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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 3 novembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    i contratti di fiume (Cdf) sono stati introdotti in Italia e in tutta Europa a seguito del secondo Forum Mondiale dell'Acqua (L'Aia, 2000, organizzato dal World Water Council, ha visto la partecipazione di 5700 esperti in rappresentanza di 113 Paesi);

    già nel 2000, il World Water Forum definisce, i contratti di fiume come forme di accordo che permettono di «adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale»;

    i contratti di fiume, comprensivi quelli di Lago e di Costa e di Foce, rappresentano quelle forme di accordo volontario, ascrivibili alla programmazione negoziata, che prevedono un pieno coinvolgimento degli attori locali di un territorio con l'obiettivo di individuare un programma d'azione condiviso, finalizzato, ad affrontare le problematiche ambientali di un bacino fluviale;

    i soggetti che aderiscono al contratto di fiume definiscono quindi un programma d'azione (Pa) condiviso e si impegnano ad attuarlo attraverso la sottoscrizione di un accordo. Rientrano in questa definizione anche i contratti di lago, di costa, di acque di transizione, di foce e di falda;

    con il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto decreto «Sblocca Italia», all'articolo 7, vengono destinate risorse pari ad almeno il 20 per cento del totale di quelle destinate ad interventi contro il dissesto idrogeologico, per interventi integrati in grado di garantire sia la riduzione del rischio idrogeologico che il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d'acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità. In pratica si finanziano interventi integrati che agiscono secondo la filosofia dei contratti di fiume;

    successivamente la legge 28 dicembre 2015, n. 221, ha inserito l'articolo 68-bis nel codice dell'ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) introducendo nel nostro ordinamento i «contratti di fiume»;

    sulla base del citato articolo 68-bis del codice dell'ambiente, i contratti di fiume «concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree»;

    dalle suddette norme emerge il contributo che i contratti di fiume possono e devono dare «alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico», riconoscendo in tal modo mi ruolo importante ai medesimi contratti nella pianificazione territoriale: da strumento volontario basato sulla realizzazione di importanti azioni a strumento che può contribuire ad una visione di lungo periodo di un bacino;

    ai Cdf è ormai riconosciuto un ruolo rilevante nell'attuazione e miglioramento delle politiche di governo del territorio;

    la gestione dei territori fluviali implica una gran quantità di interazioni e la necessità di un approccio integrato rivolto a più discipline e a più stakeholder. In questo ambito i contratti di fiume sono uno strumento attraverso cui realizzare il passaggio da politiche settoriali a politiche integrate di riqualificazione ecologica dei bacini fluviali e lacustri:

    esperienze di contratto di fiume sono presenti su tutti i grandi fiumi italiani sia al nord che al sud del Paese (Po, Piave, Tevere, Adda, Arno, Brenta, Trebbia e altro). Oggi nel nostro Paese vi sono in essere circa 200 processi di contratti di fiume distribuiti in praticamente tutte le regioni italiane;

    nel 2007 è nato il Tavolo nazionale dei contratti di fiume come gruppo di lavoro del coordinamento Agende 21 locali italiane (tavolo costituito da regioni ed enti locali), con l'obiettivo di creare una comunità che sia in grado di scambiare informazioni, esperienze e di promuovere i contratti di fiume in Italia;

    nel luglio 2020 si è tenuta l'assemblea del Tavolo nazionale dei contratti di fiume, che si è espressa su una necessaria evoluzione attuativa dei Cdf, a partire dall'assegnazione di un ruolo specifico all'interno della nuova programmazione europea 2021-2027, riconoscendone la capacità di integrare nel rispetto delle diversità dei singoli territori, alcuni gli obiettivi strategici della programmazione della politica di coesione 2021-2027;

    i contratti di fiume possono avere inoltre un ruolo centrale per preservare la biodiversità, gli ecosistemi e le loro funzioni, nonché per la riduzione della vulnerabilità ai fenomeni naturali estremi;

    il Tavolo nazionale dei contratti di fiume (Tncdf), ha avanzato specifiche e chiare proposte al Governo, che il presente atto di indirizzo fa proprie, affinché i contratti di fiume facciano un ulteriore passo in avanti e divengano ancora di più uno strumento ordinario per la gestione sostenibile dei bacini idrografici e la prevenzione dei rischi ambientali,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative normative affinché i contratti di fiume di lago entrino nel quadro delle politiche di sostegno delle amministrazioni coinvolte nell'attuazione dei progetti «green» proposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per accedere anche ai fondi del Recovery Pian, per la loro capacità di superare la logica meramente amministrativa e settoriale, essendo in grado di produrre programmi d'azione partecipati a scala di territorio;

   a inserire i contratti di fiume o di lago nell'Accordo di partenariato e nei programmi operativi oggetto della nuova programmazione 2021-2027 garantendo loro adeguato supporto finanziario ai processi e ai programmi d'azione;

   ad avviare tutte le iniziative affinché i contratti di fiume o di lago trovino un riconoscimento nella programmazione regionale 2021-2027 attraverso premialità e incentivi nelle misure dei programmi Fears-Psr, Fesr, Fse tenuto anche conto dei contenuti delle proposte strategiche in materia ambientale (implementazione dei contratti di fiume) fatte al Governo dalla Conferenza delle regioni del dicembre 2019;

   ad adottare iniziative volte a prevedere che i contratti di fiume o di lago siano riconosciuti e utilizzati nei programmi di educazione ambientale nelle scuole in materia di acqua e inseriti nella nuova programmazione Infea (Informazione educazione ambientale);

   ad adottare le opportune iniziative affinché i contratti di fiume o di lago assumano concretamente il ruolo che già viene agli stessi riconosciuto nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, contribuendo alla definizione degli scenari e dei piani in relazione alla mitigazione della vulnerabilità delle risorse idriche e al contenimento dell'impatto degli eventi estremi, in attuazione della decisione del Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020;

   ad attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché i programmi d'azione dei contratti di fiume o di lago vengano considerati dalle regioni per la stesura delle strategie regionali per lo sviluppo sostenibile «Verso un'Europa sostenibile entro il 2030», al fine di individuare i principali strumenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS) nonché ai goals e ai target contenuti nella risoluzione «Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile» adottata nel 2015 dall'Assemblea generale dell'Onu, anche realizzando «Interventi integrati» che trovano nel modus operandi partecipato dei contratti di fiume uno strumento essenziale di attuazione.
(7-00569) «Labriola, Cortelazzo, Mazzetti, Gelmini, Ruffino, Casino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il Ministero della salute sta diffondendo, per lo più attraverso il web, uno spot ad avviso degli interpellanti discriminatorio in quanto totalmente inaccessibile alle persone con disabilità visiva;

   nello specifico, nel video – accompagnato dalla seguente didascalia: «La mascherina ci protegge e protegge i nostri cari. Usiamola bene» – compaiono una serie di raccomandazioni ai cittadini, solo scritte, riguardo all'uso corretto della mascherina;

   si riscontra, con tutta evidenza, l'impossibilità per le persone con disabilità visiva di leggere e prendere visione dei consigli in esso contenuti;

   ad avviso degli interpellanti, è estremamente grave che il Governo, in un momento così difficile, diffonda e pubblichi video contenenti campagne promozionali del tutto inaccessibili a persone con deficit visivi;

   in Italia ci sono quasi due milioni di persone con disabilità visiva, pari al 3 per cento della popolazione a cui deve essere garantito l'accesso a tutte le informazioni necessarie per proteggersi dal contagio da Covid-19;

   non è la prima volta che il Governo esclude i soggetti più deboli dalle comunicazioni istituzionali per combattere la pandemia in corso, tanto che le prime conferenze stampa, del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, non prevedevano alcun sottotitolo per le persone non udenti;

   a tal proposito, soltanto grazie all'azione decisiva di Forza Italia, gli interventi del Presidente del Consiglio dei ministri, sia sui social network che televisivi, sono ora interpretati con la lingua dei segni –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rendere immediatamente accessibili e perfettamente fruibili anche alle persone con disabilità visiva i contenuti del video citato in premessa, nonché quelli di ogni altro video istituzionale contenente raccomandazioni, suggerimenti e/o consigli indirizzati alla popolazione con riferimento al contrasto della diffusione della pandemia da Covid-19.
(2-00989) «Versace, Gelmini, Occhiuto, Mulè, Aprea, Bagnasco, Baratto, Anna Lisa Baroni, Battilocchio, Bergamini, Calabria, Cannizzaro, Carrara, Casciello, Casino, Cassinelli, Cortelazzo, Cristina, Dall'Osso, D'Attis, D'Ettore, Giacometto, Marin, Marrocco, Mazzetti, Milanato, Napoli, Novelli, Palmieri, Pentangelo, Pettarin, Pittalis, Polidori, Porchietto, Rossello, Rosso, Ruffino, Saccani Jotti, Sisto, Sozzani, Spena, Torromino, Maria Tripodi, Vietina, Zangrillo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero della difesa – direzione generale per il personale militare – n. 31/1D, pubblicato in data 20 dicembre 2018 sul Giornale ufficiale della difesa ed avente ad oggetto la indizione di «concorsi interni straordinari, per titoli ed esami, per il reclutamento di Marescialli delle Forze Armate», è stato bandito il «concorso interno straordinario per titoli ed esami per il reclutamento di marescialli dell'Aeronautica militare», e stabilito che si ammette alla partecipazione al concorso de quo esclusivamente «il personale, arruolato ai sensi della Legge 24 dicembre 1986, n. 958 e successive modificazioni e transitato in servizio permanente nei primi due concorsi utili per l'immissione nel ruolo Sergenti dell'Esercito, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare, nonché nei primi tre concorsi utili per l'immissione in ruolo dei Volontari in s.p dell'Esercito, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare, rispettivamente ai sensi dell'articolo 35, comma 2 e dell'articolo 36 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196»;

   a parere dell'interrogante appaiono sussistere le condizioni per evitare uno spreco di denaro pubblico e una pesante ricaduta negativa sull'immagine delle forze armate a fronte del fatto che risulta all'interrogante siano stati depositati molteplici ricorsi al Tar del Lazio per l'annullamento del precitato concorso e degli analoghi concorsi riguardanti il personale dell'Esercito e della Marina Militare;

   si ritiene, peraltro, che sussistano giusti motivi per rinviare le fasi successive all'avvenuto svolgimento della prova concorsuale fino a quando non vi sia una pronuncia definitiva del Tribunale amministrativo invocata dai molteplici ricorrenti –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative tese a rinviare la nomina al grado di maresciallo dei vincitori di concorso, considerato che, come rappresentato in premessa, si è in attesa di una pronuncia definitiva della magistratura e vi è la concreta possibilità che i bandi concorsuali vengano annullati;

   in alternativa, se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per consentire a tutto il personale militare in servizio, arruolato ai sensi della legge n. 958 del 1986, identiche progressioni di carriera già oggetto di molteplici contenziosi giudiziari in atto.
(5-04923)


   DE MENECH e ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sempre più spesso si assiste al verificarsi di emergenze connesse a eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo, in ragione della loro intensità o estensione, che seppur localizzate nel territorio regionale, assumono proporzioni di rilievo nazionale tanto da richiedere interventi immediati e poteri straordinari per essere fronteggiate;

   nel mese di agosto 2020, il territorio delle province di Belluno, Padova, Verona e Vicenza, è stato interessato da eventi meteorologici di eccezionale intensità. Esondazioni e forti venti hanno causato ingenti danni per le attività produttive, le infrastrutture viarie e l'intero patrimonio pubblico e privato;

   il 10 settembre 2020, il Consiglio dei ministri, con delibera, dichiara lo stato di emergenza per dodici mesi nei territori colpiti. Il 1° ottobre 2020, la Presidenza del Consiglio dei ministri emana l'ordinanza n. 704 per consentire alla regione di far fronte alle prime necessità. Vengono stanziati 6.800.000 euro a valere sul fondo per le emergenze nazionali, articolo 44, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018;

   dalle prime stime della regione, emerge che gli interventi di primissima emergenza ammonterebbero a circa 50 milioni di euro e che la somma complessiva necessaria, compreso il ripristino di tutte le opere distrutte, sia superiore a 100 milioni di euro –:

   se il Governo, alla luce dei fatti sopra esposti, non ritenga opportuno prevedere nella prima iniziativa utile un incremento delle risorse, ad oggi insufficienti, per il ripristino delle opere pubbliche e private in parte danneggiate o completamente distrutte nei comuni indicati in premessa.
(5-04924)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI, VIVIANI, MATURI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS e MANZATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel nuorese molti allevatori stanno vivendo una situazione paradossale; essendo questi posti in quarantena o in isolamento fiduciario in quanto positivi al Covid-19 o venuti a contatto con soggetti positivi al virus, ma asintomatici, non possono, per le regole imposte dall'emergenza sanitaria, recarsi nelle proprie aziende agricole per accudire gli animali;

   bovini, pecore, capre, suini, polli ed altri animali devono essere accuditi giornalmente, perché devono mangiare, bere, ma soprattutto le vacche devono essere munte giornalmente, anche due volte al giorno, per non andare incontro a problemi di salute molto gravi e in alcuni casi anche alla morte;

   inoltre, gli animali che stanno per partorire hanno bisogno costantemente dell'assistenza dell'allevatore;

   chi lavora nelle campagne non conosce ferie, feste o riposo ed essere costretto a rimanere a casa, pur non avendo sintomi, mette a rischio la salute e la stessa sopravvivenza di centinaia di animali;

   ogni giorno che passa la situazione nelle aziende diventa sempre più complicata e gli allevatori si trovano sull'orlo della disperazione; rientrando nella categoria degli asintomatici, chiedono di poter avere un permesso per potersi recare presso le proprie aziende; chi ha una casa o un ricovero presso la propria azienda potrebbe passare la quarantena presso di essa, ma chi si deve spostare dalla propria abitazione all'azienda si trova nella totale impossibilità di svolgere le funzioni fondamentali per la cura degli animali;

   è inammissibile che ad oggi, dopo l'esperienza del lockdown non si sia trovata alcuna soluzione per chi si trova in una situazione del genere e quindi per preservare la vita degli animali;

   per gli allevatori gli animali sono fonte di reddito e questa situazione mette anche a rischio la tenuta di moltissime aziende agricole;

   non permettere agli allevatori di recarsi presso le proprie aziende vuol dire condannare a morte centinaia di animali e mettere in ginocchio una parte fondamentale della filiera agricola nazionale;

   nella medesima condizione si trovano anche gli agricoltori, impossibilitati a recarsi nei propri fondi per svolgere le pratiche agricole, in quanto anche le coltivazioni hanno bisogno della medesima cura e attenzione al pari degli animali –:

   se intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative volte a permettere agli allevatori ed agricoltori, che si trovano nella situazione citata in premessa, di recarsi presso le proprie aziende per la cura degli animali e dei campi, ovviamente rispettando tutte le precauzioni dovute alla situazione emergenziale, onde evitare di mettere in pericolo la salute e la vita di centinaia di animali nonché la stessa tenuta del settore primario considerato strategico per il Paese.
(4-07363)


   RACCHELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 la categoria «musei e altri luoghi di cultura», visto l'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, per codice Ateco (91.04) risulterebbe aperta;

   per «Museo» si intende una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio;

   i parchi faunistici e zoologici, orti botanici, le riserve naturali e gli acquari, non sono assimilabili a parchi di divertimento permanenti (giostre) e spettacoli viaggianti (luna park) né a parchi divertimento tematici o a parchi avventura ed altri contesti di intrattenimento in cui sia previsto un ruolo interattivo dell'utente con attrezzature e spazi, parchi faunistici, orti botanici, riserve naturali ed acquari;

   lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'allegato 9, inserisce, a giudizio dell'interrogante erroneamente, nella categoria parchi tematici e di divertimento i giardini zoologici, i parchi faunistici, gli orti botanici, le riserve naturali e gli acquari;

   tra i codici Ateco che hanno diritto alla elargizione dei fondi stanziati con il decreto «Ristoro», il codice riguardante i parchi faunistici, orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali ed acquari (91.04), non è inserito negli aventi diritto al ristoro;

   nello stesso giorno, con un'ulteriore circolare del 27 ottobre 2020, si ribadisce che i parchi divertimento e i parchi tematici comprendono anche i giardini zoologici, acquari, parchi faunistici, orti botanici (articolo 1, comma 9, lettera c)) –:

   se il Governo, visto il palese errore di valutazione e di accorpamento di parchi faunistici, orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali, acquari, con codice Ateco 91.04, ai parchi divertimento e parchi tematici, intenda adottare iniziative per una precisazione al riguardo, fornendo la corretta collocazione di tali strutture nella categoria musei ed altri luoghi di cultura.
(4-07368)


   D'ORSO, ALAIMO, CANCELLERI, CASA, GIARRIZZO, SODANO, MARTINCIGLIO e PAPIRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo il monitoraggio dell'epidemia da Covid-19 nelle regioni e nelle province italiane a cura della Fondazione Gimbe sulla base dei dati diffusi quotidianamente dalla Protezione civile e dal Ministero della salute, nella settimana tra il 14 e il 20 ottobre 2020 la regione Sicilia ha registrato un incremento percentuale dei contagi da SARS-CoV-2 del 33,3 per cento. Nelle ultime 2 settimane si rileva un'incidenza di 104 casi positivi per 100.000 abitanti, e solo il 27 ottobre 2020 si sono registrati 860 nuovi contagi, 10 morti, un numero totale di 727 ricoveri Covid-19 e di 103 pazienti in terapia intensiva;

   la Sicilia, al terzo posto per il numero di ricoveri e terapie intensive che fanno registrare un incremento percentuale di 1,3 volte rispetto al mese di aprile 2020, rientra tra le sette regioni con maggiori criticità alle prese con la nuova ondata di Covid-19;

   è evidente che la situazione sia grave ed allarmante come confermato dagli stessi operatori sanitari, in particolare, degli ospedali del capoluogo siciliano, che denunciano come negli ospedali palermitani (ad esempio Civico, Cervello) vengano chiusi o trasferiti dall'oggi al domani interi reparti per fare spazio ai nuovi ricoveri Covid-19, sottraendo così posti letto ai pazienti affetti da altre patologie;

   a fronte di tutto ciò, i sindacati di categoria del personale medico lanciano un grido d'allarme per il grave stato di disagio che il personale sanitario tutto è costretto a vivere ogni giorno anche a causa della mancanza di medici ed infermieri, e della carenza di materiale sanitario e di dispositivi di protezione. Nei giorni scorsi si è letto anche di un'infermiera del 118 addormentatasi stremata sul volante dell'ambulanza con il paziente a bordo in attesa di entrare nell'ospedale di Villa Sofia. Ha atteso il suo turno per otto infinite ore (vedi http://www.rainews.it);

   è evidente, secondo gli interroganti che la regione Sicilia (in cui l'ultimo aggiornamento del «piano pandemie» risale all'anno 2009) si sia fatta trovare del tutto impreparata di fronte a questa seconda ondata, nonostante la prevedibilità della stessa;

   nella regione siciliana è rimasta, dunque, lettera morta quella seria programmazione dell'emergenza sanitaria che doveva puntare ad un potenziamento del sistema sanitario (con particolare riguardo al piano di apertura di un maggior numero di reparti Covid nei vari ospedali siciliani) come preannunciato dal presidente della regione Nello Musumeci in occasione della premialità di 400 milioni di euro riconosciuta alla regione per la sanità dell'isola, nei mesi scorsi, dal tavolo composto dai rappresentanti dei Ministeri dell'economia e della salute, che monitora l'andamento del piano di rientro a cui la Sicilia è sottoposta. Il presidente Nello Musumeci esprimeva il suo impegno con queste parole: «...Da un lato si prosegue con un'azione di risanamento dei conti pubblici, dall'altro si ottiene una premialità di centinaia di milioni di euro che potranno essere utilizzate per potenziare ancora di più il Sistema sanitario siciliano...» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare (anche in raccordo con le autorità istituzionali regionali competenti) per addivenire al più presto ad una soluzione finalizzata ad attivare, fin da subito, tutti gli strumenti per risolvere le gravi criticità presenti negli ospedali siciliani che impediscono agli operatori sanitari di gestire con serenità e sicurezza la grave emergenza epidemiologica in atto, e ai cittadini isolani di fruire pienamente dei servizi e delle cure del servizio sanitario regionale in ossequio all'articolo 32 della Costituzione.
(4-07372)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come documenta la Federazione degli scienziati americani (Fas) in Italia e altri Paesi europei vi sono bombe nucleari B61;

   come documenta la U.S. Air Force, sono in fase di sviluppo negli Stati Uniti le bombe nucleari B61-12, destinate a sostituire nel 2021/2022 le attuali B61 installate dagli Usa in Italia e altri Paesi europei;

   come documenta la Fas, la B61-12 non è solo una versione ammodernata della B61, ma una nuova arma nucleare, con una potenza selezionabile al momento del lancio, che si dirige con precisione sull'obiettivo ed ha la capacità di penetrare nel sottosuolo per distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike nucleare;

   foto satellitari, pubblicate dalla Fas, mostrano le modifiche già effettuate nelle basi di Aviano e Ghedi-Torre per installarvi le B61-12 insieme ai nuovi caccia F-35A;

   l'Italia mette a disposizione non solo il suo territorio per l'installazione di armi nucleari statunitensi, ma – conferma la Nato – fa parte dei Paesi che «forniscono all'Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe nucleari, su cui gli Stati Uniti mantengono l'assoluto controllo, e personale addestrato a tale scopo»;

   lo schieramento sul territorio nazionale di armi nucleari da parte di un altro Stato e sotto suo totale controllo, ad avviso dell'interrogante viola la sovranità sancita dalla nostra Costituzione, ed espone il Paese a rischi sempre più gravi;

   l'Italia, a giudizio dell'interrogante, viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, firmato nel 1969 e ratificato nel 1975, il quale all'articolo 2 stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente»;

   l'Italia non ha aderito al Trattato Onu sull'abolizione delle armi nucleari, che entra in vigore nel 2021, il quale stabilisce: «Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi» –:

   se il Governo intenda rispettare il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, ratificato dall'Italia nel 1975;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per firmare e ratificare il Trattato Onu sull'abolizione delle armi nucleari, che entra in vigore nel 2021;

   se il Governo intenda adottare iniziative, in base a quanto stabiliscono tali trattati, affinché gli Stati Uniti rimuovano immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinuncino a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari.
(4-07373)


   PIGNATONE, ALBERTO MANCA, D'ORSO, GIARRIZZO, ALAIMO, LOMBARDO, MARZANA, PENNA, CILLIS e DEL SESTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane la regione Sicilia è stata interessata da vasti incendi che hanno colpito diverse aree dell'isola, tra cui la Riserva naturale orientata dello Zingaro di San Vito Lo Capo nel Trapanese, il Parco archeologico Himera nel palermitano, il bosco limitrofo alla miniera di Trabonella e la Riserva Naturale Orientata di Lago Soprano nel Nisseno. Ma ad essere colpiti sono stati, anche, svariati comuni, sgombrati per rischio incendio come Altofonte, Campo Vecchio, Cozzo di Castro, Corso Piano Renda, dove sono letteralmente andati in fumo 600 ettari tra boschi e campi e mille le persone sfollate. Un bilancio davvero catastrofico per la tutta Sicilia che, nel 2020, ha visto bruciare un totale di circa tre mila ettari di verde;

   si apprende da fonti stampa (https://gds.it), (https://www.rainews.it), (https://www.ilfattoquotidiano.it) che, a causa di siffatta situazione, il presidente della regione Siciliana stia predisponendo gli atti necessari al fine di chiedere lo stato di calamità naturale;

   alla luce di tale situazione si ritiene opportuno evidenziare che:

    la regione siciliana ha una presenza diffusa di operai forestali che, però, lavorano un numero limitato di giornate e i vasti incendi che, ogni anno, interessano la Sicilia impongono di valutare la necessità di una possibile rimodulazione dell'organizzazione di tale personale e/o l'aumento delle giornate lavorative svolte dagli stessi al fine di migliorare non solo le attività di lotta attiva antincendio, quanto piuttosto, quelle ancor più importanti, di natura preventiva, volte proprio a scongiurare il rischio del verificarsi di incendi boschivi;

    risulta necessario porre l'attenzione e valutare se le disposizioni contenute nel piano antincendio regionale risultino essere state finora rispettate e se la realizzazione delle opere di difesa passiva siano state poste in essere e verificate –:

   se il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità naturale con riferimento alle suddette aree e se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per verificare se le misure di prevenzione diretta degli incendi boschivi, tese a ridurre la quantità di combustibile presente nelle superfici boscate e nelle zone di interfaccia, nonché le misure di difesa passiva dagli incendi risultino essere state ad oggi rispettate, valutando altresì se sussistano i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza;

   se il Governo intenda adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, per rafforzare gli strumenti per prevenire e gestire gli incendi boschivi, anche con riferimento alla disponibilità di risorse umane.
(4-07374)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2020 la Corte Costituzionale polacca ha dichiarato incostituzionali le interruzioni di gravidanza dovute a difetti congeniti del feto;

   questa sentenza ha suscitato sdegno e pacifiche manifestazioni durante le quali migliaia di donne hanno espresso la propria contrarietà all'ulteriore inasprimento rispetto a quella che era una delle leggi sull'aborto più restrittive d'Europa e che, una volta che avrà effetto, consentirà l'interruzione solo qualora la gravidanza rappresenti una minaccia per la salute della donna o sia il risultato di crimini come lo stupro o l'incesto;

   tali manifestazioni, sebbene pacifiche, sono state oggetto di aggressioni da parte delle forze dell'ordine, che ha anche utilizzato lo spray al peperoncino e arrestato 15 manifestanti;

   il 27 ottobre 2020 il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha invocato l'intervento dell'esercito contro le manifestanti, prospettando così un'escalation dell'azione repressiva e violenta da parte delle autorità;

   la Polonia è dal 1° maggio 2004 uno Stato membro dell'Unione europea, nella cui Carta fondamentale è scritto che «ogni persona ha diritto alla libertà di espressione» e che «tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera»;

   la tutela delle garanzie democratiche che sono proprie di uno Stato di diritto è una delle ragioni costitutive della Unione europea;

   la Polonia è oggetto di una procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea per la legislazione sulla magistratura e di una procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea per violazione dello Stato di diritto –:

   se ritengano di esprimere disapprovazione nei confronti delle dichiarazioni del Primo Ministro polacco e di adoperarsi nell'ambito dei rapporti diplomatici bilaterali e multilaterali nelle competenti sedi europee per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali della Unione europea in Polonia;

   se intendano valutare, per quanto esposto in premessa, l'adozione di iniziative nelle competenti sedi europee per attivare meccanismi di incentivi alla responsabilità, basati su limitazioni all'accesso ai fondi europei, nel caso in cui non siano assicurati, in un Paese membro, i valori non negoziabili e i diritti fondamentali dell'Unione, quali, tra gli altri, le libertà politiche di espressione e di manifestazione.
(2-00986) «Boldrini, Quartapelle Procopio, Gribaudo, Fiano, Ascari, Cancelleri, Sarli, Martinciglio, Frate, Gagnarli, Sportiello, Muroni, Deiana, Elisa Tripodi, Schirò, Cenni, Bruno Bossio, Serracchiani, Carnevali, Rotta, Pezzopane, Bonomo, Ciampi».

Interrogazione a risposta scritta:


   DE LUCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dirigenti scolastici, docenti e personale amministrativo della scuola a tempo indeterminato possono essere collocati fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per svolgere all'estero, entro il limite complessivo di 674 unità, attività didattica, promozione della lingua e della cultura italiana, progetti finalizzati al miglioramento dell'offerta formativa, all'innalzamento del successo scolastico e formativo ed al superamento del disagio scolastico, presso scuole italiane statali, parificate, internazionali, bilingue, nei corsi di lingua italiana e nei lettorati di lingua italiana presso le università straniere;

   il personale in servizio all'estero se supera il limite massimo di sessanta giorni di assenza dal servizio, ivi comprese le assenze per malattia, decade dall'organico dell'ufficio all'estero, e, nel caso del personale scolastico, viene restituito ai ruoli metropolitani;

   il decreto «Cura Italia» prevede che il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, dovuta al Covid-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero;

   il decreto «Agosto» ha chiarito che tali periodi non si computano ai fini del calcolo del periodo massimo del mantenimento del posto in caso di malattia o infortunio (articolo 26, comma 1-quinquies, lettera a), del decreto-legge n. 104 del 2020);

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, all'articolo 6, comma 1, lettera b), dispone che le persone che hanno soggiornato o transitato, nei quattordici giorni antecedenti all'ingresso in Italia, in Stati o territori di cui agli elenchi D, E ed F dell'allegato 20, anche se asintomatiche, devono osservare un periodo di isolamento fiduciario di 14 giorni;

   il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'articolo 6, comma 8, lettera g), stabilisce che le misure previste dal comma 1 non si applicano «ai funzionari e agli agenti, comunque denominati, dell'Unione europea o di organizzazioni internazionali, agli agenti diplomatici, al personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche, ai funzionari e agli impiegati consolari, al personale militare e delle forze di polizia, italiane e straniere, al personale del Sistema d'informazione per la sicurezza della Repubblica e dei vigili del fuoco nell'esercizio delle loro funzioni»;

   da questa disposizione appare dunque escluso il personale scolastico collocato fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che sembrerebbe tenuto a rispettare l'obbligo d'isolamento domiciliare di 14 giorni quando fa rientro in Italia, che sarebbero equiparati ad un periodo di congedo per malattia;

   al riguardo, si ricorda tuttavia che tale obbligo potrebbe determinare o agevolare indirettamente il superamento del limite massimo di sessanta giorni di assenza dal servizio che comporta la decadenza dall'organico dell'ufficio all'estero, e, nel caso del personale scolastico, la restituzione ai ruoli metropolitani, interrompendo un percorso professionale e di vita, ma anche uno dei principi cardine della scuola italiana, quale la continuità didattica;

   l'eventuale restituzione ai ruoli metropolitani del personale scolastico a causa del superamento dei sessanta giorni di assenza dal servizio, comporterebbe, peraltro, oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato italiano, che dovrebbe affrontare le spese per il rientro in Italia sostenute dal personale restituito ai ruoli e le spese per il nuovo personale da destinare all'estero in sostituzione;

   a parere dell'interrogante, risulta dunque evidente una forte disparità di trattamento tra il personale scolastico collocato fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il resto dei dipendenti pubblici in servizio all'estero –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere a tutela del personale scolastico in servizio all'estero, collocato fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
(4-07367)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI e SIRACUSANO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   lo studio «Stima dei costi dell'insularità per la Sicilia», condotto dal Governo Musumeci attraverso il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione siciliana e il servizio statistica e analisi economica dell'assessorato all'economia, con il supporto dell'Istituto di ricerca Prometeia, ha rilevato dei dati eclatanti in merito alla condizione di insularità della Sicilia;

   nello specifico, è stato stimato che proprio a causa della condizione di insularità, negli ultimi venti anni, ogni singolo residente in Sicilia (neonati compresi) avrebbe pagato una sorta di tassa occulta quantificabile, annualmente, in 1.308 euro; un costo che si traduce in circa sei miliardi e 540 milioni di euro (pari al 7,4 per cento del prodotto interno lordo regionale) ogni dodici mesi;

   tenendo, invece, in considerazione i costi dei trasporti e le conseguenze sugli operatori economici e i vari settori di attività, la stima dell'impatto della riduzione sul prodotto interno lordo risulterebbe pari al 6,8 per cento: il risultato è che la Sicilia è gravata da una penalità quantificabile in sei miliardi di euro all'anno;

   la Commissione europea riconosce gli effetti penalizzanti dell'insularità, intesa come discontinuità territoriale, e considera le regioni interessate meritevoli di azioni politiche capaci di ridurre il gap rispetto alle aree continentali;

   in tale contesto, la Sicilia, con i suoi circa cinque milioni di residenti, si colloca al di sotto della media italiana ed europea rispetto alla maggior parte degli indicatori sociali ed economici che Bruxelles adotta proprio per operare i confronti spaziali e temporali tra le varie regioni;

   la Sicilia figura indietro soprattutto alla voce «competitività» riferita, in particolare, a infrastrutture, capitale umano e innovazione e anche nel contesto nazionale l'isola è storicamente caratterizzata da un pesante divario rispetto alle altre regioni italiane, come registrato dai principali indicatori socio-economici: nel 2018 il prodotto interno lordo pro capite è risultato pari a 17.721 euro collocandola in penultima posizione, seguita soltanto dalla Calabria con un prodotto interno lordo pro capite di 17.021 euro;

   peraltro, l'Italia dopo la Brexit è divenuto il Paese europeo con il più alto numero di cittadini insulari e l'ordinamento europeo impone di considerare la condizione di insularità, come recentemente ribadito dalla presidente Von der Leyen e dal commissario Ferreira;

   lo studio citato mostra chiaramente come l'entità finanziaria annuale dei costi dell'insularità sia per la Sicilia maggiore degli effetti economici della pandemia da COVID-19: un danno con contorni ben precisi che soffoca lo sviluppo dell'isola, penalizzata da sempre sia nel contesto europeo che in quello nazionale;

   ad avviso degli interroganti, in considerazione dei dati appena riportati, è intollerabile che i siciliani siano pesantemente penalizzati rispetto al resto del Paese e anche all'Unione europea, essendo costretti a pagare una tassa occulta che grava soprattutto sulle opportunità di sviluppo dell'isola, con particolare riferimento alle giovani generazioni –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di prevedere misure compensative in favore dei cittadini siciliani, anche consentendo l'utilizzo della fiscalità di sviluppo per attrarre investimenti e favorire le imprese della regione Sicilia;

   se il Governo non intenda considerare nelle relazioni finanziarie tra Stato e regioni il costo che i siciliani pagano per la condizione di insularità, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale.
(4-07362)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   si apprende, da fonti stampa, che la situazione delle acque sotterranee abruzzesi, in particolare quella della Piana del Pescara, risulta essere a elevato rischio;

   l'inquinamento chimico dell'acqua rappresenta, una delle problematiche più sentite a livello planetario, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Da anni, fiumi, laghi e falde acquifere del nostro Paese non godono di buona salute, perché minacciati dall'inquinamento chimico di attività agricole non sostenibili, dalle industrie, ma anche dal sovra-sfruttamento delle fonti a scopo idroelettrico;

   l'acqua deve essere un bene tutelato, sicuro e garantito a tutti, per la prevenzione e la cura della salute, tanto più in questo periodo di emergenza sanitaria;

   in Italia, il recepimento delle norme europee in materia di acque, contenute nella direttiva quadro 2000/60/CE (Wfd) e nella direttiva 2006/118/CE (Gwd), si è concretizzato con l'emanazione del decreto legislativo n. 30 del 2009 che ha recepito la direttiva 2006/118/CE specificatamente dedicata alle acque sotterranee, e del decreto ministeriale n. 260 del 2010 che ha colmato alcune lacune tecniche del decreto legislativo n. 152 del 2006 per la completa attuazione delle direttive comunitarie sopra citate;

   la direttiva 60/2000/CE ha stabilito tra gli obiettivi da raggiungere che, entro il 2015, tutti i fiumi e tutte le acque sotterranee avrebbero dovuto conseguire lo stato ambientale definito «buono». Un traguardo che, per ora, in Abruzzo non è mai stato raggiunto;

   la regione, ai sensi del decreto legislativo n. 30 del 2009, ha provveduto a individuare i corpi idrici sotterranei significativi e ad attribuire il livello di rischio. Nel caso specifico della Piana del Pescara, è emerso uno stato chimico-fisico delle acque sotterranee riassunto in «scadente» dal momento che i siti in corrispondenza dei quali si osservano superamenti dei limiti normativi, sono superiori al 20 per cento del totale dei siti del monitoraggio chimico;

   dal 2004, l'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente della regione Abruzzo, Arta, si occupa di monitorare i corsi d'acqua e le acque sotterranee. I rilevi dell'Arta 2018 sulle acque sotterranee della Piana del Pescara hanno evidenziato un acquifero notevolmente contaminato da cloruri, ione ammonio, nitrati, nichel, cadmio, piombo e organo clorurati. Inoltre, è emerso, che il problema delle acque a rischio non è solo della Piana del Pescara, ma si estende dalla Val Vibrata alla Piana di Sulmona e dal Sangro al Tronto, tutti siti a rischio che necessitano uno stretto controllo chimico-ambientale;

   nello specifico, le fonti di inquinamento sono legate innanzitutto a un'attività agricola sicuramente non sostenibile che spiegherebbe un'importante presenza di nitrati e di ione di ammonio. I nitrati sono rifiuti provenienti principalmente dall'unione di fertilizzante naturale e compost, destinato ai campi che si riversa inevitabilmente nel sottosuolo. In una regione «verde» come l'Abruzzo, l'uso eccessivo di tale concime è tra le principali cause della contaminazione delle acque sotterranee, nonché dell'acqua potabile;

   sintomo di un forte inquinamento industriale presente nella zona è anche la presenza di metalli pesanti come cadmio e piombo e di solventi clorurati, prodotti chimici che si diffondono rapidamente nell'aria nell'acqua in superficie e spesso raggiungono le acque sotterranee;

   per ultimo, ma non per importanza, il cloruro di vinile, pare sia, presente con valori altissimi rispetto alla media. Secondo lo studio del 2016, «Acque potabili – Parametri», del Ministero della salute, emerge che il cloruro di vinile è usato principalmente per la produzione del polivinilcloruro (Pvc), per le tubazioni negli acquedotti. Pertanto, la migrazione del cloruro di vinile dalle tubazioni in Pvc è una possibile fonte della presenza nell'acqua potabile con conseguenti danni alla salute;

   nel quinto rapporto di Sentieri del 2019, viene presa in esame anche l'area di Bussi sul Tirino che conta più di 85.000 abitanti e ben 11 comuni; qui i risultati evidenziano tra i residenti nel sito eccessi di mortalità, rispetto al resto della popolazione regionale, per specifiche patologie per le quali l'esposizione a contaminanti presenti nelle acque potabili può aver giocato un ruolo causale o concausale, e di patologie a carico dell'apparato respiratorio;

   come ribadisce anche l'Associazione italiana medici per l'ambiente, Isde, nell'area di Bussi, la mortalità per malattie del sistema respiratorio è del 9 per cento in più tra gli uomini e del 14 per cento in eccesso tra le donne per patologie dell'apparato digerente. In questo periodo di emergenza sanitaria che da mesi si sta combattendo, la salute dovrebbe essere al primo posto anche attraverso la messa in sicurezza delle acque sotterranee e la bonifica nei comuni sopra citati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, tenuto conto dei gravi elementi riportati, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per la salvaguardia delle acque nei siti a rischio e per tutelare la salute di coloro che vivono in questo territorio.
(2-00990) «Pezzopane».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI, INCERTI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   si registrano da tempo in tutta Italia attacchi di lupi e di ibridi ad aziende con particolare frequenza in Toscana;

   nelle ultime settimane si sono verificati nuovi gravi episodi in provincia di Siena: in particolare, presso la località Podere Montecuccheri (nel comune di Poggibonsi), dove il 22 luglio i predatori hanno fatto strage di pecore in un allevamento, e nella località podere Scornanino (nel comune di San Casciano Bagni), dove nella notte tra il 22 ed il 23 settembre un attacco ha causato la morte di oltre 100 pecore di una azienda agricola;

   le criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia dagli animali selvatici hanno assunto da tempo dimensioni notevoli, con ripercussioni allarmanti che incidono negativamente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, anche sull'equilibrata coesistenza tra attività umane e specie animali;

   a causa degli attacchi, gli allevatori subiscono, infatti, perdite economiche ingentissime aggravate dalle spese per lo smaltimento delle carcasse e dai danni indiretti (in seguito alle aggressioni molte pecore abortiscono e cessano di produrre latte, rendendo impossibile per le aziende il mantenimento degli impegni assunti con i fornitori) e soprattutto dai lunghi tempi di attesa dei rimborsi da parte dello Stato;

   l'incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi o canidi agli allevamenti sta inoltre causando un inasprimento della tensione sociale. Tale fenomeno assume, quindi, i connotati di una vera e propria emergenza, che ha sollecitato da tempo l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto;

   recentemente il presidente nazionale dell'Uncem Marco Bussone, ha scritto ai Ministri interrogati per segnalare la preoccupazione dei sindaci: «i lupi avvicinano sempre di più ai borghi e alle case. Le aziende agricole sono molto allarmate (...) le preoccupazioni sono troppe. Mandrie e greggi decimate, un rischio che non si può correre. Per questo ai Ministri ho detto che servono soluzioni concrete, urgenti. (...) Uncem chiede soluzioni ed un coinvolgimento con le Associazioni di categoria agricole a un tavolo congiunto di Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Non c'è più tempo per dati e grafici. Occorrono soluzioni a vantaggio delle comunità»;

   il tema generale dei danni della fauna selvatica all'agricoltura è stato evidenziato anche dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova: «Non è più tempo di attendere. La forte penalizzazione che subisce l'agricoltura e che i nostri agricoltori pagano anche con la distruzione di interi raccolti, deve essere affrontata in modo strutturale. Per questo proporrò alle forze politiche, a partire da quelle di maggioranza, una proposta normativa per risolvere una questione non più rinviabile»;

   la regione Toscana (una delle maggiormente colpite da tali episodi) sta mettendo in campo misure e risorse per ricercare un equilibrio tra le esigenze delle attività degli allevatori, che sono parte costitutiva dell'economia e dell'identità territoriale, e la tutela della biodiversità;

   quasi tutte le regioni dell'Italia (ad eccezione di Sicilia, Sardegna e Calabria) hanno comunque normative che prevedono l'assegnazione di contributi a favore degli allevatori che subiscono una perdita del patrimonio zootecnico per un evento predatorio causato dal lupo o da canidi. L'iter di risarcimento è comunque lungo e non copre spesso interamente i danni subìti –:

   se il Governo abbia attivato, per quanto di competenza, un adeguato monitoraggio in merito e quali iniziative urgenti siano state ad oggi assunte o si intendano intraprendere al fine di prevenire e contrastare gli attacchi di lupi e di ibridi agli allevamenti e per risarcire adeguatamente, di concerto con le regioni, i danni a carico degli allevatori.
(5-04925)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, VIZZINI, RIZZONE, ERMELLINO e APRILE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la legge 28 dicembre 2015 n. 221 «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali», il cosiddetto «collegato ambientale» alla legge di stabilità 2014, è pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 gennaio 2016, n. 13;

   il «collegato ambientale», con l'articolo 40, ha inserito nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale» due nuove tipologie di divieto: con l'articolo 232-bis (comma 3) il divieto di abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi, mentre con l'articolo 232-ter il divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare;

   per i divieti di cui agli articoli 232-bis, comma 3, e 232-ter sono state previste le sanzioni di cui al comma 1-bis dell'articolo 255 (già destinato a disciplinare le sanzioni amministrative nei casi di violazioni all'articolo 192 relativo agli abbandoni dei rifiuti): nei casi di abbandoni di piccoli rifiuti (scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare), il trasgressore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta, se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio;

   sempre con l'articolo 40 del «collegato ambientale» è stata stabilita la destinazione degli introiti derivanti da tali sanzioni. Infatti, con l'aggiuntivo comma 2-bis all'articolo 263 (che disciplina gli introiti sanzionatori dovuti per le sanzioni amministrative elevate alle disposizioni contenute nella parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006) si prevede che il 50 per cento sia devoluto allo Stato, per essere riassegnato ad un apposito fondo e il restante 50 per cento ai comuni con destinazione vincolata;

   nello specifico, come si legge all'articolo 2 del decreto attuativo 15 febbraio 2017 «Disposizioni in materia di rifiuti di prodotti da fumo e di rifiuti di piccolissime dimensioni», «il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 255, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tali somme, in via prioritaria, sono impiegate per l'attuazione di campagne di informazione su scala nazionale nonché per le altre finalità di cui all'articolo 232-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» e «Il restante 50 per cento dei proventi derivanti dall'irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 255, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 52, è destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le violazioni. Tali somme sono impiegate, in via prioritaria, per le attività di installazione nelle strade, piazze, aree a verde, parchi nonché nei luoghi di alta aggregazione sociale di appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo e, in via residuale e secondo le specifiche esigenze, per la pulizia di caditoie e di tombini facenti parte del sistema fognario nonché per le campagne di informazione su scala locale» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del numero delle sanzioni elevate, dove siano state allocate le risorse economiche derivanti dalle medesime e come siano state utilizzate, tenendo conto delle disposizioni indicate in premessa;

   se non ritenga di dover effettuare un monitoraggio costante, con relativa pubblicazione dei dati almeno ogni tre mesi, al fine di evidenziare il corretto utilizzo delle risorse economiche derivanti dalle sanzioni effettuate, anche quale forma di educazione civica per i cittadini a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-07378)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   il parere del Consiglio di Stato n. 1233 del 30 giugno 2020, sulla base del quale è stato deciso con decreto del Presidente della Repubblica del 1° ottobre 2020, il ricorso straordinario presentato da alcune associazioni ambientaliste ha stabilito che se il bosco è vincolato con apposito decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (cosiddetto codice dei beni culturali), la realizzazione degli interventi che rientrano nell'ambito del «taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, opere antincendio ed opere di conservazione» può essere assoggettata all'obbligo di autorizzazione paesaggistica preventiva;

   il parere citato chiarisce infatti, nello specifico, che le esclusioni previste dall'articolo 149, comma 1, lettera b), del codice del paesaggio e riferite a interventi «inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio» valgono solo per gli interventi «minori» cioè interventi, che non si traducano nel «taglio colturale, nella forestazione, nella riforestazione, nelle opere di bonifica, antincendio e di conservazione»;

   le esclusioni previste dall'articolo 149, comma 1, lettera c), per interventi che rientrano nel «taglio colturale, nella forestazione, riforestazione, in opere di bonifica, antincendio e di conservazione» si applicano solo nel caso di boschi vincolati ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera g), e non a quelli gravati da vincolo per decreto ai sensi dell'articolo 136. Il parere del Consiglio di Stato sancisce quindi la necessità di richiedere la preventiva autorizzazione paesaggistica per tutti gli interventi che rientrano nelle fattispecie suddette, in corrispondenza di tutte le superfici vincolate per decreto. In campo forestale l'obbligo si applica conseguentemente a tutti i tipi di intervento, indipendentemente dalla tipologia ed estensione (perfino ai tagli con finalità di autoconsumo e alle attività finora realizzate con semplice dichiarazione di taglio);

   per ciò che concerne l'iter burocratico la competenza per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è di competenza comunale, ma occorre il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza territoriale. La tempistica necessaria potrebbe quindi durare alcuni mesi;

   per quanto riguarda l'incidenza economica la richiesta di autorizzazione paesaggistica dovrà essere corredata dalla relazione tecnica firmata da un professionista abilitato e corredata di tavole grafiche, con un costo stimato che può variare da un minimo di 500 euro fino ad alcune migliaia di euro per i progetti e i piani complessi e articolati. In questo contesto è utile rimarcare come non risulterebbe possibile nemmeno ricorrere alla procedura di autorizzazione paesaggistica «semplificata», perché non espressamente prevista nel decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, né indicata nell'ambito del parere;

   per ciò che concerne le opere e gli interventi di bonifica ed antincendio nel parere viene richiamato esplicitamente quanto previsto dal nuovo Testo unico forestale (Tuf) di cui al decreto legislativo n. 34 del 2018, che all'articolo 7, comma 12, stabilisce che le regioni e i competenti organi territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, «con i piani paesaggistici regionali, ovvero con specifici accordi di collaborazione stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, numero 241», concordino «gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo» (articolo 7, comma 12) –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative normative volte a individuare una soluzione condivisa e rapida per garantire la necessaria tutela paesaggistica e superare le attuali criticità, riconducendo l'applicazione dell'autorizzazione vincolante sopracitata ai soli casi in cui l'intervento possa realmente determinare un impatto sul paesaggio.
(2-00993) «Cenni, Enrico Borghi, Viscomi, Ciampi, Pezzopane, Serracchiani, Sani, Gribaudo, Rossi, Bruno Bossio, Benamati, Berlinghieri, Frailis, Di Giorgi, Braga, Ceccanti, Ubaldo Pagano, Lacarra, Nardi, Gariglio, Orfini».

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   attualmente Unicredit Banca è presieduta dal professore Cesare Bisoni, vice del presidente Fabrizio Saccomanni, scomparso nell'agosto 2019. Bisoni ha già fatto sapere di essere indisponibile a un nuovo mandato. Lo statuto di Unicredit prevede che sia il consiglio uscente a presentare all'assemblea dei soci (Unicredit è una public company senza soci di riferimento) una lista di candidati per il nuovo board;

   l'ex Ministro dell'economia e delle finanze nei Governi Renzi e Gentiloni, Pier Carlo Padoan, dal 2018 deputato della Repubblica, eletto nel collegio di Siena, è stato cooptato nel consiglio di amministrazione (CdA) di Unicredit e designato come futuro presidente dell'istituto. La cooptazione è avvenuta nel consiglio del pomeriggio di martedì 13 ottobre 2020, mentre la nomina scatterà nella prossima primavera in occasione dell'assemblea che rinnoverà il board;

   la cooptazione di Padoan sin d'ora consente all'istituto di arrivare al rinnovo del board con un presidente che conosce bene la banca e, infatti, l'ex Ministro ha dichiarato «Consapevole che ogni storia è a sé, impiegherò i prossimi mesi per studiare e conoscere la banca nel suo contesto italiano e internazionale. Nei prossimi mesi, insieme al Comitato Corporate Governance, Nomination and Sustainability contribuirò attivamente alla preparazione della lista dei membri del consiglio di amministrazione per il mandato 2021-2023»;

   la decisione sulla cooptazione di Padoan avviene mentre è in corso dentro Unicredit il dibattito sull'ipotesi della creazione di una subholding che controlla le attività europee di Unicredit, tranne quelle italiane, da quotare a Francoforte;

   secondo vari osservatori, la scelta di una figura quale Padoan alla presidenza di Unicredit è destinata a bilanciare la figura del Ceo francese, Jean Pierre Mustier, il quale, dal 2016, ha rivoluzionato la banca con pesanti cessioni di attività in Italia e all'estero per 7 miliardi di euro e con un aumento di capitale da 13 miliardi di euro. In totale 20 miliardi di capitale fresco attraverso operazioni straordinarie;

   in qualità di ex Ministro, lo stesso Padoan si trovò a gestire la difficile e intricata partita della «ricapitalizzazione precauzionale» di Banca Monte Paschi di Siena (Mps);

   immediatamente dopo la notizia della cooptazione di Padoan nel Consiglio di amministrazione di Unicredit il titolo dell'istituto senese in borsa è volato dell'8,06 per cento a 1,3 euro, mentre Unicredit, in linea con il comparto bancario, ha ceduto il 3,66 per cento a 7,08 euro;

   la maggioranza dell'azionariato Unicredit è già in mano a fondi internazionali. È conseguentemente verosimile ritenere che tutto il processo di riassetto del settore bancario italiano, a partire dall'integrazione Intesa San Paolo/Ubi Banca, abbia innescato reazioni, strategie ed interessi anche in ambito europeo –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se non intenda adottare iniziative normative volte ad estendere la durata dell'incompatibilità – attualmente annuale – prevista dall'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge n. 215 del 2004, che si applica ai titolari di cariche di governo una volta venute meno tali cariche, al fine di evitare che situazioni come quella descritta in premessa abbiano a ripetersi.
(2-00992) «Currò, Martinciglio, Zanichelli, Cancelleri, Caso, Giuliodori, Scerra».

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS) è la più antica banca in attività ed è ritenuta anche la più longeva al mondo. Fondata nel 1472 sotto forma di Monte di Pietà per correre in aiuto alle classi disagiate della popolazione della città di Siena, rientra nel panorama dei beni comuni del nostro Paese;

   attualmente l'azionista di maggioranza del gruppo Montepaschi è lo Stato italiano che detiene, complessivamente, il 68,2 per cento del capitale sociale, con la partecipazione diretta del Ministero dell'economia e delle finanze;

   da organi di stampa si apprende dell'approvazione del progetto di scissione parziale proporzionale di MPS Capital Services S.p.A. in favore di Mps e il progetto di scissione parziale non proporzionale con opzione asimmetrica di MPS in favore di Amco – Asset Management Company S.p.A.;

   pertanto, per effetto della scissione Amco si determinerà una riduzione del capitale sociale della Banca pari a euro 1.133.606.063,29, con il conseguente annullamento, tenuto conto degli arrotondamenti derivanti dall'applicazione del rapporto di cambio della scissione Amco, di massime n. 137.884.185 azioni in circolazione;

   tale scissione avrà come effetto finale la privatizzazione dell'istituto di credito in seguito alla trasmissione dei crediti deteriorati e delle sue passività all'interno della badbank: poste così le premesse operative per la realizzazione del piano Hydra, queste dovrebbero a loro volta facilitare la privatizzazione e l'uscita del Ministero dell'economia e delle finanze una volta che la banca sia stata alleggerita dal fardello delle sofferenze;

   lo Stato italiano, come concordato da tempo con la Commissione europea, dovrà vendere la sua quota del 68,2 per cento entro la fine dell'anno prossimo – per la quale aveva già ottenuto una proroga di 2 anni, in quanto inizialmente si era pattuito con Bruxelles di rivendere a un privato entro il 2019;

   i costi legali potenziali a cui Mps risulta esposta ammonterebbero a dieci miliardi di euro. L'integrazione tra Unicredit e Mps comporterebbe perciò un abbassamento del grado di patrimonializzazione dell'entità post-fusione, ragione per cui la banca milanese chiederebbe dallo Stato un pagamento per mantenere inalterato il suo CET1. In totale, il costo che lo Stato avrà sostenuto in questi tre anni, al netto dei proventi della svendita, ammonterebbe a oltre 20 miliardi di euro, oltre un punto di prodotto interno lordo;

   inoltre, considerato il momento di emergenza che sta attraversando il nostro Paese – che va riversandosi sullo stato di salute del nostro tessuto bancario – sarebbe necessario non solo procedere ad una moratoria per consentire alla banca di riprendersi ora che è stata alleggerita dal peso del deterioramento dei crediti, ma di tendere anche ad un accorpamento con gli altri istituti di credito – anch'essi in sofferenza –, ai fini della gestione di una nuova governance condivisa ai sensi dell'articolo 43 della Costituzione ad opera di una comunità di utenti e lavoratori tale da realizzare la prima e unica banca pubblica bene comune degli italiani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per rivedere gli accordi precedentemente presi con Bruxelles al fine di non svendere un istituto di credito dal portato storico e di importanza fondamentale nel panorama italiano dei beni comuni, senza la previsione delle adeguate garanzie.
(4-07376)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la nuova ondata della pandemia da Sars-Cov-2 sta colpendo gravemente anche la regione Molise, con un sostanzioso incremento dei contagi su tutto il territorio regionale;

   a destare particolare preoccupazione in queste ore è la casa circondariale di Larino, in provincia di Campobasso che, con l'esito dei tamponi del 2 novembre 2020, ha visto salire il numero dei positivi al Covid-19, tra detenuti e personale, a 29;

   come è stato fatto notare anche da Sappe, Spp e dalle Camere penali circondariali, esiste una doppia priorità di tutela. Da un lato, gli stessi detenuti, dall'altro tutto il personale che opera nel carcere, i legali, i familiari di chi è sottoposto a misure di restrizione. Peraltro, le criticità legate alla disponibilità delle dotazioni di dpi, stando a quanto dichiarato dai sindacati di polizia penitenziaria, non sono ancora state superate;

   si evidenzia, inoltre, che il debole sistema sanitario di questa regione, come l'intera area del Mezzogiorno, già sotto stress in questi giorni per l'incremento del numero dei ricoveri e delle assistenze domiciliari, potrebbe non riuscire a garantire un'assistenza adeguata ai numerosi casi provenienti contemporaneamente dalle carceri –:

   se siano state effettuate opportune verifiche per constatare il grado di sicurezza sanitaria della struttura di cui in premessa, così come delle altre strutture;

   quali iniziative urgenti si intendano adottare, per quanto di competenza, per la protezione sanitaria delle carceri e dei territori che le ospitano.
(5-04926)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BUTTI e FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da ormai 20 anni il territorio di Olgiate Comasco, provincia di Como, attende la realizzazione della variante alla statale briantea 342;

   nel 2001 l'allora sindaco di Olgiate Comasco fece modificare il tracciato della variante generando una questione «ambientale» ancora aperta e relativa alla bonifica del tracciato della strada. Il dissidio apertosi con i comuni limitrofi di Appiano Gentile, Fino Mornasco, Lurate Caccivio e Villa Guardia sembrerebbe ancora da sanare;

   il progetto esecutivo è alla direzione generale Anas che aveva ipotizzato l'inizio dei lavori, stando alla stampa, per la fine di quest'anno-inizio 2021;

   indubbiamente la superficialità con cui, secondo gli interroganti, è stata gestita la questione ambientale ha rallentato enormemente la procedura –:

   quali siano gli eventuali problemi ostativi all'avvio dei lavori e i tempi previsti da Anas.
(5-04928)


   GAGLIARDI, SILLI, BENIGNI, PEDRAZZINI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da ormai 180 giorni è crollato il viadotto che collega Albiano Magra, provincia di Massa-Carrara, con la provincia della Spezia, infrastruttura strategica per la Lunigiana e l'intera provincia ligure;

   numerose interrogazioni sono state già presentate in merito, cui sono seguite risposte ad avviso degli interroganti contraddittorie e rassicurazioni sul ripristino della viabilità puntualmente disattese;

   ad oggi, come infatti noto, a tutti gli impegni assunti nulla è seguito. Anas non ha ancora aperto nessun cantiere e, addirittura, non sono ancora stati rimossi i detriti del ponte, che invadono pericolosamente l'alveo del fiume Magra;

   l'immobilismo che contraddistingue questa vicenda si è nuovamente palesato nell'ultimo periodo, con l'incertezza venutasi a creare sulla figura del commissario delegato dal Governo ad occuparsi della emergenza e quindi sulla figura che dovrebbe prendere le decisioni;

   a giugno 2020 veniva, infatti, nominato Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, commissario straordinario per la gestione dell'emergenza, nonostante l'opposizione di diverse forze politiche che evidenziavano che dopo circa tre mesi si sarebbe tenuta la tornata elettorale per l'elezione del nuovo presidente regionale. Non veniva invece nominato un subcommissario per i territori della provincia della Spezia;

   ad agosto 2020 il Governo annunciava, dopo molte richieste, la nomina di un subcommissario per l'emergenza viabilità in Liguria nella persona del sindaco di Arcola, Monica Paganini;

   dopo la proclamazione del nuovo presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, avvenuta più di un mese fa, ci si è trovati nella difficoltà di interpretare il provvedimento di nomina del commissario straordinario, ovvero di capire se la nomina a Enrico Rossi fosse avvenuta nella sua qualità di Presidente della regione o di persona fisica;

   a parere degli interroganti la colpevole mancata nomina formale di un subcommissario ha ingessato ulteriormente gli iter decisionali ed, al momento, in assenza di commissario e subcommissario non è dato conoscere chi sia l'interlocutore governativo con cui Anas dovrebbe rapportarsi sulla vicenda, non essendoci nessuno che possa assumere le decisioni legate alla rimozione dei detriti e alla ricostruzione del ponte –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato, dopo aver chiarito chi ricopra il ruolo di Commissario e chi quello di sub commissario, intenda assumere – se del caso attraverso un'apposita iniziativa normativa urgente – per ripristinare la viabilità interrotta con la caduta del Ponte di Albiano Magra e la rimozione dei detriti dall'alveo del fiume Magra.
(5-04929)


   MAZZETTI, CORTELAZZO, LABRIOLA, GELMINI, RUFFINO e CASINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'8 aprile 2020, è crollato il viadotto di Albiano, un importante ponte che collega La Spezia e Massa;

   il ponte stradale crollato sul fiume Magra, 300 metri di asfalto collassati, è in località Albiano Magra (Massa Carrara), al confine tra Liguria e Toscana, lungo una strada che collega la bassa Val di Vara con la Val di Magra (La Spezia);

   nelle settimane successive, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è stato nominato il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, quale commissario straordinario per la ricostruzione dell'opera;

   successivamente alle recenti elezioni regionali del settembre 2020, vi è stato un avvicendamento alla presidenza della regione Toscana, con l'elezione di Eugenio Giani in luogo di Enrico Rossi. Questo ha comportato legittimi dubbi interpretativi in ordine alla carica di commissario straordinario per la ricostruzione del Ponte, vale a dire se questa sia stata trasferita al nuovo presidente Giani o sia ancora detenuta dall'ex presidente Rossi. Insomma, una situazione di incertezza intollerabile;

   sta di fatto che dopo circa sette mesi dal crollo del ponte, si assiste a uno stallo e a rimpalli di competenze che rischiano di fermare per troppo tempo la ricostruzione del viadotto;

   peraltro, il progetto di allestimento provvisorio delle rampe d'innesto alla A15 in attesa della costruzione definitiva del ponte sembra arenarsi anche a causa di un rimpallo di competenze tra i diversi soggetti istituzionali. Per ultimo, il Consiglio superiore dei lavori, ha «bocciato» il suddetto progetto delle rampe sull'autostrada come viabilità provvisoria a seguito della caduta del viadotto;

   a ciò si aggiunga che dal 1° novembre 2020, il tratto Aulla-S. Stefano Magra-Aulla, finora gratuito per via del crollo, è tornato a pagamento;

   tutta questa situazione di sostanziale immobilismo e indeterminatezza rischia di avere conseguenze negative sugli stessi residenti di quei territorio, laddove attualmente, anche alla luce della situazione dovuta al Covid-19, una persona che si sente male ad Albiano non ha la giusta assistenza sanitaria che aveva prima: l'Asl ha messo solamente un infermiere dalle 8 alle 20, e dalle 20 alle 8 solo ambulanza con volontari, i quali non possono intervenire in nessuna maniera sui pazienti. Questo significa che in scenari più gravi si deve attendere l'automedica da Aulla, la quale impiega ben oltre 40 minuti per raggiungere Albiano –:

   chi ricopra attualmente la carica di commissario straordinario e quali iniziative immediate si intendano adottare per superare il sostanziale stallo inerente alla ricostruzione del ponte.
(5-04930)


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da Strada dei Parchi, società concessionaria delle autostrade A24 e A25, per chiedere che venisse dato seguito alla sentenza con cui, nel luglio 2019, i giudici amministrativi avevano disposto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti approvasse il nuovo piano economico finanziario (Pef) entro il 31 ottobre 2019;

   i giudici amministrativi, ai quali Strada dei Parchi si era rivolta nel dicembre 2019 in seguito al mancato rispetto della sentenza, nominano un commissario ad acta nella persona del capo dipartimento per il coordinamento amministrativo (Dica) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con facoltà di sub delega;

   il «decreto Rilancio», inoltre, articolo 206, ha stabilito che un commissario straordinario, in carica fino al 31 dicembre 2025, avrà ampi poteri per assumere ogni determinazione necessaria per il completamento dei lavori in qualità di stazione appaltante in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici. Entro 30 giorni dalla nomina, dovrà definire il programma di riqualificazione delle due tratte A24 e A25. Per gli interventi individuati dovrà procedere, entro 90 giorni, alla definizione del fabbisogno finanziario e al crono programma;

   nel mese di settembre 2020, nella lista delle opere da commissariare che il Ministro interrogato consegna al Presidente dei Consiglio, figura la messa in sicurezza dell'A24 Roma-L'Aquila e dell'A25 Roma-Pescara, il cui importo preventivo pare si aggiri intorno ai 3.140 milioni di euro;

   la consegna dell'elenco al Presidente del Consiglio, è conseguente al decreto-legge «semplificazioni», che, all'articolo 9, ha previsto la revisione, l'ampliamento e la proroga della disciplina dei commissari. Tra i probabili designati al ruolo per la messa in sicurezza della A24 e A25 figura l'attuale amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, in attesa di nomina –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, alla luce dei fatti esposti in premessa, per chiarire lo stato dell'arte per la definizione del Pef da parte del commissario ad acta (Dica) e accelerare la nomina del commissario straordinario così da provvedere, in tempi celeri, alla messa in sicurezza delle autostrade d'Abruzzo, un'opera strategica e prioritaria per questa regione.
(5-04931)


   DEIANA, CHIAZZESE, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, recante la «Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi», definisce combustibili alternativi quei combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia, idonei anche e soprattutto a migliorare le prestazioni ambientali nel settore dei trasporti;

   l'articolo 18, comma 5, del citato decreto, dispone che i concessionari autostradali, entro il 31 dicembre 2018, presentino al concedente un piano di diffusione dei servizi di ricarica elettrica, di Gnc e Gnl garantendo un numero adeguato di punti di ricarica e di rifornimento lungo la rete autostradale e la tutela del principio di neutralità tecnologica degli impianti. I suddetti concessionari sono impegnati, in caso di affidamento a terzi del servizio di ricarica, al rispetto delle procedure competitive di cui all'articolo 11, comma 5-ter, della legge 23 dicembre 1992, n. 498;

   l'articolo 4, comma 1, lettera c), prevede altresì che entro il 31 dicembre 2020 sia realizzato un numero adeguato di punti di ricalca accessibili al pubblico in ambito autostradale;

   la direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, con circolare del 12 dicembre 2018, prot. n. 28442, ha chiesto alle società concessionarie di trasmettere, per le tratte di rispettiva competenza, il piano di diffusione di infrastrutture per i combustibili alternativi, unitamente ad una relazione sullo stato di attuazione e previsione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere, al fine di garantire il corretto adempimento delle disposizioni previste dal decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, con particolare riferimento alla realizzazione delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici prevista per il 31 dicembre 2020.
(5-04932)


   LUCCHINI, RIXI, BADOLE, BENVENUTO, D'ERAMO, PAROLO, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'assegnazione dei XXV Giochi olimpici invernali e dei XIV Giochi paralimpici invernali, denominati «Milano Cortina 2026», in forma congiunta a due città Milano e Cortina d'Ampezzo, con gare che si svolgeranno in Valtellina (SO), in Val di Fiemme (TN), a Baselga di Piné (TN) e a Rasun Anterselva (BZ), oltre che a Milano e a Cortina d'Ampezzo, è una novità assoluta nella storia dei Giochi, che coinvolge l'intero territorio del Nord Italia, rappresentando una straordinaria occasione di sviluppo e promozione dei territori che diventano la vetrina dell'Italia sul mondo intero;

   in particolare, in questo momento di grave emergenza economico-sanitaria, l'avvio immediato e la celere attuazione del piano degli interventi rappresenta anche il primo passo fondamentale per il rilancio economico del Paese che diventa il volano per avviare, sin da subito, un progetto ambizioso di sviluppo del territorio;

   in tale contesto assumono importanza fondamentale i poteri e le competenze da assegnare alla Società «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A.» e al commissario o ai commissari straordinari previsti dal decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, per la realizzazione delle opere;

   nonostante l'autorizzazione per la costituzione della società «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026», dal citato decreto-legge n. 16 del 2020, la società non è stata ancora costituita;

   il 12 giugno 2020, si è appreso dalla stampa che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le regioni e province autonome hanno trovato un accordo per la costituzione della società pubblica «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026» e per l'assegnazione delle relative risorse; esponenti della maggioranza hanno dichiarato che non ci sono ostacoli per mettere in atto il piano;

   l'11 agosto 2020, a margine dell'incontro per la firma sull'accordo sull'alta velocità tra Verona e Padova, il Ministro interrogato ha assicurato la nascita della nuova società nel mese di settembre, l'avvenuta definizione del piano delle opere e la mancanza di ostacoli per l'emanazione del relativo decreto;

   risulta che, con apposite deliberazioni, le regioni e le province autonome hanno già dato l'intesa sullo schema di decreto interministeriale per l'individuazione delle opere infrastrutturali e del relativo finanziamento;

   l'osservazione delle tempistiche per la realizzazione delle infrastrutture è uno dei nodi cruciali del percorso che porterà alle Olimpiadi invernali 2026 di Milano-Cortina –:

   quali siano i motivi del ritardo verificatosi per la costituzione della società pubblica «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026» e quali siano i tempi previsti per tale costituzione.
(5-04933)

Interrogazione a risposta scritta:


   VIANELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa de Il Corriere di Taranto del 29 settembre 2020 si evince una nota del segretario interprovinciale di Casartigiani Taranto, Stefano Castronuovo, dalla quale emerge l'esistenza di uno stato di agitazione degli autotrasportatori del Molo polisettoriale di Taranto;

   il concessionario di tale infrastruttura portuale – una delle più importanti del Mediterraneo – San Cataldo Container Terminal spa del gruppo Yilport, gestisce un rilevante project cargo marittimo in ambito energetico, di impiantistica, nonché aerospaziale, di veicoli speciali, difesa e cantieristica, utilizzando, attraverso la movimentazione di imponenti piattaforme, numerose unità lavorative ad elevato know-how;

   tra le aziende del cluster ionico coinvolte nel processo integrato di trasporto si registrano prevalentemente quelle della provincia di Bari e di Brindisi e, in minima parte, della provincia di Taranto, sottraendo a quest'ultime potenzialità di sviluppo economico;

   Casartigiani Taranto, associazione interprovinciale di categoria, ha più volte sollecitato la risoluzione delle problematiche – logistiche e operative – che afferiscono all'infrastruttura, coinvolgendo sia l'organismo di partenariato della risorsa mare che l'Autorità di sistema dello Ionio;

   la stessa Casartigiani – con nota del 6 ottobre 2020 – ha segnalato specificamente la necessità di: valutare l'effettivo impiego dei rimorchiatori e le relative tariffe, la gestione automatizzata degli accessi all'infrastruttura, l'adeguamento alla procedura standardizzata per i controlli finalizzati alla sicurezza della stessa, la semplificazione dei tempi per l'ottenimento delle autorizzazioni e dei permessi, l'aggravio del processo di controllo dei mezzi e delle merci movimentate nel porto sui costi o sui tempi di consegna del trasportatore;

   a tali criticità si aggiungono l'assenza – all'interno del terminal container – del servizio di pesa, del controllo igienico-sanitario delle merci alimentari ed animali e della funzionalità dei servizi igienici per gli operatori;

   l'unica compagnia marittima che fa scalo nel porto di Taranto è la Cma Cgm spa la quale ha affidato il traffico merci su gomma ad aziende operanti fuori provincia che sub-vezionano il servizio di trasporto su gomma ad aziende tarantine peraltro a tariffe sottocosto;

   di rilevante importanza è il mantenimento dei costi di riferimento per l'utenza, a garanzia dei sostegno al reddito del piccoli artigiani e dei loro dipendenti e nel rispetto della sicurezza stradale attraverso gli standard necessari ad una corretta manutenzione del parco mezzi –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;

   se i Ministri interrogati intendano intraprendere iniziative, per quanto di competenza, volte alla risoluzione dei suindicati complessi problemi del molo polisettoriale di Taranto anche attraverso l'adozione di un protocollo istituzionale nazionale e locale con le associazioni di imprese del settore autotrasporti operanti nel territorio.
(4-07361)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   PLANGGER, GEBHARD, ENRICO BORGHI, EMANUELA ROSSINI e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 113 del 2018 (cosiddetto «decreto sicurezza»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2018, ha previsto nuove disposizioni normative sulla circolazione in Italia di veicoli con targa estera e il divieto di chi risiede in Italia da oltre 60 giorni di circolare con veicoli immatricolati all'estero, salvo che per alcune forme di leasing, comodato o noleggio;

   tali norme sono state introdotte per bloccare gli abusi dei «furbetti» che, residenti in Italia, per evitare sanzioni o controlli fiscali – non pagare il bollo e per godere di tariffe assicurative più basse – circolano con targhe estere;

   le nuove disposizioni stanno producendo un pesante effetto collaterale: è vietato guidare l'auto di un parente, di un amico o di un collega che abitano all'estero, anche occasionalmente o in esecuzione di un «servizio di cortesia» (malessere, maltempo, collaboratore di hotel che parcheggia un veicolo con targa straniera, meccanico che fa test su strada con veicolo con targa straniera);

   non si tiene affatto conto dei numerosi frontalieri che lavorano per imprese aventi sede in uno Stato confinante, i quali con il veicolo immatricolato a proprio nome possono transitare in Italia ma non possono guidare in Italia con mezzi intestati alle aziende svizzere, austriache, sanmarinesi, eccetera;

   il divieto espresso dall'articolo 93 del Codice della strada crea grandi problemi al commercio transfrontaliero di autovetture, in quanto non esclude espressamente la sua applicazione alle vetture con targa doganale provvisoria, ad esempio targa «Zoll» – come previsto da accordi di reciprocità tra l'Italia e altri Stati – finalizzato unicamente all'arrivo del mezzo in Italia per i successivi adempimenti di sdoganamento e immatricolazione;

   diversi rappresentati del Governo hanno, in più occasioni, annunciato iniziative normative per risolvere queste problematiche. Un passo in avanti poteva essere l'articolo 16-ter del decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto «decreto semplificazione», ma ha lasciato irrisolte tutte le questioni sopra illustrate;

   anche nell'annunciata legge europea 2019-2020, A.C. 2670 e nel decreto-legge n. 130 del 2020 (disposizioni urgenti in materia di immigrazione) non si trovano le soluzioni più volte annunciate –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare, con urgenza, iniziative normative di competenza al fine di prevedere ragionevoli e adeguate deroghe al divieto stabilito dal nuovo articolo 93 decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992, in particolare per i residenti nelle zone di confine e per occasionali «servizi di cortesia».
(3-01864)


   MOLINARI, MOLTENI, IEZZI, TONELLI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante la proroga dello stato di emergenza nazionale e la pandemia in corso, il Governo persiste nel consentire l'ingresso indiscriminato in Italia di migliaia di immigrati irregolari dai confini terrestri e marittimi, con il paradosso di tenere chiuse attività commerciali e limitare la circolazione dei cittadini italiani, lasciando aperti i porti e consentendo sbarchi ad ogni ora del giorno e della notte;

   secondo i dati del Ministero dell'interno al 2 novembre 2020, gli sbarchi sono stati 27.962 (di cui oltre 11 mila tunisini e 3.483 minori) rispetto ai 9.649 registrati a novembre 2019, numero destinato a crescere ancora con la sostanziale abrogazione dei cosiddetti decreti sicurezza, un evidente pull factor verso l'Italia dei flussi migratori illegali, come noto gestiti dai trafficanti di esseri umani;

   non solo l'arrivo ma anche le continue fughe dai centri di accoglienza, e per di più di soggetti positivi al Covid-19, descrivono secondo gli interroganti l'incapacità del Governo nella gestione delle politiche migratorie, confermato peraltro dalla fallimentare sanatoria di cui all'articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020;

   ciò sta esponendo la popolazione e le forze dell'ordine, su cui grava la gestione di tale situazione, a gravissimi rischi sanitari e di sicurezza, come dimostrano i tragici fatti accaduti a Nizza il 29 ottobre 2020;

   come noto l'autore del brutale assassinio all'interno della basilica di Notre-Dame di Nizza in un attacco terroristico di matrice islamica sarebbe un immigrato tunisino giunto clandestinamente in Francia dall'Italia, dopo essere sbarcato, sempre clandestinamente, a Lampedusa nel mese di settembre 2020, ospitato nelle nostre strutture di accoglienza e lasciato libero di circolare con un «foglio di via»;

   il pericolo che tra gli immigrati che entrano illegalmente in Italia si possano celare affiliati al terrorismo islamico è stato da sempre denunciato da diversi rapporti dell'intelligence;

   indubbiamente, per quanto ancora tutto da accertare, i fatti di Vienna confermano tale pericolo;

   quanto accaduto a Nizza e a Vienna è di assoluta gravità e impone una profonda riflessione in ordine alle conseguenze e responsabilità delle politiche migratorie del Governo in carica, poiché se l'autore della strage di Nizza non fosse sbarcato o fosse stato trattenuto evidentemente non avrebbe commesso l'attentato –:

   se e quali puntuali controlli, oltre che di natura sanitaria, siano stati effettuati sugli oltre ventisettemila sbarchi ad oggi avvenuti, di questi quanti siano stati oggetto di «tracciamento» per finalità antiterroristiche, quanti immigrati siano ancora in Italia e di quanti si siano invece perse le tracce.
(3-01865)


   RAVETTO e GELMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il tunisino Brahim Aoussaoui, di 21 anni, responsabile dell'attentato che ha colpito la chiesa di Nizza il 29 ottobre 2020, è sbarcato a Lampedusa lo scorso 20 settembre, quando nell'isola arrivarono una ventina di barconi, con a bordo centinaia di migranti tunisini. Questi erano stati trasferiti dapprima sulla nave quarantena Rhapsody. Fra l'8 e il 9 ottobre sono stati poi sbarcati a Bari;

   Brahim veniva quindi registrato e fotosegnalato, senza però essere trasferito in un Centro per il rimpatrio: ha ricevuto invece un decreto di respingimento, firmato dal prefetto di Bari e accompagnato da un ordine del questore di abbandonare l'Italia entro 7 giorni;

   si tratta di un episodio gravissimo che pone più di una riflessione in merito all'efficacia del nostro sistema di accoglienza, fortemente indebolito; su questo fronte l'azione del Governo, ad avviso degli interroganti, si sta rivelando assolutamente inadeguata, anche alla luce delle recenti norme introdotte con il decreto-legge n. 130 del 2020 in materia di immigrazione e sicurezza, e il fenomeno migratorio, aggravato dall'emergenza coronavirus, sembra essere completamente fuori controllo –:

   quali siano i risultati delle verifiche svolte, per quanto di competenza, per ricostruire tutti i movimenti di Brahim Aoussaoui e le modalità che hanno consentito all'uomo di raggiungere la Francia, e, in particolare come sia stato possibile che un soggetto proveniente da un Paese non in guerra (quale la Tunisia), con il quale l'Italia ha in essere specifici accordi bilaterali, entri e circoli liberamente nel Paese, tra l'altro ricevendo solo il foglio di via, e se, anche alla luce di questo grave episodio, il Governo non consideri necessario rivedere la propria strategia di accoglienza dei migranti.
(3-01866)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in poco più di due settimane hanno avuto luogo in diverse parti d'Europa ben tre atti terroristici di matrice islamica caratterizzati da brutali uccisioni di semplici cittadini, fatti che ancora una volta dimostrano il dilagare del fondamentalismo islamico in Europa come in tutto il mondo;

   appare evidente la necessità di contrastare la diffusione del proselitismo integralista islamico sia in ambito nazionale che europeo e internazionale, e questo non può prescindere da un severo controllo delle frontiere, che consenta di arginare il flusso dell'immigrazione irregolare, in cui, a dispetto delle dichiarazioni del Governo in merito, si nascondono anche fondamentalisti e terroristi;

   l'attentatore di Nizza, infatti, era un immigrato clandestino, che, da quanto emerge dagli scambi di informazioni tra la nostra procura antiterrorismo e quella francese, era giunto in Italia con un barcone arrivato a Lampedusa il 21 settembre 2020 e si era dileguato al termine del periodo di quarantena, già progettando l'attentato che ai suoi occhi avrebbe dovuto punire la Francia per la ripubblicazione da parte di Charlie Hebdo, alla vigilia del processo per gli attentati del 2015, delle caricature di Maometto;

   l'assassino che inneggiando ad Allah il 16 ottobre 2020 ha decapitato in strada vicino Parigi un insegnante, colpevole di aver mostrato agli studenti le vignette di Maometto pubblicate dal giornale satirico «Charlie Hebdo», era, invece, di origine cecena, e la Francia gli aveva concesso asilo;

   infine, tra gli autori del sanguinoso attentato a Vienna, dove nella serata del 2 novembre 2020 uomini armati hanno aperto il fuoco in diverse zone, uccidendo almeno quattro persone e ferendone molte altre, l'unico aggressore finora identificato era nato e cresciuto in Austria da genitori macedoni, ma, come ha dichiarato il Ministro degli interni austriaco Karl Nehammer, «era un sostenitore dell'organizzazione terroristica dello Stato Islamico»;

   l'ex Direttore del Sisde Mario Mori ha affermato che «l'Italia risulta essere un Paese di transito»;

   Fratelli d'Italia ha negli anni avanzato numerose proposte volte a limitare la diffusione del pensiero integralista islamico, compresa la previsione di un apposito reato, e la circolazione incontrollata dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale –:

   alla luce di quanto accaduto quale sia la strategia del Governo per il contrasto del fondamentalismo e del terrorismo islamico.
(3-01867)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE, RAFFAELLI e TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a pochi giorni dalla riapertura dell'aeroporto «Ridolfi» di Forlì, il segretario provinciale del Siulp, Roberto Galeotti, e quello del Sap, Roberto Meloni, hanno sollecitato l'invio urgente di personale da impiegare in aeroporto;

   mentre i 40 vigili del fuoco sono entrati regolarmente nella caserma ubicata all'interno dello scalo, grazie a un apposito emendamento alla legge di bilancio per il 2020, sostenuto da tutte le forze politiche, che ha previsto gli adeguati stanziamenti per finanziare le unità di personale da impiegare, lo stesso non è avvenuto per la polizia di Stato, a cui compete in via esclusiva l'obbligo di controllo di frontiera e di sicurezza, per cui non sarebbe stato previsto neppure il numero minimo di personale per garantire la sicurezza dello scalo e delle frontiere;

   il risultato, oggi, è che il presidio di frontiera non risulta nemmeno adeguatamente coperto, nonostante la riapertura dello scalo sia nota da mesi e i vertici della questura locale stiano cercando di organizzare da tempo e con grande attenzione un servizio adeguato, anche attraverso la tempestiva richiesta di un adeguato rinforzo di personale non raccolta dal dipartimento di pubblica sicurezza che non ha inviato alcun segnale di risposta;

   nel 2013 l'organico del posto di polizia di frontiera contava non meno di 40 unità e, poiché lo stesso dipartimento ha reso noto, nelle scorse settimane, che ci sono almeno 30 domande di trasferimento verso la provincia di Forlì-Cesena, tali trasferimenti sarebbero più che sufficienti a garantire un adeguato rinforzo alla questura, anche considerando il fatto che questo personale, nel giro di poco tempo, verrebbe comunque trasferito in provincia per il normale turnover;

   peraltro, l'intervento sul personale di polizia dell'aeroporto risulta urgente visto che, una volta che la pandemia sarà archiviata, saranno incrementati i voli in arrivo e in partenza verso numerose località italiane, europee e, a quanto sembra, inizieranno anche le tratte extraeuropee –:

   se intenda chiarire come si intenda dotare il posto di polizia per il controllo di frontiera all'interno dell'aeroporto «Ridolfi» di Forlì, riaperto da pochi giorni, delle unità di personale necessarie a garantire la sicurezza dello scalo aeroportuale e delle frontiere, dal momento che l'organico attuale della questura non può consentire la copertura in maniera adeguata anche del posto di polizia presso l'aeroporto, eventualmente valutando anche di accelerare le procedure delle 30 domande di trasferimento verso la provincia di Forlì-Cesena.
(4-07370)


   DEL MONACO, VILLANI, MANZO, SARLI, MENGA, DI LAURO, BUOMPANE, DEL SESTO, GRIMALDI, NAPPI e IORIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2020 sono stati pubblicati articoli di stampa che denunciavano atti vandalici e incendi sui beni confiscati alla camorra nei comuni di S. Maria La Fossa e di San Marcellino, in provincia di Caserta (Il Mattino 15 settembre 2020, Repubblica 18 settembre 2020, Repubblica 4 ottobre 2020, Fanpage del 10 settembre 2020 e 14 settembre 2020);

   l'Onlus Nero e non Solo con sede a Caserta, con un comunicato stampa ha denunciato la revoca del finanziamento del Ministero dell'interno di 1,4 milioni di euro per inerzia dell'attuale amministrazione comunale di S. Maria La Fossa nella realizzazione di un importante progetto di valorizzazione di beni confiscati alle famiglie Schiavone e Bidognetti destinati a fattoria sociale;

   gli articoli di stampa citati hanno denunciato, altresì, anche il rifiuto da parte dei comuni di oltre 3000 beni immobili confiscati alle mafie, atteso che gli enti territoriali si rivelano inadeguati ad avviare seri processi di valorizzazione dei beni confiscati per finalità istituzionali e sociali; i medesimi hanno indicato quale fonte la Relazione annuale dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata anno 2019, pubblicata nel mese di giugno 2020;

   la richiamata relazione denuncia che oltre 1.660 beni immobili sono stati rifiutati dai comuni nelle conferenze di servizio organizzate nelle diverse prefetture in Italia, evidenziando i risultati più allarmanti nei comuni della provincia di Caserta e di Napoli;

   nell'anno 2019, e dunque prima dell'emergenza Covid-19, sono stati ben 3.110 i beni immobili confiscati per i quali i comuni non hanno dato alcuna indicazione o espresso la propria disponibilità per una destinazione pubblica, sociale o anche produttiva. Di questi: 1.500 in Sicilia, 650 in Campania e 375 in Calabria, anche se il fenomeno è comune ad altre regioni d'Italia, quali ad esempio la Liguria e la Lombardia. È legittimo chiedersi a questo punto quali saranno gli scenari nell'anno della pandemia e negli anni successivi;

   l'importanza del sequestro e della successiva confisca dei patrimoni mafiosi nell'azione di contrasto a tutte le forme di criminalità organizzata è ormai unanimemente riconosciuta, anche se non è avvenuto altrettanto con riguardo alla fase finale di destinazione e di effettivo utilizzo dei beni confiscati medesimi;

   a tale ultimo riguardo sono da evidenziare le gravi difficoltà che affrontano i comuni per la carenza di specifiche professionalità negli uffici tecnici e per la grave situazione finanziaria che stanno attraversando a causa dell'emergenza sociale ed economica;

   il rischio già denunciato dal Ministro dell'interno e dallo stesso presidente della Commissione parlamentare di inchiesta della riemersione di gravi fenomeni di inquinamento dell'economia da parte delle organizzazioni criminali è ormai già realtà –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare il riemergere di fenomeni criminali di attacco ai beni confiscati ai mafiosi;

   se intenda intraprendere iniziative per incentivare la disponibilità dei comuni a utilizzare e valorizzare i beni confiscati.
(4-07379)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZIELLO e SASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nella scuola oramai l'emergenza è quotidiana;

   l'ultimo problema in ordine di tempo è quello legato all'organico «Covid»;

   ad oggi numerosissime cattedre risultano ancora scoperte, i cosiddetti incarichi annuali su posto vacante non sono ancora stati assegnati e gli incarichi di supplenza non vengono assegnati a causa dei molteplici errori delle graduatorie per le supplenze tanto volute dallo stesso Ministro;

   a tutto questo si deve aggiungere il fatto che in numerose regioni, prime fra tutte la Toscana, gli uffici scolastici regionali stanno revocando le nomine del cosiddetti supplenti Covid, quelli dell'organico aggiuntivo;

   dopo che gli istituti scolastici, sulla base del numero indicato dai propri uffici territoriali, hanno nei giorni scorsi provveduto ad assumere gli insegnanti e Ata autorizzati, il Ministero dell'istruzione comunicava, a causa di non meglio specificate difformità tra i calcoli fatti dal Ministero e quelli del portale degli stipendi della pubblica amministrazione, l'invito ai dirigenti a fermare questo genere di assunzioni;

   le conseguenze di questa situazione sono le classi scoperte, orari ridotti e studenti lasciati da soli in classe –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di assicurare la didattica specialmente in un anno scolastico terribilmente difficile.
(4-07371)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   in data 30 ottobre 2020, come ufficializzato dalla stessa azienda, Abramo customer care ha presentato presso il tribunale di Roma istanza di concordato preventivo. Una decisione assunta, come ha comunicato sempre l'azienda, con l'obiettivo di preservare la continuità aziendale e garantire nel frattempo la regolarità delle retribuzioni dei dipendenti;

   al di là delle rassicurazioni fornite, la presentazione di istanza di concordato preventivo mette a forte rischio il futuro occupazionale di circa 3.200 dipendenti, la metà dei quali attivi in Calabria ed in particolare nella città di Crotone, con i restanti lavoratori presenti in Sicilia e nel Lazio;

   come denunciato dalle rappresentanze sindacali la decisione di Abramo customer care, sconvolge completamente il quadro che era stato delineato dalla stessa con la presentazione del piano industriale, varato solo nel mese di settembre 2020;

   l'azienda motiva l'attuale situazione di crisi e di fatto lo stravolgimento del piano industriale con un improvviso ritiro, da parte delle banche e del mondo della finanza, dell'interesse mostrato in una prima fase;

   a quanto sostenuto dai sindacati e da notizie di stampa, una delle principali cause della crisi in cui versa la Abramo consiste nella perdita o nella riduzione del volume delle commesse già detenute per la gestione dei call center;

   i dipendenti di Abramo, come già specificato in precedenza versano in una grave incertezza relativa al proprio futuro occupazionale e stanno già subendo gravi contraccolpi economici, alla luce del fatto che lo stipendio di settembre è stato pagato solo al 70 per cento alla fine del mese di ottobre;

   l'eventuale ricorso ad una riduzione di personale di ampie dimensioni, anche in considerazione della grave crisi economica prodotta dalla pandemia da Covid-19, creerebbe un fortissimo disagio ai lavoratori direttamente interessati nonché rilevanti ricadute sociali in territori, come quello della Calabria, dove sono concentrati la maggior parte dei dipendenti di Abramo customer care –:

   se il Governo intenda aprire con urgenza un tavolo di crisi sulla situazione di Abramo customer care e quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare i Ministri interpellati al fine di tutelare i lavoratori coinvolti.
(2-00987) «Torromino, Gelmini».

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO, VILLANI e CANCELLERI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 50 del 2015, articolo 27 prevede espressamente il coinvolgimento di Anpal nel collocamento della gente di mare;

   al momento non sono disponibili informazioni su alcuni dati circa: gli iscritti al collocamento della gente di mare capaci di indicarne la dimensione, posizione e qualifica, nonché i livelli di partecipazione ad attività formativa e durata media della disoccupazione per bacino territoriale; le fattispecie contrattuali adottate per i lavoratori marittimi (ad esempio i cosiddetti «contratti a tempo indeterminato in turno particolare sia con che senza regime di continuità»), i rapporti di lavoro attivati, cessati trasformati e prorogati relativi a tutte le fattispecie contrattuali utilizzate per i lavoratori marittimi; lo stato delle convenzioni e dei rapporti tra Anpal, le capitanerie di porto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rispetto alla informatizzazione dei sistemi e alla semplificazione delle procedure e delle comunicazioni, alla interoperabilità delle piattaforme informatiche di supporto al settore, alle politiche attive e al rinnovo delle certificazioni di competenza;

   non si conosce nel dettaglio il ruolo che può svolgere Anpal nello sviluppo delle politiche attive e dei servizi per il lavoro per i lavoratori marittimi;

   la disponibilità di tali informazioni sarebbe importante al fine di fotografare la situazione esistente e valutare l'adozione di eventuali interventi legislativi finalizzati a colmare, ove esistenti, le lacune normative in materia e a migliorare la condizione professionale dei lavoratori marittimi e delle diverse forme di contrattualizzazione adottate per il comparto;

   il comparto marittimo è un settore strategico per la nostra economia soprattutto in alcune aree del Paese;

   l'argomento è stato oggetto anche di diversi atti parlamentari tra cui due ordini del giorno che impegnano il Governo sia sul tema della formazione che su quello delle forme di sostegno al reddito nella fase di emergenza da Covid-19, nonché da ultimo l'interrogazione a risposta scritta n. 4-07093 in materia di Fondo nazionale marittimi –:

   se il Governo abbia disponibilità delle informazioni richieste e, in caso contrario, se ritenga opportuno incaricare l'Anpal – Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – di realizzare uno studio utile a ricavare i dati necessari per valutare adeguati interventi normativi.
(3-01860)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILVESTRONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della aggiudicazione della gara Consip, comprendente anche attività legate a contact center di importanti committenze pubbliche tra cui Roma Capitale, le organizzazioni sindacali Slc Cgil, Fistel Cisf, Uilcom Uil, Ugl telecomunicazioni avevano richiesto un incontro a tutte le parti in causa, al fine di garantire la corretta e piena applicazione della clausola sociale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 11 del 2016;

   in base a questa disposizione in caso di successione di imprese nel contratto di appalto per l'attività di contact center con il medesimo committente, il rapporto di lavoro continua con l'appaltatore subentrante, secondo le condizioni previste dai Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) applicati e vigenti alla data del trasferimento, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale;

   sono stati avviati una seria di confronti ed interlocuzioni finalizzati alla gestione del cambio di appalto e le preoccupazioni espresse dalle parti sindacali hanno trovato conferma;

   le segnalazioni e le denunce presentate ai Ministeri coinvolti sono rimaste totalmente inascoltate e si è dimostrato completo disinteresse per una questione che riguarda potenzialmente migliaia di lavoratori, con un immediato coinvolgimento di 250 dipendenti;

   il principio su cui si basa la norma della clausola sociale nei contact center è di garantire continuità occupazionale e di diritti alle lavoratrici ed ai lavoratori in caso di cambio di appalto;

   con il decreto direttoriale n. 77 del 1° ottobre 2018, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fissato il costo del lavoro medio per il personale dipendente da imprese aggiudicatarie di servizi di contact center calcolato sulla base del contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni (Ccnl Tlc);

   dall'analisi dei Ccnl applicati dalle aziende subentranti a seguito dell'aggiudicazione della gara Consip in questione, si è riscontrata la non conformità al Ccnl Tlc e il nuovo trattamento economico complessivo dei lavoratori risulta inferiore a quello avuto con il precedente appaltatore;

   tale situazione crea un danno economico ai lavoratori coinvolti nel cambio di appalto ed è anche, ad avviso dell'interrogante, causa di dumping che consente l'aggiudicazione delle gare al di sotto del costo fissato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   alla luce di quanto esposto, c'è forte preoccupazione per la continuità economica ed occupazionale di lavoratori e lavoratrici coinvolti in attività di contact center di commesse pubbliche;

   dal 1° ottobre 2020, primo giorno di partenza delle attività con l'azienda subentrante, dei circa 140 lavoratori coinvolti nel cambio di appalto delle attività legate a Roma Capitale ben 125 lavoratori hanno rifiutato il passaggio all'azienda subentrante, rifiutando il sostanziale ricatto di subire una decurtazione salariale superiore al 20 per cento oltre alla perdita di tutta una serie di diritti acquisiti in anni di esperienza, tra cui le tutele normative derivanti dall'articolo 18 in caso di licenziamento illegittimo –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per scongiurare ipotesi di cambio di appalto che non tengano conto delle norme vigenti, dei contratti applicati, dei diritti e del salario dei dipendenti coinvolti;

   quali iniziative di competenza intenda attivare al fine di difendere il salario ed i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti in questa vicenda.
(4-07365)


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel febbraio 2020 la Repubblica di Bielorussia ha sospeso i programmi solidaristici di accoglienza di minori stranieri quale misura di contrasto all'emergenza pandemica COVID-19;

   il 21 luglio 2020, anche in Italia, per il medesimo motivo, in seguito alla riunione di un gruppo di lavoro interministeriale ad hoc, composto dai rappresentanti delle amministrazioni a diverso titolo interessate (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero della salute) è stata disposta una sospensione temporanea dei programmi di accoglienza;

   da mesi le famiglie italiane ospitanti i minori non hanno avuto notizie riguardo ai progetti solidaristici e non sanno se, e quando, sarà possibile per loro ospitare nuovamente i minori partecipanti all'iniziativa;

   in Italia sono migliaia le famiglie che da anni portano avanti questi progetti e che hanno creato un legame affettivo con i minori in questione fondamentale per la crescita, l'integrazione e lo sviluppo psico-sociale dei ragazzi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se ritengano opportuno porre in essere iniziative per giungere a un accordo con le autorità bielorusse per agevolare il riavvio dei progetti solidaristici di accoglienza alla luce delle evidenze di cui in premessa.
(4-07366)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comma 500 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dispone che limitatamente agli anni 2020, 2021, 2022 e 2023 i lavoratori poligrafici di imprese stampatrici di giornali quotidiani e di periodici e di imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, le quali abbiano presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data compresa tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2023, piani di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale in presenza di crisi possono accedere al trattamento di pensione, con anzianità contributiva di almeno 35 anni nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;

   lo stesso comma prevede che «il trattamento pensionistico decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, previa risoluzione del rapporto di lavoro dipendente»;

   con la circolare Inps 6 agosto 2020, n. 93, emanata in condivisione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'istituto fornisce le indicazioni per il prepensionamento dei lavoratori poligrafici così come individuati dall'articolo 1, comma 500, della legge di bilancio 2020, specificando i destinatari della norma, il requisito per il prepensionamento dei lavoratori poligrafici, l'attività di monitoraggio, le modalità di presentazione e gestione delle domande di prepensionamento, nonché la decorrenza dei trattamenti pensionistici anticipati;

   molti ex dipendenti poligrafici della Edisud s.p.a. (Gazzetta del Mezzogiorno) con sede a Bari, in possesso dei requisiti suddetti, hanno rassegnato le dimissioni nei primi mesi del corrente anno e presentato domanda per il prepensionamento;

   ad oggi, come segnalato all'interrogante da alcuni di essi, l'Inps non ha ancora proceduto all'espletamento delle domande, che risultano ancora giacenti, e dunque al riconoscimento del trattamento pensionistico;

   l'Inps, contattato per ottenere chiarimenti, ha risposto affermando che le domande non possono essere definite fintantoché non sarà pubblicata la circolare applicativa della norma;

   ad aggravare la situazione degli ex dipendenti poligrafici della Edisud s.p.a. è la circostanza in cui versa l'azienda che, come noto, è controllata dai curatori fallimentari del tribunale di Bari. Ciò impedisce finanche il riconoscimento del trattamento di fine rapporto;

   da oltre sei mesi, dunque, molte persone, licenziatesi dalla Edisud, hanno smesso di ricevere uno stipendio e non percepiscono nemmeno il trattamento pensionistico;

   duole rilevare, inoltre, che alla maggior parte di queste persone corrispondono altrettante famiglie a carico che da mesi non possono ricevere alcuna forma di sostegno al reddito, essendo (solo ai sensi della normativa vigente ma non de facto) titolari di trattamento pensionistico –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per sanare la deplorevole situazione rappresentata in premessa;

   in quali tempi si intenda emanare la circolare applicativa che osta alla definizione delle domande da parte dell'Inps.
(4-07377)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:


   GADDA, SCOMA, FREGOLENT, DE FILIPPO, D'ALESSANDRO e FERRI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'incidenza del proliferare incontrollato di animali selvatici come i mammiferi ungulati, con particolare riferimento al cinghiale, in aree agricole, urbane ed extraurbane, assume gravi profili di rischio sanitario e in materia di sicurezza stradale, nonché incide in modo molto rilevante sull'economia dei territori e delle imprese colpite;

   l'attuale regime di indennizzo agli agricoltori derivante da danni da fauna selvatica è basato sulla richiesta dei danni subiti, e l'incidenza di tale partita sta assumendo notevole rilevanza sul bilancio pubblico e crea nocumento alle imprese agricole compromettendo intere produzioni, perdita di fatturato e quote di mercato;

   in questi ultimi mesi si sta assistendo alla recrudescenza dell'ondata epidemica di peste suina africana (Psa), che sta interessando diversi Stati membri dell'Unione europea, con forti impatti sullo scambio di suini vivi, delle carni e dei prodotti derivati, nonché sui mangimi, e desta preoccupazione il rischio di diffusione a causa della trasmissibilità derivante dalla presenza incontrollata della specie cinghiale;

   il contagio si sta pericolosamente diffondendo nell'Europa occidentale e in Paesi come la Germania, dove a settembre e ottobre sono stati accertati casi di cinghiali infetti, con la conseguente dichiarazione da parte della Cina del blocco delle importazioni di suini provenienti dal mercato tedesco;

   tale virus può arrivare a causare livelli di mortalità del 100 per cento nelle popolazioni colpite ed è estremamente resistente nell'ambiente e nei prodotti contaminati, incluse le preparazioni alimentari;

   la situazione sta assumendo dimensioni preoccupanti e anche nel nostro Paese, se non adeguatamente gestita, rischia di comportare conseguenze disastrose per il mercato suinicolo italiano e per la nostra economia;

   il decreto legislativo n. 54 del 2004, che disciplina la materia, non appare adeguato a prevenire e contenere la diffusione della Psa, in quanto prevede esclusivamente interventi successivi all'accertamento di un caso positivo –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di evitare che il contagio da peste suina africana si manifesti e si diffonda anche in Italia, causando enormi danni al comparto suinicolo e al tessuto economico e occupazionale del nostro Paese.
(3-01861)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 52 del 2018, è stato istituto, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Comitato nazionale zootecnico (Cnz) che ha compiti di regolazione, standardizzazione e di indirizzo dell'attività di raccolta dei dati sugli animali in allevamento, al fine di realizzarne il programma genetico, quale strumento di conservazione e miglioramento delle rispettive razze;

   lo stesso organismo svolge funzioni consultive e di programmazione nelle politiche di settore. Spetta al Comitato vigilare inoltre sui soggetti terzi abilitati a svolgere il compito di raccolta dati e di organizzare la banca dati unica zootecnica a livello nazionale, garantendo l'interoperabilità con altre banche dati esistenti, in particolare con la banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica (Bdn) del Ministero della salute, e assicurando l'accessibilità ai soggetti riconosciuti dagli enti locali ai fini della consulenza aziendale;

   esso è composto da rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un rappresentante del Ministero della salute, e da rappresentanti delle regioni e delle province autonome, designati dalla Conferenza Stato-regioni;

   la Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 10 settembre 2020, ha dato seguito alla acquisizione delle designazioni di sei componenti, in rappresentanza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, del predetto Comitato;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed il Ministero della salute non si sono, ad oggi, ancora attivati per individuare i nominativi degli altri componenti –:

   quali indirizzi, con riferimento alle professionalità e all'esperienza, i Ministri interrogati abbiano intenzione di seguire al fine di individuare i componenti di loro competenza;

   se i Ministri interrogati non ritengano di sentire le associazioni del settore primario maggiormente rappresentative delle categorie interessate, al fine di condividere i criteri che hanno intenzione di adottare per la nomina dei membri di loro competenza del Comitato nazionale zootecnico.
(4-07364)

SALUTE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   i dati sull'andamento della curva epidemiologica relativa ai contagi da COVID-19 sono pubblicati con cadenza giornaliera dal Ministero della salute;

   tali dati vengono forniti in forma aggregata, suddivisi per regioni, e concernono anche la variazione giornaliera dei ricoveri in terapie intensiva, intesa come variazione del saldo tra ingressi e dimissioni registrati nell'arco delle ultime ventiquattro ore;

   in relazione al COVID-19 si calcola che fra contagio e ricovero in terapia intensiva decorrano in media circa dieci giorni, pertanto il numero di ingressi registrato in un determinato giorno può ritenersi proporzionale al numero di contagi avvenuti circa dieci giorni prima;

   tale latenza implica che il dato sulla variazione giornaliera del numero delle terapie intensive sia da intendersi quale indice della situazione epidemiologica sussistente nei dieci giorni precedenti, offrendo informazioni sull'efficacia delle misure di contenimento approntate in quel momento, ma non su quelle predisposte nel giorno in cui la variazione è registrata (che si vedranno nei dieci giorni successivi);

   fondamentale per capire l'evoluzione dei contagi e verificare l'efficacia delle misure di contenimento è, dunque, guardare alla variazione giornaliera delle terapie intensive in maniera disaggregata, cioè analizzando il numero di accessi al netto delle dimissioni registrate nel medesimo periodo;

   un simile dato, tuttavia, non risulta disponibile, in quanto la variazione giornaliera dei ricoveri in terapie intensiva viene resa nota esclusivamente in forma aggregata, imputando a un'unica voce due variabili fra loro scollegate e interdipendenti;

   ciò rende difficile avere piena contezza della situazione epidemiologica e, soprattutto, rischia di ostacolare ogni valutazione in ordine all'efficacia e all'adeguatezza dei provvedimenti adottati dal Governo;

   sulla base del solo numero di accessi alle terapie intensive, infatti, sarebbe più agevole verificare se le misure di contenimento già adottate siano sufficienti e se abbiano cagionato, o meno, l'alleggerimento dei reparti di terapia intensiva, circostanza che risulta allo stato inverificabile, se non in termini assoluti e con ritardo;

   in tale prospettiva, non appare secondario il fatto che negli ultimi giorni si sia osservato un importante rallentamento della crescita dei ricoveri in terapia intensiva, il quale potrebbe imputarsi, dunque, agli effetti dei provvedimenti adottati a partire dal 13 ottobre 2020;

   con le informazioni ad oggi a disposizione, tuttavia, esprimere valutazioni scientifiche riguardo alla correlazione tra la variazione della crescita delle terapie intensive e i provvedimenti presi dal Governo risulta difficile senza restare nel campo delle ipotesi;

   è anche sul piano della tenuta del Servizio sanitario nazionale e dell'adeguatezza dei provvedimenti e delle risorse approntate che appare necessario ottenere il numero dei posti in terapia intensiva ancora disponibili rispetto al totale e l'andamento (disgiunto) dei flussi di entrata e uscita anche degli altri reparti;

   ove tutte queste informazioni venissero ottenute e condivise, ripartendole su base regionale e per fasce di età, si avrebbe un quadro maggiormente completo della situazione e dell'andamento epidemiologico della pandemia, su cui potrà innestarsi l'apporto di un'intera comunità di ricercatori qualificati, pronti ad analizzare tale quadro e dare un valido contributo alla sua interpretazione –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza del dato relativo ai soli accessi giornalieri ai reparti di terapia intensiva e agli altri reparti ospedalieri – ripartito su base regionale e per fasce di età – dovuti al COVID-19 e di come quest'ultimo incida sulla variazione giornaliera del numero di terapie intensive divulgata quotidianamente;

   se del caso, quali iniziative intenda assumere il Governo affinché tale dato sia reso pubblico e messo a disposizione della comunità scientifica;

   se, parimenti, al fine di assumere decisioni di contrasto della pandemia sulla base di ulteriori dati oggettivi, il Ministro intenda fornire al Parlamento e all'opinione pubblica, su base giornaliera e ripartiti per regioni, i dati relativi alle capienze residue delle terapie intensive e dei reparti ospedalieri.
(2-00985) «Marattin, Anzaldi, Annibali, Bendinelli, Cattaneo, Colaninno, Costa, D'Alessandro, De Filippo, Del Barba, Marco Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Lupi, Magi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Noja, Occhionero, Paita, Perego Di Cremnago, Rosato, Rostan, Ruggieri, Scoma, Toccafondi, Maria Tripodi, Ungaro, Vitiello».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'hospice è una struttura socio-sanitaria residenziale per malati terminali, luogo d'accoglienza e ricovero temporaneo dove il paziente, per il quale non è più possibile svolgere un'adeguata assistenza a domicilio, viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un appropriato sostegno medico;

   l'hospice è luogo in cui la presenza di familiari è da considerarsi parte integrante del processo di cura e dove l'accompagnamento del proprio caro, in caso di fine vita, assume un'importanza fondamentale;

   il Ministero della salute ha pubblicato l'11 agosto 2020 la circolare «Elementi di preparazione e risposta a COVID-19 nella stagione autunno-invernale». Le cure palliative sono citate nell'ambito della sezione 3 area territoriale, che prevede: «Incremento delle azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020»;

   nell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, recante misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale, all'articolo 1, comma 9, lettera bb), si prevede che l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni –:

   se il Ministro interpellato, tenuto conto di quanto riportato in premessa e del persistere della pandemia da Covid-19, non ritenga di adottare linee guida nazionali specifiche per le attività degli hospice, per permettere al paziente che è nelle ultime fasi della propria esistenza, di essere accompagnato dai propri parenti verso il fine vita;

   se il Ministro interpellato non intenda predisporre le iniziative di competenza affinché presso gli hospice accreditati/convenzionati presso il servizio sanitario siano assicurati regolarmente tamponi di riscontro del Covid-19 per i familiari dei pazienti in fine vita, al fine di permettere regolarmente la presenza dei parenti all'interno degli hospice medesimi.
(2-00988) «Lapia, Trizzino, Lorefice, Mammì, Nesci, Menga, Sportiello, Nappi, Provenza, Ruggiero, Sapia, Sarli, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Bruno, Berti, Galizia, Giordano, Grillo, Palmisano, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Vignaroli, Leda Volpi, Baldino, Alaimo, Elisa Tripodi».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   le malattie reumatologiche rappresentano la prima causa di dolore e di disabilità in Europa, e circa la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità e di handicap che colpiscono la popolazione di età superiore ai 65 anni;

   molte delle malattie reumatologiche sono particolarmente gravi e hanno carattere sistemico, coinvolgendo più organi e apparati vitali. Si tratta, nello specifico, delle malattie reumatiche infiammatorie croniche, autoimmuni e autoinfiammatorie, che colpiscono generalmente gli individui più giovani e nel pieno della loro vita lavorativa;

   nel nostro Paese circa il 10 per cento della popolazione è affetto da malattie reumatologiche e la spesa per queste malattie è stimata in 5-6 miliardi di euro l'anno, di cui una parte consistente è riferita a costi indiretti legati a perdita di produttività per circa 300.000 lavoratori;

   le patologie reumatologiche più severe, su base autoimmune, sono caratterizzate da cronicità e necessitano di presa in carico continuativa sia per l'evoluzione/follow-up delle stesse sia per le terapie immunosoppressive che sono alla base dei trattamenti da garantire sempre per evitare esiti irreversibili di malattia;

   per la diagnosi e il follow-up sono richiesti normalmente diversi accessi specialistici, ambienti dedicati sia per gli esami di secondo livello – come capillaroscopie ed ecografie articolari eseguite dagli stessi reumatologi – sia per i trattamenti, spesso infusionali, che hanno necessità di stretto monitoraggio, da parte di medici specialisti, durante l'infusione stessa;

   l'attuale emergenza sanitaria legata alla diffusione del Sars-Cov-2 ha richiesto un sacrificio per tutti i pazienti, reumatologici e non, ma l'impatto sull'area reumatologica è diventato particolarmente gravoso sia per la natura stessa delle patologie – oltre 120 con bisogni differenti, molte delle quali rare e ultra specialistiche – sia per la derivazione internistica della specialità reumatologica/immunologica, che vede i professionisti spesso inseriti in strutture non autonome, ma afferenti a dipartimenti internistici oggi impegnati in prima linea nel contrasto alla pandemia in atto;

   in queste settimane si registra una progressiva chiusura degli ambulatori, dei day hospital e day service, se non di interi reparti di reumatologia e di medicina, con conseguente e diretto impatto sul numero delle visite disponibili. Così come si registra nuovamente anche l'annullamento degli appuntamenti per le terapie, i controlli delle stesse;

   con la chiusura dei reparti reumatologici e l'assegnazione di tutto il personale alla gestione dell'emergenza sanitaria, viene, inoltre, a mancare pressoché totalmente la possibilità di interventi specialistici in regime di urgenza;

   è necessario che vengano garantite, anche a queste categorie di pazienti cronici, cure sicure, con la disponibilità h24 di medici specialisti competenti all'interno delle unità territoriali e dei reparti di reumatologia –:

   se non si intenda avviare quanto prima tutte le iniziative di competenza volte a:

    a) ripristinare i presidi ambulatoriali ed i reparti specialistici reumatologici per la gestione delle urgenze specialistiche e per garantire la continuità assistenziale attraverso la somministrazione delle terapie ospedaliere non differibili allo scopo di assicurare la stabilizzazione e la remissione di malattia ovvero la sicurezza delle cure e delle persone assistite;

    b) attivare tutti i servizi legati alla telemedicina all'interno di un sistema interoperabile per garantire la salute e la continuità di cura dei malati cronici reumatici tra ospedali, specialisti, territorio;

    c) garantire la continuità assistenziale attraverso la proroga dei piani terapeutici e l'approvvigionamento dei farmaci, ad eccezione dei soli casi per i quali risulti necessario modificare, secondo il responsabile parere del medico specialista, la terapia in corso per evitare ricadute di malattia;

    d) garantire ai lavoratori fragili affetti da malattie croniche reumatologiche la possibilità di fruire di periodi di malattia prolungati allo scopo di tutelare la sicurezza dei medesimi;

    e) inserire nelle autocertificazioni la voce «visita dei congiunti alle persone affette da patologie croniche»;

    f) considerare i caregiver come persone che si dedicano a familiari e congiunti e far sì che possano essere loro garantiti permessi speciali;

    g) attuare la rete integrata ospedale-territorio per il trattamento del dolore cronico non oncologico.
(2-00991) «Mugnai».

Interrogazioni a risposta immediata:


   LEDA VOLPI, SPORTIELLO, NAPPI, PROVENZA, RUGGIERO, SAPIA, SARLI, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, NESCI e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella strategia di contrasto al Covid-19 il tracciamento dei contatti ha un ruolo centrale. Il 16 aprile 2020, il Commissario straordinario per l'emergenza ha individuato l'App Immuni quale supporto all'attività di contact tracing. Il 3 giugno 2020 la sperimentazione di Immuni ha avuto inizio in quattro regioni e il 15 giugno è stata estesa su tutto il territorio nazionale, seppur su base volontaria;

   allorquando un utente risulti positivo, può decidere di caricare sul server di Immuni i dati necessari ad avvertire gli utenti che sono stati a stretto contatto con lui, caricando il codice monouso validato dall'operatore sanitario autenticato che gli ha comunicato l'esito del tampone;

   ad oggi i dati sui download dell'App (oltre 9 milioni) e i tracciamenti effettuati grazie ad Immuni, poco più di 36 mila notifiche, denotano una discrepanza tale da ritenere ragionevole che il tracciamento non proceda con efficienza;

   una delle principali cause di questo sottoutilizzo sembra dovuto al fatto che gran parte delle ASL non immettano il nominativo di chi concede l'autorizzazione o addirittura nemmeno chiedono l'autorizzazione;

   un'altra problematica che emerge è l'eterogeneità delle decisioni che i medici di base assumono nei confronti della notifica di Immuni, causata anche dallo scarso supporto ricevuto, come ad esempio materiale, linee guida o comunicazioni di alcun tipo;

   solo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 il Governo ha imposto per tutti gli operatori delle ASL l'obbligo di caricare sul sistema centrale i suoi codici anonimi;

   è stato manifestato chiaramente l'intendimento del Governo di istituire un servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria, anche con il compito di svolgere attività di contact tracing; in proposito va sottolineato che è determinante stabilire chi avrà l'obbligo di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività –:

   quali iniziative intenda adottare per l'effettiva istituzione del servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria, indicato in premessa, e per chiarire tempestivamente in capo a chi sia il compito di eseguire le procedure per il caricamento dei dati e l'invio delle notifiche tramite Immuni nonché, tenuto conto delle particolari differenze organizzative tra regioni, per garantire un'adeguata formazione e informazione a tutti gli operatori coinvolti nei call center e nelle ASL, ivi inclusi i medici di medicina generale.
(3-01862)


   CARNEVALI, CAMPANA, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per far fronte alla grave situazione epidemiologica attualmente presente in Italia è stato raggiunto l'accordo tra la Sisac e i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta per effettuare presso di loro i tamponi rapidi per individuazione del virus SARS-CoV-2;

   l'accordo stabilisce che per tutta la durata dell'emergenza Covid-19 i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta integreranno tra i loro compiti l'effettuazione dei tamponi rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica prevedendo l'accesso dei pazienti su prenotazione e previo triage telefonico;

   sono stati di recente stanziati 30 milioni di euro al fine di sostenere e implementare il sistema diagnostico dei casi di positività al virus SARS-CoV-2 attraverso l'esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, secondo le modalità definite dagli accordi collettivi nazionali di settore;

   con tale cifra si stima possano essere eseguiti nei mesi di novembre e dicembre 2020 circa 2.000.000 di tamponi antigenici rapidi visto che è stata considerata una tariffa media per la somministrazione dei predetti tamponi di 15 euro per ciascun tampone. In particolare, 12 euro se il tampone rapido antigenico viene effettuato al di fuori dallo studio (ad esempio nelle case della salute, in locali predisposti dalle Asl, nei tendoni della Protezione civile, eccetera) e 18 euro se il test viene effettuato nello studio del medico;

   nonostante l'accordo raggiunto non c'è certezza che questo possa essere attuato visto che non tutte le sigle sindacali sono favorevoli, evidenziando una possibile mancanza di sicurezza nello svolgere i tamponi presso gli studi medici;

   anche le singole regioni si stanno muovendo in modo non univoco fra ipotesi di obbligatorietà di questo servizio da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e ipotesi di mantenimento della volontarietà –:

   alla luce dei fatti sopraesposti come intenda garantire, per quanto di competenza, l'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale dell'accordo appena raggiunto per l'effettuazione dei test antigenici rapidi presso i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, vista anche la necessità di avere un controllo rapido e diretto degli eventuali casi positivi.
(3-01863)

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLANI, NAPPI, MENGA, SAPIA, PROVENZA, DAVIDE AIELLO, IOVINO, BATTELLI, GIOVANNI RUSSO, DI LAURO, ADELIZZI, TORTO, IORIO, GRIMALDI, SPORTIELLO, MANZO, ACUNZO, BUOMPANE, CASO, GALLO, DEL SESTO, MAGLIONE, BARBUTO e DEL MONACO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'evolversi della situazione epidemica in Italia ed in particolare in alcune regioni definite per numeri di contagi, cosiddette zone rosse, tra cui la Campania, sta mettendo a durissima prova la tenuta della capacità ricettiva delle strutture ospedaliere;

   l'attuale scenario epidemiologico evidenzia la Campania come la regione italiana su cui gravano le maggiori criticità: l'incremento dei contagi, da un lato, e l'incapacità di risposta del servizio sanitario in evidente crisi, dall'altro, essendo già saturata la dotazione di posti letto disponibili per ammalati di Covid-19;

   gli ospedali sono saturi e moltissimi presidi sanitari sono in via di disattivazione o frequentemente interdetti per sanificazione o per la presenza di focolai di infezione: Napoli, la città più densamente popolata in Italia con un bacino di utenza di 3 milioni di cittadini, è anche quella dove si registra la maggiore incidenza del virus;

   con nota n. 2798 del 26 ottobre 2020 l'unità di crisi della regione Campania ha disposto la rapida conversione dei reparti già dedicati ad attività di elezione in nuovi reparti Covid-19, nonché l'avvio in tempi brevissimi di processi organizzativi per dedicare ulteriori interi presidi ospedalieri all'assistenza ai pazienti affetti dal virus;

   tutto ciò mentre, a tutt'oggi, non sono ancora a regime i 3 ospedali modulari all'uopo allestiti con una importante quota di posti letto di terapia intensiva (ben 120) pienamente inserita nel fabbisogno programmato e strutturale trasmesso al Ministero della salute, ma fortemente ridotta in termini quali-quantitativi a seguito di variazioni strutturali al progetto;

   la rete dell'emergenza e urgenza della regione è totalmente in default: giornalmente centinaia di cittadini con sintomi respiratori o con patologie acute di diversa natura, chiamano il Seu senza ottenere soccorso;

   una situazione apocalittica con scenari che, anche a Salerno ed in provincia, sfiorano l'incredibile: le ambulanze con pazienti Covid che non riescono a trovare un posto in nessun ospedale e all'esterno dei vari pronto soccorso file interminabili di ambulanze o di auto private con pazienti bisognosi di cure in attesa di essere ricoverati;

   gli ospedali urlano disperatamente il tutto esaurito e la sanità campana è al collasso più assoluto;

   alla luce dell'incremento incalzante della domanda di posti letto è indispensabile potenziare la rete Covid e contestualmente garantire la sopravvivenza di quanti ricorrono al sistema dell'emergenza e urgenza per patologie tempo-dipendenti;

   in un momento cruciale in cui tutte le istituzioni dovranno dare prova di grande maturità e collaborazione lavorando sinergicamente per proteggere i cittadini, sarebbe opportuno, coerentemente alle disposizioni dell'unità di crisi regionale che i due policlinici universitari Vanvitelli e Federico II siano interamente convertiti a Covid hospital, essendo strutture imponenti che attualmente danno un apporto modesto alla lotta al virus, e che pertanto devono essere considerate parte essenziale e protagoniste della gestione dell'emergenza per il loro livello di specializzazione, organizzazione e competenza;

   in tutte le città di Italia gli ospedali sede di insegnamento e ricerca sono mobilitati per la lotta contro il nuovo coronavirus;

   i due policlinici, con una disponibilità di oltre 1000 posti letto, non offrono un servizio di pronto soccorso generalista e dunque la maggior parte delle attività cliniche sono a tutt'oggi bloccate dalle disposizioni regionali;

   il sottoutilizzo di tale imponente risorsa è vieppiù incomprensibile nel corso di una epocale crisi pandemica –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato e quali iniziative urgenti intendano intraprendere, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, affinché si attivino, a seguito di conversione dell'intera cittadella universitaria, servizi Covid-19 dedicati di accettazione, ricovero, cura, follow up e riabilitazione, dotati di aree di assistenza di media complessività, sub intensiva ed intensiva, per garantire il diritto alla salute ai cittadini della regione Campania.
(4-07360)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


   DE LORENZO e FORNARO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi economica globale generata dalla pandemia ha accentuato il divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese, lasciando riaffiorare il tema della questione meridionale ancora irrisolta;

   gli effetti sull'economia e l'occupazione nel Mezzogiorno in recessione causati dal Covid-19, che ha bruciato migliaia di posti di lavoro in un mercato caratterizzato dal precariato, gravemente piegato dalla sistematica diffusione del lavoro sommerso e condizionato dalla presenza diffusa della criminalità organizzata, sono stati significativamente ridotti grazie alle misure previste dai decreti «Cura Italia», «Liquidità», «Rilancio» che hanno contribuito a contenere la caduta del Pil. Da ultimo il decreto «Agosto» ha affrontato l'emergenza occupazionale del sud con sgravi contributivi sul costo del lavoro del 30 per cento finanziati fino a dicembre 2020 per assistere, in via straordinaria e limitata, le imprese operanti nelle regioni svantaggiate a uscire dalla crisi economica prodotta dall'emergenza sanitaria;

   il Meridione risente di una maggiore debolezza rispetto al resto del Paese perché sconta quel divario di cittadinanza connesso alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni nel settore dei servizi pubblici essenziali, dalla sanità all'istruzione, alla ricerca, alle infrastrutture e se la pandemia ha sconvolto il sistema produttivo nazionale i dati pubblicati su «Business Insider Italia» lo confermano: se il Centro-Nord deve affrontare un calo di occupati del 3,5 per cento (circa 600 mila lavoratori), nel Sud la riduzione è pari al 6 per cento (380 mila persone). La vera ripresa delle assunzioni comincerà nel 2021, più alta nelle regioni centro-settentrionali (2,5 per cento) e più lenta in quelle meridionali (1,3 per cento). Per effetto di tali andamenti, l'occupazione meridionale scenderebbe intorno ai 5,8 milioni, con una riduzione del tasso di occupazione di circa 2 punti percentuali e mezzo nel 2021;

   occorre evitare una nuova voragine occupazionale ed evitare che sia il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto della crisi economica, quindi colmare il deficit strutturale delle regioni meridionali, vista l'importanza del provvedimento straordinario della decontribuzione al 30 per cento, per le aziende del Sud sui contratti di lavoro in vigore dal 1° ottobre 2020 e per tre mesi, considerata la necessità che un simile strumento non sia meramente temporaneo ma risulti strutturale al fine di esplicare positivamente tutti i suoi effetti nel corso del tempo –:

   se e in che modo il Ministro interrogato e il Governo intendano intervenire al fine di rendere strutturale la riduzione del carico contributivo del 30 per cento eventualmente a partire dall'introduzione di tale misura nel prossimo disegno di legge di bilancio.
(3-01868)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il Governo italiano si è trovato dal mese di febbraio 2020 a fronteggiare la prima ondata della pandemia causata dalla diffusione del Covid-19, adottando decisioni restrittive necessarie, ma molto dolorose che hanno costituito un forte rallentamento delle attività produttive a tutti i livelli;

   l'Esecutivo, dinnanzi ad una situazione tanto drammatica, e dal punto di vista umano e dal punto di vista economico, ha lavorato tenacemente in Europa e sul piano nazionale per mettere a punto strumenti in grado di contenere quanto più possibile gli ingenti danni. In Europa, il Governo italiano è riuscito a stravolgere le logiche che fino ad oggi hanno governato questo organismo, sollecitandolo a mobilitare tutti i mezzi, soprattutto finanziari, a disposizione per aiutare gli Stati membri a dare risposte sociali, sanitarie ed economiche a cittadini devastati da questa pandemia;

   gli strumenti messi in campo, grazie anche al sostegno del Parlamento, hanno riguardato tutte le categorie: lavoratori dipendenti nel settore pubblico e privato, partite Iva, piccole e medie imprese, cuore pulsante della nostra economia;

   gli strumenti utilizzati sono stati diversi: indennizzi, crediti di imposta, sospensione di pagamenti di tributi e previdenziali e tanti altri. Tra questi, uno particolarmente importante proprio perché in favore di piccole e medie imprese, di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, o associazioni professionali e di società tra professionisti, sono stati i piccoli finanziamenti garantiti dal Fondo centrale di garanzia Pmi: l'articolo 13, comma 1, lettera m), del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, ha disposto in favore di piccole e medie imprese e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni – ai quali si sono aggiunti nel corso dell'iter di conversione del «decreto broker», agenti e subagenti di assicurazione iscritti alla rispettiva sezione del registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi nonché enti del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che esercitano l'attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all'autofinanziamento – la possibilità di accedere alla garanzia del 100 per cento – sia diretta che in riassicurazione – da parte del citato Fondo Pmi dei finanziamenti fino a 30.000 euro con durata massima di 10 anni senza che venga effettuata, ai fini della concessione della garanzia stessa, la valutazione del merito di credito;

   sulla base dei dati rilevati con cadenza settimanale dalla task force costituita per promuovere l'attuazione delle misure a sostegno della liquidità adottate dal Governo per far fronte all'emergenza Covid-19, di cui fanno parte Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dello sviluppo economico, Banca d'Italia, Associazione bancaria italiana, Mediocredito centrale e Sace, al 28 ottobre 2020 hanno superato quota 96 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese;

   in questo contesto il Ministero dello sviluppo economico e il Mediocredito centrale (Mcc) segnalano che, su 1.201.183 richieste di garanzie pervenute dagli intermediari al Fondo di garanzia dal 17 marzo al 27 ottobre 2020 relative ai finanziamenti in favore di imprese, artigiani, autonomi e professionisti, per un importo complessivo di oltre 96,6 miliardi di euro, le domande arrivate e relative alle misure introdotte con i decreti «Cura Italia» e «Liquidità» sono 1.194.316, pari ad un importo di circa 95,8 miliardi di euro. Di queste, oltre 957.958 sono riferite a finanziamenti fino a 30.000 euro, con percentuale di copertura al 100 per cento per un importo finanziato di circa 18,8 miliardi di euro. Al 28 ottobre sono state accolte 1.190.489 operazioni, di cui 1.183.887 ai sensi dei decreti-legge «Cura Italia» e «Liquidità»;

   oggi, purtroppo la situazione comincia ad essere di nuovo critica, il numero dei contagi sta risalendo in maniera preoccupante, al punto che si può parlare, senza indugi, di seconda ondata. Una seconda ondata che ha già obbligato il Governo ad adottare restrizioni importanti per alcun settori produttivi, includenti esercizi commerciali;

   associazioni di categoria, come Confartigianato esprimono molta preoccupazione per le sorti di tanti artigiani e piccole imprese del mondo della ristorazione, pasticcerie e gelaterie che, data la situazione sanitaria e le conseguenti limitazioni rischiano di chiudere completamente la loro attività;

   il Governo ha già previsto dei ristori che garantiscono la sopravvivenza nel breve periodo di queste attività, ma sarebbe fondamentale mantenere e potenziare le misure di finanziamento agevolato della prima ondata che costituiscono per le nostre imprese la speranza di ripartire, a fine pandemia, in maniera competitiva sul mercato –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, per il rifinanziamento di strumenti, quale il citato Fondo centrale di garanzia per le Piccole e medie imprese, finalizzati a favorire l'accesso al credito bancario delle realtà produttive medio-piccole, comprese quelle artigiane, che – colpite duramente dagli effetti della pandemia – necessitano di efficaci strategie di rilancio per agganciare la ripresa post Covid-19.
(2-00994) «D'Uva, Alemanno, Berardini, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Paxia, Perconti, Sut, Vallascas, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Cominardi, Costanzo, Cubeddu, Invidia, Pallini, Segneri, Tripiedi, Tucci, Villani, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, De Carlo, Dieni, Macina, Parisse, Francesco Silvestri».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'energia geotermica rappresenta un'importantissima fonte di energia rinnovabile e sostenibile, diffusa e utilizzata in molte regioni del mondo con notevoli vantaggi;

   le centrali geotermiche garantiscono energia dall'impatto ambientale minimo che forniscono in maniera costante senza inquinamento e pericoli per le persone o territori;

   nonostante i numerosi benefici legati all'energia geotermica, il comparto soffre di una scarsa valorizzazione, come dimostra il fatto che solo l'1 per cento dell'energia mondiale è di derivazione geotermica;

   il comparto geotermico è da sempre cruciale per la produzione di tale energia e il valore della potenza geo-termoelettrica installata si è dimostrato in costante crescita nel corso degli anni;

   il Governo si è impegnato anche sul piano europeo a perseguire un percorso di valorizzazione delle fonti rinnovabili, affermando come il Documento programmatico di bilancio di quest'anno includerà fra le linee principali del Pnrr – fondamentale ai fini del Recovery plan – la rivoluzione «verde», la transizione ecologica e un piano di investimenti mirati al potenziamento delle fonti rinnovabili;

   nonostante oggi più di un terzo dell'energia elettrica prodotta in Italia derivi dalle rinnovabili, dal 2012 lo sviluppo del comparto ha subito un brusco rallentamento, tanto da rendersi necessario un cambio di passo per raggiungere gli obiettivi 2030, individuati da ultimo dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec);

   in questo quadro il decreto «FER2» rappresenta uno snodo cruciale per le imprese impegnate nelle energie rinnovabili, liberando miliardi di euro di incentivi in agevolazioni per piccoli e nuovi impianti o per potenziare quelli esistenti;

   tale decreto, tuttavia, non è ancora stato adottato nonostante gli annunci da parte del Ministro e di esponenti di Governo, che ne promettevano l'approvazione entro settembre 2020 creando aspettative tra le aziende, i lavoratori e le comunità interessate;

   il ritardo e la generale incertezza circa il «FER2» appaiono stigmatizzabili, considerando la difficile fase economica legata al Coronavirus. L'adozione del decreto «FER2» è essenziale per ridare impulso a un comparto strategico anche per gli obiettivi comuni stabiliti con il Green deal per l'Italia e per l'Unione europea –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di garantire l'adozione del decreto «FER2» in tempi rapidi, assicurando alle imprese del settore geotermico tempistiche chiare e definite che possano consentire loro, nonché alle altre imprese impegnate sul fronte delle fonti rinnovabili, di programmare i propri investimenti e progetti di sviluppo con precisione, piena cognizione di causa e senza lesione alcuna del legittimo affidamento.
(5-04934)


   ZUCCONI e LUCASELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   doveva vedere la luce all'inizio dell'anno, ma per il decreto «FER2» il percorso si sta inevitabilmente rivelando più lungo del previsto e negli ambienti di settore qualcuno comincia ad avanzare dubbi sulla sua effettiva approvazione;

   a settembre 2020 i Ministri Patuanelli e Provenzano avevano assicurato che il provvedimento era pronto, anche per l'avvio dell'iter a livello europeo, ma ad oggi non se ne conoscono nemmeno i contenuti;

   il decreto «FER2» nasce con l'obiettivo di completare il lavoro svolto dal decreto ministeriale «FER1», definendo regole e incentivi per le cosiddette rinnovabili innovative, quali tecnologie più costose dei tradizionali eolico e fotovoltaico, come l'eolico offshore, il solare termodinamico Csp e gli impianti per produrre energia da onde e maree;

   secondo quanto rivelato dalla sottosegretaria per lo sviluppo economico, Alessandra Todde, una delle priorità d'azione sarà quella di sostenere l'energia geotermica migliorandone l'impatto: «Si è concordato sul fatto che è opportuno promuovere la realizzazione di nuovi assetti che migliorino sostanzialmente le prestazioni ambientali, poiché sono oggi disponibili soluzioni tecnologiche che consentono tale risultato con un'accettabile maggiorazione degli incentivi»;

   si tratta di un provvedimento importante e atteso da oltre un anno per un comparto produttivo sostenibile, da cui dipendono l'economia e le prospettive demografiche di interi territori e il futuro di migliaia di addetti e delle loro famiglie;

   l'enorme ritardo nell'emanazione del decreto «FER2» frena investimenti assolutamente indispensabili in un periodo di profonda crisi economica come quello che sta attraversando l'Italia –:

   quali siano i contenuti del decreto «FER2» e quali siano le reali tempistiche di adozione del provvedimento.
(5-04935)


   BENAMATI, SOVERINI, BONOMO, GAVINO MANCA, NARDI, ZARDINI e CIAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nello schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery FundNext Generation EU che la X Commissione ha votato con parere favorevole, in merito alla missione n. 4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura, si evidenzia che l'Italia ha urgente bisogno di potenziare la ricerca pubblica e privata, non solo in termini di risorse, ma anche di efficacia nell'indirizzo: il passaggio vincente verso la «sostenibilità», le nuove tecnologie e la gestione dei grandi modelli non richiede solo investimenti ma anche una razionalizzazione e specializzazione del sistema di ricerca nazionale, una maggiore osmosi fra pubblico e privato e un migliore trasferimento del sapere e delle conoscenze. Il tema della formazione e del rinvigorimento del sistema formativo, a partire soprattutto dagli Its e dalle lauree professionalizzanti e Stem, e dalle competenze di settore con il cosiddetto «innervamento» di processi di formazione permanente, nelle realtà produttive e di servizio è dunque fondamentale;

   a tal proposito, la formulazione di rilievi contiene la previsione di interventi specifici per saperi, istruzione e competitività allo scopo di favorire gli investimenti del sistema manifatturiero nella formazione e il rinvigorimento del sistema formativo nazionale, soprattutto negli Its e nelle lauree professionalizzanti e Stem con una sempre maggiore connessione con l'ecosistema aziendale anche «innervando» la formazione fra le attività d'impresa, per agevolare e supportare la valorizzazione economica dei brevetti a favore di micro, piccole e medie imprese e per irrobustire e riorganizzazione il sistema della ricerca pubblica e con allargamento dell'osmosi pubblico-privato;

   il Governo ha dichiarato più volte di essere pronto a rivoluzionare gli istituti tecnici superiori-ITS rilanciando un «dossier» esistente da tempo con un finanziamento pari a poco più di 2 miliardi di euro, attingendo ai fondi del Recovery Fund, con l'obiettivo da qui al 2025 di incrementare del 50 per cento il numero di diplomati Its e del 150 per cento il numero degli iscritti (oggi circa 15 mila), riconoscendo gli istituti tecnici superiori strategici per il made in Italy e per il rilancio economico del Paese –:

   vista l'importantissima rilevanza della formazione connessa all'attività d'impresa, a che punto siano le interlocuzioni in corso tra il Ministero dello sviluppo economico e i Ministeri dell'istruzione e del lavoro e delle politiche sociali.
(5-04936)


   SALTAMARTINI, GUIDESI, BINELLI, ANDREUZZA, COLLA, DARA, FIORINI, GALLI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   stante la grave crisi economica prodotta dalla diffusione della pandemia da COVID-19, le imprese italiane sono entrate in gravissima carenza di liquidità, tanto da pregiudicare seriamente la capacità produttiva del Paese;

   il sistema dei Confidi è stato più volte e in quasi tutti i decreti-legge varati dal Governo, ritenuto fondamentale per fornire alle imprese la liquidità di cui hanno bisogno per la continuità produttiva e per sostenere il sistema degli investimenti;

   con emendamento parlamentare al decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, si è inserito, all'articolo 13, comma 1, la lettera n-bis) tesa a consentire la patrimonializzazione dei confidi attraverso l'imputazione, da parte dei soggetti di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 gennaio 2017, al fondo consortile, al capitale sociale, o ad apposita riserva dei fondi rischi e degli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla legge n. 108 del 1996 esistenti alla data del 31 dicembre 2019;

   tale previsione, già peraltro adottata in altri precedenti provvedimenti, consentirà una maggiore solidità dei Confidi dal punto di vista patrimoniale, permettendo una maggiore esposizione nella concessione di credito alle piccole e medie imprese;

   l'articolo 13, comma 1, lettera n-bis), del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, come convertito, prevede che la patrimonializzazione possa avvenire, al fine di rafforzare il supporto all'emergenza da COVID-19, previa autorizzazione della Commissione europea, autorizzazione che deve essere richiesta, sulla base della disciplina sugli aiuti di Stato, con notifica da parte dell'Italia;

   ad oggi non risulterebbe avviata da parte dei Ministeri competenti, la prescritta procedura presso la Commissione europea;

   al riguardo preme segnalare che in relazione ad analoga norma, in merito alla patrimonializzazione dei Confidi, inserita nell'articolo 1 comma 54 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, l'interlocuzione con la Commissione europea era stata curata dal Ministero dello sviluppo economico;

   l'avvio della prescritta procedura risulterebbe assai urgente, prevedendo la norma che l'imputazione dei fondi sia fatta, con deliberazione da assumersi, da parte di ciascun confidi, entro 180 giorni dall'approvazione del bilancio –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere per avviare il processo di notifica di cui in premessa nei tempi più brevi possibili, al fine di rafforzare la dotazione patrimoniale dei Confidi e di potenziarne la capacità di sostegno alle piccole e medie imprese italiane.
(5-04937)


   BARELLI, SQUERI, PORCHIETTO, DELLA FRERA, POLIDORI, BALDINI, TORROMINO, GIACOMONI e CARRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 59 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, riconosce un contributo a fondo perduto ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti, secondo la definizione del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (cosiddetti centri storici) dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana che abbiano registrato presenze turistiche di cittadini residenti in Paesi esteri: per i comuni capoluogo di provincia, in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti negli stessi comuni; per i comuni capoluogo di città metropolitana, in numero pari o superiore a quello dei residenti negli stessi comuni;

   il contributo spetta a condizione che l'ammontare del fatturato o dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020, degli esercizi sopra descritti, realizzati nelle zone A dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana, sia almeno il 33 per cento inferiore all'ammontare del fatturato e dei corrispettivi realizzati nel corrisponderle mese del 2019. La relazione tecnica quantifica gli oneri in 500 milioni di euro;

   i sostegni a tondo perduto di cui all'articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020, commisurato alla riduzione del fatturato o dei corrispettivi, distribuiti a una platea più ampia di attività economiche con oneri pari a circa 6,2 miliardi sono stati distribuiti prontamente, prima che il decreto-legge stesso fosse convertito;

   il sostegno di cui l'articolo 59 del decreto-legge n. 104 non è ancora stato erogato, a oltre 75 giorni dalla sua approvazione da parte del Governo. I motivi del ritardo appaiono agli interroganti inspiegabili, considerata la presenza di un modello applicativo già sperimentato e la ridotta platea degli aventi diritto;

   nell'interrogazione n. 5-04727 cui il Ministro interrogato ha risposto il 7 ottobre 2020 offrendo la disponibilità del suo dicastero ad ogni possibile azione in favore delle categorie colpite, si è dato conto della gravissima situazione del commercio, in particolare nelle aree ad alta densità turistica indotta dall'emergenza sanitaria, con decine di migliaia di esercizi commerciali e centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio. L'aggravarsi della situazione epidemiologica rende questo scenario ancora più cupo –:

   quali informazioni intenda fornire il Ministro interrogato sui ritardi dell'erogazione del contributo di cui all'articolo 59 del decreto-legge n. 104, destinato alle attività economiche di 29 locali ad alta densità turistica e se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative per la sollecita erogazione dello stesso.
(5-04938)


   SUT, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, CHIAZZESE, GIARRIZZO, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, SCANU e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni diverse aziende operanti nel settore dell'efficienza energetica si sono ritrovate in grave difficoltà economica a causa di una nuova interpretazione delle regole da parte del Gestore dei servizi energetici (Gse) che ha determinato il rigetto delle istanze o la decadenza dagli incentivi – a distanza di tempo dall'approvazione dei progetti presentati – con successiva richiesta di restituzione dei titoli di efficienza energetica percepiti;

   al fine di fornire certezza e stabilità agli investimenti di lungo termine già effettuati dagli operatori, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto decreto-legge Semplificazioni), ha previsto all'articolo 56 una moratoria per i titolari di quei progetti già ammessi agli incentivi e successivamente annullati dal Gse;

   in particolare, la modifica normativa ha inciso sull'articolo 42, commi 3, 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 28 del 2011 prevedendo che ai fini del rigetto dell'istanza o dell'annullamento del provvedimento di riconoscimento dei Tee, sia necessario che il Gse riscontri la non rispondenza del progetto proposto e approvato alla normativa vigente alla data di presentazione del progetto e che tali difformità non derivino da documenti non veritieri o da dichiarazioni false o mendaci rese dal proponente. In entrambi i casi sono fatte salve le rendicontazioni già approvate relative ai progetti standard, analitici o a consuntivo;

   la suddetta disciplina è immediatamente applicabile – come confermato da recenti ordinanze cautelari del Consiglio di Stato – anche a progetti oggetto di procedimenti di annullamento d'ufficio in corso e, su specifica richiesta dell'interessato, a quelli di decadenza dagli incentivi oggetto di procedimenti pendenti (ordinanza Consiglio di Stato 11 settembre 2020, n. 5301) nonché quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto-legge «Semplificazioni»;

   il Gse ha 60 giorni decorrenti dalla data della richiesta per revocare il provvedimento di annullamento d'ufficio;

   a tutt'oggi, anche a seguito delle su citate modifiche che pongono fine ad una attività di verifica e controllo senza alcun limite temporale, il Gse continua, secondo gli interroganti, a non assumere comportamenti chiari circa le ragioni che ostano alla revoca dei provvedimenti di decadenza dei Tee –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere questo stallo, in considerazione degli effetti negativi che questa situazione ha sugli operatori del settore.
(5-04939)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI, BINELLI, ANDREUZZA, BAZZARO, COLLA, DARA, FIORINI, PETTAZZI, PIASTRA e SALTAMARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dalle misure di sostegno al sistema produttivo italiano previste da ultimo dal Governo risultano ad oggi inspiegabilmente escluse circa cento mila imprese del settore della ristorazione che svolgono l'attività senza somministrazione: si tratta di pizzerie a taglio, gastronomie, rosticcerie, piadinerie. In pratica, tutto l'artigianato della ristorazione che non è ammesso ai contributi nonostante abbia subito vistosi cali di fatturato dall'inizio della pandemia. Il Governo ha dimenticato un pezzo dell'arte dei pizzaioli, patrimonio dell'Unesco, e tutta la filiera di fornitori che lavorano per questo importante comparto;

   tali attività sono, al pari delle altre, destinatarie dei provvedimenti e delle disposizioni in materia di obblighi sanitari e di sicurezza, misure queste che, nei mesi di lockdown prima, e con le attuali limitazioni poi, penalizzano fortemente l'intero settore. Quando si parla di indennizzi per le perdite subite in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 è, pertanto, assolutamente necessario ricomprendere nel comparto della ristorazione anche tali realtà artigianali, oggi ancor più esposte al rischio di chiusura in mancanza di immediata liquidità;

   nei recenti interventi messi in campo dal Governo non sono previste misure di sostegno neppure per quelle attività penalizzate, direttamente o indirettamente, dalle nuove restrizioni: si contano oltre un milione di imprese della filiera turistico-ricettiva, degli eventi e delle cerimonie – si pensi ai settori dei bus turistici, alle tintolavanderie, ai fotografi e altro – che ancora una volta si vedono precludere ogni possibilità di ripresa senza un immediato aiuto economico –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non intenda rivedere le scelte finora adottate in materia di indennizzi, adottando iniziative per prevedere misure di sostegno anche per quelle attività oggi escluse dai più recenti provvedimenti economici ma che, al pari delle altre, subiranno ingenti danni dall'introduzione delle nuove restrizioni.
(5-04927)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante è venuto a conoscenza dello stato di isolamento telefonico in cui versa il territorio del comune di Casapinta, in provincia di Biella;

   i cittadini lamentano di essere senza linea telefonica fissa da almeno 10 giorni e sono state inviate diverse segnalazioni di guasto per chiedere un rapido intervento;

   il comune spiega di non riuscire ad avere contatti con chi di competenza per capire le ragioni del guasto ed i tempi di risoluzione;

   considerando che anche la linea telefonica mobile ha evidenti problemi di segnale con tutti gli operatori disponibili, non coprendo larga parte del territorio del comune, l'assenza di linea telefonica fissa mette in serio pericolo l'incolumità e la sicurezza della cittadinanza, composta per la maggior parte da popolazione anziana che usa il telefono fisso in luogo del cellulare;

   l'isolamento degli anziani impedisce loro di comunicare sia con le proprie famiglie che con i servizi sanitari, rendendo la situazione ancora più insostenibile davanti ai rischi legati all'emergenza Covid-19 –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, per ripristinare immediatamente il collegamento telefonico fisso e per potenziare la rete di telefonia mobile nel comune di Casapinta.
(4-07369)


   MASCHIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   recentemente sono state definite misure per dare un aiuto immediato alle categorie colpite dall'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come ristoranti, teatri, piscine e palestre, rischia, di fatto, di lasciare indietro parti importanti del tessuto produttivo nazionale;

   in particolare, per i titolari di attività con codice Ateco 85.51.00, riferito ai corsi sportivi e ricreativi, oltre al danno, c'è anche la beffa, perché, pur essendo destinatari delle misure di contenimento del contagio da Covid-19 di cui all'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, che ne ha disposto l'obbligo di chiusura, risultano, ad oggi, esclusi dal contributo a fondo perduto;

   nonostante le rassicurazioni del Governò, centinaia di professionisti che lavorano nelle palestre, come trainer ed istruttori con partita Iva, sono stati completamente ignorati dalle segnalate misure –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di tutelare anche le attività rientranti nel codice Ateco 85.51.00;

   se non ritenga di dover individuare un sistema di classificazione delle attività produttive oggetto dei provvedimenti di sostegno economico, adottati nell'ambito delle misure di contenimento del contagio da Covid-19, diverso dai codici Ateco.
(4-07375)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro e Lucaselli n. 4-07311, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Frassinetti, Albano.

  L'interrogazione a risposta scritta Morrone e altri n. 4-07312, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colla.

  L'interrogazione a risposta scritta Ciaburro e Galantino n. 4-07335, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Frassinetti, Albano.

  L'interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-07342, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Frassinetti, Albano.

  L'interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-07345, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Frassinetti, Albano.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Giacomoni n. 1-00313, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 288 del 14 gennaio 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) prima e, successivamente, con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) è stato definito il perimetro normativo della cosiddetta «Digital Tax», ovverosia l'imposta applicata, nella misura del 3 per cento, sui ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali;

    la forma e le modalità applicative della suddetta «Digital Tax» sono state mutuate dalla proposta di direttiva COM(2018)148 final del Consiglio relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali;

    l'imposta introdotta dal Governo nel dicembre 2019, allo scopo di assoggettare al dovuto prelievo fiscale i grandi operatori internet, i cosiddetti «Ott» (over-the-top), purtuttavia, per come formulata, non consente di escludere dal campo di applicazione le imprese che fruiscono, dietro corrispettivo, dei servizi digitali messi a disposizione dagli (Ott) e, soprattutto, le imprese nazionali;

    le suddette criticità, oltre a non aver consentito nel corso del 2019 di rendere effettivamente operativa l'imposta, sono state segnalate all'Esecutivo da tutta la filiera digitale, conducendolo ad apportare una serie di correttivi all'imposta con la citata legge di bilancio 2020 che, comunque, non consentono di escludere dal campo di applicazione della norma le imprese diverse dagli over-the-top e, ancora una volta, quelle nazionali;

    esaminando i correttivi apportati dal Governo, appare evidente che lo stesso non abbia fatto altro che ispirarsi, nuovamente, a esempi non nazionali quali l'identica imposta francese, la quale prevede esplicitamente, tra gli altri, un sistema di sospensione dell'applicazione delle norme e di compensazione degli importi al momento del raggiungimento di un accordo internazionale in materia;

    diversamente dall'esempio francese, tuttavia, il legislatore italiano ha lasciato invariati i parametri quantitativi e, soprattutto, qualitativi dei ricavi ai quali possa essere applicata la digital tax, imponendo a tutte le imprese che ricavino, congiuntamente, 750 milioni di euro dalle attività di impresa complessivamente intese e 5,5 milioni di euro dalla fornitura di servizi digitali, di essere assoggettate all'imposta;

    le modifiche introdotte con la legge di bilancio 2020, inoltre, hanno sensibilmente ridotto i tempi per l'attuazione definitiva dell'imposta, circostanza che rende ancora più urgente la risoluzione delle criticità applicative della «Digital Tax»;

    i grandi operatori del web, quali Google, Amazon, Facebook e altri, secondo le stime più recenti, sono al centro di un sistema economico che assicura a pochissimi Ott un fatturato che si assesterebbe intorno agli 850 miliardi di euro a livello globale, a fronte di un risibile contributo alle casse dello Stato pari a circa 64 milioni di euro e a poco più di 39 milioni di euro a titolo di sanzioni;

    in sede di esame del disegno di legge di bilancio 2020, purtroppo, non è stato approvato alcun emendamento presentato in Parlamento dal Gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente, come pure da parte di altri gruppi parlamentari, finalizzato a modificare i parametri previsti dalla norma, imputando le somme ivi citate ai soli ricavi digitali;

    spiace davvero che il Governo non abbia colto il grido di allarme di molte imprese italiane che saranno ingiustamente colpite dalla digital tax all'italiana così come disciplinata dalla legge di bilancio 2020. La Francia ed altri Paesi hanno giustamente disegnato su misura, per le loro rispettive esigenze, la nuova imposta digitale per colpire quelle asimmetrie fiscali di cui godono i giganti del web, ovvero multinazionali che con il web creano, di fatto, pochissimi posti di lavoro, tantissimi profitti, ma che non restituiscono molto poco se non quasi nulla dal punto di vista tributario ai Paesi nei quali questi ricavi vengono realizzati;

    nel 2018 questi colossi mondiali del web con una filiale nel nostro Paese hanno lasciato al fisco italiano, come già evidenziato, solo 64 milioni di euro che è, infatti, il saldo di quanto versato da 15 società WebSoft secondo la recente analisi di R&S Mediobanca, a cui si aggiungono i 12,5 milioni di Apple, non inclusa nel campione. Amazon ha pagato 6 milioni, Microsoft 16,5 milioni, Google 4,7 milioni, Oracle 3,2 milioni, Facebook 1,7 milioni, Uber 153 mila euro e Alibaba 20 mila euro. Il meccanismo utilizzato dalle big tech per risparmiare sulle tasse è sempre lo stesso, quello di spostare il fatturato delle controllate italiane in Paesi dove le aliquote fiscali sono basse, continuando a trovare più conveniente pagare centinaia di milioni in transazioni – come hanno fatto Google nel 2017 (306 milioni), Apple nel 2015 (318 milioni), Amazon nel 2017 (100 milioni) e Facebook nel 2018 (100 milioni) – anziché fatturare nel nostro Paese il giro d'affari riferibile ai clienti italiani;

    la necessità di intervenire in materia di imposta sui servizi digitali nei confronti dei cosiddetti "Ott" è tanto più urgente se si tiene conto che, nelle more dell'attuazione delle disposizioni citate, anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inteso aprire una istruttoria nei confronti di Google per abuso di posizione dominante nel mercato italiano del display advertising;

    il Governo ha accolto al Senato come raccomandazione l'ordine del giorno del Gruppo Forza Italia presentato al disegno di legge di bilancio 2020 G/1586/148/5 con il quale si impegna a «chiarire che l'imposta sui servizi digitali si applichi esclusivamente ai soggetti esercenti attività d'impresa che generano ricavi, sia a livello nazionale sia a livello globale, da servizi digitali»;

    al riguardo si deve considerare che nel 2018 i ricavi pubblicitari, non tassati, generati in Italia solo dalle maggiori società del settore (elaborazioni CRTV su dati Nielsen, FCP Assointernet, Polimi/IAB), superano i 2,6 miliardi di euro, pari al 70 per cento degli investimenti in pubblicità on-line. Si tratta di dati parziali del valore generato dalle multinazionali del web, perché i ricavi derivano anche da abbonamenti e da elaborazione/profilazione/vendita dei dati degli utenti e usi di big data per scopi di machine learning/intelligenza artificiale;

    al fine di arginare, seppur ormai in modo marginale il sopravvento dei «giganti del web» sulle imprese nazionali che competono negli stessi mercati è necessario un chiarimento determinante relativamente ai soggetti passivi ai quali verrà applicata l'imposta e alla tipologia di ricavi soggetti a tale imposizione, altrimenti verrebbero ingiustamente penalizzate imprese nazionali che, singolarmente o a livello di gruppo, realizzano ricavi superiori alla soglia indicata dalla legge di bilancio 2020 derivanti non solo da servizi digitali. Imprese che pagano già le tasse per la fornitura degli stessi servizi;

    d'altro canto, l'introduzione della «digital tax» nel nostro ordinamento giuridico deve considerarsi condivisibile quando persegue l'obiettivo di colpire le multinazionali della «digital economy» che sfuggono da tempo al fisco italiano, ma non può che ritenersi profondamente ingiusta quando colpisce nello stesso modo le imprese nel volume complessivo di ricavi e non solo quelli derivanti da servizi digitali;

    nel cruciale mercato della pubblicità online, che Google controlla anche grazie alla sua posizione dominante su larga parte della filiera digitale, l'Autorità garante ha recentemente contestato alla società l'utilizzo discriminatorio dell'enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni, impedendo agli operatori concorrenti nei mercati della raccolta pubblicitaria online di competere in modo efficace;

    in particolare, Google sembrerebbe aver posto in essere una condotta di discriminazione interna-esterna, rifiutandosi di fornire le chiavi di decriptazione dell'ID Google ed escludendo i pixel di tracciamento di terze parti. Allo stesso tempo avrebbe utilizzato elementi traccianti che consentono di rendere i propri servizi di intermediazione pubblicitaria in grado di raggiungere una capacità di targhettizzazione che alcuni concorrenti altrettanto efficienti non sono in grado di replicare;

    è dunque, necessario un intervento che consenta di recuperare un serio obiettivo di equità fiscale;

    da ultimo un recente report dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre ha evidenziato che le piccole e medie imprese (Pmi) italiane hanno un carico fiscale quasi doppio delle multinazionali del web. Se, infatti le pmi italiane hanno un carico fiscale complessivo che si attesta al 59,1 per cento dei profitti (The World Bank, «Doing Business 2020», 24 ottobre 2019), le multinazionali del web presenti in Italia, o meglio le controllate di questi giganti economici ubicate nel nostro Paese, registrano un tax rate del 33,1 per cento (Area Studi Mediobanca, «I giganti del websoft», 27 novembre 2019);

    la pandemia da COVID-19, ed i connessi effetti economici, hanno peraltro costretto il Governo a proporre al Parlamento una serie di scostamenti di bilancio a copertura degli interventi economici quando l'effettiva applicazione delle digital tax assicurerebbe alla finanza pubblica un gettito stimato di circa 600 milioni di euro annui;

    si evidenzia, inoltre, che con la pandemia da COVID-19 e a seguito dell'adozione di provvedimenti restrittivi quali il lockdown, mentre le attività commerciali di vicinato, tra cui le botteghe storiche, in molti casi chiudono non essendo in grado di sopravvivere, i colossi del web continuano ad aumentare i propri profitti senza neanche corrispondere degli sconti alla clientela, beneficiando di una situazione in cui si registra un maggior ricorso agli acquisti on line e dell'utilizzo di servizi internet. Amazon, ad esempio, nel terzo trimestre 2020 ha triplicato i propri profitti che sono cresciuti del 197 per cento a 6,3 miliardi di dollari, con un aumento delle vendite del 37 per cento superando i 96 miliardi di dollari (i dati riguardano il periodo luglio e settembre e non tengono peraltro conto degli incassi dell'«Amazon prime day» che quest'anno si è svolto tra il 13 e il 14 ottobre). A salire pure sono state le azioni dell'altro colosso del web ossia Alphabet, che possiede Google. Tale gruppo ha diffuso una trimestrale con un incremento dei ricavi pubblicitari da 33 a 37 miliardi di dollari oltre incassi in crescita per la controllata You Tube (da 3,8 a 5 miliardi) e per i servizi di Google Cloud (da 2,4 a 3,4 miliardi) grazie alla domanda di servizi digitali in aumento per la pandemia,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata ad escludere dal campo di applicazione della digital tax, come disciplinata dalla legge di bilancio 2020, le imprese nazionali, sulla scia di quanto peraltro già previsto in altri Stati membri;

2) anche tenuto conto della situazione emergenziale in corso, ad adottare iniziative per assicurare che l'imposta sia opportunamente volta a garantire il previsto gettito attraverso la tassazione dei soli grandi operatori del web che beneficiano di regimi fiscali agevolati in ragione della articolazione territoriale delle proprie organizzazioni, modificando i parametri economici definiti e imputandoli ai soli ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali;

3) ad assumere iniziative per adeguare la normativa in materia fiscale ai rilievi delle competenti autorità di settore, quali l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in materia di definizione dei ricavi assoggettabili a discipline che obblighino le imprese concessionarie di pubblicità alla contribuzione generale a favore dell'erario;

4) a porre in essere ogni iniziativa di competenza presso le competenti sedi europee finalizzata a rivedere la proposta di direttiva COM(2018)148 final del Consiglio relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali, nel senso di elevare l'imposta attualmente applicata nella misura del 3 per cento sui ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali delle multinazionali del web;

5) ad adottare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2021, ogni iniziativa di competenza finalizzata ad adeguare il prelievo fiscale dovuto da parte dei colossi del web, nonché a destinare in via prioritaria le risorse rinvenienti all'abbattimento della pressione fiscale gravante sulle piccole e medie imprese maggiormente danneggiate a seguito dei provvedimenti restrittivi emanati dal Governo in relazione all'emergenza causata dal virus COVID-19 e sulle attività commerciali di vicinato, tra cui le botteghe storiche, che rappresentano un patrimonio unico dal punto di vista culturale e della tutela del made in Italy delle città del nostro Paese.
(1-00313) (Nuova formulazione) «Giacomoni, Gelmini, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Porchietto, Giacometto, Mandelli, D'Attis, Squeri, Polidori, Pettarin, Battilocchio, Elvira Savino, Spena, Nevi, Prestigiacomo, Siracusano, Mulè, Ruffino, Casino, Mazzetti, Labriola, Saccani Jotti, Palmieri, Barelli, Zanella, Pittalis, Novelli, Bagnasco, Mugnai, Bergamini».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Moretto n. 5-04820 del 21 ottobre 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Saltamartini n. 5-04824 del 22 ottobre 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Boldrini n. 5-04905 del 29 ottobre 2020.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Cenni e altri n. 4-06981 del 2 ottobre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04925;

   interrogazione a risposta orale Dall'Osso n. 3-01852 del 2 novembre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04923.