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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 novembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il 2 novembre 2020 ci ha lasciato Gigi Proietti, uno dei più grandi e poliedrici protagonisti del panorama artistico italiano;

    Proietti è stato cantante, sceneggiatore, showman, doppiatore e soprattutto attore cinematografico e teatrale, capace come pochi di interpretare con uguale coinvolgente efficacia ruoli di ogni tipo, passando senza difficoltà dal genere comico a quello drammatico;

    è infinita la lista dei suoi successi, sul grande e sul piccolo schermo e soprattutto sulle assi dei palcoscenici di moltissime città;

    romano «doc» la sua lunghissima carriera professionale lo ha visto direttore artistico di importanti teatri della Capitale come il Brancaccio e, negli ultimi 17 anni, il Globe Theatre a Villa Borghese; Gigi Proietti è uscito di scena in un momento storico in cui il mondo intero sta attraversando una terribile crisi a causa dell'epidemia di COVID-19. Una crisi i cui effetti si stanno facendo sentire in tutti i settori e, in particolare in quello della cultura con concerti cancellati, teatri chiusi, spettacoli annullati e artisti e maestranze rimasti senza scritture e senza lavoro;

    spegnendosi nel giorno del suo ottantesimo compleanno, Gigi Proietti ha lasciato l'immensa platea di suoi ammiratori sgomenta e addolorata. Ma anche consapevole e grata per aver avuto in lui un uomo artista completo, convinto del fatto che il teatro, il cinema e la televisione non hanno solo una funzione di intrattenimento fine a se stessa, ma possono essere anche dei buoni educatori, figlio di una cultura popolare e di una romanità verace fatta di sentimenti genuini, ha saputo trasmettere con generosità la sua arte al suo pubblico, incarnando personaggi diversissimi ma tutti ugualmente autentici, senza mai far perdere di vista la loro cifra umana;

    Proietti è stato, inoltre, un maestro che ha lasciato in eredità il suo testamento artistico (un baule di esperienza pieno di meraviglie e gemme di talento e professionalità) ai giovani allievi del Laboratorio di arte drammatica da lui fondato. Allievi ai quali, con la generosità che lo ha sempre contraddistinto come solo i grandi sanno fare, ha trasferito tutti i suoi «segreti del mestiere»;

    considerato quanto o sopra, si ritiene opportuno mantenere vivi il suo ricordo e la sua arte,

impegna il Governo:

   a sostenere iniziative volte a tramandare e diffondere il ricordo di Gigi Proietti attraverso l'istituzione di borse di studio intitolate alla sua memoria destinate a ragazzi e ragazze meritevoli che intendono seguire le sue orme intraprendendo la carriera di attore/attrice;

  ad adottare iniziative per l'organizzazione, con patrocinio istituzionale, di un premio annuale a lui intitolato, da conferire a personaggi che si sono distinti negli ambiti artistici in cui Gigi Proietti è stato per tutti grande maestro;

  ad adottare, iniziative per la pianificazione di un concorso letterario a tema ispirato alla figura del grande attore romano, con possibilità di partecipare in categorie quali poesia, racconto breve, fotografia, opera teatrale;

  ad adottare iniziative volte a prevedere eventi artistici (ad esempio festival teatrale) in cui ripercorrere liberamente, con la collaborazione di attori professionisti e anche degli studenti delle scuole di recitazione di Roma, la carriera artistica di Gigi Proietti.
(7-00583) «De Angelis, Belotti, Basini, Colmellere, Maturi, Patelli, Racchella, Sasso, Toccalini».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, rubricato Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali, all'articolo 14-ter, ha disposto una proroga dei termini per gli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune in servizio pubblico;

    in particolare, si dispone che, al fine di garantire la continuità del servizio di trasporto pubblico le scadenze relative alle revisioni generali e speciali quinquennali nonché quelle relative agli scorrimenti e alle sostituzioni delle funi e al rifacimento dei loro attacchi di estremità, sono prorogate di dodici mesi. Al comma 4 del medesimo articolo è previsto, inoltre, che le procedure per l'attuazione siano stabilite mediante regolamento adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

    con riferimento al decreto succitato si segnala che ad oggi, nonostante siano spirati i termini previsti per l'adozione, l'atto non risulta ancora emanato;

    come tutti i settori, anche quello degli impianti a fune ha subito gli effetti negativi delle misure di contenimento del contagio da COVID-19;

    la stagione turistica invernale nelle regioni interessate in particolar modo dal turismo montano inizia ufficialmente l'8 dicembre e va avanti fino ai primi di aprile. I lavoratori coinvolti sono molteplici, dunque, non solo coloro che sono direttamente impiegati nel trasporto di persone, ma evidentemente sono da ricomprendersi anche i maestri di sci, le guide alpine, tutta la filiera della ristorazione e dell'accoglienza. In particolare, nella regione alpina e appenninica i lavoratori del settore sono circa quindicimila per un fatturato medio 1.1 miliardi annui;

    il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, cosiddetto decreto Ristori 1, prevede all'articolo 1, comma 3, che i contributi a fondo perduto per ristorare le attività economiche penalizzate dalla pandemia siano sottesi alla presentazione da parte degli imprenditori del fatturato di aprile 2020 e che questo sia inferiore ai due terzi all'ammontare dello stesso nel medesimo mese di aprile 2019;

    in questi giorni, in sede di conferenza delle Regioni sono al vaglio tutte le misure da includere in nel protocollo di sicurezza per la gestione dell'emergenza sanitaria e la sua compatibilità con la fruizione della montagna da parte di tutti coloro che vorrebbero farlo,

impegna il Governo:

   a procedere quanto prima all'adozione del decreto ministeriale attuativo dell'articolo 14-ter del decreto-legge n. 23 del 2020;

   ad adottare, in considerazione della situazione di emergenza COVID-19 e per tutta la durata della stessa, ogni iniziativa di competenza per consentire che, per gli impianti che sono giunti a scadenza di fine vita tecnica, siano prorogati i termini per l'esecuzione degli adempimenti di cui al paragrafo 2.5 dell'allegato tecnico A al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 1° dicembre 2015, n. 203, di dodici mesi a decorrere dal termine dello stato di emergenza facendo sì che nelle more dell'esecuzione degli adempimenti sia sospeso l'esercizio al pubblico dei suddetti impianti a fune e, durante il periodo di sospensione gli esercenti degli impianti interessati possano procedere alla predisposizione di tutte le attività necessarie per realizzare gli interventi di cui al citato paragrafo 2.5 dell'allegato tecnico A;

  a promuovere, in sede di Conferenza Stato-regioni, con urgenza e per tutta la durata della stagione turistica invernale, un tavolo di concertazione integrato dalle aziende del settore e gli enti territoriali interessati al fine di monitorare l'efficacia ed il rispetto delle norme vigenti nonché del protocollo di prossima emanazione relativo al trasporto funiviario valutando altresì un aggiornamento mensile di questo, al fine di assicurare la fruizione degli impianti in sicurezza;

   a dare la massima evidenza, per quanto di competenza, del protocollo di sicurezza al fine di incentivare un flusso turistico informato, responsabile e sostenibile che permetta di salvare l'imminente stagione invernale;

   ad adottare iniziative per prevedere adeguate misure di sostegno a favore dei lavoratori e delle imprese del settore nonché di tutte le imprese e dei lavoratori dell'indotto.
(7-00584) «Luciano Cantone, Gariglio, Elisa Tripodi».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    il medico francese Prosper Ménière, nel 1861, descrisse di fronte all'Accademia imperiale di medicina i tratti di una patologia del vestibolo dell'orecchio, che da allora prese il suo stesso nome ed è conosciuta come sindrome di Ménière;

    la sindrome di Ménière ha cause non ancora ben determinate: essa si attiva con un aumento della pressione dei liquidi che circolano nell'orecchio interno. I danni avvengono a carico della funzione uditiva e di quella deputata al controllo dell'equilibrio, per cui la sindrome si manifesta con una classica e molto intensa crisi di vertigini, acufeni e nausea, che dura da 15 fino a 60 minuti, prolungandosi con meno intensità anche per delle ore;

    tale sindrome si associa chiaramente a emicrania e a cefalea ed è ovviamente correlata allo stress, alla fatica fisica e al sovraccarico, tanto che si consiglia un riposo assoluto in un luogo buio e silenzioso. I sintomi, infatti, peggiorano sensibilmente con il movimento;

    le linee guida pubblicate dalla Bàrany Society nel 2015 classificano tre livelli di patologia, di cui due accertabili in vita, poiché la patologia si può verificare con certezza solo attraverso lo studio dell'orecchio medio a cranio aperto e quindi esclusivamente post mortem;

    la sindrome di Ménière è considerata definita dopo che si sono verificate due o più crisi, di durata compresa tra 20 minuti e 12 ore e successivamente alla valutazione di un test audiometrico che presenti gravi deficit per i suoni acuti. La sindrome è ritenuta probabile, invece, quando i sintomi sono correlati ad acufeni, con due o più crisi vertiginose, senza accertamento audiometrico;

    in soggetti che hanno avuto crisi di vertigini si rende necessaria una dieta povera di sale e si consiglia di evitare l'assunzione di caffeina e zucchero, ipotizzando una correlazione tra queste sostanze e la patologia;

    i dati sull'incidenza della sindrome di Ménière sono variabili. Negli Stati Uniti, ne sarebbe affetto circa lo 0,2 per cento della popolazione. In Italia, si osserva un'incidenza di 8 su 100.000 persone, nell'ordine di 3.000 casi ogni anno. I soggetti più colpiti sono i maschi di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Nell'80-90 per cento dei casi i sintomi della malattia interessano soltanto un orecchio;

    i dati risultano molto influenzati, in verità, dai vari livelli diagnostici, con criteri che non sono sempre univoci;

    il trattamento medico durante i periodi intercritici è limitato alla somministrazione di diuretici a basso dosaggio, all'adozione di regole igienico-dietetiche e all'abbassamento dei livelli di stress, anche ricorrendo alla terapia ansiolitica. Accanto alle terapie conservative esiste la terapia ablativa: una vera e propria labirintectomia chimica, che sfrutta la tossicità dell'antibiotico aminoglicosidico sulle cellule scure del vestibolo. Raramente si ricorre a terapie chirurgiche;

    la sindrome di Ménière è chiaramente invalidante, anche se non fatale né contagiosa. La persona affetta da sindrome di Ménière vive sintomi che influenzano pesantemente la vita sociale, lavorativa e relazionale. Si perde parte della propria autonomia e si vive in una condizione di allarme continuo, che spesso si accompagna al fenomeno depressivo. La malattia incide fortemente anche sulla capacità di lavorare ed è priva di un'adeguata protezione sociale,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per il riconoscimento della sindrome di Ménière come malattia cronica e invalidante, inserendola tra le patologie che, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie;

   ad adottare le iniziative di competenza per identificare i presìdi sanitari pubblici (tra i reparti di otorinolaringoiatria e di neurologia già esistenti) per la diagnosi e la cura della sindrome di Ménière;

   a definire le linee guida per la predisposizione di rilevazioni statistiche dei soggetti affetti da sindrome di Ménière, che permettano di adottare specifici protocolli terapeutici e riabilitativi.
(7-00582) «Rostan, Noja».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   BALDELLI, ROSSO, PENTANGELO, SOZZANI e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a quanto riportato da fonti di stampa, si apprende che in alcuni Paesi europei siano stati già predisposti piani per la distribuzione del vaccino per il Covid-19;

   sempre a quanto si apprende, il vaccino dovrà essere conservato ad una temperatura di -70° circa; per tale motivo, non essendo possibile effettuare stoccaggi, sarà necessario attivare una catena di distribuzione che nell'arco di 4 o 5 giorni consenta di portare il vaccino dal fornitore al soggetto che procederà all'inoculazione;

   tra questi Paesi, il Governo tedesco ha provveduto a coinvolgere i principali operatori del settore della logistica per garantire una distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale e poter contare su ampia disponibilità della flotta di mezzi che potranno essere messi a disposizione;

   nel piano predisposto dalla Germania la conservazione delle dosi vaccinali avverrà tramite l'utilizzo di box di ghiaccio secco e la loro distribuzione sul territorio sarà effettuata tramite furgoni;

   il commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19 Domenico Arcuri, ha dichiarato che le prime dosi di vaccino saranno disponibili in Italia a metà gennaio 2021;

   appare necessario predisporre quanto prima un piano che garantisca una efficiente distribuzione del vaccino su tutto il territorio nazionale, come sta avvenendo in altri Paesi d'Europa, al fine di evitare ritardi e inefficienze –:

   se il Governo stia già predisponendo un piano di azione per la distribuzione dei vaccini e se, nell'ambito di tale piano, intenda coinvolgere in tempi adeguati i principali operatori del settore della logistica, come sta avvenendo in Germania.
(3-01904)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   da una denuncia dell'Asgi, l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, si apprende che ci sarebbero tanti operatori sanitari extra comunitari disponibili a dare il proprio contributo per scongiurare il rischio di collasso degli ospedali italiani a causa dell'emergenza coronavirus che non possono accedere ai bandi perché esclusi da enti e regioni;

   nonostante la necessità di immediato reclutamento di nuovo personale sanitario, circa 9.000 sarebbe il fabbisogno nelle sole terapie intensive, centinaia di medici e infermieri stranieri non possono accedere ai concorsi perché i bandi richiedono il requisito del possesso della cittadinanza italiana e non solamente un regolare permesso di soggiorno così come previsto dal decreto-legge «Cura Italia»;

   basterebbe richiamare le dichiarazioni dell'assessore della regione Lombardia, Giulio Gallera e del presidente della commissione regionale sanità del Piemonte, Alessandro Stecco, che hanno chiesto aiuto alle Ong, agli specializzandi e ai medici in pensione pur di provare a soddisfare la richiesta di personale di cui gli ospedali necessitano;

   l'articolo 13 del decreto «Cura Italia» decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, prevede che possono essere assunti «alle dipendenze della pubblica amministrazione per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea, purché titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare. E fermo ogni altro limite di legge»;

   data la norma di cui sopra all'interrogante appare inspiegabile che le amministrazioni di ospedali e aziende sanitarie stiano quasi sistematicamente ignorando questa disposizione e continuino a bandire concorsi che, quanto ai medici, richiedono il requisito della «cittadinanza italiana o di Paesi dell'Unione Europea» e, quanto al restante personale sanitario (infermieri, operatori socio-sanitari, ausiliari socio-assistenziali e altro) prevedono i requisiti previsti dall'articolo 38 del testo unico del pubblico impiego escludendo pertanto i cittadini extra UE che non siano soggiornanti di lungo periodo;

   tale circostanza è accaduta in Lombardia, Lazio, Piemonte, Basilicata, Molise, Sicilia, Calabria. In particolare in Piemonte sono stati addirittura esclusi tutti i cittadini extracomunitari secondo l'interrogante in violazione della legge vigente sopra citata;

   per quanto riguarda i medici, inoltre, secondo il decreto del Presidente del consiglio dei ministri n. 174 del 1994 i posti di lavoro che richiedono la qualifica dirigenziale (e quindi anche tutti i posti di lavoro di medico) dovrebbero essere riservati ai soli cittadini italiani, con esclusione, quindi, persino dei cittadini dell'Unione europea mentre il Consiglio di Stato ha già sancito in più occasioni che il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è illegittimo per contrasto con il Trattato dell'Unione europea e dunque dovrebbe essere rivisto;

   secondo l'Associazione medici stranieri in Italia, nel nostro Paese sono presenti circa 77.500 persone aventi cittadinanza straniera con qualifiche sanitarie, così suddivisi: 22mila medici, 38mila infermieri, ma anche fisioterapisti, odontoiatri, farmacisti e altri professionisti. Di loro, solamente il 10 per cento riesce ad accedere ai ruoli della pubblica amministrazione;

   a parere dell'interrogante occorre dare rapidamente un nuovo assetto alla materia in modo che si tenga conto del contributo che i sanitari stranieri possono dare nell'emergenza, ma anche del dovere della pubblica amministrazione di garantire – nell'interesse della collettività – l'accesso ai posti di lavoro ai più capaci e meritevoli, senza distinzioni di cittadinanza –:

   se il Governo, per quanto di competenza, non intenda immediatamente adottare iniziative, anche normative affinché sia garantito il rispetto dell'articolo 13 del decreto «Cura Italia» citato in premessa, così da consentire l'accesso alle professioni sanitarie a tutti gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno che consente loro di svolgere attività lavorative;

   se non intenda modificare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 174 del 1994 per renderlo conforme ai principi fissati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, quantomeno in relazione al personale medico.
(3-01906)


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 «è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute»;

   è stato specificato che tra i motivi di lavoro che legittimano gli spostamenti rientra l'attività professionale degli psicologi e che le prestazioni psicologiche sono «motivi di salute» sufficienti a giustificare gli spostamenti dei clienti del professionista psicologo. L'articolo 12, comma 2, del medesimo provvedimento dispone che: «Le persone con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva o sensoriale o problematiche psichiatriche e comportamentali o non autosufficienti con necessità di supporto, possono ridurre il distanziamento sociale con i propri accompagnatori o operatori di assistenza, operanti a qualsiasi titolo, al di sotto della distanza prevista, e, in ogni caso, alle medesime persone è sempre consentito, con le suddette modalità, lo svolgimento di attività motoria anche all'aperto»;

   la riabilitazione equestre per le persone diversamente abili è di fondamentale importanza, allo stesso modo delle visite psicologiche;

   il cavallo, proprio come il medico o lo psicologo, è necessario in caso di soggetti che soffrono di disturbi neuro-motori e psichiatrici, ma anche per correggere la postura, sia nei bambini che negli adulti. Il cavallo, in certi scenari, affianca fisioterapisti, medici esperti in riabilitazione, psicologi e neuropsichiatri per fornire aiuto a pazienti di ogni età e con varie problematiche, dalle più semplici sino a condizioni di disabilità fisiche anche gravi. I risultati ottenuti negli anni sono sorprendentemente significativi su alcune forme di autismo e sugli esiti delle paralisi cerebrali infantili e le più recenti ricerche scientifiche ne stanno dimostrando i benefici e gli effetti positivi anche su altre patologie di tipo neurologico e neuro-psichiatrico;

   il cavallo, in questi contesti, viene considerato un co-terapeuta, un mezzo per il raggiungimento di un obiettivo importante per la crescita e lo sviluppo di persone affette dalle più disparate forme di disabilità;

   la chiusura dei maneggi, in quanto centri ippici sportivi, come previsto dall'articolo 3, comma 4, lettera d) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, interrompe nuovamente un percorso abilitativo iniziato a fatica, e ciò significa perdere quei piccoli grandi obiettivi raggiunti con tanto lavoro e dedizione –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per garantire, anche attraverso un chiarimento della norma, i percorsi di ippoterapia, consentendo l'apertura dei maneggi per fini terapeutici.
(3-01908)


   MARAIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   sono notevoli le inadeguatezze delle scelte operate nella riorganizzazione dei presidi ospedalieri nella provincia di Avellino;

   l'Asl, in data 19 ottobre 2020, ha comunicato che, su disposizione dell'unità di crisi regionale, sono sospese le attività ambulatoriali e i ricoveri programmati presso i presidi ospedalieri di Ariano Irpino e Sant'Angelo dei Lombardi, fatti salvi i ricoveri con carattere di urgenza «non differibili» e quelli per pazienti oncologici, medici e chirurgici. Resta, invece, garantita l'attività ambulatoriale nei distretti sanitari dell'Asl di Avellino;

   inoltre, in data 15 ottobre 2020, l'unità di crisi regionale ha disposto, nei presidi ospedalieri dell'Asl di Avellino, l'attivazione di n. 58 posti letto Covid così suddivisi: 13 posti per la terapia intensiva, 15 posti per la sub-intensiva, 30 posti per la degenza;

   presso il presidio ospedaliero Frangipane, dal 19 ottobre 2020 sono attivi 7 posti di terapia intensiva, mentre dal 1° novembre 2020 è aperta la nuova Area Covid, con ulteriori 7 posti di terapia intensiva, n. 10 posti di sub intensiva e n. 16 di medicina Covid (degenza). L'azienda sanitaria locale, inoltre, ha dichiarato di aver avviato presso il presidio ospedaliero di Ariano Irpino la riconversione del reparto di medicina interna per n. 12 posti letto. Riconversione che espone personale sanitario e pazienti ad ulteriore rischio di contagio, data la vicinanza al reparto di lungodegenza. Si consideri anche che buona parte del personale sanitario verrebbe impiegato, a quanto consta all'interrogante, sia nei rimanenti reparti già operativi, sia nell'Area Covid;

   dei totali 58 posti letto Covid previsti nei presidi ospedalieri dell'Asl, di Avellino per l'emergenza, ben 40 posti sono stati riservati ad Ariano, sommando i 7 di terapia intensiva già attivi, i 7 di terapia intensiva operativi dal 1° novembre 2020, i 10 posti di sub intensiva e i 16 di medicina Covid;

   è in atto un vero e proprio smantellamento di fatto dell'ospedale Dea di I Livello Frangipane, determinando prestazioni ben al di sotto dei livelli essenziali di assistenza in ambito ospedaliero, oltre che in contrasto con il decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70, il quale stabilisce che i presidi ospedalieri di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti, sono strutture sede di dipartimento di emergenza accettazione (Dea) di I livello, dotate delle seguenti specialità: medicina interna, chirurgia generale, anestesia e rianimazione, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia (se prevista per numero di parti/anno), pediatria, cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica (U.t.i.c.), neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Buona parte di tali specialità sono, ad oggi, inattive presso il presidio ospedaliero Frangipane;

   tutto ciò espone il personale sanitario, i pazienti e tutta la cittadinanza di Ariano Irpino e di un vasto circondario non soltanto al rischio di non poter fronteggiare adeguatamente una eventuale seconda ondata di contagi da Covid-19 nel periodo autunnale e invernale, ma anche all'impossibilità di fruire delle ordinarie prestazioni sanitarie-ospedaliere;

   gli articoli 117 e 120 della Costituzione attribuiscono alla Stato la potestà di garantire i livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, anche sostituendosi alle autorità territoriali per assicurarli –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza e alla luce dell'articolo 120 della Costituzione, intenda adottare per assicurare il rispetto dei Lea nell'area di Avellino e in generale in Campania, considerata anche l'esigenza di mantenere e valorizzare tutte le potenzialità dell'ospedale Frangipane, in linea con lo status di Dea di I livello, e comunque in considerazione della fase emergenziale in atto;

   se intenda adottare iniziative di competenza per valutare, insieme alle locali autorità amministrative e sanitarie, la proposta di utilizzare la struttura del centro fieristico in località «Casone» ad Ariano Irpino (Avellino), al fine di allestirvi un ospedale Covid al servizio di Ariano Irpino e dell'intera provincia di Avellino;

   se intenda valutare, in collaborazione con la stessa regione e coinvolgendo la prefettura ed il Dipartimento di Protezione civile, l'adozione di iniziative per l'organizzazione di una rete di assistenza extra- ospedaliera per il trattamento dei casi asintomatici e pauci-sintomatici.
(3-01910)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di stampa, con ampi e dovuti echi anche a livello nazionale, la protesta attuata l'8 novembre 2020 dai commercianti operanti nel territorio di Castelvetro Piacentino, a parere dell'interrogante straordinariamente vessati dalla interdizione della mobilità tra la regione Emilia-Romagna e la regione Lombardia;

   i commercianti di ogni categoria e genere, che in Castelvetro hanno la propria attività, realizzano, infatti, gran parte del loro fatturato grazie a chi viaggia e lavora a ridosso delle due regioni che, come è noto, sono separate unicamente dal ponte sul fiume Po;

   la detta protesta, svoltasi in maniera pacata e civile e con la adesione tanto delle locali associazioni di categoria quanto delle locali istituzioni, si è concentrata sul crollo dei fatturati dovuto alla limitazione degli spostamenti, senza in alcun modo negare la gravità della situazione epidemiologica dettata dalla diffusione del Covid-19, rivendicando la necessità di aiuti concreti e tempestivi per quei territori di confine pesantemente colpiti dalle misure restrittive;

   le predette attività, infatti, rischiano di essere doppiamente colpite in forza del fatto che, stante la classificazione della regione Emilia-Romagna quale «zona gialla», è loro concesso di rimanere aperte con la ragionevole probabilità di restare escluse dai provvedimenti di sostegno emanati dal Governo, trovandosi tuttavia nella oggettiva impossibilità di produrre reddito e fatturato a causa del blocco della mobilità interregionale –:

   se il Governo sia al corrente della situazione sopra evidenziata e, in caso di risposta affermativa, quali siano gli orientamenti in merito;

   se, nella predisposizione di ulteriori misure di sostegno alle imprese ed al reddito, con particolare riferimento a coloro i quali si trovano nell'oggettiva impossibilità di svolgere la propria attività lavorativa e di impresa, il Governo intenda adottare iniziative volte a prevedere specifiche misure per quei territori, quale quello di Castelvetro Piacentino, che si trovano nella sopra evidenziata condizione, oltremodo penalizzante.
(5-05012)


   MARAIA e DEL SESTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la lettera g-bis del comma 1156 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha disposto che, dall'esercizio finanziario 2008, fosse previsto lo stanziamento di un ulteriore contributo di 50 milioni di euro annui per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (Lsu) e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell'Unione europea attraverso la stipula di un'apposita convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociale;

   il comma 495 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dispone che, al fine di semplificare le assunzioni, le amministrazioni pubbliche utilizzatrici dei Lsu, anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché mediante altre tipologie contrattuali, possono procedere all'assunzione a tempo indeterminato, anche in deroga, per il solo anno 2020, in qualità di lavoratori sovrannumerari, alla dotazione organica, al piano di fabbisogno del personale ed ai vincoli assunzionali;

   il comma 497 della suddetta legge, stabilisce che le amministrazioni interessate provvedono a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta de Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza unificata;

   con la nota del 12 ottobre 2020, l'ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, ha trasmesso alla Conferenza Unificata lo schema di decreto interministeriale recante il riparto delle risorse destinate ad incentivare le assunzioni per l'annualità 2020. Lo stesso ufficio, con la nota del 19 ottobre 2020, ha inviato i concerti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze. Infine, con la nota del 3 novembre 2020, il Dipartimento della funzione pubblica ha trasmesso una nuova versione del provvedimento in argomento;

   la Conferenza Unificata, con l'atto n. 139 approvato nella seduta del 5 novembre 2020, con il parere favorevole delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, dell'Anci e dell'Upi, ha sancito l'intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, recante il riparto delle risorse destinate ad incentivare le assunzioni, per l'annualità 2020 –:

   in quale fase si trovi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui in premessa e, a seguito della raggiunta intesa, quando questo verrà emanato così da poter procedere alla assunzioni dei lavoratori socialmente utili (Lsu), in particolare della regione Campania.
(5-05013)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   per il Consorzio di bonifica di Piacenza le elezioni risultano indette per i giorni 13 e 14 dicembre 2020: il voto potrà essere espresso solo recandosi di persona ai seggi elettorali dallo stesso predisposti, nonostante la legge regionale e le norme statutarie in materia prevedano di «favorire la partecipazione al voto dei consorziati anche attraverso l'utilizzazione di nuovi sistemi di voto, ivi compresi quelli di tipo telematico attraverso modalità certificate che assicurino la provenienza del voto, la segretezza e la non modificabilità dello stesso»;

   alla detta consultazione elettorale sono chiamate a partecipare in quei giorni decine di migliaia di consorziati;

   l'evolversi nella provincia di Piacenza della situazione epidemiologica, del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia, dell'incremento dei casi e dei decessi che ogni giorno si registrano è sotto gli occhi di tutti. D'altra parte, se la situazione non fosse di gravissimo allarme in provincia di Piacenza – dal diffondersi dell'epidemia si contano più di mille morti – non vi sarebbe stata ragione per cui, a valere solo per il territorio piacentino, il presidente della regione Emilia-Romagna avesse adottato un provvedimento di limitazione delle attività (decreto n. 208 del 30 ottobre 2020), ancora prima dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020;

   non solo, l'esponenziale diffondersi dell'epidemia in Emilia-Romagna ha indotto il presidente della stessa ad adottare – d'intesa con il Ministro della salute – misure molto più restrittive (decreto n. 216 del 12 novembre 2020) di quelle applicabili nelle aree di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 e, successivamente, il Ministro della salute – sentito il presidente della regione – ad adottare l'ordinanza del 13 novembre 2020 (in vigore dal 14 novembre 2020), in ragione della quale nel territorio della regione si applicano le ulteriori misure di contenimento del contagio di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 Novembre 2020; la regione Emilia-Romagna si colloca quindi oggi in uno «scenario di tipo 3» e con un livello di rischio «alto»;

   le nuove limitazioni previste dalla pre citata ordinanza ministeriale (in vigore fino al 3 dicembre 2020), con le limitazioni – ad esempio – degli spostamenti dei cittadini da comune a comune della stessa provincia, interferiscono pesantemente, quando non in modo preclusivo, sul corretto svolgimento del procedimento elettorale sia per quanto riguarda la sottoscrizione da parte dei consorziati delle liste elettorali, sia per quanto riguarda la correlata attività di proselitismo, sia infine per quanto riguarda il corretto – e in condizione di massima sicurezza sotto il profilo sanitario – esercizio del diritto di voto;

   è qui solo il caso di ricordare, che proprio in ragione della situazione epidemiologica che colpisce l'Italia, il Governo ha approvato il decreto-legge 7 novembre 2020, n. 148, con cui vengono rinviate addirittura le elezioni di secondo grado – con partecipazione limitata a poche centinaia di amministratori – per il rinnovo dei consigli provinciali. Non si vede dunque quali garanzie, più dello Stato, possa offrire in materia sanitaria il Consorzio di bonifica di Piacenza per consentire lo svolgimento della consultazione elettorale di cui sopra –:

   atteso anche quanto previsto dall'articolo 117, lettera q), della Costituzione, se il Presidente del Consiglio dei ministri, anche sentiti i Ministri interrogati, intenda disporre – attesa l'inerzia dei soggetti istituzionali deputati a farlo – il rinvio delle elezioni del consorzio di bonifica di Piacenza, previste per i giorni 13 e 14 dicembre 2020, assumendosi – diversamente – ogni responsabilità sulla possibile crescita esponenziale dell'epidemia, già oggi prevedibile, nelle settimane successive alla celebrazione delle stesse.
(5-05029)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRAGOMELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'applicazione per smartphone di «Immuni» è nata dalla collaborazione tra Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, le regioni e il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19;

   Immuni è stata sviluppata allo scopo di contribuire a contenere e contrastare la diffusione dell'epidemia di Covid-19. L'App, attraverso l'utilizzo della più moderna tecnologia, è in grado di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio contagio, anche se sono asintomatici;

   grazie all'uso della tecnologia Bluetooth Low Energy, ciò avviene senza raccogliere dati sull'identità o la posizione dell'utente, dal momento che non richiede, né è in grado di ottenere, alcun tipo di dato sensibile o elemento di geolocalizzazione;

   per mezzo della funzionalità di contact tracing, nel momento in cui un utente scopre di essere positivo al virus, Immuni consente di allertare, in maniera del tutto anonima, le persone con cui tale utente è stato a stretto contatto e che potrebbe quindi aver contagiato; questo è vero, però, solo nel caso in cui anch'essi abbiano installato l'applicazione Immuni sul proprio smartphone;

   venendo informati tempestivamente – potenzialmente ancor prima di sviluppare i sintomi del Covid-19 – gli utenti possono contattare le strutture sanitarie predisposte e, al contempo, evitare di contagiare altre persone, contribuendo fattivamente a ridurre la diffusione del Coronavirus;

   Immuni è stata resa disponibile in tutta Italia a partire dal 15 giugno 2020; dopo un debutto con 500 mila download nel primo giorno e due milioni in una settimana, ad oggi, il numero di download totale ammonta a 9.280.194, pari ad una media del 12,5 per cento della popolazione italiana tra i 14 e i 75 anni (dati del Ministro della salute, aggiornati al 22 ottobre 2020);

   affinché Immuni possa raggiungere il desiderato livello di efficacia, il Governo ha calcolato che il suo utilizzo debba essere esteso ad almeno il 60 per cento della popolazione italiana;

   a parere dell'interrogante, anche a causa della propaganda sovranista, che ha colpevolmente collegato l'utilizzo di Immuni ad una presunta mancanza di tutela della privacy, tale applicazione non ha raggiunto il livello di implementazione ottimale, soprattutto in considerazione dell'avvento della seconda ondata di Covid-19;

   a parere dell'interrogante, infine, la piattaforma su cui si basa l'applicazione Immuni – per sua stessa natura – può essere ulteriormente e vantaggiosamente sviluppata allo scopo di integrare ancora più servizi che possono ritenersi fondamentali nella gestione quotidiana dell'emergenza Covid da parte dei cittadini –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per garantire la più ampia possibilità di utilizzo e diffusione di Immuni, al fine di garantire la massima tracciabilità, nel più assoluto rispetto della privacy;

   se il Governo non ritenga utile sviluppate ulteriormente l'app Immuni, sempre nell'assoluto rispetto della privacy, dotandola di ulteriori funzionalità utili per i cittadini e per le istituzioni preposte al contenimento del contagio quali, ad esempio: strumenti per la semplificazione degli adempimenti digitali e per il superamento dell'autocertificazione cartacea; mappatura degli spostamenti per le necessità scolastiche e lavorative – aggiornabile in tempo reale nel momento in cui si verifichino episodi di contagio – finalizzata all'organizzazione in sicurezza dei mezzi per il trasporto locale; strumenti per la comunicazione diretta dei provvedimenti governativi in materia di lotta alla pandemia e per la divulgazione di informazioni puntuali e tempestive in merito a divieti e nuove regole adottate sui singoli territori.
(4-07506)


   MARCHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 il Governo sembra all'interrogante aver iniziato a giocare «una partita a Risiko con le regioni», con iniziative estemporanee, in proporzione all'aumento dei contagi, prive, sempre a giudizio dell'interrogante, di alcuna razionale tempistica e di qualunque piano strategico che consenta a cittadini, famiglie, lavoratori e imprese di organizzarsi, a dimostrazione della totale incapacità della maggioranza a guidare un'emergenza sanitaria di siffatta portata;

   peraltro, i presidenti delle regioni interessate dal provvedimento – e tutti i cittadini – hanno appreso con un post su Facebook del 13 novembre 2020 che il Ministro della salute avesse firmato un'ordinanza, in vigore dal 15 novembre 2020, che istituiva due nuove zone rosse (Campania e Toscana) e tre nuove arancioni (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche) senza poter avere, ancora nella mattinata di sabato 14 novembre 2020, il testo dell'ordinanza, con la conseguente impossibilità per le attività commerciali di organizzarsi con riguardo alle consegne programmate e alle giacenze di materiale deperibile;

   la decisione di inserire le Marche tra le regioni in zona arancione, in particolare, è arrivata senza alcuna interlocuzione preventiva con le istituzioni regionali ed è risultata incomprensibile, tra l'altro, in quanto basata su parametri riferiti all'ultima settimana di ottobre, quando, negli ultimi sette giorni, la curva dei contagi ha già subito un'inflessione in positivo;

   i tempi che il Governo ha scelto di utilizzare nella «partita a Risiko con le regioni» recano altri danni alle attività produttive, già compromesse da una crisi senza precedenti, in quanto i provvedimenti adottati nell'arco delle 48 ore, a ridosso del fine settimana, complicano ulteriormente la vita dei ristoratori, ad esempio, che avevano già accettato prenotazioni per la giornata di domenica, acquistando la merce che ora saranno costretti a buttare;

   questo continuo modo di procedere, che lede, secondo l'interrogante, ogni basilare principio costituzionale e che «azzera » dall'oggi al domani le attività di intere categorie produttive, va ben oltre la necessità di agire tempestivamente e con urgenza –:

   se il Governo ritenga di rendere noti i dati della cabina di regia istituita tra Ministero della salute-Istituto superiore di sanità e chiarire, nei canali istituzionali tradizionali, i parametri adottati a base delle decisioni di cui in premessa, per ragioni di trasparenza nei confronti di cittadini e presidenti delle regioni che, all'improvviso, hanno vista stravolta la loro vita e l'attività lavorativa.
(4-07515)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza in ragione della situazione pandemica che si affacciava;

   in data 27 gennaio 2020 il Presidente del Consiglio, intervistato dalla giornalista Lilli Gruber, dichiarava che l'Italia era «prontissima» a fronteggiare una eventuale pandemia;

   in data 16 febbraio 2020 l'Italia inviava 2 tonnellate di mascherine in Cina, ovvero al più grande produttore al mondo di mascherine, benché fosse chiaro che, se il principale produttore ed esportatore al mondo di mascherine si trovasse in difficoltà, forse era il caso di evitare di privarsi di scorte preziose (https://www.ilgiornale.it);

   in data 28 febbraio 2020 la Commissione europea comunicava che l'Italia aveva chiesto l'attivazione del Meccanismo europeo di protezione civile, in quanto erano già terminate, ad una settimana dalla scoperta del cosiddetto paziente 1, le scorte di mascherine criticando la condotta degli Stati europei che non avrebbero inviato mascherine all'Italia dopo aver compiuto i dovuti approvvigionamenti previsti nei rispettivi piani pandemici –:

   chi abbia deciso l'invio di mascherine in Cina;

   sulla base di quali presupposti sia stato deciso l'invio di mascherine in Cina;

   a quanto ammontasse il fabbisogno di mascherine in Italia alla data di attivazione del Meccanismo europeo di protezione civile;

   quante siano le mascherine, quantificate in 2 tonnellate, inviate in Cina;

   per quale motivo siano state inviate queste mascherine in Cina.
(4-07528)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   come noto l'Italia, come il resto del mondo, è stata investita nel 2020 da una pandemia globale derivante dal COVID-19;

   in particolare, nella prima fase della emergenza sono state colpite realtà come Bergamo, Brescia, Cremona, Piacenza riscontrando diffusamente una carenza di Dpi che hanno difatti portato l'Italia alla richiesta di attivazione del Meccanismo europeo di protezione civile;

   per sostenere la situazione di emergenza in cui l'Italia si trovava, benché il Governo italiano pochi giorni prima avesse donato 2 tonnellate di mascherine al principale produttore mondiale di mascherine ovvero la Cina, la Germania invia in Italia 300 respiratori e 10 tonnellate di materiale medico per i nostri medici ed i nostri malati;

   tuttavia, risulta che fosse disponibile in Italia e precisamente a Taranto un ospedale da campo della Nato stanziato in Puglia, ospedale che sarebbe stato evidentemente utile per fronteggiare la situazione in cui la nostra Nazione si trovava. Tuttavia, il Governo non ha ritenuto di richiederne l'impiego che è stato invece attivato dal Lussemburgo;

   a dare la notizia è stato proprio il Nato Support & Acquisition Agency, mentre il Premier lussemburghese Xavier Bettel ha dichiarato: «Abbiamo presentato una richiesta all'NSPA, che ci indicava che questo materiale era disponibile». Il campo, che sarebbe bastato chiedere, fu reso operativo in sole 24 ore –:

   per quale motivo non si sia ritenuto di richiedere l'attivazione dell'ospedale da campo che pur era presente in Italia e che sarebbe stato di evidente utilità nella situazione di emergenza in cui versava l'Italia;

   chi fosse competente all'attivazione della richiesta;

   se sia stata valutata qualche iniziativa nei confronti dei funzionari che avrebbero dovuto attivare tale richiesta.
(4-07529)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri . — Per sapere – premesso che:

   il dottor Domenico Arcuri è amministratore delegato di Invitalia;

   ai sensi dell'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020, il dottor Domenico Arcuri è stato nominato Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19;

   nel luglio 2020, con una disposizione inserita nel «Decreto Semplificazioni» al commissario straordinario Domenico Arcuri è stata affidata l'ulteriore competenza della riapertura delle scuole;

   in data 11 novembre 2020 al dottor Domenico Arcuri è stato affidato anche l'incarico di Commissario per la distribuzione dei vaccini;

   in questi giorni, il dottor Domenico Arcuri sta trattando anche il dossier Ilva e parrebbe delegato dal Governo alla definizione di un piano di acquisizione e di reindustrializzazione del sito;

   il commissario straordinario sarebbe «nel mirino» della Corte dei conti del Lazio, con la vicenda che riguarderebbe gli stipendi che avrebbe percepito in qualità di amministratore delegato di Invitalia;

   la notizia è stata confermata dallo stesso dottor Domenico Arcuri che così ha articolato le sue difese pubbliche: «Al momento non vi è alcuna indagine, ma solo l'invio di un avviso volto ad interrompere eventuali termini prescrizionali. I fatti riguardano il controllo della Corte dei conti relativo al 2015 e agli anni precedenti ma che è stato trasmesso ora»;

   stando a quanto risulta dalla stampa «Secondo la ricostruzione della Corte dei conti, da manager di Invitalia, Arcuri e gli altri membri del consiglio di amministrazione avrebbero per alcuni anni i percepito stipendi più alti di quelli stabiliti dalla legge che ne aveva disposto la riduzione – si legge sempre nell'articolo – la cifra non è stata restituita, il commissario ha ricevuto 1.467.200 euro in più rispetto ai limiti di legge» –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri abbia chiesto conto, nel corso dei diversi procedimenti di nomina e dei diversi incarichi affidati dal dottor Domenico Arcuri, di quanto sopra; se abbia tenuto conto della contestazione della Corte dei conti e quali garanzie abbia eventualmente ricevuto circa la regolarità degli stipendi percepiti dal dottor Domenico Arcuri;

   a quanto ammontino in particolare gli emolumenti del dottor Domenico Arcuri, comprensivi di rimborsi spese e costi della segreteria e di qualsivoglia somma a qualunque titolo percepita.
(4-07532)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il dottor Domenico Arcuri è amministratore delegato di Invitalia;

   ai sensi dell'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020, il dottor Domenico Arcuri è stato nominato Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19;

   nel luglio 2020, con una disposizione inserita nel «Decreto Semplificazioni» al commissario straordinario Domenico Arcuri è stata affidata l'ulteriore competenza della riapertura delle scuole;

   in data 11 novembre 2020 al dottor Domenico Arcuri è stato affidato anche l'incarico di Commissario per la distribuzione dei vaccini;

   in questi giorni il dottor Domenico Arcuri sta trattando anche il dossier Ilva e parrebbe delegato dal Governo alla definizione di un piano di acquisizione e di reindustrializzazione del sito –:

   quali siano i motivi che abbiano indotto a concentrare nelle mani del dottor Domenico Arcuri la serie di rilevanti incarichi di cui sopra e per quale motivo, per un dossier delicato come la trattativa con ArcelorMittal, non sia stata individuata una figura che possa garantire un impegno a tempo pieno.
(4-07533)


   FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha disposto per le zone «rosse» la chiusura, tra le altre, delle attività di estetisti e centri estetici;

   lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri consente invece l'apertura, anche nelle zone «rosse», ai parrucchieri, che parimenti svolgono un servizio per la cura della persona;

   da un'analisi comparata della normativa relativa alle due tipologie di attività, e precisamente comparando la legge 14 febbraio 1963, n. 161 (Disciplina dell'attività di barbiere, parrucchiere ed affini), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del marzo 1963) e la legge 4 gennaio 1990, n. 1 (Disciplina dell'attività di estetista), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1990, sono evidenti similitudini sia nelle dimensioni dell'attività, sia nella tipologia di clientela, sia nel rischio operativo relativo ai clienti in termini di sicurezza e salute;

   l'incongruenza tra l'apertura dei primi e la chiusura dei secondi è stata denunciata sulla stampa dal caso del centro estetico Tropical a Center di Cremona, che ha simbolicamente violato il lockdown, trovandosi nello stesso giorno tra la scelta di una chiusura, ad avviso dell'interrogante, ingiusta, e il rischio concreto di un ritiro della licenza;

   si ritiene possibile anche in zona «rossa» l'apertura in sicurezza di entrambe le tipologie di attività sopra ricordate –:

   quali siano state le motivazioni che hanno portato il Governo a scegliere di tenere aperti i parrucchieri e chiusi i centri estetici e se si intendano adottare iniziative per rivisitare la lista dei codici Ateco alla luce di eventuali incongruenze.
(4-07534)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'ordinamento giuridico italiano non esiste una fonte normativa di rango costituzionale o avente forza di legge ordinaria che consenta di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. L'articolo 78 della Costituzione prevede lo Stato di emergenza solo in caso di «stato di guerra». Da ultimo il decreto legislativo n. 1 del 2018 lo prevede invece essenzialmente in termini di catastrofi naturali o derivanti dall'attività dell'uomo;

   il giudice di pace di Frosinone ha annullato una multa per violazione del lockdown, ritenendo illegittimi sia la deliberazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 sia i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, le ordinanze statali e le ordinanze regionali e comunali che obbligano all'uso della mascherina e le disposizioni che impongono restrizioni della libertà personale;

   i divieti di spostamento non trovano motivazioni nello stato di emergenza adottato. L'articolo n. 16 della Costituzione fa riferimento a luoghi circoscritti e non prevede un obbligo di permanenza domiciliare;

   l'articolo n. 25 comma 1, del codice di protezione civile impone per lo stato di emergenza «il rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea»;

   l'uso della mascherina in luoghi pubblici si contrappone, ad avviso dell'interrogante, alla legge 152 del 1975, articolo 5, e al decreto-legge n. 144 del 2005. Intimare d'indossare le mascherine, secondo l'interrogante, significa esporsi a denuncia ai sensi degli articoli 414 CPP (Istigazione a delinquere), articolo 658 CPP (Procurato allarme), articolo 640 CPP (Truffa aggravata), articolo 608 CPP (Abuso di autorità), articolo 610 CPP (Violenza privata), e a violazione degli articoli 1, 2, 4, 10, 16, 32, 41, 54, 78 della Costituzione italiana, a violazione dei diritti umani (articolo 3 - Patto internazionale sui diritti civili e politici, 1966), nonché a violazione della Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (articolo 5 consenso libero e informato);

   secondo diversi studi scientifici l'uso prolungato di mascherine è rischioso per la salute. L'utilizzo prolungato provoca mal di testa, aumento dell'insufficienza respiratoria, ipercapnia e deossigenazione che possono portare a patologie gravi, come crollo delle difese immunitarie e situazioni favorevoli al tumore. Inoltre scherma la dispersione di saliva e muco, ma non impedisce la trasmissione del virus e, se non smaltita correttamente, contamina l'ambiente. In casi estremi, può verificarsi ritenzione di anidride carbonica (ipercapnia) con effetti collaterali. Sono già disponibili diverse indagini che affrontano questo problema medico;

   secondo la più grande meta-analisi e revisione sistematica esistente «i dati esistenti non rivelano una riduzione di eventi influenzali con l'uso della mascherina nella comunità». Le mascherine «di uso comune» (stoffa e varianti di carta/seta e altro), così come quelle chirurgiche, con filtro o senza, e le N95, sono inefficaci o poco efficaci nel proteggere dalla trasmissione di virus respiratori, influenzali e parainfluenzali. I loro risultati hanno indicato che la valutazione complessiva del rischio calcolato non è notevolmente migliorata neanche utilizzando maschere N95 più sofisticate;

   secondo i dati l'aumento dei casi di positivi da agosto 2020 ad oggi corrisponde a una bassa mortalità, mentre il numero di contagi giornalieri mostra correlazione con il numero di tamponi. La mortalità è correlata a età avanzate e ad altre patologie significative pre-esistenti –:

   se il Governo abbia intenzione di revocare lo stato di emergenza nazionale e far ritornare il Paese ad uno stato di normalità, sciogliendo immediatamente tutti gli organi costituiti dal 31 gennaio 2020 ed abrogando, mediante un'iniziativa d'urgenza, tutti gli atti normativi che sono stati emanati e approvati per fronteggiare l'emergenza.
(4-07537)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, proroga ai 31 gennaio 2021 i termini connessi allo stato d'emergenza su tutto il territorio nazionale e l'articolo 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 detta «misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale» applicate anche nel territorio dell'Emilia-Romagna;

   il presidente della detta regione, con ordinanza n. 213 del 5 novembre 2020, revoca il suo precedente decreto n. 208 del 30 ottobre 2020 «preso atto che, a fronte dell'emanazione del D.P.C.M. 3 novembre 2020, la chiusura dei centri commerciali nelle giornate festive e prefestive è stata estesa a tutto il territorio nazionale»;

   pur essendo vigenti in Emilia-Romagna le misure di cui all'articolo 1 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della stessa, ritenendole insufficienti, emana il 12 novembre 2020 – «d'intesa con il Ministro della salute» – l'ordinanza n. 216 (in vigore dal 14 novembre 2020 al 3 dicembre 2020) «...per limitare il diffondersi del contagio del virus al fine di garantire la piena operatività delle strutture sanitarie della regione»;

   l'articolo 1, comma 16, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, come modificato dall'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, così recita «...In relazione all'andamento della situazione epidemiologica sul territorio, (...) nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, la Regione, informando contestualmente il Ministro della salute, può introdurre misure derogatorie, restrittive rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo articolo 2, ovvero, nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e d'intesa con il Ministro della salute, anche ampliative». L'intervento della regione si ha dunque «...nelle more dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri...» e non oltre, quindi, il 3 novembre 2020, data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   il 13 novembre 2020 il Ministro della salute emana, sentito il presidente della regione Emilia-Romagna, un'ordinanza, in vigore dal 14 novembre 2020, che estende a tutto il territorio regionale le ulteriori misure di contenimento del contagio previste dall'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020. La regione Emilia-Romagna si colloca, quindi, in uno «scenario di tipo 3» e con un livello di rischio «alto»;

   la coesistenza delle due ordinanze – in vigore una a distanza di 24 ore dall'altra – è tuttora foriera di molteplici problemi interpretativi, anche per i «buchi» applicativi che entrambe determinano, oltre che per la contraddittorietà dei provvedimenti emanati con l'assenso, quando non a cura, del Ministro della salute. Al riguardo, ancorché riferite ad ordinanze di altri presidenti di regione, si richiamano le decisioni di cui al decreto del 6 novembre del 2020 del presidente della sezione terza del Tar della Puglia e al decreto del 10 novembre 2020 del presidente della terza sezione del Consiglio di Stato –:

   alla luce dei fatti su esposti, al fine anche di evitare contenziosi in sede amministrativa (quanto alla legittimità degli atti emanati) e civile (quanto all'eventuale risarcimento per i danni arrecati), se ritengano assumere opportune iniziative, per quanto di competenza e in un quadro di maggiore e più efficace coordinamento, volte ad evitare l'adozione di atti amministrativi spesso contraddittori per quanto riguarda le misure di contenimento del contagio previste e che, sovente, inducono in errore i destinatari delle stesse, in alcuni casi colpiti da un'ingiusta attività sanzionatoria.
(4-07538)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   un articolo dell'agenzia di stampa «Dire» ha riferito dell'intenzione della Presidenza del Consiglio di procedere alla ristrutturazione della sala stampa del palazzo, secondo «un progetto presentato dal portavoce Rocco Casalino, ed esaminato dal premier Giuseppe Conte», che «prevede una drastica semplificazione della location delle conferenze stampa del Governo, e delle postazioni in cui lavorano i giornalisti che seguono i lavori dalla sede del Governo», oltre al cambiamento dello «sfondo che fa da cornice simbolica alle dichiarazioni del Governo»;

   lo stesso articolo ha riferito che «il premier Giuseppe Conte ha approvato il progetto, che ha apprezzato a partire dalla sua idea ispiratrice, quella di una “casa di vetro”. Dal premier è venuta tuttavia una forte raccomandazione: “Non spendere troppo. Anzi, spendere il meno possibile”». I virgolettati del Presidente del Consiglio hanno confermato l'esistenza di un progetto di restyling con finalità principalmente estetiche, visto che il presidente del Consiglio raccomanda di «non spendere troppo»;

   a seguito delle proteste dell'interrogante per l'inopportunità di procedere a costosi lavori di ristrutturazione in un momento critico per tanti italiani, come quello della pandemia, che non soltanto mette a rischio la vita delle persone, ma crea anche grandissime difficoltà economiche e vede famiglie, lavoratori e imprenditori che non riescono ad arrivare alla fine del mese, la Presidenza del Consiglio ha diffuso una nota ufficiale, trasmessa a tutte le agenzie di stampa, nella quale tra l'altro è scritto: «In merito ai lavori programmati nella Sala stampa di Palazzo Chigi, la Presidenza del Consiglio dei ministri chiarisce che si tratta di opere obbligatorie per l'adeguamento alle vigenti normative antincendio e in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tali opere si rendono inoltre necessarie e urgenti a causa delle attuali condizioni degli impianti di aerazione, elettrici, idraulici e dei servizi igienici»;

   la nota ufficiale di Palazzo Chigi, nel momento in cui rende pubblica la necessità di lavori «per l'adeguamento alle vigenti normative antincendio e in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», ad avviso dell'interrogante sostanzialmente dichiara che attualmente la sala stampa del palazzo, dove ogni giorno transitano e lavorano decine di giornalisti e dipendenti della Presidenza del Consiglio, non rispetterebbe le normative di sicurezza, con conseguenti gravissimi rischi per chi la frequenta;

   a quanto risulta da chi frequenta la sala stampa, l'attuale assetto della struttura risale a diversi anni fa, non risultano essere intervenute modifiche di recente, né si ha notizia di cambi di normative in materia di antincendio e tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro –:

   se risponda al vero che la sala stampa di Palazzo Chigi non rispetti le vigenti normative antincendio e in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e perché non sia stata immediatamente chiusa al pubblico e ai lavoratori, nel momento in cui sia stato verificato il mancato rispetto delle norme, e perché ancora oggi la sala risulti aperta e accessibile;

   se sia stato individuato il responsabile della mancata vigilanza sul rispetto delle norme e quali provvedimenti siano stati eventualmente adottati;

   a quanto ammonti il preventivo di spesa per i lavori di ristrutturazione previsti e se risponda al vero che siano previsti anche cambiamenti di carattere estetico, come il cambio dello «sfondo che fa da cornice simbolica alle dichiarazioni del Governo».
(4-07540)


   TUZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le residenze per anziani sono state tra i principali focolai di Covid-19 durante la prima ondata della pandemia e gli effetti delle scelte superficiali di alcune autorità locali, comminata ad una scarsa conoscenza del virus hanno provocato conseguenze negative in molti regioni d'Italia, a cominciare dalla Lombardia;

   sin dall'inizio della pandemia è emerso che, su circa 4.500 casi notificati, tra il 1° e il 23 aprile 2020, il 44,1 per cento delle infezioni si era verificato in una Rsa;

   nonostante l'esperienza precedente, nel pieno della seconda ondata, e con le Rsa sorvegliate speciali in tutto il Paese, il presidente Fontana e l'assessore Gallera hanno deciso di ospitare «il paziente risultato COVID positivo che non necessita o non necessita più di un ricovero in un reparto per acuti ma richiede controllo clinico e/o follow-up stretto anche mediante eventuali esami strumentali, e/o richiede terapie definite di media complessità, ovvero terapie di tipo non interventistico, o rianimatorio ma terapie mediche», nelle medesime strutture (Rsa);

   la decisione è stata assunta con delibera XI/3681 del 15 ottobre 2020, che la regione Lombardia ha adottato per approntare modifiche alle delibere n. IX/1479/2011, e n. X/1185/2013 in ordine alle «cure sub-acute a favore di pazienti COVID positivi paucisintomatici» e alla «degenza di comunità di livello base per pazienti COVID asintomatici/paucisintomatici»;

   in sostanza si fa entrare, ancora una volta, il virus in un luogo che più degli altri va tutelato, visti i precedenti e le condizioni precarie di salute delle persone che ospita;

   la problematica appare di estrema rilevanza e delicatezza anche alla luce della drammatica esperienza già vissuta e impone un'attenzione particolare e un efficace coordinamento sul piano nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda portare avanti per garantire ai pazienti delle Rsa la dovuta tutela ed evitare, così, un nuovo sacrificio in termini di vite umane.
(4-07542)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da COVID-19 ha determinato situazioni di disagio economico anche tra molti connazionali residenti all'estero a causa della conseguente crisi economica diffusa in tutto il mondo;

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, comunemente denominato «Cura Italia», ha introdotto misure per il potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero, autorizzando la spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2020, successivamente portati a 6 milioni di euro, per integrare le misure già in essere a favore dei connazionali in condizioni di indigenza;

   i consolati, consequenzialmente, disporranno di risorse economiche aggiuntive per l'assistenza diretta ai connazionali, ma, affinché siano effettivamente utilizzate, tali risorse necessitano di una specifica richiesta da parte dell'interessato –:

   di quali strumenti si sia avvalso il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale per comunicare adeguatamente la notizia degli aiuti economici in favore delle comunità all'estero, ai fini di una tempestiva richiesta da parte dei connazionali indigenti, e quali siano i dati aggiornati circa le modalità e la quantità di spesa fino ad oggi compiutamente effettuata, con particolare riferimento ai connazionali in difficoltà nella ripartizione Nord e Centro America.
(5-05010)


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha annunciato che a partire dal 9 novembre 2020, ha esaurito i contanti per mantenere attivi i servizi essenziali ai 5,7 milioni di rifugiati palestinesi che assiste in tutto il Medio Oriente;

   l'agenzia necessita di 50 milioni di dollari al mese per coprire gli stipendi del personale che prestano servizi ai rifugiati e alle persone bisognose, e ora richiede 30 milioni di dollari nelle prossime due settimane per assicurarsi di poter continuare a pagare gli stipendi del personale, altrimenti dovrà pagare salari parziali e differire il resto finché non avrà avuto fondi sufficienti;

   l'Unrwa è finanziata quasi interamente da contributi volontari e il sostegno attuale è stato superato dalla crescita dei bisogni. Di conseguenza, il budget del programma Unrwa opera con un notevole deficit;

   l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha rinnovato a larghissima maggioranza, fino al 30 giugno 2023, il mandato dell'Unrwa respingendo le pressioni di Usa e Israele che chiedevano di interrompere l'assistenza ai profughi palestinesi. Donald Trump, nel 2018, ha di fatto tagliato le donazioni annuali statunitensi (360 milioni di dollari) all'agenzia, così come Belgio, Paesi Bassi e Svizzera;

   l'Italia, invece, nel luglio 2020, ha firmato, attraverso l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), un accordo con Unrwa da 1,5 milioni di euro a sostegno del programma sanitario dell'Agenzia in Giordania;

   la pandemia COVID-19 ha gravemente colpito le attività di Unrwa: il numero di rifugiati che hanno contratto il virus è passato da meno di 200 a luglio a quasi 17.000 a partire da novembre;

   l'Unrwa, oltre a fornire assistenza ad una popolazione colpita dalla crisi prolungata e da un complesso sfollamento, gestendo centri sanitari e scuole per oltre 500.000 bambini, svolge anche un ruolo importantissimo nella stabilizzazione della regione e impiega nei propri progetti figure professionali reclutate localmente –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, in tutti i consessi bilaterali e multilaterali, affinché le attività dell'Agenzia vengano adeguatamente sostenute.
(5-05015)


   GRANDE e MENGA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   attualmente l'adozione di minori in Bielorussia, da parte delle famiglie italiane, è regolata dal protocollo di collaborazione stipulato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica della Bielorussia nel 30 novembre 2017;

   il Regolamento per le adozioni stabilisce, all'articolo 5, che sono ammessi all'adozione internazionale in Bielorussia solo gli aspiranti genitori adottivi residenti nei Paesi con cui le autorità bielorusse hanno adottato protocolli o convenzioni sulla procedura di adozione internazionale, in conformità alle direttive sul coordinamento delle procedure di adozione internazionale e l'interazione con le organizzazioni competenti nel quadro della procedura approvata dal Consiglio dei ministri della Repubblica di Bielorussia con l'atto del 21 settembre 2004 n. 1173. Ad oggi l'unico Paese che ha concordato sulle procedure di adozione con la Bielorussia è l'Italia;

   ogni anno, entro il mese di agosto, viene formata dagli enti accreditati presso la Cai un elenco di famiglie che chiedono l'adozione dei minori: ad ogni coppia è abbinato un minore. L'elenco viene poi trasmesso al Can della Bielorussia che provvede ad accertare lo status giuridico del minore. Ad oggi, sono consentite solamente le adozioni di bambini in istituto, mentre per i bambini in casa famiglia gli organi bielorussi ritengono che non possano essere presi in considerazione ai fini dell'adozione. Inoltre, molte famiglie italiane, da anni, accolgono i minori bielorussi in base a progetti di risanamento terapeutico ed i minori vengono ospitati per circa quattro mesi l'anno. Questi soggiorni, a causa della pandemia da COVID-19, non stati portati avanti nel 2020 –:

   quali iniziative intenda mettere in campo il Governo per quelle famiglie e quei bambini che hanno maturato una legittima aspettativa di adozione, spesso maturata durante i soggiorni terapeutici invernali ed estivi, ma che sono stati fermati nella propria pratica dallo spostamento del minore in casa famiglia;

   se il Governo non intenda, in questo specifico momento storico, rafforzare il canale della cooperazione internazionale per continuare a tutelare il bene primario dei minori.
(5-05030)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OCCHIONERO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il lago di Occhito è un grande invaso artificiale, fra i maggiori d'Europa, realizzato con uno sbarramento sul fiume Fortore;

   l'invaso fornisce acqua del Molise alla Puglia, ha una lunghezza di circa 12 chilometri e appartiene per metà alla provincia di Campobasso e per metà alla provincia di Foggia. I comuni che si affacciano sul lago sono Sant'Elia a Pianisi, Macchia Valfortore, Pietracatella, Gambatesa e Tufara per la provincia di Campobasso; Carlantino, Celenza Valfortore e San Marco la Catola per la provincia di Foggia;

   l'infrastruttura in questione sta attraversando in questo periodo delle gravissime criticità, che stanno mettendo a serio repentaglio l'approvvigionamento idrico delle zone circostanti, e del Basso Molise in modo particolare;

   dalle ultime rilevazioni effettuate il 6 novembre 2020 dal Consorzio per la bonifica della Capitanata, risulta ridotta la disponibilità dell'acqua a 39.546.780 metri cubi, al di sotto della soglia critica del cosiddetto «volume morto» (stimato in 40.000.000 di metri cubi), che rappresenta la quantità necessaria a soddisfare il fabbisogno idrico della zona;

   lo scorso anno la disponibilità di metri cubi era pari a 100.084.000, e la situazione allarmante era stata già denunciata sin dalla fine di ottobre, con ampio risalto sugli organi d'informazione e stampa locali e nazionali documentata da un corposo materiale fotografico, reperibile anche in rete;

   la riduzione della disponibilità d'acqua secondo le indagini in corso, deriva sia da fattori contingenti, legati alle scarse piogge, sia da fattori di più lungo periodo, a cominciare dalla sedimentazione di detriti sul fondo, che richiede interventi di manutenzione;

   si pone la necessità di chiarimento anche relativamente alla governance dell'infrastruttura, ripartita fra la regione Puglia e la regione Molise, e all'asimmetrica distribuzione delle risorse che comporta una situazione più svantaggiosa per il Basso Molise;

   si sono prodotti gravi danni rispetto agli usi civili, agricoli e industriali dell'area e più gravi saranno quelli che si produrranno, qualora non venissero adottate misure urgenti e adeguate, con il rischio di generare un disastro ambientale –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per promuovere, anche per il termine del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica sulle cause della situazione di emergenza idrica dell'invaso di Occhito e per contrastarne gli effetti.
(5-05031)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   le Isole Eolie dal 2000 fanno parte dei siti Patrimonio mondiale dell'Unesco nella categoria dei beni ambientali da tutelare, sia per le caratteristiche paesaggistiche e naturalistiche, sia per i caratteri peculiari della diversità biologica presente;

   sono poi numerose le aree del territorio eoliano inserite nella rete europea di Aree protette Natura 2000 e in tutto l'arcipelago, già istituite Riserve naturali regionali da parte della regione Siciliana per la tutela dell'ingente patrimonio naturalistico. E l'isola di Lipari risulta assoggettata ad un regime vincolistico scaturente dal vincolo idrogeologico ai sensi del Regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267;

   tutto il territorio dell'arcipelago è poi esposto a rilevanti fenomeni di erosione e anche la spiaggia di Canneto nel Comune di Lipari, in provincia di Messina, non ne è immune. Si tratta di un tratto di costa non solo di rilevanza naturalistica e ambientale ma anche economica, costituendo essa un eccellente polo attrattivo per il turismo eoliano;

   proprio allo scopo di contrastare i fenomeni erosivi, il litorale di Canneto è stato oggetto di interventi di protezione costiera dopo la violenta mareggiata del 1981, con la messa in opera di scogliere sommerse parallele alla riva, costituite da tetrapodi in calcestruzzo, oggi in parte sprofondati e necessitanti di ulteriore intervento, pena il rischio di ingenti danni al litorale stesso, alla strada costiera e alle case private su essa insistenti;

   dopo un iter lungo un decennio sono attualmente in atto lavori che prevedono un ampliamento del lungomare e della carreggiata stradale con avanzamento dell'attuale muro di protezione dell'abitato di circa tre metri e contestuale riduzione dell'ampiezza della spiaggia, il tutto in una situazione di accertata grave erosione delle coste e senza aver preventivamente effettuato alcun lavoro di messa in sicurezza costiera;

   le preoccupazioni manifestate dal comitato regionale per la Sicilia dell'Unione Consumatori, residenti e liberi cittadini trovano il proprio fondamento nello stesso studio di prefattibilità del progetto, ove espressamente viene più volte ripetuto che la realizzazione delle opere potrebbe innescare dei seri fenomeni erosivi della spiaggia nel caso in cui non vengano preventivamente effettuati dei ripascimenti e le opere di sicurezza a mare. Nuove opere di ripascimento e di messa in sicurezza non risulta siano state eseguite e non si ha contezza dell'eventuale stato di progettazione e della copertura finanziaria delle stesse;

   la realizzazione di tali interventi, in mancanza di un'accurata tutela del patrimonio naturalistico, rischia di compromettere lo stesso riconoscimento dell'Unesco quale bene ambientale di primario valore;

   non risulta infine previsto alcun intervento di sospensione dei lavori con sistemazione e fruibilità della spiaggia per la stagione balneare del prossimo anno utile al rilancio dell'isola dopo la pandemia Covid-19 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e li ritengano conformi alle norme nazionali di tutela delle coste;

   se non si ritenga di adottare iniziative volte a sottoporre ad esame della Commissione Unesco i suddetti interventi o per verificare se la stessa abbia esitato il proprio parere sui lavori;

   se i Ministri interrogati, in considerazione del fatto che tale intervento comporta un rischio di accentuazione dei fenomeni erosivi e conseguentemente della sicurezza del tratto costiero sul quale è localizzata la frazione di Canneto nel comune di Lipari, non intendano attivare, per quanto di competenza, ogni iniziativa utile alla salvaguardia di beni e persone in quell'area, nonché verificare il cronoprogramma dei lavori che, per quanto esposto in premessa, vorrebbe per logica, prima l'opera di messa in sicurezza e ripascimento del litorale e poi i lavori di allargamento della carreggiata stradale.
(4-07535)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRARI, FANTUZ, TOCCALINI, BONIARDI, PICCOLO, PRETTO, ZICCHIERI e CASTIELLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   rispondendo per iscritto all'interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03583, con testo pubblicato nell'allegato al bollettino in Commissione IV il 13 febbraio 2020, il Ministro della difesa rendeva nota «l'intenzione di supportare la creazione della missione EMASOH» da schierare nelle acque del Golfo Persico, anche «al fine di salvaguardare fondamentali interessi per il paese»;

   nella medesima circostanza, veniva altresì ricordato come il nostro Paese avesse sottoscritto il 20 gennaio 2020 un Joint Statement proprio con l'obiettivo di concorrere all'avvio della missione «European-led Maritime Awareness Strait of Hormuz» (EMASOH);

   il Ministro della difesa aveva anche sottolineato come la partecipazione ad EMASOH avrebbe testimoniato la volontà del nostro Paese di continuare a costituire un punto di riferimento per gli Stati del Golfo, a garanzia del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale;

   ad avviso del Ministro della difesa, inoltre, la partecipazione italiana ad EMASOH avrebbe permesso di mantenere un'autonoma capacità nazionale di apprezzamento della situazione marittima locale, rilevando anche eventuali atti illegali e contribuendo comunque a consolidare la capacità d'intervento europeo nella regione del Golfo;

   a dispetto delle lodevoli ed ambiziose finalità enunciate in quella occasione, tuttavia, nella deliberazione del Governo concernente l'autorizzazione all'avvio di nuove missioni militari nell'anno 2020 non figurava alcun cenno alla nostra partecipazione alla missione EMASOH;

   il 25 febbraio 2020, con una cerimonia svoltasi nella sua base ad Abu Dhabi, la Francia ha dichiarato pienamente operativa la componente militare della missione di pattugliamento marittimo EMASOH –:

   quali siano le ragioni di carattere politico che hanno portato a non includere la partecipazione ad EMASOH nel novero dei nuovi interventi militari di cui autorizzare l'avvio nell'anno in corso.
(5-05016)

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORAMONTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il problema dell'esposizione all'uranio impoverito irrompe sulla scena internazionale nel 2000 ed è una vicenda ormai nota all'interno del nostro ordinamento che ha coinvolto i soldati impiegati nei territori balcanici all'interno dei quali 300 tonnellate di uranio furono depositate sotto forma di ordigni;

   prosegue senza sosta la richiesta di giustizia da parte delle vittime e dei loro familiari nei confronti delle istituzioni, le quali perdurano nella loro assenza e nel loro silenzio. Ad oggi, molte delle evidenze fin qui apportate si è tentato di negarle, in quanto ciò equivarrebbe ad ammettere che le decisioni adottate prima dei conflitti post-guerra mondiale siano state prese con superficialità, tali da viziare l'efficacia delle scelte di uno Stato democratico e mettere in discussione la sua tenuta;

   ad oggi, l'Osservatorio militare rileva ben oltre 7.500 malati e 383 deceduti, con riferimento ai quali sono 160 i procedimenti chiusi con condanna dell'amministrazione per il mancato riconoscimento della causa di servizio. Data l'evidenza numerica dei casi, non si comprende come ancora non sia possibile concedere anche a questi il prestigioso riconoscimento «ruolo d'onore» e di «vittima del dovere» con gli annessi risarcimenti in particolare per quanto riguarda tutte quelle vittime che la stessa Corte di cassazione riconosce come malate o uccise dall'uranio impoverito. Un riconoscimento, dunque, che continua a tardare. Diverso trattamento è invece quello che ha riguardato alte cariche interne all'apparato militare a cui il beneficio è stato concesso con più facilità, per i meriti riconosciuti sugli scenari di guerra non dissimili da quelli conseguiti dalle stesse vittime dei corpi più semplici –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei fatti esposti in premessa e non ritenga opportuno adottare iniziative urgenti per garantire un adeguato riconoscimento e, risarcimento a tutti quei volontari e sottufficiali che potrebbero sentirsi valutati e giudicati con un metro diverso da quello utilizzato per valutare l'operato e la condizione di altre alte cariche militari.
(4-07527)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FRAGOMELI, BURATTI, LACARRA, MURA, SANI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto decreto Rilancio, di cui al decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto, sulla base delle indicazioni proposte dal Gruppo PD in Commissione, importanti novità nelle procedure di erogazione dei contributi a fondo perduto agli operatori economici colpiti dalla crisi economica legata all'emergenza epidemiologica da Covid-19 che hanno semplificato la richiesta e accelerato l'erogazione – mediamente entro 10 giorni lavorativi dalla presentazione dell'istanza – di circa 6,12 miliardi di euro stanziati dal Governo;

   a seguito della ripresa dei contagi in autunno, il Governo ha emanato due ulteriori provvedimenti, tra fine ottobre e inizio novembre, per ristorare gli operatori delle attività economiche interessate, direttamente o indirettamente, dalle restrizioni disposte a tutela della salute;

   in particolare il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, cosiddetto decreto Ristori e il decreto-legge 9 novembre 2020, n. 149, cosiddetto decreto Ristori-bis, recanti ulteriori misure urgenti in materia di sostegno ai lavoratori e alle imprese, intervengono con uno stanziamento complessivo superiore a 3,5 miliardi di euro per l'erogazione di ulteriori contributi a fondo perduto;

   le imprese dei settori oggetto delle nuove restrizioni riceveranno i contributi a fondo perduto con la stessa procedura già utilizzata dall'Agenzia delle entrate per quelli disposti dal citato «decreto Rilancio» ed è prevista l'erogazione automatica sul conto corrente, entro il 15 novembre, per chi aveva già inoltrato domanda in precedenza mentre per gli altri è necessario che presentino, esclusivamente in via telematica, una istanza all'Agenzia con l'indicazione della sussistenza dei requisiti;

   l'importo del beneficio varierà dal 100 al 400 per cento di quanto previsto dal «decreto Rilancio», in funzione del settore di attività, aumentato di un ulteriore 50 per cento per gli operatori nelle zone «arancioni» e «rosse»; è prevista inoltre l'erogazione di contributi per le attività nei centri commerciali e per le industrie alimentari e l'istituzione di un fondo per nuovi contributi automatici nelle regioni che potrebbero venire interessate da future misure restrittive;

   l'Agenzia delle entrate, attraverso la piattaforma telematica di Sogei, avrebbe iniziato in tempi rapidi ad erogare le citate risorse, importanti per la liquidità e il sostentamento alle imprese –:

   quali siano i primi risultati dell'erogazione del contributo a fondo perduto, con particolare riferimento ai tempi medi di erogazione e al dettaglio dei beneficiari suddivisi per tipologia di attività e territorio provinciale (o regionale) di appartenenza.
(5-05001)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   PASTORINO e FASSINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con comunicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 4 maggio 2017, la società veicolo di operazioni di cartolarizzazione Rienza Spv srl ha comunicato l'avvenuta acquisizione, con la consulenza del Credito fondiario, di tutte le attività, pro soluto ed in blocco, inclusi gli Npl, della Ubi Banca, nonostante sia in attesa di iscrizione nell'elenco delle società veicolo tenuto dalla Banca d'Italia;

   secondo il quotidiano «La Verità» del 24 settembre 2020, alcune delle suddette attività sarebbero state acquisite da fondazioni anonime di diritto olandese;

   dalla visura della camera di commercio di Roma emerge che Rienza Spv srl ha un socio unico, suo proprietario, la Stichting Tuscany fondazione anonima olandese con sede legale ad Amsterdam;

   anche altre Spv che effettuano operazioni di cartolarizzazione con la consulenza del Credito fondiario risultano proprietà di anonimi olandesi;

   a parere degli interroganti, in base alla vigente normativa, la Consob avrebbe dovuto verificare: i requisiti dei soggetti impegnati nella cartolarizzazione effettuata da Rienza Spv srl con la consulenza del Credito fondiario; gli eventuali rapporti esistenti tra tali soggetti; i soci della Stichting Tuscany; l'origine dei capitali investiti per gli acquisti dei debiti Utp;

   sarebbe essenziale, inoltre, conoscere se il Credito fondiario abbia verificato per i debitori della Ubi Banca ceduti pro soluto e in blocco la possibilità, prevista dalla legge fallimentare, di rientro «in bonis», a quanto ammonti il valore residuo dei crediti Ubi ed a quale prezzo questi siano stati ceduti a Rienza Spv srl;

   riguardo poi all'intervento di società anonime estere in operazioni di cartolarizzazione occorrerebbe sapere se gli utili derivanti da queste ultime, vengano trasferiti all'estero o rimangano nel nostro Paese per venire regolarmente tassati;

   stanti le rilevanti dimensioni delle suddette cartolarizzazioni appare rischioso, a parere degli interroganti, autorizzare, in violazione di norme sulla trasparenza, il coinvolgimento di società di cui non si conoscano i proprietari che potrebbero essere implicati con interessi conflittuali rapportabili agli stessi investimenti ed ai debitori o, peggio, senza il previo controllo di legge che garantisca che i capitali investiti per l'acquisto dei debiti Utp delle banche e ceduti sotto forma di cartolarizzazioni a fondazioni estere non siano capitali provenienti da origini illecite e riutilizzati per questi acquisti con lo scopo di riciclaggio –:

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa le problematiche riportate in premessa.
(5-05002)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   SCHULLIAN e SANGREGORIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 77 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, prevede, al comma 1, l'estensione del credito d'imposta per i canoni di locazione di immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda (introdotto dall'articolo 28 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) e, al comma 2, la proroga della moratoria straordinaria sui finanziamenti per le piccole e medie imprese per la parte concernente il pagamento delle rate dei mutui in scadenza prima del 30 settembre 2020;

   il comma 3 del suddetto articolo 77 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, subordina l'efficacia «della presente disposizione» all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Tfue ed è sorta la questione se vada riferito solo al comma 2 o anche al comma 1;

   con il comunicato n. 218 del 29 settembre 2020 il Ministero dell'economia e delle finanze ha annunciato il via libera della Commissione europea alla proroga della moratoria sui finanziamenti per le piccole e medie imprese; la relativa comunicazione della Commissione, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, C 336 del 9 ottobre 2020, nulla prevede in relazione all'estensione del credito d'imposta di cui al comma 1 dell'articolo 77;

   infatti, sia l'articolo 28 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, (che aveva introdotto tale credito d'imposta) sia l'articolo 8 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (che lo aveva successivamente ulteriormente esteso) autorizzano la misura nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, e successive modifiche;

   da alcune risposte ad interpelli (per tutti n. 466 del 13 ottobre 2020) si evince che l'Agenzia delle entrate interpreta il comma 3 del predetto articolo 77 nel senso che «le modifiche apportate al citato credito d'imposta dal decreto-legge n. 104 del 2020 saranno efficaci solo a seguito dell'autorizzazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato»;

   tale interpretazione dell'Agenzia non sembra condivisibile, in quanto sarebbe, secondo gli interroganti, manifestamente illogico se l'estensione meno ampia (di cui al decreto-legge n. 104 del 2020) del credito d'imposta richiedesse un'autorizzazione ad hoc e quella più ampia (di cui al decreto-legge n. 137 del 2020) potesse intendersi compresa in un'autorizzazione già concessa –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per chiarire che l'estensione del suddetto credito d'imposta, disposta dal decreto-legge n. 104 del 2020, può intendersi autorizzata ai sensi della succitata comunicazione del 19 marzo 2020.
(5-05003)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   PORCHIETTO, MARTINO, CATTANEO, BARATTO, GIACOMETTO, BARELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge «Rilancio» ha spostato dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 la scadenza entro la quale i commercianti al minuto dovranno dotarsi di un apposito strumento in grado di memorizzare e trasmettere on line i dati dei corrispettivi giornalieri all'Agenzia delle entrate;

   alla data odierna gli unici strumenti disponibili sono il registratore telematico (Rt) e la web app dell'Agenzia delle entrate;

   ci sono centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che prima emettevano ricevute fiscali (non scontrini) tramite soluzioni software gestionali e quindi non sono dotate di Rt. Sarebbero circa 200.000 imprese obbligate all'emissione dei corrispettivi telematici dal 1° gennaio 2021 ancora sprovviste di Rt;

   il Governo, nel question time del 23 ottobre 2019 in Commissione finanze alla Camera, ha confermato che l'Agenzia delle entrate aveva già attivato tavoli con gli operatori del settore per individuare soluzioni software che «consentano, da un lato, di offrire più possibilità agli esercenti» e, dall'altro, di «garantire l'Amministrazione relativamente alla memorizzazione, sicurezza e inalterabilità dei dati con gli stessi livelli di garanzia offerti dai registratori telematici»;

   l'articolo 2, comma 6-quinquies, del decreto legislativo n. 127 del 2015 prevede la possibilità per l'operatore Iva di usufruire di un credito d'imposta complessivamente pari al 50 per cento della spesa sostenuta, per un massimo di euro 250 in caso di acquisto di Rt e di euro 50 in caso di adattamento del registratore già in possesso, ove possibile;

   il credito d'imposta copre solo una parte ridotta del costo di acquisto di un nuovo Rt, mentre, secondo gli operatori, coprirebbe buona parte del costo di acquisto e installazione di un software adattativo. Aspetto non indifferente per un settore come quello del commercio che sta risentendo in pieno della crisi indotta dall'epidemia di COVID-19 –:

   quali soluzioni, in relazione alle criticità esposte in premessa, siano state individuate alternative all'utilizzo obbligatorio del registratore telematico e se siano pienamente disponibili o lo saranno con un congruo anticipo rispetto al termine del 31 dicembre 2020 o, in alternativa, se non ritenga più opportuno adottare iniziative per prorogare ulteriormente i termini fissati dall'articolo 140 del decreto-legge n. 34 del 2020, in considerazione dell'emergenza in atto.
(5-05004)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   BIGNAMI e OSNATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Temporary Framework (Tf) è un provvedimento a validità temporanea, con scadenza al 30 giugno 2021, che prevede la possibilità per gli Stati membri dell'Unione europea, nell'ambito di un «quadro temporaneo», di concedere aiuti in deroga all'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), purché siano soddisfatte alcune determinate condizioni;

   la principale condizione posta dal piano temporaneo sulle erogazioni riguarda in particolare il cumulo delle agevolazioni, che deve rientrare nel limite degli 800 mila euro ad impresa. Oltre questo limite, infatti, vi è l'obbligo di dover restituire le quote eccedenti di aiuti già utilizzati;

   dal decreto «Cura Italia» al decreto «Rilancio», fino al decreto «Agosto», si è sempre interpretata tale condizione nel senso che il tetto di 800 mila euro valesse per ogni singola impresa;

   tuttavia, una circolare del Dipartimento delle politiche comunitarie del 18 giugno 2020, peraltro oggetto di lungo confronto tra Stato e regioni, afferma che la Commissione europea ha precisato che le verifiche del rispetto del tetto degli 800 mila euro, nel caso di cumulo di più aiuti, debbano essere effettuate non rispetto alla singola impresa ma alla singola «unità economica», vale a dire l'intero gruppo;

   tale circostanza si applicherebbe con riferimento agli aiuti della sezione 3.1 del Tf, che comprende anche crediti di imposta per la sanificazione, aiuti a fondo perduto, garanzie sui prestiti;

   peraltro, appare abbastanza allarmante il fatto che, all'interno del cosiddetto decreto Agosto, sia stata inserita la previsione, per le imprese non in regola con il cumulo degli 800 mila euro, di versare l'Irap entro il 30 novembre senza applicazione di sanzioni;

   la richiesta di restituzione delle somme in eccedenza, in questo momento di crisi economica, sarebbe l'ennesimo e forse definitivo colpo al cuore per imprese già in grandissima sofferenza –:

   se il Governo abbia avviato una interlocuzione con la Commissione europea al fine di impedire che alle singole imprese di cui in premessa, che abbiano superato il cumulo di 800 mila euro, venga richiesta la restituzione delle somme in eccedenza, considerato il grave momento storico e l'eccezionalità delle condizioni in cui le imprese si trovano ad operare.
(5-05005)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   RADUZZI e CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 9 del decreto ministeriale 10 maggio 2019, i componenti della Commissione tecnica del Fir (Fondo indennizzo risparmiatori) devono possedere i requisiti di competenza, indipendenza, onorabilità e probità durante l'intera durata dell'incarico e nell'ipotesi di carenza degli stessi, anche sopravvenuta, sono dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 4 luglio 2019. Alcune associazioni di risparmiatori segnalano l'opportunità di verificare i requisiti di alcuni membri della Commissione in relazione a pregressi incarichi assunti durante i lavori preparatori del Fondo indennizzo risparmiatori. Sarebbe quindi opportuno fare la giusta chiarezza;

   da fonti stampa si apprende che le pratiche di indennizzo completamente pronte e validate dalla segreteria tecnica Consap per l'ultimo livello di convalida, sono oltre 50 mila ed il numero aumenta giornalmente. La Commissione tecnica, invece, a quanto consta agli interroganti si riunisce poche volte al mese, e convalida, in ogni seduta, poche centinaia di domande. Il numero dei bonifici effettuati risulta basso. I lavori della Commissione dovranno terminare entro il 31 dicembre 2021; per questa ragione si intende sapere come possa concludere sia la procedura semplificata che ordinaria nei termini normativi. Sarebbe quindi opportuna una verifica dell'operato delle attività della Commissione e, soprattutto, una quantificazione dei tempi necessari per il completamento di tutta la procedura di indennizzo, sia semplificata che ordinaria;

   infine, si evidenzia che le domande di indennizzo semplificate sono oggetto di tre livelli di controllo da parte della segreteria tecnica della Consap. Il controllo pubblico della fondatezza delle istanze può quindi definirsi completo; la Commissione tecnica, infatti ha sempre convalidato tutte le pratiche correttamente pre-verificate dalla segreteria tecnica. Sarebbe quindi opportuno attribuire alla Commissione tecnica, per le sole domande di indennizzo semplificate (cosiddette forfettarie), un potere di controllo a campione, in modo tale da superare lo stallo generato da un quarto e superfluo livello di controllo –:

   se i fatti descritti in premessa siano noti al Ministro interrogato e quali iniziative di competenza intenda assumere per la verifica del potenziale conflitto di interessi e per risolvere la lentezza del quarto livello di controllo che interessa la Commissione tecnica.
(5-05006)
(Presentata il 16 novembre 2020)


   TARANTINO, BITONCI, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI e ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'avvio della cosiddetta fase due hanno potuto riaprire al pubblico la propria attività bar, ristoranti e gli altri esercizi commerciali per la somministrazione di cibo, trovandosi tuttavia spesso costretti, a causa delle norme per la sicurezza anti COVID a limitarsi alla vendita per asporto;

   la fase di lockdown ha danneggiato in maniera particolarmente grave il comparto della ristorazione e tutti gli altri esercizi commerciali che somministrano cibo, e ora è opportuno e urgente approntare ogni iniziativa utile a consentirne la ripresa economica;

   la scelta, per motivi di contenimento dei rischi di contagio da COVID-19, di chiudere nelle cosiddette zone arancione le attività di ristorazione alle ore 18,00 e proseguire solamente in modalità da asporto – addirittura con la chiusura totale nelle cosiddette zone rosse – ricade negativamente in termini di imposta sul valore aggiunto, sul consumatore e, quindi sui cittadini già sufficientemente tartassati;

   sussiste infatti una differenza di percentuali di Iva tra servizio al tavolo pari al 10 per cento e quella da asporto pari al 22 per cento –:

   se il Governo intenda adottare iniziative con riguardo alla criticità espressa in premessa, al fine di allineare l'aliquota da asporto a quella da tavolo, considerata l'obbligatorietà di quest'ultima modalità a causa della situazione emergenziale in corso.
(5-05007)
(Presentata il 16 novembre 2020)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, al comma 3, stabilisce che, in luogo dei canoni Omi e con effetto dal 1° gennaio 2007, alle concessioni relative alla realizzazione e alla gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, si applicano le misure dei canoni determinati secondo i valori tabellari previsti per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, di cui al comma 2 dello stesso articolo;

   tuttavia, al comma 4 si precisa che dal 1° gennaio 2021 l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità non può, in ogni caso, essere inferiore a 2.500 euro;

   in pratica, il mancato gettito dovuto alla nuova quantificazione dei canoni viene compensato dal nuovo gettito previsto dall'aumento della soglia minima. In tal modo, però, si determina, dall'oggi al domani, una vera e propria stangata per i titolari, circa 20.000 in tutta Italia, di concessioni per piccole aree demaniali, a terra o in mare, i quali pagavano un canone annuo di 362,90 euro e dovranno ora moltiplicare la cifra per sette;

   sebbene sia opportuno il superamento dei canoni Omi per determinate concessioni demaniali, risulta inaccettabile che questa riforma sia pagata dalla fascia più debole dei concessionari. Infatti, trattandosi di un aumento della soglia minima rappresenta perlopiù un colpo inferto alla piccola nautica da diporto e alle tradizioni marinare, producendo la rinuncia di molte concessioni divenute spese di rilievo in taluni casi insostenibili, specie se si pensa alle concessioni conservate per consuetudine e tramandate di generazione in generazione nonostante lo scarso utilizzo;

   infine, si rileva che sul territorio nazionale, caratterizzato da una elevata estensione costiera sono numerose le piccole realtà dove in mancanza di un porto vero e proprio si contano molte concessioni singole di superficie limitata; la norma che, come specificato, aumenta il canone minimo va a colpire anche queste realtà –:

   se, alla luce di quanto riportato in premessa e valutato l'impatto determinato sulla piccola nautica da diporto dalla disposizione prevista dal comma 4 dell'articolo 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 se intendano adottare iniziative per rivedere e calmierare il suddetto canone minimo, intervenendo per preservare i titolari di piccole concessioni, anche al fine di mantenere e custodire la tradizione marinara, fiore all'occhiello del nostro Paese che altrimenti potrebbe lentamente e definitivamente scomparire.
(5-05028)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha appreso dall'analisi del decreto-legge n. 129 del 2020 del 20 ottobre 2020 da notizie di stampa e da segnalazioni di parti interessate, che è stato sancito il differimento al 31 dicembre 2020 del termine «finale» dell'attività di riscossione tributi precedentemente fissato al 15 ottobre 2020 dal «Decreto Agosto»;

   con il citato decreto vengono prorogate le scadenze del versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento e viene inoltre disposta la sospensione fino al 31 dicembre 2020 delle attività di notifica di nuove cartelle, degli altri atti di riscossione, nonché degli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi, effettuati prima della data di entrata in vigore del cosiddetto decreto Rilancio (19 maggio 2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati;

   il suddetto decreto non include la proroga della scadenza della «rottamazione ter», che è attualmente fissata al 10 dicembre 2020, la quale comprende diverse rate con rispettive scadenze al 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre dell'anno in corso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e delle relative difficoltà economiche, ad essa connesse, per il tessuto sociale già gravato dall'emergenza sociale e sanitaria in corso;

   se intenda adottare iniziative per provvedere alla proroga della riscossione della suddetta «rottamazione ter» con i provvedimenti che il Governo sta predisponendo in materia.
(4-07523)


   MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta del 5 novembre 2020 il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha approvato la «Relazione sulla tutela degli asset strategici nazionali nei settori bancario e assicurativo», nella quale solleva diverse perplessità in merito all'operato del Ministero dell'economia e delle finanze, nella persona del Ministro Gualtieri, nell'ambito dell'operazione di cessione di Borsa Italiana in favore della cordata composta da Euronext, Cassa depositi e prestiti e Intesa Sanpaolo per 4,325 miliardi di euro;

   la Relazione ricorda come Borsa Italiana avesse ricevuto l'interesse non solo della francese Euronext, ma anche della svizzera Swiss Exchange e della tedesca Deutsche Börse, offerte entrambe scartate a beneficio della cordata italo-francese;

   inoltre, il Co.Pa.Si.R. segnala che «il Parlamento non è stato adeguatamente informato di tale rilevante operazione. Inoltre (...) non risultano evidenti le ragioni alla base della scelta verso la soluzione Euronext (sia pure con la partecipazione di Cdp e la presenza di Intesa Sanpaolo), rispetto alle altre offerte presentate»;

   nel corso della sua audizione innanzi al Comitato, il Ministro interrogato ha affermato che l'offerta di Swiss Exchange sarebbe stata accantonata perché era apparso inopportuno affidare il mercato azionario italiano a un soggetto esterno all'Unione europea, fatto che, tuttavia, come riporta la Relazione, «non ha condizionato la decisione della Spagna di cedere la propria Borsa proprio al gruppo Swiss Exchange, per le particolari competenze che esso può vantare nel settore»;

   la critica principale del Comitato si accentra sul mancato accoglimento della proposta avanzata dalla Deutsche Börse, «che a quanto risulta era la più economicamente vantaggiosa», posto che «non sono state chiarite le motivazioni che hanno determinato la scelta verso l'altra soluzione», mentre «la preferenza per il gruppo francese rispetto a quello tedesco di Deutsche Börse meriterebbe a sua volta una serie di motivazioni e argomentazioni che allo stato non si rinvengono»;

   per il Co.Pa.Si.R. «il destino di Borsa Italiana è stato – e continua a rappresentare – una partita di assoluto interesse per l'Italia, attesa la strategicità dei meccanismi che sovrintendono ai mercati azionari: un mercato definisce il listino e i meccanismi di quotazione, fissa le regole, le tariffe e stabilisce le procedure di accesso a forme di finanziamento alternative al canale bancario. In tal senso, l'infrastruttura finanziaria del mercato borsistico nazionale è un asset strategico per garantire lo sviluppo del tessuto industriale del Paese, essendo uno dei principali canali alternativi a quello bancario per il reperimento di risorse da parte delle imprese e rappresentando un trampolino di lancio per la proiezione internazionale delle aziende italiane»;

   nella Relazione il Comitato sottolinea «l'esigenza di assicurare un'azione di sistema volta a garantire il rientro in una sfera di controllo nazionale dell'infrastruttura finanziaria del mercato borsistico italiano», a fronte del fatto che «registra una crescente e pianificata presenza di operatori economici e finanziari di origine francese nel nostro tessuto economico, bancario, assicurativo e finanziario, nonché forti interrelazioni tra soggetti industriali ed economico-finanziari italiani e gli anzidetti operatori, e non può non far rilevare una possibile preoccupazione in merito alla circostanza che tale aspetto, in via ipotetica, possa anche determinare strategie, azioni e atteggiamenti non sempre in linea con le esigenze economiche nazionali» –:

   se sia informato di quanto esposto in premessa;

   quali siano i motivi che hanno determinato la scelta di Euronext e, di conseguenza, lo scarto di altre offerte, seppure economicamente più vantaggiose;

   in che modo il Governo intenda garantire la tutela dei nostri asset strategici in ambito finanziario, in particolar modo sottraendoli a indebite ed eccessive influenze straniere.
(4-07548)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 18 novembre 2016 è stato indetto dal Ministero della giustizia un concorso pubblico per 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2;

   la conclusione della procedura selettiva ha portato alla formazione di una graduatoria composta da 4.915 idonei;

   su 4.915 idonei totali, negli anni hanno preso servizio 4.078 candidati;

   rimangono quindi 838 idonei in attesa di chiamata, tutti in possesso di un notevole bagaglio di esperienze lavorative e professionali, molti dei quali laureati in discipline giuridico-economiche e abilitati all'esercizio della professione forense;

   la suddetta graduatoria è stata interamente autorizzata e finanziata, in quanto il piano triennale del fabbisogno di personale predisposto dal Ministero della giustizia del 13 giugno 2019 per gli anni 2019/21 e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019 sulle assunzioni nella pubblica amministrazione ne prevedono l'integrale scorrimento;

   il Ministero della giustizia ha preso l'impegno di esaurire la graduatoria entro ottobre 2020;

   le modalità di realizzazione di tale progetto assunzionale e di scorrimento della graduatoria rimangono però incerte, in quanto gli ultimi 838 idonei dovranno attendere i prossimi pensionamenti, nonostante la necessità di nuovo organico;

   occorre prendere in considerazione i gravi vuoti di organico registrati negli uffici giudiziari e i numerosi pensionamenti che stanno interessando l'amministrazione, in modo da permettere lo scorrimento totale della graduatoria in tempi brevi;

   alla luce della progressiva digitalizzazione della giustizia e della carenza di organico e personale amministrativo negli uffici giudiziari è necessario procedere alle nuove assunzioni;

   in assenza di nuove assunzioni di personale, si perderebbero notevoli risorse in grado di interagire con i sistemi digitali, modernizzare e velocizzare la macchina della giustizia;

   il profilo di assistente giudiziario è tra quelli con maggiore scopertura negli organici dell'amministrazione, ed è essenziale per il funzionamento degli uffici giudiziari e per l'assistenza ai magistrati sia nei tribunali che nelle procure;

   il Ministero della giustizia ha annunciato la predisposizione di un decreto ministeriale per la revisione della pianta organica degli assistenti giudiziari;

   è auspicabile che tale decreto contenga la previsione dell'assunzione in un unico blocco degli 838 idonei in attesa di chiamata;

   occorre altresì valorizzare l'impegno e le aspettative di centinaia di giovani idonei preparati, aggiornati e utilmente collocati nella graduatoria –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per permettere un celere scorrimento della graduatoria del concorso pubblico indetto il 18 novembre 2016 per il profilo professionale di assistente giudiziario, così da permettere la rapida assunzione in un unico blocco degli 838 idonei in attesa di chiamata e colmare il vuoto di organico di personale nelle amministrazioni.
(3-01900)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del concorso pubblico ad 800 posti per assistenti giudiziari indetto dal Ministero della giustizia nel novembre 2016 si è costituito spontaneamente un Comitato (Ciag) a sostegno dei circa 5 mila idonei di cui, grazie ai provvedimenti del precedente Governo, circa 2.800 hanno già preso servizio;

   l'ex Guardasigilli Orlando ha inviato richiesta formale al Dipartimento della funzione pubblica per l'assunzione di ulteriori 200 idonei – ad oggi ancora in attesa di autorizzazione – residuando, così, circa 1.860 giovani risorse da redistribuire in possesso di ragguardevoli titoli di studio in discipline giuridico-economiche e un notevole bagaglio di esperienze professionali;

   altri soggetti – tra cui il Ministero per i beni e le attività culturali, Agenzia delle dogane e Ministero dell'interno – hanno richiesto di poter attingere personale dalla graduatoria in questione, anche alla luce dei piani di ricognizione per il fabbisogno del personale dei singoli Ministeri;

   in più occasioni, il Ministro interrogato, il Sottosegretario Ferraresi, il Ministro Bongiorno hanno rilasciato «dichiarazioni-spot» esprimendo la volontà di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione allo scopo di risolvere il problema della carenza di personale nel comparto della giustizia, senza – però – passare, ad avviso dell'interrogante, dai pubblici proclami ai fatti;

   l'invito al Governo a procedere allo scorrimento integrale della graduatoria al fine di un migliore funzionamento della macchina amministrativa della giustizia è giunto dai vertici di Anm, Cnf e Csm e – secondo le stime del Ciag – la scelta di non procedere allo scorrimento della graduatoria non dipende da carenza di risorse economico-finanziarie, essendo in dotazione al Ministero oltre 72 milioni di euro da destinare al personale per il 2019 a fronte di un costo di 61 milioni di euro per 1.860 idonei residuanti in graduatoria;

   al pari di altre graduatorie ministeriali, anche la menzionata ha una validità triennale a partire dalla data di pubblicazione della stessa e si potrebbe evitare di giungere al termine del triennio, operando una proroga della validità della medesima, come già avvenuto nella legge di bilancio 2018 prevedendo la proroga per tutte le graduatorie della pubblica amministrazione –:

   quali siano, al netto degli annunci, le intenzioni del Governo in merito allo scorrimento integrale della graduatoria in riferimento alle tempistiche di convocazione delle duecento unità di cui in premessa, alla proroga della validità o all'utilizzo della graduatoria da parte di altri soggetti istituzionali e ai dati quantitativi su risorse – umane ed economiche – e turnover per l'anno 2019 da inserire in bilancio.
(4-07507)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 novembre 2017, come riportato anche nel sito istituzionale, il Consiglio di amministrazione di Anas ha approvato il progetto definitivo, nonché l'autorizzazione a redigere la progettazione esecutiva per la risoluzione dei nodi critici e l'eliminazione degli incroci a raso esistenti nella strada statale 131 «Carlo Felice», nelle province di Oristano, Nuoro e Sassari, tra il chilometro 108,300 e il chilometro 158,000;

   il progetto – relativo al secondo stralcio, dei tre previsti, per un valore di oltre 79 milioni di euro – è finalizzato all'incremento degli standard di sicurezza e percorribilità della parte centrale e settentrionale della principale arteria della Sardegna e dovrà essere affidato mediante l'utilizzo dello strumento dell'accordo quadro;

   le opere in questione sono state finanziate con decreto interministeriale (Mit/Mef) n. 498 del 14 novembre 2014 e confermate dalla delibera del Cipe n. 108 del 23 dicembre 2015, nell'ambito di un più ampio intervento di adeguamento della medesima arteria, relativo al tratto compreso tra il chilometro 108,300 e il chilometro 209,500; in particolare saranno interessati dai citati lavori gli svincoli di: Santa Cristina (chilometro 114,500), Paulilatino Sud (chilometro 119,000), Nuoro DCN (chilometro 123,500), Abbasanta (chilometro 125,500), Norbello (chilometro 128,000), Borore (chilometro 135,100), zona industriale di Tossilo (chilometro 138,000), Macomer-Birori (chilometro 142,000), Campeda (chilometro 152,000), Badde Salighes (chilometro 155,000), e l'intersezione con la galleria ferroviaria al chilometro 156,580; oltre alla trasformazione delle citate intersezioni a raso, dovrebbero essere previsti lavori di adeguamento delle corsie specializzate degli svincoli già esistenti, la predisposizione dell'illuminazione in prossimità dei medesimi, nonché la realizzazione di piazzole di sosta e della viabilità di servizio per l'accesso ai fondi presenti lungo il tracciato;

   sarebbe stato, altresì, previsto l'adeguamento della strada provinciale n. 124 e la costruzione, o l'adeguamento, della viabilità di collegamento dei relativi fondi alla viabilità locale, anche mediante la realizzazione di alcune opere d'arte di rilievo quali, ad esempio, il cavalcavia dello svincolo di Macomer-Mulargia al chilometro 148,500 e il ponte sul rio Temo al chilometro 154,495;

   nel maggio 2018, sono stati stipulati i contratti per i lavori relativi all'eliminazione dei citati incroci a raso, di valore complessivo pari a 135 milioni di euro, come risulta anche dalla comunicazione dell'Anas pubblicata nel proprio sito istituzionale;

   appare necessario intervenire prontamente, in particolare per l'eliminazione dell'incrocio a raso esistente in prossimità del comune di Paulilatino, al chilometro 120,000, teatro di numerosi incidenti, anche mortali, per la cui realizzazione un comitato spontaneo ha anche lanciato una petizione, già sottoscritta da oltre mille persone nell'arco di una settimana –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e, in particolare, dello stato di avanzamento del progetto in questione e quali iniziative intenda assumere al fine di accelerare la realizzazione delle citate opere, con eliminazione, nel più breve tempo possibile, di tutti gli incroci a raso attualmente esistenti tra il chilometro 108,300 e il chilometro 158,000 della strada statale 131 «Carlo Felice», nelle province di Oristano, Nuoro e Sassari.
(3-01909)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la compagnia Cin-Tirrenia il 27 ottobre 2020 ha annunciato che intende assicurare l'operatività della tratta Civitavecchia-Arbatax (Tortoli) almeno fino al 28 febbraio 2021, vale a dire fino alla scadenza della proroga della convenzione per la continuità territoriale marittima, originariamente prevista per il 18 luglio 2020;

   allo stato, non si hanno ulteriori notizie in ordine alla gestione del controverso regime di continuità marittima da e per la Sardegna: e ciò, nonostante i numerosi solleciti, anche a mezzo di precedenti atti di sindacato ispettivo, presentati al fine di conoscere le intenzioni del Governo al riguardo;

   quale che sia la soluzione che il Governo intenderà adottare, il Porto di Arbatax dovrà necessariamente trovare adeguata tutela, anche in ragione dell'indubbia importanza e centralità del medesimo scalo, tenuto conto anche del fatto che, negli anni, sono state investite cospicue risorse per la ristrutturazione e l'ampliamento delle strutture, al fine di poter ospitare i maxi-traghetti utilizzati nelle tratte da e per Genova e Civitavecchia;

   recentemente, il presidente di Confindustria Sardegna Centrale, Giovanni Bitti, al fine di scongiurare un'eventuale disimpegno della Tirrenia nel porto in questione, ha evidenziato la rilevanza strategica dello scalo e delle relative rotte commerciali e turistiche – segnalando, tra le altre cose, che nel 2019 sono transitati 5.788.487 tonnellate di merci, nonché 22.305 passeggeri in arrivo e 18.677 in partenza – chiedendo, conseguentemente, la predisposizione di una strategia a lungo termine per il rilancio dello stesso scalo, che preveda diversi, ingenti investimenti, nonché una gestione incisiva;

   la stessa amministrazione comunale di Tortoli, unitamente alla regione Sardegna, ha richiesto, più volte, non solo la tutela della tratta Arbatax-Civitavecchia, ma un incremento delle tratte disponibili, anche in relazione all'effettiva richiesta dell'utenza;

   il porto di Arbatax rappresenta un'infrastruttura fondamentale per l'Ogliastra e, tenuto conto della sua centralità, anche per l'intera costa orientale della Sardegna –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare, nella stesura della prossima convenzione, al fine di tutelare l'infrastruttura in questione, sia con il mantenimento e il potenziamento delle tratte attualmente attive, sia con la previsione di ulteriori destinazioni.
(3-01911)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il terminal passeggeri, cosiddetto ex tensostruttura Lunardi, esistente presso lo scalo portuale di Porto Torres, si presenta, ancora oggi, come un'opera incompiuta;

   la data di consegna dei lavori, come anche risulta dalla cartellonistica di cantiere, era stata prevista per il 18 maggio 2010, a fronte di una durata dei medesimi lavori indicata in 24 mesi;

   i lavori sono in capo al provveditorato interregionale per le opere pubbliche e che la relativa gara è stata aggiudicata per un importo complessivo pari a 3 milioni e 400 mila euro;

   la realizzazione dell'opera in esame era stata prevista al fine di creare un naturale ricongiungimento tra il porto civico e la stazione marittima realizzata fuori dall'area demaniale di competenza comunale;

   dopo anni di blocco, anche per l'intervenuto sequestro del cantiere, ed un successivo annunciato riavvio dei lavori, al momento non è dato conoscere quale sia lo stato di avanzamento degli stessi, né tale informazione è stata resa nota a chi dovrebbe poi ricevere in affidamento l'opera per la relativa gestione;

   appare necessario chiarire pubblicamente la situazione, anche con l'adeguamento della relativa cartellonistica, con espressa indicazione dei responsabili del cantiere nonché della ditta che dovrà portare a compimento i lavori ed il termine previsto per la conclusione dei medesimi –:

   se sia conoscenza di quanto sopra esposto e, in particolare, del termine dei lavori, e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la necessaria trasparenza sullo stato della procedura, se del caso, anche mediante adeguamento della relativa cartellonistica.
(3-01914)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPENA, SOZZANI e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 85 del decreto-legge n. 104 del 2020 ha stanziato 20 milioni di euro per compensare i danni subiti da imprese del settore dei servizi di trasporto di linea di persone effettuati su strada mediante autobus e non soggetti a obblighi di servizio pubblico, a causa degli effetti prodotti dalla crisi economica provocata dalla pandemia da Covid-19;

   l'articolo 86 del sopracitato decreto, novellando il comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019, ha aumentato a 53 milioni il fondo per gli investimenti da parte delle imprese che esercitano servizio di noleggio autobus con conducente;

   in entrambe le disposizioni l'erogazione dei contributi previsti è demandata a decreti attuativi del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che, ad oggi, non risultano ancora adottati;

   stante il perdurare della crisi economica e il suo aggravarsi a seguito della recrudescenza in corso della pandemia da Covid-19, è indispensabile che le sopracitate risorse sia rese disponibili quanto prima –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare, quanto prima, i decreti di cui all'articolo 85, comma 2, del decreto-legge n. 104 del 2020 e di cui all'articolo 1, comma 117, della legge n. 160 del 2019.
(5-05008)


   BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, FRATOIANNI, LATTANZIO, MURONI, ORFINI, PALAZZOTTO, PASTORINO, PINI, SARLI e TRIZZINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il naufragio del 12 novembre 2020 di un gommone con oltre cento persone a bordo, a trenta miglia a nord di Sabratha, nel quale hanno perso la vita sei persone tra le quali un bambino di sei mesi, deceduto dopo essere stato soccorso in mare dai volontari della Open Arms, riporta alla realtà delle stragi che avvengono quotidianamente nel mar Mediterraneo a largo delle coste italiane;

   nella stessa giornata del 12 novembre altre 94 persone sono morte in due diversi naufragi al largo delle coste libiche: un primo gommone che portava 120 migranti si è rovesciato allargo della città di Khums, e solo 47 persone sono sopravvissute; altri 20 migranti sono annegati in un terzo naufragio vicino Sorman denunciato da Medici senza frontiere;

   secondo la stessa Organizzazione sono 900 le persone che solo quest'anno hanno perso la vita cercando di raggiungere l'Europa, mentre più di 11 mila sono state riportate in Libia con il rischio di dover affrontare violazioni dei diritti umani, detenzione, abusi e tratta di esseri umani, come a più riprese denunciato da Onu e Consiglio d'Europa;

   le stime dell'organizzazione internazionale per le migrazioni parlano di oltre 18.000 persone tra bambini, donne e uomini annegati nel Mediterraneo dal 2013 al 2018;

   queste tragedie ripropongono alla nostra attenzione la perdurante fragilità e insufficienza del sistema di ricerca e soccorso in mare nel Mediterraneo;

   l'impegno delle Ong è particolarmente prezioso – e va quindi consentito e riconosciuto – giacché riempie il vuoto determinato dal fatto che i mezzi navali degli Stati non mettono più in atto il pattugliamento necessario a salvare vite umane fuori dalle zone Sar nazionali;

   proprio in questa gravissima situazione, sette navi umanitarie che operano di solito nel Mediterraneo centrale (Alan Kurdi, Sea Watch 3, Sea Watch 4, Mare Jonio, Ocean Viking, Louise Michel, Aita Mari), sono ancora dopo mesi impossibilitate a svolgere la loro missione di soccorso in mare, in quanto bloccate per accertamenti amministrativi e burocratici;

   sul tema del soccorso in mare sono in gioco il rispetto dell'antico principio della «legge del mare» secondo il quale chi è in pericolo di vita va salvato senza indugio, ma anche la reputazione del nostro Paese che solo qualche anno fa si distinse meritoriamente, con l'operazione Mare Nostrum, per il salvataggio di decine di migliaia di naufraghi –:

   per quali ragioni la gran parte delle navi di soccorso delle Ong che operavano stabilmente nel Mediterraneo in soccorso ai naufraghi siano ancora oggi nell'impossibilità di svolgere la loro funzione;

   quali siano le ragioni del ritardo nel consentire di riprendere la loro attività, nonostante gli standard di sicurezza di queste imbarcazioni risultino adeguata e in alcuni casi superiori a quanto solitamente richiesto per navi di analoga dimensione e tipologia.
(5-05017)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAMMÌ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   al fine di consentire un incremento di capacità ed un miglioramento delle prestazioni coerenti con l'evoluzione dei traffici ferroviari prevista per i prossimi anni, nel 2011 è stato avviato nella regione Lombardia un progetto di Rete ferroviaria italiana s.p.a. (Rfi) volto al quadruplicamento della tratta ferroviaria Milano-Pavia, inquadrabile come intervento a lungo termine, nonché, sempre sulla stessa linea ferroviaria, un progetto di velocizzazione nella tratta Milano-Genova, inquadrabile invece come intervento a breve termine;

   il primo intervento è articolato in due fasi funzionali: quadruplicamento della tratta Milano Rogoredo-Pieve Emanuele e quadruplicamento della tratta Pieve Emanuele-Pavia. Ad oggi risulta finanziata solo la prima tratta funzionale a valere sulle risorse individuate nell'aggiornamento 2018-2019 al contratto di programma con Rfi;

   l'intervento di potenziamento ferroviario è stato sviluppato nel 2011, con l'avvio delle prime progettazioni relative ai 2 lotti funzionali Milano-Pieve e Pieve-Pavia; nel 2012 è stato completato il progetto preliminare della prima tratta e nel 2015 quello relativo alla seconda tratta. Nel corso del 2017 è stata quindi avviata la progettazione definitiva dell'intero intervento, conclusasi nel novembre 2018, con successivo invio del progetto al Consiglio superiore dei lavori pubblici in data 9 maggio 2019;

   ai fini dell'avvio dell'iter per la procedura di valutazione di impatto ambientale (Via), nel settembre 2019 il progetto è stato inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. In data 2 ottobre 2019 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pubblicato sul proprio sito l'avviso al pubblico di avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale (ex articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni) sul progetto definitivo di potenziamento della linea Milano-Genova, tratta Milano Rogoredo-Pavia. Successivamente, è stata richiesta l'attivazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della conferenza di servizi ed in data 9 giugno 2020 il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato il progetto definitivo;

   nel novembre 2019, Rfi stimava l'attivazione della prima fase per giugno 2024. Ad oggi, il ritardo maturato sull'iter autorizzativo è stimato in 11 mesi con previsione di avvio della fase costruttiva della fase funzionale 1 a dicembre 2021 e attivazione a giugno 2025;

   in data 29 ottobre 2020 è tenuta l'audizione dei vertici di Rfi presso la Commissione trasporti del Consiglio regionale della Lombardia, per conoscere l'andamento dei programmi di sviluppo infrastrutturale ferroviario sul territorio regionale. L'azienda ha comunicato che gli interventi di breve periodo annunciati nel 2019, stanno proseguendo nel rispetto dei tempi previsti, anche grazie alla possibilità di accelerare i lavori per via della soppressione di molte corse e la conseguente minore presenza di treni a causa dalla perdurante emergenza sanitaria da Covid-19. Al contrario, gli interventi di lungo periodo stanno subendo un forte rallentamento sull'iter autorizzativo, stimato in 11 mesi;

   sull'andamento dei lavori della tratta ferroviaria interessata si sta occupando da tempo anche il consigliere in regione Lombardia Nicola Di Marco, unitamente al quale l'interrogante intende fare chiarezza sui motivi dei ritardi, stante l'evidente beneficio che potrebbero trarne i cittadini dal completamento dell'opera –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e delle ragioni che hanno determinato il rallentamento dell'iter autorizzativo degli interventi di lungo periodo per il potenziamento infrastrutturale della tratta ferroviaria da Milano Rogoredo a Pieve Emanuele; se intenda fornire elementi circa i tempi previsti per l'erogazione del finanziamento della seconda tratta funzionale Pieve Emanuele-Pavia; se, al fine di velocizzare la realizzazione dell'opera infrastrutturale, sia ipotizzabile la nomina di un commissario straordinario, ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 32 del 2019.
(4-07508)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa sono emerse numerose segnalazioni relative al ritardo nelle pratiche di competenza della Motorizzazione civile di Modena. Nello specifico, risultavano particolarmente lunghi i tempi di attesa per la revisione di autocarri, per i collaudi, per il rilascio delle patenti e per la movimentazione delle merci pericolose (Adr);

   la redazione di una testata on line provvedeva dunque a inviare una mail alla Motorizzazione di Modena al fine di ottenere chiarimenti sui vari quesiti posti dai lettori. Si chiedeva inoltre quanti fossero i controlli effettuati negli ultimi tre anni circa la corretta applicazione della normativa Adr. La risposta della Motorizzazione veniva generata automaticamente, chiedendo di attendere per 30 giorni;

   la risposta, in ogni caso, giungeva prima dei 30 giorni previsti. Alla redazione rispondeva il signor Gioacchino Di Mari, responsabile Ufficio motorizzazione civile di Parma, sezione di Modena. In buona sostanza nella risposta si diceva che «nonostante l'articolo 12 comma 5 del Decreto legislativo n. 35 del 2010 preveda la vigilanza per il rispetto della normativa Adr in capo agli uffici della Motorizzazione, la Motorizzazione di Modena non "ha mai ricevuto dal Ministero istruzioni su come fare la vigilanza"»;

   la testata giornalistica desume, quindi, che i controlli di competenza delle Motorizzazioni sulle merci pericolose nella provincia di Modena non sono mai stati effettuati dal 2000, anno in cui venivano fissate le regole per il trasporto di tali merci. In altre parole, nessun controllo sarebbe stato effettuato in 20 anni nonostante le sanzioni siano di fatto molto elevate (da 6 mila a 36 mila euro per la mancata nomina del consulente per la sicurezza) –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto;

   se intenda avviare le verifiche di competenza rispetto alle problematiche esposte in premessa;

   se corrisponda al vero che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non abbia mai fornito alla suddetta Motorizzazione le istruzioni su come operare la vigilanza sul trasporto di merci pericolose;

   in caso affermativo, quali tempestive iniziative si intendano adottare per risolvere tali problemi.
(4-07512)


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il mondo aeroportuale sta attraversando la situazione peggiore della sua storia trovandosi in gravissima sofferenza;

   la recente riapertura dell'aeroporto di Forlì stava dando nuove speranze di rilancio economico a tutta la Romagna, mentre appena riaperto è già costretto nuovamente a chiudere;

   il sistema aeroportuale toscano Firenze-Pisa che aveva raggiunto nel 2019 un fatturato importante, chiude il 2020 con un abbattimento di oltre il 70 per cento di passeggeri e milioni di euro di fatturato persi;

   i dipendenti degli scali di Pisa e Firenze, circa 900 persone, sono in cassa integrazione fino a marzo, insieme ai lavoratori di bar, ristoranti, autonoleggi, cooperative di servizi che operano all'interno degli aeroporti;

   la situazione della Romagna e della Toscana è emblematica di quella esistente a livello nazionale;

   se il Governo non proroga la cassa integrazione, quasi il 50 per cento degli attuali dipendenti subirà un licenziamento;

   è forte la necessità di compensare immediatamente le perdite subite e prospettate dalle crescenti restrizioni dei voli tra Paesi;

   oscure sono le ragioni per le quali il Governo non ha previsto finora per questo settore interventi di sostegno, ben consapevole delle conseguenze a cui la drastica riduzione del turismo avrebbe condotto gli aeroporti –:

   se e in che tempi il Governo intenda adottare iniziative volte a prevedere interventi economici per sostenere il settore aeroportuale.
(4-07514)


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha appreso dalla stampa e da varie segnalazioni che non si è ancora proceduto alla individuazione di un commissario per i lavori della trasversale Orte-Civitavecchia, nomina per la quale il Ministro interrogato si era impegnata pubblicamente, così come il Governo, che aveva dichiarato di voler portare a termine i lavori delle opere ritenute strategiche, tra cui la suddetta autostrada;

   in mancanza di tale nomina, risulta impossibile il completamento dell'opera che rappresenta un presupposto infrastrutturale imprescindibile per lo sviluppo del territorio e della regione Lazio;

   l'autostrada Orte-Civitavecchia risulta indispensabile per concretizzare le enormi potenzialità del porto di Civitavecchia, primo scalo crocieristico d'Europa, così come per Orte, snodo cruciale per i collegamenti alla rete autostradale e ferroviaria ad alta velocità;

   sono già stati stanziati 466 milioni di euro di fondi messi a disposizione da Anas e Cipe per l'opera, in un pacchetto complessivo da 2,6 miliardi di euro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa, fonte di innumerevoli disagi per gli spostamenti di persone e la movimentazione merci nel Lazio, nonché freno alla produttività di molte imprese del territorio in questione;

   se intenda adottare iniziative per dare seguito all'impegno preso e provvedere in tempi rapidissimi alla nomina del commissario, ultimo cruciale passo per l'avvio dell'opera in questione.
(4-07522)


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 675 e seguenti, veniva introdotto il regime di proroga di quindici anni a tutte le concessioni demaniali marittime in scadenza: tale proroga veniva estesa poi, con il decreto n. 104 del 2020, cosiddetto «decreto Agosto», anche alle concessioni lacuali e fluviali;

   la concreta attuazione della normativa indicata veniva ostacolata però da una sopravvenuta disapplicazione giurisprudenziale. Da quando, nel luglio 2019, il tribunale di Genova disponeva il sequestro preventivo dei Bagni Liggia, stabilimento balneare del capoluogo ligure, ritenendo che l'area in concessione sarebbe stata occupata abusivamente e in violazione alla direttiva europea cosiddetta «Bolkestein», la disposizione in esame è divenuta oggetto di disputa accesa;

   la magistratura nazionale, in modo disomogeneo, ne rilevava l'apparente contrasto con i princìpi comunitari di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, come inseriti nella direttiva Bolkestein n. 123 del 2016;

   l'evoluzione giurisprudenziale è sfociata nella sentenza del luglio 2020 del Consiglio di Stato, numero 4610 del 2020, in cui i giudici di Palazzo Spada, nell'invitare all'applicazione della direttiva Bolkestein, hanno ritenuto corretta la procedura comparativa per la selezione pubblica avviata per la concessione dell'area demaniale del porticciolo di Torre a Mare (Bari), invece dell'automatica proroga ex legge n. 145 del 2018;

   a fine ottobre 2020 l'Antitrust ha presentato ricorso davanti al Tar nei confronti del comune di Piombino, colpevole di avere esteso le concessioni fino al 31 dicembre 2033 in applicazione della normativa vigente, senza che fossero messe a gara in applicazione della direttiva Bolkestein;

   la sopravvenuta contrapposizione tra norme di legge e pronunce giurisprudenziali ha creato nella pratica gravissime difficoltà agli amministratori locali, che hanno iniziato ad applicare o meno la normativa di cui alla legge n. 145 del 2018 in base alle diverse interpretazioni dei singoli uffici, creando così incolpevolmente una situazione disomogenea sul territorio nazionale;

   è necessario che il Governo intervenga sul punto e dirima la controversia insorta, così da permettere agli enti locali e agli imprenditori del settore di potersi organizzare in tempi utili per la nuova stagione balneare ed evitare che una moltitudine di ricorsi intasi i tribunali amministrativi regionali, con il rischio di formazione di orientamenti giurisprudenziali difformi sul territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative, anche di carattere normativo, volte a chiarire in via definitiva la piena vigenza del regime di proroga di quindici anni delle concessioni di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 675 e seguenti e la portata applicativa della disciplina a tutte le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali.
(4-07543)


   MANTOVANI, FRASSINETTI e ALBANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 229, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, cosiddetto «Decreto Rilancio» obbliga le imprese e le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con singole unità locali con più di 100 dipendenti ubicate in un capoluogo di regione, in una città metropolitana, in un capoluogo di provincia ovvero in un comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro (Pscu);

   con la legge n. 77 del 2020 di conversione del suddetto decreto sono state assegnate al mobility manager: «funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile»;

   l'indagine Asstra rileva come il parco autobus italiano soffra di un'età media al di sopra di quella dei principali Paesi dell'Unione europea, con ricadute negative sulla qualità del servizio erogato a causa dell'inaffidabilità del materiale circolante;

   la carenza di mezzi, l'interruzione e la discontinuità nell'erogazione del servizio a causa di guasti, può rendere impossibile il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale così come raccomandato dagli esperti e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020;

   secondo Asstra, l'associazione delle imprese del trasporto pubblico locale (tpl), come riportato dal quotidiano «Il Sole24Ore», per rinnovare il parco mezzi «servono investimenti per ulteriori 9,5 miliardi nei prossimi 13 anni, cioè da spendere fino al 2033, in aggiunta ai 5 miliardi di fondi statali già stanziati a partire dal 2015»;

   in data 27 ottobre 2020 l'agenzia di stampa Askanews ha riportato le dichiarazioni di Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia dell'Università di Padova, il quale in merito ai trasporti ha dichiarato: «manca secondo me un vero e proprio provvedimento per regolare i trasporti, che sono un'occasione di assembramento pazzesca»;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 ha introdotto per i mezzi di trasporto pubblico un coefficiente di riempimento non superiore al 50 per cento, andando a ridurre quanto precedentemente previsto e che si attestava su una capienza pari all'80 per cento;

   all'articolo 1, lettera mm) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 determina che l'erogazione del servizio «deve, comunque, essere modulata in modo tale da evitare il sovraffollamento dei mezzi di trasporto nelle fasce orarie della giornata in cui si registra la maggiore presenza di utenti»;

   in data 8 novembre 2020, il quotidiano «Il Messaggero» ha riportato la notizia, in merito alla condizione di difficoltà in cui versa il sistema del trasporto pubblico urbano, che un terzo dei 300 milioni previsti per il trasporto pubblico locale all'interno del cosiddetto Decreto «Ristori bis» potrà essere utilizzato per il ricorso a servizi aggiuntivi per l'anno 2020 –:

   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia attivato qualche forma di coordinamento con i mobility manager al fine di ricevere informazioni utili a conoscere lo stato dell'arte in termini di capacità operativa da parte delle aziende del trasporto pubblico urbano;

   se, vista l'emergenza, sia stato creato un piano di coordinamento con le aziende del trasporto pubblico locale per rimettere in strada i veicoli fermi in rimessa a causa dell'antieconomicità della riparazione e che potrebbero tornare facilmente in circolazione.
(4-07544)


   MANTOVANI, FRASSINETTI e ALBANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il trasporto passeggeri dell'alta velocità è in crisi da mesi, sia per via delle restrizioni sul numero di passeggeri, limitati al 50 per cento della capienza, sia perché manca la domanda;

   in data 12 ottobre 2020 veniva accolto l'ordine del giorno 9/02700/171 presentato dall'interrogante che intendeva invitare il Governo a valutare l'opportunità di predisporre misure di sostegno dedicate al comparto ferroviario e al suo indotto al fine di ridurre gli effetti negativi della crisi del settore;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, e l'istituzione delle zone «rosse», ha notevolmente ridotto il bacino di utenza disponibile per le aziende di trasporto ferroviario sulla media e lunga percorrenza;

   in data 5 novembre 2020 Flavio Cattaneo, vicepresidente esecutivo di Italo, ospite di Restart a Rai2, ha espresso forti preoccupazioni in merito all'andamento del mercato che costringerà l'azienda a ridurre notevolmente le corse e a mettere in cassa integrazione il proprio personale;

   come riportato dal sito di SkyTg24, la contrazione della domanda e l'insostenibilità dei costi fissi costringeranno Italo a sospendere dal 10 novembre 2020 la maggior parte dei servizi giornalieri del suo network come conseguenza della riduzione della domanda di oltre il 90 per cento sul trasporto lunga percorrenza in tutta la nazione e dell'introduzione delle limitazioni riguardanti la mobilità interregionale da e per territori strategici della propria offerta;

   gli effetti conseguenti alla diffusione del Covid-19 stanno incidendo pesantemente sulla sostenibilità economica minima del trasporto ferroviario la quale risulta oggi gravemente compromessa dal crollo della domanda, dalla riduzione del numero di passeggeri consentiti e dalle restrizioni sugli scostamenti tra regioni;

   nel cosiddetto decreto Rilancio, pubblicato in Gazzetta il 19 maggio 2020, è stato definito un pacchetto di misure economiche per le aziende colpite dalla crisi causata dall'emergenza Covid-19, tra cui quelle del comparto ferroviario;

   l'articolo 196 del decreto «Rilancio» ha disposto la riduzione a favore di tutte le imprese ferroviarie trasporto passeggeri e merci titolari dei requisiti necessari alla circolazione sul territorio italiano ed operanti sull'infrastruttura ferroviaria nazionale, della quota parte del canone di accesso all'infrastruttura relativa alla componente B definita dalla delibera n. 96 del 2015 dell'Autorità di regolazione dei trasporti;

   quanto disposto all'articolo sopracitato terminerà i suoi effetti il 31 dicembre 2020;

   appare alquanto ottimistico ritenere che la data del 31 dicembre 2020 sia confacente con una ripresa del mercato, la quale potrebbe essere raggiunta solo con una rapida quanto inverosimile cessazione dell'emergenza pandemica e il ritorno ai livelli di domanda antecedenti alla pandemia –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare iniziative volte a prorogare gli effetti dell'articolo 196 del cosiddetto decreto Rilancio anche oltre il 31 dicembre 2020 e comunque per tutto il primo semestre del 2021, al fine di calmierare il peso di oneri che sono attualmente insostenibili per le aziende del comparto.
(4-07546)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 15 e 16 novembre 2020 nel centro di accoglienza di Monastir, in Sardegna, è scoppiata l'ennesima rivolta organizzata dagli ospiti del centro con violenti scontri, furti, risse e fughe dalla struttura;

   a denunciare il gravissimo episodio, riportato da numerosi quotidiani, è stato il segretario del Sap (Sindacato autonomo di polizia), Luca Agati, il quale per l'occasione ha scritto «l'ennesima nota al Questore segnalando la gravissima situazione» del centro di Monastir, peraltro già noto alle cronache per i seri problemi di sovraffollamento e di sicurezza al proprio interno;

   come riportato dalla stampa, il continuo aumento esponenziale degli sbarchi illegali sull'isola ha fatto sì che il centro di Monastir, già inidoneo e carente dal punto di vista strutturale, si sia riempito in breve tempo all'inverosimile, mettendo in serio pericolo anche gli operatori che vi svolgono il servizio di vigilanza;

   ad aggravare la situazione, pare che da più di 15 giorni non vengono neppure più effettuati i tamponi per la ricerca del Covid-19 sui nuovi sbarcati, i quali vengono comunque trasferiti tutti al centro di Monastir per il periodo di quarantena;

   nel centro si trovano ora alloggiati più di duecento immigrati, giunti in momenti diversi, «che vivono in totale promiscuità senza conoscerne le ipotetiche cariche virali»;

   spesso, come accaduto la scorsa notte, il centro si trasforma in teatro di violente rivolte e, grazie al continuo persistere delle carenze strutturali dello stesso, gli ospiti riescono a fuggire dalla struttura e sottrarsi alla quarantena, mettendo così in grave pericolo ed esponendo a rischio di contagio anche la popolazione sarda;

   per la maggior parte gli immigrati trattenuti a Monastir sono di nazionalità algerina o comunque sono partiti da Annaba, in Algeria, una nazione che sta vivendo un considerevole aumento dei casi di contagio da Covid-19, con quasi settantamila positivi e più di duemila morti solo nella giornata di domenica 15 novembre 2020;

   già con precedenti atti di sindacato ispettivo dell'interrogante (n. 4-06362 e n. 4-06993) si è più volte sottoposta all'attenzione del Ministro interrogato la gravissima situazione del centro di accoglienza di Monastir e sollecitato un suo immediato intervento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative urgenti e immediate intenda assumere con riguardo alla situazione e alle gravissimi condizioni in cui versa il centro di accoglienza di Monastir in Sardegna.
(3-01903)


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'ex scuola di Santa Caterina a Prato nel centro di accoglienza gestito dalla Cooperativa 22 della Fondazione Opera di Santa Rita sono ospitati 72 immigrati richiedenti asilo. Dagli articoli di stampa di fine ottobre e primi di novembre 2020 si apprende che alcuni richiedenti asilo sono risultati positivi al Covid-19. Nello specifico dal sito de La Nazione di Prato del 2 novembre 2020 si deduce che il numero dei contagiati sarebbe passato in pochi giorni da uno ad almeno 5 ospiti. Da quella data non si hanno notizie certe sulla ulteriore crescita dei contagi nel centro di accoglienza. Numerosi residenti nella zona raccontano di veder entrare e uscire continuamente tutti gli ospiti del centro –:

   quanti siano gli immigrati risultati positivi ospitati nella ex scuola di Santa Caterina a Prato;

   se gli immigrati presenti nel centro rispettino le restrizioni previste per la Toscana riconosciuta nei giorni scorsi zona «arancione» e nelle ultime ore addirittura zona «rossa»;

   cosa venga fatto per far rispettare le regole dell'isolamento previste per i positivi al Covid-19 nel centro di accoglienza in questione.
(3-01905)


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 novembre 2020, gli agenti del primo reparto mobile della questura di Roma sono stati impegnati in un servizio di trasporto aereo di 82 migranti, da Catania ad alcune città del nord Italia, con partenza dalla capitale;

   il servizio di scorta, iniziato alle ore 10:00 del 12 novembre 2020 e concluso alle ore 4:30 circa del 13 novembre 2020 ha visto gli agenti impegnati nel trasporto di 40 migranti da Catania a Milano e, a seguire, altri 42 migranti da Catania a Torino;

   il velivolo utilizzato per il trasporto, tra migranti e personale della polizia di Stato, era al collasso: tutti i passeggeri sono stati costretti a viaggiare uno accanto all'altro – per ogni fila venivano occupati sei posti, cioè tutti –, in uno spazio chiuso, senza che venisse garantita la distanza interpersonale e in violazione di una delle più elementari disposizioni anti-contagio, come se migranti ed operatori di polizia fossero congiunti;

   la durata del servizio si è protratta per oltre venti ore, mettendo significativamente a repentaglio la concentrazione e l'operatività del personale della polizia di Stato impegnato nel servizio;

   il segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia (Mosap), Fabio Conestà, inoltre denuncia – in un articolo apparso il 15 novembre 2020 sul quotidiano Il Giornale – le pietose condizioni cui gli agenti sono stati sottoposti: «Durante le soste a terra sono stati lasciati sulla pista, senza poter consumare un caffè o accedere a un distributore automatico di bevande. Chi aveva il pranzo al sacco l'ha mangiato sull'asfalto in condizioni pietose. Gli effettivi del primo reparto mobile, invece, sono rimasti col ticket in mano senza sapere né dove né quando spenderlo» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga che un trattamento simile sia lesivo della dignità e dell'onore delle donne e degli uomini in divisa e se non ritenga, altresì, contraddittorio ed imprudente, imporre misure anti-contagio ai cittadini della Repubblica, comminando elevate sanzioni in caso di violazioni e, contestualmente, imporre al personale dipendente delle forze dell'ordine di operare in assenza delle più elementari misure anti-contagio, senza garantir loro alcuna tutela, implementando rischi di contagio e nuovi focolai.
(3-01912)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante le ripetute segnalazioni delle istituzioni locali e dell'interrogante nei mesi scorsi, gli sbarchi di immigrati irregolari sulle coste della Sardegna continuano in maniera esponenziale e senza sosta, anche attraverso rotte finora ignorate dai trafficanti;

   difatti, si è appreso recentemente dalla stampa dell'arrivo a Portoscuso di un barchino in legno di 6 metri, con motore fuoribordo di 40 cavalli, con a bordo 26 immigrati di dichiarata nazionalità algerina;

   gli immigrati sono stati fatti sbarcare nel porto industriale di Portovesme, ove sono state condotte dalla Guardia costiera e dai carabinieri del posto le operazioni di rito per la loro identificazione;

   successivamente, i 26 algerini sono stati trasferiti con un pullman al centro di accoglienza di Monastir, ormai al collasso per il sovraffollamento dovuto ai continui arrivi sull'isola;

   nei mesi scorsi gli sbarchi sulle coste del Sulcis avvenivano in genere tra Sant'Antioco e Sant'Anna Arresi, mentre la zona di Portoscuso generalmente non veniva mai raggiunta dalle rotte dei trafficanti;

   in zona f già a settembre 2020, si era verificato un grave incidente: un barchino in avvicinamento sulla costa con 14 migranti a bordo era affondato in prossimità di Carloforte e un uomo risultò disperso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda attivare per fermare i flussi migratori illegali verso la Sardegna e, in particolare, gli arrivi di immigrati irregolari nella zona di Portoscuso attraverso la nuova rotta utilizzata dai trafficanti di esseri umani.
(4-07511)


   MORRONE, LORENZO FONTANA, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, FIORINI, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   diversi sindaci dell'Emilia-Romagna e i presidenti delle regioni Emilia-Romagna e Veneto, Stefano Bonaccini e Luca Zaia, hanno ricevuto in questi giorni lettere contenenti gravi minacce;

   si tratta di lettere fotocopiate recanti la firma «Brigate Rosse» e la stella a cinque punte, evocatrici della lunga e tragica stagione del terrorismo politico ed eversivo in Italia, che hanno per oggetto le contestazioni alle misure restrittive adottate per contrastare la diffusione del Coronavirus con la minaccia di posizionare ordigni esplosivi in sedi giornalistiche, sedi politiche, stazioni ferroviarie, banche, uffici pubblici, annunciando la nuova rivoluzione;

   sono stati immediati i messaggi bipartisan di solidarietà ai destinatari delle minacce, ovvero i sindaci di Ferrara, Forlì, Ravenna, Rimini, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza, oltre al presidente Bonaccini;

   la Digos è stata subito allertata dell'accaduto, l'autorità giudiziaria sta già indagando e da una prima ricostruzione l'obiettivo sembrano essere i decreti del Governo e non le amministrazioni comunali e regionali dell'Emilia-Romagna e del Veneto;

   la vicenda, quindi, non sarebbe considerata dal Viminale tale da poter innescare una vera e propria allerta ritenendo anche dubbia l'attendibilità della rivendicazione, ma appare comunque evidente che l'episodio debba essere trattato con la massima attenzione e vigilanza, perché presuppone una situazione di grave insofferenza sociale nei confronti delle istituzioni in generale e di amministrazioni guidate da esponenti di diversa appartenenza politica –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere nei tempi più rapidi, per scongiurare l'eventuale insorgenza e radicamento di nuovi pericolosi gruppi eversivi, in modo da tutelare le amministrazioni locali e con esse l'intera comunità nazionale.
(4-07513)


   ZOFFILI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 novembre 2020 una cittadina italiana di 72 anni residente in via IV novembre ad Arcellasco, frazione del comune di Erba, si è recata presso la locale stazione dei carabinieri allo scopo di denunciare l'ingresso furtivo nella propria abitazione di due estranei, sorpresi in flagranza mentre si trovavano nella stanza del figlio;

   i ladri – uno dei quali indossava una torcia sulla propria testa, oltre alla mascherina chirurgica – si allontanavano rapidamente dopo esser stati scoperti, non senza aver riferito alla denunciante di non aver preso nulla;

   l'ispezione della camera del figlio della denunciante ha rivelato tracce vistose del setacciamento dei cassetti, ma anche confermato che nulla era stato sottratto;

   dell'episodio ha dato successivamente notizia anche la stampa locale;

   la percezione di insicurezza tra i cittadini si va diffondendo nella zona dell'erbese e in provincia di Como;

   urge, a parere degli interroganti, un rafforzamento dei presidi tale da dissuadere più efficacemente coloro che ambiscono a delinquere, in particolare quei malviventi dediti ai furti nelle abitazioni, ma anche ad altre tipologie di reati predatori, vedasi quelli riferiti ai furti con scasso di beni custoditi nelle autovetture parcheggiate e ogni reato in genere, come l'occupazione illegale di aree dismesse ex industriali della città di Erba (Area Ex Meroni, tintoria Spreafico, via Fiume e altre), fattispecie attenzionata e gestita con grande professionalità dalla stazione dei carabinieri di Erba e dalla polizia locale –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano tempestivamente adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa e, più specificatamente, se intendano o meno rafforzare i presidi di sicurezza ad Erba, anche con l'utilizzo dei militari dell'operazione «Strade sicure», inviando al più presto rinforzi, ulteriore strumentazione e nuovi mezzi alla locale caserma dei carabinieri e agli altri presidi della zona.
(4-07518)


   NOVELLI e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da fonti di stampa, il 12 novembre 2020 gli agenti del reparto mobile della polizia di Roma, sono stati coinvolti in una operazione di trasferimento migranti della durata di circa 20 ore con 5 diversi voli aerei;

   in particolare, gli agenti sarebbero partiti la mattina del 12 novembre 2020, alle ore 10, da Roma in direzione Catania, dove avrebbero preso in carico circa 40 migranti da scortare a Milano. Da qui sarebbero ripartiti in direzione Catania per prendere a bordo un'altra quarantina di migranti da trasferire a Torino. Dal Piemonte avrebbero poi preso l'ultimo volo della missione, il quinto, per giungere a Roma la mattina del 12 novembre alle ore 4.30;

   i voli per il trasferimento dei migranti avrebbero avuto luogo senza nessun rispetto del distanziamento necessario a proteggere dai rischi di contagio da Covid-19 con 6 posti occupati, tutti, per ogni fila;

   il segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia (Mosap), Fabio Conestà ha dichiarato che «un servizio così lungo provoca un pericoloso abbassamento della concentrazione» con un pericolo per i poliziotti, perché i migranti avrebbero potuto «aggredire gli operatori o cercare di scappare»;

   preoccupa che agenti della polizia di Stato siano costretti a turni come quello appena descritto ed è doveroso che arrivino risposte sul perché sia successo quanto narrato e su come il Ministero dell'interno si muoverà affinché casi del genere non si reiterino –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   perché i poliziotti coinvolti siano stati costretti ad un turno di lavoro di circa 20 ore e se non fosse possibile organizzare diversamente il trasferimento;

   quali iniziative il Governo intenda adottare perché casi del genere non si ripetano più.
(4-07531)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, SASSO, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   è palesemente evidente secondo gli interroganti l'assoluto caos in cui versa il mondo della scuola dallo scoppio della pandemia e, ancora più lampante, l'incapacità e l'inadeguatezza di questa maggioranza governativa nel dare risposte concrete ed efficienti a docenti, alunni e famiglie;

   a titolo di esempio, si rileva che altri Paesi europei al momento in condizioni peggiori dell'Italia, pur adottando misure restrittive e nuovi lockdown per fronteggiare la cosiddetta «seconda ondata», non hanno previsto la chiusura di scuole ed università, piuttosto, le hanno messe in sicurezza;

   il Governo, invece, anziché promuovere l'installazione di termoscanner all'ingresso e potenziare il servizio di trasporto pubblico, intervenendo con un aumento delle corse nelle fasce orarie utilizzate da alunni e insegnanti, o pianificare la redistribuzione degli alunni per evitare le «classi-pollaio», ha preferito sprecare energie e risorse sui banchi a rotelle, molti dei quali, peraltro, in consegna presso gli istituti in questi giorni di sospensione delle lezioni e didattica a distanza obbligatoria;

   l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, infatti, ha previsto la didattica a distanza al 100 per cento per le scuole secondarie di secondo grado in tutto il territorio nazionale, ovvero anche nelle zone cosiddette «gialle», mentre è estesa anche alle classi di seconda e terza media per le zone cosiddette «rosse»;

   molti territori del Paese, da Nord a Sud, ancora oggi non sono raggiunti dalla fibra, con l'inevitabile conseguenza dell'impossibilità di seguire per gli alunni – e tenere per i docenti – una lezione per 30/ 40 minuti senza interruzioni e sconnessioni;

   la totale assenza del Governo nel garantire a famiglie e istituti la necessaria dotazione, incluse le infrastrutture tecnologiche, per una didattica a distanza totale, evidenzia come, a nove mesi dall'inizio della pandemia, l'emergenza epidemiologica in correlazione alla scuola è affrontata in maniera approssimativa e occasionale, senza alcuna strategia di medio-lungo periodo;

   toccante è la lettera aperta al Ministro interrogato di una mamma di due bambini frequentanti le elementari in un piccolo paesino in provincia di Torino (Rosta), nella quale, esprimendo tutto «lo stremo, la stanchezza ed il disgusto» per il sistema, chiede dove sia finito l'interesse per la crescita dei nostri figli –:

   come intenda garantire tempestivamente a famiglie e istituti – ad oggi ancora privi – la strumentazione informatica e di rete necessaria per la didattica a distanza e se non convenga sull'opportunità di rivedere la spesa impegnata per l'acquisto dei banchi a rotelle, al fine di reindirizzarla al potenziamento delle piattaforme e della relativa connettività di rete e della fornitura di tablet e pc.
(3-01920)


   VACCA, CASA, BELLA, CARBONARO, CIMINO, DEL SESTO, IORIO, MARIANI, MELICCHIO, RICCIARDI, TESTAMENTO, TUZI e VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la gravissima situazione pandemica che ha investito l'Italia ha messo a dura prova il sistema scolastico e formativo nazionale introducendo, obtorto collo, nuove metodologie di insegnamento basate prioritariamente sulle didattiche innovative digitali;

   l'ondata di marzo 2020 ha costretto alle chiusure delle scuole e all'avvio della didattica digitale a distanza, diverse, però, sono state le criticità evidenziate pur nello sforzo comune di docenti, dirigenti, amministrazione e famiglie di collaborare alla piena efficacia di un sistema sostanzialmente nuovo;

   le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e formazione definiscono le modalità di realizzazione della didattica digitale integrata, in un equilibrato bilanciamento tra attività sincrone e asincrone, anche perseguendo quanto preventivamente indicato nelle linee guida della didattica digitale integrata pubblicate dal Ministero dell'istruzione;

   la didattica digitale integrata, intesa come metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento, è rivolta a tutti gli studenti della scuola secondaria di secondo grado, come modalità didattica complementare che integra la tradizionale esperienza di scuola in presenza, nonché, in caso di nuovo lockdown, anche agli alunni di tutti i gradi di scuola;

   da allora l'amministrazione ha attivato molteplici iniziative formative rispetto alle nuove tecnologie anche investendo ingenti risorse a tale scopo, anche al fine di non disperdere tutte le cognizioni e le competenze acquisite nei periodi di sospensione delle attività didattiche in presenza –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia posto e porrà in essere al fine di pianificare percorsi formativi sulla didattica digitale integrata, quali siano le risorse investite e quanti i docenti coinvolti.
(3-01921)


   FUSACCHIA e LATTANZIO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 novembre 2020 la Camera, con la risoluzione n. 6-00148, ha impegnato il Governo «a garantire, nelle aree territoriali in cui la soglia dell'indice Rt non risulti fuori controllo, la didattica in presenza, con particolare riferimento ai nidi, alle scuole per l'infanzia, alla scuola primaria e secondaria di primo grado»;

   in data 3 novembre 2020 è stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che prevedeva la suddivisione del territorio nazionale in tre tipologie di aree a seconda dello scenario epidemiologico. Secondo tale normativa, su tutto il territorio nazionale le attività delle secondarie di secondo grado si svolgono tramite il ricorso alla didattica digitale integrata, mentre nelle scuole di altro ordine e grado si prosegue con l'insegnamento in presenza. Tuttavia, nelle aree caratterizzate da uno scenario di «massima gravità e da un livello di rischio alto», restano in presenza solamente la scuola dell'infanzia, i servizi educativi per l'infanzia, la primaria e il primo anno della scuola secondaria di primo grado, utilizzando quindi la didattica a distanza per gli ultimi due anni di scuola secondaria di primo grado;

   alcune regioni hanno tuttavia disposto diversamente tramite ordinanze: Calabria e Campania, zone rosse, hanno disposto la sospensione in presenza di tutte le attività scolastiche di ogni ordine e grado salvo recentissime parziali rivalutazioni della Campania; in Basilicata, zona arancione, è stata disposta la sospensione delle attività didattiche in presenza per tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado; in Puglia, zona arancione, i genitori possono scegliere, per la primaria e secondaria di primo grado, la didattica a distanza o in presenza; in Umbria, zona arancione, è stata confermata la didattica a distanza anche per le secondarie di primo grado;

   l'attività in presenza nelle scuole è cruciale ai fini educativi, come pure per il pieno e corretto sviluppo dei bambini e per il loro benessere psico-fisico;

   l'emergenza epidemiologica continuerà a protrarsi per un periodo la cui durata non è ancora prevedibile, ed è quindi fondamentale assicurare che le scuole restino aperte e che siano tutte attrezzate perché possano tornare ad operare in presenza in sicurezza –:

   quali iniziative di competenza il Governo stia ponendo in essere per scongiurare ulteriori chiusure incoerenti con la generale impostazione nazionale e come intenda programmare la riapertura delle scuole chiuse non appena questo sarà possibile in un modo che assicuri maggiore capacità di resilienza complessiva del sistema scolastico e quindi la didattica in presenza.
(3-01922)

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da un articolo del quotidiano La Nazione alla scuola Marconi di via Meyer a Firenze è partito un progetto per «contrastare la formazione di stereotipi di genere, prevenendo la discriminazione di chi non si conforma ad essi, favorendo un'educazione alle differenze», come si legge anche al link ufficiale (www.chiavidellacitta.it). Il progetto, coordinato dall'assessorato all'educazione del comune di Firenze è proposto da Ireos Onlus – Centro servizi autogestito comunità queer in collaborazione con ADirezione istruzione – Servizio attività educative e formative – Ufficio progetti educativi. Il progetto, come si legge, prevede di «individuare gli stereotipi di genere presenti in fiabe, racconti, personaggi dei cartoni animati, giocattoli, mass media e nella realtà della vita quotidiana, in base quindi a come e quanto sono diffusi nel contesto culturale di appartenenza». In base a quanto riportato sul quotidiano, una maestra avrebbe inoltre scritto questo post su Facebook, riferito al progetto: «Esercizio di drammatizzazione con ruoli maschili e femminili dati a caso. Il maschio tocca alla femmina e passa, la femmina tocca al maschio e risatine al seguito» –:

   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se non ritenga opportuno che il materiale didattico utilizzato, per tale progetto venga reso pubblico prima di essere proposto a bambini delle scuole elementari;

   se non ritenga opportuno che tali attività per i bambini vengano sottoposte preventivamente ad autorizzazione scritta firmata dai genitori.
(3-01913)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FIORAMONTI, CECCONI e FRATE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   terminato il lockdown, la riapertura delle scuole era un obiettivo auspicabile e necessario. La scuola è la principale infrastruttura civile del Paese e la sua chiusura, per ragioni di improrogabile emergenza sanitaria, ha segnato un momento di profonda drammaticità per tutta la comunità democratica. Dopo le criticità e le lacune strutturali che hanno caratterizzato la didattica a distanza, il rientro in classe richiedeva la massima attenzione al fine di garantire la piena e serena fruibilità delle attività didattiche;

   pertanto, si sarebbe dovuto – a fronte di una eventuale, oggi evidente, recrudescenza dei contagi – pianificare una strategia seria e concreta armonizzando ogni intervento legislativo e ministeriale in vista dello scenario peggiore. Purtroppo, così non è stato. Ancora una volta, la comunità scolastica è costretta a subire ritardi, incertezze e l'assenza di una programmazione puntuale;

   un esempio è quello che riguarda gli studenti con familiari fragili. Oltre seimila famiglie, in collaborazione con le associazioni per le malattie croniche e rare (Nmar, Alomar, Fand, Fondazione The Bridge), hanno denunciato questa grave mancanza. Infatti, attualmente non è stata data alcuna indicazione a tutela delle famiglie al cui interno sono presenti persone con patologie croniche, soggetti particolarmente esposti a cui il virus potrebbe creare complicanze importanti per il rischio della vita;

   invero, l'ordinanza del Ministro dell'istruzione contempla esclusivamente l'ipotesi di «studenti con patologie gravi o immunodepressi» i quali «qualora nella certificazione prodotta sia comprovata l'impossibilità di fruizione di lezioni in presenza presso l'istituzione scolastica, possono beneficiare di forme di DDI ovvero di ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi predisposti». Come si evince dal tenore letterale dell'ordinanza de quo, manca una esplicita previsione per gli studenti che convivono con familiari affetti da specifiche fragilità sebbene il Cspi (Consiglio superiore della pubblica istruzione), con apposito parere, abbia suggerito all'Amministrazione «di prendere in considerazione anche il caso di alunni che convivono con soggetti affetti da gravi patologie o immunodepressi, evidenziando la necessità del coinvolgimento del Dipartimento di Prevenzione». Il problema è di particolare rilievo e la proposta di far indossare eventualmente la mascherina solo agli alunni con specifiche condizioni di fragilità in famiglia (nella scuola primaria) oppure l'allontanamento dalla propria abitazione delle persone a rischio per un intero anno scolastico non appaiono soluzioni adeguate, ma rischiano esclusivamente di alimentare confusione ed incertezza. Serve, piuttosto, un intervento normativo urgente e dedicato. Dunque, sarebbe opportuno che a tali famiglie sia data la facoltà di scelta, per le scuole di ogni ordine e grado, tra didattica a distanza e didattica in presenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative normative intenda adottare al fine disciplinare in maniera puntuale, per tutti gli istituti di ordine e grado, la possibilità di scelta, da parte dei docenti fragili, nell'adottare la didattica a distanza e, da parte delle famiglie con fragilità al loro interno, nel far seguire a distanza le lezioni ai propri figli, affinché lo Stato possa garantire quel diritto di eguaglianza sostanziale, come sancito dall'articolo 3, secondo comma della Costituzione e in forza del quale non è possibile operare alcuna discriminazione, insieme alla garanzia della tutela del diritto alla salute.
(4-07520)


   SASSO, DE ANGELIS e PATELLI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il mondo della scuola è sempre più caratterizzato da problemi, divisioni, didattica negata sia in presenza, a causa delle numerose cattedre ancora scoperte, sia a distanza a causa del divario digitale che provoca la negazione del diritto allo studio per circa due milioni di studenti;

   ad oggi infatti, numerosissime cattedre risultano ancora scoperte, i cosiddetti incarichi annuali su posto vacante non sono ancora stati assegnati e gli incarichi di supplenza non vengono assegnati a causa dei molteplici errori delle graduatorie per le supplenze tanto volute dallo stesso Ministro;

   in numerose regioni, inoltre, gli uffici scolastici regionali stanno revocando le nomine dei cosiddetti supplenti Covid, quelli dell'organico aggiuntivo, personale docente e personale Ata chiamato a sostituire i colleghi in ruolo che si assentano in questo periodo, che da due mesi non percepisce alcuno stipendio;

   dopo che gli istituti scolastici, sulla base del numero indicato dai propri uffici territoriali, hanno provveduto ad assumere gli insegnanti e Ata autorizzati, il Ministero dell'istruzione comunicava, a causa di errori commessi nei calcoli fatti dal Ministero e quelli del portale degli stipendi della pubblica amministrazione, l'invito ai dirigenti a fermare questo genere di assunzioni;

   le conseguenze di questa situazione sono evidenti: grave carenza di personale docente, orari ridotti, e studenti lasciati soli in classe –:

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare affinché sia liquidato immediatamente lo stipendio a questi lavoratori che, seppur precari da molto tempo, si dedicano con dedizione al buon andamento del sistema scolastico, anche a rischio di contagio.
(4-07521)


   FOTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   appaiono evidenti le incongruenze riferite al nuovo insegnamento dell'educazione civica, di cui al decreto ministeriale recante «Linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, ai sensi dell'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92», emanato di recente dal Ministero dell'istruzione;

   essendo state ridotte di un terzo le attività didattiche online per le scuole secondarie di secondo grado, il Ministero ha predisposto una nuova disciplina, con 33 ore curricolari annuali, che aumenterà il già pesante carico di lavoro didattico di docenti e studenti, accentuando ulteriormente la confusione con il demandare peraltro l'esecuzione di dette disposizioni generiche, ancorché a parere dell'interrogante ideologicamente orientate, agli organi, collegiali e non, di ogni istituto;

   detta disciplina comporterà una non omogeneità di trattazione delle aree tematiche tra le diverse realtà scolastiche presenti sul territorio, con possibile sovrapposizione di argomenti già presenti nelle discipline del curricolo annuale ordinario;

   tale genericità, sorprendente nell'attivazione di una nuova materia con valutazione a sé stante, è facilmente riscontrabile nelle seguenti aree tematiche:

    1. Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà;

    2. Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio;

    3. Cittadinanza digitale;

   non si contano poi le lamentele e i malumori nel corpo docente, anche per quanto riguarda l'individuazione degli assegnatari di questo ulteriore carico di lavoro che andrebbe, comunque, a detrimento dello svolgimento dei curricoli annuali, già fortemente penalizzati dalle vicende della didattica online –:

   se, alla luce di quanto su esposto, il Ministro interrogato intenda assumere ogni utile iniziativa volta ad evitare un insegnamento dell'educazione civica ideologicamente orientato.
(4-07526)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto decreto-legge Cura Italia), così come convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, prevedeva che, fino al 30 aprile 2020, per i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per quelli in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, il periodo di assenza dal servizio fosse equiparato al ricovero ospedaliero di cui all'articolo 87, comma 1, primo periodo, del medesimo decreto-legge «Cura Italia»;

   il comma 5 dell'articolo 26 del decreto-legge «Cura Italia» stabiliva altresì che, in deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico del datore di lavoro connessi con le tutele previste dall'articolo in parola fossero posti a carico dello Stato «nel limite massimo di spesa di 130 milioni di euro per l'anno 2020»;

   la stessa norma ha demandato all'Inps di provvedere al monitoraggio di tale limite di spesa specificando che, ove dal monitoraggio emergesse il raggiungimento di esso, anche in via prospettica, non debbano essere prese in considerazione le ulteriori domande;

   in forza dell'articolo 74 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto-legge Rilancio), così come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, la vigenza del comma 2 dell'articolo 26 del decreto-legge «Cura Italia» è stata prorogata al 31 luglio 2020, portando a 380 milioni di euro il tetto massimo di spesa previsto a copertura sia delle misure stabilite per i lavoratori fragili dal comma 2, sia di quelle di cui al comma 1;

   mentre dalla relazione tecnica al decreto-legge «Cura Italia» non sembrava evincersi alcun cenno alla platea dei destinatari della misura riservata ai lavoratori fragili, la relazione tecnica al decreto-legge «Rilancio» indica come gli effetti finanziari della norma derivino solo dai dipendenti del settore privato e stima che il numero dei soggetti potenzialmente interessati possa essere complessivamente pari a circa 55.200 (di cui 25.000 in possesso di riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 30.000 lavoratori immunodepressi o oncologici privi di tale attestazione);

   in forza del comma 1-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (cosiddetto decreto-legge «Agosto»), inserito in sede di conversione dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, il termine del 31 luglio 2020 è stato nuovamente prorogato al 15 ottobre 2020, con un ulteriore incremento delle risorse a copertura delle nuove disposizioni per un importo pari a 283 milioni di euro;

   per il periodo dal 16 ottobre fino al 31 dicembre 2020, è stato invece previsto che i lavoratori fragili svolgano di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche con diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, o effettuino specifiche attività di formazione professionale anche da remoto (comma 2-bis dell'articolo 26 del decreto-legge «Cura Italia», così come modificato dal decreto-legge «Agosto» come convertito);

   dal 16 ottobre 2020, dunque, i lavoratori fragili che svolgono un'attività lavorativa comunque incompatibile con il lavoro agile o con attività di formazione effettuata da remoto risultano privi di qualsiasi tutela, nonostante la situazione epidemiologica legata al Covid-19 sia peggiorata, come dimostrato dalle misure fortemente restrittive adottate dal Governo nelle ultime settimane;

   inoltre, gli stessi lavoratori fragili sono rimasti privi delle tutele di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» nel periodo intercorso tra la scadenza del 31 luglio 2020 e l'entrata in vigore della proroga prevista dal decreto-legge «Agosto» come convertito, e non è stato ancora fornito alcun chiarimento normativo circa la disciplina da applicare ex post ad eventuali periodi di assenza dei lavoratori fragili necessari a tutela della loro salute, nel predetto periodo di vacatio legis;

   peraltro, ancorché con successivi messaggi, l'Inps abbia fornito una serie di indicazioni operative circa i contorni applicativi dell'articolo 26 del decreto-legge «Cura Italia», ancora non è stato chiarito se le assenze lavorative previste dal comma 2 di tale articolo siano da escludere dal computo del periodo di comporto, così come espressamente previsto dal comma 1 dello stesso articolo 26 con riguardo al periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6;

   infine, allo stato, non risultano gli esiti del monitoraggio demandato all'Inps in merito ai beneficiari effettivi delle misure a tutela dei lavoratori fragili, sicché ad oggi non e noto se i limiti di spesa previsti per tali misure siano stati raggiunti, ovvero se vi siano avanzi di spesa che potrebbero essere impiegati per prorogare ulteriormente le tutele dei lavoratori fragili impossibilitati a usufruire di forme di smart working –:

   alla luce dell'attuale grave quadro epidemiologico legato alla pandemia da Covid-19, quali iniziative intenda promuovere il Governo per:

    a) definire di quali tutele possano beneficiare i lavoratori fragili la cui attività lavorativa sia del tutto incompatibile con forme di lavoro agile o formazione in remoto e per i quali l'attività in presenza costituisca un grave rischio per la salute;

    b) assicurare parità di trattamento, ai fini del calcolo del periodo di comporto, tra le assenze di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» e quelle di cui al comma 1 dello stesso articolo;

    c) verificare gli esiti del monitoraggio demandato all'Inps ai sensi dell'articolo 26, comma 5, del decreto-legge «Cura Italia» e così accertare se vi siano avanzi delle risorse stanziate impiegabili per tutelare i lavoratori fragili anche in questa grave fase della pandemia da Covid-19.
(2-01012) «Boschi, Noja, De Filippo, Marco Di Maio, Ungaro, Ferri, Paita, Occhionero, Del Barba, Moretto, Scoma».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   come segnalato nel Rapporto dell'istituto superiore della Sanità (Iss) «Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale», i luoghi di lavoro si sono dimostrati, fin dalla fase acuta della pandemia, un importante serbatoio di infezioni, non solo in ambienti a rischio specifico, come quello sanitario, ma anche in contesti che, in Italia e non solo, sono stati caratterizzati da cluster anche di notevoli dimensioni, ad esempio nel settore agroalimentare (aziende agricole, trasformazione delle carni, mercati) e in quello delle spedizioni mediante corriere. Inoltre, la ripresa delle attività lavorative in presenza, anche se in percentuali variabili a seconda dei settori, potrebbe contribuire alla attivazione di ulteriori focolai epidemici;

   il contagio da Covid-19 è stato equiparato all'infortunio sul lavoro dall'articolo 42 del decreto-legge n. 18 del 2020;

   dai dati rilevati dalla Scheda nazionale infortuni Covid-19 Inail, aggiornata al 30 settembre 2020, le denunce di contagio sul lavoro da Covid-19 sono state 54.128 e provenienti dai seguenti settori: sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili...) (70,3 per cento); amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) (8,9 per cento); noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call center e altro) (4,4 per cento); settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) (3,3 per cento) e dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con il 2,7 per cento;

   le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale a seguito di Covid-19 sono state 319 e registrate nel settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili...) (21,3 per cento); attività del manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) (13,8 per cento); trasporto e magazzinaggio (12,0 per cento); amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), dal commercio all'ingrosso e al dettaglio con il 10,7 per cento ciascuna; costruzioni (8,0 per cento); attività professionali, scientifiche e tecniche (dei consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) (4,9 per cento); attività dei servizi di alloggio e ristorazione e finanziarie e assicurative con il 4,0 per cento ciascuna;

   tra le misure organizzative di prevenzione e protezione dal rischio previste dal «Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro» del 14 marzo 2020 e la sua integrazione del 24 aprile 2020 e dai protocolli di settore, a tutela della salute e sicurezza di 23 milioni di lavoratori interessati, si prevede, tra l'altro, che le aziende assicurino la pulizia giornaliera e sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago e garantiscano la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi –:

   se si ritenga di adottare le iniziative di competenza, anche narrative, al fine di potenziare i controlli del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle aziende sanitarie locali per verificare che i datori di lavoro (pubblici e privati) adempiano alle prescrizioni contenute nei protocolli e nelle linee guida per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19.
(2-01013) «D'Arrando, Del Sesto, Grippa, Mammì, Penna».

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui dispone che: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» a prescindere dalle condizioni personali, sociali e di salute dell'individuo, si pone anche a tutela della disabilità;

   la disabilità è la condizione in cui versano soggetti che, a causa di una o più patologie, non sono del tutto autonomi nello svolgimento delle attività della vita quotidiana e permangono, quindi, in condizioni di svantaggio che rendono più difficoltosa la loro partecipazione alla vita sociale. In quest'ottica, numerose famiglie in cui vi è la presenza di una persona portatrice di disabilità si rivolgono a centri diurni per disabili, la cui funzione è quella di accudire ed alleggerire le famiglie nel processo di sviluppo e riabilitazione del disabile;

   l'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19 e i relativi provvedimenti adottati per il contrasto e il contenimento del contagio, hanno gravemente compromesso le attività dei centri diurni per disabili, precludendone l'operatività, la funzionalità e la qualità dei servizi di oltre la metà, a causa della riduzione degli utenti e degli operatori, professionisti e volontari, i quali hanno prestato la propria opera sino allo sfinimento;

   nell'ultimo periodo la frequentazione dei Centri diurni per disabili è ripresa con estrema difficoltà, riducendo l'efficacia delle abilitazioni e delle riabilitazioni, fino a casi più drastici in cui i centri, dopo la chiusura imposta dal Governo con il decreto «Cura Italia», non hanno più proceduto alla riapertura;

   la preoccupazione di un nuovo lockdown generalizzato è altissima e moltissime famiglie, per il tramite di associazioni di categoria, tengono a far sapere di non essere in grado di affrontare altri mesi chiusi in casa con un figlio o un familiare con gravi deficit cognitivi e comportamentali, senza l'assistenza di personale in grado di alleggerire il carico di lavoro, altrimenti insostenibile;

   la chiusura delle strutture, a parere dell'interrogante, sarebbe molto grave in assenza di un'adeguata e personalizzata assistenza domiciliare che, purtroppo, in moltissimi casi, è mancata durante la fase più acuta della pandemia ed altrettanto grave è il perenne stato di incertezza e difficoltà nel comprendere e garantire il rigoroso rispetto delle disposizioni che, a causa del reiterato susseguirsi di decreti ed ordinanze, mutano rapidamente;

   il dovere di tutelare la salute di persone fragili e indifese, preservandole dal rischio di contrarre il virus Covid-19, è sacrosanto, ma, al contempo, è doveroso tenere presente che le persone con disabilità rare e complesse non si ammassano e raramente affollano luoghi senza rispettare le più elementari prescrizioni di sicurezza;

   la strategia dei due turni, sin ora adottata nella maggior parte dei centri diurni per disabili che sono stati in grado di riaprire, aumenta esponenzialmente i costi a carico delle famiglie, che difficilmente sono in grado di sostenere –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere particolari iniziative che garantiscano, attraverso la personalizzazione degli interventi, maggiore attenzione nei riguardi delle persone diversamente abili, supportando economicamente e logisticamente i progetti e le attività dei centri diurni per disabili e scongiurandone altresì la chiusura.
(3-01902)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   ZANGRILLO e MULÈ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto Rilancio), introdotto nel corso dei lavori alla Camera dei deputati a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato da Forza Italia, autorizza la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2020 in favore dei lavoratori frontalieri;

   la disposizione citata prevede altresì che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in questione sono stabiliti i criteri per il riconoscimento del beneficio nel rispetto del limite di spesa previsto;

   nonostante siano ampiamente trascorsi i trenta giorni previsti dalla norma, il decreto attuativo citato non è stato ancora emanato, continuando a provocare notevoli disagi ai lavoratori frontalieri;

   a tal proposito, il 5 novembre 2020, gli interroganti hanno svolto una interrogazione a risposta immediata (n. 5-04948) in XI Commissione chiedendo chiarimenti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa le tempistiche di emanazione del decreto attuativo menzionato;

   in tale occasione, il Sottosegretario Stanislao Di Piazza ha affermato che «nella predisposizione del suddetto decreto interministeriale, anche a seguito del confronto con la Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali dell'INPS, sono emerse alcune criticità, legate soprattutto all'esatta individuazione della platea dei beneficiari del contributo e pertanto, gli uffici coinvolti, hanno riscontrato la necessità di ulteriori chiarimenti e approfondimenti»;

   ad avviso dell'interrogante, è intollerabile che dopo tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, il Governo si sia trincerato dietro quello che appare agli interroganti un linguaggio burocratico, nel tentativo di nascondere la propria incapacità di adempiere ai doveri previsti dalla legge;

   è, altresì, sconcertante che la già conclamata incompetenza e inadeguatezza dell'Inps, a danno dei lavoratori, in un momento di così grande incertezza e difficoltà economica, sia stata purtroppo confermata anche in tale occasione –:

   se il Ministro interrogato non intenda chiarire dettagliatamente quali siano le criticità riscontrate dall'Inps nell'individuazione della platea dei beneficiari del contributo previsto dall'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, 77, precisando con quali tempistiche intenda emanare il decreto previsto dalla normativa appena citata.
(5-05022)


   RIZZETTO e MOLLICONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori cosiddetti fragili stanno lamentando la mancanza di tutele in questo complesso periodo di emergenza sanitaria;

   al riguardo, a loro protezione, da ultimo, il decreto «Agosto» (decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104), all'articolo n. 26, ha previsto che, fino al 15 ottobre 2020, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero, per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, in possesso di certificazione che attesti una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, inclusi i disabili gravi;

   mentre, dal 16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020, la norma prevede che i lavoratori fragili «svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto»;

   ebbene, premettendo che tale disposizione è in modo evidente non chiara poiché, affermando che «di norma» i lavoratori fragili, dal 16 ottobre, (non potendo possono usufruire dell'assenza equiparata al ricovero ospedaliero) svolgono il lavoro in modalità agile, non si comprende se ci sia un obbligo o meno per il datore di riconoscere il lavoro agile;

   sta di fatto che migliaia di lavoratori appartenenti a tale categoria stanno lamentando che, ad oggi, si vedono rifiutare la possibilità di lavorare da remoto, anche nei casi in cui è possibile ricorrere a detta modalità. Pertanto, queste persone vengono costrette ad usufruire di ferie e permessi, a mettersi in malattia, oppure, addirittura, a rientrare a lavoro mettendo a rischio la propria salute;

   si tratta di una grave situazione in cui, ingiustamente, molti datori pubblici e privati non accordano lo svolgimento del lavoro agile a persone che hanno importanti problemi di salute. Tra l'altro, il predetto articolo 26 riconosce questa modalità di esecuzione della prestazione anche attraverso la possibilità di adibire il lavoratore a diversa mansione o lo svolgimento di attività di formazione professionale anche da remoto;

   è chiaro quindi che le disposizioni a protezione dei lavoratori fragili non stanno trovando reale applicazione, nella parte in cui si prevede il ricorso al lavoro agile –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare a tutela dei lavoratori fragili, considerando che i provvedimenti normativi posti in essere non risulta vengano applicati, come esposto in premessa.
(5-05023)


   DURIGON, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI e RIBOLLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   quelle che gli interroganti giudicano le continue dimenticanze del Governo su talune categorie di lavoratori ai fini della tutela in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19, impongono interventi correttivi continui che, però, talvolta finiscono con il caratterizzarsi come «la toppa peggio del buco»;

   il riferimento è ai recenti decreti di natura economica ed agli interventi da essi recati sul tema delle misure di integrazione salariale alla luce della emergenza epidemiologica da COVID-19;

   il primo decreto comunemente noto come «Decreto-ristori» ha concesso 6 settimane di integrazione salariale con causale COVID-19 da utilizzare entro il 31 gennaio 2021 per le sole aziende alle quali sia già stato interamente autorizzato il periodo di ammortizzatori sociali offerto dal decreto «Agosto», cioè le 18 settimane da utilizzare entro il 31 dicembre 2020, utilizzando la medesima formula già presente nel decreto-legge «Agosto», ovvero la riduzione delle settimane concretamente disponibili, in presenza di altre settimane già autorizzate nel periodo di riferimento;

   tuttavia, è stata dimenticata la sorte dei lavoratori assunti dopo il 13 luglio 2020, con contratto a termine ovvero a tempo indeterminato, escludendoli dalla copertura dell'ammortizzatore sociale divenuto ora necessario con la seconda ondata di pandemia;

   tale categoria di lavoratori, dunque, già esclusi dal decreto-legge «Agosto» ed anche dal decreto-legge «Ristori», sarebbero rimasti ancora privi di tutela fino al prossimo 31 gennaio se non fosse, nel mentre, intervenuto un secondo decreto noto come «Ristori-bis», col quale è stato previsto che i lavoratori assunti dal 13 luglio 2020 in poi: a) restano esclusi dai trattamenti di integrazione salariale per i periodi fino al 16 novembre 2020; b) sono esclusi dai trattamenti di integrazione salariale previsti dal decreto «Agosto», fino al 31 dicembre 2020; c) possono fruire esclusivamente delle 6 settimane di integrazione salariale offerte dal primo decreto «Ristori»;

   resta tuttavia la problematica che molte aziende non possono – di fatto – accedere alle settimane di integrazione salariale del primo decreto «Ristori», poiché non hanno ancora fruito – o comunque non hanno ancora ottenuto l'autorizzazione a fruirne – di tutte le settimane previste dal decreto «Agosto»;

   ne deriva che, poiché l'azienda deve prioritariamente esaurire le settimane di cassa integrazione guadagni del decreto «Agosto» e poiché da quest'ultimo i lavoratori assunti dopo il 13 luglio ne sono esclusi, di fatto per questi ultimi la «toppa» prevista dal «Ristori-bis» si configura come una beffa –:

   se e quali iniziative intenda adottare per porre rimedio tempestivamente alla criticità esposta in premessa.
(5-05024)


   AMITRANO, BARZOTTI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dall'ultimo report realizzato dall'Inail, emerge che circa il 95 per cento delle mascherine anti-COVID in circolazione nel nostro Paese, risulta non essere a norma per varie cause come, ad esempio, i test report carenti o non conformi alle norme di riferimento e, pertanto, non appaiono sicure sul fronte della salute pubblica, a differenza del restante 5 per cento delle mascherine analizzate che risultano idonee alle vigenti norme tecniche di conformità;

   a causa della difficile emergenza sanitaria e della difficoltà di reperire enormi quantità di dispositivi di protezione individuale (Dpi), in via eccezionale è stata autorizzata la diffusione di mascherine non conformi alle norme di sicurezza attraverso il decreto-legge n. 18 del 2020 (articolo 15) e successivamente con il decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 66-bis), introducendo la possibilità di immettere sul mercato Dpi realizzati in deroga alle vigenti disposizioni normative sulla marcatura CE, al fine di fronteggiare la carenza di tali dispositivi;

   i Dpi sono strumenti utilizzati per proteggere il lavoratore contro i rischi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che devono però essere conformi ai requisiti previsti dalle specifiche tecniche della normativa europea;

   nel nostro Paese, la situazione del mercato che autorizza la commercializzazione dei Dpi non conformi alle norme di cui al decreto legislativo 19 febbraio 2019, n. 17 – che adegua la normativa nazionale in materia di Dpi in conformità alla normativa comunitaria di cui al regolamento (UE) n. 2016/245 – ha prodotto effetti negativi sia sulle imprese che realizzano prodotti con requisiti tecnici a norma di legge, sia sui lavoratori provvisti di dispositivi spesso scadenti con rischi per la propria salute;

   con l'utilizzo obbligatorio delle mascherine, sarà necessario avviare un nuovo processo culturale che valorizzi la prevenzione dei rischi per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e in questa prospettiva, è altresì necessario, con riferimento ai dispositivi di protezione individuale, adeguare e aggiornare il contenuto del decreto ministeriale del 2 maggio 2001 alla vigente normativa nazionale ed europea –:

   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda adottare ulteriori iniziative in materia di requisiti tecnici dei Dpi, al fine di limitare il mercato e il commercio dei Dpi non a norma che ad oggi, dai dati percentuali sul processo di validazione pubblicati dall'Inail, risultano essere maggiormente diffusi e in numero superiore ai Dpi con marcatura CE.
(5-05025)


   EPIFANI e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 3 novembre 2020 Venchi Spa ha chiuso il punto vendita nel Terminal 1 dell'aeroporto di Fiumicino;

   il giorno successivo, il 4 novembre 2020, l'azienda ha recapitato ai lavoratori del punto vendita una lettera di trasferimento presso alcuni punti vendita Venchi nel nord Italia: Torino, Vicenza, Parma, Venezia e Piacenza;

   tra i lavoratori coinvolti ben dieci sono donne, che per trasferirsi sarebbero costrette a lasciare i figli e le famiglie a Roma. A ciò va aggiunta la pandemia COVID-19, che renderebbe il trasferimento ancora più difficile e anche rischioso. Queste lavoratrici vengono messe di fronte ad una scelta terribile: lasciare le proprie famiglie o dimettersi;

   Venchi spa ha altri due punti vendita a Fiumicino e altri sei a Roma. Le lavoratrici e i lavoratori chiedono di essere trasferiti in questi negozi;

   la scelta del trasferimento fuori regione è in questa fase gravissima e sembra agli interroganti un modo per aggirare il blocco dei licenziamenti attualmente previsto dal Governo fino al 31 gennaio 2021;

   inoltre, se costrette a dimettersi per evitare il trasferimento, le lavoratrici non avrebbero diritto ad alcun ammortizzatore sociale –:

  quali iniziative intenda adottare per quanto di competenza, per tutelare lavoratrici e lavoratori che si trovino in situazioni quali quelle segnalati in premessa, evitando che possano perdere il proprio posto di lavoro in piena emergenza da COVID-19.
(5-05026)


   VISCOMI e LA MARCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), in ottemperanza ai suoi compiti di istituto, dopo un iniziale rinvio della seconda fase di accertamento (febbraio-luglio 2020) per una parte degli interessati, ha aperto dal 1° ottobre 2020 la nuova campagna di accertamento in vita dei pensionati italiani residenti all'estero, che dovrebbe chiudersi entro il mese di febbraio 2021;

   le operazioni che i pensionati saranno chiamati ad assolvere cadono nella fase di forte ripresa della pandemia, che non risparmia nessuno dei Paesi dove risiede il maggior numero dei nostri anziani; esse, pertanto, costituiscono un obiettivo fattore di rischio per loro e per gli operatori di patronati, ai quali i pensionati si rivolgono per essere guidati e aiutati nei loro adempimenti, recandosi in locali che non sempre possono garantire il rispetto delle norme di distanziamento sodale adottate per l'occasione;

   un giustificato allarme per la diffusa situazione di rischio che in tal modo si sarebbe creata è venuto dalle organizzazioni dei patronati, dalla maggioranza dei parlamentari eletti all'estero e dal Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), che hanno chiesto il rinvio dell'operazione e/o la sua conversione per quest'anno in attestazioni mediante forme di autocertificazione, in modo da tutelare la salute degli anziani ed evitare il congestionamento degli uffici addetti allo scopo;

   tali richieste, tuttavia, non hanno trovato ascolto presso le istanze dirigenziali dell'Istituto, che si sono impegnate solo a sottolineare, mediante un comunicato stampa, i diversi mesi a disposizione e l'invito a diluire nel tempo il contatto con gli uffici preposti;

   di recente, su iniziativa della direzione generale per gli italiani all'estero, si è definita una convenzione tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'Inps per consentire che, alle forme consolidate di accertamento in vita, si possa affiancare, ad opera degli addetti consolari, anche una modalità di accertamento tramite videochiamata, che comunque comporta alcune operazioni di natura burocratica, sia pure semplificate;

   l'esperienza di queste prime settimane sta comunque dimostrando che, ricevuta la lettera di avviso da parte della City Bank, i pensionati non modificano la loro consolidata abitudine di rivolgersi prima possibile ai patronati affollando le loro sedi ed è facile prevedere che anche per le operazioni connesse alle videochiamate si continuerà a fare ricorso ad essi –:

   se, nel superiore interesse di tutela della salute degli anziani e degli operatori sia dei patronati che dei nostri consolati, nonché di tutti quelli che intervengono nelle procedure di accertamento dell'esistenza in vita, non ritenga opportuno e urgente adottare iniziative affinché l'Inps proceda, finché l'onda più alta della pandemia non sia passata, alla sospensione della campagna o, in alternativa, consenta modalità di accertamento mediante autocertificazione, spostando nello stesso tempo al mese di aprile 2021 la scadenza dell'operazione.
(5-05027)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA, SERRACCHIANI, VISCOMI, CARLA CANTONE, LACARRA, GRIBAUDO e LEPRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, ai sensi dell'articolo 1, comma 500, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è stato riconosciuto il diritto all'accesso al trattamento di pensione, con anzianità contributiva di almeno 35 anni nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, per i lavoratori poligrafici di imprese stampatrici di giornali quotidiani e di periodici e di imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale;

   in virtù di tale disposizione, diverse società, fra le quali quelle che gestiscono i quotidiani «L'Unione Sarda» e «La nuova Sardegna», hanno presentato i corrispondenti piani di riorganizzazione, piani che sono stati puntualmente oggetto di accordo e di decreto da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   tuttavia, a distanza di quasi un anno, i lavoratori di diverse testate, in particolare quelli delle due succitate, non hanno ancora potuto accedere al pensionamento anticipato, in quanto l'Inps sostiene di non aver mai ricevuto i decreti di autorizzazione con i relativi elenchi dei lavoratori interessati e, pertanto, l'istituto dichiara di non poter procedere al monitoraggio della spesa;

   un importante provvedimento, che prendeva atto della grave crisi del settore dell'editoria nel nostro Paese, rischia, per quanto riguarda la realtà sarda in particolare, di rimanere lettera morta per le incomprensibili lungaggini burocratiche tra le amministrazioni dello Stato, lasciando molti lavoratori nell'incertezza del proprio futuro –:

   quali siano le ragioni dei ritardi nel riconoscimento del trattamento anticipato di pensione per i lavoratori poligrafici, in particolare quelli delle testate citate in premessa, e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di superare tale situazione.
(5-05011)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PITTALIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 29 luglio 2020 l'Organismo nazionale di controllo (Onc) ha deliberato di non ammettere il Centro di servizio per il volontariato Sardegna Solidale (Csv) nell'ambito della procedura di accreditamento prevista dalla riforma del terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017;

   il 28 ottobre 2020 all'esito di una audizione speciale tenutasi a settembre, l'Onc ha confermato la sua determinazione, ritenendo di non accogliere gli argomenti svolti da Sardegna Solidale;

   alla base della decisione circa l'impossibilità dell'accreditamento, da quanto si apprende, starebbe il rilievo che l'associazione Sardegna Solidale non era il soggetto cui oltre vent'anni fa il Co.Ge. della Sardegna e la regione Sardegna avevano affidato il compito di organizzare e gestire il Centro di servizio per il volontariato;

   fin dall'estate, la decisione dell'Onc suscitato una immediata e unanime presa di posizione a favore delle ragioni del Csv: 267 sindaci sardi hanno sottoscritto e inviato una missiva all'Organismo, evidenziando la non condivisibilità, nel merito, della decisione assunta e la gravità dei suoi riflessi sull'intero sistema di volontariato dell'isola; appelli accorati sono giunti poi, fra gli altri, dalla Conferenza episcopale sarda e da Avis, che nel corso degli anni hanno avuto modo di collaborare sul campo con Sardegna Solidale, misurandone e apprezzandone l'inestimabile impegno sul territorio;

   in effetti, la storia ormai più che ventennale di Sardegna Solidale, il cui Comitato promotore è presieduto da Don Angelo Pittau, è costellata di iniziative, attività e riconoscimenti che ne testimoniano l'assoluta centralità nell'universo del volontariato sardo;

   nella gestione, il Comitato promotore ha da subito responsabilizzato oltre 400 associazioni, considerando i soci diretti e indiretti; e altre 800 sono le organizzazioni che nel territorio hanno rappresentato ed espresso il Csv Sardegna solidale; non si contano le iniziative, dalla Carovana del volontariato alle Marce della pace, passando per le Piazze solidali;

   l'alto magistero svolto da Sardegna Solidale, peraltro, ha trovato anche un eccezionale riconoscimento da parte di Papa Francesco, che nell'incontrare l'associazione in un'udienza speciale il 30 novembre 2018, ebbe a pronunciare parole di apprezzamento e incoraggiamento; vale qui la pena riportare quanto affermato dal Santo Padre: «la vostra realtà associativa raccoglie numerose organizzazioni di volontariato, svolgendo un considerevole servizio di aggregazione e di cooperazione, volto a rendere più qualificato ed efficace l'impegno in favore di quanti versano in condizioni precarie. Vi incoraggio a proseguire con spirito di intesa e di unità; potrete così diffondere più capillarmente la cultura della solidarietà»;

   ora, lungi dall'interrogante la volontà di creare sovrapposizioni con gli accertamenti giurisdizionali nelle sedi competenti, sebbene valga qui la pena ricordare, almeno, come la questione sollevata dall'Onc lascia perplessi, giacché in precedenti giudizi, pur vertenti su profili diversi, la legittimità dell'operato di Sardegna Solidale è sempre stata confermata;

   si ritiene nondimeno della massima urgenza, in sede parlamentare e sul piano politico, porre la questione all'attenzione del Ministro interrogato: il mancato accreditamento come CSV, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del codice del terzo settore, preclude l'accesso al fondo unico nazionale (Fun) e l'esercizio delle funzioni di raccordo e promozione del volontariato sul territorio previste dalla normativa;

   la decisione assunta dall'Onc si è già dimostrata – come testimoniato dalle numerose prese di posizione sopra riportate – gravida di pregiudizi per il sistema del volontariato sardo; si stima dunque necessario che siano forniti chiarimenti circa la posizione e l'indirizzo del Ministro in ordine a tale vicenda –:

   quali orientamenti il Ministro intenda assumere, per quanto di competenza, in riferimento alla vicenda del mancato accreditamento quale Centro di servizio per il volontariato di Sardegna Solidale.
(4-07509)


   LOMBARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 11 gennaio 1979, n. 12, come modificata dal decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, disciplina l'ordinamento della professione di consulente del lavoro, definendone l'oggetto, i requisiti per l'iscrizione all'albo e le modalità di esercizio della professione;

   l'articolo 5-ter del citato decreto-legge ha aggiunto l'articolo 8-bis alla legge del 1979, modificando condizioni e modalità di iscrizione all'albo dei consulenti del lavoro: se fino al 2007 era sufficiente il diploma di scuola secondaria superiore, oggi – per iscriversi all'albo – il libero professionista deve necessariamente possedere una laurea triennale o quinquennale in giurisprudenza, scienze economiche e commerciali o scienze politiche, ovvero il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro, nonché svolgere un biennio di pratica presso uno studio professionale di un consulente del lavoro o di uno dei professionisti individuati dall'articolo 1 della medesima legge al quale segue un esame statale per l'abilitazione allo svolgimento dell'attività professionale;

   per coloro che abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro con il diploma di scuola secondaria superiore, l'articolo 8-bis ha previsto la possibilità di iscriversi al relativo albo entro tre anni dalla data di entrata in vigore della disposizione coincidente con la data del 12 aprile 2010. I soggetti non in possesso dei titoli di laurea di cui all'articolo 3, secondo comma, lettera d), che, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, abbiano ottenuto il certificato di compiuta pratica o siano iscritti al registro dei praticanti o, ancora, abbiano presentato domanda di iscrizione al predetto registro dei praticanti, possono sostenere l'esame di abilitazione entro e non oltre il 31 dicembre 2013;

   coloro i quali, in possesso del solo diploma di scuola secondaria, avevano conseguito l'abilitazione prima dell'11 aprile 2010, ma non avevano provveduto ad iscriversi entro i termini previsti, oggi non possono esercitare la professione, restando obbligati ad investire almeno sei anni della loro vita per conseguire un'abilitazione della quale erano già in possesso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali chiarimenti, per quanto di competenza, intenda fornire al riguardo e quali iniziative intenda promuovere al fine di rimediare alla situazione di disparità determinata dall'introduzione del citato articolo 8-bis che da anni penalizza la categoria dei consulenti del lavoro.
(4-07510)


   VIETINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la «Naspi» è un'indennità che spetta ai lavoratori dipendenti che cessano involontariamente il proprio rapporto di lavoro;

   può durare un massimo di 24 mesi e per il 2020 non può avere un importo superiore a 1335,40 euro;

   per ricevere l'indennità è necessario che nel corso dei quattro anni precedenti alla richiesta si siano versate almeno 13 settimane di contributi e svolte un minimo di 30 giornate lavorative;

   con i decreti «Rilancio» ed «Agosto» sono state previste rispettivamente due proroghe dell'indennità di disoccupazione di due mesi ciascuno;

   per incassare le prime mensilità, molti beneficiari hanno dovuto attendere per mesi e l'Inps ha ufficialmente garantito che tutti i pagamenti relativi alla proroga della «Naspi» sarebbero terminati entro il 2 novembre 2020 e, di fatto, ciò non si è realizzato;

   la situazione economica di lavoratori e imprese è in grave pericolo e alla luce del nuovo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19 si attendeva dal Governo un'ulteriore proroga delle indennità di disoccupazione che, invece, non c'è stata;

   il Governo non ha chiarito le motivazioni a sostegno della mancata proroga, lasciando molti disoccupati, per i quali l'erogazione dei sussidi è al termine, nello sconforto e nel dubbio su quanto accadrà nel prossimo futuro –:

   se e in che tempi il Governo intenda adottare iniziative per prevedere un'ulteriore proroga della «Naspi», intervenendo a sostegno di lavoratori dipendenti che rischiano di restare privi di sussidi.
(4-07516)


   LUCIANO CANTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-04764 l'interrogante ha illustrato la questione relativa ai lavoratori marittimi, a tempo determinato, degli equipaggi in servizio sullo Stretto di Messina;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 3 luglio 2014, Fiamingo, ha riconosciuto l'applicabilità della direttiva 70/99/CE al lavoro marittimo con conseguente obbligo di osservanza per lo Stato e le società pubbliche determinando, dunque ai sensi dell'articolo 326 del codice della navigazione, l'obbligo di assunzione dei precari storici con contratto a tempo indeterminato, ma ciò non è avvenuto;

   Rfi persevera in quello che all'interrogante appare un abuso e stipula contratti a termine accedendo ad una interpretazione non conforme dell'articolo 326 del codice della navigazione, ossia continuando ad adoperare come «clausola di sicurezza» il termine di 78 giorni che, da un lato, impedisce il trascorrere del termine massimo di un anno (ovvero ai sensi dell'articolo 326 del codice della navigazione. «Il contratto di lavoro a tempo determinato per più viaggi se stipulato per una durata pari o superiore ad un anno si considera a tempo indeterminato») e la conversione del rapporto lasciando decorrere il termine di 60 giorni tra diversi contratti e, dall'altro, consente ai lavoratori di godere dei benefici della disoccupazione;

   tale prassi determina la creazione di un enorme bacino di precariato con aggravio di spese dello Stato, in quanto dopo la scadenza del contratto i lavoratori gravano sui bilanci dell'Inps;

   Rfi Navigazione Messina, con manifestazione di interesse prot. n. 457 del 9 novembre 2020, ha avviato una procedura di mobilità inter-societaria per le posizioni di comandante, direttore di macchina, primo ufficiale di coperta, primo ufficiale di macchina;

   la manifestazione di interesse interna è rivolta ai soli dipendenti delle società di navigazione Bluferries srl e Blujet srl, escludendo i precari ventennali che lavorano sulle navi sociali Rfi Villa, Scilla, Messina e Logudoro;

   l'articolo 19, comma 2, del contratto collettivo nazionale Fs prevede il limite complessivo di 36 mesi, anche nella successione dei contratti a termine per lo svolgimento di mansioni di pari livello e qualora venga superato tale limite, anche per effetto di una successione di contratti, esso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento;

   i precari in forza sulle navi sociali Rfi hanno superato tale limite e possiedono i requisiti per rivestire le mansioni necessarie a sopperire alle esigenze di personale marittimo Rfi;

   l'assunzione di personale tramite mobilità dalle società menzionate comporterebbe l'applicazione del contratto Confitarma contrariamente a quello che viene attuato per il personale delle navi sociali Rfi, per il personale di ruolo e i precari, ovvero il Contratto collettivo nazionale di lavoro Fs;

   tale situazione permetterebbe la compresenza di diverse tipologie contrattuali tra gli stessi dipendenti di Rfi ad avviso dell'interrogante in violazione del paragrafo 3 dell'articolo 16 del Ccnl FS –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione illustrata e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per valutare il rispetto delle procedure previste dalla legge e dal Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo alle attività ferroviarie per l'assunzione di lavoratori marittimi in seguito a manifestazione di interesse.
(4-07536)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 marzo 2019 Giuseppe Nucci, ex generale dei Carabinieri, veniva nominato direttore della direzione centrale pianificazione strategica, organizzazione, tecnologie e innovazione. Tale nomina veniva effettuata dal direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro Leonardo Alestra;

   in data 25 marzo 2019 allo stesso Nucci veniva altresì conferito – sempre da Leonardo Alestra – l'incarico ad interim di direttore della direzione centrale controlli, trasparenza e comunicazioni. Tale conferimento sarebbe avvenuto senza la pubblicazione di alcun interpello ma, come si legge nello stesso decreto di nomina, in quanto il Direttore dell'Inl Alestra avrebbe «manifestato il suo intendimento di conferire ad interim l'incarico della Direzione centrale controlli, trasparenza e comunicazione invitando i Direttori centrali dell'ispettorato a far conoscere, entro e non oltre il 21 marzo 2019, la disponibilità ad assumere il predetto incarico»;

   il 19 giugno 2020 è stato arrestato il responsabile anticorruzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, Giuseppe Nucci, agli arresti domiciliari con l'accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità e subappalto illecito. Secondo i magistrati, Giuseppe Nucci avrebbe chiesto e ottenuto da Ibm, società incaricata della realizzazione di un piano di informatizzazione dell'Inl, l'assunzione come consulente, con un compenso di 200.000 euro di Paolo Montali, da lui direttamente indicato; della detta cifra Giuseppe Nucci avrebbe poi dovuto percepire una tangente;

   l'inchiesta, iniziata grazie a segnalazioni interne all'Inl aveva portato a marzo 2020 alle dimissioni di Giuseppe Nucci da direttore centrale di due direzioni dell'Inl; in data 31 marzo 2020, il direttore dell'Inl ha emesso un comunicato di solidarietà nei confronti dello stesso Nucci, pubblicato sul sito intranet dell'Ispettorato nazionale del lavoro e anche un tweet sul profilo istituzionale dell'ente, nel quale si legge che «L'Ispettorato Nazionale del Lavoro e il suo Direttore ringraziano vivamente, Giuseppe Nucci, che cessa oggi dalla sua funzione di Direttore Centrale, per il generoso e prezioso contributo recato alla evoluzione dell'Agenzia»);

   il direttore generale dell'Inl Leonardo Alestra avrebbe inoltre inviato a Nucci una lettera di «vivo riconoscimento» per il lavoro svolto, dovuta alla richiesta di Nucci «di avere un minimo di dignità nell'uscita» e all'aver concordato quindi una «nota di ringraziamento»;

   in data 21 ottobre 2020, sempre stando a cronache giornalistiche, il dottor Alestra avrebbe ricevuto una comunicazione di conclusione delle indagini ai sensi dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale, con cui si notifica la conclusione di indagini a suo carico per i reati di abuso d'ufficio e falso. Secondo l'ipotesi accusatoria, il direttore dell'Inl avrebbe commesso tali reati nel conferire il primo incarico dirigenziale al dottor Nucci, in quanto quest'ultimo non avrebbe avuto i requisiti per poter essere nominato dirigente dell'ente;

   le indagini della magistratura, pur essendo il procedimento giudiziario tutt'ora in corso, gettano numerose ombre sulla realizzazione della nuova struttura informatica dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che, a causa dell'inchiesta e dello stravolgimento dovuto ai cambiamenti di vertice, potrebbe subire ulteriori ritardi;

   la situazione delle piattaforme informatiche degli enti ispettivi continua a essere infatti fortemente disomogenea e frammentata fra le strutture Inps, Inail e Inl, impedendo lo svolgersi di una corretta attività ispettiva –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa;

   quale sia lo stato di avanzamento della realizzazione della nuova struttura informatica dell'Ispettorato nazionale del lavoro appaltata a Ibm e se l'inchiesta riguardante il direttore Nucci abbia bloccato la realizzazione della struttura informatica e se vi siano conseguenze sull'appalto a Ibm;

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per l'omogeneizzazione e la spedita realizzazione delle strutture informatiche necessarie alla condivisione delle banche dati delle strutture ispettive e alla maggiore efficienza delle attività dell'Inl.
(4-07547)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, l'11 novembre 2020 il Parlamento europeo, con 633 voti favorevoli, ha adottato una risoluzione a supporto di un trattato bilaterale tra Unione europea e Repubblica Popolare Cinese sulla protezione di 100 prodotti con indicazione geografica (IG);

   secondo quanto si apprende a mezzo stampa, a fronte di 100 prodotti europei, l'accordo tutelerà 26 prodotti italiani, con la prospettiva di estendere l'accordo – dopo quattro anni dall'entrata in vigore – ad altri 175 prodotti;

   nel predetto accordo, al contrario dei trattati in vigore con Canada o Giappone, non risulta esplicitato il divieto di utilizzare i nomi generici in abbinamento con parole o simboli che richiamino all'italianità, aumentando esponenzialmente le possibilità di diffusione di prodotti «italian sounding», lasciando come unica via legale il ricorso al tribunale dei marchi con l'ausilio dell'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo);

   ad oggi, in Asia, sono oltre seicento i prodotti italian sounding presenti sul mercato, e tra i prodotti più imitati figurano i condimenti, salse, sughi e olio d'oliva, per il 26,8 per cento del totale, seguiti dai surgelati e piatti pronti con una quota del 19,6 per cento, dalla pasta per il 19,1 per cento ed i prodotti lattiero-caseari per il 17,5 per cento;

   nel 2018 e nel 2019 l'80 per cento dei sequestri europei di merci contraffatte ed usurpative ha avuto origine in Cina, causando perdite pari a 60 miliardi di euro per i fornitori europei;

   come noto, la Repubblica popolare cinese non rispetta e non segue le medesime regolamentazioni di sicurezza alimentare e di tutela del lavoro vigenti in Europa, ed esercita da sempre pratiche commerciali sleali e distorsive del mercato;

   il quadro vigente non fornisce adeguate rassicurazioni e tutele in merito alla effettiva tutela dei prodotti italiani a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo tra Unione europea e Repubblica popolare cinese, in particolar modo dal punto di vista sanzionatorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza abbia intenzione di intraprendere per tutelare, alla luce dell'accordo richiamato, i prodotti made in Italy dal fenomeno dell'italian sounding, anche mediante il divieto esplicito di abbinare parole o simboli che richiamino all'italianità con nomi generici ed anche promuovendo nelle sedi competenti un quadro coercitivo e sanzionatorio chiaro e di garantita applicazione.
(5-05018)


   LOSS, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI e MANZATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 27 marzo 2008 fissa i requisiti minimi dei centri autorizzati di assistenza agricola (Caa) e alle regioni compete il procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione ad operare quale Caa;

   l'articolo 6 del decreto legislativo n. 74 del 2018 individua negli «organismi pagatori» i mandatari per migliorare le convenzioni con i Caa, definendo «ulteriori requisiti inerenti alla consistenza numerica, alla competenza ed onorabilità del personale dipendente nonché alle risorse strumentali tecnologiche impiegate dai CAA per lo svolgimento delle attività»;

   tuttavia, va considerato che molti Caa sono istituiti (articolo 6, comma 3) con forma giuridica che può non prevedere la presenza di personale dipendente, come ad esempio per le associazioni di liberi professionisti, i quali – tra l'altro – soddisfano ex-ante i requisiti della competenza ed onorabilità, essendo iscritti ad ordini o collegi e quindi soggetti a deontologia, al controllo dei consigli disciplina e alla formazione obbligatoria permanente, e hanno ognuno una assicurazione professionale;

   nella primavera scorsa, dopo un incontro tra Agea e gli ordini professionali, questi hanno presentato delle richieste di modifica dello schema di convenzione, in modo da consentire l'operatività delle centinaia di sportelli Caa di liberi professionisti; tuttavia, nonostante nella risposta all'interrogazione 5-04118 il sottosegretario L'Abbate avesse assicurato che erano in corso tutte le necessarie interlocuzioni con i soggetti interessati al fine di superare ogni eventuale criticità e predisporre quindi un testo di convenzione il più condiviso possibile, gli ordini e collegi non hanno ricevuto alcuna comunicazione, né richiesta di incontro da Agea;

   infine, sempre nella risposta all'interrogazione era stata menzionata la costituzione di un rapporto di lavoro dipendente, anche a tempo determinato, cosa che non compare nella nuova proposta di convenzione, predisposta da Agea nelle scorse settimane, dove non risulta che siano inseriti nella convenzione Agea-Caa 2020-2021 i parametri di miglioramento per ogni genere di lavoratori, dai professionisti, ai dipendenti (anche a tempo determinato) in modo da garantire piena operatività e massima qualità per tutti i Caa senza togliere lavoro a nessuno –:

   sé non si ritenga di adottare iniziative per meglio definire, anche attraverso un tavolo di confronto con tutti i rappresentanti delle forme giuridiche dei Caa e con gli ordini professionali coinvolti, il dettaglio dei parametri di miglioramento per ogni genere di lavoratori dei Caa, includendo la possibilità del lavoro dipendente a tempo determinato (ora solo sottinteso), aumentando così anche le possibili assunzioni di personale da parte dei Caa e garantendo un migliore servizio alle aziende agricole.
(5-05019)


   GAGNARLI, CASSESE, CILLIS, DEL SESTO, GALIZIA, GALLINELLA, LOMBARDO, LOVECCHIO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in questi mesi di emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19, tra i comparti che indubbiamente hanno dimostrato la propria importanza e strategicità vi sono quello agricolo e agroalimentare;

   l'intera filiera, infatti, nonostante gli inevitabili contraccolpi causati dalle restrizioni per il contenimento della pandemia, non si è mai fermata, svolgendo un ruolo fondamentale in questi momenti drammatici per l'economia italiana;

   si è rivelato, pertanto, necessario un sostegno diretto al comparto che è avvenuto seguendo principalmente due direttrici: ristori immediati e misure atte a garantire «liquidità» alle imprese (contributi a fondo perduto, decontribuzione per i mesi di pandemia, sospensione dei mutui e altro) nonché finanziamenti per la gestione ed interventi di rilancio aziendale;

   tra le specifiche misure introdotte, in particolare, nei decreti «Cura Italia» e «Liquidità» si è provveduto al rilancio delle garanzie alle imprese del settore agricolo e della pesca danneggiate dall'emergenza da Covid-19 sia attraverso l'assegnazione diretta di somme ad Ismea sia garantendo alle imprese agricole l'accesso diretto al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese gestito dal Mediocredito centrale;

   una ulteriore misura volta a garantire «liquidità» alle imprese agricole è quella approvata con il decreto «Cura Italia»: il pegno rotativo su Dop e Igp (prodotti agricoli, prodotti alimentari, prodotti vitivinicoli e bevande spiritose) finalizzato a facilitare l'accesso al credito da parte delle imprese produttrici, abbassandone il costo;

   tali misure appaiono fondamentali per il mondo agricolo, in quanto, affiancate a politiche di ristoro immediato, sono imprescindibili per garantire una prospettiva concreta di rilancio al settore: se, da un lato, è necessario intervenire, come si sta facendo, con azioni volte a garantire liquidità nel breve periodo, dall'altro risulta cruciale accelerare sugli investimenti per creare quel valore aggiunto in grado di rendere le imprese agricole e agroalimentari italiane maggiormente competitive sul mercato, ciò al fine di avvantaggiarsi come settore economico nella fase competitiva che si espleterà dopo la crisi dovuta alla pandemia –:

   se siano state attuate, monitorandone al contempo la reale efficacia, le disposizioni elencate in premessa e se si stiano prospettando nuove iniziative nella stessa direzione, atte a sostenere le imprese agricole ed agroalimentari italiane negli investimenti necessari.
(5-05020)


   ANNA LISA BARONI, NEVI, SANDRA SAVINO, SPENA, CAON, BRUNETTA e FASANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel periodo di chiusura delle attività prodotto dall'epidemia da Covid-19, il settore suinicolo nazionale composto di 25.000 aziende, che producono un fatturato pari a 11 miliardi di euro, ha subito pesantemente gli effetti delle misure di contenimento, perdendo il 25 per cento del fatturato, sia in termini di esportazioni che di accesso al canale «Horeca». Le misure di contenimento adottate a inizio novembre 2020 aggravano di nuovo questi sbocchi commerciali;

   ad aggravare un quadro già problematico, c'è il rischio del proliferare della peste suina africana (Psa) veicolata dai cinghiali, che ha colpito duramente gli allevamenti di diversi Paesi europei, in particolare la Germania. Ora si teme il rapido spostamento dell'epidemia, Italia compresa, dove si teme un grave contagio a causa della crescita fuori controllo della popolazione di cinghiali;

   il proliferare della malattia in Europa ha causato l'interruzione dell'export delle carni verso i Paesi asiatici, in particolare la Cina. Gli allevatori italiani prevedono una diminuzione dei prezzi al di sotto dei costi di produzione, causato dalle esportazioni sottocosto della Germania e di altri Paesi dell'Unione europea;

   le norme vigenti prevedono un blocco delle esportazioni che non coinvolge l'intero territorio nazionale, bensì le sole regioni colpite. Il decreto legislativo n. 54 del 2004 non appare adeguato a prevenire e contenere la diffusione della Psa, in quanto prevede interventi successivi all'accertamento di un caso positivo;

   il 4 novembre 2020 nel rispondere ad una interrogazione sul contenimento della Psa, il Ministro interrogato ha annunciato la presentazione di uno specifico provvedimento per il controllo delle popolazioni di cinghiali;

   nei giorni scorsi è entrato in vigore il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 6 agosto 2020 sui nuovi obblighi di etichettatura sull'origine carni suine. In tale ambito, si è consentito alle imprese di poter utilizzare le scorte esistenti delle etichette non conformi. Si ha notizia che si intende prorogare ulteriormente l'utilizzo di etichettature non conformi. Gli allevatori paventano che tale proroga faccia scendere ulteriormente i prezzi;

   la situazione sta assumendo dimensioni preoccupanti e, se non adeguatamente gestita rischia di comportare conseguenze disastrose per il settore suinicolo italiano ed in particolare per gli allevatori che vedono scendere il prezzo delle carni ben al di sotto del costo di produzione –:

   quali urgentissime iniziative intenda adottare il Ministro interrogato sia per sostenere il prezzo delle carni suine pagato al produttore, sia per regolare il mercato di import ed export, che le emergenze Covid-19 e Psa hanno gettato nello scompiglio.
(5-05021)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ha di recente ripresentato la stessa bozza di accordo con i centri di assistenza agricola (Caa), già presentata nel mese di gennaio 2020, che sta sollevando notevoli perplessità tra i liberi professionisti;

   già la scorsa primavera, infatti, tale bozza è stata aspramente contestata, poiché la stessa prevede che, a partire dal 31 marzo 2021, tutti gli operatori dei Caa e chiunque acceda ai sistemi informativi dell'Agenzia, siano inquadrati come dipendenti dei Caa o delle società con essi convenzionate, vale a dire quelle dei sindacati agricoli. Una decisione contro la quale sono insorti agronomi, periti agrari, agrotecnici: circa 2.000 liberi professionisti che rischiano di restare senza lavoro;

   la disposizione di cui sopra, avrebbe dunque come effetto la messa in liquidazione dei Caa gestiti dai liberi professionisti, insieme all'obbligo di interrompere ogni rapporto di lavoro e di collaborazione tra i Caa e i liberi professionisti;

   nello specifico, va ricordato che l'articolo 7, del decreto ministeriale 27 marzo 2008, relativo alla «riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola», nell'indicare i requisiti che un Caa deve possedere, prevede che: «Per l'esercizio delle proprie attività il Caa e le società di cui esso si avvale devono operare attraverso dipendenti o collaboratori con comprovata esperienza ed affidabilità nella prestazione di attività di consulenza in materia agricola e per i quali adempiano agli obblighi di natura lavoristica, fiscale, previdenziale, assistenziale ed assicurativa»;

   i paragrafi della convenzione, oggetto di tali criticità, sono nello specifico il 3 e il 4 i quali recitano: «3. Entro il 31 marzo 2021 almeno il 50 per cento degli operatori titolari abilitati ad accedere ed operare nei sistemi informativi dell'Organismo pagatore devono essere lavoratori dipendenti del Caa o delle società con esso convenzionate. A far data dal 30 settembre 2021 tutti gli operatori titolari abilitati ad accedere ed operare nei sistemi informativi dell'Organismo pagatore devono essere lavoratori dipendenti del CAA o delle società con esso convenzionate». «4. La mancata ottemperanza agli obblighi assunti con scadenza 31 marzo 2021 di cui al comma 3 comporta la riduzione del 20 per cento dei compensi spettanti al Caa per l'anno 2021. La mancata ottemperanza agli obblighi assunti con scadenza 30 settembre 2021 di cui al comma 3 comporta la disabilitazione delle credenziali di accesso al Sian degli operatori interessati dalla medesima decorrenza» –:

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto alla convenzione proposta da Agea;

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere al fine di consentire ai liberi professionisti del settore agrario di essere ancora responsabili di sportelli Caa e collaborare con i Caa medesimi nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto ministeriale 27 marzo 2008.
(4-07530)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   la decisione (CEE) 709/2014 recante misure di protezione contro la peste suina africana (Psa) in taluni Stati membri ha inflitto alla regione Sardegna pesanti restrizioni per la commercializzazione delle carni e dei suoi derivati dei suini allevati nell'isola;

   in questi ultimi mesi, dalla società civile, dal mondo del lavoro sono stati lanciati diversi appelli per ribadire che la pesta suina è stata eradicata, di fatto, dagli allevamenti suini sardi;

   dalla Coldiretti, alla Cia, alle associazioni degli allevatori sono avanzate richieste affinché la Commissione europea dichiari la fine dell'embargo delle nostre carni e dei prodotti derivati da suino, con la conseguente ripresa delle esportazioni verso tutto il territorio nazionale e verso i Paesi esteri, a partire da quelli dell'Unione europea;

   le ultime analisi di fine aprile 2020, dell'Unità di progetto per l'eradicazione della peste suina africana indicano, invece, dati molto chiari e, in particolare:

    le misure adottate, previste dal piano straordinario di eradicazione, di depopolamento dei maiali bradi illegali e di controllo ufficiale lungo la filiera suinicola per assicurare il rispetto delle norme regionali, nazionali ed europee, assieme a quelle relative ad una corretta gestione della caccia al cinghiale, attuate in conformità con il programma di eradicazione avviato nel 2015, hanno portato al ripristino della legalità nel settore suinicolo e ad un graduale, continuo, fortissimo miglioramento del controllo della Psa in Sardegna, anche nei cinghiali;

    tali miglioramenti sono stati riconosciuti durante la «fact finding mission» degli ispettori della Commissione europea del giugno 2019 (DG(SANTE) 2019-6871) e la visita del commissario Andriukaitis del novembre 2019;

    l'ultimo focolaio di Psa, in allevamenti di suini domestici, si è verificato a Mamoiada il 12 settembre 2018: pertanto, è da oltre 2 anni che non si verificano focolai di Psa in aziende suinicole registrate, nell'intera regione. Risultato mai raggiunto dal 1978, anno di prima apparizione della PSA in Sardegna, ad oggi;

    nei cinghiali l'ultimo riscontro di virus Psa è avvenuto in due carcasse rinvenute in data 8 aprile 2019, da oltre cioè un anno e mezzo;

    nella popolazione di animali selvatici la situazione è in forte miglioramento, come indicato dai dati raccolti nel corso della stagione venatoria 2019-2020, che confermano che la malattia si sta con ogni probabilità gradualmente auto-estinguendo dai cinghiali in assenza di altre fonti di infezione, che in passato erano costituite dai maiali bradi ed anche dai suini domestici –:

   se il Governo non intenda predisporre tutte le iniziative di competenza presso l'Unione europea, a partire dalla richiesta di un audit documentale della Commissione europea per verificare finalmente l'avvenuta eradicazione della peste suina e consentire la commercializzazione delle carni e dei prodotti dei suini nati e allevati in Sardegna.
(2-01014) «Lapia, Nappi, Menga, Mammì».

Interrogazione a risposta immediata:


   TARTAGLIONE, GELMINI e OCCHIUTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la seconda ondata della pandemia da Covid-19 sta mettendo a dura prova il nostro Servizio sanitario nazionale, e specialmente nelle regioni più vulnerabili e carenti dal punto di vista dell'assistenza sanitaria ospedaliera e territoriale, quali quelle del Mezzogiorno, dove si scontano le croniche carenze di questi territori quali la mancanza di personale sanitario e le strutture spesso inadeguate;

   a soffrire maggiormente sono proprio le regioni sottoposte a piano di rientro dal disavanzo sanitario, come la Calabria, così come il Molise, anch'essa commissariata e sprovvista di un vero e proprio centro Covid, con strutture ospedaliere ormai vicine al collasso, che si trovano anche a dover assistere pazienti provenienti dalle regioni limitrofe;

   nella regione Molise, che conta 300 mila abitanti, nei soli ultimi 15 giorni si sono contati 32 decessi, e nel solo ospedale Cardarelli di Campobasso, quattro-cinque medici devono gestire oltre sessanta ricoverati per Covid-19;

   con il decreto-legge n. 14 del 2020, il Governo ha previsto misure di potenziamento della rete di assistenza territoriale finalizzate a consentire alle regioni di fornire un'adeguata assistenza sanitaria ai propri cittadini;

   detta finalità, tuttavia, rischia di essere vanificata nella regione Molise, con conseguente grave pregiudizio per l'intera popolazione regionale, dalla nomina da parte del Governo del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario molisano, attribuendo le relative funzioni ad un soggetto diverso dal presidente della regione ed assegnando allo stesso tutti i compiti connessi all'organizzazione della rete assistenziale;

   in conseguenza di ciò, rientrerebbe nei compiti della struttura commissariale anche l'adozione delle misure previste dal citato decreto-legge e volte all'immediato potenziamento della rete assistenziale;

   appare evidente che, in questa situazione emergenziale straordinaria, l'attribuzione a soggetti esterni all'amministrazione regionale delle funzioni sopra indicate è destinata a creare conflitti di competenza tra la struttura commissariale e il presidente della regione;

   l'evoluzione della situazione emergenziale ha reso ancor più evidente la necessità di un pronto intervento governativo in assenza del quale risulta impossibile, di fatto, dare attuazione nella regione Molise alle misure ipotizzate a livello statale per fronteggiare l'emergenza –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare per dare soluzione alle suddette criticità, colmare le carenze del sistema sanitario molisano e scongiurare ritardi e rischi di inefficienza nella gestione dell'emergenza e nell'organizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale nella regione Molise e in tutte le regioni del centro-sud ormai prossime al collasso.
(3-01915)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa è in corso l'abbattimento di milioni di visoni in Danimarca perché trovati positivi per una variante mutata del nuovo Coronavirus (Sars-Cov-2) già trasmessa a 514 umani in quella nazione e che potrebbe determinare l'inefficacia dei vaccini umani contro il Sars-Cov-2 in corso di sperimentazione;

   in Italia da documentazione fornita dalla Lav sono state riscontrate positività al Sars-Cov-2 di visoni in un allevamento lombardo e sono state riscontrate situazioni con misure igieniche non adeguate in altri allevamenti dello stesso tipo che potrebbero portare a contagi fra specie (operatori senza mascherine e guanti);

   in Europa – tra aprile e ottobre 2020 – sono stati rilevati focolai umani di nuovo Coronavirus in più di 250 allevamenti di vari animali. In Italia gli allevamenti di visoni sono otto: 3 in Lombardia nelle province di Brescia e Cremona, 2 in Veneto nelle province di Padova e Venezia, 2 in Emilia-Romagna nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna, 1 in Abruzzo, in provincia de L'Aquila. La popolazione dei visoni ammonta a oltre 60 mila animali che, ogni anno, vengono fatti nascere tra aprile e maggio per poi essere uccisi, col gas, tra dicembre e gennaio per ricavarne la pelliccia;

   da anni le associazioni animaliste chiedono di chiudere gli allevamenti di visoni rimasti, in primo luogo per rispettare i diritti di questi animali che vengono uccisi solo per la loro pelliccia. Non è ancora nota la catena di trasmissione originaria del Sars-Cov-2 in Cina, ma non si esclude la partenza dai pipistrelli e la presenza di un ospite intermedio, nel verosimile spill over alla nostra specie;

   Sergio Abrignani, immunologo, ordinario di Patologia generale all'Università Statale di Milano fa notare: «Il coronavirus ha questo “brutto vizio” di fare il salto di specie e non lo fa solo in una direzione: pensare che l'uomo fosse l'ospite finale è sbagliato. Nel caso degli allevamenti, in questo caso di visoni, il virus ha trovato una situazione estremamente “fertile” perché il virus ha bisogno di avere tantissimi ospiti tutti vicini, dove il distanziamento non c'è. Gli animali sono migliaia in una gabbia, sono accatastati e questi virus replicano continuamente. Tanto più replicano, tanto più possono generarsi mutazioni che possono diventare “vincenti” per il virus stesso e sfavorevoli per noi». La presenza di animali ammassati, come nel caso di allevamenti intensivi da carne o da pelliccia, può favorire le mutazioni del Sars-Cov-2 e di altri virus; a differenza degli umani in lockdown, gli animali continuano a vivere uno vicino all'altro negli allevamenti –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire dati in merito agli accertamenti veterinari eseguiti nel nostro Paese in ordine alla presenza di Sars-Cov-2, se abbia informazioni in merito al passaggio del Sars-Cov-2 da animali a uomo anche in Italia e se si tratti di versione mutata;

   se intenda promuovere, per quanto di competenza, specifici accertamenti sugli allevamenti nazionali da pelliccia e non e se intenda adottare iniziative per la chiusura degli allevamenti di animali da pelliccia in Italia e valutare specifici accertamenti sugli enormi allevamenti da carne;

   se abbia dati aggiornati in merito alla catena di trasmissione originaria del nuovo Coronavirus.
(5-05009)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESE. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, valide fino al 3 dicembre 2020, disciplinano, tra le altre cose, anche il tema degli spostamenti da/per l'estero, già oggetto di disposizioni contenute nei precedenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, nelle ordinanze adottate dal Ministro della salute e nell'Allegato 20, che individua sei gruppi di Paesi, contraddistinti da lettere A-B-C-D-F-E, per i quali sono previste differenti limitazioni ai viaggi;

   in particolare, i Paesi inclusi nell'Elenco F sono: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Brasile, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana, Kosovo, Montenegro, Colombia;

   per coloro che provengono dai Paesi dell'elenco F, o che vi hanno soggiornato/transitato nei 14 giorni precedenti, è in vigore un divieto di ingresso in Italia, con poche eccezioni;

   tra le eccezioni previste, sono contemplati i rientri dei cittadini dell'Unione europea (inclusi i cittadini italiani), dell'area Schengen, del Regno Unito, di Andorra, San Marino, Principato di Monaco, Città del Vaticano e loro familiari, purché abbiano la residenza anagrafica in Italia da prima del 9 luglio 2020, con obbligo di presentare al vettore, all'atto dell'imbarco, e a chiunque sia deputato ad effettuare i controlli, un'attestazione di essersi sottoposti a test molecolare o antigenico (effettuato per mezzo di tampone), nelle 72 ore precedenti l'ingresso in Italia, con risultato negativo;

   è noto che in questi Paesi sono presenti decine di migliaia di cittadini italiani a cui questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nega la possibilità di viaggio in Italia a meno che non possano dimostrare di aver la residenza anagrafica in Italia da prima del 9 luglio 2020;

   si tratta di cittadini italiani che vivono nei Paesi dell'elenco F, a cui viene impedito di entrare in patria;

   persiste la problematica, che coinvolge migliaia di cittadini italiani impossibilitati a viaggiare in Italia a causa di un decreto che li discrimina, sulla base di un requisito (la residenza pregressa nel nostro Paese prima del 9 luglio 2020) che non ha una giustificazione di ordine sanitario –:

   quali tempestive iniziative il Governo intenda adottare al fine di correggere la discriminazione determinata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, e di consentire di tornare a viaggiare in Italia agli italiani attualmente bloccati nei Paesi indicati nel citato elenco F per effetto del suddetto decreto.
(4-07517)


   MELONI e BELLUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   c'è una strage silenziosa che si sta consumando giorno dopo giorno sotto i nostri occhi, di cui tutti noi dovremmo sentirci responsabili: la seconda ondata di contagi, come e più della prima, ha travolto le strutture che ospitano la parte più vulnerabile della popolazione, gli anziani, come se quanto successo in primavera non fosse servito a nulla;

   una strage testimoniata da numeri, dietro i quali, però, ci sono soprattutto i volti dei nostri genitori, nonni, mariti e mogli, che rappresentano gran parte delle vittime: a Concorezzo, nella Rsa Terruzzi, sono 17 le vittime decedute e da ottobre sono risultati positivi 38 ospiti su 42, oltre a metà del personale; a Bollate, nella Rsa «Giovanni Paolo II» sono risultati positivi 53 ospiti su 55 e 23 operatori su 64; a Sesto Fiorentino nella Rsa di San Giuseppe sono 12 gli anziani deceduti e oltre 70 i positivi; a Rieti nella Rsa San Raffaele 52 ospiti su 55, più 15 operatori, sono positivi; ad Avezzano nella Rsa di Don Orione sono 85 i positivi su 120 ospiti insieme a 17 operatori sanitari, 15 gli anziani deceduti; a Foggia nella Rsa della «Fondazione Palena» che ospita 70 anziani sono risultati tutti positivi insieme a 28 operatori, tre gli anziani deceduti; a Volturara positivi 72 ospiti su 82; nella Rsa «Vittorio Emanuele II» di Fabriano si sono registrati 13 decessi in pochi giorni;

   si tratta di numeri destinati a un costante aumento se non si interviene immediatamente e in maniera appropriata, ponendo rimedio a quanto non è stato sufficientemente fatto finora, perché la risposta a questa strage, che riguarda tutti noi, non può essere solo l'isolamento dell'anziano, privato anche degli affetti più cari, o l'attività di screening tramite i tamponi, peraltro nemmeno prevista in modo sistematico e omogeneo;

   secondo l'Oms, nelle Rsa si conta quasi un decesso su due dei morti totali da coronavirus, eppure nessuno sembra essersi davvero preoccupato di proteggerle, come dimostrano i dati, consumandosi una strage silenziosa di innocenti;

   Don Aldo Buonaiuto, sacerdote di frontiera della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha lanciato un appello alle istituzioni: «Occorre intervenire subito per trasferire negli ospedali gli ospiti delle Rsa positivi al COVID. Le Rsa non sono strutture mediche, bensì case sociali nelle quali trascorrono la terza età migliaia di italiani. E dove è impossibile fornire quell'assistenza continuativa e specialistica che invece è indispensabile in una condizione grave come la positività al COVID. [...] Lasciare nelle Rsa gli ammalati di COVID significa condannarli a morte. [...]»;

   anche l'ex Ministro Sirchia ha invocato un «cordone sanitario» che ponga fine a tale sconcertante situazione e chiesto, per garantire la necessaria assistenza, che le Rsa siano collegate sul territorio alle case della salute e, quindi, al Servizio sanitario nazionale: «Nelle residenze sanitarie assistenziali i medici non visitano frequentemente gli ospiti e il personale infermieristico è presente a rotazione. Si tratta spesso di cooperative di paramedici. Ciò non garantisce un livello di assistenza e di cura adeguato a persone in condizioni di conclamata necessità. In sostanza le Rsa sono luoghi delicatissimi, eppure, inspiegabilmente, sono lasciati ai margini del Servizio sanitario nazionale [...]»;

   l'emergenza ha messo in luce tutte le debolezze di un modello da rivedere, sia dal punto di vista del sostegno pubblico sia del reclutamento degli operatori sociosanitari –:

   quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per attuare un piano straordinario per la protezione degli anziani ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali, al fine di arrestare questa strage silenziosa di innocenti;

   se il Governo non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per prevedere che tali residenze siano al più presto collegate sul territorio alle case della salute, in stretta ed effettiva sinergia con il Servizio sanitario nazionale.
(4-07524)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 27 luglio 2020, Pfizer e BioNTech, con gli studi clinici di fase 1/2 e in consultazione con il Cber e la FDA statunitense e altri regolatori globali, hanno annunciato di promuovere il loro vaccino BNT162b2, come candidato per uno studio di fase 2/3 che ha ricevuto la designazione fast track della Food and drug administration (Fda) degli Stati Uniti;

   già in un articolo del NewYorkTimes dell'8 giugno 2020 si affermava che anche se un vaccino genera anticorpi ciò non prova che il vaccino sia efficace nel prevenire l'infezione e potrebbe dare alle persone la falsa sensazione di essere protetti;

   lo studio «Sicurezza e immunogenicità di due candidati al vaccino Covid-19 a base di RNA» descrive la sperimentazione americana di fase 1: n° NCT04368728 la cui fine è prevista l'11 dicembre 2022. La sperimentazione ha confermato che il BNT162b2 era associato a una minore incidenza e gravità delle reazioni sistemiche rispetto al BNT162b1 e quindi sarà scelto per gli studi di fase 2 e 3;

   dallo studio si evince come il 17 per cento dei partecipanti tra i 18 e 55 anni e l'8 per cento tra i 65 e 85 anni ha riportato febbre (da ≥38,0 a 38,9° C) dopo la seconda dose di 30 μg BNT162b2, con un piccolo numero eventi gravi sistematici. A 1 mese dal ricevimento della seconda dose, il 25 per cento dei partecipanti di età compresa tra 18 e 55 anni ha avuto eventi avversi;

   i prossimi studi programmati saranno uno di fase ancora 1-2 su 120 persone con la variante b2 e uno studio su 160 partecipanti con la versione b3. Entrambi in scadenza nell'inverno 2021;

   il funzionamento del vaccino Pfizer è simile a quello di Moderna Inc - mRNA-1723, già oggetto dell'interrogazione parlamentare n. 4/06547 a firma dell'interrogante, e si basa su un «modRNA», basato a sua volta su un mRNA, il BNT162, contro il Sars-CoV-2;

   questa tecnologia è stata usata per la prima volta per la manipolazione del programma genetico del cuore dei mammiferi adulti, per innescare la rigenerazione cardiaca;

   il problema più rilevante di questa tecnologia è che qualsiasi mRNA non modificato viene riconosciuto dall'immunità innata del soggetto ricevente, causando il rilascio di interferoni e citochine e porta alla morte cellulare;

   dopo la notizia che il candidato è efficace al 90 per cento, il presidente della Pfizer, Albert Bourla ha dichiarato che: «Al momento non possiamo richiedere l'autorizzazione all'Fda per l'uso in emergenza del vaccino solo sulla base di questi risultati di efficacia. Sono necessari infatti più dati sulla sicurezza, che stimiamo arrivino nella terza settimana di novembre, come parte del nostro studio clinico che è ancora in corso»;

   il 10 novembre 2020, Franco Locatelli ha dichiarato che da metà gennaio 2021 le prime dosi del vaccino arriveranno e saranno offerte prima agli operatori sanitari, alle forze dell'ordine e alle fasce più fragili della popolazione e pare che il Governo voglia usare l'esercito per distribuirlo;

   l'11 novembre 2020, l'Unione europea dato il via libera a sottoscrivere un contratto con Pfizer-Biontech, per 300 milioni di dosi;

   a seguito della notizia del 10 novembre 2020 il Ceo di Pfizer e il vicepresidente esecutivo hanno venduto sul mercato le azioni della casa farmaceutica;

   Pfizer è nota per «il contenzioso di Kano», e per le 47 condanne e 4.421.846.055 di dollari pagati a titolo di risarcimenti e/o sanzioni, dal 2000 al 2019 –:

   sulla base di quali considerazioni scientifiche il Governo abbia deciso di utilizzare questo vaccino, dato che, come per tutti gli altri, non ha ancora terminato gli studi preliminari di sicurezza ed efficacia.
(4-07541)


   LEGNAIOLI, BELOTTI, BILLI, LOLINI, PICCHI e POTENTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   al fine di una mappatura più rapida e tempestiva per i riscontri su eventuali contagi da Covid-19, sono stati introdotti i cosiddetti «tamponi rapidi»;

   trattasi di test antigenici quale strumento diagnostico di primo livello, i cui risultati si ottengono in un range di 15-30 minuti circa, motivo per cui sono stati introdotti all'interno di talune situazioni, quali aeroporti o ambienti lavorativi, proprio allo scopo di monitorare più rapidamente i rischi di contagio e diffusione del virus;

   organi di stampa della Toscana di questi giorni riportano tuttavia la notizia secondo la quale in Toscana il riscontro ai tamponi «rapidi» verrebbe fornito a distanza di settimane, facendo venir meno l'utilità del test stesso;

   a lanciare un grido di allarme è lo stesso presidente di Confindustria Toscana, il quale, già preoccupato dal forte calo della domanda e dalla frenata del sistema produttivo della regione, ribadisce, in un'intervista sulla stampa locale l'importanza «di correggere il sistema dei tamponi anti-Covid», ribadendo la necessità per i lavoratori di un riscontro a stretto giro «in modo da poter rientrare al lavoro. Non si può stare settimane casa, in attesa di una risposta come avviene ora»;

   a maggior ragione con il passaggio della Toscana da zona arancione a zona rossa, è oltremodo necessario garantire alla produzione che non si arresterà comunque riscontri tempestivi degli esiti dei test dei lavoratori –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, con riguardo a quanto esposto in premessa, anche in relazione alle ragioni di siffatti ritardi.
(4-07545)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, NARDI, SOVERINI, ZARDINI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il comparto dell'acciaio è un settore strategico per la manifattura nazionale e la siderurgia italiana è la seconda siderurgia europea, prima nell'uso del forno elettrico e nel recupero del rottame, con oltre 200.000 dipendenti diretti e indiretti e 40 miliardi di euro di fatturato, di cui oltre un terzo diretto alle esportazioni;

   lo sforzo che Governo e Parlamento hanno posto in essere, sia prima dell'epidemia sia ora, con l'impegno di forti risorse per assicurare continuità a occupazione e produzione, è risultato determinante ma ancora non risolutivo per il sostegno e il rilancio del settore dell'acciaio e per la ripresa della produzione dell'impianto ArcelorMittal di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, asset fondamentale per il settore e per le filiere italiane che fanno uso dell'acciaio: sin dal commissariamento dello stabilimento ex-Ilva ci si è battuti per far sì che la produzione rimanesse in loco, convinti che si può produrre rispettando l'ambiente e la salute delle persone e garantire all'Italia una produzione siderurgica che non sia solo legata a prodotti di base, ma anche a quelli ad alto valore aggiunto raggiungendo altresì una graduale decarbonizzazione della produzione stessa;

   rimane ancora incerta la volontà di ArcelorMittal di investire per l'ammodernamento impiantistico e l'ambientalizzazione dello stabilimento di Taranto, la cui produzione segna per il 2020 un livello fermo a 3,2 milioni di tonnellate, con diversi impianti fermi e quasi l'intera forza lavoro in cassa integrazione: si è ben distanti dalle previsioni del piano industriale originario che prevedeva una produzione a regime di 8 milioni di tonnellate con il conseguente impiego della totalità della forza lavoro;

   tale situazione di incertezza perdura da giugno 2020 quando ArcelorMittal ha presentato un piano industriale con più di 3 mila esuberi e difforme rispetto a quanto stabilito nell'accordo del 4 marzo 2020: in quell'occasione il Governo ha respinto il piano della società circa il futuro dello stabilimento di Taranto, suscitando forte preoccupazione nelle maestranze. Ormai da settimane si registrano proteste e allarmi da parte delle organizzazioni sindacali e negli ultimi giorni si sono susseguiti manifestazioni, scioperi e serrate, a Taranto e anche in altri stabilimenti ArcelorMittal, come quelli di Genova, Novi Ligure e Racconigi –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per assicurare il rilancio della produzione dello stabilimento di Taranto e degli altri stabilimenti ex-Ilva ed accelerare l'attuazione del piano nazionale della siderurgia, elemento strategico del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-01916)


   EPIFANI, FORNARO e FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 18 maggio 2020 l'amministratore delegato di Acciai Speciali Terni (Ast), Massimiliano Burelli, ha annunciato la decisione della ThyssenKrupp di mettere sul mercato l'azienda o di trovare una partnership per rimanere con quote di minoranza;

   i sindacati hanno denunciato come l'avvio di un processo di tale portata in una fase economica condizionata dalla pandemia da Covid-19 potesse essere molto rischiosa e hanno chiesto: la salvaguardia del sito integrato, delle produzioni, dell'assetto impiantistico e dei livelli occupazionali e salariali anche dell'indotto; l'individuazione di un player o di un partner di livello europeo o mondiale; la conferma degli investimenti programmati, a partire da quelli ambientali, e nuovi investimenti da destinare alla ricerca e all'innovazione. A livello istituzionale è stata sollecitata a più riprese un'interlocuzione fattiva tra la ThyssenKrupp e il Governo;

   il 28 maggio 2020, in una conference call convocata dal Ministero dello sviluppo economico, l'azienda ha confermato la manifestazione informale di interesse di quattro gruppi, annunciando che la procedura avrebbe avuto una durata presumibile di 9-12 mesi;

   il 21 ottobre 2020 c'è stata una nuova convocazione del Ministero dello sviluppo economico, in cui l'amministratore delegato di Ast si è reso disponibile ad un accordo ponte per la gestione della fase transitoria. Il Governo, da parte sua, ha annunciato una strategia nazionale per il settore siderurgico per rendere le produzioni italiane più competitive;

   il 30 ottobre 2020 e il 4 novembre 2020 si sono svolte due riunioni del tavolo negoziale tra l'amministratore delegato di Ast, i segretari territoriali dei sindacati e i delegati delle rappresentanze sindacali unitarie. L'azienda ha annunciato 20 milioni di euro per gli investimenti, di cui 7 milioni di euro per il completamento del progetto scorie. Per quanto riguarda i livelli occupazionali l'azienda ha confermato l'esubero strutturale di 31 impiegati amministrativi e l'intenzione di aprire una procedura di licenziamento collettivo incentivata, quando sarà superato il blocco dei licenziamenti. La forza lavoro annunciata dovrebbe essere di 2.300 dipendenti sociali;

   nel frattempo c'è stato un boom di ordini e nel mese di ottobre 2020 i forni dell'azienda hanno colato oltre 100 mila tonnellate di acciaio liquido, un record per l'ultimo quinquennio, ma la seconda fase della pandemia è stata particolarmente mordente e ha riportato difficoltà legate ai contagi dei dipendenti che hanno lavorato al massimo delle loro possibilità –:

   quale ruolo intenda assegnare ad Ast Terni, considerata la peculiarità di produzione di Acciai Speciali, all'interno del piano nazionale strategico siderurgico annunciato dal Governo in una logica comunitaria.
(3-01917)


   LIBRANDI, D'ALESSANDRO, MORETTO, MOR e FREGOLENT. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il «decreto liquidità», convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, sono stati mobilitati 400 miliardi di euro per supportare le aziende in difficoltà a causa dell'emergenza coronavirus, di cui 200 miliardi di euro per le piccole e medie imprese (PIM) attraverso il Fondo di Garanzia per le PMI e 200 miliardi in favore delle grandi imprese tramite la società SACE Simest;

   al 10 novembre superano quota 101 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia per le PMI, mentre, attraverso Garanzia Italia di SACE, i volumi dei prestiti garantiti raggiungono 16,6 miliardi di euro, su 896 richieste ricevute;

   i risultati positivi raggiunti dagli interventi del «decreto liquidità» rischiano di essere vanificati e insufficienti visto il nuovo rallentamento dovuta alla seconda ondata pandemica autunnale, che rischia di produrre effetti economici negativi fino alla primavera del 2021;

   secondo il 2° Barometro Censis-Commercialisti, sono 460.000 le piccole imprese italiane in crisi di liquidità e a rischio chiusura nel 2021, l'11,5 per cento del totale, per un fatturato complessivo di 80 miliardi di euro e quasi un milione di posti di lavoro;

   secondo la Banca centrale europea circa il 20 per cento delle imprese italiane potrebbe essere a rischio fallimento per via della carenza di liquidità, causata dalle misure di chiusura e contenimento del virus, in assenza di politiche di sostegno;

   nel rapporto «L'economia delle regioni italiane», la Banca d'Italia stima che 12,4 per cento delle imprese italiane potrebbe trovarsi in una situazione di insufficienza patrimoniale alla fine dell'anno;

   i piani di ammortamento dei prestiti contratti nella prima fase pandemica non erano parametrati rispetto ad una crisi così lunga e molte imprese, soprattutto le più grandi, segnalano la necessità di prolungarne la durata da 6 ad almeno 10 anni, anche considerando che in molti casi i tassi applicati su questo genere di prestiti sono risultati superiori a quelli di mercato, oltre che gravati dalla commissione di SACE Simest;

   risulta urgente intervenire per garantire liquidità immediata alle imprese italiane, con nuove misure o estendendo quelle già esistenti, oppure permettendo di rimodularne la durata nel tempo a interessi invariati –:

   se il Ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare nuove iniziative per supportare l'accesso al credito e il bisogno di liquidità delle imprese italiane, al fine di tutelare il sistema economico, il tessuto produttivo e i posti di lavoro di milioni di lavoratori.
(3-01918)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del Sole 24 Ore del 17 novembre 2020 riporta l'allarme lanciato da Confesercenti, che rappresenta più di 350 mila piccole e medie imprese del commercio, del turismo e dei servizi, dell'artigianato e della piccola industria, sul rischio di default per decine di migliaia di piccole e medie imprese che sarà determinato dall'entrata in vigore delle nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in default;

   in assenza di una proroga temporale da parte dell'Unione europea, infatti, il prossimo 1° gennaio entreranno in vigore i nuovi parametri, fissati dal Regolamento delegato (UE) 2018/171 della Commissione del 19 ottobre 2017, della soglia di rilevanza per il sistema bancario, rendendoli ancora più stringenti rispetto a quelli adottati in questi anni dalle banche italiane;

   di conseguenza le imprese, pur mantenendo invariata la situazione debitoria, potrebbero improvvisamente ritrovarsi in una condizione di default, posto che in base ai nuovi parametri sarà sufficiente un arretrato di novanta giorni relativamente a un importo superiore all'1 per cento dell'esposizione totale verso l'istituto di credito per classificare la stessa impresa come insolvente, che, quindi, potrà essere ritenuta tale anche a fronte di un debito molto esiguo;

   Confesercenti stima le piccole e medie imprese a rischio in quarantaduemila, un numero enorme che avrà conseguenze drammatiche anche in termini occupazionali;

   attualmente è prevista per il 30 gennaio 2021 la fine delle moratorie fiscali disposte per tamponare la crisi determinata dalla pandemia da Covid-19 e, stando alla denuncia di Confesercenti, la ripresa di quei versamenti sarà dirimente rispetto all'esposizione debitoria di un primo blocco di circa quindicimila aziende che sinora sono riuscite a mantenere i conti in equilibrio nonostante la crisi grazie proprio alla sospensione dei pagamenti;

   nonostante l'imminente entrata in vigore delle nuove norme il Governo non sembra essere impegnato nella ricerca di soluzioni che possano agevolare le imprese –:

   in che modo intenda intervenire, per quanto di competenza, e tenuto conto che della questione va investita anche l'Unione europea, rispetto alle problematiche sollevate in premessa e, in particolare, per sostenere le piccole e medie imprese, e, con esse, una parte fondamentale del tessuto produttivo nazionale.
(3-01919)

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Sices Group operava a Porto Torres sin dall'inizio degli anni Sessanta e si è resa protagonista, tra le altre cose, della costruzione di molte infrastrutture della pertinente zona industriale;

   a partire dal marzo 2019, a fronte del fallimento della stessa società dichiarato dal Tribunale fallimentare di Varese, a seguito dell'istanza presentata dalla «Lincoln Elettric Italia srl», è stata accantonata ogni possibile ipotesi di rilancio, con conseguente licenziamento dei 57 operai altamente specializzati, direttamente impiegati dalla Società, nonché dei circa 120 lavoratori dell'indotto;

   il precedente sindaco di Porto Torres, Sean Wheeler, aveva assicurato il proprio, diretto interessamento con l'allora Ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, senza, però, evidentemente, ottenere alcuna risposta al riguardo;

   allo stato, non si hanno più notizie sulla possibile rinascita del polo industriale di Porto Torres e in particolare dell'Ex Stabilimento Sices, il quale, peraltro, poteva vantare strumentazioni avanzate, oltre che, come si è già accennato, personale specializzato;

   da troppo tempo, anche complice l'inerzia da parte di Eni ed il mancato avvio del progetto della chimica verde, l'area industriale di Porto Torres sta vivendo una drammatica crisi, con risvolti occupazionali preoccupanti;

   al fine di superare l'attuale stato di crisi, è stata più volte sollecitata l'attivazione di un regime di zona franca, sia nell'area portuale che in quella industriale, come peraltro previsto dal decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75: strumento, quest'ultimo, unico capace di attrarre nuovi investimenti in grado di garantire la tenuta occupazionale –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative siano state adottate fino ad oggi, e quali s'intendano adottare in futuro, al fine di prevedere un piano di rilancio per la zona industriale di Porto Torres, se del caso, con l'istituzione della zona franca.
(3-01907)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 il Governo ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», allo scopo di raggiungere la copertura dell'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari o superiori a 100 Mbps, garantendo al contempo al 100 per cento dei cittadini l'accesso ad internet ad almeno 30Mbp;

   l'attività operativa del Piano nazionale banda ultralarga è stata avviata nel 2016 dal soggetto attuatore Infratel Italia S.p.a. con l'emissione dei primi due bandi di gara per la costruzione e successiva gestione in concessione di una rete pubblica a banda ultralarga (Gara 1 per le regioni Abruzzo, Molise, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto e Gara 2 per le regioni Piemonte, Val d'Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Provincia di Trento, per le regioni Marche, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata e Sicilia, seguiti da un terzo bando per le regioni Calabria, Puglia e Sardegna emesso nel corso del 2018). Tutte e 3 le gare sono state aggiudicate al Concessionario Open Fiber S.p.a.; le prime due a giugno e novembre 2017 e la terza ad aprile 2019;

   il cronoprogramma previsto all'aggiudicazione della Gara 2 nel 2017 prevedeva il completamento dei lavori in Piemonte entro il 2021; recentemente, Infratel e Open Fiber hanno comunicato alla regione Piemonte, ad Anci e ad Uncem che i lavori previsti nei 1.115 comuni piemontesi (su un totale di 1.181 comuni presenti) si concluderanno non prima del 2023;

   nel rapporto Invitalia del 31 ottobre 2020 «Relazione sullo stato di avanzamento del Progetto Nazionale Banda Ultralarga» si afferma che sui 1.497 progetti previsti nei 1.115 comuni piemontesi coinvolti, al momento risultano consegnati soltanto 560 progetti esecutivi in 404 comuni; di questi, soltanto 147 risultano eseguiti e completati e un numero ancora inferiore è stato collaudato e la rete resa disponibile al mercato;

   il forte ritardo nella realizzazione dell'infrastruttura digitale ha avuto un impatto fortemente negativo nel corso del 2020 a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19, che ha allargato la necessità di ricorrere al lavoro agile (smart working) e ha obbligato gli studenti di scuole medie, superiori e delle università a seguire la didattica in modalità a distanza; tutte attività rese quasi impossibili in gran parte del territorio montano e delle aree interne del Piemonte, a causa della scarsità della connessione disponibile; allo stesso tempo, la mancanza della banda ultralarga ha rappresentato un danno per tutte quelle aziende che non hanno potuto utilizzare efficacemente la rete per sfruttare le possibilità offerte dall'e-commerce e in generale dalle transazioni online, enormemente cresciute nel corso di quest'anno –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per imprimere un'accelerazione alla realizzazione del Piano banda ultralarga, al fine di eliminare il digital divide e consentire a tutti i cittadini italiani eguali opportunità di accesso alla rete internet.
(5-05014)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIBOLLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 7 agosto 2020 del Ministero dello sviluppo economico, recante «piano voucher sulle famiglie a basso reddito», ha introdotto una misura di sostegno alla domanda di connettività a banda ultra larga destinata alle famiglie con Isee inferiore ai 20.000 euro, nella forma di un voucher di 500 euro utilizzabile per attivare servizi di connessione a banda ultra larga e l'acquisizione di un tablet o personal computer; di prossima introduzione è invece una misura che destina analoghi voucher alle famiglie con reddito Isee fino a 50.000 euro e alle imprese;

   il voucher di 500 euro, oltre che per servizi di connettività, può essere destinato anche ad elementi hardware, ossia i tablet o personal computer, purché forniti dal medesimo operatore che ha offerto il servizio e vincolati all'offerta di servizi di connettività;

   riservare il voucher per gli strumenti hardware unicamente agli operatori di telecomunicazioni limita la libera scelta del consumatore ed esclude indebitamente gran parte degli operatori economici attivi sul mercato della produzione, dell'importazione e della distribuzione di tali prodotti, creando effetti distorsivi del mercato a danno dei consumatori;

   secondo quanto riferito all'interrogante da più fonti, alcune compagnie telefoniche avrebbero, infatti, messo in vendita device ad un prezzo che sommato al valore del voucher supererebbe di gran lunga quelli di mercato. A questa già di per sé incresciosa circostanza, si aggiunge anche l'impossibilità di acquistare i tablet su internet con l'ulteriore inconveniente per l'utente di doversi recare personalmente presso un negozio;

   si rappresenta, infine, che a queste pratiche di dubbia legittimità si aggiunge anche quella della pubblicizzazione di offerte che restano in vigore solo per poche ore, ingenerando così nei cittadini una falsa aspettativa;

   come noto, la misura, introdotta grazie alla Lega – che con la risoluzione in Commissione n. 8-00057 approvata il 4 dicembre 2019 ha impegnato il Governo «ad adottare iniziative (...) per introdurre quanto prima degli incentivi – nella forma di voucher destinati ai clienti finali o di sconto sul prezzo di acquisto o attivazione o, comunque, nella forma economicamente più idonea ed efficiente – per l'attivazione di servizi di connessione alla rete internet ad almeno 100 Mbps in download» – è stata ad oggi del tutto disattesa da parte del Governo –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire un corretto utilizzo della misura di sostegno alla domanda di connettività destinata alle famiglie.
(4-07519)


   FASSINA, FIORAMONTI e MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Commissione europea ha proposto un radicale cambio di passo verso la neutralità climatica al 2050 incrementando la riduzione delle emissioni climalteranti (rispetto al 1990) al 2030 dal 40 per cento all'attuale 55 per cento e, a partire da ciò, il Parlamento europeo ha approvato di incrementare tale riduzione al 60 per cento;

   il piano europeo Next Generation UE per il recupero dell'attività economica in seguito al crollo conseguente alla pandemia del Covid-19 prevede 750 miliardi di euro per investimenti, dei quali almeno il 37 per cento in piani di sostenibilità ambientale e, tra queste, infrastrutture che favoriscano la sostenibilità economica, ambientale ed energetica per l'Europa delle future generazioni;

   il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) del 2019, assume come obiettivo di riduzione il 38 per cento, programmando la graduale cessazione della produzione elettrica con carbone entro il 2025. Il termine della produzione elettrica da carbone, tuttavia, è compensata da un piano di interventi che sostanzialmente si traducono nella predominanza dell'utilizzo del gas naturale, per il quale si prevede la costruzione di nuovi impianti di turbogas a sostituire le centrali a carbone;

   il meccanismo economico con cui si garantisce il servizio di copertura elettrica del Paese è il capacity market. Quello scelto dal Governo dispone il pagamento della capacità produttiva messa a disposizione per il sistema, in alternativa al pagamento della corrente elettrica realmente erogata. L'offerta di capacità è messa all'asta sulla base di prezzi base. Questo nei fatti garantisce un guadagno all'azienda fornitrice indipendentemente dalla corrente realmente venduta. Terna mette all'asta la disponibilità di potenza elettrica da parte degli operatori, con una base d'asta pari a 75.000 euro per Megawatt in caso di nuova potenza e meno della metà nel caso di impianti di generazione preesistente. I contratti sono di 3 anni per risorse esistenti e di 15 per risorse nuove. Questo meccanismo appare appositamente concepito per incentivare la costruzione di nuove centrali a turbogas;

   il quadro derivante dal Pniec 2019 e dal conseguente capacity market, fortemente sbilanciato sul gas naturale, appare superato dalle decisioni comunitarie del 2020, in relazione sia al percorso di avvicinamento alla neutralità climatica al 2050 che ai piani di ripresa economica contemplati nella Next Generation EU –:

   se il Governo intende adeguare in tempi brevi il Piano nazionale integrato energia e clima alle nuove necessità richieste dai rinnovati obiettivi europei in tema di emissioni climalteranti, alzando in maniera coerente con l'Unione europea gli obiettivi di abbattimento previsti per l'Italia, portandoli dall'attuale 38 per cento ad almeno il 55 per cento deliberato dalla Commissione;

   in tal senso, se il Governo intende adottare iniziative per diminuire il ruolo del gas nella produzione di energia, aumentando al contempo la capacità degli accumuli e favorendo la penetrazione massiccia delle fonti rinnovabili, anche attraverso l'autoproduzione e le comunità energetiche conseguentemente a quanto richiesto al quesito precedente;

   se il Governo non intenda adottare iniziative affinché sia prevista una moratoria sulle aste dell'attuale capacity market in attesa della necessaria revisione del Piano nazionale integrato energia e clima da allineare ai nuovi obiettivi;

   se il Governo stia effettuando una valutazione prospettica, non limitata alla mera fase contingente, della quantità e della qualità del lavoro connesso alla transizione energetica, in raffronto con il permanere delle fonti fossili previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima 2019.
(4-07525)


   FOTI, BUTTI, OSNATO e MANTOVANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'utilizzo del codice Ateco quale criterio per erogare i ristori appare penalizzante, e comunque parziale, per le imprese esercenti l'attività di allestimento di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni varie, e ciò perché pur essendo utile per identificare molte categorie produttive, è del tutto insufficiente per quei settori, quale quello suindicato, in cui è forte il sovrapporsi di professionalità e culture tecniche;

   appare perciò indispensabile attivare ogni utile iniziativa volta a ricomprendere nei ristori economici predisposti per legge anche quei settori che, come quello suindicato, ne sono del tutto esclusi o solo parzialmente ricompresi –:

   se alla luce dei fatti suesposti, il Ministro interrogato, anche con ulteriori iniziative normative, intenda affrontare e risolvere in modo definitivo la questione rappresentata, a partire dall'ampliamento e dalla integrazione dei codici Ateco, la qual cosa sarebbe fondamentale per l'allargamento della platea dei beneficiari.
(4-07539)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   SARLI, NAPPI, MENGA e DE CARLO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della pandemia da coronavirus i servizi veterinari e i servizi in parte integrante del sistema sanitario nazionale, rivestono un ruolo di supporto rilevante nell'attuale situazione emergenziale. Svolgono, infatti, attività essenziali di controllo e vigilanza per garantire che, nonostante le difficoltà legate all'epidemia, sia assicurato il rispetto rigoroso dei requisiti di sicurezza alimentare e salute e benessere degli animali a tutela della salute pubblica. I medici veterinari impegnati negli istituti zooprofilattici sperimentali, inoltre, stanno dando un valido supporto diagnostico all'emergenza Covid-19;

   le professioni mediche, tra esse, quella veterinaria, stanno dando un grande contributo nella battaglia contro l'epidemia che ha trovato il nostro Paese, come del resto, l'intero pianeta impreparato. Il coronavirus ha evidenziato le falle del servizio sanitario nazionale e la scarsità di professionisti medici per fronteggiare la pandemia;

   in questo contesto il Governo ha scelto di varare nuove norme e destinare ingenti risorse per la sanità e la salute dei cittadini italiani. Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha consentito l'esercizio della professione di medico-chirurgo a partire dal conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico e previo svolgimento e superamento di un tirocinio trimestrale, abolendo in via definitiva l'esame di Stato;

   il Ministro dell'università e della ricerca, Gaetano Manfredi, in un'audizione informale del 22 aprile 2020 in Commissione cultura della Camera dei deputati, ha affermato che bisognerà valutare anche per le lauree di farmacia e di odontoiatria se renderle abilitanti, al fine di ridurre gli oneri amministrativi e i tempi per l'iscrizione all'albo per gli studenti;

   è stata avviata, in questi giorni, una petizione online dal titolo «Laurea in medicina veterinaria abilitante» mediante la piattaforma Change.org, che contiene la proposta per il superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di medico veterinario, affinché la laurea in medicina veterinaria venga riconosciuta abilitante;

   in pochissimi giorni sono state raccolte oltre 4.500 firme di sostegno alla petizione e il numero dei sottoscrittori è in continuo aumento –:

   se non ritengano di valutare l'adozione di tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché la laurea in medicina veterinaria venga resa abilitante professione, così com'è previsto per la professione di medico-chirurgo.
(3-01901)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Casa e altri n. 7-00570, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mollicone.

  La risoluzione in Commissione Ficara e altri n. 7-00580, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Maglione.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bergamini n. 5-04903, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baldelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Patelli e altri n. 4-07460, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zoffili, Lolini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta in Commissione Costanzo n. 5-04613, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 397 del 22 settembre 2020.

   COSTANZO e D'ARRANDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   fin dai primi anni '80 il territorio del comune di Torrazza Piemonte è caratterizzato da un notevole carico ambientale dovuto alla presenza di attività di cava e di discarica che, in decenni di sfruttamento, hanno contribuito ad un aumento della vulnerabilità dei sistemi acquiferi sottostanti. La discarica è costituita attualmente da 8 celle di cui 7 sono in post-gestione e contengono rifiuti industriali speciali e tossico-nocivi, mentre l'ottava, autorizzata per rifiuti non pericolosi, è tuttora in fase operativa;

   di questa situazione di degrado si era fatto carico, nel 1996, con decisione Via 2392, il Ministero dell'ambiente, che aveva decretato, nell'ambito della procedura di impatto ambientale relativa all'istruttoria della cella n. 8, di dimezzare i quantitativi di rifiuti richiesti in istanza e stabilito che la cella 8 sarebbe stata l'ultima a Torrazza;

   come riportato dal quotidiano La Stampa il 9 giugno 2020, la società «La Torrazza srl» ha presentato in data 21 aprile 2017 istanza per la realizzazione della «Cella 9»;

   a seguito di tale istanza, nella delibera del 4 giugno 2020 della città metropolitana di Torino si è affermato che «Il nuovo progetto rappresenta inequivocabilmente un impatto negativo aggiuntivo su un contesto ambientale e insediativo già fortemente compromesso», come valutato nel 1996, ed esprimendo giudizio negativo di compatibilità ambientale;

   il comune di Torrazza risulta coinvolto nel progetto di realizzazione del tunnel di base della Nltl (Nuova linea Torino-Lione) come sito di deposito definitivo delle terre e rocce da scavo derivanti dalla realizzazione del tunnel di base, come previsto dal progetto definitivo dell'opera e dalla delibera Cipe 19/2015;

   il progetto definitivo della Nltl è stato approvato dalla delibera Cipe n. 9/2015, che ha poi subito una serie di varianti approvate con le delibere Cipe 30/2018 e 39/2018;

   con nota di protocollo 182/Telt del 18 settembre 2019, Telt ha presentato al Ministero dell'ambiente e alla Commissione tecnica una nuova proposta tecnica di deposito dello smarino che prevede lo spostamento del sito di deposito da ovest a est nell'area di cava; il mantenimento del fascio di binari di presa in consegna in affiancamento della linea ferroviaria Torino-Milano; un sistema di trasferimento delle terre e rocce da scavo dai convogli ai nostri trasportatori; il trasferimento delle terre e rocce da scavo al sito di deposito attraverso il nastro trasportatore in sostituzione del raccordo ferroviario;

   il parere della commissione tecnica del 22 novembre 2019 sul nuovo progetto di Telt è positivo, ma vincolato a una serie di verifiche, tra cui quella di non compromissione delle matrici ambientali coinvolte;

   il comune di Torrazza, negli anni, ha sempre espresso parere negativo all'arrivo dello smarino in loco, ma con delibera n. 54 del 27 dicembre 2019 ha approvato la nuova soluzione progettuale proposta dalla società Tunnel Euralpin Lyon TurinSAS;

   tale delibera ha determinato presso la cittadinanza ed esponenti del consiglio comunale di Torrazza Piemonte forti dubbi in merito all'impatto ambientale del nuovo progetto;

   le prime abitazioni civili della frazione Borgoregio risultano posizionate a meno di 50 metri dall'area di scarico –:

   quali nuove acquisizioni intenda considerare, alla luce anche di quanto certificato dalla delibera della città metropolitana di Torino citata in premessa, al fine di valutare nuovamente l'impatto del deposito di smarino sul territorio;

   quale aumento prevedano i costi aggiuntivi dell'intera opera nel nuovo progetto sulle volumetrie di deposito nel sito di Torrazza (riportate nel progetto definitivo del Cipe) e sugli impatti ambientali e sanitari nel territorio comunale;

   quali siano gli studi sull'impatto sanitario dovuto allo scarico nelle tramogge di raccolta dello smarino dai vagoni ferroviari relativamente alla dispersione in atmosfera di polveri proprie delle rocce macinate, quali i silcati.
(5-04613)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gemmato n. 5-04010 del 20 maggio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione La Marca n. 5-04991 dell'11 novembre 2020.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Miceli n. 5-00522 del 25 settembre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07507;

   interrogazione a risposta in Commissione Sarli e altri n. 5-04008 del 20 maggio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01901;

   interrogazione a risposta scritta Ferrari e altri n. 4-06253 del 7 luglio 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05016;

   interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-04302 del 7 luglio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01900;

   interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-04896 del 28 ottobre 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07506.