa che individui quelle che prioritariamente possono essere oggetto di intervento –:

   se il Ministro interrogato stia provvedendo ad adottare le iniziative di propria competenza al fine di poter accedere al Fondo in questione e di poter quindi perseguire in maniera adeguata e con la necessaria efficacia la bonifica del naviglio militare contaminato.
(5-05111)


   FERRARI, PANIZZUT, BONIARDI, GOBBATO, PRETTO, PICCOLO, FANTUZ, LORENZO FONTANA, CASTIELLO e ZICCHIERI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in una recente sentenza del 25 novembre 2020, di cui la stampa ha dato notizia cinque giorni dopo, la Corte di Cassazione avrebbe accettato la tesi secondo la quale esisterebbe un nesso di causalità tra le vaccinazioni somministrate a Fabio Mondello, un volontario in ferma breve dell'Esercito, e la sua scomparsa dovuta ad una leucemia fulminante;

   la pronuncia della Corte, in particolare, avrebbe riconosciuto «l'alta probabilità statistica che il considerevole numero di vaccinazioni somministrate in brevissima sequenza temporale abbia causato o comunque favorito, la malattia acuta letale»;

   Mondello si era arruolato agli inizi del 1999 ed era stato sottoposto a ben 11 vaccinazioni in otto mesi, l'ultima delle quali eseguita nell'aprile 2000;

   poco dopo la fine dell'intenso ciclo di vaccinazioni, il giovane aveva accusato febbre, debolezza e continue perdite ematiche dal naso, circostanza che ne aveva determinato il ricovero durante il quale è stata diagnosticata la leucemia che lo avrebbe portato alla morte in meno di un anno;

   i militari colpiti da linfomi durante il loro servizio sono circa tremila;

   la sentenza della Corte di Cassazione non pone in dubbio la necessità delle vaccinazioni, ma la tempistica della loro somministrazione; che rappresenta un fattore di rischio da valutare anche alla luce dell'imminente arrivo nel nostro Paese del vaccino contro il Sars-CoV-2 –:

   come si svolga attualmente la somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie cui sono sottoposti i militari delle nostre Forze armate, anche nella prospettiva della prossima disponibilità del vaccino contro il Sars-CoV-2.
(5-05112)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BUCALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha introdotto nuove disposizioni in materia di «incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza», modificando la disciplina già posta dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, e prevedendo alcuni nuovi divieti;

   le modifiche introdotte sono volte a evitare che il conferimento di alcuni tipi di incarico sia utilizzato dalle amministrazioni pubbliche per continuare ad avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza o, comunque, per attribuire a soggetti in quiescenza rilevanti responsabilità nelle amministrazioni stesse e consentire inoltre l'accesso al mondo del lavoro da parte delle più giovani generazioni;

   la circolare del Consiglio dei ministri n. 6/2014 emanata in data 4 dicembre 2014, e recante interpretazione e applicazione dell'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, ha ulteriormente disposto che «Le amministrazioni eviteranno peraltro comportamenti elusivi, consistenti nel conferire a soggetti prossimi alla pensione incarichi e cariche il cui mandato si svolga sostanzialmente in una fase successiva al collocamento in quiescenza. Per tali soggetti, le amministrazioni valuteranno la possibilità di conferire un incarico gratuito»;

   il 31 ottobre 2020 su proposta del presidente Mario Mega, il Comitato di gestione dell'Autorità di sistema portuale dello Stretto (Messina, Tremestieri, Milazzo, Villa San Giovanni e Reggio Calabria) ha nominato il dottor Domenico La Tella nuovo segretario generale dell'AdSP dello Stretto per il quadriennio 2020/2024;

   secondo il contenuto di un articolo di stampa, pubblicato dal quotidiano online di informazione «Messina in diretta», Domenico La Tella dovrebbe essere posto in quiescenza il prossimo anno, ponendosi dunque la nomina in contrasto con la normativa sopra illustrata –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire in che modo potrà espletarsi l'affidamento dell'incarico per il ruolo di segretario generale dell'Autorità di sistema portuale dello Stretto (Messina, Tremestieri, Milazzo, Villa San Giovanni e Reggio Calabria) al dottor Domenico La Tella e se, alla luce della circolare richiamata in premessa, risultasse la sua non conferibilità.
(3-01958)

Interrogazione a risposta scritta:


   SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, così come modificato dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, recita: «[...] Nel servizio di noleggio con conducente è previsto l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un foglio di servizio in formato elettronico, le cui specifiche sono stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministero dell'interno [...] Fino all'adozione del decreto di cui al presente comma, il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea dello stesso [...]»;

   l'articolo 10-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito dalla legge n. 12 del 2019, recita testualmente: «[...] Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, presso il Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante e di quelle di autorizzazione per il servizio di noleggio [...]»;

   in data 20 febbraio 2020 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha emanato il decreto con il quale istituisce il registro informatico pubblico nazionale per taxi, Ncc, motocarrozzette e natanti, previsto dall'articolo 10-bis, comma 3, del decreto-legge n. 135 del 2018 convertito dalla legge n. 12 del 2019;

   la piena operatività del registro richiede anche la definizione delle specifiche tecniche del foglio di servizio elettronico contenuto in un provvedimento congiunto, ancora non adottato, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'interno, e pertanto, si è stabilito che gli effetti del decreto sul registro sono sospesi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa riportato e quali iniziative di competenza intendano assumere per addivenire all'emanazione del decreto da adottare di concerto di cui all'articolo 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, necessario all'introduzione del foglio di servizio elettronico.
(4-07674)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO e TRANCASSINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dovrebbero far riflettere le parole dell'ex prefetto di Roma Achille Serra, secondo il quale la gestione dell'emergenza sanitaria sarebbe delegata esclusivamente alla responsabilità dei prefetti e dei questori: «il poliziotto o il carabiniere che trova l'assembramento che dovrebbe fare, sgomberare? Non c'è lo strumento giuridico-normativo per intervenire. Per questo mi affido soltanto al buonsenso degli agenti. (...) Il governo dovrebbe dare indicazioni precise. Se un corteo non è autorizzato, il poliziotto ha il dovere, dopo aver convinto la gente a non fare il corteo, di scioglierlo. Se arriva una norma che dice: quando l'assembramento è composto da più di 10 persone va sciolto. Invece non sappiamo cos'è un assembramento e non sappiamo come va sciolto»;

   ad avvantaggiarsi di questa situazione sarebbe la micro-criminalità, che, col piccolo spaccio e la violenza, prolifera soprattutto nelle periferie delle città;

   anche rispetto all'autocertificazione richiesta per gli spostamenti dei cittadini, Serra ha manifestato perplessità: «Mi sembra una sciocchezza. Il cittadino scrive quello che gli pare». «Non danno disposizioni chiare perché così la colpa è del poliziotto e del carabiniere», così come ha definito «avvilente» il rimpallo di responsabilità tra Governo e regioni, chiedendo maggiore assunzione di responsabilità da parte del primo;

   chi ha il compito di gestire l'ordine pubblico è preparato al peggio, esistono piani riservati nelle prefetture di ogni provincia che stabiliscono le linee operative delle forze dell'ordine in coordinamento con i reparti sanitari e gli altri attori sul territorio; protocolli calibrati sulle diverse province in base alla presenza di particolari obiettivi sensibili, eppure nessuno aveva mai immaginato di doversi confrontare con un'emergenza sanitaria di portata mondiale, che ha un impatto su una scala infinitamente maggiore di un attacco terroristico o incidente biologico;

   l'epidemia, soprattutto, pone profili di ordine pubblico mai ipotizzati prima, soprattutto con l'innescarsi di una fobia strisciante, fomentata sia dalla paura, sia da notizie false diffuse sui social network, e da un'informazione istituzionale a volte contraddittoria e confusa;

   in questo contesto, il ruolo delle prefetture assume sempre più peso: sono, infatti, i prefetti e i funzionari che lavorano negli uffici del governo territoriale i deputati alla gestione dell'ordine pubblico, le istituzioni centrali più vicine al cittadino, gli strateghi che coordinano tutte le forze dell'ordine delle zone di competenza;

   in questi mesi di emergenza sanitaria, prefetti hanno dovuto compiere uno sforzo straordinario, anche per sopperire le carenze di personale che si registrano in tante prefetture, garantendo però un'adeguata turnazione, anche al fine di preservare la salute degli agenti e assicurare la massima efficienza operativa;

   se organici ridotti e scarsità di risorse vengono sommati ad una lacuna o genericità degli strumenti giuridico-normativi, la situazione diventa potenzialmente esplosiva –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per consentire un puntuale ed efficace intervento delle forze dell'ordine sul territorio, sanando le criticità segnalate dall'ex prefetto di Roma Achille Serra.
(4-07673)


   CONTE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il complesso agricolo denominato «La Balzana» sito in S.Maria La Fossa, è costituito da circa 31 terreni agricoli per un totale di 200 ettari di estensione, 20 abitazioni coloniche e 14 edifici rurali (capannoni e stalle);

   il complesso è stato confiscato per 2/3 a Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, ritenuti i capi del clan camorristico di Casal di Principe; la residua parte è stata confiscata definitivamente agli eredi di Dante Passarelli, intestatario del complesso agricolo attraverso la società Pam srl, nel mese di maggio 2017, ed assegnata al comune di S. Maria La Fossa nel mese di dicembre 2017;

   dopo molti anni di sostanziale abbandono, sull'area è stato attivato un intervento di recupero da parte di Agrorinasce, una società consortile a responsabilità limitata costituita dai comuni di San Cipriano d'Aversa, Casal di Principe, Casapesenna, S. Marcellino, S. Maria la Fossa, Villa Literno;

   il progetto di Agrorinasce sul bene La Balzana è finalizzato alla realizzazione del Parco agroalimentare dei prodotti tipici della Campania, vale a dire valorizzare l'intera struttura per finalità agroalimentare con il recupero di tutte le infrastrutture e i terreni agricoli;

   il progetto si propone di realizzare un parco dei prodotti tipici della regione Campania, con accoglienza/residenza, didattica, formazione specializzata, produzione e vendita di prodotti alimentari, turismo rurale; l'idea è di concentrare in un unico luogo la coltivazione di grano, pomodoro, ortaggi vari, frutta e altri prodotti agricoli tipici, gli allevamenti bufalini e di altri animali, la loro trasformazione in pane, pasta, conserve, mozzarella di bufala campana, carni e salumi, vini e liquori (in gran parte Igt e Dop, e poi prevedere la ristorazione, la pizzeria, l'insediamento di un istituto agrario con annessa azienda agraria per gli studenti, centri di ricerca e di formazione specializzata, residenze per i lavoratori, accoglienza per i turisti;

   il 24 luglio 2019, il Ministero per il sud e la coesione territoriale ha stanziato circa 15 milioni di euro per il recupero della Balzana, nell'ambito dei fondi di sviluppo e coesione;

  l'amministrazione comunale di Santa Maria La Fossa, proprietaria del bene, ha scelto il 29 novembre 2020 di fuoriuscire dal consorzio Agrorinasce, mettendo così a rischio la realizzazione del progetto del parco agroalimentare;

   rischia, infatti, di saltare la ristrutturazione della cittadella agricola di 200 ettari, e si rischia di perdere il finanziamento di oltre quindici milioni di euro, in parte già erogati al Consorzio Agrorinasce;

   la Balzana è uno dei beni confiscati più grandi del meridione e il rischio della perdita di ingenti finanziamenti volti alla sua valorizzazione appare come un colpo pesante per la legalità e la lotta alla criminalità organizzata sul territorio;

   la gestione dei beni confiscati con il coinvolgimento di più comuni rappresenta in Campania la vera risposta civile e la possibilità di creare attività e lavoro utile;

   il territorio non può perdere milioni di investimento su infrastrutture e servizi, sull'implementazione della filiera agro-alimentare, che dà occupazione a migliaia di addetti, ed è già duramente colpita dalla crisi;

   il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata è una opera di restituzione alle comunità, sia per il rilancio socio-culturale del territorio, sia per creare opportunità lavorative –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative per quanto di competenza per approfondire le notizie di cui in premessa e affinché il bene confiscato La Balzana continui a essere al centro di un importante progetto di recupero e rilancio, sia per il suo valore simbolico nella lotta alla criminalità, sia per le sue potenzialità di sviluppo economico e occupazionale.
(4-07677)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il comparto della pesca professionale si colloca, operando su tutta la fascia costiera italiana, in un contesto nazionale;

   l'indotto lavorativo diretto della pesca professionale è composto da circa 26.000 marittimi imbarcati tra titolari, soci dipendenti e marittimi dipendenti, quello indiretto è composto da circa altri 30.000 lavoratori;

   la fascia costiera è ripartita in aree geografiche denominate Geographical Subareas (Gea) ovvero areali rappresentative delle fasce di costa regionali. All'interno di questi areali dovrebbero essere studiate e programmate, nell'ambito del rispetto delle normative europee e nazionali, le regole da attivare per l'attività di pesca professionale;

   le imprese di pesca italiane stanno scomparendo poiché non è possibile avere un reddito dignitoso nella gestione delle aziende, alle quali non sono destinati i fondi europei per lo sviluppo, non vi è credito e le importazioni delle produzioni ittiche fresche e congelate, in particolare durante il fermo pesca obbligatorio, provocano turbative di mercato che hanno portato all'importazione di prodotti ittici per l'84 per cento del fabbisogno ittico della Nazione, importazioni che derivano da Paesi della Unione europea del bacino mediterraneo e da Paesi terzi;

   il rilancio del settore si rende necessario in virtù della notevole riduzione subita dalla flotta da pesca nazionale negli ultimi decenni, che, ad oggi, conta circa 12.000 motopescherecci, pari al 17 per cento della flotta dell'Unione europea, con 25.000 occupati. È inoltre tra le più vetuste e in ritardo di competitività rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea con un'età media dei pescherecci pari a 31 anni quindi non sono produttivamente competitive, soprattutto con quelle della Francia e della Spagna;

   il fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 33 anni di fermo pesca è progressivamente peggiorato come parallelamente lo stato economico delle imprese che, anno dopo anno, e giorno dopo giorno, stanno mettendo in ginocchio l'intero comparto produttivo della pesca italiana;

   dal nord Adriatico, allo Ionio, fino al Canale di Sicilia circumnavigando la penisola italiana, si assiste ad una crisi senza precedenti del comparto pesca e, se da un lato gli animalisti lanciano l'allarme sulla salvaguardia della fauna marina, dall'altro, gli antichi pescatori gridano al rischio estinzione del loro mestiere;

   in ottemperanza all'articolo 22 del regolamento (CE) n. 1380/2013, il 24 luglio 2017 è stata inviata la relazione sugli sforzi compiuti nel 2016 per raggiungere un equilibrio sostenibile tra la capacità di pesca e le possibilità di pesca della flotta italiana, non aggiornata al 2020 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa riportato e quali iniziative di competenza intendano assumere per aggiornare la relazione annuale, ferma al 2016, di cui all'articolo 22 del regolamento (CE) n. 1380/2013 e per avviare una revisione normativa complessiva del settore professionale ed economico della pesca italiana, e se considerino appropriata la richiesta avanzata da Federpesca e dalle marinerie del Mar Tirreno di consentire 200 giornate di pesca annue autogestite per impresa di pesca per il mare Tirreno.
(3-01960)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ATTIS. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Svimez ha annunciato il progetto denominato «Quadrilatero Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro» che si estenderà successivamente anche alla Sicilia, consistente in un Piano di interventi nel settore della logistica, energie rinnovabili, rigenerazione urbana e ambientale, agroalimentare e agroindustria, governo delle acque, politica industriale, ricerca e innovazione, finalizzati a rilanciare il protagonismo del Mezzogiorno;

   ai fini della riuscita del piano, come sottolinea Svimez, il sincronismo e l'interconnessione tra le Zes di riferimento costituiscono la premessa per lo sviluppo dell'area interna al Quadrilatero, perché consentirebbe di attivare molteplici relazioni interne all'area vasta del Mezzogiorno continentale, di potenziarla e di valorizzarla;

   dalle grafiche pubblicate del rapporto Svimez, la zona di Brindisi non è ricompresa all'interno del quadrilatero oggetto degli interventi;

   come dichiarato pubblicamente dal deputato al Parlamento Europeo Andrea Caroppo, seppure Brindisi dovrebbe essere pacificamente ricompresa all'interno del Quadrilatero, in quanto facente parte della Zes adriatica che fa capo a Bari, non sarebbe la prima volta che intorno alla inclusione o esclusione di Brindisi si registrano equivoci, come in occasione del Country Report Italy 2020;

   il porto di Brindisi è l'area a vocazione produttiva che si è insediata intorno ad esso con fabbriche di grandi e medi gruppi nei settori energetico, chimico, aeronautico e farmaceutico, e un manifatturiero di piccole e medie imprese, in molti casi altamente qualificate, in rapporti di subfornitura e cofornitura con le industrie maggiori che non possono rimanere fuori da interventi di potenziamento del «Quadrilatero» –:

   se nelle future politiche di intervento volte a realizzare il progetto del così detto «Quadrilatero» di cui in premessa sia ricompresa anche l'area di Brindisi.
(4-07675)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   confermando un progressivo disimpegno in Sardegna, l'Eni si è già disimpegnata dalle produzioni chimiche del sito di Sarroch nel Sud dell'isola;

   successivamente, l'azienda ha avviato nel polo di Macchiareddu un nuovo corso con il rilancio della filiera salina e della chimica di base;

   tale iniziativa è stata ritenuta strategica dalla regione autonoma della Sardegna, che tra il 2018 e il 2019, ha autorizzato la realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia al fine di rendere sostenibile l'attività del polo industriale;

   il nuovo progetto è stato altresì assecondato dagli accordi stipulati con i sindacati, che hanno accettato una razionalizzazione delle risorse umane impegnate purché finalizzata all'avvio della nuova attività;

   il polo di Macchiareddu attualmente assicura, tramite la rete di distribuzione di prodotti certificati, il materiale necessario per la potabilizzazione delle acque pubbliche in Sardegna;

   Eni Rewind ha recentemente confermato la volontà di cedere il ramo d'azienda cloro soda e l'asset pontile con l'obiettivo di disimpegnarsi dalle produzioni del Sud Sardegna;

   tale operazione determina una grave incertezza sul piano occupazionale che coinvolge 90 lavoratori diretti e 230 indiretti;

   il passaggio dell'attività nelle mani di un soggetto privato senza sufficienti garanzie, mina la continuità nell'approvvigionamento dei prodotti necessari per la salute pubblica, in quanto non vi sarebbero le garanzie produttive abbondantemente superiori a cinque anni, necessarie per assicurare la depurazione delle acque pubbliche nel territorio sardo e nazionale;

   alla luce delle iniziative che si sono susseguite nel tempo, appare chiara la volontà dell'azienda di portare avanti un progressivo abbandono dell'attività industriale in Sardegna, che stride con gli accordi sottoscritti negli anni passati e penalizza gravemente l'economia dell'isola –:

   quali iniziative intenda porre in essere il Governo, anche con il coinvolgimento della regione autonoma della Sardegna, al fine di garantire la continuità produttiva dell'impianto cloro soda nel polo industriale Eni di Macchiareddu e di conseguenza salvaguardare l'attuale livello occupazionale e l'approvvigionamento di prodotti per la depurazione delle acque pubbliche nell'isola.
(2-01023) «Cappellacci».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a gennaio 2019 la procura di Arezzo decise di sequestrare il viadotto Puleto, sito tra Valsavignone e Canili, in provincia di Arezzo, in seguito al riscontro di gravi danni strutturali ai piloni di cemento armato del ponte;

   la chiusura del viadotto e le conseguenti forti limitazioni al transito sull'asse viario E45 che hanno di fatto spezzato in due una delle principali direttrici Nord-Sud italiane, hanno creato, oltre agli inevitabili disagi per la circolazione, ingenti danni economici: sia nel settore dell'autotrasporto, colpito direttamente da tale chiusura, sia impattando negativamente su tutto il tessuto economico e sociale del territorio che, da questa arteria traeva grandi opportunità per svariate attività economiche;

   per far fronte a questa situazione, su iniziativa del primo Governo Conte, all'articolo 40 del cosiddetto «decreto crescita» del 30 aprile 2019 è stato previsto uno stanziamento specifico di 10 milioni di euro a favore di lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo, titolari di rapporti di collaborazione continuata e continuativa, di agenzia e di rappresentanza commerciale, di lavoratori autonomi, compresi i titolari di attività di impresa e professionali, che si sono trovati impossibilitati a esercitare o hanno dovuto sospendere la propria attività a causa della chiusura della E45, a seguito del sequestro del Ponte Puleto;

   tale stanziamento veniva così ripartito fra le tre regioni interessate: 5,6 milioni di euro all'Emilia-Romagna, 1,2 milioni di euro alla Toscana, 3,2 milioni di euro all'Umbria;

   ad oggi, le aziende che ne avrebbero diritto non hanno ancora ricevuto i contributi spettanti;

   subito dopo la pubblicazione del decreto di cui sopra giunsero da più parti segnalazioni che evidenziavano come nel provvedimento mancasse una specifica destinazione dei contributi alle imprese che, pur avendo subito danni, avevano continuato, seppur in maniera ridotta, ad esercitare la propria attività;

   il riferimento del suddetto decreto alle sole imprese che sono state costrette a sospendere l'attività precluderebbe l'accesso ai fondi a moltissime aziende che non avrebbero i requisiti necessari per partecipare all'eventuale bando per l'assegnazione dei contributi –:

   per ragioni, a distanza di più di un anno dallo stanziamento dei 10 milioni di euro a favore delle attività danneggiate dalla chiusura del viadotto Puleto e della viabilità sulla E45, non si sia ancora provveduto alla distribuzione dei fondi;

   se il Governo intenda provvedere rapidamente alla distribuzione di tali contributi necessari a fornire un concreto sostegno economico alle attività produttive ed economiche dei territori ancora oggi fortemente danneggiati da tale situazione;

   se non ritenga necessario adottare iniziative normative urgenti al fine di individuare quanto prima criteri di riparto che consentano di inserire fra i beneficiari anche le aziende che, pur non avendo sospeso l'attività, hanno comunque subìto dei danni e in caso di risposta affermativa, come intenda attivarsi.
(4-07671)


   LOVECCHIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid-19 ha dimostrato la rilevanza e la strategicità di avere connessioni potenti ed affidabili che si sono rivelate cruciali per consentire alla cittadinanza di remotizzare tutte le attività lavorative, didattiche e sociali;

   la suddetta emergenza ha portato alla luce la profonda urgenza di accelerare la realizzazione della rete unica nel nostro Paese anche per superare il cosiddetto digital divide e consentire la completa transizione tecnologica;

   un'unica infrastruttura di rete consentirebbe a tutti gli italiani di avere un collegamento ultraveloce in fibra grazie alla massima efficienza degli investimenti nello sviluppo delle reti a banda ultralarga e senza dispersioni di risorse causate da eventuali duplicazioni;

   ad agosto 2020 è stato raggiunto l'accordo tra Tim, Fastweb e KKR, per la creazione di «FiberCop», la società in cui sono confluite la rete secondaria di Tim e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber;

   l'accordo sarebbe il primo passo per la realizzazione di una società della rete unica nazionale che avverrà attraverso l'integrazione con Open Fiber;

   sia il Governo italiano, che la Commissione Europea, da quanto appreso dalla stampa, avrebbero dato il via libera per la realizzazione del progetto «FiberCop» non riscontrando criticità né per il mercato, né per la concorrenza;

   la cessione delle quote da parte di Enel al fondo australiano Macquarie, in base all'offerta ricevuta per la partecipazione in OpenFiber, così come inteso da notizia di stampa, sarebbe dovuta avvenire durante l'ultimo Consiglio di amministrazione il 24 novembre 2020;

   Enel, nell'ambito della propria autonomia decisionale, in quanto azienda partecipata dallo Stato, dovrebbe tener conto degli input forniti dal Governo e la mancata cessione delle quote, a tutt'oggi, allenterebbe il processo di sviluppo del Paese relativamente al progetto «Rete Unica» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di mettere in atto ulteriori azioni volte a determinare la realizzazione della «Rete Unica».
(4-07676)


   DEIDDA, ROTELLI e CARETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la prossima messa in esercizio in Sardegna delle diverse reti di distribuzione del gas nei comuni dell'isola rende ormai indifferibile e urgente un intervento regolatorio capace di garantire, in concreto, ai cittadini sardi, la parità di trattamento formalmente riconosciuta dagli atti di indirizzo politico adottati dal Parlamento, in raccordo con il Governo, in termini di accesso al servizio di distribuzione del gas naturale e di prezzo pagato dai consumatori:

   a fronte del completamento di tali opere, sono pervenute, al soggetto realizzatore delle varie infrastrutture, molteplici richieste da parte degli operatori di mercato al fine di ricevere chiarimenti in ordine al possibile esercizio, in concorrenza, dell'attività di vendita di gas naturale nel mercato sardo;

   in particolare, gli operatori contestano l'assenza di un quadro normativo che consenta di definire, in maniera chiara, ancorché temporanea, il servizio di trasporto del gas su gomma – attualmente sottratto ai benefici derivanti dall'applicazione dei principi di perequazione tariffaria – in attesa che si realizzino differenti infrastrutture di trasporto;

   tale regolamentazione appare assolutamente necessaria al fine di garantire, anche in Sardegna, ai soggetti che stanno effettuando ingenti investimenti nel territorio sardo per garantire la fornitura di gas naturale ai clienti finali, le stesse condizioni attualmente applicate nel resto del territorio nazionale;

   appare ingiustificata l'assenza di risposte da parte dell'Autorità incaricata di tracciare e dirimere aspetti regolatori afferenti ai mercati regolati dell'energia, a maggior ragione se tale mancata regolamentazione va ad incidere direttamente sui clienti finali;

   appare improcrastinabile la regolamentazione del servizio in questione, a prescindere dalla sua modalità di erogazione, non essendo immaginabile che gli stessi operatori coinvolti siano chiamati a dover provvedere autonomamente a definire le condizioni tecnico-economiche per i servizi di approvvigionamento, bilanciamento e trasporto del gas naturale;

   appare altresì necessario prevedere un annesso piano di ristoro dei costi attraverso più ampi meccanismi perequativi già noti all'Autorità competente, a salvaguardia della sostenibilità tariffaria per il cliente finale, nonché degli ingenti investimenti fatti dagli operatori incaricati di realizzare le infrastrutture in esame –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di prevedere un'adeguata regolamentazione per il mercato sardo in esame, se del caso anche promuovendo l'adozione di misure transitorie, al fine di salvaguardare la sostenibilità tariffaria per il cliente finale, nonché gli ingenti investimenti fatti dagli operatori incaricati di realizzare l'infrastruttura in questione.
(4-07679)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   FRASSINETTI, BUCALO e MOLLICONE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 205 del 2017 non considera il servizio prestato nei corsi di base o preaccademici valido per l'inserimento nella graduatoria nazionale per l'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato e determinato nelle istituzioni Afam statali;

   il decreto-legge n. 1 del 2020, articolo 3-quater, disponendo la proroga tout court della validità della legge n. 205 del 2017 senza alcuna modifica sostanziale quanto ai criteri di inserimento in graduatoria nazionale, ha nuovamente escluso i docenti precari dei corsi pre-accademici;

   la legge n. 96 del 2017, come modificata dalla legge n. 126 del 2020, con la quale veniva avviato il processo di statalizzazione e razionalizzazione delle istituzioni Afam non statali, non offre sufficienti garanzie circa la stabilizzazione di tutto il personale docente precario che ha prestato servizio in tali istituzioni;

   nella fase transitoria delineata dalla legge n. 508 del 1999, i corsi di base o preaccademici sono divenuti parte dell'offerta formativa proposta dai conservatori o dagli Imp di tutta Italia e hanno rappresentato per tali istituzioni la garanzia di un numero considerevole di allievi iscritti nei successivi corsi di I e II livello;

   i docenti che hanno insegnato nei corsi di base o pre-accademici sono stati reclutati da graduatorie di istituto, a seguito di procedure selettive pubbliche bandite dai conservatori e dagli istituti musicali pareggiati; molti di questi docenti hanno 8-10 anni di servizio nei corsi pre-accademici con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) e/o atipici senza alcuna tutela;

   alcuni hanno maturato un servizio «misto» (svolto in parte nei corsi accademici di I e II livello e in parte nei corsi pre-accademici). Tali contratti (che prevedono anche più di 200 ore l'anno di insegnamento) hanno costituito per i conservatori e gli Imp un risparmio economico dal momento che un docente dei corsi preaccademici è pagato circa 15-20 euro lorde l'ora;

   tutto ciò comporta che i docenti sopra indicati e che non rientrano nella stabilizzazione saranno fuori dal sistema in quanto non solo il servizio prestato non viene riconosciuto al fine della stabilizzazione in tali istituzioni, ma allo stato dei fatti, non potranno accedere alla graduatoria cosiddetta 205-bis utile per l'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato e a tempo determinato –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere per i precari Afam che hanno prestato servizio nei cosiddetti corsi di base o preaccademici di cui all'articolo 2, comma 8, lettera d), della legge n. 508 del 1999, oggi propedeutici ex decreto legislativo n. 60 del 2017, che hanno peraltro già maturato più di tre anni di servizio, e, con contratti co.co.co. e atipici.
(5-05113)


   MELICCHIO, VACCA, CASA, BELLA, CARBONARO, CIMINO, DEL SESTO, IORIO, MARIANI, RICCIARDI, TESTAMENTO, TUZI e VALENTE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Governo e il Parlamento hanno lavorato per l'applicazione del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, articolo 20, per il «superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni» –:

   per favorire l'applicazione del summenzionato decreto al personale degli Epr sono state stanziate risorse straordinarie finalizzate al superamento del precariato, come nella legge di bilancio 2018, commi 668 e successivi, oltre ad aver fornito l'interpretazione autentica della norma inerente alle procedure di stabilizzazione negli enti pubblici di ricerca;

   in occasione dell'espressione dei pareri sullo schema di decreto di riparto del fondo ordinario per il finanziamento degli enti, e delle istituzioni di ricerca (Foe), sono state formulate dalle Commissioni VII della Camera e 7a del Senato specifiche condizioni per favorire il completamento delle procedure di stabilizzazione:

   su indicazione delle Camere, il Ministero ha assegnato i fondi ex premiali, che per quanto riguarda l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) risultano corrispondere a 15.692.613 euro, vincolando le somme all'assunzione di personale precario, pena la ridistribuzione proporzionale agli enti che non se ne siano pienamente avvalsi;

   l'Infn ha visto ridursi il bilancio, negli anni precedenti, e il Governo si è subito attivato per recuperare risorse aggiuntive, tramite contributi aggiuntivi e straordinari, consentendo all'istituto di proseguire l'attività di ricerca e le stabilizzazioni;

   l'Infn sembra ancora in ritardo nelle procedure, escludendo dalle stabilizzazioni il personale non in servizio al 22 giugno 2017 (cosiddetto «non prioritario»), disapplicando il comma 2 del decreto legislativo 75 del 2017 nel bandire concorsi riservati per il personale in possesso dei requisiti;

   l'Infn ha utilizzato, per le stabilizzazioni, 7.665.000 euro più 2,8 milioni per il nuovo piano di fabbisogno, per complessivi 10,5 milioni circa, a fronte dei 15.692.613 euro ricevuti come fondi ex premiali, come specificato nel piano triennale d'attività dell'istituto per il periodo 2019-2021, somme ancora vincolate alle stabilizzazioni. Sono a disposizione dell'ente, quindi, altri 5 milioni di euro per completare le procedure di stabilizzazione dei ricercatori precari –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per favorire la conclusione delle procedure di stabilizzazione del personale precario dell'istituto nazionale di fisica nucleare entro il 31 dicembre 2021, così da garantire che la volontà del Governo del Parlamento sulle stabilizzazioni dei ricercatori precari sia rispettata, applicando le disposizioni del decreto legislativo n. 75 del 2017 nel bandire concorsi riservati per il personale in possesso dei requisiti previsti.
(5-05114)


   BELOTTI, TOCCALINI, BASINI, COLMELLERE, DE ANGELIS, MATURI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria e i vari provvedimenti di limitazione dell'epidemia da Covid-19 hanno provocato da troppo tempo un forte rallentamento, se non addirittura la paralisi, delle attività di ricerca da parte dei dottorandi;

   mesi del lockdown e quelli successivi hanno segnato un punto di non ritorno per le attività dei dottorandi, di tutti i cicli attualmente attivi; ricerca sul campo, accesso ai laboratori, missioni all'estero, lettura, schedatura e consultazione di fonti d'archivio o di altri materiali indispensabili, spoglio delle pubblicazioni non recenti, come nel caso dei periodici e delle fonti testuali non digitalizzate, compilazione di appunti e bozze necessari alla stesura della tesi o di altre pubblicazioni connesse all'esercizio della formazione dottorale, partecipazione a convegni, seminari e workshop formativi sono le componenti che fanno parte e danno sostanza al percorso dottorale;

   a causa delle limitazioni derivanti dalla pandemia in atto, tutte queste attività sono state compromesse, a volte irrimediabilmente, e continueranno ad esserlo per un periodo la cui durata risulta ancora oggi incerta;

   con il peggioramento del quadro epidemiologico e le necessarie conseguenze sul piano della chiusura degli spazi della ricerca ed il blocco della mobilità, la misura di proroga introdotta o nel cosiddetto «Decreto Rilancio», già in principio inadeguata perché escludeva dal beneficio i dottorandi del XXXIV e XXXV ciclo, si mostra ancor più insufficiente;

   allo stato dei fatti, i dottorandi e le dottorande si trovano nell'impossibilità di poter riprogrammare, in un orizzonte temporale più lungo, le attività future e in una condizione di costante incertezza –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di consentire un'efficace riprogrammazione delle attività dei dottorandi, in particolare una proroga ulteriore fino a sei mesi per il XXXIII ciclo e fino a 12 mesi per il XXXIV e XXXV ciclo, estendendo tali misure ai dottorandi che non percepiscono alcuna borsa di studio e privi di redditi da lavoro.
(5-05115)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la prima pietra del Polo scientifico e tecnologico di Sesto Fiorentino fu posta dal senatore Spadolini il 19 novembre 1988;

   il trasloco dei vari dipartimenti, degli uffici, dei laboratori e dei centri di ricerca è iniziato nel 2000 e nel settembre 2001 avvenne il grosso del trasferimento, ma per il cambio di sede si dovettero aspettare alcuni anni;

   con tale progetto è stato possibile creare un campus unico di respiro internazionale, dove sono racchiuse attività scientifiche prima distribuite su tutto il territorio di Firenze;

   negli anni, è diventato uno dei grandi poli in Italia e in Europa, grazie anche alla presenza del Cerm (Centro risonanze magnetiche) e del Lens (European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy), che gli ha conferito una rilevanza mondiale nell'ambito della ricerca;

   attualmente, all'interno del campus, sono presenti, oltre al laboratorio e al centro, il dipartimento di fisica e astronomia, il dipartimento di chimica «Ugo Schiff», il dipartimento di neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino (Neurofarba), il dipartimento di biologia, incubatore universitario fiorentino (Iuf) e il dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell'ambiente (Dispaa). Trovano sede nel Polo scientifico anche il Laboratory for Genomics and Post Genomics (Genexpress – Dispaa), l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e il Consiglio Razionale delle ricerche (Cnr);

   il suddetto centro di prestigio di valore internazionale ha più volte rischiato in questi anni di slegarsi dal tessuto del territorio circostante, andando contro la propria vocazione naturale, ossia di essere la città universitaria della scienza e della ricerca collegata e integrata con il resto del territorio, in particolare con il comune di Sesto Fiorentino;

   è necessario un lavoro permanente dedicato al Polo scientifico che coinvolga la regione Toscana, la città metropolitana, l'università di Firenze, il Cnr e tutte le rappresentanze del Polo universitario al fine di costruire una progettualità per lo sviluppo e il rilancio dell'intera area;

   l'area del Polo universitario necessita di investimenti per garantire il decoro, la sicurezza, i collegamenti con il territorio e i servizi per gli studenti, per i docenti e per tutto il personale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quali siano stati gli investimenti posti in essere dal Ministero e dagli enti di ricerca per la realizzazione del Polo scientifico di cui in premessa dalle istituzioni territoriali e, in caso positivo, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche in raccordo con gli enti coinvolti nel progetto a livello territoriale, per rendere il Polo scientifico e tecnologico universitario di Sesto Fiorentino sempre più un polo di eccellenza.
(5-05116)


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

  per docenti universitari, ricercatori strutturati e freelance, dottorandi in materie umanistiche e coloro che basano il loro lavoro sulla ricerca, è fondamentale, per la prosecuzione della propria attività, l'accesso diretto a depositi librari e fondi archivistici, così come l'accesso a musei e altri siti e luoghi della cultura non essendo questo sostituibile con forme di accesso alle fonti da remoto;

  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, le mostre e i servizi di apertura al pubblico dei musei, degli archivi, delle biblioteche, delle aree archeologiche e dei complessi monumentali, sono state nuovamente sospese, senza che sia previsto alcun discrimine fra utenti specialisti e pubblico generico;

   le biblioteche universitarie, rimaste aperte, non sono sempre sufficienti alla prosecuzione delle attività di ricerca;

   il citato decreto permette la frequentazione di simili spazi per svolgere attività di ricerca per i soli laboratori tecnico-scientifici, creando quindi un discrimine con i ricercatori di area umanistica;

   le disposizioni di riapertura precedenti al decreto del 3 novembre 2020 avevano tenuto conto dell'esigenza di permettere lo svolgimento dell'attività di ricerca umanistica nei luoghi ad essa deputati, grazie ad adeguate procedure e disposizioni igienico-sanitarie;

   sulla questione, moltissimi docenti, ricercatori universitari, dottorandi e studenti hanno sottoscritto una petizione per chiedere al Governo e al Parlamento che vengano prese chiare posizioni circa lo svolgimento delle attività di ricerca in ambito umanistico, sottolineando l'impossibilità attuale di proseguire con il proprio lavoro;

   la questione afferisce a più dicasteri e richiede quindi un'attenta e proficua collaborazione anzitutto fra il Ministero dell'università e della ricerca e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per sostenere l'attività di ricerca di docenti, ricercatori, dottorandi e studenti di area umanistica durante la prosecuzione dell'emergenza epidemiologica, comprese iniziative per la sospensione e la proroga di corsi dottorali e contratti di ricerca.
(5-05117)


   PICCOLI NARDELLI, NAVARRA, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge 18 marzo 1958, n. 311, all'articolo 7. Prevede che «i professori hanno l'obbligo di risiedere stabilmente nella sede dell'Università od Istituto cui appartengono. In casi del tutto eccezionali, i professori possono, tuttavia, essere autorizzati dal Ministro per la pubblica istruzione, su proposta del rettore o direttore, udito il Senato accademico, a risiedere in località prossima, ove ciò sia conciliabile col pieno e regolare adempimento dei loro doveri di ufficio»;

   la riforma di cui sopra non corrisponde più alle esigenze per le quali fu introdotta. L'evidente inattualità della norma ha indotto il legislatore ad abrogare il predetto articolo 7 della legge 311 del 1958 con l'articolo 19, comma 1-ter, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 del cosiddetto decreto-legge semplificazioni;

   l'articolo 86 del regio decreto 31 agosto 1933 n. 1592 contiene una norma sostanzialmente identica a quella abrogata che così recita: «professori hanno l'obbligo di risiedere stabilmente nella sede dell'università o istituto cui appartengono. Possono tuttavia essere autorizzati dal Rettore o Direttore, udito il Consiglio di Facoltà o Scuola, a risiedere in località prossima, ove ciò sia conciliabile col pieno e regolare adempimento dei loro doveri d'ufficio»;

   l'articolo 15 delle «Disposizioni sulla legge in generale» (Preleggi) prevede che l'abrogazione tacita abbia luogo «per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore»;

   sembrerebbe, a quanto consta agli interroganti, che alcuni atenei ritengano ancora in vigore l'articolo 86 del regio decreto 31 agosto 1933 n. 1592 considerando che l'articolo 19 della legge 120 del 2020 una norma di abrogazione tout court del predetto articolo 7 della legge 311 del 1958, senza alcun contenuto di diritto positivo incompatibile o discordante. Pertanto, in questi atenei, i professori e i ricercatori universitari risulterebbero vincolati nelle loro libertà di movimento e soggetti ad autorizzazioni anacronistiche e superate dai tempi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sovraesposti, e in tal caso, se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, alla luce delle modifiche introdotte dall'articolo 19 della legge n. 120 del 2020 di cui in premessa, affinché vi sia un'applicazione univoca ed omogenea della disciplina in questione, considerato che presso alcuni atenei sembrerebbe vigere ancora una regolamentazione inattuale e anacronistica che vincola i professori e i ricercatori universitari a risiedere nella sede dell'università di appartenenza.
(5-05118)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dalla presentatrice: interrogazione a risposta in Commissione Maria Tripodi n. 5-04994 dell'11 novembre 2020.