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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il graduale ma costante aumento dell'impiego di personale volontario nel settore culturale italiano ha sicuramente consentito negli ultimi decenni di recuperare una parte importante del patrimonio culturale, destinato in alternativa a essere abbandonato o rimanere semisconosciuto, nonché di costruire una stretta relazione tra le comunità, nell'ambito delle quali sono nate e cresciute le organizzazioni di volontariato, e il patrimonio ad esse appartenenti, garantendo indirettamente la salvaguardia e la tutela di quest'ultimo. L'impiego dei volontari, avvenuto sia in contesti e attività che richiederebbero la presenza di professionalità altamente specializzate, sia nell'ambito di attività che non necessitano di una formazione di alto livello, come le attività di vigilanza e custodia dei siti o luoghi di cultura, deve certamente essere valutato con favore se considerato come strumento in grado di promuovere una maggiore coesione e responsabilità sociale, nonché una più ampia sensibilizzazione al tema della salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio culturale;

    pur riconoscendo il valore dell'opera prestata dai volontari in ambito culturale è, tuttavia, essenziale precisare che le forme volontaristiche non possono sostituirsi alle prestazioni lavorative vere e proprie e che qualsiasi tipo di ragionamento sui temi del riconoscimento dei diritti e della dignità delle professioni culturali e della partecipazione attiva, responsabile e consapevole dei cittadini alla vita di una comunità non può prescindere da una netta demarcazione del ruolo dei professionisti dei beni culturali da quello dei volontari;

    negli ultimi anni, a fronte di una crescente difficoltà da parte della nostra classe politica di sostenere economicamente una visione pubblica delle politiche riguardanti i beni culturali nazionali, si è registrato un considerevole aumento del ricorso ai volontari nel settore culturale. Secondo, infatti, il Rapporto Istat «i musei, le aree archeologiche e i monumenti in Italia» pubblicato il 28 gennaio 2019 e riguardante l'anno 2017, gran parte dei musei e degli istituti di cultura sono sprovvisti di addetti ai servizi didattici, di personale amministrativo o addetto alla conservazione e manutenzione del patrimonio culturale. In molte realtà culturali mancano addirittura i direttori. A fronte dell'assenza di professionalità, il 65 per cento dei musei impiega invece personale volontario e il 15 per cento degli istituti impiega più di 5 volontari. Dati preoccupanti che fanno emergere con chiarezza il fatto che la carenza di personale viene colmata con un ricorso sistematico al volontariato, quindi a forza lavoro a costi molto contenuti, presso tutti i luoghi di cultura, quindi archivi, biblioteche, musei, aree archeologiche. Ciò avviene anche a causa di un quadro normativo che indubbiamente favorisce il ricorso massiccio alle organizzazioni di volontariato in ambito culturale;

    il quadro normativo di cui sopra è costituito dalla legge 14 gennaio 1993, n. 4, meglio conosciuta come «legge Ronchey», che permette al Ministero per i beni e le attività culturali di stipulare convenzioni con organizzazioni di volontariato aventi finalità culturali, con l'obiettivo di integrare l'attività lavorativa del personale dell'amministrazione. Ad essa si aggiunge l'articolo 112 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio) in cui si prevede che, al fine di regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla valorizzazione dei beni culturali, lo Stato, le regioni, gli enti pubblici territoriali e ogni altro ente pubblico possono stipulare accordi anche con le associazioni di volontariato che abbiano finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali. Infine, all'articolo 117, comma 1, lettera e) dello stesso codice è espressamente prevista la possibilità per i gestori di servizi aggiuntivi di organizzare servizi di intrattenimento per l'infanzia, di informazione, illustrazione, guida e assistenza didattica sul patrimonio culturale e questo, indubbiamente, incentiva il ricorso delle varie amministrazioni pubbliche ad accordi con le associazioni culturali ai fini del reclutamento di volontari da impiegare nell'organizzazione di tali attività e servizi;

    tale quadro normativo ha tuttavia agevolato la trasformazione del volontariato in vero e proprio lavoro gratuito mascherato, nonché incentivato il suo sistematico utilizzo in sostituzione del lavoro retribuito e qualificato. Molto spesso, infatti, vengono affidate ai volontari mansioni particolarmente gravose e di responsabilità, come l'apertura di un museo, l'inventariazione e la catalogazione del patrimonio libraio e archivistico ai fini della digitalizzazione, la conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio documentario e culturale complessivo, l'attività di guida turistica. Tale evoluzione non ha fatto altro che alterare il mercato del lavoro nel settore, condizionandone non solo le possibilità di accesso da parte dei professionisti e i loro livelli retributivi, ma anche la qualità dei servizi culturali offerti. A ricorrere al volontariato sono sia i privati che attraverso il sistema di cooperative e onlus reclutano volontari, generando, profitti esenti da tasse e contributi, sia il pubblico, con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) e gli istituti di cultura statali che spesso pubblicano bandi volti al reclutamento di personale volontario a copertura dei servizi necessari;

    gran parte dei lavoratori del settore culturale vivono una condizione di precarietà, con contratti di lavoro praticamente inesistenti o che prevedono un semplice rimborso spese a titolo di compenso, venendo spesso reclutati come volontari per sopperire all'assenza di personale all'interno delle strutture culturali. Inoltre, il riconoscimento di alcune professionalità culturali, come l'archeologo, l'archivista, il bibliotecario, il demoetnoantropologo, l'antropologo fisico, l'esperto di diagnostica e di scienza e tecnologia dei beni culturali, gli storici dell'arte, avvenuto con la legge 22 luglio 2014, n. 110, in piena linea con gli atti di indirizzo europei relativi al Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l'apprendimento permanente (EQF), risulta essere del tutto frammentario e incompleto a fronte di alcune professioni come l'educatore museale, il paleontologo, il manager del patrimonio culturale che, pur esistendo nel panorama universitario o già operanti nel mercato del lavoro, sono ignorate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, precludendo di fatto a tali profili l'accesso ai bandi di concorso e il riconoscimento delle relative tutele,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, volta a definire in maniera precisa e puntuale gli ambiti di attività e le mansioni riservate alle varie categorie di professionisti dei beni culturali, nonché quelle strettamente riconducibili al mondo del volontariato, considerato sia in forma singola che associata;

   ad adottare iniziative per prevedere che, nell'ambito dell'organizzazione dei servizi aggiuntivi per la fruizione, anche didattica, del patrimonio culturale, i concessionari partecipanti ai relativi bandi siano in possesso di determinati requisiti organizzativi e precisi standard innovativi, nonché facciano esclusivamente riferimento all'utilizzo di risorse umane altamente qualificate e/o abilitate e applichino i contratti collettivi nazionali di settore;

   ad adottare iniziative per definire con chiarezza l'esclusiva funzione di supporto del personale volontario, compreso quello legato a progetti di alternanza scuola-lavoro, rispetto all'attività istituzionale del personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, evitando che l'ampia partecipazione di giovani e cittadini alle attività di valorizzazione del patrimonio, seppur auspicabile e meritevole, conduca, in capo ai volontari, alla nascita di vincoli di subordinazione, nonché all'assegnazione ai medesimi di compiti e responsabilità particolarmente gravose e alla definizione di orari di lavoro che nulla hanno a che vedere con lo status di volontario;

   a sostenere ogni utile iniziativa normativa volta a includere nel sistema degli elenchi dei professionisti dei beni culturali, istituiti presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, anche le figure professionali di educatore museale, paleontologo, manager del patrimonio culturale, realtà lavorative già da molti anni operanti nel settore, ma del tutto ignorate dal punto di vista legislativo e quindi impossibilitate ad accedere ai bandi di concorso e al sistema di tutele previsto dalla normativa vigente.
(7-00514) «Testamento, Del Sesto, Tuzi, Villani, Casa, Carbonaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la Bericah spa, di Arcugnano (Vicenza), è azienda leader in Italia nella commercializzazione di guanti monouso e altri dispositivi di protezione individuale, a beneficio, in particolare del settore sanitario;

   in data 31 marzo 2020 la Consip spa ha stipulato con Bericah, nell'ambito di una procedura negoziata d'urgenza «Emergenza Covid 19» — ID 2288-Lotto 7 — un accordo quadro con cui quest'ultima ha assunto espresso impegno a fornire dispositivi di protezione individuali, in particolare guanti monouso in vinile, il tutto per un importo massimo di euro 210.000;

   inopinatamente, in data 14 maggio 2020 con nota a firma dell'amministratore delegato ingegner Cristiano Cannarsa, Consip ha comunicato di non aver più interesse all'approvvigionamento dei dispositivi oggetto dei lotto e, conseguentemente, il venir meno di qualsiasi vincolo d'offerta e contrattuale dichiarando infine che Bericah non avrà più nulla pretendere in riferimento alla fornitura in questione. La decisione di Consip sarebbe motivata dal fatto che la Protezione civile non avrebbe più interesse all'approvvigionamento dei guanti monouso;

   il danno subito da Bericah è gravissimo, in quanto l'azienda nel frattempo ha acquisito e pagato i guanti al produttore;

   quanto dichiarato da Consip appare tuttavia in palese contraddizione con i decreti di requisizione dei guanti monouso importati da Bericah, disposti dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ufficio di Napoli 1, (quale soggetto attuatore del commissario straordinario per emergenza Covid 19), in data 23 aprile 2020, e dell'Agenzia delle dogane di Civitavecchia in data 29 aprile 2020;

   delle due l'una: tertium non datur; o i guanti non interessano davvero più alla Protezione civile (come dichiara Consip) ed allora non si spiega il motivo della loro requisizione in dogana, ovvero servono ancora, al punto da essere requisiti in dogana, come sembrerebbe evidente dalle cronache, non solo nazionali, ma allora risulta chiaro che la Bericah è stata vittima di una inaccettabile scorrettezza contrattuale, posta in essere dalla burocrazia statale;

   quanto ai guanti requisiti, ora la Protezione civile intende pagarli, come da nota 2 luglio 2020 del commissario straordinario Arcuri, solo ai valori di mercato del 31 dicembre 2019;

   pratiche commerciali, ad avviso dell'interrogante, così scorrette, determinano sconcerto negli operatori del mercato e rischiano di mettere in crisi la catena degli approvvigionamenti, di cui il Paese ha vitale necessità nell'emergenza Covid-19 –:

   per quali motivi vengano requisiti dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli i guanti monouso, se davvero, come dichiara Consip, la Protezione civile non ha interesse al loro approvvigionamento;

   se davvero il nostro Paese non abbia necessità in questa fase dell'emergenza Covid-19 di guanti monouso;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attuare per garantire all'Italia una fornitura di guanti monouso adeguata alle necessità.
(2-00856) «Zanettin, Gelmini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la chiusura delle frontiere a febbraio 2020 a causa dell'epidemia di COVID-19, migliaia di coppie non sposate binazionali, cioè originarie e residenti in due Paesi diversi con i confini ancora chiusi, sono state completamente lasciate allo sbando, non avendo alcuna possibilità di ricongiungersi;

   mentre in Italia la Presidenza del Consiglio ha rispolverato il termine «congiunti» con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile per estendere agli «affetti stabili» la possibilità di vedersi, le coppie di congiunti/affetti stabili binazionali non godono della stessa protezione, soprattutto se dell'area non Schengen;

   questa categoria è rimasta estranea alle esenzioni previste per lavoratori, studenti e famiglie. Di fatto vengono considerati turisti;

   alcuni Governi di Paesi dell'Unione europea hanno già adottato normative ad hoc per i congiungimenti delle coppie binazionali, con protocolli che prevedono tamponi, quarantena e autocertificazione in merito alla circostanza che la relazione non è di comodo, pena la reclusione in caso di dichiarazione mendace –:

   se il Governo intenda adottare iniziative volte a prevedere gli opportuni correttivi per consentire l'accesso al territorio nazionale dei componenti delle coppie binazionali, al fine di potersi finalmente ricongiungere.
(4-06308)


   BARATTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   con l'adesione alla convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, avvenuta con legge n. 476 del 1998, è stata istituita in Italia la Commissione per le adozioni internazionali il cui funzionamento e assetto organizzativo è stato successivamente riformato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007;

   a tale Commissione sono delegate funzioni di massima rilevanza con riferimento alla tutela dei minori ed all'ordinato esercizio delle attività di adozioni, in particolare autorizzando e vigilando sugli enti autorizzati ad operare ai sensi della legge sulle adozioni, la legge n. 184 del 1983 (articolo 39-ter);

   alla Cai spettano ulteriori e non subordinati compiti relativi alla promozione di iniziative rivolte alla operazione internazionale le quali debbono, in ogni caso, essere ispirate come del resto l'intera sua attività, all'interesse superiore del minore («best interest of the child» come lo ha più volte definito la giurisprudenza internazionale);

   nell'ambito di tali iniziative in data 10 giugno 2020 veniva pubblicato il bando «bando per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale» con dotazione finanziaria di euro 4.500.000,00 al fine di finanziare progettualità esterne provenienti dagli Enti autorizzati nei Paesi di riferimento;

   gli interventi finanziati dovranno avere ad oggetto azioni volte a promuovere «la prevenzione ed il contrasto dell'abbandono dei minori nei Paesi d'origine» vertendo su tre tematiche prioritarie: Salute, Accoglienza ed Educazione, rivolte al permanere dei minori nella famiglia naturale e più in generale nel contesto socioculturale di appartenenza: in famiglie affidatarie o adottive;

   la Cai è oggi organismo con dotazione di personale rilevante, avendo al proprio organico in attivo circa 25 tra dirigenti (di cui il direttore di prima fascia e due di seconda fascia) e impiegati funzionari con adeguata dotazione finanziaria;

   tale dotazione di personale e di risorse finanziarie non si concilia secondo l'interrogante con la prassi adottata rivolta all'esternalizzazione delle funzioni proprie di esclusiva competenza della Cai, palesando lo stesso stanziamento delle risorse per il suddetto bando criticità evidenti sotto il profilo dell'efficiente gestione delle risorse pubbliche ed attinenti all'organizzazione tecnica stessa della Commissione;

   tale evidenza appare confortata dalla mancata presentazione della Relazione biennale al Parlamento da parte del Presidente della Commissione –:

   quale sia lo stato dell'attività della Commissione, anche premettendo un'approfondita verifica sulle attività della stessa;

   quali iniziative intenda adottare per valutare la congruità finanziaria e la rispondenza ai fondamentali principi di economia ed efficienza della spesa pubblica, con riferimento al bando di cui in premessa;

   se intenda valutare, all'esito della valutazione di cui sopra, l'opportunità di sospendere l'esecutività del bando in questione fornendo contestualmente elementi sulle criticità evidenziate.
(4-06311)


   FERRO, DONZELLI, GALANTINO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e ROTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sta creando panico e tensione la notizia dello sbarco, il secondo in dieci giorni, di 70 immigrati di nazionalità pachistana soccorsi al largo di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, dei quali 28 risultati positivi al coronavirus, mentre la nave Fiorillo della Guardia costiera italiana ha soccorso 60 migranti su un barcone e si sta dirigendo verso Pozzallo;

   48 adulti in giovane età sono stati trasferiti tra Bova e Amantea, dove operano due strutture attrezzate per gli ulteriori accertamenti e la quarantena, mentre altri venti migranti, tutti minori, sono ospitati in una struttura messa a disposizione del comune di Roccella Jonica, presidiata dalle forze dell'ordine;

   ad Amantea, uno dei centri turistici e commerciali più importanti e popolosi della provincia di Cosenza, alcuni cittadini sono scesi in strada per protesta, chiedendo alle istituzioni che le persone risultate positive al Covid-19 vengano trasferite in strutture più idonee;

   dura la denuncia della governatrice della regione Calabria, Jole Santelli, secondo la quale: «L'unica soluzione in grado di evitare pericoli per la salute della popolazione calabrese non può che essere quella di procedere alla requisizione di unità navali, da dislocare davanti alle coste delle regioni italiane maggiormente interessate dagli sbarchi, a bordo delle quali potranno essere svolti i controlli sanitari sugli immigrati e potrà essere assicurata, in caso di positività, l'effettuazione del periodo di quarantena obbligatoria»;

   la gestione incontrollata dei flussi migratori rischia di vanificare gli importanti risultati raggiunti in termini di contenimento del contagio da Covid, costato a tutti i cittadini italiani grandissimi sacrifici sociali ed economici;

   come ha rimarcato l'assessore al turismo Orsomarso, essere una regione libera dal Covid ha consentito alla Calabria di proporsi come meta turistica sicura, con riscontri incoraggianti in termini di presenze e prenotazioni. Il turismo è linfa vitale per l'economia regionale, ma se si trasforma la Calabria nel pre-triage Covid dell'Europa, ogni sforzo delle istituzioni, degli imprenditori e dei cittadini sarà reso vano;

   ogni singolo sbarco può rappresentare una grave minaccia nazionale e riaccendere focolai di contagio, in particolare, nelle regioni del sud Italia, dove il sistema sanitario risulta già fortemente indebolito e stressato da anni di tagli alla sanità pubblica;

   è davvero incomprensibile come mai siano stati, giustamente, bloccati tutti gli ingressi sul territorio nazionale da 13 Nazioni a rischio, ma poi continuino gli sbarchi sulle coste italiane di barconi provenienti dall'Africa, uno dei focolai più preoccupanti a livello mondiale –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire una risposta immediata all'ondata ininterrotta di flussi migratori, impedendo lo sbarco ai migranti risultati positivi al Covid-19, al fine di garantire il diritto alla salute dei cittadini italiani;

   se e dove verranno trasferiti i 70 migranti sbarcati sulle coste calabresi e come il Governo intenda dar seguito all'accordo di Malta in materia di ricollocamenti.
(4-06313)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze — Per sapere – premesso che:

   nella difficile fase del lockdown, causa emergenza da Covid-19 le televisioni private hanno svolto uno speciale ruolo di informazione e comunicazione ai cittadini che in casa avevano costante bisogno di notizie ed aggiornamenti sulla situazione di emergenza e hanno sopperito gratuitamente ad una carenza delle istituzioni;

   nella commissione trasporti, nel corso delle audizioni per il cosiddetto «decreto rilancio» ad operatori del settore delle TV private, si è ascoltata la loro posizione, che è stata condivisa da molti parlamentari di tutti gli schieramenti politici, affinché le risorse rivolte alle televisioni private fossero suddivise in due parti, ossia, il 50 per cento in parti uguali a sostegno delle aziende televisive del settore ed il 50 per cento in base al punteggio dei dipendenti di ogni televisione, a difesa dei dipendenti occupati nel settore;

   non si faceva richiesta di nuovi stanziamenti, ma si chiedeva fattivamente una modalità di distribuzione chiara, condivisa, in linea al recente pronunciamento della Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha giudicato potenzialmente distorsivi i criteri fin qui seguiti;

   si ritiene che si possa porre rimedio, per corrispondere alle aspettative di un settore che si aspetta un radicale cambiamento, affrontando le modifiche necessarie al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 che anche l'Autorità di controllo sopra richiamata auspica –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per ottemperare alle indicazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e per dare una più equa distribuzione delle risorse pubbliche previste per le televisioni private.
(4-06318)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORMENTINI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   con l'approvazione da parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo, la Repubblica Popolare Cinese ha varato il 30 giugno scorso una legge sulla sicurezza della Regione autonoma di Hong Kong che viola gli accordi del 1984 in base ai quali il Regno Unito restituì la sua colonia al governo di Pechino;

   in seguito all'entrata in vigore della nuova legge, il governo di Pechino ha assunto responsabilità dirette nel mantenimento dell'ordine nella Regione autonoma di Hong Kong;

   la legge sulla sicurezza nazionale punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con forze straniere compiuti nel territorio della Regione autonoma di Hong Kong;

   la circostanza è stata stigmatizzata da numerosi Paesi alleati dell'Italia, come gli Stati Uniti e, in particolare, la Gran Bretagna, che si è dichiarata pronta a concedere il visto d'ingresso nel Regno Unito agli abitanti di Hong Kong che decideranno di abbandonare la regione autonoma, ormai passata sotto il controllo delle autorità militari e di polizia della Repubblica Popolare Cinese;

   in Canada, un parlamentare, il senatore Stephen Greene, ha proposto di sospendere l'applicazione degli accordi di estradizione concernenti cittadini residenti ad Hong Kong;

   il Governo italiano, di contro, non si è ancora espresso sull'accaduto, sostanzialmente ignorando la soppressione di buona parte dell'autonomia di Hong Kong, di fatto attualmente ridotta al solo campo economico-finanziario –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione alla limitazione dell'autonomia della Regione di Hong Kong, anche sotto il profilo della protezione di coloro che intenderanno lasciarne il territorio per ragioni politiche.
(3-01674)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, LA MARCA, SCHIRÒ, ANDREA ROMANO, BOLDRINI, FIANO, DE MARIA, MARTINA, BRUNO BOSSIO, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, SENSI, PEZZOPANE, PELLICANI, CENNI, SOVERINI, CIAMPI, ZAN, INCERTI, BONOMO,CARNEVALI, MURA, NARDI, RIZZO NERVO, ROSSI, FRAILIS, ORFINI, PICCOLI NARDELLI, CARLA CANTONE, CRITELLI e RACITI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   il tribunale del Cairo ha disposto il rinnovo della detenzione per 45 giorni di Patrick George Zaky, il ricercatore egiziano – e cittadino onorario della città di Bologna – per i diritti umani dell'Università di Bologna detenuto in Egitto da febbraio scorso con l'accusa di propaganda sovversiva;

   Zaki si trova in carcere ormai da più di 150 giorni, rinchiuso nella famigerata Sezione II Scorpion della prigione di Tora, dedicata agli oppositori del regime di Abdel Fattah al-Sisi, senza sapere con chiarezza le reali accuse mossegli e in attesa di un giusto processo;

   con rammarico, dobbiamo constatare che lo scenario dell'arresto di Zaki è comune attualmente in Egitto. La nostra memoria non può non andare al nostro Giulio Regeni, barbaramente ucciso e ancora in attesa di giustizia, ma, purtroppo, molti altri attivisti e ricercatori sono stati arrestati e torturati negli ultimi anni. Infatti, secondo un recente rapporto di Amnesty International dal titolo «Stato permanente di eccezione», sono numerosissime e continue le violazioni dei diritti umani – motivate dall'allerta contro il terrorismo e dallo stato di emergenza (ininterrotto dal 2017) – di cui a pagare le spese sono attivisti, giornalisti e anche semplici cittadini. Arresti e detenzioni arbitrarie che durano mesi, talvolta anni, senza che si giunga mai a un processo, ma disposti nell'ottica di una politica del controllo, volta a reprimere con tali, vili strumenti, ogni forma di dissenso;

   l'arresto e la tortura di giovani egiziani e stranieri prelevati dai servizi egiziani non può restare nel silenzio. Il nostro Paese, gravemente ferito in tal senso, ma anche l'Europa e i paesi occidentali, dovrebbero con fermezza, attraverso i propri rapporti diplomatici nel Mediterraneo, impedire questa sistematica violazione dei diritti umani e civili, proprio partendo dal caso di Zaki, tristemente simbolo di tanti altri –:

   quali iniziative, nelle sedi bilaterali con l'Egitto e nei consessi europei e internazionali, stia intraprendendo il Governo, per ottenere l'immediato rilascio di Patrick Zaki e la tutela dei diritti umani e civili in Egitto.
(3-01675)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ANDREA ROMANO, SCHIRÒ, LA MARCA e BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Turchia è stata presentata in Parlamento martedì 30 giugno 2020 una legge di riforma dell'avvocatura che, prevede l'istituzione di Ordini alternativi a quelli esistenti, che, se dovesse essere approvata, consentirebbe al Governo il controllo anche sulle elezioni degli organi dirigenti dei vari ordini professionali;

   in tutto il Paese, gli avvocati stanno protestando per il timore che il presidente Erdoğan voglia ridurre al silenzio la società civile, partendo dall'Ordine degli avvocati, che negli ultimi anni hanno posizioni di forte critica nei confronti della politica del Governo e si sono spesi moltissimo per difendere dissidenti, giornalisti, politici d'opposizione e attivisti;

   il 30 giugno, davanti al Tribunale di Çalayan gli avvocati hanno inscenato una protesta che ha visto l'intervento del presidente dell'Ordine di Istanbul che ha tenuto un accorato discorso sui valori laici e democratici da sempre presidiati dall'avvocatura turca, ma la RTÜK, la massima autorità di controllo delle telecomunicazioni turche, ha provveduto ad oscurare per cinque giorni le due reti televisive – Tele 1 e Halk Tv – molto critiche nei confronti di Erdoğan e del suo partito, che volevano trasmettere le immagini della protesta. Il Governo controlla già il 90 per cento dei canali di informazione, e ora i media imbavagliati in Turchia sono 121: 53 giornali, 20 riviste, 18 emittenti televisive, 24 stazioni radiofoniche e 6 agenzie di stampa;

   Ebru Tìmtik e Aytaç Ünsal, due avvocati detenuti in Turchia, hanno iniziato uno sciopero della fame dal 3 febbraio 2020, per protestare contro le lunghe pene a cui sono stati condannati con l'accusa di «appartenenza a un'organizzazione terroristica». Essi si trovano in carcere per aver difeso gli artisti Helin Bolek e Mustafa Kocak, membri della band Grup Yorum;

   i due cantanti erano stati arrestati con l'accusa di reati di eversione, per aver esercitato, nei concerti che furono vietati dal 2016, il diritto di espressione con le canzoni che manifestavano il loro consenso rispetto alla politica governativa di Erdoğan. Entrambi gli artisti sono deceduti nel mese di aprile 2020 in carcere a seguito dello sciopero della fame durato oltre 300 giorni per chiedere la loro scarcerazione; i due avvocati – collegati al ÇHD, un'associazione di avvocati che si concentra sul diritto alla vita e alle campagne per la prevenzione di attacchi alla dignità umana e ai diritti fondamentali, è stata chiusa il 22 novembre 2016 con un decreto emesso in stato di emergenza – sono stati condannati a 18 anni e 6 mesi e a 10 anni e 6 mesi, con l'accusa di «appartenenza a un'organizzazione terroristica» e sono attualmente in condizioni gravissime, sia fisiche che psicologiche, a causa del digiuno che stanno conducendo per la loro liberazione;

   a sostegno degli avvocati turchi, oltre 300 avvocati, in tutto il mondo, hanno firmato una petizione e l'associazione «Lawyers for Lawyers» – che difende gli avvocati minacciati nell'esercizio della propria professione – è profondamente preoccupata per le condizioni di salute dei due colleghi. Anche l'Avvocatura italiana si è mobilitata: il Cnf, il Ccbe (Ordini forensi europei) e l'Oiad (Osservatorio avvocati in pericolo) hanno chiesto al Governo turco di estendere anche agli avvocati detenuti l'amnistia concessa per la pandemia da Covid-19 e la scarcerazione dei due avvocati in sciopero della fame;

   l'attuale repressione di ogni voce critica e di opposizione, accusata di minare la sicurezza nazionale, operata dal Governo turco desta molte preoccupazioni in tutto il mondo occidentale –:

   quali iniziative intenda, per quanto di competenza, assumere il Governo, nei consessi bilaterali con la Turchia e internazionali ed europei, per preservare la fondamentale autonomia degli Ordini forensi turchi e lo Stato di diritto.
(5-04349)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 10 luglio 2020, sulla testata online ildenaro.it è stato pubblicato un articolo in cui vengono riportate le attività per il rimpatrio delle persone bloccate in Marocco svolte dall'ambasciata d'Italia a Rabat e dal consolato generale d'Italia a Casablanca;

   a seguito dell'interruzione dei collegamenti diretti con l'Italia, le autorità diplomatiche dichiarano di aver assistito, dal 10 marzo 2020, circa 6.500 connazionali e cittadini residenti in Italia con permesso di soggiorno, rivoltisi agli uffici delle due sedi;

   in particolare, si parla di diciannove operazioni di rimpatrio, a beneficio di tutti i connazionali e cittadini stranieri residenti in Italia che ne avessero fatto richiesta, attraverso dodici vettori aerei e tre marittimi che hanno consentito il rientro in Italia di circa 3.500 persone;

   tali affermazioni contrastano con quanto emerge da un monitoraggio in rete che, al contrario, restituisce un'immagine delle autorità consolari italiane decisamente assenti e sorde ai bisogni dei cittadini italiani;

   a maggio e giugno 2020 si sono avute diverse manifestazioni di protesta davanti alle sedi diplomatiche italiane in Marocco, con le quali si denunciava il silenzio dei funzionari italiani in merito alle richieste di rimpatrio pervenute;

   sul gruppo Facebook «Italiani in Marocco» sono molto frequenti i commenti che raccontano di utenti che lamentano di non aver ricevuto risposte né telefonicamente né via mail o pec;

   inoltre, sul gruppo Facebook «Associazione Culturale Italiana nel regno del Marocco – ACIRM», vengono raccontati con dovizia di particolari diversi episodi di mancata assistenza agli italiani in fase di imbarco a Tangeri, al punto che la maggior parte di queste persone non hanno potuto proseguire il proprio viaggio via nave per l'assenza del numero di un codice che il consolato generale d'Italia avrebbe dovuto comunicare loro per l'imbarco;

   questo codice, raccontano sul gruppo, era l'unico modo legale per avere accesso alla nave, ma il consolato e l'ambasciata italiana, che se ne occupano, avrebbero «dimenticato» di comunicarlo alle persone interessate;

   i responsabili di entrambi gli uffici non avrebbero nemmeno risposto al telefono, indicano diversi viaggiatori. Molte persone sono rimaste così al molo del porto Tangeri Med a causa dell'assenza del console e dei funzionari del suo dipartimento, mentre un funzionario diplomatico francese era presente con la lista degli aventi diritto all'imbarco per risolvere eventuali criticità –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e, nel caso, quali iniziative intenda assumere il Governo per tutelare i diritti degli italiani in Marocco davanti al silenzio delle rappresentanze italiane.
(4-06309)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   GALLO. – Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. – Per sapere – premesso che:

   Come noto, il Comitato tecnico scientifico ha approvato il documento conclusivo, successivamente aggiornato, relativo alle misure di contenimento del contagio dal virus SARS-CoV-2 nell'ambito del settore scuola per gli istituti di ogni ordine e grado, ai fini dell'apertura del prossimo anno scolastico;

   con riferimento alla scuola dell'infanzia, nel «documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del sistema nazionale di istruzione» è indicato che «(...) occorre approntare modalità organizzative che contemplino la difficoltà di garantire il distanziamento fisico, se non tra gli adulti. Stante ciò, è necessario prevedere protocolli di funzionamento dei servizi per l'accesso quotidiano, le modalità di accompagnamento e di ritiro dei bambini, nonché per l'igienizzazione degli ambienti, delle superfici, dei materiali. (...)»;

   inoltre, è importante sottolineare che nel medesimo documento è evidenziata la necessità di valorizzare e impiegare, per quanto possibile, tutti gli spazi interni ed esterni, privilegiando l'utilizzo di spazi aperti –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, d'intesa con gli enti territoriali, al fine di individuare una data di inizio, possibilmente univoca, delle attività della scuola dell'infanzia.
(3-01670)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MACCANTI, LUCCHINI, BADOLE, GOBBATO, PAROLO, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9, comma 11, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, ha istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco;

   l'articolo 2, comma 26, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, ha previsto l'emanazione di un apposito decreto del Ministro ai fini della determinazione dei requisiti richiesti per l'iscrizione all'albo e delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali;

   in attuazione di quanto disposto dal citato comma 26, è stato emanato il decreto ministeriale 15 giugno 2016, n. 143, recante «Regolamento dell'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di ente parco nazionale, ai sensi dell'articolo 2, comma 26, della legge 9 dicembre 1998, n. 426»;

   l'articolo 1 di tale regolamento reca le «Modalità di iscrizione all'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco nazionale» e, in particolare, prevede l'indizione di un apposito concorso per titoli, da pubblicare sul sito web del Ministero, con cadenza almeno biennale;

   l'ultimo aggiornamento dell'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco nazionale è stato effettuato con bando pubblicato sul sito web del Ministero e sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 13 gennaio 2017;

   il direttore dell'ente parco è una figura molto importante per la gestione dell'area protetta, perché costituisce un centro di responsabilità unico dei procedimenti amministrativi, ed è spesso, per un numero consistente di enti parco, l'unico dirigente in servizio;

   per tali motivi al direttore del parco sono richieste comprovate competenze, tali da restringere i potenziali candidati ad uno specifico albo nazionale tra cui scegliere la rosa di tre candidati da proporre al Ministro, da parte del consiglio direttivo del parco, ai fini della nomina;

   l'indizione di un concorso per l'aggiornamento dell'albo, con cadenza biennale, ha proprio lo scopo di garantire la qualificazione del direttore e l'efficienza dell'amministrazione dell'ente parco, al di là di ogni possibile conflitto d'interessi;

   sono trascorsi più di tre anni dall'indizione dell'ultimo concorso di aggiornamento dell'albo –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare tutte le iniziative di competenza per l'indizione di un apposito concorso per titoli, da pubblicare sul sito web del Ministero, ai fini dell'aggiornamento dell'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco nazionale.
(5-04346)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORDONALI, DONINA, FORMENTINI, EVA LORENZONI e RAFFAELE VOLPI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

  il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha recentemente comunicato di aver deciso di sospendere il progetto di ampliamento dell'aeroporto di Brescia «Gabriele D'Annunzio»;

   all'origine del diniego, la richiesta della commissione tecnica di verifica, di approfondimenti riguardo il traffico cargo-posta, dove è prevista una crescita nei prossimi 12 anni del 2000 per cento. Una crescita esponenziale di atterraggi e decolli che secondo il Ministero richiederà adeguate misure di mitigazione dell'inquinamento atmosferico e acustico. Tra l'altro, secondo la relazione ministeriale «occorre presentare uno studio che valuti gli impatti delle nuove opere sulla salute pubblica, con adeguati confronti tra la situazione attuale e quella prevedibile nello scenario di massimo sviluppo del masterplan aeroportuale»;

   anche il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha chiesto ulteriori approfondimenti per tutelare i beni architettonici dell'intera area: «Riguardo agli aspetti archeologici, come segnalato dalla Soprintendenza, il sedime del piano di sviluppo aeroportuale ricade nel territorio di Montichiari, Castenedolo e Ghedi che risulta interessato da un'alta frequenza di siti archeologici di varia epoca, dalla Preistoria all'Età Medievale»;

   l'aeroporto di Brescia-Montichiari è la principale base di smistamento della corrispondenza aerea di Poste Italiane: ogni notte partono e arrivano voli postali e cargo di Alitalia/Mistral Air. L'aeroporto beneficia, inoltre, di un'intensificazione del traffico merci, in forza di un accordo di partnership siglato tra Poste italiane e Amazon. Il trend cargo ha avuto un ulteriore incremento da marzo 2017 con l'inizio delle attività di SW Italia e Silk Way West Airlines, le quali operano voli settimanali tra Brescia, Baku e Hong Kong. Dal mese di novembre 2018, l'aeroporto accoglie altresì i voli cargo del corriere internazionale DHL;

   mentre i cieli di tutta Europa sono rimasti chiusi durante la quarantena con centinaia di aerei che rimangono fermi al suolo, mettendo in serio dubbio la sopravvivenza della maggior parte delle compagnie aeree, l'aeroporto di Brescia-Montichiari ha registrato un trend positivo legato al traffico di voli cargo. Nei primi mesi del 2020 le tonnellate di merci trasportate in tutta Italia hanno registrato valori di circa 1/3 inferiori rispetto agli stessi mesi del 2019. Nel solo mese di marzo 2020 gli aeroporti italiani hanno perso 32 punti percentuali in relazione alle merci trasportate per via aerea («solo» 66.266 tonnellate contro le 97.182 dell'anno prima). L'aeroporto «Gabriele D'Annunzio», invece, ha visto questo dato salire intorno al 20 per cento (2.479 tonnellate – principalmente posta – contro le 2 mila del 2019) ed è l'unico aeroporto del centro-nord Italia a poter vantare un segno positivo;

   l'aeroporto di Brescia-Montichiari ha un potenziale enorme non sfruttato, dispone di strutture che aeroporti di carature internazionali invidiano, come i 3.000 metri di pista in grado di ospitare i giganti del cielo come il Boeing 747-8 e l'Antonov 124, è in una posizione strategica che lo pone al centro dei crocevia autostradali e ferroviari più importanti del Paese, oltre che in prossimità di uno dei bacini industriali più importanti a livello globale. La vicinanza con il lago di Garda, meta di turisti di mezza Europa, potrebbe richiamare il traffico passeggeri;

   sullo scalo di Montichiari sono previsti 100 milioni di euro di investimenti a partire dal prolungamento della pista di oltre un chilometro per consentire l'atterraggio e il decollo di velivoli cargo a pieno carico in volo sulle rotte di Cina e Stati Uniti. In agenda vi è anche la costruzione di magazzini e di un centro di assistenza tecnica –:

   quali siano le ragioni che impediscono al Governo di rilasciare il nulla osta per l'ampliamento dello scalo e come eventualmente possano essere rimossi gli ostacoli di cui in premessa.
(4-06323)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dopo anni di battaglie, con il ricorso alla Corte costituzionale, fino alla recente sentenza della Consulta n. 120 del 2018 che definisce incostituzionale l'articolo 1475, comma 2, del codice dell'ordinamento militare nella parte in cui vietava ai soldati di costituire associazioni a carattere sindacale, il Ministero della difesa, in attesa che il Parlamento approvi una legge sul sindacato militare delle Forze armate, ha disciplinato, con due diverse circolari, la costituzione e la funzionalità delle medesime associazioni;

   in considerazione del vulnus normativo in materia, la Commissione difesa della Camera dei deputati ha avviato l'esame di alcune proposte di legge sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare in cui è stabilito che le controversie in materia sindacale del personale militare e delle associazioni sindacali militari sono devolute non più al giudice del lavoro, bensì alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

   a tal proposito, il sindacato libera rappresentanza dei militari (primo sindacato della storia dell'Esercito) ha ravvisato come la scelta testé menzionata, riguardo alla giurisdizione delle controversie in materia sindacale, stia generando evidenti perplessità per alcune sigle sindacali;

   il personale delle forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare attendono, infatti, ormai da anni, una legge in materia sindacale che, sulla base del modello già in vigore per il corpo della polizia, possa garantire alle organizzazioni sindacali di rivolgersi al giudice del lavoro in casi di comportamenti antisindacali da parte del proprio datore di lavoro;

   a ciò si aggiunga che, come risulta all'interrogante, sulla base di alcune segnalazioni, alcune amministrazioni delle Forze armate sembrerebbero ignorare e, in alcuni casi, emarginare le organizzazioni sindacali riconosciute non rispondendo alle varie segnalazioni proposte sulle problematiche attinenti ai propri tesserati;

   gli atteggiamenti appena riportati potrebbero verosimilmente far intendere all'interrogante che non viene rispettato il giudizio insindacabile espresso dalla Consulta nonché le circolari trasmesse dal Ministero della difesa sull'operatività delle organizzazioni sindacali dei militari;

   inoltre, alle organizzazioni sindacali dei militari è concessa la possibilità di incontrare su richiesta formale i propri colleghi nelle caserme al di fuori dell'orario di servizio, mentre la stessa procedura non è applicata per la rappresentanza militare a qualsiasi livello (compagnie assicurative, finanziarie, banche, associazioni culturali, onlus enti no profit, e altro) a cui è concessa la possibilità di incontrare i militari anche in orario di servizio –:

   se il Ministro interrogato non intenda porre in essere ogni iniziativa utile affinché le amministrazioni delle Forze Armate rispondano alle varie istanze rappresentate e se non intenda accertarsi, per quanto di competenza, che non vi siano forme di emarginazione nei riguardi delle organizzazioni sindacali riconosciute;

   se il Ministro non intenda adottare iniziative al fine di eliminare ogni tipo di disparità all'interno della rappresentanza militare, a qualsiasi livello, al fine di prevedere la possibilità per le organizzazioni sindacali di incontrare su inchiesta formale i colleghi appartenenti alle altre Forze armate anche nell'orario di servizio.
(4-06322)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANGIOLA e MURONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Corte costituzionale, con una sentenza «storica» del 23 giugno 2020, ha chiarito che l'attuale contributo pari a 285,66 euro, previsto in Italia per i cittadini colpiti da invalidità civile totale ai sensi della legge n. 118 del 1971 e con un reddito annuo pari o inferiore a 6.713,98 euro, debba essere necessariamente aumentato fino al milione delle vecchie lire (514,46 euro). Il limite di reddito imposto dalla Consulta, si riferisce al reddito personale annuo lordo della persona titolare dell'assegno;

   purtroppo, in questo modo, si creano invalidi di serie A e invalidi di serie B, dal momento che le persone «disabili gravissime» sono rimaste escluse dal provvedimento della Consulta. Le persone disabili gravissime sono quelle che necessitano «di assistenza continua 24 ore su 24, a volte prestata anche da più persone contemporaneamente, l'interruzione della quale, anche per un periodo molto breve, può portare a complicanze gravi o anche alla morte»;

   si tratta di un numero contenuto di persone non autosufficienti, stimabile intorno alle 3-4.000, che necessiterebbero di un urgente sostegno finanziario come quello deciso dalla Corte costituzionale per gli invalidi totali;

   restano, inoltre, esclusi dalla citata sentenza «storica» anche gli invalidi parziali che si attestano tra il 75 per cento ed il 99 per cento;

   ci si domanda come possano vivere queste persone, disabili gravissimi e disabili che si attestano tra il 75 per cento e il 99 per cento, con 286 euro mensili, visto che nessuno offre loro un lavoro. Il report Istat «Conoscere il mondo della disabilità», riferito al 2019, mostra come meno di un terzo (31,3 per cento) delle persone disabili gravi, che hanno fra i 15 e i 64 anni, riesca ad avere un lavoro stabile e meno della metà (43,5 per cento) costruisce una rete di relazioni soddisfacenti. Queste persone vivono in isolamento e le loro limitazioni fisiche finiscono per ripercuotersi sulla stabilità emotiva;

   si rileva inoltre che l'articolo 38 della Costituzione italiana dispone che «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative a favore tanto delle persone «disabili gravissime», quanto di quelle con invalidità parziale che si attesta tra il 75 per cento e il 99 per cento con reddito inferiore a 6.713.98 euro, per innalzare la pensione di invalidità fino al milione di vecchie lire (514.46 euro), considerato che, in tal modo, si farebbe un passo decisivo verso una società più giusta e capace di prendersi cura dei suoi componenti più fragili.
(5-04348)

Interrogazione a risposta scritta:


   PATERNOSTER, FOGLIANI e BAZZARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Verona In, il 27 giugno 2020, ha pubblicato un articolo nel quale si evidenzia che, dopo l'espressione del voto – mercoledì 24 giugno 2020 – con riguardo ai temi dell'assemblea annuale dei soci di Cattolica Assicurazioni per l'approvazione del bilancio fissata per il successivo 27 giugno, Assicurazioni Generali s.p.a., tramite comunicato stampa del 25 giugno, informa dell'intenzione di acquisire il 24,4 per cento della sopracitata società cooperativa;

   in particolare, tale ingresso di Assicurazioni Generali s.p.a. avviene con aumento di capitale, mediante un investimento pari a trecento milioni di euro, che corrispondono a 54.054 milioni di azioni al prezzo unitario di 5,55 euro, con un significativo premio rispetto all'attuale quotazione del titolo in borsa, corrispondenti, dunque, al 24,4 per cento del capitale;

   in tal modo, Assicurazioni Generali s.p.a. diviene maggior azionista di tale società, subordinando il proprio ingresso alla condizione preliminare di prevedere la convocazione di un'assemblea straordinaria da parte di Cattolica Assicurazioni entro il 31 luglio per deliberare la trasformazione della società in società per azioni e la conseguente modifica dello statuto;

   il consiglio di amministrazione di Cattolica Assicurazioni ha, inoltre, deciso l'aumento del capitale di ulteriori duecento milioni da proporre agli attuali soci, anche se Assicurazioni Generali s.p.a. mantiene la possibilità di sottoscrivere parzialmente o interamente tale ulteriore quota, per raggiungere l'importo finale di cinquecento milioni entro il 30 settembre, indicato dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) per adeguare il coefficiente di solvibilità;

   emerge, pertanto, il dubbio che non siano state rispettate le norme di legge affinché tutti i soci, compresi i numerosi piccoli azionisti di Cattolica Assicurazioni, potessero essere informati della convocazione dell'assemblea e dei punti all'ordine del giorno;

   occorrerebbe verificare, inoltre, se sia stato leso il diritto di voto di tanti soci che non sono riusciti ad esprimerlo, a causa della complessità del sistema e della mancata informazione, avendo votato 1.376 soci su diciottomila, contro la media di circa quattromila soci votanti in assemblea;

   sarebbe oltremodo opportuno, a parere degli interroganti, che fossero rese pubbliche le clausole contenute nell'accordo tra Assicurazioni Generali s.p.a. e Cattolica Assicurazioni, perché i soci possano essere resi edotti della reale situazione gestionale ed economico-finanziaria di Cattolica Assicurazioni, molto florida fino a pochi mesi fa ed ora tale da rendere indispensabile il suddetto accordo imposto dagli organismi di vigilanza per la mancanza di solvibilità di quest'ultima –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, atteso che sono a rischio considerevoli perdite di posti di lavoro e significative risorse economiche per i soci e per tutta la città di Verona.
(4-06312)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2019, il tribunale di Cagliari ha assolto Salvatore Cicu (deputato dal 1994 al 2014, europarlamentare dal 2014 al 2019), Luciano Taccori (già sindaco di Sestu), Paolo Cau (ex consigliere comunale, anch'egli di Sestu) e tutti gli altri imputati campani statuendo che «il fatto non sussiste». La procura aveva contestato il riciclaggio di denaro proveniente dalla Camorra, nell'ambito di un'operazione relativa ad un terreno nell'area di Villasimius, su cui è stato poi realizzato un villaggio turistico;

   la sentenza ha disposto l'assoluzione con formula ampiamente liberatoria, sebbene il reato fosse ormai prescritto. Il che la dice lunga sull'univocità del quadro emerso nel contraddittorio dibattimentale. Giova rammentare, peraltro, che a Cicu l'accusa non aveva neppure contestato l'aggravante mafiosa;

   il tribunale di Cagliari ha così definito una vicenda giunta tristemente alla ribalta delle cronache alla fine del maggio scorso, quando il senatore del Movimento 5 Stelle e presidente della commissione antimafia Nicola Morra, sulla base delle determinazioni assunte dalla Commissione, aveva bollato come «impresentabile» la candidatura di Salvatore Cicu alle imminenti elezioni europee;

   questa vicenda dimostra come la materia del diritto all'elettorato attivo e passivo mal si presti alla semplificazione comunicativa, alla rincorsa degli umori della folla (o meglio, della sua pancia). Questo atteggiamento produce solo vittime, e nessun vincitore. È un gioco in cui perdono tutti: perde chi accusa, perde chi è accusato, che resta irrimediabilmente danneggiato, con ferite quantomeno morali e d'immagine che neppure la sentenza d'assoluzione può sanare appieno, purtroppo; perdono tutti i cittadini, sempre in pericolo di fronte a un sistema che sostituisce alle garanzie costituzionali la pretesa punitiva arbitraria dei pubblici poteri o la gogna mediatica. In questo caso, ha perso anche la democrazia rappresentativa: non si sa quanto questa vicenda abbia inciso rispetto alla mancata rielezione al Parlamento europeo di Cicu; non si sa quanto l'espressione del suffragio popolare sia stata alterata. Ciò che è sicuro è che la democrazia rappresentativa e la classe politica sono state ancora una volta delegittimate. Non è un caso che sempre, nella sua storia, il costituzionalismo abbia legato assieme democrazia e Stato di diritto: l'una non può andare disgiunto dall'altro. Simul stabunt, simul cadent. In un contesto così complesso come l'attuale, quindi, occorre proteggere le istituzioni, garantendo nient'altro più di ciò che è necessario: le garanzie e la cultura della Costituzione. Sotto questo profilo, lungi dal voler sindacare l'operato dell'organo parlamentare, obiettivo che sarebbe irrituale per lo strumento qui azionato, gli interpellanti ritengono si debba guardare al futuro invocando un intervento organico a tutela del diritto di elettorato attivo e passivo –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interpellato intenda adottare, per assicurare il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo.
(2-00859) «Pittalis, Gelmini».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   sull'asta del fiume Po e nelle sue prossimità sorgono numerosi ponti ammalorati, in particolare i ponti stradali, che a causa delle numerose criticità risultano già essere interdetti al traffico pesante. La maggior parte dei ponti stradali sono gestiti da Anas e per alcuni è previsto a breve il passaggio alla medesima società (come il ponte di Ostiglia-Revere in provincia di Mantova);

   con ripetuti atti ispettivi (fra i quali, l'interrogazione presentata nella passata legislatura n. 5-04503) sono state messe in evidenza le criticità di numerose strutture, alcune già interdette al traffico pesante, alcune in via di interdizione, alcune da ricostruire;

   con la legge di bilancio 2019 è stato effettuato un importante stanziamento di 250 milioni di euro per i ponti sul Po, ed è iniziato un monitoraggio di queste e altre infrastrutture nazionali, dal quale emerge un variegato e mobile quadro di gestione che non favorisce l'efficienza e la sicurezza dei trasporti ed il rispetto della concorrenza nelle gare;

   attraverso il Po, in particolare sulle strade statali, mancando una infrastrutturazione ferroviaria a capacità dignitosa, passano buona parte delle merci italiane esportate e importate che determinano i due terzi del prodotto interno lordo italiano. Tali infrastrutture sono un importante fattore di coesione territoriale interregionale e interprovinciale per i territori complessivamente interessati, abitati da metà della popolazione italiana;

   è recentissima la notizia della prossima chiusura al traffico pesante del ponte Marino nel comune di Borgo Mantovano sulla strada statale 12 Abetone-Brennero, con conseguente deviazione del traffico merci di oltre 30 chilometri sul Po di Ostiglia-Revere, che necessita anch'esso di urgenti lavori di manutenzione e consolidamento;

   sul ponte di San Benedetto Po (Mantova) il traffico pesante è interrotto dal 2012 e fu presentata segnalazione ad Anac per la gara che si concluse con l'assegnazione dell'esecuzione dei lavori ad (una società extraregionale, attualmente in contenzioso con la provincia di Mantova, che assegnò in subappalto buona parte dei lavori a un'azienda locale poi interdetta dalla white list antimafia;

   risultano essere molti i ponti attualmente chiusi o interessati da lavori di manutenzione, quali ad esempio il ponte di Borgoforte (Mantova), il ponte di Viadana-Boretto (Mantova), il ponte di Casalmaggiore (fra le provincie di Cremona e Parma), il ponte di San Daniele Po (Parma) e il ponte della Becca (Pavia), con inevitabili ripercussioni negative sul tessuto socio-economico;

   l'inquinamento in pianura Padana ha raggiunto livelli elevati e nonostante il lock-down sta aumentando anche il livello di ozono, tanto che in data 7 luglio 2020 è stato diramato l'allarme per la salute con invito ad evitare attività all'aria aperta nelle ore di maggiore insolazione; le polveri sottili già in eccesso potrebbero quindi aumentare per l'incremento dei chilometri percorsi dalle merci trasportate su gomma che, in Emilia-Romagna e a Mantova in particolare, sono responsabili per il 21 per cento del particolato respirato secondo la speciazione del particolato atmosferico di Ispra;

   risulta infine opportuno segnalare che la regione Lombardia ha chiuso alcuni punti nascita, fra i quali quello di Viadana, con la conseguenza che, con i ponti spesso non praticabili, le partorienti devono percorrere notevoli distanze per accedere a presidi più lontani. Le medesime criticità si sono presentate durante l'attuale emergenza Covid-19 anche per altre prestazioni sanitarie –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di velocizzare la manutenzione e, ove necessario, la ricostruzione dei ponti sul fiume Po e sulle principali arterie afferenti allo stesso, incrementando la dotazione finanziaria dei fondi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, dichiarando contestualmente uno «stato di emergenza per i ponti sul Po» e valutando un eventuale commissariamento.
(2-00858) «Zolezzi, Deiana, Daga, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria connessa alla diffusione del Covid-19 ha avuto ripercussioni molto pesanti nel settore dei trasporti;

   nel comparto del trasporto aereo la capacità di volo di linea, nel periodo di lockdown, è crollata nel nostro Paese del 90 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 e del 65 per cento a livello globale;

   la riduzione delle tratte, la cancellazione dei voli e delle prenotazioni ha impattato in maniera significativa sia sui vettori aerei che sui passeggeri: i primi in quanto impossibilitati a fornire il servizio per i quali i secondi avevano già corrisposto il pagamento;

   in questo contesto il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (cosiddetto decreto «Cura Italia»), ha disposto, tra le altre misure, la possibilità di rimborsare i viaggi cancellati a causa della pandemia con un voucher di pari importo del biglietto, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione; terminato il periodo del lockdown, la situazione dei voli sta tornando lentamente alla regolarità anche in concomitanza dell'arrivo della stagione estiva e della ripresa del turismo, altro settore duramente colpito dalla virulenza e diffusività della pandemia;

   la Commissione europea, proprio in merito al rimborso dei titoli di viaggio, nella sua «raccomandazione» del 13 maggio 2020 ha incoraggiato gli Stati membri a rendere più appetibili i voucher offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per i servizi di trasporto annullati, pur nel rispetto del regolamento (CE) n. 261/2004 e della direttiva (UE) 2015/2302, che stabiliscono il diritto dei viaggiatori di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per le prestazioni annullate. La Commissione ha rilevato che, in ragione delle gravi perdite del settore turistico derivanti dal fatto che le richieste di rimborso presentate dai viaggiatori superano di gran lunga il livello delle nuove prenotazioni, occorrerebbe incentivare i consumatori ad accettare i voucher. Un'ampia accettazione dei voucher, infatti, contribuirebbe ad attenuare i problemi di liquidità del settore a beneficio anche degli interessi dei viaggiatori, dal momento che qualora gli organizzatori o i vettori diventassero insolventi, molti viaggiatori e passeggeri potrebbero non ricevere alcun rimborso. La Commissione suggerisce la possibilità di essere rimborsati se il voucher scade prima di aver volato, di rendere i buoni trasferibili ad amici, colleghi o parenti senza costi aggiuntivi, di proteggere i clienti dal rischio di insolvenza della compagnia aerea (per cui se il vettore fallisce prima che il consumatore ha riscattato il voucher, questi viene comunque rimborsato grazie a un fondo statale o un'assicurazione privata), di dare la possibilità al cliente di utilizzare il voucher tra diverse compagnie che fanno parte dello stesso gruppo societario;

   anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nella sua «segnalazione» al Parlamento e al Governo del 28 maggio 2020 pone l'attenzione sui diritti dei viaggiatori in caso di annullamento del volo e suggerisce di prevedere forme di garanzia pubbliche che mettano i consumatori detentori di voucher al riparo da eventuali conseguenze negative. Affinché i voucher possano essere considerati una valida e affidabile alternativa al rimborso in denaro, essi dovrebbero presentare alcune caratteristiche, tra le quali una copertura assicurativa per il possibile fallimento del tour operator o del vettore e il diritto al rimborso in denaro se alla scadenza del voucher il consumatore non avrà usufruito dello stesso;

   la compagnia Ryanair, che in Italia e la prima per numero di passeggeri trasportati, ha proceduto alla riattivazione dei voli e dal 1o luglio opera con oltre 1.000 voli giornalieri. Ciononostante, per quanto riguarda i mesi precedenti, fino al 3 maggio permetteva l'acquisto di voli dal 15 maggio in poi. Il 4 maggio, però cancellava tutti i voli dal 15 al 21 maggio. Fino al 7 maggio, poi, si sono potuti prenotare i voli dal mese di maggio, ma l'8 maggio interveniva una nuova cancellazione dei voli dal 22 al 28 maggio con un continuo aprire le prenotazioni per poi cancellare i voli. Questa pratica, messa in atto quando l'emergenza era conclamata già da mesi, induce a pensare – a giudizio degli interpellanti – che di fatto si stia approfittando della normativa di aiuto al settore per recuperare sistematicamente liquidità immediata dai clienti offrendo un voucher che forse non si riuscirà a riutilizzare e rendendo pressoché impossibili le operazioni per ottenere il rimborso;

   Ryanair offre la possibilità di essere rimborsati, al contrario di altre compagnie dove il voucher è la sola offerta fin da subito, anche se ammette che i tempi di restituzione del denaro sono lunghi, ma questa possibilità sembra esistere solo sulla carta. Sul sito della compagnia, infatti, si viene rimandati da link in link senza riuscire ad accedere alla pagina dove poter chiedere il rimborso, mentre il voucher resta, nei fatti, l'unica possibilità per l'utente medio. Secondo un sondaggio aggiornato a inizio giugno l'84 per cento dei clienti Ryanair i cui voli sono stati cancellati non avrebbe ricevuto alcun rimborso. E solo il 5 per cento dei passeggeri Ryanair avrebbe ottenuto l'intero importo entro il periodo legale stabilito;

   la mancanza di fiducia nel poter ricevere un rimborso potrebbe danneggiare lo stesso settore turistico, mancando la certezza, in caso di annullamento del viaggio, di riavere il denaro speso e potendo ricevere solo un voucher che non si sa se e quando poter riutilizzare –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

    a) tutelare i diritti dei consumatori evitando che diventino creditori del settore del trasporto aereo per un tempo che esula dall'emergenza Covid-19;

    b) vigilare e disincentivare eventuali condotte scorrette, finalizzate in sostanza a trasformare i clienti in una sorta di soggetto finanziatore per i vettori aerei che possono tenere in cassa il denaro dei clienti su voli che si sa già non saranno operati e il cui annullamento, in virtù di ciò, è indipendente dall'emergenza Covid-19.
(2-00862) «Melicchio, Sut, Alemanno, Berardini, Carabetta, Fantinati, Giarrizzo, Masi, Papiro, Paxia, Perconti, Rizzone, Scanu, Vallascas, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Chiazzese, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Adelizzi».

Interrogazione a risposta immediata:


   GAGLIARDI, LUPI, BENIGNI, COLUCCI, PEDRAZZINI, SANGREGORIO, SILLI, SORTE e TONDO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   Autostrade per l'Italia, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il 1° giugno 2020 ha presentato un programma di ispezioni e verifiche sullo stato delle gallerie della rete autostradale ligure;

   questi controlli, che avrebbero potuto essere diluiti nel tempo, sono stati invece concentrati nel mese di giugno, al momento della riapertura della circolazione delle persone e di inizio della stagione turistica;

   lo svolgimento dei controlli sulle 285 gallerie delle autostrade liguri è avvenuto in concomitanza con la ripresa del movimento veicolare ed ha provocato la paralisi del traffico autostradale;

   sono state riscontrate criticità in 36 gallerie, tutte immediatamente chiuse perché non è stato dato un ordine di priorità agli interventi. Infatti né Autostrade per l'Italia né il Ministero si sono impegnati nell'impedire che l'intera tratta autostradale ligure rimanesse bloccata per intere settimane, nonostante tutte le proteste provenienti dal territorio;

   sia i rappresentanti delle istituzioni locali che quelli delle associazioni imprenditoriali hanno più volte scritto al Ministero per segnalare questa situazione insostenibile. Il presidente della regione Liguria, nell'assordante silenzio del Governo, ha prima emesso, il 29 giugno scorso, l'ordinanza n. 42/20, affinché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Autostrade per l'Italia provvedessero entro tre giorni a predisporre un piano per ripristinare l'ordinaria viabilità in Liguria e, successivamente, nel perdurare del silenzio, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Genova;

   la perdurante crisi della circolazione stradale sta creando pericolo per l'incolumità pubblica, atteso che i mezzi di soccorso rimangono bloccati per ore come tutti gli altri veicoli. Oltre a ciò, si sta verificando un incalcolabile danno a tutte le attività imprenditoriali della Liguria, si pensi, ad esempio, che i transiti eccezionali diretti ai porti non possono più circolare o che i turisti non riescono più a raggiungere le mete di vacanza;

   i lavori sarebbero dovuti terminare entro la fine del mese di giugno. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a sua volta, garantiva che le verifiche sarebbero terminate entro il 10 luglio e che si sarebbero riaperte le due corsie in entrambe le direzioni di marcia;

   ad oggi ciò non è ancora accaduto e la situazione rimane drammatica –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché Autostrade per l'Italia provveda alla immediata rimozione dalle autostrade liguri dei cantieri non indifferibili e venga ripristinata la ordinaria viabilità della Regione.
(3-01668)

Interrogazione a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:

   in Florida vive una operosa comunità italiana e il consolato generale d'Italia a Miami contando circa 40 mila iscritti all'Aire risulta il secondo per dimensioni negli Usa;

   tale comunità ha portato all'incremento costante degli scambi commerciali e culturali tra l'Italia e questa area degli Stati Uniti. Infatti, la camera di commercio italiana a Miami comprende ben 250 imprese iscritte, con un raggio di azione diffuso in settori vitali dell'economia mondiale;

   la Florida presenta un mercato molto importante per i prodotti enogastronomici italiani, oltre che per i prodotti nautici e della moda, con un incremento dell'export italiano di oltre il 25 per cento;

   Miami rappresenta un hub particolarmente rilevante per le imprese italiane, sia che per quelle che esportano verso l'Italia, sia per quelle che importano in Florida o producono direttamente in loco;

   risulta, dunque, poco strategico, in un contesto di tale fermento commerciale, l'iniziativa della Newco Alitalia di escludere Miami dalle nuove rotte programmate dei collegamenti diretti tra Italia e Florida, anche alla luce del flusso costante di viaggiatori che si è registrato nel tempo;

   la mancanza di un collegamento diretto tra l'Italia e la Florida porterà conseguenze negative sulle relazioni economiche e culturali in continua crescita tra le due realtà con ripercussioni negative sull'export italiano –:

   se non ritenga il Governo di dover adottare iniziative per quanto di competenza, per sottoporre alla Newco Alitalia la necessità di riconsiderare il proprio piano voli, inserendo anche un collegamento diretto tra l'Italia e Miami, al fine di tutelare l'interesse nazionale, insieme a quello della numerosa comunità italiana che vive in Florida.
(4-06321)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   nel giugno 2019, la procura di Napoli ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 126 soggetti, accertando che nell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, facente capo all'Asl Napoli 1, soggetti riconducibili alla criminalità organizzata, con l'aiuto di funzionari corrotti, si occupavano dello smistamento degli ammalati, della prenotazione delle visite e attività ambulatoriali e di laboratorio in spregio del rispetto delle liste di attesa e del sistema sanitario del ticket;

   il 24 luglio 2019 il prefetto di Napoli, Carmela Pagano, su delega del Ministro dell'interno, ha nominato la commissione di accesso presso l'Asl di Napoli 1 «per verificare l'eventuale sussistenza di tentativi di infiltrazione e/o di collegamenti della criminalità organizzata nel contesto dell'amministrazione della suddetta Asl, nella cui gestione è ricompreso l'ospedale S. Giovanni Bosco»;

   il 29 luglio 2019 il M5S Campania ha consegnato la relazione sulle attività dell'Asl Napoli 1 al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte;

   la commissione di accesso, a quanto si apprende da organi di stampa, ha terminato la relazione sulle attività e ha successivamente trasmesso gli atti al Ministro dell'interno;

   il decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 107, comma 10, convertito dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020, ha previsto che, per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, il termine di cui all'articolo 143, comma 4 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel), per lo scioglimento anche degli organi collegiali delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, previsto dall'articolo 146 del Tuel, è fissato in 120 giorni;

   sull'operato dei manager pubblici e dell'amministrazione della regione Campania, durante l'emergenza Covid-19, pendono attualmente tre inchieste della magistratura napoletana: la prima sull'affido ai privati delle analisi dei tamponi, la seconda sugli appalti per la realizzazione dei 3 ospedali prefabbricati a Napoli, Caserta e Salerno, la terza sui fondi liquidati in favore delle cliniche private durante la pandemia. A queste si aggiunge l'inchiesta della procura di Torre Annunziata sulla realizzazione dell'ospedale Covid-19 di Boscotrecase;

   appare necessario e urgente intervenire per rimuovere le infiltrazioni malavitose, emerse dalle suddette indagini della procura di Napoli;

   nonostante la proroga dei termini per lo scioglimento introdotta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, «Cura Italia», resta però importante non usare questo tempo in senso dilatorio per procrastinare una decisione così importante, volta al ripristino della legalità e alla verifica nella gestione dei fondi per la sanità in Campania –:

   quali concrete iniziative di competenza il Ministro interrogato ritenga di dover adottare al fine di accelerare, alla luce dei gravi episodi riscontrati dalla procura di Napoli, nonché da parte della commissione di accesso, gli adempimenti necessari in relazione all'ipotesi di commissariamento dell'Asl Napoli 1, per garantire la tutela dell'ordine pubblico e del diritto alla salute, valori primari della Costituzione italiana.
(2-00860) «Villani, Nappi, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   a metà di maggio 2020 il Ministero dell'interno ha annunciato la volontà di incrementare le riammissioni di migranti in Slovenia e l'invio, a tale scopo, di 40 agenti al confine orientale dell'Italia;

   nei giorni successivi le riammissioni si sono susseguite con effettiva intensità ed hanno riguardato molti cittadini afgani e pakistani;

   secondo le testimonianze raccolte dall'Asgi, i destinatari della misura, ignari di tutto, si sono ritrovati respinti in Slovenia, fino in Serbia o in Bosnia, sebbene gli stessi fossero intenzionati a domandare protezione internazionale all'Italia;

   le riammissioni sono state effettuate non in ragione del ripristino dei controlli alle frontiere interne, mai formalmente avvenuto, ma in applicazione dell'Accordo bilaterale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia sulla riammissione delle persone alla frontiera, firmato a Roma il 3 settembre 1996;

   intervenendo presso il Comitato parlamentare di controllo sull'applicazione dell'accordo di Schengen, il Ministro interrogato ha reso noto che dal 1° gennaio al 25 giugno 2020 sono stati effettuati, al confine terreste, 1612 rintracci e 343 riammissioni attive dall'Italia alla Slovenia;

   la autorità italiane non possono ignorare il fatto che le persone riammesse in Slovenia sono poi soggette ad una successiva riammissione in Croazia e da qui, spesso dopo inaudite violenze delle autorità di polizia croata, sono ulteriormente riammesse in Serbia o in Bosnia, in condizioni di abbandono morale e materiale;

   come enunciato all'articolo 2 dell'accordo di riammissione, è esclusa la sua applicazione ai rifugiati riconosciuti ai sensi della Convenzione di Ginevra; a tal proposito non si può obiettare che l'accordo fa riferimento ai rifugiati e non ai richiedenti asilo giacché, come è noto, il riconoscimento dello status di rifugiato (e di protezione sussidiaria) è un procedimento di riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto, i cui presupposti lo straniero chiede appunto di accertare. Non vi è pertanto alcuna possibilità di distinguere tra richiedenti protezione e rifugiati riconosciuti, dovendosi garantire in ogni caso l'accesso alla procedura di asilo;

   inoltre, va evidenziato come l'espressione contenuta nell'accordo in relazione alle riammissioni attuate «senza formalità» non può certo essere intesa nel senso che essa possa avvenire senza l'emanazione di un provvedimento amministrativo, in quanto è indiscutibile che l'azione posta in essere dalla pubblica sicurezza attraverso l'accompagnamento forzato in Slovenia produce effetti sulla situazione giuridica dei soggetti interessati. Il provvedimento di riammissione va motivato, seppure succintamente notificato all'interessato e, anche se immediatamente esecutivo, deve essere impugnabile di fronte all'autorità giudiziaria;

   come è noto, il regolamento Dublino III prevede che ogni domanda di asilo sia registrata alla frontiera o all'interno dello Stato nel quale il migrante si trova. Una complessa procedura stabilisce se il Paese competente ad esaminare la domanda è eventualmente diverso da quello nel quale il migrante ha chiesto asilo, e in ogni caso il regolamento esclude tassativamente che si possano effettuare riammissioni o respingimenti di alcun genere nel Paese dell'Unione europea confinante solo perché il richiedente proviene da lì. Al contrario, il regolamento è nato proprio per evitare «rimpalli» di frontiera tra uno Stato e l'altro. Violare questa procedura significa scardinare il regolamento e in ultima analisi, il sistema europeo di asilo;

   secondo i dati di Unhcr tra gennaio e settembre 2019, circa 4.868 persone sono state respinte dalla Croazia in Bosnia o in Serbia, ma le cifre potrebbero essere molto più elevate considerato che il Ministro dell'interno croato non ha negato di aver impedito l'accesso al territorio nello stesso arco di tempo, ad almeno 9,487 persone e che, nei primi sei mesi del 2019, il Ministro degli affari interni sloveno ha riferito di aver trasferito 3.459 stranieri in Croazia secondo gli accordi esistenti tra Croazia e Slovenia;

   l'uso sistematico della violenza da parte delle autorità di polizia croate è stato denunciato da numerose organizzazioni non governative. Nel 2019 i volontari del Border Monitoring Violence Network hanno raccolto 770 testimonianze di persone respinte da ufficiali della polizia croata con l'uso di armi a scopo intimidatorio ma anche offensivo; altrettanto frequente è l'impiego di cani per aggredire i migranti. A fine giugno 2020, un coordinamento di enti tra i quali Amnesty International, Osservatorio Balcani, Acli-Ipsia hanno presentato un documentato dossier sulla grave situazione legata al mancato rispetto dei diritti fondamentali dei migranti nei diversi Paesi dell'area balcanica, compresi i Paesi aderenti all'Unione europea; un capitolo specifico è dedicato a quanto sta avvenendo sul confine orientale italiano;

   i respingimenti attuati secondo questa modalità costituiscono un trattamento inumano e degradante più volte oggetto di condanna da parte di organismi e corti internazionali –:

   quale sia la natura giuridica del provvedimento di riammissione di cui in premessa, anche considerato che il confine italo-sloveno è confine interno all'Unione europea, e attraverso quali modalità operative tali riammissioni vengano attuate, rendendo noti eventuali protocolli di esecuzione dell'accordo di riammissione stesso nonché eventuali intese raggiunte con le autorità slovene in ordine ai tempi di esecuzione e alle formalità da rispettare;

   se non intenda adottare iniziative volte a introdurre specifiche misure organizzative finalizzate ad assicurare che agli stranieri intercettati nelle aree di frontiera di Trieste e Gorizia venga assicurata l'informazione sulla possibilità di chiedere protezione internazionale, anche avvalendosi della collaborazione di competenti organizzazioni di tutela dei rifugiati;

   se non ritenga di dare disposizioni precise che chiariscano che le procedure previste dal citato accordo bilaterale non si applicano agli stranieri che, alla frontiera e nel territorio dello Stato, abbiano manifestato in qualsiasi modo la volontà di chiedere protezione internazionale, e affinché ogni riammissione dall'Italia alla Slovenia avvenga attraverso l'adozione di un provvedimento notificato all'interessato;

   se non ritenga necessario ed urgente adottare iniziative per stabilire che ogni riammissione avvenga solo previo esame delle situazioni individuali e tenuto conto dell'applicazione degli accordi di riammissione bilaterali tra la Slovenia e la Croazia e tra la Croazia e i Paesi terzi, e in ogni caso dei trattamenti inumani e degradanti che subiscono le persone coinvolte a seguito dei «respingimenti a catena» tra Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, determinando de facto il loro allontanamento dal territorio dell'Unione europea;

   se risulti al Governo che, nell'esecuzione di tali «riammissioni informali», personale delle forze dell'ordine italiane entri in territorio sloveno.
(2-00861) «Magi, Schullian, Lattanzio, Muroni, Quartapelle Procopio».

Interrogazione a risposta immediata:


   OCCHIUTO, RAVETTO, BARTOLOZZI, CANNIZZARO, PRESTIGIACOMO, SIRACUSANO, TORROMINO e MARIA TRIPODI. – Al Ministro dell'interno – Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi un gruppo di settanta migranti avvistati al largo di Caulonia a bordo di un'imbarcazione sono stati soccorsi nel porto di Roccella Jonica. Tra i migranti, tutti uomini di nazionalità pachistana, sono ben ventotto ad essere risultati positivi al coronavirus;

   diversi adulti sono stati trasferiti tra Bova e Amantea, dove operano due strutture attrezzate per gli ulteriori accertamenti e la quarantena. I minori sono invece ospitati in una struttura messa a disposizione del comune di Roccella Jonica, presidiata dalle forze dell'ordine;

   i tredici migranti dislocati ad Amantea hanno scatenato le proteste dei residenti che, per ore, nei giorni scorsi, hanno bloccato la statale 18 in segno di protesta;

   vi è anche un secondo fronte, in Sicilia, dove si contano 17 migranti positivi al coronavirus e isolati in quarantena a Porto Empedocle: ad oggi si trovano a bordo della Moby Zaza;

   per non gravare eccessivamente sulle comunità, sarebbe necessario poter disporre immediatamente (anche senza effettuare procedure di gara) di diverse navi-quarantena, come chiede anche la Governatrice della regione Calabria, Jole Santelli, per poi procedere alla riallocazione degli stessi tra i vari Stati membri dell'Unione europea: i migranti positivi al Covid-19 non possono essere infatti accolti a terra, creando panico e apprensione tra i cittadini, e arrecando ulteriori danni ad un'economia già martoriata dalla fase di lockdown. Sono infatti moltissime le prenotazioni disdette nei giorni scorsi da turisti spaventati che hanno deciso di non recarsi più nelle località che ospitano migranti positivi al Covid-19;

   su questo fronte l'azione del Governo si sta rivelando assolutamente inefficace e il fenomeno migratorio, aggravato dall'emergenza coronavirus, sembra essere completamente fuori controllo: secondo i dati diffusi dal Viminale, il dato relativo ai primi 13 giorni del mese di luglio (2.038 sbarchi) è superiore ai dati dell'intero mese di luglio 2019 (1.088) e di luglio 2018;

   solo nell'ultimo fine settimana a Lampedusa sono arrivati più di mille migranti: con gommoni, barchini, barconi, in piccoli gruppi o a centinaia su una stessa imbarcazione. Sull'isola, ancora sabato scorso, in 600 erano nell'hotspot che dovrebbe contenere 96 persone –:

   quali misure il Governo intenda adottare per controllare il fenomeno migratorio, in particolare alla luce dell'emergenza coronavirus, se non consideri necessario rivedere la strategia di accoglienza, disponendo lungo le coste diverse navi-quarantena, e dove intenda collocare i migranti positivi al Covid-19 attualmente dislocati tra Bova ed Amantea.
(3-01669)

Interrogazione a risposta orale:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rotta dell'immigrazione Algeria-Sardegna è attualmente in piena attività e sulle coste dell'isola prosegue a ritmo costante l'arrivo di piccole imbarcazioni;

   i migranti, una volta rintracciati dalle forze dell'ordine, alloggiano nel centro allestito dal Ministero dell'interno a Monastir (provincia del Sud Sardegna);

   nonostante le misure restrittive previste per limitare la diffusione del COVID-19, i migranti escono indisturbati dal centro di accoglienza e raggiungono i centri abitati, diventando potenziali diffusori del virus;

   le stesse persone, inoltre, si rendono anche protagoniste di episodi di micro-criminalità;

   la situazione, già denunciata dai sindacati di polizia, è balzata altresì all'onore delle cronache, tanto che sui principali quotidiani sardi sono state pubblicate perfino le fotografie degli ospiti del centro mentre scavalcano il muro di cinta;

   alla luce dei casi di positività al COVID-19, risulta evidente che la violazione delle disposizioni inerenti alla quarantena rappresenti un pericolo per la salute pubblica;

   è singolare che, mentre per altre regioni la quarantena dei migranti avviene su una nave, in Sardegna invece sia prevista sulla terraferma e di fatto non venga svolta;

   il fatto che, mentre un'intera comunità tenta di uscire a fatica da 3 mesi di lockdown e si avvia verso una normalizzazione della situazione sanitaria, si violino palesemente le norme sulla quarantena è di inaudita gravità e configura ad avviso dell'interrogante, responsabilità ben individuate o bene individuabili –:

   quali iniziative intenda porre in essere per garantire il rispetto delle disposizioni sulla quarantena da parte dei migranti arrivati in Sardegna.
(3-01667)

Interrogazioni a risposta scritta:


   STEFANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   lungo la strada regionale n. 308, nota anche come statale del Santo che collega Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, con Padova, nel pomeriggio di sabato 12 luglio 2020, all'altezza di Reschigliano di Campodarsego, alcuni automobilisti avrebbero notato in un parcheggio circa una trentina di stranieri fatti scendere in fretta da un pullman che avrebbe poi immediatamente proseguito la propria marcia a tutta velocità;

   secondo quando ricostruito e riportato dalla stampa, gli immigrati, provenienti dall'Asia, quasi tutti originari del Bangladesh, tranne qualcuno del Suriname e del Pakistan, una volta scesi dal pullman, con borsoni sacchi e pochi effetti personali si sarebbero messi subito a correre, senza neppure sapere dove andare, per far sparire le proprie tracce;

   sul luogo della segnalazione, all'altezza della discarica, sono dunque arrivate tutte le pattuglie della polizia locale a disposizione, con il supporto dei carabinieri, che si sarebbero messe immediatamente alla ricerca degli immigrati;

   solo grazie all'allarme lanciato dagli automobilisti che avevano assistito alla scena e nonostante il tempestivo intervento delle forze dell'ordine, sarebbero stati alla fine rintracciati però solo undici dei trenta immigrati;

   gli stranieri rintracciati sarebbero stati portati prima in centro a Sant'Andrea di Campodarsego e in un secondo momento alla sede della Protezione civile, tuttavia l'amministrazione comunale sarebbe ancora in attesa di istruzioni da parte della prefettura, non essendovi in zona strutture in grado di accoglierli;

   le indagini stanno ancora proseguendo per rintracciare anche il pullman dal quale sarebbero stati fatti scendere gli immigrati;

   quanto accaduto è di estrema gravità essendo il Bangladesh uno dei Paesi più a rischio per il ritorno della pandemia da Covid-19; è difatti subito scattato l'allarme e sono stati dunque subito allertati la polizia locale, i carabinieri, la Protezione civile e l'amministrazione comunale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se corrisponde al vero quanto riportato dalla stampa e cosa sia effettivamente accaduto;

   quali iniziative specifiche abbia già intrapreso o intenda attivare, per quanto di competenza, non solo per rintracciare tutti gli altri immigrati e il veicolo dal quale sono stati fatti scendere nel parcheggio di Reschigliano di Campodarsego ma soprattutto per ricostruire nel dettaglio le motivazioni e le modalità del loro viaggio, sia ai fini di contrasto alle reti criminali dedite allo sfruttamento dell'immigrazione irregolare, sia a tutela della salute pubblica per gli evidenti rischi connessi alla emergenza epidemiologica da Covid-19.
(4-06315)


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cascina Torchiera è un edificio risalente alla prima metà del quattordicesimo secolo che si trova nella periferia ovest della città di Milano, precisamente in piazzale Cimitero Maggiore n. 18;

   l'edificio, costituito da tre ali e una corte interna per complessivamente circa 1.000 metri quadrati, nonostante i numerosi proclami delle diverse amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi anni e le numerose richieste di sgombero e messa in sicurezza dell'area votate in passato dal Consiglio di zona 8, risulta ancora oggi occupato abusivamente dal Centro sociale autogestito Torchiera;

   la cascina, di proprietà del comune, negli anni ha visto un progressivo degrado, tanto che la struttura risulta gravemente fatiscente ed insicura anche per gli occupanti e per gli avventori partecipanti alle iniziative che vengono organizzate al suo interno;

   all'interno della struttura vi sono una cucina e un bar che svolge attività di somministrazione senza alcun permesso;

   la cascina Torchiera si trova a pochi metri dalle case della zona e dal sito di Expo;

   pertanto, anche l'area intorno alla cascina si trova ormai da tempo in stato di grave degrado e spesso diventa dimora abusiva di numerosi Rom;

   i residenti, esasperati ormai da tempo dalla grave situazione anzi descritta, lamentano ancora oggi il grave disagio loro recato dall'occupazione abusiva della cascina autogestita Torchiera e dal conseguente degrado della zona;

   quanto lamentato dai residenti è di assoluta gravità a fronte anche dell'inerzia dell'attuale amministrazione comunale che, anziché procedere allo sgombero immediato dell'immobile occupato abusivamente, ristabilire la legalità nella zona e riqualificare la fascina secondo il piano ancora del 2012 relativo alle 16 cascine di proprietà del comune, invece tollera e consente da anni le numerose attività illegali che si svolgono sia all'interno dello stabile che nei pressi dello stesso;

   difatti ancora nel 2012, il comune di Milano, nell'ambito della propria politica di riqualificazione e valorizzazione delle proprietà comunali, avviò un'indagine esplorativa per l'acquisizione di manifestazioni d'interesse contenenti soluzioni tecnico-gestionali finalizzate ad attivare la successiva riqualificazione e valorizzazione di 16 cascine di proprietà del medesimo comune di Milano, tra cui anche la cascina Torchiera;

   negli scorsi anni altre strutture del demanio comunale come la cascina Monluè, cascina San Bernardo, cascina Cotica, cascina Boldinasco, sono state oggetto di bandi per la loro gestione mentre la cascina Torchiera è rimasta ancora occupata abusivamente;

   la cascina Torchiera, sita a pochi metri dagli stabili residenziali e commerciali del quartiere, potrebbe tornare ad avere il decoro che merita, ad essere luogo di attività e iniziative in un ambito di legalità oggi mancante;

   inoltre da parte del comune di Milano si prefigurano prossimi interventi nell'area del piazzale Cimitero Maggiore per circa quattro milioni di euro, senza però che sia prevista alcuna opera riguardante la storica cascina Torchiera di proprietà comunale;

   recentemente il comune di Milano ha inserito nuovamente nell'elenco di strutture da riqualificare anche la cascina Torchiera, pubblicando un avviso di interesse pubblico per il suo riutilizzo, che inevitabilmente, ancora una volta, non andrà a buon fine essendo tuttora la struttura occupata abusivamente –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere quanto prima, per quanto di competenza, per sgomberare l'immobile e restituirlo alla cittadinanza e dunque per ristabilire le condizioni di sicurezza e legalità sia all'interno della cascina Torchiera che nella zona circostante, date le evidenti criticità di ordine e sicurezza pubblica, oltre che sociali dovute all'occupazione abusiva della struttura.
(4-06317)


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, gli organi di stampa nazionali e locali avrebbero dato notizia della ripresa degli 2 sbarchi diretti e non controllati sulle coste della Sardegna sud occidentale da parte di persone o gruppi di persone provenienti dal nord Africa;

   Sky Tg24 avrebbe riferito che «Nelle ultime 24 ore sono arrivati 88 algerini, tra i quali una donna», tra le spiagge e i territori dei comuni di Sant'Anna Arresi, di Domus De Maria e Teulada;

   i migranti, dopo le visite mediche, sarebbero stati trasferiti nel centro di prima accoglienza di Monastir dove sarebbero stati posti in quarantena;

   la circostanza avrebbe destato grande preoccupazione, non solo per il ripresentarsi di un fenomeno spesso sottovalutato che, in passato, avrebbe avuto anche risvolti sul piano giudiziario (con l'individuazione di organizzazioni dedite al traffico di migranti), sul piano dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale e su quello dell'emergenza sanitaria, ma soprattutto per le modalità degli sbarchi che avrebbero interessato anche degli stabilimenti balneari in un contesto, tra l'altro, aggravato dall'emergenza COVID-19;

   il quotidiano L'Unione Sarda, del 30 giugno 2020, in un'intervista al presidente di Confcommercio Sud Sardegna e vice presidente del sindacato nazionale balneari, Alberto Bertolotti, riferirebbe che: «Per tutta la notte ha dovuto tenere sotto controllo 12 migranti sbarcati davanti al suo stabilimento [...] Ci siamo presi cura di loro dalle 3 del mattino alle 8,15, prima eravamo in due, poi è arrivato un altro mio collaboratore»;

   il responsabile di Confcommercio, oltre a riferire che non sarebbe stata la prima volta ad accogliere dei migranti appena sbarcati, avrebbe sostenuto che «Quando è arrivato il pullman per il trasferimento, l'autista non voleva farli salire perché nessuno aveva la mascherina» e che «Gli stabilimenti balneari possono accogliere i migranti sino all'arrivo dei carabinieri, ma non per cinque ore»;

   da quanto esposto emergerebbe una situazione allarmante, perché, se nel passato, il fenomeno degli sbarchi sulle coste della Sardegna avrebbero assunto dimensioni proprie di una grave e pericolosa emergenza sotto il profilo della sicurezza delle comunità interessate e della salute pubblica, oggi, queste circostanze sarebbero ulteriormente amplificate dal COVID-19;

   L'Unione Sarda riferirebbe, infatti, che sindacati di polizia e amministratori locali avrebbero espresso preoccupazione perché «Gestire sbarchi era già un problema, ma ora che siamo in emergenza sanitaria la situazione non è più tollerabile», mentre gli amministratori locali sarebbero «preoccupati dal rischio contagio visto che i migranti provengono tutti dall'Algeria, dove in queste ore il numero dei malati di Covid-19 continua a salire»;

   è il caso di sottolineare che il fenomeno degli sbarchi non controllati si esplicherebbe in un contesto di grave sottodimensionamento delle forze dell'ordine sia quelle specificatamente preposte alle attività di controllo degli scali doganali sia quelle che, più in generale, vigilano sulla sicurezza delle comunità della Sardegna –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire un'adeguata vigilanza delle coste e dei punti di frontiera della Sardegna, al fine di contrastare il fenomeno degli sbarchi diretti e non controllati sulle coste dell'isola e di prevenire il rischio di diffusione del COVID-19, visto gli sbarchi avvengono da Paesi nei quali l'epidemia è in continua crescita;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a incrementare gli organici, nonché le dotazioni strumentali, delle forze dell'ordine, con particolare riguardo alle unità della polizia di frontiera operante in Sardegna.
(4-06319)

ISTRUZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia, resa necessaria dalla necessità di contenere l'epidemia da COVID-19, ha causato un aumento del carico di cura legato alla gestione dei figli. Tale aumento ha pesato, in particolare, sui nuclei monoparentali, su chi pur avendo figli a carico non ha una rete familiare di supporto, e sulle neo mamme, in un quadro che già vede l'occupazione femminile in Italia tra le più basse in Europa, sotto al settanta per cento, un divario occupazionale padre- madre tra i più ampi nell'Unione europea e con quasi 40 mila madri con figli fino a 3 anni che, nel solo 2019, sono state costrette a lasciare il lavoro;

   la partecipazione ad attività educative nella fascia 0-6 anni è essenziale per un sano sviluppo del bambino, sia in termini di socializzazione, che di apprendimento e di accesso a una alimentazione sana. Come riportato da un documento dell'Ocse, la prolungata assenza dall'istruzione danneggia maggiormente i bambini appartenenti alle fasce più svantaggiate, esponendoli a forti rischi di scorretta alimentazione, oltre a causare un maggiore rischio di esposizione alla violenza domestica, fenomeno purtroppo in crescita durante il lockdown;

   nonostante le modalità di diffusione del virus per fasce d'età non siano completamente note, ad oggi i casi registrati di istituti scolastici diventati focolai o coinvolti nella diffusione appaiono molto limitati, mentre con certezza si sa che la fascia 0-14 è esposta ad un rischio sanitario contenuto;

   è palese la difficoltà nel garantire il distanziamento e il mantenimento delle norme igienico-sanitarie nei bambini d'età 0-6, a causa delle loro esigenze, caratteristiche, legate alla corporeità e al movimento. La loro formazione è fortemente basata sulla relazione di cura, la vicinanza fisica e il contatto come mezzo di formazione e condivisione di esperienze. La necessità di garantire ai bambini il contatto col loro gruppo di pari e con gli adulti di riferimento, pone una sfida per il mantenimento della sicurezza sanitaria nell'attuale contesto epidemiologico;

   le attuali linee guida per la riapertura dei servizi educativi della fascia 0-6, contenute all'interno del Piano scuola 2020-2021, tracciano alcune indicazioni, tra le quali il non uso delle mascherine per i bambini, il massimo utilizzo degli spazi interni ed esterni, e l'uso di protezioni sanitarie specifiche per gli educatori che non impediscano il riconoscimento da parte dei bambini. Mancano invece indicazioni più specifiche sul rapporto tra numero di educatori e di bambini, sulle capienze massime degli spazi disponibili, sui protocolli di sanificazione di giochi, arredi e oggettistica, oltre che sulle specifiche dotazioni di Dpi necessarie agli educatori;

   gli enti gestori dei servizi educativi si stanno misurando con alcune difficoltà di programmazione del prossimo anno di attività, dovendo stimare il numero di bambini fruitori che potranno accogliere, la quantità di personale necessario e gli eventuali investimenti propedeutici al riallestimento degli spazi. Tale incertezza complica dunque l'apertura delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico –:

   se sia allo studio del Ministero la pubblicazione di linee guida esaustive per i servizi educativi per l'infanzia, con riferimento a tutti i servizi di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, che definiscano, tra l'altro, modalità di ingresso, organizzazione di pre-scuola e post-scuola, rapporto tra numero di bambini e di educatori, capienza massima degli spazi;

   se siano previste altre iniziative di sostegno economico e operativo nell'ottica della riapertura di tali servizi per il prossimo anno scolastico, oltre a quelle previste dall'articolo 233 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 come forma di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle compartecipazioni da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi.
(2-00857) «Quartapelle Procopio, Cenni, Ciampi, Di Giorgi, Gribaudo, Lorenzin, Rotta».

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, GRIBAUDO e MURONI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le misure per il contenimento epidemiologico della pandemia da COVID-19 hanno richiesto la chiusura dei servizi educativi per l'infanzia per un lungo lasso di tempo, durante il quale gli enti gestori di tali servizi hanno subito una forte riduzione degli incassi da rette o compartecipazioni da parte delle famiglie fruitrici;

   tali enti gestori si stanno misurando con una grande difficoltà di programmazione economica del prossimo anno di attività, reso particolarmente complesso dalla forte incertezza legata alla riapertura, alle modalità di gestione degli spazi didattici e dall'incognita sul numero di educatori necessari in rapporto ai bambini fruitori;

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede all'articolo 233, comma 1, lo stanziamento di 15 milioni di euro a favore Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65;

   lo stesso decreto-legge, all'articolo 233, comma 3, prevede lo stanziamento di 65 milioni di euro, aumentati a 165 milioni di euro in sede di conversione in legge all'interno del testo licenziato dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati, verso i soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure di contenimento epidemiologico;

   sempre tale provvedimento prevede che in relazione allo stanziamento sia adottato un decreto del Ministero dell'istruzione che ripartisca il fondo tra gli uffici scolastici regionali –:

   per quando sia prevista la pubblicazione del decreto attuativo concernente il riparto del fondo di cui all'articolo 233, comma 3, del summenzionato decreto-legge;

   se si intendano definire previsioni più specifiche, in sede di attuazione del provvedimento, concernenti le tempistiche di erogazione degli stanziamenti, le modalità di richiesta e i possibili beneficiari.
(4-06310)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FASSINA e FORNARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid-19 ha colpito un quadro economico e sociale italiano già sofferente e ha ulteriormente evidenziato la precarizzazione sempre più ampia nel mondo del lavoro e delle professioni;

   gli interventi del Governo diretti a sostenere i redditi di lavoratrici e lavoratori si sono dovuti confrontare con un welfare categoriale, molto frammentato, non soltanto tra lavoro dipendente e lavoro autonomo e professionale ma anche all'interno di ciascun ambito;

   per la necessità di intervenire con urgenza, i decreti-legge «Cura» e «Rilancio» hanno utilizzato istituti esistenti e, ad avviso degli interroganti, finanche improvvisato e aggiunto misure ad hoc per tentare di arrivare alle aree sociali più in difficoltà, sprovviste di copertura. Con un enorme sovraccarico amministrativo sull'INPS, ingiustamente sotto attacco, sono state finanziate un coacervo di misure, in larga parte introdotte nella fase del capitalismo fordista per affrontare disoccupazione ciclica, fattispecie ordinarie o episodi straordinari ma circoscritti di assenza di lavoro: dalla cassa integrazione ordinaria alla cassa integrazione in deroga, dalla NASpI alla DIS-COLL, dal fondo di integrazione salariale al bonus per le partite Iva, dal reddito di ultima istanza per professionisti al reddito di emergenza per «invisibili»;

   nonostante la pluralità, la natura particolaristico-categoriale delle misure ha determinato, anche in questa fase emergenziale, l'esclusione di tipologie contrattuali diffuse ma anomale, soprattutto nei servizi a scarso valore aggiunto, come nei settori di attività esternalizzate della pubblica amministrazione, in cui è frequente il ricorso ai part-time verticali (esempio: servizi di mensa e pulizia delle scuole);

   l'emergenza economica causata dell'epidemia di coronavirus ha palesato l'inadeguatezza di un sistema di protezione sociale basato, da un lato, sulla previsione di strumenti tradizionali di assicurazione sociale finanziati con il concorso di lavoratori e datori di lavoro, quali la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e, dall'altro, su interventi a carico della fiscalità generale diretti a contrastare la povertà, come il reddito di cittadinanza;

   appare ormai necessaria la previsione di una misura universale e di base, da affidare alla fiscalità generale, intesa non come strumento di contrasto alla povertà ma legato al reddito da lavoro;

   il Governo e il Ministro competente sono consapevoli di questa necessità. Infatti, è stata costituita, presso il Ministero del lavoro, la commissione per la riforma degli ammortizzatori sociali, che ha svolto il primo incontro il 13 luglio –:

   quali siano le linee guida e i possibili tempi di attuazione dello strumento universalistico di sostegno al reddito al quale il Governo sta lavorando con il coinvolgimento delle rappresentanze di lavoratori e imprese.
(3-01671)


   D'ALESSANDRO, LIBRANDI, DI MAIO, GADDA, MORETTO e FREGOLENT. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   attualmente più di 7 milioni di persone, poco più di un terzo dei 23 milioni di lavoratori, sono in cassa integrazione: un lavoratore su tre ha, dunque, lo stipendio ridotto dal 20 al 40 per cento;

   secondo i dati emanati dall'INPS, attualmente ci sarebbero dunque 365 mila persone che ne hanno fatto richiesta, di cui 100 mila persone che non sono state ancora pagate, circa 100 mila domande che non sono state ancora esaminate e 165 mila lavoratori che stanno avendo problemi con la regolarità dell'erogazione;

   ciò a fronte delle dichiarazioni del presidente dell'INPS Pasquale Tridico che aveva promesso il pagamento della cassa integrazione per tutti entro il 10 giugno;

   il sostegno ai lavoratori ed alle aziende in crisi a causa dell'emergenza da Covid-19 è stato uno dei primi provvedimenti del Governo che, con il decreto «Cura Italia», ha fin da subito esteso la cassa integrazione anche alle imprese con meno di 5 dipendenti;

   la cassa integrazione, com'è noto, si ripartisce in tre fattispecie: cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, una varietà di strumenti di sostegno che le imprese e i lavoratori hanno a disposizione per contrastare gli effetti che il lockdown sta avendo sull'economia;

   tra i ritardi per l'erogazione sicuramente il coinvolgimento degli enti regionali: le prime nove settimane di CIG sono infatti di competenza delle regioni che si occupano di smistare le pratiche che successivamente passano all'INPS. Ma tra le cause dei ritardi vi sono sicuramente anche l'alto numero di circolari e regolamenti che rende difficile per le aziende presentare correttamente le richieste. Dal 12 marzo sono stati emanati ben 26 atti dall'INPS, oltre a un numero imprecisato di comunicazioni e circolari interne del Ministero del lavoro. L'ultima circolare INPS, la numero 78 del 27 giugno, ha fornito indicazioni operative sulle disposizioni del decreto «Rilancio»;

   si è dunque ancora ben lontani dalla copertura completa di tutti i lavoratori che attualmente dovrebbero usufruire degli strumenti di sostegno al reddito –:

   se confermi i dati citati in premessa relativamente al numero di lavoratori ancora in attesa di ricevere la cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, quanti siano i mesi di ritardo nell'erogazione delle tre fattispecie e in quali tempi e modalità si prevede saranno effettivamente erogati a coloro che ne hanno diritto gli strumenti di sostegno al reddito previsti dalla legislazione vigente.
(3-01672)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   desta enorme preoccupazione il fermo produttivo cui sono sottoposti gli stabilimenti della Whirlpool nelle Marche, rispetto ai quali le stime evidenziano nel mese di giugno un calo della produzione pari al 50 per cento;

   anche il Gruppo Conad Auchan nella regione sta attraversando un momento di crisi, con i lavoratori del deposito Xpo che hanno recentemente protestato in piazza ad Ancona a causa della chiusura, con inevitabile perdita di posti di lavoro, del magazzino che riforniva i punti vendita ex Sma passati in Conad con l'acquisizione del gruppo Auchan Retail;

   sia gli imprenditori, sia i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno, inoltre, espresso preoccupazione per la richiesta avanzata da Whirlpool di accesso alla cassa integrazione per gli oltre cinquemila dipendenti dei siti produttivi italiani della multinazionale americana;

   le associazioni dei lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno chiesto a più riprese la riconvocazione del tavolo della vertenza Whirlpool, dal momento che non è, allo stato attuale, preventivabile come reagiranno i mercati, e i segnali non sono rassicuranti;

   dai dati che emergono dall'Osservatorio sui bilanci del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e dalla Fondazione dei commercialisti risulta con chiarezza la drammaticità della situazione nella regione Marche, dove le aziende complessivamente hanno subito un calo del fatturato di oltre cinque miliardi nel primo semestre del 2020, una perdita pari al 23,5 per cento;

   la regione sta perdendo competitività, con indici che sono sempre di più assimilati a quelli che, purtroppo, caratterizzano il sud Italia, a differenza di quello che avveniva fino a qualche anno fa, quando le Marche erano associate al modello di sviluppo Veneto –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire, a fronte della grave crisi produttiva che sta investendo la regione Marche, il mantenimento dei livelli occupazionali nelle aziende in crisi e, in particolare della Whirlpool e di Conad-Auchan.
(3-01673)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione odierna degli studi legali italiani è fatta di avvocati titolari degli studi, denominabili domini, e da avvocati in regime di «mono-committenza» o «mono-commessi» che, di questi, sono di fatto dipendenti che, per compensi molto più bassi, a volte ridotti a poche centinaia di euro al mese, lavorano senza tutele o come collaboratori con partita-Iva a tali rapporti possono essere facilmente riconosciute tutte le caratteristiche della subordinazione, come la soggezione al potere direttivo, organizzativo e gerarchico del datore di lavoro; questa dinamica è stata consentita e addirittura favorita proprio dalla legge n. 247 del 2012 che, all'articolo 18, comma 1, lettera d), prevedendo l'incompatibilità dell'esercizio della professione «con qualsiasi attività di lavoro subordinato», ha di fatto impedito la contrattualizzazione del rapporto di lavoro;

   una situazione simile si presenta per i giovani architetti italiani, i quali in maggioranza, lavorano con partita Iva all'interno degli studi di architettura, in regime di mono-committenza, fatturando mensilmente i propri scarsi compensi al professionista etichettabile anche in questo caso come «dominus», lavorando a tutti gli effetti in regime di subordinazione, ma senza i diritti di un contratto dipendente e senza le caratteristiche del lavoro autonomo;

   nell'emergenza economica conseguente a quella sanitaria la situazione di alcuni di questi lavoratori, sta vedendo un ulteriore peggioramento; la loro veste formale di lavoratori autonomi ha consentito loro solo l'accesso al bonus di 600 euro ex articolo 44 del decreto-legge «Cura Italia»; tuttavia questa indennità, nei rapporti interni agli studi legali e nell'ambito dell'unico e vero rapporto di lavoro subordinato sussistente con l'avvocato titolare di studio, nonché all'interno degli studi di architettura, è divenuta oggetto di trattative nella quantificazione del compenso;

   alcune associazioni forensi, quali ad esempio Mga - Mobilitazione generale avvocati, riferiscono infatti, che non pochi titolari di studi professionali stiano arbitrariamente decurtando, dalle retribuzioni mensili dei propri avvocati dipendenti, proprio i 600 euro cui questi ultimi hanno avuto accesso, trasformando la provvidenza assistenziale loro riconosciuta in un arricchimento tue indebito dei titolari degli studi professionali, che procedono al pagamento di «stipendi» ridotti, nonostante l'impegno professionale di questi lavoratori prosegua ininterrotto in smart working o con turni negli studi, attività che non hanno subito chiusure nel lockdown;

   con riferimento anche agli studi di architettura, lo stesso meccanismo è stato proposto da molti professionisti di grandi studi ai propri collaboratori a partita Iva come riportato anche dal giornale onlineFanpage.it;

   questa prassi distorta è talmente nota che l'ordine degli avvocati di Vicenza, prendendone atto, ha stigmatizzato tale condotta nella circolare del 10 aprile 2020; con queste condotte, ingiuste e illecite non solo dal punto di vista deontologico, il bonus introdotto dal decreto «Cura Italia» finisce, infatti, per sostenere non i redditi degli avvocati, degli architetti e di tutti i professionisti in difficoltà, ma quelli dei loro datori di lavoro, i quali beneficiano così artificiosamente di un sostegno pubblico al quale non avrebbero accesso in base ai limiti di reddito previsti;

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati al fine di garantire la corretta percezione dei 600 euro per i lavoratori autonomi prevista dal decreto-legge «Cura Italia» per gli avvocati in regime di mono committenza e per gli architetti a partita Iva;

   quali iniziative, anche a carattere normativo, intendano adottare il Ministro della giustizia e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali al fine di eliminare la situazione di precariato e sfruttamento derivante dall'incompatibilità dell'esercizio della professione con qualsiasi attività di lavoro subordinato prevista dalla legge n. 247 del 2012, all'articolo 18, comma 1, lettera d).
(5-04347)

Interrogazione a risposta scritta:


   BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'emergenza epidemiologica, il ricorso al lavoro agile è stata la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa in molte realtà aziendali;

   la legge n. 81 del 2017 non prevede il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali nella determinazione di termini e condizioni del rapporto di lavoro agile;

   conseguentemente, alcuni aspetti tradizionalmente disciplinati dalla contrattazione collettiva restano privi di specifica regolamentazione, come il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici alle prestazioni sostitutive di mensa, in altre parole, il diritto al buono pasto o al ticket restaurant;

   inoltre, le ragioni dell'urgenza hanno giustificato deroghe alle previsioni normative di cui alla legge n. 81 del 2017 e, significativamente, delle previsioni in materia di accordo individuale sulla base del quale dovrebbe essere gestito il lavoro agile;

   in assenza di specifica disciplina sul punto, è emersa la problematica inerente alla compatibilità tra buoni pasto e lavoro agile;

   di fatto, stanno emergendo orientamenti contrapposti che corrispondono a trattamenti diversi adottati nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici;

   da un lato, si ritiene che al lavoratore agile spetterebbero anche i buoni pasto laddove lo stesso fosse titolare del relativo diritto in caso di lavoro in presenza. Tale orientamento si fonda sul combinato disposto dell'articolo 18, comma 1, e dell'articolo 20 della legge n. 81 del 2017, nella misura in cui si dispone che il lavoro agile è una modalità del rapporto di lavoro subordinato e che «il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81»;

   dall'altro lato, al contrario, si ritiene che ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 333 del 1992, il buono pasto non fa parte della retribuzione a nessun effetto attinente a istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato, salvo che la contrattazione collettiva non ne preveda una diversa qualificazione; conseguentemente, lo stesso non sarebbe dovuto in assenza di una specifica previsione sul punto che disciplini il contrario –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di chiarire i dubbi interpretativi e risolvere questa problematica che impatta in maniera concreta sulla vita quotidiana dei lavoratori.
(4-06314)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'amministratore unico della Tirrenia Hospital, aggiudicataria del fitto triennale del ramo aziendale dell'Istituto Ninetta Rossano, il 5 giugno 2020 ha comunicato ai lavoratori della casa di cura e presentato alle organizzazioni sindacali di categoria, la decisione di porre in atto un piano di riorganizzazione aziendale attestante una presunta eccedenza di personale;

   nel corso di una successiva riunione del 17 giugno, pare sia stata prospettata la riduzione dell'orario di lavoro che vedrebbe profilare il rischio di licenziamento per 27 lavoratori della casa di cura, tutte figure con esperienza e con diversi profili professionali;

   tale piano aziendale per l'interrogante non è solo lesivo della dignità e degli interessi dei 27 lavoratori considerati in esubero, ma appare soprattutto illegittimo perché viola gli obblighi contrattuali previsti nel testo di bando e assunti in sede di aggiudicazione della gara;

   va inoltre considerato che il servizio sanitario regionale della Calabria è sottoposto, da oltre un decennio, ad una gestione straordinaria per il piano di rientro dai disavanzi pregressi e, che il Commissario per la gestione straordinaria del servizio sanitario regionale è nominato dal Governo nazionale –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, alla luce dei fatti sopra esposti, intendano adottare, per quanto di competenza, affinché venga garantito il rispetto degli obblighi contrattuali a tutela dei lavoratori a rischio licenziamento.
(4-06320)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORAMONTI e MADIA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è stato dato impulso, dal Governo e dal Parlamento, per mezzo del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, articolo 20, per il «superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni»;

   va altresì tenuto conto delle successive, ripetute manifestazioni della volontà del legislatore di favorire l'applicazione del summenzionato decreto al personale degli enti pubblici di ricerca, di cui all'articolo 1, commi 668-671 della legge 27 dicembre 2017, che ha stanziato risorse straordinarie finalizzate al superamento del precariato negli enti pubblici di ricerca, e all'articolo 6 del decreto-legge n. 126 del 2019, convertito dalla legge 20 dicembre 2019, n. 159, che ha fornito l'interpretazione autentica della norma inerente alle procedure di superamento del precariato negli enti pubblici di ricerca;

   in occasione dell'espressione dei pareri sullo schema di decreto di riparto del fondo ordinario per il finanziamento degli enti e delle istituzioni di ricerca (Foe) sono state formulate dalle Commissioni VII della Camera e 7a del Senato specifiche condizioni per favorire il completamento delle procedure di stabilizzazione;

   risulta pertanto che rispetto alla platea dei possibili destinatari dei provvedimenti per il superamento del precariato, molte delle azioni auspicate dal Parlamento e dal Governo siano ad oggi ancora in netto ritardo: il comma 1 dell'articolo 20 del decreto-legge del 25 maggio 2017, n. 75, prevede che, nel triennio 2018-2020, successivamente esteso al 2021, le amministrazioni pubbliche possano assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che abbia avuto un rapporto di lavoro subordinato con l'ente che procede all'assunzione e abbia maturato al 31 dicembre 2017 almeno tre anni di servizio, inclusi in modo estensivo (ai sensi della citata legge n. 159 del 2019 e della circolare n. 3 del 2017 del Ministro della semplificazione e la pubblica amministrazione) il rapporto sia di lavoro subordinato, sia flessibile (ivi espressamente compresi gli assegni di ricerca e le collaborazioni continuative). Inoltre, secondo il comma 2 le stesse amministrazioni possono bandire procedure concorsuali riservate a personale non dirigenziale che abbia avuto un rapporto di lavoro flessibile (ivi espressamente inclusi gli assegni di ricerca e le collaborazioni continuative) con l'ente che emana il bando di concorso;

   il decreto ministeriale riguardante il riparto del fondo ordinario per gli enti di ricerca per l'anno 2018, assegnava la quota «premiale» del Foe (articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 31 dicembre del 2009, n. 213, abrogato successivamente dal citato decreto legislativo n. 218 del 2016) agli enti, vincolandoli all'assunzione di personale precario esclusivamente ai sensi del sopracitato articolo, pena la redistribuzione proporzionale agli enti che non se ne siano pienamente avvalsi;

   l'articolo 12-bis del decreto legislativo n. 218 del 2016, introdotto in fase di conversione del decreto-legge n. 126 del 2010, ha introdotto nella legislazione ordinaria per gli enti pubblici di ricerca il principio di equiparazione dell'attività di ricerca svolta dai ricercatori a tempo determinato con quella svolta in virtù del conferimento di assegni di ricerca, già ampiamente riconosciuto dalla legislazione straordinaria per il superamento del precariato, con l'ammissione agli stessi ruoli –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per favorire la conclusione delle procedure di stabilizzazione del personale degli enti pubblici di ricerca entro il termine ultimo del 31 dicembre 2021, soprattutto per quei centri o enti pubblici di ricerca che risultano non avere ancora utilizzato tutti i fondi per la conclusione delle procedure di stabilizzazione del personale precario, non applicando le disposizioni dell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 nel bandire concorsi riservati per il personale in possesso dei requisiti ivi previsti, tra cui in particolare tre anni di anzianità in virtù del conferimento di assegni di ricerca.
(4-06316)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Morrone n. 4-06299, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Raffaelli, Tonelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Sasso n. 4-06307, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Tateo.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Elisa Tripodi n. 2-00746 del 21 aprile 2020;

   interrogazione a risposta scritta Gribaudo n. 4-05639 del 13 maggio 2020;

   interrogazione a risposta orale Zanettin n. 3-01559 del 25 maggio 2020.