Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 20 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984 e la Legge fondamentale del 1990 della Regione amministrativa speciale di Hong Kong stabiliscono che Hong Kong manterrà l'autonomia e l'indipendenza del potere esecutivo, legislativo e giudiziario, nonché i diritti e le libertà fondamentali, tra cui la libertà di espressione, di riunione, di associazione e di stampa, per cinquanta anni dopo il trasferimento della sovranità;

    la Legge fondamentale della Regione amministrativa speciale di Hong Kong prevede disposizioni che garantiscono la sua autonomia per quanto riguarda il mantenimento della sicurezza e dell'ordine e la promulgazione di leggi su qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il governo popolare centrale;

    sia la Dichiarazione congiunta sia la Legge fondamentale sanciscono il principio «un Paese, due sistemi» concordato tra la Cina e il Regno Unito;

    tra il 2019 e il 2020 a Hong Kong si sono svolte numerose manifestazioni di massa con grande partecipazione di ampie fasce della popolazione, intese a esercitare il diritto di riunione e di protesta per difendere l'autonomia della Regione amministrativa speciale di Hong Kong; sono seguiti diversi cicli di repressione che hanno comportato l'arresto di centinaia di attivisti ed esponenti dei gruppi di opposizione;

    nel corso di una marcata ripresa delle manifestazioni, il 28 maggio 2020 l'Assemblea nazionale del popolo cinese ha adottato una risoluzione che autorizza il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo cinese ad adottare leggi contro il separatismo, la sovversione del potere dello Stato, il terrorismo e le ingerenze straniere a Hong Kong e che cita anche altre misure da adottare, tra cui l'educazione alla sicurezza nazionale, l'istituzione di organi di sicurezza nazionale del governo popolare centrale a Hong Kong e la rendicontazione periodica da parte del capo dell'esecutivo al governo popolare centrale sui risultati ottenuti da Hong Kong riguardo al suo dovere di garantire la sicurezza nazionale;

    il 30 giugno 2020 il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale della Repubblica popolare cinese ha approvato in via definitiva la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong che mira a «impedire, fermare e punire ogni atto o attività che metta in pericolo la sicurezza nazionale, come separatismo, sovversione del potere dello Stato, terrorismo o attività di forze straniere che interferiscono negli affari di Hong Kong»;

    a poche ore dall'approvazione della legge l'attivista di Hong Kong, Joshua Wong, e altri attivisti, come Nathan Law e Agnes Chow, si sono dimessi dal partito Demosisto, fondato come movimento politico pro-democrazia dai leader della «Rivoluzione degli ombrelli» nell'aprile 2016;

    il 1° luglio 2020 migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Hong Kong per celebrare il 23esimo anniversario della fine del colonialismo britannico, sfidando le forze di polizia e la nuova legge sulla sicurezza nazionale, entrata in vigore dopo l'approvazione da parte del Parlamento cinese. Almeno 70 manifestanti sono stati arrestati in mattinata, due dei quali con l'accusa di avere violato la nuova normativa;

    la Presidente della Commissione europea ha definito la Cina un «competitore sistemico» con cui avere relazioni sulla base dei valori su cui è fondata l'Unione europea;

    in esito al 22° vertice Unione europea-Cina del 22 giugno 2020, in una dichiarazione congiunta, il Presidente del Consiglio europeo, Michel, e la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, pur rimarcando che per l'Europa, senza la Cina, sarebbe difficile affrontare molte delle grandi sfide globali su cui è chiamata a confrontarsi, a partire dal cambiamento climatico e dalle sfide legate allo sviluppo del continente africano, hanno ribadito le gravi preoccupazioni dell'Unione europea per le misure adottate da Pechino per imporre la legislazione sulla sicurezza nazionale;

    posizioni analoghe erano già state espresse in una dichiarazione congiunta del 17 giugno 2020 dei Ministri degli esteri dei Paesi del G7 e dell'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Borrell, che hanno invitato il Governo cinese a riconsiderare la propria decisione;

    in una dichiarazione ufficiale del 1° luglio 2020 l'Alto Rappresentante Borrell, a nome dell'Unione europea, ha ribadito le gravi preoccupazioni per l'introduzione della legge, adottata senza alcuna consultazione preventiva significativa del Consiglio legislativo e della società civile di Hong Kong; nella dichiarazione si sottolinea che l'Unione europea ritiene essenziale che i diritti e le libertà esistenti dei residenti di Hong Kong siano pienamente tutelati e che la legge rischia di compromettere gravemente l'elevato grado di autonomia di Hong Kong e di avere un effetto dannoso sull'indipendenza della magistratura e sullo Stato di diritto; in tale contesto, l'Unione europea continuerà a seguire da vicino gli sviluppi, anche nel contesto delle imminenti elezioni del Consiglio legislativo di Hong Kong, previste per il 6 settembre 2020, che devono procedere come previsto e in un ambiente favorevole all'esercizio dei diritti e delle libertà democratici sanciti dalla Legge fondamentale;

    gli avvenimenti sopra citati si inseriscono in un quadro più teso di relazioni internazionali nel quadrante asiatico: il Giappone ha annunciato ricadute significative sui piani per una visita di Stato del Presidente cinese Xi Jinping a Tokyo, con probabile negativa ripercussione sul rilancio delle relazioni bilaterali tra Tokyo e Pechino, che sarebbe dovuto avvenire con la firma di una dichiarazione congiunta proprio in occasione della visita di Xi;

    si moltiplicano nel Mar cinese meridionale massicce esercitazioni militari sia cinesi che statunitensi, come quelle di cinque giorni iniziate il 1° luglio 2020 dai cinesi al largo delle isole Paracelso, cui segue l'annuncio che la Marina degli Stati Uniti invierà nella regione le portaerei a propulsione nucleare Uss Nimitz e Uss Ronald Reagan, nonché altre navi da guerra;

    il Regno Unito ha già annunciato di volere porre la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

    nel rispetto della politica di «un'unica Cina», la protezione e la promozione dei diritti umani rappresentano per l'Italia una priorità consolidata e, soprattutto, un'azione costante in ogni ambito della politica estera, con un approccio fondato su universalità, indivisibilità, inalienabilità e interdipendenza dei diritti umani, che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti gli esseri umani, senza distinzioni;

    si richiama la risoluzione approvata il 3 dicembre 2019 che impegnava il Governo italiano, tra l'altro, ad assumere iniziative per conformarsi alla risoluzione del Parlamento europeo del 18 luglio 2019 e a sostenere, nelle sedi internazionali opportune, l'avvio di un'immediata indagine conoscitiva per verificare la violazione dei diritti umani commessi durante il periodo delle manifestazioni e ad assumere iniziative volte a sostenere, insieme all'Unione europea, la richiesta di rilascio dei manifestanti arrestati durante le proteste;

    si richiama, altresì, la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione ad Hong Kong, approvata a larghissima maggioranza (565 voti favorevoli, 34 contrari, 52 astensioni), con l'unanimità degli parlamentari europei italiani, il 19 giugno 2020,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative necessarie per dare attuazione alla risoluzione del Parlamento europeo del 19 giugno 2020;

2) ad assumere iniziative per aderire all'impegno preso dall'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell'Unione europea in riferimento al rispetto degli accordi internazionali che garantiscono l'autonomia della Regione amministrativa speciale di Hong Kong in forza del principio condiviso di «un Paese, due sistemi»;

3) ad adoperarsi in sede europea affinché si adotti una posizione più ferma a sostegno del mantenimento dell'autonomia giuridica di Hong Kong e del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali per i suoi cittadini e la sua società civile, in particolare in occasione del negoziato per un accordo di investimenti Unione europea-Cina;

4) a collaborare con le istituzioni e con i partner dell'Unione europea per garantire che i rapporti con la Repubblica popolare cinese siano improntati ai principi e ai valori fondanti sanciti dall'articolo 21 del Trattato sull'Unione europea, che stabilisce che l'azione dell'Unione europea sulla scena internazionale si fonda sui princìpi di democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale;

5) a valutare la possibilità di promuovere la designazione, in ambito Consiglio diritti umani, di un relatore speciale sulla situazione dei diritti umani a Hong Kong;

6) a considerare l'attuale situazione politica di Hong Kong nella valutazione delle domande di protezione internazionale presentate in Italia da quei cittadini;

7) a sollevare con le autorità cinesi, sia attraverso il canale bilaterale sia attraverso l'apposito canale del dialogo Unione europea-Cina sui diritti umani, i temi della tutela delle libertà di espressione e dei diritti civili e politici, in conformità con le norme e gli impegni internazionali in materia di diritti umani, che costituiscono un pilastro della nostra politica estera.
(1-00366) «Quartapelle Procopio, Cabras, Migliore, Palazzotto, Enrico Borghi, Ehm, Fassino, Romaniello, Andrea Romano, Sensi, Suriano, Ungaro, La Marca, Schirò».


   La Camera,

   premesso che:

    l'idrovia Padova-Venezia è un canale navigabile, della lunghezza di 27 chilometri e mezzo, compreso tra l'area dell'interporto di Padova (zona industriale) e la laguna di Venezia, in corrispondenza del preesistente canale Dogaletto. Priva del tratto centrale (non è stata scavata nel tratto compreso tra la Cunetta di Brenta e il Canale Novissimo, derivazioni del Brenta che avrebbe dovuto incrociare a raso, con la presenza di manufatti regolatori), l'idrovia è un'opera infrastrutturale incompiuta; sono stati realizzati solo 10,7 chilometri di canale tra Padova e il Brenta e tra il Novissimo e la laguna, 13 ponti stradali e 1 ponte ferroviario, una traversa sul fiume Brenta (opera parziale), una chiusa mobile in destra del fiume Brenta, una conca di navigazione tra il Novissimo e la laguna;

    la progettazione, a cura del Genio civile di Venezia, risale al 1955, mentre l'inizio dei lavori è riconducibile al 1968, proseguiti fino al 1988, anno di soppressione del Consorzio per l'idrovia Padova–Venezia, costituitosi ad hoc nel 1965. Ad oggi è possibile vedere i ponti stradali e gli unici due manufatti idraulici realizzati, la chiusa mobile a paratie in destra idraulica della Cunetta di Brenta, realizzata nel 1981, e la conca di navigazione Romea (o Gusso), nel tratto terminale (in località Gambarare). Si tratta, dunque, di un'opera progettata come via trasportistica, alternativa alla gomma negli anni '60, iniziata negli anni '70 e costruita nel tratto iniziale da Saonara a Vigonovo ed in quello finale e poi abbandonata alla fine degli anni '80 per mancanza di fondi e di idee;

    doveva essere l'«autostrada sull'acqua»: il canale che dal cuore del Veneto produttivo portava le merci fino in Adriatico, ma oggi acquista ancor di più di significato configurandosi come un'importantissima possibilità di scolmatore delle piene sia del fiume Bacchiglione che del Brenta, in considerazione dei seguenti aspetti: 1) la scelta di realizzare un canale navigabile che collegava Padova al mare, e di conseguenza ai porti, rispondeva alla necessità, da parte di un'economia che poggiava il suo sviluppo sulla produzione manifatturiera, di poter arrivare nel più breve tempo possibile nei porti al fine di riuscire ad esportare le produzioni. Veneto e con esso Padova (locomotiva d'Italia); 2) scelta degli anni '90 di non considerare più strategica la produzione manifatturiera per immaginare uno sviluppo economico che poggiasse sui servizi e sul terziario anche se avanzato, quindi non più strategico il collegamento con i mercati mondiali attraverso i trasporti via mare. Tutto questo ha portato alla sospensione dei lavori di costruzione dell'idrovia; 3) sottovalutazione dei problemi e dei costi provocati dalla mancanza di sicurezza idraulica in un territorio che si trasformava velocemente da agricolo a urbanizzato per sopportare lo sviluppo; 4) necessità odierna di ripensare lo sviluppo economico con il ritorno alle attività manifatturiere che nel citato territorio sono ancora presenti e con maggiori necessità di poter contare su infrastrutture che permettano i trasporti delle merci, molto spesso di produzioni industriali che abbisognano di trasporti eccezionali per raggiungere i porti. Trasporti eccezionali che oggi non riescono più a transitare sulla viabilità normale anche a causa dei continui respingimenti causati dalla realizzazione di rotatorie. Trasporti eccezionali che hanno necessità di essere trasferiti su mezzi di trasporto fluviale idonei su speciali pontoni e non sulle normali chiatte. Per queste motivazioni sembra non più rinviabile la necessità di completare la realizzazione dell'idrovia Padova-Venezia;

    si tratta di un'opera che tutti, comuni interessati, province, regione, hanno definito indispensabile per la salvaguardia del rischio idraulico nelle provincie di Vicenza, Padova e Venezia, dopo che è stata dimostrata dall'Università di Padova la sua validità, evidentemente una volta completata, come canale scolmatore in caso di piena contemporanea di Brenta e Bacchiglione. Un evento che fu la causa nelle terre del padovano della terribile inondazione del novembre del 1966, ripetutosi parzialmente nel 2010 per fortuna con la piena del solo Bacchiglione. Da più di dieci anni emeriti studiosi come il bellunese professor Luigi D'Alpaos, ordinario di idraulica all'Università di Padova, sostenuti da Legambiente, da decine di altre associazioni e comitati e dai comuni stessi della Riviera del Brenta si affannano ad organizzare conferenze, dibattiti, petizioni affinché si arrivi al progetto definitivo e quindi a quello esecutivo. Nel corso del 2018 e del 2019, 31 consigli comunali della provincia di Padova e della città metropolitana di Venezia, rappresentativi di un territorio con oltre 500.000 abitanti, hanno approvato mozioni ed ordini del giorno, indirizzati alla regione Veneto, con la richiesta di procedere all'esecuzione del progetto definitivo dell'opera denominata «idrovia Padova-Venezia con funzione anche di scolmatore»;

    la scienza statistica conferma che certi fenomeni naturali hanno tempi di ritorno calcolabili con una buona approssimazione, considerando che l'entità del fenomeno del 1966 oggi causerebbe danni enormemente più ingenti di allora, anche a causa di un'urbanizzazione ben più elevata, soprattutto nei dintorni delle grandi e medie città, proseguita senza freni fino a portare il Veneto ad essere la seconda regione, dopo la Lombardia, per consumo di suolo (ben sopra il 12 per cento, con Padova capofila con il 19 per cento), un'opera di così grande rilievo in termini di prevenzione di rischio idrogeologico si configura di importanza strategica per la salvaguardia del territorio;

    il tema del rischio idraulico è quello più importante ed urgente da tenere sotto controllo, in stretta connessione con il valore aggiunto che l'idrovia potrebbe dare dal punto vista trasportistico, come parte del sistema idroviario veneto-lombardo e come canale funzionale al movimento delle merci afferente al sistema dei porti dell'alto Adriatico e per il piccolo cabotaggio;

    tenuto conto che nell'alluvione del novembre 2010 i maggiori danni furono provocati proprio dall'esondazione del Bacchiglione e dai suoi affluenti che colpirono rovinosamente più mezzo milione di cittadini, provocando anche un dimezzamento del prodotto interno lordo annuale della regione Veneto e che l'idrovia Padova-Venezia rappresenterebbe una straordinaria opportunità di riqualificazione ambientale e paesaggistica di una vasta area ad alta vulnerabilità, a ridosso della Riviera del Brenta, attraverso la realizzazione di un «corridoio ecologico» fra Padova e Venezia. L'esigenza di intervento sul sistema fluviale è divenuta imprescindibile e indifferibile dopo l'alluvione del 2010, ma eventi di piena sono stati registrati anche nel novembre 2011, a gennaio e febbraio 2014 e nell'aprile 2017. Anche a fine ottobre 2018 si è registrata una piena di 5 metri; questa situazione è largamente conosciuta e documentata, sia da indagini commissionate dalla regione Veneto allo studio dell'ingegner Mazzucato (indagine eseguita nel 2014), che da rilevamenti degli anni 2017 e 2018 sul fiume Brenta e sul Bacchiglione. «È indubbio che viviamo in un territorio naturalmente esposto al pericolo delle alluvioni da parte sia dei due grandi fiumi Brenta e Bacchiglione che lo percorrono, sia della cosiddetta rete idraulica minore formata dai canali della bonifica, che, per cause molto diverse da quelle dei corsi d'acqua principali, ha visto crescere in modo considerevole le portate da fronteggiare» («I rischi di inondazione della provincia di Padova – di Luigi D'Alpaos»). Le alluvioni si possono riproporre anche ad intervalli brevi, mettendo a rischio la vita delle persone, ed i costi dei danni che producono sono superiori a quelli delle opere necessarie ad evitarle. La diversione delle acque tramite l'idrovia consentirebbe di far defluire, senza esondazioni, piene con portate al colmo a 1900-2000 metri cubi al secondo, mitigando sensibilmente il rischio idraulico cui è attualmente esposta una parte importante del territorio del vicentino, del padovano e dei comuni della città metropolitana di Venezia;

    da un punto di vista burocratico, nel febbraio 2016 la conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta ha approvato e inviato all'autorità di bacino una mozione che chiede l'inserimento dell'idrovia fra le opere da progettare e iniziare entro il 2021, con riferimento al piano di bacino approvato, in via definitiva, nel dicembre 2015, anno in cui, dopo aver presentato uno specifico bando due anni prima, la giunta regionale del Veneto ha ripreso i vecchi progetti del genio civile, presentando la progettazione preliminare con la supervisione dell'Università di Padova. Tale progettazione ha stabilito la quota di regolazione del livello dell'idrovia (+4 metri sul medio mare), oltre il natante di riferimento più adatto per l'idrovia, con requisiti di adeguatezza per transitare sotto tutti i 12 ponti esistenti. Nel progetto della regione Veneto, mediante riutilizzo dei materiali di scavo, sono previste opere di valorizzazione ambientale oltre alla pista ciclopedonale, che da Padova porterà fino a Venezia, fra cui altro valore aggiunto dell'opera sarebbe la funzione di apporto di sedimenti alla laguna veneta, la quale soffre di perdita dei bassi fondali, passati dai 168 chilometri quadrati del 1930 ai 60 chilometri quadrati del 2000, con perdita di sedimenti di 2,2 milioni di metri cubi l'anno, nonostante il fatto che il magistrato abbia realizzato strutture morfologiche con il riuso di 19,5 milioni di metri cubi negli ultimi 30 anni;

    sulla base di positivi e convergenti riscontri, la regione Veneto, sempre nel 2016, ha incluso il completamento dell'idrovia Padova-Venezia tra le opere immediatamente cantierabili, ritenendo urgente realizzarla quanto prima come scolmatore del Brenta e del Bacchiglione, salvo poi, a completamento del progetto, ampliarne la funzione a via navigabile. Esaurite le procedure preliminari, l'opera è finalmente fattibile, ma necessita che siano stanziate le adeguate risorse;

    anche dall'Unione europea i segnali sono positivi verso la fattibilità del progetto, con il rilancio delle vie navigabili attraverso la revisione delle reti strategiche di trasporto (Ten-T) e lo sviluppo del programma Naiades, giunto ormai alla fase Naiades II, al fine di garantire che il potenziale del trasporto sulle vie navigabili interne sia sfruttato. L'Unione europea sta destinando, infatti, il 7 per cento del fondo Connected Europe dotato di 24 miliardi di euro nell'attuale bilancio settennale, per collegare i corsi d'acqua nei corridoi di trasporto Ten-T, aggiungere collegamenti mancanti e integrare meglio il traffico di chiatte con altri modi di spedizione merci,

impegna il Governo

1) in coordinamento con la regione Veneto, ad intraprendere le iniziative di competenza atte al completamento dell'idrovia Padova-Venezia, mediante il reperimento dei fondi necessari per procedere all'esecuzione del progetto definitivo dell'opera, al fine di intervenire in somma urgenza alla realizzazione dell'infrastruttura strategica per la prevenzione del rischio idrogeologico cui l'area interessata è ciclicamente sottoposta e con l'obiettivo di valorizzare e sviluppare una valida alternativa via di collegamento tra l'area dell'interporto di Padova (zona industriale) e la laguna veneta, preposta al trasporto pesante.
(1-00367) «Luca De Carlo, Caretta, Maschio, Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La IX Commissione,

   premesso che:

    gli Uffici delle motorizzazioni civili di tutta Italia soffrono da tempo una gravissima mancanza di personale, che non consente più l'espletamento in tempi rapidi dei compiti istituzionali cui gli uffici sono preposti, quali – ad esempio – rilascio e rinnovo patenti, revisioni e collaudi di veicoli. In particolare, la disponibilità di servizi non è sufficiente a coprire le richieste che provengono dal territorio, nonché da autoscuole, studi di consulenza, autotrasportatori, costruttori e installatori veicoli; su tale situazione di disagio – già ampiamente e ripetutamente significata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in numerosi atti parlamentari – si è innestato il fermo delle attività a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19;

    dall'inizio del 2018 alla fine del 2019 in molti uffici delle motorizzazioni civili sparsi sul territorio nazionale i tempi medi di attesa sono passati da 2 a 4/5 mesi per gli esami di guida, e fino a 6 mesi per l'emissione del duplicato della patente, senza considerare che – in taluni uffici – i tempi di attesa per l'effettuazione della revisione di un veicolo pesante o del collaudo di un impianto a Gpl arrivano anche ad un anno. Con la sospensione delle attività dovuta al COVID-19 tali tempi di attesa sono ulteriormente aumentati, oltre le più ragionevoli aspettative;

    si possono citare alcuni casi emblematici:

     a Torino al 15 giugno 2020, risultavano attivi circa 9.700 fogli rosa (per patenti A e B), tutti in scadenza entro il 31 ottobre 2020, per smaltire in quali sarebbero necessari almeno 7 mesi, al netto delle nuove iscrizioni, a fronte di un organico della Motorizzazione pari a sole 90 unità, di cui solo 20 abilitate e disponibili ad effettuare esami;

     a Bergamo nel mese di gennaio 2020 vi erano circa 7000 esami di guida arretrati, e con la sospensione delle attività dovuta al Covid-19 è stimabile un aumento degli esami arretrati fino a oltre 9000 unità;

     a Latina a giugno 2020 risultavano attivi circa 3.000 fogli rosa, la maggior parte dei quali in scadenza entro il 31 luglio 2020;

     a Pisa al 5 luglio 2020 risultavano attivi circa 2.136 fogli rosa, a fronte di sole 303 sedute d'esame in calendario nel mese di agosto;

    la maggior parte degli esami fatti è ormai effettuata fuori dal normale orario di lavoro (e quindi in straordinario), sulla base della disponibilità concessa dagli stessi esaminatori; considerati l'età media degli esaminatori (58 anni) e il rischio di contagio presente in determinate zone, molti esaminatori hanno cominciato a rifiutarsi di dare nuovamente la loro disponibilità oltre il normale orario di lavoro;

    nei mesi precedenti al diffondersi dell'epidemia, per sopperire alle descritte carenze di organico degli uffici delle motorizzazioni, si è operato attingendo al personale degli uffici delle motorizzazioni delle province confinanti o addirittura della sede centrale del Ministero; tale soluzione appare del tutto impraticabile all'indomani dell'emergenza sanitaria;

    i protocolli per la sicurezza, adottati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per quanto concerne lo svolgimento degli esami di guida durante la cosiddetta «fase 2» dell'emergenza sanitaria, rendono sicuramente più lente le operazioni degli esaminatori con conseguenti e ulteriori ritardi per le autoscuole e per gli utenti finali;

    a rendere più complicata la situazione vi sono i problemi di gestione del territorio cui sono preposte le quattro direzioni generali territoriali, solo due delle quali hanno un direttore, quella del Sud e quella del Nord ovest, mentre la direzione generale territoriale del Nord est è senza direttore effettivo da ormai tre mesi e la direzione generale territoriale del Centro ne è rimasta sprovvista per circa otto mesi;

    la mancanza di ogni coordinamento fa sì che ai dirigenti dei singoli uffici sia attribuito il compito di assumere decisioni gravose su misure operative delle proprie strutture, senza alcuna linea di indirizzo, creando piuttosto disparità di trattamento tra utenti di diverse aree del territorio nazionale e determinando rilevanti disagi per i titolari di autoscuola e degli studi di consulenza automobilistica; la carenza di organico presso gli uffici delle motorizzazioni civili di tutta Italia si riflette sull'ormai annosa questione delle revisioni dei mezzi per i quali l'articolo 80 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) ne prescrive l'effettuazione presso i medesimi uffici, così determinando un concreto rischio per la sicurezza stradale;

    con la modifica intervenuta nel 2018 (articolo 1, comma 1049, legge 30 dicembre 2018, n. 145) è stata introdotta la possibilità di effettuare le revisioni dei mezzi con massa superiore alle 3,5 tonnellate presso officine esterne, così come avviene tempo per le autovetture; tuttavia, a distanza di oltre un anno e mezzo dall'entrata in vigore della citata modifica, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha adottato il conseguente decreto attuativo, nonostante fosse prescritto un termine di 30 giorni e nonostante i numerosissimi solleciti resi nelle diverse sedi parlamentari, così aggravando ulteriormente una situazione già da tempo insostenibile per cittadini ed imprese;

    i ritardi accumulatisi nell'evasione delle pratiche presso gli uffici delle motorizzazioni civili si riflettono su tutti gli utenti professionali, i quali sono stati già pesantemente colpiti dalla sospensione delle attività dovuta al COVID-19, e che hanno pertanto necessità di lavorare il numero più elevato possibile di pratiche per compensare i mancati introiti patiti nel periodo di chiusura forzata e per superare il concreto pericolo di licenziamento del personale impiegato;

    le autoscuole e gli studi di consulenza automobilistica sono inoltre aggravati dalle nuove procedure prescritte dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 98, per il rilascio del documento unico di circolazione (Duc), divenute obbligatorie dal 1° giugno 2020;

    una soluzione straordinaria alla situazione descritta potrebbe essere quella di coinvolgere, seppur temporaneamente, personale qualificato abilitato o da abilitare, proveniente anche da altre istituzioni, magari dai corpi armati o dalle forze di polizia, per smaltire buona parte delle pratiche arretrate, specie quelle relative agli esami pratici di guida;

    un'altra soluzione, di ancor più immediata realizzazione, è quella di ammettere all'esercizio del ruolo di esaminatore per le prove teoriche e pratiche per il conseguimento della patente di guida tutto il personale in servizio presso la motorizzazione civile che ha superato il relativo corso di abilitazione, indetto con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 12 aprile 2018,

impegna il Governo:

   ad adottare, con la massima sollecitudine, soluzioni per porre fine alla carenza di organico che affligge gli uffici delle motorizzazioni civili di tutta Italia;

   ad adottare iniziative per definire soluzioni temporanee atte a smaltire il cronico arretrato degli uffici delle motorizzazioni civili, specie per quanto concerne gli esami di guida, eventualmente coinvolgendo personale qualificato proveniente da altre istituzioni, magari dai corpi armati o dalle forze di polizia, o delegando l'effettuazione di alcuni procedimenti in seno alle autoscuole;

   ad adottare, senza ulteriore indugio, le iniziative di competenza, affinché siano adottati i provvedimenti normativi necessari a dare attuazione alla già vigente possibilità di effettuare presso officine esterne le revisioni periodiche dei veicoli con massa superiore a 3,5 tonnellate, valutando l'estensione di tale possibilità anche alle procedure di collaudo periodico degli impianti a gas installati sui veicoli a motore;

   ad adottare iniziative per disporre il differimento dell'obbligatorietà delle procedure prescritte dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 98, per il rilascio del documento unico di circolazione (Duc), quale misura di sostegno e semplificazione per cittadini ed imprese del settore;

   ad adottare iniziative per ammettere all'esercizio del ruolo di esaminatore per le prove teoriche e pratiche per il conseguimento della patente di guida tutto il personale in servizio presso la motorizzazione civile che ha superato il relativo corso di abilitazione, indetto con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 12 aprile 2018, nelle more del passaggio dalla qualifica di «addetto» a quella di «assistente», ai sensi della tabella IV-1-articolo 332, allegata al regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495);

   ad avviare un percorso di seria riforma della disciplina vigente in materia di organizzazione, funzionamento, personale e compiti della direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui alla legge 1° dicembre 1986, n. 870.
(7-00520) «Maccanti, Donina, Capitanio, Cecchetti, Giacometti, Rixi, Tombolato, Zordan, Belotti, Comencini, Covolo, Furgiuele».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIASTRA, VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO e TONELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni le ville padronali suburbane con i relativi parchi-campagna, gli edifici religiosi e soprattutto le numerose corti coloniche che costellano tutto il territorio della Valle dell'Idice rappresentano una delle principali componenti dell'insediamento storico dell'Emilia-Romagna per il loro valore strettamente legato all'integrazione storico-ambientale e paesaggistica di quella regione;

   sulla base delle esperienze diffuse nella regione Emilia-Romagna, le corti coloniche rappresentano oggi una delle più innovative forme di turismo sostenibile e un'importante occasione di sviluppo e valorizzazione territoriale per l'intera Valle dell'Idice;

   nella giornata del 17 novembre 2019 il maltempo ha flagellato l'Emilia-Romagna provocando ingenti danni su tutto il territorio regionale: in particolare, il cedimento dall'argine dell'Idice a Massa Finalese e a Budrio ha creato una falla di oltre 40 metri, dalla quale quasi un milione di metri cubi d'acqua ha trovato sfogo inondando casolari, stalle e campi;

   l'immediato intervento dei soccorritori ha consentito l'evacuazione di 209 persone e 100 casolari nella zona della piena, ma molte delle corti coloniche ivi situate risultano completamente devastate –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda urgentemente adottare a supporto di queste importanti strutture, soprattutto con riferimento alle corti coloniche della Valle dell'Idice fortemente danneggiate dalle incessanti piogge di cui in premessa.
(4-06385)


   FURGIUELE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è ancora irrisolta la delicata vicenda del Tfr/Tfs dovuto agli ex dipendenti del vecchio Ente pubblico Croce rossa italiana transitati in mobilità presso altra amministrazione;

   la Croce rossa italiana, si ricorda, ex ente pubblico ai sensi del regio decreto 7 febbraio 1884, n. 1243, è, dal 2016, Associazione della Croce rossa italiana, ente di diritto privato ai sensi del decreto legislativo n. 178 del 2012, ed il processo di privatizzazione ha visto il trasferimento di circa 3 mila dipendenti presso altre amministrazioni dello Stato, per effetto della mobilità;

   nella procedura della riforma per la privatizzazione della Croce rossa italiana è stato costituito, ai sensi di legge, l'ex Ente strumentale alla Croce rossa, quale organismo che curasse la liquidazione dei crediti e dei debiti del vecchio Ente pubblico Croce rossa italiana, tra cui, anche, la liquidazione degli ex dipendenti;

   tale liquidazione, tuttavia, non è stata ancora erogata, nonostante i numerosi dipendenti già andati in quiescenza, per mancato accantonamento delle somme di Tfr maturate dal personale per il servizio svolto in EsaCRi e per via del contenzioso tra Avvocatura dello Stato e Inps;

   l'Inps, quando ha ricevuto la richiesta di pagamento, sembra abbia precisato che avrebbe corrisposto soltanto la parte di liquidazione di competenza per la propria gestione, vale a dire quella relativa al periodo di lavoro iniziato a partire dal 2018, mentre per l'erogazione della parte dovuta tra il 2016 ed il 2017 attende di ricevere le somme da EsaCri;

   l'Avvocatura generale dello Stato, dal canto suo, con parere prot. 420365 del 3 agosto 2018, ha ritenuto che si tratti di credito privilegiato ai sensi degli articoli 2753 e 2776 c.c., il che significa per l'Inps procedere al riconoscimento dei crediti dovuti ai lavoratori per poi accogliere il piano di rientro dell'Ente;

   tuttavia, l'Inps ha presentato opposizione, così allungando i tempi per il soddisfacimento del credito –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare al fine di garantire ai circa 3 mila lavoratori di cui in premessa riconoscimento del diritto e l'erogazione di quanto dovuto.
(4-06390)


   BELLUCCI, OSNATO, BUTTI, PRISCO, LUCASELLI, FERRO e MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta rabbia e dolore la notizia della morte dei due giovanissimi ragazzi, trovati nelle loro rispettive abitazioni, dopo aver comprato «15 euro di metadone» da un pusher di 41 anni;

   sono dure le parole del procuratore di Terni, Alberto Liguori, che ha rimarcato la «responsabilità collettiva» dei decessi di Gianluca e Flavio, per non aver posto la giusta attenzione sul «fenomeno dello spaccio di metadone da parte dei tossicodipendenti che lo prendono al SerD»;

   lo spacciatore fermato, infatti, come confermato dal suo avvocato, era in cura presso il servizio per le dipendenze;

   fanno altresì particolarmente riflettere le parole del procuratore che si dice «stupito dall'atteggiamento avuto dagli amici dei due adolescenti», nonché sconvolto dalla «naturalezza con la quale parlano di droga (...). Non si rendevano conto dell'importanza delle loro dichiarazioni (...), dando per scontato che quella sostanza provoca sollievo e non è così nociva»;

   un monito su cui dovrebbero riflettere in primis le istituzioni nazionali, visto quanto drammaticamente poco è stato fatto, e si sta facendo, in materia di lotta alla droga e, in particolare, di prevenzione primaria e secondaria rivolta alle giovani generazioni;

   spiace dover sottolineare, dopo fatti drammatici come questi, che in Italia, nonostante si muoia ancora troppo spesso per droga, non se ne parli affatto: muoiono 6 persone ogni sette giorni; l'Italia è al terzo posto in Europa per uso di cannabis, al quarto posto per utilizzo di cocaina; girano nelle piazze reali e sul web oltre 300 tipi di sostanze sintetiche diverse;

   rispetto a questa emergenza sociale, da oltre 10 anni, i Governi che si sono succeduti non hanno fatto nulla, relegando il tema delle droghe ad un dibattito sulla liberalizzazione e commercializzazione della cannabis e negando colpevolmente, a causa dell'azzeramento del fondo nazionale lotta alla droga, qualsiasi tipo di aiuto, strutturale e adeguato alla gravità del problema, ad iniziative di prevenzione, cura, reinserimento socio-lavorativo e contrasto in materia di dipendenze patologiche; anche nella strategia per il rilancio dell'Italia 2020-2022, cosiddetto «Piano Colao», nonostante non siano stati adeguatamente attenzionati gli aspetti sociali e d'integrazione socio-sanitaria in materia di dipendenze patologiche e di disturbi psicopatologici, presentando quindi gravi lacune in termini di piano di rilancio, si propone di incrementare l'investimento nei settori della salute mentale e delle dipendenze patologiche di almeno il 35 per cento rispetto alla spesa attuale;

   al contrario, da un decennio i diversi Governi non offrono alcuna attenzione alla problematica delle dipendenze patologiche: non è stata assegnata la delega politica in materia di lotta alla droga; non si realizza dal 2009 la Conferenza nazionale di lotta alla droga che per legge dovrebbe tenersi ogni tre anni; non si convoca la consulta degli esperti e degli operatori sociali; non si finanzia il fondo nazionale per le dipendenze e non si revisiona il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sulla base dei nuovi modelli di consumo di droghe e delle dipendenze –:

   quali immediate iniziative di competenza intenda adottare il Governo per riconoscere la necessaria centralità al tema della lotta alle droghe, con particolare riguardo alla prevenzione, garantendo la riorganizzazione del sistema dei servizi e stanziando adeguati fondi per servizi pubblici e il privato sociale, anche sul piano delle risorse umane, in particolare:

    a) rifinanziando il fondo nazionale di lotta alla droga;

    b) assegnando la delega in materia di politiche antidroga;

    c) garantendo un adeguato supporto alle comunità, al servizio pubblico e alle associazioni impegnate nell'attività di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento socio-lavorativo delle persone con problemi di dipendenza patologica;

   se e come si intenda dare attuazione al «piano Colao» in materia di potenziamento dei servizi territoriali socio-sanitari, con particolare riguardo agli aspetti sociali e d'integrazione socio-sanitaria in materia di dipendenze patologiche e di disturbi psicopatologici.
(4-06395)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'attivista iraniana per i diritti umani Narges Mohammadi, detenuta in carcere in Iran, è risultata positiva al test COVID-19, ed è attualmente in quarantena con altri 11 prigionieri che sono risultati anche essi positivi;

   Narges Mohammadi è vicedirettore del Defenders of Human Rights Center (DHRC). È stata eletta presidente del comitato esecutivo del Consiglio nazionale della pace in Iran, un'ampia coalizione contro la guerra e per la promozione dei diritti umani. Ha fatto una campagna per l'abolizione della pena di morte in Iran, e le è stato assegnato il premio Per Anger dal Governo svedese per il suo lavoro sui diritti umani nel 2011;

   il 18 maggio 2016, la Corte rivoluzionaria dell'Iran ha condannato Mohammadi a 16 anni di reclusione per diversi motivi, tra cui «l'appartenenza al gruppo – ora vietato – “Step by Step per fermare la pena di morte”, e per “collusione contro la sicurezza nazionale” e “propaganda contro lo stato”»;

   in una lettera della prigione pubblicata online il 13 luglio 2020, Mohammadi ha affermato che lei e 11 dei suoi compagni di cella nella prigione di Zanjan, circa 330 chilometri a ovest della capitale, Teheran, sono sospettati di essere stati infettati dal coronavirus, poi scopertisi contagiati. Ha scritto inoltre, che a lei e alle altre contagiate, viene negato l'accesso ai farmaci, alle cure e ad una alimentazione adeguata. I suoi parenti hanno anche denunciato che da mesi le è impedito di parlare al telefono con i suoi figli, che vivono in Francia;

   «sfortunatamente, la magistratura vuole impartirle una lezione e costringerla a non prendere posizione. A non essere se stessa. A Narges Mohammadi viene negato ogni diritto fondamentale perché prende una posizione», ha detto suo marito Taghi Rahmani al Center for Human Rights in Iran la scorsa settimana;

   l'Iran ha lottato per contenere la micidiale pandemia di Coronavirus che ha ucciso oltre 13.000 iraniani e infettato circa 260.000, secondo i dati ufficiali, ma si ritiene che i numeri reali siano significativamente più alti. A marzo 2020, la magistratura ha annunciato di aver ordinato il rilascio temporaneo di decine di migliaia di prigionieri per impedire la diffusione del Coronavirus nelle carceri affollate;

   Mohammadi ha invitato il Ministero della sanità dell'Iran a mandare un rappresentante nella prigione di Zanjan per indagare sulla situazione della prigione anche alla luce di contagi di Covid –:

   quali iniziative, in sede bilaterale con l'Iran e in sede europea e internazionale, intenda intraprendere il Governo per promuovere il rispetto dei diritti umani e di adeguate condizioni di detenzione nelle carceri iraniane e chiedere anche il rilascio della stessa attivista Mohammadi.
(5-04390)


   SPORTIELLO, SARLI e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il sito d'informazione Huff Post, il 16 luglio 2020, riporta la tragica notizia della morte di Carmine Mario Paciolla;

   Carmine Mario Paciolla, laureato in scienze politiche, nato nel 1987, si trovava a San Vicente del Caguàn, nel dipartimento meridionale colombiano di Caquetà, perché impegnato in un progetto dell'Onu di vigilanza sull'accordo di pace fra guerriglieri rivoluzionari delle Farc e Governo colombiano. Il suo corpo è stato ritrovato nella sua abitazione mercoledì 15 luglio 2020;

   nonostante le prime dichiarazioni rilasciate dal colonnello Oscar Lamprea, comandante della forza di polizia dipartimentale, all'Ansa, non escludano l'ipotesi del suicidio, le circostanze della morte di Carmine Mario Paciolla e le condizioni in cui il corpo è stato ritrovato nella sua abitazione, impongono di appurare cosa sia realmente accaduto al giovane cooperante: il corpo del ragazzo riportava segni di lacerazione ai polsi, ferite da taglio;

   la procura del posto ha avviato un'indagine per appurare le cause del decesso;

   il giornale la Repubblica on line del 16 luglio 2020 contiene alcune dichiarazioni rilasciate da Anna Motta e Giuseppe Paciolla, genitori del ragazzo, che riportano l'inquietudine e la preoccupazione che il figlio viveva nell'ultimo periodo, l'apprensione per alcuni comportamenti sospetti di persone a lui note, le discussioni che aveva avuto qualche giorno prima con i suoi superiori;

   la tragica scomparsa di Carmine Mario Paciolla impone di chiedere verità e giustizia e di fare luce su una vicenda che presenta troppe zone d'ombra –:

   se non intenda adottare tempestivamente tutte le iniziative di competenza, sin dalle prime fasi delle indagini, affinché sia fatta piena luce sul decesso di Carmine Mario Paciolla, tenendo conto delle circostanze assolutamente poco chiare in cui il corpo è stato ritrovato e delle dichiarazioni rilasciate dai genitori.
(5-04393)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'infezione da COVID-19 ha afflitto tutti i Paesi del mondo ed in particolare, dopo aver aggredito l'Italia e l'Europa in questo periodo la crisi pandemica sta toccando il picco più alto nelle Americhe, dove risiedono numerosi italiani;

   molti di questi connazionali residenti all'estero, fanno ritorno in estate in Italia per le vacanze e per visitare i propri congiunti;

   tale possibilità, oggi, per molti, è preclusa dalle misure di contenimento sanitarie adottate dall'Italia per contrastare il COVID-19. Pertanto, molti dei nostri connazionali sono in apprensione non sapendo quando sarà possibile l'ingresso in Italia e chiedono che venga salvaguardato il loro diritto a rientrare in patria, anche acconsentendo a sottoporsi a test medici a proprie spese;

   secondo recenti dati statistici, l'Italia è la meta preferita del 24 per cento dei turisti extraeuropei e per quanto riguarda il turismo di ritorno, dai 5,8 milioni di visitatori del 1997 si è passati agli oltre dieci milioni del 2018 (un aumento del 72 per cento delle presenze e del 120 per cento della spesa) per un fatturato che nel 2018 è valso oltre 4 miliardi di euro (+7,5 per cento rispetto all'anno precedente);

   in un momento di crisi della economia italiana è importante non mortificare il turismo di ritorno alimentato dagli italiani all'estero, con il relativo prezioso indotto economico;

   sarebbe pertanto strategico attivare adeguate misure per consentire il ritorno in patria dei tanti italiani all'estero che intendano passare le vacanze nei luoghi di origine –:

   se i Ministri interrogati non intendano, nell'ambito delle proprie competenze, favorire adeguate procedure che consentano agli italiani all'estero di trascorrere le vacanze nei luoghi di origine, previa effettuazione dei test medici richiesti a proprie spese, sia alla partenza dal Paese estero sia all'arrivo all'aeroporto, evitando il blocco all'ingresso in Italia e rispettando le regole precauzionali prescritte.
(4-06397)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso mercoledì 15 luglio 2020, è stato ritrovato nella sua casa, a Villa Ferro, località San Vicente del Caguan, nel dipartimento meridionale colombiano di Caquetà, il corpo senza vita di Carmine Mario Paciolla, giovane napoletano di 33 anni, collaboratore delle Nazioni Unite in Colombia;

   da quanto si apprende da articoli di stampa la polizia dipartimentale colombiana avrebbe lasciato intendere che si sia trattato di suicidio, ma ha comunque fatto sapere di aver aperto un'inchiesta per chiarire la tragica vicenda;

   i media locali starebbero, invece, riportando una versione dei fatti molto differente rispetto a quella fornita dalla polizia colombiana e citano la presenza di «ferite da taglio sul corpo» che farebbero pensare ad un omicidio;

   Paciolla aveva alle spalle numerose esperienze di cooperazione per alcune onlus che lo avevano impegnato in tutti i continenti;

   l'ultimo viaggio risale al 27 dicembre 2019, quando da Napoli era partito proprio per la Colombia, dove stava portando avanti un progetto proseguito nonostante le estreme restrizioni del Governo colombiano dovute al lockdown messo in atto per contrastare la pandemia da COVID-19. Il giovane napoletano faceva parte di un team di verifica degli accordi di pace Onu in Colombia;

   secondo le ultime informazioni sembrerebbe che Paciolla avesse accompagnato il governatore di Caquetà e il sindaco di San Vicente a dialogare con le comunità rurali del posto e con le quali avviare processi di allontanamento dal mondo della malavita per ripartire con progetti di rilancio agricolo ed economico, favoriti dal Governo e garantiti dall'Onu;

   i genitori di Carmine Mario Paciolla alla stampa hanno spiegato che il figlio al momento della partenza era di umore tranquillo, mentre negli ultimi giorni era sicuramente molto tormentato, secondo i genitori e gli stessi compagni di lavoro, a causa del luogo in cui si trovava e dei contatti che aveva avuto con persone di cui non aveva fornito dettagli;

   secondo la madre Carmine era letteralmente «terrorizzato» per qualcosa che aveva «visto, capito, intuito» nell'ultima settimana. Aveva spiegato alla madre di aver «parlato chiaro» e che «così si era messo in un pasticcio»;

   l'Onu in Colombia ha come missione di favorire un processo di pacificazione rispetto ad una «guerra» mai dichiarata, seppur lacerante, che va avanti da 50 anni e che sembrava doversi spegnere quando a fine 2016 il presidente colombiano Santos e il generale delle Fare Timochenko hanno firmato un accordo di pace;

   il mondo del narcotraffico ha trovato terreno fertile per aumentare le coltivazioni e allargare il business del traffico di droga e le persone, soprattutto quelle delle aree più disagiate, hanno aderito alle modalità criminali, entrando in conflitto con il Governo centrale che non è riuscito a contrastarle;

   gli stessi ex guerriglieri Farc sono un obiettivo delle bande criminali che fino ad ora, in totale, hanno ucciso 199 persone. La regione di Caquetà, dove operava Paciolla, è al quarto posto per numero di omicidi –:

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché il Governo colombiano si assuma l'impegno di compiere ogni sforzo utile a fare chiarezza circa le reali cause del decesso e le circostanze che hanno portato alla morte di Carmine Mario Paciolla, su cosa sia davvero accaduto negli ultimi suoi giorni di vita e, qualora venisse confermata l'ipotesi dell'omicidio, se lo stesso sia riconducibile alle attività che Paciolla svolgeva per conto dell'Onu individuandone i responsabili.
(4-06405)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI, D'IPPOLITO, MELICCHIO, BARBUTO, PARENTELA, TUCCI, MENGA, MISITI, SAPIA, NAPPI e FORCINITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-15214, presentata nella XVII legislatura alla Camera il 16 gennaio 2017, rimasta senza risposta, venivano descritte le problematicità legate all'erogazione di acqua potabile nel comune di Ricadi (frazione di Santa Domenica) e in numerose altre località nella provincia di Vibo Valentia; l'acqua erogata, risulterebbe, dal 2013 a oggi, seppur in maniera discontinua, caratterizzata da una colorazione marrone e da un odore acre, condizioni, queste, che ne impediscono l'utilizzo per il consumo umano; a seguito delle analisi effettuate nella primavera del 2018 dall'Arpacal sulla composizione dell'acqua erogata dai serbatoi nella provincia del vibonese, i comuni di Ricadi, Tropea e Joppolo avevano emanato ordinanze per sancire il divieto di utilizzo dell'acqua per scopi igienico-sanitari e alimentari; a tali ordinanze di divieto, inoltre, per scongiurare ogni ipotetico disagio ai danni dei cittadini, si è accompagnata la chiusura delle fontane pubbliche nei comuni sopracitati, da cui veniva prelevata l'acqua da analizzare; tali ordinanze sono state successivamente revocate. Tuttavia, la riapertura di suddette fontane non è stata sempre conseguenzialmente e puntualmente sancita. In particolare, la fontana pubblica ubicata nella principale piazza Roma a Santa Domenica di Ricadi è tuttora non funzionante; in data 17 settembre 2018 sono stati effettuati nuovi prelievi di acqua destinata al consumo umano presso i serbatoi, di proprietà della So.Ri.Cal, di Santa Domenica, Santa Maria e Masa nel Comune di Ricadi. Le analisi che Arpacal ha effettuato su tali prelievi in data 18 settembre 2019 hanno infine evidenziato una presenza di nitriti superiore a quella consentita da legge; similmente, le analisi effettuate in data 18 settembre 2019 su campioni di acqua prelevati dal serbatoio Vulcano del comune di Tropea, hanno permesso di rilevare una presenza di nitriti superiore a quella consentita; a seguito di tali rilevamenti, il comune di Ricadi, in data 19 settembre 2018, ha nuovamente emanato un'ordinanza, successivamente revocata, di divieto di utilizzo dell'acqua erogata dalla condotta adduttrice Medma di Nicotera, che alimenta i suddetti serbatoi; numerose sono state le iniziative volte alla denuncia di tale insostenibile situazione: nel 2016, è stato presentato un esposto alla procura di Vibo Valentia, indirizzato, oltre che al procuratore della Repubblica, anche al prefetto, al direttore generale e al direttore del dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria provinciale, all'allora Ministro della salute, al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al comando carabinieri per la tutela della salute, al comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato, alla Sorical e alla commissione straordinaria del comune di Ricadi, al fine di sciogliere i molti nodi amministrativi, gestionali, tecnici e di monitoraggio che hanno determinato il verificarsi di una tale situazione di disagio; tale esposto è stato poi successivamente firmato da oltre 1.400 cittadini che sottoscrivevano l'urgenza di una celere e definitiva azione di risanamento dei filtri dell'acqua nella località di Ricadi e della provincia del vibonese; come riportato dal quotidiano online www.ilvibonese.it nell'aprile 2019, la So.Ri.Cal ha avviato la costruzione di una seconda linea di filtrazione dell'acqua presso l'impianto Medma a servizio dei comuni di Nicotera, Joppolo, Ricadi e Tropea, a sostegno di una prima linea di filtrazione ultimata nel 2016; la nuova sezione filtrante è giunta all'impianto Medma in data 10 aprile 2019 e, ad oggi, se ne attende l'attivazione –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, una verifica, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e del comando dei carabinieri per la tutela della salute, circa lo stato e la qualità delle acque destinate al consumo umano, nell'ottica di salvaguardare i diritti dei cittadini.
(4-06384)


   LOVECCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il fiume Ofanto nasce Sull'Altopiano Irpino a 715 metri d'altezza, in provincia di Avellino. Attraversa parte della Campania e della Basilicata, scorrendo poi prevalentemente in Puglia. Sfocia nel mare Adriatico, tra Barletta e Margherita di Savoia passando quindi per tre regioni;

   nella puntata di Striscia la notizia del 26 giugno 2020 è andato in onda un servizio riguardante lo sversamento illecito di rifiuti a Melfi, nel fiume Ofanto. I cittadini della zona hanno più volte segnalato la questione alle autorità. Per di più sembrerebbe che in estate, parte di questi rifiuti vengano bruciati e conseguentemente finiscono nell'acqua del fiume dove a pochi metri si trovano degli sbarramenti dove si attinge acqua per irrigare i campi;

   Giuseppe Capano, presidente del comitato «Valle del Carapelle», ha denunciato una situazione critica che perdura ormai da anni a causa dell'inerzia delle Istituzioni. Secondo Capano, infatti, regione e provincia si scaricano vicendevolmente competenze e responsabilità facendo sì che la zona sia piena di rifiuti di ogni genere come, per esempio, anche amianto, materiale altamente cancerogeno;

   il rischio di inquinamento di campi agricoli potrebbe compromettere la salute dei cittadini. Da non sottovalutare però anche l'impatto ambientale di questi illeciti, che ormai in gran parte del territorio sono all'ordine del giorno;

   l'attivazione dei controlli da parte dei carabinieri del Noe in altre parti del territorio che si trovano nella stessa situazione sta sicuramente avendo un impatto positivo. È necessario però rispondere immediatamente alle segnalazioni dei cittadini in modo tale da evitare ripercussioni importanti sia per la salute che per l'ambiente;

   imprescindibile è una collaborazione di tutti i livelli delle istituzioni. Una leale cooperazione tra le diverse amministrazioni potrebbe limitare tali episodi arrivando addirittura a eliminarli completamente;

   la tutela dei valori ambientali e naturali deve necessariamente essere mirata alla conservazione e aumento delle biodiversità. È altrettanto importante valorizzare attività sostenibili al fine di salvaguardare il territorio –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente intenda assumere al fine di verificare le segnalazioni ricevute dagli abitanti della zona affinché possa essere salvaguardata la salute dei cittadini e tutelato l'ambiente limitando così azioni.
(4-06389)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare — Per sapere – premesso che:

   la ex-Materit, azienda di Ferrandina (MT), produceva manufatti in cemento-amianto: tubazioni, lastre, colmi, manicotti, sia per uso edilizio che per uso agricolo;

   nel 1989 venne posta sotto sequestro a causa della mancanza di una discarica autorizzata per lo smaltimento dei rifiuti e successivamente ha cessato ogni attività;

   ancora oggi, all'interno dello stabilimento ex Materit si trovano abbandonati e incustoditi centinaia di sacchi contenenti amianto e altri rifiuti pericolosi conservati in pessimo stato, rappresentando un serio rischio per la salute pubblica e l'ambiente, a causa della contemporanea presenza di polveri di asbesto, silicio, fanghi e liquami. Il sito ex-Materit rimane, ormai da vent'anni, uno dei più inquinati e pericolosi della Basilicata;

   la maggioranza degli ex lavoratori della Materit è andata incontro ad un progressivo peggioramento delle proprie condizioni di salute per patologie respiratorie certamente riconducibili all'inalazione delle fibre di amianto;

   nel 2014 venne indetto l'appalto di progettazione e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito;

   nel lungo procedimento fatto di ricorsi, controricorsi e appelli furono esclusi per motivazioni varie, 2 dei 4 concorrenti alla gara. Rimasero l'a.t.i. Simam-La Carpia e Teorema s.p.a.;

   lo scorso autunno, l'iter per l'aggiudicazione dei lavori era stato bloccato dagli uffici regionali, per la presunta incompatibilità di una delle ditte aggiudicatarie, con una serie di contestazioni formali per presunte irregolarità in materia di oneri di sicurezza aziendale ed iscrizione nell'albo dei gestori ambientali;

   chiariti tali elementi in sede di giustizia amministrativa, si riprese l'iter, con il riaffidamento del bando alle due aziende vincitrici (Simam-La Carpia);

   il Tar di Basilicata il 19 maggio 2020 ha annullato l'assegnazione dell'appalto per la bonifica del sito all'a.t.i. Simam-La Carpia, accogliendo il ricorso della società Teorema, concorrente in relazione al bando;

   a questo punto la regione Basilicata ha comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che «la società Teorema Spa risulta l'unica ditta rimasta in gara alla quale si procederà ad aggiudicare i relativi lavori di messa in sicurezza di cui all'oggetto» e che il progetto di detta società «sostituisce» quello del Rti Simam spa – La Carpia Domenico srl;

   da Repubblica del 9 giugno 2020 si apprende che la Avr holding che si occupa della raccolta di rifiuti a Reggio Calabria e in altre sei regioni italiane e di manutenzione e segnaletica su importanti arterie stradali e autostradali, è finita in amministrazione giudiziaria insieme alle sue controllate e a ditte ad essa collegate per i «rapporti di stabile ed oggettiva agevolazione» con «imprenditori appartenenti o collegati alle cosche della 'ndrangheta»;

   Teorema è una società controllata di Avr s.p.a., che ne detiene il 78 per cento del capitale;

   a parere dell'interrogante quindi, al netto di eventuali profili di illegittimità dell'affidamento, meriterebbe un approfondimento l'opportunità di affidare a Teorema, alla luce delle inchieste in corso, i lavori di bonifica della ex Materit –:

   se il Ministro interrogato disponga di ulteriori elementi circa i fatti esposti in premessa e se sia a conoscenza dei motivi che hanno portato ai gravi ritardi nell'espletamento dell'iter necessario a permettere la bonifica dell'ex Materit;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché possa essere definitivamente risolta la vicenda esposta in premessa e possa essere finalmente bonificata l'area in cui insiste lo stabilimento della ex Materit.
(4-06407)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANNA LISA BARONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il ponte Marino, posto sul canale Fossalta, lungo la strada statale 12, nel territorio comunale di Borgo Mantovano, è utilizzato dall'agosto del 2017, a senso unico alternato per ragioni di sicurezza, a causa del rilevamento di danni nella struttura e dal mese di agosto 2020 sarà del tutto chiuso al traffico pesante;

   per la demolizione e la ricostruzione del ponte, Anas, in data 3 settembre 2019, ha indetto conferenza di servizi decisoria ai sensi degli articoli 14 e 14-bis della legge n. 241 del 1990 con indicazione di conclusione del procedimento di acquisizione delle determinazioni dei soggetti interpellati entro il 1° novembre 2019;

   tra i soggetti interpellati era compresa la Soprintendenza archeologica per le belle arti e il paesaggio delle province di Cremona, Lodi e Mantova che in data 31 ottobre 2019 ha comunicato ad Anas il dissenso all'intervento, in quanto il ponte si configura quale bene culturale assoggettato a tutela per intervenire sul quale si rende necessaria la preliminare verifica dell'interesse culturale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali – direzione generale archeologia belle arti e paesaggio (solo in assenza di interesse culturale sul manufatto si sarebbe, infatti, potuto procedere alla demolizione e ricostruzione del manufatto);

   come da indicazioni della Soprintendenza, Anas deposita istanza di verifica dell'interesse culturale presso la citata direzione generale in data 10 febbraio 2020;

   il 10 aprile 2020, a quanto consta all'interrogante, l'Anas ha sollecitato l'evasione dell'istanza depositata il 10 febbraio 2020, pur non essendo scaduti i 120 giorni previsti per la risposta, considerate le condizioni statiche critiche in cui versa il manufatto;

   la chiusura del ponte al traffico pesante rappresenta un danno di portata rilevante per il tessuto economico della zona nonché per il distretto del settore biomedicale di Mirandola, già fortemente compromessi dall'emergenza sanitaria, in quanto i camion dovranno effettuare una deviazione di circa 30 chilometri per il mancato attraversamento di 30 metri di ponte –:

   data la situazione di crisi economica in cui versa il Paese e la gravità della situazione del territorio del Destra Secchia Mantovano, se e quando il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo intenda provvedere all'espressione del parere, considerato che, inoltre, il termine di 120 giorni previsti dalla normativa vigente in materia è già scaduto da settimane.
(5-04391)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   BIGNAMI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2019 è stato pubblicato il nuovo regolamento per la disciplina delle uniformi (SMD-G010) con il quale lo Stato maggiore della difesa ha regolamentato in maniera molto più restrittiva l'utilizzo delle uniformi per i militari in congedo e per le associazioni d'Arma;

   in particolare, al capitolo VII si prevede che ai militari delle categorie in congedo è sempre precluso l'uso dell'uniforme al fine di evitare ogni possibile confusione con i militari in servizio, ad eccezione di particolari casi legati all'espletamento di funzioni/incarichi di interesse della Difesa, espressamente richiamati da specifiche disposizioni. Si prevede, inoltre, che ai militari in congedo non in temporanea attività di servizio delle forze di polizia è sempre precluso l'uso dell'uniforme e che ai militari in congedo iscritti alle associazioni d'Arma formalmente riconosciute dal Ministero della difesa, che partecipano a cerimonie o a eventi ovvero che prendono parte ad attività connesse con gli scopi/finalità dell'associazione, sono autorizzati a indossare solo gli elementi uniformologici e gli accessori eventualmente stabiliti da ciascuna Forza armata. È altresì previsto che i membri delle associazioni non riconosciute dal Ministero della difesa non possono indossare uniformi e/o elementi uniformologici in uso o che abbiano sensibili somiglianze con quelli delle Forze armate e che le eventuali uniformi sociali adottate dalle associazioni devono essere chiaramente distinguibili rispetto a quelle utilizzate dal personale in servizio delle Forze armate;

   rispetto a tale decisione è stata sollevata più di una perplessità non solo per l'eccessiva restrizione imposta ai militari in congedo per i quali l'uniforme rappresenta indubbiamente un importantissimo simbolo di appartenenza alla Patria, ma anche perché tale disposizione parrebbe contrastare con l'articolo 880 del codice dell'ordinamento militare che sancisce che «il militare in congedo assoluto conserva il grado e l'onore dell'uniforme, che può essere indossata in base alle disposizioni di ciascuna Forza armata o del Corpo della Guardia di finanza, ed è soggetto alle disposizioni di legge riflettenti il grado e la disciplina»;

   anche l'Unuci (Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia) ha espresso riserve poiché «strappare l'uniforme al militare in congedo significa impedirgli di partecipare alle festività militari in cui si rendono gli onori alla Repubblica ed alle Forze Armate, in genere molto sentite dal personale militare, seppur in stato di congedo», oltre alle tante attività addestrative in cui regolarmente i militari in congedo mantengono l'elevato profilo delle loro competenze, fisiche, tecnico-tattiche ed operative;

   l'Unuci conta oggi 23 mila iscritti e concorre alla formazione morale e all'aggiornamento professionale del personale in congedo –:

   se il Ministro interrogato intenda intraprendere le iniziative di competenza in merito a quanto esposto in premessa e, in particolare, promuovere una revisione del citato regolamento in senso meno restrittivo relativamente all'utilizzo dell'uniforme per il personale in congedo.
(3-01680)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BAGNASCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia Industrie Difesa, ente istituito come strumento di razionalizzazione e ammodernamento delle unità industriali del Ministero della difesa, possiede numerose unità produttive, tra le quali lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, unico ente autorizzato alla coltivazione della cannabis a fini terapeutici sul territorio nazionale;

   il 13 giugno 2019, l'Agenzia Industrie Difesa ha indetto una gara a procedura aperta accelerata per l'aggiudicazione della fornitura presunta di 400 chilogrammi di cannabis per corrispondere alle esigenze dello Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze e soddisfare la domanda crescente a cui i pazienti sottopongono il sistema sanitario nazionale. Il bando prevedeva tre distinti lotti di prodotto, differenti nella concentrazione di principi attivi, per un importo presunto di 1.520.000 euro e l'utilizzo del criterio del prezzo più basso ai fini dell'aggiudicazione di ogni singolo lotto;

   il 15 luglio 2019 i tre lotti di prodotto sono stati aggiudicati a un unico vincitore, l'azienda Aurora Deutschland, con uno sconto percentuale del 55,5 per cento sul primo lotto (1,78 euro/g), 57,1 per cento (1,29 euro/g) sul secondo e 41,1 per cento (1,77 euro/g) sul terzo, per un totale di 692.000 euro. I prezzi di aggiudicazione risultano essere molto al di sotto della media di mercato e difficilmente sostenibili sotto il profilo dei costi produttivi, ed è forte la preoccupazione che questo approccio possa aver avuto un impatto sulla qualità dei prodotti fitocannabinoidi a danno dei pazienti;

   il 5 settembre l'Agenzia industrie e difesa ha emanato un decreto di annullamento della procedura di gara in autotutela relativamente al terzo lotto del bando «cannabis infiorescenza ad alto contenuto di CBD». La motivazione dichiarata dell'annullamento risiede nella «sopravvenuta irrilevanza, nel quadro del fabbisogno nazionale, della tipologia Cannabis infiorescenza ad alto contenuto di CBD» che lo Stabilimento militare chimico farmaceutico ha ritenuto quindi non necessaria;

   in sede di svolgimento dell'interrogazione n. 5-02970, il 31 ottobre 2019, presso la Commissione affari sociali della Camera in cui si affrontava anche il caso dell'annullamento sopramenzionato, il Sottosegretario per la salute delegato ha sostenuto una motivazione differente rispetto a quanto dichiarato nel decreto dell'Agenzia industrie difesa, relativo invece alle caratteristiche del prodotto. In particolare, nella risposta il sottosegretario ha precisato che il lotto rifiutato non risultava conforme alle specifiche tecniche di buona manifattura EU-GMP (Good manufacturing practice), in quanto non risultavano essere stati effettuati i prescritti studi di stabilità del prodotto;

   si prende atto di quanto dichiarato dal Governo, che cita come motivazione per l'annullamento del terzo lotto di fornitura della gara, la non conformità del prodotto alle tecniche di buona manifattura, indispensabili per garantire la giusta qualità ai fruitori del prodotto –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire i più alti standard, qualitativi e l'offerta dei migliori prodotti, superando il massimo ribasso come principale criterio per l'aggiudicazione della fornitura dei prodotti terapeutici.
(5-04388)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la macchina giudiziaria italiana soffre di alcune ataviche e strutturali criticità; oltre alla lentezza dei procedimenti giudiziari e, in alcuni casi, all'inadeguatezza o alla mancanza delle sedi, negli ultimi anni si è assistito ad una crescente mancanza di personale amministrativo e di magistrati, che hanno contribuito ritardare ulteriormente il sistema della giustizia;

   grazie ad alcuni mirati e importanti interventi del Governo negli ultimi mesi, questo problema è stato affrontato in maniera decisa tramite una serie di concorsi per la copertura dei posti vacanti e l'immissione in servizio di un massiccio numero di personale;

   ciononostante, alcuni tribunali evidenziano gravi carenze di personale che rischiano di comprometterne la funzionalità: infatti, anche a seguito di pensionamenti, riduzioni dell'orario di lavoro, distacchi e dimissioni volontarie, lo sforzo compiuto per immettere e formare nuovo personale, è stato parzialmente vanificato;

   tra questi casi sicuramente vi è quello del tribunale di Bologna, nel quale, secondo i dati aggiornati al 14 luglio 2020, si registrano scoperture per alcune qualifiche funzionali, vicine al 50 per cento;

   ad esempio, con riguardo alla qualifica di direttore, area III, fascia economica F4-F6, sulle 19 unità in pianta organica, risultano vacanti 9 posti e degli altri 10 in servizio, 2 sarebbero in attesa di assegnazione provvisoria ad altri tribunali e 1 in maternità;

   con riguardo alla qualifica di funzionari, area III, fascia economica F1-F4, dei 64 posti in organico solo 41 sarebbero effettivamente in servizio, e tra questi vi sarebbero 11 part-time;

   anche tra i cancellieri, area II, fascia economica F3-F6, sui 38 posti previsti in pianta organica, si registrano solo 23 posti in servizio, di cui 2 part-time;

   in totale, tenuto conto dell'intera pianta organica del tribunale di Bologna, che complessivamente ammonta a 254 posti, ne risulterebbero vacanti 67, corrispondenti ad una percentuale di scopertura di oltre il 27 per cento, mentre tra il personale in servizio, ben 26 sarebbero in regime di part-time;

   la situazione potrebbe diventare ancor più grave con i prossimi pensionamenti, nonché per effetto di mobilità, trasferimenti e distacchi presso altre amministrazioni;

   è attualmente in corso il concorso per 2.329 funzionari giudiziari e recentemente si è proceduto allo scorrimento della graduatoria degli assistenti giudiziari; inoltre, sono stati previsti ulteriori bandi per l'assunzione di personale nel decreto-legge cosiddetto Rilancio, quali quello per funzionari e cancellieri esperti;

   tuttavia, nelle more dell'espletamento dei vari concorsi e in mancanza di una tempistica certa e, soprattutto, celere, i tribunali rischiano di non riuscire a ridurre la grave percentuale di posti vacanti rispetto ai posti in organico;

   le nuove assunzioni garantirebbero un importante ricambio generazionale all'interno della macchina della giustizia, dove, come è noto, l'età media è particolarmente avanzata –:

   se intenda adottare iniziative, nelle more dell'espletamento dei vari concorsi per l'assunzione di personale, al fine di provvedere alla copertura delle vacanze di posti in organico più gravi, come quelle descritte per l'ufficio giudiziario in parola;

   se intenda fornire informazioni circa i tempi di massima inerenti alla conclusione delle procedure concorsuali in corso e all'attivazione di quelle previste dalla normativa vigente ed i concreti tempi di assunzione, anche in relazione alle specifiche qualifiche professionali.
(4-06393)


   CUNIAL. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 9 febbraio 2020 il procuratore della Repubblica di Catanzaro dottor Nicola Gratteri, ospite di In mezz'ora, la trasmissione curata e condotta da Lucia Annunziata, afferma che: «In magistratura c'è un problema di corruzione (...). Possiamo parlare del 6-7 per cento, non di più... Grave, terribile, inimmaginabile, impensabile, anche perché guadagniamo bene. Io guadagno 7.200 euro al mese, si vive bene, quindi non c'è giustificazione, non è uno stato di necessità, non è il tizio che va a rubare al supermercato per fame. Si tratta di ingordigia (...)»;

   il procuratore Gratteri da anni è impegnato in una dura azione di contrasto contro una delle più feroci mafie esistenti, la calabrese 'ndrangheta; ha ricevuto, di recente, minacce, pervenute ai carabinieri di Lagonegro, che lo vedrebbero in pericolo di vita. In una missiva si afferma, infatti, che la pericolosa cosca dei Mancuso avrebbe incaricato un uomo di fiducia, residente a Belvedere Marittimo, di eseguire la condanna a morte del magistrato reggino;

   il procuratore aveva altresì denunciato come: «I capimafia si comportano come gli imprenditori e le mafie, proprio come l'impresa, hanno bisogno di pubblicità»; oltre a trasmettere timore, i «nuovi» boss hanno quindi bisogno di creare consenso sociale rifacendosi l'immagine, producendo lavoro ed occupazione, aiutando chi ha bisogno: «Comprano pezzi di televisioni e di giornale – aveva aggiunto Gratteri – per manipolare il pensiero della gente»;

   già durante il lockdown, aveva lanciato l'allarme non solo sul pericolo che i clan mettessero le mani sui sussidi di diversa natura messi a disposizione da governo e regioni o guadagnassero consensi con una sorta di welfare criminale, ma anche sul rischio che illeciti e false dichiarazioni inceppassero il meccanismo, finendo per escludere dai sussidi chi davvero li necessitava;

   il membro del Csm Piercamillo Davigo durante l'incontro dal titolo «la legalità dell'azione amministrativa e contrasto alla corruzione» organizzato a Catanzaro dal dipartimento di giurisprudenza, economia e sociologia dell'università «Magna Grecia» ha detto «Contrariamente a quel che sembra pensare il legislatore, la corruzione non è quasi mai un fatto singolo. È un reato seriale» –:

   se siano state adottate iniziative per tutelare il procuratore Gratteri garantendo la sua incolumità, e se si intendano altresì adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione alle questioni sollevate dal procuratore.
(4-06404)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO e SUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Friuli-Venezia Giulia, regione di confine e snodo commerciale internazionale soffre di un enorme paradosso: pochi treni ad alta velocità e difficili collegamenti aerei rischiano di compromettere seriamente il comparto economico, turistico e sociale, in lenta ripresa nella fase Post-COVID;

   la compagnia di bandiera italiana ritiene che le tariffe richieste dalla società aeroportuale siano state anche il triplo maggiori rispetto ai concorrenti privati, poiché, in alcuni casi, ad alcuni vettori viene applicato uno sconto molto superiore rispetto a quanto versato da Alitalia, comportando dunque evidenti ripercussioni anche sui prezzi dei biglietti aerei;

   Alitalia durante la prima fase pandemica che ha interessato il nostro Paese ha cancellato gran parte dei voli con partenza da Ronchi dei Legionari e diretti a Roma-Fiumicino già dalla prima settimana di marzo 2020, voli peraltro ritenuti anti-economici dalla stessa compagnia, non riuscendo quindi a garantire continuità e copertura minima del territorio;

   la pandemia da COVID-19 ha comportato un brusco calo di presenze in aeroporto: a febbraio si è registrato un -4,8 per cento, a marzo un -85 per cento, ad aprile e maggio i passeggeri sono stati completamente assenti;

   i decolli previsti a giugno e luglio 2020 hanno interessato solo compagnie aeree charter Volotea e Ryanair con mete prevalentemente estive e turistiche come, per fare un esempio, Bari, Lamezia o Catania e la proposta avanzata dai vertici dello scalo di rivedere il piano tariffario non è stata accolta in seno alla regione e parrebbe ormai certa la notizia per cui agosto non sarà interessato da voli di Alitalia sul territorio;

   un isolamento spregiudicato compromette fattivamente il comparto turistico, che, lo si ricorda, ha già subito nella regione non poche problematiche legate alla riapertura delle frontiere, ai sospetti infondati verso il nostro Paese legati prevalentemente ad una scarsa sicurezza sotto il profilo pandemico e ad altre questioni di varia natura;

   la regione viene di fatto penalizzata da questo processo –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non reputi svantaggioso il trattamento riservato alla compagnia aerea di bandiera e di parte il trattamento riservato alle compagnie aeree low-cost e quali iniziative di competenza abbia intenzione di assumere, in raccordo con gli organi competenti della regione, per un ripristino celere della tratta di Ronchi dei Legionari-Roma Fiumicino e Ronchi dei Legionari-Milano, collegamenti, si ricorda, volti a garantire connessioni strategiche per professionisti, lavoratori e turisti che hanno quotidiana necessità di raggiungere i due grandi hub italiani.
(4-06386)


   TOMBOLATO, ZOFFILI, DE MARTINI e ZIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 29 ottobre al 1° novembre 2020 la Sardegna ospiterà la prova italiana del Campionato mondiale di rally;

   il Rally Italia Sardegna, organizzato dall'Automobile Club d'Italia in partnership con la regione Sardegna, è evidentemente un evento che porterà ad un aumento del numero di persone che cercheranno di raggiungere l'isola, da tutto il mondo, con conseguente indotto per l'economia sarda e italiana in generale, per la quale costituisce una grande opportunità di rilancio;

   il numero di collegamenti aerei ad oggi attivi da e per gli aeroporti sardi appare esiguo, ed in misura insufficiente a soddisfare le esigenze di trasporto correlate alla manifestazione sportiva citata –:

   se e quali iniziative di competenza intenda attivare affinché sia aumentato il numero di collegamenti aerei da e per gli aeroporti della Sardegna, in vista della prova italiana del campionato mondiale di rally che quivi si terrà.
(4-06392)


   POTENTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in periodo di emergenza COVID-19 sono state sospese tutte le attività medico-legali afferenti al settore della circolazione stradale, tra le quali anche le sedute delle commissioni mediche provinciali per la conferma di validità delle patenti. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il decreto n. 108 dell'11 marzo 2020, ha prorogato sino al 30 giugno, senza oneri per l'utente, il permesso provvisorio di guida rilasciato ai sensi dell'articolo 59 della legge n. 120 del 2010 nel caso in cui la commissione medica locale nel giorno fissato per l'accertamento sanitario ai sensi dell'articolo 119 del Cds non abbia potuto riunirsi;

   si è posto il problema di estendere tale proroga ai titolari di patente in attesa della visita medica ai sensi degli articoli 186, comma 8, e 187, comma 6, del Cds per gli screening utili alla revisione sull'idoneità psicofisica alla guida in una data compresa nel periodo di sospensione delle attività delle commissioni e per i lunghi rinvii dei nuovo appuntamenti di visita che si stanno verificando;

   la risposta parrebbe negativa stante il tenore dell'articolo 59 della legge n. 120 del 2020 ed il contenuto della circolare 9 aprile 2020 prot. 2788 della direzione centrale per la polizia stradale ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di Stato rivolta alle prefetture Utg, ed in cui si menziona l'espresso divieto di equiparazione delle due categorie di soggetti (titolari di permesso provvisorio di guida in scadenza e soggetti che devono procedere a verifica medica di revisione idoneità psico-fisica), ricavandolo da un parere del dipartimento per gli affari interni e territoriali del dicastero e di cui in All. 1 alla medesima;

   tuttavia, si pone a questo punto il problema del tempo di sospensione complessivamente patito e che occorre scomputare quale «pre-sofferenza» sulla durata delle misure accessorie di cui alla sentenza penale o al decreto di accertamento del reato o di condanna. Alcune prefetture-Utg ed anche l'interrogante sottopongono al Ministero la necessità di qualificare «pre-sofferenza» anche tutto il tempo di privazione della condizione abilitativa alla guida successivo alla scadenza del termine sospensivo cautelare adottato dal prefetto, in favore dei soggetti privati del titolo abilitativo ed in attesa, sine die, di eseguire gli screening medico-legali. È così orientato il dipartimento per gli affari interni e territoriali, ai sensi del parere 2 aprile 2020 prot. 300/A/2604/20/109/24 in All. 1 alla circolare del 9 aprile 2020 Prot. 2788, che lo indica quale «sospensione a tempo indeterminato» –:

   quale sia la posizione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rispetto alla condizione sospensiva del titolo abilitativo alla guida dei soggetti che sono in attesa di sottoporsi a visita medica ai sensi degli articoli 186, comma 8, e 187, comma 6, del codice della strada;

   se e quali iniziative intenda assumere per garantire che, ai fini della comminatoria delle pene previste dagli articoli in questione, unitamente alla sanzione amministrativa accessoria, possa essere certa al giudice penale la natura di «pre-sofferenza » del tempo di sospensione complessivamente patito.
(4-06406)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAVIDE AIELLO, LICATINI, PERCONTI, SARTI, PENNA, PIERA AIELLO, ALAIMO, SODANO, MIGLIORINO, CASO e CHIAZZESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 5 dicembre 2019 venivano arrestati dall'Arma dei carabinieri il sindaco del comune di Casteldaccia (PA) Giovanni Di Giacinto, il vice sindaco Giuseppe Montesanto, l'assessore Marilena Tomasello; una dirigente del comune e altri soggetti, a seguito di un'indagine condotta dalla procura di Termini Imerese. I reati contestati sono: corruzione, abuso d'ufficio, falso materiale e ideologico;

   a seguito di tale arresto la prefettura di Palermo in data 6 dicembre 2019 emetteva nei confronti del sindaco di Casteldaccia provvedimento di sospensione dalla carica di sindaco;

   in data 12 marzo 2020 l'assessorato delle autonomie locali e delle funzioni pubbliche – dipartimento delle autonomie locali – regione siciliana, con decreto assessoriale n. 60, prendeva atto che, a seguito dei provvedimenti prefettizi n. 1799790, n. 1799791, n. 1799792 del 6 dicembre 2019, nonché delle successive dimissioni da parte dei componenti della giunta rimasti in carica, il comune di Casteldaccia (PA) risultava sprovvisto delle figure del sindaco, del vice sindaco e della giunta comunale; nominava in conseguenza, ai sensi dell'articolo 55-bis dell'O.R.EE.LL., introdotto con l'articolo 4 della legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, il dottor Antonio Garofalo, funzionario del dipartimento autonomie locali, commissario straordinario del comune di Casteldaccia, per il periodo di sospensione del sindaco;

   dopo tale nomina il sindaco ottiene la revoca degli arresti domiciliari, nonostante permanessero nei suoi confronti gravi indizi di colpevolezza;

   la revoca della misura cautelare tiene conto del fatto che la nomina del commissario straordinario, dottor Antonio Garofalo, esclude qualsivoglia ipotetica ingerenza nella cosa pubblica da parte dell'indagato;

   in data 25 marzo 2020 la prefettura di Palermo dichiara cessati gli effetti del decreto di sospensione dalla carica di sindaco di Casteldaccia emesso in data 6 dicembre 2019;

   per effetto di tale revoca, il signor Giovanni Di Giacinto si insedia nuovamente nella carica di sindaco di Casteldaccia così come da verbale del segretario comunale;

   il comune di Casteldaccia ricade in un territorio ad alta infiltrazione mafiosa e in passato diversi boss palermitani appartenenti all'associazione mafiosa denominata «Cosa Nostra» hanno dimorato in tale territorio;

   Bernardo Provenzano, uno dei principali capi dell'associazione mafiosa denominata «Cosa Nostra», trascorse alcuni anni della propria latitanza nel territorio di Casteldaccia potendo contare su una solida rete di favoreggiamento;

   il territorio è stato oggetto, negli ultimi vent'anni, di una vasta attività di speculazione edilizia e nonostante questa espansione, che avrebbe dovuto portare ricchezza alle casse comunali l'ente locale, si trova in una fase di dissesto economico e finanziario non ancora risanata;

   è indispensabile intervenire per ripristinare la legalità in un territorio dove prevale l'illegalità, l'abusivismo, il ricatto, la prevaricazione, il voto di scambio, il clientelismo, l'omertà –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se e quali iniziative di controllo abbia adottato o intenda adottare, per quanto di competenza in merito al nuovo insediamento nella carica di sindaco del signor Giovanni Di Giacinto;

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, ritenga opportuno adottare per evitare il ripetersi di situazioni simili in futuro, anche finalizzate al contrasto del fenomeno mafioso, al controllo del territorio e alla salvaguardia dell'ente locale, in merito alle vicende del comune di Casteldaccia.
(5-04392)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i residenti d Gropparello, in provincia di Piacenza, sono ormai da tempo esasperati dalle quotidiane risse e dagli schiamazzi ad ogni ora del giorno e della notte degli occupanti di uno stabile in via Ettore Rosso, in pieno centro e poco distante dalla chiesa;

   nonostante una raccolta di firme e numerose segnalazioni all'amministrazione comunale, alla prefettura, alla questura e all'Ausl, ancora oggi i cittadini riferiscono di «comportamenti di spregio e di disprezzo» verso la comunità locale;

   recentemente, nella notte del 29 giugno 2020, sempre secondo quanto segnalato, vi sarebbe stata una lite particolarmente violenta, con «urla, abiti e valigie gettati dalle finestre del secondo piano, aggressioni tra residenti dello stabile con bastoni e a sassate» e solo per puro caso non si sarebbero verificate ulteriori e più gravi conseguenze se non dei danni alla carrozzeria di un'autovettura di proprietà di una signora residente in via Rosso;

   secondo altre testimonianze raccolte in paese, l'11 luglio 2020, verso le 3 di mattina, sarebbero arrivate nello stabile delle ragazzine giovanissime, forse prostitute, mentre in passato sarebbe stata vista anche una donna seminuda uscire dal palazzo e correre in strada spaventata;

   numerosi sarebbero i video girati di notte dai residenti vicino allo stabile, dove si vedono gettare e rompere bottiglie e persone girare con bastoni in mano;

   oltre agli episodi di violenza ormai all'ordine del giorno dovuti all'uso e abuso di alcool e sostanze stupefacenti, i cittadini riferiscono anche che gli occupanti dello stabile girano per le vie seminudi, arrivando anche a spogliarsi davanti a donne e ragazzini per urinare in strada, ascoltano la musica a volume alto nelle ore più improbabili della giornata, [e importunano per strada minorenni,] reagendo con spregio e prepotenza alle legittime rimostranze della popolazione residente;

   anni fa l'immobile era un cinema, successivamente per anni al suo interno vi è stato un supermercato e poi un ufficio postale, ed oggi si stima vi vivano almeno 30-35 persone, in diversi appartamenti;

   non si conosce né l'esatto numero né l'identità degli occupanti dello stabile, che si presume, anche secondo quanto dichiarato alla stampa dalla società Continental che ha in gestione il centro di accoglienza per migranti in via Quattro Novembre a Gropparello, siano richiedenti asilo, per lo più di nazionalità nigeriana, espulsi dai programmi di accoglienza proprio a causa dei loro comportamenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, chi siano gli immigrati che vivono nell'immobile, se in passato abbiano fatto parte programmi di accoglienza e quali siano le ragioni per cui ne siano stati eventualmente allontanati;

   quali iniziative intenda adottare, nell'immediato, per prevenire i gravi problemi che stanno minacciando l'incolumità pubblica dei cittadini di Gropparello nonché per identificare gli occupanti dello stabile sito in via Ettore Rosso, al fine di procedere alla definizione del loro status giuridico e al loro trasferimento, nel caso, in un Centro per il rimpatrio ai fini dell'espulsione e dunque per procedere allo sgombero dell'immobile.
(4-06387)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a Gradisca d'Isonzo (GO) è stato aperto il 16 dicembre 2019 il centro per il rimpatrio (Cpr), che può ospitare fino a 150 persone in attesa di essere rimpatriate;

   è notizia di questi giorni che un ventinovenne di nazionalità albanese, ospite della struttura, è stato trovato senza vita nella sua stanza adibita alla quarantena sita sempre all'interno del Cpr di Gradisca;

   già all'inizio dell'anno il suddetto Centro è stato teatro di altri tragici eventi – come casi di autolesionismo, evasioni – culminati con il decesso di un trentottenne georgiano (18 gennaio 2020, già oggetto di interrogazione parlamentare), a cui ha fatto seguito una visita dell'interrogante unitamente al Garante nazionale dei diritti dei detenuti, per verificare di persona le condizioni dei migranti ospitati all'interno del Cpr e i locali stessi. All'esito di tale sopralluogo, l'interrogante aveva riscontrato numerose criticità, in primis il regime di detenzione amministrativa che caratterizza la struttura, che non permette di gestire soggetti pericolosi; inoltre, il personale civile presente è estremamente limitato e anche la polizia di Stato si trova a svolgere compiti propri della polizia penitenziaria, che sono molto diversi;

   secondo le testimonianze e da quanto è possibile apprendere dalle notizie stampa (Il Piccolo, 16 luglio 2020) la morte del ventinovenne albanese sarebbe collegata ad un abuso di farmaci, oppure eccesso di sedazione, sorte che stava per riproporsi con il compagno di stanza, un trentacinquenne marocchino, rianimato in extremis;

   da quanto è stato dichiarato alla stampa (Il Piccolo, 16 luglio 2020) dalla prima cittadina di Gradisca, l'abuso di psicofarmaci non è un'attività nuova all'interno del Cpr; la stessa afferma «In quella struttura ci sono numerose persone con alle spalle una storia di problemi psichici, o di dipendenze» E nella quasi totalità dei casi fanno ricorso a cure farmacologiche. Non solo, anche un ex dipendente dell'allora CIE (oggi Cpr) riferisce che «C'è chi ricorre ai farmaci puramente per "sballarsi" ed ammazzare il tempo» e la durezza della reclusione. Ma anche chi è disperato a tal punto da rischiare l'overdose pur di ottenere un ricovero in ospedale e tentare la fuga; si precisa inoltre che un tempo le terapie venivano consegnate a mano, oggi invece direttamente per via orale e non tutti la deglutiscono: ciononostante, in molti casi le accumulano (per ottenere un sovradosaggio) oppure le scambiano con i compagni della struttura, in una sorta di mercato interno –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione in cui versa la struttura di Gradisca d'Isonzo, con particolare riguardo all'abuso di psicofarmaci e al traffico di droghe all'interno, ma anche all'adeguatezza della struttura stessa che ad oggi non pare garantire l'incolumità e la sicurezza di chi vi si trova recluso;

   se i Ministri interrogati abbiano in previsione di attivare azioni di monitoraggio costante e programmato sulla salute psico-fisica delle persone ospitate all'interno dei Cpr, anche al fine di scongiurare il ripetersi di fatti tragici.
(4-06388)


   ANDREUZZA, FOGLIANI, BAZZARO e VALLOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa, nella sede della Croce rossa italiana di Jesolo sarebbero, al momento, quarantatré le persone risultate positive al COVID-19, di cui quarantadue immigrati di nazionalità africana ospiti del centro e un operatore della struttura;

   mentre gli immigrati trovati positivi al virus, a dispetto delle prescrizioni ancora vigenti per il contenimento dell'epidemia nel Paese, sono stati trasferiti in altre strutture e addirittura pare in alcune in case private nel comune di Cavarzere, gli altri ospiti risultati negativi, circa ottantacinque, rimarranno in isolamento nella sede jesolana della Croce rossa;

   difatti, questi ultimi, che fino al momento della scoperta casuale del focolaio sono stati fatti convivere con gli altri ospiti risultati successivamente contagiati dal virus, prima di essere definitivamente dichiarati negativi dovranno essere nuovamente sottoposti ad altri due tamponi, a distanza di una settimana l'uno dall'altro;

   a rendere quanto accaduto ancora più grave sarebbe poi la circostanza, resa nota dal direttore generale dell'Ulss4 in una conferenza stampa indetta dopo le legittime proteste della popolazione per i rischi a cui è stata nel frattempo e inconsapevolmente esposta, che il focolaio sarebbe stato scoperto solo per caso, ossia a seguito di un tampone effettuato ad un immigrato ospite della struttura che necessitava di un intervento chirurgico ortopedico;

   lo stesso, preventivamente all'operazione, sarebbe stato sottoposto al tampone che avrebbe evidenziato il contagio da COVID-19 e solo allora, dopo aver effettuato lo stesso esame anche agli altri ospiti della struttura, sarebbero venute alla luce complessivamente le quarantatré positività al virus, tutte asintomatiche;

   sebbene il Ministro Franceschini abbia annunciato importanti campagne di comunicazione per dire al mondo che l'Italia è un Paese sicuro dal punto sanitario, al momento la notizia ha fatto grande scalpore ed ha avuto ampio risalto sulla stampa arrecando alla località di Jesolo anche un gravissimo danno di immagine e pesanti ricadute economiche per gli operatori del comparto turistico, i quali invece stanno rispettando in modo estremamente scrupoloso le direttive sanitarie per il contenimento dell'emergenza epidemiologica imposte da quello stesso Governo che, viceversa, sembra disattenderle del tutto nella gestione dei flussi migratori;

   le prime disdette di soggiorni già prenotati presso le strutture jesolane che sono arrivate subito dopo la notizia dimostrano che la scelta di destinare la sede della Croce rossa a centro di accoglienza, che già prima aveva creato enormi problemi di ordine pubblico ed ora anche quelli sanitari, sta vanificando in questo momento l'enorme lavoro finora fatto dalla regione e dagli imprenditori locali per attirare il turismo di prossimità anche da altri Stati confinanti;

   è di tutta evidenza che l'attività di accoglienza di immigrati all'interno della sede della Croce rossa di Jesolo risulta quindi del tutto incompatibile con l'attività e la vocazione della località, capace di attirare fino a cinque milioni di presenze turistiche all'anno;

   oltre ad assistere quotidianamente all'arrivo di centinaia di immigrati irregolari nel nostro Paese in quella che gli interroganti giudicano l'inerzia dell'attuale Governo nell'attivare misure per fermare tali flussi, quanto accaduto a Jesolo fa emergenza con evidenza anche la totale mancanza di adeguati controlli che espone la popolazione e chi si trova in Italia a gravissimi rischi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, dati i già noti problemi di sicurezza, di ordine pubblico e a oggi anche di carattere sanitario sopra evidenziati, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per procedere all'immediata revoca della convenzione con la Croce rossa per l'attività di accoglienza di immigrati all'interno della sede di Jesolo e dunque alla chiusura del centro, affinché possa essere eventualmente destinato ad altre attività che non rechino ulteriori danni e problemi alla comunità locale e siano compatibili con la vocazione turistica della località.
(4-06391)


   GERMANÀ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 15 luglio 2020 una trentina di migranti sono fuggiti dall'hotspot di Bisconte a Messina a seguito di una rivolta scoppiata intorno alle ore 22 che ha impegnato le forze dell'ordine locali per tutta la notte per essere sedata;

   si apprende dalla stampa che un gruppo di extracomunitari è riuscito ad aprire un varco nella rete di recinzione facendo immediatamente scattare l'allarme e provocando l'arrivo di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia municipale;

   purtroppo, un finanziere risulta ferito ad una gamba dopo il lancio di oggetti ma le sue condizioni sembra che non destino preoccupazione;

   alcuni fuggitivi sono stati riportati all'interno della struttura, ma i media riportano che parecchi sono riusciti a dileguarsi;

   la fuga ha ovviamente destato allarme e paura tra i residenti di Bisconte che hanno seguito in diretta l'evolversi della situazione per tutta la notte, in particolare per il rischio sanitario evidentemente connesso alla fuga degli stessi migranti se affetti da COVID-19;

   dalle notizie divulgate i fuggitivi risulterebbero tutti negativi al test sierologico COVID-19;

   in mattinata sui social viene divulgata la dichiarazione del sindaco di Messina Cateno De Luca che ha annunciato su Facebook che intende chiudere il centro per migranti di Bisconte «realizzato abusivamente presso l'ex caserma Gasparro», dopo gli ultimi avvenimenti che hanno visto una sommossa interna e la fuga di 24 migranti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se, in considerazione dei gravi fatti richiamati in premessa, non intendano adottare iniziative urgenti volte a scongiurare il ripetersi di tali fenomeni, salvaguardando la salute dei cittadini nonché del personale di sorveglianza.
(4-06396)


   LABRIOLA, SPENA, MARROCCO, VERSACE, CORTELAZZO, POLIDORI, CRISTINA, D'ATTIS, PENTANGELO, BARATTO, SACCANI JOTTI, DALL'OSSO, PETTARIN e PALMIERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il coinvolgimento di minori in fenomeni di violenza sembra essere in crescita, così come un crescente allarme viene dall'aumento del loro adescamento tramite la rete on line. Le vittime degli adescamenti on line, appartengono purtroppo a fasce d'età sempre più basse, che arrivano anche a 10-12 anni;

   la minaccia crescente sembra arrivare proprio dalle nuove tecnologie e dal web, che sono strumenti per nuove e sempre più diffuse forme di abuso;

   è di pochi giorni fa l'ennesima indagine giudiziaria che ha permesso di scoprire una rete di scambi di materiale pedopornografico, e che vede per ora coinvolte 25 persone (19 minorenni e 6 maggiorenni) residenti in tredici province, accusati di diffusione e detenzione del suddetto materiale e istigazione a delinquere;

   nel materiale scambiato vi erano veri e propri orrori con scene di violenze inaudite perpetrate nei confronti di minorenni e bambini anche di tenerissima età;

   alcuni articoli di stampa riportano la cronaca di questa nuova indagine, raccontando nel dettaglio le modalità on-line e tutte le tecniche informatiche con le quali è possibile adescare i giovani e i minorenni. In alcuni casi, è sufficiente scaricare un sistema operativo e procurarsi dei bitcoin per accedere a vere e proprie «stanze degli orrori» –:

   quali siano i dati sul fenomeno della pedopornografia;

   se non si ritenga di adottare tutte le iniziative di informazione e sensibilizzazione per ricordare le conseguenze penali legate alla diffusione del medesimo materiale e all'adescamento di minori;

   quali iniziative si ritenga di adottare per tracciare i pagamenti con i bitcoin;

   quali strategie il Governo stia mettendo in atto per tutelare i ragazzi dai pericoli legati al web.
(4-06398)


   BAZZARO, ANDREUZZA, FOGLIANI e VALLOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla stampa si ha notizia che il 16 luglio 2020 la prefettura di Venezia ha inaspettatamente deciso di trasferire una parte degli immigrati risultati positivi al COVID-19 e ospitati nel centro della Croce Rossa di Jesolo, dove nei giorni scorsi era stato individuato un focolaio dell'epidemia, nel territorio di Caverzere, un comune della città metropolitana di Venezia;

   secondo le frammentarie notizie a disposizione e poiché la situazione è in continua evoluzione, al momento pare che una ventina di essi siano stati collocati in due casolari della campagna cavarzerana, mentre altri dieci, dopo essere stati alloggiati per una notte in un appartamento nel centro abitato in piazza della Repubblica, sarebbero stati poi ancora trasferiti il giorno successivo in altra struttura, situata sempre nel territorio comunale di Cavarzere;

   secondo le scarne informazioni finora rilasciate dal prefetto, gli immigrati sarebbero dunque stati collocati in alloggi di proprietà di privati che evidentemente avrebbero dato disponibilità in tal senso; secondo quanto riferito dal sindaco alla stampa, il trasferimento dal centro di accoglienza di Jesolo sarebbe stato deciso dal prefetto di Venezia senza interpellare né avvisare l'amministrazione comunale, nonostante l'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 142 del 2015, come modificato dal decreto-legge n. 113 del 2018, con riguardo all'attivazione di misure straordinarie di accoglienza disponga il «previo parere dell'ente locale nel cui territorio è situata la struttura»;

   sempre la prefettura di Venezia, dopo le ripetute richieste di informazioni in merito, avrebbe anche dichiarato che verrà cercata al più presto una collocazione alternativa, senza fornire ulteriori dettagli e facendo così intendere di ulteriori e prossimi trasferimenti sul territorio caverzese di immigrati positivi al COVID-19;

   quanto sopra ha suscitato le legittime proteste ed enorme preoccupazione non soltanto delle istituzioni locali ma di tutta la popolazione di Caverzere, tenuta nel frattempo all'oscuro di quanto sta accadendo nel proprio territorio, la quale, dopo le gravose rinunce e i sacrifici per le misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica, viene ora esposta a ingiustificati e gravissimi rischi per la propria sicurezza e salute;

   come riportato dai quotidiani più recentemente, il prefetto di Venezia avrebbe dichiarato che la situazione è così grave da poter reggere ancora per pochi giorni e di avere necessità di «rinforzi» per sorvegliare adeguatamente le strutture dove sono stati collocati i migranti, ipotizzando anche la riapertura dell'ex hub di Cona, al centro di grandi polemiche e diverse inchieste giudiziarie, chiuso appunto un anno e mezzo fa dall'allora Ministro dell'interno Matteo Salvini;

   alla luce delle considerazioni sopra svolte è di tutta evidenza che quanto accaduto e sta ancora accadendo a Caverzere è di assoluta gravità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della decisione della prefettura di Venezia, quale ne siano state le ragioni e quale sia il motivo per cui il trasferimento degli immigrati positivi al COVID-19 nel comune di Caverzere sia avvenuto senza il necessario parere dell'ente locale interessato e senza alcun preavviso;

   con quali modalità la prefettura abbia individuato le strutture in cui ha collocato e sta collocando tali immigrati e quali preventivi accertamenti siano stati eseguiti circa la loro idoneità ai fini della quarantena;

   se siano previsti ulteriori trasferimenti degli stessi o di altri immigrati all'interno del territorio comunale e quali misure specifiche siano state adottate e previste, anche in occasione di tali trasferimenti, a tutela della salute e della sicurezza della popolazione caverzese;

   se, alla luce delle considerazioni svolte in premessa, ritenga ancora opportuna la decisione di tale trasferimento.
(4-06400)


   CAPARVI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 16 luglio 2020, in tarda serata e senza alcun preavviso, presso il centro di accoglienza sito nel comune di Gualdo Cattaneo, in provincia di Perugia, sarebbero stati trasferiti circa venticinque immigrati precedentemente in carico alla prefettura di Agrigento;

   immediatamente già il giorno successivo il sindaco, con una lettera indirizzata alla prefettura di Perugia, esprimeva dissenso anche per le modalità e le tempistiche della comunicazione del suddetto trasferimento, avvenuto senza alcun preavviso e soprattutto senza il preventivo e legittimo parere dell'ente locale interessato;

   risulta inoltre che il sindaco di Gualdo Cattaneo, nonostante sia autorità locale di pubblica sicurezza, non sia stato informato dalla prefettura delle loro generalità, neanche successivamente alla collocazione degli immigrati nel proprio territorio;

   risulta, altresì, che al sindaco non sia stata trasmessa alcuna certificazione sanitaria che ne attestasse al loro arrivo la negatività al COVID-19 né comunicazione circa i protocolli di controllo e sicurezza adottati nella struttura individuata per la loro quarantena, un ex agriturismo gestito da una cooperativa sociale che aveva partecipato ad un apposito bando negli anni scorsi;

   difatti, già poco dopo il loro arrivo a Gualdo Cattaneo, si è appreso dalla stampa che dei venticinque immigrati, pare tutti di nazionalità tunisina, ventitrè sarebbero riusciti già a scappare violando la quarantena obbligatoria a cui dovevano essere sottoposti, riuscendo a far perdere le loro tracce;

   subito, anche per i gravissimi rischi sanitari e di sicurezza, è stata organizzata una task force per avviare le ricerche degli immigrati fuggiti dal prescritto isolamento, che sono andate avanti tutta la notte, poiché la zona è caratterizzata da numerose strade comunali e vicinali;

   si apprende dalla stampa che al momento solo due dei ventritrè immigrati sarebbero stati rintracciati, mentre degli altri non si ha ancora alcuna notizia;

   quanto sta accadendo a Gualdo Cattaneo è di assoluta gravità, secondo l'interrogante, non solo sotto il profilo della legittimità delle procedure adottate dalla prefettura ma ancora di più proprio sotto l'aspetto sanitario, in particolare per gli ingiustificati rischi a cui si stanno così esponendo i cittadini ai quali, essendo stato il comune oggetto anche di ordinanza restrittiva regionale riguardo all'emergenza epidemiologica COVID-19 in data 26 marzo 2020 con l'instaurazione della cosiddetta «zona rossa», sono stati richiesti invece in questi mesi enormi sacrifici e rinunce per il contenimento del contagio –:

   se il Ministro sia a conoscenza del gravissimo episodio riportato in premessa, quali siano i motivi del trasferimento a Gualdo Cattaneo dei ventitré immigrati, le procedure e le misure adottate dalla prefettura di Perugia, anche sotto il profilo sanitario oltre che della sicurezza, e in particolare le ragioni per le quali il sindaco non sia stato preventivamente interpellato circa la decisione assunta né informato, anche successivamente, circa le generalità degli immigrati, ed allo stesso non sia stata fornita alcuna certificazione sanitaria che ne attestasse al loro arrivo la negatività al COVID-19;

   quali misure intenda immediatamente adottare riguardo a quanto sta accadendo a Gualdo Cattaneo al fine di evitare di esporre la popolazione ad ulteriori ed ingiustificati rischi di contagio.
(4-06401)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'espressione del parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione del 18 giugno 2020 il Ministero dell'istruzione ha trasmesso alle scuole di ogni ordine e grado, in data 23 giugno 2020, il decreto contenente le linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica. In particolare, ai sensi dell'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, a partire dall'anno scolastico 2020/2021 l'insegnamento dell'educazione civica sarà inserita tra le attività delle scuole di ogni ordine e grado, con un proprio voto e con almeno 33 ore all'anno. Le attività saranno svolte da uno o più docenti della classe o del consiglio di classe e l'insegnamento è affidato con delibera del collegio dei docenti su proposta degli stessi insegnanti della classe o del consiglio di classe oppure, ad invarianza di organico, mediante l'utilizzo della quota del 20 per cento dell'autonomia con predisposizione di uno spazio apposito nell'ambito dell'orario settimanale, come previsto per le altre discipline del curricolo. Le tematiche introdotte dalle linee guida sono: lo studio della Costituzione, lo sviluppo sostenibile e la cittadinanza digitale;

   trattandosi di un insegnamento trasversale impartito in contitolarità non ci sarà un solo insegnante ma un gruppo con un coordinatore (almeno per la scuola primaria e secondaria di primo grado), mentre nelle scuole secondarie di secondo grado è previsto che la materia venga affidata ai docenti delle discipline giuridico ed economico, appartenenti alla classe di concorso A046;

   su quest'ultimo punto occorre evidenziare che il personale appartenente alla classe di concorso A046 ha sostenuto, durante il corso di studi, l'esame di diritto pubblico e ha seguito, nel percorso formativo, corsi di perfezionamento relativo all'area giuridico-economica, per cui risulta essere il più qualificato per l'insegnamento di una materia fondamentale per i futuri cittadini, che grazie all'educazione civica avranno le basi per l'apprendimento di valori importanti tra cui il rispetto dello Stato e degli altri e la cultura della legalità, alla base di ogni Paese civile e democratico –:

   alla luce di quanto esposto in premessa e sulla base di quanto contenuto nelle linee guida suddette, il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere che l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole sia affidato, in primis, ai docenti appartenenti alle classi di concorso A046, discipline giuridico-economiche, che rispondono in maniera completa ai requisiti per l'insegnamento di tale materia.
(4-06399)


   CILLIS, ALBERTO MANCA, GALLINELLA, GAGNARLI, MAGLIONE, LOVECCHIO, LOMBARDO, CADEDDU, DEL SESTO, MASI, DEIANA, TESTAMENTO, BRESCIA, BRUNO, BUOMPANE, BUSINAROLO, CABRAS, CANCELLERI, LUCIANO CANTONE, CARABETTA, CARBONARO, CARELLI, CARINELLI, CASA, CASO, CASSESE, MAURIZIO CATTOI, CHIAZZESE, CIMINO, CIPRINI, BELLA e MARZANA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione è impegnato a promuovere e potenziare percorsi formativi di sensibilizzazione e formazione degli studenti riguardo ai cambiamenti ambientali in atto sul nostro Pianeta, per la formazione di una nuova cittadinanza responsabile e compatibile con le condizioni ecosistemiche e quindi una cittadinanza sempre più sostenibile;

   le azioni intraprese dal Ministero risultano di estrema importanza, poiché si vive, come ormai noto, in un'epoca in cui le attività antropiche hanno notevoli impatti ambientali determinando, tra le diverse conseguenze, una eccessiva produzione di CO2;

   una maggiore diffusa consapevolezza rappresenta, pertanto, la prima importante risorsa per la tutela della nostra «casa comune» e le istituzioni scolastiche, in quanto luogo di formazione delle future generazioni, diventano quindi lo spazio primario;

   da quanto appreso attraverso i mezzi di informazione, l'Associazione nazionale presidi e l'Ente nazionale idrocarburi (Eni) nei mesi scorsi hanno annunciato l'avvio di un programma di incontri sui temi della sostenibilità ambientale – cambiamento climatico, efficienza energetica, rifiuti, bonifiche ambientali – per la formazione dei docenti delle scuole italiane, in base alla direttiva n. 170 del 2016 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca «Accreditamento/qualificazione enti, riconoscimento corsi», in applicazione di una modifica della legge n. 92 del 2019;

   l'Eni, in relazione alla sua attività di ricerca, estrazione e raffinazione di idrocarburi, ha gravi responsabilità dirette sui cambiamenti climatici e sul grave stato di inquinamento in cui versano i territori da bonificare; tale ente rappresenta, inoltre, un attore principale, a scopo di business, nel campo della produzione di sistemi e di fonti energetiche che modificano l'efficienza energetica;

   l'ente in parola, è utilizzatore di centinaia di sostanze chimiche, tossiche e pericolose che immette nell'ambiente e che possono essere all'origine dell'inquinamento dei territori, come ad esempio si osserva nel bacino dell'area Sin della Valbasento, in Basilicata, o riguardo alla devastazione di aree delicate del pianeta, come quella del fiume Niger in Africa;

   le attività di ricerca, estrazione e raffinazione dell'Eni, produttore di enormi quantità di rifiuti tossici e pericolosi da smaltire continuamente, sono impattanti, ricorrendo all'utilizzo non solo di sostanze chimiche inquinanti, ma anche a procedimenti tecnici altamente dannosi per l'ecosistema, come la reiniezione in profondità delle acque di strato;

   sono noti altresì i gravissimi incidenti nei pozzi petroliferi, negli oleodotti e nei centri di raffinazione e stoccaggio del citato ente, come accaduto nel 2017 al Cova di Viggiano, in Basilicata, nella più grande area estrattiva e di raffinazione d'Italia, in cui materiale fossile, fuoriuscito per 7 anni dai serbatoi di contenimento, ha contaminato i reticoli idrici dei territori, le falde idriche e i terreni circostanti –:

   se il Ministro interrogato, per le ragioni di cui in premessa, non ritenga opportuno evitare che le società altamente impattanti, come nel caso specifico, formino docenti e studenti su tematiche ambientali e di bonifica o che società di business formino gli stessi sull'efficienza energetica.
(4-06403)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MENGA, VILLANI, NAPPI, PERANTONI, PENNA e SARLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'impatto che l'emergenza di COVID-19 ha avuto sull'intera categoria professionale dei medici è stato devastante. Il dilagare della pandemia nel nostro Paese ha comportato un diverso bilanciamento delle priorità, imponendo nuovi assetti organizzativi al sistema sanitario nazionale;

   in questi mesi di incertezze e di paure lo sguardo di tutti è stato rivolto all'incessante lavoro dei sanitari, medici, infermieri, farmacisti, fisioterapisti e tutti coloro che con spirito di totale abnegazione hanno operato tra difficoltà, criticità, imprevedibilità e insicurezza, anteponendo il bene della collettività alla loro stessa vita;

   nonostante l'impegno profuso dal mondo sanitario nella lotta al Coronavirus sia stato totalizzante coinvolgendo alla stessa stregua sia i medici dipendenti del servizio sanitario nazionale che i medici liberi professionisti e in convenzione, oggi si palesano le differenze di tutela nei confronti di coloro che sono stati colpiti dal virus, alimentando quel divario esistente tra i cosiddetti «medici di serie A e medici di serie B»;

   difatti, con la nota del 17 marzo 2020, prot. n. 3675, l'Inail chiarisce che anche i casi di COVID-19 dei lavoratori dipendenti del servizio sanitario nazionale e, in generale, di qualsiasi altra struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l'istituto, ossia medici, infermieri e altri operatori sanitari in genere, sono ricondotti nell'ambito di affezioni morbose inquadrate come infortuni sul lavoro laddove sia accertata l'origine professionale del contagio, avvenuto nell'ambiente di lavoro, oppure per causa determinata dallo svolgimento dell'attività lavorativa. Nessun indennizzo è invece contemplato per i medici di medicina generale deceduti a causa del Coronavirus, come denunciato tra le altre dalla Federazione italiana sindacale medici uniti (Fismu), perché le polizze stipulate dagli stessi non riconoscono l'infezione da SARS-CoV2 come causa di infortunio sul lavoro;

   le famiglie delle vittime di camici bianchi e farmacisti non avranno, pertanto, diritto ad un indennizzo per la perdita dei loro cari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di scongiurare il rischio che i professionisti sanitari operanti in regime di convenzione o di libera professione subiscano un trattamento iniquo rispetto ai colleghi dipendenti del servizio sanitario nazionale.
(5-04389)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, al fine di fronteggiare la persistente crisi economica, in diverse realtà territoriali, si è registrata la nascita di cooperative di artigiani;

   la posizione del socio lavoratore di cooperativa è attualmente regolata dalla legge 3 aprile 2001, n. 142;

   l'articolo 1, comma 3, della predetta legge ammette la possibilità che il socio di cooperativa instauri con la medesima un rapporto di lavoro autonomo;

   quanto al trattamento fiscale, l'articolo 1, comma 114, della legge n. 208 del 2015 dispone che «(...) fermo restando il trattamento per i soci delle cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142, ai fini dell'imposta sul reddito si applica l'articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni»;

   la disposizione assimila, dunque, ai soli fini fiscali, i redditi prodotti dal socio lavoratore autonomo di cooperativa ai redditi da lavoro dipendente;

   in effetti, l'Agenzia delle entrate - con circolare 20E del 18 maggio 2016, ha chiarito che «il comma 114 riconduce tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all'articolo 50 del TUIR, il trattamento economico dei soci delle cooperative artigiane, che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 142 del 2001 con la cooperativa stessa. La disposizione opera solo ai fini fiscali; rimane infatti fermo il trattamento previdenziale (gestione artigiani) relativo ai redditi in esame»;

   ciò malgrado, l'Inps, con comunicazioni inviate a migliaia di lavoratori autonomi soci di cooperativa, ha rivolto l'invito a regolarizzare la posizione previdenziale dei medesimi, quale lavoratore dipendente di cooperativa;

   le predette comunicazioni si pongono in evidente contrasto con alcune sentenze richiamate di seguito e potrebbero dar luogo ad un ampio contenzioso, con probabile soccombenza da parte dell'istituto e conseguente ingente dispendio di denaro;

   sono già note talune pronunce del Tribunale di Lucca del 2015, con cui è stato accolto il ricorso di alcuni artigiani soci di cooperative;

   nel corso del 2017 la Corte d'appello di Firenze respingeva, con due distinte sentenze (n. 387/2017 e n. 624/2017), due appelli dell'istituto contro le sentenze di primo grado che avevano visto vincitrici le cooperative artigiane;

   anche il tribunale di Rimini, con sentenza n. 172/2018, ha accolto un ricorso presentato avverso il diniego di iscrizione alla gestione artigiani;

   il 7 agosto 2019, la prima firmataria del presente atto ha depositato una proposta di legge sul tema (n. 2068), il cui esame non è ancora calendarizzato;

   risultano atti di sindacato ispettivo della XVII legislatura (interrogazioni n. 5/05896 e n. 4/09256), in risposta ai quali è stato annunciato che «(...) l'INPS ha avviato un confronto con il Ministero che rappresento, volto all'analisi delle possibili soluzioni. (...) al fine di definire un quadro normativo chiaro e univoco, il Ministero che rappresento e l'INPS si stanno adoperando per individuare idonee iniziative volte a tutelare gli interessi delle imprese e dei soci ma anche in generale di tutti i lavoratori interessati»;

   ad oggi agli interroganti non risultano soluzioni intraprese in tal senso e, anzi, l'Inps continua a mantenere il contestato orientamento, arrecando pregiudizio allo sviluppo della realtà delle cooperative, che andrebbe invece tutelato quale importante fattore di occupazione e crescita economica –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per garantire il riconoscimento del diritto, sancito da numerose sentenze, di iscrizione, ai fini previdenziali, dei lavoratori autonomi soci di cooperative alla gestione artigiani dell'Inps e consentire alle cooperative di gestire i rapporti di lavoro, salvaguardando i livelli occupazionali e promuovendo così la crescita economica del Paese.
(4-06394)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano Gazzetta di Parma, i locali uffici dell'Agenzia delle entrate risultano ancora aperti con una ridotta fascia oraria e, in particolare, solo per quattro giorni alla settimana l'ufficio di Parma, per tre giorni l'ufficio di Fidenza, mentre rimane chiuso al pubblico l'ufficio di Borgo Val di Taro, ed una parte del personale organizzata in smart working;

   si evidenzia, quindi, una limitata e paradossale tutela della salute pubblica, dal momento che la riorganizzazione del personale degli uffici trascura l'esigenza degli utenti di non incorrere in assembramenti ed evitare il contagio;

   il conseguente e prevedibile disagio intervenuto, infatti, ha così determinato l'impossibilità di garantire un accesso al pubblico servizio che non esponga i cittadini ad inutili rischi per la salute pubblica;

   in particolare, la formazione di lunghe file all'esterno, sotto il sole di luglio, ed i tempi di attesa che superano le due ore circa contrastano con il rispetto delle regole di distanziamento sociale, determinando oltretutto l'impossibilità pratica di dare celeri risposte alle istanze di piccoli imprenditori, impiegati e partite Iva che già attraversano un periodo di grave difficoltà a causa della pandemia da COVID-19;

   la sopracitata impossibilità di accedere correttamente al servizio pubblico si aggiunge al danno economico subito da coloro che non hanno potuto esercitare la propria attività lavorativa per essere tempestivamente presenti agli sportelli degli uffici, al fine di usufruire di servizi che dovrebbero, invece, essere sempre garantiti, considerato soprattutto che molte scadenze fiscali risultano imminenti –:

   quali iniziative intendano adottare al fine di attuare una riorganizzazione degli uffici con una riapertura in sicurezza, con fasce orarie più ampie e maggiore disponibilità per fissare appuntamenti con prenotazione anche tramite il sito dell'Agenzia, a tutela della salute pubblica di tutti i cittadini coinvolti, personale dell'Agenzia delle entrate e utenti, e a garanzia di un efficiente servizio pubblico.
(4-06402)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il sito d'informazione Nano Tv, il 23 giugno 2020, riporta la notizia riferita all'inaugurazione ad Arzano, in provincia di Napoli, di una residenza psichiatrica pubblica intitolata «Casa Impresa Benessere»;

   nell'articolo si scrive che ai quaranta ospiti della struttura saranno offerti percorsi di cura e di apprendimento volti a migliorare la propria condizione di salute, anche attraverso l'utilizzo di tecniche di sartoria e lavorazioni artigianali, in collaborazione con alcune delle aziende presenti nella zona industriale di Arzano. In particolare, l'azienda Kiton, ha già dato la propria disponibilità ad avviare un percorso di collaborazione con «Casa impresa benessere», inviando un proprio maestro di sartoria finalizzato a produrre una linea di cravatte a marchio Kiton, realizzata dai pazienti;

   la struttura è articolata su tre piani per un totale di 2000 metri quadrati;

   l'accordo in Conferenza unificata del 17 ottobre 2013 in merito alle strutture residenziali psichiatriche al punto 2 «Indicazioni sull'assetto organizzativo» prevede che le strutture residenziali psichiatriche, nell'ambito delle direttive regionali e aziendali, operino sulla base di linee guida clinico-assistenziali, validate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale;

   la prassi scientifica nazionale e quella internazionale prevedono che le strutture residenziali psichiatriche siano sempre composte da piccole unità abitative, rendendo possibile un modello esistenziale/riabilitativo dove possa esprimersi nei migliori dei modi la relazione personale;

   la notevole metratura della struttura nasce e si propone in stridente contrasto con le consolidate esperienze maturate in tutto il Paese in questo delicato settore che hanno dimostrato che la presa in carico della persona in difficoltà passa attraverso un percorso personalizzato, fatto di ascolto, di progettazione condivisa in luoghi di piccole dimensioni, dove possa esprimersi al meglio la relazione interpersonale;

   mentre ad Arzano si rinchiudono, di nuovo, i malati psichiatrici, molte regioni, tra cui la Campania, hanno deliberato l'adozione di progetti terapeutico riabilitativi individuali regionali sostenuti con il budget di salute;

   la proposta di legge relativa al budget di salute (A.C. 1752), in linea con la cosiddetta legge Basaglia, contrasta la disuguaglianza nell'accesso ai livelli essenziali di assistenza sociosanitari e valorizza le persone riducendo le conseguenti disabilità sociali. Le protegge, costruendo intorno a loro un gruppo di valutazione multidisciplinare che si prende in carico la persona vulnerabile che può e deve partecipare alle decisioni sul suo futuro. Questo gruppo è formato dai servizi sanitari specifici delle aziende sanitarie locali (Asl), servizi sociali degli enti locali, soggetti del Terzo settore, famiglie;

   il budget di salute è un «piano finanziario per il benessere» costruito sulla persona che prevede quante e quali risorse umane, tecnico-professionali ed economico-finanziarie, e per quanto tempo, si devono investire per realizzare progetti terapeutici riabilitativi individualizzati con una probabilità di recupero alta e basata sulla valutazione di ipotesi soggettive e finalità condivise (casa, lavoro, socialità);

   promuove la partecipazione diretta dell'utente nella definizione dei propri bisogni prioritari, per programmare interventi personalizzati, in base alle risorse esistenti e si fonda sul superamento delle strutture protette, dei ricoveri ripetuti e protratti, dell'assistenzialismo passivizzante e dell'abbandono;

   è un percorso che parte sempre dalle persone che altrimenti, senza averlo scelto, abitano indefinitamente in strutture di lunga assistenza, ancorché accreditate, senza alcuna prospettiva evolutiva e terapeutica, come avviene ad Arzano –:

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere, anche valutando se sussistono i presupposti per una eventuale attività ispettiva, al fine di verificare la compatibilità della residenza psichiatrica pubblica «Casa impresa benessere» con le norme previste dalla legge n. 180 del 1978, di prevenzione, cura e riabilitazione di pazienti con disturbi mentali nonché di elaborare nuove linee guida nazionali in merito ai requisiti di accreditamento regionale delle strutture residenziali e semiresidenziali e accertare la tipologia di rapporto di lavoro con la quale saranno contrattualizzati i pazienti semiresidenziali che lavoreranno per l'azienda Kiton.
(2-00865) «D'Arrando, Nesci, Sarli, Nappi, Penna».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Lupi e altri n. 1-00362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mollicone.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Mazzetti e altri n. 4-06382, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Porchietto, Mulè, Labriola.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Prestigiacomo n. 1-00355, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 353 del 9 giugno 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria COVID-19 è ormai una vera e propria emergenza industriale e produttiva che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale;

    anche nel nostro Paese, la gravissima crisi economica e produttiva iniziata in conseguenza della diffusione del contagio del virus COVID-19, si sta già traducendo in una caduta della produzione e quindi del prodotto interno lordo, che il Def 2020 da poco varato dal Governo stima in oltre il 15 per cento nel primo semestre 2020 con un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno. Gli ultimi dati Istat indicano una contrazione del prodotto interno lordo nel 2020 dell'8,3 per cento e solo una parziale ripresa del 4,6 per cento nel 2021;

    è indispensabile quindi mettere in campo una strategia complessiva di sostegno dell'economia italiana dopo la drammatica pandemia in atto e i cui effetti sulla produzione e sull'economia accompagneranno purtroppo per un tempo non breve;

    gli effetti sulla caduta del Pil in conseguenza del coronavirus sono quindi drammatici e stanno interessando anche un settore, quello delle costruzioni, che rappresenta oltre il 22 per cento del prodotto interno lordo nazionale, ed è un settore trainante per molti altri comparti dell'economia e quindi di crescita per tutto il sistema;

    come ricorda anche l'Ance, quello che manca al nostro Paese, ma di cui c'è grande bisogno in questa fase, sono misure shock, in grado di rimettere rapidamente in moto il Paese e il settore delle costruzioni. Misure che, invece, altri Paesi europei hanno adottato con tempestività, già all'inizio della crisi, dando certezze e prospettive alle loro economie;

    è necessario mettere in campo al più presto un piano di investimenti e un piano per le opere pubbliche e le infrastrutture. Secondo alcune stime, sarebbero 50 mila i posti di lavoro che potrebbero essere creati se solo le principali opere ferme fossero sbloccate, con un impatto enorme sulle famiglie dei lavoratori e sui loro territori;

    è indispensabile che si faccia un'analisi complessiva con tutti i soggetti interessati, per ragionare sul disegno strategico della dotazione infrastrutturale di questo Paese;

    sono settimane che il Governo ha promesso il varo di misure urgenti per rilanciare il settore degli appalti e le opere pubbliche attraverso misure di semplificazione e sburocratizzazione. Per ora si è ancora fermi alla politica degli annunci;

    un primo spiraglio di consapevolezza della drammatica fase che si sta attraversando, sembrerebbe venire dalle parole di alcuni giorni fa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha parlato della necessità di una rete infrastrutturale su cui c'è tanto da fare, dichiarando tra l'altro «quando ci metteremo attorno a un tavolo valuterò senza pregiudizi anche il Ponte sullo Stretto»;

    le positive aperture del Presidente del Consiglio, nel rivalutare il «progetto Ponte», ad avviso dei firmatari del presente atto hanno ancora una volta messo in evidenza le continue contraddizioni che caratterizzano fin dall'inizio i partiti che sostengono questo Governo: accanto a posizioni da sempre, spesso ideologicamente, contrarie a questa opera, sono emerse posizioni più ragionate e possibiliste, ed altre, anche tra autorevoli esponenti del Governo, disponibili a valutare l'opera in quanto opera strategica per la Sicilia e il meridione, e quale possibile tassello di un quadro generale importante;

    riguardo al Ponte sullo stretto di Messina, lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, nei giorni scorsi dichiarava: «credo che prima ci debba essere una discussione dentro la maggioranza e una discussione con i territori sulla valutazione dell'impatto di quest'opera. E poi, con l'arrivo delle risorse del Recovery Fund secondo me possiamo immaginare una fase di studi e di progettazione»;

    così come nelle stesse 102 proposte per il rilancio dell'Italia e consegnate in questi giorni al Governo della task force guidata da Vittorio Colao, il gruppo propone, anche per rilanciare il turismo, il completamento dell'«alta velocità sulla dorsale tirrenica, in modo che arrivi fino in Sicilia». Una affermazione che altro non è che una chiara indicazione a riprendere in mano il «dossier» Ponte;

    si ricorda che, fortemente voluto dal presidente Berlusconi, con la legge obiettivo n. 443 del 2001, il ponte sullo stretto di Messina in quanto considerato progetto essenziale per il Mezzogiorno e per l'Italia, viene ricompreso tra le infrastrutture strategiche da inserire tra gli interventi prioritari;

    all'epoca, la difesa di quest'opera opera fu fatta, dal commissario Van Miert che precisò in Parlamento europeo che era stato realizzato un viadotto in mare per 21 chilometri per collegare la Danimarca con la Svezia, due Paesi con 4-5 milioni di abitanti ed era quindi inconcepibile non collegare con un ponte lungo 3 chilometri una isola di circa 6 milioni di abitanti con il restante Paese di circa 55 milioni di abitanti;

    nell'aprile 2004 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando internazionale per la selezione del General Contractor cui sarà affidata dallo Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del Ponte. L'Eurolink di Impregilo (poi gruppo Salini) si aggiudicherà la gara, con impegno di realizzare l'opera in settanta mesi;

    il quinto rapporto del luglio 2010, sullo stato di attuazione della «legge obiettivo», riguardo al Ponte sullo stretto di Messina, ricordava la previsione di completare la progettazione definitiva nel corso del 2010 e l'avvio del cantiere principale all'inizio del 2011;

    le vicende politiche degli anni successivi, hanno portato ad abbandonare il progetto di questa grande infrastruttura viaria che continua a rappresentare una occasione unica per contribuire al riequilibrio del Mezzogiorno e per il Paese tutto. Una grande ed unica occasione che produrrebbe un «cambiamento sostanziale» in termini di riequilibrio del Mezzogiorno;

    un primo «stop» all'opera era arrivato già dal Governo Prodi (2006-2008). Ma con il ritorno al Governo del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, nel maggio 2008 l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli inviava alla Società Stretto di Messina una lettera in cui invitava a porre in essere, nei tempi più brevi, tutte le condizioni per la ripresa delle attività inerenti alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina;

    nel 2012 però, il Governo presieduto dal professor Mario Monti, decide di non riaprire le procedure per realizzare il ponte sullo Stretto e, con la legge di stabilità per il 2013 (legge 228 del 2012), stanzia 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per non realizzare l'opera;

    nel 2013 decadono i rapporti di concessione con la Stretto di Messina Spa e la società viene messa in liquidazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013, è venuta la messa in liquidazione della società Ponte sullo Stretto di Messina spa;

    il Ponte sullo Stretto di Messina, è stato quindi classificato tra gli interventi con procedimento interrotto a seguito di quanto comunicato nell'XI Allegato Infrastrutture al Def 2013, ossia che «con delibera CIPE 6/2012 è stata disposta la riduzione totale del contributo assegnato alla Società Stretto di Messina e l'intervento non è stato inserito fra gli interventi indifferibili (...). In seguito, l'articolo 34-decies, comma 1, del decreto-legge 179 del 2012, ha disposto la caducazione degli atti contrattuali a far data dal 1° marzo 2013 non avendo le parti stipulato apposito atto aggiuntivo entro tale data»;

    il troppo timido tentativo nel 2016 con il Governo Renzi, di riaprire la discussione sulla realizzazione di questa storica infrastruttura, non ha portato a nulla;

    peraltro è bene sottolineare che allo stato attuale, la conferma della definitiva rinuncia alla realizzazione di questa opera, costerebbe alle casse dello Stato in termini di penali da pagare al gruppo Salini, di più della sua effettiva realizzazione;

    la realtà è che il Ponte sullo Stretto può rappresentare una grandissima occasione di sviluppo per la Calabria, la Sicilia, e per tutto il Paese. E questo a maggior ragione in una fase nella quale si sta entrando in recessione e profonda crisi economica;

    peraltro, ogni progetto di alta velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e il resto della Penisola. Sotto questo aspetto, il Ponte sullo Stretto rappresenterebbe un'opera che consente di avere anche al Sud Italia l'alta velocità e alta capacità ferroviaria necessarie per la competitività e lo sviluppo delle regioni meridionali, oltre a contribuire alla riduzione del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il nord e il sud del Paese;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per la infrastrutturazione organica del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali in poche settimane sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse. Opere che sono coerenti con quello che l'Unione europea chiede all'Italia per poter accedere alle risorse messe a disposizione per superare l'emergenza che si sta vivendo; infatti sono tutte opere ubicate sul programma delle reti Trans European Network (TEN-T). Tra queste si ricordano: Terzo Valico dei Giovi sulla tratta ferroviaria ad alta velocità Genova-Milano; raddoppio dell'autostrada A10 nel tratto di attraversamento di Genova (Gronda di Genova); tratta ferroviaria ad alta velocità Brescia-Verona; tratta ferroviaria ad alta velocità Verona-Vicenza-Padova e altre;

    all'elenco suddetto va certamente aggiunto il Ponte sullo Stretto. La realizzazione di questa importante opera:

     a) renderebbe stabile il collegamento sia stradale che ferroviario, e gli interventi ferroviari si configurano, a tutti gli effetti, come interventi ecocompatibili in virtù dell'abbattimento dell'inquinamento atmosferico, e quindi coerenti ad una delle principali raccomandazioni comunitarie;

     b) consentirebbe di garantire l'attivazione di risorse nel Mezzogiorno e una misurabile e non teorica percentuale del 34 per cento di risorse da assegnare al Sud;

     c) giustificherebbe il prolungamento dell'alta velocità ferroviaria da Battipaglia fino a Reggio Calabria, fino a Messina, fino a Siracusa, fino a Palermo;

     d) consentirebbe finalmente la realizzazione di un sistema urbano organico, quello dello Stretto, davvero innovativo nel sistema territoriale del Mezzogiorno e del Paese;

     e) porterebbe a realizzazione una delle eccellenze infrastrutturali che, come avvenuto nella realizzazione del ponte di Genova, testimoniano ancora una volta la capacità ingegneristica, imprenditoriale e industriale del nostro Paese. Una necessità di riconoscimento qualitativo e funzionale essenziale soprattutto in questa difficile fase della nostra economia,

impegna il Governo:

   1) ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a riconsiderare il progetto, già cantierabile, per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quale progetto chiave per il rilancio economico del Paese, anche valutando a tal fine le penali conseguenti alla mancata realizzazione dell'opera infrastrutturale, e che tra l'altro, consentirebbe di estendere l'alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, fino a Messina, Palermo e Siracusa;

   2) a inserire la ripresa del progetto Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva in atto conseguente alla pandemia in corso a livello mondiale e in grado di rimettere rapidamente in moto e sostenere l'economia e il settore delle costruzioni;

   3) ad avviare fin da subito, per le suddette finalità, un confronto costante con le associazioni e i soggetti imprenditoriali coinvolti, al fine di individuare le misure e linee di intervento più efficaci e rapide per garantire la ripartenza e l'apertura dei cantieri.
(1-00355) «Prestigiacomo, Gelmini, Occhiuto, Bartolozzi, Siracusano, Cannizzaro, Mulè, Maria Tripodi, Torromino, D'Ettore, Baldelli, Cortelazzo, Casino, Labriola, Mazzetti, Ruffino, Calabria, Sozzani, Zanella, Germanà».

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-03663 del 24 febbraio 2020;

   interpellanza urgente Cillis n. 2-00662 del 3 marzo 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-04353 del 15 luglio 2020.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Nesci e altri n. 3-00828 del 26 giugno 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06384;

   interrogazione a risposta orale Piastra e altri n. 3-01138 del 22 novembre 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06385;

   interrogazione a risposta scritta Bagnasco n. 4-04374 del 22 dicembre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04388;

   interrogazione a risposta scritta Bignami n. 4-04617 del 3 febbraio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01680.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento) .

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Davide Aiello e altri n. 4-05983 dell'11 giugno 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04392.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Serracchiani e altri n. 7-00495 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 354 del 10 giugno 2020. Alla pagina 13184, seconda colonna, dalla riga quarantesima alla riga quarantasettesima, deve leggersi: «ad adottare iniziative per definire strumenti di indennizzo e ristoro che riguardino tutte le categorie di lavoratori autonomi, ispirati a un criterio di maggiore incisività della tutela per soggetti con redditi bassi e con comprovato calo di attività, valutato su base temporale compatibile con le specifiche professionalità;» e non come stampato.