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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 7 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    il nostro Paese, come la gran parte della comunità internazionale, si trova a dover fronteggiare la crisi economica più pesante dal dopoguerra in conseguenza della drammatica pandemia da Sars-Cov-2 che si sta traducendo in una gravissima caduta della produzione, dei consumi e del prodotto interno lordo. È quindi indispensabile mettere in campo una strategia complessiva di Sostegno dell'economia italiana dopo la drammatica pandemia in atto i cui effetti sulla produzione e sull'economia ci accompagneranno purtroppo per un tempo non certo breve;

    nei primi due trimestri del 2020, il crollo del prodotto interno lordo è stato del -17,6 per cento. La stima di perdita a fine 2020 resta in una forbice tra -9 per cento e -11 per cento. Nonostante un parziale rimbalzo a luglio, in Italia il calo tendenziale dell'occupazione rimane molto ampio, con quasi 600 mila persone occupate in meno rispetto all'anno precedente;

    le infrastrutture, e in generale le opere pubbliche, sono da sempre un importante motore di crescita economica e sviluppo dei territori e soprattutto di quelli economicamente più svantaggiati. Invece negli ultimi dieci anni in Italia i soli investimenti pubblici in opere stradali e del Genio civile hanno registrato una flessione del 21 per cento e non sono stati ancora recuperati i livelli di spesa pre-crisi 2008, fermi al 2002;

    con questo scenario diventa decisiva la forte ripresa degli investimenti pubblici che è prevista anche in virtù del Recovery Fund e ciò deve rappresentare una grande opportunità di sviluppo e di riequilibrio territoriale per il nostro Paese;

    il totale degli investimenti pubblici e privati italiani nel 2019 è stato di 40,5 miliardi di euro. Secondo la Banca d'Italia, se li raddoppiassimo, ne deriverebbe una crescita aggiuntiva di 3 punti di prodotto interno lordo;

    favorire la crescita, per uscire dalla crisi economica e provare a rilanciare la competitività del sistema economico e produttivo italiano, deve quindi passare per un coraggioso piano di investimenti infrastrutturali. Le infrastrutture sono infatti il nodo centrale per lo sviluppo della competitività, soprattutto in un'ottica di integrazione e di sviluppo economico. In questo senso le reti autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali hanno rilievo solo se realizzate e gestite in un'ottica più ampia che superi la concezione dell'intervento singolo;

    i dati confermano un crescente ritardo del processo di infrastrutturazione del nostro Paese rispetto a quello del resto dell'Unione europea, in particolare nei confronti del nucleo storico dell'Ue a 15. Le infrastrutture di connessione (materiali e immateriali) tra le diverse regioni dell'Unione europea sono decisive per lo sviluppo dei territori, e sono indispensabili per consentire al Mezzogiorno di poter competere senza forme di assistenzialismo;

    la spesa pubblica per le infrastrutture si è fortemente ridotta negli anni della crisi tra il 2008 e il 2018, e nel Mezzogiorno gli investimenti pubblici in rapporto alla popolazione sono risultati sistematicamente inferiori rispetto al Centro-nord. Peraltro il potenziamento delle infrastrutture è essenziale per accrescere l'interconnessione con le altre regioni italiane, con l'Europa, con il Mediterraneo, per aumentare il potenziale di mercato del Mezzogiorno, rendendolo attraente per i capitali privati, l'attività di impresa, i flussi turistici;

    la realtà è che le politiche di questo Governo, così come quelle messe in campo in questi ultimi anni dai precedenti governi, ad avviso dei firmatari del presente atto mostrano una sostanziale assenza di qualsiasi strategia per il Mezzogiorno del Paese, ma solo un susseguirsi di piccoli interventi, incapaci di innescare un processo virtuoso di ripresa. L'onere di sostenere la crescita economica al Sud è rimasto soprattutto a carico della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, e i dati continuano a confermare l'immagine di un Paese diviso per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro;

    è quindi necessario agire concretamente con interventi immediati. Il rilancio del Sud richiede però interventi organici e razionali, volti a consentire alle realtà locali di esprimere appieno le loro grandi potenzialità;

    un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all'1 per cento del suo prodotto interno lordo per un decennio, ossia 4 miliardi di euro annui, avrebbe effetti espansivi significativi per l'intera economia italiana. Al Sud il moltiplicatore degli investimenti pubblici beneficerebbe della complementarità tra capitale pubblico e privato e dei guadagni di produttività connessi con la maggiore dotazione di infrastrutture. L'economia del Centro-nord ne beneficerebbe per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell'integrazione commerciale e produttiva tra le due aree;

    l'economia del Mezzogiorno ha bisogno di far crescere le imprese e la concorrenza nei mercati e perché ciò avvenga è necessaria una maggiore efficienza delle istituzioni ma soprattutto un sensibile miglioramento delle sue infrastrutture materiali e immateriali che influenza inevitabilmente le condizioni per l'accesso delle imprese ai mercati esteri e del nord Italia;

    gli investimenti pubblici rappresentano una leva importante per lo sviluppo dei territori, a partire dalla clausola del 34 per cento che è però indispensabile aumentare, e un livello adeguato di infrastrutture è considerato come uno dei principali presupposti per lo sviluppo sociale ed economico di un territorio;

    come riporta il Rapporto Svimez del giugno 2019 sui divari infrastrutturali e la spesa per opere pubbliche, la soluzione per i problemi strutturali dell'economia italiana, e meridionale in particolare, non verrà da una ripresa internazionale a cui «agganciarsi», ma dalla riattivazione del motore interno, che consolidi i segnali positivi determinando una marcata accelerazione del tasso di sviluppo. Gli investimenti pubblici per la crescita rappresentano anche una leva di attivazione e di stimolo di quelli privati;

    un dato preoccupante viene dalla spesa ordinaria in conto capitale che rappresenta un «buco nero» per lo sviluppo del Mezzogiorno, confermandosi su livelli del tutto insufficienti, sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli pre-crisi 2007, e ben lontani da quei principi di «riequilibrio territoriale» attraverso la previsione della cosiddetta «clausola del 34 per cento»;

    il citato Rapporto mette in evidenza come il grado di interdipendenza tra le due macroaree (Centro-Nord e Mezzogiorno) sia molto forte. Sempre lo Svimez stima che ogni euro investito in infrastrutture al Sud attivi 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-nord. Insomma, investire al Sud fa bene all'intera economia italiana e un riequilibro territoriale della spesa per investimenti pubblici sarebbe non solo efficace nell'area ma efficiente sul piano delle finanze pubbliche del Paese. Da qui, l'esigenza di implementare la cosiddetta clausola del 34 per cento sul riequilibrio territoriale della spesa ordinaria in conto capitate;

    peraltro nel medesimo Rapporto, si evidenzia come una causa della forte caduta degli investimenti infrastrutturali (e più in generale degli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione) sia da attribuire all'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016). Sotto questo aspetto si evidenzia come sia innegabile che l'introduzione nel 2016 delle nuove regole abbiano inciso sulla sensibile riduzione degli importi delle gare (complessivamente passati dai 25,1 del 2015 a 20 miliardi del 2016), soprattutto a livello locale (gli importi delle gare fino a 5 milioni di euro si sono ridotti di quasi il 39 per cento);

    in questo ambito, l'Ance ha stimato che in Italia il tempo medio di realizzazione delle opere è di circa tre anni per gli appalti inferiori ai 100 mila euro e fino a 15,7 anni per le opere da oltre 100 milioni di euro, e che oltre la metà del processo realizzativo riguarda i tempi amministrativi. In altre parole, in Italia senza burocrazia le opere pubbliche potrebbero essere realizzate due volte più velocemente rispetto ad oggi;

    una delle maggiori criticità nell'ambito della dotazione infrastrutturale riguarda il tema delle reti dei trasporti nel Mezzogiorno, la cui carenza ricopre, ormai da troppo tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;

    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Basti pensare che in Sicilia sono 429 le corse regionali giornaliere, contro le 2.396 della Lombardia; la media di età dei convogli passa dai 19,2 anni del meridione ai 13,3 del Nord (a fronte di una media nazionale di 16,8 anni). Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;

    riguardo in particolare all'infrastrutturazione del Mezzogiorno, oggi ci sarebbero tutte le condizioni per realizzare, in tempi certi, alcune opere fondamentali;

    sotto questo aspetto la realizzazione del Ponte sullo Stretto può rappresentare davvero una grandissima occasione di sviluppo duraturo per la Calabria, la Sicilia, e per tutto il nostro Paese. Un'opera strategica decisiva in grado di garantire la continuità territoriale tra la Sicilia e il resto d'Italia, nonché quella tra il nostro Paese e il resto d'Europa, con evidenti grandi vantaggi in termini di sviluppo economico e sociale;

    peraltro, ogni progetto di alta velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e il resto della Penisola. Sotto questo aspetto, il Ponte sullo Stretto rappresenterebbe un'opera che consente di avere anche al Sud Italia l'alta velocità e l'alta capacità ferroviaria necessarie per la competitività e lo sviluppo delle regioni meridionali, oltre a contribuire alla riduzione del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il nord e il sud del Paese;

    la realizzazione di quest'opera strategica: a) renderebbe stabile il collegamento sia stradale che ferroviario, e gli interventi ferroviari si configurano, a tutti gli effetti, come interventi ecocompatibili in virtù dell'abbattimento dell'inquinamento atmosferico, e quindi coerenti ad una delle principali raccomandazioni comunitarie; b) consentirebbe di garantire l'attivazione di risorse nel Mezzogiorno e una misurabile e non teorica percentuale del 34 per cento di risorse da assegnare al Sud; c) giustificherebbe il prolungamento dell'alta velocità ferroviaria da Battipaglia fino a Reggio Calabria, fino a Messina, fino a Siracusa, fino a Palermo; d) consentirebbe finalmente la realizzazione di un sistema urbano organico, quello dello Stretto, davvero innovativo nel sistema territoriale del Mezzogiorno e del Paese; e) porterebbe a realizzazione una delle eccellenze infrastrutturali che, come avvenuto nella realizzazione del ponte di Genova, testimoniano ancora una volta la capacità ingegneristica, imprenditoriale e industriale del nostro Paese. Una necessità di riconoscimento qualitativo e funzionale essenziale soprattutto in questa difficile fase della nostra economia;

    è inoltre evidente l'importanza strategica che avrebbe la realizzazione del Ponte sullo Stretto anche sulla logistica e sul trasporto delle merci come naturale approdo dal Canale di Suez verso l'Europa e l'Europa verso l'Africa e quindi con un evidente forte incremento della logistica;

    si evidenzia che la IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, il 29 settembre 2020 ha deliberato i rilievi in ordine allo schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund. Tra i rilievi approvati si segnala di «garantire l'infrastruttura stabile e veloce dello Stretto di Messina, mediante la realizzazione di opere adeguate e mezzi idonei e sostenibili, in modo da porre definitivamente fine all'isolamento della rete dei trasporti siciliani da quella del resto del Paese estendendo, così, l'alta velocità fino a Palermo e Siracusa»

    la Conferenza delle regioni e delle province autonome nell'approvare all'unanimità il 7 documento sul Recovery Fund, ha espressamente indicato, tra le opere strategiche prioritarie, il Ponte sullo stretto di Messina. Documento poi formalmente presentato alla Conferenza Stato-regioni e alla Commissione bilancio della Camera nell'ambito della «Indagine conoscitiva delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund», l'8 settembre 2020;

    la questione dell'inserimento del Ponte nel piano di ripresa e resilienza è stata altresì prospettata al Comitato europeo delle regioni dell'intergruppo delle regioni europee insulari con un documento presentato il 10 settembre 2020 al Presidente della Commissione ambiente ed energia, Juan Espadas Cejas, ed al commissario europeo per l'energia Kadri Simson;

    è inoltre necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi;

    a livello infrastrutturale, un'altra criticità attiene alle strutture idriche: esse risalgono a più di 30 anni fa e le perdite nella rete si aggirano al Sud intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. È ormai improcrastinabile metter in atto in particolare in questi territori, un programma di manutenzione e riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico attraverso una rete e un sistema di micro invasi: il costo stimato è di circa 5 miliardi di euro annui, molto inferiore a quanto oggi si spende per gli sprechi e le sanzioni europee. Un intervento in questo senso, oltre a salvaguardare le risorse idriche, consentirebbe di assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, nonché di consentire il rilancio dell'agricoltura, settore strategico per il Sud,

impegnano il Governo:

   ad adottare un serio programma di investimenti in infrastrutture e di ammodernamento della rete dei trasporti e di interventi in grado di aumentare la competitività delle aree meridionali, quali gli assi viari, i porti, i collegamenti ferroviari e aeroportuali tra le città del Mezzogiorno, la realizzazione dell'alta velocità nel Mezzogiorno agevolandone la realizzazione, nonché per gli interventi per la messa in sicurezza del territorio, prevedendo a tal fine di destinare al Mezzogiorno risorse economiche in misura sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto dalla cosiddetta clausola del 34 per cento;

   ad avviare le necessarie iniziative finalizzate a riconsiderare il progetto strategico, già cantierabile, per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quale progetto chiave per il rilancio economico del Paese, anche valutando a tal fine le penali conseguenti alla mancata realizzazione dell'opera infrastrutturale, e che consentirebbe tra l'altro, di estendere l'alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, fino a Messina, Palermo e Siracusa;

   ad adottare le necessarie iniziative finalizzate al riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico del Mezzogiorno, anche attraverso una rete e un sistema di micro invasi, al fine di contenere gli sprechi, assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, e consentire il rilancio dell'agricoltura quale settore strategico per il Sud;

   ad adottare iniziative per implementare il sistema delle infrastrutture necessarie a sostenere il comparto produttivo nel Mezzogiorno, con particolare attenzione alle infrastrutture atte a garantire l'approvvigionamento di gas metano alla regione Sardegna;

   ad adottare tutte le iniziative volte a favorire il ricorso al partenariato pubblico-privato per il finanziamento e la realizzazione delle opere pubbliche.
(7-00548) «Mulè, Labriola, Prestigiacomo, Pentangelo, Casino, Sozzani, Cortelazzo, Gelmini, Zanella, Mazzetti, Baldelli, Ruffino, Rosso, Bergamini, Carfagna, Siracusano, Torromino, Bartolozzi, Maria Tripodi».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    negli ultimi due anni i processi di digitalizzazione della pubblica amministrazione hanno subito una forte accelerazione, con lo scopo dichiarato di velocizzare e semplificare le procedure nonché di ridurre i costi a carico dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni;

    in particolare, in ambito fiscale, la trasformazione digitale è considerata centrale dall'Ocse, con riferimento sia al contrasto all'evasione, che all'efficienza ed equità della struttura fiscale. Anche per il Fondo monetario internazionale le nuove tecnologie potranno garantire benefici, sia in termini di maggiore compliance, che politiche tributarie più mirate, ma, chiarisce Fmi, si otterranno risultati significativi, solo se l'adozione della tecnologia è ben progettata, saldamente attuata e accompagnata da riforme e semplificazioni in favore delle imprese;

    il processo di piena digitalizzazione del sistema fiscale è stato fortemente implementato a partire dal decreto n. 119 del 2018 (fiscale), che ha disposto l'obbligo generalizzato, tranne taluni esenti, della fatturazione elettronica. L'articolo 14 del decreto-legge n. 124 del 2019 consente alla Guardia di finanza e all'Agenzia delle entrate l'utilizzo dei dati contenuti nei file delle fatture elettroniche fino dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento, superando gli ordinari termini di accertamento pari a 5 o 7 anni;

    sempre con il decreto-legge n. 124 del 2019 (articolo n. 21), è stata data piena attuazione al codice dell'amministrazione digitale nella parte in cui si prevede la possibilità di utilizzare la piattaforma tecnologica tra le pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi di pagamento abilitati, anche per la certificazione fiscale tra soggetti privati, tra cui la fatturazione elettronica e gli adempimenti connessi ai corrispettivi giornalieri (cosiddetti scontrini elettronici);

    il medesimo decreto all'articolo 22, introduce un credito d'imposta pari al 30 per cento delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di pagamento, fruibile, dal 1° luglio 2020, da esercenti attività di impresa i cui ricavi o compensi abbiano valore inferiore a 400.000 euro. L'agenzia delle entrate, con suo provvedimento del 29 aprile 2020 ha definito le modalità per la comunicazione dei dati delle commissioni applicate;

    la legge di bilancio 2020 n. 160 del 2019, articolo 1, comma 290, ha stanziato 3 miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022 per l'attribuzione di rimborsi in denaro a favore di soggetti che fanno uso di strumenti di pagamento elettronici. I rimborsi sono commisurati ai volumi ed alla frequenza degli acquisti. Tale Fondo «cashback» prima azzerato con il «decreto rilancio», n. 34 del 2020, per evidenti esigenze di finanza pubblica in forza dell'emergenza da Covid-19, è stato rifinanziato per 1.750 milioni da utilizzare nel 2021, dall'articolo n. 73 del decreto-legge n. 104 del 2020 (decreto-legge «Agosto») ;

    con l'articolo 140 del decreto-legge n. 34 del 2020 si è stabilito il rinvio della disciplina sulle sanzioni per il tardivo o omesso invio dello scontrino elettronico dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021. I titolari di partita Iva senza registratore telematico e con volume d'affari al di sotto dei 400 mila euro avranno quindi tempo fino al 1° gennaio 2021 per acquistare il registratore telematico o per adeguare il vecchio registratore fiscale. Conseguentemente, l'articolo 141 del decreto stabilisce che anche l'avvio della lotteria degli scontrini sia spostato al 1° gennaio 2021;

    da ultimo il decreto «Semplificazione» n. 76 del 2020, dall'articolo 24 all'articolo 35, introduce tutta una serie di norme che riguardano la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. In particolare, l'articolo 24 sposta al 28 febbraio 2021 la decorrenza, più volte rinviata, dell'obbligo per i prestatori di servizi di pagamento abilitati di utilizzare esclusivamente la piattaforma PagoPA, per i pagamenti verso le pubbliche amministrazioni, mentre l'articolo 34 crea una piattaforma digitale nazionale dati, definita quale infrastruttura tecnologica che renda possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici;

    la piattaforma PagoPa si definisce come un sistema unico per i pagamenti elettronici verso la pubblica amministrazione, in realtà, al suo interno l'utenza deve continuare a districarsi tra diversi canali telematici – siti e app – dei pubblici. Nonostante sia costituita da 5 anni al momento aderisce a PagoPa solo una amministrazione su due, mentre l'adesione delle banche, che in molti casi hanno un proprio sistema per i pagamenti verso la pubblica amministrazione, è solo volontaria. Infine, il generale divieto di applicare al consumatore commissioni sui pagamenti elettronici, non ha effetto per i pagamenti effettuati tramite banche, istituti di credito, poste, ricevitorie, siti, app, verso le pubbliche amministrazioni: l'applicazione di una commissione, anche costosa (fino a 2,85 euro) a cittadini e imprese è prassi corrente;

    negli altri Paesi europei, gli indicatori principali utilizzati per misurare lo sviluppo del e-government sono la percentuale di cittadini e di imprese che interagiscono con le pubbliche amministrazioni attraverso rete telematica e il grado di soddisfazione degli stessi in merito all'efficienza e alla convenienza dei servizi digitali offerti;

    il rilievo che l'incremento dell'uso della moneta elettronica e la disponibilità e l'accesso a informazioni fiscali tempestive possano portare ad una diversa politica fiscale, con l'obiettivo di maggiori entrate e minori spese per le pubbliche amministrazioni, deve inquadrarsi nei limiti previsti dallo statuto del contribuente e della delega fiscale (legge n. 23 del 2014) che fanno riferimento alla riduzione degli adempimenti fiscali a carico di cittadini e imprese, alla compliance fiscale e alla trasparenza delle norme fiscali;

    viceversa l'applicazione di talune delle disposizioni fiscali sopra descritte aggrava gli adempimenti e gli oneri delle imprese tenute ad adempiervi;

    all'atto del pagamento elettronico permane, tuttora, un doppio obbligo di registrazione del corrispettivo, l'una a fini fiscali, l'altra per necessità bancaria, con duplice emissione cartacea. A ciò si aggiunga la necessità di comunicare i dati delle commissioni applicate su cui calcolare il citato credito d'imposta del 30 per cento di cui all'articolo 22 del decreto-legge n. 124 del 2019;

    ulteriori oneri, valutati in 600 milioni di euro da Confesercenti sono necessari per l'acquisto e l'aggiornamento del registratore telematico necessario ad emettere lo scontrino elettronico e per l'acquisizione dei dati necessari a consentire ai clienti di partecipare alla lotteria degli scontrini, introdotta dalla legge di bilancio per il 2017 e più volte rimandata. Il credito d'imposta previsto per l'adeguamento (250 euro per l'acquisto e 50 per l'aggiornamento) copre meno della metà dei reali costi di tale adeguamento;

    questo complesso di adempimenti, oltre a comportare costi sia vivi che gestionali, complica l'attività degli esercizi commerciali, in particolare in quelli nei quali si verificano transazioni frequentissime e per importi minimi. Non ottemperarvi, per motivi anche meramente logistici può comportare rischi: impedire, ad esempio, ai clienti la partecipazione alla lotteria degli scontrini, che prevede un'attività supplementare di acquisizione di dati, può comportare la segnalazione del diniego all'Agenzia delle entrate, segnalazione utilizzabile nell'ambito delle attività di analisi del rischio di evasione, anche se si è emesso lo scontrino;

    secondo Confesercenti l'obbligo di accettare carte di pagamento costerà alle piccole imprese due miliardi tra canoni, costi di installazione e commissioni. Tuttavia, le imprese non sono affatto restie ai pagamenti elettronici: il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ha affermato che nonostante l'Italia abbia il numero più basso di operazioni annue pro-capite con strumenti alternativi al contante (111 rispetto ad una media europea di 265), i Pos in Italia sono 3,2 milioni, oltre un terzo di quelli dell'intera area euro: 5.200 Pos ogni 100.000 abitanti, a fronte di 2.800 ogni 100.000 abitanti nell'area dell'euro;

    nei giorni scorsi si è avuta notizia di un'azione che il Governo intende affiancare al «cashback», consistente in una sorta di moral suasion sulle banche per ottenere il taglio delle commissioni sulle spese di minore importo, per una cifra compresa tra i 5 e i 25 euro. Le associazioni dei commercianti, pur plaudendo all'iniziativa, hanno espresso il timore che le banche trasferiscano a carico di servizio impropri, il mancato incasso delle commissioni;

    nell'articolo 22, comma 5, ultimo periodo, del decreto-legge n. 124 del 2019 si era stabilito che la Banca d'Italia, al fine di tutelare la trasparenza in materia di costi delle commissioni bancarie, con provvedimento da adottare entro trenta giorni, dovesse individuare le modalità e i criteri con cui gli operatori finanziari trasmettono agli esercenti, mensilmente e per via telematica, l'elenco e le informazioni relativi alle transazioni effettuate,

impegna il Governo:

   a promuovere accordi con l'Associazione bancaria italiana — Abi:

    a) finalizzati alla revisione delle commissioni bancarie sulle spese di minore importo effettuate con moneta elettronica, nel rispetto limiti consentiti dalle regole sulla concorrenza;

    b) volti a rendere concorrenziale il mercato dei dispositivi di pagamento elettronici favorendone la sicurezza nelle transazioni, l'interoperabilità, la portabilità;

   ad assumere iniziative per semplificare le modalità di emissione delle registrazioni sia fiscale che bancaria dei corrispettivi ricevuti, anche per il tramite dei nuovi dispositivi di pagamento elettronici;

   a verificare, per quanto di competenza, lo stato di attuazione di quanto previsto al comma 5, ultimo periodo, dell'articolo 22 del decreto-legge n. 24 del 2019, in materia di trasparenza dei costi delle commissioni bancarie, eventualmente adottando iniziative per introdurre ulteriori disposizioni nelle quali si preveda che l'elenco delle transazioni effettuate, di cui già è previsto l'invio, sia ripartito per circuito di pagamento, che le transazioni siano distinte dagli eventuali oneri aggiuntivi richiesti, e che siano esplicitate le cadenze di accredito delle somme incassate e di prelievo delle commissioni;

   ad adottare iniziative volte a incrementare i massimali del credito d'imposta di cui all'articolo 2, comma 6-quinquies, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, spettante in relazione alle spese sostenute per l'acquisto e l'aggiornamento del registratore telematico necessario ad emettere lo scontrino elettronico;

   ad adottare iniziative volte a implementare il credito d'imposta pari al 30 per cento delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di pagamento di cui all'articolo 22 del decreto-legge n. 124 del 2019, ampliando la platea delle imprese che possano usufruirne, nonché la gamma di costi cui il credito si applica e prevedendo l'introduzione di modalità che consentano la liquidazione automatica e a cadenza periodica delle somme spettanti all'impresa, attraverso il proprio cassetto fiscale;

   ad assumere iniziative, anche normative, per consentire la piena funzionalità, in un quadro di semplificazione delle procedure e di interoperabilità, della piattaforma di pagamento verso le pubbliche amministrazioni PagoPa, prevedendo, in linea con il generale divieto di applicare al consumatore commissioni sui pagamenti elettronici, che le eventuali commissioni richieste dai soggetti finanziari siano poste a carico delle amministrazioni che ricevono il pagamento, in considerazione dei notevoli risparmi che, grazie alla digitalizzazione dei pagamenti, gli enti pubblici riescono a realizzare sulle spese di gestione;

   a valutare la possibilità di adottare iniziative, in considerazione dell'emergenza da Covid-19 in atto, per un ulteriore rinvio dell'applicazione sulle sanzioni per il tardivo o omesso invio dello scontrino elettronico e dell'entrata in vigore della lotteria degli scontrini fiscali, già rinviati dagli articoli 140 e 141 del decreto-legge n. 34 del 2020;

   a valutare la possibilità di utilizzare quota parte delle risorse del Fondo cashback di cui all'articolo n. 73 del decreto n. 104 del 2020, per l'adozione di misure volte a ridurre gli oneri posti a carico delle imprese per gli adeguamenti tecnologici necessari ad implementare l'utilizzo della moneta elettronica, nonché per l'utilizzo degli stessi.
(7-00549) «Porchietto, Giacomoni, Martino, Baratto, Cattaneo, Giacometto».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la cultura è senza dubbio uno dei principali motori di sviluppo per il nostro Paese: risulta dunque essenziale promuovere una riflessione per cui è necessario ripartire dalla cultura intesa come prezioso bene comune e come occasione di condivisione;

    i mesi di emergenza che si sono vissuti hanno fortemente potenziato tale visione, favorendo una riscoperta per il pubblico della rilevanza della cultura anche nella sfera della vita privata. Si evidenzia che la chiusura prolungata ha comportato notevoli difficoltà per il comparto culturale nel suo complesso, rendendo evidente il bisogno di politiche orientate ad una maggiore tutela ed una concreta valorizzazione;

    la cultura rappresenta uno strumento fondamentale di miglioramento della qualità della vita e del benessere degli individui e delle loro comunità di appartenenza, promuovendo la diversità e il dialogo interculturale, contribuendo a rafforzarne il senso di appartenenza e favorendo una comprensione e un rispetto maggiori tra i popoli; inoltre, contribuisce a ridurre le disparità sociali e ad agevolare l'inclusione sociale, offrendo anche possibilità di sviluppo delle competenze e della creatività innovativa e rappresentando un efficace strumento educativo ai fini dell'istruzione formale ed informale;

    già nel 2005 la «Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società» – più comunemente riconosciuta come Convenzione di Faro, finalmente ratificata – dava un nuovo significato al concetto di patrimonio culturale, introducendo la più innovativa idea di «eredità-patrimonio culturale», considerandolo come «un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione»;

    con tale visione, il cittadino diventa dunque promotore della gestione e promozione del patrimonio culturale: come specifica l'articolo 4 della convenzione, egli «da solo o collettivamente, ha diritto a trarre beneficio dall'eredità culturale e a contribuire al suo arricchimento» e «ha la responsabilità di rispettare parimenti la propria e l'altrui eredità culturale e, di conseguenza, l'eredità comune dell'Europa»;

    tutela adeguata e promozione diffusa: sono dunque questi due elementi che devono caratterizzare una strategia congrua di valorizzazione del patrimonio culturale per il nostro Paese. In tale prospettiva, lo sviluppo della rete e degli strumenti digitali rappresenta un elemento da tenere in assoluta considerazione, al fine di garantire lo sviluppo di un «diritto di ogni cittadino ad essere educato alla conoscenza e all'uso responsabile del digitale per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale e dei luoghi della cultura». Ancora una volta la fase emergenziale ha reso irrinunciabile lo strumento digitale, che ha permesso di radicare nuovi collegamenti e mantenere stabili le connessioni tra individui, nonché tra le comunità e le attività culturali;

    le conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del 21 maggio 2014 sul «Patrimonio culturale come risorsa strategica per un'Europa sostenibile», al punto 2, inquadrano in maniera precisa l'evoluzione del digitale nell'ultimo decennio, arrivando alla seguente definizione di patrimonio culturale: «il patrimonio culturale è costituito dalle risorse ereditate dal passato, in tutte le forme e gli aspetti – materiali, immateriali e digitali (prodotti originariamente in formato digitale e digitalizzati), ivi inclusi i monumenti, i siti, i paesaggi, le competenze, le prassi, le conoscenze e le espressioni della creatività umana, nonché le collezioni conservate e gestite da organismi pubblici e privati quali musei, biblioteche e archivi. Esso ha origine dall'interazione nel tempo fra le persone e i luoghi ed è in costante evoluzione. Dette risorse rivestono grande valore per la società dal punto di vista culturale, ambientale, sociale ed economico»;

    nella successiva comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, «Verso un approccio integrato al Patrimonio Culturale per l'Europa del 22 luglio 2014», si evidenzia che: «La digitalizzazione del patrimonio culturale apporta un contributo all'agenda europea per la cultura, migliorando l'accesso del pubblico alle diverse forme di espressioni linguistiche e culturali. Anche digitalizzare il patrimonio culturale, renderlo accessibile online e sostenere la sua valorizzazione economica sono attività al centro dell'agenda digitale per l'Europa. La digitalizzazione moltiplica le possibilità di accesso al patrimonio culturale e coinvolge il pubblico, mentre gli strumenti digitali come la scansione 3D possono facilitare la salvaguardia e il recupero dei beni culturali fisici.»;

    con il decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 – conosciuto come «decreto-legge Rilancio» – viene istituito – con l'articolo 184 – un fondo cultura nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo finalizzato, tra le altre cose, anche alla digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale;

    a giugno 2020, la Commissione europea ha presentato gli ultimi risultati relativi all'indice Desi, che misura la digitalizzazione dell'economia e della società all'interno dei Paesi dell'Unione europea;

    la Commissione ha fatto riferimento al fatto che, nel contesto della pandemia di COVID-19, le tecnologie digitali si sono rivelate essenziali supportando anche il processo di resilienza degli individui e delle comunità;

    inoltre, si ricorda che il Governo, nella definizione delle linee guida per l'utilizzo dei fondi provenienti dal Recovery Fund, ha posto i processi di digitalizzazione come prioritari per l'ammodernamento del Paese, anche a promozione del miglioramento della qualità della vita delle comunità;

    il «sapere» digitale, quindi, sta assumendo parallelamente una sempre maggiore rilevanza nel contesto della vita quotidiana, ma anche maggiore valenza metodologica ed epistemologica, strutturale e di contesto, attraverso la dimensione dell'integrazione fra saperi umanistici tradizionali e conoscenze di metodi e tecniche computazionali nella strutturazione della nuova Cultura digitale, per un'idea rinnovata di «spazi di apprendimento» nei sistemi educativi e formativi, tanto formali che non;

    si tratta di un pensiero di grande attualità che, come detto, ha assunto enorme rilievo in conseguenza della pandemia da COVID-19, ma che già in passato aveva assunto un peso sempre maggiore: ne è un esempio la riflessione apertasi dopo la tragedia di Venezia, dove il 12 novembre 2019 l'acqua alta aveva raggiunto l'allarmante livello di 187 centimetri, danneggiando sia una gran parte del patrimonio di archivi, biblioteche ed istituti culturali presenti nella città, nonché la struttura di numerosi siti di altissimo valore storico e culturale. Tale drammatico evento, associato a tutte le considerazioni ponderate in fase emergenziale, dimostra come sia essenziale completare con urgenza il processo di digitalizzazione e pubblicizzazione dell'immenso patrimonio archivistico, bibliografico e culturale del nostro Paese. L'imprevedibilità che caratterizza il nostro presente, infatti, rende necessaria maggiore lungimiranza nell'ottica di una proiezione al futuro, anche a beneficio delle generazioni che verranno, nel quadro di una dimensione di sostenibilità sociale e culturale;

    alle precedenti considerazioni si aggiunge che la Cultura – protagonista assoluta nel rendere incommensurabilmente bello il nostro Paese – è un elemento distintivo e competitivo sui mercati di scala globale. Le tecnologie digitali, in tale ambito, potrebbero offrire un ampio ventaglio di possibilità per la valorizzazione e comunicazione del nostro patrimonio, non solo per rendere più competitivi i nostri musei, ma anche per favorire e semplificare il processo di internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese attraverso la tessitura di relazioni commerciali, finanziarie, politiche e soprattutto culturali;

    diventa urgente, allora, migliorare gli strumenti capaci di diffondere il «sapere» digitale, anche attraverso la definizione di nuovi «spazi di apprendimento» nei sistemi educativi e formativi, tanto formali che non. Si aprono allora nuove prospettive per favorire la progettazione e realizzazione anche di strumenti educativi e didattici quali prerequisito e parte essenziale dei nuovi percorsi di educazione civica e cittadinanza digitale nelle scuole, attraverso la diffusione di una cultura digitale omogenea e condivisa, che abbia quale presupposto la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla conservazione e valorizzazione dei dati digitali, soprattutto di natura culturale. Tale tipologia di formazione deve essere destinata tanto alle studentesse ed agli studenti, quanto al personale docente, poiché costituisce un indispensabile completamento, nell'ambito della cultura digitale, del rinnovamento della conoscenza;

    lo sviluppo esponenziale che il digitale ha conosciuto in questi anni e che sta assumendo sempre più i connotati di una vera e propria rivoluzione culturale, prefigura scenari e sfide rilevanti al di là del mero uso strumentale di tali tecnologie. L'attenzione costante all'innovazione e alla ricerca nei temi del Digital Cultural Heritage e delle Digital Humanities, va promossa presso la nostra comunità scientifica i cui ambiti e domini sono ormai una realtà consolidata, con attività condotte da centinaia di ricercatori provenienti dalle diverse aree disciplinari del nostro sistema della ricerca la cui eccellenza e preparazione è riconosciuta a livello internazionale;

    in questo contesto, appare ancora più fondamentale il riconoscimento del ruolo della ricerca nelle Digital Humanities e nel Digital Cultural Heritage, considerando innanzitutto il loro pieno e indiscusso valore accademico e la necessità di rendere tutte le riflessioni teoretiche negli ambiti sopra citati, elemento imprescindibile di una nuova stagione per la formazione di ricercatori e docenti della nuova scuola, di cui in questi mesi si è tanto discusso;

    c'è bisogno di un punto di riferimento in grado di trasferire buone pratiche e metodi per avviare la vera rivoluzione digitale: quella che deve portare alla progressiva co-creazione di una cultura digitale reale, sostanziata, omogenea, condivisa, e quindi sostenibile, coerente con le sfide ancora aperte, come per esempio quelle poste dalla Digital Research Infrastructure for the Arts and Humanities (Dariah), la rete di eccellenza europea nella quale le migliori risorse della ricerca degli Stati dell'Unione europea concorrono a progettare e sviluppare metodi di ricerca partecipata sui temi «caldi» del Digital Cultural Heritage e delle Digital Humanities;

    appare allora evidente il bisogno di creare nel nostro Paese un Istituto nazionale di ricerca nel settore delle Digital Humanities e del Digital Cultural Heritage, per superare tale vuoto nel sistema della ricerca nazionale, in grado di contribuire alla riflessione teorica e concretizzarsi come un luogo di conservazione delle esperienze e di programmazione della ricerca nei nuovi domini della digital culture, al fine di sostenere quell'alleanza tra digitale, ricerca, educazione per riformare il sistema della ricerca nazionale nelle Digital Humanities;

    nel complesso risulta quindi necessario avviare un processo di sistematizzazione di tutte le iniziative dedicate alla digitalizzazione del patrimonio culturale, in modo da definire un impianto organico d'azione capace di rispondere alle istanze di tutto il sistema Paese. Occorre, inoltre, costruire e consolidare una cultura digitale omogenea e condivisa, che abbia quale presupposto la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla conservazione e valorizzazione dei dati digitali. Tale obiettivo può essere raggiunto anche attraverso la creazione di un unico ente di riferimento, che possa svolgere il ruolo di coordinamento della ricerca per l'applicazione delle competenze e delle strategie digitali per la tutela e promozione del patrimonio culturale, e rappresentare contemporaneamente un osservatorio aggiornato della ricerca nel Paese nel settore,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per sostenere un sempre più preciso indirizzo verso la digitalizzazione del patrimonio culturale del Paese – sulla scia delle previsioni del decreto-legge Rilancio e delle indicazioni di utilizzo del Recovery Fund in tale ambito – finalizzato alla sua tutela, conservazione e diffusione, alla semplificazione dei processi di diplomazia culturale sul piano internazionale, alla promozione della cultura in connessione alla crescita del comparto turistico, tutti elementi utili per la crescita strategica ed economica del Paese;

   a definire nuove linee guida «educative» per favorire la progettazione e realizzazione anche di strumenti educativi e didattici quali prerequisito e parte essenziale dei nuovi percorsi di educazione civica e cittadinanza digitale nelle scuole, attraverso la diffusione di una cultura digitale omogenea e condivisa;

   ad adottare iniziative per incentivare la creazione di un Istituto di ricerca nazionale sulle Digital Humanities ed il Digital Cultural Heritage di riferimento per la comunità scientifica, educativa e produttiva nazionale, orientato alla promozione della digitalizzazione del patrimonio culturale nazionale, con il ruolo di coordinamento e promozione della ricerca scientifica e tecnologica nei domini delle Digital Humanities e del Digital Cultural Heritage, ancorché luogo di raccolta delle esperienze e di programmazione della ricerca nei nuovi domini della digital culture per sostenere quell'alleanza tra digitale, ricerca ed educazione.
(7-00550) «Lattanzio, Fusacchia, Nitti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GERMANÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ennesima estate di incendi in Sicilia, quasi tutti dolosi, sembra non finire mai: sono finora oltre 9 mila gli interventi fatti dal Corpo dei vigili del fuoco, supportati nelle situazioni di emergenza anche dai Canadair;

   il 3 ottobre 2020 un grosso incendio si è sviluppato, in seguito al forte vento di scirocco con temperature fino a 35 gradi, a Naso, in provincia di Messina, interessando soprattutto le contrade Brucoli Maio, Terano, lambendo le abitazioni civili e una casa di riposo per anziani, il centro storico ed il Duomo di San Cono;

   sul posto sono dovuti intervenire 5 squadre di vigili del fuoco, uomini della Protezione civile, volontari e diversi canadair per cercare di domare i roghi e limitare i danni ad abitazioni e civili;

   vista la vastità dell'incendio sono stati chiusi al transito sia il tratto autostradale della A20 compreso tra gli svincoli di S. Agata Militello e S. Stefano di Camastra e la strada statale 113, da Caronia in direzione Palermo e da S. Stefano Camastra in direzione Messina, sia la circolazione ferroviaria;

   altri roghi si sono sviluppati negli ultimi giorni a Capo d'Orlando, in contrada Marcaudo, a Santo Stefano di Camastra, Retano, al confine con Naso e in contrada Catutè;

   i vigili del fuoco cercheranno di risalire ai piromani – avendo già confermato la natura dolosa del rogo – mentre i carabinieri hanno già cominciato a setacciare le immagini delle telecamere di sorveglianza;

   l'ennesimo weekend di fuoco sembra aver convinto anche il presidente Musumeci a proclamare lo stato di calamità e a chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza per gli incendi che hanno distrutto centinaia di ettari di vegetazione nell'ultimo fine settimana;

   per poter procedere in tal senso si aspetta la relazione sulla stima dei danni alla quale stanno già lavorando quattro dipartimenti regionali: Protezione civile, Corpo forestale, Sviluppo rurale e Agricoltura;

   c'è da ricostruire un patrimonio di vegetazione irrimediabilmente compromesso, e capire cosa fare per evitare che sulle macerie di questa calamità se ne possono accumulare delle altre;

   l'intervento dello Stato appare essenziale per difendersi dalla calamità dei roghi che ogni anno inghiottono grandi pezzi di macchia mediterranea e inceneriscono aree dall'enorme valore ambientale;

   si paga il prezzo di un piano della protezione dei boschi che funziona solo se vengono assegnati i fondi europei: non ci sono risorse a sufficienza nel bilancio della regione;

   oltre ad un piano della forestazione degno di questo nome e di una riforma degli operatori forestali che ne garantisca un impiego tutto l'anno, la Sicilia ha bisogno di ammodernare i suoi strumenti di prevenzione e controllo seguendo modelli più virtuosi, come quelli che si avvalgono di torrette dotate di webcam e dei droni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative per quanto di competenza, intenda adottare al fine di approntare veri piani operativi che possano evitare nel prossimo futuro il fenomeno criminogeno degli incendi dolosi;

   se il Governo non ritenga, anche alla luce dei dati preoccupanti, di deliberare immediatamente lo stato di emergenza per i comuni siciliani, teatro, anche negli ultimi giorni, di incendi dolosi.
(4-07034)


   SENSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dalla trasmissione televisiva «Report» andata in onda su Rai Tre il 28 ottobre 2019, si apprende che il partito della Lega, attraverso i suoi esperti di comunicazione, dall'inizio del 2019 avrebbe speso in propaganda sui social 140.000 euro e sarebbe l'unico partito a scegliere di utilizzare come target di riferimento anche utenti con una età inferiore a 18 anni per trasmettere e diffondere video che per il loro contenuto potrebbero accrescere l'odio sociale e razziale;

   situazione analoga si è verificata anche qualche mese fa con la diffusione di un video, del Ministro dell'interno pro tempore Salvini dai contenuti violenti che riprendeva la scena di una rissa a cui è seguito un esposto all'autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza poiché il 2 per cento del pubblico maschile e l'1 per cento del pubblico femminile dell'oltre milione di persone che hanno visualizzato tale video aveva un'età compresa tra i 13 ed i 17 anni;

   questa inaccettabile propaganda di odio sociale e razziale è tanto più grave in quanto indirizzata verso una fascia di età che dovrebbe, invece, trovare proprio nelle istituzioni la sua tutela;

   la stessa attività di diffusione di contenuti sui mezzi di comunicazione è sottoposta a una serie di rigide regole che trovano tra l'altro la loro motivazione proprio nella salvaguardia del minore poiché questo non si considera ancora pienamente munito di strumenti tali da proteggersi autonomamente da contenuti non adeguati alla sua età;

   un'effettiva protezione dei minorenni sul web passa anche dalla creazione di una vera e propria «cultura della sicurezza» che, attraverso gli adulti, deve essere trasferita ai più piccoli –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga doveroso ed urgente intervenire attraverso l'adozione di ogni iniziativa di competenza idonea alla protezione e alla tutela dei minori che si interfacciano quotidianamente con la rete internet e con i social network.
(4-07036)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha già segnalato l'inutilità delle mascherine, nel caso delle donne in gravidanza con l'interrogazione n. 4/06703, i cui contenuti vengono ripresi in questo ulteriore atto di sindacato ispettivo;

   il coronavirus SARS-COV-2 è un coronavirus dalle dimensioni di circa 100-150 nm (nanometri) e 1 nanometro corrisponde a 0,001 micrometri;

   il potere filtrante delle mascherine è misurato in percentuale di particelle di grandezza di 3.0 ± 0.3 µm (micrometri) filtrate espresso in Bfe (o Pfe), ovvero 3.000 nanometri, circa 30 volte la grandezza del SARS-COV-2;

   nessuna mascherina in commercio è in grado di filtrare questa dimensione di particelle;

   alcune maschere necessitano di un ambiente molto ossigenato;

   la concentrazione minima di ossigeno nell'aria richiesta per la respirazione umana è del 19,5 per cento. L'aria normale nel nostro ambiente è costituita da alcuni gas diversi. Approssimativamente il 78 per cento dell'aria è gas azoto, mentre solo il 20,9 per cento circa è ossigeno. L'Osha, l'Organizzazione per la sicurezza e la salute sul lavoro, ha determinato che il tasso ottimale di ossigeno nell'aria oscilla tra il 19,5 e il 23,5 per cento;

   possono verificarsi gravi effetti collaterali se i livelli di ossigeno cadono fuori dalla zona di sicurezza. Quando le concentrazioni di ossigeno diminuiscano dal 19,5 al 16 per cento e si svolga attività fisica, le cellule non riescono a ricevere l'ossigeno necessario per funzionare correttamente. Le funzioni mentali vengono alterate e la respirazione diventa intermittente a concentrazioni di ossigeno che cadono dal 10 al 14 per cento. Gli esseri umani non sopravviveranno con livelli del 6 per cento o inferiori;

   la mascherina chirurgica è una maschera particolare usata in ambienti ventilati e poco umidi. Non va mai toccata e va sostituita quando diventa umida. Ha un potere filtrante di circa il 90 per cento e ripara principalmente da polveri e agenti inquinanti;

   la mascherina Ffp2/Kn95 è un dispositivo di protezione individuale capace di filtrare il 95 per cento delle microparticelle sospese nell'aria; la prescrizione è quella di utilizzarla solo in aree adeguatamente ventilate e ossigenate, e va abbandonata immediatamente se si incontrano difficoltà respiratorie e/o si avverte un principio di vertigini, nausea o altro malessere fisico. La maschera è in grado di filtrare alcuni agenti contaminanti, ma un utilizzo scorretto può causare contagio e conseguente malattia, fino alla morte;

   la mascherina Ffp3 non è indicata per la prevenzione individuale da agenti batterici o virali, ma è raccomandata per impieghi dove vi sono presenze di polveri sottili, come la polvere di dolomite. Inoltre, la presenza di peli sul viso compromette la protezione;

   le mascherine in stoffa, invece, raramente riescono a filtrare particelle di dimensioni inferiori ai 5 micron;

   le mascherine in ambito sanitario sono sempre state al centro di una intensa attività di ricerca da parte della comunità scientifica, per la loro dubbia capacità di bloccare un contagio da attività virale o batterica, come si può desumere dal non esaustivo elenco di diversi lavori scientifici riportati nella bibliografia rinvenibile sul sito https://bit.ly/3nazAvr;

   il Governo svedese ha lasciato aperte scuole, negozi e ristoranti, puntando solo su distanziamento fisico e senso di responsabilità dei cittadini, senza imporre nemmeno l'uso della mascherina sui mezzi pubblici e nei luoghi chiusi, tanto che il 1° settembre 2020 su EuropaToday, si legge: «Anche sulle mascherine la Svezia va controcorrente: non si devono portare – Nessun obbligo, nemmeno sui mezzi pubblici o nei luoghi chiusi. E a differenza che nel resto d'Europa il numero dei contagi è in diminuzione» –:

   se il Governo non intenda rivedere la posizione sulle mascherine eliminando ogni obbligo e impegnandosi a non istituirne di ulteriori al riguardo.
(4-07039)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2020, ai sensi del decreto legislativo n. 1 del 2018, è stato decretato lo stato di emergenza sanitaria nazionale per il COVID-19, «in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili»;

   la relativa delibera è citata nel decreto-legge del 23 febbraio 2020 n. 6, nel decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, nel decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, nel decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, nel decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, nel decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, nel decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nel decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, nel decreto-legge 10 maggio 2020, n. 30 e in ultimo nel decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83;

   il decreto legislativo n. 1 del 2018, all'articolo 24, comma 1, prevede che per emanare la delibera sullo stato di emergenza nazionale venga svolta dalla protezione civile «una valutazione speditiva [...] sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate» e che debbano essere rispettati i requisiti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c), ovvero che si tratti di «emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale»;

   all'articolo 7, comma 1, lettera c), non viene definito come eventualità il rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, ma si fa riferimento ad un generale evento calamitoso naturale di carattere nazionale;

   secondo la Treccani le tipologie di calamità naturali sono legate a fenomeni sismici e vulcanologici, piene e alluvioni di fiumi, erosioni e frane di versanti, variazioni delle linee di costa, nonché calamità legate ad anomalie meteorologiche e climatiche;

   il sito della Protezione civile definisce il rischio sanitario nazionale come sempre conseguente ad altri rischi o calamità, tanto da esser definito come un rischio di secondo grado, definendo le variabili di natura biologica come batteri, virus, pollini, ogm rientranti nelle variabili antropiche;

   il 30 aprile 2020, il Presidente del Consiglio Conte, ha dichiarato che «una pandemia [...] non è un fatto puntuale, come un'alluvione o un terremoto, che si verificano una volta per tutte: la pandemia è un processo, che si sviluppa secondo una continua, imprevedibile evoluzione. [...] Questo, quindi, impone necessariamente una maggiore tolleranza circa il grado di determinatezza delle norme primarie, che legittimano la normativa secondaria»;

   il rischio sanitario da agenti virali trasmissibili è disciplinato in parte nel decreto-legge n. 81 del 2004 con il quale viene istituito il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie con analisi e gestione dei rischi, previamente quelli legati alle malattie infettive e diffusive e al bioterrorismo;

   non risulta all'interrogante che, né le valutazioni della Protezione civile, né le valutazioni di rischio del centro sopra citato, né tantomeno citate nelle premesse della delibera del 31 gennaio 2020, né la nota del 31 gennaio 2020 con cui il Ministro della salute ha rappresentato la necessità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018, propedeutica allo stato di emergenza nazionale, siano state pubblicate;

   l'interrogante concorda con quanto sostenuto nella sentenza del giudice di pace di Frosinone n. 516/2020-RNG-819/2020, che ha ritenuto illegittima la delibera del 31 gennaio 2020;

   nella Costituzione non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell'assetto dei poteri –:

   se il Governo non intenda rivedere completamente la valutazione relativa allo stato di emergenza deliberato a partire dal 31 gennaio 2020 nonché procedere con un'iniziativa urgente all'abrogazione di tutte le disposizioni normative consequenziali emanate in ragione di tale scelta.
(4-07045)


   FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa locale è emerso il crescente numero di contagiati presso gli istituti scolastici della provincia di Varese;

   in molti istituti sono state distribuite mascherine che presentano delle criticità in termini di sicurezza e conformità per la sicurezza degli studenti;

   a Samarate (Varese), presso l'Istituto omnicomprensivo Manzoni, sono state distribuite mascherine autorizzate ex articolo 15 del decreto-legge 17 marzo 2020 solo per modello per adulto;

   a Busto Arsizio (Varese), presso l'Istituto omnicomprensivo Tommaseo, sono state distribuite mascherine autorizzate ex articolo 15 del decreto-legge 17 marzo 2020 solo per modello per adulto;

   per garantire la sicurezza degli studenti è necessario l'utilizzo a scuola di mascherine obbligatoriamente di taglia pediatrica, con autorizzazione dell'Istituto superiore di sanità, oppure con marcatura CE in taglia pediatrica;

   l'uso di dispositivi di protezione individuale impropri o non conformi aumenta il rischio di contagio in un ambiente, come quello scolastico, già a rischio per il numero di persone coinvolte e per il prolungato tempo di permanenza presso le strutture scolastiche da parte di docenti e discenti –:

   se risponda al vero che nelle scuole sopra indicate sono state distribuite mascherine che, non essendo di tipologia pediatrica, sarebbero non idonee;

   se il Governo intenda valutare l'opportunità di avviare, i necessari controlli riguardo alla conformità dei dispositivi distribuiti nelle scuole della provincia di Varese in particolare, ma in tutta Italia in generale, per garantire la sicurezza dei discenti.
(4-07047)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il giornale La Verità ha riportato una preoccupante rivelazione della virologa Li-Meng Yan, prima firmataria del Rapporto Yan, un paper di 26 pagine sul coronavirus. In questo studio la scienziata sostiene che il virus abbia origine artificiale, che sia stato liberato volontariamente dai laboratori di Wuhan e che l'Oms e la Cina abbiano condotto un'operazione di depistaggio;

   Yan ha dichiarato che «ci troviamo davanti non a un virus derivato da un patogeno naturale, ma a un virus artificiale, elaborato e rilasciato dal Wuhan Institute of Virology, un laboratorio di massima sicurezza che è posto sotto il controllo del Partito comunista cinese»;

   la virologa si dice convinta che «si sia creato un virus letale al fine di diffonderlo senza poter risalire agli autori»;

   «Nessuno dice la verità. Il governo cinese, l'Oms, il mondo scientifico – afferma – Ho studiato il genoma del Sars-Cov-2 e quel corredo cellulare non esiste in natura. È molto simile a un virus in possesso di un laboratorio di ricerca militare, un Sars-like-Cov isolato anni fa, chiamato Zc45/Zxc21»;

   la virologa afferma di aver iniziato le ricerche sul COVID-19 «il 31 dicembre» 2019, «prima che il 7 gennaio le autorità cinesi dessero l'annuncio ufficiale del primo caso accertato, che addirittura risale al 16 novembre» e precisa che svolgeva le sue ricerche «nel laboratorio dell'Organizzazione mondiale della sanità presso l'università di Hong Kong»;

   Li-Meng Yan ha lavorato fino alla primavera nel dipartimento di salute pubblica della Hong Kong University. Ora è a New York, vive «sotto la protezione del governo degli Stati Uniti» a seguito dei 5 report da lei pubblicati che hanno progressivamente dato fondamento alla tesi della produzione in laboratorio del virus;

   «Nel mio paper spiego in modo dettagliato la procedura seguita dal Wuhan Institute of Virology per modificare tale coronavirus. Alcune parti sono state aggiunte, scambiate, modificate», dice, con l'obiettivo di «farlo sembrare un virus nuovo». Poi ancora, «la regione del virus che caratterizza l'infezione del Sars-Cov-2, chiamata Rbm, assomiglia molto a quella del virus Sars-Cov-1, responsabile dell'epidemia di Sars», nel 2003;

   infine, «una proteina di Sars-Cov-2 chiamata Spike esiste in un sito di taglio per la furina che manca in tutti gli altri coronavirus simili a questo». E, afferma, «questa caratteristica del nuovo coronavirus induce a pensare che il COVID-19 non sia naturale, ma sia stato creato artificialmente»;

   la virologa rileva, inoltre, che vi siano ulteriori prove di manipolazione del genoma. «Le tecniche usate per creare il COVID-19 erano state impiegate fin dal 2008 da un gruppo di ricerca coordinato dalla dottoressa Zhengli Shi del laboratorio di Wuhan – afferma – E il fatto che la stessa regione Rbm sia stata modificata dalla dottoressa Shi e da suoi collaboratori è la pistola fumante, la prova che il Sars-Cov-2 è il prodotto di una manipolazione genetica» –:

   se il Governo abbia raccolto elementi scientifici per escludere una qualsivoglia correlazione fra la diffusione del cosiddetto nuovo coronavirus e il laboratorio batterico di Wuhan, come indicato in premessa;

   se il Governo abbia interloquito con le competenti autorità cinesi per avere informazioni scientifiche su origine, capacità e modalità di propagazione del virus ed eventuali risposte in termini antivirali;

   quale sia l'intendimento del Governo circa la possibilità di promuovere un'azione nei confronti della Cina o di intraprendere anche in via esclusiva un'iniziativa per accertare la fondatezza di eventuali danni dovuti ad atti illeciti relativamente alla comunicazione per il contrasto al coronavirus e correlativamente, in caso di accertamento, per richiedere nelle opportune sedi internazionali il risarcimento dei relativi danni.
(4-07049)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 ottobre 2020 l'Espresso ha pubblicato un'inchiesta dal titolo «Scampagna d'Egitto» dalla quale risulta che il Governo italiano, in data 7 agosto 2020, avrebbe autorizzato la vendita all'Egitto di una coppia di navi da guerra, due fregate di classe Fremm (peraltro già destinate alla Marina militare italiana, interrompendone di fatto il programma);

   lunedì 10 agosto 2020 l'Autorità che vigila sul mercato delle armi, l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sempre secondo quanto riportato dall'inchiesta giornalistica, avrebbe concesso la licenza, per l'esportazione verso l'Egitto, al consorzio nazionale Orizzonti sistemi navali (controllato da Fincantieri col 51 per cento e partecipato da Leonardo);

   ai sensi della legge 9 luglio 1990, n. 185 l'Italia non può fornire armi a Paesi che non rispettino i diritti umani, che siano in stato di conflitto armato, che aggirino embarghi internazionali;

   l'Egitto è direttamente impegnato nel conflitto libico a sostegno del generale Khalifa Haftar, anche con fornitura di armamenti bellici;

   a causa dell'atteggiamento di omertà tenuto dal Governo egiziano circa la brutale uccisione del giovane ricercatore Giulio Regeni, dopo più di 4 anni e dodici incontri tra la procura di Roma e quella egiziana, si è ancora in una fase di stallo, e la verità lontana dall'essere disvelata;

   allo studente e attivista Patrick Zaki continua ad essere prorogato lo stato di detenzione preventiva cui è sottoposto dal 7 febbraio 2020;

   nei giorni scorsi è stata arrestata Basma Mostafa, la giornalista che ha smascherato il depistaggio sulle responsabilità nell'uccisione di Giulio Regeni –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se confermi quanto riportato dall'inchiesta citata;

   come si giustifichi, qualora le notizie fossero confermate, la decisione di vendere le navi da guerra all'Egitto, considerato che per l'interrogante essa si pone in contrasto con la legge 9 luglio 1990, n. 185 e con le necessarie azioni che l'Italia deve intraprendere nei confronti del Governo egiziano per esigere la verità e la giustizia per l'omicidio di Giulio Regeni e per richiedere la scarcerazione dello studente Patrick Zaki.
(5-04733)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di stampa Nova ha reso noto che i pescatori italiani detenuti in Libia potrebbero essere difesi da un avvocato d'ufficio indicato dalla procura militare di Bengasi nel processo davanti al tribunale militare del capoluogo della Cirenaica, nel caso in cui il Governo italiano non dovesse nominare un proprio rappresentante legale;

   la notizia è stata raccolta da una fonte vicina alla procura militare di Bengasi, indicando che i pescatori sono ancora sottoposti a custodia cautelare in attesa dell'avvio del processo;

   ad oggi, quindi, ai nostri connazionali illegalmente detenuti in Libia non può dirsi garantito un pieno diritto alla difesa. La stessa fonte ha anche spiegato che non è stata ancora ufficialmente fissata una data precisa per il processo ai pescatori, indicando che l'accusa contro di loro resta quella di «violazione delle acque territoriali ed economiche della Libia»;

   la fonte ha aggiunto che il 5 ottobre 2020 i pescatori hanno contattato le famiglie in Italia, godono di pieni diritti legali in conformità con la legislazione libica e sono stati trattati secondo gli standard internazionali del rispetto dei diritti umani durante la loro detenzione a Bengasi. Vale la pena ricordare che il Governo di Haftar non gode del riconoscimento della comunità internazionale, pertanto la condizione per l'interrogante di illegalità della loro detenzione assume contorni ancora più evidenti;

   il 28 settembre, il generale Mohamed al Wershafani dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) aveva confermato ad «Agenzia Nova» che l'accusa contro i pescatori è di ingresso e pesca in acque libiche senza previa autorizzazione;

   non figurerebbe, dunque, l'accusa relativa al sospetto traffico di sostanze stupefacenti che sarebbero state trovate a bordo dei pescherecci italiani Antartide e Medinea di Mazara del sequestrati;

   in generale, appare sconcertante l'atteggiamento assunto dalla Farnesina che, invece di contestare giuridicamente la decisione unilaterale della Libia di estendere oltremodo le proprie acque territoriali, si limita per l'interrogante arrendevolmente, da anni, a sconsigliare alle marinerie italiane di pescare nelle acque dove si è verificato il sequestro dei pescherecci il 1° settembre 2020;

   sul sito viaggiaresicuri.it, infatti, si legge: «La Libia ha dichiarato nel 2005 una zona di protezione della pesca su un'area di mare estesa fino a 74 miglia dalla propria costa e dalla linea che chiude idealmente il golfo della Sirte. In conseguenza di tale atto; le autorità libiche applicano in maniera rigida misure sanzionatorie nei confronti delle imbarcazioni straniere impegnate in attività di pesca in detta area di mare che si concretizzano, frequentemente, nell'intercettazione, sequestro e detenzione dei pescherecci stranieri e dei loro equipaggi da parte delle autorità libiche e delle milizie locali. Sono state parimenti applicate consistenti sanzioni pecuniarie, oltre a provvedimenti di confisca delle imbarcazioni, delle attrezzature di pesca e dell'eventuale pescato. Nel 2017 la Libia ha inoltre dichiarato la propria area SAR (Search and Rescue) di ricerca e salvataggio dei migranti, adottando un'interpretazione rigida della SAR e dissuadendo l'intervento altrui in quell'area»;

   il sequestro e avvenuto a ridosso della visita del Ministro interrogato. L'episodio ha assunto per l'interrogante tutti i caratteri di un deliberato sfregio alle autorità italiane, pesantemente estromesse dal tavolo libico ad opera di Francia, Turchia e Russia, che da anni restano inermi di fronte a richieste pretestuose come la liberazione dei 4 scafisti condannati a Catania;

   intanto i familiari dei nostri marittimi, a cui l'interrogante esprime tutta la sua vicinanza, sono incatenati a piazza Montecitorio in attesa che il Governo faccia qualcosa per riportare a casa i propri cari –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per nominare in tempi brevi un avvocato che difenda i marinai indebitamente detenuti in Libia e quali siano state le ragioni del ritardo di questa nomina.
(5-04735)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA, DIENI, D'IPPOLITO, SAPIA, BARBUTO, SCUTELLÀ, TUCCI, MELICCHIO e CILLIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane si sono verificati incendi in sequenza a danno di siti o aziende relativi al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria;

   la loro successione meccanica, che più sotto si riassume, lascia supporre l'esistenza di una precisa strategia, forse perfino di matrice ’ndranghetista, in un momento particolarmente delicato per la gestione dei rifiuti sul territorio calabrese, segnata da forti criticità, tra cui l'assenza di impianti di trattamento, la lunga gestione con continue ordinanze in deroga del presidente della regione, la perdurante carenza di discariche pubbliche e, come da ultimo pubblicamente rappresentato dal magistrato Marica Brucci, la debolezza del sistema dei controlli e le accertate pratiche di smaltimento illecito, specie nel Lametino, finanche con la falsificazione dei formulari di trasporto;

   a tutto ciò bisogna aggiungere la possibilità, per ditte con potenziali problemi di infiltrazioni mafiose, già evidenziata dal deputato Giuseppe d'Ippolito, anche con atti di sindacato ispettivo, di iscrizione all'Albo gestori ambientali, aggirando la certificazione antimafia o comunque mediante operazioni di trasferimento di sede o cambi di intestazione;

   a Motta San Giovanni (Reggio Calabria), il 2 agosto 2020 si sono verificati incendi, in parte con processi di combustione ancora in corso, nella frazione Santuario, area dove si trovano, tra l'altro, la ex discarica di località Comunia, inattiva e caratterizzata da un abbanco di circa 80.000 metri cubi di rifiuti solidi urbani non pericolosi, nonché un impianto di compostaggio di proprietà di Eco Service srl;

   a Lamezia Terme, nella notte del 17 agosto 2020, si è verificato il terzo rogo in poco meno di due mesi (i primi due risalgono al 25 luglio e al 25 giugno precedenti), con l'interessamento, anche stavolta, di un'azienda di trattamento rifiuti;

   secondo fonti giornalistiche, nello specifico, il capannone interessato dalle fiamme sarebbe di proprietà della Logica scarl, consorzio di imprese formato da Salvaguardia Ambientale, Ecotec, Miga, Progeva ed Ecosistem, subentrato a Daneco nella gestione dell'impianto di trattamento meccanico biologico situato nell'area industriale lametina;

   il 24 settembre 2020 un ampio incendio ha gravemente danneggiato due capannoni dell'impianto di raccolta e smaltimento dei rifiuti di Siderno, gestito dalla ditta «Ecologia Oggi» e punto di approdo dei rifiuti raccolti nella Locride (42 comuni della provincia di Reggio Calabria);

   il 26 settembre 2020, nella discarica di Vetrano, di proprietà del consorzio Valle Crati e ubicata nel territorio di San Giovanni in Fiore (Cosenza), è scoppiato un incendio di compost fuori specifica e dello scarto di lavorazione dei riciclabili, compresa la plastica;

   della discarica, giunta al colmo della capienza, ne era stata concordata la chiusura tombale per il 30 novembre 2020;

   a Nocera Terinese (Catanzaro), il 3 ottobre 2020, un grosso incendio ha interessato la zona stoccaggio rifiuti del comune e le fiamme si sono poi estese in prossimità del depuratore e del sistema fognario, danneggiando pompe di sollevamento;

   a San Gregorio D'Ippona (Vibo Valentia), il 4 ottobre 2020 un incendio ha colpito il centro di raccolta dei rifiuti di proprietà di M.G.;

   il 5 ottobre 2020 un incendio ha interessato la Ready, deposito di rifiuti in località Fiasco Baldaia a Squillace (Catanzaro) –:

   di quali elementi dispongano circa la matrice degli incendi di cui premessa;

   quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire la tutela dell'ambiente e per scongiurare infiltrazioni o condizionamenti della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti nel territorio calabrese.
(4-07048)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   ANGIOLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il progetto di valorizzazione della «Via Appia – Regina Viarum» ha preso spunto dal viaggio intrapreso dal giornalista Paolo Rumiz, conclusosi il 13 giugno 2015 dopo 611 chilometri, 29 giorni di cammino e circa un milione di passi, e vede il coinvolgimento di tutti i territori interessati dall'antica via consolare;

   in data 24 marzo 2016 il Mibact ed i presidenti delle regioni interessate hanno costituito un tavolo tecnico interistituzionale per la valorizzazione della via Appia che il 29 aprile 2016 si riuniva per la prima volta;

   dal tracciato della via Appia è stata incomprensibilmente estromessa la città di Spinazzola, nonostante lo stesso Paolo Rumiz avesse manifestato serie perplessità sul tracciato alternativo da lui stesso percorso, nell'incontro con il giornalista Cosimo Forina durante la sosta a Palazzo San Gervasio-Pz (Rumiz P., Appia, Feltrinelli, giugno 2016 - pagina 221);

   il tracciato Venosa-Gravina in Puglia della Regina Viarum può aver seguito il percorso «Venosa-Ad Pinum-Blera-Silvium», ovvero lasciata la Basilicata, la via Appia entrava in Puglia dal territorio di Spinazzola. Tale percorso è sempre stato documentato negli atti dalla stessa regione Puglia (Elaborato n. 5 Schede degli ambiti paesaggistici – piano paesaggistico territoriale regionale, pagina 10) e della regione Basilicata (RegioneInforma - Il regio tratturo in Lucania);

   con nota del 18 dicembre 2015 prot. 13598 del sindaco pro tempore di Spinazzola Nicola di Tullio indirizzata al Mibact e al presidente della regione Puglia si chiedeva l'inserimento della città di Spinazzola nel percorso della via Appia;

   nel convegno «Via Appia Regina Viarum» organizzato dal comune di Spinazzola il 24 novembre 2017 con il patrocinio della regione Puglia e dell'Ente parco dell'Alta Murgia sono state discusse le ipotesi avanzate da taluni archeologi che probabilmente avevano trascurato o sottovalutato le fonti romane del percorso dell'Appia: Venosa-Palazzo S.G.-Basentello-Gravina;

   con la nota del professor Fedele Raguso del 14 aprile 2018, è stata trasmessa al comune di Spinazzola la sintesi della relazione tenuta nel citato convegno del 24 novembre 2017 sulla «Via Appia Regina Viarum», dalla quale risultava chiaramente che Spinazzola (Ad Pinum) era stata la porta della via Appia in Puglia;

   con lettera prot. 12486 del 16 ottobre 2018, il sindaco ha investito della questione la direzione del dipartimento turismo, economia della cultura e valorizzazione del territorio della regione Puglia, allegando varia documentazione che richiamava l'itinerario descritto da Francesco Maria Pratilli (1745). Tale documentazione descriveva il passaggio della Regina Viarum da Spinazzola. Inoltre, proprio il testo del Pratilli avvalorato, poi, dal topografo Domenico Romanelli (1818), il quale apportò delle rettifiche rendendolo più consono alle fonti, veniva utilizzato come riferimento dallo stesso Paolo Rumiz nel suo percorso;

   con la lettera prot. AOO_004PROT del 31 gennaio 2019 n. 589 della regione Puglia, dipartimento turismo, economia della cultura e valorizzazione del territorio la regione medesima dichiarava di aver provveduto a trasmettere al Mibact l'istanza del comune di Spinazzola;

   con l'inopinata esclusione della città di Spinazzola e del suo territorio dal progetto «Il cammino dell'Appia Regina Viarum – valorizzazione e messa a sistema dell'Appia Regina Viarum», così come risulta dal tracciato attuale del Ministero, si priverebbe di una grande opportunità di crescita turistica una parte rilevante del territorio murgiano, certamente meritevole di essere conosciuta e valorizzata proprio per le sue indiscusse peculiarità storiche, artistiche, ambientali e culturali –:

   se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere gli opportuni urgenti approfondimenti di competenza in merito all'inserimento di Spinazzola nel citato percorso e, nel caso in cui le verifiche non dovessero condurre agli esiti sperati, se non si ritenga di tributare a Spinazzola un giusto e congruo riconoscimento – anche indiretto – nelle attività progettuali, trattandosi del territorio che da sempre viene considerato come la porta dell'Appia antica in Puglia.
(4-07046)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO, ROTELLI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione Uds (Uomini e donne della sicurezza) ha inviato formale diffida nei confronti del Ministro interrogato avente ad oggetto «il riconoscimento dell'indennità di missione. Richiesta chiarimenti e convocazione urgente in merito al bando di concorso Vice-Ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria bandito nel 2008»;

   l'intera procedura concorsuale ha avuto una durata di ben 11 anni, in spregio a quanto disposto dal decreto ministeriale del 7 novembre 1997, il quale prevede che dall'emanazione del bando di un concorso per il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) possa trascorrere un massimo di 780 giorni, a cui si sommano ulteriori 120 giorni per la successiva «nomina a ruolo»;

   l'irragionevole durata del concorso ha determinato, in particolare per i vincitori del concorso, enormi danni in termini di progressione di carriera, perdita di opportunità e mancato guadagno;

   e non solo, perché ai vincitori non è stata corrisposta nemmeno l'indennità di trasferta, per «una espressa volontà politica», come si legge nella diffida: lo stesso Ministro, in risposta ad un atto di sindacato ispettivo, ha, infatti, dichiarato che i dipendenti inviati presso le scuole di formazione sono da ritenersi in aspettativa speciale e, in quanto tale, non hanno diritto al trattamento economico di missione, che, laddove corrisposto, genererebbe un danno all'erario;

   secondo quanto denunciato dall'Uds «Quanto sostenuto dalla S.V. non è sorretto da alcun riferimento normativo né fattuale. Inprimis, da sempre viene corrisposto ai corsisti l'indennità di missione, conformemente alla normativa in materia, per cui non si comprende la diversa scelta del caso di specie. [...] Insecundis, i vincitori del concorso per assentarsi durante il periodo di formazione facevano ricorso al congedo ordinario, opzione non ammessa durante il congedo speciale. Infine, in caso di aspettativa speciale, i vincitori del concorso avrebbero dovuto ricevere notifica e, successivamente, accettare le nuove e diverse condizioni prima della partenza per il corso di formazione»;

   nella stessa nota del Dap con la quale veniva autorizzato il personale a recarsi presso la struttura per frequentare il corso di formazione con decorrenza 10 settembre 2018 e fino al termine dello stesso, si faceva espresso riferimento al trattamento economico di missione: «Al personale in argomento, in osservanza della lettera circolare n. 3440/5890 del 21 ottobre 1996 e successive modifiche ed integrazione, anche in conformità di quanto disposto dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 170 del 2007, dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 51 del 2009 e dalle lettere circolari n. 0482783, n. 439367 e n. 0154835, rispettivamente del 22 dicembre 2011, 10 dicembre 2012 e 9 maggio 2018, va corrisposto, ove competa, il trattamento economico di missione con vitto ed eventuale alloggio, a carico dell'amministrazione presso le strutture formative ove gli stessi frequenteranno il predetto corso di formazione»;

   la presunta circolare emanata a fine corso, secondo la quale ai partecipanti non spetterebbe l'indennità di trasferta, non sarebbe mai stata, peraltro, notificata ai beneficiari, fermo restando che, in ossequio al principio della gerarchia delle fonti, non è possibile derogare a una legge dello Stato con una circolare;

   su un caso analogo, generatosi a seguito del cosiddetto decreto semplificazioni che aveva modificato i criteri di partecipazione al concorso per allievi agenti di polizia bandito nel 2017, il Tribunale territoriale ha statuito che è «Irragionevole, intrinsecamente contraddittorio e in contrasto con i principi costituzionali di imparzialità della pubblica amministrazione modificare retroattivamente i requisiti di ammissione» –:

   se non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza per riconoscere immediatamente l'indennità di trasferta a tutti i partecipanti al bando di concorso per vice-ispettori pubblicato nel 2008.
(4-07032)


   FERRO, ROTELLI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia che la polizia penitenziaria di Corigliano-Rossano avrebbe intercettato droga nei maccheroni e cellulari nelle lasagne spedite dai parenti ai detenuti nel carcere calabrese;

   secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, in tre anni sono quadruplicati i casi di detenuti trovati dentro le carceri italiane con un telefonino: erano 355 nei primi nove mesi del 2017 e sono diventati 1412 a fine settembre 2019;

   tale situazione viene da tempo denunciata dai sindacati di polizia penitenziaria, che evidenziano come ogni giorno gli agenti siano costretti a dover controllare, nell'ambito dei circa 400 colloqui tra detenuti e parenti che si succedono quasi tutti i giorni, qualcosa come 1500-2000 persone. Nelle sale colloqui, inoltre, non ci sono vetri divisori e ciò agevola sicuramente il passaggio di sostanze o oggetti;

   la disponibilità di telefoni cellulari consente ai detenuti non solo di commettere e commissionare reati, ma anche di svolgere una vera e propria attività commerciale, permettendo ad altri detenuti di effettuare telefonate alla famiglia, oltre i limiti imposti dall'ordinamento penitenziario, per un pacchetto di sigarette, una spesa al sopravvitto o dietro promessa di altri vantaggi;

   lo stesso procuratore di Napoli Giovanni Melillo, in audizione presso la Commissione antimafia della Camera dei deputati, parlando di alcune carceri del territorio, ha denunciato: «Il carcere è il luogo dove lo Stato esercita una assai limitata capacità di controllo. Sono fuori controllo, vi dominano le organizzazioni mafiose, i cellulari vi entrano quotidianamente e non li sequestriamo neanche più talmente tanti sono. In alcune carceri vi sono autentiche piazze di spaccio»;

   vietare apparecchi di telefonia mobile in carcere significa impedire che le persone detenute possano mantenere comunicazioni con l'esterno, continuando a gestire traffici illeciti, impartire o ricevere ordini e, in definitiva, continuare a delinquere;

   qualunque telefonino o apparecchiatura tecnologica vietata, anche se «solo» a disposizione di una persona detenuta impiegata nei lavori all'esterno, è comunque una fonte di pericolo per il mantenimento della sicurezza dell'istituto ed è quindi evidente che andrebbe profuso ogni sforzo per debellare un fenomeno del genere –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per garantire maggiore sicurezza all'interno degli istituti penitenziari italiani, anche sanando la grave carenza di organico in cui versano da tempo.
(4-07033)


   MORRONE, TURRI, BISA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI, TATEO e TOMASI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'allarme sulla situazione critica dell'edilizia giudiziaria in Italia è ormai datato; un articolo pubblicato in data 4 ottobre 2020 dal quotidiano «Il Dubbio» riassume problematiche di varia natura e gravità denunciate da tempo in numerosi Tribunali da nord a sud del Paese; il problema è salito alla ribalta della cronaca per l'episodio accaduto sabato 3 ottobre 2020 al Tribunale di Catania, dove una pesante lastra di marmo staccatasi dal muro di un'aula d'udienza ha colpito alla schiena e alla gamba destra la sen. avv. Giulia Bongiorno, presente in loco per l'udienza preliminare del procedimento a carico dell'ex Ministro dell'interno Matteo Salvini; l'inadeguatezza e gli storici problemi strutturali del citato Tribunale sarebbero stati denunciati da tempo dai vertici dell'amministrazione della giustizia locale; tra i messaggi di solidarietà giunti alla sen. avv. Bongiorno, si cita quello dell'Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) dove si evidenzia che «il problema dell'edilizia giudiziaria rappresenta una questione irrisolta» e che «l'AIGA, già nel settembre 2018, aveva chiesto di aprire un tavolo permanente per la verifica dello stato dell'edilizia giudiziaria nel nostro Paese»; da quanto si apprende dalla stampa, il Ministro interrogato, appreso dell'incidente, avrebbe disposto accertamenti per verificarne le cause e analizzare, più in generale, le condizioni della struttura;

   il problema dell'edilizia giudiziaria è stato rappresentato in più occasioni e da diversi soggetti ai Ministri della giustizia che si sono susseguiti negli ultimi anni e, in particolare, per quanto riguarda Catania, già nel luglio 2014, in base a notizie stampa, l'allora Ministro della giustizia Andrea Orlando, su sollecitazione, avrebbe avviato un percorso condiviso per discutere delle strutture giudiziarie locali; il Ministro interrogato, secondo notizie stampa, ha riconosciuto prioritario «investire sulla struttura giustizia sia in termini di edilizia che di personale» chiudendo i lavori del tavolo tecnico su spese di funzionamento ed edilizia giudiziaria l'8 ottobre 2019, ma da allora non è dato di sapere quali iniziative siano state assunte in materia di immobili in uso agli uffici giudiziari –:

   per quali motivi gli appelli in ordine alla situazione critica del tribunale di Catania già denunciata da tempo siano rimasti lettera morta;

   quali spese siano state effettivamente autorizzate e quali verifiche sul loro impiego siano state svolte;

   quali iniziative intenda assumere per verificare le situazioni strutturali più gravi nei tribunali italiani e stilare una graduatoria delle priorità da affrontare con la massima urgenza con i relativi tempi per risolverle, da presentare nelle apposite sedi istituzionali.
(4-07041)


   RIZZO e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il palazzo di giustizia di Caltagirone è una struttura che ospita sia il tribunale che la procura e ha una competenza territoriale estesa al territorio del calatino-sud Simeto;

   sono di recente pubblicazione, da parte del Ministero della giustizia le risultanze di una ispezione ordinaria effettuata agli uffici giudiziari del tribunale, della procura della Repubblica e dell'U.n.e.p. di Caltagirone e che comprende il periodo di gestione 2014-2019;

   dal punto di vista infrastrutturale, viene rilevato il mancato completamento degli interventi di manutenzione straordinaria dell'impianto antincendio;

   non si evince quali siano invece le condizioni della struttura in merito all'abbattimento delle barriere architettoniche tranne che per le indicazioni relative all'accesso pedonale previsto dal parcheggio autovetture riservato al personale giudiziario ed alla possibilità di accesso agli uffici Unep servito da ascensori;

   il decreto ministeriale n. 236 del 1989 definisce le barriere architettoniche come qualsiasi elemento costruttivo che limiti o che renda difficili gli scostamenti o la fruizione di servizi di servizi pubblici, esempi concreti sono gli ostacoli costituiti essenzialmente da elementi altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (gradini, risalti, dislivelli, scale, e altro), ovvero da esiguità di passaggi e ristrettezza di ambienti (strettoie, cabine di ascensori, apertura di porte, e altro) di cui non vi è traccia nella relazione relativa alla ispezione ministeriale afferente la struttura giudiziaria di Caltagirone;

   va rilevato che, dalla lettura della relazione, non appare evidente la programmazione di interventi di manutenzione straordinaria di abbattimento delle barriere architettoniche;

   per quanto concerne i fondi attraverso i quali gli interventi di manutenzione straordinaria possono essere finanziati, relativamente alla regione Sicilia si rileva che, pur restando impregiudicata la possibilità di utilizzare i «Fondi per il finanziamento e lo sviluppo infrastrutturale del Paese» istituiti dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 140) e 2018 (articolo 1, comma 1072), è altresì possibile considerare i cosiddetti «Fondi per il Mezzogiorno» (di cui all'articolo 11-quater del decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017, convertito dalla legge n. 123 del 3 agosto 2017), destinati per gli anni 2017-2025 alle regioni Campania, Puglia, Sicilia e Calabria –:

   di quali nuovi elementi disponga il Ministro interrogato al fine di verificare il completamento dei lavori straordinari rilevati dall'ispezione effettuata plesso il Palazzo di giustizia di Caltagirone;

   se il Palazzo di giustizia di Caltagirone rispetti le normative sull'abbattimento delle barriere architettoniche e se non si ritenga necessario, qualora si riscontrino criticità in tal senso, adottare iniziative per favorire la costituzione di un tavolo tecnico composto da avvocati, magistrati, responsabili della sicurezza del tribunale e da rappresentanti del Governo al fine di pianificare i lavori di adeguamento necessari anche attraverso i fondi specificatamente previsti dalla normativa vigente.
(4-07044)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le attività economiche estrattive e la coltivazione di cave e torbiere, insieme ad altre attività che presentano un significativo utilizzo di mezzi pesanti per assicurare lo svolgimento delle stesse producono inevitabili impatti sul sistema della viabilità;

   alcuni casi sono indicatori emblematici di problematiche più ampie e che meritano di formare oggetto di attenzione a livello nazionale;

   ad esempio, la cava di Carpenosa è quasi pronta a riprendere la sua attività comportando seri disagi essenzialmente al traffico in vallata e allungando i tempi di percorrenza tra l'entroterra e la costa per i pendolari incolonnati dietro ai mezzi;

   i primi a preoccuparsi e a mobilitarsi sono stati gli abitanti e gli imprenditori di Badalucco, ma essendo la cava autorizzata dalla regione, la protesta riguarda principalmente il disagio dovuto al traffico e alle emissioni;

   anche il sindaco di Badalucco è intervenuto chiedendo di salvaguardare la vocazione turistica nonché il benessere dei cittadini senza aver ottenuto l'intervento sperato;

   il problema principale è l'uscita dei camion dal ponte di Algovo sulla strada statale bis che, percorrendo la nuova strada provinciale costruita negli anni '60, comporta un intasamento della circolazione degli altri mezzi di trasporto;

   un nuovo incontro è stato fissato con il presidente della provincia di Imperia al quale parteciperanno anche i sindaci dei comuni circostanti durante il quale si dovrebbero trovare soluzioni principalmente per il comune di Badalucco che rappresenta una strettoia in cui il traffico andrebbe monitorato;

   la licenza della cava è stata concessa per un periodo pari a 20 anni e, secondo una stima, consentirà di estrarre 1.600.000 metri cubi che divisi per camion comporterebbero dai 7.000 agli 8.000 passaggi in salita e 7.000/8.000 passaggi in discesa annui per un totale di 60 passaggi al giorno;

   in termini di posti di lavoro la cava in questione genera dai 4 ai 5 impieghi per cava e 8 per camion, un numero esiguo rispetto agli impieghi che lo sviluppo turistico potrebbe generare;

   appare evidente come in questo caso, come in altri, andrebbe valutato un approccio sistematico in grado di dare risposte, anche attraverso opportuni interventi infrastrutturali, ove ritenuti necessari, per conciliare attività economica e viabilità di servizio alla stessa con le esigenze dei territori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di situazioni analoghe a quella descritta in premessa nel territorio nazionale e se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, dirette a valutare le problematiche di congestione sulla viabilità che possano derivare dallo svolgimento di attività economiche ad alto impatto sulla viabilità medesima, quali l'attività estrattiva e di coltivazione di cave e torbiere, anche al fine di elaborare e finanziare un piano di interventi infrastrutturali diretti a mitigare gli effetti di congestione sopra descritti.
(5-04732)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 19 maggio 2020 Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha indetto il bando di gara (telematica) per la «Progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di realizzazione delle opere sostitutive del passaggio a livello al km 17+748 della linea Castel Bolognese-Ravenna in Comune di Bagnacavallo (RA)»;

   il progetto prevede il superamento delle problematiche connesse al passaggio a livello di via Naviglio a Bagnacavallo, attraverso la realizzazione di un nuovo tratto di viabilità della lunghezza di circa un chilometro che collegherà – attraverso tre nuove rotatorie e un sottopasso ferroviario in via Bagnoli Superiore – la strada provinciale San Vitale con l'area produttiva posta sulla provinciale Naviglio nei pressi della rotonda di immissione sull'A14 diramazione Ravenna (A14dir);

   il bando, con scadenza fissata al 26 giugno 2020, reca un importo a base d'asta di 9.277.435,25 euro escluse Iva e spese tecniche, mentre il costo complessivo del progetto è di circa 12 milioni e 850 mila euro, oltre la meta dei quali finanziati dal comune di Bagnacavallo con contributi di Rfi, regione e provincia; si tratta, in particolare, di una procedura ristretta con invito degli operatori individuati tra quelli scritti nel «Sistema di qualificazione delle imprese di RFI S.p.A. SQ011 – Opere civili su linee in esercizio – opere civili alla sede ferroviaria categoria di specializzazione LOC-001»;

   si tratta di un'opera fondamentale per il territorio, attesa da tempo da cittadini e imprese, che avrà effetti molto positivi – per un'area molto ampia che parte dal Bagnacavallese – in termini di viabilità, sicurezza del traffico, qualità dell'aria, ammodernamento del territorio e migliori condizioni per gli operatori;

   allo stato risulta che nel mese settembre 2020 si sono tenute due sedute della commissione di gara nelle quali si è provveduto all'apertura delle buste della gara e all'apertura dell'offerta tecnica della gara –:

   se intenda fornire informazioni circa lo stato di avanzamento della procedura di gara di cui in premessa valutando l'adozione di iniziative volte a un'eventuale accelerazione dei tempi per far sì che l'opera sia realizzata in tempi brevi.
(4-07035)


   TIRAMANI, GUSMEROLI, LIUNI e MACCANTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le eccezionali precipitazioni che hanno colpito la Liguria e il Piemonte il 3 e 4 ottobre 2020 hanno causato una drammatica situazione con perdita di vite umane e ingenti danni a edifici, infrastrutture e beni mobili; l'acqua e il fango hanno travolto le piazze e le strade, insinuandosi nelle case e nella vita delle persone e lasciando indietro solo devastazione e frane;

   il bilancio è particolarmente pesante nel Vercellese, ove l'onda di piena del fiume Sesia, che ha raggiunto i 9,70 metri, ha causato esondazioni diffuse e smottamenti;

   in particolare, a causa di una frana provocata dall'esondazione del Sesia, è stata bloccata la tangenziale nord di Vercelli creando ulteriori problemi per i cittadini che si spostano per lavoro da Vercelli a Novara e viceversa; tutto il traffico si è riversato sulla A26, tra il casello Vercelli est e Vercelli ovest, essendo la strada più sicura da percorrere; nella giornata del 6 ottobre si è verificata una situazione particolarmente critica sull'autostrada, con code da 40 a 60 minuti tra i due caselli;

   anche sulla strada statale 33 del Sempione, nel tratto compreso tra il chilometro 65,200 e il chilometro 65,400, è franato il manto stradale, provocando l'interdizione al traffico nel tratto tra Arona e Meina e comportando di fatto la divisione in due di un'importante arteria, particolarmente trafficata; inevitabilmente, tutto il traffico si è riversato sulla A26;

   a causa delle sopra citate interruzioni, gli automobilisti sono obbligati a percorrere la A26, Genova Voltri-Gravellona Toce, gestita da Autostrade per l'Italia S.p.a., quale alternativa alla viabilità locale, sottoponendosi alle spese di pedaggio;

   gli interroganti ritengono opportuna l'esenzione del pagamento del pedaggio autostradale per chi entra ed esce dai caselli di Vercelli est e ovest e per chi attraversa la barriera tra Arona e Meina per tutto il periodo di esecuzione dei lavori, fino al ripristino della viabilità ordinaria interrotta, anche tenendo conto che si tratta di cittadini già sottoposti a tutti i disagi e alle criticità conseguenti l'eccezionale alluvione dei giorni scorsi e, comprensibilmente, sarebbero da evitare ulteriori disagi per estenuanti code di traffico e aggravi economici;

   peraltro, la misura di esenzione dei pedaggi autostradali è stata più volte adottata dalle società concessionarie autostradali in altre situazioni di calamità naturali –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare tutte le opportune iniziative di propria competenza, affinché la società Autostrade per l'Italia, concessionaria della autostrada A26, possa prevedere l'esenzione del pedaggio autostradale per l'entrata e uscita dai caselli di Vercelli est e Vercelli ovest e per l'attraversamento della barriera tra Arona e Meina, allo scopo di permettere il libero transito degli automobilisti e autotrasportatori fino al ripristino al traffico delle corrispondenti tratte viarie, attualmente bloccate da frane e smottamenti causati dalle eccezionali avversità atmosferiche del 3 e 4 ottobre 2020.
(4-07043)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   la Fondazione Roffredo Caetani onlus, con sede legale a Sermoneta (Latina), cura un notevolissimo patrimonio di interesse storico, paesaggistico, ambientale e culturale, tra cui il famoso Giardino di Ninfa, il Castello Caetani ed il complesso monumentale Tor Tre Ponti;

   la fondazione ha profilo pubblicistico, in quanto ente gestore di area protetta, e l'esercizio delle funzioni di vigilanza è attribuito (per i diversi aspetti d'interesse e competenze specifiche) alla prefettura territorialmente competente, oltre che alla regione Lazio;

   nel consiglio generale della fondazione siede, in qualità di componente dell'organismo con diritto di voto, anche il prefetto di Latina;

   il presidente della fondazione, architetto Tommaso Agnoni, che ricopre tale incarico dagli inizi del 2018, è stato di recente condannato dal tribunale di Latina a 2 (due) anni di reclusione, in seguito ad incidente avvenuto in un cantiere di cui lo stesso professionista era responsabile, che ha purtroppo cagionato il decesso di due operai;

   il presidente della fondazione, nonostante la condanna subita ed il reato ascrittogli – che è di particolare gravità sociale giacché riferito alle normative in materia di sicurezza sul lavoro ed anche connesso ad un appalto pubblico – non ha inteso sinora rassegnare le proprie dimissioni dall'incarico ricoperto e dal Consiglio generale di cui fa parte;

   la scelta di non rassegnare le dimissioni, da parte del presidente, potrebbe essere collegata secondo l'interpellante alla circostanza che nella Fondazione Roffredo Caetani Onlus non verrebbe applicato alcun «Codice Etico» e «Modello di organizzazione ex Decreto legislativo n. 231 del 2001», carenze rilevantissime per un soggetto che fruisce di fondi pubblici ed amministra beni vincolati;

   le dimissioni del presidente, anche ove non fossero obbligate per legge, sarebbero comunque auspicabili giacché consequenziali alle vicende giudiziarie, nonché opportune, al fine di evitare qualsiasi imbarazzo alla fondazione;

   nell'attuale situazione in cui si trova la fondazione, per effetto delle succitate circostanze, assumono rilievo talune polemiche sorte a seguito della decisione di far effettuare un taglio di alberi all'interno del Giardino di Ninfa, nell'area di Pantanello, così danneggiando la cosiddetta «Cattedrale», area verde con caratteristiche uniche, costituita da due imponenti file di carpini;

   a parere dell'interpellante, sarebbe stato molto opportuno che il succitato taglio di alberi fosse stato autorizzato solo a seguito di una approfondita «valutazione d'incidenza», come peraltro previsto dalle specifiche normative vigenti in materia, considerato il valore del monumento naturale costituito dalla cosiddetta «Cattedrale» –:

   se i Ministri interpellati siano informati della situazione innanzi descritta, in cui versa la Fondazione Roffredo Caetani Onlus;

   se i Ministri interpellati non ritengano, per quanto di competenza, che la situazione sopra illustrata desti preoccupazione e possa compromettere l'immagine ed il prestigio della Fondazione Roffredo Caetani Onlus, con un danno concreto sull'ingentissimo patrimonio amministrato, che si riflette inevitabilmente sugli interessi pubblici, considerato il suo valore naturale, paesaggistico, storico, architettonico, e culturale;

   se i Ministri interpellati non intendano verificare, per quanto di competenza, se vi siano state eventuali omissioni nell'esercizio delle funzioni di vigilanza sulla Fondazione Roffredo Caetani Onlus, in particolare riguardo all'assenza di «Codice Etico» e «Modello ex Decreto legislativo n. 231 del 2001» e, in ogni caso, se non intendano adottare iniziative per operare immediatamente i necessari controlli, ciascuno per gli aspetti di propria competenza, anche nel settore forestale, ambientale e paesaggistico, nonché, alla luce delle criticità rilevate, se non intendano valutare, per quanto di competenza, la sussistenza dei presupposti per la rimozione del Presidente della fondazione medesima;

   se non ritenga il Ministro dell'interno di adottare iniziative affinché, anche per il tramite del prefetto di Latina, che è anche componente del Consiglio Generale della Fondazione, la Fondazione stessa si doti al più presto di un apposito «Codice Etico» e del «Modello ex Decreto legislativo n. 231 del 2001», anche considerando il suo profilo pubblicistico in quanto ente gestore di area protetta e fruitore di fondi pubblici.
(2-00954) «D'Attis».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO, NAPOLI, SOZZANI e ROSSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a Napoli, un bambino di 11 anni nella notte tra il 28 ed il 29 settembre 2020 si è tolto la vita lanciandosi dal balcone di casa all'undicesimo piano di un palazzo di via Chiaia;

   secondo quanto riportato dagli organi di informazione, il bimbo avrebbe lasciato un biglietto ai genitori per chiedere scusa del gesto che, poco dopo, avrebbe commesso e che, sempre secondo quanto riportato nel messaggio, sarebbe stato frutto delle indicazioni ricevute da un uomo incappucciato;

   sul caso indaga la polizia di Stato e l'attenzione si starebbe concentrando sulla possibilità che a spingere il bimbo dal balcone possa essere stato un gioco on line una challenge dell'orrore oppure delle persone che, celandosi dietro anonimi profili social, spingano i bimbi ad azioni autolesioniste fino a spingerli a gesti estremi;

   il bimbo di Napoli non sarebbe l'unica vittima di un fenomeno dalle proporzioni mondiali alimentato da singoli ed organizzazioni senza scrupoli che approfittano della fragilità dei minori per raggiungere obiettivi tanto crudeli quanto inspiegabili;

   sui social ed in rete sono numerose le identità virtuali che, da Momo a Jonathan Galindo, mettono in pratica propositi spaventosi e in Italia, sarebbero centinaia le denunce da parte dei genitori di bambini soggiogati –:

   se non ritengano i Ministri interrogati di attivare ogni iniziativa, per quanto di competenza, per smascherare i pericolosi responsabili che si celano dietro challenge ed account e per avviare una massiccia campagna di sensibilizzazione verso famiglie, scuole e minori tali da neutralizzare i devastanti effetti, talvolta letali, prodotti sulle vittime.
(4-07037)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diversi articoli di stampa si apprende che il 5 ottobre 2020 è morto in un ospedale di Palermo un 15enne di origine ivoriana che nei giorni scorsi era sbarcato dalla nave-quarantena Allegra;

   il giovane migrante era arrivato in Italia non accompagnato ed era stato costretto a trascorrere i 15 giorni di isolamento necessari a causa dell'emergenza coronavirus a bordo della nave, nonostante, secondo quanto ha poi dichiarato la tutrice nominata dal tribunale, fosse «in stato di salute molto grave» già allo sbarco;

   il suo corpo è martoriato da segni di tortura, denutrizione e disidratazione, a testimonianza delle condizioni degradanti in cui sono costretti a vivere i migranti nei campi libici;

   il giovane ragazzo sarebbe entrato in coma sabato 3 ottobre 2020 e durante i 15 giorni di quarantena, a quanto consta all'interrogante, non avrebbe ricevuto alcuna cura;

   Abou, questo il nome del ragazzo, era sbarcato dalla nave quarantena intorno alla mezzanotte del 30 settembre, dopo aver superato i test con la somministrazione di due tamponi negativi ed è subito stato ricoverato all'ospedale Cervello di Palermo. Una volta entrato in coma, il 15enne è stato trasferito in un altro ospedale della città, l'Ingrassia, perché all'ospedale Cervello non c'erano posti in rianimazione;

   secondo le prime ricostruzioni, probabilmente Abou era stato trasferito sulla nave Allegra il 18 settembre 2020, dalla Open Arms. Il 28 settembre era stato visitato da un medico, allertato dagli altri migranti a bordo visibilmente allarmati dalle condizioni del giovane. Il 29 settembre, un referto medico chiedeva urgentemente lo sbarco del ragazzo dato che le condizioni generali del paziente apparivano peggiorate. Solo la notte tra il 30 settembre e il 1° ottobre 2020 sarebbe sbarcato dalla nave Allegra per essere ricoverato in due ospedali, prima di morire nel pomeriggio del 5 ottobre;

   già al momento del trasferimento sulla nave Allegra, Abou non parlava più, era denutrito e portava i segni di molte torture sul corpo;

   a parere dell'interrogante questa tragedia impone un ripensamento delle norme, dei protocolli e dei meccanismi che regolamentano l'accoglienza dei migranti e il sistema delle navi quarantena, pensato per arginare eventuali focolai di COVID-19 determinati dagli sbarchi. Il problema più evidente sembra il numero assolutamente insufficiente di medici dedicati ai controlli e alle cure dei migranti in quarantena sulle navi – solo un medico per 600 migranti – l'assoluta inadeguatezza strutturale di una nave come luogo in cui prestare assistenza a persone in stato di necessità e, nel caso di Abou, una evidente sottovalutazione delle condizioni del ragazzo e un'assenza di cure immediate, nonostante i compagni di viaggio avessero da subito palesato il precario stato psico-fisico in cui si trovava il minorenne ivoriano;

   infine, particolare attenzione va dedicata ai minori non accompagnati ai quali occorre garantire la tutela legale sin da quando viene disposto il periodo di quarantena da trascorrere, in ogni caso, sulla terraferma –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere i Ministri interrogati affinché sia fatta piena luce sulle circostanze e sulle responsabilità che hanno portato al decesso di Abou, quindicenne ivoriano sbarcato nei giorni scorsi dalla nave quarantena Allegra e se vi siano stati ritardi nell'accertamento delle reali condizioni di salute del ragazzo e nel conseguente sbarco e ricovero in ospedale;

   se, alla luce del tragico evento esposto in premessa, i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza, intervenire per modificare le attuali procedure di accoglienza dei migranti che sbarcano sulle nostre coste in modo da garantire una migliore e più efficiente assistenza sanitaria, interventi tempestivi, con trasferimenti immediati in strutture ospedaliere adeguate in casi come quello che ha portato alla drammatica morte di Abou.
(4-07038)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la notizia di un increscioso episodio di criminalità verificatosi in danno di un giovane imprenditore di Sant'Egidio del Monte Albino (Sa) ad opera di un gruppo di extracomunitari di origine africana;

   sembrerebbe che nella notte del 24 settembre 2020, in Via Ugo Foscolo, nella frazione San Lorenzo, quattro malviventi, avrebbero fatto irruzione nell'abitazione dell'imprenditore per compiere una rapina;

   i ladri, armati di spranghe di ferro, coltelli e pistole, dopo aver addormentato il cane che era di guardia e forzato il cancello d'ingresso dell'abitazione, sarebbero entrati in casa del malcapitato e avrebbero tentato di scassinare la cassaforte;

   non riuscendo nel loro malsano intento, si sarebbero scagliati con violenza contro l'imprenditore colpendolo con pugni e calci;

   al termine dell'aggressione, la banda si sarebbe data alla fuga mentre l'imprenditore, dopo aver allertato i carabinieri, sarebbe stato trasportato in ospedale, dove i sanitari avrebbero certificato diversi tagli ed ematomi al volto;

   il grave episodio di violenza e criminalità sopra riportato è rappresentativo sia di un grave deficit di sicurezza dovuto alla carenza di personale che affligge l'intero territorio nazionale ed in relazione al quale il Governo appare non riuscire a garantire risposte concrete a tutela dell'incolumità dei cittadini, e sia dell'inefficace gestione del fenomeno dell'immigrazione irregolare sempre più spesso protagonista di fatti di cronaca come quello in parola;

   dati statistici del 2019 hanno infatti evidenziato che la popolazione straniera sarebbe responsabile di circa il 31 per cento dei reati commessi in Italia di cui il maggior numero viene perpetrato da immigrati sprovvisti di regolare permesso di soggiorno;

   tali dati sembrerebbero confermare la sussistenza di una stretta correlazione tra l'incremento della commissione di delitti predatori e talvolta efferati e il fallimento politico della gestione del fenomeno dell'immigrazione irregolare;

   in tale cornice, si colloca la necessità di un prioritario e necessario intervento governativo volto ad incrementare l'organico delle forze dell'ordine al fine di garantire maggiori presidi su tutto il territorio nazionale che, non solo abbiano una efficacia repressiva, ma anche e soprattutto un concreto risvolto dissuasivo nei confronti di criminali e malintenzionati; un tale incremento genererebbe al contempo una maggiore percezione di sicurezza nella cittadinanza;

   appare, inoltre, necessaria una netta virata sul fronte delle politiche di immigrazione, anche mediante la concreta esenzione dei decreti di espulsione, ed un accorto monitoraggio e controllo dei soggetti immigrati presenti sul tutto il territorio nazionale –:

   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per rafforzare la gestione, il controllo e la prevenzione del fenomeno della immigrazione irregolare, al fine di garantire la maggiore sicurezza dei cittadini;

   se non intenda potenziare i presidi delle forze dell'ordine nel comune di Sant'Egidio del Monte Albino e su tutto il territorio nazionale al fine di evitare il verificarsi di ulteriori e gravi eventi come quello descritto e, quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare al fine di fare in modo che l'esecuzione delle sentenze di condanna intervenute nei confronti di persona illegalmente presente sul territorio nazionale, avvenga nel suo Paese d'origine.
(4-07042)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI e NAPPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 marzo 2019 veniva approvata la legge n. 29 del 2019 «Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione». Tale legge, oltre alla raccolta, all'analisi e alla pubblicazione di dati epidemiologici generali mira alla sorveglianza epidemiologica, oncologica e infettivologica;

   all'articolo 1, comma 1, si legge che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore, su proposta del Ministro della salute, sono individuati e disciplinati i dati che possono essere inseriti nella Rete di cui al comma 1, le modalità relative al loro trattamento, i soggetti che possono avere accesso alla medesima Rete. Il medesimo articolo 1, al comma 6, prevede che «Per le finalità della presente legge, il Ministro della salute può stipulare accordi di collaborazione a titolo gratuito con università, con centri di ricerca pubblici e privati e con enti e associazioni scientifiche che da almeno dieci anni operino, senza fini di lucro, nell'ambito dell'accreditamento dei sistemi di rilevazione dei tumori secondo standard nazionali e internazionali, (...) e dell'analisi e interpretazione dei dati, purché tali soggetti siano dotati di codici etici e di condotta che prevedano la risoluzione di ogni conflitto di interesse». All'articolo 2 si legge, altresì, che «Per le finalità della presente legge, il Ministro della salute può stipulare accordi di collaborazione a titolo gratuito con gli enti del terzo settore». L'articolo 4 prevede che «Anche nell'ambito dei sistemi di sorveglianza, dei registri di mortalità, dei tumori e di altre patologie identificati ai sensi dell'articolo 12, comma 11, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, (...) il Ministro della salute (...), entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, (...) adotta un decreto per l'istituzione del referto epidemiologico, per il controllo sanitario della popolazione, con particolare attenzione alle aree più critiche del territorio nazionale, al fine di individuare i soggetti preposti alla raccolta e all'elaborazione dei dati che confluiscono nel referto epidemiologico e di disciplinare il trattamento, l'elaborazione, il monitoraggio continuo e l'aggiornamento periodico dei medesimi dati, nonché la pubblicazione, con cadenza annuale, del referto epidemiologico, in particolare per quanto riguarda i dati relativi all'incidenza e alla prevalenza delle patologie che costituiscono più frequentemente causa di morte, attraverso la valutazione dell'incidenza delle malattie, del numero e delle cause dei decessi, come rilevabili dalle schede di dimissione ospedaliera e dalle cartelle cliniche, al fine di individuare la diffusione e l'andamento di specifiche patologie e identificare eventuali criticità di origine ambientale, professionale o socio-sanitaria»;

   allo stato attuale, è disponibile una banca dati contenente i dati dei singoli registri tumori locali nazionali, afferenti all'Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM). Nello statuto dell'associazione è stabilito che «La corrispondenza dei dati agli standard qualitativi», definiti in sede internazionale dall'International Association of Cancer Registries e dall'European Network of Cancer Registries, «e quindi l'accreditamento di un Registro a contribuire alla Banca Dati, è ratificata da una commissione composta dai direttori dei registri». La gestione della predetta banca dati «deve avvenire presso uno dei Registri Tumori accreditati» (statuto dell'Airtum);

   alla data odierna, la legge n. 29 del 2019 non ha ancora trovato attuazione –:

   se il Ministro interrogato abbia contezza, per quanto di competenza, dello stato di definizione e dei tempi di emanazione del regolamento previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 29 del 2019, nonché del decreto per l'istituzione del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione di cui all'articolo 4 della legge n. 29 del 2019;

   se e quale sede fisica sia stata individuata per ospitare il registro tumori nazionale di cui all'allegato A del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2017, e la relativa banca dati nella quale verranno riversati i dati relativi ai casi incidenti di tumori rilevati dai registri tumori afferenti alla rete nazionale di cui alla legge n. 29 del 2019;

   se sia proceduto, altresì, a individuare le relative risorse, il personale, le infrastrutture materiali ed immateriali atti a supportare le attività per l'implementazione del registro tumori nazionale, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2017 e la relativa banca, nonché a coordinare la rete nazionale di cui alla legge n. 29 del 2019;

   se e quali formali interlocuzioni siano state avviate con soggetti aventi i requisiti previsti dall'articolo 1, comma 6, della legge n. 29 del 2019 per le finalità previste dal medesimo comma;

   se e come si intenda procedere al conferimento, nell'istituendo registro tumori nazionale, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2017, dei dati, ad oggi rilevati dai registri tumori locali e, in atto, contenuti nella banca dati nella disponibilità dell'Airtum.
(5-04734)

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 24 settembre 2020 è stata pubblicata la circolare del Ministero della salute n. 30847 recante: «Riapertura delle scuole. Attestati di guarigione da COVID-19 o da patologia diversa da COVID-19 per alunni/personale scolastico con sospetta infezione da SARS-CoV-2» la quale prevede che «In presenza di sintomatologia sospetta, il pediatra di libera scelta (PLS)/medico di medicina generale (MMG), richiede tempestivamente il test diagnostico e lo comunica al Dipartimento di Prevenzione (DdP), o al servizio preposto sulla base dell'organizzazione regionale»;

   Marisa D'Andrea, segretario provinciale Fimp, spiega che: «Anche per un banale raffreddore il pediatra dovrà richiedere il tampone»;

   il 24 settembre 2020 il professor Tarro ha dichiarato in un convegno che i bambini dovrebbero essere sottoposti al limite ad un tampone rettale, per via dei rischi connessi al tampone naso-faringeo;

   il 29 settembre 2020 è stata pubblicata la circolare del Ministero della salute n. 31400 recante «Uso dei test antigenici rapidi per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, con particolare riguardo al contesto scolastico»;

   l'interrogante ha già denunciato l'inaffidabilità e le problematiche relative ai tamponi RT-PCR con l'interrogazione n. 4-05154, l'interrogazione n. 4-06704, che prende in esame il fatto che il tampone rapido Xpert Xpress non trova indicazione nella circolare del 3 aprile 2020 e l'interrogazione n. 4-06870 con la quale si chiede di riconsiderare la strategia dei tamponi. Questo tampone prevede che venga inserito in una delle narici fino al nasofaringe posteriore, dove deve essere ruotato con decisione strofinando il nasofaringe per diverse volte;

   il 29 settembre 2020 Giuseppe Mele presidente della Società italiana medici pediatri (Simpe), spiega che «I bambini non corrono alcun rischio particolare se la procedura viene eseguita correttamente»;

   con una lettera al quotidianosanita.it del 30 settembre 2020, il professor dottor Filippo Festini professore associato di scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche MED/45 dipartimento di scienze della salute Università degli studi di Firenze, ha denunciato i rischi del tampone per i bambini tra cui la rottura del tampone, lesioni alla mucosa nasale, orale e faringea e un trauma psicologico per il bambino;

   come risulta da un articolo del 30 settembre 2020 anche per Gian Vincenzo Zuccotti, pediatra del dipartimento di scienze biomediche e cliniche Sacco e direttore della clinica pediatrica dell'ospedale Buzzi, troppi tamponi sui bambini fanno male anche da un punto di vista psicologico;

   su ilgiornale.it del 1° ottobre 2020 vengono riportati alcuni casi aneddotici significativi, circa la situazione confusionale emersa dopo l'approvazione delle circolari sopra citate con casi al limite dell'assurdo;

   su cronachemaceratesi.it il 1° ottobre 2020 è apparsa la notizia: «Mio figlio di 2 anni con la febbre alta, niente assistenza senza tampone: un sistema vergognoso», in relazione al fatto che una mamma ha denunciato come il suo bimbo di 2 anni, con febbre alta, non sia stato visitato dal pediatra senza il tampone, salvo poi emergere trattarsi della sesta malattia;

   su quifinanza.it il 1° ottobre 2020 viene pubblicata la notizia: «Coronavirus, bambino morto per un tampone rotto nel naso? Facciamo chiarezza» con la quale si riporta un caso di un bambino morto a causa di un intervento chirurgico, nel tentativo di recuperare il tampone spezzato all'interno della cavità nasale;

   il 2 ottobre 2020, su lefigaro.fr, appare la notizia: «Il test Covid provoca la fuoriuscita di liquido cerebrospinale» in una donna americana nella quale si riporta il caso che è stato documentato sulla rivista scientifica jamanetwork.com il 1° ottobre 2020 di un test nasale per il COVID-19 che ha perforato il rivestimento del cervello di un'americana, provocando la fuoriuscita di liquido cerebrospinale dal naso –:

   se non si intendano rivedere le circolari di cui in premessa, riportando il clima in un contesto di normalità.
(4-07040)

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Sensi n. 5-03048 del 4 novembre 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07036.