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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 settembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    il Papillomavirus umano (Hpv, Human Papillomavirus) è un virus a prevalente trasmissione sessuale. L'infezione da può causare accanto a lesioni benigne, come verruche cutanee e condilomi genitali, anche lesioni gravi, pre-invasive (displasie) e invasive, quali i tumori della cervice uterina, dell'ano, della vagina, della vulva, del pene, della cavità orale, della faringe e della laringe;

    il papilloma è stato classificato come il secondo agente patogeno responsabile di cancro nel mondo, essendo quella da Papillomavirus la più frequente infezione sessualmente trasmessa (secondo le stime, circa l'80 per cento della popolazione sessualmente attiva la contrae almeno una volta nel corso della vita);

    le autorità sanitarie di tutto il mondo e la comunità scientifica internazionale sono impegnate per ridurre il burden delle patologie Hpv correlate, attraverso:

     la prevenzione primaria tramite la vaccinazione anti-Hpv;

     la prevenzione secondaria tramite i test per lo screening per il tumore del collo dell'utero;

    esiste poi la concreta possibilità di trattare le patologie tumorali se identificate tempestivamente e gestite efficacemente;

    l'implementazione di una strategia basata su questi tre pilastri, raggiungimento di target di prevenzione primaria, prevenzione secondaria e trattamento (90 per cento di copertura della vaccinazione da Hpv negli adolescenti, 70 per cento di copertura degli screening e 90 per cento dei casi di cancri cervicale trattati), può portare all'eliminazione dei cancri da Hpv, obiettivo indicato dalla call to action lanciata il 19 maggio 2018 dal direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

    alcuni Paesi hanno già risposto alla chiamata dell'Oms adottando specifici programmi di prevenzione sulla vaccinazione e gli screening: in particolare, secondo le proiezioni, l'Australia renderà il cancro cervicale un tumore raro per il 2022 (6 casi su 100 mila), per diventare a tutti gli effetti il primo Paese a eliminarlo entro il 2035 (4 casi su 100 mila); seguirà il Canada, che prevede di eliminarlo per il 2040;

    tale obiettivo si inserisce anche nel Piano europeo per sconfiggere il cancro, presentato dalla Commissione europea nel febbraio 2020. Nella conferenza di lancio, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha ricordato che, nel caso del tumore alla cervice uterina, una diagnosi precoce e la vaccinazione possono salvare milioni di vite, e che la prevenzione di tutto ciò che è prevenibile è un obiettivo straordinario da perseguire per tutta l'Unione europea;

    la crisi sanitaria globale causata dalla pandemia da Covid-19 ha mostrato la complessità di contrastare fenomeni imprevedibili, evidenziando ancor di più la necessità di una programmazione tempestiva e adeguata per contrastare ciò che è prevenibile con gli strumenti già a disposizione;

    la risoluzione approvata dall'European CanCer Organization (Ecco) il 12 settembre 2019 nell'ambito dell'European Cancer Summit, ha sottolineato, tra le altre cose, l'importanza di azioni per aumentare la comprensione e la consapevolezza del pubblico, dei pazienti e degli operatori sanitari sull'Hpv, oltre che piani di comunicazione e di contrasto alle fake news, azioni ribadite nel paper pubblicato nel luglio 2020 dal titolo «Viral Protection: Achieving the Possible – A Four Step Plan For Eliminating HPV Cancers in Europe»;

    in Italia, l'incidenza di patologie Hpv-correlate è rilevante sia per la popolazione femminile che per quella maschile: quasi 4.500 casi di tumore ogni anno sono attribuiti a infezioni croniche di ceppi oncogeni dell'Hpv, di cui 2.300 i casi stimati, nel 2017, di cancro della cervice uterina. A causa di questo cancro, in Italia muoiono ogni anno 1.500 donne;

    il nostro Paese parte da una posizione di vantaggio per quanto concerne le politiche di prevenzione: il Piano nazionale di prevenzione vaccinale (Pnpv) 2017-2019 raccomanda la vaccinazione degli undicenni di entrambi i sessi – tramite l'offerta attiva e gratuita, garantita nei livelli essenziali di assistenza – e il raggiungimento di una copertura del 95 per cento entro il 2019; l'Hpv-Dna test è stato introdotto in tutte le regioni dal 2018 ed è indicato tra gli screening da offrire nel Piano di prevenzione nazionale; nella circolare del 12 novembre 2019, il Ministero della salute ha ribadito l'opportunità, in linea con lo stesso Pnpv, della vaccinazione delle donne di venticinque anni di età, anche utilizzando l'occasione opportuna della chiamata al primo screening per la citologia cervicale (Pap-test), oltre alla raccomandazione di utilizzo della vaccinazione secondo gli indirizzi delle regioni (gratuità o regime di co-pagamento) per tutte le fasce d'età superiori ai dodici anni;

    tuttavia, i dati sulle coperture vaccinali degli adolescenti per l'Hpv al 31 dicembre 2018, diffusi dal Ministero della salute il 2 luglio 2020, hanno evidenziato un'ampia variabilità delle coperture vaccinali tra le regioni e le province autonome per tutte le coorti, sia nelle femmine che nei maschi;

    la copertura vaccinale media per Hpv nelle ragazze è discreta se si confrontano i dati con altre nazioni europee, ma ben al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 (95 per cento) e nessuna regione raggiunge l'obiettivo di copertura in nessuna delle coorti prese in esame; la copertura vaccinale media per Hpv nei ragazzi è molto lontana dagli obiettivi previsti dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019, che identifica una soglia graduale del 60 per cento per il 2017, fino al 95 per cento nel 2019;

    nel commento alle coperture vaccinali al 31 dicembre 2018, la direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute ha evidenziato che «interventi mirati sarebbero necessari in specifici contesti geografici tenendo presente che la vaccinazione anti-HPV, pur non rientrando tra quelle obbligatorie secondo la legge n. 119 del 2017, è un Livello Essenziale di Assistenza»;

    nel corso del ciclo di audizioni informali del 14 luglio 2020 presso la XII Commissione permanente affari sociali sulla situazione dei pazienti affetti da patologie oncologiche durante l'emergenza epidemiologica da Covid-19, i Presidenti dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt) e di Salute donna onlus hanno sottolineato i problemi causati dalla sospensione dei follow-up e degli screening oncologici, per un totale di 230 mila persone che hanno dovuto ritardare gli accertamenti o rinviare a data da destinarsi le verifiche, con potenziali conseguenze terapeutiche;

    le raccomandazioni dell'Osservatorio nazionale screening per la riapertura dei programmi di screening hanno evidenziato l'importanza che le regioni e le province autonome prevedano un piano di comunicazione affinché la popolazione sia informata della ripresa delle attività,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza affinché l'Italia sia il primo Paese europeo a porsi l'obiettivo, in linea con la call to action lanciata dal direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità il 19 maggio 2018, di eliminazione delle forme di tumore causate dal Papillomavirus, individuando le strategie necessarie per conseguirlo;

   a prevedere un potenziamento delle attività svolte nell'ambito della prevenzione, promuovendo l'adesione della popolazione ai programmi di screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza e verificando che a livello regionale sia, in maniera omogenea, dato seguito agli obiettivi di copertura vaccinale anti-Hpv definiti nel Piano nazionale della prevenzione vaccinale, pari al 95 per cento di copertura per i ragazzi e le ragazze nel dodicesimo anno di vita;

   ad adottare iniziative per richiamare tutti coloro, le cosiddette «generazioni perdute» della pandemia, che non hanno potuto sottoporsi a screening e vaccinazioni negli ultimi mesi, durante i quali i programmi di prevenzione primaria e secondaria sono stati bloccati;

   a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sul Papillomavirus e sulle opportunità di prevenzione dei tumori Hpv-correlati, sulla base di quanto sottolineato dall'European CanCer Organization (Ecco) e in linea con le politiche di sostegno all'educazione delle figlie e dei figli previste dal Governo, valutando anche la possibilità di favorire l'inserimento tra gli indirizzi della programmazione annuale delle scuole secondarie di I e II grado dei progetti volti a una più adeguata formazione sulle malattie sessualmente trasmissibili e sulla prevenzione dei tumori Hpv-correlati.
(7-00545) «Siani, Carnevali, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Schirò, Campana».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   MARTINCIGLIO, CANCELLERI e PENNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di informazione si apprende che su navi traghetto utilizzate per il trasporto di persone e merci nella tratta che collega la terraferma con le isole del Golfo di Napoli sono fuori servizio da lungo tempo, a causa di un guasto «perenne», gli ascensori per disabili e/o le sedie montascale necessarie per trasportare gli utenti ai piani superiori;

   in particolare, il disservizio sarebbe stato recentemente subìto e denunciato da due disabili in momenti diversi della appena trascorsa stagione estiva (3 agosto il primo e 2 settembre il secondo): un 47enne affetto da sclerosi multipla (disabilità accertata 100 per cento) che stava tornando da Ischia a Pozzuoli, costretto a salire con le stampelle due rampe di scale (mezz'ora a salire e mezz'ora a scendere), perché l'ascensore di bordo era guasto e un 91enne affetto da disabilità motoria e cardiopatia, obbligato nella tratta Casamicciola-Pozzuoli a trascorrere l'intero viaggio nel garage dell'imbarcazione ad una temperatura intollerabile, con il serio rischio di avere un malore;

   i fatti sarebbero accaduti a bordo di due navi appartenenti alla flotta, rispettivamente, della Medmar compagnia di navigazione privata e della Caremar (Campania regionale marittima, compagnia di navigazione nel 2009 passata dallo Stato alla regione);

   in particolare, circa il primo utente si legge che il guasto dell'ascensore sarebbe stato comunicato al suo arrivo sull'imbarcazione, ossia non preannunciato al momento della prenotazione ancorché verosimilmente già presente e nonostante la moglie «aveva acquistato il biglietto il giorno prima per fruire del servizio ascensore». Il tutto aggravato dal pagamento di un biglietto a prezzo pieno, stante la non previsione da parte della citata compagnia di navigazione di agevolazioni economiche per disabili, oltreché dalla maleducazione dell'equipaggio che, secondo le dichiarazioni rese dagli interessati «ha risposto più volte con modi sgarbati, dicendoci mettetevi dove volete, basta che fate presto e l'ascensore è guasto e noi che dobbiamo fare?»;

   nonostante il disabile, una volta arrivato a Napoli, abbia segnalato l'accaduto alle competenti forze dell'ordine e istituzioni a tutela dei diritti dei diversamente abili la situazione sembrerebbe immutata;

   da una ricerca sull'argomento emergerebbe, infatti, l'esistenza di numerosissime e anche risalenti nel tempo segnalazioni/denunce similari relative all'inadeguatezza e vetustà dei traghetti, anche di quelli pubblicizzati come accessibili;

   tra gli episodi, anche quello denunciato dal «Comitato utenti trasporto isola di Procida» e accaduto il 16 gennaio 2020 a Napoli sulla motonave veloce Caremar diretta a Capri delle 17,25 A allorquando un utente è stato dapprima respinto all'imbarco e poi fatto viaggiare raggiungendo il salone passeggeri in precarie condizioni, malgrado la nave risultasse e dovesse essere pienamente accessibile alle persone con mobilità ridotta;

   nell'articolo si legge che la citata associazione abbia anche intrapreso una battaglia legale contro la società di navigazione per far affermare il pieno diritto all'accesso al servizio da parte delle persone con mobilità ridotta ed ottenere l'eliminazione delle barriere architettoniche su tutte le navi di trasporto. Il giudizio sarebbe ancora pendente in tribunale secondo l'interrogante a riprova della lentezza della magistratura anche nei casi in cui l'azione è rivolta ad affermare e tutelare i più elementari diritti di cittadinanza delle persone con disabilità, tra cui quello alla libertà di movimento, che coinvolge una moltitudine di utenti, non solo campani;

   a ciò si aggiunga che già nel 2017 la situazione della società Caremar appariva quella descritta. Nell'aprile 2018 è stato promosso un summit tra la compagnia di navigazione e le associazioni di categoria avente ad oggetto dette criticità e conclusosi con l'impegno della prima di risolvere le problematiche evidenziate e, altresì, di avviare indagini per l'installazione «nel giro di qualche settimana» di sollevatori ad hoc, da utilizzare anche nelle aree portuali e che sarebbero molto più utili delle passerelle solitamente utilizzate per garantire l'accesso agli aliscafi – al fine di garantire una migliore accessibilità ai mezzi di navigazione veloce;

   purtroppo, numerosi fatti di cronaca informano che le barriere architettoniche complicano la quotidianità di moltissimi soggetti diversamente abili in molte aree del nostro Paese. Si pensi, tra tutte, a quanto avviene nella capitale dove la maggior parte delle stazioni della metropolitana sono inaccessibili alle carrozzine a causa di ascensori guasti, tornelli rotti e montascale fuori uso –:

  se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare l'accessibilità e la fruibilità dei servizi di mezzi di trasporto, strutture e infrastrutture di tutto il territorio nazionale, al fine di garantire il corretto e indiscriminato esercizio della libertà di movimento, soprattutto a tutela dei soggetti con disabilità ridotta.
(3-01776)


   ZANETTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la stampa locale (Friulioggi.it) sta dando risalto a quanto denunciato dalla professoressa Alessia Cicconi, dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo Don Milani di Aquileia, in un post pubblicato su un social network frequentato da moltissimi dirigenti scolastici;

   la dirigente afferma che: «a seguito della positività di un mio alunno ho ricevuto la visita del Dipartimento di prevenzione, che mi ha verbalizzato che il gel utilizzato dalla scuola non ha attività virucida e quindi non ha nessuna azione anti Covid. Peccato – aggiunge la stessa dirigente – che sia il gel inviatomi dal Commissario Straordinario Arcuri. Le dottoresse mi hanno detto che da adesso sarà mia responsabilità che non ho un gel adatto alla prevenzione perché loro me lo hanno verbalizzato. Io ho finito i soldi – conclude la dirigente – qualcuno mi aiuti, anzi astenersi perditempo...»;

   il caso sta facendo molto discutere in Friuli, perché potrebbe ripetersi anche in altri istituti –:

   se i fatti descritti corrispondano al vero;

   in caso di risposta affermativa, quali cautele intenda adottare il Governo per evitare il ripetersi di così incresciosi incidenti;

   a quali verifiche di qualità vengano sottoposte le partite di gel igienizzante acquistate dal commissario straordinario e destinate agli istituti scolastici del Paese.
(3-01778)


   DI LAURO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni si è assistito ad una serie di gravi incendi che hanno devastato alcune aree della Campania, anche in centri abitati e in aree naturali protette, quali quelle del Parco nazionale del Vesuvio e del Parco regionale dei Monti Lattari;

   secondo un articolo di campanianotizie.com del 14 settembre 2020, vi sarebbero stati «su tutto il territorio tra Caserta e Napoli, spesso quasi 100 roghi al giorno. Tutti i giorni»;

   non è ancora noto il numero di ettari di superficie boschiva bruciata in questi giorni, nelle aree naturali protette campane;

   da quanto emerge da articoli di stampa, non è esclusa l'origine dolosa di tali roghi;

   in particolar modo, con riguardo alle aree boschive, alcuni fattori potrebbero aver contribuito allo sviluppo degli incendi: l'inadeguato o tardivo monitoraggio del territorio; una manutenzione del sottobosco non ottimale; lo stato di abbandono in cui versano alcuni sentieri; la mancata o insufficiente scerbatura delle strade; gli accumuli di rifiuti abbandonati; assenza di efficaci linee frangifuoco; la mancanza di una rete di idranti; numero di uomini e mezzi insufficiente;

   secondo la normativa vigente, la competenza primaria nella lotta attiva contro gli incendi boschivi è affidata alle regioni, mentre allo Stato compete il concorso nell'attività di spegnimento, in particolar modo al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e al Corpo forestale dell'Arma dei Carabinieri sono demandate le attività di prevenzione e repressione delle violazioni, nonché il monitoraggio del territorio;

   le regioni possono avvalersi di una propria flotta aerea, anche ricorrendo a società esterne, ovvero richiedere il concorso della flotta aerea antincendio dello Stato, come stabilito dalla legge n. 353 del 2000;

   la medesima legge, all'articolo 8, dà poteri specifici agli enti gestori delle aree naturali protette, sia nazionali che regionali, nell'ambito delle attività di previsione e prevenzione antincendio;

   la regione Campania ed, in particolare, la società «SMA Campania S.p.A.» svolgono ed attuano le principali azioni in materia di prevenzione e contrasto degli incendi;

   nell'estate del 2017, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha lanciato il programma nazionale di riforestazione delle aree protette colpite dagli incendi, per il quale è stato previsto un primo stanziamento di 5 milioni di euro; ad oggi, non sono noti gli sviluppi del programma, l'impiego delle risorse e i risultati ottenuti –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza al fine di garantire la presenza di un distaccamento dei vigili del fuoco dotato di risorse umane e strumentali sufficienti, per lo meno durante la stagione estiva, anche ricorrendo ai vigili del fuoco volontari, all'interno del Parco nazionale del Vesuvio e del Parco regionale dei Monti Lattari;

   se intenda promuovere, per quanto di competenza, modifiche normative volte a semplificare l'attuale sistema di funzioni in materia di prevenzione, previsione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, affidando maggiori competenze nella lotta attiva al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alla Protezione civile e al Corpo forestale dell'Arma dei Carabinieri;

   se sia a conoscenza degli ettari di superficie boschiva che sono stati bruciati nell'estate 2020, in particolar modo, nelle aree del Parco nazionale del Vesuvio e del Parco regionale dei Monti Lattari e se risultino avviate eventuali indagini in merito;

   quali iniziative, per quanto di propria competenza, intenda intraprendere affinché siano adottate più efficaci misure di prevenzione sul territorio degli eventi incendiari;

   quali siano stati i risultati del programma nazionale di riforestazione delle aree protette colpite dagli incendi lanciato nel 2017 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e quali e quante risorse finanziarie siano state impiegate.
(3-01779)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MULÈ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   «America Oggi» è l'unico quotidiano newyorkese in lingua italiana redatto e pubblicato negli Stati Uniti che fruisce dei contributi diretti alle imprese editrici ai sensi del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70;

   i giornalisti del quotidiano di New York hanno deciso di astenersi dal lavoro per la mancata retribuzione degli stipendi da parte della società, il gruppo editoriale Oggi;

   nel corso di un'assemblea generale, la redazione di America Oggi, composta da quattro giornalisti professionisti, ha preso atto che gli stipendi di maggio e giugno 2020 sono stati retribuiti grazie al sussidio del Governo statunitense in favore delle piccole imprese per l'emergenza Coronavirus, mentre restano ancora insoluti gli stipendi delle restanti mensilità da gennaio 2020 ad oggi;

   a ciò si aggiunga che soltanto da poco tempo sono stati saldati gli stipendi dei mesi di novembre e dicembre 2019;

   considerato che la società editrice non è in grado di comunicare ai dipendenti quando risolverà l'inadempienza, i giornalisti sono stati, quindi, costretti a interrompere le loro prestazioni lavorative fino a quando non saranno saldati tutti gli stipendi arretrati;

   nonostante il mancato pagamento degli stipendi ed i lavoratori costretti ad astenersi dalle proprie mansioni, i proprietari del gruppo editoriale Oggi continuano a pubblicare e vendere America Oggi seppure con foliazione ridotta a 16 pagine;

   la vicenda appena riportata svilisce il proficuo impegno di giornalisti italiani professionisti, residenti all'estero, che ribadiscono la volontà di tornare a lavorare per garantire alla testata la qualità editoriale che le compete, come dimostrato anche dai notevoli sforzi compiuti negli ultimi anni per la pubblicazione del giornale nonostante i frequenti ritardi nel pagamento degli stipendi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di confronto, al fine di salvaguardare il prezioso lavoro svolto dai giornalisti italiani del quotidiano «America Oggi».
(4-06908)


   FIORAMONTI, BOLOGNA, CECCONI, FERRI, FRATE, LATTANZIO e MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Presidenza del Consiglio dei ministri ha provveduto ad emanare – come previsto dagli accordi con la Commissione europea per l'utilizzo del recovery fund – le Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'impianto del documento, seppure attento alla transizione ecologica del nostro sistema-Paese, presenta al suo interno passaggi poco ambiziosi e talvolta contraddittori;

   il documento, coerentemente con quanto previsto dal Piano energia e clima (Pniec), mira alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo (Gde), che ne prevede l'azzeramento entro il 2050. Entrambe queste misure risultano però insufficienti rispetto agli obiettivi sottoscritti nel 2016 con l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, che prevede il mantenimento dell'aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto di 2 °C (idealmente entro 1,5 °C) rispetto ai livelli preindustriali. Secondo un recente studio del Tyndall Centre for Climate Change Research e dell'Università di Uppsala, infatti, per conseguire questo obiettivo è necessario che i Paesi più sviluppati – compreso il nostro – riducano le loro emissioni di gas climalteranti per un valore compreso tra il 12 e il 15 per cento ogni anno, così da ottenere un azzeramento complessivo delle emissioni entro il 2030;

   prevale diffusamente, all'interno del documento, l'utilizzo del Pil come indicatore di crescita del Paese, sebbene l'Italia abbia introdotto il Benessere equo e sostenibile (Bes), maggiormente appropriato per misurare la complessità e l'impatto dei provvedimenti in questa fase di transizione verso la sostenibilità economica, sociale ed ambientale;

   i riferimenti alla mobilità pubblica e sostenibile risultano in contraddizione con i continui rimandi alla mobilità privata e alla rete autostradale, interventi non del tutto conciliabili con lo scenario di un pianeta a zero emissioni. Investimenti sulla rete stradale e autostradale non possono considerarsi un reale investimento sulla mobilità sostenibile: la mobilità elettrica deve essere intesa come una fase di transizione verso un sistema sempre più intermodale e on demand. La sostituzione delle auto a combustione con auto elettriche comporta un miglioramento in termini di riduzione dei fattori inquinanti, ma corrisponde anche ad un eccessivo sfruttamento delle risorse minerarie destinate alla produzione di batterie elettriche e non risolve altre criticità (incidenti stradali, tempo trascorso nel traffico, spazio occupato dalle autovetture parcheggiate);

   tra i criteri di ammissibilità dei progetti, il documento prevede che «i costi e gli impatti economici, ambientali e sociali devono essere quantificabili, motivati e ragionevoli». Data l'emergenza climatica in cui riversa il nostro pianeta, non paiono «ragionevoli» misure il cui impatto naturale possa essere anche minimamente negativo. Risulta pertanto non chiara la definizione di sostenibilità ambientale. Progetti recentemente implementati dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – come il Metanodotto sardo, che consiste nel trasportare un combustibile fossile, generatore di alte emissioni di CO2 –, demarcano una certa ambiguità nella concezione «sostenibile» delle politiche di intervento adottate dal Governo;

   già negli anni '70, il Rapporto Meadows affermava che una crescita economica infinita non è compatibile con la salvaguardia ambientale, e certamente non lo è con l'azzeramento delle emissioni di gas serra. Le misure presenti nelle linee guida tracciano invece un ritorno a politiche economiche di scala volte alla stabilizzazione e all'incremento del Pil, piuttosto che al perseguimento di un moderno paradigma economico che sia all'insegna di una prosperità equa e sostenibile nel lungo termine –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative normative di competenza intenda adottare al fine di definire in maniera più vincolante i criteri di sostenibilità ambientale per le politiche tramite la previsione di azioni concrete volte alla piena realizzazione di una giusta transizione ecologica del nostro Paese, che punti prioritariamente al benessere dei cittadini e delle future generazioni.
(4-06912)


   TRANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con l'operazione denominata Dirty Glass, il giudice per le indagini preliminari di Roma, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, ha disposto 11 misure cautelari ipotizzando reati fiscali, tributari, fallimentari, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, intestazioni fittizie di beni, falso, corruzione, riciclaggio, accesso abusivo a sistemi informatici, rivelazioni di segreto d'ufficio, favoreggiamento reale, turbativa d'asta, sequestro di persona e detenzione e porto di armi da fuoco, compiuti principalmente tra Latina e Roma negli ultimi due anni;

   il principale indagato, l'imprenditore Luciano Iannotta, fino al giorno dell'arresto anche presidente della Confartigianato di Latina e principale azionista del porto turistico di Sperlonga, ha un alto numero di precedenti, ma quasi tutti i processi a suo carico si sono conclusi con un proscioglimento per intervenuta prescrizione;

   lo stesso Iannotta, secondo gli investigatori e in base a quanto emerso sinora sulla stampa, sarebbe riuscito a corrompere anche agenti dell'intelligence, dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) e del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), che si sarebbero messi al suo servizio e avrebbero partecipato anche ad appuntamenti conviviali organizzati nella villa dell'imprenditore, che li chiamava «i nostri protettori»;

   in passato la procura di Latina ha aperto diverse indagini che hanno coinvolto anche Iannotta, ma i singoli procedimenti sono stati portati avanti separatamente e uno sguardo d'insieme su quello che ora viene descritto come un sistema criminale costruito in qualche decennio sembra essere mancato, arrivando solo ora con gli accertamenti antimafia;

   tale situazione è del tutto analoga a quelle che, da tempo, si registrano nel basso Lazio, con protagonisti criminali comuni, imprenditori senza scrupoli e professionisti specializzati nel malaffare;

   storicamente, gli uffici giudiziari di Latina e Cassino soffrono di una carenza di personale a fronte di un lavoro sempre più complesso;

   in un territorio profondamente inquinato dalla criminalità, sottodimensionati risultano anche gli organici delle forze dell'ordine;

   con il precedente atto di sindacato ispettivo 4-06633 l'interrogante aveva già segnalato che la procura di Roma aveva concluso un'inchiesta su un sistema corruttivo relativo alla regione Lazio, all'Autorità portuale di Civitavecchia, e al comune di Formia, inviando i relativi avvisi di garanzia a nove indagati tra imprenditori, dirigenti regionali, comunali e dell'Authority, e un politico quando ormai i reati erano quasi prescritti e che, proprio per via della prescrizione, dopo che i carabinieri del comando provinciale di Latina avrebbero ultimato le stesse indagini già nel 2014, per altri 31 indagati e per numerose ipotesi di reato era stata chiesta l'archiviazione;

   per quanto riguarda la prescrizione, come specificato dallo stesso presidente della corte d'appello di Roma, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, in tribunale a Latina finiscono prescritti la metà dei processi che si svolgono davanti al giudice unico e, nel 2019, è stata dichiarata la prescrizione anche per 35 procedimenti su 238 da parte del tribunale collegiale;

   il presidente della corte d'appello di Roma ha definito le pendenze a Latina elevate e il tasso di prescrizioni significativo, particolari che impediscono che venga fatta giustizia e di bloccare veri e propri sistemi di illeciti come emerso in «Dirty Glass» –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare affinché possano essere potenziati gli organici degli uffici giudiziari impegnati nel basso Lazio e favorito il raccordo tra procure diverse e diverse direzioni distrettuali antimafia, nello specifico Roma e Napoli, per rendere più celere e forte il contrasto alle attività criminali sul territorio del sud pontino;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per fare piena luce sul coinvolgimento di componenti dell'intelligence in «Dirty Glass» che, a quanto consta all'interrogante, non sono stati ancora identificati.
(4-06913)


   GIGLIO VIGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «Rilancio») convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevede misure finalizzate al potenziamento della rete ospedaliera, attraverso la predisposizione di appositi piani di riorganizzazione regionali da sottoporre all'approvazione del Ministero della salute;

   in attuazione di quanto previsto dalla norma in esame, risulta all'interrogante che la regione Piemonte abbia predisposto il suddetto piano di riorganizzazione ed abbia sottoposto tempestivamente lo stesso all'attenzione del Ministro della salute, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19;

   a quanto consta all'interrogante, tuttavia, il predetto commissario e il Ministro della salute non avrebbero ancora oggi espletato gli adempimenti di propria competenza necessari ai fini della completa attuazione del predetto piano di riorganizzazione, venendo così meno ai compiti assegnati loro dal citato articolo 2, commi 8 e 11, del decreto-legge «Rilancio»;

   in particolare, la regione sarebbe ancora in attesa di risposte in merito al progetto esecutivo elaborato dall'ufficio tecnico dell'azienda sanitaria locale TO4, concernente la ristrutturazione dell'Ospedale di Ivrea e la creazione all'interno dello stesso di apposita area di terapia subintensiva/intensiva;

   il ritardo accumulato dal Governo centrale sta inevitabilmente bloccando i lavori in questione, con gravi pregiudizi per il servizio sanitario regionale, per i suoi assistiti e per il personale in servizio presso la predetta struttura;

   sulla questione è recentemente intervenuto anche il sindacato delle professioni infermieristiche Nursind Piemonte, rimarcando in una lettera aperta la necessità di avviare urgentemente i predetti lavori di adeguamento, attualmente bloccati a causa dell'inerzia dei competenti organi governativi –:

   se non ritengano urgente e improcrastinabile sbloccare la problematica esposta in premessa, adottando le iniziative di competenza affinché i lavori presso l'ospedale di Ivrea possano essere effettivamente avviati e realizzati celermente.
(4-06914)


   CASCIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il maltempo annunciato da giorni ha colpito anche la città di Salerno che, dalla serata di giovedì 24 settembre 2020, è stata travolta da forti precipitazioni ma non solo; nella mattinata del 25 settembre 2020, si è abbattuta sulla città una tromba d'aria di grosse dimensioni;

   il vortice si è formato in mare, ma poco alla volta si è avvicinato con la sua carica distruttiva al litorale e ha creato danni e devastazione durante il suo tragitto;

   la tromba d'aria è durata poco tempo, ma la sua veemenza e violenza hanno lasciato una lunga scia di distruzione lungo le strade: alberi sradicati e caduti, automobili danneggiate, tendostrutture ed arredi dei locali distrutti;

   le immagini che circolano sui social network e sul web di Salerno devastata di prima mattina sono eloquenti con riferimento a quale sia stata la furia del vento fino a oltre 150 km/h;

   il rischio è sempre stato presente, ma negli ultimi anni si è particolarmente aggravato a causa delle mutazioni climatiche che hanno determinato una particolare violenza dei fenomeni meteorologici;

   è molto grave il bilancio della forza devastante della natura sulla cittadinanza e sulle attività commerciali già martoriate da una condizione di assoluta precarietà e incertezza economica causata dall'emergenza sanitaria in atto;

   è ormai improcrastinabile l'attuazione di un piano nazionale che stanzi misure straordinarie per evitare il ripetersi di questi danni –:

   quali iniziative di competenza intendano mettere in atto perché venga riconosciuto lo stato di emergenza per calamità naturale e quali iniziative pensino di adottare per l'implementazione di adeguate misure di protezione e prevenzione, anche attraverso l'istituzione di un tavolo permanente fra i comuni, province, regioni e Ministeri;

   quali iniziative ritengano di assumere per sostenere quanti siano stati danneggiati dagli eventi atmosferici dei giorni scorsi, e consentire agli stessi di guardare con minore incertezza al futuro, già compromesso dall'emergenza da Covid-19.
(4-06915)


   PENNA e DEL SESTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno degli incendi boschivi rappresenta una delle emergenze ambientali più critiche del Paese. Tale fenomeno, negli ultimi tempi, ha assunto il carattere di vera e propria calamità, dovuta, principalmente, all'azione negligente o criminale dell'uomo che provoca l'evento, ponendo a rischio l'incolumità pubblica, determina la perdita di quote di biodiversità, riduce sensibilmente il livello di sicurezza ambientale e determina notevoli danni al patrimonio forestale nazionale;

   anche quest'anno diversi roghi, molti a quanto pare di origine dolosa, sono scoppiati in diverse aree della penisola: dall'Aquila, a Palermo, passando per la Campania e la Puglia. Una situazione difficile e un'emergenza del tutto prevedibile, visti l'annuale opera di ecomafie e gli atti incendiari, aggravati dal caldo torrido e dalla siccità;

   dal 2016 al 2018, come denuncia Legambiente secondo i dati del Rapporto Ecomafia, sono state accertate in Italia 13.219 infrazioni tra incendi dolosi, colposi e generici, con 1.280 denunce, 57 arresti e 355 sequestri. Durante lo stesso arco di tempo, dal 2016 al 2018, nella penisola sono bruciati 182.806 ettari di superficie, boscata e non;

   su boschi e foreste insistono due beni giuridici: un bene giuridico ambientale, in riferimento alla multifunzionalità ambientale del bosco, e un bene giuridico patrimoniale, in riferimento alla funzione economico-produttiva del bosco stesso;

   la legge 21 novembre 2000, n. 353 contiene importantissimi elementi di innovazione, tra cui: la definizione giuridica di «incendio boschivo», l'attribuzione di rilevanti compiti alle regioni per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi, l'introduzione al titolo VI del codice penale del reato specifico di incendio boschivo (articolo 423-bis del codice penale), il divieto temporaneo di nuove costruzioni sui terreni percorsi dal fuoco; così come un importante contributo in materia è stato previsto e disciplinato dalla legge 22 maggio 2015, n. 68 che ha introdotto gli «ecoreati» nel codice penale;

   l'emanazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 ha distinto le funzioni in capo all'ex corpo forestale dello Stato, assegnando quelle investigative e repressive dei reati di incendio boschivo e la perimetrazione delle aree percorse dal fuoco, all'Arma dei Carabinieri, tramite il Comando unità tutela forestale ambientale e agroalimentare (Cuftaa) e le attività di contrasto, con l'ausilio di mezzi da terra e aerei, degli incendi boschivi e il coordinamento degli spegnimenti, d'intesa con le regioni, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco –:

   se il Governo non ritenga necessario favorire ogni sinergia operativa, alla luce della legge quadro sugli incendi boschivi, che coinvolga i vari corpi militari dello Stato, per migliorare l'efficacia degli interventi di lotta agli incendi in parola, attraverso lo svolgimento di metodologie che favoriscano il compimento di attività di indagine e che consentano un intervento tempestivo e specialistico, atto ad individuare i responsabili degli incendi boschivi e ad agevolare la repressione delle attività penalmente illecite poste in essere dai responsabili;

   se non ritenga improcrastinabile l'adozione di azioni amministrative e iniziative normative atte a potenziare il modello investigativo e organizzativo tracciato dalla legge n. 353 del 2000, potenziando il Nucleo investigativo antincendio dei vigili del fuoco, attraverso l'ingresso nello stesso e in maniera sistematica, di nuclei specializzati del corpo militare dell'Arma dei Carabinieri e del corpo militare della guardia di finanza, assicurando la comunicazione di informazioni all'autorità giudiziaria, evitando che l'intervento di spegnimento e l'intervento di polizia giudiziaria si sottraggano, vicendevolmente, risorse umane e strumentali, o si intralcino reciprocamente.
(4-06926)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi sono filtrate alcune indiscrezioni di stampa sui progetti da finanziare mediante le risorse del Recovery Fund;

   seppure il Ministro Amendola abbia detto che gran parte di quelle schede fossero superate, appare evidente secondo l'interrogante che la presenza, anche se bocciata, di alcuni progetti sia sintomatica di una pessima gestione delle risorse da parte del Governo, incapace di individuare le vere priorità della Nazione;

   a titolo esemplificativo, tra le schede spunta quella del progetto numero 770, dal titolo «Sostituzione infissi ed efficientamento impianto di riscaldamento e di raffreddamento del Palazzo della Farnesina», per un valore di 46 milioni di euro. La descrizione del progetto riporta: «L'obiettivo del progetto è la sostituzione integrale degli infissi del palazzo della Farnesina e la realizzazione di un nuovo impianto di riscaldamento e raffreddamento mediante macchine VRV, eliminando i numerosi sistemi di climatizzazione autonomi disseminati all'interno dell'edificio e realizzando un sistema centralizzato»;

   di particolare rilevanza è anche il progetto numero 772, sempre su iniziativa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Al costo di 14 milioni di euro si propone il «Rifacimento piazzale esterno del palazzo della Farnesina con elementi di produzione di energia elettrica», per cui «l'obiettivo è il rifacimento della pavimentazione in marmo del piazzale esterno del palazzo della Farnesina, sede del Ministero degli Affari Esteri e del Commercio Elettrico, incorporando nella pavimentazione dei generatori piezoelettrici, in grado di trasformare l'energia cinetica dovuta al passaggio di persone e veicoli in energia elettrica»;

   a giudizio dell'interrogante, rifare infissi, condizionatori e riscaldamenti della sede di lavoro del Ministro interrogato non rappresenta una politica pubblica in grado di rilanciare la Nazione dopo la crisi del Covid-19;

   allo stesso modo, l'interrogante dubita che la ripresa economica possa essere raggiunta grazie alla spesa di mezzo miliardo di euro per un sondaggio lungo cinque anni, per misurare il livello di gradimento degli utenti nei confronti della pubblica amministrazione. Oppure i 35 miliardi di euro per creare una specie di facilitatore per l'utilizzo dei servizi digitali;

   queste indiscrezioni fanno male soprattutto quando mancano ancora numerose cattedre per il sostegno degli alunni disabili, non sono state ancora erogate tutte le indennità per il sostegno al reddito da parte dell'Inps, la disoccupazione è alle stelle e molte aziende non riescono più a riaprire i battenti;

   con un prodotto interno lordo che potrebbe segnare una caduta di oltre il 12 per cento quel denaro potrebbe essere indirizzato meglio a favore di politiche in sostegno a famiglie e imprese;

   magnificare le proprie sedi è, ad avviso dell'interrogante, un comportamento più consono ad un monarca orientale che a un Ministro della Repubblica italiana, il quale dovrebbe invece pensare a politiche per il rilancio della nazione e di sostegno a imprese, famiglie, partite Iva e lavoratori –:

   se il Ministro interrogato abbia già, per dignità istituzionale; revocato il progetto a dir poco inopportuno o se intenda ritirarlo e, in tale ipotesi, quando.
(3-01780)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   un decreto firmato il 31 agosto 2020 dal chargé d'affaires dell'ambasciata italiana in Eritrea ha disposto la chiusura temporanea della storica scuola italiana di Asmara, istituita nel 1903;

   l'anno scorso l'istituto contava un migliaio di iscritti, solo il 10 per cento erano italiani;

   i motivi della chiusura sono molteplici ma la responsabilità più grave, secondo l'interrogante, è certamente collegata al taglio delle spese per le scuole italiane all'estero (decreto-legge n. 64 del 2017 e decreto ministeriale n. 2051 del 2018). Poiché spesso le cattedre erano scoperte, è stato necessario ricorrere al costante reclutamento di docenti locali e il taglio delle spese per le scuole italiane all'estero ha impedito l'impiego di numerosi supplenti;

   la situazione è ulteriormente precipitata a marzo di quest'anno quando la preside dell'istituto non avrebbe concordato la sospensione didattica, volta a evitare l'espandersi della pandemia, con le autorità locali competenti. Il Governo eritreo non ha rinnovato la licenza con conseguente rescissione dell'accordo bilaterale del 2012 e ha chiuso lo stabile;

   mentre gli studenti di nazionalità italiana hanno poi potuto sostenere l'esame di maturità regolarmente, lo stesso trattamento è stato negato agli studenti eritrei, costretti ad affrontare tale prova al campo di addestramento di Sawa, dove sono stati arruolati insieme ai loro connazionali; ad oggi non è possibile escludere che dietro la chiusura ci sia la volontà di nazionalizzare la scuola, come è stato fatto lo scorso anno con altri istituti di proprietà della Chiesa cattolica nel Paese;

   in passato, gli studenti eritrei più meritevoli dell'istituto italiano di Asmara godevano persino di borse di studio elargite dal nostro Governo, con l'intento di contribuire alla formazione delle giovani eccellenze locali. Questo tipo di interventi risultano oggi ancora più necessari al fine di rimuovere alla radice le condizioni di povertà che spingono migliaia di africani a immigrare irregolarmente in Italia affidandosi ai trafficanti di essere umani, fornendo loro una prospettiva di vita e di futuro nella propria terra natia –:

   cosa stia facendo il Governo per la riapertura della Scuola italiana di Asmara.
(5-04660)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   proseguono le discussioni fra Unione europea e Regno Unito sulle relazioni future e le posizioni tra Londra e Bruxelles non sono state mai così lontane. Al centro del nuovo scontro ci sono la legge sul mercato interno e il confine fra Irlanda e Irlanda del Nord;

   la scorsa settimana, la controversa «Internal Market Bill» del Regno Unito ha passato il primo test in Parlamento con 340 voti a favore e 263 contrari;

   per Downing Street si tratta di una legislazione fondamentale per proteggere l'integrità del mercato interno britannico tra Inghilterra e le altre nazioni del Regno, soprattutto l'Irlanda del Nord. Per l'Europa, invece, è una violazione dei trattati internazionali poiché non rispetta il Withdrawal Agreement, firmato ad ottobre 2019 dall'Unione europea e dallo stesso Johnson, in quanto prevede decisioni unilaterali sui controlli delle merci che dalla Gran Bretagna arrivano in Irlanda del Nord e sugli aiuti di Stato a Belfast;

   l'Unione europea ha già minacciato le vie legali e ha intimato al Governo britannico di ritirare il disegno di legge entro la fine del mese;

   la mossa di Johnson potrebbe essere finalizzata a costringere l'Unione europea ad abbandonare le trattative in corso sugli assetti post-Brexit. Per avere un quadro ordinato dei rapporti commerciali dopo il 31 dicembre 2020, le decisioni principali dovrebbero essere prese entro gli inizi di ottobre;

   ad oggi, la possibilità che saltino tutte le trattative è molto concreta. In questo modo, a fine anno, si arriverebbe a un «no deal» che vedrebbe il ritorno a dazi e dogane, con pesanti conseguenze economiche per tutti, Italia compresa;

   la materia è di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale –:

   cosa stia facendo il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nell'eventualità di un no-deal con il Regno Unito per tutelare la produzione italiana e la quota mercato dei beni italiani nel Regno Unito, e se intenda quantificarne l'ammontare.
(5-04663)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRACUSANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   sono ancora bloccati in Libia i diciotto membri dell'equipaggio di due pescherecci di Mazara del Vallo, «Antartide» e «Medinea», sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dalle autorità libiche a circa 35 miglia a nord di Bengasi;

   il 22 settembre 2020, il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Pietro Benassi, ha ricevuto a Roma i familiari dei fermati, ma oltre alle solite rassicurazioni dal Governo non sono arrivate indicazioni precise;

   nel frattempo nel comune trapanese si susseguono manifestazioni per tentare di accendere i riflettori su un pericoloso episodio come quello appena riportato, a giudizio dell'interrogante, totalmente sottovalutato dal Governo;

   ad avviso dell'interrogante, il nostro Paese non può in alcun modo permettere che propri concittadini restino nelle mani di autorità non riconosciute senza porre in essere alcuna iniziativa concreta per il loro rimpatrio –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo stia assumendo per garantire l'immediato rilascio dei due pescherecci «Antartide» e «Medinea» oltre che dei diciotto membri dell'equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi;

   quali iniziative urgenti il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare per porre fine alle ripetute aggressioni subite dai pescatori italiani e se non intenda avviare tempestivamente un'azione concordata a livello europeo al fine di superare il contenzioso relativo alle zone esclusive di pesca istituite da diversi Paesi per permettere a tutti i pescherecci europei di operare legalmente e in sicurezza.
(4-06910)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI LAURO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno il Parco nazionale del Vesuvio registra centinaia di migliaia di visite con numeri di anno in anno sempre in aumento. Soltanto nell'anno 2019 le presenze al cratere del Vesuvio sono state 756.572 a fronte dei 665.945 dell'anno precedente;

   attualmente l'unica porta d'accesso, per turisti e visitatori al cratere è il sentiero n. 5 del Parco nazionale del Vesuvio dal piazzale quota 1.000 metri, all'interno del territorio del comune di Ercolano. L'altro accesso, attraverso il sentiero n. 6, dal piazzale quota 1.050 metri della «Strada Matrone» nel territorio del comune di Trecase, è attualmente interdetto per lavori in corso, così come il sentiero di connessione tra il Rifugio Imbó e la «Strada Matrone»;

   a causa dell'emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del Covid-19, sono state introdotte dall'Ente Parco nuove regole sul sistema di accessi al sentiero n. 5;

   nel mese di giugno 2020 sono stati realizzati interventi al piazzale di quota 1.000 metri di fornitura e posa in opera di un sistema di tornelli elettronici ai varchi di accesso ed è stata disposta la chiusura di tutto il piazzale con una palizzata;

   ciò per consentire un più efficiente contingentamento dei flussi di visitatori, purtuttavia precludendo la libera fruizione del piazzale posto in punto panoramico;

   a ciò è seguita la stipula di un protocollo di fruizione del sentiero che conduce al Gran Cono che ha trovato forti resistenze fra comitati locali e operatori del settore turistico, i quali hanno trasmesso una lettera congiunta all'indirizzo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'assessore al turismo della regione Campania e al presidente dell'Ente Parco;

   nello specifico si è evidenziata «l'inefficienza e l'incompletezza del servizio di acquisto biglietti nell'esclusiva modalità on-line» causa, secondo gli operatori del settore, di un aumento del prezzo del biglietto per i visitatori, di fatto avvantaggiando «i soli soggetti preposti alla gestione dell'on-line»; tale sistema impedirebbe alle agenzie e ai tour operator di creare offerte e promozioni;

   nel documento si sottolinea la preclusione, ai turisti giunti in loco, dell'acquisto del biglietto on-line presso quota 1.000 e il «sistematico fittizio riempimento delle slot», in riferimento al fenomeno del bagarinaggio, oltre a tutta una serie di inconvenienti, come quelli dovuti al mancato accesso all'area, per ritardi non imputabili ai turisti;

   con il nuovo protocollo, possono accedere al Cratere solo 25 visitatori ogni 15 minuti, causando il rapido esaurimento dei posti disponibili, a danno dei tanti turisti che visitano il Vesuvio;

   sul costo dei biglietti, le agenzie e i tour operator, che prima avevano diritto al biglietto ridotto (8,00 euro a persona), in data 17 giugno 2020 si sono visti aumentare il biglietto del 46 per cento (11,68 euro a persona) con contratti già firmati nel 2019;

   parrebbe sia stata abolita la gratuità degli ingressi per guide e accompagnatori turistici;

   tutto ciò in assenza di servizi essenziali che, a quota 1.000 metri, continuano a non essere erogati come, ad esempio, la perdurante mancanza dei servizi igienici;

   come riportato da alcuni articoli di stampa, a quota 800 si registra la presenza di figure che impedirebbero illecitamente alle auto di proseguire il tracciato (di competenza comunale) fino a quota 1.000, raggiungibile in maniera coercitiva soltanto tramite un servizio di bus navette a pagamento, gestito dai medesimi soggetti, nonostante quest'anno il comune di Ercolano non abbia emesso alcun decreto relativamente al blocco delle auto a quota 800 –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine verificare le summenzionate criticità;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per verificare la correttezza dell'operato dell'Ente Parco nazionale del Vesuvio al fine di uno sviluppo sostenibile sotto il profilo turistico e di valorizzazione in sinergia con gli stakeholder del territorio e gli operatori del mercato.
(5-04659)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIANA, ILARIA FONTANA, ALBERTO MANCA, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, MARAIA, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'assessorato regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale, con propria determinazione del 25 novembre 2019, ha approvato la concessione demaniale marittima della durata di venti anni a favore della «Vivarium Società Cooperativa» per l'utilizzo di uno specchio acqueo della superficie di 64.669 metri quadrati nel mare territoriale antistante il comune di Alghero, da destinare all'allevamento di molluschi (Mytilus spp, Ostrea edulis e Crassostrea gigas);

   la «Vivarium Società Cooperativa», con istanza presentata in data 5 agosto 2020, ha richiesto all'ufficio circondariale marittimo di Alghero l'interdizione dello specchio acqueo concesso allo scopo di effettuare i necessari lavori di allestimento dell'impianto di molluschicoltura e di successiva implementazione dell'attività;

   l'impianto sorgerebbe su un fondale caratterizzato dalla presenza dell'habitat della prateria di posidonia oceanica, in un tratto di mare che presenta un equilibrio molto delicato, sia dal punto di vista geomorfologico che biologico, e situato vicino a una fascia costiera già interessata da processi di erosione;

   tali impianti prevedono l'utilizzo di attrezzature galleggianti e sommerse che se non adeguatamente monitorate, soprattutto in fase di allestimento e rimozione, possono compromettere l'integrità dei fondali marini e interferire con gli habitat naturali;

   le praterie marine di posidonia oceanica costituiscono uno degli habitat più importanti del Mediterraneo e assumono un ruolo fondamentale nell'ecosistema marino; la circolare n. 8838 del 20 maggio 2019 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, infatti, ribadisce che «le praterie di posidonia sono classificate habitat prioritario di conservazione dalla Direttiva 92/43/CEE "Direttiva Habitat" recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357.(...)» e salvaguardate dal «Protocollo per le aree specialmente protette e la biodiversità in Mediterraneo (ASPIM)»;

   è ormai evidente che su tutto il territorio nazionale le attività antropiche, quali le attività di molluschicoltura e piscicoltura, l'uso di ormeggi e attrezzi da traino, la posa di cavi e condotte, esercitano uno stress sull'ambiente marino, compromettendo le fasce costiere in cui la prateria a posidonia può svilupparsi e causando la perdita di biodiversità –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di limitare le attività antropiche nelle zone costiere caratterizzate dalla presenza dell'habitat della prateria di posidonia oceanica;

   se il Ministro interrogato intenda effettuare, per quanto di competenza, una ricognizione delle attività di molluschicoltura e attività similari che possano compromettere gli habitat della prateria di posidonia oceanica e, sulla base dei dati raccolti, predisporre idonee linee guida che garantiscano la tutela di tali habitat nei diversi contesti caratterizzati da attività antropica.
(4-06917)


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in vista della deindustrializzazione del territorio a ridosso del fiume Sacco – nell'omonima valle tra le provincie di Roma e Frosinone – e nel pieno del (SIN) «Bacino del Fiume Sacco», il gruppo imprenditoriale Saxa Gres ha presentato un progetto di reindustrializzazione per lo stabilimento di Anagni che ha nei gres porcellanati per pavimentazioni esterne il suo mercato e nel recupero delle ceneri da termovalorizzatore di rifiuti solidi urbani (Rsu) – attualmente conferite in discarica –, la sua innovazione tecnologica competitiva;

   le autorizzazioni ambientali concesse dalla regione Lazio sono state oggetto di un iter complesso: per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale (Via), è stato inizialmente rigettato il progetto della Saxa Gres per assenza di una normativa in ambito nazionale di riferimento. Su ricorso del proponente si è poi definito un protocollo sperimentale con Critevat – centro di ricerca dell'università «La Sapienza» di Roma – in base al cui esito positivo è stata infine concessa l'autorizzazione;

   la regione Lazio ha quindi interpretato positivamente la relazione emessa e autorizzato l'attuazione di un processo produttivo ancora privo di un quadro normativo di riferimento in Italia, nonostante l'opposizione di associazioni di cittadini in sede di conferenza dei servizi di Via. L'autorizzazione è stata successivamente impugnata con ricorso al Tar del Lazio per l'utilizzo improprio e strumentale del concetto di «economia circolare»;

   l'astensione al giudizio scientifico positivo sulla tecnologia emerge chiaramente all'interno di una pubblicazione scientifica dello stesso (Critevat) unitamente al dipartimento di ingegneria civile dell'Università La Sapienza e al dipartimento di scienze teoriche e applicate dell'università dell'Insubria. Nell'articolo dell'11 marzo 2019 «The LCA Methodology for Ceramic Tiles Production By addition of MSWI BA», vengono eseguiti calcoli ed espresse valutazioni circa la positività nel «life cicle assessment» del recupero nelle ceramiche delle ceneri, senza però fare alcun riferimento all'innovazione tecnologica specifica delle modalità di recupero. L'accertata variabilità dei parametri delle ceneri nel processo comporterebbe gravi problematiche di impatto ambientale e di salubrità dell'ambiente di lavoro;

   conseguentemente, dalla necessità di approfondimenti tecnico-scientifici, sono derivati anche diversi interrogativi sulla complessa struttura di controllo societario della Saxa Gres spa, in quanto partecipata al 100 per cento da una holding inglese di proprietà dell'imprenditore banchiere Daniele Bartoccioni Menconi, controllata a sua volta da un trust maltese;

   essendo volta al recupero occupazionale della ex Marazzi di Anagni e della ex Ideal Standard di Roccasecca, l'iniziativa della Saxa Gres ha raccolto intorno a sé il consenso e l'appoggio di diverse parti politiche: da Romano Prodi, storico sponsor della famiglia Borgomeo, a Carlo Calenda, intestatario della soluzione dello stato di crisi, da Matteo Renzi, che durante il congresso della Leopolda ha permesso la presentazione del progetto, a Nicola Zingaretti, che ha visitato gli impianti Saxa Gres in una delle sue prime uscite da segretario Pd, fino alla visita di Luigi Di Maio, avvenuta quando ricopriva la carica di vicepresidente del Consiglio dei ministri –:

   se il Governo interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda realizzare al fine di dare giusto fondamento normativo al recupero delle ceneri di Rsu conseguentemente alla promozione, per quanto di competenza, di un approfondimento tecnico-scientifico sul processo oggetto della proposta Saxa Gres, tramite il coinvolgimento di enti di ricerca indipendenti e di natura internazionale, così da verificare anche la compatibilità di interventi pubblici posti a sostegno di un gruppo controllato da un trust estero e la regolarità degli importi finanziati con emissione di minibond tramite il patrimonio netto della società.
(4-06928)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2020, secondo le rassicurazioni del Governo, dovevano finalmente essere accreditati sui conti correnti dei truffati delle banche i bonifici dei risarcimenti, invece, a quanto consta all'interpellante, stanno arrivando, a molti di coloro che hanno presentato domanda di indennizzo, richieste di integrazioni documentali;

   l'interpellante fa riferimento in particolare alla richiesta di produrre un'attestazione del prezzo delle azioni ante affrancamento;

   si tratta di documentazione che gli interessati, a distanza magari di molti anni, hanno difficoltà a reperire presso Banca Intesa, istituto depositario;

   in alternativa, il risparmiatore è chiamato a precisare, con autocertificazione, la data di acquisto delle azioni;

   la questione della «probatio diabolica» del prezzo di acquisto delle azioni affrancate era già nota e segnalata, ed è stata colpevolmente trascurata nel testo di legge, con paradossali conseguenze;

   non tutti i risparmiatori, soprattutto quelli con maggiore anzianità di acquisto, sono in grado di precisarne la data, in assenza di documentazione probante;

   molti risparmiatori, soprattutto anziani, o privi di adeguata consulenza legale, stanno preferendo abbandonare una procedura defatigante, non a torto definita «un calvario», decretando di fatto il fallimento del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per consentire a Consap e Commissione tecnica una più agevole evasione delle domande di indennizzo.
(2-00936) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UNGARO e FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha spinto i Governi di molti Paesi ad adottare misure restrittive sulla libertà di circolazione, costringendo molte persone a trattenersi in un Paese diverso da quello in cui normalmente vivono;

   tale circostanza potrebbe avere impatto sulla determinazione della residenza fiscale, spesso basata sulla permanenza fisica della persona in un determinato luogo;

   l'Ocse in un documento pubblicato il 3 aprile 2020, invita le amministrazioni e le autorità competenti a considerare la circostanza eccezionale dovuta al Covid-19 per prevedere periodi più idonei nella valutazione dello stato di residenza. Alcuni Paesi, tra cui Regno Unito, Irlanda e Australia, si sono già adoperati in tal senso;

   appare pertanto evidente come sarebbe utile e opportuno, anche in Italia, un pronunciamento che recepisca tali misure eccezionali e che rimandi al 2021 l'applicazione della regola secondo la quale risulta acquisita la residenza fiscale in Italia una volta trascorsi 183 giorni nel Paese;

   a tal proposito, risulta fondamentale ricordare come molti cittadini italiani residenti all'estero si siano trovati costretti a rientrare in Italia per stare vicino alle proprie famiglie già da marzo/aprile 2020 ovvero siano rimasti bloccati in Italia a seguito delle misure di lockdown;

   diverse aziende con sede all'estero, per le quali lavorano nostri concittadini, hanno autorizzato, e talvolta imposto, il lavoro agile ai dipendenti, consentendo loro un rientro presso le proprie famiglie. Tali lavoratori sono stati comunque costretti ad ingenti sacrifici economici, stante la necessità di dover comunque mantenere la propria abitazione nelle sede di lavoro nel Paese estero –:

   quali iniziative intenda adottare per garantire ai cittadini iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) di non vedere compromesso il proprio status di residenza fiscale all'estero in ragione di un più prolungato periodo di permanenza in Italia nel corso del 2020, considerato che sia la mobilità nazionale che internazionale hanno risentito e continuano a risentire delle misure di contenimento del Covid-19.
(5-04654)


   LOMBARDO e LOVECCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'accisa è un'imposta sulla fabbricazione e la vendita dei prodotti di consumo: la più diffusa in Italia è quella sul prezzo dei carburanti per l'autotrazione introdotta a partire dagli anni '30 del secolo scorso per far fronte ad emergenze improvvise causate principalmente da disastri naturali o eventi militari; oggi si contano 19 accise e alcune di queste sono state istituite per finanziare le opere di ricostruzione delle zone interessate dai terremoti nella Valle del Belice in Sicilia (1968), nel Friuli (1976), in Irpinia (1980), in Abruzzo (2009) e in Emilia Romagna (2012);

   per la ricostruzione della Valle del Belice, l'allora Governo guidato da Aldo Moro introdusse un'accisa sui carburanti di 10 lire/litro, oggi 0,00516 euro/litro. Dal 1970 al 2015, l'Erario ha incassato oltre 8,6 miliardi di euro. Secondo una stima del Consiglio nazionale degli Ingegneri, la ricostruzione del Belice – non ancora completata – è costata «soltanto» 2,2 miliardi di euro. Dal 2016, invece, il costo della ricostruzione è stato rivalutato in 9,1 miliardi di euro, mentre la copertura ricavata dal gettito fiscale dell'accisa sul prezzo del carburante è pari a 24,6 miliardi di euro;

   i conti non tornano se si pensa che, a distanza di oltre 50 anni dall'evento calamitoso che ha interessato il Belice, la ricostruzione si è interrotta per l'assenza di fondi: numerose domande presentate rimangono ancora oggi inesitate e mai finanziate, perché le disponibilità finanziarie risultano non sufficienti o vengono periodicamente revocate; gli automobilisti italiani hanno quindi versato per decenni nelle casse dello Stato ingenti somme di denaro superiori alle spese stimate – e in parte già sostenute – per la ricostruzione delle zone terremotate con l'unica conseguenza della mancata erogazione, ormai da diversi anni, di qualsiasi tipo di finanziamento per il Belice;

   la situazione appare ancor più paradossale e anomala se si considera che, per far fronte alle opere di ricostruzione delle zone interessate dai terremoti, lo Stato italiano negli anni ha aumentato ben 5 volte le accise sui carburanti, consentendo all'erario di incassare complessivamente per i soli eventi calamitosi oltre 145 miliardi di euro in più di 50 anni –:

   quali iniziative il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare in tempi brevi per ripristinare l'erogazione dei finanziamenti per le opere di ricostruzione della Valle del Belice che derivano dagli ingenti introiti dell'accisa sul prezzo dei carburanti per l'autotrazione.
(5-04661)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'interpellante ha già presentato un atto di sindacato ispettivo riguardo agli esiti degli esami scritti di magistratura, relativamente al concorso del 1992 (n. 2-00850);

   un candidato bocciato, l'avvocato Pierpaolo Berardi, dopo una serie innumerevole di ricorsi, era finalmente entrato in possesso della completa documentazione del concorso, facendo emergere un sofisticato e truffaldino sistema, grazie al quale gli elaborati di alcuni candidati erano agevolmente individuabili;

   dalla consultazione degli elaborati di alcuni promossi emergevano segni di riconoscimento e grossolani errori di diritto;

   Domenico Quirico, dalle pagine della Stampa ed il professore Guido Neppi Modona, dalle pagine del Dubbio, avevano pubblicamente denunciato lo scandalo, senza ottenere una risposta delle istituzioni preposte e dall'associazione nazionale magistrati;

   a sua volta l'interpellante aveva, invano, sollecitato un intervento del Ministro della giustizia e del Consiglio superiore della magistratura;

   la storia oggi pare ripetersi;

   il Giornale, nella edizione odierna, riferisce di un esposto presentato al Ministro della giustizia da due candidati bocciati al concorso del 2019;

   dopo aver ottenuto l'accesso agli atti, ed aver esaminato, uno per uno, i temi dei 301 promossi, i due candidati, che nel frattempo hanno anche presentato ricorso al Tar del Lazio, vi hanno individuato una serie di imbarazzanti strafalcioni;

   secondo quanto riferito nell'esposto, il candidato 757, difetta nell'uso del congiuntivo, il candidato 1037 usa gli apostrofi a casaccio, il candidato 336 cita una sentenza della Corte di Cassazione, che non sembrerebbe essere mai stata emanata, nel tema di penale del candidato 1333 alcune frasi e concetti non sono nemmeno di senso compiuto, mentre il candidato 2518 crolla anche sulla analisi logica;

   emergerebbe poi un altro dettaglio, che accomuna il concorso del 2019 a quello del 1992, a cui partecipò l'avvocato Berardi;

   alcuni degli elaborati dei promossi presentano delle stranezze grafiche, che potrebbero renderli riconoscibili;

   come l'interpellante ha già avuto modo di dire nel precedente atto di sindacato ispettivo, lo scandalo, se confermato, è di inaudita gravità e tale da minare la credibilità dell'intera magistratura –:

   se il Ministro interpellato abbia adottato iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, in relazione a quanto denunciato nell'esposto di cui all'articolo del Giornale sopra citato;

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per evitare che quanto denunciato possa ripetersi in futuro.
(2-00937) «Zanettin».

Interrogazione a risposta orale:


   DE LUCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 155 del 2012 è stata decisa la soppressione del tribunale di Sala Consilina (Salerno) con il conseguente accorpamento con il tribunale di Lagonegro (Potenza): tale decisione – ad avviso dell'interrogante irragionevole – contrasta con l'applicazione di quei criteri oggettivi ed omogenei indicati e tipizzati dallo stesso legislatore nelle legge-delega n. 148 del 2011 e ha determinato una situazione grave e preoccupante;

   in particolare, la suddetta riorganizzazione contrasta, secondo l'interrogante, con i criteri e i princìpi direttivi specificati nelle lettera b) ed e) del comma 2 dell'articolo 1 della citata legge n. 148 del 2011;

   la riorganizzazione degli uffici giudiziari si è basata, infatti, su parametri obiettivi, quali il numero di abitanti, i carichi di lavoro, l'indice delle sopravvenienze degli uffici giudiziari; la lettura attenta di tutti questi criteri evidenziava come il tribunale di Sala Consilina – che serviva le popolazioni del Vallo di Diano, del Tanagro e del Bussento – versasse in una situazione più rilevante e consistente rispetto a quella, pur degna di attenzione, del tribunale di Lagonegro; al tribunale di Sala Consilina erano addetti 11 magistrati, mentre a Lagonegro ne erano assegnati 8. Alla luce dei dati Istat 2011, la popolazione residente nel circondario di Sala Consilina era di 89.648 unità, a fronte delle 79.374 del circondario di Lagonegro;

   i carichi di lavoro medio ammontavano, per il tribunale di Sala Consilina, a 11.830 affari a cui andavano aggiunti 1.300 affari per la sede distaccata di Sapri, per un totale di più di 13.000 affari; l'indice delle sopravvenienze medie, nel periodo 2006-2010, era pari per il tribunale di Sala Consilina a 4.147, mentre nel caso del tribunale di Lagonegro si fermava a 3.751;

   il tribunale di Sala Consilina, nel rispetto della complessa e articolata situazione geografica della provincia di Salerno, era altresì naturalmente preposto ad assicurare il riequilibrio fra gli uffici giudiziari salernitani e, in particolare, l'indispensabile alleggerimento del carico e del volume di affari e di contenzioso;

   tale riequilibrio delle competenze dei diversi uffici giudiziari è ancor più necessario in provincia di Salerno, nella quale insiste una popolazione di ben oltre 1 milione di abitanti, secondo i dati Istat al 31 dicembre 2019: una popolazione così consistente da richiedere la conservazione dei previgenti 4 tribunali salernitani, fra i quali quello di Sala Consilina;

   del resto, l'accorpamento con il tribunale di Lagonegro è – secondo l'interrogante – irragionevole. Basti considerare, accanto ai dati già menzionati, che la popolazione della provincia di Potenza raggiunge 383.791 abitanti, appena 1/3 di quella della provincia di Salerno;

   il Vallo di Diano e il Golfo di Policastro, dunque, sono stati portati – immotivatamente – fuori regione e fuori corte di appello, in una struttura inadeguata e molto meno capiente di quella di Sala Consilina inaugurata nel 1991. Sala Consilina, infatti, è l'unico caso in Italia in cui il tribunale accorpante è più piccolo del tribunale accorpato, atteso che Sala Consilina disponeva di circa 5.500 metri quadrati di spazio mentre l'edificio a Lagonegro è di soli 3.800 metri quadrati;

   l'attuale emergenza sanitaria ha imposto la necessità di una differente organizzazione dei lavori che sta arrecando delle evidenti difficoltà funzionali all'interno dello stesso tribunale di Lagonegro, con rischi di notevoli ritardi nella trattazione delle cause assegnate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per riesaminare, alla luce dei dati obiettivi sopra evidenziati e di una nuova attenta istruttoria, la possibilità di ripristinare le funzioni del tribunale di Sala Consilina, ad avviso dell'interrogante ingiustificatamente soppresso ed accorpato con il tribunale di Lagonegro.
(3-01775)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SENSI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 22 giugno 2020 con determina del presidente Carlo Verna, veniva fissata la data di convocazione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti (Cnog) nei giorni 27 settembre, 4 e 11 ottobre 2020 (prima convocazione, seconda e ballottaggi eventuali); tali elezioni sono organizzate e gestite dai consigli regionali che, nei termini di legge, convocano le elezioni per il loro rinvio;

   i consigli regionali degli ordini di Lombardia e Campania (in un primo momento anche Piemonte e Sicilia, poi rientrati) annunciano di non essere in grado di garantire la sicurezza del voto a causa dell'emergenza sanitaria in atto e non procedono alla convocazione delle elezioni;

   il 9 settembre 2020 il comitato esecutivo del (Cnog) invia al Ministero della giustizia un atto di diffida per le risposte ricevute in merito al regolamento per le elezioni in seno al Cnog dei rappresentanti delle minoranze linguistiche, tale decisione comporta le dimissioni di quattro (su nove) componenti del comitato esecutivo;

   a seguito di diverse sollecitazioni e di un intenso carteggio riguardante anche la problematica delle minoranza linguistiche, il 14 settembre 2020 il Ministero della giustizia scrive ai presidenti regionali ed a quello nazionale invitandoli a «rendere possibili le operazioni elettorali rispettando la cadenza temporale prevista dal legislatore»;

   alla luce della opportunità che le elezioni del Consiglio Nazionale dell'ordine dei giornalisti avvengano in modo unitario, il 15 settembre 2020 viene adottata una determina con una nuova convocazione per le elezioni del Cnog individuando le date dell'8, 15 e 22 novembre 2020, considerando tuttavia che 18 consigli regionali hanno già provveduto ad attivare tutte le procedure e l'organizzazione per il voto date precedentemente stabilite;

   con lettera del 22 settembre 2020 il Ministero della giustizia, ad una lettera della presidente dell'ordine dei giornalisti del Lazio, risponde in sostanza che nella fattispecie non avrebbe poteri di intervento sull'ordine vigilato in quanto non può svolgere un sindacato di merito, esercitabile soltanto in sede giurisdizionale, al fine di riscontrare un vizio di legittimità;

   l'ipotesi del voto a novembre potrebbe ricadere in una fase di riacutizzazione della emergenza sanitaria, mentre milioni di italiani si sono recati regolarmente alle urne per referendum ed elezioni regionali del 20 e 21 settembre 2020;

   il voto a novembre ha costretto i consigli regionali dei giornalisti a ripetere tutte le comunicazioni e a disdire gli impegni logistici precedentemente assunti, con notevole aggravio di costi a carico degli enti e conseguente disorientamento degli iscritti –:

   se e come intenda adoperarsi alla luce della propria funzione di vigilanza, per garantire il rispetto dei termini di voto per il rinnovo degli organismi rappresentativi regionali e nazionale dell'ordine dei giornalisti.
(5-04665)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCHETTI, MORRONE e PAOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 settembre 2020, una delegazione di deputati del Gruppo Lega, si recava in visita alla casa circondariale Villa Fastiggi di Pesaro, riscontrando forti criticità;

   nella caserma dove risiedono gli agenti della polizia penitenziaria ci sono infiltrazioni d'acqua alle pareti ed evidenti perdite che rendono l'ambiente malsano e non idoneo. Risulta che i previsti lavori strutturali e, in particolare, il rifacimento dell'intera copertura della struttura annunciati in passato, non sono stati mai realizzati;

   le donne e gli uomini della polizia penitenziaria svolgono un servizio indispensabile per la sicurezza del nostro Paese, ed è inaccettabile che debbano anche sopportare di vivere e lavorare in ambienti indecorosi e insalubri –:

   quali siano le esatte condizioni strutturali ed igienico sanitarie degli alloggi degli agenti della polizia penitenziaria, con particolare riferimento al catasto delle coperture, alle condizioni degli infissi e delle eventuali infiltrazioni di acqua ed umidità;

   quali siano i tempi e le modalità di intervento che devono necessariamente ricomprendere lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
(4-06923)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come risulta dal bilancio consolidato per il 2018, Ferrovie dello Stato italiane ha speso per comunicazione esterna e costi di pubblicità 45 milioni di euro, facendo registrare un aumento di 14 milioni rispetto all'anno precedente;

   le risorse economiche destinate alla comunicazione e alla pubblicità sono state ulteriormente incrementate di sei milioni l'anno successivo, con la spesa di ben 51 milioni di euro, come risulta dal bilancio per l'anno 2019;

   l'incremento registrato di 20 milioni di euro in due anni per un totale di 96 milioni di euro spesi complessivamente nel biennio 2018-2019 in pubblicità e comunicazione è da ritenersi estremamente considerevole e, trattandosi di un'impresa pubblica, sarebbe opportuno chiarire quali siano state le motivazioni alla base di detto incremento di spesa –:

   quali siano le motivazioni che hanno prodotto un aumento di 20 milioni di euro in due anni per comunicazione e pubblicità, da parte di Ferrovie dello Stato italiane, se parte dei 96 milioni di euro spesi nel biennio 2018 e 2019 siano stati utilizzati per acquistare pubblicità su organi di stampa quotidiani e, nel caso, quali siano le testate quotidiane sulle quali sono stati acquistati spazi pubblicitari e i rispettivi importi.
(5-04658)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI, PENNA e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto omnicomprensivo di Pizzo (Vibo Valentia) di cui fa parte l'Istituto tecnico trasporti e logistica (Ittl), sito a Pizzo in via Riviera Prangi, assiste, da alcuni anni, alla progressiva crescita del numero degli studenti iscritti ai propri corsi, che comprendono gli indirizzi di conduzione del mezzo navale, conduzione di apparati ed impianti marittimi, conduzione del mezzo aereo;

   l'Istituto è altresì dotato di moderni laboratori e numerose attrezzature, nonché di un planetario, che attira in visita studenti provenienti da molte scuole calabresi;

   l'Istituto è, inoltre, frequentato da molti studenti pendolari, provenienti dalla Piana di Gioia Tauro e dalle province di Lamezia Terme, Catanzaro e Cosenza;

   è, tuttavia, proprio il tema dei trasporti a rappresentare la principale fonte di problemi per il suddetto Ittl: la soppressione, avvenuta più di dieci anni fa, della fermata dei treni regionali prevista presso la stazione ferroviaria di via Prangi, ubicata proprio di fronte la scuola, ha determinato un crollo delle iscrizioni, data la difficoltà, per gli studenti provenienti dalle suddette province, di raggiungerla, in mancanza di altri adeguati collegamenti di trasporto pubblico;

   in data 10 dicembre 2018, il dirigente scolastico, professor avvocato Francesco Vinci, scriveva al direttore generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Enrico Maria Pujia, al presidente pro tempore della giunta della regione Calabria Mario Oliverio, all'ex vicepresidente della giunta regionale guidata da Oliverio, Antonio Viscomi, e all'assessore ai trasporti della regione Calabria, Roberto Musmanno, chiedendo di ripristinare la suddetta fermata dei treni regionali;

   ad oggi, a tale richiesta non ha fatto seguito alcun riscontro;

   è opportuno altresì segnalare che, già precedentemente, alcuni comuni della provincia di Vibo Valentia avevano avanzato all'assessore Musmanno la richiesta di implementare un servizio di scuolabus per i ragazzi residenti nell'entroterra Vibonese, per raggiungere l'Ittl di Pizzo;

   anche tale richiesta non è mai stata accolta;

   la risoluzione del problema summenzionato è cruciale non soltanto per garantire un futuro ad un Istituto scolastico di tal pregio, ma altresì per salvaguardare il diritto allo studio di centinaia di studenti, a cui tale diritto appare tuttora negato da mere complicanze logistiche ed amministrative –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se non intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative atte a favorire una celere risoluzione del caso descritto.
(4-06907)


   MORELLI, GRIMOLDI e BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa la società Alitalia dal 1° ottobre 2020 interromperà i propri voli presso l'aeroporto di Malpensa;

   negli ultimi anni Alitalia ha progressivamente diminuito la sua presenza nell'aeroporto di Milano Malpensa, mantenendo soltanto alcuni collegamenti domestici e poche tratte intercontinentali, nonostante gli elevati coefficienti di riempimento registrati su tutti i collegamenti operati nelle tratte servite;

   Alitalia operava da 70 anni presso lo scalo varesino e, pertanto, la decisione di lasciare lo scalo ha destato più di qualche perplessità;

   a questa già discutibile scelta si aggiunga l'ulteriore incomprensibile decisione della compagnia di gestire internamente i servizi di terra, non appoggiandosi più alla società Airport Handling. I servizi di terra, come noto, sono il check in, gli imbarchi e la rampa. Attualmente Airport Handling è detenuta da Sea con una quota minoritaria, mentre la maggioranza del capitale appartiene al gruppo internazionale Dnata. Secondo parte dei sindacati, Alitalia gestirà questi servizi «non solo utilizzando il proprio personale già in forza a Linate, ma anche assumendo personale precario e sottopagato»;

   oggi Alitalia gestisce in proprio il 70-75 per cento delle attività e, senza un ripensamento, il personale di Airport Handling finirebbe inevitabilmente in esubero con inevitabile ricorso alla cassa integrazione che causerebbe un aggravio per le finanze statali. Non a caso in tutta Europa non c'è più una singola compagnia che gestisca in proprio i servizi di terra nei vari aeroporti, perché è più economico lasciare queste attività a società attrezzate e specializzate;

   l'handling è un servizio pubblico essenziale soggetto alle disposizioni della legge n. 146 del 1990, strettamente legato al trasporto aereo erogato dalle compagnie aree; come tutto il settore del trasporto aereo, anche l'handling è stato fortemente colpito dalla crisi prodotta dall'epidemia di Covid-19, che ha abbattuto e in alcuni casi completamente azzerato il volume di affari delle imprese operanti nel settore; le imprese dei servizi a terra a seguito dei cospicui danni subiti rischiano di dover ricorrere a numerosi licenziamenti di personale con gravi ricadute in ambito sociale qualora non siano adottate misure specifiche a sostegno del settore;

   è del tutto evidente che questa vicenda è solo l'ultimo dei tanti problemi del settore aereo, che vanno ben oltre la situazione contingente e rimanda a una mancanza di visione strategica: se il trasporto è un servizio pubblico prezioso, e la pandemia ha certamente contribuito a dimostrarlo, allora questo va tutelato e vanno tutelati tutti i suoi lavoratori;

   a parere degli interroganti a fronte di un investimento da parte dello Stato di tre miliardi di euro per il rilancio della compagnia di bandiera, Alitalia non può non tenere conto delle ricadute economiche e sociali sui lavoratori delle società dei servizi a terra;

   le discutibili scelte imprenditoriali di Alitalia, insieme alle proposte volte alla revoca della concessione ferroviaria regionale di Ferrovie nord, rivelano, ad avviso degli interroganti, evidentemente finalità politiche mascherate da scelte industriali –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, anche nell'ottica della salvaguardia dei livelli occupazionali negli scali aeroportuali della Lombardia.
(4-06918)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   recentemente nel comprensorio di Valdera, in provincia di Pisa, si è registrato un improvviso e anomalo aumento del numero di persone risultate positive al Covid-19;

   in particolare, come si apprende dalla stampa, l'incremento maggiore della curva dei contagi sarebbe stato segnalato nel comune di Bientina, dove si è sviluppato un preoccupante focolaio in un centro di accoglienza per immigranti;

   la struttura sarebbe stata posta in quarantena preventiva subito dopo che, per puro caso dopo il test effettuato di prassi prima di accedere in ospedale per una visita programmata, una donna e sua figlia, che alloggiavano nel centro, sono risultate positive al virus;

   quanto accaduto sta destando grande preoccupazione, in particolare per i gravissimi rischi a cui viene così esposta la popolazione per effetto, ad avviso dell'interrogante, della scelta dell'attuale Governo, nonostante la proclamata emergenza, di consentire l'ingresso in Italia di migliaia di immigrati irregolari e di procedere poi alla loro distribuzione su tutto il territorio, senza peraltro nessuna misura di profilassi sanitaria, come dimostra il caso sopra citato accaduto a Bientina;

   sebbene la provincia di Pisa risulti in Toscana quella più colpita dall'aumento dei contagi da Covid-19, secondo fonti del comune di Bientina, pare che tutti gli immigrati residenti nella struttura siano stati trasferiti ancora in altri alberghi dislocati sempre nella provincia di Pisa ed anche in quella di Livorno –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative immediate di competenza intendano adottare per garantire adeguate misure di sicurezza a tutela della salute della popolazioni residente e scongiurare il verificarsi di episodi analoghi a quello accaduto a Bientina.
(4-06916)


   CAPITANIO, CENTEMERO, ANDREA CRIPPA e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   presso l'istituto comprensivo di Bellusco e Mezzago in provincia di Monza Brianza purtroppo mercoledì 23 settembre 2020 non è stato possibile riprendere l'attività didattica dopo la sospensione dovuta alle consultazioni elettorali e referendarie del 20 e 21 settembre 2020;

   le lezioni sarebbero dovute riprendere mercoledì 23 settembre, invece i ragazzi della scuola secondaria, la mattina del giorno stesso, sono stati bloccati all'ingresso dalla dirigente scolastica, impossibilitata a riaprire la scuola a causa della mancata pulizia e sanificazione dei locali adibiti a seggio elettorale da parte del comune di Bellusco;

   il decreto-legge 11 settembre 2020, n. 117, recante «Disposizioni urgenti per la pulizia e la disinfezione dei locali adibiti a seggio elettorale e per il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni» è intervenuto proprio al fine di stanziare ulteriori risorse economiche da destinare specificamente a interventi di sanificazione dei locali sedi di seggio elettorale in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie del mese di settembre 2020, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio da Covid-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali, istituendo un apposito fondo presso il Ministero dell'interno che è stato finanziato con 39 milioni di euro;

   la dirigente scolastica, dopo aver effettuato un sopralluogo nel pomeriggio di martedì 22 settembre, ha constatato la mancata pulizia trovando i bagni sporchi e, soprattutto, i cestini pieni di mascherine usate, quindi potenzialmente infette, e ha sollecitato immediatamente l'intervento del comune, che aveva dato assicurazioni sulla sanificazione dei locali; tuttavia mercoledì mattina, al momento dell'apertura della scuola, la situazione purtroppo non era cambiata e ha dovuto mandare a casa, suo malgrado, circa 250 alunni;

   il comune di Bellusco, dal canto suo, ha replicato con una nota nella quale conferma che la sanificazione degli ambienti è stata fatta nei tempi previsti e di possedere le necessarie attestazioni con l'apposito rapportino anche sulle schede tecniche e la sicurezza dei prodotti utilizzati –:

   se, per quanto di competenza, siano state fatte verifiche o ispezioni in merito ai fatti illustrati in premessa e ad altri fatti analoghi registrati nel Paese e se si intenda chiarire quanto realmente accaduto presso l'istituto comprensivo di Bellusco e Mezzago, fornendo i dati dei contributi messi a disposizione dal comune di Bellusco per la sanificazione del plesso scolastico.
(4-06919)


   FRASSINI e CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 177 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto decreto rilancio, ha disposto l'esenzione dal pagamento della prima rata dell'Imu per l'anno 2020 – quota-Stato e quota-comune – relativa a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e stabilimenti termali, nonché immobili rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con finalità di lucro), immobili degli agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, affittacamere, bed and breakfast, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle predette attività;

   a seguito dell'approvazione di una proposta emendativa della Lega – Salvini Premier, al comma 1, è stata inserita la lettera b-bis), così da estendere l'agevolazione anche agli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimento di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;

   il lockdown, infatti, ha fortemente colpito anche il settore fieristico che, per via della cancellazione di ogni eventi pubblico e privato, ha subito un fermo merci di allestimenti, stand e attrezzature varie, con pesanti ricadute economiche dovute alle conseguenti giacenze;

   il comma 2 del citato articolo 177 demandava l'attuazione della disposizione ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ovvero entro il 18 agosto 2020, essendo stata pubblicata la legge n. 77 del 2020 sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio 2020;

   ai sensi del successivo comma 3 le disposizioni in esame si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza COVID-19;

   ad oggi, il decreto attuativo non risulta ancora emanato con il rischio che gli eventuali beneficiari dovranno comunque pagare l'imposta municipale propria –:

   quali siano le ragioni della mancata emanazione ad oggi del decreto ministeriale di cui in premessa, se il Governo abbia avviato la procedura di autorizzazione ai sensi del succitato comma 3 dell'articolo 170 del decreto-legge n. 34 del 2020 e quali siano i reali tempi previsti per l'attuazione della disposizione oggetto del presente atto.
(4-06920)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   la procura di Perugia ha aperto un'indagine sull'esame a cui è stato sottoposto il calciatore uruguaiano Luis Suarez per ottenere la cittadinanza italiana;

   nello specifico, la guardia di finanza avrebbe accertato delle irregolarità nella prova di conoscenza della lingua italiana che Suarez ha sostenuto a Perugia il 17 settembre 2020;

   secondo la ricostruzione dei fatti, Suarez avrebbe conosciuto in anticipo le domande, sarebbe stato sottoposto a un esame molto più facile rispetto a quello ordinario e il punteggio gli sarebbe stato attribuito prima della prova;

   le agenzie di stampa riferiscono da fonti giudiziarie che sono stati notificati diversi avvisi di garanzia per rivelazione di segreti d'ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e altri reati;

   nel decreto di perquisizione, la procura di Perugia definisce la prova sostenuta da Suarez «esame farsa» che sarebbe stato superato in «una seduta ad hoc» i cui contenuti erano stati concordati «in modo da blindare l'esito favorevole»;

   ad avviso dell'interrogante, la vicenda appena riportata oltre a danneggiare l'immagine del nostro Paese, rappresenta una vera e propria ingiustizia sociale nei confronti di milioni di giovani, nati e/o cresciuti in Italia, che stanno studiando per ottenere l'abilitazione;

   la vicenda ha un profilo di assoluta gravità per la notorietà del calciatore plurimilionario coinvolto e per un atteggiamento particolarmente soggiacente che sembrerebbe palesarsi da parte della Università per stranieri di Perugia nei confronti di una blasonata e potente società sportiva di calcio –:

   se il Governo non intenda fornire gli opportuni chiarimenti, per quanto di competenza, in merito alla vicenda riportata in premessa, con particolare riguardo alle modalità con cui viene concessa la cittadinanza italiana, al fine di evitare che episodi simili non abbiano più a ripetersi.
(4-06930)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   IlGiornale di Vicenza ha riportato in data 16 settembre 2020 in un articolo, le proteste di alcuni genitori degli alunni dell'istituto Almerico Da Schio per le «sollecitazioni» del dirigente scolastico al versamento di «contributi volontari» a favore della scuola;

   secondo quanto riferito, il dirigente, prima ancora della ripresa dell'anno scolastico, avrebbe dato indicazioni di telefonare ai genitori degli alunni per sollecitare il versamento di 250 euro, per l'alberghiero, e 100 euro per gli altri indirizzi;

   lo stesso dirigente avrebbe detto che, se in passato c'era stata tolleranza, quest'anno invece i nomi di chi non paga sarebbero stati tenuti in evidenza ed ai morosi non sarebbe stato permesso di cucinare e, tanto meno, assaggiare i cibi;

   la circolare ministeriale stabilisce in modo chiaro che i contributi volontari, devono considerarsi a tutti gli effetti spontanei, e non «spontanei», al contrario delle tasse scolastiche, il cui versamento è invece obbligatorio –:

   se i fatti, così come esposti nell'articolo del giornale di Vicenza, corrispondano a verità;

   in caso di verifica positiva, se il comportamento del dirigente scolastico sia da considerare legittimo e giustificato, soprattutto in un contesto sociale ed economico così delicato, come quello che si sta vivendo.
(3-01777)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per gli affari europei, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   in Italia sono frequentissime le frodi connesse al distacco transnazionale dei conducenti del trasporto su strada, quali quelle realizzate con il ricorso a «società di comodo» costituite in Paesi europei a basso costo contributivo;

   si tratta di un fenomeno ben noto a livello europeo, tanto che, nell'adottare la direttiva (UE) 2020/1057 del 15 luglio 2020, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno sottolineato l'importanza di contrastare tale genere di frodi, spesso realizzate per il tramite di società formalmente costituite in Paesi europei a basso costo del lavoro che non svolgono attività effettiva nel Paese di stabilimento;

   la medesima Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza C-610/18 del 16 luglio 2020, ha avuto modo di esaminare una fattispecie molto particolare, in cui conducenti di autoveicoli pesanti che risiedevano stabilmente nei Paesi Bassi e operavano a favore di società olandesi di cui in passato erano stati dipendenti, erano assicurati presso gli enti di previdenza sociale ciprioti, in quanto formalmente dipendenti di società stabilita a Cipro;

   in tal caso, la Corte di giustizia ha chiarito che, alla luce dell'esame delle circostanze concrete, i contributi avrebbero dovuto essere pagati nei Paesi Bassi;

   in Italia simili frodi, sia pure realizzate tramite istituti diversi, sono diffusissime;

   in particolare, l'abuso del diritto europeo viene realizzato in Italia sia tramite il ricorso all'istituto del distacco transnazionale di lavoratori, sia attraverso la fattispecie della somministrazione di autotrasportatori;

   la legislazione europea subordina la legittimità del ricorso ad entrambi tali istituti ad una serie di condizioni che non vengono quasi mai rispettate dalle società di autotrasporto costituite in Paesi europei a basso costo;

   in particolare, da un lato, risulta che tali società non svolgono attività effettiva nei Paesi di stabilimento, avendo quale unico obiettivo lavorare in Paesi dove possono sfruttare il differenziale di costo del lavoro; la mancanza di attività effettiva nel Paese di stabilimento rende totalmente illegittimo il ricorso sia al distacco, che alla somministrazione transnazionale di manodopera;

   il problema è stato confermato anche dal recente regolamento (UE) 1055/20 che ha previsto che «occorre assicurare che i trasportatori su strada stabiliti in uno Stato membro siano presenti in modo effettivo e permanente in tale Stato membro e da lì svolgano la loro attività di trasporto»;

   d'altro lato, tali società spesso non rispettano nemmeno i minimi retributivi imposti dalle direttive europee in materia di distacco e di somministrazione di lavoro, da calcolarsi sulla base della legislazione e della contrattazione collettiva del Paese ospitante;

   queste pratiche, oltre a configurare un grave abuso del diritto europeo, danneggiano gravemente le imprese italiane in ragione del differenziale di costo che, per i Paesi dell'Est europeo, è notevolmente inferiore rispetto a quello che devono affrontare le imprese nazionali, con un differenziale di circa 7.000,00 - 8.000,00 euro per il caso di somministrazione di lavoro, e di 15.000,00 - 20.000,00 euro, per il caso di distacco;

   si ritiene che il proliferare di queste frodi sia agevolato dall'assenza di controlli effettivi da parte degli organi ispettivi italiani e dalla mancata applicazione di sanzioni dissuasive a carico di tali società europee e dei loro committenti italiani;

   l'entità del fenomeno potrebbe essere rilevata dall'Agenzia delle entrate attraverso schede di rilevazione specifiche da inviare alle imprese di autotrasporto;

   in questi casi, vi è la competenza dell'Agenzia delle entrate a verificare se sussistano ipotesi di evasione fiscale, in ragione del fatto che, frequentemente, gli autotrasportatori distaccati o somministrati dimorano in Italia per più di 183 giorni l'anno e che comunque le società datrici di lavoro operano stabilmente in Italia, con conseguente configurazione di stabili organizzazioni ai sensi delle convenzioni in materia di doppia imposizione tra l'Italia e i Paesi europei di stabilimento; in generale, l'attività di controllo e monitoraggio di tali imprese dovrebbe essere tra le priorità di tutti gli organi ispettivi, visto il rischio di estromissione dal mercato delle imprese italiane operanti nel settore, con pregiudizio dell'intero Paese, per la perdita di posti di lavoro e per il danno contributivo e fiscale –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Governo per esperire i dovuti controlli al fine di contrastare le pratiche illegittime esposte in premessa e recuperare i contributi che illecitamente vengono sottratti all'Italia;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare affinché si contrasti la concorrenza sleale derivante dai regimi contributivi più favorevoli di alcuni Paesi dell'Unione europea in danno dell'Italia e, soprattutto, del Friuli Venezia Giulia, quale regione di confine con i Paesi dell'Est che notoriamente godono di regimi più convenienti.
(2-00939) «Rizzetto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'avvio del nuovo anno scolastico torna ad aleggiare lo spettro di nuove chiusure e di nuove sospensioni della didattica a seguito di eventuali studenti contagiati;

   per la chiusura delle scuole di marzo 2020 il Governo aveva previsto la possibilità di ricorrere al bonus baby-sitting e al bonus centri estivi per il periodo dalla chiusura dei servizi educativi scolastici al 31 agosto 2020, erogabili limitatamente al 2020 per coloro che hanno fatto domanda entro il 31 agosto;

   questa scadenza non tiene conto delle possibili evoluzioni della pandemia, con l'eventualità di ricorrere a nuovi lockdown, anche a carattere locale;

   le linee guida ministeriali invitano i genitori a tenere a casa i bambini all'insorgenza del primo sintomo, ma nessuno per il momento sembra aver considerato quali possano essere le difficoltà nel seguire questa indicazione;

   appare necessario prevedere eventuali riaperture della possibilità di ricorrere al bonus baby-sitting nei casi in cui vengano dichiarate chiusure locali delle scuole, al fine di favorire la continuità lavorativa di quei genitori, soprattutto delle madri, che hanno già abbondantemente sofferto delle conseguenze della pandemia –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere la riapertura dei termini per la presentazione delle domande per il bonus baby-sitting fino al 31 dicembre 2020.
(4-06909)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Medicina (BO) è stato dichiarato zona rossa dalla regione-Emilia-Romagna il 16 marzo 2020 a causa del celere diffondersi dell'epidemia di Sars-Covid 2 all'interno del territorio comunale stesso;

   tuttavia, l'Inps non ha riconosciuto i benefici fiscali in termini di copertura previdenziale ed economica ai lavoratori, poiché la zona rossa era stata dichiarata dalla regione e non dal Governo centrale. Tale criticità burocratica è stata parzialmente superata con il «decreto Agosto» ed ai lavoratori del comune di Medicina sono state riconosciute le coperture fiscali in questione per tutto l'arco di tempo in cui il comune stato zona rossa;

   il 18 settembre 2020, l'Inps ha diramato la comunicazione ufficiale (circolare n. 104) relativa alla erogazione di un nuovo bonus-extra di 500 euro per i cittadini italiani titolari di partita Iva, lavoratori autonomi e «co-co-co» e verrà erogata per tre mesi ed in base al periodo nel quale l'attività è stata chiusa;

   tuttavia, il bonus-extra può essere richiesto dalle tipologie di lavoratori sopracitati che erano già in attività nei comuni rientranti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o marzo 2020 riguardante le misure per contenere l'emergenza sanitaria;

   stanti le segnalazioni pervenute emergerebbe che il comune di Medicina, come diversi altri, potrebbe ritrovarsi in una situazione di «conflittualità» normativa e burocratica, visto che i cittadini del comune medesimo, titolari dei rapporti lavorativi sopracitati, non potrebbero richiedere il bonus-extra di 500 euro, poiché il loro comune non rientrerebbe tra quelli inseriti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o marzo;

   conseguentemente, il criterio sopracitato introdotto dall'Inps per richiedere il bonus-extra di 500 euro arrecherebbe una disparità di trattamento sul territorio nazionale, duramente colpito sul piano economico dalla pandemia in modo uniforme, tale da escludere fasce di lavoratori a partita Iva, «co-co-co» ed autonomi –:

   se intenda adottare iniziative di competenza al fine di fare chiarezza in merito alla circolare dell'Inps n. 104 del 18 settembre 2020 in relazione a quanto esposto in premessa;

   quali iniziative intenda adottare per impedire che tale provvedimento possa provocare disparità di trattamento in termini economici e previdenziali;

   quali territori della città metropolitana di Bologna verrebbero esclusi dal provvedimento dell'Inps e se sussista la possibilità che si verifichino «conflittualità» burocratiche analogamente a quanto accaduto nel comune di Medicina.
(4-06922)


   UNGARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti stampa che a breve l'Inps sia in procinto di far ripartire, dopo il «lockdown», una complessa operazione da terminarsi entro febbraio 2021 per accertare la regolarità della posizione dei soggetti che percepiscono una pensione italiana all'estero;

   un'operazione sicuramente giusta e meritoria che avviene con cadenza periodica: peccato che riparta ancora nel mezzo di una pandemia di un virus ancora poco conosciuto e particolarmente pericoloso per gli anziani;

   un piano di controlli dell'Inps era già stato sospeso a marzo 2020 con l'obiettivo di salvaguardare la salute dei pensionati e di tutti i soggetti coinvolti nell'attività di verifica;

   le nuove modalità previste, eccetto che per la modalità web, peraltro difficilmente applicabile a persone che vivono in aree remote e senza connessione o poco abili con lo strumento informatico, secondo l'interrogante non garantiscono sicurezza contro il contagio dal COVID-19 –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda verificare le modalità dell'operazione promossa dall'Inps, valutando l'opportunità di farla partire dalla prossima primavera 2021 a pandemia presumibilmente attenuata, stante anche l'attuale stato di emergenza vigente in Italia e nei Paesi a maggior presenza di connazionali all'estero.
(4-06924)


   CARETTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il 16 settembre 2020 era il termine ultimo per la ripresa della contribuzione previdenziale ed assistenziale sospesa a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché per il versamento della contribuzione relativa alla manodopera occupata nel primo trimestre 2020;

   infatti, l'articolo 97 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 cosiddetto «Decreto Agosto», ha introdotto una nuova forma di rateizzazione dei versamenti contributivi sospesi (50 per cento in unica soluzione o mediante rateizzazione, fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020, il rimanente 50 per cento mediante rateizzazione, fino a un massimo di 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 gennaio 2021), alternativa rispetto a quella già definita dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «Decreto Rilancio»;

   come riportato da associazioni di categoria ed a mezzo stampa, le indicazioni operative, fornite dall'Inps a ridosso della scadenza (messaggio n. 3274 del 9 settembre 2020), hanno previsto – in modo inconsueto rispetto al sistema di tariffazione ordinario in carico all'INPS – il calcolo delle rate a carico dei contribuenti e il versamento con una nuova codeline nel modello F24 comunicata dall'Inps nel cassetto previdenziale, mentre, per quanto attiene al versamento dell'ulteriore contribuzione dovuta, da pagare fino a 24 rate mensili a partire da gennaio 2021, l'istituto si è riservato di fornire ulteriori indicazioni;

   sul punto, le maggiori criticità sono state registrate nell'esonero straordinario dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro, dovuti per il primo semestre 2020, riconosciuto dal cosiddetto «Decreto Rilancio» alle imprese appartenenti a specifiche filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura;

   infatti, nonostante la necessaria autorizzazione della Commissione europea sia arrivata in tempi utili con decisione C(2020) 4977 final del 15 luglio 2020 (a seguito di una notifica MIPAAF datata 6 luglio 2020), il decreto interministeriale di attuazione (in capo a MIPAAF, MLPS e MEF) che ne avrebbe dovuto definire criteri e modalità, al 22 settembre 2020 non risulta ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale, cioè ben oltre la scadenza del versamento contributivo (16 settembre 2020) che lo stesso decreto interministeriale avrebbe dovuto regolare;

   in assenza della normativa ministeriale di attuazione l'Inps non ha potuto far altro che calcolare i contributi del primo trimestre 2020 senza l'applicazione dell'esonero;

   a seguito delle forti pressioni esercitate dalle organizzazioni di rappresentanza del comparto agricolo, nella notte del 15 settembre 2020 l'Inps con messaggio n. 3341, ha fornito alcune indicazioni riguardo all'esonero straordinario in attesa dell'emanazione della normativa interministeriale; tali indicazioni hanno delimitato l'ambito di applicazione della misura esclusivamente ad imprese identificate mediante codice Ateco tra le quali sono molte aziende del comparto agricolo, quali le aziende cerealicole che producono riso, che sono state escluse;

   infine, dall'esonero pare sia escluso il contributo antinfortunistico l'Inail, il quale fa invece parte della contribuzione agricola unificata (Cau), il quale non è in alcun modo escluso dalla norma primaria –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intendano intraprendere per:

    a) adottare tempestivamente la necessaria normativa interministeriale di applicazione dell'esonero di cui in premessa, anche considerando le criticità ed incertezze affrontate dal comparto agricolo nell'attesa della stessa;

    b) estendere l'ambito di applicazione della predetta misura al di fuori dello strumento dei codici Ateco comprendendo anche le imprese agricole che, al momento, si trovano escluse dalla disciplina provvisoriamente disposta dall'Inps;

    c) includere il contributo antinfortunistico Inail nel novero dell'esonero di cui in premessa.
(4-06927)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   INCERTI e CRITELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il settore ortofrutticolo rappresenta un segmento fondamentale dell'agricoltura italiana, non solo dal punto di vista della diffusione territoriale delle imprese agricole attive nella produzione di frutta e ortaggi, ma anche e soprattutto per i valori produttivi ed economici che caratterizzano il comparto. Gli andamenti produttivi degli ultimi mesi hanno subito gli effetti negativi derivanti da eventi di rilevante gravità a cominciare dai danni subiti dalla cimice asiatica, per arrivare alla grave perdita di fatturato subita dai frutticoltori per gli estremi eventi climatici e per le misure di lockdown scaturite dall'emergenza da Covid-19;

   secondo l'Osservatorio di mercato di Cso Italy i consumi di ortofrutta fresca sono in caduta libera. Il comparto romagnolo della frutta primaverile ed estiva ha subito una diminuzione complessiva della produzione dal 70 per cento all'80 per cento. La mancata produzione è stata valutata per le albicocche dall'80 per cento al 90 per cento, per pesche nettarine dell'80 per cento, pesche a pelo dell'80 per cento, susine dal 70 per cento all'80 per cento;

   il crollo della produzione ha comportato una diminuzione del 70 per cento del personale impiegato nelle aziende agricole per tutte le operazioni inerenti alla frutticoltura. Identici effetti si sono riscontrati per le strutture cooperative e private operanti sul territorio per il ritiro, la lavorazione e la conservazione e la commercializzazione della frutta, con stabilimenti chiusi o sottoutilizzati;

   sempre secondo dati Cso Italy, negli ultimi 15 anni l'ortofrutta emiliano-romagnola ha perso oltre 19 mila ettari, con un'accelerazione drammatica negli ultimi anni. La peschicoltura da sola in 10 anni ha perso 15 mila ettari. Una perdita di valore inestimabile per il territorio, in termini di posti di lavoro e di redditività per le aziende, con riflessi pesanti su tutti i settori a monte e a valle dell'impresa agricola;

   l'intero comparto ortofrutticolo, nel rimarcare le ricadute socio/economiche dell'esiguo raccolto di frutta, chiede interventi immediati e straordinari finalizzati al taglio dei contributi sulla manodopera e lo slittamento delle rate dei mutui;

   l'esigenza di un piano strategico nazionale per il frutticolo oltre che l'adeguamento del sistema assicurativo e del fondo di solidarietà nazionale per le aziende colpite da calamità naturali, rimangono una priorità improrogabile;

   nei giorni scorsi il Ministro interrogato dichiarava che «Il percorso per affrontare le problematiche dell'ortofrutta e individuare le soluzioni migliori alle criticità indicate dalle aziende è in evoluzione continua e prevede il coinvolgimento costante di tutti i rappresentanti del mondo produttivo» e aggiungeva che il Ministero stava avviando un confronto a livello tecnico con le associazioni del settore e le regioni finalizzato ad una revisione della Strategia nazionale sull'ortofrutta –:

   quali immediate iniziative siano state individuate al Tavolo ortofrutticolo per favorire il superamento delle criticità economiche, organizzative e occupazionali dell'intero comparto.
(5-04656)


   GOLINELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e GIACCONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 222, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, cosiddetto «Rilancio», riconosce l'esonero straordinario dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro, dovuti per il periodo 1° gennaio 2020-30 giugno 2020, per le filiere agrituristiche, apistiche, brassicole, cerealicole, florovivaistiche, vitivinicole, nonché dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura, al fine del loro rilancio produttivo e occupazionale;

   la norma in questione prevede un decreto interministeriale di attuazione dell'esonero da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro venti giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del cosiddetto decreto-legge «Rilancio», ovvero entro i primi del mese di agosto 2020, che avrebbe dovuto definire i criteri e le modalità dell'esonero;

   nonostante la Commissione dell'Unione europea abbia concesso il 15 luglio 2020 l'autorizzazione, così come previsto dalla norma, i Ministri interessati sembra che abbiano firmato il suddetto decreto interministeriale solo il 14 settembre 2020 e, ad oggi, questo non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale;

   questo ha comportato che, essendo già trascorsa la data di scadenza del primo versamento dei contributi, previsto per il 16 settembre 2020 relativo al primo trimestre 2020, l'Inps ha già effettuato il calcolo dei contributi dovuti dalle aziende, generando quindi incertezza sul comportamento da tenere da parte di quelle interessate dall'esonero;

   nelle more dell'emanazione del suddetto decreto interministeriale l'Inps ha provveduto, con un messaggio del 15 settembre 2020 (n. 3341), a dare le prime indicazioni sulle modalità dell'esonero, individuando le imprese beneficiarie, ovvero quelle che svolgono un'attività identificata dai codici Ateco contenuti nell'allegato al decreto interministeriale e riportandoli nel messaggio e, specificando che l'esonero riguarda solo la quota di contribuzione ai fini previdenziali posti a carico dei datori di lavoro, rimanendo quindi dovuta la quota contributiva a carico del lavoratore e la contribuzione Inail;

   inoltre, in attesa del completamento dell'iter e della definizione del modulo per la presentazione dell'istanza viene temporaneamente sospesa l'attività di verifica delle tempestività del versamento entro i termini ordinari;

   esistono, però, come segnalato dalle associazioni di categoria, altre criticità ovvero la disparità di trattamento tra i vari comparti agricoli; infatti, dall'elenco dei codici Ateco beneficiari dell'esonero risultano inspiegabilmente esclusi alcuni settori come, ad esempio, quelli ortofrutticolo, olivicolo e orticolo, comparti questi egualmente danneggiati dall'emergenza sanitaria da Covid-19 e che, a pieno titolo, avrebbero dovuto essere ricompresi nelle disposizioni del «decreto Rilancio», in quanto anch'essi settori agricoli strategici che contribuiscono fattivamente alla tenuta socio-economica del Paese;

   inoltre, risulta ancora a carico del datore di lavoro il versamento dei contributi Inail che, invece, fa parte pienamente della contribuzione agricola unificata (Cau), obbligo confermato anche dal messaggio dell'Inps –:

   quali siano le motivazioni per le quali, ad oggi, non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale citato in premessa che sta creando ai datori di lavoro agricolo e ai loro intermediari incertezza sui tempi e le modalità di attuazione della norma del «decreto Rilancio»;

   se non si ritenga di dover adottare iniziative per integrare l'elenco dei codici Ateco con le attività agricole escluse, che al pari delle altre filiere beneficiarie dell'esonero sono state colpite dagli effetti dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
(5-04657)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio per la ricerca, in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), con determina direttoriale n. 49 del 3 marzo 2020 (avviso n. 03/2020), ha avviato la procedura comparativa finalizzata al conferimento di n. 5 incarichi di collaborazione di esperto componente della commissione per la valutazione delle proposte progettuali relative alla sottomisura 10.2 nell'ambito del progetto «Accordo di cooperazione per il PNSR 2014-2020»;

   con determina direttoriale n. 195 del 4 maggio 2020 è stata costituita la commissione deputata a valutare le predette candidature;

   con determinazione direttoriale n. 334 del 31 luglio 2020 è stata quindi approvata la graduatoria finale pubblicata sul sito in data 31 luglio 2020, la quale, tuttavia, dopo qualche giorno è stata ritirata in autotutela come indicato dallo stesso sito del Crea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se sia a conoscenza dei motivi che hanno portato al ritiro in autotutela della graduatoria di cui in premessa e se intenda renderli noti.
(4-06911)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAMMÌ. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha introdotto alcune significative novità in materia di graduatorie. In particolare, all'articolo 1, comma 147, ha previsto che le amministrazioni possano «utilizzare le graduatorie dei concorsi pubblici, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali»;

   inoltre, il comma 148 ha disposto l'abrogazione dei commi da 361 a 362-ter e il comma 365 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ripristinando così la possibilità di utilizzo delle graduatorie non solo per i posti messi a concorso, ma anche per eventuali scorrimenti;

   lo stesso Ministro della salute, nel corso dell'esame per l'approvazione della legge di bilancio 2020, ha presentato un emendamento mirato ad autorizzare lo scorrimento delle graduatorie nelle procedure concorsuali per l'assunzione di personale dirigenziale e non dirigenziale del ruolo sanitario, bandite dalle aziende e dagli enti del servizio sanitario nazionale;

   sempre a conferma dell'apprezzabile impegno mostrato dal Governo nel considerare l'opportunità di attingere fino all'esaurimento delle graduatorie concorsuali vigenti, per consentire alle amministrazioni l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, in data 19 febbraio 2020 nel corso dell'esame del disegno di legge AC 2325, recante «Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162», è stato presentato a prima firma della interrogante un ordine del giorno sullo scorrimento delle graduatorie, accolto come raccomandazione;

   ed ancora, in data 8 luglio 2020, nel corso dell'esame del disegno di legge AC 2500 sulla «Conversione in legge del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34», con riferimento all'ordine del giorno presentato sempre a prima firma della interrogante, il Governo accoglieva, senza richieste di riformulazione, gli impegni «a valutare l'opportunità di prevedere, in futuri provvedimenti anche di natura legislativa, al fine di contrastare la precarietà nella sanità pubblica, che le amministrazioni possano procedere all'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, previo esaurimento delle graduatorie vigenti in ordine cronologico per la stessa categoria professionale; a valutare l'opportunità, sempre al fine di contrastare la precarietà nella sanità pubblica, di aprire un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali dei candidati risultati idonei ai concorsi pubblici, al fine di individuare soluzioni che favoriscano la priorità di scorrimento delle graduatorie attualmente vigenti e le assunzioni a tempo indeterminato degli stessi»;

   pertanto, in base alla richiamata legge 27 dicembre 2019, n. 160, le graduatorie approvate nell'anno 2011 potevano essere utilizzate fino al 30 marzo 2020; quelle approvate dal 2012 al 2017 restano valide fino al 30 settembre 2020, mentre le graduatorie approvate dal 2018 al 2019 sono valide per 3 anni dall'approvazione della graduatoria ed infine le graduatorie approvate dal 2020, invece sono utilizzabili entro due anni dall'approvazione della graduatoria;

   a fronte delle lecite aspettative dei lavoratori precari delle pubbliche amministrazioni, è bene però ricordare che, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il lavoro a tempo determinato è ammesso per rispondere ad «esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale»;

   tuttavia, anche nel corso della presente emergenza sanitaria dovuta all'epidemia da Covid-19, ad oggi sono ancora troppi i professionisti sanitari risultati idonei ai concorsi pubblici le cui legittime aspettative di assunzione rischiano di essere vanificate, come nel caso degli infermieri risultati idonei all'ultimo concorso pubblico bandito dall'ospedale Sant'Andrea di Roma, protagonisti di una recente mobilitazione indetta per invocare l'esaurimento delle graduatorie per consentire le assunzioni a tempo indeterminato –:

   se i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare iniziative volte a consentire che i candidati idonei ai concorsi del comparto della sanità pubblica possano essere immessi in servizio con contratti a tempo indeterminato, attraverso lo scorrimento delle graduatorie vigenti.
(4-06921)


   LOCATELLI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, MOLTENI, SUTTO e TIRAMANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto in data 8 settembre 2020, il Ministro della salute ha istituito una commissione per la riforma del modello assistenziale sanitario e sociosanitario dedicato alla popolazione anziana, allo scopo di «favorire una transizione dalla residenzialità a servizi erogati sul territorio e di ridefinire il continuum assistenziale, suggerendo modalità, strumenti innovativi e digitali»;

   alla commissione è stato assegnato il compito di elaborare proposte di riforma, tra le altre, in materia di «riorganizzazione» del sistema assistenziale, «accessibilità delle prestazioni», nonché di «efficientamento dei percorsi» che riguardano i pazienti cronici;

   tra i sedici commissari all'uopo nominati vi sono personalità del mondo scientifico, scrittori, poeti, registi, giornalisti e teologi. Si registra, invece, l'esclusione, ad avviso degli interroganti sorprendente, dei rappresentanti del mondo del sociale, del terzo settore, delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e delle strutture analoghe che erogano servizi in favore di anziani e persone in condizione di fragilità;

   le strutture in questione, così come le associazioni, i volontari e i moltissimi professionisti che compongono le reti di sostegno costituiscono un pilastro fondamentale dell'attuale sistema di assistenza rivolto agli anziani;

   non si comprende, dunque, per quale ragione gli stessi non siano stati adeguatamente coinvolti e rappresentati nell'ambito della predetta commissione; non si comprende, invero, come si possa concepire un progetto di riforma del sistema di assistenza dedicato alle persone anziane, escludendo gli attori che quotidianamente contribuiscono, in prima persona, al concreto funzionamento del sistema stesso;

   ad avviso degli interroganti, il Governo ha già lasciato sole le strutture assistenziali, i volontari e gli operatori nei momenti più duri dell'emergenza, senza fornire loro le indicazioni, le dotazioni strumentali e le risorse necessarie per affrontarla. Una nuova esclusione, anche dai lavori sull'avviato progetto di riforma, sarebbe quindi inaccettabile e controproducente –:

   se non ritenga necessario integrare la composizione della commissione citata in premessa, garantendo nell'ambito di essa l'adeguata rappresentanza del mondo del sociale, del terzo settore, dei rappresentanti delle Rsa e delle strutture analoghe che erogano servizi in favore delle persone anziane.
(4-06925)


   MAMMÌ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio direttivo dell'ordine delle professioni infermieristiche di Firenze-Pistoia, in data 9 settembre 2020, deliberava una modifica al regolamento elettorale della Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), approvato nel Consiglio nazionale del 12 ottobre 2019 e trasmesso al Ministero della salute in data 28 ottobre 2019. La modifica prevede l'esclusione dalla competizione elettorale per il rinnovo dei consigli degli ordini provinciali infermieristici (Opi) delle liste che non possano candidare professionisti in una delle due commissioni d'albo (infermieri ed infermieri pediatrici);

   tale intervento emendativo veniva deliberato solo due giorni prima del termine per la presentazione delle liste dei candidati alle elezioni per il rinnovo degli organi direttivi dell'ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Firenze e Pistoia, indette nelle giornate del 26, 27 e 28 settembre 2020 in prima convocazione, del 3, 4, 5 ottobre 2020 in seconda convocazione e 10, 11, 12 ottobre 2020 in terza convocazione;

   la direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale presso il Ministero della salute, investita della questione, in data 11 settembre 2020, si pronunciava favorevolmente riguardo all'ammissione di liste senza infermieri pediatrici, tenendo conto che la candidatura è sempre manifestazione di volontà personale;

   fra le liste presentate per le prossime elezioni volte al rinnovo degli organi direttivi dell'Opi di Firenze-Pistoia, vi è la lista «Ordine Cambia Stile», i cui rappresentanti, stando alla ricostruzione dei fatti, così come riportata sul sito assocarenews.it, sembrerebbe che, per via di un guasto alla casella di posta elettronica certificata dell'ordine, non riuscivano a completare l'invio telematico delle candidature, dopo aver comunque trasmesso una prima comunicazione via pec, consegnata all'ordine destinatario alle ore 11,28 del giorno 11 settembre 2020, quindi prima dello spirare del termine massimo di presentazione delle candidature. Al fine di completare la procedura i rappresentanti della citata lista si recavano personalmente presso gli uffici dell'Opi per il deposito cartaceo del plico, giungendo in sede prima della scadenza del termine, ma ottenendone la registrazione alle ore 12.01, ovvero un minuto oltre il tempo limite; veniva quindi decretata l'esclusione del movimento dalla competizione elettorale, resa nota il giorno 16 settembre 2020;

   la vigilanza sul corretto funzionamento dell'account di posta elettronica certificata dovrebbe spettare all'ordine professionale, specie nel corso delle procedure elettorali, al fine di garantire lo svolgimento del corretto processo democratico di partecipazione alle consultazioni –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno acquisire elementi in merito alle vicende esposte e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle procedure di rinnovo degli organi direttivi dell'ordine provinciale infermieristico di Firenze-Pistoia;

   se non intenda valutare, per quanto di competenza, la possibilità di sospendere le consultazioni elettorali in corso e l'eventuale nomina di una commissione straordinaria.
(4-06929)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 137 del 2019 ha autorizzato un finanziamento, sotto forma di prestito, di 400 milioni di euro a favore di Alitalia-Società area spa e Alitalia Cityliner spa, entrambe in amministrazione straordinaria, al fine di assicurare la continuità del servizio svolto;

   il finanziamento, che si andava ad aggiungere a ulteriori 900 milioni di euro già erogati in passato, sempre sotto forma di prestito, avrebbe dovuto essere restituito entro sei mesi dall'erogazione, dunque entro giugno 2020;

   il citato decreto-legge dava, inoltre, mandato all'amministratore straordinario di espletare, entro il 31 maggio 2020, tutte le procedure propedeutiche alla cessione delle società;

   il percorso di cessione di Alitalia-Società area Spa e Alitalia Cityliner spa delineato dal decreto-legge 137 del 2019 viene completamente stravolto, anche a seguito dell'esplosione della pandemia da Covid-19, con il decreto-legge 18 del 2020, comunemente detto «Cura Italia». L'articolo 79 del decreto ha previsto, infatti, la costituzione di una società interamente controllata dallo Stato alla quale avrebbero dovuto essere trasferite le società in amministrazione straordinaria;

   detto articolo è stato più volte novellato, anche in maniera estremamente rilevante, da successivi provvedimenti normativi quali il decreto-legge n. 34 del 2020, con l'articolo 202, il decreto-legge n. 104 del 2020, con l'articolo 87;

   la norma attualmente vigente ha previsto la costituzione di una società a controllo interamente o prevalentemente pubblico che eserciti attività di impresa nel settore aereo. La stessa disposizione autorizza questa nuova società ad acquistare o prendere in affitto rami d'azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall'Enac «anche in amministrazione straordinaria». In parole semplici e comprensibili la disposizione autorizza all'acquisto di Alitalia. Inoltre, il Ministero dell'economia e delle finanze è stato autorizzato a partecipare al capitale sociale della costituenda «new.co» pubblica con un apporto complessivo di 3 miliardi di euro;

   sempre l'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto che la nuova società pubblica che dovrà procedere all'acquisto di Alitalia, sia costituita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Lo stesso decreto, in sede di prima applicazione, dovrebbe autorizzare la costituenda società pubblica all'elaborazione del piano industriale;

   a diversi mesi di distanza dall'entrata in vigore di una disposizione che, essendo contenuta in un decreto-legge, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, avrebbe dovuto rivestire carattere di necessità e urgenza, del decreto interministeriale non si hanno notizie ufficiali, se non alcune dichiarazioni rilasciate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche in sede di audizione parlamentare, nelle quali si riferiva che il decreto «fosse alla firma» dei vari Ministri dei quali è richiesto il concerto ai fini dell'adozione;

   il trascorrere dei mesi pone la rilevante questione relativa al fatto se Alitalia-Società area spa e Alitalia Cityliner spa, nelle more della loro acquisizione, potranno continuare a garantire il servizio svolto senza ricorrere ad ulteriori finanziamenti pubblici;

   tale situazione di incertezza è pesantemente aggravata dalla condotta del commissario straordinario, avvocato Leogrande, che ormai da tempo si è reso di fatto indisponibile allo svolgimento di un'audizione, più volte sollecitata, presso la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, audizione che sarebbe opportuno svolgere quanto prima;

   nel frattempo il termine di restituzione dei 400 milioni di euro erogati a dicembre 2019 è stato differito al 31 dicembre 2020 dall'articolo 45 del decreto-legge n. 76 del 2020 –:

   se, nelle more della costituzione della società a partecipazione pubblica di cui all'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, l'amministrazione straordinaria di Alitalia-Società area spa e Alitalia Cityliner spa sia in grado di continuare ad assicurare i servizi svolti dalle società, senza la necessità di dover ricorrere ad un ulteriore finanziamento pubblico, alla luce del miliardo e trecento milioni di euro già stanziati sotto tale forma dal 2017 ad oggi e ancora non restituiti;

   se i Ministri interpellati abbiano proceduto alla firma del decreto interministeriale e, in caso contrario, quali siano i motivi ostativi in relazione alle rispettive parti di competenza, che stanno impedendo l'espressione del rispettivo concerto.
(2-00938) «Zanella».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Nilfisk Spa, società che opera nel settore lavori di meccanica generale, con un organico di 138 lavoratori, nel dicembre 2018, aveva avviato, limitatamente allo stabilimento di Guardamiglio, una procedura di licenziamento collettivo poi evitata con la decisione, assunta al tavolo di crisi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della Cassa integrazione in deroga per 97 lavoratori;

   il trattamento straordinario di integrazione salariale avrebbe dovuto avere decorrenza dal 27 dicembre 2018 per la durata di 12 mesi e l'individuazione dei lavoratori da collocare in cassa sarebbe avvenuta sulla base delle esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali connesse alla cessazione di attività; parimenti, la rotazione del personale interessato avrebbe dovuto tener conto delle medesime esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali e della fungibilità delle mansioni svolte;

   l'intesa prevedeva, poi, che l'andamento del programma di Cassa integrazione guadagni straordinari doveva essere monitorato con incontri di verifica, a livello locale, su richiesta di una delle parti;

   a 21 mesi da quel tavolo, i lavoratori interessati, nel frattempo licenziati, lamentano di essere ancora in attesa di risposte e di indennità spettanti, con un rimpallo tra Inps e Anpal, nonché la totale scomparsa di chi avrebbe dovuto seguirli in tutta la fase della vertenza;

   il lodigiano ha subito perdite durissime di fabbriche e di posti di lavoro e la vicenda Nilfisk rappresenta l'ennesimo colpo al territorio –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano tempestivamente assumere con riguardo a quanto esposto in premessa.
(5-04655)


   BERGAMINI, SOZZANI, ZANELLA, PENTANGELO, ROSSO e MULÈ. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da notizie di stampa, nelle così dette «aree bianche» del Paese, quelle zone, cioè, che essendo considerate a fallimento, hanno richiesto un intervento pubblico da parte dello Stato per finanziare l'infrastrutturazione della banda ultra larga, le tariffe che gli operatori al momento attivi stanno applicando agli utenti per la connessione internet sono più costose di quelle applicate nelle altre zone del Paese;

   la tariffa al momento proposta da Wind Tre è di 29,98 euro al mese per un periodo promozionale, con uno scatto a 32,98 euro al mese a regime, a fronte di un'offerta proposta nel resto del Paese di 28,98 euro al mese;

   Tiscali, invece, altro operatore al momento attivo nelle aree bianche, propone per la stessa tecnologia una tariffa di 32,95 euro al mese, comprensiva di attivazione, contro i 29,95 euro mensili proposti nelle altre zone;

   gli operatori citati giustificano la tariffa proposta agli utenti nelle aree bianche alla luce di una serie di motivazioni, tra i quali un costo di attivazione che questi debbono pagare ad Open Fiber, il soggetto che ha realizzato la rete, per poter cablare il palazzo dei clienti;

   ad oggi la rete di Open Fiber nelle aree bianche raggiunge 3,5 milioni di unità immobiliari; di queste, però, solo 540 mila possono attivare connessioni con operatori privati, perché le restanti sono in attesa di collaudo definitivo. Una volta espletato tale, collaudo, però il problema di accedere alla connessione internet ad un prezzo più alto, rispetto al resto d'Italia, si porrà per moltissimi utenti;

   tali utenti rischiano di subire una doppia discriminazione e, dopo aver dovuto aspettare un tempo molto più lungo di altri per poter accedere a connessioni veloci e ultra veloci, saranno costretti anche a dover pagare un prezzo più caro –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, in ordine alle criticità riportate in premessa e se intenda adottare iniziative per prevedere un intervento pubblico al fine di garantire ai residenti nelle aree bianche la possibilità di accesso a connessioni veloci e ultra veloci alle stesse condizioni che si verificano nelle altre aree del Paese.
(5-04662)


   GALLO e DEL SESTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 20 agosto 2020, l'associazione Italia Nostra ha denunciato alla procura di Torre Annunziata ed alla Corte dei conti che Invitalia starebbe «finanziando lavori di ampliamento in alcuni alberghi che sono in violazione delle norme urbanistiche e paesaggistiche»; giorni prima altri due esposti, relativi ad interventi all'hotel Mary ed alla ricostruzione del ristorante abusivo la Pagliarella, erano stati inviati alla medesima procura dal Wwf;

   il 23 maggio 2019 Invitalia ha annunciato di aver destinato 12,5 milioni di euro ad alcune strutture turistiche (hotel e resort Le Axidie, hotel Mary, stabilimento balneare il Bikini, hotel Capo La Gala e un albergo sul Faito chiuso da anni), sia per lavori di riqualificazione delle strutture esistenti sia per ampliamenti delle stesse, allo scopo di «rendersi più appetibili ed a creare i presupposti per nuova occupazione»;

   nonostante l'imponente investimento, sono previsti solo 46 nuovi posti di lavoro;

   alcuni dei progetti finanziati sarebbero già stati avviati;

   secondo Italia Nostra «Tutte le strutture che hanno ottenuto il finanziamento da Invitalia ricadono in zona 1/b del PUT, che esclude ogni possibilità di nuova edilizia pubblica o privata. Ciononostante sono state rilasciate autorizzazioni dal comune di Vico che danno via libera a nuove cubature», consentendo edificazioni anche a pochi metri dal mare;

   Invitalia «Non si è preoccupata di accertare la legittimità delle deroghe al Piano Paesistico approvate, senza che ne avesse titolo alcuno, dal consiglio comunale di Vico Equense»;

   con riguardo alla regione Campania e alla soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Napoli, l'associazione denuncia che «Non hanno sollevato obiezione alcuna ad un provvedimento che appare francamente illegittimo. La Soprintendenza, in particolare, avrebbe dovuto negare il parere favorevole e non lo ha fatto»;

   similmente, anche Wwf e Associazione Verdi Ambiente e Società hanno denunciato presunte irregolarità relative alle autorizzazioni rilasciate per opere in zona 1/b del Put –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, verificare l'operato di Invitalia S.p.a. in relazione alle violazioni denunciate dalle associazioni ambientaliste e all'eventuale sussistenza dei presupposti per l'annullamento o il ritiro dei finanziamenti di cui in premessa;

   per quali motivi la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Napoli abbia espresso parere favorevole agli interventi edili di cui in premessa;

   se, per quanto di competenza, risulti l'avvio di indagini in relazione ai fatti esposti in premessa.
(5-04664)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Meloni e altri n. 1-00376, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 settembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupi, Angelucci, Aprea, Bagnasco, Baldelli, Baldini, Baratto, Barelli, Anna Lisa Baroni, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Bond, Brambilla, Brunetta, Calabria, Cannatelli, Cannizzaro, Caon, Cappellacci, Carfagna, Carrara, Casciello, Casino, Cassinelli, Cattaneo, Cortelazzo, Cristina, Dall'Osso, D'Attis, Della Frera, D'Ettore, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Ferraioli, Gregorio Fontana, Giacometto, Giacomoni, Labriola, Mandelli, Marin, Marrocco, Martino, Mazzetti, Milanato, Mugnai, Mulè, Musella, Napoli, Nevi, Fitzgerald Nissoli, Novelli, Occhiuto, Orsini, Palmieri, Pella, Pentangelo, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Polidori, Polverini, Porchietto, Prestigiacomo, Ravetto, Ripani, Rossello, Rosso, Rotondi, Ruffino, Ruggieri, Paolo Russo, Saccani Jotti, Sarro, Elvira Savino, Sandra Savino, Cosimo Sibilia, Siracusano, Sisto, Sozzani, Spena, Squeri, Tartaglione, Torromino, Maria Tripodi, Valentini, Versace, Vietina, Vito, Zanella, Zanettin, Zangrillo. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Meloni, Molinari, Gelmini, Lupi, Lollobrigida, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan, Angelucci, Aprea, Bagnasco, Baldelli, Baldini, Baratto, Barelli, Anna Lisa Baroni, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Bond, Brambilla, Brunetta, Calabria, Cannatelli, Cannizzaro, Caon, Cappellacci, Carfagna, Carrara, Casciello, Casino, Cassinelli, Cattaneo, Cortelazzo, Cristina, Dall'Osso, D'Attis, Della Frera, D'Ettore, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Ferraioli, Gregorio Fontana, Giacometto, Giacomoni, Labriola, Mandelli, Marin, Marrocco, Martino, Mazzetti, Milanato, Mugnai, Mulè, Musella, Napoli, Nevi, Fitzgerald Nissoli, Novelli, Occhiuto, Orsini, Palmieri, Pella, Pentangelo, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Polidori, Polverini, Porchietto, Prestigiacomo, Ravetto, Ripani, Rossello, Rosso, Rotondi, Ruffino, Ruggieri, Paolo Russo, Saccani Jotti, Sarro, Elvira Savino, Sandra Savino, Cosimo Sibilia, Siracusano, Sisto, Sozzani, Spena, Squeri, Tartaglione, Torromino, Maria Tripodi, Valentini, Versace, Vietina, Vito, Zanella, Zanettin, Zangrillo».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Ascari e altri n. 3-01769, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanichelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gemmato n. 5-04636, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lollobrigida.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-01505 del 5 maggio 2020;

   interrogazione a risposta scritta Magi n. 4-06791 del 10 settembre 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Mulè n. 5-04639 del 22 settembre 2020;

   interrogazione a risposta orale Marrocco n. 3-01773 del 23 settembre 2020.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione De Luca n. 5-04488 del 31 luglio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01775.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BARTOLOZZI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da l'Espresso del 21 aprile 2020 che: un giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura, 78 anni, condannato definitivamente per associazione mafiosa;

   come risulta anche da fonti di stampa, il 21 marzo 2020 il Dap ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in cui li invita a comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza, il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria ed inoltre tutti i detenuti che superano i 70 anni, e con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41-bis. Fra loro si conta Leoluca Bagarella (che sta spingendo da tempo per avere gli arresti in casa) i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera;

   nelle scorse settimane, sempre per l'emergenza Covid-19, è stato posto agli arresti domiciliari dai giudici della corte d'assise di Catanzaro Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto un boss della 'ndrangheta, Iannazzo, detto «il moretto», è indicato come il capo del clan di Lamezia Terme (a luglio 2018 condannato anche in appello a 14 anni 6 mesi) e adesso torna a casa proprio nel cuore di Lamezia;

   sempre con la motivazione dell'incompatibilità carceraria, attende di andare a casa anche il capomafia Benedetto «Nitto» Santapaola, condannato definitivamente per diversi omicidi fra cui quello del giornalista e scrittore Giuseppe Fava, assassinato a Catania il 5 gennaio 1984;

   a seguito delle suddette notizie di stampa, con Ansa del 21 aprile 2020, il Dap ha smentito di aver emanato qualsiasi disposizione riguardante i detenuti al 41-bis confermando di aver eseguito solo un monitoraggio;

   è notizia di stamani che il boss dell'Uditore Pino Sansone, 69 anni, l'ex vicino di casa di Totò Riina nel complesso di via Bernini, è andato ai domiciliari per decisione del tribunale del riesame di Palermo, probabilmente tenendo conto del fatto che il costruttore dell'Uditore riarrestato a luglio 2019 era recluso nel carcere di Voghera (Pavia), dove nei giorni scorsi è morto un detenuto per il Covid-19 e ciò nonostante l'opposizione sostenuta dal sostituto procuratore della Dda Amelia Luise –:

   se e quando i Ministri interrogati abbiano avviato, per quanto di competenza, tutte le opportune verifiche e approfondimenti;

   se sia mai stata emanata la circolare del 21 marzo 2020 citata da L'Espresso con cui il Dap avrebbe invitato tutti i direttori delle carceri a «comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se il suo caso rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, e se si tratti di persone anziane;

   se le informazioni scaturite dal monitoraggio effettuato dal Dap siano state trasferite agli uffici giudiziari italiani e se siano state date indicazioni operative su eventuali richieste di scarcerazione.
(4-05329)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo a provvedimenti di scarcerazione emessi dall'autorità giudiziaria nei confronti di soggetti ascritti ai circuiti digita sicurezza e 41-bis, si rappresenta quanto segue.
  I provvedimenti di differimento dell'esecuzione pena, ai sensi degli articoli 146 del codice penale (rinvio obbligatorio) e 147 del codice penale (rinvio facoltativo), come la detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-
ter, comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario possono essere adottati a prescindere dalle preclusioni di cui all'articolo 4-bis.
  In particolare, il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena non può essere adottato se sussiste il «concreto pericolo della commissione di delitti» (articolo 147, comma 4, del codice penale). Compete alla magistratura di sorveglianza la valutazione (comprensiva del bilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute del soggetto e la necessità di prevenire il pericolo di recidiva) in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione dei «benefìci penitenziari».
  Compete, altresì, alla magistratura di sorveglianza, la valutazione in ordine all'eventuale necessità di una iniziale concessione provvisoria «
de plano».
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 666, comma 5, del codice di procedura penale, «il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno»; in forza di tale disposizione, la magistratura di sorveglianza può dunque chiedere alla competente autorità sanitaria, le informazioni relative alle misure adottate nell'istituto e nella sezione di appartenenza per la prevenzione del pericolo di contagio (come anche quelle di approfondimento sulla pericolosità, di cui sono già indice la sottoposizione allo speciale regime detentivo
ex articolo 41-bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario o l'assegnazione al circuito alta sicurezza).
  Riguardo ai detenuti indicati in premessa dagli interroganti, si evidenzia che nei confronti di Santapaola Benedetto, nato il 4 giugno 1938 a Catania e ristretto presso la casa di reclusione di Opera, nell'anno 2020 non è stato avviato alcun procedimento ai sensi dell'articolo 146 del codice penale; dal 13 luglio 2020 il medesimo è ricoverato presso una struttura ospedaliera esterna.
  Vincenzino Iannazzo, nato il 24 giugno 1954 a Lamezia Terme, ha fatto ingresso dalla libertà presso la casa circondariale di Cosenza in data 14 maggio 2015, in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare emessa in data 8 maggio 2015 dal G.i.p. di Catanzaro per associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, truffa e altro; ricorrente con fine pena provvisorio al 14 novembre 2029.
  Il detenuto è stato sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2 dell'ordinamento penitenziario a far data dal 28 settembre 2016.
  Lo Iannazzo è stato giudicato in Corte d'assise d'appello con sentenza del 9 luglio 2018, depositata in data 6 maggio 2019; con tale sentenza, la Corte ha rideterminato la pena in anni 14 e mesi sei di reclusione ed euro 3.700 di multa, assolvendo l'imputato dai reati di cui ai capi 5 e 6 e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
  I reati per i quali è intervenuta condanna in primo e secondo grado e vi è titolo di detenzione sono quelli di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 56 e 629 del codice penale, 629 del codice penale, 12-
quinquies del decreto-legge n. 306 del 1992 e 640 del codice penale; il giudizio pende attualmente in grado di legittimità.
  Per lo Iannazzo è stata avviata una prima procedura di revoca della misura cautelare con istanza difensiva del 10 agosto 2018; tale la procedura è stata definita, sulla base di una consulenza affidata al dottor Fernando Roccia, depositata il 22 ottobre 2018, con provvedimento di rigetto 25 ottobre 2018.
  È poi pervenuta una successiva istanza difensiva ed è stata dunque avviata un'ulteriore procedura di verifica della compatibilità con le condizioni di salute del regime cautelare carcerario in atto; in relazione a tale procedura è stata chiesta un'integrazione della consulenza al medesimo dottor Roccia.
  Il perito ha ritenuto che fosse sopravvenuta una situazione di incompatibilità delle condizioni del detenuto con il regime carcerario, «sin quando sarà presente il rischio di contagio da parte di SARS-COV-2 nelle condizioni clinico-epidemiologiche attuali, ossia in permanenza dello stato epidemico ed in assenza di protocolli terapeutici efficaci validati o di vaccino»; sulla base di tali risultanze è stato dunque adottato il provvedimento di trasferimento agli arresti domiciliari, sotto scorta e con applicazione del braccialetto elettronico.
  Non può in proposito sottacersi che lo Iannazzo è stato sottoposto a trapianto e quindi immunodepresso, con ulteriori patologie a carico, tra cui ipertensione arteriosa sistemica, segni clinici di vasculopatia cerebrale cronica e arteriosclerosi polidistrettuale. Il dottor Roccia ha tenuto conto del problema posto dal direttore della Usl Umbria 2, territorialmente competente in ordine all'assistenza sanitaria della casa circondariale di Spoleto (il medesimo direttore ha infatti ravvisato una «...situazione di detenzione, dove è difficile mettere in pratica, a parte la terapia farmacologica, misure di prevenzione legate alla alimentazione, al movimento e al controllo delle condizioni igieniche»).
  Con missiva del 1° aprile 2020 il direttore del medesimo distretto usl, nel segnalare di aver riscontrato un caso di positività tra il personale infermieristico, ha relazionato sulla posizione dello Iannazzo, rimarcando che lo stesso «è stato sottoposto a trapianto renale e quindi assume farmaci immunosoppressori, presenta un deficit immunitario che lo pone fortemente a rischio di infezione da COVID-19».
  Per tali ragioni con ordinanza del 1° aprile 2020 la Corte d'assise d'appello di Catanzaro ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso l'abitazione con l'uso del braccialetto elettronico; il provvedimento è stato eseguito in data 21 aprile 2020.
  Nelle more del trasferimento, in data 20 aprile 2020, lo Iannazzo è stato condotto al pronto soccorso dell'ospedale civile di Spoleto, in quanto, a seguito di caduta accidentale nel sonno, è stato trovato giacente sul pavimento, lateralmente sul fianco destro, vigile e poco rispondente, poco collaborante, eupnoico, disorientato nello spazio e nel tempo; gli sono stati applicati 4 punti di sutura a ferita lacero contusa in zona bragmatica e catetere vescicale per facilitare lo svuotamento, la diagnosi di uscita è stata la seguente: «trauma cranico minore e contusione bacino».
  Lo Iannazzo è stato scarcerato in data 21 aprile 2020, a seguito della concessione degli arresti domiciliari per motivi di salute; tale misura è stata revocata in data 4 giugno 2020, con ricovero presso la struttura protetta dell'ospedale «Belcolle» di Viterbo; detto ricovero è tuttora in corso. In data 9 giugno 2020 lo Iannazzo è stato nuovamente sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario.
  Giuseppe Sansone, nato il 5 maggio 1950 a Palermo, ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Palermo «Pagliarelli» in data 17 luglio 2019, a seguito di fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo; in attesa di primo giudizio per violazione dell'articolo 416-
bis del codice penale, articolo 99 del codice penale, articolo 110 del codice penale, articolo 512-bis del codice penale, articolo 81 del codice penale.
  Il titolo custodiale è stato confermato in sede di riesame con ordinanza del tribunale di Palermo del 9 agosto 2019 limitatamente al reato associativo, mentre è stato annullato per le due contestazioni di intestazione fittizia di beni.
  Con ordinanza del 25 marzo 2020, il giudice per le indagini preliminari ha respinto l'istanza del 17 marzo 2020 e la successiva integrazione del 23 marzo 2020, con cui i suoi difensori avevano chiesto la sostituzione della misura, rappresentando che in data 5 maggio 2020 avrebbe compiuto il settantesimo anno di età e valorizzando l'assenza di esigenze cautelari di grado eccezionale; oltre all'età, avevano inoltre evidenziato le condizioni sanitarie del detenuto, affetto da bronchite cronica ostruttiva, ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico, stenosi dei bulbi carotidei stimata al 20 per cento a destra e al 40 per cento a sinistra, affermando che tali concomitanti patologie rilevano per l'aggravamento del quadro clinico e per la concretizzazione di esito infausto in caso di contagio da Sars-Cov-2.
  Avverso tale provvedimento i difensori del Sansone hanno presentato istanza di riesame, sostenendo l'incidenza del rischio di contagio in ragione degli accertati casi di Covid-19 presso la casa circondariale di Voghera in cui era ristretto, le sue condizioni di salute e l'approssimarsi del settantesimo anno di età che già aveva determinato l'ammissione di altri coindagati (Gambino Rosario e Sansone Gaetano) alla misura degli arresti domiciliari.
  Il collegio ha disposto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari con dispositivo reso ed eseguito in pari data dell'udienza camerale (la motivazione dell'ordinanza è stata depositata in data 8 maggio 2020).
  La sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, tuttora in corso, è stata disposta a fronte del raggiungimento da parte del Sansone del settantesimo anno di età in data 5 maggio 2020, alla ritenuta assenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza ed al conseguente divieto, previsto dall'articolo 275 comma 4 del codice di procedura penale, di mantenimento della misura di massimo rigore, prevalente sulla presunzione di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere
ex articolo 275, comma 3 del codice di procedura penale nonché in considerazione delle condizioni di salute dell'indagato e della già avvenuta diffusione, anche con esito letale, del virus Sars Cov-2 all'interno della struttura carceraria di Voghera, ove il Sansone era ristretto. La richiesta di ripristino dell'esecuzione della misura cautelare in carcere formulata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo è stata respinta dall'ufficio G.i.p. di Palermo.
  Francesco Bonura, nato il 23 marzo 1942 a Palermo, ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Palermo «Pagliarelli» in data 20 giugno 2006, a seguito di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo; il fermo è stato successivamente convalidato in data 23 giugno 2006.
  Il detenuto, sottoposto dal 30 giugno 2006 al regime speciale di cui all'articolo 41
-bis, comma 2, è in espiazione della pena di anni 18 e mesi 8 di reclusione di cui al titolo esecutivo n. SIEP 623/2012 PG Palermo, che riguarda una condanna della Corte di Appello di Palermo (divenuta irrevocabile nel 2012) per i reati di associazione di tipo mafioso, cinque episodi di estorsione aggravata continuata in concorso e una tentata estorsione aggravata in concorso, per fatti commessi fino al giugno 2006, con fine pena definitiva al 12 marzo 2021.
  Il Bonura ha beneficiato di 2.385 giorni di liberazione anticipata, in accoglimento di tutte le istanze e che il fine pena ad oggi fissato al 12 marzo 2021 è suscettibile di ulteriore anticipazione in caso di concessione di altra liberazione anticipata.
  Con ordinanza del 20 aprile 2020 il magistrato dell'ufficio di sorveglianza di Milano ha disposto nei suoi confronti il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare.
  Tale provvedimento è stato adottato a seguito dell'istanza proposta in data 24 marzo 2020 dai difensori del Bonura, i quali hanno evidenziato che il gravissimo quadro clinico del detenuto e la sua età avanzata lo rendevano soggetto particolarmente vulnerabile in caso di contagio da Covid-19; hanno inoltre rimarcato che il rientro presso il domicilio, oltre a ridurre il rischio di contagio gli avrebbe consentito di riprendere in sicurezza i trattamenti medici finalizzati alla cura dell'adenocarcinoma del colon, stante il rilevato notevole aumento del marcatore oncologico Ca19.9 e l'approssimarsi del fine pena.
  A seguito del deposito dell'istanza è stata richiesta ed acquisita, come in tutti i procedimenti di questo tipo, la relazione sulle condizioni di salute del detenuto ed in data 7 aprile 2020 è stata redatta relazione sanitaria del reparto di medicina penitenziaria dell'ospedale San Paolo di Milano, sottoscritta anche dal direttore dell'istituto di pena; le risultanze di tale relazione sono state analiticamente riportate nell'ordinanza in oggetto.
  In particolare, dalla relazione sono emerse concomitanti problematiche di natura respiratoria (BPCO), di natura cardiaca (pregresso intervento di aneuriosmectomia aorto bisiliaca) e cardiocircolatoria (ipertensione arteriosa), di natura oncologica (tumore stenosante del colon, per il quale il paziente è stato sottoposto ad intervento chirurgico nel 2013 e poi a chemioterapia adiuvante e per il quale è attualmente il
follow-up a causa di riscontro di aumentati valori dei markers tumorali), oltre ad ateromatosi carotidea con stenosi della carotide sinistra.
  Sulla base di tale quadro valutativo, è stato effettuato un imprescindibile e doveroso bilanciamento tra la tutela del diritto alla salute del detenuto e le altrettanto primarie esigenze di tutela della collettività, all'esito del quale si è ritenuto che la misura del differimento dell'esecuzione della pena, nelle forme della detenzione domiciliare, fosse idonea a salvaguardare, nel contempo, entrambe le esigenze.
  In ragione della gravità e della pluralità delle patologie e dell'età avanzata del detenuto, sono stati ravvisati i presupposti di cui agli articoli 147 del codice penale, 47-
ter, comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario, norme pacificamente applicabili a tutti i detenuti indipendentemente dal regime detentivo.
  Nonostante il Bonura fosse sottoposto al regime differenziato
ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, la pandemia da Coronavirus lo ha esposto ad un elevato rischio di complicanze in caso di contagio, considerato che anche nel suddetto regime permangono inevitabili e frequenti contatti con il personale di polizia penitenziaria, la frequentazione di altri detenuti del medesimo gruppo di socialità e la fruizione di salette, passaggi e altri ambienti destinati ai servizi.
  Rispetto alle esigenze di pubblica sicurezza, è stato valorizzato il dato relativo all'approssimarsi del fine pena a fronte di una lunga carcerazione, circostanza che ha indotto ad escludere ragionevolmente il concreto pericolo di fuga; le condizioni personali del condannato (malato e anziano), unitamente alla natura contenitiva della misura, con controlli affidati alle Forze dell'ordine del territorio, hanno inoltre consentito di formulare un giudizio prognostico favorevole in ordine al rischio di reiterazione dei reati.
  Sono state imposte le prescrizioni standard in materia di detenzione domiciliare, dalle quali è stata però eccezionalmente ed appositamente eliminata la possibilità di fruire di due ore giornaliere di uscita dal domicilio; le altre uscite consentite, dettate da ragioni di salute, da adempimenti obbligatori o da significative esigenze famigliari, sono comunque sottoposte alla previa autorizzazione del responsabile delle Forze dell'ordine competenti per la vigilanza.
  In data 19 maggio 2020, il Bonura è stato nuovamente arrestato e condotto presso la casa circondariale di Palermo «Pagliarelli» per revoca della misura della detenzione domiciliare; nella medesima data è stato ricoverato presso la struttura protetta dell'ospedale civile «Sandro Pertini» di Roma, con contestuale applicazione del regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario su proposta della direzione distrettuale antimafia di Palermo.
  Tale ricovero si è protratto fino al 25 giugno 2020, data in cui è stato dimesso e associato presso l'istituto penitenziario di Roma Rebibbia N.C.- sezione 41-
bis.
  Al fine di consentire alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di fornire agli uffici di sorveglianza ogni utile informazione in ordine alla pericolosità del detenuto e all'operatività dell'organizzazione di appartenenza, con nota del 24 aprile 2020, il direttore generale dei detenuti e del trattamento ha inoltre disposto che le direzioni degli istituti penitenziari provvedano tempestivamente a trasmettere direttamente alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo copia delle segnalazioni e delle istanze concernenti i ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2 dell'ordinamento penitenziario, o assegnati al circuito alta sicurezza.
  L'articolo 2, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 ha comunque stabilito che l'autorità giudiziaria, in caso di concessione di permessi ai sensi dell'articolo 30-
bis dell'ordinamento penitenziario e prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale, con applicazione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario in favore dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater chieda il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e alla pericolosità del soggetto.
  Al fine di approntare, nell'immediato, la conseguente attività di analisi finalizzata alla predisposizione delle idonee misure di carattere organizzativo, con nota 2 maggio 2020 la direzione-generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha dunque disposto che le venga trasmessa copia delle segnalazioni ed istanze (comprensive della relazione sanitaria) trasmesse alla procura nazionale antimafia antiterrorismo.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il principale quotidiano cittadino ha dato diffusione alle dichiarazioni del prof. Chierici il quale ha proposto un progetto di valorizzazione dell'identità storica e preistorica del comune di Casalecchio di Reno mediante la realizzazione di un museo archeologico dedicato precipuamente alla civiltà etrusca (www.ilrestodelcarlino.it);

   tale polo museale potrebbe qualificarsi come uno dei principali in ambito regionale e nazionale anche e soprattutto con riguardo alla presenza della cultura etrusca nel territorio in questione che costituisce, insieme, ad esempio, a Toscana, Umbria, Lazio, la culla della civiltà etrusca;

   nel territorio nazionale esistono numerosi musei archeologici situati nelle regioni sopra citate, insistendo, sul territorio dell'Emilia-Romagna, musei come il museo archeologico di Marzabotto che, essendo collocato a pochi chilometri da Casalecchio, potrebbe generare un virtuoso percorso rivolto proprio alla valorizzazione della conservazione della civiltà etrusca;

   intorno a questi poli museali del centro Italia esistono progetti intorno ai quali le amministrazioni locali hanno saputo creare, con l'apporto del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, una significativa offerta turistico-culturale;

   l'auspicato potenziamento della mobilità nel nodo di Casalecchio potrebbe generare un'ulteriore capacità attrattiva e di transito, visto che proprio Casalecchio si colloca esattamente sulla A1 e sul nuovo percorso del nodo di Casalecchio, intercettando flussi turistici endemicamente in movimento sul territorio;

   il Ministro interrogato, emiliano, in più sedi ha affermato come la cultura sia da considerare una vera e propria infrastruttura per la regione stessa;

   pertanto, si rende opportuno un coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo sia sul versante economico che su quello di inserimento nel circuito culturale regionale di Casalecchio –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito alla proposta di realizzare un museo della civiltà etrusca a Casalecchio di Reno;

   se abbia ricevuto, alla data della presente interrogazione, richieste di contribuzione o proposte di qualsiasi tipo su questo progetto da parte dell'amministrazione comunale di Casalecchio;

   se ritenga opportuno adottare iniziative per investire risorse, di qualsiasi tipo, su questa proposta.
(4-05337)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo alla proposta del professor Chierici di realizzare un museo archeologico dedicato alla civiltà etrusca nel comune di Casalecchio di Reno.
  Al riguardo, sentita la direzione generale musei e la direzione regionale musei dell'Emilia Romagna, si fa presente che non risulta alcuna informazione, o richiesta, da parte del comune di Casalecchio sull'apertura del museo archeologico o l'inserimento dello stesso nel circuito culturale del territorio.
  Si manifesta, comunque, piena disponibilità a valutare ogni eventuale proposta di collaborazione per attività di valorizzazione integrata che dovesse pervenire dal comune.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   CAVANDOLI, TOMBOLATO, VINCI e MURELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha annunciato che nelle ultime due settimane di maggio «è prevista l'apertura di tre padiglioni da 200 posti ciascuno a Trani, Lecce e Parma, ed è inoltre previsto, sempre nel 2020, il completamento di altri due padiglioni da 200 posti detentivi a Taranto e Sulmona»;

   il nuovo padiglione della casa circondariale di Parma dovrebbe, pertanto, ospitare 200 detenuti, ma in più e svariate circostanze, le organizzazioni sindacali rappresentative del corpo di polizia penitenziaria hanno manifestato le proprie preoccupazioni per la totale assenza dei dovuti requisiti in grado di assicurare alla struttura il rispetto dei livelli minimi di sicurezza che, a fronte degli attuali numeri, risulta assolutamente impossibile garantire;

   le piante organiche di cui al cosiddetto «decreto Madia» del 2017 prevedevano un organico composto da 313 agenti/assistenti, 76 sovrintendenti, 65 ispettori e 4 commissari;

   oggi, in organico ci sono 349 agenti/assistenti, 3 sovrintendenti, 18 ispettori e 3 commissari;

   occorre, per di più, precisare che dai 349 agenti/assistenti, vanno sottratti quelli in forza al gruppo operativo mobile che, artificiosamente, vengono conteggiati nell'organico complessivo;

   l'apertura di un nuovo padiglione in grado di accogliere altri 200 detenuti richiede l'inevitabile invio di nuovo personale, fermo restando che, dall'ultimo corso di formazione sono stati assegnati alla struttura 17 nuovi agenti ma in partenza (mobilità ordinaria) ce ne sono ben 20. A fronte di questi dati, la casa circondariale di Parma registra una carenza di oltre 100 unità di personale, di cui almeno 50 nel ruolo agenti/assistenti, senza tralasciare l'aliquota del personale da assegnare al locale nucleo traduzioni e piantonamenti, il cui organico non è stato ancora determinato;

   inoltre, con riferimento alla locale caserma agenti, le organizzazioni sindacali hanno, a più riprese, denunciato lo stato fatiscente in cui versano la maggior parte delle camere, che non appaiono in condizione tale da essere assegnate al personale di polizia penitenziaria fino a quando non saranno definiti i lavori mai iniziati di circa 30 stanze; si è in presenza di un organico non in grado di assicurare il rispetto dei livelli minimi di sicurezza, con un'amministrazione che non ha considerato la necessità di rivedere le piante organiche non più attuali rispetto al citato «decreto Madia» del 2017. Pertanto, l'apertura di un nuovo padiglione detentivo appare, dunque, illogica ed irrazionale, tutto a scapito del personale di polizia penitenziaria che, attraverso i suoi rappresentanti, denuncia uno stato di abbandono nel segno della più bieca ed egoistica soluzione «dell'arrangiarsi da solo»;

   una struttura che già oggi annovera oltre 600 detenuti, con l'apertura del padiglione, è destinata ad arrivare ad una presenza di oltre 800 reclusi, omettendo di considerare aspetti di natura organizzativa che, a prescindere dalle contrattazioni tra parte pubblica e parte sindacale, registra ingenti ed inevitabili difficoltà per un organico che presenta penuria nei numeri fin qui analizzati;

   in più, in un momento storico come questo, anche il personale della sanità subirà un impatto forte di fronte a questa apertura, in quanto il nuovo reparto abbisogna di risorse materiali ed umane –:

   se intenda posticipare l'apertura del nuovo padiglione al fine di verificarne l'idoneità;

   quali e quante risorse economiche ed umane saranno destinate alla struttura.
(4-05831)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, partendo dalle dichiarazioni del Ministro inerenti la prossima apertura di padiglioni da 200 posti ciascuno presso varie carceri, tra cui quello di Parma, riferisce delle problematiche relative a quest'ultimo, in particolare con riferimento alla proporzione tra numero di detenuti, soprattutto ove aumentati di 200 unità, e numero di personale operante, anche alla luce di quanto rappresentato dalle organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo di polizia penitenziaria circa l'assenza di requisiti idonei ad assicurare alla struttura il rispetto dei livelli minimi di sicurezza, avanzando specifico quesito circa la possibilità di posticipare l'apertura del nuovo padiglione e quali e quante risorse economiche ed umane saranno destinate alla struttura.
  Orbene, premesso che la tematica dell'edilizia penitenziaria è oggetto di incessante attenzione da parte del Ministero, si riporta l'attuale situazione della casa circondariale di Parma.
  Presso gli istituti penitenziari di Parma al giorno 8 luglio 2020 risultano presenti 597 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 654 posti, con indice di affollamento, pertanto, pari a 91,56 per cento.
  I detenuti presenti sono così suddivisi: n. 67 detenuti in 41 n. 40 detenuti Asl, n. 192 detenuti As3, n. 295 detenuti media sicurezza.
  Con riguardo alla riferita carenza degli organici è utile premettere, in linea generale, che la riduzione complessiva degli organici operata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, (cosiddetta legge Madia) e rivista dal successivo decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, ha rimodulato la dotazione organica complessiva del Corpo, passata da 44.610 unità a 41.202 unità.
  Da ultimo, per effetto del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172, sono intervenute favorevoli rimodulazioni negli organici che hanno cristallizzato la dotazione organica complessiva a 41.667 unità.
  Pertanto, allo stato, si osserva un divario tra organico del Corpo di polizia penitenziaria previsto (41.667 unità) e organico effettivamente presente (37.654) pari al 9,63 per cento sebbene risultano presenti nel ruolo agenti/assistenti del Corpo 33.495 unità, cioè, 2.105 in più rispetto all'organico previsto per lo stesso ruolo, pari a 31.390.
  Passando, nello specifico, ai dati relativi all'organico previsto (462) e alla forza in concreto amministrata (434) presso gli istituti penitenziari di Parma, alla data del 7 luglio 2020 risulta una differenza, di 28 unità, e in particolare 1 quanto alla carriera funzionari, 43 circa il ruolo ispettori, 71 quanto al ruolo sovrintendenti e + 87 quanto al molo agenti/assistenti, con ulteriore aggiunta di 2 unità distaccate in ingresso e sottrazione di 56 unità distaccate in uscita.
  Dall'analisi dei dati, in effetti, si evince chiaramente un esubero nel ruolo complessivo degli agenti/assistenti pari a 87 unità (riferite, sia al ruolo maschile sia a quello femminile).
  Di contro, è da rilevare una carenza omogenea nei ruoli, rispettivamente, dei sovrintendenti (-71) e degli ispettori (-43); carenza che, tuttavia, è ben lungi dall'essere peculiare dell'istituto in questione, essendo, anche per questi ruoli, comune alla generalità degli istituti della Nazione.
  Peraltro, relativamente alla carenza del ruolo dei sovrintendenti, si rappresenta che sono state già attivate le procedure per il concorso interno a complessivi 2.851 posti per la nomina alla qualifica iniziale di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, in ossequio a quanto disposto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di «Revisione dei Ruoli delle Forze di Polizia».
  Presso gli istituti penitenziari di Parma sarà assegnato un congruo numero di vice sovrintendenti (45 unità) che frequenteranno il corso a settembre 2020.
  Quanto, invece, alla carenza nel ruolo degli ispettori, si segnala che certamente si terrà nella massima considerazione la condizione presente, allorquando si disporrà delle necessarie risorse umane da distribuire anche nella sede in argomento.
  Peraltro, si segnala la prossima indizione di un concorso interno per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo, le cui modalità attuative sono già state fissate con il provvedimento del Capo del dipartimento del 27 gennaio 2020, di recente vistato dalla Corte dei conti.
  Ancora, si segnala che l'organico dell'istituto penitenziario di Parma è stato incrementato di 37 unità del ruolo agenti/assistenti maschili in occasione della mobilità sviluppata, in occasione delle assegnazioni del 175°, 176° e 177° corso, rispettivamente, nei mesi di marzo e aprile 2020.
  Infine, si evidenzia che è in corso di perfezionamento il provvedimento di nomina del direttore degli istituti penitenziari di Parma.
  Con riguardo alla caserma agenti si evidenzia che la metà dell'edificio è stata oggetto di ristrutturazione negli anni 2013/2014, con ripristino del tetto, rifacimento dei bagni e tinteggiatura delle stanze.
  Nel 2018 con altri fondi si è intervenuti su alcune delle restanti stanze non ristrutturate in precedenza, con ripristino parziale dei torrini del tetto, sostituzione/riparazione della rubinetteria, rifacimento linea elettrica, imbiancatura.
  Nel 2019 si è intervenuti sui restanti torrini del tetto, e sono state riparate ulteriori stanze che presentavano perdite di acqua dagli impianti idrici dei servizi igienici.
  Nella programmazione relativa all'anno 2020 la richiesta di intervento per la caserma non è stata rinnovata perché si è preferito dare corso ad altre urgenze indifferibili, ma si è riusciti comunque a effettuare ulteriori riparazioni in altre stanze.
  Ad oggi l'edificio presenta delle infiltrazioni di acqua dal tetto nella parte non oggetto di riparazione, che determinano l'impossibilità di utilizzare trenta stanze, per quarantacinque posti letto.
  L'assenza di posti letto non permette di ospitare tutto il personale di Polizia penitenziaria amministrato, per tale ragione si sopperisce utilizzando le camere presenti presso l'istituto di formazione di Parma.
  Relativamente, infine, all'apertura del nuovo padiglione, allo stato, è stato aperto solo il primo piano del nuovo padiglione detentivo per accogliere i detenuti attualmente ristretti nella sezione 3A della media sicurezza e consentirne, la ristrutturazione nel periodo estivo.
  Successivamente nella sezione 3A verrebbero spostati i detenuti della sezione 1B, sempre media sicurezza, e tale ultima sezione sarebbe destinata ad accogliere i detenuti nuovi giunti in isolamento precauzionale per Covid.
  Nel tempo il nuovo padiglione sarà riempito progressivamente, così come sta avvenendo in altri istituti del distretto.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CECCANTI, QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO, ANDREA ROMANO, LA MARCA, RACITI, BERLINGHIERI, PELLICANI, BRUNO BOSSIO, PINI, FRAILIS, BOLDRINI, LACARRA, SERRACCHIANI, DE LUCA, CENNI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, INCERTI, RIZZO NERVO, MURA, PRESTIPINO, CIAMPI e FASSINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   una legge approvata in data 30 marzo 2020 dal Parlamento monocamerale ungherese istituisce uno stato di emergenza del tutto anomalo soprattutto in quanto privo di limiti temporali (articolo 3, comma 1), che paralizza quindi qualsiasi efficace controllo parlamentare, non essendo tale in una Camera ad amplissima maggioranza a sostegno del Governo, e prevede una possibilità del tutto ipotetica di revoca (comma 2 del medesimo articolo) e doveri minimi di informazione ai capigruppo e al Presidente della Camera (articolo 4);

   oltre a tale abnorme anomalia democratica spiccano nella medesima legge anche altre norme che vanno al di là dei limiti normalmente consentiti ai diritti fondamentali in periodo di emergenza come la previsione nell'articolo 10 di una novella al codice penale (nuovo articolo 337) che sulla base di due fattispecie genericissime «falsa rappresentazione di un fatto connesso ad una minaccia pubblica» e, ancor più, «falsa rappresentazione di un fatto» o dichiarazione di «falso al pubblico in modo da ostacolare o intralciare l'efficacia delle misure adottate» consentono rispettivamente pene detentive fino a tre e cinque anni;

   tale legge viene a inserirsi in una serie di preoccupanti innovazioni incrementali a far data dal nuovo testo costituzionale del 2011 esplicitamente rivendicate dal Primo Ministro come segno di una complessiva rottura rispetto alle democrazie liberali, su cui più volte sono intervenuti i giudizi radicalmente critici del Consiglio d'Europa e del Parlamento europeo, in ultimo con la sua risoluzione del 12 settembre 2018;

   a giudizio degli interroganti non esiste a questo punto motivo alcuno per cui il Consiglio, non debba constatare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea, l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori su cui si fonda l'Unione procedendo alle raccomandazioni conseguenti e, in caso di persistenza, alle necessarie sanzioni –:

   se il Governo intenda, con altri Stati membri, formulare la proposta motivata di cui all'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea e, in caso di difficoltà a giungere a tali esiti nell'ambito delle regole vigenti, se e quali iniziative alternative efficaci e tempestive intenda predisporre per sancire l'incompatibilità della progressiva costruzione di una democrazia illiberale con i valori di cui all'articolo 2 del medesimo Trattato.
(4-05087)

  Risposta. — Le misure straordinarie adottate dal Governo ungherese hanno immediatamente attirato l'attenzione di istituzioni europee e Stati membri, suscitando la preoccupazione, che potessero mettere in pericolo il rispetto dei valori fondamentali dell'Unione europea, quali lo Stato di diritto e le libertà fondamentali.
  In risposta, il Governo italiano ha aderito attivamente all'iniziativa congiunta di un gruppo di Stati membri i quali, il 2 aprile scorso, hanno emesso una dichiarazione a sostegno dell'iniziativa della Commissione europea di monitoraggio delle misure di emergenza adottate dai ventisette in risposta all'epidemia di Covid-19 e della loro applicazione. Ciò per verificarne la coerenza con i principi e i valori fondamentali dell'Unione europea.
  La dichiarazione congiunta evidenzia in particolare che, nell'attuale situazione senza precedenti dovuta alla pandemia, è legittimo adottare misure straordinarie. Esse dovrebbero, tuttavia, essere limitate a quanto strettamente necessario, essere di natura proporzionata e temporanea, essere soggette a regolare controllo e rispettare i principi dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali, e gli obblighi di diritto internazionale.
  Si segnala, peraltro, che i provvedimenti adottati dall'assemblea nazionale ungherese citati dall'interrogante sono stati revocati dallo stesso parlamento il 18 giugno scorso.
  La nuova presidenza semestrale del Consiglio dell'Unione europea, assunta lo scorso primo luglio dalla Germania, si è comunque impegnata a proseguire sulla strada della procedura
ex articolo 7 attivata nel settembre 2018 dal Parlamento europeo nei confronti dell'Ungheria, (i temi dello Stato di diritto occupano infatti una posizione centrale tra le priorità della presidenza). A dimostrazione di ciò, la Germania ha già inserito delle audizioni e/o «stati dell'arte» sulle procedure ex articolo 7 Tue nei confronti dell'Ungheria e della Polonia quali possibili temi all'ordine del giorno delle riunioni del consiglio affari generali di settembre e dicembre prossimi.
  In parallelo, è in corso da diversi mesi una riorganizzazione delle procedure di cui l'unione europea dispone in tema di Stato di diritto, allo scopo di portare ordine in un ambito che ha visto sovrapporsi nel tempo strumenti di natura e portata diverse. La principale innovazione attesa per quest'anno è il lancio di un «Ciclo di esame dello Stato di diritto», proposto dalla commissione nel luglio 2019 su cui sono in corso da alcuni mesi gli approfondimenti a livello tecnico.
  I lavori dovrebbero culminare con la presentazione a settembre prossimo del primo Rapporto annuale della commissione sullo Stato di diritto, redatto in cooperazione con gli Stati membri, che dovrebbe costituire una fotografia aggiornata sullo «stato di salute» dello Stato di diritto in Europa.
  Ove vi fosse l'accordo dei ventisette, la Presidenza tedesca intenderebbe valorizzare questo nuovo strumento inaugurando – a partire dal consiglio affari generali di ottobre 2020 – un ciclo di «
peer review» basato sugli esiti del Rapporto. Alle «revisioni» verrebbero dedicate apposite sessioni di domande e risposte, senza conclusioni operative, in cui tutti gli Stati membri illustrerebbero in Consiglio la situazione dello Stato di diritto e le azioni intraprese per il rafforzamento di tale principio nei rispettivi Paesi.
  L'iniziativa, che presenta diversi collegamenti con le proposte formulate dalla Presidenza italiana della Unione europea nel 2014, rappresenta – a giudizio del Governo italiano – un passo nella giusta direzione, in linea con quanto sostenuto dall'Italia negli ultimi anni in Consiglio affari generali e nell'ambito degli «Amici dello Stato di diritto» (gruppo informale che riunisce undici Stati membri particolarmente attivi sul fronte dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali).
  Infine, nel contesto della grande attenzione con cui il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale guarda alla materia dei diritti e delle libertà personali ho avuto di recente – a seguito della decisione dell'Ungheria di non ratificare la convenzione di Istanbul e di introdurre nell'ordinamento una norma sul dato anagrafico immodificabile del «sesso di nascita» che ha sollevato numerose reazioni a livello internazionale, a partire dall'intervento della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa – un colloquio con il sottosegretario di Stato ungherese per la cooperazione europea e internazionale negli affari di Giustizia, dal quale ho ricevuto assicurazioni sulla consapevolezza, da parte ungherese, degli impegni internazionali gravanti sul Paese e sulla volontà del governo di Budapest di salvaguardare i principi dello Stato di diritto.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampai che, dei 6.000 detenuti segnalati dalla polizia penitenziaria per le rivolte con cui nel marzo 2020 sono state messe a soqquadro le carceri italiane, soltanto un centinaio sarebbero finiti sotto procedimento disciplinare per l'aggravamento della misura detentiva, per gli altri, invece, sembrerebbe essere scattato una sorta di salvacondotto, causato dalla scadenza dei termini perentori previsti per le diverse fasi che caratterizzano il procedimento disciplinare;

   per tali comportamenti, l'ordinamento penitenziario, all'articolo 14-bis comma 4, prevede che, per chi ha compromesso la sicurezza o ha turbato l'ordine in una struttura detentiva, vada applicato, in via cautelare, il regime di sorveglianza particolare, una forma individuale del trattamento basata sulla personalità del soggetto e sulla sua pericolosità; si tratta di uno strumento che permette di prevedere una sanzione adeguata e proporzionata all'infrazione commessa;

   al contrario, sembrerebbe che, per gli agenti di polizia penitenziaria, la direzione generale del personale del Dap, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, non avrebbe perso tempo ed anzi, avrebbe inviato una circolare ai provveditori regionali con cui si sarebbe preoccupata di mantenere in piedi, mediante procedure telematiche, i procedimenti disciplinari a loro carico;

   per una migliore intellezione della vicenda è necessario ricordare che le rivolte che tra il 7 e il 9 marzo 2020 hanno visto coinvolte le carceri italiane, da Trapani a Foggia a Rieti, da Poggioreale a Frosinone a Modena, hanno causato un bilancio pesantissimo, con 14 morti tra i detenuti, per overdose di farmaci rubati dalle infermerie, 16 evasi e più di 60 agenti feriti;

   se i fatti in premessa corrispondessero al vero non solo si sarebbe dinnanzi all'ennesimo ed ormai non più tollerabile esempio di mala gestio del sistema carcerario italiano, ma ancor peggio, a parere dell'interrogante, di fronte ad una clamorosa abdicazione del potere punitivo dello Stato che mostrerebbe, anche in tale circostanza, la sua totale incapacità nel far rispettare l'ordine e le regole finanche negli istituti penitenziari;

   quanto appena dedotto assume una valenza ancor più allarmante se si considera che sui gravissimi ed intollerabili episodi di violenza graverebbero sospetti in ordine ad un coinvolgimento delle criminalità organizzate, secondo quanto denunciato dagli organi di stampa e anche da diversi magistrati;

   la gravità dei fatti descritti richiede un celere intervento che faccia luce con fermezza e determinazione sugli accadimenti in questione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di sopperire alle evidenti carenze di tipo organizzativo/amministrativo dei vari istituti penitenziari che la vicenda avrebbe fatto emergere;

   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta ai doverosi accertamenti di carattere amministrativo e disciplinare a fronte delle gravi rivolte e del sospetto di una comune matrice criminale degli episodi accaduti contestualmente nei vari istituti penitenziari allocati sul territorio nazionale.
(4-05909)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame mi pregio riferire quanto segue.
  A seguito delle rivolte poste verificatesi tra il 7 ed il 9 marzo 2020, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, considerate le richieste pervenute dagli istituti interessati dagli eventi, ha disposto il trasferimento fuori regione di circa 700 detenuti.
  Si sottolinea che si è provveduto ad allontanare tutti i soggetti interessati e segnalati dalle direzioni, ad eccezione di alcuni casi particolari.
  Non solo, emerge che alcune direzioni di carcere hanno provveduto all'avvio dell'azione disciplinare prima ancora della partenza dei detenuti presso altro Istituto; in altri casi si è appurato che lo abbiano fatto gli istituti di destinazione, nel momento in cui venivano in possesso degli atti utili all'azione disciplinare. Dai controlli a campione effettuati dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento è emerso che numerosi sono stati i procedimenti disciplinari attivati, nella maggior parte dei casi conclusi con la comminazione della più grave delle sanzioni, ovvero l'esclusione dalle attività in comune, ai sensi dell'articolo 39 comma 5 ordinamento penitenziario.
  Successivamente, per circa 200 dei detenuti coinvolti, le direzioni hanno richiesto l'applicazione del regime della sorveglianza particolare ai sensi dell'articolo 14-
bis ordinamento penitenziario, conseguente avvio, presso il Dap, della complessa procedura volta alla valutazione circa la necessità dell'emissione all'emissione del richiesto provvedimento.
  Si evidenzia che ancora oggi a distanza di mesi dai drammatici accadimenti giungono presso la direzione generale interessata richieste di attivazione del regime di sorveglianza particolare, sì che, evidentemente, in alcuni casi le procedure di accertamento delle singole responsabilità sono state particolarmente lunghe e complesse.
  Quanto all'emissione di una circolare emessa dal Dap e finalizzata al mantenimento in essere, mediante procedure telematiche, dei procedimenti disciplinari a carico dei poliziotti penitenziari, si evidenzia che la preposta direzione generale del personale e delle risorse, a fronte di specifico quesito avanzato in data 5 marzo da un provveditorato regionale, riguardo alle modalità di celebrazione dei consigli regionali di disciplina, con nota 17 marzo 2020, n. 89869.u, al fine di evitare eventuali scadenze dei termini procedimentali, ha fornito indicazioni in ordine allo svolgimento delle sedute che sarebbero dovute avvenire, a cura dei provveditori, con il sistema di videoconferenza, stante l'emergenza sanitaria che imponeva assoluto divieto di svolgere riunioni e assembramenti di ogni genere. Tale indicazione è stata temporaneamente superata dall'entrata in vigore del decreto-legge 18 marzo 2020, n. 18, che all'articolo 103, comma 5 ha previsto che «i termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ivi inclusi quelli del personale di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino al 15 aprile 2020».
  Detta sospensione dei termini è poi proseguita sino al 15 maggio 2020 per effetto del successivo decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende di una recente missiva della segreteria generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) trasmessa al Ministro della giustizia, ai sottosegretari di Stato ed alle autorità del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per le criticità riscontrate nello svolgimento del VI corso ispettori del corpo di polizia penitenziaria, bandito nel 2008 e che attengono principalmente all'aspettativa speciale e trattamento di missione, parametro stipendiale ex sovrintendenti capo, assegno ad personam e ricostruzione della carriera;

   la nota evidenzierebbe la sussistenza di una vera e propria odissea procedurale vissuta da 1.000 appartenenti al corpo di polizia penitenziaria, provenienti dai ruoli agenti/assistenti e sovrintendenti del corpo, che, vincitori del concorso, sono stati nominati vice ispettori in data 6 maggio 2019, undici anni dopo la pubblicazione del bando;

   nel corso degli anni ci sarebbero state numerose segnalazioni da parte dei candidati e del Sappe volte a sollecitare i vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ad istituire un tavolo tecnico che, con spirito critico e costruttivo, valutasse una soluzione amministrativa e normativa volta a rifondere il gravissimo danno economico, soprattutto professionale, determinato dall'inerzia ingiustificata ed intollerabile posta in essere che ha causato una irragionevole durata del concorso, senza ottenere alcun riscontro valido;

   tali circostanze sono state oggetto di molteplici interrogazioni nel corso delle legislature succedutesi nel tempo ed indirizzate al Ministro interrogato, volte a conoscere le motivazioni degli incomprensibili e reiterati ritardi delle procedure concorsuali da parte dei vertici dell'amministrazione penitenziaria al fine di rimediare alla palese violazione dei principi costituzionali di buona amministrazione con atti legislativi che potessero riconoscere al personale risultato vincitore del concorso interno la retrodatazione della decorrenza giuridica della nomina a vice ispettore del ruolo ispettori del corpo di polizia penitenziaria, fissandola al 31 dicembre 2010;

   la nota del Sappe evidenzierebbe l'ulteriore criticità che a distanza di sei mesi dalla conclusione del corso di formazione, ai neo vice ispettori è stato comunicato di essere stati posti «ora per allora» in aspettativa speciale in virtù di una fantomatica «novazione del rapporto di lavoro», provvedimento peraltro mai notificato agli interessati, ne inviato alle organizzazioni sindacali e mai posto in visione ai dipendenti che, pertanto, hanno presentato formale richiesta di accesso agli atti ed estrazione copia;

   taluni avrebbero visto in siffatta decisione, intervenuta solo dopo la conclusione del corso, una sorta di ritorsione in danno del personale che ha legittimamente chiesto all'Autorità adita di verificare e quantificare il danno patrimoniale e professionale patito, posto che nelle precedenti cinque procedure concorsuali, dal 1990, il personale non era mai stato posto in aspettativa speciale in quanto la normativa di riferimento, il decreto legislativo n. 443 del 1992, differenzia il trattamento economico del personale che partecipa al concorso per l'accesso al ruolo di ispettori, distinguendo fra la procedura concorsuale esterna e quella interna;

   il provvedimento di aspettativa speciale «ora per allora» ha determinato la mancata corresponsione del trattamento economico di missione e una decurtazione del congedo ordinario;

   eccezioni sono state mosse anche in relazione alla mancata attribuzione dell'assegno ad personam corrispondente al trattamento economico più favorevole goduto prima della nomina a vice ispettore e corrispondente al parametro 131 della denominazione di sovrintendente capo coordinatore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per rimediare a quanto accaduto e continua ad accadere in danno dei 1.000 vice ispettori di polizia penitenziaria del VI corso di cui in premessa, individuando soluzioni concrete di ricostruzione della carriera, atteso che questo personale – per i reiterati ed ingiustificati ritardi delle procedure concorsuali da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e della intervenuta età anagrafica – sono stati irrimediabilmente danneggiati nello sviluppo di carriera nel ruolo di ispettori.
(4-05963)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha sollevato specifici quesiti in ordine al concorso interno a n. 643 posti per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria; a fronte del ritardo della procedura concorsuale ha chiesto inoltre l'avvio di iniziative concrete di ricostruzione della carriera dei vincitori, nonché l'annullamento del provvedimento con il quale è stato previsto il collocamento in aspettativa speciale nei confronti degli stessi.
  Si premette che con provvedimento del direttore generale del personale e delle risorse 3 aprile 2008, pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 15 giugno 2008, è stato indetto il concorso interno a n. 643 posti, elevati successivamente a 1232 per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria (di cui, 608 uomini e 35 donne).
  I vincitori del concorso (977 unità) sono stati nominati «allievi vice ispettori» con decorrenza dalla data di inizio del corso di formazione cui sono stati ammessi (10 settembre 2018) ed hanno mantenuto tale status fino alla nomina alla qualifica di vice ispettore, avvenuta con decorrenza 21 marzo 2019, previo superamento degli esami di fine corso.
  Per l'intera durata della frequenza del corso e fino alla decorrenza della nomina alla qualifica iniziale nel ruolo, il personale interessato, in qualità di «allievo vice ispettore», è collocato in posizione di aspettativa speciale ai sensi di quanto disposto dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443.
  Con nota del 9 luglio 2018, n. 225704 della direzione generale della formazione sono state impartite le informazioni preliminari relative allo svolgimento del corso; è stato in particolare precisato che il corso ha carattere di residenzialità per quanto attiene al vitto e all'alloggio, senza alcun cenno alla tipologia di trattamento economico spettante.
  Con nota 20 luglio 2018, n. 237940 dell'ufficio II della direzione generale del personale e delle risorse è stata comunicata ai vincitori del concorso la sede formativa individuata per la frequenza del corso di ciascun interessato, con la precisazione che sarebbe spettato il trattamento di missione ai sensi delle circolari che disciplinano la materia ed espressamente richiamate, «ove competa».
  Al fine di evitare danni all'erario dello Stato ed eventuali perplessità nell'individuazione del corretto regime da applicare ai corsisti in base alla legge (espressamente disciplinato dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992), con note del 3 luglio 2019, n. 210041 e del 22 agosto 2019, n. 256194 è stato precisato che, qualora si fosse diversamente operato, sarebbe stato necessario regolarizzare la posizione di ciascun neo vice ispettore procedendo, se del caso, al recupero delle somme eventualmente corrisposte a titolo di trattamento economico di missione durante la frequenza del corso, senza interessi e con modalità tali da consentire la massima rateizzazione possibile, onde salvaguardare le esigenze primarie e familiari del personale interessato.
  Molti dei neo vice ispettori hanno impugnato le determinazioni assunte dall'Amministrazione, sostenendo l'inapplicabilità nei loro confronti dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992 (istituto dell'aspettativa speciale) e rivendicando il diritto al riconoscimento del trattamento economico di missione; alcuni hanno invocato il loro diritto al riconoscimento della denominazione di sovrintendente capo «coordinatore» e del relativo parametro stipendiale.
  Gli interessati hanno sostenuto che l'istituto dell'aspettativa speciale previsto dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 443 del 1992 si riferisce solo agli allievi vice ispettori vincitori di concorso pubblico e non anche a quelli provenienti da concorso interno.
  I ricorsi relativi ai menzionati aspetti controversi non sono stati definiti nel merito; le richieste cautelari sono state respinte con la seguente motivazione: «...non è ravvisabile alcun pregiudizio grave e irreparabile cui sarebbero esposti i ricorrenti nelle more della trattazione del ricorso nel merito, che, comunque, a una sommaria cognizione, non presenta motivi di fondatezza,...,» (Tar Lazio, Sez, I Q, ord. n. 7763/2019).
  Considerata la pendenza dei ricorsi, per rispetto della magistratura competente, questo Dicastero non può prendere una posizione netta sul merito delle questioni oggetto di interrogazione.
  Pur comprendendosi i disagi e le difficoltà dei vincitori, la decorrenza della nomina sembra comunque conforme alle disposizioni vigenti, prevedendo la norma (e, in conformità, il bando di concorso), che la nomina alla qualifica di vice ispettore avviene all'esito degli esami del corso di formazione.
  Si consideri inoltre che la denominazione di sovrintendente capo «coordinatore» è riservata al personale con qualifica di sovrintendente capo, in possesso di una determinata anzianità e in assenza di cause ostative ben precise, mentre gli interessati, alla data di decorrenza della denominazione di sovrintendente capo coordinatore (01 gennaio 2019), non rivestivano più la qualifica di sovrintendente capo, essendo appartenenti al ruolo degli ispettori in qualità di allievi vice ispettori.
  L'articolo 26, comma 2, citato stabilisce che «... 2. L'allievo ammesso a frequentare i corsi di cui al comma 1, appartenente ai ruoli del Corpo di polizia penitenziaria o degli altri Corpi di polizia, durante il periodo di frequenza del corso è posto in aspettativa con il trattamento economico più favorevole....» ; la norma prevede dunque il «congelamento» della posizione giuridica dei medesimi, e la novazione del rapporto di lavoro con l'Amministrazione nella nuova qualifica.
  La norma sembra trovare applicazione nei confronti di tutti gli allievi vice ispettori, sia che provengano da concorsi pubblici, di cui una parte riservati agli interni, sia che provengano dai concorsi interni; è infatti esplicita nel comprendere entrambe le fattispecie, laddove recita espressamente che «... l'allievo ammesso ai corsi di cui al comma 1 (il comma 1 si riferisce, peraltro, ai “ ...corsi di cui al presente titolo...” comprendendo, quindi, anche quelli dei vincitori dei concorsi interni) appartenente ai ruoli del Corpo di polizia penitenziaria .... durante la frequenza del corso è posto in aspettativa con il trattamento economico più favorevole...»; tale assunto non risulta allo stato contraddetto dalla giurisprudenza amministrativa.
  Si consideri che in occasione di altra procedura concorsuale, caratterizzata da analogo lungo periodo di espletamento, le pronunce non risultano allo stato favorevoli ai ricorrenti; è stato in particolare rilevato che se la procedura si fosse conclusa nei tempi auspicati, molti degli odierni vincitori non avrebbero potuto beneficiare dell'aumento dei posti e sarebbero rimasti fuori del novero dei vincitori.
  È stato infatti affermato il principio secondo cui al termine del corso gli allievi, se idonei, conseguono la nuova qualifica con novazione del rapporto, essendo già dipendenti dell'Amministrazione; difettando la costanza di un servizio attivo con l'Amministrazione, la richiesta di vedersi applicato il trattamento economico di missione durante la frequenza del corso è stata ritenuta infondata.
  In ordine a contenzioso di analogo contenuto promosso da allievi vice ispettori della Polizia di Stato, la sentenza n. 76 del 2018 emessa dal TAR Lazio, Sez. I Q ha ritenuto non applicabile il suddetto regime, respingendo, nel merito, il relativo ricorso. Nell'esposizione delle motivazioni addotte a sostegno del diniego, oltre ad avere rilevato che la questione è stata già affrontata dalla giurisprudenza «..la quale ha ritenuto che il trattamento di missione presuppone lo svolgimento di attività di servizio e che tale non può essere considerata la frequenza del corso in esame, che avviene su base del tutto volontaria e comporta il collocamento in aspettativa..», il TAR Lazio ribadito che «...il regime di missione... trova applicazione in costanza di un servizio attivo mentre, nel caso di specie, i ricorrenti sono stati collocati in aspettativa... conseguendo, al termine, la prima assegnazione nella nuova qualifica, con novazione del rapporto, essendo già dipendenti della Polizia di Stato» (cfr. Cons. Stato sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7236).
  Anche l'ulteriore questione della mancata attribuzione ai corsisti della denominazione di sovrintendente capo «coordinatore» e del relativo parametro stipendiale è stata esaminata in sede giurisdizionale con esito, al momento, negativo per gli interessati (Tar Lazio, Sez, I Q, ord. n. 7763/2019, cit).
  Soluzioni normative concrete di ricostruzione della carriera sarebbero infine difficilmente praticabili, in quanto altererebbero il sistema di equiordinazione delle carriere rispetto alle altre Forze di polizia a ordinamento civile e militare, nonché nelle Forze armate.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di emergenza e di caos generale che ognuno e ogni Paese è stato chiamato a vivere, malgrado non vi sia stata alcuna libera scelta, è sicuramente difficile, affannosa e certamente nuova senza alcun antecedente storico cui paragonarla;

   l'Italia è un teatro naturale, un palcoscenico formidabile che regala ad artisti di tutto il mondo l'opportunità di esibirsi in luoghi incantevoli in tutto il periodo estivo, offrendo la possibilità di unire musica, arte, cultura e natura d'emblée;

   il turismo collegato alla partecipazione ai concerti sparsi nella Penisola italiana consente sia ai turisti nazionali sia a utenti oltre confine di prendere parte alle esibizioni degli «idoli» e allo stesso tempo di spendere qualche giorno a visitare i luoghi d'Italia;

   la situazione attuale ha costretto a pensare a nuove e diverse soluzioni;

   nelle ultime ore anche un cantante di fama universale quale Sir Paul McCartney si è espresso duramente nei confronti delle scelte del Governo italiano;

   il 7 maggio 2020 è stato annunciato che, a causa della pandemia globale del COVID-19, il tour estivo di Paul McCartney sarebbe stato cancellato e la cancellazione è stata fatta sul presupposto che a tutti coloro che avevano acquistato un biglietto per gli spettacoli sarebbe stato offerto un rimborso totale del prezzo del biglietto pagato:

   il Governo, con la condivisione di Assomusica (l'Associazione italiana di promotori di musica dal vivo), ha approvato un decreto che autorizza tutti i possessori dei biglietti in precedenza acquistati per gli spettacoli dal vivo a richiedere un «voucher» di pari valore a quello indicato sul biglietto;

   i fondi provenienti dalla vendita dei biglietti in Italia sono trattenuti dai promoter locali comportando che gli spettatori debbano utilizzare il voucher rilasciato per assistere ad uno spettacolo diverso da quello per il quale hanno pagato;

   è stato affermato che Paul McCartney e lo staff fossero a conoscenza di tale formula di rimborso ai fan –:

   quali chiarimenti intenda fornire il Governo in relazione a quanto espresso in premessa, e in primo luogo per quale ragione il Governo abbia optato per tale scelta;

   secondo quale principio si sia preferito tutelare una parte e scontentarne un'altra, che tuttavia è il motore per cui i concerti possono avvenire.
(4-06005)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative il Governo intende intraprendere per ovviare a quanto disposto nel «decreto rilancio» nella parte in cui prevede, per gli spettacoli non effettuati a causa del COVID-19, il rilascio di un voucher di pari valore rispetto al biglietto acquistato.
  La questione è stata sollevata a seguito delle mancate esibizioni di Paul McCartney, che avrebbe dovuto tenere due concerti in Italia (Napoli e Lucca), cancellate per l'emergenza sanitaria e per le quali gli organizzatori hanno offerto ai possessori del biglietto un
voucher per uno spettacolo diverso, anziché il rimborso.
  Al riguardo, già si era espresso il Ministro Franceschini affermando: «È evidente che la ratio della norma è che il
voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il Parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma».
  Quanto rappresentato, ha trovato conferma nell'emendamento della Camera dei deputati, che di seguito si riporta:

   «In vigore dal 19 maggio 2020:

    a seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e d), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e comunque in ragione degli effetti derivanti dall'emergenza da Covid-19, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e fino al 30 settembre 2020, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura (289);

    2. I soggetti acquirenti presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, o dalla diversa data della comunicazione dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione, apposita istanza di rimborso al soggetto organizzatore dell'evento, anche per il tramite dei canali di vendita da quest'ultimo utilizzati, allegando il relativo titolo di acquisto. L'organizzatore dell'evento provvede al rimborso o alla emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro 18 mesi dall'emissione. L'emissione dei voucher previsti dal presente comma assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario. L'organizzatore di concerti di musica leggera provvede comunque al rimborso con restituzione della somma versata ai soggetti acquirenti alla scadenza del periodo di validità del voucher quando la prestazione dell'artista originariamente programmata venga annullata, senza rinvio ad altra data compresa nel medesimo periodo di validità del voucher. In caso di cancellazione definitiva del concerto l'organizzatore provvede immediatamente al rimborso con restituzione della somma versata».

  La disposizione, poi approvata anche dal Senato, è ormai parte integrante del decreto-legge convertito in legge.
  Dall'interpretazione del testo non ci sono dubbi: i concerti non riprogrammati e definitivamente cancellati, come quelli di Paul McCartney, danno diritto al rimborso immediato per i consumatori.
  Le norme valgono anche per i
voucher già emessi.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   LUCA DE CARLO, VARCHI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, MOLLICONE, TRANCASSINI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   si sottolinea l'importanza delle finalità riportate all'articolo 1 del bando #Conciliamo pubblicato dal Dipartimento per le politiche della famiglia il 26 agosto 2019 (Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 206 del 3 settembre 2019) con l'obiettivo di sostenere la realizzazione di progetti di welfare aziendale, che consentano ai datori di lavoro di sviluppare azioni in favore dei propri lavoratori venendo incontro ai loro bisogni e a quelli delle loro famiglie e favorire la realizzazione di interventi posti in essere nel contesto dell'ambiente di lavoro, volti a promuovere un welfare su misura e incentivare lo sviluppo di progetti capaci di risolvere problemi e priorità comuni e ad impattare positivamente sulla qualità della vita dei lavoratori e delle lavoratrici e quindi sulla produttività delle imprese;

   l'articolo 7 del suddetto avviso stabilisce che la dotazione finanziaria per l'intervento è pari a euro 74.000.000,00;

   l'articolo 5 «Domanda di ammissione al finanziamento», comma 1, stabiliva la scadenza di presentazione della domanda per l'ammissione al finanziamento per il 15 ottobre 2019 entro le ore 12,00 e il giorno 3 ottobre 2019, esattamente 12 giorni prima della scadenza dell'avviso, con decreto del già citato dipartimento veniva stabilita la sospensione del bando #Conciliamo per procedere a ulteriori verifiche e approfondimenti in merito all'individuazione dell'ambito dei soggetti che possono proporre le domande di finanziamento –:

   quali siano le «nuove valutazioni poste in essere dall'Amministrazione» citate nelle considerazioni del decreto di sospensione dell'avviso che hanno portato a sospendere un bando a 12 giorni dalla scadenza di presentazione delle domande e in un periodo di tempo così ridotto, tanto da creare disagi e difficoltà a tutti i destinatari che erano in procinto di presentare la domanda e che avevano già provveduto ad espletare gli obblighi normativi circa i documenti da presentare per la partecipazione.
(4-03801)

  Risposta. — L'avviso pubblico denominato #Conciliamo è stato emanato dal Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia pro tempore in data 26 agosto 2019. L'interrogante chiede di conoscere quali siano state le «nuove valutazioni» poste in essere dal dipartimento per le politiche della famiglia relative al decreto di sospensione dell'avviso pubblico #Conciliamo (Gazzetta Ufficiale 13 settembre 2019), emanato 12 giorni prima della scadenza dell'avviso medesimo.
  L'avviso #Conciliamo è finalizzato a destinare 74 milioni di euro per progetti di conciliazione famiglia-lavoro: si tratta di fondi per interventi che promuovano un welfare su misura per le famiglie e che migliorino la qualità della vita dei genitori lavoratori. L'avviso si pone, come obiettivi specifici, il rilancio demografico, l'incremento dell'occupazione femminile, il riequilibrio dei carichi di lavoro fra uomini e donne, il sostegno alle famiglie con disabilità, la tutela della salute dei lavoratori e il contrasto all'abbandono degli anziani.
  Gli articoli 3 e 4 del suddetto avviso individuavano, quali soggetti finanziabili «le imprese e le società cooperative aventi 50 lavoratori e lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato nonché i consorzi, i gruppi di imprese e le associazioni temporanee di scopo in cui il solo capofila deve possedere il prescritto requisito numerico», l'articolo 5, comma 1, stabiliva, come ricordato dall'interrogante nelle premesse dell'interrogazione di cui trattasi, che le domande di ammissione al finanziamento dovessero essere presentate entro le ore 12 del 15 ottobre 2019.
  Con decreto, in data 3 ottobre 2019, è stata disposta la sospensione dell'avviso #Conciliamo sino al 15 dicembre 2019 per poter svolgere approfondimenti e verifiche con particolare riguardo all'individuazione dell'ambito dei soggetti titolati a presentare la domanda di finanziamento, al fine di estendere la platea anche alle piccole e medie imprese. È importante evidenziare che alla data del citato provvedimento di sospensione dell'avviso #Conciliamo non era pervenuta alcuna domanda di ammissione al finanziamento e che tali nuove «valutazioni», oggetto del quesito in esame, sono state poste in essere al fine di consentire «la più ampia partecipazione da parte delle realtà imprenditoriali affinché l'ambito di realizzazione degli interventi di welfare aziendale potesse ricomprendere il numero più alto possibile di iniziative».
  L'alto numero di domande pervenute (1.033) per accedere al finanziamento previsto dall'avviso conferma che la procedura adottata ha favorito una partecipazione assai ampia ed è stata funzionale al perseguimento del miglior interesse pubblico. Attualmente sta svolgendo la propria attività la commissione per la verifica di ammissione delle domande di partecipazione e la valutazione di merito delle proposte progettuali, che saranno ammesse al finanziamento, Il decreto direttoriale che ha istituito la commissione lo scorso 10 marzo è consultabile sul sito del dipartimento per le politiche della famiglia (
www.famiglia.governo.it).
Il Ministro per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze economiche della diffusione del Covid-19 non saranno limitate esclusivamente al periodo strettamente emergenziale, ma, per alcuni settori, e, in particolare, per quello turistico ricettivo, ricadranno sul medio e lungo periodo;

   i provvedimenti adottati dal Governo hanno previsto interventi assolutamente inadeguati per il sostegno del settore, in particolare avuto riguardo all'incidenza che lo stesso ha sull'economia nazionale, anche in considerazione del patrimonio artistico naturale presente nel territorio nazionale;

   recentemente, dalla stampa si è appreso che l'Unione europea starebbe elaborando un programma di uscita dal confinamento su base regionale, e non nazionale, che permetta di muoversi tra le zone meno colpite dal virus, soprattutto in vista delle prossime vacanze estive;

   in particolare, il predetto piano prevedrebbe l'istituzione di zone rosse e verdi nell'intera area Schengen, al fine di agevolare la mobilità tra quelle verdi, anche in ragione del fatto che i viaggi intracomunitari rappresentano l'80 per cento del turismo di Spagna, Italia, Grecia e Croazia;

   la mappatura in questione dovrebbe essere determinata sulla base di alcuni parametri, tra i quali, il numero di posti in terapia intensiva, l'indice di crescita R0 inferiore a 1 e, infine, l'esistenza di sistemi capillari di test e tracciamento;

   da una prima ipotesi circolata nelle ultime ore, la Sardegna sembrerebbe essere stata inclusa tra le zone rosse, nonostante abbia un indice di contagio assolutamente esiguo, inferiore allo 0,3, nonché numeri adeguati nei reparti di terapia intensiva;

   l'erronea inclusione della Sardegna tra le zone rosse, assolutamente in contrasto con i dati rilevati anche dall'Istituto superiore di sanità, determinerebbe un gravissimo danno all'isola, considerato che il turismo rappresenta uno degli elementi cardine del sistema economico regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire l'inclusione della Sardegna tra le zone verdi.
(4-05709)

  Risposta. — In premessa è bene precisare che l'ipotesi d'includere la Sardegna in una ipotetica «zona rossa» europea figura in uno studio di due ricercatori francesi, che hanno cercato di individuare un criterio utilizzabile in sede europea per riaprire le attività turistiche in sicurezza tramite un approccio a zone.
  Nel corso della pandemia che ha colpito anche l'Europa, l'attività del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è sempre stata volta a evitare che le misure cautelative adottate dagli Stati membri dell'Unione europea fossero sproporzionate rispetto al rischio individuato o recassero pregiudizio all'integrità e al corretto funzionamento del mercato interno.
  In questa cornice, siamo intervenuti a tutti i livelli, sia in sede europea che sul piano bilaterale, e specialmente con i paesi confinanti, per assicurare che la circolazione delle persone e delle merci avvenisse nelle migliori condizioni possibili malgrado la crisi, tanto inedita quanto imprevista. Nella prima fase dell'emergenza abbiamo infatti garantito che ai lavoratori transfrontalieri e alle merci fosse consentito un passaggio rapido e sicuro tra Stati membri dell'Unione europea. Grazie all'incessante vigilanza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e delle sue Sedi estere, abbiamo lavorato contro ogni tentativo di comportamento discriminatorio, o anche solo per neutralizzare le contromisure che, anche al di là della volontà di chi le ha adottate, potessero avere l'effetto di una «concorrenza sleale» di fatto.
  Grazie anche alla costante azione della Farnesina, la libera circolazione nell'area Schengen è stata di fatto ristabilita, e attualmente non sussistono restrizioni che pregiudichino i normali flussi turistici verso l'Italia provenienti dai Paesi membri dell'Unione europea e viceversa. Rimangono invece significative limitazioni agli ingressi provenienti dai Paesi extra Unione europea, adottate per imprescindibili ragioni di salute pubblica. Tali misure vengono periodicamente aggiornate in ragione dell'evolversi della diffusione del contagio in tali Paesi, in coordinamento con gli altri Stati membri dell'Unione europea.
  Per quanto riguarda la riapertura del settore turistico e della mobilità intra-Unione europea a giudizio del Governo italiano, il «pacchetto» di misure adottato dalla Commissione Europea il 13 maggio scorso fornisce nel complesso una importante guida in vista di un approccio coordinato e omogeneo alla ripresa dei servizi turistici e dei trasporti, così come richiesto dall'Italia e dagli altri Paesi «
like minded» nel documento congiunto presentato a inizio maggio alla commissione. Alcuni principi in esso richiamati sono poi confluiti nella strategia europea per la tutela e il rilancio del settore turistico, insistendo in particolare su: definizione di protocolli sanitari comuni per gli operatori del settore turistico; coordinamento delle date di riapertura delle strutture turistiche in particolare tra aree limitrofe; contrasto alle discriminazioni basate sulla cittadinanza per i turisti provenienti dall'area Schengen; messa a punto di misure volte a favorire la ripresa della mobilità intra-Unione europea e internazionale.
  Allo stesso tempo, il Governo italiano si è impegnato con successo in una pluralità di iniziative volte ad evitare tentativi di concludere intese tra piccoli gruppi di Paesi, sulla base di criteri e parametri
ad hoc, unicamente definiti tra le parti per creare «corridoi turistici sicuri» tra Stati membri percepiti come maggiormente al riparo dalla pandemia.
  I risultati ottenuti dall'Italia e dagli altri Stati europei nel contenimento della pandemia da COVID-19 hanno consentito di rimuovere le restrizioni interne all'Unione europea rispettando i principi di proporzionalità, coordinamento e non discriminazione, così come delineato dalla stessa Commissione europea nelle sue linee guida. Alla luce di questa tendenza positiva, dal 15 giugno gli Stati dell'Unione europea hanno cominciato a rimuovere ogni restrizione alle frontiere interne.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a quanto risulta all'interrogante, alla data del 7 maggio 2020 il contributo economico a favore dei magistrati onorari non è stato erogato;

   questo episodio è ancora più grave se si considera che molti magistrati hanno di fatto continuato a lavorare, approfittando del periodo di sospensione dei processi, per svolgere quegli adempimenti afferenti tanto al processo quanto alla ripartenza della normale attività dei tribunali, che chiedono un'ingente mole di tempo per essere svolte;

   la ripartenza delle attività della magistratura onoraria non avverrà nello stesso momento in tutta Italia e, verosimilmente, avverrà per gradi. Questo avrà delle notevoli ed evidenti ripercussioni sulle indennità dei magistrati stessi;

   nel dibattito politico, il Governo non fa alcuna menzione dei magistrati onorari quando si parla delle categorie maggiormente colpite dalle conseguenze economiche della pandemia –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle tempistiche di erogazione del contributo per i magistrati onorari.
(4-05577)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante ha lamentato che «alla data del 7 maggio 2020 il contributo economico a favore dei magistrati onorari non è stato erogato» ed ha chiesto di conoscere «quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle tempistiche di erogazione del contributo per i magistrati onorari».
  Premesso che la direzione generale affari interni del dipartimento per gli affari di giustizia è delegata alla gestione del capitolo 1362 dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, sul quale sono appostate le somme necessarie al pagamento delle indennità da corrispondere ai giudici ausiliari (piano gestionale 04) e alle altre categorie di magistrati onorari (piano gestionale 01), si evidenzia che l'articolo 119 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale serie generale n. 70 del 17 marzo 2020 «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» cosiddetto Cura Italia, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto, tra gli altri interventi di sostegno economico, alcune misure destinate ai magistrati onorari in servizio.
  In particolare, la norma ha così stabilito: 1. In favore dei magistrati onorari di cui all'articolo 1 e 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, è riconosciuto un contributo economico mensile pari a 600 euro per un massimo di tre mesi e parametrato al periodo effettivo di sospensione di cui all'articolo 83. Il contributo economico di cui al periodo precedente non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 2. Il contributo non spetta ai magistrati onorari dipendenti pubblici o privati, anche se in quiescenza, e non è cumulabile con altri contributi o indennità comunque denominati erogati a norma del presente decreto. 3. Il contributo economico di cui al comma 1 è concesso con decreto del Direttore generale degli affari interni del Dipartimento per gli affari di giustizia, del Ministero della giustizia, nel limite di spesa complessivo di 9,72 milioni di euro per l'anno 2020. 4. Agli oneri derivanti dal presente articolo, si provvede nell'ambito delle risorse iscritte a legislazione vigente nell'anno 2020, nel Programma 1.4 «Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria» Azione magistratura onoraria dello Stato di previsione del Ministero della giustizia.
  Dal riferimento ai magistrati onorari «di cui all'articolo 1 e 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto» devono ritenersi inclusi nell'ambito di applicazione della norma sia la nuova categoria di magistrati onorari disciplinata dallo stesso decreto legislativo, giudici onorari di pace e vice procuratori onorari (articolo 1 decreto legislativo n. 116 del 2017), sia quei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo che siano stati confermati ai sensi del decreto legislativo n. 92 del 2016, già giudici di pace, giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO).
  L'unico presupposto per l'applicazione della norma è che i magistrati a cui si riferisce siano in servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge del 17 marzo 2020: sono dunque esclusi tutti coloro che siano cessati dal servizio in data anteriore al 17 marzo 2020, ma ancora in servizio al momento dell'inizio della situazione emergenziale che ha dato luogo alla sospensione delle attività giudiziarie.
  Con circolare DAG n. 56578.U del 2 aprile 2020 sono state impartite istruzioni ai funzionari delegati delle corti di appello e delle procure generali della Repubblica ai fini dell'erogazione del predetto contributo economico.
  A fronte delle comunicazioni pervenute dagli uffici giudiziari entro la scadenza del 24 aprile 2020 (numero dei magistrati onorari rientranti in una delle categorie disciplinate dagli articoli 1 e 29 del decreto legislativo n. 216 del 2017 in servizio alla data del 17 marzo 2020):

   in data 4 maggio 2020 la direzione generale affari interni del dipartimento per gli affari di giustizia ha emesso un impegno pluriennale ad esigibilità (IPE), a firma del direttore generale, in favore della rete dei funzionari delegati a valere sul capitolo 1362 p.g. 1 «Indennità da corrispondere ai magistrati onorari» – Missione 6 «Giustizia» – Programma 6 «Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria» – Azione 3 «Magistratura onoraria» – C.d.R. «Dipartimento degli Affari di Giustizia», per un importo di euro 7.806.600;

   in data 8 maggio 2020 sono stati emessi gli ordini di accreditamento a favore della rete dei funzionari delegati. Le aperture di credito disposte dalla medesima direzione generale coprono le 3 mensilità previste per l'erogazione del contributo.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Coronavirus ha monopolizzato le agende dei principali canali d'informazione. Da troppo tempo ormai sono poco diffuse all'opinione pubblica le informazioni e le notizie sui rapporti dell'Italia con importanti nazioni del Corno d'Africa quali Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia, quest'ultima, come noto, in balia di una interminabile guerra e in preda alle violenze di gruppi terroristici;

   le citate nazioni rappresentano fondamentali interlocutori nell'economia e nella sicurezza dell'intera area, posta in posizione strategica e nella quale l'Italia non può non essere presente anche per fornire tutto il supporto necessario a stabilizzare e rafforzare Nazioni amiche;

   l'Italia riveste un ruolo di primo livello nel quadrante anche in virtù del fatto che il comando della missione Eutm Somalia, dal 16 febbraio 2014, è affidato a un generale italiano. Come riporta il sito del Ministero della difesa, «L'attuale contributo nazionale prevede, dal 1° gennaio al 30 settembre 2018, un impiego massimo di 123 militari e 20 mezzi terrestri, impiegati in vari ambiti, da quello principale dell'addestramento delle Forze Armate somale alla sicurezza dei movimenti e del contingente, dal supporto logistico e amministrativo a quello di staff del Comandante»;

   in questo periodo di grande incertezza, una decisa e tenace azione di collaborazione economica con le nazioni del Corno d'Africa, stante lo storico accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea, sarebbe una grande occasione di rilancio e potenziamento di molte aziende nazionali che, tra l'altro, potrebbero operare in un ambiente non estraneo e non ostile;

   appare quindi necessario fare il punto sugli eventuali incontri effettuati dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale con i rispettivi Ministri di Etiopia, Eritrea e Somalia, sugli esiti e sugli sviluppi futuri, nonché sapere se questi abbiano dato luogo alla sottoscrizione di accordi bilaterali, anche di carattere economico –:

   quale sia l'attuale stato dei rapporti diplomatici con le Nazioni del Corno d'Africa e quali risultati siano stati ottenuti dal punto di vista politico ed economico;

   se e quali iniziative siano state intraprese o si intendano intraprendere per favorire e incrementare l'interscambio commerciale con le nazioni del Corno d'Africa;

   quale sia l'attuale livello di sicurezza della missione Eutm Somalia, se e quali iniziative siano state eventualmente intraprese per rafforzare e implementare la sicurezza del contingente italiano e se sia opportuno accrescerne la presenza in uomini e mezzi ai fini di contribuire maggiormente alla stabilità dell'area.
(4-05893)

  Risposta. — L'intensità del dialogo politico con Paesi del Corno d'Africa, regione prioritaria per la politica estera italiana in virtù degli storici legami politici, culturali ed economici, è testimoniata dai numerosi incontri ai più alti livelli succedutisi nel corso degli ultimi due anni. Il Ministro Di Maio ha incontrato gli omologhi di Etiopia, Somalia ed Eritrea in una colazione a margine dell'ultima assemblea generale ONU, nel settembre 2019. Nel febbraio scorso, il Ministro ha ricevuto a Roma la visita del collega etiopico Gedu, mentre la Vice Ministra Del Re ha effettuato quattro missioni in Etiopia tra il 2018 e il 2020 (nello stesso periodo si sono inoltre svolti tre incontri del Presidente del Consiglio Conte con il primo ministro etiopico Abiy Ahmed). Nel luglio 2019, in seguito alla missione ad Asmara della Vice Ministra Del Re (dicembre 2018), l'allora Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale Moavero Milanesi ha incontrato a Roma il Ministro degli esteri eritreo Osman Saleh. Successivamente alle due visite a Gibuti della Vice Ministra Del Re (dicembre 2018 e luglio 2019), il 29 gennaio scorso il Ministro Di Maio ha incontrato il Ministro della difesa gibutino Bourhan, in visita a Roma per la firma di un accordo di collaborazione nel settore della difesa con il Ministro Guerini. Il 12 maggio scorso, in seguito alla liberazione di Silvia Romano, si è svolto un colloquio telefonico tra il Ministro Di Maio e il Ministro degli Esteri somalo Ahmed Isse Awad.
  Questa fitta interlocuzione politica – cui si aggiungono la telefonata dello scorso 1° luglio tra il Presidente Conte e il presidente somalo Farmajo e il mio colloquio in videoconferenza con il Ministro degli esteri somalo Awad il 23 luglio – è servita a ribadire il ruolo di primo piano che l'Italia può svolgere nel Corno d'Africa. L'azione politica italiana è diretta da un lato a consolidare la già articolata collaborazione bilaterale con i paesi della regione, dall'altro ad assicurare che a questi ultimi siano riconosciuti adeguati attenzione politica e supporto finanziario anche nei fora multilaterali (ONU, UE, istituzioni finanziarie internazionali) e regionali (l'IGAD, anche in virtù del ruolo dell'Italia come co-chair dell'IGAD
Partners Forum). Il nostro Paese sostiene inoltre la dinamica distensiva regionale avviata nel 2018 con la firma dello storico accordo di pace etio-eritreo, nella consapevolezza che si tratta di un processo dagli esiti non scontati che potrebbe generare inedite dinamiche di sviluppo condiviso.
  Nello specifico, per quanto riguarda le relazioni bilaterali, l'Etiopia – perno della sicurezza del Corno d'Africa – è il più importante partner dell'Italia in Africa subsahariana; allo stesso modo, Addis Abeba considera Roma il principale interlocutore politico in ambito Unione europea. Tale rilevanza è testimoniata dall'intensa cooperazione culturale, dalla collaborazione in ambito migratorio (con 13,1 milioni di euro a valere sul cosiddetto Fondo Africa per le migrazioni destinati all'Etiopia nel triennio 2017- 2019) e, non ultimo, dal fatto che l'Etiopia è il secondo Paese beneficiario di risorse della nostra cooperazione allo sviluppo (125 milioni di euro per il triennio 2017-2019, 140 nel nuovo programma Paese 2020-2022). Negli ultimi due anni sono state inoltre avviate numerose iniziative bilaterali a sostegno del percorso di riforma e riconciliazione nazionale del premier Abiy, tra le quali si annoverano: il sostegno finanziario (circa 2 milioni di euro) al programma di reintegrazione sociale dei gruppi armati di opposizione rientrati in Etiopia a seguito dei provvedimenti di amnistia; la firma di un accordo quadro nel settore della difesa (2019); i corsi di formazione italiani a beneficio di membri della guardia presidenziale etiopica e di alti quadri della protezione civile.
  Più complesse le relazioni con l'Eritrea: sulla scia del processo di distensione avviato con l'Etiopia, su cui abbiamo riposto molte speranze, e nella consapevolezza del ruolo potenziale di tale Paese nella regione, da un lato, l'Italia si impegna a favorire l'attenzione della comunità internazionale verso Asmara, dall'altro cerca di incoraggiare graduali aperture da parte del regime eritreo. Negli ultimi due anni sono state avviate numerose iniziative bilaterali, tra cui il rilancio della cooperazione culturale e il riavvio dei progetti della cooperazione allo sviluppo nel Paese (con lo stanziamento di una cifra iniziale di 12 milioni di euro nei settori della formazione, pesca, del tessile e dell'agricoltura e con la possibile apertura ad Asmara di una sede dell'Aics, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo). La strada è lunga e non semplice, come del resto dimostrato dall'attuale fase del rapporto bilaterale: di recente, le autorità eritree hanno sospeso in maniera improvvisa il funzionamento della scuola italiana, e hanno manifestato l'intenzione di rimettere in discussione gli attuali assetti educativi e amministrativi dell'istituto. Prosegue ad ogni modo, per quanto possibile, il tentativo di mantenere un dialogo con Asmara anche nel contesto della comunità internazionale, onde evitare fenomeni di instabilità sociale, con possibili conseguenze negative per gli equilibri della regione e sui flussi migratori.
  Con Gibuti vantiamo un'articolata cooperazione bilaterale nel settore della difesa: presso la Base militare italiana di Gibuti l'arma dei carabinieri conduce operazioni di addestramento delle forze di sicurezza somale e della polizia gibutina. Rilevanti sono poi le iniziative civil military cooperation (CIMIC), tra cui si segnala la realizzazione di un'area ricreativa («Parco Roma») inaugurata nel luglio 2019 dall'allora Ministra Trenta. Da segnalare, inoltre, i corsi di addestramento alla Guardia Costiera gibutina svolti lo scorso anno dalla nostra Marina Militare e la partecipazione italiana alla missione europea di contrasto alla pirateria nel golfo di Aden EUNAVFOR ATALANTA, con base appunto a Gibuti. Infine, l'impegno della cooperazione allo sviluppo italiana verso Gibuti si è tradotto in circa 105 milioni di euro dal 1984, contributi concentrati sul settore sanitario e su categorie vulnerabili come minori e rifugiati.
  L'Italia esercita un ruolo di primo piano nel processo di stabilizzazione della Somalia, attraverso un'articolata azione nei settori della cooperazione e della sicurezza. Nel marzo 2020 abbiamo erogato un «prestito ponte» di circa 370 milioni di dollari (che non ha comportato oneri per l'Italia, essendo stato rimborsato nell'arco della stessa giornata lavorativa), che ha consentito di concludere la cancellazione dei debiti arretrati della Somalia verso il fondo monetario internazionale, precondizione per l'accesso di Mogadiscio al credito internazionale con potenziali ricadute positive sul piano dello sviluppo. Anche in considerazione della grave crisi umanitaria in corso, la Somalia è un Paese prioritario per la Cooperazione Italiana, che nel 2019 ha riservato a Mogadiscio un'allocazione di circa 20 milioni di euro per iniziative di sviluppo (in istruzione superiore – continuando a finanziare dal 2012 l'università nazionale somala, unica istituzione accademica pubblica attiva nel Paese – infrastrutture, sostegno all'amministrazione, gestione dei fenomeni migratori e salute, incluso l'attuale impegno nel contrasto al Covid-19). Il nostro articolato impegno a favore di Mogadiscio è pienamente riconosciuto e fortemente apprezzato da parte somala, come mi è stato personalmente confermato dal Ministro degli esteri Awad nel corso del nostro recente colloquio, che ha consentito un'ampia disamina del partenariato bilaterale.
  In ambito securitario, sul piano bilaterale l'Italia ha firmato con la Somalia un accordo per la cooperazione nel settore della difesa (settembre 2013) e svolge con l'arma dei carabinieri attività di addestramento della polizia (Corsi MIADIT) presso la base Italiana di Gibuti (circa 200 unità per corso). L'Italia fornisce inoltre un contributo di primo piano alle missioni Unione europea: Eucap Somalia, missione civile che ha l'obiettivo di rafforzare la capacità della Somalia nell'applicazione del diritto marittimo; Eutm Somalia che, nell'ambito del processo di stabilizzazione del Paese, gioca dal 2010 un importante ruolo attraverso attività di addestramento, mentoring e advicing in favore dell'esercito nazionale somalo. Le attività della missione, inizialmente rivolte alla formazione delle compagnie di fanteria leggera e dei plotoni del genio militare, si sono progressivamente estese ad attività di «formazione dei formatori» e di assistenza nella ricostruzione della catena di comando e controllo militare. Il contingente italiano, che assicura il comando della missione attraverso un ufficiale superiore (attualmente il generale di brigata Antonello De Sio), rappresenta la maggioranza dell'organico e garantisce, con mezzi e capacità dedicate, la forza di protezione della missione. L'esistenza di una missione militare di addestramento europea a guida e a prevalenza italiana offre alla presenza istituzionale dell'Italia in Somalia un importante valore aggiunto (tenuto conto della assoluta centralità della ricostituzione di forze di sicurezza somale autonome nell'agenda politica del paese) in termini di visibilità e, allo stesso tempo, di supporto alla rappresentanza diplomatica a Mogadiscio.
  L'attenzione per la sicurezza della missione è massima. Relativamente ai movimenti per via ordinaria, il contingente nazionale è dotato di mezzi e dispositivi di sicurezza e protezione già impiegati in altri teatri operativi ad alta intensità e, pertanto, idonei a far fronte in maniera efficace alla minaccia di ordigni esplosivi improvvisati (IED). Al fine di ridurre i movimenti, la missione ha incrementato nel tempo le attività di addestramento e consulenza all'interno della propria sede, dislocata nella «green zone» (Campus Internazionale) dell'aeroporto internazionale di Mogadiscio (MIA). Per quanto riguarda la sicurezza delle infrastrutture della missione e delle aree addestrative, sono stati programmati e in parte già realizzati diversi progetti per incrementarne la protezione. Presso il MIA, inoltre, è attivo un servizio di vigilanza e sorveglianza garantito dalla polizia somala. Quanto alla «green zone», la vigilanza e la sorveglianza sono state integrate con numerosi lavori di fortificazione campale, mentre ulteriori misure di protezione sono tuttora allo studio. Nell'ambito delle attività complessive di prevenzione, infine, il comando della missione conduce attività di
intel sharing assessment and warning sia con le missioni a guida UE e ONU sia con altre istituzioni operanti nell'area.
  Al momento la missione ha diminuito il personale presente in loco e ha proseguito parte delle attività da remoto, sospendendo tutte quelle in presenza, quale misura di contenimento della diffusione del COVID-19. Il ritorno del personale in teatro avverrà in maniera flessibile, consentendo aggiustamenti sulla base dell'evoluzione delle condizioni epidemiologiche, logistiche e securitarie.
  In merito alla possibilità di accrescere il contingente per contribuire maggiormente alla stabilità dell'area, l'Unione europea ha accettato l'offerta italiana di incrementare uomini e mezzi, prevedendo lo schieramento di un terzo plotone di
Force Protection, in aggiunta agli altri due già presenti in teatro operativo, e fino a due nuovi «advisor». A tale riguardo si ricorda che la Missione EUTM Somalia, la cui prosecuzione è stata recentemente autorizzata dal Parlamento, prevede per l'anno 2020 un incremento di 25 unità fino a un massimo di 148 totali.
  L'Italia, nella convinzione che lo sviluppo economico rappresenti la base per assicurare adeguate condizioni di pace e sicurezza, mira a realizzare una partnership economica paritaria e mutualmente vantaggiosa con i paesi del Corno d'Africa, anche attraverso il rafforzamento dei rapporti commerciali bilaterali. Nello specifico, Roma è il primo partner commerciale di Addis Abeba in ambito Unione europea e l'Etiopia è il quarto mercato di destinazione per le imprese italiane in Africa subsahariana (nel 2018 l'interscambio commerciale tra Italia ed Etiopia si è attestato a 292 milioni di euro). Partendo da tali presupposti, il dialogo economico-commerciale bilaterale resta intenso: nel 2019 si sono svolti infatti ben cinque business forum tra Italia ed Etiopia. Il primo si è tenuto a Roma in occasione della visita di Abiy del gennaio 2019; il secondo, «l'Eastern Africa Business Forum» a Roma nel giugno 2019; nello stesso mese si è svolto ad Addis Abeba il primo Business Forum italo-etiopico, nell'ambito della missione di sistema guidata dalla Vice Ministra Del Re cui hanno partecipato circa 200 imprese etiopiche e 50 imprese italiane; altri due business forum si sono tenuti a Roma e Milano in occasione della visita in Italia del vice primo ministro etiopico Mekonnen nell'ottobre 2019. In Eritrea, d'altro canto, si nutrono forti aspettative di una maggiore presenza economica italiana, ad oggi comunque limitata dal precario clima degli investimenti nel Paese. Tra le iniziative avviate negli ultimi due anni, si segnala la missione di circa 70 imprenditori italiani in occasione della visita della Vice Ministra Del Re del dicembre 2018. Infine, negli ultimi anni si è registrato un incremento della presenza economica italiana a Gibuti, partner commerciale importante e destinazione privilegiata per i nostri investimenti, in virtù della posizione strategica e della crescita economica del Paese. Si ricorda l'apertura di un'antenna ICE a Gibuti e la partecipazione, nel dicembre 2018, di circa 10 aziende italiane alla Fiera di Gibuti (una delle maggiori iniziative del Paese nel settore commerciale).

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   fra marzo e aprile 2020 vi sono state decine e decine di sommosse e rivolte carcerarie, alcune anche verosimilmente eterodirette dalle criminalità organizzate al fine di contrastare il regime di cosiddetto carcere duro per gli aderenti alle organizzazioni criminali;

   nel corso delle diverse rivolte, gli uomini e le donne della polizia penitenziaria hanno dovuto, pur sotto organico e con scarsa dotazione, fronteggiare, con rischio per l'incolumità personale, detenuti rivoltosi armati di spranghe, coltelli e olio bollente;

   ad oggi, non è ancora noto quali procedimenti siano iniziati nei confronti dei rivoltosi;

   notizie stampa riportano, incredibilmente, procedimenti ai danni degli agenti della polizia penitenziaria per avere sedato le sommosse e le rivolte con un gradiente di violenza ritenuto eccessivo;

   gli agenti della polizia penitenziaria, dunque, oltre a dover fronteggiare le sommosse e le rivolte, ora dovranno affrontare procedimenti penali a loro carico;

   il sindacato di polizia penitenziaria Sippe ha formalmente e pubblicamente chiesto l'istituzione di una squadra antisommossa della Polizia penitenziaria, ben addestrata per fronteggiare con idoneo equipaggiamento, con metodo e non più in modo improvvisato, sommosse, tentativi di evasione di massa e comunque ogni evento critico rilevante –:

   se il Ministro interrogato, dopo le recenti rivolte nelle carceri, intenda adottare le iniziative di competenza per istituire una apposita squadra antisommossa che operi in contesti particolari come quelli cui si è assistito.
(4-06021)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, partendo dai notori fatti di sommosse occorse nelle carceri italiane nei mesi di marzo ed aprile 2020, quindi domandandosi se siano stati aperti procedimenti in danno dei rivoltosi e dolendosi dell'apertura di procedimenti in danno degli agenti della polizia penitenziaria, come appreso da fonti di stampa, avanza precipuo quesito circa gli intendimenti volti ad istituire una squadra antisommossa, come auspicato altresì dal sindacato Sippe della polizia penitenziaria.
  In via preliminare, con riferimento alla serie di rivolte e disordini avvenuti, a vario livello di gravità, in numerosi istituti penitenziari del Paese, si evidenzia che l'inizio degli stessi può essere individuato nel pomeriggio di sabato 7 marzo, presso la casa circondariale di Salerno.
  Nei giorni seguenti, in particolare l'8, il 9 e il 10 marzo, le proteste si sono allargate, giungendo a coinvolgere, sia pure in diversa misura, oltre 20 stabilimenti detentivi.
  Tentando di fornire un sintetico bilancio d'insieme di quanto accaduto, occorre ricordare, innanzitutto, che sono decedute, nel corso delle più gravi rivolte, 13 persone detenute.
  Inoltre, nell'istituto penale di Foggia, a seguito di una vera e propria rivolta, si verificava l'evasione di 72 detenuti. Allo stato, tutti gli evasi sono stati sottoposti nuovamente a detenzione, tranne uno.
  Con riferimento al personale di polizia penitenziaria, non si sono registrate vittime, anche se, in base alle comunicazioni pervenute dagli istituti, risulta che oltre 100 appartenenti al Corpo siano stati costretti a fare ricorso alle cure mediche, con un numero di contusi particolarmente elevato in talune sedi, come, ad esempio: Napoli Poggioreale (52 contusi), Modena (26 contusi) e Milano Opera (10 contusi).
  Quanto alle conseguenze materiali, molte strutture detentive hanno riportato gravi danni strutturali, quantificabili, allo stato, in circa 20 milioni di euro.
  Relativamente alle notizie di stampa circa procedimenti penali aperti in danno dei rivoltosi, così come in danno di agenti della polizia penitenziaria, si evidenzia che trattasi di attività giurisdizionale di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria, di guisa che non competa al Ministero sindacare tali evenienze.
  Passando all'eventuale istituzione di una apposita squadra antisommossa, precipuamente addestrata per fronteggiare sommosse, tentativi di evasione e ogni altro evento critico, premesso che è precipuo dovere dell'amministrazione, a mezzo della polizia penitenziaria garantire l'ordine e la sicurezza interna ed esterna alle carceri, primo presidio di legalità, e che tale gravoso compito è da sempre perseguito con profondo impegno ed abnegazione da parte degli appartenenti alla polizia penitenziaria, mi pregio riferire che il Dap ha allo studio una proposta operativa per delineare adeguate soluzioni organizzative, elaborare idonei protocolli esecutivi e definire pertinenti programmi formativi, ben essendo sentita la necessità di definire nuove metodologie di gestione degli eventi critici, soprattutto in ragione dell'esigenza di adeguamento delle capacità tecnico operative della polizia penitenziaria.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è notizia del 17 giugno 2020 che il Dap abbia sospeso la circolare con cui, il 21 marzo 2020, si disponeva la segnalazione dei casi di detenuti che, per patologie o per età, risultavano a maggior rischio nel caso di contagio da coronavirus, alla base delle scarcerazioni di reclusi in alta sicurezza e al 41-bis avvenute nelle scorse settimane;

   la decisione è stata presa dai vertici del Dap con una nota del 16, trasmessa ai provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria;

   il documento firmato da Bernardo Petralia e dal suo vice Roberto Tartaglia parla di costante diminuzione dei casi di contagio in carcere e ribadisce la necessità di un «monitoraggio» della salute dei detenuti, in particolare delle situazioni più critiche;

   il nuovo provvedimento è arrivato nelle stesse ore in cui è tornata a divampare la polemica sulle scarcerazioni e sulla circolare del 21 marzo 2020, al centro dell'indagine avviata dalla Commissione parlamentare antimafia, che il 16 giugno ha convocato in audizione Giulio Romano, ex direttore generale della direzione detenuti e trattamento del Dap, dimessosi proprio a seguito di quanto emerso sul provvedimento;

   Romano ha raccontato che sulla circolare aveva avuto l'assenso dell'allora capo Dap Francesco Basentini e che lo stesso Guardasigilli Alfonso Bonafede, in una data successiva al 26 marzo, aveva espresso, durante una videoconferenza, il suo «apprezzamento»;

   Romano, nella sua audizione, ha anche ammesso che sul caso di Pasquale Zagaria, il boss dei Casalesi che dal 41-bis ha ottenuto la detenzione domiciliare e non è ancora tornato in carcere per motivi legati alle sue condizioni di salute e al rischio Covid, il suo ufficio ha commesso un grave errore. Zagaria, a differenza di altri boss, non è tornato in cella a seguito del decreto-legge «antiscarcerazioni»;

   a giudizio dell'interrogante, la circolare del Dap del 21 marzo 2020 non doveva essere sospesa, ma annullata nel rispetto dei parenti delle vittime dei mafiosi;

   la sospensione comporta, per definizione, la possibilità di una riviviscenza dell'atto, ossia la possibilità di ritornare a consentire la scarcerazione, di fatto, dei detenuti al 41-bis o in alta sicurezza perché ritenuti a rischio di complicazioni in caso di contagio da Covid-19;

   occorre fare chiarezza sulle motivazioni per cui il Ministero non abbia, invece, adottato un provvedimento che ne annulli l'efficacia –:

   quali siano le motivazioni alla base della scelta del Governo di emanare una circolare che prevede la mera sospensione della circolare del 21 marzo 2020 e non un provvedimento più incisivo di annullamento della stessa.
(4-06064)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha sollevato specifici quesiti in ordine alla nota 16 giugno 2020, n. 209709, avente ad oggetto «nota n. 95907 del 21 marzo 2020: segnalazione all'autorità giudiziaria» con la quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha sospeso l'efficacia della nota del direttore generale dei detenuti e del trattamento del 21 marzo 2020, si rappresenta quanto segue.
  Con nota del 21 marzo 2020, n. 95907, la direzione generale dei detenuti e del trattamento ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari segnalassero all'autorità giudiziaria, «per le eventuali determinazioni di competenza», i nominativi dei ristretti ad elevato rischio di complicanze per patologie o condizione in conseguenza dell'emergenza sanitaria.
  Al fine di consentire alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di fornire agli uffici di sorveglianza ogni utile informazione in ordine alla pericolosità del detenuto e all'operatività dell'organizzazione di appartenenza, con successiva nota del 24 aprile 2020 il direttore generale dei detenuti e del trattamento ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari, oltre alle informazioni già indicate nella succitata circolare 21 marzo 2020, provvedessero tempestivamente a trasmettere direttamente alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo copia delle segnalazioni ed istanze concernenti i ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, ovvero assegnati al circuito alta sicurezza.
  L'articolo 2, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 recante «Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19» ha stabilito che l'autorità giudiziaria, in caso di concessione di permessi ai sensi dell'articolo 30-
bis dell'ordinamento penitenziario e prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale, con applicazione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario in favore dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, chieda il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e alla pericolosità del soggetto.
  Con nota 2 maggio 2020 il direttore generale dei detenuti e del trattamento, ha disposto, di conseguenza, che copia delle segnalazioni e delle istanze trasmesse alla direzione nazionale antimafia antiterrorismo, siano trasmesse anche alla direzione generale dei detenuti e del trattamento, comprensive della relazione sanitaria, al fine di approntare, nell'immediato, l'attività di analisi finalizzata alla predisposizione delle idonee misure di carattere organizzativo.
  Con il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, recante: «Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-
bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati gli internati e gli imputati», il legislatore ha inteso apportare rilevanti disposizioni in ordine alle concessioni disposte dall'autorità giudiziaria, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, nei confronti dei condannati o internati per ciascuno dei delitti di cui sopra; in particolare, ha consentito ai giudici di rivalutare la permanenza dei motivi posti a fondamento dell'ammissione alla detenzione domiciliare, al differimento di pena o alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento stesso e, successivamente, con cadenza mensile. Ha inoltre previsto che detta valutazione debba essere effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o a usufruire del differimento della pena.
  Si evidenzia in proposito che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha attivato nell'immediato i poteri di iniziativa previsti dagli articoli 2 e 3 del decreto in argomento, effettuando le dovute segnalazioni alle autorità giudiziarie relativamente ai detenuti cui sono stati in precedenza concessi la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari.
  Sono n. 223 i detenuti ascritti al circuito «Alta sicurezza» e n. 4 i detenuti sottoposti, nel tempo, al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975, che hanno ottenuto il differimento pena o altre misure alternative alla detenzione, per motivi sanitari attinenti al Covid-19.
  Alla data del 17 giugno 2020 (data dell'ultimo rilevamento effettuato dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento), n. 55 detenuti ascritti al circuito «alta sicurezza 3», hanno fatto rientro negli istituti penitenziari o nelle strutture protette, a seguito della revoca del provvedimento precedentemente adottato dall'autorità giudiziaria.
  Alla data del 23 giugno hanno fatto rientro negli istituti penitenziari o in strutture protette n. 3 detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario.
  Con la nota 16 giugno 2020, n. 209709, oggetto specifico dell'interrogazione a risposta scritta in argomento, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha sospeso l'efficacia delle disposizioni impartite con la nota 21 marzo 2020, n. 95907.
  Tale determinazione è stata assunta in ragione dei provvedimenti normativi finalizzati alla prevenzione del rischio di diffusione del contagio in ambito penitenziario, della costante diminuzione nel tempo del numero dei ristretti positivi al Covid-19 (alla data del 24 giugno 2020 il numero dei ristretti positivi al Covid-19 era pari a n. 57 persone su una popolazione detenuta pari a n. 53534) e, soprattutto, dell'esistenza in tutti gli istituti penitenziari di protocolli di prevenzione, assunti di concerto con le Aziende sanitarie di riferimento.
  La nota, ovviamente, ha lasciato impregiudicati gli effetti della normativa vigente (confronta l'articolo 23, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230) e delle precedenti circolari in materia; raccomanda comunque la necessità del più accurato monitoraggio delle condizioni di salute dei ristretti, in particolare di coloro che maggiormente sono esposti al rischio di complicanze in caso di contagio.
  L'immediata cessazione dell'efficacia della circolare del 21 marzo 2020 è stata dunque disposta in considerazione del mutamento delle condizioni sanitarie complessive, rimanendo impregiudicata la possibilità per l'amministrazione di intervenire nuovamente sul tema e di approntare una diversa regolamentazione, qualora le suddette condizioni dovessero ulteriormente mutare in futuro.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione docenti di italiano in Germania ha denunciato la decisione dell'Università di Saarbrücken di cancellare tutte le cattedre di italiano;

   questa scelta porterà alla morte di un centro di eccellenza dell'italianistica mondiale che anche lo Stato italiano ha contribuito a sostenere per decenni, accollandosi i costi dei lettori di lingua e cultura italiana;

   per sottolineare l'importanza del centro di italianistica è possibile citare la redazione, nel 1979, del monumentale Lessico etimologico italiano (Lei), il più grande dizionario etimologico italiano di tutti i tempi;

   all'Università di Saarbrücken hanno lavorato e fatto ricerca tre membri dell'Accademia nazionale dei Lincei di Roma nonché soci stranieri dell'Accademia della Crusca, il fondatore e direttore del Lei professor Max Pfister, il codirettore e attuale titolare della cattedra di linguistica romanza professor Wolfgang Schweickard e il dantista e petrarchista professor Karlheinz Stierle. Nel dipartimento di italianistica di Saarbrücken si avvicendano da anni studiosi provenienti da tutti gli atenei italiani, grandi nomi della linguistica italiana o giovani ricercatori;

   altri progetti importanti del centro sono il Deonomasticon Italicum e il Dictionnaire Étymologique Roman;

   nel prossimo anno accademico dovrebbero essere cancellati tutti i corsi di laurea in italiano (la laurea triennale e specialistica, la formazione degli insegnanti di italiano, il corso di laurea in traduzione e il master di comunicazione internazionale a indirizzo italianistico) e, nel medio termine, potrebbe scomparire anche l'italiano nelle scuole;

   nel Land ci sono 18.000 italiani residenti che rappresentano la prima comunità straniera –:

   se il Governo sia a conoscenza del fatto segnalato e quali iniziative intenda intraprendere con il Governo tedesco per scongiurare il taglio delle cattedre di italiano.
(4-06236)

  Risposta. — La questione riguardante la possibile chiusura delle cattedre di italianistica operanti presso l'università del Saarland di Saarbrucken risale a circa sei anni fa e può ritenersi ormai superata. Tra il 2014 e il 2015, infatti, nell'ambito delle politiche di austerità attuate dal governo del Land, era stata paventata la chiusura dell'intero dipartimento di italianistica dell'Ateneo, misura poi non adottata.
  Successivamente, nonostante la soppressione della cattedra di letteratura italiana dello stesso dipartimento, l'università è riuscita a mantenere attiva la cattedra di linguistica e gran parte dei corsi della soppressa cattedra di letteratura. Si è trattato di un importante risultato, ottenuto grazie all'azione congiunta dell'ambasciata a Berlino, del consolato generale a Francoforte e del lettore di italiano del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in servizio presso l'università.
  In merito al rischio di altre chiusure, allo stato attuale, non sono previste cancellazioni di cattedre di italianistica.
  La Farnesina è impegnata da tempo a tutelare i centri di eccellenza dell'insegnamento della nostra lingua e cultura, tra cui quello dell'università di Saarbrucken. Questa azione rientra nella più ampia strategia di promozione del sistema paese e viene attuata in Germania tramite l'attività della lettrice del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale presso l'universitaet des Saarlandes di Saarbrucken (che, nell'anno accademico 2019/2020, ha coinvolto 111 studenti iscritti a 36 corsi) e tramite i contributi alle cattedre di italianistica all'estero.
  Nell'ambito della promozione della nostra lingua e della nostra cultura nel mondo, la Farnesina continuerà a seguire con grande attenzione la situazione delle cattedre di italianistica in Germania, anche grazie all'azione sul posto da parte di ambasciata e consolati.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COMENCINI, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 giugno 2020, l'europarlamentare Leopoldo Lopez Gil ha rilasciato un'intervista all'agenzia di stampa Dire;

   Leopoldo Lopez Gil, cittadino spagnolo e venezuelano, padre di Leopoldo Lopez, presidente del partito di opposizione in Venezuela Voluntad Popular prima di Juan Guaido, ora rifugiato politico a Madrid, ha denunciato «le pessime condizioni delle carceri venezuelane»; sostenendo che «i detenuti si trovano a vivere in situazioni al limite, spesso addirittura senza avere acqua»;

   Lopez Gil ha rinnovato l'appello all'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Joseph Borrell, perché l'Unione europea intervenga per la liberazione degli 11 detenuti con cittadinanza sia venezuelana che europea, tra cui due portoghesi, sei spagnoli e tre italiani;

   si tratta, in quest'ultimo caso, secondo la ricostruzione di Lopez Gil, di Juan Carlos Marrufo Capozzi, Hugo Enrique Marino Salas e Juan Antonio Planchart Marquez. «Sono stati privati della libertà ingiustamente — ha accusato il parlamentare — e si ritrovano ad affrontare le avversità di un sistema dove regna l'incertezza sulla legittimità del governo e dove negli ultimi anni si è inasprita la persecuzione contro i dissidenti politici, che già caratterizzava il periodo di presidenza di Hugo Chavez» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di approfondire e verificare i fatti esposti in premessa e in quale modo intenda assistere i nostri connazionali detenuti nelle carceri venezuelane.
(4-06447)

  Risposta. — Onorevole Deputato Di San Martino Lorenzato di Ivrea, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06447 sulle condizioni delle carceri venezuelane e l'assistenza ai connazionali detenuti in Venezuela.
  Juan Carlos Marrufo Capozzi, Juan Antonio Planchart Marquez e Hugo Enrique Marino Salas sono detenuti in Venezuela dal 2019. L'Ambasciata d'Italia e il Consolato generale d'Italia a Caracas – in stretto raccordo con la Farnesina – si sono prontamente attivati presso le competenti autorità locali fin dalle prime notizie di ciascuna carcerazione per ottenere informazioni ufficiali sull'ubicazione dei detenuti e sui capi d'accusa formulati, nonché per richiedere l'autorizzazione a effettuare visite consolari in carcere per verificare le condizioni di salute e di detenzione dei connazionali.
  Il cittadino italo-venezuelano Juan Carlos Marrufo Capozzi è detenuto presso la sede della
Direcciòn general de la contra inteligencia militar (Dgcim) a Caracas dal 19 marzo 2019 insieme alla moglie di cittadinanza venezuelana e spagnola, con l'accusa di finanziamento, del terrorismo e associazione a delinquere. In seguito alla mancata esecuzione dell'ordine di scarcerazione emesso il 7 giugno 2019 dal giudice locale, l'Ambasciata a Caracas ha sollevato il caso durante colloqui con il procuratore generale del Venezuela, Tarek William Saab, e con il Ministro degli esteri, Jorge Arreaza. Parimenti, è intervenuta presso l'alto commissario ONU per i diritti umani Michelle Bachelet affinché discutesse della questione con i propri interlocutori locali nel corso di una sua visita in Venezuela nel giugno 2019. Il 2 ottobre 2019, il connazionale è stato messo in libertà e arrestato nuovamente lo stesso giorno. Di fronte a tale atto, l'Ambasciata ha rappresentato fermamente, ancora una volta, il proprio forte disappunto e ha richiesto spiegazioni al locale Ministero degli esteri. Nel contempo, la sede ha intensificato le domande di visita in carcere, accompagnate dalla richiesta di urgenti accertamenti sanitari, resisi necessari a causa di un aggravamento delle condizioni di salute del connazionale,
  Juan Antonio Planchart Marquez, anch'egli doppio cittadino italo-venezuelano, è stato arrestato il 24 marzo 2019 dai servizi di sicurezza politica venezuelana (Sebin). Il connazionale, cugino del presidente dell'Assemblea nazionale e
leader dell'opposizione, Juan Guaidó, nonché membro del suo staff legale, sarebbe accusato di cospirazione e terrorismo. Le autorità diplomatico-consolari italiane si sono adoperate fin dall'inizio per prestare assistenza consolare all'interessato – che è stato visitato in carcere – e ai suoi familiari.
  Il 18 giugno 2019 i congiunti del signor Planchart, accompagnati dall'attivista Rodrigo Diamanti, sono stati ricevuti alla Farnesina dal sottoscritto, in veste di sottosegretario agli affari esteri e, nell'occasione, ho confermato la massima attenzione prestata dal Governo italiano alla sorte dei nostri connazionali nelle carceri venezuelane.
  Come per Marrufo Capozzi, l'ambasciata ha inoltre sensibilizzato l'alto commissario ONU per i diritti umani affinché sollevasse il caso con le controparti venezuelane. Il 2 gennaio 2020 l'Ambasciata ha rappresentato al vice ministro degli esteri la necessità di urgenti trattamenti medici e l'opportunità del trasferimento in Italia del detenuto. Il 20 aprile scorso la sede ha svolto una nuova azione di sensibilizzazione nei confronti del Ministro degli esteri, Jorge Arreaza, sostenuta anche dal Capo Delegazione dell'Unione europea a Caracas.
  Del cittadino italo-venezuelano Hugo Enrique Marino Salas invece, non si hanno più notizie dal 20 aprile 2019, quando – secondo la ricostruzione dei familiari – sarebbe stato prelevato al suo arrivo all'aeroporto della capitale venezuelana da alcuni funzionari della Dgcim. L'ambasciata, unitamente al consolato generale, è intervenuta a più riprese sulle autorità locali, per ottenere informazioni sul connazionale. Solo il 30 ottobre 2019, nel corso di un incontro con il viceministro per il sistema integrato di polizia, è stato comunicato che l'interessato non risulta presente nel registro dei detenuti presso i penitenziari venezuelani (registro che non comprende gli istituti amministrati dal Dgcim) né nelle liste dei deceduti.
  In generale, il locale Ministero degli esteri ha risposto in maniera perlopiù interlocutoria alle istanze periodicamente ed incessantemente presentate dalle nostre Rappresentanze, evidenziando ogni volta le limitazioni che l'assistenza consolare italiana incontra nei confronti dei tre detenuti in ragione della loro concomitante cittadinanza venezuelana.
  Un ulteriore passo in favore dei tre connazionali era stato effettuato dall'ambasciata il 28 novembre 2019, in occasione degli incontri del senatore Casini con Nicolas Maduro, Delcy Rodriguez e il presidente del Tribunale Supremo di Giustizia Moreno. Tale assidua attività di sensibilizzazione è continuata anche negli ultimi mesi, con un'iniziativa presso il Ministero degli esteri sostenuta anche dal Nunzio apostolico in Venezuela e nei confronti delle competenti autorità locali ai massimi livelli (Vice Presidente Jorge Rodriguez, Ministro degli esteri Jorge Arreaza, Governatore Hector Rodriguez, Fiscal General Tarek William Saab), anche in coordinamento con la delegazione dell'Unione europea in Venezuela. In ogni occasione, abbiamo sottolineato le delicate condizioni di salute dei detenuti, rese particolarmente a rischio dall'emergenza sanitaria in cui si trova il Paese.
  L'ambasciata e il consolato generale sono, inoltre, in costante contatto con i familiari dei connazionali coinvolti, cui prestano l'assistenza necessaria e forniscono aggiornamenti sugli sviluppi delle azioni intraprese.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 24 della Costituzione, nel riconoscere l'inviolabilità del diritto di difesa, garantisce «ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione»;

   lo strumento attraverso il quale viene assicurato il predetto diritto è il «gratuito patrocinio a spese dello Stato»;

   gli avvocati che prestano la loro attività professionale in favore dei clienti ammessi al gratuito patrocinio assolvono un compito di elevato valore sociale;

   in Italia il patrocinio a spese dello Stato è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, come successivamente modificato e integrato;

   numerose associazioni forensi hanno da tempo evidenziato la sussistenza di gravi disfunzioni nella procedura di liquidazione di tali compensi;

   in particolare, si rilevano ritardi nelle liquidazioni delle parcelle, con la conseguenza che dall'emissione della fattura sino all'effettivo pagamento da parte dello Stato trascorrono anche anni; il ritardo dei pagamenti è determinato da varie cause, come disservizi organizzativi, carenza di personale amministrativo, procedure complesse e non digitalizzate, esaurimento dei fondi necessari per i pagamenti;

   con comunicazione al Consiglio nazionale forense e ai Consigli dell'Ordine degli avvocati, la Corte di appello di Roma in data 17 aprile 2020 ha affermato di trovarsi nell'impossibilità di soddisfare le richieste dei pagamenti «poiché i fondi a disposizione risultano esauriti». La medesima Corte di appello afferma di aver ampiamente rappresentato la grave situazione al Ministero della giustizia, non avendo tuttavia ricevuto riscontro «in merito alle tempistiche di accreditamento dei fondi»; come si evince dal «Rendiconto del Ministero della giustizia» del 20 gennaio 2020, «nell'anno 2019 lo stanziamento iniziale di bilancio del cap. 1360, p.g. 1, “spese di giustizia” è pari ad euro 516.626.730, a fronte di una spesa che, su base previsionale, può essere quantificata in misura superiore a 628 milioni di euro. Anche dalla gestione dell'anno 2019, dunque, è derivata una consistente esposizione debitoria. Le maggiori esigenze sono principalmente correlate all'aumento della spesa per difensori d'ufficio di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, passata da circa 271 milioni di euro dell'anno 2016 ai circa 323 milioni circa dell'anno 2017 e fino ai circa 366 milioni di euro dell'anno 2018 (comprensivi di IVA e cassa forense – dati consuntivi di spesa)»;

   per effetto di tale situazione, lo stanziamento effettuato su base previsionale risulta quindi insufficiente rispetto alle effettive esigenze;

   tale situazione potrebbe aggravarsi per il probabile aumento di richieste di accesso al gratuito patrocinio per effetto della crisi economica conseguente all'emergenza epidemiologica COVID-19 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per individuare misure efficaci per consentire agli uffici delle Corti di appello di disporre degli adeguati stanziamenti per il pagamento degli onorari degli avvocati per l'attività svolta in regime di gratuito patrocinio.
(4-05444)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, dopo aver rappresentato la difficile condizione della classe forense per effetto dell'emergenza epidemiologica in corso, ha invocato misure acceleratorie per la liquidazione dei compensi di spettanza degli avvocati relativi al patrocinio a spese dello Stato. Domanda pertanto l'interrogante: «quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per individuare misure efficaci per consentire agli uffici delle Corti di appello di disporre degli adeguati stanziamenti per il pagamento degli onorari degli avvocati per l'attività svolta in regime di gratuito patrocinio».
  Tanto premesso si rappresenta, in via del tutto preliminare, che questo Dicastero in data 20 maggio 2019 ha trasmesso al Dagl per il seguito di competenza lo schema di disegno di legge recante modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
  In particolare, detto provvedimento oltre a prevedere il diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato anche nelle procedure di negoziazione assistita, prevede delle modifiche dell'articolo 83 del Testo unico al fine di chiarire alcuni dubbi ermeneutici che si erano determinati in ordine alla disposizione di cui all'articolo 83, comma 3-
bis, a tenore del quale il decreto di pagamento deve essere emesso dal giudice «contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta». Tale previsione è stata talora interpretata alla stregua di una preclusione, cosicché, anche in caso di dimenticanza del giudice, numerose istanze di liquidazione presentate successivamente alla definizione del procedimento sono state dichiarate inammissibili. In tali casi, per far valere il suo diritto ad essere compensato per l'attività svolta, il difensore dovrebbe intraprendere un giudizio ordinario o di ingiunzione nei confronti del Ministero della giustizia.
  La proposta integrazione del comma 3-
bis chiarisce definitivamente la funzione acceleratoria e di garanzia della disposizione, consentendo la proposizione dell'istanza anche successivamente alla definizione del giudizio nel quale il difensore ha prestato la propria attività. Precisamente, il periodo che si propone di aggiungere, prevede che «Il giudice provvede all'emissione del decreto di pagamento anche se la richiesta è presentata nei tre mesi successivi al provvedimento di cui al periodo precedente, ovvero, nei casi di cui agli articoli 116, comma 1, e 117, comma 1, nei sei mesi successivi».
  Viene altresì introdotto un termine di quarantacinque giorni dalla richiesta entro il quale il giudice è tenuto alla emanazione del decreto di liquidazione.
  Fatta tale premessa sull'iniziativa normativa in atto volta ad accelerare i tempi di liquidazione dei compensi in favore dell'avvocato, giova rilevare lo stato della erogazione dei fondi in conto competenza sul capitolo 1360 nel primo trimestre 2020, nonché della gestione dei fondi in conto residui degli anni 2019 e 2018 (per i quali non sono scaduti i termini di conservazione
ex articolo 34-bis della legge n. 196 del 2009 e successive modificazioni e integrazioni evidenziando che:

    in data 13 febbraio 2020 si è provveduto a emettere, in favore di tutti gli uffici giudiziari, ordini di accreditamento (disposti anche d'ufficio per gli uffici che non hanno inviato in tempo utile la richiesta di fabbisogno) per complessivi 223.844.000 euro a valere sul I quadrimestre 2020. In tempi brevi, verranno erogati ordini di accreditamento che terranno conto del fabbisogno di spesa per il II quadrimestre per l'anno 2020, comunicato entro la scadenza del 10 aprile 2020, considerata la disponibilità attuale di fondi.
    Per il ripianamento dei debiti pregressi degli anni 2018 e 2019, questa Amministrazione ha già erogato tutti i fondi disponibili a valere sul capitolo 1360 per l'anno 2018 e un acconto per residui dell'anno 2019 agli uffici che ne hanno fatto richiesta entro la scadenza del 7 febbraio 2020, secondo quanto disposto con circolare DAG n. 244397.U del 20 dicembre 2019.

  Infine, preme evidenziare che il Ministero ha sempre fornito ogni indicazione operativa e organizzativa utile a velocizzare lo svolgimento dell'attività di liquidazione in esame. Ha monitorato il procedimento di liquidazione, prestando particolare attenzione ai tempi e alle modalità operative seguite dagli uffici giudiziari, nonché fornendo agli uffici i necessari chiarimenti in ordine all'interpretazione e successiva applicazione delle norme del citato testo unico sulle spese di giustizia in tema di patrocinio a spese dello Stato: si veda in primo luogo la circolare prot. DAG n. 62708.U dell'8 maggio 2009, con la quale sono state indicate le linee guida da seguire «nello svolgimento del servizio di pagamento delle spese che trovano imputazione sul cap. 1360 (“spese di giustizia ”) per garantirne la correttezza e l'efficienza»; in particolare è stata in tale occasione disciplinata la liquidazione e l'annotazione della spesa nel registro delle spese pagate dall'erario e gli adempimenti a cui è tenuto il funzionario delegato nel disporre i pagamenti in favore degli avvocati; tali prescrizioni sono state ribadite nella successiva circolare prot. DAG n. 159237.U del 22 dicembre 2009, con la quale il personale di cancelleria è stato invitato ad effettuare la liquidazione delle spese di giustizia «senza ritardo non appena ne sussistano i presupposti e si sia in possesso della completa documentazione di spesa».
  In relazione al contenuto specifico della nota predisposta dal Presidente della Corte di appello di Roma, citata nel testo dell'interrogazione, già prontamente riscontrata, si ritiene doveroso formulare alcune precisazioni.
  Il Ministero, per il tramite della direzione generale competente, provvede tempestivamente all'accreditamento dei fondi a tutti i funzionari delegati dislocati nel territorio per far fronte alle spese di giustizia, con cadenza quadrimestrale, secondo il fabbisogno rappresentato dagli uffici territoriali, alle scadenze disposte nelle annuali circolari DAG per la trasmissione dei dati previsionali di spesa e secondo gli adempimenti amministrativo-contabili legislativi in vigore, nonché, e non meno rilevante, nei limiti delle disponibilità finanziarie a valere sul capitolo 1360 «spese di giustizia».
  Come già rappresentato più volte in questi anni alla Corte di appello di Roma, per tramite dei suoi dirigenti e/o funzionari, anche con interlocuzioni informali, come del resto avviene anche con gli altri uffici territoriali, i fondi disponibili sul capitolo 1360 risultano ogni anno sempre insufficienti a coprire non solo il fabbisogno di spesa della Corte, ma l'intero fabbisogno nazionale e ciò vale sia per le aperture di credito in conto competenza che per le aperture di credito in conto residui.
  Pertanto, si ribadisce che la criticità descritta relativa alla gestione del capitolo 1360 non costituisce una caratteristica specifica della Corte di appello di Roma, ma coinvolge, in ugual misura, tutti i distretti sul territorio nazionale e non riguarda i soli compensi per gli avvocati, ma tutte le ulteriori spese gravanti sullo stesso capitolo.
  Osservando i soli dati dell'anno 2019 del capitolo 1360, a fronte di uno stanziamento definitivo pari ad euro 566.868.876, è stata sostenuta una spesa di circa 635 milioni di euro (in via di accertamento definitivo). Dalla gestione finanziaria dell'anno 2019 sono dunque emerse situazioni debitorie fuori bilancio per circa 68 milioni di euro (in via di accertamento definitivo).
  I dati in possesso evidenziano una spesa in costante aumento, essenzialmente imputabile ai costi crescenti della spesa per i difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, che negli ultimi anni è passata dai 178 milioni circa dell'anno 2012 ai 215 milioni circa dell'anno 2015, ai 271 milioni circa dell'anno 2016, ai 323 milioni circa dell'anno 2017, fino ai 366 milioni circa dell'anno 2018 e ai 395 milioni circa dell'anno 2019 (consuntivo di spesa al 24 febbraio 2020, in via di accertamento definitivo).
  Si rappresenta, in ogni caso, che i funzionari delegati presso gli uffici giudiziari sono perfettamente a conoscenza delle tempistiche sopra indicate, le quali per l'anno 2020 non hanno subito alcuna modifica rispetto agli anni precedenti, in quanto annualmente viene predisposta da questo ufficio una comunicazione relativa agli adempimenti da porre in essere nel corso dell'anno (per l'anno 2020 circolare DAG n. 244397.U del 20 dicembre 2019).
  Appare opportuno evidenziare, infine, la situazione debitoria relativa alla Corte di appello di Roma sul cap. 1360 e gli adempimenti amministrativo-contabili in corso di esecuzione da parte del Ministero:

    in data 29 aprile 2020 sono stati erogati gli ordini di accreditamento per il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2018, a valere sul capitolo 1360 e per un importo complessivo di circa 38 milioni di euro, a favore degli uffici che ne hanno fatto richiesta;

    per il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2019 a valere sul capitolo 1360 si rimane in attesa dell'assegnazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze dei fondi necessari a ripianare il fabbisogno che, ad oggi, ammonta a circa 68 milioni di euro, dopo aver già accreditato in data 5 marzo 2020, agli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta, acconti per la complessiva somma di circa 43 milioni di euro;

    riguardo alle somme da erogare in conto competenza per il II quadrimestre dell'anno 2020, si sta provvedendo a rappresentare ed elaborare i dati contabili forniti dagli uffici territoriali, per i vari capitoli di spesa, al fine di predisporre le aperture di credito alla rete dei funzionari delegati.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto n. 2 del 2020 della corte d'appello di Roma, che ricalca i principi stabiliti dalla sentenza della Cassazione n. 13274/2019, stabilisce che la bigenitorialità, desunta dalla legge sull'affido condiviso, legge n. 54 del 2006, non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell'interesse del minore, che deve essere adeguato ai tempi e al benessere dello stesso;

   per realizzare veramente l'interesse del minore non appare realistico presumere che la paura e il conseguente rifiuto di una delle figure genitoriali «possano essere superate imponendo l'allontanamento del minore dalla sua casa e dai suoi affetti ed un collocamento coattivo». Il minore si troverebbe così «incolpevolmente, per l'incapacità dei genitori di trovare un terreno comune nel suo interesse, incastrato nella duplice sofferenza di un drastico sradicamento dal proprio ambiente e dai propri affetti, e di una esposizione forzosa ad una situazione per lui fonte di ansia e comunque estranea»;

   la legge n. 184 del 1983, delinea un quadro di misure volto a far sì che l'allontanamento del minore dalla propria famiglia venga disposto solo dinanzi ad insuperabili difficoltà del nucleo di origine ad assicurare al figlio un ambiente favorevole per la sua crescita, stante l'accertata inutilità di altre forme di sostegno alla famiglia o il rifiuto opposto da quest'ultima;

   diversi articoli di stampa hanno raccontato, anche tramite video-interviste, la storia di una madre della provincia di Lecce, vittima di violenza e resa invalida dalle percosse del marito, a cui è stato tolto il figlio di 7 anni dal tribunale dei minori di Lecce;

   nonostante tre pendenze penali sull'uomo per violenza domestica e stalking, padre e figlio si trovano insieme dentro una comunità. I giudici hanno stabilito che, per recuperare la perduta armonia padre-figlio, è necessaria una separazione forzata dalla madre con la quale il minore ha sempre vissuto e dove vuole tornare;

   la madre, infatti, nel pieno possesso della responsabilità genitoriale, può incontrare il bambino solo due volte a settimana per poche ore. La consulenza tecnica d'ufficio, tra l'altro, definisce la stessa, una madre amorevole, che non ha mai ostacolato il rapporto padre-figlio, nonostante il bambino, testimone ed anche vittima, di ripetuti episodi di violenza, sia terrorizzato dalla figura paterna;

   «Come se non bastasse, – precisa nel video il legale della donna – il tribunale penale ci ha messo del suo: a suon di rinvii si sta avvicinando giugno, termine oltre il quale i reati ascritti all'uomo cadranno in prescrizione»;

   il 27 gennaio 2020, Teleramanews.it riporta un ulteriore articolo con video allegato, in cui la mamma salentina denuncia di non poter conoscere le reali condizioni di salute del figlio in comunità. Nonostante il bambino stia male con l'influenza, nessuno la informa sulle effettive condizioni di salute, addirittura le viene negata la consueta videochiamata serale;

   l'Italia ha ratificato nel 2013 la «Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica». La Convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché venga data piena applicazione al principio dell'affido condiviso, inteso come l'oggetto di un diritto dei minori, realizzato attraverso provvedimenti graduali e fattibili che non ledano l'equilibrio psicofisico del minore;

   se intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza, anche normative, affinché, in pendenza di giudizio, vengano adottate misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica;

   se intenda adottare iniziative di carattere ispettivo in relazione al caso rappresentato in premessa.
(4-04612)

  Risposta. — L'atto di sindacato in esame trae spunto da alcuni articoli di stampa che hanno riferito la storia di una madre della provincia di Lecce, vittima di violenza e resa invalida dalle percosse del marito, a cui è stato tolto il figlio di anni sette dal tribunale dei minori di Lecce. Nel dettaglio, nonostante la pendenza di procedimenti penali per stalking e maltrattamenti a carico dell'uomo – a dire dell'interrogante – padre e figlio si troverebbero insieme dentro una comunità per disposizione dei giudici, che avrebbero, altresì, previsto solo un diritto di incontro in favore della madre per due volte alla settimana per poche ore e che dal 27 gennaio 2020 la donna non riuscirebbe ad avere più notizie del figlio, malato con l'influenza.
  In ordine a tale vicenda l'interrogante chiede di sapere dal Ministro della giustizia quali iniziative intenda intraprendere affinché venga data piena applicazione al principio dell'affido condiviso, inteso come l'oggetto di un diritto dei minori; se intenda, tra l'altro, valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza, anche normative, affinché, in pendenza di giudizio, vengano adottate misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica.
  Per quanto di specifica competenza di questo Ministero, in particolare, senza entrare nel merito delle pendenze giudiziarie in atto, si premette che il principio della «bigenitorialità» è stato stabilito dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli» e tende a garantire l'interesse del minore a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale» (articolo 155 codice civile).
  Ciò premesso, va evidenziato che dopo le riforme operate con la legge 21 marzo 2001, n. 149 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 il procedimento innanzi al tribunale per i minorenni risulta essere fortemente giurisdizionalizzato. In esso sono infatti previsti sia l'assistenza legale dei genitori, che l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo (tramite le figure del curatore speciale). Nei casi di urgenza vengono adottati provvedimenti
inaudita altera parte che, comunque, richiedono una successiva istruttoria ai fini della loro conferma.
  Ne deriva che il sistema, come delineato, è in grado di garantire che l'allontanamento dei minori dalle proprie famiglie o il loro collocamento presso l'uno o l'altro genitore sia sufficientemente controllato.
  Ancora, si evidenzia che la normativa avente ad oggetto la tutela dei minori, nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stata oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).
  Di recente, con decreto del Ministro della giustizia 22 luglio 2019 è stata istituita, presso questo Dicastero, la «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori». Essa ha lo specifico compito di effettuare la ricognizione ed il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti.
  Per quanto concerne, infine, l'invocata adozione di misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica, giova evidenziare che i più recenti interventi normativi hanno posto al centro della tutela penale proprio la posizione del minore. Da ultimo, la legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso) ha modificato l'articolo 572 del codice penale (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) nel senso di aumentare i limiti di pena da tre a sette anni (sostituendo le parole «da due a sei anni») ed ha, inoltre, aggiunto al medesimo articolo il secondo comma che recita: «La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». È stato aggiunto, infine, il seguente comma:

   «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato».

  Con riferimento poi alla specifica richiesta di eventuali iniziative di carattere ispettivo in relazione al caso concreto, si rappresenta che, sollecitato dal Ministero, il presidente della corte d'appello di Lecce trasmetteva i chiarimenti forniti dal presidente del tribunale per i minorenni e dal presidente del tribunale ordinario di Lecce. In via preliminare si evidenziava come l'imputato all'esito dell'istruttoria, che aveva impegnato tre magistrati e che si era svolta in sei udienze, era stato assolto dal reato di maltrattamenti in famiglia con la formula «perché il fatto non sussiste».
  Il presidente del tribunale per i minorenni di Lecce chiariva che, all'esito di una complessa attività istruttoria derivante dalla difficoltà del caso, dovuta all'insuccesso dell'attività di mediazione per le modalità elusive del progetto e del percorso psicoterapeutico da parte della madre, il tribunale, dopo aver nominato un curatore al speciale al minore, a distanza di cinque anni dall'avvio degli interventi dei servizi sociali, con decreto dell'8 novembre 2018 aveva disposto «che il servizio sociale di Maglie...provvedesse al collocamento della diade padre minore in idonea comunità educativa». La corte d'appello di Lecce in data 12 marzo 2019 rigettava il reclamo proposto dalla madre e il successivo 17 ottobre 2019 rigettava, altresì, l'istanza di sospensione dell'esecuzione del provvedimento adottato dal tribunale. Il presidente, inoltre, evidenziava che la permanenza in comunità aveva consentito di instaurare un consolidamento della relazione tra padre e figlio, mentre i comportamenti materni «non si erano in alcun modo evoluti verso modalità più funzionali al benessere del bambino».
  Inoltre, nella citata sentenza del tribunale di Lecce prima sezione penale, la madre era stata ritenuta non credibile soggettivamente, né intrinsecamente attendibile. Quanto agli altri due procedimenti penali ancora pendenti il presidente evidenzia che il tribunale per i minorenni aveva ritenuto che il compendio probatorio offerto non avesse inficiato in alcun modo l'esercizio della responsabilità genitoriale del padre, né la sua capacità di esercitare nei confronti del minore la funzione di cura e protezione.
  Le valutazioni offerte dai presidenti dei due tribunali interessati nella vicenda non consentono di riconoscere, nella vicenda in esame, responsabilità a carico di magistrati o l'adozione di provvedimenti lesivi dei diritti dei minori. Per tale ragione, allo stato, non sono stati adottati provvedimenti ispettivi o iniziative di carattere disciplinare.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riportano dell'ennesimo ritrovamento ad un detenuto di un micro telefono cellulare con scheda sim inserita. Lo hanno trovato gli agenti della polizia penitenziaria addosso ad un detenuto di 32 anni, che sta scontando la pena per omicidio nel carcere di Ivrea. La scoperta è avvenuta durante una perquisizione al primo piano della casa circondariale eporediese;

   da tempo il sindacato di polizia penitenziaria denuncia situazioni di violenza, aggressioni, offese, perpetrati ai danni del personale di polizia penitenziaria ed invece, solo grazie alla perspicacia professionale del personale in servizio, si è evitato che la casa circondariale di Ivrea divenisse un centro telefonico pubblico, chiaramente illecito;

   sempre e solo la polizia penitenziaria riesce a disimpegnare fino in fondo il proprio dovere con sacrificio e in precarietà di organico e di risorse continuando a mantenere integre le condizioni di sicurezza e di legalità interne alle carceri, andando ad individuare con perizia strumenti che possono minare la sicurezza della collettività esterna, quali appunto i telefoni cellulari;

   il jammer telefonico (disturbatore di frequenze) è uno strumento utilizzato per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere onde radio. Esistono anche jammer in grado di impedire il corretto funzionamento di sistemi Gps. Quando viene attivato, inibisce il funzionamento di questi dispositivi rendendoli completamente inefficaci;

   i jammer sono utilizzati principalmente in luoghi ove l'uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza può rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti Paesi europei ne consentono l'uso solo alle forze di polizia o esclusivamente per scopi militari –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non ritenga indifferibile dotare il carcere di Ivrea e tutti quelli che ne siano sprovvisti dei jammer, ovvero dei disturbatori di frequenza così da impedire ai detenuti di effettuare telefonate con le quali secondo l'interrogante sicuramente vi è un prosieguo dell'attività criminale.
(4-05744)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante ha formulato uno specifico quesito inerente alla necessità di dotare gli istituti penitenziari del Paese dei cosiddetti jammer, ovvero disturbatori di frequenza per l'inibizione di apparati telefonici non consentiti, si rappresenta quanto segue.
  Il ritrovamento di apparati di telefonia mobile è un fenomeno diffuso in molti istituti penitenziari del Paese; il progresso tecnologico ha infatti consentito la realizzazione di apparati di dimensioni sempre più piccole e dunque facilmente occultabili all'interno di cavità di diversa specie e natura.
  Proprio per contrastare l'introduzione di apparati di telefonia mobile all'interno degli istituti penitenziari del territorio nazionale, la direzione generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha acquisito, nel corso del precedente esercizio finanziario, le seguenti apparecchiature:

   200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici a breve distanza (10-15 cm), di telefonia cellulare e dispositivi bluetooth, acquisiti e distribuiti presso tutti i provveditorati regionali; tali apparecchiature sono in grado di rilevare qualunque componente elettronico, anche circuiti stampati – tipo sim card telefoniche – oltre che metalli classici, cacciaviti o utensili di piccole dimensioni;

   65 rilevatori portatili di telefoni cellulari; tali apparecchiature rilevano telefonate o invio di messaggi in corso, ed in particolare trasmissioni nelle seguenti bande: GSM-3G-4G-LTE-BLUETOOTH e WI.FI. a distanze che variano in base alla tipologia della struttura (10-25 metri). Sono già stati acquisiti e distribuiti ai provveditorati regionali;

   40 Jammer (disturbatori elettronici), distribuiti nei provveditorati regionali e usati, di volta in volta, in base alle necessità, negli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano. Lo jammer è uno strumento utilizzato per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni; tali apparecchiature sono utilizzate principalmente in luoghi ove l'uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza possono rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti paesi europei ne consentono l'uso solo alle Forze di polizia.

  È stata programmata una distribuzione di tali apparecchiature per ogni provveditorato regionale, il quale ha provveduto, a sua volta, in autonomia e sulla base delle esigenze che si sono prospettate, al relativo impiego sul campo.
  In particolare, al provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta sono stati assegnati i seguenti apparati:

   Inibitori (Jammer) di telefoni cellulari: 3;

   Rilevatori manuali di dispositivi elettronici: 20;

   Rilevatori radio di telefoni cellulari: 6.

  Al fine di analizzare la problematica in questione e di incrementare, sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo, lo standard delle misure da adottare per una efficace prevenzione e neutralizzazione del fenomeno, presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stato inoltre istituito un apposito gruppo di lavoro, presieduto dal vice capo e composto da personale in servizio presso la direzione generale del personale e delle risorse, la direzione generale dei detenuti e del trattamento e la direzione generale della formazione.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante l'ultima seduta del Consiglio provinciale altoatesino la Südtiroler Volkspartei ha annunciato l'intenzione di approvare la proposta avanzata dal movimento secessionista «Die Freiheitlichen» in cui si chiede apertamente l'abolizione del commissariato del Governo/prefettura per la provincia di Bolzano;

   le competenze previste dallo statuto di autonomia (articoli 87 e 88 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione prevedono in capo al commissario del Governo il coordinamento, in conformità alle direttive del Governo, dello svolgimento delle attribuzioni dello Stato nella provincia e la vigilanza sull'andamento dei rispettivi uffici, salvo quelli riflettenti l'amministrazione della giustizia, la difesa e le ferrovie; la vigilanza sull'esercizio da parte delle province e degli altri enti pubblici locali delle funzioni ad essi delegate dallo Stato e la comunicazione di eventuali rilievi al presidente della provincia e il compimento degli atti già demandati al prefetto, in quanto non siano affidati dallo statuto o da altre leggi ad organi della regione e delle province o ad altri organi dello Stato;

   il commissario del Governo per la provincia di Bolzano provvede al mantenimento dell'ordine pubblico, del quale risponde verso il Ministro dell'interno, avvalendosi degli organi e delle forze di polizia dello Stato. Egli può richiedere l'impiego delle altre Forze armate ai termini delle vigenti leggi e adottare i provvedimenti previsti nell'articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

   il commissario del Governo in provincia di Bolzano svolge, inoltre, una determinante funzione di collegamento tra Stato e la provincia coordinando le politiche regionali con quelle nazionali nel quadro che si è delineato di estrema autonomia dell'Alto Adige;

   è stato recentemente annunciato l'interesse di avviare nella commissione paritetica «dei Sei» l'esame di una norma di attuazione che di fatto azzeri ogni competenza e ogni funzione del commissario del Governo in Alto Adige;

   il presidente della provincia di Bolzano ha più volte rilanciato l'idea di voler accorpare nella sua figura anche il ruolo di responsabile di una forza di polizia provinciale che si intenderebbe costituire;

   risulta presentato in Senato un disegno di legge costituzionale che prevederebbe, tra l'altro, di estendere alla provincia di Bolzano la potestà legislativa primaria in ambito di ordine e sicurezza pubblici e polizia –:

   quale sia al riguardo la posizione del Governo e se intenda escludere con certezza, per quanto di competenza, riforme così pregnanti dell'istituto del commissariato del Governo/prefetto per le provincie di Bolzano e Trento che inciderebbero pesantemente sulla funzione di collegamento e rappresentanza dello Stato nell'ambito dei territori delle province già dotate di ampia e quasi assoluta autonomia rispetto al resto del contesto nazionale, con l'affiorare di frequenti e forti tensioni autodeterminazionistiche e secessioniste.
(4-04682)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare di sindacato ispettivo in esame, acquisiti i necessari elementi conoscitivi dal dipartimento, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 87 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige prevede, come è noto, che nel territorio regionale sono istituiti un commissario del Governo per la provincia di Trento e un commissario del Governo per la provincia di Bolzano. Ad essi la richiamata disposizione statutaria attribuisce le seguenti competenze:

   coordinare, in conformità alle direttive del Governo, lo svolgimento delle attribuzioni dello Stato nella provincia e vigilare sull'andamento dei rispettivi uffici, salvo quelli riflettenti l'amministrazione della giustizia, la difesa e le ferrovie;

   vigilare sull'esercizio da parte delle province e degli altri enti pubblici locali (commissario del governo di Bolzano) e da parte della regione e delle altre amministrazioni pubbliche aventi competenza sull'intero territorio regionale (commissario del governo di Trento) delle funzioni ad essi delegate dallo Stato, con onere di comunicare eventuali rilievi al presidente della provincia;

   compiere gli atti già demandati al prefetto, in quanto non siano affidati dallo Statuto o da altre leggi ad organi della regione e delle province o ad altri organi dello Stato.

  Ai sensi del successivo articolo 88 dello statuto, il commissario del governo provvede al mantenimento dell'ordine pubblico, del quale risponde al Ministro dell'interno. A tale fine può avvalersi degli organi e delle forze di polizia dello Stato, richiedere l'impiego delle altre forze armate ai termini delle vigenti leggi e adottare i provvedimenti previsti nell'articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Restano ferme le attribuzioni devolute dalle leggi vigenti al Ministero dell'interno.
  Come è noto, l'articolo 9 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ha abrogato l'articolo 124 della Costituzione, che prevedeva che un commissario del governo, residente nel capoluogo della regione, sopraintendesse alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordinasse con quelle esercitate dalla regione. Sono state, invece, mantenute, alla luce delle sopra richiamate previsioni dello Statuto speciale, le funzioni del commissario di governo nelle province del Trentino-Alto Adige. Gli articoli 87 e 88 dello Statuto non hanno, infatti, subito modifiche se non nella sostituzione delle parole «Presidente della giunta regionale», «Presidenti delle giunte provinciali» e «Presidente della giunta provinciale» rispettivamente con le parole «Presidente della regione», «Presidenti delle province» e «Presidente della provincia».
  Ad oggi, le competenze svolte dai due uffici sono riconducibili alle prerogative istituzionali del Ministero dell'interno, a cui per larga parte rispondono.
  Per quanto esposto, tenuto conto che l'istituzione dei due commissari del Governo è prevista e disciplinata da norme statutarie, non è possibile procedere ad una modifica delle relative competenze mediante norme di attuazione dello Statuto. Per tali modifiche, si rende necessario seguire l'
iter di modifica dello Statuto previsto dall'articolo 103, che rinvia al procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali. In ogni caso, si fa presente che alcuno schema di norme di attuazione dello Statuto nei sensi sopra indicati, per quanto a conoscenza del dipartimento, è stato sottoposto, ad oggi, alla Commissione paritetica.
  Per quanto concerne il quesito posto in merito al disegno di legge n. 35 d'iniziativa dei senatori Durnwalder, Steger e Unterberger, depositata al Senato della Repubblica in data 23 marzo 2018, si comunica che lo stesso è stato trasmesso al consiglio provinciale di Bolzano e, per quanto è dato sapere, l'esame del medesimo risulta tuttora in corso. All'esito dello stesso, in caso di approvazione, il disegno di legge dovrà, comunque, essere sottoposto all'esame del Parlamento con la procedura aggravata e con le maggioranze previste per i disegni di legge costituzionale.
  Per completezza, si segnala che il citato disegno di legge prevede l'estensione della competenza legislativa primaria della provincia in materia di «polizia locale» ed «esercizi pubblici, ivi compresa la vigilanza ai fini della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico», aggiungendo, rispettivamente, i numeri 30) e 36) all'elenco di cui al comma 1 dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), senza tuttavia apportare modifiche ai richiamati articoli 87 e 88 dello Statuto concernenti le attribuzioni dei commissari del Governo.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.


   LOVECCHIO, DEL SESTO, MAGLIONE e VILLANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia determinata dal Covid-19 ha comportato drammatiche conseguenze in tutti i settori del Paese. Tra questi, a risentirne in modo considerevole, sono stati gli istituti penitenziari. Inoltre, con le rivolte nelle carceri di molte città italiane, sono morti diversi detenuti e sono rimasti feriti numerosi agenti; il 9 marzo 2020, nel carcere di Foggia i detenuti hanno incendiato materassi e lenzuola, hanno tentato di raggiungere la direttrice del carcere, sono saliti sul tetto per protesta ed altri addirittura sono riusciti ad evadere, ben 72 persone. Dai diversi video pubblicati sui social la situazione sembrava assolutamente fuori controllo. I danni ammonterebbero a circa 600.000 euro; il corpo della polizia penitenziaria, ormai da diversi anni, soffre di una carenza di personale che conseguentemente crea problemi gravissimi di sicurezza nelle carceri. Ovviamente, questi problemi, se si pensa agli episodi succitati si ripercuotono anche sulla sicurezza generale dei cittadini. Gli sconvolgenti eventi che si sono verificati negli istituti penitenziari di tutta Italia hanno messo in luce le criticità dell'intero sistema; le problematiche sopra elencate sono strettamente collegate alla mancanza di personale che non riesce a sorvegliare e gestire i detenuti e che si trova a lavorare in condizioni caratterizzate da estrema difficoltà. I turni, inoltre, sono sfiancanti e mettono in pericolo il personale stesso. L'inconsistenza numerica, infatti, non consente agli agenti delle strutture di agire tempestivamente e sedare eventuali rivolte. Inoltre, è bene ricordare che la gravità degli eventi accaduti a marzo, che ha portato ad un interessamento imponente della stampa, ha fatto sì che siano emersi problemi che però anche prima erano all'ordine del giorno; l'età media del personale penitenziario inoltre è di 50 anni e dunque in avvicinamento all'età pensionabile (difatti circa 1000/1200 agenti andranno in pensione). Inoltre, il turn over del 2019 ha prodotto una carenza di organico rilevante. Le nuove assunzioni previste potrebbero, però, non essere sufficienti e gli iter concorsuali, inoltre, hanno subito una battuta di arresto a causa della pandemia. Le nuove assunzioni potrebbero essere velocizzate, in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo in questo momento, attingendo alle graduatorie relative agli ultimi concorsi; gli agenti della polizia penitenziaria hanno un ruolo importantissimo. Oltre a vigilare i detenuti all'interno delle carceri, garantendo l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti di detenzione, hanno un ruolo fondamentale nella rieducazione dei condannati al fine di consentire il loro reinserimento nella società –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la sicurezza delle carceri di tutta Italia e al contempo tutelare gli agenti del corpo della polizia penitenziaria che, ad oggi, si trovano a lavorare in condizione di estrema pericolosità a causa della carenza di personale.
(4-05994)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, partendo dalle note rivolte di taluni detenuti, occorse in varie carceri italiane nel mese di marzo 2020, evidenzia specifiche criticità derivanti dalla carenza di organico afferente il personale della polizia penitenziaria, in termini di forti difficoltà nell'esercizio delle loro funzioni, rischio per la gestione della sicurezza interna alle carceri e, in generale, per i cittadini, sollevando quesiti sulle iniziative che si intendano perciò assumere.
  In via preliminare, con riferimento alla serie di rivolte e disordini avvenuti, a vario livello di gravità, in numerosi istituti penitenziari del Paese, si evidenzia che l'inizio degli stessi può essere individuato nel pomeriggio di sabato 7 marzo, presso la casa circondariale di Salerno. Nei giorni seguenti, in particolare l'8, il 9 e il 10 marzo, le proteste si sono allargate, giungendo a coinvolgere, sia pure in diversa misura, oltre 20 stabilimenti detentivi.
  Tentando di fornire un sintetico bilancio d'insieme di quanto accaduto, occorre ricordare, innanzitutto, che sono decedute, nel corso delle più gravi rivolte, 13 persone detenute. Non sono noti i risultati di eventuali accertamenti effettuati dalle Autorità giudiziarie territorialmente competenti; tuttavia, allo stato delle conoscenze attualmente disponibili, sembra che tali decessi siano attribuibili all'ingestione di farmaci da parte delle vittime. Dalle relazioni del personale è emerso infatti che numerosi detenuti una volta armatisi e usciti dalle sezioni di provenienza, si sono immediatamente portati presso l'infermeria e hanno provveduto, scardinando porte e armadietti, ivi compreso il mobile blindato ove era custodito il metadone, a saccheggiarla, impadronendosi e facendo uso di tutti i farmaci presenti, compresi gli psicofarmaci e il metadone. I suddetti decessi si sono verificati nelle seguenti strutture: 3 nella casa circondariale di Rieti, dove 5 ristretti sono stati inviati d'urgenza presso strutture ospedaliere per intossicazione da oppiacei; 9 presso la casa circondariale di Modena, 5 dei quali nel predetto istituto, e gli altri 4 presso gli istituti ove i ristretti erano stati trasferiti a causa dell'inagibilità dello stabilimento modenese (casa circondariale di Parma, casa circondariale di Verona, c.r. Alessandria e casa circondariale di Ascoli Piceno); 1 presso la casa circondariale di Bologna.
  Inoltre, nell'istituto penale di Foggia, a seguito di una vera e propria rivolta, si verificava l'evasione di 72 detenuti. Allo stato, tutti gli evasi sono stati sottoposti nuovamente a detenzione, tranne uno.
  Con riferimento al personale di polizia penitenziaria, non si sono registrate vittime, anche se, in base alle comunicazioni pervenute dagli istituti, risulta che oltre 100 appartenenti al Corpo siano stati costretti a fare ricorso alle cure mediche, con un numero di contusi particolarmente elevato in talune sedi, come, ad esempio: Napoli Poggioreale (52 contusi), Modena (26 contusi) e Milano Opera (10 contusi).
  Infine, quanto alle conseguenze materiali, molte strutture detentive hanno riportato gravi danni strutturali (quantificabili, allo stato, in circa 20 milioni di euro).
  Ciò premesso, è indubbio che l'opera della polizia penitenziaria sia di primaria importanza, per la sicurezza interna alle carceri, per quella esterna di cui costituiscono primo baluardo, ma altresì per l'alto contributo che forniscono nell'attività di rieducazione e reinserimento dei condannati nel consorzio sociale.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Orbene, è utile premettere che la riduzione complessiva degli organici operata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, (cosiddetta legge Madia) e rivista dal successivo decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, ha rimodulato la dotazione complessiva del corpo della polizia penitenziaria, passata da 44.610 unità a 41.202 unità.
  Da ultimo, per effetto del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172, sono intervenute favorevoli rimodulazioni che hanno cristallizzato la dotazione organica complessiva a 41.667 unità.
  Pertanto, allo stato, si osserva un divario tra organico del Corpo di polizia penitenziaria previsto (41.667 unità) e organico effettivamente presente (37.654) pari al 9,63 per cento, sebbene risultano presenti nel ruolo agenti/assistenti del Corpo 33.495 unità, cioè, 2.105 in più rispetto all'organico previsto per lo stesso ruolo, pari a 31.390.
  Inoltre, con provvedimento del direttore generale del personale e delle risorse datato 11 febbraio 2019 è stato indetto il concorso a complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, successivamente elevati a 938.
  La procedura concorsuale è stata celermente attivata, con espletamento delle varie prove d'esame previste dalle disposizioni del bando. Tuttavia, sebbene in fase terminale (era già stata fissata un'ultima seduta della commissione medica in data 2 marzo 2020), la procedura è stata sospesa e rinviata a data da destinarsi in considerazione della situazione di emergenza determinata dalla diffusione del contagio da Covid-19.
  Attualmente, come espressamente previsto all'articolo 259, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, la procedura potrà riprendere esclusivamente nel rispetto delle prescrizioni tecniche idonee a garantire la tutela della salute dei candidati da determinarsi con decreto del Ministro della salute, su proposta dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione.
  Per il completamento della procedura occorre dunque attendere l'adozione del decreto interministeriale suddetto, in lavorazione, predisposto sulla base del documento tecnico prodotto da tavolo di lavoro interforze – costituito all'uopo nella situazione di emergenza epidemiologica – contenente le misure da adottarsi al fine di consentire lo svolgimento in sicurezza di tutte le varie fasi procedurali, a tutela della salute dei candidati e al fine di evitare la diffusione del contagio da Covid-19.
  A conclusione della procedura sarà approvata la graduatoria finale e i vincitori chiamati a frequentare, secondo le modalità che saranno definite dalla competente direzione generale della formazione, il prescritto corso di formazione entro il mese di dicembre.
  Quanto all'auspicio proposto dall'interrogante di velocizzare le nuove assunzioni attingendo alla graduatoria del concorso in questione, si evidenzia che un eventuale scorrimento della graduatoria finale può essere disposta solo da una specifica norma di legge al riguardo.
  Per completezza, si evidenzia che l'amministrazione procederà a bandire un nuovo concorso agenti a valere sulle cessazioni (
turnover) anno 2019 e sulle assunzioni straordinarie autorizzate ai sensi dell'articolo 1, comma 236, lettera c), legge n. 205 del 2017 (n. 236 unità) e articolo 1, comma 381, lettera b), legge n. 145 del 2018 (n. 277 unità), per complessive circa 1.600 unità.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MATURI e MORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in diversi Paesi del mondo – in particolare in Asia Orientale e Oceania – la carne di cane è consumata come qualunque altro tipo di carne; esistono anche allevamenti appositi per la sua macellazione. Il consumo di carne di cane, nei Paesi dove se ne fa uso, è fondato principalmente su una stabile tradizione culturale, mentre in altri Paesi come quelli occidentali, in alcuni casi, consumare carne di cane è ritenuto offensivo ed immorale;

   a partire da domenica 21 giugno 2020 e per i 10 giorni successivi, si è svolto lo «Yulin Dog Meat Festival», nell'omonima città, nella regione Guangxi, nel sud est della Cina, la tradizionale fiera dedicata agli amanti della carne di cane, manifestazione che si svolge dal 2009;

   la carne di cane spesso è macellata e consumata sul posto e si stima che durante la manifestazione vengano uccisi tra i 10.000 e i 15.000 cani, ma anche gatti;

   durante i giorni della manifestazione cani e gatti vengono presi dalle strade o peggio prelevati illegalmente e con la forza dalle abitazioni, poi rinchiusi in gabbie senza ne acqua né cibo, e trasportati, per miglia e miglia, fino al macello o alla fiera dove vengono bastonati, strangolati e scuoiati o bolliti vivi; durante il tragitto molti cani e gatti muoiono per le ferite, per soffocamento e per disidratazione;

   la macellazione avviene di fronte ad altri cani, che sono così costretti ad assistere al loro destino;

   questa, a parere degli interroganti, è una palese violazione del sentimento degli animali; le condizioni alle quali sottostanno i cani sono totalmente distanti dalle esigenze di salute e salvaguardia degli animali e trasgrediscono anche alle più basilari linee guida sul benessere animale;

   si crede che la scarica di adrenalina generata dal terrore a cui il cane è sottoposto garantisca non solo un sapore migliore e maggior tenerezza alla carne, ma anche la capacità di proteggere chi la consuma dalla calura dei mesi estivi;

   gli allevamenti di cani in Cina sono considerati troppo costosi da mantenere e, dunque, persone senza scrupoli preferiscono «andare a caccia» delle prede, rubandole anche ai loro legittimi proprietari, che vengono narcotizzate con dardi soporiferi e trascinate in un vero e proprio girone d'inferno, fino all'arrivo a Yulin;

   l'inizio della pandemia di Coronavirus ha portato alla ribalta queste pratiche alimentari tradizionali e le condizioni igieniche dei cosiddetti «wet market», come quello di Yulin, dove non viene rispettata alcuna norma igienica e gli animali vengono portati vivi e uccisi in loco. Ed è proprio in questi posti che infezioni, batteri e virus trovano il terreno fertile per diffondersi;

   quest'anno il Ministero dell'ambiente cinese ha inserito il cane nella categoria degli «animali domestici» e lo scorso aprile la metropoli di Shenzhen è stata la prima in Cina a metterne ufficialmente fuori legge la vendita e il consumo, con multe salate per i ristoratori che lo tengono nel menù e per chi lo ordina; ma, nonostante ciò, la fiera di Yulin è stata confermata e puntualmente nel giorno del solstizio d'estate ha avuto inizio;

   il festival di Yulin è una rappresentazione di crudeltà gratuita e di totale assenza di tradizione che va contro il rispetto e il benessere degli animali. Bisogna, invece, rafforzare e promuovere la cultura del rispetto verso gli animali –:

   se intendano condannare ufficialmente questo tipo di «barbare» manifestazioni che vanno contro il benessere animale ed anche la salute pubblica e altresì adottare iniziative, per quanto di competenza, nei confronti del Governo cinese affinché sia definitivamente abolito il festival di Yulin da tempo considerato come uno dei più atroci e sanguinari del pianeta.
(4-06242)

  Risposta. — L'Italia rappresenta regolarmente agli interlocutori cinesi la preoccupazione e la sensibilità con cui la nostra opinione pubblica segue l'organizzazione annuale del cosiddetto «Festival di Yulin». Esprimiamo allo stesso tempo l'auspicio che si possa giungere ad un'urgente riconsiderazione della manifestazione, nella misura in cui essa è collegata alla macellazione di animali domestici a scopo alimentare.
  Anche quest'anno la nostra Ambasciata a Pechino ha pubblicato un comunicato sul proprio sito, condannando fermamente ogni forma di violenza e maltrattamento nei confronti degli animali da compagnia, in particolare la compravendita e la macellazione dei cani a scopo alimentare. Il Consolato generale d'Italia a Canton ha inoltre condiviso le preoccupazioni e le sensibilità del pubblico italiano sul Festival di Yulin con le locali autorità, che hanno sottolineato l'assenza di patrocini ed avalli formali delle autorità cinesi alla manifestazione.
  Quest'anno l'evento è stato ribattezzato «festival del solstizio d'estate» e non più «festival del litchi e della carne di cane». Ha visto un'organizzazione ridotta, sia per una crescente opposizione all'evento in seno alla società civile cinese, grazie all'attività di diverse organizzazioni, sia per le perduranti misure di contrasto all'epidemia da COVID-19.
  Dopo i provvedimenti adottati da alcune città e province cinesi, il consumo di carne canina e felina potrebbe infatti presto essere vietato in tutto il paese grazie a un provvedimento legislativo in via di definizione presso il Ministero dell'agricoltura. Questo includerebbe cani e gatti nella categoria degli animali da compagnia, per i quali sarebbe vietato l'allevamento, il trasporto e la commercializzazione a scopo alimentare.
  L'Italia continuerà a manifestare il disagio e la piena condanna dell'opinione pubblica italiana rispetto al maltrattamento degli animali domestici, nonché a monitorare con estrema attenzione l'evoluzione della normativa cinese sugli animali da compagnia e sul consumo di carne canina e felina.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sempre più indignazione si manifesta per il provvedimento che ha portato alla scarcerazione di molti boss e narcotrafficanti per l'emergenza Coronavirus;

   tra coloro che hanno beneficiato degli effetti di tale provvedimento c'è anche il 60enne Leonardo Priolo, finito in manette nell'ambito della maxi inchiesta «Crociata», che nel febbraio 2016 aveva portato all'arresto di 28 persone, ritenute affiliate a un clan 'ndranghetista calabrese e condannate a pene dai due ai dieci anni a vario titolo per associazione di tipo mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi;

   Priolo, nella fattispecie, ritenuto con ruolo di spicco nell'organizzazione del traffico di sostanze stupefacenti, era stato condannato ad otto anni di carcere ed ora, per effetto del provvedimento di scarcerazione, si ritrova agli arresti domiciliari;

   per l'interrogante è il 499esimo caso di cui viene a conoscenza, vale a dire che quasi 500 persone condannate per reati gravi sono state fatte uscire di galera nel mentre ai cittadini italiani si chiedeva di rimanere chiusi in casa, impossibilitati a ricongiungersi con i propri affetti, con misure restrittive dei principali diritti costituzionalmente garantiti;

   trattasi per l'interrogante di situazioni paradossali di una gravità inaudita, che non possono passare sotto silenzio, bensì necessitano di risposte chiare e dettagliate, che accertino la precisa responsabilità politica di chi gestisce il dicastero competente;

   dette scarcerazioni, infatti, rappresentano secondo l'interrogante anche un vero e proprio oltraggio all'impegno delle forze dell'ordine, che hanno lavorato anche rischiando la propria vita pur di catturare pericolosi criminali per consegnarli alla giustizia;

   il territorio canturino in particolare, si ricorda, è stato toccato da inchieste di grande rilevanza e la scarcerazione del Priolo, secondo l'interrogante, rappresenta una resa dello Stato, l'azzeramento con un solo atto di mesi e mesi di duro lavoro di indagini, ricostruzioni, processi –:

   per quali motivi non sia stato valutato, per quanto di competenza, di procedere prontamente, soprattutto nella fase di esplosione dell'emergenza da COVID-19, al trasferimento dei detenuti con problemi di salute nelle carceri ove sussistono centri medici di altissimo livello;

   se il Ministro interrogato abbia contezza di dove Priolo – ma anche tutti gli altri boss scarcerati – si trovino agli arresti domiciliari e se sia intenzione del Ministro adottare ogni iniziativa di competenza perché la pena sia scontata in carcere;

   se e in che termini il Governo intenda garantire, per quanto di competenza, la certezza della pena a fronte della vicenda richiamata in premessa.
(4-05736)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha sollevato specifici quesiti in ordine ai provvedimenti di differimento pena e ad altre misure alternative alla detenzione per motivi sanitari attinenti al Covid-19 adottati dall'autorità giudiziaria nei confronti di detenuti ascritti ai circuiti detentivi alta sicurezza e 41-bis dell'ordinamento penitenziario, con particolare riferimento al detenuto Priolo Leonardo.
  Si rappresenta in proposito che alla data del 17 giugno 2020 i detenuti ascritti al circuito «Alta sicurezza» erano n. 223 e n. 4 i detenuti sottoposti, nel tempo, al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, della legge n. 345 del 1975, che hanno ottenuto il differimento pena o altre misure alternative alla detenzione, per motivi sanitari attinenti al Covid-19.
  Dei predetti detenuti, n. 55 ascritti al circuito «Alta sicurezza 3», e n. 2 sottoposti al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, ordinamento penitenziario, hanno fatto rientro negli istituti penitenziari o nelle strutture protette, a seguito della revoca del provvedimento.
  Il detenuto Priolo Leonardo, nato a Bianco (Reggio Calabria) il 26 luglio 1959, soggetto ascritto al circuito detentivo Alta sicurezza 3, in espiazione pena per violazione degli articoli 416-
bis, comma 1, 3, 4 e 99, comma 2, del codice penale, ha fatto ingresso dalla libertà presso la casa di reclusione di Milano «Opera» in data 18 febbraio 2016 ed è stato dimesso dall'istituto milanese in data 18 marzo 2020, in esecuzione dell'ordinanza n. 2063/2020 SIUS del 17 marzo 2020, emessa dal tribunale di sorveglianza di Milano, ai sensi degli articoli 147 del codice penale, 684, comma 2, del codice di procedura penale e 47-ter, comma 1 e comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975, per differimento della pena «...nelle forme della detenzione domiciliare per la durata di 2 anni...», per motivi sanitari, che, tuttavia, esulano dall'emergenza correlata al coronavirus.
  Tale ordinanza ha affidato la vigilanza del soggetto alle Forze dell'ordine territorialmente competenti ed ha imposto al Priolo una serie di prescrizioni relative ai rapporti con gli uffici e servizi di esecuzione penale esterna, dimora e territorio, spostamenti e uscite, condotta generale, con sospensione e successiva revoca della misura in caso di violazione delle stesse.
  Il Priolo ha eletto domicilio a Novedrate, in provincia di Como.
  Dal punto di vista normativo, è doveroso osservare che i provvedimenti di differimento dell'esecuzione pena, ai sensi degli articoli 146 (rinvio obbligatorio) e 147 (rinvio facoltativo) del codice penale, ovvero la detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-
ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario, possono essere adottati a prescindere dalle preclusioni di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena non può essere adottato se sussiste il «concreto pericolo della commissione di delitti» (articolo 147, comma 4, codice penale); competono alla magistratura di sorveglianza il bilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute del soggetto e la necessità di prevenire il pericolo di recidiva, nonché la valutazione relativa alla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione dei «benefici penitenziari».
  Compete, altresì, alla magistratura di sorveglianza, la valutazione relativa all'eventuale necessità di una iniziale concessione provvisoria «
de plano».
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 666, comma 5, del codice di procedura penale, «il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno», tra cui, in ipotesi, alla competente autorità sanitaria, quelle in ordine alle misure adottate nell'istituto e nella sezione di appartenenza per la prevenzione del pericolo di contagio (come anche quelle di approfondimento sulla pericolosità, di cui sono già indice la sottoposizione allo speciale regime detentivo
ex articolo 41-bis, comma 2, o l'assegnazione al circuito alta sicurezza).
  L'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «Cura Italia»), convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto che, in deroga al disposto dei commi 1, 2 e 4 dell'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva è eseguita, su istanza, presso l'abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena.
  Tale disposizione, nel consentire ai condannati la cui pena detentiva, anche se residuo di maggior pena, non sia superiore a diciotto mesi, l'esecuzione della medesima pena presso la propria abitazione o presso altro luogo privato o pubblico di cura, assistenza e accoglienza, ha escluso dal proprio ambito di applicazione coloro la cui condanna sia stata pronunciata per i delitti di maggiore gravità.
  In particolare, sono stati esclusi dalla possibilità di accedere alla detenzione domiciliare, con le modalità semplificate che l'emergenza sanitaria in atto ha imposto al fine di evitare il rischio che l'epidemia dilagasse nelle carceri, tutti i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero per i medesimi delitti ai quali fa riferimento anche l'articolo 41-
bis della medesima legge, nel prevedere che possa essere disposto, a carico delle persone che per essi abbiano riportato condanna e nella concorrenza degli altri presupposti, il regime detentivo speciale.
  Sono stati parimenti esclusi dalla fruibilità di tale modalità esecutiva della pena anche i soggetti condannati per i delitti di cui agli articoli 572 e 612-
bis del codice penale, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, oltre che i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
  Inoltre, proprio al fine di evitare che le disposizioni introdotte in materia di detenzione domiciliare potessero consentire l'uscita dagli istituti penitenziari di soggetti che avessero dato prova, nel corso dell'ultimo anno di detenzione, di pericolosità sociale, si è escluso che tale modalità di esecuzione della pena potesse essere ottenuta dai detenuti che nell'ultimo anno abbiano riportato sanzioni disciplinari per evasione o per aver commesso fatti previsti dalla legge come reato in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori, o, ancora, per aver promosso o partecipato a disordini e sommosse, oppure nei cui confronti sia stato redatto rapporto disciplinare per le sommosse o i disordini scoppiati dopo il 6 marzo 2020.
  Se è stata esclusa la previsione secondo cui la direzione dell'istituto dovesse trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sul comportamento adottato dal condannato nel corso del periodo di detenzione, dall'altro lato, le disposizioni dettate dall'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, hanno introdotto cause oggettive di esclusione dall'ammissione alla detenzione domiciliare, legate alla condotta tenuta dal detenuto all'interno del carcere e finalizzate proprio a tutelare la sicurezza dei consociati, che le disposizioni di cui alla legge 26 novembre 2010, n. 199, relative al regime «ordinario» dell'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive superiori a diciotto mesi, non contemplano.
  Peraltro, con il comma 2 del disposto normativo in questione si è anche lasciato un ampio margine di apprezzamento al magistrato di sorveglianza, consentendogli comunque di non adottare il provvedimento che dispone l'esecuzione della pena a domicilio qualora ravvisi gravi motivi ostativi alla sua concessione in favore dei singolo detenuto.
  Sempre in considerazione della necessità di evitare rischi per la sicurezza pubblica, è stato comunque introdotto, rispetto alle disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio di cui alla legge 26 novembre 2010, n. 199, l'obbligo dell'adozione della procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici alla cui applicazione il condannato maggiorenne deve prestare consenso, nel caso intenda fruire della detenzione domiciliare ed abbia una pena residua da espiare superiore ai sei mesi di reclusione.
  Con circolare 21 marzo 2020, n. 95907, la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari segnalassero all'Autorità giudiziaria, «per le eventuali determinazioni di competenza», i nominativi dei ristretti rispetto ai quali, in conseguenza dell'attuale emergenza sanitaria, per patologie o condizione, era possibile riconnettere un elevato rischio di complicanze. Al fine di consentire alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di fornire agli uffici di sorveglianza ogni utile informazione in ordine alla pericolosità del detenuto e all'operatività dell'organizzazione di appartenenza, con successiva nota del 24 aprile 2020, il direttore generale dei detenuti e del trattamento ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari, oltre alle informazioni già indicate nella succitata circolare 21 marzo 2020, trasmettessero tempestivamente e direttamente alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo copia delle segnalazioni ed istanze concernenti i ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, ovvero assegnati al circuito alta sicurezza.
  Inoltre l'articolo 2, decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 recante «Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19», al primo comma ha stabilito che l'Autorità giudiziaria, in caso di concessione di permessi ai sensi dell'articolo 30-
bis dell'ordinamento penitenziario e prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziarioin favore dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, codice di procedura penale, chieda il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e alla pericolosità del soggetto.
  Il nono comma è stato inoltre sostituito dal seguente: «Il procuratore generale presso la corte d'appello è informato dei permessi concessi e del relativo esito con relazione trimestrale degli organi che li hanno rilasciati e, nel caso, di permessi concessi a detenuti per delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-
bis e 3-quater, del codice di procedura penale o a detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, ne dà comunicazione, rispettivamente, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.».
  All'articolo 47-
ter, dopo il comma 1-quater, è aggiunto il seguente: «1-quinquies. Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1-ter, o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, decorsi detti termini, il magistrato o il tribunale di sorveglianza procedono comunque anche in assenza dei pareri.».
  In sostanza, è stato introdotto il parere obbligatorio dei procuratori distrettuali e del procuratore nazionale antimafia, chiamati ora ad interloquire ove si tratti, rispettivamente, di detenuti per delitti di cui all'articolo 51, comma 3-
bis e 3-quater delcodice di procedura penale o di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, prima che il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decidano sulla richiesta di permesso di necessità di cui all'articolo 30 della legge n. 354 del 1975 o sulla detenzione domiciliare «umanitaria» di cui al comma 1-ter dell'articolo 47-ter della medesima legge n. 354 del 1975;
  Al fine di approntare, nell'immediato, la conseguente attività di analisi finalizzata alla predisposizione delle idonee misure di carattere organizzativo, con nota 2 maggio 2020 la medesima direzione generale ha inoltre disposto che copia delle segnalazioni ed istanze trasmesse alla direzione nazionale antimafia antiterrorismo, comprensive della relazione sanitaria, siano trasmesse anche alla direzione generale dei detenuti e del trattamento.

  Da ultimo, con il recente decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, recante: «Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati», il legislatore ha inteso apportare rilevanti disposizioni in ordine alle concessioni disposte dall'autorità giudiziaria, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, nei confronti dei condannati o internati per ciascuno dei delitti di cui sopra, consentendo ai giudici di rivalutare la permanenza dei motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare, al differimento di pena o alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento stesso e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o a usufruire del differimento della pena. A tal proposito, si evidenzia che questo dipartimento ha già attivato una prima volta i poteri di iniziativa previsti dagli articolo 2 e 3 del decreto in argomento, effettuando le dovute segnalazioni alle autorità giudiziarie relativamente ai detenuti cui sono stati in precedenza concessi la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari.
  Con norma transitoria si è previsto, all'articolo 5, che «le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 si applicano ai provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena e ai provvedimenti di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari adottati successivamente al 23 febbraio 2020. Per i provvedimenti di cui al periodo precedente già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto il termine di quindici giorni previsto dagli articoli 2, comma 1, e 3, comma 1, decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto».

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   POTENTI, TURRI, BISA, TATEO, MORRONE, CANTALAMESSA, PAOLINI, MARCHETTI e DI MURO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tra il 7 e il 9 marzo 2020, mentre l'epidemia Covid-19 cominciava a diffondersi nel Paese, in 22 penitenziari italiani sono esplose contemporaneamente violente ribellioni. Sono conseguiti ingenti danni causati alle strutture; sono stati decine i feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria e dodici i detenuti morti, tutti per overdose dopo aver ingerito quantità esagerate di farmaci e metadone rubate nelle farmacie carcerarie;

   sugli episodi in questione sono in corso di svolgimento attività di indagine da parte di più procure che starebbero seguendo, secondo le indiscrezioni giornalistiche ed alcune dichiarazioni rilasciate dalla polizia giudiziaria, la pista di una regia esterna, riconducibile alla criminalità organizzata;

   alcune norme della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, fra tutte gli articoli 14-bis e 41-bis, permettono di assumere particolari misure, rispettivamente, di sorveglianza particolare verso detenuti che compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti e di sospensione nell'istituto interessato o in parte di esso, dell'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati in casi di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza; tali provvedimenti sono atti dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia ed esulano quindi dalla serie di valutazioni tipiche della discrezione giudiziaria –:

   se, quanti e quali provvedimenti tra quelli citati di cui agli articoli 14-bis e 41-bis dell'ordinamento penitenziario siano stati assunti nelle carceri teatro delle rivolte del marzo 2020 e se e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per prevenire il ripetersi di altri eventi come quello di cui trattasi.
(4-05548)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante ha chiesto se e quali provvedimenti di applicazione del regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario, ovvero del regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della stessa legge, siano stati assunti all'indomani delle rivolte del mese di marzo che hanno coinvolto numerosi istituti del Paese, si rappresenta quanto segue.
  Le proteste che hanno visto coinvolti, nella fattispecie, detenuti appartenenti al circuito Alta sicurezza si sono verificate, in data 9 marzo 2020 presso i soli istituti penitenziari di Melfi e Roma «Rebibbia nuovo complesso».
  In data 11 marzo 2020, il competente ufficio della direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto il trasferimento di n. 3 detenuti dalla casa circondariale di Roma «Rebibbia n.c.»; mentre, con successivi provvedimenti del 13 e del 16 marzo 2020, ha provveduto a disporre il trasferimento di ulteriori n. 54 detenuti alta sicurezza dalla casa circondariale di Melfi.
  Stante la difficoltà di appurare con certezza l'effettiva partecipazione degli stessi alle proteste e di individuare i ruoli rivestiti da ognuno durante i disordini, non sono stati emessi provvedimenti di applicazione del regime di sorveglianza particolare, di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario, nei confronti dei detenuti ascritti al circuito alta sicurezza. Non risulta, altresì, nei confronti degli stessi, alcuna applicazione dell'articolo 41-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975.
  Le rivolte dell'8, 9 e 10 marzo 2020, poste in essere dai detenuti appartenenti al circuito media sicurezza, oltre a mettere a repentaglio l'ordine e la sicurezza interni, hanno comportato danni ingenti alle strutture; ne è conseguita la necessità di disporre il trasferimento di numerosi detenuti in sedi extra distretto (779 soggetti, dei quali 471 solo dalla casa circondariale di Modena, 107 dalla casa circondariale di Foggia e 52 dalla casa circondariale di Velletri).
  Inoltre, all'esito di accurate attività di indagine condotte dalle Direzioni penitenziarie, è stata avviata, in molti casi, la procedura dell'applicazione del regime di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario nei riguardi dei detenuti individuati come promotori delle rivolte. Precisamente, sono giunte a questa sede centrale n. 185 richieste di attivazione del regime di sorveglianza particolare: allo stato, n. 36 di queste sono in corso di istruttoria; n. 9 sono i decreti già emanati; n. 13 sono le archiviazioni per mancanza di elementi sufficienti all'applicazione del regime. Più di recente, sono giunte ulteriori n. 129 richieste di applicazione del suddetto regime, delle quali n. 91 provenienti dalla casa reclusione di Milano «Opera» e n. 38 dalla casa circondariale di Siracusa, per le quali il personale addetto sta predisponendo l'attività decisoria.
  Sono in corso, altresì, complesse indagini giudiziarie, volte ad accertare le eventuali responsabilità dei singoli soggetti coinvolti e il relativo grado di partecipazione ai fatti occorsi.
  I provvedimenti ai quali fanno riferimento gli interroganti sono stati introdotti nella legge 26 luglio 1975, n. 354 recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà» per effetto delle disposizioni della legge 10 ottobre 1986, n. 663 e di quelle del decreto-legge 8 giugno 1992, convertito con modificazione dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
  Con il primo dei due interventi normativi sono stati introdotti nell'ordinamento penitenziario il regime di sorveglianza particolare, disciplinato dall'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario e quello di sicurezza collettiva, previsto al comma 1 dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; con il secondo si introdusse il regime di detenzione speciale, di cui al comma 2 del già citato 41-bis.
  Il regime di sicurezza particolare, disciplinato dall'articolo 14-
bis, è caratterizzato dall'essere una forma di trattamento individualizzato finalizzato a contenere la pericolosità penitenziaria del singolo detenuto, che deriva principalmente dai comportamenti che costui assume, o ha assunto nel corso di pregresse detenzioni, all'interno della struttura carceraria e che rischiano di mettere a repentaglio l'ordine e la sicurezza dell'istituto penitenziario e di comprometterne il regolare funzionamento.
  Si tratta di misura la cui applicazione spetta all'amministrazione penitenziaria, anche su segnalazione dell'autorità giudiziaria, e che può essere, nei casi di necessità ed urgenza, disposta provvisoriamente anche prima dell'acquisizione dei pareri del consiglio di disciplina in composizione allargata, che in tal caso devono essere acquisiti nei successivi dieci giorni, termine oltre il quale il provvedimento provvisorio decade, ove la decisione definitiva non intervenga.
  Il regime di sicurezza collettivo, di cui al comma 1 dell'articolo 41-
bis, è invece una misura di tutela dell'ordine pubblico interno o esterno, adottabile dal Ministro della giustizia «in casi eccezionali di rivolta o altre gravi situazioni di emergenza» e che può consistere nella sospensione nell'intero istituto penitenziario o in una sua parte dell'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati in esso ristretti.
  Tale regime rappresenta dunque uno strumento finalizzato a contenere non la condotta di un singolo detenuto, bensì una grave crisi dell'ordinamento penitenziario collegata alla diffusione di uno stato di agitazione delle persone detenute all'interno del singolo istituto.
  Il regime detentivo speciale individuale, di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, è una misura anch'essa adottabile dal Ministro della giustizia con la quale può essere sospesa l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario a carico di un singolo detenuto o internato.
  La finalità di tale misura non è quella di prevenire il pericolo di attività illecite all'interno dell'istituto penitenziario o a contenere il pericolo di rivolte, bensì quello di impedire che all'esterno del carcere vengano consumati ulteriori delitti, la cui commissione è disposta da persone che nel carcere sono ristrette: obiettivo che la misura in questione persegue impedendo la possibilità per detti soggetti – individuati in relazione al reato per il quale sono detenuti (che deve essere un reato associativo di tipo mafioso, terroristico o eversivo o comunque finalizzato per agevolare l'associazione di tipo mafioso) e a carico dei quali sussistono «elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva» – di far giungere le proprie comunicazioni all'esterno, anche a mezzo di altri detenuti.
  Attualmente non risulta allo studio alcun intervento normativo volto a modificare i suddetti regimi, i quali rispondono ad esigenze che sono state tenute in considerazione dagli interventi normativi che, durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, hanno riguardato il settore penitenziario.
  Le nuove disposizioni in materia di detenzione domiciliare che sono state introdotte con l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, hanno infatti espressamente escluso dall'ambito di loro applicazione i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-
bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (comma 1, lettera a), del citato articolo 123) – dunque, gli stessi ai quali è possibile applicare il regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975 – nonché i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge (comma 1, lettera c)).
  Per evitare anche che di tale detenzione domiciliare potessero fruire detenuti che, seppure non sottoposti al regime della sorveglianza particolare, fossero stati comunque in tempi recenti autori di gravi infrazioni disciplinari, sono stati specificamente esclusi dall'ambito di operatività di questa modalità di esecuzione della pena, con la disposizione di cui alla lettera
d) dell'articolo 123, «i detenuti che nell'ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all'articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20, e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230», ovvero i detenuti sanzionati proprio per aver partecipato a disordini e sommosse, per aver promosso disordini o sommosse, per evasione o, infine, per fatti previsti dalla legge come reato commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.
  Infine, al fine di evitare che i tempi imposti dalle procedure necessarie per l'irrogazione di sanzioni disciplinari o per l'adozione del regime della sorveglianza particolare potessero consentire l'ammissione alla detenzione domiciliare «speciale» ai detenuti che, pur non essendo stati condannati per un delitto di cui all'articolo 4-
bis della legge n. 354 del 1975 o non avendo già manifestato una pericolosità penitenziaria, avevano però preso parte alle rivolte verificatesi negli istituti penitenziari in coincidenza con il primo periodo dell'emergenza sanitaria sia ai detenuti autori di eventuali, futuri, ulteriori sommovimenti, la lettera e) del comma 1 dell'articolo 123 ha disposto che l'adozione della misura in questione fosse preclusa nei confronti dei detenuti a carico dei quali sia redatto un «rapporto disciplinare a sensi dell'articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommesse a far data dal 7 marzo 2020».
  Con la disposizione di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 è stato modificato l'ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare e permessi a detenuti.
  In particolare, è stato novellato il disposto dell'articolo 30-
bis della legge n. 354 del 1975, prevedendo che sull'istanza volta all'ottenimento del permesso presentata da detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, sia chiamato ad interloquire il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il quale esprimerà il parere in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto; analoga l'innovazione apportata in materia di ammissione alla detenzione domiciliare, dove l'intervento, operato mediante l'inserimento del comma 1-quinquies nell'articolo 41-ter della legge n. 354 del 1975, ha disposto che la magistratura di sorveglianza, prima di provvedere nei confronti di condannati sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis al rinvio dell'esecuzione della pena, ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, applicando la misura della detenzione domiciliare, debba acquisire, sia in sede di prima applicazione di detta modalità di esecuzione della pena, sia in caso di proroga, il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Particolare attenzione alla tutela delle esigenze sottese all'adozione del regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-
bis ha mostrato anche il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29.
  Le disposizioni dettate dagli articoli 2 e 3 del suddetto provvedimento normativo hanno, infatti, introdotto procedure volte a consentire all'autorità giudiziaria un costante monitoraggio della permanenza delle ragioni che, a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19, hanno comportato l'adozione di provvedimenti di sostituzione della misura della custodia cautelare con quella degli arresti domiciliari o di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento dell'esecuzione della pena nei confronti di persone detenute a carico delle quali era in corso il regime detentivo di cui all'articolo 41-
bis: e ciò, al fine di consentire l'immediato ripristino nei confronti di costoro della detenzione inframuraria al cessare di quelle ragioni, nonché nel caso in cui la direzione dell'amministrazione penitenziaria abbia individuato strutture penitenziarie o reparti di medicina protetti in grado di fornire ai quei detenuti le cure e gli accertamenti diagnostici necessari per la tutela della loro salute.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   TOPO, SIANI e MIGLIORE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il castello di Baia (provincia di Napoli) ospita il Museo archeologico dei Campi flegrei con reperti di inestimabile valore storico e artistico, provenienti da tutto il sito archeologico dei Campi flegrei, in particolare, Pozzuoli, la romana Puteoli, e dalla città greco-romana di Cuma, oltre che da Baia, città termale preferita dall'élite patrizia della Roma antica e da Miseno, sede della più grande tra le flotte navali di Roma;

   dal 18 aprile 2019 sono stati trasferiti nel museo archeologico di Napoli, per essere esposti nella mostra permanente dal titolo «Magna Grecia», numerosi preziosissimi reperti provenienti da Cuma, attualmente esposti nel museo dei Campi Flegrei, in particolare;

   le note esposte nelle bacheche del museo archeologico dei Campi Flegrei dal quale sono stati prelevati i succitati reperti non forniscono indicazioni circa la data di rientro degli stessi;

   vi è crescente preoccupazione che l'assenza di una precisa data di rientro possa costituire la premessa per una spoliazione dello straordinario patrimonio di cui sopra per il museo ospitato presso il Castello di Baia –:

   quando gli importanti reperti di cui in premessa faranno «ritorno» al museo archeologico dei Campi Flegrei, quando presso la stessa struttura verranno esposti i reperti provenienti dall'Antiquarium di Pozzuoli, chiuso nel 1970, attualmente «conservati» nei depositi del Mann e quando tutte le sale espositive della citata struttura museale saranno aperte al pubblico, in particolare la Sala del Sacello degli Augustali di Miseno e la Sala del Ninfeo dell'imperatore Claudio di Punta dell'Epitaffio; se sia intenzione del Governo rafforzare la dotazione organica per consentire l'apertura del museo per l'intera giornata.
(4-02854)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere notizie in merito al trasferimento dei reperti archeologici dal castello di Baia (Napoli) al museo archeologico nazionale di Napoli e la data di rientro dei medesimi al Museo archeologico dei Campi Flegrei.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente Soprintendenza territoriale, si rappresenta quanto segue.
  Il percorso espositivo dell'attuale museo archeologico dei Campi Flegrei, studiato agli inizi degli anni 2000 dopo l'acquisizione al demanio del Castello Aragonese in località Baia del comune di Bacoli e in considerazione dei cospicui risultati degli scavi della fine degli anni novanta, prevede per completezza, oltre ai pur numerosi reperti archeologici giacenti nei magazzini in loco, anche l'inserimento di alcune opere provenienti dalle collezioni storiche del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).
  Quest'ultime vennero concesse in regime di sotto-consegna, per disposizione del dirigente unico nella persona del Soprintendente
pro tempore, quando entrambi i musei dipendevano direttamente dall'ex soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta.
  Fra le opere appartenenti alle collezioni storiche presenti nei depositi e persino esposte del Mann furono ad esempio trasportate in sotto-consegna al Ostello Aragonese ai fini dell'allestimento del nuovo Museo Archeologico dei Campi Flegrei, l'Anubi, rinvenuto nel 1836 e facente parte delle collezioni borboniche, le sculture della Crypta Romana, alcune iscrizioni e il gruppo di Psiche ed Eros, regolarmente trascritte nei registri inventariali del Mann e dunque parte integrante del suo patrimonio archeologico mobile, considerato immobile agli effetti del 2° comma dell'articolo 7 del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato.
  Per alcune di queste opere, fra le quali gli oggetti preziosi prima custoditi nel medagliere del Museo archeologico nazionale di Napoli e gli oggetti della Collezione cumana, già all'epoca dello spostamento era stato previsto il rientro alla sede di appartenenza.
  Si aggiunge che la Collezione cumana si formò tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in seguito alla cospicua donazione della collezione di Emilio Stevens e agli scavi effettuati da Ernesto Osta sotto la direzione di Innocenza dall'Osso e di Ettore Gabriel, e si accrebbe nei decenni seguenti mediante successive acquisizioni di materiali archeologici sempre inventariati nei registri patrimoniali del Mann, costituendone un nucleo collezionistico e museale unico e consolidato.
  In seguito alle riforme di riorganizzazione del Ministero per i beni e le Attività culturali, a partire dal 2014, il Museo archeologico nazionale di Napoli e il Parco archeologico dei Campi Flegrei, da cui dipende attualmente il Museo, archeologico dei Campi Flegrei, sono divenuti istituti autonomi, ma il materiale archeologico già inventariato dalla ex soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta, poi confluita nella soprintendenza archeologica Campania e presente nelle sezioni espositive permanenti o nei magazzini del Mann, rimane legittimamente nelle sue competenze patrimoniali, come del resto attestato nell'articolo 5 del verbale di scambio di consegna tra la ex soprintendenza archeologia Campania e il Parco archeologico dei Campi Flegrei, protocollo n. 318 dell'11 gennaio 2017 e in conformità di quanto chiaramente disposto dalla circolare della direzione generale musei, n. 51, protocollo 33082 del 23 novembre 2017.
  Inoltre, si fa notare che i reperti sinora restituiti al Mann non depauperano il percorso di visita nel Museo archeologico dei Campi Flegrei, ma sono indispensabili ai fini del riallestimento della sezione «Magna Grecia e popoli italici» e delle altre collezioni espositive del Mann, uno dei più grandi musei di archeologia classica del mondo, che vanta oltre duecento anni di storia.
  Al contrario, c'è da considerare che gli ingenti materiali provenienti dagli scavi programmatici e di tutela svolti negli anni passati nell'area flegrea e già conservati nei magazzini dello stesso Museo archeologico dei Campi Flegrei, nell'Anfiteatro di Pozzuoli e nel Parco archeologico di Cuma, tutti dipendenti dal Parco archeologico dei Campi Flegrei, assicureranno anche in seguito, dopo gli interventi di pulizia e restauro, l'ulteriore arricchimento delle sale del Museo archeologico dei Campi Flegrei, ove una meditata riflessione scientifica lo reputerà necessario.
  Riguardo ai beni archeologici un tempo esposti all'
Antiquarium di Pozzuoli e trasferiti negli anni Settanta a Napoli a causa della sua chiusura, la gran parte, oltre settanta sculture, si trovano già esposte e sono visibili al pubblico nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei.
  In merito ai quesiti posti relativamente alle sezioni Sacello degli augustali e Ninfeo di Punta Epitaffio esposti nella torre nord-ovest del Museo archeologico dei Campi Flegrei, si rappresenta che le rispettive sale mostravano fenomeni di obsolescenza degli impianti, aggravati dalla posizione a picco sul mare.
  Per risolvere tali gravosi e complessi problemi, tramite gara, sono stati portati a compimento le progettazioni dei seguenti interventi:

    lavori di adeguamento alle norme di sicurezza torre N/O per accesso e percorsi interni, revisione impianti elettrici e speciali;

    completamento rete di distribuzione impianto elettrico e adeguamento quadri di sezionamento e gruppi di continuità.

  La situazione attuale è la seguente:

    il segretariato Generale ha approvato e trasmesso gli atti di attivazione ad Invitalia in qualità di centrale di committenza di questo Ministero; le gare per entrambi gli affidamenti dei lavori sono attualmente in corso e ne è previsto l'espletamento entro breve termine; in considerazione di ciò e in assenza di imprevisti e\o ricorsi, si prevede di dare avvio ai lavori entro il prossimo settembre e di concludere questi entro agosto 2021 e di collaudarli entro settembre 2021;

    la riapertura delle sale della torre di nord ovest e l'inaugurazione degli impianti per le 47 sale già aperte dovrebbe avvenire quindi tra ottobre e novembre 2021.

  Si ritiene utile rappresentare che, nel corso del 2018, è stata aperta presso il Museo una nuova sala che accoglie lo Zeus in trono restituito dal Getty Museum di Malibù e la scultura decorativa delle residenze di lusso del litorale flegreo.
  Inoltre sono in corso di progettazione esecutiva i lavori previsti con i fondi Pon FESR cultura e sviluppo 2014/2020 (Asse 1, Azione 6.C.1.A) dedicati al padiglione Cavaliere, che rappresenta la parte centrale e più alta del Castello di Baia.
  Al termine di tali lavori e di altri già previsti, le sale aperte al pubblico saranno in totale 57, con la riapertura completa della sezione dedicata a Baia e sarà possibile utilizzare gran parte degli oltre 4 ettari di cui si compone questo grandioso complesso monumentale.
  Da ultimo, per quanto riguarda la dotazione organica del parco archeologico dei Campi Flegrei, la questione della carenza di organico è ben nota a questo Ministero e riguarda molti istituti.
  A tal fine, questa amministrazione ha già ottenuto una prima autorizzazione a reclutare nuovo personale con la legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  La carenza di organico del Ministero e dei suoi organi periferici è una questione prioritaria e questa amministrazione sta collaborando attivamente con il Dipartimento della funzione pubblica per un piano straordinario volto al reclutamento del personale, dirigenziale e non.
  Il proposito è di invertire finalmente la tendenza con piani di integrale utilizzo delle disponibilità assunzionali, in prospettiva, di completamento della pianta organica.
  Comunque, si fa presente che con la recente procedura di assunzione degli idonei del concorso pubblico di 500 funzionari tecnici sono stati assegnati al parco archeologico dei Campi Flegrei 2 funzionari architetti e 2 funzionari archeologi.
  Mancano altre figure professionali che si ritiene di poter inserire nella struttura organizzativa del parco non appena sarà completata la procedura concorsuale in atto, che prevede l'assunzione di 1.052 assistenti alla vigilanza, di cui 200 unità destinate alla Campania.
  Riguardo all'aspetto finanziario, si fa presente che con decreto ministeriale del 19 febbraio 2018 è stata approvata la rimodulazione delle risorse finanziarie stanziate ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 in cui, nell'ottica di riqualificazione dell'area archeologica del Parco, sono stati finanziati per un totale di 5.800.000 euro ripartiti nel triennio 2018-2020, quattro progetti volti essenzialmente alla rimozione delle barriere architettoniche e all'adeguamento funzionale dei vari sistemi impiantistici sia del Parco che dell'annesso museo archeologico nel Castello di Baia.
  Sono stati, inoltre, assegnati 850.000 euro per le spese di funzionamento.
  Inoltre, questo Ministero, utilizzando il riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, potrà avvalersi di risorse aggiuntive per quasi un miliardo di euro nel periodo tra il 2021 e il 2033.
  Tra i 966 interventi che il Ministero ha programmato a livello nazionale, 78 sono destinati alla Campania, di cui cinque riguardano l'area flegrea con uno stanziamento complessivo di 16 milioni di euro destinati a Pozzuoli: in particolare 5 milioni di euro per l'anfiteatro Flavio, 5 milioni per il parco archeologico di Cuma, ma attenzione è data anche al Castello di Baia a Bacoli, che avrà fondi per la ristrutturazione per 1 milione di euro.
  L'ulteriore stanziamento di sei milioni di euro è destinato alla progettazione e agli interventi di riduzione della vulnerabilità sismica delle aree archeologiche.
  Si conferma, in conclusione, grande attenzione nei confronti del Parco archeologico dei Campi Flegrei.
  Questo Ministero è ben consapevole dell'importanza che esso riveste per l'intera area, non solo dal punto di vista storico-archeologico, ma anche in termini di ricaduta culturale, sociale, economica ed occupazionale.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   VARRICA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, prevede, ai propri articoli 10, 12, 14 e 19, il trasferimento dallo Stato alle regioni ordinarie, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano di funzioni in materia di industria, artigianato e agevolazioni alle relative imprese;

   siffatto trasferimento è già avvenuto per tutte le regioni a statuto speciale a esclusione della regione siciliana: in particolare, per la regione Sardegna, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 dicembre 2001, per la regione Trentino-Alto Adige con decreto legislativo 11 giugno 2002, n. 139, per la regione Friuli-Venezia Giulia con il decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110, per la regione Valle d'Aosta con il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 116;

   in data 27 febbraio 2019 la Presidenza del Consiglio dei ministri — dipartimento per gli affari regionali e le autonomie richiedeva il parere del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze e del capo di gabinetto del Ministro per le politiche europee riguardo a uno schema di norma di attuazione dello statuto speciale della regione siciliana recante trasferimento di funzioni alla regione in materia di industria, artigianato e di agevolazioni alle relative imprese, con relativa relazione illustrativa;

   in data 15 aprile 2019 il Ministero dello sviluppo economico, tramite il proprio ufficio legislativo, forniva il proprio parere, indicando che lo schema di norma presentatogli appariva «in linea con le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 112 del 1998 e, in questo senso, non si ravvisano elementi di contrarietà alla proposta», lasciando alla valutazione della Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di inserimento di una clausola di salvaguardia delle prerogative statali più ampia rispetto a quella presente nel testo;

   in data 19 giugno 2019 il Ministero dell'economia e delle finanze, tramite il proprio ufficio legislativo economia, notava, come sopra ricordato, che la regione siciliana è a oggi l'unica regione a statuto speciale per la quale non si è ancora dato attuazione al trasferimento delle funzioni amministrative, come previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Inoltre, il parere indicava la necessità, al fine di definire puntualmente il quadro finanziario delle risorse che assicuri un'invarianza di oneri diretti o indiretti tanto per il bilancio statale, quanto per quello della regione siciliana, di ricevere specifica conferma circa le funzioni che sarebbero state trasferite. In particolare, chiedeva se effettivamente la norma in questione intendesse trasferire solamente le funzioni di cui agli articoli 10, 12, 14 e 19 del citato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, mentre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 maggio 2000, di individuazione dei beni e delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni per l'esercizio delle funzioni in materia di incentivi alle imprese richiamava anche i trasferimenti di funzioni di cui agli articoli 30, 34, 41 e 48. Nel caso in cui fosse stata confermata l'impostazione di tale limitato trasferimento, poi, chiedeva una formale indicazione dell'entità delle risorse che il Ministero dell'economia e delle finanze dovrebbe trasferire alla regione siciliana a seguito di una simile attribuzione, poiché lo stesso Ministero non dispone di elementi informativi per suddividere analiticamente tra le singole funzioni le risorse complessive attualmente assegnate alla regione siciliana stessa –:

   quali siano stati i passaggi successivi alla nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 giugno 2019, quali funzioni si intendano trasferire alla regione siciliana in materia di industria, artigianato e agevolazioni alle relative imprese e quando sia prevista l'adozione dell'apposito provvedimento per completare il trasferimento delle competenze alla regione siciliana.
(4-04403)

  Risposta. — In relazione all'atto parlamentare di sindacato ispettivo in esame, acquisiti i necessari elementi conoscitivi dal dipartimento, si rappresenta quanto segue.
  La regione siciliana è attualmente l'unica regione a statuto speciale a non aver ancora dato attuazione al previsto trasferimento delle funzioni in materia di industria, di artigianato e di agevolazioni alle imprese, come previsto dagli articoli 10, 12, 14 e 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
  Con nota del 19 giugno 2019, cui si fa riferimento nel corpo dell'interrogazione, il Ministero dell'economia e delle finanze evidenziava che, a fronte del proposto schema di norma di attuazione dello statuto speciale della regione siciliana concernente le sole materie afferenti l'industria e l'artigianato, le risorse finanziarie destinate alla Sicilia dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, attuativo del decreto legislativo n. 112 del 1998, quantificate in euro 37.959.443,00, si riferiscono indistintamente a tutte le materie concernenti industria (articolo 19), energia (articolo 30), risorse geotermiche (articolo 34), fiere e mercati (articolo 41) e al dettaglio delle funzioni relative alla medesime materie (articolo 48). Conseguentemente, il Ministero dell'economia e delle finanze, con la nota citata, al fine di definire un quadro finanziario delle risorse idoneo ad assicurare una invarianza di oneri sia per il bilancio statale che regionale, chiedeva specifica conferma della sovrapponibilità delle funzioni oggetto dello schema di norma di attuazione con quelle di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, evidenziando che, in caso negativo, si sarebbe posto un problema di determinazione analitica delle risorse corrispondenti alle sole funzioni da trasferire.
  A seguito del rinvio operato dalla commissione paritetica alle valutazioni della regione siciliana e ai successivi approfondimenti operati dagli assessorati regionali delle attività produttive, dell'economia e per l'energia ed i servizi di pubblica utilità, la giunta regionale, con deliberazione n. 360 del 10 ottobre 2019, ha approvato una nuova proposta di schema di norma di attuazione in materia di incentivi alle imprese. In particolare, ha rimodulato il testo originario con l'aggiunta di due articoli corrispondenti alle funzioni da trasferire alla regione, optando per la «portata generale» del trasferimento, tale da ricomprendere tutte le funzioni amministrative relative ai settori di cui agli articoli 19, 30, 34, 41 e 48, adeguandosi, sostanzialmente, alle osservazioni rese dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Nella seduta del 27 gennaio 2020, la commissione paritetica, nel recepire il nuovo testo dello schema di norma di attuazione rivisitato dalla giunta regionale e nella prospettiva di accelerare la devoluzione delle funzioni con assegnazione delle corrispondenti risorse già dall'anno 2020, ha ritenuto di prevedere il trasferimento delle medesime a decorrere dall'esercizio finanziario corrente, precisando che, nel caso in cui al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo attuativo le somme derivanti dal trasferimento delle citate funzioni siano state già trasferite al Mise ed al Mef, cioè alle amministrazioni centrali che al momento svolgono le funzioni in argomento, gli effetti del decreto legislativo stesso decorreranno dall'esercizio finanziario successivo a quello della sua emanazione.
  Al fine di rendere il testo ancor più chiaro ed esplicito con riferimento alle osservazioni rese dal Ministero dello sviluppo economico e dall'ufficio legislativo del Ministro per gli affari europei, la commissione paritetica ha precisato, nel testo licenziato, che le funzioni trasferite sono esercitate nel rispetto dei compiti e delle funzioni comunque riservate allo Stato e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  Nell'ottica di assicurare il tempestivo completamento dell'
iter istruttorio in vista del definitivo esame da parte del Consiglio dei ministri, si è provveduto a sottoporre la proposta di schema di norma di attuazione, come rivista ed integrata dalla commissione paritetica, al rinnovato esame e conferma da parte delle amministrazioni statali interessate, di cui si è tuttora in attesa dei relativi pareri.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Francesco Boccia.