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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 16 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,

   premesso che:

    il 15 ottobre 2020 è terminata la sospensione del versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all'agente della riscossione, nonostante la delibera del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2020 abbia prorogato al 31 gennaio 2021 lo stato di emergenza e si configuri di fatto nel Paese una situazione di «semi-lockdown»;

    sono stimate in circa 9 milioni le cartelle esattoriali pronte per essere esecutive, atti che riguardano prevalentemente importi ridotti: il 73 per cento, infatti, interessa somme non superiori fino a mille euro e un altro 15 per cento si colloca nella fascia di valore tra mille e cinquemila euro (si veda Il Sole 24 ore del 13 ottobre 2020);

    verosimilmente, la ripresa delle azioni di notifica avverrà nei confronti di piccoli imprenditori e commercianti, categorie tra le più colpite dalla crisi economica derivante dall'emergenza pandemica; sempre il 15 ottobre 2020, infatti, termina anche la proroga delle rateizzazioni, ovvero i pagamenti che sono stati interrotti tra l'8 marzo e il 15 ottobre che dovranno quindi essere liquidati attraverso un'unica soluzione entro il 30 novembre 2020;

    è innegabile, soprattutto a causa del perdurare della situazione emergenziale che delimita le attività economiche, che i contribuenti-debitori non riusciranno a pagare quanto richiesto dall'Agenzia delle entrate – Riscossione; ne consegue, una necessaria e urgente pianificazione fiscale per il Paese atteso che l'emergenza sanitaria ha determinato perdite di fatturato per le aziende, e le tante famiglie hanno già ridotto i propri redditi a causa della cassa integrazione o della fine dei contratti di lavoro;

    il rischio di impoverimento degli italiani, nonché la chiusura di molte attività, impongono pertanto di considerare come improrogabile una nuova pacificazione fiscale che, tra l'altro, insieme alla chiusura di liti pendenti, definizione agevolata dei processi verbali di constatazione e degli atti di accertamento, è stata tra i primi – e urgenti – interventi chiesti dalla Lega ab origine della crisi pandemica da Covid-19;

    ridurre il contenzioso tributario in essere, vuol significare andare incontro ai contribuenti che per cause a loro non imputabili, stante lo stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021, non potranno pagare in tutto o in parte le imposte dovute;

    sono state auspicate da tutte le associazioni di categoria, dai professionisti e dalle parti sociali, coraggiose politiche economiche, fiscali e tributarie che possano agevolare la ripresa dei cittadini italiani in difficoltà,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per definire una norma di «saldo e stralcio» per le cartelle esattoriali già notificate all'8 marzo 2020, particolarmente necessaria in questa fase di emergenza per dare la possibilità agli imprenditori di chiudere le pendenze con il fisco che ostacolano l'accesso al credito;

   ad adottare iniziative per prevedere un «anno fiscale bianco», che consenta quindi di superare il momento di difficoltà e riprendere le attività di accertamento e notifica delle cartelle esattoriali da parte dall'Agenzia delle entrate – Riscossione a partire dal 1° febbraio 2021, o comunque al termine dello stato di emergenza.
(7-00563) «Gusmeroli, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Tarantino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza alluvionale di inizio ottobre 2020 ha colpito moltissimi comuni in Liguria e Piemonte, colpendo numerosissime aree e costringendo gli amministratori a scendere in prima linea;

   in molti casi si tratta di sindaci di piccoli comuni, i quali, oltre a svolgere l'attività amministrativa, ove applicabile, continuano a svolgere anche la propria attività lavorativa in altri contesti;

   ne consegue che, in molti casi, i sindaci dei piccoli comuni non dispongono degli strumenti normativi più idonei a far collimare la propria attività lavorativa con quella amministrativa, in quanto, all'emergere di crisi quali l'emergenza alluvionale sopra richiamata non corrisponde un'automatica messa in distaccamento dell'amministratore, atta a tutelarlo da eventuali ripercussioni sul posto di lavoro conseguenti ad eventuali mancate prestazioni lavorative;

   si configura, quindi, una discrasia al verificarsi di gravi emergenze di carattere straordinario nei territori amministrati, quali ad esempio l'emergenza alluvionale di cui sopra, in quanto le uniche modalità formali per poter gestire l'assenza dal posto di lavoro a seguito del sopravvenuto carico di lavoro amministrativo sono dei permessi di ferie sul posto di lavoro o la messa in aspettativa per esercizio di carica elettiva, che non risponde alle esigenze di flessibilità quali quelle di cui necessitano i sindaci dei piccoli comuni –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative normative per:

    a) permettere la messa automatica in distaccamento per i sindaci dei comuni colpiti da gravi emergenze in modo da agevolarne l'operato;

    b) fornire ai sindaci strumenti maggiormente flessibili della messa in aspettativa per tutta la durata del mandato in modo da far collimare – ove possibile – il lavoro amministrativo con quello preesistente all'assunzione della carica elettiva.
(4-07148)


   ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle misure adottate dal Governo nel corso dell'ultimo anno per far fronte all'emergenza sanitaria determinata dal Covid-19, a luglio 2020, i dati forniti da un'indagine della Federazione italiana pubblici esercizi – Fipe registravano un calo del 41 per cento del fatturato medio delle imprese di ristorazione rispetto ai livelli pre-Covid, con una percentuale media di flessione degli addetti rispetto al periodo pre-Covid del 19,8 per cento;

   la maggior parte delle attività del settore si svolge in locali in affitto, e le relative difficoltà per gli imprenditori a far fronte al pagamento di questi ultimi, oltre che la gravissima crisi in cui versa il settore, potrebbero mettere a rischio 50.000 imprese e determinare la conseguente perdita dell'impiego per 350.000 lavoratori, nonché l'impossibilità per gli imprenditori del settore a ripagare i debiti contratti durante il lockdown e gli investimenti fatti dagli stessi per adempiere alla nuova normativa anti-Covid;

   alcuni importanti virologi italiani come Luca Richeldi e Massimo Galli hanno espresso perplessità riguardo alla possibilità di scongiurare la diffusione del virus attraverso la chiusura anticipata dei pubblici esercizi;

   la sola città di Roma ha registrato, recentemente, la chiusura di 5.000 esercizi commerciali tra negozi, bar e ristoranti, rivelando l'inadeguatezza delle misure predisposte dal Governo nei decreti cosiddetti «Cura Italia», «Liquidità» e «Rilancio» a sostegno dei pubblici esercizi;

   il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2020 consente l'attività dei servizi di ristorazione al tavolo sino alle ore 24.00 e sino alle ore 21 in assenza di consumo al tavolo, nonché il divieto, per la ristorazione d'asporto, del consumo nelle aree adiacenti al locale dopo le ore 21 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intenda adottare iniziative volte a prevedere delle misure economiche e fiscali adeguate a sostenere un settore come quello della ristorazione già in crisi a seguito delle precedenti misure adottate, e che subirà ulteriori perdite a seguito dell'entrata in vigore del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
(4-07151)


   MISITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 43, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il quale recita: «i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificatamente determinati dalla legge». L'articolo 8, comma 1, lettera a), del regolamento per l'accesso agli atti, notizie ed informazioni da parte dei consiglieri comunali del comune di Praia a Mare, approvato con delibera di consiglio comunale n. 25 del 6 settembre 2010 e successive modificazioni e integrazioni, dispone che: a) la visione, o l'accesso informale è disposta nell'immediatezza e comunque, per motivate esigenze d'ufficio, non oltre la settimana successiva a quella della richiesta;

   con ordinanza del Capo dipartimento di Protezione civile n. 658 del 29 marzo 2020 recante «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili», in relazione alla situazione economica determinatasi per effetto dell'emergenza Covid-19, sono state previste risorse destinate a misure urgenti di solidarietà alimentare da ripartire ai comuni per l'acquisizione e la successiva erogazione ai cittadini di buoni spesa per l'acquisto di generi alimentari o direttamente di generi di prima necessità;

   al comune di Praia a Mare è stata destinata una somma pari a euro 55.960,00. L'ufficio dei servizi sociali del comune di Praia a Mare, al fine di individuare la platea dei beneficiari, ha predisposto dei moduli per la richiesta di assegnazione del contributo ponendo come termine per la presentazione della stessa il giorno 8 aprile 2020, ore 18;

   ai sensi del regolamento sull'accesso agli atti da parte dei consiglieri, e a norma di quanto previsto dall'articolo 43, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, la consigliera comunale, Maria Pia Malvarosa, in data 9 aprile 2020, richiedeva la visione delle domande presentate per l'assegnazione del contributo alimentare di cui all'ordinanza n. 658 del 29 marzo 2020 e, qualora già predisposto, dell'elenco dei soggetti beneficiari e dei relativi contributi;

   in data 24 aprile 2020, pur trascorsi 15 giorni e non pervenuta alcuna risposta, alla richiedente consigliera Malvarosa, recatasi presso la casa comunale di Praia a Mare, non è stato permesso accedere agli atti richiesti senza spiegarne la motivazione del diniego. A tal riguardo, sempre nella medesima giornata, la consigliera comunale informava tramite missiva, il prefetto di Cosenza, dottoressa Cinzia Guercio, la dottoressa Francesca Pezone, dirigente area 2, raccordo con enti locali, il referente per la trasparenza e per la prevenzione della corruzione viceprefetto vicario dottoressa Franca Tancredi e per conoscenza il dipartimento per gli affari interni e territoriali, direzione centrale uffici territoriali del Governo e per le autonomie locali, nonché il procuratore della procura della Repubblica di Paola dottor Pierpaolo Bruni;

   in data 28 aprile, il prefetto di Cosenza, dottoressa Guercio rispondeva alla consigliera comunale e al sindaco di Praia a Mare, riportando il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall'ente tutte le informazioni utili all'espletamento del mandato;

   alla luce di quanto su indicato, la consigliera Malvarosa, sollecitava il comune nuovamente in data 5 maggio 2020;

   in data 7 maggio 2020, il comune rispondeva nella persona del responsabile area amministrazione generale, dottoressa Rosa Grisolia, evidenziando che la richiesta pervenuta non poteva essere espletata nei tempi previsti a causa del diffondersi del Covid-19, allegando comunque parte della documentazione richiesta;

   dopo successive missive, inviate con relativa messa in mora da parte della consigliera comunale, il comune sempre nella persona della dottoressa Grisolia, dichiarava evasa la richiesta e asseriva che un controllo generalizzato di tipo ispettivo non sarebbe ammissibile trattandosi di dati potenzialmente sensibili e in quanto tale, soggetti a riservatezza –:

   di quali elementi disponga il Governo e se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge n. 241 del 1990, in relazione ai fatti esposti, alla luce dell'esigenza di garantire il diritto di ottenere tutti i documenti necessari all'espletamento delle funzioni di consigliere comunale.
(4-07157)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nella serata del 12 ottobre 2020, nel corso di una trasmissione televisiva, è stato documentato come ai cronisti e agli operatori non sia più consentito circolare e sostare nella piazza antistante Palazzo Chigi neanche a fronte dell'esibizione dei tesserini di accesso al palazzo della tessera di appartenenza all'ordine dei giornalisti;

   sembrerebbe che ora l'accesso possa avvenire solo in seguito alla concessione di un formale permesso, da richiedere sia presso l'ufficio stampa di palazzo Chigi, sia presso il più vicino commissariato di polizia, e che, comunque, anche una volta ottenuto l'accredito, cronisti e operatori non possono muoversi in libertà entro il perimetro della suddetta piazza e in aree limitrofe ma siano costretti a rimanere immobili in uno spazio, un punto fermo, loro assegnato –:

   se le notizie di cui in premessa corrispondano al vero, e, se del caso, se il Governo ne sia informato;

   quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per porre rimedio a una così grave violazione del diritto di cronaca e per garantire la libertà d'informazione.
(4-07158)


   SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 7 ottobre 2020, a quanto consta all'interrogante, un ristorante di Roma ha pubblicato sulla propria pagina Facebook una foto di gruppo con al centro il Presidente del Consiglio dei ministri senza indosso la mascherina;

   la foto, nel frattempo ripresa e pubblicata dal quotidiano «Il Tempo», sempre, a quanto consta all'interrogante, sarebbe stata poi velocemente cancellata dal sito, probabilmente per evitare imbarazzi al Presidente del Consiglio dei ministri;

   appare discutibile, infatti, che proprio il capo del Governo che continua ad emanare norme restrittive sulle libertà fondamentali di tutti i cittadini, le disattenda;

   il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di norme anti Covid arriva, infatti, a incidere addirittura sulle attività che i cittadini svolgono nel domicilio personale, mentre il Presidente Conte non rispetta neanche il più elementare degli obblighi precauzionali: indossare la mascherina;

   la cancellazione della foto è stata accompagnata da una nota di Palazzo Chigi volta a «datare» l'immagine al 17 settembre 2020, data nella quale erano, tuttavia, comunque in vigore le norme sull'uso obbligatorio delle mascherine nei ristoranti, a meno che non ci si trovasse seduti al tavolo;

   da quando è cominciata la pandemia, il Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato a più riprese l'importanza dell'uso della mascherina e ribadito la necessità di porre la «tutela della salute al primo posto» –:

   se i fatti descritti in premessa corrispondano al vero, e se non ritenga di importanza fondamentale che gli esponenti delle istituzioni e, a maggior ragione, il Presidente del Consiglio dei ministri diano il «buon esempio» a tutti i cittadini, rispettando le norme restrittive da loro stessi imposte agli italiani.
(4-07159)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la rete consolare italiana nel Regno Unito è sotto pressione sia per il Covid-19, che, in particolare, per la Brexit: il consolato d'Italia a Londra calcola che per ogni Italiano iscritto all'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) ci sia un altro, italiano che non si è ancora iscritto, sebbene secondo la legge l'iscrizione sia obbligatoria entro un anno dal trasferimento in un altro Paese;

   la pandemia causata dal Covid-19 ha avuto ripercussioni pesanti sulla mole di lavoro dei consolati che hanno accumulato ritardi nello smaltimento anche delle pratiche per le carte d'identità e dei passaporti a causa delle restrizioni sanitarie e di sicurezza;

   il precedente Governo aveva già deciso di potenziare il consolato generale di Londra ed erano state prese misure in tal senso, nonché stanziate risorse aggiuntive;

   la situazione sta diventando esplosiva anche in altre città inglesi, dove la pandemia da Covid-19, originata in Cina, sta mietendo numerose vittime: anche per questo sarebbe necessario fornire ai nostri connazionali un punto di riferimento strutturato al quale rivolgersi;

   la riapertura del consolato di Manchester – chiuso nel 2014 dall'allora Governo in carica, di centrosinistra – è stata più volte oggetto di atti di sindacato ispettivo e di indirizzo da parte degli interroganti e a maggio 2019 il Governo pro tempore ha accolto anche un ordine del giorno che andava in tal senso –:

   se non si ritenga urgente la riapertura del consolato di Manchester, quali siano i tempi e quali siano le iniziative messe in atto per giungere a questa riapertura, considerando che i finanziamenti sono già stanziati da tempo ed il console per questa sede già identificato.
(5-04800)


   BOLDRINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 1986, anno della catastrofe nucleare di Chernobyl, ha preso avvio in Europa il progetto dei soggiorni terapeutici a favore dei bambini vittime della tragedia; grazie ad un grande ponte aereo umanitario quasi 500.000 bambini bielorussi hanno visitato l'Italia almeno una volta, circondati dall'affetto delle famiglie italiane;

   a causa del Covid-19, a partire dal 27 febbraio 2020, la Repubblica di Belarus ha sospeso i viaggi solidaristici, riservandosi di rivedere la propria decisione in base alla situazione epidemiologica del nostro Paese e alle misure programmate dall'Italia per provvedere alla sicurezza sanitaria dei bambini ospitati;

   si tratta di un progetto unico al mondo e il 10 maggio 2007 è stato anche sottoscritto un accordo intergovernativo tra Italia e Bielorussia sulle condizioni di risanamento a titolo gratuito dei minori bielorussi in Italia, primo strumento giuridico internazionale di questo tipo;

   secondo alcuni studi scientifici i soggiorni terapeutici portano a una riduzione compresa tra il 30 e l'80 per cento delle particelle di Cesio-137 presenti nell'organismo dei bambini nati sul territorio interessato dall'incidente nucleare del 1986 e ad oggi, purtroppo, sussistono ancora le conseguenze negative di quell'incidente per la popolazione della Repubblica della Bielorussia;

   in Italia sono migliaia le famiglie che da decenni accolgono uno o più minori bielorussi durante il periodo estivo e delle vacanze natalizie, attraverso le tante associazioni di volontariato attivatesi dopo il 1986;

   si tratta di bambini orfani che vivono in istituti e case famiglia, e, dunque, non si tratta solo di viaggi a scopo terapeutico, ma anche psicologico e sociale;

   non risulta agli interroganti la notizia secondo cui non ci sarebbero attualmente collegamenti aerei commerciali tra l'Italia e la Bielorussia a fare da ulteriore ostacolo;

   è importante sottolineare come tra le famiglie ospitanti e i bambini si siano creati anche dei profondi legami affettivi, interrotti a causa di questa decisione, per ovviare alla quale molte delle famiglie si sono organizzate per andare in Bielorussia a incontrare i bambini nei mesi di agosto e settembre;

   le famiglie ospitanti da mesi cercano di interloquire con il Comitato interministeriale per trovare una soluzione, offrendo la propria disponibilità a farsi carico di tutti gli oneri finanziari e prescrittivi;

   è da dicembre dello scorso anno che i bambini non possono venire a incontrare le famiglie italiane e una lontananza così prolungata compromette gli effetti benefici affettivi, psicologici e di salute che questi progetti devono garantire; il mancato arrivo nel corso dei tre mesi estivi, il periodo di accoglienza più lungo dell'anno, ha già provocato rilevanti effetti negativi sui bambini ed ha esasperato le famiglie;

   per altre situazioni, nonostante i divieti di ingresso nel nostro Paese, si sono permesse delle eccezioni, come per esempio nel caso del Festival del cinema di Venezia;

   la grave crisi politica e istituzionale che sta vivendo la Bielorussia a seguito dei brogli che hanno falsato i risultati delle elezioni presidenziali dell'agosto 2020 e della violenta repressione del regime di Lukashensko contro gli oppositori non deve ostacolare la ripresa di una attività umanitaria rivolta a bambini che necessitano di cure e di concreta solidarietà –:

   se il Governo non intenda adoperarsi con il Governo della Bielorussia per trovare un accordo che permetta la ripresa di questi importanti programmi di accoglienza terapeutica e umanitaria per il periodo di Natale 2020.
(5-04802)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAVINO MANCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2020, sul quotidiano locale «La Nuova Sardegna», il candidato sindaco Fabio Lai avrebbe dichiarato che l'ente parco, del Parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, per la precisione, i membri del direttivo, sostengono la lista civica «La Maddalena RIPARTIAMO verso il futuro», che appoggia la sua candidatura, avendo gli stessi anche partecipato alla creazione del progetto e del programma;

   le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell'ente parco non avrebbero smentito la notizia, a conferma della non terzietà di alcuni membri del direttivo;

   il citato ente parco è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   lo stesso Ministero ha provveduto, il 2 febbraio 2018, alla nomina del presidente e il 23 maggio 2018 alla nomina dei consiglieri; il termine del mandato per entrambe le figure è previsto per il 6 giugno 2023;

   la comunità del parco, in qualità di organo dell'ente parco che affianca il consiglio direttivo, secondo le norme dello statuto, è costituita dal presidente della regione autonoma della Sardegna, dal presidente della provincia di Olbia - Tempio, dal presidente della comunità montana «Riviera di Gallura» e dal sindaco del comune di La Maddalena, il cui rinnovo è previsto nella tornata elettorale del 25 e 26 ottobre 2020;

   tra le tante funzioni esercitate della Comunità del parco, sempre secondo lo statuto, quale organo dell'ente ci sono: a) la designazione di cinque rappresentanti per il consiglio direttivo dell'ente parco; b) la partecipazione alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano per il parco; c) l'espressione di pareri obbligatori, rispettivamente, sul bilancio e sul conto consuntivo dell'ente parco, sul piano per il parco predisposto dall'ente e sul regolamento del parco;

   gli articoli 38 e 39 dello statuto prevedono, rispettivamente, che l'ente parco promuova la partecipazione dei cittadini alla formazione delle decisioni dell'amministrazione dello stesso ente (articolo 38) e favorisca forme di consultazione per la tutela di interessi collettivi e diffusi (articolo 39);

   a giudizio dell'interrogante, sembrerebbe quanto mai inopportuno che i membri del consiglio direttivo di un ente di diritto pubblico, quale l'ente parco, possano partecipare alla stesura del programma e a sostenere una lista ed un candidato sindaco. Soprattutto, in considerazione del fatto che quest'ultimo, in caso di elezione, ed in quanto facente parte della comunità del parco abbia tutte le funzioni sopra citate –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, con riferimento all'ente parco sottoposto alla vigilanza del Ministero per scongiurare eventuali conflitti d'interesse dei membri del consiglio direttivo designati dal Ministero medesimo.
(5-04801)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in aggiunta ai danni causati dai gravi incidenti alluvionali di inizio ottobre 2020 alle infrastrutture nonché all'agricoltura ed agli allevamenti di tutto il Piemonte, l'ondata di maltempo ha devastato il parco «Alpha» situato nelle Alpi Marittime francesi, permettendo la fuga di ben sette lupi neri canadesi, i quali erano allevati in condizioni di semi libertà a Saint-Martin-Vésubie, comune francese al confine con la provincia di Cuneo;

   come evidenziato dagli esponenti delle associazioni di categoria, questo evento ha destato forti preoccupazioni per la sicurezza delle persone e degli allevamenti nei territori di confine, con il rischio di incentivare ulteriormente il fenomeno dell'abbandono di pascoli e terre, con un conseguente danno alla tutela dei territori;

   il lupo nero canadese risulta essere di taglia più grande ed indole molto più aggressiva rispetto al lupo appenninico e trattandosi di una specie non autoctona vi è il rischio che proliferi nell'area, dando luogo ad ibridazioni destinate ad incrementare la popolazione di lupi particolarmente aggressivi nel territorio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

    a) agevolare la definizione e la governance dei piani di gestione del lupo, anche tenendo conto di emergenze sopravvenute nei territori come nel caso di cui in premessa, anche in modo da vigilare e scongiurare la proliferazione di lupi neri canadesi in Italia;

    b) aprire tutti i necessari canali di interlocuzione con le competenti autorità della Repubblica francese per scongiurare il ripetersi di episodi analoghi, andando a richiedere migliori condizioni di sicurezza per le riserve destinate al contenimento di animali particolarmente aggressivi.
(4-07154)


   TATEO, SASSO e GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il raddoppio di un tratto di linea ferroviaria di 35 chilometri circa tra Termoli e Lesina da 150 anni blocca lo sviluppo dell'intera linea ferroviaria sulla dorsale Adriatica; dal 1863 la tratta è rimasta a binario unico e, a parte l'elettrificazione, nulla è stato fatto, impedendo la connessione ferroviaria veloce tra Nord e Sud del Paese;

   nonostante la serie di decreti-legge del Governo per la semplificazione di appalti e procedure di valutazione di impatto ambientale (Via) e nonostante le promesse per il recupero del gap infrastrutturale del Sud Italia e per la realizzazione del corridoio Ten-T parte adriatica con la linea Ac-Av, la richiesta di alternative sostanziali di tracciato sul raddoppio Termoli-Lesina, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, provoca la divisione in due del Paese per i prossimi anni;

   si apprende dalla stampa che, diversamente da ogni buon senso e contrariamente alla possibilità di prevedere compensazioni agli impatti ambientali, previste anche dalle direttive comunitarie sulla Via, in ordine alle interferenze sulla natura e verso gli uccelli «fratino» e «ghiandaia marina» che, secondo il parere di esperti riportato su primonumero.it del 15 ottobre 2020, nemmeno nidificano sul tracciato previsto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare chiede varianti sostanziali al tracciato, che ne impediscono la realizzazione, prediligendo scelte diverse di carattere tecnico o di aspetti tipologico-costruttivi e dimensionali;

   sembra che le ultime integrazioni al progetto presentate da Rfi sono state giudicate dalla sottocommissione Via insufficienti e lacunose;

   in particolare, oltre agli impatti valutati insormontabili rispetto all'avifauna, si intravedrebbero impatti atmosferici e le barriere antirumore sarebbero inadeguate e obsolete per il territorio della regione Molise, poiché non intervengono direttamente sulla fonte dinamica generatrice del rumore; inoltre, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta che la biodiversità verrebbe danneggiata irrimediabilmente dal passaggio di un numero maggiore di treni ad alta capacità, che creerebbero frammentazione degli habitat, alterazione e interruzione di corridoi ecologici, rischi di collisione; anche la realizzazione della galleria naturale di 1715,85 metri nel territorio di Campomarino, richiederebbe rilievi alla quota di scavo;

   secondo gli interroganti si tratta di impatti mitigabili e compensabili presenti su tutti i progetti di infrastrutture ferroviarie –:

   quali iniziative improcrastinabili il Governo intenda adottare per sbloccare in tempi brevi la realizzazione del raddoppio della tratta Termoli-Lesina, attraverso soluzioni meno rigide e più propense a permettere l'ammodernamento della linea, anche considerando che si tratta di una ferrovia, ritenuta funzionale a una mobilità pulita e ambientalmente sostenibile, come tutte le altre che Rfi ha già realizzato nel Centro-nord del Paese con impatti ambientali che sono stati mitigati e compensati.
(4-07155)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PRISCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione italiana tiro a segno (Uits) è un ente pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, ed è preposto all'organizzazione dell'attività istituzionale svolta dalle sezioni del tiro a segno nazionale (Tsn);

   l'Uits è la federazione sportiva nazionale per la disciplina sportiva del tiro a segno, riconosciuta dal Coni, e, in quanto tale, preposta alla promozione, alla disciplina e alla promozione dello sport del tiro a segno;

   ad ottobre 2017, a causa della mancata ratifica dell'elezione del presidente dell'Uits, il Ministro della difesa, con proprio decreto, ha nominato un commissario straordinario che doveva restare in carica «fino alla nomina del Presidente e comunque per non oltre un anno», ma che, allo scadere, è stato rinnovato «fino alla nomina del Presidente e comunque per non oltre un anno»;

   a novembre 2019, il Ministro della difesa, con proprio decreto, «considerato che, alla scadenza del mandato del Commissario straordinario, non risulta effettuata l'elezione del Presidente dell'ente... sentito in merito il Ministro per le politiche giovanili e lo sport», ha nominato un nuovo Commissario «fino alla nomina del Presidente dell'ente e comunque per non oltre un anno», stabilendo che «Il Commissario straordinario esercita i poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria»;

   il nuovo commissario, come primo atto, avrebbe sospeso la convocazione dell'assemblea elettiva del nuovo presidente, già fissata per il 22 e 23 novembre 2019, e avrebbe motivato tale decisione con la necessità di attendere l'approvazione delle modifiche statutarie;

   in realtà, all'atto dell'insediamento del nuovo commissario, dette modifiche, richieste direttamente dal Coni per uniformarsi ai suoi nuovi princìpi, avevano già avuto l'approvazione del Coni stesso ed erano all'attenzione dei Ministri per l'approvazione finale;

   il commissario avrebbe, in modo autonomo e unilaterale, proceduto alla formulazione di modifiche ulteriori rispetto a quelle già approvate dal Coni e le avrebbe sottoposte direttamente ai Ministri, in violazione delle previsioni dello Statuto vigente che dispone che siano deliberate dall'assemblea nazionale della Uits, convocata in seduta straordinaria e solo successivamente sottoposte al Coni e ai Ministri competenti;

   a 10 mesi dall'insediamento del nuovo commissario, le sezioni del Tsn, non avendo ricevuto comunicazioni né rispetto all'indizione dell'assemblea elettiva per la nomina del nuovo presidente, né rispetto alla necessità di deliberare delle nuove modifiche statutarie, hanno raccolto le firme necessarie per richiedere l'indizione dell'assemblea straordinaria, ai sensi dello statuto vigente, ottenendo la sottoscrizione di ben 185 sezioni Tns su un totale di 240, ben oltre il quorum previsto dallo statuto;

   il commissario non ha fornito, a notizia dell'interrogante, riscontro alla suddetta richiesta, ma ha reso noto, a mezzo stampa, che le elezioni si terranno solo dopo l'approvazione da parte del Coni, del Ministro della difesa e del Ministro dell'economia e delle finanze, delle nuove modifiche statutarie;

   in sintesi, un commissario, nominato dal Ministro della difesa e sottoposto al suo controllo, avrebbe sospeso le elezioni per la nomina del presidente dell'Unione, finalità per cui era stato nominato, e avrebbe formulato, in modo unilaterale e in violazione delle previsioni statutarie vigenti, ulteriori modifiche a uno statuto già approvato dal Coni e in attesa dell'approvazione finale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

   se il Ministro della difesa, nell'esercizio del suo potere di vigilanza, ritenga legittimo l'operato del commissario straordinario o, in caso contrario, quali iniziative intenda intraprendere;

   se i Ministri interrogati, in considerazione della inerzia dell'Uits, non ritengano di adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare l'emanazione dei protocolli sanitari presso le suddette realtà sportive al fine di consentire, nel frattempo, la ripresa delle attività delle sezioni del Tiro a segno nazionale.
(4-07152)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BITONCI, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo lo studio dell'«International tax competitiveness index 2020» (l'indice internazionale di competitività fiscale per il 2020) redatto dalla Tax foundation (organizzazione indipendente che si occupa di politica fiscale dal 1937), l'Italia ha il sistema fiscale meno competitivo tra i Paesi dell'Ocse;

   il report fiscale elaborato dal Centro studi Epicenter conferma, inoltre, che l'Italia ha il livello di tassazione sull'impresa più alta tra i Paesi europei, dovuta essenzialmente al pesante carico amministrativo e del sistema impositivo sulle persone fisiche; in particolare, viene stimato, che sono necessarie circa 169 ore per adempiere a tutti gli obblighi fiscali e l'imposta sui consumi copre meno del 40 per cento dei consumi finali, rivelando quindi lacune sia nelle politiche che nell'applicazione;

   ad aggravare la situazione è la coesistenza nel sistema fiscale italiano di una tassa sul patrimonio, una tassa sulle operazioni finanziarie e una tassa sulla successione, oltre che un alto indice del sistema fiscale individuale; ne conviene, che imprese e cittadini fanno fatica a confrontarsi con il carico fiscale richiesto attualmente dallo Stato –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per colmare questo deficit di competitività con gli altri Paesi europei e se non ritenga necessario adottare iniziative per rivedere l'attuale sistema impositivo al fine di ridurre la già gravosa e complessiva pressione fiscale a carico di cittadini e imprese.
(4-07150)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come già evidenziato dall'interrogante anche in un precedente atto di sindacato ispettivo (4-04594), gli uffici giudiziari di Pordenone risultano tra i più efficienti a livello nazionale in fatto di procedimenti conclusi e di indice di soddisfazione dell'utenza, con performance in piena linea con i parametri comunitari, anche sul fronte della tempistica di definizione dei singoli fascicoli;

   il che, pur a fronte di una carenza di magistrati e personale amministrativo che si protrae ormai da anni e che, di recente, ha imposto persino l'individuazione di militari in ausiliaria disponibili ad assumere funzioni amministrative prima della quiescenza (stando ai dati riferiti dalla presidenza del tribunale, in pianta organica sono previste 70 figure amministrative, ma al momento ve ne sono in servizio solo 47, molte delle quali, a propria volta, prossime al pensionamento);

   al Ministro interrogato ha scritto anche il presidente del tribunale di Pordenone Tenaglia per chiedere, per l'ennesima volta, di coprire con urgenza i posti vacanti nell'organico, attingendo dalla graduatoria degli assistenti giudiziari del concorso 2016. Appelli sono arrivati anche ai sindaci, affinché attivino le procedure per la mobilità di personale da destinare a giudice di pace;

   la situazione, non più gestibile, risulta incompatibile con il funzionamento anche minimo di efficienza del servizio: le carenze più gravi si riscontrano, però, nella sezione dei giudice di pace, ove il personale scarseggia notevolmente e si contano solo tre magistrati operanti; le modifiche normative degli ultimi anni e quelle attualmente in fase di discussione in Parlamento propendono per un aumento delle competenze del giudice di pace, soprattutto in settori delicati e vasti come la materia dell'immigrazione;

   il settore amministrativo è sguarnito e le attività urgenti vengono svolte facendo ricorso a unità del tribunale o del giudice di pace; ad oggi, sono fermi i procedimenti di liquidazione competenze e spese, compresi i patrocini a spese dello Stato, già liquidati. Per fronteggiare l'emergenza, è stato disposto l'affiancamento di personale addetto anche al recupero crediti per il penale e civile;

   nel settore civile è stato applicato un assistente giudiziario dell'Unep per due giorni a settimana, ma l'intervento non è risolutivo; la fase istruttoria è gestita in via esclusiva da un operatore in comando dal comune e con un part-time;

   occorrono interventi di sistema e definitivi, in assenza dei quali non vi sarà altra alternativa che operare delle scelte di priorità, garantendo solo alcuni servizi essenziali ed urgenti;

   diventa, quindi, inaccettabile che un tribunale efficiente e competente come quello di Pordenone rischi di vedere vanificati i propri risultati per cause esterne, quale il mancato riconoscimento di una piena disponibilità di funzionari e personale di cancelleria –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per giungere a un rapido e concreto potenziamento della pianta organica, anche giudicante, del tribunale di Pordenone e, nello specifico, dell'ufficio del giudice di pace.
(4-07153)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   ACUNZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sulla linea ferroviaria Napoli-Battipaglia non sono previsti treni oltre le ore 21.30;

   tale linea serve un vasto bacino di utenti dell'intera Piana del Sele;

   moltissimi cittadini si recano giornalmente a Napoli per lavoro;

   tantissimi sono quelli che vi si recano per visitare parenti presso strutture ospedaliere e case di cura;

   molti sono quelli che raggiungono la città partenopea per fruire di attività culturali come mostre, eventi, convegni, spettacoli teatrali e cinematografici;

   molti turisti utilizzano la linea ferroviaria per recarsi a Napoli e rientrare comodamente nelle città che li ospitano come ad esempio Paestum –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, in modo che si provveda ad un non più procrastinabile incremento delle corse della linea Napoli-Battipaglia anche, oltre le ore 21.30, almeno fino alle ore 24, affinché moltissimi cittadini del comprensorio del Sele non vengano tagliati fuori nei contatti con il capoluogo di regione.
(3-01819)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRI, PAITA, FREGOLENT, NOBILI e OCCHIONERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'8 aprile 2020, ad Albiano Magra, frazione del comune di Aulla (Massa Carrara), è crollato il ponte che attraversa il fiume Magra;

   il ponte collega Albiano Magra con Santo Stefano Magra (La Spezia) e si trova lungo la strada statale 330 che si immette sulla statale Cisa;

   in passato, l'infrastruttura era stata oggetto di segnalazioni a causa della presenza di numerose crepe;

   il crollo del ponte ha provocato gravi disagi per i cittadini di Albiano, Caprigliola, Stadano, Isola, Bettola e Montedivalli;

   peraltro, la situazione di isolamento in cui si sono ritrovati i cittadini ha ripercussioni negative, oltre che sulla viabilità, anche sull'accessibilità ai servizi sanitari di primo soccorso e alle caserme dei vigili del fuoco;

   dopo ben 6 mesi, anche la situazione delle macerie e dei detriti è di evidente pericolo per l'intera comunità, soprattutto in vista della stagione autunnale e invernale;

   l'autorità giudiziaria ha disposto il dissequestro delle macerie e pertanto possono essere rimosse;

   in data 25 maggio 2020, all'esito della riunione convocata dal presidente della regione Toscana, si è scelto di adottare la soluzione delle rampe di accesso alla A15 e, contestualmente, i sindaci della provincia di La Spezia, coordinati dal subcommissario, stanno lavorando ad un'opera complementare da realizzare sulla A12;

   i lavori per la costruzione delle rampe, ad oggi, non sono ancora iniziati, benché siano ormai trascorsi 6 mesi dal crollo;

   trattandosi di un'opera provvisoria, è opportuno procedere celermente e, dunque, anche in deroga rispetto alla tradizionale procedura di Via nazionale;

   il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ad oggi, non si è ancora espresso con un parere sulla deroga alle caratteristiche geometriche per la progettazione delle strade di cui al decreto ministeriale 5 novembre 2001, n. 6792;

   è indispensabile procedere con tempistiche celeri, sia per lo stato di abbandono e disagio in cui versano i cittadini, sia per l'indiscutibile penalizzazione del distretto manifatturiero e commerciale lunigianese e dello sviluppo turistico del territorio;

   la ricostruzione del ponte è essenziale e strategica per i collegamenti e l'economia delle due regioni, nell'ottica di un investimento sul territorio della Lunigiana, valorizzandone la vocazione turistica in un'ottica sostenibile –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per procedere celermente alla rimozione dei detriti e delle macerie, così come autorizzato dalle autorità giudiziarie e altresì alla realizzazione ed esecuzione del progetto relativo alle rampe autostradali, che permetteranno di ripristinare i collegamenti stradali.
(5-04798)


   PIZZETTI, GARIGLIO, ANDREA ROMANO, CANTINI, BRUNO BOSSIO e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il settore dell'aviazione produce attualmente il 2 per cento delle emissioni globali di gas serra. L'Associazione internazionale trasporto aereo (Iata) prevede che i passeggeri raddoppieranno nei prossimi 15-20 anni e le proiezioni per il 2050 stimano che il settore aumenterà le emissioni prodotte fino al 300 per cento rispetto al 2010. Il trasporto aereo è stato in questi anni l'unico settore di fatto escluso dagli obblighi di decarbonizzazione e le previsioni di crescita della domanda vanno in direzione contraria agli obiettivi europei di riduzione delle emissioni;

   nel settore dell'aviazione è presente un numero estremamente limitato di alternative tecnologicamente disponibili ai carburanti fossili e, come sottolineato nella «Strategia europea per una mobilità a basse emissioni», la principale soluzione a medio termine è rappresentata dai carburanti sostenibili per l'aviazione (Sustainable Aviation Fuels o SAF). I Saf consentono una riduzione delle emissioni fino al 90 per cento rispetto ai carburanti tradizionali e dal 2006 sono in corso sperimentazioni per l'uso commerciale. Il principale ostacolo alla loro diffusione su larga scala è rappresentato dal maggior prezzo finale rispetto ai carburanti fossili, che comporta la necessità di introdurre forme di incentivazione per compensare i maggiori costi di produzione e stimolare la domanda;

   a livello europeo sarà lanciata entro la fine dell'anno l'iniziativa ReFuelEU Aviation, finalizzata a proporre misure normative ed incentivi allo sviluppo dei carburanti sostenibili per l'aviazione. L'organizzazione internazionale dell'aviazione civile Icao ha avviato il programma Corsia, coinvolgendo gli operatori nella riduzione delle emissioni prodotte a partire dal 2021. Fino al 2027 l'adesione al programma sarà su base volontaria;

   al fine di affrontare concretamente il tema, anticipando eventuali misure europee, numerosi Paesi europei (Svezia, Norvegia, Spagna, Olanda, Finlandia, Francia e Austria) hanno adottato, o previsto di introdurre, iniziative volte a garantire l'impiego di quote minime di miscelazione dei carburanti tradizionali ai Saf. Questa misura, già sperimentata per il trasporto su strada, rappresenta la soluzione più efficace per una progressiva decarbonizzazione tramite meccanismi di mercato che permettono l'ottimizzazione dei costi e lo stimolo di domanda e offerta. Alcuni Stati membri hanno inoltre manifestato l'intenzione di vincolare i recenti aiuti di Stato alle compagnie aeree all'adozione di misure ambientali, quali l'uso di quote obbligatorie di biocarburanti;

   il 4 giugno 2020, Olanda, Spagna, Francia, Germania, Finlandia e Lussemburgo hanno inviato alle istituzioni comunitarie una dichiarazione comune sul trasporto aereo sostenibile. I Ministri, sottolineando l'impatto dell'aviazione sull'impronta di carbonio, hanno sollecitato gli Stati membri a mantenere la decarbonizzazione tra le priorità, nonostante l'emergenza da Covid-19 stia mettendo a dura prova il settore aereo. Allo stesso tempo hanno invitato la Commissione a definire rapidamente misure volte a garantire la diffusione dei carburanti sostenibili per l'aviazione e a proporre una quota minima di miscelazione vincolante a livello europeo;

   in questo contesto l'Italia, che non è tra i firmatari della lettera, ha riconosciuto il contributo dei Saf all'interno del recente Piano Nazionale integrato per l'energia e il clima, sottolineando la necessità di instaurare un meccanismo di incentivo all'utilizzo. Il Piano non prevede, tuttavia misure specifiche e non risultano essere state ad oggi adottate forme di sostegno in questa direzione –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative volte allo sviluppo di una strategia nazionale per la decarbonizzazione del settore aereo, come l'istituzione di quote di miscelazione obbligatoria di carburanti sostenibili per l'aviazione, tenendo conto delle iniziative intraprese da importanti Paesi europei, se intendano supportare tali iniziative attraverso forme di incentivazione alla diffusione dei carburanti sostenibili per l'aviazione, come previsto dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima.
(5-04799)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che il 12 ottobre 2020 una ventina di migranti sarebbero fuggiti dal centro di accoglienza di «Villa Angela», sito in Terzigno (Napoli), per recarsi nei comuni limitrofi di Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata, e, solo grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine sarebbero stati rintracciati e convinti a rientrare negli alloggi;

   questi si trovavano in isolamento domiciliare presso la predetta struttura a causa dell'emersione al suo interno, nel mese di settembre 2020, di alcuni soggetti positivi al Covid-19 e sebbene lo screening di tutti gli ospiti non fosse ancora terminato, i migranti si sarebbero allontanati dalla struttura, violando così gli obblighi di quarantena;

   la vicenda non è episodica, ma si aggiunge ad una sequela di violente rivolte avvenute in numerosi centri di accoglienza per immigrati, come, a titolo meramente esemplificativo, nelle città di Milano e di Agrigento dove, addirittura, venivano lanciati nei confronti delle forze dell'ordine estintori, pietre, materassi incendiati e altri oggetti;

   il recente accadimento, unito alle altre innumerevoli sommosse di immigrati ospiti nelle strutture dislocate sul territorio nazionale, rende prioritario affrontare efficacemente la gestione del fenomeno dell'immigrazione che, in questa fase storica, oltre ad impattare sull'ordine pubblico e l'incolumità delle forze dell'ordine e dei cittadini, va ad intersecarsi anche con l'emergenza sanitaria;

   appare paradossale che i cittadini italiani debbano osservare diligentemente disposizioni regionali e governative limitative della libertà personale per contenere la diffusione del virus e che, allo stesso tempo, il sacrificio di una intera popolazione venga costantemente inficiato e vanificato dalle condotte irresponsabili descritte, espressione di quelle che l'interrogante giudica un'intollerabile incapacità governativa di gestire il fenomeno dell'immigrazione;

   oltre alle evidenti problematiche sanitarie, l'afflusso incontrollato di immigrati in Italia comporta pesanti implicazioni anche sotto il profilo dell'ordine pubblico: è incontrovertibile, infatti, che sovente immigrati, talvolta già destinatari di plurimi decreti di espulsione mai eseguiti, si rendano protagonisti di crimini anche predatori e contro la persona e che vengano anche assoldati dalla criminalità organizzata, mettendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini;

   è, dunque, doveroso alzare il velo dell'ipocrisia che, ad avviso dell'interrogante, ammanta l'attuale politica governativa che tenta di etichettare le proprie inefficienze ed incapacità come una presunta politica dell'accoglienza al solo fine di mascherare la totale assenza di strategia e di visione di ampio respiro nell'affrontare il problema dell'immigrazione;

   occorre una inversione di tendenza che metta in atto una strategia politica seria ed efficace al fine di scongiurare che l'Italia possa diventare un grande centro di accoglienza di pertinenza dell'Unione europea, con le evidenti e drammatiche implicazioni che ne conseguirebbero per l'incolumità e la salute dei cittadini –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di garantire una gestione efficace dei vari centri di accoglienza presenti sul territorio nazionale e, in generale, del fenomeno dell'immigrazione;

   se non intendano adottare iniziative per prevedere l'espulsione immediata di coloro che, positivi al Covid-19, si sottraggono agli obblighi di quarantena;

   quale sia la posizione del Governo in ordine al cosiddetto «blocco navale» e, segnatamente, se il Governo condivida la necessità, l'opportunità e la legittimità di un «blocco navale» finalizzato a contenere e contrastare la tratta di esseri umani;

   se non ritenga di stilare una lista di Nazioni «sicure», come avviene in altre parti di Europa, per le quali escludere lo status di rifugiato;

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'abrogazione dell'istituto della protezione umanitaria, previsto esclusivamente dall'ordinamento italiano nel panorama europeo, al fine di evitare l'accoglienza indiscriminata di immigrati «economici» e, nell'ipotesi che concordi in merito all'abolizione dello stesso, quali siano i passaggi che intenda seguire, per quanto di competenza, e quali siano le tempistiche.
(4-07149)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diversi articoli pubblicati nei giorni scorsi si apprende che alcuni migranti con regolare permesso di soggiorno, provvisti di domicilio e richiedenti asilo risultati positivi al COVID-19, ospitati nei centri di accoglienza straordinaria a Roma, come in altre città, sono stati trasferiti, senza alcun preavviso, in Sicilia e Puglia per essere posti in isolamento fiduciario sulle navi quarantena che sostano di fronte ai porti di Trapani, Palermo e Bari;

   tali trasferimenti, probabilmente sono dovuti al fatto che all'interno dei centri di accoglienza dove si registrano casi di positività al COVID-19 non ci sono spazi adeguati per collocare in isolamento fiduciario le persone risultate positive;

   alcuni di loro avrebbero avuto solo il primo tampone rapido, che non sempre è attendibile, e non hanno potuto fare il secondo tampone di conferma, perché erano stati immediatamente trasferiti;

   da quando questi richiedenti asilo sono stati trasferiti sulla nave quarantena non sono più stati visitati da un medico, avrebbero la stessa mascherina e le stesse lenzuola da giorni, trovandosi quindi paradossalmente più in pericolo su una nave con tutti positivi, che altrove;

   a parere dell'interrogante si è di fronte ad un atto illegittimo, contrario ai principi costituzionali. Dei liberi cittadini sono stati privati della libertà personale in mancanza di un provvedimento individuale che giustifichi tale privazione e sono stati trasferiti in maniera coatta con una procedura non prevista in nessuna delle misure di prevenzione del contagio adottate dal Governo e valide per tutti i cittadini sia italiani che stranieri;

   tale situazione sta arrecando anche danni materiali ai migranti trasferiti dal momento che alcuni di loro sono anche vittime di tortura, che hanno subito abusi in Libia, in attesa di interventi chirurgici e avevano già fissato appuntamenti al Samifo (una struttura sanitaria che si occupa di vittime di tortura) per accertare le violenze subite. Il trasferimento in questi casi rischia di non permettere la produzione della certificazione necessaria per procedere con la richiesta di asilo o con i ricorsi;

   secondo le segnalazioni, ricevute anche da Arci, i ragazzi trasferiti sulle navi quarantena sarebbero stati anche ufficialmente dimessi dai centri di provenienza risultando quindi fuori accoglienza;

   nonostante la pubblicazione delle Linee guida realizzate dal Ministero della salute insieme all'Inmp (Istituto nazionale salute, migrazioni e povertà), è evidente che persistano gravi problemi nella gestione sia dei centri che dei casi di migranti richiedenti asilo COVID-19 positivi evidentemente trattati in maniera difforme rispetto al resto della popolazione, con costi altissimi per la collettività dato la spesa giornaliera che va affrontata per ognuna di queste navi quarantena e per i trasferimenti;

   a parere dell'interrogante la soluzione delle navi quarantena, misura eccezionale destinata ai soli salvati in mare e che andrebbe comunque ripensata, rischia oggi di trasformarsi in un nuovo luogo di detenzione arbitraria per migranti e richiedenti asilo, al di fuori della legge. Occorre quindi individuare urgentemente delle alternative basate sull'individuazione di strutture adeguate sulla terra ferma –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda individuare soluzioni alternative quali l'individuazione di strutture cosiddette «ponte» in cui isolare eventuali richiedenti asilo presenti nei centri di accoglienza risultati positivi al COVID-19, interrompendo immediatamente i trasferimenti di migranti dai centri di accoglienza alle navi quarantena, prassi che all'interrogante risulta illegittima e fortemente lesiva dei diritti fondamentali della persona.
(4-07156)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Zoffili e altri n. 4-07146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molteni.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00382, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 397 del 22 settembre 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    il 10 ottobre 2020 è divenuta ufficiale la notizia della conclusione dell'accordo tra il consorzio franco-olandese con sede a Parigi Euronext, il cui principale azionista è la Cassa depositi e prestiti francese e che già possiede la Borsa di Parigi, e il London Stock Exchange, per l'acquisto della Borsa italiana per circa 4,3 miliardi di euro;

    come riportato da un quotidiano «se la cessione della Borsa italiana fosse avvenuta tramite un'asta competitiva, con la partecipazione della borsa svizzera e di quella tedesca. La valutazione sarebbe salita a 5 miliardi. Dovremmo quindi concludere, sempre ammesso che ci fossero dubbi, che la scelta di vendere a Euronext e non ad altri è tutta politica. D'altronde come potremmo anche solo immaginare che una decisione di questo tipo, per quanto subita dalle valutazioni di London Stock Exchange, possa avvenire senza un accordo del Governo italiano o in modo ostile»;

    in merito vale la pena rilevare come il comportamento del Ministero dell'economia e delle finanze nell'applicare i poteri di indirizzo previsti dalla legge sia apparso non del tutto in linea con i principi di trasparenza dell'analisi di integrità funzionale dei mercati, economicità dei servizi per intermediari e risparmiatori e di reale possibilità di sviluppo e di attrazione di investimenti nelle strutture italiane nell'ambito dei mercati finanziari europei, soprattutto per un'apparente propensione pregiudiziale in favore dell'offerta francese, emersa sin dalle prime fasi della trattativa, e maturata in assenza di qualsiasi approfondimento dei contenuti delle altre offerte in via di elaborazione;

    inoltre, occorre rilevare come rispetto alla vendita di una società ritenuta strategica per l'interesse nazionale quale, appunto, Borsa italiana, il Governo non abbia ritenuto in alcun modo di informare il Parlamento;

    entrambe queste notizie, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, destano sospetti in merito a quali siano i veri interessi in campo rispetto agli asset finanziari e creditizi nazionali;

    la vendita di Borsa italiana a Euronext, nonostante la presenza di altre offerte e in gran silenzio, infatti, non solo conferma l'interesse della Francia verso tali asset finanziari, ma, anzi, suscita preoccupazione in merito alla loro permanenza in mano italiana;

    a questo proposito uno dei temi da attenzionare è certamente la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto alla quale «Il Sole 24 Ore» ha ipotizzato un'opera di moral suasion dello Stato per indirizzare Monte dei Paschi di Siena, che rimane la quinta banca italiana per dimensioni, nonostante le problematiche degli ultimi anni, verso Unicredit, ma ora sembra emergere anche un crescente interesse della finanza francese per l'acquisto di Monte dei Paschi di Siena;

    in particolare, secondo un autorevole quotidiano, già nel mese di giugno 2020 il Sottosegretario per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei gruppi di Bnp Paribas e Credit Agricole per discutere della questione Monte dei Paschi;

    quello dei servizi bancari e assicurativi è il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia e la presenza delle due big è notevole: Bnp Paribas controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c'è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d'inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia;

    Bnp-Paribas e CreditAgricole sono anche tra i principali attori italiani del credito al consumo, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato, e hanno una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico del quale detengono Bnp Paribas 143,2 miliardi di euro, e Credit Agricole 97,2 miliardi di euro;

    in questo quadro, acquisire il controllo di Monte dei Paschi di Siena consentirebbe grande spazio alla finanza francese, ad esempio anche attraverso un rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di Mps, all'interno del quale l'asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale per la creazione di un terzo polo bancario;

    di nazionalità francese è anche l'amministratore delegato di Unicredit, istituto per il quale è appena stato cooptato nel consiglio di amministrazione e designato come futuro presidente l'ex Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, decisione avvenuta mentre all'interno dell'azienda è in corso il dibattito sull'ipotesi della separazione dei rami italiano ed europeo di Unicredit, prevedendo per il secondo la quotazione alla borsa di Francoforte;

    il fatto che Padoan sia stato eletto a Siena e abbia seguito da Ministro la «ricapitalizzazione precauzionale» di Monte dei Paschi, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra preannunciare un futuro avvicinamento di Unicredit verso Mps, una notizia che se unita a quella della creazione della subholding non quotata, dove far confluire gli asset italiani che sono soggetti alla volatilità dello spread, tornata a circolare proprio recentemente, desta non poca preoccupazione;

    dopo la nomina di Padoan il segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani FABI) ha affermato che «Quello che sembra stia accadendo in Unicredit, con l'ipotesi Padoan presidente, lascia immaginare che si stiano muovendo forze e capitali internazionali. Basti pensare che la stragrande maggioranza dell'azionariato Unicredit è già in mano a fondi internazionali. Quindi è verosimile ritenere che tutto il processo di riassetto del settore bancario italiano, a partire dall'integrazione Intesa/UBI, abbia innescato reazioni, strategie ed interessi anche in ambito europeo. Infatti un'eventuale operazione tra Unicredit e Mps, così complessa e impraticabile anche sul versante occupazionale, non potrà decollare se non con il consenso della BCE, ma anche del Governo, del MEF e della stessa Banca d'Italia»;

    anche Mediobanca s.p.a., terzo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, già oggi controllata per il 14 per cento del capitale da investitori istituzionali di origine francese;

    rappresenta oggi una «preda» ambita, perché dà accesso al controllo di Generali, e perché, rispetto alla quotazione massima del 10 novembre 2019, anche a causa dell'emergenza Covid-19, vale oggi poco più della metà;

    per l'intero sistema assicurativo e finanziario italiano l'indipendenza e la presenza in Italia di un soggetto di primo piano a livello internazionale come Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con 500 miliardi di euro di attività investite di cui circa 60 in titoli del tesoro italiani, appare fondamentale;

    la grande finanza francese ha già detto di essere interessata al patrimonio economico italiano e l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha risposto adeguatamente in difesa degli interessi nazionali, nonostante il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto decreto liquidità, abbia fornito al Governo tutti gli strumenti necessari per un concreto intervento a difesa della sicurezza dei nostri asset strategici;

    è notizia di oggi l'ipotesi della fusione tra Credit Agricole e Banca popolare di Milano, nella quale la prima di fatto appare maggioritaria, e che, per l'ennesima volta, conferma un movimento di interessi in ambito bancario e assicurativo che sembra avere come partner privilegiato sempre la finanza francese, che appare così raggiungere i suoi obiettivi storici nel nostro Paese;

    il decreto-legge ha, infatti, modificato la disciplina dei poteri speciali del Governo, la cosiddetta golden power, estendendola all'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui al regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea;

    l'articolo 8 della bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle nuove disposizioni disciplina l'esercizio dei poteri speciali per i «beni e rapporti nel settore finanziario», quali, appunto, credito, finanza, assicurazioni, piattaforme e infrastrutture operative come Borsa spa, ma anche i software, i servizi di pagamento, e la gestione di investimenti;

    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito apprezzabili ma «insufficienti» le nuove norme previste dal «decreto liquidità» sul golden power, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese o anche tedesco nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso;

    alla fine di dicembre 2019 circa il 33 per cento del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e, come riportato nel report Foreign investors in italian government debt di Unicredit, il «primo paese investitore è la Francia al 21 per cento», i cui istituti di credito detengono una quota di 285,5 miliardi di euro di debito pubblico italiano;

    sul sistema bancario italiano grava ulteriormente il rischio segnalato da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, nel corso della sua recente audizione innanzi alla Commissione parlamentare sul sistema bancario;

    sui temi della liquidità e della copertura dei crediti delle banche, che già rischiano di aggravarsi alla luce della crisi economica scaturita dal coronavirus, Nagel ha evidenziato la pericolosità della norma della Bce che disciplina il trattamento di sofferenze e crediti unlikely to pay (UTP), vale a dire quelli a rischio rimborso ma non ancora degradati a sofferenza, il cosiddetto calendar provisioning, che «applicata nel post Covid è come una bomba atomica» e determinerebbe «un disastro nel bilancio delle banche, non solo nostre»;

    la Banca centrale ha negato un ulteriore rinvio della norma, con ciò mettendo a rischio la stabilità del sistema bancario non italiano ma anche europeo, che potrebbe essere travolta da una nuova ondata da 380 miliardi di crediti deteriorati,

impegna il Governo:

1) alla luce della vicenda della vendita di Borsa Italiana e delle criticità rappresentate in premessa, ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a garantire la stabilità finanziaria dell'Italia e dei nostri titoli pubblici, evitando attacchi speculativi, e la sicurezza degli asset strategici, anche attraverso il corretto e tempestivo utilizzo delle norme sulla golden power;

2) considerato che il quadro sopra descritto, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, fa emergere un approccio assai discutibile dal punto di vista della trasparenza e della tutela degli asset finanziari e creditizi nazionali, che non sembra favorire gli interessi di risparmiatori ed imprese, ad adottare con urgenza iniziative, per quanto di competenza, nelle opportune sedi europee, al fine di dare al più presto soluzione alla questione delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati, che rappresenta un dramma sociale e produttivo, consentendo a cittadini e imprese il riscatto del proprio debito, anche al fine di scongiurare che finiscano preda degli usurai, sostenendo altresì, per quanto di competenza, il flusso creditizio dalle banche alle imprese, particolarmente importante in un periodo di crisi economica come quello attuale scaturito dalla pandemia da SARS-Cov-2.
(1-00382) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Rampelli e Varchi n. 4-07140 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 409 del 15 ottobre 2020. Alla pagina 15356, seconda colonna, alla riga trentanovesima, deve leggersi: «Pantelleria. (4-07140)», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2020 la struttura della «Casa del pellegrino», ove insisteva l'Hotel del Santuario, è stata consegnata al curatore fallimentare e successivamente consegnata all'aggiudicataria A.pro.tu.r;

   al momento l'hotel è chiuso e tale rimarrà chissà per quanto tempo ancora;

   la Casa del pellegrino è una struttura di proprietà del comune di Siracusa e da quest'ultimo concessa in comodato all'ente Chiesa Santuario Madonna delle lacrime con contratto stipulato in data 22 ottobre 1997;

   detto contratto di comodato, all'articolo 10, a quanto consta all'interrogante, prevede che «il comodatario non può cedere ad altri, in tutto o in parte, la concessione oggetto del presente disciplinare a nessun titolo o per nessuna causale, la violazione a tale divieto comporterà la decadenza del comodato»;

   l'aggiudicataria A.pro.tu.r. è soggetto terzo rispetto alla concessione e quindi, nel pieno e rigoroso rispetto di quanto contrattualmente stabilito, è di chiara evidenza che oggi ricorrono i presupposti per la decadenza immediata della concessione della struttura in capo all'ente Chiesa Santuario Madonna delle lacrime;

   allo stato, si è resa immediatamente disponibile una struttura alberghiera composta da 71 camere con bagno, cucina attrezzata, ampi saloni e ascensori adibiti al trasporto di barelle e allettati; è dotata di 155 posti letto, oltre ulteriori 100 già disponibili, si trova accanto all'Ospedale Umberto I di Siracusa e si presta perfettamente al ricovero dei contagiati o a essere disposizione dell'Asp di Siracusa;

   la struttura per evidenti ragioni non potrà essere utilizzata per parecchio tempo per finalità turistica, né risulta che l'acquirente l'abbia donata al Santuario;

   la «Casa del pellegrino» è di proprietà comunale, attualmente è chiusa e non è adibita a ricezione dei pellegrini (clausola imprescindibile inserita nel contratto di concessione della struttura al Santuario) e si trova a ridosso dell'Ospedale Umberto I; non v'è motivo alcuno per cui non venga adibita al ricovero degli infetti;

   il comune dovrebbe quindi riappropriarsi della struttura a costo zero e potrebbe agire autonomamente, anche senza l'intervento del prefetto e/o delle autorità sanitarie, evitando in tal modo pericolosi ritardi a danno della salute pubblica;

   a seguito dell'ordinanza contingibile e urgente n. 10 del 23 marzo 2020 del presidente della regione, dove si dava mandato alle Asp di individuare strutture alberghiere per garantire l'isolamento dei pazienti paucisintomatici, senza necessità di ricovero, appena positivizzati a tampone o dimessi dall'ospedale in condizioni stabili ma ancora positivi o a coloro che è stata individuata la necessità clinica di una quarantena, nessuna struttura alberghiera della città di Siracusa ha manifestato la propria disponibilità;

   tutte le organizzazioni sindacali dei medici della provincia di Siracusa Anaoo-Anpo-Aupi-Cimo-Cgil-Cisl-Uil-Fials-Sinafo il 28 marzo 2020, hanno chiesto al sindaco di Siracusa di mettere a disposizione strutture idonee quali alloggi per gli operatori sanitari, ai fini di evitare la diffusione dei contagi all'interno dei nuclei familiari –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, per il tramite della prefettura di Siracusa, per esercitare il potere di requisizione in relazione alla casa del Pellegrino e metterla a disposizione gratuita all'Asp per l'attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19.
(4-05089)

  Risposta. — Come riferito dall'interrogante, la struttura alberghiera denominata «Casa del Pellegrino» è situata nel comune di Siracusa, in prossimità del «Santuario Madonna delle Lacrime».
  Di proprietà del comune, è stata concessa per cinquanta anni in comodato d'uso all'ente chiesa «Santuario Madonna delle lacrime», con contratto stipulato in data 22 ottobre 1997 per finalità di accoglienza dei pellegrini.
  Recentemente, a seguito dell'insorgere dell'emergenza COVID-19 e alla luce delle ordinanze d'urgenza emanate dal presidente della regione siciliana, la citata struttura è divenuta oggetto di attenzione per le connesse finalità emergenziali, anche da parte della prefettura di Siracusa, soprattutto in quanto collocata nelle immediate vicinanze dell'ospedale cittadino «Umberto I».
  Questo aspetto, infatti, la rendeva particolarmente funzionale in previsione di un suo utilizzo per le esigenze connesse alla diffusione dell'epidemia; la citata prefettura e le altre autorità locali si sono quindi attivate in tal senso e, il 23 marzo 2020, è stato effettuato un sopralluogo presso il sito per verificarne l'idoneità.
  I controlli sono stati effettuati dai rappresentanti dell'azienda sanitaria provinciale, del comune, della diocesi e del comando provinciale dei vigili del fuoco.
  A seguito del favorevole esito dei medesimi, il successivo 30 marzo il sindaco di Siracusa, con nota inviata anche al prefetto ha espresso la volontà di mettere la «Casa del Pellegrino» a disposizione dell'azienda sanitaria provinciale, per le esigenze correlate all'emergenza sanitaria in atto.
  La struttura ricettiva, che consta di settanta camere, in considerazione delle specifiche caratteristiche tecniche non è risultata facilmente adattabile a centro Covid ma maggiormente idonea alle finalità di cui all'articolo 1 dell'ordinanza contingibile e urgente del presidente della regione siciliana n. 10 del 23 marzo 2020.
  Più in particolare, è stata destinata a ospitare pazienti paucisintomatici, che non necessitano di ricovero, e pazienti per i quali, pur in assenza di tampone, è stata individuata la necessità clinica di un periodo di quarantena.
  L'azienda sanitaria provinciale di Siracusa ha acquisito la disponibilità all'utilizzo della «Casa del Pellegrino» che è stata concessa sia dal proprietario che dal comodatario con la conseguente stipula di apposite convenzioni, rispettivamente, con il comune di Siracusa e con l'Ente Chiesa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 27 febbraio 2020 cinque ragazzi italiani, a giudizio dell'interrogante, sono stati vessati dalla compagnia di crociere Msc e dal personale a bordo della Msc Preziosa, che li ha invitati ad abbandonare la nave, in quel momento ferma a Barbuda, nonostante fossero asintomatici e non si avesse alcuna certezza di aver contratto il virus Covid-19, ma la sola «colpa» di avere il passaporto italiano;

   ai malcapitati era arrivata la voce che fosse stata la Farnesina ad obbligarli a ritornare in Italia forzatamente interrompendo la crociera;

   solo l'intervento provvidenziale del console italiano a bordo ha evitato problemi di ordine pubblico tra i turisti di altre nazionalità e i ragazzi italiani che erano stati nel frattempo ingiustificatamente ghettizzati a bordo della nave;

   i ragazzi sono dovuti rientrare in Italia con destinazioni differenti da quelle previste, dopo che, a quanto consta all'interrogante, sarebbero stati assaliti in aeroporto da alcuni residenti dell'isola caraibica, insospettiti dalle misure restrittive e coercitive nelle quali erano stati costretti –:

   quali chiarimenti intenda fornire il Ministro interrogato, in ordine alla vicenda con particolare riguardo all'interlocuzione intercorsa, con Msc Crociere e le autorità locali, e quali iniziative siano state adottate, nel caso di specie, per evitare di mettere ingiustificatamente a repentaglio l'incolumità e la reputazione dei cittadini italiani all'estero.
(4-04897)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-04897 relativa alla vicenda di 5 ragazzi a bordo della MSC Preziosa e alla tutela dei connazionali all'estero.
  Fin dai primi momenti in cui si è sviluppata l'emergenza sanitaria causata da COVID-19, anche prima che l'Oms riconoscesse il nuovo coronavirus come «pandemia», il settore crocieristico ha dovuto affrontare vari ostacoli causati dalle repentine chiusure dei porti presso i quali erano stati previsti scali durante la navigazione.
  In molti casi le compagnie di navigazione hanno dovuto cambiare rotta e porto di destinazione e avviare un dialogo, anche con il supporto della locale rete diplomatico-consolare, con le autorità del Paese di destinazione per ottenere le necessarie autorizzazioni allo sbarco ed effettuare, ove richiesto, degli esami clinici per individuare eventuali casi di positività al virus.
  In nessun caso la Farnesina è intervenuta sulle compagnie di navigazione per obbligare passeggeri o marittimi a rientrare in Italia.
  In alcuni situazioni, la compagnia stessa ha dovuto interrompere il normale corso di navigazione, non essendo possibile approdare nei porti successivi a causa delle chiusure delle frontiere marittime della quasi totalità degli Stati. Ciò ha comportato un termine anticipato della crociera e, talvolta, sono stati i passeggeri a rifiutarsi di scendere dalla nave, chiedendo invece di continuare il viaggio pur a fronte dell'impossibilità oggettiva a proseguire il percorso.
  La gestione dei passeggeri e dei marittimi a bordo di una nave rientra infatti nella sfera di primaria responsabilità della compagnia di navigazione.
  La situazione della MSC Preziosa ricade nella casistica illustrata di nave il cui percorso si è dovuto interrompere, per decisione della compagnia di navigazione, a fronte della chiusura dei porti di destinazione per i passeggeri italiani. Tra fine febbraio e marzo sono state infatti adottate misure restrittive all'ingresso per i viaggiatori provenienti dall'Italia, in quel momento principale focolaio di diffusione del virus in Europa.
  La compagnia ha quindi chiesto ai passeggeri di scendere nei porti presso i quali ciò era ancora possibile, organizzandone il rientro tempestivo in Italia grazie ai pochi voli ancora a disposizione.
  Nonostante le iniziali difficoltà, causate tra l'altro dal rifiuto di sbarcare opposto da una decina di passeggeri italiani che hanno dovuto interrompere la crociera dopo 7 dei 14 giorni per i quali avevano prenotato, la situazione a bordo di MSC Preziosa si è risolta positivamente.
  Ad oggi rimane a bordo della nave esclusivamente un ristretto nucleo di 24 marittimi («
Minimum Safety Manning»), essenziale alla manutenzione in sicurezza della nave.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   CANNIZZARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019 è stato decretato lo scioglimento dell'organo direzionale generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e il conseguente affidamento dell'amministrazione dell'Azienda sanitaria, per la durata di diciotto mesi, a una commissione straordinaria;

   come risultante dalle notizie riportate all'interrogante, sembrerebbe che i commissari dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria non stiano garantendo la loro presenza nella sede dell'Azienda sanitaria in piena emergenza Coronavirus;

   se quanto appena riportato corrispondesse al vero, si tratterebbe di un fatto di gravissima entità, considerato che il personale delle istituzioni sanitarie calabresi si sta adoperando al massimo per garantire assistenza sanitaria a tutti i cittadini;

   l'assenza fisica e gestionale dei commissari straordinari, in uno dei momenti più drammatici vissuti dal nostro Paese per le note vicende legate al contagio del Coronavirus, evidenzia, ad avviso dell'interrogante, la manifesta inadeguatezza degli stessi, poiché il personale dell'Azienda continua a operare, nonostante l'incertezza legata agli strumenti per affrontare l'epidemia in corso;

   a ciò si aggiunga che la delibera n. 147 del 16 marzo 2020 avente ad oggetto «Emergenza Covid-19. Disposizioni di firma degli atti e dei provvedimenti», ad avviso dell'interrogante, lascia presagire l'intento da parte degli stessi commissari di potersi assentare dal luogo di lavoro proprio nel momento in cui l'Azienda necessiterebbe in misura maggiore della loro presenza al fine di coordinare e gestire il personale dell'Azienda medesima –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di assicurare la gestione diretta dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria da parte della commissione straordinaria, nominata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019, in piena emergenza Coronavirus;

   se il Governo, alla luce dei fatti riportati in premessa, non intenda adottare le iniziative di competenza per l'immediata sostituzione della commissione straordinaria, nominata con il decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019, e con la contestuale nomina di una nuova commissione di alto profilo professionale e di elevata competenza, al fine di fronteggiare adeguatamente l'emergenza sanitaria nazionale in corso.
(4-05019)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante richiama l'attenzione sull'operato della commissione straordinaria cui è affidata la gestione dell'attività dell'Azienda sanitaria provinciale (ASP) di Reggio Calabria, a seguito dello scioglimento dell'organo di direzione generale dell'Ente, disposto con decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019.
  Con specifico riferimento alle iniziative intraprese per fronteggiare l'emergenza sanitaria in corso, risulta che la predetta commissione straordinaria, fin dal mese di gennaio del corrente anno, ha istituito un'Unità di crisi per il monitoraggio, il coordinamento e la gestione di tutte le iniziative in materia.
  In tale contesto, è stata adottata un'organizzazione strutturale sanitaria con pre-
triage, percorsi protetti COVID sui 4 presìdi ospedalieri dell'Asp, con interazione stretta e costante con le centrali e il Servizio 118, anch'esso gestito dall'ASP.
  Sono stati, inoltre, pianificati, organizzati e realizzati lavori di adeguamento per la trasformazione COVID compatibile dei reparti; è stata attivata l'apertura nei 4 ospedali di complessivi 100 posti letto, di diverse intensità di cure, e il presidio di Gioia Tauro è stato individuato quale ospedale COVID di riferimento.
  Un importante risultato sui piano della prevenzione e della tempestività con cui possono essere praticate le necessarie terapie è stato raggiunto con l'attivazione e l'accreditamento ministeriale di laboratori COVID per la diagnosi su tampone; è inoltre in corso di autorizzazione la sezione di sierologia per i test rapidi, nonché il laboratorio COVID per test su tamponi a Locri, iniziativa che ha guadagnato il generale riconoscimento sia da parte dell'opinione pubblica locale che da parte degli organi regionali.
  Al fine di implementare i risultati dell'attività sanitaria dell'Asp, necessaria al contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19, la commissione straordinaria ha adottato l'atto di immissione in ruolo di medici e operatori sociosanitari destinati a rafforzare le strutture preposte a fronteggiare l'attuale emergenza epidemiologica.
  Inoltre, sempre al fine di rafforzare l'ampliamento dell'offerta sanitaria e in un'ottica sinergica con la struttura ospedaliera, l'Asp di Reggio Calabria ha attivato il laboratorio pubblico «Polo Sanitario Nord»; deputato a effettuare quotidianamente, in media, 160 tamponi oro-faringei.
  Agli esami diagnostici mediante tampone vanno poi conglobati i 60.000 test sierologici che il Ministero della salute ha autorizzato a effettuare nel quadro dell'imminente avvio della campagna nazionale epidemiologica con siero-test COVID.
  Nel testo dell'interrogazione si richiama anche l'attenzione sulla circostanza che i commissari non avrebbero garantito la loro presenza nella sede dell'azienda in piena emergenza Coronavirus.
  Al riguardo, si evidenzia che, dagli elementi acquisiti dalla prefettura di Reggio Calabria, risulta che l'assenza dei commissari, sia stata limitata ai soli giorni compresi tra il 16 e il 20 marzo scorso.
  In tali date, infatti, si sarebbero verificate delle contingenze legate a motivi di salute e ad imprescindibili e attestate ragioni di servizio, connesse agli altri incarichi ricoperti dai commissari presso le prefetture di appartenenza, che avrebbero impedito, di fatto, la loro compresenza in sede.
  La commissione, in quei giorni, ha comunque operato seguendo direttamente l'azione condotta dalla predetta Unità di crisi e le numerose iniziative finalizzate alla programmazione e realizzazione dell'insieme di strutture e dispositivi sanitari per contrastare la diffusione del virus.
  Le soluzioni operative e organizzative adottate dal predetto organo collegiale risponderebbero, quindi, alla necessità di assicurare la propria continuità funzionale, anche quando non è possibile la contestuale presenza dei suoi componenti.
  Secondo quanto rappresentato dalla commissione straordinaria stessa, infatti, l'adozione della delibera n. 147 del 16 marzo 2020, recante «Emergenza COVID-19. Disposizioni di firma degli atti e dei provvedimenti» – menzionata nell'interrogazione – risulterebbe essenziale per assicurare l'efficace azione amministrativa delle strutture poste a presidio della salute pubblica, mediante soluzioni organizzative alternative a quelle ordinarie, che garantiscano il regolare e buon andamento dei servizi erogati dalle Aziende sanitarie nel periodo emergenziale.
  Alla luce di quanto sopra, l'azione di direzione, controllo e monitoraggio che la commissione ha esercitato, non avrebbe, quindi, subito rallentamenti, sostanziandosi, nel periodo esaminato, in una pluralità di atti deliberativi e amministrativi che hanno assicurato la regolare attività, sia di carattere sanitario che amministrativo, dell'Asp di Reggio Calabria, con particolare attenzione e rilievo alla programmazione delle attività connesse all'emergenza COVID-19.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rotta Algeria-Sardegna rappresenta da anni una delle vie di accesso dell'immigrazione clandestina;

   tra il 2015 e il 2018 gli arrivi sono duplicati, destando un particolare allarme sociale in un'isola popolata da soli 1.600.000 abitanti e, in particolare, nelle aree geografiche che più di altre hanno patito gli effetti della crisi economica;

   il Governo ha più volte annunciato la volontà di stipulare un accordo con l'Algeria al fine di proteggere le frontiere ed effettuare il blocco delle partenze e il rafforzamento della cooperazione sui rimpatri, ma, ad avviso dell'interrogante, non ha ancora tradotto in atti concreti questi impegni;

   la Sardegna è tuttora una delle regioni d'Italia in cui gli sbarchi di migranti clandestini arrivano tutto l'anno;

   anche durante lo stato di emergenza nazionale, determinato dalla pandemia del Covid-19, gli arrivi sulle coste dell'isola proseguono senza sosta;

   la presenza tra i migranti di soggetti positivi al Covid-19 rischia di determinare una nuova impennata dei contagi e di vanificare lo sforzo immane sostenuto dalle famiglie, dalle imprese e da tutta la collettività durante il «lockdown» deciso dal Governo;

   è intollerabile che, mentre gli italiani accettano una sospensione della propria libertà di circolazione con la chiusura degli scali portuali e aeroportuali, i trafficanti di esseri umani continuino imperterriti a trasportare migliaia di persone sul suolo nazionale –:

   se il Governo intenda adottare opportune iniziative volte a bloccare le partenze di migranti clandestini e proteggere le frontiere dello Stato italiano;

   se il Governo intenda porre in essere iniziative volte ad azzerare il rischio che arrivino illegalmente in Italia soggetti positivi al Covid-19 e scongiurare il rischio di un nuovo incremento dei contagi;

   se il Governo non ritenga indispensabile porre in essere tutte le iniziative di competenza per rendere effettivi i rimpatri degli stranieri sbarcati sulla rotta in questione che non sono titolari del diritto d'asilo;

   se il Governo non ritenga urgente, alla luce di quanto esposto in premessa, adottare iniziative per rinforzare le risorse umane e materiali delle forze dell'ordine affinché siano adeguate a sostenere il carico di lavoro aggiuntivo generato dal fenomeno degli sbarchi clandestini in Sardegna.
(4-05191)

  Risposta. — Il fenomeno degli sbarchi di migranti irregolari cui si fa riferimento nell'interrogazione si verifica da diversi anni, a fasi alterne, sulle coste sud-occidentali della Sardegna, nel territorio del Sulcis Iglesiente.
  Gli stranieri, generalmente di sesso maschile e quasi tutti appena maggiorenni, giungono attraverso la rotta dell'Algeria in gruppi di pochi individui, impiegando piccole imbarcazioni, che sono difficilmente rilevabili anche dalle moderne strumentazioni radar.
  I migranti vengono intercettati per lo più in mare, da veicoli o da unità navali in assetto Frontex ovvero a terra, dopo essere, sbarcati, a seguito di segnalazioni di cittadini o direttamente con l'intervento di pattuglie delle Forze di Polizia impegnate nelle attività di controllo del territorio.
  Tutti i migranti rintracciati in mare e nei luoghi di sbarco vengono trasferiti in una struttura adibita a centro di primo soccorso di accoglienza presso l'ex scuola della polizia penitenziaria, ubicata nel comune di Monastir, per i prescritti accertamenti sanitari, nonché ai fini dell'identificazione e dei controlli di sicurezza.
  Gli stranieri vengono muniti di idonei dispositivi di protezione individuali (DPI), che indossano anche nelle fasi di trasporto dal luogo di sbarco fino al loro collocamento presso il centro di Monastir. Inoltre, nei confronti del migranti viene disposta, da parte delle autorità competenti, la messa in quarantena per un periodo di 14 giorni all'interno del centro di Monastir o presso altre strutture all'uopo individuate, con costante osservazione sanitaria
. Nell'ambito dei citati accertamenti sanitari, gli stranieri vengono altresì sottoposti sempre ai tampone rinofaringeo.
  Alla data del 24 luglio si sono registrati 4 casi di positività, 3 dei quali poi risultati, con i test successivi, negativi. I casi positivi trascorrono il periodo di isolamento presso locali opportunamente individuati all'interno del cennato compendio ovvero presso strutture sanitarie e sono seguiti quotidianamente dalle autorità sanitarie.
  Gli operatori delle forze di polizia, entrati in contatto con gli stranieri risultati positivi al COVID-19, sempre protetti dall'impiego dei Dpi, in alcuni casi e a scopo meramente precauzionale, sono stati sottoposti allo stesso esame con esito negativo.
  Al riguardo, si rappresenta che il Ministero dell'interno ha messo in atto tutte le misure di sanità pubblica volte al massimo contenimento della diffusione dei contagi fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria nel nostro Paese.
  È stata richiamata l'attenzione di tutti gli operatori di polizia, e non solo di quelli impegnati nelle operazioni di rintraccio, identificazione e trasporto dei migranti nei centri di accoglienza, al rispetto delle misure di prevenzione secondo le direttive dei Ministero della salute.
  La polizia di Stato è in costante contatto con le autorità diplomatico-consolari dell'Algeria per il rafforzamento delle procedure di identificazione dei presunti cittadini algerini in posizione irregolare sui territorio nazionale, finalizzate al loro rimpatrio. Al riguardo, l'apertura del Centro di permanenza per i rimpatri di Macomer, avvenuta lo scorso mese di gennaio, può consentire un più agevole svolgimento delle procedure di identificazione.
  Per quanto attiene alla dotazione organica della polizia di Stato impiegata nella provincia di Cagliari si fa presente che la questura di Cagliari, destinataria nell'aprile scorso di un incremento di 20 unità, può contare su un organico complessivo effettivo di 390 unità, mentre nel territorio provinciale dispone di 1035 unità.
  Con specifico riferimento alle azioni di prevenzione e contrasto volte a frenare il flusso migratorio via mare dall'Algeria verso la Sardegna, si evidenzia che è stata rafforzata l'attività di sorveglianza aerea nelle acque internazionali a sud dell'isola prodromica a un eventuale intervento di intercetto navale, In tale contesto, è stato da ultimo richiesto all'agenzia Frontex il possibile rafforzamento della sorveglianza nell'area SAR di competenza nazionale attraverso l'impiego di ulteriori assetti sia aerei che navali per i prossimi mesi.
  In tale contesto, si rappresenta, inoltre, che la Guardia di finanza ha ulteriormente incrementato le ore di pattugliamento aeromarittimo e ha avviato un processo di potenziamento e ammodernamento della flotta aeronavale, con conseguente incremento delle capacità di sorveglianza delle acque territoriali.
  Si assicura, infine, che l'attenzione da parte del Ministero dell'interno sulle questioni prospettate nell'atto di sindacato ispettivo permane costante, al fine di individuare misure sempre più idonee a garantire la tutela della salute pubblica
in primis attraverso il rigoroso rispetto di tutte le misure precauzionali previste, ancor più nell'ambito di un'emergenza sanitaria come quella in atto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CARETTA, CIABURRO e MANTOVANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, «Cura Italia», l'articolo 103 del testo è stato modificato prorogando per i 90 giorni successivi dalla cessazione dello stato di emergenza, ad oggi il 31 luglio 2020, «Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni ed atti abilitativi (…)», ivi incluse le autorizzazioni di polizia quali licenze di detenzione di armi e di porto d'armi;

   in tal senso, ancora è attesa una circolare esplicativa da parte del Ministero dell'interno, in modo da apprendere l'ambito applicativo del novellato decreto-legge n. 18 del 2020;

   l'attuale emergenza epidemiologica da Covid-19 ha comportato un nuovo impiego degli organici tale da determinare il ritardo o la sospensione delle procedure di rinnovo di numerose autorizzazioni e licenze, che sono state prorogate in sede legislativa;

   è ragionevole supporre che, per quanto attiene alle licenze di porto d'armi in scadenza, le quali dovranno essere rinnovate a fine emergenza, i tempi per i suddetti rinnovi saranno particolarmente dilazionati nel tempo, in quanto le questure si ritroveranno a dover gestire tutti i processi di rinnovo già in essere alla proclamazione dello stato di emergenza, ai quali si aggiungeranno tutti i nuovi rinnovi;

   come da norma di legge, la domanda di rinnovo della licenza di porto d'armi è da presentarsi prima della sua scadenza, in tal senso tra le documentazioni richieste per il rinnovo della licenza di porto d'armi è previsto l'originale della licenza di porto d'armi in scadenza;

   data la predetta prospettiva di lungaggini amministrative, numerosi titolari di licenze di porto d'armi, seppur in corso di validità, si troveranno impossibilitati dal partecipare alla stagione venatoria o a esercitare le regolari attività nei campi di tiro a volo o presso i poligoni di tiro, in quanto dovranno attendere il rinnovo del porto d'armi consegnato alle questure competenti, con il rischio di vedersi restituito il porto d'armi rinnovato in tempistiche non congrue con le loro reali necessità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, se del caso, intenda predisporre per fornire chiarimenti in merito alla problematica di cui sopra, permettendo procedure di rinnovo straordinarie delle licenze di porto d'armi per l'anno 2020, anche prevedendo la possibilità per il richiedente di consegnare la licenza di porto d'armi in fase di rinnovo, previo rilascio di una copia conforme l'originale da parte delle autorità competenti, in modo da non ostacolare lo svolgimento di attività nei campi di tiro a volo o presso i poligoni di tiro e la regolare partecipazione alla stagione venatoria 2020/2021.
(4-05394)

  Risposta. — In relazione alle questioni poste dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Con circolare del 13 maggio 2020, il Ministero dell'interno ha provveduto a fornire i necessari chiarimenti in merito alla portata delle disposizioni di proroga degli atti amministrativi di cui all'articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1 della legge 24 aprile 2020, n. 27.
  Nella predetta circolare si precisa che la validità di tutte le tipologie di licenza di porto d'armi, in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, è prorogata di novanta giorni a decorrere dalla data di cessazione dello stato di emergenza, recentemente prorogato dal decreto-legge n. 83 del 2020 al 15 ottobre 2020.
  L'11 giugno 2020 è stata emanata un'ulteriore circolare per definire le questioni applicative della disciplina di cui al già citato articolo 103, nonché le prassi operative, specificamente riferite al rilascio o rinnovo delle licenze di porto d'armi per uso venatorio.
  Viene previsto che in sede di presentazione di istanze di rinnovo delle autorizzazioni di porto d'armi, i titoli ancora in corso di validità, compresi quelli prorogati ai sensi del richiamato articolo 103, devono essere lasciati nella disponibilità del titolare fino alla scadenza e, comunque fino al rilascio del provvedimento di rinnovo.
  Si assicura, inoltre, che al fine di evitare un congestionamento dell'attività amministrativa, gli uffici competenti sono stati sensibilizzati ad adottare piani di lavoro per la celere conclusione delle procedure sospese a causa del COVID-19.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   SABRINA DE CARLO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le misure attuate a seguito dell'espandersi della pandemia globale da Covid-19 non permettono liberi spostamenti fisici di persone da un comune all'altro se non per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute;

   in alcune zone del nostro Paese si evidenzia una forte crisi epidemiologica, per numero di contagi e per numero di vittime, in particolare si segnala la situazione del Cpr di Gradisca d'Isonzo. La notizia, riportata alcuni giorni fa da testate locali, ha portato alla luce la situazione di un ospite di origine nigeriana, arrivato nel Cpr di Gradisca dalla Lombardia, in un momento in cui l'intero Paese era in piena emergenza Covid-19;

   il ragazzo risultato positivo è stato posto in isolamento, come dichiarato dalla sindaca di Gradisca, Linda Tomasinsig;

   il garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, in uno dei suoi recenti report, rammenta che a Gradisca su 45 persone trattenute, 13 entro due mesi dovranno essere rilasciate, comportando di fatto una esposizione accentuata al pericolo di contagio;

   si tratta di persone che, oltre a non poter essere rimpatriate con voli verso gli Stati di origine, non potranno ottemperare neppure alla misura alternativa del cosiddetto «foglio di via», dato che le frontiere attualmente sono chiuse –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per proteggere il diritto alla salute di ognuno e quali misure di sicurezza si stiano mettendo in atto all'interno del Centro per i rimpatri (Cpr) e dell'adiacente Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) per gli operatori, le forze dell'ordine e per gli ospiti delle strutture;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, con estrema urgenza, per bloccare temporaneamente i trasferimenti di nuovi ospiti provenienti da zone ad alto rischio di contagio;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in relazione a chi, legittimamente espulso – come evidenziato dalla sindaca di Gradisca – non potrà rimpatriare nel proprio Paese d'origine a causa del Covid-19.
(4-05131)

  Risposta. — Con riferimento alle problematiche evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In relazione all'attuale fase emergenziale conseguente alla diffusione del virus COVID-19, il Ministero dell'interno ha emanato diverse circolari e fornito puntuali linee di indirizzo per richiamare l'attenzione dei prefetti sulle misure da adottare nell'ambito del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR).
  Più in particolare, al fine di evitare rischi di contagio, è stata sottolineata l'importanza di assicurare il rigoroso rispetto delle misure di contenimento previste a livello nazionale, compreso l'obbligo per gli ospiti di rimanere all'interno delle strutture.
  All'arrivo in Italia, tutti i migranti sono sottoposti allo screening da parte delle autorità sanitarie per accertare che non presentino patologie infettive o sintomi riconducibili al virus COVID-19.
  Sono attivate, inoltre, misure di sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni, individuando anche spazi appositi, all'interno dei centri di accoglienza o in altre strutture.
  Gli enti gestori dei centri, con l'ausilio dei mediatori culturali, sono tenuti ad assicurare l'attività informativa sui rischi della diffusione del virus, sulle prescrizioni igienico-sanitarie, sul distanziamento all'interno dei centri, sulle limitazioni degli spostamenti e, nei casi di isolamento fiduciario o quarantena, sull'esigenza dell'assoluto rispetto delle misure previste.
  A tal fine è stata disposta, tra l'altro, l'affissione, nei locali dei centri sul territorio, dell'elenco delle regole comportamentali, tradotto in più lingue, con l'obiettivo di fornire agli ospiti tutti gli opportuni chiarimenti, anche attraverso la collaborazione dei mediatori culturali, nonché facendo ricorso al materiale informativo predisposto dalle organizzazioni internazionali impegnate nel settore, quali OIM e UNHCR.
  È stata inoltre richiamata l'attenzione delle prefetture sulla possibilità di procedere, ai sensi dell'articolo 106 del codice degli appalti, alla modifica delle convenzioni in corso di esecuzione con gli enti gestori dei centri, mediante la stipula di atti aggiuntivi.
  Per quel che riguarda il rilevamento del fabbisogno di dispositivi di protezione individuale, i prefetti sono stati invitati a valutare, in raccordo con le istituzioni presenti sul territorio, ogni utile iniziativa da adottare per assicurare il soddisfacimento delle esigenze rilevate.
  Nell'ambito delle attività rivolte all'informazione, è stata segnalata a tutte le prefetture la guida pratica pubblicata dall'associazione Emergency, destinata alle strutture di accoglienza e alle strutture sanitarie, recante utili indicazioni sulle azioni di prevenzione e controllo, nonché, in generale, sulle modalità di realizzazione di un'adeguata gestione degli spazi, sulla sanificazione degli ambienti, sulle norme igieniche, nonché sull'osservazione attiva degli ospiti, attraverso la rilevazione dei sintomi e della temperatura.
  Puntuali indirizzi sono stati, altresì, diramati circa la necessità di assicurare l'isolamento per esigenze sanitarie in appositi locali dei centri di accoglienza o in idonee strutture, per i casi di positività al virus.
  A tal fine, su iniziativa del Ministero dell'interno, con la legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è stata introdotta, con l'articolo 86-
bis, la possibilità per le prefetture di utilizzare, fino al termine dello stato di emergenza, le strutture del Siproimi non occupate per l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione umanitaria sottoposti alla misura della quarantena.
  Con specifico riferimento ai centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), ferme restando le indicazioni fornite per tutte le altre tipologie di centri per migranti, sono state diramate puntuali circolari ai prefetti dei territori in cui sono al momento attivi tali centri.
  Più precisamente, al fine di garantire lo svolgimento delle visite e limitare il rischio di propagazione del contagio, è stata evidenziata la necessità di mantenere una distanza interpersonale di almeno due metri, sottoponendo i visitatori in ingresso al rilevamento della temperatura corporea.
  È stata richiamata l'attenzione, altresì, sull'importanza di sottoporre tutte le persone in ingresso all'accertamento della positività al virus, al fine di prevenire ogni possibile rischio di contagio, collocandole in alloggi separati per almeno 14 giorni.
  È stato chiesto, inoltre, un costante monitoraggio delle condizioni di salute delle persone trattenute, al fine di individuare tempestivamente eventuali sintomatologie da COVID-19 interessando, nei casi sospetti, le competenti autorità sanitarie per gli accertamenti del caso.
  Al fine di assicurare il distanziamento all'interno degli alloggi o di consentire l'isolamento per esigenze sanitarie per le misure di sorveglianza, le prefetture sono state invitate, d'intesa con il dirigente responsabile del servizio di vigilanza ed il gestore, ad una migliore gestione dei posti disponibili nei centri e ad utilizzare i posti liberi, riducendo conseguentemente quelli disponibili ai fini di eventuali nuove assegnazioni.
  È stato, altresì, chiesto di valutare la necessità di allestire strutture mobili in prossimità dei percorsi di ingresso dei CPR per lo svolgimento delle operazioni volte ad escludere che i soggetti assegnati alla struttura potessero essere portatori del virus.
  Per quanto attiene più specificatamente al CPR di Gradisca di Isonzo e, più in particolare, alla situazione di positività di uno degli ospiti del centro, richiamata dagli interroganti, si rileva che la stessa è riconducibile a un soggetto proveniente dal carcere di Cremona.
  Dopo essere stato ricoverato presso l'ospedale maggiore di Trieste, il migrante è stato dimesso, a seguito di un doppio test risultato negativo, per far rientro nel CPR ed osservare, in via precauzionale, un ulteriore periodo di isolamento.
  In merito poi alla rappresentata preoccupazione del garante nazionale dei diritti delle persone detenute, relativa a un'esposizione accentuata al rischio di contagio in ragione del prossimo rilascio di 13 migranti trattenuti nel CPR di Gradisca, si comunica che la prefettura di Gorizia, d'intesa con l'azienda sanitaria locale (ASUGI), ha stabilito che qualsiasi eventuale uscita dal citato CPR sia subordinata all'effettuazione di un apposito tampone rinofaringeo con esito negativo. In occasione della cessazione del trattenimento, e nell'ottica di ridurre ogni possibile contagio, la stessa prefettura assicura lo svolgimento di un'adeguata attività informativa, rivolta agli interessati, in relazione alle vigenti restrizioni di movimento.
  In ordine al quesito posto nell'atto di sindacato ispettivo relativamente alla prospettata opportunità di bloccare temporaneamente i trasferimenti di nuovi ospiti provenienti da zone ad alto rischio di contagio, preme anzitutto segnalare che, sia nell'ipotesi di arrivi terrestri che di arrivi via mare, è prevista la misura preventiva dell'isolamento dei migranti, da disporsi in apposite strutture.
  Solo al termine di tale periodo, e sempre che non siano emersi casi di positività al virus, i migranti possono essere trasferiti in altra struttura di accoglienza, previo rilascio di idonea certificazione sanitaria.
  In ogni caso, in base a quanto riferito dalla prefettura di Gorizia, l'ingresso nel Cara è subordinato alla sottoposizione di un isolamento preventivo.
  Per quel che concerne invece eventuali nuovi ingressi nei CPR, si evidenzia che il nuovo contesto operativo determinato dall'emergenza sanitaria, ha imposto una rilevante diminuzione degli ingressi nei CPR, limitati ai soli casi di stranieri con profili di pericolosità per la sicurezza dello Stato.
  La capienza delle strutture è stata nel frattempo ridotta al fine di consentire il rispetto delle misure sanitarie precauzionali e il migrante viene sottoposto a visita medica che accerti l'assenza di patologie evidenti che rendono incompatibile l'ingresso o la permanenza del medesimo presso la struttura.
  In relazione infine alla problematica della esecuzione dei rimpatri a seguito delle espulsioni si rappresenta che tale attività è comunque proseguita seppure in maniera ridotta.
  Sul tema si è anche espressa la Commissione europea evidenziando, in una comunicazione del 16 aprile 2020, che: «Le restrizioni temporanee introdotte dagli Stati membri e dai Paesi terzi per prevenire e contenere la diffusione del COVID-19 non dovrebbero essere automaticamente interpretate nel senso che in tutti i casi non esiste più una prospettiva ragionevole di allontanamento» evidenziando la necessità di valutare caso per caso la sussistenza o meno di ragionevoli prospettive di allontanamento.
  Il nostro ordinamento rimette tale valutazione all'autorità giudiziaria competente che, valutati gli atti alla luce dell'attuale contesto emergenziale, è chiamata a decidere se convalidare o meno il trattenimento nei CPR o la proroga dello stesso, secondo le scadenze previste dalla normativa di settore.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   DE GIROLAMO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il sistema aeroportuale emiliano-romagnolo è costituito dai tre nodi di Bologna, Parma e Rimini, a cui si aggiungono alcune infrastrutture legate all'aeroportualità minore;

   l'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì ha operato in esercizio commerciale fino al maggio 2013 e recentemente è stato oggetto di una procedura di gara europea ad evidenza pubblica bandita dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.n.a.c.) per l'affidamento della concessione del sito aeroportuale;

   la società F.A. Srl, è risultata aggiudicataria della concessione per la gestione totale dell'aeroporto «Luigi Ridolfi» per la durata di trenta anni, acquisendo sin dal 17 ottobre 2018 l'attestazione dell'idoneità della struttura di esercizio quale gestore aeroportuale;

   tra E.n.a.c. e la Società F.A. Srl è stata successivamente stipulata apposita convenzione che disciplina i rapporti conseguenti all'affidamento della concessione del sedime demaniale per la gestione dell'aeroporto;

   risulta pertanto improcrastinabile l'esigenza di inserire l'aeroporto «Luigi Ridolfi» nella Tabella A di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, per dare seguito agli impegni assunti in sede di convenzione, rendere pienamente operativo lo scalo ed altresì avere il presidio dei vigili del fuoco su pista, il cui onere, altrimenti, ricadrebbe sull'ente gestore;

   in tutti gli aeroporti, di cui alla predetta tabella, a concessione di gestione totale, il servizio antincendio è assicurato dal Corpo dei vigili del fuoco;

   all'articolo 1, comma 136, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), è previsto, tra l'altro, che, al fine di garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del predetto Corpo sia incrementata di 60 unità a decorrere dal 1° aprile 2020, di 40 unità non prima del 19 ottobre del 2021 e di 100 unità non prima del 1° ottobre di ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per un incremento complessivo di 500 unità;

   la società F.A. Srl, come si apprende a mezzo stampa, risulta aver espletato tutte le procedure richieste dalla normativa per l'attivazione in situ di un presidio stabile dei vigili del fuoco; ulteriori ritardi nell'adozione del decreto interministeriale per l'inserimento dello scalo in Tabella A comporterebbero nuove e ingenti perdite economiche per la società di gestione che vedrebbe sfumata la possibilità di stringere accordi commerciali con le compagnie aeree, stante il perdurare dell'incertezza sui passaggi burocratici propedeutici a tale adozione;

   il periodo di emergenza sanitaria connesso alla diffusione del COVID-19 ha bloccato il trasporto aereo e con esso gli iter amministrativi, ma non i costi di gestione sopportati dalla società di gestione connessi al personale dipendente assunto e costretto alla cassa integrazione;

   l'esigenza di giungere alla riapertura dell'aeroporto «Ridolfi» è stata in più occasioni segnalata, ai diversi livelli istituzionali competenti, da parte della società di gestione, dalle rappresentanze economiche del territorio nonché dall'interrogante che già con l'ordine del giorno al bilancio 9/02305/288, accolto favorevolmente dal Governo, impegnava lo stesso a valutare l'opportunità di attivare ogni iniziativa per disporre delle necessarie unità di organico dei vigili del fuoco in servizio presso il «Luigi Ridolfi» –:

   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per addivenire al perfezionamento dell'iter di adozione del decreto interministeriale per inserire l'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì nella Tabella A di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e successive modificazioni e integrazioni, e se vi siano tempi certi per garantire le condizioni necessarie a una rapida riapertura della struttura aeroportuale.
(4-05476)

  Risposta. — L'esigenza di giungere alla riapertura dell'aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì, richiamata nell'interrogazione, è stata in più occasioni segnalata ai diversi livelli istituzionali competenti, da parte delle rappresentanze politiche ed economiche di quel territorio.
  Al riguardo, si osserva che l'attività di volo commerciale dello scalo aereo, si è conclusa nel corso del 2013 e, contestualmente, è terminata anche la gestione del servizio di salvataggio e antincendio da parte del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Il ripristino del servizio antincendio aeroportuale di Forlì da parte del medesimo Corpo nazionale è stato agevolato dall'avvenuta adozione di un provvedimento legislativo che assicura l'adeguato incremento dell'organico del personale. Con la legge di bilancio del 27 dicembre 2019, n. 160, è stata incrementata la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco di complessive 500 unità, da assumere in un quinquennio, a partire dal 2020, con un contingente iniziale di 60 unità, pari al fabbisogno utile per aprire il distaccamento aeroportuale di Forlì.
  L'avvio del corso di formazione per 710 allievi vigili del fuoco, nel quale sarebbero state ricomprese le 60 unità suindicate, è stato sospeso, come noto, a causa dell'emergenza sanitaria in corso.
  L'amministrazione dell'interno si è comunque impegnata ad assicurare le citate unità attraverso l'assegnazione del personale che sta ultimando l'attuale corso di formazione.
  Peraltro, appare opportuno evidenziare come l'operatività del servizio non sia solamente connessa alla concreta disponibilità di adeguate risorse umane da destinare allo stesso, ma anche all'agibilità strutturale e alla funzionalità impiantistica della sede destinata ad ospitare il distaccamento aeroportuale.
  Al riguardo, va segnalato che, nel febbraio 2020, sono stati presi impegni da parte della società di gestione per il ripristino funzionale e statico da attuarsi sulla sede all'uopo individuata, le cui tempistiche sono riconducibili alla società stessa.
  L'8 maggio 2020 il gestore ha comunicato di aver avuto la consegna dell'area di cantiere il 28 aprile 2020. La conclusione dei lavori è prevista per il prossimo mese di giugno.
  Si ribadisce, pertanto, che il riavvio dell'operatività dell'aeroporto in questione risulta, allo stato, strettamente collegato alla conclusione dei lavori di adeguamento della sede destinata ad ospitare il personale dei vigili del fuoco.
  Per ciò che concerne il reinserimento di tale aeroporto nella tabella A allegata al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, si evidenzia che, a tal fine, si rende necessaria l'adozione di un apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac).
  A questo proposito, si informa che, in attesa dell'effettuazione dei sopra richiamati lavori, il Ministero dell'interno ha già provveduto a compiere gli atti procedimentali propedeutici per l'adozione del citato decreto.
  Solo all'esito dell'inserimento dello scalo in argomento nella citata tabella A, sarà possibile procedere alla formale istituzione del distaccamento aeroportuale dei vigili del fuoco e, successivamente, all'assegnazione del personale alla nuova sede periferica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   DEL MONACO, MARIANI, DI LAURO, PROVENZA, GRIMALDI e IORIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   durante e dopo la campagna elettorale delle elezioni amministrative del comune di Acerra, svolte nel 2012 vi è stata una complessa attività d'indagine da parte del commissariato locale di Polizia di Stato culminata in un'ampia informativa di reato; come si apprende dagli organi di stampa (il Mattino, 12 settembre 2019), nel dossier della polizia, un ex dirigente del commissariato, nel 2013, tentò di dare il via «al contestuale scioglimento del comune di Arerra». Dall'indagine è scaturito il procedimento penale a carico del consigliere di maggioranza Nicola Ricchiuti, cugino del sindaco Lettieri per scambio politico elettorale;

   il 24 maggio 2016 è stata pubblicata da un autorevole quotidiano a diffusione nazionale una video inchiesta firmata dal giornalista Antonio Crispino. Nel corso di tale inchiesta numerose testimonianze dei cittadini di Acerra evidenziano la pratica estremamente diffusa della compravendita di voti nel corso delle campagne elettorali per le elezioni comunali. In particolare, più intervistati confermano, con specifico riferimento alle elezioni tenutesi nel 2012, di aver ricevuto offerte in denaro ovvero in buoni spesa in cambio del voto o all'offerta di posti di lavoro per brevi periodi, sempre in cambio del voto; dall'inchiesta giornalistica emerge come nel corso dell'ultima campagna elettorale si sia sviluppata una sorta di «asta dei voti»; diversi intervistati hanno individuato come migliori offerenti l'attuale sindaco Raffaele Lettieri e il consigliere comunale di maggioranza Pino Puopolo;

   in seguito a tali denunce pubbliche, alcuni attivisti del movimento 5 stelle, in qualità di cittadini elettori, nel giugno 2016, visto il chiaro intendimento dell'amministrazione comunale di non procedere alla costituzione di parte civile nel processo di cui sopra, inoltrarono con successo una domanda di accesso agli atti del procedimento al fine di valutare un'eventuale costituzione di parte civile nel processo penale medesimo. Nell'aprile del 2017, lo stesso si concluse con la condanna in primo grado a dieci mesi di reclusione, a cinque anni di sospensione dal diritto elettorale e l'interdizione dai pubblici uffici del cugino del sindaco Lettieri, Nicola Ricchiuti, ex consigliere comunale di maggioranza poi dichiarato decaduto, nel luglio 2013, a seguito delle reiterate assenze in consiglio comunale;

   a giugno 2017, in forma anonima, è stato recapitato ad un comando di polizia giudiziaria un video in cui due uomini parlano tra loro di una strada asfaltata a spese di un candidato, poi divenuto consigliere di maggioranza, prima delle elezioni comunali di Acerra. Il tutto sarebbe stato fatto in cambio di voti. Il video, successivamente integrato con una registrazione vocale, è stato consegnato alla Guardia di finanza. Dallo stesso emerge che uno dei due uomini sia consapevole che certe pratiche di gestione del consenso elettorale puntino a «comprare» il voto attraverso elargizione di servizi e favori, facendo cenno anche ad assunzioni in ditte private come strumento «normale» della campagna elettorale;

   fatto gravissimo avvenuto nel mese di settembre 2019 è poi lo smarrimento, presso la corte di appello di Napoli, del fascicolo del processo per voto di scambio di cui sopra. Alla luce del fatto verificatosi, 7 richiamato dalla stampa nazionale, il Ministro della giustizia ha ritenuto opportuno attivare iniziative ispettive al fine di far luce sulla vicenda;

   da pochi giorni, inoltre, il 4 novembre 2019, è stata emessa la sentenza della Corte d'appello di Napoli che conferma la condanna a dieci mesi di reclusione per Nicola Ricchiuti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle situazioni illustrate in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i loro orientamenti in merito;

   se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per assumere le iniziative di competenza, ai sensi degli articoli 141 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;

   quali siano stati gli esiti della citata iniziativa ispettiva avviata dal Ministro della giustizia.
(4-04147)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato nei fatto di sindacato ispettivo in esame si comunica quanto segue.
  Gli interroganti richiamano l'attenzione sulle criticità emerse durante la campagna elettorale del 2012 nel comune di Acerra. Al riguardo, si conferma che dalle indagini per voto di scambio è scaturito un procedimento penale presso il tribunale di Nola a carico di Nicola Ricchiuti, consigliere di maggioranza in carica sino al giugno 2013, e di Pino Puopolo, consigliere comunale eletto nel 2012 e confermato nella tornata elettorale del 2017, all'esito della quale è stata eletta l'attuale amministrazione e rieletto sindaco Raffaele Lettieri.
  Il citato procedimento penale è stato definito il 3 aprile 2017, con sentenza di primo grado del tribunale di Nola, condannando Nicola Ricchiuti alla pena di 10 mesi di reclusione per il delitto di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 con pena sospesa e pene accessorie, nonché al risarcimento delle parti civili costituite.
  Al riguardo, il Ministero della giustizia ha informato che nella successiva fase di appello, in occasione della richiesta di fissazione del processo da parte del difensore della parte civile, in data 19 giugno 2019, il direttore amministrativo della sezione ha depositato una denuncia di smarrimento del fascicolo alla procura della Repubblica. È stata quindi ordinata la ricostruzione dei fascicolo con decreto ex articolo 112 codice di procedura penale, notificato alle parti e con l'udienza di appello del 31 ottobre 2019, è stata confermata la pronuncia di primo grado.
  In merito ai profili ispettivi e disciplinari richiamati dall'atto ispettivo, il medesimo Dicastero non ha segnalato elementi di rilievo ai fini della questione in parola.
  Per quanto concerne le consultazioni elettorali del 2017, il commissariato di polizia di Stato di Acerra ha riferito che alcuni elettori furono sorpresi ad effettuare riprese fotografiche delle schede votate. L'autorità giudiziaria, pur non aprendo un procedimento penale, ha emesso una delega di indagine per integrare le informazioni e verificare eventuali episodi di voto di scambio di tipo mafioso che però non risultano essere stati registrati.
  Gli interroganti chiedono di valutare se sussistano i presupposti per l'attivazione della procedura di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, disciplinata dagli articoli 141 e seguenti dei Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
  Al riguardo, si precisa che l'adozione delle misure dissolutorie ivi previste non può essere condotta all'alveo dei procedimenti attivabili ad istanza di parte. Si tratta di atti i cui effetti sono direttamente previsti dall'ordinamento, per la cui adozione la pubblica amministrazione accerta esclusivamente la sussistenza dei requisiti prescritti e assume i consequenziali adempimenti. L'intervento statale è, quindi, limitato a fattispecie tipiche, tassativamente indicate dalla legge, la cui concretizzazione legittima l'adozione dell'atto stesso.
  In particolare, relativamente all'applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera
a), del Tuoel è necessaria la presenza dei requisiti della gravità e della persistenza della violazione di legge.
  A tal fine, può essere definita grave una violazione che si rifletta direttamente sulle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini, ovvero che comprometta la funzionalità dell'ente, ovvero la funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri per interferire nella sfera di altri soggetti pubblici. Secondo il costante orientamento del Ministero dell'interno, avallato dalla giurisprudenza amministrativa, la condotta sanzionata può essere rappresentata anche da una serie di comportamenti che esprimono il rifiuto della condivisione dei principi posti dalla Costituzione come capisaldi dell'attività amministrativa (in tal senso Tar Lombardia, sezione III, 10 luglio 1997, n. 2379).
  Quanto alla persistenza della violazione, è necessario che l'inadempimento permanga anche dopo l'espressa diffida inoltrata dall'autorità governativa, che si configura quale strumento ordinario di accertamento della violazione e, al tempo stesso, quale atto introduttivo del procedimento sanzionatorio. È attraverso la diffida che si assolve all'obbligo di rendere edotti i destinatari circa la doverosità, non procrastinabile ulteriormente, dell'adempimento.
  In conclusione, infine si ritiene di assicurare che, comunque, l'attività gestionale del comune di Acerra è oggetto di una attenta e costante attività di monitoraggio e verifica da parte della prefettura di Napoli.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'esplodere improvviso della pandemia da coronavirus ha colto di sorpresa moltissimi cittadini italiani al di fuori dei confini nazionali;

   nei primi giorni sono stati realizzati dei voli per agevolare il loro rientro in patria, ma in molti sono ancora isolati nelle più diverse parti del mondo e sono nell'impossibilità di trovare passaggio aereo;

   un'area particolarmente colpita dall'epidemia risulta essere l'America centrale con Paesi in cui è numerosa la presenza italiana, come il Costa Rica;

   risulta all'interrogante che da San Josè molti cittadini italiani abbiano richiesto assistenza all'ambasciata italiana per poter rientrare, ma che non sia ancora stato possibile organizzare alcun volo di rimpatrio al di fuori di uno operato ad inizio pandemia;

   oltretutto, non esistendo voli diretti dal Costa Rica all'Italia, si deve comunque transitare per nazioni a rischio o che, come gli Stati Uniti, pretendono la quarantena per chi arriva dall'estero –:

   quale sia l'attuale situazione dei cittadini italiani in Centro America e segnatamente in Costa Rica, se risultino richieste di aiuto e se si ritenga di dover organizzare uno o più voli speciali per il rimpatrio dei nostri connazionali, alcuni dei quali si trovano in situazione di grande disagio, partiti per vacanze o lavoro e che da ormai tre mesi devono mantenersi in condizioni economiche, sociali e di vita assolutamente precarie.
(4-05884)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-05884 relativa alla situazione dei connazionali rimasti bloccati in America Centrale e in particolare in Costa Rica.
  Con riferimento alla situazione in Costa Rica, il Paese registra al 9 luglio un numero relativamente contenuto di casi, circa 5.800, con solo 24 decessi.
  Il Presidente della Repubblica ha annunciato ad inizio giugno un prudente allentamento delle misure restrittive precedentemente imposte, in vigore fino al 31 luglio.
  Sempre il Presidente Alvarado, affiancato dal Ministro della salute Salas, dopo aver annunciato per sabato 20 giugno l'inizio della cosiddetta terza fase, quella della progressiva riapertura delle attività economiche, sia pure con le dovute precauzioni, il 20 giugno stesso ha confermato che, in ragione del registrarsi di un nuovo incremento dei casi (passati in 24 ore da 68 a 119), il Paese rimarrà ancora per alcuni giorni nella fase due, in via prudenziale e cautelativa.
  Dalla Costa Rica sono stati effettuati numerosi voli con meccanismo UE, di cui hanno potuto beneficiare alcune decine di connazionali, in particolare, sono stati messi a disposizione posti su 5 voli speciali tedeschi, organizzati rispettivamente il 22, 24 e 27 marzo, il 1 e 6 aprile. Il 24 marzo è partito anche un volo speciale organizzato dalla Repubblica Ceca. Il 16 aprile è partito un volo speciale operato da AirFrance e un ulteriore volo è stato organizzato dalla Spagna il 13 maggio. Con questi mezzi sono potuti rientrare in Italia circa 30 con nazionali.
  La Farnesina ha quindi organizzato anche 2 voli commerciali speciali nazionali, il primo è stato effettuato il 10 maggio, con successivo scalo in Honduras, per 127 passeggeri. Il secondo è stato effettuato il 16 giugno, con scalo a Panama, per 135 passeggeri, di cui 117 italiani e alcuni europei. In totale, sono rientrati dal Costa Rica circa 270 connazionali.
  Peraltro, in coincidenza con il secondo volo commerciale speciale del 16 giugno, si sono registrati anche un volo speciale Iberia e due voli AirFrance, di cui molti connazionali presenti in Costa Rica hanno scelto di avvalersi, in quanto già titolari di biglietti precedentemente emessi da quelle compagnie. Altri connazionali, malgrado avessero ripetutamente invocato un volo diretto sull'Italia, nonostante i ripetuti solleciti dell'ambasciata d'Italia a San José, hanno preferito rimanere in Costa Rica.
  L'ambasciata continua a prestare assistenza ai connazionali presenti
in loco. Al momento non si registrano particolari criticità. Per quanto riguarda eventuali connazionali che si trovino ad affrontare problemi di natura economica, è possibile per questi ultimi rivolgersi all'ambasciata, che potrà erogare, ove ne ricorrano le condizioni di legge, prestiti con promessa di restituzione o sussidi.
  Complessivamente, sono rientrati dall'America centro-meridionale, con voli speciali nell'ambito del Meccanismo di Protezione civile dell'Unione europea, con voli commerciali speciali organizzati dall'Italia o da altri Paesi, circa 9.400 italiani. Questa cifra non comprende coloro che si sono avvalsi di voli, di linea con scalo, tuttora disponibili da alcuni Paesi del Centro e Sud America.
  Sono infatti ancora attivi voli di linea, in particolare diretti su Parigi e Amsterdam o su Francoforte, dal Messico e dal Brasile. Le Autorità argentine hanno inoltre autorizzato, fino al termine del blocco dei voli commerciali (1° settembre 2020), un calendario di voli commerciali speciali, per le principali capitali europee, e per Miami e Tel Aviv, nei mesi di luglio e agosto. Le compagnie Air France, KLM e Iberia hanno già diffuso un calendario di voli commerciali speciali su Parigi, Madrid ed Amsterdam (città da cui è possibile raggiungere l'Italia). I biglietti sono acquistabili sui siti internet delle rispettive compagnie aeree.
  Ulteriori operazioni commerciali speciali sono in programma da Cuba, dalla Repubblica Dominicana, dal Venezuela. Un volo commerciale speciale è in programma anche dal Messico attorno alla fine di luglio.
  Al 9 luglio, a partire dall'emergere della crisi sono rientrati da 121 Paesi quasi 109.000 connazionali, grazie a 1.144 operazioni promosse dalla Farnesina.
  La rete diplomatico-consolare e l'unità di crisi continuano ad assicurare la massima assistenza possibile a tutti gli italiani ancora in difficoltà.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DI SARNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020, sono state previste ulteriori disposizioni, recanti misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili sull'intero territorio nazionale;

   sin dall'inizio dell'epidemia è stata disposta la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, onde evitare il propagarsi del contagio da coronavirus;

   di tali provvedimenti hanno beneficiato in primis studenti e docenti che, per fronteggiare le esigenze di continuità dell'insegnamento, stanno sperimentando modelli didattici da remoto, mediante l'utilizzo di piattaforme digitali;

   ciononostante gli istituti scolastici sono ancora aperti ed il personale amministrativo, tecnico e ausiliario è tutt'oggi in servizio, mandando avanti gli uffici attraverso l'adozione di modelli organizzativi spesso inefficaci, come la turnazione, il congedo o il godimento di ferie residue, costituenti solo un effimero rimedio contro il rischio di contagio da coronavirus;

   la situazione è ulteriormente aggravata dalle precarie condizioni igieniche in cui versano molte scuole, che non hanno ancora provveduto ad effettuate la sanificazione prescritta dalle direttive governative e dalla Protezione civile, esponendo la salute degli operatori a serio pericolo;

   alla luce della proroga relativa all'interruzione delle lezioni, non si comprende la necessità di lasciare in servizio dirigenti, personale amministrativo e ausiliario, esposto continuamente al rischio di contagio in virtù degli spostamenti per recarsi sul luogo di lavoro, dove non sempre è garantita la distanza minima di sicurezza tra il personale;

   è evidente la disparità di trattamento tra insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario, dipendenti del medesimo comparto ministeriale, a giudizio dell'interrogante con palese violazione del principio di imparzialità che permea di sé l'azione amministrativa, in virtù dell'articolo 97 della Costituzione;

   anche per tale personale devono essere favorite modalità di lavoro agile, potenziando lo smart working e tutte quelle forme di impiego compatibili con il momento critico che il Paese attualmente sta affrontando –:

   se, alla luce di quanto illustrato in premessa, il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per disporre la chiusura definitiva dei plessi scolastici;

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine prevenire l'ulteriore diffusione della pandemia da Covid-19 tra il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata).
(4-04958)

  Risposta. — Questo Governo ha adottato specifiche e proporzionate misure di precauzione atte a limitare la diffusione della pandemia da Covid-19 che hanno coinvolto anche la pubblica amministrazione, ivi incluso il personale scolastico. Il Ministero dell'istruzione, con la collaborazione della Ministra per la pubblica amministrazione, ha costantemente lavorato per garantire, da un lato, la massima sicurezza dei dipendenti delle istituzioni scolastiche, e dall'altro, per preservare il buon andamento dell'amministrazione, come richiede la nostra Costituzione.
  Tuttavia, occorre evidenziare che l'adozione di dette misure ha richiesto la risoluzione di questioni giuridiche non sempre agevoli. Infatti, per poter intervenire ulteriormente sul fronte del lavoro agile e per limitare alle attività indifferibili le aperture degli uffici pubblici e delle scuole, era necessaria, ad esempio, l'adozione di una norma primaria.
  Tale norma primaria è stata quindi inserita nel nostro ordinamento giuridico con l'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020, il quale ha stabilito che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni e che, conseguentemente, è necessario limitare la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza.
  Non solo, ma proprio per agevolare l'utilizzo di tale misura, la norma ha previsto che la prestazione lavorativa in lavoro agile possa essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente.
  Oltre a ciò, la citata norma ha stabilito che qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, le amministrazioni possano utilizzare gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Infine, esperite tali possibilità le amministrazioni potranno motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio.
  Su questa tematica il Ministero dell'istruzione è intervenuto con diverse circolari esplicative, tra cui la nota n. 323 del 10 marzo 2020 che ha fornito specifiche indicazioni operative proprio rispetto al personale Ata. Infatti, con essa è stato chiarito che, ferma restando la necessità di assicurare il regolare funzionamento dell'istituzione scolastica, nella condizione di sospensione delle attività didattiche in presenza, ciascun dirigente scolastico ha la possibilità di concedere il lavoro agile al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ove possibile rispetto alle mansioni) delle istituzioni scolastiche.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, all'articolo 2, comma 1, ha richiamato espressamente la disposizione del citato articolo 87 e ha confermato l'adozione del lavoro agile quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le istituzioni scolastiche.
  Tali misure, dunque, hanno consentito ai dirigenti scolastici di poter organizzare le attività da remoto, anche con riferimento a quelle del personale Ata e di lasciare le scuole aperte solo per le attività «indifferibili».
  A maggio scorso, il Ministero dell'istruzione, con la nota n. 622 del 1° maggio 2020, confermata con la successiva nota n. 682 del 1.5 maggio 2020, ha ribadito la prosecuzione del lavoro agile presso le predette istituzioni, sempre che non siano adottate nuove e differenti disposizioni normative.
  Pertanto, la presenza a scuola del personale Ata (ausiliario, tecnico ed amministrativo) è stata garantita, in conformità alla normativa primaria, soltanto nei casi indifferibili e di stretta necessità che sono stati specificamente individuati dai dirigenti scolastici stessi, ai quali il nostro ordinamento garantisce ampia autonomia organizzativa e amministrativo gestionale.
  Come Ministero continueremo ad essere al fianco del personale della scuola e di tutta la comunità scolastica che ha dimostrato e continuerà a dimostrare grande senso di responsabilità.
  La scuola tutta continuerà ad essere un presidio dello Stato.

Il Ministro dell'istruzione: Lucia Azzolina.


   DONINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Malegno è un comune di 2000 abitanti interamente montano in Valle Camonica, a circa 70 chilometri dalla città più vicina, Brescia;

   nel 2014 i cittadini hanno destinato il 5 per mille al proprio comune, per un importo di 1.101,36 euro, cifra che potrebbe sembrare alquanto esigua, ma che, invece, rappresenta una somma importante per un piccolo comune, in considerazione dell'utilizzo che ne è stato fatto, ovvero un aiuto per le famiglie di persone disabili, così come previsto dalla normativa;

   sempre secondo la normativa in materia, queste risorse sono state inserite nella parte di entrata del bilancio comunale 2014 ed esplicitate nella parte uscita, evidenziando il loro utilizzo, dal momento che il bilancio comunale deve essere reso pubblico per chiunque, sia per il contribuente che voglia controllare come sono spesi i fondi che ha destinato al 5 per mille, sia per lo Stato che può agevolmente verificare i dati in esso riportati;

   nel 2018, quattro anni dopo, la direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ha estratto il comune di Malegno tra quelli che dovevano presentare la rendicontazione di queste spese entro il 31 dicembre 2018, rendicontazione che il comune riesce a presentare solo il 20 gennaio 2019, a causa delle tante scadenze che un comune ha a fine anno, con scarsità di risorse umane e senza possibilità di incrementare il personale per il rispetto dei vincoli di bilancio;

   a Malegno, infatti, c'è soltanto una dipendente dedicata al servizio ragioneria, in part-time, alla quale il sindaco chiede di dare precedenza alle priorità che, a fine anno, consistono prevalentemente nel bilancio preventivo, posto che la rendicontazione dei dati relativi ai 5 per mille del 2014 era già in possesso dello Stato per gli obblighi di trasparenza sopraddetti;

   il Ministero dell'interno, in risposta, ha chiesto la restituzione della cifra per non aver rispettato la scadenza del 31 dicembre 2018, nonostante il comune abbia provato a spiegare che la sanzione comportante la restituzione non si applicherebbe in caso di ritardo nella rendicontazione, ma soltanto nel caso della mera mancata rendicontazione o dell'utilizzo scorretto delle risorse –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se intenda adottare ogni iniziativa di competenza per correggere questa stortura dovuta solo a rigidi oneri burocratici a danno dei cittadini e delle famiglie dei disabili che hanno beneficiato delle risorse messe a disposizione dal comune di Malegno grazie al 5 per mille dei suoi contribuenti.
(4-04186)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il comune di Malegno è stato oggetto di controlli amministrativo-contabili per quanto attiene le rendicontazioni delle quote del 5 per mille dell'IRPEF (per un importo complessivo pari a 1.101,36 euro) versate dai cittadini ivi residenti con la specifica finalità di sostegno delle attività sociali svolte dallo stesso ente, sulla base di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2010, articolo 1, lettera
d), dal decreto dirigenziale del 24 settembre 2018 e dalla circolare FL n. 17 del 15 ottobre 2018.
  L'interrogante evidenzia al riguardo che la corresponsione del cinque per mille, effettuata dal Ministero dell'interno in data 11 maggio 2016, sarebbe stata regolarmente contabilizzata – sia in entrata che in uscita – nei bilanci di previsione e consuntivo dell'esercizio di competenza, con la specifica finalità di essere destinata a favore delle famiglie di persone diversamente abili. Tuttavia, in sede di controllo successivo disposto nel 2018, sarebbe emerso un ritardo nella redazione del rendiconto e della relazione illustrativa dell'utilizzo delle stesse somme, documentazione da predisporsi entro un anno dalla ricezione del contributo, ovvero nel caso specifico entro il 31 luglio 2017, mentre la relazione inviata per la verifica sarebbe stata predisposta soltanto il 20 gennaio 2019. Perciò, nonostante le giustificazioni addotte dall'ente locale per evitare la restituzione dell'importo in argomento, il Ministero dell'interno ha confermato la necessità del recupero delle somme assegnate.
  Al riguardo, occorre in primo luogo ricordare che, al fine di assicurare trasparenza ed efficacia nell'utilizzazione della quota del cinque per mille dell'IRPEF, le modalità di redazione del rendiconto sono indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, così come modificato ed integrato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2016, il quale prescrive il contenuto tassativo di tale documento.
  La medesima fonte regolamentare stabilisce, inoltre, le modalità di recupero delle stesse somme per violazione degli obblighi di rendicontazione e le modalità di pubblicazione nel sito web di ciascuna amministrazione erogatrice.
  In particolare, in ossequio alla disposizione di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2016, tutti i comuni che ricevono contributi per il 5 per mille sono obbligati, entro un anno, dalla ricezione degli importi, alla redazione di un apposito rendiconto accompagnato da una relazione illustrativa dalla quale risulti con chiarezza la destinazione delle somme attribuite, utilizzando il modulo disponibile sul sito istituzionale delle amministrazioni competenti.
  Qualora l'importo dei contributi percepiti sia pari o superiore a 20 mila euro, gli enti beneficiari devono inviare – esclusivamente in via telematica – la relativa documentazione alla direzione centrale della finanza locale di questa amministrazione, secondo quanto disposto nel decreto ministeriale del 16 febbraio 2018 e nella circolare F.L. 10/2018 del 12 marzo 2018.
  Per i comuni che risultano destinatari di contributi inferiori a 20 mila euro non è invece previsto l'obbligo di invio in via telematica – entro un anno dalla corresponsione del contributo – della predetta documentazione, che va comunque predisposta e conservata per 10 anni, per poter essere regolarmente esibita in caso di controlli successivi e ispezioni operati dalle competenti Prefetture.
  La circolare della direzione centrale della finanza locale del 27 novembre 2015, n. 13, e le successive del 14 marzo 2017, n. 4, del 12 marzo 2018, n. 10, del 15 ottobre 2018, n. 17, e del 30 maggio 2019, n. 12, hanno sempre previsto che «in caso di mancato adempimento dell'obbligo di rendicontazione entro i termini stabiliti, incorre l'obbligo per l'ente di restituire l'importo assegnato nel più breve tempo possibile. In caso di inerzia, trova applicazione l'articolo 1, comma 128, della legge del 24 dicembre 2012, n. 228, che prevede che le somme a debito, a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell'interno sono recuperate a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso».
  L'articolo 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2010, modificato dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2016, ha inoltre espressamente previsto i casi nei quali i comuni hanno l'obbligo di restituire il contributo del 5 per mille, disciplinando le modalità ed i termini per il recupero delle somme.
  Nel caso specifico oggetto dell'interrogazione, risulta che il comune di Malegno non ha tempestivamente ottemperato alla richiesta di trasmettere, ai fini del controllo amministrativo-contabile, il rendiconto e la relazione illustrativa richiesti in sede di controllo successivo a campione.
  L'erogazione dei contributi è stata effettuata in data 11 maggio 2016 e, tenendo conto del tempo medio che necessariamente intercorre tra l'erogazione da parte del Ministero e l'effettiva disponibilità da parte del comune beneficiario, la rendicontazione doveva risultare entro il mese di luglio 2017; la documentazione fatta pervenire a seguito dei controlli dal comune di Malegno riporta invece la data del gennaio 2019.
  Per completezza, si comunica che – nel solco dell'attenzione sempre prestata da questa amministrazione alle attività di supporto agli enti locali ed al fine di affinare l'interpretazione delle modalità e dei termini per il recupero delle somme in argomento – di cui all'articolo 13, lettera
b) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2010, è in corso di predisposizione un apposito quesito sull'applicabilità del citato recupero nel caso in cui, a seguito dei controlli amministrativo-contabili delle rendicontazioni di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2010, il rendiconto sia stato comunque redatto, seppur oltre il termine previsto.
  A tal fine, in attesa di riscontro, si procederà con un supplemento di verifica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   FIORINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Zocca è un comune ubicato nell'area appenninica del Modenese, circondato da aree boschive e vaste aree rurali;

   i recenti mutamenti climatici che, sovente, si traducono in eventi atmosferici paradossi – piogge alluvionali, alternate a periodi di siccità – rendono sempre più frequenti smottamenti dei terreni ed incendi boschivi;

   il comune di Zocca, colpito sempre più frequentemente dal fenomeno degli incendi boschivi estivi, soffre in modo particolare l'assenza di un presidio in loco del Corpo dei vigili del fuoco, anche in ragione dei lunghi tempi di percorrenza che gli stessi sono costretti a dover affrontare per la peculiare orografia del territorio;

   il Corpo dei vigili del fuoco svolge un ruolo di primaria importanza nelle operazioni di soccorso in occasione degli eventi dannosi, di origine naturale o meno, che purtroppo continuano a colpire il territorio nazionale e quel territorio;

   esiste già una delibera di giunta dell'Unione Terre di Castelli (n. 44 del 18 aprile 2019) che, nell'ambito della realizzazione del polo della sicurezza dell'Unione, prevede il finanziamento e il supporto proprio di una struttura dedicata ad uso vigili del fuoco/protezione civile –:

   se il Governo intenda adottare idonee iniziative di competenza volte alla previsione di un presidio, anche stagionale, del Corpo dei vigili del fuoco nel comune di Zocca, al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità degli abitanti di quella zona.
(4-04165)

  Risposta. — Con riferimento al quesito posto dall'interrogante si rappresenta quanto segue.
  Con la legge di bilancio per il 2019, n. 145 del 30 dicembre 2018, è stato definito l'incremento della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco che consentirà di realizzare, nel breve e medio termine, un generale potenziamento del dispositivo di soccorso territoriale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, il cui assetto è stato stabilito, da ultimo, con decreto dei Ministro dell'interno in data 2 dicembre 2019 e con il conseguente decreto del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco del 3 dicembre 2019.
  Con l'attuazione dei suddetto potenziamento, le dotazioni organiche del personale operativo del comando dei vigili del fuoco di Modena vedranno un incremento di 20 unità nel ruolo dei vigili del fuoco, finalizzato all'aumento di categoria della quasi totalità delle sedi territoriali dipendenti.
  Difatti, l'organico teorico dei ruoli dei vigili del fuoco e dei capi squadra di quel comando passerà da 268 a 288 unità, con un incremento dei 7,46 per cento, superiore al valore medio rilevato a livello nazionale, che si attesta sul 5,8 per cento.
  Quanto alla prospettata istituzione di un nuovo distaccamento permanente nel comune di Zocca (MO), la stessa sarà considerata a seguito di eventuali futuri incrementi della dotazione organica del corpo nazionale dei vigili del fuoco, compatibilmente con analoghe esigenze rilevate in ambito nazionale.
  Il comando dei vigili del fuoco di Modena ha avviato contatti con il comune di Zocca per verificare la possibilità di istituire un distaccamento volontario.
  L'ottimizzazione del dispositivo di soccorso territoriale può perseguirsi, difatti, anche attraverso la valorizzazione della componente volontaria del corpo nazionale dei vigili dei fuoco, con cui il comando di Modena attualmente assicura l'operatività dei distaccamenti di Fanano, Finale Emilia, Frassinoro, Mirandola e Pievepelago, nonché con l'attivazione di presidi stagionali da realizzarsi con il concorso di regione, comuni, enti pubblici e privati, mediante la stipula di specifici accordi.
  Su un piano più generale va rilevato che le attività di soccorso pubblico e di prevenzione incendi, come tutti gli altri compiti assegnati, quali la difesa civile e il concorso come componente fondamentale del Servizio nazionale di protezione civile, sono indicative del rilievo che va riconosciuto alle funzioni svolte dal corpo nazionale.
  Attività e funzioni che sono sempre garantite attraverso l'immediata operatività delle strutture e l'elevatissima professionalità degli operatori.
  Nella prospettiva di valorizzare ulteriormente le risorse umane del corpo nazionale dei vigili del fuoco va letto l'impegno assunto con la legge di bilancio per il 2020, n. 160 del 27 dicembre 2019, con cui al fine di garantirne gli standard operativi e i livelli di efficacia ed efficienza, è stato previsto l'ulteriore incremento della dotazione organica di 500 unità, da assumere nel prossimo quinquennio.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   FITZGERALD NISSOLI, SPENA, CALABRIA, BARELLI, GELMINI, MOLLICONE, APREA, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, BENDINELLI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, BRAMBILLA, CANNATELLI, CANNIZZARO, CARRARA, CAPPELLACCI, CASCIELLO, CASINO, CASSINELLI, CATTANEO, CORTELAZZO, CRISTINA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FIORINI, GIACOMETTO, MARIN, MAZZETTI, MILANATO, NAPOLI, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PEREGO DI CREMNAGO, PETTARIN, PITTALIS, POLIDORI, PORCHIETTO, PRESTIGIACOMO, RIPANI, ROSSELLO, ROTONDI, RUFFINO, RUGGIERI, PAOLO RUSSO, SACCANI JOTTI, SISTO, SOZZANI, MARIA TRIPODI, VERSACE, ZANGRILLO, NEVI e RAVETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 9 agosto 2019 il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), viste le segnalazioni pervenutegli, sottopone all'attenzione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, e del presidente del municipio di Roma V, Giovanni Boccuzzi, lo stato di degrado in cui versa l'unico Parco in Italia dedicato ai Caduti della tragedia di Marcinelle dell'8 agosto 1956 – simbolo universale di dignità e sacrificio in cui persero la vita 262 minatori, dei quali 136 italiani – situato in Via Galatea, zona La Rustica, del Municipio V di Roma;

   il 4 settembre 2019, a quanto consta agli interroganti, si ribadisce, per posta elettronica certificata, il contenuto della succitata nota finalizzata al ripristino della funzionalità di tale area anche a fronte dell'importanza etica di mantenere sempre in condizioni dignitose i luoghi della memoria e del ricordo dei Caduti all'estero per infortuni sul lavoro;

   relativamente al municipio V, come risulta dall'indagine territoriale, si rappresenta un contesto problematico dove, a fronte di una consistente densità abitativa, si può fruire solo di un ridottissimo numero di metri quadrati di aree verdi effettivamente a disposizione;

   ad oggi, nonostante i numerosi solleciti e le notizie riportate sulla stampa locale, i responsabili istituzionali interessati non hanno ancora fornito alcun cenno di riscontro, rischiando tra l'altro di contravvenire ad alcuni dei principi dell'azione amministrativa –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere per contribuire a ripristinare condizioni di decoro e di sicurezza urbana in relazione al Parco di cui in premessa, restituendo onore alla memoria del «Sacrificio del lavoro italiano nel mondo», celebrata l'8 agosto di ogni anno, in ricordo della tragedia di Marcinelle.
(4-03947)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale si chiede di conoscere quali siano le iniziative che si intendano assumere al fine di garantire il ripristino delle condizioni di decoro e di sicurezza urbana del Parco dedicato ai Caduti della tragedia di Marcinelle del 1956, in zona La Rustica a Roma.
  Al riguardo, si rappresenta che le strutture capitoline, interpellate al riguardo, hanno riferito quanto segue.
  La manutenzione di tutte le aree verdi, ivi compresa la pulizia delle stesse, è in capo alla struttura che ha l'area in consegna e ne detiene la gestione, sulla base della vigente organizzazione degli Uffici e Servizi di Roma, di cui alla deliberazione di giunta capitolina n. 222 del 17 ottobre 2017.
  Nel caso di specie, per il Parco Caduti di Marcinelle, ubicato nel municipio Roma V, in via Galatea, zona La Rustica, opera il Servizio operativo municipale (S.O.M.) Roma V, territorialmente competente, afferente alla direzione gestione territoriale del verde del dipartimento tutela ambientale.
  Il sopracitato Som ha effettuato più interventi (in data 21 novembre 2019, 26 febbraio e 14 maggio 2020) di sfalcio dell'erba e di pulizia dell'intera area, nonché di rimozione del materiale di risulta e di uso comune, soprattutto cartacce, cartoni e plastica.
  Successivamente si sono svolti due ulteriori interventi di rifinitura il 30 maggio e il 6 giugno scorso.
  Roma capitale ha comunicato, altresì, che per quanto attiene alla manutenzione del
verde verticale dell'area in questione, sono stati effettuati, attraverso affidamento a terzi, dal 29 gennaio all'8 febbraio di quest'anno, i lavori di potatura di tutte le specie arboree di prima e seconda forza ivi presenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 160 del 2019, recante il «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», pubblicata nel supplemento n. 45/L della Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2019, all'articolo 1, commi 627-628, istituisce il fondo per il voto elettronico con uno stanziamento di 1 milione di euro per l'anno 2020;

   tale fondo è teso a permettere la sperimentazione del voto in via digitale per gli italiani residenti all'estero e per gli elettori temporaneamente fuori dal comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche, in occasione delle elezioni politiche, elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dei referendum abrogativi e dei referendum costituzionali;

   l'introduzione del voto per via telematica è di particolare importanza per gli italiani residenti all'estero e iscritti all'apposito registro Aire che attualmente votano nella circoscrizione estera per corrispondenza;

   tale sperimentazione potrebbe essere utile anche per l'introduzione del voto elettronico per eleggere i Comites, elezioni rinviate di un anno rispetto alla scadenza prevista e da tenersi in una data tra il 15 aprile e il 31 dicembre 2021;

   l'introduzione del voto elettronico all'estero potrebbe garantire una maggiore sicurezza del voto stesso ed evitare i brogli di cui la stampa ha riferito più volte durante le elezioni politiche nella circoscrizione estera –:

   quali siano le modalità della sperimentazione nella circoscrizione estera e se in tale sperimentazione si preveda di coinvolgere tutte le ripartizioni di detta circoscrizione;

   quali siano i tempi previsti per l'elaborazione di un modello che possa essere utilizzato già alle prossime elezioni politiche e a quelle dei Comites per l'anno prossimo.
(4-04425)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale vengono chieste notizie in ordine alle modalità e ai tempi della sperimentazione del voto elettronico, per il quale la legge n. 27 dicembre 2019, n. 160 ha istituito un apposito fondo, con particolare riguardo al voto degli italiani residenti all'estero.
  La legge ricordata dall'interrogante, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», nell'istituire, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, un fondo pari a 1 milione di euro finalizzato ad introdurre, in via sperimentale, modalità di espressione del voto in via digitale per le elezioni politiche ed europee e per i referendum, ha altresì previsto che le modalità attuative di utilizzo di tali risorse vengano definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.
  Ai fini dell'adozione di tale decreto, è necessario procedere a un'attenta valutazione di una serie di aspetti tecnici di estrema delicatezza e complessità, per assicurare il rispetto delle norme riconducibili al procedimento elettorale, per loro natura direttamente collegate ai principi costituzionali di segretezza e personalità del voto.
  Appaiono, dunque, necessarie verifiche attente e ponderate, affinché le nuove modalità di voto garantiscano la massima sicurezza e la non vulnerabilità dei relativi sistemi
hardware e software impiegati a tale scopo, assicurando, al pari delle modalità tradizionali, l'effettivo esercizio del diritto di voto, il corretto computo dei suffragi, la verificabilità delle operazioni svolte in caso di contenziosi e quindi la possibilità di estrarre, in modo efficace ed esaustivo, tutti i dati che hanno condotto alla formazione dei risultati ufficiali e alla proclamazione degli eletti.
  In tale contesto sono stati considerati anche gli esiti delle sperimentazioni svolte in passato sia in Italia che in alcuni Paesi europei, tra cui Francia e Germania, Paesi che hanno poi rinunciato all'introduzione del sistema di voto elettronico, attese le problematiche emerse sia sotto il profilo tecnico-giuridico, sia per l'aumento dei casi di
cyber crime.
  Si è, pertanto, ritenuto necessario, in linea con l'approvazione di un apposito ordine del giorno, un approfondimento della materia in esame, da effettuarsi in via preliminare ad opera di un'apposita commissione, composta da rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero della giustizia e dell'ufficio del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.
  A tale gruppo di lavoro, in corso di istituzione, verrà affidato lo studio di ipotesi attuative e tecnico-organizzative del voto elettronico, al fine di individuare le migliori linee guida per la sperimentazione di un modello che contemperi le esigenze di modernizzazione e snellimento delle procedure elettorali con le garanzie costituzionali; ciò, anche nell'ottica di sperimentare soluzioni che rendano più agevole l'esercizio dei voto, sia dei cittadini italiani residenti all'estero che degli elettori ivi temporaneamente domiciliati per lavoro, studio o cure mediche.
  In relazione, infine, alla possibile utilizzazione del voto elettronico nell'ambito del procedimento relativo alle elezioni dei Comites, si evidenzia che il decreto-legge 30 maggio 2012, n. 67 (articolo 1, comma 1), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2012, n. 118, prevede già tale sistema, le cui modalità applicative discenderanno dall'adeguatezza dei fondi.
  La sperimentazione di tale modalità di voto dovrà comunque garantire il rispetto dei princìpi di personalità e segretezza del voto, la sua sicurezza e il funzionamento delle relative procedure, anche a fronte di eventuali inefficienze dei sistemi operativi locali.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 59 del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, così recita: «Trattandosi di argini pubblici, i quali possono rendersi praticabili per strade pubbliche e private, sulla domanda che venisse fatta dalle amministrazioni o da particolari interessati potrà loro concedersene l'uso sotto le condizioni che la perfetta conservazione di essi argini saranno prescritte dal prefetto, e potrà richiedersi per dette amministrazioni o ai particolari un concorso nelle spese di ordinaria riparazione e manutenzione.

   Allorché le amministrazioni o i privati si rifiutassero di assumere la manutenzione delle sommità arginali ad uso strada, o non la eseguissero dopo averla assunta, i corrispondenti tratti d'argine verranno interclusi con proibizione del transito.»;

   agli atti della Struttura autorizzazioni e concessioni (Sac) di Arpae, sede di Piacenza, a quanto risulta all'interrogante sarebbero pendenti oltre 70 richieste di accesso e transito su alcuni tratti della sommità arginale presentate da agricoltori e cittadini in possesso di fondi e beni che attualmente risultano interclusi dall'argine golenale, e ai quali, a norma di legge, deve essere riconosciuto, seppure con le dovute limitazioni e prescrizioni, il diritto di raggiungere i terreni di loro proprietà;

   da oltre due anni, è scaduta l'autorizzazione rilasciata da Aipo (atto disciplinare n. 751 del 30 luglio 2007) all'amministrazione provinciale di Piacenza – riguardante l'utilizzo delle strade esistenti in sommità degli argini maestri in destra orografica del fiume Po ed affluenti – ai fini della realizzazione e gestione dell'itinerario ciclabile «Via Po» e ciò perché, nonostante i solleciti della predetta amministrazione provinciale (che si è sollevata da ogni eventuale responsabilità) ai comuni interessati affinché gli stessi si attivassero tempestivamente presso i competenti uffici per ottenere il rinnovo dell'autorizzazione stessa, la stessa non risulta essere mai stata formalizzata –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per definire, con riferimento alla omessa risposta alle dette istanze, un iter amministrativo che consenta di legittimare e regolamentare i transiti sulle sommità arginali;

   con riferimento all'autorizzazione di cui in premessa rilasciata da Aipo, se i Ministri interrogati intendano assumere ogni iniziativa di competenza sia per garantire il dovuto rispetto dell'articolo 59 del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, sia per evitare situazioni di grave pericolo a terzi, conseguenti all'inattività degli organi preposti.
(4-03938)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, interrogante pone talune problematiche relativamente alle richieste di accesso e transito sulla sommità degli argini maestri sulla destra orografica del fiume Po.
  Viene, in particolare, segnalata la circostanza per cui sarebbero pendenti, agli atti dell'Agenzia prevenzione ambiente energia Emilia Romagna (Arpae) di Piacenza, oltre 70 richieste in tal senso presentate da agricoltori e da cittadini in possesso di fondi e beni che attualmente risultano interclusi dall'argine golenale e ai quali dovrebbe essere riconosciuta, seppure con le dovute limitazioni e prescrizioni, la possibilità di raggiungere i terreni di loro proprietà.
  Si chiede, pertanto, quali iniziative il Governo intenda assumere per rispondere a tali istanze, nonché per regolamentare e riconoscere agli aventi diritto i transiti sulle sommità arginali, con riferimento anche alla realizzazione di un itinerario ciclabile lungo il territorio di vari comuni per il quale da oltre 2 anni sarebbe scaduta l'autorizzazione rilasciata dall'Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) alla provincia di Piacenza.
  Va premesso che le questioni poste non attengono a profili in ordine ai quali l'Amministrazione dell'interno dispone di specifiche competenze, sicché gli elementi di risposta che vengono di seguito forniti sono stati acquisiti dalla prefettura di Piacenza presso le predette Agenzie Aipo e Arpae e presso la provincia di Piacenza.

  Infatti, come noto, in attuazione dell'articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (cosiddetta legge Bassanini), le funzioni relative alla «progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura» sono state conferite alle Regioni.
  Al Magistrato dei Po, che costituiva un organo decentrato governativo, è pertanto subentrata la predetta Agenzia Interregionale per il fiume Po (Aipo), alla quale sono state attribuite le stesse funzioni con l'aggiunta di nuove competenze tra cui quella sulla navigazione interna.
  L'Aipo è quindi un ente strumentale delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, nato sulla base di un accordo costitutivo tra regioni e Istituito con specifiche leggi regionali (legge regionale Emilia-Romagna 22 novembre 2001, n. 42; legge regionale Lombardia 2 aprile 2002, n. 5; legge regionale Piemonte 28 dicembre 2001, n. 38; legge regionale Veneto 1° marzo 2002, n. 4).
  Pertanto, nel rispetto del riparto di attribuzioni tra lo Stato e le autonomie stabilite dal decreto legislativo n. 112 del 1998, le funzioni relative alla regolamentazione degli usi e alle autorizzazioni al transito sulle strade poste sulle sommità arginali del fiume non possono essere esercitate, né vigilate da organi dello Stato.
  Le autorizzazioni al transito sulle arginature maestre del fiume Po sono state rilasciate direttamente dall'Aipo fino al 30 giugno 2017, data in cui, in osservanza alla vigente normativa regionale, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpae) ha rivendicato l'assunzione di tale competenza.
  A seguito del passaggio di competenza si sono svolti numerosi incontri finalizzati a meglio disciplinare la materia tra rappresentanti delle predette agenzie regionali, dei comuni interessati, della provincia, delle associazioni degli agricoltori e del consorzio di bonifica. All'esito di tali incontri si è pervenuti, alla redazione, in data 15 maggio 2019, di una bozza di convenzione fra regione Emilia Romagna, comuni, Aipo e Arpae con la quale è stato individuato un
iter amministrativo finalizzato al rilascio degli atti necessari per la legittimazione e la regolamentazione dei transiti sulle sommità arginali. Il testo risulta attualmente in valutazione da parte della regione Emilia-Romagna per le determinazioni di sua competenza.
  Per completezza d'informazione e sulla base delle notizie fornite dall'Aipo e dall'Arpae alla prefettura di Piacenza, si precisa che, al 20 maggio u.s., risultano avere richiesto le concessioni di utilizzo delle sommità arginali quale pista ciclabile e/o viabilità ordinaria i comuni di Piacenza, Castel San Giovanni, Sarmato, Rottofreno, Calendasco, Caorso e Villanova sull'Arda; la loro istruttoria è stata inviata all'Arpae e sono attualmente in attesa del «nulla osta idraulico».
  Si aggiunge, infine, che risultano essere state presentate ad Arpae anche undici istanze formulate prevalentemente da agricoltori che, per poter raggiungere i loro fondi interclusi dall'argine maestro del fiume Po, hanno necessità non solo di transitare sulla sommità arginale, operazione possibile mediante il solo nulla osta idraulico, ma anche di poter accedere a tale percorso mediante dei varchi o rampe.
  Quest'ultimo aspetto si configura però come un'occupazione duratura di area demaniale, con la conseguente necessità di acquisire la prevista concessione.
  In ordine a ciò, l'Arpae ha assicurato che, non appena ottenuti i pareri richiesti ai comuni territorialmente interessati, procederà al rilascio delle concessioni, sulla base dei «nulla osta idraulici» già concessi da Aipo.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 83, comma 7-bis, del decreto-legge «Cura Italia», recentemente approvato dalle Camere stabilisce che: «Salvo che il giudice disponga diversamente, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del Servizio Socio assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale, sono sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato, secondo le modalità che saranno individuate dal responsabile del Servizio Socio assistenziale, e comunicate al giudice precedente»;

   secondo quanto riportato da unionesarda.it, una bambina di 4 anni, figlia di una giovane donna sarda, non solo vive separata dalla madre da ormai due anni, essendo stata assegnata al padre dopo la separazione dei coniugi, ma per effetto della pandemia non incontra la madre né può vederla via skype da tre mesi. I servizi sociali della località dove la bimba vive nella casa paterna, si legge, non hanno provveduto a favorire, almeno attraverso le videochiamate, la partecipazione attiva della madre al processo di crescita affettiva della bambina, privando così di fatto la madre del diritto alla genitorialità;

   l'articolo di stampa riporta l'appello di una ex consigliera regionale esponente dell'associazione «Socialismo diritti riforme» (Sde). È inconcepibile che una creatura di appena 4 anni possa subire – si sottolinea nel testo – una lesione del diritto di godere dell'affetto della madre, peraltro incensurata e mai sottoposta ad alcun provvedimento amministrativo o penale, per l'insorgere del COVID-19;

   appare evidente, infatti, che il protrarsi nel tempo dell'impossibilità di vedere la bambina e trascorrere del tempo con lei, seppure in un ambiente protetto, e non consentire alla bimba di vedere la mamma, almeno via skype o con videochiamate, rischia di avere delle ripercussioni negative sul suo sviluppo psicoaffettivo;

   è appena il caso di ricordare che l'Italia su questo tema venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2013. Anche un genitore detenuto non decade automaticamente dalla responsabilità genitoriale. Insomma, non esistono elementi tali – conclude l'esponente di Sdr – per impedire alla bambina di vedere la mamma;

   l'eccezionalità della pandemia non giustifica il mancato rispetto di un principio cardine della Costituzione, ossia quello che garantisce ai figli un rapporto equilibrato e continuativo anche con il genitore con cui non vivono. Principio confermato dall'articolo sopra citato, che garantisce gli incontri da remoto per tutti i minori, escludendoli solo in casi di assoluta impossibilità –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare affinché venga garantita la continuità dei rapporti genitori figli, nell'interesse primario del minore, favorendo interpretazioni che evitino situazioni difficilmente compatibili, ad avviso dell'interrogante, con il quadro costituzionale.
(4-05763)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, premessa la previsione di cui l'articolo 83, comma 7-bis, del decreto-legge «Cura Italia» che prevede che gli incontri genitori figli in spazio neutro avvengano attraverso modalità da remoto, si espone il caso di una mamma, la cui figlia è stata affidata al padre, che non ha potuto, durante il periodo di emergenza Covid esercitare alcun diritto di visita della figlia minore, in quanto i servizi sociali del comune competente non si sono attivati a tal fine.
  È quindi domandato: «Quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare, affinché venga garantita la continuità genitori-figli, nell'interesse primario del minore favorendo interpretazioni che evitino situazioni difficilmente compatibili, ad avviso dell'interrogante, con il quadro costituzionale».
  In relazione all'esercizio del diritto di visita da parte del genitore non collocatario del minore, che si tratta – come noto – di un diritto regolamentato da provvedimenti giurisdizionali che ne disciplinano le concrete modalità di attuazione nelle singole fattispecie, tenuto conto dell'interesse del minore a mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori pur nel rispetto di regole dettate per la peculiarità di ciascuna situazione familiare (come nel caso, richiamato dall'interrogante, in cui siano previsti incontri «protetti» in spazi neutri e alla presenza di operatori del servizio sociale a tutela del minore) e che, nel periodo di emergenza epidemiologica, in cui gli spostamenti sono limitati e consentiti solo nel rispetto di tutte le prescrizioni impartite, occorrerà operare caso per caso un bilanciamento con le misure adottate dal Governo volte a tutelare il diritto alla salute.
  Tra queste misure, chiaramente finalizzate al contenimento del contagio da Covid-19 e al contempo alla tutela delle persone maggiormente vulnerabili, si colloca il comma 7-
bis dell'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto Cura-Italia, convertito con modificazioni con legge n. 27 del 2020, che dispone: «Salvo che il giudice disponga diversamente, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del servizio socio assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale, sono sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato, secondo le modalità che saranno individuate dal responsabile del servizio socio assistenziale, e comunicate al giudice precedente. Nel caso in cui non sia possibile assicurare il collegamento da remoto gli incontri sono sospesi.»
  L'obiettivo dunque, nei casi in cui siano stati previsti dal giudice incontri tra genitori e figli in spazio neutro o alla presenza degli assistenti sociali, è quello di assicurare solo da remoto, nel periodo indicato, una comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato, fatta salva una diversa e specifica disposizione del giudice. Trattasi evidentemente di valutazioni rimesse all'autorità giudiziaria competente, rispetto alle quali non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte del Ministero, in quanto nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali e nell'interpretazione del contesto normativo di riferimento l'Autorità giudiziaria opera in piena autonomia e indipendenza.
  In via generale, l'esercizio del diritto di visita dei minori dei genitori separati, secondo le disposizioni vigenti, e l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza, non risulta precluso dalle diverse disposizioni che hanno posto limitazioni alla libertà di movimento alle persone.
  Si è infatti affermato in diverse pronunce che tale diritto di visita deve comunque poter essere esercitato salva l'ipotesi in cui prevalga l'interesse a salvaguardare la salute delle persone, tenuto delle circostanze del caso concreto.
  Con particolare riferimento poi alle ipotesi in cui il diritto di visita debba essere esercitato con l'intermediazione di altre figure in ragione di quanto disposto dal provvedimento del giudice, la disposizione di cui all'articolo 83, comma 7-
ter, proprio al fine di consentire l'esercizio del diritto di visita, ha previsto l'utilizzazione di collegamenti da remoto.
  In ragione del quadro normativo così delineato non risultano avviate attività normative ulteriori volte a disciplinare la materia indicate.
  Quanto alla richiesta di acquisire «notizie presso gli uffici giudiziari competenti», si rappresenta che, non essendo stato specificato presso quali uffici giudiziari sarebbero stati adottati i provvedimenti menzionati, non è stato possibile assumere informazioni in merito.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   IEZZI, MORELLI e GIGLIO VIGNA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2020 i gestori di bar, ristoranti e locali di Milano (più di settemila attività in città) hanno disposto in segno di protesta davanti all'Arco della Pace centinaia di sedie vuote in fila, a simboleggiare i loro locali che ancora non possono accogliere persone;

   gli esercenti hanno voluto così manifestare contro il Governo per la gravissima crisi economica che li ha colpiti durante l'emergenza sanitaria in corso a causa della mancanza di prospettive e per chiedere sostengo e regole chiare per la riapertura del comparto;

   difatti, come denunciato ai microfoni della trasmissione «Mattino Cinque» e riportato dalla stampa, gli imprenditori locali, rimasti chiusi già da due mesi, non potranno riaprire secondo le condizioni dettate dal Governo, essendo le spese da sostenere (anche tasse, affitti e bollette) troppo elevate rispetto al fatturato, che sarà inevitabilmente più basso rispetto a quanto avveniva prima dell'emergenza sanitaria;

   pur manifestando pacificamente per delle legittime ragioni e nel rispetto di tutte le regole sanitarie imposte dall'emergenza COVID-19, secondo quanto riportato dalla stampa gli stessi esercenti sarebbero stati sanzionati dagli agenti del commissariato Sempione con multe da 400 euro ciascuna per ogni manifestante;

   se quanto sopra fosse confermato e se i manifestanti fossero stati effettivamente multati, a parere dell'interrogante si tratterebbe di una lesione gravissima ai diritti e alle libertà costituzionali e di una decisione perciò ingiusta;

   sempre a parere dell'interrogante andrebbe invece espressa piena solidarietà ai manifestanti ed anche agli agenti della polizia di Stato obbligati dal Governo a dover procedere con queste assurde sanzioni nei confronti di onesti cittadini e lavoratori in piena crisi economica;

   difatti, nonostante l'emergenza sanitaria, deve essere comunque garantito e tutelato l'esercizio del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero come assicurato anche dall'articolo 21 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, in particolare se corrisponda al vero che gli esercenti che hanno partecipato alla manifestazione davanti all'Arco della Pace a Milano siano stati multati e quali ne siano state le ragioni;

   qualora tale circostanza venisse confermata, se e quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche in autotutela, per disporre l'annullamento delle sanzioni irrogate.
(4-05547)

  Risposta. — In relazione ai quesiti posti dall'interrogante appare opportuno, in primo luogo, evidenziare come con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 siano state disposte misure urgenti, volte a contenere e prevenire la diffusione del virus COVID-19 attraverso l'imposizione, tra l'altro, di necessarie limitazioni alla circolazione delle persone.
  In particolare, sin dalle prime fasi dell'emergenza sanitaria in corso, sono state sospese tutte le manifestazioni organizzate, gli eventi e gli spettacoli che avrebbero determinato un inevitabile assembramento e un conseguente, elevato rischio di contagio.
  La corretta applicazione delle disposizioni normative nazionali è stata assicurata dalle forze dell'ordine e dalle polizie locali che, in occasione di raduni di più persone, hanno sempre cercato di instaurare un dialogo con i presenti, invitandoli a recedere dai comportamenti assunti in violazione dei divieti.
  Nella maggior parte dei casi tale approccio, improntato al buon senso e alla ragionevolezza, ha consentito di evitare assembramenti illegittimi; solo in casi isolati si è reso necessario l'intervento delle forze di polizia.
  Per quanto concerne, in particolare, la manifestazione dei ristoratori milanesi del 6 maggio 2020, la locale questura ha informato di aver ricevuto, già nei giorni precedenti, un preavviso della manifestazione di protesta che alcuni titolari di pubblici esercizi milanesi avrebbero messo in atto nella centrale piazza Sempione, avente carattere prevalentemente simbolico.
  In tal senso, l'organizzatore era stato reso edotto dei divieti in vigore sugli assembramenti e delle regole sugli spostamenti individuali ma, ciò nonostante, lo stesso aveva confermato la volontà di effettuare comunque l'iniziativa di protesta, collocando 150 sedie al centro della piazza e assicurando la presenza di solamente 4 esercenti.
  Nel corso della mattinata del 6 maggio 2020, un gruppo di una ventina di ristoratori ha posizionato circa 50 sedie al centro della suddetta piazza, con sopra dei cartelli di dissenso contro le iniziative del Governo per fronteggiare l'emergenza sanitaria e la decisione di proseguire la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione.
  Con il protrarsi dell'iniziativa nel corso della mattinata si sono uniti ai manifestanti altri ristoratori e sono giunti sul posto anche giornalisti ed emittenti televisive.
  Dopo alcune ore e a seguito di ripetuti inviti a concludere la manifestazione e a disperdere l'assembramento creatosi, si è reso necessario l'intervento del personale della polizia di Stato per sanzionare l'assembramento in una zona centralissima di Milano.
  In particolare sono state elevate sanzioni nei confronti di 15 soggetti presenti per violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera
d) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, ovvero per divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici.
  Ciò premesso, va rilevato come in tutte le occasioni in cui sono intervenute, nello svolgimento dei propri compiti istituzionali di controllo, le forze di polizia si sono sempre limitate ad applicare la normativa vigente volta a garantire il rispetto delle misure di contenimento del COVID-19 a tutela della salute dell'intera collettività e dunque per il loro operato non può ravvisarsi alcuna ingiusta compressione del diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MURELLI, TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici della polizia di Stato svolgono un costante presidio di legalità sul territorio e di assistenza e soccorso alle persone, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19;

   pur con le misure imposte dal distanziamento sociale, anche in questi giorni gli uffici di polizia e in particolar modo le questure della Repubblica assicurano comunque servizi al pubblico di ricezione delle denunce, di rilascio dei passaporti e dei permessi di soggiorno nonché sono tenuti a garantire condizioni dignitose anche per le persone eventualmente sottoposte a misure limitative della libertà personale;

   i sindacati regionali di polizia dell'Emilia-Romagna Siap e altri, a quanto consta all'interrogante, denunciano che da oltre un mese l'impianto centrale di climatizzazione presso la sede della questura di Piacenza è totalmente fuori uso e, tenuto conto che i locali sono stati costruiti circa 30 anni fa in modo da avere un'ampia superficie finestrata che già da sé disperde le situazioni di comfort interno e non isola dalle condizioni climatiche esterne, il personale della polizia sta lavorando con temperature interne che, nelle ore più calde della giornata, arrivano oltre i trenta gradi;

   condizioni di lavoro che diventano proibitive in questo periodo in cui è obbligatorio l'uso delle mascherine con difficoltà anche per i cittadini che devono recarsi presso gli uffici per fare il passaporto, per sporgere denunce o per chiedere il permesso di soggiorno;

   nonostante vi siano state numerose richieste da parte dell'amministrazione della polizia di Stato, ad oggi non sono ancora stati reperiti i fondi per rendere fungibile l'impianto e per provvedere alla sanificazione dei condizionatori posti negli uffici e nelle sale di attesa –:

   quale iniziative intenda adottare per ripristinare al più presto il funzionamento dell'impianto di condizionamento della questura di Piacenza e garantire così condizioni dignitose di lavoro ai poliziotti in servizio e condizioni di sicurezza sanitaria ai cittadini che vi accedono a vario titolo.
(4-06207)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame si comunica quanto segue.
  L'immobile nel quale sono ospitati gli uffici della questura di Piacenza risale agli anni Novanta ed è dotato di un sistema di aria condizionata datato che necessita di continua manutenzione.
  Pertanto, già dallo scorso 19 maggio, diagnosticato un danno al circuito di raffreddamento, è stata attivata la procedura per l'affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria alla ditta aggiudicataria della manutenzione dell'impianto di condizionamento per l'anno 2020.
  Nel mese di giugno i competenti uffici ministeriali hanno accreditato la somma necessaria per l'effettuazione della riparazione e il ripristino dell'impianto centralizzato. I relativi lavori sono stati terminati entro la prima metà di luglio del corrente anno.
  Nel contempo, gli impianti di climatizzazione della sala operativa e del corpo di guardia della questura, essendo autonomi rispetto all'impianto centralizzato, erano stati messi in funzione dal precedente 1° luglio.

Il Ministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   MURONI e FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il corteo del 1° maggio 2019 a Torino è stato purtroppo turbato da quella che agli interroganti appare una discutibile scelta di gestione dell'ordine pubblico da parte dell'autorità preposta;

   fatta eccezione per lo scorso anno, sono ormai diversi anni che le forze dell'ordine impediscono a una consistente parte del corteo di accedere alla piazza ove si svolge il comizio finale;

   alle vibranti proteste dei manifestanti le forze dell'ordine hanno reagito in modo sproporzionato caricando indiscriminatamente tutti i manifestanti con uso degli sfollagente, senza peraltro che sia stato dato loro avviso della carica, finendo per travolgere ogni persona, comprese quelle che tentavano un'azione di interposizione e di rasserenamento della situazione;

   in questa circostanza insieme ad altri manifestanti l'avvocato Gianluca Vitale, iscritto ai Giuristi democratici e co-presidente del Legal Team Italia, veniva ferito, riportando un trauma cranico per 7 giorni di prognosi, a causa di un violento colpo di manganello, a quanto consta agli interroganti proprio mentre si prodigava per riportare un clima sereno e di dialogo con le stesse Forze dell'ordine;

   come riportato da un articolo pubblicato il 1° maggio 2019 sul sito online de «La Repubblica», il Ministro dell'interno ha affermato di aver visto «anche oggi in azione i cretini dei centri sociali»;

   affermazione secondo gli interroganti fuori luogo, perché il corteo partecipato e pacifico è stato turbato da quella che appare una carica ingiustificata da parte delle forze dell'ordine;

   a parere degli interroganti tale gestione dell'ordine pubblico è inaccettabile, in quanto ha determinato un evitabile innalzamento della tensione con l'utilizzo sproporzionato e non giustificato della forza, il quale sempre a parere degli interroganti appare finalizzata ad alzare il livello di conflittualità, anche con lo scopo di criminalizzare manifestazioni democratiche di dissenso –:

   se non intenda urgentemente assumere tutte le iniziative di competenza per accertare se la gestione dell'ordine pubblico, in occasione del corteo del 1° maggio 2019 tenutosi a Torino, sia stata rispettosa del diritto delle persone di manifestare liberamente e in modo pacifico e se siano state violate le norme del testo unico di pubblica sicurezza e le norme in materia di utilizzo delle dotazioni di servizio della polizia e, nel caso, acquisire elementi sul responsabile di queste decisioni e sulle relative motivazioni.
(4-02841)

  Risposta. — Il primo maggio 2019, in occasione della festa dei lavoratori, si è svolta a Torino la tradizionale manifestazione indetta dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL.
  All'evento hanno partecipato circa 35.000 persone che, dopo essersi concentrate in piazza Vittorio Veneto, hanno sfilato per le vie cittadine, per giungere in piazza San Carlo, ove i rappresentanti sindacali hanno svolto i loro interventi.
  In coda al corteo si sono posizionati i componenti dei vari movimenti di dissenso, quantificati in circa 2000 unità, con in testa gli esponenti del centro sociale
Askatasuna, seguiti da aderenti al movimento «No Tav», nonché da studenti appartenenti a diversi collettivi («Manituana», «C.U.A.» e «Last»), da sostenitori della Federazione anarchica italiana ed, infine, da militanti dell'area anarchica insurrezionale.
  Già nel primo mattino, circa un centinaio di antagonisti del centro sociale
Askatasuna si sono presentati in piazza Vittorio Veneto, con il chiaro intento di anticipare gli altri partecipanti e posizionarsi alla testa del corteo.
  La presenza di personale delle forze dell'ordine, in servizio sul posto, ne ha contenuto le iniziali intenzioni, garantendo in tal modo ai sindacati e agli esponenti politici di porsi alla testa del corteo, come previsto dagli organizzatori della manifestazione.
  Intorno alle ore 09,00, il folto gruppo dei movimenti di dissenso si è avvicinato, in modo provocatorio, ai contingenti dei reparti delle forze dell'ordine, ivi schierati per evitare loro di entrare in contatto con il corteo.
  Quando il corteo ha iniziato a muoversi, i citati gruppi antagonisti hanno svolto una serie di azioni di disturbo. Dapprima, hanno imposto al furgone utilizzato dal partito Liberi e Uguali di essere oltrepassato da quello di
Askatasuna e, successivamente, hanno tentato di oltrepassare anche il gruppo del Partito Democratico. In questo specifico frangente gli stessi si sono resi protagonisti di aggressioni, anche fisiche, nei confronti, sia del personale del servizio d'ordine del partito, che di alcuni attivisti ed esponenti politici.
  Nell'occasione, i reparti delle forze dell'ordine si sono prontamente frapposti, al fine di contenere l'irruenza dei sodalizi antagonisti ed evitare che la situazione potesse degenerare.
  Analoga azione di contenimento si è resa necessaria all'arrivo del corteo in piazza San Carlo, al fine di evitare che i gruppi di antagonisti potessero entrare in piazza ed interrompere il regolare svolgimento della manifestazione.
  Al tentativo posto in essere di sfondare il cordone appositamente predisposto, le forze dell'ordine hanno dovuto ricorrere ad azioni di alleggerimento, anche per impedire il lancio di bottiglie, di aste di bandiere ed altri oggetti contundenti, contro di loro.
  Solo alla fine degli interventi ufficiali dei rappresentanti sindacali è stato permesso l'ingresso in piazza San Carlo ai movimenti antagonisti, che hanno poi tenuto un comizio.
  A seguito di quanto accaduto la questura di Torino ha deferito a all'autorità giudiziaria 46 militanti dell'area antagonista, che in occasione del corteo si sono resi responsabili, a diverso titolo, dei reati di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violenza privata aggravata e possesso di strumenti atti ad offendere.
  Le relative posizioni sono tuttora al vaglio degli inquirenti.
  In conclusione, si evidenzia come, anche in questa occasione, la gestione dell'ordine pubblico sia stata assicurata dalle forze dell'ordine con il massimo impegno e professionalità, a garanzia dell'esercizio dei diritti fondamentali dell'intera collettività.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   MURONI, QUARTAPELLE PROCOPIO, PALAZZOTTO, FUSACCHIA e LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Asgi – Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione – ha inviato una lettera aperta al Ministero dell'interno, alla questura e alla prefettura di Trieste, oltre che alla sede per l'Italia dell'Unhcr, in relazione alle «riammissioni» – si stima nell'ordine di alcune centinaia di migranti – in Slovenia in aperta violazione delle normative interne e internazionali;

   l'associazione ha anche elaborato un documento di analisi «La riammissione informale dall'Italia alla Slovenia sulla base dell'Accordo bilaterale Italia-Slovenia e le riammissioni a catena verso la Slovenia e la Croazia». L'intervento dell'Asgi ha preso vita a seguito di fatti avvenuti nel territorio di Trieste che sono stati subito denunciati dalla Caritas di Trieste e dall'Ics;

   nel suddetto documento si ricorda come a metà di maggio 2020 il Ministero dell'interno abbia annunciato di voler incrementare le riammissioni di migranti in Slovenia che, nei giorni successivi, si sono susseguite con effettiva intensità e hanno riguardato molti cittadini afgani, pakistani e iracheni;

   si tratta di riammissioni giustificate invocando l'applicazione dell'Accordo bilaterale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia sulla riammissione delle persone alla frontiera, firmato a Roma il 3 settembre 1996, invocando una volontà delle autorità italiane di incrementare riammissioni al confine orientale, secondo le direttive che sarebbero state ricevute direttamente dal Governo italiano;

   invocare il citato accordo, secondo gli interroganti, è del tutto infondato e per molti aspetti persino risibile. L'accordo infatti, oltre ad essere stato largamente superato dall'evoluzione del diritto dell'Unione europea intervenuta negli ultimi vent'anni, in ogni caso non si applica ai richiedenti asilo. Su questo terreno le dichiarazioni ufficiali, finora delegate ad avviso degli interroganti negligentemente ad esponenti periferici dell'amministrazione centrale, sono state estremamente ambigue, perché talvolta si dichiara che l'accordo di riammissione si applica anche ai rifugiati e, in altri casi, si sottolinea come le persone riammesse non abbiano manifestato la volontà di chiedere asilo;

   secondo le testimonianze raccolte in Bosnia i migranti si sono ritrovati respinti in Slovenia, quindi in Croazia, e infine in Serbia o in Bosnia sebbene fossero intenzionati a domandare protezione internazionale all'Italia;

   il quadro che si presenta è di profonda e sconcertante illegalità, evidenziato dal fatto, non contestato, che nessun provvedimento motivato viene mai emesso e notificato ai migranti, nonostante si incida in modo macroscopico sulla loro libertà personale attraverso un trasporto coattivo dall'Italia alla Slovenia, configurando così senza dubbio quelle che appaiono agli interroganti delle espulsioni collettive vietate dal diritto internazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda predisporre affinché non si ripetano in futuro questi atti di assoluta gravità, che si configurano come respingimenti via terra camuffati da una generica riammissione in Slovenia;

   se il Governo non intenda attivarsi urgentemente, anche attraverso i canali diplomatici, affinché siano verificate – eventualmente contribuendo a fermarle – le inaudite e sistematiche violenze subite dai migranti lungo la rotta balcanica come drammaticamente denunciato dagli innumerevoli, ma poco noti in Italia, rapporti internazionali.
(4-06232)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame viene richiamata l'attenzione di questa amministrazione sulla tematica delle riammissioni dei migranti al confine italo-sloveno.
  In via preliminare, occorre ricordare che le procedure informali di riammissione in Slovenia vengono applicate nei confronti dei migranti rintracciati a ridosso della linea confinaria italo-slovena, quando risulti la provenienza dal territorio sloveno, anche qualora sia manifestata l'intenzione di richiedere la protezione internazionale, ad eccezione delle persone appartenenti alle categorie dei cosiddetti vulnerabili e dei soggetti che risultino registrati nel sistema Eurodac, avendo questi già presentato richiesta di protezione internazionale in altri Paesi membri.
  Si rappresenta che tali procedure non sono applicabili ai cittadini stranieri cui lo
status di rifugiato sia già stato riconosciuto, atteso che gli stessi sono in possesso di regolare titolo di soggiorno che ne consente la circolazione nel nostro territorio nazionale.
  L'esecuzione di tale tipologia di riammissione non comporta la redazione di un provvedimento formale, applicandosi per prassi consolidata le speditive procedure previste dal relativo accordo di riammissione siglato tra l'Italia e la Slovenia in data 3 settembre 1996.
  Le richieste di riammissione sono tempestivamente partecipate all'omologa autorità di polizia mediante la compilazione e rinvio di un apposito modulo nel quale sono elencati gli elementi a supporto delle istanze di riammissione. Inoltre, le relative procedure vengono eseguite attraverso continui contatti con le Forze di polizia slovene ai fini della verifica delle situazioni soggettive di ciascuno degli stranieri rintracciati.
  La descritta procedura speditiva è resa più agevole, peraltro, dalla contiguità territoriale degli uffici di polizia di frontiera italiani e sloveni, ubicati, entrambi, nei pressi della comune linea confinaria.
  Si evidenzia al riguardo come a tutti gli stranieri irregolari rintracciati vengano fornite, con l'ausilio di un interprete, informazioni sulla possibilità di richiedere protezione internazionale. Agli stessi viene, inoltre, consegnato un apposito opuscolo informativo, e si provvede alla registrazione delle istanze nei casi in cui sia manifestata la volontà di richiedere asilo nel corso delle interviste. Qualora ricorrano i presupposti per la richiesta di riammissione (e solo in questi casi) e la stessa venga accolta dalle autorità slovene, non si provvede all'invito in questura per la formalizzazione dell'istanza di protezione.
  Si precisa che il principio dell'unicità della domanda di asilo e della certezza del suo esame è garantito allo straniero richiedente asilo all'interno dell'Unione europea, a prescindere dallo Stato individuato quale competente ad esaminare la domanda. Conseguentemente, nessuna violazione del diritto di asilo può configurarsi in una procedura di riammissione nel territorio sloveno, anche tenendo conto che non può essere consentito allo straniero, pur bisognoso di protezione e aiuto, di scegliere il Paese in cui essere eventualmente accolto.
  Si rileva anche che la ripresa in carico da parte dei due Paesi delle persone da riammettere nel proprio territorio avviene a condizioni di reciprocità, ovviamente, presso gli uffici della polizia di frontiera ubicati in prossimità della linea confinaria.
  Si ricorda inoltre che Slovenia è uno Stato membro dell'Unione europea, da considerare intrinsecamente Paese sicuro sotto il profilo del pieno rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali in materia, Come rappresentato dalla direttiva del Ministero dell'interno del 13 maggio scorso, «si tratta, infatti, nel caso di specie, di riammissione in uno Stato europeo (...), dove, peraltro, vigono normative internazionali ed europee analoghe a quelle che vincolano lo Stato italiano».
  Si comunica altresì che è in corso di definizione la sottoscrizione di uno specifico protocollo d'intesa con la polizia di frontiera, il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), la prefettura e la questura di Trieste, volto all'impiego di propri volontari, presso diversi valichi di frontiera italo-sloveni, al fine di svolgere un'attività informativa e di supporto ai migranti intenzionati a presentare istanza di asilo.
  Si assicura infine che Italia e Slovenia stanno lavorando in un clima di piena collaborazione e che, in ogni caso, resta costante ed elevata l'attenzione del Ministero dell'interno sulle questioni sollevate dall'interrogante, al fine di garantire soluzioni più idonee e più efficaci per la gestione congiunta di questo delicato fenomeno migratorio, dai risvolti umani da considerare con molta serietà.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sistema italiano per l'esame delle domande di asilo si articola, ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008, in 20 commissioni territoriali affiancate da 30 sezioni, distribuite in tutto il territorio nazionale. Il decreto-legge n. 13 del 2017 ha autorizzato l'assunzione, mediante concorso, di «personale a tempo indeterminato altamente qualificato per l'esercizio di funzioni di carattere specialistico»;

   l'immissione di questi lavoratori nell'amministrazione ha consentito:

    a) di passare, in tema di asilo, a un approccio sistematico e professionale, grazie a una selezione basata su una serie di requisiti professionali volti a individuare una figura di funzionario specialista della materia, in grado di istruire in autonomia i procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale;

    b) di affidare le delicate valutazioni in materia al personale dell'amministrazione civile dell'interno selezionato e formato a tale scopo, in grado garantire anche la continuità della composizione dei collegi, che in passato si è rivelata una notevole criticità per la presenza di componenti non dedicati esclusivamente allo svolgimento di tali funzioni;

    c) di riorganizzare il sistema tenendo conto della natura diffusa delle domande di protezione internazionale su tutto il territorio italiano;

   tale categoria professionale, identificata dalla legge come «personale altamente qualificato per l'esercizio di funzioni di carattere specialistico», è l'unica abilitata dalla normativa vigente allo svolgimento di funzioni istruttorie nell'ambito della valutazione delle domande d'asilo, nonché l'unica idonea a far parte delle commissioni territoriali, costituendone altresì elemento indefettibile, ancorché non sviluppata tramite l'indicazione di un apposito albo;

   il profilo di questi nuovi lavoratori, inoltre, è difficilmente assimilabile a quello dei funzionari amministrativi dell'area terza, sia per il livello di preparazione richiesto, sia per il tipo di formazione, sia per lo specifico tipo di attribuzioni, comprensive della partecipazione ad una fase decisoria del collegio di appartenenza, riguardante i diritti soggettivi dei soggetti coinvolti (richiedenti asilo), con le assunzioni di responsabilità che ne conseguono;

   in relazione alla cessazione dell'attività di alcune commissioni territoriali, l'articolo 8-quater, comma 2, della legge n. 53 del 2019 ha previsto la possibilità di ricollocamento del personale proveniente dalle commissioni e sezioni territoriali in dismissione presso le sedi centrali e periferiche dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno, in deroga alla disciplina ordinaria dettata dall'articolo 30 comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, estendendo la facoltà per l'amministrazione di stabilire il trasferimento dei lavoratori oltre il limite ordinario di cinquanta chilometri, purché nell'ambito dello stesso territorio regionale. Questa disposizione, ad avviso dell'interrogante, discrimina la suddetta categoria rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici e pone le basi per una futura precarizzazione della stessa;

   una precarizzazione dell'organico destinato alle commissioni costituirebbe, dunque, un sostanziale depauperamento del capitale professionale attualmente in dotazione al Ministero dell'interno che va scongiurato anche nell'ottica della migliore gestione delle risorse dello Stato –:

   se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative volte a:

    a) valorizzare queste professionalità e collocarle tra i professionisti e le alte specializzazioni dell'attuale area contrattuale di appartenenza;

    b) far sì che, nell'ottica di una definizione chiara delle linee direttive cui si intende informare l'attività delle commissioni nonché del sistema-asilo in generale, la scelta delle sedi di commissione venga definita in una prospettiva di lungo periodo;

    c) in caso di chiusura dei collegi, assegnare in via prioritaria i predetti lavoratori a funzioni di carattere specialistico, con mantenimento dell'inquadramento giuridico e del trattamento economico;

    d) prevedere che il personale che resta in servizio presso le commissioni territoriali possa usufruire, con trattamento non discriminatorio, delle procedure di mobilità, scambi compensativi ex articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 325 del 1988 ed assegnazioni temporanee presso altre amministrazioni, previste dalla contrattazione collettiva e normativa in vigore.
(4-04040)

  Risposta. — Con riferimento, ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta, in via preliminare, che come noto, a partire dal secondo semestre del 2019, questa amministrazione ha avviato un processo di generale riassetto delle commissioni sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, strutturato in base a un piano definito con decreti ministeriali.
  Il decremento dei flussi migratori registrato sin dal 2018, si è infatti tradotto in un progressivo calo degli sbarchi, incidendo sull'entità della presenza dei richiedenti asilo nei centri di accoglienza e determinando, di conseguenza, una diminuzione del carico di lavoro dei collegi deputati alla valutazione delle istanze di protezione internazionale Tali collegi, inoltre, grazie all'assunzione di funzionari amministrativi altamente specializzati, – assunti ai sensi dell'articolo 12, comma 1-
bis, del decreto-legge n. 13 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 46 del 2017 – avevano già ottenuto il risultato di ridurre in modo significativo il consistente arretrato che si era accumulato negli anni precedenti.
  In ragione dell'andamento del fenomeno migratorio, l'articolazione in 20 commissioni territoriali e 30 sezioni, affiancate nel corso del 2019 da ulteriori 5 collegi temporanei, è stata fisiologicamente rimodulata pianificando un riassetto attuato in tre fasi, con inizio nei giugno 2019 e termine nel novembre dello stesso anno (in attuazione del decreto ministeriale del 28 giugno 2019, del decreto ministeriale 16 agosto 2019 e del decreto ministeriale 4 novembre 2019).
  A conclusione di detto piano, il sistema nazionale risulta attualmente costituito da 20 commissioni e 21 sezioni territoriali, per un totale di 41 collegi di valutazione.
  Con particolare riferimento alla questione relativa alla ricollocazione dei funzionari amministrativi interessati dal processo di riassetto delle commissioni/sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, richiamata nell'interrogazione, si evidenzia come siano state avviate due fasi di mobilità volontaria, al termine delle quali sono state assegnate, rispettivamente, 47 unità di personale presso le sedi delle commissioni/sezioni da rafforzare – secondo le indicazioni fornite dalla commissione nazionale per il diritto d'asilo – e 36 unità presso gli uffici periferici e centrali di questa amministrazione.
  Le restanti 11 unità che non hanno partecipato alla prima o alla seconda fase di mobilità volontaria, o che nell'atto di queste non hanno trovato utile collocazione, verranno assegnate agli uffici periferici del Ministero dell'interno, ai sensi dell'articolo 8
-quater del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 (recante Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2019) che prevede il preventivo, eventuale esperimento di una procedura di mobilità su base volontaria, e fa successiva ricollocazione in ambito regionale presso le sedi centrali e periferiche dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno, sulla base di criteri connessi alle esigenze organizzative e funzionali dell'amministrazione stessa.
  La norma – che ha modificato il comma 1 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 13 del 2017 – dispone anche che «In caso di ricostituzione delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, il personale di cui al periodo precedente è ricollocato presso le sedi di provenienza, ferma restando la dotazione organica complessiva del Ministero dell'interno».
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente, dopo lo sbarco sulle coste agrigentine, 120 immigrati di nazionalità tunisina sono stati trasferiti nell'hotspot di Taranto, dove sono stati posti in quarantena obbligatoria per 14 giorni;

   alla luce della decisione assunta dal Ministero dell'interno, le segreterie provinciali dei sindacati di polizia Siulp, Sap, Siap e Fsp hanno trasmesso una nota al Ministro interrogato, al capo della polizia, alla prefettura e alla questura di Taranto, nonché alla direzione centrale della immigrazione del Ministero dell'interno, al fine di segnalare le criticità correlate alla gestione della struttura, sia sotto il profilo sanitario che della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, segnatamente in relazione ai rischi connessi all'emergenza epidemiologica in corso;

   nel Paese di provenienza dei suddetti immigrati è ancora ampiamente in corso l'emergenza epidemiologica;

   le organizzazioni sindacali hanno ribadito l'inidoneità delle strutture dell'hotspot di Taranto ad accogliere un rilevante numero di ospiti per lunghi periodi di tempo, dal momento che, come noto, la struttura è stata realizzata nel 2016 per effettuare le sole procedure di identificazione, registrazione e fotosegnalamento degli ospiti, per una permanenza massima nel centro di 72 ore;

   la struttura, infatti, non è adeguatamente dotata dei servizi necessari ad ospitare tale numero di persone per un periodo di tempo lungo, componendosi di tensostrutture e di moduli prefabbricati in uso al personale della polizia di Stato. Perdipiù, la conformazione dell'area e, in particolare, la relativa recinzione perimetrale non consentono l'efficace vigilanza delle persone ospitate nella struttura, tale da contenere i rischi di contagio anche al di fuori di essa –:

   se e quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato in merito all'hotspot di Taranto e in relazione alla situazione rappresentata in premessa;

   se intenda spiegare le ragioni sulla base delle quali il Ministero dell'interno ha deciso il trasferimento delle persone immigrate dalla Sicilia all'hotspot di Taranto;

   se e quali iniziative intenda intraprendere al fine di tutelare la salute e la sicurezza degli agenti delle forze dell'ordine in servizio nella struttura e degli immigrati ivi ospitati.
(4-06017)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato parlamentare indicato in oggetto, l'interrogante fa riferimento al trasferimento presso l'hotspot di Taranto disposto lo scorso 25 maggio di 129 migranti, 33 dei quali minori non accompagnati, sbarcati ad Agrigento e Lampedusa il 23 e 24 maggio, per consentire lo svolgimento della misura di isolamento sanitario per almeno. 14 giorni, in ragione della nota situazione epidemiologica.
  Si precisa che, fra i 129 immigrati accolti, 12 sono stati tratti in arresto e detenuti presso il locale penitenziario, prevalentemente per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione delle norme in materia di reingresso illegale nel territorio nazionale; due degli arrestati, per un breve periodo, sono stati trattenuti in regime di detenzione domiciliare presso lo stesso hotspot e successivamente ricondotti presso la locale casa circondariale.
  In merito alle misure di tutela sanitaria, si riferisce che la Prefettura di Taranto, nell'imminenza degli arrivi, in data 26 maggio, ha coinvolto la direzione generale ed il dipartimento di prevenzione della Asl competente, per approfondire le misure e i protocolli da applicare agli ospiti per il periodo di quarantena e gli opportuni accorgimenti, da adottare in ordine all'igiene degli ambienti, da parte dell'ente gestore.
  Gli Uffici interpellati hanno fornito indicazioni puntuali (rispetto alle richieste avanzate) che sono state immediatamente trasmesse, con richiesta di esatto adempimento, al direttore dell'hotspot.
  Inoltre, sono stati definiti tempi e procedure per l'esecuzione dei tamponi nasofaringei sugli ospiti, finalizzati al rilascio di idonea certificazione medico sanitaria propedeutica, al trasferimento.
  I tamponi forniti dalla Asl, che ha garantito anche l'esecuzione dei relativi esami di laboratorio presso una struttura del servizio sanitario regionale, sono stati eseguiti, al termine dei 14 giorni di quarantena (decorrenti dall'arrivo del secondo gruppo di immigrati e quindi dal 27 maggio), dal presidio sanitario presente nella struttura, come da convenzione sottoscritta il 3 gennaio 2020.
  Nel precisare che sono stati tutti negativi gli esiti dei tamponi effettuati sui migranti, si soggiunge che gli stessi sono stati trasferiti in varie località pugliesi
  Più in generale, in merito all'utilizzo dell'hotspot di Taranto, si rappresenta che l'isolamento sanitario in cui vengono trattenuti gli stranieri ivi trasferiti risulta riconducibile al disposto dell'articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.
  Tale disposizione prevede, infatti, oltre al tempo necessario all'espletamento delle operazioni di identificazione dei migranti, quello occorrente per l'accertamento dello stato di salute, diretto a verificare la sussistenza di condizioni di vulnerabilità.
  Nella situazione attuale, in tali accertamenti vanno ricompresi anche quelli per la prevenzione della diffusione dell'epidemia di Covid-19.
  L'utilizzo dell'hotspot è pertanto temporaneo e limitato all'emergenza, sanitaria in atto.
  Inoltre, la prefettura di Taranto, d'intesa con la competente Unità Sanitaria Locale, ha adottato tutti i protocolli e le misure di tutela sanitaria volte a salvaguardare la salute degli ospiti dei centri, degli operatori e della comunità locale.
  È stato assicurato un monitoraggio quotidiano, da parte dei medico competente del Centro dello stato di salute degli stessi migranti, che non ha fatto registrare la necessità di alcun intervento per sintomatologia da Covid-19.
  Inoltre, in considerazione della stagione estiva, la capienza dell'hotspot è stata ampliata con l'installazione, all'aperto, di ulteriori tensostrutture, che consentono, al contempo, di assicurare il necessario.distanziamento sociale.
  I servizi di vigilanza sono assicurati attraverso l'impiego di militari dell'esercito italiano, di unità di rinforzo delle forze di polizia, nonché di personale della questura e dei comandi provinciali del carabinieri e della Guardia di finanza.
  La tutela della salute degli operatori di polizia impiegati nelle strutture di accoglienza, a stretto contatto con i migranti, è alla costante attenzione di questa amministrazione.
  Infatti, al momento dello sbarco, tutti i migranti sono sottoposti a triage sanitario, effettuato direttamente sulla banchina del molo. Successivamente, vengono trasferiti all'interno dell'hotspot, dove viene effettuato il test sierologico e, in caso di positività, si procede al tampone rino-faringeo.
  Si precisa, altresì, che il personale adibito alla vigilanza si trova ad un'adeguata distanza dalla zona residenziale nella quale sono accolti i migranti ed è munito dei dispositivi di protezione individuale (mascherina filtrante, guanti chirurgici, visiera protettiva), da indossare all'occorrenza.
  La direzione centrale di sanità fornisce costantemente direttive riguardanti la prevenzione delle malattie diffusive e, in generale, il rischio biologico, nonché le problematiche degli operatori di polizia impiegati nella gestione dei migranti,
  In tale contesto, sono state emanate, nel tempo, disposizioni operative e sono stati organizzati incontri formativi ad hoc nel campo delle malattie diffusive.
  Si precisa, infine, che sulle criticità sollevate dai segretari provinciali dei sindacati di polizia nel corso del sopralluogo effettuato lo scorso 22 maggio si è subito intervenuti ed alcune di queste sono state già risolte.
  Sono stati installati, infatti, lungo il perimetro esterno della struttura, 9 gazebi, per assicurare agli operatori di polizia una protezione dalle elevate temperature estive.
  Per quanto riguarda la pulizia dell'area esterna, l'azienda locale ha effettuato vari interventi straordinari, provvedendo alla rimozione del materiali ingombranti.
  

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   PATELLI, RACCHELLA, PRETTO e COVOLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la caccia in Italia è regolata dallo Stato, con la legge 11 febbraio 1992, n. 157 e successive modificazioni e integrazioni, che reca norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La caccia ha anche un ruolo nella «gestione» della fauna selvatica, ad esempio per mantenere la popolazione di una certa specie all'interno delle capacità di sostentamento dell'ambiente ecologico. Infatti, in Italia, guardie forestali ed ecologisti partecipano insieme alla scrittura di norme di regolamentazione della caccia, in modo che un adeguato numero di animali garantisca la preservazione della fauna selvatica;

   a fronte di una pratica hobbistica e sportiva regolata dalla legge e prevista dall'ordinamento italiano, parte della popolazione italiana rimane contraria a tale pratica ma tale posizione, seppur lecita, spesso eccede i normali limiti morali, normativi e di buon senso;

   alla fattispecie sopra citata appartiene senza dubbio il manifesto funebre apparso nel vicentino a firma di «centopercentoanimalisti»;

   tale manifestino inneggia alle persone decedute durante la stagione venatoria — includendo vergognosamente anche le persone vittime di patologie che nulla hanno a che vedere con la caccia (si cita a titolo d'esempio i morti per infarto);

   il manifestino funebre invita ad una vergognosa «cerimonia di godimento con prosecco» fissata per l'8 febbraio 2020 presso la fiera di Vicenza nella quale si annuncia la raccolta firme per la petizione «vogliamo i vespasiani sulle tombe degli assassini»;

   tale manifesto appare non solo gravemente offensivo e lesivo dell'onore di esseri umani deceduti, oltretutto senza macchiarsi di alcun crimine, ma si configura quale reato di manifestazione di oltraggio verso i defunti –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito al manifesto funebre apparso in provincia di Vicenza di cui in premessa;

   se non ritenga di adottare iniziative per verificare se l'evento pubblicizzato dal manifesto, previsto per il prossimo 8 febbraio presso la fiera di Vicenza, possa costituire una turbativa dell'ordine pubblico e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, posto che per gli interroganti esso si configura come una provocazione estremamente grave, capace di dar luogo a un pericolo per la sicurezza e per l'incolumità pubblica di chi lo sostiene o di chi ritiene che sia lesivo dell'onore di defunti, dei loro familiari o amici a cui si riferisce.
(4-04656)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In data 3 agosto 2019 un esponente del movimento animalista «Centopercentoanimalisti» ha preavvisato la questura di Vicenza circa l'intendimento di organizzare, il successivo 8 febbraio, una manifestazione pubblica nei pressi della fiera di Vicenza, in segno di protesta contro l'esposizione internazionale denominata «HIT-SHOW 2020/Hunting Individual Protection Target Sport», dedicata al mondo delle armi, della caccia e della pesca, che annualmente si svolge a Vicenza con la partecipazione di migliaia di persone, soprattutto cacciatori, provenienti da tutte le regioni d'Italia e dall'estero.
  Alcuni giorni prima della predetta iniziativa di protesta, nella zona del citato plesso fieristico, è stata registrata l'affissione abusiva, ad opera di ignoti, di manifesti dai toni offensivi nei confronti dei praticanti e simpatizzanti dell'attività venatoria; tale azione è stata, altresì, pubblicizzata anche sulla pagina Facebook del predetto movimento animalista.
  Nei giorni successivi, da parte di alcune organizzazioni del mondo venatorio, è pervenuta alla questura vicentina la richiesta di vietare la preavvisata manifestazione del movimento «Centopercentoanimalisti».
  La tematica è stata, quindi, esaminata presso la prefettura, in sede di riunione di coordinamento interforze, all'esito della quale non sono stati ravvisati motivi ostativi allo svolgimento della manifestazione in parola, anche in considerazione del fatto che in passato non si erano registrati particolari criticità sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  Nell'occasione, tuttavia, sono state valutate le opportune misure organizzative da adottare in vista della manifestazione in questione e sono state impartite al promotore specifiche prescrizioni ai sensi dell'articolo 18 del T.u.l.p.s. che disciplina le riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, al fine di prevenire qualsiasi turbativa.
  Conseguentemente, sono stati predisposti mirati servizi di ordine e sicurezza pubblica, nonché adeguate misure di vigilanza in occasione dell'evento, che risulta essersi svolto senza problematiche di ordine pubblico.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   PETTARIN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la rete delle ambasciate e dei consolati italiani nel mondo ha fornito, sin dall'inizio dell'emergenza, e ancora prima che fosse dichiarata la pandemia, un'amplissima azione di sostegno ai cittadini e alle istituzioni italiane che si è estesa a tutti i campi, dall'assistenza consolare ai connazionali in difficoltà, ai rapporti con le autorità locali e con le organizzazioni internazionali;

   la rete estera dell'Italia è stata ancora una volta fondamentale per raccogliere informazioni sulla situazione nei diversi Paesi, per difendere interessi italiani e immagine dell'Italia nel mondo, soprattutto quando veniva e viene tuttora duramente attaccata da diverse parti con il pretesto che il Coronavirus è stato intercettato in Italia prima che altrove;

   di fronte a queste gravi sfide, si sono manifestati in tutta la loro gravità problemi antichi della rete, che comprende anche gli istituti italiani di cultura e l'Agenzia Ice (Istituto commercio estero), primo fra tutti quello della carenza e dell'invecchiamento del personale di ruolo, specialmente i collaboratori amministrativi. Molte sedi presentano posti scoperti. In questa situazione, scoppio e conseguenze della pandemia sono state gravissime;

   per molte categorie questo periodo è durissimo. Sono stati spesso giustamente citati – e anche l'interrogante oggi si associa ancora al doveroso omaggio – professionisti del settore sanitario, insegnanti e tanti altri ancora impegnati in prima linea. Pochi però sembrano ricordare che tra queste categorie vi sono coloro che stanno assistendo i nostri connazionali all'estero;

   ci si è fino ad oggi dimenticati di quei servitori dello Sfato che per la loro funzione prestano servizio fuori dal nostro Paese, come personale diplomatico, di ambasciate, consolati, istituti di cultura e Ice. Funzionari che da mesi vivono in perenne emergenza, spesso situazioni pericolose e precarie, anche sotto coprifuoco militare, lontano da casa, assistendo gli italiani ovunque si trovino, organizzando rimpatri e rimanendo sul posto per fronteggiare nuove emergenze;

   da molti mesi è impossibile tornare a casa e per moltissimi rivedere le famiglie, fare fronte a problemi ed esigenze personali e famigliari, sottoporsi a interventi e visite mediche. Non è stata offerta ai dipendenti alcuna copertura assicurativa specifica in caso contagio, considerando che molti Paesi sono sprovvisti di strutture sanitarie adeguate oppure chiedono per le cure costi elevatissimi;

   a normativa vigente l'obbligo di quarantena ribadito dal Ministro Speranza con l'ordinanza del 30 giugno 2020 costringe i dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che fortunosamente riuscissero a rientrare in Italia, a perdere l'indennità di servizio per i 14 giorni di isolamento oppure a consumare i residui periodi di congedo in casa: in tal modo sono lesi i diritti minimi di chi, per dovere d'ufficio, proprio perché all'estero, sta scontando le più gravi conseguenze della pandemia;

   non bisogna dimenticare che tali periodi riposo non sono solo garantiti dalla legge, ma sono anche indispensabili per garantire al massimo livello di efficienza e adeguatezza i servizi al cittadino e alle istituzioni. I dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sono sfiniti e ci si chiede per quanto ancora si intende abbandonarli a se stessi nei Paesi dove si trovano, con le relative condizioni di vita e di accesso a beni e servizi e la scomparsa dei mezzi di trasporto per l'Italia: tutto questo stravolge completamente le precedenti classificazioni di disagio delle sedi, facendo precipitare molte situazioni in oggettivo e grave disagio, senza che finora la Farnesina abbia assunto alcun provvedimento in merito –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per preservare l'integrità e la salute del personale all'estero nei Paesi extra-Schengen, in particolare garantendo fruizione effettiva dei periodi congedo, con esplicito riferimento all'obbligo di quarantena e possibili rotazioni straordinarie, rimodulazione delle fasce di rischio e disagio sulla base della nuova situazione internazionale e copertura dei rischi da contagio nei Paesi privi di sostanziale accesso alle cure.
(4-06239)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-06239 relativa alle iniziative per preservare l'integrità e la salute del personale all'estero nei Paesi extra-Schengen, garantire la fruizione dei periodi di congedo, rimodulare le fasce di rischio e disagio alla luce della pandemia in corso e garantire una copertura assicurativa dai rischi derivanti dal contagio nei Paesi con ridotto accesso alle cure.
  Sin dai primi momenti dell'emergenza sanitaria, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha intrapreso ogni possibile iniziativa per garantire la salute di tutto il proprio personale (sia presso l'amministrazione centrale che presso le sedi all'estero, sia di ruolo che a contratto) e per assicurare i servizi consolari essenziali e la necessaria assistenza ai connazionali in difficoltà nel difficile contesto della pandemia (si pensi all'organizzazione dei voli di rientro in Italia per i connazionali rimasti bloccati all'estero, al rilascio e al rinnovo passaporti e di documenti di viaggio urgenti, all'erogazione di contributi in materia di assistenza ai cittadini all'estero in condizioni di necessità, e altro).
  Oltre al fondamentale diritto alla salute, si è anche – ovunque possibile – lavorato per minimizzare l'impatto negativo della situazione determinatasi con il Covid-19 sul benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e sul normale andamento dell'attività: ad esempio, rendendo più flessibile la fruizione dei periodi di congedo, e salvaguardando le indennità spettanti per il servizio all'estero.
  Per quanto riguarda la fruizione dei periodi di congedo, occorre premettere che, in questa fase delicata e imprevedibile nei suoi futuri sviluppi, ogni decisione relativa alle date dei trasferimenti (gran parte programmati prima dell'epidemia) è stata adottata con un approccio caso per caso, tenendo conto tanto delle esigenze di servizio della rete all'estero, quanto di quelle personali delle dipendenti e dei dipendenti.
  Più precisamente, con l'obiettivo di minimizzare i disagi connessi alla mancata fruizione di periodi di riposo e di consentire la massima operatività possibile di ciascuna Sede, si è prestata particolare attenzione alla fase di avvicendamento all'estero per consentire ai dipendenti e alle dipendenti tempo sufficiente per la gestione degli adempimenti connessi al trasferimento così come per la tutela e il recupero delle energie psico-fisiche.
  Conformandosi alle disposizioni emanate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché alle vigenti norme di legge e di contratto collettivo nazionale di lavoro, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha garantito la possibilità di usufruire delle ferie a tutti i suoi dipendenti in servizio sulla rete estera. Ciò al fine di consentire il necessario recupero delle energie psico-fisiche e il godimento di un diritto irrinunciabile del lavoratore, in alcuni casi, di tali periodi di riposo il dipendente ha fruito presso il Paese in cui prestava servizio, anche in considerazione della minore propagazione del COVID-19. Ciò è avvenuto, in particolare, in quei Paesi che registravano pochissimi casi di contagio, mentre in Italia il rapido diffondersi del virus induceva ad applicare rigide misure di contenimento.
  Per chi sia rientrato in Italia, va considerato che l'obbligo di quarantena con sorveglianza attiva, ovvero di permanenza domiciliare fiduciaria, deriva da precise disposizioni normative introdotte per fronteggiare l'emergenza sanitaria.
  Per i dipendenti pubblici, l'articolo 19 del decreto-legge n. 9 del 2 marzo 2020 stabilisce che i periodi di quarantena siano equiparati, ai fini giuridici ed economici, al ricovero ospedaliero.
  Con riferimento alla quarantena obbligatoria disposta ai rientro in Italia, la perdita dell'indennità di servizio estero (ISE) non è affatto una conseguenza automatica e inevitabile: fatti salvi i casi di congedo, l'indennità di servizio estero infatti viene conservata – nei limiti e con le modalità previste dalla legge – sia in caso di assenza per malattia, sia in caso di trattenimento in servizio in Italia ex articolo 186 decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.
  Nello specifico, per i dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e per il personale al quale si applica la normativa relativa al servizio all'estero (decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 e successive modifiche ed integrazioni), la decurtazione dell'ISE è legata – come previsto dall'articolo 183 ibid. – solo al superamento, nel corso dell'ultimo anno solare, di una soglia massima di 45 giorni di congedo straordinario, indipendentemente dalle ragioni dell'assenza.
  Anche nel caso della quarantena, quindi, l'eventuale decurtazione dell'ISE prevista dalla predetta normativa avverrebbe solo qualora il periodo di quarantena superasse la soglia massima di giorni di assenza.
  Con riferimento alle fasce di disagio, la normativa in vigore (articolo 144 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967) prevede tre qualifiche per le sedi all'estero; normali, disagiate, e particolarmente disagiate. A queste tre fasce corrispondono effetti crescenti – all'aumentare del disagio – su fattori quali: i giorni di congedo; il tetto massimo di assenza dei familiari dei dipendenti senza che vi sia una decurtazione delle maggiorazioni di famiglia percepite all'estero; e, dietro specifica richiesta degli interessati, sul computo del servizio prestato ai fini del trattamento di quiescenza.
  In questo ambito, i Paesi con sistemi sanitari più deboli o di difficile accesso per gli stranieri (ad esempio quasi tutti i Paesi dell'Africa, del Medio Oriente, dell'Asia centrale, meridionale e orientale, dell'America centrale, oltre ad alcuni Paesi dell'America latina e dell'Europa orientale) già godono della qualifica di «particolare disagio» e dell'applicazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1991, che consente ai dipendenti ivi in servizio di percepire le maggiorazioni di famiglia anche senza la presenza in sede dei congiunti.
  Quanto ai provvedimenti ad hoc presi dall'Amministrazione nelle prime settimane del diffondersi dell'epidemia — in cui questa era circoscritta a Cina e in parte alla Corea si è proceduto con interventi mirati, da applicarsi a singole sedi per l'elevazione temporanea della qualifica di disagio e la concessione dei benefici di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1991. Successivamente, con l'espandersi del contagio e del rischio a livello globale – che ha peraltro visto l'Italia tra i Paesi più colpiti – si è reso necessario un approccio diverso, anche perché tali qualifiche di disagio sono concesse sulla base di una comparazione con la situazione nazionale.
  Si è quindi data priorità alla salvaguardia dei livelli delle indennità di servizio all'estero per quei dipendenti impiegati in sedi nelle quali il versamento delle maggiorazioni di famiglia è subordinato alla presenza dei congiunti. In tal senso, è in corso di perfezionamento un provvedimento che consente per tali dipendenti di non contare tra i giorni di assenza dei familiari dalle sedi di servizio i periodi nei quali gli stessi sono rimasti bloccati fuori sede per ragioni legate alla pandemia.
  Tale provvedimento copre un primo periodo che va dall'11 marzo (dichiarazione della pandemia da parte dell'OMS) al 15 giugno 2020 (riapertura di gran parte dei collegamenti nell'area Schengen). È intenzione del Governo, e in particolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentiti gli organi di controllo, reiterare il provvedimento per i periodi successivi al 15 giugno a favore dei dipendenti in servizio in Paesi – in particolare quelli fuori dell'area Schengen – nei quali le misure di contrasto a COVID-19 sono o saranno ancora attive.
  Infine, alla luce degli sviluppi della pandemia a livello globale, nei prossimi mesi verrà avviata una riflessione sulla possibile revisione complessiva delle qualifiche di disagio.
  Per quanto riguarda invece la copertura dei rischi da contagio nei Paesi con ridotto accesso alle cure, a favore dei dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in servizio presso le sedi della rete diplomatico-consolare si applicano, a seconda del luogo di destinazione, le forme di assistenza sanitaria offerte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per i lavoratori di diritto italiano all'estero – disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 618 del 1980. In particolare, i dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale:
  godono dell'assistenza sanitaria in forma diretta negli Stati dell'Unione europea e nei Paesi, quali Stati Uniti e Canada, in cui vigono apposite convenzioni sanitarie. In particolare, i dipendenti della pubblica amministrazione italiana in servizio negli USA e in Canada e i loro familiari beneficiano dell'assistenza sanitaria in forma diretta con copertura totale delle spese sanitarie rientranti nei LEA, Livelli essenziali di assistenza, grazie a due convenzioni stipulate dal Ministero della salute con compagnie assicuratrici locali (rispettivamente Blue Cross & Blue Shield e Cowan Benefits Consulting Ltd.);
  godono dell'assistenza sanitaria in forma indiretta nei restanti Paesi, mediante il rimborso delle spese sostenute dall'assistito per sé o per i propri familiari aventi diritto. In questi Paesi, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale offre ai propri dipendenti e ai relativi nuclei familiari una polizza sanitaria complementare, il cui premio annuo è a carico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nella misura dell'85 per cento ai sensi dell'articolo 211 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.
  La polizza sanitaria attualmente in convenzione per il triennio 2019-2021 è stata stipulata, a seguito di apposita gara d'appalto europea, con la Compagnia di assicurazioni RBM salute spa. Il vantaggio di tale polizza rispetto alla copertura del Servizio sanitario nazionale consiste nell'offerta di prestazioni in «assistenza diretta», garantite su un circuito di cliniche convenzionate, con costi sostenuti direttamente dalla compagnia di assicurazione senza scoperti né franchigie – sollevando così il dipendente assicurato dall'onere del pagamento delle prestazioni ricevute.
  Appare opportuno precisare che la predetta polizza sanitaria copre, tra l'altro, tutte le spese mediche legate alla cura del COVID-19, incluse quelle per i ricoveri, e offre la possibilità di trasferimento sanitario in Paesi limitrofi laddove venga certificata l'inadeguatezza del livello delle prestazioni sanitarie nel Paese di servizio rispetto alla patologia occorsa.
  Per quanto riguarda la copertura sanitaria del personale a contratto a legge locale in servizio presso la rete diplomatico-consolare e gli istituti italiani di cultura, essa viene garantita nelle forme prescritte come obbligatorie dalla normativa locale. Nei casi in cui la normativa locale non preveda forme di assicurazione sanitaria obbligatoria o qualora queste risultino manifestamente insufficienti, la copertura viene garantita attraverso assicurazioni sanitarie private pagate interamente dal Ministero, ai sensi dell'articolo 158 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.
  Al personale a contratto a legge italiana, nei Paesi extra-europei la copertura viene garantita dal Sistema sanitario nazionale italiano in forma indiretta, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 618 del 1980. In quei Paesi ove la copertura risulti di fatto preclusa per l'eccessiva onerosità delle spese che il dipendente dovrebbe anticipare, l'Amministrazione ha predisposto con il Ministero della salute specifici schemi assicurativi privati.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   POTENTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la nave MSC Bellissima è una nave Passenger (Cruise) Ship costruita nel 2018 che naviga attualmente sotto bandiera dello stato di Malta. Nella scheda di viaggio reperibile pubblicamente su sito internet risulta di proprietà della società «Vista 2 compania naviera SA» e risulta attualmente ferma nel porto dell'emirato arabo di Dubai/Port Rashid dal 2 aprile alle ore 04:00;

   negli scorsi giorni sono stati rivolti appelli di aiuto alla stampa e via web da connazionali, membri del personale di bordo della nave MSC Bellissima, i quali attualmente, e in conseguenza dell'emergenza Covid-19, hanno visto l'unità navale costretta appunto all'attracco assieme all'altra della compagnia, la MSC Lirica, nello scalo di Port Rashid di Dubai;

   dalle informazioni assunte tramite questi messaggi dei signori Valentina Mannari e Pio Riccardi apparsi, rispettivamente, su Il Tirreno del 16 aprile e Il Sipontino del 13 aprile 2020, il personale di bordo della MSC Bellissima, lamenta una grave situazione sanitaria che si sarebbe aggravata, in danno del personale di bordo, dopo la discesa di tutti gli ospiti;

   questi membri dell'equipaggio sarebbero stati infatti ristretti nelle proprie cabine senza verifiche sulla positività a Covid-19, pur in presenza di sintomi a questo riconducibili e per un tempo che a oggi si quantifica in venti giorni. Oltre a ciò, la permanenza a bordo sta continuando senza chiare indicazioni di quanto trascorrerà prima del loro rimpatrio. Risulta, infatti, che per ben tre volte sia stato fissato un volo aereo di rientro, ma che, ogni volta, senza apparente e chiara motivazione questo sia stato rinviato;

   la grave circostanza che motiva l'interrogante ad attivarsi tramite il presente atto di sindacato ispettivo è che, sino alla data del 16 aprile 2020, il personale manifestava sintomi potenzialmente riconducibili a Covid-19, ma nessuno, dopo settimane di permanenza a bordo, sarebbe stato ancora sottoposto a tampone. Quindi, dalle autorità sanitarie di Dubai non paiono esservi state azioni di sollecito intervento in questo senso –:

   se e di quali notizie disponga il Ministro interrogato circa l'attuale stato di salute dei membri dell'equipaggio della MSC Bellissima e la tempistica del loro rientro;

   se e quali iniziative diplomatiche si intendano assumere perché sia garantita dal Paese di attracco assistenza sanitaria a bordo.
(4-05268)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-05268 sullo stato di salute dei membri dell'equipaggio della MSC Bellissima, attraccata al porto di Dubai, la tempistica del loro rientro e le iniziative per assicurare assistenza sanitaria a bordo.
  Fin dai primi momenti in cui si è sviluppata l'emergenza sanitaria causata da COVID-19, anche prima che l'Oms riconoscesse il nuovo coronavirus come «pandemia», il settore crocieristico ha dovuto affrontare vari ostacoli causati dalle repentine chiusure dei porti presso i quali erano stati previsti scali durante la navigazione.
  In molti casi le compagnie di navigazione hanno dovuto cambiare rotta e porto di destinazione e avviare un dialogo, anche con il supporto della locale rete diplomatico-consolare, con le autorità del Paese di destinazione per ottenere le necessarie autorizzazioni allo sbarco ed effettuare, ove richiesto, degli esami, clinici per individuare eventuali casi di positività al virus.
  Posto che il rientro in sicurezza nei luoghi di provenienza dei passeggeri e dell'equipaggio delle navi da crociera è un dovere della compagnia di navigazione, la rete diplomatico-consolare italiana ha prestato assistenza alle compagnie nella complessa attività di dialogo e coordinamento con le autorità locali, intervenendo a più riprese su queste ultime in tutto il mondo.
  Con riferimento specifico alle navi MSC e alla MSC Bellissima, il consolato generale a Dubai ha seguito le operazioni di attracco, sbarco, sorveglianza sanitaria e partenza di equipaggio e personale sin dall'inizio di aprile. La direzione di MSC ha mantenuto il consolato costantemente aggiornato sulle attività sanitarie, in particolare l'effettuazione dei tamponi, e il periodo di isolamento di 14 giorni previsto dalle autorità locali.
  I marittimi italiani a bordo della MSC sono stati rimpatriati, per la quasi totalità, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, con voli organizzati direttamente da MSC, come di consueto. In particolare, il primo gruppo di 30 marittimi italiani risultati negativi al tampone è partito il 29 aprile ed è arrivato a Roma in pari data. Altri 2 marittimi risultati inizialmente positivi al tampone e in attesa di un secondo test sono potuti partire tra il 2 e il 4 maggio.
  Ad oggi, rimangono a bordo di MSC Bellissima solo i marittimi che fanno parte del «Minimum Safety Manning», vale a dire un ristretto nucleo essenziale alla manutenzione in sicurezza della nave, seppur non operativa, Su MSC Bellissima sono presenti 13 marittimi rientranti in questa categoria e non si registrano criticità a bordo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente sono stati trasferiti all'interno dell'Hotspot di Taranto 120 cittadini extracomunitari di nazionalità tunisina sbarcati illegalmente sulle coste dell'agrigentino e gli stessi, su decisione del Viminale, sono stati messi in quarantena nell'hub per 14 giorni;

   secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno, rispetto allo stesso periodo del 2019, gli sbarchi clandestini sono passati da 1.878 a ben 5.461 e dunque, a causa dell'aumento del flusso migratorio illegale e dell'accoglienza degli stranieri nei vari centri, nel nostro Paese si registrano forti criticità legate alla pandemia;

   in particolare, riguardo alla situazione all'interno dell'Hotspot di Taranto, è stata anche inviata una nota del cartello dei sindacati di polizia composto da Siulp-Sap-Siap-Fsp al Ministro dell'interno, al capo della polizia – direttore generale della P.s. al prefetto e al questore di Taranto, nonché alla direzione centrale dell'immigrazione del Ministero dell'interno nella quale sono state evidenziate gravissime criticità correlate alla gestione della struttura e agli ambiti operativi delle forze di polizia ivi impiegate, con particolare riguardo sia agli aspetti sanitari, che della sicurezza e salute sul posto di lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008), anche collegate all'emergenza da Covid-19;

   difatti, ad oggi dal sito dell'ambasciata d'Italia a Tunisi, si osserva che l'autorità di Governo, pur stabilendo drastiche misure di distanziamento sociale e di confinamento, non è riuscita a contenere i contagi da Coronavirus e non è stata decretata la fine della pandemia;

   già nelle precedenti conduzioni del centro si è vista una gestione criticabile e per certi versi «fallimentare» che ha comportato diversi interventi della polizia di Stato per sopperire, con atti di buona volontà e buona pratica, ad inadempienze di altri soggetti;

   già al questore di Taranto sono state ribadite tali osservazioni e chiesto di individuare i livelli di responsabilità e ridefinire i ruoli e le competenze in ordine alla gestione dell'Hotspot, necessità da egli ampiamente condivisa;

   l'Hotspot è stato realizzato nel 2016 per ospitare temporaneamente gli immigrati sbarcati, pertanto la struttura è stata realizzata in maniera tale da consentire una loro rapida identificazione, registrazione e fotosegnalamento e per un trattenimento nel centro di massimo 72 ore;

   pertanto, la struttura non è dotata di tutti i servizi e non è idonea per sostenere una permanenza così lunga di un numero significativo di persone, a maggior ragione se poi si considerano le ragioni di ordine sanitario sopra esposte;

   inoltre, rispetto ad altre classificate come Hotspot, la struttura in questione, sin dalla sua apertura, ha rivelato numerosi problemi ed è diversa poiché si compone di tensostrutture e di moduli prefabbricati in uso al personale della polizia di Stato ed è perimetrata da una recinzione la cui altezza è pressoché di due metri, facilmente valicabile;

   dalla nota si apprende altresì che le organizzazioni hanno svolto una visita per le verifiche in ordine al rispetto del decreto legislativo n. 81 del 2008 (sicurezza posti di lavoro), nel corso della quale sono emerse diverse criticità anche relativamente al piano preventivo-sanitario –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare in merito all'Hotspot di Taranto ed in particolare se intenda istituite al suo interno un presidio medico permanente;

   quali garanzie intenda assicurare anche al personale del XV reparto mobile di Taranto e di altri reparti aggregati che concorrono nei servizi all'interno dell'Hotspot relativamente alla dotazione di dispositivi di protezione DPI (tute, mascherine ffp3, mascherine chirurgiche, guanti e visiere).
(4-05951)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato parlamentare indicato in oggetto, l'interrogante fa riferimento al trasferimento presso l'hotspot di Taranto disposto lo scorso 25 maggio di 129 migranti, 33 dei quali minori non accompagnati, sbarcati ad Agrigento e Lampedusa il 23 e 24 maggio, per consentire lo svolgimento della misura di isolamento sanitario per almeno 14 giorni, in ragione della nota situazione epidemiologica.
  Si precisa che, fra i 129 immigrati accolti; 12 sono stati tratti in arresto e detenuti presso il locale penitenziario, prevalentemente per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione delle norme in materia di reingresso illegale nel territorio nazionale; due degli arrestati, per un breve periodo, sono stati trattenuti in regime di detenzione domiciliare presso lo stesso
hotspot e successivamente ricondotti presso la locale casa circondariale.
  In merito alle misure di tutela sanitaria, si riferisce che la prefettura di Taranto, nell'imminenza degli arrivi, in data 26 maggio, ha coinvolto la direzione generale ed il dipartimento di prevenzione della Asl competente, per approfondire le misure e i protocolli da applicare agli ospiti per il periodo di quarantena e gli opportuni accorgimenti da adottare in ordine all'igiene degli ambienti, da parte dell'ente gestore.
  Gli uffici interpellati hanno fornito indicazioni puntuali (rispetto alle richieste avanzate) che sono state immediatamente trasmesse, con richiesta di esatto adempimento, al direttore dell'
hotspot.
  Inoltre, sono stati definiti tempi e procedure per l'esecuzione dei tamponi nasofaringei sugli ospiti, finalizzati al rilascio di idonea certificazione medico sanitaria propedeutica al trasferimento.
  I tamponi forniti dalla Asl, che ha garantito anche l'esecuzione dei relativi esami di laboratorio presso una struttura del servizio sanitario regionale, sono stati eseguiti, al termine dei 14 giorni di quarantena (decorrenti dall'arrivo del secondo gruppo di immigrati e quindi dal 27 maggio), dal presidio sanitario presente nella struttura, come da convenzione sottoscritta il 3 gennaio 2020.
  Nel precisare che sono stati tutti negativi gli esiti del tamponi effettuati sui migranti, si soggiunge che gli stessi sono stati trasferiti in varie località pugliesi.
  Più in generale, in merito all'utilizzo dell'
hotspot di Taranto, si rappresenta che l'isolamento sanitario in cui vengono trattenuti gli stranieri ivi trasferiti risulta riconducibile al disposto dell'articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.
  Tale disposizione prevede, infatti, oltre al tempo necessario all'espletamento delle operazioni di identificazione del migranti, quello, occorrente per l'accertamento dello stato di salute, diretto a verificare la sussistenza di condizioni di vulnerabilità.
  Nella situazione attuale, in tali accertamenti vanno ricompresi anche quelli per la prevenzione della diffusione dell'epidemia di Covid-19.
  L‘utilizzo dell'
hotspot è pertanto temporaneo e limitato all'emergenza sanitaria in atto.
  Inoltre, la prefettura di Taranto, d'intesa con la competente Unità sanitaria locale, ha adottato tutti i protocolli e le misure di tutela sanitaria volte a salvaguardare la salute degli ospiti dei centri, degli operatori e della comunità locale.
  È stato assicurato un monitoraggio quotidiano, da parte del medico competente del centro dello stato di salute degli stessi migranti, che non ha fatto registrare la necessità di alcun intervento per sintomatologia da Covid-19.
  Inoltre, in considerazione della stagione estiva, la capienza dell'
hotspot è stata ampliata con l'installazione, all'aperto, di ulteriori tensostrutture, che consentono, al contempo, di assicurare il necessario distanziamento sociale.
  I servizi di vigilanza sono assicurati attraverso l'impiego di militari dell'esercito italiano, di unità di rinforzo delle forze di polizia, nonché di personale della questura e dei comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di finanza.
  La tutela della salute degli operatori di polizia impiegati nelle strutture di accoglienza, a stretto contatto con i migranti, è alla costante attenzione di questa amministrazione.
  Infatti, al momento dello sbarco, tutti i migranti sono sottoposti a
triage sanitario, effettuato direttamente sulla banchina del molo. Successivamente, vengono trasferiti all'interno dell'hotspot, dove viene effettuato il test sierologico e, in caso di positività, si procede al tampone rino-faringeo.
  Si precisa, altresì, che il personale adibito alla vigilanza si trova ad un'adeguata distanza dalla zona residenziale nella quale sono accolti i migranti ed è munito dei dispositivi di protezione individuale (mascherina filtrante, guanti chirurgici, visiera protettiva), da indossare all'occorrenza.
  La direzione centrale di sanità fornisce costantemente direttive riguardanti la prevenzione delle malattie diffusive e, in generale, il rischio biologico, nonché le problematiche degli operatori di polizia: impiegati nella gestione dei migranti.
  In tale contesto, sono state emanate, nel tempo, disposizioni operative e sono stati organizzati incontri formativi
ad hoc nel campo delle malattie diffusive. Si precisa, infine, che sulle criticità sollevate dai Segretari Provinciali del sindacati di polizia nel corso del sopralluogo effettuato lo scorso 22 maggio si è subito intervenuti ed alcune di queste sono state già risolte.
  Sono stati, installati, infatti, lungo il perimetro esterno della struttura, 9 gazebi, per assicurare agli operatori di polizia una protezione dalle elevate temperature estive.
  Per quanto riguarda la pulizia dell'area esterna, l'azienda locale ha effettuato vari interventi straordinari, provvedendo alla rimozione dei materiali ingombranti.
  

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, gli organi di stampa nazionali e locali avrebbero dato notizia della ripresa degli 2 sbarchi diretti e non controllati sulle coste della Sardegna sud occidentale da parte di persone o gruppi di persone provenienti dal nord Africa;

   Sky Tg24 avrebbe riferito che «Nelle ultime 24 ore sono arrivati 88 algerini, tra i quali una donna», tra le spiagge e i territori dei comuni di Sant'Anna Arresi, di Domus De Maria e Teulada;

   i migranti, dopo le visite mediche, sarebbero stati trasferiti nel centro di prima accoglienza di Monastir dove sarebbero stati posti in quarantena;

   la circostanza avrebbe destato grande preoccupazione, non solo per il ripresentarsi di un fenomeno spesso sottovalutato che, in passato, avrebbe avuto anche risvolti sul piano giudiziario (con l'individuazione di organizzazioni dedite al traffico di migranti), sul piano dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale e su quello dell'emergenza sanitaria, ma soprattutto per le modalità degli sbarchi che avrebbero interessato anche degli stabilimenti balneari in un contesto, tra l'altro, aggravato dall'emergenza COVID-19;

   il quotidiano L'Unione Sarda, del 30 giugno 2020, in un'intervista al presidente di Confcommercio Sud Sardegna e vice presidente del sindacato nazionale balneari, Alberto Bertolotti, riferirebbe che: «Per tutta la notte ha dovuto tenere sotto controllo 12 migranti sbarcati davanti al suo stabilimento [...] Ci siamo presi cura di loro dalle 3 del mattino alle 8,15, prima eravamo in due, poi è arrivato un altro mio collaboratore»;

   il responsabile di Confcommercio, oltre a riferire che non sarebbe stata la prima volta ad accogliere dei migranti appena sbarcati, avrebbe sostenuto che «Quando è arrivato il pullman per il trasferimento, l'autista non voleva farli salire perché nessuno aveva la mascherina» e che «Gli stabilimenti balneari possono accogliere i migranti sino all'arrivo dei carabinieri, ma non per cinque ore»;

   da quanto esposto emergerebbe una situazione allarmante, perché, se nel passato, il fenomeno degli sbarchi sulle coste della Sardegna avrebbero assunto dimensioni proprie di una grave e pericolosa emergenza sotto il profilo della sicurezza delle comunità interessate e della salute pubblica, oggi, queste circostanze sarebbero ulteriormente amplificate dal COVID-19;

   L'Unione Sarda riferirebbe, infatti, che sindacati di polizia e amministratori locali avrebbero espresso preoccupazione perché «Gestire sbarchi era già un problema, ma ora che siamo in emergenza sanitaria la situazione non è più tollerabile», mentre gli amministratori locali sarebbero «preoccupati dal rischio contagio visto che i migranti provengono tutti dall'Algeria, dove in queste ore il numero dei malati di Covid-19 continua a salire»;

   è il caso di sottolineare che il fenomeno degli sbarchi non controllati si esplicherebbe in un contesto di grave sottodimensionamento delle forze dell'ordine sia quelle specificatamente preposte alle attività di controllo degli scali doganali sia quelle che, più in generale, vigilano sulla sicurezza delle comunità della Sardegna –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire un'adeguata vigilanza delle coste e dei punti di frontiera della Sardegna, al fine di contrastare il fenomeno degli sbarchi diretti e non controllati sulle coste dell'isola e di prevenire il rischio di diffusione del COVID-19, visto gli sbarchi avvengono da Paesi nei quali l'epidemia è in continua crescita;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a incrementare gli organici, nonché le dotazioni strumentali, delle forze dell'ordine, con particolare riguardo alle unità della polizia di frontiera operante in Sardegna.
(4-06319)

  Risposta. — Il fenomeno degli sbarchi di migranti irregolari cui si fa riferimento nell'interrogazione si verifica da diversi anni, a fasi alterne, sulle coste sud-occidentali della Sardegna, nel territorio del Sulcis Iglesiente.
  Gli stranieri, generalmente di sesso maschile e quasi tutti appena maggiorenni, giungono attraverso la rotta dell'Algeria in gruppi di pochi individui, impiegando piccole imbarcazioni, che sono difficilmente rilevabili anche dalle moderne strumentazioni radar.
  I migranti vengono intercettati per lo più in mare, da veicoli o da unità navali in assetto Frontex ovvero a terra, dopo essere sbarcati, a seguito di segnalazioni di cittadini o direttamente con l'intervento di pattuglie delle Forze di Polizia impegnate nelle attività di controllo del territorio.
  Tutti i migranti rintracciati in mare e nei luoghi di sbarco vengono trasferiti in una struttura adibita a centro di primo soccorso di accoglienza presso l'ex scuola della polizia penitenziaria, ubicata nel comune di Monastir, per i prescritti accertamenti sanitari, nonché ai fini dell'identificazione e dei controlli di sicurezza,
  Gli stranieri vengono muniti di idonei dispositivi di protezione individuali (DPI), che indossano anche nelle fasi di trasporto dal luogo di sbarco fino al loro collocamento presso il centro di Monastir. Inoltre, nei confronti dei migranti viene disposta, da parte delle autorità competenti, la messa in quarantena per un periodo di 14 giorni all'interno del centro di Monastir o presso altre strutture all'uopo individuate, con costante osservazione sanitaria. Nell'ambito dei citati accertamenti sanitari, gli stranieri vengono altresì sottoposti sempre al tampone rinofaringeo.
  Alla data del 24 luglio si sono registrati 4 casi di positività, 3 dei quali poi risultati, con i
test successivi, negativi. I casi positivi trascorrono il periodo di isolamento presso locali opportunamente individuati all'interno del cennato compendio ovvero presso strutture sanitarie e sono seguiti quotidianamente dalle autorità sanitarie.
  Gli operatori delle forze di polizia, entrati in contatto con gli stranieri risultati positivi al Covid-19, sempre protetti dall'impiego dei Dpi in alcuni casi e a scopo meramente precauzionale, sono stati sottoposti allo stesso esame con esito negativo.
  Al riguardo, si rappresenta che il Ministero dell'interno ha messo in atto tutte le misure di sanità pubblica volte al massimo contenimento della diffusione dei contagi fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria nel nostro Paese.
  È stata richiamata l'attenzione di tutti gli operatori di polizia, e non solo di quelli impegnati nelle operazioni di rintraccio, identificazione e trasporto dei migranti nei centri di accoglienza, al rispetto delle misure di prevenzione, secondo le direttive del Ministero della salute.
  Per quanto attiene alla dotazione organica della Polizia di Stato, si fa presente che la provincia di Cagliari può contare su 1035 unità effettive di cui 390 impiegate presso la questura, destinataria nell'aprile scorso di un incremento di 20 unità.
  Con specifico riferimento alle azioni di prevenzione e contrasto volte a frenare il flusso migratorio via mare dall'Algeria verso la Sardegna, si evidenzia che è stata rafforzata l'attività di sorveglianza aerea nelle acque internazionali a sud dell'isola, prodromica a un eventuale intervento di intercetto navale. In tale contesto, è stato da ultimo richiesto all'agenzia Frontex il possibile rafforzamento della sorveglianza nell'area SAR di competenza nazionale attraverso l'impiego di ulteriori assetti sia aerei che navali per i prossimi mesi.
  In tale contesto, si rappresenta, inoltre, che la Guardia di finanza ha ulteriormente incrementato le ore di pattugliamento aeromarittimo e ha avviato un processo di potenziamento e ammodernamento della flotta aeronavale, con conseguente incremento delle capacità di sorveglianza delle acque territoriali.
  Sì assicura, infine, che l'attenzione da parte del Ministero dell'interno sulle questioni prospettate nell'atto di sindacato ispettivo permane costante, al fine di individuare misure sempre più idonee a garantire la tutela della salute pubblica
in primis attraverso il rigoroso rispetto di tutte le misure precauzionali previste, ancor più nell'ambito di un'emergenza sanitaria come quella in atto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020 ha sospeso le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado a causa dell'emergenza Covid-19. Conseguentemente, il Ministero dell'istruzione ha diramato la nota ministeriale n. 279 dell'8 marzo del 2020 che ha stabilito la «necessità di attivare la didattica a distanza al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all'istruzione»;

   il testo ministeriale in riferimento alla valutazione degli apprendimenti e alla verifica delle presenze degli studenti accenna a «una varietà di strumenti a disposizione a seconda delle piattaforme utilizzate»;

   a fronte della circolare ministeriale, ma ancor di più, forti della normativa vigente che affida al docente la scelta delle modalità di verifica e valutazione, molti istituti scolastici italiani stanno definendo i processi di verifica e valutazione, tenendo conto degli aspetti peculiari dell'attività didattica a distanza;

   il Ministero dell'istruzione ha rilasciato il 6 aprile 2020 una mini guida «Didattica a distanza e diritti degli studenti» con alcuni suggerimenti e attività pratiche da utilizzare nella didattica a distanza; questa guida non aggiunge nessuna modalità operativa per la valutazione degli studenti nella didattica a distanza;

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, decreto «Cura Italia», all'articolo 87, comma 3-ter, ha equiparato il periodo scolastico effettuato con la didattica a distanza a quello tradizionale specificando che «La valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell'attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell'emergenza da COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l'anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività previste per le istituzioni scolastiche del primo ciclo dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, e per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, e dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62»;

   il Ministero, con la già citata nota n. 279 dell'8 marzo 2020, ha sottolineato come «la normativa vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009, decreto legislativo n. 62 del 2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa». Inoltre, lo stesso Ministero, con l'ordinanza n. 11 del 16 maggio 2020, ha demandato ai collegi dei docenti l'onere di aggiornare gli obiettivi formativi per ogni materia con i conseguenti criteri di valutazione;

   l'associazione Cidi ha espresso pubblicamente la difficoltà per tanti insegnanti di esprimere la propria valutazione degli studenti con voti tradizionali decimali, invitando il Ministero ad una moratoria delle votazioni numeriche per le classi di passaggio –:

   se il Ministro ritenga sia il caso, per le classi che non concludono cicli scolastici con esami, di adottare iniziative per escludere formalmente l'utilizzo della valutazione degli studenti su scala decimale in favore di un giudizio descrittivo del percorso completato dallo studente, che consideri anche la didattica a distanza, con relativo superamento dell'anno o carenza formativa da colmare a settembre.
(4-05859)

  Risposta. — Con l'ordinanza ministeriale n. 11 del 16 maggio 2020, successivamente integrata con la circolare n. 9168 del 9 giugno 2020, sono state definite specifiche misure sulla valutazione degli esiti finali di apprendimento degli alunni frequentanti le classi del primo e secondo ciclo di istruzione per l'anno scolastico 2019/2020 e sulle strategie e modalità dell'eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti.
  I suddetti provvedimenti, infatti, affrontano la questione posta con l'atto di sindacato ispettivo in esame, in particolare, in merito alla Sua richiesta, precisano, per le classi che non concludono cicli scolastici con esami, di adottare iniziative per escludere formalmente l'utilizzo della valutazione degli studenti su scala decimale in favore di un giudizio descrittivo del percorso completato dallo studente, che consideri anche la didattica a distanza, con relativo superamento dell'anno o carenza formativa da colmare a settembre.
  In particolare, con riferimento al primo ciclo, l'articolo 3 della suddetta ordinanza ha previsto che gli alunni siano ammessi alla classe successiva in deroga alle disposizioni vigenti (articolo 3, comma 3, articolo 5, comma 1 e articolo 6, commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 62 del 2017). Gli alunni sono stati, dunque, ammessi alla classe successiva anche in presenza di voti inferiori a sei decimi in una o più discipline, che vengono riportati nel verbale di scrutinio finale e nel documento di valutazione.
  Per gli alunni ammessi alla classe successiva in presenza di votazioni inferiori a sei decimi o comunque di livelli di apprendimento non adeguatamente consolidati, l'ordinanza ha previsto che gli insegnanti contitolari della classe e il consiglio di classe predispongano uno specifico piano di apprendimento individualizzato nel quale siano indicati, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento da conseguire o da consolidare nonché le specifiche strategie per il raggiungimento dei relativi livelli di apprendimento.
  Invece, nell'ipotesi in cui i docenti del consiglio di classe non siano in possesso di alcun elemento valutativo relativo all'alunno, per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete, bensì a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, già perduranti e opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico, il provvedimento ha specificato che il consiglio di classe, con motivazione espressa all'unanimità, potrà non ammettere l'alunno alla classe successiva.
  Con riguardo, invece, alla valutazione delle classi non terminali della scuola secondaria di secondo grado, l'articolo 4 della suddetta ordinanza ha stabilito che il consiglio di classe proceda alla valutazione degli alunni sulla base dell'attività didattica effettivamente svolta, in presenza e a distanza, utilizzando l'intera scala di valutazione in decimi. Gli alunni della scuola secondaria di secondo grado sono comunque ammessi alla classe successiva, in deroga alle disposizioni vigenti in materia (articolo 4, commi 5 e 6, e articolo 14, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122).
  Nel verbale di scrutinio finale sono espresse per ciascun alunno le eventuali valutazioni insufficienti relative a una o più discipline. I voti espressi in decimi ancorché inferiori a sei, sono riportati nel documento di valutazione finale.
  Nell'ipotesi di media inferiore a sei decimi per il terzo o il quarto anno, è attribuito un credito pari a 6, fatta salva la possibilità di integrarlo nello scrutinio finale relativo all'anno scolastico 2020/21, con riguardo al piano di apprendimento individualizzato.
  Per gli alunni ammessi alla classe successiva in presenza di votazioni inferiori a sei decimi, il consiglio di classe predispone il piano di apprendimento individualizzato in cui sono indicati, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento da conseguire nonché le specifiche strategie per il raggiungimento dei relativi livelli di apprendimento.
  Nei casi, invece, in cui i docenti del consiglio di classe non siano in possesso di alcun elemento valutativo relativo all'alunno, per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete, bensì a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, perduranti e già opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico, il consiglio di classe, con motivazione espressa all'unanimità, può non ammetterlo alla classe successiva.
  Abbiamo dunque fornito una risposta dettagliata, concreta ed equilibrata all'esigenza di garantire una corretta valutazione dei nostri studenti che tenga conto della situazione emergenziale che stiamo attraversando.
  

Il Ministro dell'istruzione: Lucia Azzolina.


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportano diversi articoli apparsi sulla stampa, gli sbarchi illegali sulle coste della Sardegna continuano senza sosta ed ormai la situazione è così fuori controllo che si stanno registrando arrivi sulle spiagge affollate di turisti ed anche su litorali finora non coinvolti dai flussi migratori irregolari;

   difatti, il 24 giugno 2020, ancora un barchino con a bordo quattro giovani di nazionalità algerina è approdato nel porticciolo di Porto Pino, nel comune di Sant'Anna Arresi;

   sul posto sono immediatamente intervenuti gli agenti del commissariato di Carbonia e della polizia locale, grazie all'allarme lanciato da chi si trovava in quel momento in spiaggia o nelle banchine ed ha assistito ad un incendio scatenatosi a bordo dell'imbarcazione, e i migranti sono stati poi accompagnati al centro di accoglienza di Monastir per le rituali procedure di identificazione;

   lo stesso giorno, sotto gli sguardi attoniti di residenti e villeggianti, si è anche registrato per la prima volta uno sbarco nella città di Cagliari, finora estranea alla rotta tradizionale per raggiungere in modo illegale le coste dell'isola, ossia quella tra l'Algeria e il Sulcis;

   secondo la stampa, tre giovani immigrati di nazionalità tunisina sono entrati nel porticciolo turistico di Su Siccu a bordo di un gommone, diretti verso il molo con il motore spento, e una volta scesi dall'imbarcazione si sono infine sdraiati all'ombra di un albero;

   dalle prime informazioni raccolte dagli agenti di polizia e dai militari della guardia costiera intervenuti sul posto i tre tunisini non avrebbero sbagliato rotta durante il viaggio, ma sarebbero salpati dalle coste algerine per dirigersi proprio verso Cagliari;

   sono ancora in corso gli accertamenti per capire se il gommone sia stato calato da qualche nave poco al largo delle coste cagliaritane, mentre nel frattempo i tre tunisini sono stati anch'essi trasferiti al centro di prima accoglienza di Monastir per le operazioni di identificazione e per le visite di rito;

   più recentemente, in meno di ventiquattro ore, altri 78 immigrati sono sbarcati, tra lo stupore dei bagnanti, sulle spiagge tra Chia e Porto Pino, portando il numero dei nordafricani arrivati nel Sulcis dall'inizio del 2020, secondo le stime della stampa, a ben 430;

   anche dopo la notizia di due immigrati algerini sbarcati nei giorni scorsi nel Sulcis e risultati positivi al Covid-19 (messi in isolamento sanitario uno in una struttura protetta e uno nello stesso centro di Monastir), quanto sta accadendo ha suscitato grande preoccupazione tra la popolazione, gli amministratori locali e le forze dell'ordine, non solo, sotto il profilo della sicurezza e sanitario, ma altresì per le gravi ripercussioni economiche sul comparto turistico dell'isola, già in difficoltà per la recente pandemia;

   inoltre, come evidenziato anche da diversi sindacati di Polizia i continui sbarchi, ora addirittura nel capoluogo, stanno avvenendo ormai nell'indifferenza generale, esponendo in particolare gli agenti di polizia, i primi a entrare in contatto con gli immigrati che sbarcano illegalmente sull'isola, a rischi altissimi anche dal punto di vista sanitario e distogliendoli dal controllo del territorio;

   infine, le procedure di isolamento stanno creando notevoli difficoltà organizzative nel centro di prima accoglienza di Monastir, già teatro di rivolte e sommosse da parte degli immigrati irregolari ivi trattenuti in attesa del rimpatrio –:

   quali iniziative intenda adottare nell'immediato al fine di fermare gli sbarchi illegali che si stanno registrando in numero crescente sulle coste della Sardegna e per potenziare la dotazione organica e dei dispositivi di protezione individuale delle forze dell'ordine, infine per tutelare la popolazione sarda e il comparto turistico dell'isola.
(4-06178)


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'aggiornamento circa il numero degli sbarchi illegali sulle coste della Sardegna non si arresta, ma al contrario, dopo gli ultimi massicci arrivi tra lo scorso 30 giugno e 1° luglio 2020, circa novanta in meno di un giorno, recentemente altri otto immigrati clandestini di nazionalità algerina sono stati rintracciati dai carabinieri della stazione di San Giovanni Suergiu nei pressi del litorale di Sant'Antioco;

   gli immigrati, giunti a bordo di un barchino in legno trovato abbandonato vicino alla scogliera, sono stati poi intercettati nel cuore della notte vicino alla località di Maladroxia dagli agenti delle forze dell'ordine, che, nonostante la carenza di organico e i gravi rischi sanitari a cui sono esposti, con grande impegno quotidianamente presidiano il territorio, ed infine trasferiti al centro di prima accoglienza di Monastir;

   secondo notizie di stampa, dall'inizio dell'anno salirebbe così a quattrocentottanta il numero complessivo di immigrati nordafricani giunti illegalmente nelle coste del Sud Sardegna, soprattutto fra Sant'Antioco, Porto Pino e i litorali di Teulada;

   già con precedenti atti di sindacato ispettivo n. 4-06178 e n. 4-06030 l'interrogante richiamava l'attenzione del Governo sulle criticità relative agli sbarchi di immigrati clandestini in Sardegna, senza però ricevere ad oggi alcun riscontro in merito agli stessi;

   quanto sta ancora accadendo, nel silenzio delle istituzioni preposte alla difesa dei confini e al contrasto dell'immigrazione illegale, è di assoluta gravità e sta esponendo la popolazione sarda a gravissimi rischi dal punto di vista sia sanitario che della sicurezza, ma altresì economico, data la vocazione turistica dell'isola;

   difatti, come riportato dalla stampa, si teme che nelle prossime ore, date le buone condizioni meteorologiche, dall'Algeria alla Sardegna possano ripetersi nuovi e ulteriori sbarchi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano adottare, nel più breve tempo possibile data ormai la situazione emergenziale creatasi, per garantire il controllo dei confini marittimi e per fermare immediatamente i flussi migratori illegali verso le coste della Sardegna.
(4-06373)


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   martedì 21 luglio 2020 nel Golfo di Palmas, in Sardegna, è stato intercettato dalla Guardia di finanza «Maresciallo Casotti» un altro barchino con a bordo diciannove immigrati di nazionalità algerina che cercavano di raggiungere illegalmente le coste dell'isola;

   l'imbarcazione, dotata di un motore da quaranta cavalli, aveva a disposizione ancora una tanica piena di benzina e, come per tutti i precedenti sbarchi, si ipotizza che anche in questo caso sia partita da Annaba, in Algeria, approfittando delle condizioni meteorologiche favorevoli;

   gli agenti della Guardia di finanza assieme ai colleghi della sezione navale di Sant'Antioco, dopo aver intercettato l'imbarcazione, hanno condotto gli immigrati sino al porto e, come di consueto, successivamente gli stessi sono stati trasferiti dai carabinieri della compagnia di Carbonia al centro di accoglienza di Monastir, di cui peraltro sono noti i già gravissimi problemi di ordine pubblico e sicurezza;

   si tratta dell'ennesimo sbarco illegale registrato nel Sulcis che dall'inizio dell'anno, in poco più di sei mesi, fa salire ormai già a cinquecento il numero degli immigrati che sono giunti irregolarmente in Sardegna rispetto agli 890 complessivi del 2019;

   una cifra destinata, purtroppo, ad aumentare ancora in modo esponenziale dato che fino ad oggi nessuna misura immediata e specifica è stata intrapresa dal Governo per fermare gli incessanti flussi migratori illegali che si stanno riversando sulla Sardegna;

   difatti, come riportato dalla stampa, sono attesti nuovi e ulteriori sbarchi ed è di tutta evidenza quali enormi danni ciò stia provocando all'isola sia dal punto di vista sanitario che della sicurezza nonché al comparto turistico della stessa;

   già con precedenti atti di sindacato ispettivo l'interrogante (n. 4-06178, n. 4-06030 e da ultimo n. 4-06373 del 17 luglio 2020) ha più volte evidenziato la gravità di quanto sta accadendo in Sardegna e sollecitato l'intervento urgente dei Ministri interrogati –:

   quali iniziative intendano adottare nell'immediato, per quanto di competenza, per garantire il controllo dei confini marittimi e per fermare i flussi migratori illegali verso le coste della Sardegna.
(4-06442)

  Risposta. — Si risponde congiuntamente agli atti di sindacato ispettivo indicati in esame con i quali si richiama l'attenzione del Governo sul fenomeno degli sbarchi di migranti irregolari in Sardegna che si verifica da diversi anni, a fasi alterne, sulle coste sud-occidentali, nel territorio del Sulcis Iglesiente.
  Gli stranieri, generalmente di sesso maschile e quasi tutti appena maggiorenni, giungono attraverso la rotta dell'Algeria in gruppi di pochi individui, impiegando piccole imbarcazioni, che sono difficilmente rilevabili anche dalle moderne strumentazioni radar.
  1 migranti vengono intercettati per io più in mare, da veicoli o da unità navali in assetto Frontex ovvero a terra, dopo essere sbarcati, a seguito di segnalazioni di cittadini o direttamente con l'intervento di pattuglie delle Forze di Polizia impegnate nelle attività di controllo del territorio.
  Tutti i migranti rintracciati in mare e nei luoghi di sbarco vengono trasferiti in una struttura adibita a Centro di primo soccorso di accoglienza presso l'ex scuola della Polizia penitenziaria, ubicata nel comune di Monastir, per i prescritti accertamenti sanitari, nonché ai fini dell'identificazione e dei controlli di sicurezza.
  Gli stranieri vengono muniti di idonei dispositivi di protezione individuali (DPI), che indossano anche nelle fasi di trasporto dal luogo di sbarco fino al loro collocamento presso il centro di Monastir. Inoltre, nei confronti dei migranti viene disposta, da parte delle autorità competenti, la messa in quarantena per un periodo di 14 giorni all'interno del centro di Monastir o presso altre strutture all'uopo individuate, con costante osservazione sanitaria. Nell'ambito dei citati accertamenti sanitari, gli stranieri vengono altresì sottoposti sempre al tampone rinofaringeo.
  Alla data del 24 luglio si sono registrati 4 casi di positività, 3 dei quali poi risultati, con i test successivi, negativi. I casi positivi trascorrono il periodo di isolamento presso locali opportunamente individuati all'interno del cennato compendio ovvero presso strutture sanitarie e sono seguiti quotidianamente dalle autorità sanitarie.
  Gli operatori delle forze di polizia, entrati in contatto con gli stranieri risultati positivi al COVID-19, sempre protetti dall'impiego dei Dpi in alcuni casi e a scopo meramente precauzionale, sono stati sottoposti allo stesso esame con esito negativo.
  Al riguardo, si rappresenta che il Ministero dell'interno ha messo in atto tutte le misure di sanità pubblica volte al massimo contenimento della diffusione dei contagi fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria nel nostro Paese.
  È stata richiamata l'attenzione di tutti gli operatori di polizia, e non solo di quelli impegnati nelle operazioni di rintraccio, identificazione e trasporto dei migranti nei centri di accoglienza, al rispetto delle misure di prevenzione, secondo le direttive del Ministero della salute.
  Per quanto attiene alla dotazione organica della polizia di Stato, si fa presente che la provincia di Cagliari può contare su 1035 unità effettive di cui 390 impiegate presso la questura, destinataria nell'aprile scorso di un incremento di 20 unità.
  Con specifico riferimento alle azioni di prevenzione e contrasto volte a frenare il flusso migratorio via mare dall'Algeria verso la Sardegna, si evidenzia che è stata rafforzata l'attività di sorveglianza aerea nelle acque internazionali a sud dell'isola, prodromica a un eventuale intervento di intercetto navale. In tale contesto, è stato da ultimo richiesto all'agenzia Frontex il possibile rafforzamento della sorveglianza nell'area SAR di competenza nazionale attraverso l'impiego di ulteriori assetti sia aerei che navali per i prossimi mesi.
  In tale contesto, sì rappresenta, inoltre, che la Guardia di finanza ha ulteriormente incrementato le ore di pattugliamento aeromarittimo e ha avviato un processo di potenziamento e ammodernamento della flotta aeronavale, con conseguente incremento delle capacità di sorveglianza delle acque territoriali.
  Si assicura, infine, che l'attenzione da parte del Ministero dell'interno sulle questioni prospettate nell'atto di sindacato ispettivo permane costante, al fine di individuare misure sempre più idonee a garantire la tutela della salute pubblica in primis attraverso il rigoroso rispetto di tutte le misure precauzionali previste, ancor più nell'ambito di un'emergenza sanitaria come quella in atto.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.