Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 15 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    in vista della riapertura della scuola è stato trovato in extremis l'accordo tra Governo, regioni ed enti locali sulla capienza dei mezzi pubblici del trasporto locale e del trasporto ferroviario regionale all'80 per cento dei posti, estensibile al 100 per cento ove vi siano spostamenti al di sotto dei 15 minuti, «prevedendo una maggiore riduzione dei posti in piedi rispetto a quelli seduti»;

    secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, nel quale sono messe nero su bianco le «Linee guida per l'informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del COVID-19 in materia di trasporto pubblico» sui mezzi di trasporto si possono nuovamente occupare tutti i posti a sedere con «l'obiettivo di permettere a tutti gli studenti di arrivare a scuola e di farlo in sicurezza», come affermato in modo ottimistico dal Governo;

    dal confronto Stato-regioni sulle modalità di ripresa dei servizi di trasporto pubblico, per i cittadini pendolari sono emerse pesanti lacune politico/decisionali: ad oggi, il sistema dei trasporti non è in grado di assicurare il distanziamento a bordo e il carico al 100 per cento sotto i 15 minuti rischia di rivelarsi una bomba sanitaria e sociale pronta a esplodere da un momento all'altro;

    la stessa riapertura delle scuole ha fatto emergere il preoccupante livello di inadeguatezza della gestione dei trasporti e adesso che la seconda ondata di contagi è arrivata, da Nord a Sud si intensificano le denunce di casi di bus stracolmi, senza controlli né precauzioni;

    con particolare riguardo al comparto dei trasporti pubblici la situazione è ancora più grave per la cronica obsolescenza delle linee metropolitane e della flotta autobus delle nostre città, la più vecchia d'Europa con veicoli prevalentemente a gasolio o a metano e solo in rari casi elettrici;

    per coprire il rimanente 20 per cento di posti, secondo le stime sovrastimate di AssTra, servirebbero circa 19.400 autobus aggiuntivi e 31.000 conducenti per un costo complessivo di 1,6 miliardi di euro e per soddisfare una domanda attesa di mobilità pari all'85 per cento, rispetto al periodo pre-Covid, sarebbe necessario un incremento del 70 per cento in urbano e del 42 per cento in extraurbano delle percorrenze chilometriche e, pertanto, «un fabbisogno di autobus e personale di guida insostenibile»;

    le misure di contenimento del contagio sui mezzi di trasporto, con particolare riguardo al distanziamento sociale e all'obbligo dei dispositivi di protezione individuale, non consentono all'attuale sistema dei trasporti pubblici locali, in termini di dotazione di lavoro e mezzi, di soddisfare l'inevitabile incremento di domanda;

    stando così le cose, il bus rischia di diventare uno dei maggiori «veicoli» del COVID-19: ne circolano pochissimi, sono sovraffollati e nessuno vigila sul rispetto degli obblighi di legge;

    il Governo ha demonizzato le discoteche e le presenze negli stadi di calcio o nei palasport, comparti che hanno subito la condanna del Comitato tecnico-scientifico e fino all'ultimo sono stati avanzati dubbi sulla ripresa dell'attività didattica in presenza; ma quanto accordato per i mezzi di trasporto pubblici è apparso da subito, anche agli occhi di chi tecnico o scienziato non è, una formula risolutiva discutibile;

    a Roma gli utenti hanno redatto una lista nera delle linee più affollate, con bus pieni già dal capolinea; a Napoli i giornali locali segnalano una «ressa costante, quotidiana e incontrastata» sui vagoni della metropolitana; in Toscana un gruppo di studenti delle scuole del Valdarno ha scioperato contro i pullman stracolmi; sulla tratta Cervia-Cesena i genitori sono sul piede di guerra e anche dalla Bergamasca, epicentro della prima ondata, arrivano immagini sconfortanti;

    fra tutte, in particolare, Roma rappresenta un esempio drammatico dell'effetto delle decisioni politiche assunte a livello governativo: nella migliore delle ipotesi, solo chi sale nelle prime tratte trova posto; specie in quelle linee che dalla periferia portano al centro, tutti i posti a sedere vengono occupati per l'intera capienza e chi viaggia in piedi è costretto a farlo in spazi vitali ridotti all'osso;

    le nuove vetture che da qualche tempo circolano nella Capitale hanno, poi, due sole porte, invece di tre: la porta anteriore vicino al conducente non è agibile, per cui in queste nuove vetture si sale e si scende dalla stessa porta, con buona pace della riduzione dei contatti e dell'osservanza del distanziamento;

    come detto, sono ammessi anche viaggiatori in piedi fino ad un massimo del 50 per cento della capacità del mezzo, ma è difficile che l'utente conosca la capacità del mezzo e quando il 50 per cento di una cifra che non conosce è stata superata;

    situazione analoga si registra anche sulle linee metropolitane, che, peraltro, scontano l'ulteriore aggravante di scale mobili perennemente guaste, costringendo migliaia di utenti ad affollarsi in corridoi stretti, senza ausilio di personale addetto a regolamentarne il flusso e a verificare l'uso delle mascherine e dove si fa sentire l'assenza degli adesivi segnaposto che obbligavano a mantenere un metro di distanza tra un utente e l'altro: una beffa ancora più evidente se si pensa che tra il rientro dalle ferie, la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività lavorative in presenza sarebbe stato doveroso adottare cautele maggiori;

    da giorni gli esperti hanno lanciato l'allarme: secondo una tabella elaborata dalla Fondazione Gimbe, in ambienti chiusi e affollati con poca aerazione, come i bus appunto, il rischio contagio è alto anche se si indossa la mascherina;

    la mancanza di una seria programmazione del trasporto pubblico idonea a garantire un servizio sicuro in emergenza sanitaria rischia di portare a un aumento repentino dei contagi, come purtroppo i dati giornalieri dimostrano, complici anche le temperature in picchiata e le classiche malattie da freddo: un quadro, insomma, altamente preoccupante, che rischia di implodere da un momento all'altro;

    è della stessa opinione il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia, intervenuto sul tema mesi fa, quando ancora la riapertura delle scuole era un obiettivo lontano: «Lo sostengo da maggio: il sistema dei trasporti pubblici con la capienza all'80 per cento non può andare. È sbagliato. È un grave errore. E la ragione è molto semplice: in questo modo non si consente il rispetto della regola più importante per prevenire il contagio da coronavirus che è, e resta, quella del distanziamento sociale. Ma purtroppo – è l'amara constatazione – è rimasto inascoltato. E invece si è confermato il ballon d'essai. [...] Sono da sempre un utente dei mezzi pubblici, prendevo il treno anche per raggiungere Roma da Napoli, ma vagoni, metro e bus sono strapieni e non va bene. (...) Bisognerebbe raddoppiare i trasporti a Roma e in tutte le città italiane.»: un'utopia, per i comuni con i bilanci in rosso; una necessità, se si vogliono evitare focolai;

    chiudere le sale da ballo e imporre orari a ristoranti ed esercizi pubblici è un modo inaccettabile per scaricare colpe e pesi economici sui privati, mentre il pubblico elude le sue responsabilità rispetto a migliaia di potenziali focolai contagiosi da cui dipende il 90 per cento della ripresa dell'emergenza sanitaria;

    la vera sfida oggi è adeguare i sistemi di trasporto pubblici per garantire una mobilità sicura alle persone che stanno, seppur gradualmente, tornando al lavoro, senza perdere la sua efficienza;

    in attesa di sapere se il nostro sistema immunitario produrrà un'immunità di gregge o se verrà trovato un vaccino, è la società nel suo complesso che dovrà mostrare la sua resilienza, organizzando sul territorio una mobilità che riduca le opportunità di esposizione al contagio e la vulnerabilità allo stesso;

    nelle città italiane con più di 250.000 abitanti uno spostamento su quattro è effettuato con il trasporto pubblico; non è pensabile farne a meno; bisogna, invece, sostenerlo e iniziare a reinventarlo per il futuro;

    il trasporto pubblico deve immediatamente adottare le misure organizzative necessarie a ridurre il rischio di contagio: conteggio automatico dei passeggeri a bordo, misura del grado di affollamento nelle stazioni e alle fermate, segni di distanziamento a bordo dei mezzi, riduzione del numero dei posti a sedere, riorganizzazione dei percorsi di salita e discesa a bordo e di ingresso/uscita nelle banchine delle stazioni della metro, fornitura di dispositivi di protezione per personale e passeggeri, controllo della temperatura dei passeggeri, controllo dei sistemi di aerazione, misure di pulizia e sanificazione frequente dei mezzi;

    un ritorno massiccio all'auto privata lascerebbe, peraltro, bambini, anziani, disabili e persone a basso reddito esclusi da una accessibilità autonoma alla vita sociale della città;

    nel complesso rapporto tra trasporti e COVID-19 i trasporti rappresentano parte della causa, perché la mobilità favorisce l'interazione sociale e amplifica i contagi, parte degli effetti, in quanto sarebbe stato dimostrato che la vulnerabilità indotta dall'inquinamento da traffico è una concausa dei decessi, ma anche parte della soluzione, perché una mobilità attiva migliora la salute e riduce la nostra vulnerabilità al virus;

    si vive nell'incertezza scientifica sulla malattia, ma anche nell'assenza di un serio programma per convivere con il virus e ripartire,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per attuare una vera programmazione del sistema trasportistico pubblico nazionale, al fine di garantire un servizio sicuro e in grado di assicurare il rispetto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19, prima fra tutte il distanziamento sociale;

2) ad istituire un tavolo tecnico-politico di confronto con gli operatori privati al fine di poter ricorrere anche a taxi, autobus da noleggio e car sharing per integrare l'offerta di trasporto pubblico a tariffe agevolate, accessibili a tutta la popolazione, e rispondere alle esigenze di mobilità collettiva, sostenendo, al contempo, migliaia di imprese;

3) a promuovere campagne di comunicazione informative e di sensibilizzazione per consigliare i comportamenti degli utenti sui mezzi di trasporto pubblico.
(1-00390) «Rampelli, Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il Venezuela continua a versare in una situazione di gravissima crisi economica, sociale e politica, in larga misura attribuibile al malgoverno del presidente Maduro, la cui permanenza al potere si deve al risultato di elezioni, la cui regolarità è stata contestata dalle opposizioni e da gran parte del mondo libero;

    dal punto di vista economico, il Venezuela fronteggia da anni un'iperinflazione di cui non riesce a venire a capo e sconta la caduta dei prezzi del greggio, che la pandemia da COVID-19 ha accentuato;

    il Governo venezuelano ha cessato di fornire alla popolazione anche i servizi essenziali, il cui godimento è un diritto dei suoi cittadini, determinando condizioni difficili anche dal punto di vista umanitario, comprovate dall'attivazione di un massiccio deflusso verso l'estero dei suoi abitanti;

    da terra d'immigrazione, in effetti, il Venezuela si è trasformato in un Paese d'origine di consistenti flussi migratori;

    in questo clima di grandissime difficoltà, stando a Vatican News, nel solo 2020 si sarebbero tenute in Venezuela non meno di 5.800 manifestazioni di protesta contro le condizioni di vita, alcune delle quali condotte persino da alleati interni del presidente Maduro;

    in queste condizioni, i venezuelani saranno chiamati a rinnovare il proprio Parlamento il 6 dicembre 2020;

    il clima politico è così incerto e i timori di brogli ed intimidazioni così alti che la partecipazione delle opposizioni al voto del 6 dicembre 2020 appare incerta;

    certamente, non incoraggia le opposizioni al regime madurista qualsiasi esitazione da parte degli Stati membri della comunità internazionale nei confronti di quanto il Presidente ha fatto finora per mantenersi al potere;

    il nostro Paese, sotto questo profilo, risulta tuttora distante dalle posizioni assunte al riguardo dai suoi maggiori alleati atlantici ed europei;

    occorre più che mai dare un segnale univoco alla popolazione venezuelana circa la determinazione della comunità internazionale a non accettare più passivamente la violazione dei diritti umani e politici da parte delle autorità di Caracas,

impegna il Governo:

   ad assumere tempestivamente ogni iniziativa di competenza in ambito internazionale che sia ritenuta utile per contribuire ad assicurare la regolarità del voto del 6 dicembre 2020 in Venezuela, anche come forma di sostegno ed incoraggiamento alle locali opposizioni, alcune delle quali starebbero considerando l'opzione della non partecipazione alle imminenti elezioni;

   a coordinare la politica italiana nei confronti del Venezuela con gli indirizzi adottati dagli Stati alleati del nostro Paese, tanto in relazione alle controverse elezioni presidenziali che Maduro ritiene di aver vinto quanto in rapporto alle imminenti elezioni politiche.
(7-00561) «Formentini, Billi, Coin, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Picchi, Ribolla, Zoffili».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    nei pazienti neoplastici il decorso dell'infezione da COVID-19 risulta più sfavorevole sotto il profilo del fabbisogno di ricovero in terapia intensiva e dell'incidenza dei decessi: una revisione sistematica di 52 studi, pubblicata sull'European Journal of Cancer, che ha considerato 18.650 pazienti oncologici colpiti dal virus, ha rilevato che 4.243 sono deceduti, determinando un tasso di mortalità complessivo pari al 25,6 per cento (Aiom ad Esmo 2020);

    il tumore in fase attiva determina un andamento peggiore dell'infezione da COVID-19, aumentandone in modo rilevante il tasso di mortalità, fino al 35 per cento in più nel caso di neoplasia toracica (Studio Teravolt, Lancet Oncology 2020, S1470-2045(20)30314-4);

    associato a COVID-19, il 12 per cento dei decessi registrati in Italia durante la pandemia ha riguardato persone con diagnosi di cancro che è tra le concause più frequenti che contribuiscono alla morte dei pazienti (Rapporto Istat – Istituto superiore di sanità «Impatto dell'epidemia COVID-19 sulla mortalità: cause di morte nei deceduti positivi a SARS-COV-2» 16 luglio 2020);

    a causa dell'emergenza sanitaria, le diagnosi e le biopsie sono diminuite del 52 per cento, le visite settimanali presso i reparti di oncologia del 57 per cento e si sono registrati ritardi per il 64 per cento degli interventi chirurgici (dati sondaggio IQVIA, realizzato presso gli specialisti oncologi);

    in Italia, nei primi 5 mesi del 2020, sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening in meno rispetto allo stesso periodo del 2019 (Aiom ad Esmo 2020);

    i ritardi nell'esecuzione degli screening si traducono, in particolare, in una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.099 in meno) e del colon-retto (611 in meno), ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest'ultima neoplasia (quasi 4.000 adenomi del colon-retto non diagnosticati) o del cancro della cervice uterina (circa 1.670 lesioni CIN 2 o più gravi non diagnosticate) (Aiom ad Esmo 2020);

    l'individuazione di tali neoplasie in fase più avanzata determina minori probabilità di guarigione e costi delle cure più elevati (Aiom ad Esmo 2020);

    è stato stimato che, nel Regno Unito, il ritardo diagnostico, collegato all'interruzione e al rallentamento dei servizi sanitari, potrebbe causare, nei prossimi 5 anni, un aumento della mortalità, rispetto al periodo antecedente all'emergenza sanitaria, fino al 16,6 per cento per i tumori del colon-retto e fino al 9,6 per cento per quelli alla mammella (Aiom ad Esmo 2020);

    l'80 per cento dei pazienti, a cui sono state proposte televisite durante il lockdown, desidera utilizzarle anche in futuro, in considerazione dei vantaggi connessi alla digitalizzazione dei servizi quali, ad esempio, il risparmio di risorse e di tempo per i viaggi da casa alle strutture ospedaliere, senza carichi di lavoro maggiori rispetto alle visite in presenza (Telemedicine During the COVID-19 Pandemic: Impact on Care for Rare Cancers, pubblicato su JCO Global Oncology);

    nel maggio 2020, in occasione della XV Giornata nazionale del malato oncologico, i rappresentanti della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia – Favo, delle principali società scientifiche del settore (Aiom, Airo, Sico, Sipo) e della Fnopi, hanno predisposto e promosso un documento programmatico condiviso, delineando una strategia per superare l'emergenza COVID-19 e ripristinare, nel più breve tempo possibile, il livello di assistenza per i malati di cancro garantito fino all'inizio del periodo di confinamento;

    a partire dal successivo mese di luglio, attraverso i loro rappresentanti, Favo, Aiom, Airo, Fondazione Ant Italia onlus e Aieop, hanno partecipato all'audizione informale sulla situazione dei pazienti affetti da patologie oncologiche durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 presso la XII Commissione della Camera, evidenziando come gli effetti negativi della pandemia sull'assistenza per i pazienti neoplastici devono essere inscritti in un contesto generale di gravi carenze strutturali e di altrettanto gravi ritardi nell'adeguamento e nell'ammodernamento, tecnologico e di processo del Servizio sanitario nazionale in ambito oncologico;

    persiste una grave e inaccettabile disuguaglianza territoriale, con riferimento all'accesso all'assistenza oncologica, contraria ai principi fondanti del Servizio sanitario nazionale (Ssn), che si proietta anche sul fronte della sanità digitale, generando ulteriori disparità nella disponibilità e diffusione dell'innovazione;

    i programmi di telemedicina che, durante l'emergenza sanitaria, hanno rappresentato una valida alternativa ai consulti e alle visite compresi nei percorsi di follow-up, e che potrebbero diventare uno strumento per il potenziamento delle attività ordinarie, presentano un eccessivo grado di variabilità territoriale, addirittura nell'ambito di un medesimo servizio sanitario regionale;

    la mancata integrazione tra ospedale e territorio rappresenta, ancora oggi, uno dei più gravi deficit organizzativi del Servizio sanitario nazionale, soprattutto per i pazienti oncologici tra cui in particolare quelli cronici, per la cui efficace presa in carico devono essere formalmente definiti i collegamenti funzionali tra assistenza territoriale e cure ospedaliere, e individuati con chiarezza i punti di accesso ai percorsi di assistenza;

    degli 865 mammografi ancora analogici, solo 18 hanno un'età inferiore ai 5 anni, altri 121 sono considerati obsoleti perché hanno fra i 5 e i 10 anni e 726 che superano i 10 anni e, complessivamente, l'84 per cento di essi sono considerati pericolosi perché possono non rilevare le piccole lesioni (Centro studi sui Dispositivi medici di Confindustria);

    con l'intesa Stato-regioni del 26 ottobre 2017 è stato approvato il documento «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche» che prevede una serie di obiettivi, di azioni e di indicatori finalizzati a delineare la modalità di inserimento della medicina personalizzata, e più in generale delle scienze omiche, nell'ambito delle attività di prevenzione, diagnosi e cura garantite dal Servizio sanitario nazionale;

    non tutti i centri indicati dalle regioni per lo sviluppo della terapia CAR-T (cellule ingegnerizzate), quale fondamentale passo avanti verso la medicina personalizzata, sono ancora dotati della tecnologia e del personale altamente qualificato necessari per l'ottenimento dell'accreditamento istituzionale;

    il decreto del Ministro della salute n. 70 del 2015 e da ultimo l'accordo Stato-regioni del 17 aprile 2019, ha indicato la Rete quale migliore modello organizzativo per la presa in carico del paziente oncologico, nella prospettiva di garantire un adeguato livello di accoglienza, di integrazione tra assistenza territoriale e assistenza ospedaliera, nonché l'armonizzazione dei percorsi, anche in funzione dell'appropriatezza e dell'equità nell'accesso alle cure su tutto il territorio nazionale;

    solo il pieno funzionamento in ogni regione della rete oncologica può quindi consentire il potenziamento e l'innovazione, strutturale e di processo, di cui il Servizio sanitario nazionale ha urgente bisogno;

    le reti oncologiche, tuttavia, non sono ancora presenti in tutte le regioni e quelle già costituite non presentano un uniforme livello di sviluppo e funzionamento;

    l'Osservatorio per il monitoraggio e la valutazione delle reti oncologiche regionali istituito presso Age.Na.S., al quale la Favo partecipa attivamente quale ente associativo di secondo livello, costituisce un importante strumento di confronto e coordinamento sul tema delle reti, che dovrebbe tuttavia essere completato con un coinvolgimento maggiore del Ministero della salute;

    sebbene già con l'intesa Stato-regioni del 21 settembre 2017 sia stata formulata una proposta per l'istituzione della Rete nazionale dei tumori rari (Rntr), la sua piena ed effettiva operatività è rimessa alla prosecuzione e all'attività costante di impulso del tavolo di coordinamento, costituito presso Age.Na.S., con il decreto del Ministro della salute del 1° febbraio 2018 con il compito di garantire il funzionamento e di favorire lo sviluppo della Rntr;

    l'ultimo triennio di validità del Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro (Piano oncologico nazionale – Pon) è scaduto addirittura nel 2016;

    in occasione dell'audizione informale presso la XII Commissione, la Favo ha evidenziato la necessità di procedere a una nuova programmazione delle attività di cura e assistenza per i malati di cancro, che tenga anche conto dell'esperienza maturata durante i mesi difficili dell'emergenza COVID-19, e che si basi su una presa in carico globale del paziente, sanitaria e sociale;

    la Favo ha inoltre sottolineato l'urgenza di ripristinare i programmi di screening oncologico e i percorsi di follow-up per i malati di cancro, non solo nell'ottica di recuperare il livello di assistenza precedente al periodo di lockdown, ma, più in generale, per valorizzare la prevenzione e la sorveglianza sanitaria, anche quali attività funzionali all'allocazione efficiente ed efficace delle risorse;

    la European Guide on Quality Improvement in Comprehensive Cancer Control, che raccoglie il risultato di tre anni di lavoro della Joint Action promossa dalla Commissione europea e che ha potuto contare sulla partecipazione degli esperti di venticinque Paesi membri, tra cui l'Italia, indica quali azioni prioritarie l'adozione o l'aggiornamento dei Piani oncologici nazionali, nonché interventi specifici per la garanzia dell'uguaglianza nell'accesso ai diritti, e in particolare a una diagnosi precoce, alla riabilitazione, alle tutele specifiche per i survivors;

    tra le cinque missioni dell'ambizioso programma «Horizon Europe», che vogliono rispondere a grandi sfide sociali a cui adattarsi ai cambiamenti climatici, una è interamente dedicata alla lotta al cancro e si pone l'obiettivo audace e stimolante di salvare tre milioni di vite entro il 2030 ed è ben rappresentato dal suo slogan «Cancer, mission possible»;

    entro la fine dell'anno 2020 sarà adottato dalla Commissione europea il primo Piano oncologico europeo, volto a definire un approccio comune al cancro, promuovendo l'elaborazione di soluzioni condivise e la condivisione di best practices e favorendo la circolazione della conoscenza e dei risultati della ricerca;

    l'emergenza COVID-19 obbliga, con estrema urgenza, a ripristinare in ambito oncologico i livelli di assistenza precedenti al diffondersi dell'epidemia, e a procedere, contestualmente, al necessario ammodernamento strutturale e di processo del Servizio sanitario nazionale, anche nell'ottica di delineare un nuovo sistema di offerta, valorizzando il rapporto tra volumi di attività delle strutture, esiti e sicurezza delle cure,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per provvedere con urgenza all'approvazione di un nuovo Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro (Piano oncologico nazionale – Pon), che ponga al centro della programmazione le reti oncologiche regionali tenuto conto delle indicazioni contenute nelle Linee guida organizzative e delle raccomandazioni per la Rete oncologica (Accordo Stato-regioni 17 aprile 2019) e che sia coordinato con il Piano oncologico europeo di prossima adozione, secondo la logica della programmazione «a cascata», e più in generale con ogni iniziativa di settore realizzata dall'Unione europea;

   a monitorare la concreta attuazione del Pon, delle azioni e dei contenuti programmatici in esso previsti, attraverso una vera e propria cabina di regia e un adeguato sistema di monitoraggio specifico per l'oncologia;

   ad adottare iniziative di competenza per promuovere le reti oncologiche regionali, anche mediante uno stanziamento di risorse dedicato per il finanziamento delle relative attività, previa definizione dei criteri di assegnazione e di un adeguato piano di incentivi in favore delle regioni;

   ad attivare i necessari strumenti per il coordinamento, a livello nazionale, delle attività delle reti oncologiche regionali, nell'ottica di garantire l'efficacia del modello;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare l'assistenza oncologica domiciliare e territoriale (erogata, ad esempio, presso le case della salute) nell'ottica di ridurre, parallelamente, il numero di accessi alle strutture ospedaliere, introducendo un sistema di incentivi collegati al raggiungimento di obiettivi strategici;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per rinnovare e modernizzare la dotazione strumentale e tecnologica per gli screening diagnostici, per le attività chirurgiche e per la radioterapia;

   a promuovere l'istituzione di un tavolo tecnico inter-istituzionale per l'adozione di linee di indirizzo/linee guida per la telemedicina e per gli altri servizi della sanità digitale in generale e per il settore oncologico in particolare, nell'ottica di uniformare i programmi esistenti, predisponendo altresì adeguate forme di incentivazione;

   a monitorare l'attuazione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, laddove riconosce il ruolo e le funzioni della figura dell'infermiere di famiglia, adottando iniziative per prevedere un reclutamento nazionale adeguato, nell'ottica di rafforzare concretamente i servizi territoriali anche per i malati oncologici;

   ad adottare iniziative volte a sostenere il funzionamento e lo sviluppo di centri multidisciplinari di alta specialità che presentino i necessari requisiti per l'accreditamento, nell'ottica di sviluppare e diffondere la terapia CAR-T;

   ad adottare iniziative di competenza per attuare quanto previsto dall'intesa Stato-regioni 26 ottobre 2017 sul documento «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche» nell'ottica di garantire il più ampio accesso alla medicina di precisione, sollecitando le conclusioni del tavolo di coordinamento inter-istituzionale con il compito di attuare il piano, con particolare riferimento agli investimenti necessari per assicurare la multidisciplinarietà, strutture adeguate e personale altamente specializzato;

   ad adottare iniziative per dare un nuovo impulso all'iter per l'istituzione della Rete nazionale dei tumori rari e a garantire il pieno funzionamento degli Ern – European Referecence Networks, reti di riferimento per le malattie e i tumori rari a livello dell'Unione europea, anche attraverso specifici finanziamenti.
(7-00562) «Carnevali, Sportiello, De Filippo, Stumpo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio della pandemia da COVID-19, secondo quando denunciato delle associazioni di categoria il settore alberghiero con relativo indotto ha subìto una perdita del fatturato pari ad oltre il 60 per cento rispetto al 2019, un calo pari a circa 65 miliardi di euro;

   a questa perdita di fatturato si aggiunge il mancato introito nelle casse comunali delle imposte di soggiorno, con la conseguenza di sempre minori risorse per i comuni italiani, in particolar modo a detrimento dei piccoli comuni che dispongono di minori voci di entrata rispetto agli altri comuni sul territorio nazionale;

   il bonus vacanze istituito dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «decreto Rilancio», si è rivelato una misura fallimentare, in quanto – ad oggi – solo l'8 per cento dei 2,4 miliardi di euro stanziati per la misura è stato erogato ad aziende alberghiere;

   ad oggi, l'effetto della crisi da COVID-19 sul comparto turistico nazionale si è tradotto in una perdita di 166 milioni di presenze straniere (-75,5 per cento rispetto al 2019) e di 109 milioni di presenze italiane (-50,6 per cento rispetto al 2019), con una perdita di fatturato stimata di 15 miliardi di euro e la perdita di almeno il 40 per cento dei posti di lavoro stagionale;

   il recente inasprimento della crisi da COVID-19, nonché le misure di contenimento straordinarie disposte con decreto del Presidente del Consiglio del 13 ottobre 2020 ed il mancato riutilizzo delle risorse accantonate per il bonus vacanze non possono che inasprire la crisi vissuta dal comparto turistico nazionale, anche con particolare riguardo al turismo stagionale invernale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per:

    a) utilizzare le risorse accantonate per il bonus vacanze del decreto-legge n. 34 del 2020 per fornire immediato ristoro alle imprese turistiche maggiormente colpite dalla crisi, con particolare riguardo alle attività operanti in contesti stagionali;

    b) varare misure di più ampia tutela del comparto turistico nazionale, anche alla luce del tracollo economico di cui in premessa.
(4-07124)


   SUTTO, LOCATELLI, VANESSA CATTOI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi, la presenza e la circolazione dei monopattini elettrici nelle strade delle principali città italiane è aumentata vertiginosamente, alimentata anche dall'epidemia da COVID-19, dai bonus promessi dal Governo e dalla maggiore diffusione dei servizi di mobilità condivisa (sharing mobility);

   per le persone con disabilità e, in particolare, per le persone cieche, con disabilità visiva e con disabilità motoria, per le persone che necessitano di ausili per la deambulazione, ma anche per le persone anziane e per i genitori con carrozzine o passeggini, l'assenza di regole chiare in merito alla sosta e alla circolazione di tali mezzi ha creato seri problemi, sia in termini di sicurezza sia in termini di impedimento alla mobilità;

   nel tentativo di ovviare a tali criticità, l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) ha lanciato una petizione online sulla piattaforma Change.org volta a sensibilizzare gli utenti, le istituzioni e le autorità competenti in merito alla necessità di promuovere un utilizzo corretto di tali mezzi;

   in particolare, sotto il profilo della sicurezza, l'Uici ha richiesto l'installazione di sistemi di rumore artificiale Avas (Audible vehicle alert system) sui mezzi stessi che segnalino il monopattino in movimento «sempre e comunque», per migliorare la sicurezza stradale e tutelare, in particolare, l'incolumità delle persone non vedenti;

   si è, poi, rimarcata la necessità di contrastare il fenomeno della sosta selvaggia, intensificando i controlli e individuando dei siti appositi nelle aree cittadine riservati al parcheggio dei monopattini elettrici, in modo da evitare l'abbandono indiscriminato degli stessi che costituisce ormai l'ennesima barriera architettonica con la quale fare i conti quotidianamente;

   ad avviso degli interroganti, tali richieste sono di assoluto buon senso e potrebbero avere risvolti positivi non solo sotto i profili sopra evidenziati, ma anche sul decoro dei centri cittadini e sulla sicurezza stradale, considerati peraltro i numerosi incidenti registrati in questi mesi che vedono coinvolti, con frequenza sempre maggiore, proprio i monopattini elettrici –:

   quali iniziative intendano adottare, nel campo della micromobilità elettrica, per garantire pienamente la sicurezza, il diritto alla mobilità e l'accessibilità degli spazi in favore delle persone con disabilità, delle persone anziane e dei genitori con carrozzine o passeggini, anche alla luce delle proposte avanzate sul punto dalle associazioni e, in particolare, dall'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
(4-07135)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

  la pandemia da COVID-19 ha impedito a moltissime famiglie italiane di dirigersi all'estero per incontrare dei minori abbinati in adozione internazionale, i quali sono in attesa di incontrare le proprie famiglie;

   ad oggi sono infatti 500 i minori già abbinati in adozione internazionale a genitori italiani che, nel mondo, stanno attendendo l'autorizzazione per ricongiungersi, ad oggi non ancora pervenuta; in quanto la stragrande maggioranza delle pratiche di adozione è già stata perfezionata, si tratta di cittadini italiani a tutti gli effetti;

   sono stati numerosi, in passato, i casi di bambini adottati da Paesi come Haiti, Burkina Faso, Burundi o Congo in cui, essendo stato impossibile per ragioni di sicurezza consentire alle famiglie italiane di recarsi sul posto, sono state le Autorità italiane – con l'ausilio dei funzionari delle autorità centrali estere – ad accompagnare i minori in Italia;

   nel caso delle pratiche adottive vigenti in Cina, è prevista una permanenza della famiglia adottante nel Paese per 3 settimane, alle quali devono essere aggiunte altre due settimane in ragione della quarantena obbligatoria dovuta alla crisi da COVID-19, con relativi costi sopravvenuti per due persone stimati a circa 20.000 euro, rendendo il perfezionamento della pratica adottiva oneroso ed impossibile;

   in molti casi, per permettere l'accesso nel Paese di provenienza alle famiglie di adozione, sono richiesti permessi di soggiorno che le autorità estere, che, nel caso specifico della Repubblica popolare cinese, le Autorità di Pechino non sono disposte a rilasciare;

   la Repubblica italiana e la Repubblica Popolare cinese sono entrambe firmatarie della Convenzione dell'Aia del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, eppure ad oggi non sono state elaborate misure specifiche per sveltire le pratiche e rendere possibile il perfezionamento delle procedure di adozione internazionale nonostante le criticità comportate dalla pandemia da COVID-19 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, se del caso, intendano intraprendere per aprire un tavolo di lavoro con le autorità della Repubblica popolare cinese per arrivare all'elaborazione di un accordo bilaterale tra le autorità italiane e cinesi per sveltire, agevolare e portare a termine le pratiche di adozione internazionale anche alla luce delle evidenze di cui in premessa.
(4-07123)


   BARTOLOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, la ratifica dei trattati internazionali interviene prevalentemente a seguito di un iter parlamentare;

   essa è in ogni caso, formalmente, un atto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Ministro proponente, di regola il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ma a seguito di un'autorizzazione con legge da parte del Parlamento in tutti i casi previsti dall'articolo 80 della Costituzione;

   è di tutta evidenza come il ruolo attribuito alle Camere dall'articolo 80 della Costituzione sia finalizzato a garantire un controllo democratico sulla politica estera del Paese, di fatto affidata – come di regola avviene anche negli altri Paesi – al potere esecutivo;

   tuttavia, di fatto, il passaggio parlamentare ad avviso dell'interrogante si risolve nella gran parte dei casi in un mero momento «dell'iter burocratico», poiché di rado si rivela un'occasione per discutere nel merito l'opportunità del vincolo internazionale che si assume, anche in ragione del fatto che la gran parte dei trattati hanno un contenuto settoriale, tecnico e comunque non modificabile;

   ciò che dilata i tempi dell'entrata in vigore del trattato non è il numero di mesi che intercorrono tra la presentazione del progetto di legge di ratifica alla Camera e la sua approvazione, ma, principalmente, il tempo che normalmente intercorre tra la firma del trattato e la presentazione del disegno di legge per la ratifica dello stesso all'uno o all'altro ramo del Parlamento;

   nei cinque anni per i quali sono disponibili dati on-line, infatti, questo arco temporale dura normalmente anni – raramente meno di due – potendo giungere a dilatarsi fino a 4, 5, 6, persino 10 anni;

   non è dato sapere se questo dipenda dalla necessità di far accompagnare il trattato da un'approfondita istruttoria relativa al disegno di legge da presentare alle Camere (già in sede di Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) o dalla necessità di raccogliere il parere favorevole di più Ministeri interessati o ancora da scarsa attenzione o lentezza del Governo nel suo insieme o infine – più probabilmente – dall'avvicendamento di Governi diversi, che potrebbe portare alla ripetizione di tali iter;

   il tema, dunque, ad avviso dell'interrogante, merita un'indagine approfondita;

   appare opportuno, dunque, un potenziamento della funzione di indirizzo e controllo del Parlamento che potrebbe sì passare per un più accorto esercizio della funzione di approvazione delle leggi di ratifica, ma sarebbe più opportuno gestire mediante strumenti ad hoc come quelli previsti nell'ambito del rapporto tra ordinamento italiano ed ordinamento europeo –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, fornire gli opportuni chiarimenti in merito a quanto esposto in premessa ed in particolare indicando, in relazione ai disegni di legge di ratifica pendenti ad oggi, se si tratti di accordi bilaterali o multilaterali, quando i singoli accordi siano stati firmati, quando i singoli trattati siano entrati in vigore;

   quali siano gli specifici settori di competenza e, segnatamente, per il Dicastero della Giustizia, quanti in materia di: estradizione, riammissione, sicurezza sociale, assistenza giudiziaria penale e civile, stato civile, cooperazione contro la criminalità ed il terrorismo e diritti umani.
(4-07142)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e DONZELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2020 è stato varato un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che proroga al 13 novembre 2020 le misure precauzionali minime per contrastare e contenere il diffondersi del COVID-19 che in parte riprende e in parte modifica la disciplina in tema di spostamenti da/per l'estero, già contenuta nei precedenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e nelle ordinanze adottate dal Ministro della salute;

   anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020, nell'allegato 20, individua sei gruppi di Paesi, per i quali sono previste differenti limitazioni;

   in particolare, destano particolare preoccupazione le limitazioni ancora vigenti per molti italiani all'estero. Per coloro che provengono dai Paesi dell'elenco F, o che vi hanno soggiornato/transitato nei 14 giorni precedenti, è ancora in vigore un divieto di ingresso in Italia, con poche eccezioni. Rientrano tra le eccezioni anche i cittadini dell'Unione europea, dell'Area Schengen, del Regno Unito, di Andorra, San Marino, Principato di Monaco, Città del Vaticano e loro familiari che abbiano la residenza anagrafica in Italia da prima del 9 luglio 2020;

   a giudizio dell'interrogante, si potrebbe applicare a tutti gli italiani all'estero il modello adottato per il ricongiungimento delle coppie binazionali, una delle battaglie politiche condotte dall'interrogante nel corso dell'emergenza COVID-19;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020 conferma, inoltre, la possibilità di ingresso in Italia, dai Paesi dell'elenco E, per le persone che hanno una relazione affettiva comprovata e stabile (anche se non conviventi) con cittadini italiani/Unione europea/Schengen o con persone fisiche che siano legalmente residenti in Italia (soggiornanti di lungo periodo), che debbano raggiungere l'abitazione/domicilio/residenza del partner (in Italia). All'ingresso/rientro in Italia da questi Paesi, è necessario compilare un'autodichiarazione nella quale si deve indicare la motivazione che consente l'ingresso/il rientro. Si può raggiungere la propria destinazione finale in Italia solo con mezzo privato, salvo alcune eccezioni. È inoltre necessario sottoporsi a isolamento fiduciario e sorveglianza sanitaria per 14 giorni;

   la stessa modalità si potrebbe adottare anche per i cittadini italiani privi della residenza anagrafica in Italia da prima del 9 luglio 2020, permettendo loro di raggiungere l'abitazione/domicilio/residenza di un parente in Italia dove si sottoporranno ad isolamento fiduciario e sorveglianza sanitaria;

   una decisione in tal senso sarebbe decisamente opportuna soprattutto in questi giorni in cui in Europa prende piede l'idea di un «semaforo Ue» per uniformare ed evitare che, ancora una volta, come successo in primavera, il sistema di libera circolazione dell'area «Schengen» vada a pezzi. Infatti, in barba allo spirito europeo, le nazioni confinanti con l'Italia hanno chiuso fisicamente improvvisamente i propri confini per timore di eventuali contagi –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere soluzioni per i cittadini italiani all'estero, secondo quanto rappresentato in premessa, che consentano loro di ritornare in Italia anche in assenza del requisito della residenza in Italia da prima del 9 luglio 2020.
(4-07147)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il sito di interesse nazionale ai fini di bonifica denominato «Bacino del Fiume Sacco» è stato oggetto di un Accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Lazio il 7 marzo 2019, al fine di porre in essere degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica citati integralmente nel contenuto dell'accordo stesso;

   detto accordo del 7 marzo 2019 prevede anche un monitoraggio della qualità delle acque per uso potabile, domestico ed irriguo, nonché la caratterizzazione delle aree agricole ripariali del fiume Sacco;

   il monitoraggio della qualità delle acque per uso potabile, domestico ed irriguo, come definito dalla delibera della giunta regionale del Lazio n. 225 del 2020, è finalizzato «ad acquisire dati utili al fine di un loro possibile utilizzo per l'avvio di un successivo studio sulla determinazione dei Valori di Fondo per le acque sotterranee»;

   all'interno del perimetro del Sin del Bacino del Fiume Sacco rientra anche un'area di alcuni ettari ricadente nel comune di Pastena, denominata «Colle Castrense», interessata da abbancamento di terra potenzialmente contaminata;

   l'Arpa Lazio – Sezione provinciale di Frosinone – con nota prot. n. 17376 del 9 marzo 2012, comunicava, ai sensi del comma 1 dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modifiche e integrazioni, i risultati analitici relativi ai campioni di suolo prelevati in data 25 ottobre 2011 e 8 novembre 2011 presso il sito «Colle Castrense» sull'area interessata da abbancamento di terreno di riporto, i quali risultati hanno evidenziato superamenti delle Csc per siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale di cui alla colonna A, Tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 per i parametri berillio, vanadio, cobalto, arsenico ed idrocarburi C>12;

   date le risultanze dei sopralluoghi effettuati dalle autorità competenti, il comune di Pastena in data 16 marzo 2012, doverosamente emetteva l'ordinanza sindacale n. 4, prot. n. 1213, con cui disponeva il divieto di pascolo e coltivazione sul sito Colle Castrense;

   nell'accordo di programma citato, alla voce «Caratterizzazione Aree Agricole Ripariali» è specificato, inoltre, anche il «terreno di abbancamento in località Colle Castrese-Pastena»;

   preso atto della contaminazione che emerge dai rapporti di prova elaborati da Arpa Lazio, l'area in questione dovrebbe essere inserita all'interno del monitoraggio della qualità delle acque previsto dall'accordo di programma, oltre che nella caratterizzazione delle aree agricoli ripariali –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per acquisire informazioni ai fini dell'inserimento dell'area in questione, già rientrante tra le aree agricole ripariali da caratterizzare di cui all'accordo di programma del 7 marzo 2019, anche nel monitoraggio delle acque per uso potabile ed irriguo del medesimo accordo.
(4-07125)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il sottosegretario Villarosa ha dichiarato alle agenzie di stampa di aver disposto accertamenti in merito a potenziali conflitti di interesse, che potrebbero portare anche alla decadenza di alcuni membri della Commissione tecnica, incaricata di esaminare le domande al Fondo di indennizzo risparmiatori;

   sono, ad avviso dell'interrogante, insinuazioni gravissime, esplicitate peraltro con formule sibilline e criptiche –:

   quale sia il risultato delle iniziative ispettive attivate dal sottosegretario Villarosa.
(3-01817)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI, OSNATO e ZUCCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   appare agli interroganti doveroso che il Governo recepisca la richiesta avanzata da Confcommercio e Confedilizia affinché, in uno dei prossimi provvedimenti che saranno emanati dal Governo per fronteggiare la grave crisi economica e sociale derivante dall'emergenza sanitaria da COVID-19, sia disposta l'estensione generalizzata del credito d'imposta per i canoni di locazione commerciale e i fitti d'azienda fino al 31 dicembre 2020;

   il credito d'imposta è, infatti, una misura che ha avuto un positivo impatto economico sugli operatori, anche grazie alla possibilità della cessione del credito a terzi ed agli stessi locatori, ma la sua limitazione a poche mensilità non è risultata sufficiente a risolvere la situazione di crisi in cui continuano a versare le imprese –:

   se nell'ambito delle iniziative normative d'imminente adozione, il Governo intenda prevedere l'estensione al 31 dicembre 2020 del credito d'imposta per i canoni di locazione commerciale e degli affitti d'azienda, e ciò in considerazione delle perduranti difficoltà economiche in cui versano le imprese del commercio e i proprietari di immobili.
(5-04792)


   LOMBARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'accisa è un'imposta sulla fabbricazione e la vendita dei prodotti di consumo: la più diffusa in Italia è quella sul prezzo dei carburanti per l'autotrazione introdotta a partire dagli anni '30 del secolo scorso per far fronte ad emergenze improvvise causate principalmente da disastri naturali o eventi militari; oggi si contano 19 accise e 7 di queste sono state istituite per finanziare le opere di ricostruzione delle zone interessate dai terremoti nella Valle del Belice in Sicilia (1968), nel Friuli (1976), in Irpinia (1980), nelle Marche/Umbria (1997), in Puglia/Molise (2002), in Abruzzo (2009) e in Emilia Romagna (2012);

   per la ricostruzione della Valle del Belice, l'allora Governo guidato da Aldo Moro introdusse un'accisa sui carburanti di 10 lire/litro, oggi 0,00516 euro/litro. Dal 1970 al 2015, l'Erario ha incassato oltre 8,6 miliardi di euro. Secondo una stima del Consiglio nazionale degli Ingegneri, la ricostruzione del Belice – non ancora completata – è costata «soltanto» 2,2 miliardi di euro. Dal 2016, invece, il costo della ricostruzione è stato rivalutato in 9,1 miliardi di euro, mentre la copertura ricavata dal gettito fiscale dell'accisa sul prezzo del carburante è pari a 24,6 miliardi di euro;

   i conti non tornano se si pensa che, a distanza di oltre 50 anni dall'evento calamitoso che ha interessato il Belice, la ricostruzione si è interrotta per l'assenza di fondi: numerose domande presentate rimangono ancora oggi inesitate e mai finanziate perché le disponibilità finanziarie risultano non sufficienti o vengono periodicamente revocate; gli automobilisti italiani hanno quindi versato per decenni nelle casse dello Stato ingenti somme di denaro superiori alle spese stimate – e in parte già sostenute – per la ricostruzione delle zone terremotate, con l'unica conseguenza della mancata erogazione, ormai da diversi anni, di alcun tipo di finanziamento per il Belice;

   la situazione appare ancor più paradossale e anomala se si considera che, per fronte alle opere di ricostruzione delle zone interessate dai terremoti, lo Stato italiano, negli anni, ha aumentato ben 5 volte le accise sui carburanti, consentendo all'Erario di incassare complessivamente per i soli eventi calamitosi oltre 145 miliardi di euro in più di 50 anni –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare in tempi brevi per ripristinare l'erogazione dei finanziamenti per le opere di ricostruzione della Valle del Belice che derivano dagli ingenti introiti dell'accisa sul prezzo dei carburanti per l'autotrazione.
(5-04793)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI, CAPITANIO, BITONCI, CANTALAMESSA, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 65, comma 2, decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, come da ultimo modificato dall'articolo 24, comma 2, lettera a), decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, prevede l'obbligo di utilizzare la piattaforma PagoPA per i pagamenti verso le pubbliche amministrazioni a decorrere dal 28 febbraio 2021;

   tale modalità di pagamento dovrebbe rappresentare uno strumento di semplificazione delle transazioni, nonché un passo verso un'amministrazione pubblica completamente digitale;

   tuttavia, permane la criticità che le spese della digitalizzazione del sistema saranno a carico dei contribuenti;

   in particolare, le commissioni si aggirano a circa due euro – una media di 90 centesimi – per singola transazione: pagamenti, quali la tassa sui rifiuti, le sanzioni amministrative, le tasse universitarie e dei servizi scolatici, l'imposta di bollo auto, che diventeranno obbligatoriamente digitali;

   occorre aggiungere che, con specifico riguardo al pagamento delle tasse universitarie e dei servizi scolastici, l'adeguamento delle segreterie scolastiche e di ateneo alle novità a partire dal 30 giugno, prima che intervenisse la sopracitata proroga al 28 febbraio 2021 prevista dal decreto cosiddetto Semplificazioni, ha già determinato spese per i contribuenti fino ad allora dovute dalla pubblica amministrazione;

   il costo indiretto complessivo a carico dei contribuenti per le transazioni effettuate tramite PagoPA, è stimato in circa 81 milioni di euro all'anno, cifra destinata ad aumentare proporzionalmente all'incremento delle transazioni obbligatoriamente soggette allo strumento del PagoPA. Si stima, infatti, che, entro il 2023, si dovrebbe giungere a 350 milioni di transazioni, che corrisponderebbero ad oltre 300 milioni di euro di ricavi per gli intermediari;

   si evidenzia che le commissioni di cui in premessa rappresentano un aggravio per i contribuenti, i quali non potranno più utilizzare l'addebito a costo zero sul proprio conto corrente, bensì saranno tenuti a pagare, oltre all'importo dovuto, oneri di riscossione che in precedenza erano implicitamente sostenuti dalla pubblica amministrazione e, data l'attuale assenza di addebito automatico per le transazioni effettuate con PagoPA, potrebbero incorrere nel rischio di sanzioni dovute al ritardo nei pagamenti;

   in questo modo, verrebbe a configurarsi una peculiare «eccezione» nei confronti della normativa europea, ed in particolare delle direttive sui pagamenti (Psd), in cui l'addebito diretto sul conto (Sdd) è esplicitamente previsto tra i sistemi di pagamento a supporto dei cittadini perché, tra l'altro, ne favorisce l'inclusione finanziaria –:

   se e quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, al fine di eliminare commissioni indebite per i contribuenti.
(4-07139)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di stampa di qualche giorno fa la brutale aggressione ad un ispettore capo in servizio presso la casa di reclusione di Alghero;

   l'ispettore risulta essere stato oggetto delle ire di un giovane detenuto per duplice omicidio, il quale, dopo aver effettuato un colloquio con l'area educativa, per motivi sconosciuti si rifiutava di far rientro nel reparto di appartenenza; lo stesso più volte sollecitato dal personale di Polizia andava in escandescenza e improvvisamente colpiva un ispettore, prima con una testata e subito dopo con un pugno al volto;

   visitati entrambi dal personale medico, il detenuto veniva inviato all'ospedale nel reparto di psichiatria, mentre per l'ispettore le lesioni venivano giudicate guaribili in 7 giorni di riposo e cure; come denunciano i sindacati di polizia penitenziaria, appare lampante e urgente l'intervento dell'amministrazione centrale, perché la situazione dell'istituto algherese è veramente critica; nonostante la presenza di due commissari e un sostituto commissario è carente la figura degli ispettori (3) e dei sovrintendenti (5), ma soprattutto a creare notevoli problemi e a gravare sul lavoro quotidiano è la grave carenza nel ruolo agenti assistenti, carenza che allo stato attuale obbliga a lavorare quasi sempre ai livelli minimi di sicurezza;

   ormai ogni giorno si assiste ad aggressioni di questo tipo a scapito di donne e uomini in divisa che con spirito di sacrificio e abnegazione garantiscono, seppur fra mille difficoltà, la sicurezza all'interno delle nostre carceri su tutto il territorio nazionale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al riguardo;

   se e in che termini il Ministro interrogato intenda intervenire per ristabilire gli opportuni livelli di sicurezza nel citato penitenziario per tutti coloro che ogni giorno prestano la propria attività lavorativa a rischio dell'incolumità fisica, nonché per incrementare l'organico presso la medesima struttura.
(4-07128)


   BELOTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a gennaio 2019, in occasione dell'arresto e dell'estradizione dal Brasile del terrorista pluriomicida Cesare Battisti, è tornata alla ribalta la questione delle decine di terroristi italiani che se ne stanno da decenni indisturbati all'estero, in particolare in Francia;

   i familiari delle vittime di questi terroristi stanno attendendo dalla fine dagli anni ’70 e '80 di avere giustizia e lo Stato non può permettersi di vedere le proprie condanne, per lo più definitive, assolutamente disattese per la copertura politica offerta da autorità estere;

   tra i terroristi in latitanza in Francia figurano diversi condannati all'ergastolo come le ex brigatiste Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, entrambe condannate all'ergastolo nel processo Moro ter e chiamate in causa anche per i delitti D'Antona e Biagi, i Br Sergio Tornaghi e Marina Petrella, mentre in Nicaragua risulta latitante Alessio Casimirri, su cui gravano ben 6 ergastoli per il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro;

   nell'elenco dei latitanti all'estero figurano anche il brigatista Paolo Ceriano Sebregondi, condannato all'ergastolo per omicidio, ed Ermenegildo Marinelli (membro del Movimento comunista rivoluzionario) che da tempo vivrebbero anch'essi in Francia, mentre Maurizio Baldesseroni, di Prima Linea, pare essersi rifugiato in Perù;

   un altro terrorista latitante in Francia è Narciso Manenti, condannato, in via definitiva, all'ergastolo con l'accusa di essere l'esecutore materiale dell'omicidio dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979 con 5 colpi di pistola sparati a bruciapelo davanti agli occhi del figlio undicenne;

   nelle settimane seguenti all'arresto di Cesare Battisti sulla stampa nazionale sono apparse notizie che facevano intendere un'accelerazione nelle pratiche di estradizione di numerosi terroristi, in particolare quelli latitanti in Francia;

   con l'insediamento del nuovo Governo, oltre un anno fa, non si è avuta più alcuna informazione al riguardo nonostante ripetute richieste di incontro con la segreteria del Ministro della giustizia da parte del sottoscritto –:

   quale sia la situazione in merito alle richieste di estradizione dei terroristi condannati in via definitiva e latitanti in Francia e in altri Stati.
(4-07133)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BARZOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore del trasporto aereo è uno dei più colpiti dalla crisi economica innescata dalla pandemia COVID-19. Secondo la International Air Transport Association (Iata), che riunisce 290 compagnie aeree di tutto il mondo, in Europa sarebbero a rischio oltre 7 milioni di posti di lavoro. Sempre secondo la lata, inoltre, nel 2020 il settore, a livello globale, dovrà fare i conti con un deficit senza precedenti per il quale il traffico aereo dovrebbe tornare ai livelli pre-COVID-19 solo nel 2024;

   in un contesto così delicato, diverse compagnie hanno annunciato ingenti tagli al personale per rispondere all'esigenza di tagliare le spese, con le entrate al minimo. Si rende quindi necessario dare discontinuità nelle modalità relazionali adottate fino a questo momento e intraprendere un confronto aperto con le istituzioni, le aziende del settore e tutte le rappresentanze dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale, al fine di individuare una strategia condivisa che possa traghettare nel migliore dei modi le compagnie aeree nella ripresa del mercato e che possa dare stabilità ai tanti lavoratori del settore;

   questi ultimi stanno, infatti, cercando di affrontare le conseguenze dell'emergenza coronavirus appoggiandosi agli aiuti statali e alla normativa introdotta con il cosiddetto «decreto Rilancio» in quanto, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 77 del 2020 di conversione del suddetto decreto-legge sono divenute definitive le misure introdotte nel settore del trasporto aereo: dagli articoli 198, 202 e 203 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020;

   tra le misure introdotte, l'articolo 203 del decreto prevede l'obbligo, in capo ai vettori aerei e alle imprese che impiegano personale sul territorio italiano, di applicare in favore dei propri dipendenti, con base di servizio in Italia, i minimi retributivi previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore. Questo, indipendentemente dalla nazionalità della compagnia e/o dell'impresa, essendo a tal fine sufficiente che le stesse operino sul territorio italiano. Tale obbligo retributivo è poi esteso anche nei confronti dei dipendenti di imprese terze impiegati dai vettori per l'esercizio della propria attività;

   la norma non definisce l'ambito soggettivo della previsione, considerato che il personale impiegato in Italia dalle compagnie aeree non gode ancora di adeguate tutele che definiscano il mansionario e che permettano di definire i relativi rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e le retribuzioni, nonché le tempistiche di svolgimento del lavoro che vengono stabilite solo da contratti collettivi aziendali, spesso non concordati con i sindacati più rappresentativi a livello nazionale, né equiparati alle normative nazionali del settore aereo;

   va tenuto conto che, secondo la nuova norma, devono espletarsi necessariamente delle conseguenze sanzionatorie in caso di inadempienza, come la revoca delle concessioni per la compagnia con sede in Italia che, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del cosiddetto «decreto Rilancio», non adempia ai suddetti obblighi retributivi o come l'applicazione, da parte dell'Enac, di una pena pecuniaria compresa tra 5.000 e 15.000 euro per ciascuna unità non correttamente impiegata sul territorio italiano, con riferimento, invece, alle compagnie ed imprese estere, per il mancato riconoscimento dei trattamenti economici minimi –:

   se Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se intendano valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per risolvere i vari aspetti problematici del settore, con l'obiettivo di rappresentare gli interessi dei lavoratori e delle compagnie aeree che operano in Italia e valutare il parametro più adeguato con il quale verranno calcolate le retribuzioni minime, anche in considerazione dei possibili risvolti sanzionatori della normativa e dell'importante ruolo che svolge il personale di volo che lavora nelle compagnie aeree che operano nel nostro territorio.
(3-01816)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della pandemia COVID-19 il brusco calo del prodotto interno lordo e degli scambi commerciali ha avuto inevitabilmente un effetto negativo sulla portualità italiana. Naturale effetto del fatto che oltre il 40 per cento di tutto l'interscambio commerciale italiano avviene via nave, valore che sale al 90 per cento per l'import-export italiano verso Asia e America. Sulla pagina web «ispionline.it» da un articolo del 9 ottobre a firma Massimo Deandreis dal titolo «COVID-19-Porti6.0: L'Italia che ancora non c'è» si legge che: «Il primo semestre di quest'anno – quello caratterizzato dall'impatto del lockdown – ha visto una contrazione media del -12% in termini di tonnellaggio delle merci transitate dai porti italiani con dati che oscillano tra il -9% dei traffici RoRo al -23% delle rinfuse solide. Tutti i porti italiani hanno avuto contrazioni significative, anche se i porti del Mezzogiorno, più votati al settore energetico e alla filiera agroalimentare (entrambe sempre operative anche nei mesi di blocco) hanno sofferto di meno»;

   i grandi carriers, le shipping companies che governano il mercato mondiale del trasporto merci via nave, hanno cercato di far fronte alla crisi con operazioni di cancellazione di tratte già programmate e contemporaneamente con la ricerca di rotte e strategie per diminuire drasticamente i costi;

   tutti questi indicatori congiunturali si accompagnano con un altro più strutturale circa la tipologia e la frequenza delle rotte marittime che lascerebbero ipotizzare che è in fase di accelerazione un processo di regionalizzazione del commercio mondiale che probabilmente toccherebbe anche le catene del valore e le catene di fornitura;

   dal Rapporto 2020 «Italian Maritime Economy» presentato di recente nella città di Napoli si evince, un processo molto simile alla regionalizzazione della globalizzazione, visto il numero crescente di passaggi di navi all'interno di rotte regionali (America, Europa-Mediterraneo, Asia) e la diminuzione dei passaggi su rotte globali;

   tale fenomeno, osservato da circa 8 anni, porterebbe a pensare come ribadito nello stesso studio: «uno spostamento del punto di massima concentrazione dei passaggi più vicino al cuore del Mediterraneo e al nostro Paese.» Inoltre, elemento fondamentale da non trascurare è la posizione geografica di vantaggio dell'Italia nel cuore del Mediterraneo, snodo centrale sia dei traffici regionali che di quelli globali;

   da un sistema innovativo ed efficiente del sistema logistico potrebbero derivare vantaggi e opportunità considerevoli per il futuro dell'economia italiana. L'Italia – pur avendo migliorato sensibilmente il suo posizionamento – resta al 19° posto al mondo nel Logistics Performance Index della World Bank;

   l'efficienza di un porto non è data solo dai servizi di carico e scarico ma conta che la merce così come i passeggeri una volta scesi in banchina possano muoversi rapidamente e interconnettersi con gli altri sistemi di trasporto tramite l'intermodalità e l'attenzione ai temi della tecnologia e della sostenibilità;

   alcuni investitori internazionali (non solo cinesi) si stanno affacciando ai porti italiani. I turchi di Yilport a Taranto, MSC a Gioia Tauro, i tedeschi di Amburgo a Trieste, forse il porto di Amsterdam a Cagliari. Sullo sfondo il lancio delle Zes (zone economiche speciali) nei porti del Mezzogiorno e delle Zls (zone logistiche speciali) nei porti del Nord –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo per supportare e migliorare l'intermodalità e la sostenibilità dei trasporti in Italia;

   quali iniziative intenda adottare al fine di potenziare il sistema della logistica portuale che è fondamentale e strategico per l'intero sistema economico e produttivo del Paese.
(5-04791)


   BALDELLI, ZANELLA, MULÈ, SOZZANI, ROSSO, PENTANGELO e BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto interministeriale 30 dicembre 2019, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 20 febbraio 2020, n. 42, ha dato attuazione all'articolo 142, comma 12-quater del codice della strada, che impone agli enti locali di trasmettere annualmente una relazione sui proventi delle sanzioni per infrazioni al codice della strada e sul loro utilizzo;

   il termine ultimo per l'invio della relazione sui proventi delle multe relative all'anno 2019 è stato fissato dal citato decreto al 30 settembre 2020. Il termine è stato ribadito dalla circolare del Ministero dell'interno n. 4 del 9 luglio 2020, che ha dato conferma anche dell'attivazione dell'apposita piattaforma telematica che articolo 2 del decreto interministeriale ha individuato come strumento da utilizzare per l'invio delle relazioni –:

   quanti siano gli enti locali che hanno inviato la relazione sui proventi delle multe stradali relative all'anno 2019, e se il contenuto delle relazioni inviate sarà comunicato al Parlamento e reso accessibile al pubblico per via telematica.
(5-04794)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ATTIS, SISTO, ELVIRA SAVINO e LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, Alitalia e altre compagnie aeree tagliano i voli da e per gli aeroporti di Brindisi e di Bari;

   ad avviso degli interroganti è inconcepibile che gli orari di decollo e atterraggio dei pochi voli operativi di Alitalia non consentano alle persone di raggiungere le varie destinazioni, soprattutto per la Capitale, o gli aeroporti milanesi, in giornata;

   un danno, quello appena riportato, a cui si aggiunge la beffa di avere, per le tratte ancora attive, delle tariffe per lo più inaccessibili;

   purtroppo, il problema della carenza dei voli è stato registrato anche in passato, l'ultima volta qualche mese fa, alle porte della stagione turistica, per i collegamenti da e per l'Aeroporto del Salento e per quello di Bari che collegano la Puglia e rappresentano un punto di riferimento importante per il territorio;

   si tratta di una scelta quella appena riportata che sta avendo ricadute disastrose per i professionisti e le imprese di tutti i settori, già provati dagli enormi sforzi per rilanciare l'economia locale in tempi estremamente difficili –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di porre rimedio alla carenza di voli da e per gli aeroporti di Brindisi e di Bari importanti punti di riferimento per il territorio pugliese.
(4-07127)


   BIANCHI, GRIMOLDI, CECCHETTI, GALLI, TARANTINO e LOCATELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2019, in occasione della presentazione del piano industriale, il gruppo Ferrovie dello Stato italiane ha annunciato – tra gli obiettivi del piano quinquennale di investimenti – il ripristino, entro il 2023, del collegamento diretto ad alta velocità dall'aeroporto di Milano Malpensa alle principali città italiane (Roma, Verona, Padova, Venezia e Bologna);

   non essendo presente una linea ad alta velocità fino allo scalo aeroportuale, il collegamento ferroviario dovrebbe sfruttare le linee già esistenti, del Malpensa Express fino a Milano centrale per poi instradarsi sulle direttrici dell'Alta velocità (Av);

   già nel 2010 era stato inaugurato il collegamento Av da e per l'aeroporto di Malpensa, che consentiva di arrivare a Roma in meno di 4 ore e 30 minuti senza cambio a Milano centrale, per poi essere soppresso 18 mesi dopo a causa dello scarso utilizzo e alla profonda crisi in cui riversava lo scalo della brughiera;

   nell'ultimo quinquennio di attività – al netto dell'incremento di traffico dovuto alla chiusura temporanea dell'aeroporto di Milano Linate nel 2019 e della riduzione di volumi dovuta all'emergenza sanitaria da COVID-19 – l'aeroporto di Milano Malpensa ha registrato un aumento dei volumi di traffico di oltre il 40 per cento, con 26,8 milioni di passeggeri nel 2018, pari, cioè, ad una crescita netta del +9,1 per cento rispetto all'anno precedente, vantando una connettività diretta con 82 paesi del mondo serviti da voli di linea «non stop»;

   il ripristino del collegamento ad alta velocità da e per lo scalo della brughiera appare fondamentale per garantire la piena intermodalità treno-aereo finalizzata ai voli a lungo raggio, così da soddisfare le esigenze di trasporto provenienti dal bacino del Centro/nord che ha necessità di arrivare direttamente a Malpensa per prendere un volo di linea intercontinentale;

   la riduzione dei volumi di traffico e l'attuale crisi del settore del trasporto aereo, dovute all'emergenza sanitaria tuttora in corso, rendono propizio il momento attuale per la realizzazione di interventi infrastrutturali e di opere provvisionali funzionali allo sviluppo del sistema trasportistico italiano –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché Ferrovie dello Stato italiane ripristini celermente il collegamento diretto ad alta velocità da e per l'aeroporto di Milano Malpensa.
(4-07130)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada provinciale 43 è una arteria stradale di notevole importanza per l'area appenninica della città metropolitana di Bologna: origina dall'incrocio con la strada provinciale 40, presso il comune di Castel di Casio e termina sul rio Confini, che rappresenta il confine con la provincia di Pistoia. La strada provinciale 43, nel primo tratto, sovrasta il lato meridionale del Lago di Suviana ed entra nel territorio di Camugnano; la strada provinciale 43, quando termina, al confine con la provincia di Pistoia, prosegue allacciandosi alla strada provinciale 24 «Pistoia-Riola» e, quindi, costituisce un collegamento tra la regione Emilia-Romagna e Toscana;

   la strada provinciale 43 risulta interrotta al traffico veicolare dal dicembre 2019, da quando cioè è stata interessata da un movimento franoso che ne ha causato la chiusura e la conseguente deviazione del transito degli automezzi sul Monte di Badi e su altri tratti stradali. La viabilità alternativa è spesso caratterizzata da fondo sconnesso che arreca disagi a coloro che vi transitano;

   la strada alternativa su Monte Badi, in direzione di Treppio (ubicata nella provincia di Pistoia), nel periodo autunnale ed invernale, può arrecare notevoli disagi e criticità a coloro che hanno necessità di transitarvi quotidianamente per recarsi nei luoghi di lavoro;

   oltretutto, la natura ripida e sconnessa delle strade di transito alternative alla strada provinciale 43 pone a rischio l'incolumità di coloro che conducono un automezzo poiché, con le prime piogge e gelate, il manto stradale può divenire scivoloso ed instabile;

   le autorità locali competenti avrebbero garantito la riapertura al traffico veicolare della strada provinciale 43 per la fine di ottobre 2020: tuttavia risulta che i lavori di ripristino e messa in sicurezza del tratto stradale in questione sarebbero attualmente fermi;

   una situazione di evidente criticità anche per le attività economiche che potrebbero essere danneggiate dalla prolungata chiusura di una arteria così importante. Peraltro, sono da rilevare anche le potenziali ripercussioni che potrebbero verificarsi sulle tempistiche di eventuali operazioni di soccorso sanitario nei comuni limitrofi, poiché le strade alternative alla strada provinciale 43 possono intasarsi per il traffico, oppure essere caratterizzate da difficoltà di transito a causa della situazione sconnessa del manto stradale –:

   se sia a conoscenza della situazione su esposta;

   se intenda acquisire elementi conoscitivi, per quanto di competenza, in merito allo status dei lavori per la messa in sicurezza e la riapertura della strada provinciale 43 e sulle motivazioni che stanno causando la mancata prosecuzione dei lavori ed i relativi ritardi per il tratto stradale medesimo chiuso da quasi un anno;

   se al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti siano pervenuti, da parte degli enti preposti, piani e programmi per la messa in sicurezza e il ripristino della viabilità nella strada provinciale 43 e se, eventualmente, siano previsti finanziamenti, a tale scopo;

   se, per quanto di competenza, intenda promuovere un tavolo istituzionale con la regione Emilia-Romagna, la regione Toscana, la città metropolitana di Bologna e la provincia di Pistoia, al fine di porre in essere iniziative volte alla riapertura della strada provinciale 43 in tempi rapidi.
(4-07132)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Maleo, sulla strada provinciale 234, due curve a gomito in 200 metri di strada sono considerate dai cittadini «maledette», a causa del passaggio a livello della linea ferroviaria ad un solo binario che collega Codogno a Mantova che, da quanto testimoniano i locali, resta a sbarre alzate al passaggio del treno;

   su tale passaggio a livello, il giorno di Ferragosto del 2020, è morta una donna di 34 anni; la sua auto è stata travolta da un treno regionale a causa probabilmente del malfunzionamento di una delle due sbarre rimasta alzata; sul caso è stata aperta un'indagine della procura per accertare, con una perizia cinematica, se ci sia stato il malfunzionamento delle sbarre del passaggio a livello, come affermato da testimoni e negato da Rfi;

   pare che il 6 ottobre 2020 il malfunzionamento delle sbarre si sia ripetuto di nuovo, alle ore 6 del mattino, mentre stava per attraversare il passaggio a livello un cittadino di Codogno che andava al lavoro; il Giorno, pagina di Lodi, del 7 ottobre 2020, riporta che entrambe le sbarre del passaggio a livello non si sarebbero abbassate e che l'incidente sarebbe evitato grazie alla prontezza del cittadino che ha notato i fari accesi del treno in lontananza e non ha attraversato; il treno ha prima rallentato e poi si è fermato a pochi metri dai binari; l'episodio è stato rilanciato sui social network;

   sembra che Rfi, in seguito a verifiche tecniche, non abbia individuato anomalie e malfunzionamenti e, pertanto, abbia negato qualsiasi problema, dichiarandosi tuttavia disposta a sedersi attorno ad un tavolo con gli amministratori locali per ragionare su un intervento risolutivo –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e se intenda promuovere le verifiche di competenza sulla pericolosità del passaggio a livello della linea ferroviaria Codogno-Mantova, sulla strada provinciale 234, nel comune di Maleo, per appurare quali perizie, verifiche tecniche e valutazioni Rfi abbia effettuato o debba ancora effettuare e come Rfi debba intervenire per risolvere definitivamente il problema e garantire la sicurezza dei cittadini.
(4-07137)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già con precedente atto di sindacato ispettivo n. 3-00839, l'interrogante segnalava le dimensioni preoccupanti che il fenomeno della prostituzione e del suo illegale sfruttamento e favoreggiamento assumono nel nostro Paese, anche alla luce dello stretto legame esistente tra lo stesso e l'andamento dei flussi migratori illegali;

   in particolare e a conferma di quanto sopra, l'interrogante evidenziava l'intensificazione di tale fenomeno nelle zone di Carugo, Inverigo, Mariano Comense, Lurago d'Erba e nei paesi limitrofi della provincia di Como, evidenziando come lo sfruttamento delle giovani ragazze, costrette a prestazioni sessuali sotto ricatto, avesse formato oggetto di una serie di operazioni di controllo da parte delle forze dell'ordine;

   in quelle stesse zone e, di recente, anche nel comune di Arosio (CO), lo sfruttamento della prostituzione è ancora oggi molto diffuso, nonostante l'attuale stato di emergenza sanitaria, da ultimo prorogato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 7 ottobre 2020;

   le amministrazioni locali hanno adottato provvedimenti in via d'urgenza e intensificato i controlli, ma il dilagare del fenomeno, nelle predette zone e in altre aree del Paese, denota – a parere dell'interrogante – un certo disinteresse da parte dei Ministri interrogati nella comprensione e nella presa in carico del problema;

   lo sfruttamento della prostituzione è già di per sé un crimine inaccettabile per le ricadute gravissime sulla sicurezza, sull'ordine pubblico e, ovviamente, sulle ragazze sfruttate, spesso vittime di tratta; a maggior ragione, il crimine in questione è inaccettabile e intollerabile nell'attuale contesto sociale e sanitario;

   il mercato dello sfruttamento costringe le ragazze in strada in violazione – tra l'altro – delle norme sanitarie e di igiene varate in tempo di pandemia e, di conseguenza, mette davvero in pericolo, ora più che mai, l'interesse alla salute pubblica, rischiando di determinare nuovi focolai di infezione e, inevitabilmente, nuove chiusure, con impatti elevatissimi sull'intera comunità in termini sanitari, sociali ed economici che rischiano di vanificare i sacrifici fatti dagli italiani negli scorsi mesi –:

   se e quali iniziative di competenza intendano adottare per contrastare i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, tenuto conto dell'impatto che gli stessi possono avere nell'attuale contesto, anche da un punto di vista sanitario e dell'evoluzione della situazione epidemiologica in atto;

   se abbiano già adottato iniziative di competenza al riguardo, anche alla luce dell'atto di sindacato ispettivo indicato in premessa, attualmente rimasto privo di riscontro.
(3-01818)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI e VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   solo negli ultimi giorni sono sbarcati a Pantelleria 220 tunisini, dei quali cento sono stati trasferiti e gli altri si trovano ancora nel centro di accoglienza presso la caserma Barone dell'isola, al collasso, come tutte le altre, se solo si considera che potrebbe ospitare al massimo 25 persone;

   con il maltempo la situazione è diventata, se possibile, ulteriormente critica, perché non sono garantiti i collegamenti con la terraferma;

   il prefetto di Trapani aveva assicurato che avrebbe studiato una soluzione, per affrontare l'emergenza, d'intesa con il Viminale, e, da quanto si apprende da fonti di stampa, tale soluzione sarebbe stata trovata nella realizzazione di un centro di prima accoglienza per immigrati permanente, utilizzando una nota struttura alberghiera dell'isola ubicata in una zona ad alta densità turistica-residenziale;

   i principi di accoglienza, solidarietà ed integrazione, oggi più che mai, anche alla luce della annunciata sostanziale abrogazione dei «decreti sicurezza», rischiano di tradursi, al contrario, in una mancanza di tutela e sicurezza nei confronti della cittadinanza;

   l'aumento degli sbarchi, unitamente a una gestione egoistica e incontrollata dei flussi, dimostrano tutta la vulnerabilità delle nostre isole, dimenticate dalla politica europea e da una politica nazionale ad avviso degli interroganti vocata all'accoglienza non turistica ma pseudo umanitaria –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per impedire la realizzazione di un centro di prima accoglienza anche sull'isola di Lampedusa.
(4-07140)


   ZOFFILI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla giornata di sabato 10 ottobre 2020 a Lampedusa e sulle coste della Sardegna si è registrato un nuovo record di sbarchi con l'arrivo, nel giro di poche ore, di centinaia di immigrati clandestini a bordo di diversi barchini;

   a Lampedusa, con 27 sbarchi nel giro di 30 ore, sono arrivati oltre 700 clandestini, per la maggior parte tunisini, i quali sono stati portati all'hotspot di contrada Imbriacola, che si ricorda ha una capienza di meno di duecento posti, in attesa dell'arrivo della nave quarantena Azzurra dove verranno imbarcati dopo l'esito dei tamponi;

   anche sulle coste del sud della Sardegna, da sabato sera gli sbarchi si sono susseguiti in maniera allarmante e senza sosta: 12 immigrati clandestini sono sbarcati nel pomeriggio ed altri 11 nel corso della notte sulla spiaggia di Is Prunis a Sant'Antioco, intercettati dai carabinieri dentro il paese di Sant'Anna Arresi e addirittura all'interno del Poligono militare di Teulada; ancora altri 4, poco dopo le 23, sono arrivati autonomamente al porticciolo di Cala Verde nel territorio di Pula;

   infine, domenica mattina altri 11 algerini sono stati intercettati dalle fiamme gialle sulla spiaggia di Campionna a Teulada, mentre un altro barchino è stato avvistato sempre dalle motovedette delle Fiamme gialle a 16 miglia da Sant'Antioco;

   sebbene sia difficile al momento stabilire quale sia il numero esatto degli immigrati irregolari arrivati nelle ultime ore sulle coste della Sardegna, è però noto che ormai da mesi l'isola versa in uno stato emergenziale a causa dell'aumento esponenziale degli sbarchi illegali, per lo più dall'Algeria, e delle precarie condizioni del centro di accoglienza di Monastir, come già evidenziato dall'interrogante con numerosi atti di sindacato ispettivo precedentemente depositati (nn. 4-06178, 4-06030, 4-06373, 4-06442, 4-06993) ed ancora in attesa di risposta;

   tale situazione, anche grazie alla recente annunciata sostanziale abrogazione dei cosiddetti decreti sicurezza che costituisce un evidente pull factor dei flussi migratori illegali verso il nostro Paese, nelle ultime ore ha subito un notevole peggioramento, così come dimostrano i fatti sopra riportati, con conseguenti rischi per la popolazione anche dal punto di vista sanitario;

   a seguito di quanto sopra il Ministro interrogato avrebbe comunicato alla stampa di aver inviato un contingente di militari in Sicilia «non per il Covid, ma perché gli arrivi erano tanti e la Sicilia sopportava un peso notevolissimo», mentre nulla è stato riferito a proposito dell'altrettanto grave situazione in cui ormai da mesi versa anche la Sardegna –:

   quali iniziative immediate intenda adottare a seguito dell'aumento esponenziale degli sbarchi illegali registrati e riportati in premessa e quali iniziative intenda attivare al fine di garantire il controllo dei confini marittimi e fermare i flussi migratori illegali in particolare verso le coste della Sardegna.
(4-07141)


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il portale «Valori – Notizie di finanza etica ed economia sostenibile», il 31 gennaio 2020, avrebbe riferito che la ORS Service AG, «ultimo anello di una catena che conduce a una holding di Zurigo di proprietà del fondo di private equity Equistone Partners di Londra», operativa nel settore dell'accoglienza e assistenza dei migranti, il 25 luglio 2018, avrebbe costituito la controllata ORS Italia Srl, che avrebbe avviato le attività nel nostro Paese a partire dal 28 gennaio 2020;

   il 22 agosto del 2018, a un mese dall'istituzione della ORS Italia Srl, l'agenzia PRNewswire, avrebbe dato la notizia secondo la quale il gruppo ORS, «finora operante in Svizzera, Austria e Germania, inizia ad attuare la propria strategia di crescita nei Paesi europei del Mediterraneo [...] È previsto che la nuova controllata [...] nei prossimi mesi partecipi in Italia a bandi di gara nei settori dell'alloggiamento, dell'assistenza, della consulenza sociale e dell'integrazione per profughi e richiedenti asilo»;

   secondo l'agenzia, «il Dott. Jürg Rütheli, CEO del gruppo ORS, conferma che l'Italia rappresenta un primo importante passo per l'espansione nel Mediterraneo. “Siamo pronti per applicare anche nelle nazioni dell'Europa meridionale il know-how accumulato negli ultimi due decenni”»;

   in merito al khow-how accumulato dal gruppo è il caso di riferire le condizioni disumane dei rifugiati del centro di Traiskirchen, in Austria, nel 2015. «Progettato per una capienza di 1.800 persone, il campo era arrivato a ospitarne 4.600. 1.500 di loro, denunciava Amnesty International, erano costretti a dormire all'aperto»;

   nel 2018, in Svizzera, Austria e Germania, il gruppo ORS avrebbe conseguito profitti per 1,3 milioni di franchi (1,2 milioni di euro al cambio attuale), cifra che sarebbe meno della metà del dato relativo al 2016 (3 milioni di franchi circa); questa variazione, secondo il quotidiano svizzero 20 Minuten dell'8 ottobre 2019, citato da Valori, sarebbe da imputare al drastico calo delle domande di asilo che si sarebbero ridotte di due terzi nel giro di tre anni;

   sembrerebbe che la nuova strategia di espansione del gruppo verso i Paesi del Mediterraneo, sia motivata dalla ricerca di nuovi mercati, a seguito della contrazione di quelli «tradizionali», secondo logiche e modalità proprie di un organismo for profit, con il rischio di forti ribassi d'asta e di riduzione della qualità dei servizi, oltre a soppiantare le strutture no profit che operano nei territori;

   nell'aggiudicazione della gestione di «Casa Malala» a Fernetti, Trieste, la ORS Italia Srl avrebbe praticato un ribasso del 14 per cento;

   la società avrebbe ottenuto la gestione dei centri di accoglienza di Macomer e di Monastir, in Sardegna, dove, secondo il quotidiano L'Unione Sarda, del 25 settembre 2020, alla società «Gli bastano pochi mesi di attività per spazzolare tutto quello che c'era disponibile nell'isola»;

   il quotidiano riferisce le condizioni disumane e l'emergenza sicurezza: «Nell'oasi di Monastir, fattasi lager, non passa giorno senza una guerriglia annunciata. Polizia e carabinieri in perenne tenuta antisommossa»;

   la gestione del centro di Monastir, del valore di tre milioni di euro in due anni, sarebbe stata assegnata provvisoriamente dalla prefettura che, dopo 200 giorni, non avrebbe ancora prodotto il certificato antimafia –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, anche di natura normativa, per evitare che, nella gestione dell'accoglienza dei migranti e delle strutture pubbliche, possano operare organismi privati orientati principalmente a lucrare dalle attività a discapito della qualità dei servizi;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura ispettiva, per verificare le modalità di assegnazione dell'appalto del centro di Monastir.
(4-07143)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 12 ottobre 2020, una ventina di immigrati hanno tentato la fuga dal centro accoglienza Villa Angela di Terzigno, in provincia di Napoli;

   hanno violato la quarantena e sono scappati verso i comuni di Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata;

   fortunatamente, i fuggitivi sono stati rintracciati dalle forze dell'ordine in poco tempo e sono tornati agli alloggi. La situazione ha richiesto l'intervento delle forze di polizia del reparto antisommossa;

   gli immigrati sono in isolamento dalla fine di settembre 2020, a seguito dell'emersione di alcuni casi di coronavirus, seppure lo screening completo degli ospiti della struttura non sia stato ancora ultimato;

   la situazione rischia di diventare esplosiva in quanto le autorità competenti non hanno assunto alcun intervento risolutivo della questione. Il personale di vigilanza alla struttura per l'interrogante non è stato adeguato al livello di isolamento richiesto, né alla quantità di persone in quarantena;

   l'episodio non è isolato, in quanto si registra una situazione simile anche nel centro di Arzano;

   il presidente della regione Campania è noto per le sue dichiarazioni colorite sulla necessità di un approccio severo alla limitazione della libertà di circolazione dei cittadini campani ma, a giudicare dalle situazioni elencate in precedenza, le stesse regole non valgono per tutti. Quantomeno, non valgono per quegli immigrati contagiati che, evidentemente stufi dell'isolamento, trovano più appagante il bivaccare per Terzigno, Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per rafforzare la vigilanza sugli immigrati in quarantena al centro accoglienza Villa Angela di Terzigno, al fine di scongiurare un nuovo tentativo di fuga e salvaguardare l'incolumità dei cittadini di Terzigno e dei comuni confinanti.
(4-07144)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la squadra mobile della questura di Monza ha eseguito 53 misure cautelari a carico di altrettanti spacciatori provenienti dell'Africa occidentale e settentrionale, in collaborazione con personale di altre squadre mobili del Nord Italia, dei reparti prevenzione crimine del Nord e Centro Italia, oltre ad unità cinofile e del reparto volo, per detenzione e spaccio di stupefacenti;

   le misure, emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza, arrivano a seguito dell'indagine «Dedalo» su una rete di spacciatori, a quanto emerso per la maggior parte richiedenti asili, i quali avrebbero venduto circa 4 mila dosi in pochi mesi (per lo più di hashish), sia in piccole quantità che in partite da 10 chilogrammi, per un valore di circa 500 mila euro;

   il procuratore di Monza Claudio Gittardi ha dichiarato che gli immigrati spacciatori avevano occupato «militarmente» l'intera area verde dei giardini di via Azzone Visconti, trasformandola nel nuovo fulcro dello spaccio cittadino, dove era possibile trovare di tutto, soprattutto marijuana, ma anche cocaina, hashish, eroina;

   nelle circa 150 pagine di ordinanza vengono riportate contestazioni per centinaia di cessioni di droga tra le panchine di via Visconti. Il predominio assoluto della piazza lo avevano gruppi di gambiani, molti dei quali richiedenti asilo, seguiti in misura minore da immigrati ghanesi, e dai marocchini;

   il monopolio dei pusher sui giardini è da tempo fonte di polemiche e proteste da parte dei cittadini e non di rado scoppiavano risse, causate dall'indole «violenta» degli spacciatori, come riferito dalla polizia;

   quello di oggi non è altro che l'ultimo di una lunga serie di episodi che vedono coinvolti sedicenti richiedenti asilo in operazioni di contrasto alla criminalità, allo spaccio di droga o allo sfruttamento della prostituzione;

   appare, quindi, necessario dare un segnale forte a chi pensa di approfittare delle maglie larghe della legislazione sulla protezione umanitaria per venire in Italia, senza averne i requisiti, e sfruttare i limiti alle espulsioni posti dalla richiesta di asilo per delinquere, vendendo morte e seminando insicurezza tra la popolazione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per procedere a nuovi accordi bilaterali per garantire l'immediata espulsione dei sedicenti richiedenti asilo colpiti da misure cautelari, anche al fine di far scontare loro la misura nel proprio Paese d'origine o di provenienza.
(4-07145)


   ZOFFILI, MOLINARI, IEZZI, MACCANTI e RIXI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2020 un'ispezione della guardia costiera presso il porto di Palermo a bordo della Alan Kurdi, la nave della ong tedesca Sea Eye, evidenziò irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere la sicurezza degli equipaggi e di altre persone presenti a bordo dell'imbarcazione, oltre a violazioni delle norme a tutela dell'ambiente marino;

   a seguito di tali irregolarità, la nave venne, dunque, sottoposta a fermo amministrativo fino al 25 giugno 2020, quando la guardia costiera, dopo l'assenso della Spagna che comunicò di «accettare l'unità», autorizzò un singolo viaggio di trasferimento dal porto di Palermo a quello di Burriana dove avrebbero dovute essere eseguite le attività necessarie per risolvere i problemi riscontrati sul natante;

   la nave avrebbe dovuto essere sottoposta ad un'ulteriore ispezione da parte delle autorità spagnole per verificare, al termine dei lavori, che le carenze fossero state effettivamente sanate;

   come noto il 24 settembre 2020 la nave Alan Kurdi, mentre si stava dirigendo verso il porto di Marsiglia, in Francia, venne autorizzata allo sbarco presso il porto industriale di Olbia di 125 immigrati;

   secondo l'agenzia dell'Adnkronos del 9 ottobre 2020, a seguito di un'ulteriore ispezione avvenuta presso il porto di Olbia sempre a cura della guardia costiera, sono state rilevate le medesime irregolarità di natura tecnica già evidenziate nel maggio 2020, tali da compromettere, non solo la sicurezza dell'equipaggio, ma anche degli immigrati trasportati;

   se l'imbarcazione Alan Kurdi, come rilevato, aveva a bordo mezzi collettivi ed individuali di salvataggio solo per 20 persone, ciò significa che, trasportando i 125 immigrati, ha messo scientemente in gravissimo rischio la loro vita e quella dell'equipaggio, perché in caso di naufragio solo 20 persone si sarebbero potute salvare;

   risulta inaccettabile che venga ancora tollerato e consentito alla nave Alan Kurdi di poter riprendere le sue attività in mare senza alcun rispetto delle regole e delle leggi in vigore e malgrado costituisca un serio pericolo per le persone a bordo –:

   se non ritengano opportuno procedere, per quanto di competenza, all'immediata confisca della nave Alan Kurdi per i motivi di cui in premessa e adottare ogni iniziativa di competenza, in ambito europeo, affinché tutti i Paesi dell'Unione europea si impegnino ad effettuare sistematici controlli sulle imbarcazioni delle ong e a verificare il rispetto delle norme in materia di sicurezza della navigazione prima della loro partenza al fine di evitare che possano ripetersi gravi episodi simili a quello sopra riportato.
(4-07146)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, POLLASTRINI e FIANO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a poco più di un mese dall'inizio dell'anno scolastico si apprende, dai maggiori organi di stampa, di una evidente criticità legata all'avvio delle nomine degli insegnanti presso l'ufficio scolastico di Milano;

   a Milano son state diverse le segnalazioni pervenute dalle famiglie e dai docenti per i blocchi sulla piattaforma SiGeCo che incrocia disponibilità e preferenze, e per l'assenza di docenti delle materie cruciali (lingue e italiano in particolare) che hanno mandato in tilt gli istituti scolastici;

   il Ministro interrogato, contestata l'organizzazione e il funzionamento dell'ufficio scolastico sopracitato, ritenendolo responsabile di aver reso impossibile ai funzionari di procedere rapidamente alle nomine, ha inviato da viale Trastevere tre ispettori per accelerare le nomine dei supplenti nel capoluogo lombardo;

   sembrerebbe che l'intervento del Ministro sia anche stato ritenuto urgente, dopo aver appreso che i controlli sui titoli presentati dai docenti per le graduatorie, previsti a inizio agosto 2020, nel territorio lombardo fossero iniziati soltanto a fine settembre, scaricando la responsabilità, di oltre 112 mila domande su 50 scuole-polo, già stravolte dai protocolli anti-Covid e, inoltre, l'avvio di una circolare del 10 settembre 2020 con cui il responsabile dell'Ufficio scolastico autorizzava a stipulare i contratti dalle vecchie graduatorie d'istituto e non dalle nuove liste provinciali;

   il ritardo delle nomine ha penalizzato l'avvio dell'anno scolastico con gravi conseguenze didattiche per molti studenti e disagi per le famiglie, poiché in diversi istituti l'assenza degli insegnanti non garantisce il tempo pieno;

   a leggere i numeri riportati dai giornali gli ispettori inviati dal Ministero dell'istruzione avrebbero già iniziato le convocazioni di parte delle supplenze –:

   se il Ministro interrogato non intenda procedere con le attività di monitoraggio presso l'ufficio scolastico di Milano al fine di concludere nel minor tempo possibile tutte le operazioni di nomina.
(5-04795)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nei bandi di concorso è previsto, secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, articoli 678, comma 9, e 1014, che il 30 per cento dei posti messi a concorso riservato ai volontari in ferma breve o in ferma prefissata di durata di cinque anni delle Forze armate;

   tali posti sono riservati a congedati senza demerito anche al termine o durante le eventuali rafferme contratte, nonché agli ufficiali di complemento in ferma biennale e agli ufficiali in ferma prefissata che hanno completato senza demerito la ferma contratta;

   nel bando di concorso ordinario, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni e di sostegno nella scuola secondaria di primo e secondo grado (Decreto Dip. 499/2020), Gazzetta Ufficiale n. 34 del 28 aprile 2020, non risulta prevista tale quota;

   tale circostanza si era altresì verificata in occasione dell'indizione del concorso a posti e cattedre del 2012 (decreto n. 82 del 24 settembre 2012), rettificato con avviso del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca del 31 ottobre 2012 –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per verificare ed eventualmente sanare tale grave mancanza, lesiva degli aventi diritto.
(4-07126)


   LOMBARDO e DEL SESTO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto interministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 – Regolamento concernente le Istruzioni 7 generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche – stato previsto il contributo scolastico volontario che gli istituti, specialmente quelli di istruzione secondaria, richiedono alle famiglie al momento dell'iscrizione dell'alunno al corso di studi;

   il contributo scolastico volontario è un versamento che comprende sia una quota volontaria sia una quota che va a copertura di specifici servizi come l'assicurazione obbligatoria degli alunni, il costo delle pagelle e dei libretti delle assenze, quelli per le gite scolastiche e l'utilizzo di laboratori anticipati dalla scuola per conto delle famiglie degli iscritti;

   con la circolare prot. n. 0000312 del 20 marzo 2012, il Ministero dell'istruzione ha chiarito i princìpi di applicazione e utilizzo del contributo scolastico volontario che gli istituti possono richiedere alle famiglie degli iscritti o degli alunni prossimi all'iscrizione previa delibera collegiale del consiglio di istituto, così da condividere la scelta con le famiglie che sono ivi rappresentate;

   all'interrogante sono giunte numerose segnalazioni da parte di cittadini che per effettuare il versamento di detto contributo sono costretti ad utilizzare il sistema di pagamento elettronico denominato pagoPA: sempre più istituti scolastici aderiscono al sistema pagoPA e, per tale motivo, «impongono» detto versamento con il conseguente addebito a carico delle famiglie del costo della commissione che può arrivare, per singola operazione, anche a euro 2,50 –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza della situazione rappresentata e se, in ossequio ai princìpi di obbligatorietà e gratuità riconosciuti anche con riferimento alla frequenza degli istituti di istruzione secondaria, intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative per eliminare il costo a carico delle famiglie italiane della commissione per il versamento del contributo scolastico volontario.
(4-07131)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il bonus cosiddetto «Io Lavoro» è un incentivo istituito dall'Anpal con decreto, nel mese di febbraio 2020, la cui gestione è affidata all'Inps. Si tratta di un esonero dal versamento della contribuzione previdenziale per il datore di lavoro, per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di assunzione, a favore delle aziende che assumono un under 25 o una persona di età maggiore, disoccupata da almeno sei mesi;

   tuttavia, questo incentivo si è dimostrato un fallimento, riproponendo l'inadeguatezza dei ruoli svolti dai due presidenti Domenico Parisi e Pasquale Tridico, rispettivamente dell'Anpal e dell'Inps, incaricati su indicazione del Movimento5Stelle;

   Parisi ha emanato il decreto direttoriale n. 44 del 6 febbraio 2020 che garantiva gli incentivi all'assunzione in questione, retroattivamente da gennaio 2020, ma il decreto conteneva un grossolano errore, rispetto alla possibilità di cumulare l'incentivo con un altro sgravio che in realtà era stato abolito. Pertanto, cinque giorni dopo, l'11 febbraio 2020, Anpal ha emesso un altro decreto direttoriale per apportare le dovute correzioni. Tuttavia, il provvedimento è risultato nuovamente errato, poiché ad attuare lo sgravio doveva essere competente solo l'Inps;

   ora, a bloccare il bonus sarebbe un problema tecnico, determinato da una incompatibilità tra i sistemi informatici di Inps e Anpal. Al riguardo, l'istituto di previdenza nazionale non riesce a generare i codici necessari per perfezionare le domande di sgravi;

   tra Anpal e Inps non sono state riparate le criticità per riconoscere l'incentivo e ne stanno pagando le conseguenze le aziende, che avevano fatto delle assunzioni dopo il mese di febbraio 2020, contando su questa decontribuzione, che non hanno ancora ottenuto, ricevendo un aggravio enorme e non previsto di costi aziendali;

   dunque, non è andato a buon fine neanche questo bonus che, in piena crisi sanitaria Covid, poteva dare un sostegno alle aziende, nonché incentivato le assunzioni –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative, di competenza, intenda adottare per riparare alle criticità che attualmente non consentono il riconoscimento dell'incentivo «Io Lavoro»;

   quale organo di vigilanza, se e quali iniziative intenda assumere rispetto alle disfunzioni e negligenze determinate dalle condotte di Inps e Anpal, che hanno reso impossibile il riconoscimento della decontribuzione, lasciandola ingiustamente a carico delle aziende.
(5-04796)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in difficoltà finanziarie da alcuni anni, il 10 settembre 2020 il gruppo francese di moda per bambini Kidiliz è stato inserito in una procedura di redressement judiciaire, amministrazione controllata, presso il tribunale di commercio di Parigi. Si tratta, in sostanza, dell'equivalente di una procedura concorsuale nell'ambito del diritto fallimentare italiano, ma la complicazione risiede nel fatto che per la tutela dei lavoratori e delle sedi italiane si deve capire se l'adesione alle diverse fasi della procedura stessa debba fare riferimento al diritto francese o a quello vigente in Italia. Da quanto si apprende, infatti, le filiali del gruppo presenti in tutta Europa non sarebbero dotate di autonomia amministrativa, ma sembra facciano capo all'unica direzione parigina;

   nonostante la sua acquisizione, avvenuta due anni fa, da parte del gigante cinese dell'abbigliamento Semir, Kidiliz, che impiega 1.600 persone in Francia ed un migliaio all'estero, ha continuato a vedere diminuire drasticamente il proprio fatturato;

   in Italia ci sono 150 negozi corrispondenti alla catena Kidiliz e 600 dipendenti, per lo più donne;

   secondo i sindacati, già ora la continuità operativa dell'azienda è in dubbio, mentre i lavoratori e le lavoratrici si vedono sospesa parte delle retribuzioni e degli istituti contrattuali. Il 15 ottobre 2020 si concluderà la raccolta delle offerte di acquisto prevista dalla procedura francese, ma non c'è alcuna garanzia che possano esserci investitori interessati al ramo italiano del gruppo, anche perché non è stata data adeguata comunicazione di tale bando in Italia né tantomeno sono stati coinvolti i livelli istituzionali del nostro Paese;

   la gestione della procedura svolta esclusivamente in Francia rischia di far sparire dal mercato italiano un marchio importante e di lasciare a casa centinaia di lavoratrici e lavoratori, in un momento già drammatico per il commercio e per la nostra economia tutta; l'avvio della procedura di redressement judiciaire ha prodotto il blocco del rifornimento delle merci, che mette seriamente a rischio l'operatività dei punti vendita, sia nel breve periodo sia in prospettiva nell'intera stagione invernale;

   i lavoratori, ovviamente, stanno vivendo un momento di grande preoccupazione e anche di incertezza a causa dell'assenza di informazioni chiare sul proprio futuro, per questo i sindacati hanno indetto uno stato di agitazione in tutto il territorio nazionale –:

   se siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative intendano assumere per salvaguardare i posti di lavoro dei 600 dipendenti italiani dell'azienda Kidiliz;

   se non ritengano utile avviare in tempi rapidi un tavolo di crisi per affrontare la vicenda della filiale italiana della Kidiliz con i rappresentanti dei sindacati, i rappresentanti dell'azienda e le istituzioni locali interessate.
(4-07129)


   MULÈ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto Rilancio), introdotto nel corso dei lavori alla Camera dei deputati a seguito dell'approvazione di un emendamento di Forza Italia presentato dall'interrogante, autorizza la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2020 in favore dei lavoratori frontalieri residenti in Italia, che svolgono la propria attività nei Paesi confinanti o limitrofi ai confini nazionali ovvero operanti nei Paesi confinanti o limitrofi extra-UE;

   la disposizione si rende necessaria, poiché si riferisce a lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, lavoratori subordinati, ovvero titolari di partita Iva che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro frontaliero a far data del 23 febbraio 2020 e che pertanto necessitano di misure di sostegno al lavoro a seguito dei notevoli disagi legati all'emergenza sanitaria da COVID-19;

   l'articolo 103-bis del cosiddetto decreto Rilancio prevede altresì che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame – ovvero entro il 19 settembre 2020 – sono stabiliti i criteri per il riconoscimento del beneficio di cui al comma 1 nel rispetto del limite di spesa ivi previsto;

   nonostante siano trascorsi i trenta giorni previsti dalla norma citata, il decreto attuativo appena citato non è stato ancora emanato continuando a provocare notevoli disagi ad una categoria di lavoratori – quella dei frontalieri – in un momento di così grande incertezza e difficoltà economica –:

   con quali tempistiche i Ministri interrogati intendano emanare il decreto previsto dall'articolo 103-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, al fine di fornire l'adeguato sostegno economico alla categoria dei lavoratori frontalieri.
(4-07136)


   VARCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 3 luglio 2020 la corte di appello di Catania, sezione lavoro, con sentenza n. 416 del 2020, ha annullato la sentenza con la quale il tribunale di Siracusa nel 2018 aveva condannato l'Inps ad accreditare, a dieci lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto, ai sensi dell'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;

   il sito produttivo risulta ormai da tempo chiuso, sia per la presenza di amianto, sia in virtù della propria collocazione all'interno del Sin (Sito contaminato di interesse nazionale) di Siracusa, Priolo Gargallo, Melilli e Augusta, che, ad oggi, peraltro, non risulta ancora bonificato, essendo lo stesso ancora in fase di caratterizzazione;

   al di là della sentenza della corte di appello di Catania, l'Inps aveva già emesso dei provvedimenti amministrativi sia di accredito delle maggiorazioni contributive amianto, che di erogazione di prestazioni pensionistiche nei confronti dei lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, risultando quindi tale diritto riconosciuto in sede amministrativa;

   i lavoratori interessati rischiano ora di veder revocate le prestazioni pensionistiche loro spettanti, nonostante la corte di appello di Roma, con sentenza n. 3000/2017, abbia riconosciuto la veridicità delle tesi dell'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio nazionale sull'amianto (Ona) e componente della Commissione amianto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in merito all'estensione del rischio alla popolazione delle singole città localizzate all'interno dei Sin;

   l'articolo 47, comma 6-bis, della legge n. 326 del 2003 dispone: «Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 .. (omissis)»;

   l'articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, dispone quanto segue: «In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'Inail o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'Inail (...)»;

   l'Ona ha da tempo sottoposto anche all'attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali alcune possibili soluzioni, di natura tecnico normativa e di natura legislativa, per poter affrontare e risolvere l'annosa problematica dell'amianto, sia con riferimento al contesto specifico, sia in un contesto generale;

   secondo i dati forniti dall'Ona, in Italia, sarebbero presenti ancora circa 40 milioni di tonnellate di materiali di amianto e contenenti amianto, distribuiti in circa un milione di siti, tra cui scuole, biblioteche, ospedali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere a tutela dei lavoratori delle industrie meccaniche siciliane;

   quali siano i dati sulla presenza di amianto in Italia e se il Governo sia a conoscenza delle mancate bonifiche di diversi siti all'interno del Sin di cui in premessa, nonché quali urgenti iniziative intenda assumere per procedervi in tempi rapidi;

   se il Governo non ritenga di dover fornire ogni utile elemento sullo stato dei lavori della cosiddetta Commissione Amianto, incardinata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sulle misure che intenda adottare per fronteggiare il gravoso, e ormai annoso, problema derivante dalla presenza di amianto sul territorio italiano, anche alla luce delle stime non certo incoraggianti prodotte dall'Ona.
(4-07138)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VANESSA CATTOI, BOLDI, CAFFARATTO, GIACCONE, LEGNAIOLI e LOCATELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   grande preoccupazione sul proprio futuro occupazionale investe i lavoratori con contratto di somministrazione operanti presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), a seguito della nota del Ministero della salute ricevuta la scorsa estate nella quale si comunicava loro della conclusione del rapporto di lavoro il 30 giugno 2020, senza possibilità rinnovo;

   nella predetta nota, il Ministero diffidava l'Aifa dal proseguire con l'utilizzo dei contratti di somministrazione, o dal prorogare quelli in essere, nonché a rimuovere eventuali atti conseguenti compiuti a valere sullo stesso, invitando la società somministratrice a portarne a conoscenza i lavoratori interessati;

   secondo quanto consta agli interroganti, la notizia ha colto di sorpresa non solo i lavoratori, ma anche l'agenzia di somministrazione, «Orienta», come dichiarato dal direttore della divisione sanità;

   i lavoratori evidenziano che la comunicazione e arrivata loro quasi contestualmente e si è trattato di una notizia totalmente inaspettata;

   i lavoratori coinvolti sono circa un centinaio ed occupavano non soltanto posizioni amministrative, essendovi ricompresi anche biologi e farmacisti, quindi lavoratori impiegati in settori tecnici (autorizzazioni di farmaci, registri di monitoraggio, immissione in commercio di nuovi farmaci, ufficio qualità del prodotto, sperimentazioni COVID-19); lo scorso 14 ottobre 2020 hanno manifestato in segno di protesta;

   in particolare, hanno lamentato il paradosso che proprio nell'attuale momento di emergenza epidemiologica da COVID-19, in cui la forza lavoro nel settore sanitario è oltremodo necessaria, la sorte di cento lavoratori precari dell'Aifa è «affidata a soluzioni tampone come proroghe di poche settimane»;

   tale vicenda fotografa l'annosa questione del precariato nella pubblica amministrazione ed il conseguente rischio di perdere importanti professionalità e competenze acquisite –:

   quali iniziative tempestive il Governo intenda adottare per la salvaguardia occupazionale dei lavoratori di cui in premessa ed a garanzia che l'Aifa possa adeguatamente svolgere le proprie funzioni e far fronte all'incremento di lavoro correlato al contrasto dell'epidemia con la riduzione della forza lavoro.
(5-04797)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELLUCCI, ROTELLI, BIGNAMI, VARCHI, RAMPELLI e LUCASELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera alla vendita della pillola dei «5 giorni dopo», EllaOne, il farmaco utilizzato per la contraccezione di emergenza fino a cinque giorni dopo il rapporto, abolendo l'obbligo della ricetta medica anche alle minorenni;

   in Italia sono due i contraccettivi d'emergenza in commercio: la pillola del giorno dopo, da assumere entro 72 ore dal rapporto non protetto, ed EllaOne, entro 120 ore, liberalizzata dall'Aifa per le donne maggiorenni nel 2015;

   con determina n. 998 dell'8 ottobre 2020, il direttore generale dell'Agenzia ha motivato la decisione con una scelta etica «in quanto consente di evitare momenti critici che di solito sono a carico solo delle ragazze»;

   sempre secondo Aifa, le ragazze sono esposte a situazioni di rischio legate alle difficoltà di accedere ai servizi materno infantili e il problema si è aggravato durante il lockdown: a Milano si è registrato un raddoppio dei casi di gravidanze in ragazze con meno di 15 anni e le conseguenze sono anche sociali, perché «Le madri adolescenti hanno meno possibilità di terminare gli studi, di trovare lavoro»;

   sono dure, ma condivisibili, le parole del professore Giuseppe Noia, ginecologo, docente di medicina prenatale e responsabile Hospice perinatale del Policlinico Gemelli, secondo il quale «Questa decisione dell'Aifa continua in maniera imperterrita a rilanciare un messaggio di futilità e di irresponsabilità, proponendo un tipo di soluzione al possibile concepimento che non può essere definito contraccettivo, ma è abortivo, perché i dati scientifici ci dicono che 5 giorni dopo il concepimento è già embrione di 7-10 cellule. È una banalizzazione della sessualità e della fecondità, pensando che ciò che è piccolo non ha nessuna percezione. Ma sempre di aborto si tratta»;

   a tali parole fa eco il commento del professore Antonio G. Spagnolo, docente di bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore: «Nella delibera dell'Aifa c'è scritto che all'atto della vendita del farmaco ci saranno anche le istruzioni per spiegare il significato della contraccezione informata ed efficace ed evitare un uso inappropriato: ma chi aiuterà le adolescenti a capire quale è l'uso appropriato e se sarà efficace? E soprattutto saranno informate anche di tutti i meccanismi con cui agisce il farmaco, e cioè non solo il blocco dell'ovulazione per impedire la fecondazione ma anche il possibile meccanismo microabortivo quando si assume il farmaco quando l'ovulazione è già avvenuta? Purtroppo, come per l'Ru486 anche qui c'è l'orientamento da parte della società di lasciare sole le donne in momenti molto delicati come quelli che possono seguire ad un rapporto sessuale magari occasionale»;

   tale decisione arriva, infatti, a distanza di pochi mesi dall'aggiornamento delle linee guida che hanno annullato l'obbligo di ricovero per l'assunzione della RU486 e si innesta nel solco di una deriva ideologica e sociale che, di fatto, abbandona le nuove generazioni ad una solitudine esistenziale, ad assumersi responsabilità enormi, senza la possibilità di un percorso educativo agli affetti e alla vita di relazione e senza la necessità di un confronto con la famiglia, esclusa dal percorso di cura e crescita dei figli;

   l'accesso diretto alla pillola abortiva, peraltro, oltre all'elevato rischio di abuso farmacologico potrebbe spingere le adolescenti in un'area grigia dove eventuali condizioni di abuso, di sfruttamento sessuale potrebbero restare completamente sommerse –:

   se e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare il Governo affinché sia rivisto il provvedimento dell'Aifa di rendere liberamente accessibile a ragazze minorenni un medicinale che potrebbe comportare rischi ed effetti collaterali sulla salute.
(4-07122)


   CIABURRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, cosiddetto «Decreto Agosto» ha novellato diverse disposizioni dell'articolato;

   in particolare, in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto, è stato presentato un emendamento all'articolo 33, istituente l'articolo 33-bis del decreto in materia di «misure urgenti per la definizione delle funzioni e del ruolo degli educatori socio pedagogici nei presidi socio sanitari e della salute», che ha fornito agli educatori socio-pedagogici ed ai pedagogisti nei servizi e nei presidi socio-sanitari funzioni ed ambito normativo analoghi a quelli già vigenti per gli educatori professionali socio-sanitari, così come disciplinati dal decreto del Ministro della sanità 8 ottobre 1998, n. 520;

   l'articolo 33-bis del suddetto decreto, di fatto, attribuisce ad un profilo professionale pedagogico funzioni appartenenti di fatto e di diritto ad un profilo sanitario, già attribuite agli educatori professionali socio-sanitari, andando anche in controtendenza rispetto a guanto già disposto dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, la quale ha disposto la distinzione tra educatore professionale socio-pedagogico ed educatore professionale socio-sanitario, legando il primo, appunto, ad una prospettiva sociale ed il secondo ad una sanitaria;

   il novellato decreto-legge n. 104 del 2020, convertito dalla legge n. 126 del 2020, non solo rischia di creare contenziosi tra i due tipi di educatori, ma di inficiare le professionalità e le qualifiche specifiche tipiche degli educatori professionali socio-sanitari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, se del caso, intenda intraprendere per correggere quelle che appare all'interrogante l'antinomia normativa di cui in premessa, rimarcando, anche con iniziative normative, i distinti ambiti di applicazione ed operatività.
(4-07134)

Apposizione di una firma ad una interpellanza urgente e indicazione dell'ordine dei firmatari.

  Interpellanza urgente Bellucci e altri n. 2-00962, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata: Meloni. Pertanto, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Bellucci, Meloni, Lollobrigida, Ferro, Deidda, Rotelli, Trancassini, Foti, Butti, Rampelli, Mollicone».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Lucaselli e Galantino n. 4-07092, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Cantalamessa n. 4-07117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castiello.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Centemero n. 1-00383, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 401 del 30 settembre 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    Borsa Italiana s.p.a. è la società che si occupa della gestione del mercato azionario italiano e comprende anche Mts, lo strategico mercato dei titoli di Stato, rappresentando così un importantissimo asset per il nostro Paese;

    si evidenzia, inoltre, che Borsa Italiana s.p.a. gestisce anche una rete di dati sensibili relativi a titoli di Stato, nonché delle imprese quotate e delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Elite di Borsa Italiana s.p.a., per un valore complessivo di 3,5 miliardi di euro;

    il 23 giugno 2007, con un'offerta di 1,6 miliardi è avvenuta l'acquisizione di Borsa Italiana s.p.a. da parte di London Stock Exchange Pic (la Borsa di Londra), andando a creare il London Stock Exchange Group, società holding che detiene la totalità delle partecipazioni azionarie di Borsa Italiana s.p.a. e di London Stock Exchange;

    a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, è mutato il contesto geopolitico di riferimento, dal momento che l'hub, finanziario londinese non è più realtà comunitaria con possibili riflessi anche dal punto di vista economico-finanziario;

    pertanto, con riferimento agli sviluppi sul futuro di Borsa Italiana s.p.a., occorre considerare che l'acquisizione operata dal London Stock Exchange Group del gruppo di diffusione di dati finanziari Refinitiv, il ramo d'azienda che si occupava di finanza e risk business all'interno di Thomson Reuters Corporation, multinazionale canadese operativa nel settore dei mass media e dell'informazione, ha determinato incertezze rispetto al destino del mercato azionario italiano, data l'evidente probabilità che il core business del London Stock Exchange si sarebbe spostato da quello della gestione dei mercati borsistici a quello dei dati;

    la Lega, già in precedenza, ha più volte sollecitato il Governo ad agire tempestivamente con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana s.p.a., considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);

    occorre permettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa italiana sono state avanzate da Six Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext in partnership con Cdp Equity e Intesa San Paolo e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana s.p.a., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e la società Elite;

    nei giorni scorsi si è verificata la cessione al gruppo Euronext in partnership con CDP Equity e Intesa San Paolo per un valore complessivo di 4.32 miliardi di euro;

    tuttavia, proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e di attuazione di un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali;

    come sollevato da Assosim (Associazione intermediari mercati finanziari) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano «Il Sole 24 Ore», in data 26 settembre 2020, tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa Italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle PMI»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i Pir (Piani individuali di risparmio) alternativi e gli Eltif (European long term investments funds),

impegna il Governo:

1) a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana s.p.a., nonché l'autonomia della medesima, affinché sia possibile attuare i seguenti impegni:

   a) previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, che possa essere di maggior beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso rispetto a ipotesi che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente;

   b) garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;

   c) attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, sviluppando la piattaforma Elite, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali, evitando che i servizi di Elite possano sovrapporsi a quelli già forniti dagli intermediari finanziari;

   d) rafforzamento del Mercato telematico dei titoli di stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetto «price equity» – fondamentali per una efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi.
(1-00383) «Centemero, Molinari, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Chiazzese n. 5-04754, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 407 del 13 ottobre 2020.

   CHIAZZESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, recante la «Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi», definisce combustibili alternativi quei combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia, idonei anche e soprattutto a migliorare le prestazioni ambientali nel settore dei trasporti;

   l'articolo 18, comma 5, del citato decreto, dispone che i concessionari autostradali, entro il 31 dicembre 2018, presentino al concedente un piano di diffusione dei servizi di ricarica elettrica, di Gnc e Gnl garantendo un numero adeguato di punti di ricarica e di rifornimento lungo la rete autostradale e la tutela del principio di neutralità tecnologica degli impianti. I suddetti concessionari sono impegnati, in caso di affidamento a terzi del servizio di ricarica, al rispetto delle procedure competitive di cui all'articolo 11, comma 5-ter, della legge 23 dicembre 1992, n. 498;

   l'articolo 4, comma 1, lettera c) del suddetto decreto, prevede altresì che entro il 31 dicembre 2020, sia realizzato un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico in ambito autostradale;

   la direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, con circolare del 12 dicembre 2018, prot. n. 28442, ha chiesto alle società concessionarie di trasmettere, per le tratte di rispettiva competenza, il piano di diffusione di infrastrutture per i combustibili alternativi, unitamente ad una relazione sullo stato di attuazione e previsione –:

   quali iniziative il Governo stia ponendo in essere per garantire il corretto adempimento di quanto previsto dal decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, con particolare riferimento alla realizzazione delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici prevista entro il 31 dicembre 2020.
(5-04754)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-04773, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 407 del 13 ottobre 2020.

   FREGOLENT, ANZALDI e TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il settore dello spettacolo, del teatro e della musica dal vivo sono stati tra i maggiormente colpiti dal lockdown e dalle restrizioni messe in campo per contrastare la pandemia;

   secondo i dati Inps, sono circa 142 mila le persone che lavorano stabilmente nel settore dello spettacolo: attori, registi, musicisti e danzatori, oltre a tutti coloro che operano dietro le quinte, come tecnici, distributori, assistenti, sarti, imprese, scenografi, truccatori;

   le misure messe in campo per sostenere il reddito di tali lavoratori sono state utili nel primo periodo, ma non possono oggi essere sufficienti a garantire un tenore di vita dignitoso per i diretti interessati e per le loro famiglie;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020 ha disposto che, sull'intero territorio nazionale, gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto debbano essere svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1.000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala;

   tali notizie stanno creando giustificato allarmismo nell'intero comparto. Il Teatro della Scala ha, ad esempio, già cancellato la campagna abbonamenti per la prossima stagione lirica e non accadeva dal 1920;

   è stato anche rimarcato come una ulteriore riduzione del settore dello spettacolo dal vivo possa ripercuotersi negativamente sull'indotto che riguarda, in questo caso, anche ristoranti e bar limitrofi e le imprese di pulizia degli spazi interessati;

   il Ministro Franceschini è intervenuto su tale argomento, in data 12 ottobre 2020, dichiarando che «nel prossimo Dpcm saranno confermati questi limiti con la conferma della possibilità delle regioni di derogare», lasciando quindi alle singole regioni anche la possibilità di ridurre la capienza delle sale;

   sarebbe invece opportuno che si introducessero norme meno restrittive come ad esempio la capienza dei locali per metà dei posti disponibili al fine di dare maggiore slancio, nel pieno rispetto della sicurezza e della salute pubblica, all'intero comparto –:

   se non ritenga che le attuali restrizioni, introdotte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto e confermate con quello del 13 ottobre 2020, rispetto allo svolgimento, sull'intero territorio nazionale, di spettacoli aperti al pubblico possano essere modificate nel primo provvedimento utile e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere a sostegno della tenuta economica ed occupazionale dell'intero comparto.
(5-04773)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AMITRANO, SPORTIELLO, BRUNO, DE LORENZO, SARLI e FRATE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Archivio storico municipale di via Pontenuovo a Napoli possiede vari fondi documentari, un corpus archivistico antico dal 1387 al 1860 riguardante le deliberazioni di comuni aggregati, un fondo cartografie e disegni, un fondo fotografico, un fondo istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, emeroteca, biblioteca, raccolta di leggi e decreti che ricoprono il periodo dal 1806-1980;

   nell'Archivio storico sono custoditi migliaia di faldoni con atti della Napoli Secentesca e Settecentesca; nelle stanze sono conservati pezzi pregiatissimi come le lettere autografe di Giuseppe Verdi che si rammarica di non poter assumere la direzione del conservatorio di Napoli e il progetto originale di Vanvitelli per la realizzazione della Villa comunale;

   di notevole importanza storica è lo stabile dell'Archivio storico, ex Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a via Pontenuovo edificato alla fine del Seicento; dal 2016 lo stabile è stato dichiarato pericolante, destando preoccupazioni nell'opinione pubblica del territorio, in quanto, tutti i documenti prodotti a Napoli dal 1300 all'Unità d'Italia, risulterebbero non trovare una idonea collocazione;

   si apprende da diversi organi di stampa, tra cui un articolo pubblicato il 4 novembre 2019 su Il Mattino che attualmente l'Archivio storico di Napoli a causa di gravi problemi di tenuta statica dell'edificio, si troverebbe dal 15 ottobre 2019 in una situazione di grave carenza di personale archivistico, trasferito presso altri uffici comunali, tale da impedire notevolmente la fruizione del servizio al pubblico, poiché a quanto risulta, l'Archivio storico resterebbe chiuso e inagibile con all'interno un patrimonio storico documentario incustodito e a rischio di sciacallaggio;

   l'Archivio è una vera e propria memoria storica di fondi preziosi che documentano l'evoluzione della storia sociale, culturale e politica della città di Napoli, patrimonio documentario – già soggetto, nel tempo, a distruzioni, scomposizioni di raccolte unitarie e dispersione di materiale storico – che rischia di subire uno smembramento ulteriore, difficilmente recuperabile attesa la connotazione di massima urgenza con la quale già dal 2016 si stava dando corso al trasferimento del materiale; si apprende, da dichiarazioni dei competenti assessorati comunali rese alla stampa nel 2016, che la programmazione dei fondi destinati alla ristrutturazione dell'antico stabile dove è situato l'Archivio, risulterebbe già approvata dal comune di Napoli e dalla regione Campania –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per il tramite della soprintendenza archivistica e bibliografica e di concerto con il comune di Napoli al fine di tutelare l'integrità e la conservazione del patrimonio documentario custodito presso l'Archivio, consentendo, altresì, la coerente fruizione al pubblico, soprattutto a studiosi e ricercatori impegnati nel panorama storico e culturale della città.
(4-04074)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le iniziative intraprese da questo Ministero per la tutela e conservazione del patrimonio documentario dell'archivio storico municipale di Napoli.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione generale archivi e dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania, si rappresenta quanto segue.
  In data 29 ottobre 2019 – quindi ancor prima dell'articolo di Valerio Esca su
Il Mattino del 4 novembre 2019 – la Soprintendenza archivistica e bibliografica di Napoli, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 42/2004, aveva notificato all'amministrazione comunale di Napoli che avrebbe effettuato in data 7 novembre 2019 un accesso ispettivo presso la sede dell'Archivio storico di Salita Pontenuovo.
  Al predetto sopralluogo, regolarmente effettuato, hanno partecipato:

   per l'amministrazione comunale il dott. Gaetano Daniele (Assessore Cultura e turismo), la dott.ssa Maria Luisa Vacca (dirigente di staff assessorato), il dott. Massimo Pacifico (responsabile area cultura e turismo), la dott.ssa Silvana Tremolaterra (funzionario servizio cultura), la dott.ssa Giuliana Buonaurio (archivista Archivio storico municipale), il dott. Tommaso Lomonaco (archivista Archivio storico municipale), l'arch. Chiara Abbate (progetti patto per Napoli);

   per la Soprintendenza archivistica il dott. Gabriele Capone (Soprintendente), la dott.ssa Fiorella Amato (funzionario archivista), il sig. Luigi Viglione (addetto Urp).

  Si sono visionati tutti i locali di deposito siti al I, II e III piano, due dei quali (rispettivamente quelli siti al II e al III piano) non sono apparsi idonei alla conservazione a causa di un'infiltrazione di acqua piovana proveniente dal soffitto e di un conseguente stato di umidità diffusa. Dopo le recenti piogge, che hanno causato un significativo aggravamento della situazione, il personale dell'Asm ha provveduto a spostare i faldoni collocati sulle scaffalature metalliche poste in corrispondenza dell'infiltrazione, sottraendo le carte all'azione diretta dell'acqua piovana. Si è convenuto che le scritture interessate al problema (comunque inumidite) dovranno sollecitamente essere trasferite in un altro locale e allineate ad asciugare su ripiani appositamente predisposti.
  L'assessore ha riferito che – dopo aver lungamente considerato l'ipotesi di concentrare in un'unica sede almeno la parte più antica della documentazione – l'amministrazione comunale di Napoli ha deciso di conservare tutte le sedi tradizionalmente adibite alla conservazione dell'Asm. L'immobile di salita Pontenuovo sarà pertanto oggetto di un radicale intervento di ristrutturazione, inteso a restituire l'edificio alla sua funzione di archivio storico, con annessi uffici comunali e sale di consultazione.
  Il progetto di riqualificazione dell'ex ritiro di S. Maria della Purificazione è uno degli interventi compresi nel patto per Napoli, una sezione del quale è interamente dedicata alla riqualificazione delle sedi istituzionali (vi rientrano anche gli edifici di Seccavo e piazza Dante).
  Il patto per Napoli, sottoscritto nel 2016 dal Presidente del consiglio e dal sindaco metropolitano, è finanziato con risorse del fondo sviluppo e coesione 2014-2020, per un totale di 308 milioni di euro.
  Le risorse disponibili per la riqualificazione dell'edificio di salita Pontenuovo ammontano a circa 2 milioni di euro (il Rup è l'arch. Fabio Ferriero).
  La progettazione dell'intervento è già stata affidata e sono in corso le verifiche preliminari; si prevede di concludere l'intervento entro dicembre 2021.
  Inoltre, si è convenuto, in attesa che prenda avvio il progetto di riqualificazione complessiva, sulla necessità di provvedere all'esecuzione di alcuni interventi di manutenzione della sede, per risolvere i problemi più gravi (infiltrazioni, umidità diffusa) e garantire lo svolgimento delle funzioni essenziali (conservazione e consultazione) nei locali attualmente meglio conservati. L'assessore ha chiarito che l'amministrazione si prefigge l'obiettivo primario di garantire la sicurezza delle scritture e ha espresso la precisa volontà di eseguire le prescrizioni della Soprintendenza. Ha riferito che il comune ha già affidato alla società Napoli servizi l'incarico di provvedere alla manutenzione ordinaria dell'edificio, rimuovendo innanzitutto le cause delle infiltrazioni di acqua piovana.
  Il Soprintendente, a sua volta, si è impegnato a svolgere altre visite ispettive nelle sedi di conservazione dell'Asm, chiarendo che l'intento dell'amministrazione archivistica è quello di imprimere una svolta alla vicenda dell'Asm di Napoli e superare le difficoltà riscontrate.
  Per raggiungere tale obiettivo – fermo restando il progetto complessivo – si è concordato di intraprendere, con immediatezza, le seguenti attività:

   trasferimento in altri locali delle carte conservate nei 2 vani con infiltrazioni (entro 10 giorni);

   allineamento delle scritture inumidite su ripiani appositamente predisposti in locali idonei, al fine di agevolarne l'asciugatura e prevenire la formazione di muffe (ad horas);

   realizzazione dell'intervento di impermeabilizzazione dei locali con rimozione delle cause di infiltrazioni d'acqua;

   acquisto e installazione di n. 6 deumidificatori;

   integrazione dell'orario di apertura previsto con introduzione di un pomeriggio a settimana;

   trasmissione alla Soprintendenza del progetto di riqualificazione dell'edificio di Pontenuovo;

   verifica dello stato dei luoghi da parte del personale archivistico comunale per 2 giorni a settimana (lunedì e venerdì) con l'adozione di uno specifico registro;

   redazione di strumenti di corredo (inventari, elenchi...) per i fondi archivistici che ne sono sprovvisti, avvalendosi di professionalità adeguate, da individuare dagli elenchi degli archivisti presenti sul sito della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania.

  Da quanto sopra esposto, ne discende che i rapporti tra le amministrazioni sono improntati ad un clima di collaborazione e di comunanza di intenti e la Soprintendenza assicurerà, con il proprio personale, la propria disponibilità per la risoluzione concordata dei problemi con l'ente vigilato, auspicando, altresì, iniziative congiunte anche per le attività di valorizzazione dell'importante Archivio storico comunale.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 novembre 2019, si è tenuto il consiglio comunale a San Pietro in Gu, in provincia di Padova, presso la sede del municipio, e la seduta, prima ancora che fosse aperta dal sindaco, in veste di presidente del consiglio comunale, è stata presidiata da un vigile urbano in divisa e con l'arma di ordinanza, il quale, per tutta la durata della seduta, è rimasto in piedi tra lo spazio riservato al pubblico e la zona riservata ai consiglieri;

   il regolamento sul comportamento del pubblico del consiglio comunale di San Pietro in Gu, all'articolo 40, recita che: «i poteri per il mantenimento dell'ordine nella parte della sala destinata al pubblico spettano discrezionalmente al Presidente, che li esercita, avvalendosi, ove occorra, dell'opera dei vigili urbani. La forza pubblica non può entrare in aula se non a richiesta del Presidente e dopo che sia stata sospesa o tolta la seduta»;

   durante la seduta, tuttavia, non si sono verificati episodi di disordine pubblico e/o intemperanze in aula per i quali fosse necessaria la presenza della forza pubblica, pertanto la presenza del vigile all'interno dell'aula consigliare non aveva nessuna giustificazione;

   quanto si è verificato il 29 novembre è dunque un fatto grave, con connotazioni a parere dell'interrogante intimidatorie nei confronti delle opposizioni, da parte del sindaco che ne è il diretto responsabile in quanto presiedeva il consiglio comunale;

   i consiglieri comunali di opposizione hanno prontamente scritto al prefetto della provincia di Padova per denunciare l'accaduto in violazione del regolamento del consiglio comunale, chiedendogli anche di prendere gli opportuni provvedimenti in merito –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto sopra esposto e se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, in relazione alle istanze formulate dai consiglieri comunali di cui in premessa alla prefettura di Padova.
(4-04276)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto si richiama l'attenzione sulla circostanza che il 29 novembre 2019 la sala in cui avrebbe dovuto svolgersi la seduta del consiglio comunale di San Pietro in Gù (PD) già prima del suo inizio era «presidiata da un vigile urbano in divisa e con l'arma di ordinanza, il quale, per tutta la durata della seduta, è rimasto in piedi tra lo spazio riservato al pubblico e la zona riservata ai consiglieri».
  Tale presenza ha suscitato le proteste dei consiglieri di minoranza, che hanno segnalato l'accaduto al prefetto di Padova, ritenendola un atto di grave e inaccettabile intimidazione nei confronti dell'opposizione e perciò chiedendo l'adozione di opportuni provvedimenti.
  Sentito dal prefetto di Padova, il sindaco ha confermato la presenza nella sala consiliare dell'unico agente di polizia locale alle dipendenze dell'amministrazione comunale, spiegandola con un richiamo all'articolo 40 del regolamento del consiglio comunale il quale prevede che due vigili urbani siano «sempre comandati di servizio per le adunanze del consiglio comunale, alle dirette dipendenze del Presidente», con la finalità esclusiva del mantenimento dell'ordine nella parte della sala destinata al pubblico, nel caso vi sia una disposizione in tal senso da parte del presidente, La forza pubblica, invece, non può entrare nell'aula se non a richiesta del presidente e dopo che sia stata sospesa o tolta la seduta.
  Relativamente alla circostanza che il vigile urbano fosse presente con l'arma di ordinanza, si richiamano i contenuti della legge quadro 7 marzo 1986, n. 65, sull'ordinamento della polizia municipale, all'articolo 5, comma 5, prevede che «... gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza portano, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nel termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti...». Gli agenti di polizia municipale, nell'ambito del territorio di competenza, qualora autorizzati, sono dunque legittimati a portare con sé l'arma.
  In conclusione, è da ritenersi che la mera presenza dell'agente urbano nell'aula consiliare non possa, di per sé, essere costitutiva di un intento intimidatorio nei confronti dei consiglieri comunali.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CARETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 3 febbraio 2020 un agente di polizia penitenziaria è stato colpito a colpi di caffettiera nel carcere di Alessandria e, sempre nella stessa giornata, un altro detenuto ha tentato di aggredire altri agenti con una lametta da barba;

   quattro giorni dopo, nel carcere di Bergamo, un agente scelto di polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto di origini brasiliane, subendo traumi e contusioni per svariati giorni di prognosi;

   il 10 febbraio 2020, nel carcere di Matera, tre agenti sono stati feriti dopo essere intervenuti per fermare una colluttazione tra detenuti i quali, dopo aver appiccato un incendio all'interno della loro cella, avrebbero aggredito gli agenti mentre questi erano impegnati a far evacuare la cella e mettere in sicurezza gli altri detenuti;

   lo stesso 10 febbraio, due agenti della struttura «Filippo del Papa» di Vicenza sono stati aggrediti da un detenuto di origine maliana impegnato in una colluttazione con altri detenuti, il quale ha causato ferite per svariati giorni di prognosi;

   le aggressioni di cui sopra, in particolar modo l'episodio avvenuto nel carcere di Vicenza, si sarebbero verificate in un contesto di «sorveglianza dinamica», che prevede di tenere «aperte» le celle di determinate sezioni della struttura detentiva per almeno 8 ore al giorno;

   secondo i dati disponibili sul sito del Ministero della giustizia e dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, aggiornati in data febbraio 2020, il carcere di Vicenza ospiterebbe 404 detenuti, quando i posti regolamentari, in base a quanto previsto dal Ministero, sarebbero 286;

   tale situazione sarebbe stata denunciata anche dall'osservatorio «Antigone» che, nella scheda web dedicata alla casa circondariale di Vicenza parla di un istituto caratterizzato da un «sovraffollamento cronico» e di come «Alcune sezioni restano inabitate a causa della carenza di personale»;

   le difficoltà che coinvolgono questa casa circondariale sono numerose: sovraffollamento, sorveglianza insufficiente, personale insufficiente, la mancanza di un direttore reggente, in quanto l'attuale responsabile si trova occupato sia con il carcere di Padova che con quello di Vicenza, dove, a quanto consta all'interrogante, non riesce a essere adeguatamente presente;

   come riportato dall'osservatorio «Antigone», tali difficoltà sarebbero state riportate sia dagli agenti di polizia penitenziaria che da terzi, come il responsabile dell'area educativa, i quali hanno evidenziato come il crescente invio da parte di altre strutture detentive di numerosi soggetti «problematici dal punto di vista psichiatrico e sanitario», con conseguenti difficoltà per il personale della struttura;

   si tratta di una situazione critica, poiché le tendenze indicano un incremento dei detenuti nella struttura senza che vi corrisponda un eguale incremento di uomini e rinnovamento di mezzi, i quali sono in gran parte vecchi ed usurati, a detrimento degli agenti presenti, dei detenuti stessi e dell'intera comunità –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere a danno della polizia penitenziaria di Vicenza e quali iniziative intenda adottare:

    a) per garantire negli istituti penitenziari italiani un'adeguata e rinnovata dotazione di mezzi e agenti al fine di invertire la tendenza di cui in premessa, con particolare riguardo alla struttura detentiva di Vicenza;

    b) per dotare gli agenti di polizia penitenziaria di taser e altri strumenti idonei a mantenere l'ordine nelle carceri e a garantire l'incolumità del personale di polizia durante l'esercizio delle proprie funzioni;

    c) per ridurre il sovraffollamento di detenuti nella struttura detentiva di Vicenza, fonte di disagi sia per gli agenti che per i detenuti stessi;

    d) per rivedere le pratiche di «sorveglianza dinamica» in contesti di forte sovraffollamento e carenza di organico come quelle di cui in premessa;

    e) per tamponare, nell'immediato, il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e prevenire il verificarsi di eventi tragici.
(4-04723)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si espone quanto segue.
  In data 3 febbraio 2020, il detenuto Hamou Mahdi, ristretto presso la casa di reclusione di Alessandria, ha aggredito mentre transitava dinanzi alla sua camera di pernottamento il personale addetto all'accompagnamento di un detenuto in regime 41-
bis presso l'infermeria, colpendolo alla nuca con una caffettiera.
  Visitato dal medico di turno, il personale è stato inviato presso il pronto soccorso, dove gli è stato diagnosticato un trauma cranico con dieci giorni di prognosi.
  La direzione, anche sulla base di precedenti minacce e aggressioni nei confronti degli operatori penitenziari da parte del detenuto Hamou, ne ha richiesto l'immediato trasferimento per ragioni di ordine e di sicurezza; il medesimo detenuto è stato dunque sanzionato con quindici giorni di esclusione dalle attività in comune e su disposizione della sede centrale in data 18 febbraio 2020 è stato trasferito presso la casa circondariale di Ferrara, con l'attivazione dell'
iter per la sottoposizione al regime di sorveglianza particolare.
  In data 5 febbraio 2020 il detenuto Nuccio Jefferson, ristretto presso la casa circondariale di Bergamo, al termine dei colloqui con i familiari e nonostante i ripetuti inviti da parte del personale operante, continuava ad intrattenersi con i parenti; con i colloqui, al che il medesimo ha inveito ed ha lanciato loro epiteti ingiuriosi.
  Successivamente, all'atto della perquisizione, il detenuto ha colpito con calci e pugni il personale addetto al controllo; è stato dunque immobilizzato per impedire che potesse compiere ulteriori atti aggressivi.
  Su disposizione del comandante del reparto, è stato dunque allocato presso la sezione articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000; per i fatti commessi, è stato inoltre deferito alla competente procura della Repubblica e sanzionato con 15 giorni di esclusione dall'attività in comune.
  La direzione ha poi provveduto a richiedere l'allontanamento del medesimo detenuto per ragioni di sicurezza.
  Nella serata del 9 febbraio 2020, i detenuti El Amri Driss, Fichera Orazio e Mitidieri Nicola, ristretti presso la sezione Sirio a custodia ordinaria della casa circondariale di Matera, hanno posto in essere atti di violenza sia nei confronti dei compagni di stanza, Bahbah Mustapha e Mitidieri Orazio, sia nei confronti del personale di Polizia penitenziaria ivi in servizio.
  In particolare, i detenuti El Amri e Mitidieri si sono scagliati con calci e pugni nei confronti del detenuto Fichera Orazio.
  Il più violento è risultato essere il detenuto El Amri, il quale, dopo aver dato fuoco alle lenzuola e ai materassi della sua camera di pernottamento, ha scagliato uno sgabello contro l'ispettore di sorveglianza generale, provocandogli lesioni guaribili in sette giorni; altro personale intervenuto ha riportato lesioni guaribili in cinque e due giorni. Con nota 10 febbraio 2020 la direzione ha richiesto l'immediato allontanamento dei detenuti responsabili e in data 14 febbraio, su disposizione del locale provveditorato, si è provveduto a trasferire gli stessi presso altre sedi.
  Per i fatti accaduti è stata, altresì, inviata notizia di reato alla competente procura della Repubblica, e si è provveduto, nel contempo, a sanzionare i detenuti ai sensi dell'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (il detenuto El Amri è stato sanzionato con quindici giorni di esclusione dalle attività in comune, il detenuto Fichera con giorni sei e il detenuto Mitidieri con giorni dieci). Per il detenuto El Amri Driss, in particolare, la direzione ha provveduto a richiedere l'attivazione delle procedure di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario, in data 13 febbraio 2020.
  In data 10 febbraio 2020, il detenuto Comese Rudolf, ristretto presso la casa circondariale di Vicenza, nel corso di una visita medica ha dichiarato di avvertire forti dolori alla schiena a seguito di un'aggressione subita per mano del detenuto Fofana Maga; ha inoltre dichiarato che non si era trattato di un caso isolato, ma dell'ennesimo atto violento compiuto dall'aggressore e causato, a suo dire, da problemi di natura psichica del medesimo aggressore.
  Il personale addetto alla sorveglianza generale, informato di tali fatti, su disposizione del comandante di reparto si recava presso la sezione in cui era allocato il Fofana, il quale, alla vista del medesimo personale, dapprima si è rifiutato di parlare e successivamente ha minacciato i compagni di camera sollevando uno sgabello tra le mani.
  All'ingresso del personale nella stanza, il Fofana si è scagliato contro il medesimo, colpendolo con calci e pugni; il detenuto è stato dunque spostato presso altra sezione a custodia chiusa.
  La direzione ha dunque richiesto l'urgente allontanamento del detenuto per motivi di sicurezza comunicando, al contempo, la notizia di reato alla procura della Repubblica. Con particolare riferimento al numero degli eventi critici menzionati dall'onorevole interrogante (atti di aggressione e violenza in danno di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria), si evidenziano i seguenti dati generali, riferiti al triennio 2018/2020 (sino al 24 febbraio 2020): 681 aggressioni nel 2018, 827 aggressioni nel 2019 e 143 aggressioni nel 2020.
  Per quanto attiene, più nello specifico, alla situazione della casa circondariale di Vicenza, nel 2019 e fino al 19 febbraio 2020, dal suddetto istituto sono stati comunicati 890 eventi. Con riguardo alle aggressioni in danno al personale del Corpo, si evidenziano i seguenti dati:

   Tipologia evento critico: Violazione norme penali

   Aggressioni fisiche al personale di Polizia penitenziaria: 5 nel 2019, 4 nel 2020;

   Violenza/minaccia/ingiuria/oltraggio/resistenza P.U.: 82 nel 2019, 11 nel 2020;

   Interruzione pubblico servizio: 1 nel 2019, 1 nel 2020;

   Rissa: 2 nel 2019, 0 nel 2020;

   Minaccia/violenza/ingiuria: 32 nel 2019, 1 nel 2020.

  Con riferimento alle iniziative assunte fine di innalzare i livelli di sicurezza interni agli istituti, si evidenzia che già con circolare 26 maggio 2015 relativa agli eventi critici, al fine di evitare che la nuova modalità operativa della vigilanza dinamica sia inficiata dagli atti di aggressione ai danni del personale, così come da qualsiasi altra azione sanzionabile di turbativa dell'ordine e della sicurezza, è stata prevista l'istituzione, nell'ambito delle unità operative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82, di un servizio di controllo che intervenga in caso di bisogno del personale in servizio, nonché la creazione di sezioni ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  In particolare, alle articolazioni periferiche è stata data disposizione di individuare alcune sezioni appositamente dedicate nelle quali allocare quei detenuti non ancora pronti al regime aperto, ovvero che si rivelino incompatibili con lo stesso.
  L'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, ma a un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune «aperto», e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
  È comunque previsto che l'assegnazione a tali sezioni debba essere verificata dalle direzioni con cadenza semestrale, al fine di appurare la sussistenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
  Per quanto concerne il provveditorato regionale per il Triveneto, sezioni
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 sono presenti presso la casa circondariale di Trieste, la casa circondariale di Trento, il nuovo complesso di Padova, con una sezione di reclusione, e la casa circondariale di Verona.
  Al fine di garantire l'innalzamento dei livelli di sicurezza all'interno degli istituti della Repubblica, con specifico riguardo al fenomeno del verificarsi degli eventi critici (in particolare di quelli aventi ad oggetto violenza nei confronti del personale dell'amministrazione, del personale medico e infermieristico che presta assistenza sanitaria negli istituti, dei volontari o, ancora, nei confronti di altri detenuti) è intervenuta anche la lettera circolare 9 ottobre 2018, recante «Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza», con l'intento di valorizzare l'applicazione degli strumenti normativi, previsti sia dalla legge n. 354 del 1975 sia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, diretti proprio a tutelare la sicurezza degli istituti.
  È stato evidenziato, in particolare, che buona parte delle condotte aggressive vengono consumate da detenuti con seri e gravi profili psicologici o, addirittura, psichiatrici, meritevoli di cure e trattamenti terapeutici.
  In altri casi, diversi da quelli afferenti alle patologie psichiatriche, le dinamiche delle aggressioni da parte di un detenuto trovano contenuti e obiettivi del tutto differenti, spesso collegabili all'intento di porre in essere vere manifestazioni di forza prevaricatrice sugli altri detenuti, ovvero sul personale operante. In questi casi, la condotta aggressiva interviene a minare lo stato di sicurezza interno al carcere per cui è necessario fare ricorso a quegli strumenti normativi previsti dalla legge n. 354 de 1975 e dal relativo regolamento di esecuzione, diretti a tutelare la sicurezza degli istituti.
  La circolare ha dettagliato una mirata applicazione della normativa stabilita dall'articolo 42 della legge n. 354 del 1975, nella parte relativa ai trasferimenti per gravi motivi di sicurezza. Parimenti funzionale allo scopo, è apparso il richiamo all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, nella parte in cui è prevista l'assegnazione, in via cautelare, a particolari istituti/sezioni, di quei detenuti che, se anche ancora non abbiano commesso alcun episodio di violenza o di altro genere, per il loro comportamento, siano da considerarsi pericolosi per la sicurezza.
  Sulla base di quanto appena rappresentato, è stato dunque disposto il trasferimento ad altri istituti di quei soggetti che si siano resi responsabili di:

   aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria, del personale medico e infermieristico o, ancora, di quello appartenente al volontariato;

   aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti;

   danneggiamento dei beni dell'Amministrazione;

   qualsiasi altro evento di violenza.

  Ferma restando in ogni caso l'apertura del procedimento disciplinare, i provvedimenti di trasferimento ad altri istituti, diversi da quello originario, dovranno essere immediati e potranno essere adottati dai provveditori regionali, che provvederanno a disporre il trasferimento del detenuto presso altro istituto sito all'interno del territorio distrettuale, ovvero, nei casi da considerarsi più gravi, anche su richiesta del capo del dipartimento, dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento, disponendo l'assegnazione ad altro istituto situato in territorio di altro distretto.
  Ciò posto, alla luce delle risultanze di alcuni mesi di applicazione, le Linee programmatiche del capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per il 2019 del 6 dicembre 2018 hanno posto l'accento sul perdurare di «una variegata e poliedrica realtà penitenziaria, dove proliferano le più differenziate forme di autogestione».
  Con il provvedimento del Capo del Dipartimento del 18 aprile 2019 è stato istituito il gruppo di lavoro per l'elaborazione di proposte organiche finalizzate all'individuazione di nuove piante organiche del personale del Corpo di polizia penitenziaria e per l'individuazione di strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario, del quale fanno parte esperti in materia di esecuzione penitenziaria, che prestano servizio in sedi operative e scuole di formazione sparse su tutto il territorio nazionale. I lavori del suddetto gruppo sono in via di definizione e tendono al precipuo obiettivo di diffondere direttive per meglio prevenire e gestire le situazioni di criticità. Gli agenti in servizio nella casa circondariale di Vicenza sono dotati di armamento di reparto, tra cui scudi, caschi e manganelli, conservati nell'armeria dell'istituto, che possono essere prelevati e utilizzati, su ordine del direttore, in caso di gravi situazioni che compromettono l'ordine e la sicurezza.
  In linea generale, al fine di migliorare il servizio e le condizioni di lavoro degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta attuando una serie di iniziative all'uopo indirizzate, tra cui l'approvvigionamento, nei limiti della disponibilità finanziaria sul capitolo competente, di nuovi equipaggiamenti, in sostituzione e/o integrazione di quelli già in uso (caschi e scudi).
  Più nello specifico, oltre alle dotazioni di reparto, già in seno agli istituti penitenziari del Paese, sono stati recentemente distribuiti:

   523 scudi tondi girevoli;

   210 caschi antiproiettile;

   16.508 manette individuali;

   3.000 maschere antigas complete di 6.000 filtri anche contro i fumi (revisione).

  È in fase di produzione, altresì, il contratto per l'acquisizione di n. 100 paia di guanti antitaglio (sperimentazione), da utilizzarsi per gli interventi operativi nel corso degli eventi critici, mentre altri equipaggiamenti sono allo studio per l'anno 2020 (ad esempio prodotti paracolpi, scudi curvi, maschere facciali).
  Alla data del 1° aprile 2020, presso la casa circondariale di Vicenza erano presenti un totale di n. 387 detenuti (di cui 208 di nazionalità italiana e i restanti 179 stranieri) rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 286, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 149,42 per cento, in linea con quello di molti altri istituti del medesimo distretto.
  La verifica delle condizioni detentive dei ristretti in termini di spazio minimo garantito non fa oggi registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla C.e.d.u., atteso che tutti i ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, un adeguato spazio di vivibilità.
  La competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza/capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, sollecitando i singoli provveditorati regionali a provvedere a una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, sia provvedendo, ove richiesto, alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distretto.
  Giova evidenziare, inoltre, che al fine di riorganizzare il circuito dell'alta sicurezza e con l'intento di addivenire a una perequazione della popolazione detenuta, stante la realizzazione di un nuovo padiglione detentivo, due sezioni della casa circondariale di Vicenza (in particolare la 1a e la 2a sezione, da 100 posti letto), su disposizione del capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a partire dal mese di giugno 2019 sono state destinate al circuito alta sicurezza.
  I detenuti AS3 che sono giunti presso la casa circondariale di Vicenza, provengono principalmente dagli istituti della Campania e della Calabria e sono stati ubicati nel vecchio padiglione, il quale offre maggiori condizioni di sicurezza, e non in quello inaugurato nel recente passato che è destinato, invece, per i detenuti appartenenti al circuito media sicurezza, edificato nelle vicinanze del muro di cinta e con numerose finestre dalle quali si può comunicare sulla pubblica strada.
  Relativamente al riferito «invio di numerosi soggetti problematici dal punto di vista psichiatrico e sanitario», il locale provveditorato si è attenuto a quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, della Conferenza unificata del 22 gennaio 2015 recante Linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti, nonché in materia di implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali.
  Il piano locale per la prevenzione del rischio suicidario non è stato ancora sottoscritto; alla direzione risulta comunque un ottimo livello di collaborazione e condivisione con gli operatori del servizio sanitario nazionale nell'istituto, nonché l'operatività un gruppo di intervento per la prevenzione del rischio suicidario e autolesivo (Gipras).

  Tale gruppo si riunisce per affrontare con la massima tempestività i casi di rischio rilevati e segnalati dagli operatori, i quali intervengono sia nel procedimento di accoglienza del detenuto nuovo giunto, sia durante tutto il corso della detenzione.
  La riferita carenza del personale del Corpo nell'istituto in esame è una difficoltà comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del Corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, e alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  Di seguito i dati relativi all'organico previsto e alla forza amministrata presso l'istituto
de quo:

  Ruolo

  Organico Previsto

  Forza Amministrata

  Direttivo

3

1

  Ispettori

24

4

  Sovrintendenti

41

2

  Agenti Assistenti

119

182

  Totale

187

189

  Ai dati sopra riferiti vanno aggiunte n. 4 unità distaccate in ingresso e sottratte n. 6 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, sono effettivamente presenti complessive 187 unità.
  Nel mese di luglio 2019 il personale della casa circondariale di Vicenza è stato incrementato di n. 30 unità maschili e n. 2 unità femminili appartenenti al ruolo agenti/assistenti, a seguito della mobilità sviluppata in occasione del 175° corso.
  È stato recentemente assegnato un funzionario del Corpo quale vice comandante.
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, (a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia), è in corso di svolgimento.
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione dell'istituto
de quo in occasione della possibile rimodulazione delle risorse umane, così come potranno essere disposte ulteriori movimentazioni di personale appartenente al ruolo agenti/assistenti in occasione del prossimo interpello di mobilità che si svilupperà al termine del 176° corso allievi agenti, attualmente in itinere.
  In ordine alle riferite criticità strutturali, si rappresenta che è pervenuta la proposta del locale provveditorato relativa sia alla realizzazione dell'impianto di protezione perimetrale e sul muro di cinta, sia dell'impianto di videosorveglianza delle aree esterne mediante impiego di telecamere termiche (per un impegno di spesa stimato in circa euro 250.000,00).
  Considerata l'imminente attivazione di una soluzione di protezione perimetrale basata sull'impiego di sistemi radar presso la casa circondariale di Siracusa, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha informato il provveditorato regionale di Padova dell'eventuale opportunità, a seguito delle risultanze della suddetta attivazione, di effettuare, in sede di studio di fattibilità, un'analisi comparativa tra la proposta basata sull'impiego di telecamere termiche e quella basata sui sistemi radar. All'esito delle suddette valutazioni si procederà al finanziamento dell'intervento, con disponibilità economica nel prossimo esercizio finanziario 2020.
  Per le problematiche relative alla caserma agenti, si rappresenta che dalle articolazioni periferiche interessate non risultano segnalazioni recenti relative a criticità di particolare rilevanza.
  Quanto alle dotazioni materiali, risultano assegnati alla casa circondariale di Vicenza 17 automezzi, di cui 7 per il trasporto di detenuti collaboratori (6 funzionanti e 1 guasto), 5 per detenuti comuni (3 attivi e 2 guasti), 2 per il trasporto personale ordinario (entrambi operativi) e 3 autovetture in versione radiomobile, anch'esse funzionanti; è inoltre prevista l'assegnazione di ulteriori automezzi (un Ralento e un Grand Cherokee).
  La vetustà dei mezzi rispecchia quella della quasi totalità degli istituti del territorio del Paese; è stato comunque avviato un programma di rinnovamento del parco veicoli da parte della competente direzione generale del personale e delle risorse.
  In particolare, sulla base dei fondi disponibili sul pertinente capitolo di bilancio del corrente esercizio finanziario, per soddisfare le esigenze del servizio traduzioni, è stato redatto un programma di acquisto automezzi speciali così composto: 143 furgoni allestiti per il trasporto di due detenuti (50 dei quali già assegnati), 16 autobus allestiti per il trasporto di 16 detenuti, 50 minibus allestiti per il trasporto di 8 detenuti, 27 autovetture in versione radiomobile, 16 autovetture allestite per il trasporto di detenuti collaboratori, 223 vetture radiomobili di supporto alle traduzioni e 48 furgoni da 9 posti, di supporto ai servizi di piantonamento dei detenuti ricoverati presso i nosocomi.
  È comunque opportuno precisare che, qualora il provveditorato regionale del Veneto rilevi carenze e criticità di mezzi di trasporto, interviene in anticipo trasferendo e riorganizzando le risorse presenti nel proprio distretto di competenza, mentre la valutazione in ordine all'affidabilità dei veicoli è rimessa all'autonomia decisionale dell'autorità dirigente, che amministra tali beni e ne assicura la piena efficienza funzionale.
  Riguardo all'opportunità di dotare gli operatori del Corpo di dispositivi antiaggressione, in analogia con quanto recentemente disposto dall'amministrazione della pubblica sicurezza, si rappresenta che la sperimentazione del taser non interessa, al momento, gli istituti penitenziari.
  Il Ministero della giustizia ha preso parte ai lavori del Gruppo tecnico costituito nel mese di novembre 2017 presso l'ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia del dipartimento di pubblica sicurezza incaricato della predisposizione della redazione delle linee guida tecnico-operative necessarie per l'avvio della sperimentazione della pistola taser.
  Si è però ritenuto opportuno soprassedere alla sperimentazione della pistola elettrica in ambito penitenziario, per acquisire le esperienze e le valutazioni dell'uso in ambiente aperto da parte delle altre forze di polizia.
  Relativamente alla figura del dirigente penitenziario, si evidenzia che all'esito della prima e della seconda fase degli interpelli per il conferimento degli incarichi dirigenziali «ordinari», non è stato possibile conferire il posto di direttore della casa circondariale di Vicenza in considerazione delle disponibilità manifestate dai dirigenti penitenziari e dei limiti temporali per la permanenza in una sede dirigenziale di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 63 del 2006.
  Allo stato, ferma restando la carenza di organico dirigenziale a livello nazionale (meno 44 unità), la reggenza della struttura della casa circondariale di Vicenza è assicurata dal dottor Fabrizio Cacciabue, direttore della casa circondariale di Padova, il quale dal 16 febbraio 2019 svolge tale funzione per due giorni a settimana.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto protocollo n. 13722 del 18 dicembre 2018 del prefetto responsabile della gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali è stato indetto il concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di 291 (duecentonovantuno) borsisti al sesto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 224 (duecentoventiquattro) segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

   le prove preselettive dell'articolo 6 del predetto bando, si svolgeranno in Roma, nei giorni 13 e 14 novembre 2019;

   è stato, altresì, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 Serie speciale Concorsi ed esami n. 59 del 26 luglio 2019 il bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di complessive n. 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per diversi profili di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   le prove preselettive di cui all'articolo 6 del predetto bando avranno luogo a Roma dal 12 al 18 novembre 2019;

   per la partecipazione ad entrambi i concorsi doveva essere effettuato, a pena di esclusione, il versamento della quota di partecipazione di euro 10,00 (dieci/00 euro), contributo non rimborsabile e, qualora il candidato avesse voluto presentare domanda di partecipazioni per più profili del concorso del Ministero della giustizia, il versamento della quota di partecipazione doveva essere effettuato per ciascun profilo;

   molti sono i dubbi, peraltro, sulla legittimità di questo balzello (euro 10,00) e soprattutto sulla previsione di eventuale esclusione di un candidato per il mancato pagamento del contributo di partecipazione che, secondo il Tar, non può essere considerato alla stregua di un requisito soggettivo per partecipare al bando;

   i moltissimi giovani cittadini laureati che avevano i requisiti ed aspiravano legittimamente a partecipare ad entrambi i concorsi, dopo aver pagato i contributi di partecipazione, essersi organizzati, studiato e aver profuso con dedizione ogni energia nella speranza di un'opportunità di lavoro, si vedranno costretti a sceglierne uno soltanto, perché le prove preselettive sono state fissate in contemporanea;

   il concorso è il metodo previsto dalla Costituzione per reclutare i soggetti più meritevoli a cui affidare incarichi pubblici ed è dunque fondamentale, per il buon andamento della pubblica amministrazione e nello stesso interesse pubblico, consentire a tutti gli interessati la partecipazione allo stesso –:

   sulla scorta di quanto sopra rappresentato, quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per rimediare tempestivamente all'incresciosa situazione che mortificherebbe tanti giovani e valenti cittadini nelle loro aspirazioni, sopprimendo un loro interesse legittimo, tutelato dagli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione.
(4-03935)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, «Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi», definisce le linee guida sullo svolgimento dei concorsi pubblici.
  Per quanto attiene al diario delle prove – come peraltro sottolineato dall'ufficio del Ministro per la pubblica amministrazione – il predetto regolamento lascia ampia discrezionalità alle amministrazioni circa l'individuazione, delle date di svolgimento delle prove selettive.
  In particolare, l'articolo 6 dei medesimo Regolamento prevede che le prove del concorso non possano aver luogo nel giorni festivi né nel giorni di festività religiose ebraiche rese note con decreto del Ministro dell'interno mediante pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica, né nei giorni di festività religiose valdesi.
  A sostegno dei criterio della discrezionalità della pubblica amministrazione nella definizione delle date delle prove concorsuali, la Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza n. 22219 del 2006, ha ribadito: «del pari evidente è che, entro i limiti stabiliti dalla legge, la pubblica amministrazione, tanto nell'indire un bando di concorso quanto nel determinare le concrete modalità del suo esercizio, sia dotata di un margine di discrezionalità: discrezionalità destinata a manifestarsi, in particolare, nella scelta delle date di espletamento delle prove di esame».
  Con particolare riferimento al concorso per il reclutamento di segretari comunali Co.A.6, il medesimo è stato, bandito con decreto n. 13722 del 2018, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2018 e l'organizzazione della sua procedura ha richiesto molteplici adempimenti amministrativi.
  Per individuare la struttura idonea allo svolgimento del concorso, cui hanno partecipato circa 25.000 candidati, è stata effettuata una procedura di gara a evidenza pubblica. Inoltre, considerata la necessità di espletare con celerità la preselezione per poter procedere con lo svolgimento delle prove scritte nel corso dell'anno 2019, riducendo i tempi per lo svolgimento complessivo del concorso ai fini dell'iscrizione dei segretari comunali all'albo, sono state individuate quali date utili per lo svolgimento delle prove preselettive il 13 e il 14 novembre scorso.
  Il diario delle prove preselettive è stato pubblicato in
Gazzetta ufficiale il 27 settembre 2019.
  Il 22 ottobre 2019 veniva pubblicato l'analogo diario della procedura di reclutamento del personale destinato ai ruoli dei Ministero della giustizia.
  Detto Dicastero ha reso noto che il concorso per 2.329 funzionari richiamato nell'interrogazione è stato bandito, dal dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite della commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (Ripam) e che hanno presentato domanda 115.769 candidati.
  In relazione a quest'ultimo concorso è stato rappresentato che il dipartimento della funzione pubblica può organizzare procedure concorsuali parzialmente aggregate per io svolgimento unitario delle suddette prove. Il concorso potrà poi essere disaggregato per le fasi successive di svolgimento, finalizzate a scegliere le professionalità specifiche necessarie. Detti concorsi parzialmente aggregati, devono essere avviati contestualmente e con il medesimo bando, ma mantengono natura autonoma e possono prevedere anche requisiti di accesso differenti.
  Quanto, infine, al versamento dell'importo pari a 10 euro da parte dei candidato al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, si precisa che, lo stesso è dovuto, ai sensi della normativa vigente, quale diritto di segreteria a titolo di contributo per la copertura della procedura concorsuale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CAVANDOLI, TOMBOLATO, VINCI e MURELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Parma, con delibera del consiglio comunale n. 99 del 19 novembre 2018, ha modificato i regolamenti comunali in materia di concessione e locazione di beni immobili di proprietà del comune, di concessione di contributi o di patrocinio, di affidamento in gestione o concessione in uso degli impianti sportivi comunali ed il regolamento per l'applicazione del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, subordinando tutti i permessi al cosiddetto bollino antifascista;

   tutte le richieste devono essere accompagnate da una dichiarazione «di riconoscersi nei princìpi costituzionali democratici e di ripudiare il fascismo ed il nazismo; di non professare e non fare propaganda di ideologie nazifasciste, xenofobe, razziste, sessiste o in contrasto con la Costituzione e la normativa nazionale di attuazione della stessa (XII Att. Cost., articolo 4, legge n. 645/1952, legge n. 205/1993); di non perseguire finalità antidemocratiche, esaltando, minacciando od usando la violenza quale metodo di lotta politica o propagandando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni ed i valori della Resistenza; di non compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e/o nazista, anche attraverso l'uso di simbologie o gestualità ad essi chiaramente riferiti»; dando atto che la mancata presentazione di tale dichiarazione preclude l'accoglimento della domanda;

   pertanto, anche i cittadini che chiedono il permesso per un passo carrabile per entrare a casa propria devono dichiarare quanto sopra riportato per poter vedere accolta la propria istanza, con evidente complicazione dell'iter burocratico ed onere per il cittadino richiedente;

   le deliberazioni sarebbero nate dalla necessità di preservare l'origine storica partigiana del comune di Parma, appositamente tutelata nello Statuto, il quale ha ottenuto la Medaglia d'oro al valor militare per la Guerra di liberazione quale riconoscimento al contributo reso dalla lotta partigiana nella Città e la Medaglia al valor civile per l'eroico coraggio della comunità parmense nell'offrire una solidaristica protezione ai perseguitati;

   il 19 settembre 2019 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’«importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa», con 535 voti a favore, nata per commemorare l'anniversario degli 80 anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale, nella quale condanna con la massima fermezza gli atti di aggressione, i crimini contro l'umanità e le massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime nazista, da quello comunista e da altri regimi totalitari –:

   se non intenda valutare se sussistano i presupposti per il ricorso alla procedura di cui all'articolo 138 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
(4-04225)

  Risposta. — In relazione al quesito contenuto nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  La Giunta comunale di Parma, con deliberazione n. 140 del 24 aprile 2018 ha approvato lo schema di un «Protocollo di Intesa per la promozione e la difesa della democrazia», poi sottoscritto il 10 maggio 2019 dallo stesso comune, oltre che da varie confederazioni e associazioni presenti sul territorio.
  L'articolo 3 del citato protocollo prevede l'impegno del comune di Parma a garantire, anche tramite apposite modifiche regolamentari, che la collaborazione offerta alla società civile venga subordinata al riconoscimento della condivisione dei princìpi costituzionali, nonché alla dichiarazione di rispetto, da parte degli stessi, delle disposizioni normative vigenti che prevedono il divieto della ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista.
  Con successiva deliberazione n. 99 del 19 novembre 2018, il consiglio comunale di Parma ha approvato gli aggiornamenti di più regolamenti comunali, prevedendo l'inserimento negli stessi di una serie di dichiarazioni, l'assenza delle quali determina il mancato accoglimento delle istanze prodotte.
  In relazione alle suindicate modifiche regolamentari comunali, l'interrogante chiede a questa Amministrazione di valutare la sussistenza dei presupposti per un eventuale ricorso alla procedura di cui all'articolo 138 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.O.E.L.), che prevede l'annullamento straordinario degli atti degli enti locali viziati da illegittimità.
  L'annullamento straordinario, costituito da una complessa procedura che prevede, tra l'altro, il coinvolgimento del Consiglio di Stato, non può fondarsi tuttavia sulla semplice constatazione della mera illegittimità dell'atto ma trova la sua ragion d'essere nell'obbligo di assicurare il mantenimento dell'unità di indirizzo politico e amministrativo, nel quadro dell'unità e indivisibilità della Repubblica.
  Al riguardo, si osserva che una disposizione T.U.O.E.L., e più precisamente l'articolo 128, affidava al Comitato regionale di controllo l'esame di legittimità delle deliberazioni comunali, sulla base dell'esplicita previsione dell'articolo 130 della Costituzione. A seguito dell'abrogazione di quest'ultimo per effetto della Legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, è venuto meno il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, continuando a sussistere, invece, l'intervento governativo ai sensi del citato articolo 138 del T.U.O.E.L che, tuttavia, si esercita, come sopra evidenziato, esclusivamente per finalità straordinarie.
  Ciò detto si rileva che, avverso la deliberazione consiliare in argomento, un'associazione di promozione sociale ha presentato innanzi al Tar per l'Emilia Romagna-Sezione di Parma uno specifico ricorso che, con sentenza n. 288 del 10 dicembre 2019, è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
  Si soggiunge che su un analogo caso anche il Tar per il Piemonte aveva rigettato, con sentenza 18 aprile 2019, n. 447, un ricorso proposto in nome e per conto della medesima associazione di promozione sociale, considerando legittima la deliberazione con la quale un comune aveva impegnato l'Amministrazione a non concedere spazi o suolo pubblico a coloro che – professando o praticando comportamenti fascisti, razzisti e omofobi – non si riconoscevano nei valori sanciti dalla Costituzione. In tale contesto, il giudice ha riconosciuto la presenza di un corretto bilanciamento tra l'interesse della ricorrente, in quel caso rivolto allo svolgimento di attività di propaganda politica, con l'interesse pubblico, consistente nel doveroso e consapevole rispetto dei valori costituzionali.
  Sempre in tale ottica appare opportuno richiamare anche l'ordinanza n. 68/2018 del TAR Lombardia-Sezione di Brescia, nella quale è stata riconosciuta la legittimità di una deliberazione del comune di Brescia relativa agli indirizzi cui attenersi per la concessione del suolo pubblico e di altri spazi pubblici. Nello specifico, Fatto deliberativo conteneva un obbligo di dichiarazione di ripudio dei fascismo e del nazismo, considerato dal giudice amministrativo non qualificabile come lesivo della libertà di pensiero, dal momento che l'adesione all'ideologia fascista comporterebbe, in modo palese e automatico, il ripudio all'obbligo del rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione italiana.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CIRIELLI e PRISCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale, concorsi ed esami del 28 dicembre 2018, n. 102, è stato pubblicato il concorso per l'ammissione di 221 borsisti al sesto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 224 segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali;

   successivamente, nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale, concorsi ed esami del 26 luglio 2019, è stato pubblicato il concorso per titoli ed esami per il reclutamento di complessive n. 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia, ad eccezione della regione Valle d'Aosta;

   negli scorsi giorni, per entrambi i concorsi, sono state pubblicate le date in cui avranno luogo le prove preselettive. In particolare, le prove del concorso per 224 segretari comunali e provinciali si svolgeranno il 13 e il 14 novembre prossimi, mentre quelle per il reclutamento di 2.329 funzionari giudiziari si svolgeranno sempre nello stesso mese, dal 12 al 18;

   si tratterebbe, pertanto, di due concorsi ministeriali le cui prove si terranno durante le medesime giornate, costringendo i candidati a scegliere di partecipare a uno soltanto;

   a parere degli interroganti, tale situazione creerebbe un'inaccettabile ingiustizia per i concorsisti. Difatti, si potrebbe pacificamente sostenere che, in relazione ai requisiti richiesti dal bando (il possesso di specifici titoli di studio) nonché alle materie oggetto di prove del concorso, la categoria di laureati partecipanti ad entrambi i concorsi sia pressoché la medesima;

   per di più, gli iscritti alle prove, in sede di compilazione della domanda, hanno anche sostenuto, per entrambi i concorsi, il pagamento di una quota, necessaria per poter prendere parte alla selezione. Ci si chiede, pertanto, se l'impossibilità per i candidati di partecipare a entrambi i concorsi non debba tradursi in un'inopportuna scelta da parte dei Ministeri che avrebbero dovuto garantire la partecipazione agli stessi, anche in relazione all'esborso economico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per evitare che possa determinarsi una situazione pregiudizievole per i candidati di entrambi i concorsi e affinché non si mortifichino le aspettative e l'impegno di tutti i laureati che lecitamente aspirano a partecipare ad entrambe le selezioni.
(4-04065)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 «Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione, nei pubblici impieghi », definisce le linee guida sullo svolgimento dei concorsi pubblici.
  Per quanto attiene al diario delle prove – come peraltro sottolineato dall'ufficio del Ministro per la pubblica amministrazione – il predetto Regolamento lascia ampia discrezionalità alle Amministrazioni circa l'individuazione delle date di svolgimento delle prove selettive.
  In particolare, l'articolo 6 del medesimo Regolamento prevede che le prove del concorso non possano aver luogo nei giorni festivi né nei giorni di festività religiose ebraiche rese note con decreto del Ministro dell'interno mediante pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, né nei giorni di festività religiose valdesi.
  A sostegno del criterio della discrezionalità della pubblica amministrazione nella definizione delle date delle prove concorsuali, la Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza n. 22219 del 2006, ha ribadito: «dei pari evidente è che, entro i limiti stabiliti dalla legge, la pubblica amministrazione, tanto nell'indire un bando di concorso quanto nel determinare le concrete modalità del suo esercizio, sia dotata di un margine di discrezionalità: discrezionalità destinata a manifestarsi, in particolare, nella scelta delle date di espletamento delle prove di esame».
  Con particolare riferimento al concorso per il reclutamento di segretari comunali Co.A.6, il medesimo è stato bandito con decreto n. 13722/2018, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2018 e l'organizzazione della sua procedura ha richiesto molteplici adempimenti amministrativi.
  Per individuare la struttura idonea allo svolgimento del concorso, cui hanno partecipato circa 25.000 candidati, è stata effettuata una procedura di gara a evidenza: pubblica. Inoltre, considerata la necessità di espletare con celerità la preselezione per poter procedere con lo svolgimento delle prove scritte nel corso dell'anno 2019, riducendo i tempi per lo svolgimento complessivo del concorso ai fini dell'iscrizione dei segretari comunali all'Albo, sono state individuate quali, date utili per lo svolgimento delle prove preselettive il 13 e il 14 novembre 2019.
  Il diario delle prove preselettive è stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale il 27 settembre 2019.
  Il 22 ottobre 2019 veniva pubblicato l'analogo diario della procedura di reclutamento del personale destinato ai ruoli del Ministero della giustizia.
  Detto Dicastero ha reso noto che il concorso per 2.329 funzionari richiamato nell'interrogazione è stato bandito, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza dei Consiglio dei ministri, per il tramite della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (Ripam) e che hanno presentato domanda 115.769 candidati.
  In relazione a quest'ultimo concorso è stato rappresentato che il Dipartimento della funzione pubblica può organizzare procedure concorsuali parzialmente aggregate per lo svolgimento unitario delle suddette prove. Il concorso potrà poi essere disaggregato per le fasi successive di svolgimento, finalizzate a scegliere le professionalità specifiche necessarie. Detti concorsi parzialmente aggregati, devono essere avviati contestualmente e con il medesimo bando, ma mantengono natura autonoma e possono prevedere anche requisiti di accesso differenti.
  Quanto, infine, al versamento dell'importo pari a 10 euro da parte del candidato al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, si precisa che, lo stesso è dovuto, ai sensi della normativa vigente, quale diritto di segreteria a titolo di contributo per la copertura della procedura concorsuale.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende di una circolare del 6 febbraio 2020 che il segretariato generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti – ufficio amministrazioni speciali – avrebbe trasmesso a diverse strutture amministrative estere avente ad oggetto «il pignoramento presso terzi operato sul conto corrente postale di questo Ufficio»;

   nel dettaglio, la comunicazione renderebbe noto che a decorrere dal 24 gennaio u.s. questo Ufficio ha subito una serie di «onerosi vincoli pignoratizi da parte di Poste Italiane S.p.A. che, sommati a quelli già precedentemente apposti, ammontano a circa 22,6 milioni di euro con conseguente “sconfino” di circa 3 milioni di euro rispetto al saldo contabile pari a circa 19,6 milioni di euro. Posto che i pignoramenti subiti sono a tutela di ragioni creditorie vantate da varie Società nei confronti di Enti dell'A.D., nessuna, peraltro nei confronti di questo Ente, si rappresenta che fino a nuova comunicazione questo ufficio non potrà assicurare alcuna attività d'istituto – quali – erogazioni degli emolumenti al personale in servizio all'estero presso gli uffici degli Addetti della Difesa, somministrazione fondi ai Distaccamenti dipendenti, spese connesse ai V rendiconto, anticipi e liquidazioni missioni, ecc.»;

   nella stessa comunicazione si preciserebbe, infine, che «sono in corso più azioni volte al superamento dell'attuale stallo operativo»;

   a parere dell'interrogante, se quanto affermato dagli organi di stampa in relazione alla citata comunicazione dovesse corrispondere al vero, si sarebbe di fronte ad una gravissima mala gestio che si protrae da diverso tempo e causata, tra l'altro, dalle scarse risorse che ogni anno vengono destinate al settore della Difesa;

   siffatta situazione non solo destabilizzerebbe i tanti militari impegnati con sacrificio e dedizione nelle missioni all'estero, ma avrebbe altresì gravissimi risvolti sul regolare svolgimento dell'attività di difesa nazionale, sia in Italia che all'estero, mostrando la fallacia del sistema economico-finanziario del nostro Paese in relazione a un settore di estrema importanza, qual è quello della difesa;

   ciò che desta maggiore scalpore e incredulità è la circostanza che simili fatti sarebbero derivati dal mancato pagamento delle bollette di luce, acqua e gas protratto per anni da parte del Ministero della difesa e, ancor più grave, si tratterrebbe di una prassi consolidata atteso che di recente si era sollevata simile questione relativa, invece, all'omesso pagamento dell'imposta municipale unica per gli alloggi affittati ai militari e ai loro familiari;

   occorrerebbe tenere in debita considerazione che tali avvenimenti espongono, come di fatto accaduto, l'amministrazione statale a inevitabili conseguenze giudiziarie con gravi ripercussioni anche sulla spesa pubblica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e accertata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per rimediare alle dinamiche descritte in premessa, al fine di assicurare il regolare pagamento degli stipendi per i militari impegnati all'estero;

   se non intenda avviare una ispezione interna al fine di verificare, per quanto di competenza, cause ed eventuali responsabilità che hanno determinato questa grave esposizione debitoria.
(4-04783)

  Risposta. — Desidero rappresentare, in premessa, che il debito della Difesa, nel settore delle utenze (energia e acqua) e della Tarsu, generatosi negli anni scorsi, al 31 dicembre 2018 ammontava a circa 420 milioni di euro.
  È per tali ragioni che sin dal mio insediamento, in qualità di Ministro della difesa, mi sono fatto carico della problematica, attivando presso lo Stato maggiore della difesa un tavolo tecnico per elaborare un piano di rientro.
  In particolare, nel quadro delle iniziative poste in essere, è stato nominato un «Referente unico per la difesa», unitamente alla costituzione, nel novembre 2019, di una dedicata
task force interforze a supporto per la gestione della criticità in parola mediante l'individuazione delle modalità maggiormente costo-efficaci tese a contenere e ridurre quanto più possibile il contenzioso con i creditori.
  L'obiettivo che si pone la
task force è quello di un azzeramento del debito entro l'anno 2022.
  Al riguardo, rendo noto che sono stati già raggiunti effetti concreti; infatti, alla data del 31 dicembre 2019, il debito è stato ridotto a 325 milioni.
  Relativamente al pignoramento riportato dalla stampa è già in atto un'attività mirata a rimuovere nel più breve tempo possibile i vincoli prodotti dalla procedura di esecuzione forzata sui beni del debitore.
  In particolare, la funzionalità del conto corrente postale dell'Ufficio amministrazioni speciali presso il Segretariato generale della difesa è stata ripristinata a seguito dell'estinzione di alcune procedure esecutive.
  Al riguardo, si precisa che il conto corrente in questione non è destinato al pagamento delle missioni del personale militare nei teatri operativi all'estero, che continuano invero ad essere correttamente corrisposte senza alcuna soluzione di continuità.
  Dal conto corrente oggetto di pignoramento, invece, erano state tratte, nelle more dell'emissione dei relativi finanziamenti, le risorse per taluni emolumenti dovuti al personale degli uffici degli Addetti della difesa e delle Rappresentanze militari italiane presso l'Onu, la Nato e l'Unione europea; si tratta nel complesso di n. 298 unità di personale, nei riguardi delle quali, peraltro, il pagamento delle competenze stipendiali è avvenuto (e continua ad avvenire) con assoluta regolarità.
  Parallelamente, proseguono le attività per ridurre il fabbisogno energetico delle Forze armate, attraverso l'ammodernamento delle infrastrutture, che saranno improntate a criteri innovativi di ridotti consumi e di basso impatto ambientale.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   CUNIAL, ROSPI, NITTI, APRILE, GIANNONE, ANGIOLA e BENEDETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Grup Yorum è un gruppo turco che esegue canzoni popolari. Negli anni ha tenuto centinaia di concerti in Turchia, America Latina e Paesi Baschi, ma con l'entrata in vigore delle leggi di emergenza, non può più esibirsi in Turchia e anche altrove viene sottoposto a pesanti restrizioni;

   negli ultimi due anni, il centro culturale Idil, dove tale gruppo aveva il suo studio, ha subìto diverse irruzioni da parte della polizia. Trattati dal Governo turco alla stregua di delinquenti, i componenti del gruppo sono stati arrestati per «appartenenza a una organizzazione terrorista»;

   al momento alcuni membri del gruppo sono in carcere, due latitanti e altri due in sciopero della fame per protestare contro le restrizioni (proibizione dei loro concerti per il carattere politico delle canzoni) e la continua repressione a cui gli stessi vengono sottoposti da anni;

   il 14 febbraio 2020 si è svolta la prima udienza. Per alcuni musicisti si profila addirittura la condanna all'ergastolo. Tra questi Koçak, in sciopero della fame da 240 giorni. Accusato di aver fornito le armi utilizzate nel rapimento del procuratore Kiraz. A suo carico, soltanto la testimonianza di qualcuno che, in un bar, avrebbe sentito dire che Koçak era implicato. Nessuna prova reale è stata portata in tribunale o scritta nell'accusa a suo carico. Quanto al procuratore ucciso, le indagini avrebbero stabilito che era stato colpito dal «fuoco amico» della polizia;

   insieme a lui anche Gökcek, già inserito nella lista dei «terroristi più ricercati» con una ricompensa di 300 mila lire turche (46 mila euro). Gökcek venne imprigionato in base a una «testimonianza segreta» e senza un preciso atto d'accusa. Così come Helim Bölek, uscita dal carcere alla fine del 2019, ma che comunque ha deciso di radicalizzare ulteriormente la sua azione di protesta;

   altri esponenti di Grup Yorum sono, ugualmente in sciopero della fame e così – dal 3 gennaio 2020 – alcuni «avvocati del popolo» incarcerati a loro volta;

   Grup Yorum chiede l'immediata scarcerazione per i musicisti in carcere e l'annullamento del mandato di cattura per tutti i membri del gruppo. Chiede inoltre la fine delle irruzioni nel centro culturale Idil e l'annullamento del divieto di tenere concerti;

   anche l'Associazione del foro di Istanbul, un'Associazione di medici di Istanbul, l'iniziativa degli artisti e l'Assemblea artistica hanno pubblicato una dichiarazione congiunta, un appello rivolto alle autorità affinché si comportino in maniera responsabile nei confronti degli imputati. Le piattaforme Freemuse, Susma (Piattaforma non tacere) e P24 (Bagimsiz Gazetecilik Platformu, Piattaforma per un giornalismo indipendente) hanno richiesto la scarcerazione dei musicisti detenuti, di mettere fine alle illegittimi restrizioni della libertà di espressione del gruppo e di accettare le richieste degli artisti in sciopero della fame;

   l'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata nel 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sancisce che «ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere»;

   anche l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabiliscono che «ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione» –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, anche d'intesa con i partner dell'Unione europea, affinché la condotta delle autorità turche si conformi agli atti ed alle convenzioni poste a tutela dei diritti umani;

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato operando sul piano diplomatico, per promuovere l'adozione di sanzioni economiche della comunità internazionale contro la Turchia sino a quando non verrà ripristinata la legalità e verrà posto termine alla violazione dei diritti umani.
(4-04884)

  Risposta. — Il Governo italiano segue gli sviluppi dello sciopero della fame iniziato da alcuni componenti del Grup Yorum, alcuni dei quali deceduti nel corso della protesta contro le misure restrittive adottate nei confronti del gruppo. La vicenda rientra nel più generale tema del rispetto della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Turchia, che ha influenzato negli ultimi anni l'andamento dei rapporti con l'Unione europea ed è oggetto di menzione in occasione degli incontri e dei contatti bilaterali ad alto livello che l'ambasciata d'Italia ad Ankara intrattiene con le autorità locali .
  Analogo impegno sullo stato di diritto in quel Paese viene perseguito dall'Italia in ambito Unione europea. La Turchia è stata inserita nelle ultime conclusioni del Consiglio dell'Unione europea quale uno dei Paesi prioritari in materia di diritti umani, a causa delle preoccupazioni per il funzionamento dello stato democratico e di diritto. Il Governo di Ankara è stato inoltre menzionato in una recente dichiarazione UE pronunciata in occasione della 43ma sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni unite (marzo 2020), sotto l'item 4 dell'agenda del Consiglio, che si riferisce ai Paesi che necessitano dell'attenzione del Consiglio. In quella occasione, l'Unione europea ha espresso particolare preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Turchia, inclusa la libertà di espressione, gli arresti e le accuse contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti, gli accademici, invitando il Paese a proteggere lo stato di diritto, l'indipendenza della magistratura, il giusto processo, i diritti umani e le libertà fondamentali, conformemente agli impegni internazionali della Turchia in materia.
  L'Italia attribuisce la massima importanza alla protezione e alla promozione della libertà di espressione e alla tutela dei difensori dei diritti umani, sia a livello bilaterale che sul piano multilaterale. Si tratta di temi fondamentali che rientrano tra le priorità italiane per il mandato 2019-2021 al Consiglio diritti umani delle Nazioni unite (CDU) e che sosteniamo regolarmente in tutti i fori multilaterali competenti. Da ultimo, vorrei ricordare che l'Italia ha partecipato attivamente, in coordinamento con i
partner della Unione europea, ai lavori negoziali che hanno condotto all'adozione da parte dell'Assemblea generale ONU della risoluzione sulla protezione dei difensori dei diritti umani (dicembre 2019), co-sponsorizzandola. Inoltre, l'Italia partecipa regolarmente agli eventi e alle iniziative internazionali sulla materia, anche in ambito Consiglio d'Europa.
  Più nello specifico e rispetto al quesito sollevato, nel gennaio scorso la Turchia si è sottoposta alla Revisione periodica universale del Consiglio diritti umani delle Nazioni unite (UPR), esercizio di monitoraggio periodico della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri si sottopongono ogni 4-5 anni. L'Italia ha raccomandato alla Turchia, tra le altre cose, di adottare misure adeguate per proteggere la libertà di espressione, di riunione e di associazione, nonché per garantire un ambiente sicuro e abilitante per le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e i giornalisti, definendo le limitazioni alle libertà fondamentali nel rispetto degli obblighi internazionali; di rafforzare l'indipendenza della magistratura; di garantire che tutte le accuse di detenzione arbitraria, tortura e trattamenti disumani da parte delle forze di sicurezza siano debitamente indagate. La Turchia indicherà la propria posizione rispetto alle raccomandazioni ricevute entro luglio, quando il Cdu adotterà il rapporto finale dell'ultima sessione Upr.
  Su queste basi, il Governo continuerà a seguire con attenzione l'evoluzione della situazione,

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   DE ANGELIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il servizio delle Iene andato in onda nella puntata del 2 giugno 2020 ha dato voce a diversi cittadini che da tempo denunciano la situazione di degrado del campo nomadi di via del Foro Italico a Roma, che confina con la Riserva naturale dell'Aniene;

   dal servizio è emersa la completa illegalità in cui si vive all'interno del campo Rom, che sembra sia gestito da una famiglia di nomadi del tutto illegalmente e seminando il terrore tra i residenti, chiedendo denaro per l'affitto delle baracche e per l'uso della corrente;

   il fatto più grave emerso è, indubbiamente, il traffico illegale di rifiuti tossici e l'esistenza di una discarica abusiva gestita dalla stessa famiglia dietro pagamento di un compenso per il ritiro di rifiuti ingombranti e di calcinacci, che di giorno vengono ammucchiati all'interno della Riserva naturale e la sera vengono bruciati sistematicamente, provocando nubi tossiche nocive che si propagano a ridosso del centro di Roma;

   i cittadini, ormai esausti delle segnalazioni fatte invano alle autorità competenti e all'ente regionale che è responsabile della gestione delle riserve naturali, hanno deciso di rivolgersi alle Iene preoccupati per la loro salute e quella dei loro cari, dal momento che le nubi tossiche provocano esalazioni che si espandono nei quartieri limitrofi della zona;

   grazie al video delle Iene, finalmente il giorno successivo sono intervenute le forze dell'ordine e gli agenti della polizia locale di Roma Capitale che hanno effettuato controlli sugli abitanti delle baracche –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per procedere al più presto allo sgombero del campo nomadi di via del Foro Italico a Roma alla luce dei fatti illustrati in premessa.
(4-05955)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo l'interrogante richiama l'attenzione del Ministro dell'interno sul degrado in cui versa un'area sita ai confini della riserva naturale della Valle dell'Aniene a ridosso dal Foro Italico a Roma.
  Nella zona citata, su una superficie di circa 5.500 metri quadri sono, invero, ubicate 62 baracche occupate da persone prevalentemente di cittadinanza romena; più in dettaglio, solo due o tre nuclei familiari risultano essere stanziali, mentre altri risultano stabilirsi
in loco solo per alcuni periodi dell'anno.
  In questo contesto, proprio nello scorso mese di giugno, la polizia locale di Roma capitale, a seguito di un servizio di controllo, ha proceduto all'identificazione di tutti i presenti nel sito.
  L'amministrazione capitolina ha, inoltre, comunicato di avere proceduto il 10 luglio scorso ad un sopralluogo tecnico-operativo.
  In merito alle situazioni di illegalità segnalate nell'atto di sindacato ispettivo, perpetrate ad opera di un gruppo di persone riconducibili ad una stessa famiglia, i cui componenti esigerebbero compensi per l'uso delle baracche o dell'elettricità, si comunica che sono in corso accertamenti di polizia giudiziaria da parte della polizia di Stato.
  Per quanto riguarda la discarica esistente in prossimità dell'insediamento, si rammenta che già nel 2017 la Polizia di Stato è intervenuta sul sito, procedendo al sequestro della discarica e dei vari autoveicoli furgonati utilizzati per il trasporto e lo scarico dei rifiuti, deferendo all'autorità giudiziaria i responsabili degli illeciti. Sono stati poi identificati e deferiti all'autorità giudiziaria anche coloro che, successivamente al sequestro, hanno violato i sigilli apposti all'area.
  Più di recente, lo scorso 1° giugno personale dell'Arma dei carabinieri ha proceduto al sequestro di un terreno demaniale di 3.000 metri quadri, retrostante al suddetto insediamento, in quanto oggetto di sversamento di rifiuti urbani non pericolosi.
  Sulla base delle notizie acquisite dall'amministrazione capitolina sono stati avviati, da parte dei competenti uffici di Roma capitale, accertamenti anagrafici e sulle capacità patrimoniali e reddituali dei soggetti interessati, al fine di assicurare ai nuclei, con fragilità socio-economica l'accoglienza nei circuito dell'emergenza cittadina.
  L'intervento mira a porre in essere, in totale sicurezza e con l'impiego di mezzi idonei, le importanti operazioni di bonifica che si renderanno necessarie per il ripristino del sito.
  Su un piano più generate, si assicura che la tematica è all'attenzione del Ministero dell'interno e della prefettura di Roma, presso la quale si sono svolte diverse riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, e gli specifici tavoli tematici alla presenza dei rappresentanti dell'amministrazione capitolina.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nell'area del poligono Opicina, quartiere del comune di Trieste, situato sull'altopiano del Carso, ogni anno il 15 dicembre si svolge la cerimonia di commemorazione in ricordo dei partigiani sloveni del T.I.G.R. processati e giustiziati nel 1941;

   il 26 novembre 2019 il comune di Trieste ha concesso la gestione del «Parco della Pace» di Opicina a titolo gratuito per 9 anni rinnovabili all'Associazione nazionale partigiani d'Italia – Comitato provinciale di Trieste (A.n.p.i.-Vzpi);

   i suddetti partigiani Pinko Tomazic, Viktor Bobek, Ivan Ivancic, Simon Kos e Ivan Vadnal furono membri dell'Organizzazione Rivoluzionaria della Venezia Giulia T.I.G.R e colpevoli di azioni violente quali attentati dinamitardi, omicidi, assalti a pattuglie, sabotaggi, incendi di scuole e asili, questi ultimi ritenuti «strumenti per l'italianizzazione»;

   i partigiani sloveni commemorati dall'A.n.p.i.-Vzpi a parere dell'interrogante non erano affatto promotori di pace, bensì terroristi anti italiani;

   tale spazio pubblico, dato in concessione all'A.n.p.i. con finalità di «pace», è sostanzialmente dall'associazione utilizzato per il ricordo nostalgico del Regime Titino, responsabile dell'epurazione di centinaia di migliaia di italiani, e di fatto utilizzato a fini commemorativi e inneggiativi del terrorismo slavo del T.i.g.r.;

   sono emerse tensioni nella comunità locale a ridosso della cerimonia di commemorazione –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza abbia adottato o intenda adottare al riguardo, considerati anche gli eventuali profili di ordine pubblico.
(4-04400)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda riportata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il 26 novembre 2019, il comune di Trieste ha concesso in uso gratuito all'A.N.P.I. – Comitato provinciale di Trieste l'area sita presso l'istituendo «Parco della Pace» al fine di adibirla, dopo vari anni di confronto sulla fruizione del sito, ad area commemorativa.
  Il provvedimento di concessione si fonda su una delibera di Giunta del 14 novembre 2019 in attuazione di un accordo procedimentale siglato presso la prefettura di Trieste in data 7 marzo 2016, con cui sono state definite le procedure per favorire la realizzazione di opere di riqualificazione dell'area commemorativa.
  Detta area è adiacente al Poligono di tiro di Opicina, dove si trova una lapide in ricordo di cinque antifascisti sloveni, condannati a morte dal «Tribunale Speciale per la difesa dello Stato», istituito a Trieste nel 1940 dal regime fascista e uccisi il 15 dicembre 1941.
  Il 15 dicembre 2019 ricorreva il 78° anniversario della fucilazione dei cinque antifascisti sloveni e, come ogni anno, si è svolta una cerimonia commemorativa organizzata dal comitato provinciale A.N.P.I. presso il poligono di Opicina.
  Il giorno precedente la citata cerimonia, in quella località sono stati affissi manifesti con il logo di Casapound Italia-Trieste, aventi come sfondo la bandiera della ex Repubblica federale di Jugoslavia e le scritte «Terroristi» e «Né vittime-né martiri». A lato erano riportati i nominativi dei cinque antifascisti e le imputazioni emesse a loro carico dal tribunale speciale: «associazione terroristica», «devastazione» e «tentata strage».
  Il responsabile provinciale di Casapound, nel rivendicare, a mezzo stampa, l'affissione dei manifesti, ha polemizzato con la decisione del comune di Trieste di affidare la gestione del «Parco della Pace» di Opicina alla sezione locale dell'A.N.P.I. ed esprimendo perplessità in merito alla cerimonia che si svolge annualmente, nel corso della quale, a suo parere, vengono commemorate non vittime né martiri ma solo terroristi.
  La sezione locale dell'A.N.P.I, ha replicato a mezzo stampa, attraverso il suo segretario, chiedendo lo scioglimento di Casapound Italia in quanto «organizzazione fascista» e definendo l'accaduto «un atto gravissimo configurabile come apologia del fascismo».
  In merito ai fatti riferiti si rappresenta infine che, per tutta la durata della manifestazione, non si sono verificati problemi per l'ordine pubblico.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Veneto conta una grave carenza d'organico; su 2779 unità previste, la situazione aggiornata al 20 gennaio 2020 conta una mancanza di 439 unità; tra le qualifiche operative dei vigili, capo squadra e capo reparto la carenza ammonta a circa 300 unità;

   sono numerosi gli appelli provenienti dal Co.Na.Po. Sindacato autonomo dei vigili del fuoco e le manifestazioni e gli scioperi messi in campo, ultimi quelli del 9 novembre 2019 quando il personale operativo in regione ha scioperato per quattro ore e quello del successivo 11 novembre quando lo stesso personale è sceso in piazza a Venezia per manifestare il grave disagio cui è sottoposto a causa del mancato recupero delle previste risorse umane;

   la situazione non sembra destinata a migliorare, anche alla luce delle ultime assegnazioni di vigili del fuoco neo-assunti che non compensano le carenze nel ruolo né recuperano il personale transitato al ruolo dei capo squadra;

   nello specifico, per effetto dei pensionamenti, dei passaggi di qualifica al ruolo di capo squadra, della mobilità nazionale, dell'inidoneità al servizio operativo, in regione attualmente la situazione, suddivisa per sede dirigenziale, registra: 56 unità presso la sede del comando di Belluno; 50 unità a Padova; 25 unità a Rovigo; 33 unità a Treviso; 95 unità a Venezia; 61 unità a Verona; 61 unità a Vicenza e 58 unità presso la direzione interregionale Veneto e Trentino Alto Adige;

   da tale situazione ne consegue una continua e crescente difficoltà a mantenere il numero minimo di personale necessario a garantire un efficiente soccorso pubblico sul territorio veneto –:

   quali iniziative siano state assunte e quali si intendano assumere per sanare la grave carenza d'organico che affligge da anni le sedi dei vigili del fuoco in tutto il nord Italia e, in particolare, nel Nord-est.
(4-04757)

  Risposta. — In merito alla problematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  La legge di bilancio 2018 del 27 dicembre 2017, n. 205, ha previsto un piano quinquennale di assunzioni straordinarie per un totale di 1.300 unità, consentendo, nel corso del corrente anno, l'assunzione di 100 unità di vigili del fuoco.
  La successiva legge di bilancio 2019 del 30 dicembre 2018, n. 145 ha stabilito un ulteriore intervento di potenziamento dell'organico del Corpo nazionale, da attuarsi attraverso l'assunzione straordinaria di ulteriori 1.500 unità in un biennio.
  Di queste ultime, 650 unità sono state già assegnate nelle sedi di servizio il 20 dicembre scorso, avendo ultimato l'86° corso di formazione.
  In data 7 ottobre 2019 sono state assunte 200 unità che hanno iniziato l'87° corso di formazione per allievi vigili, attualmente in atto, mentre le ulteriori 650 unità saranno assunte non appena potrà avere inizio l'89° corso di formazione, programmato per l'11 maggio 2020 e rinviato, per una rimodulazione delle attività didattiche, a causa dell'emergenza COVID-19.
  Infine, un ulteriore incremento della dotazione organica per complessive 500 unità è stato previsto dalla legge di bilancio 2020 del 27 dicembre 2019, n. 160 che permetterà di assumere nel corrente hanno altre 60 unità di vigili del fuoco che prenderanno parte anch'esse all'89° corso.
  I suddetti incrementi della dotazione organica nella qualifica di vigile del fuoco, quantitativamente e temporalmente definiti dalle citate leggi di bilancio, consentiranno di realizzare, nei breve e medio termine, un generale potenziamento del dispositivo di soccorso territoriale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il cui nuovo assetto è stato recentemente stabilito dal decreto del Ministro dell'interno del 2 dicembre 2019 e dal conseguente provvedimento del Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, datato 3 dicembre 2019.
  Tale decreto è stato elaborato in modo da garantire uno sviluppo equilibrato di tutte le strutture territoriali e centrali e tiene conto del progressivo incremento dell'organico del personale appartenente al ruolo dei vigili del fuoco, secondo i contingenti stabiliti dalle predette leggi di bilancio.
  Per quanto attiene più specificamente alla lamentata carenza di vigili del fuoco in Veneto, si rappresenta che l'organico operativo della regione anzi detta prevede una dotazione teorica complessiva di 2,279 unità non specialiste. Rispetto a tale contingente teorico, attualmente, si rileva una presenza effettiva in regione di 2.083 unità, con una carenza di 196 unità.
  Al fine di sopperire alla temporanea insufficienza di personale è stato effettuato un piano di distribuzione dei richiami del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con l'assegnazione di un congruo numero di ore di straordinario alla Direzione regionale dei vigili del fuoco del Veneto.
  Non appena saranno conclusi i corsi di formazione in atto sopra richiamati, con rassegnazione dei neo vigili del fuoco ai comandi territoriali si ridurranno ulteriormente le carenze di personale riscontrate.
  Per quanto riguarda, infine, la carenza degli operatori amministrativi dei settore tecnico-logistico, è in corso di espletamento la selezione tra i cittadini italiani inseriti nell'elenco anagrafico presente presso i centri per l'impiego, ai sensi dell'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, per l'assunzione diretta di 18 operatori amministrativi per le sedi di Belluno, Padova, Verona, Vicenza e per la Direzione regionale.
  Ciò permetterà di coprire in modo residuale le uscite dovute ai recenti pensionamenti.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   LUCA DE CARLO, GALANTINO e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   facendo seguito a quanto previsto dalla legge n. 92 del 30 marzo 2004, con l'istituzione del Giorno del ricordo sono molteplici le associazioni, i movimenti, le organizzazioni che nei giorni vicini al 10 febbraio danno luogo a commemorazioni in memoria del martirio delle Foibe;

   tra le numerose dimostrazioni in ricordo degli infoibati e degli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia, durante il Derby di Milano si è assistito con particolare partecipazione all'esposizione di uno striscione, posto sotto a un'enorme bandiera Tricolore, con su scritto: «Milano non scorda i martiri delle Foibe»;

   contestualmente presso lo stadio Cino e Lillo Del Duca di Ascoli Piceno, è stato impedito l'ingresso di un analogo striscione «Ogni vero italiano è anche dalmata e giuliano», che, privo di offese, è stato bloccato da un solerte funzionario della questura locale –:

   se sia al corrente di quanto accaduto e se l'intervento del funzionario della questura che ha comportato il mancato ingresso dello striscione commemorativo, impedendone l'esposizione, sia dovuto a un regolare adempimento normativo.
(4-04760)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In data 7 febbraio 2020, presso lo stadio Cino e Lillo Del Duca di Ascoli Piceno, si è svolta la partita di calcio tra le squadre dell'Ascoli Calcio e della Juve Stabia.
  Come previsto dalla normativa vigente in materia di sicurezza negli impianti sportivi, alla vigilia dell'incontro, il 5 febbraio 2020, si è tenuta una riunione del Gruppo operativo sicurezza (Gos), istituito ai sensi dell'articolo 19-
ter del decreto del Ministro dell'interno del 18 marzo 1996 per ciascun impianto di capienza superiore ai diecimila posti ove si disputino incontri di calcio.
  Tale Gruppo, di cui fanno parte, tra gli altri, rappresentanti dei vigili del fuoco, polizia municipale e capo degli
steward, è presieduto da un delegato del Questore e, il giorno in cui si disputa l'incontro, assume la funzione di Centro per la gestione della sicurezza della manifestazione.
  Al riguardo, si precisa che, ai sensi della determinazione dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive dell'8 marzo 2007, l'introduzione di ogni vessillo all'interno degli impianti sportivi, fatta eccezione per le bandiere riportanti i colori sociali delle squadre o quelle degli Stati rappresentati in campo è condizionata al preventivo rilascio di un «nulla osta» da parte del Gruppo operativo sicurezza.
  Nello specifico, per la partita del 7 febbraio 2020 la tifoseria ascolana non risulta avere avanzato alcuna richiesta al Gruppo per ottenere l'autorizzazione all'ingresso e all'esposizione di striscioni all'interno dello stadio.
  Il giorno dell'incontro, durante la fase di afflusso del pubblico e fuori dall'area di pre-filtraggio dell'impianto sportivo, ovvero l'area in prossimità dei varchi di accesso in cui gli
steward svolgono i primi controlli, alcuni tifosi hanno chiesto estemporaneamente di poter esporre lo striscione in questione, con la scritta «Ogni vero italiano è anche dalmata e giuliano».
  Nella circostanza, il dirigente responsabile dei servizio di pubblica sicurezza, preso atto che lo striscione non era stato precedentemente autorizzato in sede di Gos e verificato, inoltre, che il contenuto non era genericamente riferibile alla «giornata del ricordo» ma poteva essere ricondotto a posizioni politiche ed in particolare alla rivendicazione dei territori dalmati e giuliani, non ne autorizzava l'accesso.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   SABRINA DE CARLO, VILLANI e SUT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il sito paleontologico del Villaggio del pescatore situato nel comune di Duino-Aurisina, in provincia di Trieste, a seguito della scoperta, nel 1994, di un adrosauro e di altri reperti fossili ha attirato negli ultimi venti anni autorevoli studiosi che, considerata anche la zona limitrofa interessata da curiosi giacimenti ne hanno confermato il valore, designandola ad oggi come una zona in grado di offrire centinaia di reperti e probabili fossili sconosciuti;

   grazie ai fatti descritti, il centro si è trasformato in pochi anni in uno dei luoghi di riferimento tra i più importanti d'Europa;

   attualmente la zona di scavo rientra in un regime di proprietà privata e i complessivi interventi sul sito sono stati sostenuti con fondi privati; da pochi giorni è in fase di estrazione un nuovo fossile;

   considerato altresì l'enorme potenziale a livello turistico del sito, situato in un crocevia tra l'Italia, l'Austria, la Croazia e la Slovenia, logisticamente a soli 500 metri dal tracciato autostradale italiano, e posto in un'area di particolare rilevanza storica, sviluppatasi alla fine della II guerra mondiale per accogliere istriani di lingua italiana, l'intera zona potrebbe offrire, se aiutata, un nuovo centro turistico di valenza internazionale mediante l'accoglienza di studiosi e amatori da tutto il mondo, offrendo nuovi posti di lavoro e pertanto –:

   se sia a conoscenza dei fatti e se abbia intenzione di intervenire attraverso appropriate iniziative di promozione, che possano aiutare il sito al recupero di risorse utili al proseguimento dei lavori e al suo rilancio.
(4-05863)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al sito indicato.
  Sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale archeologia e belle arti e la competente soprintendenza territoriale, si rappresenta quanto segue.

I siti archeologici tutelati.

  Il sito paleontologico in oggetto ricade all'interno di aree soggette a tutela archeologica che circondano l'attuale frazione del comune di Duino-Aurisina denominata «Villaggio del Pescatore», affacciata sul mare Adriatico, posta a Suddelle bocche del fiume Timavo e a nord del Castello di Duino. Si tratta di terreni accidentati, in deciso pendio dalla costa verso il Carso Triestino, poco o nulla edificati, un tempo prevalentemente adibiti a pascolo, ma oggi ricoperti da una rigogliosa vegetazione spontanea che si innesta ormai senza soluzione di continuità con il vero e proprio bosco, lo storico bosco della Cernizza.
  Il primo provvedimento di tutela archeologica, emesso ai sensi degli articoli 1 e 3 della legge n. 1089 del 1939 con decreto ministeriale del 26 settembre 1980, comprende in origine nove particelle e ha per oggetto i resti di un abitato di epoca romana, da riferire a siti noti nella letteratura archeologica come Palazzo d'Attila e Casa Pahor. Si tratta in realtà ditestimonianze riferibili a ville romane anche di notevole imponenza e importanza. Esse ricadono soprattutto nelle particelle 99/14, 99/8 e 99/46, rimaste sostanzialmente intatte.
  Il secondo provvedimento di tutela, emesso ai sensi dell'articolo 10, comma 4, lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004, con decreto della Direzione regionale dei beni culturali e del paesaggio del Friuli Venezia Giulia del 26 marzo 2008, ha per oggetto uno straordinario deposito paleontologico a dinosauri, scoperto successivamente nell'area di una cava dismessa. Tale provvedimento aveva in origine per oggetto l'intera particella catastale 99/3, già ricompresa nel precedente vincolo. Successivamente, a cura del privato proprietario, B-FRI s.r.l. con sede a Pordenone, la p.c. 99/3 è stata frazionata nelle particella catastale 99/157 e 99/158 (c.t. 1 della partita tavolare 298 del C.C. di Duino) ai fini di delimitare precisamente l'area stimata del deposito fossilifero.
  Le aree vincolate coprono una superficie di quasi 13 ettari.

Il paesaggio.

  I terreni in argomento rivestono anche un notevole valore paesaggistico e pertanto sono soggetti a rigorose tutele ai sensi della normativa nazionale (decreto legislativo n. 42 del 2004, parte III) e regionale (Piano paesaggistico regionale, entrato in vigore il 10 maggio 2018), rientrando tra:

1 - Beni tutelati ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004

  «Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona del comune di Duino Aurisina comprendente le sorgenti del Timavo, gli abitati di Duino e Aurisina, la Conca di Sistiana adottata con avviso n. 22 del governo militare alleato del 26 marzo 1953».

2 - Tutela ai sensi dell'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 per:

  territori costieri;

  territori coperti da foreste e boschi;

  zone di interesse archeologico.

La titolarità

  I terreni in argomento, salvo quelli minoritari della partita catastale 99/8 di proprietà della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e della partita catastale 99/46 dell'ente nazionale tre Venezie soppresso nel 1978, sono attualmente di un unico privato proprietario, la società B-FRI di Pordenone. Nonostante diversi tentativi di avviare piani edilizi attuativi come pure impianti colturali agricoli, la proprietà si è sempre scontrata con i rigidi vincoli gravanti nell'area che hanno di fatto impedito la realizzazione di qualsiasi progetto imprenditoriale. Il risultato è che i terreni sono di fatto abbandonati e incolti da molti anni.

Il giacimento fossilifero

  Il giacimento del villaggio del pescatore, individuato all'interno di una cava di pietra calcarea dismessa, è unanimemente riconosciuto dagli specialisti come uno dei più importanti d'Europa per la quantità e qualità dei resti fossili di vertebrati ivi individuati riferibili a dinosauri, coccodrilli, pterosauri, pesci e piante, depositatisi all'interno di un bacino di acqua dolce. Dalle indagini degli anni novanta del secolo scorso fino ad oggi sono stati individuati 13 individui di dinosauri ornithischi «a becco d'anatra» o adrosauridi, grandi erbivori terrestri. Di questi sono stati scavati e preparati due individui, denominati «Antonio» e «Bruno», oggi esposti entrambi al museo civico di storia naturale di Trieste, istituzione che è stata protagonista di gran parte delle indagini novecentesche. La grande stagione degli scavi ha poi conosciuto una battuta d'arresto. Solo negli ultimi anni grazie a fondi privati e a fondi ministeriali nella disponibilità della soprintendenza, e all'impegno della cooperativa specializzata Zoic srl di Trieste, sono stati intrapresi limitati scavi per il recupero della testa e della coda dell'adrosauro «Bruno», permettendo così di ricomporre integralmente l'animale fossile.
  Per concessione del privato proprietario, la citata cooperativa Zoic gestisce con grande passione attività didattiche per le scuole sul luogo della cava, sommariamente attrezzato per le visite, Sono attività che riscontrano un discreto successo, tuttavia decisamente molto al di sotto delle potenzialità del sito.
  Si ritiene che la valorizzazione del giacimento fossilifero e anche dell'area connotata dai resti di età romana non possa prescindere dalla preliminare acquisizione pubblica dei terreni, certamente un investimento considerevole data l'estensione dei terreni. Si tratta sicuramente dell'unica soluzione per costituire un parco naturalistico, archeologico e paleontologico, che è anche l'unica destinazione d'uso possibile e compatibile con le tutele esistenti delle aree in questione. Il parco avrebbe tutti i requisiti per essere un successo viste la bellezza naturale dei luoghi, l'indubbia attrattività del giacimento fossilifero, che potrebbe essere ulteriormente indagato, l'importanza dei resti romani, che potrebbero essere finalmente portati alla luce, la vicinanza con le bocche del Timavo e il Castello di Duino, la facile raggiungibilità dalle principali vie di traffico stradale, ferroviario e aereo.
  Si auspica che la regione autonoma Friuli Venezia Giulia possa trovare le risorse per portare avanti questa impresa, alla quale la Soprintendenza darà tutto il supporto possibile.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Centro per il rimpatrio (CPR) a Macomer, in provincia di Nuoro, è finalmente diventato operativo da meno di un mese eppure, secondo quanto riportato dalla stampa nazionale e locale, la situazione al suo interno sarebbe già ingestibile e al collasso a causa dei numerosi e gravissimi episodi di aggressioni e rivolte che avverrebbero quotidianamente tra gli ospiti della struttura ma soprattutto delle violenze e minacce ai danni del personale che lavora nel medesimo centro;

   l'ultima notizia è della notte scorsa quando alcuni immigrati irregolari di diverse etnie si sarebbero scontrati utilizzando come coltelli i pezzi di una porta frantumata, ma già precedentemente sono stati numerosi gli episodi di violenti scontri tra gli ospiti del centro e addirittura nella notte tra L'11 e il 12 febbraio 2020 un gruppo di extracomunitari si sarebbe diretto verso l'infermeria, avrebbe poi preso a calci e pugni la porta, nel tentativo di buttarla giù, insultando e minacciando l'operatore che si trovava al suo interno, «tenuto in ostaggio» per un'ora e mezza prima dell'arrivo dei soccorsi sul posto, come si legge nel comunicato degli operatori sanitari alla Ors che gestisce il centro;

   difatti, pare che ad essere oggetto delle violente aggressioni sia principalmente il personale sanitario, soprattutto durante le ore notturne e, in particolare, da parte di soggetti tossicodipendenti che hanno preso letteralmente d'assalto più volte l'infermeria;

   proprio per queste continue aggressioni, il personale sanitario avrebbe presentato anche una denuncia e avrebbe espresso l'intenzione di presentare le proprie dimissioni perché non si troverebbe più nelle condizioni di poter svolgere in sicurezza il proprio lavoro;

   nonostante quanto sopra, riportato ampiamente dalla stampa, non ci sarebbero state tuttavia comunicazioni ufficiali da parte del Ministero dell'interno relativamente alla situazione del centro, neppure dopo la visita alla struttura da parte del prefetto di Nuoro che «sarebbe stata coperta dal più stretto riserbo»;

   invece, a quanto consta agli interroganti i disordini e le violenze sarebbero all'ordine del giorno all'interno del Cpr di Macomer e, sebbene mai ufficializzati, sarebbero però ampiamente testimoniati dal continuo arrivo di ambulanze presso la struttura;

   proprio durante la visita del prefetto al Cpr, di Macomer pare sia arrivata la notizia dello sbarco irregolare sulla spiaggia di Sa Colonia di sei algerini, i quali, dopo essere stati fermati dai carabinieri e dopo le procedure di identificazione, sarebbero stati poi assegnati al centro, sebbene la struttura risultasse già al completo;

   il Cpr di Macomer, secondo l'accordo tra Ministero dell'interno, regione e comune di Macomer, dovrebbe ospitare principalmente i migranti irregolari di nazionalità algerina che sbarcano direttamente sulle coste dell'isola, mentre pare che nella struttura siano trattenuti una cinquantina di immigrati irregolari provenienti dai centri di Taranto, Torino e Trapani;

   il Cpr di Macomer è una struttura fondamentale e necessaria per il territorio sardo, di cui prima era sprovvista, soprattutto alla luce del vertiginoso aumento negli ultimi mesi degli sbarchi di immigrati irregolari sulle coste dell'isola;

   è indispensabile altresì garantire al suo interno le opportune condizioni di sicurezza e di legalità, non essendo oltremodo tollerabili le gravissime violenze finora rivolte ai danni di chi lavora nel Cpr di Macomer e neppure le continue rivolte e risse tra gli stessi ospiti –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se abbia notizia di ulteriori episodi di violenza verificatisi nel Cpr di Macomer rispetto a quelli già riferiti dalla stampa; quali iniziative intenda adottare al fine di garantire il rispetto della legalità e adeguate condizioni di sicurezza, in particolare per il personale impiegato al suo interno.
(4-04768)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il centro di permanenza per i rimpatri di Macomer, è stato aperto il 19 gennaio 2020 in attuazione dell'«Accordo per la promozione della sicurezza integrata» stipulato tra il Ministero dell'interno e la Regione autonoma della Sardegna nei mese di febbraio 2018. Tale Accordo all'articolo 6 individuava «la struttura già ospitante l'ex carcere mandamentale di Macomer quale sede dell'istituendo Centro di permanenza per i rimpatri al servizio dell'intero territorio regionale, in relazione al crescente fenomeno degli sbarchi diretti di cittadini extracomunitari non richiedenti asilo sulle coste meridionali della Sardegna ed all'eventuale riscontrata presenza, sui territorio regionale, di cittadini stranieri non aventi titolo al soggiorno in Italia».
  Il discendente «Patto per la sicurezza urbana» stipulato pressoché contestualmente a detto accordo tra la prefettura di Nuoro, la Regione autonoma della Sardegna, i comuni di Nuoro e Macomer, l'Anci regionale e il Consiglio delle autonomie locali della Regione Sardegna, ha previsto, oltre agli oneri attuativi dei progetto e alle misure «compensatorie» in favore della comunità locale, anche un apposito organismo di vigilanza e monitoraggio sull'andamento delle attività del Centro, costituito da rappresentanti della regione, della prefettura, del comune di Macomer e del gestore del Cpr. Il relativo organismo è stato formalmente costituito il 25 giugno 2020 con decreto prefettizio.
  I servizi di vigilanza al Cpr vengono garantiti sulle 24 ore da personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Alla vigilanza concorre sin dal dicembre 2019, nel perimetro esterno alla struttura, un contingente di 53 militari dell'Esercito italiano, assegnati, nell'ambito dell'operazione «Strade Sicure», per le specifiche esigenze relative al Centro.
  Inoltre, nella struttura è in funzione un impianto di videosorveglianza di ultima generazione, collegato con la sala operativa della questura di Nuoro.
  La prefettura di Nuoro, con l'obiettivo della massima trasparenza relativa alla situazione di vivibilità interna del Cpr, ha invitato il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale a visitare la struttura.
  La visita si è svolta il 7 marzo 2020 e durante la stessa non risulta siano emerse censure o osservazioni relativamente all'adeguatezza della struttura, anche sotto il profilo organizzativo, né sono stati rilevati segnali di particolare disagio o di progettualità negative da parte della comunità ospitata.
  In relazione agli episodi di violenza richiamati nell'interrogazione, si rappresenta che ad un mese circa dall'apertura del Centro si sono verificate azioni di protesta messe in atto da una minoranza di ospiti, che si sono resi responsabili del danneggiamento di alcune finestre, porte e arredi e della vandalizzazione di alcuni ambienti.
  Gli episodi sono stati contenuti facendo ricorso ad un'attività di mediazione con gli ospiti della struttura e all'intervento degli operatori di polizia presenti al suo interno, ma senza necessità di fare uso della forza. Grazie anche alle apparecchiature di video ripresa di ultima generazione installate, che consentono il controllo da remoto, sono stati identificati i responsabili dei fatti accaduti e denunciati 8 stranieri all'autorità giudiziaria competente.
  Si evidenzia, altresì, che durante la permanenza degli stranieri nelle aree di aggregazione, in occasione della consumazione dei pasti e della distribuzione dei farmaci, gli operatori di polizia vigilano le zone comuni sia attraverso l'impianto di videosorveglianza che in presenza, al fine di consentire agli operatori civili di svolgere le proprie mansioni in sicurezza.
  In tale contesto, occorre precisare che agli ospiti del Cpr è consentito di muoversi liberamente all'interno del Corpo di fabbrica cui sono assegnati. Gli stessi possono usufruire di alcune zone ricreative all'aperto.
  Per migliorare, per quanto possibile, il clima interno sono in corso di attivazione da parte del gestore, in adempimento ai suoi doveri contrattuali, alcuni progetti per coinvolgere i trattenuti in attività sportivo-ricreative e in laboratori creativo-culturali, per una proficua fruizione degli spazi comuni e al fine di attenuare il disagio della convivenza forzata tipica di strutture di tale natura.
  Si assicura che l'attenzione sulla situazione interna del Cpr si è sempre attestata sui massimi livelli: l'organizzazione e la piena rispondenza dei servizi agli standard dati, sia dal punto di vista qualitativo che della sicurezza, viene verificata e rimodulata ogni qualvolta si presenti una criticità ed è oggetto di giornaliero confronto, da parte della Prefettura, con i responsabili provinciali delle Forze dell'Ordine e con il soggetto gestore.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il presidente dell'Associazione nazionale piccoli comuni Franca Biglio, a seguito della grave situazione seguita alla diffusione dell'epidemia di COVID-19, ha richiesto al Ministro interrogato di porre un ulteriore correttivo alla disciplina di bilancio dei comuni;

   il Governo ha già determinato lo slittamento del termine di approvazione del bilancio preventivo al 30 aprile 2020, ma l'Anpci ritiene conseguenziale che si debba procedere anche allo slittamento del termine di approvazione del conto consuntivo 2019, poiché andrebbe a coincidere con il nuovo termine stabilito per l'approvazione del bilancio preventivo (30 aprile 2020);

   l'Anpci individua come nuova possibile scadenza il termine del 30 giugno 2020;

   l'estensione di molte misure di prevenzione all'intero territorio nazionale e l'indicazione di riduzione in servizio del personale verosimilmente non consentiranno il rispetto dei termini imposti per l'approvazione del più complesso documento contabile –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla proposta dell'Anpci concernente lo slittamento dei termini di approvazione del conto consuntivo 2019 al 30 giugno 2020.
(4-04939)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede di conoscere gli intendimenti del Governo in merito alla proposta dell'Associazione nazionale piccoli comuni con la quale si chiedeva uno slittamento del termine di approvazione del rendiconto di gestione 2019 da parte dei comuni, previsto dall'articolo 18 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 per il 30 aprile 2020.
  Quanto sopra, in considerazione della grave situazione conseguente all'emergenza epidemiologica in atto.
  Al riguardo si rappresenta che con l'articolo 107 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020 n. 27, in considerazione della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19 e delle oggettive necessità di alleggerire i carichi amministrativi di enti ed organismi pubblici, anche mediante la dilazione degli adempimenti e delle scadenze, è stato previsto il differimento dei termini amministrativo-contabili, tra cui anche quello inerente al rendiconto di gestione dei comuni relativo al 2019, la cui approvazione è stata posticipata al 30 giugno 2020.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza COVID-19, dal 23 marzo e fino al 31 agosto 2020, sono sospesi tutti i voli passeggeri internazionali da/per la Colombia e fino al 30 giugno sono sospesi anche i collegamenti aerei interni e i collegamenti interurbani;

   secondo quanto si legge sul sito internet dell'ambasciata italiana in Colombia, sono stati comunque effettuati alcuni voli commerciali straordinari, autorizzati in via eccezionale dal Governo colombiano, da parte di alcune compagnie aeree che hanno consentito a molti turisti europei in Colombia, ivi compresi tanti italiani, di poter rientrare in Europa;

   la compagnia aerea Avianca ha annunciato che avrebbe effettuato un volo commerciale straordinario Bogotà-Roma Fiumicino, il 2 giugno 2020, con partenza alle ore 17,00 da Bogotà e arrivo a Roma alle ore 11,30 del 3 giugno;

   il costo del biglietto, in classe economica, è di 720 Usd, in classe business, di 900 Usd. Per i bambini da 0 a 23 mesi il costo del biglietto in economy è di 170 Usd, per i bambini tra i 2 ed i 12 anni è di 480 Usd;

   l'ambasciata poi illustra un procedimento per ottenere le informazioni sull'acquisto del biglietto che pare dare priorità a chi ha già una prenotazione Avianca;

   l'ambasciata ha annunciato che Avianca effettuerà un secondo volo commerciale straordinario Bogotà-Bruxelles, il 10 giugno 2020 con partenza alle ore 17,00 da Bogotà, con priorità riservata a cittadini belgi e olandesi, e possibilità di alcuni posti per cittadini dell'Unione europea in situazioni di particolare vulnerabilità. Il costo del biglietto è di 720 Usd in classe economica e di 1.120 Usd in business class;

   l'ambasciata specifica che le autorità colombiane hanno comunicato che da lunedì 25 maggio 2020 per gli spostamenti terrestri sul territorio colombiano non saranno emessi «salvacondotti» e per spostarsi sarà necessario dimostrare di avere il titolo di partenza;

   ricorda poi che il rientro in Italia è consentito solo per «urgenza assoluta» ed è necessario che il viaggiatore sottoscriva l'autocertificazione relativa ai motivi del viaggio in modo dettagliato (salute, lavoro, necessità assoluta);

   appare quindi necessario specificare cosa si intenda per urgenza assoluta o particolare vulnerabilità e chi sia deputato, e in base a quali criteri, a decidere quale italiano ha diritto a ritornare in patria oppure no;

   appare inoltre necessario prevedere partenze anche da altre località della Colombia, come Cartagena dove, a quanto risulta all'interrogante, vi sarebbe un italiano invalido interessato che ha difficoltà nel muoversi per raggiungere la capitale –:

   quali siano i criteri di urgenza o particolare vulnerabilità stabiliti dall'ambasciata e a chi spetti decidere l'ordine delle partenze dalla Colombia;

   se siano previsti voli da Cartagena.
(4-05894)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-05894 relativa alla situazione dei connazionali bloccati in Colombia.
  Dall'annuncio dell'emergenza sanitaria in Colombia a metà marzo, l'ambasciata d'Italia a Bogotà ha immediatamente avviato un'intensa campagna di comunicazione sia sul proprio sito
web che sui social, invitando i connazionali a rientrare con i voli commerciali all'epoca ancora disponibili, operativi fino al 23 marzo.
  Da quella data, numerosi sono stati in ogni caso i voli commerciali straordinari per l'Europa, autorizzati dal Governo colombiano, di cui l'ambasciata ha puntualmente dato tempestiva comunicazione, facilitando il rientro di centinaia di italiani.
  Più precisamente, oltre ai voli per le principali capitali europee, l'ambasciata ha organizzato, in coordinamento con la Farnesina e con le Autorità colombiane, 3 voli commerciali speciali diretti in Italia (28 aprile con NEOS Air; 27 maggio con NE0S Air; 2 giugno con Avianca), che hanno consentito il rientro di circa 330 persone. Il quarto volo, Bogotà-Roma, è stato operato il 13 giugno 2020 da Avianca e ha consentito il rientro di altri 116 connazionali. Il 10 giugno avevano potuto fare rientro in Italia anche 20 connazionali, con un volo commerciale speciale operato da Avianca da Bogotà a Bruxelles. A questi si aggiungono 130 connazionali che hanno fatto rientro grazie a voli realizzati da Paesi UE nell'ambito del meccanismo europeo di protezione civile, ovvero grazie a voli commerciali speciali operati da varie compagnie aeree; Avianca, KLM, Air France, Turkish Airlines, Garuda Airlines. In totale, dalla Colombia, al 15 giugno, sono rientrati circa 600 connazionali.
  Tutti questi voli hanno operato nel rispetto della normativa italiana sul distanziamento tra i passeggeri a bordo, misura che – evidentemente – incide sul costo dei biglietti e sulla capienza di posti.
  Per quel che riguarda i criteri in base ai quali vengono stabilite delle priorità di imbarco, si tratta dei parametri stabiliti dalle disposizioni italiane per contenere e contrastare la diffusione del COVID-19. Dai Paesi extra UE ed extra Schengen, infetti, è ancora possibile rientrare solo per comprovati motivi di assoluta urgenza, salute e lavoro, ovvero per fare rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Si tratta peraltro di criteri condivisi a livello europeo. Priorità viene infatti accordata a persone che hanno gravi motivi di salute per i quali devono rientrare con urgenza, persone in serie difficoltà economiche, famiglie con bambini piccoli o anziani, che rientrano nella fascia di popolazione maggiormente a rischio in caso di contagio.
  Spetta ai connazionali di indicare i motivi dell'urgenza assoluta del proprio rientro, sottoscrivendo le apposite autocertificazioni che sono tenuti a esibire al loro rientro in Italia e al vettore, all'atto del rimbarco.
  In merito alle partenze da altre località della Colombia, sebbene non siano al momento previsti voli da Cartagena, merita segnalare che negli ultimi tre mesi vi sono stati alcuni voli da quella città turistica operati da KLM e Avianca, rispettivamente per Amsterdam e Londra, che hanno permesso a decine di connazionali di rientrare.
  L'ambasciata ha costantemente assistito tutti i connazionali, sia per le prenotazioni aeree che per gli spostamenti all'interno della Colombia – dal 23 marzo consentiti solo per via terrestre dalle autorità locali, in seguito all'interruzione di tutti i voli interni – anche con l'organizzazione di trasferimenti dalle principali città verso la Capitale. Tali spostamenti sono avvenuti nella maggior parte dei casi con appositi viaggi in gruppo, che hanno consentito un notevole abbassamento dei costi. Per alcuni spostamenti, l'ambasciata ha anche sostenuto il costo del tragitto per Bogotá in favore di connazionali in situazioni di particolare necessità o di indigenza.
  Al 19 giugno, sono complessivamente circa 98,000 i connazionali rientrati con oltre 1.080 operazioni da 120 Paesi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FASANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il personale del reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno ha subìto un ridimensionamento in termini di unità in seguito al distacco di tre elicotteristi presso la direzione regionale, riducendo da 25 a 22 unità il numero del personale disponibile;

   questa decisione, sia nell'ultima estate (periodo estremamente sensibile per gli incendi boschivi e per le situazioni di emergenza) che in occasione della recente ondata di maltempo, ha provocato notevoli disagi al reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno che, va ricordato, si occupa di pronto intervento in Campania, Basilicata, parte del Molise e parte della Calabria;

   la decisione di distaccare tre unità operative brevettate presso la direzione regionale della Campania è stata motivata con la necessità di aver personale che faccia da interfaccia con il reparto volo;

   per formare e far prendere il brevetto a ciascun elicotterista lo Stato investe molte risorse, a quanto consta all'interrogante, pari a circa 200.000 euro;

   l'articolo 31 del decreto legislativo del 6 ottobre 2018, n. 127, specifica che il personale elicotterista deve prestare servizio soltanto presso i reparti volo;

   nessun'altra regione ha adottato provvedimenti analoghi a quelli indicati nella premessa;

   mandare un elicotterista in ufficio rappresenta uno spreco e potrebbe rappresentare, secondo l'interrogante, anche un evidente danno erariale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per ripristinare la situazione precedente e/o comunque consentire al reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno di avere un organico adeguato per fronteggiare le emergenze.
(4-04283)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, l'interrogante richiama l'attenzione sui disagi conseguenti al ridimensionamento del reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno, derivante dall'avvenuto distacco di tre elicotteristi presso la direzione regionale dei vigili del fuoco della Campania.
  Dagli accertamenti svolti è emerso che, allo stato, presso il citato reparto non si registrano carenze o difficoltà operative determinate da assenze di personale tecnico di bordo (specialista di aeromobile).
  Rispetto alla pianta organica prevista dal decreto ministeriale del 2 dicembre 2019 recante «Aggiornamento della ripartizione delle dotazioni organiche del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco», il Reparto volo di Salerno risulta invero in esubero di sei unità di tecnici di bordo.
  Appare opportuno rilevare, altresì, che le unità attualmente distaccate presso la direzione regionale della Campania sono due e non tre, facenti parte della categoria dei tecnici di bordo (specialisti di aeromobili), attualmente in esubero.
  Dagli elementi acquisiti dal dipartimento dei vigili del fuoco di questo Ministero, è emerso che, presso il reparto volo in argomento non è stata rilevata alcuna riduzione degli
standard operativi ma al contrario, il Servizio di aerosoccorso, operativo presso lo stesso, ha registrato negli ultimi tempi performance crescenti.
  Con riferimento alla questione posta dall'interrogante, relativa al fatto che il personale elicotterista debba prestare servizio esclusivamente presso i reparti volo, si richiama il contenuto dell'articolo 31, comma 1, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 ai sensi del quale «il personale dei ruoli delle specialità aeronaviganti, ferme restando le Funzioni connesse all'espletamento dei servizio di soccorso pubblico, assolve alle attività aeronautiche, comprese le attività necessarie all'organizzazione, alla gestione e al funzionamento dei reparti volo e degli uffici dei servizio aereo della direzione centrale per l'emergenza, il soccorso tecnico e l'antincendio del Dipartimento».
  Il successivo comma 5 dello stesso articolo stabilisce inoltre che al personale specialista possono essere attribuite «specifiche responsabilità in considerazione della qualifica e della professionalità posseduta, anche inerenti alle attività tecniche concernenti l'organizzazione, la pianificazione, la gestione, l'operatività, la sicurezza, la qualità, la manutenzione, il controllo e il funzionamento dei reparti volo.».
  Da quanto innanzi emerge che nell'articolo 31 non è previsto che il personale elicotterista debba prestare servizio soltanto presso i reparti volo, come asserito dall'interrogante. Inoltre, va precisato che anche in altre Regioni è presente personale distaccato presso strutture diverse con mansioni descritte dal comma 5 in argomento.
  Si soggiunge che il personale specialista distaccato presso la direzione regionale, tuttora impegnato in programmi addestrativi finalizzati ad assicurare la pronta disponibilità in caso di impieghi operativi, vanta un'esperienza tecnica ultratrentennale, maturata anche e soprattutto perché in passato io stesso si è distinto in attività operative di particolare rilevanza, nonché in ruoli di responsabilità settoriale.
  In conclusione, si può affermare che l'attività operativa dei reparto volo dei vigili del fuoco di Salerno risulti in linea con le disposizioni ordinamentali del personale del Corpo nazionale.
  

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   FASSINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto n. 550 del 15 novembre 2019 a firma del capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno reca un bando per l'assunzione di 198 vigili del fuoco discontinui negli organici del comparto nel ruolo di operatori e assistenti;

   sulla necessità di emanare tale decreto si era discusso, tra l'altro, in un incontro della Cub pubblico impiego con il Ministro per la pubblica amministrazione Fabiana Dadone tenutosi il 23 ottobre 2019;

   il decreto 15 novembre 2019 n. 550 prevede che le assunzioni dei vigili del fuoco discontinui avvengano ai sensi dell'articolo 71 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, che prevede la priorità di assunzione per il personale discontinuo dei vigili del fuoco, inseriti da almeno tre anni con almeno 120 giorni di servizio disponibili in qualità di operatori e assistenti del Corpo nazionale vigile del fuoco, tramite i centri per l'impiego;

   il decreto ministeriale 15 novembre 2019 n. 550, quindi, avvia un positivo percorso di stabilizzazione dei vigili del fuoco discontinui, ma permangono alcune criticità che rischiano di inficiare l'intera procedura e di dar luogo a eventuali e possibili ricorsi alla magistratura;

   in relazione al decreto ministeriale n. 550 del 2019 la CUB PI ha nei giorni scorsi trasmesso una nota al Ministro dell'interno e al Ministro per la pubblica amministrazione con le seguenti osservazioni:

   è stato inserito nel bando recato dal decreto ministeriale un limite di età a 45 anni, già previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera d), del decreto 8 ottobre 2012, n. 197, un limite di età nei concorsi pubblici sul quale è intervenuta l'Unione europea confermando quanto stabilito dalla citata legge, ma precisando che il limite di età costituisce discriminazione che può essere tollerata solo se proporzionata all'attività per la quale si concorre;

   appare evidente che, se per essere assunti nei ruoli amministrativi e tecnici, viene previsto un limite di età per il solo comparto dei vigili del fuoco, ciò è discriminante rispetto ai concorsi per identici profili professionali ove non vige tale limite di età;

   tale limite di età per i ruoli amministrativi, seppure appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco, dovrebbe essere soppresso anche per evitare possibili ricorsi in giudizio;

   la Cub pubblico impiego, inoltre, nella nota ha sottolineato l'esiguità del numero dei posti messi a concorso pari a 198, visto che a breve vi saranno migliaia di pensionamenti nei ruoli tecnici e amministrativi (circa 8 mila nei prossimi tre anni), che già oggi si contano oltre 3.000 posti vacanti d'organico e che l'obiettivo del Governo deve essere quello di ridurre il precariato tra i vigili del fuoco, anche per disinnescare la procedura d'infrazione che la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia –:

   se non si ritenga necessario procedere a una revisione del bando intervenendo sulle criticità esposte in premessa relativamente al limite di età previsto nel decreto del Ministero dell'interno n. 550 del 2019;

   se sia prevista e in che tempi l'emanazione di ulteriori decreti che rechino ulteriori bandi di selezione riservati ai vigili del fuoco discontinui, al fine della riduzione e possibilmente dell'azzeramento del precariato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-04237)

  Risposta. — Con riferimento alle iniziative per favorire la stabilizzazione del personale discontinuo dei vigili del fuoco, si precisa preliminarmente che il Ministero dell'interno ha da sempre avvertito e perseguito l'esigenza di non disperdere le professionalità acquisite dal personale volontario, come testimoniano i numerosi provvedimenti emanati negli ultimi anni a favore dei vigili volontari.
  Si ricorda la previsione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 217 del 2005, che ha elevato dal 25 al 35 per cento la riserva di posti in favore dei volontari nell'ambito del concorso pubblico per l'assunzione nella qualifica di vigile del fuoco, e l'introduzione di una riserva del 10 per cento dei posti disponibili in tutti gli altri concorsi di accesso ai ruoli del Corpo nazionale.
  Allo stesso modo, anche per l'accesso al ruolo degli assistenti e operatori, menzionato nell'atto di sindacato, che avviene mediante selezione tra i cittadini italiani inseriti nell'elenco anagrafico presente presso i centri per l'impiego, è stata attribuita la precedenza in favore del personale volontario dei Corpo nazionale dei vigili dei fuoco iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni e che abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio (articolo 71, decreto legislativo n. 217 del 2005).
  Inoltre, le ultime tre leggi di bilancio, al fine di ridurre le carenze di organico, hanno previsto assunzioni straordinarie per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevedendo una riserva, nel limite massimo del 30 per cento dei contingenti annuali, per il personale volontario (cfr. articolo 1, comma 287 e 295, legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018; articolo 1, comma 391, n. 145 del 2018, legge di bilancio 2019, articolo 1, comma 137, legge n. 160 del 2019, legge di bilancio 2020). Si evidenzia che per tali assunzioni è stata anche disposta una deroga al limite di età di 37 anni previsto dalle norme vigenti.
  Da ultimo, nell'ambito di un piano di concorsi già programmati nei prossimi mesi per assumere personale in varie qualifiche del Corpo nazionale, sulla
Gazzetta ufficiale n. 37 del 12 maggio 2020 è stato pubblicato un bando di concorso pubblico, per esami, per la copertura di 87 posti nella qualifica di vice direttore del ruolo dei direttivi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ribadendo la riserva dei dieci per cento dei posti per il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco iscritto negli appositi elenchi da almeno sette anni e con all'attivo non meno di duecento giorni di servizio.
  Riguardo alla richiesta di procedere a una revisione del bando di cui al decreto ministeriale n. 550/2019, va evidenziato che il limite di 45 anni di età era stato fissato in conformità con il pertinente regolamento recato dal decreto del Ministro dell'interno 8 ottobre 2012, n. 197, all'epoca vigente.
  Occorre precisare, infatti, che ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997 «la partecipazione, ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connessi alla natura dei servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione».
  Infatti, in ragione delle peculiarità del servizio svolto, sia dal personale che espleta funzioni operative sia da quello inquadrato nei ruoli tecnico-professionali, quali quelli previsti dal citato decreto n. 550 del 2019, anche il nuovo «Regolamento recante norme per l'individuazione dei limiti di età per l'ammissione ai concorsi pubblici e alle procedure selettive di accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale del vigili del fuoco» ha ribadito ti citato limite di 45 anni di età non solo per l'accesso alla qualifica di operatore ma per tutti i ruoli tecnico-professionali, considerandolo funzionale ai compiti connessi all'attività istituzionale (decreto ministeriale n. 167 del 2019, che abroga il citato decreto ministeriale n. 197/2012).
  Il limite, attualmente previsto è stato confermato in quanto tale personale, sebbene non sia titolare di funzioni prettamente operative, è chiamato a svolgere mansioni a integrazione e a supporto delle attività svolte dalle strutture operative in occasione di calamità pubbliche o in altre situazioni di emergenza in cui il Corpo nazionale è tenuto ad assolvere i propri compiti istituzionali.
  Si tratta quindi di un'evidente esigenza, in linea con la specificità esplicitamente riconosciuta dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183 indistintamente a tutto il personale del Corpo nazionale.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il prefetto di Roma Gerarda Pantalone aveva disposto il trasferimento di una cinquantina di migranti a Nettuno, a causa della presenza di alcuni casi di COVID-19 in una struttura in via Casilina a Roma che è stata evacuata;

   il sindaco di Nettuno lamenta assenza di comunicazioni ufficiali da parte della prefettura in merito a trasferimento dei migranti;

   il sindaco di Nettuno, Alessio Coppola, assieme alla giunta e a diversi consiglieri comunali della maggioranza hanno invitato i cittadini a manifestare pubblicamente contro questa scelta e, alcuni di loro, vi hanno preso parte;

   sollecitando e scendendo a manifestare in piazza, il sindaco e la sua amministrazione, a giudizio dell'interrogante, avrebbero contravvenuto alle norme sulla sicurezza anti contagio previste dai diversi provvedimenti adottati; inoltre, cosa ancora più grave per l'interrogante è che di questi atti si sono resi responsabili degli amministratori pubblici che hanno la responsabilità giuridica, nonché morale di rispettare e fare rispettare le norme dirette a contrastare la diffusione del COVID-19. Nel caso del sindaco, in più, va ricordato che ad esso sono attribuite dalla legge funzioni di autorità sanitaria locale;

   si tratta di proteste che, secondo l'interrogante, sono dirette ad ostacolare le scelte decise dalle autorità preposte alla soluzione dei problemi riguardanti la gestione dei migranti; è invece urgente ribadire che, di fronte alla pandemia da COVID-19, la gestione dei centri di accoglienza è fondamentale per garantire a tutti (migranti, operatori sociali, forze dell'ordine e cittadini dei territori interessati) la maggiore sicurezza contro i rischi da contagio;

   il prefetto di Roma, a seguito delle proteste, avrebbe dato indicazione di sospendere il trasferimento dei migranti a Nettuno –:

   se il Governo sia al corrente di quanto verificatosi a Nettuno e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in relazione alla vicenda sopra richiamata, in cui secondo l'interrogante si sarebbe contravvenuto alle disposizioni di legge contro il contagio da COVID-19, mettendo a rischio la comunità cittadina;

   quali iniziative intenda adottare affinché, da un lato, vi sia adeguata informazione preventiva dei sindaci delle comunità coinvolte circa le decisioni adottate dalle autorità competenti a livello nazionale e, dall'altro, si eviti che episodi del genere abbiano a ripetersi, in modo tale da scongiurare il verificarsi in futuro di nuove proteste plateali e strumentali, per l'interrogante contrarie alla legge e pericolose per la salute pubblica.
(4-05155)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato parlamentare in esame, l'interrogante richiama l'attenzione sulla problematica, svoltasi nell'aprile 2020, relativa al possibile trasferimento di migranti dal Centro di accoglienza straordinario (Cas) «Casilina» di Roma al Cas di Nettuno ed alle eventuali ripercussioni di detto trasferimento sulla salute pubblica, stante il periodo emergenziale legato alla diffusione del COVID-19.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Il 4 aprile 2020, il direttore della cooperativa Medihospes informava la prefettura di Roma che la Azienda sanitaria locale RM2 aveva accertato la positività al Corona virus-19 di un ospite del centro di accoglienza straordinaria (Cas) «Casilina». Nei confronti del medesimo e di altri ospiti con cui condivideva l'alloggio veniva, quindi, immediatamente disposto il trasferimento presso l'Hotel Urban, in via di Rebibbia a Roma, individuato dalla Regione Lazio quale struttura per la gestione del periodo di quarantena.
  Successivamente, personale medico della predetta Asl, a seguito di un sopralluogo effettuato nel suddetto Cas, suggeriva di attivare quanto prima misure atte a diminuire il numero degli ospiti all'interno della struttura, in modo da ridurre il rischio di contagio tra gli ospiti.
  La prefettura di Roma si è pertanto attivata, unitamente al gestore, cooperativa Medihospes, al fine di individuare una soluzione in grado di far fronte alla criticità segnalata e, in tal senso, è stato individuato il Cas di Nettuno quale struttura idonea per trasferire una parte dei migranti presenti nel Centro «Casilina».
  Nella giornata del 5 aprile 2020 il sindaco di Nettuno ha contattato la prefettura di Roma esprimendo preoccupazioni in ordine alla sistemazione dei migranti in quel territorio, alla luce del contagio registrato nella struttura di provenienza.
  Nel pomeriggio della stessa giornata, dagli organi di stampa
on line si apprendeva che alcuni amministratori avevano inscenato una manifestazione di protesta all'esterno del Cas di Nettuno, alla quale si erano uniti anche numerosi cittadini, che, scesi per strada, minacciavano di bloccare l'arrivo dei migranti.
  A fronte di tale situazione il prefetto di Roma ha contattato personalmente il sindaco di Nettuno, per rassicurarlo sulle motivazioni dell'iniziativa avviata e sull'inesistenza di concreti elementi di rischio nel confronti dei cittadini, sottolineando la necessità, altresì, che nella situazione emergenziale in atto venisse assicurata la massima collaborazione da parte di tutte le istituzioni del territorio.
  Il sindaco, pur affermando di condividere le valutazioni svolte, ribadiva tuttavia la forte opposizione manifestata dalla comunità locale.
  Pertanto, a fronte della contrapposizione manifestata e, al fine di evitare l'esasperazione della protesta, che avrebbe potuto determinare più gravi riflessi sulla situazione dell'ordine pubblico, è stata decisa la sospensione del trasferimento dei migranti dal Cas «Casilina», presso il quale la Asl RM2 ha disposto, in ogni caso, una più stretta sorveglianza sanitaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FERRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo le dichiarazioni del Ministro interrogato, in merito all'annunciata riforma del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, la Calabria avrà una nuova soprintendenza avente afferenza sui territori provinciali di Catanzaro e Crotone, con sede nella città di Crotone;

   se la creazione della soprintendenza di Catanzaro-Crotone, decisa nel corso dell'ultimo Consiglio dei ministri, conferma l'importanza rivestita, nell'ambito dei beni archeologici e culturali, da questi due territori, le indiscrezioni, riportate da fonti di stampa, secondo cui al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo si starebbe pensando ad un trasferimento della sede principale nella città di Crotone, lasciano perplessi e preoccupati;

   tale scelta, se confermata, infatti, rischia di penalizzare fortemente la città di Catanzaro, capoluogo di regione e di provincia, che perderebbe anche l'attuale soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone con sede in Cosenza, presso il complesso monumentale del San Giovanni;

   la città di Catanzaro, sia per configurazione geografica centrale rispetto al territorio delle due province, sia per vocazione amministrativa, stante la presenza di importanti uffici amministrativi, ivi compreso il segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, sarebbe la sede naturale di tale istituenda soprintendenza, senza tralasciare l'enorme vantaggio sia temporale che economico per il disbrigo di pratiche amministrative da parte dell'utenza pubblica e privata;

   in una nota stampa a firma di Gerlando Cuffaro, presidente dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Catanzaro, si legge: «Lo Statuto della Regione Calabria, all'articolo 1, comma 4, specifica che Capoluogo della Regione è Catanzaro e appare scontato che la sede territoriale di una Soprintendenza debba trovare collocazione nel capoluogo. Di certo il patrimonio artistico, storico, archeologico e culturale di Crotone e della sua provincia è un tesoro che va custodito e protetto, promosso e valorizzato. Ma la valorizzazione e la promozione non equivalgono a piazzare uffici direttivi in prossimità dei beni. Per natura, oltre che per legge, la concentrazione dei distaccamenti ministeriali deve avvenire nelle città capoluogo di regione, sia per favorire la collaborazione orizzontale e verticale tra le rappresentanze territoriali, sia per ovvie ragioni di titolarità istituzionale da parte dei capoluoghi»;

   tale scelta politica porterebbe, peraltro, all'assurdo paradosso per cui la città di Catanzaro diventerebbe l'unico capoluogo di regione, in tutta Italia, a non avere nessun ufficio periferico del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e se non intenda stabilire la sede della nuova soprintendenza di Catanzaro-Crotone nella città capoluogo di regione, secondo criteri che rispondono alla naturale logica istituzionale che dovrebbe tenere conto del ruolo di Catanzaro, per la sua posizione strategica e per la vocazione amministrativa.
(4-04551)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha manifestato le proprie perplessità riguardo all'istituzione della nuova Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone con sede a Crotone.
  Secondo l'interrogante ciò costituisce un assurdo paradosso in quanto la città di Catanzaro diventerebbe l'unico capoluogo di regione in tutta Italia a non avere nessun ufficio periferico del Ministero.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  La revisione delle Soprintendenze nella loro articolazione territoriale e nella rimodulazione numerica è stata realizzata tenendo conto sia dei contesti culturali di riferimento, che sia delle problematiche segnalate in loco, e persegue l'obiettivo di garantire una maggiore tutela del patrimonio culturale sul territorio.
  La Soprintendenza non può non avere la sua sede proprio nella realtà che più di altre può vantare un patrimonio archeologico, storico e culturale di notevolissimo valore.
  Crotone, la città dei tre millenni, con il parco archeologico di Capocolonna, i due musei archeologici, la fortezza di Carlo V, il suo centro storico, in una cornice provinciale nella quale si segnalano vere e proprie eccellenze storiche, artistiche e culturali, merita di avere un'attenzione particolare, soprattutto dopo l'approvazione del progetto Antica Kroton che ha l'obiettivo di realizzare un parco archeologico urbano che non avrà eguali in Calabria e nel meridione d'Italia.
  Tutto questo costituisce motivo di vanto ed una ricchezza non solo per la città ma anche per tutta l'area centrale della Calabria.
  La provincia di Crotone ha tutti i requisiti per orientare il proprio sviluppo verso una strategia di rilancio turistico, valorizzando i propri beni, culturali, archeologici e paesaggistici.
  La nuova articolazione periferica del Ministero è stata rafforzata riequilibrando il rapporto tra centro e periferia, aumentando i presidi di tutela e razionalizzando con parametri certi la geografia delle strutture territoriali per garantire servizi efficaci ed efficienti ai cittadini.
  La nuova rete organizzativa, infatti, prevede la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone, con sede a Crotone, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la provincia di Cosenza, con sede a Cosenza ed il ripristino della Soprintendenza archivistica e bibliografica di Reggio Calabria.
  Catanzaro non risulta penalizzata, essendo sede del segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria che, ai sensi del nuovo regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, assicura il coordinamento dell'attività delle strutture periferiche del Ministero presenti nel territorio regionale, assumendo, quindi, un ruolo centrale
  Quest'ultimo assicura, nel rispetto della specificità tecnica degli istituti e nel quadro delle linee di indirizzo inerenti alla tutela emanate per i settori di competenza dalle direzioni generali centrali, il coordinamento dell'attività delle strutture periferiche del Ministero presenti nel territorio regionale.
  I segretariati regionali curano i rapporti del Ministero e delle strutture periferiche con le regioni, gli enti locali e le altre istituzioni presenti nella regione.
  Stipulano, altresì, accordi ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali.
  Attività, quindi, di assoluto rilievo che non penalizzano la città di Catanzaro.
  La riorganizzazione periferica è stata orientata, come già rilevato, ad assicurare, mediante un aumento dei presidi di tutela, servizi più efficienti ed efficaci ai cittadini.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con atto n. 35 del 16 luglio 2016, il consiglio comunale di Salsomaggiore Terme (in provincia di Parma) istituiva una commissione d'indagine interna, a termini dell'articolo 32 dello statuto comunale, al fine di verificare la correttezza degli iter procedurali, amministrativi e contabili seguiti nell'affidamento di alcuni servizi – e dei relativi contratti – per:

    a) la gestione dell'attività golfistica, da svolgersi nel compendio della struttura sportiva in località Pontegrosso;

    b) la gestione del palazzo dei Congressi e del Palazzetto dello Sport;

    c) lo sfruttamento delle concessioni minerarie denominate Tabiano I e Tabiano II;

   la richiamata deliberazione consigliare prescriveva alla istituenda commissione «di provvedere alla conclusione dei lavori e, quindi, al deposito presso l'Ufficio del Presidente del consiglio comunale, tramite il protocollo, entro il giorno 20 ottobre 2016». Con successive deliberazione del consiglio comunale di Salsomaggiore Terme (n. 51 del 27 ottobre 2016 e del 26 novembre 2018) il termine per il deposito della relazione finale veniva fissato entro e non oltre il 15 dicembre 2016;

   nel corso dei lavori della commissione che qui interessa, su istanza della stessa, venivano rese dal segretario generale del comune di Salsomaggiore Terme tre relazioni e segnatamente: il 24 ottobre 2016 (relativamente alla gestione del palazzo dei Congressi); il 23 novembre 2016 (relativamente alla gestione del campo da golf); del 5 dicembre 2016 (relativamente allo sfruttamento delle fonti termali da parte della società TST). Tutte le predette relazioni evidenziano situazioni che difficilmente l'interrogante ritiene possano essere in linea con il buon andamento della pubblica amministrazione;

   con esposti del 16 dicembre 2016 diretti alla procura della Repubblica di Parma e alla Procura regionale della Corte dei conti, ed inviati per conoscenza al responsabile dell'ufficio territoriale del Governo prefettura di Parma, quattro dei componenti la predetta commissione chiedevano che in ordine all'affidamento dei servizi sopra citati venissero svolti gli opportuni accertamenti, affinché – per quanto di competenza – venisse valutata la sussistenza di eventuali profili di rilevanza penale e/o contabile degli specifici fatti dedotti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra evidenziati, quale ne sia l'orientamento al riguardo (in relazione ai principi di trasparenza ed efficacia dell'agire della pubblica amministrazione, come disposto dall'articolo 97 della Costituzione) e se intenda promuovere ogni utile ed immediata verifica, nell'ambito delle proprie competenze, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'Ispettorato per la funzione pubblica, con specifico riferimento all'affidamento dei servizi in premessa richiamati, tenuto conto anche delle relazioni rese al riguardo dal segretario generale del comune di Salsomaggiore Terme.
(4-01579)

  Risposta. — Desidero segnalare, preliminarmente, che l'interrogazione in oggetto è stata rivolta il 7 novembre 2018 al Ministro che mi ha preceduto e che il mio insediamento risale al 4 settembre 2019.
  Rispondo all'interrogazione in oggetto, con la quale, in relazione ad alcune irregolarità amministrative emerse in relazione ad alcuni appalti per l'affidamento, da parte del Comune di Salsomaggiore Terme, della gestione dell'attività golfistica nel compendio della struttura sportiva in località Pontegrosso e del palazzo dei Congressi e del Palazzetto dello Sport, nonché nello sfruttamento delle concessioni minerarie denominate Tabiano I e Tabiano II, si chiede se il Governo sia a conoscenza dei fatti ivi descritti, quale sia l'orientamento al riguardo e se intenda promuovere ogni utile e immediata verifica, con specifico riferimento all'affidamento dei servizi richiamati nella stessa interrogazione.
  Ho provveduto ad attivare l'Ispettorato per la funzione pubblica ed a richiedere elementi informativi al Ministero dell'interno.
  Sulla base degli elementi che mi sono stati forniti rappresento quanto segue.
  Il Comune di Salsomaggiore Terme, ai sensi dell'articolo 32 dello Statuto comunale, ha provveduto ad istituire una Commissione d'indagine interna, con il coinvolgimento delle minoranze consiliari, al fine di verificare la correttezza e la regolarità dell'
iter procedimentale seguito e la configurabilità di eventuali ipotesi di responsabilità disciplinare, amministrativa e contabile con riguardo alle attività gestionali evidenziati nell'interrogazione.
  Sulla base di quanto emerso all'esito dell'attività svolta dalla Commissione d'indagine, il Comune di Salsomaggiore Terme ha avviato nei confronti dei dirigenti, al tempo in servizio presso l'ente, quattro procedimenti disciplinari, due dei quali si sono conclusi con l'archiviazione e gli altri due con la comminazione di una sanzione.
  Quanto all'avvio di procedimenti penali o di indagini da parte della Procura della Corte dei conti in relazione alle attività di parola, evidenzio che la documentazione acquisita non consente di avere contezza né dello stato dei procedimenti, né del loro esito.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un post pubblicato il 6 aprile 2020 sulla pagina Facebook «Cosa succede a Pordenone» e da diversi articoli di stampa si apprende che sul profilo Facebook del sindaco di Pordenone, Alessandro Ciriani, sotto una foto postata dallo stesso primo cittadino tra i commenti con cui lo stesso sindaco ha interagito, peraltro con un tono che appare amichevole e confidenziale, colpisce quello di un utente che, completamente fuori dal contesto dell'immagine, fa un esplicito richiamo all'utilizzo delle armi contro Montecitorio per cacciare i deputati eletti fuori dal Parlamento;

   tale messaggio non solo non è stato in alcun modo immediatamente censurato dal sindaco di Pordenone, ma ha dato vita a un ironico scambio di battute che ha visto lo stesso sindaco scherzare, ad avviso dell'interrogante, irresponsabilmente con chi aveva appena incitato a prendere con le armi Montecitorio;

   a parere dell'interrogante con le istituzioni democratiche non si scherza e appare opportuno ricordare come chiunque rappresenti, a qualsiasi titolo, un'istituzione della Repubblica, debba sempre mantenere un comportamento che sia di esempio per i cittadini e appare irresponsabile chi, sui social e attraverso un profilo pubblico ironizzi su «chiamate alle armi», invece di stigmatizzare e censurare tali affermazioni, anche se pronunciate da persone amiche –:

   di quali elementi disponga il Governo circa quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di monitorare e contrastare questi episodi di odio e violenza verbale sul web.
(4-05229)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si evidenzia, in primo luogo, come il sindaco di Pordenone, Alessandro Ciriani, sia stato eletto nel 2016 a capo di una coalizione di centro destra, nell'ambito di una lista civica.
  Il 5 aprile 2020, in una conversazione pubblica sul profilo Facebook ufficiale dello stesso sindaco, vi è stato uno scambio di commenti con un cittadino, i cui contenuti sono richiamati nell'atto di sindacato ispettivo.
  A seguito degli accertamenti svolti si è potuto constatare come i post citati nell'interrogazione siano stati cancellati dagli stessi autori dopo breve tempo, anche se i commenti sono stati ripresi in altri profili Facebook.
  Ciò ha provocato una polemica che ha coinvolto diversi iscritti nel predetto
social network, ed è stata riportata da alcuni organi di stampa locale e regionale.
  Il sindaco di Pordenone ha risposto alle polemiche con un
post, cui non sono seguite repliche, con il quale ha affermato «non sono ammessi altri commenti. Si è già perso troppo tempo per una montatura»;
  Al riguardo, il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno non ha ricevuto alcuna segnalazione,
  Più in generale, in merito alle attività di prevenzione e contrasto dei crimini d'odio e violenza verbale sul
web, si assicura che il Ministero dell'interno effettua un monitoraggio attivo della rete e riceve, tramite il portale del Commissariato di Pubblica sicurezza online, le segnalazioni dei cittadini, inoltre, approfondisce a livello investigativo le segnalazioni dell'Unar (Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali), organismo della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori).
  In conclusione, nello stigmatizzare l'episodio in esame, non può non essere richiamata l'attenzione sulla delicatezza e la rilevanza delle dichiarazioni rilasciate da rappresentanti delle istituzioni, anche tramite l'utilizzo dei
social network, soprattutto in considerazione della diffusione ed immediatezza dei contenuti divulgati attraverso i medesimi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   GIACCONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da una inchiesta giornalistica pubblicata su Panorama già nel 2017 si veniva a sapere dell'arresto di Saber Hmidi, un cittadino tunisino di trentaquattro anni, appartenente all'organizzazione terroristica Ansar al-Shari'a, affiliata all'Isis;

   l'arresto, allora, fu operato al termine di un'indagine antiterrorismo, chiamata Black Flag, condotta dalla Digos di Roma e dal Nucleo investigativo centrale e dalla polizia penitenziaria per individuare in Italia cellule operative jihadiste;

   secondo quanto emerse dalle indagini, l'uomo, che si trovava già in carcere per un precedente arresto del 2014, nel corso degli anni, avrebbe dimostrato una «particolare capacità di indottrinamento dei compagni di detenzione», sperimentata e documentata in ben sei carceri italiane, in cui nel frattempo era stato più volte trasferito per motivi di sicurezza, dove avrebbe anche aggredito in più occasioni gli altri detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria nel nome dell'estremismo islamico;

   nel 2014, in occasione infatti del precedente arresto, la Digos di Roma trovò anche nell'abitazione di Saber Hmidi una bandiera dell'organizzazione terroristica Ansar al-Shari'a, molto simile a quelle del Califfato, oltre a diversi cellulari, computer e documenti di identità intestati a stranieri di provenienza sospetta;

   data quindi l'alta pericolosità già accertata da tempo di Saber Hmidi, desta preoccupazione il suo trasferimento e la sua presenza, ora, nel carcere di Asti, struttura che pare non idonea a garantire le necessarie misure e condizioni di sicurezza per la sua detenzione;

   difatti, secondo quanto si apprende anche dalla stampa, il carcere di Asti, seppure passato da casa circondariale a istituto ad alta sicurezza e catalogato come «As3», non avrebbe però le necessarie risorse per gestire adeguatamente e in sicurezza un profilo criminale così pericoloso come quello di Saber Hmidi, accusato di terrorismo internazionale, noto per la sua particolare aggressività e dedito al proselitismo negli istituti in cui è stato detenuto, come documentato nel corso degli anni da diversi articoli di stampa;

   difatti, da tempo, il personale della polizia penitenziaria avrebbe già lamentato gravi problemi nella gestione di tale detenuto, che evidentemente necessita di una sorveglianza speciale e costante da parte di un numero di agenti più elevato per scongiurare aggressioni agli agenti stessi o ad altri detenuti e per evitare che entri in contatto con altri reclusi per fare proselitismo;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, per quali motivi Saber Hmidi sia stato trasferito nell'istituto carcerario di Asti e quali iniziative specifiche siano state adottate per scongiurare qualsiasi contatto con gli detenuti e dunque attività di proselitismo da parte dello stesso, nonché a tutela della sicurezza degli agenti ivi in servizio e degli altri carcerati;

   alla luce delle considerazioni sopra svolte, se non ritenga più opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia trasferito il suddetto detenuto in altra struttura carceraria ed in regime di detenzione di sicurezza più elevata, destinati specificatamente, ai reati quali quelli di cui Saber Hmidi è accusato.
(4-06205)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante riferisce delle problematiche inerenti la detenzione nella casa circondariale di Asti di HMIDI Saber, ritenuto reclutatore del gruppo terroristico Ansar Al Sharia, affiliato ad Al Quaeda.
  Riferisce del fatto che il detenuto, classificato AS2 in relazione alla sua pericolosità e più volte trasferito di carcere in ragione di condotte violente e di sopraffazione, sia per contro recluso in struttura penitenziaria inidonea, risultando il carcere di Asti omologata, al più, per detenuti classificati AS3.
  Riferisce quindi delle problematiche inerenti la materiale gestione del detenuto, con rischio di proselitismo.
  L'interrogante chiede allora di sapere se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda adoperarsi affinché il detenuto sia trasferito in struttura carceraria adeguata alla sua condizione.
  Orbene, il tenore del quesito è del tutto analogo ad altra interrogazione presentata dal deputato Fornaro (RES. n. 361 del 24 giugno 2020), cui già si è data risposta.
  Non resta, quindi, che ribadire quanto già esposto.
  Orbene, in via preliminare corre l'obbligo di evidenziare che l'amministrazione opera costantemente, in ossequio alla normativa vigente, affinché ciascun detenuto sia recluso nella struttura penitenziaria adeguata alla specifica condizione personale, famigliare, sociale e, naturalmente, di pericolosità.
  Ciò premesso, il cittadino tunisino HMIDI Saber fu arrestato per traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale e violazione della legge sulle armi, ed in data 10 novembre 2014 ristretto presso la casa circondariale di Roma «Regina Coeli» nonché, in ragione dei delitti contestatigli, inserito nel circuito «media sicurezza».
  La condotta intramuraria del detenuto, nel tempo, è stata pessima, tanto che in ragione di reiterate condotte violente e di sopraffazione, è stato più volte trasferito in diversi istituti penitenziari, senza che ciò portasse, tuttavia, ad un mutamento in positivo della personalità.
  In data 27 dicembre 2016 HMIDI veniva attinto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violazione della disciplina di cui all'articolo 270-
bis del codice penale(associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), quindi, ad esito della prevista procedura, sottoposto al regime della sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-bis o.p., e riclassificata (dal 10 gennaio 2017) la sua pericolosità sociale in «AS2», con conseguente trasferimento (dal 26 gennaio 2017) presso la casa reclusione di Rossano in cui è presente una sezione «alta sicurezza 2».
  In data 8 novembre 2017, HMIDI veniva condannato in primo grado (con rito abbreviato) alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di cui all'articolo 270-
bis del codice penale; sentenza tuttavia riformata in sede di appello (5 luglio 2018) con modifica del titolo di reato: da violazione articolo 270-bis del codice penale a violazione dell'articolo 302 del codice penale (istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 241 ss 276 ss del codice penale); sentenza irrevocabile.
  Va allora evidenziato come il reato per il quale il detenuto è stato condannato e risulta detenuto non prevede automaticamente la classificazione del medesimo nel circuito «alta sicurezza 2».
  Detta classificazione è derivata da una valutazione discrezionale operata dalla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento.
  Quanto alle ragioni della detenzione del signor HMIDI nel carcere di Asti, va evidenziato che ad oggi, le sezioni detentive adibite al contenimento dei soggetti ristretti per reati afferenti al terrorismo internazionale di matrice islamica sono presenti presso le sole sedi penitenziarie di Rossano, Sassari e Nuoro.
  Dalle prime due sedi il detenuto risulta essere stato allontanato per motivi di ordine e sicurezza, mentre la casa circondariale di Nuoro è attualmente interessata da lavori di ristrutturazione, e pertanto non è consigliabile, al momento, una assegnazione del HMIDI in tale sede.
  Per tali motivi, si è reso molte volte necessario disporre il suo trasferimento in istituti privi del circuito penitenziario AS2, ovvero in sedi che offrono comunque adeguate garanzie strutturali e di sicurezza come, ad esempio, gli istituti di Tolmezzo e Milano «Opera» ospitanti, fra l'altro, soggetti AS3 e 41-
bis o.p.
  Dal 30 aprile 2020 il detenuto HMIDI Saber è assegnato provvisoriamente presso la casa di reclusione di Asti, al fine di poter garantire la prosecuzione delle limitazioni trattamentali previste dal predetto regime di sorveglianza particolare
ex articolo 14-bis o.p..
  L'istituto penitenziario di Asti che ospita, alla data del 1° luglio 2020, 300 detenuti, la maggior parte dei quali appartenenti alla criminalità organizzata, è stato individuato in ragione delle adeguate caratteristiche di sicurezza.
  Il detenuto, sin dal suo ingresso, è stato allocato in una camera di pernottamento del reparto denominato «piano rialzato B», destinato alle domiciliazioni fiduciarie dei detenuti classificati AS3.
  In ragione delle condotte tenute nelle altre sedi penitenziarie (comportamenti violenti e minacciosi perpetrati sia nei confronti dei compagni di detenzione, sia del personale di Polizia penitenziaria, ripetute aggressioni fisiche e grave danneggiamento ai beni dell'amministrazione, nonché assidui tentativi di radicalizzazione di altri ristretti) e vista la particolare personalità del soggetto, si è reso necessario impiegare quotidianamente un congruo numero di unità di Polizia penitenziaria per la gestione ordinaria del detenuto.
  Il comportamento del HMIDI, a parte un primissimo momento di apparente tranquillità, è stato scorretto e contrario alle regole penitenziarie, rendendosi in molte occasioni responsabile di fatti disciplinarmente rilevanti.
  Ad oggi, l'amministrazione non ha proceduto a trasferire il detenuto dal carcere di Asti ad altro istituto, siccome l'unica sede potenzialmente idonea ed individuata nella casa circondariale di Nuoro era interessata da lavori di ristrutturazione.
  Inoltre, attesi i precedenti reiterati comportamenti attuati in ogni sede ove è stato recluso, il trasferimento comporterebbe il mero spostamento della problematica connessa alla sua gestione da una sede penitenziaria all'altra.
  Quanto ai pericoli di proselitismo va evidenziato che al detenuto, finché sottoposto al regime di sorveglianza particolare previsto dall'articolo 14-
bis o.p., sono preclusi i contatti fisici con la restante popolazione detenuta presente presso la casa reclusione di Asti, nonché sono esclusi i previsti periodi di permanenza all'aperto (articolo 10 ordinamento penitenziario), rispetto ai quali la direzione astigiana è stata esortata a prestare la massima attenzione custodiale.
  Pertanto non si ravvisano i comprensibili pericoli paventati dall'interrogante in tema di proselitismo o sopraffazione nei confronti di altri detenuti presenti nel carcere astigiano e ciò anche in ragione dell'elevata presenza di detenuti italiani (275 su 300) non interessati alle ideologie «jihadiste» eventualmente proponibili dal detenuto.
  HMIDI Saber è comunque ancora sottoposto a profilo di analisi da parte del competente nucleo investigativo centrale.
  Passando all'organico previsto e alla forza amministrata presso la casa reclusione di Asti, alla data del 1° luglio 2020 risulta una differenza di sole 6 unità, risultando in n. 181 la forza amministrata rispetto al n. di 186 previsto.
  Per completezza, si evidenzia che l'amministrazione centrale ha provveduto a investire il locale provveditorato regionale al fine di contribuire al mantenimento dell'ordine e della sicurezza dell'istituto astigiano, anche relativamente alla gestione del detenuto HMIDI Saber, mediante l'invio di personale di Polizia penitenziaria in missione, e così in data 28 maggio 2020, il locale provveditorato disponeva l'invio di una unità appartenente al ruolo ispettori e una unità appartenente al ruolo agenti/assistenti, per la durata di 30 giorni, salvo anticipata cessazione delle esigenze.
  In data 30 giugno 2020, il locale provveditorato provvedeva all'avvicendamento con l'invio di una unità del ruolo ispettori proveniente dalla casa di reclusione di Alessandria.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIARRIZZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che su un social network viene riportato che sul sito internet del Codacons (Coordinamento dei consumatori per la difesa dell'ambiente e la tutela di diritti di utenti e consumatori) è comparso un banner in cui si invitava a sostenere una campagna di raccolta fondi contro il coronavirus ma il cui link portava in realtà a fare donazioni dirette alla stessa associazione dei consumatori, che è un ente privato, e, inoltre, che fino a sabato 28 marzo 2020 sulla pre-home page del sito del Codacons compariva in seconda posizione un riquadro con lo sfondo verde che rimandava alle modalità per «fare una donazione all'associazione e risparmiare sulle tasse future (si ricorda, infatti, che sono previste agevolazioni fiscali per le donazioni agli Enti del terzo settore)», con le indicazioni sul funzionamento delle detrazioni per i privati e per le società/enti e le modalità di versamento (banche, uffici postali, PayPal) e anche con la dizione specifica da riportare nella causale della donazione: «Erogazione liberale in favore dell'ente del terzo settore – organizzazione di volontariato – CODACONS», senza nessuna specifica sulla destinazione d'uso di questi fondi;

   secondo notizie riportate da organi di stampa on line, in seguito anche alla segnalazione sui social, la pagina è stata prontamente modificata e, inoltre, la questione è stata sottoposta all'attenzione della stessa polizia di Stato per realizzare gli approfondimenti del caso;

   ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo, il Codacons risulta iscritto, su sua istanza, nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico che provvede annualmente al suo aggiornamento;

   l'iscrizione al citato elenco deve essere confermata entro il 30 giugno di ogni anno da parte delle stesse associazioni che devono comprovare la sussistenza dei requisiti di legge;

   si ravvisa a giudizio dell'interrogante – ove i fatti corrispondano al vero – un atteggiamento poco trasparente da parte dell'associazione citata –:

   se la vicenda esposta in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-06532)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentite la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si rappresenta quanto segue.
  Le questioni sollevate nell'atto in discussione riguardano la campagna informativa diffusa dall'Associazione per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori (Codacons), mediante il proprio sito
internet, in concomitanza con l'emergenza epidemiologica COVID-19.
  In particolare, si fa riferimento a un
banner pubblicitario attraverso il quale gli utenti venivano invitati a sostenere una raccolta fondi per fronteggiare l'emergenza sanitaria in corso, ma il cui link consentiva, in realtà, di effettuare donazioni dirette alla stessa associazione dei consumatori, in seguito detraibili dalle tasse.
  Come noto, il Codacons ha svolto una attività di raccolta fondi con due modalità, mutate nel tempo. In una prima fase, precisamente nelle prime settimane dell'emergenza sanitaria e fino al 28 marzo 2020, risulterebbe che, oltre al
banner in parola, sulla pre-home page del sito in questione comparivano anche altri banner, nei quali erano riportate talune informazioni ricollegabili all'emergenza Coronavirus. Dal 29 marzo scorso, tale schermata è stata poi modificata e il citato banner è stato sostituito da altro, contenente informazioni generali riguardo alle donazioni ricevute e l'elencazione delle iniziative messe in campo dall'Associazione pro emergenza.
  Ciò premesso, appare evidente che il sito del Codacons, attraverso le due diverse modalità di raccolta fondi sopra descritte, indichi una attività generica di azione contro la pandemia, ovverosia, non richiami alcun tipo di iniziativa di raccolta fondi per l'emergenza Coronavirus da destinare espressamente a terze strutture ospedaliere o di volontariato. Ad oggi, i
banner presenti, infatti, chiariscono che la raccolta è destinata a sostenere il Codacons stesso e le iniziative da questo poste in essere, le quali risultano descritte peraltro in modo molto generico.
  Al fine di approfondire la rilevanza dell'operato associativo con riferimento alle condotte segnalate dall'interrogante, e in linea con gli auspici dallo stesso formulati, il Ministero dello sviluppo economico ha interessato della questione l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonostante il Codacons non rientri tra le categorie sulle quali l'autorità è chiamata ad intervenire.
  Ebbene, a seguito della disamina delle pagine
web in parola, l'Agcm ha concluso che la sollecitazione compiuta dal Codacons per la raccolta fondi dai consumatori è destinata a fini associativi, senza collegamento o rinvio ad attività direttamente svolte come piattaforma di crowdfunding.
  Ad ogni modo si osserva che in materia di associazioni dei consumatori, come ricordato dall'interrogante, l'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), dispone che, presso il Ministero dello sviluppo economico, sia istituito l'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, la cui iscrizione è subordinata al possesso dei requisiti ivi previsti. Orbene, risulterebbe che tra le associazioni iscritte vi è il Codacons.
  Considerato che rientra tra i compiti del Ministero dello sviluppo economico verificare la conformità e la persistenza dei requisiti previsti al citato articolo 137 del codice del consumo si rappresenta che, nell'anno 2019, si è proceduto alle istruttorie di competenza circa gli accertamenti richiesti, che si sono concluse con decreto direttoriale del 20 dicembre 2019, che ha previsto la conferma di iscrizione nell'elenco di cui all'art. 137 del codice del consumo per le 20 associazioni già incluse sulla base del numero di soci dichiarato nel modello I – dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, comunicato al momento del deposito dell'elenco unico nazionale iscritti.
  Per il 2020, anche alla luce delle diverse segnalazioni pervenute (pubbliche e private), ho investito gli uffici competenti in relazione ad un pronto esercizio dei poteri di verifica volti a confermare o meno la permanenza dei requisiti dell'Associazione in parola. La direzione generale competente, a tal proposito, ha informato che l'istruttoria è già stata avviata e condurrà, nei prossimi mesi, ad una richiesta di aggiornamento dei dati (in modo tale che siano pubblicati adeguatamente i contenuti informativi sia sull'organizzazione che sul funzionamento dell'Associazione) e all'adozione di ogni provvedimento necessario e successivo alla verifica di cui sopra, anche alla luce della disciplina di cui al decreto ministeriale 260/2012.
  Giova rilevare, altresì, che, agli inizi del 2020, è stato avviato un processo di parziale revisione della procedura di verifica concernente il controllo dell'elenco degli iscritti – con l'obiettivo di renderla più efficace ed efficiente, prevedendo anche il coinvolgimento di altre autorità competenti nella fase di verifica delle discordanze che dovessero porsi tra le dichiarazioni e le informazioni raccolte.
  Infine, si vuole ricordare che il sostegno al terzo settore e alle iniziative meritorie a difesa dei consumatori è comunque assicurato dal Ministero dello sviluppo economico, il quale abitualmente sostiene le progettualità delle associazioni dei consumatori iscritte all'elenco di cui all'articolo 137 del codice del consumo, volte ad informare e ad assistere i consumatori, nonché le progettualità delle associazioni locali, finanziate per il tramite dei programmi regionali.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   GRILLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'11 aprile 2020 un corteo funebre ha attraversato alcune strade di Messina, per accompagnare la salma del sig. Rosario Sparacio, fratello dell'ex boss Luigi detto Gino Sparacio;

   i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 sospendono su tutto il territorio nazionale tutte le cerimonie civili e religiose alla presenza di gruppi di persone, compresi i funerali;

   tale notizia è stata riportata sulle principali testate giornalistiche sia locali che nazionali con fotografie che testimoniano il reale svolgimento di tale evento, ovvero la presenza di un corteo funebre con un non meglio specificato numero di persone a bordo di auto e motocicli;

   domenica 12 aprile 2020 alle ore 16,39 sul sito ilmessaggero.it viene pubblicato un articolo dal titolo «Messina, 100 persone in corteo funebre per il fratello dell'ex boss: è polemica», dove si raccontava di tale avvenimento avvenuto in città nelle ore precedenti;

   in una nota stampa del 13 aprile il sindaco De Luca afferma che «venerdì scorso, nel primo pomeriggio, il signor Sparacio Rosario, già gravemente malato, è deceduto all'interno della propria abitazione. Constatato il decesso, trascorse le canoniche 24 ore di osservazione, nel pomeriggio di sabato 11 aprile il feretro è stato trasportato dall'abitazione sita in via del Santo fino al Camposanto in via Catania dove è stato deposto in attesa della tumulazione. Non si è trattato né di un corteo funebre né di una celebrazione religiosa, che sono peraltro vietati dalle disposizioni del DPCM come ribadite dallo stesso Arcivescovo di Messina che, da oltre un mese, ha vietato la celebrazione dei funerali. Dunque, quanto in modo becero è definito 'corteo funebre con oltre cento persone non è altro che un mero trasporto della salma per poche centinaia di metri, al quale si sono uniti, in modo estemporaneo, alcuni familiari del defunto, in numero non superiore alla trentina. Sulla partecipazione al trasporto del feretro da parte dei parenti e dei soggetti che sono ripresi nelle fotografie diffuse dalla stampa sta già indagando la Questura, alla quale competono in via esclusiva questo genere di attività e sulle quali mi corre l'obbligo di osservare il massimo riserbo, ragione per la quale fino ad ora non avevo inteso entrare nel merito della questione»;

   tale messaggio è stato pubblicamente condiviso da profili Facebook apparentemente riconducibili a parenti del defunto, con un post Facebook, che condivideva le parole del primo cittadino e citava testuali parole: «condividiamo perché anche il sindaco ha dato ragione alla mia famiglia! Grazie Cateno De Luca hai le p..., non perché hai dato ragione ma perché sei coerente e onesto in tutto e per tutto!» –:

   se siano state avviate iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare l'accaduto e, in caso affermativo, se effettivamente si sia trattato di un assembramento in violazione delle norme di distanziamento sociale adottate, se da tali fatti siano emersi contagi da COVID-19 e, per quanto di competenza, se siano stati posti in essere atti consequenziali di accertamento di responsabilità.
(4-05277)

  Risposta. — In relazione alla vicenda segnalata con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Nel periodo di riferimento, a seguito dell'entrata in vigore delle norme in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, le celebrazioni liturgiche sull'intero territorio nazionale erano consentite esclusivamente con la partecipazione dei celebranti e nel rispetto della normativa vigente. Venivano pertanto vietati tutti i riti che implicavano l'elemento dell'aggregazione o qualsiasi altra forma di assembramento o raggruppamento di fedeli.
  Con specifico riferimento ai riti funebri, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 consentiva la benedizione della salma e il suo trasferimento al cimitero, ma senza la partecipazione dei congiunti.
  È in questa cornice che si inserisce la notizia del decesso di Rosario Sparacio, avvenuto il 10 aprile 2020, fratello del più noto Luigi, ex capo dell'omonimo clan.
  In base alle risultanze investigative e alle verifiche condotte dalla squadra mobile della questura di Messina, in raccordo con la competente autorità giudiziaria procedente, si è potuto ricostruire l'episodio della cerimonia funebre in questione, tenutasi l'11 aprile 2020.
  In particolare, è emerso che, verso le ore 15, il feretro è stato seguito da un corteo improvvisato, costituito per lo più da amici e familiari del defunto. Il gruppo, partito dall'abitazione dove era avvenuto il decesso, si è dapprima recato nei pressi di una sala biliardi, dove ha sostato per una quindicina di minuti, per poi procedere fino alla Chiesa di Santa Maria Consolata, meglio nota come Chiesa di Don Orione. Il corteo si è infine mosso, in numero più ristretto, verso il Gran Camposanto, distante circa 200 metri dalla Chiesa di Don Orione. Gli accompagnatori non hanno tuttavia avuto accesso al cimitero, e sono rimasti in attesa fuori dai cancello dell'ingresso principale.
  A seguito dell'episodio, la squadra mobile della questura di Messina ha avviato le indagini per ricostruire l'accaduto, raccogliendo testimonianze e facendo ricorso ai filmati delle telecamere di sicurezza installate nelle zone interessate dall'evento.
  Nei confronti delle persone così individuate, che hanno partecipato alla cerimonia, sono stati notificati i provvedimenti sanzionatori previsti per la violazione delle disposizioni in materia di contenimento della diffusione del COVID-19.
  Due degli identificati, gravati dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, sono stati, altresì, deferiti all'autorità giudiziaria.
  Risultano infine ancora in corso di approfondimento e valutazione, per l'eventuale adozione di provvedimenti di competenza, le posizioni di ulteriori soggetti partecipanti a vario titolo all'episodio in questione.
  Attesa la grande eco che ha avuto la vicenda, anche sul web, gli inquirenti hanno monitorato i siti
internet e i social network sui quali parenti ed amici del defunto hanno pubblicato post e messaggi di critica nei confronti dei giornalisti delle testate locali che hanno riportato la notizia, ritenendoli responsabili di un sensazionalismo poco attento al dolore di chi ha perso una persona cara.
  La prefettura di Messina ha comunque assicurato che le Autorità locali continueranno a vigilare con il massimo impegno, al fine di assicurare il rispetto della legalità sui territorio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   IORIO e VILLANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Real Sito di Carditello rappresenta un bene culturale della provincia di Caserta dall'intenso rapporto affettivo con il suo territorio e costituisce un simbolo di riscatto culturale per la Terra di Lavoro;

   dal 2016 il complesso monumentale è gestito dalla Fondazione Real Sito di Carditello, costituita dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, dalla regione Campania e dal comune di San Tammaro;

   la Fondazione promuove la conoscenza, la protezione, il recupero e la valorizzazione del Real Sito di Carditello e delle aree annesse, in attuazione dell'accordo di valorizzazione sottoscritto dalle parti il 3 agosto 2015;

   con nota 673 del 16 ottobre 2017, la ex direttrice della Fondazione, dottoressa Angela Tecce, autorizzava un gruppo di studiosi diretti dall'architetto Ettore Ventrella a compiere ispezioni speleologiche all'interno del Sito Reale, al fine di individuare il percorso sotterraneo di una delle tre diramazioni dell'Acquedotto Carolino realizzata da Francesco Collecini, che portava a Carditello l'acqua della Peschiera della Reggia di Caserta;

   nel corso di tali ispezioni, eseguite in data 2 febbraio 2018 con l'ausilio di una cooperativa di speleologi specializzati, alla presenza del responsabile del servizio protezione e prevenzione e tecnici della Fondazione Carditello, venivano rinvenuti al di sotto dei torrioni e dei corpi di fabbrica ad essi adiacenti, una serie di ambienti di eguali estensioni sormontati da volte con altezza intradosso di circa 2 metri, costituenti il piano sotterraneo di fondazione del Real Sito, accessibile da botole in pietra, poste al centro del piano terra e in chiave alle volte, unitamente ad una serie di cisterne colme di acqua, appartenenti all'impianto idrico originario di Carditello;

   a causa di detriti e materiali di risulta, illecitamente riversati al loro interno, molti ambienti non furono oggetto di ispezione;

   dei risultati di cui sopra furono prontamente messi a conoscenza i responsabili della Fondazione del Real Sito di Carditello, soprattutto in relazione al fatto che il progetto di prosecuzione dei lavori di restauro, al momento in fase di esecuzione, prevede per tutta la superficie dei piani terra di 6 degli 8 torrioni, la realizzazione di un vespaio con l'impiego di numerosi getti in calcestruzzo armato, al fine di eliminare possibili tracce di umidità riscontrate al piano terra;

   quanto riportato è stato ampiamente denunciato a mezzo stampa dall'architetto Ventrella che alla luce dei nuovi rinvenimenti, aveva chiesto anche una variazione di progetto in ragione proprio della funzione che avevano gli ambienti voltati, nell'impedire la risalita di umidità;

   l'esecuzione dei lavori, si legge nella denuncia, avrebbe portato alla totale distruzione delle volte di fondazione, delle pavimentazioni e delle botole in pietra, oltre all'impossibilità di recuperare in futuro tali ambienti sotterranei;

   nella stessa denuncia, è stato evidenziato come gli interventi, oltre ad essere in contrasto con i princìpi del moderno restauro conservativo dei beni culturali e delle belle arti, determinano anche l'impoverimento del manufatto, anche in considerazione dei limiti arrecati alla ricerca di ulteriori preziosi elementi di valorizzazione, come le viscere del sottostante collegamento con l'Acquedotto Carolino, storicamente di grande rilevanza;

   va inoltre evidenziato che, a quanto consta agli interroganti, a tale denuncia non è seguita alcuna replica né da parte della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, né dal Comitato tecnico-scientifico della Fondazione Real Sito di Carditello –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui sopra;

   se si sia configurato qualche tipo di danno, con particolare riferimento alle strutture sopra descritte e, se necessario, quale tipo di iniziative si intendano intraprendere per porvi rimedio.
(4-05696)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo agli interventi di restauro in corso presso il Real sito di Carditello.
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Caserta e Benevento, si rappresenta quanto segue.
  Il progetto dei lavori di prosecuzione dei lavori di restauro conservativo e valorizzazione del Real Sito Borbonico di Cardiello in San Tammaro (CE) per l'importo complessivo di euro 5.000.000,00, redatto dalla predetta soprintendenza e validato il 12 dicembre 2017 (CUP: F22C15000390007 CIG: 7558062611 – progetto n. 14 del 12 febbraio 2018) è stato avviato con lo scopo di proseguire le attività di restauro, recupero e adeguamento funzionate di uno dei siti più importanti dell'epoca borbonica.
  Le opere avviate e in corso di esecuzione comprendono, tra l'altro, la realizzazione di pavimentazioni sulla base di supporto costituito da elementi in plastica (cosiddetti «igloo»), al piano terra delle torri poste all'intersezione dei bracci del complesso edificato.
  L'intervento, associato alla posa in opera di intonaci deumidificanti nonché alla realizzazione di nuovi impianti, ha la finalità di favorire l'eliminazione dei problemi di umidità da risalita e la deumidificazione delle strutture, nonché di assicurare il recupero anche funzionale degli ambienti delle torri, destinate (così come riportato nella relazione di progetto), allo svolgimento di «attività regolari», come quelle di «ufficio e l'alloggiamento dei servizi» nel rispetto del più ampio programma di valorizzazione dell'insediamento.
  Nel corso degli interventi eseguiti per la realizzazione della nuova pavimentazione al piano terra nelle singole torri dalla ditta affidataria del lavori con contratto repertorio n. 888 del 22 maggio 2019, sono emersi manufatti interrati che, sulla base dei rilievi forniti dalla direzione lavori, appaiono privi di ogni relazione sia geometrica che costruttiva con le soprastanti strutture fuori terra.
  Tali manufatti risultano documentati in una campagna fotografica effettuata in corso d'opera.
  In particolare, nei punti in cui sono state rilevate strutture interrate più emergenti, secondo quanto riferito dal direttore dei lavori e di quanto rilevabile
in situ, sono stati posizioni elementi in polipropilene «igloo» con altezza ridotta (15 cm anziché 40 cm, come da progetto) per conservarne l'attuale consistenza; tra l'altro in corrispondenza degli elementi interrati rinvenuti nel locale 1 della torre 5, risultano posizionati anelli cavi in clacestruzzo invece degli «igloo» in polipropilene per assicurare la leggibilità delle evidenze anche nella sistemazione definitiva degli ambienti.
  Gli esiti dell'intervento in corso sono stati presentati nell'ambito dell'evento «Presentazione XV Rapporto Federculture sull'impresa culturale», tenutosi in data 29 gennaio 2020 presso il Real Sito di Carditello.
  In tale occasione è stata effettuata una visita al cantiere dei lavori alla presenza delle ditte affidatarie e di giornalisti.
  Si rappresenta, infine, come confermato dagli organi della fondazione, che nel corso dei lavori non si sono rilevati danni a strutture o apparati decorativi.
  In definitiva, dopo anni di degrado e completo abbandono, il Real Sito di Carditello torna a coprire un ruolo da protagonista nel panorama artistico e culturale nazionale.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locale di Pisa di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale dei cinque distaccamenti volontari dei vigili del fuoco della provincia di Pisa, ben quattro risulterebbero attualmente non operativi;

   la notizia sta determinando estrema preoccupazione tra la comunità locale ovvero tra gli amministratori del posto, in ragione della strategica valenza del servizio che i vigili del fuoco volontari svolgono;

   il comandante provinciale dei vigili del fuoco evidenzia come tali criticità siano riferibili anche alle forze permanenti, laddove il parco mezzo sarebbe obsoleto e inadatto alla esigenze del territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative intenda adottare allo scopo di permettere la riapertura dei distaccamenti in provincia di Pisa attualmente non operativi.
(4-04418)

  Risposta. — Con riferimento a quanto rappresentato nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, appare opportuno evidenziare come, nella Regione Toscana, il comando provinciale dei vigili del fuoco di Pisa abbia il maggior numero di distaccamenti volontari che contribuiscono in modo rilevante alla riduzione dei tempi di intervento sul territorio, garantendo il miglior servizio di soccorso possibile alla popolazione. Tali distaccamenti sono presenti nei comuni di Pontedera, San Miniato, Ponsacco, Lari e Vecchiano.
  Con riferimento al parco mezzi del citato comando si rileva che per tre dei suddetti comuni – Ponsacco, Lari e Vecchiano – i più recenti collaudi e revisioni, effettuati periodicamente sui mezzi di soccorso utilizzati, hanno fatto emergere l'urgente esigenza di ammodernare gli Auto pompa serbatoio (Aps) in dotazione.
  In relazione a quanto sopra, la prefettura di Pisa ha convocato per l'8 gennaio 2020 un incontro con i primi cittadini dei comuni interessati, alla presenza del comandante provinciale dei vigili del fuoco e dei sindaci di tutti i comuni sede di distaccamento volontario, al fine di individuare possibili e condivise soluzioni.
  All'esito dell'incontro, le parti hanno rinnovato l'impegno di garantire la continuità di un importante presidio per la sicurezza dei cittadini e dei territorio e di salvaguardare il valore del volontariato quale concreta esperienza di partecipazione e comunità e, nell'immediatezza, è stata concordata una prima iniziativa, basata sull'impegno a far ruotare sui distaccamenti deficitari i mezzi disponibili, in modo da assicurare l'operatività, anche se a turno.
  Giova evidenziare, peraltro, che nell'anno in corso, le criticità sopra descritte si sono risolte positivamente grazie all'assegnazione, tra gennaio e aprile, di ulteriori dotazioni strumentali, ed in particolare: una Aps un fuoristrada
pick-up con allestimento per l'antincendio boschivo; due mezzi per il soccorso nei centri storici e un'autovettura.
  Tali assegnazioni hanno consentito al medesimo comando di ridistribuire i mezzi di soccorso nell'ambito territoriale di competenza e di ripristinare l'operatività dei distaccamenti volontari.
  Su un piano più generale va rilevato che le linee di finanziamento messe a disposizione dalle leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018 hanno consentito al Ministero dell'interno di avviare un piano pluriennale di rinnovo dei mezzi operativi del Corpo nazionale, allo scopo di rafforzare il dispositivo di soccorso tecnico urgente e soddisfare le principali esigenze operative.
  Oltre agli acquisti già effettuati, sono state programmate, per gli anni 2018-2021, le gare da realizzare con i fondi messi a disposizione dalla legge di bilancio per il 2017 che ha istituito uno specifico fondo (con una dotazione finanziaria di 70 milioni di euro per l'anno 2017 e di 180 milioni di euro annui per il periodo 2018-2030) per l'acquisto e l'ammodernamento dei mezzi strumentali in uso, sia alle Forze di polizia che al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 agosto 2017 sono state ripartite le predette risorse e per il Corpo nazionale è stata prevista, per il 2017, la somma di euro 9.660.000,00 e, dal 2018 al 2030, la somma di euro 25.705.000,00 per ciascun anno.
  L'utilizzo di tali risorse finanziarie sta quindi consentendo un crescente tasso di sostituzione degli automezzi, con particolare riferimento a quelli impiegati nell'attività di soccorso pubblico.
  Con gli ulteriori fondi stanziati dalla legge di bilancio per l'anno 2018 sono stati predisposti, inoltre, acquisti di nuovi automezzi leggeri di pronto intervento dotati di un'adeguata scorta idrica e automezzi piccoli e medi per le attività di antincendio boschivo.
  La predetta programmazione comprende, nel quadriennio 2018-2021, l'acquisto di mezzi nella misura del 70 per cento del fabbisogno, Il restante 30 per cento sarà acquistato nel quinquennio 2023-2027 attraverso contratti pluriennali.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   MICELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel pieno dell'emergenza COVID-19 e in vigenza delle disposizioni straordinarie del Governo, il sindaco della città di Messina, on. Cateno De Luca, si è reso più volte protagonista della scena politico-istituzionale in aperta rottura con le istituzioni regionali e nazionali anche attraverso quelli che l'interrogante giudica messaggi dalla dubbia opportunità e poco consoni al clima che si sta vivendo;

   tra le iniziative del sindaco De Luca – il quale ha pesantemente offeso con toni minacciosi il Ministro interrogato e l'intero Governo e per il quale sono pendenti procedimenti per vilipendio dinanzi la procura della Repubblica di Messina – vi è anche un'ordinanza che obbliga chi intende attraversare lo stretto a registrarsi e che con decreto del Presidente della Repubblica è stata annullata in via straordinaria, a seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri e visto il parere del Consiglio di Stato;

   secondo organi di stampa, lo stesso De Luca avrebbe commentato la vicenda definendo «vomitevole che un Ministro della Repubblica, in questo momento di emergenza, si occupi di una procedura straordinaria per annullare una ordinanza di un sindaco che è restrittiva e rispetta i princìpi di questo momento che stiamo vivendo di emergenza Coronavirus. Ancora più restrittivo per la salute pubblica. È proprio vomitevole. Lamorgese è inadeguata, si dimetta. Lamorgese conferma la sua inadeguatezza al ruolo istituzionale che ha e quindi si deve dimettere. La Ministra agisce violentando il territorio e le rappresentanze democratiche del territorio. Non vedo l'ora di assistere a questo spettacolo indecoroso di un Consiglio dei ministri che si riunisce per deliberare l'annullamento dell'ordinanza del sindaco De Luca e attendo pure che il Presidente della Repubblica faccia il suo decreto, come prevede la procedura, per recepire la delibera di annullamento»;

   nei giorni scorsi sono state pubblicate da alcuni giornali le immagini di un corteo funebre nel pieno centro della città di Messina con decine di persone assembrate al seguito del carro mortuario in evidente atteggiamento contrario alle disposizioni previste per il contrasto al COVID-19, tra cui il mancato rispetto delle distanze di sicurezza e l'assenza di presìdi, quali guanti e mascherine idonei a limitare il rischio di contagi;

   secondo quanto ricostruito dagli stessi organi di stampa, si sarebbe trattato del corteo funebre relativo alle esequie di Rosario Sparacio, già condannato per estorsione e fratello di Luigi, noto boss mafioso, e parrebbe che né le forze dell'ordine, né i vigili urbani siano intervenuti e il sindaco De Luca, interpellato dalla stampa, avrebbe minimizzato l'accaduto parlando di «mero trasporto della salma per poche centinaia di metri, al quale si sono uniti, in modo estemporaneo, alcuni familiari del defunto, in numero non superiore alla trentina» e di accanimento strumentale nei suoi riguardi;

   ad avviso dell'interrogante, non si comprende come si sia potuto dar luogo a un simile assembramento e come questo possa essere passato pressoché inosservato agli occhi del sollecito primo cittadino, a detta del quale sono stati messi in campo strumenti straordinari di presidio e sorveglianza del territorio –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa;

   alla luce di quanto accaduto, se e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga garantito il rispetto delle normative vigenti e si evitino condotte illegali, anche a maggior ragione ad opera di forze che si contrappongono allo Stato.
(4-05230)

  Risposta. — In relazione alla vicenda segnalata con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Nel periodo di riferimento, a seguito dell'entrata in vigore delle norme in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, le celebrazioni liturgiche sull'intero territorio nazionale erano consentite esclusivamente con la partecipazione dei celebranti e nel rispetto della normativa vigente. Venivano pertanto vietati tutti i riti che implicavano l'elemento dell'aggregazione o qualsiasi altra forma di assembramento o raggruppamento di fedeli.
  Con specifico riferimento ai riti funebri, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 consentiva la benedizione della salma e il suo trasferimento al cimitero, ma senza la partecipazione dei congiunti.
  È in questa cornice che si inserisce la notizia del decesso di Rosario Spara ciò, avvenuto il 10 aprile 2020, fratello del più noto Luigi, ex capo dell'omonimo clan.
  In base alle risultanze investigative e alle verifiche condotte dalla squadra mobile della questura di Messina, in raccordo con la competente autorità giudiziaria procedente, si è potuto ricostruire l'episodio della cerimonia funebre in questione, tenutasi l'11 aprile 2020.
  In particolare, è emerso che, verso le ore 15, il feretro è stato seguito da un corteo improvvisato, costituito per lo più da amici e familiari del defunto. Il gruppo, partito dall'abitazione dove era avvenuto il decesso, si è dapprima recato nei pressi di una sala biliardi, dove ha sostato per una quindicina di minuti, per poi procedere fino alla Chiesa di Santa Maria Consolata, meglio nota come Chiesa di Don Orione. Il corteo si è infine mosso, in numero più ristretto, verso il Gran Camposanto, distante circa 200 metri dalla Chiesa di Don Orione. Gli accompagnatori non hanno tuttavia avuto accesso al cimitero, e sono rimasti in attesa fuori dal cancello dell'ingresso principale.
  A seguito dell'episodio, la squadra mobile della questura di Messina ha avviato le indagini per ricostruire l'accaduto, raccogliendo testimonianze e facendo ricorso ai filmati delle telecamere di sicurezza installate nelle zone interessate dall'evento.
  Nei confronti delle persone così individuate, che hanno partecipato alla cerimonia, sono stati notificati i provvedimenti sanzionatori previsti per la violazione delle disposizioni in materia di contenimento della diffusione del COVID-19.
  Due degli identificati, gravati dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, sono stati, altresì, deferiti all'autorità giudiziaria.
  Risultano infine ancora in corso di approfondimento e valutazione, per l'eventuale adozione di provvedimenti di competenza, le posizioni di ulteriori soggetti partecipanti a vario titolo all'episodio in questione.
  Attesa la grande eco che ha avuto la vicenda, anche sul
web, gli inquirenti hanno monitorato i siti internet e i social network sui quali parenti ed amici del defunto hanno pubblicato post e messaggi di critica nei confronti dei giornalisti delle testate locali che hanno riportato la notizia, ritenendoli responsabili di un sensazionalismo poco attento al dolore di chi ha perso una persona cara.
  La prefettura di Messina ha comunque assicurato che le autorità locali continueranno a vigilare con il massimo impegno, al fine di assicurare il rispetto della legalità sul territorio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   MULÈ. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 29 luglio 2014 ha previsto la possibilità per gli istituti e i luoghi della cultura dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali di impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di età non superiore a quaranta anni, individuati mediante apposita procedura selettiva;

   l'articolo 1, comma 306, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) e l'articolo 1, comma 343 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), hanno previsto la proroga annuale dei contratti di lavoro a tempo determinato testé menzionati;

   da ultimo, l'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge 30 dicembre 2019. n. 162, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 (cosiddetto Milleproroghe), ha stabilito la proroga dei contratti per i cosiddetti esperti per il patrimonio fino al 31 dicembre 2020;

   si tratta di lavoratori precari che dal 2017, anno in cui hanno preso servizio a seguito di selezione nazionale, hanno lavorato in varie sedi dislocate su tutto il territorio dello Stato, dimostrando capacità e competenza e privilegiando nel loro operato la valorizzazione, la tutela, la protezione e la conservazione del patrimonio archeologico, archivistico e bibliografico del Paese;

   purtroppo, nonostante la norma vigente, che autorizza la ripresa del servizio, fondamentale per dare continuità ai lavori che altrimenti rimarrebbero in sospeso o incompiuti, a causa della carenza del personale e dell'emergenza che sta attanagliando il Paese, si registra, a tutt'oggi, un ritardo nella ripresa del servizio stesso;

   tale situazione porta i 29 lavoratori precari di cui si parla a vivere una situazione molto critica e priva, inoltre, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di personale formato e di professionalità già adoperate con contratti a tempo determinato a servizio dell'amministrazione;

   a ciò si aggiunga che, in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, i lavoratori citati non si trovano nella condizione di poter svolgere il proprio incarico nei mesi prestabiliti –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle tempistiche necessarie per sbloccare i fondi previsti dall'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162;

   se, in considerazione dell'emergenza sanitaria, non intenda adottare iniziative per provvedere allo slittamento del termine della scadenza dei contratti citati in premessa al 31 dicembre 2021.
(4-05741)

  Risposta. — Si riscontra patto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo alla proroga dei contratti per i cosiddetti esperti per il patrimonio culturale fino al 31 dicembre 2020.
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla direzione generale organizzazione, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, appare opportuno rammentare che i cosiddetti «60 Esperti per il patrimonio culturale», assunti inizialmente per la durata di 9 mesi presso questo Ministero con contratti a tempo determinato stipulati dagli Istituti e luoghi della cultura – di cui all'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modifiche, nella legge 29 luglio 2014, n. 106 –, hanno ottenuto un primo rinnovo contrattuali per l'anno 2018 e nel limite di spesa di 1 milione di euro, per ulteriori 8 mesi, come disposto dalla legge di bilancio per l'anno 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) e, segnatamente, dall'articolo 1, comma 306, fermo restando il limite massimo dei 36 mesi, anche discontinui, in conformità a quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, richiamato dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  Successivamente, com'è noto, in attuazione dell'articolo 1, comma 343, della legge di bilancio per l'anno 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) – ai sensi del quale, entro e non oltre il 31 dicembre 2019 e nel limite di spesa di 1 milione di euro per il medesimo anno 2019, è stata prevista un'ulteriore proroga dei contratti a tempo determinato di cui sopra – questo Dicastero ha tempestivamente provveduto, in ossequio ai termini prescritti, disponendo la proroga contrattuale mediante l'adozione del decreto direttoriale del direttore generale organizzazione del 16 gennaio 2019, n. 22 – come rettificato dal successivo decreto direttoriale 18 gennaio 2019, n. 27 – per la durata massima di 9 mesi, decorrenti dalla sottoscrizione di ciascun contratto individuale di lavoro, che ha interessato complessive n. 33 unità di personale afferenti a vari profili professionali specialistici propri di questa amministrazione.
  In merito alle riferite unità di personale interessate dalla proroga contrattuale di cui al citato comma 343, articolo 1, legge n. 145 del 2018, preme sottolineare che a fronte delle n. 60 unità di personale risultate vincitrici
illo tempore all'esito della procedura selettiva originaria – come decretato con provvedimento direttoriale del 2 dicembre 2016 –, in considerazione dell'intervenuto inquadramento a tempo pieno e indeterminato di n. 27 «esperti» nei ruoli del personale non dirigenziale dell'Amministrazione in seguito al superamento del «Concorso 500 Ripam Mibact» (di cui all'avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale – 4° serie speciale Concorsi ed esami – n. 41/2016) nonché alla luce di intervenute rinunce all'ultima proroga contrattuale, attualmente risultano potenzialmente prorogabili a tempo determinato, presso questo Dicastero, i rapporti di lavoro di n. 29 unità di personale.
  A tal proposito, infatti, il decreto-legge del 30 dicembre 2019, n. 162, recante «Disposizione urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni nonché di innovazione tecnologica» (pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 305/2019) come convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 – in vigore dal 1° marzo 2020 – con l'articolo 7, comma 6, lettere a), b) e c) ha appellato emendamenti all'articolo 1, comma 343, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevedendo per questo Dicastero la possibilità di prorogare, fino al 31 dicembre 2020, i «contratti a tempo determinato stipulati dagli istituti e luoghi della cultura ai sensi ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106», fermo restando il limite della durata massima complessiva di trentasei mesi, anche non consecutivi, dei medesimi contratti, stante il rispetto altresì del «limite di spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020».
  Di talché, tanto riferito preliminarmente, si evidenzia che al fine di procedere ad una corretta attuazione della disposizione normativa appena richiamata, la direzione generale organizzazione ha provveduto, in via preliminare, investendo la competente direzione generale bilancio in ordine ai dovuti chiarimenti afferenti, segnatamente, alla sussistenza di adeguata copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla proroga
ex lege di cui trattasi, della durata massima della stessa nonché della connessa quantificazione dei relativi costi alla luce delle risorse finanziarie stanziate, con riserva di procedere all'adozione dei provvedimenti direttoriali di propria competenza una volta acquisiti i necessari nulla osta in termini di disponibilità economiche, ovvero sia in relazione al trasferimento delle relative risorse da parte del Ministero dell'economia e delle finanze in favore di questa amministrazione, mediante apposito decreto, sia dell'avvenuta registrazione di quest'ultimo da parte della Corte dei conti.
  Inoltre, anche in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, l'intendimento è di procedere in tempi brevi all'adozione del provvedimento dei
decreti che disporrà la proroga contrattuale nel rispetto dei termini normativamente e finanziariamente consentiti.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   MURELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i consiglieri di minoranza del comune di Rivergaro, da tempo, lamentano irregolarità e approssimazione nella gestione dei consigli comunali da parte della segretaria comunale, che rendono complicato lo svolgimento del loro lavoro, con ostruzionismo per l'accesso agli atti, che si concretizza in un eccessivo ritardo nel fornire i documenti richiesti, e una pubblicazione degli stessi piuttosto approssimativa ed incompleta, poco trasparente o, a tratti, incomprensibile;

   le problematiche sono state in un primo momento esposte in sede di consiglio comunale, senza avere riscontro, fino ad arrivare ad un esposto al prefetto di Piacenza, rivendicando la necessità di essere tutelati nel lavoro di opposizione;

   il prefetto di Piacenza, il 17 ottobre 2019, ha risposto comunicando di non avere competenza a svolgere accertamenti sull'operato della segretaria comunale, alla quale, in ogni caso, ha chiesto un chiarimento; la stessa ha risposto con una nota esplicativa nella quale riteneva di essersi comportata a norma del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento del consiglio comunale;

   i problemi principali riguardano la mancanza di verbali delle precedenti sedute del consiglio comunale, oppure la non corretta verbalizzazione delle sedute stesse, dovendosi ricorrere sistematicamente e successivamente alle correzioni dei verbali da parte della segretaria stessa, oppure ancora le ingerenze nelle decisioni spettanti al consiglio comunale;

   inoltre, è consuetudine della segretaria comunale consegnare ai consiglieri comunali le relazioni di risposi alle interpellanze, spesso accompagnate da corposi allegati, durante io stesso consiglio comunale che ha all'ordine del giorno le interpellanze, senza concedere il tempo necessario ai consiglieri di visionare i documenti per poter rispondere all'interpellanza in maniera pertinente e dichiararsi o meno soddisfatti;

   la difficoltà nei rapporti tra i consiglieri di minoranza e la segretaria comunale è, ormai, una questione di dominio pubblico, perché è finita diverse volte sulla stampa locale, dalla quale, peraltro, è emersa anche una discrepanza tra le dichiarazioni della segretaria comunale, riportate in virgolettato, e quanto risulta invece a verbale;

   già in passato, in sede di approvazione del bilancio, è accaduto che la Corte dei conti abbia accertato debiti fuori bilancio con la conseguenza di un danno erariale per il comune di Rivergaro e la successiva condanna dei consiglieri a risarcirlo, a causa della mancanza di documentazione sul patrimonio immobiliare comunale e di allegati e buchi negli elenchi delle delibere, di cui deve essere responsabile il segretario comunale –:

   se, alla luce delle criticità che emergono dalla vicenda in questione, intenda assumere iniziative normative per disciplinare in maniera più puntuale e stringente l'attività di segretario comunale cui è attribuita una funzione di garanzia della correttezza dell'attività dell'ente locale, secondo principi di imparzialità e buon andamento;

   se, con riferimento ai risvolti sul piano finanziario di quanto rappresentato in premessa, non intenda assumere iniziative, per il tramite dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, per verificare la regolarità dell'attività amministrativo-contabile del comune di Riverago.
(4-04154)

  Risposta. — In relazione ai quesiti esposti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il 18 settembre 2019 il gruppo consiliare «
Noi per Rivergaro» ha inviato un esposto alla prefettura di Piacenza per segnalare alcune asserite irregolarità nell'operato della segretaria comunale del comune di Rivergaro.
  Al riguardo, il prefetto di Piacenza, pur non avendo .alcun potere diretto di controllo sull'attività svolta dai segretari comunali, ha ritenuto di dover monito rare la situazione segnalata e di acquisire ogni utile informazione al riguardo.
  Parimenti, il Ministero dell'interno ha chiesto chiarimenti all'amministrazione comunale circa le doglianze riferite dall'interrogante.
  La segretaria comunale, in apposite relazioni ha fornito elementi puntuali sulle singole vicende confutando ciascuna delle contestazioni mosse nei suoi riguardi. La medesima ha altresì negato di avere mai rilasciato alla stampa dichiarazioni su questioni legate al Comune di Rivergaro, ritenendo perciò indebito qualsiasi «virgolettato» a lei attribuito apparso su quotidiani locali.
  Inoltre, ha precisato di non essere a conoscenza di passate condanne per danni erariali nei confronti di amministratori dello stesso comune, e che, nel periodo dei suo servizio presso lo stesso ente, non risultano irregolarità nella numerazione degli atti deliberativi né nella allegazione alle delibere comunali della documentazione prescritta.
  Il sindaco di Rivergaro, nel trasmettere le relazioni redatte dalla segretaria comunale, ha voluto sottolineare lo spirito di collaborazione presente nei rapporti tra i rappresentanti di maggioranza e di minoranza all'interno dell'organo consiliare, sin dal suo insediamento.
  Ha ricordato che, su richiesta della minoranza, sono state istituite tre commissioni speciali, affidando la presidenza di due di esse ai rappresentanti della minoranza e che, in merito alla contestazione dei verbali, è stata accolta la richiesta di acquistare un impianto di registrazione.
  Inoltre, nel corso delle sette sedute del consiglio comunale che si sono svolte da giugno a dicembre 2019, «la minoranza» ha presentato sedici interpellanze, nove interrogazioni e tredici mozioni, cui è sempre stata data puntuale risposta nei modi e nei tempi previsti dal regolamento comunale.
  Il Sindaco, infine, ha confermato la regolarità dell'operato del segretario comunale, nei confronti del quale l'Amministrazione comunale ha rinnovato la piena fiducia in occasione della seduta del 20 dicembre 2019, in seguito alla bocciatura della mozione di sfiducia presentata il 13 dicembre dal gruppo «
Noi per Rivergaro».
  Tutto ciò premesso, lo stesso prefetto di Piacenza ha riferito, all'esito dell'attività informativa svolta, di non aver rilevato profili di evidenti irregolarità nell'operato del segretario comunale e degli Uffici comunali.
  Per quanto attiene alla richiesta di intervento «dei servizi ispettivi di finanza pubblica» per una verifica della regolarità dell'attività amministrativo-contabile del comune, il Ministero dell'economia e delle finanze ha precisato che i servizi citati provvedono all'esecuzione di tali verifiche sulla base di un programma annuale, redatto valutando sia le tematiche da approfondire secondo l'incidenza delle stesse sulla finanza pubblica, sia selezionando gli enti con parametri oggettivi, estrapolati dalle banche dati utilizzate dal Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
  Detto Dicastero si è riservato di valutare un eventuale inserimento dell'ispezione richiesta nell'ambito delle future programmazioni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la scelta operata con il «decreto sicurezza» di ospitare i migranti puntando su grandi strutture e su standard di accoglienza molto bassi, invece che sulla rete territoriale degli Sprar, rischia di diventare un business per grandi aziende straniere alla ricerca di nuovi mercati;

   tale sistema determinerà un aumento dei costi per i contribuenti elargiti a holding internazionali e un'accoglienza peggiore per i migranti;

   un dossier del 2019 di Valori.it descrive come il «decreto sicurezza» farà gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti;

   una di queste realtà è il gruppo elvetico Ors, che sta già investendo sull'Italia;

   tale azienda, controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays, gestisce da anni decine di centri in Svizzera, Austria e Germania, ed è al centro di dure e circostanziate accuse rispetto alla qualità della gestione di tali centri, come si evince anche da numerosissimi articoli, rapporti di autorevoli organizzazioni umanitarie ed inchieste giornalistiche di testate straniere in diversi Paesi;

   nel 2015 Ors stata travolta dallo scandalo, emerso a seguito di un rapporto di Amnesty International, per la pessima gestione del centro di Traiskirchen in Austria: progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. La logica, in quel centro come in tutte le strutture gestite da Ors, sembra essere sempre la stessa: taglio dei costi e massimizzazione del profitto con «risparmi» su visite sanitarie, corsi di formazione, penuria di cibo, qualità degli alloggi;

   per partecipare a bandi di gara per «l'alloggiamento, l'assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» in Italia, la Ors Svizzera ha creato nel 2018 Ors Italia s.r.l. che, stante l'ultima visura camerale disponibile, risulta «inattiva»;

   dal 20 gennaio 2020 aprirà, in un ex carcere, il Cpr di Macomer (Nuoro) gestito da Ors;

   leggendo il contratto di servizio stipulato con Ors Italia il 21 novembre 2018 si evince che il contratto sia stato sottoscritto senza che sia stata acquisita l'obbligatoria «informativa antimafia» pur prevista dal decreto legislativo n. 159 del 2011 e richiesta da oltre sei mesi (maggio 2019) «attesa l'urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR»;

   un articolo dell'Unione Sarda del 13 dicembre 2019 riporta che la Corte dei conti aveva rinviato l'apertura del Centro regionale per il rimpatrio di Macomer (Nuoro), per accertamenti;

   la Ors Italia ha inoltre partecipato alla gara per la gestione del centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo a Trieste, struttura denominata «Casa Malala»; quest'ultima è una struttura gestita da ICS e Caritas dal 2016 e rappresenta un esempio di buona gestione di una struttura di primissima accoglienza sulla quale c'è un grande impatto (circa 3.000 richiedenti solo nel 2019);

   a parere dell'interrogante in entrambi i casi esposti si pone il grande dubbio di come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza;

   il timore dell'interrogante è che ci si trovi di fronte a una società che si avvarrebbe solo e totalmente della casa madre svizzera senza possedere mezzi e personale proprio con le qualifiche e l'esperienza richieste dai relativi bandi, consentendo che sul futuro di tali centri possano mettere le mani delle realtà discutibili interessate solo al profitto a discapito di migranti e contribuenti –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di serie inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all'estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese.
(4-04511)

  Risposta. — Con riferimento alla tematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via generale si premette che le iniziative e le conseguenti attività in tema di vigilanza sulla gestione delle strutture di accoglienza e dei centri di permanenza per il rimpatrio sono disciplinate dall'articolo 19 del decreto ministeriale del 20 novembre 2018, con il quale è stato adottato lo schema capitolato di appalto per la gestione e il funzionamento dei centri di accoglienza, dei centri di prima accoglienza e dei centri di permanenza.
  Viene, in particolare, delineato un articolato sistema di controlli espressamente finalizzato ad assicurare la regolare esecuzione dei contratti per la gestione dei menzionati centri e il corretto utilizzo delle relative risorse pubbliche.
  Sul piano operativo, le funzioni di vigilanza all'uopo previste vengono esercitate dalle competenti prefetture che, sulla base delle linee di indirizzo fornite dal Ministero dell'interno, sono chiamate a svolgere controlli periodici dei centri, anche avvalendosi di nuclei ispettivi costituiti mediante la collaborazione di organismi, enti e istituzioni pubbliche presenti sul territorio. Verifiche sui centri possono essere svolte direttamente anche dagli uffici centrali dell'Amministrazione dell'interno, servendosi del proprio personale.
  Ad ulteriore garanzia dell'efficacia e dell'efficienza dei controlli, ai sensi dell'articolo 19 del decreto ministeriale citato, le ispezioni presso i centri vengono svolte senza preavviso e sono mirate ad accertare il rispetto delle modalità di erogazione dei servizi, nonché la congruità qualitativa e quantitativa dei beni forniti e dei servizi erogati rispetto alle specifiche tecniche riportate nei capitolati di gara.
  È oggetto di controllo tutta l'organizzazione e il complesso delle prestazioni assistenziali di competenza del gestore del centro, il quale è tenuto a dimostrare il pieno rispetto di specifici obblighi contrattuali, il cui inesatto o totale adempimento può comportare l'applicazione di penali e la risoluzione dello stesso rapporto.
  Per quanto concerne più specificatamente la Ors Italia s.r.l. si informa che, nel caso del Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Macomer, la società ha partecipato alla gara europea a procedura aperta telematica, indetta con determina a contrarre del prefetto di Nuoro
pro-tempore del 1° febbraio 2019, per l'affidamento dell'appalto dei servizi di gestione e funzionamento, per una ricettività iniziale di 50 posti elevabili a 100, risultandone aggiudicataria a conclusione della relativa procedura e all'esito delle verifiche di rito esperite, su base documentale, dalla commissione di gara circa il possesso del requisiti e delle competenze richiesti dal bando. Tra questi è stato verificato positivamente il possesso del requisito di «idoneità professionale» ovvero l'iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio o nel registro delle commissioni provinciali per l'artigianato per attività coerenti con quelle oggetto di gara.
  Riguardo poi alle verifiche antimafia sul gestore si rileva che, al sensi della vigente normativa antimafia, la stazione appaltante ha la facoltà di stipulare il contratto anche nelle more dell'acquisizione delle informazioni in questione, fatta salva fa possibilità, nel caso emergano situazioni ostative, di revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti.
  In merito all'asserito rinvio dell'apertura del per accertamenti da Cpr per accertamenti da parte della Corte dei conti, si rappresenta che l'attivazione del centro è stata subordinata alla registrazione, avvenuta in data 8 gennaio 2020, da parte dell'organo di controllo del provvedimento ministeriale di approvazione del contratto e del relativo atto aggiuntivo, stipulati tra la prefettura e l'aggiudicatario, quale condizione di efficacia del contratto medesimo.
  Per completezza d'informazione, si comunica che il 7 marzo 2020 il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha effettuato una visita Ispettiva presso il Centro in argomento, nel corso della quale ha avuto modo di dialogare con i trattenuti e con il personale dell'Ors Italia s.r.l..
  Al riguardo, non sono stati segnalati specifici elementi di criticità sotto il profilo strutturale e organizzativo, né situazioni di disagio che potrebbero costituire motivo di reazione da parte della comunità ospitata.
  In merito al centro di accoglienza di Trieste, secondo quanto riferito dalla prefettura, si precisa in via preliminare che la gestione dell'accoglienza del richiedenti asilo della provincia è attualmente assicurata mediante due convenzioni. La prima riguarda l'accoglienza diffusa e prevede complessivamente 1.000 posti, mentre la seconda fa capo a una struttura denominata «Casa Malala», che si occupa della gestione di un centro di accoglienza all'interno di un immobile che funge da
hub e ha una capienza di 95 posti.
  I gestori dell'accoglienza diffusa fanno parte di un raggruppamento temporaneo di imprese e le convenzioni stipulate nel 2018 sono attualmente in regime di proroga tecnica, limitata al tempo necessario per la conclusione delle nuove procedure di gara. Per ciò che concerne nello specifico la struttura «Casa Malala», è stata avviata una procedura aperta sopra soglia, per la quale hanno presentato offerta quattro operatori economici.
  Il controllo della documentazione amministrativa si è concluso positivamente il 2 dicembre 2019, con l'ammissione di tutti e quattro gli offerenti.
  Il successivo 4 dicembre è stata nominata la commissione per l'aggiudicazione, incaricata di esaminare l'offerta tecnica ed economica. I lavori della commissione hanno avuto inizio il 18 dicembre 2019 e sono terminati il 22 gennaio 2020 con l'apertura delle offerte economiche in seduta pubblica telematica. L'ORS Italia s.r.l. è risultata prima in graduatoria con una offerta ritenuta anomala ai sensi dell'articolo 97 del decreto legislativo del 18 aprile 2016 n. 50, che disciplina le «offerte anormalmente basse».
  La prefettura di Trieste ha riferito che, attualmente, sono ancora in corso le verifiche previste dal codice dei contratti pubblici.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   PALAZZOTTO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   molte organizzazioni per i diritti umani, come ad esempio Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain, Amnesty International e Human Rights Watch hanno denunciato, a più riprese, gravi violazioni dei diritti umani da parte della dittatura di Al-Khalifa in Bahrein;

   torture, detenzioni arbitrarie di cittadini, stupri, uccisioni extragiudiziali, esecuzioni di oppositori pacifici, gravi violazioni dei diritti umani, in particolare delle donne, e dei prigionieri politici sono purtroppo all'ordine del giorno;

   persino la libertà di parola e di religione sono quotidianamente calpestate dal Governo del Bahrein che, fra l'altro, continua a mietere vittime e feriti in Yemen, partecipando alla coalizione capeggiata dall'Arabia Saudita;

   il 14 giugno 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per il rispetto dei diritti umani in Bahrein, chiedendo al Governo Bahreinita di interrompere le esecuzioni, di rilasciare tutti gli attivisti politici e di porre fine alle corti militari imposte ai cittadini;

   ciononostante, il regime di Al-Khalifa continua con le proprie pratiche efferate e disumane;

   attualmente, dalle notizie apprese, a quanto consta agli interroganti ci sarebbero otto individui che rischiano la pena di morte in Bahrain;

   tra i prigionieri politici attualmente detenuti in carcere vi sono anche due leader dell'opposizione, Hasan Mushaima e Abdul Wahab Husain, che, a quanto consta all'interrogante sarebbero in attesa della sentenza definitiva della Corte di cassazione;

   un altro caso emblematico denunciato dalle organizzazioni umanitarie è quello di Mohammad Ramadhan e Husain Moosa, ai quali, dal momento in cui sono stati tratti in arresto, sarebbero stati negati i diritti umani e di difesa più elementari;

   i due uomini sono stati condannati a morte il 29 dicembre 2014 per l'uccisione di un poliziotto, che morì in un'esplosione nel villaggio di al-Deir nel Febbraio 2014;

   l'iter processuale non è ancora terminato e non si è giunti a una sentenza definitiva, ma l'accusa mossa dalle organizzazioni umanitarie internazionali è che l'Alta Corte criminale di appello abbia nuovamente condannato a morte i due uomini, confermando la sentenza di primo grado, basando le proprie prove su confessioni estorte tramite tortura fisica e psicologica, dal momento che sembrerebbero non esserci prove forensi che collegano i due uomini all'esplosione in questione –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche in seno agli organismi internazionali ed europei a partire dall'Onu e dell'Unione europea, affinché vi sia una condanna esplicita in ordine a tali fatti e un intervento deciso presso il Governo del Bahrein affinché, in quel Paese, venga garantito il pieno rispetto dei diritti umani.
(4-04620)

  Risposta. — Il Bahrein è tra i Paesi che mantengono la pena di morte. I reati per cui è prevista la pena capitale sono omicidio, omicidio aggravato, terrorismo, violenza sessuale nei confronti di minore, incendio doloso di edificio del Governo, traffico di droga, tradimento, spionaggio e reati militari.
  Dopo 7 anni di moratoria «
de facto», nel 2017 sono state compiute 3 esecuzioni capitali, tramite plotone di esecuzione e nel 2019 ne sono state eseguite altre 3, per capi d'accusa legati al terrorismo. A dicembre 2018 il Bahrein ha votato contro la Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per una moratoria universale della pena di morte, mentre nel dicembre 2016 si era astenuto.
  A seguito delle tre esecuzioni effettuate nel 2019 l'Unione europea, nella persona del portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), ha rilasciato la seguente dichiarazione di condanna delle esecuzioni stesse, invitando il Bahrein a introdurre una moratoria: «Il 27 luglio il Regno del Bahrein ha giustiziato tre persone condannate in due casi distinti, secondo una dichiarazione rilasciata dal Pubblico Ministero che non li ha identificati. Gruppi per la difesa dei diritti umani hanno identificato due persone come Ali Al Arab e Ahmed Al Malali, entrambi condannati a morte in un processo di massa il 31 gennaio 2018 con l'accusa di terrorismo. Il Sig. Al Malali è stato condannato in contumacia. L'identità del terzo individuo è attualmente sconosciuta. Le esecuzioni hanno avuto luogo nonostante le preoccupazioni riferite sul fatto che le condanne si basassero su confessioni estorte sotto tortura. La pena di morte è una punizione crudele, disumana e degradante, che non funge da deterrente e rappresenta un'inaccettabile negazione della dignità e dell'integrità umana. Non esistono prove convincenti che dimostrino che la pena di morte ha un effetto dissuasivo sul crimine o sul terrorismo ed eventuali errori giudiziari sono irreversibili. L'Unione europea si oppone inequivocabilmente all'uso della pena capitale in ogni circostanza e invita il Regno del Bahrein a introdurre una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l'abolizione».
  Nel marzo 2019, l'Unione europea ha menzionato la situazione dei diritti umani nel Paese in un intervento al Consiglio diritti umani delle Nazioni unite, sollecitando le autorità del Bahrein a garantire il diritto a un equo processo, la libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica, in linea con gli obblighi internazionali del Paese.
  Nelle Conclusioni del Consiglio dell'Unione europea sulle priorità nei consessi multilaterali in materia di diritti umani per il 2020, adottate a febbraio, l'Unione europea si è impegnata a continuare a chiedere al Bahrein di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, il rispetto dello stato di diritto, i principi di buon governo, l'indipendenza della magistratura e la lotta contro l'impunità e la disuguaglianza, nonché di difendere i diritti di partecipazione agli affari pubblici, la libertà di riunione e associazione pacifiche, anche per i difensori dei diritti umani e i manifestanti pacifici, e la libertà di opinione ed espressione
online e offline, con particolare attenzione alla sicurezza di giornalisti, blogger e altri operatori dei media.
  A maggio 2017 il Bahrein si è sottoposto al terzo ciclo della Revisione periodica universale (UPR), esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui si sottopongono tutti gli Stati membri delle Nazioni unite a cadenza tendenzialmente quadriennale. In tale occasione l'Italia ha raccomandato al Bahrein, tra l'altro, di adottare una moratoria sulle esecuzioni capitali, con l'obiettivo di abolire la pena di morte. Il Bahrein non ha accettato la raccomandazione.
  Gli imputati Moussa e Ramadan erano stati condannati in via definitiva a morte, ma i verdetti erano stati successivamente annullati sulla base di prove su possibili torture subite dai due imputati affinché confessassero raccolte dalla Special investigation unit del Ministero della giustizia del Bahrein, istituita nel 2013 per indagare le denunce di tortura ed altri trattamenti degradanti a carico delle forze di polizia. L'8 gennaio 2020 la Corte di appello ha tuttavia confermato la colpevolezza dei due imputati per l'omicidio di un agente di polizia nel 2014 e quindi le loro condanne a morte. A dimostrazione dell'attenzione con la quale l'Italia segue il caso, un rappresentante dell'ambasciata a Manama era presente alla lettura del verdetto, insieme a colleghi di Francia, Germania, Regno Unito e della Delegazione dell'Unione europea.
  Sono state così deluse le aspettative cautamente positive della Comunità internazionale, basate su alcuni segnali di apertura che si erano avuti a fine 2019, quando il Re aveva graziato 269 detenuti e il Ministero della giustizia aveva concesso pene alternative al carcere per altri 530, includendo per la prima volta in entrambi i casi anche numerosi detenuti per reati legati a rivolte o comunque qualificabili come politicamente motivati.
  È previsto un ulteriore passaggio in Corte di cassazione, che esercita tuttavia un controllo di legittimità, senza entrare nel merito del giudizio. Non sono al momento disponibili elementi sui tempi di tale passaggio in Corte di cassazione.
  A seguito della conferma della sentenza, a gennaio 2020 il Servizio europeo per l'azione esterna ha reagito con una dichiarazione contenente la contrarietà dell'Unione europea alla pena di morte sempre e in ogni circostanza e le «riferite preoccupazioni circa la correttezza del processo», esortando le autorità bahreinite a non dare esecuzione alle sentenze e a far proseguire il processo, in linea con gli standard internazionali.
  Il Governo italiano continuerà a seguire l'evoluzione della vicenda dei due imputati con estrema attenzione, mantenendo uno stretto raccordo con i Partner dell'Unione europea e promuovendo l'inserimento di riferimenti specifici al caso in rilevanti interventi a titolo dell'Unione europea, ritenendo che l'azione da parte di tutta l'Unione rappresenti l'approccio più efficace.
  L'Italia ha recentemente affrontato il tema della pena capitale anche in occasione di contatti bilaterali con le autorità del Bahrein, e continuerà ad affrontarlo in altre occasioni future.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   PRETTO, RACCHELLA e COVOLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Vicenza, patrimonio mondiale riconosciuta dall'Unesco, nelle ultime settimane si è assistito a un progressivo peggioramento della situazione dell'ordine pubblico, con la dilagante presenza nelle strade della città, dal centro storico alle periferie, di spacciatori, accattoni molesti e sbandati senza fissa dimora, spesso di origine straniera;

   i cittadini, già fortemente preoccupati per l'emergenza COVID-19, sono chiamati a fare enormi sacrifici sul piano personale, sociale ed economico per rispettare le restrizioni imposte dalle disposizioni per il contenimento dell'epidemia e le forze dell'ordine, unitamente alla polizia locale, sono quotidianamente impegnate nelle attività di controllo, mentre gruppi di delinquenti ignorano qualsiasi disposizione e, addirittura, reagiscono in modo aggressivo e violento al momento del controllo e dell'eventuale sanzione;

   la situazione descritta non è più tollerabile e rischia di sfociare in episodi di forte tensione sociale analoghi a quelli che si stanno verificando in altre città di Italia;

   è necessario che si mettano a disposizione delle forze dell'ordine degli strumenti più adeguati alla gestione dell'emergenza, che non possono limitarsi a sanzioni amministrative e pecuniarie, palesemente insufficienti nei confronti di soggetti dediti ad attività criminali, anche ipotizzando l'arresto, come già avviene in altri Paesi, per chi resiste a pubblico ufficiale e il carcere per chi oppone resistenza ai controlli e l'individuazione di spazi per la detenzione temporanea in alternativa al carcere –:

   al fine di arginare la situazione di tensione sociale, quali concrete iniziative di competenza intendano mettere in atto i Ministri interrogati per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza e tutelare, quindi, i diritti di tutti i cittadini che meritano risposte chiare e forti da parte del Governo;

   se, a fronte di quanto esposto, il Governo non reputi necessario e improrogabile adottare le iniziative di competenza per un rafforzamento degli organici delle forze di polizia a livello locale nella città di Vicenza, incrementando così la loro presenza sul territorio a scopo di deterrenza, controllo e repressione dei reati per rendere più incisiva la presenza dello Stato;

   se non si ritenga urgente, alla luce della particolare situazione di emergenza epidemiologica che il nostro Paese sta vivendo, adottare le iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, per prevedere misure straordinarie, fino alla previsione dell'arresto per chi resiste a pubblico ufficiale e del carcere per chi oppone resistenza ai controlli, finalizzate al contrasto di ogni comportamento contra legem e attività criminale.
(4-05344)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente appare opportuno rilevare come le misure di contenimento del contagio da COVID-19 abbiano fortemente impattato sulle dinamiche criminali nella provincia di Vicenza, dove si è registrata una diminuzione degli indici di delittuosità.
  A seguito dell'emergenza epidemiologica sono state intensificate le attività di prevenzione e controllo del territorio, nonché di vigilanza degli obiettivi sensibili, attraverso una proficua collaborazione tra la polizia di Stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza e le polizie locali.
  Inoltre, sono stati pianificati mirati servizi straordinari in tutte le zone cittadine, con un significativo impiego di uomini e mezzi: giornalmente, nel capoluogo, sono state impiegate complessivamente circa 70 pattuglie tra le predette forze di polizia e la polizia locale.
  Dall'avvio delle misure di contenimento del virus COVID-19 sono stati incrementati i servizi di controllo del territorio, con particolare attenzione alle aree frequentate da spacciatori, senza fissa dimora ed immigrati è la pressione esercitata dalla costante e capillare azione di prevenzione, effettuata anche grazie all'apporto delle pattuglie dell'esercito impegnate a vigilare specifiche zone cittadine nell'ambito dell'operazione «Strade sicure», ha permesso di raggiungere risultati significativi.
  A conferma si rileva che i dati statistici relativi ai primi 5 mesi dei 2020 hanno fatto registrare una significativa flessione dei reati rispetto all'analogo periodo del 2019, pari a -31,8 per cento del totale complessivo, con flessioni particolarmente rilevanti relative ai delitti contro la persona e ai reati contro il patrimonio. Nello stesso periodo, si è registrato un incremento delle persone denunciate e/o arrestate e dei delitti per i quali sono stati identificati i responsabili. Ma non può tacersi che tali dati vadano chiaramente letti anche alla luce dell'emergenza legata all'epidemia da COVID-19 e alla limitazione degli spostamenti conseguenti al cosiddetto
lockdown.
  Ovviamente, affermare, come i numeri stessi testimoniano, che il territorio vicentino vanta parametri del tutto invidiabili sotto il profilo della sicurezza, rispetto alla media nazionale, non significa ignorare o sottovalutare le preoccupazioni che lo stesso territorio esprime. In un certo senso, infatti, è proprio perché Vicenza e provincia sono sempre state vivibili e tranquille che vengono notati con allarme fenomeni che altrove potrebbero non avere la stessa risonanza. Ed è anche chiaro il comune obiettivo che tali standard non abbiano mai ad abbassarsi. Ed è questo lo scopo del lavoro costante delle forze di Polizia.
  Anche per questo è incessante l'attenzione al tema degli organici delle forze di polizia presenti sul territorio: al riguardo, si rappresenta che risultano in servizio circa 400 unità di personale della polizia di Stato (con un potenziamento nell'ultimo triennio di 35 unità) oltre 630 carabinieri (fra cui 12 Marescialli che hanno appena preso servizio) cui si aggiungono i 12 militari impiegati nei servizi di vigilanza di siti e obiettivi sensibili nell'ambito della citata operazione «Strade sicure», autorizzata fino al 31 dicembre 2020.
  Alla luce dei dati sopra illustrati, tale forza effettiva risulta in linea con le esigenze del territorio.
  Con particolare riferimento alla problematica dell'accattonaggio e delle persone senza fissa dimora, oggetto di una certa apprensione nell'opinione pubblica, si evidenzia che la stessa è stata approfondita nel corso di un recente comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che ha visto la partecipazione del sindaco di Vicenza.
  Il fenomeno pare assumere più una connotazione di ordine sociale che non di ordine pubblico, in merito alla quale i servizi sociali del comune potrebbero assicurare un'opera di prevenzione significativa.
  La prefettura di Vicenza ha riferito, infatti, che tali categorie di soggetti, anche quando risultano oggetto di attenzione nell'ambito delle attività di controllo sui territorio, non appaiono suscettibili, nella maggior parte dei casi, di misure coercitive o di allontanamento, ma dovrebbero, piuttosto, rientrare in eventuali programmi di assistenza sociale e recupero.
  Relativamente, infine, alla richiesta formulata nell'interrogazione circa l'adozione di misure straordinarie, anche con iniziative di carattere normativo, quali l'arresto per chi resiste a pubblico ufficiale, e il carcere, per chi oppone resistenza ai controlli, il competente Ministero della giustizia ha evidenziato quanto segue.
  Il reato di «resistenza ad un pubblico ufficiale», previsto dall'articolo 337 del codice penale prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni per chiunque usi violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale mentre compie un atto di ufficio o di servizio, e specifiche circostanze aggravanti della fattispecie sono contemplate dall'articolo 339.
  Il predetto Dicastero ha, altresì, evidenziato, che per il reato di resistenza a pubblico ufficiale l'articolo 381 del codice di procedura penale già consente l'arresto facoltativo in flagranza.
  In merito alla misura cautelare della custodia in carcere, va preliminarmente rilevato che la stessa è disciplinata dall'articolo 285 del codice di procedura penale ed i relativi presupposti di applicabilità sono indicati dagli articoli 273 e seguenti del medesimo codice.
  In particolare, l'articolo 280, comma 2, del codice di procedura penale, stabilisce che la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.
  In astratto, detta misura è, quindi, applicabile anche per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
  Tuttavia, trattandosi di misura cautelare massimamente afflittiva, il giudice deve attenersi in maniera rigorosa ai criteri di scelta delle misure cautelari, fissati dall'articolo 275 del codice di procedura penale, tenuto conto della specifica idoneità di ciascuna misura in relazione alla natura e al grado delle esigenze da soddisfare nel caso concreto.
  La custodia cautelare in carcere non può, infine, essere applicata – per espressa previsione legislativa – se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (comma 2-
bis) oppure se il giudice ritiene che all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni, fatta eccezione per le ipotesi di reato tassativamente indicate nel medesimo comma, tra cui non rientra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
  In conclusione, assicuro che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella città di Vicenza continua ad essere seguita con la massima attenzione dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza e dalle forze di polizia quotidianamente impegnate nell'attività di controllo del territorio a garanzia della legalità e della tutela dei diritti dei cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nell'edificio di case popolari di largo Mengaroni a Roma, a quanto consta all'interrogante, i residenti assegnatari lamentano da circa due anni la mancanza di pressione dell'acqua, al punto che i cittadini degli immobili siti ai piani superiori hanno difficoltà nell'uso degli elettrodomestici, ma soprattutto delle caldaie per il riscaldamento autonomo e per usufruire dell'acqua calda;

   la commissione lavori pubblici del VI Municipio della Capitale, a cui spetta la programmazione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, si è recata in sopralluogo per verificare la gravità della situazione;

   per intervenire si attendevano le risorse da parte del dipartimento patrimonio che, nel frattempo, ha assunto direttamente l'esecuzione dei lavori prioritari segnalati, attraverso risorse destinate al Municipio VI per la manutenzione degli edifici di case popolari, escludendo, di fatto, proprio largo Mengaroni;

   a distanza di due anni numerosi nuclei familiari, con bambini e anziani, vengono privati della fornitura idrica, con conseguenti problemi igienico-sanitari e, talvolta, di ordine pubblico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire alle famiglie coinvolte di usufruire di un bene essenziale, quale l'acqua, ed evitare gravi rischi dal punto di vista dell'ordine pubblico e sotto il profilo sanitario, igienico ed assistenziale.
(4-04232)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame interrogante fa presente fa situazione di disagio in cui si sono trovati diversi nuclei familiari assegnatari di case popolari in un complesso di edifici sito in largo Ferruccio Mengaroni a Roma, conseguentemente ad una insufficiente pressione dell'acqua nei relativi stabili.
  Infatti, a causa di tale circostanza, coloro che abitavano ai piani superiori degli edifici interessati avevano più volte denunciato difficoltà nell'utilizzo di alcuni elettrodomestici e delle caldaie.
  Pertanto, l'interrogante ha segnalato le possibili ricadute sotto i profili anche dell'ordine pubblico.
  Al riguardo, premesso che la questione rappresentata non attiene ad attribuzioni dell'Autorità governativa centrale e quindi neppure del Ministero dell'interno, non può che riferirsi quanto appreso da Roma Capitale, interpellata dalla prefettura capitolina.
  Nel confermare le segnalazioni dei cittadini interessati relative alle suddette problematiche nell'arco temporale che va dal 17 dicembre 2018 al 28 giugno 2019, Roma Capitale ha riferito di aver provveduto ad inviare 10 richieste di intervento – tutte con carattere di «urgenza» – al Dipartimento patrimonio e politiche abitative del Comune, deputato all'esecuzione degli interventi occorrenti per la riparazione dei guasti di volta in volta segnalati.
  È stato, inoltre, riferito che quest'ultima struttura ha eseguito una serie di interventi manutentivi in relazione alle richieste ricevute, fino a quello, risultato risolutivo, del 1° luglio 2019, in occasione dei quale sono state sostituite o revisionate le pompe difettose, un compressore ed i relativi quadri elettrici in tutti gli stabili interessati.
  Successivamente a tale intervento, non risultano pervenute nuove segnalazioni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la liberazione di Silvia Romano, la giovane volontaria dell'organizzazione Africa Milele Onlus di Fano rapita il 20 novembre 2018 in Kenya, ha rappresentato una bellissima notizia per tutti noi, ma ci pone anche davanti ad alcuni interrogativi;

   la prima ricostruzione dei fatti, fornita dalla stessa volontaria ai magistrati, asserirebbe che Silvia sia stata «mandata allo sbaraglio», lasciata sola in un avamposto nella savana, dove probabilmente nessun'altra organizzazione avrebbe mandato uno dei propri volontari, come espressamente dichiarato da Cattai, presidente di Focsiv, federazione di 87 onlus;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, peraltro, Africa Milele avrebbe disapplicato i protocolli di sicurezza della Farnesina, indotto Silvia Romano ad operare in una zona considerata ad alto rischio, non avrebbe comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale la presenza in loco di una propria operatrice e non avrebbe fatto seguire alla volontaria un corso di formazione, né si sarebbe premurata di assicurarla per gli infortuni e le malattie;

   tale vicenda, però, oltre ai legittimi dubbi sulle responsabilità dirette della onlus, su cui sarà compito della magistratura indagare, ha riacceso i riflettori sul sistema delle Ong e, più in generale, sul mondo del volontariato internazionale: un sistema già molto indebolito economicamente, quale conseguenza diretta del disimpegno delle istituzioni, cominciato quando si pensò di introdurre finanziamenti privati nell'ambito dello sviluppo;

   l'approvazione della legge n. 125 del 2014, che doveva rappresentare il rilancio della Cooperazione italiana allo sviluppo, tanto da rinominare il Ministero degli esteri, in Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e da prevedere la figura istituzionale del vice ministro con delega alla cooperazione internazionale allo sviluppo, è rimasta solo nelle intenzioni, come, emerge dai numeri: tra il 2017 e il 2018 si è passati da 5,19 miliardi a 4,15 miliardi di euro di investimenti e l'ultima legge di bilancio non ha invertito la rotta;

   la cooperazione internazionale è «parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia» (articolo 1 della legge n. 125 del 2014), nonché uno strumento ineludibile per affrontare le sfide del nostro tempo, a iniziare dalla gestione e dal contenimento dei fenomeni migratori legati a povertà, indigenza, disperazione sociale, emergenze sanitarie che devono essere combattute anche con adeguate politiche di alfabetizzazione, assistenza socio-sanitaria e sviluppo;

   le organizzazioni riconosciute dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dovrebbero essere sottoposte, ogni tre anni, a una serie di controlli severi e seguire precise regole e misure di sicurezza, mentre non altrettanto accade per realtà non registrate che pure si muovono spesso in maniera spregiudicata al di fuori dei confini nazionali –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire adeguata tutela e formazione ai tanti giovani che decidono legittimamente di impegnarsi per la costruzione del bene comune, anche nel caso di Ong non riconosciute;

   quali specifiche iniziative intenda assumere per dare un forte segnale di discontinuità rispetto alla grave situazione di stallo e di disimpegno istituzionale nel settore della cooperazione internazionale.
(4-05996)

  Risposta. — La vicenda della connazionale Silvia Romano ha portato nuovamente all'attenzione dell'opinione pubblica il tema della sicurezza dei cooperanti all'estero. Si tratta di un argomento da sempre curato con il massimo impegno dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  La Farnesina, mediante l'unità di crisi, effettua una capillare analisi delle possibili situazioni di emergenza (terrorismo, tensioni sociopolitiche, calamità naturali, pandemie) e una costante azione d'informazione al pubblico tramite i siti istituzionali
www.viaggiaresicuri.it, www.dovesiamonelmondo.it e la APP «Unità di Crisi», oltre a compiere interventi su specifiche situazioni presso le autorità dei Paesi con i quali intratteniamo relazioni diplomatiche. Alla luce della peculiarità rappresentata dagli operatori del settore della cooperazione, un'apposita sezione del sito www.viaggiaresicuri.it è dedicata proprio a coloro che partecipano a progetti di cooperazione di sviluppo, sia che essi siano finanziati e noti al Ministero sia che si tratti di iniziative condotte da Ong non note e finanziate da altri enti pubblici o privati.
  Quanto ai progetti di cooperazione realizzati da organizzazioni della società civile (Osc) a seguito di procedure comparative di evidenza pubblica condotte dall'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), gli enti promotori vengono selezionati alla luce della rispettiva idoneità ad operare all'estero. I bandi per la selezione dei progetti prevedono inoltre espressamente che le attività possano essere svolte solo previa valutazione delle condizioni di sicurezza da parte delle ambasciate.
  La legge n. 125 del 2014 stabilisce che il Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo fissi i parametri e i criteri sulla base dei quali verificare le competenze e l'esperienza acquisita nella cooperazione allo sviluppo dalle organizzazioni e dagli altri soggetti da iscrivere in un apposito elenco pubblicato dall'Aics. L'Agenzia si occupa anche di verificare periodicamente, con cadenza almeno biennale, le capacità e l'efficacia d'azione dei soggetti iscritti. L'ultimo aggiornamento dell'elenco è stato pubblicato il 14 maggio 2020.
  Analogamente, per quanto attiene all'individuazione dei progetti, sempre secondo quanto stabilito dalla legge n. 125 del 2014, l'Aics pubblica bandi aperti ai soggetti iscritti nell'elenco sopra menzionato. Anche in questo caso è necessaria e imprescindibile la valutazione delle condizioni di sicurezza da parte delle ambasciate. Si tratta di una procedura alla quale ci si attiene scrupolosamente e, in caso di parere negativo sulla sicurezza, il progetto che concorre per ricevere un contributo della cooperazione italiana non viene finanziato.
  Il personale delle organizzazioni accreditate riceve, prima della partenza,
briefing di sicurezza online predisposti dall'unità di crisi, nel corso dei quali sono fornite puntuali indicazioni sulla situazione del Paese, sul livello di rischio e sulle possibili misure da prendere. In alcuni casi, come per i «Corpi Civili di Pace», è organizzata anche una sessione dopo la partenza presso le Ambasciate italiane dei Paesi di destinazione.
  Il tema della sicurezza è stato più volte oggetto di dialogo tra i soggetti iscritti nell'elenco dell'Aics e l'unità di crisi, un dialogo sviluppatosi particolarmente negli ultimi anni. L'unità di crisi intrattiene inoltre regolari rapporti con i responsabili della sicurezza di tali soggetti, a beneficio dei quali è stato adottato nel 2015 un protocollo dedicato. La crescente complessità dei contesti in cui le organizzazioni operano e i maggiori rischi per la sicurezza delle operatrici e degli operatori umanitari richiedono senza dubbio una più generalizzata presa di coscienza dei rischi e una migliore conoscenza delle misure da adottare. Molti soggetti di cooperazione stanno da tempo adattandosi a queste necessità.
  Come ricordato dall'interrogante, l'associazione Africa Milele, per la quale operava la connazionale Silvia Romano, non rientra tra le organizzazioni della società civile iscritte nell'elenco previsto dalla legge n. 125 del 2014. L'attività nell'ambito della quale la stessa operava non è destinataria di finanziamenti della cooperazione italiana.
  Non tutte le attività svolte dalle Ong all'estero sono infatti note alla cooperazione italiana. Al di là di quelle oggetto di finanziamento, e quindi sottostanti alle regole già menzionate, tutte le altre iniziative rientrano nella libertà di azione tutelata dalla nostra Costituzione (articolo 16, comma 2: «Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge») e nella responsabilità individuale di chi vi prende parte.
  L'associazione Africa Milele ha operato in totale autonomia e senza informare il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sfuggendo a qualsivoglia potere di indirizzo e di informazione dei propri associati o collaboratori sotto il profilo della sicurezza.
  L'osservanza delle regole e la maggiore attenzione non possono da soli assicurare l'incolumità degli operatori di cooperazione, ma rappresentano i più validi strumenti per tutelare la loro sicurezza. È essenziale anzitutto che i soggetti di cooperazione, così come tutti i connazionali che si recano all'estero, si impegnino a registrare sul sito internet
www.dovesiamonelmondo.it il personale italiano anche temporaneamente all'estero. Tutti i soggetti di cooperazione dovrebbero consultare con regolarità il sito www.viaggiaresicuri.it per aggiornarsi sulle condizioni generali di sicurezza nei vari Paesi e tenersi in contatto con l'ambasciata o l'ufficio consolare di riferimento. Si tratta di norme di comportamento assolutamente indispensabili, un vero e proprio prerequisito per mettere la Farnesina in grado di fornire una assistenza pronta, efficace e capillare ai connazionali presenti all'estero a qualsiasi titolo.
  Le tre principali reti di Ong italiane si attengono al protocollo sulla sicurezza degli operatori nella cooperazione e solidarietà internazionale concluso con l'unità di crisi. Proprio in questi giorni, su mio impulso, abbiamo avviato un esercizio di aggiornamento di detti protocolli che vorrei vedere aperti alla adesione volontaria anche delle Ong non iscritte all'albo dell'Aics e che quindi non ricevono fondi da parte della cooperazione italiana.
  Ritengo infine non sussistere alcuno stallo o disimpegno istituzionale nel settore della cooperazione internazionale. Nonostante l'emergenza del Coronavirus, le attività della cooperazione italiana, grazie al lavoro della Dgcs, dell'Aics e delle organizzazioni della società civile, sono andate avanti. L'Italia è in prima linea in tutte le attività multilaterali per il contenimento e il contrasto della pandemia e la ricerca del vaccino. Appena è stato possibile abbiamo tenuto il Comitato congiunto della cooperazione allo sviluppo, che ha approvato un importante pacchetto di iniziative.
  Inoltre, l'11 giugno si è tenuto il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (Cics). Lo ha presieduto il Presidente del Consiglio ed è stato approvato lo schema di documento triennale di programmazione ed indirizzo 2019-2021, insieme alle relazioni annuali sulle attività di cooperazione per gli anni 2017 e 2018, la Strategia italiana per l'educazione alla cittadinanza globale e una delibera attuativa della legge n. 125 per il coinvolgimento del settore privato nelle iniziative di cooperazione. Tra breve convocheremo anche il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo.
  In un contesto come quello attuale, l'intero sistema di cooperazione italiana è quanto mai attivo e vitale.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   SARLI, CARBONARO, AMITRANO, SPORTIELLO e PROVENZA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la stazione Bayard, inaugurata il 3 ottobre 1839, ha il suo rudere al corso Giuseppe Garibaldi, 394, a Napoli; fu il capolinea della prima tratta ferroviaria costruita sul territorio italiano, nel regno delle Due Sicilie;

   l'edificio della stazione venne assunto a simbolo di progresso e celebrato in numerosi dipinti e incisioni di Salvatore Fergola;

   un anno fa, come riporta il giornale Il Mattino del 3 ottobre 2018, si è tenuto un convegno sul tema, organizzato dai docenti del DiArc (dipartimento di architettura di Napoli), nel quale sono intervenuti, oltre a numerosi studiosi, i rappresentanti di Fer servizi, Rete ferroviaria italiana, Fondazione Ferrovie dello Stato e il comune di Napoli. In quell'occasione è stato chiarito che la proprietà dei suoli sui quali insiste l'edificio è di Rfi;

   il 3 ottobre 2018 sono ricorsi i 179 anni dall'inaugurazione del primo tratto ferroviario sul territorio italiano;

   il progressivo degrado sta compromettendo giorno dopo giorno l'esistenza stessa di ciò che resta della antica stazione Bayard;

   l'edificio fu riconosciuto di pregio artistico e fu vincolato ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 1089 del 1939;

   il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, prevede all'articolo 134 – beni paesaggistici che sono beni paesaggistici gli immobili e le aree (di cui) all'articolo 136;

   quest'ultimo articolo (Immobili ed aree di notevole interesse pubblico) stabilisce che «sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale (singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali)» –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per valorizzare la stazione Bayard a fronte di una memoria storica che l'edificio evoca nell'opinione pubblica napoletana e meridionale.
(4-03887)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende assumere, per quanto di competenza, per «valorizzare la stazione Bayard a fronte di una memoria storica che l'edificio evoca nell'opinione pubblica napoletana e meridionale».
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli, si rappresenta quanto segue.
  La stazione Bayard, in capo alla ferrovia che collegava Napoli con Portici, fu inaugurata il 3 ottobre 1839. La stazione ferroviaria, che è stata la prima in Italia, ha funzionato per molti anni, fino a quando è entrato in funzione il nuovo complesso di piazza Garibaldi.
  Dagli anni venti e fino al 1943, l'edificio è stato «incastonato» nella struttura in cemento armato del Teatro Italia ad uso del Dopolavoro ferroviario, e i suoi spazi sono stati utilizzati come biglietteria e guardaroba, o come camerini e locali vari di servizio per il personale di scena.
  Oggetto di numerosi studi e proposte progettuali, si trova oggi in uno stato di abbandono e in condizioni prossime al crollo.
  Il comune di Napoli alcuni anni fa aveva redatto un progetto di restauro, e la stessa Soprintendenza, negli anni ottanta, aveva approvato interventi che riguardavano il recupero e la trasformazione della palazzina «ex cinema Italia e foresteria» in uffici per il comune.
  Inoltre, proprio in considerazione dell'alto valore storico e culturale del complesso immobiliare, la Soprintendenza, al fine di garantire la tutela dell'edificio in rovina, aveva inserito nella programmazione triennale dei lavori 2009-2011 una scheda di proposta di recupero dell'ex stazione.
  Questo Ministero pertanto, nel condividere le osservazioni formulate dall'interrogante, è disponibile a collaborare con tutte le istituzioni coinvolte per garantire la salvaguardia e il recupero di questa importante testimonianza storica e architettonica.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   SASSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi durante una visita dell'interrogante al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari si è avuta notizia della concomitante presenza al suo interno di una delegazione della polizia francese per lo svolgimento di interviste ai migranti, pare per scegliere quelli da ricollocare nel proprio Paese;

   con riferimento alla presenza della delegazione francese, fonti del Viminale, come riportato da un'agenzia di stampa, hanno replicato che «le attività in corso da parte delle autorità francesi, come quella degli altri Paesi europei che hanno manifestato la disponibilità alla ridistribuzione, risponde a quanto previsto dalle linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta e che non esiste alcuna possibilità di selezione da parte dei singoli Paesi»;

   secondo la nota, «la Commissione europea infatti per ciascuno sbarco soggetto a redistribuzione dirama a tutti gli Stati coinvolti una lista (anonimizzata) redatta sulla base di criteri oggettivi emersi dalle interviste effettuate dallo staff dell'ufficio europeo di supporto all'asilo»;

   innanzitutto, il pre-accordo di Malta prevedeva una redistribuzione automatica tra i Paesi e non invece volontaria, ossia sulla base di una dichiarazione di disponibilità di volta in volta dei singoli Stati, come di fatto sta accadendo fino ad ora;

   inoltre, secondo il pre-accordo, il ricollocamento dovrebbe basarsi su procedure operative concordate, conformemente ai meccanismi di ricollocamento coordinati dalla Commissione europea;

   secondo la nota, la procedura di ricollocamento in esame starebbe avvenendo sulla base di una lista anonimizzata della Commissione europea agli altri Stati dopo le interviste effettuate dall'Easo e dunque, a maggior ragione, non è ancora chiaro quale sia il motivo della presenza della delegazione francese presso il Cara di Bari, in particolare l'attività ivi da essa svolta, ma, soprattutto, quali siano le «linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta», i cui termini, a quanto risulta all'interrogante non sarebbero mai stati condivisi dagli altri Stati europei;

   peraltro, proprio in occasione di un incontro a settembre 2019 con il Presidente del Consiglio Conte, fu lo stesso Presidente francese Macron a puntualizzare di voler accettare soltanto gli immigrati provenienti da un Paese africano con il quale esistono accordi internazionali;

   nonostante quanto sopra, proprio in questi giorni lo stesso Ministro dell'interno ha dichiarato che l'accordo «sta dando i suoi frutti», poiché dopo il 5 settembre sarebbero stati ricollocati negli altri Paesi europei ben 172 immigrati, benché, sempre stando ai dati dei Viminale, sarebbero nello stesso periodo (di soli tre mesi) ben 6.000 quelli sbarcati sulle nostre coste (complessivamente 5.089 dal 1° gennaio al 31 agosto e ben 11.082 dal 1° gennaio al 6 dicembre;

   peraltro, secondo diversi servizi, tra cui quello andato del 4 novembre 2019 durante la trasmissione «Quarta Repubblica» presso il Cara di Bari, vi sarebbero centinaia di immigrati che secondo le intenzioni dovevano rapidamente essere redistribuiti in Europa ma che sono ancora in attesa in Italia;

   ad aggravare la situazione, vi sarebbe la notizia del recente arresto di ben trentadue immigrati nigeriani componenti di due gang mafiose che avevano stabilito proprio nel Cara di Bari la loro sede operativa;

   quali siano «le linee operative standard concordate sulla base del pre-accordo di Malta» e a quale titolo e tra quali Paesi siano state stabilite; quali siano la composizione e le attività svolte dalla delegazione francese e se vi siano stati e con quali finalità dei colloqui della delegazione con gli immigrati ospitati nella struttura; se vi siano altre delegazioni; quanti siano i ricollocamenti effettuati dopo il 23 settembre 2019 non sulla base di procedure precedentemente concordate ma riferiti agli sbarchi successivi a tale data;

   quanti siano i migranti ancora in attesa di essere ricollocati rispetto alle dichiarazioni di disponibilità degli altri Stati europei degli ultimi tre mesi.
(4-04319)

  Risposta. — In relazione alle questioni poste nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si comunica quanto segue.
  Sulla base del pre-accordo di Malta, sottoscritto nel mese di settembre 2019 dai Ministri dell'interno di Italia, Malta, Francia, Germania e Spagna, è stato concordato un meccanico di redistribuzione degli stranieri soccorsi in mare durante le operazioni Sar delle navi delle Ong e di quelle militari; che prevede, per parte di essi, il trasferimento verso i Paesi sottoscrittori dell'iniziativa, oltre che verso quelli che hanno aderito all'accordo in un momento successivo (Portogallo, Irlanda e Lussemburgo).
  Dal mese di novembre del 2019 le operazioni di ricollocamento si basano, pertanto, su procedure operative standard, codificate con il contributo della Commissione europea ed il supporto delle competenti agenzie europee, che prevedono quattro fasi fondamentali nell'ambito delle quali le autorità italiane, le competenti agenzie europee e gli Stati membri disponibili cooperano in stretto raccordo.
  Il meccanismo di ricollocazione volontaria viene attivato su richiesta dello Stato al quale una Organizzazione non governativa (ONG) abbia richiesto un porto di sbarco in relazione ad operazioni di soccorso effettuate con mezzi navali o aerei in zone SAR (
Search and rescue) e non anche in casi relativi a sbarchi spontanei.
  La prima fase riguarda il complesso delle attività di pre-identificazione e foto-segnalamento, da porre in essere nell'immediatezza delle operazioni di sbarco, a cura delle autorità di pubblica sicurezza e dell'agenzia europea della guardia costiera e di confine (Ebcga).
  La seconda fase è dedicata alle interviste da parte dell'ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo) ed è finalizzata alla creazione della proposta di redistribuzione dei richiedenti fa protezione internazionale ai singoli Stati, sulla base di una lista anonimizzata; la proposta di ridistribuzione viene successivamente trasmessa da parte della Commissione europea agli Stati coinvolti per la necessaria condivisione.
  La terza fase riguarda la registrazione delle domande di protezione internazionale, nonché rinvio dei
dossier individuali agli Stati membri che esaminano le singole posizioni, con la possibilità di ulteriori interviste, al fine di approfondire questioni legate alla sicurezza e anticipare l'analisi dei requisiti relativi al bisogno di protezione, che sarà compiutamente valutato nello Stato di destinazione.
  La quarta fase, infine, contempla, a seguito delle accettazioni inviate dagli Stati ai sensi dell'articolo 17 del regolamento Dublino, la preparazione e l'organizzazione dei trasferimenti verso gli Stati membri di destinazione.
  Per quanto attiene al numero degli sbarchi, dal 1° gennaio 2019 al 16 luglio 2020, ne risultano avvenuti 33 per operazioni SAR, che hanno coinvolto circa 4.350 persone, di cui circa 3.000 potenzialmente ricollocabili in altri Stati.
  Gli eventi successivi alla dichiarazione di Malta (del 23 settembre 2019) sono stati ovviamente gestiti in maniera più strutturata.
  Gli Stati europei partecipanti all'accordo hanno dato la disponibilità complessiva per 1.700 persone: più in particolare: 705 la Francia, 698 la Germania, 150 il Portogallo, 43 l'Irlanda, 40 la Spagna.
  Durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, la procedura descritta non è stata più utilizzata in quanto di fatto erano impediti i trasferimenti delle persone, benché siano continuati sia gli sbarchi che le operazioni SAR. Inoltre, le esigenze di quarantena hanno comportato ulteriori onerosi accorgimenti per garantire il rispetto dei protocolli sanitari. Conseguentemente i richiedenti protezione internazionale trasferiti, nel periodo 23 settembre 2019-16 luglio 2020, sono stati 684.
  Dall'inizio della cosiddetta «fase 2-Covid» Easo ha ripreso ad effettuare le interviste da remoto e in loco con tutte le cautele previste.
  È stato, inoltre, chiesto il supporto della Commissione europea per coordinare la distribuzione dei migranti salvati in mare dalle navi Alan Kurdi e Aita Mari, i quali, superato il prescritto periodo di isolamento sanitario a bordo della nave Rabattino, sono stati trasferiti al Cara di Bari il 6 maggio scorso.
  Lo scorso 19 maggio la Commissione europea ha riaperto ufficialmente le procedure di ricollocazione volontaria, con una videoconferenza con gli Stati membri disponibili (Germania, Francia e Irlanda).
  Il 16 giugno è stata formalmente aperta la procedura anche relativamente allo sbarco dalla nave marina, e Germania e Francia hanno formalizzato la loro disponibilità.
  Lo scorso 25 giugno è stata effettuata la prima partenza post-COVID-19.
  Nessuno dei richiedenti asilo è risultato positivo al COVID-19, mentre 3 di loro non sono stati comunque ritenuti in grado di affrontare il viaggio a causa di altre patologie.
  Si sono organizzate, secondo standard di sicurezza sanitaria, anche le visite delle delegazioni francesi e tedesche, rispettivamente nei Cara di Bari e di Crotone, per le interviste dei migranti sbarcati lo scorso 29 gennaio dalla nave Ocean Viking.
  Ciò posto, per quanto riguarda in particolare il Cara di Bari Palese, la struttura rientra, come noto, tra quelle in cui vengono ospitati i migranti sbarcati nei porti italiani nelle more delle procedure relative alla loro ricollocazione (assieme al CAS di Messina, al Cara di Crotone e ad alcuni centri in provincia di Roma).
  La struttura, ubicata in prossimità dell'aeroporto, è particolarmente indicata per le delegazioni estere che, sulla base di quanto previsto nelle procedure operative, intendono valutare le singole posizioni dei richiedenti asilo anche mediante un'intervista che può svolgersi nell'ambito dello stesso centro.
  La stessa delegazione francese, composta da rappresentanti dell'ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi del Ministero dell'interno francese, in visita a Bari nel periodo 13 gennaio-20 gennaio 2020, era già stata autorizzata altre volte ad effettuare interviste agli ospiti dei Cara e, precisamente, in 5 occasioni, nel mese di novembre e dicembre 2019 e nei mese di gennaio 2020.
  Analoga autorizzazione è stata rilasciata ad una delegazione tedesca in altre due occasioni nel novembre 2019. Altre missioni della stessa delegazione sono state svolte presso il Cara di Crotone e l'
hotspot di Messina.
  Sempre a Bari una delegazione del Lussemburgo ha svolto 3 missioni nei mesi di ottobre e novembre 2019, il Portogallo due, entrambe nel mese di ottobre.
  Tutte le delegazioni hanno svolto le proprie attività sotto il coordinamento delle Autorità italiane (prefetture e questure) e con il supporto delle agenzie europee competenti (Easo ed Ebcga).
  Sulla scorta dei ricollocamenti finora effettuati non si rilevano riscontri sugli asseriti contenuti discriminatori delle interviste ai fini di una possibile selezione dei soggetti più graditi rispetto ad altri, ad esempio in funzione delle capacità professionali o del titolo di studio dichiarato.
  Infine, in ordine all'esecuzione del provvedimento restrittivo a carico di 32 immigrati nigeriani componenti di «due
gang mafiose che avevano stabilito proprio nel Cara di Bari la loro sede operativa», si precisa che uno solo degli stranieri arrestati era ospite dei Centro di accoglienza, mentre gli altri, nel corso del tempo, erano già usciti dalla citata struttura per scadenza e/o revoca dell'accoglienza.
Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è ormai purtroppo ben nota la situazione emergenziale legata alla diffusione del COVID-19 e delle conseguenti limitazioni di alcuni diritti costituzionalmente rilevanti che i cittadini italiani stanno sopportando;

   in forza della superiore difesa del diritto alla salute ex articolo 32 della Costituzione, è in essere la limitazione della libertà di circolazione ex articolo 16 della Costituzione e della libertà d'iniziativa economica ex articolo 41 della Costituzione;

   stanno ormai riprendendo con preoccupante intensità gli ingressi dalla cosiddetta «rotta balcanica» con conseguente aggravamento del rischio di diffusione anche del COVID-19;

   per tutti i nostri concittadini è in vigore la sospensione del Trattato di Schengen ovvero di libera circolazione all'interno del territorio dell'Unione europea, mentre, paradossalmente, rimane di fatto immutata la possibilità di accesso di nuovi richiedenti asilo con tutto ciò che ne consegue in termini di pregiudizio della salute pubblica nel territorio di Trieste;

   tale situazione è inaccettabile, tenuto conto dei pesanti sacrifici che i nostri concittadini stanno sopportando anche alla luce delle prospettive per il proprio futuro lavorativo, se si pensa che, ad esempio, il commercio e il terziario si vedono procrastinata di oltre un mese la possibilità di apertura con protocolli costosi e ancora da definire;

   il Friuli Venezia Giulia è la regione del Nord Italia che sta registrando il più basso numero di contagi e, pertanto, va preservata con fermezza tale situazione;

   in forza della predetta emergenza è stata potenziata la presenza di militari sul territorio dell'originaria ex provincia di Trieste, al fine di controllare il rispetto delle prescrizioni volte al contrasto della diffusione del coronavirus –:

   quali iniziative il Governo sia intenzionato ad adottare affinché si provveda al blocco degli ingressi irregolari provenienti dalla rotta balcanica, tenuto conto della criticità assoluta che tale situazione sta generando in relazione alla possibile diffusione del coronavirus.
(4-05659)

  Risposta. — La gestione del fenomeno migratorio durante l'emergenza epidemiologica si è rivelata particolarmente complessa, anche perché le consuete procedure sono state adeguate alle disposizioni vigenti, con particolare riguardo alle misure di sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario cui devono essere sottoposti gli stranieri che entrano nel territorio dello Stato.
  Con particolare riferimento agli ingressi illegali di cittadini stranieri provenienti dalla cosiddetta «rotta balcanica», va evidenziato che al fine di contrastare la pressione migratoria, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, è stato messo a disposizione del prefetto di Trieste un contingente di 125 militari delle forze armate, che si è aggiunto a quello già operante in provincia nell'ambito dell'operazione «Strade sicure», costituito da 46 militari.
  Inoltre, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica si è provveduto a rimodulare l'impiego del contingente militare, già impegnato nei servizi di vigilanza al confine italo-sloveno, dislocandone un'aliquota pari al 50 per cento nelle aree periferiche di Trieste, a cintura dell'area urbana. A seguito di tale rimodulazione, non si sono più verificati significativi rintracci nel centro della città.
  Sempre in relazione agli ingressi irregolari sul territorio nazionale, a partire dal 4 maggio scorso, il questore di Trieste ha attivato un contingente interforze, con la collaborazione di carabinieri e guardia di finanza, destinato a intervenire nel caso in cui il rintraccio degli stranieri possa avere ripercussioni sull'ordine e la sicurezza pubblica.
  In tale contesto va anche rilevato come l'emergenza sanitaria in atto abbia comportato un'ulteriore adeguamento della prassi operativa, anche a tutela della salute del personale operativo e degli stessi cittadini stranieri. In particolare, prima delle operazioni di identificazione, i migranti rintracciati sono sottoposti a uno
screening sanitario volto ad accertare l'eventuale presenza di sintomi del COVID-19; solo in seguito a tale accertamento, si attivano le procedure amministrative previste dall'ordinamento.
  Al termine delle suddette operazioni, gli stranieri richiedenti la protezione internazionale sono affidati a una delle strutture appositamente individuate dalla prefettura di Trieste per trascorrere il periodo di isolamento fiduciario e sorveglianza sanitaria ai sensi delle vigenti disposizioni.
  Si soggiunge che da alcune settimane sono state accelerate le procedure di riammissione in Slovenia degli stranieri rintracciati lungo la fascia confinaria.
  L'attuale prassi operativa sta consentendo la riammissione di una rilevante percentuale di quanti hanno fatto ingresso irregolare in territorio nazionale, con esclusione dei minori stranieri non accompagnati e dei migranti che risultano positivi al sistema EURODAC e per i quali vengono avviati i percorsi previsti dalla normativa vigente.
  Si rappresenta, inoltre, che sono attualmente in corso contatti con le autorità di polizia slovene per valutare la possibilità di riattivare, quanto prima, i pattugliamenti misti lungo la fascia confinaria delle provincie di Trieste e di Gorizia, interrotti a far data dal 12 marzo scorso a causa dell'epidemia da COVID-19.
  In conclusione, si assicura che il Governo italiano sta lavorando con quello sloveno in un clima di piena collaborazione e che, in ogni caso, l'attenzione dei Ministero dell'interno resta costante ed elevata sulle questioni sollevate nell'interrogazione, al fine di garantire soluzioni più idonee e più efficaci per la gestione congiunta del fenomeno migratorio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2020 si celebra il 250° anniversario della morte di Giuseppe Tartini, violinista e compositore italiano, nato nel 1692 a Pirano e morto nel 1770 a Padova, entrambe città della Repubblica di Venezia;

   a Pirano, ora cittadina della Repubblica di Slovenia sita sulla costa adriatica, dal 1946 è presente la Comunità italiana (Ci) «Giuseppe Tartini», il cui obiettivo è tuttora la salvaguardia della lingua e della cultura italiana;

   la Ci rappresenta un punto di riferimento per le necessità culturali e sociali degli appartenenti al gruppo nazionale italiano, si occupa di valorizzare le tradizioni e la cultura italiana, oltre alla promozione e alla difesa dei diritti specifici della popolazione autoctona di nazionalità italiana, quali bilinguismo, rete scolastica italiana, istituzioni comuni;

   nell'ambito del programma Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020 è co-finanziato il progetto «tARTini: Turismo culturale all'insegna di Giuseppe Tartini», il cui obiettivo è la valorizzazione dell'eredità culturale del grande violinista e compositore piranese la cui partnership progettuale ha il comune di Pirano quale capofila e vede la collaborazione di vari enti italiani e sloveni: la Comunità degli italiani di Pirano, il Festival di Lubiana, il Conservatorio «Giuseppe Tartini» di Trieste, l'Università degli studi di Padova e il segretariato dell'InCE;

   nel progetto «tARTini» sono stati inclusi i lavori di ristrutturazione e riqualificazione in polo museale della casa natale del musicista piranese, storica sede della locale Comunità italiana, e l'emittente ufficiale in lingua italiana Radio Capodistria riferisce che dal progetto «tARTini» dovevano giungere «al Comune di Pirano 1.200.000 euro di fondi, di cui una fetta consistente sarebbe stata concessa anche alla Comunità degli Italiani»;

   la Ci avrebbe dovuto occuparsi di seguire direttamente il progetto di recupero, ma inspiegabilmente ciò è stato fatto invece dal comune di Pirano, con il risultato che sui pannelli esplicativi del percorso museale, Casa Tartini è diventata solo «Hiša Tartini» in sloveno, con il testo dei pannelli prima in sloveno e poi in italiano, con smaccati errori grammaticali:

   al momento, ad inaugurazione avvenuta, a quanto consta all'insegnante, nulla è stato rimosso o modificato e il percorso museale resta chiuso –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto avvenuto a Pirano e se sia concorde con tale gestione dei fondi di un programma comunitario come Interreg V-A Italia-Slovenia al cui finanziamento il nostro Paese contribuisce in quantità molto rilevante;

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda intervenire sulla questione specifica e se si intenda cogliere l'occasione per attuare un monitoraggio più attento dell'utilizzo delle risorse nazionali destinate alla valorizzazione e alla tutela della lingua e della cultura italiana nei Paesi dell'ex-Jugoslavia, affinché, ove previsto, sia rispettato l'indirizzo che impone il rispetto del bilinguismo.
(4-04453)

  Risposta. — Il finanziamento del percorso museale della «Casa Tartini» a Pirano in Slovenia è avvenuto, come l'interrogante ricorda, tramite il programma Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020.
  Il comune di Pirano, in conformità alle leggi vigenti in Slovenia, ha pubblicato la gara d'appalto e scelto in autonomia l'esecutore ai fini della messa in opera del percorso museale (testi, pannelli, grafica, contenuti, foto, e altro). Occorre sottolineare che per l'inaugurazione, organizzata dal comune di Pirano in qualità di capofila del Progetto, il vincitore della gara d'appalto ha installato i pannelli con i contenuti descrittivi del percorso museale la notte precedente l'inaugurazione ufficiale. Gli organizzatori si sono impegnati ad intervenire per il rifacimento completo di tutti i testi e del logo subito dopo la cerimonia. Allo stato attuale, tutto il materiale afferente alla comunicazione (pannelli, testi, grafica e contenuti), è stato attentamente rivisto, mantenendo in particolare solo la denominazione in italiano nel logo della «Casa Tartini».
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale conferma nell'occasione la massima attenzione per la valorizzazione della lingua italiana in tutti i progetti sostenuti con i fondi della legge n. 73 del 2001 e nei confronti della minoranza italiana in Slovenia, da ultimo testimoniata dall'incontro avuto il 6 giugno 2020 dal Ministro Di Maio a Lubiana con l'onorevole Ziza, eletto nel 2018 al Parlamento sloveno in rappresentanza della Comunità nazionale italiana. Il tema sarà al centro anche dei miei prossimi colloqui con lo stesso onorevole Ziza e con il Presidente dell'Unione italiana, Maurizio Tremul.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   SUT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 5 aprile 2020, il sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani pubblicava alle 19,44, sulla personale Pagina fan del social network «Facebook» (@alessandro.ciriani.5), un contenuto di pubblico dominio, poi accompagnato da alcuni commenti di altri utenti della piattaforma;

   tra questi, un utente della pagina, con tono amicale, commentava il post del sindaco Ciriani, riportando le seguenti affermazioni: «Facciamo così. Prendo un po' di alpini, parà e carabinieri, coi c... quadrati. Facciamo un salto a Montecitorio con una dozzina di carri armati. Destituiamo quei quattro farabutti inetti traditori della patria. Sistemate due cosine che so io, ci mettiamo te, Alessandro, a capo del Governo, lo intanto riapro la zecca nazionale, e ricomincio a stampare le Lire, e tu comunichi l'uscita unilaterale dell'Italia dall'Eurozona»;

   di seguito, Alessandro Ciriani replicava: «Ovviamente, ci portiamo dietro Max!». E poi, di seguito: «E una folta squadra di avvocati!»;

   le succitate risposte del sindaco Ciriani, successivamente rimosse assieme al commento iniziale postato dall'utente, sono state però fotografate da alcuni fruitori del social attraverso lo strumento di cattura, disponibile sui supporti digitali;

   l'episodio è stato oggetto dei commenti negativi di vari esponenti politici afferenti ai diversi schieramenti della scena regionale del Friuli Venezia Giulia, concordi nello stigmatizzare il comportamento del sindaco di Pordenone;

   il sindaco di Pordenone replicava alle suddette reazioni, dichiarando: «Se non sa distinguere una battuta che esclude qualsiasi aggancio con la realtà da un tentativo di golpe, offende me e la sua intelligenza. Non mi faccio intimidire dai moralisti del web come Lei, dai guardiani del pensiero che chiudono gli occhi dinanzi a intere pagine di insulti politici (reali) nei miei confronti. Se siamo arrivati a meschinità come l'indignazione per battute che tali sono e restano, è perché non avete altri argomenti per attaccarmi. La questione finisce qui. La gente muore, i cittadini sono reclusi, io sono h24 a disposizione della mia comunità e non ho bisogno del vostro ditino alzato per mostrare il mio impegno istituzionale e il rispetto del mio ruolo, oggi come ieri»;

   il tenore verosimilmente ironico delle predette esternazioni, intercorse tra l'utente Facebook e il sindaco Ciriani, è avvenuto in un contesto di socialità virtuale, quale si configura essere un social network, sebbene strumento ormai acclarato di diffusione contenutistica da parte delle istituzioni e dei suoi rappresentanti;

   nonostante tale contestualizzazione, il contenuto espresso esplicitamente dal sindaco di Pordenone si configura, ad avviso dell'interrogante, quale commento dell'evidente paventare, da parte dell'utente Facebook, un atto sovversivo verso l'ordinamento politico della Repubblica italiana, da attuarsi attraverso l'uso di Forze militari a destituzione del Parlamento e del Governo –:

   se sia a conoscenza dell'episodio esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in considerazione della carica pubblica ricoperta dal sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani e delle connesse responsabilità.
(4-05286)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si evidenzia, in primo luogo, come il sindaco di Pordenone, Alessandro Ciriani, sia stato eletto nel 2016 a capo di una coalizione di centro destra, nell'ambito di una lista civica.
  Il 5 aprile 2020, in una conversazione pubblica sul profilo Facebook ufficiale dello stesso sindaco, vi è stato uno scambio di commenti con un cittadino, i cui contenuti sono riportati nell'atto di sindacato ispettivo.
  A seguito degli accertamenti svolti si è potuto constatare come i post citati nell'interrogazione siano stati cancellati dagli stessi autori dopo breve tempo, anche se i commenti sono stati richiamati in altri profili Facebook.
  Ciò ha provocato una polemica che ha coinvolto diversi iscritti nel predetto
social network, ed è stata riportata da alcuni organi di stampa locale e regionale.
  Il sindaco di Pordenone ha risposto alle polemiche con un post, cui non sono seguite repliche, con il quale ha affermato «non sono ammessi altri commenti. Si è già perso troppo tempo per una montatura».
  Al riguardo, il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno non ha ricevuto alcuna segnalazione.
  Più in generale, in merito alle attività di prevenzione e contrasto dei crimini d'odio sul
web, si assicura che il Ministero dell'interno effettua un monitoraggio attivo della rete e riceve, tramite il portale del Commissariato di Pubblica sicurezza online, le segnalazioni dei cittadini, inoltre, approfondisce a livello investigativo le segnalazioni dell'Unar (Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali), organismo della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori).
  In conclusione, nello stigmatizzare l'episodio in esame, non può non essere richiamata l'attenzione sulla delicatezza e la rilevanza delle dichiarazioni rilasciate da rappresentanti delle istituzioni, anche tramite l'utilizzo dei
social network, soprattutto in considerazione della diffusione ed immediatezza dei contenuti divulgati attraverso i medesimi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   TONELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente il settimanale Panorama ha pubblicato un'inchiesta giornalistica nella quale si è dato conto di una vera e propria truffa con cui un'organizzazione, ramificata tra Italia e Brasile, tramite falsi consulenti, documenti contraffatti e residenze fittizie, ha garantito e fatto ottenere la cittadinanza italiana iure sanguinis, di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a) della legge n. 91 del 1992, a migliaia di cittadini brasiliani, per un giro di affari, si stima, di circa 250 milioni di euro;

   secondo quanto emerso anche dalle operazioni «Super Santos» e «Carioca», condotte dalla polizia tra Lombardia e il Piemonte, grazie alle quali si è potuto sventare tale organizzazione e procedere a numerosi arresti e a migliaia di denunce, la truffa ha coinvolto centinaia di piccoli e medi comuni italiani;

   tuttavia, secondo le dichiarazioni rilasciate alla stampa dal sindaco di Val di Zoldo, in provincia di Belluno, che ha denunciato al settimanale Panorama la vicenda dell'iscrizione anagrafica in massa di brasiliani nel suo comune e il metodo di alcuni intermediari che falsificavano i documenti, il problema non sarebbe da ricondurre solo all'esistenza di tale organizzazione, bensì risalirebbe anche ad alcune circolari del Ministero dell'interno pro tempore;

   in particolare, il sindaco cita la circolare n. 32 del 13 giugno 2007, recante «Soppressione del permesso di soggiorno per turismo. Iscrizione anagrafica dei discendenti di cittadini italiani per nascita», la quale stabilisce che la ricevuta della dichiarazione di presenza per soggiorni brevi per turismo, ossia fino a tre mesi, resa alla frontiera o in questura, costituisce titolo utile ai fini dell'iscrizione anagrafica di coloro che intendono avviare in Italia il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis e ciò sarebbe «in palese conflitto con le norme che prevedono per l'iscrizione anagrafica il requisito della dimora abituale. È infatti lapalissiano che una persona che soggiorna per un periodo massimo di tre mesi non dimori abitualmente in Italia»;

   già nella bozza del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 era stata prevista la limitazione alla possibilità di chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza in linea retta di secondo grado;

   sempre secondo quanto riportato dalla stampa, «fonti» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbero precisato che «la nostra rete diplomatico-consolare, in particolare in Brasile, sta promuovendo con la massima determinazione misure di contrasto a tali fenomeni. I nostro consolati sono inoltre da tempo attivi per la segnalazione degli episodi di illegalità» –:

   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano già assunto o intendano assumere, anche normative per quanto di competenza, con riguardi alle disposizioni di cui alla circolare n. 32 del 13 giugno 2007 per i rilievi esposti in premessa e avuto riguardo a quanto emerso a seguito delle operazioni «Super Santos» e «Carioca», sia in merito alle misure già adottate o da adottarsi per contrastare la preoccupante diffusione di attività di intermediazione di dubbia legittimità volte alla concessione della cittadinanza iure sanguinis.
(4-04662)

  Risposta. — Per quanto riguarda gli aspetti di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il quale non ha responsabilità primaria in materia di cittadinanza e di permessi di soggiorno utili ai fini dell'iscrizione anagrafica di coloro che intendono presentare istanza di riconoscimento di cittadinanza in Italia secondo il criterio dello ius sanguinis, occorre anzitutto precisare che i dati riportati dai servizi giornalistici cui fa riferimento l'interrogante non sembrano corrispondere a quelli a disposizione del Ministero. Gli aspiranti in attesa di convocazione nelle sedi brasiliane, ad esempio, sono oltre 200.000 e non 70.000.
  Il preoccupante fenomeno delle cittadinanze irregolarmente riconosciute si produce inoltre, nella quasi totalità dei casi, sul territorio nazionale, al di fuori dell'area di azione della rete diplomatico-consolare.
  Da diverse indagini risulta appurato che spesso i soggetti interessati, pur senza recarsi nel nostro Paese, hanno ottenuto comunque in Italia il riconoscimento della cittadinanza italiana. Si tratta di dinamiche rispetto alle quali Ambasciate e Consolati, evidentemente, non possono avere né esatta contezza né potere di contrasto. Risulta, inoltre, che una simile dinamica non sia limitata né ai richiedenti residenti in Brasile o nel solo Sud America, né alle richieste di cittadinanza.
  Tutto ciò premesso, in varie occasioni sia l'ambasciata a Brasilia sia la rete consolare dipendente hanno collaborato attivamente, per quanto nei propri mezzi, con le autorità di polizia al fine di contrastare l'attività di contraffazione documentale, così come il fenomeno delle false residenze in Italia. È infatti attivo un meccanismo di monitoraggio da parte delle nostre rappresentanze diplomatico consolari sulle cittadinanze italiane riconosciute in Italia a favore di cittadini brasiliani. Vi sono in aggiunta numerose iniziative a livello centrale, assunte da parte della Farnesina per potenziare la collaborazione con le autorità competenti.
  Alcune testate giornalistiche hanno concentrato la loro attenzione sugli uffici consolari italiani in Brasile, sollevando dubbi sull'operato in materia di cittadinanza
iure sanguinis. In particolare, a fronte di lunghi tempi di convocazione per la presentazione della domanda di cittadinanza italiana presso i consolati, gli autori hanno adombrato l'intermediazione di ditte esterne che dietro un cospicuo pagamento si impegnerebbero ad ottenere appuntamenti a breve termine per la presentazione di domande di cittadinanza tramite il portale ministeriale «prenota online»,
  Si tratta in realtà di un fenomeno, quello della presenza di intermediazione, noto e più volte segnalato e contro il, quale le sedi consolari sono impegnate in un'azione di costante e fermo contrasto. Esistono alcune agenzie di intermediazione che sfruttano sistemi informatici più sofisticati e con bande di connessione più potenti per «sottrarre» al normale utente gli appuntamenti messi a disposizione dalla rete per l'erogazione di servizi consolari sul sistema prenota
online. Il risultato è che l'utente si vede costretto a rivolgersi alle ditte stesse per avere un appuntamento. Anche rispetto a tale fenomeno la rete consolare in Brasile mette in campo azioni di contrasto, dalla mappatura di siti all'individuazione di sistemi di prenotazione, quali la videochiamata, che escludano l'intromissione di intermediari nei servizi consolari erogati.
  Va sottolineato, tuttavia, che il sistema di prenotazione telematico «prenota online» è utilizzato per la cittadinanza
iure sanguinis solo da due sedi consolari sulle sette presenti in Brasile (Consolato Generale a Rio de Janeiro e Consolato a Belo Horizonte), avendo adottato le restanti cinque un sistema di lista di attesa liberamente accessibile mediante rinvio di apposita richiesta scritta al consolato.
  Per quanto riguarda le cittadinanze fittizie riconosciute sul territorio nazionale, le stesse sembrano riconducibili non tanto al ritardo con cui gli uffici consolari operano, quanto piuttosto alla presentazione di documentazione non genuina. Gli addetti consolari, che hanno una migliore conoscenza del contesto locale, intercetterebbero presumibilmente con maggiore facilità la documentazione falsa.
  Secondo quanto condiviso dal Ministero dell'interno, a seguito delle dichiarazioni alla stampa da parte del sindaco di Val di Zondo la prefettura di Belluno ha disposto nel 2018 una ricognizione del fenomeno presso i comuni dalla quale è emerso, a livello provinciale, un quadro non del tutto omogeneo. Le istanze in questione (294 nel periodo 1° gennaio 2014 - 20 febbraio 2018) risultavano concentrarsi in soli 21 del 64 comuni della provincia (262 delle 294 istanze erano peraltro state presentate in soli sette comuni: Belluno, Lamon, Val di Zoldo, Arsiè, Sovramonte, Longarone, Val del Grappa). La questione era resa complessa anche dal fatto che il 14 aprile 2016 era nel frattempo entrata in vigore per il Brasile la Convenzione dell'Aja del 1961 sull'abolizione della legalizzazione degli atti pubblici stranieri (cosiddetta Apostille). Gli uffici consolari italiani, di conseguenza, non legalizzavano più i certificati di stato civile necessari e non era pertanto più possibile effettuare un controllo preventivo sull'autenticità dei documenti.
  Sebbene le dimensioni della problematica non fossero tali da destare particolare allarme sotto il profilo delle possibili ripercussioni sulla funzionalità degli uffici coinvolti, la concentrazione delle richieste in pochi comuni e l'accertata presenza in provincia di persone che fungevano da procuratori degli interessati ha richiesto l'adozione di cautele volte ad evitare possibili elusioni della legge e, di conseguenza, il riconoscimento della cittadinanza italiana a persone che avrebbero potuto non averne titolo.
  È stato in primo luogo chiesto ai comuni, in raccordo con la questura, di segnalare tempestivamente ogni caso in cui sorgessero dubbi sull'autenticità dei documenti, al fine di eseguire i dovuti approfondimenti. Sotto un profilo più strettamente attinente al procedimento amministrativo, è stata diramata ai sindaci una circolare contenente alcuni indirizzi operativi. Muovendo dal presupposto dell'effettività della residenza quale requisito imprescindibile per il riconoscimento della cittadinanza italiana, queste direttive hanno offerto ai comuni della provincia di Belluno un ulteriore strumento a garanzia della legalità.
  A seguito della circolare, il Ministero dell'interno conferma che non sono state segnalate dai sindaci ulteriori criticità connesse alla problematica oggetto dell'interrogazione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   VINCI e CANTALAMESSA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   assurge in questi giorni alle cronache una singolare vicenda che ha come doloroso soggetto il castello Baronale di Altavilla Silentina (Salerno), che sarebbe a rischio di decadenza dopo essere stato sottoposto ad abusi edilizi ed architettonici di inaudita gravità;

   negli anni 2014 e 2016 la competente Soprintendenza ai beni culturali di Salerno, Avellino e Benevento aveva segnalato e formalmente denunciato alle autorità competenti come il bene fosse stato criminosamente leso, impartendo, con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo Prot. n. 024807 del 26 settembre 2014 ed ai sensi dell'articolo 160, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, l'ordine alla società Tele A spa, di Alfredo Abbaneo di ripristinare lo stato originario del bene dopo gravi abusi edilizi. Trascorsi due anni invano la stessa Soprintendenza, con atto Prot. n. 604/E/1 del luglio 2016, comunicava la nullità di due atti di compravendita, invitando il comune di Altavilla Silentina, l'Amministrazione provinciale e la regione Campania ad avvalersi, ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo n. 42 del 2004, del diritto di prelazione sull'acquisto del bene;

   il 4 settembre del 2019 il settimanale Panorama ha pubblicato un articolo a firma del giornalista Antonio Amorosi con il titolo «Salvate quel castello dal disastro». In esso si ripercorre l'incredibile storia del castello di Altavilla, dalla nobile ed impareggiabile origine medioevale, passando per i potenti possessori che l'hanno avuto (Famiglia Colonna) ed i fasti ricoperti durante la seconda guerra mondiale (operazione Avalanche), fino al tragico epilogo degli abusi e delle violazioni che sta subendo oggi;

   il castello è stato acquistato nel 1999 dalla società «Tele A srl» di Alfredo Abbaneo al prezzo di 258.000 euro, al fine di ristrutturarlo per finalità turistico-alberghiere anche con il supporto di fondi pubblici;

   il suddetto Abbaneo avrebbe ottenuto dal comune di Altavilla Silentina il cambio di destinazione d'uso del castello ad attività turistico-alberghiera nel 2002 e avrebbe dato seguito ai lavori di ristrutturazione nel 2003, pare in violazione delle norme di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

   nel 2005 la citata Soprintendenza avrebbe effettuato specifici sopralluoghi accertando l'effettività dei predetti abusi chiamandoli come «inutile oltraggio» e formalizzando esposti formali alla procura della Repubblica di Salerno e alla polizia municipale di Altavilla Silentina;

   la società Tele A srl, proprietaria del castello, è ricorsa al Tar ottenendo una sospensiva degli atti summenzionati e nello stesso tempo pare abbia effettuato una scissione, passando l'immobile ad una nuova ditta denominata «Immobiliare Tele A srl» e quest'ultima l'avrebbe venduto per 990.000 euro alla Esuberanza kft, una società ungherese con sede a Budapest e con capitale sociale di 10.000 euro, con socio unico tale Filomena Abbaneo (parente di Alfredo Abbaneo);

   da ultimo, risulterebbe che attualmente il castello sia gravato da un'ipoteca di euro 549.852, dovuta alla messa in mora di «Immobiliare Tele A srl» da parte di Equitalia per tributi non versati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave vicenda descritta in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere con riguardo a quanto esposto in premessa circa la sorte del castello Baronale di Altavilla Silentina, verificando eventuali possibili soluzioni per una sua restituzione alla collettività ovvero per un'acquisizione al patrimonio dei beni culturali ed architettonici pubblici tutelati, esercitando i poteri di vigilanza previsti dalla legge.
(4-03846)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende assumere, per quanto di competenza, riguardo al castello baronale di Altavilla Silentina, oggetto negli ultimi anni di notevoli interventi di restauro non autorizzati.
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avallino, si rappresenta quanto segue.
  Il Castello, di origine normanna, fu trasformato nel primo ottocento in residenza dalla famiglia Mottola, che ne conservò la proprietà fino al 1999, anno in cui l'immobile passò alla società «Tele A», di Alfredo Abbaneo; attualmente è detenuto dalla società «Esuberanza», con sede in Bulgaria e intestata alla signora Filomena Abbaneo, parente del precedente proprietario.
  L'edificio è sottoposto, fin dal 1913, a provvedimento di tutela diretta, confermato nuovamente e trascritto ai sensi della legge n. 1089 del 1939, senza tuttavia un'annotazione catastale che specifichi le particelle interessate dal vincolo.
  Malgrado il vincolo, l'edificio è stato oggetto nel corso del tempo di numerosi interventi di trasformazione, con la creazione di aperture in facciata e l'inserimento di nuovi orizzontamenti e di corpi scala interni
  Nel settembre 2003 la Soprintendenza aveva autorizzato, con la prescrizione di «recuperare e consolidare tutti i solai in legno e gli infissi esterni in discrete condizioni di conservazione», un progetto che prevedeva interventi di restauro e cambio di destinazione d'uso con la trasformazione del castello in struttura ricettiva. La Soprintendenza però non ricevette il progetto di consolidamento strutturale, che era stato depositato al Genio civile e trasmesso al solo comune e non fu avvisata della data di inizio dei lavori, per cui non fece i previsti sopralluoghi legati all'alta sorveglianza del cantiere. Tali lavori hanno comportato la sostituzione dei solai in legno con solai in acciaio e laterizio e il rifacimento di parte delle coperture.
  Solo nel 2014, a seguito di sopralluoghi congiunti della Soprintendenza competente e del comune, è stato avviato un procedimento sanzionatorio, con ordine di reintegrazione per tutte le opere eseguite in difformità ai sensi dell'articolo 160 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Contro il decreto sanzionatorio, emesso il 16 settembre 2014, dall'allora direzione generale Belle arti e paesaggio, la proprietà è ricorsa al Tar, ottenendo la sospensiva.
  A seguito di alcuni incontri fra soprintendenza e proprietà, quest'ultima ha manifestato la volontà di dare seguito alle sanzioni sia ripristinatorie sia pecuniarie, sulla base di un nuovo avvio di procedimento ai sensi sempre dell'articolo 160, commi 1 e 4, che ha perfezionato l'iter della nuova e maggiore quantificazione della sanzione pecuniaria e si è provveduto a redigere un computo di massima dal quale sia possibile evincere il costo della sanzione ripristinatoria.
  Per quanto riguarda l'eventuale ipoteca che graverebbe sul castello, la Soprintendenza non ne è a conoscenza, anche se, ai sensi dell'articolo 56 del decreto legislativo n. 42 del 2004, trattandosi di proprietà privata, la comunicazione di costituzione di ipoteca non è obbligatoria ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla stessa.
  Il Comune ha valutato in più occasioni la possibilità di acquisire il castello, sia per compravendita diretta dagli eredi Mottola, sia esercitando la prelazione rispetto alla compravendita effettuata dal legale rappresentante del «Tele A» e primo acquirente del castello, ma non lo ha fatto, presumibilmente per le difficoltà legate ai costi ordinari di gestione di una struttura così articolata e complessa. Qualora il comune si manifestasse però intenzionato a procedere con l'acquisizione, avrebbe il sostegno e il supporto della Soprintendenza, con la quale già collabora da anni per valorizzare il patrimonio storico artistico e archeologico dell'area. L'acquisizione allo Stato lascerebbe invece ancora a lungo insoluto il problema del completamento del recupero successivo alla rimessa in pristino, data l'esiguità dei fondi di cui dispongono le singole Soprintendenza.
  Si ritiene tuttavia che, se ben condotto, sulla base di un recupero dell'immobile rispettoso della sua storia, anche un intervento di imprenditoria privata potrebbe portare alla comunità di Altavilla Silentina e non solo un indotto economico legato alle presenze turistiche, creando i presupposti per ulteriori attività di valorizzazione degli ambiti interni.
  Trattandosi di un palinsesto che ancorché pesantemente rimaneggiato anche prima degli interventi abusivi più recenti, affonda le proprie radici in epoca medievale, la Soprintendenza farà il possibile affinché sia possibile attivare accordi con il dipartimento di scienza del patrimonio culturale dell'Università degli studi di Salerno, al fine di riuscire a condurre, nel corso dei lavori di restauro, indagini s
pecialistiche approfondite, in analogia a quanto è già avvenuto negli ultimi anni in molte occasioni. Questo nell'intento di acquisire informazioni e nuove conoscenze sulle fasi costruttive del castello che, al di là degli ultimi pesanti interventi, continua a rappresentare un esempio estremamente interessante di palazzo fortificato.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   ZAN e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 febbraio 2020 l'ospedale «Madre Teresa di Calcutta», sito in località Schiavonia (comune di Monselice, provincia di Padova), è stato, tramite ordinanza del Ministro della salute d'intesa con il presidente della regione Veneto, di fatto convertito in Covid-hospital, ossia una struttura interamente dedicata al trattamento dei pazienti affetti da coronavirus;

   prima di tale conversione, la struttura sopra citata fungeva da presidio ospedaliero per un bacino di utenza di circa 180 mila abitanti, in particolare per quei cittadini residenti nei comuni compresi nel distretto 5 della Ulss 6 Euganea;

   ad oggi, a questo bacino di utenza non sono garantiti servizi sanitari primari ed essenziali, come un pronto soccorso;

   alle ore 12 del 9 aprile 2020 si è svolta nei pressi dell'ospedale «Madre Teresa di Calcutta» una conferenza stampa di venti sindaci dei comuni del distretto 5 (ex Ulss17) atta a sensibilizzare l'opinione pubblica e i vertici istituzionali e sanitari della regione Veneto circa la necessità di garantire ai cittadini un presidio ospedaliero e servizi sanitari essenziali; a parere degli interroganti tale conferenza stampa si è svolta nel pieno rispetto delle disposizioni di sicurezza contro il COVID-19, essendo stati questi sindaci a una distanza tra loro di oltre due metri e protetti dai dispositivi di sicurezza personali prescritti dalla legge;

   in tale occasione è intervenuto il comandante della polizia locale del comune di Monselice, vice commissario Albino Corradin, e ha bloccato la conferenza stampa sopra descritta, tramite un sopralluogo di una pattuglia della polizia locale, che ha identificato i sindaci presenti, rilasciando loro conseguente verbale;

   alla conferenza stampa era presente anche Nicola Cesaro, corrispondente del quotidiano locale Il Mattino di Padova, anch'egli identificato dagli agenti della polizia locale;

   a parere degli interroganti, il sopra descritto intervento della polizia locale potrebbe aver ostacolato le funzioni di questi sindaci in quanto responsabili della condizione di salute della popolazione dei propri territori e leso il diritto di cronaca sancito dall'articolo 21 della Costituzione –:

   se il Governo sia informato dei fatti sopra descritti, se e quali segnalazioni siano state inviate al prefetto e quali iniziative di competenza si intendano porre in essere in relazione a quanto esposto in premessa, alla luce delle funzioni di coordinamento e monitoraggio dell'attuazione delle misure di contenimento spettanti alle prefetture.
(4-05271)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'episodio al quale fa riferimento l'interrogante risale al 9 aprile 2020, quando un gruppo di sindaci della provincia di Padova, in rappresentanza di 20 comuni, si sono dati appuntamento per una conferenza stampa a Monselice (PD), località Schiavonia, dinanzi all'ospedale «Madre Teresa di Calcutta» che, fin dal primi giorni dell'emergenza connessa alla diffusione del contagio da COVID-19, è stato convertito in struttura dedicata esclusivamente alla cura di pazienti affetti da coronavirus.
  Lo scopo dell'iniziativa. era quello di sensibilizzare i vertici della sanità regionale circa la necessità di garantire sul territorio i servizi sanitari essenziali e nasceva dalla preoccupazione per la scelta di convertire in un Covid-
hospital la citata struttura ospedaliera che, prima dell'emergenza sanitaria, fungeva da presidio ospedaliero con un bacino di circa 200 mila utenti.
  La conferenza stampa, tuttavia, non ha avuto luogo per l'intervento della Polizia locale di Monselice che, considerando l'iniziativa in contrasto con il vigente divieto di assembramento, ha invitato i sindaci a rientrare nelle proprie sedi. A fronte del rifiuto di questi ultimi, gli agenti hanno provveduto a redigere un verbale di sopralluogo e hanno chiesto agli interessati di compilare il modulo di autocertificazione previsto dalle disposizioni in materia di contenimento dell'epidemia, allo scopo di verificare se ci fossero state violazioni circa il divieto di spostamento dal proprio comune o se, al contrario, ricorressero le comprovate esigenze previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020.
  La stessa autocertificazione è stata richiesta anche all'inviato del «
Mattino di Padova» ma, secondo quanto riferito dal sindaco di Monselice, al giornalista non sarebbe stato in alcun modo impedito di svolgere la propria attività giornalistica.
  Il comando della Polizia locale di Monselice ha precisato di aver sempre operato correttamente, nell'ambito dell'attività di vigilanza e di controllo relativa all'applicazione delle misure di contenimento della diffusione del Covid.
  I sindaci, dal canto loro, hanno ribadito di aver agito quali autorità sanitarie, nell'esercizio delle proprie funzioni, a difesa del diritto alla salute dei propri cittadini, e di aver rispettato il distanziamento sociale e l'obbligo di indossare i prescritti dispositivi di protezione individuale.
  Nella specifica circostanza, la polizia locale si è limitata a redigere un verbale di sopralluogo, non ritenendo di dover procedere all'accertamento delle violazioni amministrative ai sensi dell'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, espressamente richiamato dall'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, in quanto le motivazioni addotte dai primi cittadini apparivano fondate.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   ZIELLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'area archeologica del Bastione e dell'Antiquarium di Marti, nel comune di Montopoli in Valdarno, provincia di Pisa, è stata recuperata e resa fruibile al pubblico nel quadro del programma di sviluppo sostenuto dal fondo a vantaggio delle aree sotto utilizzate;

   per la migliore fruibilità del sito è stato realizzato un percorso che segue l'antica strada lungo la collina fino a salire alla rocca del Bastione, da cui ammirare la pieve medievale e la vallata sottostante;

   si tratta di un qualificante intervento di recupero di un'area che fu anche insediamento etrusco, un'area di notevole interesse archeologica oltre che di interesse turistico;

   il cosiddetto Bastione è ciò che resta di un antico e fondamentale castello, l'ultimo e più occidentale avamposto pisano nel territorio del Valdarno;

   venduto alla Repubblica di Pisa nel 1280 dalla famiglia degli Upezzinghi, il borgo e il castello rimasero fedeli alla città della Torre fino alla seconda e definitiva sconfitta di Pisa ai primi del Cinquecento. Fu allora che i fiorentini ordinarono ai montopolesi, da tempo alleati della città del Giglio, di smantellare pezzo per pezzo il fortilizio e le tre cerchie di mura degli odiati vicini;

   tuttavia, l'intera zona archeologica versa da tempo in condizioni di degrado e di abbandono che rendono difficile la gestione e la fruibilità da parte dei turisti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare sia per la tutela degli scavi e dei resti del Bastione che per la promozione turistica del plesso.
(4-04839)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questa amministrazione intende adottare per la tutela degli scavi e dei resti del Bastione e dell'antiquarium di Marti.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, si rappresenta quanto segue.
  L'area archeologica del Bastione di Marti è costituita da un percorso attrezzato che permette la fruizione di tre evidenze di natura storico-archeologica:

    la cosiddetta tomba etrusca di Gina, una fornace per mattoni di epoca medievale. Trattasi di una struttura ipogea chiusa da una cancellata e fruibile solo dall'esterno. L'interno non è visitabile per problemi di sicurezza: la fornace medievale, osservabile dal percorso attrezzato, è recintata e coperta da apposita tettoia per assicurarne la protezione dagli agenti atmosferici;

    una porzione del muro di cinta della Rocca del Bastione, fornito anch'esso di parapetto e copertura;

    un antiquarium che raccoglie, conserva ed espone in mostre temporanee i reperti provenienti dagli scavi del castello di Marti.
    Per quanto riguarda la gestione, la cura e la manutenzione del percorso sul colle del «Bastione», di proprietà del comune di Montopoli in Valdarno, questa è in capo all'amministrazione comunale.
    Da informazioni assunte presso la direzione del museo civico di Montopoli in Val d'Arno, l'area archeologica in questione è sottoposta, annualmente, con l'ausilio di personale specializzato, ad operazioni di diserbo.
    Analogamente, il percorso, fornito di pannelli didattico-informativi, viene periodicamente, sottoposto ad operazioni di pulitura e falciatura.
    Riguardo, infine, alle attività di promozione turistica del plesso, all'area è dedicata una sezione del sito del sistema museale del Valdarno di Sotto, recentissimo strumento di prima informazione sui beni culturali del territorio, finalizzato ad una loro più efficace fruizione attraverso percorsi di visita personalizzati.
    Dalla sua inaugurazione nel dicembre 2017, inoltre, l'area ha ospitato eventi culturali, in particolare estivi, quali ad esempio conferenze e attività didattiche nell'ambito delle «Notti dell'archeologia», programma culturale incentrato sul patrimonio archeologico, promosso annualmente dalla regione Toscana.
    Esposto quanto precede, si assicura la piena disponibilità e collaborazione di questa amministrazione, per il tramite dei propri uffici territoriali, all'integrazione delle politiche di valorizzazione del territorio.
    

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.