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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 14 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il rilancio del sistema economico italiano, oggi gravemente indebolito dalle conseguenze determinate dall'emergenza sanitaria da COVID-19, passa dalla realizzazione di tutte le opere pubbliche, così da colmare il gap infrastrutturale che caratterizza l'Italia;

    tra gli interventi infrastrutturali di maggiore interesse per i benefici e le ricadute per cittadini ed imprese rientra indubbiamente il Ponte sullo Stretto di Messina, la strategicità del quale è stata riconosciuta ai sensi della legge obiettivo n. 443 del 2001;

    il progetto prevede la realizzazione di un ponte sospeso a campata centrale unica di lunghezza pari a 3.300 metri, con un impalcato di complessivi 3.666 metri lineari, campate laterali comprese, e una larghezza di 60 metri lineari; la sezione stradale dell'impalcato è composta da tre corsie per ogni carreggiata (due di marcia ed una di emergenza), mentre la sezione ferroviaria comprende due binari con due marciapiedi laterali pedonabili;

    il progetto ricomprende le opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano (circa 40 chilometri), in massima parte in galleria, per assicurare il collegamento del ponte al nuovo tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria ed alla prevista linea ferroviaria AV/AC Napoli-Reggio Calabria, da un lato, e alle tratte autostradali Messina-Catania e Messina-Palermo nonché alla prevista nuova stazione ferroviaria di Messina, dall'altro;

    nell'impostazione originaria, si prevede la realizzazione del Ponte in project financing, con una partecipazione pubblica pari a solo il 40 per cento, e quella dei privati pari al 60 per cento, da recuperare attraverso pedaggi e canoni durante la durata trentennale della concessione;

    per quanto concerne il costo totale dell'investimento, esso ammonta – secondo la società Stretto di Messina Spa all'uopo costituita – a 8,5 miliardi di euro, di cui:

     a) 6,5 miliardi di euro da corrispondere al general contractor per i costi di costruzione (pari a 5,7 miliardi di euro) ma anche per i servizi, gli espropri, le opere compensative, il monitoraggio ambientale e altri oneri contrattualmente previsti (800 milioni di euro); dei 5,7 miliardi di euro previsti per la costruzione dell'opera, 3 miliardi di euro sono necessari per il ponte, 2.5 miliardi di euro sono necessari per i collegamenti e 200 milioni di euro sono necessari per le cantierizzazioni;

     b) 2 miliardi di euro per i costi assicurativi e per quelli di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria;

    il costo per la costruzione del ponte ammonta, di per sé, a 3 miliardi di euro, di cui 2,4 per la realizzazione della sovrastruttura e 0,6 per le sottostrutture;

    sono riscontrabili dei vantaggi connessi, tanto alla realizzazione dell'opera, quanto alla sua messa in esercizio; in particolare:

     a) in fase di costruzione, è stimabile: un aumento dell'occupazione, sia direttamente nei cantieri che nell'indotto, che si stima complessivamente in 100.000 posti di lavoro all'anno; un aumento della produzione di beni e servizi intermedi, da parte delle imprese locali e nazionali, stimato in 6 miliardi di euro, e i relativi riflessi occupazionali; un maggior gettito fiscale, derivante dal complesso insieme di imposte, di contributi sociali, di oneri tributari di vario genere collegati alla realizzazione dell'investimento;

     b) in fase di esercizio, è stimabile: una riduzione dei costi di trasporto, sia riguardo il trasporto merci privato, che contribuisce ad un aumento della produttività dei fattori produttivi, e quindi un aumento di competitività delle imprese; un risparmio medio di tempo rispetto all'attraversamento via mare (2 ore per i treni; un'ora per i mezzi gommati; diverse ore per il traffico merci ferroviario, considerando sia il tempo di puro attraversamento, che il tempo necessario per le operazioni di imbarco e sbarco, particolarmente lunghe e laboriose per i treni); la linea AV su tutta la dorsale Roma-Reggio Calabria; il potenziamento dei porti di Gioia Tauro, Messina e Palermo, intercettando il 20 per cento delle merci da distribuire nell'Europa del Sud, con benefici per tutto il sistema portuale italiano per via del risparmio dei giorni di navigazione; una maggiore facilità nella mobilità urbana tra le due sponde, corrispondente ad una domanda di migliaia di spostamenti giornalieri per motivi di studio o di lavoro;

    nonostante gli evidenti benefici connessi all'opera, nel 2012 il Governo Monti ha approvato il decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, con il quale sono state disposte le circostanze che comportano la «caducazione» ex lege della concessione alla Stretto di Messina e di tutti i contratti con le imprese, stanziando successivamente 300 milioni di euro per il pagamento delle penali;

    il contenzioso, creatosi nel tempo e tuttora in atto, grava notevolmente sulla finanza pubblica per un ammontare superiore agli 800 milioni di euro, cui si aggiungono i 300 milioni di euro già stanziati per il pagamento delle penali e tutti gli altri oneri connessi alla liquidazione tuttora in essere della società Stretto di Messina Spa;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali, o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali, in poche settimane, sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse; in particolare, trattasi di opere che insistono sulle reti europee del Trans European Network (TEN-T), dal novero delle quali il Ponte sullo Stretto è stato inspiegabilmente espunto in passato e il cui reinserimento costituisce oggi una esigenza non più procrastinabile,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa volta alla celere realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, anche riconsiderando – se necessario – il progetto approvato in passato al fine di adeguarlo ai nuovi standard ingegneristici e ambientali;

2) ad inserire la ripresa del progetto del Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio ed efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva conseguente all'emergenza sanitaria globale in corso.
(1-00389) «Alessandro Pagano, Furgiuele, Minardo, Rixi, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Lucchini, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    nel programma nazionale di riforma 2020, in ragione delle indicazioni fornite dalla Commissione europea e con la proposta da parte della Commissione europea per le Raccomandazioni 2020 è prevista l'adozione – nel 2020 e nel 2021 – di provvedimenti che contengano linee strategiche con specifiche direttrici di intervento;

    tra le linee strategiche appare significativa quella che si pone l'obiettivo di promuovere «un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti». Gli investimenti in infrastrutture di una Nazione costituiscono, infatti, un punto di partenza imprescindibile per il suo sviluppo;

    per la sua posizione privilegiata l'Italia può essere considerata una grande piattaforma sul Mediterraneo, capace di rappresentare il vero «porto d'Europa», approdo naturale dei traffici delle merci. È fondamentale, quindi, investire sulle infrastrutture, per cogliere l'obiettivo di connettere in maniera efficiente il territorio italiano all'Europa, rendendo fluidi e veloci gli scambi commerciali, colmando così anche lo storico divario tra il Nord e il Sud dell'Italia. Il progetto «Italia porto d'Europa» necessita di investimenti sulla dorsale Tirrenica e Adriatica con una sinergica connessione tra reti ferroviarie, viarie e infrastrutture portuali e aeroportuali. In particolare, il potenziamento della dorsale Adriatica dovrà prevedere lo sviluppo dell'Alta velocità sulla direttrice Trieste-Taranto e l'adeguamento dell'Autostrada A-14 con il completamento, su tutta la tratta, della terza corsia;

   si avverte dunque la necessità che parte delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sia destinata allo sviluppo della cosiddetta «Blue Economy», cioè l'economia del mare che, proprio in ragione della grande estensione costiera e della posizione geografica privilegiata che l'Italia ha nel Mediterraneo, deve costituire una priorità per la Nazione, e ciò a partire dalla gestione, dall'adeguamento e dal miglioramento della portualità e della logistica ad essa collegata, fino a ricomprendere altri settori strategici, quali i trasporti, il turismo, la cantieristica, la nautica, la pesca e l'industria delle estrazioni marine;

   per quanto riguarda i corridoi Ten-T, è fondamentale che il loro rafforzamento non si limiti alle sole reti «core», ma si estenda anche alle cosiddette reti «comprehensive», attraverso la realizzazione dei necessari interventi di connessione con le realtà territoriali locali, ciò al fine anche di eliminare le disuguaglianze nelle dotazioni di infrastrutture. In quest'ottica, l'obiettivo deve essere quello di ottenere, in sede europea, il riconoscimento dell'estensione dei corridoi di mobilità anche lungo la dorsale Adriatica e lungo l'asse trasversale Tirreno-Adriatico: parte delle risorse del Pnrr deve, dunque, essere destinata al conseguimento del predetto obiettivo. Infatti, la prosecuzione del corridoio Baltico-Adriatico lungo la direttrice che va da Ancona fino al porto di Bari, oltre a rappresentare un elemento essenziale per il sistema dei collegamenti all'interno della macroregione adriatica, potrebbe fine ad un vero e proprio vulnus che rischia di collocare molti territori in una situazione di isolamento e di marginalità rispetto ai futuri processi di sviluppo economico. Contestualmente, la realizzazione di una diramazione trasversale intermodale all'interno del Corridoio V (Mediterraneo) che colleghi la penisola iberica e l'area balcanica (asse Barcellona-Civitavecchia-Ortona-Ploce), passando attraverso le regioni centrali, resta di fondamentale importanza per lo sviluppo della rete portuale e delle aree interne;

   è di tutta evidenza che per far ripartire l'economia nazionale è strategico puntare sul Mezzogiorno, area con i maggiori margini di crescita in tempi brevi e dalle enormi potenzialità inespresse, elementi che possono contribuire all'indispensabile crescita del nostro prodotto interno lordo;

   le regioni del Sud, ad oggi, sono quelle che primeggiano nell'Anagrafe delle opere incompiute di interesse nazionale: nel 2017 la Sicilia con 162 opere non concluse e, a seguire, la Sardegna con 86, la Puglia con 54, la Basilicata con 33. È quindi, prioritario intervenire per la conclusione delle stesse. Accanto a quanto detto, tra le opere fondamentali che costituirebbero investimenti essenziali si annoverano la metropolitana di Napoli Linea 1, il nodo ferroviario di Bari, la Metropolitana di Catania, la Metropolitana di Palermo, l'Alta velocità ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto, l'Alta velocità ferroviaria Palermo-Messina-Catania, l'Asse stradale 106 Jonica, il collegamento stabile sullo Stretto di Messina, per un investimento totale di 23 miliardi di euro. Al riguardo si evidenzia che per la Metropolitana di Napoli Linea 1, l'Alta velocità ferroviaria Napoli-Bari-Taranto-Lecce, il nodo ferroviario di Bari, l'Asse stradale 106 Jonica, basterebbe solamente rivisitare il cronoprogramma per contenere al massimo i tempi di realizzazione,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per realizzare un piano di investimenti che renda finalmente l'Italia competitiva a livello infrastrutturale in Europa e che comprenda – nello specifico – il completamento della metropolitana di Napoli Linea 1, il potenziamento del nodo ferroviario di Bari, la Metropolitana di Catania, la Metropolitana di Palermo, l'Alta velocità ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto, l'Alta Velocità ferroviaria Palermo-Messina-Catania, l'Asse stradale 106 Jonica, il collegamento stabile sullo Stretto di Messina;

   a promuovere, con ogni iniziativa di competenza, la realizzazione di nuove e più efficienti infrastrutture per la mobilità, per potenziare i collegamenti tra il Mar Adriatico, il Mar Tirreno e il Mar Ionio e rafforzare le connessioni sulla dorsale appenninica, sia su ferro – potenziando le linee strategiche esistenti e creandone di nuove, e rilanciando le direttrici trasversali e longitudinali, anche in alta velocità – sia su gomma, migliorando le infrastrutture, anche sotto il profilo della sicurezza, e sbloccando le opere incompiute, con tangibili effetti anche sulla valorizzazione dei beni ambientali e culturali, sull'attrattività territoriale e il comparto del turismo;

   ad adottare tutte le iniziative di competenza necessarie al rilancio infrastrutturale dell'Italia che passa attraverso il Meridione, quali:

    a) adeguamento dei collegamenti SS 96 Matera-Bari;

    b) adeguamento delle sedi esistenti e dei tratti di nuova realizzazione Salerno-Potenza-Bari; 4° tratta: da zona industriale Vaglio a svincolo SP Oppido-SS 96;

    c) miglioramento della viabilità di adduzione (A2 Salerno-Reggio Calabria) – svincoli di Cosenza Nord (località Settimo di Rende) e Cosenza Sud;

    d) completamento del 3° megalotto della strada statale 106 Jonica, dall'innesto con la strada statale 534 a Roseto Capo Spulico;

    e) strada statale 131 Carlo Felice e diramazione centrale nuorese – adeguamento e messa in sicurezza;

    f) risoluzione dei nodi critici con il completamento dell'itinerario Sassari-Olbia;

    g) riqualificazione e manutenzione della A19 Palermo-Catania;

    h) potenziamento del collegamento SS 640 Agrigento-Caltanissetta.
(7-00559) «Foti, Silvestroni, Butti, Rotelli».


   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    il settore della portualità rappresenta uno dei principali motori di sviluppo del nostro Paese;

    il commercio marittimo infatti produce straordinario valore aggiunto per le economie nazionali che sono riuscite a sfruttarne pienamente le opportunità e si pone alla base di sistemi economici in grado di promuovere innovazione e sviluppo ben al di là della semplice economia portuale;

    basti pensare al porto di Rotterdam, che è letteralmente diventato il cuore pulsante della logistica europea, ma che si presenta anche, nell'intera area, come costellato da un'enorme distesa di insediamenti logistici, di terminal portuali, di fabbriche, di raffinerie ed aree per lo stoccaggio di prodotti energetici. L'insieme dell'economia è innervato da un tessuto costruito attorno ad un rapporto strettissimo tra struttura produttiva e sistema logistico: non esiste ormai distinzione chiara tra le due facce di una stessa medaglia. In Olanda, l'economia marittima produce il 5,8 per cento del valore aggiunto complessivo e genera il 3,8 per cento del totale dei posti di lavoro senza considerare le relazioni con le università, i centri di ricerca applicata il settore dell'innovazione elettronica;

    l'Italia presenta sicuramente una realtà territoriale assai più complessa in cui la relazione tra aree portuali e centri urbani costituisce un vincolo difficilmente eludibile e che talora ha limitato le potenzialità di sviluppo dei porti medesimi. Al contempo, con la riforma delle Autorità di sistema portuale si è passati da una polverizzazione delle realtà portuali, spesso in concorrenza le une con le altre, a una visione unitaria, di sistema appunto, nella convinzione che il rapporto tra attività portuali e logistica deve essere strettamente innervato nei territori di riferimento. Di qui l'attenzione ai collegamenti di ultimo miglio ferroviario, la relazione sempre più forte con le realtà economiche territoriali, rafforzando contestualmente le attività strumentali svolte nell'ambito dei sistemi portuali; anche l'istituzione delle Zone economiche speciali nel Mezzogiorno e delle Zone logistiche semplificate si colloca in questa logica che pone i porti al centro di un complesso meccanismo di integrazione con le realtà economiche, industriali, di ricerca, che richiede investimenti infrastrutturali adeguati e intelligenti e un utilizzo degli spazi portuali che sia in grado di assicurare una prospettiva di lungo periodo, anche assumendo scelte coraggiose di investimento sulla falsa riga delle iniziative assunte in varie realtà portuali europee di successo;

    appare quindi necessario analizzare in un'ottica di sistema le iniziative funzionali alla rapida e coordinata realizzazione degli interventi infrastrutturali funzionali al rafforzamento dell'integrazione modale dei porti, assicurando anche un adeguato sostegno ai sistemi portuali nel loro sforzo di modernizzazione e specializzazione delle proprie funzioni come delineato nel Piano nazionale della portualità e della logistica;

    in tale logica occorre anche affrontare e risolvere anche alcune delle problematiche «storiche» della portualità italiana. Nella scorsa legislatura è stata introdotta una nuova disciplina relativa alle operazioni di dragaggio, volta a superare i problemi connessi all'esecuzione di tali interventi, assolutamente essenziali per garantire la piena funzionalità dei porti;

    l'articolo 5-bis della legge n. 84 del 1994, modificato nel corso della scorsa legislatura, prevede una disciplina molto articolata con riferimento ai dragaggi da effettuare nelle aree portuali ricomprese nei siti di interesse nazionale. Con una modifica introdotta con il decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020, si è previsto che per le operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere, oltre che nei bacini idrici, anche se non posti in siti di interesse nazionale, si utilizzano comunque le modalità e le migliori tecnologie disponibili finalizzate a mitigare i rischi di propagazione di contaminanti, ove presenti;

    con riferimento alla gestione dei materiali provenienti dal dragaggio delle aree portuali e marino costiere non comprese in siti di interesse nazionale, la disciplina applicabile è quella del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 173 del 2016;

    tale disciplina, accolta inizialmente con estremo favore dal mondo della portualità, ha previsto una notevole semplificazione delle operazioni di dragaggio, con l'intendimento di assicurare una radicale semplificazione delle procedure di dragaggio ed il pieno rispetto delle matrici ambientali, in modo da consentire in piena sicurezza il riversamento in mare dei materiali derivanti dai dragaggi medesimi;

    il decreto ministeriale contiene, infatti, un dettagliato allegato tecnico che prevede che sui materiali di dragaggio, vengano curate, oltre alla verifica delle aree nelle quali l'operazione è effettuata, una serie di operazioni per la caratterizzazione dei medesimi sotto il profilo della classificazione chimica, della caratterizzazione fisica e biologica nonché della caratterizzazione ecotossicologica;

    in fase applicativa sono emerse tuttavia alcune problematiche che hanno reso meno efficace l'azione di semplificazione auspicata e necessaria per assicurare, in questo importantissimo ambito, la piena competitività del sistema;

    in particolare, le principali difficoltà discendono dagli effetti che le prove eco-tossicologiche, introdotte dal decreto ministeriale n. 173 del 2016, producono con riferimento alla caratterizzazione dei materiali di dragaggio;

    infatti, i parametri adottati e le modalità concrete di realizzazione delle caratterizzazioni finiscono per produrre, fuori dalle aree rientranti in siti di interesse nazionale da bonificare, risultati spesso non congrui rispetto alla reale composizione e pericolosità di questi materiali;

    in ragione di ciò appare necessaria una ridefinizione dei criteri per la loro effettuazione, senza però che, nelle more di questa definizione, le attività di gestione dei materiali di dragaggio vengano rese eccessivamente complesse;

    una soluzione adeguata potrebbe essere di sospendere, in questa fase e per il tempo strettamente necessario a ridefinire i criteri e le modalità per l'effettuazione della classificazione ecotossicologica, le prove ecotossicologiche limitando la caratterizzazione alle solo prove chimiche, idonee ad assicurare un sufficiente grado di protezione ambientale;

    un ulteriore elemento di criticità emerso concerne, con riferimento alla caratterizzazione dei siti per l'immersione dei materiali di escavo, la obiettiva difficoltà di riuscire ad assicurare come prevede il decreto ministeriale sopra ricordato, nelle operazioni di riversamento in mare dei materiali, il rispetto del limite di ricoprimento teorico medio massimo, pari a 5 cm, da calcolare, ai fini del dimensionamento del sito, anche in considerazione dell'eventualità di ulteriori immersioni da ripetere periodicamente, secondo la programmazione di gestione dei materiali di cui alla scheda di inquadramento dell'area;

    anche in tal caso sarebbe opportuno superare una disposizione in relazione alla quale è difficilissima l'applicazione concreta nonché la verifica del rispetto della stessa, anche in considerazione dell'azione che sul materiale riversato possono avere fattori esogeni, come, ad esempio, le correnti marine,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di favorire un efficace coordinamento degli investimenti e delle scelte strategiche dei sistemi portuali italiani, al fine di migliorarne la competitività e l'attrattività, facendo anche riferimento alle più avanzate esperienze realizzate nell'Unione europea;

   a rafforzare e consolidare gli investimenti per i collegamenti ferroviari di ultimo miglio con le aree portuali nonché per l'adeguamento della rete ferroviaria, al fine di consentire il trasporto merci con treni conformi al cosiddetto «Modulo 750», con particolare riferimento ai più importanti hub portuali del Paese;

   a valutare la possibilità di adottare iniziative per eliminare, nel caso di possibilità di conferimento in mare dei sedimenti provenienti da dragaggio, l'obbligo di contenimento in strati superiori ai 5 cm;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative per sospendere, nelle more della completa ridefinizione dei criteri per la loro effettuazione, le prove eco-tossicologiche, prevedendo che, in tale fase, la caratterizzazione dei sedimenti si basi esclusivamente sulle prove chimiche in grado di tener conto della maggior vulnerabilità dell'ecosistema marino rispetto a quello terrestre.
(7-00560) «Nobili, Fregolent, Paita».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:

   i punti chiave, del report del Ministero della salute sullo stato del Covid-19 del 14-20 settembre 2020, sulla situazione in Italia hanno confermato che il virus oggi circola in tutto il Paese, dieci Regioni hanno riportato un aumento nel numero di casi diagnosticati rispetto alla settimana precedente;

   sono stati riportati complessivamente 2.868 focolai attivi di cui 832 nuovi (la definizione adottata di focolaio prevede la individuazione di 2 o più casi positivi tra loro collegati), entrambi in aumento per la ottava settimana consecutiva (nella precedente settimana di monitoraggio erano stati segnalati 2.397 focolai attivi di cui 698 nuovi);

   il giornale La Nuova Sardegna riporta il 29 settembre 2020 la notizia che i contagi di un giorno nell'isola hanno avuto un'impennata di 139 nuovi casi, ipotizzando che il picco si verificherà tra dieci giorni;

   il dato della Sardegna è preoccupante perché l'isola ha avuto un maggiore numero di contagi rispetto a regioni come il Piemonte, l'Emilia, Romagna, la Toscana, la Sicilia che hanno una popolazione più numerosa;

   dall'ultimo aggiornamento sui contagi in Sardegna risultano che tra i 139 nuovi casi, ben 104 sono stati riscontrati tramite l'attività di screening e 35 da sospetto diagnostico. Sul territorio dei 3.730 casi positivi complessivamente accertati, 581 (+10) sono stati rilevati nella città metropolitana di Cagliari; 384 (+30) nel Sud Sardegna; 301 (+ 29) a Oristano, 454 (+ 33) a Nuoro, 2010 (+37) a Sassari;

   il sito de Il Sole 24 ore del 1° ottobre 2020 riporta una notizia dal titolo: «Il numero dei focolai è cresciuto in miniera esponenziale, passando dai 5 dell'estate agli attuali 79». L'impennata dei contagi ha fatto scattare le restrizioni, soprattutto nei piccoli centri, dato che i nuovi casi si registrano nei comuni minori;

   l'amministrazione comunale di Aidomaggiore, in provincia di Oristano, ha emanato un'ordinanza che prevede un lockdown locale con chiusura di uffici, scuole; altre restrizioni a Orune, comune di 2.200 abitanti in provincia di Nuoro, dove si registrano 109 contagiati; nel comune di Gavoi, si è in presenza di un semi-lockdown dal 28 settembre e fino al 4 ottobre 2020 con scuole e attività chiuse; altre restrizioni sono in atto nel comune di Orgosolo, dopo il riscontro di decine di cittadini residenti risultati positivi; i comuni di Bono, di Sedilo, di Gonnesa sono nelle stesse condizioni;

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede il riordino della rete ospedaliera in relazione all'emergenza Covid-19 e che «le regioni e le province autonome, al fine di rafforzare strutturalmente il Servizio sanitario nazionale in ambito ospedaliero, tramite apposito piano di riorganizzazione volto a fronteggiare adeguatamente le emergenze pandemiche, come quella da Covid-19 in corso, garantiscono l'incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva (...)»;

   il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, all'articolo 29, dispone che: «al fine di corrispondere tempestivamente alle richieste di prestazioni ambulatoriali, screening e di ricovero ospedaliero non erogate nel periodo dell'emergenza epidemiologica conseguente alla diffusione del virus Sars-Cov-2, e, contestualmente allo scopo di ridurre le liste di attesa (...), le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi degli strumenti straordinari di cui al presente articolo (...)»;

   le regioni e i comuni possono disporre prescrizioni più restrittive rispetto a quelle statali, esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza per contrastare l'espandersi della pandemia da Covid-19 –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per introdurre misure sanitarie e di prevenzione per contrastare la diffusione dei contagi dal Covid-19 in tutto il Paese;

   se non ritenga di adottare tutte le iniziative di competenza per coordinare l'azione di prevenzione e di vigilanza sanitaria tra le misure nazionali e quelle delle regioni che hanno un aumento esponenziale dei contagi da Covid-19, tenuto conto dell'entità della loro popolazione;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, in collaborazione con la regione Sardegna, affinché venga verificato se l'aumento dei casi di contagio da Covid-19 corrisponda anche a un incremento della disponibilità dei posti letto di terapia intensiva;

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa i provvedimenti che la regione Sardegna sta attuando per la riduzione delle liste di attesa e circa la predisposizione del piano operativo regionale per il recupero delle liste di attesa per le visite e per i ricoveri di pazienti affetti da altre patologie non afferenti al Covid-19;

   se non valuti, in collaborazione con la regione Sardegna, di assumere tutte le iniziative di competenza per verificare lo stato del coordinamento tra le ordinanze predisposte dai sindaci, le leggi regionali e leggi nazionali in merito ai provvedimenti di contrasto al propagarsi della pandemia da Covid-19;

   se sia a conoscenza di quali siano le iniziative di sensibilizzazione verso la popolazione sarda per indicare le misure di sicurezza e di prevenzione in vista del sopraggiungere della stagione fredda e dell'insorgere dell'influenza stagionale, concomitante con l'epidemia da Covid-19.
(2-00963) «Lapia».

Interrogazione a risposta scritta:


   ALESSANDRO PAGANO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CASTIELLO, CECCHETTI, FURGIUELE, MINARDO, SASSO e TATEO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020 stabilisce che: «allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull'intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure: [...] n) [...] Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all'aperto. Le feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose sono consentite con la partecipazione massima di 30 persone nel rispetto dei protocolli e delle linee guida vigenti»;

   tale limitazione, non prevista nel precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, penalizza gravemente e, ad avviso dell'interrogante, ingiustamente, il settore dei ricevimenti e del banqueting che, peraltro, è tra quelli più duramente colpiti dalle ricadute economiche della pandemia da Covid-19;

   in seguito alla chiusura disposta nel mese di marzo 2020, infatti, le attività in questione avevano programmato lo spostamento di molte cerimonie nell'attuale stagione autunnale, sostenendo ingenti spese e investimenti per il reclutamento del personale e delle materie prime, per l'organizzazione degli eventi e per la corretta applicazione degli stringenti protocolli sanitari vigenti;

   lo svolgimento di tali eventi avrebbe dato respiro alle attività in crisi, consentendo loro di recuperare, almeno in piccola parte, le enormi perdite subite da un punto di vista economico durante i mesi di lockdown;

   al tempo stesso, l'applicazione dei protocolli in vigore avrebbe garantito la piena tutela della salute pubblica e, di conseguenza, il miglior bilanciamento tra i delicati interessi in gioco;

   la limitazione sopra citata, neppure illustrata nell'ambito delle preventive comunicazioni del Ministro della salute alla Camera e al Senato, ha invece stravolto completamente questa impostazione e non potrà che condurre all'annullamento di tutti gli eventi in programma da qui al termine della stagione;

   la limitazione in esame costituisce, quindi, il colpo di grazia inferto ad uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi e non si ritiene giustificata neppure sul piano sanitario, atteso che – come detto – le esigenze di tutela della salute avrebbero potuto essere salvaguardate adeguatamente attraverso l'applicazione o, eventualmente, la revisione dei protocolli varati per il contenimento dei contagi;

   a ciò si aggiunga l'evidente contraddittorietà della decisione presa, non comprendendosi per quale ragione per le sole feste private, anche conseguenti a cerimonie civili e religiose, che normalmente si svolgono presso sale ricevimenti di grandi dimensioni, non siano più sufficienti i protocolli che, invece, continuano ad applicarsi presso la generalità delle attività aperte al pubblico, incluse quelle di somministrazione di cibi e bevande, le quali tuttora possono accogliere – giustamente e nel rispetto dei protocolli stessi – un numero di clienti superiore a trenta;

   ad avviso dell'interrogante, è evidente la necessità di rimuovere la predetta limitazione con la massima urgenza, considerato anche l'elevato numero di eventi già programmati, già organizzati e, in molti casi, già pagati dalle famiglie che si sarebbero dovuti svolgere da qui ai prossimi giorni e che altrimenti dovrebbero essere annullati, esponendo le imprese e i professionisti coinvolti a contenziosi e richieste anche sul piano risarcitorio –:

   se non ritengano necessario adottare iniziative, con la massima urgenza, per rimuovere le limitazioni citate in premessa e per consentire alle imprese del settore di continuare a lavorare in sicurezza, anche nelle feste con più di trenta partecipanti, nel rispetto dei protocolli di prevenzione.
(4-07113)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 16 luglio 2020 è stato depositato un progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza statale denominato «Impianto per la produzione di energia da fonte eolica denominato “Parco eolico Tuscania”, sito nel Comune di Tuscania (VT) e relative opere di connessione nei Comuni di Tuscania (VT) e Arlena di Castro (VT)»;

   il progetto prevede la realizzazione di una sottostazione elettrica utente di trasformazione nel comune di Arlena di Castro e di una sottostazione elettrica di transito nel comune di Tuscania, per permettere la connessione alla SE Terna denominata «Tuscania»;

   nella relazione tecnica del progetto è prevista «l'installazione di 16 aerogeneratori ognuno di potenza nominale pari a 5.625 MW per una potenza complessiva pari a 90 MW» aventi dimensioni pari a 165 metri al mozzo e 170 metri di diametro rotore;

   il piano territoriale paesistico regionale del Lazio riconosce all'area il vincolo di «paesaggio agrario di valore»;

   la documentazione trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dal proponente presenta alcuni refusi all'interno dello studio di impatto ambientale (Sia) con valutazioni riguardanti procedimenti di Via nell'area del Gargano (Puglia);

   nello stesso comune è stata già rilasciata una valutazione di impatto ambientale regionale ad un progetto per un impianto fotovoltaico da 150 Mw su un'area di 246 ettari malgrado parere negativo del Mibac che lo ha ritenuto «non compatibile con il contesto di riferimento, per estensione, tipo, materiali» e «non compatibile con la tutela del territorio dal punto di vista paesaggistico e agricolo». L'opposizione sollevata dal Ministero è stata successivamente accolta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che ha annullato l'autorizzazione;

   dalla planimetria allegata allo studio di impatto ambientale denominata GE-TSC01-PD-2-1-3, risulta che le installazioni riguardano aree che si trovano a meno di 300 metri dal fiume Marta (Zsc IT6010020), estendendosi nell'area limitrofa al fiume che lungo il suo corso scorre nei pressi della Sughereta di Tuscania (Zsc IT6010036). La distanza sia dalla Zps del lago di Bolsena (IT6010055, IBA IT099) che dal Sic/Zps dei Monti Vulsini di Montefiascone (ZSIT6010008) è di circa 6 chilometri;

   il Sia recita testualmente, invece, che «la distanza minima dell'impianto rispetto ad aree di interesse naturalistico, è pari a 1 km e si riferisce alla ZSC IT6010020 Fiume Marta (alto corso) e pertanto le interferenze sono esclusivamente indirette e legate fondamentalmente a aspetti percettivi»;

   la valutazione d'incidenza (VlncA) è stata introdotta a livello comunitario dalle direttive 79/409/CEE («Conservazione degli uccelli selvatici»), 92/43/CEE («Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche») ed è disciplinata in Italia dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;

   il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, in attuazione della direttiva 92/43/CEE, prevede che «nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione»;

   le linee guida per la valutazione d'incidenza (VIncA) circa l'applicazione della direttiva «Habitat» 92/43/CEE prevedono che «per quanto riguarda l'ambito geografico, le disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 3 non si limitano ai piani e ai progetti che si verificano esclusivamente all'interno o coprono un sito protetto; essi hanno come obiettivo anche piani e progetti situati al di fuori del sito ma che potrebbero avere un effetto significativo su di esso, indipendentemente dalla loro distanza dal sito in questione (cause C-98/03, paragrafo 51, C-418/04)» –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per valutare l'assoggettabilità del progetto a valutazione di incidenza in conformità a quanto previsto dalle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, nonché dalle linee guida nazionali.
(4-07118)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   BELOTTI e PATELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2020 il Biellese, come molte altre zone del Piemonte, è stato duramente colpito dal maltempo, che ha creato danni ingenti e considerevoli in molte zone del territorio;

   secondo l'osservatorio meteorologico di Oropa si è trattato di un evento atmosferico eccezionale, senza precedenti: 200 millimetri di pioggia in 4 ore, 400 millimetri nelle 24 ore, punta massima che ha superato il record di precipitazioni del 16 maggio 1926 con 350 millimetri. Una precipitazione tanto intensa e ravvicinata che non si verificava dal 1800;

   le intense piogge hanno provocato non solo la caduta di strade e ponti, ma hanno causato gravi danni anche ai luoghi della cultura e dell'arte;

   la Valle Cervo, in particolare, è stata la zona più colpita della provincia di Biella;

   una zona che, per il biellese, oltre ai danni che rientrano all'interno dello stato di emergenza, presenta importanti danni a strutture culturali e turistiche di rilevanza locale e mondiale;

   molti edifici, anche religiosi, di straordinario valore devozionale storico e artistico come il Santuario di San Giovanni d'Andorno hanno subito ingenti danni;

   come Cittadellarte, sede della fondazione Pistoletto, dove lo spazio Hydro è stato spiazzato via dalla furia dell'acqua;

   il Santuario di San Giovanni d'Andorno è il punto di riferimento spirituale e identitario dell'Alta Valle del Cervo da più di cinque secoli durante i quali l'amore e la devozione per il suo santo patrono si sono notevolmente diffusi a tutto il Biellese e oltre;

   il maltempo ha in particolare danneggiato la biblioteca storica del santuario, un corpus compatto di opere in gran parte del Settecento, costituitosi nell'arco di quel secolo grazie alle donazioni di filantropi valligiani e dei sacerdoti che nella valle prestarono servizio;

   la Fondazione Pistoletto è un luogo fisico, un'idea, una visione, un progetto, una comunità;

   già dal suo nome si evince l'obiettivo che si sono posti i suoi fondatori: creare un luogo in cui si incontrassero artisti, scienziati, attivisti, imprenditori e rappresentanti del mondo istituzionale una vera e propria casa dell'arte, un'arte vista come strumento di trasformazione sociale responsabile –:

   se non si ritenga di adottare iniziative per stanziare i fondi necessari per consentire la ricostruzione degli edifici facenti parte di Fondazione Pistoletto e dei locali della biblioteca del santuario di San Giovanni d'Andorno, luoghi di indiscussa e riconosciuta cultura.
(5-04779)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   alla fine di dicembre 2019, in una cerimonia nel comune di Sesto Fiorentino, si è celebrato l'accordo tra regione, comune e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sul «nuovo museo della porcellana Richard Ginori», un'operazione che ha comportato una spesa pari a più di sei milioni di euro;

   il comune di Sesto Fiorentino ha bisogno anche di turismo e di qualità e la situazione attuale del museo sopra citato, che è rimasto chiuso dal 2014, è purtroppo ancora lontana dal permette l'organizzazione delle visite dei primi turisti;

   i lavori del museo avrebbero dovuto essere partiti ma non risultano attualmente presenti sul luogo né gli operai, né l'organizzazione di un cantiere e la struttura risulta lasciata in uno stato di abbandono;

   per quanto concerne la Fondazione che dovrebbe occuparsi della gestione del museo della porcellana, ne è stata annunciata l'istituzione alla fine del 2019, ma non è stato ancora nominato il consiglio d'amministrazione della stessa, in particolare, non risulta la nomina dei tre componenti designati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

   è fondamentale che le risorse stanziate dal Governo vengano impiegate per valorizzare il patrimonio delle opere d'arte della Richard Ginori che potranno essere nuovamente ammirate, incrementando il turismo nell'intera area fiorentina, risorsa importante per consentire, soprattutto in questo momento, la ripresa della nostra economia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e, in caso, positivo, se possa trasmettere un quadro sul reale stato dei lavori e della tempistica, relativi al nuovo museo della porcellana Richard Ginori.
(5-04780)


   VACCA, CASA, BELLA, CARBONARO, CIMINO, DEL SESTO, IORIO, MARIANI, MELICCHIO, RICCIARDI, TESTAMENTO, TUZI e VALENTE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   le strutture centrali e periferiche del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo presentano notevoli carenze di organico. Per farvi fronte è stato adottato un Piano di assunzioni per il triennio 2019-2021 che prevede l'avvio di procedure di selezione su 5920 posti disponibili;

   rispetto al citato Piano risultano, ad oggi, avviate solo le seguenti procedure concorsuali: quella relativa a 1052 assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza (procedura interrotta a causa dell'emergenza da Covid-19), quella per la selezione di 500 operatori alla custodia, vigilanza e accoglienza (procedura bandita ma prove non ancora avviate) e quella relativa a 250 funzionari amministrativi (concorso Ripam bandito ma prove non ancora avviate);

   la necessità di sopperire alle carenze di organico ha portato il Governo ad autorizzare, in costanza dell'emergenza sanitaria e del conseguente blocco delle procedure di selezione, assunzioni attraverso contratti di collaborazione a tempo determinato sino al 31 dicembre 2021 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire, nel rispetto dei vigenti protocolli nazionali, la conclusione delle procedure di reclutamento per il totale dei posti disponibili per il triennio 2019/2021 entro l'inizio dell'anno 2022, e la pianificazione delle ulteriori esigenze di organico per il triennio 2022/2024.
(5-04781)


   PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, CIAMPI, PRESTIPINO, ROSSI e ORFINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   gli immobili storici privati soggetti a vincolo ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 rappresentano una parte importante, in termini di qualità e quantità, del patrimonio culturale del nostro Paese. Rivestono un ruolo rilevante di interconnessione tra il mondo della cultura, le filiere del turismo e il mondo agricolo e agroalimentare;

   dal primo rapporto dell'Osservatorio patrimonio culturale privato emergono dati significativi: almeno la metà delle dimore prese in esame si trovano in piccoli comuni o in borghi rurali nelle aree interne del Paese, dove la ricettività turistica rappresenta la principale realtà economica; il numero di dimore private aperte al pubblico, la cui stima è del 64 per cento per un totale di oltre 9.000, supera il numero dei comuni italiani. Di queste il 54 per cento è situato in comuni sotto i 20.000 abitanti e, di questi, il 29 per cento si trova in comuni con meno di 5.000 abitanti, molti dei quali in aree interne;

   i numeri emersi dal rapporto testimoniano il potenziale di questo patrimonio privato: se circa 2.500 musei pubblici accolgono annualmente 49 milioni di visitatori (quindi 19.660 visitatori l'uno di media) è evidente che il patrimonio privato con circa 9.400 dimore e 45 milioni di visitatori (quindi 4.700 visitatori l'uno di media) ha ancora un potenziale enorme;

   la proprietà immobiliare privata diffusa può svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo turistico del nostro Paese, considerato che la gran parte dei luoghi non costituiscono, al momento, punti di attrazione e bacini di possibili investimenti da parte delle imprese alberghiere, in particolare di grandi dimensioni;

   peraltro, la pandemia – con i possibili, correlati mutamenti di abitudini di vita e lavorative – potrebbe essere l'acceleratore di un fenomeno di ritorno alla vita fuori città;

   ogni ipotesi di rivitalizzazione delle aree interne e dei borghi è legata alla necessità di riqualificare gli immobili interessati dal punto di vista strutturale, funzionale, di sicurezza, energetico;

   il Ministro Franceschini ha di recente affermato che «(...) è doveroso superare ogni distinzione tra patrimonio culturale pubblico e privato, insieme costituiscono la nostra identità e contribuiscono all'attrattività del Paese (...)»;

   la valorizzazione di questo grande patrimonio culturale, pezzo importante dell'attrattività italiana, potrebbe arrivare dall'estensione dell'ecobonus anche alle dimore storiche –:

   come il Ministro interrogato intenda attivarsi al fine di sostenere la riqualificazione degli immobili storici privati, considerati parti integranti della nostra identità, che contribuiscono all'attrattività culturale e turistica del nostro Paese.
(5-04782)


   MOLLICONE e FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   le difficoltà di questo momento stanno colpendo indistintamente l'insieme dei settori culturali delle arti performative come il teatro, l'opera, la musica e la danza;

   come indicato dall'Atip, i ristori offerti finora coi primi decreti sono apprezzabili e si riconosce lo sforzo compiuto dal Governo nei confronti delle piccole realtà locali, con fatturati minimi, e a cui è andato un ristoro di cifre intorno ai 10 mila euro. Ovviamente ciò non è sufficiente e ha lasciato indietro diverse realtà;

   gli anticipi delle somme già stanziate dal 2019 per i soggetti riconosciuti dal Fondo unico per lo spettacolo sono stati utili per affrontare il grande fermo di marzo, aprile e maggio 2020, ma nulla hanno a che vedere con l'emergenza Covid-19 essendo somme già assegnate in base a parametri di merito ben riconosciute in tempi non sospetti: non possono certo intravedersi quali «ristori alle mancate entrate»;

   le azioni compiute per il rilancio di svariati settori merceologici non hanno visto assolutamente analoghe azioni mirate alla ripartenza della grande macchina economica dello spettacolo dal vivo;

   teatri rilevanti della scena nazionale, come il Piccolo di Milano, sono in fase di ridefinizione della propria governance e va salvaguardata l'indipendenza delle scelte manageriali rispetto la politica;

   il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per quanto risulta agli interroganti, deve ancora adottare 11 dei 16 decreti attuativi necessari all'operatività delle norme per affrontare l'emergenza economica –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di garantire l'immediata erogazione dei fondi a disposizione per la cultura inseriti nel decreto-legge cosiddetto «Cura Italia» e nel decreto-legge cosiddetto «Rilancio».
(5-04783)


   FUSACCHIA, LATTANZIO e NITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Governo è impegnato, come anche dichiarato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a fare della cultura un asse strategico per lo sviluppo e a «migliorare la qualità della vita quotidiana anche attraverso la rigenerazione e la riqualificazione del tessuto urbano, soprattutto periferico, valorizzando il ruolo della cultura per l'inclusione e il benessere sociale, e delle aree interne»;

   in Italia, tante sono le associazioni culturali che hanno intrapreso progetti di riqualificazione di infrastrutture diverse e che stanno incontrando difficoltà a portarli avanti;

   c'è il caso dell'associazione Random che, nel 2013, con il progetto Lastation, è risultata vincitrice del bando «Mente Locale», promosso dall'assessorato ai trasporti della regione Puglia, avente finalità di recupero e riconversione dei beni immobili sottoutilizzati per scopi sociali, turistico-culturali e di promozione del territorio; il 18 novembre 2014 viene firmato l'atto di concessione dei locali dismessi del primo piano della stazione ferroviaria sita in Gagliano del Capo (Lecce), per la durata di 6 anni, e il 13 maggio 2015 l'associazione entra nel possesso dell'immobile e il progetto Lastation diventa uno spazio di riferimento per il territorio e un attrattore culturale e artistico; progetti di forte impatto economico-sociale sono attualmente in corso, grazie anche a diversi finanziamenti da parte – oltre che del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – della regione Puglia e di organizzazioni pubbliche e private; però la regione Puglia – servizio demanio e patrimonio, ha chiesto a Ramdon la ripresa in consegna, che dovrà avvenire in data 9 novembre 2020, dei locali concessi, essendo intervenuta l'esigenza di pubblica utilità, per far posto ad uno spogliatoio del personale delle Ferrovie del Sud Est, nonostante in prossimità dell'immobile giaccia abbandonato un vecchio dormitorio del personale; altre associazioni vincitrici del bando, nonostante abbiano riqualificato altrettanti immobili a Otranto, Manduria, Noci, Pescariello, hanno ricevuto o stanno per ricevere la medesima notifica di sfratto;

   l'associazione SCUP! Sport e Cultura Popolare, che da anni ha dato nuova vita ad uno stabile in disuso di proprietà della Rete Ferroviaria Italiana, grazie al bando internazionale ReinventingCities, a cui partecipa il comune di Roma, adesso potrebbe essere tenuta a sgomberare l'immobile e porre fine alle attività sul territorio, interrompendo l'offerta di servizi al quartiere e alla città –:

   quali iniziative di competenza il Governo stia adottando a tutela e sostegno di progetti, anche già esistenti, che permettono anche la riqualificazione di infrastrutture diverse sul territorio, per lo svolgimento di attività culturali e artistiche, che rappresentano un presidio culturale, economico e sociale sul territorio, in un'ottica di promozione e valorizzazione dell'arte e della cultura e nel quadro di una più generale strategia di resilienza e ripresa.
(5-04784)


   PALMIERI e APREA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la crisi economica determinata dall'emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo in difficoltà la maggior parte dei settori produttivi compresa l'industria dei videogiochi che rappresenta un giro di affari di circa 1,8 miliardi di euro;

   si tratta di un settore in una fase di sviluppo, caratterizzato dalla presenza di imprenditori di giovane età e di formazione prevalentemente tecnica e scientifica, i cui videogiochi sviluppati in Italia vengono distribuiti in tutto il mondo;

   è testimonianza della crescente effervescenza del settore il fatto che sono stati attivati, anche a livello universitario, percorsi di studio dedicati esclusivamente allo sviluppo di videogiochi;

   il collegamento tra il settore dei videogiochi e l'industria culturale è sempre più stretto e intenso, con particolare attenzione al linguaggio cinematografico, ma anche alla musica, all'architettura, alle ricostruzioni storiche;

   lo scenario italiano, pur essendo fortemente in crescita, si misura ancora con difficoltà nel confronto con i sistemi Paese di riferimento per lo sviluppo di videogiochi a livello internazionale che si caratterizzano per la presenza di un numero più ampio di aziende di maggiori dimensioni che hanno beneficiato del sostegno pubblico, con policy mirate dedicate al settore, come ad esempio il credito d'imposta;

   l'industria italiana dei videogiochi è infatti caratterizzata dalla presenza di piccole e medie imprese che, sulla base delle stime di Iidea – Italian Interactive Digital Entertainment Association (ex Aesvi) – l'associazione di categoria dell'industria del videogaming –, nel quasi 90 per cento dei casi, ricorre all'autofinanziamento per difficoltà di accesso al credito;

   il periodo di lockdown ha determinato un incremento della vendita di software a scopo ludico, ma per quanto su indicato il settore produttivo italiano necessita di incentivi pubblici per competere sul mercato anche nazionale, con competitor più grandi e di conseguenza più solidi dal punto dell'accesso alle risorse finanziarie;

   la legge n. 220 del 2016 – ha introdotto tra i destinatari di un credito di imposta anche le industrie dei videogiochi, ma non risultano essere stati adottati tutti i decreti attuativi in materia nonostante siano passati ormai 4 anni dall'approvazione della legge –:

   in quali tempi preveda di completare il processo per l'emanazione di tutti i decreti attuativi che introducono il credito d'imposta ai fini delle imposte sui redditi alle imprese operanti nel territorio italiano nella produzione e nella distribuzione nazionale di software videoludico, allo scopo di incentivarne lo sviluppo e di favorire gli investimenti del settore videoludico, e quali iniziative intenda adottare per garantire l'applicazione.
(5-04785)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 2020 verrà presentato come film di apertura della 15ema edizione della «Festa del Cinema di Roma», il film «SOUL» di Disney Pixar;

   Disney ha annunciato, contrariamente agli impegni presi con distributori ed esercenti, che il film sarà trasmesso unicamente in diretta streaming sulla piattaforma a pagamento il 25 dicembre 2020, giorno notoriamente di grande affluenza nelle sale cinematografiche;

   va sottolineato che la Fondazione Cinema per Roma – promotrice dell'evento in oggetto – è composta prevalentemente da enti pubblici, come la regione Lazio, l'Istituto Luce e lo stesso comune di Roma;

   le sale cinematografiche, come indicato dall'Anec, vivono una situazione di estrema difficoltà fin dal 23 febbraio 2020, quando l'effetto psicologico dell'emergenza epidemiologica in atto si è diffuso in tutte le regioni, anche in quelle non direttamente colpite dalla pandemia, ed è stato minato il settore dell'intrattenimento con perdite iniziali subito consolidatesi a meno 75/80 per cento di pubblico;

   con la chiusura totale, dal 4 marzo 2020, l'esercizio cinematografico ha registrato oltre 20 milioni di spettatori perduti soltanto per i mesi di marzo ed aprile 2020, con una stima di oltre 35 milioni di spettatori persi nelle sale cinematografiche entro la fine di agosto;

   ferma restando la libertà di mercato, appare quantomeno contraddittorio che si apra un «Festival del Cinema» con un'opera che non sarà trasmessa mai in sala –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione a quanto esposto in premessa e a tutela del settore inerente alle sale cinematografiche, posto che quanto sopra rappresentato va ad incidere negativamente su un settore colpito duramente dalla crisi economica post-pandemica.
(5-04789)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   attualmente in Italia i traduttori, al pari degli interpreti, non godono di un riconoscimento giuridico e 1a loro professione è disciplinata dalla legge n. 4 del 2013 che regolamenta le professioni non organizzate in ordini o collegi;

   gli unici albi esistenti sono quelli dei periti dei tribunali, la cui nomina ha valore solo ai fini dei procedimenti giudiziari, per iscriversi ai quali è sufficiente essere già inseriti nell'albo dei traduttori della camera di commercio che non prevede nessun tipo di selezione e non richiede l'essere in possesso di alcun requisito di tipo professionale, tanto più che risultano iscritte persone di madre lingua straniera con sola licenza elementare;

   in presenza di rapporti internazionali sempre più intensi a tutti i livelli si ritiene sempre meno procrastinabile la necessità di un riconoscimento giuridico del ruolo di traduttore anche nei confronti dei terzi che comporterebbe, oltre ad un giusto riconoscimento professionale, numerosi vantaggi sia ai fini di una maggior tutela degli utenti dal momento che la «non ufficialità» delle traduzioni effettuate da tali periti ne comporta spesso il respingimento nei Paesi esteri con conseguenze pesanti, non solo di ordine economico, per gli utenti stessi, sia ai fini di un alleggerimento del lavoro degli uffici giudiziari presso i quali i traduttori sono costretti a recarsi per asseverare ogni singolo documento, con grandi perdite di tempo per loro e per i funzionari preposti;

   in ordine all'ultimo punto evidenziato si segnala, con particolare riferimento al tribunale di Bologna, come i ritardi nella concessione degli appuntamenti per l'asseverazione, nonché gli orari ridotti del servizio (dalle ore 9 alle ore 12 esclusivamente nei giorni di lunedì e martedì) e l'imposizione di un numero massimo di 5 documenti alla volta, previa prenotazione già estremamente difficoltosa da ottenere, creino gravissimi disagi sia ai traduttori che all'utenza, impedendo in molti casi di rispettare termini perentori spesso strettissimi – a titolo esemplificativo si pensi agli atti da notificare all'estero, alla partecipazione a gare o concorsi, alla stipula di contratti, all'ottenimento di un visto e altro;

   si ritiene che il riconoscimento giuridico della professione garantirebbe altresì un controllo puntuale sui redditi effettivi dal momento che i traduttori dovrebbero dotarsi di un apposito repertorio vidimato e del relativo timbro di Stato da apporre autonomamente sui documenti tradotti, assieme al numero di repertorio attribuito –:

   se, alla luce di quanto evidenziato, si intendano adottare iniziative per varare una riforma organica del settore attraverso il riconoscimento giuridico della professione di traduttore che preveda il raggiungimento di una formazione specifica e l'individuazione di requisiti fondamentali per il suo esercizio al fine di tutelare la categoria stessa e gli utenti;

   se, a tale scopo, si intendano coinvolgere le associazioni professionali di categoria al fine di individuare, anche attraverso il loro contributo, il percorso più adeguato e opportuno.
(4-07119)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la signora Giada G. è stata più volte al centro delle cronache giornalistiche negli ultimi mesi per le numerose proteste e manifestazioni fatte, anche davanti a sedi istituzionali, per sensibilizzare le istituzioni stesse e la pubblica opinione sulla propria situazione famigliare, denunciando di essere vittima degli assistenti sociali e di un sistema simile a quello di Bibbiano, a causa del quale le è stata tolta la responsabilità genitoriale del proprio figlio, che attualmente risulterebbe affidato in via esclusiva al padre, il quale viene definito dalla stessa signora G. un violento;

   secondo quanto riportato dalla signora G., nel 2010, la stessa decise di separarsi dal marito e, durante la prima udienza, quest'ultimo ha chiesto, senza successo, l'affidamento del figlio; solo al tribunale per i minorenni, dopo aver denunciato la signora G. di abbandono di minore nel circolo sportivo che frequentava (denuncia che poi è stata archiviata), ha ottenuto dai giudici che il figlio fosse trasferito in casa famiglia;

   i giudici della corte d'appello avrebbero disposto una consulenza tecnica per valutare le capacità genitoriali dei genitori: la consulente nominata dal tribunale decise di far valutare il profilo psicologico della madre ad una associazione che, secondo quanto denunciato anche dalla deputata Giannone in un atto di sindacato ispettivo, ha un conflitto di interesse in quanto si tratta di «un'associazione in cui la responsabile figurava nella sua stessa persona e il consulente legale era l'avvocato al quale si era rivolto l'ex marito di Giada»;

   a seguito di ciò, la madre viene giudicata simbiotica, il figlio prelevato da scuola e accompagnato in casa famiglia;

   nel trascorso giudiziario che ha visto parte i protagonisti di questa vicenda, alcune consulenze tecniche d'ufficio e consulenze tecniche di parte avrebbero ritenuto pericoloso e violento il profilo psicologico del padre, mentre il minore avrebbe più volte richiesto di poter tornare a vivere con la madre;

   ciononostante, il minore è stato affidato in via esclusiva al padre;

   alcune prove e testimonianze della situazione famigliare, tuttavia, come denunciato dalla donna «non verranno mai prese in considerazione dal Tribunale», come, tra l'altro, si può leggere nella relativa sentenza: «rimane superfluo acquisire tutti i verbali e le videoregistrazioni degli incontri avvenuti presso il servizio sociale tra madre e figlio»;

   sul caso, il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede si è recentemente espresso, rispondendo ad un altro atto di sindacato ispettivo, dichiarando che «Il pieno diritto di ascolto del minore nel caso trattato sembrerebbe essere completamente trascurato ed anche la volontà di quest'ultimo»;

   nonostante le svariate richieste da parte della signora G. e le perizie delle consulenze tecniche d'ufficio, il tribunale non ha mai riesaminato il caso: la donna ha denunciato di non riuscire a vedere il proprio figlio da mesi ed è preoccupata per la sua salute;

   inoltre, la donna avrebbe depositato denunce per maltrattamenti e violenza contro l'ex marito, giudicate infondate: per tale ragione, adesso la signora starebbe subendo un procedimento giudiziario per calunnia, a seguito di denuncia del marito per simulazione di reato –:

   di quali informazioni disponga, per quanto di competenza, con riguardo al caso esposto in premessa e se non intenda promuovere presso i competenti uffici giudiziari romani attività ispettive, anche per l'adozione di eventuali iniziative disciplinari conseguenti.
(4-07121)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il sistema aeroportuale italiano attraversa un periodo di grave crisi a causa della pandemia Covid-19. Nei primi 8 mesi dell'anno gli scali italiani hanno perso 1,3 miliardi di euro di entrate. Hanno registrato una riduzione dei fatturati pari al 70 per cento e un incremento dei costi per la gestione della pandemia (sanificazione, acquisto termoscanner, screening). Sono oltre 10 mila i lavoratori in cassa integrazione. Con riferimento alle realtà regionali, a quanto si apprende da organi di stampa, l'aeroporto Mario Mameli di Elmas-Cagliari nell'intervallo di tempo marzo-agosto 2020 ha subito un calo passeggeri dell'85 per cento e ha coperto le ingenti perdite, esclusivamente, con risorse proprie;

   il sistema aeroportuale rappresenta il 3,7 per cento del prodotto interno lordo, con 170 mila dipendenti diretti e 1 milione se si tiene conto dell'indotto –:

   quali iniziative misure di sostegno, anche in termini di investimento, intenda attivare per il sistema aeroportuale italiano.
(5-04775)


   GELMINI, ZANELLA e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del presente anno i treni alta velocità nelle tratte tra Desenzano-Milano e Venezia sono stati drasticamente ridotti nella misura di circa un terzo;

   giornalmente il collegamento con Milano è garantito da un solo treno Frecciarossa che però parte in un orario disagevole per chi deve raggiungere Milano per motivi di lavoro o studio, essendo prevista la partenza alle ore 9,23 del mattino, mentre negli orari precedenti il collegamento è assicurato solo con convogli regionali;

   Desenzano del Garda è il comune più grande tra quelli del lago di Garda e il secondo in assoluto della provincia di Brescia; l'attuale situazione dei collegamenti ferrovia, oltre a creare disagi alla popolazione residente, rischia di avere un serio impatto anche sui flussi turistici che nel corso del 2018 hanno registrato la presenza di circa 900.000 unità proprio a Desenzano;

   la situazione sopra descritta rischia di aggravarsi ulteriormente quando verrà completato il collegamento alta velocità tra Milano e Venezia con la realizzazione definitiva della direttrice ovest-est Torino-Milano-Verona-Venezia. Tale direttrice non prevede fermate sul Garda;

   sarebbe inaccettabile, a giudizio dell'interrogante, escludere la zona del Garda dai collegamenti veloci con le principali città del Nord Italia e, conseguentemente, dai collegamenti con il resto del Paese, anche alla luce di uno di uno studio di fattibilità richiesto nel 2017 da parte della regione Lombardia sulla realizzazione di una fermata sul Garda nell'ambito della direttrice Torino-Venezia che svolgerebbe una funzione strategica per i flussi turistici –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di garantire adeguati collegamenti ferroviari ad alta velocità tra Desenzano e Milano.
(5-04778)


   GRIPPA, DEL SESTO e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la situazione epidemiologica di Covid-19, che nelle ultime settimane sta facendo registrare un picco dei casi di contagio, sta giustamente e prioritariamente facendo catalizzare l'attenzione sulle misure da mettere in campo per il miglior contrasto opponibile alla avanzata del virus. Attenzione, che ha evidenziato come la gestione della pandemia in Italia abbia ricevuto elogi dall'Organizzazione mondiale della sanità e considerazioni dalla stampa internazionale, per esempio sul Financial Times, su BBC, sul Wall Street Journal, Foreign Policy e diversi altri;

   dall'inizio della pandemia, il settore dei trasporti è stato interessato da numerose misure normative per assicurare i trasferimenti dei cittadini, evitando quanto più possibile il contatto tra gli utenti. Una situazione che ha evidenziato come, anche per l'intero sistema di mobilità, sia utile una trasformazione rilevante che riguardi tutta l'organizzazione della mobilità;

   sempre di più le infrastrutture e i mezzi di trasporto rappresentano un'unica realtà che va organizzata in modo integrato, tenendo conto delle opportunità e delle problematiche che la nuova tecnologia offre, nonché ai modelli in grado di migliorare e ottimizzare i processi organizzativi, anche alla luce dei nuovi sistemi di trasporto intelligenti (Its) che creano una rete di trasporti che funziona con le stesse modalità delle rete internet, dove tutto è connesso e che tende verso la riduzione dei costi e spinge a creare valore per tutti i soggetti coinvolti nella gestione del traffico;

   il ritmo con cui la tecnologia avanzerà dipenderà molto dai livelli d'investimento, dalle modifiche alle normative e dall'emergere di infrastrutture di supporto per consentire ai sistemi di trasporto di migliore le proprie performance. Il futuro della mobilità promette di trasformare il modo in cui persone e merci si muovono, poiché i veicoli condivisi e autonomi potrebbero offrire l'opportunità di un trasporto più veloce, più pulito, più economico e più sicuro;

   da una diversa e più ampia riflessione post prima ondata dell'emergenza Covid-19, incentrata sullo stato e sulle prospettive dell'innovazione tecnologica applicata ai trasporti, unitamente ai cambiamenti negli stili di mobilità intervenuti, emergerebbe la concreta esigenza di approfondire le eventuali problematiche e i relativi benefici insiti nel governo di questi complessi processi;

   a parere dell'interrogante sembra ormai necessario un ripensamento di fondo ed il ridisegno radicale delle attività aziendali, un approccio sistemico finalizzato a realizzare straordinari miglioramenti nei parametri critici delle prestazioni come costi, qualità, servizio e velocità di azione. Per migliorare il servizio del trasporto pubblico locale sarà sempre più opportuno considerare la catena globale dei viaggi dei passeggeri, che includerà l'uso di trasporti pubblici tradizionali come autobus, metropolitane e treni, nonché altri modi di trasporto, come i servizi a richiesta e i veicoli gratuiti e l'automobile privato con le sue possibili innovazioni;

   l'evoluzione del settore da quello dei trasporto pubblico a quello della mobilità collettiva, contestualizzato alla fase di stagnazione dell'economia che l'Italia sta attraversando e che, purtroppo, causa pandemia potrebbe registrarsi anche per il futuro, nonché con riferimento alle strategie di sviluppo poste in essere dall'Europa, imporrebbe e renderebbe opportuni intesi sforzi di politica economica da parte del governo nazionale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione a quanto sopra esposto;

   quali soggetti intenda coinvolgere al fine di predisporre una visione complessiva integrata e aperta per la costruzione di una nuova mobilità basata in particolare sul supporto delle nuove tecnologie e delle relative innovazioni;

   se esista una strategia nazionale basata sull'individuazione delle azioni e soluzioni più efficaci e efficienti, se pur differenziate a livello territoriale, in ragione dell'impellente necessità di incrementare la sicurezza, l'efficienza e la sostenibilità dell'intero settore dei trasporti, anche a seguito di quanto appreso in questa emergenza sanitaria.
(5-04787)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORTE e BENIGNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 42 è un'importante infrastruttura stradale che collega la città di Treviglio alla città di Bolzano;

   nel corso degli anni, l'infrastruttura è stata oggetto di opere di ammodernamento, con realizzazione di tratti in variante;

   uno dei tratti più complessi è quello che attraversa la Valle Cavallina della provincia di Bergamo, tra i comuni di Trescore Balneario e Pianico;

   il tratto in questione, percorso pressoché obbligato per chi deve risalire la valle, presenta notevoli criticità, non essendo adeguato alla consistente mole di traffico;

   notevoli sono i problemi di sicurezza che derivano dalla conformazione del tracciato, in molteplici punti stretti e con molte curve;

   anche la manutenzione, in diversi punti, lascia molto a desiderare;

   per sensibilizzare la politica sulla presenza dei problemi del tratto in questione, è stato altresì costituito un comitato di cittadini;

   attualmente pende presso gli uffici dell'Anas il progetto di realizzazione di una ulteriore variante che dovrebbe consentire di superare il tratto di collegamento tra i comuni di Trescore Balneario ed Entratico, evitando l'imbuto costituito dalla rotatoria di collegamento con la strada provinciale 89;

   la realizzazione di tale variante, peraltro, rischia di costituire solo un palliativo, spostando il problema del traffico di pochi chilometri;

   è invece necessario pensare ad un intervento definitivamente risolutivo, anche in vista delle prossime olimpiadi invernali di Milano-Cortina, con la realizzazione di un nuovo tracciato di variante che superi l'intero attuale sedime della strada statale 42 in Valle Cavallina;

   la problematica è stata peraltro portata all'attenzione del Parlamento nel corso dell'ultima sessione di bilancio, con la presentazione di una proposta emendativa volta a prevedere lo stanziamento delle risorse necessarie;

   nei giorni scorsi, si è registrata peraltro l'iniziativa del sindaco di Berzo San Fermo, uno dei comuni della Valle Cavallina maggiormente toccati dal problema della strada statale 42;

   il primo cittadino di Berzo San Fermo, in particolare, ha segnalato ad Anas il grave ed ingiustificato ritardo nel rilascio del nulla osta necessario all'avvio delle opere (già interamente finanziate ed appaltate), di messa in sicurezza della rotatoria in uscita dal paese sita sul territorio del comune di Borgo di Terzo, la necessità di mettere in atto lavori di ripristino dei frequenti smottamenti che si verificano nel tratto di variante in comune di San Paolo d'Argon e, soprattutto, il perdurare di situazioni di grave pericolo frutto di scelte progettuali del passato poco ponderate, come la mancanza di corsie di canalizzazione in prossimità di centri commerciali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità del tracciato dell'infrastruttura stradale strada statale 42 nel tratto che attraversa la Valle Cavallina della provincia di Bergamo, con particolare riferimento a quelle descritte in premessa;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di consentire il rapido avvio dei cantieri per la realizzazione del tratto di variante tra i comuni di Trescore Balneario ed Entratico e di tutte quelle opere di messa in sicurezza già progettate e finanziate, anche intervenendo presso Anas al fine di velocizzare i procedimenti;

   se sia intenzione del Ministro interrogato adottare iniziative per una definitiva risoluzione della problematica concernente la strada statale 42 in Valle Cavallina, con la realizzazione di un tratto di variante che superi l'intero attuale tracciato, una priorità nella definizione e nel finanziamento degli interventi infrastrutturali da avviare nei prossimi mesi, anche in vista delle olimpiadi invernali di Milano Cortina.
(4-07109)


   SERRITELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tratta Torino-Lione è un collegamento ad alta velocità la cui costruzione è cominciata all'inizio degli anni 2000 e che dal 2005 rientra nel programma di reti trans-europee denominato Trans-European Networks – Transport (Ten-T);

   il «Piano delle infrastrutture e dei trasporti per un'Italia ad alta velocità ferroviaria, aerea e marittima» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denominato #ItaliaVeloce, prevede investimenti per 200 miliardi di euro, con un focus sull'aumento dei collegamenti ad alta velocità ferroviaria;

   la tratta Tav Torino-Lione è inserita all'interno delle priorità del suddetto Piano;

   la Corte dei conti europea, nel mese di giugno 2020, si era pronunciata in merito alla tratta Tav Torino-Lione, affermando come sia improbabile che l'opera sia pronta per la scadenza fissata. Inoltre, quindici anni di ritardi, costi cresciuti e soprattutto un quadro di sostenibilità incrinato dalle previsioni di traffico dei prossimi anni, mostrano, secondo la Corte, come l'opera sia economicamente insostenibile;

   alla Relazione della Corte dei conti europea è stato allegato lo studio indipendente realizzato dal professor Yves Crozet, specialista in economia dei trasporti dell'Università di Lione 2, il quale scrive «la galleria Lione-Torino è un tipico esempio di manipolazione del calcolo economico in cui, oltre alla sopravvalutazione del traffico, vi sono valutazioni fantasiose dei guadagni in termini di emissioni di CO2»;

   nel mese di giugno 2020 era stata presentata l'interrogazione n. 4-06119, la quale chiedeva di escludere la tratta Tav Torino-Lione dalle opere prioritarie del Ministero –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce della pubblicazione dello studio realizzato dal professor Yves Crozet, abbia intenzione di adottare iniziative per escludere la tratta Tav Torino-Lione dalle opere prioritarie.
(4-07115)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRITELLA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   per aiutare ad evitare la diffusione di nuovi focolai da Covid-19, è possibile scaricare da giugno 2020 sul proprio smartphone «Immuni», l'applicazione promossa dal Governo;

   l'applicazione di contact tracing ha il compito di tracciare gli eventuali contatti degli utenti con persone risultate positive al Covid-19;

   sviluppata nel pieno rispetto della normativa italiana ed europea a tutela della privacy, l'applicazione rappresenta un supporto tecnologico che si affianca alle iniziative già messe in campo dal Governo per limitare la diffusione del virus Covid-19;

   gli utenti che decidono di scaricare l'applicazione possono scaricarla gratuitamente;

   Immuni sfrutta il sistema per le notifiche di esposizione sviluppato da Apple e Google;

   si tratta di una tecnologia condivisa a livello internazionale, la quale permette di funzionare al meglio sulla maggioranza dei dispositivi;

   Germania, Giappone, Olanda e decine di altri Paesi al mondo ne fanno uso;

   dal momento del lancio, le notifiche inviate sono state 8.300 e finora sono stati trovati 477 utenti positivi;

   il Governo ha deciso di estendere l'utilizzo dell'applicazione di tracciamento per tutto il 2021, e di farla comunicare anche con le altre applicazioni utilizzate nei Paesi europei;

   al fine di poter risultare strumento efficace come argine per il contenimento del nuovo coronavirus è altresì importante che tale applicazione possa essere scaricata dal maggior numero di cittadini;

   a causa di limiti tecnici, questa tecnologia al momento non è disponibile su versioni precedenti di iOS, Android e Google Play Services;

   nell'ultima settimana, grazie alla campagna di sensibilizzazione avviata dal Governo, si è assistito ad un considerevole aumento dei download dell'applicazione, raggiungendo la cifra record di 1,4 milioni di download dal 3 ottobre 2020 a oggi;

   l'applicazione è stata scaricata complessivamente da più di 8 milioni di cittadini;

   grazie all'incremento dei download, l'applicazione è ora utilizzata da circa il 21 per cento della popolazione italiana tra i 14 e i 75 anni che possiede uno smartphone;

   tuttavia, seppur apprezzabile, tale percentuale risulta essere ancora lontana dall'obiettivo del 60 per cento, necessaria affinché il sistema sia efficace nel contenere la pandemia –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per la platea di utenti attualmente esclusi dalla possibilità di utilizzo dell'applicazione Immuni, perché in possesso di uno smartphone con versioni del sistema operativo obsolete, nonché quale sia lo stato di avanzamento del processo che consentirebbe di comunicare con le altre applicazioni utilizzate nei Paesi europei.
(4-07120)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   le drammatiche notizie di cronaca, sempre più frequenti, pongono davanti alla necessità di interrogarsi sui pericoli del web, che spesso, anche per i nativi digitali, rimane un percorso denso di ostacoli e potenziali minacce;

   secondo l'indagine «Minori e percezione dei rischi» realizzata da Ipsos per Save the Children, il «luogo» più a rischio per circa 7 ragazzi su 10 è Internet e secondo l'Osservatorio nazionale adolescenza, i più piccoli vedono la prima immagine pornografica già a 7 anni e un adolescente su cinque subisce molestie in rete;

   la maxi operazione «Scacco matto» ha portato alla luce una rete di pedofili ramificata in tutta Italia e in numerose città straniere, in cui si utilizzavano sistemi anonimi come Tor e Vpn e servizi di messaggistica crittografata per scambiarsi foto e video di natura pedopornografica, catalogati in base a criteri di età, sesso ed etnia, con contenuti raccapriccianti di abusi su minori, anche neonati, alcuni dei quali vittime di pratiche di sadismo;

   solo pochi mesi fa è stata scoperta una rete di adolescenti, tra i 13 e i 17 anni, che partecipavano ad un gruppo social, definito dagli inquirenti «dell'orrore», nel quale si scambiavano immagini «di orribili violenze e con contenuti di alta crudeltà»: ragazzini che guardano altri ragazzini e bambini abusati;

   dall'analisi del telefonino di un ragazzo coinvolto «è emerso un numero esorbitante di filmati e immagini pedopornografiche, anche sotto forma di stickers, scambiate e cedute dal giovane, rivelatosi l'organizzatore e promotore dell'attività criminosa insieme ad altri minori, attraverso Whatsapp, Telegram e altre applicazioni di messaggistica istantanea e social network. Sul telefono del ragazzo erano inoltre presenti numerosi filegore”, la nuova frontiera della divulgazione illegale, video e immagini provenienti dal dark web raffiguranti suicidi, mutilazioni, squartamenti e decapitazioni di persone, in qualche caso di animali»;

   altre indagini sono, invece, passate del tutto inosservate, come quella che ha portato a 50 arresti a Torino per detenzione di materiale pedo-pornografico e di «contenuti raccapriccianti di abusi su minori, ritraenti vere e proprie pratiche di sadismo dove le vittime erano anche neonati»;

   nei giorni scorsi un bambino di soli undici anni si è tolto la vita a Napoli buttandosi dal balcone, probabilmente a causa di un gioco, una «challenge» come la definiscono gli adolescenti, in cui devono superare prove di crescente pericolosità sino ad arrivare al gesto estremo del suicidio o di uccidere una persona cara;

   negli ultimi anni fenomeni come la Blue Whale challenge, una serie di sfide che impongono alle giovani vittime atti di autolesionismo, sono stati ipotizzati come causa di morte di alcuni adolescenti;

   essere sempre on line, per le giovani generazioni, rischia di assottigliare la linea di demarcazione tra vita reale e virtuale, dove i limiti sono inesistenti e anche i giovanissimi sono esposti alla visione di immagini e video a carattere violento senza alcun filtro;

   la pedopornografia on line continua a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita: quasi 7 milioni e 100 mila le foto segnalate nel 2019, il doppio rispetto al 2018 quando il contatore si fermò a 3 milioni e 50 mila circa. Quasi stabili i video (992.300 contro 1.123.793 del 2018), in aumento le chat (323 contro 234) e solo nel 2019 sono state individuate 325 cartelle complesse;

   i dati, che attestano di un fenomeno in espansione, sono stati presentati da Don Fortunato Di Noto, fondatore dell'Associazione Meter Onlus: «Analizzandoli più in dettaglio, i numeri dicono che il nostro Centro ascolto per l'accoglienza delle vittime di abuso e in genere delle situazioni di fragilità, ha trattato 1.721 casi, abbiamo ricevuto 29.996 richieste telefoniche e 17.375 segnalazioni form da utenti (dal 2007 al 2019); dal 2008 in poi i social network hanno aumentato lo spazio a disposizione dei pedofili e contiamo 8.397 segnalazioni in 17 anni per comunità e social. Per non parlare del Deep web», una giungla nella quale si opera e agisce nella massima libertà al punto che anche per le forze dell'ordine non è facile intervenire e operare e spesso si opera tardivamente rispetto alle tecnologie usate dai cyber-pedofili;

   il capo della polizia postale, Nunzia Ciardi, ha denunciato un incremento dei reati relativi a pedopornografia e ricatti sessuali a danno di minori proprio durante il periodo di emergenza sanitaria: 181 casi tra tentativi di adescamento attraverso la rete e scambio di video e foto di minori, a fronte di 83 denunce relative all'anno precedente;

   negli ultimi mesi, infatti, si sono ampliati i fattori e le condizioni di rischio che espongono alla pedopornografia on line, tra i quali, in particolare: l'aumento delle vulnerabilità a cui sono esposti i più piccoli; la diminuzione della supervisione genitoriale con l'aumento delle responsabilità che hanno dovuto fronteggiate; la mancanza di reti extra familiari a cui rivolgersi, prima fra tutte la scuola; l'aumento della fruizione di contenuti sessuali autoprodotti e scambiati, di cui si può facilmente perdere il controllo –:

   quali siano i dati aggiornati dei reati a danno dei minori correlati a internet e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per una loro più efficace repressione;

   di quali dati disponga il Governo in merito ad attività di informazione e formazione circa i rischi correlati al web e ai social network nelle scuole di ogni ordine e grado e quali iniziative intenda adottare in tal senso, al fine di educare e sensibilizzare al tema i ragazzi in età scolare, con il coinvolgimento delle famiglie, a tutela della loro salute mentale e incolumità fisica;

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative per rivedere la normativa, anche in materia di tutela della privacy, che disciplina la possibilità da parte degli amministratori dei siti e delle piattaforme di file sharing di rimuovere il materiale caricato dagli utenti e fornire alle autorità competenti gli indirizzi IP di chi ha caricato e/o scaricato il materiale in questione;

   come sia possibile che dei minorenni siano in grado di accedere ad un «deep web», impossibile da raggiungere senza essere a conoscenza di processi dettagliati e chiavi di accesso ben precise.
(2-00962) «Bellucci, Lollobrigida, Ferro, Deidda, Rotelli, Trancassini, Foti, Butti, Rampelli, Mollicone».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 1° ottobre 2020, il sindaco di Melito, in provincia di Napoli, Antonio Amente ha sporto denuncia presso i carabinieri, segnalando un episodio inquietante: mentre tornava da una visita presso l'abitazione della madre ed era diretto alla sede del municipio, sarebbe stato avvicinato da due sconosciuti in sella a uno scooter, che avrebbero prima colpito la sua auto e poi lo avrebbero minacciato e gli avrebbero intimato di dimettersi;

   nelle stesse ore, un episodio simile avrebbe riguardato un consigliere di maggioranza, Nino Palumbo, molto vicino al sindaco, colto da malore e ricoverato in ospedale dopo un alterco dai contorni ancora non chiari con alcuni sconosciuti all'esterno di un bar;

   «Ciò che è accaduto oggi a Melito merita l'attenzione del ministro degli Interni e di tutti coloro i quali rappresentano le forze dell'ordine ed operano ed agiscono in nome e per conto della legalità», ha scritto il sindaco sulla sua pagina Facebook nelle ore immediatamente successive ai fatti. «In città – ha continuato – si raccontava di un tentativo di sfiducia nei miei confronti da parte di forze oscure»;

   quattro giorni dopo la denuncia, al sindaco Amente è stata assegnata una «sorveglianza continuativa» delle forze dell'ordine con una scorta che lo tutela;

   la presenza della criminalità organizzata sul territorio è considerata da inquirenti e forze di polizia, pervasiva e capace di condizionare notevolmente la vita economica e sociale della città, come del resto dell'intera area metropolitana tra Napoli e Caserta, dove la presenza del malaffare criminale è storicamente accertata da decine di inchieste giudiziarie, con una forte capacità di controllare il territorio;

   si evidenzia, in particolare, una presenza significativa sul territorio di affari criminali come droga e racket che condizionerebbe pesantemente la vita sociale della comunità e il tessuto economico e produttivo, già impoverito dalla crisi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti di cui in premessa e se e quali iniziative intenda adottare nell'ambito delle sue competenze, per fare luce sulla situazione e per tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione in un territorio con una così forte presenza della criminalità organizzata.
(4-07116)


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Rosone S.r.l. – Villa Angela, in Via Zabatta 14 a Terzigno (Napoli) è un centro di accoglienza straordinaria (Cas) e, stando a quanto certifica la prefettura di Napoli – Area IV immigrazione, con ultimo aggiornamento al 9 aprile 2020, ospita 70 immigrati;

   a Terzigno, presso Il Rosone S.r.l. Villa Angela, un primo contagio è stato registrato oltre un mese fa, quando tutti gli immigrati ospiti del centro di accoglienza sono stati messi in quarantena;

   dopo l'esito di positività al virus dei primi due tamponi, sono stati sottoposti tutti ad un terzo che, giovedì 8 ottobre 2020, rilevava la positività di altri tre immigrati per un totale di cinque contagiati; ciò ha imposto un ulteriore periodo di isolamento fiduciario a tutti gli inquilini della struttura;

   già venerdì 9 ottobre 2020 gli immigrati hanno manifestato insofferenza per la reclusione forzata, creando disordini, mettendo a soqquadro il Cas via Zabatta, rifiutando di cibo e gettandolo a terra e danneggiando l'automobile del titolare della struttura ricettiva «Villa Angela», Massimo Esposito;

   lunedì 12 ottobre 2020, circa sessanta immigrati sono scappati dalla struttura di accoglienza di via Zabatta, attraversando Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata prima di essere riportati al CAS dalle forze dell'ordine;

   la fuga ha messo a repentaglio la sicurezza e la salute di quanti lavorano nella struttura, delle forze dell'ordine e dei cittadini dei paesi vesuviani e, oggi, costringe le forze di polizia, carabinieri e forestale a presidiare la struttura h24 –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non ritenga di dover avviare, per quanto di competenza, verifiche interne ed ispezioni per monitorare la gestione dei Cas, garantire la sicurezza e la salute dei cittadini, degli operatori e dei cittadini tutti e come intenda agire nel caso in cui vengano accertate irregolarità nella suddetta gestione.
(4-07117)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   la recente iniziativa assunta dal Ministro interpellato con l'invio di tre dirigenti con funzioni a parere degli interpellanti «pseudo ispettive» presso l'ufficio scolastico territoriale di Milano, asseritamente perché le nomine dei supplenti procederebbero a rilento, sta generando profonda amarezza e malcontento tra i dipendenti, che si sentono fatti oggetto di attacchi politici e personali senza precedenti, che evidentemente hanno colpito ingiustamente non solo il dirigente, ma tutti i lavoratori;

   questi dipendenti, nel momento attuale di vera difficoltà dovuta anche all'emergenza sanitaria, oltre a garantire tutte le normali attività propedeutiche all'avvio dell'anno scolastico, hanno dovuto far fronte ad una serie di complesse ed ulteriori attività, quali le nomine in ruolo su posti «quota cento», a fine maggio 2020, e soprattutto la formulazione delle famose graduatorie provinciali del personale docente entro l'avvio dell'anno scolastico;

   non solo, per fronteggiare la scelta per gli interpellanti insensata di pubblicare, a fine luglio 2020, l'ordinanza ministeriale 60 concernente le graduatorie provinciali per le supplenze ed assicurare, comunque, il regolare avvio dell'anno scolastico, i lavoratori di Milano, da oltre 45 giorni (festivi compresi), si sono sottoposti volontariamente a massacranti turni quotidiani, che spesso superano le 12 ore;

   il Ministero dell'istruzione per gli interpellanti non ha dunque tenuto in alcun conto alcuni elementi fondamentali quali: l'elevato numero di domande che sarebbero pervenute; la carenza ormai cronica di organico degli uffici scolastici di tutta Italia che, nel caso di Milano, hanno una scopertura di oltre il 60 per cento; la parziale chiusura delle segreterie delle scuole nel mese di agosto; un sistema informativo evidentemente inadeguato; la situazione dell'emergenza Covid-19;

   gli addetti all'ufficio scolastico di Milano hanno così dovuto far fronte ad una mole di lavoro senza precedenti, per porre rimedio agli innumerevoli errori generati dal sistema informativo e risolvere gli svariati problemi dei malcapitati docenti. Molti docenti, dopo aver regolarmente compilato la domanda, si sono visti negare punteggi relativi a titoli dichiarati, ma non recepiti dal sistema informativo e, in casi ancora più gravi, sono stati esclusi dalla classe di concorso per la quale concorrevano, con grave lesione del proprio diritto di essere nominati e correndo il rischio di non poter lavorare nella scuola per i prossimi due anni (poiché la graduatoria è biennale);

   relativamente alle nomine del personale a tempo determinato della scuola, gli uffici di Milano hanno interamente coperto i posti di personale Ata, mentre per il personale docente, ad oggi, l'ufficio ha coperto circa 7.500 posti su 11.000 vacanti, con la previsione di concludere le operazioni entro metà ottobre 2020 e, quindi, prima di quanto avvenga in molte altre province d'Italia che hanno numeri nettamente inferiori (la provincia di Milano è quella che in assoluto ha ricevuto più domande; a solo titolo esemplificativo: tutta la regione Veneto ha gestito complessivamente circa 120.000 posizioni, mentre la sola provincia di Milano ne ha gestite 112.000);

   tutti gli uffici scolastici regionali sono in ritardo, semplicemente perché era impossibile rispettare i tempi fissati a tavolino, ma l'attacco sferrato a tutto il vertice lombardo della scuola, ed al dirigente Marco Bussetti, già Ministro dell'istruzione, a giudizio degli interpellanti sembrerebbe stato ideato per distogliere l'attenzione dalle responsabilità del Ministro attualmente in carica;

   la Lega aveva segnalato, sin da aprile, le difficoltà che avrebbe generato forzare la mano sulle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps), ed anche il rischio che poi si provasse a scaricare la colpa sugli uffici scolastici regionali. L'unica soluzione possibile sarebbe stata quella di far slittare le graduatorie provinciali in parola al prossimo triennio –:

   per quale motivo il Ministro interpellato non abbia rimandato la nuova organizzazione delle graduatorie su base provinciale al prossimo anno scolastico, viste le numerose difficoltà annunciate e regolarmente verificatesi;

   per quale motivo abbia inteso invece assumere iniziative ispettive che a parere degli interpellanti risultano gravemente contraddittorie rispetto al reale lavoro svolto dagli uffici dell'ex provveditorato guidato dal dirigente Marco Bussetti.
(2-00964) «Belotti, Colmellere, De Angelis, Latini, Patelli, Racchella, Sasso, Toccalini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRETTO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   è stato confermato che la prova scritta del concorso straordinario per insegnanti di scuola media e superiore si svolgerà a partire dal 22 ottobre 2020 fino al 16 novembre 2020;

   avviare in un contesto di emergenza igienico-sanitaria lo svolgimento delle prove del concorso straordinario non produce alcun effetto immediato in termini di assunzioni, mentre espone la scuola e il personale coinvolto a parecchi rischi, quale un possibile aumento dei contagi nelle scuole, per effetto della promiscuità tra personale esterno, interno, e alunni nella frequenza dei locali scolastici che ospiteranno le prove;

   inoltre, con una temperatura di più di 37,5 gradi o con una sintomatologia respiratoria in atto non si accede, così come anche per i docenti eventualmente in quarantena, senza la possibilità di svolgere una sessione suppletiva; in tal modo, molti precari, trovandosi eventualmente in situazione di contagio o di quarantena come effetto del lavoro che svolgono e che li espone a tali condizioni, saranno esclusi dalla partecipazione al concorso;

   i casi di positività si stanno purtroppo manifestando in molte scuole su tutto il territorio nazionale, diversi lavoratori impegnati in supplenze potrebbero essere coinvolti dalle misure di isolamento e conseguentemente, perdere l'opportunità di partecipare a un concorso la cui finalità è proprio quella di sanare l'abuso del lavoro precario nella scuola;

   si tratta di un'evenienza inaccettabile, che vanificherebbe per ragioni certamente non imputabili al personale il lavoro di diversi anni;

   vi è poi da chiedersi se sia opportuno sottrarre alle scuole appena ripartite 66.000 docenti per almeno due giorni, con l'incremento che ne discende, inoltre, dei flussi di mobilità sul territorio per quanti potrebbero partecipare alle prove in regione diversa da quella di servizio –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere delle sessioni suppletive di detto concorso o delle modalità di partecipazione alternative per i docenti in quarantena, al fine di garantire la partecipazione di tutti i candidati.
(4-07111)


   LATINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il convitto nazionale G. Leopardi di Macerata è un'istituzione educativa unica nella regione Marche e fa parte del complesso dei 47 convitti nazionali ed educandati statali italiani;

   esso accoglie le iscrizioni dei convittori frequentanti le scuole secondarie di II grado della provincia di Macerata (circa 40) e dei semiconvittori frequentanti la scuola primaria e secondaria di I grado annesse al Convitto (circa 450);

   avendo un numero di iscritti inferiore a 600, risulta essere sottodimensionata e non ha diritto né ad un dirigente scolastico, né ad un direttore dei servizi generali e amministrativi titolari;

   la sede storica è stata gravemente colpita dagli eventi sismici del 2016 ed è stata dichiarata totalmente inagibile, con il conseguente trasferimento delle scuole annesse, della cucina e del dormitorio in tre edifici distinti;

   ad oggi, il comune di Macerata, proprietario della sede storica, pur avendo ricevuto un cospicuo finanziamento per la ristrutturazione e messa a norma, non ha ancora iniziato la progettazione dei lavori;

   nonostante le evidenti difficoltà, le scuole annesse al Convitto, in questi ultimi anni, hanno garantito, anche grazie al prezioso ruolo degli educatori, un servizio pomeridiano di sostegno allo studio, progetti di potenziamento delle lingue, della musica, servizi di pre e post scuola che sono andati incontro a bisogni specifici delle famiglie. L'articolata offerta formativa e la posizione logistica, che vede il Convitto unica scuola ubicata nel centro storico, hanno determinato un incremento delle iscrizioni con l'attivazione, a partire dall'anno scolastico 2018/19 di cinque classi di scuola secondaria di 1° grado e due classi di scuola primaria;

   il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, dottor Filisetti, ripartisce i posti dell'organico di diritto del personale educativo tra le istituzioni convittuali funzionanti nelle province marchigiane;

   egli ha assegnato al Convitto nazionale «G. Leopardi» di Macerata 22 posti, a fronte dei 32 previsti dalla tabella ministeriale;

   lo stesso Filisetti ha autorizzato la formazione di una classe prima a tempo normale, anziché due, per la scuola primaria del Convitto nazionale Leopardi di Macerata e la formazione di una classe prima a tempo normale, anziché nessuna per la primaria «G. Mameli» dell'I.C. «Mestica» di Macerata;

   con il suddetto provvedimento di rettifica di precedenti decreti di assegnazione delle risorse di organico che prevedevano 5 classi di scuola secondaria di 1° grado e 2 classi di scuola primaria, e con un ritardo di quindici giorni rispetto all'accettazione già effettuata di tutte le domande di iscrizione, il Convitto nazionale veniva costretto ad escludere gli studenti eccedenti, ad avviso dell'interrogante in evidente violazione della libertà di scelta educativa delle famiglie;

   ancora il dottor Filisetti, decurta di ulteriori 2 posti il personale educativo assegnato al Convitto nazionale «G. Leopardi» di Macerata, che passa da 22 a 20;

   i continui tagli inferti da parte del direttore Filisetti al Convitto nazionale di Macerata pregiudicano il mantenimento dei servizi di semiconvittualità e l'offerta formativa dell'Istituto –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di tutelare la libertà di scelta educativa della famiglia e degli studenti del Convitto stesso.
(4-07114)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RACITI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 3 luglio 2020 la corte di appello di Catania, sezione lavoro, con sentenza n. 416 del 2020, ha riformato la sentenza del tribunale di Siracusa, sezione lavoro, n. 900 del 2018 del 4 ottobre 2018, che aveva condannato l'Inps ad accreditare le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto in favore di 10 dipendenti dello stabilimento industrie meccaniche siciliane;

   questa sentenza è stata emessa dopo che l'Inps, con un provvedimento amministrativo, aveva già accreditato le maggiorazioni contributive amianto, e per alcuni degli operai, anche la pensione;

   questi lavoratori hanno svolto attività di lavoro come operai presso lo stabilimento sito in Priolo Gargallo, all'interno del Sito di interesse nazionale di Siracusa, Priolo Gargallo, Melilli ed Augusta;

   secondo il presidente dell'Osservatorio nazionale amianto, avvocato Ezio Bonanni, non si comprende come la corte di appello di Catania possa negare a questi lavoratori sventurati il diritto di beneficio amianto;

   l'articolo 47, comma 6-bis, stabilisce che: «Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento»;

   l'articolo 3, comma 132, legge n. 350 del 2003, stabilisce che: «In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'Inail o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'Inail»;

   la seconda norma tutela tutti i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avessero acquisito il diritto ai benefici amianto, fattispecie dei succitati lavoratori –:

   da 60 giorni i lavoratori superstiti delle Industrie meccaniche siciliane sono in sciopero della fame perché sono stati negati i loro diritti al prepensionamento;

   la situazione a parere dell'interrogante dovrebbe essere risolta alla luce dei principi della Costituzione repubblicana –:

   se intenda emanare un provvedimento amministrativo che consenta un'interpretazione univoca della legge allo scopo di consentire il pieno riconoscimento dei benefici previdenziali nei casi quali quelli dei lavoratori suddetti, ovvero se intenda adottare iniziative sul piano normativo generale al medesimo scopo.
(5-04786)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di giustizia europea ha recentemente emesso una sentenza sul tema del distacco transnazionale, istituto abusato in Italia soprattutto nel settore dell'autotrasporto;

   per quanto concerne l'autotrasporto nazionale, l'istituto della somministrazione transnazionale danneggia pesantemente le aziende virtuose con sede in Italia, perché consente una concorrenza sleale favorita dal differenziale di costo tra la contribuzione nazionale e quella di altre nazioni dell'Est Europa, in particolare Bulgaria e Romania;

   da quanto viene riportato da società di autotrasporto italiane, vengono costituite delle aziende interinali nei Paesi dell'Est per impiegare in Italia lavoratori somministrati del Paese di riferimento grazie allo strumento della «reciprocità» che consente alle aziende interinali rumene e bulgare di operare in Italia somministrando ad esempio dipendenti rumeni (e di altri Paesi) che già vivono in Italia, ma cui vengono applicati i contratti di lavoro esteri. Tali contratti di lavoro sono però privi di riferimenti alle contribuzioni ai fini pensionistici, senza garanzie o trattamenti di fine rapporto a parte l'A1, generando concorrenza sleale tra imprese italiane che pagano regolarmente tutti i contributi, e imprese estere che invece non li pagano pur operando in Italia;

   è notizia del 12 ottobre 2020 che il tribunale di Liegi ha condannato il titolare della Verjans Transport, con sede a Oreye, a 2 anni di carcere (commutabili in libertà vigilata) e da una sanzione di 4,6 milioni di euro per frode previdenziale e dumping sociale, in quanto l'azienda aveva assunto 183 autisti in Slovacchia e in Romania, tutti con contratti di diritto slovacco seppure i committenti della Verjans Transport fossero tutti belgi. La società slovacca che li aveva assunti, una delle sei appositamente costituite dagli stessi condannati, era soltanto di comodo e finalizzata a versare contributi previdenziali e sociali decisamente inferiori rispetto a quelli che avrebbero dovuto pagare se gli stessi autisti fossero stati iscritti alla previdenza belga –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del problema qui riportato;

   se intendano promuovere iniziative volte a effettuare una ricognizione che consenta di quantificare il numero di aziende che operano in tale modo, ad esempio richiedendo alle aziende di autotrasporto l'ammontare delle fatture ricevute da società interinali nazionali ed estere;

   se, alla luce di possibili casi di dumping sociale, abbiano intenzione di promuovere iniziative per recuperare i contributi non versati in Italia.
(5-04790)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   l'avviso del bando #Conciliamo è stato pubblicato ormai in data 8 novembre 2019 dal Dipartimento per le politiche della famiglia, per destinare un totale di 74 milioni di euro per progetti di conciliazione famiglia-lavoro. L'iniziativa è un'opportunità rilevante e occasione di rilancio e ammodernamento per tutte le realtà imprenditoriali nonché a vantaggio dei lavoratori e per le loro famiglie. I progetti di welfare aziendale finanziati migliorerebbero soprattutto la qualità di vita e del lavoro di moltissime mamme e papà, specialmente in una fase già così incerta per i genitori lavoratori;

   i settori di intervento nell'ambito del welfare aziendale ammessi nel bando sono strategici per l'attuale fase di ripresa economica e sociale del Paese. Le proposte progettuali riguardano il nodo fondamentale del rapporto lavoro-famiglia, categorie su cui la crisi da Covid-19 ha inciso particolarmente, e per cui è necessario adottare e attivare tutte le misure possibili, a maggior ragione quelle già avviate;

   sono trascorsi 11 mesi dalla data di pubblicazione del bando, ma ancora non sono stati pubblicati gli esiti delle procedure di selezione dei progetti –:

   quali siano le tempistiche che la Ministra interrogata prevede per la pubblicazione degli esiti.
(5-04776)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   BERTI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione sportiva Livorno Calcio, fondata nel 1915, è una società calcistica attualmente iscritta alla Lega Pro, terza divisione del campionato professionistico italiano;

   in data 11 settembre 2020 Aldo Spinelli, presidente e socio unico della società, dopo 21 anni di presidenza, ha ceduto il 21 per cento delle quote azionarie all'imprenditore Rosettano Navarra. A quanto si legge dagli organi di stampa, il 69 per cento è stato rilevato inizialmente dalla CereaBanca, poi, successivamente, da una cordata di imprenditori ciascuno con una partecipazione azionaria tra il 17 e il 18 per cento, finanziati sempre dall'istituto di credito cooperativo;

   la gestione societaria si è da subito caratterizzata per profondi contrasti tra Navarra, nominato presidente con poteri di firma dal nuovo consiglio di amministrazione, e i soci piemontesi che detengono la quota di maggioranza relativa dell'Associazione sportiva Livorno Calcio (52 per cento), che hanno riguardato, in particolare, la formazione dell'organigramma societario fino all'attuale scontro per il controllo azionario tra Navarra e i soci piemontesi finanziati da CereaBanca;

   in diversi articoli a firma Giulio Corsi, pubblicati dalla testata Il Tirreno, si è sottolineata la «coltre di riservatezza» voluta da CereaBanca sui nomi dei soci finanziati dall'istituto e più in generale la «cortina di fumo» sull'operazione finanziaria e, rispetto ai soci piemontesi, si evidenzia la scarsa solidità economica delle società attraverso le quali hanno acquistato le quote dell'Associazione sportiva Livorno Calcio;

   dalle stesse fonti stampa si apprende, altresì, che ad aver assunto la carica di segretario generale del consiglio di amministrazione è Pierpaolo Gherlone, definito «regista dell'operazione Cerea, amico e coordinatore dei soci piemontesi», ed attualmente tra gli imputati dell'inchiesta «Barbarossa» condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Torino, con l'accusa di essersi fatto aiutare a pagare debiti dell'Asti Calcio da soggetti appartenenti alla 'Ndrangheta e definito nel 2009, in una decisione del tribunale federale della Figc «il principale attore di una gestione societaria dissennata»;

   recenti accadimenti hanno suscitato l'allarme di tifosi ed osservatori quali: la presenza attiva di un consulente della banca nelle scelte societarie; la presenza, anche tra i membri del consiglio di amministrazione, di profili aventi alle spalle trascorsi di fallimenti societari nel mondo del calcio (tra cui Roberto Lamanna e Mauro Ferretti); la poca chiarezza e i problemi legati all'acquisto/cessione di giocatori; il ritardo nel pagamento di stipendi e contributi di giugno 2020 ai calciatori;

   l'articolo 3, comma 1, lettera h), dello statuto della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) individua, tra le funzioni ed obiettivi della Federazione «l'adozione di un sistema di licenze per la partecipazione ai campionati professionistici in armonia con i principi dell'UEFA in materia di licenze per le competizioni europee, stabilendo sistemi di controllo, anche attraverso appositi organismi tecnici, dei requisiti organizzativi, funzionali, economico-gestionali e di equilibrio finanziario delle società»;

   al consiglio federale della Figc è demandato il compito di vigilare sull'adozione da parte delle società di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei e sul rispetto di determinati equilibri economico/finanziari, nonché dei principi di corretta gestione avvalendosi di un organismo ad hoc, la commissione di vigilanza sulle società professionistiche;

   dati aggiornati al 2018 evidenziano che, negli ultimi 15 anni, sono fallite nel nostro Paese oltre 150 società calcistiche tra cui società importanti o storiche tra le quali: Fiorentina, Napoli, Torino, Parma, Cesena e Bari e, dal 2013, sono stati sanzionati 71 club iscritti a campionati professionistici per un totale complessivo di 271 punti di penalità comminati –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto riportato in premessa;

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, si intendano assumere in relazione alle criticità che – come sembra emergere dalla vicenda sopra richiamata – continuano a caratterizzare le dinamiche gestionali e finanziarie che riguardano il mondo del calcio, al fine di assicurare il rispetto dei principi di piena trasparenza e buon andamento societario e di evitare che analoghe e, purtroppo, non nuove circostanze possano ripetersi in futuro;

   se, nel caso di specie, si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di tutelare dipendenti e personale e salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-07110)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELICCHIO e NESCI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione n. 21 del 26 giugno 2020, pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione Calabria n. 65 del 30 giugno 2020, l'ufficio di presidenza del consiglio regionale della Calabria ha conferito l'incarico ad interim di segretario/direttore generale all'avvocato Maria Stefania Lauria, già dirigente del settore segreteria e assemblea del consiglio regionale;

   la durata dell'interim, secondo tale atto deliberativo, sarebbe decorsa dalla data dell'atto stesso fino all'esito delle procedure per il conferimento degli incarichi di segretario generale e direttore generale tramite apposita procedura di selezione pubblica ai sensi di legge;

   nell'atto di nomina è, altresì, dato mandato al reggente di predisporre gli avvisi di selezione del segretario generale e del direttore generale, secondo le indicazioni dell'ufficio di presidenza, secondo le indicazioni dell'articolo 11-bis del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi del consiglio regionale della Calabria, introdotto con deliberazione del medesimo giorno di quella di nomina, avente n. 20 del 26 giugno 2020;

   nell'articolo della testata calabrese LaCNews24.it del 3 luglio 2020, a firma Alessia Bausone, dal titolo «Consiglio, maxi- incarico imposto dalla politica: anomalie nella nomina del segretario generale» sono state evidenziate molteplici presunte irregolarità riguardanti l'atto di nomina di cui alla deliberazione dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale della Calabria n. 21 del 26 giugno 2020: superamento della prassi per la quale si procede a nominare reggente il dirigente più anziano del consiglio regionale per l'espletamento delle procedure di nomina al fine di evitare disparità di trattamento tra i dirigenti; mancata pubblicazione nella sezione avvisi del sito istituzionale del consiglio regionale della Calabria di apposita manifestazione di interesse per ricoprire l'incarico conferito ad interim, nonostante nell'atto deliberativo venga giustificata la scelta effettuata «nell'ambito della disponibilità delle risorse interne» e ad avviso dell'interrogante in violazione dell'articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che per le selezioni impone di acquisire la disponibilità dei dirigenti interessati e di valutarle;

   a ciò va aggiunto che, a distanza di oltre due mesi dalla suddetta nomina, non sono state attivate le procedure di selezione come imposto nell'atto deliberativo al segretario generale/direttore generale reggente e non sono chiare le tempistiche, le modalità e i criteri di futura selezione;

   il precedente segretario generale/direttore generale, dottor Maurizio Priolo, era stato prorogato con deliberazione dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale della Calabria n. 70 del novembre 2019 fino al 24 giugno 2020 ed, in tale arco temporale, non sono state attivate le procedure di selezione pubblica necessarie e si è atteso di arrivare al necessario conferimento dell'incarico ad interim, pena, come scritto nell'atto deliberativo, incorrere nel rischio di «paralisi istituzionale e amministrativa»;

   il rischio oggi è che l'interim, sul quale già pendono ipotesi di anomalie e irregolarità, venga procrastinato oltre il dovuto –:

   se il Governo non intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere una verifica dell'Ispettorato per la funzione pubblica ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(4-07106)


   CAFFARATTO, GIACCONE, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI, MURELLI e RIBOLLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 33 del cosiddetto «decreto crescita» – decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge n. 68 del 2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2019 – è intervenuto in materia di assunzioni di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni in base alla sostenibilità finanziaria, con la finalità di accrescere le facoltà assunzionali degli enti;

   le previsioni del predetto articolo 33 hanno offerto, senza alcun dubbio, condizioni rassicuranti per gli enti che negli ultimi anni hanno subito un drastico calo di personale in servizio, giacché finalmente si svincola la facoltà di assumere da logiche di turn-over e sostituzione di personale in quiescenza che paradossalmente hanno finito col penalizzare maggiormente gli enti sottorganico rispetto a quelli con un'alta spesa di personale, agganciandola a principi di sostenibilità finanziaria;

   il medesimo articolo demandava poi ad un decreto ministeriale l'individuazione delle fasce demografiche, dei relativi valori soglia e delle relative percentuali massime annuali di incremento di personale per gli enti che si collocano al di sotto del predetto valore soglia;

   a norma di legge, il termine entro il quale tale decreto, d'iniziativa della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, e previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;

   la bozza di decreto ministeriale attuativo, aggiornata a luglio 2019, individuerebbe due valori soglia, uno in cui viene fissato il tetto massimo oltre il quale gli enti dovranno adottare politiche di rientro progressivo, ed un secondo, più basso del primo, che identificherebbe gli enti cosiddetti virtuosi; i comuni che si collocheranno tra il primo ed il secondo valore potranno assumere fino al raggiungimento del limite massimo senza alcun vincolo; i comuni che, invece, si collocheranno al di sotto del secondo valore soglia potranno assumere nei limiti delle percentuali massime di incremento della spesa del personale rispetto all'anno 2018, come definite dal decreto ministeriale medesimo; stante sempre quella bozza, qualora, gli enti presentassero un indice inferiore al secondo valore soglia, potranno assumere fino al raggiungimento della sola seconda soglia, ovvero fino al valore più basso, avendo così ristretti margini assunzionali;

   ad oggi il decreto risulta essere ancora in fase di stesura, quindi ben oltre il termine di legge per la sua emanazione, e, a quanto consta agli interroganti, ciò avverrebbe a causa del mancato accordo tra i partecipanti al tavolo preposto, tra i quali Ragioneria generale dello Stato e Anci; quest'ultima, peraltro, intenta ad evitare un immediato peggioramento del regime assunzionale per gli enti con rapporto spese/entrate superiore al valore soglia –:

   quali siano le ragioni che impediscono l'emanazione del decreto ministeriale richiamato in premessa e quali iniziative il Governo intenda adottare per accelerare l'iter al fine di attuare la norma di cui al succitato articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, considerata l'importanza storica che la norma medesima riveste per le regioni ed i comuni virtuosi in cronica situazione di sottorganico e per garantire quella stagione di ricambio generazionale tanto auspicata dai giovani meritevoli.
(4-07107)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda di consulenza Prometeia, in collaborazione con il servizio controllo strategico della regione Umbria, ha realizzato un'analisi delle spese sostenute dalle regioni e province autonome in risposta all'emergenza Covid-19 nel 31 gennaio – 31 maggio 2020, utilizzando la documentazione inviata al Governo il 19 giugno 2020 dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;

   tra inizio febbraio e fine maggio 2020, le regioni italiane hanno speso per l'emergenza Covid-19 oltre 4,1 miliardi di euro, pari al 3,5 per cento dell'intera spesa pubblica sanitaria;

   una interessante indagine in questo ambito è stata effettuata dall'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, che ha analizzato i costi sostenuti dallo Stato per gli appalti e affidamenti connessi al trattamento dei pazienti in tutte le regioni italiane;

   dall'indagine emergono profondissime differenze tra le regioni;

   la spesa regionale media per ogni contagiato da Covid-19 è stata di 76.308 euro in Campania e di 40.280 euro in Toscana, ma di soli 5.178 euro in Lombardia, che in quel periodo è stata la Regione che ha registrato il maggior numero di casi. Così il costo pro capite sostenuto per ciascun malato risulta profondamente diverso da regione a regione;

   il Veneto ha avuto una spesa per contagiato di 10.212 euro, la Puglia di oltre 26 mila; il Lazio di 15.259, la Calabria di 14.027, il Piemonte di 9.018, l'Umbria di 6,287 e le Marche di 5.335. Tutto ciò mentre in Sardegna i costi sono stati di 36.828 euro, in Basilicata di 30.293, in Emilia di 13.773, in Friuli di 22.878, in Abruzzo di 18.047 e in Liguria di 13.913 euro. Agli ultimi posti della classifica sono il Molise, con 4.856 euro di spesa per contagiato, e la Valle d'Aosta, con 3.923;

   nella sua relazione, l'Anac rileva che «la Campania è la regione che fa registrare il valore più elevato di spesa rispetto al numero di contagiati. Il valore rappresentato dalla Campania è pari al 610 per cento del valore medio della spesa regionale per contagiato e pari al 270 per cento del valore medio della spesa nazionale per contagiato. A fronte di un numero di circa 4.420 contagi, la Regione Campania ha infatti speso circa 337 milioni di euro. Si noti che la Lombardia, che ha registrato circa 75.700 contagi, ha sostenuto una spesa complessiva di 392 milioni di euro. Tra le regioni che presentano un rapporto spesa/contagiati tra i più elevati vi sono poi la Toscana, la Sardegna e la Basilicata, tutte con un valore superiore al valore pro-capite della spesa sostenuta a livello nazionale» –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in ordine ad una così elevata differenza tra le regioni circa la spesa sostenuta per ogni contagiato da Covid-19, e quali ritenga siano i motivi di queste profonde differenze.
(5-04788)

Interrogazione a risposta scritta:


   BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto decreto Agosto), il cui disegno di legge di conversione è stato appena approvato in via definitiva, all'articolo 33-bis, è finalizzato a stabilire le funzioni proprie, per la parte socio-educativa, richieste alle attività degli educatori socio-pedagogici (Esp), considerata l'emergenza epidemiologica in corso e la necessità di garantire la presenza di tali educatori nei servizi e nei presidi socio-sanitari;

   per le suddette finalità si prevede l'emanazione di un decreto da parte del Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca, che deve stabilire in dettaglio le funzioni proprie degli aspetti socio-educativi, considerata la specificità del ruolo della figura professionale degli educatori socio-pedagogici;

   il citato articolo 33-bis del «decreto Agosto», interviene in un settore molto delicato, poiché la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico presenta nette e chiare sovrapposizioni con la professione di educatore professionale, di cui al decreto del Ministero della salute n. 520 del 1998 recante «Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale»;

   inoltre, la qualifica dell'educatore professionale socio-pedagogico, è stata individuata nella legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 594-595), nonché nella legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 517);

   questa ulteriore previsione inserita nel «decreto Agosto» si va ad aggiungere ad altre norme per giunta nuovamente sovrapponibili a quelli dell'educatore professionale (decreto ministeriale n. 520 del 1998), e che già definiscono detta figura professionale, con il risultato di creare danno e confusione in un sistema professionale già definito. Con questo articolo 33-bis viene infatti sovrapposta la qualifica di un operatore non abilitato nell'ambito socio-assistenziale, sanitario e socio sanitario con funzioni già in capo a una professione abilitata all'ambito sanitario e socio-sanitario, regolamentata e normata dal 1984, inquadrata nella rete ordinistica (si veda la legge n. 3 del 2018, articoli 4 e 5) ed il cui profilo istitutivo la riconosce e identifica come figura professionale sociale e sanitaria;

   come si può notare leggendo il testo, si è di fronte a un paradosso: da un lato, la descrizione della qualifica fa riferimento a competenze specifiche dell'educatore professionale di cui al decreto ministeriale n. 520 del 1998, dall'altro i riferimenti normativi citati a fondamento della istituzione della qualifica, afferiscono all'ambito dell'istruzione e dell'apprendimento. Ciò crea confusione e genera molte problematiche nella gestione dei servizi e nel mercato del lavoro e reitera il tentativo di sovrapporre la qualifica dell'Esp al profilo dell'educatore professionale di cui al medesimo decreto ministeriale n. 520 del 1998;

   si ricorda che proprio in questo ambito è già stato attivato un tavolo di lavoro, coordinato dalla Federazione nazionale ordini (Fno), cui partecipano rappresentanti di varie istituzioni e associazioni pedagogiche;

   l'articolo 33-bis del decreto-legge n. 104 del 2020, non va nella direzione di unificare i percorsi formativi come da più parti richiesto, bensì in quella di frammentarli e confonderli tra loro sempre più, aumentando tra le altre cose, l'incertezza degli studenti nella scelta del loro percorso formativo, poiché accanto a una figura professionale già normata si ha ora, con la medesima denominazione, una qualifica che può accedere al mercato del lavoro svolgendo una parte delle funzioni svolte da una figura professionale regolamentata, oggetto e soggetto di precisi doveri, responsabilità e diritti, incardinata in un ordine, quello dei Tecnici sanitari di radiologia medica-Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, al pari delle altre professioni sanitarie –:

   se non ritenga di adottare quanto prima iniziative per rivedere la norma del decreto «Agosto» di cui in premessa, in quanto consente a personale non abilitato di poter svolgere funzioni già declinate per l'educatore professionale socio-sanitario con il decreto ministeriale n. 520 del 1998, afferente anche ad un sistema ordinistico.
(4-07108)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MASI, ALEMANNO e SARLI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la zona economica speciale (Zes) «Interregionale Adriatica» è stata istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 settembre 2019 ai sensi dell'articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017;

   il piano di sviluppo strategico della Zes Interregionale Adriatica è stato formalizzato dalla regione Molise con delibera di giunta n. 130 del 19 aprile 2019 e dalla regione Puglia con delibera di giunta n. 839 del 7 maggio 2019, poi aggiornato nell'agosto del 2019;

   nel citato piano di sviluppo si è anche tenuto conto delle osservazioni sul piano strategico della Zes Interregionale Ionica (Puglia-Basilicata);

   il soggetto per l'amministrazione dell'area Zes è identificato ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del citato decreto-legge n. 91 del 2017 in un Comitato di indirizzo composto dal presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione o delle regioni nel caso di Zes interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   entrambe le regioni della Zes Adriatica hanno indicato i rispettivi rappresentanti all'interno del citato Comitato di indirizzo, mentre non sono stati ancora designati i membri di nomina governativa –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per permettere alla Zes Interregionale Adriatica di essere pienamente operativa, con particolare riferimento alla indicazione dei membri di nomina governativa del citato Comitato di indirizzo.
(4-07112)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 28 settembre il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato un avviso pubblico per la manifestazione d'interesse per la selezione di 21 componenti del gruppo di esperti di alto livello per l'elaborazione di un libro bianco sul ruolo della comunicazione nei processi di trasformazione digitale;

   l'avviso individua criteri selettivi altamente qualificati che i soggetti interessati debbono possedere come: competenza ed esperienza comprovate e strettamente pertinenti, anche a livello europeo e/o internazionale, in materia di comunicazione e Ict, comprese le competenze di chiara rilevanza in ambito tecnologico, imprenditoriale, giuridico e scientifico;

   allo stesso tempo, però, si specifica che l'incarico dovrà essere svolto a titolo gratuito, disponendo che ai componenti del gruppo di esperti non spetta alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza;

   con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, è entrato in vigore il principio dell'equo compenso, in forza del quale è fatto preciso obbligo a una serie di «contraenti forti» (tra cui le pubbliche amministrazioni) di garantire al professionista incaricato un compenso commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro richiesto ed effettivamente svolto;

   la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già ribadito che il compenso professionale non deve essere palesemente irrisorio e lesivo della dignità professionale;

   gli enti che rappresentano e tutelano il mondo delle professioni hanno immediatamente rappresentato, anche con dichiarazioni pubbliche, la necessità di tutelare il lavoro e professionalità dei singoli professionisti iscritti;

   non è la prima volta che il Governo, con apposito bando, avvia una ricerca di esperti per svolgere incarichi a titolo gratuito, come avvenuto con il bando del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 febbraio 2019;

   su tale vicenda l'interrogante ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 3-00602, che ad oggi è rimasto senza risposta –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per garantire il rispetto della legge n. 205 del 2017 da parte del Ministro dello sviluppo economico, onde evitare che sia proprio un'articolazione centrale dello Stato a disattendere un principio di civiltà espresso da una legge dello Stato medesimo.
(5-04777)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea De Lorenzis e altri n. 3-01812, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Macina.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Invidia n. 1-00377, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 396 del 10 settembre 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    l'indice Desi (Indice di digitalizzazione dell'economia e della società) è lo strumento mediante cui la Commissione europea monitora la competitività digitale degli Stati membri dal 2015. L'insieme di relazioni si compone di profili nazionali e di capitoli tematici;

    le relazioni nazionali Desi raccolgono prove quantitative derivanti dagli indicatori Desi sotto i cinque aspetti dell'indice, con approfondimenti specifici per Paese riguardanti le politiche e le migliori prassi. Un capitolo di approfondimento in materia di telecomunicazioni è allegato alla relazione di ciascuno Stato membro;

    l'indice Desi è strutturato su 5 fattori, quali: 1) la connettività; 2) il capitale umano; 3) l'uso di servizi web; 4) l'integrazione con le tecnologie digitali; 5) i servizi pubblici digitali;

    il livello di accesso ad internet tramite banda larga e ultra larga, il grado di competenze digitali, il numero di attività che vengono svolte in via informatica e digitale, in sintesi il livello di innovazione tecnologica, costituisce un indicatore indispensabile per valutare le potenzialità di sviluppo e di crescita economica di un Paese, soprattutto durante la quarta rivoluzione industriale;

    appare quanto mai opportuno, anche ai fini della predisposizione della manovra di finanza pubblica, dotarsi di un indice interno equivalente all'indice Desi, in modo non dissimile da quanto fatto durante la scorsa legislatura con il Bes (Indice del benessere equo e sostenibile), introdotto dalla legge n. 163 del 2016,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative normative per prevedere, a decorrere dall'anno 2021, l'integrazione del Documento di economia e finanza, degli altri atti di programmazione economica (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e Documento programmatico di bilancio) e del piano nazionale per la ripresa e la resilienza elaborato nell'ambito del Recovery Plan con appositi indicatori del livello di digitalizzazione e innovazione (indice Desi), sulla base dei dati forniti dall'Istat, al fine di monitorare l'andamento dello sviluppo tecnologico nell'arco di un triennio, nonché le previsioni sull'evoluzione dello stesso nel periodo di riferimento, anche sulla base degli obiettivi di politica economica e dei contenuti dello schema del programma nazionale di riforma.
(1-00377) (Nuova formulazione) «Invidia, Bruno Bossio, Nobili, Stumpo, Currò, Madia, Paita, Manzo, Gariglio, Carabetta, Zanichelli, Raduzzi, Giuliodori, Sodano, Barzotti, Ehm, Suriano».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bruno Bossio n. 5-04521 del 5 agosto 2020.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Caffaratto e altri n. 5-02833 del 7 ottobre 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07107;

   interrogazione a risposta in Commissione Melicchio e Nesci n. 5-04568 del 4 settembre 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07106.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BALDELLI, LABRIOLA, MAZZETTI, RUFFINO e CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   una delle criticità di queste drammatiche settimane di emergenza sanitaria, è stata la difficoltà a reperire e distribuire le mascherine e i dispositivi di protezione individuali;

   una ulteriore difficoltà sarà quella legata alla necessità di un loro corretto smaltimento;

   il Politecnico di Torino ha fatto una stima del fabbisogno nazionale, pari a circa 953 milioni di mascherine al mese, 35 milioni al giorno;

   se l'1 per cento delle mascherine utilizzate in un mese, sulla stima di poco meno di un miliardo a livello nazionale, venisse smaltito in maniera non corretta, si avrebbero 10 milioni di mascherine al mese disperse nell'ambiente –:

   se il Governo non intenda porre in essere idonee iniziative per il corretto smaltimento dei suddetti dispositivi e per consentire il recupero e il riciclo dei materiali.
(4-05781)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Con particolare riguardo all'uso dei dispositivi di protezione individuale, preme innanzitutto evidenziare che, nel contesto dell'emergenza sanitaria nazionale connessa all'infezione da virus SARS-Cov-2, indicazioni in materia di raccolta e gestione dei rifiuti costituiti da dispositivi di protezione individuale usati sono pervenute dal Ministero della salute, dall'Istituto superiore di sanità, dal sistema nazionale per la protezione dell'ambiente e dalla Commissione europea.
  Il Ministero dell'ambiente congiuntamente agli altri soggetti coinvolti, ha cercato di fornire una serie di indicazioni volte a fronteggiare l'attuale stato emergenziale.
  In particolare, lo stesso Ministero, in merito ai dispositivi di sicurezza individuale, rientranti ormai nell'uso quotidiano della collettività ai fini della protezione del contagio, fin dal 30 marzo 2020, con la circolare n. 22276, sulla base della circolare emessa dall'Istituto superiore della sanità, ha reso note le opportune prescrizioni per la corretta gestione degli stessi, in ambito domestico, in presenza o meno di soggetti contagiati.
  Allo stato, la raccolta dei suddetti dispositivi nei rifiuti indifferenziati avviati prioritariamente all'incenerimento costituisce la forma di gestione generalmente praticata.
  Alla luce delle ultime stime, effettuate da Ispra relativamente ai quantitativi di rifiuti prodotti dall'uso dei suddetti dispositivi (guanti monouso, mascherine, e altro), è attualmente in fase di studio la possibilità di promuovere una raccolta separata, ancorché sperimentale, che possa, in alternativa all'attuale gestione, consentire un flusso dedicato ed evitare che tali rifiuti vengano abbandonati.
  Per quanto concerne la gestione dei rifiuti derivanti dai dispositivi di protezione individuale nell'ambito delle utenze non domestiche (attività economiche e produttive), in data 16 maggio 2020 (Ispra) ha pubblicato un documento che fornisce indicazioni per la classificazione e la corretta gestione, smaltimento compreso, dei rifiuti dispositivi di protezione individuale usati (mascherine e guanti).
  In particolare Ispra evidenzia che la classificazione di un rifiuto è un onere del produttore che è chiamato ad individuare il pertinente codice dell'elenco europeo dei rifiuti e a valutare, qualora ne ricorrano le condizioni, la sussistenza di pericolosità.
  L'attribuzione del codice è attuata applicando la procedura e i criteri stabiliti nel paragrafo «Elenco dei rifiuti» dell'allegato alla decisione 2000/532/CE. Il criterio di individuazione del codice relativo ai rifiuti costituiti da dispositivi di protezione individuale usati è quello della funzione del prodotto, tenuto conto che tale fattispecie di rifiuto non è ascrivibile ad uno specifico settore produttivo, ovvero ad una specifica fonte ma può, indifferentemente, essere generato nell'ambito di un qualunque settore economico.
  Il documento, oltre a riportare le modalità di gestione dei dispositivi di protezione individuale usati prodotti nelle utenze domestiche e dalle strutture sanitarie, fornisce indicazioni sulla classificazione degli stessi sia nel caso in cui siano prodotti dalle utenze produttive assimilate alle utenze domestiche, sia quando siano prodotti dalle utenze produttive non assimilate, con una sostanziale differenza di assegnazione del codice dell'Elenco europeo di rifiuti (Eer).
  Con riferimento alle criticità delle filiere afferenti al recupero e smaltimento di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata ed al relativo rischio di comportamenti illeciti, si segnala che le attività investigative attualmente in corso da parte del Nucleo operativo ecologico restituiscono, quale elemento informativo, come le citate difficoltà sarebbero riconducibili alla impossibilità di inviare i rifiuti in questione a smaltimento/recupero tramite gli abituali canali esteri, anche in seguito alla scelta autonoma di alcuni impianti di adottare misure restrittive per il principio di precauzione.
  Nella citata circolare, nel rispetto delle specificità emergenziali di ciascun territorio, sono state fornite alle regioni e alle province autonome le indicazioni per adottare le necessarie misure, ai sensi dell'articolo 191, decreto legislativo n. 152 del 2006, per esigenze direttamente collegate all'emergenza sanitaria, al fine di disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio e consentire agli impianti la gestione di eventuali sovraccarichi.
  Il regime derogatorio alla norma vigente, temporalmente circoscritto alla durata dell'emergenza – ivi compreso il ricorso prioritario all'incenerimento – poteva tra l'altro essere attivato anche per il deposito temporaneo.
  L'estensione quantitativa e temporale dei limiti si rilevava, infatti, necessaria al fine di poter garantire la corretta gestione dei rifiuti speciali durante l'attuale periodo emergenziale legato al contenimento e alla gestione epidemiologica.
  Conseguentemente, nel corso del procedimento per la conversione in legge del cosiddetto decreto «Cura Italia», alcune delle indicazioni fornite alle regioni con la predetta circolare sono state valutate nell'ambito di appositi emendamenti, che hanno condotto all'inserimento dell'articolo 113-
bis, contenente le previsioni per la deroga alle disposizioni relative al deposito temporaneo.
  Tenuto conto, dunque, della volontà di fornire uno strumento che potesse garantire una maggiore flessibilità della normativa vigente, per il tempo strettamente legato alla situazione emergenziale e considerato anche che la suddetta norma è stata introdotta mediante uno strumento normativo specificamente indirizzato alla gestione dell'emergenza sanitaria, ne consegue il carattere temporaneo della norma stessa.
  Ad ogni modo, qualora dovessero sorgere dubbi interpretativi al riguardo, il Ministero dell'ambiente rassicura che valuterà l'opportunità di intervenire con apposite chiarificazioni normative.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   BELOTTI, LEGNAIOLI e ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 24 novembre 2019 all'incontro di calcio del campionato di calcio di Legapro Cittadella-Pisa, è stato impedito ai tifosi del Pisa di introdurre all'interno dello stadio «Tombolato» di Padova la bandiera rossocrociata simbolo della città toscana;

   la decisione della questura euganea di considerare la bandiera che riproduce la croce pisana «fuorilegge» ha suscitato clamore. La notizia ha provocato le decise reazioni non soltanto della tifoseria pisana, diretta interessata del provvedimento interdittivo, ma anche del mondo politico. La presa di posizione contraria alle decisioni assunte dagli organi di pubblica sicurezza di Padova è stata condivisa dall'intero schieramento politico: consiglieri regionali leghisti del Veneto, consiglieri comunali del Partito Democratico di Pisa, europarlamentari;

   il divieto è stato imposto dal questore sulla base della determinazione dell'8 marzo 2007 dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive che consente di introdurre negli stadi striscioni o quanto ad essi assimilabili solo se preventivamente autorizzati; possono sempre – secondo l'Osservatorio – essere introdotte ed esposte liberamente solo le bandiere riportanti i colori sociali delle due squadre che disputano l'incontro nonché quelle degli Stati rappresentati in campo;

   il questore ha reso noto che coloro che hanno esposto la bandiera con la croce pisana saranno rintracciati attraverso il circuito delle telecamere di videosorveglianza poste all'interno dello stadio per aver introdotto materiale non autorizzato;

   in tutta Italia accade che per gli striscioni si chiede l'apposita autorizzazione, mentre le bandiere, ad eccezione di quelle sociali riproducenti i colori della squadra che disputa l'incontro, vengono visionati e autorizzati direttamente nell'area di prefiltraggio dai responsabili di polizia in servizio allo stadio;

   una prassi, questa, normata in realtà dal buon senso fin dalla sua ratifica: la ratio della legge, infatti, è quella di ridurre i rischi di violenza, eliminando possibili offese e/o provocazioni di una fazione contro l'altra non quella di impedire l'accesso della bandiera storica della propria città di appartenenza;

   si tratta di simboli che affondano nei secoli le proprie radici, tanto è vero che i tifosi pisani non sono mai stati costretti a richiedere l'autorizzazione o richiedere il permesso ufficiale alla propria questura o a quella titolare della sede della partita per introdurre la bandiera rossocrociata;

   quella croce rappresenta un territorio, una storia che affonda le proprie radici nel Medioevo e nelle Repubbliche Marinare e che fa parte del patrimonio culturale della città e dei suoi abitanti;

   la Croce Pisana, insomma, lega indissolubilmente la città alla squadra di calcio identificandole sotto lo stesso vessillo;

   la normativa comunitaria (regolamento UEFA) prevede, sul punto, che «è sempre autorizzata: l'introduzione e l'esposizione di bandiere, sciarpe, coccarde, cappellini, spillette, magliette riportanti solo i colori della propria squadra nonché oggettistica di folklore che, per intrinseca conformazione, non possa impropriamente essere utilizzata quale corpo contundente. È autorizzata l'introduzione e l'esposizione di bandiere nazionali degli Stati che sono rappresentati dagli atleti in campo». L'applicazione estensiva del divieto anche alle bandiere regionali appare pertanto, a parere degli interroganti, una forzatura stante che la loro esposizione non è tesa all'offesa e quindi non è atta a turbare il sereno svolgimento dell'evento sportivo –:

   se non ritenga opportuno approfondire la dinamica della vicenda sopra descritta ed adottare, per quanto di competenza, iniziative atte ad esonerare dall'applicazione delle sanzioni amministrative i sostenitori del Pisa calcio, che per orgoglio e non certo per scompiglio, hanno esposto drappi e bandiere riportanti i loghi della storica Repubblica Pisana.
(4-04227)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In occasione dell'incontro Cittadella-Pisa, valevole per il campionato di calcio di Legapro, disputatosi il 24 novembre 2019, alcuni tifosi pisani senza autorizzazione, hanno introdotto, all'interno dello stadio «Tombolato» di Cittadella (Padova) il vessillo della Repubblica marinara pisana o bandiera rossocrociata.
  Va rilevato che l'episodio ha fatto seguito ad altri di natura analoga, accaduti nei giorni precedenti. Più in particolare, il 6 novembre 2019, in occasione dell'incontro Padova-Vicenza la polizia ha impedito ad alcuni tifosi vicentini di entrare nello stadio con il vessillo della Serenissima Repubblica di Venezia e, il successivo 10 novembre 2019, lo stesso divieto è stato imposto a un tifoso padovano per la partita Padova-Südtirol.
  Sempre il 24 novembre 2019, nella stessa provincia di Padova, nel corso della partita Padova-Rimini, alcuni sostenitori locali hanno esposto i vessilli della Serenissima Repubblica di Venezia senza la prescritta autorizzazione.
  La prefettura padovana ha comunicato che a seguito di tali vicende, è stata avviata l'attività volta ad identificare coloro che si erano resi autori dei fatti richiamati, ai fini della eventuale successiva applicazione delle sanzioni amministrative previste, ma gli accertamenti non hanno avuto alcun esito.
  Va comunque rilevato che nei casi sopra descritti è stata applicata la disciplina derivante dalla determinazione n. 14 dell'8 marzo 2007, con la quale l'osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive, istituito presso il Ministero dell'interno, ha condizionato l'introduzione di ogni vessillo all'interno degli impianti sportivi, fatta eccezione per le bandiere riportanti i colori sociali delle squadre o quelle degli Stati rappresentati in campo, al preventivo rilascio di un «nulla osta» da parte del gruppo operativo sicurezza (G.o.s.) che opera in permanenza presso ogni impianto sportivo di capienza superiore ai diecimila posti.
  Il gruppo, di cui fanno parte, tra gli altri, rappresentanti dei vigili dei fuoco, polizia municipale e capo degli
steward, è presieduto da un delegato del questore e, il giorno in cui si disputa l'incontro, assume la funzione di centro per la gestione della sicurezza della manifestazione.
  Ai fini del rilascio del predetto «nulla osta» viene valutato il potenziale turbamento dell'ordine pubblico rilevabile dalle scritte riportate sugli striscioni, nonché l'allocazione fisica sugli spalti oltre che le caratteristiche del materiale utilizzato.
  In conclusione, si evidenzia che rimpianto normativo vigente non esclude l'accesso né pone aprioristicamente divieti, ma assoggetta a una procedura di autorizzazione qualsiasi emblema diverso dalle bandiere che rappresentano le squadre o le nazioni in campo, valutando la possibile presenza di contenuti violenti e/o offensivi, e ciò nell'esclusivo interesse dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   BIANCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 18 dicembre 2019 a Olgiate Olona (Varese) è stato arrestato, dopo 48 ore di ricerca da parte delle forze dell'ordine, il responsabile di una rapina, a volto coperto, ad una tabaccheria; è risultato armato di una pistola revolver 357 magnum con diverse munizioni, un taser da 5.000 volt e un coltello a serramanico;

   nella dinamica del fatto, il rapinatore, Diego Mombelli, dopo aver sparato due colpi contro il negozio per intimidire il titolare, e riprendere la borsa con la refurtiva, è fuggito a bordo di una moto;

   l'uomo, era ben noto alle forze dell'ordine, non solo italiane. Su di lui pendeva infatti un provvedimento di cattura a fini estradizionali emesso dalla corte d'appello di Milano su richiesta, dell'autorità svizzera per una rapina ai danni di un distributore di benzina commessa nei mesi scorsi;

   il suo nome era comunque noto anche tra i tabaccai del Legnanese: fu lui infatti, nel 1999, a uccidere il tabaccaio Alessandro Pastore nel corso di una rapina eseguita insieme alla sua compagna;

   come a Olgiate, 20 anni fa Pastore non si arrese ad esser derubato, e reagì lanciandogli contro uno sgabello. Mombelli rispose sparandogli, per poi fuggire in Basilicata dove venne trovato un mese dopo;

   condannato a 30 anni di carcere ne scontò solo 10;

   nel 2012 Mombelli era già libero da un paio d'anni (dei 30 anni a cui era stato condannato, ne ha scontati 10) ma venne riarrestato, questa volta dalla polizia svizzera alla dogana di Novazzano in quanto ritenuto l'autore di una rapina, con presa di ostaggio, alla Banca «Raiffeisen» di Mendrisio –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa che ha visto un condannato a trenta anni per omicidio, dopo dieci anni reiterare gli stessi delitti;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di promuovere e attuare un programma organico di reale potenziamento del sistema carcerario e per garantire una effettiva certezza della pena.
(4-04429)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato in esame indicato, l'interrogante – prendendo le mosse dalla vicenda di Diego Mombelli che, condannato a trenta anni per l'omicidio del titolare di una tabaccheria, dopo aver scontato solo 10 anni, è stato nuovamente arrestato dalla polizia svizzera alla dogana, in quanto autore di altra rapina – chiede, oltre che al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia «di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa che ha visto un condannato a trenta anni per omicidio, dopo dieci anni reiterare gli stessi delitti; quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di promuovere e attuare un programma organico di reale potenziamento del sistema carcerario e per garantire una effettiva certezza della pena».
  Diego Mombelli aveva già avuto detenzioni prima del 2019: dal 20 marzo 1993 al 22 giugno 1998 per concorso in rapina aggravata, violazione legge armi e furti, con fruizione di 540 giorni di liberazione, nonché dal 14 luglio 1999 al 28 luglio 2011 per i reati a lui ascritti, per i quali risulta essere stato condannato, in primo grado di giudizio, ad anni 30 di reclusione (sentenza del 21 febbraio 2000 emessa dall'ufficio G.u.p. presso il tribunale di Milano, con ammissione a rito abbreviato).
  Nel giudizio di appello la pena è stata rideterminata in anni 17 e mesi 4 di reclusione (sentenza del 10 luglio 2001 emessa dalla Corte di assise d'appello di Milano, irrevocabile in data 10 ottobre 2001) ed è divenuta esecutiva in data 12 novembre 2001, a seguito di provvedimento emesso dalla procura generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano; in data 11 ottobre 2006 la pena è stata ulteriormente ridotta di tre anni, a seguito di concessione indulto ai sensi della legge n. 241 del 2006.
  Con provvedimento dell'ufficio di sorveglianza di Milano 22 febbraio 2010, il Mombelli è stato ammesso alla fruizione del lavoro all'esterno (articolo 21 O.p.).
  In data 25 ottobre 2010 il Mombelli è stato dimesso dalla casa di reclusione di Milano «Opera» per concessione dell'affidamento in prova ai servizi sociali da parte del competente tribunale di sorveglianza di Milano ed in data 28 luglio 2011, a fronte della concessione di 855 giorni di liberazione anticipata, è stato definitivamente scarcerato.
  In data 10 gennaio 2013 il tribunale di sorveglianza di Milano ha emesso un'ordinanza che ha dichiarato l'estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale per l'esito positivo dell'affidamento in prova ai sensi dell'articolo 47 della legge n. 354 del 1975. In ordine agli istituti disciplinati dall'ordinamento penitenziario, che permettono una riduzione dell'esecuzione della pena inflitta, si rappresenta quanto segue.
  La liberazione anticipata consiste in una riduzione della pena che realizza il risultato di anticipare il termine finale del periodo di detenzione. L'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario definisce la liberazione anticipata come «una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata» che è concessa «al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione», allo scopo del riconoscimento di tale partecipazione e del suo più efficace reinserimento nella società.
  Nella vigente formulazione la misura della liberazione anticipata assume prevalente carattere premiale ed incentivante.
  I parametri che sono valutati per la concessione del beneficio sono: la diligenza e la puntualità nell'osservanza delle prescrizioni, l'assiduità nello svolgimento dell'eventuale attività lavorativa o di studio, l'impegno nella cura della prole o nel mantenere i contatti con i presidi sanitari territoriali.
  L'istituto del permesso premio è disciplinato dall'articolo 30-
ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 che subordina la sua concedibilità da parte del magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, ai condannati che hanno tenuto una «regolare condotta» (ovvero, «durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative e culturali») e che non risultano socialmente pericolosi, per consentire al detenuto di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro, acquisendo, a tale ultimo riguardo, le informazioni necessarie a valutare la coerenza del beneficio con il trattamento complessivo e con le sue finalità di risocializzazione, La durata del permesso non può essere superiore ogni volta a 15 giorni (e la durata complessiva non può eccedere i 45 giorni) e per i minori a 30 giorni (con durata complessiva di 100 giorni in ciascun anno di espiazione).
  La concessione del beneficio in esame è prevista, tra l'altro, nei confronti di condannati alla reclusione superiore a quattro anni, dopo l'espiazione di almeno un quarto di pena (comma 4, lettera
b), articolo 30-ter) e della metà se trattasi di reati di cui all'articolo 4-bis, comma 1-ter e 1-quater (comma 4, lettera c), articolo 30-ter); quest'ultima disposizione è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 450 del 30 dicembre 1998, nella parte in cui si riferisce ai minorenni.
  Tale istituto ha la funzione di incentivare la collaborazione del detenuto con l'istituzione carceraria ed è esso stesso strumento di rieducazione, consentendo un iniziale reinserimento del condannato nella società; la legge dispone infatti un chiaro collegamento della concessione e della fruizione dei permessi premio con il programma di trattamento rieducativo, che deve essere predisposto prima dell'ammissione del soggetto al beneficio.
  Il provvedimento di concessione del permesso premio è comunicato dal magistrato di sorveglianza, immediatamente e senza formalità, al pubblico ministero e all'interessato, i quali sono legittimati, entro ventiquattrore da tale comunicazione, a proporre reclamo al tribunale di sorveglianza, che provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo; deve essere data immediata comunicazione alle parti della decisione adottata; nel caso di reclamo formulato dal pubblico ministero l'esecuzione del permesso è sospesa sino al decimo giorno, decorrente dalla recezione del reclamo da parte del tribunale di sorveglianza; se entro tale termine perentorio non è adottata una decisione, il permesso deve essere eseguito. Contro la decisione del tribunale di sorveglianza è possibile esperire ricorso per cassazione, entro il termine perentorio di quindici giorni decorrente dalla data di notificazione o comunicazione del provvedimento; detto ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza che è immediatamente esecutiva, tuttavia il tribunale di sorveglianza che ha emesso la pronunzia può sospenderne l'esecuzione (articolo 666, comma 7, codice di procedura penale).
  Possono essere disposte particolari cautele ritenute dal giudice necessarie ed opportune ed il decreto deve stabilire le prescrizioni che sono imposte, quali l'osservanza di orari, presentazione alle autorità di pubblica sicurezza, obblighi di permanenza al domicilio per tempo determinato, ed altro (articolo 61, comma II, regolamento di esecuzione).
  Se poi il fruitore, alla scadenza del termine prefissato, non fa rientro nell'istituto penitenziario, è prevista la punizione in via disciplinare se l'assenza si protrae oltre tre ore ma non oltre dodici; se l'assenza si protrae oltre dodici s'impone la denuncia per il delitto di evasione (articolo 30-
ter, comma 6).
  La semilibertà consente al condannato o internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative e istruttive, utili al reinserimento.
  Sulla base del disposto dell'articolo 50, fuori dei casi previsti dal I comma, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena; per il condannato per uno dei delitti indicati nel comma 1, 1-
ter e 1-quater dell'articolo 4-bis, l'ammissione è prevista solo dopo l'espiazione di almeno 2/3 della pena. Nei casi previsti dall'articolo 47 (pena non superiore a 3 anni), in mancanza dei presupposti per l'affidamento in prova (giudizio di valutazione positiva della personalità ai fini della rieducazione del reo e di prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati), il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis, anche prima dell'espiazione di metà della pena, può essere ammesso alla semilibertà; in caso di ergastolo è necessaria l'espiazione di almeno 20 anni di pena.
  Nel computo della pena si tengono presenti i periodi di liberazione anticipata.
  L'ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
  Allo stato, non risultano pendenti proposte normative di iniziativa governativa, in ordine agli istituti esaminati.
  Ciò premesso, risultano a carico di Diego Mombelli:

   il procedimento n. 4085/2019 MOD. 21 (articolo 4, legge n. 110 del 1975), per cui è stato richiesto un decreto penale in data 6 novembre 2019;

   il procedimento n. 15/2019 MOD. 21, per i fatti riferiti nell'interrogazione parlamentare, commessi in Olgiate Olona e Tradate, fra il 18 e il 19 dicembre 2019; il procedimento è pervenuto a questo ufficio dalla procura di Varese, dopo che nei confronti di Mombelli il giudice per le indagini preliminari aveva emesso misura cautelare della custodia in carcere; il procedimento è in gestione al giudice per le indagini preliminari, con richiesta di rinnovazione della misura.

  Il Mombelli ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Varese in data 19 dicembre 2019, a seguito di un fermo di polizia giudiziaria emesso per violazione articolo 628, commi 1 e 3 n. 1 del codice penale, articolo 99, comma 4, n. 2 e comma 5 del codice penale, articolo 61, n. 2, codice penale, articolo 582 del codice penale, articolo 585 del codice penale, articolo 699 del codice penale, articoli 13 e 23 della legge n. 110 del 1975.
  In data 23 dicembre 2019 è stato convalidato il fermo e disposta ordinanza di custodia cautelare in carcere dall'autorità giudiziaria di Varese, che, tuttavia, si è dichiarata incompetente per territorio, individuando la competenza nell'autorità giudiziaria di Busto Arsizio.
  Quest'ultima, in data 7 gennaio 2020, ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violazione articolo 628, commi 1 e 3, codice penale, articolo 61, n. 2, codice penale, articolo 23, legge n. 110 del 1975 e articolo 648 del codice penale nei confronti del Mombelli.
  In data 26 settembre 2019 il Ministero della giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia, Direzione generale della giustizia penale, ufficio II – cooperazione giudiziaria internazionale, ha chiesto di procedere agli adempimenti previsti dall'articolo 703 del codice di procedura penale nei confronti di Diego Mombelli in relazione ad una domanda emessa dall'autorità della Confederazione svizzera volta ad ottenere la sua estradizione sulla base del mandato di arresto emesso il 6 settembre 2019 dal procuratore del Cantone del Ticino per i reati di violazione della legge sull'immigrazione e rapina commessi in territorio elvetico in data 28 agosto 2019.
  Ai sensi dell'articolo 703, comma secondo, codice di procedura penale, la procura generale di Milano ha convocato, per l'identificazione e per raccogliere l'eventuale consenso all'estradizione, Diego Mombelli e il difensore di ufficio nel proprio ufficio per il 29 ottobre 2019 alle ore 11, previa notifica in data 4 ottobre 2019 dell'invito a comparire all'interessato e il 2 ottobre 2019 al difensore di ufficio, nominato tramite il centro nomina difensori di ufficio dell'ordine degli avvocati di Milano, avvocato Samantha Beccia del Foro di Milano.
  In data 29 ottobre 2019, alle ore 11, Diego Mombelli non si è presentato nell'ufficio del sostituto procuratore generale designato, mentre è intervenuta, in sostituzione dell'avvocato Samantha Beccia, su sua delega del 28 ottobre 2019, l'avvocato Roberta Bianchi del Foro di Milano.
  In data 29 ottobre 2019, alle ore 11,05, il sostituto procuratore generale, designato, preso atto della mancata presentazione del Mombelli, ha chiuso il verbale, apponendovi la propria firma; hanno firmato il verbale anche l'avvocato Roberta Bianchi e il luogotenente dei carabinieri Mario Quattrocchi, appartenente alla sezione della polizia giudiziaria della procura generale di Milano.
  In data 29 ottobre 2019 il sostituto procuratore generale designato chiedeva alla corte di appello di Milano di emettere nei confronti di Mombelli Diego un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e di ordinare la sua estradizione a favore dell'autorità giudiziaria richiedente della Confederazione elvetica.
  In data 12 dicembre 2019 la quinta sezione penale della corte di appello di Milano ha emesso nei confronti di Diego Mombelli l'ordinanza n. 122 del 2019 con cui ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere, nonché la sentenza n. 122 del 2019 (irrevocabile il 7 gennaio 2020) con cui dichiarava l'esistenza delle condizioni per disporre la sua estradizione presso la Confederazione elvetica.
  In data 14 gennaio 2020, il Ministro della giustizia ha concesso l'estradizione del Mombelli alla Confederazione elvetica, per l'esecuzione del mandato di arresto emesso il 6 settembre 2019 dal procuratore del Cantone del Ticino per i reati di violazione della legge sull'immigrazione e rapina commessi in territorio elvetico in data 28 agosto 2019; tale provvedimento è stato trasmesso in data 16 gennaio 2020 dalla procura generale presso la Corte di appello di Milano alla casa circondariale di Varese per la notifica a Mombelli Diego, ivi detenuto ai fini dell'estradizione fin dal 16 gennaio 2020 e notificato al Mombelli dalla direzione della casa circondariale di Varese in data 20 gennaio 2020.
  In data 17 gennaio 2020 il Ministero della giustizia ha comunicato alla procura generale presso la corte di appello di Milano che l'estradizione di Mombelli Diego è stata rimandata in base a quanto previsto dall'articolo 19 della convenzione europea di estradizione.
  In data 20 gennaio 2020 il sostituto procuratore designato ha comunicato agli organi esecutivi interessati che, come disposto dal Ministero della giustizia, dipartimento degli affari di giustizia, l'estradizione di Mombelli Diego avrebbe dovuto essere effettuata a soddisfatta giustizia italiana, allorché fossero cessate le cause della sospensione della consegna, di cui all'articolo 19 della Convenzione europea dell'estradizione.
  In data 21 gennaio 2020 è pervenuta alla procura generale presso la corte di appello di Milano, da parte della questura di Varese copia dell'ordinanza di custodia in carcere, n. 10015/19 R.g.n.r., n. 7638/19 R.g.g.i.p., n. 55/20 (SICP), emessa il 7 gennaio 2020 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Busto Arsizio nei confronti di Mombelli Diego e notificatagli il 7 gennaio 2020; tale ordinanza riguarda i capi di imputazione dei reati di cui agli articoli 628, commi 1 e 3 n. 1; 61 n. 2, 576, comma 1, 582, 585 commi 1 e 2, del codice penale; 61 n. 2, codice penale, 24, comma 4, legge n. 110 del 1975; 23, comma 3, legge n. 110 del 1975; 648 del codice penale; 699 del codice penale; 697 del codice penale; reati tutti commessi in Tradate (Varese) il 19 dicembre 2019.
  In data 17 gennaio 2020 è pervenuta alla procura generale presso la corte di appello di Milano la nota della direzione della casa circondariale di Varese con cui è stato comunicato che Mombelli Diego era stato condotto presso tale Istituto per essere custodito in relazione ad entrambi i titoli sopra descritti.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende che circa cinque mesi fa sono stati donati dalla Cotabo, al commissariato di San Giovanni in Persiceto (BO), alcuni tablet per implementare la strumentazione degli agenti durante i servizi di controllo del territorio;

   i tablet sarebbero, però, inutilizzabili a causa della mancanza delle schede sim, richieste più volte e non ancora disponibili. La situazione è già stata rappresentata al questore;

   altra problematica segnalata è il taglio agli straordinari: al personale, già sottoposto a duri turni di lavoro, non sarebbe dunque stato applicato il previsto, riconoscimento economico;

   per quanto attiene all'inutilizzabilità dei tablet si è evidentemente di fronte a fatti estremamente critici, visto che la lentezza burocratica, o non meglio specificate motivazioni, ad oggi non hanno consentito di dotare gli agenti di strumentazioni generosamente donate;

   ancor più critico, se confermato, è il taglio agli straordinari previsti per legge che sottoporrebbe il personale a ulteriore stress derivante dalla mancanza di certezza in fatto di corresponsione degli stipendi –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per porre tempestivamente rimedio alle inaccettabili criticità di cui in premessa.
(4-04449)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  A seguito della donazione di tre
tablets al commissariato di pubblica sicurezza di San Giovanni in Persiceto (Bologna) avvenuta in data 21 agosto 2019, da parte della società Co.Ta.Bo (Società cooperativa tassisti bolognesi), il Ministero dell'interno ha proceduto all'acquisto di altrettante schede Sim e, allo stato attuale, risulta che i tre dispositivi sono regolarmente funzionanti e utilizzati per l'attività di controllo del territorio.
  Per quanto attiene alla problematica inerente il taglio degli straordinari, si rappresenta che la questura di Bologna ha in dotazione un monte ore annuo pari a 181.896 ore, con una media di 15,158 ore pagabili mensilmente.
  In caso di capienza rispetto al citato monte ore mensile, non si procede al «taglio» degli straordinari per nessun ufficio, neanche per quelli che hanno sforato il monte ore loro assegnato.
  Diversamente, se il totale effettuato supera il monte ore mensile, si procede a «tagliare» una parte delle ore effettuate, secondo criteri che incidono prevalentemente sugli uffici che hanno sforato il tetto massimo in misura maggiore.
  Le ore di straordinario in esubero così decurtate vengono, comunque, segnalate al Ministero dell'interno e inserite in un conteggio per il loro pagamento anche se a distanza di tempo differita rispetto al mese di riferimento, secondo una tempistica stabilita a livello centrale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione comunale di Castel San Pietro Terme (BO), al pari di altre amministrazioni, ha emesso a inizio aprile 2020 il bando per l'ottenimento dei buoni spesa legati all'emergenza sanitaria da Covid- 19, atti a soddisfare le esigenze primarie relative all'acquisto di alimenti. I buoni spesa sono appunto finanziati con risorse dello Stato;

   tra i beneficiari, come specificato sul sito dell'amministrazione comunale, vengono citati oltre ai nuclei familiari residenti, anche le persone in situazione di permanenza presso Cas o Sprar. Tale scelta, a parere dell'interrogante, appare quantomeno discutibile. Le persone che sono nei Cas ricevono già vitto e alloggio, proprio perché tali sono le modalità di funzionamento dei Centri di accoglienza straordinaria. I richiedenti asilo che vivono negli Sprar hanno diritto all'alloggio e al pocket money, oltre a essere seguiti per altre necessità anche dai servizi sociali. Pertanto, queste persone percepiscono già sussidi statali e indicarli come beneficiari di buoni spesa, che servono nello specifico per acquistare beni di prima necessità a causa di crisi economica sopravvenuta per l'emergenza sanitaria, appare quantomeno incoerente;

   per fare richiesta dei suddetti buoni spesa il comune di Castel San Pietro Terme ha fissato la scadenza al 18 aprile 2020 –:

   se intenda avviare le verifiche di competenza in relazione a quanto esposto in premessa;

   se si intendano adottare le iniziative di competenza per chiarire, con specifico atto, i destinatari delle suddette risorse, esplicitando che i residenti in Cas o Sprar, essendo già percettori di benefici, non dovrebbero figurare tra i destinatari dei suddetti buoni spesa;

   nel caso in cui il comune di Castel San Pietro Terme e altri comuni d'Italia avessero erogato buoni spesa a persone che si trovano in Cas o Sprar, se si intendano adottare le iniziative di competenza per chiarire che i comuni stessi sono tenuti a rifondere le suddette somme e a metterle a disposizione, con buoni spesa di importi equivalenti, di cittadini residenti regolarmente sul territorio e in situazione di difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria.
(4-05355)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  I criteri di accesso ai contributi in buoni spesa per l'emergenza sanitaria Covid-19, per l'acquisto di generi alimentari e beni di prima necessità, sono stati definiti dall'amministrazione comunale di Castel San Pietro Terme (Bologna) con deliberazione della giunta n. 53 del 3 aprile 2020, sulla scorta di quanto stabilito dall'ordinanza del capo della Protezione civile n. 658 del 29 marzo 2020, contenente anche il riparto per ciascun comune delle risorse a titolo di «Fondo di solidarietà alimentare».
  La citata ordinanza pone in capo all'ufficio dei servizi sociali di ciascun comune l'individuazione dei beneficiari – e del relativo contributo – tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico (l'articolo 2, comma 6).
  È previsto, inoltre, che i comuni possano destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare eventuali donazioni (articolo 2, comma 3).
  L'amministrazione comunale summenzionata ha precisato di aver pubblicato l'avviso pubblico di cui alla predetta deliberazione di giunta, con scadenza 18 aprile 2020, osservando i principi definiti dall'articolo 2 della citata ordinanza n. 658 del 2020 e adottando i criteri contenuti nella medesima deliberazione di giunta, «senza escludere nuclei assegnatari di altre forme di sostegno al reddito, ma dando priorità ai nuclei senza forme di sostegno al reddito».
  Le persone accolte nei Cas o nelle strutture Sprar/Siproimi sono state valutate alle stesse condizioni degli altri nuclei richiedenti, considerando il
pocket money di 217 euro come una delle «forme di sostegno al reddito», alla pari dei reddito di cittadinanza, disoccupazione e altro.
  Il comune di Castel San Pietro Terme ha ricevuto in totale 448 domande: 334 nuclei familiari hanno ricevuto il beneficio mentre 114 sono rimasti esclusi, principalmente per superamento dei limiti di reddito o di disponibilità finanziaria, secondo i criteri contenuti nel bando.
  Nello specifico, 12 richieste afferiscono a persone collocate nelle strutture del sistema Sprar/Siproimi, 11 delle quali hanno ricevuto il contributo per complessivi 2.120 euro, mentre una persona è stata esclusa in quanto, oltre al
pocket money di 180 euro, ha dichiarato di avere ricevuto un contributo di 225 euro per attività di tirocinio formativo, superando di poco la soglia di 350 euro indicati nel bando.
  È stato, altresì, evidenziato che per la copertura dei contributi in buoni spesa, si è potuto fruire, oltre che del fondo trasferito dalla Protezione civile (pari a 111.248,02 euro), di altri fondi ricavati da donazioni di privati e/o imprese per un importo di 12.171 euro, così come previsto dall'articolo 3 dell'ordinanza n. 658 del 2020.
  Il sindaco ha aggiunto, infine, che l'importo complessivo dei buoni spesa da erogare ammonta a 123.420 euro. Tale somma è stata calcolata sulla base delle disposizioni contenute nell'ordinanza summenzionata e dalle linee guida del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che promuovono la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulle differenze razziali o etniche.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   BILOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio 2014, il Governo pro tempore istituiva la struttura di missione Italia Sicura presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzata ad assicurare la predisposizione, d'intesa con le regioni, di un piano nazionale per la pianificazione delle opere e degli interventi per contrastare fenomeni franosi e alluvionali per gli anni 2014-2020 e un piano finanziario per la programmazione degli investimenti;

   l'articolo 55 della legge n. 221 del 2015 (collegato ambientale) ha disposto l'istituzione, presso il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, del fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per favorire l'avanzamento delle attività progettuali delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e provvedere a rendere le stesse immediatamente cantierabili, rimettendo ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (da adottare entro 90 giorni) l'esplicitazione delle modalità di funzionamento del Fondo (avvenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 luglio 2016);

   i destinatari del fondo sono state le regioni attraverso i presidenti delle regioni, in qualità di commissari di Governo per le opere di contrasto al dissesto, che, grazie al «decreto sblocca Italia» del 2015, erano subentrati ai commissari straordinari;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha previsto che i presidenti di regione possano utilizzare le risorse finanziarie per la redazione dei progetti esecutivi da mettere a base di gara, escludendo dal finanziamento gli incarichi di progettazione già conferiti e le spese per rilievi e indagini appaltati prima della data di assegnazione delle risorse;

   a fronte di un importo della progettazione finanziato nel triennio pari a euro 12.557.360,00, le somme effettivamente trasferite ad oggi alla regione Campania, a quanto consta all'interrogante, ammontano a solo 3.257.552,39 di euro;

   tra i 54 progetti finanziati nella progettazione risultava all'interrogante anche il progetto integrato per la messa in sicurezza del territorio di Amalfi, patrimonio dell'Unesco per un importo complessivo di 15 milioni di euro;

   la Corte dei conti con deliberazione 31 ottobre 2019, n. 17/2019/G ha esaminato le modalità di funzionamento e di gestione del Fondo rilevando la scarsa efficacia delle misure adottate e, in particolare, che le risorse effettivamente erogate alle regioni, a partire dal 2017, rappresentano, negli anni oggetto dell'indagine, solo il 19,9 per cento del totale complessivo (100 milioni di euro);

   altre criticità riguardano l'inadeguatezza delle procedure e la debolezza delle strutture attuative, l'assenza di adeguati controlli e monitoraggi, la mancata interoperabilità informativa tra Stato e regioni, la necessità di revisione dei progetti approvati e/o delle procedure di gara ancora non espletate, la frammentazione e disomogeneità delle fonti dei dati sul dissesto, la difficoltà delle amministrazioni nazionali e locali di incardinare l'attività di tutela e prevenzione nelle funzioni ordinarie e il conseguente ricorso ripetuto alle gestioni commissariali;

   nelle ultime settimane il territorio della costiera amalfitana è flagellato da eventi idrogeologici continui che pregiudicano il diritto alla mobilità dei cittadini con gravissime conseguenze sulle attività economiche e sul turismo –:

   quali urgenti e indifferibili iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per consentire un rapido avanzamento delle procedure di erogazione delle risorse del fondo per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, in modo da consentire ai territori della Costiera amalfitana di approvare tempestivamente i progetti e avviare i cantieri, in un quadro di compatibilità con i rilievi formulati dalla Corte dei conti.
(4-04391)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 55 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 prevede l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente del fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico diretto a favorire l'efficace avanzamento delle attività progettuali delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e a rendere le stesse immediatamente cantierabili.
  Al fondo è stata attribuita una dotazione finanziaria di importo pari a 100 milioni di euro con la delibera Cipe n. 32 del 2015.
  In attuazione della predetta disposizione, in data 14 luglio 2016, è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono state disciplinate le modalità di funzionamento del medesimo fondo.
  Tali modalità prevedono che:

   gli interventi da finanziare siano selezionati tra quelli inseriti nel database ReNDiS (Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo) a cura delle regioni e province autonome;

   per ogni intervento sia caricata nel sistema la documentazione specificata nel medesimo decreto;

   in fase istruttoria, agli interventi siano applicati i criteri di cui al decreto del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2015 concernente la «Individuazione dei criteri e delle modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico», oltreché quelli individuati nel predetto decreto.

  In particolare, deve essere acquisito il parere favorevole dell'autorità di bacino distrettuale competente per territorio.
  Le risorse attribuite agli interventi ammessi a finanziamento sono erogate secondo quote la cui entità è regolata dall'articolo 6 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 luglio 2016, e precisamente:

   la prima quota, pari al 26 per cento è trasferita all'atto dell'assegnazione del finanziamento;

   la seconda quota, pari al 47 per cento, è trasferita dopo il completo inserimento dei dati dei singoli interventi nel sistema di monitoraggio unitario, BDU (Banca Dati Unitaria) e una volta ottenuta la certificazione della spesa sostenuta nel medesimo sistema di monitoraggio, pari al 75 per cento del valore della prima quota;

   l'ultima quota, pari al saldo della spesa sostenuta e, comunque, non superiore al 27 per cento del valore complessivo del finanziamento, è trasferita previa certificazione della spesa sostenuta nel sistema di monitoraggio unitario sopra richiamato, pari al 75 per cento del valore della seconda quota.

  Le risorse sono trasferite alla contabilità speciale intestata al presidente della regione in qualità di commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico, con lo scopo di favorire l'accelerazione dell'attuazione delle progettazioni.
  Al monitoraggio degli interventi finanziati si provvede secondo le procedure indicate nel citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 luglio 2016 che prevedono, in particolare, l'utilizzo del sistema di monitoraggio unitario, Bdu (Banca dati unitaria), istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso il sistema mittente Sgp (Sistema gestione progetti) dell'agenzia per la coesione territoriale. I commissari di Governo, inoltre, in attuazione del decreto di finanziamento, sono tenuti a presentare semestralmente al Ministero dell'ambiente una relazione in merito alle attività condotte in attuazione del provvedimento di finanziamento.
  Ad oggi, a livello nazionale, è stata approvata l'assegnazione, con relativo atto d'impegno contabile, del 94,9 per cento della dotazione iniziale del Fondo ed è in avanzato corso di svolgimento la fase istruttoria per l'assegnazione della quota residua. Per tutti gli interventi ammessi a finanziamento è stata erogata la prima quota del 26 per cento così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 luglio 2016.
  Alla regione Campania, in base alla chiave di riparto allo scopo prevista, è stata assegnata la dotazione dell'importo di euro 12.557.360,00. Sulla base delle richieste di finanziamento inserite nel sistema ReNDiS e tenuto conto dell'esito dell'istruttoria svolta dal Ministero dell'ambiente, sono stati finanziati, al momento, n. 54 progetti della regione per un importo complessivo di euro 12.529.047,67.
  La prima quota del 26 per cento, relativa agli interventi finanziati, pari ad euro 3.257.552,39, è stata trasferita alla stessa regione nel mese di agosto 2018.
  Si rappresenta, inoltre, che la regione Campania, non avendo ancora provveduto a perfezionare l'accreditamento presso i citati sistemi deputati all'inserimento dei dati di monitoraggio, non può certificare la spesa sostenuta ai fini dell'erogazione della seconda quota; in ogni caso, non risulta presentata alcuna richiesta di erogazione della seconda quota. Si evidenzia, altresì, che la stessa regione ha trasmesso la relazione semestrale sulle attività svolte in data 10 settembre 2019.
  Tra gli interventi finanziati nella regione Campania, figura il progetto integrato per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio di Amalfi – località inserita tra i siti patrimonio dell'UNESCO, il cui costo complessivo ammonta ad euro 14.960.000,00 – per il quale è stato chiesto il finanziamento della progettazione di un primo lotto del costo di 8.542.931,00.
  Tenuto conto del livello di progettazione già redatto ed approvato dal comune di Amalfi (progetto preliminare), a tale lotto sono state assegnate risorse del Fondo destinate alla redazione dei livelli successivi di progettazione, pari ad euro 593.698,73, delle quali è stata erogata la prima quota del 26 per cento per un ammontare di euro 154.361,67.
  Per quanto riguarda, infine, alcune criticità sistemiche segnalate, si ritiene utile precisare che:

   controlli e monitoraggi sugli interventi finanziati con le risorse del Fondo sono effettuati secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 14 luglio 2016 e sono possibili una volta che i commissari di Governo abbiano inserito i dati nei sistemi previsti per il monitoraggio;

   l'Unità tecnica di monitoraggio, di cui alla delibera Cipe n. 64 del 2019, ha tenuto una serie di incontri con tutte le regioni e le province autonome, allo scopo di far emergere le criticità presenti e formulare ipotesi risolutive.

  Alla luce di quanto esposto il Ministero si rende comunque disponibile ad agevolare, per quanto di competenza, l'avanzamento delle procedure di erogazione delle risorse.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   BORDONALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ancora una volta gli agenti di polizia penitenziaria sono stati oggetto di aggressione da parte di detenuti stranieri;

   nello specifico, il 18 gennaio 2020, nel carcere Canton Mombello di Brescia, due detenuti magrebini hanno aggredito con lamette e oggetti vari, gli agenti della polizia penitenziaria, inneggiando all'Isis e gridando «Allah Akbar» con la gamba di un tavolo in mano;

   la violenza sarebbe scattata in seguito ad alcune richieste pretestuose che non potevano essere assecondate dal personale di polizia penitenziaria;

   uno dei due aggressori coinvolti risulta essere stato trasferito da poco dal carcere di Cremona, dal quale era stato allontanato per disordini; l'altro era già stato allontanato dalla casa circondariale di via Spalto San Marco nel novembre 2017, dopo aver minacciato di morte gli agenti. Quest'ultimo aveva poi scontato la pena lontano da Brescia, per ritornarvi ad inizio anno con l'accusa di tentato omicidio: incrociando nel carcere di Canton Mombello gli agenti che aveva minacciato gli ha urlato: «Vi faccio saltare in aria»;

   sembra infatti che l'uomo risulti essere attenzionato dalle forze dell'ordine per presunti legami con soggetti vicini all'Isis e che sia ritenuto un soggetto con spiccata pericolosità per sé e per gli altri, in quanto trascinatore nelle sue azioni di altri detenuti;

   un grido d'allarme è stato lanciato anche dalla rappresentanza sindacale regionale della polizia penitenziaria, che ha scritto una missiva al Ministro interrogato chiedendo «un intervento urgente affinché il soggetto venga allontanato dalla casa circondariale di Brescia» –:

   se non si ritenga impellente adottare le iniziative di competenza al fine del trasferimento, con la massima urgenza, del detenuto di cui in premessa;

   se non convenga sulla necessità di fornire agli agenti di polizia penitenziaria dispositivi di difesa (caschi e scudi), prevedendone la custodia in appositi armadietti presso l'ufficio della sorveglianza generale, al fine di garantire un loro intervento in sicurezza e tutelarne l'incolumità personale;

   se e quali iniziative di competenza intenda porre urgentemente in atto con riguardo all'allarme di radicalizzazione nelle carceri;

   se, alla luce dell'episodio riportato in premessa, che non rappresenta un caso isolato, il Ministro non ritenga opportuno rivedere i contenuti del protocollo d'intesa Dap — U.Co.I.I. per quanto concerne le case circondariali individuate.
(4-04539)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si espone quanto segue.
  In data 17 gennaio 2020, il detenuto Aitlaasri Ismael, allocato presso la sezione ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, alle ore 14.30 circa ha messo in atto una forma di protesta per avere tabacco e farmaci, danneggiando un tavolo e uno sgabello.
  La sorveglianza generale, giunta sul posto unitamente ad altro personale ha visto il detenuto, posizionato davanti alla propria camera di pernottamento, brandire il piede del tavolo precedentemente danneggiato ed impugnare una lametta e minacciare il personale intervenuto.
  Mentre si cercava di contenere il ristretto, è intervenuto a supporto del personale un altro detenuto, Niemen Ronald Gino, che ha subito a sua volta un'aggressione; a supporto del detenuto aggressore è improvvisamente intervenuto un altro ristretto, Chabib Bela, il quale ha aggredito un assistente del corpo, alzandolo di peso e scaraventandolo a terra, per poi aggredire un altro operatore, che ha riportato una distorsione al dito.
  Successivamente il detenuto Niemen, nel tentativo riuscito di evitare che il Chabib colpisse un agente con una lametta, è stato ferito alla mano destra e al volto durante la colluttazione.
  Solo con l'intervento del comandante del reparto e di altro personale in supporto è stato possibile isolare i rivoltosi e riportare l'ordine e la sicurezza.
  I detenuti coinvolti sono stati condotti in infermeria per le cure del caso ed il detenuto Aitlaasri è stato inviato al pronto soccorso per ulteriori accertamenti.
  Al suo rientro in sezione, il detenuto Chahb ha iniziato a gridare in modo chiaro e sostenuto per una decina di minuti: «
Allah Akbar», nel tentativo di ottenere il sostegno di altri detenuti della sezione; solo il detenuto Aitlaassri si è associato, mentre gli altri si sono dissociati da tale gesto con minacce e intimazioni verbali.
  Data la gravità dei fatti accaduti, la direzione ha richiesto al locale provveditorato l'immediato allontanamento dei soggetti verso altra sede per motivi di ordine e di sicurezza; il relativo carteggio è stato inoltrato alla locale procura della Repubblica.
  Su disposizione del locale provveditorato, in data 18 gennaio 2020 il detenuto Aitlaasri è stato trasferito presso la casa di reclusione di Vigevano ed in data 20 gennaio 2020 il detenuto Chahb è stato trasferito presso la casa circondariale di Busto Arsizio.
  Giova evidenziare che nei confronti di Chahb Belal il tribunale di Brescia in data 14 giugno 2019 ha definito con sentenza il procedimento mod. 21 n. 17753/2017 per le ipotesi di reato di cui agli articoli 612, commi 1 e 2, e 61 n. 10 del codice penale e che in data 4 gennaio 2020 il Gip presso il tribunale di Brescia ha emesso la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione al procedimento mod. 21 n. 85/2020 per le ipotesi di reato di cui agli articoli 56-628 commi 1 e 3, 56 e 575 del codice penale; a carico di Chahb Belal e di Aitlaasri Ismael risulta inoltre iscritto a mod. 21 in data 29 gennaio 2020 presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Brescia il procedimento n. 1530/2020 per le ipotesi di reato di cui agli articoli 337, 341-
bis e 635 del codice penale e a carico di Chahb Belal risulta iscritto a mod. 21 in data 29 gennaio 2020 il procedimento n. 1551/2020 per le ipotesi di reato di cui agli articoli 337 e 341-bis del codice penale (tali ultimi procedimenti risultano pendenti nella fase delle indagini preliminari).
  In ordine alle esigenze di contenimento del crescente fenomeno del terrorismo internazionale di matrice confessionale, giova evidenziare che da anni il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria attua il monitoraggio dei detenuti segnalati per rischio di proselitismo e radicalizzazione violenta in carcere.
  In particolare, al fine di evitare ogni forma di automatismo che possa interpretare come comportamenti pericolosi condotte riconducibili alla libera professione del culto, è lo stesso dipartimento, attraverso il Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria e dopo una rigorosa attività di analisi delle informazioni e dei dati appresi nell'ambito del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, a stabilire la formale attivazione del monitoraggio sul soggetto.
  In considerazione dell'innalzamento della minaccia terroristica, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha adottato una serie di misure di controllo di carattere preventivo, volte a contrastare il rischio di radicalizzazione e sempre più affinate, nei confronti dei detenuti per reati comuni, ospitati nella media sicurezza.
  I detenuti imputati o condannati per il reato di cui all'articolo 270-
bis del codice penale sono invece inseriti nel circuito penitenziario alta sicurezza 2, che prevede la loro rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta e dagli altri appartenenti al medesimo circuito e riconducibili all'eversione interna.
  L'attività di analisi e di studio della radicalizzazione violenta e del proselitismo di matrice confessionale resta convenzionalmente articolata su tre diversi livelli di osservazione e continuerà a fondarsi sulla conoscenza del soggetto, alla quale si addiviene attingendo alle informazioni in possesso dell'amministrazione, debitamente aggregate e analizzate dal nucleo investigativo centrale e dunque utilizzabili per lo svolgimento di una puntuale attività di prevenzione.
  In particolare, il primo livello, classificato Alto, raggruppa i soggetti ristretti per reati connessi al terrorismo internazionale e quelli di particolare interesse per atteggiamenti che rivelano evidenti forme di proselitismo, radicalizzazione o di reclutamento per estremismo islamico/jihadismo; il secondo livello, classificato Medio, raggruppa i detenuti che all'interno dell'istituto hanno posto in essere atteggiamenti che fanno presupporre la loro vicinanza all'ideologia jihadista, e quindi ad attività di proselitismo e reclutamento, mentre il terzo livello, considerato Basso, raggruppa quei detenuti nei confronti dei quali le notizie risultano generiche e richiedono pertanto un ulteriore approfondimento sulle determinazioni utili.
  Per tutte e tre le categorie indicate, le sedi penitenziarie redigono relazioni comportamentali con periodicità mensile per il primo livello di analisi, bimestrale per il secondo livello e semestrale per il terzo livello; tali relazioni vengono attentamente analizzate dal nucleo investigativo centrale.
  In un'ottica di cooperazione, i risultati delle suddette attività sono condivisi con i vertici dell'amministrazione penitenziaria, con il comitato analisi strategica antiterrorismo, con la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e con l'autorità giudiziaria, qualora emergano fatti di interesse investigativo o giudiziario.
  Al fine di dotare le sedi penitenziarie di ulteriori e utili strumenti di rilevazione, nel tempo sono stati forniti «indicatori sulla radicalizzazione», informazioni che consentono di rilevare situazioni meritevoli di attenzione.
  A tale scopo, un ulteriore strumento a fini specialmente conoscitivi è il «
Syllabus», uno strumento di carattere informativo (realizzato dall'Università di Napoli «L'Orientale», in collaborazione con il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il particolare contributo del nucleo investigativo centrale nell'ambito del progetto TrainTraining) per tutti gli operatori degli istituti penitenziari, riguardante la tradizione islamica riguardo all'assolvimento dei riti, il pudore, l'uso del Corano, l'alimentazione, il modo di pregare e la gestione del denaro.
  Per rendere più incisivo e capillare il contrasto al fenomeno della radicalizzazione, dal 2005 il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto specifici moduli di formazione, tuttora in uso e rivolti agli operatori penitenziari (in particolare agli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria
front line, ai comandanti di reparto, ai direttori degli istituti di pena, ai funzionari giuridici pedagogici...).
  Va inoltre evidenziato che i detenuti sottoposti a profilo analisi dal Nucleo investigativo centrale sono segnalati allo
staff multidisciplinare dell'istituto penitenziario di pertinenza, per la presa in carico e per l'individuazione di un'eventuale strategia di depotenziamento (de-radicalizzazione).
  Inoltre, in caso di scarcerazione dei soggetti sottoposti a profilo, ovvero in caso di concessione di permessi premio o misure alternative alla detenzione, le direzioni degli istituti penitenziari provvedono anticipatamente alla comunicazione alle forze di polizia sul territorio per l'adozione delle più idonee strategie di prevenzione tra le quali la riservata vigilanza, l'avvio di attività tecniche preventive e l'espulsione.
  Per completezza, si evidenzia che uno dei due protagonisti dell'aggressione menzionata dall'onorevole interrogante, Chahb Belal, per avere opposto resistenza durante l'arresto e per avere urlato le frasi «
Allah akbar» e «Non ho paura di morire» ed in considerazione della circostanza che dal colloquio con lo psicologo nel corso della detenzione è emerso «un fanatismo religioso con sfumature deliranti di tipo mistico», è inserito nel 1° livello del profilo di analisi - Alto per rischio di radicalizzazione o proselitismo di matrice confessionale.
  Considerato che l'altro detenuto facinoroso, Aitlaasri Ismael, è sembrato subire l'influenza del Chahb, sono in fase di svolgimento accurati accertamenti.
  Si evidenzia inoltre che con lettera circolare n. 3666/6116 del 2 dicembre 2015 è stata resa nota e diffusa l'avvenuta sottoscrizione del protocollo d'intesa siglato tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e l'Unione delle comunità islamiche (U.co.I.I.) in data 5 novembre 2015, con l'obiettivo di migliorare il modo di interpretare la fede islamica in carcere e di fornire un valido sostegno morale e religioso ai detenuti attraverso l'accesso agli istituti di pena di persone particolarmente preparate, anche al fine di prevenire fenomeni di radicalizzazione (consentendo l'ingresso solo a persone qualificate come gli imam, tramite il nulla osta del Ministero dell'interno).
  L'amministrazione penitenziaria, nel rispetto del principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, e considerando che l'ordinamento penitenziario inserisce la religione tra gli elementi del trattamento, ha da sempre ritenuto indispensabile assicurare l'assistenza religiosa alla popolazione detenuta, a qualsiasi fede essa appartenga.
  La multietnicità che da alcuni anni caratterizza la popolazione detenuta richiede infatti ancor più cura e attenzione verso le differenti fedi e culture che si incontrano in un istituto penitenziario.
  In assenza di una legge che regoli i rapporti delle comunità islamiche con lo Stato italiano, per l'accesso negli istituti penitenziari il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria acquisisce il necessario nulla osta della Direzione centrale degli affari dei culti del Ministero dell'interno, sia in ordine alla qualifica di imam, sia in ordine all'assenza di motivi ostativi.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CAPARVI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a maggio 2019 è stato aperto un posto fisso di polizia nel quartiere di Fontivegge nella zona della stazione di Perugia, a seguito dell'intervento dell'ex Sottosegretario per l'interno, Stefano Candiani, il quale ha assecondato le richieste dei cittadini di avere una maggiore sicurezza con un presidio stabile per contrastare il grave degrado e le situazioni di disagio di quel territorio;

   il posto di polizia, per essere operante in maniera fissa, avrebbe bisogno di 13 unità di personale, mentre al momento opera solo con 3 risorse che, da sole, sono del tutto insufficienti e non riescono a soddisfare le necessità del quartiere;

   del resto, lo stesso prefetto ha dichiarato che per far funzionare il posto fisso a Fontivegge servivano almeno 10/12 agenti di polizia –:

   se intenda adottare tempestivamente iniziative per incrementare le unità di personale della polizia di Stato da destinare al posto fisso di polizia alla stazione di Fontivegge a Perugia, al fine di rendere il presidio operativo e funzionante.
(4-04060)

  Risposta. — In relazione alla tematica di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Le problematiche connesse alla sicurezza e all'ordine pubblico della città di Perugia sono state più volte attentamente seguite e monitorate dalla prefettura di quella città, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
  In particolare, nella riunione del 25 settembre 2018, il sindaco del capoluogo ha chiesto l'istituzione di un «posto fisso di Polizia» nel quartiere «Fontivegge», che potesse costituire un punto di riferimento per la cittadinanza svolgendo nei contempo un'azione di prevenzione dei reati.
  Nella circostanza è stata disposta una mirata intensificazione dei servizi di controllo del territorio da parte delle forze di polizia, soprattutto nelle ore serali e notturne, e, in special modo, nella zona della stazione ferroviaria.
  Successivamente, nel corso della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 24 gennaio 2019, nonché di ulteriori interlocuzioni istituzionali, sono stati reperiti alcuni locali nell'ambito della stazione ferroviaria da mettere a disposizione del posto di Polizia ferroviaria (Polfer), quale «punto di visibilità» dell'ufficio, fornendo ausilio per i compiti istituzionali svolti da quella specialità e costituendo un utile punto di appoggio per tutto il personale quotidianamente impegnato in quella zona negli straordinari servizi di controllo del territorio.
  A decorrere dal 20 maggio 2019 è diventato operativo il «punto di visibilità» del posto di Polizia ferroviaria della stazione ferroviaria di Perugia-Fontivegge, consistente in un ampio locale, messo a disposizione da Rete ferroviaria italiana, ubicato nella «Galleria» aperta al pubblico e adiacente alla piazza antistante la medesima stazione.
  Per quanto riguarda la dotazione del personale, si specifica che l'ufficio in questione non ha una dotazione organica propria ma si avvale del personale già in servizio a imposto Polfer di Perugia. Tuttavia, al fine di realizzare pienamente la funzionalità per il quale esso è stato costituito, il questore della città ha disposto che personale della questura integri quotidianamente quello della Polfer al fine di dare continuità al servizio.
  Secondo quanto riferito dalla prefettura di Perugia, con particolare riferimento al quartiere «Fontivegge», l'analisi dei dati relativi ai reati commessi ha evidenziato un notevole decremento. Dall'inizio del 2019 al 21 dicembre dello stesso anno risultano complessivamente perpetrati 373 delitti rispetto agli 895 dello stesso periodo dell'anno precedente.
  Tale significativa riduzione è il risultato dell'incessante e proficuo operato delle forze dell'ordine che, in piena e coordinata sinergia, hanno svolto quotidiani servizi di vigilanza e controllo del territorio, anche mediante i presìdi di sicurezza presenti in quelle aree.
  Le misure adottate, unitamente ai programmati interventi di riqualificazione urbana, concorreranno ad elevare ulteriormente i livelli di sicurezza del quartiere, mediante la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di illegalità e di degrado e risanamento dell'area.
  L'azione delle forze di polizia, così come convenuto in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, continuerà ad essere svolta in zona e su tutto il territorio provinciale con la stessa determinazione e impegno.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi è stato approvato dal Parlamento austriaco un emendamento che impegna il Governo di Vienna ad avviare nuovi colloqui con l'Alto Adige e l'Italia per poi presentare una proposta legislativa per la concessione del doppio passaporto ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina residenti nella provincia autonoma di Bolzano;

   in risposta all'interrogazione n. 4-01808 a firma dei senatori Ciriani, Rauti, Urso, Fazzolari, il Governo pro tempore ha chiarito «di aver manifestato a più riprese alle autorità austriache la ferma contrarietà dell'Italia all'iniziativa della doppia cittadinanza per le minoranze linguistiche dell'Alto Adige sin dal momento in cui è stata inserita nel programma di governo dalla coalizione dei Popolari (OVP) dell'ex cancelliere Kurz e dei Liberal-nazionali dell'ex vice cancelliere Strache (FPO). Sempre in risposta all'interrogazione sopracitata, il Governo ha ribadito che “a fronte delle dichiarazioni da parte di esponenti dell'ex Governo austriaco di voler procedere con l'iniziativa soltanto ‘d'intesa’ con Roma, è stata puntualmente ricordata l'indisponibilità dell'Italia verso ogni forma e ogni livello di discussione sul tema, trattandosi di un'iniziativa che vede l'Italia categoricamente contraria e della quale non si condividono i presupposti giuridici né si intravede l'opportunità politica. Vienna è pertanto ben consapevole che l'Italia non è disposta a sedersi ad alcun tavolo che abbia ad oggetto questa tematica”»;

   una posizione di contrarietà espressa più volte sia dal Presidente del Consiglio dei ministri Conte, che dal Ministro pro tempore Moavero Milanesi. In occasione dell'incontro bilaterale svoltosi a Roma nel settembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito chiaramente al cancelliere Kurz la contrarietà al progetto. Sempre in settembre, il Ministro pro tempore Moavero Milanesi ha inoltre declinato l'invito del Ministro degli esteri Kneissl per un incontro bilaterale a Vienna;

   si è trattato di un segnale forte, a testimonianza della ferma intenzione italiana di respingere eventuali sviluppi del progetto. In quell'occasione, con un comunicato, si era chiarito che la causa di tale rinuncia era da ricondurre appunto alle ricorrenti affermazioni circa lo studio di un disegno di legge da parte del Governo austriaco per conferire la cittadinanza dell'Austria e il relativo passaporto ai cittadini italiani dell'Alto Adige di lingua tedesca e ladina;

   in parallelo, su precisa istruzione della Farnesina, l'ambasciatore italiano a Vienna ha puntualmente ribadito con le autorità austriache la posizione di fermezza a più riprese e in tutte le sedi opportune, ad ogni occasione in cui il progetto è stato evocato –:

   quali iniziative intenda attuare al riguardo il Governo e se ritenga di confermare la linea posta in essere dal precedente Governo.
(4-03658)

  Risposta. — Il 19 settembre 2019 il Parlamento austriaco ha approvato una mozione che ha riproposto il tema della concessione del passaporto austriaco alla minoranza tedesca e ladina residente nella provincia autonoma di Bolzano. Si tratta di una delibera improntata a strategie pre-elettorali e su un piano comunque differente rispetto a quanto il precedente governo austriaco, sempre guidato dal cancelliere Sebastian Kurz (partito popolare austriaco, ÖVP) ma appoggiato dal Partito liberale austriaco FPÖ, aveva introdotto nel proprio programma.
  La mozione di settembre del Parlamento di Vienna si collegava in maniera diretta all'idea di una pretesa «funzione di tutela» austriaca nei confronti della componente di madrelingua tedesca e ladina residente in Alto Adige - Sud Tirolo (circa 330.000 su 450.000 abitanti), non di aiuto per i rapporti politici bilaterali tra Roma e Vienna.
  Come ricorda l'interrogante, la risposta fornita all'interrogazione n. 4-01808 dei senatori Ciriani, Rauti, Urso e Fazzolari era stata molto chiara sulla ferma contrarietà del Governo italiano ad un possibile disegno di legge sul cosiddetto «doppio passaporto», poi mai presentato.
  Il dettagliato programma del nuovo Governo Kurz, insediatosi il 7 gennaio 2020 sulla base di un'alleanza con i Verdi (quindi successivamente all'approvazione della mozione del Parlamento austriaco del settembre 2019), non contempla più il progetto di «doppio passaporto». Questo sviluppo può essere considerato un successo politico-diplomatico della chiara posizione assunta dalle autorità italiane nei confronti delle autorità austriache.
  Ad ogni modo, qualora una tale proposta dovesse riemergere, il Governo italiano ribadirebbe con fermezza la posizione di completo rifiuto e continuerebbe a negare qualsiasi possibilità di «colloquio a tre» (Roma, Vienna e Bolzano) su tale argomento che fosse proposto da Vienna.
  La netta contrarietà a qualsiasi forma di affermazione o addirittura esercizio della pretesa «funzione di tutela» sull'Alto Adige-Sud Tirolo, di cui la proposta di concessione del passaporto è stata chiara espressione, trova infatti solide ragioni sul piano non solo diplomatico ma anche del diritto internazionale, configurandosi come violazione del principio di non ingerenza negli affari interni di un altro Stato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   CARETTA, ROTELLI, GALANTINO, MONTARULI, CIABURRO e BUTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a differenza delle disposizioni riferite alle specie autoctone, ascrivibili alle indicazioni di cui all'allegato D e al testo del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, per quanto attiene alle specie non autoctone si evidenziano notevoli criticità, da parte della pubbliche amministrazioni e degli enti preposti, di attuare in tempi congrui le disposizioni di cui all'articolo 3 del predetto decreto del Presidente della Repubblica, le quali prevedono la trasmissione preventiva al Ministero competente della preventiva richiesta di immissione, corredata da una serie di analisi tecniche, che devono essere oggetto di studio specifico;

   tra le specie non autoctone, oggetto di comune gestione, compaiono infatti specie comunemente immesse nella disciplina venatoria e nella pesca sportiva, quali il fagiano e le trote fario e iridea;

   la maggior parte dei predetti «stock faunistici» viene allevata a tale scopo, garantendo i ripopolamenti e nel contempo l'occupazione e la redditività di centinaia di aziende, sparse in tutto il territorio nazionale italiano;

   inoltre, il fagiano, con precedente decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 19 gennaio 2015, era stato inserito nell'elenco delle specie parautoctone;

   in tal senso, occorre ricordare che il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 2 aprile 2020 va a interagire con i criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui al sopramenzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative per:

    a) modificare le disposizioni di cui al decreto del 2 aprile 2020 di cui in premessa, riferite alle immissioni delle specie non autoctone;

    b) emanare, se del caso, un elenco di specie non autoctone che possano eventualmente beneficiare di un regime di gestione più blando, in quanto già oggetto di ripetuta immissione per gli scopi esposti in premessa.
(4-05487)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Corre l'obbligo di evidenziare innanzitutto che il decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019 non ha introdotto nuovi vincoli rispetto all'introduzione di specie non autoctone, ma ha previsto la possibilità di derogare al precedente divieto assoluto di immissione in natura (a questo riguardo, si richiamano le definizioni di specie o popolazione «autoctona» e «non autoctona» di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997).
  Si precisa, altresì, che il decreto del Ministero dell'ambiente del 19 gennaio 2015, inserisce il fagiano negli elenchi di specie di uccelli e mammiferi parautoctone (specie naturalizzate anteriormente al 1500 DC) per le quali la gestione di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», non deve necessariamente essere finalizzata all'eradicazione o, comunque, al controllo delle popolazioni.
  Tanto rappresentato, il Ministero dell'ambiente, consapevole delle esigenze che si sarebbero poste in fase applicativa, si era già impegnato, nel corso dell'acquisizione del parere della Conferenza Stato-regioni, ad aprire un tavolo tecnico volto ad approfondire i contenuti dell'allegato 3, concernente «l'immissione di specie non autoctone per motivazioni diverse dal Controllo Biologico», di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997.
  Si rammenta inoltre che comunque bisognerà tenere conto delle disposizioni inserite nel regolamento (UE) n. 1143 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive; del regolamento (CE) n. 1107 del 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari; del regolamento (UE) n. 528 del 2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso dei biocidi e delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 708 del 2007 del Consiglio, dell'11 giugno 2007, relativo all'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti.
  Il tavolo tecnico sarà la sede appropriata per valutare l'opportunità di istituire un elenco di specie non autoctone che possano eventualmente beneficiare di un regime di gestione semplificato, in quanto già oggetto di ripetuta immissione per finalità venatoria o di pesca sportiva.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CASSINELLI e BAGNASCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il parco naturale regionale di Portofino è costituito dall'omonimo promontorio, posto a 30 chilometri dalla città di Genova. Con una superficie di 18 chilometri quadrati ha uno sviluppo costiero di 13 chilometri;

   la vegetazione del promontorio di Portofino, in ragione delle caratteristiche di insolazione, ventosità, umidità, pendio e microclima, si caratterizza per una elevata ricchezza con oltre 700 specie spontanee presenti sul territorio;

   nel 1978, ai sensi della legge n. 70 del 1975, l'Ente autonomo del Monte di Portofino nato nel 1935 fu soppresso, e le sue funzioni furono trasferite alla regione Liguria che già dal 1977 aveva approvato la legge quadro n. 40 sulle aree protette, con lo scopo di avviare una politica di tutela e valorizzazione del territorio creando parchi e riserve naturali;

   con l'articolo 1, comma 1116, della legge di bilancio per l'anno 2018, n. 205 del 2017, è stato modificato l'articolo 34, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, inserendo la lettera f-ter) relativa all'istituzione del parco nazionale di Portofino che comprende la relativa area marina protetta;

   l'istituzione e il primo avviamento del previsto parco nazionale di Portofino è finanziato, con la norma di cui al seguente comma 1117, nei limiti massimi di spesa di euro 300.000 per l'anno 2018 e con un milione di euro a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda concretamente assumere, e con quale tempistica, per pervenire all'adozione in modo rapido e formale, del decreto istitutivo del parco nazionale di Portofino e della relativa area marina protetta, visto che si tratta di una zona strategica per la Liguria e, soprattutto, per la Riviera di Levante e la sua nota attrattività turistica nazionale e internazionale.
(4-00505)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  L'istituzione del parco nazionale di Portofino è stata prevista dalla legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205), all'articolo 1, commi 1116, 1117 e 1118.
  La procedura per l'istituzione dei parchi nazionali, definita dalla legge 6 dicembre 1991 n. 394, articolo 2, comma 7, prevede, come noto, l'intesa con le regioni interessate e il parere della Conferenza unificata.
  Ciò premesso, il Ministero dell'ambiente ha convocato, nel luglio 2018, il tavolo istituzionale con la regione Liguria, l'ente Parco regionale e i tre enti locali, finalizzato all'ottenimento di una proposta condivisa per avviare l'iter procedurale del parco Nazionale di Portofino.
  Nel corso della riunione fu affidato ad Ispra — che con l'entrata in vigore del decreto ministeriale del 1o marzo 2018 n. 58 svolge il ruolo di segreteria tecnica per le aree naturali protette terrestri — il compito di redigere un'analisi delle valenze ambientali nelle aree di potenziale interesse prescindendo, in questa fase preliminare, dai dati socio-economici.
  Il Ministero, in particolare, sottolineò che le analisi e le valutazioni dovevano tenere conto della presenza, sul territorio, di Siti Natura 2000 e delle aree naturali protette già istituite.
  Ispra sulla base delle indagini conoscitive, ha indicato una vasta area d'interesse, che riguarda 20 comuni, entro la quale individuare la proposta di perimetro dell'istituendo parco.
  Obiettivo dello studio è stato selezionare un'area d'interesse all'interno della quale siano presenti rilevanti valori naturalistici ed ambientali, costituiti da formazioni fisiche, geologiche e biologiche, che costituiscano patrimonio naturale da conservare e valorizzare secondo l'articolo 1 della legge n. 39 del 1991.
  Lo studio ha riguardato l'area geografica del promontorio di Portofino ed aree adiacenti.
  La selezione di tale area d'interesse costituisce un passo preliminare e propedeutico dal quale far partire le successive valutazioni e l'iter istruttorio dell'istituendo Parco nazionale di Portofino.
  Nel febbraio 2019 il Ministero, stante la necessità di dare corso all'iter istitutivo, ha convocato tutti gli enti locali con l'obiettivo di acquisire orientamenti e osservazioni utili al prosieguo dell'istruttoria.
  Il Ministero dell'ambiente, per dare impulso al procedimento, stante la mancanza di riscontro da parte degli enti interessati, ha incontrato nel luglio 2019 l'assessore della regione Liguria, che si è impegnato a sollecitare i comuni, rientranti nell'area di interesse, a fornire il proprio orientamento. Tale contributo non è, ad oggi, pervenuto.
  Questa criticità riscontrata nell'avvio della procedura di istituzione dell'ente Parco è dovuta al fatto che la regione Liguria ha proposto l'istituzione del Parco nazionale quale trasformazione dell'attuale parco regionale di Portofino, istituito con legge regionale n. 12 del 1995, che interessa i comuni di Portofino, Camogli e Santa Margherita Ligure e gestisce, su delega del Ministero dell'ambiente, anche la prospiciente area marina protetta di Portofino, istituita con decreto del Ministro dell'ambiente del 26 aprile 1999.
  Il Ministero, sulla base dell'istruttoria tecnica fornita dall'Ispra, ha invece proposto un'area d'interesse più ampia. L'Ispra infatti, come accennato, ha avviato uno studio preliminare nel territorio di potenziale interesse basandosi sui dati di carta della natura, come stabilito dalla legge n. 394 del 1991, analizzando i possibili corridoi ecologici che insistono sul territorio.
  Il territorio coinvolto nello studio ricade nei seguenti comuni: Avegno, Bargagli, Bogliasco, Camogli, Chiavari, Cicagna, Coreglia Ligure, Genova, Leivi, Lumarzo, Pieve Ligure, Portofino, Rapallo, Recco, San Colombano Certenoli, Santa Margherita Ligure, Sori, Tribogna, Uscio, Zoagli.
  Il Ministero, quindi, nonostante le criticità emerse abbiano evidentemente rallentato l'esecuzione dell'iter istitutivo del parco nazionale, assicura il proprio impegno finalizzato a pervenire ad una proposta condivisa che conduca ad una perimetrazione, zonazione e disciplina di tutela dell'istituendo parco.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CIABURRO, VARCHI, CARETTA, MONTARULI, PRISCO e MANTOVANI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo i più recenti dati del Ministero dell'istruzione, le scuole paritarie, in Italia, sono circa 12.564, contro le oltre 40.000 statali, e accolgono circa 866.805 studenti, a fronte dei circa 7,5 milioni di studenti iscritti presso le strutture pubbliche; di questi 866.805 studenti, ben 524.031 sono nel segmento della scuola dell'infanzia, comprendendo asili e scuole materne;

   l'intero settore delle scuole paritarie, in Italia, impiega circa 160.000 unità di personale, tra docenti (90.000 circa) e tecnici-amministrativi (70.000) e le rette a carico delle famiglie oscillano dai 2.000 ai 4-5.000 euro annui, suddivise in 10 mensilità, a seconda del grado di istruzione;

   come riportato dalla testata giornalistica Il Sole 24 Ore, il sistema delle scuole paritarie era già in affanno prima della crisi da COVID-19 e, a seguito della diffusione della pandemia, dal 5 marzo 2020 esse si sono dovute adeguare alle esigenze di didattica a distanza;

   a fronte della chiusura dei plessi scolastici, al pari delle scuole statali, gli interventi a sostegno degli istituti paritari sono stati esigui: per le pulizie straordinarie sono stati stanziati 3,7 milioni di euro a fronte dei 43,5 per le scuole pubbliche e, dopo il passaggio parlamentare, 2 milioni di euro (contro gli 85 milioni per le scuole statali) per dotarsi di piattaforme e strumenti da utilizzare per la didattica digitale;

   nonostante gli utili stanziamenti di fondi a favore degli istituti paritari, il quadro risulta ulteriormente aggravato alla luce dei dati diffusi da Aninsei Confindustria, i quali indicano come nel solo mese di marzo 2020 solo il 30 per cento delle famiglie abbia pagato le rette scolastiche, e di come ad aprile invece nessuna famiglia abbia potuto sostenere il pagamento della retta, tendenza che, se dovesse continuare, comporterebbe la chiusura di almeno il 50-60 per cento degli asili nel mese di settembre, obbligando le altre strutture ad incrementare le proprie rette;

   come stimato da Aninsei Confindustria, un'eventuale chiusura massiccia delle scuole paritarie comporterebbe maggiori costi alla collettività nazionale nell'ordine dei 5-6 miliardi di euro, considerando che, secondo dati Ocse, la spesa media complessiva per uno studente è in Italia di circa 6.500 euro l'anno (più delle rette degli istituti paritari) e che gli studenti degli istituti che si ritroverebbero costretti a chiudere sarebbero improvvisamente a carico del sistema pubblico;

   in questo senso, il costo un intervento a sostegno del pagamento delle rette da parte delle famiglie si dimostrerebbe, in prospettiva, sensibilmente inferiore rispetto ad un tardivo intervento ex post, senza contare gli eventuali danni in termini di perdite di posti di lavoro per docenti e personale Ata attivo nel settore;

   per consentire a sempre più studenti di frequentare le scuole paritarie, numerosi istituti mantengono rette per studente inferiori ai costi medi stimati per la formazione individuale degli stessi; ne consegue che un sostegno al settore si convertirebbe naturalmente in un sostegno agli studenti e alla collettività tutta, evitando così una serie di ripercussioni e costi economici e sociali che difficilmente potrebbero essere sopportati dal sistema scolastico nell'attuale contesto di crisi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano predisporre, se del caso, per:

    a) sostenere, anche mediante l'istituzione di fondi appositi, le famiglie meno abbienti e in maggiore difficoltà con i pagamenti delle rette degli istituti di cui in premessa;

    b) concepire un sistema di detraibilità integrale del costo delle rette versate alle scuole paritarie dalle famiglie messe maggiormente in difficoltà dalla crisi epidemiologica da COVID-19, fino alla riapertura degli istituti.
(4-05361)

  Risposta. — Le scuole paritarie formano, insieme alle scuole statali, il sistema nazionale di istruzione, ai sensi della legge n. 62 del 2000.
  Ad esse vengono annualmente destinati contributi quantificati in relazione ai diversi ordini e gradi di istruzione e per l'accoglimento degli alunni con disabilità. Tali contributi costituiscono, insieme alle rette versate dai genitori, le risorse economiche che consentono il loro funzionamento.
  Al riguardo ricordo che, con la legge n. 160 del 2019, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»; sono stati stanziati contributi alle scuole paritarie pari a 548.730.089 di euro di cui: 512.830.089 di euro a favore delle scuole paritarie di ogni ordine e grado e 35.900.000 di euro destinati agli alunni diversamente abili. Di questi ultimi, 12.500.000 di euro sono finalizzati esclusivamente alle scuole dell'infanzia paritarie che accolgono alunni con disabilità.
  Sulla base di tale previsione normativa, è stato emanato il decreto ministeriale n. 181 del 16 marzo 2020 ed emessi i correlati decreti attuativi con cui sono stati assegnati i suddetti fondi agli uffici scolastici regionali e alla Valle d'Aosta, che a loro volta stanno provvedendo al conferimento alle singole scuole paritarie, delle risorse ad esse spettanti.
  Va peraltro aggiunto che con il decreto-legge n. 18 del marzo 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 aprile, ed in particolare, all'articolo 77, è stata autorizzata la spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020, al fine di consentire alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, ivi incluse le scuole paritarie, di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali, nonché di dispositivi di protezione e igiene personali, sia per il personale sia per gli studenti. Per tali esigenze, alle scuole paritarie è stata assegnata una somma pari a 3.707.250 di euro.
  Inoltre, il citato decreto-legge n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27, all'articolo 120, comma 6-
bis, ha stanziato, nell'anno 2020, la somma di 2 milioni in favore delle istituzioni scolastiche paritarie, destinata per l'acquisto di piattaforme e di strumenti digitali utili per l'apprendimento a distanze o al potenziamento di quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità, e in parte per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d'uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle suddette piattaforme, nonché per la necessaria connettività di rete.
  Onorevole, siamo consapevoli che la lunga sospensione delle lezioni, determinata dall'emergenza sanitaria, per molte scuole paritarie ha significato una rilevante perdita in termini economici, considerato che non sono state versate molte rette, in ragione di un servizio che non poteva essere erogato e goduto.
  A tal proposito il Governo, con il decreto «Rilancio», ha previsto l'erogazione di ulteriori 150 milioni di euro in favore proprio delle scuole paritarie. Tali risorse sono state raddoppiate per volontà parlamentare in sede di conversione del predetto decreto.
  Oltre all'incremento per 15 milioni di euro del fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, che contribuirà a coprire parte delle spese di gestione dei servizi educativi e delle scuole dell'infanzia, abbiamo previsto un finanziamento straordinario e aggiuntivo, a compensazione delle rette non versate durante i mesi di chiusura delle scuole, a causa dell'emergenza sanitaria.
  In dettaglio sono stati previsti 165 milioni di euro per le scuole paritarie primarie e secondarie e ulteriori 120 milioni per i servizi educativi e per le scuole dell'infanzia. Per queste ultime, l'assegnazione delle risorse ha tenuto conto dell'importante e insostituibile ruolo sussidiario che esercitano per i bambini della fascia 0-6 anni e per le loro famiglie.
  Lo stesso decreto ha previsto l'erogazione di 39,23 milioni di euro, utilizzati dalle scuole statali e paritarie per il corretto svolgimento, in presenza e in sicurezza, della prova orale dell'esame di maturità.
  Tali risorse sono state impiegate per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di prodotti e detergenti specifici per interventi di pulizia degli ambienti scolastici. Di tali risorse, alle scuole paritarie sede di esame, sono stati erogati oltre 8,2 milioni di euro.
  Posso rassicurarLa che l'impiego di tali risorse da parte delle scuole paritarie sarà attentamente monitorato da questo Ministero nell'ambito dell'attività di vigilanza che questa Amministrazione svolge nei confronti di dette scuole atteso il continuo accertamento della sussistenza dei requisiti della parità scolastica ai sensi della legge n. 62 del 2000.

Il Ministro dell'istruzione: Lucia Azzolina.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere — premesso che:

   l'organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp), con nota del 12 febbraio 2020 trasmessa agli organi competenti e, tra l'altro, anche al Ministro della giustizia, avrebbe segnalato ennesime criticità e disfunzioni che si verificherebbero presso l'amministrazione penitenziaria centrale – gestione dei detenuti di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario (di seguito «o.p.»);

   nel dettaglio, denuncerebbe la condotta di un alto dirigente dell'amministrazione penitenziaria centrale che nel corso di un incontro tenutosi con i coordinatori del gruppo operativo mobile si sarebbe riferito nei loro confronti in termini «notevolmente pesanti e duri, anche indicando come prossima l'abolizione dello stesso 41-bis su indicazione del Parlamento europeo»;

   il gruppo operativo mobile, istituito nel 1997 con provvedimento dell'allora capo del dipartimento della amministrazione penitenziaria e formalmente riconosciuto con decreto ministeriale del 19 febbraio 1999, da sempre costituisce il principale strumento di lotta contro la criminalità organizzata;

   pertanto, quanto affermato dall'alto dirigente, se corrispondesse al vero, svilirebbe l'importante e indispensabile ruolo degli appartenenti al gruppo operativo mobile, sovente elogiato dai Ministri della giustizia, dai procuratori delle direzioni distrettuali antimafia e da tanti altri; inoltre, simili dichiarazioni non sarebbero suffragate, o quantomeno giustificate, da alcuna iniziativa legislativa al vaglio del Parlamento volta ad abolire il regime di cui all'articolo 41-bis o.p.;

   a parere dell'interrogante, quindi, se quanto segnalato dall'Osapp con la nota de qua venisse accertato, si sarebbe di fronte non solo a una azione arbitraria che ha destato, come accaduto, ingiustificati turbamenti e tensioni, ma altresì si tratterrebbe di un comportamento irrispettoso e «superficiale» che un alto dirigente, quale vertice dell'amministrazione penitenziaria, non avrebbe dovuto assumere, soprattutto in considerazione dell'importante lotta alla mafia che da sempre la nostra Nazione, soprattutto tramite le forze dell'ordine, persegue per attribuire la giusta e legittima dignità ai concittadini vittime di aberranti crimini commessi dalle organizzazioni criminali; giova, inoltre, rappresentare che sia in dottrina e giurisprudenza, il regime di cui all'articolo 41-bis o.p. è stato ritenuto proporzionato alle esigenze di difesa sociale indotte da un fenomeno criminale di particolare gravità, qual è quello mafioso e la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo non è mai giunta a ritenere che siffatto regime carcerario superasse la soglia di tollerabilità tale da configurare una violazione dei diritti umani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, accertata la veridicità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare ulteriori azioni come quella descritta in premessa e quali indicazioni abbia impartito in merito alle segnalazioni di cui alla nota del 12 febbraio 2020 trasmessa dall'Osapp.
(4-04759)

  Risposta. — In relazione alla richiesta di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'incontro al quale si riferisce l'interrogante è verosimilmente quello a seguito dell'invito rivolto al direttore del gruppo operativo mobile e ai responsabili dei reparti operativi mobili degli istituti del Paese (ove previsti), fissato dal capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in data 16 gennaio 2020, alle ore 12.00; a tale incontro ha partecipato anche il direttore generale del personale e delle risorse dello stesso dipartimento.
  L'invito è scaturito dall'indifferibile necessità di interlocuzione del capo dipartimento all'indomani del verificarsi di due eventi critici di particolare gravità e rilevanza, che hanno visto coinvolti due detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41
-bis ordinamento penitenziario, in data 5 e 21 novembre 2019 rispettivamente presso gli istituti di Sassari e Parma.
  Nel corso della riunione, il cui contenuto è stato oggetto di audioregistrazione e opportunamente trascritto, il capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha rilevato un non perfetto flusso comunicativo in occasione del verificarsi dei suddetti eventi.
  Allo scopo di ottenere un adeguato e costante aggiornamento sullo stato e sul controllo nei reparti
ex articolo 41-bis ordinamento penitenziario, con nota 7 gennaio 2020 n. 1/2020/CD/LIM.DIV./G.O.M., il capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria aveva disposto l'obbligo di tempestiva informazione di ogni evento critico di apprezzabile rilevanza da parte del responsabile Reparti operativi mobili competente, mediante diretto contatto telefonico anche tramite sms, oppure via posta elettronica; in occasione della riunione del 16 gennaio 2020 il capo del dipartimento, rispetto al quale il gruppo operativo mobile si pone organicamente come ufficio di diretta collaborazione, nell'esercizio delle sue prerogative ha ribadito l'evidente necessità di un continuo circuito informativo con il vertice dipartimentale, sottolineando la necessità di osservare le prescrizioni fissate nella circolare del 7 gennaio 2020.
  Dalla trascrizione del verbale di riunione del 16 gennaio 2020 risulta che l'interlocuzione con il personale del Gruppo operativo mobile, lungi dall'essere stata caratterizzata da «termini notevolmente pesanti e duri» è stata esclusivamente diretta a sottolineare, con toni e contenuti certamente adeguati, l'obbligo di rispettare le disposizioni date in materia.
  Il presunto utilizzo di espressioni o frasi che facessero presagire ad una «...prossima l'abolizione del regime speciale di cui all'articolo 41
-bis dell'ordinamento penitenziario, su indicazione del Parlamento europeo», attribuite al capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel corso della riunione del 16 gennaio 2020, costituisce dunque un'affermazione assolutamente contraria al vero e priva di ogni fondamento. Ciò premesso, si rappresenta che il regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario) è disposto con decreto del Ministro della giustizia quando ricorrono gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica.
  Si tratta di un regime differenziato adottato nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-
bis dell'ordinamento penitenziario o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva.
  Tale regime comporta la sospensione, in tutto o in parte, delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla legge n. 354 del 1975 che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza; mira, dunque, a contenere la pericolosità di singoli condannati, impedendo in particolare i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in stato di libertà, collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce in un'ottica di rieducazione e di reinserimento sociale.
  Si rappresenta infine che non risulta, allo stato, alcuna iniziativa legislativa finalizzata all'abolizione del regime speciale previsto dall'articolo 41
-bis ordinamento penitenziario.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 19 del 3 gennaio 2020, statuiva in ordine alla materia del patrocinio a spese delle Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

   in particolare, la Corte veniva adita sulla necessità o meno di corrispondenza tra gli importi liquidati in sentenza a carico del soccombente, con sostanziale distrazione in favore dello Stato, e quelli invece oggetto di separato decreto di liquidazione in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato;

   la questione è stata affrontata e risolta in senso favorevole alla mancanza di coincidenza tra gli importi in difformità a quanto precedentemente affermato dalla Cassazione penale (n. 46537/2017) e dalla Corte costituzionale (n. 270 del 2012), sulla scorta delle quali la somma rifusa in favore dello Stato ai sensi dell'articolo 133 «deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente» ai sensi degli articoli 82 e 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;

   diversamente opinando, la Corte nel 2020 accorda al solo giudice civile la possibilità di quantificare in misura diversa le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del soggetto ammesso al patrocinio, ciò non costituendo un'iniusta locupletatio da parte dell'erario, poiché le eventuali maggiori somme compenserebbero situazioni in cui non è possibile recuperare quanto corrisposto nonché contribuire al funzionamento del sistema giudiziario;

   a parere dell'interrogante, il recente orientamento non può ritenersi condivisibile tanto in punto di diritto, quanto sulla base delle finalità della disciplina del gratuito patrocinio;

   asserire, come si asserisce nella sentenza in questione, che la disparità di trattamento «mira a compensare i maggiori oneri a carico dello Stato» presupporrebbe, per prima cosa, l'inesistenza del meccanismo previsto dal combinato disposto degli articoli 131, 133 e 134 del Testo unico di recupero degli onorari e delle spese dovute al difensore al pari di tutte le altre spese anticipate dall'erario, nonché che lo stesso non trovi applicazione ora nei confronti del soccombente, ora nei confronti dell'ammesso al beneficio e che, in ultimo, vi sia una puntuale elencazione dei suddetti maggiori oneri;

   è lecito pensare che ciò potrebbe costituire per lo Stato un'occasione di ingiusto profitto, tenendo conto del fatto che il medesimo sarebbe autorizzato a recuperare dal soccombente condannato alle spese una somma che in realtà non è mai stata versata –:

   se il Ministro sia a conoscenza di questa giurisprudenza, la quale legittima lo Stato a «far cassa» – soprattutto se c'è vittoria di giudizio – dal lavoro dei difensori che assistono in regime di patrocinio e se e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.
(4-04699)

  Risposta. — L'interrogazione in esame riguarda la sentenza il 19 del 3 gennaio 2020 in materia di patrocinio a spese dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, con cui la Corte di cassazione, sezione II civile, adita sulla necessità o meno di corrispondenza tra gli importi liquidati in sentenza a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio a spese dello Stato, da rifondersi in favore dello Stato, e quelli liquidati nel separato decreto in favore del difensore della parte ammessa al beneficio del patrocinio, da porsi a carico dell'erario, ha risolto la questione in senso favorevole alla non necessaria coincidenza tra i due importi, discostandosi da precedenti indirizzi della giurisprudenza.
  Secondo l'interrogante, tale orientamento non sarebbe condivisibile in quanto «asserire, come si asserisce nella sentenza in questione, che la disparità di trattamento “mira a compensare i maggiori oneri a carico dello Stato” presupporrebbe, per prima cosa, l'inesistenza del meccanismo previsto dal combinato disposto degli articoli 131, 133 e 134 del testo unico di recupero degli onorari e delle spese dovute al difensore al pari di tutte le altre spese anticipate dall'erario, nonché che lo stesso non trovi applicazione ora nei confronti del soccombente, ora nei confronti dell'ammesso al beneficio e che, in ultimo, vi sia una puntuale elencazione dei suddetti maggiori oneri; è lecito pensare che ciò potrebbe costituire per lo Stato un'occasione di ingiusto profitto, tenendo conto del fatto che il medesimo sarebbe autorizzato a recuperare dal soccombente condannato alle spese una somma che in realtà non è mai stata versata».
  L'interrogante chiede quindi:

   a) se il Ministro sia a conoscenza di questa giurisprudenza, la quale legittima lo Stato a «far cassa» - soprattutto se c'è vittoria di giudizio - dal lavoro dei difensori che assistono in regime di patrocinio;

   b) se e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.

  Premessa l'autonomia e l'indipendenza della magistratura nelle scelte interpretative del caso ed il divieto assoluto di interferenza nell'attività giurisdizionale, preme fin da subito ricordare, in punto di diritto, che, nell'ambito del processo civile, le parti sono tenute a sostenere le spese connesse alla propria difesa in giudizio, salva la possibilità di ottenere la condanna della controparte soccombente alla rifusione delle stesse, nella misura liquidata dal giudice (articolo 91 del codice di procedura civile).
  L'ordinamento, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), assicura agli indigenti il patrocinio a spese dello Stato: l'ammissione a tale beneficio è infatti subordinata alla sussistenza di determinati requisiti reddituali (articolo 76 del testo unico citato). Sulla base dell'ultimo adeguamento ministeriale
ex articolo 77 (decreto dirigenziale 16 gennaio 2018), per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore ad euro 11.493,82.
  Nell'ambito del processo civile, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è deliberata dal competente (consiglio dell'ordine forense articolo 126); il beneficio può essere sempre revocato dal magistrato procedente in caso di accertamento dell'insussistenza dei presupposti per l'ammissione (articolo 136 del testo unico, e, in tal caso, si procederà al recupero nei confronti del soggetto interessato di quanto erogato dall'erario per suo conto (articolo 86).
  Per effetto dell'ammissione al patrocinio e relativamente alle spese a carico della parte ammessa, alcune sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario e, tra queste ultime, gli onorari e le spese dovuti al difensore (articolo 131), i cui importi sono liquidati previa riduzione alla metà (articolo 130).
  Quest'ultima previsione normativa è stata ritenuta conforme ai princìpi costituzionali. La Corte costituzionale, infatti, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità del citato articolo 130 per contrasto con gli articoli 24, 53, 111 e 117 della Costituzione, affermando che «nel meccanismo attraverso il quale si procede alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore che abbia difeso in giudizi diversi da quelli penali la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, e che comporta l'abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali, non è dato riscontrare alcuna forma di prelievo tributario, trattandosi semplicemente di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione dei compensi medesimi – giustificata [..] dalla diversità, rispetto a quelli penali, dei procedimenti giurisdizionali cui si riferisce – tale da condurre ad un risultato economicamente inferiore rispetto a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario» (Corte costituzionale ordinanza n. 270 del 2012).
  Va altresì ricordato che l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe vigenti relative ad onorari, diritti e indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa (articolo 82, comma 1).
  Nel caso di soccombenza della parte non ammessa al patrocinio, le spese processuali che la stessa sia chiamata a rifondere in favore della parte vittoriosa, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, devono essere pagate in favore dello Stato (articolo 133: «Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato»).
  La giurisprudenza ha chiarito che la logica sottesa a tale previsione normativa è quella per cui la parte vittoriosa ammessa al gratuito patrocinio, da un lato, non subisce alcun esborso, in quanto si vede riconoscere il pagamento degli onorari dell'avvocato a carico dell'erario, dall'altro, però, non può nemmeno arricchirsi in caso di favorevole condanna alle spese, incamerando la somma liquidata, di cui deve appunto essere disposto il rimborso in favore dell'erario anticipatario, il quale con essa coprirà sia le spese anticipate che quelle prenotate a debito ai sensi dell'articolo 131, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. In sostanza, se la parte ammessa al gratuito patrocinio è vittoriosa, lo Stato potrà recuperare dalla parte soccombente il costo del giudizio; se invece le spese vengono compensate, esse rimarranno a carico dello Stato.
  Circa la questione posta dall'interrogazione in esame, relativa alla corrispondenza tra gli importi delle spese processuali contenuti nel provvedimento conclusivo della fase del giudizio innanzi al giudice adito da distrarsi in favore dell'erario e le somme liquidate in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato che sono poste a carico dell'erario, deve essere in primo luogo evidenziato che non si rinviene nell'ordinamento una norma che regoli espressamente il rapporto tra tali liquidazioni.
  Si sono pertanto registrati due orientamenti giurisprudenziali contrapposti, il primo dei quali, partendo dalle affermazioni contenute nella sentenza della Cassazione penale del 9 novembre 2011 n. 46537, era pervenuto alla conclusione secondo cui, qualora nell'ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, secondo l'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articoli 82 e 103 medesimo decreto, al fine di evitare che l'eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale (cfr. altresì Cass. sez. VI, del 16 settembre 2016, n. 18167.
  Si sono in seguito registrati orientamenti di segno contrario, che avevano evidenziato come non potesse essere esteso al procedimento civile il principio contenuto nella sentenza della Cassazione penale sopra richiamata, trattandosi di un principio scaturito dall'esame di disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato dettate specificamente per il processo penale, diverse rispetto alla disciplina delineata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario; non può nemmeno sottacersi che, all'epoca della pronuncia in questione, le disposizioni sul processo penale non prevedevano, come oggi prescrive l'articolo 106-
bis, introdotto dalla legge 27 dicembre 2016, n. 147, alcuna riduzione degli importi spettanti al difensore, a differenza della dimidiazione degli importi prevista nel processo civile dall'articolo 130 citato (cfr. Cass. civile, Ord. Sez. 2, n. 22017, anno 2018).
  La più recente giurisprudenza della Suprema Corte (Cassazione civile, sez. II, n. 19, depositata il 3 gennaio 2020, in senso conforme (Cassazione n. 11590/2019; Cass. n. 8387 del 2019) ha inteso dare continuità a tale ultimo indirizzo, escludendo che possa costituire vizio del decreto di liquidazione dei compensi del difensore della parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato l'eventuale differenza tra gli importi di tale liquidazione e di quella adottata carico del soccombente nel giudizio di merito, con distrazione in favore dello Stato; ne discende che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dalla parte soccombente allo Stato, ai sensi dell'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articoli 82 e 130 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica:
  Osserva la Corte (sentenza n. 19/2020) che «In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità».
  Già in altra occasione la Suprema Corte aveva avuto modo di chiarire che «In tal modo, peraltro, si evita quella che sarebbe una grave incongruenza all'interno del sistema costituita dal fatto che la parte che perde verrebbe condannata al pagamento delle metà delle spese per il solo fatto, del tutto casuale, che la controparte è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato» (cfr. Cass. civile, n. 11590/2019).
  Nella citata pronuncia si evidenzia altresì che «Una volta ribadita la legittimità del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 130, nel quantificare i compensi del difensore delle parti ammesse al gratuito patrocinio, non è in alcun caso consentito superare i limiti e le prescrizioni poste dalla suddetta normativa, il che comporta che anche a voler ammettere che il giudice sia tenuto a quantificare detto compenso in misura corrispondente all'importo delle spese processuali poste a carico della parte soccombente (come appunto ritenuto da Cass. 18167/2016 e da Cass. pen. 46537/2011, ed in motivazione da Corte Cost. 270/2012), tuttavia il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio non ha alcun titolo ad ottenere più di quanto risulti dalla corretta applicazione delle disposizioni del testo unico, potendo contestare solo sotto tali profili il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
ex articolo 82».
  Nel caso in cui detto decreto abbia riconosciuto somme inferiori a quelle liquidate in sentenza ai sensi dell'articolo 91 del codice di procedura civile, legittimata a dolersi è esclusivamente la parte soccombente in giudizio, poiché «presupposto e finalità della rifusione delle spese di lite sono il rendere indenne la controparte delle spese effettivamente sostenute in ragione del processo, ma solo di quelle, esulando del tutto alcuna finalità “punitiva” del tipo di quella ora prevista dall'articolo 96 del codice di procedura civile, u.c., (cfr. Cass. pen. 46537/2011; Cass. 22017/2018)».
  Da quanto appena evidenziato discende che attualmente vi sono diversi orientamenti giurisprudenziali sul tema anche se appare essere predominante quello volto a sostenere l'identità delle somme liquidate in sentenza e nel separato decreto di liquidazione.
  Più in generale e in un'ottica complessiva di sistema difficilmente lo Stato recupera i costi sostenuti per la difesa dei non abbienti (basti pensare che nei casi in cui le spese processuali vengono compensate, non viene in applicazione l'articolo 133 citato e i costi del processo rimangono interamente a carico dell'erario) e, pertanto, l'ipotesi di un ingiustificato profitto per lo Stato non pare in ogni caso concreto.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il contesto socio-economico attuale della provincia di Belluno sta vivendo una fase prolungata di declino demografico e di impoverimento imprenditoriale e una delle maggiori criticità di questo fenomeno regressivo è rappresentata dai superiori costi del vivere in montagna rispetto ai contesti urbani di pianura, essendo tutto ciò aggravato, altresì, dalle difficoltà di spostamento nel territorio bellunese;

   il disagio dei cittadini bellunesi è acuito anche dall'assenza di alcuni uffici e servizi pubblici ubicati di norma nelle province italiane (vedasi, ad esempio, la Banca d'Italia);

   nello specifico della presente si vuole portare all'attenzione il caso dell'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna (Uiepe) di Venezia, articolazione territoriale del Ministero della giustizia, quest'ultimo presente a Belluno anche con il tribunale ordinario e la casa circondariale di Baldenich; al riguardo, giova ricordare come i detenuti condannati fin dall'emanazione dell'ordinamento penitenziario nel 1975 hanno ricevuto il supporto degli assistenti sociali dipendenti del Ministero di via Arenula che avevano e hanno ancor oggi la loro sede di servizio per il Veneto a Venezia-Mestre, dovendosi recare in giornata in missione esterna a Belluno. Tale ufficio dispone attualmente per due volte a settimana di uno spazio per colloqui presso la stanza del giudice di pace di Belluno. Per inciso, con il graduale investimento ministeriale sulle misure alternative alla detenzione e, dal 2014, con l'aggiunta della competenza della cosiddetta messa alla prova, ex articolo 168-bis c.p., il carico di lavoro degli Uepe è notevolmente aumentato, senza però vedersi corrispondere un adeguato e correlato allineamento delle necessarie dotazioni organiche; va rammentato, infine, che l'Uepe di Venezia ha la competenza territoriale per i condannati in misura alternativa o in sanzioni e misure di comunità della province di Venezia, Treviso e Belluno, ma, mentre a Treviso si è costituita una apposita sede di servizio distaccata da Venezia, a Belluno ciò non è avvenuto;

   il consiglio comunale di Belluno ha approvato l'ordine del giorno in data 29 novembre 2019 per richiedere alla direzione dell'Uepe di Venezia, titolare della gestione delle risorse umane e strumentali, secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza, ex articolo 97 Costituzione, di valutare l'opportunità di permettere ai cittadini bellunesi in carico all'Uepe di Venezia di usufruire anche della più vicina sede di Treviso e di promuovere, in prospettiva, nell'ottica della cosiddetta giustizia di prossimità, un'apposita iniziativa al Ministero della giustizia – dipartimento giustizia minorile e di comunità, affinché anche a Belluno si verifichi la stessa situazione di quattro province montane come Bolzano, Trento, Aosta e Cuneo dove sono presenti stabilmente appositi uffici locali di esecuzione penale esterna –:

   se sia al corrente di quanto riportato in premessa e se abbia intenzione di adottare iniziative per accogliere la richiesta avanzata dal consiglio comunale di Belluno, valutando l'opportunità dotare il comune di Belluno di appositi uffici locali di esecuzione penale esterna, così come già verificatosi in medesime situazioni, nelle quattro province montane di Bolzano, Trento, Aosta e Cuneo.
(4-04775)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame alla richiesta di dotare il Comune di Belluno di appositi uffici locali di esecuzione esterna, si espone quanto segue.
  Il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, sentito l'ufficio interdistrettuale di Venezia, sta seguendo attentamente la situazione nel territorio di Belluno anche a seguito di alcuni articoli apparsi sulla stampa locale e di una segnalazione pervenuta dal garante dei detenuti del comune in questione.
  Al momento non è previsto nella provincia di Belluno un ufficio di esecuzione penale esterna, né una sede di servizio; il decreto ministeriale 23 febbraio 2017, in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 84 del 2015, ha riorganizzato la rete nazionale degli uffici ponendo il territorio di Belluno sotto la diretta competenza dell'ufficio di Venezia.
  I vincoli finanziari e le risorse di personale all'epoca disponibili non hanno, purtroppo, consentito un'articolazione maggiormente capillare delle strutture operative.
  
Certamente, come emerge anche dai dati rilevati dal Dipartimento della giustizia minorile e di comunità, sarebbe necessaria una maggiore prossimità delle strutture dell'amministrazione presso il territorio di Belluno, in particolare per la gestione dei procedimenti di messa alla prova, che stanno aumentando in quell'area come su tutto il territorio nazionale.
  Relativamente, invece, alla proposta avanzata nell'ordine del giorno del consiglio comunale di Belluno e fatta propria dall'interrogante, si ritiene che non sia possibile far convergere l'utenza bellunese presso la sede di servizio di Treviso, in primo luogo per motivi organizzativi (si tratta, infatti, di una sede molto piccola, con appena cinque funzionari in servizio che gestiscono un carico di lavoro mediamente tra i più elevati di tutto il Paese) ed in secondo luogo per impedimenti di carattere normativo che attengono alla competenza territoriale degli uffici giudiziari.
  Questa amministrazione, comunque, si sta adoperando per garantire ogni possibile supporto all'utenza residente nel territorio di Belluno.
  Si conferma, al riguardo, che l'ufficio di Venezia ha stipulato un accordo con il tribunale di Belluno che ha concesso temporaneamente degli spazi presso gli uffici del giudice di pace dove gli operatori dell'ufficio interdistrettuale possono ricevere il pubblico, senza costringere l'utenza a spostarsi in un'altra città.
  Il direttore dell'ufficio di Venezia sta attivando le procedure necessarie per giungere al rinnovo dell'accordo con il tribunale di Belluno che scadrà alla fine dell'anno, con l'intento di aumentare la fruibilità degli spazi messi a disposizione e degli orari di ricevimento del pubblico.
  Questo dipartimento, in attuazione della direttiva del Ministro della giustizia per l'anno 2020, si è dato come obiettivo, per il prossimo triennio, quello di aprire sportelli informativi e di prossimità presso tutti i tribunali e ovunque ciò sia possibile, per agevolare in ogni modo i procedimenti di messa alla prova e di ammissione alle misure alternative e facilitare i rapporti con il pubblico.
  Anche la situazione del territorio di Belluno è all'attenzione e a tal proposito verrà fornito ogni utile supporto alla direzione dell'ufficio di Venezia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i carabinieri, fin dal 1814, svolgono i propri compiti in modo assolutamente impeccabile, non solo a tutela della sicurezza dei cittadini, ma anche a difesa delle istituzioni e della Patria e la loro costante azione ha determinato anche un alto tributo in termini di vite umane, senza che ciò determinasse, di contro, un arretramento della loro attività;

   tra le varie peculiarità dell'Arma dei Carabinieri, vi è certamente quella del radicamento nel territorio, anche nelle aree più periferiche e montane, e, per questo, gli stessi rappresentano la migliore risposta contro lo spopolamento dei territori in questione, dai quali, peraltro, molte altre istituzioni pubbliche fuggono;

   il medesimo discorso vale, per tutte le forze dell'ordine, dalla polizia di Stato alla Guardia di finanza, dalla polizia locale ai vigili del fuoco, nonché alla polizia penitenziaria, le quali, unitariamente e quotidianamente, difendono e operano per la sicurezza di tutti i cittadini;

   tutti i rappresentanti delle istituzioni, in primis quelli degli enti locali, dovrebbero manifestare, nei loro confronti, sentimenti di gratitudine e collaborazione, mentre, recentemente, la maggioranza che guida il comune di Montale, in provincia di Pistoia, ha bocciato una mozione con la quale si proponeva l'intitolazione di uno spazio pubblico, alla memoria dei caduti delle forze dell'ordine;

   pur nella legittimità e libertà dei voti espressi da ogni singolo consigliere comunale, appare assolutamente ingiustificata la bocciatura della suindicata mozione e, da quel che risulta, un componente della giunta comunale del comune in questione avrebbe giustificato il voto contrario della maggioranza, con la seguente motivazione: No no, le forze dell'ordine non mi ispirano, sono fascisti;

   qualora confermata, tale affermazione, carica di ideologia e per l'interrogante assolutamente incivile, oltre che inesatta, risulta altamente lesiva della reputazione delle nostre forze dell'ordine, per lo più se proveniente da un rappresentante delle istituzioni comunali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di difendere l'onore e il prestigio delle nostre forze dell'ordine.
(4-04553)

  Risposta. — Con riferimento alla questione segnalata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia quanto segue.
  Il 21 gennaio 2020, il Consiglio comunale di Montale (PT) non ha approvato la proposta, avanzata da un gruppo consiliare, di intitolare una via ai caduti delle forze dell'ordine.
  L'assessore alla pubblica istruzione e cultura, nel corso di una conversazione «fuori campo
», registrata durante una pausa della predetta seduta del consiglio comunale, ha espresso l'opinione richiamata nel testo dell'interrogazione.
  Tale episodio è stato stigmatizzato sugli organi locali di stampa e sui
social network.
  Il 24 gennaio 2020, il sindaco del comune di Montale ha trasmesso una lettera alla prefettura, alla questura, al comando provinciale dei Carabinieri di Pistoia e alla stazione dei Carabinieri di Montale, attestante, tra l'altro, «la profonda stima e la riconoscenza nei servitori dello Stato, che con professionalità e dedizione svolgono delicati ruoli di controllo sul territorio, per la sicurezza della cittadinanza», dando atto, altresì, delle scuse formali del predetto assessore.
  A seguito della conseguente rilevanza mediatica scaturita, l'assessore in questione ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica, le quali sono state accettate dal sindaco.
  Si soggiunge che dalle informazioni assunte dalla prefettura di Pistoia, risulta che la mozione sarebbe stata respinta a causa dell'attuale assenza di nuove strade prive di toponimo e prima delle affermazioni dell'assessore.
  Il sindaco del comune di Montale, in un recente incontro svoltosi con il prefetto di Pistoia, ha reso noto che, prossimamente, uno spazio comunale, adibito a verde pubblico, sarà intitolato ai caduti delle forze dell'ordine.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   DEL SESTO, PARENTELA, GRIPPA, MAGLIONE, CILLIS, IORIO e CADEDDU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 30 ottobre 2019, una falla nei sistemi di controllo e di sicurezza ha consentito l'accesso non autorizzato nella reggia di Caserta a un individuo, che, con la propria auto, ha percorso indisturbato i viali del parco, giungendo fino alla Fontana di Venere e Adone e riuscendo anche a tuffarsi nella sua vasca;

   il real sito, che figura tra i maggiori attrattori culturali nazionali, dichiarato patrimonio mondiale dell'Unesco nel 1997, richiama ogni anno circa un milione di visitatori e già più volte in passato ha palesato le sue gravi carenze nei controlli di sicurezza e nei sistemi di videosorveglianza, connesse pure alla cronica carenza di personale;

   l'individuo, non estraneo a simili azioni dimostrative avendone già compiuta in passato una a Roma, alla fontana di Trevi, ha addirittura documentato il suo gesto con una diretta video sul social network Instagram;

   il suo deprecabile comportamento avrebbe potuto mettere a repentaglio non solo la conservazione del complesso scultoreo settecentesco che adorna la fontana ma, innanzitutto, la pubblica incolumità;

   nonostante il clamore mediatico, la direzione della Reggia ha stigmatizzato l'accaduto soltanto molte ore dopo, nel corso della giornata successiva;

   con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 29 settembre 2017, n. 429 (Decreto di approvazione «Fondi rinvenienti 2007-2013» - annualità 2017) la reggia di Caserta è beneficiaria di un finanziamento di 7 milioni di euro per un intervento di «Restauro e valorizzazione del Parco della Reggia di Caserta», che dovrebbe prevedere anche il miglioramento dei sistemi di sicurezza;

   da ultimo, la reggia di Caserta, con il decreto del Ministro per beni e le attività culturali 4 giugno 2019, n. 265 (decreto di approvazione della programmazione finanziata ai sensi dell'articolo 1, commi 9 e 10, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - legge di stabilità 2015 - annualità 2019 e 2020), risulta beneficiaria di uno specifico finanziamento di euro 400 mila per un «Intervento finalizzato al miglioramento dei livelli di protezione del patrimonio e dei visitatori dal rischio antropico con estensione dell'impianto di videosorveglianza ed adeguamento del guardaroba» –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per far chiarezza sull'accaduto e per facilitare l'assegnazione dei fondi sopra indicati, al fine di innalzare con tempestività il livello di sicurezza per l'accesso al sito, considerata la sensibilità del luogo, sia dal punto di vista storico-artistico, sia in quanto meta di un così alto numero di visitatori.
(4-04029)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al miglioramento dei servizi di sicurezza della Reggia di Caserta.
  Sulla base degli elementi forniti dalla direzione dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
  Il settecentesco complesso vanvitelliano della Reggia di Caserta, la più grande residenza reale d'Europa, è costituito dall'imponente Palazzo reale caratterizzato da una superficie di circa 61.000 metri quadri distribuita su 5 piani fuori terra e due seminterrati, il pregevole parco storico di 123 ettari che si articola in realtà diverse come il bosco vecchio d'origine rinascimentale, il giardino all'italiana con il sistema di architettura verde e l'originale via d'acqua articolata nei ripido sistema di cascate iniziali e molteplici fontane per circa 4 chilometri di percorso ed un dislivello di 120 metri e il giardino inglese, tra le prime realizzazioni italiane.
  Nel parco insistono 17 immobili molti dei quali in attesa di recupero e adeguamento funzionale, altri di restauro conservativo. L'istituto museale comprende inoltre l'acquedotto carolino: un'infrastruttura ingegneristica che corre per circa territori amministrativi diversi.
  La straordinarietà dell'insieme è inoltre resa più complessa nella gestione del palazzo e di immobili del parco, che associano la funzione prettamente museale, con la compresenza di destinazioni d'ufficio e alloggio privato in ambienti in concessione demaniali a enti diversi - Scuola nazionale di alta formazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, Aeronautica militare, soprintendenza Abap di Caserta e Benevento, Archivio di Stato, carabinieri ROS, Nas ex Ente provinciale turismo, Polizia di Stato).
  Una difficile realtà che nello svolgere la funzione d'istituto culturale aperto al pubblico, e al servizio della società, combina le necessità manutentive di una piccola città alle esigenze regolamentali peculiari di una convivenza condominiale, particolarmente pressanti dal punto di vista della sicurezza dell'eterogeneo patrimonio culturale custodito dal museo e delle persone, siano esse personale degli enti, utenti dei servizi o gli oltre 800.000 visitatori annui.
  Nel pomeriggio del 30 ottobre 2019 dall'ufficio, comunicazione della Reggia di Caserta la direzione ha appreso la notizia di un video apparso in Instagram nel quale veniva ripresa l'esibizione di un folle che faceva il bagno nella fontana di Venere e Adone della Reggia di Caserta. Il video risultava postato da Paolo Sforza intorno alle 15.00 dello stesso giorno.
  La direzione ha ritenuto opportuno verificare lo stato reale delle cose prima di dichiarazioni alla stampa che avrebbero contribuito ulteriormente all'evidente ricerca di esposizione mediatica del personaggio.
  La prima valutazione del filmato pubblicato, dal quale risulta il transito lungo il viale centrale, seguito da un assurdo bagno nella terzultima fontana del parco, ha fatto porre l'attenzione sulle postazioni di custodia del parco in relazione ai turni di vigilanza. Al fine di accertare la dinamica effettiva della vicenda nei modi e dei tempi, l'ufficio competente ha proceduto al recupero delle registrazioni delle telecamere presenti sulla facciata nord del parco. Uniche postazioni nell'area a parco che possono concorrere alla ricostruzione della vicenda, non essendo presente videosorveglianza all'accesso di via Gasparri.
  Dalle immagini risulta che l'auto (Mercedes targa FM 179KC) abbia transitato all'interno del parco nel viale adiacente la facciata alle ore 13,14 in ingresso e 13,50 in uscita.
  Le postazioni di vigilanza coinvolte dal tracciato percorso dall'auto sono:
  CAP accesso dell'autoparco di via Gasparri;
  27 Ponte Ercole;
  28 Ponte Sala;
  29 Bagno di Diana;
  30 Giardino inglese.

  Per la verifica delle responsabilità sono state quindi rilevate, dal foglio firme e dalle marcature Europa web (sistema informatico di rilevazione delle presenze), le turnazioni del personale AFAV (assistente alla fruizione, assistenza e vigilanza) alle postazioni.
  L'autore dell'intervento, Paolo Sforza residente a Caserta, nelle interviste rilasciate, sembra affermare che l'intrusione sia avvenuta intorno alle 10.30/11.00 dall'accesso di via Gasparri dove lo stesso è transitato, a suo dire, facendo un semplice gesto con la mano al personale presente alla garitta dell'autoparco, proseguendo poi nel parco per il tuffo alla fontana.
  In realtà le telecamere, l'orologio del cruscotto presente nel video, la testimonianza dell'Afav alla postazione 29 che ha relazionato di aver visto la macchina in questione, confermano un orario che va dalle 13.14 alle 13.50.
  Nell'analizzare l'assemblaggio dei diversi spezzoni di ripresa del filmato postato, il soggetto, con la propria auto, ha percorso il viale centrale che collega in 3,5 chilometri le due estremità del parco: dalla facciata, come risulta dalle telecamere, alla fontana di Diana e Atteone nelle vicinanze del ristorantino dove l'auto è stata notata dall'Afav presente alla postazione 29.
  A seguito dell'accaduto la direzione è stata in stretto contatto con il comandante dei carabinieri di Caserta il maggiore Andrea Cinus.
  I carabinieri hanno proceduto con una denuncia ai sensi dell'articolo 639 del Codice penale. Il fascicolo è stato aperto alla procura di Santa Maria Capua Vetere seguito dalla dottoressa Gaudino. In questa fase sono state raccolte le diverse informazioni e documentazioni da fornire ai carabinieri. Il 5 novembre, come concordato con il comandante Cinus, il maresciallo maggiore Coppola ha raccolto la denuncia querela della direzione nei confronti di Paolo Sforza.

  Gli elementi di vulnerabilità del complesso della Reggia di Caserta.

  Il complesso della Reggia di Caserta ha 25 accessi di cui nell'ordinarietà:1 aperto al pubblico abbonato;2 aperti al pubblico dei visitatori con acquisto biglietto e del personale delle istituzioni presenti nel complesso, l'accesso carrabile aperto al personale e utenti degli uffici, auto dirette all'autoparco o autorizzate per sopralluoghi o allestimenti e lavori al parco, 1 accesso carrabile per i dipendenti della Reggia consentito esclusivamente prima dell'apertura e dopo la chiusura del complesso (data la particolare inaccessibilità della Reggia per alcune porzioni del territorio), 2 accessi aperti al pubblico il sabato e la domenica. La videosorveglianza è presente solo nell'accesso consentito esclusivamente ai dipendenti fuori dall'orario di apertura del museo. Non sono più funzionanti da anni i cancelli e le barriere elettrificate. Non vi è alcun controllo registrato degli accessi. Questo aspetto si lega anche alla totale assenza di registrazione in uscita del pubblico ordinario, in entrata ed uscita degli abbonati, con problematiche da non sottovalutare per la gestione in sicurezza del complesso.
  Si segnala inoltre una promiscuità pedonale tra l'autoparco della Reggia di Caserta e il parcheggio della questura al quale si accede da un cancello aperto ad orari diversi da quelli della Reggia di Caserta.
  A fronte dell'ampissima estensione del parco e per venire incontro al fabbisogno riconosciuto a suo tempo dal Ministero di 221 unità del personale Afav, è stato bandito un concorso per l'area vigilanza. Le procedure sono state interrotte per il sopravvenire dell'emergenza Covid-19. Si confida in una ripresa tempestiva. Oltre la questione numerica non va sottovalutata la necessità di rivedere a livello di profili professionali la figura del personale Afav nel quale è evidente la necessità di un ripensamento in futuro per una distinzione tra l'attività di vigilanza e quella di accoglienza. A tal proposito inoltre sono previsti dei corsi di formazione e aggiornamento per il personale Afav.
  Sono in corso le necessarie procedure di riorganizzazione degli orari di servizio del personale Afav approvati a giugno a seguito dell'urgenza dell'introduzione del sistema di gestione del personale del Ministero denominato Europa web. Inoltre sarà rivolta particolare attenzione alla formazione e all'impiego di personale qualificato anche nelle attività di sorveglianza.
  Per i finanziamenti citati dall'interrogazione si precisa che:

   Fondi rinvenienti programmazione 2007-2013 (Decreto ministeriale Rep. n. 429 del 29 settembre 2017) Restauro e valorizzazione del parco della Reggia di Caserta importo di 7.000.0000, che non affronta il tema della sicurezza poiché è dedicato a dare l'urgente risposta alle esigenze di conoscenza della complessa realtà del parco con un rilevamento integrato, il monitoraggio e definizione del necessario sistema informativo territoriale per poi procedere con interventi di restauro puntuale focalizzando l'attenzione alla via d'acqua e alla conservazione degli elementi architettonici, scultorei e di verde che la caratterizzano.

   Decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 4 giugno 2019 n. 265, con il quale la Reggia risulta beneficiaria di uno specifico finanziamento di 400 mila euro per «Intervento finalizzato al miglioramento dei livelli di protezione del patrimonio e dei visitatori dal rischio antropico con estensione dell'impianto di videosorveglianza ed adeguamento del guardaroba» è stato accertato dall'Ufficio bilancio il 20 agosto 2019.
   L'ipotesi iniziale a cura degli uffici circa l'intervento, rivolto esclusivamente all'implementazione del sistema di videosorveglianza degli appartamenti storici, è in fase di rivisitazione per le situazioni di criticità che la direzione ha segnalato come prioritarie per la tutela del complesso, in particolare proprio gli accessi. Nello specifico via Gasparri: privo di qualsiasi sistema di controllo; il cancello a chiusura elettrificata del parco rispetto all'autoparco bloccato, sembra, da anni; i tre cancelli della facciata est la cui difficoltà di apertura rende necessaria la verifica di stabilità e la manutenzione straordinaria dei cardini settecenteschi che a memoria d'uomo non risulta mai essere stata effettuata. È inoltre in fase di valutazione un sistema di controllo dell'accesso di Ercole per la sicurezza e l'ottimale gestione del servizio di vigilanza a causa della progressiva riduzione del personale.
   L'intervento di prossima realizzazione verrà quindi suddiviso in tre interventi:

   implementazione sistema di videosorveglianza degli appartamenti storici con la sostituzione dei sistemi obsoleti e l'ampliamento del numero di postazioni;

   riadeguamento funzionale dell'accesso di via Gasparri, del cancello del parco lato est, dell'accesso di ponte d'Ercole;

   manutenzione straordinaria dei cancelli di accesso della facciata principale del palazzo reale.

  La direzione fin dall'insediamento ha fatto una ricognizione delle numerose e pressanti problematiche di sicurezza. Si puntualizzano in questa sede solo esclusivamente le questioni legate alla protezione anticrimine tralasciando di descrivere situazioni di sicurezza più generale e molto gravi della quale la direzione si sta occupando.
  Si è segnalata a fine luglio 2019 alla questura l'urgenza di una recinzione tra l'autoparco della Reggia e l'area di parcheggio in concessione alla questura, nel frattempo si è provveduto a chiudere temporaneamente il passaggio pedonale tra i due parcheggi, varco da tempo noto per essere utilizzato da visitatori privi di biglietto ed abusivi. Grazie alla disponibilità della prefettura in sede di commissione per la sicurezza sono state programmate attività di controllo della Reggia di tutte le forze dell'ordine. Ciò ha portato da ottobre alla scomparsa del riprovevole fenomeno degli abusivi all'interno del complesso museale.
  Si è chiesta poi la modifica ad Europa web della flessibilità in accesso e uscita per avere una sovrapposizione di 20/30 minuti e consentire il corretto cambio consegne tra il personale. Si stanno inoltre predisponendo modifiche all'orario di apertura ed una revisione dei percorsi museali e delle postazioni di vigilanza per far fronte adeguatamente alla mancanza di personale.
  Verrà avviato come intervento immediato uno stralcio del progetto ipotizzato per la messa in sicurezza dei 25 accessi del complesso della Reggia di Caserta. In particolare, con il ripristino di una barra ad apertura controllata integrato da sistema
badge per l'accesso tracciato delle auto autorizzate sia in entrata che in uscita, posizionamento di due telecamere all'accesso dell'autoparco. L'approvazione nelle scorse settimane della variazione di bilancio ha consentito di avere le somme per questa tipologia di lavori, si è già predisposto un primo intervento di circa 40 mila euro per questo primo stralcio.
  È di prossima emanazione l'ordine di servizio per una procedura puntuale di sicurezza affidata al personale di vigilanza. Seguirà l'ordine di servizio dove verranno date precise
policy ad ogni singola postazione di vigilanza. Entro i prossimi 3 mesi vi è inoltre la previsione di un corso di aggiornamento dedicato.
  Ai fini della sicurezza del parco è stata presentata al Ministero degli interni una scheda progetto. È pervenuta la prima settimana di novembre la comunicazione con l'assegnazione di 7 milioni di euro per la realizzazione di un sistema di
security a tecnologia avanzatissima. Il progetto, che si lega tra l'altro alla previsione diretta all'internalizzazione della biglietteria e la previsione della gestione del flussi dei visitatori, affronta finalmente il tema della sicurezza in una logica integrata, Questa settimana si è proceduto con la nomina del responsabile scientifico del progetto e responsabile del procedimento.
  Si ha l'obiettivo di realizzare l'intervento entro 18 mesi.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la drammatica situazione in cui il Paese sta vivendo a seguito del diffondersi dell'epidemia da Covid-19 e della conseguente normativa emergenziale in vigore e della sua pratica applicazione, unitamente all'adempimento degli obblighi di distanziamento sociale, ha inevitabilmente comportato una drastica riduzione dell'attività professionale anche per l'avvocatura;

   in tale contesto, gli avvocati debbono sostenere i costi fissi relativi ai rispettivi uffici, vedendo sensibilmente diminuiti, se non azzerati gli incassi e, nella maggior parte dei casi, ridotte ai minimi termini attività dai cui possano derivare introiti futuri;

   le disposizioni normative finalizzate ad alleviare l'impatto economico della pandemia su tutto il territorio nazionale, sia in termini di alleggerimento dei costi che di interventi di sostegno al reddito e della liquidità, hanno un impatto modesto e limitato sui professionisti iscritti ai vari Ordini; tra quest'ultimi, in molti attendono da tempo, e in alcuni casi anche da anni, il pagamento degli onorari liquidati dai giudici in virtù di fatture emesse anche in periodi di imposta precedenti al corrente anno e relative a compensi liquidati a seguito di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, difese di ufficio o incarichi del giudice, quali ad esempio tutele e curatele dell'inabilitato o del minore, amministrazioni di sostegno, curatele fallimentari, attività dei professionisti delegati; per altri, non è ancora stato emesso il provvedimento di liquidazione da parte dal giudice procedente, che risulta pertanto tuttora pendente;

   proprio alla luce di ciò risulta di manifesta importanza offrire un tempestivo riscontro economico all'attività svolta dai difensori a favore dell'erario, o comunque su incarichi giudiziari, peraltro in virtù di crediti maturati in epoche, a volte, ampiamente antecedenti al verificarsi dell'attuale stato di emergenza;

   per quanto risulta all'interrogante, il Ministero sarebbe in questo periodo pronto a erogare quanto stanziato, come attestato da provvedimenti di alcuni presidenti di uffici giudiziari, che hanno invitato i magistrati a emanare i decreti di liquidazione di loro competenza e al personale delle cancellerie di dare priorità all'emissione dei nuovi ordini di pagamento –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare affinché si dia corso all'evasione delle istanze di liquidazione già depositate in tutti i procedimenti ovvero si ponga in essere ogni attività necessaria per provvedere al pagamento dei compensi liquidati.
(4-05069)

  Risposta. — Con riferimento alle preoccupazioni paventate dall'interrogante deve rappresentarsi che con il disegno di legge n. 1889, presentato il 5 giugno 2019 e recante «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di liquidazione dei compensi degli avvocati e di accelerazione del loro pagamento», si è inteso introdurre una più rapida procedura di pagamento delle competenze dovute all'avvocato che ha espletato la propria attività professionale in favore della parte non abbiente.
  A tal fine, tra gli elementi di novità che la proposta intende introdurre, si segnala, in particolare, la possibilità di trasmettere l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, tramite posta elettronica certificata (Pec) o piattaforma elettronica, l'adozione di una tabella nazionale di liquidazione standardizzata dei compensi degli avvocati e la liquidazione del compenso e delle spese, tra gli altri, del difensore al termine di ciascuna fase del procedimento o del grado del processo e, comunque, all'atto di cessazione dell'incarico da parte dell'autorità giudiziaria che ha proceduto, anche in assenza di specifica richiesta del professionista: qualora il provvedimento di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato sia intervenuto successivamente al passaggio in giudicato del provvedimento adottato, è previsto che il difensore della parte beneficiaria possa depositare, entro sessanta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento di ammissione, avanti al giudice titolare del giudizio, un'istanza di liquidazione dei propri compensi ed il giudice debba provvedere entro quarantacinque giorni.
  Sempre in un'ottica acceleratoria, la normativa prevede, altresì, che, in caso di inerzia del magistrato competente alla liquidazione dei compensi, la relativa competenza passi al capo dell'ufficio giudiziario e che il Ministro della giustizia sia tenuto a procedere al pagamento dei compensi, tra gli altri, dei difensori che hanno prestato la loro professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, in via prioritaria rispetto agli eventuali creditori, così come individuati nello stato di previsione del competente dicastero e non oltre il termine di sessanta giorni dalla ricezione del decreto di liquidazione del magistrato competente, nonché che, anche ove il giudice intendesse attivare un'istruttoria sulla sussistenza dei presupposti per l'ammissione al gratuito patrocinio per i non abbienti, si debba comunque procedere alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l'attività espletate in favore dei non abbienti.
  La proposta normativa intende, inoltre, eliminare la disposizione che consente al magistrato di congelare la liquidazione dei compensi del difensore fino all'esito degli accertamenti disposi tramite Guardia di finanza, nonché introdurre la facoltà del difensore di depositare, contestualmente all'istanza di pagamento tutta la documentazione necessaria a consentire al magistrato di verificare la sussistenza dei presupposti per procedere al pagamento.
  Con riferimento alla normativa conseguente al periodo di emergenza Covid-19, si segnala, infine, che non risultano siano state approvate in sede di commissione le proposte emendative al decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 volte ad accelerare e rendere effettivo il pagamento dei compensi agli avvocati, nonché agevolare da parte dei predetti professionisti il pagamento di contributi, tasse ed imposte e contenerne le spese relative alla loro attività.
  Contestualmente alle iniziative normative appena evidenziate giova precisare che il Ministero, nella qualità di operatore primario di spesa, sulla base delle richieste formulate dai funzionari delegati individuati presso gli uffici giudiziari (in servizio presso gli uffici distrettuali e presso alcuni degli uffici di primo grado di maggiori dimensioni), provvede ad assegnare agli stessi, con cadenza quadrimestrale, le somme necessarie per far fronte al fabbisogno dell'amministrazione sul territorio, mediante ordini di accreditamento, compatibilmente con le risorse stanziate nella legge di bilancio per ciascun esercizio finanziario. Una volta ricevuta l'apertura di credito, i funzionari delegati, nella qualità di ordinatori secondari di spesa, provvederanno a emettere gli ordini di pagamento agli aventi diritto.
  Le spese di giustizia vengono pagate tramite funzionari delegati individuati presso uffici distrettuali. Ciò comporta che la documentazione di spesa necessaria per il pagamento deve essere trasferita dagli uffici del circondario a quelli distrettuali, con conseguente allungamento dei tempi di pagamento. In tale contesto ordinamentale, dunque, i tempi di pagamento dei compensi in esame dipendono sia dalla capacità dei singoli funzionari delegati di far fronte al carico di lavoro dei rispettivi uffici sia dalla sinergia organizzativa in atto nel distretto. Occorre, tuttavia, segnalare, che per l'amministrazione giudiziaria, nel suo complesso, risulta una significativa situazione di criticità in materia, dovuta al numero di pagamenti da effettuare rispetto al personale addetto a compiti amministrativo-contabili.
  Al Ministero della giustizia, e all'amministrazione giudiziaria in particolare, pervengono un numero di fatture (ampiamente oltre il milione) superiore a quelle di tutte le altre amministrazioni centrali complessivamente considerate, a cui vanno aggiunti tutti i pagamenti senza fattura, che per l'amministrazione giudiziaria sono in numero considerevole a causa dei vari pagamenti per spese di giustizia a soggetti privi di partita Iva o non aventi natura commerciale. Pertanto, una delle circostanze che rallenta i pagamenti delle spese di giustizia è la loro estrema parcellizzazione, essendo costituite da un elevatissimo numero di liquidazioni di anche modesto importo in favore di svariati soggetti (periti, avvocati, società di intercettazione, testimoni, giudici popolari, custodi, ecc.), il che costringe ad effettuare altrettanti pagamenti (nell'ordine di migliaia per ciascun ufficio) da parte degli uffici dei funzionari delegati alle spese di giustizia.
  Altro fenomeno che si ripercuote negativamente sui tempi di pagamento, non meno importante e in alcuni casi determinante, è la circostanza che, negli ultimi anni, si è costantemente rilevata l'insufficienza dello stanziamento di bilancio a coprire interamente i fabbisogni di spesa degli uffici giudiziari, con la conseguenza che le richieste in conto competenza formulate dagli stessi non vengono quasi mai evase per la loro interezza e ciò comporta l'inevitabile formazione di debiti in conto residui da ripianare secondo rigidi adempimenti amministrativo-contabili che richiedono un iter istituzionale lungo anche parecchi mesi.
  Per evitare la formazione di debiti per prestazioni già rese, occorrerebbe adeguare la dotazione di bilancio del capitolo 1360 alle esigenze di spesa richieste dagli uffici giudiziari. Osservando i soli dati dell'anno 2019 del capitolo 1360, a fronte di uno stanziamento definitivo pari ad euro 566.868.876, è stata sostenuta una spesa di circa 635 milioni di euro (in via di accertamento definitivo). Dalla gestione finanziaria dell'anno 2019 sono dunque emerse situazioni debitorie fuori bilancio per circa 68 milioni di euro (in via di accertamento definitivo).
  I dati in possesso evidenziano una spesa in costante aumento, essenzialmente imputabile ai costi crescenti della spesa per i difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, che negli ultimi anni è passata dai 178 milioni di euro circa dell'anno 2012 ai 215 milioni circa dell'anno 2015, ai 271 milioni circa dell'anno 2016, ai 323 milioni circa dell'anno 2017, fino ai 366 milioni circa dell'anno 2018 e ai 395 milioni circa dell'anno 2019 (consuntivo di spesa al 24 febbraio 2020, in via di accertamento definitivo).
  Tanto premesso, in merito alla gestione dei fondi in conto competenza sul capitolo 1360 si riportano i seguenti dati di interesse:

   in data 13 febbraio 2020 si è provveduto a emettere, in favore di tutti gli uffici giudiziari, ordini di accreditamento (disposti anche d'ufficio per gli uffici che non hanno inviato in tempo utile la richiesta di fabbisogno) per complessivi euro 223.844.000 a valere sul I quadrimestre 2020.

   in data 5 marzo 2020 si è provveduto ad accreditare, agli uffici che ne hanno fatto richiesta entro la scadenza del 7 febbraio 2020, un primo acconto per il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2019 per complessivi euro 41.891.063. Il debito che, ad oggi, risulta ancora da ripianare, pari a circa 68 milioni di euro e in via di accertamento definitivo (considerato che molti uffici richiedono i fondi in conto residui anche oltre la scadenza indicata nelle circolari del Ministero), verrà evaso nei prossimi mesi in parte con le risorse attese dal Fondo unico giustizia e in parte con la richiesta dei fondi in ottemperanza alla legislazione vigente in materia di contabilità pubblica;

   per quanto riguarda, invece, il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2018, ad oggi, pari a circa 30 milioni di euro e in via di accertamento definitivo, si provvederà ad emettere ordini di accreditamento in tempi brevi agli uffici che ne hanno fatto richiesta, stante la definizione dell'iter di variazione compensativa in aumento di sola cassa richiesto con decreto a firma del Ministro e a favore del piano gestionale 12 del capitolo 1360, a fronte di decreti d'impegno per spesa delegata da utilizzare in conto residui per l'anno 2018, secondo la novellata disciplina prevista dalla legge n. 196 del 2009. Infine, preme evidenziare che il Ministero attraverso le articolazioni competenti ha sempre fornito ogni indicazione operativa e organizzativa utile a velocizzare lo svolgimento dell'attività di liquidazione in esame.

  Ha monitorato il procedimento di liquidazione, prestando particolare attenzione ai tempi e alle modalità operative seguite dagli uffici giudiziari, nonché fornendo agli uffici i necessari chiarimenti in ordine all'interpretazione e successiva applicazione delle norme del citato testo unico sulle spese di giustizia in tema di patrocinio a spese dello Stato attraverso linee guida e circolari.
  Quanto appena evidenziato costituisce prova tangibile della forte sensibilità del Ministero al problema che, da ogni punto di possibile intervento, si sta cercando di risolvere.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, DEIDDA, LUCA DE CARLO, BIGNAMI, ROTELLI, DONZELLI, OSNATO, BUTTI, PRISCO, VARCHI, CIABURRO e LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emergenza coronavirus e in virtù anche dell'emergenza coronavirus, molti detenuti condannati per delitti ostativi di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 hanno ottenuto il differimento dell'esecuzione delle pena e/o comunque misure alternative alla detenzione in carcere;

   molti detenuti in regime di 41-bis hanno ottenuto il differimento della esecuzione della pena e/o comunque misure alternative alla detenzione in carcere –:

   quale sia il numero dei detenuti in regime di 41-bis alla data del 17 marzo 2020 e il numero dei detenuti, sempre in regime di 41-bis, che hanno ottenuto il differimento della pena e/o altre misure alternative detenzione in carcere alla data odierna;

   quale sia il numero dei detenuti per reati ostativi ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 in data 17 marzo 2020 e il numero dei detenuti, sempre per reati di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, che hanno ottenuto differimenti della pena e/o misure alternative alla detenzione alla data odierna;

   quale sia il numero dei detenuti per reati non ostativi ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 alla data del 17 marzo 2020 e il numero dei detenuti, nelle predette condizioni, che hanno ottenuto la misura alternativa alla detenzione di cui all'articolo 123 del decreto-legge «Cura Italia» alla data odierna.
(4-05460)

  Risposta. — In relazione alla richiesta di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Alla data del 17 marzo 2020, risultavano presenti 753 detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975.
  A seguito dell'emergenza sanitaria scaturita dalla diffusione del COVID-19, alla data del 21 maggio 2020, 4 di questi hanno ottenuto il differimento pena o altre misure alternative alla detenzione.
  In data 19 maggio 2020, uno dei quattro detenuti ammessi alle suddette misure è stato riassociato in istituto, a seguito della revoca del differimento dell'esecuzione della pena, disposta con ordinanza del magistrato di sorveglianza di Milano, su iniziativa del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria assunta ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29.
  Il medesimo detenuto è stato assegnato presso la casa circondariale di Roma «Rebibbia» con successivo ricovero ospedaliero presso la struttura protetta dell'ospedale «Sandro Pertini» di Roma; sempre in data 19 maggio 2020 il Ministro della giustizia ha nuovamente applicato nei suoi confronti il regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario.
  Alla data del 17 marzo 2020, risultavano presenti 9.582 detenuti ascritti al circuito alta sicurezza.
  Alla data del 21 maggio 2020, 256 di questi avevano ottenuto il differimento della pena o altre misure alternative alla detenzione, sempre per ragioni connesse all'emergenza sanitaria scaturita dalla diffusione del COVID-19.
  Alla data del 17 marzo 2020, risultavano presenti 48.807 detenuti ascritti al circuito media sicurezza.
  Alla data del 21 maggio 2020, 609 di questi, con fine pena compresa tra i 6 e i 18 mesi, erano stati ammessi alla detenzione domiciliare con l'applicazione del braccialetto elettronico, ai sensi dell'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DI MURO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Imperia è una zona isolata, sia dal punto di vista geografico che dei collegamenti, specie per quanto riguarda la possibilità di ricevere rinforzi tempestivi e congrui in caso di necessità di interventi di soccorso urgenti per calamità o per incidenti che richiedano un supplemento di forze da impegnare;

   i dati statistici medi nazionali, tratti dal documento di statistica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per l'anno 2014, evidenziavano come l'attività operativa del comando di Imperia sia tra le più impegnative del territorio nazionale;

   le altre province del territorio nazionale, comprese quelle della Liguria stessa, per caratteristiche geografiche di viabilità e di distribuzione sul territorio delle sedi centrali e dei distaccamenti dei vigili del fuoco, possono ricevere un aiuto consistente da almeno due sedi centrali o da più distaccamenti in tempi non superiori ai 40 minuti, la provincia di Imperia, invece, non ha distaccamenti dei vigili del fuoco volontari ed i ripetuti tentativi di sensibilizzazione in tal senso, chiesti dal comando dei vigili del fuoco agli enti locali, non hanno portato a soluzioni percorribili per la costituzione di presidi almeno similari;

   nella provincia di Imperia, tuttavia, si rilevano interventi in costante aumento, anche dovuti al problema dell'afflusso, dello stazionamento e dell'insediamento di migranti, soprattutto nella zona di Ventimiglia, che verosimilmente interesserà la provincia anche per il prossimo futuro, nonché all'intensificarsi di allerte ed emergenze meteo e delle relative conseguenze di dissesto idrogeologico –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per potenziare l'attuale organico dei vigili del fuoco di Imperia e parimenti per rivedere la classificazione dei distaccamenti di Sanremo e di Ventimiglia, nonché destinare adeguati automezzi per l'espletamento delle attività dei vigili del fuoco su base provinciale.
(4-04159)

  Risposta. — In merito alla problematica evidenziata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia in primo luogo che gli incrementi della dotazione organica del personale con la qualifica di vigile del fuoco, quantitativamente e temporalmente definiti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, consentiranno di realizzare nel breve e medio termine un generale potenziamento su tutto il territorio nazionale del dispositivo di soccorso del corpo nazionale dei vigili del fuoco, il cui nuovo assetto è stato recentemente stabilito dal decreto del Ministro dell'interno del 2 dicembre 2019 e dal conseguente provvedimento del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco, datato 3 dicembre 2019.
  Con tali provvedimenti, l'organico teorico del comando dei vigili del fuoco di Imperia, è stato elevato da 172 a 185 unità, con un incremento del 7,56 per cento superiore al valore medio nazionale attestato al 5,8 per cento.
  Più in particolare, le dotazioni organiche dei personale operativo del comando dei vigili del fuoco di Imperia avranno un aumento di 5 unità nel ruolo dei capi squadra e dei capi reparto e di 8 unità nel ruolo dei vigili dei fuoco.
  In tale contesto, si è voluto anche potenziare il distaccamento di Sanremo, elevandolo dalla categoria SD4 a quella SD5, con conseguente aumento della dotazione organica da 46 a 58 unità, incrementandone nel contempo anche le capacità operative portando il dispositivo di soccorso da una squadra più un mezzo di appoggio, a due squadre più un mezzo di appoggio.
  Ulteriori possibilità di ottimizzazione del dispositivo di soccorso del comando di Imperia saranno valutate nell'ambito del prossimo aumento della dotazione organica del corpo, stabilito con la legge di bilancio 2020, pari a complessive 500 unità da realizzarsi nell'arco di un quinquennio.
  In merito all'attuazione dei predetti incrementi di organico occorre precisare come si siano registrati dei rallentamenti a causa dell'emergenza epidemiologica determinata dai virus COVID-19.
  Nello specifico, l'87° e l'88° corso di formazione degli allievi vigili del fuoco, avviati rispettivamente il 7 ottobre e il 23 dicembre 2019, non sono ancora terminati e pertanto non si è potuto procedere all'assegnazione del personale nel ruolo dei vigili del fuoco che originariamente era stata prevista per il mese di maggio 2020. In ogni caso, a breve, verrà avviata una riprogrammazione di tali assegnazioni.
  Analogamente, non è ancora terminato il corso per la promozione a capo squadra, con decorrenza 1o gennaio 2019.
  Per quanto riguarda la situazione dei mezzi in dotazione al comando dei vigili del fuoco di Imperia, si precisa che la loro età media è di 13 anni, al pari di quella che si registra a livello regionale.
  Il parco mezzi di soccorso del corpo nazionale ha effettivamente subito negli anni passati un progressivo invecchiamento dovuto ai tagli alla spesa pubblica. Il Ministero dell'interno ha avviato un piano pluriennale di rinnovo dei mezzi operativi con cui sta provvedendo all'implementazione dei mezzi e alla sostituzione dei più obsoleti. Nel corso del solo 2019 sono stati immessi in servizio 623 nuovi automezzi di soccorso di varia tipologia che saranno ulteriormente incrementati nel corso del corrente anno.
  Si assicura, pertanto, che ai più presto, grazie ai nuovi acquisti di mezzi già in programmazione, potrà essere utilmente tenuta in considerazione rassegnazione di nuovi mezzi alla direzione regionale Liguria per le esigenze rappresentate dal comando di Imperia.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   D'IPPOLITO e SAPIA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   un articolo de il «Il Fatto Quotidiano» del 13 giugno 2020 a firma di Lucio Musolino riporta la vicenda delle pesanti intimidazioni che la giornalista Rai Erika Crispo avrebbe subito a seguito di un servizio fatto per il Tgr Calabria sulla gestione di una struttura comunale di Rende, in provincia di Cosenza attualmente affidata alla società «Parco Acquatico 4.0», da parte di Antonio Vivacqua responsabile tecnico della suddetta società;

   a seguito dei filmati «andati in onda sul tg regionale e sui social» – cita l'articolo – «in cui il figlio di un assessore, in pieno “lockdown”, ha festeggiato indisturbato consumando un aperitivo a bordo piscina con la fidanzata» Erika Crispo è andata sul posto «per verificare le condizioni del Parco Acquatico» accompagnata dal responsabile tecnico Vivacqua, riscontrando anomalie di gestione, mancanza di licenze, «oltre ai dipendenti e i fornitori non pagati da mesi». Il servizio si chiude «con l'intervista al sindaco di Rende Marcello Manna che, però alle domande della Crispo risponde solo con un generico “Stiamo facendo delle verifiche. È stato sollecitato l'amministratore”»;

   subito dopo la messa in onda del servizio sul Tgr Rai della Calabria «la giornalista è stata raggiunta telefonicamente da Vivacqua che l'ha minacciata di morte: “Io ti sbudello tutta Erika. Io ti vengo a prendere a casa. Ti distruggo. Ti vengo a distruggere casa” e ancora: “Non hai capito con chi hai a che fare. Ti distruggo Elena. Erika ti distruggo ... hai rovinato l'amicizia anche con Tonino”» ed altre espressioni di questo tipo riportate nell'audio incorporato nel citato articolo;

   a seguito di queste pesanti minacce – secondo l'articolista – «Crispo ha sporto denuncia ai carabinieri e la Procura di Cosenza ha avviato le indagini»; la giornalista ha ricevuto inoltre la solidarietà dell'Usigrai, del sindacato giornalisti della Calabria, dell'unione cronisti regionale e della ex Ministra Fedeli –:

   quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per garantire l'incolumità e la sicurezza personale della giornalista Crispo.
(4-06071)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  Il 18 giugno 2020 si è tenuta presso prefettura di Cosenza, in modalità videoconferenza, una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia nel corso della quale è stata, tra l'altro, esaminata la situazione della sicurezza personale della giornalista Erika Crispo della redazione del Tgr Calabria, destinataria di una telefonata minatoria da parte del responsabile tecnico della struttura sportiva «Parco Acquatico» di Rende, dove, la stessa si era recata per un servizio giornalistico.
  Nella suddetta riunione è stata ratificata una misura di protezione nei confronti della giornalista, che risulta essere stata attivata nell'immediato.
  Più in generale, con riferimento al fenomeno delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti, si evidenzia che, con decreto del Ministro dell'interno, datato 21 novembre 2017, è stato istituito presso il Ministero dell'interno il «Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sui fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti».
  Il suddetto centro di coordinamento, attraverso il potenziamento degli strumenti di monitoraggio e lo scambio di informazioni tra i diversi soggetti interessati, promuove approfondimenti ed analisi sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti e formula proposte finalizzate alla individuazione di mirate strategie di prevenzione e contrasto.
  In seguito, con decreto del Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, datato 10 settembre 2018, è stato costituito l'Organismo permanente di supporto al citato centro di coordinamento, quale sede privilegiata di confronto tra referenti del mondo dell'informazione e rappresentanti delle articolazioni dipartimentali competenti
ratione materiae, al fine di individuare a livello operativo gli interventi più idonei rispetto alle criticità contestuali.
  L'organismo in questione:
  effettua un costante monitoraggio del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti del giornalisti anche mediante l'analisi dei dati forniti dalle articolazioni territoriali delle: strutture che lo compongono;
  propone al centro di coordinamento iniziative e strategie di prevenzione, e contrasto di livello strategico ed elabora strumenti di intervento operativo, tenuto conto delle valutazioni elaborate con riferimento ai diversi contesti territoriali;
  riferisce periodicamente al centro di coordinamento sull'andamento del fenomeno in esame e sugli sviluppi delle iniziative in corso.
  Nell'ambito dei lavori dell'organismo permanente in questione, è emersa l'esigenza di promuovere e valorizzare l'impegno corale di tutte le risorse disponibili sul territorio in chiave tanto repressiva quanto preventiva, avvalendosi anche del contributo dei referenti del mondo dell'informazione, che potrebbe risultare prezioso per sviluppare un'approfondita conoscenza del fenomeno di specie.
  In tale ottica, il Ministero dell'interno ha emanato una circolare il 27 novembre 2018 con la quale sono stati invitati i prefetti, i commissari di Governo delle province di Trento e Bolzano nonché il presidente della regione autonoma della Valle d'Aosta ad analizzare, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, anche allargato ai referenti locali delle associazioni di categoria del settore dell'informazione, eventuali elementi di criticità relativi allo specifico fenomeno nonché a voler enucleare, a livello locale, gli interventi più idonei alla prevenzione delle attività delittuose in parola. È stato, inoltre, richiesto di valutare l'opportunità della creazione e del consolidamento, a livello locale, di una rete di cooperazione tra i citati organismi rappresentativi dei mondo della stampa e le Forze di polizia, anche attraverso l'attivazione di punti operativi di contatto, al fine di agevolare la più proficua interazione in ambito provinciale, favorire un costante e tempestivo flusso informativo sulla particolare delittuosità e sui possibili futuri scenari di rischio nel territorio di competenza.
  Al fine di garantire il costante monitoraggio degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, è stato, inoltre, strutturato un flusso informativo con le Forze di polizia che inviano alla Direzione centrale della polizia criminale, con cadenza mensile, le segnalazioni relative al fenomeno.
  Da ultimo, il 24 gennaio 2020, il Ministro dell'interno ha emanato una circolare, diretta ai prefetti, ai commissari del Governo delle province di Trento e Bolzano ed al Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, con cui dispone l'inoltro a carattere «semestrale» dei dati relativi agli atti intimidatori, verificatisi nelle rispettive province, perpetrati nel confronti dei giornalisti indicando, altresì, le eventuali iniziative assunte e le misure adottate al riguardo. Tali riscontri verranno poi utilizzati al fine di elaborare, in sede centrale, idonee valutazioni e conseguenti indirizzi sia sotto il profilo tecnico-operativo (nell'ambito del citato «Organismo permanente di supporto») sia sotto il profilo strategico (nell'ambito del predetto «Centro di Coordinamento»).

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia dell'ennesimo caso di cronaca nera a Corigliano Rossano, dove un uomo considerato vicino ad ambienti della criminalità organizzata sarebbe stato colpito al torace e al viso da alcuni colpi di pistola in pieno centro storico, mentre era alla guida della sua auto;

   il 37enne coriglianese, Domenico Russo, sarebbe la settima vittima nel giro di un anno e mezzo nel comprensorio della Sibaritide e la sesta nella sola area urbana coriglianese della città di Corigliano-Rossano;

   si tratta solo dell'ultimo caso di violenza, in ordine cronologico, registrato nella zona, che, nella migliore delle ipotesi, fa parte di una dilagante, quanto sottovalutata, cultura dell'illegalità, ma che farebbe, invece, pensare allo spettro di una nuova guerra di ’ndrangheta;

   in particolare, a inizio 2019 il corpo del boss locale di ’ndrangheta Pietro Longobucco è stato ritrovato a dodici metri di profondità nelle acque della vasca grande del Porto di Corigliano; a luglio 2019 è sparito senza lasciare più alcuna traccia di sé Cosimo Rosolino Sposato, incensurato, ma noto alle forze dell'ordine per la sua vicinanza a Damiano Pepe alias «Tripolino», boss di Sibari; e, sempre nel mese di luglio scorso, in contrada Apollinara di Corigliano-Rossano, in un fondo, agricolo al confine con il Cassanese, sono stati trucidati, a colpi di kalashnikov, Pietro Greco, presunto aspirante boss di Castrovillari, e Francesco Romano, imprenditore agricolo coriglianese noto negli ambienti investigativi per qualche piccolo precedente;

   come se non bastasse, pochi giorni fa gli agenti del commissariato di P.S. Corigliano-Rossano, squadra di polizia giudiziaria, hanno catturato un cittadino di nazionalità bulgara, ricercato per il reato di furto aggravato, destinatario di un mandato d'arresto europeo emesso dalle competenti autorità della Bulgaria;

   come noto, con legge della regione Calabria 2 febbraio 2018, n. 2, è stato istituito, a decorrere dal 31 marzo 2018, il nuovo comune di Corigliano-Rossano, che comprende gli ex comuni di Corigliano e di Rossano, diventando la terza città calabrese per numero di abitanti (78.000);

   nonostante ciò e nonostante la situazione allarmante che si è andata delineando nell'ultimo anno, il commissariato di polizia non ha subito alcun potenziamento e a tutt'oggi soffre di una grave carenza di personale: controlla un complesso territorio di 400 chilometri quadrati e continua a vedere diminuire il proprio personale a seguito delle richieste di pensionamento;

   in particolare, la giurisdizione dell'attuale commissariato si estende da Cariati al confine con Cassano, oltre ai paesi interni della Sila Greca ed i paesi albanesi, con estensione territoriale triplicata e popolazione di circa 200.000 abitanti e una competenza che va dal servizio amministrativo e di ordine pubblico alla gestione degli scioperi dal monitoraggio delle attività sportive al servizio di frontiera al porto;

   attualmente, in forza al commissariato di polizia ci sarebbero 50 operatori, di cui molti in via di pensionamento, e due pattuglie giornaliere, che riescono a coprire solo l'area di Rossano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per il rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine sul territorio e, in particolare, del commissariato di polizia, dotandolo dei necessari uomini e mezzi, anche ricorrendo alla movimentazione straordinaria;

   se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per elevare a distretto il commissariato di Corigliano-Rossano, quale strumento necessario per la lotta alla criminalità nel territorio;

   se non ritenga di convocare immediatamente un tavolo istituzionale per la sicurezza pubblica.
(4-04695)

  Risposta. — In relazione alla problematica oggetto dell'atto di sindacato ispettivo presentato dall'interrogante, si evidenzia quanto segue.
  In primo luogo, appare opportuno rilevare come il fenomeno della criminalità organizzata nel territorio di Corigliano Rossano (Cosenza) – terzo comune della Calabria dopo Reggio Calabria e Catanzaro – sia stato esaminato in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, svoltasi presso la prefettura di Cosenza, a seguito del tentato omicidio – avvenuto il 31 gennaio 2020 in pieno centro storico – di un uomo considerato vicino ad ambienti della criminalità organizzata.
  Nell'ultimo anno e mezzo si sono registrati diversi fatti di sangue, che assumono una significativa rilevanza, con particolare riferimento alle organizzazioni della criminalità locale.
  In seguito a tali episodi, la prefettura si è immediatamente attivata, per potenziare la presenza delle forze di polizia sul territorio.
  In tal senso, e al fine di aumentare la percezione di sicurezza avvertita dalla popolazione, è stato sensibilizzato il comando legione Carabinieri Calabria, affinché fossero ulteriormente intensificate le attività di prevenzione sul territorio in esame.
  Sempre in quest'ottica il prefetto ha richiesto all'amministrazione comunale di garantire ogni possibile contributo, sia con l'impiego della polizia municipale, sia con l'implementazione degli impianti di videosorveglianza, soprattutto nelle aree considerate più a rischio.
  Con particolare riferimento alle questioni relative alla consistenza del presidio delle forze dell'ordine nel comune di Corigliano-Rossano, si evidenzia che sul territorio sono presenti il commissariato di pubblica sicurezza – che nel 2019 è stato destinatario di ulteriori 10 unità di personale della polizia di Stato – e quattro stazioni dell'arma dei carabinieri, supportate dalle componenti investigative e di pronto intervento delle compagnie di Rossano e di Corigliano Calabro, interessate da un progetto di potenziamento dei presidi che prevede il loro accorpamento.
  In relazione all'attività di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nella provincia di Cosenza, nel periodo dal 1° gennaio al 15 marzo 2020, la polizia di Stato ha proceduto all'arresto di 24 persone, controllando più di 5.500 persone e 2.800 veicoli e sequestrando più di 55 chili di sostanze stupefacenti.
  Nello stesso periodo, nel comune di Corigliano Rossano, è stata arrestata una persona e sono stati effettuati controlli su più di 1.000 persone e 600 veicoli.
  Dal raffronto dei dati statistici relativi alla delittuosità e all'azione di contrasto nel comune di Corigliano Rossano, risulta che nel mese di gennaio del 2020, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, si è registrata una diminuzione dei delitti pari al 36,6 per cento e, più in particolare, i furti sono diminuiti del 40,2 per cento mentre i danneggiamenti del 15 per cento.
  È stato infine registrato un aumento delle persone denunciate o arrestate, pari al 31,6 per cento.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   FERRO, PRISCO, CIABURRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con nota D-DAP237940 del 20 luglio 2018, veniva comunicato ai vincitori del concorso del ruolo iniziale di vice ispettore del Corpo della polizia penitenziaria che l'invio presso le scuole di formazione avveniva con specifica autorizzazione al servizio di missione;

   con successiva nota prot. n. 0270479 del 28 agosto 2018, venivano fornite ulteriori indicazioni in merito alla gestione amministrativa degli allievi: «Le 36 ore settimanali di servizio saranno articolate su cinque giorni dal lunedì al venerdì, sia nella fase didattica nelle scuole che durante i tirocini. Durante i periodi di sospensione del corso previsto dal 24 dicembre 2018 al 4 gennaio 2019, i corsisti saranno posti in congedo ordinario. Come stabilito dall'articolo 28, comma 5 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, le assenze dal corso a qualsiasi titolo, non devono superare 60 giorni». Sono esclusi dal computo il sabato, la domenica e i giorni festivi;

   con note GDAP del 3 luglio e 22 agosto 2019, relative al trattamento economico per il personale vincitore, si disponeva che per tutta la durata del corso i partecipanti venivano posti in aspettativa speciale, contrariamente a quanto notificato agli interessati prima della partenza del corso, secondo cui «ai partecipanti del corso di formazione va corrisposto, ove compete, il trattamento economico di missione con vitto e alloggio a carico dell'Amministrazione, presso le strutture formative ove gli stessi frequentano il predetto corso di formazione»;

   a tali comunicazioni ha fatto seguito la recente nota GDAP prot. n. 0152580.U dell'8 maggio, con la quale è stato comunicato al personale che «a seguito dell'aggiornamento del sistema informatico principale (SIGP1) sul nuovo G.U.S. Web sarà aggiornata la scheda congedo del Personale interessato, con le decurtazioni del periodo di congedo ordinario non maturato negli anni 2018 e 2019 e la restituzione di eventuali giornate di congedo ordinario fruite durante il corso di formazione»;

   i partecipanti al VI corso di formazione di allievo vice ispettore di polizia penitenziaria, dal 10 settembre 2018 al 21 marzo 2019, non risultano essere stati destinatari di un provvedimento di notifica pre-corso circa il collocamento in aspettativa speciale per tutta la durata del corso di formazione;

   la posizione di aspettativa speciale, infatti, avrebbe interrotto le qualifiche rivestite precedentemente, con il conseguente ritiro dell'armamento individuale, circostanza mai avvenuta, in quanto tutti i corsisti, al termine dell'orario di studio, se uscivano dalla scuola di formazione avevano l'obbligo di prelevare l'arma in dotazione, proprio perché il rapporto di lavoro non era stato interrotto; così come ne sono prova la fruizione dei congedi ordinari e straordinari, nonché i permessi studio, la concessione dei permessi sindacali, dei permessi orari, dei permessi ex legge n. 104 del 1992, nonché dei permessi per svolgere incarichi politici, che non potevano essere concessi se i partecipanti al corso fossero stati posti in aspettativa speciale;

   è impensabile che un diritto, comunicato e notificato, sia annullato dopo mesi dalla conclusione del corso di formazione, così com'è impensabile che ai neo vice ispettori venga detratto il congedo ordinario per gli anni 2018/2019 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di annullare la determina dell'aspettativa speciale di cui in premessa.
(4-06032)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha sollevato specifici quesiti in ordine al concorso interno a n. 643 posti per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria; a fronte del ritardo della procedura concorsuale ha chiesto inoltre l'avvio di iniziative concrete di ricostruzione della carriera dei vincitori, nonché l'annullamento del provvedimento con il quale è stato previsto il collocamento in aspettativa speciale nei confronti degli stessi.
  Si premette che con provvedimento del direttore generale del personale e delle risorse 3 aprile 2008, pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 15 giugno 2008, è stato indetto il concorso interno a n. 643 posti, elevati successivamente a 1232 per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria (di cui, 608 uomini e 35 donne).
  Per l'intera durata della frequenza del corso e fino alla decorrenza della nomina alla qualifica iniziale nel ruolo, il personale interessato, in qualità di «allievo vice ispettore», è collocato in posizione di aspettativa speciale ai sensi di quanto disposto dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443.
  Con nota del 9 luglio 2018, n. 225704 della direzione generale della formazione sono state impartite le informazioni preliminari relative allo svolgimento del corso; è stato in particolare precisato che il corso ha carattere di residenzialità per quanto attiene al vitto e all'alloggio, senza alcun cenno alla tipologia di trattamento economico spettante.
  Con nota 20 luglio 2018, n. 237940 dell'ufficio II della direzione generale del personale e delle risorse è stata comunicata ai vincitori del concorso la sede formativa individuata per la frequenza del corso di ciascun interessato, con la precisazione che sarebbe spettato il trattamento di missione ai sensi delle circolari che disciplinano la materia ed espressamente richiamate, «ove competa».
  Al fine di evitare danni all'erario dello Stato ed eventuali perplessità nell'individuazione del corretto regime da applicare ai corsisti in base alla legge (espressamente disciplinato dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992), con note del 3 luglio 2019, n. 210041 e del 22 agosto 2019, n. 256194 è stato precisato che, qualora si fosse diversamente operato, sarebbe stato necessario regolarizzare la posizione di ciascun neo vice ispettore procedendo, se del caso, al recupero delle somme eventualmente corrisposte a titolo di trattamento economico di missione durante la frequenza del corso, senza interessi e con modalità tali da consentire la massima rateizzazione possibile, onde salvaguardare le esigenze primarie e familiari del personale interessato.
  Molti dei neo vice ispettori hanno impugnato le determinazioni assunte dall'amministrazione, sostenendo l'inapplicabilità nei loro confronti dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992 (istituto dell'aspettativa speciale) e rivendicando il diritto al riconoscimento del trattamento economico di missione; alcuni hanno invocato il loro diritto al riconoscimento della denominazione di sovrintendente capo «coordinatore» e del relativo parametro stipendiale.
  Gli interessati hanno sostenuto che l'istituto dell'aspettativa speciale previsto dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992 si riferisce solo agli allievi vice ispettori vincitori di concorso pubblico e non anche a quelli provenienti da concorso interno.
  I ricorsi relativi ai menzionati aspetti controversi non sono stati definiti nel merito; le richieste cautelari sono state respinte con la seguente motivazione: «...non è ravvisabile alcun pregiudizio grave e irreparabile cui sarebbero esposti i ricorrenti nelle more della trattazione del ricorso nel merito, che, comunque, a una sommaria cognizione, non presenta motivi di fondatezza....,» (Tar Lazio, Sez. I Q, ord. n. 7763/2019).
  Considerata la pendenza dei ricorsi, per rispetto della magistratura competente, questo Dicastero non può prendere una posizione netta sul merito delle questioni oggetto di interrogazione.
  Pur comprendendosi i disagi e le difficoltà dei vincitori, la decorrenza della nomina sembra comunque conforme alle disposizioni vigenti, prevedendo la norma (e, in conformità, il bando di concorso), che la nomina alla qualifica di vice ispettore avviene all'esito degli esami del corso di formazione.
  Si consideri inoltre che la denominazione di sovrintendente capo «coordinatore» è riservata al personale con qualifica di sovrintendente capo, in possesso di una determinata anzianità e in assenza di cause ostative ben precise, mentre gli interessati, alla data di decorrenza della denominazione di sovrintendente capo coordinatore (1° gennaio 2019), non rivestivano più la qualifica di sovrintendente capo, essendo appartenenti al ruolo degli ispettori in qualità di allievi vice ispettori.
  L'articolo 26, comma 2, citato stabilisce che «... 2. L'allievo ammesso a frequentare i corsi di cui al comma 1, appartenente ai ruoli del corpo di polizia penitenziaria o degli altri corpi di polizia, durante il periodo di frequenza del corso è posto in aspettativa con il trattamento economico più favorevole...» ; la norma prevede dunque il «congelamento» della posizione giuridica dei medesimi, e la novazione del rapporto di lavoro con l'amministrazione nella nuova qualifica.
  La norma sembra trovare applicazione nei confronti di tutti gli allievi vice ispettori, sia che provengano da concorsi pubblici, di cui una parte riservati agli interni, sia che provengano dai concorsi interni; è infatti esplicita nel comprendere entrambe le fattispecie, laddove recita espressamente che «...l'allievo ammesso ai corsi di cui al comma 1 (che si riferisce, peraltro, ai "...corsi di cui al presente titolo..." comprendendo, quindi anche quelli dei vincitori dei concorsi interni) appartenente ai ruoli del corpo di polizia penitenziaria ... durante la frequenza del corso è posto in aspettativa con il trattamento economico più favorevole...»; tale assunto non risulta allo stato contraddetto dalla giurisprudenza amministrativa.
  Si consideri che in occasione di altra procedura concorsuale, caratterizzata da analogo lungo periodo di espletamento, le pronunce non risultano allo stato favorevoli ai ricorrenti; è stato in particolare rilevato che se la procedura si fosse conclusa nei tempi auspicati, molti degli odierni vincitori non avrebbero potuto beneficiare dell'aumento dei posti e sarebbero rimasti fuori del novero dei vincitori.
  È stato infatti affermato il principio secondo cui al termine del corso gli allievi, se idonei, conseguono la nuova qualifica con novazione del rapporto, essendo già dipendenti dell'amministrazione; difettando la costanza di un servizio attivo con l'amministrazione, la richiesta di vedersi applicato il trattamento economico di missione durante la frequenza del corso è stata ritenuta infondata.
  In ordine a contenzioso di analogo contenuto promosso da allievi vice ispettori della Polizia di Stato, la sentenza n. 76/2018 emessa dal Tar Lazio, Sez. I Q ha ritenuto non applicabile il suddetto regime, respingendo, nel merito, il relativo ricorso. Nell'esposizione delle motivazioni addotte a sostegno del diniego, oltre ad avere rilevato che la questione è stata già affrontata dalla giurisprudenza «...la quale ha ritenuto che il trattamento di missione presuppone lo svolgimento di attività di servizio e che tale non può essere considerata la frequenza del corso in esame, che avviene su base del tutto volontaria e comporta il collocamento in aspettativa...», il Tar Lazio ribadito che «...il regime di missione ... trova applicazione in costanza di un servizio attivo mentre, nel caso di specie, i ricorrenti sono stati collocati in aspettativa ... conseguendo, al termine, la prima assegnazione nella nuova qualifica, con novazione del rapporto, essendo già dipendenti della Polizia di Stato (cfr. Cons. Stato, sezione VI, 30 settembre 2010, n. 7236)».
  Soluzioni normative concrete di ricostruzione della carriera sarebbero infine difficilmente praticabili, in quanto altererebbero il sistema di equi ordinazione delle carriere rispetto alle altre forze di polizia a ordinamento civile e militare, nonché nelle forze armate.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   FICARA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   numerose sono state, negli ultimi anni, le tensioni registrate all'interno dell'istituto circondariale di Siracusa, in contrada Cavadonna: episodi di risse tra detenuti, detenuti che hanno tentato di dar fuoco alle celle, aggressioni al personale, persino alcuni casi di suicidio, l'ultimo dei quali registrato il 26 dicembre 2019, come si apprende da notizie di stampa locale;

   il 24 gennaio 2020 l'interrogante si è recato in visita ispettiva presso l'istituto. Dall'interlocuzione con il comandante di polizia penitenziaria, il direttore e un'educatrice è emersa la seguente situazione: l'attuale pianta organica del reparto consta di 1 funzionario al reparto a fronte di 3, 10 ispettori a fronte di 15, nessun sovrintendente a fronte di 15 previsti, 165 agenti a fronte di 207;

   l'istituto, ad oggi, ospita 663 detenuti, di cui oltre la metà del circuito alta sicurezza, a fronte di una capienza di 539, risultando il secondo in termini di sovraffollamento dopo la casa circondariale Pagliarelli di Palermo;

   la carenza di personale di polizia penitenziaria è una delle maggiori criticità, anche se, come spiegato dal comandante, a una prima lettura della pianta risulterebbe un sovradimensionamento; questo deriva dal fatto che nella stessa, all'interno della forza operativa, viene non correttamente conteggiato il nucleo traduzioni, che va invece scorporato;

   a fronte di 40 sottufficiali ne risulterebbero presenti 9; anche il direttore lamentava difficoltà nella gestione del quotidiano, non essendo affiancato da un vicedirettore, che non sarebbe previsto nella nuova pianta;

   la grave carenza nel ruolo dei sottufficiali sarebbe accentrata dall'attivazione di 5 sale di videoconferenza che necessiterebbero di un sottufficiale, ufficiale di polizia giudiziaria, con mansione di ausiliario del giudice;

   la circostanza che l'organico di polizia penitenziaria sia così gravemente sottodimensionato determina condizioni di stress intollerabile per gli agenti e si ripercuote sulle condizioni di vita dei detenuti, atteso che sono insufficienti anche i mezzi per effettuare le traduzioni. Il nucleo traduzioni provinciale, infatti, serve 3 istituti (casa circondariale Siracusa, casa di reclusione Augusta, casa di reclusione Noto), con una popolazione detenuta di oltre 1.300 unità;

   a fronte di 6 educatori ne risulterebbero presenti 4;

   quanto all'assistenza sanitaria, è presente h24 solo un medico, nessun infermiere;

   i detenuti con problemi di tossicodipendenza e quelli affetti da patologie di tipo psichiatrico necessiterebbero di maggior supporto, a fronte di un servizio dell'Asp di 4 ore settimanali;

   altra criticità è stata rappresentata all'interrogante riguardo al servizio «nuovi giunti», riorganizzato con una vecchia circolare ministeriale del 1987 e nuove linee di indirizzo nel 2007, a fronte delle quali alcuni esperti psicologi ex articolo 80 della legge n. 354 del 1975 in servizio presso gli istituti in elenco sulle circolari sarebbero transitati nel ruolo di psicologo al servizio sanitario regionale, garantendo una copertura maggiore nello specifico presso gli istituti di Palermo e Catania, cosa che, a fronte delle stesse necessità esplicate dall'educatrice, che ad oggi riferisce che il numero dei nuovi giunti è sicuramente cresciuto, non sarebbe avvenuto presso l'istituto di Siracusa;

   strutturalmente, le criticità riguardano infiltrazioni d'acqua piovana in quasi tutti i locali, l'inagibilità di 2 (su 4) sale adibite ai colloqui, l'impianto solare termico, installato grazie ai finanziamenti dell'Unione europea, che non ha mai funzionato, e le strutture destinate al sostegno del benessere del personale, palestra, campo da tennis, campo di calcio, in stato di abbandono –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate, posto che ciascuna di esse contribuisce a creare seri rischi in termini di sicurezza e, nello specifico, se e in che termini si intenda potenziare il servizio «nuovi giunti» anche nell'istituto circondariale di Siracusa.
(4-04838)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame relativo ad aspetti di criticità della casa circondariale di Siracusa, si rappresenta quanto segue.
  Relativamente agli eventi critici sommariamente menzionati in premessa dall'interrogante, si evidenziano di seguito i più salienti.
  In data 24 dicembre 2019 il detenuto Lisochenko Aleksandre è stato rinvenuto esanime dal personale in servizio; il ristretto, approfittando della mansione lavorativa di inserviente scale agenti, aveva compiuto un gesto estremo, impiccandosi all'inferriata del cancello posto a sbarramento della locale terrazza del blocco 50.
  Il personale di polizia penitenziaria ha dato immediatamente l'allarme e lo ha liberato dal cappio; sopraggiunto il medico di turno con l'infermiera, sono stati effettuati senza esito ripetuti tentativi di rianimazione; è stato dunque constatato il decesso del Lisochenko.
  Allo stato, si è in attesa degli esiti dell'indagine ispettiva condotta dal locale provveditorato, volta ad accertare circostanze, modalità e cause del decesso.
  In data 24 gennaio 2020 il detenuto Ismaini Zakaria, mentre si trovava all'interno della camera di pernottamento, ha appiccato il fuoco appoggiando al cancello il materasso, le coperte e le lenzuola.
  Vedendo fuoriuscire le fiamme, il personale addetto alla vigilanza si è immediatamente recato immediatamente dinanzi alla camera ed ha fatto uscire il detenuto per metterlo in sicurezza.
  È stato dunque dato l'allarme e, con l'utilizzo dell'estintore, si è proceduto a spegnere l'incendio, mentre i detenuti venivano fatti uscire dalla sezione fino a cessata emergenza. Il personale intervenuto è stato visitato e giudicato in buone condizioni generali senza giorni di prognosi. Il detenuto è stato sanzionato con 15 giorni di esclusione dalle attività in comune e, in data 27 gennaio 2020 è stato trasferito per motivi di sicurezza alla casa di reclusione di Palermo.
  Per completezza, si evidenzia che nel biennio 2019-2020, sino alla data del 22 marzo 2020 (data dell'ultima rilevazione), è stato comunicato dall'istituto siracusano il seguente totale di eventi critici:
  Anno 2019: tot. 514;
  Anno 2020: tot. 103.
  Alla data del 10 aprile 2020 presso la casa circondariale di Siracusa erano presenti 548 detenuti (di cui 334 appartenenti al circuito alta sicurezza), rispetto a una capienza regolamentare pari a 532 posti disponibili; alla medesima data si è dunque rilevato un indice percentuale di affollamento pari al 103,01 per cento in linea con quello medio regionale (98,5 per cento) e inferiore a quello medio nazionale (119,6 per cento).
  Il reparto destinato alla prima accoglienza è composto di 9 camere detentive, ciascuna di 12 metri quadri nel quale, alla stessa data, risultano allocati 16 detenuti.
  Da una verifica dell'apposito applicativo, risulta che ciascun ristretto ha a disposizione uno spazio di vivibilità adeguato agli standard minimi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo; nella fattispecie, 425 detenuti risultano avere a disposizione uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadri mentre, i restanti 123 ristretti risultano fruire di spazi compresi tra i 3 e i 4 metri quadri.
  Per completezza si evidenzia che, a seguito delle rivolte occorse nella notte fra il 9 e il 10 marzo 2020, è stato disposto che i nuovi giunti dalla libertà, fino a nuove disposizioni, siano condotti presso altri istituti della regione, attesa l'inagibilità del reparto detentivo cosiddetto «Blocco 50».
  Per quanto riguarda il trattamento delle persone affette da patologie mentali, si fa presente che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel corso degli anni, ha intrapreso diverse iniziative tese alla realizzazione di azioni integrate con le regioni e le aziende sanitarie locali per la predisposizione di percorsi graduali di intervento. Ad oggi, in tutti gli istituti penitenziari è assicurata la presenza di uno psichiatra o di un servizio psichiatrico, diversamente articolato in base alla tipologia dell'istituto e ai bisogni di salute della popolazione detenuta ivi ristretta.
  L'obiettivo perseguito è di individuare, possibilmente fin dall'ingresso, le persone con disagio, con patologia psichiatrica o con rischio suicidano, per attivare immediate azioni di sostegno e concordare con l'azienda sanitaria locale gli interventi sanitari, sociali, psicologici, educativi, culturali e informativi di cui il detenuto può usufruire nell'ambito penitenziario, in continuità con il territorio, ovvero all'esterno, per il reinserimento nei contesti sociali di appartenenza.
  Inoltre, in uno o più istituti penitenziari di ogni regione, è in stato di avanzata realizzazione il piano di attivazione di poli psichiatrici regionali, denominati «Articolazioni per la tutela della salute mentale» (Atsm), finalizzati alla cura e accertamento delle infermità psichiche degli imputati, condannati e internati, anche ai fini dell'adozione, da parte delle autorità giudiziarie, degli eventuali successivi provvedimenti volti al ricovero di tali pazienti in apposite strutture dotate di assistenza psichiatrica intensificata, interne ai penitenziari o esterne.
  Le Atsm garantiscono l'accoglienza e la presa in carico dei disturbi mentali delle persone detenute che abbiano manifestato disagio psichico e per le quali, almeno temporaneamente, l'allocazione in sezione ordinaria sia considerata dai sanitari non opportuna; ovvero, il ricovero e la cura delle persone con infermità psichica sopravvenuta nel corso della misura detentiva,
ex articolo 148 del codice penale, e di quelle condannate a pena diminuita per vizio parziale di mente, ex articolo 111, comma 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000; infine, l'accertamento delle infermità psichiche di cui all'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica.
  Ad oggi, le articolazioni per la tutela della salute mentale sono previste in 35 istituti penitenziari; nella regione Sicilia sezioni destinare ad Atsm sono presenti presso la casa circondariale di Palermo Pagliarelli e la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto (sezione destinata alla sola detenzione femminile).
  Per completezza, si evidenzia che presso la casa circondariale di Siracusa l'assistenza ai detenuti con emergenze di natura psichiatrica è garantita dall'Asp con specialisti che fanno ingresso in istituto due volte a settimana.
  La presa in carico della tossicodipendenza in carcere è stata la prima area di intervento sanitario trasferita alle regioni. Infatti, fin dall'inizio degli anni novanta il Testo unico n. 309/90 ha affidato ai servizi sanitari territoriali esterni — S.e.r.t. — l'assistenza e la cura dei soggetti tossicodipendenti in stato di detenzione.
  Successivamente, la riforma della sanità penitenziaria ha previsto il transito della tossicodipendenza alle regioni, ancor prima del trasferimento di tutte le altre funzioni di sanità penitenziaria.
  Pertanto, a far data dal 1° gennaio 2000, la tossicodipendenza è transitata al servizio sanitario nazionale in applicazione dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 230 del 1999; i servizi per le tossicodipendenze delle aziende sanitarie locali sono attivi in tutti gli istituti penitenziari.
  Nell'ottica degli interventi in favore della salute delle persone tossicodipendenti detenute all'interno degli istituti penitenziari, l'amministrazione agisce comunque in sinergia con il servizio sanitario nazionale.
  In linea con le indicazioni contenute nelle convenzioni delle Nazioni Unite, le attività che si svolgono all'interno dei penitenziari sono orientate alla ricerca di soluzioni esterne per i detenuti tossicodipendenti in possesso dei requisiti giuridici per l'ammissione a programmi ambulatoriali presso i Sert o presso le comunità terapeutiche, sia in misura cautelare, sia nella forma della misura alternativa alla detenzione.
  Su tale solco, negli anni 2014-2015 sono stati sottoscritti dal Ministro della giustizia protocolli di intesa con le regioni Campania, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia e Lombardia.
  Altri due protocolli erano stati firmati dall'ex Ministro Cancellieri con l'Emilia Romagna la Toscana.
  Tali intese sono finalizzate a consolidare la collaborazione interistituzionale tra questa Amministrazione, gli enti locali e la magistratura di sorveglianza per realizzare le previsioni costituzionali in materia di reinserimento delle persone in esecuzione penale, dedicando una particolare attenzione a quei soggetti che, a causa della loro condizione di tossicodipendenza, necessitano di speciali percorsi riabilitativi, rieducativi e di reinserimento sociale e lavorativo.
  Per completezza, si evidenzia che presso la casa circondariale di Siracusa è previsto un servizio di assistenza medica h 24 (8 medici e 9 infermieri) e un presidio per le tossicodipendenze.
  Relativamente alla riferita carenza del personale del corpo in servizio presso la casa circondariale di Siracusa, si evidenzia la seguente situazione:
  Ruolo Direttivo: Forza Amministrata: 2; Forza Presente 2;
  Ruolo Ispettori: Forza Amministrata: 14; Forza Presente: 15;
  Ruolo Sovrintendenti: Forza Amministrata: 2; Forza Presente: 2;
  Ruolo Agenti/Assistenti: Forza Amministrata: 205; Forza Presente: 228;
  TOTALE: Forza Amministrata: 223; Forza Presente: 247.
  Ai dati numerici complessivi vanno aggiunte n. 33 unità distaccate in entrata e n. 9 unità distaccate in uscita. Pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, risultano effettivamente presenti un totale di n. 271 unità.
  Relativamente al comparto dirigenziale e funzioni centrali, si premette che, a seguito del processo di riforma recato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84, l'amministrazione penitenziaria è stata protagonista di rilevanti trasformazioni organizzative, che hanno comportato una complessa opera di riorganizzazione e riallocazione delle risorse nonché molteplici criticità gestionali.
  In particolare, il citato regolamento ha previsto, in attuazione del piano di
spending review e di vincoli normativi vigenti, un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche, prevedendo, per il personale delle aree funzionali, un contingente organico di 4.689 unità, e, per le qualifiche dirigenziali, un contingente complessivo di 345 unità.
  Corre l'obbligo segnalare in merito che la carenza organica del ruolo dei dirigenti penitenziari necessita di urgenti soluzioni di intervento, in considerazione dei compiti e responsabilità attribuite ai citati dirigenti dall'ordinamento della camera dirigenziale penitenziaria, recepito con il decreto legislativo n. 63 del 2006. Tale ruolo registra infatti, allo stato, una scopertura pari al 19,33 per cento con una presenza effettiva di 254 dirigenti a fronte di una previsione organica di n. 300 unità.
  Si rappresenta, inoltre, che, in relazione al
turnover per le cessazioni dal servizio nel decorso anno, questa amministrazione, il 27 gennaio 2020, ha chiesto l'autorizzazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento per la funzione pubblica all'elevazione di 3 posti relativi al concorso per dirigenti penitenziari, che sarà emanato ai sensi dell'articolo 1, comma 308, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  Passando dalla realtà nazionale a quella relativa alla casa circondariale di Siracusa, si evidenzia che l'unico posto dirigenziale previsto dai decreti ministeriali 2 marzo 2016 e 22 settembre 2016 (direttore titolare) risulta coperto.
  Riguardo alla situazione dei funzionari giuridico pedagogici, si osserva che, a fronte di un organico previsto di 5 unità, ne risultano assegnate 3 ed effettivamente presenti 4, in virtù di un distacco in entrata (per mandato elettorale).
  Inoltre, giova segnalare che l'azione dell'area pedagogica dell'istituto viene supportata con l'invio di un'ulteriore unità per uno/due giorni a settimana.
  Quanto alla riferita insufficienza di mezzi per effettuare traduzioni, risulta che il parco auto a disposizione del Nucleo traduzioni e piantonamenti dell'istituto di Siracusa consta di complessivi 22 automezzi, così suddivisi:
  n. 1 autobus destinato al trasporto detenuti (attivo, nuova dotazione);
  n. 9 furgoni per il trasporto detenuti (n. 8 attivi, dei quali n. 3 di nuova dotazione e n. 1 guasto, in attesa di ricevere fondi);
  n. 3 autovetture allestimento nucleo radiomobile (nuova dotazione);
  n. 2 motocicli allestimento nucleo radiomobile (guasti, in attesa di ricevere fondi);
  n. 2 autovetture servizio ordinario (attive, nuova dotazione);
  n. 1 furgone per il trasporto del personale (guasto, in attesa di ricevere fondi);
  n. 4 furgoni per il trasporto cinofili (attivi, dei quali n. 1 di nuova dotazione).
  A far data dal 29 febbraio 2020 la direzione ha avviato la procedura di dismissione dei seguenti automezzi del corpo destinati ai servizi delle traduzioni:
  n. 1 autobus trasporto detenuti;
  n. 2 furgoni trasporto detenuti;
  n. 2 autovetture allestimento nucleo radiomobile;
  2 autovetture servizio ordinario.
  Il Nucleo provinciale traduzioni e piantonamenti di Siracusa può disporre, inoltre, di ulteriori n. 8 automezzi assegnati in istituti della stessa provincia (casa di reclusione di Augusta e casa di reclusione di Noto), suddivisi come segue:
  n. 2 furgoni per il trasporto detenuti;
  n. 2 autovetture allestimento nucleo radiomobile;
  n. 4 autovetture servizio ordinario.
  Per completezza, si segnala che il parco automezzi della regione Sicilia consta di n. 203 automezzi destinati ai servizi di competenza dei locali Nuclei, suddivisi come segue:
  n. 8 autobus per il trasporto del personale;
  n. 119 furgoni per il trasporto detenuti (n. 88 attivi e n. 31 guasti);
  n. 66 autovetture allestimento nucleo radiomobile (n. 55 attive e n. 11 guaste);
  n. 10 motocicli allestimento nucleo radiomobile (n. 6 attivi e n. 4 guasti).

  La consistenza di mezzi del Nucleo traduzioni e piantonamenti dell'istituto di Siracusa, rapportata a quella disponibile sul territorio regionale, dunque, non integra una speciale criticità rispetto a quelle riscontrabili in altri istituti, anche tenuto conto che dei 1.176 detenuti presenti (alla data del 12 marzo 2020) negli istituti della provincia di Siracusa (casa circondariale di Siracusa, casa di reclusione di Noto, casa di reclusione di Augusta), una percentuale elevata è in espiazione di pena non richiede, pertanto, l'approntamento di significativa mole di servizi di competenza del locale Nucleo.
  In ordine alle riferite criticità strutturali, causate dalle infiltrazioni d'acqua piovana, si rappresenta che è in corso una progettazione, da parte dei tecnici del locale Provveditorato, finalizzata al rifacimento dell'impermeabilizzazione delle coperture dell'istituto.
  Si evidenzia, altresì, che ingenti danni sono stati arrecati dalla popolazione detenuta nel corso della protesta intrapresa nella notte tra il 9 e il 10 marzo 2020 nel Reparto cosiddetto «Blocco 50», sia all'interno delle camere di pernottamento sia presso i locali di disimpegno ad esse adiacenti; inoltre si registrano danni anche presso la «cucina centrale detenuti» e al sistema di allarme esterno.
  Relativamente al servizio «nuovi giunti», la locale direzione ha reso noto che, sebbene i criteri indicati dalla circolare 6 giugno 2007 di questo dipartimento prevedano presso l'istituto l'attivazione di tale servizio in favore dei soggetti provenienti dalla libertà, di fatto l'assessorato regionale alla salute non ne consente il suo funzionamento, avendo previsto alcuno psicologo per tale presidio.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dai primi di maggio del 2020 è detenuto nella casa circondariale di Asti Saber Hmidi reclutatore del gruppo terroristico Ansar Al Sharia, affiliato ad Al Quaeda. Hmidi dovrebbe essere recluso, in base alla classificazione di pericolosità, in una struttura carceraria «AS 2», mentre la struttura di Asti risulta omologata per «AS 3 ed arrestati», ovvero per detenuti di minore pericolosità;

   da tempo il personale della casa circondariale lamenta i gravi problemi che comporta per il personale la gestione di questo detenuto. Servono, infatti, sei persone per ogni suo spostamento interno e fino a diciotto nel caso di un suo spostamento fuori dal carcere; tutto ciò in una struttura che presenta una cronica situazione di carenza di personale e gravemente sovraffollata, avendo circa 285 detenuti a fronte dei 150 che dovrebbe contenere;

   il detenuto dovrebbe rispettare il regime speciale di sorveglianza (14-bis) ma spesso, per le carenze della struttura, viene inevitabilmente a contatto con altri detenuti, venendo così meno alle condizioni di sorveglianza stabilite. In una situazione del genere, è presente, in tutta evidenza, il rischio che Hmidi possa cercare di reclutare altri detenuti per il suo movimento terroristico;

   Hmidi si era radicalizzato e avvicinato al terrorismo islamico nel 2011 durante la detenzione nel carcere di Velletri per spaccio. In seguito, nei numerosi trasferimenti in altri istituti, come Civitavecchia, Frosinone, Napoli-Secondigliano, Salerno e Viterbo, si era reso protagonista di aggressioni nei confronti di altri detenuti, minacce agli agenti della polizia penitenziaria e attività di proselitismo per la causa del terrorismo islamista –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché il detenuto, in considerazione della sua pericolosità e del regime di sorveglianza speciale che gli deve essere applicato, sia trasferito, al più presto, dalla casa circondariale di Asti a una struttura adeguata alla sua condizione.
(4-06128)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante riferisce delle problematiche inerenti la detenzione nella casa circondariale di Asti di Hmidi Saber, ritenuto reclutatore del gruppo terroristico Ansar Al Sharia, affiliato ad Al Quaeda.
  Riferisce del fatto che il detenuto, classificato AS2 in relazione alla sua pericolosità e più volte trasferito di carcere in ragione di condotte violente e di sopraffazione, sia per contro recluso in struttura penitenziaria inidonea, risultando il carcere di Asti omologata, al più, per detenuti classificati AS3)
  Riferisce quindi delle problematiche inerenti il materiale gestione del regime di sorveglianza speciale sub articolo 14-
bis o.p. cui è soggetto il detenuto, con rischio di proselitismo, anche in ragione delle carenze di personale ravvisabili presso il carcere astigiano, che presenterebbe ben 285 detenuti a fronte dei 150 che dovrebbe contenere.
  L'interrogante chiede allora di sapere se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda adoperarsi affinché il detenuto sia trasferito in struttura carceraria adeguata alla sua condizione.
  Orbene, in via preliminare corre l'obbligo di evidenziare che l'amministrazione opera costantemente, in ossequio alla normativa vigente, affinché ciascun detenuto sia recluso nella struttura penitenziaria adeguata alla specifica condizione personale, famigliare, sociale e, naturalmente, di pericolosità.
  Ciò premesso, il cittadino tunisino Hmidi Saber fu arrestato per traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale e violazione della legge sulle armi, ed in data 10 novembre 2014 ristretto presso la casa circondariale di Roma «Regina Coeli» nonché, in ragione dei delitti contestatigli, inserito nel circuito «media sicurezza».
  La condotta intramuraria del detenuto, nel tempo, è stata pessima, tanto che in ragione di reiterate condotte violente e di sopraffazione, è stato più volte trasferito in diversi istituti penitenziari, senza che ciò portasse, tuttavia, ad un mutamento in positivo della personalità.
  In data 27 dicembre 2016 Hmdi veniva attinto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violazione della disciplina di cui all'articolo 270-
bis c.p. (associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), quindi, ad esito della prevista procedura, sottoposto al regime della sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-bis o.p., e riclassificata (dal 10 gennaio 2017) la sua pericolosità sociale in con conseguente trasferimento (dal 26 gennaio 2017) presso la casa reclusione di Rossano in cui è presente una sezione «alta sicurezza 2».
  In data 8 novembre 2017, Hmidi veniva condannato in primo grado (con rito abbreviato) alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di cui all'articolo 270-
bis c.p.; sentenza tuttavia riformata in sede di appello (5 luglio 2018) con modifica del titolo di reato: da violazione articolo 270-bis c.p. a violazione dell'articolo 302 c.p. (istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 241 ss 276 ss c.p.); sentenza irrevocabile.
  Va allora evidenziato come il reato per il quale il detenuto è stato condannato e risulta detenuto non prevede automaticamente la classificazione del medesimo nel circuito «alta sicurezza 2».
  Detta classificazione è derivata da una valutazione discrezionale operata dalla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento.
  Quanto alle ragioni della detenzione del sig. Hmdi nel carcere di Asti, va evidenziato che ad oggi, le sezioni detentive adibite al contenimento dei soggetti ristretti per reati afferenti al terrorismo internazionale di matrice islamica sono presenti presso le sole sedi penitenziarie di Rossano, Sassari e Nuoro.
  Dalle prime due sedi il detenuto risulta essere stato allontanato per motivi di ordine e sicurezza, mentre la casa circondariale di Nuoro è attualmente interessata da lavori di ristrutturazione, e pertanto non è consigliabile, al momento, una assegnazione del Hmidi in tale sede.
  Per tali motivi, si è reso molte volte necessario disporre il suo trasferimento in istituti privi del circuito penitenziario AS2, ovvero in sedi che offrono comunque adeguate garanzie strutturali e di sicurezza come, ad esempio, gli istituti di Tolmezzo e Milano «Opera» ospitanti, fra l'altro, soggetti AS3 e 41-
bis O.P.
  Dal 30 aprile 2020 il detenuto Hmidi Saber è assegnato provvisoriamente presso la casa di reclusione di Asti, al fine di poter garantire la prosecuzione delle limitazioni trattamentali previste dal predetto regime di sorveglianza particolare ex articolo 14-
bis o.p..
  L'istituto penitenziario di Asti che ospita, alla data del 1° luglio 2020, 300 detenuti, la maggior parte dei quali appartenenti alla criminalità organizzata, è stato individuato in ragione delle adeguate caratteristiche di sicurezza.
  Il detenuto, sin dal suo ingresso, è stato allocato in una camera di pernottamento del reparto denominato «piano rialzato B», destinato alle domiciliazioni fiduciarie dei detenuti classificati AS3.
  In ragione delle condotte tenute nelle altre sedi penitenziarie (comportamenti violenti e minacciosi perpetrati sia nei confronti dei compagni di detenzione, sia del personale di polizia penitenziaria, ripetute aggressioni fisiche e grave danneggiamento ai beni dell'amministrazione, nonché assidui tentativi di radicalizzazione di altri ristretti) e vista la particolare personalità del soggetto, si è reso necessario impiegare quotidianamente un congruo numero di unità di Polizia penitenziaria per la gestione ordinaria del detenuto.
  Il comportamento del Hmidi, a parte un primissimo momento di apparente tranquillità, è stato scorretto e contrario alle regole penitenziarie, rendendosi in molte occasioni responsabile di fatti disciplinarmente rilevanti.
  Ad oggi, l'amministrazione non ha proceduto a trasferire il detenuto dal carcere di Asti ad altro istituto, siccome Tunica sede potenzialmente idonea ed individuata nella casa circondariale di Nuoro era interessata da lavori di ristrutturazione.
  Inoltre, attesi i precedenti reiterati comportamenti attuati in ogni sede ove è stato recluso, il trasferimento comporterebbe il mero spostamento della problematica connessa alla sua gestione da una sede penitenziaria all'altra.
  Quanto ai pericoli di proselitismo va evidenziato che al detenuto, finché sottoposto al regime di sorveglianza particolare previsto dall'articolo 14-
bis o.p., sono preclusi i contatti fisici con la restante popolazione detenuta presente presso la casa reclusione di Asti, nonché sono esclusi i previsti periodi di permanenza all'aperto (articolo 10 ordinamento penitenziario), rispetto ai quali la direzione astigiana è stata esortata a prestare la massima attenzione custodiale.
  Pertanto non si ravvisano i comprensibili pericoli paventati dall'interrogante in tema di proselitismo o sopraffazione nei confronti di altri detenuti presenti nel carcere astigiano e ciò anche in ragione dell'elevata presenza di detenuti italiani (275 su 300) non interessati alle ideologie «jihadiste» eventualmente proponibili dal detenuto.
  Hmdi Saber è comunque ancora sottoposto a profilo di analisi da parte del competente nucleo investigativo centrale.
  Con riguardo alla riferita carenza degli organici del corpo di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere astigiano è utile premettere, in linea generale, che la riduzione complessiva degli organici operata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, (cosiddetta legge Madia) e rivista dal successivo decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, ha rimodulato la dotazione organica complessiva del corpo, passata da 44.610 unità a 41.202 unità. Da ultimo, per effetto del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172, sono intervenute favorevoli rimodulazioni negli organici che hanno cristallizzato la dotazione organica complessiva a 41.667 unità.
  Pertanto, allo stato, si osserva un divario tra organico del corpo di polizia penitenziaria previsto (41.667 unità) e organico effettivamente presente (37.654) pari al 9,63 per cento sebbene risultano presenti nel ruolo agenti/assistenti del corpo 33.495 unità, cioè, 2.105 in più rispetto all'organico previsto per lo stesso ruolo, pari a 31.390.
  Passando all'organico previsto e alla forza amministrata presso la casa reclusione di Asti, alla data del 1° luglio 2020 risulta una differenza di sole 6 unità, risultando in n. 181 la forza amministrata rispetto al n. di 186 previsto.
  Per completezza, si evidenzia che l'amministrazione centrale ha provveduto a investire il locale provveditorato regionale al fine di contribuire al mantenimento dell'ordine e della sicurezza dell'istituto astigiano, anche relativamente alla gestione del detenuto Hmidi Saber, mediante l'invio di personale di polizia penitenziaria in missione, e così in data 28 maggio 2020, il locale provveditorato disponeva l'invio di una unità appartenente al ruolo ispettori e una unità appartenente al ruolo agenti/assistenti, per la durata di 30 giorni, salvo anticipata cessazione delle esigenze.
  In data 30 giugno 2020, il locale provveditorato provvedeva all'avvicendamento con l'invio di una unità del ruolo ispettori proveniente dalla casa di reclusione di Alessandria.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   FRASSINETTI e DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 aprile 2020, si celebra l'anniversario della morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, massacrato il 13 marzo del 1975 davanti a casa sua da un gruppo di Avanguardia Operaia, ad appena 18 anni, a colpi di chiave inglese e morto dopo 47 giorni di agonia;

   ogni anno il 29 aprile a Milano viene celebrato anche il ricordo di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi, assassinato sotto casa da un commando di Prima Linea un anno dopo la morte di Sergio Ramelli;

   nel pomeriggio del 29 aprile 2020 è stata celebrata come ogni anno la commemorazione con deposizione, da parte del comune di Milano, di una corona al cippo dei Giardini Ramelli ed alla lapide in memoria di Enrico Pedenovi in viale Lombardia, in occasione dell'anniversario dei loro assassini;

   la tradizionale manifestazione che ogni anno coinvolge migliaia di persone che si riuniscono per ricordare Sergio ed Enrico e si conclude sotto casa di Ramelli in via Amedeo, è stata annullata in ossequio alle misure di contenimento in atto;

   al posto della predetta manifestazione si sono recati sul posto solo quattro giovani a quanto consta agli interroganti, muniti di mascherina, e a regolare distanza tra loro con l'intento di sostituire la vecchia corona con quella nuova;

   gli stessi militanti sono stati sanzionati dalla Digos;

   il fatto risulta ancora più incomprensibile e l'atteggiamento persecutorio, poiché non risulta che lo stesso zelo e le stesse modalità di intervento siano state applicate ai partecipanti alle celebrazioni del 25 aprile avvenute pochi giorni prima a Milano. Usare per eventi simili, a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro due comportamenti così diversi induce a ritenere che per lo Stato esistano due pesi e due misure –:

   quali siano i motivi dell'atteggiamento assunto nell'occasione per mezzo di quella che appare all'interrogante un'ottusa applicazione delle normative anti-Covid in un contesto dove non si ravvisava alcun assembramento e venivano rispettate tutte le misure di sicurezza.
(4-05624)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  Il 29 aprile 2020, a Milano si è tenuta la cerimonia commemorativa ufficiale per la morte di Sergio Ramelli e di Enrico Pedenovi, organizzata tradizionalmente dal comune, con la deposizione di una corona in via Pinturicchio, presso il cippo presente all'interno del giardino «Sergio Ramelli», e in viale Lombardia, alla lapide di Pedenovi,
  In ragione dell'emergenza sanitaria, l'iniziativa si è svolta in conformità alle norme vigenti, alla sola presenza del deponente e di un singolo rappresentante, atteso che era previsto il divieto di assembramenti e la sospensione di manifestazioni pubbliche.
  Sin da subito, ai vari referenti delle organizzazioni, che negli anni scorsi, in occasione della ricorrenza, hanno organizzato manifestazioni commemorative in varie forme, è stato chiarito da parte della questura meneghina che, attese le stringenti limitazioni imposte dalla normativa vigente, non sarebbe stato consentito lo svolgimento di altre iniziative e che i contravventori sarebbero stati conseguentemente sanzionati.
  Tuttavia, la mattina del 29 aprile 2020, durante un servizio di osservazione appositamente predisposto, il personale della questura ha individuato quattro persone che stavano depositando una corona d'alloro in via Paladini, ai piedi della lapide dedicata a Sergio Ramelli.
  Le stesse, riconosciute e identificate, non avendo alcuna valida giustificazione per la loro presenza sul posto, sono state quindi sanzionate ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, secondo una linea di rigore che, in una fase ancora acuta dei contagio, è stata applicata in ogni situazione in cui si sono riscontrate violazioni delle misure limitative in vigore negli scorsi mesi.
  Al riguardo va precisato che le forze dell'ordine hanno sempre assicurato la corretta applicazione delle previsioni normative anti Covid, sia nella circostanza in questione, così come in analoghi casi. Si citano ad esempio le sanzioni irrogate in occasione del 25 aprile 2020 rispetto a gruppetti di anarchici e di antagonisti, il 2 maggio 2020 in piazza 25 Aprile nei confronti di alcuni manifestanti con «mascherine tricolore» e il 4 maggio 2020 in Piazza Duomo ai partecipanti ad una manifestazione estemporanea promossa dai «gilet gialli».
  Il ridotto numero di episodi verificatisi è, difatti, frutto della capacità delle locali forze dell'ordine e delle polizie locali di assicurare la corretta applicazione delle misure limitative durante gli scorsi mesi, improntando il proprio operato al buon senso e alla ragionevolezza. In occasione di raduni di più persone, indipendentemente dai motivo che le aveva portate a riunirsi, è stato, infatti, fondamentale instaurare un dialogo con le presenti, invitandoli a recedere dai comportamenti in atto e questo ha consentito di evitare il formarsi o il permanere di illegittimi assembramenti. Solo in caso di mancata adesione all'invito si è proceduto alla contestazione.
  Al riguardo si rileva che, nel corso dei servizi di vigilanza e controllo predisposti in quella giornata su tutto il territorio comunale, al fine di assicurare il pieno rispetto delle misure di contenimento del contagio, il personale di polizia ha segnalato in più punti della città comportamenti scorretti, messi in atto da alcuni gruppi di cittadini riunitisi per celebrare la ricorrenza.
  Nel corso della giornata sono stati redatti oltre 25 verbali e, ove per ragioni di ordine pubblico non si è potuto procedere direttamente alle contestazioni, sono stati comunque identificati i trasgressori per la successiva notifica delle stesse.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FRASSINETTI, LUCA DE CARLO, TRANCASSINI, ROTELLI, GALANTINO e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte di sabato 13 giugno 2020 è stata gettata della vernice rossa sulla statua che immortala Indro Montanelli all'interno dei giardini di via Palestro, a Milano, a lui dedicati. Quattro barattoli sono stati abbandonati sul posto e sul piedistallo è comparsa una scritta in spray nero: «Razzista» «Stupratore»;

   va ricordato che i giardini di via Palestro vennero intitolati a Montanelli nel 2002 e di conseguenza furono scelti anche per collocarvi la statua a lui dedicata, che raffigura il giornalista seduto che scrive sulla sua Lettera 22 con la scritta «Indro Montanelli – Giornalista» sulla base;

   il gesto non è un inedito in quanto, già l'8 marzo 2019, durante la manifestazione per la Giornata internazionale della donna, alcune attiviste del movimento femminista «Non Una Di Meno» la coprirono con vernice rosa;

   va denunciato il clima di odio che, a seguito dell'uccisione di George Floyd negli Usa da parte della polizia, ha determinato, come forma di protesta, l'abbattimento o il vandalismo su statue di personaggi ritenuti razzisti. Protesta che si è manifestata anche in Italia attraverso atti di violenza e intolleranza;

   va ricordato che i «Sentinelli di Milano» avevano indirizzato qualche giorno fa una lettera al sindaco Sala ed al consiglio comunale di Milano, chiedendo la rimozione della statua di Indro Montanelli dai giardini pubblici di Milano con queste motivazioni: «Fino alla fine dei suoi giorni Montanelli ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale», incassando il plauso dell'Arci, e facendo automaticamente diventare quella statua un obiettivo da colpire;

   l'atto vandalico è stato rivendicato pubblicamente domenica 14 giugno 2020 con un video che ritrae i responsabili e da un comunicato di Lume (Laboratorio universitario metropolitano e Rete Studenti Milano);

   già nella giornata del 7 giugno 2020, in seguito ad una manifestazione dei cosiddetti «centri sociali antagonisti» in piazza Duca d'Aosta a Milano, tenuta in spregio ad ogni regola imposta dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sull'emergenza Covid, vi è stato un corteo (non è dato di sapere se in sostanza autorizzato dalla questura) dal quale provenivano soggetti che vandalizzavano indisturbati una sede di Fratelli d'Italia in via Edolo (scena in relazione alla quale gli interroganti sono in possesso di video) –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire, per quanto di competenza, come si spieghi l'assenza di qualsiasi controllo nei luoghi palesemente diventati obiettivo sensibile della protesta e quindi a rischio di attacchi e per quali ragioni non sia stata disposta l'installazione di dispositivi che consentissero un presidio con telecamere oppure la presenza di agenti;

   quali siano le iniziative previste dal Ministero per contenere l'escalation di violenze che a Milano porterebbe al compimento di nuovi atti di vandalismo e di azioni pericolose.
(4-06084)

  Risposta. — Con i quesiti posti nell'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante richiama l'attenzione su alcuni recenti fatti di cronaca, accaduti a Milano, relativi all'imbrattamento di una statua dedicata a Indro Montanelli e al danneggiamento di una sede del partito politico «Fratelli d'Italia», richiedendo quali siano i provvedimenti posti in essere nell'ambito delle attività di prevenzione e controllo sul territorio.
  Più in particolare, nella serata dello scorso 13 giugno 2020, presso i giardini di Parco Palestra, alcuni individui, al momento ancora ignoti, hanno ricoperto di vernice rossa la statua del citato giornalista lasciando una scritta di colore nero, dai contenuto offensivo, inserita sui piedistallo d'appoggio del monumento.
  L'azione è stata subito rivendicata, in un video di circa 40 minuti diffuso sui
social media, da due sigle riconducibili alla locale area antagonista movimentista:Rete studenti Milano e laboratorio universitario metropolitano.
  Si tratta di due gruppi molto attivi e strettamente connessi tra loro che mobilitano settori importanti dei movimento studentesco ed universitario milanese,
  La statua di Indro Montanelli, accusato, tra l'altro, di essere un apologeta del fascismo nonché di aver sostenuto il colonialismo, è stata individuata come simbolo da colpire e, alcuni giorni prima, era stata oggetto di una richiesta di rimozione indirizzata al sindaco di Milano da parte del movimento dei «Sentinelli», in passato già evidenziatosi per azioni di natura violenta.
  Si ritiene utile precisare che la statua in esame è localizzata in un giardino pubblico recintato e videosorvegliato, inserito negli obiettivi oggetto di vigilanza nel piano di controllo coordinato del territorio. Il luogo risulta molto frequentato nelle ore diurne e saltuariamente vigilato dalla polizia Locale, come peraltro accade in tutti i giardini pubblici della città. Lo stesso viene chiuso al pubblico nelle ore notturne durante le quali è avvenuto l'imbrattamento della statua in argomento.
  Ciò premesso si comunica che in data 28 giugno 2020 la statua è stata oggetto di un altro episodio di contestazione. Sulla stessa è stato, difatti, posato un manichino raffigurante una bambina. Al riguardo, sono state bloccate e identificate due persone, già note per avere esposto, in luoghi pubblici, «realizzazioni artistiche» per attirare l'attenzione su diverse tematiche sociali.
  Per quanto attiene invece all'altro episodio richiamato dall'onorevole interrogante, ovvero il lamentato danneggiamento della sede di Fratelli d'Italia, avvenuto il 5 giugno 2020, va rilevato che lo stesso si è verificato a margine del presidio organizzato dall'associazione «Amici di Abba», gruppo riconducibile al centro sociale
Cantiere.
  Al presidio risultano avere partecipato circa cinquemila manifestanti, cui non è stato possibile attribuire una connotazione politica. Il movimento in argomento, infatti, coinvolge diverse espressioni della cittadinanza milanese, accomunate dalla contestazione verso le forme di violenza e razzismo.
  A margine dell'evento è stato segnalato il danneggiamento della sede del movimento politico
Fratelli d'Italianella vicina Via Edolo, ubicata al di fuori del percorso del corteo.
  Sul posto è subito intervenuto personale della polizia di Stato, che ha constatato, a seguito degli accertamenti eseguiti, come gli imbrattamenti rilevati sulle vetrate della sede fossero verosimilmente datati in quanto la vernice usata è risultata opacizzata dagli agenti atmosferici.
  Non è stato rilevato, nella stessa sede, alcun altro danneggiamento visibile.
  L'unico segno riconducibile alla manifestazione in corso è stato il rilevamento, sull'insegna, di un adesivo di piccole dimensioni con la scritta «Black Lives Matter».
  In ogni caso, e in conclusione, sull'episodio relativo all'imbrattamento e su quello riguardante la sede del movimento politico Fratelli d'Italia, sono ancora in corso i necessari approfondimenti investigativi.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FRATOIANNI e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   gli eventi atmosferici della scorsa settimana hanno messo in mostra tutte le criticità del territorio campano;

   nell'agro nocerino sarnese scorre il Sarno, il fiume più inquinato d'Europa, che nei giorni scorsi è stato caricato oltre che dei volumi enormi di acqua dovuti alle precipitazioni, anche di un'enorme quantità di inquinanti sotto forma di una considerevole quantità di rifiuti di plastica che di fatto hanno intasato la foce costringendo le autorità locali a riaprire l'unica griglia posizionata a proteggere il versamento di rifiuti solidi in mare;

   la griglia in questione non riesce a bloccare l'enorme quantità di rifiuti determinando una situazione di inquinamento e di degrado constatato in questi ultimi giorni in maniera eclatante;

   la vicenda delle plastiche è solo uno dei tanti problemi legati all'inquinamento del fiume;

   in merito al progetto della doppia foce del Sarno della regione Campania, esso, tra l'altro, non prevede percorsi di naturalizzazione con ingegneria ecologica per favorire un recupero verde di aree oggi degradate e di fatto, quindi, non disponibili ai cittadini sotto forma di un parco fluviale pubblico, rischiando, a parere dell'interrogante, che il progetto sia solamente un'ulteriore colata di cemento, utile solo a spendere risorse pubbliche e degradare ulteriormente un territorio già ferito;

   occorrerebbe procedere prioritariamente al dragaggio del fiume dai fanghi tossici accumulatisi negli anni sul fondo –:

   se e con quali strumenti il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza e in sinergia con la regione, sulle criticità esposte in premessa e che sono alla base della pesante situazione di inquinamento del Sarno, che rappresenta la principale causa di inquinamento del golfo di Napoli;

   se e con quali strumenti intenda intervenire, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, per risolvere l'inquinamento da metalli pesanti che proviene da Solofra tramite il torrente Solofrana, dal momento che in quell'area insistono sversamenti abusivi da parte della maggioranza delle concerie della zona che in questo modo evitano di usare il depuratore e quindi di contribuire ai costi di gestione, col risultato che infatti oggi è fallito;

   se e quali iniziative intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per fare chiudere tutti gli sversamenti abusivi, sia fognari che industriali e di allevamenti di bestiame, che contribuiscono pesantemente all'inquinamento lungo tutto il corso del Sarno;

   se sia a conoscenza che la maggioranza delle città dell'agro sarnese non ha i collettori fognari collegati ai depuratori e se tale intervento prioritario sia tra le opere che il Governo intende finanziare per quanto di competenza;

   se sia a conoscenza che, oltre al problema dell'inquinamento, esiste l'annosa vicenda delle piene che in questi giorni ha arrecato non pochi danni ai cittadini che abitano nei pressi della foce.
(4-01628)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si ritiene, innanzitutto, opportuno fornire informazioni finalizzate ad inquadrare territorialmente l'area, le diverse problematiche connesse e le recenti iniziative messe in campo a livello centrale.
  Nello specifico, la piana del Sarno — ricadente nel bacino distrettuale dell'Appennino meridionale — comprende 56 comuni e si estende per circa 708 chilometri quadrati dal versante Sud-Est del Vesuvio fino alla penisola Sorrentina ed all'isola di Capri.
  Il Bacino del fiume Sarno comprende 42 comuni, nelle tre province di Napoli, Salerno ed Avellino, e si estende per circa 500 chilometri quadrati dai Monti Picentini ai Monti Lattari ad Est e a Sud, dai Monti Lauro e dal complesso Somma-Vesuvio a Nord.
  Le principali problematiche che caratterizzano il bacino del fiume Sarno — come si evince dall'analisi di diversi documenti di programmazione territoriale quali il piano di gestione del rischio alluvioni, il piano stralcio per l'assetto idrogeologico e il piano di gestione delle acque — sono riconducibili ai seguenti aspetti:
  rischio indotto da fenomeni alluvionali: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari circa al 7,8 per cento dell'intera area. Le criticità idrauliche attualmente presenti lungo il corso del fiume Sarno sono quasi tutte attribuibili a restringimenti delle sezioni di deflusso e ad irregolarità dei profili di fondo;
  rischio indotto da fenomeni franosi: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari circa al 52 per cento dell'intera area;
  acque superficiali e sotterranee: tutti i corpi idrici superficiali individuati risultano caratterizzati da un «non buono stato ecologico» e, in alcuni tratti del torrente Solofrana, emergono anche superamenti dei parametri chimici delle acque effluenti quali il cromo e il cadmio. Dalle analisi effettuate in diversi punti del reticolo naturale sono emersi superamenti in particolari periodi dell'anno, dovuti alle fluttuazioni di produzioni di alcune aziende agricole/manifatturiere.
  Per le acque sotterranee, nell'area ricadono otto acquiferi e quantitativamente risultano tutti classificati come non buoni, in quanto altamente sovra sfruttati. Infatti, la scelta di captare l'acqua mediante pozzi artesiani per l'approvvigionamento idrico ai fini agricoli è indotta dalle condizioni di inquinamento dei principali corsi d'acqua superficiali presenti nell'area.
  Analogamente risulta «non buono» lo stato chimico degli acquiferi.
  Ulteriore significativa criticità è rappresentata dall'enorme presenza di rifiuti urbani e non, lungo tutto il reticolo naturale che comporta importanti riduzioni delle sezioni in corrispondenza degli attraversamenti e delle confluenze idrauliche.
  Lo stato di gravissimo degrado del bacino del fiume Sarno è dovuto al combinato operare di una pluralità di fonti di inquinamento: innanzitutto quelle urbane, agricole e industriali.
  Alla categoria delle fonti urbane di inquinamento vanno condotte le perdite da reti fognarie primitive e sottodimensionate rispetto ai carichi da convogliare, gli scarichi direttamente in falda: la pratica dei pozzi neri disperdenti, la percolazione da aree adibite a discarica abusiva, ma impermeabilizzate in maniera approssimativa o, quando abusive, non affatto impermeabilizzate.
  Le fonti di inquinamento agricole sono rappresentate, invece, dall'uso spesso indiscriminato di fertilizzanti chimici, fitofarmaci, antiparassitari, anticrittogamici, diserbanti nonché reflui di origine zootecnica utilizzati come concime.
  Le fonti di inquinamento industriale, infine, sono da ascrivere in preponderanza agli scarichi non trattati degli stabilimenti conciari, conservieri, cartari, tipografici e così via.
  Da una disamina delle attività di indagine svolte sinora e dei contesti riscontrati, si può affermare che esistano numerose concause responsabili dei fenomeni di inquinamento del fiume Sarno e dei suoi affluenti Solofrana e Cavaiola. In sintesi, il fenomeno è riconducibile a:
  considerevole industrializzazione presente nell'area dell'agro nocerino sarnese;
  eccessiva antropizzazione di quei territori, legata a doppio filo al mancato completamento della rete fognaria e collettamento agli impianti di depurazione;
  scarsa attenzione all'ambiente.
  Proprio per arrivare ad una soluzione definitiva di risanamento del fiume Sarno e dei territori che attraversa, nell'ambito del
Masterplan Bacino Fiume Sarno, è stato assegnato all'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale il compito di definire e programmare uno scenario di misure di concerto con gli enti territorialmente competenti e declinare un piano di azioni da realizzare in base alle priorità. Tra le misure previste rientrano anche quelle relative al ciclo integrato delle acque, ovvero l'intervento di mitigazione degli impatti derivanti dagli scarichi.
  Premesso quanto sopra, relativamente ai recenti fenomeni di inquinamento il Ministero ha attivato i Carabinieri del Noe per effettuare controlli e indagini lungo l'intera area del fiume.
  Le attività di controllo sono tuttora in corso su delega delle competenti Procure di Avellino, Salerno e Nocera Inferiore ed in attuazione di quelli previsti e pianificati nell'ambito dell'accordo di collaborazione operativo siglato il 16 ottobre 2019 dal Comando del Nucleo operativo ecologico con l'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, che prevede un programma tecnico economico-operativo temporale finalizzato a definire le misure strutturali e non strutturali di mitigazione delle criticità.
  Il 7 maggio 2020 l'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ha comunicato che, nei giorni 5 e 6 maggio 2020, sono stati effettuati i primi campionamenti delle acque lungo il corso fluviale e i suoi affluenti principali.
  Sono state avviate dal Dipartimento di biologia e chimica - università di Napoli Federico II (con la quale è stato stipulato un accordo ed è in corso di stipula l'accordo integrativo) le analisi sui campioni prelevati.
  Sarà cura dell'autorità di bacino comunicare al Ministero i risultati di queste prime attività e fornire un aggiornamento sulle prossime azioni da effettuare, condivise con il Comando generale dei Carabinieri per la tutela ambientale, con il quale è stato stipulato un programma tecnico/economico/operativo/temporale che ha come finalità la valutazione delle criticità ambientali e di quanto a queste connesso.
  Alla luce delle informazioni esposte, il Ministero si impegna comunque a mantenere un'interlocuzione costante con tutti i soggetti competenti finalizzata a garantire che la ripresa dell'attività avvenga nel rispetto dell'ambiente e delle norme che ne disciplinano la tutela.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende, per decisione del sindaco e del presidente del consiglio comunale, il consiglio comunale di Terlizzi non sarebbe mai stato convocato da quando in Italia vigono le restrizioni per arginare la diffusione della pandemia da Covid-19, se si eccettua la convocazione delle commissioni consiliari nei primi giorni dell'emergenza;

   i consiglieri di minoranza dello stesso consiglio comunale di Terlizzi hanno stigmatizzato tale modalità di gestione dell'emergenza coronavirus da parte del sindaco e del presidente del consiglio comunale e hanno denunciato di «non essere convocati neanche per poter offrire un minimo contributo sulle decisioni da prendere nei momenti importanti dell'emergenza sociosanitaria ed economica in corso»;

   i consiglieri di minoranza hanno dapprima richiesto al presidente del consiglio comunale che lo stesso venisse convocato e successivamente, il 2 aprile 2020, hanno inviato una diffida allo stesso presidente, inviata per conoscenza anche alla prefettura di Bari, richiedendo la convocazione urgente del consiglio comunale, in base al regolamento consiliare e in conformità di quanto disposto dall'articolo 39 del Tuel, con all'ordine del giorno la gestione della fase emergenziale in corso;

   il 6 aprile 2020 gli stessi consiglieri di opposizione hanno scritto al prefetto di Bari per segnalare quello che per loro rappresenta l'ennesimo episodio di tracotanza da parte del sindaco, del presidente del consiglio comunale e delle forze di maggioranza in consiglio comunale che di fatto ha reso «inagibili» gli organi istituzionali, facendoli sprofondare in uno stato di «democrazia sospesa»;

   il presidente del consiglio e quindi anche il sindaco sarebbero stati sollecitati, anche per le vie brevi e informali, a riprendere le attività istituzionali, anche ricorrendo alle nuove tecnologie, come i sistemi di videoconferenza, per tenere le sedute necessarie delle commissioni consiliari permanenti e dei consigli comunali, visti i divieti di assembramenti e l'obbligo di mantenimento delle distanze interpersonali in vigore;

   purtroppo, sembra che il sindaco, con l'acquiescenza del presidente del consiglio comunale, voglia governare i processi di emergenza in totale autonomia e solitudine, non ritenendo necessario trattare l'argomento in questione nella massima assise cittadina;

   il 14 aprile 2020 gli stessi consiglieri di minoranza hanno ufficialmente chiesto al prefetto di intervenire nei confronti del presidente del consiglio comunale affinché convochi con estrema urgenza apposita seduta consiliare e, in alternativa, hanno invitato lo stesso prefetto ad applicare i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 39 del Tuel, visto che a parere del presidente del consiglio comunale non ricorrono i motivi di urgenza né i presupposti per la convocazione del consiglio comunale stesso, come si legge in una sua lettera del 9 aprile 2020 inviata ai consiglieri di minoranza e per conoscenza al prefetto di Bari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza se il prefetto di Bari, verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste, intenda esercitare i poteri sostitutivi previsti dalla legge e procedere quindi, previa diffida, alla convocazione del consiglio comunale di Terlizzi, garantendo così il diritto delle opposizioni e il pieno esercizio della democrazia all'interno dell'organismo più rappresentativo della città.
(4-05252)

  Risposta. — Con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  In via generale si premette che ai sensi dell'articolo 39 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico dell'ordinamento degli enti locali (Tuoel)), il presidente del consiglio comunale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore a venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri o il sindaco, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste. La disposizione configura così un obbligo in capo al presidente del consiglio comunale di procedere alla convocazione dell'organo assembleare e, in caso di inosservanza, in base al comma 5 dello stesso articolo 39, vi provvede il prefetto, previa diffida.
  Ai sensi della vigente normativa, le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono rappresentate dalla carenza del prescritto numero di consiglieri ovvero dalla verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del consiglio comunale.
  Circa la possibilità di attivare il potere sostitutivo del prefetto, non soltanto nell'ipotesi di inerzia del presidente dell'assemblea, ma anche nel caso in cui il predetto organo abbia riscontrato negativamente la richiesta con un atto formale, si ritiene che l'intervento prefettizio vada esercitato anche in presenza di un diniego formale, a meno che lo stesso sia fondato su una delle ipotesi per le quali sia la giurisprudenza che la dottrina ritengano giustificata l'omessa convocazione.
  Ciò in considerazione della
ratio del citato articolo 39, volta a garantire il diritto delle minoranze a poter esercitare il proprio mandato.
  Con particolare riferimento alla vicenda richiamata nell'interrogazione, si evidenzia come lo scorso 2 aprile 2020 un quinto dei consiglieri comunali abbia presentato al presidente del consiglio comunale di Terlizzi (BA) formale istanza di convocazione, in via d'urgenza, del consiglio al fine di discutere ed eventualmente approvare indirizzi operativi in tema di «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020 e seguenti: contestualizzazione e applicabilità al tessuto cittadino, uffici pubblici e organi istituzionali».
  Il successivo 6 aprile 2020, gli stessi consiglieri comunali hanno segnalato al prefetto di Bari la mancata convocazione del consiglio, chiedendo di intervenire per la convocazione in via di urgenza, della seduta consiliare o, in alternativa, per l'esercizio del poteri sostitutivi.
  Il 9 aprile il prefetto ha richiesto al sindaco, al presidente del consiglio e al segretario generale di comunicare le determinazioni assunte in merito alle richieste sopra richiamate.
  Il giorno stesso, il presidente del consiglio comunale, con nota indirizzata ai consiglieri comunali di minoranza e per conoscenza al prefetto ha riferito di non aver ritenuto sussistenti i motivi d'urgenza assicurando, al contempo, che avrebbe provveduto alla convocazione del consiglio comunale, in ogni caso nel rispetto dei termini previsti dalla legge e delle garanzie partecipative.
  Il successivo 14 aprile 2020 i consiglieri di minoranza hanno nuovamente richiesto l'intervento del prefetto, per l'esercizio dei poteri sostitutivi.
  Il 16 aprile il prefetto con una lettera inviata per conoscenza anche ai consiglieri comunali, ha interessato nuovamente il sindaco, il presidente del consiglio ed il segretario generale richiamando quanto disposto dal citato articolo 39 comma 2 e 5 del Tuel.
  Il segretario generale del comune di Terlizzi, con nota del 19 aprile 2020, ribadendo l'insussistenza dei motivi d'urgenza, ha dato atto che il consiglio comunale era stato convocato, nel rispetto del termine di venti giorni, di cui all'articolo 39 summenzionato, per il 22 aprile 2020, data nella quale lo stesso consiglio si è regolarmente svolto.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni articoli pubblicati su diversi quotidiani on line il 24 maggio 2020 si apprende delle minacce di morte inviate a Filippo Sorgonà, coordinatore del movimento «Sardine» di Reggio Calabria;

   il caso è stato denunciato dallo stesso Sorgonà, protagonista della vita politica cittadina;

   lo stesso attivista infatti, recandosi presso Ortì, il suo paese, ha notato la seguente scritta su un muro: «hai firmato la tua condanna», con accanto le iniziali del suo nome e cognome;

   tale scritta, comparsa accanto ad altre che da tempo sono presenti in città, secondo Sorgonà sarebbe, insieme alle altre, facilmente riconducibile ad una sigla politica che in città opera da anni nell'estrema destra con richiami orgogliosi al fascismo e al nazismo;

   questo episodio intimidatorio si aggiunge ad altri innumerevoli diffamazioni e minacce giunte da troppo tempo e sempre dagli stessi ambienti legati alla destra neofascista presente in città. Già un mese fa, infatti, Filippo Sorgonà ha subito l'incendio di due ettari della sua azienda agricola;

   da sempre Filippo Sorgonà è stato impegnato a combattere, con determinazione e con alto senso civile ed etico, la lotta alla mafia calabrese, la ’ndrangheta, ed è compito delle istituzioni attivarsi per garantirgli adeguata protezione e sicurezza;

   l'auspicio dell'interrogante è che le forze dell'ordine competenti e l'autorità giudiziaria riescano a individuare i responsabili di tali vili attacchi provenienti da ambienti legati alla mafia calabrese e alla destra neofascista –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire adeguata tutela e protezione a Filippo Sorgonà, attivista politico calabrese, da sempre impegnato nella lotta alla mafia e alla destra neofascista, alla luce della minaccia di morte e delle intimidazioni ricevute e richiamate in premessa.
(4-05918)

  Risposta. — In relazione alla problematica evidenziata dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nel mese di maggio 2020 militari del locale comando provinciale dell'Arma dei carabinieri sono intervenuti in località Straorino di Reggio Calabria, su segnalazione del sig. Filippo Sorgonà, giornalista indipendente, attivista e coordinatore provinciale dei movimenti civici «Le Sardine» e «Reggio Bene Comune».
  In tale circostanza le autorità rinvenivano sul muro di un ponte una scritta dai contenuto minaccioso realizzata con vernice di colore nero. Si ritiene che la scritta sia stata verosimilmente indirizzata al predetto attivista il quale, in sede di formale denuncia, ha riportato altri episodi risalenti ad anni precedenti, legati a contrasti con attivisti dell'estrema destra reggina.
  Successivamente è stata trasmessa apposita comunicazione di notizia di reato alla procura della Repubblica.
  Al momento non risultano accertati elementi di connessione dell'episodio con ambienti legati alla criminalità organizzata, né indicazioni atte ad escludere che lo stesso possa essere ricondotto ad altra matrice.
  Si rappresenta comunque che, nel corso della riunione tecnica di coordinamento delle forze di Polizia tenutasi presso la prefettura di Reggio Calabria il 29 maggio 2020, è stata disposta in favore dell'interessato una misura di vigilanza.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   GALANTINO, MOLLICONE, DELMASTRO DELLE VEDOVE e CIABURRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del 12 aprile 2019, veniva indetto un bando «per 436 vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato»;

   i vincitori di questo bando dovranno attendere ben 4 anni per assumere la qualifica di commissario capo a differenza dei vincitori di altro concorso precedente, che ricopriranno lo status dopo soli due anni e 3 mesi;

   entrambi i concorsi sono stati banditi in forza di un'unica norma transitoria prevista nel riordino delle carriere del 2017;

   i vincitori di entrambi i concorsi sono persone con alle spalle oltre 30/35 anni di carriera nella polizia di Stato e purtroppo tutti prossimi alla pensione (età media di 55/56 anni) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative intenda adottare affinché i partecipanti al concorso per 436 vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento della polizia di Stato abbiano una reale opportunità di progressione di carriera.
(4-04398)

  Risposta. — In relazione alla tematica evidenziata dall'interrogante, appare opportuno, in primo luogo, segnalare come tra le molteplici finalità alla base del cosiddetto «riordino» delle carriere, operato con il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 , figurino sia la volontà di ampliare le opportunità di progressione in carriera del personale, valorizzandone il merito, la professionalità, l'anzianità di servizio e i titoli acquisiti nel corso della carriera, sia quella di salvaguardare i dipendenti con maggiore anzianità effettiva nel ruolo.
  Il citato provvedimento ha istituito il ruolo direttivo a esaurimento della polizia di Stato articolato nelle qualifiche di vice commissario, commissario e commissario capo, con funzioni analoghe a quelle delle corrispondenti qualifiche della carriera dei funzionari, con la previsione di una dotazione organica complessiva pari a 1.800 unità.
  Così come segnalato nell'interrogazione, l'accesso al predetto ruolo è stato previsto attraverso due distinte procedure concorsuali riservate al personale del ruolo degli ispettori con la qualifica di sostituto commissario della polizia di Stato.
  Più in particolare, con decreto del capo della polizia dell'11 ottobre 2017, è stato bandito un primo concorso per titoli, per la copertura di 1.500 posti di vice commissario del ruolo direttivo ad esaurimento della polizia di Stato riservato, secondo quanto previsto dall'articolo 2 lettera
t) del predetto decreto legislativo n. 95 del 2017 ai sostituti commissari «che potevano partecipare, rispettivamente, a ciascuno dei concorsi previsti per le annualità dal 2001 al 2005, di cui all'articolo 25 del decreto legislativo del 5 ottobre 2000, n. 334». Al riguardo si evidenzia che i candidati dovevano avere già maturato almeno dieci anni di effettivo servizio nel ruolo per poter partecipare ai predetti concorsi.
  Con successivo decreto del capo della polizia del 12 aprile 2019, è stato bandito un secondo concorso per titoli, per la copertura di 300 posti di vice commissario del ruolo direttivo a esaurimento della polizia di Stato, successivamente aumentati a 436 unità. Questa seconda procedura concorsuale, sempre in base a quanto disposto dall'articolo 2 lettera
t) del decreto legislativo n. 95 del 2017, è stata riservata ai sostituti commissari del ruolo degli ispettori «che potevano partecipare al concorso di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334», in possesso dei requisiti ivi richiesti.
  Si precisa che mentre nella prima procedura concorsuale i candidati dovevano avere già maturato almeno dieci anni di effettivo servizio nei ruolo; nella seconda erano state individuate le categorie dei titoli da ammettere a valutazione, tra le quali assumeva particolare rilevanza l'anzianità di effettivo servizio nel ruolo degli ispettori e i punteggi massimi da attribuire a ciascuna di esse.
  Così come espressamente previsto dal più volte citato decreto legislativo n. 95 del 2017, i vincitori delle due distinte procedure concorsuali sono nominati vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza giuridica ed economica dalla data di inizio del primo corso di formazione, ossia dal 26 febbraio 2018 per i vincitori del concorso da 1.500 posti e dal 27 novembre 2019 per i vincitori del concorso da 436 posti.
  Sempre la citata normativa ha previsto per il raggiungimento della qualifica apicale del ruolo, ovvero commissario capo, un differente percorso stabilito in due anni e tre mesi di effettivo servizio per i vincitori della prima procedura concorsuale e in quattro anni di effettivo servizio per i vincitori del secondo concorso.
  Pertanto, le diverse decorrenze giuridiche attribuite ai vincitori delle due procedure concorsuali si fondano sui criteri di computo riconducibili alla differente anzianità di servizio dei rispettivi partecipanti.
  

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 2 aprile 2020 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato un decreto che stabilisce nuovi criteri per l'immissione di specie faunistiche nel nostro Paese, che è diventato già esecutivo dal giorno 15 dello stesso mese;

   il decreto stabilisce nuovi criteri per la reintroduzione e il ripopolamento di specie: per quelle autoctone, ricollegandosi all'allegato D di un precedente decreto del 1997 e, per quelle non autoctone, prevedendo ulteriori e stringenti disposizioni;

   le nuove misure prevedono che gli enti di gestione devono compiere la valutazione dello studio preventivo di fattibilità per le specie endemiche, nonché la formulazione di una preventiva richiesta da inoltrare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, corredata da uno studio del rischio, per le immissioni di specie alloctone;

   tale decreto, in un periodo di emergenza sanitaria da Covid-19 come quella attuale, incrementa in misura significativa la burocrazia per le amministrazioni regionali italiane, a scapito sia delle attività delle stesse regioni, già congestionate in ragione della pandemia, sia di quelle degli operatori del settore, soprattutto degli operatori di allevamenti specializzati;

   sono particolarmente colpiti anche i settori dei parchi zoologici e degli acquari che a stento cercano di sopravvivere in questo periodo e garantire i migliori standard di qualità e benessere di tutti gli animali, con personale ridotto e con l'azzeramento di tutti i flussi economici in entrata dai visitatori;

   inoltre, occorre fornire da parte del Ministero o dell'Ispra specifiche indicazioni circa le immissioni di specie di interesse venatorio e per la pesca sportiva;

   peraltro, solo pochi mesi fa durante il primo Governo Conte, è stato approvato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019, che permetteva di derogare alle previsioni della direttiva «Habitat» sulle specie alloctone, al fine di consentire i ripopolamenti delle trote fario e iridea; in tale decreto era previsto che, nel termine di sei mesi, il Ministero avrebbe dovuto redigere le proprie linee guida su tale argomento che, tuttavia, non risultano ancora emanate;

   l'emanazione del nuovo decreto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare crea una situazione di ulteriore disagio e incertezza, che va a sommarsi sulla crisi prodotta dalla pandemia di Covid-19, incidendo in modo anomalo sugli allevamenti specializzati costretti a stoppare gli stock di animali prodotti, proprio a ridosso del momento in cui gli stessi avrebbero ripreso la propria attività –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per risolvere le questioni esposte in premessa, allo scopo di alleggerire i nuovi compiti previsti dal decreto del 2 aprile 2020 per gli operatori e per le regioni, in questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, e per adottare immediatamente specifiche misure in favore dei ripopolamenti di specie negli allevamenti specializzati.
(4-05372)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, in particolare dall'Ispra si rappresenta quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica 5 luglio 2019, n. 102 «Regolamento recante ulteriori modifiche dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/ CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» ribadisce, all'articolo 2, comma 3, il generale divieto di immissione in natura di specie e di popolazioni non autoctone sul territorio italiano già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, introducendo la possibilità di deroghe specificatamente valutate e autorizzate dal Ministero dell'ambiente.
  Tale possibilità di deroga si applica anche a specie e popolazioni autoctone per il territorio italiano quando la loro introduzione interessa porzioni di territorio esterne all'area di distribuzione naturale.
  In merito alle possibili deroghe, il comma 4 dell'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019 precisa che esse possono essere chieste da regioni e province autonome unicamente per motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali e, comunque, in modo che non sia arrecato alcun pregiudizio agli
habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale, né alla fauna e alla flora selvatiche locali.
  Il comma 5, del citato articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019, specifica, inoltre, che l'eventuale autorizzazione in deroga all'immissione in natura di specie alloctone è subordinata alla valutazione di uno specifico studio del rischio che l'immissione comporta per la conservazione delle specie e degli
habitat naturali, predisposto dagli enti richiedenti.
  Infine, l'articolo 4 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti, entro 6 mesi, i criteri per l'immissione di specie e di popolazioni non autoctone, nel rispetto delle finalità del decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 e della salute e del benessere delle specie.
  Il decreto 2 aprile 2020 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, recante «Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui all'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e per l'immissione di specie e di popolazioni non autoctoni», risponde, pertanto, a quanto previsto dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019, nell'ottica anche di una semplificazione del lavoro delle amministrazioni pubbliche.
  Per effetto del decreto emanato, le amministrazioni che vogliono avvalersi della possibilità di richiedere una deroga al divieto di immissione di specie alloctone in natura hanno un quadro chiaro del campo di applicazione e dei contenuti che lo studio del rischio, richiesto dal decreto del Presidente della Repubblica 102 del 2019, deve contenere.
  Negli allegati del citato decreto 2 aprile 2020, infatti, sono dettagliatamente e chiaramente descritti gli elementi da presentare al Ministero dell'ambiente perché possa valutare e, nel caso, autorizzare l'immissione in natura.
  Si rammenta che il decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019 prevede anche un parere tecnico del consiglio del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente che deve verificare che l'immissione non arrechi alcun pregiudizio agli
habitat naturali, né alla fauna e alla flora selvatiche locali.
  Il regime di deroga è pertanto pienamente vigente e non necessita, per l'applicazione, di ulteriori linee guida applicative.
  Si ritiene infine di chiarire che, prima della modifica introdotta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 201,9, l'immissione di specie alloctone sul territorio nazionale era vietata, senza alcuna possibilità di deroga.
  Non si ritiene, pertanto, che il decreto del 2 aprile 2020 comporti aumenti degli
iter amministrativi per la concessione di deroghe, né oneri aggiuntivi per gli operatori degli impianti di allevamenti specializzati (la cui finalità non poteva essere la produzione di specie alloctone da immettere in natura, essendo tale pratica vietata).
  Si rammenta, altresì, che l'introduzione e la diffusione di specie alloctone in natura rappresenta oggi una delle cause principali di perdita di biodiversità soprattutto in un paese, come l'Italia, ricco di endemismi e specie protette.
  La situazione è particolarmente allarmante nel caso degli ambienti di acqua dolce: dai più recenti dati disponibili emerge come la fauna ittica strettamente dulcacquicola della penisola italiana e delle isole maggiori è caratterizzata da un insieme di 113 specie di cui 53 autoctone (Associazione italiana ittiologi acque dolci 2019) e ben 60 alloctone (a cui si aggiungono 24 specie alloctone ancora non acclimatate, occasionali o solo segnalate). Più del 90 per cento delle specie ittiche alloctone sono state introdotte volontariamente in natura per finalità di pesca ricreativa o sportiva. Delle specie autoctone ancora presenti, quasi la metà (25) sono state valutate a rischio di estinzione dalla Lista rossa dei vertebrati italiani (Rondinini et al., 2013).
  Il Ministero dell'ambiente, inoltre, ha dato avvio ad un tavolo tecnico con regioni e province autonome volto ad approfondire i contenuti dell'allegato 3 «per l'immissione di specie non autoctone per motivazioni diverse dal controllo biologico» di cui al decreto del 2 aprile 2020, articolo 3, comma 2.
  Si precisa infine che le citate disposizioni non riguardano i giardini zoologici o gli acquari che mantengono le proprie specie in cattività.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'articolo 18 delle «regole penitenziarie europee», «ogni detenuto, di regola, deve poter disporre durante la notte di una cella individuale, tranne quando si consideri preferibile per lui che condivida la cella con altri detenuti»; il punto 6 dello stesso articolo prevede che «una cella deve essere condivisa unicamente se è predisposta per l'uso collettivo e deve essere occupata da detenuti riconosciuti atti a convivere»;

   l'articolo 22 del codice penale stabilisce che «la pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno»;

   l'articolo 6 dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), al comma 5, stabilisce che «fatta salva contraria prescrizione sanitaria e salvo che particolari situazioni dell'istituto non lo consentano, è preferibilmente consentito al condannato alla pena dell'ergastolo il pernottamento in camere a un posto, ove non richieda di essere assegnato a camere a più posti»;

   l'interrogante è a conoscenza del fatto che alcuni detenuti ergastolani del carcere di Parma sono stati assegnati in celle singole dove però sono costretti a vivere in due: si veda articolo pubblicato sul quotidiano Il Dubbio del 29 ottobre 2019 in cui il giornalista Damiano Aliprandi dà la notizia della protesta degli ergastolani trasferiti da Voghera a Parma, puniti con l'isolamento in «cella liscia» per essersi rifiutati di condividere la cella con un altro detenuto;

   secondo l'articolo 2 del decreto del Ministro della sanità del 5 luglio 1975 richiamato dalla circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 7 febbraio 1992, lettera w), le stanze di pernottamento in carcere, debbono avere una superficie quadrata di 9 metri quadrati se per una persona, e di 14 metri quadrati se per due persone;

   le stanze detentive del carcere di Parma, progettate per ospitare una persona, misurano 9,63 metri quadrati;

   il tribunale di sorveglianza di Bologna ha riconosciuto il rimedio risarcitorio previsto dall'articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario al detenuto M.D. per il periodo in cui nel carcere di Parma è stato costretto a convivere con un altro detenuto nella stanza detentiva singola (si veda allegato, pagina 4) ravvisando la violazione dell'articolo 3 della Cedu –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se ritenga di dover adottare le iniziative di competenza per assicurare ai condannati alla pena dell'ergastolo detenuti nel carcere di Parma la possibilità di usufruire di una cella individuale.
(4-04873)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, premesso il richiamo all'articolo 18 delle regole penitenziarie europee circa il diritto di usufruire, durante la notte, di cella singola, l'articolo 22 codice penale inerente l'esecuzione della pena dell'ergastolo e dell'isolamento notturno, l'articolo 6 dell'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario), l'articolo 2 del decreto ministeriale sanità del 5 luglio 1975 circa la superficie delle celle singole e collettive, e richiamato altresì il contenuto di un articolo di stampa pubblicato in data 29 ottobre 2019 sul quotidiano Il Dubbio, riferisce di essere a conoscenza che nel carcere di Parma alcuni detenuti condannati all'ergastolo, pur assegnati a celle singole, sono però costretti a viverci in due, quindi che a seguito della protesta di taluni ergastolani trasferiti dal carcere di Voghera a quello di Parma, questi sarebbero stati «puniti» con l'isolamento in «cella liscia» per essersi rifiutati di condividere la cella con altro detenuto.
  Infine riferisce del riconoscimento, da parte del tribunale di sorveglianza di Bologna, del rimedio risarcitorio di cui all'articolo 35-
ter dell'ordinamento penitenziario, al detenuto M. D. per essere stato costretto a convivere con altro detenuto in cella singola, in violazione dell'articolo 3 della Cedu.
  Orbene, in via preliminare corre l'obbligo di evidenziare che l'amministrazione opera senza sosta nel reperire spazi detentivi da destinare al circuito alta sicurezza 3 e così deflazionare le sedi penitenziarie del sud Italia, anche favorendo l'allontanamento dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata dai territori di radicamento e attività di sodalizio mafioso di appartenenza.
  In tal ottica, nel mese di settembre 2019, è stata disposta la conversione delle due sezioni Alta sicurezza 1 (As1), presenti nella casa circondariale di Voghera (ospitanti 51 detenuti), in circuito Alta sicurezza 3 (AS3), così recuperando 94 posti per tale sottocircuito.
  Di conseguenza, 11 detenuti As1 (dei 51 presenti a Voghera), in prevalenza ergastolani, sono stati trasferiti presso la casa reclusione di Parma, considerato che presso questa struttura vi è, ad oggi, un'apposita sezione destinata al contenimento dei detenuti.
  Sin dal loro ingresso presso l'istituto di Parma, diversi di questi, con aggiunta di due detenuti As3 (per un totale di n. 9 detenuti), mettevano in atto reiterate manifestazioni di protesta mediante battitura delle inferriate, rifiutandosi di essere allocati in sezione ordinaria con altri detenuti, ritenendo inadeguata la superficie in metri quadri a loro destinata e ritenendo che in quanto ergastolani, vantassero il diritto alla stanza singola.
  La direzione del carcere, in ragione dei gravi comportamenti messi in atto ne richiedeva l'allontanamento presso altre sedi, adottando i necessari provvedimenti di natura disciplinare, compresa la convocazione del consiglio di disciplina integrato relativamente ad alcuni detenuti, onde acquisire il parere per l'eventuale applicazione del regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario.
  Nessun trasferimento veniva poi effettuato, atteso che tutte le strutture dotate di sezioni As1 non consentono, allo stato, l'allogazione dei detenuti ivi presenti in camere di pernottamento singole.
  Veniva loro rappresentato, altresì, che il diritto alla camera singola non fosse un vero e proprio diritto soggettivo, laddove le condizioni logistiche e strutturali non lo consentano, e che tale atteggiamento, oltre che rilevante sotto un profilo disciplinare, rappresentava una regressione nel percorso trattamentale avviato.
  Sul punto, plurime risultano le pronunzie della Suprema Corte di cassazione che, chiamata valutare il contenuto delle ordinanze emesse dalla magistratura di sorveglianza con le quali venivano rigettati i reclami proposti dai detenuti per l'omessa attuazione dell'isolamento notturno, ha affermato il principio di diritto per cui «l'isolamento notturno del condannato all'ergastolo, così come quello diurno, che rappresenta un inasprimento sanzionatorio e non una sanzione vera e propria, non può considerarsi oggetto di un diritto soggettivo azionabile dall'interessato. Ne consegue che è legittimo il rigetto di istanza presentata dal condannato alla pena dell'ergastolo e mirante a ottenere, in costanza della sua esecuzione, l'isolamento notturno».
  Inizialmente, nonostante gli sforzi nell'attuare un'opera di convincimento a salire nella sezione ordinaria, tutti i detenuti coinvolti, fatta eccezione per uno di loro, sono stati allocati presso la sezione Iride, deputata all'isolamento dei soggetti appartenenti al circuito alta sicurezza e quindi dotata di celle singole ove, alla data del 15 marzo 2020, erano presenti 7 detenuti (di cui 6 As1 e 1 As3).
  Le stanze del reparto Iride, in ogni caso, sono rispondenti alle caratteristiche delle restanti stanze dei reparti ordinari e, quindi, assicurano gli standard minimi di sicurezza, igiene e abitabilità previsti dalla vigente normativa in materia.
  Successivamente, tutti i detenuti interessati, ad esclusione di uno solo, dopo gli interventi delle varie figure del penitenziario, hanno inteso interrompere il tipo di protesta/pretesa e si trovano assegnati nel reparto destinato al circuito alta sicurezza 1 in camera doppia.
  Quanto alle cosiddette «celle lisce», evidentemente si fa riferimento ad alcune stanze prive di televisore e con tavolo in pietra, senza altro tipo di limitazione.
  Ad ogni modo, con disposizione del 25 settembre 2019, le camere in questione sono state chiuse e soggette a lavori di adeguamento, compresa la dotazione di TV.
  Pertanto, non risulta corretta l'informazione circa «l'essere stati puniti con l'isolamento in cella liscia».
  Relativamente al detenuto indicato dall'interrogante con le iniziali M. D., fermi i dubbi sull'esatta identità, risulta come presso l'istituto penitenziario di Parma, sussistono due persone con nominativo portante le citate iniziali e solo uno che ha presentato reclamo giurisdizionale
sub articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario, accolto in parte, ma non in riferimento al periodo di detenzione presso la casa di reclusione di Parma.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIACHETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni giorni davanti alla sede del comune di Torino, in piena emergenza Covid, alloggiano in tende e sacchi a pelo di fortuna diverse decine di senzatetto che trovavano fino al 3 maggio 2020 rifugio nei dormitori di emergenza del comune di Torino di Piazza d'Armi, chiusi dallo stesso comune;

   la Vice Sindaca di Torino ha motivato ieri la decisione di chiudere il rifugio dormitorio, con servizi igienici e strutture riscaldate per un centinaio di persone, «per motivi di ordine pubblico e perché non si potevano scongiurare rischi di assembramento»;

   lo spettacolo di queste ore in piazza Palazzo di Città, sotto i portici e nei punti estremi della piazza davanti al comune, è quanto di più degradante e inumano si debba assistere, con forme di assembramento ancora più rischiose e illogiche sul piano della sicurezza e dell'igiene, innanzitutto per i senzatetto;

   la fotografia appare quella di un campo profughi di un paese in guerra, essendovi accampate decine di persone che non hanno servizi igienici, cibo, aiuti e assistenza di alcun tipo;

   appare inaccettabile all'interrogante che decine di persone si trovino in questa grave situazione umanitaria senza che vi siano iniziative o possibili soluzioni –:

   se risulti quali siano state le ragioni della chiusura del centro di accoglienza dormitorio di Piazza d'Armi senza un'alternativa adeguata a questa emergenza;

   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati, alla luce dell'emergenza sanitaria e in raccordo con le autorità competenti (prefetto, sindaco, presidente della regione), riguardo alla possibilità di riaprire con la massima urgenza il centro di accoglienza comunale e per garantire, almeno per le prossime ore e in attesa di una soluzione, servizi igienici e aiuti alimentari alle persone accampate in piazza Palazzo di Città.
(4-05529)

  Risposta. — In relazione alla problematica richiamata dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Sulla base delle notizie acquisite dall'amministrazione comunale risulta che il sito umanitario di piazza d'Armi di Torino, gestito dalla Croce rossa italiana, viene istituito allo scopo di offrire riparo, per i soli mesi più freddi dell'anno, a coloro che risultino privi dei requisiti per accedere ai classici dormitori, ad esempio per mancanza di documenti validi.
  Gli ospiti del sito in argomento, pari a circa 80-90 persone per notte, sono soliti trovare autonomamente altre collocazioni con la chiusura del dormitorio programmata per il mese di marzo di ogni anno.
  Quest'anno, il comune di Torino, in applicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in conseguenza della emergenza epidemiologica da Covid-19 ne ha prorogato l'apertura fino al 4 maggio 2020.
  L'amministrazione comunale ha precisato di avere prontamente avviato, a seguito della chiusura del predetto sito, costanti colloqui con le persone senza fissa dimora, individuando tempestivamente sistemazioni alternative, presso altri dormitori cittadini, per 17 delle 33 persone sino ad allora registrate, in possesso di documenti validi.
  Tale immediato ricollocamento non è stato invece possibile per i soggetti privi di regolare documentazione i quali, già dalla chiusura del sito umanitario, hanno dato inizio ad un presidio in piazza Palazzo di Città con il proposito di ottenere una nuova sistemazione. Da quella data, altre persone, compresi cittadini stranieri estranei alla chiusura del dormitorio di piazza d'Armi, si sono accampate sotto i portici della piazza e il loro numero, nei giorni seguenti, ha raggiunto le 50 unità.
  In considerazione di quanto sopra, il 12 maggio 2020, a seguito di un'ordinanza del sindaco di Torino e d'intesa con la prefettura e la questura, si è proceduto all'accompagnamento delle persone presenti in piazza d'Armi presso un
hub temporaneo, appositamente allestito al fine di adottare tutte le misure sanitarie necessarie alla tutela della salute dei soggetti interessati.
  La questura di Torino, nel contempo, ha posto in essere tutti gli accertamenti atti a verificare la posizione dei cittadini stranieri presenti i quali, in poche ore, sono stati ricollocati presso strutture del comune di Torino o centri di accoglienza per stranieri presenti in varie località della provincia, fatta eccezione per un cittadino nigeriano trasferito presso il centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) Brunelleschi di Torino e per un cittadino marocchino destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere.
  L'attività svolta ha consentito il ricollocamento di 49 persone in poche ore.
  Nei giorni successivi all'operazione del 12 maggio 2020 sono state, inoltre, trovate idonee soluzioni per altre 24 persone senza fissa dimora, rintracciate dall'amministrazione comunale in varie zone del capoluogo, molte delle quali mai state in piazza d'Armi.
  Si assicura che l'evolversi della vicenda descritta è stata costantemente monitorata dalla prefettura di Torino, d'intesa con il sindaco della città, al fine di valutare congiuntamente le iniziative più idonee da intraprendere.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 54 del 2006, che ha istituito l'affido condiviso, afferma il principio della bigenitorialità, che stabilisce, il «diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori»;

   quando nei confronti di uno dei genitori si dimostra una carenza o inidoneità educativa tale da considerare l'affidamento condiviso una soluzione pregiudizievole contraria all'interesse del minore, la strada da percorrere è quella dell'affidamento esclusivo;

   l'affidamento esclusivo viene considerato un'eccezione e deve essere motivato. Ha bisogno della dimostrazione dell'idoneità del genitore al quale viene affidato il minore e l'inidoneità dell'altro;

   l'articolo 155-sexies del codice civile prevede che: il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, è ascoltato dal presidente del tribunale dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano;

   l'articolo 403 del codice civile prevede che: «quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione». Il collocamento ex articolo 403 del codice civile costituisce un provvedimento provvisorio, destinato ad avere effetto soltanto finché la competente autorità emetta quello definitivo;

   la Stampa ha riportato la storia di S.T, chiamandola Lucia, nome di fantasia, una donna che, dopo la separazione col marito si è occupata del figlio per 10 anni, poi le è stato tolto. E da quest'anno il minore è affidato in via esclusiva al padre. Oggi S. T. come racconta all'agenzia Dire, vede suo figlio in uno spazio protetto, «una volta a settimana per un'ora, in una saletta del comune con sbarre alle finestre e con due operatrici a 50 centimetri che devono vagliare foto, video, giochi, domande». La ragione è in una consulenza tecnica d'ufficio del 2016, disposta dalla corte d'appello che le addebita di aver imbrigliato il figlio «in un conflitto di lealtà, che gli impedisce l'accesso al padre», chiedendo «un intervento urgente di collocamento del bambino presso il padre passando prima 10-15 giorni in uno spazio neutro di transizione». Il tutto motivato solo dai vissuti materni «pervasivi e penalizzanti»;

   la Corte di cassazione ha evidenziato che il giudice, nel momento in cui la consulenza tecnica concluda per una diagnosi che non è supportata dalla scienza medica ufficiale, è tenuto ad approfondire per verificarne il fondamento. Non si può inoltre concludere per l'affidamento esclusivo del minore al padre basandosi solo su un giudizio non debitamente motivato d'inadeguatezza della madre, in un contesto di tale conflittualità;

   «Andremo in Cassazione probabilmente – dichiara l'avvocato di parte – dopo che è stata respinta la richiesta di ascoltare il minore e ampliare il diritto di visita della mamma, alla quale la responsabilità genitoriale non è stata sospesa. I servizi – conclude – dichiarano di aver ascoltato il bambino più volte, ma non esiste una prova, e la bigenitorialità come sarebbe garantita con questo regime di visita?» –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 54 del 2006 in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati, anche alla luce del principio di bigenitorialità richiamato in premessa;

   se intenda intraprendere iniziative normative affinché la sindrome di alienazione parentale (Pas o Ap), o conflitto di lealtà o sindrome della madre malevola, costrutti privi di validità scientifica, non vengano più utilizzati nei tribunali e nelle consulenze tecniche d'ufficio, anche alla luce del pronunciamento della Corte di cassazione.
(4-04261)

  Risposta. — L'interrogazione ha ad oggetto una vicenda, riportata dagli organi di stampa, di una madre che, dopo la separazione dal marito e dopo lunghi anni dedicati all'accudimento del figlio, può attualmente incontrare il minore solo in ambiente protetto, sulla scorta di una consulenza tecnica d'ufficio disposta dalla Corte di appello nel 2016 che le aveva addebitato «di aver imbrigliato il figlio in un conflitto di lealtà che gli impedisce l'accesso al padre» e aveva accertato «vissuti materni pervasivi e penalizzanti».
  In base a quanto riferisce l'interrogante, da quest'anno il minore è affidato in via esclusiva al padre ed incontra la madre in spazio protetto, una volta a settimana per un'ora, essendo stata respinta dall'autorità procedente sia la richiesta di ascolto del minore, sia la richiesta di ampliamento del diritto di visita materno.
  Alla luce di tali circostanze, svolte alcune considerazioni critiche in ordine alla cosiddetta sindrome di alienazione parentale (Pas), l'interrogante chiede di sapere:
  1) quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 54 del 2006 in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati, anche alla luce del principio di bigenitorialità richiamato in premessa;
  2) se intenda intraprendere iniziative normative affinché la sindrome di alienazione parentale (Pas o Ap), o conflitto di lealtà o sindrome della madre malevola, costrutti privi di validità scientifica, non vengano più utilizzati nei tribunali e nelle consulenze tecniche d'ufficio, anche alla luce del pronunciamento della Corte di cassazione.
  Vanno effettuate a questo punto due preliminari notazioni: 1) non essendo stato specificato presso quali uffici giudiziari sarebbero stati adottati i provvedimenti menzionati non è stato possibile assumere informazioni in merito;
  2) con riguardo ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale, non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte di questo ufficio, atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee, a influenzare (sia pure in via solo indiretta) l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza. L'interrogante cita una sentenza della Corte di cassazione nella quale si è affermato che la sindrome da alienazione parentale accertata dalla consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio e posta a fondamento della decisione, non era supportata dalla scienza medica ufficiale.
  Il codice di procedura civile disciplina l'attività del consulente tecnico nella sezione TU del Libro I, agli articoli 191 e successivi, e non sono state adottate norme specifiche relative alle indagini peritali disposte dal giudice nell'ambito di procedimenti che hanno ad oggetto l'affidamento di un minore.
  Secondo giurisprudenza ormai consolidata la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma è un mezzo di valutazione delle prove offerte dalle parti, con il quale il giudice acquisisce, ove necessario, il parere di professionisti dotati di particolari competenze tecniche senza, tuttavia, essere vincolato al parere così espresso (si veda, tra le molte, Cass. Civ. sez. VI-3 del 7 giugno 2019, n. 15521).
  La giurisprudenza distingue, inoltre, tra consulenza tecnica d'ufficio «percipiente», con la quale il giudice può affidare al consulente fatti accertati o dati per esistenti, e consulenza d'ufficio «deducente» con la quale il giudice può affidare al consulente il compito di accertare determinati fatti, purché si tratti di fatti che possono essere rilevati esclusivamente con il ricorso a determinate cognizioni tecniche.
  In tale ipotesi la consulenza (deducente) può fungere da strumento di accertamento di questo genere di fatti, ferma restando tuttavia la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove ai fini della decisione (v. Cass. Civ. Sez. III, ordinanza 15747, depositata il 15 giugno 2018).
  L'articolo 196 del codice di procedura civile consente inoltre al giudice, se ricorrono «gravi motivi», di rinnovare le indagini peritali e sostituire il consulente tecnico inizialmente nominato (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie).
  È garantito alle parti del processo il diritto di partecipare alle indagini peritali facendosi assistere da propri consulenti, come dispone l'articolo 194, comma secondo, del codice di procedura civile.
  Vige infine il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti, ivi compresi i pareri tecnici resi dal consulente d'ufficio, come stabilito in generale dall'articolo 116 c.p.c. a mente del quale «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti», e può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno quando rispondono all'interrogatorio non formale (articolo 117 del codice di procedura civile), così come dal rifiuto ingiustificato di consentire le ispezioni ordinate dal giudice stesso, e in generale, dal «contegno delle parti stesse nel processo».
  Si deve pertanto escludere che l'inserimento o il mancato inserimento di una determinata patologia psichica nel novero dei disturbi «riconosciuti» dalla comunità scientifica di riferimento costituisca di per sé elemento idoneo a influenzare l'esito di una controversia, anche qualora tale accertamento sia oggetto di una consulenza «deducente».
  Quanto alla influenza dei comportamenti dei coniugi sul regime di affido dei minori, la disposizione dell'articolo 709-
ter del codice di procedura civile consente a ciascun genitore di ricorrere al tribunale affinché risolva le controversie tra coniugi in ipotesi di inadempienze e violazioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento dei minori.
  In tale sede il tribunale può anche disporre modifiche ai provvedimenti già assunti, oltre che pronunce di ammonimento, di risarcimento dei danni, e di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria sino a 5.000 euro. Nel valutare il comportamento dei genitori, anche in ipotesi di condotta volta ad ostacolare le frequentazioni con il genitore non collocatario (idonee a dare luogo, secondo alcuni alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale), il giudice deve comunque tenere in considerazione il preminente interesse del minore, ivi compresa la continuità degli affetti e dello stile di vite seguito.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Inoltre, nel nostro ordinamento vige l'articolo 337-
octies, del codice civile che ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Di conseguenza la decisione giurisdizionale dovrebbe fondarsi su molteplici elementi, tutti idonei a concorrere a formare il libero convincimento del giudice. Tanto esposto, con riferimento all'assetto normativo vigente, non risultano attualmente in corso iniziative normative di questo Ministero, nella direzione richiesta dall'interrogante.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 23 gennaio 2020 diversi articoli di autorevoli media nazionali, tra cui Ansa, il Resto del Carlino, hanno riportato la notizia che riguarda due funzionarie, assistenti sociali della Ausl di Rimini, messe sotto indagine dalla Procura per aver impedito ad una madre di vedere i suoi figli per ben tre anni;

   «Le funzionarie – riporta l'Ansa – avevano accusato una madre di maltrattare i due figli piccoli, ma la donna è stata scagionata e ora a rischiare il processo sono il responsabile del Servizio tutela minori dell'Ausl di Rimini e il responsabile della Responsabilità genitoriale tutela dei minori. Il primo è anche indagato per diffamazione per le parole mosse contro la famiglia affidataria, ma registrate da una delle madri ai quali erano stati tolti i due piccoli»;

   «Bimbi di pochi anni, – racconta il Resto del Carlino –, tolti alla famiglia naturale, prima e a quella affidataria poi, passati da permanenze in strutture di accoglienza e collocati poi presso una famiglia, e successivamente rimessi in strutture. Decisioni assunte dal Tribunale per i Minorenni su indicazioni del Servizio Sociale o dallo stesso nell'esercizio del proprio potere discrezionale»;

   le indagini, avviate dopo le denunce presentate dai familiari, hanno fatto sì che il sostituto procuratore della Repubblica di Rimini formulasse un'ipotesi di reato per «mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice». Da affidatarie, le due assistenti non avrebbero agevolato, né fornito adeguato sostegno per la ripresa dei rapporti familiari con la madre. «L'indagine – scrivono – riguarderebbe anche un altro caso di una giovane madre, già ospite di una struttura di accoglienza nel Riminese con un bambino piccolo e incinta del secondo»;

   la legge n. 184 del 1983 delinea un quadro di misure volto a far sì che l'allontanamento definitivo del minore dalla propria famiglia venga disposto solo per accertate e insuperabili difficoltà del nucleo di origine ad assicurare al bambino un ambiente favorevole per la sua crescita, stante l'accertata inutilità di altre forme di sostegno alla famiglia o il rifiuto opposto da quest'ultima;

   la Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, all'articolo 9, stabilisce una riserva di legge rafforzata in materia di separazione del minore dai genitori, stabilendo che: «gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nel preminente interesse del minore» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, anche normative, intenda intraprendere per far in modo che la discrezionalità di cui godono i servizi sociali, così come previsto dall'ordinamento, possa essere esercitata nell'ambito di adeguati ed efficaci controlli al fine della piena tutela dei minori, per evitare il verificarsi di comportamenti «abusanti» che, non solo determinano un sovraccarico di lavoro da parte delle procure, ma ledono diritti fondamentali garantiti a livello internazionale, che una volta violati, sostanzialmente non possono essere più risarciti.
(4-04613)

  Risposta. — Il caso sottoposto al Ministro della giustizia riguarda la vicenda, riportata da diversi organi di stampa, di due funzionarie, assistenti sociali della Ausl di Rimini, indagate dalla procura di Rimini per aver impedito ad una madre di vedere i suoi figli per ben tre anni in quanto accusata di maltrattamenti nei confronti della prole, accuse poi rivelatesi infondate. Stando a quanto riferisce l'interrogante, i minori, ancora in tenera età, erano stati allontanati dalla famiglia e collocati in strutture protette su disposizione del Tribunale per i minorenni di Bologna, che aveva agito su indicazione del servizio sociale.
  Alla luce di tali circostanze, l'interrogante chiede di sapere: «se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, anche normative, intenda intraprendere per far in modo che la discrezionalità di cui godono i servizi sociali, così come previsto dall'ordinamento, possa essere esercitata nell'ambito di adeguati ed efficaci controlli al fine della piena tutela dei minori, per evitare il verificarsi di comportamenti “abusanti” che, non solo determinano un sovraccarico di lavoro da parte delle procure, ma ledono diritti fondamentali garantiti a livello internazionale, che una volta violati, sostanzialmente non possono essere più risarciti».
  Nella vicenda in esame, sebbene non siano state indicate le generalità dei soggetti coinvolti, si è provveduto a richiedere informazioni al Tribunale per i minorenni di Bologna che ha riferito di ritenere che trattasi di un procedimento attualmente pendente presso la Corte di appello di Bologna.
  Orbene, quanto a possibili responsabilità da parte di professionisti iscritti all'albo degli assistenti sociali e ai controlli da effettuare sulla loro attività, giova premettere che:
  al Ministero della giustizia è attribuito il compito di vigilare sul funzionamento dei consigli e degli ordini di numerose professioni regolamentate;
  secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli Ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo consiglio, ovvero ancora quando il consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti, persista nel violarli;
  l'articolo 15 del decreto ministeriale 11 ottobre 1994, n. 615 (regolamento recante norme relative all'istituzione delle sedi regionali o interregionali dell'ordine e del consiglio nazionale degli assistenti sociali, ai procedimenti elettorali e alla iscrizione e cancellazione dall'albo professionale) dispone che, «Se il consiglio nazionale non è in grado di funzionare regolarmente o commette gravi violazioni di norme di legge o regolamentari il Ministero di grazia e giustizia ne dispone lo scioglimento e nomina un commissario per il disbrigo delle pratiche urgenti e dandone comunicazione ai consigli degli ordini regionali o interregionali»;
  tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 11/1968 (relativa all'ordine dei giornalisti), nella quale tra l'altro si legge che «il potere del Ministro è corollario del pubblico interesse al regolare funzionamento dei consigli ... sicché nessuna ingerenza è consentita all'esecutivo sull'attività amministrativa relativa agli iscritti, salva la implicita possibilità di segnalare fatti che possano giustificare il promovimento dell'azione disciplinare: nel che non si può riscontrare, in verità, nessun rischio di abuso».
  Alla luce delle suesposte premesse in merito al perimetro delle competenze ministeriali nei confronti degli ordini professionali, risulta agevole affermare che esula dall'attività di vigilanza del Ministero il sindacato sulle condotte poste in essere dai singoli professionisti, rispetto alle quali chiunque — e dunque, per ipotesi, anche lo stesso interpellante — può presentare un esposto dinanzi al consiglio territoriale di disciplina.
  Dal punto di vista normativo e senza entrare nel merito delle pendenze giudiziarie in atto, deve evidenziarsi che il principio della «bigenitorialità» è stato stabilito dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli» e tende a garantire l'interesse del minore a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale» articolo 155 del codice civile).
  Ciò premesso, va sottolineato che dopo le riforme operate con la legge 21 marzo 2001, n. 149 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 il procedimento innanzi al Tribunale per i minorenni risulta essere fortemente giurisdizionalizzato. In esso sono infatti previsti sia l'assistenza legale dei genitori, che l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo (tramite le figure del curatore speciale). Nei casi di urgenza vengono adottati provvedimenti
inaudita altera parte che, comunque, richiedono una successiva istruttoria ai fini della loro conferma.
  Ne deriva che il sistema, come delineato, è in grado di garantire che l'allontanamento dei minori dalle proprie famiglie o il loro collocamento presso l'uno o l'altro genitore sia sufficientemente controllato.
  Ancora, si evidenzia che la normativa avente ad oggetto la tutela dei minori, nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stata oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).
  Infine, mi preme richiamare in questa sede l'istituzione in data 22 luglio 2019 della «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori».
  Essa ha lo specifico compito di effettuare la ricognizione ed il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti.
  Per quanto concerne, infine, l'invocata adozione di misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica, giova evidenziare che i più recenti interventi normativi hanno posto al centro della tutela penale proprio la posizione del minore. Da ultimo, la legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso) ha modificato l'articolo 572 del codice penale (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) nel senso di aumentare i limiti di pena da tre a sette anni (sostituendo le parole «da due a sei anni») e ha, inoltre, aggiunto al medesimo articolo il secondo comma che recita: «La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». È stato aggiunto, infine, il seguente comma: «Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato».
  Di conseguenza emerge
per tabulas la particolare sensibilità già manifestata dal Ministero nella direzione della tutela prioritaria del minore e l'impegno costante a perfezionare l'impianto normativo esistente così come a verificarne le ricadute applicative concrete.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia ha ratificato nel 2013 la «Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica». La Convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

   l'alienazione parentale AP, chiamata in origine Pas, non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica. Ma spesso viene utilizzata nelle Ctu come pretesto, talvolta unico, per allontanare minori dalle madri, definendole alienanti, simbiotiche, malevole, manipolatrici;

   sostanzialmente sull'argomento la Corte di Cassazione ha ritenuto la AP priva di fondamento scientifico e nel 2019 la Corte ha escluso la decisiva rilevanza processuale di tale sindrome definendola priva di basi scientifiche;

   diversi articoli di stampa riportano la vicenda di Sabrina, una donna che dopo aver denunciato le violenze dell'ex compagno, rischia di perdere la custodia del figlio di 4 anni avuto con l'uomo. Dopo anni di soprusi e violenze, la donna è infatti accusata di «alienazione genitoriale», nonostante il padre del bambino sia stato condannato per maltrattamenti;

   «Il mio ex compagno, si legge su www.tpi.it, è stato riconosciuto come pericoloso e violento nei riguardi miei e di nostro figlio, con disturbo manipolativo a carattere istrionico/narcisista, ma il tribunale civile continua a proteggere lui anziché me e soprattutto il bambino»;

   dopo la nascita del bambino sono iniziate le aggressioni e le violenze fisiche nei confronti di Sabrina, perpetrate anche alla presenza del figlio e talvolta anche dinanzi ai parenti più stretti della coppia. «Un giorno abbiamo avuto l'ennesima lite furiosa, il mio ex compagno mi ha minacciata con una spranga di ferro davanti al bambino e mi ha buttata fuori di casa». «Mi ha detto che se fossi tornata mi avrebbe uccisa»;

   è a quel punto che la donna decide di denunciare, temendo per la propria vita e per quella del figlio. La sentenza di condanna di primo grado arriva nel 2017, ma dopo la sentenza continuano le minacce. «Un giorno mi ha inviato una mail dove alla fine del messaggio c'era un pupazzo di Babbo Natale a terra morto, l'ennesima minaccia nei miei confronti»;

   il bambino intanto inizia a vedere il padre con incontri protetti insieme agli assistenti sociali. Da uno di questi incontri torna con lo zainetto pieno di pericolosi petardi, vietati ai minori di 18 anni. L'uomo, che ammette il gesto, parla di una «leggerezza», ma lei sa che si tratta di una nuova intimidazione;

   nel 2019 Sabrina e il bambino vengono inseriti in una struttura protetta. Nel frattempo prosegue la battaglia per la tutela legale del bambino, durante il quale la donna viene accusata di avere un atteggiamento «ostativo alla genitorialità del padre». Nel processo civile, infatti, nonostante vengano riconosciute le capacità genitoriali di Sabrina, la consulente tecnica d'ufficio, conclude sottolineando l'atteggiamento ostile, diffidente e sfiduciato della donna, che sarebbe da considerare ostativo alla genitorialità del padre e dunque tale da giustificare e richiedere la sospensione della sua responsabilità genitoriale. Questo nonostante i contatti del padre con il bambino, anche telefonici, siano continuati con regolarità: «Rischiare di perdere mio figlio perché ho denunciato la violenza è un ricatto inaccettabile» –:

   se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale, che, come spiegato in premessa, è priva di validità scientifica;

   se intenda adottare le iniziative di competenza affinché vengano adottate misure idonee a tutelare donne e minori coinvolti in episodi di violenza domestica;

   se non ritenga di promuovere, con estrema urgenza, iniziative ispettive in relazione all'operato degli uffici giudiziari che si sono occupati del caso di cui in premessa.
(4-05365)

  Risposta. — Prendendo spunto da una vicenda separativa nella quale la madre, dopo aver denunciato per maltrattamenti il padre del suo bambino veniva accusata di «alienazione genitoriale» per asseriti comportamenti ostativi nel confronti della figura paterna tali da giustificare la sospensione della, potestà genitoriale, l'interrogante chiede al Ministero di sapere se si intendono adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale ritenuta priva di validità scientifica. Chiede, inoltre, si vi siano in atto iniziative ispettive nei confronti dell'ufficio giudiziario coinvolto e quali siano le tutele messe in atto in favore di donne e minori coinvolti in episodi di violenza domestica.
  Vanno effettuate a questo punto due preliminari notazioni: 1) non essendo stato specificato presso quali uffici giudiziari sarebbero stati adottati i provvedimenti menzionati non è stato possibile assumere informazioni in merito, né rilevare resistenza di condotte suscettibili di rilievo disciplinare; 2) con riguardo ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale, non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte di questo ufficio, atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee a influenzare (sia pure in via solo indiretta) l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza. Sotto il profilo procedimentale va rilevato come il codice di procedura civile disciplina l'attività del consulente tecnico nella sezione III del Libro I, agli articoli 191 e successivi, non sono state adottate norme specifiche relative alle indagini peritali disposte dal giudice nell'ambito di procedimenti che hanno ad oggetto l'affidamento di un minore.
  Secondo giurisprudenza ormai consolidata la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma è un mezzo di valutazione delle prove offerte dalle parti, con il quale il giudice acquisisce, ove necessario, il parere di professionisti dotati di particolari competenze tecniche senza, tuttavia, essere vincolato al parere così espresso (si veda, tra le molte, Cass. Civ. sez. VI — 3 del 7 giugno 2019, n. 15521.
  La giurisprudenza distingue, inoltre, tra consulenza tecnica d'ufficio «percipiente», con la quale il giudice può affidare al consulente fatti accertati o dati per esistenti, e consulenza d'ufficio «deducente» con la quale il giudice può affidare al consulente il compito di accertare determinati fatti, purché si tratti di fatti che possono essere rilevati esclusivamente con il ricorso a determinate cognizioni tecniche.
  In tale ipotesi la consulenza (deducente) può fungere da strumento di accertamento di questo genere di fatti, ferma restando tuttavia la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove ai fini della decisione (v. Cass. Civ. Sez. III, ordinanza 15747, depositata il 15 giugno 2018).
  L'articolo 196 del codice di procedura civile consente inoltre al giudice, se ricorrono «gravi motivi», di rinnovare le indagini peritali e sostituire il consulente tecnico inizialmente nominato (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie).
  È garantito alle parti del processo il diritto di partecipare alle indagini peritali facendosi assistere da propri consulenti, come dispone l'articolo 194, comma secondo, del codice di procedura civile.
  Vige infine il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti, ivi compresi i pareri tecnici resi dal consulente d'ufficio, come stabilito in generale dall'articolo 116 del codice di procedura civile a mente del quale «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti», e può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno quando rispondono all'interrogatorio non formale (articolo 117 del codice di procedura civile), così come dal rifiuto ingiustificato di consentire le ispezioni ordinate dal giudice stesso, e in generale, dal «contegno delle parti stesse nel processo».
  Si deve pertanto escludere che l'inserimento o il mancato inserimento di una determinata patologia psichica nel novero dei disturbi «riconosciuti» dalla comunità scientifica di riferimento costituisca di per sé elemento idoneo a influenzare l'esito di una controversia, anche qualora tale accertamento sia oggetto di una consulenza «deducente».
  Quanto alla influenza dei comportamenti dei coniugi sul regime di affido dei minori, la disposizione dell'articolo 709-
ter del codice di procedura civile consente a ciascun genitore di ricorrere al tribunale affinché risolva le controversie tra coniugi in ipotesi di inadempienze e violazioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento dei minori.
  In tale sede il tribunale può anche disporre modifiche ai provvedimenti già assunti, oltre che pronunce di ammonimento, di risarcimento dei danni, e di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria sino a 5.000,00 euro. Nel valutare il comportamento dei genitori, anche in ipotesi di condotta volta ad ostacolare le frequentazioni con il genitore non collocatario (idonee a dare luogo, secondo alcuni alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale), il giudice deve comunque tenere in considerazione il preminente interesse del minore, ivi compresa la continuità degli affetti e dello stile di vite seguito.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Inoltre, nel nostro ordinamento vige l'articolo 337-
octies, del codice civile che ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Di conseguenza la decisione giurisdizionale dovrebbe fondarsi su molteplici elementi, tutti idonei a concorrere a formare il libero convincimento del giudice.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Tanto esposto, con riferimento all'assetto normativo vigente, non risultano, allo stato, iniziative normative di questo Ministero, volte a scongiurare che nelle consulenze tecniche d'ufficio la sindrome da «alienazione parentale» non sia più utilizzata quale criterio di valutazione.
  Riguardo alla tutela di donne e minori coinvolti in episodi di violenza domestica, si segnala che con la legge 19 luglio 2019 n. 69 «codice rosso»), recante «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, e altre disposizioni in materia di tutela delle vittima di violenza domestica e di genere», sono stati introdotte nuove fattispecie di reato, tra le quali, quella di cui all'articolo 387-
bis – («Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa») e quella di cui all'articolo 583-quinquies (Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso), sono stati, inoltre, introdotte modifiche al trattamento sanzionatorio dei reati di genere, aumentando la cornice edittale della pena sia per il reato di «maltrattamenti in famiglia» che di «stalking»; per i reati, tra gli altri, di maltrattamenti in famiglia, è stata subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena alla «partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati». Numerose modifiche sono state, tra l'altro, introdotte al codice di procedura penale volte, principalmente, a velocizzare le indagini e l'instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza sulle donne e di violenza di genere.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   IORIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con una conferenza stampa online del giorno 22 aprile 2020 è stato presentato il nuovo «brand e immagine coordinata della Reggia di Caserta»;

   la conferenza stampa ha visto la partecipazione sia della direzione della Reggia di Caserta che dell'amministratore delegato dell'agenzia di comunicazione «Sigla srl», cui è stato commissionato il lavoro;

   oltre al logo, sono stati realizzati anche un video, le mappe della Reggia di Caserta e nuovi strumenti di orientamento, segnaletica e informazione: la declinazione dell'immagine coordinata della Reggia di Caserta riguarderà, infatti, aspetti quali materiale di ufficio, affissioni, segnaletica interna, comunicazione web e social, didascalie del museo, pannelli di cantiere, ma anche il merchandising e la promozione degli spazi museali da destinare a concessione d'uso;

   come riportato nella scheda di presentazione preparata dall'agenzia di cui sopra, «il nuovo logotipo può essere abbinato, in relazione agli utilizzi previsti, con un monogramma, RC, ulteriore sintesi concettuale e visiva, quasi acronimo, della Reggia di Caserta, in cui le due lettere si fondono, in un abbraccio armonico e forte al tempo stesso»;

   inoltre, è stato realizzato anche un logotipo dedicato esclusivamente alle «collaborazioni commerciali»;

   il lancio della «nuova identità visiva della Reggia di Caserta» ha destato subito numerose reazioni negative, sia da parte di addetti ai lavori come, architetti e docenti universitari, che da parte dei fruitori delle bellezze del monumento Vanvitelliano, un monumento che i cittadini casertani sentono proprio e che è parte della loro identità;

   tali reazioni derivano in particolare dalla quasi totale somiglianza del nuovo logo sia con loghi in vendita su siti web specializzati in grafica e immagini, sia con loghi già in uso da aziende o personalità note a livello internazionale, oltre che dalla modalità con cui si è giunti al conferimento dell'incarico all'agenzia di cui sopra;

   ulteriori critiche sono state mosse anche in relazione al confronto con il logo precedentemente in uso ritenuto più adatto a rappresentare l'identità del monumento e del territorio casertano;

   tali reazioni hanno animato forum e social network on line e sono state riprese da organi di stampa sia locali che nazionali, come ad esempio l'Ansa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui sopra;

   se si sia configurato qualche tipo di danno legato ai fatti emersi e sopra riportati ed, eventualmente, quali iniziative intenda intraprendere per porvi rimedio ed evitare che si verifichino nuovamente.
(4-05392)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere, a poche ore dal lancio del nuovo brand «Reggia di Caserta», quali provvedimenti questo Ministero intende adottare a seguito dei commenti negativi apparsi sui social.
  Sulla base degli elementi forniti dalla direzione della Reggia di Caserta, si rappresenta quanto segue.
  La risposta puntuale ai singoli quesiti non può prescindere da una ricostruzione complessiva, in fatto e in diritto, dell'intera vicenda che ha portato alla nascita di una nuova identità visiva del museo.
  Nel corso del 2019, l'allora direttore
ad interim, ravvisava la necessità di riorganizzare il racconto museale del sito con riferimento alla comunicazione con il pubblico, la revisione degli apparati didascalici ed informativi nell'ambito dei vari spazi del museo.
  Per racconto museale, si osserva a scopo meramente esemplificativo, si intende la capacità di trasmettere e di comunicare tutto ciò che afferisce ai valori e ai contenuti di un complesso museale (cartellonistica, segnaletica, immagine coordinata e altro).
  In altre parole era molto avvertita l'esigenza, di mettere a punto, attraverso nuovi strumenti di orientamento, segnaletica e informazione, un sistema complesso di comunicazione in grado di migliorare l'accoglienza nell'istituto al fine di riconoscere e aumentare il valore percepito da parte di ogni interlocutore, definire e consolidare l'identità di missione in ogni occasione di relazione e di conseguenza di comunicazione.
  Veniva pertanto avviata, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera
a) decreto legislativo n. 50 del 2016, una procedura di affidamento diretto, trattandosi di un affidamento al di sotto della soglia comunitaria di euro 40.000, con acquisizione di tre preventivi, per la successiva valutazione della migliore offerta.
  Sono state interpellate le seguenti ditte:

   1. SIGLA COMUNICAZIONE, con sede in Mantova, invito con nota protocollo n. 1610 del 28 marzo 2019;

   2. AGENZIA GRAFFITI, con sede in Riva del Garda, invito con nota protocollo n. 1608 del 28 marzo 2019;

   3. CROP STUDIO, con sede in Napoli, invito con nota protocollo n. 1612 del 28 marzo 2019.

  Delle tre ditte invitate, la S.r.l. Sigla, rispondeva con un «importo indicativo, suscettibile di variazioni in base agli sviluppi del lavoro, di euro 37.500»; la ditta Graffiti, indicando un importo di euro 50.000; la ditta Crop richiedeva, senza fornire alcun preventivo, ulteriori informazioni.
  Alla ditta Sigla venivano chieste spiegazioni sulle possibili variazioni di prezzo indicate nell'offerta.
  Con nota protocollo n. 2292 del 6 maggio 2019, Sigla comunicava che l'importo di 37.500 euro non doveva considerarsi suscettibile di variazioni.
  Ottenute le esposte precisazioni, con verbale protocollo n. 2541 del 22 maggio 2019 è stato affidato l'incarico di riorganizzazione del racconto museale, secondo il criterio della migliore offerta, alla ditta Sigla, con conseguente sottoscrizione del relativo contratto in data 23 dicembre 2019.
  Difatti, sia nelle lettere di invito, ma soprattutto nel contratto, si definisce in modo puntuale l'oggetto dell'incarico e si delineano con chiarezza i singoli obiettivi perseguiti dalla direzione della Reggia.
  Dagli atti di gara, emerge chiaramente la volontà del museo di dotarsi non di un nuovo logo, ma bensì di operare per la realizzazione di una nuova narrazione museale che implicasse, come da richiesta in fase di offerta, l'analisi dell'identità visiva attuale, dell'efficacia e della continuità del
brand, della qualità e della quantità degli strumenti identitari e di comunicazione della Reggia, per poi giungere alla definizione della brand identity e degli elementi grafici connotativi del sito e la definizione di una nuova identità visiva.
  Il vecchio «logo identificativo» consistente in una pianta del palazzo vista dall'alto, prendeva vita in epoca lontana, sembrerebbe alla fine degli anni novanta, come logo della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico di Caserta.
  Nel 2014, in seguito alla riforma e alla riorganizzazione del Ministero, nasceva il Museo autonomo Reggia di Caserta, un nuovo organismo distinto dalla Soprintendenza, da cui ereditava parte del personale, subentrando nella titolarità di attività e passività, ma non in quella del logo di cui sopra: non esisteva e non esiste agli atti nessun documento ufficiale di cessione dell'uso del logo venisse ceduto alla neonata istituzione museale o che ne abbia disposto l'esclusiva conservazione da parte della Soprintendenza.
  Oltre a ciò, il logo sembrava identificare un istituto di tutela con annesso un museo ufficio e non un museo autonomo.
  Un segno identificativo, al tempo stesso, di una Soprintendenza, di un polo museale (di cui faceva parte la Reggia) e di un museo autonomo continuava ad essere presente, come negli ultimi vent'anni, su materiale di ufficio, segnaletica interna, didascalie del museo e pannelli di cantiere della Reggia e della Soprintendenza, creando non poca confusione ed ambiguità nell'identificazione delle distinte istituzioni.
  Seppure la coniazione di un nuovo logo si presentasse come necessaria, di logo
tout court si legge nel contratto solo nelle parte delle premesse, nella parte in cui «...nell'attesa dell'indizione di un bando internazionale per la progettazione di un nuovo logo, la direzione intende puntare allo sviluppo di un brand che tenda a valorizzare graficamente il nome stesso Reggia di Caserta, quale immediato elemento di identità visiva, culturale ed istituzionale».
  Si comprende che alla ditta Sigla non veniva affidato, sia pure ravvisandone la necessità, l'incarico di produzione di un nuovo lago, ma ne veniva demandata l'ideazione ad un successivo bando internazionale.
  Dalla cooperazione tra affidataria e amministrazione, per il tramite del servizio di comunicazione, promozione e
marketing, nello sviluppo graduale dell'incarico conferito, nasceva, all'interno di una più ampia ed articolata progettualità, una nuova identità visiva, composta da:

   nuovo logotipo, che altri non è che il nome «Reggia di Caserta»;

   un monogramma «RC» di diretta ed immediata derivazione dal logotipo, quale ulteriore sintesi concettuale e visiva, quasi acronimo, del nome Reggia di Caserta;

   il brand «Reggia di Caserta», che tende a valorizzare graficamente il nome stesso della Reggia, quale immediato elemento di identità visiva, culturale ed istituzionale.

  Relativamente al logo e ad eventuali interlocuzioni con l'ufficio italiano brevetti e marchi si precisa che il logo sarà oggetto di un percorso successivo data la volontà, come si evince chiaramente dal contratto, di rimandare ad un concorso internazionale.
  Nel caso specifico il concorso è stato pensato in relazione ad un percorso partecipato di individuazione dei valori con le comunità di riferimento al fine di costruire il documento preliminare di progettazione alla base del bando.
  Bando che verrà redatto in collaborazione con gli ordini professionali e le associazioni di categorie e le università disponibili.
  La ditta Sigla ha specificato, invece, che «...il segno grafico “RC” segnalato risulta essere stato creato nell'ambito di un
contest avviato dal signor Ricco Colinares sulla piattaforma Design Crowd. Il signor Colinares ha utilizzato il segno grafico poi selezionato e creato da Zimple (Giappone – designer freelance) per contraddistinguere la sua attività di agente immobiliare, benché affiliato al Gruppo Engel & Vólkers. Riteniamo che verosimilmente i diritti patrimoniali sull'opera creata siano stati debitamente ceduti al committente Ricco Colinares tramite pagamento del servizio reso in base all'incarico affidato. Non soltanto il segno grafico “RC” non risulta essere stato depositato né registrato in Canada, né altrove, né risulta attualmente in uso, in coerenza con quanto risulta, cioè che il suo titolare lo ha abbandonato per dedicarsi ad altra attività...».
  Il
brand come oggi si configura utilizzando il nome dell'istituto «Reggia di Caserta» come logotipo (e non più «RC» che è stato ritirato), è oggetto di una valutazione in itinere in considerazione della volontà di sviluppare percorsi di partenariato pubblico-privato per la gestione delle numerose risorse che il complesso della Reggia di Caserta possiede.
  La S.r.l. Sigla, attualmente, sta procedendo ad una rielaborazione del monogramma non essendo venuti meno in alcun modo i presupposti culturali della scelta di individuare il rapporto di partenariato pubblico privato con un monogramma, data la storia della Reggia di Caserta.
  Ad oggi, sulla scorta della proroga concessa alla ditta Sigla e dell'ultimazione dei lavori di consegna ancora in corso, i cui rallentamenti sono riconducibili all'emergenza Covid-19 ancora in corso, nessun compenso è stato corrisposto.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   LATINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel carcere di Ascoli Piceno, nonostante l'attuale emergenza coronavirus, gli operatori non dispongono delle necessarie misure di protezione personale. L'11 marzo 2020 sono state consegnate esclusivamente mascherine monouso non in numero sufficiente;

   il Sindacato autonomo amministrazione penitenziaria, Sappe, ha diffidato il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) per la circolare che impone di prestare servizio ai poliziotti penitenziari con persone contagiate o a sospetto contagio. Il Sappe invoca la contrarietà al principio di correttezza e buona fede e la violazione dell'articolo 32 della Costituzione;

   si contesta la illegittimità della circolare, nella parte in cui – previo richiamo di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 14 del 2010 – «al fine di garantire nell'ambito del contesto emergenziale, l'operatività delle attività degli istituti penitenziari, il cui personale si trova, in prima linea, a fronteggiare l'emergenza, nella unica prospettiva di salvaguardare l'ordine e la sicurezza pubblica collettiva», dispone che «gli operatori di Polizia Penitenziaria in servizio presso le strutture penitenziarie, in quanto operatori pubblici essenziali, debbano continuare a prestare servizio anche nel caso in cui abbiano avuto contatti con persone contagiate o che si sospetti siano state contagiate»; e tanto per contrarietà al principio di correttezza e buona fede nonché all'articolo 32 della Costituzione;

   le prescrizioni non tengono conto della obiettiva, grave ed emergenziale condizione in cui versano le strutture carcerarie e i poliziotti ivi addetti, i quali – già chiamati recentemente ad affrontare le ben note «rivolte» dei soggetti ivi ristretti, con gravissimo pericolo per la propria integrità – sono costretti ad affrontare il rischio da epidemia per Covid-19 in una condizione di ristrettezza – se non addirittura di assenza – di adeguati mezzi e sistemi di protezione;

   non sono previste misure volte a reperire – in tempi celeri e adeguati – i presidi sanitari di protezione (guanti e mascherine) necessari e sufficienti al fine di permettere a tutti i poliziotti (e non soltanto a un numero ristretto a causa della scarsità della dotazione) di svolgere, con regolarità, la propria funzione in modo sicuro, in una situazione già caratterizzata da numerosi casi di positività al virus;

   al contrario, sono diramate disposizioni interne volte al «risparmio» dei detti presidi sanitari, i quali addirittura non possono essere regolarmente utilizzati nello svolgimento del servizio, ma solo in caso di contatto – e nel limite temporale di quest'ultimo – con individui positivi o affetti da coronavirus;

   ci si chiede come possa il personale penitenziario essere a conoscenza della eventuale positività di un detenuto, piuttosto che di un altro, in modo da «giustificare» l'uso dei presidi a propria tutela;

   il Dap, ad avviso dell'interrogante, sta esponendo, con negligenza e colpa grave, il Corpo di polizia penitenziaria a un'inaccettabile e indiscriminata esposizione all'infezione da Covid-19, con l'effetto di favorire e accelerare la diffusione del virus, sia in ambito carcerario sia civile (rientrando nel proprio domicilio, i poliziotti espongono indiscriminatamente anche i propri familiari al rischio da contagio);

   i poliziotti penitenziari sono costretti a lavorare in totale spregio delle norme eccezionali di sicurezza (mezzi di protezione previste ed entrate in vigore per regolamentare tale situazione emergenziale –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di provvedere alla celere e compiuta dotazione nei confronti dei poliziotti penitenziari, assegnati presso le strutture penitenziarie e le case di reclusione, di ogni presidio necessario per il sicuro esercizio della funzione stessa a tutela del diritto inviolabile al bene «salute» di rango costituzione di cui all'articolo 32 della Costituzione;

   se il Ministro interrogato non intenda adottare ogni iniziativa ritenuta necessaria, nelle more, a tutelare gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria nel pieno rispetto della richiamata normativa.
(4-05084)

  Risposta. — Con riferimento ai contenuti di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative si intendano adottare al fine di dotare gli agenti del corpo in servizio presso gli istituti del territorio della Repubblica di ogni dispositivo di protezione individuale necessario per lo svolgimento in sicurezza delle proprie funzioni, si rappresenta quanto segue.
  Sono state consegnate ai Provveditorati regionali n. 644.930 mascherine, suddivise in n. 67.052 con classe di protezione FFP2/ FFP3 e n. 577.878 di tipo chirurgico; sono stati distribuiti sul territorio n. 2.917.950 guanti monouso.
  Sono stati altresì distribuiti n. 8.715 occhiali/visiera facciale, n. 2.057 kit di protezione totale, n. 16.716 camici/tute impermeabili monouso e n. 240 termometri infrarossi. Ogni settimana il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria produce richiesta dei suddetti dispositivi di protezione individuale al comitato operativo del dipartimento della protezione civile, al fine di provvedere alla relativa distribuzione a tutti gli istituti penitenziari che, come noto, sono tra le strutture a maggior rischio di diffusione del contagio.
  Questo dipartimento, inoltre, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sta già profondendo il massimo sforzo, in un costante e quotidiano contatto con la Protezione civile e con l'istituto superiore di sanità, al fine di agevolare al massimo la produzione delle mascherine negli istituti penitenziari, utilizzando il lavoro dei detenuti che, in questo momento particolare, possono trarne anche occasioni di autosostentamento.
  È di pochi giorni fa la notizia relativa al progetto per la produzione industriale di mascherine realizzato in
partenership con il Commissario straordinario del Governo per l'emergenza Covid-19 e il Ministero della giustizia-Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  La struttura del Commissario straordinario del Governo ha acquistato otto macchine per la produzione di mascherine concesse a titolo gratuito all'amministrazione penitenziaria, che saranno dislocate negli istituti di Milano-Bollate, Salerno e nel polo di Roma Rebibbia - Servizio di approvvigionamento e distribuzione armamento e vestiario (SADAV).
  La produzione servirà a soddisfare, prioritariamente, il fabbisogno di dispositivi protettivi in dotazione al personale che opera negli istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale e ai detenuti ivi ristretti, in base alle indicazioni delle autorità sanitarie e consentirà di mettere a disposizione della Protezione civile l'abbondante parte residua, che potrà essere distribuita alle altre amministrazioni impegnate a fronteggiare l'emergenza sanitaria, prime fra tutte le strutture ospedaliere.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LUCCHINI, BADOLE, D'ERAMO, GOBBATO, RAFFAELLI, PAROLO, VALBUSA, VALLOTTO, BENVENUTO e GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'introduzione nell'ordinamento delle due nuove tasse, plastic tax e sugar tax, previste dalla legge di bilancio per il 2020, le cui disposizioni sono da attuare rispettivamente entro il mese di maggio e di agosto dell'anno 2020, ha già portato una contrazione degli investimenti nel nostro Paese da parte di grandi colossi industriali;

   dalle filiere produttive della plastica si ottengono centinaia di prodotti, impiegati in numerosi settori industriali e classificabili in tre famiglie, gli stampati in plastica, i film per imballaggio e le fibre sintetiche, tutti prodotti provenienti dalla petrolchimica, che è perciò un settore abilitante e di importanza strategica per la competitività dell'intero sistema industriale;

   per quanto riguarda la filiera interessata dalla plastictax, introdotta dal comma 651 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, il registro delle imprese delle camera di commercio industria artigianato e agricoltura (II e III trimestre 2019) conta 1.301 imprese produttrici di imballaggi in plastica con 28.333 addetti, nonché 892 imprese di fabbricazione di macchinari per imballaggi, e 25.768 addetti, di cui circa la metà in Emilia-Romagna;

   in linea generale, le quattro regioni industriali del nostro Paese, ossia l'area «Lover» – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, insieme con il Piemonte, rappresentano il 70 per cento dell'industria italiana della produzione e trasformazione della plastica;

   anche la filiera bieticolo-saccarifera, già in crisi da diversi anni e oggi rappresentata in Italia dalla sola cooperativa bolognese Coprob-Italia Zuccheri, teme ripercussioni generate dall'introduzione della sugar tax, prevista dai commi da 661 a 676 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020, che, come spiegato dalle organizzazioni di categoria, colpirà soprattutto le aziende agroalimentari che producono succhi e bevande utilizzando prioritariamente frutta italiana;

   a ciò si aggiunge anche l'allarme lanciato dalle imprese operanti nel settore beverage, che annunciano riduzioni del 10 per cento dei volumi, del 3,5 per cento dei ricavi e del 5 per cento degli addetti su un totale di 5 miliardi di euro di ricavi e 80 mila addetti, tra diretti e indiretti;

   la sola previsione della futura entrata in vigore della sugar tax ha già portato una contrazione degli investimenti nel nostro Paese da parte di grandi colossi industriali come, ad esempio, la Coca-Cola Hbc Italia che evidenzia un impatto devastante con un'ulteriore spesa per l'azienda di 140 milioni di euro all'anno con il conseguente aumento dei prezzi – previsto tra il 15 e il 20 per cento – a fronte di un calo dei consumi del 10 per cento, che potrebbe portare anche alla chiusura di parte degli impianti con gravi ripercussioni occupazionali;

   le due tasse plastic tax e sugar tax colpiscono soprattutto le imprese italiane concentrate nelle quattro regioni maggiormente industrializzate del Paese, che purtroppo sono anche quelle maggiormente colpite dalla diffusione della contaminazione dal Covid-19, con perdite ingenti che incrementano giorno dopo giorno, raggiungendo previsioni disastrose che metteranno in ginocchio l'economia italiana;

   il Governo ha dimostrato l'intenzione di aiutare con incentivi economici le imprese in crisi –:

   se i Ministri interrogati, in considerazione della crisi economica inaspettata creata dall'emergenza sanitaria che colpisce proprio i territori ove si verifica la maggiore concentrazione delle imprese interessate dall'introduzione della plastic tax e della sugar tax, non ritengano opportuno adottare iniziative per un rinvio dell'applicazione delle due nuove tasse.
(4-04889)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nel merito della questione, sulla scorta delle osservazioni pervenute dal Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che, con la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 634-658), è stata introdotta la cosiddetta «
Plastic tax», ossia l'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego («MACSI»), fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di plastica.
  
L'iter di approvazione della Plastic Tax è stato preceduto da un tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, alla presenza del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente.
  La
ratio che sottende alla nuova imposta, in coerenza con gli obiettivi della direttiva europea n. 2019/904/UE, è quella di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di plastica e di ridurre l'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente.
  Per quanto riguarda la filiera interessata dalla «
Plastic tax», il registro delle imprese della Cciaa (camera di commercio industria artigianato e agricoltura), nel II e III trimestre 2019 conta 1.301 imprese produttrici di imballaggi in plastica con 28.333 addetti, nonché 892 imprese di fabbricazione di macchinari per imballaggi con 25.768 addetti (di cui circa la metà in Emilia Romagna).
  Dalle filiere produttive della plastica si ottengono centinaia di prodotti, impiegati in numerosi settori industriali e classificabili in tre famiglie: gli stampati in plastica, i film per imballaggio e le fibre sintetiche.
  Tutti i materiali plastici utilizzati in ciascuno dei prodotti appartenenti a queste tre famiglie provengono dalla petrolchimica, settore abilitante e di importanza strategica per la competitività dell'intero sistema industriale.
  In termini produttivi, gli input necessari a produrre imballaggi sono polimeri provenienti dalla petrolchimica, che in Italia vengono ottenuti prevalentemente nei poli chimici di Marghera, Ferrara, Brindisi, Priolo, Ragusa e Mantova.
  La principale impresa chimica italiana ha un fatturato di 3,9 miliardi di euro e 4.143 addetti. Il commercio all'ingrosso di imballaggi conta in Italia 3.989 imprese che occupano 59.533 addetti.
  Alla luce della finalità dell'imposta, inoltre, nel corso delle riunioni del tavolo tecnico, si è convenuto di escludere dal suo ambito di applicazione, oltre a quei contenitori monouso che non potrebbero essere realizzati se non con materiali plastici (dispositivi medici o contenitori dei preparati medicinali), anche tutti i contenitori monouso realizzati con materiali plastici compostabili.
  Per quanto concerne l'impegno del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prioritaria è l'individuazione di politiche a sostegno dell'economia circolare e la definizione di misure per favorire il riciclo e il reimpiego dei materiali.
  In tale contesto, il Ministero cofinanzia progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzati ad incentivare
l'ecodesign dei prodotti e la corretta gestione dei rifiuti favorendo, in particolare, l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti e lo sviluppo di tecnologie per la prevenzione, il recupero, il riciclaggio ed il trattamento di categorie di rifiuti attualmente non serviti da un'adeguata filiera di gestione.
  I progetti sono inoltre tesi a sviluppare nuove tecnologie per la prevenzione, il recupero, il riciclaggio ed il trattamento di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), nonché di altre tipologie di rifiuti, tramite l'emanazione di specifici bandi e accordi.
  Lo stesso Ministero è, inoltre, impegnato nell'istruttoria per l'emanazione di più decreti ministeriali che attribuiscono incentivi, sotto forma di credito di imposta o di contributi a fondo perduto, tra i quali:
  1) decreto ministeriale — legge n. 145 del 2018 — articolo 1 — comma 76 — Modalità di fruizione del credito d'imposta per le imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, ovvero che acquistano imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432:2002 o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio;
  2) decreto ministeriale — legge n. 58 del 2018 (convertita in decreto-legge n. 34 del 2019) — articolo 26-
bis — comma 3 — Attuazione delle disposizioni in materia di agevolazioni e crediti di imposta per l'uso o l'avvio a riciclo di imballaggi riutilizzabili;,
  3) decreto ministeriale — legge n. 58 del 2018 (convertita in decreto-legge 34 del 2019) — articolo 26-
ter — comma 5 — Definizione dei requisiti tecnici e delle certificazioni idonee ad attestare la natura e le tipologie di materie e prodotti, ai fini delle agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo;
  4) decreto ministeriale — legge n. 141 del 2019 (convertita in decreto-legge n. 111 del 2019) — articolo 7 — comma 2 — Definizione delle modalità per l'ottenimento del contributo economico a fondo perduto – sino ad un massimo di cinquemila euro – per esercizi commerciali di vicinato, di media e grande struttura che attrezzano spazi dedicati alla vendita ai consumatori di prodotti alimentari e detergenti sfusi o alla spina, o per l'apertura di nuovi negozi che prevedano esclusivamente la vendita di prodotti sfusi, nonché per la verifica dello svolgimento dell'attività di vendita per un periodo minimo di tre anni a pena revoca del contributo;
  5) decreto ministeriale — legge n. 141 del 2019 (convertita in decreto-legge n. 111 del 2019) — articolo 4-
quinquies — comma 1 — Definizione delle modalità per il riparto del fondo denominato «Programma sperimentale mangiaplastica» al fine di contenere la produzione di rifiuti in plastica attraverso l'utilizzo di eco-compattatori da parte dei comuni;
  6) decreto ministeriale — legge n. 160 del 2019 — articolo 1 — comma 658 — Definizione delle modalità applicative necessarie alla fruizione del credito d'imposta per le imprese attive nel settore delle materie plastiche per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili secondo lo standard EN 13432:2002.
  Tali provvedimenti costituiscono leve finanziarie per la prevenzione della formazione del rifiuto, nonché per l'aumento della domanda e l'ampliamento del mercato del riciclo.
  Oltre a ciò il Ministero sta provvedendo a redigere tre regolamenti che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto della frazione merceologica «plastica»:
  1) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di plastica proveniente da un'operazione di selezione, costituita da una miscela di due o più polimeri;
  2) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto «scarto di
pulper»;
  3) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto delle «plastiche miste per recupero chimico».
  La cessazione della qualifica di rifiuto –
End of Waste (EoW) – costituisce un tassello indispensabile per la valorizzazione del potenziale dei rifiuti. Al valore e al vantaggio ambientale si accompagna anche la valenza economica dell'EoW, data dal fatto di disporre, all'esito di opportune operazioni di riciclo e recupero non più di un rifiuto ma di un prodotto che, in quanto tale, avrà un mercato e quindi un valore economico.
  In ultimo per quanto riguarda il rinvio dell'applicazione della
plastic tax e sugar tax nel decreto-legge di rilancio n. 34 del 2020 è previsto il differimento dal 1° gennaio 2021 dell'entrata in vigore di entrambe le imposte.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   ALBERTO MANCA, MARINO, SCANU, DEIANA, PERANTONI e CABRAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia-Basa, presidio di sicurezza, vigilanza e prevenzione, è carente di risorse umane e di mezzi di soccorso, al punto tale da compromettere l'efficienza e l'efficacia degli stessi interventi;

   il capo del dipartimento dei vigili del loco, Salvatore Mulas, in occasione della celebrazione dell'ottantesimo anniversario dalla nascita del corpo dei vigili del fuoco, aveva annunciato pubblicamente il passaggio della sede di Olbia dalla categoria SD4 (costituita da 46 unità di personale) alla categoria SD5 (costituita da 58 unità di personale);

   il distaccamento di Olbia-Basa, distante circa 100 chilometri dalla sede centrale di Sassari, risulterebbe fortemente sottodimensionato rispetto al suo bacino di utenza;

   tale sede, tra l'altro, continuerebbe a operare con lo stesso numero di personale da oltre venti anni, nonostante si registrino all'incirca 1.600 interventi di soccorso all'anno e costituisca il primo distaccamento, dopo il dipartimento centrale, per numero di operazioni effettuate;

   l'inadeguatezza è evidente soprattutto al verificarsi di fenomeni, quali incendi estivi o precipitazioni di carattere alluvionale, come quelle del 2013 e del 2015, e ove occorre far fronte alle quotidiane emergenze del territorio;

   Olbia è una realtà industriale e commerciale in forte espansione che negli ultimi anni ha conosciuto un rilevante incremento demografico e uno sviluppo rapido della sua economia. Il suo porto è il più importante scalo passeggeri del bacino del Mediterraneo;

   la mancanza di un presidio nautico fisso dei vigili del fuoco, sia di giorno che di notte, non garantisce un tempestivo intervento in caso di incendi di navi o di imbarcazioni e non consente di coadiuvare le operazioni di soccorso in mare svolte dai nuclei subacquei;

   il Conapo, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, a seguito di alcuni gravi incidenti verificatisi a danno delle imbarcazioni, all'interno del porto di Olbia, ha sollevato la questione della mancanza di un presidio fisso dei vigili del fuoco attivo h.24;

   questa situazione crea enorme disagio nell'intero impianto di soccorso dell'isola e rallenta la risposta operativa;

   non meno problematica è la situazione dei mezzi di soccorso: molti degli automezzi, autopompe serbatoio e mezzi di colonna mobile utilizzati per calamità regionali e nazionali, infatti, sarebbero in esercizio dagli anni ’80;

   il costante utilizzo e il carico di lavoro cui sono sottoposti tende a usurarli e richiede una frequente attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, che grava sulle scarse disponibilità finanziarie a disposizione;

   l'età media delle Aps in servizio si aggirerebbe intorno ai 25-30 anni; esse presentano spesso problemi sia di natura elettrica che meccanica: l'autogru in uso, infatti, oramai obsoleta, non risulta conforme alla normativa di sicurezza vigente;

   le avarie delle Aps obsolete non garantiscono l'efficienza e la funzionalità degli automezzi impegnati nelle operazioni di soccorso e il prolungarsi di queste condizioni mette in serio pericolo la sicurezza e l'incolumità del personale, oltre a non consentire la tempestività dell'intervento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere per garantire il potenziamento della sede distaccata dei vigili del fuoco di Olbia, con conseguente passaggio dalla categoria SD4 alla categoria SD5;

   se e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di istituire un presidio nautico fisso dei vigili del fuoco nel porto di Olbia;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per sostituire il parco mezzi vetusto del distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia-Basa.
(4-04280)

  Risposta. — Si fa riferimento alle questioni poste dagli interroganti nell'atto di sindacato ispettivo in esame. Al riguardo si rappresenta quanto segue.
  In merito alla carenza di personale nell'ambito del corpo nazionale dei vigili del fuoco, appare opportuno evidenziare come con l'attuazione degli incrementi della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco, prevista nelle ultime leggi di bilancio dei 2018 e del 2019, sarà realizzato, nel breve e medio termine, un generale potenziamento del dispositivo di soccorso territoriale del corpo, il cui nuovo assetto è stato stabilito lo scorso dicembre, con due distinti decreti, del Ministro dell'interno del 2 dicembre 2019 e del capo del corpo nazionale del vigili dei fuoco del successivo 3 dicembre 2019.
  Per quanto riguarda, più in particolare, il comando dei vigili del fuoco di Sassari, si rileva che il dispositivo di soccorso è stato ottimizzato con l'attivazione di una nuova sede territoriale, ubicata nel comune di Bono, di categoria SD3, per la quale sono state assegnate 33 unità (9 nel ruolo dei capi squadra e dei capi reparto e 24 nel ruolo dei vigili del fuoco).
  Il dispositivo di soccorso del comando di Sassari è stato poi ulteriormente incrementato di 16 unità nel ruolo dei vigili del fuoco, in relazione all'innalzamento, alla categoria SD3, dei distaccamenti di Arzachena, La Maddalena e Ozieri, in precedenza rientranti nella categoria SD2.
  Tale passaggio ha prodotto l'aumento delle unità operative in servizio che passano da 30 a 33, con una conseguente rimodulazione dell'organico della sede centrale di Sassari.
  In sintesi, al netto dei temporanei incrementi per la presenza del locale Reparto volo, la dotazione organica teorica del personale in servizio presso il comando di Sassari (tra Vigili del fuoco, capi squadra e capi reparto) ha registrato un incremento da 498 a 537 unità, pari al 7,83 per cento, superiore al valore medio nazionale che si attesta al 5,8 per cento.
  In relazione alla richiesta di riclassificazione del distaccamento di Olbia, si rileva come, con il citato decreto del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco, del 3 dicembre 2019 solo 4 dei 22 distaccamenti di categoria SD4 sono stati portati alla categoria superiore (Lamezia Terme – CZ, Monfalcone – GO, Sanremo – IM e Civitavecchia – RM), in risposta a specifiche esigenze di flessibilità territoriale di carattere locale, non generalizzabili.
  Va nel contempo evidenziato che ulteriori possibilità di ottimizzazione del dispositivo di soccorso del comando di Sassari potranno essere valutate nell'ambito della programmazione dei prossimi potenziamenti degli organici del corpo nazionale, anche in considerazione della valutazione comparativa sulle priorità delle analoghe esigenze rilevate su tutto il territorio nazionale.
  Per quanto concerne le iniziative finalizzate all'istituzione di un presidio nautico fisso dei vigili del fuoco nel porto di Olbia, si rappresenta che è in corso di svolgimento uno studio per la riclassificazione dei porti italiani ai fini antincendio, in considerazione del relativo livello di rischio. I risultati di tale valutazione verranno recepiti con un decreto del Ministro dell'interno, che sarà emanato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Con riferimento, infine, al parco mezzi, si rappresenta che, già nei primi mesi del corrente anno, il parco mezzi del distaccamento di Olbia è stato integrato con cinque ulteriori unità e quindi è ora composto da 24 mezzi complessivi.
  In particolare, sono state potenziate le autopompe serbatoio (APS), che attualmente sono 6, con un'età media di 19 anni.
  Sono in corso, inoltre, ulteriori procedure di acquisto di nuovi mezzi e pertanto le esigenze rappresentate dal comando di Sassari potranno essere tenute in considerazione con i nuovi acquisti.
  

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   MAZZETTI, PORCHIETTO e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel documento programmatico di bilancio presentato dal Governo è prevista l'introduzione della tassa di un euro al chilo sugli imballaggi in plastica, con decorrenza dal 1° giugno 2020;

   il Governo ha di recente annunciato una serie di misure «verdi», volte al contrasto ai cambiamenti climatici e per la protezione dell'ambiente;

   tra le suddette misure vi è una tassa sulla plastica pari a un euro a chilo, già anticipata dal citato documento programmatico di bilancio;

   tutti i soggetti imprenditoriali interessati e anche alcuni esponenti di fondazioni e associazioni ambientaliste, hanno ribadito con forza che si tratta di una mera tassa che non ha alcuna finalità ambientale, non ha alcun collegamento con la green economy, ma serve solamente e unicamente all'Esecutivo per «far cassa», e poter unicamente finanziare altre spese che nulla hanno a che fare con la sostenibilità ambientale, o per sostenere le imprese del settore della plastica nel percorso di adeguamento alla nuova normativa europea in materia;

   il risultato che ottiene questo ennesimo balzello è quello di penalizzare i prodotti indiscriminatamente e aumentare i costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese;

   la «plastic tax» va infatti a penalizzare fortemente un'industria che sta facendo grandi sforzi nella direzione della sostenibilità;

   dal punto di vista tecnologico, il settore ha già investito e continua a investire e oggi è la seconda industria in Europa, con rilevanti implicazioni occupazionali. Il settore vede la presenza di poco meno di tremila aziende, e il fatturato sviluppato nel 2018, è vicino ai 12 miliardi di euro, in crescita del +1,2 per cento rispetto al 2017;

   giova ricordare che le imprese del settore già oggi pagano il contributo ambientale, Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per un ammontare di 450 milioni di euro all'anno, dei quali 350 vengono versati ai comuni per garantire la raccolta differenziata;

   l'introduzione di una tassa sulla plastica equivarrebbe, quindi, a una sorta di doppia imposizione e – come tale – sarebbe ingiustificata sia sotto il profilo ambientale, che economico-sociale;

   oggi 1 chilo di plastica (come materiale in input dei processi produttivi) ha un costo medio di 0,90 euro, al quale va aggiunto il valore medio del contributo ambientale Conai pari 0,33 al chilo per un totale di 1,2 euro al chilo. A questo ammontare andrebbe sommata la «plastic tax» di 1 euro al chilo, che farebbe lievitare del doppio il costo (2,20 euro al chilo), il tutto da maggiorare di Iva. In altri termini, la tassazione determinerebbe un aumento del 110 per cento del costo per l'intera filiera della plastica;

   come ben ricorda la Confindustria, questa tassa sulla plastica colpirebbe un materiale pensando che la riduzione della messa in consumo possa contribuire a risolvere le difficoltà connesse alla corretta gestione del fine vita, senza comprendere invece che tali difficoltà continueranno a permanere finché non si affronteranno le condizioni di contorno, legate a un quadro di riferimento normativo/autorizzativo e di dotazione impiantistica assolutamente insufficiente per un Paese che ha l'ambizione di restare leader in Europa nell'economia circolare –:

   quali siano gli orientamenti del Governo a quanto esposto in premessa, e se non intenda avviare un tavolo di confronto con i soggetti che operano nel settore della plastica;

   se non ritenga necessario attivarsi al fine di sostenere e incentivare i soggetti imprenditoriali del settore al fine di consentire loro di adeguare la produzione alla nuova normativa europea in materia.
(4-03994)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nel merito della questione, sulla scorta delle osservazioni pervenute dal Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che, con la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 634-658), è stata introdotta la cosiddetta «
Plastic tax», ossia l'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego («MACSI»), fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di plastica.
  L'
iter di approvazione della Plastic Tax è stato preceduto da un tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, alla presenza del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  La
ratio che sottende alla nuova imposta, in coerenza con gli obiettivi della direttiva europea n. 2019/904/UE, è quella di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di plastica e di ridurre l'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente.
  Per quanto riguarda la filiera interessata dalla «
Plastic tax», il registro delle imprese della Cciaa (Camera di commercio industria artigianato e agricoltura), nel II e III trimestre 2019 conta 1.301 imprese produttrici di imballaggi in plastica con 28.333 addetti, nonché 892 imprese di fabbricazione di macchinari per imballaggi con 25.768 addetti (di cui circa la metà in Emilia Romagna).
  Dalle filiere produttive della plastica si ottengono centinaia di prodotti, impiegati in numerosi settori industriali e classificabili in tre famiglie: gli stampati in plastica, i film per imballaggio e le fibre sintetiche.
  Tutti i materiali plastici utilizzati in ciascuno dei prodotti appartenenti a queste tre famiglie provengono dalla petrolchimica, settore abilitante e di importanza strategica per la competitività dell'intero sistema industriale.
  In termini produttivi, gli
input necessari a produrre imballaggi sono polimeri provenienti dalla petrolchimica, che in Italia vengono ottenuti prevalentemente nei poli chimici di Marghera, Ferrara, Brindisi, Priolo, Ragusa e Mantova.
  La principale impresa chimica italiana ha un fatturato di 3,9 miliardi di euro e 4.143 addetti. Il commercio all'ingrosso di imballaggi conta in Italia 3.989 imprese che occupano 59.533 addetti.
  Alla luce della finalità dell'imposta, inoltre, nel corso delle riunioni del tavolo tecnico, si è convenuto di escludere dal suo ambito di applicazione, oltre a quei contenitori monouso che non potrebbero essere realizzati se non con materiali plastici (dispositivi medici o contenitori dei preparati medicinali), anche tutti i contenitori monouso realizzati con materiali plastici compostabili.
  Per quanto concerne l'impegno del Ministero dell'ambiente, prioritaria è l'individuazione di politiche a sostegno dell'economia circolare e la definizione di misure per favorire il riciclo e il reimpiego dei materiali.
  In tale contesto, il Ministero cofinanzia progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzati ad incentivare l'ecodesign dei prodotti e la corretta gestione dei rifiuti favorendo, in particolare, l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti e lo sviluppo di tecnologie per la prevenzione, il recupero, il riciclaggio ed il trattamento di categorie di rifiuti attualmente non serviti da un'adeguata filiera di gestione.
  I progetti sono inoltre tesi a sviluppare nuove tecnologie per la prevenzione, il recupero, il riciclaggio ed il trattamento di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), nonché di altre tipologie di rifiuti, tramite l'emanazione di specifici bandi e accordi.
  Lo stesso Ministero è, inoltre, impegnato nell'istruttoria per l'emanazione di più decreti ministeriali che attribuiscono incentivi, sotto forma di credito di imposta o di contributi a fondo perduto, tra i quali:

   1) decreto ministeriale – legge n. 145 del 2018 – articolo 1 – comma 76 – Modalità di fruizione del credito d'imposta per le imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, ovvero che acquistano imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432:2002 o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio;

   2) decreto ministeriale – legge n. 58 del 2018 (conversione del decreto-legge n. 34 del 2019) – articolo 26-bis – comma 3 – Attuazione delle disposizioni in materia di agevolazioni e crediti di imposta per l'uso o l'avvio a riciclo di imballaggi riutilizzabili;

   3) decreto ministeriale – legge n. 58 del 2018 (conversione del decreto-legge n. 34 del 2019) – articolo 26-ter – comma 5 – Definizione dei requisiti tecnici e delle certificazioni idonee ad attestare la natura e le tipologie di materie e prodotti, ai fini delle agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo;

   4) decreto ministeriale — legge n. 141 del 2019 (conversione del decreto-legge n. 111 del 2019) – articolo 7 – comma 2 – Definizione delle modalità per l'ottenimento del contributo economico a fondo perduto – sino ad un massimo di cinquemila euro – per esercizi commerciali di vicinato, di media e grande struttura che attrezzano spazi dedicati alla vendita ai consumatori di prodotti alimentari e detergenti sfusi o alla spina, o per l'apertura di nuovi negozi che prevedano esclusivamente la vendita di prodotti sfusi, nonché per la verifica dello svolgimento dell'attività di vendita per un periodo minimo di tre anni a pena di revoca del contributo;

   5) decreto ministeriale – legge n. 141 del 2019 (conversione del decreto-legge n. 111 del 2019) – articolo 4-quinquies – comma 1 – Definizione delle modalità per il riparto del fondo denominato «Programma sperimentale mangiaplastica» al fine di contenere la produzione di rifiuti in plastica attraverso l'utilizzo di eco-compattatori da parte dei comuni;

   6) decreto ministeriale – legge n. 160 del 2019 – articolo 1 – comma 658 – Definizione delle modalità applicative necessarie alla fruizione del credito d'imposta per le imprese attive nel settore delle materie plastiche per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili secondo lo standard EN 13432:2002.

  Tali provvedimenti costituiscono leve finanziarie per la prevenzione della formazione del rifiuto, nonché per l'aumento della domanda e l'ampliamento del mercato del riciclo.
  Oltre a ciò il Ministero sta provvedendo a redigere tre regolamenti che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto della frazione merceologica «plastica»:

   1) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di plastica proveniente da un'operazione di selezione, costituita da una miscela di due o più polimeri;

   2) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto «scarto di pulper»;

   3) il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto delle «plastiche miste per recupero chimico».

  La cessazione della qualifica di rifiuto – End of Waste (EoW) – costituisce un tassello indispensabile per la valorizzazione del potenziale dei rifiuti. Al valore e al vantaggio ambientale si accompagna anche la valenza economica dell'EoW, data dal fatto di disporre, all'esito di opportune operazioni di riciclo e recupero non più di un rifiuto ma di un prodotto che, in quanto tale, avrà un mercato e quindi un valore economico.
  In ultimo per quanto riguarda il rinvio dell'applicazione della
plastic tax e sugar tax nel decreto-legge di Rilancio n. 34 del 2020 è previsto il differimento dal 1° gennaio 2021 dell'entrata in vigore di entrambe le imposte.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   MELICCHIO, D'IPPOLITO, MISITI, ORRICO, TUCCI, SAPIA, SCUTELLÀ, FORCINITI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   numerosi articoli di stampa descrivono un ambiente conflittuale all'interno della procura del tribunale di Cosenza a causa di inchieste boicottate e fughe di notizie;

   le informazioni diffuse, in realtà, trovano riscontro su alcuni dati oggettivi, come una fotografia pubblicata che ritrae il PM Cozzolino a cena con l'indagato Carmine Potestio, ex capo gabinetto del sindaco di Cosenza;

   tali notizie generano, presso l'opinione pubblica, dubbi e perplessità sull'operato della procura del tribunale di Cosenza;

   negli articoli, si afferma che nell'inchiesta per corruzione e abuso d'ufficio riguardante Carmine Potestio, nonché l'ingegnere Pecoraro – dirigente comunale – e l'architetto Cucunato, nonostante l'ingegnere Potestio venisse indicato dalla dottoressa Manzini quale il deus ex machina dell'organizzazione criminale dedita alla truffa attraverso la concessione agli amici degli amici dei famigerati appalti spezzatino è stato tenuto fuori da ogni inchiesta dal PM Cozzolino, il quale avrebbe esercitato pressioni ricattatorie nei confronti degli altri magistrati;

   successivamente, forse anche a seguito della pubblicazione della fotografia che ritrae il PM Cozzolino a cena con Potestio (indagato) e al presidente del consiglio comunale di Cosenza Pierluigi Caputo, il PM Cozzolino è stato allontanato da tutte le inchieste che riguardano la pubblica amministrazione;

   altra vicenda, altre anomalie. Nel comune di San Giovanni in Fiore (CS), il Dr. Martino Emilio Dante viene assunto quale responsabile finanziario del comune, nonostante questo posto fosse già occupato. Il bando per l'assunzione del 2017 fu pubblicato solo sul sito del comune, non sulla Gazzetta Ufficiale, con tempi di pubblicazione ristrettissimi (una settimana circa), il colloquio sarebbe avvenuto alla sola presenza del sindaco, mentre dal verbale risulta presente tutta la commissione;

   tali episodi sono stati denunciati dalla Guardia di finanzia per falso in atto pubblico;

   peraltro, la convocazione del colloquio avrebbe dovuto avvenire mediante pubblicazione, mentre avrebbe avuto luogo tramite un contatto diretto;

   il procedimento sarebbe stato oggetto di richiesta di archiviazione;

   altro caso. Nel 2016 l'ATI di Lamezia Terme vince un appalto per servizio navetta per pazienti, farmaci, emoderivati e cartelle cliniche all'A.O. di Cosenza. A quanto consta agli interroganti, in proposito sarebbero emerse diverse criticità sulle quali sarebbero state avviate indagini; non si conosce tuttavia quale esito esse abbiano avuto;

   parimenti, sarebbero state rilevate criticità, per quanto risulta agli interroganti, anche nella gara d'appalto per la raccolta dei rifiuti nel comune di San Giovanni in Fiore. Anche in questo caso, le segnalazioni non avrebbero prodotto alcun esito;

   queste notizie, oramai di dominio pubblico, gettano discredito nel funzionamento della procura del tribunale di Cosenza che, per la sua autonomia e dovere di riservatezza, non può né deve replicare a «voci» sull'adeguatezza del suo operato –:

   ferma restando la piena autonomia della magistratura, se il Ministro interrogato, alla luce delle anomalie riscontrate, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive presso il tribunale di Cosenza, e ciò anche al fine di fugare tutti i dubbi che emergono anche dalla stampa sulle attività giudiziarie sopra indicate, a tutela dell'immagine stessa della procura del tribunale di Cosenza.
(4-00815)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame, sulla premessa che «numerosi articoli di stampa descrivono un ambiente conflittuale all'interno della procura del tribunale di Cosenza, a causa di inchieste boicottate e fughe di notizie» facendo riferimento a molteplici episodi coinvolgenti personale ed attività giudiziaria della procura di Cosenza, si è chiesto di sapere se «il Ministro interrogato, alla luce delle anomalie riscontrate, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive presso il tribunale di Cosenza, e ciò anche al fine di fugare tutti i dubbi che emergono anche dalla stampa sulle attività giudiziarie sopra indicate, a tutela dell'immagine stessa della procura del tribunale di Cosenza».
  Al riguardo, il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro ha trasmesso chiarimenti da cui si evince l'infondatezza di molte delle criticità ipotizzate in interrogazione con riferimento ai fatti ivi riportati.
  Non pare, infatti, emergere, all'interno dell'ufficio inquirente, alcun tipo di conflittualità che trasmodi la normale dialettica processuale che può caratterizzare ogni ufficio giudiziario: il clima di fattiva interazione fra tutti i suoi distingue il lavoro portato avanti dal procuratore capo, frutto del positivo contributo di tutti i magistrati, anche in occasione della predisposizione del progetto organizzativo dell'ufficio, che, oltre ad essere approvato dal consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Catanzaro, non ricevuto avuto alcun rilievo da parte dei magistrati stessi.
  Quanto alla fotografia che ritrarrebbe il pubblico ministero Cozzolino a cena con l'indagato Carmine Potestio, ex capo di gabinetto del sindaco di Cosenza, la questione è già all'attenzione del Consiglio superiore della magistratura.
  Quanto al riferimento secondo cui «negli articoli si afferma che nell'inchiesta per corruzione ed abuso d'ufficio riguardante Carmine Potestio, nonché l'ingegnere Pecoraro — dirigente comunale — e Varchitetto Cucunato, nonostante l'ingegnere Potestio venisse indicato dalla dottoressa Manzini quale il
deus ex machina dell'organizzazione criminale dedita alla truffa attraverso la concessione agli amici degli amici dei famigerati appalti spezzatini è stato tenuto fuori da ogni inchiesta dal pubblico ministero Cozzolino, il quale avrebbe esercitato pressioni ricattatorie nei confronti degli altri magistrati», il procuratore della Repubblica di Cosenza ha evidenziato che il procedimento a carico di dirigenti e funzionari del comune di Cosenza per delitti di corruzione, falso ed abuso d'ufficio, in data 31 luglio 2018, previa separazione di alcune posizioni, era stato definito con richiesta di rinvio a giudizio degli indagati e che il dottor Cozzolino non ne era mai stato titolare, né unico, né in co-assegnazione.
  Peraltro, la posizione di Potestio Carmine, inizialmente indagato nel medesimo procedimento per il reato di cui all'articolo 318 del codice penale, era stata stralciata, con conseguente iscrizione a suo carico di un nuovo procedimento, ancora in fase investigativa.
  In ogni caso, il dottor Cozzolino non risulta aver mai svolto indagini in procedimenti riguardanti il Potestio poiché, non appena ne era divenuto assegnatario, lo aveva trasmesso al procuratore aggiunto. Infatti, secondo quanto specificato dal procuratore, il suddetto pubblico ministero divenuto titolare di un procedimento contro ignoti (mod. 44), poi iscritto a persone note, tra i quali il Potestio, ha provveduto alla trasmissione degli atti al procuratore aggiunto per eventuale connessione con altro procedimento.
  Sempre secondo le informazioni acquisite, neppure risponde al vero l'affermazione secondo cui «il pubblico ministero Cozzolino è stato allontanato da tutte le inchieste che riguardano la pubblica amministrazione»: la procura della Repubblica di Cosenza, infatti, è articolata in una serie di gruppi di lavoro specializzati, fra cui quello riguardante i reati contro la pubblica amministrazione, il dottor Cozzolino è tuttora uno dei quattro magistrati che compongono il gruppo.
  Quanto, poi, alla vicenda relativa alla nomina del dottor Martino Emilio Dante quale responsabile finanziario del comune di San Giovanni in Fiore, la medesima è stata oggetto di indagine nel procedimento penale iscritto dal procuratore aggiunto il 20 giugno 2017 a carico di quattro persone per i reati previsti dagli articoli 323- 476- 479 del codice penale e successivamente definito, dapprima, con avviso di conclusione delle indagini preliminari e poi, all'esito di un'attività investigativa difensiva, con richiesta di archiviazione anche per l'ipotesi di cui agli articoli 476-479 del codice penale, ritualmente accolta dal Gip territorialmente competente.
  Anche la vicenda relativa all'appalto per il servizio navetta dell'Ao di Cosenza, assegnato all'Ati di Lamezia Terme, è stata oggetto di indagine nell'ambito di un procedimento penale, iscritto dal procuratore aggiunto a carico di quattro persone e assegnato al dottor Cozzolino.
  All'esito di una serie di approfondimenti investigativi, in data 17 luglio 2018, il pubblico ministero assegnatario, previa separazione del procedimento in relazione ai reati di cui agli articoli 323-353 del codice penale, ha depositato al giudice per l'udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di due persone
  Con decreto del 19 luglio 2018, poi, il giudice per l'udienza preliminare ha fissato l'udienza preliminare per il giorno 16 ottobre 2018.
  In questo caso, nonostante la complessità delle indagini, il pubblico ministero assegnatario del procedimento in meno di un anno dalla ricezione della notizia di reato ha concluso la fase delle indagini preliminari, esercitando l'azione penale ed ottenendo la fissazione dell'udienza preliminare: si è, dunque, nel pieno rispetto della fisiologia ordinaria del procedimento penale, come scandita dall'articolo 111 della Costituzione.
  Da ultimo, quanto alle non meglio precisate criticità riguardanti la gara di appalto per la raccolta dei rifiuti nel comune di San Giovanni in Fiore, in ordine alle quali sarebbero state avanzate alla procura segnalazioni rimaste prive di riscontro, risultano essere stati iscritti due procedimenti: uno iscritto nei confronti di soggetti ignoti (mod. 44), definito con richiesta di archiviazione in data 12 settembre 2018; e un altro
conclusosi con avviso di conclusione delle indagini per due indagati e richiesta di archiviazione per un altro.
  Le vicende segnalate hanno, quindi, avuto il loro fisiologico sbocco processuale, anche in tempi assolutamente celeri.
  Tuttavia, il Ministero della giustizia ha attivato i suoi poteri ispettivi e intende rassicurare sulla sua opera di costante monitoraggio e attenzione alle situazioni di criticità che emergono negli uffici giudiziari sul territorio ed in quello di specie, proprio, come sollecitato dagli interroganti, a tutela dell'immagine stessa della magistratura.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MENGA, GRIPPA, FARO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel cuore del promontorio del Gargano, e precisamente in località «Settepenne», in agro del comune di Rignano Garganico è ubicata la «Grotta Paglicci», sito archeologico risalente al Paleolitico;

   con decreto del Ministero dei beni culturali ed ambientali dell'11 maggio 1990, Grotta Paglicci è dichiarata area di rilevante interesse storico ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e sottoposta a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa compresa l'inedificazione assoluta anche a carattere precario;

   l'area su cui sorge Grotta Paglicci è di proprietà privata e attualmente il suo ingresso è inibito perché dichiarata inagibile dalla soprintendenza di Foggia;

   l'incuria, l'impossibilità di operare interventi manutentivi, le intemperie e gli atti vandalici perpetrati nel tempo hanno portato i cittadini del piccolo comune di Rignano Garganico, nella persona del sindaco pro tempore, a puntare i riflettori del Ministero su questo inestimabile patrimonio archeologico, al fine di preservarne l'integrità, ma soprattutto per renderlo liberamente accessibile a chiunque voglia visitarlo;

   la vigente normativa in materia di espropriazione di beni culturali è dettata dal decreto legislativo n. 42 del 2004, «Codice dei beni culturali e del paesaggio», ai sensi del quale per espressa volontà di legge l'esproprio di beni culturali è attribuito all'esclusiva competenza dello Stato in conformità all'attribuzione esclusiva di competenza in materia disposta dall'articolo 117, lettera s), della Costituzione (articolo 95);

   inoltre, secondo quanto statuito dall'articolo 96 del richiamato decreto: «Possono essere espropriati per causa di pubblica utilità edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso». Ciò consentirebbe di realizzare le necessarie ed urgenti opere di manutenzione al bene in oggetto, nonché di eseguire nuove campagne di scavo per riportare alla luce altri reperti custoditi al suo interno –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario verificare lo stato di abbandono e di degrado in cui versa Grotta Paglicci e, di conseguenza, adottare le iniziative volte a promuovere una procedura di esproprio secondo il dettame richiamato in premessa al fine di restituire decoro e lustro ad un simile «gioiello archeologico» attraverso interventi di manutenzione e restauro.
(4-03535)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie in merito al sito archeologico ivi indicato.
  Sulla base degli elementi acquisiti dai competenti uffici centrali e periferici di questo Ministero si rappresenta quanto segue.
  I rapporti intervenuti nel corso degli anni 2000 tra il comune di Rignano e i proprietari del terreno in cui si trova il sito di Grotta Paglicci, e di questi con i diversi organi territoriali di questo Ministero, sono piuttosto chiari.
  Il giacimento di Grotta Paglicci è dichiarato d'interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1o giugno 1939, n. 1089, e dunque, sottoposto a vincolo archeologico e a tutte le disposizioni di tutela, con decreto ministeriale dell'11 maggio 1990.
  Con delibera del comune di Rignano n. 20 del 2004, il comune avviava l'esproprio di Grotta Paglicci sulla scorta di un progetto esecutivo di sistemazione delle aree circostanti il sito. Ad esso si opponevano gli eredi, i fratelli Bramante Antonio, Cesare e Giuseppe, che lamentavano una manifesta illegittimità dell'iniziativa comunale, anche perché il progetto prevedeva realizzazioni edilizie in una zona, gravata dal vincolo archeologico, definita come assolutamente inedificabile, e non teneva, inoltre, conto del fatto che dopo l'apposizione del vincolo nel 1990, gli scavi si erano ulteriormente estesi nella fascia di rispetto e dunque sarebbe stato opportuno rivedere l'estensione dell'area tutelata e della zona di rispetto stessa.
  In ragione di ciò, i proprietari notificavano al Ministero e alla soprintendenza archeologica della Puglia un atto di significazione in data 5 febbraio 2005 per richiedere l'adozione di provvedimenti cautelari ai sensi degli articoli 150 e 28 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  Il 27 aprile del 2006 si riuniva a Roma, nel Complesso San Michele, la commissione prevista dagli articoli 6 e 7 della legge 2 agosto 1982, n. 512 e successive modificazioni e integrazioni nominata con decreto ministeriale 13 dicembre 2005. Dalla documentazione fornita, i membri della Commissione evincevano che Grotta Paglicci fosse un giacimento preistorico costituito da un riparo e da un'attigua grotta, offerto per un valore di euro 309.874,13.
  A seguito della mancata cessione onerosa allo Stato, i fratelli Bramante proposero al comune di Rignano la cessione in uso gratuito ventennale, rinnovabile, del sito di Grotta Paglicci, che non ebbe alcun riscontro da parte dell'amministrazione comunale.
  In data 9 dicembre 2010, veniva convocata una conferenza di servizi avente ad oggetto «interventi strutturali e valorizzazione del sito archeologico di Grotta Paglicci», e si rappresentava «la possibile caduta di massi e di notevoli crolli del riparo esterno della Grotta».
  In quell'occasione, uno dei Bramante presente, rinnovò al comune la disponibilità a sottoscrivere la cessione in uso gratuito del sito.
  Nella medesima conferenza, la professoressa Annamaria Ronchitelli dell'Università degli studi di Siena, da anni responsabile degli scavi nel sito di Grotta Paglicci in regime di concessione da parte del Ministero, sottolineava come gli scavi nel riparo esterno fossero stati interrotti non per l'assenza di reperti, ma per la mancanza della messa in sicurezza del sito e per la necessità di provvedere alla fornitura presso l'area di scavo delle dotazioni minimali per le attività di ricerca (acqua, luce).
  Nella medesima occasione la professoressa Ronchitelli dichiarò esplicitamente, anche davanti ai rappresentanti dell'amministrazione comunale, che il sito non avrebbe potuto essere fruibile da chiunque, men che meno dai turisti, nonostante i progetti voluti dal comune stesso, senza recare danno alla tutela archeologica di un sito fragile come quello in oggetto.
  In data 3 febbraio 2012, il sindaco del comune di Rignano chiese al Ministero, al prefetto di Foggia, alla regione Puglia, alla soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, all'Università degli studi di Siena, al comando provinciale dei Carabinieri e al dottor Giuseppe Bramante di «indire c/o la sede comunale un tavolo tecnico per trovare congiuntamente le soluzioni più opportune».
  La proprietà Bramante, in data 20 febbraio 2012, rispondeva rappresentando come gli eredi avessero più volte sottolineato le esigenze di tutela del sito, e come fossero inutilmente passati tre anni da quando era stata sottoposta all'amministrazione comunale una bozza di convenzione per la cessione del sito in uso gratuito ventennale, con lo scopo di «garantire al Comune di Rignano il primato nella valorizzazione e custodia del sito, e dunque fornendo uno strumento giuridico concreto per consentire un intervento pubblico — anche in termini di potenziali investimenti — con espressa rinunzia dei proprietari ad ogni diritto su eventuali provvidenze od aiuti pubblici».
  In data 26 novembre 2012 (protocollo n. 13846) il comune di Rignano Garganico faceva richiesta alla soprintendenza di riattivare la procedura espropriativa della particella 19 del Foglio 35 su cui insiste l'area archeologica di Grotta Paglicci e sulla quale pendeva l'annullamento del TAR Puglia del 10 marzo 2005.
  La soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, in data 13 dicembre 2012 (protocollo n. 14296), rendeva parere favorevole all'esproprio, chiedendo contestualmente all'Amministrazione comunale, ai fini dell'emanazione del decreto di dichiarazione di pubblica utilità ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, l'invio della necessaria documentazione, che riceveva in data 25 marzo 2013 (protocollo n. 4076) da parte del comune citato.
  In data 10 aprile 2013 gli avvocati dei fratelli Bramante inviavano anche alla soprintendenza archeologica della Puglia una nota contenente «osservazioni procedimentali» in relazione al procedimento di esproprio del sito archeologico di Grotta Paglicci, chiedendo al Ministero di respingere la richiesta di esproprio formulata «in quanto il progetto sotteso è privo dei requisiti normativi, essendo irrealizzabili gli interventi edilizi in questione altresì ponendoli in manifesta violazione delle esigenze di tutela, che hanno indotto il giudice amministrativo ad annullare la delibera di approvazione dello stesso progetto (sent. TAR Puglia, Bari, n. 3749/2006)».
  Nella medesima memoria gli avvocati dei germani Bramante chiedevano di considerare l'opportunità di «suggerire al Comune di Rignano di sottoscrivere l'allegata bozza di cessione in uso gratuito» e, in subordine, chiedevano «in via istruttoria che il Ministero o la Soprintendenza competente valuti la fattibilità dell'opera effettuando saggi preventivi ed acquisendo il parere scritto delle Università coinvolte: circa la possibile estensione delle zone di scavo e circa la possibilità che il sito possa essere fruito dai turisti».
  Successivamente a questo documento non è stato possibile reperire nella sede di Foggia altra informazione relativa alla questione, né in risposta a questa missiva né altra documentazione, fino alla data dell'11 agosto 2017 (protocollo n. 5903), quando il soprintendente
pro tempore della SABAP BAT-FG, dottoressa Simonetta Bonomi, chiedeva ai germani Bramante di accordare l'accesso alla proprietà per raggiungere il sito archeologico per eseguire rilievi con il laser scanner 3D e riprese video ai fini dell'allestimento del Museo civico di Rignano Garganico, progetto promosso dal comune sotto la direzione scientifica della soprintendenza.
  Lo studio legale cui si affidano i germani Bramante, rispondeva in data 1° settembre 2017 (protocollo n. 6239), rendendosi disponibile a consentire l'accesso alla proprietà Bramante al fine di raggiungere il sito di Grotta Paglicci, rappresentando però che non erano in loro possesso le chiavi dei lucchetti posti a chiusura della porta all'ingresso della grotta.
  Le suddette chiavi — utilizzate dall'Università degli studi di Siena durante le campagne di scavo — sono, come si è detto, custodite presso la SABAP BT-FG.
  In data 9 ottobre 2017, in rappresentanza della SABAP BT-FG, si recava presso il sito di Grotta Paglicci, su incarico del soprintendente
pro tempore dottoressa Simonetta Bonomi, il signor Vito Soldani, operatore tecnico, al fine di programmare le riprese foto-topografiche per la realizzazione di prodotti multimediali (protocollo n. 7220 del 12 ottobre 2017).
  In quell'occasione è stato possibile sottolineare, una volta di più, come l'attraversamento delle tre sale interne non sia impossibile, sebbene decisamente non agevole a causa del «fondo viscido e delle volte basse nei passaggi tra una sala e l'altra», rendendo assolutamente necessario un adeguato equipaggiamento con dispositivi di protezione individuali. Il sito è privo di linea elettrica per cui ci si deve attrezzare con torce elettriche per potersi muovere al suo interno. Inoltre, in alcuni punti di passaggio, gli strati archeologici sono esposti e dunque a vista, per cui muoversi all'interno del sito aumenta il rischio di danneggiare irreparabilmente la stratigrafia archeologica ancora
in situ. Inoltre, il maggior danno verrebbe arrecato alla sala delle pitture: grazie all'obliterazione nel corso dei secoli dell'ingresso della grotta, è stata possibile una specie di conservazione «sotto vuoto», caratterizzata dall'assenza di variazioni climatiche e atmosferiche, che ha prevenuto il loro deterioramento. L'accesso e la visita a questi ambienti rischiano di produrre i danni che fino ad ora sono stati limitati. Come avvenuto in casi analoghi, le pitture, infatti, hanno iniziato un decadimento progressivo a causa dell'apporto di aria esterna e della presenza di esseri umani.
  Successivamente, in data 9 febbraio 2018 (protocollo n. 1079), il soprintendente
pro tempore della SABAP BT-FG, dottoressa Simonetta Bonomi, dopo aver preso visione del materiale prodotto attraverso il rilievo in laser scanner 3D del giacimento di Paglicci, inviava ai Bramante (per mezzo del loro avvocato, Attilio Spagnolo) e al sindaco di Rignano Garganico, una nota con la quale ribadiva «le difficoltà oggettive dovute alla morfologia del complesso ipogeico che rendono inaccessibile lo spazio interno ad un normale pubblico di visitatori, essendo praticabile infatti solo da parte di personale speleologico esperto e attrezzato». La nota si concludeva mettendo in chiaro che «qualunque sfruttamento turistico e commerciale in loco sia dell'area esterna, immediatamente antistante la grotta, sia di quella interna, risulta incompatibile con la conservazione e la salvaguardia del sito e con le più elementari norme di sicurezza».
  Infine, si possono riassumere qui brevemente gli aspetti principali della vicenda:
  1. per quanto attiene la tutela, l'area presenta un vincolo archeologico apposto con decreto ministeriale dell'11 maggio 1990;
  2. la proprietà dell'area, nonostante il tentativo di acquisizione a titolo oneroso da parte dello Stato e i due tentativi di esproprio da parte del Comune di Rignano Garganico, è ancora attribuita ai fratelli Antonio, Cesare, Giuseppe Bramante;
  3. per quanto attiene la valorizzazione del sito di Grotta Paglicci l'Amministrazione comunale, sotto la direzione scientifica della dottoressa Annamaria Tunzi (Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari), sta portando a compimento l'allestimento del museo civico, all'interno del quale verranno esposti alcuni dei più rappresentativi reperti provenienti dagli scavi condotti dall'Università degli studi di Siena e dove verrà dato ampio spazio ad una visita virtuale di tipo immersivo.
  Tale percorso di visita, realizzato anche con l'ausilio di filmati e rilievi con laser scanner 3D, intende sostituire, di fatto, una reale discesa all'interno della grotta che, come già evidenziato nella relazione, non può essere resa accessibile al grande pubblico anche nel caso in cui venissero portati a termine i necessari interventi di messa in sicurezza sia del riparo esterno sia della Grotta propriamente detta.
  L'accesso a queste aree, infatti, nelle condizioni di sicurezza adeguate, potrà essere consentito solo a studiosi e per casi specifici (come ad esempio interventi mirati di campionature per analisi, piccoli interventi di restauro conservativo, presi in considerazione ed autorizzati di volta in volta dalla soprintendenza competente.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 gennaio 2020, l'avvocato Angelo D'Abramo, consigliere comunale in carica del comune di Leporano e capogruppo della lista civica «Leporano Futura», dopo aver inoltrato (senza riscontro) una nota ufficiale al presidente del consiglio comunale, al sindaco e al segretario generale del comune di Leporano in data 30 dicembre 2019 per provvedere in autotutela, ha presentato un esposto-ricorso al prefetto di Taranto per rappresentare una serie di presunte irregolarità e violazioni del regolamento comunale per il funzionamento del consiglio comunale e dello statuto del comune di Leporano occorse nel periodo tra il 23 e il 31 dicembre 2019;

   tra le violazioni a vario titolo contestate figurano:

    la convocazione illegittima e nulla della conferenza dei capigruppo del 23 dicembre 2019 per il 27 dicembre 2019, ai sensi degli articoli 5, 35 e 37 del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale e degli articoli 11 e 19 dello statuto;

    la convocazione illegittima e nulla del 27 dicembre 2019 per la seduta del consiglio comunale del 30 dicembre 2019 (non tenutosi e senza alcun verbale di seduta circa il rinvio) ai sensi degli articoli 5, 35, 37 e 39 del regolamento e degli articoli 11 e 19 dello statuto;

    la mancata notifica al suddetto consigliere dell'avviso di convocazione del consiglio del 30 dicembre 2019 per il 31 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 39, comma 6, e 38 del regolamento, con grave compromissione dell'esercizio del mandato elettivo di controllo e di ispezione dell'attività amministrativa; inoltre, la seduta del consiglio comunale del 31 dicembre 2019, in seconda convocazione, sarebbe da ritenersi di dubbia legittimità dato che è avvenuta senza che tutti i consiglieri ne avessero ricevuto l'avviso, ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del regolamento;

    il silenzio dell'amministrazione avverso l'esplicita richiesta del 3 gennaio 2020, prot. 71, di accesso agli atti e ai documenti amministrativi relativi all'ordine del giorno da parte dello stesso consigliere, il cui riscontro, a quanto consta all'interrogante in modo parziale e limitato, è stato dato solo in data 6 febbraio 2020, data in cui la segretaria generale del comune di Leporano, dottoressa Tania Giovane, ha inviato i chiarimenti alla prefettura di Taranto;

   successivamente ai suddetti chiarimenti del 6 febbraio 2020, il consigliere D'Abramo provvedeva ad integrare il su menzionato ricorso-esposto con ulteriore atto integrativo del 10 febbraio 2020, ritualmente inoltrato alla prefettura di Taranto;

   tutte le suddette riunioni sono state convocate con il seguente ordine del giorno: riconoscimento dei debiti fuori bilancio;

   con il suddetto esposto-ricorso, il consigliere D'Abramo ha inteso chiedere al prefetto di Taranto e al sindaco, al presidente del consiglio comunale e al segretario generale del comune di Leporano, per quanto di competenza, l'annullamento delle convocazioni sopra richiamate e di ogni atto deliberativo eventualmente adottato dai suddetti organi;

   il Consiglio di Stato – Sezione V, con sentenza del 14 dicembre 2012 n. 4892, giudicando su fatti analoghi, ha deciso per l'annullamento di tutti gli atti impugnati;

   con i chiarimenti sopra citati del 6 febbraio 2020 rispetto a quanto indicato nell'esposto-ricorso del 14 gennaio 2020, il segretario generale del comune di Leporano avrebbe sostanzialmente confermato la maggior parte delle te- circostanze sopra richiamate, che per l'interrogante rappresentano gravi violazioni dello statuto comunale e del regolamento comunale già eccepite –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto sopra riportato;

   se e quale esito abbia avuto nei limiti delle proprie competenze, l'istruttoria avviata dalla prefettura di Taranto in relazione all'esposto-ricorso di cui in premessa e alle criticità nello stesso evidenziate.
(4-05142)

  Risposta. — Nell'interrogazione in esame si fa riferimento alla problematica sollevata dal consigliere comunale del comune di Leporano (Taranto) Angelo D'Abramo, con un esposto inoltrato in data 14 gennaio 2020 al prefetto di Taranto nel quale si segnalavano asserite violazioni del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale e dello statuto, che si sarebbero verificate in relazione alla procedura di convocazione della conferenza dei capigruppo e del consiglio comunale nel periodo compreso tra il 23 e il 31 dicembre del 2019.
  La prefettura di Taranto ha comunicato di avere immediatamente chiesto chiarimenti al sindaco dell'ente, che ha fornito riscontro il 6 febbraio con una relazione del segretario generale nella quale si rivendicava la legittimità delle azioni poste in essere dall'amministrazione comunale.
  Le spiegazioni rese alla prefettura di Taranto e la documentazione correlata sono state trasmesse dallo stesso segretario anche al consigliere D'Abramo, il quale ha comunque rinnovato le proprie rimostranze con una lettera al prefetto in data 10 febbraio 2020.
  In relazione a quanto sopra evidenziato, va rilevato che il vigente ordinamento non attribuisce al Ministero dell'interno e ai prefetti alcun potere di controllo, né di legittimità né di merito, sugli atti degli enti locali, A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, operata con la legge costituzionale, n. 3 del 18 ottobre 2001, il controllo esterno preventivo degli atti, precedentemente affidato al comitato regionale di controllo, è stato espunto dal nostro ordinamento giuridico.
  Ne consegue che le asserite illegittimità degli atti adottati dal comune di Leporano potranno essere fatte valere nelle sedi competenti, facendo ricorso ai rimedi giuridici previsti dal vigente quadro normativo.
  Si assicura, comunque, la costante attenzione della prefettura su ogni segnale di criticità nell'attività degli organi elettivi e, più in generale, nell'attività amministrativa dei comuni della provincia, anche ai fini dell'eventuale esercizio, nei limiti previsti dall'ordinamento, dei poteri di controllo sugli organi.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i cambiamenti climatici interagiscono con fattori sociali ed economici; è pertanto necessario adottare un approccio integrato maggiormente operativo a livello locale e regionale;

   l'Accordo di Parigi (adottato il 12 dicembre 2015), agli articoli 7, paragrafo 2, e 11, paragrafo 2, riconosce il ruolo fondamentale di città, regioni ed enti locali nella lotta al cambiamento climatico, promuovendo una cooperazione multilivello;

   al fine di attuare tale accordo è fondamentale che si agisca in materia di pianificazione urbana, mobilità, trasporto pubblico e infrastrutture, prestazioni energetiche degli edifici, campagne educative, città intelligenti, reti intelligenti e sovvenzioni regionali;

   l'azione delle autorità locali appare, dunque, essenziale per consentire ai Governi di soddisfare i loro impegni nel quadro dell'azione globale per il clima. Gli stessi sindaci, direttamente responsabili delle loro decisioni, possono agire più efficacemente e rapidamente e spesso con risultati immediati che hanno un impatto fondamentale sul clima. I governi locali sono, infatti, responsabili dell'attuazione di oltre il 70 per cento delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici;

   il noto «Green New Deal» propone un piano dirompente di riconversione ecologica e industriale con l'obiettivo di traghettare i sistemi produttivi verso un'economia verde garantendo piena occupazione e affrontando unitamente la doppia emergenza dell'ambiente e del lavoro;

   in base alla Nadef 2019, la manovra per il triennio 2020-2022 punterà a preservare la sostenibilità della finanza pubblica e a creare, al contempo, spazi fiscali per rilanciare la crescita economica nel segno della sostenibilità ambientale e sociale. Un elemento cruciale delle future politiche sul clima e l'energia è rappresentato dal piano nazionale integrato per l'energia e il clima, che costituisce lo strumento attraverso il quale ogni Stato stabilisce i propri contributi agli obiettivi europei 2030, attuando gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, incremento delle fonti rinnovabili ed efficienza energetica approvati per l'anno 2030, proprio ai fini del rispetto degli impegni assunti con la sottoscrizione dell'Accordo di Parigi –:

   a quanto ammontino gli investimenti pubblici 2020 per l'ambiente, previsti nella prossima manovra di bilancio, strettamente dedicati ai territori (regioni ed enti locali) in attuazione di quanto citato in premessa ed espressamente dettato dall'Accordo di Parigi.
(4-03903)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La Commissione europea ha presentato l'11 dicembre 2019 il
Green deal europeo, una tabella di marcia finalizzata ad utilizzare in modo efficiente le risorse, ad arrestare i cambiamenti climatici, a ridurre la perdita di biodiversità e l'inquinamento.
  Il
Green deal europeo inteso come un cambiamento di rotta rispetto all'attuale modello di sviluppo, vuole invertire il degrado climatico e ambientale e promuovere una crescita economica che sia più efficacemente sostenibile.
  Lo scorso 4 marzo 2020 è stata presentata la proposta di legge europea per il clima, che rappresenta il provvedimento cardine in materia di contrasto ai cambiamenti climatici che dovrebbe rendere l'Europa il primo continente al mondo a conseguire la neutralità climatica entro il 2050.
  La proposta è costituita da tre principali fondamenti, la revisione dell'obiettivo dell'Unione europea al 2030 e la conseguente revisione della normativa, la definizione di una traiettoria di riduzione per il periodo 2030-2050, l'introduzione di un meccanismo di monitoraggio dei progressi al fine del raggiungimento dell'obiettivo di neutralità climatica.
  L'Italia in particolare ha presentato il 31 dicembre 2019 il proprio Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec), che prevede politiche e misure per il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di efficienza energetica e di rinnovabili, oltre alla propria strategia nazionale di lungo termine che individua possibili percorsi per raggiungere la neutralità climatica al 2050, valutando diverse opzioni tecnologiche, comprese quelle più innovative, non ancora completamente implementate.
  Inoltre, per dare seguito agli intenti del
Green deal europeo, il Pniec ha previsto incentivi e agevolazioni che perseguiranno l'obiettivo di proteggere l'ambiente e favorire la crescita e l'economia circolare.
  Inoltre, in attuazione alla Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici adottata nel giugno 2015, è in fase di approvazione il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) che si configura come uno strumento di indirizzo per le istituzioni regionali e locali ai fini dell'integrazione della tematica dell'adattamento negli strumenti esistenti di pianificazione territoriale e settoriale. Il piano costituisce una base comune di dati, informazioni e metodologie di analisi.
  Gli elaborati di Piano, i cui contenuti devono essere oggetto di accordo in sede di conferenza Stato-regioni, comprendono una analisi di contesto della condizione climatica attuale e futura, una descrizione della propensione al rischio del territorio nazionale, una descrizione degli impatti attesi per i settori definiti in linea con la strategia, l'individuazione di azioni di adattamento a livello nazionale, una descrizione degli strumenti per il monitoraggio e la valutazione delle azioni.
  Il 14 ottobre 2019 è stato adottato il decreto-legge n. 111 del 2019, convertito in legge n. 141 del 2019 (decreto Clima), il primo provvedimento totalmente ambientale realizzato in Italia, che mira all'abbattimento delle emissioni. Il decreto interviene con misure urgenti in tutti i settori considerati vulnerabili ai cambiamenti climatici, acqua, agricoltura, biodiversità, costruzioni ed infrastrutture, energia, prevenzione dei rischi industriali rilevanti, salute umana, suolo ed usi correlati, trasporti.
  Il decreto-legge n. 111 del 2019 (decreto Clima) prevede specifiche misure di riduzione delle emissioni relative, prevalentemente, alla mobilità sostenibile e alla riforestazione urbana:
  Programma sperimentale buono mobilità: con una dotazione finanziaria complessiva di 255 milioni per il periodo 2019-2024.
  È previsto un «buono mobilità» (ai residenti nei comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria sulla qualità dell'aria) di 1.500 euro per le autovetture e 500 euro per i motocicli, nel caso di rottamazione entro il 31 dicembre 2021, di autovetture omologate fino alla classe Euro 3 o di motocicli omologati fino alla classe Euro 2 ed Euro 3 a due tempi.
  Il buono potrà essere utilizzato per l'acquisto, anche a favore di persone conviventi, di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale, nonché di biciclette anche a pedalata assistita, entro i successivi tre anni.
  Programma corsie preferenziali per il trasporto pubblico locale. Con una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro (20 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021), prevede il finanziamento di progetti per la creazione, il prolungamento, l'ammodernamento e la messa a norma di corsie preferenziali per il trasporto pubblico. I progetti sono presentati da Comuni singoli associati con popolazione superiore a 50.000 abitanti, interessati dalle procedure di infrazione comunitaria sulla qualità dell'aria, per la realizzazione di un'unica opera.
  Programma sperimentale trasporto scolastico sostenibile, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro (10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021), prevede il finanziamento degli investimenti necessari alla realizzazione di progetti sperimentali per la realizzazione o l'implementazione del servizio di trasporto scolastico con mezzi di trasporto ibridi o elettrici.
  I progetti sono presentati al Ministero da comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti interessati dalle procedure di infrazione comunitaria sulla qualità dell'aria.
  Programma sperimentale per la riforestazione delle città metropolitane, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, per finanziare la messa a dimora di alberi, il reimpianto e la silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane.
  Con riferimento alla legge di bilancio 2020 si segnalano le seguenti misure:

  Risorse destinate agli investimenti: si prevede l'assegnazione per gli anni dal 2020 al 2024 di 500 milioni annui di contributi per interventi da parte dei comuni in materia di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile articolo 1, comma 29-37).
  Fondo per la crescita sostenibile articolo 1, comma 85-90): le risorse possono essere usate per la concessione di garanzie a specifici programmi di investimento e/o operazioni, anche in partenariato pubblico privato, che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico.
  Per le stesse finalità possono essere usate le risorse del «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti». I fondi ammontano, nel complesso, a 200 milioni, di cui 10 nel 2020, 40 nel 2021 e 50 per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
  Investimenti nelle isole minori (articolo 1, comma 553): si istituisce il «fondo per gli investimenti nelle Isole minori», con una dotazione finanziaria per gli anni 2020, 2021 e 2022, pari a 56 milioni per il finanziamento di progetti di sviluppo infrastrutturale o di riqualificazione del territorio dei comuni delle isole minori.
  A questi strumenti puntuali, si aggiunge il fondo per il
Green New Deal (articolo 1, comma 85-100). Si istituisce un fondo con una dotazione complessiva di 4,2 miliardi per gli anni 2020-2023. Parte di tale dotazione — per una quota non inferiore a 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 — sarà destinata ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
  Alla stregua di quanto premesso, è evidente come il Ministero dell'Ambiente stia predisponendo una serie di politiche e strumenti attraverso cui incrementare la resilienza dei territori ai cambiamenti climatici presenti e futuri cercando di ottimizzare forme di applicazione e di porre in essere interventi economici mirati.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   PENTANGELO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per il sud, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che, in seguito all'eccezionale ondata di maltempo, un albero si è abbattuto sul fiume Sarno formando casualmente e fortunatamente una sorta di diga;

   ciò ha causato un accumulo eccezionale di plastica nei pressi della foce del fiume, sita nel territorio del comune di Castellammare di Stabia;

   sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco i quali, utilizzando una escavatrice, hanno rimosso cumuli di rifiuti, soprattutto plastica, ammassatasi a causa dell'ostruzione trovata sulla strada verso il mare;

   l'azione di supplenza esercitata dall'amministrazione comunale per dare soluzione al problema, supplenza causata dalle reiterate negligenze e dai ritardi accumulati, ad avviso dell'interrogante, dagli amministratori della regione Campania, che quasi nulla hanno fatto dal momento del loro insediamento sino al verificarsi dell'evento per dare soluzione al problema, ha evitato un danno ancor più grave al mare e alla coste campane, poiché sono stati recuperati centinaia di metri cubi di plastica, dal peso pari a numerose tonnellate, raccolti in appositi cassoni;

   l'enorme quantità di materiale plastico rinvenuto lungo il corso del fiume, ad avviso degli amministratori locali, è frutto di un possibile illecito deposito e accumulo di materiali inquinanti, e si ipotizzano anche casi di abusivo sversamento;

   il Sarno è uno dei fiumi più inquinati del Paese e l'accaduto dimostra, per l'ennesima volta, quanto gravi siano i danni causati dal versamento nel fiume di rifiuti che defluiscono verso il mare, danneggiando gravemente il territorio e il litorale campano e arrecando gravi danni anche al settore turistico;

   a causare il profondo degrado del territorio, oltre alla plastica, sono gli scarichi industriali provenienti dalle aziende conciarie e agroalimentari, gli scarichi urbani non depurati immessi nel corso del fiume da due torrenti tributari, Solofrana e Cavaiola. Le gravi conseguenze spaziano dal considerevole danno economico al forte incremento dell'incidenza di malattie allergiche e di patologie tumorali;

   ad avviso del sindaco, il danno sarebbe causato anche da controlli carenti, che dovrebbero essere effettuati dalla regione Campania, sotto la cui responsabilità cade l'onere di bonificare il corso d'acqua, tanto che è stato siglato un protocollo di intesa tra la regione Campania rappresentata dall'Agenzia regionale campana difesa suolo e l'Autorità di bacino regionale del fiume Sarno, per la sistemazione idraulica, la riduzione del rischio idrogeologico e la riqualificazione ambientale del fiume e della rete di affluenti, al fine di limitare fenomeni di esondazione che potrebbero condizionare negativamente lo sviluppo socio-economico dell'area;

   il sindaco Cimmino, riferendosi all'ultimo episodio in particolare, ha segnalato il fatto che se la plastica avesse raggiunto il mare, avrebbe determinato enormi danni al contesto ambientale e all'ecosistema marino. Constatata la gravità della situazione, l'amministrazione comunale si è quindi immediatamente prodigata per l'attivazione di una griglia necessaria per fermare le sostanze macroinquinanti –:

   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza;

   in particolare, se si intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di acquisire un quadro aggiornato della situazione, con particolare riguardo alla natura e alla misura dei materiali inquinanti presenti nel Sarno, e per verificare l'entità dell'aggravamento effettivo della situazione di inquinamento in cui versa il fiume, in modo da garantire la migliore tutela della salute della cittadinanza e dell'ambiente;

   se intendano promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione Campania, un monitoraggio capillare dello stato di inquinamento in cui versano tutti i corsi d'acqua che scorrono nella regione Campania e tutte le coste campane.
(4-01606)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si ritiene, innanzitutto, opportuno fornire informazioni finalizzate ad inquadrare territorialmente l'area, le diverse problematiche connesse e le recenti iniziative messe in campo a livello centrale.
  Nello specifico, la Piana del Sarno – ricadente nel bacino distrettuale dell'Appennino meridionale – comprende 56 comuni e si estende per circa 708 chilometri quadrati dal versante Sud-Est del Vesuvio fino alla penisola sorrentina ed all'isola di Capri.
  Il Bacino del fiume Sarno comprende 42 comuni, nelle tre province di Napoli, Salerno ed Avellino, e si estende per circa 500 chilometri quadrati dai Monti Picentini ai Monti Lattari ad Est e a Sud, dai Monti Lauro e dal complesso Somma-Vesuvio a Nord.
  Le principali problematiche che caratterizzano il bacino del fiume Sarno – come si evince dall'analisi di diversi documenti di programmazione territoriale quali il Piano di gestione del rischio alluvioni, il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico e il Piano di gestione delle acque – sono riconducibili ai seguenti aspetti:

   rischio indotto da fenomeni alluvionali: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari circa al 7,8 per cento dell'intera area. Le criticità idrauliche attualmente presenti lungo il corso del fiume Sarno sono quasi tutte attribuibili a restringimenti delle sezioni di deflusso e ad irregolarità dei profili di fondo;

   rischio indotto da fenomeni franosi: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari circa al 52 per cento dell'intera area;

   acque superficiali e sotterranee: tutti i corpi idrici superficiali individuati risultano caratterizzati da un «non buono stato ecologico» e, in alcuni tratti del torrente Solofrana, emergono anche superamenti dei parametri chimici delle acque effluenti quali il cromo e il cadmio. Dalle analisi effettuate in diversi punti del reticolo naturale sono emersi superamenti in particolari periodi dell'anno, dovuti alle fluttuazioni di produzioni di alcune aziende agricole/manifatturiere.

  Per le acque sotterranee, nell'area ricadono otto acquiferi e quantitativamente risultano tutti classificati come non buoni, in quanto altamente sovra sfruttati. Infatti, la scelta di captare l'acqua mediante pozzi artesiani per l'approvvigionamento idrico ai fini agricoli è indotta dalle condizioni di inquinamento dei principali corsi d'acqua superficiali presenti nell'area.
  Analogamente risulta «non buono» lo stato chimico degli acquiferi.
  Ulteriore significativa criticità è rappresentata dall'enorme presenza di rifiuti urbani e non, lungo tutto il reticolo naturale che comporta importanti riduzioni delle sezioni in corrispondenza degli attraversamenti e delle confluenze idrauliche.
  Lo stato di gravissimo degrado del bacino del fiume Sarno è dovuto al combinato operare di una pluralità di fonti di inquinamento: innanzitutto quelle urbane, agricole e industriali.
  Alla categoria delle fonti urbane di inquinamento vanno condotte le perdite da reti fognarie primitive e sottodimensionate rispetto ai carichi da convogliare, gli scarichi direttamente in falda: la pratica dei pozzi neri disperdenti, la percolazione da aree adibite a discarica abusiva, ma impermeabilizzate in maniera approssimativa o, quando abusive, non affatto impermeabilizzate.
  Le fonti di inquinamento agricole sono rappresentate, invece, dall'uso spesso indiscriminato di fertilizzanti chimici, fitofarmaci, antiparassitari, anticrittogamici, diserbanti nonché reflui di origine zootecnica utilizzati come concime.
  Le fonti di inquinamento industriale, infine, sono da ascrivere in preponderanza agli scarichi non trattati degli stabilimenti conciari, conservieri, cartari, tipografici e così via.
  Da una disamina delle attività di indagine svolte sinora e dei contesti riscontrati, si può affermare che esistano numerose concause responsabili dei fenomeni di inquinamento del fiume Sarno e dei suoi affluenti Solofrana e Cavaiola. In sintesi, il fenomeno è riconducibile a:

   considerevole industrializzazione presente nell'area dell'agro nocerino sarnese;

   eccessiva antropizzazione di quei territori, legata a doppio filo al mancato completamento della rete fognaria e collettamento agli impianti di depurazione;

   scarsa attenzione all'ambiente.

  Proprio per arrivare ad una soluzione definitiva di risanamento del fiume Sarno e dei territori che attraversa, nell'ambito del Masterplan Bacino Fiume Sarno, è stato assegnato all'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale il compito di definire e programmare uno scenario di misure di concerto con gli enti territorialmente competenti e declinare un piano di azioni da realizzare in base alle priorità. Tra le misure previste rientrano anche quelle relative al ciclo integrato delle acque, ovvero l'intervento di mitigazione degli impatti derivanti dagli scarichi.
  Premesso quanto sopra, relativamente ai recenti fenomeni di inquinamento il Ministero ha attivato i Carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) per effettuare controlli e indagini lungo l'intera area del fiume.
  Le attività di controllo sono tuttora in corso su delega delle competenti procure di Avellino, Salerno e Nocera Inferiore ed in attuazione di quelli previsti e pianificati nell'ambito dell'accordo di collaborazione operativo siglato il 16 ottobre 2019 dal comando del Nucleo operativo ecologico con l'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, che prevede un programma tecnico economico-operativo-temporale finalizzato a definire le misure strutturali e non strutturali di mitigazione delle criticità.
  Il 7 maggio 2020 l'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ha comunicato che, nei giorni 5 e 6 maggio 2020, sono stati effettuati i primi campionamenti delle acque lungo il corso fluviale e i suoi affluenti principali.
  Sono state avviate dal Dipartimento di biologia e chimica – università di Napoli Federico II (con la quale è stato stipulato un accordo ed è in corso di stipula l'accordo integrativo) le analisi sui campioni prelevati.
  Sarà cura dell'autorità di bacino comunicare al Ministero i risultati di queste prime attività e fornire un aggiornamento sulle prossime azioni da effettuare, condivise con il Comando generale dei carabinieri per la tutela ambientale, con il quale è stato stipulato un programma tecnico/economico/operativo/temporale che ha come finalità la valutazione delle criticità ambientali e di quanto a queste connesso.
  Alla luce delle informazioni esposte, il Ministero si impegna comunque a mantenere un'interlocuzione costante con tutti i soggetti competenti finalizzata a garantire che la ripresa dell'attività avvenga nel rispetto dell'ambiente e delle norme che ne disciplinano la tutela.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 20 aprile 2017 la Corte suprema russa, servendosi di una controversa legge del 2016 che permette di bollare come «estremista» tutto ciò che contraddice gli insegnamenti delle religioni tradizionali, ha sciolto l'ente giuridico della minoranza religiosa dei Testimoni di Geova e da allora, è iniziata una vera e propria persecuzione nei confronti delle persone che professano questa religione;

   decine di testimoni di Geova sono stati arrestati per il solo fatto di pregare o leggere la bibbia. Alcuni sono stati torturati con pistole elettriche. Molti dei fedeli hanno perso il posto di lavoro, la pensione e non possono più accedere al conto bancario o avere una polizza assicurativa. Le loro case sono state perquisite da gruppi di agenti armati. Al 14 febbraio 2020, i fedeli sotto processo per estremismo erano 333, i detenuti 163 e le case perquisite 866. Almeno 200 persone, uomini e donne tra i 18 e gli 89 anni, erano state inserite nell'elenco dei presunti estremisti/terroristi, rischiando fino a 10 anni di carcere per aver partecipato a un incontro di preghiera e di studio del Vangelo;

   inoltre, il 22 luglio 2020 alla Duma di Stato, il Parlamento russo, è stato presentato un progetto di legge volto a vietare agli stranieri di partecipare alle attività delle associazioni religiose russe, e a maggior ragione, di guidarle. Secondo l'articolo 7 della legge federale «Sulla libertà di coscienza e sulle associazioni religiose», in un gruppo religioso possono entrare soltanto i russi e «altre persone che vivono stabilmente e in modo legittimo sul territorio della Russia». Oltre agli stranieri, il divieto a partecipare e guidare le comunità viene esteso anche alle persone classificate come estremiste e terroriste, secondo le liste ufficiali dell'Ufficio statale per il monitoraggio e anche i credenti nelle cui azioni il tribunale abbia riscontrato «segni di attività estremistica». Da qualche anno, in questa lista sono stati inseriti i Testimoni di Geova, vari gruppi di cristiani battisti e altre sette di vario genere;

   la comunità internazionale ha fortemente condannato la messa al bando e il trattamento subito dai Testimoni di Geova in Russia. Lo hanno denunciato, tra gli altri, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e il Comitato per i Diritti Umani dell'Onu. Il 9 gennaio 2020 Rachel Denber, vicedirettrice di Human Rights Watch per l'Europa e l'Asia centrale, ha affermato che «non c'è nulla di nemmeno lontanamente giustificabile in tutto questo». I Testimoni di Geova sono ad oggi, l'unica comunità religiosa in Russia a cui sia stata applicata la legge contro l'estremismo –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, sia nei consessi bilaterali con la Federazione Russa, che in quelli europei e internazionali, per far emergere e sensibilizzare su quanto di grave sta accadendo in Russia a danno della comunità dei testimoni di Geova e garantire il rispetto della libertà religiosa e dei diritti umani in Russia.
(4-06470)

  Risposta. — La tutela e la promozione della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze religiose rappresentano una priorità della politica estera italiana in ambito multilaterale, nei rapporti bilaterali e nei programmi della cooperazione allo sviluppo. Tale tematica è peraltro inserita tra i temi prioritari del mandato dell'Italia al Consiglio diritti umani (Cdu) delle Nazioni Unite, per il triennio 2019-2021.
  In ambito ONU, anche su impulso del Governo italiano, la tutela della libertà di religione o credo è oggetto di risoluzioni tematiche dell'Assemblea generale e del CDU che sono promosse annualmente dall'Unione Europea. Anche in ambito UE, la libertà di religione o credo continua a rappresentare una priorità in materia di diritti umani. Coerentemente con tale impegno, l'Italiana svolto un ruolo fortemente attivo nel 2018, come presidenza in esercizio dell'Osce, con la nomina del Professor Salvatore Martinez a Rappresentante personale per la lotta al razzismo, alla discriminazione e alla xenofobia, con un focus anche sulla discriminazione e l'intolleranza contro i cristiani e i membri di altre religioni, nonché mediante l'organizzazione (a Roma, il 22 ottobre 2018) della Conferenza sulla lotta all'intolleranza e alla discriminazione, anche su base religiosa.
  Tale attenzione è rivolta anche alla specifica questione delle restrizioni alle libertà religiose, di espressione e associazione dei testimoni di Geova nella Federazione russa, che rappresenta oggi una delle più evidenti criticità in materia di diritti umani nel Paese.
  In occasione della più recente partecipazione della Russia alla revisione periodica universale nell'ambito del Cdu, a maggio 2018, l'Italia ha reiterato una raccomandazione (già pronunciata nel 2014) con cui si invita il Paese a rivedere la legislazione in vigore sulla lotta all'estremismo, definendone più precisamente le limitazioni alle libertà fondamentali, in conformità con gli obblighi assunti sul piano internazionale. La Russia ha preso nota di questa raccomandazione. Abbiamo inoltre raccomandato al Paese di adottare le necessarie misure per combattere ogni forma di discriminazione, incluse quelle su base religiosa. Tale raccomandazione è stata accettata dal Paese.
  La situazione delle minoranze religiose in Russia è oggetto di costante attenzione da parte del Governo italiano anche come Stato membro dell'Unione europea. Alla sessione del Cdu di marzo 2020, la dichiarazione dell'Unione europea relativa alle situazioni in materia di diritti umani che richiedono l'attenzione del Consiglio (pronunciata il 10 marzo scorso sotto il punto 4 dell'agenda) ha ribadito la necessità che la Russia assicuri la tutela della libertà di religione o credo e protegga gli appartenenti a minoranze e gruppi vulnerabili, con uno specifico riferimento ai testimoni di Geova. Le Conclusioni del Consiglio dell'Unione europea sulle priorità nei fori delle Nazioni Unite per il 2020, adottate lo scorso 17 febbraio 2020, esprimono inoltre preoccupazione per le violazioni dei diritti umani in Russia e ribadiscono l'impegno dell'UE a promuovere, nei rapporti con i Paesi terzi, il rispetto dei diritti delle minoranze, anche su base religiosa.
  Sul piano bilaterale, i temi della libertà di religione o credo e i diritti degli appartenenti alle minoranze religiose sono oggetto di regolare confronto nelle occasioni di interlocuzione che l'Italia ha con i Paesi terzi, inclusa la Federazione russa.
  In tale contesto, il Governo italiano mantiene alta l'attenzione verso le istanze della società civile, come dimostrato anche dalle periodiche occasioni di incontro al Ministero degli esteri con i rappresentanti della Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, cui l'Italia non manca di evidenziare l'impegno per la tutela della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze religiose, sottolineando come l'elezione al Cdu consenta di intensificare i nostri sforzi in questa direzione.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2016, n. 19, è stato approvato il regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento;

   successivamente, anche a seguito di interventi normativi, ed allo scopo di apportare alcune rettifiche destinate ad eliminare alcune imperfezioni, è stato adottato il decreto ministeriale n. 259 del 9 maggio 2017;

   con il decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2016, n. 19, sono state accorpate due classi di concorso:

    14/C esercitazione di officina meccanica agricola e di macchine agricole;

    32/C laboratorio meccanico-tecnologico;

   le citate classi di concorso sono confluite nella seguente disciplina:

    B/17 laboratori di scienze e tecnologie meccaniche;

   a seguito di tale unificazione, molti istituti tecnici e professionali si ritrovano docenti con diploma di perito agrario ad insegnare nelle officine meccaniche;

   appare evidente il danno prodotto agli alunni sotto l'aspetto didattico, ma l'elemento più preoccupante riguarda la sicurezza degli alunni che si trovano in un ambiente particolare dall'elevato rischio sicurezza con docenti il cui profilo di studi non prevede nessuna conoscenza nell'uso e nella conduzione delle macchine utensili;

   con il «decreto scuola» è ormai imminente la riapertura delle graduatorie provinciali triennali per la copertura dei posti a partire dall'anno scolastico 2020/2021;

   a causa del mancato ripristino delle due classi di concorso, il prossimo anno scolastico si avranno in cattedra numerosi diplomati del settore agrario ad insegnare nelle officine meccaniche degli istituti tecnici e professionali con il danno ed i rischi per la sicurezza degli studenti, e gli stessi docenti, che ne conseguono –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare, urgentemente, la necessità di adottare iniziative per tornare alle due classi di concorso precedenti 14/C e 32/C, rendendo così imprescindibile la sicurezza degli studenti e dei docenti che deve essere al primo posto nell'azione del Ministero dell'istruzione.
(4-06199)

  Risposta. — In riferimento alla Sua interrogazione parlamentare con la quale chiede chiarimenti in merito all'accorpamento, ad opera del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, delle ex classi di concorso 14/C Esercitazioni di officina, meccanica agricola e di macchine agricole e 32/C Laboratorio meccanico-tecnologico in un'unica classe di concorso B17 Laboratorio di scienze e tecnologie meccaniche, Le rappresento quanto segue.
  Il decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016 n. 19 sostanzia la disposizione regolamentare attuativa dell'articolo 64, comma 4, lettera a) del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con la quale è stato richiesto di provvedere, all'interno di un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili (comma 3 del medesimo articolo 64) alla razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso per una maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti.
  Sulla base di tale criterio ordinatorio questa amministrazione ha provveduto, per il tramite di una apposita commissione di esperti e acquisito il parere del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, alla revisione dell'assetto ordinamentale delle classi di concorso per la scuola secondaria di primo e secondo grado.
  Ai fini dell'accorpamento delle classi di concorso si è tenuto conto di una serie di elementi tra cui, in modo prevalente e per ciò che interessa in relazione all'interrogazione parlamentare da Lei presentata, dell'analogia dei titoli di accesso alle classi di concorso per le quali si proponeva l'accorpamento.
  Ciò considerato, deve rilevarsi che, per la
ex classe di concorso 14/C, tra i 5 titoli di studio considerati titoli utili per l'ammissione 3 sono titoli utili anche per la classe di concorso 32/C (perito industriale per la meccanica, tecnico delle industrie meccaniche, tecnico delle industrie meccaniche e dell'autoveicolo), condizione, questa, che porta, nella logica della razionalizzazione dell'obiettivo di cui all'articolo 64 sopra citato, a considerare i contenuti disciplinari delle due classi di concorso ampiamente sovrapponibili; in merito agli altri 2 titoli di accesso (agrotecnico, perito agrario), che abilitavano alla sola classe di concorso di officina e macchine agricole, deve considerarsi che l'officina e le macchine agricole sono ambienti e strumentazioni specialistici, del più ampio settore della meccanica che richiedono per il loro funzionamento, in ogni caso, le competenze e conoscenze della meccanica.
  Se, pertanto, già con il decreto ministeriale n. 39 del 1998 i titoli di agrotecnico e perito agrario erano stati ritenuti adeguati per l'insegnamento in laboratori, ancorché specialistici, ma comunque di natura meccanica, la scelta relativa all'accorpamento delle
ex classi di concorso 14/C e 32/C in un'unica attuale classe di concorso B17 può considerarsi aderente al mandato di razionalizzazione ed accorpamento di cui all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008.
La Ministra dell'istruzione: Lucia Azzolina.


   ROSTAN, OCCHIONERO e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 ottobre 2019, un decreto del Tribunale per i minorenni di Roma ha stabilito – accogliendo in toto le conclusioni di una perizia che aderisce alla teoria della cosiddetta alienazione parentale – che un bambino di nove anni venisse tolto alla madre per essere collocato presso il padre, sotto la sorveglianza di un operatore sociale;

   se ciò non bastasse al riavvicinamento tra padre e figlio, è previsto nello stesso decreto il suo inserimento in una casa famiglia, per «il tempo necessario al recupero del rapporto padre-figlio»; dopo l'allontanamento, la madre potrà vedere il bambino una volta ogni 15 giorni;

   i genitori del bambino si sono separati nell'ottobre del 2012; da allora il bambino ha opposto resistenza all'idea di incontrare il padre; alle resistenze del bambino, l'uomo ha reagito con richieste reiterate, anche in sede giudiziaria;

   la perizia di cui sopra giunge a una diagnosi psicologica di «madre alienante» (presunta responsabile del rifiuto del figlio verso il padre), a partire dalla quale si prevede l'allontanamento immediato del minore;

   tutte le associazioni a tutela delle donne e dei minori vittime di violenza stanno prendendo una dura posizione contro la decisione e si appellano al presidente del tribunale dei minorenni di Roma affinché intervenga per non far vivere al bambino quella che si configura come una violenza e un trauma;

   le associazioni hanno denunciato anche la violazione del diritto del bambino ad essere ascoltato come previsto dall'articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dall'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo;

   il decreto del Tribunale per i minorenni, secondo le associazioni, si fonderebbe sullo stravolgimento del codice deontologico degli psicologi nelle vesti di consulenti tecnici di ufficio, e delle altre figure impegnate nella fattispecie, i quali come ogni operatore sanitario devono innanzitutto attenersi al principio del primum non nocere, in particolare se si tratta di bambini; esso inoltre provocherebbe anche uno stravolgimento del processo giudiziario, che deve basarsi sull'osservazione e sulla verifica delle prove e non certo su interpretazioni psicologiche che variano a seconda delle teorie di riferimento dei singoli consulenti e spesso, come in questo caso, su costrutti diagnostici insussistenti come la Pas (Parental Alienation Syndrome);

   nel 2012 la rivista dell'American Academy of Psychiatry ha definito priva di fondamento scientifico la Pas; l'alienazione parentale non è stata inserita nel Dsm V, neppure nell'Icd-11 e ci sono state ben due sentenze della Corte di cassazione a metterne in discussione la validità scientifica e l'applicazione nelle cause di affidamento dei figli: la 7041/2013 e la 13274/2019;

   la Apsac (American Professional Society on the Abuse of Children) nell'agosto 2019 ha emesso un comunicato ribadendo di ritenere non fondata scientificamente la alienazione parentale avvertendo i sostenitori di questa teoria di non sostenere che l'Apsac l'abbia riconosciuta; in Italia lo stesso Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità si sono dichiarati dello stesso parere;

   la Pas viene definita in tanti modi («conflitto di lealtà», «sindrome della madre malevola», «rapporto simbiotico»), ma la conclusione è sempre la stessa: se il bambino rifiuta il padre la causa va cercata non nella relazione tra padre e figlio ma nella madre –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto;

   se il Ministro della giustizia non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa;

   se non si ritenga nel contempo di adottare iniziative normative per escludere la Pas come elemento su cui fondare scelte così importanti.
(4-03939)

  Risposta. — L'interrogazione ha ad oggetto una vicenda separativa che nel corso del procedimento giudiziario relativo avrebbe portato all'allontanamento del minore dalla madre perché giudicata alienante per il figlio sulla base di un accertamento peritale fondato sulla Parental Alienation Syndrome (Pas) o conflitto di lealtà.
  Vanno effettuate a questo punto due preliminari notazioni:

   1) sebbene le informazioni contenute nel corpo dell'interrogazione in ordine alla vicenda analizzata siano scarne appare presumibile che il caso indicato sia corrispondente a quello individuato dalla Corte di appello di Roma all'esito di formale richiesta sul punto;

   2) con riguardo ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale, non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte di questo ufficio, atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee a influenzare (sia pure in via solo indiretta) l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza. L'interrogante cita un provvedimento, tra l'altro impugnato, che però nel corpo della sua motivazione non richiama la sindrome di alienazione parentale giustificandosi, al contrario, l'allontanamento disposto come misura volta a scongiurare il grave pregiudizio allo sviluppo ed all'equilibrio del minore stesso, già gravemente compromesso secondo gli atti di causa.

  Di conseguenza, nel caso di specie, non appaiono essere stati violati presupposti di legge o principi di diritto tali da consentire la configurazione di condotte disciplinarmente rilevanti da parte dei magistrati che si sono occupati del caso. Inoltre, sotto altro profilo va ricordato che il codice di procedura civile disciplina l'attività del consulente tecnico nella sezione III del Libro I, agli articoli 191 e successivi e non sono state adottate norme specifiche relative alle indagini peritali disposte dal giudice nell'ambito di procedimenti che hanno ad oggetto l'affidamento di un minore.
  Secondo giurisprudenza ormai consolidata la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma è un mezzo di valutazione delle prove offerte dalle parti, con il quale il giudice acquisisce, ove necessario, il parere di professionisti dotati di particolari competenze tecniche senza, tuttavia, essere vincolato al parere così espresso (si veda, tra le molte, Pass. Civ. sez. VI — 3 del 7 giugno 2019, n. 15521).
  La giurisprudenza distingue, inoltre, tra consulenza tecnica d'ufficio «percipiente», con la quale il giudice può affidare al consulente fatti accertati o dati per esistenti, e consulenza d'ufficio «deducente» con la quale il giudice può affidare al consulente il compito di accertare determinati fatti, purché si tratti di fatti che possono essere rilevati esclusivamente con il ricorso a determinate cognizioni tecniche.
  In tale ipotesi la consulenza (deducente) può fungere da strumento di accertamento di questo genere di fatti, ferma restando tuttavia la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove ai fini della decisione (v. Cass. Civ. Sez. III, ordinanza 15747, depositata il 15 giugno 2018).
  L'articolo 196 del codice di procedura civile consente inoltre al giudice, se ricorrono «gravi motivi», di rinnovare le indagini peritali e sostituire il consulente tecnico inizialmente nominato (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie).
  È garantito alle parti del processo il diritto di partecipare alle indagini peritali facendosi assistere da propri consulenti, come dispone l'articolo 194, comma secondo, del codice di procedura civile.
  Vige infine il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti, ivi compresi i pareri tecnici resi dal consulente d'ufficio, come stabilito in generale dall'articolo 116 del codice di procedura civile a mente del quale «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti», e può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno quando rispondono all'interrogatorio non formale (articolo 117 del codice di procedura civile), così come dal rifiuto ingiustificato di consentire le ispezioni ordinate dal giudice stesso, e in generale, dal «contegno delle parti stesse nel processo».
  Si deve pertanto escludere che l'inserimento o il mancato inserimento di una determinata patologia psichica nel novero dei disturbi «riconosciuti» dalla comunità scientifica di riferimento costituisca di per sé elemento idoneo a influenzare l'esito di una controversia, anche qualora tale accertamento sia oggetto di una consulenza «deducente».
  Quanto alla influenza dei comportamenti dei coniugi sul regime di affido dei minori, la disposizione dell'articolo 709-
ter del codice di procedura civile consente a ciascun genitore di ricorrere al tribunale affinché risolva le controversie tra coniugi in ipotesi di inadempienze e violazioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento dei minori.
  In tale sede il tribunale può anche disporre modifiche ai provvedimenti già assunti, oltre che pronunce di ammonimento, di risarcimento dei danni, e di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria sino a 5.000,00 euro. Nel valutare il comportamento dei genitori, anche in ipotesi di condotta volta ad ostacolare le frequentazioni con il genitore non collocatario (idonee a dare luogo, secondo alcuni alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale), il giudice deve comunque tenere in considerazione il preminente interesse del minore, ivi compresa la continuità degli affetti e dello stile di vite seguito.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Inoltre, nel nostro ordinamento vige l'articolo 337-
octies, del codice civile che ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Di conseguenza la decisione giurisdizionale dovrebbe fondarsi su molteplici elementi, tutti idonei a concorrere a formare il libero convincimento del giudice. Tanto esposto, con riferimento all'assetto normativo vigente, non risultano attualmente in corso iniziative normative di questo Ministero, nella direzione richiesta dall'interrogante.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SAPIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 22 aprile 2020, come riportato nell'articolo «Intimidazione a Corigliano-Rossano, incendiata l'auto di un giornalista», a firma del giornalista Arcangelo Badolati e pubblicato sul sito internet di «Gazzetta del Sud», a Corigliano-Rossano (Cosenza) ignoti hanno incendiato l'auto del giornalista Fabio Buonofiglio, direttore del giornale online «Altre Pagine»;

   tale atto intimidatorio è stato ampiamente riportato dalla stampa regionale;

   l'incendio ha coinvolto anche la vettura di una vicina di casa e per pura fortuna non ci sono stati danni alle persone;

   gli interessati hanno sporto denuncia e le indagini sono state delegate ai carabinieri; in Calabria Buonofiglio è molto conosciuto, ha scritto Badolati, per le sue «numerose inchieste sul malaffare e sulle cosche di 'ndrangheta operanti nell'area ionica della Calabria», oltre che per aver «scritto in passato anche un libro che descriveva i legami tra alcuni ambienti politici della Sibaritide e la criminalità organizzata»;

   ampia solidarietà è stata data a Buonofiglio da esponenti di forze politiche, dai sindacati, dalla società civile e dalle istituzioni regionali;

   di recente, lo stesso Buonofiglio si è inoltre occupato di fatti di lupara bianca avvenuti nel territorio della Sibaritide, tra cui l'assassinio del boss Leonardo Portoraro, nell'ambito degli interessi mafiosi sugli appalti legati ai lavori per l'ammodernamento della strada statale 106 –:

   di quali informazioni disponga rispetto a quanto riassunto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la sicurezza e l'incolumità del giornalista Buonofiglio.
(4-05403)

  Risposta. — Con riferimento alle richieste dell'interrogante relative all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nella notte tra il 21 e il 22 aprile 2020, in Corigliano Rossano (CS), ignoti hanno incendiato l'autovettura del giornalista Fabio Buonofiglio, le cui fiamme si sono estese a un altro veicolo parcheggiato nelle immediate vicinanze sulla pubblica via.
  Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Corigliano Rossano e il nucleo operativo e radiomobile della compagnia carabinieri di Corigliano Calabro (CS), che ha informato della vicenda l'autorità giudiziaria di Castrovillari (CS).
  Gli accertamenti sulle responsabilità dell'atto incendiario che ha distrutto l'auto sono tuttora in corso, con indagini che non escludono alcuna ipotesi investigativa.
  L'episodio in questione è stato inoltre oggetto di analisi, il 2 maggio 2020, in sede di riunione tecnica di coordinamento delle locali forze di polizia durante la quale si è ritenuto di adottare misure di vigilanza a tutela del giornalista, con le medesime modalità già realizzate in un precedente periodo per minacce correlate alla sua attività professionale.
  Più in generale, con riferimento al fenomeno delle intimidazioni, nei confronti dei giornalisti, si evidenzia che, con decreto del Ministro dell'interno, datato 21 novembre 2017, è stato istituito presso il Ministero dell'interno il «
centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sui fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti».
  Il suddetto centro di coordinamento, attraverso il potenziamento degli strumenti di monitoraggio e lo scambio, di informazioni tra i diversi soggetti interessati, promuove approfondimenti ed analisi sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti e formula proposte finalizzate alla individuazione di mirate strategie di prevenzione e contrasto.
  In seguito, con decreto del capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, datato 10 settembre 2018, è stato costituito
l'organismo permanente di supporto al citato centro di coordinamento, quale sede privilegiata di confronto tra referenti del mondo dell'informazione e rappresentanti delle articolazioni dipartimentali competenti ratione materiae, al fine di individuare a livello operativo gli interventi più idonei rispetto alle criticità contestuali.
  L'organismo in questione:
  - effettua un costante monitoraggio del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti anche mediante l'analisi dei dati forniti dalle articolazioni territoriali delle strutture che lo compongono;
  - propone al centro di coordinamento iniziative e strategie di prevenzione e contrasto di livello strategico ed elabora strumenti di intervento operativo, tenuto conto delle valutazioni elaborate con riferimento ai diversi contesti territoriali;
  - riferisce periodicamente al centro di coordinamento sull'andamento del fenomeno in esame e sugli sviluppi delle iniziative in corso.
  Nell'ambito dei lavori dell'organismo permanente in questione, è emersa l'esigenza di promuovere e valorizzare l'impegno corale di tutte le risorse disponibili sul territorio in chiave tanto repressiva quanto preventiva, avvalendosi anche del contributo dei referenti del mondo dell'informazione, che potrebbe risultare prezioso per sviluppare un'approfondita conoscenza del fenomeno di specie.
  In tale ottica, il Ministero dell'interno ha emanato una circolare il 27 novembre 2018 con la quale sono stati invitati prefetti, i commissari di Governo delle province di Trento e Bolzano nonché il presidente della regione Autonoma della Valle d'Aosta ad analizzare, in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, anche allargato ai referenti locali delle associazioni di categoria del settore dell'informazione, eventuali elementi di criticità relativi allo specifico fenomeno nonché a voler enucleare, a livello locale, gli interventi più idonei alla prevenzione delle attività delittuose in parola. È stato, inoltre, richiesto di valutare l'opportunità della creazione e del consolidamento, a livello locale, di una rete di cooperazione tra i citati organismi rappresentativi del mondo della stampa e le forze di polizia, anche attraverso l'attivazione di punti operativi di contatto, al fine di agevolare la più proficua interazione in ambito provinciale, favorire un costante e tempestivo flusso informativo sulla particolare delittuosità e sui possibili futuri scenari di rischio nel territorio di competenza.
  Al fine di garantire il costante monitoraggio degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, è stato, inoltre, strutturato un flusso informativo con le forze di polizia che inviano alla Direzione centrale della polizia criminale, con cadenza mensile, le segnalazioni relative al fenomeno.
  Da ultimo, lo scorso 24 gennaio 2020, il Ministro dell'interno ha emanato una circolare, diretta ai prefetti, ai commissari del Governo delle province di Trento e Bolzano ed al Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, con cui dispone l'inoltro a carattere «semestrale» dei dati relativi agli atti intimidatori, verificatisi nelle rispettive province, perpetrati nei confronti dei giornalisti indicando, altresì, le eventuali iniziative assunte e le misure adottate ai riguardo. Tali riscontri verranno poi utilizzati al fine di elaborare, in sede centrale, idonee valutazioni e conseguenti indirizzi sia sotto il profilo tecnico-operativo (nell'ambito del citato
«organismo permanente di supporto») sia sotto il profilo strategico (nell'ambito dei predetto «centro di coordinamento»).
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la mattina di domenica 8 marzo 2020, il presidente della regione Sardegna, Christian Solinas, ha chiesto al Presidente del Consiglio Conte un confronto immediato, con la massima urgenza, insieme al Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Liguria, Sicilia, Abruzzo, Umbria e Province autonome di Trento e Bolzano, in relazione alle ultime disposizioni, adottate nella notte in materia di coronavirus;

   la chiusura, infatti, della Lombardia e di altre 14 province, ha gettato parecchio scompiglio in tutta Italia la cui conseguenza più grave è stata la fuga dalle zone rosse dei fuori sede verso le altre regioni con il rischio di spostare i focolai nelle regioni ancora immuni;

   la richiesta al Governo che riguardava la Sardegna, in particolare, era di interrompere per 20 giorni i collegamenti con l'isola, motivata dall'esigenza di contrastare meglio la diffusione del virus e prevenire una possibile eccessiva pressione sulle strutture sanitarie regionali, ma la proposta, in quel momento, ha avuto un esito negativo;

   a quel punto, il presidente Solinas, come molti altri presidenti delle regioni, soprattutto del centro-sud, ha emanato un'ordinanza regionale con la quale imponeva l'isolamento fiduciario domiciliare per 14 giorni a tutti coloro che erano rientrati sull'isola dalle zone rosse con l'obbligo di comunicare tale circostanza al proprio medico di base e rimanere reperibili per ogni eventuale attività di sorveglianza;

   peraltro, in Sardegna non sono rientrati solo i residenti, ma sono arrivati anche i proprietari delle seconde case di vacanza per scappare dalle restrizioni imposte agli abitanti delle zone rosse;

   in tale situazione di massima allerta, il prefetto di Oristano, massimo rappresentante territoriale del Governo, avrebbe convocato informalmente in un corridoio della provincia numerosi sindaci, seppure in tre gruppi, per discutere dell'ordinanza regionale appena adottata dal presidente Solinas, in sostanza contravvenendo così al divieto già vigente di assembramento, predisposto fin dall'inizio dal Presidente dei Consiglio come misura di contenimento del virus, creando una possibile situazione di contagio;

   peraltro, a distanza delle successive ventiquattro ore, è intervenuto il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 marzo 2020 che ha, infine, esteso le misure di contenimento previste per le zone rosse a tutta Italia, dimostrando quindi che il provvedimento regionale adottato dal presidente della regione Sardegna fosse assolutamente in linea con i provvedimenti governativi –:

   di quali elementi disponga circa i fatti illustrati in premessa e, ove confermati, se non si ravvisi nel comportamento del prefetto di Oristano un fatto grave da stigmatizzare, eventualmente valutando anche i presupposti per assumere iniziative disciplinari.
(4-04945)

  Risposta. — In merito a quanto segnalato nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il rapido diffondersi del contagio da coronavirus, che ha indotto il Governo ad adottare misure restrittive di contenimento dell'epidemia, ha cominciato ad interessare la regione Sardegna sul finire del mese di febbraio; la prima segnalazione di un caso sospetto risale al 31 gennaio 2020, mentre il primo caso di positività accertato sull'isola è datato 3 marzo 2020 e riguarda un paziente di rientro da un soggiorno a Rimini.
  Il presidente della regione Sardegna ad inizio emergenza ha emanato alcune ordinanze, ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
  Le prime due, in data 22 e 23 febbraio 2020, prevedevano essenzialmente misure di carattere sanitario e controlli da effettuare sui passeggeri in arrivo nei porti e aeroporti della Sardegna. La successiva ordinanza del 27 febbraio 2020 individuava misure di informazione e prevenzione da esporre nelle scuole, nei locali delle pubbliche amministrazioni, negli esercizi commerciali, nonché misure di profilassi per i soggetti provenienti dalla Cina o da comuni italiani interessati dal contagio.
  In data 8 marzo 2020, con ordinanza n. 4, veniva introdotto l'isolamento fiduciario per le persone provenienti dalla Lombardia nonché da alcune province interessate dal contagio. Tale misura è stata poi successivamente estesa con l'ordinanza n. 5 del 9 marzo 2020, a tutti i soggetti che avevano fatto ingresso in Sardegna nei 14 giorni precedenti alla data di emanazione dell'ordinanza stessa.

  Va evidenziato che nessuna delle citate ordinanze regionali prevedeva il «divieto di assembramento» e, a livello nazionale, tale divieto è stato introdotto solo a decorrere dal 10 marzo 2020 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020.
  Il rapido succedersi di disposizioni sia a livello nazionale che regionale, relative alle misure di contenimento del contagio da Covid-19, progressivamente vieppiù più restrittive, ha dato luogo a incertezze interpretative ed applicative in alcuni comuni della provincia.
  Tale situazione, considerate le ricadute che le nuove misure stavano producendo sui comportamenti ed abitudini della cittadinanza, ha indotto alcuni sindaci della provincia a rappresentare l'opportunità e l'urgenza di un confronto con la prefettura per individuare linee di condotta uniformi sul territorio ed adottare comportamenti coerenti sul territorio provinciale, evitando differenti trattamenti tra cittadini di comuni diversi.
  In tale contesto, il prefetto di Oristano, sollecitato più volte sia direttamente che indirettamente con quesiti e richieste di chiarimento, pervenutigli sia per iscritto che per le vie brevi, ha ritenuto opportuno esaudire la richiesta di un confronto urgente convocando, in data 6 marzo 2020, i sindaci della provincia ad una riunione da tenersi il successivo 9 marzo 2020 nei locali della prefettura.
  L'esame congiunto delle problematiche emerse sotto il profilo applicativo, avrebbe, difatti consentito di superare il senso di disorientamento di alcuni comuni, soprattutto di piccole e medie dimensioni, nella fase di attuazione delle misure di contenimento dell'epidemia adottate a livello nazionale.
  Va rilevato che al momento dell'invio (6 marzo 2020) della citata formale convocazione, l'ordinanza n. 5 del presidente della regione Sardegna, datata 9 marzo 2020, non era ancora stata adottata.
  I contenuti della medesima, resi noti il giorno prima della riunione in Prefettura, sono stati, secondo quanto riferito dalla medesima, solo brevemente esaminati nel corso della riunione,
  Alla riunione hanno preso parte, oltre ai sindaci anche il questore di Oristano, i comandanti provinciali dell'arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Capitaneria di porto e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Per quanto attiene alle modalità organizzative della predetta riunione del 9 marzo 2020 trattandosi di un incontro cui avrebbero dovuto partecipare 77 sindaci, la prefettura ha ritenuto opportuno utilizzare la più grande delle sale riunioni, situata al piano terra dell'edificio, che non richiedeva quindi l'utilizzo di ascensori, e che avrebbe consentito di mantenere agevolmente la distanza interpersonale di almeno un metro tra ciascuno dei partecipanti,
  Al fine di ridurre ai minimo il rischio di contagio, i partecipanti sono stati suddivisi, inoltre, in tre sessioni di lavoro.
  Ogni riunione ha avuto inizio in orari diversi e a ciascuna sessione di lavoro della durata di un'ora e mezza sono stati invitati al massimo 26 sindaci, La sala è stata debitamente arieggiata all'inizio e alla fine di ciascuna sessione.
  Va rilevato che a seguito dell'iniziativa non sono emerse situazioni di contagio e che numerosi sindaci, al termine della riunione, hanno espresso apprezzamento per l'iniziativa ringraziando per il confronto sui temi e per gli orientamenti ricevuti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   TORTO e GRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il complesso abbaziale di S. Giovanni in Venere, ricompreso all'interno del patrimonio del «Fondo edifici di culto» istituito con la legge 20 maggio 1985, n. 222, sorge a breve distanza dall'abitato di Fossacesia, su un promontorio sovrastante il mare Adriatico;

   la tradizione riconduce il nucleo originario al VI secolo, quando, al di sopra di un tempio pagano dedicato a Venere Conciliatrice, fu eretto un piccolo oratorio intitolato a S. Giovanni Battista. La nascita dell'abbazia vera e propria avviene nel 1015 ed è attribuita a Trasmondo II, conte di Teate (Chieti), il cui corpo è seppellito nella cripta della chiesa abbaziale;

   l'aspetto odierno è il risultato delle trasformazioni avvenute tra il XII e il XIII secolo ad opera dell'abate Oderisio II e dell'abate Rainaldo, che hanno reso il complesso uno dei primi esempi in Abruzzo dello stile architettonico cistercense, che da Citeaux si diffuse in tutta Europa;

   nel 1954 vi si è stabilita una comunità di Padri Passionisti, che da allora provvedono agli interventi di manutenzione e dal dicembre 2014 il sito è in gestione al polo museale dell'Abruzzo;

   l'edificio monumentale è inoltre utilizzato quotidianamente per celebrazioni religiose, essendo una delle chiese più panoramiche e rappresentative dell'intera costa abruzzese, nota come «Costa dei Trabocchi»;

   il complesso abbaziale è stato già oggetto, nel corso dell'anno 2018, di vari interventi per il rimodernamento dell'intera struttura quali il belvedere dell'Abbazia, l'illuminazione artistica dell'intero monumento, l'installazione di un museo archeologico nei locali sottostanti il sagrato, l'eliminazione delle barriere architettoniche, l'ampliamento dell'area pedonale antistante, conferendo una nuova veste all'intero complesso monumentale, elemento di pregio e attrattore turistico di rilevanza strategica per il territorio locale;

   come riportato dagli organi di stampa locali, il complesso denota alcune evidenti criticità strutturali, in particolare per quanto riguarda il tetto che presenta infiltrazioni di acqua piovana, causando macchie diffuse di umidità e calcinacci sul prato antistante –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione in cui versa il complesso di San Giovanni in Venere, sito a Fossacesia, che affaccia sulla nota «Costa dei Trabocchi» in Abruzzo;

   se, alla luce di quanto previsto dall'articolo 58 della legge 20 maggio 1985, n. 222, il Governo disponga di risorse per effettuare gli interventi necessari per assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dell'abbazia;

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere relativamente ai problemi strutturali rilevati, al fine di attivare le corrette procedure per la tutela e la conservazione del complesso abbaziale di S. Giovanni in Venere, che rappresenta uno dei più bei complessi monastici dell'intera costa abruzzese.
(4-03899)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dagli interroganti relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il Fondo edifici di culto (Fec), succeduto al Fondo per il culto ai sensi della legge n. 222 del 1985, è proprietario, nel comune di Fossacesia (CH), della chiesa facente parte dell'abbazia di San Giovanni in Venere e dell'area circostante.
  Per la tutela del complesso abbaziale, monumento nazionale dal 1881, sono sempre stati adottati in passato strumenti concertati e basati sulla cooperazione tra istituzioni: a partire dagli enti locali, passando per i Ministeri competenti ed enti di formazione e ricerca come le università.
  Tra le attività più recenti di conservazione e valorizzazione, nel 2019 la direzione centrale per l'amministrazione dei Fec di questo dicastero ha espresso parere favorevole ad un progetto del comune di Fossacesia che, beneficiando di un finanziamento erogato ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 settembre 2018, ha previsto il recupero del portale e dei locali sottostanti, nonché dell'area dei Belvedere.
  In relazione alle criticità specificamente segnalate, l'8 ottobre 2019 si è svolto un apposito sopralluogo della soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio dell'Abruzzo con la partecipazione di funzionari della prefettura di Chieti e di tecnici del comune di Fossacesia, in seguito al quale è stata redatta una relazione nella quale il danno descritto veniva rubricato a infiltrazione di acqua piovana che non aveva comportato criticità statiche. La medesima relazione riportava la stima dei costi per un intervento di somma urgenza quantificando l'importo in 15.000-20.000 euro.
  In aggiunta a questo primo intervento, relativo alla sistemazione del manto di copertura e al rifacimento di lacune all'intonaco esterno, nella citata relazione tecnica veniva auspicato un ulteriore intervento di natura conservativa, che avrebbe previsto la sostituzione dell'intonaco e la verifica delle travature con eventuale trattamento antitarlo, per un costo stimato di 200/250.000 euro.
  Il 30 ottobre 2019 la prefettura di Chieti trasmetteva la relazione alla citata direzione centrale che il successivo 8 novembre 2019 assicurava la copertura finanziaria per l'intervento di somma urgenza, previo invio del relativo verbale.
  Inoltre, per quanto riguarda l'intervento di verifica ed eventuale ripassatura del restante manto di copertura, al fine di poterne valutare l'inserimento nell'ambito della prossima programmazione, compatibilmente con le richieste già pervenute, la medesima direzione centrale invitava la soprintendenza a predisporre una relazione per l'esecuzione degli interventi strettamente indispensabili e indifferibili, completa di computo metrico, quadro economico ed eventuali priorità di intervento.
  Nel prosieguo, acquisiti i verbali di somma urgenza redatti dalla competente soprintendenza in data 12 febbraio e 4 marzo 2020, la direzione centrale del Fec, ha proceduto nel mese di marzo all'affidamento dei lavori di riparazione al tetto di copertura della chiesa.
  Con decreto della soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio rep. Sabap Abr 17 del 10 aprile 2020 è stato approvato il progetto e il relativo quadro economico dei «lavori di somma urgenza per la messa in sicurezza del monumento chiesa di San Giovanni in Venere» per un importo definitivo di aggiudicazione di euro 134.063,62 inclusi di oneri della sicurezza + IVA.
  A causa dell'emergenza Covid~19 si è resa necessaria la sospensione delle lavorazioni in corso.
  Successivamente, a seguito della ulteriore copertura finanziaria, al fine di adeguare il cantiere alla normativa per la gestione del rischio epidemiologico, è stato definito un protocollo comportamentale con le procedure e le modalità di esecuzione delle attività di cantiere e la gestione delle interferenze, sia tra i lavoratori sia con i soggetti esterni all'area di cantiere.
  Dal 13 maggio 2020, si è proceduto alla ripresa dei lavori, prevedendo un nuovo termine di ultimazione, comprensivo di ulteriori 111 giorni lavorativi.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   VARCHI e LUCA DE CARLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   fanno discutere le immagini, riportate dai quotidiani locali, di avvocati in fila davanti al carcere Pagliarelli di Palermo, dove dal 18 maggio 2020 sono ripresi i colloqui dei difensori con i detenuti assistiti dopo lo «stop» forzato seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria;

   i protocolli adottati dalla direzione dell'istituto penitenziario, che si è adeguata alle misure di contenimento da contagio da COVID-19, imposte anche nella cosiddetta «fase 2» delle riaperture, prevedono l'ingresso solo indossando guanti, mascherine e visiere, ma, vista la difficoltà nel reperire il materiale per creare barriere divisorie, possono entrare solo due avvocati per volta, costringendo i professionisti fino a quattro, cinque ore di attesa, per svolgere il colloquio che rientra nell'esercizio pieno del diritto di difesa, costituzionalmente garantito;

   gli avvocati, come si legge nella nota della direzione del Pagliarelli, hanno l'obbligo, inoltre, di prenotare i colloqui tramite e-mail indicando l'orario, ma i tempi non vengono assolutamente rispettati, come denunciato dall'avvocato Alessandro Martorana: «Chi come me è arrivato alle 9 è entrato nel penitenziario alle 14. Credo che in questa maniera venga pregiudicato il diritto di difesa. Siamo costretti a muoverci in condizioni anti democratiche. Ci risulta inoltre che i familiari, come noi, non abbiano neppure potuto fare i colloqui telefonici a distanza di due settimane dall'ultima operazione» (in riferimento al blitz che ha colpito la famiglia mafiosa dell'Acquasanta);

   sono durissime anche le parole di Francesco Greco, consigliere nazionale forense, secondo il quale «così si sta calpestando l'attività degli avvocati e il diritto di difesa. La disorganizzazione è diventata la regola. La nostra Costituzione non tollera alcuna attenuazione dei diritti fondamentali, come lo è il diritto di difesa»;

   tale situazione, a parere dell'interrogante, mortifica la figura e la fondamentale funzione degli avvocati, che non solo sono stati esclusi da ogni intervento economico nazionale, nonostante la sospensione dell'attività giudiziaria e il rinvio delle udienze, ma sono costretti a subire in sostanza ulteriori condizioni umilianti e, al contempo, costringe gli agenti di polizia penitenziaria a operare in condizioni di difficoltà –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare per sanare tale vergognosa situazione, a garanzia del diritto di difesa tutelato dalla Costituzione;

   quali linee guida e accorgimenti siano stati adottati per la riapertura nel settore della giustizia e, in particolare, negli istituti penitenziari italiani;

   se e quanti ulteriori agenti di polizia penitenziaria siano stati destinati alla gestione dei colloqui con i detenuti nell'istituto Pagliarelli di Palermo e quali siano i motivi alla base delle difficoltà nel reperire materiale per creare barriere divisorie; se e quante sale destinate ai colloqui siano inutilizzate.
(4-05954)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante solleva specifici quesiti in ordine a riferite criticità gestionali del settore colloqui della casa circondariale «Antonio Lorusso» di Palermo-Pagliarelli, con particolare riguardo alle lunghe attese cui, dal 18 maggio 2020 sarebbero stati sottoposti i difensori prima di effettuare il colloquio con i propri assistiti colà ristretti, nonché delle difficoltà ad avere colloqui telefonici con i loro congiunti, incontrate dai famigliari di detenuti coinvolti nella recente operazione giudiziaria che ha colpito la famiglia mafiosa dell'Acquasanta.
  Va premesso che ai sensi dell'articolo 18, comma 2, dell'ordinamento penitenziario i detenuti (e gli internati) hanno diritto di conferire con il difensore sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena, fermo quanto previsto dall'articolo 104 del codice di procedura penale.
  Nel rispetto del diritto difensivo, spetta poi all'amministrazione penitenziaria regolare le modalità di svolgimento dei colloqui con il difensore, e ciò in ragione delle concrete esigenze di organizzazione dei singoli istituti penitenziari.
  Orbene, l'emergenza sanitaria legata al diffondersi del
coronavirus ha ovviamente influito su molteplici aspetti della vita intramuraria, compresi i colloqui dei detenuti con i propri legali e con i famigliari.
  E così, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, n. 11, all'articolo 2, lettera
u), fu stabilita la sospensione dei colloqui visivi tra detenuti, congiunti e altri soggetti autorizzati (fra cui possono includersi i difensori), bilanciata con la previsione a che il mantenimento dei rapporti con le famiglie avvenisse tramite video-collegamenti a distanza o comunicazioni telefoniche.
  Misura mantenuta con l'emanazione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, poi convertito in legge n. 27 del 2020
del 24 aprile 2020.
  Infine, con il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, invero abrogato dalla legge n. 70 del 25 giugno 2020 (di conversione del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28) ma il cui contenuto è riconfluito nell'articolo 2-quater dellalegge n. 70 del 2020, è stato previsto che, al fine di consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del COVID-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data del 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati, a norma degli articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 e 19 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti di cui all'articolo 39, comma 2, del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 121 del 2018.
  Al comma 2 del medesimo articolo 2-
quater, invece, si dispone che il direttore dell'istituto penitenziario e dell'istituto penale per minorenni, sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonché l'autorità sanitaria regionale in persona del presidente della giunta regionale, stabilisce, nei limiti di legge, il numero massimo di colloqui da svolgere con modalità in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese, in presenza di almeno un congiunto o altra persona.
  In ossequio al mutato contesto normativo, già con lettera circolare 12 maggio 2020, la direzione generale dei detenuti e del trattamento provvedeva a indicare ai provveditorati regionali una serie di disposizioni di carattere generale volte a contemperare la ripresa dei colloqui con l'esigenza massima di prevenzione del rischio di contagio che può comportare l'ingresso negli istituti di persone provenienti dall'esterno, tra cui vanno annoverati anche i difensori.
  Pertanto, nel caso in cui i ristretti facciano richiesta di effettuare colloqui nelle modalità ordinarie, la direzione, di concerto con le autorità sanitarie locali, dovrà valutare le modalità organizzative più adeguate rispetto alle specifiche caratteristiche dell'istituto e alle esigenze conseguenti all'emergenza sanitaria.
  Premesso quanto sopra, passando alle specifiche doglianze evidenziate dall'interrogante in ordine ai disguidi legati ai lunghi tempi di attesa lamentati dai difensori all'indomani della ripresa dei colloqui difensivi successiva al
lockdown, la direzione della casa circondariale Pagliarelli di Palermo ha riferito che la problematica, certamente valutabile come fisiologica in un contesto del tutto nuovo (ed in continuo divenire) è stata celermente affrontata con l'ampliamento degli spazi destinati ai difensori (e loro eventuali accompagnatori), ponendo a loro disposizione una delle sale di attesa normalmente in uso ai familiari dei ristretti.
  Non solo, un'ulteriore agevolazione all'espletamento del mandato difensivo è consistita nell'attivazione di una casella di posta elettronica dedicata unicamente alle prenotazioni dei colloqui difensivi, con il positivo risultato di una drastica contrazione dei tempi di attesa per lo svolgimento dei colloqui tra difensori e loro assistiti,
  A tale riguardo, peraltro, va menzionata l'esistenza di un progetto, condiviso con il provveditorato locale, che prevede la realizzazione di nuovi ambienti destinati alle attività di magistrati e avvocati.
  Questo è stato approvato e finanziato dai competenti uffici e se ne attende la celere messa in esecuzione, che consentirà l'ulteriore abbattimento dei tempi di attesa degli operatori del diritto sopra richiamati, indipendentemente dallo specifico periodo legato all'emergenza COVID-19.
  Non può tacersi, naturalmente, l'innegabile rallentamento dei processi lavorativi provocato dal l'applicazione delle misure restrittive che ha determinato un sovraccarico per il sistema che, allo stato, richiede una fisiologica tempistica per poter tornare a marciare al regime pre-pandemico.
  Per garantire il diritto ai colloqui difensivi sono stati realizzati pannelli divisori di dimensioni ridotte che, però, non garantiscono la completa schermatura tra gli interlocutori; da ciò la decisione della direzione dell'istituto penitenziario di richiedere agli avvocati, quale ulteriore precauzione, l'utilizzo di visiera protettiva.
  La direzione dell'istituto ha assicurato di avere intrapreso tempestive iniziative per fronteggiare le criticità, già in via preventiva rispetto alla data di ripresa dei colloqui difensivi, avvenuta il 18 maggio 2020; infatti, in data 15 maggio 2020 aveva dato comunicazione alla camera penale e al consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo circa le nuove modalità di accesso alla sala avvocati a partire dal primo giorno di ripresa dei colloqui difensivi, previsto per il 25 maggio 2020.
  Sul tema è stata, altresì, intrattenuta costante corrispondenza con tutti i soggetti istituzionali interessati, tanto che in data 10 giugno 2020 è stato siglato un protocollo d'intesa tra la direzione dell'istituto ed il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Palermo; intesa raggiunta grazie allo spirito di reciproca collaborazione istituzionale esistente tra l'istituto penitenziario e gli organi rappresentativi degli avvocati e resa operativa mediante l'emanazione di un ordine di servizio interno all'istituto penitenziario.
  Risulta, inoltre, che si sia provveduto al potenziamento numerico del personale addetto al settore colloqui con i difensori.
  Infine, quanto alle riferite doglianze sul fronte dei colloqui telefonici, sia dei familiari sia dei difensori e riferite ai soggetti tradotti in carcere in occasione del
blitz dell'Acquasanta, si evidenzia che dette lungaggini temporali sono dipese da plurimi fattori, tra cui imprecisioni del ristretto nell'indicare l'utenza del familiare (che ha comprensibilmente ed inevitabilmente allungato i tempi necessari alla verifica), ovvero, quanto alle telefonate con gli avvocati, da ragioni di carattere giudiziario, legate al rilascio di nulla osta da parte del magistrato procedente.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   VILLANI, NAPPI, BOLOGNA, AMITRANO, DEL MONACO, IORIO, SPORTIELLO, GRIMALDI, IANARO, SARLI, MANZO, MAGLIONE, SAPIA, FARO, CANCELLERI, CHIAZZESE, TORTO, LOVECCHIO, FEDERICO, PROVENZA, DAVIDE AIELLO, SEGNERI, INVIDIA e CUBEDDU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, risulta essere uno tra i più congestionati d'Italia;

   lo stesso si colloca, altresì, tra gli ultimi posti dei tribunali italiani per efficienza e qualità dei servizi, sebbene serva un bacino d'utenza molto ampio e tra i più popolosi d'Italia, risultando, di contro, il più esteso nell'ambito del distretto di Salerno; due in particolare sono le criticità: la situazione strutturale del palazzo di giustizia e l'insufficienza delle piante organiche del tribunale;

   la carenza di una dotazione organica sufficiente comporta ritardi negli adempimenti, nonché nel regolare svolgimento dei processi, civili e penali, con un evidente disagio alla popolazione e all'ordine degli avvocati;

   questa situazione di sottorganico va avanti ormai da alcuni anni;

   le attuali dotazioni di risorse, sia materiali che umane, non risultano neanche sufficienti a consentire il giusto funzionamento dell'ordinaria amministrazione del tribunale;

   molte volte gli avvocati, ma anche i magistrati e tutto il personale del tribunale, si trovano costretti ad operare in ambienti angusti privi delle necessarie attrezzature o in aule insufficienti e sottodimensionate;

   in una nota del 23 settembre 2019 del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Nocera Inferiore, rivolta al presidente del tribunale, si rappresentano pluricriticità strutturali degli uffici giudiziari e quindi una improcrastinabile esigenza di un pronto intervento;

   si tratta di sedi fatiscenti, con problemi strutturali ed apparecchiature datate: a titolo esemplificativo a quanto consta all'interrogante è stato segnalato che il fabbricato A) del tribunale penale ha una parziale inagibilità dei servizi igienici; il fabbricato C) presenta frequenti transennature per la caduta periodica di calcinacci;

   le criticità purtroppo si estendono a tutte le sedi e gli uffici del tribunale di Nocera: una grave carenza strutturale, organizzativa e programmatica a scapito di tutti gli avvocati, i funzionari, i cancellieri, gli operatori giudiziari, i magistrati che dovrebbero poter svolgere in maniera sicura, dignitosa e decorosa la propria attività professionale, nonché di tutti i cittadini che quotidianamente frequentano le sedi del tribunale di Nocera Inferiore;

   in una nota del 7 ottobre 2019 del Tribunale di Nocera Inferiore, nella quale si evidenzia un grave ed esaustivo quadro della reale carenza di organico ad oggi, si chiede fermamente una modifica della pianta organica con un incremento della stessa nella seguente misura: n. 1 presidente del settore civile; n. 1 presidente della sezione lavoro e n. 1 presidente sezione penale da destinare alle costituende sezioni lavoro ed ulteriore sezione penale; n. 5 da destinare al settore civile, lavoro e penale;

   l'efficientamento del servizio giustizia rappresenta un obiettivo del Ministero della giustizia: a tal proposito è stata prevista l'istituzione di una quota di piante organiche flessibili distrettuali di magistrati da destinare in supporto alle sedi di ogni singolo distretto gravate da sacche di arretrato o situazioni eccezionali e contingenti, norma che è nella legge di bilancio per il 2020;

   recentemente il Ministro interrogato ha dichiarato che potenzierà tutte le piante organiche degli uffici in sofferenza, tra cui quelle di Vallo della Lucania e di Nocera Inferiore –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di adeguare agli standard di sicurezza gli edifici sopra richiamati e provvedere tempestivamente ad un incremento dell'organico a disposizione del tribunale di Nocera Inferiore, al fine di garantire una giustizia, allo stato gravemente compromessa.
(4-04405)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante chiede di sapere quali iniziative il Ministero della giustizia intenda intraprendere per adeguare agli standard di sicurezza gli edifici del tribunale di Nocera Inferiore e per incrementarne le dotazioni di personale.
  Per quanto riguarda le questioni di personale, si rappresenta che nel contesto della riforma della geografia giudiziaria del 2011, a seguito dell'accorpamento al tribunale di Nocera Inferiore delle soppresse sezioni di tribunale di Cava de’ Tirreni e di Mercato San Severino del tribunale, sono state adottate le modifiche compensative degli organici del tribunale accorpante mediante l'incremento delle dotazioni organiche, nel tempo, di 3 posti di giudice e di 11 posizioni amministrative ed ulteriori 4 nel 2018 per complessive 30 unità.
  Inoltre, ulteriore attenta considerazione al tribunale di Nocera Inferiore è stata dedicata in occasione dell'ulteriore incremento, disposto con la legge n. 145 del 2018, di 600 unità dell'organico della magistratura, di cui 530 destinate agli uffici di merito e, in particolare, alla luce dell'esame e dei dati statistici degli uffici giudiziari, 3 al tribunale di Nocera Inferiore e 2 al tribunale di Vallo della Lucania pure richiamato dall'interrogante.
  Al che va aggiunto che questa proposta, in sede di determinazioni conclusive sulle nuove dotazioni del personale di magistratura degli uffici giudiziari interessati, sarà nuovamente considerata dal Ministero tenendo in massimo conto la revisione in aumento suggerita per il tribunale di Nocera Inferiore nel recentissimo parere sulle piante organiche formulato dal Consiglio superiore della magistratura.
  Sempre in relazione all'organico del personale di magistratura, ulteriori benefici per gli uffici giudiziari potranno, inoltre, rilevarsi anche a seguito dell'attuazione delle disposizioni recentemente approvate (articolo 1, comma 432, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») che, modificando la legge 13 febbraio 2001, n. 48, prevedono l'istituzione di piante organiche flessibili distrettuali da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che versino in situazioni critiche.
  Quanto al personale amministrativo, si rappresenta che, nel contesto di ridefinizione generale delle relative piante organiche, con decreto ministeriale 14 febbraio 2018, l'amministrazione ha modificato la dotazione organica dei profilo di assistente giudiziario in funzione delle procedure assunzionali previste con particolare riferimento allo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti; gli uffici giudiziari del distretto di Salerno hanno visto incrementata la pianta organica, complessivamente di 22 unità, di cui 13 per gli uffici giudiziari di Nocera Inferiore.
  Sul piano delle risorse disponibili, poi, si rappresenta che nel periodo 2014-2019 nel distretto di Salerno sono state assunte 98 unità di vario profilo, di cui 15 al tribunale di Nocera Inferiore, cui vanno ad aggiungersi i 16 assistenti giudiziari recentemente reclutati.
  Solo nel 2019, a febbraio, giugno e dicembre, si è proceduto a tre successivi scorrimenti della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario e gli uffici giudiziari di Nocera Inferiore, in cui la posizione dirigenziale è coperta, hanno beneficiato dell'assegnazione di 7 unità, cui deve aggiungersi la riqualificazione di 6 unità del personale in servizio e l'assegnazione di un'ulteriore unità presso la procura con l'interpello straordinario per assistenti giudiziari del 18 febbraio 2019.
  Guardando al futuro, preme rappresentare la costante attenzione e il perseverante impegno profuso dal Ministero nella politica del personale, che prevede, per il periodo 2019-2021, 8.756 nuovi ingressi.
  Avvalendosi degli strumenti normativi a disposizione, come la legge di stabilità per il 2019 il «decreto quota 100», la cosiddetta «Legge Genova (decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109)» e le ordinarie capacità di reclutamento 2019-2021, il ponderoso piano assunzionale è già stato ampiamente avviato e allo stato si è già provveduto all'assunzione di 22 funzionari tecnici, allo scorrimento di graduatoria per 1092 assistenti giudiziari, al bando per 2329 funzionari con reclutamento previsto per il 2020, all'assunzione per reclutamento di 616 operatori giudiziari e di 109 conducenti di automezzi, alla procedura di assunzione obbligatoria di 97 ausiliari.
  Ciò premesso, resta fermo l'impegno del Ministero a valutare le possibilità di copertura delle vacanze degli uffici su tutto il territorio nazionale, compreso quello di Nocera Inferiore, nell'ambito delle procedure previste e prevedibili sulla base delle vigenti normative e accordi contrattuali.
  Per quanto riguarda le questioni di edilizia giudiziaria sollevate dall'interrogante, si rappresenta quanto segue.
  Gli edifici giudiziari di Nocera Inferiore sono ubicati in un unico immobile di proprietà comunale sito in via G. Falcone 12/14; l'edificio si articola su tre palazzine, che accolgono rispettivamente il tribunale, il giudice di pace e l'Ufficio Notificazioni, esecuzioni e protesti e la procura della Repubblica, gli archivi del tribunale e della relativa procura, gli uffici della polizia giudiziaria e quelli della penitenziaria, un'aula bunker, la sala Cisia e l'ordine degli avvocati e la biblioteca.
  Relativamente agli interventi di edilizia giudiziaria, nell'ambito della programmazione fondi per il mezzogiorno anno 2017 nel Pg 1 è stata assicurata la copertura finanziaria per i lavori di manutenzione straordinaria per l'impermeabilizzazione dei terrazzi di copertura, la revisione dei tetti, la riparazione delle lesioni, e la realizzazione di opere in legno e della tinteggiatura, per un importo di euro 250.800,00 e sul Pg 2, la relativa progettazione, per un importo di euro 11,000,00.
  Nel 2018 è stato autorizzato il finanziamento della somma urgenza, ai sensi dell'articolo 163 decreto legislativo n. 50 del 2016, per l'eliminazione delle infiltrazioni dal lucernario nel vano ascensori e dai servizi igienici ubicati al piano primo e secondo dell'edificio, uffici del tribunale e della relativa procura della Repubblica, per euro 50.745,68.
  Nell'ambito della programmazione dei lavori di cui ai fondi per il Mezzogiorno (capitolo 7233) erogati per l'anno 2018, sul PG 1, al competente provveditorato interregionale alle opere pubbliche, è stata assicurata la copertura finanziaria:
  per il crollo della controsoffittatura causato dalle infiltrazioni d'acqua meteorica provenienti dai terrazzi di copertura presso gli uffici del giudice di pace, per un importo di euro 56.043,90;
  per i lavori indifferibili e urgenti di straordinaria manutenzione, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, per la realizzazione di un tunnel di collegamento dell'aula bunker alla sezione penale, per un importo di euro 37.500,00;
  per i lavori indifferibili e urgenti di straordinaria manutenzione, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, per il ripristino dei solai di alcuni dei locali dell'ufficio del giudice di pace, per un importo di euro 43.000,00;
  per il ripristino dei cornicioni delle palazzine penale e civile presso la Cittadella giudiziaria, per un importo di euro 45.000,00.
  Dunque, come il personale, anche l'edilizia giudiziaria è oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero e la dovuta necessaria considerazione nell'ambito della programmazione degli interventi è riservata ai fabbisogni rappresentati dagli uffici giudiziari sul territorio, assolutamente non ultimo quello di Nocera Inferiore.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   «quota 100» è stata utilizzata da decine di migliaia di docenti lo scorso anno perché potessero accedere alla pensione in anticipo rispetto ai 67 anni di età anagrafica. Tra questi e quelli che sono arrivati naturalmente alla pensione, sono state registrate oltre 40.000 uscite nel 2019. Per l'anno 2020 i sindacati hanno annunciato circa 26.000 pensionamenti tra gli insegnanti e quasi 8.000 tra il personale Ata. In totale, una voragine di oltre 70.000 posti di lavoro da colmare;

   ogni anno i posti vacanti che il Miur ufficializza sono distribuiti in egual misura tra mobilità e immissioni in ruolo. Il 50 per cento dei posti, quindi, andrà ai trasferimenti, mentre l'altro 50 per cento alle assunzioni; ciò che però si sta determinando in molte province italiane è la sostituzione da parte del Ministero di solo una parte dei posti vacanti;

   si moltiplicano le segnalazioni, tramite le rappresentanze sindacali, della contrazione delle cattedre in molte province italiane;

   per quanto riguarda la regione Toscana, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale ha determinato la dotazione complessiva dell'organico dell'autonomia del personale docente che sarà assegnata alla Toscana per l'anno scolastico 2020/2021, confermando il taglio di 49 cattedre in provincia di Arezzo, 43 cattedre in provincia di Lucca, 41 cattedre in provincia di Pistoia, 35 cattedre a Firenze, 34 cattedre a Massa Carrara, 17 cattedre a Grosseto, per un totale regionale di ben 118 cattedre in meno rispetto alla dotazione dell'anno scolastico 2019/20;

   la Ministra interrogata ha più volte ribadito di voler inaugurare il prossimo anno scolastico, nel mese di settembre, con le lezioni tradizionali in classe. Quest'intenzione, però, si dovrà coniugare con la necessità di distanziamento sociale e imporrà di andare in controtendenza rispetto all'organizzazione scolastica che ha prevalso negli ultimi anni, di riduzione delle classi assegnate alle singole istituzioni scolastiche con conseguente accorpamento delle classi, diventate, in tal modo, affollate;

   la crisi attuale delle scuole paritarie potrebbe diventare una pesante difficoltà per lo Stato: gli studenti di tali istituti, una volta chiusi, si riverseranno nelle scuole pubbliche, con conseguente necessità per queste ultime di un maggior numero di classi e docenti;

   la contrazione dei posti in organico comporta un rischio concreto di incremento delle reggenze –:

   se il Ministro intenda adottare iniziative per rivalutare il taglio programmato delle cattedre che è stato comunicato in tante province italiane, a partire da quelle toscane;

   se intenda adottare le iniziative di competenza affinché l'Ufficio scolastico regionale della Toscana comunichi i criteri utilizzati per la ripartizione dell'organico dell'autonomia per l'anno scolastico 2020/21.
(4-05860)

  Risposta. — Onorevole Vizzini, condivido con Lei che il nostro compito, oggi, è quello di contemperare due diritti che non possono essere contrapposti tra loro: il diritto all'istruzione e il diritto alla salute.
  Dobbiamo garantire a tutti – nessuno escluso – il diritto all'istruzione, un diritto inalienabile voluto dal dettato costituzionale.
  Dobbiamo, altresì, accompagnare il ritorno a scuola delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi in sicurezza e considerate le condizioni determinate dall'andamento dell'emergenza epidemiologica.
  La dotazione organica assegnata alla regione Toscana è, come ordine di grandezza, paragonabile a quella dei precedenti anni scolastici e quindi intesa come dotazione organica ordinaria, indipendente dai parametri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009.
  Ciò premesso, in merito alle criticità da Lei evidenziate, con specifico riferimento al settore scolastico in Toscana, si evidenzia:
  - una dotazione aggiuntiva di 30 posti per la scuola secondaria di II grado in attuazione del articolo 7, comma 10-
octies, del cosiddetto decreto milleproroghe;
  - una dotazione aggiuntiva di 27 posti sul potenziamento per la scuola dell'infanzia ai sensi dell'articolo 1, comma 279, della legge n. 160 del 2019;
  - un incremento di 104 posti in organico dell'autonomia relativamente ai posti di sostegno, con corrispondente trasformazione del contingente previsto in organico di fatto, in attuazione dell'articolo 1, comma 266, della legge n. 160 del 2019.
  La suddivisione dell'organico fra le diverse province è operata dall'ufficio scolastico regionale che tiene conto, stante la dotazione organica complessivamente assegnata alla regione, delle differenti dinamiche demografiche in atto e dei loro effetti.
  Tali effetti dipendono ovviamente dalla distribuzione delle iscrizioni e dalla conformazione della rete scolastica.
  Più in dettaglio, le variazioni effettuate rispetto all'organico dell'anno scolastico precedente riguardano la diminuzione del numero degli studenti per le province dei Pistoia, Firenze e Massa e l'aumento del numero degli studenti per le province di Prato, Livorno e Pisa.
  A quanto fin qui illustrato aggiungo che si sta comunque valutando l'opportunità di attivare iniziative volte a superare le eventuali criticità circa l'assegnazione delle cattedre mediante la possibile assegnazione di ulteriori posti a tempo determinato, per accompagnare il ritorno a scuola delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi in sicurezza e anche in considerazione delle condizioni determinate dall'andamento dell'emergenza epidemiologica.
  Inoltre, segnalo che, al fine di contemperare i due suddetti diritti costituzionalmente tutelati, il decreto «Rilancio» ha previsto, da un lato, un incremento dei posti destinati alle procedure concorsuali straordinaria ed ordinaria, dall'altro, ha incrementato il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per permettere alle scuole statali di adottare le necessarie misure per garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza dell'anno scolastico 2020/2021.
  Al fine di contenere, nelle scuole statali, il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell'anno scolastico 2020/2021, il decreto «Rilancio» istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione il fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, con uno stanziamento di 377,6 milioni di euro nel 2020 e di 600 milioni di euro nel 2021.
  Il medesimo decreto, inoltre, prevede che, a valere su tali risorse, si provveda, in particolare, a derogare, nei soli casi necessari, al numero minimo e massimo di alunni per classe, e ad attivare ulteriori posti di incarichi temporanei di personale docente e Ata a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni e fino al termine delle stesse.

La Ministra dell'istruzione: Lucia Azzolina.