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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 agosto 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di stilare una lista delle società che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema della difesa e della sicurezza nazionale e che potrebbero, pertanto, essere soggette all'esercizio dei poteri speciali;

   a valutare l'opportunità di definire una specifica strategia che consenta l'attuazione di distinte procedure per l'assunzione in via prioritaria, da parte dei soggetti di cui alla lista in parola, del paradigma cloud di tipo pubblico.
(7-00531) «Giovanni Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il 23 febbraio 2006, i consulenti della Commissione Mitrokhin Gian Paolo Pelizzaro e Lorenzo Matassa depositarono la «Relazione sul gruppo Separat e il contesto dell'attentato del 2 agosto 1980», studio fondamentale di quella che nel linguaggio giornalistico verrà poi denominata la «pista palestinese» o «tedesco-palestinese»;

   nel saggio «I segreti di Bologna» l'ex giudice Rosario Priore e l'avvocato Valerio Cutonilli ipotizzano che la strage sia stata un attentato organizzato dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina, ed eseguito materialmente dal gruppo «Separat» del terrorista Ilich Ramírez Sànchez, detto «Carlos lo Sciacallo», come ritorsione per la violazione degli accordi mai ufficializzati tra l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e Governo italiano, il cosiddetto «Lodo Moro», tesi proposta anche dal giornalista Silvio Leoni;

   il saggio di Cutonilli e Priore confermerebbe l'ipotesi già emersa dai lavori della Commissione Mitrokhin circa i collegamenti tra la rete «Separat» e il terrorismo interno brigatista, tesi confermata anche dai documenti del libro «La strage del 2 agosto» del condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni;

   i documenti trasmessi dai servizi di sicurezza degli Stati del Patto di Varsavia, ora conservati presso gli archivi della Commissione Mitrokhin e delle altre principali Commissioni d'inchiesta parlamentari, confermerebbero la pista del terrorismo internazionale palestinese, già emersa, appunto, nell'ambito dei lavori delle medesime Commissioni;

   tra gli aspetti mai chiariti della strage del 2 agosto figura anche quello della presenza a Bologna dei terroristi delle Cellule Rivoluzionarie Thomas Kram e Christa-Margot Fröhlich, appurata nel corso della prima inchiesta sulla strage e ribadita da un articolo pubblicato su Il Giornale del 6 settembre 2012, a firma del giornalista Gianmarco Chiocci;

   la prova dei Dna sui resti attribuiti a Maria Fresu, disposta nel recente dibattimento del processo a carico di Gilberto Cavallini, ha dimostrato che quei poveri resti non erano della Fresu, ma appartengono a persona giovane e di sesso femminile, che si trovava vicinissima alla fonte dell'esplosione, persona mai reclamata da alcun familiare e tutt'ora sconosciuta;

   il corpo della Fresu risulta dunque scomparso e il reperto facciale a costei attribuito appartiene a persona ignota, non essendo attribuibile per le sue caratteristiche ad alcuna vittima conosciuta, come dimostrato dai verbali espletati dall'istituto di medicina legale dell'Università di Bologna;

   nell'agosto 1980 l'autorità giudiziaria di Bologna, nell'ambito dell'inchiesta sulla strage, chiese agli organi di polizia giudiziaria di effettuare accertamenti sui cittadini italiani e stranieri registrati negli alberghi del capoluogo emiliano nei giorni antecedenti il 2 agosto 1980;

   nel medesimo mese di agosto 1980 la polizia segnalò la presenza, nella notte fra il 1o il 2 agosto, all'Albergo Centrale di Bologna, di Thomas Kram, estremista tedesco di sinistra appartenente alle Cellule Rivoluzionarie e legato a Carlos;

   il 20 febbraio 1981 il Capo della polizia comunicò per iscritto al questore di Bologna e al direttore del Centro Nazionale Criminalpol-direzione Interpol che i «servizi collegati» avevano accertato che «gli estremi di cui Iaramillo, Juanita e Quintana Maria erano in possesso sono stati alterati dagli stessi possessori o da altre persone»;

   il 3 agosto 1981 la Digos di Bologna trasmise al giudice istruttore Aldo Gentile una informativa dell'Ucigos che riferiva gli esiti degli accertamenti svolti sulla sedicente Iaramillo condotti tramite l'Interpol, da cui risultava che gli estremi del passaporto utilizzato dalla suddetta corrispondevano in realtà a un uomo chiamato Francisco Ignacio Jordan;

   il 25 luglio 2020 su «Reggio Report» è stata pubblicata la notizia che Aldo Gentile, primo giudice istruttore titolare delle indagini sulla strage di Bologna, in un verbale di sommarie informazioni reso nel novembre 2012, dichiarò di conoscere Abu Anzeh Saleh, il cittadino giordano di origini palestinesi responsabile dell'organizzazione clandestina del Fronte popolare per la liberazione della Palestina in Italia;

   dalla documentazione giudiziale non è dato conoscere se furono condotte attività investigative finalizzate a verificare la legittimità della condotta di Gentile;

   la poca considerazione, a giudizio degli interpellanti, dedicata sinora dal pool giudiziario bolognese alla evidente presenza di piste alternative, rende auspicabile il trasferimento a Roma da Bologna della sede processuale sulla strage;

   già il compianto deputato Vincenzo Fragalà, con la propria attività parlamentare, ha promosso un'intensa attività di investigazione sui fatti ancora non svelati sulla strage di Bologna –:

   se siano a conoscenza dell'attività svolta dalla procura della Repubblica di Bologna e dall'ufficio istruzione negli anni 1980-86 sulla persona di Thomas Kram e sulle ragioni della sua presenza a Bologna;

   se siano a conoscenza dell'attività svolta dalla magistratura di Bologna negli anni 1980-86 sulle persone dei sedicenti Juanita Jaramillo, Maria Quintana e Ramon Gacitu, tutti alloggiati all'Hotel Milano Excelsior di Bologna e forniti di passaporti falsi cileni, simili a quelli utilizzati da terroristi filopalestinesi in attentati commessi negli anni Settanta;

   se risultano essere stati acquisiti elementi in relazione alle ragioni della permanenza in alberghi di Bologna il 1o e il 2 agosto 1980 di Francesco Marra e Brunello Puccia;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per una riforma complessiva dell'istituto del segreto di Stato;

   se non si ritenga urgente per il raggiungimento della verità storica e giudiziaria a favore dei parenti delle vittime dare libero accesso a tutti i documenti relativi alla strage di Bologna e alle vicende connesse – lodo Moro, la rete Separat di Carlos, i report trasmessi dai colonnello Giovannone dal Libano tra il novembre 1979 e il 31 dicembre 1981 – conservati presso gli archivi dei sistemi informativi e di sicurezza, al fine di permettere anche agli inquirenti maggiore solidità probatoria in relazione alla riapertura dell'inchiesta.
(2-00898) «Mollicone, Frassinetti, Lollobrigida, Bignami».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUBISUTTI, PANIZZUT, GAVA e MOSCHIONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'immigrazione clandestina sulla rotta balcanica, ripresa con un ritmo insostenibile, paragonabile ai livelli del 2015, sta assumendo connotati pericolosi per la sicurezza, anche sanitaria, e la legalità sia della regione Friuli-Venezia Giulia sia, conseguentemente, di tutto il territorio nazionale;

   purtroppo, l'immigrazione irregolare non riguarda solo gli sbarchi, ma anche i flussi migratori che avvengono attraverso gli ingressi in Italia lungo il confine italo-sloveno e dall'Austria, con i relativi rischi di diffusione del COVID-19, dal momento che proprio la scorsa settimana, il Ministro della salute ha deciso, con propria ordinanza, di disporre l'obbligo di sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario per i cittadini provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania, nazioni interessate da alti tassi di contagiosità;

   anche gli immigrati clandestini provenienti dal confine sloveno e da quello austriaco che arrivano in Friuli-Venezia Giulia vengono fermati, quando si riesce ad intercettarli, e trasferiti in strutture che ormai sono sature, mettendo a dura prova le forze di polizia, che continuano ad essere sotto organico nonostante le ripetute richieste di un'implementazione degli organici, nonché le istituzioni locali;

   molti, tuttavia, riescono anche a sfuggire ai controlli, muovendosi poi liberamente sul territorio, con tutte le gravi conseguenze che si possono determinare in termini di sicurezza, di legalità e anche di salute pubblica e che si riverberano inevitabilmente con maggiore impatto sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, come peraltro ha rilevato lo stesso Ministro dell'interno, in relazione a quanto sta accadendo in Sicilia per gli sbarchi via mare;

   i cittadini friulani, infatti, vedono ormai quotidianamente una fila indiana di persone che camminano sul ciglio della strada, oppure lungo i binari e Rfi si trova costretta a bloccare i treni dei pendolari della tratta Trieste-Udine;

   si tratta di un afflusso costante che riguarda la provincia di Trieste e quelle di Udine e di Gorizia ed è necessario, ad avviso degli interroganti, che il Governo intervenga immediatamente, per esempio disponendo la chiusura di tutti i valichi minori con la Slovenia e l'Austria, così da presidiare quelli maggiori e utilizzare strumenti tecnologici per monitorare le aree di confine al fine di evitare che le problematiche legate all'immigrazione si sommino a quelle di natura sanitaria, generando una situazione critica che rischierebbe di vanificare tutti gli sforzi compiuti nel contrasto al Coronavirus –:

   se il Governo intenda rafforzare i controlli al confine sloveno e austriaco, inviando ulteriori contingenti di forze dell'ordine, oppure il personale militare dell'operazione Strade sicure, come sta avvenendo per la Sicilia, oppure valutando l'opportunità di chiudere tutti i valichi minori con la Slovenia e l'Austria, così da presidiare quelli maggiori e utilizzare strumenti tecnologici per monitorare le aree di confine al fine di tutelare in tal modo la sicurezza sanitaria nazionale in tempi di pandemia e non vanificare così tutti gli sforzi compiuti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19.
(4-06555)


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato in un articolo de Il Tempo del 23 luglio 2020, il premier Giuseppe Conte, il Ministro Roberto Speranza e vari consulenti di Governo sarebbero stati convocati dal tribunale dei ministri;

   la denuncia sarebbe stata presentata a più procure della Repubblica dal professor Carlo Taormina per indagare sulle responsabilità politiche e gestionali nella strage da coronavirus che conta, ad oggi, trentacinquemila morti italiani;

   una primissima indagine è stata avviata dai magistrati romani che, evidentemente, non hanno ritenuto infondato procedere per epidemia colposa e omicidio plurimo colposo e trasmettere gli atti al tribunale dei ministri: chi sapeva del virus avrebbe omesso di intervenire con la tempestività necessaria;

   in particolare, la contestazione principale è che l'assenza di qualsiasi tipo di intervento conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza, dalla data della sua dichiarazione fino al 21 febbraio 2020, facendo trascorrere inutilmente tre settimane durante le quali «nulla di ciò che si doveva fare è stato fatto, se si escludono i controlli effettuati nei porti e negli aeroporti per la rilevazione dello stato febbrile nei passeggeri», ha rappresentato «esattamente il modo per assicurarsi il propagarsi del contagio senza limiti territoriali»: un ritardo gravissimo che, se confermato, potrebbe aver provocato ancora più morti e contagi rispetto a quanti ci si potesse aspettare;

   Taormina parla espressamente di dolo da parte delle autorità, che erano informate «almeno dai primi di gennaio, se non da dicembre», di quello che stava per succedere, come confermerebbero i documenti recuperati presso il Ministero della salute;

   in tale contesto, è importante comprendere quale ruolo abbia avuto il Comitato tecnico-scientifico che ha affiancato il Presidente del Consiglio dei ministri nelle scelte più importanti e da chi sia stata suggerita la data del 31 gennaio 2020 per lo stato di emergenza;

   secondo la denuncia, il contagio si poteva evitare solo con «la drastica chiusura di ogni cosa» sin dall'inizio e, invece, per troppo tempo «si è addirittura propagandata la non pericolosità dei contagi» –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e se i consulenti tecnici del Governo avessero suggerito di chiudere tutto e subito sin dal 31 gennaio 2020 e, nel caso, per quali ragioni l'Esecutivo non abbia seguito tale indicazione.
(4-06557)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   LUPI e SANGREGORIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   vanno considerati i buoni rapporti dell'Italia con l'Argentina e il lavoro del Gruppo Interparlamentare di amicizia Italia-Argentina, in virtù degli storici legami di collaborazione bilaterale tra i due Paesi nei diversi settori, dal dialogo politico, alla cooperazione economica, scientifica e culturale;

   va tenuto presente l'alto valore economico dell'interscambio tra i due Paesi; si segnala che, nel 2019, le esportazioni italiane verso l'Argentina sono state pari a 881,99 milioni di euro, contro i 1.153,65 milioni di euro del 2018, mentre, per quanto riguarda le importazioni italiane, queste hanno raggiunto i 988,89 milioni di euro, contro i 1.019,3 di euro del 2018 (dati Ice su fonte Istat);

   va considerato che l'Argentina si sta preparando ad un peggioramento della crisi che ha travolto la sua economia in questi anni; si stima che, nel 2020, l'Argentina avrà un Pil pro capite simile a quello del 2007 (dopo pronunciati alti e bassi) a causa della crisi economica già esistente e dell'emergenza pandemica da Covid-19. L'ultimo dato ufficiale dell'Istituto nazionale di statistica di Buenos Aires (Indec) è relativo a maggio 2020 e indica in -20,6 per cento la caduta del Pil argentino rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;

   il debito pubblico totale dell'Argentina raggiunge i 323 miliardi di dollari e secondo gli ultimi dati del Ministero dell'economia, tale debito rappresenta quasi il 90 per cento del prodotto interno lordo del Paese;

   a fronte di tale instabilità economica, nell'aprile 2020 è stata presentata una prima offerta di ristrutturazione del debito, a cui hanno partecipato rappresentanti del potere esecutivo della Repubblica Argentina, come il presidente, Alberto Fernández, e 18 dei 24 governatori, tra cui alcuni oppositori e legislatori nazionali;

   in particolare, nel mese di giugno 2020 è stata presentata una seconda proposta, in un negoziato che interessa un valore di circa 67 miliardi di dollari, approvata dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale; tuttavia, l'offerta non è stata accettata dai principali gruppi di creditori;

   inoltre va considerato che l'offerta di ristrutturazione della Repubblica Argentina per la trattativa in corso del debito è in scadenza per il mese di agosto 2020 –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo a sostegno della trattativa della Repubblica Argentina per la ristrutturazione del debito economico contratto negli ultimi anni.
(5-04501)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, SCHIRÒ e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la chiusura delle frontiere extra Schengen a febbraio 2020, a causa del Covid-19, migliaia di coppie binazionali non sposate di qualsivoglia genere, e spesso con bambini o con gravidanze in corso, non hanno più avuto alcuna possibilità di ricongiungersi, e sono rimaste senza alcuna certezza su quando sarà possibile farlo;

   alcuni Governi di Paesi dell'Unione europea hanno permesso delle deroghe per queste famiglie «ufficializzate»;

   il Governo danese in data 27 giugno 2020 ha inserito la categoria delle famiglie binazionali in quelle esenti dal «ban»;

   i Governi di Svezia e Austria si sono ugualmente mobilitati, ampliando la definizione di partner a cui viene garantita l'esenzione dal «travel ban»;

   il Governo norvegese in data 10 luglio 2020 ha inserito la stessa categoria in quelle esenti dal «ban» di ingresso, e a partire dal 15 luglio 2020 partner binazionali non sposati potranno entrare in Norvegia da Paesi terzi secondo alcune condizioni;

   Ylva Johansonn, a capo della Commissione europea affari interni, ha dichiarato in data 2 luglio 2020 di voler indirizzare personalmente la problematica ed ha esortato gli Stati membri ad includere le famiglie binazionali nelle esenzioni il prima possibile;

   inoltre, sono state create varie petizioni con migliaia di firme sull'argomento, in ogni parte del mondo, anche da parte delle principali testate giornalistiche –:

   quali notizie in merito al ricongiungimento di queste persone intenda fornire il Ministro interrogato e se intenda intraprendere iniziative al fine di aggiungere questa categoria alle esenzioni fin qui già predisposte come per lavoratori e studenti.
(5-04502)


   PICCHI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   stando ad una ricostruzione pubblicata da «Il Giornale», nel pomeriggio del 30 luglio 2020, un Hercules C-130 decollato da Pisa atterrava a Misurata, con una trentina di militari italiani a bordo, che venivano immediatamente sottoposti al controllo dei documenti da parte delle autorità libiche;

   in seguito al controllo dei visti, a sei dei militari veniva permesso di scendere, mentre altri 17 venivano respinti in quanto privi di visto sul proprio passaporto;

   a Misurata, le Forze Armate italiane gestiscono un ospedale da campo;

   i militari che hanno dovuto far ritorno in Italia appartenevano alla brigata Julia o risultavano in forza all'ospedale militare del Celio;

   la stessa fonte giornalistica ha altresì rivelato come al personale italiano della missione Miasit sia impedito a Tripoli di portare le armi, a causa di un divieto imposto dalle autorità locali che è esteso anche al personale che scorta il comandante della missione –:

   di quali elementi disponga circa il respingimento dei militari italiani avvenuto il 30 luglio 2020 apparentemente senza precedenti nei confronti dell'Italia, e se questo sia imputabile a negligenze dell'amministrazione degli Esteri nella preparazione delle necessarie autorizzazioni.
(5-04503)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dopo la chiusura di quattro consolati di carriera nel 2010, le competenze di Amburgo sono state spostate ad Hannover, la cui utenza è diventata di 35 mila persone; quelle di Saarbrucken a Francoforte (130 mila persone), quelle di Norimberga sono passate a Monaco (90 mila persone), e quelle di Mannheim a Stoccarda (150 mila utenti);

   pur essendo stati nominati vari consoli onorari, ben otto, è noto come, soprattutto quando si tratta di rinnovo di documenti d'identità e passaporti, le loro funzioni siano limitate dai loro decreti di nomina e dalla legge;

   l'emigrazione italiana verso la Germania è nel frattempo aumentata: dal 2010, anno in cui gli iscritti all'Aiere (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) erano 664.013, si è arrivati nel 2018 a 787.741, con un aumento di quasi il 20 per cento;

   solo a Berlino gli italiani erano circa 12 mila fino a una decina di anni fa, mentre al 20 marzo 2020, ufficialmente, erano già registrati all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero intorno ai 26 mila, ma secondo le autorità tedesche, gli italiani che vivono e lavorano nella capitale tedesca sono oltre 40 mila;

   la pandemia causata dal Covid-19 ha avuto ripercussioni pesanti sulla mole di lavoro dei consolati in Germania, che hanno accumulato ritardi nello smaltimento delle pratiche per la carte d'identità e dei passaporti a causa delle restrizioni sanitarie e di sicurezza –:

   se non si ritenga urgente l'apertura di nuovi uffici consolari di carriera in Germania, al fine di poter gestire l'aumento degli italiani iscritti all'Aire e offrire loro assistenza, tanto più in una situazione come quella causata dal Covid-19, che impedisce e rallenta gli spostamenti e che ha bloccato nella sola Berlino migliaia di concittadini.
(5-04500)

Interrogazione a risposta scritta:


   COMENCINI, BILLI, COIN, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel periodo più acuto della crisi causata dalla pandemia da Covid-19, molti consolati italiani nel mondo sono rimasti chiusi, spesso per conformarsi alle disposizioni locali contro la diffusione della malattia;

   in tre mesi sono stati annullati la maggioranza degli appuntamenti, a volte ottenuti con lunghi tempi di attesa, anche di tre o quattro mesi, senza che agli utenti fosse indicata una data alternativa e in alcuni casi non è stato diramato alcun comunicato in cui veniva spiegato alle persone con quale sistema sarebbero stati ripristinati, non appena possibile, gli appuntamenti nel rispetto della precedenza già acquisita, avvisando solo che gli uffici si sarebbero occupati di casi «urgenti e indifferibili»;

   le informazioni sulla sospensione dei servizi e sulla prospettiva di ritorno alla normalità sono frammentarie, mentre sarebbe necessario avere dei punti di riferimento univoci per tutta la rete consolare –:

   se non si ritenga opportuna una verifica della situazione di molti consolati italiani che in diversi Paesi sono ancora chiusi al pubblico, e quindi ai nostri concittadini che ne hanno necessità, creando numerosi disagi e difficoltà.
(4-06559)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   i composti perfluoroalchilici (Pfas) sono stati impiegati per anni nel Polo chimico di Spinetta Marengo (Alessandria) e sono stati rilasciati nelle falde acquifere e nei corsi di acqua. Sono defluiti dalla Bormida al Tanaro e via via fino al Po. Tali composti sono altamente nocivi alla salute umana: per questo motivo sono stati banditi su scala mondiale a decorrere dal 2012; anche nell'alessandrino è documentata un'inversione sessuale dei pesci a seguito dell'esposizione a questi interferenti endocrini;

   nell'ottobre 2018 ha smesso di produrre Pfas la Miteni di Trissino (VI) ed è fallita. Da alcuni anni stava trattando il ciclo cC604 proveniente in parte dalla Solvay di Spinetta Marengo (AL). Oltre 300 mila persone hanno avuto l'acqua potabile contaminata e sono stati necessari oltre 80 milioni di euro versati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla regione Veneto per nuove infrastrutture idriche; la bonifica vede solo iniziali progetti;

   Solvay, nel 2012, fu costretta a sostituire il Pfoa – vietato, come ricordato, dalle convenzioni e normative internazionali – con un altro componente fluorurato, appunto il cC604 che iniziò a produrre in un reparto allestito all'interno dello stabilimento di Spinetta Marengo e che in parte veniva inviato a Trissino finché la Miteni era aperta;

   Solvay ha richiesto alla provincia di Alessandria una nuova Aia (autorizzazione integrata ambientale) per poter costruire un nuovo e più grande reparto per la preparazione del cC604, in modo da aumentarne la produzione e l'impiego;

   Legambiente si è opposta alla richiesta ed il 28 ottobre 2019 ha inviato alla provincia di Alessandria un documento nel quale si afferma che tale autorizzazione debba essere concessa solo a conclusione di studi condotti da centri di eccellenza «super partes» e ha richiesto alla provincia medesima di poter visionare la documentazione integrale prodotta da Solvay Speciality Polymers Italy Spa riguardante il procedimento in questione, rendendo accessibile il contenuto dei ben 56 «omissis» presenti nella relazione tecnica attualmente resa pubblica sul sito della provincia;

   la provincia di Alessandria, a quanto consta agli interpellanti, avrebbe espresso il diniego alla suddetta richiesta. Legambiente ha allora richiesto la sospensione del procedimento di autorizzazione a costruire il nuovo impianto (Aia) appellandosi al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della provincia di Alessandria. Anche questo ricorso sembrerebbe non essere stato accolto e il 19 novembre 2019 si è svolta in provincia la conferenza di servizi per l'autorizzazione a produrre tale composto, alla quale, per Legambiente, ha partecipato un suo rappresentante. Solvay ne ha contestato la presenza per preservare «segreti industriali». La provincia ha allora deciso che il rappresentante di Legambiente avrebbe potuto presenziare unicamente agli interventi di Arpa, comune e Asl, ma depurati di dati quantitativi e senza prendere la parola. In seguito pare che Arpa abbia reso noto che nelle acque del Bormida a valle dello scarico del polo chimico la concentrazione di cC604 è di 1,6 microgrammi/litro contro un valore di fondo inferiore a 0,1 micro grammi/litro. La direzione ambiente e pianificazione territoriale della provincia di Alessandria avrebbe espresso seri dubbi sull'efficacia dei sistemi di abbattimento delle emissioni inquinanti di cC604 adottati da Solvay e richiesto una serie di precisazioni. Nel corso della recente audizione della Solvay in commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlate è emerso che la produzione della Solvay è orientata per l'85 per cento all'export –:

   se i Ministri interpellanti abbiano a disposizione istruttorie tecniche indipendenti sulla sicurezza del cC604 e di quali elementi dispongano circa l'ampliamento del reparto cC604;

   quali iniziative di competenza intendano adottare in relazione al grave inquinamento di tutto il bacino del Po e del mare Adriatico, anche in considerazione del fatto che la produzione della Solvay è destinata prevalentemente all'export;

   se sia stata verificata la sicurezza della molecola cC604, la sua cancerogenicità, non teratogenicità e la sua compatibilità con l'ecosistema fluviale.
(2-00894) «Zolezzi, Deiana, Alberto Manca, Ilaria Fontana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Federico, Licatini, Maraia, Micillo, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, è situata ad un centinaio di chilometri dal Friuli Venezia Giulia. L'area risulta essere una delle più sismiche della Slovenia. Il sito è stato infatti epicentro di diversi terremoti. In particolare, nel 1989 un terremoto di magnitudo 3,9 ha impresso alla centrale un'accelerazione già superiore a quella di progetto. L'attività sismica è continua, in tutta l'area interessata;

   da anni l'associazionismo ambientalista e diversi esperti segnalano come l'inquietante presenza del sito nucleare possa costituire un pericolo per le popolazioni e per l'ambiente, poiché obsoleto e localizzato in zona sismica, già interessato da fuoriuscite di materiale radioattivo;

   il Governo pro tempore nelle risposte alle interrogazioni n. 4-00417, n. 4-01177 e n. 4-06140 del 22 giugno 2016, ha affermato che «(...) secondo l'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare, gli stress test confermano che la centrale di Krsko è tra le più sicure d'Europa e che le misure adottate sono già adeguate per fronteggiare la maggior parte dei possibili disastri naturali (...)»;

   il 13 maggio 2016, il Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare pro tempore in risposta all'atto n. 2-01368, ha dichiarato che «sono in corso di realizzazione interventi (...) per fronteggiare eventi estremi quali un sisma d'intensità doppia [accelerazione 0,6] rispetto a quella di progetto»;

   l'11 ottobre 2016, nell'audizione presso la Commissione 13° del Senato della Repubblica sulla pericolosità sismica di Krsko, il dottor Decker, il dottor Sirovich e il professore Suhadolc hanno affermato che «(...) a Krsko possono ripresentarsi terremoti forti almeno quanto quello già verificatosi nel 1917, ma probabilmente anche ben più forti e potrebbero avere conseguenze gravissime (...). Non esiste comunque un'autorità scientifica super partes, che controlli i progetti; quindi essi rimangono affidati quasi esclusivamente ai consulenti che, ovviamente, tendono ad assecondare la committenza. Ci sembra di avere capito che i Paesi aderenti all'Unione europea possono sottoporre i propri eventuali dubbi in fatto di normative nucleari, siti specifici, stress test etc. alla conferenza europea ENSREG. In tale sede, l'Italia è rappresentata dall'ISPRA che ha il compito di veicolare anche le eventuali osservazioni dei cosiddetti portatori di interessi o di competenze (...)»;

   i tre esperti hanno, inoltre, affermato che «(..) la differenza tra PGA 0,6 (valore ottimisticamente considerato di sicurezza) e il valore 0,8 (rottura del nocciolo, secondo gli stress test); non dà nessuna garanzia. Se si adotta come valore medio 0,6, c'è un'alta probabilità che si superi il valore di 0,8 (...)»;

   un articolo del 19 ottobre 2016 di TriestePrima ha riportato le dichiarazioni dell'assessore Friuli Venezia Vito, che ha ricordato come l'impianto termonucleare di Krsko è tenuto ad ottemperare tutti gli accordi internazionali in materia di sicurezza degli impianti nucleari che prevedono precisi obblighi per l'ente gestore come quello di fornire puntuali informazioni, tramite l'ISPRA, sullo stato degli impianti a Stati e regioni limitrofe. L'articolo riporta, inoltre, che «le più recenti informazioni fornite dall'ISPRA consentono di affermare che l'impianto risponde agli standard di sicurezza vigenti a livello internazionali, anche per quanto riguarda il rischio sismico» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per chiarire la preoccupante situazione e a quali esperti e istituzioni scientifiche intenda ricorrere per chiarire definitivamente la pericolosità sismica dell'area in questione;

   quali iniziative intenda intraprendere, di concerto con le autorità slovene, nella valutazione del rischio ambientale;

   se ritenga opportuno attivare, in accordo con le autorità slovene e gli organi competenti europei, iniziative mirate a far luce sulla situazione citata in premessa;

   se, ed in quale modalità, intenda tener conto delle evidenze emerse dall'analisi dei ricercatori citati in premessa.
(5-04497)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la centrale nucleare di Krško in Slovenia, situata ad un centinaio di chilometri dalla regione Friuli Venezia Giulia, è da tempo immemore al centro di interrogazioni e manifestazioni di protesta per la sua pericolosità;

   si tratta di un impianto obsoleto e sorge su una delle zone più sismiche della Slovenia; difatti, il sito è stato epicentro di diversi terremoti;

   se si verificasse un grave incidente ci sarebbero milioni di persone coinvolte e le zone maggiormente esposte dal fall-out radioattivo sarebbero, oltre a Slovenia e Croazia, il Triveneto, in particolare, e in generale l'Italia centro-settentrionale;

   già nel mese di agosto 2019, il Primo Ministro sloveno avanzò la proposta di un raddoppio della centrale nucleare di Krško, ossia la costruzione di un secondo reattore nucleare. Di fronte a tale ipotesi, si sollevarono la contrarietà e le preoccupazioni di coloro che, invece, chiedevano provvedimenti in senso inverso, finalizzati ad una dismissione dell'impianto;

   ad un anno da quell'annuncio, le autorità slovene tornano a parlare della costruzione di un secondo reattore alla centrale nucleare di Krško, e, a quanto è dato sapere, la Croazia intenderebbe collaborare a tale progetto con un finanziamento;

   la Slovenia dovrebbe assumere una decisione entro il 2027, ma l'autorizzazione del Governo potrebbe arrivare già il prossimo settembre;

   a ciò si aggiunge che per lo stoccaggio delle scorie nucleari, la Slovenia vorrebbe costruire un deposito a Vrbina, in Croazia, a 110 chilometri in linea d'aria da Trieste;

   ebbene, si ritiene che in tale vicenda il Governo italiano debba intervenire, poiché i gravi e potenziali rischi, anche per l'Italia, già insiti nella presenza della centrale nucleare di Krško, sarebbero ancora maggiori qualora venga costruito un secondo reattore. Del pari, destano preoccupazione in termini di sicurezza, anche le iniziative di stoccaggio delle scorie nucleari che intende porre in essere la Slovenia –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intendano assumere per tutelare il territorio nazionale e i cittadini italiani dai rischi connessi alla presenza dell'impianto nucleare di Krško, che si aggraverebbero con la costruzione di un secondo reattore.
(5-04498)

Interrogazione a risposta scritta:


   TRANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la gestione della rete idrica e le modalità di investimento, anche di fondi pubblici da parte della società Acqualatina sono state oggetto dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04692, diretta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute;

   detta società a capitale misto, partecipata al 51 per cento dai comuni dell'Ato 4 del Lazio, è stata interpellata dall'interrogante, anche a mezzo stampa, al fine di evitare sospensioni della fornitura della risorsa idrica, essenziale per la sopravvivenza umana ed ancor più indispensabile in costanza di emergenza sanitaria, per cause di morosità;

   episodi di disalimentazione, o comunque di recapito di decreti ingiuntivi, da quanto si attesta da un esposto inviato dall'organismo tutela utenti e consumatori – Egato 4 Latina, che racchiude le sezioni locali di diverse associazioni dei consumatori nazionali, all'Arera, si sarebbero comunque verificati;

   nel documento è stigmatizzato anche l'espletamento del servizio di front office in modalità remota (smart working), mentre la riapertura al pubblico degli sportelli in modalità ridotte e solo su prenotazione avverrà con forte ritardo rispetto alla maggioranza degli uffici pubblici, solo dal prossimo 3 agosto 2020, generando nel frattempo notevoli difficoltà per le persone anziane;

   nonostante l'invito di alcuni sindaci ad investire prioritariamente nella rete idrica che risulta tra le più disastrate d'Italia e sulle sorgenti esistenti, il gestore idrico continua ad investire in nuovi collegamenti con sorgenti distanti anche molti chilometri rispetto alla destinazione finale del flusso idrico ed alla ricerca di nuovi pozzi di dubbia utilità –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se non ritenga, per quanto di competenza, di intraprendere tutte le iniziative necessarie affinché siano ripristinati la corretta erogazione di un bene pubblico ed i servizi amministrativi connessi, trattandosi di un servizio indispensabile per la vita umana, ancor più nell'attuale fase emergenziale, e considerata la fruizione dei fondi statali erogati per l'emergenza idrica del 2017, come rappresentato nell'interrogazione citata in premessa.
(4-06554)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   il ponte Marino, posto sul canale Fossalta, lungo la strada statale 12 «dell'Abetone e del Brennero», nel territorio comunale di Borgo Mantovano, è utilizzato dall'agosto del 2017, a senso unico alternato per ragioni di sicurezza, a causa del rilevamento di danni nella struttura e dal mese di agosto 2020 sarà del tutto chiuso al traffico pesante;

   la strada statale 12 rappresenta un asse strategico di estrema rilevanza per il territorio dell'Oltrepò e per la sua economia per il quale il trasporto di merci è parte fondamentale del processo produttivo;

   per la demolizione e la ricostruzione del ponte, Anas, in data 3 settembre 2019, ha indetto conferenza di servizi decisoria per l'approvazione del progetto di demolizione, da tenersi ai sensi degli articoli 14 e 14-bis della legge n. 241 del 1990 in forma semplificata e in modalità asincrona, con indicazione di conclusione del procedimento di acquisizione delle determinazioni dei soggetti interpellati entro il 1° novembre 2019:

   tutti gli enti coinvolti nella conferenza si sono espressi in senso favorevole al progetto, alcuni formulando osservazioni non ostative alla sua realizzazione, tranne la Soprintendenza archeologica per le belle arti e il paesaggio delle province di Cremona, Lodi e Mantova che, in data 31 ottobre 2019, a un giorno dalla scadenza della conferenza, ha comunicato ad Anas il dissenso all'intervento, in quanto il ponte, costruito nel 1932 come opera pubblica di bonifica, si configura quale bene culturale assoggettato a tutela, per intervenire sul quale si rende necessaria la preliminare verifica dell'interesse culturale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo - direzione generale archeologia belle arti e paesaggio, poiché solo in assenza di interesse culturale sul manufatto si sarebbe potuto procedere alla demolizione e alla ricostruzione del manufatto medesimo;

   la Soprintendenza, inoltre, pur indicando la necessità di adire il Ministero in merito all'acquisizione del parere di sussistenza di interesse culturale, si esprimeva comunque nel senso che le caratteristiche costruttive e formali di interesse storico e architettonico avrebbero richiesto una conservazione più attenta che valutasse la possibilità di soluzioni progettuali più rispettose del costruito;

   in conseguenza di tale dissenso Anas ha sospeso il procedimento per la parte afferente alla Soprintendenza, in attesa dell'acquisizione del parere del Ministero, pur rilevando, a seguito del parere della Soprintendenza, che la documentazione per la verifica dell'interesse culturale era già parte del progetto trasmesso in prima istanza, che le eventuali integrazioni non avrebbero dovuto gravare sul decorso temporale della pratica e, inoltre, che l'acquisizione del parere da parte del Ministero in quanto competente a livello centrale avrebbe dovuto avvenire per vie interne agli uffici della amministrazione al fine di semplificare l'iter approvativo del progetto;

   come da indicazioni della Soprintendenza, Anas ha formalizzato e depositato l'istanza di verifica dell'interesse culturale presso la citata direzione generale in data 10 febbraio 2020;

   il 10 aprile 2020, a quanto consta agli interpellanti, l'Anas ha sollecitato l'evasione dell'istanza depositata il 10 febbraio 2020, pur non essendo scaduti i 120 giorni previsti per la risposta, considerate le condizioni del manufatto e la sua inadeguatezza a sostenere i carichi veicolari disposti dalla normativa:

   la strada sulla quale si trova il ponte è percorsa da traffico pesante che arriva anche dal nord Europa e la chiusura del ponte ai camion rappresenta un danno di portata estremamente rilevante per il tessuto economico della zona nonché per il distretto del settore biomedicale di Mirandola, già fortemente compromessi dall'emergenza sanitaria;

   non è stata ancora individuata e indicata la deviazione che occorrerà fare per aggirare la chiusura della strada ma, considerate le condizioni delle strade e tenuto conto dei divieti che sussistono nella zona, i camion dovranno probabilmente effettuare una deviazione di circa 30 chilometri per il mancato attraversamento di 30 metri di ponte –:

   data la situazione di crisi economica in cui versa il Paese e la gravità della situazione del territorio del Desto Secchia Mantovano, se e quando il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo intenda provvedere all'espressione del parere, considerato che le risorse finanziarie per l'intervento sono state già stanziate e che, inoltre, il termine di 120 giorni previsti dalla normativa vigente in materia è già scaduto da settimane.
(2-00896) «Anna Lisa Baroni, Gelmini».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   MASI, SUT, ALEMANNO, CHIAZZESE, GIARRIZZO, PAPIRO e SCANU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza connessa alla diffusione della pandemia da Covid-19 ha creato molti problemi all'intero comparto turistico, chiamando il Governo ad intervenire con diversi decreti per supportare l'intero settore;

   da ultimo il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, (cosiddetto decreto Rilancio) ha previsto tra le altre misure per sostenere il turismo, l'istituzione del bonus vacanze per famiglie con Isee non superiore a 40.000, un contributo fino 500 euro da utilizzare per soggiorni in alberghi, campeggi, villaggi turistici, agriturismi e bed and breakfast in Italia che può essere richiesto e speso dal 1° luglio al 31 dicembre 2020. Si può godere del bonus per l'80 per cento sotto forma di sconto immediato e per il restante 20 come detrazione di imposta, in sede di dichiarazione dei redditi. Lo sconto applicato dal fornitore è rimborsato a quest'ultimo sotto forma di credito d'imposta;

   a metà del mese di luglio 2020 Federalberghi rilevava come il 40 per cento degli italiani in procinto di andare in vacanza avesse manifestato l'intenzione di utilizzare il bonus vacanze, mentre l'Osservatorio nazionale di Federconsumatori nello stesso periodo segnalava una sostanziale diffidenza delle strutture ricettive verso questo importante strumento a sostegno del turismo e della spesa delle famiglie a reddito medio basso;

   le principali criticità esposte erano riferibili all'accettazione del voucher e all'inserimento di clausole da parte delle strutture ricettive o agenzie di viaggi e tour operator, ma anche alle modalità di erogazione e di utilizzo del credito d'imposta da parte delle strutture ricettive stesse e delle agenzie di viaggio e tour operator;

   dati diffusi dal Ministro interrogato il 2 agosto 2020 evidenziano che dal 1° luglio il voucher è già stato ottenuto da più di un milione di famiglie, per un controvalore superiore ai 400 milioni di euro e che oltre 140.000 famiglie hanno già speso i bonus in circa 10.000 strutture –:

   quali iniziative di competenza intenda tempestivamente intraprendere per superare le criticità rilevate in relazione all'operatività della misura agevolativa citata, consentendo ad essa di dispiegare a pieno le sue potenzialità, dimostrate anche dai dati sopra illustrati, come misura utile per aiutare il settore ricettivo.
(5-04509)


   DELLA FRERA, BARELLI e SQUERI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   prima del COVID-19 il settore del turismo contribuiva con oltre 230 miliardi di euro al 13 per cento del prodotto interno lordo attraverso l'impiego di circa 4 milioni di addetti pari a circa il 15 per cento della forza lavoro italiana. Secondo i dati diffusi in questi giorni da Federalberghi finora ha riaperto il 60 per cento degli alberghi, un ulteriore 20 per cento nelle città d'arte aprirà a settembre, il 20 per cento non riaprirà;

   secondo uno studio di Pricewaterhouse Coopers SpA (PwC) il turismo è il settore più colpito dalla pandemia: il 65 per cento degli hotel e dei ristoranti rischia di chiudere entro l'anno, con un possibile impatto occupazionale di circa 1 milione di posti di lavoro. Il pieno recupero dei volumi del 2019 è atteso non prima del 2022-2023, mentre la ripresa prevista per il 2021 non permetterà di recuperare le perdite di quest'anno;

   sempre in questi giorni, gli analisti di Citigroup hanno evidenziato che nel 2019 i turisti esteri hanno speso in Italia l'equivalente del 2,5 per cento del Pil, mentre la spesa dei turisti italiani all'estero è stata dell'1,5 per cento. L'Italia quindi può ridurre l'impatto della crisi se si rafforzerà la tendenza già in atto che vede gli italiani utilizzare per le proprie vacanze mete turistiche sul territorio nazionale;

   secondo gli analisti la crisi in corso può costituire una opportunità se si riesce a: ampliare, destagionalizzare e riqualificare l'offerta turistica, attuare interventi per facilitare la mobilità turistica e l'accessibilità alle destinazioni, investire nella transizione digitale e nella formazione professionale, superare i limiti della frammentazione del settore, rendere più efficace la comunicazione del brand Italia;

   l'azione del Governo nel turismo ha concentrato la gran parte delle risorse sui sostegni (ammortizzatori sociali, peraltro sfasati rispetto al divieto di licenziamento, esenzioni Imu, Cosap e crediti d'imposta), mentre per quanto riguarda gli stimoli, il grosso della spesa si è concentrato sul bonus vacanze (2,304 miliardi 2020-2021), limitato ai redditi sotto 40 mila euro. Da verificare gli effetti delle risorse destinate alla comunicazione del brand Italia –:

   quali ulteriori iniziative si intendano adottare in favore del turismo anche attraverso l'adozione di misure volte a favorire la spesa turistica degli italiani in Italia, quali l'incremento delle risorse per il bonus vacanze, con l'ampliamento dello stesso ad altre fasce di reddito e il prolungamento della stagione turistica.
(5-04510)


   NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) istituita nel 1945 è stata riconosciuta ente culturale dalla legge n. 203 del 1995 ed è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della «International Youth Hostel Federation», di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Aig si è sempre occupata della promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di una omologa di concordato in continuità, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig, della sua solvibilità e della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, riconoscendone l'elevata patrimonializzazione e l'interesse sociale;

   il valore del patrimonio immobiliare dell'ente ammonta a circa 22 milioni di euro;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, ed è, ad oggi, in attesa di una risolutiva e definitiva via d'uscita;

   dopo 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia quindi la definitiva chiusura;

   la procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento del personale e pesanti ricadute per l'indotto, la vendita dell'ingente patrimonio immobiliare, nonché la dismissione dell'importante «brand» nazionale ed internazionale;

   in fase di conversione del decreto-legge Salva imprese fu approvata all'unanimità nelle Commissioni riunite 10a e 11a del Senato una norma con misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente, norma poi stralciata con l'impegno assunto dal Governo a ripresentarla in un successivo provvedimento;

   con l'ordine del giorno n. 9/2305/99, la Camera il 23 dicembre 2019 ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie a salvaguardia delle attività sociali e assistenziali portate avanti dall'Aig;

   a causa della gravissima crisi economica per il Covid-19 è urgente adottare ulteriori misure di sostegno al turismo, in particolare per le categorie più svantaggiate, tra cui quelle giovanili e a basso reddito –:

   se il Governo intenda adottare iniziative al fine di salvaguardare l'attività e le funzioni di Aig anche tutelando il patrimonio mobiliare ed immobiliare.
(5-04511)


   ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI, GUIDESI, PETTAZZI, PIASTRA e SALTAMARTINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel corso di una conferenza stampa organizzata il 16 luglio 2020 dal comune di Jesolo e dai vertici dell'Usl 4 è emerso che quarantadue migranti di origine africana, ospiti della sede della Croce Rossa di Jesolo, sono risultati positivi al coronavirus, oltre ad un operatore della struttura, per un totale di 43 contagiati;

   la Croce Rossa, grazie anche ad un incremento di 11 operatori inviati dalla sede nazionale, si è impegnata a garantire la vigilanza degli ospiti del centro e, con propri mezzi, il trasferimento dei contagiati in altre strutture protette, mentre la questura ha disposto un presidio stabile di forze dell'ordine all'esterno della sede per evitare eventuali disordini;

   dagli esami effettuati nella scorsa settimana sono emersi 12 nuovi contagi per i quali si ritiene necessario porre nuovamente in quarantena tutti gli 85 richiedenti asilo ospiti della struttura di accoglienza. Tale soluzione appare tuttavia di difficile realizzazione viste le tensioni dei giorni scorsi e i tentativi, messi in atto da una ventina di cittadini nigeriani, di uscire dalla struttura al grido «il COVID non esiste»;

   questa situazione ha creato molti problemi alla cittadina di Jesolo che, nonostante le difficoltà del lock down e la crisi diffusa del settore turistico, stava provando a far ripartire le attività ricettive per la stagione estiva con enormi sforzi e risorse degli addetti ai lavori. Purtroppo, la presenza di un focolaio Covid-19 presso la sede della Croce Rossa proprio sul lungomare della cittadina ha avuto un effetto devastante sull'andamento delle prenotazioni turistiche che nell'arco di poche ore dalla diffusione della notizia hanno registrato le prime disdette;

   le associazioni degli albergatori e dei commercianti hanno chiesto congiuntamente, anche con una denuncia presentata alla questura di Venezia, sia «un'assunzione di responsabilità» per quanto accaduto sia che «come avvenuto nei mesi scorsi nelle case di riposo, vengano fatti tutti i necessari accertamenti, anche con formali indagini se necessario e, nel caso emergano responsabilità specifiche, chi ha sbagliato paghi» –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per indennizzare gli operatori del settore turistico di Jesolo delle perdite subite per i fatti illustrati in premessa, anche in considerazione delle grandi difficoltà che tali realtà produttive stanno affrontando per far ripartire l'economia del Paese, già messa in ginocchio da un'emergenza epidemiologica senza precedenti.
(5-04512)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'Italia ha ratificato nel 2013 la Convenzione di Istanbul. Il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

   la legge n. 54 del 2006, che ha istituito l'affido condiviso, afferma il «diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori»;

   la Corte costituzionale, in diverse sentenze, ha individuato come prioritaria, da parte del giudice, l'opzione dell'affido condiviso, dovendosi motivare la sua contrarietà all'interesse dei minori nel caso di una diversa scelta. La bigenitorialità è, infatti, innanzitutto l'oggetto di un diritto dei figli minori;

   l'alienazione parentale non è una patologia, non è una sindrome, così come dichiarato anche dal Ministro della salute in quanto priva di fondamento scientifico, e non è una malattia mentale. Ma una costruzione psicoforense secondo cui un genitore utilizza il figlio per negargli «il diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore». Pertanto, non basata su dati di fatto concreti ed oggettivi sui quali valutare la capacità genitoriale, così come chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7041/2013;

   la Cassazione civile con sentenza n. 13274/2019 ha stabilito che qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della alienazione genitoriale, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo, il giudice del merito è comunque tenuto a verificarne il fondamento, utilizzando i comuni mezzi di prova;

   Ginevra P.A. è un'insegnante di scuola primaria ed è la mamma di Arianna, la figlia che le è stata tolta per decreto del tribunale dei minori a 18 mesi, il 23 marzo 2011, «con un vero e proprio blitz messo in opera da 14 persone», solo perché ha denunciato il suo ex partner per maltrattamenti;

   inizia così, nel 2011, una duplice vicenda giudiziaria raccontata negli anni da diversi organi di stampa. Un procedimento penale per maltrattamenti nei confronti del padre della bambina e un procedimento presso il tribunale dei minori per l'affidamento, dove Ginevra incontra, come Ctu, la dottoressa Malagoli Togliatti;

   la Ctu redatta dalla Togliatti – che lavorava in una struttura dove Ginevra avrebbe dovuto imparare a fare la madre (cosa di cui si è giustamente rifiutata) – l'ha infatti accusata di essere una madre malevola e alienante;

   la bambina è stata così affidata in via esclusiva al padre, senza aver mai più avuto nessun incontro con la madre;

   Ginevra non la vede da 9 anni;

   la decisione del tribunale dei minori non è mai stata messa in discussione neanche quando il padre della bambina, nel 2017, viene condannato in primo grado per lesioni. Il tribunale infatti inizialmente affida la bambina alla madre con il diritto di visita al padre, ma quando arriva la Ctu, tutto cambia. «Tratti istrionici e prognosticati comportamenti imprevedibili nel futuro», questa la diagnosi che invita la donna «a farsi curare» presso il centro di salute mentale indicato dalla Ctu;

   i servizi sociali di Lipari, dopo un'accurata indagine socio-ambientale, hanno redatto un'ottima relazione sulla vita di Ginevra. E come loro molti altri. Anche il neuropsichiatra Volterra si è dichiarato sconcertato dopo aver visionato la perizia fatta a Ginevra, poiché afferma: «avrebbe tutte le carte in regola per vincere questa battaglia giudiziaria»;

   Ginevra è andata in varie trasmissioni televisive: durante «Mi manda Raitre», ha spiegato le possibili collusioni tra la Togliatti e il legale del suo ex, viste mentre parlavano al tavolo di un ristorante;

   Ginevra in un'intervista rilasciata alla Dire ha parlato delle «percosse subite dal suo ex», padre della bambina;

   l'uomo, «era stato denunciato dalle due precedenti mogli e mentre allattavo – ha raccontato – ha minacciato di uccidermi se lo avessi fatto anche io»;

   eppure Ginevra ha esito negativo anche in appello perché «non risulta che abbia avuto i colloqui al Dipartimento di salute mentale, di cui ho invece tutti i tagliandini conservati» ha spiegato alla Dire;

   Ginevra ha dichiarato in alcune trasmissioni televisive, «di avere registrato la Malagoli Togliatti affermare che lei nelle perizie scrive quello che le chiede il cliente, non quello che è vero» –:

   se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento nei tribunali dell'alienazione parentale, come motivazione unica sulla quale basare l'allontanamento di un minore da uno dei due genitori;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per garantire l'applicazione del principio dell'affido condiviso come l'oggetto di un diritto dei figli minori, volto a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi»;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul;

   se, nel caso esposto in premessa, non ritenga opportuno promuovere un'iniziativa ispettiva presso il tribunale dei minori di Roma, in relazione al procedimento che ha comportato l'allontanamento improvviso della minore dalla madre da ormai 9 anni.
(2-00897) «Giannone, Lupi, Colucci, Silli, Benedetti, Cunial, Ermellino, Aprile, Costanzo, Vizzini, Perego Di Cremnago, Rizzetto, Lucaselli, Ciaburro, Galantino, Deidda, Marino, Trano, Cecconi, Germanà, Tondo, Sangregorio, Caiata, Osnato, Luca De Carlo, Porchietto, Giacometto, De Giorgi, Frate, Angiola, Nitti».

Interrogazione a risposta scritta:


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici giudiziari di Ivrea, nonostante il territorio con più di 500.000 cittadini, sono serviti dalla presenza di personale ridotta ben sotto la soglia di sopravvivenza;

   Ivrea, secondo tribunale del Piemonte, vive una situazione insostenibile che vede una mancanza di personale che arriva ormai al 40 per cento, e che registra la presenza di un dirigente amministrativo, di soli 4 funzionari rispetto ai 14 che servirebbero, e cancellerie gestite completamente da una sola unità;

   il tribunale dovrebbe vedere in pianta organica 62 addetti a fronte dei 42 presenti, e di questi almeno quattro andranno in pensione a fine anno;

   a tale insufficiente consistenza di personale si aggiungono i prossimi pensionamenti e la ripresa dei servizi dopo l'epidemia COVID-19 che richiederanno ulteriori sforzi agli addetti di cancellerie e uffici giudiziari, tanto da prospettare per i prossimi mesi una condizione di caos ingestibile che renderà assai difficoltoso, per non dire impossibile, assicurare il fondamentale servizio giustizia sul territorio;

   nonostante i numerosi solleciti inviati, fino ad ora il Ministro interrogato si è dimostrato ad avviso dell'interrogante, insensibile, generando un contesto intollerabile aggravato dal fatto che nei concorsi non sono previsti posti sufficienti su Ivrea –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza per un rapido e strutturato adeguamento della dotazione organica, al fine di garantire un efficiente funzionamento del tribunale di Ivrea ed un servizio giustizia degno di questo nome.
(4-06550)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   LUCCHINI e COVOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel «decreto rilancio», all'articolo 119, si stabilisce che gli interventi volti all'adeguamento sismico per i quali è possibile ottenere la detrazione del 110 per cento devono ricadere unicamente nelle Zone sismiche 1, 2 e 3, esclusa quindi la zona 4;

   quest'ultima riguarda, per la precisione, 72 comuni in provincia di Padova, 35 in provincia di Rovigo, 6 in provincia di Vicenza, 20 in provincia di Venezia, 1 in provincia di Belluno e 28 in provincia di Verona. Tra questi, tre capoluoghi come Padova, Venezia, Rovigo;

   ad oggi, in Veneto, su 563 comuni ce ne sono 162 in zona sismica 4. Essi non possono accedere al maxicredito d'imposta al 110 per cento per adeguare le proprie abitazioni al rischio sismico e questo significa che ci saranno ampie zone del territorio che faticheranno ad adeguarsi in termini di sicurezza, rimanendo a rischio;

   questi comuni di fatto sono esclusi dall'accesso al «Sismabonus», lo sconto fiscale applicabile agli interventi di adeguamento sismico di immobili ed edifici siti in zone a rischio terremoto, poiché presentano valori standard di accelerazione orizzontale massima del terreno (ag) maggiori di 0,05, ossia al di sopra della soglia minima stabilita dall'Ingv per far ricadere il relativo territorio in zona sismica 3;

   il dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale (Dicea) dell'università degli studi di Padova, infatti, sta portando avanti da anni una serie di ricerche che valutano nel dettaglio, in scala territoriale, il rischio sismico caratterizzante il patrimonio edilizio residenziale sul territorio regionale del Veneto;

   quest'ultimo studio consiste nella revisione normativa dell'evoluzione della classificazione sismica del territorio regionale del Veneto a cui viene affiancata un'indagine di dettaglio avente l'obiettivo di costruire un modello rappresentativo della distribuzione territoriale su base statistica del patrimonio edilizio residenziale;

   i risultati preliminari di questo lavoro hanno permesso di evidenziare come, a seguito della possibile riclassificazione sismica regionale, si creerebbe l'opportunità per più di 340 mila edifici di accedere ai benefici fiscali connessi al decreto «Sismabonus» e al nuovo strumento del «SuperBonus 110 per cento» –:

   se e quali iniziative di competenza, con riguardo a quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare per estendere le agevolazioni del «Sismabonus» anche ai cittadini residenti della zona sismica 4.
(5-04504)


   GAGLIARDI, SILLI e PLANGGER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   circa quattro mesi fa è crollato il viadotto che collega Albiano Magra, provincia di Massa-Carrara, e la provincia della Spezia, infrastruttura strategica per la Lunigiana e l'intera provincia ligure;

   all'interrogazione presentata il 28 aprile 2020, il Ministro interrogato rispondeva che Anas avrebbe completato entro maggio 2020 un ponte provvisorio sostitutivo; annunciava inoltre la costituzione di un tavolo tecnico per la gestione della circolazione stradale locale, negando di fatto il richiesto stato di emergenza per la viabilità nel territorio ligure;

   passavano però le settimane e l'annunciato ponte provvisorio non solo non veniva compiuto, ma spariva anche dai progetti, sostituito, almeno nelle dichiarazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla progettazione del ponte definitivo e dalla costruzione di due rampe di accesso diretto alle autostrade A12 ed A15;

   il 9 giugno poi, il sottosegretario Traversi, comunicava che la realizzazione delle rampe sarebbe stata assegnata ad Anas, in accordo con il concessionario autostradale, ed i lavori sarebbero terminati in circa due mesi;

   passava inutilmente un altro mese ed il 2 luglio 2020, in concomitanza con la nomina del presidente Rossi quale commissario straordinario, Anas comunicava che entro 15 giorni avrebbe iniziato i lavori ed entro 90 li avrebbe terminati;

   ad oggi, come noto, nonostante le promesse e i proclami, il Governo e l'Anas non hanno ancora aperto nessun cantiere e, addirittura, non sono ancora stati neppure rimossi i detriti, che rimangono sull'alveo ad ostacolare lo scorrimento delle acque del fiume Magra, con conseguenti gravi rischi in caso di piogge per l'incolumità dei cittadini per le possibili esondazioni e per il pericolo di inquinamento;

   il crollo del viadotto, oltre ai rilevanti disagi per la circolazione degli utenti della strada, sta peggiorando la già grave crisi economica della zona –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per ripristinare la viabilità interrotta tra le due regioni (indicando i tempi per la realizzazione delle rampe di accesso diretto alle autostrade e quelli per la realizzazione del ponte definitivo), disponendo altresì preliminarmente l'immediata rimozione dei detriti dall'alveo del fiume Magra.
(5-04505)


   ALBERTO MANCA, DEIANA, ILARIA FONTANA, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, MARAIA, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la diga di Cumbinadovu sull'alto Cedrino, nel territorio del comune di Orgosolo (Nu) nella Sardegna centro orientale è un'opera infrastrutturale progettata per l'irrigazione di 2810 ettari di terreno agricolo nei comuni di Orgosolo, Oliena, Nuoro, Orune, Lula e Dorgali. Prevede una altezza massima di 72 metri con un coronamento di circa 227 metri per la creazione di un invaso con una capacità di circa 13,3 milioni di metri cubi di acqua;

   l'avvio dei lavori risale al 1989 e gli stessi sono stati caratterizzati da un iter travagliato che ha determinato numerose interruzioni, di cui la prima risale al 1994 per motivi geotecnici. Successivamente nel 2007, dopo la revisione del progetto ed il riappalto dell'opera, vi è stata una ulteriore sospensione dovuta a problemi legati alla fessurazione del calcestruzzo;

   i lavori ripresero nel 2011, ma a rallentare ulteriormente la realizzazione dell'opera furono i danni inflitti al cantiere in occasione della grave alluvione che ha colpito la Sardegna centro orientale nel novembre del 2013, in conseguenza della quale i lavori furono prima sospesi e poi definitivamente interrotti per la revoca dell'appalto all'Ati aggiudicataria che nel frattempo aveva perso i requisiti;

   ad oggi i lavori completati riguardano prevalentemente i lavori di fondazione e consolidamento, mentre dal punto di vista amministrativo, il Consorzio di bonifica della Sardegna centrale ha recentemente aggiudicato la gara per l'affidamento dei servizi di ingegneria e progettazione dei lavori di completamento della Diga sulla base di un progetto di fattibilità economica su cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha già dato parere favorevole con osservazioni e prescrizioni;

   in base al punto 13 dell'Allegato II alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006, il progetto della diga di Cumbinadovu richiederebbe la valutazione di impatto ambientale di competenza statale;

   si rileva che tale adempimento non sarebbe necessario qualora il progetto di completamento dell'opera non sia diverso da quello autorizzato ed iniziato nel 1989, anno in cui la valutazione di impatto ambientale non era prevista, ma va altresì evidenziato che nel 2007 il progetto è stato oggetto di revisione, così come le opere di completamento previste dalla stazione appaltante (CBSC) richiederebbero una ulteriore fase progettuale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutti i fatti esposti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i suoi intendimenti con riguardo al prosieguo dell'iter previsto per la realizzazione e il completamento dell'opera.
(5-04506)


   BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta è un'arteria che collegherà Montecchio Maggiore (Vicenza) a Spresiano (Treviso) passando per Thiene-Schio, per Bassano del Grappa e Povegliano-Viliorba, a nord di Treviso, interconnettendosi a tre autostrade: l'A4, l'A31 e l'A27. Il suo intero completamento era previsto nel 2020;

   l'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo speciale con una dotazione complessiva superiore a 2 miliardi di euro per opere infrastrutturali e la «Pedemontana Veneta» è stata inserita negli interventi da finanziare. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 268 del 2013, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono infatti stati assegnati all'opera Pedemontana Veneta 370 milioni di euro;

   nella delibera dell'Anac del 22 novembre 2017 relativa alla citata infrastruttura si afferma che: «è auspicabile un riesame della stima sui volumi di traffico sviluppata dalla società "Area Engineering" da effettuarsi anche alla luce di parametri più oggettivi circa la velocità di progetto utilizzata e l'incremento stimato riferito al cosiddetto traffic calming» e che «sia ancora sbilanciato a sfavore del soggetto pubblico (...) l'impiego delle risorse pubbliche rispetto alla mobilitazione delle risorse private da parte del Concessionario Sis»;

   ritardi nell'esecuzione dei lavori, sequestri di alcuni cantieri per ipotesi di reato come utilizzo di materiali non marchiati CE e miscele di calcestruzzo diverse da quelle previste dagli elaborati progettuali, la pandemia da Coronavirus, l'assenza di un piano definito di viabilità di connessione rendono difficile rispettare il cronoprogramma – peraltro nuovamente aggiornato – per la conclusione dell'opera previsto ad oggi nel 2021;

   la Strada Pedemontana Veneta rischia così di rivelarsi un investimento a minima remunerazione e con alto impatto sul bilancio dello Stato, stante anche il fatto che appare difficile rispettare il sopraddetto nuovo termine di fine lavori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e, per quanto di competenza, quali iniziative intenda intraprendere per vigilare, anche in considerazione alle ingenti risorse statali concesse dal fondo citato in premessa, sull'effettivo completamento della Strada Pedemontana Veneta nonché sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale dell'infrastruttura.
(5-04507)


   MAZZETTI, CORTELAZZO, CASINO, RUFFINO, PORCHIETTO, MULÈ e LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dopo molti mesi nei quali il Governo, a causa delle differenti valutazioni dei partiti della maggioranza che lo sostiene, non era stato in grado di prendere una decisione rispetto alla minacciata revoca unilaterale delle concessioni autostradali ad Aspi (Autostrade per l'Italia), nella notte del 14 luglio 2020, il Consiglio dei ministri ha trovato una sintesi e ha dato praticamente mandato a Cassa depositi e prestiti di avviare, entro il 27 luglio 2020, il percorso che dovrebbe portare all'uscita progressiva dei Benetton dalla Società Autostrade;

   le cronache giornalistiche di quelle ore di discussione in Consiglio dei ministri, parlano di un confronto molto duro all'interno dello stesso Governo. Il Sole 24 Ore del 14 luglio 2020 parla di una trattativa tra il Premier e i Benetton consumata nella notte, che ha visto «il Capo del governo stretto tra sospetti interni alla maggioranza, l'irritazione di Iv e un M5S che assomiglia ogni giorno di più a un vulcano pronto a ribollire»;

   quello che è stato fin da subito noto da fonti governative al termine del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi, è che Aspi ha accolto tutte le richieste del Governo. Aspi, insieme con Atlantia, è la società parzialmente controllata dai Benetton che gestisce la rete autostradale. In nottata, spiegano le stesse fonti governative, Aspi ha inviato quattro lettere diverse al Governo, nelle quali ha man mano accolto «tutte le richieste» –:

   se non ritenga necessario rendere pubblica la transazione come accettata da Aspi, nonché le quattro lettere che, come risulta dalle cronache di quelle ore, la medesima società Autostrade ha inviato al Governo, nelle quali ha man mano accolto tutte le richieste.
(5-04508)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TONDO, SANDRA SAVINO, NOVELLI, PETTARIN, BUBISUTTI, GAVA, MOSCHIONI, PANIZZUT e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza di sanità pubblica da Covid-19 ha colpito duramente il settore italiano dei trasporti;

   Alitalia, compagnia aerea di bandiera dell'Italia, prima dell'emergenza sanitaria, offriva nel suo catalogo di voli il collegamento diretto Trieste Airport-Roma Fiumicino con diverse soluzioni giornaliere in fasce d'orario differenti. In conseguenza della pandemia tutti i voli sono stati sospesi. Allo stato attuale nessun volo è stato ripristinato;

   altri voli giornalieri della stessa compagnia di bandiera sono attivi, come la breve tratta aerea di collegamento Roma Fiumicino-Napoli Capodichino che copre una distanza di 200 chilometri, già servita dal sistema ferroviario, mentre tratte geografiche più lunghe che necessitano il collegamento aereo diretto non sono ancora ripristinate, tra queste Trieste-Roma;

   va inoltre rilevato come l'aeroporto di Trieste e in particolare il volo diretto per Roma sia molto spesso utilizzato anche da cittadini che per motivi di lavoro o per turismo provengono da Paesi europei limitrofi, come la Slovenia e l'Austria;

   è fondamentale chiarire le motivazioni per cui la compagnia aerea Alitalia mantiene voli di 200 chilometri come quello Roma-Napoli e non ripristina i collegamenti aerei per Trieste. Tra l'altro, come detto, l'aeroporto di Trieste collega il nostro Paese con nazioni europee;

   inoltre, va considerato che la regione presa in considerazione presenta un quadro epidemiologico migliore delle altre regioni italiane –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, al di là dell'importanza fondamentale del rispetto del diritto alla salute dei cittadini e vista la situazione epidemiologica più favorevole della regione Friuli Venezia Giulia, per ripristinare urgentemente il volo diretto Trieste Roma Fiumicino;

   quali siano le motivazioni, al di là del rispetto del diritto alla salute che va garantito a tutti i cittadini, del mantenimento del volo Roma-Napoli e della sospensione della tratta aerea Roma Fiumicino-Trieste, anche in considerazione, come da notizie riportate dalla stampa, di una nuova grave diffusione proprio in Campania del Covid-19.
(5-04499)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   NOVELLI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   cresce inarrestabile il flusso dei migranti che dalla rotta balcanica arriva in Friuli Venezia Giulia, in particolare nell'ultimo mese; molti di questi vengono accompagnati all'ex caserma Cavarzerani di Udine, che, ad oggi, ospitando quasi 500 migranti, è diventata un hub, dove grazie al personale della Croce rossa, della Protezione civile e dell'azienda sanitaria sono effettuati i tamponi nell'ambito delle misure preventive contro la diffusione del COVID-19. I migranti dovrebbero poi essere successivamente smistati nelle strutture in cui devono trascorrere il periodo di quarantena, strutture che però stanno quasi rasentando il limite della capienza;

   in questi giorni proprio nell'ex caserma Cavarzerani si è scatenata una forte protesta dei migranti contro l'ordinanza emessa dal sindaco Pietro Fontanini che proroga per loro la quarantena fino al 15 agosto 2020, dopo che alcuni sono risultati positivi al Coronavirus; nel caos generale della rivolta, con cori, urla e materassi e rifiuti dati alle fiamme, sarebbero anche scappati diversi profughi. A seguito di questi episodi, il Ministero dell'interno sembra aver assicurato l'invio di rinforzi per supportare le forze dell'ordine;

   ad ogni modo, è evidente a giudizio degli interroganti come il fenomeno migratorio, aggravato dall'emergenza Coronavirus, appaia completamente fuori controllo: la situazione e i disordini di Udine dimostrano, infatti, come il Governo continui a sottovalutare gli accessi irregolari che quotidianamente giungono incontrollati dalla rotta balcanica. Le strutture sono praticamente al collasso e diventa davvero difficile gestire il trattenimento dei migranti, considerati anche gli obblighi e le misure derivanti dall'emergenza sanitaria. Il Governo continua, poi, a sottovalutare la situazione nei confronti della Slovenia, che, di fatto, agevola il rilascio dei migranti ben oltre il confine –:

   quali misure urgenti il Governo intenda adottare per controllare il flusso dei migranti che dalla rotta balcanica arriva in Friuli Venezia Giulia, nonché per gestire gli arrivi irregolari, in particolare dalla Slovenia, quali e quante risorse intenda inviare a presidio del territorio in questa fase e quali iniziative intenda mettere in campo per agevolare il trasferimento dei migranti dalle strutture al collasso del Friuli Venezia Giulia.
(3-01713)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane è cresciuto esponenzialmente il numero degli sbarchi di migranti sulle coste italiane; su tredicimila arrivi degli ultimi giorni quasi diecimila sono sbarchi autonomi, migranti arrivati a bordo di gommoni, barche, motoscafi, senza attendere neanche l'aiuto delle navi delle organizzazioni non governative, e che, una volta sbarcati, si dileguano eludendo i controlli;

   la situazione è tanto grave da far chiedere a numerosi sindaci e amministratori locali lo stato di emergenza, primo fra tutti il sindaco di Lampedusa, l'avamposto dell'accoglienza italiana, che ha chiaramente affermato che il Governo dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza: «nel rapporto con i dati del 2011 i numeri sono più alti ora. Chiedo l'emergenza (...)»;

   come dimostrato, da ultimo, dal caso della struttura di accoglienza in provincia di Treviso nella quale ben 133 migranti sono risultati positivi al COVID-19, molti migranti sono contagiati quando arrivano in Italia e proprio per questo scappano dalle strutture di accoglienza prima di avere una risposta sulla propria condizione di salute e prima della fine della quarantena obbligatoria, riversandosi nelle strade e città e diffondendo il contagio;

   è notizia di ieri che anche diciotto migranti trasferiti il 28 luglio 2020 nel centro di accoglienza di Cori (Latina), dove stavano trascorrendo il periodo di sorveglianza fiduciaria, la scorsa notte si sono allontanati dalla struttura e solo alcuni sono stati poi rintracciati alla stazione Termini di Roma;

   anche il Ministro interrogato ha dichiarato che «si tratta di flussi incontrollati che creano seri problemi legati alla sicurezza sanitaria nazionale, che si riverberano inevitabilmente sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, dai quali, tra l'altro, i migranti cercano di allontanarsi in ogni modo prima del termine del periodo di quarantena obbligatorio»;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ieri ha dichiarato che è necessario bloccare gli sbarchi, ma non ha specificato quali metodi e misure intenda adottare –:

   quali iniziative il Governo voglia porre in essere, al di là di quelli che agli interroganti appaiono meri proclami, al fine di tutelare i cittadini dai rischi derivanti da eventuali focolai di contagio «importati», garantendo il rispetto della quarantena da parte dei migranti già giunti sul territorio nazionale e prevenendo ulteriori sbarchi.
(3-01714)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAVA, PANIZZUT, BUBISUTTI e MOSCHIONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che l'ex caserma Cavarzerani, a Udine, dove sono presenti circa 500 immigrati irregolari, tutti provenienti dalla rotta balcanica e ivi alloggiati ai fini della quarantena, è stata al centro di una rivolta per protestare contro l'obbligo di restare al suo interno per il prescritto periodo di due settimane;

   le tensioni e i tentativi di fuga dal centro erano cominciati già giorni fa, ma la situazione è poi degenerata nella mattina di lunedì 3 luglio 2020 quando gli immigrati, tra cori e urla, hanno cominciato a incendiare materassi e arredi e appiccare roghi proprio all'ingresso della struttura, prendendo anche a sassate i mezzi della protezione civile;

   la zona è stata presidiata dalle forze dell'ordine e si è reso necessario anche l'intervento dei vigili del fuoco del comando provinciale i quali però, come riportato dalla stampa, sono dovuti rimanere all'esterno dell'ex caserma, poiché il portone principale era stato occupato da decine di immigrati che non lasciavano entrare nessuno;

   nei giorni scorsi c'era stata una rivolta analoga presso l'ex caserma Serena di Treviso, sempre ad opera di immigrati irregolari ospitati al suo interno e sempre per protesta contro l'obbligo del periodo di quarantena;

   quanto accaduto da ultimo presso l'ex caserma Cavarzerani è, a parere dell'interrogante, di assoluta gravità, poiché è inaccettabile che, dopo aver violato la legge e aver fatto ingresso illegalmente in Friuli Venezia Giulia, gli stranieri irregolari pretendano ora di violare anche la normativa in vigore a tutela della salute pubblica;

   tali episodi non possono essere altresì assolutamente tollerati dalle istituzioni deputate all'osservanza delle leggi, poiché, consentendo tali comportamenti, vengono irragionevolmente messi a rischio la sicurezza e la salute della popolazione friulana che invece per mesi, diligentemente e con grande senso di responsabilità, si è attenuta a tutte le prescrizioni per il contenimento dell'epidemia da Covid-19 –:

   quali iniziative intendano adottare, ognuno per quanto di competenza, con riguardo agli episodi citati in premessa e in particolare quali iniziative si intendano assumere, alla luce dei gravissimi rischi sopra evidenziati per la salute e la sicurezza della popolazione del Friuli Venezia Giulia, nell'immediato e con urgenza per fermare i flussi migratori illegali dalla cosiddetta «rotta balcanica».
(4-06551)


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero dell'interno, dal 1° gennaio 2020 al 3 agosto 2020 sono sbarcati sulle coste italiane 14.438 migranti a fronte dei 3.920 arrivi registrati nello stesso periodo del 2019 e dei 18.847 del 2018;

   nel solo mese di luglio 2020 si sono registrati 7.068 arrivi, pari a circa la metà di tutti gli sbarchi dell'anno in corso;

   i nuovi arrivi pongono inediti problemi legati al diffondersi dell'emergenza epidemiologica in tutto il mondo e alla conseguente necessità di accertare la presenza di contagiati tra i migranti; anche se, grazie alle necessarie e tempestive misure di contenimento adottate dal Governo nei mesi scorsi, la curva epidemiologica è stata pressoché azzerata, l'emergenza sanitaria non è ancora terminata e, secondo alcuni studiosi, si rischia un nuovo importante aumento di casi nei prossimi mesi;

   non vi sono dati certi sul numero di migranti positivi sbarcati nelle nostre coste, ma, secondo fonti di stampa, sarebbero diverse decine, alimentando il timore presso la popolazione di una nuova ondata di Covid-19;

   il problema è amplificato dal fatto che, accanto ai flussi migratori intercettati dalle istituzioni e dalle organizzazioni non governative, vi sono una serie di cosiddetti sbarchi fantasma, costituiti da gruppi autonomi di migranti che rischiano di sfuggire a qualsiasi verifica da parte delle autorità competenti;

   se non si interviene in maniera rapida e decisa, si rischia di vanificare i sacrifici fatti dalla popolazione durante la cosiddetta Fase 1 dell'emergenza, i cui effetti sociali ed economici sono ancora drammaticamente vivi;

   nelle ultime settimane, si sono registrate fughe di decine di migranti da strutture di accoglienza, solo in parte recuperati dalle forze dell'ordine, come la fuga di oltre 20 migranti dall'hotspot di Taranto o di 25 migranti posti in quarantena in una struttura a Gualdo Cattaneo;

   il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato il 3 agosto 2020: «Non possiamo tollerare che si entri in Italia in modo irregolare [...] non possiamo tollerare che in questo momento in cui la comunità internazionale ha fatto sacrifici, questi siano vanificati da migranti che addirittura tentano di sfuggire alla sorveglianza sanitaria. Quindi dobbiamo essere duri e inflessibili. Stiamo collaborando con le autorità tunisine [...] Dobbiamo contrastare i traffici e l'incremento degli utili da parte dei gruppi criminali che alimentano questi traffici illeciti. Dobbiamo continuare in questa direzione e intensificare i rimpatri»;

   la Ministra dell'interno Lamorgese ha dichiarato: «Garantiremo la tutela della salute pubblica delle nostre comunità locali, ma i migranti economici sappiano che non c'è alcuna possibilità di regolarizzazione per chi è giunto in Italia dopo l'8 marzo 2020»;

   lo strumento più sicuro per l'accoglienza di rifugiati è quello dei cosiddetti canali umanitari, come quelli promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), la Tavola Valdese e la Comunità di Sant'Egidio, che garantiscono l'identità e la sicurezza, anche sanitaria, dei soggetti e, al tempo stesso evitano viaggi della morte nel Mediterraneo e contrastano il business degli scafisti e dei trafficanti di essere umani –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di contenere gli arrivi irregolari di stranieri sul territorio italiano, inclusi i cosiddetti sbarchi fantasma;

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di prevenire lo scoppio di focolai di Covid-19 tra i migranti arrivati irregolarmente nel nostro Paese ed evitare un nuovo aumento della curva epidemiologica ad essi collegata;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di assicurare e incrementare la funzionalità dei cosiddetti canali umanitari.
(4-06552)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nello scorso fine settimana sulla provincia di Alessandria si è abbattuta un'eccezionale ondata di maltempo con vento a oltre 100 all'ora, grandine e fulmini, con tetti scoperchiati, vigneti abbattuti, cantine vitivinicole allagate;

   quello che si è abbattuto sul territorio piemontese si verifica solo nelle isole tropicali; ci sono stati alberi abbattuti, tetti scoperchiati, allagamenti e black out;

   è conseguenza dei cambiamenti climatici che in zone come Alessandria e provincia l'eccezionalità degli eventi atmosferici sia ormai la norma, con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, che compromettono anche le coltivazioni nei campi, con danni per milioni di euro, tra perdite della produzione agricola e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne;

   si contano ingenti danni all'agricoltura, oltre che alle produzioni; ad essere colpite sono state anche le strutture. Forti raffiche di vento nella notte si sono abbattute nelle zone adiacenti ad Alessandria e in alcune aziende del Casalese;

   da una prima stima dei danni risultano esserci tetti scoperchiati in diverse cascine (in alcuni casi l'acqua è entrata anche nelle cantine, allagando anche i cartoni di vino in consegna), portoni divelti, stalle rimaste senza tetto, porticati sradicati, tegole e mattoni trascinati via dalla forza del vento;

   si sono verificati danni anche a colture di mais, piegate, così come ad alcuni filari di vite, completamente sdraiati. Chicchi di grandine grossi come palline da ping pong sono caduti in alcune fasce di territorio, senza lasciare scampo; complice il forte vento, i pezzi di ghiaccio venuti giù dal cielo hanno trinciato qualsiasi cosa si sono trovati davanti, distruggendo e annientando ogni ipotesi di raccolto;

   la grandine, la pioggia e il vento forte provocano danni incalcolabili alle coltivazioni nei campi, dove è in piena raccolta la frutta estiva e sta per iniziare la vendemmia, con il rischio della perdita di un intero anno di lavoro;

   in queste ore si stanno raccogliendo le segnalazioni delle aziende agricole per procedere con le richieste di risarcimento danni per calamità naturale e risulta agli interroganti che la regione Piemonte abbia già chiesto lo stato di calamità naturale –:

   quali interventi urgenti, anche di natura economica, intenda mettere in atto per aiutare gli agricoltori piemontesi che sono stati vittime di questa eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta sulla regione Piemonte.
(3-01718)


   DEL SESTO, GAGNARLI, GALLINELLA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, GALIZIA, LOMBARDO, LOVECCHIO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 3 luglio 2020, in attuazione del regolamento UE 223/2014 dell'11 marzo 2014, relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura-Agea ha indetto un appalto per l'affidamento della fornitura di olio extravergine di oliva in confezioni da 1 litro destinata in aiuto alimentare agli indigenti in Italia e distribuita per il tramite delle organizzazioni partner accreditate presso l'Agea;

   l'importo complessivo della gara è di circa 7.980.000 euro suddivisi in quattro lotti, al ribasso a partire da una base d'asta di 3,2 euro al litro;

   relativamente all'indicazione dell'origine, il bando dispone che l'olio deve essere ottenuto da olive prodotte, molite e confezionate nell'Unione europea, nel rispetto della vigente normativa comunitaria e nazionale;

   è evidente che, a fronte di un costo al litro così basso, l'olio a denominazione garantita di origine italiana difficilmente potrà accedere alla gara;

   il decreto-legge cosiddetto «rilancio», recentemente convertito in legge, ha stanziato 250 milioni di euro ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti a seguito dell'emergenza COVID-19;

   nel parere espresso dalla XIII Commissione agricoltura della Camera dei deputati, durante l'esame in sede consultiva del suddetto provvedimento, preso atto dell'elevata quantità di olio a denominazione garantita attualmente in giacenza in tutto il territorio nazionale, circa 18 mila tonnellate, si è evidenziata l'urgenza di adottare ogni utile iniziativa volta ad invertire tale dinamica anche attraverso la predisposizione di misure di ritiro per la distribuzione agli indigenti –:

   se, alla luce dell'oggettiva difficoltà per l'olio a denominazione garantita di origine nazionale di accedere al bando comunitario Agea, non ritenga di dover assicurare invece che, nell'utilizzo dei 250 milioni di euro stanziati dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, si prediliga l'acquisto di olio italiano a denominazione garantita al fine di fornire un alimento dall'alto valore nutrizionale e di ridurre l'elevatissima quantità di prodotto in giacenza.
(3-01719)


   INCERTI, CENNI, CAPPELLANI, CRITELLI, DAL MORO, FRAILIS, MARTINA, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   sempre più spesso si verificano in varie zone d'Italia situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità con periodi di forte siccità. Tali eventi sono legati ai mutamenti climatici in corso e sollecitano politiche più efficaci e credibili;

   il 2020 ha ulteriormente dimostrato come il cambiamento climatico stia diventando sempre più severo, con incremento delle temperature medie di quasi 2 gradi e conseguente maggiore necessità d'irrigazione. Secondo alcuni autorevoli studi pubblicati recentemente, nel nostro Paese «mancano all'appello» 23,4 miliardi di metri cubi di acqua. Una situazione che può avere conseguenze economiche estremamente gravi per agricoltura, silvicoltura e pesca, che impiegano 1,3 milioni di italiani, generando un valore di 61,6 miliardi di euro;

   a preoccupare sempre di più sono conseguentemente i livelli di laghi e fiumi, pericolosamente al di sotto della media stagionale. Sono crollati del 24 per cento i livelli del Po a fine luglio 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre i maggiori laghi del Nord che servono a dissetare i campi della Pianura padana, dove si produce un terzo del made in Italy agroalimentare nazionale, sono in affanno su valori ben al di sotto della media, mentre sono in forte deficit da mesi i bacini del Centro-Sud. Nel Centro Italia cresce la sete, al Sud resta critica la situazione in Sicilia e continuano a diminuire le riserve idriche negli invasi di Puglia, dove le riserve di acqua sono scese sotto i 118 milioni di metri cubi (-91 milioni rispetto 2019), e in Basilicata, dove sono rimasti circa 291 milioni (-64,26 milioni rispetto al 2019); una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di forti temporali che compromettono le coltivazioni nei campi e che provocano frane e smottamenti;

   nel mese di gennaio 2020 la Ministra interrogata presentava la «Strategia nazionale per il risparmio idrico, la tutela territoriale, la lotta al dissesto idrogeologico». Un piano programmatico di grande respiro, dal punto di vista delle risorse investite, dell'impatto dei cantieri avviati e dei territori coinvolti; in quella occasione veniva annunciata una nuova importante tranche di interventi, per circa 500 milioni di euro, e la realizzazione di ben 52 progetti, grazie anche all'importante lavoro di attrazione delle risorse svolto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali –:

   quale sia lo stato di attuazione della «Strategia nazionale per il risparmio idrico» e quali iniziative, per migliorare la gestione delle risorse idriche, il Ministro interrogato stia mettendo in campo per fronteggiare un'emergenza che sta avendo gravi ripercussioni sul settore agricolo.
(3-01720)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOMBARDO, PENNA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il bando 2018 e le disposizioni attuative approvate con Ddg n. 783 del 12 aprile 2018, poi modificate con Ddg n. 685 del 18 aprile 2019, specifiche per il trattamento delle domande di sostegno della Misura 10 «Pagamenti agro-climatico-ambientali» – operazione 10.1.b «Metodi di gestione delle aziende ecosostenibili», prevedono che gli elenchi provinciali definitivi delle domande relative alle operazioni della Misura 10 vengano trasmessi al dipartimento regionale dell'agricoltura per la stesura dell'elenco regionale delle domande ammesse ed escluse da pubblicare sul sito web del Programma di sviluppo rurale Sicilia 2014/2020;

   ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 49 del Regolamento (UE) n. 1305/2013, per l'operazione 10.1.b, è stato previsto di non applicare criteri di selezione e – qualora le richieste pervenute e ammissibili siano superiori alle disponibilità finanziarie – di applicare i criteri di priorità previsti nella scheda della Misura 10 – operazione 10.1.b approvata con il Programma di sviluppo rurale Sicilia 2014/2020, versione 5.0;

   la dotazione finanziaria messa a bando con l'Operazione 10.1.b ammonta a 25 milioni di euro per l'intera durata dell'impegno agro-climatico-ambientale (5 anni); l'elenco regionale definitivo delle domande di sostegno, pubblicato in data 8 luglio 2019, sul sito web del Programma di sviluppo rurale 2014/2020 determina l'importo totale delle domande ammissibili per la prima annualità in euro 34.224.087,02;

   in data 27 settembre 2019 veniva pubblicato sul sito web del Programma di sviluppo rurale 2014/2020 l'elenco regionale delle domande finanziabili con il quale venivano determinate le domande finanziabili nell'ambito della dotazione finanziaria di 5 milioni di euro per ciascuna annualità d'impegno;

   con avviso pubblicato il 2 ottobre 2019 sul sito web del Programma di sviluppo rurale Sicilia 2014/2020, si comunicava ai beneficiari la volontà di procedere a verifica e revisione dell'elenco delle domande finanziabili; al termine di detta verifica approvata con Ddg n. 2546 del 10 ottobre 2019, si era ritenuto opportuno applicare la finanziabilità dell'operazione 10.1.b alle aziende, le cui superfici ricadono totalmente (100 per cento della superficie aziendale ammissibile) all'interno delle aree riconosciute come Zone vulnerabili da Nitrati di origine agricola (Zvn) individuate dalla prima priorità, in quanto verrebbero perseguiti più efficacemente gli obiettivi ambientali prioritari della Misura 10 – Operazione 10.1.b;

   in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica, un numero elevato di aziende agricole siciliane, circa 4.000, in possesso dei requisiti del predetto bando, pur essendo state dichiarate, a quanto consta all'interrogante, ammissibili e finanziabili, non hanno percepito alcuna somma, nonostante abbiano in questi anni eseguito le relative misure ed effettuato conseguenti spese;

   è essenziale provvedere al pagamento di almeno due annualità: si ritiene assolutamente indispensabile in questo periodo, stante la crisi agricola che perdura già da alcuni anni in Sicilia, offrire un sostentamento economico a quei soggetti che hanno investito su una misura che successivamente non è stata pagata, pur trovandosi utilmente collocati in graduatoria –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, disponga di elementi sui fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche in accordo con la regione, al fine di promuovere tutte le azioni idonee affinché una parte della dotazione finanziaria derivante da fondi europei possa essere rimodulata e impiegata per garantire un sostegno economico a quelle aziende le cui domande sono state già dichiarate ammissibili e finanziabili nell'ambito del Bando pubblico 2018 relativo alla Misura 10 «Pagamenti agro-climatico-ambientali» – Sottomisura 10.1 «Pagamento per impegni agro-climatico-ambientali» – Operazione 10.1.b «Metodi di gestione delle aziende ecosostenibili».
(4-06558)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   è del 6 luglio 2020 il drammatico comunicato stampa firmato da ben 130 associazioni di tutta Italia in rappresentanza di 1.300 famiglie, con cui si chiede disperatamente che venga riorganizzato al più presto il centro multidisciplinare «Uosd (Unità operativa semplice dipartimentale) Malattie rare displasie scheletriche – patologia metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva» dell'Azienda ospedaliera universitaria policlinico Umberto I di Roma, che è stato gradualmente frammentato e disperso;

   l'Uosd è stato per quindici anni un sicuro punto di riferimento per i pazienti affetti da malattie rare dell'osso provenienti da tutta Italia, tra cui i 700 malati rari di osteogenesi imperfecta, talmente fragili che fin dalla nascita possono soffrire di decine di fratture spontanee, quadro che peggiora gravemente con il passare degli anni e per cui purtroppo non è ancora stata trovata una cura;

   a seguito della notizia dell'adozione, da parte dell'Umberto I, di un atto che disponeva la soppressione dell'Uosd, la deputata Vittoria Baldino, in data 5 novembre 2019, ha presentato una interpellanza urgente; la sottosegretaria di Stato per la salute, Sandra Zampa, ha risposto a tale interpellanza che l'attività sulle malattie rare scheletriche del metabolismo osseo sarebbe stata comunque svolta ed effettuata negli ambiti del dipartimento materno infantile, e che avrebbe continuato a monitorare la situazione, al fine di verificare che non venissero meno le garanzie di cure per i pazienti;

   in data 11 dicembre 2019 il direttore generale del Policlinico Umberto I ha emanato la delibera n. 000158 per disporre la disattivazione dell'Uosd Malattie rare displasie scheletriche – patologia metabolismo osseo età pediatrica ed evolutiva;

   a decorrere dal 1° giugno 2020 (circolare del 29 maggio 2020 del Policlinico Umberto I prot. 0019638) i dottori del dismesso Uosd venivano riassegnati ad altre aree dell'ente ospedaliero; la riassegnazione degli operatori sanitari e la sospensione dei day hospital per la terapia dei pazienti con malattie rare delle ossa hanno comportato la distruzione della «filiera di intervento specialistico» che partiva dalla barella del pronto soccorso e arrivava fino al decorso postoperatorio;

   inoltre, da quanto si apprende dal detto comunicato stampa, il personale specializzato in grado di intervenire e gestire questi particolari pazienti soprattutto in età neonatale, oltre ad essere stato dislocato fisicamente in reparti differenti, non avrebbe l'opportunità di trattare le malattie rare dell'osso se non in momenti residuali rispetto alla loro nuova occupazione principale;

   la conseguenza è che il team che da quindici anni lavorava in sinergia con infermieri e personale dedicato non ha più la possibilità di collaborare, e non ha più gli strumenti per assicurare i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) previsti dal decreto ministeriale n. 279 del 2001 che ha istituito la Rete nazionale delle malattie rare –:

   quali iniziative il Ministro interpellato intenda mettere in atto, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, alla luce dei recenti fatti esposti in premessa, affinché siano assicurati i livelli essenziali di assistenza e i dottori riassegnati siano messi nelle condizioni di operare in sinergia e tornare a erogare ai pazienti con malattie rare delle ossa, prestazioni con gli standard assistenziali raggiunti in passato, a partire dal ricovero in pronto soccorso e dal day hospital terapeutico, e fino al follow-up clinico e così garantire loro il diritto di accesso alle cure come sancito dall'articolo 32 della Carta Costituzionale.
(2-00895) «Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la Fonderia Pisano (Salerno, Fratte), classificata come industria insalubre di prima classe, secondo il testo unico delle leggi sanitarie, regio decreto n. 1265 del 1934, produce manufatti di ghisa attraverso due differenti procedimenti. Uno dei due opera mediante fusione di scarti e rottami di materiali ferrosi, bruciati in un forno alimentato a carbon coke o pet coke; quest'ultimo emette fumi in atmosfera, pericolosi per salute e ambiente. L'impianto, risalente agli anni '60, non è mai stato sottoposto ad adeguamenti ed ammodernamenti significativi;

   da decenni la popolazione che vive nelle zone limitrofe alla fonderia lamenta emissioni moleste e significativi depositi di polveri nere metalliche;

   l'area comprende i tre diversi comuni di Salerno, Pellezzano e Baronissi; in base al piano regolatore generale (Puc piano urbanistico comunale) 2006, l'area su cui la Fonderia insiste non è più di tipo industriale bensì edificabile. Ciò rende l'impianto di fatto incompatibile con l'area. Ad oggi non è stata attivata né la delocalizzazione dell'impresa, né il monitoraggio costante;

   nel 2016 la regione ha sospeso le attività della Fonderia sulla base della relazione dell'Arpac che aveva riscontrato gravi criticità. Successivamente è stata disposta la riapertura dell'impianto ed è stata richiesta la revisione dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia). Tuttavia, è intervenuto il sequestro preventivo da parte della procura;

   nel 2018 il competente ufficio regionale con appositi decreti ha espresso parere sfavorevole di Via e Vi sul progetto Pisano, ha disposto l'archiviazione del procedimento di riesame dell'Aia rilasciata nel 2012 ed ha definitivamente revocato la stessa. Successivamente il Tar di Salerno ha accolto la sospensiva dei predetti decreti della regione Campania e le Fonderie Pisano hanno ripreso l'attività;

   i decreti in questione sono stati oggetto di vicende giudiziarie; sono, inoltre, da segnalare, tre procedimenti penali che hanno interessato la Fonderia dal 2004 al 2015. Tutti, seppur riguardanti gravi reati, si sono conclusi con il patteggiamento e con il pagamento di ammende irrisorie. Attualmente, è in corso un procedimento per altri reati ambientali commessi dal 2014, un altro processo a carico di funzionari Arpac che avrebbero falsificato controlli ed è in corso un'indagine per stabilire il nesso di causalità tra le numerosi morti nella valle dell'Irno e l'attività delle fonderie Pisano;

   nell'area interessata si riscontra, tra l'altro, un'incidenza anomala di tumori (alcuni definiti rari) e di malattie respiratorie. Nel 2016 l'Asl competente ha comunicato l'avvio di uno studio epidemiologico per monitorare lo stato di salute della popolazione. È partito anche lo studio Spes-Valle dell'Irno per indagare sullo stato di salute degli abitanti e del territorio dell'area Salerno nord; la prima relazione ha dimostrato che aria, suolo e acqua, sono tutte interessate dalla condotta della proprietà Pisano che per anni ha operato in totale spregio delle norme ambientali;

   i risultati definitivi dello studio Spes-Valle dell'Irno sono stati di recente consegnati alla regione Campania da parte dell'istituto zooprofilattico e ad oggi non sono stati resi pubblici;

   nell'ambito di tale studio vi è un accordo con l'istituto superiore di sanità con l'obiettivo di verificare le analisi effettuate e l'elaborazione dei dati per stabilire l'impatto delle sorgenti di contaminazione sugli abitanti potenzialmente esposti;

   in pieno lockdown, con decreto dirigenziale n. 85 del 20 aprile 2020 a prima firma del dirigente Antonello Barretta, la regione Campania ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (Aia) con validità di 12 anni, nonostante dati preliminari sospetti per forte accumulo di metalli pesanti ritrovati nell'organismo degli abitanti delle zone circostanti la fonderia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda porre in essere per verificare, anche con l'ausilio dell'istituto superiore di sanità, gli impatti sull'ambiente e sulla salute dei cittadini connessi alle attività della Fonderia e se, pertanto, intenda avviare, tramite l'istituto superiore di sanità, apposite verifiche, finalizzate alla pubblicazione dei dati definitivi dello studio Spes-Valle dell'Irno nell'esclusiva tutela del diritto alla salute dell'intera comunità.
(2-00899) «Provenza».

Interrogazioni a risposta immediata:


   LUPI, COLUCCI, GIANNONE e TONDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   su Il Sole 24 ore del 3 agosto 2020 si legge che: «L'ordinanza del Ministro Speranza ha obbligato le compagnie ferroviarie a fare un dietrofront rispetto alle indicazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ripristinando il distanziamento sociale di almeno un metro che era terminato il 31 luglio sui treni ad alta velocità. Tanto che erano tornati a viaggiare a pieno carico, con il 100 per cento dei posti occupati»;

   l'ordinanza del Ministro interrogato ha creato un caos enorme nei servizi ferroviari, soprattutto con le disdette per quei passeggeri che avevano prenotato da mesi il viaggio in treno per raggiungere le mete di vacanza;

   scrive ancora Il Sole 24 ore che Italo ha informato, in linea con l'ordinanza «emessa improvvisamente» dal Ministro interrogato (che reintroduce, con decorrenza immediata, l'obbligo di distanziamento nei treni ad alta velocità), della cancellazione, «suo malgrado», di 8 treni della mattina e di numerosi biglietti per i treni del pomeriggio. Sono coinvolti circa 8 mila passeggeri che non hanno potuto fruire del biglietto già acquistato;

   l'ordinanza può essere anche condivisibile sotto il profilo della tutela della salute, ma è stata adottata improvvisamente e pertanto ha generato gravissimi problemi per l'utenza;

   dal 15 giugno 2020, invece, in aereo si viaggia senza distanziamento in base alle linee guida dettate dall'Easa, l'Agenzia europea per la sicurezza aerea. L'Italia in quella data si è allineata al resto del continente europeo. Per volare basta indossare la mascherina e avere una temperatura corporea inferiore ai 37,5 che sarà misurata dai termoscanner –:

   se non sia necessario chiarire le motivazioni che hanno portato, al di là della condivisione della tutela della salute per i cittadini, ad adottare l'ordinanza in tempi troppo ristretti, generando in questo modo gravissimi disagi per gli utenti e disparità e squilibri nella gestione dei trasporti.
(3-01716)


   DE FILIPPO, NOJA, ROSTAN, PAITA, NOBILI, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il primo week end estivo si è aperto nel caos: migliaia di utenti, che avevano acquistato i biglietti ad alta velocità di Trenitalia e Italo, sono rimasti a terra;

   le due compagnie interpretando scorrettamente, secondo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020, dal 31 dello stesso mese avevano deciso di aumentare la capienza dal 50 al 100 per cento dei convogli, azzerando il distanziamento di un metro previsto dalla normativa vigente. Migliaia di cittadini hanno così acquistato il biglietto scegliendo il posto sul sito senza limitazioni. Immediata la reazione del Ministro interrogato che ha costretto, tramite ordinanza, le compagnie a bloccare l'aumento dei posti, costringendole a tornare immediatamente sui loro passi. Di qui l'immediata cancellazione di decine di treni con i conseguenti disagi per i cittadini in attesa di partenza per le vacanze estive, con ulteriore danno all'economia del turismo già provata dalla scarsa presenza di stranieri;

   si calcola che circa 8 mila persone siano rimaste a terra, incerte se accettare la prenotazione su un altro treno e in altra data o ricevere il rimborso del biglietto; non tutte le regioni, comunque pare, abbiano accettato di adeguarsi all'ordinanza del Ministro interrogato: Lombardia, Liguria, Piemonte e Friuli Venezia Giulia sembra siano inclini a disattendere le disposizioni del Ministero della salute;

   il trasporto pubblico locale sembra, invece, seguire già da tempo la linea dell'aumento della capienza al 100 per cento. Proprio i trasporti regionali sarebbero al centro di un quesito che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inviato al Comitato tecnico-scientifico: in conclusione chi viaggia sull'alta velocità dovrebbe rispettare il distanziamento, mentre chi utilizza il treno regionale no;

   la decisione delle compagnie ferroviarie ha evidenziato quanto variegata sia l'interpretazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e delle disposizioni governative da parte di molte compagnie di trasporti, ma soprattutto da parte delle regioni. La necessità che si riattivino le attività produttive e commerciali, legate anche al sistema dei trasporti, deve comunque potersi coniugare con la limitazione della diffusione del virus COVID-19. Anche per l'imminente riapertura delle scuole non si prevede alcuna disposizione specifica in merito –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché le disposizioni sulle condizioni per la tutela della salute nei trasporti pubblici, sia sul piano nazionale che su quello regionale, risultino univoche e siano attuate in maniera omogenea sull'intero territorio, anche alla luce degli attuali dati incoraggianti relativi ai contagi, e per quali motivi non siano state assunte decisioni con modalità e tempistiche tali da evitare condizioni di estremo disagio per i passeggeri che, pur avendo prenotato il viaggio, non hanno potuto accedere ai treni.
(3-01717)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


   CONTE e FORNARO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il 21 luglio 2020 nel Consiglio europeo è stato siglato l'accordo per dare vita al cosiddetto Recovery Fund: 750 miliardi di euro destinati ai Paesi colpiti dalla crisi legata alla pandemia, ripartiti tra 390 miliardi come sussidi a fondo perduto e 360 miliardi di euro come prestiti;

   l'Italia ha ottenuto ben 209 miliardi di euro, con circa 82 miliardi di euro di sussidi e 127 miliardi di euro di prestiti;

   l'Italia dovrà preparare entro il 15 ottobre 2020 un piano nazionale di interventi, con progetti specifici che organizzino obiettivi e spesa poi sottoposti alla valutazione dell'Unione europea;

   nel documento conclusivo del Consiglio europeo si legge, tra le altre cose: «Obiettivo di questa rubrica è contribuire al valore aggiunto dell'Unione europea promuovendo la convergenza, sostenendo gli investimenti, la creazione di posti di lavoro e la crescita, contribuendo a ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali all'interno degli Stati membri e in tutta Europa»;

   per realizzare questo obiettivo è indispensabile che vengano destinati esclusivamente al Mezzogiorno d'Italia almeno 70 miliardi di euro come risorse aggiuntive rispetto a quelle ordinarie dello Stato e a quelle dello stesso Recovery Fund utilizzate per interventi di sistema da effettuarsi uniformemente su tutto il territorio nazionale;

   se davvero si vuole incidere sul divario Nord-Sud, che in questi anni ha pesato moltissimo in tutti gli indicatori economici e sociali, le risorse da destinarsi al Mezzogiorno dovranno essere aggiuntive e non sostitutive di altri impegni (come quello del «Piano Sud 2030»), che comunque andrebbero assunti e mantenuti dentro politiche di coesione, di recupero e rilancio del Mezzogiorno che vanno istituzionalizzate con un fondo stabile del bilancio dello Stato, in modo da garantire un impegno ordinario per il recupero del gap, a cui sommare eventualmente risorse straordinarie;

   giova ricordare che la spesa ordinaria in conto capitale nelle regioni meridionali, in valore assoluto, raggiunge i 6,2 miliardi di euro nel 2018, ossia solo il 22,5 per cento dell'impegno su scala nazionale;

   giova, altresì, segnalare che la crisi economica legata al COVID-19 potrebbe far perdere al Sud quasi 380 mila posti di lavoro nel 2020, secondo una stima elaborata dalla Svimez, con un impatto paragonabile a quello subito nel quinquennio 2009-2013 –:

   come intenda il Governo utilizzare i fondi del Recovery Fund in rapporto al Sud e alla necessità di recuperare il divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese.
(3-01715)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

  in data 9 luglio l'amministrazione comunale di Gabiano, in provincia di Alessandria, ha sollecitato la direzione provinciale di Poste Italiane, informando per conoscenza il prefetto di Alessandria e il presidente della provincia, a ripristinare l'orario normale dell'ufficio postale del paese, riportandolo alle sei ore previste prima della riduzione;

   il perdurare della riduzione di orario è causa di notevoli disagi ai cittadini e il formarsi di lunghe file di persone in attesa di accedere agli sportelli, rendono più difficoltoso il mantenimento delle regole di distanziamento sociale necessarie per frenare la diffusione dei contagi da Covid-19;

   l'utenza all'ufficio postale è in gran parte anziana ed è costretta a lunghe attese in piedi e all'aperto –:

   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza della grave situazione generata dal protrarsi della riduzione di orario, e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per superare questa situazione che sta arrecando notevoli disagi alla comunità di Gabiano.
(4-06549)


   STUMPO e EPIFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Betafence Italia spa di Tortoreto (TE), è un'azienda metalmeccanica, con 155 dipendenti, che produce sistemi di recinzione per privati, aziende ed amministrazioni pubbliche;

   il 29 luglio 2020 la direzione del gruppo Præsidiad, di cui Betafence Italia fa parte, ha comunicato la volontà di chiudere il sito produttivo di Tortoreto, giustificando tale scelta con la necessità di riorganizzare le attività in previsione di una possibile recessione causata dal Covid-19 e a causa dei risultati della Betafence Italia che, negli ultimi due anni, sarebbero stati leggermente meno positivi degli anni precedenti;

   tale scelta, a detta dei sindacati, si inserisce all'interno della politica del gruppo Præsidiad, di cui è proprietario il fondo di investimento americano Carlyle, che ha già visto recentemente la chiusura di una fabbrica in Inghilterra e la delocalizzazione in Polonia della medesima produzione;

   le segreterie provinciali dei sindacati Fiom Cgil e Fim Cisl di Teramo in un documento hanno precisato che Betafence Italia spa ha sempre raggiunto risultati produttivi e di bilancio positivi, con il fatturato degli ultimi anni sempre superiore ai 40 milioni di euro e l'indice di bilancio Ebitda sempre positivo, in particolare l'Ebitda 2019 è stato pari ad euro 3.013.000, nel 2018 pari a euro 4.284.000, nel 2017 pari a euro 4.782.000, nel 2016 pari a euro 3.900.000, nel 2015 pari a euro 4.230.000;

   appare quindi forte il rischio della perdita, per il territorio teramano e nazionale, di una realtà industriale che non presenta una situazione di crisi con la conseguente pesante conseguenza di perdita dei livelli occupazionali;

   a detta degli interroganti è necessaria e improrogabile, al fine di trovare una soluzione diversa da quella prevista dall'azienda, anche per la tutela dei livelli occupazionali e del reddito che quel sito produttivo genera, la convocazione urgente di un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico come richiesto con forza da lavoratori e dai sindacati –:

   se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;

   se non ritenga urgente convocare il tavolo di crisi, con tutti i soggetti interessati per trovare soluzioni adeguate al fine di scongiurare la chiusura dell'azienda Betafence Italia spa di Tortoreto (Te) e salvaguardare i livelli occupazionali e l'importante reddito generato dall'azienda nel territorio di Teramo.
(4-06553)


   TARTAGLIONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da oltre un anno la Uiltemp, unitamente alle categorie di Cgil e Cisl che si occupano di lavoratori somministrati, sta tenendo alta l'attenzione sulla situazione delle oltre 400 lavoratrici e lavoratori in somministrazione, assunti dall'agenzia per il lavoro Adecco Italia s.p.a ed in missione presso Poste Italiane. Di questi, circa 300 hanno un contratto a tempo indeterminato con l'agenzia Adecco, anche grazie a due accordi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali;

   nonostante un percorso condiviso con l'agenzia e l'azienda al fine di garantire continuità occupazionale, Poste Italiane il 30 giugno 2020 ha interrotto la missione lavorativa di ulteriori 17 lavoratori a causa di un'interpretazione, non condivisibile, del cosiddetto decreto «Dignità», che considera il limite dell'anzianità di 24 mesi previsto per i lavoratori temporanei;

   ci si è trovati dinanzi a questa azione incomprensibile, nonostante la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, puntualizzi che «nessuna limitazione è prevista per i lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato inviati in missione temporanea, come nel caso di specie;

   pertanto, nonostante tutti gli strumenti messi in atto nel settore della somministrazione di lavoro, finalizzati ad assicurare la continuità occupazionale, il destino riservato a questi 17 lavoratori toccherà anche alle restanti centinaia di dipendenti che, con scadenze differenti, sono impegnati nella commessa di Poste Italiane» –:

   quali iniziative urgenti si intendono adottare, per quanto di competenza, per dare soluzione alle situazioni di cui in premessa, facendo chiarezza sulla questione interpretativa verificatasi e scongiurando quindi il licenziamento di centinaia di lavoratori in un momento così difficile per il nostro Paese e per le famiglie italiane.
(4-06556)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Polidori e altri n. 2-00880, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Mazzetti.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Nobili n. 4-06531, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Migliore.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Anna Lisa Baroni n. 5-04391 del 20 luglio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Massimo Enrico Baroni n. 5-04438 del 23 luglio 2020;

   interrogazione a risposta scritta Quartapelle Procopio n. 4-06469 del 27 luglio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Nardi n. 5-04475 del 28 luglio 2020.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata è interessata dalla procedura di infrazione comunitaria n. 2011/2215 ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che riguarda gli obblighi imposti dall'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE in base ai quali esclusivamente le discariche «esistenti» al 16 luglio 2001, dovevano essere rese conformi entro il 16 luglio 2009;

   la procedura di infrazione vede interessata anche la piattaforma integrata dei rifiuti non pericolosi sita in località «La Martella» del comune di Matera;

   con le risorse rese disponibili nel Contratto istituzionale di sviluppo, pari a 3 milioni di euro ha indetto una procedura aperta per l'affidamento dei servizi tecnici di architettura e ingegneria per la redazione del progetto definitivo, progetto esecutivo, direzione lavori e il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione relativi agli interventi ambientali urgenti per la discarica sita in località La Martella (Matera);

   la giunta regionale di Basilicata ha approvato la scheda «Interventi di chiusura e messa in sicurezza dei settori di discarica della piattaforma gestione rifiuti di località La Martella del comune di Matera» per ulteriori 3 milioni a valere sul patto per lo sviluppo della regione Basilicata - Fsc 2014-2020;

   la giunta regionale, nell'ambito della procedura negoziale di cui alla D.G.R. n. 628/2017 (e successive modificazioni e integrazioni) ha ritenuto di individuare le ulteriori risorse economiche necessarie per la realizzazione di tutti quegli interventi per il superamento della richiamata procedura di infrazione, pari a 4,55 milioni di euro a valere sulle risorse del PO FESR Basilicata 2014-2020 e dell'FSC 2014-2020;

   la giunta regionale ha nominato un commissario ad acta per il comune di Matera al fine di attuare gli interventi necessari alla soluzione della procedura di infrazione, oltre che alla conclusione del procedimento autorizzatorio VIA-AIA della piattaforma gestione rifiuti di La Martella;

   in data 24 aprile 2020 il commissario ha chiesto al sindaco di Matera, di procedere all'approvazione della variazione al piano triennale dei Lavori Pubblici con gli interventi di bonifica finanziati, i cui progetti sono già stati definiti. Approvazione necessaria per il prosieguo delle attività propedeutiche all'appalto dei relativi lavori, con ogni ragionevole urgenza;

   attualmente Matera non ha ancora approvato la variazione al piano triennale con gli interventi di bonifica non consentendo, quindi, di procedere alla realizzazione dei lavori finalizzati a risolvere una questione annosa, e che farebbe uscire la regione dalla procedura di infrazione per le discariche –:

   quali iniziative si intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per dare soluzione alle forti criticità riportare in premessa e per contribuire a far venir meno la procedura di infrazione per le discariche relative alla Basilicata.
(4-05536)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dalla regione Basilicata, si rappresenta quanto segue.
  Il comune di Matera è proprietario di una piattaforma per il trattamento dei rifiuti non pericolosi sita in località «La Martella» a circa 7 chilometri dall'abitato urbano, autorizzata giusta A.I.A. — delibera giunta regionale n. 134 del 14 febbraio 2019.
  La piattaforma in argomento si estende per una superficie di circa 20 ettari ed è costituita da un impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani (Tmb) e da n. 5 bacini di stoccaggio definitivo rifiuti (discariche), denominati settore I, settore II, settore III, settore IV, settore V.
  La «Procedura di Infrazione comunitaria n. 2011/2215 ex Art. 258 TFUE – Attuazione in Italia dell'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti», che ha interessato alcune discariche presenti nella regione Basilicata, riguarda gli obblighi imposti dall'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE, in base ai quali esclusivamente le discariche «esistenti» al 16 luglio 2001 (ovvero tutte le discariche che avevano ottenuto un'autorizzazione, ovvero erano in funzione), dovevano essere rese conformi entro la predetta data.
  Nella citata procedura di infrazione è coinvolta anche la piattaforma di Matera ubicata in località «La Martella»; nello specifico, la procedura riguarda, esclusivamente, i settori di discarica denominati III e IV.
  Infatti, nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2007, a seguito di un'emergenza dovuta alla mancanza di volumetrie di discarica per lo smaltimento di rifiuti urbani, la provincia di Matera (allora designata al rilascio delle autorizzazioni all'esercizio in base alla normativa regionale) aveva autorizzato lo stoccaggio provvisorio delle balle di sopravaglio prodotte dall'impianto di trattamento meccanico-biologico presente nella piattaforma di «La Martella», prima sul IV settore e, successivamente, sul settore III, fino all'entrata in esercizio del V settore di discarica.
  Questo aumento di abbanco di rifiuti nei settori III e IV, nel tempo, non è stato risolto, per cui è scattata la procedura di infrazione suddetta. Attualmente il comune di Matera, con l'ausilio di un commissario
ad acta nominato dalla regione Basilicata, sta ponendo in atto gli interventi necessari per il superamento della procedura di infrazione UE che consistono sinteticamente in:

    completa rimozione delle volumetrie dei sovrabbanchi esistenti sul III settore e IV settore di discarica e abbancamento delle stesse all'interno del V settore;

    copertura definitiva dei settori III e IV mediante la messa in opera di un capping secondo le prescrizioni contenute nel decreto legislativo n. 36 del 2003 (e successive modificazioni integrazioni);

    adeguamento e installazione di nuovi impianti di:

     trattamento in loco del percolato;

     captazione e trattamento del biogas estratto dal III, IV e V settore di discarica;

     trattamento in loco delle acque meteoriche ricadenti sulle superfici impermeabilizzate;

     rete acque nere (fossa imhoff);

     rete di raccolta delle acque scolanti sui bacini di discarica dotati di copertura definitiva.

  Il progetto definitivo degli interventi suddetti è stato approvato ed è in fase di elaborazione il progetto esecutivo da porre a base di gara di appalto propedeutica alla realizzazione delle opere previste al fine di risolvere, definitivamente, la procedura di infrazione UE.
  I suddetti adempimenti messi in atto per il superamento dell'infrazione comunitaria e il provvedimento autorizzatorio AIA di cui alla delibera giunta regionale n. 134 del 14 febbraio 2019, attualmente vigente, consentono l'esercizio della piattaforma contestualmente all'esecuzione dei lavori previsti.
  Nell'ambito delle competenze regionali (legge regionale 16 novembre 2018 n. 35) di organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, nelle more della definizione del piano d'ambito di competenza dell'Egrib (Ente di governo per i rifiuti e le risorse idriche della Basilicata), la Regione ha provveduto, per il periodo dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, alla pianificazione dei flussi dei rifiuti urbani (codice CER 20.03.01), nell'ambito del territorio regionale, tra i Comuni e gli «impianti di piano» previsti nel Piano regionale gestione rifiuti.
  In particolare, per i comuni di Matera, Bernalda, Tricarico, Ferrandina ed Irsina (appartenenti ad un unico ambito denominato «
sub ambito operativo 1 dell'area metropolitana di Matera»), la pianificazione ha previsto, come recapito finale dei rifiuti indifferenziati, le piattaforme di Matera (per il solo comune di Matera), di Tricarico (per i rifiuti provenienti dai comuni di Tricarico, Irsina e Ferrandina) e la piattaforma di Colobraro (per quelli raccolti nel comune di Bernalda).
  Con due note del 15 gennaio 2020 e del 21 gennaio 2020 il comune di Matera ha comunicato la sospensione dei conferimenti dei rifiuti solidi urbani presso la piattaforma di località «La Martella» a far data dal 10 dicembre 2019, atteso che «con l'avvio del nuovo contratto per i servizi di igiene urbana per il
sub ambito operativo 1, a partire dal 9 dicembre 2019, lo smaltimento dei suddetti rifiuti compete al nuovo gestori».
  In particolare, il contratto stipulato tra il gestore del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti ed i comuni facenti parte del suddetto
sub ambito operativo 1 (Matera, Irsina, Tricarico, Ferrandina e Bernalda), prevede che sia lo stesso gestore ad individuare la destinazione finale del rifiuto urbano indifferenziato (oltre che delle altre frazioni merceologiche dei rifiuti raccolte in modo differenziato).
  D'altro canto il provvedimento regionale di pianificazione dei flussi dei rifiuti urbani (determina dirigenziale dell'ufficio prevenzione e controllo ambientale n. 1304/2019) prevede la facoltà dei comuni di conferire i propri rifiuti indifferenziati (CER 20.03.01), provenienti da sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, in impianti diversi da quelli elencati nel provvedimento, purché l'impianto sia autorizzato al recupero di tale frazione, il conferimento avvenga secondo le modalità ed i termini disposti dalla normativa vigente in materia ed a condizione di tempestiva comunicazione all'ufficio regionale competente, nonché ad Egrib, indicando l'impianto di recupero all'uopo individuato, nonché la quantità di rifiuti e l'atto in forza del quale avviene tale trasferimento.
  A seguito di alcune difficoltà incontrate dal nuovo gestore, a cui è stato appaltato il servizio di raccolta e gestione dei rifiuti dei comuni del
sub ambito operativo 1, nell'individuare la destinazione finale dei rifiuti raccolti nei vari centri urbani dell'ambito (anche a causa della intervenuta chiusura e, quindi, indisponibilità della piattaforma di località «La Martella»), si sono svolti una serie di incontri sollecitati dalle parti e promossi dal dipartimento ambiente ed energia della regione Basilicata al fine di poter agevolare e facilitare le soluzioni per approcciare al meglio la prima fase di start-up della gestione di raccolta (che prevede, tra l'altro, l'organizzazione ex novo della raccolta porta a porta) e giungere, in maniera funzionale, alla fase di regime assicurando la più alta percentuale di raccolta differenziata.
  Allo stato attuale, come da comunicazione ufficiale da parte dei comuni appartenenti al
sub ambito operativo 1, tali Amministrazioni conferiscono il proprio rifiuto urbano indifferenziato in un impianto di recupero privato ubicato nel comune di Ferrandina e negli impianti di piano ubicati nei comuni di Tricarico e Colobraro (secondo le indicazioni della citata determina dirigenziale n. 1304 del 2019).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CAVANDOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Roma, con l'ordinanza 13 marzo 2020, n. 1275, ha congelato i vertici del Consiglio nazionale forense (Cnf) in attesa che, il 15 aprile 2020, venga stabilito una volta per tutte se è stata legittima l'elezione di alcuni componenti del massimo organo di rappresentanza degli avvocati: in particolare del presidente Andrea Mascherin e di altri otto consiglieri;

   il nuovo provvedimento giunge in un momento particolarmente delicato, quello dell'emergenza epidemiologica da Coronavirus, determinando una obiettiva situazione di incertezza per quanto riguarda i rapporti tra Avvocatura ed istituzioni, coinvolti nella gestione delle problematiche che stanno investendo anche il settore giustizia;

   l'ordinanza adottata sospende gli effetti della proclamazione di otto consiglieri, conferma la sospensione per l'altro consigliere già attinto dal provvedimento nel precedente processo civile e rinvia per il merito alla già fissata udienza di discussione del ricorso ex articolo 702-bis codice di procedura civile. I giudici di merito, in definitiva, hanno disposto la sospensione cautelare degli effetti della proclamazione a consigliere del Cnf dei 9 avvocati dei quali era stata chiesta la dichiarazione di ineleggibilità in presenza dei requisiti ostativi alla loro elezione ai sensi della legge 31 dicembre 2012 n. 247;

   inoltre, sono stati confermati gli effetti dell'ordinanza adottata il 17 dicembre 2019 dal medesimo tribunale e con cui erano stati già sospesi gli effetti della nomina di uno dei consiglieri del Cnf (avvocato Antonio Baffa);

   il tribunale ritiene che l'interpretazione delle diverse norme della legge professionale forense, quella per l'elezione dei Consigli degli ordini degli avvocati (Coa) e quella per il Cnf, vada condotta nel solco già tracciato dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale, essendo le norme dettate dallo stesso criterio e formulate in modo identico;

   il limite del doppio mandato, pertanto, comprende i mandati pregressi e, da ciò, emerge che alcuni degli ineleggibili erano tali anche nella precedente tornata elettorale, avendo già svolto non due, ma tre mandati consecutivi;

   a parere dell'interrogante la ferma resistenza di questi ineleggibili appare pertanto inspiegabile, considerato che la legge professionale era già stata forzata per alcuni consentendo loro di svolgere un mandato al quale non avevano diritto;

   il tribunale romano considera prevalente il diritto di elettorato passivo che non tollera compressioni di sorta, una volta che il giudice abbia il ragionevole convincimento che quel diritto sia stato male attribuito;

   si può pertanto giustamente parlare di una decimazione del Cnf, poiché gli esclusi non potranno più partecipare ad alcuna attività, ma al tempo stesso non è possibile procedere a nuove elezioni se prima non interviene la pronuncia di merito sulla decadenza;

   nessun dubbio sulla capacità dei consiglieri restanti in carica di proseguire l'attività anche in numero limitato, cosa possibile poiché il Consiglio nazionale forense – composto da 33 membri – può funzionare con la presenza di un quarto dei suoi componenti;

   i fatti esposti inducono a sperare, ancora una volta, in un gesto di responsabilità da parte degli ineleggibili affinché privilegino l'interesse dell'ente rispetto al proprio interesse soggettivo –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa e se intenda adottare iniziative di competenza, anche normative, per tutelare il principio di legge dell'alternanza delle cariche elettive, volto a promuovere il pluralismo democratico e la partecipazione più ampia possibile dei candidati eleggibili nell'organismo di rappresentanza istituzionale dell'avvocatura italiana che rappresenta l'intera classe forense.
(4-05086)

  Risposta. — Con riferimento alle diverse questioni poste dall'interrogante in merito alla vicenda della sospensione degli effetti della proclamazione di otto consiglieri del Cnf, giova preliminarmente rappresentare che in merito alle varie questioni relative alle elezioni del Consiglio nazionale forense, ai procedimenti giurisdizionali introdotti per contestarne l'esito e alle richieste di commissariamento del Consiglio medesimo per pretesa illegittimità della composizione a seguito delle elezioni, la posizione del Ministero della giustizia, è di equidistanza rispetto all'esito delle competizioni elettorali, non ravvisandosi i presupposti per intervenire nei confronti di un Consiglio democraticamente eletto laddove, per ipotesi, sia ipotizzata una violazione della materia elettorale – per esempio, per pretesa ineleggibilità di qualche candidato –, rispetto alla quale ricorre una piena tutela giurisdizionale.
  In altri termini, gli eventuali vizi della procedura elettorale non possono essere posti a fondamento di un provvedimento di scioglimento dell'ordine eletto, potendo e dovendo gli stessi essere emendati, qualora sussista un interesse concreto, soltanto in sede giurisdizionale, ove può essere compiuto un accertamento pieno in ordine alla legittimità del risultato.
  Ed infatti, al Ministero della giustizia è attribuito esclusivamente il compito di vigilare sul funzionamento dei Consigli e degli ordini professionali, mentre non rientra tra i poteri di vigilanza attribuiti al Ministero della giustizia anche quello di verificare l'eleggibilità dei candidati e la regolarità della competizione elettorale.
  Invero, secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un Consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo Consiglio, ovvero ancora quando il Consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti, persista nel violarli.
  Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 11/1968 (relativa all'ordine dei giornalisti, ma esprimendo principi di carattere generale), nella quale tra l'altro si legge che «il potere del Ministro è corollario del pubblico interesse al regolare funzionamento dei Consigli... sicché nessuna ingerenza è consentita all'esecutivo sull'attività amministrativa relativa agli iscritti, salva la implicita possibilità di segnalare fatti che possano giustificare il promovimento dell'azione disciplinare: nel che non si può riscontrare, in verità, nessun rischio di abuso».
  Quanto, in particolare, alla professione di avvocato, l'articolo 24, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, prevede che «Il CNF e gli ordini circondariali... sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia», che dunque si estrinseca con le modalità e nelle ipotesi sopra indicate.
  Alla stregua di dette premesse in ordine al perimetro dei poteri di vigilanza sull'Ordine forense, stante la tutela ordinamentale per contestare il risultato della competizione elettorale esula dalle competenze di questo Ministero interferire con i procedimenti elettorali per il rinnovo del Consiglio nazionale – come anche dei Consigli circoscrizionali – i quali saranno eventualmente sottoposti al sindacato dell'autorità giurisdizionale nel caso di impugnazione dei relativi esiti da parte degli interessati.
  In definitiva, il Ministero della giustizia non ravvisa l'opportunità di intervenire per orientare le elezioni di rinnovo dei Consigli dell'ordine forense, rispetto ai quali, come più volte detto, nell'ipotesi di inosservanza della normativa di riferimento, l'ordinamento attribuisce tutela giurisdizionale per ripristinare la legalità violata, ferme restando le parallele azioni di responsabilità e risarcimento azionabili da parte dei singoli interessati.
  Tanto chiarito, venendo al merito delle eventuali «iniziative di competenza, anche normative, per tutelare il principio di legge dell'alternanza delle cariche elettive, volto a promuovere il pluralismo democratico e la partecipazione più ampia possibile dei candidati eleggibili nell'organismo di rappresentanza istituzionale dell'avvocatura italiana che rappresenta l'intera classe forense», alla stregua anche delle allegazioni fattuali dell'interrogante è agevole rilevare che nessuna iniziativa di natura amministrativa è allo stato praticabile nei confronti dell'Ordine nazionale.
  Il Consiglio, infatti, può ben funzionare nell'attuale composizione, sicché non si rende necessario disporne lo scioglimento, con provvedimento che troverebbe ragion d'essere solo ove l'organo consiliare non fosse in grado di continuare a operare regolarmente.
  Preme, per completezza, ricordare che a seguito della sentenza n. 32781/2018 della Corte di cassazione, resa con esclusivo riguardo alle elezioni dei Consigli circoscrizionali forensi, è stato proprio il Ministero della giustizia a farsi promotore di un decreto-legge che introducesse una norma di interpretazione autentica dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 113 del 2017, al fine di garantire quanto più possibile una uniformità nell'applicazione della normativa elettorale di riferimento.
  Con riguardo al merito della questione va ricordato che, secondo quanto previsto dall'articolo 34 del decreto legislativo n. 142 del 2012 «...i componenti del Consiglio nazionale forense non possono essere eletti consecutivamente più di due volte nel rispetto dell'equilibrio tra i generi».
  Tale principio opera anche per gli ordini circondariali giusta previsione contenuta all'articolo 3 comma 3 della legge 12 luglio 2017 n. 113.

  Su tale ultima previsione la Corte costituzionale si è recentemente pronunciata nel senso della conformità della stessa ai principi di cui agli articoli 2, 118, 120 2, 3, 18, 48, 51 e 118 della Costituzione.
  La Consulta ha così evidenziato come la previsione di un limite ai mandati che possono essere espletati consecutivamente è un principio di ampia applicazione per le cariche pubbliche – membri elettivi del Consiglio superiore della magistratura (Csm); componenti del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato; membri del Consiglio nazionale forense; componenti del Consiglio nazionale del notariato, tra gli altri – ed è, comunque, un principio di portata generale nel più specifico ambito degli ordinamenti professionali.
  Il divieto del terzo consecutivo mandato favorisce il fisiologico ricambio all'interno dell'organo, immettendo «forze fresche» nel meccanismo rappresentativo (nella prospettiva di assicurare l'ampliamento e la maggiore fluidità dell'elettorato passivo), e – per altro verso – blocca l'emersione di forme di cristallizzazione della rappresentanza; e ciò in linea con il principio del buon andamento della amministrazione, anche nelle sue declinazioni di imparzialità e trasparenza, riferito agli ordini forensi, e a tutela altresì di valori di autorevolezza di una professione oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, in ragione della sua diretta inerenza all'amministrazione della giustizia e al diritto di difesa. Valori, questi, riconducibili, dunque, agli articoli 3, 24, 51 e 97 della Costituzione, che la disposizione censurata tutela in termini di ragionevolezza e proporzionalità, attesa la già sottolineata temporaneità (per una sola tornata) della descritta ipotesi di incandidabilità.
  Così ricostruita la disciplina vigente, con riferimento alla richiesta di chiarimenti in ordine ad eventuali iniziative normative sulla materia indicata, non risultano al momento avviate dal Ministero della giustizia proposte in tema in ineleggibilità dei candidati al Consiglio nazionale forense.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   COMENCINI, FORMENTINI, ZOFFILI, BILLI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 27 dicembre 2019, il Montenegro ha adottato una controversa legge sulla libertà religiosa che sta determinando significative reazioni negative nei Balcani ed in particolare in Serbia;

   la nuova legge, in effetti, costringendo gli enti interessati a dimostrare i diritti di proprietà antecedenti al 1918, minaccerebbe il patrimonio del Patriarcato ortodosso serbo in Montenegro;

   il Patriarcato ortodosso serbo non era infatti ancora costituito prima del 1926;

   è riconducibile al Patriarcato ortodosso serbo la titolarità di 66, tra chiese e monasteri, che potrebbero essere avocati allo Stato in vista della loro successiva assegnazione al Patriarcato ortodosso montenegrino;

   in conseguenza dell'adozione della nuova legge sulla libertà religiosa, si sono registrati proteste e scontri tra manifestanti e polizia, non soltanto in Montenegro, ma anche in Serbia, mentre in Croazia il provvedimento è stato accolto positivamente, a conferma di un clima ancora non sereno ad oltre 15 anni dalla fine della guerra di secessione jugoslava;

   è diffuso il timore che ai montenegrini di osservanza serbo-ortodossa possa essere negata la libertà religiosa;

   la diplomazia italiana è rimasta finora inerte sulla questione, malgrado investa l'esercizio di diritti di libertà fondamentali in un Paese vicino che aspira anche a far parte dell'Unione europea –:

   quali iniziative di competenza il Governo italiano intenda assumere in tutte le sedi internazionali competenti in cui il nostro Paese è rappresentato per esercitare un'azione concertata nei confronti delle autorità di Podgorica, affinché in Montenegro sia assicurato il pieno godimento della libertà religiosa.
(4-04654)

  Risposta. — Il Parlamento montenegrino ha approvato, il 26 dicembre 2020, la «legge sulla libertà di religione o di credo e lo stato legale delle comunità religiose», considerata dal Primo Ministro Marković tra i punti chiave del programma di governo. Il Presidente montenegrino Dukanović ha sottolineato come l'obiettivo della nuova legge sia quello di fare chiarezza sulle molteplici situazioni di incertezza giuridica esistenti con la precedente legge del 1977, che negli ultimi anni Podgorica aveva tentato, senza successo, di modificare.
  L'approvazione della nuova normativa è stata accompagnata da manifestazioni di protesta in Montenegro e in Serbia, fino a questo momento in modo ordinato, al di là di qualche limitato incidente. Le ragioni del dissenso sono legate alla materia del diritto di proprietà delle comunità religiose, non disciplinata dalla legge del 1977. La proprietà di beni ed edifici religiosi presenti nel Paese risulta infatti incerta, in taluni casi contesa tra la Chiesa ortodossa serba, maggioritaria, e la chiesa ortodossa montenegrina, minoritaria. La Chiesa serbo ortodossa critica la nuova legge soprattutto per la disposizione in base alla quale, se non vi è documentazione che dimostri la proprietà di un bene ecclesiastico prima del 1918, quel bene diventa di proprietà dello Stato, Il 1918 è l'anno di scioglimento del Regno montenegrino, la cui Costituzione attribuiva quei beni alla proprietà dello Stato e il loro uso all'allora autonoma Chiesa montenegrina, dopo quell'anno assorbita dalla Chiesa serbo ortodossa. Il Governo di Podgorica ha più volte rappresentato la volontà di non modificare la destinazione d'uso dei beni oggetto di eventuale appropriazione, rilevando che la legge dispone unicamente il cambio della titolarità della proprietà. Le autorità montenegrine hanno inoltre sempre sottolineato che la nuova legge è stata adottata al termine di un processo di consultazione durato diversi anni e ampiamente inclusivo in favore delle comunità religiose e delle organizzazioni non governative di carattere religioso.
  Mentre alcune comunità religiose presenti in Montenegro hanno concluso con lo Stato accordi volti a disciplinare le relazioni reciproche (quella cattolica, islamica ed ebraica), la Chiesa ortodossa serba ha sempre rifiutato di fare altrettanto, adducendo a motivazione la propria preesistenza rispetto all'indipendenza del Montenegro. La Chiesa ortodossa montenegrina è invece registrata come organizzazione non governativa.
  La legge tocca anche il tema dell'identità statuale montenegrina e del rapporto tra lo Stato e i cittadini montenegrini che si richiamano all'identità serba, secondo l'ultimo censimento circa il 30 per cento della popolazione presenti soprattutto nel nord del Paese. I rapporti tra Serbia e Montenegro, uniti fino al referendum montenegrino a favore dell'indipendenza nel 2006, restano intensi in ragione della storia comune, delle relazioni economiche e dei legami sociali esistenti.
  Il 17 maggio 2019 il Ministro dei diritti umani e delle minoranze del Montenegro ha richiesto
, su quello che era allora un disegno di legge, la valutazione della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa. Il 24 giugno la Commissione ha adottato la sua opinione basandosi sugli esiti della visita nel Paese di una delegazione di tre esperti. Ha riconosciuto gli «sforzi genuini» condotti dal Governo montenegrino per l'adozione di una nuova legge ritenuta «necessaria» perché sostitutiva di una normativa troppo datata e non più in linea con gli standard di tutela internazionali. Questo giudizio positivo ha riguardato in particolare il riferimento nel testo alla libertà di religione o credo e non alla religione in senso stretto, il carattere non obbligatorio della procedura di registrazione delle comunità religiose, la salvaguardia dell'autonomia delle comunità religiose e il diritto all'insegnamento della religione. L'opinione ha raccomandato allo stesso tempo di migliorare e chiarire alcuni passaggi del disegno di legge. Sulle disposizioni volte a disciplinare il diritto di proprietà delle comunità religiose, la Commissione di Venezia ha esortato il Governo a rendere il più possibile efficace, oggettiva e garantista la procedura prevista per effettuare le verifiche sui titoli di proprietà. Il testo della nuova legge ha recepito la maggior parte delle raccomandazioni formulate dalla Commissione di Venezia.
  Recentemente si sono moltiplicati i messaggi del Governo montenegrino volti a sottolineare la disponibilità al dialogo con la Chiesa serbo ortodossa, Il Primo Ministro Marković ha invitato con una sua lettera il Metropolita della Chiesa serbo ortodossa Amfilohjie a ricercare insieme le soluzioni migliori per dare attuazione alle disposizioni della nuova legge sulle proprietà ecclesiastiche, nell'arco dei sei mesi previsti per l'adozione dei regolamenti attuativi e dell'ulteriore periodo di un anno per darvi attuazione.
  L'Italia è fortemente impegnata nella protezione e promozione della libertà di religione o credo a livello internazionale, in ambito multilaterale, nei rapporti bilaterali con i Paesi terzi e nei programmi della cooperazione allo sviluppo. La libertà di religione o credo e la protezione degli appartenenti a minoranze religiose figurano anche tra i temi prioritari del mandato triennale dell'Italia in Consiglio diritti umani ONU (2019-2021). In questo quadro, il nostro Paese segue la situazione in Montenegro in stretto coordinamento con i principali
partner, anzitutto l'Unione europea, nella consapevolezza della forte sensibilità che la questione riveste. Il Governo non ha mancato e non mancherà di incoraggiare tutte le parti a preservare il dialogo e a mantenere un approccio costruttivo, evitando tensioni che potrebbero avere riflessi anche in ambito regionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, — Per sapere – premesso che:

   il propalarsi incontrollato del coronavirus costituisce oggi una chiara emergenza sanitaria nazionale;

   il Governo ha assunto provvedimenti volti al contenimento del coronavirus che, fatalmente, riverberano effetti drammatici sull'economia nazionale;

   è necessario, pur assegnando priorità assoluta all'emergenza sanitaria, immaginare strumenti per la ricostruzione economica del tessuto imprenditoriale italiano, fortemente provato dalle misure di contenimento della diffusione del coronavirus;

   particolare sofferenza è stata registrata nel settore del Made in Italy e delle esportazioni;

   sono state annullate decine e decine di manifestazioni fieristiche legate al Made in Italy;

   come ricordato dal Presidente per l'istituto per la tutela dei produttori italiani Professor Walter Martini, nel «manifesto dei produttori italiani», inviato al Governo e al Parlamento, gli imprenditori italiani si stanno impegnando per mantenere inalterato il tasso occupazionale, nonostante gli effetti involontariamente perversi e pregiudizievoli dei provvedimenti volti al contenimento della diffusione del coronavirus;

   nel predetto manifesto dei produttori viene suggerito il finanziamento di showroom permanenti dei produttori italiani nelle maggiori metropoli del mondo per ricostruire la nostra immagine e rilanciare l'export del Made in Italy;

   il suggerimento scaturisce anche dalla amara considerazione che, in alcuni casi, le manifestazioni fieristiche si svolgono in ambienti equivoci che, prima di promuovere la diffusione del Made in Italy, agevolano, alimentano e sollecitano la delocalizzazione della produzione, facendo leva sul vantaggio competitivo costituito dal minor costo della manodopera;

   una rete di showroom permanenti del Made in Italy, frutto di un patto fra produttori e Governo potrebbe, viceversa, alimentare la vera tutela del Made in Italy e la vera promozione del Made in Italy –:

   se il Governo ritenga opportuno adottare iniziative volte a promuovere e sostenere una rete permanente di showroom nel mondo per la promozione del Made in Italy.
(4-04921)

  Risposta. — Il Governo e in particolare il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in qualità di Dicastero competente anche per il commercio estero e l'internazionalizzazione delle imprese, è pienamente consapevole della rilevanza dell'export per la tenuta complessiva dell'economia italiana, nonché dell'importanza di proseguire in maniera ancora più incisiva nell'azione di promozione e tutela del «Made in Italy» all'estero.
  Con questi obiettivi, il Ministero, proprio al fine di attivare delle vetrine del
Made in Italy che siano pienamente inserite nei canali commerciali dei vari Paesi target, con il coinvolgimento di ICE-agenzia, intende puntare su un rafforzamento della presenza dei nostri prodotti nelle catene della grande distribuzione organizzata. Prenderanno avvio in queste settimane una serie di campagne con i grandi player internazionali per incrementare la presenza delle produzioni italiane di qualità. È in via di definizione il primo accordo in Germania con Kadewe ed in Francia con Galeries Lafayette e Biedronka in Polonia; in Nord America, saranno a breve attivi in USA gli accordi con Hyvee (117 aziende) e Rouses (168) e sono operativi quelli con HEB e Wakefem. In molti Paesi arabi (EAU, Bahrein e Qatar) si sta ultimando il rinnovo dell'accordo con Lulu. Inoltre, si procederà a finalizzare accordi con nuovi soggetti, come ad esempio il gruppo Hyundai in Corea del Sud e la federazione dei supermercati in Giappone.
  Nella consapevolezza della penalizzazione imposta dalla pandemia sui mercati fisici in alcuni Paesi, ci proponiamo di dare un robusto impulso alla visibilità dei prodotti italiani sulle piattaforme virtuali, veri e propri showroom digitali.
  In Cina, saranno attuati a breve gli accordi con Tencent (per la app Wechat – previste per il 2020 fino a 300 aziende sul nuovo Pavilion Italia) e con JinDong (per JD.com – fino a 200 aziende) che si aggiungono ai progetti già in corso di realizzazione con il Gruppo Suning (150 aziende di cui 40 nuove sia nei nuovi supermercati SUPS che nella nuova piattaforma online) e con i supermercati online di Alibaba (Hema o FreshHyppo fino a 40 aziende nuove).
  In Europa, prosegue il progetto Amazon per le vetrine madeinitaly in Francia, Germania, Spagna, Regno Unito dove sono presenti già 300 aziende ma con la possibilità di inserirne altrettante, mentre entrerà in vigore il terzo accordo con Ocado (principale piattaforma inglese di vendita per l'agroalimentare). Abbiamo inoltre avviato delle trattative con ulteriore grandi attori del mercato digitale, come Wildberries nella federazione russa. Queste iniziative potranno contare su uno stanziamento pubblico totale pari a 20 milioni.
  Tra le altre attività sviluppate all'interno del piano straordinario per la promozione del
made in Italy, si segnala, inoltre, il progetto Highstreet Italia. Si tratta di uno spazio multifunzionale permanente, situato a Seul (Corea del Sud), ove le imprese italiane, in particolare le PMI, possono non solamente esporre e vendere i propri prodotti, ma anche realizzare, in via autonoma o partecipando a programmi ideati da ICE agenzia, attività di promozione e di marketing, incontri b2b, eventi, mostre, workshop, cooking show e altro. Highstreet Italia è stato inaugurato l'11 dicembre 2019 ed è costituito da un building di 4 piani localizzato in Garosu Gil, una delle strade dello shopping di tendenza di Seoul, collocazione ideale per promuovere le tipologie di prodotto tipiche del made in Italy.
  Inoltre, per le aziende italiane interessate ad aprire
showroom, corner e centri di assistenza post vendita all'estero, ricordo che Simest può concedere finanziamenti agevolati (della durata di 6 anni, di cui 2 di preammortamento) per un ammontare minimo di 50 mila euro fino a un massimo di 2,5 milioni di euro sulla base delle tipologie di intervento previste dalla legge n. 394 del 1981. Con il decreto-legge cura Italia (in particolare l'articolo 72), il Governo ha da ultimo previsto che una parte di tali finanziamenti possano essere concessi a fondo perduto, previa delibera del comitato agevolazioni presieduto dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, FERRO, MONTARULI, LUCASELLI, TRANCASSINI, ROTELLI, DEIDDA, GALANTINO e PRISCO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è impegnata su vari fronti della cooperazione internazionale;

   la cooperazione internazionale ha carattere economico, sociale, culturale e umanitario –:

   quale sia l'entità delle erogazioni e dei prestiti, effettuati, promessi e/o concordati, dall'Italia a favore di nazioni terze e/o di persone giuridiche operanti nella cooperazione internazionale a far data da gennaio 2020 e sino alla data odierna;

   quali siano i singoli beneficiari, siano essi Stati o persone giuridiche diverse, delle predette erogazioni e/o prestiti e/o donazioni, sempre in relazione al predetto arco temporale;

   quali siano le singole motivazioni dei predetti prestiti, erogazioni e/o donazioni, accordati, promessi e/o erogati, nel predetto arco temporale.
(4-05043)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, OSNATO, MONTARULI, MANTOVANI, FERRO, LUCASELLI, ROTELLI, DEIDDA e PRISCO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni si sono susseguite notizie stampa, confermate dalla comunicazione ufficiale delle ambasciate italiane, in ordine a diverse donazioni e/o prestiti e/o erogazioni a diverso titolo dell'Italia in favore di Paesi esteri per affrontare l'emergenza sanitaria ed economica costituita dal propagarsi del coronavirus;

   in particolare, è emersa una erogazione di 50 milioni di euro a favore della Tunisia, di 21 milioni di euro a favore della Bolivia e di 200.000 a favore di Who Somalia, per il contrasto del coronavirus –:

   quale sia la quantità di prestiti e/o donazioni e/o erogazioni dell'Italia a favore di Paesi terzi, sia nell'ambito della cooperazione internazionale, sia specifici, per affrontare l'emergenza coronavirus;

   quali siano i singoli beneficiari delle predette erogazioni, siano essi altri Stati o persone giuridiche operanti in favore di e/o in altri Stati.
(4-05088)

  Risposta. — La cooperazione allo sviluppo costituisce parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia, nel più ampio quadro europeo ed internazionale. Il nostro Paese ha sempre utilizzato questo strumento, i cui obiettivi specifici sono declinati all'articolo della legge n. 125 del 2014 e volti a favorire uno sviluppo sociale equo, rispettoso dell'ambiente, partecipativo e condiviso delle società dei nostri partner, che permetta loro di crescere. Questo senza distogliere l'attenzione dall'interesse nazionale, sia in termini di vantaggi economici sia con riferimento alle attività congiunte. Tra queste ultime è importante anzitutto ricordare la lotta al traffico dei migranti e il contrasto al terrorismo.
  Gli obiettivi di cooperazione, quali obiettivi di politica estera, trovano il fulcro d'azione nell'Agenda 2030, adottata dalle Nazioni Unite nel 2015. Una delle priorità principali del Governo italiano in tale ambito rimane il raggiungimento degli obiettivi concordati sul piano internazionale in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), con particolare riferimento ai traguardi dello 0,7 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) da destinare ai Paesi in via di sviluppo e dello 0,15-0,20 per cento per i Paesi meno sviluppati. L'impegno ad un adeguamento dell'APS italiano, in linea con gli obiettivi fissati a livello internazionale, è inserito nell'articolo 30 della sopra citata legge n. 125 del 2014.
  Attualmente, tra i Paesi OCSE l'Italia si colloca nella parte bassa della classifica per percentuale di APS rispetto al RNL. In particolare, nel 2018 l'APS italiano è sceso dallo 0,3 per cento del 2017 allo 0,25 del RNL, collocandoci al 18mo posto fra i Paesi membri del
Development assistance committee (DAC) in seno all'OCSE. In ambito G7 il nostro Paese è passato dalla quarta alla sesta posizione, dietro a Regno Unito (0,7 per cento), Germania (0,61 per cento, Francia (0,43 per cento), Canada (0,28 per cento) e Giappone (0,28 per cento). Gli Stati Uniti si confermano all'ultimo posto con lo 0,16 per cento del RNL.
  A titolo comparativo, l'APS degli Stati Uniti in valore assoluto nel 2018 è stato pari a circa 29 miliardi di euro, quello della Germania a poco più di 21 miliardi, quello francese ha di poco superato i 10 miliardi di euro e quello olandese si è collocato a quasi 4,8 miliardi di euro (circa mezzo miliardo in più dell'Italia). Per il 2019 abbiamo ancora dati parziali e provvisori al vaglio dell'OCSE-DAC che fanno tuttavia già prospettare un ulteriore calo del nostro APS.
  I fondi stanziati nella legge di bilancio 2020 per interventi di cooperazione allo sviluppo ammontano a circa 455 milioni di euro, di cui 2 milioni per azioni a sostegno delle minoranze cristiane perseguitate e quasi 600 mila per lo sminamento umanitario.
  Nel 2020 il comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo non si è ancora riunito e pertanto non ha potuto deliberare nuove iniziative. Alcune delle erogazioni eseguite nel primo trimestre del corrente anno sono state effettuate sulla base di delibere adottate dal comitato congiunto negli anni precedenti. Altre finanziano iniziative assunte direttamente dal direttore dell'AICS, che ha una autonomia decisionale di spesa entro il limite massimo di 2 milioni di euro, con l'impegno di informare il comitato congiunto appena si riunirà. In altri casi le erogazioni 2020 riguardano delibere a firma del Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale per interventi di emergenza umanitaria, alcune delle quali emanate anche nel 2020 ma a valere sulla programmazione e sulle risorse finanziarie del 2019.
  Alla luce della crisi dovuta al COVID-19, vi è l'intenzione di riprogrammare le risorse disponibili orientandole verso la risposta globale alla pandemia, a sostegno dei sistemi sanitari dei Paesi che hanno forti fragilità in questo settore. Porremo in particolare molta attenzione al settore della sanità, al settore WASH (acqua, sanificazione e igiene) e a quello della sicurezza alimentare, anche in un'ottica di prevenzione.
  Dei fondi stanziati sulla legge di bilancio 2020, quelli finora erogati ammontano a poco più di 46 milioni di euro. Di questi, quasi 20 milioni sono stati trasferiti a organizzazioni internazionali per progetti di cui siamo finanziatori, da soli o con altri
partner, e per interventi di aiuto umanitario; 13 milioni finanziano progetti AICS; poco più di 7 milioni sono fondi erogati alle organizzazioni della società civile (OSC) italiane aggiudicatarie di appositi bandi dell'AICS; altri 5 milioni sono stati versati al comitato internazionale della Croce rossa (CICR); il resto è stato erogato a favore di enti pubblici e imprese private aggiudicatari di appositi bandi AICS.
  A livello geografico questo impegno ha destinato a iniziative di cooperazione allo sviluppo in Africa complessivamente circa 9 milioni di euro. Più precisamente, in esecuzione di delibere del comitato congiunto adottate tra il 2017 e il 2019 sono stati erogati quasi 5,4 milioni di euro per progetti eseguiti da organizzazioni internazionali e dall'AICS stessa in Etiopia, Mozambico, Somalia, Sudan, e in Africa Occidentale. A favore di OSC risultate vincitrici di appositi bandi negli scorsi anni sono stati erogati 2,4 milioni di euro per la realizzazione di progetti di cooperazione allo sviluppo in Costa d'Avorio, Etiopia, Mozambico, Sudan e su scala regionale africana. Per quanto riguarda il resto del mondo (Balcani, Medio Oriente, Asia, Centro e Sud America), dall'inizio del 2020 l'AICS ha erogato poco più di 11 milioni. Circa 3 milioni di euro sono stati indirizzati alla sede AICS in Giordania, alla Commissione europea e a UNWomen per l'assistenza alla popolazione siriana rifugiata nei Paesi limitrofi e le comunità ospitanti. Queste erogazioni, frutto di delibere del 2019, rientrano nel quadro dell'impegno assunto dall'Italia alla Conferenza di Bruxelles del marzo dello stesso anno, in occasione della quale si annunciò che nel 2019 e nel 2020 sarebbero state finanziate iniziative di risposta alla crisi siriana per un importo pari a 45 milioni di euro all'anno. Sono stati poi erogati 2,3 milioni di euro a OSC, per la realizzazione di progetti di cooperazione internazionale risultati negli scorsi anni vincitori di appositi bandi, in favore delle popolazioni di Albania, Bosnia-Erzegovina, Bolivia, Cuba e Libano. In esecuzione di delibere del comitato congiunto del 2018 e del 2019, sono state inoltre effettuate erogazioni pari a 2,3 milioni di euro per la realizzazione di progetti di sviluppo a Cuba affidati al Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), all'istituto Italo-Latinoamericano (IILA) e al Ministero della cultura cubano. Erogazioni pari a 1,8 milioni di euro sono andate invece alla sede AICS di Gerusalemme (1,6 milioni) e al comune di Pavia (200.000 euro) per l'attuazione di iniziative precedentemente deliberate in favore della popolazione palestinese. Il Joint Peace Fund gestito da UNOPS ha ricevuto un finanziamento di 1 milione di euro per attività volte a sostenere il processo di pace con i gruppi etnici in Myanmar, come previsto da delibera del comitato congiunto del luglio 2019 e dal successivo accordo con l'organizzazione.
  A livello di settori di attività, invece, dei 46 milioni di euro complessivamente erogati da AICS nel primo trimestre del 2020, poco più di 24 milioni di euro sono stati destinati ad interventi nel settore umanitario (disposti, come già anticipato, direttamente dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale), di cui 11 milioni deliberati nel 2020, mentre la restante quota fa riferimento a delibere del 2019 o precedenti. Nel primo trimestre 2020 sono stati decisi altri interventi nel settore umanitario, a valere sull'esercizio finanziario 2019, per ulteriori 22 milioni di euro. I contributi in parola sono destinati alle agenzie, fondi e programmi delle Nazioni Unite, al Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), alla Banca mondiale (BM), alla Commissione europea (CE), nonché ad OSC da individuare a seguito di procedure comparative effettuate dalle sedi estere dell'AICS. Nel primo trimestre 2020 sono stati, inoltre, autorizzati interventi di prima emergenza per un totale di poco più di 2,2 milioni di euro finanziati con fondi italiani già in essere presso: l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO); la Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (FICROSS); il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR); l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
  Per quanto riguarda i contributi multilaterali già concordati a favore degli organismi internazionali nel 2019, si indicano i seguenti beneficiari: CICR; ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA); Programma alimentare mondiale (PAM); Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF); Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR); Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM); OMS; Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione e del rischio disastri (UNDRR); Agenzia delle Nazioni Unite per l'azione contro le mine (UNMAS); Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA); Banca Mondiale (GFDRR –
Global Facility for Disaster Reduction and Recovery); CE (Fondo fiduciario «Bekou»).
  Preciso che l'Italia ha confermato la propria responsabilità a contribuire alla risposta umanitaria globale al
summit mondiale di Istanbul del maggio 2016, dove ha assunto una serie di impegni sul piano internazionale, tra cui quello di aumentare la quota di contribuzione non vincolata geograficamente, favorire – ove possibile – la destinazione dei finanziamenti a progetti umanitari attuati da OSC (la cosiddetta «localizzazione dell'aiuto umanitario»), partecipare ai sistemi di coordinamento internazionale per migliorare l'efficacia dell'impatto degli aiuti umanitari sulla popolazione civile. Quest'ultima partecipazione è di particolare importanza sul piano politico, perché favorisce processi politici democratici, aumenta la resilienza delle popolazioni, permette il superamento di crisi anche a beneficio dell'economia. Si tratta di processi in cui il nostro Paese è e deve rimanere protagonista perché la risposta umanitaria è una forma di prevenzione in molteplici ambiti, fra cui quello sanitario, con riflessi immediati sulla sicurezza globale e italiana in particolare, Gli interventi di aiuto umanitario a sostegno di organismi multilaterali e delle OSC sono previsti, peraltro, nei piani di risposta umanitaria e negli appelli umanitari presentati dal sistema delle Nazioni Unite e dalla Ficross, in relazione a singoli Paesi o aree tematiche. Alcuni degli interventi di aiuto umanitario sono anche attuativi di impegni assunti in occasione di Conferenze internazionali o sono indicati in accordi bilaterali. Le attività umanitarie hanno l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle fasce più vulnerabili delle popolazioni nei teatri di crisi, quali rifugiati, migranti, sfollati, popolazioni di ritorno, comunità locali, con particolare attenzione a donne, minori, persone affette da disabilità. Da non dimenticare l'importanza dell'azione umanitaria nel settore dello sminamento. Per quanto riguarda i fondi italiani già in essere presso FAO, FICROSS, CICR, OMS, di questi, 1 milione di euro è stato utilizzato in risposta agli appelli dell'OMS «Piano Strategico di Prevenzione e Risposta» del 3 febbraio 2020 e della FICROSS «Appello Globale di Emergenza: novel Coronavirus» dell'11 febbraio 2020. Nell'ambito delle iniziative di solidarietà alla popolazione cinese promosse dalla comunità internazionale a seguito del diffondersi dell'epidemia da COVID-19, a fine gennaio 2020 le autorità di Pechino hanno presentato all'Italia la richiesta di dispositivi di protezione personale. Il 6 febbraio 2020 la Commissione europea ha attivato il meccanismo unionale di protezione civile. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha risposto a tale meccanismo organizzando un volo umanitario per la Cina per il trasporto di dispositivi medico-sanitari, raccolti per la maggior parte dalla comunità cinese in Italia, e materiali donati dalla cooperazione italiana. Il volo umanitario è atterrato il 16 febbraio all'aeroporto internazionale di Pechino. La donazione è stata presa in carico dalla Croce Rossa cinese per l'impiego ai fini del contenimento dell'epidemia, contribuendo così a mettere sotto controllo il primo focolaio planetario. Il sentimento di solidarietà che l'Italia ha mostrato nei confronti della Cina è stato, come è noto, ampiamente ricambiato allorché il COVID-19 ha iniziato a diffondersi nel nostro Paese.
  In materia di aiuto pubblico allo sviluppo, particolarmente importanti sono i crediti d'aiuto. Si tratta di finanziamenti concessi a condizioni agevolate, e non di doni, le cui erogazioni derivano da decreti autorizzativi del Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) imputati al fondo rotativo. Quest'ultimo, come noto, si alimenta attraverso le restituzioni dei prestiti pregressi, giunti a scadenza. Su detto Fondo, così come su tutti i Fondi fuori bilancio, la Corte dei conti riferisce annualmente in Parlamento, ai sensi degli articoli 23 e 24 della legge 559 del 1993.
  L'interrogante cita l'erogazione di 50 milioni di euro a favore della Tunisia. Si tratta di un credito d'aiuto previsto nel Memorandum d'intesa bilaterale sulla programmazione degli aiuti per il quadriennio 2017-2020, firmato dalle parti il 9 febbraio 2017. Tale somma è destinata a finanziare un progetto specifico diretto alle piccole e medie imprese tunisine che intrattengono legami intensi con le circa 800 aziende italiane che operano in quel Paese, molte delle quali miste. Il progetto in parola è stato approvato dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo nel 2018, decisione sulla base della quale è stato successivamente emanato il decreto del MEF relativo alla concessione del finanziamento. Il 18 marzo 2019 sono stati firmati sia l'Accordo intergovernativo che il contratto di finanziamento su risorse del Fondo rotativo della cooperazione, di cui Cassa depositi e prestiti è ente gestore. Il 17 febbraio 2020, con l'entrata in vigore dell'accordo, il versamento del credito è diventato un obbligo internazionale. Preciso, a questo proposito, che la cancellazione o sospensione di iniziative già definite sulla base di atti vincolanti rappresenterebbe un precedente molto negativo per la credibilità internazionale dell'Italia. Peraltro, nessun altro Stato, pur esposto alle drammatiche conseguenze del COVID-19, ha sospeso l'erogazione di aiuti ai Paesi bisognosi, discendenti da accordi già in vigore come nel caso in specie. La motivazione sta nel fatto che sistemi sanitari fragili, riflettendo fragili sistemi socioeconomici, costituiscono un rischio in termini sia di contagio di ritorno che securitario (ad esempio legato alla ripresa dei flussi migratori irregolari).
  Nelle scorse settimane il Governo tunisino ha disposto il
lockdown del Paese per contenere la diffusione del COVID-19. In un'economia dove il è prodotto il 50 per cento del Pil è prodotto dal settore informale e la disoccupazione giovanile era già al 30 per cento prima di questa crisi, la situazione economico-sociale nel Paese è diventata esplosiva. L'inquietudine del Governo tunisino sul prossimo futuro è condivisa da Nazioni Unite, Banca Mondiale e Fondo Monetario internazionale. Quest'ultimo ha deliberato il 10 aprile un credito alla Tunisia di 743 milioni di dollari per sostenere il Paese nelle spese sanitarie e mitigare l'impatto socioeconomico del virus, quasi il doppio dei 400 milioni inizialmente prospettati, mentre l'Unione europea ha messo a disposizione di Tunisi 100 milioni di euro e i principali donatori (quali Francia e Germania) si stanno orientando verso la concessione di maggiore liquidità al Paese. Aiutare la Tunisia a superare la crisi significa anche sostenere le nostre imprese. Non solo quelle 800 che già operano in loco e che ci fanno risultare secondo investitore nel Paese nordafricano, ma anche le migliaia di imprese che operano in Italia ed esportano in Tunisia. Negli ultimi due anni siamo diventati il primo Paese esportatore nel mercato tunisino, che per il nostro sistema economico rappresenta il secondo mercato dell'area del Medio Oriente e Nord Africa dopo gli Emirati Arabi Uniti. Sostenere la Tunisia in questo momento significa anche promuovere l'immagine dell'Italia nel Mediterraneo. Se riceviamo oggi tanta solidarietà internazionale è anche perché negli anni siamo stati solidali con i Paesi amici. Un'azione che aiuta anche a screditare false rappresentazioni del nostro Paese, come quelle emerse all'esplodere dell'epidemia nel nostro Paese e puntualmente contrastate dal Governo anzitutto tramite la rete diplomatico-consolare.
  Altro credito d'aiuto è stato offerto alla Bolivia per un ammontare di 21.598.495 euro destinati al miglioramento del sistema sanitario del Paese sudamericano. L'iniziativa è stata deliberata il 25 luglio 2012. L'accordo intergovernativo è stato firmato il 15 maggio 2015 ed è entrato in vigore il 14 maggio 2018. Alcune difficoltà tecniche, tra cui la costituzione del nuovo Governo boliviano nel novembre 2019, hanno ritardato la conclusione della relativa convenzione finanziaria. Non appena da parte boliviana avrà comunicato l'avvenuto completamento delle procedure interne di approvazione di quest'ultima, la stessa entrerà in vigore e sarà possibile l'erogazione del credito.
  Per quanto riguarda invece la Somalia, si segnala preliminarmente che il finanziamento di 200.000 euro menzionato dall'interrogante non è stato erogato a una ONG ma all'OMS. Tale finanziamento è stato concesso in risposta alla richiesta da parte di Somalia e OMS di potere temporaneamente cambiare destinazione ad una quota di 200.000 euro del contributo di 1.000.000 euro deliberato dalla Cooperazione italiana nel 2019 per la ristrutturazione dell'ospedale di Huddur, nello Stato somalo del South West. Il parziale temporaneo cambio di destinazione si è reso particolarmente urgente per la necessità di dotare Mogadiscio di un laboratorio per l'analisi dei tamponi COVID-19, vista la mancanza di un apposito supporto diagnostico nel Paese che aveva fino ad allora costretto ad inviare i tamponi ad un laboratorio a Nairobi, in Kenya. La sospensione dei voli di collegamento tra i due Paesi rischiava di compromettere l'intera popolazione somala. La nuova unità diagnostica è stata aperta a Mogadiscio il 10 aprile 2020 e serve da struttura di riferimento per tutta la Somalia centrale e meridionale. Essa è in grado di effettuare fino a cento diagnosi al giorno su un bacino di utenza pari ad oltre 13 milioni di persone. Si prevede di istituire una seconda unità diagnostica a Garowe, nello Stato del Puntland a nord-est del Paese. Questo intervento è stato il primo aiuto concreto che la Somalia ha ricevuto per fronteggiare l'epidemia da COVID-19, ed ha assicurato all'Italia grande visibilità e gratitudine da parte del Paese
partner. I fondi anticipati all'OMS per l'apertura del laboratorio dovranno successivamente essere dalla stessa Organizzazione reintegrati per eseguire le attività del programma cui essi erano originariamente destinati, e cioè la messa a punto dei reparti di maternità e pediatria, prevenzione delle malattie infantile e mortalità neonatale dell'ospedale di Huddur.
  Per completezza d'informazione, preciso che a seguito di decreti autorizzativi del MEF risalenti al 2018, emanati in forza di accordi internazionali oggetto di ratifica, Cassa depositi e prestiti (CDP) ha firmato nel 2020 due convenzioni finanziarie con Senegal e Mali per importi rispettivamente di 10 milioni e 9 milioni di euro. Le elargizioni a valere sul fondo rotativo sono di estrema importanza anche per le nostre imprese. Occorre infatti sottolineare come in tutti i casi sopracitati si tratti di veri impegni contrattuali, non solo nei confronti delle amministrazioni dei Governi beneficiari dei crediti d'aiuto, ma anche delle imprese che si sono aggiudicate le relative gare d'appalto ad evidenza pubblica, finanziate proprio a valere su tali crediti. Nel caso di «crediti legati», le imprese coinvolte sono tutte italiane. Nell'ipotesi di «crediti slegati», le nostre aziende (in qualche caso in
partnership con imprese locali) partecipano, – con alta percentuale di successo – a gare internazionali «aperte», rientrando così tra i beneficiari di detti finanziamenti. Ciò significa che, sebbene detti finanziamenti siano «sovrani», esiste sempre una controparte economica, mediata dalla Banca centrale locale o dall'Amministrazione appaltante, che potrebbe contestare in caso di mancata erogazione da parte di CDP eventuali inadempimenti contrattuali e far valere, nelle varie istanze disponibili, inadempienze.
  Nell'ambito della cooperazione multilaterale per lo sviluppo, l'Italia, anche in qualità di Paese G7, assume impegni al pari degli altri Paesi donatori, per iniziative collettivamente intraprese che continuano ad avere un notevole impatto sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). In essi l'interesse nazionale converge con quello globale alla cooperazione internazionale, ad esempio nella lotta alle epidemie di AIDS, tubercolosi e malaria e per l'immunizzazione globale contro pandemie, epidemie ed endemie. Tali contributi assicurano al nostro Paese un moltiplicatore politico e finanziario nella risposta alle sfide dello sviluppo globale. È bene ricordare che la fragilità dei sistemi sanitari in diversi Paesi è tra le motivazioni alla base dei flussi migratori verso l'Europa.
  A fronte di un contributo di 161 milioni di euro per il triennio 2020-2022 al Fondo Globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria, annunciato dal Presidente del Consiglio al vertice G7 di Biarritz nell'agosto 2019, l'Italia co-amministra un fondo di 13 miliardi di dollari investiti nel rafforzamento dei sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo, che ha salvato 32 milioni di vite e ridotto del 56 per cento le morti per AIDS nei cento Paesi in cui opera.
  Nell'ambito dell'Alleanza globale per i vaccini e l'immunizzazione (GAVI), a fronte di un contributo alle risorse regolari di 100 milioni di euro per il quinquennio 2016-2020, l'Italia co-amministra un fondo di più di 8 miliardi di euro che ha immunizzato oltre 760 milioni di bambini da diciotto tra le più letali malattie, inclusi morbillo, polio, colera, rotavirus ed ebola, contribuendo così a ridurre significativamente i tassi di mortalità infantile. L'alleanza GAVI avrà un ruolo fondamentale nella produzione e distribuzione globale di un potenziale vaccino contro COVID-19. Oltre al fondamentale aspetto sanitario, la stessa alleanza stima un ritorno socioeconomico cinquantaquattro volte superiore a ogni euro investito in immunizzazione.
  Infine, nel 2018 l'Italia ha assunto un impegno a investire almeno 12 milioni di euro nel triennio 2019-2021 a favore del Partenariato globale per l'educazione (GPE,
Global Partnership for Education), tramite cui l'Italia co-amministra un fondo che ha investito più di 5 miliardi di euro per l'istruzione in oltre settanta Paesi in via di sviluppo.
  Una parte del bilancio della cooperazione allo sviluppo, ogni anno, contribuisce a finanziare le organizzazioni internazionali presenti nel nostro Paese. Ciò risponde al ruolo profilato dell'Italia sullo scenario internazionale, conforme alle scelte di multilateralismo che pone il nostro Paese come motore di iniziative in ambito G7 e G20, pienamente integrato nel processo decisionale di tali fora. In tal modo l'Italia contribuisce alla definizione dell'agenda globale e alla sua attuazione, anche promuovendo approcci innovativi e d'impatto sui temi di nostro maggiore e diretto interesse. Tutte organizzazioni internazionali del settore dello sviluppo presenti in Italia contribuiscono alla realizzazione degli SDGs e all'attuazione dell'Agenda 2030.
  La presenza in Italia di un Polo agro-alimentare (Fao, Ifad, Pam), che fa di Roma la terza «capitale» ONU dopo New York e Ginevra, va vista anche in relazione al ruolo di guida svolto dal nostro Paese e dal suo intero sistema produttivo nelle filiere agro-alimentari, così come nella più generale cultura dell'alimentazione e della prevenzione di malattie trasmissibili e non trasmissibili. L'Italia ha negli ultimi anni condotto una promozione a tutto campo della dieta mediterranea e delle diete tradizionali e sostenibili, del vivere all'italiana come ricetta per la salute e la longevità. Grazie al suo ruolo di capofila tra i Membri della Fao, il nostro Paese ha promosso un approccio olistico alla risposta dei sistemi alimentari all'epidemia di COVID-19 di cui si renderà portavoce la stessa Fao. Siamo così in grado di farci portatori, insieme alle organizzazioni di categoria, anche di nostri concreti interessi economici in ambito agroindustriale che bene si integrano con la necessità, condivisa a livello globale, di un approccio alla produzione agricola sostenibile e all'alimentazione sana e nutriente (approccio previsto dall'SDG2 dell'Agenda 2030 e centrale nel mandato di Fao, Ifad e Pam).
  A questo occorre aggiungere che il polo romano sta divenendo sempre di più punto di aggregazione internazionale sui temi della sostenibilità. L'Alleanza Bioversity-CIAT (Centro internazionale per l'agricoltura tropicale), con sede a Maccarese, si occupa di biodiversità agricola e di sviluppo agricolo sostenibile, con l'obiettivo di preservare la biodiversità a livello genetico come patrimonio a disposizione e a beneficio di tutta la comunità mondiale. Grazie a questa organizzazione internazionale, agricoltori e scienziati riescono a sviluppare varietà e nuovi sistemi agricoli, allo scopo di garantire una maggiore sicurezza alimentare e migliori mezzi di sussistenza.
  Una menzione va fatta anche all'istituto agronomico mediterraneo di Bari (CIHEAM – IAM), centro di formazione postuniversitaria, ricerca scientifica applicata e di realizzazione di programmi di ricerca e cooperazione internazionale nel settore agricolo.
  L'Italia – grazie alla presenza sul proprio territorio di questo «ecosistema» internazionale completo e articolato sui temi della sostenibilità che interagisce con il tessuto locale (imprese, istituti di ricerca, amministrazioni) – è in grado di porre soluzioni avanzate ai predetti temi e al dialogo politico internazionale basato sull'attuazione dell'Agenda 2030.
  Oltre all'aspetto politico di questa presenza internazionale, occorre sottolineare le ricadute economiche in termini di occupazione e di indotto. Le organizzazioni internazionali del settore dello sviluppo sono in primo luogo importanti datori di lavoro: solo per fare degli esempi, la Fao impiega 882 persone di nazionalità italiana, il Pam impiega 1.377 italiani e l'Ifad 187 italiani.
  Per quanto riguarda le attività di
procurement, secondo dati ricevuti dalle stesse organizzazioni, l'Ifad ha condotto nel periodo 2014-2019 gare per un totale di 242,53 milioni di euro di cui il 53,14 per cento sono andate a imprese italiane; il Pam nel solo 2019 ha acquistato beni e servizi italiani per oltre 45 milioni; secondo uno studio del maggio 2017 l'indotto annuo dell'International Training Centre (Itc) dell'Ilo di Torino ammontava a 45,1 milioni di euro fra ricadute economiche dirette e indirette (personale, forniture, gestione della sede, utenze, servizi vari, ecc.) e quelle relative ai pernottamenti dei partecipanti ai corsi, Per quanto riguarda il personale impiegato, 119 su 194 sono italiani, ovvero il 61 per cento) Un altro ente del polo torinese, UNICRI, segnala un indotto sull'economia locale (tra salari, contratti di fornitura e servizi, spese vive dei partecipanti alle attività del centro) di circa sei milioni di dollari, più del doppio del contributo che riceve dal Governo italiano. Analoghe considerazioni vanno fatte per il CIHEAM – IAM di Bari, che impiega 420 persone tra staff permanente, consulenti e operai stagionali, di cui il 63 per cento è italiano. Secondo dati dello stesso Istituto, a fronte di un contributo obbligatorio ex lege pari a 20,6 milioni di euro – di cui il 95 per cento speso interamente in Italia – sono state generate ricadute sul territorio nazionale valutate pari a 36,45 milioni di euro.
  La crisi del Coronavirus è una crisi globale di proporzioni inedite che investe tutti i Paesi e che, per essere affrontata al meglio e con successo, rende necessari un approccio e una risposta condivisi a livello internazionale. La Cooperazione è una componente essenziale per la risoluzione di tale crisi. La solidarietà globale è nell'interesse di tutti, dal momento che i virus non conoscono frontiere. Con i livelli di mobilità della società attuale, anche quando avremo sconfitto il virus nel nostro Paese, dovremo evitare i contagi di ritorno soprattutto da Paesi vicini e ciò sarà possibile soprattutto se aiuteremo questi Paesi nella lotta al COVID-19.
  La risposta sanitaria alla pandemia COVID-19 rappresenta la prima frontiera nella lotta globale al coronavirus ed uno dei principali settori di intervento della cooperazione internazionale, anche per sostenere i Paesi con sistemi sanitari particolarmente fragili. Essa riguarda, da una parte, la messa a punto di interventi tempestivi di prevenzione, contenimento, contrasto e cura della malattia e, dall'altra, si concentra su ricerca, sviluppo ed equa distribuzione di un vaccino contro il coronavirus e di ulteriori efficaci trattamenti diagnostici e terapeutici.
  L'Italia è uno dei più attivi sostenitori di un approccio multilaterale alla crisi. Siamo stati il primo Paese a promuovere, con l'intervento del Ministro Di Maio alla Ministeriale G7, la costituzione di una alleanza internazionale per la ricerca sul vaccino, al fine di massimizzare gli sforzi comuni e rafforzare le strutture internazionali già operative in tale ambito. Anche grazie al decisivo impegno italiano in tal senso, l'OMS e altri attori della salute globale (tra cui CEMI per la ricerca sul vaccino, GAVI per la sua distribuzione e la Banca Mondiale) hanno lanciato la piattaforma ACT (
Access to COVID-19 Tool Accelerator) la cui missione è accelerare lo sviluppo, la produzione e l'equo accesso a nuovi vaccini e trattamenti diagnostici e terapeutici contro il virus. A questa iniziativa si aggiunge il nostro sostegno specifico, sopra citato, a GAVI e GEMI. Tutto ciò posiziona l'Italia tra i primi contributori alle iniziative dirette a combattere l'epidemia.
  Il 4 maggio 2020, insieme ad Ue e altri
partner (Francia, Germania, Regno Unito, Norvegia, Canada, Giappone, Arabia Saudita), l'Italia ha ospitato la conferenza globale per il finanziamento della risposta sanitaria al COVID-19, presieduta dalla Presidente della Commissione Van der Leyer e con la partecipazione del Presidente del Consiglio Conte. In tale occasione la comunità internazionale ha raccolto 7,4 miliardi di euro per accelerare la risposta sanitaria al COVID-19. Si tratta di una mobilitazione che conferma l'impegno collettivo verso una risposta globale al coronavirus. L'Italia ha ribadito il proprio ruolo di attore responsabile e solidale, annunciando un impegno di 140 milioni di euro a favore dei sopra citati organismi sanitari che più operano nel settore (CEPI, GAVI e l'OMS) è nel sostegno all'immunizzazione nei Paesi più vulnerabili.
  Nessuno dei nostri
partner sta abbandonando la cooperazione e l'aiuto umanitario a favore dei Paesi più deboli. Al contrario, essi stanno investendo risorse per combattere a livello mondiale la pandemia che irrompe in un contesto globale in molte aree già di per sé vulnerabili a causa di prolungate crisi umanitarie. A fine 2019, le Nazioni Unite già stimavano in 168 milioni le persone nel mondo in stato di necessità di assistenza umanitaria. Anche gli Stati Uniti hanno da poco annunziato 274 milioni di dollari di nuovi stanziamenti sul canale multilaterale/umanitario in favore di 64 Paesi emergenti colpiti nella lotta al coronavirus, definiti «un investimento iniziale» che si aggiunge ad un pacchetto di 1,25 miliardi di dollari per la cooperazione internazionale approvato ad inizio marzo dal Congresso.
  L'Italia non è solo un Paese che «fa» cooperazione, piuttosto è uno dei protagonisti assoluti del sistema internazionale di solidarietà a livello globale. Da decenni siamo ideatori, promotori e realizzatori dei principali interventi di cooperazione nel mondo. Siamo nel cuore della fitta rete internazionale che sta intervenendo concretamente per combattere povertà e ingiustizie in tutti i continenti. Una visione della Cooperazione italiana che non tenga conto della sua complessità svilirebbe il credito che riscuotiamo a livello internazionale. Solo recentemente abbiamo ricevuto materiale sanitario e personale medico da ogni parte del mondo. Si tratta di aiuti fondamentali per i nostri ospedali, resi possibili proprio dal credito politico, di prestigio e influenza che l'Italia vanta, ma anche da un credito di solidarietà che «fidelizza» tanti Paesi in via di sviluppo al nostro, in un virtuoso rapporto di solidarietà e reciprocità.
  Non sostenere i Paesi
partner ora significherebbe, inoltre, rischiare di perdere per i decenni a venire potenziali mercati per le nostre imprese. Come ci ha tristemente confermato la pandemia in corso, il mondo è fatto di interconnessioni e interdipendenze: investire nei Paesi in via di sviluppo o emergenti è importante anche per il nostro sistema industriale e produttivo. Non considerare questo significherebbe trascurare le nostre esigenze di crescita e ricondurrebbe il nostro Paese in un asfittico mondo chiuso agli altri e al progresso.
  Resto fermamente convinta che la Cooperazione italiana sia e debba rimanere un fiore all'occhiello, un'eccellenza italiana, che si unisce a pieno titolo alle tante altre che hanno reso il nostro Paese grande e ammirato nel mondo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 25 marzo 2020 alcuni concittadini italiani sono trattenuti a bordo della nave della società Royal Caribbean Oasis of the Seas, ancorata a largo delle coste americane, a Miami;

   la vicenda è stata già oggetto di precedenti interrogazioni parlamentari;

   gli italiani non sono stati imbarcati su un volo charter a seguito della mancanza di alcune autorizzazioni, come dichiarato dalla conduttrice televisiva Barbara D'Urso che ha letto una nota inviata dalla Farnesina alla trasmissione televisiva;

   nella nota si dichiarava che le autorità consolari italiane sono a stretto contatto con gli interessati e lavorano a una soluzione;

   il 27 aprile 2020 gli italiani a bordo della nave hanno diffuso una nota stampa con la quale lamentano che il capitano, attraverso l'interfono, ha comunicato che nelle loro stanze non forniranno più i due litri d'acqua quotidiani, la carta igienica così come le lenzuola. Per averle dovranno recarsi nelle zone dove ci sono i distributori e pagarle di tasca propria;

   gli italiani dichiarano che sulla nave ci sono stati decessi per Covid-19 e ci sono ancora pazienti, ragazzi, colleghi e membri positivi al Covid e che farli uscire dalle cabine potrebbe esporli al contagio –:

   quali siano le autorizzazioni mancanti e a chi competa concederle;

   quali siano gli intendimenti del Governo per riportare a casa quanto prima i nostri connazionali;

   se il Governo sia a conoscenza delle condizioni sanitarie e di sicurezza e del numero di contagi sulla nave Oasis of the Seas della Royal Caribbean.
(4-05405)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha già depositato molteplici interrogazioni relative ai connazionali italiani che sono ancora bloccati a bordo di una nave da crociera della Royal Caribbean e funestamente trasformatasi in un focolaio di infezione di coronavirus al largo di Miami in Florida; la situazione, come percepibile anche per i disperati appelli di Giovanna Salaris e di Riccardo Rapisarda, è ormai sull'orlo del precipizio, anche sotto il profilo della profilassi sanitaria per i nostri connazionali;

   incredibilmente, nonostante i numerosi atti di sindacato ispettivo, ad oggi la Farnesina non ha ancora risolto in alcun modo la situazione;

   la situazione si protrae ormai da più di un mese;

   in data 26 aprile 2020 il capitano della nave, rigorosamente attraverso l'interfono per sua personale profilassi sanitaria, ha comunicato che acqua, carta igienica e lenzuola non verranno più fornite nelle stanze ove sono confinati in quarantena i nostri connazionali, secondo la denuncia di Giovanna Salaris;

   tale decisione comporterà che fatalmente i nostri connazionali dovranno uscire dalle stanze con ulteriore grave rischio per la loro salute per poter reperire beni di prima necessità; i nostri connazionali denunciano infatti che sulla nave ci sono stati decessi per Covid-19 e vi sono ancora pazienti infetti;

   i nostri connazionali lamentano, correttamente, l'assoluta latitanza del console di Miami Cristiano Musillo, la cui attività è stata già oggetto di precedente interrogazione del sottoscritto; la signora Giovanna Salaris ha richiesto intervento del console italiano almeno per ottenere che gli italiani non debbano uscire dalle loro stanze per ottenere viveri, acqua e beni di prima necessità –:

   quali siano gli intendimenti e, segnatamente, se, a tutela della salute dei nostri connazionali, il Ministro abbia contattato la società Royal Caribbean al fine di ottenere immediate rassicurazioni in ordine al fatto che, in attesa della risoluzione della vicenda, i nostri connazionali possano ricevere acqua, viveri e generi di prima necessità nelle loro stanze;

   quale sia lo stato dell'arte per la definizione delle procedure per il recupero e il rimpatrio dei nostri connazionali;

   quali siano le attività condotte dal console Musillo in genere e per assicurare che il capitano della nave receda dal proposito, a giudizio dell'interrogante inaudito, di non fornire più quanto di necessità nelle stanze dei nostri connazionali, salvo provvedere a queste comunicazioni per il tramite dell'interfono a tutela della sua salute.
(4-05458)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il sito di informazione specialistica Cruise Industry News ha riportato di un piano massivo di rimpatrio del personale di bordo da parte della compagnia Royal Caribbean;

   nel sito vengono citate numerose imbarcazioni, altrettante nazionalità, l'annuncio delle rotte e dei trasbordi che queste navi faranno e dell'impiego di voli charter per il rientro in patria delle nazionalità lontane;

   l'articolo non menziona personale italiano né, tantomeno, la nave Oasis of the Seas, ancorata a largo delle coste americane, a Miami e già oggetto di precedenti interrogazioni;

   sulla Oasis of the Seas ci sono degli italiani che hanno denunciato di vivere senza adeguate forniture di cibo ed acqua, che devono persino pagare di tasca propria, nonché senza fornitura di lenzuola e carta igienica;

   gli italiani hanno dichiarato anche che sulla nave ci sono stati decessi per Covid-19 e ci sono ancora pazienti, ragazzi, colleghi e membri positivi al Covid e che farli uscire dalle proprie cabine potrebbe esporli al contagio;

   nel piano riportato dall'articolo si parla di una seconda nave che arriverà a Miami e si prevede che da lì partiranno voli charter per il personale ucraino e rumeno;

   per altri membri dell'equipaggio dell'Unione europea sono previsti imbarchi su altre navi, navigazione verso il Regno Unito e voli charter di rimpatrio;

   a giudizio dell'interrogante queste potrebbero essere soluzioni idonee per consentire il rimpatrio del personale italiano a bordo della nave Oasis of the Seas –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle opportune iniziative da intraprendere per il rientro in Patria del personale italiano a bordo della nave Oasis of the Seas.
(4-05492)

  Risposta. — Si risponde alle interrogazioni n. 4-05405, 4-05492, 4-05458 relative ai nostri connazionali che erano bloccati a bordo della nave da crociera Oasis of the Seas a largo di Miami, rientrati in Italia il 25 maggio. Grazie all'opera incessante del consolato generale a Miami, in stretto raccordo con l'ambasciata a Washington e con la Farnesina, è stata intatti raggiunta una soluzione per i cittadini italiani bloccati sulle navi da crociera della società Royal Caribbean, ferme al largo della Florida. Il consolato a Miami e l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale hanno del resto seguito fin dal primo momento la loro vicenda. Una vicenda dai profili particolarmente complicati per via della pandemia globale in corso e delle conseguenti restrizioni imposte dai Paesi toccati dalle rotte. Incessante è stato il lavoro della rete diplomatico-consolare italiana negli Stati Uniti per giungere alla positiva soluzione di un blocco che ha peraltro interessato 90 mila marittimi, di tutte le nazionalità, su oltre 100 navi al largo delle coste statunitensi.
  Come noto, con l'esplodere della pandemia, le competenti autorità statunitensi hanno emesso disposizioni molto stringenti relativamente alle procedure di sbarco e di rimpatrio del personale di equipaggio con il «
No Sail Order» del 15 aprile 2020 (che rinnova ed estende quello del 14 marzo) e con rigorose linee guida fornite alle compagnie di crociera dal Center for disease control and prevention (CDC, autorità federale americana competente in materia di controllo sulla sanità pubblica).
  In base a tali disposizioni, alle compagnie di crociera – che le autorità americane considerano uniche responsabili del rimpatrio dei marittimi – è richiesto di presentare piani per prevenire e contenere la diffusione del virus a bordo, che includono la disinfezione delle navi, accurati controlli sulla salute dell'equipaggio (rilevazione due volte al giorno della temperatura, test a campione per verificare la positività, distanziamento del personale collocandolo in cabine separate, e altro), la sicurezza nelle operazioni di sbarco a terra e il successivo trasporto in terminal aeroportuali appositamente individuati. Solo una volta attuati tali piani, le compagnie sono autorizzate a sbarcare il personale, facendosi carico del rimpatrio con navi o con voli charter appositamente approntati. Resta infatti il divieto di rientro con voli commerciali per il rimpatrio dei marittimi.
  Si tratta quindi di un quadro complesso associato a una normativa rigorosa che riguarda non solo il personale italiano, ma il personale di bordo di ogni nazionalità, frutto di diversi fattori:

   a) il mancato rispetto da parte di alcune società crocieristiche, agli inizi dell'emergenza epidemiologica, dei parametri di sicurezza per il trasbordo dei passeggeri prima e di alcuni membri dell'equipaggio poi, che ha generato l'irrigidimento del Center for disease control and prevention, da qui le disposizioni del «No Sail Order»;

   b) la pesante crisi finanziaria che il settore crocieristico sta affrontando anche a causa dell'ingente onere rappresentato dai costi di rimpatrio degli equipaggi;

   c) i requisiti stringenti richiesti dal Center for disease control and prevention alle società crocieristiche, cui si aggiunge la richiesta ai vertici delle compagnie di assumersi la responsabilità civile e penale dello stato di salute e delle condizioni di rimpatrio di ciascun membro d'equipaggio.

  In questo complesso contesto, i nostri uffici negli Stati Uniti, in stretto raccordo con la Farnesina, non hanno lesinato sforzi per facilitare il rimpatrio dei connazionali. Dei diversi tasselli della nostra azione, vale richiamare l'intervento dell'Ambasciata d'Italia a Washington presso il dipartimento di Stato e il Center for disease control and prevention, che si è fatta anche promotrice di un'azione congiunta a livello Ue (Delegazione Unione europea presso gli USA e Presidenza di turno a nome dei 27 Stati membri dell'Unione europea), riuscendo a catalizzare il consenso dei partner comunitari e anche di Paesi extra Unione europea con le stesse difficoltà (Canada, Nuova Zelanda, Norvegia). Con questa azione congiunta, abbiamo chiesto e ottenuto dalle Autorità americane maggiore flessibilità e misure che facilitano – via mare o con voli charter – lo sbarco e il rimpatrio dei marittimi.
  In questo quadro si inserisce il caso richiamato dall'interrogante relativo ai cittadini italiani a bordo della
Oasis of the Seas (di proprietà del Gruppo Royal Caribbean), tra cui i signori Rapisarda e Salaris. Il consolato generale a Miami ha assicurato un costante contatto con i connazionali a bordo dell'imbarcazione, con le loro famiglie, con il loro legale e ha fornito loro ogni possibile assistenza.
  Inoltre, con cadenza pressoché giornaliera, il consolato generale a Miami ha assicurato uno scambio regolare di informazioni con
senior vice president del gruppo Royal Caribbean (RCCL), per monitorare presenza e stato di salute dei connazionali a bordo, e per facilitarne il rimpatrio. Da tale intenso scambio di comunicazioni, si è appreso, a inizio aprile, della presenza di casi di COVID-19 a bordo della Oasis of the Seas che hanno evidentemente imposto, non solo l'assoluta necessità di attenersi alle linee guida del Center for disease control and prevention, ma quella di adottare ogni precauzione e misura per garantire la massima tutela della salute dei connazionali a bordo (mentre i casi di decessi da coronavirus hanno riguardato il personale ricoverato in strutture sanitarie della Florida, non invece i marittimi a bordo).
  Grazie all'incessante e tempestiva opera del Consolato d'Italia a Miami è stato possibile monitorare da vicino le condizioni dei marittimi italiani. Non appena appresa la decisione della compagnia
Royal Caribbean di sospendere la distribuzione di acqua nelle cabine, a favore dell'acquisto in punti specifici della nave, il console generale ha infatti subito richiesto che tale previsione non si applicasse ai nostri connazionali, i quali hanno ricevuto il quantitativo di acqua loro necessario nelle rispettive cabine. Il Consolato ha inoltre monitorato quotidianamente, mediante pareri medici, le condizioni di salute di ciascun connazionale.
  Numerose e regolari poi le occasioni (anche tramite
conference call) di aggiornamento da parte del consolato generale alla compagnia crocieristica, da un lato, e di coordinamento con i partner europei, dall'altro, sullo stato di avanzamento della trattativa esclusiva tra le competenti autorità americane (responsabili per il rilascio delle autorizzazioni allo sbarco) e le società di navigazione (su cui grava l'onere del rimpatrio dei connazionali). Di tutto ciò sono state costantemente informati anche connazionali a bordo, le loro famiglie, i legali e tutte le autorità italiane da questi adite.
  Grazie alle summenzionate preziose opere di sensibilizzazione, nel cui contesto si inserisce anche una lettera del Ministro Di Maio al Segretario di Stato Pompeo, è stato possibile registrare un aumento delle autorizzazioni del
Center for disease control and prevention in materia di sbarco e rimpatrio che hanno consentito, il 12 maggio, alla Royal Caribbean di effettuare il trasferimento sulla nave Majesty of the Seas degli italiani di equipaggio a bordo della Oasis of the Seas, tra cui i signori Rapisarda e Salaris. La nave è salpata il 14 maggio dal porto di Miami con arrivo previsto a Southampton a fine maggio. Anche la nave «Empress of the Seas» – ha completato la navigazione verso Southampton ed è arrivata a destinazione il 6 giugno, con successivo analogo rimpatrio via voli charter. La compagnia ha inoltre riferito di essere in contatto con le autorità britanniche per evitare che l'equipaggio sia sottoposto a una nuova quarantena una volta giunto a Southampton, nonché di comunicare direttamente agli interessati i voli commerciali che i marittimi potranno prendere dal Regno Unito per fare rientro in Italia. La nave «Freedom of the Seas» è partita il 20 maggio con destinazione Barbados, da dove, a partire dal 24 maggio, i 57 cittadini italiani a bordo sono stati trasferiti tramite voli charter a Londra, per proseguire verso l'Italia.
  Si è dunque conclusa positivamente un'operazione che ha visto l'ambasciata e il consolato generale a Miami, in stretto raccordo con la Farnesina, impegnati nel fornire la massima assistenza a tutti i marittimi italiani imbarcati sulle navi da crociera della società
Royal Caribbean.
Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 aprile 2019 è stata annunciata la scomparsa del cittadino italo-venezuelano di 55 anni Hugo Marino, titolare della Sea Corporation, società specializzata in recuperi;

   Hugo Marino è un ingegnere molto noto nella comunità italo-venezuelana che, con la sua società, si occupa anche della ricerca degli aerei scomparsi in mare;

   nel giugno del 2013 coordinò le operazioni che portarono al ritrovamento del bimotore della famiglia Missoni YV2615, precipitato il 4 gennaio del 2013 a largo di Los Roques. Nell'incidente morirono quattro passeggeri italiani fra cui Vittorio Missoni, sua moglie Maurizia Castiglioni, i due bresciani Guido Foresti ed Elda Scalvenzi;

   Hugo Marino, negli ultimi 20 anni, ha lavorato su tre importanti incidenti aerei;

   la famiglia di Hugo Marino dichiara di avere sospetti che la sparizione del proprio caro sia legata alla sua attività di ricerca e che sia avvenuta ad opera della direzione generale di controspionaggio militare (Dgcim) del regime comunista del dittatore Maduro, sostenendo che l'uomo sia stato fermato dopo il suo arrivo in Venezuela;

   non ci sono conferme ufficiali sul suo arresto. E nemmeno sul suo coinvolgimento con il controspionaggio. Ma la moglie e la figlia rimangono ferme sulle loro convinzioni: Marino sarebbe stato prelevato da qualcuno in aeroporto per portarlo chissà dove;

   l'ultimo contatto avuto con la famiglia risale al 12 aprile 2019;

   il caso è stato trattato anche dalla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto?»nella puntata del 16 ottobre 2019 –:

   quali siano le informazioni attualmente in possesso del Governo sulla sparizione del concittadino Hugo Marino;

   se il Governo intenda convocare l'ambasciatore del Venezuela in Italia per chiedere chiarimenti in merito alla scomparsa di Hugo Marino.
(4-05678)

  Risposta. — I familiari del cittadino italo-venezuelano Hugo Enrique Marino Salas non hanno più notizie del proprio congiunto dal 20 aprile 2019, data nella quale, secondo la loro ricostruzione, sarebbe stato prelevato al suo arrivo all'aeroporto di Caracas da alcuni funzionari della Dirección General de la Contra Inteligencia Militar (DGCIM).
  L'ambasciata d'Italia a Caracas, in stretto raccordo con la Farnesina, ha seguito con la massima attenzione la vicenda del connazionale sin da quando ha appreso dai congiunti la notizia della sua scomparsa e del suo presunto arresto, il 13 giugno 2019. Da allora, la nostra rappresentanza – unitamente al consolato generale – è intervenuta a più riprese sulle autorità locali per ottenere informazioni certe riguardo la sua ubicazione e le sue condizioni detentive. Solo alla fine di agosto 2019 il locale Ministero degli esteri ha fornito una risposta, evidenziando le limitazioni che l'assistenza consolare italiana incontra a causa della cittadinanza anche venezuelana del signor Marino Salas, senza però dare alcuna conferma formale dell'arresto.
  II successivo 30 ottobre, nel corso di un incontro con il generale Cacioppo, Viceministro per il sistema integrato di polizia, è stato comunicato che il connazionale non risulta presente nel registro dei detenuti presso i penitenziari venezuelani – ad esclusione di quelli amministrati dal DGCIM – né nelle liste dei deceduti.
  Una ulteriore azione di sensibilizzazione è stata portata avanti dalle nostre rappresentanze il 28 novembre 2019, in occasione degli incontri del senatore Casini con Nicolas Maduro, con Delcy Rodriguez e il Presidente del tribunale supremo di giustizia Moreno. Tale azione è continuata anche nel mese di dicembre, presso il locale Ministero dell'interno, con la consegna di una memoria sulla vicenda, e presso il Ministero degli esteri con periodiche richieste di visite consolari in carcere.
  L'ambasciata e il consolato generale hanno continuato a tenersi in costante contatto con i familiari del signor Marino, incontrandoli più volte e prestando loro tutta l'assistenza necessaria. Le nostre rappresentanze continuano a chiedere periodicamente chiarimenti sulla attuale ubicazione dell'interessato, nonché l'autorizzazione, per le autorità consolari e per i parenti del connazionale, ad effettuare una visita nella struttura detentiva ove il medesimo sarebbe recluso.
  Premesso che già da molti mesi il Venezuela non è rappresentato a Roma da un ambasciatore ma da un incaricato d'affari, il Governo italiano si riserva la possibilità – in aggiunta a quanto già fatto per il caso concreto – di procedere al momento più opportuno anche alla convocazione del capo missione venezuelano in Italia per sensibilizzarlo su questo caso come su altri casi relativi a cittadini italiani al momento detenuti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante è venuto a conoscenza che una famiglia residente a Biella, composta da tre persone – padre, madre e una bambina di 3 anni – è ancora bloccata in Brasile, a Recife nello Stato del Pernambuco;

   la famiglia biellese è arrivata in Brasile a metà dicembre e aveva un volo di rientro previsto per il 3 marzo 2020. A seguito dello scoppio della pandemia da COVID-19 in Italia, il volo è stato progressivamente spostato al 5 aprile, al 5 maggio, al 5 giugno, anche quest'ultimo cancellato qualche giorno fa;

   la famiglia si è recata in Brasile per adempiere alcune pratiche burocratiche a tutela della bambina, la cui madre è di nazionalità brasiliana;

   il viaggio rappresentava il primo momento di felice incontro tra la bambina e la famiglia materna, oltre a rappresentare un'opportunità di crescita e sviluppo commerciale per le aziende tessili del biellese facenti capo alla famiglia del padre;

   la famiglia racconta che la situazione in Brasile sarebbe molto più grave di come viene rappresentata in Italia e che hanno paura di essere contagiati;

   inoltre, si pone per loro anche un problema abitativo, in quanto, originariamente, sono riusciti a stare presso parenti in una favela. Successivamente, la zona della loro abitazione è stata tra quelle più colpite sia dalla pandemia che da episodi di violenza e criminalità e hanno deciso di allontanarsi prendendo in affitto un appartamento. La locazione termina a fine mese e saranno costretti a tornare ad abitare nella favela;

   la famiglia biellese racconta di aver chiesto aiuto agli enti competenti – ambasciata d'Italia in Brasile e unità di crisi della Farnesina – ma non ha ricevuto alcun aiuto se non la proposta di voli da San Paolo, non considerando le difficoltà della famiglia a raggiungere l'aeroporto che si trova a 2.500 chilometri di distanza;

   i voli proposti hanno prezzi assolutamente fuori mercato rispetto a quelli normalmente applicati. Riferiscono che il volo di andata e ritorno da loro acquistato è costato 560 euro per gli adulti e 480 euro per la bambina, mentre i voli proposti dal sistema consolare italiano, oltre a non essere garantiti, hanno prezzi pari al doppio o al triplo;

   considerata la gravità del contesto locale in cui si trova la famiglia, appare necessario addivenire a una soluzione tempestiva per garantirne in rimpatrio –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo affinché la famiglia di cittadini biellesi bloccata in Brasile da marzo 2020 possa rientrare in Italia al più presto.
(4-05869)

  Risposta. — Va sottolineato che il consolato d'Italia a Recife, competente per lo stato del Pernambuco, ha appreso delle difficoltà della famiglia in questione solo il 20 maggio 2020, data nella quale questa ha segnalato la propria presenza con mail. In tale occasione, il connazionale (il padre) ha riferito di essere arrivato in Brasile il 7 dicembre con volo Air Europa e con un volo di rientro previsto per il 3 marzo, successivamente cancellato dalla compagnia aerea. Sempre secondo quanto riferito dal connazionale, la compagnia aerea gli avrebbe garantito il rientro con tre successivi voli previsti rispettivamente per l'inizio di aprile, di maggio e di giugno, ma tutti di volta in volta successivamente cancellati.
  Dunque fino al 20 maggio la famiglia non aveva provveduto a contattare il consolato per avere informazioni aggiornate su quanto stava accadendo nel Paese, né, prima di partire, aveva provveduto alla registrazione del proprio viaggio sul portale dell'unità di crisi della Farnesina «DoveSiamoNelMondo», provvedendovi solo tardivamente (registrando il proprio viaggio dal 28 maggio).
  Riguardo alla situazione rientri dal Basile, sull'altro portale dell'unità di crisi,
ViaggiareSicuri.it, sin dal 25 febbraio 2020 sono state pubblicate informazioni relative alle misure adottate dalle autorità brasiliane. In particolare, in data 3 marzo, veniva pubblicato l'annuncio della compagnia aerea LATAM sulla sospensione dei voli diretti da San Paolo a Milano, precisando anche che altre compagnie avrebbero potuto adottare misure analoghe e invitando dunque tutti i connazionali a verificare con la compagnia aerea l'operatività dei propri voli. In data 11 marzo si segnalava la sospensione dei collegamenti della compagnia aerea portoghese TAP con l'Italia, con ricadute anche sul traffico aereo indiretto tra Italia e Brasile.
  Il 22 marzo, il medesimo portale segnalava che Alitalia avrebbe operato l'ultimo volo diretto da Rio de Janeiro verso l'Italia il 23 marzo e il 25 marzo segnalava che «Alitalia ha reso noto che il volo Rio de Janeiro-Roma sarà sospeso fino al 30 aprile p.v. e che il volo San Paolo-Roma sarà operato nelle giornate del 25, 27, 28, 30 e 31 marzo (...). Per maggiori informazioni, contattare direttamente la compagnia aerea o visitare la sezione Notizie e Comunicati Stampa del sito
web dell'Ambasciata d'Italia a Brasilia www.ambbrasilia.esteri.it o l'account Twitter @ItalyinBrazil».
  L'Avviso in evidenza sul portale
ViaggiareSicuri è stato successivamente aggiornato, con cadenza pressoché settimanale e, in ogni caso, ogniqualvolta l'ambasciata d'Italia a Brasilia abbia segnalato novità rilevanti. Si è inoltre inserita nell'avviso in evidenza sul portale, sin dall'11 aprile, l'indicazione relativa alla presenza di voli ancora operativi di AirFrance e Lufthansa su Parigi e Francoforte, città da cui è possibile raggiungere l'Italia.
  Il 7 maggio è stato pubblicato un avviso specifico per segnalare la disponibilità di un volo commerciale speciale italiano operato dalla compagnia NEOS Air, da San Paolo a Roma e Milano, con partenza il 14 maggio. Sempre il 7 maggio, per raggiungere il maggior numero di connazionali ancora in Brasile, l'unità di crisi ha inoltre inviato un SMS ai cellulari e una notifica alle App degli utenti registrati sul portale «
DoveSiamoNelMondo».
  Come anticipato, però, il connazionale ha registrato il proprio viaggio solo dal 28 maggio. Non ha quindi ricevuto l'informativa sul volo del 7 maggio, né le precedenti. L'unità di crisi, infatti, d'intesa con l'ambasciata a Brasilia, aveva inviato comunicazioni SMS e notifica APP ai connazionali temporaneamente in Brasile registrati sul portale anche in data 11 aprile, per segnalare la presenza delle informazioni sui voli ancora disponibili per il rientro in Italia sul sito dell'Ambasciata e, ancora prima, il 9 aprile, aveva inviato tramite SMS e notifica, a tutti i registrati su
DoveSiamoNelMondo, l'indicazione di compilare il modulo di censimento predisposto dall'Ambasciata, per assistere i connazionali con urgenza di rientrare in Italia.
  Quando il connazionale ha segnalato per la prima volta (20 maggio) la propria presenza in Brasile al consolato a Recife, le opportunità di rientro diretto sull'Italia erano superate (volo NEOS, che ha riportato 243 connazionali, e volo Azul, che ha riportato 18 connazionali, entrambi tra 14 e 15 maggio). Il 21 maggio il consolato ha fornito al connazionale tutte le informazioni utili per il rientro, indicandogli quindi, tra l'altro, i voli commerciali al momento ancora in funzione e offrendogli la possibilità di un aiuto economico. Il 22 maggio il connazionale si è recato in Consolato per presentare i moduli firmati per la richiesta di prestito con promessa di restituzione. Il personale incaricato del settore assistenza, nel rammentare che, come previsto dalla normativa italiana, il prestito può essere erogato a chi non abbia modo di pagarsi il rientro da solo, lo ha informato della necessità di acquisire una dichiarazione dai familiari in Italia nella quale si facesse stato dell'impossibilità di sostenerlo economicamente. La condizione di indigenza è infatti requisito indispensabile per usufruire di assistenza economica, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 71 del 2011 sull'ordinamento e le funzioni degli uffici consolari. Il connazionale ha ritenuto di ritirare la domanda di prestito, una volta appreso che sarebbero stati effettuati degli accertamenti in merito alla dichiarazione di indigenza.
  Il 1° giugno 2020 il connazionale è tornato in consolato ed è stato ricevuto personalmente dal console per circa un'ora. Il console ha avuto modo di spiegargli quali sono le possibilità di azione della rete diplomatico-consolare all'estero e i limiti normativi ed ha rinnovato l'offerta di avvalersi di un prestito con promessa di restituzione a copertura sia delle spese di rientro sia di quelle correnti in Brasile fino alla partenza, chiarendo anche che il prestito può avere una scadenza superiore ai 12 mesi. Il connazionale ha chiesto qualche giorno per prendere una decisione e, al contempo, ha chiesto al console un aiuto per individuare un altro appartamento da prendere in affitto. Il 5 giugno, il connazionale ha inviato una
mail al consolato, con il seguente testo: «Buonasera, ancora non abbiamo preso una decisione, ci stiamo pensando e nello stesso tempo stiamo monitorando i voli per vedere le percentuali di cancellamento, Prossima settimana ci aggiorneremo, grazie».
  Merita sottolineare che dal Brasile sono tuttora disponibili voli con triangolazione che consentono di raggiungere l'Italia. Sono inoltre ripresi i voli interni, per raggiungere in particolare San Paolo e Rio de Janeiro. Il costo dei biglietti di questi voli è inevitabilmente maggiorato, poiché non esiste, al momento, un normale mercato che consenta alle compagnie di offrire prezzi concorrenziali. Il consolato d'Italia a Recife rimane naturalmente a disposizione della famiglia biellese per offrirle tutto il supporto possibile, nel rispetto della normativa vigente.
  Si ricorda infine che, all'8 giugno, la Farnesina ha promosso oltre 1.010 operazioni di rientro da 119 Paesi, facilitando il ritorno in Italia di quasi 94.000 connazionali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   EHM, ALBERTO MANCA e SABRINA DE CARLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Libia la situazione già tesa dovuta al conflitto non fa che peggiorare a causa della Endemia da COVID-19, che in tutto il nord Africa ha avuto una rapida escalation. Al 13 aprile si registravano 26 casi positivi di coronavirus, su un totale di circa 500 test eseguiti. A preoccupare sono le condizioni del popolo libico, soprattutto dei migranti detenuti nei centri e, in generale, del sistema sanitario libico provato da un Paese in perenne conflitto;

   le zone di maggior tensione sono quelle intorno alla città di Tripoli presa d'assalto con raid ormai quotidiani del generale Haftar, che nelle scorse settimane si è autoproclamato leader della Libia, con mandato popolare, quindi dichiarando di fatto annullato il trattato di Skhirat del 2015, che fece nascere il Governo di accordo nazionale;

   numerosi sono stati gli sforzi della comunità internazionale per un accordo diplomatico, culminati nel processo di Berlino di inizio 2020 a cui l'Italia ha partecipato attivamente;

   all'inizio di marzo 2020 Ghassam Salamè, inviato Onu e da tre anni capo della missione UNSMIL in Libia, si è dimesso per motivi di salute;

   il sostegno alle istituzioni libiche legittime, da parte dell'Italia, è indubbio. L'Italia ha chiesto una tregua durante il mese del Ramadan per costruire fattivamente un cessate-il-fuoco duraturo. Il Ministro interrogato ha espresso la sua preoccupazione ricordando che al primo posto ci siano il controllo dell'ingresso illecito di armi nel Paese, e il sostegno al processo politico per una Libia unita, con il sostegno al Governo riconosciuto di Serraj;

   Kalifa Haftar ha bloccato da gennaio 2020 i pozzi petroliferi sotto il suo controllo, causando di fatto una perdita economica per la popolazione e per le nazioni che lì si approvvigionano, tra cui l'Italia;

   l'alto rappresentante dell'Unione europea Josep Borrell ha chiesto la fine dei combattimenti e l'avvio di un processo politico sulla scia di quello che era stato posto come base proprio a Berlino, nonché di individuare un rappresentante speciale europeo per la Libia al più presto;

   mentre i porti italiani, come quelli maltesi, sono chiusi temporaneamente, nel frattempo sono ricominciati gli sbarchi dalla Libia verso le coste italiane: almeno cinque imbarcazioni, con a bordo circa 300 persone in totale, hanno sfidato le onde soltanto nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2020, partendo dalle coste ovest di Tripoli;

   il 31 marzo il Consiglio d'Europa ha approvato la nuova missione militare nel Mediterraneo, la Eunavfor Med Irini, che va a sostituire il mandato di Eunavfor MedSophia, allora dedicato al traffico illegale dei migranti, con il compito di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'Onu nei confronti della Libia, attraverso mezzi aerei, satellitari e marittimi;

   il 25 aprile, in Tunisia viene annunciata, in un comunicato del Ministero dei trasporti, una nuova rotta marittima che unirà il porto di Sfax, al sud del Paese maghrebino, con quello di Tripoli, per facilitare le esportazioni tunisine verso la Libia;

   la stampa internazionale sta indagando su un possibile traffico di armi e combattenti proprio attraverso l'utilizzo della rotta commerciale Sfax-Tripoli, che potrebbe eludere il controllo delle navi militari che sorvegliano il Mediterraneo;

   ad opinione dell'interrogante l'unica via possibile è il processo politico coordinato tra le parti, anche considerando che il popolo libico ormai da quasi dieci anni vive in balia dell'insicurezza e della guerra civile –:

   quali iniziative di competenza abbia attivato o intenda intraprendere il Governo a fronte di questa escalation di violenza nella zona di Tripoli con il conseguente aumento delle partenze dalle coste libiche per il nostro Paese, in piena emergenza Covid;

   se non intenda avviare iniziative di competenza circa il traffico di armi attraverso la Tunisia.
(4-05575)

  Risposta. — Il conflitto in Libia non si è fermato, nonostante i ripetuti appelli internazionali per l'adozione di una tregua umanitaria; al contrario ha acquisito una nuova, pericolosa intensità, ulteriormente esacerbata dall'ininterrotto e crescente afflusso dall'estero di materiali di armamento sofisticati e di combattenti stranieri a sostegno di entrambe le parti in conflitto.
  Nelle ultime settimane si è registrata un'evoluzione degli equilibri militari a seguito di alcune strategiche conquiste delle forze del Governo di accordo nazionale in Tripolitania e di un parziale ridispiegamento delle forze del generale Haftar. Questi sviluppi, uniti alle persistenti interferenze esterne e alla presa di posizione delle parti, non inclini a rinunciare all'opzione militare nella convinzione di poter prevalere, lasciano intravedere il concreto rischio di una nuova
escalation del conflitto con un sempre più diretto coinvolgimento di attori stranieri.
  In questo contesto, il Governo italiano continua a credere fermamente che non esistano scorciatoie militari per la risoluzione della crisi libica e che l'unica strada percorribile sia quella del dialogo politico nell'alveo del processo di Berlino. Abbiamo preso nota dell'intesa del 6 giugno 2020 fra il generale Haftar e il Presidente della Camera dei rappresentanti Aghila Saleh raggiunta con la mediazione dell'Egitto, che propone un percorso politico per il superamento della crisi libica. L'Italia ha sempre sostenuto ogni iniziativa che, se accettata dalle parti e collocata nel quadro del processo di Berlino, possa favorire una soluzione politica della crisi in Libia.
  Nonostante le evidenti limitazioni poste dalla pandemia all'azione diplomatica, l'Italia continua a profondere i più ampi sforzi politico-diplomatici per favorire la risoluzione politica della crisi libica. In questa fase l'azione diplomatica italiana è volta a perseguire la
de-escalation immediata del conflitto e la conclusione di un vero cessate il fuoco, l'immediata cessazione delle interferenze esterne, l'attuazione imparziale dell'embargo, il sostegno al processo di Berlino, la ripresa del dialogo intra-libico a guida ONU, la convinta e sincera adesione di tutti gli attori libici ed internazionali coinvolti nel processo politico condotto dall'ONU. Abbiamo quindi accolto molto favorevolmente la disponibilità recentemente manifestata da entrambe le parti di riprendere i negoziati a guida UNSMIL per un accordo di cessate il fuoco in seno alla Commissione militare congiunta 5+5, che si è concretizzata in due incontri (il 3 e il 9 giugno 2020) svoltisi in modalità remota, sotto forma di «proximity talks». L'auspicio di UNSMIL è di poter proseguire con incontri «in presenza» a Ginevra non appena le restrizioni sanitarie lo consentiranno.
  Sulla base di queste linee di priorità il Governo italiano mantiene costanti contatti con i principali attori della crisi - libici, regionali e internazionali. Solo per citare i contatti più recenti con la controparte libica, il presidente Conte ha avuto colloqui telefonici con il Presidente Serraj (30 maggio 2020) e con il Generale Haftar (1° giugno 2020) e il Ministro Di Maio ha effettuato delle telefonate con il Ministro degli affari esteri del GAN Siyala (19 maggio 2020), con il Presidente Serraj (6 maggio 2020) e con il Presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aghila Saleh (7 maggio 2020). A tutti gli interlocutori è stato chiesto di favorire l'immediata cessazione delle ostilità e di riavviare al più presto il dialogo politico attraverso la riattivazione dei negoziati intra-libici guidati da UNSMIL.
  Parallelamente ai contatti bilaterali, abbiamo favorito la prosecuzione della già fitta interlocuzione con i principali attori regionali e con i
partner europei. In seguito all'allentamento delle misure restrittive per il contenimento dell'emergenza COVID-19, il Ministro Di Maio ha ricevuto in visita in Italia Pomologo francese Le Drian (3 giugno 2020) e si è recato in missione in Germania (5 giugno 2020), Slovenia (6 giugno 2020) e Grecia (9 giugno 2020) per poter discutere dei principali temi di interesse comune, tra cui anche la Libia. Oltre ai colloqui telefonici del Ministro Di Maio con i Ministri degli esteri di Turchia, Tunisia, Algeria, Russia, USA ed Egitto e alla videoconferenza con l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Borrell e i Ministri degli esteri di Francia e Germania (14 maggio 2020), ho avuto recentemente contatti telefonici con i miei omologhi di Marocco (5 maggio 2020), Tunisia (12 maggio 2020) e Algeria (13 maggio 2020) che sono stati focalizzati anche sulla crisi libica.
  Il Governo italiano ha inoltre creduto fermamente che fosse fondamentale il rafforzamento del ruolo e della coesione dell'Unione europea sul
dossier libico, anche in considerazione dei rischi in tema di sicurezza, traffico di essere umani, migrazioni e approvvigionamento energetico che potrebbero derivare dalla crisi in Libia. L'avvio della nuova operazione EUNAVFORMED IRINI è una prima risposta a queste nostre esortazioni. L'operazione è principalmente finalizzata all'attuazione dell'embargo sulle armi verso la Libia imposto dall'ONU, utilizzando mezzi aerei satellitari e marittimi nonché, in via secondaria, a favorire la formazione della Guardia Costiera e della Marina libiche e a fornire sostegno per l'individuazione e il controllo delle reti di traffico e tratta di esseri umani.
  Come illustrato dal Ministro Di Maio in occasione dell'audizione del 14 maggio 2020 di fronte alle Commissioni esteri riunite di Senato e Camera sugli sviluppi in Libia, l'operazione sarà equilibrata e imparziale e volta a registrare le violazioni dell'embargo commesse da entrambe le parti, apportando così un contributo fondamentale per il rispetto dell'embargo ONU e la cessazione di tutte le interferenze esterne che stanno pericolosamente alimentando il conflitto. L'Italia ha assunto una particolare responsabilità nella condotta di Irini, in particolare per quello che riguarda l'aspetto dell'attuazione bilanciata del mandato. Il nostro Paese ospita a Roma il quartier generale della nuova operazione, con il relativo comando, affidato all'ammiraglio Fabio Agostini. Inoltre, nell'ambito di una rotazione concordata con la Grecia, l'Italia esprime per prima anche il Comandante della forza navale e la relativa nave comando. Si tratta di un ruolo di particolare sensibilità per via della facoltà di condurre ispezioni e abbordaggi nel quadro delle vigenti risoluzioni delle Nazioni Unite e va a garanzia ulteriore dell'imparzialità di Irini, soprattutto nella sua fase iniziale di impostazione delle modalità operative.
  L'operazione è stata progettata in modo tale da monitorare, rilevare e riferire alle Nazioni Unite violazioni dell'embargo su tutte le possibili rotte. La combinazione di risorse navali, aeree e satellitari ha lo scopo di ottenere un'immagine più completa possibile di tutti i tentativi di infrazioni via mare e via terra. Obiettivo ultimo è avere una fotografia realistica delle numerose violazioni in atto in Libia e cercare in questo modo di colmare il divario tuttora esistente fra retorica pubblica di alcuni attori regionali e internazionali coinvolti nel conflitto e loro effettivo comportamento sul terreno.
  Abbiamo infine sempre ritenuto fondamentale il coinvolgimento dei Paesi vicini alla Libia, che maggiormente risentono degli effetti destabilizzanti della crisi. In quest'ottica, la Tunisia è sicuramente uno dei
partner di riferimento, che – grazie anche all'azione italiana – è stata inclusa nel formato di Berlino e partecipa attivamente all'esercizio e contribuisce all'attuazione delle sue conclusioni.
  Come segnalato dall'interrogante è stata recentemente avviata la rotta commerciale Sfax-Tripoli, essenzialmente per far fronte all'emergenza sanitaria legata al COVID-19, che dovrebbe essere sospesa una volta superata l'esigenza contingente. Sulla base delle informazioni a nostra disposizione, non risulta che essa sia stata sinora interessata dal traffico di armi e combattenti. La posizione della Tunisia sulla crisi libica continua a essere incentrata su una soluzione politica del conflitto e sulla cessazione di tutte le ingerenze esterne, a partire da una stretta osservanza dell'embargo sulle armi.
  Sul
dossier libico, Tunisi condivide con l'Italia l'esigenza prioritaria di un'azione diplomatica per arrestare l'escalation militare, la necessità di giungere quanto prima ad un cessate-il-fuoco e favorire una soluzione politica nel quadro ONU, oltre alla preoccupazione per il potenziale incremento di arrivi dalla Libia di migranti e rifugiati, nonché di infiltrazioni terroristiche. Possiamo quindi contare sulla collaborazione con la Tunisia che rappresenta un partner di rilievo per l'Italia sul dossier libico.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   FORMENTINI, ZOFFILI e IEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 2 febbraio 2017 venne firmato a Roma dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e dal Presidente del Consiglio presidenziale del Governo di riconciliazione nazionale Fayez Mustafa Serraj un memorandum d'intesa tra Italia e Libia per il contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani;

   l'articolo 8 del memorandum disponeva che quest'ultimo avesse validità triennale dal momento della firma e, pertanto, lo stesso scadrà il 2 febbraio 2020;

   ai sensi del medesimo articolo 8 «il Memorandum sarà tacitamente rinnovato alla scadenza per un periodo equivalente, salvo notifica per iscritto di una delle due Parti contraenti, almeno tre mesi prima della scadenza del periodo di validità», ossia il 2 novembre 2019;

   nella seduta della Camera dei deputati del 30 ottobre 2019, durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, ed in particolare nel corso della discussione sugli intendimenti del Governo in ordine alla prevista scadenza del memorandum di intesa Italia-Libia, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, ha dichiarato che il Governo intende «modificare in meglio i contenuti del memorandum»;

   il memorandum ha contribuito a ridurre gli arrivi dalla Libia e conseguentemente le morti in mare, così come ammesso anche dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nella seduta del 30 ottobre 2019, e, se abbinato ad una efficace politica nazionale di contrasto all'immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani, così come avvenuto fino ad agosto scorso, si è rivelato uno strumento utile per combattere tutte le attività criminali connesse ai flussi migratori illegali;

   difatti, se dopo la sottoscrizione del memorandum, al 31 dicembre 2017 gli sbarchi erano già diminuiti da 181.436 del 2016 a 11.310 (di cui 107.212 dalla Libia), al 31 dicembre 2018 calarono addirittura a 23.370 (di cui solo 12.977 dalla Libia), fino ad arrivare a 4.269 (-95,62 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017) ad agosto di quest'anno, mentre, sempre secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, in poco più di un mese gli sbarchi e le partenze dalla Libia sono ripresi fino a triplicarsi complessivamente rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso;

   il memorandum, comunque, rappresenta un valido strumento per la lotta all'immigrazione clandestina e a tutte le attività criminali ad essa connesse, in primis la tratta di esseri umani, e, pertanto, occorre garantirne la piena validità sia per scongiurare la partenza dalla Libia verso l'Italia di migliaia di migranti, che metterebbero così a rischio la loro vita, sia per assicurare la difesa dei confini anche europei ed infine tutelare la sicurezza nazionale da flussi migratori incontrollati;

   inoltre, la modifica del memorandum non può avvenire unilateralmente, poiché l'articolo 7 prevede che lo stesso possa essere eventualmente modificato a richiesta di una delle parti tramite uno scambio di note, ma precisa anche che ciò possa avvenire solo durante il periodo della sua validità e, dunque, non possa essere nel frattempo sospeso –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di garantire la validità e l'operatività del memorandum del 2 febbraio 2017 e contrastare i flussi migratori illegali dalla Libia verso l'Italia e quali iniziative siano state eventualmente poste in essere al fine di modificare lo stesso.
(4-04043)

  Risposta. — Nei primi quattro mesi e mezzo del 2020 la Libia si attesta quale primo luogo di partenza delle imbarcazioni di migranti dirette in Italia, sebbene i numeri attuali rappresentino una quota minima rispetto al 2017 (2.832 migranti giunti irregolarmente in Italia dalla Libia al 13 maggio 2020, il 2,6 per cento dei 107.212 giunti nell'intero 2017).
  L'Italia, nel pieno rispetto della sovranità della Libia e delle convenzioni internazionali di cui è parte, ha fornito il proprio sostegno agli sforzi intrapresi dalle autorità libiche riconosciute, agendo nell'ambito dell'attuazione del
memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere firmato dal Presidente del Consiglio pro tempore Gentiloni e dal presidente del consiglio presidenziale libico Al Serraj il 2 febbraio 2017. L'intesa costituisce il quadro politico di riferimento in cui si sono sviluppate le numerose attività condotte dal Governo italiano a sostegno delle autorità libiche, in particolare nella gestione dei flussi migratori e nella lotta contro l'immigrazione clandestina, contribuendo a ridurre in maniera rilevante gli arrivi dalla Libia e le morti in mare nel Mediterraneo centrale.
  A tre anni dalla sua conclusione l'Italia si sta adoperando per modificare in meglio i contenuti del
memorandum, con particolare attenzione al tema dei diritti umani, ai centri e alle condizioni dei migranti. A tal fine, nel novembre 2019 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – anche sulla base del confronto e della collaborazione con Unhcr e Oim – tramite l'Ambasciata d'Italia a Tripoli ha formalmente proposto alle Autorità libiche la convocazione di una riunione del Comitato misto italo-libico, prevista dall'articolo 3 del memorandum, al fine di concordare un aggiornamento dell'intesa attraverso modifiche volte a migliorarne l'efficacia. La proposta è stata tempestivamente recepita dalle controparti libiche, che hanno formalmente comunicato la loro disponibilità a rivedere il testo, riservandosi di presentare loro proposte.
  Il coordinamento nazionale a livello tecnico fra le diverse amministrazioni interessate ha definito le ipotesi di intervento sul testo del
memorandum e predisposto una rielaborazione del memorandum formalmente trasmessa il 9 febbraio scorso alla controparte libica in vista dell'avvio del negoziato.
  Gli aspetti salienti della revisione riguardano il richiamo esplicito a trattati e norme internazionali consuetudinarie di diritto umanitario e sui diritti umani e l'impegno a lavorare al miglioramento nel breve e medio termine delle condizioni di migranti e rifugiati dentro e fuori dai centri. L'obiettivo è infatti quello di un progressivo superamento del sistema dei centri di accoglienza e l'agevolazione delle attività delle competenti organizzazioni delle Nazioni Unite, a cominciare da Unhcr e Oim, in un quadro che assicuri il rispetto dei diritti umani e dei principi umanitari. In collaborazione con le Autorità libiche, in questa fase di revisione del
memorandum, gli interventi di assistenza a migranti, rifugiati e altri soggetti vulnerabili, al fine di una stabilizzazione dei flussi irregolari, proseguono. Ove le condizioni di sicurezza e dell'emergenza da COVID-19 lo consentiranno, il meccanismo dei rimpatri volontari assistiti, con cui dal 2017 l'Oim ha potuto far rientrare nei loro Paesi di origine circa 50.000 migranti dalla Libia, potrà essere riattivato.
  Il prossimo passo consisterà ora nella convocazione del comitato misto
ex articolo 3 del memorandum con l'obiettivo di portare a termine il negoziato con la controparte libica relativo al testo emendato. La convocazione del comitato non è stata sinora possibile a causa delle restrizioni legate all'emergenza sanitaria COVID-19.
La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   FORMENTINI, ZOFFILI, COMENCINI, BILLI, GRIMOLDI, PICCHI e BAZZARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella Repubblica Popolare cinese è in atto un'emergenza sanitaria di portata straordinaria determinata dallo scoppio di un'epidemia causata dal coronavirus 2019-nCoV;

   le autorità di Pechino hanno già messo in quarantena un blocco di città la cui popolazione aggregata supera i 60 milioni di persone;

   molti Paesi, nell'intento di prevenire o contenere il contagio da coronavirus, hanno adottato varie misure restrittive, bloccando i collegamenti aerei con la Repubblica Popolare o chiudendo le frontiere di terra;

   tra i Paesi che si sono risolti al varo di misure restrittive preventive di questa natura c'è anche l'Italia;

   l'Italia, tuttavia, non si è limitata a bloccare i collegamenti aerei con la Repubblica Popolare, ma ha temporaneamente sospeso anche quelli tra il nostro Paese e Taiwan, come se l'emergenza sanitaria abbattutasi sulla Cina Popolare già coinvolgesse nella stessa misura l'isola di Formosa, circostanza che al momento non risulta ancora essersi prodotta;

   una spiegazione alternativa è che il Governo italiano abbia esteso a Taiwan le misure restrittive varate nei confronti della Repubblica Popolare aderendo di fatto, secondo gli interroganti, alla tesi che la vuole già provincia dell'unica Cina con capitale Pechino;

   la scelta dell'Italia è stata deplorata dalle autorità di Taipei, il cui Ministero degli affari esteri ha convocato il 3 febbraio 2020 il rappresentante dell'ufficio italiano di promozione economica, commerciale e culturale –:

   per quali motivi siano state estese a Taiwan e non ad altri Paesi della regione sud-est asiatica le misure restrittive in materia di collegamenti aerei con l'Italia adottate nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.
(4-04655)

  Risposta. — Onorevole Deputato Formentini, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-04655.
  La decisione di sospendere i collegamenti aerei diretti tra l'Italia e la Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong e Taiwan è stata assunta dal Ministero della salute, con l'obiettivo di tutelare il primario interesse della salute pubblica, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili e al fine di contenere i possibili rischi di diffusione in Italia del COVID-19.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha profuso notevoli sforzi per spiegare a tutti gli interlocutori internazionali le ragioni e la dinamica che hanno condotto a tale decisione, basata – lo si ribadisce – su valutazioni tecniche ed evidenze scientifiche svolte ed esaminate dalle competenti autorità sanitarie italiane, relative al rischio di diffusione del COVID-19.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha inoltre continuato a favorire i contatti tra il Ministero della salute e le autorità sanitarie dei Paesi e territori coinvolti nel blocco dei voli. Ciò al fine di consentire scambi informativi di carattere tecnico-scientifico necessari al contenimento della diffusione del virus e tali da evidenziare prontamente ogni evoluzione utile alle Autorità sanitarie italiane per assumere ulteriori e aggiornate decisioni di competenza.
  Si segnala comunque che la misura di sospensione dei collegamenti aerei adottata da Enac è scaduta il 28 aprile scorso e non ne è stato disposto il rinnovo.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   FRAILIS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la nave da crociera «Oasis of the Seas» della Royal Caribbean International, battente bandiera delle Bahamas, a metà marzo 2020 ha interrotto le crociere in corso e ha fatto sbarcare i passeggeri che erano a bordo;

   il personale è rimasto a bordo, e, a seguito di un focolaio di COVID-19 che si è sviluppato sulla nave, alcuni malati sono stati sbarcati in Florida. Da notizie pubblicate sulla stampa internazionale, ci sarebbero due, ma secondo alcune testate addirittura tre, deceduti per COVID-19;

   nel frattempo, il personale rimasto, tra cui alcuni italiani, è stato licenziato ma comunque trattenuto a bordo senza alcuna copertura assicurativa. Inoltre, gli sarebbe stato razionato il cibo e addirittura l'acqua sarebbe fornita solo a pagamento;

   non essendo la nave un luogo predisposto per gestire queste situazioni, a parte l'isolamento all'interno delle cabine, non c'è, di fatto, nessuna precauzione per contenere il diffondersi del virus;

   più volte, al personale rimasto a bordo, è stato annunciato lo sbarco, ma puntualmente questo annuncio è stato disatteso;

   la nave risulta al momento ancorata al largo di Miami in Florida –:

   se il Ministro interrogato ritenga necessario adoperarsi per accertare la reale situazione sulla nave «Oasis of the Seas» e quella delle persone trattenute a bordo, assumendo nel contempo tutte le iniziative di competenza necessarie per assicurare loro ogni possibilità di cura e di movimento garantite dal diritto internazionale.
(4-05532)

  Risposta. — Grazie all'opera incessante del consolato generale a Miami, in stretto raccordo con l'Ambasciata a Washington e con la Farnesina, è stata infatti raggiunta una soluzione per i cittadini italiani bloccati sulle navi da crociera della società Royal Caribbean, ferme al largo della Florida. Il consolato a Miami e l'unità di crisi del Ministero degli esteri hanno seguito fin dal primo momento la loro vicenda. Una vicenda dai profili particolarmente complicati per via della pandemia globale in corso e delle conseguenti restrizioni imposte dai Paesi toccati dalle rotte. Incessante è stato il lavoro della rete diplomatico-consolare italiana negli Stati Uniti per giungere alla positiva soluzione di un blocco che ha peraltro interessato 90 mila marittimi, di tutte le nazionalità, su oltre 100 navi al largo delle coste statunitensi.
  Come noto, con l'esplodere della pandemia, le competenti autorità statunitensi hanno emesso disposizioni molto stringenti relativamente alle procedure di sbarco e di rimpatrio del personale di equipaggio con il «
No Sail Order» del 15 aprile 2020 (che rinnova ed estende quello del 14 marzo) e con rigorose linee guida fornite alle compagnie di crociera dal Center for Disease Control and Prevention (CDC, autorità federale americana competente in materia di controllo sulla sanità pubblica).
  In base a tali disposizioni, alle compagnie di crociera – che le Autorità americane considerano uniche responsabili del rimpatrio dei marittimi – è richiesto di presentare piani per prevenire e contenere la diffusione del virus a bordo, che includono la disinfezione delle navi, accurati controlli sulla salute dell'equipaggio (rilevazione due volte al giorno della temperatura, test a campione per verificare la positività, distanziamento del personale collocandolo in cabine separate, e altro), la sicurezza nelle operazioni di sbarco a terra e il successivo trasporto in
terminal aeroportuali appositamente individuati. Solo una volta attuati tali piani, le compagnie sono autorizzate a sbarcare il personale, facendosi carico del rimpatrio con navi o con voli charter appositamente approntati. Resta infatti il divieto di rientro con voli commerciali per il rimpatrio dei marittimi.
  Si tratta quindi di un quadro complesso associato a una normativa rigorosa che riguarda non solo il personale italiano, ma il personale di bordo di ogni nazionalità, frutto di diversi fattori:

   a) il mancato rispetto da parte di alcune società crocieristiche, agli inizi dell'emergenza epidemiologica, dei parametri di sicurezza per il trasbordo dei passeggeri prima e di alcuni membri dell'equipaggio poi, che ha generato l'irrigidimento del CDC, da qui le disposizioni del «No Sail Order»;

   b) la pesante crisi finanziaria che il settore crocieristico sta affrontando anche a causa dell'ingente onere rappresentato dai costi di rimpatrio degli equipaggi;

   c) i requisiti stringenti richiesti dal CDC alle società crocieristiche, cui si aggiunge la richiesta ai vertici delle compagnie di assumersi la responsabilità civile e penale dello stato di salute e delle condizioni di rimpatrio di ciascun membro d'equipaggio.

  In questo complesso contesto, i nostri uffici negli Stati Uniti, in stretto raccordo con la Farnesina, non hanno lesinato sforzi per facilitare il rimpatrio dei connazionali. Dei diversi tasselli della nostra azione, vale richiamare l'intervento dell'ambasciata d'Italia a Washington presso il dipartimento di Stato e il CDC, che si è fatta anche promotrice di un'azione congiunta a livello UE (delegazione UE presso gli USA e Presidenza di turno a nome dei 27 Stati membri dell'Unione), riuscendo a catalizzare il consenso dei partner comunitari e anche di Paesi extra UE con le stesse difficoltà (Canada, Nuova Zelanda, Norvegia). Con questa azione congiunta, abbiamo chiesto e ottenuto dalle autorità americane maggiore flessibilità e misure che facilitano – via mare o con voli charter – lo sbarco e il rimpatrio dei marittimi.
  In questo quadro si inserisce il caso richiamato relativo ai cittadini italiani a bordo della
Oasis of the Seas (di proprietà del gruppo Royal Caribbean), tra cui i signori Rapisarda e Salaris. Il consolato generale a Miami ha assicurato un costante contatto con i connazionali a bordo dell'imbarcazione, con le loro famiglie, con il loro legale e ha fornito loro ogni possibile assistenza.
  Inoltre, con cadenza pressoché giornaliera, il consolato generale a Miami ha assicurato uno scambio regolare di informazioni con i
Senior vice president del gruppo Royal Caribbean (RCCL), per monitorare presenza e stato di salute dei connazionali a bordo, e per facilitarne il rimpatrio. Da tale intenso scambio di comunicazioni, si è appreso, a inizio aprile, della presenza di casi di COVID-19 a bordo della Oasis of the Seas che hanno evidentemente imposto, non solo l'assoluta necessità di attenersi alle linee guida del CDC, ma anche quella di adottare ogni precauzione e misura per garantire la massima tutela della salute dei connazionali a bordo (mentre i casi di decessi da coronavirus hanno riguardato il personale ricoverato in strutture sanitarie della Florida, non invece i marittimi a bordo).
  Grazie all'incessante e tempestiva opera del consolato d'Italia a Miami è stato possibile monitorare da vicino le condizioni dei marittimi italiani. Non appena appresa la decisione della compagnia Royal Caribbean di sospendere la distribuzione di acqua nelle cabine, a favore dell'acquisto in punti specifici della nave, il console generale ha infatti subito richiesto che tale previsione non si applicasse ai nostri connazionali, i quali hanno ricevuto il quantitativo di acqua loro necessario nelle rispettive cabine. Il consolato ha inoltre monitorato quotidianamente, mediante pareri medici, le condizioni di salute di ciascun connazionale.
  Numerose e regolari poi le occasioni (anche tramite
conference call) di aggiornamento da parte del consolato generale alla compagnia crocieristica, da un lato, e di coordinamento con i partner europei, dall'altro, sullo stato di avanzamento della trattativa esclusiva tra le competenti autorità americane (responsabili per il rilascio delle autorizzazioni allo sbarco) e le società di navigazione (su cui grava l'onere del rimpatrio dei connazionali). Di tutto ciò sono state costantemente informate anche connazionali a bordo, le loro famiglie, i legali e tutte le autorità italiane da questi adite.
  Grazie alle summenzionate preziose opere di sensibilizzazione, nel cui contesto si inserisce anche una lettera del Ministro Di Maio al Segretario di Stato Pompeo, è stato possibile registrare un aumento delle autorizzazioni del CDC in materia di sbarco e rimpatrio che hanno consentito, il 12 maggio, alla Royal Caribbean di effettuare il trasferimento sulla nave
Majesty of the Seas degli italiani di equipaggio a bordo della Oasis of the Seas, tra cui i signori Rapisarda e Salaris. La nave è salpata il 14 maggio dal porto di Miami con arrivo previsto a Southampton a fine maggio. Anche la nave «Empress of the Seas» è in navigazione verso Southampton con arrivo previsto a inizio giugno e con successivo analogo rimpatrio via voli charter. La compagnia ha inoltre riferito di essere in contatto con le autorità britanniche per evitare che l'equipaggio sia sottoposto a una nuova quarantena una volta giunto a Southampton, nonché di comunicare direttamente agli interessati i voli commerciali che i marittimi potranno prendere dal Regno Unito per fare rientro in Italia. La nave «Freedom of the Seas» è giunta il 23 maggio a Barbados, dove a partire dal 24 maggio i 57 cittadini italiani a bordo sono stati trasferiti tramite voli charter a Londra e hanno poi proseguito verso l'Italia.
  Si è dunque conclusa positivamente un'operazione che ha visto l'ambasciata e il consolato generale a Miami, in stretto raccordo con la Farnesina, impegnati nel fornire la massima assistenza a tutti i marittimi italiani imbarcati sulle navi da crociera della società Royal Caribbean.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 17 febbraio 2020 sull'edizione genovese di Repubblica.it si apprende che il 26 gennaio 2020, in una birreria di Albisola (Savona), si sarebbe tenuto un concerto dai contenuti marcatamente e dichiaratamente neofascisti e neonazisti, con tanto di musica e proclami che si richiamano apertamente al fascismo e conclusosi con saluti romani di gruppo, ripetuti fra bandiere con la croce celtica;

   il video integrale della serata con il concerto acustico del gruppo Feanor, legato all'associazione milanese Lorien, è stato inizialmente pubblicato integralmente sulla piattaforma Youtube e poi rimosso, stando a quanto si legge da un articolo pubblicato il 19 febbraio 2020 sul quotidiano onlineRepubblica.it;

   durante l'evento il presentatore della serata, un attivista lombardo dell'ultradestra, avrebbe pronunciato delle gravissime affermazioni, come quella di sostenere che l'Europa in cui loro credono sarebbe finita il giorno in cui Hitler è morto e che le SS non erano i macellai del nazismo ma «soldati che hanno sacrificato la loro vita per un'idea di Europa, la stessa Europa in cui crediamo noi finita quel giorno a Berlino»;

   tra i commenti al video pubblicato sulla piattaforma Youtube ci sarebbe anche un commento entusiasta, quello di Dario Cigliutti, referente di Casapound Savona: «Grazie per la bellissima serata», avrebbe infatti scritto in calce al video;

   secondo lo stesso articolo di Repubblica.it del 19 febbraio, molti dei presenti alla serata erano milanesi e alcuni sarebbero dei vecchi appartenenti all'area neofascista lombarda;

   a parere dell'interrogante, in un periodo storico come quello che si sta vivendo, in cui riappaiono prepotentemente in Italia vergognosi atti vandalici e sfregi con svastiche e offese antisemite a simboli che ricordano l'Olocausto e persone sopravvissute ai lager, l'episodio accaduto ad Albisola non può essere in alcun modo sottovalutato;

   Albissola Marina ha dato un importante contributo alla resistenza savonese e non merita certo che si svolgano iniziative di matrice addirittura neonazista nei locali pubblici della città;

   occorre un deciso intervento per porre fine a questo continuo agitarsi di propaganda neonazista nel nostro Paese –:

   di quali elementi disponga il Governo circa quanto esposto in premessa, quali iniziative di competenza intenda adottare per prevenire e contrastare tali episodi, che, parere dell'interrogante, violano apertamente le leggi in materia di apologia del fascismo e la stessa Costituzione;

   se esista un Osservatorio presso il Ministero dell'interno dedicato al fenomeno neofascista e neonazista e alle loro organizzazioni e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente situazioni come quelle esposte in premessa.
(4-04816)

  Risposta. — In merito alla vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nella serata del 17 febbraio 2020 è stato pubblicato sulla pagina facebook denominata «Villapiana Antifascista e Antirazzista» un
post intitolato «saluti fascisti e croce celtica in birreria», nell'ambito del quale gli autori esprimevano sconcerto e preoccupazione per quanto avvenuto la sera del precedente 26 gennaio in una birreria di Albissola Marina, in provincia di Savona.
  In particolare stigmatizzavano come in quel pubblico esercizio si fosse tenuto un concerto della band musicale «Feanor» riferibile all'associazione culturale Lorien di Milano, che si occupa di valorizzare la musica della destra storica e come nel detto contesto si fossero evidenziate condotte quali l'ostensione di una bandiera con croce celtica, i saluti romani, canzoni che esaltano il fascismo, il nazismo e organizzazione neofasciste come Ordine Nuovo.
  Gli autori corredavano i contenuti «denunciati» con parti di un video del concerto ritenute emblematiche in quanto si intravedevano alcuni soggetti intenti ad effettuare il «saluto romano» ed una bandiera con croce celtica alle spalle della
band. Il comunicato infine stigmatizzava il fatto che il referente per Savona di Casapound Italia avesse commentato il video di detto concerto – postato sul canale YouTube dell'associazione A.C. Lorien – con l'affermazione «Grazie per la bellissima serata», supportando la convinzione che lo stesso e i suoi sodali avessero assistito al concerto e magari ne fossero gli organizzatori.
  Inoltre, tra i diversi commenti degli utenti della citata pagina facebook, è stato inserito il collegamento all'articolo «Albissola concerto neofascista e omaggi al nazismo: “Le SS non erano criminali”» del quotidiano
La Repubblica on line, del 17 febbraio 2020, che aggiungeva il link attraverso il quale raggiungere il canale YouTube ove era stato pubblicato il video integrale della serata in argomento.
  La Digos della questura di Savona ha reperito su una piattaforma
online il filmato. Le immagini hanno confermato in larga parte quanto denunciato nei citato post facebook.
  Inoltre, attraverso altra documentazione fotografica, sempre reperita sul
web, è stato appurato che alla serata in parola hanno partecipato anche una decina di simpatizzanti e frequentatori della sede savonese di Casapound, tra i quali il referente provinciale.
  In relazione ai fatti descritti si rappresenta che gli approfondimenti esperiti dal personale della Polizia di Stato sono stati riassunti in un'informativa, tempestivamente depositata presso la procura della Repubblica di Savona, con riserva di ogni ulteriore atto d'indagine.
  Su un piano più generale, in merito alle iniziative relative alle associazioni neofasciste e neonaziste, si evidenzia che le Forze dell'ordine svolgono un'azione di costante monitoraggio dei contesti connotati da estremismo politico, finalizzata ad intercettare per tempo e a prevenire il compimento di qualsivoglia illegalità.
  Occorre rilevare, inoltre, come il Ministero dell'interno abbia impresso il massimo impulso all'attività info-investigativa nei confronti degli ambienti della destra radicale al fine di contrastare e perseguire ogni situazione o comportamento che si ispiri ai principi del nazi-fascismo e della discriminazione razziale.
  Particolare attenzione viene dedicata alle condotte poste in essere in violazione della normativa di settore – con particolare riferimento alla «Legge Scelba» ed alla legge del 25 giugno 1993 n. 205 e successive modifiche – che vengono segnalate con tempestività all'autorità giudiziaria.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Seta è l'acronimo di un think tank turco che ha sede ad Ankara: la Foudation for Political, economic and Social Research, creata nel 2006. Si proclama indipendente, ma ha rapporti stretti con il partito di Governo, l'AKP del presidente Recep Tayyip Erdogan, e difatti organizza molte iniziative volte a legittimarne le politiche. Seta ha pubblicato da poco il «Rapporto 2018 sull'islamofobia in Europa», un volume di 848 pagine a cura di due ricercatori turchi, Enes Bayrakli e Farid Hafez;

   è presente un capitolo dedicato all'Italia e la cui stesura si deve ad Alfredo Alietti, docente di sociologia urbana all'Università di Ferrara, e a Dario Padovan, docente di sociologia presso il dipartimento di culture, politica e società dell'Università di Torino. In Italia, si specifica, come non siano reperibili dati ufficiali su razzismo e discriminazione, ad esclusione di un unico documento del Ministero dell'interno risalente al 2016 che riporta di soli 33 incidenti razzisti. A tal proposito gli autori hanno ovviato alla carenza di incidenti raccogliendo in maniera non sistematica sia fatti di cronaca sia report non scientifici di organizzazioni non governative come Vox diritti;

   i due accademici ammettono che in Italia non esistano limitazioni alle pratiche islamiche. Sono consentiti: il velo, salvo casi eccezionali, la macellazione halal, le moschee, la circoncisione rituale, le preghiere e il burka nonostante vi siano norme che ne vietano l'uso questo è nei fatti tollerato;

   è di tutta evidenza come gli italiani abbiano il massimo rispetto; va però considerata ad avviso dell'interrogate, per i rifugiati che i princìpi fondanti dell'Islam sono effettivamente incompatibili con quelli della civiltà cristiana occidentale e che il jihad, combattuto anche con lo strumento del terrorismo, è prescritto nel Corano e nella Sunna, benché la maggior parte dei musulmani non lo pratichino;

   si potrebbe ignorare la pubblicazione, se non fosse che è stata l'Unione europea a finanziare il rapporto. Come ricorda Burhanettin Duran, il coordinatore generale di Seta, nella prefazione: «l'EU ha generosamente finanziato l'intero progetto incluso il presente libro, i tavoli di discussione, i workshop e molte altre attività relative a questo studio» –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative di competenza, in sede europea sia ai fini di un attento monitoraggio dei fenomeni in questione, sia per evitare che siano erogati finanziamenti a progetti che, ad avviso dell'interrogante, oltre ad essere inutili minano la credibilità e la dignità di intere popolazioni, tra cui quella italiana.
(4-04224)

  Risposta. — La Fondazione per la ricerca politica, economica e sociale (SETA) ha beneficiato di una sovvenzione nell'ambito della 5a fase del «Programma di dialogo della società civile UE-Turchia» finanziato, a partire dal 2015, dalla dotazione dello strumento di preadesione (IPA) 2015. Il progetto è stato realizzato dalle autorità turche secondo le modalità di attuazione indiretta. Tale modalità include l'attuazione del progetto da parte delle autorità nazionali del Paese beneficiario, di organizzazioni internazionali o di agenzie di sviluppo dei Paesi membri.
  Da parte della Commissione europea sono state fornite, anche da ultimo, conferme circa il pieno rispetto delle norme UE che disciplinano l'assegnazione delle sovvenzioni – in particolare la trasparenza e la parità di trattamento – in occasione del processo di selezione per questo progetto. Inoltre, in base a tali contratti, i contenuti dei materiali sono di esclusiva responsabilità del destinatario dei fondi e una dichiarazione di non responsabilità dell'Unione europea (
disclaimer) è presente nella prima pagina del rapporto prodotto da SETA.
  Occorre sottolineare che a seguito della grave involuzione del quadro interno turco sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali e della libertà di espressione, accentuatasi dopo il fallito colpo di Stato del luglio 2016, gli stanziamenti IPA hanno registrato successive sensibili decurtazioni pari a circa 1 miliardo di euro sulla dotazione complessiva 2014-2021 e ulteriori tagli sui bilanci annuali per il 2019 e 2020. Inoltre, a partire dal programma 2017, il sostegno IPA alla società civile è stato ricentralizzato e tutti i fondi relativi sono gestiti direttamente dalla Commissione.
  L'assegnazione alla Fondazione SETA rientra nell'anno di programmazione IPA 2015, vale a dire prima della ri-centralizzazione dei programmi gestiti dalla Commissione. Per completezza d'informazione si fornisce il
link della risposta fornita dall'allora Commissario Hahn a una interrogazione del parlamentare europeo Mandi (PPE) sul medesimo argomento: http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/P-9-2019-003384-ASW_EN.html.
  L'Italia nutre forti preoccupazioni per l'involuzione dello Stato di diritto e per la limitazione delle libertà fondamentali in Turchia, Nel quadro di una necessaria fermezza della risposta UE rispetto alle iniziative turche, si ritiene comunque essenziale mantenere aperti i canali di dialogo con Ankara, in considerazione del carattere strategico delle complesse sfide comuni sullo scenario globale – come quella migratoria – e conservare importanti leve per tenere «agganciata», secondo le modalità più adeguate, la società civile turca.
  Per quanto riguarda la strategia di prevenzione e contrasto ai fenomeni di estremismo violento, il Ministero dell'interno evidenzia che nell'ambito del Meccanismo di cooperazione europea essa ruota attorno alle tre seguenti strutture:

   la task force sulla radicalizzazione, costituita all'interno della Commissione Europea;

   lo Steering Board on Radicalisation, che rappresenta una cabina di regia a cui prendono parte i delegati di ciascuno Stato membro dell'Unione, che ha la funzione di suggerire alla Commissione europea gli obiettivi strategici prioritari in tema di contrasto al terrorismo;

   il Network of National Prevent Policy-Makers, composto dai delegati degli Stati membri.

  Dal 2011 è inoltre nato per volontà della Commissione Europea il progetto RAN - Radicalisation Awareness Network con l'obiettivo di mettere a fattor comune le migliori prassi adottate in ciascuno Stato dell'Unione europea in materia di prevenzione dei processi di radicalizzazione violenta.
  Sul piano interno va segnalata l'operatività dell'Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), istituito nel 2010 allo scopo di ottimizzare le attività svolte dalle Forze di polizia a competenza generale nella prevenzione nei contrasto dei reati di matrice discriminatoria (
hate crimes o crimini d'odio).
  L'OSCAD dedica grande attenzione all'attività di monitoraggio e a partire dal 2014 elabora il contributo del Dipartimento della pubblica sicurezza sui crimini d'odio per il rapporto annuale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – OSCE (per l'Italia pubblicato alla pagina
http://hatecrime.osce.org/italy).
  Attualmente, i contributi vengono forniti combinando le segnalazioni OSCAD e i dati del «Sistema di Indagine - SDI».
  In particolare, va evidenziato che i dati SDI (estratti dal Centro elaborazione dati – CED interforze) attengono ai reati con finalità discriminatorie che hanno «copertura normativa» (ossia relativi a «razza», etnia, nazionalità, religione e appartenenza a minoranze linguistiche nazionali), mentre le segnalazioni OSCAD riguardano gli ambiti discriminatori privi di specifica copertura normativa (relativi ad orientamento sessuale ed identità di genere).
  Per quanto attiene all'ambito etnico/razziale/religioso è possibile fornire un dato complessivo giacché la normativa vigente in materia non distingue le specifiche finalità discriminatorie. Conseguentemente, non possono essere estrapolate dal Sistema di Indagine le violazioni distinte per le singole categorie che compongono tale ambito.
  Di seguito, si riportano i dati forniti all'OSCE, suddivisi per ambito e relativi agli anni dal 2016 al 2018:

   Razza, etnia, nazionalità, religione: 494 nel 2016; 828 nel 2017 e 801 nel 2018.

   Orientamento sessuale e identità di genere: 38 nel 2016; 63 nel 2017 e 100 nel 2018.

   Disabilità: 204 nel 2016; 157 nel 2017 e 210 nel 2018.

   Totale: 736 nel 2016, 1.048 nel 2017 e 1.111 nel 2018.

  In ragione della loro eterogeneità, i dati comunicati all'OSCE non forniscono un quadro avente valore statistico sul fenomeno in Italia, conseguentemente incrementi/diminuzioni non sono correlabili con certezza ad un proporzionale incremento/diminuzione dei crimini d'odio nel nostro Paese.
  Inoltre, si evidenzia che l'Osservatorio, in ragione della
expertise maturata in tema di reati di matrice discriminatoria, è stato coinvolto in un meeting internazionale di esperti nell'ambito della progettualità (finanziata dalla Commissione europea) Hatemeter, coordinata dall'Università di Trento e finalizzata al miglioramento della conoscenza, della prevenzione e del contrasto dell'odio antimusulmano online (Tolosa, 18 dicembre 2019).
  Infine, nell'ambito della progettualità europea
Facing all the Facts (2016-2019), tesa alla produzione di moduli formativi online per le Forze di polizia ai fini del miglioramento delle capacità di riconoscimento, prevenzione e contrasto dei crimini d'odio, è stato realizzato uno specifico modulo sugli indicatori di pregiudizio in materia di islamofobia.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   i problemi collegati al rischio idraulico del fiume Lambro preoccupano da anni la regione Lombardia, il comune di Monza e l'Agenzia interregionale per il fiume Po (A.i.p.o.);

   tra il 2014 e il 2016 la regione Lombardia, ha attivato l'A.i.p.o. per la progettazione di una serie di interventi di difesa e di mitigazione del rischio idraulico del fiume Lambro, al fine di garantire la tutela della popolazione monzese e dei beni esposti al rischio;

   una delle progettazioni sviluppate ha previsto la manutenzione straordinaria dell'alveo del fiume Lambro in ambito urbano con pulizia delle sponde, asportazione della vegetazione in alveo, chiusure arginali e rimodellazione di alcune traverse storiche, non più funzionali alle esigenze idrauliche per cui erano realizzate – connesse alla presenza di industrie tessili e mulini – che la regione Lombardia ritiene necessaria per attenuare i rigurgiti e quindi evitare gli allagamenti del centro storico di Monza;

   il parere del 17 novembre 2015 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza archeologia della Lombardia sul progetto definitivo di tali interventi esprime «forti perplessità sulla realizzabilità del progetto che in più punti potrebbe risultare necessario modificare per l'emergere di strutture in interesse archeologico per la conservazione delle quali risulterebbe del tutto alterato l'intervento progettato»;

   a causa delle palesate problematiche connesse con gli interventi proposti sulle traverse presenti lungo il fiume Lambro, e su suggerimento della regione Lombardia, l'A.i.p.o. ha proceduto con la progettazione definitiva ed esecutiva e con la successiva realizzazione di un primo stralcio di manutenzione leggera dell'alveo, dell'importo di 1 milione di euro, sul quale hanno espresso parere favorevole sia la Soprintendenza archeologia che la Soprintendenza belle arti e paesaggio; tale stralcio non ha contemplato gli interventi sulle traverse che dovrebbero essere approfonditi in un quadro più generale con il coinvolgimento più diretto della Soprintendenza competente;

   tuttavia, la rimodellazione delle suddette traverse si rende sempre più necessaria, anche a causa dei cambiamenti climatici in corso, al fine della sicurezza delle popolazioni e dei manufatti circostanti il corso d'acqua, compresi i beni storico-architettonici a rischio, come la Torre Viscontea localizzata nell'alveo del Lambro;

   risulta agli interroganti che l'autorità di bacino distrettuale del fiume Po ha in corso la sottoscrizione di un protocollo d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali per coniugare le diverse esigenze paesaggistiche e di sicurezza idraulica e trovare soluzioni giuste e condivise con il Ministero per la tutela e messa in sicurezza dei corsi d'acqua sempre più pericolosi per l'incolumità pubblica –:

   se sia stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra l'autorità di bacino distrettuale del fiume Po e il Ministero per i beni e le attività culturali relativamente a soluzioni tecniche generali che tengano conto di entrambe le esigenze, paesaggistica e di sicurezza idraulica, ovvero quali siano i tempi attesi per la relativa sottoscrizione;

   se il Ministro interrogato intenda intervenire formalmente per promuovere un ulteriore approfondimento paesaggistico al fine trovare una soluzione tecnica per ridurre l'altezza delle traverse che attualmente ingenerano i rigurgiti che sono causa delle esondazioni, anche al fine di ottenere il duplice risultato della conservazione minimale del manufatto storico e della mitigazione del rischio idraulico, informando delle decisioni assunte l'interrogante e gli enti preposti alla realizzazione degli adeguamenti dei manufatti storici oggi interferenti con il corretto deflusso delle acque.
(4-01061)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto informazioni riguardo ai problemi collegati al rischio idraulico del fiume Lambro.
  Sulla base delle precisazioni fornite dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, si rappresenta quanto segue.
  Il progetto inizialmente predisposto nel 2015 dall'agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo), riguardava pressoché tutto il tratto di corso del Lambro all'interno del centro storico della città, nel quale «sussistono numerosi beni, quali ponti, traverse, argini che appartengono al patrimonio culturale e che sono da preservare e tramandare nel tempo come memoria storica della città».
  Il progetto prevedeva, tra gli altri interventi, la parziale rimozione di alcune opere storiche di regimazione idraulica del fiume, in particolare di quattro traverse, attestate in un caso almeno dai primi del Settecento, costituenti a pieno titolo beni culturali oltre ad essere beni soggetti a tutela paesaggistica, quale rilevante testimonianza e memoria della storia della relazione e interazione della città con il fiume, legata in particolare al funzionamento di mulini e manifatture, e agli opifici ottocenteschi della prima età industriale con il connesso reticolo idrico di alimentazione. Inoltre erano previsti interventi di scavo, non privi di potenziali rischi, al piede della Torre Viscontea, unico elemento superstite in elevato del sistema fortificato di mura e castello realizzato nella prima metà del XIV secolo, e gli interventi sull'alveo del fiume erano tali da configurare potenziali serie interferenze con strutture di interesse anche archeologico, di cui sarebbe risultata poi problematica una eventuale conservazione senza ricorrere a forti modifiche del progetto stesso. Queste molteplici criticità furono all'epoca rappresentate nel corso del confronto sul progetto datato giugno 2015, tanto sotto il profilo architettonico che sotto il profilo archeologico e paesaggistico, dalle rispettive soprintendenze belle arti e paesaggio di Milano, e archeologia della Lombardia.
  A tale fase conseguì, lo stralcio di un primo lotto di opere (progetto novembre 2015) denominato «Interventi di sistemazione idraulica lungo il fiume Lambro nel centro abitato del comune di Monza», con parere favorevole da parte di ambedue le soprintendenze, tanto che la relazione generale illustrativa del progetto, nei ringraziamenti, dava atto alla «soprintendenza ai beni culturali» di aver «permesso di arrivare a un giusto compromesso tra la mitigazione del rischio idraulico e il mantenimento delle opere di un tempo». In questo primo lotto approvato non erano compresi tuttavia i più invasivi, e problematici, interventi sulle traverse storiche.
  La necessità di realizzare ulteriori interventi anche a questo proposito è stata di recente riproposta da Aipo, in vista della redazione del progetto esecutivo. Nello scorso mese di febbraio si è quindi tenuto un incontro in soprintendenza, cui hanno preso parte, oltre ai rappresentanti di Aipo, il dirigente della direzione generale struttura programmazione interventi di difesa del suolo entro la direzione generale territorio di regione Lombardia, l'assessore del comune di Monza con delega alla protezione civile, i professionisti incaricati da Aipo del progetto preliminare, il consulente professor M. Mancini del Politecnico di Milano. Nell'incontro sono state nuovamente rappresentate le esigenze di realizzare interventi più incisivi (e invasivi) su traverse e opere idrauliche; e ampiamente discusse le esistenti criticità in proposito, già espresse dagli uffici del Mibact in relazione alla difficile compatibilità di interventi di tipo distruttivo, comportanti la estesa manomissione o finanche la perdita di beni culturali di rilevante importanza, con le esigenze dettate dai profili di tutela esistenti.
  Tuttavia già in una fase precedente, le parti si erano impegnate in un lavoro comune teso a individuare soluzioni di mediazione, capaci di contemperare la cura di entrambi gli interessi pubblici in gioco: la riduzione del rischio idraulico da un lato e la salvaguardia del patrimonio culturale dall'altro. La soprintendenza pertanto ha confermato la piena disponibilità a esaminare e a contribuire a progetti che tengano adeguato conto delle ragioni della tutela. Si è convenuto, infatti, di proseguire in questo lavoro partendo da un sopralluogo che si è svolto in data 19 febbraio 2020, con la partecipazione dell'assessore e di rappresentanti di Aipo, nel quale sono stati discussi sul posto specifici temi e ci si è impegnati in un confronto con i progettisti sulle singole possibili soluzioni nei vari ambiti di intervento.
  A questo sopralluogo non sono tuttavia seguite, nel periodo dell'emergenza sanitaria, altre attività ma risulta che sia prossimo alla definizione l'affidamento dell'incarico per la progettazione definitiva-esecutiva agli stessi progettisti autori del preliminare a suo tempo esaminato e con i quali la soprintendenza ha già avviato un proficuo confronto.
  Si segnala, infine, che sono in corso opere di regimentazione delle acque di piena a monte di Monza, tramite interventi sugli affluenti del Lambro, e che alla predetta soprintendenza non sono state presentate dall'autorità di bacino proposte di sottoscrizione di protocolli d'intesa per la tutela idrogeologica e la tutela dei beni paesaggistici e storico-culturali della città di Monza.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   ALBERTO MANCA, CADEDDU, PERANTONI, CABRAS, SCANU e MARINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la peste suina africana Psa è una malattia virale, estremamente infettiva, solitamente letale che colpisce i suini domestici e i cinghiali;

   in Italia è presente esclusivamente in Sardegna dal 1978, mentre si registrano focolai infettivi all'interno di alcuni Paesi membri dell'Unione europea;

   allo stato attuale non esiste ancora una cura o un vaccino in grado di debellare il morbo. L'unico rimedio è predisporre un programma di emergenza per l'eradicazione del virus (articolo 21 del decreto legislativo n. 54 del 2004) ed osservare gli standard precauzionali e le misure sanitarie imposte dalla normativa unionale (decisione di esecuzione 2014/709/UE);

   per combattere l'emergenza sanitaria in corso ed arginare i danni causati all'economia sarda dal divieto di esportazione delle carni suinicole applicato dall'Unione europea, la regione è impegnata da molti anni nella lotta alla eradicazione della Psa;

   l'attività di abbattimento dei suini tenuti illegalmente al pascolo brado costituisce l'unico strumento per spegnere i focolai attivi e ridurre il rischio di ulteriore contagio;

   con la vittoria della coalizione di centrodestra alle elezioni regionali del mese di marzo 2019 tuttavia le operazioni di eradicazione sono state interrotte;

   con l'interrogazione n. 4-04002, depositata in data 4 novembre 2019, a prima firma del sottoscritto, è stato chiesto ai Ministri competenti di prendere atto dell'emergenza sanitaria ed economica che affligge la regione Sardegna e di favorire la ripresa immediata delle operazioni di depopolamento, unitamente alla richiesta di rimozione degli attuali divieti di esportazione dei prodotti sardi;

   qualche settimana fa, inoltre, il commissario europeo alla salute e alla sicurezza alimentare – Vytenis Andriukaitis – durante una visita in Sardegna, ha ricordato l'importanza della ripresa delle attività di depopolamento, invitando a non sottovalutare l'infettività del virus e le future possibilità di contagio;

   il 15 novembre 2019 sono riprese regolarmente le attività di depopolamento;

   il 22 novembre 2019, un allevatore di Baunei (Nuoro), ha sparato in aria un colpo di arma da fuoco e ha intimato al personale impegnato nelle operazioni, di allontanarsi e di sospendere immediatamente le operazioni di abbattimento;

   nella notte del 24 novembre 2019, sono apparse sui muri del comune di Baunei scritte ingiuriose e minacce di morte indirizzate al sindaco della comunità, chiaramente riferite alla peste suina africana e agli abbattimenti in corso;

   quanto accaduto desta notevoli preoccupazioni per la sicurezza e per l'incolumità degli operatori impegnati nel programma di eradicazione. Il malcontento degli allevatori, infatti, ad avviso dell'interrogante, è di fatto rincoraggiato anche da quanto sostenuto dai vertici della maggioranza politica della regione che in campagna elettorale avrebbero promesso l'immediata interruzione delle operazioni, minimizzando sulla pericolosità del virus;

   ai sindaci delle comunità sarde non è attribuibile alcuna responsabilità per le operazioni in atto, ma, al contrario, va riconosciuto l'impegno nel rispetto delle norme, finalizzato al conseguimento del benessere della collettività;

   le operazioni di depopolamento devono essere definitivamente completate senza trovare ulteriori ostacoli e/o interruzioni –:

   se il Governo sia conoscenza della suesposta situazione e se intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare il comparto operativo delle forze di polizia che operano in accordo con il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, al fine di salvaguardare l'incolumità e la sicurezza degli amministratori locali e degli operatori impegnati nelle attività di eradicazione della Psa.
(4-04194)

  Risposta. — In relazione alle questioni poste dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Come noto, la peste suina africana, malattia contagiosa e infettiva che colpisce il maiale domestico e il cinghiale, è stata riscontrata per la prima volta in Sardegna nel 1978 e da allora l'epidemia ha decimato periodicamente gli allevamenti del comparto suinicolo isolano.
  La diffusione rapida del virus tra i capi di allevamento e le sue caratteristiche hanno destato un forte allarme, al punto che nel novembre 2011 la Comunità europea ha vietato la commercializzazione di prodotti a base di carne suina, o contenenti carne suina, provenienti dalla Sardegna.
  Nel 2014 l'Amministrazione regionale sarda ha avviato il piano di eradicazione della peste suina finanziato dall'Unione europea, che ha visto la partecipazione delle varie autorità, competenti per materia, sul territorio regionale.
  L'unità di progetto per l'eradicazione della peste suina africana, istituita nel 2014 con deliberazione della giunta regionale e composta dai rappresentanti dei diversi assessorati competenti per materia, ha quindi avviato una serie di interventi mirati, con l'obiettivo di contrastare l'epidemia. Il territorio maggiormente colpito dalla malattia è risultato, sin da subito, quello della Sardegna centrale, in particolare la provincia di Nuoro.
  Va rilevato che la predetta attività di contrasto, messa in atto dalla
task force regionale ha causato, soprattutto nella fase iniziale, alcuni momenti di tensione tra gli allevatori, soprattutto nei comuni montani.
  Uno degli episodi più gravi si è verificato in data 22 novembre 2019, quando durante le operazioni svoltesi a Baunei (Nuoro) il proprietario di un ovile oggetto di ispezione, ha intimato al personale del Corpo forestale di allontanarsi da quei luoghi esplodendo in aria un colpo di fucile a scopo intimidatorio, per poi rendersi subito dopo irreperibile. Nei giorni successivi, i Carabinieri della stazione di Baunei hanno segnalato il predetto proprietario all'autorità giudiziaria, ritirando le armi rinvenute.
  Il 24 novembre successivo il sindaco del comune di Baunei è stato destinatario di alcune scritte minatorie, chiaramente riconducibili alle operazioni di abbattimento effettuate in quel territorio, che hanno determinato la necessità, a tutela dell'amministratore comunale, di attivare la misura tutoria della vigilanza generica radiocollegata.
  Premesso quanto sopra, va rilevato tuttavia come, dopo l'iniziale resistenza di una parte del mondo degli allevatori, si sia potuto riscontrare un atteggiamento maggiormente collaborativo ed aperto da parte dei medesimi, che ha consentito alla citata
task-force, grazie al costante coordinamento della prefettura, della questura e delle altre Forze di polizia, di raggiungere importanti risultati e di intervenire in modo incisivo nelle aree più critiche, contraddistinte da attività di pascolo illegale allo stato brado, più esposto al rischio della diffusione del contagio.
  Con tale obiettivo sono stati effettuati alcuni mirati interventi nei comuni di Baunei, Orgosolo e Desulo il 29 gennaio, il 14 e il 28 febbraio 2020, con i quali si è provveduto all'abbattimento di alcuni suini infetti.
  Le operazioni si sono svolte senza registrare alcuna turbativa di ordine pubblico.
  Su un piano più generale, risulta che negli ultimi due anni numerosi allevatori si sono autodenunciati regolarizzando la loro posizione, mentre solo in pochi persistono nell'attività di pascolo illegale allo stato brado, riscuotendo peraltro, la disapprovazione delle comunità locali interessate.
  Giova precisare come non sono stati segnalati ulteriori episodi di particolare rischio per l'incolumità e la sicurezza degli amministratori locali.
  La situazione, in ogni caso, continua ad essere seguita con la massima attenzione dalla prefettura di Nuoro e tutte le vicende descritte sono state oggetto di puntuale monitoraggio e valutazione nell'ambito dei comitati interforze.
  Attualmente, a causa delle restrizioni imposte in relazione alla gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, l'attività di eradicazione della malattia è stata sospesa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   OCCHIONERO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano inglese The Mirror ha pubblicato il 3 settembre 2019 la notizia – ripresa dalla Repubblica dell'11 settembre 2019 – secondo cui una cittadina italiana residente nel Regno Unito da 55 anni (Anna Amato) dovrebbe lasciare il Paese a seguito della «Brexit» senza accordo o comunque sottomettersi a continue verifiche del titolo di permanenza;

   la signora Amato – che oggi ha 57 anni – è emigrata da Caserta e si è sposata nel Regno Unito, avviando una florida attività, con una pizzeria a Bristol. Il Mirror riferisce che nel corso degli anni ha impiegato decine di dipendenti e pagato circa mezzo milione di sterline di imposte all'erario inglese;

   le regole stabilite, su impulso del primo ministro Johnson, le precluderebbero viceversa la strada alla cittadinanza britannica ma anche alla residenza permanente;

   la clamorosa ingiustizia della vicenda è stata persino ripresa da Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista, che le ha dedicato un tweet;

   questa vicenda rivela non solo la palese natura autolesionista e paradossale delle politiche sovraniste (secondo cui al «prima gli italiani» qui in Italia fa da contraltare il «prima i britannici» di Boris Johnson, sicché a pagare sono sempre le persone normali e gli onesti lavoratori dell'Unione europea) ma anche la necessità di modificare e irrobustire le garanzie previste nel decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22 –:

   quali maggiori informazioni abbiano sul caso, quali iniziative intendano assumere per tutelare i diritti della cittadina di cui in premessa e per interloquire con le autorità britanniche a favore suo e delle migliaia di cittadini italiani che sinora hanno risieduto nel Regno Unito.
(4-03597)

  Risposta. — Il recesso del Regno Unito dall'Unione europea è, come noto, avvenuto il primo febbraio 2020.
  Il Governo ha adottato misure legislative (decreto-legge del 25 marzo 2019, n. 22, convertito dalla legge del 20 maggio 2019, n. 41) per assicurare, ben prima del recesso, anche al fine di prevenire uno scenario senza accordo, la tutela dei diritti dei cittadini britannici residenti in Italia e l'assistenza nei confronti della consistente comunità italiana residente nel Regno Unito. In quest'ottica sono state avviate le procedure per la riapertura del consolato a Manchester per consentire ai consolati generali a Londra ed Edimburgo di far fronte al considerevole incremento della richiesta di servizi da parte dei connazionali. È stato infatti disposto un piano di rafforzamento delle capacità delle sedi che si può considerare del tutto straordinario, viste anche le limitate risorse finanziarie e di organico a disposizione.
  Da parte sua, il Regno Unito ha deciso di offrire unilateralmente un livello di tutela dei diritti dei cittadini europei residenti nel Paese sino alla data di uscita sostanzialmente equivalente a quello assicurato dall'accordo di recesso. A questo proposito, occorre segnalare che il nuovo accordo di recesso del 17 ottobre 2019, poi entrato in vigore il primo febbraio, non ha toccato le disposizioni sulla tutela dei diritti dei cittadini già presenti nel precedente accordo concluso nel novembre 2018. Inoltre, il rispetto delle garanzie stabilite per i diritti dei cittadini costituisce una delle precondizioni che Londra dovrà rispettare per impostare il negoziato sulle future relazioni con l'Unione europea.
  Per poter far valere il nuovo
status dei cittadini UE nel Regno Unito è stato realizzato un meccanismo di registrazione dei cittadini europei su scala nazionale (lo EU Settlement Status Scheme - EUSS), concettualmente collegato all'accordo di recesso dall'Unione. La scadenza per usufruire di tale schema è fissata al 31 dicembre 2020 (termine che è prorogato al 30 giugno 2021 per chi ha iniziato a vivere nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020). Esso è destinato ad assorbire, col tempo, tutti gli altri tipi di permesso di soggiorno in essere per cittadini italiani (e UE) nel Regno Unito.
  Dei circa 410.000 italiani che risiedono ufficialmente nel Regno Unito, sono sinora 351.600 (al 31 marzo 2020) coloro che hanno ottenuto il diritto di residenza permanente/
Settled Status. Il tema delle modalità pratiche di riconoscimento del Settled Status continua ad essere seguito e approfondito da parte italiana, in particolare nell'ambito dell'apposito User group dello Home Office britannico, a cui partecipa attivamente l'ambasciata d'Italia a Londra insieme ai rappresentanti degli altri 26 Stati membri e della Commissione europea. La Commissione europea sta monitorando l'attuazione dei diritti dei cittadini attraverso riunioni periodiche del comitato misto, istituto dall'accordo di recesso.
  Sull'introduzione dell'
EUSS, e sulle modalità per aderirvi, le autorità britanniche e le ambasciate dei Paesi europei nel Regno Unito stanno da tempo effettuando un'ampia campagna informativa, finalizzata a raggiungere anche le fasce più «deboli» della popolazione residente. La nostra ambasciata a Londra, in particolare, è da più di un anno impegnata in una capillare azione informativa in tutto il Paese, sia attraverso i media nazionali sia attraverso iniziative ad hoc organizzate sul territorio con la collaborazione di associazioni ed enti locali. È in tale ambito che il 19 febbraio 2020 il consolato generale d'Italia a Londra ha poi inaugurato, alla mia presenza, uno sportello «settled status». Si tratta di un nuovo strumento che permetterà ai connazionali che hanno meno familiarità con la tecnologia di accedere gratuitamente alle procedure britanniche in materia di immigrazione.
  Per quanto riguarda il caso specifico della signora Amato, non appena appresa – tramite gli organi di informazione – la sua vicenda, sia l'ambasciata d'Italia a Londra che i preposti uffici dell'
Home Office hanno contattato la connazionale per verificare la sua situazione e offrirle la necessaria assistenza. Della questione si è interessato direttamente anche il Ministro per gli affari europei, Amendola, che ha ricevuto rassicurazioni dall'ambasciata del Regno Unito in Italia sull'attenzione con cui il governo britannico segue il caso.
  Dalle verifiche effettuate dall'ambasciata d'Italia a Londra e dall'
Home Office, è emerso che la signora è in possesso dei requisiti per richiedere il settled status ed è pienamente a conoscenza dell'obbligo di registrazione in capo a tutti i cittadini europei regolarmente residenti nel Regno Unito derivante dall'introduzione del nuovo EUSS, obbligo che però l'interessata contesta in via di principio. Alla connazionale è stato comunque suggerito di adempiere agli obblighi previsti dall'introduzione dell'EUSS entro le scadenze stabilite dalla normativa britannica (31 dicembre 2020).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   PALMISANO e DI STASIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   recenti notizie di stampa (www.il messaggero.it del 6 febbraio 2020) hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica un gravissimo episodio riguardante la diffusione su un noto social network di un filmato in cui una donna afghana, costretta all'interno di una buca, veniva offesa, insultata e lapidata a morte dalla folla inferocita;

   sulla vicenda, che sarebbe avvenuta nella provincia di Ghor, in Afghanistan, è intervenuto un portavoce del presidente afghano Ashraf Ghani, il quale ha espressamente indicato esponenti dei gruppi talebani quali autori delle atrocità commesse. Questi ultimi hanno però smentito tale ipotesi, dichiarando che si sarebbe trattato di un vecchio filmato risalente a diversi anni fa;

   il caso, su cui sta indagando la Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan (Aihrc), è stato denunciato anche da alcuni attivisti per la difesa dei diritti umani che da anni si battono, in Afghanistan come in molte altre parti del mondo, per la tutela della popolazione locale e che, a causa del loro impegno, sono costretti a subire angherie e vessazioni non soltanto da parte delle milizie talebane ma anche dal Governo afghano, che in passato si era impegnato a difendere i diritti dei cittadini, ma che poi si è reso responsabile di indicibili soprusi, minacce e intimidazioni verso i cittadini indifesi e verso coloro che cercano di garantirne la tutela;

   la vicenda sopra descritta rappresenta la drammatica realtà attuale a livello internazionale in cui, nonostante gli interventi delle principali organizzazioni impegnate per la difesa dei diritti umani, si assiste ancora al perpetrarsi di situazioni di violenza inaudita e continue violazioni dei diritti e della dignità delle persone, come sottolineato anche da Amnesty International nel report 2018-2019 sulla situazione della salvaguardia dei diritti umani in Asia –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere, nelle opportune sedi a livello internazionale, al fine di perseguire, con riferimento a Paesi teatri di guerra come l'Afghanistan, l'obiettivo di contribuire a ripristinare la dignità e i diritti, sociali, economici e culturali della popolazione afghana, calpestati quotidianamente in spregio alla normativa internazionale in materia.
(4-04844)

  Risposta. — L'Italia deplora con la massima fermezza il gravissimo episodio segnalato nella provincia di Ghor.
  La situazione complessiva dei diritti umani in Afghanistan, pur migliorata in maniera consistente dalla caduta del regime talebano (fine 2001) grazie agli sforzi profusi dalla comunità internazionale, ai quali l'Italia ha dato un costante e significativo contributo, continua ad essere largamente insoddisfacente e causa di grave preoccupazione, come evidenziano i rapporti delle Nazioni Unite e di Amnesty International.
  Tra le ragioni che hanno frenato il consolidarsi dei progressi compiuti occorre ricordare il persistere del conflitto tra Governo legittimo da una parte e insorgenza talebana insieme a decine di altre formazioni terroristiche che controllano anche rilevanti porzioni di territorio dall'altra. Le violenze hanno comportato nel 2019, per il sesto anno consecutivo, oltre 10.000 vittime civili.
  Gli accordi firmati a Doha il 29 febbraio scorso tra una delegazione diplomatica statunitense e l'ufficio politico talebano non hanno finora indotto ad una riduzione generalizzata della violenza, in vista di un cessate il fuoco che spiani la strada ai negoziati di pace intra-afghani per la riconciliazione nazionale.
  Con il sostegno internazionale l'Afghanistan ha comunque dedicato negli ultimi anni importanti sforzi nel settore dei diritti umani. L'adozione del nuovo codice penale nel 2018 ha fortemente limitato il numero dei reati punibili con la pena di morte, pur mantenendola. Dal 2002 l'Afghanistan può inoltre fare affidamento su una Commissione indipendente per i diritti umani, attualmente presieduta da Sima Samar, figura rispettata e di esperienza.
  La costituzione afghana riconosce a uomini e donne parità di diritti e doveri davanti alla legge. Sono inoltre in vigore una serie di piani d'azione volti a tutelare in maniera specifica i diritti delle donne e dei minori. Le criticità sotto questo profilo restano tuttavia numerose e gravi. Persistono infatti pratiche tradizionali sulle quali la legge ha difficoltà a incidere, come i matrimoni precoci, l'uso del matrimonio a fini di estinzione di debiti o di mediazione di controversie, il ricorso a mezzi tradizionali di composizione delle controversie anche nel caso di violenza sulle donne.
  Episodi di esecuzioni sommarie e punizioni corporali nelle aree fuori dal controllo governativo vengono tuttora registrati. Sono frequenti i casi di violenza che, abitualmente, non vengono denunciati per pressioni sociali e familiari e per paura di ripercussioni.
  Tali pratiche, tutte da tempo vietate dalla legge afghana e individuate con maggior precisione nel nuovo codice penale, restano diffuse in particolare nei contesti rurali, venendo talvolta giustificate da riferimenti alla legge islamica. La mancata approvazione da parte dal Parlamento della legge sulla protezione dei minori, con riferimento all'aspetto dell'età minima per contrarre matrimonio, ha visto la medesima giustificazione a base religiosa. La legislazione civile fissa infatti l'età minima per il matrimonio a 16 anni per le ragazze e a 18 per i ragazzi. Nelle zone rurali continuano ad essere ancora diffusi i matrimoni di bambine addirittura a partire dagli 8 anni di età, un aspetto drammatico sul quale gli Stati membri dell'Unione europea portano avanti un'intensa campagna di sensibilizzazione grazie al coordinamento della delegazione dell'Unione europea in Afghanistan.
  L'Italia partecipa attivamente ai gruppi di lavoro costituiti in Afghanistan per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani tra le rappresentanze diplomatiche dell'Unione europea e dei Paesi «
like minded». Il nostro Paese fa inoltre parte del gruppo «Amici dei minori nei conflitti armati», che si riunisce a Kabul e a New York. Intratteniamo stretti contatti con la sezione diritti umani della missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) e con la Commissione indipendente afghana per i diritti umani (Aihrc), allo scopo di effettuare pressioni diplomatiche sulle autorità locali e indurle ad iniziative più energiche nel settore. Numerosi passi sono stati effettuati nel corso del 2019 unitamente alle altre rappresentanze dell'Unione europea. Il Ministro della difesa Guerini ha inoltre ribadito l'aspettativa al rispetto dei diritti civili, della persona e delle donne nel corso della sua visita a Kabul del 22-23 gennaio scorso, così come fatto anche dall'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea.
  La cooperazione allo sviluppo italiana svolge in Afghanistan attività dirette a promuovere in concreto la cultura dei diritti umani e la loro protezione, quali: la stampa e la diffusione del nuovo codice penale, per l'utilizzo da parte dei tribunali e delle procure del Paese; un progetto con Unicef per la promozione dell'uguaglianza di genere, della salute riproduttiva e della prevenzione degli abusi sui minori grazie alla formazione di infermiere specializzate e la creazione nelle comunità rurali di Centri di protezione della famiglia e di Unità mobili di intervento sanitario. Sosteniamo progetti per la formazione e lo sviluppo della micro-imprenditoria femminile in cinque province del Paese (Kabul, Ghor, Herat, Bamiyan e Badakhshan), il rafforzamento della
governance locale, dello stato di diritto e della società civile in partenariato con Undp, la riduzione della mortalità materna ed infantile attraverso la formazione di levatrici nelle comunità rurali insieme al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). Quest'ultimo programma è volto a garantire formazione professionale e creare opportunità di lavoro qualificato per le donne che assumono un ruolo di riferimento presso le comunità di appartenenza.
  Data l'importanza del ruolo svolto dall'Italia a favore dell'Afghanistan e delle sue forze di difesa, nell'ambito della missione NATO di assistenza
resolute support, merita evidenziare che la dimensione di genere e il rispetto dei diritti fondamentali costituiscono tematiche trasversali anche nel nostro impegno nel sostegno e nella formazione delle forze armate e di polizia del Paese. Abbiamo finanziato la realizzazione di una clinica femminile e pediatrica all'interno dell'ospedale militare di Kabul per le donne arruolate nell'esercito e i loro figli, così come la costruzione di alloggi e di un asilo nido per le donne in polizia presso la principale caserma di Kabul. Analogamente, le iniziative di cooperazione civile militare del nostro contingente ad Herat sono dirette prevalentemente al sostegno del diritto all'istruzione (ristrutturazione di aule universitarie e la fornitura di materiale didattico per le scuole), alla salute (donazione di materiali e macchinari per l'ospedale provinciale di Herat) e la parità di genere (corsi di formazione e dono di materiali a favore dell'associazione di donne giornaliste, formazione specifica per donne della polizia e dell'esercito).
  Sotto il profilo internazionale e dell'attività nei principali fora multilaterali, la tutela e la promozione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sono priorità dell'azione dell'Italia a tutti i livelli. L'Italia è fortemente impegnata in iniziative in materia di diritti delle donne,
empowerment femminile e lotta contro la violenza su donne e ragazze, oltre che nella campagna internazionale per una moratoria universale della pena di morte. L'Italia è inoltre fortemente impegnata nella promozione dello sviluppo e l'applicazione del diritto internazionale umanitario nelle zone interessate da conflitti armati, anzitutto attraverso l'attiva partecipazione alle iniziative del movimento della croce rossa e della mezzaluna rossa.
  Nel gennaio 2019, in occasione della più recente sessione di revisione periodica universale (UPR) del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite dedicata al Paese – esercizio di monitoraggio periodico della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati dell'ONU si sottopongono ogni quattro/cinque anni – l'Italia ha rivolto alle autorità di Kabul alcune specifiche raccomandazioni in materia di diritti delle donne e delle bambine. Abbiamo chiesto di modificare la legge sull'età legale per il matrimonio, di compiere maggiori sforzi nel rispetto della legge sull'eliminazione della violenza contro le donne e di monitorare l'attuazione del Piano d'azione nazionale per le donne. Le altre nostre raccomandazioni hanno riguardato la prevenzione dei casi di tortura e l'adozione di una moratoria sulle esecuzioni capitali, come primo passo verso l'abolizione della pena di morte.
  

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid-19 determinerà conseguenze pesantissime su tutte le imprese italiane. Il settore dei fallimenti sarà il futuro snodo giudiziario nel cui alveo saranno decise gran parte delle vicende del tessuto produttivo nazionale. Il cosiddetto «decreto liquidità», decreto-legge n. 23 del 2020 appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, ha introdotto varie misure a favore delle imprese per evitare la crisi e mantenere la continuità aziendale; tuttavia, nessuna disposizione ha derogato alla normativa penale fallimentare; l'articolo 10 prevede l'improcedibilità dei ricorsi per fallimento depositati tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020. Si tratta di un limitato periodo di congelamento delle dichiarazioni di insolvenza che risulta del tutto insufficiente e sicuramente più breve del tempo che occorrerà realmente alle imprese per godere del cosiddetto «bazooka»;

   quanto ai reati fallimentari, come noto, questi si consumano quando l'impresa è in bonis, ma vengono puniti solo con la dichiarazione di fallimento o l'accesso al concordato preventivo da parte dell'impresa. Senza una specifica normativa di transizione che allunghi il periodo di moratoria ben dopo il 30 giugno, ci si potrebbe trovare di fronte alla più massiccia serie di procedimenti della storia repubblicana;

   infatti, con le previste misure di accesso al credito si ricorrerà a finanziamenti privilegiati con cui, la gran parte delle aziende, come comprensibile, farà fronte a debiti chirografari e in questo senso il «legislatore emergenziale» ha creato i presupposti per un serio effetto collaterale che vede, da una parte, la possibilità di aggravare il dissesto e commettere pagamenti preferenziali in violazione della par condicio creditorum (reato che sarà punibile dall'articolo 216 della legge fallimentare, come «bancarotta preferenziale») e, dall'altra, di creare condizioni che non permetteranno di attivare e utilizzare strumenti di composizione della crisi, quali il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere una normativa transitoria in materia, successiva alla data del 30 giugno 2020, e se vi sia l'intenzione di adottare iniziative per intervenire sulla normativa penale fallimentare.
(4-05231)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, dopo aver evidenziato che l'attuale stato emergenziale sta determinando gravissime conseguenze per le imprese italiane, l'interrogante lamenta il carattere eccessivamente limitato sul piano temporale della moratoria disposta dall'articolo 9 del medesimo decreto-legge per le istanze di fallimento. A tal proposito chiede se il Ministero della giustizia abbia intenzione di promuovere una disciplina transitoria in materia, successiva alla data del 30 giugno 2020, e si vi sia l'intenzione di intervenire sulla normativa penale fallimentare.
  Tanto premesso, va rilevato come il decreto-legge n. 23 del 2020 ha introdotto — agli articoli 1 e 13 — misure di finanziamento speciale volte ad assicurare alle imprese i necessari flussi di liquidità per poter procedere alla ripresa delle attività.
  I meccanismi previsti dalle due previsioni (ed in particolare dall'articolo 1, comma 2, lettera
m)), tuttavia, non si riferiscono alle imprese che in epoca allo scatenarsi dell'epidemia si trovavano già in stato di insolvenza, bensì alle imprese che si sono trovate in una situazione di crisi o di insolvenza proprio per effetto dell'epidemia.
  Va chiarito, quindi, che anche alla luce della finalità e dei presupposti delle previsioni in tema di finanziamento, non sembra ipotizzabile che il corretto impiego dei canali di liquidità possa integrare gli estremi di un aggravamento del dissesto che, anzi, dovrebbe essere evitato proprio per effetto dei finanziamenti medesimi, sui cui meccanismi di erogazione, peraltro, è prevista un'istruttoria.
  Soltanto per gli imprenditori che, già insolventi per altri fattori all'epoca di inizio dell'epidemia, dovessero comunque cercare di ottenere impropriamente i finanziamenti potrebbe configurarsi una responsabilità penale che peraltro risulterebbe a questo punto funzionale anche a permettere una corretta erogazione ed utilizzazione del notevole sforzo di sostegno economico operato mediante denaro pubblico.
  Nondimeno sono allo stato in valutazione interventi sulla disciplina penale, allo scopo di eliminare eventuali incertezze interpretative in materia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   RIBOLLA, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Elisa Colosio è una ragazza di 21 anni di Telgare che nell'autunno del 2019 ha deciso di partire per la Cina per sei mesi, come ragazza alla pari, al fine di ottenere una certificazione di cinese;

   come riportato su L'Eco di Bergamo del 22 aprile 2020, la pandemia l'ha bloccata a Hangzhou, una metropoli di circa 10 milioni di abitanti poco lontana da Shanghai;

   Elisa si è ritrovata nell'impossibilità di rientrare in Italia, con i voli tutti bloccati e la necessità di rimanere nella famiglia dove ormai svolge il ruolo a tempo pieno di baby sitter;

   il consolato italiano le ha consigliato di prenotare i voli disponibili anche se fosse stato necessario fare uno scalo intermedio, pur di tornare in Italia, considerando che tutti i collegamenti diretti fra Italia e Cina sono stati sospesi;

   purtroppo, i voli da lei prenotati, uno dopo l'altro, sono stati annullati e non risulta che a maggio 2020 vi sia posto per rientrare sulle varie tratte a disposizione;

   Elisa ha segnalato la situazione alla Farnesina ma, al momento, non esistono voli speciali dalla Cina per i connazionali bloccati dalla pandemia –:

   se e quali iniziative, alla luce della situazione esposta in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare affinché Elisa e gli altri connazionali che, come lei, sono rimasti bloccati in Cina, abbiano la possibilità di rientrare in Italia.
(4-05446)

  Risposta. — Il caso di Elisa Colosio, studentessa alla pari per 6 mesi presso una famiglia di Hangzhou, impossibilitata a lasciare il luogo di soggiorno a causa delle misure restrittive ai movimenti imposte dalle autorità locali per contenere l'epidemia di Covid-19, è stato segnalato al consolato generale d'Italia a Shanghai dalla madre della ragazza il 7 febbraio 2020. Prima di questa data, la presenza della studentessa non era nota al consolato né era stata segnalata sul portale «Dovesiamonelmondo».
  L'11 febbraio 2020 il consolato generale a Shanghai ha comunicato dunque alla connazionale la rimozione delle limitazioni imposte dalle autorità locali dal 18 febbraio e la possibilità di rientrare in patria, stante il blocco dei collegamenti aerei diretti disposto dalle autorità italiane, utilizzando altri voli esistenti che consentivano lo scalo in Paesi terzi. Alla connazionale erano dunque state indicate alcune soluzioni con compagnie aeree cinesi e straniere e spiegato che non vi sarebbero stati «voli speciali» da Shanghai per rimpatriare i connazionali dalla Cina. In tale periodo e nelle settimane successive fino a fine marzo, numerose compagnie aeree cinesi e straniere operavano infatti collegamenti quotidiani da e per la Cina. La signorina Colosio avrebbe quindi potuto rientrare in Italia, utilizzando un volo in partenza dall'aeroporto di Shanghai Pudong. Le successive restrizioni adottate dalle autorità cinesi hanno ridotto il numero e la frequenza dei collegamenti aerei tra la Cina e altre destinazioni estere che tuttavia continuano a oggi a essere disponibili, seppure in quantità minore. Tali opzioni non sono state prese in considerazione dalla signorina Colosio.
  In data 23 marzo la madre di Elisa Colosio ha ricontattato il consolato facendo stato delle difficoltà nell'effettuare prenotazioni aeree per la figlia, che avrebbe terminato il progetto di scambio linguistico il 10 aprile. Il 26 aprile la signorina Colosio ha comunicato di avere difficoltà a prenotare un volo di rientro a causa di costi elevati e poche soluzioni disponibili, nonostante, in quegli stessi giorni, un altro connazionale a Nanchino sia riuscito a rientrare in Italia con un volo Air France da Shanghai a Milano, via Parigi. Al fine di venire incontro alle difficoltà prospettate dalla signorina Colosio, il consolato generale d'Italia a Shanghai le ha offerto la possibilità di ricevere un prestito con promessa di restituzione a copertura dei costi di viaggio e le ha illustrato i diversi voli da Shanghai per l'Europa.
  La connazionale non ha tuttavia fatto conoscere le proprie determinazioni sulla possibilità di usufruire del sostegno finanziario del consolato, né tantomeno lei o la sua famiglia hanno fatto stato, nelle comunicazioni intervenute con il Consolato, di avere difficoltà economiche.
  Attualmente solo pochi connazionali in Cina (poco più di una decina) hanno manifestato l'intenzione di fare rientro definitivo in Italia o comunque di lasciare il Paese, in ragione delle difficoltà ad estendere il permesso di soggiorno di cui sono in possesso o a causa, in alcuni casi, della recente perdita del proprio lavoro. Sono tutti costantemente assistiti dalle autorità diplomatico-consolari nella ricerca di voli disponibili per rientrare in Italia attraverso destinazioni europee ed extraeuropee.
  Per completezza d'informazione, si segnala che dalla Cina – primo e principale focolaio di contagio – quando l'emergenza sanitaria non interessava il territorio nazionale sono state effettuate tre operazioni di rimpatrio dei connazionali rimasti bloccati, con voli militari operati da COI-Difesa. Esse rientrano tra le più di 810 operazioni di rimpatrio che hanno permesso il rientro in Italia di oltre 83.000 connazionali da ben 119 Paesi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   SARRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel centro storico di Capua (Caserta) sorge la chiesa della SS. Annunziata, uno dei monumenti più importanti della città;

   il complesso, edificato nel suo nucleo originario alla fine del XIII secolo, è stato successivamente ampliato grazie alle elargizioni delle più illustri famiglie capuane, quali gli Abenavolo e i Fieramosca, e arricchito con un pregevole soffitto cassettonato e con la superba cupola, che la tradizione ricollega all'ingegno di Domenico Fontana;

   la chiesa danneggiata gravemente a seguito dei devastanti bombardamenti inferti alla città di Capua nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, circa trenta anni fa veniva riaperta al culto dopo un imponente intervento di consolidamento;

   attualmente, purtroppo, l'intera struttura, interessata da abbondanti infiltrazioni piovane, versa in uno stato di totale abbandono con preoccupanti segni di cedimento che hanno reso necessario interdire il transito dei pedoni e la sosta dei veicoli nelle aree contigue;

   come è facile intuire, il deperimento della struttura coinvolge anche la parte interna, in particolare il cassonato ligneo che subisce costantemente fenomeni di corrosione a causa delle infiltrazioni. A ciò va aggiunto che anche la tenuta delle statue collocate nel prospetto del monumento risulta compromessa, come testimonia il loro posizionamento sensibilmente inclinato;

   per rimuovere la segnalata situazione di degrado si rende necessario eseguire con urgenza lavori di messa in sicurezza e risanamento conservativo, ai quali dovrà fare seguito un serio programma di manutenzione –:

   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per favorire un intervento di messa in sicurezza della chiesa di SS. Annunziata in Capua, in un progetto più ampio di riqualificazione e restauro dell'intero immobile.
(4-01696)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende intraprendere, per quanto di competenza, per la messa in sicurezza della chiesa della SS. Annunziata di Capua, sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Caserta, si rappresenta quanto segue.
  Il complesso della SS. Annunziata, posta all'interno del centro urbano della città di Capua è uno dei monumenti di maggiore interesse della città, di cui occupa un intero isolato e, scavalcando l'antico asse della via Appia, mediante un supportico, si collega alla chiesa posta sul limite settentrionale della via pubblica.
  Sull'impianto della chiesa gotica, viene riconfigurato lo spazio della chiesa rinascimentale successivamente oggetto di un pesante
restyling in epoca tardo barocca.
  Appartiene a questa fase l'immagine consolidata della fabbrica arricchita all'interno da stucchi e pavimentazioni, ma soprattutto da un pregevole cassettonato ligneo a lacunari, oggetto alcuni anni addietro di un complesso intervento di recupero da parte della soprintendenza.
  I danni principali erano attribuibili alla scarsa manutenzione ordinaria ed interessano prevalentemente i cornicioni, la parte terminale dei manti, e le decorazioni a stucco interessati dalle infiltrazioni.
  A tal proposito, in data 10 gennaio 2020, a seguito del sopralluogo effettuato alla presenza della soprintendenza, del comune di Capua e dell'Arcidiocesi di Capua, che detiene l'uso del bene, veniva rilevata, infatti, una situazione di grave pericolo per la pubblica incolumità e per la conservazione materiale del bene, derivata da continui distacchi di materiale lapideo dal cornicione di coronamento esterno, causati da una prolungata mancanza di manutenzione ordinaria ai sistemi di copertura e smaltimento delle acque meteoriche, Successivamente, con nota soprintendizia del 24 gennaio 2020 indirizzata alla direzione generale del bilancio, veniva richiesta la copertura finanziaria, per un intervento straordinario e di somma urgenza, dell'importo preventivato di euro 230,000,00 e la direzione generale del bilancio, con nota del 10 febbraio 2020, riscontrava quanto richiesto dalla soprintendenza e comunicava che era stata autorizzata la spesa richiesta per la copertura finanziaria. Pertanto in data 7 aprile 2020, veniva stipulato contratto di appalto, con l'impresa esecutrice «Vincenzo Modugno Costruzioni e Restauri» srl, per il consolidamento e restauro delle coperture del cornicione di coronamento esterno della Chiesa SS. Annunziata con un ribasso d'asta del 20 per cento e attualmente i lavori sono in fase di conclusione.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 settembre 2019 il comune di Trieste ha inaugurato una statua raffigurante Gabriele D'Annunzio;

   tale iniziativa, assieme alla mostra allestita sempre nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia, si colloca nella celebrazione del centenario dell'impresa di Fiume, ma ha ad oggetto la volontà di ricordare D'Annunzio in tutti suoi profili ivi compresi quelli letterari; infatti sono state organizzate in tutto il territorio nazionale diverse iniziative a ricordo e approfondimento della figura di D'Annunzio, anche correlata all'impresa di Fiume;

   indubbiamente tali vicende si inseriscono nel patrimonio storico italiano, facendone parte integrante, e non a caso a D'Annunzio è dedicato un museo di rilievo nazionale e internazionale al Vittoriale curato dall'omonima fondazione che, tra l'altro, ha collaborato agli allestimenti della mostra «Disobbedisco» a Trieste e alla realizzazione della statua collocata nel centro cittadino;

   l'amministrazione comunale di Trieste ha inteso implementare il numero di personaggi che hanno caratterizzato la storia culturale della città, tra i quali indubbiamente Gabriele D'Annunzio, attraverso un percorso culturale inserito nelle vie del centro cittadino che vede effigi di Saba, Joyce e altri;

   orbene nella giornata del 12 settembre 2019 si è dovuta registrare la presa di posizione della Repubblica di Croazia che, con una nota consegnata all'ambasciata italiana, ha «condannato nel modo più deciso l'inaugurazione della statua proprio nella giornata che marca il centenario dell'occupazione di Fiume»;

   il Presidente della Repubblica di Croazia ha tra l'altro affermato che «con il Monumento a D'Annunzio si vuole celebrare l'irredentismo e l'occupazione di Fiume che fu e resterà una parte fiera della sua Patria croata»;

   infine, va registrato che alcuni cittadini italiani alla guida di tre velivoli della compagnia privata Fly Story, che effettua da oltre 20 anni la rievocazione delle gesta da aviatore del poeta D'Annunzio, partiti nel pomeriggio del 12 settembre 2019 da Barcellona, Casale Monferrato e Pescara con piano di aviazione approvato dall'aviazione civile croata, sono stati fermati all'aeroporto di Fiume, odierna Rijeka, mentre un terzo velivolo è stato costretto ad abbandonare lo spazio aereo croato dietro minaccia di avvicinamento di caccia militari –:

   in che termini il Governo intenda replicare a quelle che appaiono all'interrogante gravi ingerenze della Repubblica di Croazia per mezzo dei suoi massimi esponenti istituzionali nei confronti di legittime iniziative del comune di Trieste nonché di altri connazionali;

   se il Governo ritenga di stigmatizzare ufficialmente, oltre alle sopra evidenziate ingerenze, gli atti intimidatori perpetrati ai danni di nostri connazionali, i quali stavano effettuando manifestazioni pacifiche e preventivamente autorizzate.
(4-03593)

  Risposta. — La questione afferisce alla scelta della data, da parte di una autorità locale, tesa a commemorare il centenario della «impresa di Fiume» da parte di Gabriele D'Annunzio. Come noto, la figura di D'Annunzio sul piano storico e letterario è stata oggetto di approfonditi studi in Italia, mentre a livello internazionale le relative risultanze potrebbero non essere ancora state elaborate o tradotte e le valutazioni e le sensibilità possono differire per la diversa angolazione storica.
  In tale ambito, di particolare significato sono i progetti storici afferenti al tema dell'esodo giuliano-dalmata realizzati a valere sulla legge n. 72 del 2001, seguita da questa Amministrazione in costante raccordo con la «Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati».
  La protesta menzionata nell'interrogazione fa riferimento a un fatto specifico avvenuto a livello locale e che si colloca nell'ambito di complessivi eccellenti rapporti bilaterali in campo politico, economico, culturale e commerciale, di cui l'incontro tra il Presidente del Consiglio Conte e il primo ministro Plenkovic del 18 dicembre scorso è testimonianza.
  I rapporti tra i due Paesi presentano infatti caratteristiche di unicità e specialità, connesse anche alla presenza in Croazia della comunità autoctona italiana e dal positivo ruolo svolto dalla «Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati» nell'approfondire e nello sviluppare ulteriormente, anche sul piano della memoria, le relazioni bilaterali che oggi si collocano nel più ampio quadro dell'Unione europea, di cui la stessa Croazia ha assunto, come noto, la Presidenza dal 1° gennaio 2020.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la sala Tripcovich di Trieste, ubicata in largo Santos, a un passo dalla stazione delle ferrovie e dall'ingresso del Porto Vecchio, vicinissima al centro città, è stata realizzata nel 1992 dalla trasformazione in spazio teatrale della dismessa stazione delle autocorriere per consentire al Teatro Verdi che doveva dar corso a improrogabili lavori di ristrutturazione di avere una sede alternativa per la continuità dell'attività teatrale, pena la chiusura dell'ente lirico triestino;

   la sala ha ospitato l'attività teatrale della Fondazione Lirica Teatro Verdi di Trieste dal 1992 al 1997, per poi essere sede di eventi collaterali – nel 2016 è stata utilizzata 46 volte – fino alla chiusura disposta nel febbraio 2017 per «problemi di amianto, uscite di sicurezza, impianto elettrico e il riscaldamento che non funziona», come dichiarato dal sindaco della città Dipiazza;

   il progetto dell'amministrazione comunale prevede l'abbattimento della sala e la creazione di un ingresso monumentale al Porto vecchio, con un grande spiazzo da realizzarsi all'interno del programma di riqualificazione di piazza della Libertà;

   nel dicembre 2018, la sala è tornata nella piena disponibilità del comune di Trieste, dopo l'accordo raggiunto tra l'ente e il Teatro Verdi;

   nel dicembre 2019, la direzione generale del Ministero delle attività e dei beni culturali ha notificato il proprio parere contrario all'abbattimento della sala Tripcovich, che invece aveva ricevuto il via libera dalla Soprintendenza triestina che, l'11 novembre 2019, aveva chiesto la revoca del vincolo posto il 5 luglio 2006;

   secondo i tecnici del Ministero, l'edificio, nonostante la ristrutturazione del 1992, «ha conservato una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico e architettonico triestino, in puro stile “littorio”», rivelando una lettura in pieno contrasto con quella data dalla Soprintendenza che denunciava la perdita dei «valori originali» del manufatto ormai «privo di valenze storico-artistiche o architettoniche»;

   la definitiva ristrutturazione di piazza della Libertà a Trieste non può rimanere sospesa e convivere con la presenza di un edificio ormai fatiscente ed inutilizzabile; una «guerra» tra burocrazie statali e locali non può tenere in ostaggio un'importante opera di riqualificazione di spazi pubblici;

   le motivazioni addotte dai tecnici del Ministero nel negare la revisione del vincolo posto nel 2006, appaiono all'interrogante discutibili sia perché la sala Tripcovich non pare certo edificio all'altezza della bellezza di Trieste, sia perché mettono in discussione l'autonomia degli enti locali –:

   se i funzionari della direzione generale del Ministero, prima di pronunciare il proprio diniego alla revisione del vincolo, abbiano effettuato un sopralluogo presso la sala Tripcovich e in quale data;

   se il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di mettere fine alla diatriba in corso tra la Soprintendenza per l'archeologia, le belle arti e il paesaggio del Friuli Venezia Giulia e la direzione generale del Ministero.
(4-04559)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende adottare nei confronti della sala Tripcovich di Trieste.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, si rappresenta quanto segue.
  L'immobile denominato «sala Tripcovich (ex Stazione Autocorriere)», sito in piazza della Libertà a Trieste, è un bene culturale sottoposto a tutela ai sensi della parte seconda del decreto legislativo n. 42 del 2004, per effetto del D.d.r. 5 luglio 2006.

  L'ente proprietario del bene è il comune di Trieste.
  Come riportato nella relazione storico-artistica che è parte integrante del citato provvedimento, l'immobile in esame fu realizzato negli anni trenta del Novecento come stazione delle autocorriere, collocata in posizione strategica, ovvero «in prossimità della Stazione Marittima (1931), dell'Idroscalo (1926) e della stazione ferroviaria “meridionale”».
  Il relativo progetto fu elaborato nel 1934 dall'ingegner Giuseppe Baldi, cui si affiancò l'architetto Umberto Nordio, quest'ultimo considerato all'epoca il progettista pubblico triestino per eccellenza (Nicoloso, Rovello, 2005). L'edificio, inaugurato nel 1935, «era concepito all'insegna di una decisa modernità». Si componeva – come oggi – di due volumi distinti e affiancati: il primo, a un piano, con una «interessante soluzione curvilinea» per la facciata su Corso Cavour, ospitava il salone d'aspetto per i passeggeri, due biglietterie, l'ufficio informazioni, bar e servizi igienici. Il secondo volume, a pianta rettangolare, «qualificato dal “solettone” in cemento armato della copertura a volta ribassata», era riservato alle autocorriere, con quattro varchi di accesso e di uscita sui lati corti della costruzione.
  L'edificio, realizzato in cemento armato con ampi serramenti esterni in ferro e vetro, fu designato all'epoca «quale esempio dello “stile novecento”, per evidenziarne l'aspetto sobrio e razionale. In effetti, la Stazione centrale delle autocorriere, deliberatamente indifferente al contesto architettonico-monumentale in cui si inseriva, avrebbe conferito l'impronta dell'architettura di Regime alla Piazza della Libertà».
  Nella relazione storico-artistica, sopra citata, è specificato inoltre che «il fabbricato è stato oggetto di una completa trasformazione e modifica di destinazione d'uso alla fine degli anni ‘80», per essere trasformato in una sala teatrale, cosiddetta «sala Tripcovich», inaugurata il 15 dicembre 1992.
  Il cambio di destinazione d'uso, da Stazione delle autocorriere a teatro, ha comportato la modifica radicale degli spazi interni, che non conservano pertanto alcuna caratteristica originale. Sono stati sostituiti i serramenti esterni, mentre gli intonaci di facciata presentano coloriture diverse da quelle originali. Il fascio littorio un tempo raffigurato in maniera stilizzata era già stato rimosso precedentemente e sostituito dallo stemma del comune di Trieste. Sulla copertura del primo corpo del fabbricato si è resa necessaria l'installazione degli impianti per il trattamento dell'aria.
  L'involucro esterno dell'immobile, tuttavia, ha conservato intatta una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico ed architettonico triestino in puro stile «littorio», evidenziando la modernità delle scelte funzionali ed estetiche adottate dai progettisti per la sua realizzazione. Per queste ragioni si ritiene che la sala Tripcovich – ex stazione autocorriere, sita a Trieste in piazza della Libertà n. 11 debba considerarsi un bene culturale di notevole importanza e perciò degno di particolare tutela, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  Pertanto, con il citato D.d.r. 5 luglio 2006, il direttore regionale del Friuli-Venezia Giulia ha decretato che il bene denominato sala Tripcovich (ex stazione autocorriere) è dichiarato di interesse culturale ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, nonostante le modifiche già allora intervenute.
  In data 11 novembre 2019, la sopraintendenza archeologia, delle arti e paesaggio per il Friuli-Venezia Giulia (d'ora in avanti, soprintendenza) ha inviato alla direzione generale e, per conoscenza al comune di Trieste, la nota prot. n. 18616 dell'11 novembre 2019, recante l'oggetto:

   «Comune di Trieste. Progetto di riqualificazione di Piazza della Libertà – Largo Città di Santos. Richiesta di revisione del vincolo del bene denominato Sala Tripcovich di cui al D.M. 5 luglio 2006 e conseguente demolizione.

   Richiedente: Comune di Trieste.

   RICHIESTA PARERE - AUTORIZZAZIONE ex art. 21 D.Lgs. n. 42/2004».

  La suddetta nota fa riferimento a una «bozza per il progetto di riqualificazione di Piazza della Libertà – Largo Città di Santos», presentata alla soprintendenza dal comune di Trieste in data 17 luglio 2019, progetto che «prevede al suo interno anche la demolizione dell'edificio denominato sala Tripcovich».
  Alla nota della soprintendenza è allegata una relazione, a cura dei tecnici del medesimo ufficio, nella quale sono riportate le motivazioni in base alle quali la soprintendenza valuta «positivamente l'intera impostazione dei progetto e quindi anche la demolizione di sala Tripcovich».
  In particolare, la soprintendenza ritiene che il progetto sia «assentibile» in quanto:

   «l'edificio, a seguito degli interventi che hanno portato all'alterazione delle decorazioni esterne e delle strutture interne avvenute in occasione del cambio di destinazione d'uso, ha perduto i valori originari [...];

   il manufatto si presenta ormai depauperato di valenze storico-artistiche o architettoniche, e si ritiene che non rivesta più l'interesse culturale come previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

   il progetto di riqualificazione complessiva della piazza, riportandola alla sua configurazione ottocentesca di spazio urbano aperto, appare operazione meritoria di valorizzazione dell'area e degli edifici storici che la circondano, preferibile al mantenimento dell'edificio ormai compromesso della sala Tripcovich.».

  Tutto ciò premesso, la soprintendenza ha chiesto alla direzione generale «di voler esprimere la valutazione di competenza in merito al progetto di massima per la riqualificazione dell'area, con particolare riferimento alla proposta di demolizione della sala Tripcovich». Alla nota sono allegate la documentazione progettuale presentata dal comune di Trieste e la citata relazione a cura dei tecnici della soprintendenza.
  Con nota protocollo n. 36975 dell'11 dicembre 2019, la direzione generale ha trasmesso alla soprintendenza (e, per conoscenza, al segretariato regionale) il parere richiesto, espresso ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera
v), dell'allora vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019, n. 76, in base al quale il direttore generale «fornisce agli uffici periferici del Ministero, per le materie di competenza, la consulenza tecnico-scientifica e il supporto giuridico nelle attività e nei procedimenti amministrativi».
  Il parere espresso con la citata nota protocollo n. 36975 dell'11 dicembre 2019 riguarda, nello specifico, l'applicabilità (o meglio, l'inapplicabilità) al caso di specie, delle disposizioni di cui all'articolo 128, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004, sul «rinnovo» dei procedimenti di dichiarazione dell'interesse culturale. Nel proprio parere, la direzione generale ha fatto presente che, ai sensi del citato articolo 128, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004, questo Ministero – d'ufficio o su richiesta dei proprietari, possessori o detentori interessati – può rinnovare i procedimenti di dichiarazione dell'interesse culturale solo «in presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati»; ciò «al fine di verificare la perdurante sussistenza dei presupposti per l'assoggettamento dei beni medesimi alle disposizioni di tutela».

  Con riferimento al caso di specie, si è evidenziato che «al momento dell'emanazione del provvedimento di tutela della sala Tripcovich (D.d.r. 5 luglio 2006), le trasformazioni dell'edificio, conseguenti al cambio di destinazione d'uso, sono state ampiamente considerate e valutate e non hanno costituito motivo ostativo alla dichiarazione dell'interesse culturale dell'edificio stesso».
  Pertanto, le argomentazioni addotte dalla soprintendenza, a favore della demolizione della sala Tripcovich, sono risultate in contrasto con le motivazioni del provvedimento di tutela dell'edificio, riportate nella relazione storico-artistica sopra citata; peraltro la relazione della soprintendenza non apporta «elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati», che devono essere specificamente riferiti al bene oggetto di tutela e non possono riferirsi, invece, al contesto urbano nel quale il bene è inserito.
  Di conseguenza, la direzione generale ha comunicato alla soprintendenza che l'ipotesi di revisione del provvedimento di tutela della sala Tripcovich, peraltro finalizzata alla demolizione del bene, risulta inammissibile ai sensi della normativa vigente.
  Inoltre, considerato che la soprintendenza, nella propria relazione, ha comunicato che la sala Tripcovich è stata chiusa nel 2017, per «mancanza dei necessari requisiti di sicurezza, facendo poi versare l'edificio in un evidente stato di degrado», si è ribadito che, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 42 del 2004, «lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali, nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza». Dunque è in capo al comune di Trieste, proprietario della sala Tripcovich, l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione del bene medesimo.
  Come precisato, il parere della direzione generale, atto interno all'amministrazione, è stato trasmesso alla soprintendenza che lo aveva richiesto e, per conoscenza, al segretariato regionale competente per territorio.
  Il comune di Trieste, che non è tra i destinatari del parere, ne è venuto a conoscenza poiché la soprintendenza con nota protocollo n. 21111 del 18 dicembre 2019, ha comunicato al comune medesimo che «la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MIBACT ha emesso parere negativo alla richiesta di revisione del provvedimento di tutela di cui al DDR 5 luglio 2006».
  Il comune ha quindi presentato alla soprintendenza istanza di accesso agli atti, per acquisire copia del citato parere, che la soprintendenza ha rilasciato con nota protocollo n. 394 del 13 gennaio 2020.
  Con riferimento a quanto riportato nell'interrogazione parlamentare, si precisa che il testo tra virgolette – l'edificio «ha conservato una leggibilità che lo include a pieno titolo nel contesto urbanistico e architettonico triestino, in puro stile “
littorio”» – è una citazione tratta dalla relazione storico-artistica, parte integrante del provvedimento di tutela.
  Per quanto riguarda l'affermazione secondo la quale «la definitiva ristrutturazione di piazza della Libertà a Trieste non può rimanere sospesa e convivere con la presenza di un edificio ormai fatiscente e inutilizzabile», si ribadisce che, trattandosi di un bene culturale, lo stato di degrado in cui attualmente si trova la sala Tripcovich manifesta una violazione, da parte del comune proprietario, degli obblighi conservativi stabiliti dal citato articolo 30 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  È del tutto evidente che lo stato di degrado di un bene culturale non può costituire motivazione valida per affermare che tale immobile non rivesta più l'interesse culturale previsto dal Codice dei beni culturali; la constatazione dello stato di degrado di un bene culturale deve essere, anzi, motivo per una sua migliore salvaguardia e conservazione.
  Si evidenzia che la direzione generale esercita, nei confronti delle soprintendenze, poteri di direzione, indirizzo, coordinamento e controllo, e pertanto ha facoltà di fornire alle soprintendenze territorialmente competenti indicazioni, disposizioni, linee di indirizzo e i pareri richiesti.
  Infine, si comunica che non si è ritenuto necessario incaricare la competente soprintendenza di effettuare un ulteriore sopralluogo presso la sala Tripcovich, in quanto la documentazione fornita risultava già esaustiva in merito allo stato dei luoghi.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   TONDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione delle carceri italiane è molto critica dopo il diffondersi della pandemia del Covid-19. In particolare, è stato effettuato un trasferimento di cinque detenuti positivi al coronavirus provenienti dall'Emilia-Romagna, presso il carcere di Tolmezzo;

   infatti, l'istituto carcerario di Tolmezzo era rimasto estraneo alla situazione dovuta all'espandersi della pandemia. Ora, al contrario, con il suddetto trasferimento di detenuti positivi presso l'istituto di pena di Tolmezzo la situazione si è fatta particolarmente preoccupante;

   occorre quindi porre rimedio al diffondersi del Covid-19 nelle carceri adottando misure che possano superare il diffondersi della pandemia nelle carceri sovraffollate del nostro Paese. Non è certo infatti che, trasferendo i detenuti tra diversi istituti di pena, si riesca a risolvere il problema del diffondersi del Covid-19. È importante quindi predisporre urgentemente un piano di intervento che tenga conto anche del sovraffollamento degli istituti di pena per evitare un costante aumento del diffondersi del coronavirus. In particolare, si evidenzia l'importanza di predisporre misure alternative al carcere per i detenuti che hanno pene minori;

   si tratta pertanto di intervenire urgentemente con misure che possano salvaguardare il diritto alla salute dei detenuti e di quanti operano all'interno dei suddetti istituti –:

   se non ritenga necessario chiarire le ragioni che hanno portato al trasferimento di cinque detenuti positivi nel carcere di Tolmezzo;

   quali iniziative urgenti, oltre a quelle già adottate, intenda predisporre per superare le criticità nelle carceri dovute al diffondersi del Covid-19.
(4-05216)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha sollevato specifici quesiti in ordine a modalità e procedure attraverso le quali è stato condotto il trasferimento dal carcere di Bologna a quello di Tolmezzo di sette detenuti, risultati poi positivi al Covid-19, si rappresenta quanto segue.
  I sette detenuti ascritti al circuito alta sicurezza 3, assegnati presso l'istituto penitenziario di Tolmezzo, rientrano in un provvedimento del 17 marzo 2020 emesso dal reparto Sit/S della direzione generale dei detenuti e del trattamento di questo dipartimento, con il quale veniva disposto lo sfollamento della sezione Alta sicurezza della casa circondariale di Bologna.
  Tale provvedimento si rendeva necessario a seguito del grave danneggiamento dell'istituto medesimo, causato dalle rivolte avvenute in data 9 e 10 marzo 2020. L'inagibilità di diversi reparti della casa circondariale di Bologna, tra cui: le infermerie presenti nelle sezioni, diverse camere detentive e altri locali resi inservibili e insalubri (come da verifica statica del comando provinciale dei vigili del fuoco, redatta in data 12 marzo 2020), ha evidenziato la gravità della situazione e l'assoluta emergenza nell'adozione di immediati provvedimenti di allontanamento dei detenuti.
  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, con il quale l'onorevole interrogante solleva specifici quesiti in ordine a modalità e procedure attraverso le quali è stato condotto il trasferimento dal carcere di Bologna a quello di Tolmezzo di sette detenuti, risultati poi positivi al Covid-19, si rappresenta quanto segue.
  I sette detenuti ascritti al circuito alta sicurezza 3, assegnati presso l'istituto penitenziario di Tolmezzo, sono ricompresi tra quelli di cui al provvedimento del 17 marzo 2020 emesso dal reparto Sit/S della direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con è stato disposto lo sfollamento della sezione alta sicurezza della casa circondariale di Bologna.
  Tale provvedimento si è reso necessario a seguito del grave danneggiamento dell'istituto medesimo, causato dalle rivolte avvenute in data 9 e 10 marzo 2020.
  L'inagibilità di diversi reparti della casa circondariale di Bologna, tra cui le infermerie presenti nelle sezioni, diverse camere detentive e altri locali resi inservibili e insalubri (come da verifica statica del comando provinciale dei vigili del fuoco, redatta in data 12 marzo 2020), ha evidenziato la gravità della situazione e l'assoluta emergenza nell'adozione di immediati provvedimenti di allontanamento dei detenuti.
  In considerazione dell'emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del contagio da Covid-19, nel provvedimento di assegnazione dei detenuti presso la casa circondariale di Tolmezzo sono state date stringenti disposizioni alla direzione di Bologna in merito al preventivo accertamento dell'assenza di casi Covid-19.
  Allo stesso modo, sono state fornite indicazioni alla direzione della casa circondariale di Tolmezzo, finalizzate all'adozione di tutte le necessarie misure sanitarie indicate dal Ministero della salute e dalla altre autorità delegate alla gestione dell'emergenza, rivolte ai detenuti ivi trasferiti.
  Di fatto, nel rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento della sede centrale, l'autorità dirigente dell'istituto bolognese ha interloquito con l'unità di Medicina penitenziaria interna al carcere per richiedere i tamponi relativi all'accertamento Covid-19, a cui sottoporre i detenuti da trasferire.
  Si è altresì concordato di sottoporre ad analogo tampone anche il personale di Polizia penitenziaria che avrebbe composto le scorte, al fine di evitare possibili rischi di contagio.
  I tamponi sono stati eseguiti in data 23 marzo 2020.
  Gli esiti degli stessi sono pervenuti in data 26 marzo 2020, non riscontrandosi, per i detenuti oggetti di trasferimento presso la casa circondariale di Tolmezzo, alcuna dimostrata presenza di SARS-CoV-2.
  Acquisiti, dunque, i nulla osta sanitari alla partenza, in data 27 marzo 2020 è stata data attuazione al trasferimento di n. 7 detenuti alla casa circondariale di Tolmezzo.
  In data 26 marzo 2020 un detenuto alta sicurezza per il quale non era stato disposto trasferimento in quanto assegnato al carcere di Bologna per motivi di salute, è stato ricoverato presso struttura ospedaliera esterna; in data 27 marzo 2020 è stato sottoposto a tampone per accertamento Covid-19, poiché ultrasettantenne e portatore di varie patologie e, solo nella tarda serata del 27 marzo è stato comunicato l'esito positivo dell'accertamento effettuato.
  All'atto dell'ingresso alla casa circondariale di Tolmezzo, i detenuti in interesse sono stati sottoposti a visita presso la tensostruttura destinata al
triage, secondo le procedure stabilite per la gestione dell'emergenza, in accordo con l'azienda sanitaria.
  Presa visione dell'esito negativo del tampone effettuato nella sede di provenienza dei sette detenuti, il sanitario ha concesso il nulla osta alla loro ubicazione a vita comune; tuttavia, la restante popolazione detenuta, ha iniziato a manifestare preoccupazione e malumore, paventando anche un possibile mancato rientro nelle camere di pernottamento.
  Per non inasprire ed esasperare oltremodo gli animi, in una situazione che appariva già piuttosto tesa, è stato disposto che i detenuti venissero ubicati nelle tre camere destinate all'isolamento sanitario per Covid-19, due per ogni camera.
  Nella serata di domenica 29 marzo 2020 l'autorità dirigente dell'istituto è stata avvertita telefonicamente del fatto che l'isolamento sanitario concesso dal dirigente medico ai sette detenuti era stato prescritto in quanto alcuni di questi avevano riferito di aver avuto, prima della partenza da Bologna, «contatti» con compagni poi risultati positivi al Covid-19.
  Nella giornata di lunedì 30 marzo 2020 sono state formalizzate dall'area sanitaria le precauzioni da adottare nei confronti di tutti i detenuti che si trovavano in isolamento precauzionale/sanitario (oltre ai sette provenienti da Bologna, anche un ulteriore ristretto proveniente dal carcere di Voghera, per il quale, sempre su prescrizione sanitaria, è stata disposta la proroga dell'isolamento per ulteriori 14 giorni). Successivamente, è stato associato all'istituto di Tolmezzo, proveniente dalla casa circondariale di Monza, anche un altro detenuto il quale, nonostante fosse già stato sottoposto a tampone con esito negativo nella sede di provenienza, è stato posto ugualmente in isolamento precauzionale e ubicato nell'altro lato del reparto isolamento.
  In data 10 aprile 2020, al termine del periodo di isolamento precauzionale, ai sette detenuti provenienti dal carcere di Bologna e al ristretto proveniente dall'istituto di Voghera, prima di essere spostati nei reparti ordinari, è stato effettuato un ulteriore tampone, il quale ha dato esito positivo per cinque di loro; per i medesimi è stata dunque disposta la continuazione dell'isolamento sanitario e l'inizio della terapia farmacologica disposta dall'azienda sanitaria.
  A seguito della positività riscontrata, è stato posto in isolamento precauzionale anche il detenuto addetto alla distribuzione del vitto in quella sezione ed è stata disposta la prosecuzione dell'isolamento precauzionale anche per i detenuti risultati negativi, poiché comunque avevano condiviso il locale docce, unico per tutto il reparto.
  In data 13 aprile 2020, anche nei confronti del personale che ha svolto servizio presso il Reparto isolamento dell'istituto e che ha avuto contatto con i soggetti ospitati nella suddetta sezione, in tutto 75 unità, sono stati eseguiti i tamponi nasofaringei; l'esito è stato per tutti negativo, a eccezione di un'unità di polizia penitenziaria, posta in isolamento domiciliare presso la propria abitazione.
  Si precisa che, in data 18 aprile 2020, sono stati effettuati ulteriori tamponi per altre 87 unità di personale in servizio presso l'istituto e, in data 22 aprile 2020, anche per la direttrice; tutti risultati negativi.
  Si è provveduto a sottoporre a tampone anche tutta la popolazione detenuta: gli esiti pervenuti hanno segnalato, alla data del 24 aprile 2020, una sola ulteriore positività, quella di un altro detenuto trasferito dalla casa circondariale di Bologna, risultato negativo al precedente tampone effettuato il 10 aprile 2020. Il detenuto in questione, che si trovava già in isolamento precauzionale nell'altro lato della lezione isolamento, è stato spostato nel lato ove sono presenti gli altri detenuti positivi.
  I detenuti risultati positivi al tampone sono tutti ubicati in una sezione separata e appositamente destinata all'isolamento sanitario/precauzionale; la restante popolazione detenuta, pertanto, non ha avuto e non ha contatti né con i detenuti risultati positivi né con gli altri ristretti che, seppur negativi, sono posti in isolamento precauzionale nell'altro lato della medesima sezione.
  L'A.D. dell'istituto ha assicurato che tutti gli accertamenti ritenuti necessari sono effettuati su indicazione dei sanitari e che sono state definite, tramite protocollo operativo con l'azienda sanitaria, procedure per la gestione di questa emergenza (anche relative all'igienizzazione e alla sanificazione dei locali), che riguardano sia il personale sia la popolazione detenuta, in ossequio a quelle che sono le direttive impartite dagli organi politici, legislativi e amministrativi.
  Sono stati acquistati i macchinari per interventi di sanificazione da utilizzare negli ambienti comuni, negli uffici e, ove possibile, nelle camere di pernottamento, almeno del reparto isolamento.
  Si rappresenta che tutti gli operatori sono dotati di dispositivi di protezione individuali e, più in particolare, si segnala che il personale che presta servizio nel reparto isolamento indossa mascherina di tipo FFP2, doppio paio di guanti, tuta e occhiali: il tutto viene indossato in una stanza adibita alla vestizione prima di raggiungere il posto di servizio, mentre, in altra stanza, posta nel lato opposto al corridoio, si procede alla svestizione, con smaltimento degli indumenti.
  Tenuto conto della situazione epidemiologica, i provvedimenti di trasferimento dei detenuti destinati presso la struttura penitenziaria di Tolmezzo, provenienti dagli istituti penitenziari di Nuoro e Milano Bollate sono stati revocati.
  Il detenuto proveniente da Voghera, allo stato, non sarà posto in partenza, ma si provvederà al suo trasferimento nel momento in cui il direttore di Tolmezzo comunicherà la disponibilità a riceverlo.
  Per completezza, si evidenzia che alla data dell'11 maggio 2020, presso la casa circondariale di Tolmezzo erano presenti 220 detenuti, di cui 191 appartenenti al circuito AS3, 13 detenuti di media sicurezza e 16 detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, O.P.
  Relativamente alle iniziative adottate al fine di prevenire all'interno degli istituti penitenziari la diffusione del contagio da coronavirus, in linea con i decreti governativi, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha emanato diversi provvedimenti miranti a sensibilizzare le direzioni penitenziarie verso un puntuale adempimento delle indicazioni del Ministero della salute.
  Si tratta di iniziative che tendono a preservare e garantire la salute dei detenuti e del personale in servizio presso gli istituti penitenziari, la cui impermeabilità sanitaria deve essere assicurata in ogni condizione.
  È stato indispensabile, attraverso una capillare attività di informazione e sensibilizzazione delle direzioni degli istituti penitenziari, coinvolgere la popolazione detenuta, al fine di condividere le disposizioni emanate e le relative modalità esecutive, assecondandone le finalità, soprattutto con riferimento alla temporaneità delle stesse.
  In particolare, fin da subito, le direzioni, con il coinvolgimento dei medici competenti ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono state invitate ad assumere contatti con le Autorità sanitarie del territorio, al fine di elaborare protocolli operativi condivisi, appropriati per il contesto penitenziario, e di adottare chiare procedure relative alla fase del prelievo dei tamponi e al trattamento conseguente dei casi sospetti di infezione da Covid-19 nell'ambito della popolazione detenuta, comprendendo anche le eventuali misure di isolamento e la conseguente sorveglianza sanitaria.
  Particolare attenzione è stata posta al controllo dei detenuti che hanno accesso dall'esterno (cosiddetti nuovi giunti): per costoro si esegue uno specifico preliminare monitoraggio, con possibilità di utilizzare anche uno spazio di pre-
triage, grazie alla fornitura ricevuta dal dipartimento della protezione civile di sistemi di rapida installazione (piccole tensostrutture), all'interno dei quali il personale sanitario competente effettua tutti i necessari accertamenti preventivi.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   TONELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ha destato indignazione la notizia che in data 11 settembre 2019 sia stato concesso un permesso premio a Ciro U., uno dei tre giovani, che hanno ucciso a sprangate la guardia giurata Francesco Della Corte davanti alla stazione partenopea di Piscinola, al fine di sottrargli l'arma con cui prestava servizio (una pistola);

   i tre minorenni, si ricorda, il 13 marzo 2018 hanno aspettato la guarda giurata deputata alla chiusura della stazione, l'hanno colpita più volte al corpo e al capo con dei bastoni al solo scopo di rubargli l'arma. L'uomo per i colpi subiti e le ferite è spirato dopo 12 giorni di agonia in ospedale;

   il fatto ovviamente ha fatto scalpore sulla cronaca nazionale per la violenza messa in atto dai minorenni e per il fatto che gli stessi non avevano compreso il grave gesto compiuto, tanto che proprio Ciro U., accompagnato al commissariato di Scampia per l'interrogatorio, si preoccupava di non perdere la seduta di allenamenti nel pomeriggio e come detto dal giudice Daetta, si è trattato di «Ragazzi indifferenti al male»;

   i giovani, sono stati condannati a 16 anni e 6 mesi di reclusione ed associati al carcere minorile di Airola (Benevento);

   da quanto appreso ora a mezzo stampa, il più grande dei tre, Ciro U., ha usufruito di un permesso di uscita dalla struttura per festeggiare il suo diciottesimo compleanno con amici e parenti. Questi ultimi hanno condiviso sui social le foto dell'evento (Repubblica Napoli 10 settembre 2019): «Una delle foto ritrae una coppia che si bacia teneramente davanti a due tavole imbandite. Le tovaglie a fiori, bicchieri e bottiglie di carta, il dolce nel piatto. Sul muro, un festone con la scritta “18”. Nell'altra c'è un gruppo di ragazzi che scherza»;

   il clamore intorno al permesso di uscita concesso, scaturisce anche dalla considerazione che trattasi di un reato efferato, perpetrato per futili motivi, da minorenni che non hanno neanche dimostrato di aver compreso la gravità del gesto commesso, non si sono mai ravveduti e tantomeno scusati con la famiglia, in un contesto sociale che necessita della presenza dello Stato, di sicurezza e della ferma azione di quest'ultimo. Il permesso ad un omicida dopo poco più di un anno dalla sentenza, a parere dell'interrogante, non aiuta certamente la crescita dello Stato e del senso di sicurezza e di giustizia in territori difficili come Piscinola adiacente alle più conosciute Scampia e Secondigliano, soprattutto se il permesso viene attribuito non per un percorso rieducativo ma per eventi ludici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare, ivi compresa l'ipotesi di promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui sopra, anche ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare.
(4-03592)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante lamenta che sia stato concesso un permesso premio per festeggiare il compimento del 18° anno di età a Ciro U., uno dei tre minorenni rei di omicidio della guardia giurata Francesco Della Corte, colpito a morte al capo e al corpo per sottrargli la pistola e chiede, quindi, di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti e se intenda promuovere azione ispettiva nei confronti dei magistrati che hanno firmato il permesso.
  Con riferimento alla vicenda, si rappresenta che sulla questione è stata condotta un'attività ispettiva nel periodo 10-20 settembre 2019, le cui risultanze consentono di evidenziare quanto segue.
  Il giovane detenuto Ciro U. ha fatto ingresso nell'IPM di Airola il 19 marzo 2018, in quanto indagato per concorso in omicidio aggravato e tentata rapina. In data 23 gennaio 2019 ha riportato una condanna in primo grado a 16 anni e 6 mesi, con fine pena prevista per il 18 settembre 2034. Il 19 settembre 2019 la Corte d'Appello – sezione minori di Napoli ha confermato la sentenza.
  In data 12 luglio 2019 la direzione dell'IPM di Airola, «tenuto conto della buona adesione alle attività educative (...) e al fine di mantenere vivi i rapporti affettivi con la famiglia in un contesto diverso da quello detentivo», sottoponeva alla Corte d'appello — sezione minori di Napoli, la richiesta di autorizzare il detenuto, con scorta, a pranzare insieme ai congiunti in occasione del suo 18° compleanno. Si è trattato di una iniziativa promossa nell'ambito del percorso rieducativo intrapreso dal ragazzo, caratterizzato da una costante adesione alle attività educative proposte dall'istituto e dalla fattiva partecipazione all'offerta trattamentale.
  Il permesso orario è stato dunque richiesto e concesso conformemente ai principi cardine sanciti dall'ordinamento penitenziario che pongono a base e supporto delle finalità rieducative i contatti con la famiglia di origine e la territorialità della pena. La corte d'appello di Napoli ha concesso, in data 17 luglio 2019, l'autorizzazione al permesso «con scorta, secondo gli orari indicati dal direttore dell'IPM di Airola», ovvero dalle 12,00 alle 16,00, senza ulteriori prescrizioni o precisazioni.
  Va ulteriormente precisato che detta autorizzazione ha avuto ad oggetto un'attività consistita in un pranzo da consumare con i familiari più stretti in un ambiente parrocchiale, quasi adiacente all'istituto, caratterizzato da un arredo scarno e da adeguate condizioni di sicurezza – grate alle finestre, cortile chiuso, e altro. Per tale circostanza, infatti, il cappellano dell'Istituto ha messo a disposizione la Casa Canonica sita nel comune di Airola, nelle immediate vicinanze dell'Istituto.
  Secondo quanto riferito dalla scorta in sede ispettiva e registrato agli atti dell'Istituto, l'incontro si è svolto regolarmente all'interno della sala offerta dal cappellano, il quale ha precisato che l'allestimento del locale è stato effettuato su iniziativa dei catechisti, con l'intento di renderlo più accogliente.
  Dalle verifiche ispettive risulta che al pranzo fossero presenti i genitori del giovane, il fratello, la sorella, unitamente al marito e ai tre figli, rispettivamente dell'età di 7 anni, 4 anni, 2 mesi, nonché quattro cugini, tutti autorizzati ai colloqui visivi con il giovane. Non hanno partecipato amici del ragazzo o persone estranee al nucleo familiare.
  In assenza di specifiche prescrizioni o divieti dell'A.G. rispetto all'uso dei telefoni cellulari, durante l'evento il personale della scorta non ha impedito ai presenti di utilizzare gli stessi apparecchi per effettuare qualche fotografia.
  Dalle verifiche effettuate è stato possibile accertare che, nella concreta gestione dell'evento, tutti gli
standards di sicurezza sono stati rispettati e il personale di polizia penitenziaria, come da protocollo, ha identificato tutti i presenti prima dell'accesso alla sala ed ha vigilato costantemente sulle modalità di svolgimento del permesso.
  Alle ore 16,00 il ragazzo, unitamente alla scorta, è rientrato in Istituto, come da disposizioni della direzione dell'IPM di Airola e autorizzazione dell'A.G. competente.
  Si precisa altresì che, in virtù delle positive relazioni educative, il giovane ha usufruito complessivamente, nel corso della sua detenzione, di otto autorizzazioni ad uscire dall'Istituto, sempre con scorta, concesse dall'A.G. prevalentemente per la partecipazione ad attività trattamentali. In tutte le occasioni il giovane ha adottato un comportamento regolare e rispettoso delle regole. È opportuno evidenziare che nessuna delle suddette uscite è stata concessa a norma dell'articolo 30-
ter della legge 26 luglio 1975 n. 354 (permessi premio) e in un solo caso è stato concesso un permesso di necessità ai sensi dell'articolo 30 O.P., per visitare la sorella in clinica in occasione del parto. Le altre uscite hanno avuto tutte finalità strettamente educative e in due occasioni, tra cui quella in esame, si è cercato di perseguire l'obiettivo di rinsaldare le relazioni familiari del ragazzo in un contesto diverso da quello carcerario.
  L'
équipe ha avviato con il giovane, sin dall'ingresso in Istituto, un percorso – necessariamente lungo e complesso – di rielaborazione e di responsabilizzazione rispetto al reato, nel quale ha avuto parte attiva la famiglia, costituita, secondo quanto relazionato dagli operatori che seguono il caso, da persone semplici e scarsamente consapevoli che, tuttavia, rappresentano per lui un riferimento molto importante anche per il forte legame affettivo che li unisce.
  Il nucleo vive nel quartiere di Piscinola, VIII municipalità del comune di Napoli.
  Secondo quanto riportato nelle relazioni dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni competente, il contesto sembra contrassegnato da un notevole degrado culturale ed ambientale ma sembrerebbero da escludere collegamenti tra il nucleo familiare di origine del ragazzo ed ambienti di criminalità organizzata.
  Dopo i recenti avvenimenti l'ufficio di servizio sociale per i minorenni di Napoli ha effettuato un ulteriore incontro con i familiari per richiamarli ad una maggiore consapevolezza sui possibili effetti di manifestazioni inappropriate e sulla gravità della posizione giuridica del giovane, sottolineando l'importanza prioritaria del rispetto nei confronti dei familiari della vittima.
  Dalle audizioni effettuate in sede ispettiva è risultato che il percorso di rivisitazione e rielaborazione critica dell'evento-reato da parte del giovane è cominciato soprattutto dal momento della pronuncia della sentenza di primo grado (gennaio 2019) e che, in occasione dell'udienza relativa al processo di appello, il ragazzo ha consegnato ai giudici una lettera manoscritta con cui ha espresso il proprio rammarico per il dolore cagionato.
  Per quanto più strettamente pertinente alla condotta tenuta dall'autorità giudiziaria nella vicenda, si deve evidenziare che essa si è doverosamente attenuta all'applicazione dei principi giuridici che regolamentano la fattispecie trattata e che, anche all'esito di attività istruttoria ispettiva ministeriale, non sono stati riscontrati profili di rilievo disciplinare.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   UNGARO e MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sono 104 i militari russi arrivati in Italia a fine marzo 2020 e impegnati a Bergamo nella missione concordata tra il Governo italiano e il Governo russo a sostegno della provincia di Bergamo così duramente colpita dall'emergenza sanitaria dettata dal coronavirus. Il comandante del contingente russo è un generale, Sergey Kikot, vicecomandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell'esercito russo: uno degli ufficiali che negli anni si è occupato di armi chimiche anche nel teatro della guerra civile in Siria a fianco di Bashar al Assàd;

   la missione sanitaria congiunta è per il Governo russo una missione militare a tutti gli effetti. De facto il personale russo indossa regolare divisa di ordinanza;

   secondo quanto si apprende da un editoriale de Il Foglio del 17 aprile 2020 pare che il costo dei voli aerei militari, peraltro sovradimensionati in numero rispetto ai contingenti del trasporto del personale e del materiale sanitario, sarebbero a carico dell'Italia;

   non si può non evidenziare quanto la presenza di militari russi, peraltro in forza con personale altamente specializzato nella guerra batteriologica e nello spionaggio, abbia destato particolare preoccupazione tra i partner della Nato, alleanza militare «avversaria» rispetto alla Russia –:

   se il Governo intenda chiarire gli estremi della missione sanitaria di aiuto concordata dai Governi italiano e russo, se quanto descritto da Il Foglio corrisponda a verità e se, da ultimo, siano state messe in campo tutte le misure di tutela anti-spionaggio strategico per la difesa della Repubblica.
(4-05282)

  Risposta. — Onorevole Deputato Ungaro, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-05282.
  A seguito dell'aggravarsi della situazione di emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19, in particolare nelle regioni del Nord Italia, il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della difesa e altri membri di Governo hanno intrattenuto una serie di contatti telefonici ed epistolari con le rispettive controparti di Paesi
partner dell'Unione europea, NATO e altri, volti ad ottenere sostegno materiale per far fronte alle esigenze più pressanti.
  Nel caso della Federazione Russa, a seguito di colloqui tra il. Presidente Conte e il presidente Putin e tra il Ministro della difesa Guerini e l'omologo russo Shoygu, è stato convenuto l'invio in Italia di materiali e personale sanitario, sui quali è già stata fornita alla stampa una completa informativa, I colloqui sono stati preceduti da contatti a livello diplomatico, attraverso la nostra ambasciata a Mosca e l'ambasciata russa a Roma. D'intesa con Palazzo Chigi, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale insieme a difesa e Protezione civile, hanno avviato il coordinamento degli aiuti, la cui gestione è stata assicurata dalla Protezione civile.
  Il
team sanitario russo è rimasto in Italia dal 22 marzo al 7 maggio 2020 e ha lavorato in sinergia con il personale della difesa italiana e quello del Ministero della salute. Il contingente russo era composto da 104 unità, nello specifico 32 operatori sanitari (tra medici e infermieri), 51 bonificatori, e altro personale di assistenza e interpretariato a supporto. Sono state costituite squadre miste con personale militare italiano del 7° reggimento di difesa NBC «Cremona» di Civitavecchia ed è stata avviata l'attività di sanificazione in alcune strutture e aree di Bergamo definite dalla protezione civile, in coordinamento con regione e ASL Lombardia. Le attività di disinfezione e bonifica sono state dirette principalmente in favore delle Residenze Sanitarie Assistenziali. Inoltre, il personale sanitario ha svolto attività presso il campo dell'Associazione Nazionale degli Alpini situato in prossimità dell'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Al personale russo impegnato nell'attività di supporto è stato fornito vitto e alloggio presso strutture alberghiere nel bergamasco, con oneri a carico della Protezione Civile regionale. È stata riservata un'area presso il 30 reggimento sostegno aviazione esercito «Aquila» (Aeroporto Orio al. Serio – Bergamo), dove è stato allestito un campo con materiali e tende forniti dalla protezione civile regionale.
  Per quanto riguarda le donazioni ricevute, la protezione civile ha riferito di aver ottenuto e distribuito sul territorio nazionale: 521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1.000 tute protettive. 2 macchine per analisi di tamponi, 10.000 tamponi veloci e 100.000 tamponi normali.
  Nel confermare la gratitudine del Governo italiano per gli aiuti russi, certamente utili e tempestivi, va precisato che il rientro in Russia dei componenti della delegazione è stato completato il 15 maggio e il flusso degli invii di aiuti è stato sospeso, di comune accordo con la controparte russa, in considerazione del progressivo miglioramento della situazione sanitaria nel nostro Paese e del contestuale peggioramento della situazione sanitaria in Russia.
  

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da oltre un anno l'ex colonia britannica di Hong Kong è al centro di violente proteste contro un pacchetto di leggi liberticide che il Governo della Repubblica popolare cinese vuole imporre alla citata penisola, che gode di uno statuto particolare dopo l'«addio» al Regno Unito;

   un pacchetto di norme sulla sicurezza nazionale, tra cui quelle sull'estradizione, l'inno nazionale, i diritti civili, rischia di compromettere le libertà accordate all'ex colonia britannica dall'accordo sino-britannico del 1997, in vigore fino al 2047. I giovani di Hong Kong, come Joshua Wong, sono tornati in piazza per difendere i diritti e la democrazia dei loro concittadini: la proposta di legge appare, infatti, come una reale violazione del principio «un Paese, due sistemi», principio cardine per la difesa della libertà di espressione, di assemblea, di manifestazione del dissenso di cui godono oggi i cittadini della regione amministrativa speciale;

   pare che sussista anche il concreto pericolo che il Governo di Pechino sia in procinto di usare la forza militare per reprimere il movimento di protesta guidato dagli studenti, nonostante le proteste della comunità internazionale –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per scongiurare una escalation violenta da parte del Governo cinese per reprimere proteste legittime e democratiche;

   se non ritenga necessario e urgente chiarire la posizione ufficiale dell'Italia in relazione alle iniziative legislative della Repubblica popolare cinese per la regione amministrativa speciale di Hong Kong in merito al rispetto della libertà e al mantenimento del principio «un Paese, due sistemi» sancito dalla dichiarazione sino-britannica del 1984.
(4-05886)

  Risposta. — L'Italia, insieme ai partner UE, ha prontamente e inequivocabilmente reagito subito dopo l'approvazione da parte cinese della risoluzione che autorizza l'Assemblea nazionale del popolo a procedere nell'elaborazione della legge sulla sicurezza ad Hong Kong. Come ha già ricordato il Ministro Di Maio, siamo tra i pochi Paesi dell'Unione europea ad essere intervenuti direttamente sul tema. Il Ministro ha espresso preoccupazione Consiglio degli affari esteri, e ha contribuito alla dichiarazione comune UE del 29 maggio 2020. Alla fine di quel Consiglio l'Alto Rappresentante Borrell ha definito la decisione cinese non conforme agli impegni internazionali e alla legge fondamentale (la «costituzione» di Hong Kong) e tale da minare il principio «Un Paese, due sistemi» e l'alto grado di autonomia di Hong Kong che esso garantisce.
  Precedentemente l'AR Borrell aveva già rilasciato una prima dichiarazione, il 22 maggio, in seguito all'annuncio da parte cinese di voler dare avvio alla discussione della legge in parola. In essa si esprimeva l'auspicio che l'adozione della legislazione sulla sicurezza ad Hong Kong avvenisse nel pieno rispetto dell'articolo 23 della legge Fondamentale, con un dibattito democratico e inclusivo che preveda la consultazione di tutte le parti ed il rispetto dei diritti e delle libertà assicurate ad Hong Kong, nel quadro dell'autonomia della regione amministrativa speciale.
  Il tema delle libertà e diritti di Hong Kong è stato nuovamente sollevato dall'AR Borrell nella sua interlocuzione con il Ministro degli affari esteri Wang Yi in occasione del dialogo strategico UE-Cina tenutosi in videoconferenza nel 9 giugno 2020. La preoccupazione per gli sviluppi ad Hong Kong verrà inoltre ribadita dall'Unione europea in occasione del vertice bilaterale ordinario previsto nella seconda metà di giugno.
  Fin dal riaccendersi delle tensioni ad Hong Kong nella primavera dell'anno scorso, l'Italia ha ripetutamente invitato alla moderazione e all'instaurazione di un processo di dialogo inclusivo e credibile che tuteli e mantenga le libertà fondamentali e l'elevato grado di autonomia della regione amministrativa speciale. Lo abbiamo fatto sia a livello bilaterale sia nell'ambito del coordinamento UE, che in altri formati quali il G7.
  In tutte le dichiarazioni, alla cui formulazione abbiamo attivamente partecipato, è sempre stato riaffermato l'auspicio che i diritti e le libertà fondamentali, incluso il diritto di assemblea e di manifestazione pacifica, nonché la piena indipendenza del sistema giudiziario, siano preservati.
  Continueremo ad esprimerci a tutela del principio «Un Paese, due sistemi», nella consapevolezza che esso sia rilevante per non solo per la stabilità e prosperità di Hong Kong e della sua popolazione, ma anche per la situazione dei cittadini europei e stranieri in generale, per l'attrattività della regione quale
hub finanziario e per preservare un ordine internazionale basato su regole.
  Eventuali ulteriori iniziative, come ben noto, non potranno che collocarsi nel quadro di regimi normativi e regolamentari condivisi in ambito UE, cui l'Italia aderisce e cui fa necessariamente riferimento non solo sotto il profilo tecnico-normativo, ma anche dell'efficacia derivante dalla dimensione europea.

Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   ZIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal Tirreno del 23 marzo 2020 risulta che il direttore della casa circondariale di Pisa impedisce a coloro che lavorano all'interno del carcere (infermieri, medici, personale di polizia penitenziaria, amministrativi ed educatori) di indossare le mascherine chirurgiche monouso, perché, a suo dire, ciò potrebbe ingenerare malcontento tra i detenuti;

   in tal modo, si desume che anche la Asl Toscana nord ovest stia derogando alle proprie responsabilità e all'integrità del proprio personale dipendente che lavora nella casa circondariale, ottemperando alle disposizioni della direzione carceraria;

   si ha notizia di un'operatrice sanitaria trovata positiva al Covid;

   è, ad avviso dell'interrogante, inaccettabile e illegittimo chiedere al personale di non indossare le mascherine, il cui uso certamente impedisce proprio la diffusione nell'ambiente circostante di goccioline e secrezioni respiratorie;

   diversi sindacati, rivolgendosi alle istituzioni, denunciano: «Divieto di mobilità per i cittadini, ma non per i familiari dei detenuti: il Governo sta cercando in tutti i modi di evitare contatti tra le persone limitando la mobilità, al fine di garantire dignità e tutela della salute per tutti i cittadini e il Direttore di Pisa, in piena emergenza sanitaria, tiene aperto il servizio dei colloqui per il ritiro dei soldi e dei pacchi, alimentando contatti e mobilità da parte dei cittadini familiari e affini dei detenuti, in barba ai divieti applicabili a tutti i cittadini. Ci rivolgiamo alle Istituzioni cittadine alle Istituzioni tutte, che sicuramente riescono a comprendere la drammatica situazione del mostro Covid-19 per il bene del nostro Paese e chiedo di far comprendere al Direttore di Pisa che siamo in “guerra” visto che ad oggi il servizio dei colloqui è operativo al ritiro di soldi e pacchi. Il provvedimento concernente l'estensione del divieto di movimento generale è valido per tutti i cittadini e applicabile anche allo spostamento dei familiari dei detenuti» –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire tutte le obbligatorie precauzioni, così come prescritto dalla legge a tutela di tutti i cittadini;

   per quali motivi non sia stato sospeso il servizio dei colloqui per il ritiro del denaro e dei pacchi con riguardo alla situazione segnalata in premessa e a eventuali altre analoghe.
(4-05020)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante sia l'uso dei dispositivi di protezione individuale da parte del personale in servizio presso la casa circondariale di Pisa sia l'asserita mancata sospensione del servizio colloqui e ricezione denaro e pacchi, in concomitanza all'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del contagio da coronavirus, si rappresenta quanto segue.
  Relativamente alla disciplina del servizio colloqui, com'è noto, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, n. 11, recante «Misure straordinarie e urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria», il Governo ha emanato specifiche disposizioni per gli istituti penitenziari allo scopo di ridurre il rischio di diffusione del contagio all'interno delle sedi detentive.
  In particolare, l'articolo 2, lettera
u), ha disposto la sospensione dei colloqui visivi tra detenuti, congiunti e altri soggetti autorizzati; è stato inoltre previsto, sino a nuove direttive, il mantenimento dei rapporti con le famiglie tramite videocollegamenti a distanza o comunicazioni telefoniche, che potranno svolgersi anche oltre i limiti previsti dall'articolo 39, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Il Ministero della giustizia ha messo a disposizione degli istituti penitenziari numerosi apparati mobili utilizzabili per le telefonate e le videochiamate tra i ristretti e i loro familiari.
  Con nota 11 marzo 2020, inoltre, la direzione generale dei detenuti e del trattamento ha autorizzato per videochiamate con familiari e difensori (anche per i detenuti appartenenti al circuito alta sicurezza) l'utilizzo della piattaforma
Skype for business, nonché lo svolgimento di colloqui telefonici con utilizzo di cellulari.
  Per facilitare i colloqui a distanza con i detenuti, la medesima direzione generale ha accolto l'offerta di collaborazione dell'associazione Telefono Azzurro, il quale ha messo a disposizione la strumentazione informatica in dotazione alle proprie sedi e il supporto dei propri volontari in favore delle famiglie sprovviste di dispositivi elettronici o non in grado di utilizzarli, in linea con l'impegno per lo sviluppo di relazioni familiari positive assunto con il protocollo di intesa con l'Amministrazione penitenziaria, rinnovato nel 2019.
  Per garantire la prosecuzione degli studi ai detenuti impegnati in percorsi scolastici, le direzioni penitenziarie sono state inoltre invitate a consentire, mediante videoconferenza e/o tramite
Skype, lo svolgimento di esami universitari e colloqui didattici tra docenti e studenti, appartenenti ai circuiti media sicurezza e alta sicurezza 3.
  È stato altresì autorizzato il ricorso alla posta elettronica per le comunicazioni tra i detenuti appartenenti ai sopracitati circuiti, i docenti e i familiari; tutti i direttori sono stati dunque invitati a favorire l'effettuazione di bonifici
online in favore dei detenuti.
  Con nota 25 marzo 2020 recante: «Disposizioni in materia di ricezione pacchi ai sensi dell'articolo 14, commi 5 e 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000», sono state fornite, a fini preventivi, indicazioni comportamentali per il personale addetto alla ricezione e al controllo pacchi, quali, ad esempio, l'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale (DD.PP.II.) e di procedere alla disinfezione delle superfici con prodotti a base di alcool e di cloro.
  Con specifico riferimento ai generi contenuti nel pacco, attese le peculiarità dei singoli regolamenti interni adottati da ciascun istituto penitenziario, non è stato possibile fornire indicazioni univoche e unitarie per tutte le strutture; giova tuttavia evidenziare che molti Provveditorati regionali sono intervenuti al riguardo, adottando disposizioni uniformi per tutti gli istituti del distretto di competenza.
  Nella fattispecie, per quel che concerne più specificatamente la casa circondariale di Pisa, la sospensione dei colloqui visivi dei detenuti risale, in prima battuta, al dettato normativo di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, con decorrenza a partire dal giorno seguente.
  All'atto della comunicazione del divieto, veicolata ai detenuti nella mattinata di lunedì 9 marzo, si è registrato un clima di crescente tensione in relazione alle violente rivolte che avevano interessato, tra il sabato e la domenica precedenti, diversi istituti su tutto il territorio nazionale.
  In quel frangente, le misure interdittive di movimento riguardavano solo alcuni territori del Paese (il divieto esteso a tutto il territorio nazionale è intervenuto solo con il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020).
  Solo in quella fase, pertanto, l'autorità dirigente dell'istituto ha continuato a consentire ai familiari dei detenuti di potersi recare in istituto per provvedere alla consegna diretta di pacchi e denaro destinati ai ristretti.
  In ordine al riferito divieto di indossare le mascherine, le indicazioni sanitarie sull'uso dei presidi di precauzione hanno inizialmente riguardato coloro che assistevano malati (casi confermati di avvenuto contagio), coloro che avevano contatti con persone sospette (per dato epidemiologico) o persone con contagio probabile in attesa di esito del tampone (con dato epidemiologico e sintomatologia riferibile al Covid-19).
  Le indicazioni prevedevano la prescrizione di adottare i DD.PP.II. in relazione al livello di rischio (confermato, probabile, sospetto), variando, in senso decrescente, dal
Kit completo all'indossare guanti e mascherina chirurgica.
  Dopo una primissima fase, dunque, durante la quale i presidi erano stati forniti in numero esiguo dal servizio sanitario interno all'istituto, le esigenze prospettate sono state fronteggiate con l'unica dotazione ricevuta dal provveditorato regionale, pari a 500 mascherine chirurgiche, e con i
Kit acquistati dalla direzione dell'istituto per un eventuale aggravamento del rischio (mascherine FFP3, occhiali, camici impermeabili e guanti); fino a quel momento, nessun altra fornitura di mascherine chirurgiche era stata reperita sul mercato, per indisponibilità del prodotto.
  A fronte delle menzionate direttive sanitarie, e a fronte della limitata dotazione numerica dei DD.PP.II., la direzione dell'istituto in esame ha ritenuto opportuno non procedere a una distribuzione indiscriminata delle mascherine; infatti, rispetto ad una necessità stimabile, per tutto il personale ivi in servizio, di circa 160 esemplari al giorno (trattandosi di monouso), le circa 350/400 unità disponibili (dopo l'impiego per i casi a rischio presenti già dal 9 marzo) si sarebbero esaurite in tre giorni, e non sarebbe stato dunque possibile utilizzarle nei casi di reale bisogno.
  Il richiamo ai vertici sanitari di seguire una linea unitaria per la fornitura e l'uso di mascherine chirurgiche è stato innanzitutto funzionale all'esigenza di non creare disparità di percezione da parte del personale dei diversi comparti (sanitario, sicurezza, funzioni centrali) nel vedere l'uso di presidi da parte di alcuni e non della totalità degli operatori, in un momento in cui l'uso delle mascherine non era inteso come strumento di protezione della collettività dal rischio di emettere contagio, bensì come mezzo di protezione individuale dagli altri, considerati possibili vettori di infezione.
  Ancora più delicato, agli occhi dell'autorità dirigente dell'istituto, è sembrato il rischio che si sarebbe potuto correre nei riguardi della popolazione detenuta, non adeguatamente informata e confusa dall'uso di precauzioni non collettive e generalizzate, bensì appannaggio esclusivo di alcuni.
  È stato anche vagliato l'ulteriore rischio derivante da un utilizzo, prima collettivo e poi interrotto, delle mascherine, le quali si sarebbero esaurite, inevitabilmente, nel giro di pochi giorni. L'origine di nuove proteste e rivolte per mano della popolazione detenuta avrebbe potuto essere indotta dal comportamento, percepito come altalenante, della direzione.
  Quando la dotazione di mascherine chirurgiche è stata integrata dalla cessione in donazione da parte della prefettura di Pisa, la quale ha assicurato un numero tale da garantire l'indispensabile continuità di utilizzo, si è provveduto alla relativa distribuzione a tutti i dipendenti, con adeguata informazione preventiva, veicolata direttamente dalla direzione, malgrado le perduranti difficoltà e lentezze nel reperimento di mascherine chirurgiche sul mercato (la consegna del primo lotto acquistato, pari a 200 pezzi, è intervenuta solo nel pomeriggio del 25 marzo).
  Tutto il personale della struttura è stato inoltre sottoposto a tampone, a seguito dei riscontrati casi di positività al Covid-19 tra il personale sanitario e di Polizia.
  Con riguardo alla riferita esposizione al rischio contagio degli operatori, va evidenziato che fin dallo scorso mese di febbraio l'emergenza sanitaria nel distretto è gestita d'intesa con la sanità regionale.
  In data 20 febbraio 2020 si è tenuta la prima riunione dell'osservatorio regionale permanente per la sanità penitenziaria, per definire le procedure da seguire durante l'emergenza; nella giornata successiva sono state dunque comunicate ai direttori e ai comandanti di reparto degli istituti del distretto le prime precauzioni da adottare.
  Nelle procedure validate dalla
task force in data 16 marzo 2020 e divulgate agli istituti, sono stati poi espressamente indicati i casi nei quali devono essere impiegati i DD.PP.II.; nel documento sono stati considerati i diversi casi possibili (detenuto asintomatico che entra dalla libertà, con sintomatologia simil-influenzale, gestione caso sospetto positivo al coronavirus).
  A far data dallo scorso 17 marzo è stato inoltre attivato presso l'istituto di Pisa un servizio di controllo preventivo di tutti coloro che (dipendenti o non dipendenti) facevano accesso nella struttura.
  Tale servizio è stato svolto dal personale sanitario presso la tensostruttura messa a disposizione dalla Protezione civile, con misurazione della temperatura corporea e breve questionario; il medesimo controllo ha condotto al divieto di accesso di alcune unità (dipendenti dell'Amministrazione e non) ed ha consentito di intercettare anche il caso di un dipendente poi risultato positivo.
  Si è provveduto, nell'immediatezza, a raccomandare al personale tutto, unitamente alle altre cautele, l'adozione della distanza interpersonale di un metro, poi indicata come misura principale di contenimento del contagio anche dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020.
  Per completezza di informazione, si evidenzia che presso la casa circondariale di Pisa sono state individuate, per l'allocazione di detenuti che necessitano di monitoraggio sanitario in caso di sospetto contagio da Covid-19, tre camere detentive del reparto S.A.I. (Servizio assistenza intensificata) piano terra.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.