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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 8 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,

   premesso che:

    le disposizioni assunte dal Governo per fronteggiare la pandemia da COVID-19 hanno portato alla luce problematiche che persistono già da tempo su tutto il territorio nazionale. Tra le varie misure adottate si ricorda la sospensione: degli esami per il conseguimento/revisione della patente di guida di tutte le categorie (teoria e pratica) in sede e fuori sede; degli esami per il conseguimento/revisione della carta di qualificazione del conducente (Cqc); degli esami per il conseguimento del Cap e del Cfp Adr e degli esami per il conseguimento della patente nautica (teoria e pratica) in sede e fuori sede;

    il combinato disposto dei vari decreti succedutesi in queste ultime settimane, mettono il settore delle autoscuole in una sorta di limbo, in quanto, a causa del codice Ateco 85 non indicato tra le attività soggette a chiusura, le autoscuole potrebbero operare, ma al contempo, avendo il Governo stabilito il blocco delle attività didattiche e la sospensione degli esami di conseguimento per tutte le categorie di patenti sono di fatto chiuse;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, all'articolo 1, comma 1, lettera v), ha disposto la sospensione degli esami di idoneità di cui all'articolo 121 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, da espletarsi presso gli uffici periferici della motorizzazione civile; con apposito provvedimento dirigenziale è disposta, in favore dei candidati che non hanno potuto sostenere le prove d'esame in ragione della sospensione, la proroga dei termini previsti dagli articoli 121 e 122 del codice della strada;

    tale ultima proroga si potrebbe tradurre in future, lunghissime, code per sostenere gli esami. D'altro canto, la ripresa degli esami comporterebbe una non facile gestione delle disposizioni in materia sanitaria attualmente vigenti;

    molte delle attività svolte dalle autoscuole, in particolare quelle relative ai corsi di recupero punti e i corsi di aggiornamento per i conducenti professionali, oltre ad essere fondamentali, per poter svolgere l'attività di autotrasportatore vengono certificate alla struttura erogante senza la necessità di un esame;

    a partire dal 20 maggio 2020, di fatti, stanno emergendo una serie di problematiche legate alla operatività degli uffici del personale della Motorizzazione, in particolare in merito agli esami di conseguimento della patente di guida;

    la garanzia del mantenimento delle distanze sociali tra gli esaminandi durante lo svolgimento delle prove scritte negli uffici delle Motorizzazioni civili costituisce un problema di non facile soluzione; a questo, si aggiunge il problema relativo al trasporto dei candidati dalle aree più periferiche;

    spesso, in alcune zone, le autoscuole locali organizzano il trasporto degli esaminandi, ma in tale situazione di emergenza COVID-19, esso potrebbe rivelarsi difficilmente attuabile, sia per il contingentamento dei posti nei veicoli che causerebbe file incessanti, sia nel caso di utilizzo di un solo veicolo, che aumenterebbe il rischio di contagio;

    dalla risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-03961 presentato in Commissione Trasporti in data 13 maggio 2020, concernente la riapertura delle attività delle autoscuole, si è appreso che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sta verificando con il comitato tecnico-scientifico la possibilità, in vista dei nuovi parametri che disciplineranno la ripresa delle attività a partire dal 18 maggio 2020, di introdurre misure specifiche per le autoscuole;

    le attività di esame sono ferme da circa 3 mesi e, nel frattempo, si sono accumulate richieste di circa 300.000 esami difficili da smaltire con la dotazione di personale della Motorizzazione, già carente, e applicando le norme igieniche previste dalle linee guida predisposte dal Ministero della salute e nel contempo rispettando le normali procedure di esame;

    simile problema riguarda anche la proroga delle revisioni; difatti, il comma 4 dell'articolo 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, autorizza fino al 31 ottobre 2020 la circolazione dei veicoli da sottoporre entro il 31 luglio 2020 alle attività di visita e prova di cui agli articoli 75 e 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ovvero alle attività di revisione di cui all'articolo 80 del medesimo decreto legislativo;

    da ciò consegue che tutti i veicoli che avrebbero dovuto effettuare la revisione entro il 31 luglio 2020 potranno rimandare la verifica al 31 ottobre 2020. Nello stesso tempo ciò con ogni probabilità comporterà un sovra-flusso di richieste di revisioni almeno cinque volte superiore alla capacità massima dei centri autorizzati che allo stato attuale è stimata intorno a 1,3 milioni di collaudi al mese;

    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con l'adozione della circolare 7 agosto 2008 prot. 39544/23, ha indicato i requisiti che le autoscuole devono possedere per poter espletare esami informatizzati nelle proprie sedi: la capillarizzazione del servizio rappresenterebbe una soluzione ottimale sia per gli utenti, che vedrebbero ridotto il rischio di contagio, sia per gli uffici delle Mtc che vedrebbero ridotti notevolmente code e costi di gestione; dal 2008 e fino allo scorso mese di gennaio 2020, questo sistema d'esame è stato utilizzato all'isola d'Elba dove ha prodotto ottimi risultati. Oggi, in via eccezionale, il territorio nazionale potrebbe diventare un laboratorio privilegiato per arrivare alla soluzione del problema. In alternativa, potrebbe essere consentito lo svolgimento degli esami nelle sedi istituzionali degli enti territoriali che hanno già manifestato piena disponibilità alla cessione dei locali per dare seguito allo svolgimento degli esami;

    inoltre, in prossimità della scadenza del 31 ottobre 2020 si potrebbe verificare un'alta concentrazione delle operazioni di revisione per 5-6 milioni di veicoli circa, con una mole di lavoro che sarà assai difficile da gestire per i centri di controllo e per l'intero sistema ai diversi livelli. In tal senso, ulteriori e significativi disagi potrebbero verificarsi per i cittadini, considerato che la revisione è un adempimento obbligatorio ed essenziale per la sicurezza stradale e richiede i necessari tempi tecnici;

    con il regolamento (UE) 2020/698, è stata prevista una proroga dei termini previsti dalla direttiva della direttiva 2014/45/UE, relativi ai controlli tecnici per un periodo di sette mesi,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di bandire concorsi per assumere esaminatori e tecnici del settore, nonché prevedere la possibilità, per coloro che sono stati assunti, di occuparsi dello svolgimento degli esami di abilitazione;

   ad adottare, per quanto di competenza, iniziative idonee a consentire una diffusa ripresa degli esami, prevedendo per il periodo di emergenza COVID-19, la possibilità, per le autoscuole ubicate a più di 50 chilometri dagli uffici delle Motorizzazione, di dar seguito a quanto previsto dalla circolare del Mit 7 agosto 2008 prot. 39544/23 o di consentire lo svolgimento degli esami nelle sedi istituzionali degli enti territoriali che manifestano piena disponibilità alla cessione dei locali per lo svolgimento degli esami;

   a valutare l'opportunità, esclusivamente per l'esame teorico, considerata l'esiguità del numero degli esaminatori di scuola guida, di adottare iniziative per ovviare a tale figura, sostenendola con un funzionario della pubblica amministrazione;

   ad adottare iniziative opportune per concordare una soluzione più graduale delle proroghe in scadenza delle revisioni e per favorire, quanto prima, una progressiva ripresa di tali operazioni, nel massimo rispetto dei protocolli di sicurezza, al fine di evitare sia la gestione di un numero di pratiche insostenibile in un prossimo futuro, sia il ricorso all'applicazione di quanto previsto dai paragrafi 1 e 2 dell'articolo 5 del regolamento (UE) 2020/698, in materia di proroga dei termini previsti dalla direttiva 2014/45/UE.
(7-00511) «Marino, Grippa, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Chiazzese, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    la Fondazione Enasarco è l'ente nazionale di assistenza, costituito nel 1938 e trasformato in soggetto di diritto privato nel 1996, con finalità di pubblico interesse attraverso la gestione di forme pensionistiche integrative obbligatorie a favore di agenti e rappresentanti di commercio;

    il controllo pubblico sulla gestione della Fondazione è affidato al Ministero del lavoro e politiche sociali e al Ministero dell'economia e finanze;

    Enasarco, dunque, riconosce prestazioni integrative agli agenti e rappresentanti di commercio, che sono iscritti e che hanno versato i relativi contributi. Le prestazioni previste sono la pensione di vecchiaia al compimento dell'età pensionabile, con almeno 20 anni di contributi, il trattamento di fine rapporto, nonché ulteriori prestazioni sanitarie e integrative;

    all'ente di previdenza integrativa obbligatoria risultano attualmente iscritte circa 990.000 persone, di cui circa 220.000 attivi, 120.000 pensionati e circa 650.000 definiti «silenti». Nello specifico, i cosiddetti «silenti» sono i contributi versati all'Enasarco, che vengono di fatto persi dagli ex agenti e rappresentati di commercio, che non raggiungano il minimo di anni di contribuzione previsti dal regolamento Enasarco. Addirittura, vi sono centinaia di migliaia di ex lavoratori che hanno versato i contributi obbligatoriamente, anche per 18 anni, per una pensione complementare che non è stata mai corrisposta, nemmeno in parte;

    a ciò si aggiunge l'anomalia per la quale, nonostante Enasarco sia una cassa previdenziale ed integrativa privata, sussiste l'obbligo di iscrizione all'ente per tutti gli agenti e rappresentanti di commercio, pur essendo gli stessi già tenuti ad iscriversi all'Inps. Si tratta, dunque, di un'evidente discriminazione in danno di tali lavoratori che rappresentano l'unica categoria per cui è previsto l'obbligo di duplice contribuzione, con l'aggravio, come predetto, di vedersi negato il riconoscimento della pensione integrativa, qualora cessi l'attività prima del raggiungimento dei 20 anni di versamenti obbligatori, poiché, in tal caso, Enasarco non riconosce alcun diritto e non prevede nemmeno la restituzione delle somme versate;

    l'ente, dunque, trattiene una notevole quantità di «contributi silenti o improduttivi», poiché sono molti gli agenti e i rappresentati di commercio che non raggiungono i requisiti richiesti;

    Enasarco prevede la possibilità di continuare volontariamente il versamento contributivo una volta cessata l'attività di agente di commercio, ma tale opzione non risulta conveniente, soprattutto, per chi ha versato i contributi per pochi anni;

    inoltre, trattandosi di un ente previdenziale che eroga prestazioni integrative, non è prevista la possibilità di ricongiunzione dei contributi – meccanismo che sarebbe peraltro inutile e improduttivo, posto che la contribuzione Enasarco è già coperta da quella obbligatoria Inps – né è possibile cumulare la contribuzione, per maturare un maggior importo di pensione;

    tale distorto meccanismo è comunque previsto dal regolamento di Enasarco, pertanto, sono anni che un notevole numero di agenti e rappresentanti di commercio denuncia le gravi criticità di detto sistema, nonché le condotte non conformi a buona fede dei vertici della Fondazione;

    al riguardo, nel mese di aprile 2020 Federcontribuenti, l'associazione dei consumatori e contribuenti italiani, ha comunicato il deposito presso la procura di Roma di una denuncia-querela contro Enasarco, eccependo, tra l'altro, una mancanza di trasparenza nella gestione delle risorse finanziarie accumulate, chiedendo di procedere con urgenza al commissariamento dell'ente e altresì di farlo confluire in Inps, al fine di dare giustizia a migliaia di ex agenti che si sono visti negare il giusto riconoscimento a una integrazione pensionistica;

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche recentemente, in risposta ad atti di sindacato ispettivo (interrogazione n. 5-03746) si è espresso favorevolmente per una soluzione legislativa che risolva in modo definitivo le anomalie in questione, ma, ad oggi, non sono stati adottati provvedimenti utili in merito;

   si evidenzia che, considerando che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze dovrebbero vigilare sulla gestione di Enasarco, non si comprende come sia possibile il perdurare di una situazione palesemente dannosa per questi professionisti e che pone anche dei dubbi sulla legittima gestione delle risorse accumulate dalla Fondazione a titolo di «contributi silenti»,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative che pongano rimedio alla annosa questione dei contributi cosiddetti «silenti», al fine di escludere che agenti e rappresentanti di commercio perdano i contributi previdenziali versati alla Fondazione Enasarco;

   a porre in essere iniziative affinché si ponga rimedio all'anomalia per la quale i rappresentanti e gli agenti di commercio in Italia sono obbligati ad iscriversi a due enti previdenziali;

   ad adottare iniziative per espletare un più incisivo controllo sulla Fondazione Enasarco, assumendo i dovuti provvedimenti qualora risulti una gestione non trasparente della Fondazione rispetto ai propri compiti istituzionali.
(7-00510) «Rizzetto, Bucalo, Butti, Caiata, Deidda, Ferro, Foti, Lucaselli, Mollicone».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    la pandemia di COVID-19 in aggiunta ai gravi effetti sanitari ed anche come diretta conseguenza di essi ha prodotto ripercussioni economiche fortemente negative, generando una crisi di livello mondiale che in Italia sembra produrre effetti particolarmente dannosi nel medio periodo;

   il Governo nel documento di economia e finanza per l'anno 2020 ha stimato una decrescita del prodotto interno lordo pari a -8 per cento. Stime ancora più severe sulla crescita per l'anno 2020 sono state prodotte da Istat, Ocse e da ultimo dalla Commissione europea;

   l'Istat prevede una riduzione del prodotto interno lordo pari a -8,3 per cento, l'Ocse ipotizza invece un doppio scenario. In quello più favorevole in cui dopo l'estate non si verifichi una recrudescenza dei contagi da COVID-19 la riduzione del prodotto interno lordo è stimata all'11,3 per cento, nello scenario più sfavorevole in cui si debba ricorrere nuovamente a misure di «lockdown», il prodotto interno lordo precipiterebbe addirittura a -14 per cento. Le recentissime stime della Commissione europea si avvicinano al primo scenario dell'Ocse con una riduzione del prodotto interno lordo pari a -11,2 per cento;

   a fronte di previsioni economiche negative al punto da poter essere considerate da economia di guerra, sono inevitabili ripercussioni altrettanto negative sul piano dell'occupazione. Il Governo, sempre in sede di documento di economia e finanza, ha previsto una riduzione dell'occupazione del 2,1 per cento ed un aumento del tasso di disoccupazione pari all'1,6 per cento;

   i dati reali sull'occupazione sembrano essere ancora più severi delle stime. I dati dell'Istat relativi al trimestre marzo-maggio segnano una riduzione dell'occupazione pari a -381.000 unità. Se si considera che fino al prossimo 17 agosto vige il divieto ex lege di procedere a licenziamenti da parte dei datori di lavoro, la stima governativa di circa 500.000 posti di lavoro persi nel corso dell'anno sarà, con tutta probabilità, abbondantemente superata;

   una marcata riduzione dei posti di lavoro produrrà un'altrettanto elevata domanda di accesso agli ammortizzatori sociali. Al fine di evitare forti crisi e tensioni sociali, lo Stato dovrà essere in grado di rispondere al maggior numero di richieste possibile, ed in particolare a quelle delle categorie di lavoratori che con più difficoltà potrebbero trovare accesso all'attuale sistema di ammortizzatori sociali;

   oltre a garantire un sostegno reddituale alle persone che perdono il posto di lavoro, ulteriore sfida strategica per il rilancio del sistema Paese sarà quella di attuare ogni strumento utile a garantire al maggior numero possibile di disoccupati di rientrare nel processo produttivo, garantendo percorsi formativi che consentano concretamente di acquisire nuove competenze anche di natura specialistica, rafforzando ed efficientando le azioni di politica attiva;

   potenziare, ampliare e rendere più efficiente l'attuale sistema di ammortizzatori sociali e politiche attive è obiettivo necessario ma non sufficiente se l'attuale crisi e gli effetti che questa produce sull'occupazione non vengono contemporaneamente affrontati «a monte» con misure specifiche volte a ridurre, nei limiti delle condizioni date, la riduzione di posti di lavoro;

   in tal senso, è necessario prevedere misure che consentano ai datori di lavoro, da un lato, di non interrompere i rapporti di lavoro già in essere e, dall'altro, di procedere a nuove assunzioni, come un regime derogatorio, temporalmente delimitato, della normativa vigente sui contratti a tempo determinato in materia di causali e durata del contratto, o prevedendo una riduzione degli oneri contributivi in caso di nuove assunzioni,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile al fine di prevedere concreti e adeguati percorsi di formazione professionale per i percettori di Naspi e Dis-Coll, anche con il coinvolgimento di organizzazioni datoriali, imprese e istituti universitari;

   ad adottare iniziative per prevedere che i beneficiari di Naspi, Dis-coll e reddito di cittadinanza siano tenuti ad accettare proposte di stage formativi formulate dalle aziende e presentate per il tramite dei centri per l'impiego, consentendo la possibilità di cumulo tra il beneficio erogato e l'emolumento percepito nell'ambito dello stage formativo;

   a porre in essere ogni iniziativa utile al fine di garantire l'efficienza e l'efficacia dell'azione di Anpal;

   ad adottare iniziative per prevedere strumenti di protezione sociale volti ad indennizzare tutte le categorie di lavoro autonomo in caso di riduzione o cessazione comprovata dell'attività, improntati ad un criterio di gradualità in cui il beneficio previsto sia inversamente proporzionale ai redditi percepiti.
(7-00512) «Zangrillo, Polverini, Cannatelli, Musella».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Regno Unito si appresterebbe ad avviare la progressiva rimozione della tecnologia dell'azienda cinese Huawei dalle reti 5G;

   secondo diverse fonti stampa, il National Cyber Security Centre del Government Communications Headquarters (Gchq) avrebbe riconsiderato le valutazioni fornite in precedenza in merito ai rischi posti dalle tecnologie Huawei e soprattutto in merito alla gestione in sicurezza dei dati;

   in particolare il Gchq rimarca che le sanzioni imposte dagli Usa su Huawei costringeranno l'azienda cinese ad utilizzare tecnologie non affidabili, in grado di porre rischi incontrollabili;

   le sanzioni di Washington impediscono, infatti, a Huawei di utilizzare tecnologie basate su proprietà intellettuale americana;

   il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha chiesto, già da fine 2019, al Governo italiano di adottare provvedimenti per garantire la sicurezza delle reti 5G, anche valutando l'esclusione di aziende collegate a governi stranieri come le cinesi Huawei e Zte;

   in particolar modo, il Copasir aveva testualmente concluso «non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l'ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G»;

   il Copasir aveva inoltre indicato come «necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alle implementazioni di tali infrastrutture», consigliando di «escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G per la sicurezza nazionale», rilevando che «contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, pur formalmente indipendenti dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate alle istituzioni del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna»;

   il Governo italiano non si è ancora espresso nitidamente;

   le rivelazioni del National Cyber Security Centre del Government Communications Headquarters, ove confermate, costituirebbe un ulteriore elemento che porta a propendere per la esclusione di Huawei, ZTE e in genere delle aziende cinesi dalla rete 5G italiana –:

   quale sia la posizione del Governo in ordine alla esclusione di Huawei e Zte nella configurazione, installazione e nel mantenimento delle reti 5G;

   se il Governo ritenga opportuno un supplemento di indagine sulla affidabilità di Huawei e Zte nella implementazione della rete 5G, anche acquisendo dal Governo inglese i risultati della indagine del National Cyber Security Centre del Government Communications Headquarters.
(3-01665)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRARI e GARAVAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'industria dell'aerospazio, della difesa e della sicurezza rappresenta uno dei comparti più rilevanti e strategici per il sistema Paese, registrando annualmente un fatturato di circa 14 miliardi di euro – di cui il 70 per cento derivante da export – che si traduce in 4,5 miliardi di euro di valore aggiunto diretto e nell'occupazione di circa 160 mila addetti;

   la rilevanza strategica dell'industria della difesa si evidenzia, soprattutto, sul piano qualitativo, considerato che nel comparto sono investiti annualmente circa 1,4 miliardi di euro in ricerca e sviluppo, pari all'11 per cento circa degli investimenti complessivi delle imprese italiane;

   a tal proposito, il settore dell'industria della difesa assume un ruolo ancora più strategico nel post-emergenza COVID-19, proprio perché con le straordinarie capacità industriali e tecnologiche può contribuire a conferire, attraverso il proprio programma di investimenti, un rinnovato impulso all'industria nazionale e al conseguente rilancio del Paese;

   le più recenti previsioni del Fondo monetario internazionale rivalutano in ulteriore sensibile aggravamento al 13 per cento la contrazione del prodotto interno lordo italiano atteso per il 2020, con un limitato recupero del 6,3 per cento nel 2021 e la prospettiva di ristabilire le condizioni ante-COVID non prima del 2023. Tali previsioni risultano ampiamente peggiorative rispetto a quelle di Germania e Francia;

   la legge di bilancio 2020 prevede, all'articolo 1, commi 14 e 15, l'istituzione di un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato, allo sviluppo del Paese e, in generale, ai programmi di investimento a carattere innovativo, fondo confermato anche dal recente documento di economia e finanza pubblicato in corso di emergenza sanitaria, la cui dotazione ammonta a circa 20 miliardi di euro per gli anni 2020-2034;

   risulterebbe pertanto vantaggioso, tanto più nell'eccezionale gravità del momento, assicurare ogni sostegno dell'industria nazionale a significativo contenuto tecnologico, come quella della difesa, a tutela di una forza lavoro eccezionalmente qualificata, prezioso patrimonio d'eccellenza assolutamente da non disperdere –:

   con quali proporzioni e quando il Governo intenda avvalersi delle summenzionate risorse ripartendole tra le amministrazioni centrali affinché queste possano avviare immediatamente le attività contrattuali di spesa a favore dell'economia reale, offrire alle aziende tangibili prospettive di medio-lungo termine, utili a preservare l'occupazione e, in ultima analisi, a ricreare un rapporto di fiducia indispensabile alla rapida ripresa del prodotto interno lordo nazionale.
(5-04307)

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria ancora in corso ha mostrato tutta la fragilità del Paese nel vincere le storiche sfide del cosiddetto «digital divide»;

   quanto alla rete mobile sono oltre 1.200 i comuni (secondo il censimento dell'Unione nazionale comuni, comunità enti montani di ottobre 2019) nei quali si registrano difficoltà nella ricezione dei segnali ed è impossibile, con uno o più operatori, fare telefonate, mandare messaggi, connettersi a internet da smartphone;

   altra situazione fonte di grave preoccupazione è quella data dalla «tv che non si vede»: sono, infatti, circa 5 milioni gli italiani che non riescono a captare i canali del servizio pubblico e l'intero bouquet televisivo. Una situazione evidenziata da anni dai CoreCom e segnalata, innumerevoli volte, all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom);

   infine, ulteriore fronte del divario digitale – che il Paese ha (ri)scoperto in questa pandemia – è dato dalla carenza di adeguate reti per i dati e per l'accesso ad alta velocità a internet. La rete è ancora preclusa per moltissimi territori. Lavorare, fare lezioni, guardare un film, accedere ai servizi della pubblica amministrazione, resta un miraggio in troppe parti d'Italia, atteso che le velocità sono rimaste ferme a dieci anni fa –:

   se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per una rapida attuazione del Piano nazionale banda ultralarga (Bul), tenuto conto che i ritardi ad oggi accumulati non appaiono più ulteriormente tollerabili;

   se il Governo intenda altresì definire una strategia nazionale digitale per la montagna in linea con quanto previsto dalla legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni e dagli impegni contenuti nelle mozioni approvate il 28 gennaio 2020 dalla Camera dei deputati.
(4-06261)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il giornalista di Avvenire Nello Scavo è tra i primi in Italia ad aver raccontato quanto accade quotidianamente lungo la rotta migratoria dalla Libia verso l'Europa e ha più volte denunciato la presenza di uomini legati al traffico di esseri umani all'interno della Guardia costiera libica;

   le sue inchieste hanno svelato i legami tra il governo maltese e la Guardia Costiera libica sui respingimenti in mare e nei giorni scorsi è stato attaccato e minacciato su Twitter da uno degli uomini più vicini ai due ultimi premier maltesi, già indicato dall'Avvenire quale presunto coordinatore delle operazioni che hanno preceduto la tristemente conosciuta «Strage di Pasquetta», il naufragio nel quale morirono 12 persone, rimaste per giorni su un gommone in avaria nel Mediterraneo Centrale e «accusato in precedenza di comportamenti illeciti e controversi, tra cui legami con un leader delle milizie libiche che gestisce estorsioni e centri di detenzione non ufficiali»;

   dalle inchieste giornalistiche emerge come il signor Gafà sia il fautore dell'accordo segreto tra Malta e Libia siglato tre anni fa e che prevede anche l'uso di «pescherecci fantasma» nel respingimento illegale di migranti;

   Gafà è stato accusato dalla famiglia di Daphne Caruana Galizia, uccisa con un'autobomba nel 2017, di essere uno dei principali sostenitori della campagna diffamatoria contro la giornalista, di cui Gafà diffondeva foto della vita privata e fotomontaggi;

   pur avendo sempre negato di conoscere le persone coinvolte nell'omicidio della giornalista, diverse immagini ritraggono Gafà accanto ad alcuni degli uomini imputati dell'omicidio;

   oltre a Nello Scavo, Neville Gafà, ex coordinatore dell'ufficio del Primo ministro maltese ha attaccato e minacciato anche la piattaforma Mediterranea che con la nave Mare Jonio è impegnata in attività di «search and rescue» nel Mediterraneo Centrale e Alarm Phone, la linea telefonica che riceve e rilancia le richieste di soccorso da parte dei migranti che si trovano in mare in situazioni di difficoltà e a rischio naufragio;

   rispondendo a un tweet di Alarm Phone in cui si denunciava il fatto che un neonato, partorito durante la traversata, fosse stato riportato dalla Guardia costiera libica in una zona di guerra insieme agli altri naufraghi soccorsi, puntando il dito contro le politiche messe in campo dai governi europei, Gafà ha scritto: «È bene che fermiate i vostri sporchi affari. Pieno supporto alla Guardia costiera libica»;

   a quel punto Nello Scavo ha scritto: «Affari sporchi, petrolio sporco, accordi sporchi tra governi. Niente da dire su questi metodi sporchi?»;

   l'incredibile risposta di Gafà, indirizzata direttamente non solo al giornalista di Avvenire ma, attraverso i relativi «tag», anche a Mediterranea e Alarm Phone, è stata la seguente: «Fermate i vostri sporchi affari. Altrimenti, vi fermeremo noi»;

   tale affermazione del signor Gafà risulta come una minaccia rivolta alle due organizzazioni ed al giornalista italiano che da tempo è nel mirino dei trafficanti di esseri umani per le sue inchieste sui rapporti tra questi e il governo maltese, nonché per l'inchiesta sul trafficante libico «Bija» e sulla partecipazione dello stesso ad incontri con le autorità italiane. Le minacce di «Bija» hanno portato alla decisione di assegnare al giornalista una scorta;

   il diritto di cronaca e il giornalismo di inchiesta non possono essere in alcun modo repressi e va respinto con forza ogni tentativo di intimidazione nei confronti di quei giornalisti che svolgono con professionalità il proprio mestiere –:

   quali iniziative, anche di tipo diplomatico, il Governo intenda intraprendere nei confronti del governo maltese affinché venga tutelata l'«agibilità» professionale del giornalista Nello Scavo, vittima di esplicite minacce da parte di Neville Gafà, capo di gabinetto del Primo ministro maltese fino al gennaio 2020, a causa delle inchieste da lui condotte e richiamate in premessa.
(4-06264)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPITANIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni i residenti del comune di Concorezzo e dei quartieri est di Monza hanno denunciato emissioni maleodoranti ed insopportabili, provenienti dal sito di produzione asfalti della ditta Asfalti Brianza s.r.l. con sede in via per Imbersago 134/2, nel comune di Concorezzo;

   in concomitanza con la sospensione delle attività dal 12 marzo al 24 aprile 2020, causa dell'emergenza COVID-19, i fenomeni denunciati hanno subito una temporanea sospensione, ma, con la graduale riapertura delle attività, sono puntualmente ricominciate le segnalazioni dei cittadini residenti nelle vicinanze del sito, in ordine alla presenza di odori, palesemente riconducibili all'attività, caratterizzati da un significativo e molesto impatto e tali da rendere l'aria irrespirabile e provocare – in alcuni casi – addirittura mal di gola, bruciori ed irritazioni agli occhi, asma;

   la ripresa dell'attività produttiva, senza che siano state affrontate e risolte tali criticità, concorre ad ingenerare una crescente preoccupazione nella cittadinanza e ad alimentare una tensione, anche sociale che, alla luce delle numerose problematiche irrisolte, potrebbero portare ad un'inedita situazione di rilevanza anche sotto il profilo dell'ordine pubblico. Ciò, anche in considerazione del fatto che la popolazione è già provata, tanto dal notevole tempo trascorso senza apprezzabili miglioramenti della situazione lamentata, quanto dal recente periodo di limitazione delle libertà personali a causa della crisi epidemiologica tuttora in corso;

   giova ricordare che, in data 22 novembre 2019, la prefettura di Monza convocò il comune di Concorezzo, Arpa, Ats e la stessa ditta Asfalti Brianza per l'esame delle ben note problematiche odorigene, al fine di verificare la sussistenza di pericolo per la salute dei cittadini e per prevenire problematiche di ordine pubblico, posto che lo stato di esasperazione della popolazione interessata aveva nel frattempo condotto – tra l'altro – a manifestazioni e proteste pubbliche sfociate anche in «sit in» sotto il municipio e durante i consigli comunali di Concorezzo;

   in occasione della suddetta riunione, gli enti preposti al controllo, Arpa e Ats, furono invitati a redigere un protocollo di interventi ed un piano di rilievi, comprensivo dell'installazione di stazioni fisse di monitoraggio nei pressi del sito produttivo e della consegna di un campionatore istantaneo da utilizzare in caso di presenza delle emissioni odorigene. Il tutto per la verifica della possibile presenza di composti tossici e/o nocivi. A questa riunione ne seguirono altre, peraltro senza apprezzabili e concreti risultati;

   a gennaio 2020, sorprendentemente, la ditta Asfalti Brianza rinunciava alla sua precedente richiesta di modifica dell'autorizzazione unica ambientale; in tal modo, non si conclusero gli interventi che la stessa impresa aveva proposto, nel corso delle riunioni suddette, ai fini della mitigazione e del contenimento delle emissioni atmosferiche;

   è verosimile prevedere che, con la stagione estiva e l'aumento delle temperature, i disagi ed i malori non potranno che aggravarsi e concorrere ad esasperare ulteriormente la popolazione locale, visto anche il vano passare del tempo; l'assoluta mancanza di un pur minimo spiraglio di soluzione della vicenda ha già dato vita a comitati di controllo e di protesta dai quali è lecito attendersi – stante l'attuale situazione di «impasse» – un prossimo ulteriore inasprimento del livello di contestazione e dissenso –:

   se il Ministro intenda interessarsi dei gravi disagi che la ditta Asfalti Brianza arreca agli abitanti del comune di Concorezzo e delle zone circostanti l'insediamento produttivo e quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire la salute ed il quieto vivere della cittadinanza, disponendo, eventualmente, apposite ispezioni da parte dell'Ispra e del Comando carabinieri per la tutela della salute considerato anche che sarebbe opportuno sospendere le attività dell'impianto produttivo di asfalti, almeno fino a quando non siano definitivamente risolti i problemi sopra evidenziati.
(5-04328)

Interrogazione a risposta scritta:


   FARO e MENGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'area nord del Gargano, in particolare del litorale tra i comuni di San Nicandro Garganico e Lesina, in provincia di Foggia, comprende uno dei principali laghi costieri, ovvero il lago di Lesina che è separato dal mare Adriatico da un istmo che originariamente ospitava in tutta la sua estensione la macchia mediterranea. Lo chiamano il «quartiere del mare», ma è stato costruito senza alcuna licenza edilizia né diritto di proprietà sui terreni. Non c'è acqua, non c'è luce, non c'è fogna. Le strade non hanno nome. Ufficialmente è una cittadina fantasma, quella che sorge in località Schiapparo in prossimità dell'omonima foce. Tale area da giugno a settembre si popola di circa diecimila persone, una striscia di terra lunga dieci chilometri e larga poco meno di uno, che divide la laguna di Lesina dall'Adriatico, dieci chilometri di cemento senza soluzione di continuità. L'Adriatico non si vede, coperto dalle 2.500 villette costruite in un trentennio di operoso e ininterrotto abusivismo nel cuore del Parco nazionale del Gargano. A seguito dei condoni del 1985 e del 1994 è stata individuata quale possibile soluzione la redazione di un piano di recupero territoriale (Pirt). A redigere il piano è stata la Lesina S.r.l., perché tale società ha rivendicato la proprietà di circa 500 ettari di terreni in agro di Lesina, di cui circa 200 sarebbero stati interessati dal fenomeno dell'abusivismo edilizio di Torre Mileto, mentre il restante 40 per cento dei suoli sui quali si estende il villaggio, la cui proprietà è stata rivendicata dalla società Lacmar S.r.l., non è rientrato in alcun piano di recupero. Dopo circa 30 anni, durante i quali sono stati realizzati i manufatti abusivi nella completa indifferenza istituzionale, oggi si parla di riqualificazione e sanatoria del villaggio abusivo dello Schiapparo, senza considerare in alcun modo: 1) che l'area interessata insiste in primo luogo all'interno del Parco nazionale del Gargano e nell'area Sic di Torre Mileto istituita nel 2015; 2) che tale fenomeno non rientra nel cosiddetto abusivismo di necessità, trattandosi di case per le vacanze e non abitazioni principali; 3) il rischio sismico a cui è esposta l'intera area. Infatti, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274/2003, cui è seguita la delibera della giunta regionale della Puglia n. 153 del 2 marzo 2004, indica l'area di Lesina nella zona di rischio sismico 2, ovvero zona con pericolosità sismica media dove possono verificarsi forti terremoti seguiti da maremoti. A ciò si aggiunge la relazione prodotta dal Parco nazionale del Gargano, nel quale insistono i manufatti abusivi e grazie alla sinergia con la procura della Repubblica di Foggia, si è provveduto all'abbattimento di circa 40 manufatti abusivi insistenti nel perimetro del Parco. Nella medesima relazione, all'allegato 5 sono individuati, altri 62 manufatti da inserire nel piano di abbattimenti, in base alle sentenze definitive, tra questi, 22 manufatti sono insistenti in località Schiapparo nel comune di Lesina. Pertanto, analizzando nell'attualità la situazione nell'istmo di Lesina, sembra evidente che il Pirt sia lo strumento prescelto per sanare ciò che non può essere sanato, ovvero una vasta area di cemento che, invece, dovrebbe essere restituita alla macchia mediterranea –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   quali siano le iniziative di competenza intraprese per il recupero ambientale del territorio interessato da fenomeni di abusivismo, con particolare riferimento al Parco nazionale del Gargano;

   se sia prevista l'adozione di iniziative per lo stanziamento dei fondi necessari per procedere all'abbattimento di tutti i manufatti abusivi presenti sull'istmo di Lesina, località Schiapparo e quindi alla bonifica dell'area finalizzata al ripristino del patrimonio naturalistico.
(4-06256)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COMINARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 178 del 2012 ha riorganizzato l'«Associazione italiana della Croce Rossa» (Cri) trasferendone le funzioni alla nuova associazione di diritto privato di interesse pubblico «Associazione della Croce Rossa Italiana», e trasformando la Cri in «Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana» (Esacri), quale soggetto di natura pubblica avente lo scopo temporaneo di favorire lo sviluppo della neonata associazione di diritto privato;

   oggi l'ente risulta in liquidazione coatta amministrativa in base allo stesso decreto;

   il decreto interministeriale del 16 aprile 2014 ha disciplinato le modalità organizzative e funzionali dell'associazione, nonché i rapporti tra l'ente pubblico (comprensivo del Comitato centrale, dei comitati regionali e di quelli delle province autonome di Trento e Bolzano) e i comitati provinciali e locali privati;

   l'articolo 6 del decreto interministeriale ha assegnato all'Ente pubblico la proprietà del patrimonio immobiliare della Cri e per i comitati privati ha previsto la possibilità di stipulare contratti di comodato d'uso gratuito per l'utilizzo degli immobili, nonché il subentro «nelle obbligazioni derivanti dalle rate di ammortamento dei contratti di mutuo e di leasing stipulati fino al 31 dicembre 2013 dalla CRI per le loro specifiche esigenze»;

   tale disposizione ha comportato difficoltà rilevanti per molti comitati locali e provinciali privati chiamati a contabilizzare le uscite per prestiti e finanziamenti relativi a beni non di proprietà;

   nella nota datata 6 agosto 2015 il Comitato centrale della Croce Rossa Italiana – dipartimento economico-finanziario e patrimoniale ha definito le rate di ammortamento di «assoluta competenza» dei comitati locali e provinciali che hanno titolarità del mutuo, ma «per facilitare l'iscrizione dei mutui nei bilanci» ha invitato a considerarle «come un anticipo fatto dal privato in nome e per conto dell'Ente pubblico, così da rendere i Comitati Locali/Provinciale APS creditori, solo ed esclusivamente della quota capitale, nei confronti dell'ente pubblico. In tal modo potranno essere portati in detrazione e recupero la “quota interessi” delle rate di ammortamento in sede di dichiarazione dei redditi»;

   con la nota datata 28 marzo 2019, formulata per rispondere alle ulteriori perplessità avanzate dal comitato locale di Palazzolo sull'Oglio (Brescia), Esacri ha ammesso che, in assenza della piena proprietà del bene, «numerosi commercialisti» hanno segnalato «difficoltà a redigere bilanci dei Comitati privati»; nella stessa nota l'Ente ha tenuto a precisare che «l'inserimento nelle uscite delle rate di ammortamento dei contratti di mutuo e di leasing e nelle entrate del recupero delle quote interessi» sarebbe una «soluzione meramente contabile»;

   le succitate risposte sembrano non garantire la coerenza formale e sostanziale propria di un bilancio d'esercizio, né chiariscono se i comitati locali e provinciali che provvedono all'ammortamento dei mutui e dei finanziamenti stipulati fino al 31 dicembre 2013 dalla Cri per le loro esigenze possano ritenersi creditori per il capitale versato dal 2014 a oggi –:

   se il Governo sia al corrente dell'oggettivo problema contabile derivante per i comitati provinciali e locali dal riordino del 2012, di cui in premessa e, nel caso, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza.
(5-04329)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 616-620, della legge di bilancio per il 2020 ha introdotto una misura che colpisce pesantemente i proprietari di immobili dati in locazione alla pubblica amministrazione, come ad esempio sedi di uffici comunali, provinciali o regionali, caserme o in genere uffici utilizzati dalle forze dell'ordine, Asl, istituti scolastici, e altro;

   nella finalità di conseguire ulteriori risparmi di spesa, si prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, che sono parti locatarie in un contratto di locazione relativo ad un immobile di proprietà di privati utilizzato per finalità istituzionali, di, chiederne la rinegoziazione, previa verifica della convenienza dell'operazione con l'Agenzia del demanio. Se le amministrazioni non dovessero attuare il piano di razionalizzazione, subiranno una riduzione degli stanziamenti sui capitoli relativi alle spese correnti (comma 620);

   le amministrazioni locatrici hanno iniziato a presentare alle proprietà la proposta di rinegoziazione del contratto, validate dall'Agenzia del demanio;

   i proprietari degli immobili devono comunicare, entro 30 giorni dal ricevimento della proposta, la volontà di accettare o meno la rinegoziazione alle condizioni imposte, ossia un canone commisurato ai valori minimi fissati dall'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) ridotto del 15 per cento;

   i calcoli sarebbero anche basati sui parametri catastali abitativi e non su quelli attinenti all'accatastamento di pertinenza di ciascun immobile locato, più vantaggiosi per la pubblica amministrazione locatrice;

   diversamente, il proprietario è chiamato a pagare le dovute tasse calcolate sui parametri catastali di ciascun immobile e non su quelli abitativi, con evidente disparità di trattamento nell'ambito di un rapporto di natura civilistica che presuppone la parità tra le parti;

   la legge lascia ai proprietari la facoltà di non accettare la proposta di modifica del contratto, il quale prosegue fino alla prevista scadenza con la conseguenza per il locatario di dover poi procedere alla liberazione dell'immobile;

   inoltre, l'amministrazione dovrà attivarsi per la ricerca di una nuova soluzione locativa per il locatario. La legge resta in silenzio in merito alle conseguenze economiche dell'utilizzo dell'immobile in assenza di titolo, lasciando incertezza sulle modalità di quantificazione dell'ammontare dell'indennità di occupazione qualora la liberazione dell'immobile non fosse immediata;

   è facile immaginare le conseguenze dirompenti di un eventuale rifiuto della totalità dei proprietari ad accettare la proposta di riduzione forzata del 15 per cento del canone d'affitto;

   a questo si aggiunga che il «decreto Milleproroghe» estende anche all'anno 2020, quindi per il nono anno consecutivo, il divieto di adeguare alla variazione degli indici Istat i canoni di locazione passiva;

   i proprietari si troverebbero anche in difficoltà rispetto alla ricerca di un nuovo locatario, poiché risulterebbero necessari onerosi lavori di riadeguamento degli spazi. Pertanto, la misura inserita nella legge di bilancio sulla rinegoziazione «forzosa» dei canoni di locazione assumerebbe profili vessatori data la discrasia tra natura privatistica del rapporto e l'imposizione di legge –:

   se il Governo abbia valutato il carattere sostanzialmente vessatorio della misura di riduzione del canone dei contratti di locazione passiva;

   quali iniziative abbia predisposto il Governo, per quanto di competenza, per riallocare tempestivamente gli uffici che non avranno più una sede a seguito della mancata accettazione delle modifiche contrattuali da parte dei proprietari.
(4-06260)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha avuto modo di raccogliere le doglianze di alcuni operatori economici italiani in Croazia che lamentano di ricevere un trattamento discriminatorio rispetto agli operatori locali;

   in particolare, dalla fine del 2018, lamentano di dover assolvere adempimenti ulteriori rispetto ai croati nell'ambito della materia bancaria, a seguito di un'applicazione eccessivamente stringente, se non ai limiti dell'arbitrario, delle direttive europee sull'antiriciclaggio e sull'antiterrorismo;

   l'applicazione arbitraria della normativa prevista comporta il rischio, per le imprese italiane, di essere sanzionate con la chiusura del conto corrente, evenienza che le metterebbe fuori norma rispetto a una serie di adempimenti tributari e previdenziali che la legge croata prevede debbano transitare via conto corrente;

   secondo tali operatori, tale applicazione l'arbitraria varierebbe sensibilmente a seconda della regione o provincia di provenienza dell'impresa italiana, penalizzando ulteriormente le imprese del Sud Italia;

   in Croazia, le banche italiane controllano i maggiori gruppi bancari locali, detenendo una buona fetta del mercato bancario nazionale, ma non forniscono nessun adeguato supporto alle ditte italiane per assolvere agevolmente i prescritti adempimenti burocratici. Di contro, vengono gravate da maggiori controlli a differenza di quelli prescritti per le società locali o per altri Paesi dell'Unione europea, Germania in primis, fomentando il pregiudizio estero dell'italiano evasore e mafioso;

   a questo si aggiunga il risentimento croato nei confronti della minoranza italiana che si traduce nella continua opera di rimozione coatta della memoria e dell'identità italiana dell'Istria e della Dalmazia;

   appare evidente che i margini di discrezionalità nell'applicazione delle normative europee, in questo caso direttive che richiedono ex lege un adattamento nazionale del diritto interno, comportano rischi di frammentazione della disciplina bancaria e rischiano di falsare la concorrenza e le libertà economiche garantite dai trattati;

   soprattutto in questa fase storica, con il tessuto produttivo gravemente danneggiato dalla pandemia di coronavirus, appare necessario garantire la competitività delle nostre aziende e dei nostri professionisti, elemento che passa dall'uniforme applicazione delle regole del gioco;

   l'applicazione discrezionale della normativa europea violerebbe anche il principio di non discriminazione poiché avrebbe come fondamento la diversa nazionalità degli operatori economici interessati –:

   se il Governo sia a conoscenza della questione e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché non vi sia disparità di trattamento nell'applicazione della normativa europea in materia bancaria in Croazia tra imprese italiane e imprese locali.
(4-06266)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZENNARO e ROSPI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la dorsale adriatica, ed in particolare la regione Abruzzo, stanno vivendo una prolungata situazione di disagio e ostaggio a causa della compromissione di ben 13 viadotti autostradali dell'A14, tra sequestri e cantieri che non vengono autorizzati. Un tratto di 156 chilometri dell'unica autostrada Marche-Abruzzo che va da Porto Sant'Elpidio alla Val di Sangro, costellato da numerosi restringimenti di carreggiata che causano lunghe code ed il totale blocco della viabilità durante le ore di maggiore traffico con momenti di rischio per la sicurezza degli automobilisti;

   ad un mese e mezzo dal lockdown, in cui c'era stato un automatico crollo della viabilità, con la riapertura, l'A14 è tornata ai livelli di dicembre e gennaio scorsi, mesi in cui il traffico aveva toccato picchi infernali, scatenando le denunce di istituzioni locali e regionali. L'estate ed il periodo di vacanze fanno prevedere un ulteriore aggravio e di traffico e congestione dell'economia e del turismo, fortemente danneggiati dall'emergenza sanitaria ed economica da COVID-19;

   numerose sigle, tra categorie imprenditoriali e sindacati, hanno lanciato un appello chiedendo al Ministero un «impegno diretto» per una «rapida soluzione dei disagi che paralizzano il tratto autostradale», così come riportato da alcune testate giornalistiche negli ultimi giorni –:

   se e quali iniziative si intendano adottare per trovare una soluzione alla rimozione delle limitazioni sui viadotti dell'A14 e con quali tempistiche si preveda di attuare il ripristino della piena funzionalità e fruibilità del medesimo tratto autostradale;

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative per sostenere una temporanea riduzione dell'entità dell'attuale pedaggio, come misura ristoratrice per automobilisti ed autotrasportatori che continuano a pagare l'intera tariffa, nonostante i periodi di percorrenza siano mediamente raddoppiati.
(4-06259)


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione del corridoio Tirreno-Brennero porrebbe l'Emilia occidentale al centro della mobilità e della logistica del nord Italia e darebbe una risposta soddisfacente ai trasporti di merci e di persone dal Tirreno alla Mitteleuropa. Ne è prova che l'asse Tirreno-Brennero è considerato strategico per i traffici europei;

   il progetto complessivo per la realizzazione della citata opera non riesce a decollare, anche tenendo conto del fatto che, in recenti provvedimenti legislativi, risultano stanziate risorse economiche volte a consentire la realizzazione della tratta Parma-Vicofertile (cioè 6 dei 56 Colombetti necessari a completare la Pontremolese), cui dovranno esserne aggiunte altre per l'adeguamento della Parma-Mantova;

   al di là di chi vuol fare credere che la realizzazione dei 6 chilometri della tratta di cui sopra possa costituire un intervento esaustivo per la Pontremolese o addirittura per la Tirreno-Brennero, in assenza di nuovi finanziamenti la percorrenza della tratta ferroviaria La Spezia-Parma continuerà a richiedere tempi del tutto inadeguati per un moderno sistema trasportistico su rotaia –:

   se, alla luce delle tratte di superficie ancora da realizzare (Vicofertile-Fornovo, 15 e Chiesaccia-Pontremoli) oltre alla galleria di valico Pontremoli-Berceto, il Ministro interrogato si sia attivato, e con quali risultati, o intenda farlo, al fine di verificare la possibilità che l'opera in questione sia realizzata anche attraverso l'utilizzo di fondi messi a disposizione dall'Unione europea.
(4-06262)


   BIGNAMI e DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la strada provinciale 142 detta del «Passo dei Mandrioli» è una importante arteria viaria di collegamento tra il versante romagnolo e quello casentinese;

   nel mese di gennaio 2018 si è ufficialmente costituito il «Comitato Mandrioli» al fine di promuovere la messa in sicurezza dell'unica via di comunicazione tra il fondovalle casentinese e la Romagna;

   dal mese di maggio la strada provinciale 142 del passo dei Mandrioli, nel versante romagnolo, è stata chiusa al traffico dei mezzi pesanti di portata superiore alle 3,5 tonnellate con contestuale istituzione di traffico a senso unico alternato per i mezzi leggeri in tre diversi tratti ed, in particolare, al chilometro 1, al chilometro 4 e dal chilometro 9;

   tale provvedimento, disposto dalla provincia di Forlì-Cesena, è frutto di un decreto del Gip nell'ambito di un procedimento pendente presso la procura di Forlì a seguito di una segnalazione avanzata dal Comitato per segnalare lo stato di scarsa manutenzione della strada;

   in particolare, alla base del sequestro preventivo, ci sarebbe il pericolo di caduta massi nelle zone più esposte del tratto stradale, con conseguenti rischi per l'incolumità pubblica. Il provvedimento cautelare, come ha sottolineato la polizia stradale di Forlì Cesena, «riguarda complessivamente circa 2,500 km contraddistinti da elevata pericolosità per gli utenti in transito a causa della mancata collocazione di reti paramassi e di barriere paraslavine, nonché dalla presenza di barriere paraslavine danneggiate e pericolanti. Sull'intero percorso stradale è stata inoltre rilevata l'irregolarità delle installazioni guard-rail e della segnaletica verticale delimitante il margine della strada, in larga parte non presenti oppure non adeguate alla evoluzione della specifica normativa in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali»;

   l'indagine riguarda la commissione dei reati di «omesso collocamento o rimozione di segnali o ripari», «getto pericoloso di cose» e «lesioni personali colpose» previsti dagli articoli 673, 674 e 590 del codice penale. Quest'ultimo reato risulta iscritto a causa delle lesioni patite il 21 dicembre 2019 due donne in transito a bordo di un'autovettura che era stata colpita da pietre cadute dal costone privo di reti paramassi che caratterizza il tratto centrale della strada provinciale 142;

   la provincia di Forlì Cesena avrebbe già richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa tre milioni di euro, per un primo intervento di messa in sicurezza volto in particolare affermare la caduta massi: ma occorreranno anche ulteriori risorse per il ripristino totale della strada;

   la parte aretina della strada, invece, non è provinciale: anche in questo versante occorrerebbero tempestivi lavori di messa in sicurezza dal rischio di caduta massi e sarebbero necessari interventi per almeno 1.200.000 euro;

   la prolungata situazione di chiusura rischia di provocare pesanti disagi, con gravi ripercussioni dal punto di vista economico e turistico, al pari di quanto avvenuto con la chiusura del viadotto Puleto lungo la E45 –:

   quali iniziative urgenti si intendano promuovere, per quanto di competenza, per il tempestivo ripristino del tratto della strada provinciale 142 interessato dalla chiusura e, in generale, per la messa in sicurezza dell'intera strada;

   se si intenda promuovere un tavolo di confronto con gli enti interessati, regioni e province, affinché sia riconosciuta l'importanza nazionale e interregionale di questa fondamentale arteria viaria.
(4-06263)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa dell'ennesimo episodio di violenza che, intorno alle ore 13 di domenica 5 luglio 2020, si sarebbe verificato su un convoglio della circumvesuviana di Napoli;

   sembrerebbe che, sul treno che da Poggiomarino va verso Napoli, all'altezza di Portici Bellavista, alcuni turisti avrebbero segnalato al capotreno che un passeggero, in spregio alle norme anti-COVID e ai divieti previsti dal regolamento Eav (Ente Autonomo Volturno S.r.l.), non solo sarebbe stato sprovvisto del dispositivo di protezione personale, ma addirittura fumava;

   il capotreno, dopo aver invitato, vanamente, l'uomo a smettere di fumare e ad indossare la mascherina obbligatoria, gli avrebbe chiesto di esibire il titolo di viaggio, ed è proprio a quel punto che l'energumeno avrebbe aggredito il dipendente Eav colpendolo con una testata, pugni e schiaffi sul volto;

   la corsa sarebbe stata interrotta e immediatamente sarebbero state allertate le forze dell'ordine che giunte sul posto avrebbero portato via l'aggressore, uno straniero non ancora identificato in quanto sprovvisto di documenti; il capotreno, invece, sarebbe stato trasferito presso il presidio ospedaliero di Loreto Mare (Napoli) dove sarebbe stato sottoposto ad una Tac per accertamenti;

   i gravi fatti esposti in premessa evidenzierebbero tutte le lacune delle scelte che hanno portato a non arginare l'immigrazione, da parte di un certo tipo di politica che, ad avviso dell'interrogante, sembra essere orba dinnanzi ai dati impressionanti relativi ai reati commessi dagli stranieri in Italia ed in particolare dagli immigrati irregolari;

   l'assenza di controllo del territorio ed una mala gestio degli immigrati irregolari, i quali, abbandonati a se stessi, circolano liberamente sul territorio nazionale, in totale spregio alle disposizioni governative, pone in risalto la grande distanza che intercorre tra la realtà fattuale e l'inutile propaganda, tutto ciò a discapito della incolumità dei cittadini italiani sempre più vittime di aggressioni;

   il territorio napoletano, in particolare, è interessato da una cospicua presenza di extracomunitari, molti dei quali irregolari che, anche in ragione delle precarie condizioni di vita, diventano spesso protagonisti di episodi di violenza e illegalità;

   in attesa che si faccia chiarezza circa le generalità dell'aggressore, è quindi assolutamente necessaria una intensificazione dei controlli e delle misure di sicurezza del territorio napoletano, non solo per tutelare l'incolumità e garantire la sicurezza di tutti i cittadini ma anche per isolare gli immigrati clandestini violenti e favorire al contempo una migliore integrazione degli stranieri regolarmente residenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per rafforzare la gestione, il controllo e la prevenzione del fenomeno della immigrazione irregolare al fine di garantire una maggiore sicurezza dei cittadini;

   se ritenga opportuno assumere determinazioni finalizzate ad incrementare le misure di sicurezza nel territorio napoletano anche attraverso un potenziamento dell'organico delle forze dell'ordine in servizio nell'area metropolitana di Napoli e, in particolare, nelle stazioni della Circumvesuviana e, se, per quanto di competenza, intenda verificare che si stia procedendo con le espulsioni degli stranieri che sono illegalmente sul territorio italiano e di coloro che commettono atti di violenza ed in genere reati.
(4-06255)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRASSINETTI e CIABURRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le linee guida del Ministero dell'istruzione prevedono che il distanziamento tra alunni deve essere di un metro da «bocca a bocca»;

   per effetto del distanziamento fisico, utile a contrastare il contagio da Coronavirus, i rapporti fra numero di alunni e superficie dell'aula devono necessariamente cambiare;

   il Ministro interrogato ha definito le «classi pollaio» «un ostacolo non solo per la didattica ma anche per la sicurezza»;

   ci saranno difficoltà a garantire il numero di alunni stabilito per mancanza di fondi e infrastrutture, e le indicazioni fornite dallo stesso Ministro interrogato non sembrano poter risolvere le suddette criticità;

   al liceo Tasso di Roma, si è manifestata l'intenzione di formare classi accorpate, in modo che invece di 11 terze se ne formeranno 9 da 28/30 studenti per classe, invece di avere una media di 20/22 studenti per classe che ci sarebbe se si formassero 11 terze, così consentendo l'uso di aule più ampie, al fine di assicurare agli studenti il diritto allo studio in presenza e in piena sicurezza;

   nella normativa vigente si ribadisce che le classi intermedie non possano avere un numero di alunni inferiore a 22, solo allora si procede alla loro ricomposizione;

   si ritiene fondamentale evitare ulteriori accorpamenti per tutte le classi già costituite nell'anno scolastico 2019/2020 –:

   se intenda fornire elementi sulle reali e documentabili risorse disponibili per evitare le «classi pollaio» nell'anno scolastico 2020/2021;

   quali iniziative verranno assunte per evitare accorpamenti di classi che mettano a rischio le misure di distanziamento nelle aule dove si svolgeranno le lezioni in presenza;

   se, relativamente al liceo Tasso di Roma, risulti che si intenda procedere all'accorpamento di classi tale da determinare la presenza in aula di un numero maggiore di 20 studenti.
(5-04308)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   RIZZETTO e LUCASELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono circa 50.000 i lavoratori delle mense scolastiche fermi da febbraio 2020 in una situazione di grave difficoltà: solo alcuni hanno ricevuto l'anticipo del Fondo integrazione salariale dall'azienda e adesso, da giugno a settembre 2020, è scattata la «sospensione» estiva, senza diritto alla disoccupazione, né agli ammortizzatori sociali, né al riconoscimento dei contributi figurativi per la pensione;

   in particolare, «ci sono lavoratori che, ad oggi, hanno terminato la copertura dell'ammortizzatore sociale (Fis) con causale “emergenza Covid-19” e per i quali i sindacati stanno chiedendo alle imprese la collocazione in Fis ordinario, ricevendo positiva disponibilità solo da alcune. Molti lavoratori sono senza reddito da 3 mesi a causa dell'indisponibilità di numerose imprese a dare l'anticipo dell'assegno ordinario, del grave ritardo nella liquidazione dell'indennità da parte dell'Inps. Molti lavoratori, come ogni anno, vedranno sospesi i loro contratti a giugno, con la fine dell'anno scolastico, per riprendere con l'inizio del prossimo, rimanendo per questi mesi senza retribuzione, senza ammortizzatori e senza possibilità di ricercare una nuova temporanea occupazione preclusa, dagli effetti della crisi in atto»;

   nell'incertezza attuale, peraltro, il servizio mensa rischia di continuare ad essere sospeso o, comunque, a subire pesanti limitazioni, a causa dell'inadeguatezza dei locali derivanti dalle misure di contenimento del contagio;

   altro grave problema è quello del part-time verticale che, ancora oggi, penalizza i lavoratori di categoria ai fini della contribuzione utile per la pensione di anzianità e/o di vecchiaia, malgrado la Corte di giustizia europea (sentenza del 10 giugno 2010) abbia confermato che la disciplina sul trattamento pensionistico per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico sia sfavorevole rispetto a quella concernente gli altri lavoratori;

   è necessario lavorare a soluzioni idonee a dare continuità occupazionale e reddituale a tutti i lavoratori che svolgono servizi in appalto per le varie istituzioni scolastiche; un aiuto concreto sia in termini di proroga degli ammortizzatori sociali, che di interventi complessivi per un settore che rischia il collasso –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per dare una risposta strutturale alle criticità sopraesposte del settore delle mense scolastiche, al fine di garantire la copertura straordinaria degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori del settore che subiranno riduzioni di orario, non riprenderanno a lavorare o sono in attesa di ricollocazione e prevedere l'erogazione degli ammortizzatori sociali anche per i periodi di sospensione estiva.
(5-04323)


   GIANNONE e ERMELLINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, interviene all'articolo 23, in materia di «anticipo del TFS» a favore dei dipendenti pubblici;

   il comma 2 dell'articolo 23 del suddetto decreto-legge prevede che i soggetti beneficiari dell'anticipo possano presentare richiesta di finanziamento «alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro da stipulare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tra il Ministro dei lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'Associazione bancaria italiana, sentito l'INPS»;

   la suddetta legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2019 è entrata in vigore il 30 marzo 2019, pertanto il termine dei 60 giorni, utile alla stipula dell'accordo quadro di cui sopra, scadeva al termine del mese di maggio 2019;

   in data 1° giugno 2020, il Ministro per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, comunica con una nota stampa che: «La Corte dei Conti ha registrato lo schema di decreto per l'anticipo del Tfs/Tfr»;

   il 30 giugno 2020 è entrato in vigore il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 aprile 2020, n. 51, sul regolamento in materia di anticipo del TFS/TFR, in attuazione dell'articolo 23, comma 7, del già citato decreto, convertito poi, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019;

   in data 19 giugno 2020, sempre il Ministro per la pubblica amministrazione, intervenendo ai microfoni di una trasmissione radiofonica afferma: «Abbiamo la bozza di accordo con Abi, serve un passaggio tecnico tra il mio ministero, il Mef e il ministero del Lavoro. Una verifica di questo accordo che poi deve essere sottoscritto da tutti e tre i ministeri. E poi farà un passaggio ulteriore presso le Autorità per essere effettivamente liberato» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, anche in considerazione delle difficoltà economiche che molte famiglie stanno affrontando per l'emergenza Covid-19, affinché siano effettivamente, rispettati i termini per l'ufficialità dell'accordo quadro esplicitato in premessa, tenuto anche conto di tutti i passaggi formali che lo stesso dovrà ancora affrontare per quanto di competenza del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Inps, ai fini del concreto raggiungimento dell'anticipo dell'indennità di fine servizio a favore dei beneficiari coinvolti.
(5-04324)


   MOSCHIONI, MURELLI, DURIGON, CAPARVI, CAFFARATTO, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MINARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-03824 gli interroganti, richiamando l'attenzione del Governo sulle criticità in merito agli ammortizzatori sociali con causale Covid-19, promessi dal Governo e non pervenuti ai beneficiari, ponevano l'accento sulla polemica scoppiata in merito all'applicazione dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge «Cura Italia», ed alla richiesta di Fsba (fondo di solidarietà bilaterale per l'artigianato) di preventiva iscrizione e regolarizzazione posizione contributiva ai fini dell'accesso alla prestazione Covid-19;

   ciò, infatti, significa per migliaia di artigiani pagare l'equivalente di 36 mesi di iscrizione, per una cifra che si aggira intorno ai 5 mila euro, al fine di poter beneficiare dell'ammortizzatore sociale con causale Covid-19;

   gli interroganti, già nella predetta occasione, evidenziavano la necessità di buon senso e cioè di considerare i Fondi di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 148 del 2015 un canale già esistente per l'erogazione della prestazione e non già di ritenere la norma di cui al decreto «Cura Italia» una strada per aumentare, in maniera subdola e coercitiva, il numero degli iscritti al Fondo;

   in sede di risposta, il Governo precisava che: «il fondo medesimo ha adottato una delibera in data 8 aprile in forza della quale i datori di lavoro artigiani regolari alla data del 23 febbraio 2020 possono pagare il contributo con riferimento al triennio precedente dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2023. La medesima delibera prevede anche che i datori di lavoro artigiani (...) inizieranno a versare quanto dovuto dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2023»;

   di fatto il Governo in quella sede ha assunto consapevolezza che, nei riguardi degli artigiani, da un lato «dà» – avendo stanziato 80 milioni di euro con relativo trasferimento ai rispettivi Fondi, – e dall'altro «toglie», ben conscio che molti artigiani si ritroveranno a dover sostenere un impegno finanziario ben oltre le proprie possibilità qualora volessero accedere alle prestazioni previste per sostegno alla chiusura attività causa pandemia, oltre ad aver introdotto una norma che lede il requisito della volontarietà dell'iscrizione al Fsba –:

   se e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare con riguardo a quanto esposto in premessa.
(5-04325)


   ZANGRILLO, POLVERINI, CANNATELLI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli ultimi dati pubblicati dall'Istat in materia di occupazione presentano uno scenario estremamente preoccupante;

   a maggio 2020 si registrano 84.000 occupati in meno, dei quali 79.000 riguardano rapporti di lavoro con contratto a termine;

   i dati relativi al trimestre marzo-maggio 2020 segnano una riduzione dell'occupazione pari a -381.000 unità. Anche in questo caso la quota maggioritaria di posti di lavoro persi riguarda quelli con contratto a termine che hanno segnato un crollo pari a 318.000 unità in meno;

   il tasso di occupazione è in calo al 57,6 per cento (-0,2 per cento su aprile), il tasso di disoccupazione risale al 7,8 per cento (+1/2 per cento) e, tra i giovani balza al 23,5 per cento (+2 per cento), il tasso di inattività si attesta al 37,3 per cento (-0,6 per cento);

   in Italia la crisi conseguente al COVID-19 produce effetti maggiormente negativi sul mercato del lavoro rispetto al resto d'Europa. Eurostat segnala che il tasso di disoccupazione a maggio è al 7,4 per cento nell'eurozona (dal 7,3 per cento di aprile) e al 6,7 per cento nell'Unione europea a 27 (dal 6,6 per cento di aprile). Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile è al 15,7 per cento nell'Unione europea e al 16 per cento nella zona euro (ad aprile era, rispettivamente, al 15,4 per cento e al 15,7 per cento), l'Italia si colloca nelle ultime posizioni;

   la Commissione europea stima inoltre una riduzione del prodotto interno lordo per il 2020 pari a -11,2 per cento);

   un trend negativo, purtroppo ampiamente prevedibile e che gli interroganti avevano annunciato con l'atto di sindacato n. 5-03903, chiedendo al Governo, tra l'altro, se intendesse prevedere deroghe, temporalmente circoscritte al superamento dell'emergenza, alla normativa vigente in materia di contratti di lavoro a tempo determinato;

   il Governo rispose che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali era impegnato in prima linea nella tutela degli interessi dei lavoratori italiani e in particolar modo di quelli più vulnerabili e che la normativa vigente non precludeva il rinnovo dei contratti a tempo determinato;

   al di là degli annunci, tale impostazione «fideistica» è stata confermata anche con l'articolo 93 del decreto-legge n. 34 del 2020 –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, alla luce del dati che «bocciano» la linea seguita finora, al fine di tutelare concretamente l'occupazione ed in particolare i rapporti di lavoro con contratto a termine e se non intenda adottare iniziative per prevedere deroghe, anche temporalmente circoscritte, alla medesima normativa, con particolare riferimento alla durata dei contratti e alle causali.
(5-04326)


   SERRACCHIANI e FRAGOMELI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni sono state inviate le lettere che annunciano il licenziamento collettivo, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, di 81 dipendenti e la conseguente cessazione dell'attività produttiva dello stabilimento Husqvarna di Valmadrera (Lecco);

   il 15 luglio 2019 era stato sottoscritto, tra i rappresentanti dell'impresa e dei lavoratori, il verbale di accordo per la richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria della durata di 12 mesi, ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, volta a favorire una positiva gestione delle eccedenze, non solo attraverso l'attivazione dei percorsi di politica attiva di competenza regionale, ma anche attraverso un processo di reindustrializzazione del sito, nonché per la ricerca di possibili soggetti interessati a rilevare gli impianti;

   la suddetta istanza di cassa integrazione guadagni straordinaria è stata accolta e riconosciuta a valere dal 6 giugno 2019 al 5 giugno 2020;

   i licenziamenti, attivati contestualmente al termine del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, sono stati motivati dalla assenza di manifestazione di interesse di imprenditori per la prosecuzione dell'attività lavorativa, o avvio di nuova attività, per le non sufficienti risultanze di ricollocazione nell'ambito dei percorsi regionali di politica attiva del lavoro dei dipendenti interessati, nonché per l'assoluta irreversibilità delle condizioni del mercato;

   tale decisione è stata assunta senza prendere in considerazione la possibilità di attivare gli strumenti di sostegno del reddito dei lavoratori, messi in campo dal Governo, in conseguenza della pandemia Covid-19, così manifestando, a parere degli interroganti, il disinteresse nei confronti del destino lavorativo degli 81 dipendenti interessati;

   una vicenda che si abbatte su una comunità già fortemente segnata dagli effetti sociali ed economici conseguenti l'epidemia che, evidentemente, ha anche pregiudicato la possibilità di mettere in campo gli interventi regionali di politica attiva per la ricollocazione del personale interessato;

   la Husqvarna è un gruppo internazionale tra i più antichi e con impianti in diversi Paesi –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare affinché sia sospesa la procedura di licenziamento collettivo per gli 81 dipendenti della Husqvarna di Valmadrera e per individuare le soluzioni più opportune per assicurare la continuità occupazionale di detto personale altamente specializzato.
(5-04327)

XII Commissione:


   NOVELLI, VERSACE, BAGNASCO, BOND, MUGNAI e BRAMBILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Corte costituzionale, nella camera di consiglio svoltasi il 23 giugno 2020, esaminando una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Torino ha stabilito che i 285,66 euro mensili, previsti dalla legge per le persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità, non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita, violando il diritto al mantenimento che la Costituzione (articolo 38) garantisce agli inabili;

   secondo quanto affermato da un comunicato dell'ufficio stampa della Corte, in attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, agli invalidi civili totali di cui parla l'articolo 12, primo comma, della legge n. 118 del 1971, deve essere riconosciuto il cosiddetto «incremento al milione» (pari a 516,46 euro) senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge;

   la pronuncia non ha effetto retroattivo, ma l'incremento dovrà essere erogato, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro –:

   a quanto ammonti la spesa annua che lo Stato dovrà sostenere per far fronte alla citata sentenza della Corte costituzionale e, conseguentemente, quanto costerebbe aumentare a 516,46 euro le prestazioni assistenziali connesse alla inabilità lavorativa, attualmente erogate per un importo inferiore.
(5-04313)


   LOCATELLI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Corte costituzionale, nella camera di consiglio dei 23 giugno 2020, ha ritenuto inadeguata e insufficiente la pensione riconosciuta dalla legge in favore delle persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità;

   a giudizio della Corte, l'importo della citata pensione (rivalutato, per l'anno 2020, a 286,81 euro) non garantisce i «mezzi necessari per vivere» e, conseguentemente, si pone in violazione dell'articolo 38 della Costituzione, ai sensi del quale «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale»;

   è stato affermato, pertanto, che il cosiddetto «incremento al milione» (pari a 516,46 euro), da tempo previsto per vari trattamenti pensionistici dall'articolo 38 della legge n. 448 del 2001, debba essere esteso ex nunc nei riguardi di tutti gli invalidi civili totali con reddito inferiore a 6.713,98 euro, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età;

   al momento, per ottemperare alla citata sentenza della Corte costituzionale, è siate prevista l'istituzione di un fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con dotazione iniziale pari a 46 milioni di euro per l'anno 2020 (articolo 89-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, attualmente in fase di conversione in legge);

   le risorse in questione, tuttavia, risultano insufficienti ad assicurare l'erogazione dell'incremento pensionistico disposto dalla Corte costituzionale, anche considerando i soli invalidi civili totali con reddito inferiore a 6.713,98 euro;

   inoltre, al fine di evitare fratture sociali fra invalidi civili totali e parziali, si ritiene indispensabile una riforma più ampia delle citate prestazioni assistenziali che vada nella direzione di prevedere adeguati incrementi anche a beneficio degli invalidi civili non direttamente toccati dalla sentenza della Consulta, inclusi quelli con percentuale di invalidità compresa tra il 74 per cento e il 99 per cento, che pure percepiscono per il loro sostentamento il medesimo assegno, irrisorio, di euro 286,81;

   a questo scopo, il Gruppo Lega-Salvini Premier ha presentato una pluralità di strumenti parlamentari, già prima della sentenza della Corte costituzionale, senza tuttavia ricevere la dovuta attenzione da parte del Governo –:

   con quali iniziative e risorse intenda intervenire per tutelare adeguatamente i diritti degli invalidi civili totali e parziali, alla luce della decisione della Corte costituzionale citata in premessa.
(5-04314)


   CARNEVALI, RIZZO NERVO, SIANI, PINI e SCHIRÒ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il reddito di cittadinanza (Rdc) introdotto dal decreto-legge n. 4 del 2019 è una misura di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro;

   per ricevere il Rdc è necessario rispettare alcune «condizionalità» che riguardano l'immediata disponibilità al lavoro, l'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che può prevedere attività di servizio alla comunità, per la riqualificazione professionale o il completamento degli studi nonché altri impegni finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale. Al rispetto di queste condizioni sono tenuti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi;

   inoltre, i beneficiari Rdc, pena la perdita del sussidio, nell'ambito dei patti per il lavoro e/o per l'inclusione sociale, sono tenuti a svolgere progetti utili alla collettività (Puc) nel comune di residenza per almeno 8 ore settimanali, aumentabili fino a 16;

   secondo il database dell'Anpal, alla data del 1° aprile 2020, il numero complessivo dei beneficiari del reddito di cittadinanza presenti all'interno del database è pari a 991.565 mila individui e. sulla base di quanto previsto dalla regolamentazione, alcuni di questi sono esclusi o esonerati dall'essere soggetti al patto per il lavoro, presi in carico e inseriti in una politica o, infine, rinviati ai servizi competenti dei comuni per il contrasto alla povertà. In particolare, dei poco più 991 mila individui inseriti nel database dell'Anpal, 52.121 sono esonerati, 15.480 sono rinviati ai comuni, 104.835 hanno rifiutato, abbandonato o sono stati esclusi dal percorso e 819.129 sono beneficiari soggetti al Patto per il lavoro –:

   quanti beneficiari, in relazione ai progetti utili alla collettività (Puc) abbiano svolto progetti di utilità sociale presso i rispettivi comuni nei vari ambiti culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo, tutela dei beni comuni, come esplicato dal decreto ministeriale 22 ottobre 2019. nonché quale siano i profili degli oltre 15 mila beneficiari rinviati ai comuni.
(5-04315)


   SPORTIELLO, SAPIA, SARLI, TROIANO, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NESCI, NAPPI, PROVENZA e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali — Per sapere – premesso che:

   l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i livelli essenziali di assistenza (Lea) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono differenziate a seconda della regione o perfino del comune di riferimento;

   la legge quadro sull'assistenza (legge n. 328 del 2000) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (Lep) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali; più precisamente, l'articolo 22 individua l'area del bisogno e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi e delle prestazioni essenziali;

   la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ha istituito il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, con una dotazione iniziale e strutturale di 1 miliardo di euro l'anno, finalizzata all'attuazione del piano nazionale di lotta alla povertà e al finanziamento della misura di contrasto alla povertà. A seguito dell'introduzione del reddito di cittadinanza (che ha sostituito il Rei), è stato istituito il fondo per il reddito di cittadinanza destinato al finanziamento del beneficio economico collegato alla misura. Parte delle risorse del fondo povertà sono state conseguentemente trasferite al fondo per il reddito di cittadinanza; le risorse residue del fondo povertà, la cosiddetta «quota servizi», sono state invece finalizzate al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali relativi al Rdc;

   il piano nazionale di contrasto alla povertà del triennio 2018-2020 ha sottolineato come risulti difficile definire i Lep in un quadro economico in cui le risorse dedicate alle politiche sociali risultano fortemente limitate, a fronte di un quadro territoriale fortemente disomogeneo. Pertanto, il piano si limita a programmare a livello nazionale l'utilizzo delle risorse, senza però fissare livelli essenziali delle prestazioni –:

   se sia prevista, per il prossimo triennio 2021-2023, in relazione all'attuazione del piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, l'adozione di iniziative per il superamento delle criticità correlate al piano vigente descritte in premessa, con particolare riferimento all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep).
(5-04316)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la drammatica pandemia da Covid-19 che recentemente ha colpito non soltanto l'Italia, ma si è diffusa a livello mondiale, mietendo un elevatissimo numero di vittime, soprattutto tra gli anziani e i soggetti già affetti da patologie pregresse, non ha risparmiato tutte quelle categorie di lavoratori, come medici, infermieri e Oos (operatori socio-sanitari) che giorno dopo giorno hanno svolto, con coraggio e determinazione, il proprio lavoro, arrivando a sacrificare anche la propria vita, perché contagiati dopo aver operato in situazioni ad alto rischio, dovute soprattutto alla indisponibilità di dispositivi individuali di protezione che li avrebbero maggiormente tutelati;

   in particolare, si vuole porre l'attenzione sulla figura, non marginale, degli Oos: si tratta di circa 200 mila persone che si occupano prevalentemente della cura e del benessere degli utenti più fragili (tra cui anziani e persone con disabilità) sia in ambito ospedaliero che a domicilio o in tutti quei luoghi, pubblici e privati, ove è richiesta la presenza di uno specialista nel settore dell'assistenza, per cui provvedono alla cura dell'igiene personale del paziente, alla preparazione dei pasti, dell'assistenza infermieristica di base fino all'organizzazione di attività ricreative, al fine di consentirne uno stile di vita dignitoso;

   allo stato attuale si rilevano però alcune criticità rispetto a tale categoria, in particolare, sebbene la figura degli Oss, a seguito della legge n. 3 del 2018 (cosiddetta «Lorenzin»), sia entrata a far parte dell'area socio-sanitaria, ad oggi tale riconoscimento non è stato ancora attuato ed è assolutamente improprio che una figura professionale che fornisce assistenza diretta al paziente sia definita addirittura come «figura tecnica» o di «interesse sanitario» e non correttamente quale figura socio-sanitaria;

   è necessaria un'adeguata valorizzazione a livello politico-economico di tali figure professionali, con un rilancio della sanità che passi anche attraverso investimenti relativi al personale e alla sua formazione, come evidenziato anche dal referente del sindacato Shc Oss Puglia, Antonio Squarcella –:

   quali iniziative di competenza, alla luce di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato ritenga opportuno intraprendere al fine di garantire il giusto e pieno riconoscimento, anche in termini economici e con l'inserimento nell'ambito socio-sanitario, della figura professionale degli operatori socio-sanitari che, accanto a medici ed infermieri, hanno contribuito, pagando anche con la propria vita, a salvare vite umane durante l'emergenza sanitaria da Covid-19 e che ogni giorno svolgono con impegno il proprio lavoro, spesso soggetto a situazioni di precarietà che ne sviliscono l'importanza.
(4-06257)


   GRILLO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinanza 30 giugno 2020 «Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19» del Ministero della salute (Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 165 del 2 luglio 2020), proroga fino al 14 luglio 2020 la validità delle limitazioni di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020 in materia di spostamenti e arrivi in Italia da Paesi extra Unione europea;

   la succitata ordinanza dispone che l'ingresso in Italia da Stati non facenti parte dell'Unione europea e/o dell'accordo di Shenghen continua ad essere consentito solo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, motivi di salute o comprovate ragioni di studio;

   nel volo BG 4165 atterrato alle ore 17:45 all'aeroporto di Fiumicino con provenienza da Dacca, sono stati riscontrati un numero significativo di casi positivi al Covid-19, 29 tamponi positivi ai test effettuati sui 274 passeggeri;

   a seguito di tale evento la regione Lazio ha emesso l'ordinanza n. Z00051 del 6 luglio 2020 prevedendo che:

    i passeggeri dei voli speciali provenienti da Dacca (Bangladesh) e autorizzati dall'Enac siano sottoposti, al loro arrivo, al test sierologico e a quello molecolare, affinché venga verificata tempestivamente l'eventuale positività e limitata la circolazione del virus;

    l'attività di esecuzione dei test sarà condotta dalla Asl RM3, territorialmente competente, avvalendosi anche della collaborazione delle Uscar;

    la Asl è tenuta ad assicurare che, nelle more dello svolgimento dei test e in mancanza di adeguata idoneità alloggiativa utile ad osservare l'isolamento fiduciario, le persone siano ospitate presso idonea struttura ricettiva, anche alberghiera, garantendo l'isolamento per il tracciamento necessario;

   il responsabile dell'unità di crisi Covid-19 della regione Lazio, Alessio D'Amato ha definito questa situazione una vera e propria «bomba» virale;

   nel comunicato del Ministero della salute del 7 luglio 2020, il Ministro interrogato comunica la sospensione dei voli in arrivo dal Bangladesh per una settimana e quindi fino al 14 luglio –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire per quali motivazioni sia stato autorizzato l'arrivo dei voli provenienti dal Bangladesh, pur essendo in vigore l'ordinanza 30 giugno 2020 «Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19» del Ministero della salute (Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 165 del 2 luglio 2020), che proroga fino al 14 luglio 2020 la validità delle limitazioni inerenti all'ingresso in Italia da Stati non facenti parte dell'Unione europea e/o dell'accordo di Shenghen.
(4-06258)


   PENNA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 luglio 2020, il consigliere comunale Antonino Randazzo, nella qualità di componente della IV commissione consiliare del consiglio comunale di Palermo, si recava presso il cimitero Santa Maria dei Rotoli, al fine di verificarne le condizioni generali, in particolare poneva attenzione alla gestione del deposito, dove un gran quantitativo di salme venivano tenute in deposito, a causa della carenza cronica di spazi e dell'indisponibilità di un'area di inumazione funzionante;

   nella citata circostanza, si apprendeva che il numero di bare in attesa di camera mortuaria nel cimitero Santa Maria dei Rotoli fosse di circa 500, quest'ultime poste, non solo all'interno della sala deposito Bonanno ma, altresì, collocate in magazzini, aree all'aperto coperte e, a quanto consta all'interrogante, anche adiacenti alla stanza del dirigente responsabile e, in genere, in qualsiasi area disponibile;

   tra le bare presenti, come ha avuto modo di constatare nel sopralluogo in parola il consigliere Randazzo, è emersa ictu oculi una situazione di estrema gravità poiché due dei feretri in questione mostravano evidenti segni di recente estumulazione e, nella fattispecie, una era a deposito dal lontano anno 2016, e l'altra era tenuta chiusa con delle corde, dalle quali proveniva un insopportabile odore di decomposizione e di putrefazione che rendeva irrespirabile l'aria intorno;

   i luoghi sopra descritti non risultano inibiti ai numerosi fruitori e visitatori del sopra citato camposanto e, conseguentemente, i parenti che si recano presso le bare dei propri cari e i lavoratori operanti all'interno del cimitero sono, alla data odierna, sottoposti a innumerevoli rischi per la salute a causa dell'evidente mancato rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente in ambito necroscopico e cimiteriale;

   l'«emergenza cimiteri» a Palermo allarma e indigna al contempo anche alla luce della situazione di collasso esistente da vent'anni a questa parte, investendo sia la necessità di garantire la tutela della salute pubblica, che il diritto riconosciuto a tutti i cittadini ad avere una degna sepoltura –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda adoperarsi, per quanto di competenza, anche tramite attività ispettive e con il coinvolgimento delle Autorità sanitarie locali competenti, per riportare nell'alveo della normalità la situazione del sepolcreto comunale di Santa Maria dei Rotoli a Palermo, che vede feretri accatastati e salme in decomposizione a contatto con gli utenti ed i lavoratori, con evidenti rischi per la salute pubblica;

   se il Governo intenda valutare l'opportunità di promuovere tutte le verifiche necessarie in ordine alle condizioni in cui versano i cimiteri cittadini in generale, al fine di individuare eventuali soluzioni alternative per la tumulazione delle salme ad oggi senza una degna sepoltura, prevedendo anche il coinvolgimento delle dirigenze delle strutture cimiteriali, in modo da porre rimedio alla grave situazione emergenziale dei cimiteri palermitani e garantire la tutela della salute pubblica.
(4-06265)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   SQUERI e BARELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il raggiungimento degli obiettivi, ambiziosi, del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) non può prescindere dal sostegno di tutte le fonti rinnovabili e, quindi, da una maggiore libertà in merito alle scelte tecnologiche;

   anche le biomasse devono poter concorrere, nel rispetto dei limiti dettati dalla qualità dell'aria, al raggiungimento della de-carbonizzazione;

   l'Italia non può trascurare la biomassa, in quanto si tratta di una sorgente che offre grandi possibilità ed è in massima parte disponibile su tutta la Penisola e sottoutilizzata;

   ci sono in Europa 182 milioni di ettari di bosco. Dal 1990 la superficie è cresciuta del 5,2 per cento. Lo stock di legna è cresciuto costantemente negli ultimi 50 anni e mediamente in Europa si utilizza il 70 per cento dell'accrescimento. In Italia la superficie boscata si è triplicata dal 1951 raggiungendo 12 milioni di ettari, sui 35 totali del Paese;

   Germania, Francia e Spagna prevedono al 2030 di produrre il 68 per cento dell'energia termica da biomassa;

   l'Italia dipende per oltre il 42 per cento dal gas, contro la media europea del 21 per cento e, pur riconoscendo la sua importanza nel processo di transizione energetica, l'Italia ha la necessità strategica di ridurre la dipendenza dal gas a velocità doppia rispetto agli altri Paesi europei;

   anche il teleriscaldamento efficiente rappresenta una misura fondamentale per promuovere il recupero di calore di scarto disponibile sul territorio italiano, nell'ottica di favorire la transizione verso l'economia circolare. Secondo il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, il teleriscaldamento efficiente è strumento idoneo al conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti;

   la Commissione europea ha chiesto all'Italia una maggiore ambizione nella termica rinnovabile. Nell'«ecobonus» introdotto del decreto-legge n. 34 del 2020 cosiddetto «Rilancio», si assiste al trionfo del gas e si limita l'apporto delle Biomasse e del teleriscaldamento nelle zone non metanizzate e solamente negli edifici unifamiliari, nonostante la presenza di macchine ad altissima efficienza;

   il modello di transizione prefigurato dal Pniec sembra paradossalmente privilegiare per i prossimi anni e, fino al momento della definitiva transizione verso le rinnovabili, l'utilizzo del gas, che, per quanto meno inquinante, anche grazie all'utilizzo di tecnologie avanzate nelle quali l'Italia è all'avanguardia, resta una fonte fossile –:

   quali intendimenti abbia il Ministro interrogato per quel che riguarda la valorizzazione delle biomasse, del biogas e del teleriscaldamento efficiente e quale apporto crescente preveda per tali fonti energetiche in sede di raggiungimento degli obiettivi energetici al 2030
(5-04309)


   SUT, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, FANTINATI, GIARRIZZO, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, RIZZONE, SCANU e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 135 del 2018, cosiddetto «Decreto semplificazioni», convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, all'articolo 11-ter, prevede l'adozione di un piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), volto ad offrire un quadro definito di riferimento delle aree idonee allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale;

   in particolare il piano – quale strumento normativo di riferimento per la programmazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi condiviso con regioni, province ed enti locali – intende valorizzare la sostenibilità ambientale e socio-economica delle diverse aree, annullare gli impatti derivanti dalle attività upstream e accompagnare il processo di decarbonizzazione;

   la sua adozione semplifica l'individuazione delle aree idonee per lo svolgimento delle attività da parte degli operatori del settore, tenendo conto di tutte le caratteristiche territoriali, sociali, industriali, urbanistiche, morfologiche, dell'impatto sull'ecosistema delle rotte marittime e indicando tempi e modi di dismissione e ripristino degli impianti che avranno cessato la loro attività;

   l'articolo 12, comma 4-bis, del decreto-legge n. 162 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 8 del 2020, ha prorogato, attraverso la modifica del comma 1 dell'articolo 11-ter del citato decreto-legge n. 135 del 2018, al 13 febbraio 2021 il termine per l'adozione – con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa valutazione ambientale strategica – del PiTESAI; in caso di sua mancata adozione, ai sensi del comma 8, sesto periodo, del citato articolo 11-ter del decreto-legge n. 135 del 2018, i procedimenti sospesi concernenti il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca proseguono nell'istruttoria ed i permessi di prospezione e di ricerca sospesi riprendono efficacia;

   inoltre, ai sensi del comma 8 dell'articolo 11-ter, così come modificato dall'articolo 12, comma 4-bis, del decreto-legge n. 162 del 2019, nelle aree non compatibili con le previsioni del piano, entro sessanta giorni dall'adozione del piano stesso, il Ministero dello sviluppo economico avvia i procedimenti per il rigetto delle istanze relative ai procedimenti sospesi concernenti il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca e avvia i procedimenti di revoca, anche limitatamente ad aree parziali, dei permessi di prospezione e di ricerca in essere –:

   quali siano, per quanto di competenza, l'iter e la tempistica connessi all'adozione del piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI).
(5-04310)


   GUIDESI, SALTAMARTINI, GALLI, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane le associazioni dei produttori e dei concessionari del comparto automotive hanno denunciato la grave crisi che il settore sta attraversando a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedono perdite per 14 miliardi di euro nel 2020 e il ritorno a volumi «normali» di domanda soltanto a metà 2021;

   gli effetti del prolungato lockdown e il conseguente crollo del mercato rischia di far chiudere almeno uno su cinque degli attuali concessionari auto e c'è una previsione ancor più catastrofica secondo cui le chiusure potrebbero raddoppiare. Non sono allarmi generici che vengono da una categoria, ma stime basate sull'analisi dei bilanci delle aziende del settore, che attendono per il 2020 una contrazione di fatturato del 38 per cento per le auto nuove, del 27 per cento per l'usato e del 18 per cento per il post vendita, cifre queste che rendono ancor più giustificata la scelta di rafforzare gli incentivi alla rottamazione;

   tale misura, tuttavia, pur rappresentando un importante segnale di attenzione all'intero comparto, non appare oggi sufficiente per far fronte alle ingenti perdite subite negli ultimi mesi dagli operatori del settore che chiedono iniziative più incisive di politica industriale e di sostegno al mercato;

   in Francia, ad esempio, il Governo ha varato un piano da 8 miliardi di euro, tutti per il settore automotive, con interventi strutturali per il rilancio dell'intera filiera produttiva e questa appare oggi l'unica via da seguire, perché anche l'imprenditoria italiana possa scrollarsi di dosso il ruolo di fanalino di coda in Europa –:

   quali iniziative intenda adottare per avviare un piano di rilancio del comparto automotive, con uno sguardo attento anche al settore dei veicoli commerciali leggeri e pesanti, per i quali non sono ad oggi previste specifiche agevolazioni e le cui vendite si sono drasticamente ridotte a causa della crisi in atto.
(5-04311)


   NARDI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   durante un incontro con le rappresentanze sindacali unitarie dell'impianto della raffineria Eni di Livorno, sita tra la zona industriale del comune di Livorno e la frazione di Stagno, è stata segnalata forte preoccupazione per il futuro di quell'insediamento industriale che occupa circa 400 dipendenti diretti della raffineria e 600 dipendenti dell'indotto;

   le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali riguardano le scelte strategiche che sta elaborando Eni per ridurre e contenere le perdite economiche riscontrate sul mercato internazionale dell'oil & gas e le ricadute di queste scelte sugli impianti della raffineria Eni di Livorno;

   gli interventi di manutenzione limitati ai soli interventi «a rottura» e la riduzione delle squadre di manutenzione operative acuiscono tali preoccupazioni, stante la complessità degli impianti presenti all'interno della raffineria e i mancati rinnovi delle gare di appalto di lavori e di servizi per la raffineria (scadute a fine giugno 2020 e prorogate al 31 dicembre 2020) con possibili effetti dirompenti su un'area di crisi industriale complessa che da anni è alle prese con gravi perdite occupazionali;

   le recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato Descalzi sul nuovo piano industriale in preparazione, anche in conseguenza dei movimenti internazionali sul prezzo del petrolio, non sembrano andare nella direzione di un auspicato progetto industriale di consolidamento ed espansione degli investimenti e dunque dei livelli occupazionali nella raffineria Eni di Livorno, con il rischio di disperdere un know how consolidato, fatto di oltre ottant'anni di attività nel settore della raffinazione capace di assicurare il rifornimento di prodotti petroliferi per usi industriali e civili ad una vasta area del Paese e, in particolare, Toscana, Emilia, Umbria e Lazio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche attraverso l'apertura con Eni di un tavolo di confronto per la valorizzazione degli strumenti di Eni ai fini della reindustrializzazione del Paese dopo l'emergenza Covid-19 e per assicurare alla raffineria Eni di Livorno un percorso di sostenibilità produttiva ed occupazionale.
(5-04312)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   SACCANI JOTTI, APREA, CASCIELLO, MARIN, PALMIERI e VIETINA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha mostrato in tutta la sua rilevanza la carenza di medici negli ospedali dimostrando che non è più possibile eludere le criticità del percorso di formazione;

   inutilmente viene da anni denunciato il problema dell'imbuto formativo che si forma nel passaggio tra la laurea e l'accesso alle scuole di specializzazione medica, che rappresentano il necessario completamento del percorso di studio di medicina;

   oggi, anche a causa delle eccedenze determinatesi di anno in anno, ci sono circa 10.000 laureati che non possono accedere alla specializzazione per mancanza di borse di specializzazione e si calcola che al test del 2021 parteciperanno 25 mila candidati;

   l'aumento dei posti dei corsi di laurea in medicina e la previsione di un aumento del numero delle borse di specializzazione appaiono insufficienti non solo dal punto di vista dei numeri, ma anche perché avviene comunque senza una programmazione di lungo periodo;

   non è sufficiente, infatti, intervenire sul meccanismo del numero chiuso, che per alcuni dovrebbe essere abolito, prevedendo un incremento degli accessi al corso di laurea se non si interviene contestualmente a definire meccanismi di programmazione sulla base del fabbisogno nazionale, adottata sul medio e lungo periodo, sia degli accessi a medicina che alle scuole di specializzazione;

   la crisi del sistema e la mancanza di una programmazione strettamente connessa con il fabbisogno reale del servizio sanitario hanno determinato un vuoto generazionale che, nel momento di emergenza e nel breve periodo, è stato colmato con misure eccezionali, quali l'inserimento di specializzandi degli ultimi anni nelle strutture ospedaliere;

   resta il fatto che, ad oggi, il meccanismo è tale per cui ogni anno un ingente numero di laureati rimane in attesa di completare la propria formazione post laurea e, contemporaneamente, si perdono i posti di coloro che accedono a una specializzazione diversa da quella ambita, ma riprovano l'accesso alla scuola desiderata negli anni successivi, non portando a termine quella opzionata in prima istanza;

   si calcola che circa 1.500 giovani medici ogni anno decidono di recarsi all'estero per far fronte alle difficoltà derivanti dall'imbuto formativo -:

   se non ritenga di dover adottare iniziative per rivedere il sistema della formazione dei medici, prevedendo, oltre agli interventi «tampone» di aumento delle borse, la definizione di un meccanismo di programmazione a lungo termine, legato al fabbisogno nazionale, degli accessi al corso di laurea in medicina e, conseguentemente, del numero di borse per gli specializzandi.
(5-04317)


   BELOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Università degli studi di Bergamo vive una palese contraddizione;

   negli ultimi quattro anni, infatti, l'ateneo ha aumentato progressivamente il numero dei docenti, senza però riuscire a compensare la significativa crescita degli studenti che, ormai, hanno stabilmente superato i 23.000 iscritti;

   l'università di Bergamo continua ad avere il rapporto più alto studenti/docenti, con oltre 60 studenti per ogni docente rispetto ad una media nazionale che si attesta poco sopra i 30 studenti per docente, risultando l'università più sottodimensionata in Italia;

   tale sottodimensionamento riguarda anche il personale tecnico amministrativo che, con 240 unità, risulta essere pesantemente sottodimensionato rispetto alla media nazionale;

   in questi ultimi anni l'ateneo ha inoltre raggiunto ottimi risultati in termini di spazi per gli studenti, qualità della didattica, riconoscimenti della ricerca, bilanci e diritto allo studio;

   a tali nuove attività si è fatto fronte attuando un rigoroso contenimento dei costi di gestione, in particolare delle residenze e del personale, e tramite un diretto intervento finanziario dell'ateneo;

   tuttavia, nonostante l'impegno, gli sforzi profusi e gli ottimi risultati raggiunti, l'università di Bergamo continua ad essere l'ateneo più sottodimensionato in Italia;

   per poter fare il salto di qualità e puntare alla vera eccellenza in una regione che beneficia di un contesto unico in Italia, con il prodotto interno lordo pro capite superiore a quello della Germania, l'ateneo in questione ha bisogno di investire ulteriormente nella crescita per sopperire al sottodimensionamento, ormai atavico, e quindi poter avere le stesse possibilità degli altri atenei delle sue dimensioni –:

   quali siano, per quanto di competenza, le ragioni per le quali un ateneo come l'Università degli studi di Bergamo, pur avendo tutti gli indicatori di sostenibilità finanziaria in ordine e ben al di sopra della media nazionale, continui a vivere un grave problema di sottodimensionamento sia con riguardo al personale docente, sia con riguardo a quello tecnico amministrativo.
(5-04318)


   MOLLICONE e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 508 del 1999 è stato disposto che le accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli istituti superiori per le industrie artistiche, gli istituti superiori di studi musicali e coreutici, i conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli istituti musicali pareggiati, costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale, da qui definito Afam;

   nell'Afam la mancanza di ordinari meccanismi di reclutamento ha provocato lo sviluppo di un precariato diffuso sia tra il personale docente che tecnico amministrativo;

   nonostante l'istituzione del Ministero dell'università e della ricerca da più di 6 mesi, molti uffici dirigenziali sono ancora vacanti;

   come è noto molte procedure che hanno un forte impatto sulla ordinaria funzionalità delle istituzioni Afam sono in capo alla direzione generale di riferimento che è vacante da più di un anno, come vacanti sono anche molti uffici dirigenziali;

   sono a rischio i trasferimenti del personale, il decreto ministeriale sulla statizzazione da emanare entro il 31 luglio e gli incarichi a tempo determinato;

   l'articolo 9 del contratto collettivo nazionale di lavoro Istruzione e Ricerca del 18 aprile 2018 prevede la costituzione presso il Ministero dell'università e della ricerca dell'Organismo paritetico per l'innovazione Afam non ancora costituito;

   la nomina del direttore generale è necessaria per ripristinare corrette relazioni sindacali che diano trasparenza alle operazioni di stabilizzazione, forniscano soluzioni alle legittime richieste del comparto e diano concrete risposte a tutto il sistema di alta formazione artistica e musicale-:

   quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare i lavoratori e le istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale e, in particolare, se non ritenga necessario, a tal fine, adottare le iniziative volte a nominare i vertici ministeriali competenti.
(5-04319)


   PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, DI GIORGI, PRESTIPINO, ROSSI e ORFINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in occasione dell'audizione, sulle iniziative di competenza del proprio dicastero, per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in corso, il Ministro interrogato ha anticipato quelli che saranno i contenuti di un disegno di legge finalizzato ad introdurre nuove lauree abilitanti alla professione in maniera tale – ha dichiarato – che l'esame di laurea sia contemporaneamente un esame di Stato per l'accesso alla professione. A titolo esemplificativo ha fatto riferimento alle lauree in odontoiatria, farmacia e veterinaria, che già prevedono nel loro ordinamento una componente pratica che è sicuramente sufficiente a vedersi articolata, per il futuro, quale tirocinio professionalizzante, al pari – per l'appunto – di medicina;

   le lauree professionalizzanti e abilitanti sono uno strumento estremamente importante per consentire un rapido accesso al mondo del lavoro di giovani con competenze sia teoriche che applicative;

   in seguito all'emergenza sanitaria, appare ancora più urgente avviare un processo di riforma che dia valore alle professioni rivedendo il sistema postuniversitario;

   l'avvio di una riforma sulle lauree abilitanti si impone oggi come una necessità per rafforzare ed arricchire le competenze dei giovani laureati, dotandoli di maggiore esperienza sul campo e riducendo, al tempo stesso, i tempi di ingresso nel mercato del lavoro;

   con il decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge 24 aprile, n. 27, cosiddetto Cura Italia, all'articolo 102, è stato introdotto il principio della laurea abilitante, una nuova disciplina dell'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di estendere il principio della laurea abilitante all'esercizio della professione di medico-chirurgo – introdotto dal decreto-legge n. 18 del 2020 convertito dalla legge 24 aprile, n. 27, cosiddetto Cura Italia – a nuove lauree ed offrire ai giovani un accesso rapido alle professioni.
(5-04320)


   CARBONARO, VACCA, GALLO, BELLA, CASA, DEL SESTO, LATTANZIO, MARIANI, MELICCHIO, TESTAMENTO, TUZI e VALENTE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il sistema Afam è un sistema di formazione superiore, di pari livello di quello delle università, che include i conservatori di musica, le accademie di belle arti, le accademie nazionali di danza e di arte drammatica, gli istituti superiori per le industrie artistiche e gli istituti superiori di studi musicali, tutte istituzioni di grande prestigio e tradizione;

   l'Afam, oltre alla popolazione studentesca nazionale, attrae numerosissimi studenti stranieri e forma professionisti di prim'ordine in campo artistico, musicale e coreutico dando lustro al nostro Paese nel mondo;

   ad oggi, nonostante siano trascorsi sei mesi dall'istituzione del Ministero dell'università e della ricerca, non sono state effettuate le nomine del segretario generale, del direttore generale Afam, nonché dei dirigenti di numerosi uffici di seconda fascia;

   non può non considerarsi che, se perdurasse questo stato di inerzia, l'avvio del nuovo anno accademico sarebbe pregiudicato con conseguenze disastrose per gli studenti; questi ultimi, più che i loro colleghi di altri sistemi formativi, sono stati fortemente penalizzati dall'emergenza Covid-19, atteso che la maggior parte degli insegnamenti Afam, per le loro specifiche peculiarità, non si prestano alla modalità di formazione da remoto;

   la descritta situazione di «stallo» comporta gravi ripercussioni anche sui lavoratori del sistema che sono in attesa dell'avvio delle procedure ordinarie e indifferibili per l'anno accademico 2020/2021, quali la mobilità territoriale, le nomine in ruolo e il conferimento degli incarichi a tempo determinato;

   inoltre, la mancanza dei referenti istituzionali non consente di affrontare le altre principali problematiche emergenziali del settore che porterebbero a conclusione il processo di autonomia delle istituzioni Afam di cui alla legge n. 508 del 1999 (procedure per il passaggio della docenza di seconda fascia alla prima, tutela del personale precario degli Istituti superiori di studi musicali (Issm), ampliamento degli organici, attivazione dei dottorati di ricerca e altro) –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare con urgenza, a tutela degli studenti e dei lavoratori del settore, per il superamento delle problematiche descritte in premessa.
(5-04321)


   NITTI e FUSACCHIA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a sei mesi dalla istituzione del Ministero dell'università e della ricerca, con decreto-legge n. 1 del 9 gennaio 2020, poi convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, non risulta ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce l'organizzazione del nuovo ministero, i cui termini scadevano il 30 giugno 2020;

   la direzione generale per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica risulta tuttora vacante, come molti suoi uffici dirigenziali e dipartimenti;

   molte procedure dai significativi impatti sul corretto funzionamento delle istituzioni Afam risultano essere proprio in capo alla direzione generale per l'Afam, la cui vacanza produce una paralisi con gravi ripercussioni sullo svolgimento delle attività didattiche;

   tra le procedure da espletare in tempi stretti si ricordano i trasferimenti del personale, l'emanazione entro il 31 luglio del decreto ministeriale sulla statizzazione, le nomine in ruolo del personale docente e tecnico amministrativo per l'anno 2020/2021, gli incarichi a tempo determinato;

   parimenti, non risulta ancora istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca l'organismo paritetico per l'innovazione Afam, previsto dall'articolo 9 del contratto collettivo nazionale di lavoro Istruzione e Ricerca del 18 aprile 2018;

   già nella prima parte dell'anno accademico, in diverse istituzioni Afam come ad esempio l'Accademia di belle arti di Lecce, buona parte dei corsi non era stata avviata per ritardi nell'attribuzione delle discipline aggiuntive, mentre alcuni insegnamenti delle discipline d'indirizzo erano slittati al secondo semestre;

   l'emergenza sanitaria ha ulteriormente amplificato i problemi già sussistenti;

   le segreterie nazionali di Flc Cgil, Cisl Fsur, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e Gilda Unams, in una nota congiunta del 25 giugno 2020 hanno indicato altre problematiche del settore rimaste inevase quali «l'espletamento delle procedure per i passaggi dei docenti dalla 2a alla 1a fascia, pur in presenza di fondi già accantonati con decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2018 e con decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 2019, la tutela del personale precario, docente e tecnico-amministrativo, degli istituti superiori di studi musicali e delle Accademie di belle arti “storiche” oggetto di statizzazione ai sensi del decreto-legge n. 50 del 2017 che abbiano maturato i requisiti per la stabilizzazione successivamente alla conversione del suddetto decreto, la mancata convocazione per la sottoscrizione del CCN Integrativo per l'anno 2020, l'assenza dell'Atto di indirizzo per il rinnovo del CCNL 2019-21, la mancata costituzione dell'Organismo Paritetico per l'innovazione Afam, (...) nonché il mancato confronto sul testo del regolamento CNAM»-:

   quali iniziative intenda assumere per espletare le procedure e le nomine citate in premessa e, conseguentemente, per affrontare e risolvere le altre problematiche emergenziali del settore rimaste inevase.
(5-04322)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in questa fase così delicata per il rilancio del settore produttivo e conseguentemente anche per quello della ricerca sarebbe opportuno snellire le procedure amministrative di acquisto di beni e servizi;

   l'eccessiva burocratizzazione del sistema e le regole troppo rigide, in molti casi, rendono difficile, se non impossibile, l'utilizzo dei fondi messi a disposizione per l'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca, all'attività didattica e all'attività di trasferimento tecnologico e terza missione;

   alcune disposizioni normative, quali l'articolo 1, commi 449, 450 e 452, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, l'articolo 1, commi da 512 a 516, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l'articolo 1, comma 583, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, non andrebbero applicate alle università statali, agli enti pubblici di ricerca ed agli istituti di formazione artistica, musicale e coreutica –:

   quali iniziative intenda mettere in atto per favorire questa semplificazione.
(5-04306)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Moschioni n. 5-04266 del 30 giugno 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Lucaselli n. 5-04281 del 1° luglio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Belotti n. 5-04289 del 2 luglio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Nitti n. 5-04291 del 6 luglio 2020.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BAZZARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   tra Austria, Francia, Svizzera e Germania, le frontiere saranno riaperte dal 15 giugno 2020 anche se è stata data la possibilità di viaggio già dalla metà di maggio, perché alle frontiere tedesche i controlli saranno casuali;

   tra Belgio e Paesi Bassi ai confini terrestri sono stati attuati controlli saltuari, mentre le frontiere col Lussemburgo sono aperte. Sulla «black list» dei due Stati oltre all'Italia, c'è la Spagna, altra nazione a forte richiamo per il turismo;

   tra Austria e Germania le frontiere, sono attualmente aperte per motivi di lavoro, visite ai parenti e agricoltura, mentre dal 15 giugno 2020 i confini saranno completamente aperti. L'Austria in vista dell'estate potrebbe attuare i «corridoi turistici» anche con le vicine Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e soprattutto Slovenia, alternativa all'Italia;

   la compagnia di bandiera Lufthansa ha annunciato che riprenderà i collegamenti con Maiorca da giugno e anche altri tour operator vorrebbero includere le Baleari nella loro offerta estiva. Seppur esista una Reisewarnung («avviso di viaggio») imposta da Berlino, ci sono contatti con la Turchia per portare turisti ad Antalya e sulla Costa Turchese;

   Malta, altra meta turistica, ipotizza corridoi con Nazioni dove la pandemia non è stata così violenta. Sul fronte della Grecia, seconda Nazione d'Europa dopo Cipro che vive sul turismo, il Governo di Atene sta spingendo per aprire «corridoi», anche perché entro fine maggio 2020 siti archeologici e ristorazione potranno nuovamente accogliere persone;

   dalla Germania da metà maggio i voli di linea saranno riattivati su Atene, dalla fine dello stesso mese su Creta. La Grecia sta valutando di attuare accordi anche con Paesi che nel complesso hanno avuto pochi casi di coronavirus, quali Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Norvegia, e la stessa Cipro;

   sono oltre 80 milioni i turisti stranieri provenienti dal Nord Europa nelle strutture ricettive italiane con in testa la Germania che spende 7,1 miliardi di euro e rappresenta il 73,2 per cento sul complessivo dei 4 mercati con oltre 58,6 milioni di notti e il 27,1 per cento del totale presenze estere in Italia, tra cui il Veneto, con circa 15,6 milioni di presenze che è una delle mete più ambite –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative in tutte le competenti sedi europee al fine di impedire la creazione di black list di Stati ove non indirizzare i propri turisti, generando di fatto una concorrenza sleale, essendo le strutture del nostro Paese in grado di accogliere in sicurezza i turisti.
(4-05818)

  Risposta. — Onorevole deputato Bazzaro, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-05818.
  Il settore turistico e dei viaggi è stato uno dei più duramente colpiti e direttamente danneggiati dalla crisi pandemica. Già nella videoconferenza dei Ministri del turismo del 27 aprile 2020 la Commissione aveva segnalato la necessità di uno sforzo aggiuntivo ed eccezionale per il rilancio a lungo termine del settore e l'esigenza di seguire tutti le stesse regole al momento della ripartenza, adottando protocolli di salute e sicurezza comuni. Anche gli Stati membri, sebbene con diverse sfumature, avevano sostenuto un approccio coordinato e regole uniformi per i viaggi all'interno dell'Unione europea tramite protocolli comuni sulle misure sanitarie da adottare per l'ingresso dei turisti, in modo da poter riaprire gradualmente le frontiere interne e consentire viaggi transfrontalieri.
  Il sostegno al comparto turistico rappresenta una priorità per il Governo. È in tale ottica che l'Italia continua ad adoperarsi affinché siano adottate misure di sostegno europee per una rapida ed efficace ripresa del settore, anche per il suo stretto collegamento con molte altre filiere economiche, insistendo sulla necessità di destinare significative risorse al turismo nell'ambito del
recovery plan. Il tema è sempre al centro delle discussioni che il Ministro Di Maio intrattiene con gli altri Ministri europei, ad esempio nelle recenti visite in Germania, Svizzera e Grecia.
  Allo stesso tempo, il Governo è impegnato a far ripristinare la libera circolazione all'interno dell'Unione europea sulla base di protocolli comuni, nel pieno rispetto delle esigenze di tutela della salute pubblica. L'Italia, in particolare, ha promosso numerose iniziative volte ad affermare il principio di non discriminazione e contrastare tentativi di intese tra piccoli gruppi di Paesi, sulla base di criteri e parametri definiti
ad hoc tra le parti, al solo scopo di creare «corridoi turistici sicuri» tra Stati membri percepiti come più al riparo dalla pandemia.
  L'Italia ha quindi aderito – assieme a Spagna, Bulgaria, Romania, Malta, Cipro, Portogallo, Grecia e Irlanda – al documento congiunto che, su iniziativa francese, è stato presentato a inizio maggio alla Commissione. Alcuni princìpi in esso richiamati sono poi confluiti nella strategia europea per la tutela e il rilancio del settore turistico, insistendo in particolare su: definizione di protocolli sanitari comuni per gli operatori del settore turistico, coordinamento delle date di riapertura delle strutture turistiche in particolare tra aree limitrofe, contrasto alle discriminazioni basate sulla cittadinanza per i turisti provenienti dall'area Schengen e messa a punto di misure volte a favorire la ripresa della mobilità intra-Unione europea e internazionale.
  A giudizio del Governo, il «pacchetto» di misure adottato dalla Commissione europea il 13 maggio fornisce nel complesso un'importante guida in vista di un approccio coordinato e omogeneo alla ripresa dei servizi turistici e dei trasporti, così come richiesto dall'Italia e dagli altri Paesi «
like minded» nel documento congiunto.
  I princìpi cardine che informano l'azione del Governo nell'attività di sostegno al settore sono stati ribaditi dal Ministro Di Maio in occasione della Conferenza dei Ministri degli esteri di alcuni Paesi dell'Unione europea tenutasi, su iniziativa tedesca, il 18 maggio scorso e a cui hanno partecipato, oltre alla Germania e all'Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna.
  Nel suo intervento il Ministro Di Maio ha illustrato le decisioni del Consiglio dei ministri in merito alla riapertura dei movimenti da e per i Paesi dell'Unione europea a partire dal 3 giugno e sottolineato il nostro impegno valorizzando il sistema di monitoraggio e informazione, messo a punto dal Ministero della sanità, attraverso il quale è possibile informare costantemente i
partner sulla situazione epidemiologica nelle varie zone del Paese.
  I risultati ottenuti dall'Italia e dagli altri Stati europei nel contenimento della pandemia del Covid-19 consentono ora di rimuovere le restrizioni interne all'Unione europea rispettando i princìpi di proporzionalità, coordinamento e non discriminazione, così come delineato dalla Commissione nelle sue linee guida. Alla luce di questa tendenza positiva, dal 15 giugno gli Stati dell'Unione europea hanno cominciato a rimuovere ogni restrizione alle frontiere interne.
  Riguardo invece alle frontiere esterne, l'11 giugno la Commissione europea ha adottato una comunicazione in cui raccomanda agli Stati membri di prolungare fino al 30 giugno l'applicazione delle restrizioni ai viaggi non essenziali verso l'Unione europea. Dalla misura restano esclusi tutti i cittadini dell'Unione europea che vogliano rientrare in Europa a qualsiasi titolo.
  L'Italia, in linea con la Commissione e gli altri Stati europei, sta delineando «una lista dei Paesi terzi per i quali le restrizioni di viaggio potranno essere rimosse a partire dal primo luglio», elenco che andrà «aggiornato regolarmente» seguendo alcuni criteri. Primo fra tutti quello epidemiologico, insieme a valutazioni sulla capacità di applicare misure di contenimento durante il viaggio e sulla reciprocità.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   BERTI e INVIDIA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   la transizione digitale della pubblica amministrazione è un fattore decisivo di sviluppo nei Paesi più avanzati, in quanto consente la dematerializzazione dei documenti, dei processi amministrativi e, più in generale, il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini e tra pubblica amministrazione e imprese;

   l'emergenza sanitaria dovuto al Covid-19 impone un'ulteriore accelerazione nella dematerializzazione dei servizi pubblici, al fine di evitare assembramenti negli uffici pubblici ma anche al fine di garantire una maggiore qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni italiane;

   l'Italia, nell'indice Desi (Digital Economy and Society Index) sviluppato dalla Commissione europea si classifica 24°esima su 29 Paesi. Tuttavia, lo stato di digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana (Digital public services) risulta 19esimo su 29;

   al fine di imprimere un'accelerazione nella transizione digitale europea e nazionale, l'Unione europea ha previsto la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione dell'agenda digitale in ogni Stato membro;

   ad aprile 2018 il commissario straordinario per l'attuazione dell'agenda digitale Diego Piacentini assieme al Team per la trasformazione digitale ha stabilito una roadmap per dare il via allo sviluppo di un prototipo dell'App Io;

   la App Io, sviluppata secondo la logica del «citizen-centered design», è una piattaforma abilitante che funziona come un punto di accesso unico per favorire l'interazione tra pubblica amministrazione e cittadini, la quale permette di ricevere avvisi e comunicazioni da qualunque ente pubblico. L'obbiettivo dichiarato è quello di offrire servizi pubblici digitali in modo semplice e personalizzato, su scala nazionale, attraverso un'unica piattaforma comune a tutte le amministrazioni;

   la App lo contiene un sistema di pagamenti gestito dalla società PagoPA, la quale è stata costituita ex articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 135 del 2018 (cosiddetto decreto semplificazioni) sulla scia del lavoro del Team per la trasformazione digitale;

   per accedere alla app è necessario attivare il sistema di riconoscimento digitale Spid (Sistema pubblico di identità digitale), il quale risulta alla data del 21 aprile 2020 attivato da 6.562.962 cittadini;

   il 20 aprile 2020 la App Io è pubblicata in versione beta ed è disponibile per il download;

   alla data del 29 aprile 2020 la App risulta attiva per i comuni di Milano, Torino, Ripalta Cremasca, Palermo, Valsamoggia, Bagnacavallo, Collecchio, Felino, Garbagnate Milanese, Roma Capitale e Trento per una serie di servizi, quali segnalazione di scadenza della carta d'identità, pagamento della Tari, pagamento delle rette d'asilo nido, servizi scolastici (mensa e trasporti), Suap e Suet, pagamento zone Ztl e contravvenzioni al codice della strada. Per tutti i cittadini italiani è disponibile un facsimile del codice fiscale che permette la lettura del codice a barre;

   risultano inoltre integrati i servizi Aci, quali certificati di proprietà dei veicoli e pagamento del bollo auto –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per favorire il diffondersi della App Io nella popolazione;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per aiutare le pubbliche amministrazioni italiane ad agganciare i servizi pubblici locali nella App Io.
(4-05463)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante chiede di sapere quali iniziative di competenza si intenda intraprendere per favorire la diffusione tra i cittadini della AppIO e per aiutare le pubbliche amministrazioni italiane a esporre i loro servizi digitali nella medesima app.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  La AppIO, sviluppata da PagoPA Spa, costituisce la realizzazione del punto di accesso telematico dei servizi resi dalla pubblica amministrazione secondo quanto previsto dall'articolo 64
-bis del codice dell'amministrazione digitale, con l'obiettivo di garantire una maggiore fruibilità dei servizi on line, consentendo ai cittadini di accedere, attraverso un'unica interfaccia, ad una pluralità di servizi e informazioni rispettivamente forniti e detenuti da una pluralità di amministrazioni.
  Come ampiamente richiamato anche dall'interrogante, l'applicazione consente, invero, di ricevere comunicazioni, svolgere adempimenti, esercitare i propri diritti verso qualsiasi amministrazione utilizzando uno
smartphone, così realizzando finalmente un processo rivoluzionario nel rapporto tra cittadini e pubbliche amministrazioni.
  Si tratta, quindi, di un progetto strutturale del sistema Paese, da far crescere e sviluppare progressivamente attraverso ulteriore impegno e tempo affinché le amministrazioni progressivamente mettano a disposizione su IO i propri servizi.
  Allo stato attuale, è stata realizzata un'infrastruttura molto all'avanguardia, lanciata nella versione beta che già consente di accedere ad alcuni servizi utili. Occorre coinvolgere nel modo più ampio possibile tutte le amministrazioni, centrali e locali, per avviare un processo di sviluppo di tutte le potenzialità.
  Per questo motivo, insieme alla Ministra Fabiana Dadone, abbiamo deciso di inviare una comunicazione a tutte le amministrazioni per far conoscere IO, rappresentarne i vantaggi, anche di snellimento dei processi amministrativi e offrire la massima assistenza per l'integrazione dei servizi sulla piattaforma.
  Allo stesso modo, stiamo programmando incontri mirati con tutti i Ministri affinché, a cominciare dai vertici politici, sia ampia e diffusa la conoscenza del progetto e delle sue potenzialità. Analoghi incontri saranno effettuati con le regioni e con l'Anci.
  Sono già attivi servizi offerti dai comuni di grandi città (Milano, Torino, Roma, Palermo, etc.), e di decine di comuni più piccoli. Sono in corso le integrazioni di altre città (Bari, Trento, Venezia, Reggio Emilia, etc.) e regioni (Veneto, Umbria, Campania, Piemonte). Sono pronte le integrazioni di molti enti nazionali (ACI, Agenzia Entrate, INPS, Agenzia Entrate Riscossione) e sono in fase di progettazione le integrazioni dei servizi di molti altri enti (Ministero dell'università e della ricerca, Inail, Consip, Motorizzazione Civile). Molte aziende private che realizzano
software per la pubblica amministrazione hanno proposto di integrare in IO soluzioni da loro sviluppate.
  Nelle prossime settimane prenderà avvio una comunicazione istituzionale per far conoscere ai cittadini l'opportunità concreta di utilizzare uno strumento che può semplificare via via sempre più la vita quotidiana.
  Anche per tale via, si sta dunque affermando il pieno diritto alla cittadinanza digitale attraverso un processo di inclusione digitale che riduca sempre più rapidamente il
digital divide e le disuguaglianze tra i cittadini.
La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   CALABRIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo evento sportivo ufficiale tenutosi allo stadio Flaminio risale al 12 marzo 2011;

   la gestione dell'impianto romano, che è un bene di interesse artistico e storico e quindi tutelato, è del comune di Roma;

   lo stadio Flaminio come tutta la zona circostante versa in uno stato avanzato di degrado e incuria;

   non è stato portato a termine alcun progetto di riqualificazione e il Flaminio è in stato di abbandono da quasi otto anni;

   le strutture all'interno dello stadio sono fatiscenti e gli interni sono stati devastati da infiltrazioni e altri danneggiamenti, mentre il prato e le aree verdi circostanti sono diventate boscaglia;

   nel 2018 è stato rinvenuto un cadavere all'interno dello stadio;

   lo stadio Flaminio si è trasformato in un vero e proprio dormitorio a cui possono accedere liberamente dei senza tetto;

   la facoltà di architettura dell'università «La Sapienza» ha presentato un piano conservativo, ricevendo poi un finanziamento di 161 mila euro dalla Getty Foundation di Los Angeles;

   era prevista entro l'inizio del 2018 la pubblicazione di un avviso pubblico da parte del comune di Roma per il recepimento di progetti volti alla completa riqualificazione dello stadio;

   le operazioni di bonifica da parte di Ama nell'impianto comunale dello Stadio Flaminio, iniziate in data 29 ottobre e terminate prima delle feste natalizie, sono del tutto insoddisfacenti, giacché limitate ad un'attività di raccolta e smaltimento di materiali come rifiuti urbani, rifiuti ingombranti e diserbo meccanico del terreno –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con il comune di Roma, per garantire una completa riqualificazione dello stadio e di tutta l'area circostante al fine di utilizzare l'impianto per eventi a carattere sia sportivo che culturale.
(4-02223)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero – in sinergia con il comune di Roma – intende intraprendere per garantire una completa riqualificazione dello stadio Flaminio.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, si rappresenta quanto segue.
  Lo stadio Flaminio – di proprietà del comune di Roma – progettato dall'architetto Antonio Nervi con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi, è stato dichiaro di notevole interesse culturale con decreto ministeriale del 27 settembre 2018, notificato alla proprietà in data 2 novembre 2018 e trascritto in data 5 febbraio 2019.
  Con tale provvedimento di tutela, è stato riconosciuto il valore di un'opera singolare, che coniuga efficacemente in modo originalissimo forma e struttura, architettura, e ingegneria, testimonianza di un felice momento della cultura architettonica romana e, in generale, italiana, in concomitanza con il
boom economico che caratterizzò la ripresa produttiva della penisola nel dopoguerra.
  La tutela apposta alla struttura dalla soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, inoltre, ha l'obiettivo di un suo recupero secondo criteri di qualità e controllo del processo di restauro, in quanto garantirà il pieno rispetto del progetto nerviano pur innovandolo e adattandolo ad un utilizzo contemporaneo.
  Conclusa da parte del comune la bonifica degli spazi interni ed esterni dello stadio, la predetta soprintendenza insieme all'università la Sapienza-dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica, la Pier Luigi Nervi Project Association, la Do.Co.Mo.Mo e il comune di Roma, fa parte del gruppo di lavoro incaricato dell'elaborazione del piano di conservazione dello stadio Flaminio.
  Di recente, su istanza del dipartimento sopra citato, ha autorizzato l'esecuzione di prove non distruttive su elementi in cemento armato al fine di verificare lo stato di conservazione della struttura per individuare le tecniche operative più idonee per la sua conservazione e restauro.
  Degli studi su richiamati, si è in attesa di conoscerne gli esiti.
  Si rassicura, comunque, l'interrogante, che è intendimento di questo Ministero valorizzare un'opera di tale prestigio attraverso un grande progetto di recupero che ne consenta il riutilizzo senza comprometterne le caratteristiche architettoniche.
  È infatti, un'occasione importante di riqualificazione di un'area che comprende capolavori di architettura moderna e contemporanea che dialogano tra loro all'interno di una struttura urbana di valore strategico per l'intero quadrante della città: dal Foro italico all'auditorium passando per il Maxxi e il Villaggio Olimpico in un contesto naturalistico eccezionale in cui sono ancora leggibili alcuni dei tratti del paesaggio originario della valle del Tevere.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il dottore Franco Roberti, ex procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno (dal 2009 al 2013) ed ex procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (dal 2013 al 2017), è stato nominato, nel mese di maggio, assessore regionale alla sicurezza (politiche integrate di sicurezza e legalità) dall'attuale presidente della regione Campania ed ex sindaco di Salerno Vincenzo, De Luca;

   ad opinione dell'interrogante è doveroso segnalare l'anomalia della nomina ad assessore del magistrato, sebbene in pensione, da parte di De Luca, volto ben noto alla procura di Salerno, essendo stato, lo stesso, indagato e processato numerose volte in relazione ai suoi incarichi politici e amministrativi a Salerno, e diverse volte proprio dalla Procura diretta da Roberti, nonché persona inserita all'interno della lista dei candidati «impresentabili» alle elezioni regionali del 31 maggio 2015;

   è necessario evidenziare alcune vicende giudiziarie in cui l'attività inquirente della procura di Salerno, con a capo Roberti, si è incrociata con l'attività politico-amministrativa di Vincenzo De Luca;

   De Luca è stato processato per peculato e poi condannato in primo grado dal tribunale di Salerno ad un anno di reclusione, per abuso di ufficio, nell'ambito della realizzazione del termovalorizzatore a Cupa Siglia, nella periferia di Salerno. Roberti firmò il 21 aprile 2011 la richiesta di rinvio a giudizio per De Luca ma, come evidenziato dalla stampa, con la campagna elettorale delle amministrative, che vedeva De Luca candidato a sindaco di Salerno, lo stesso Roberti dettò la linea della riservatezza. Così, soltanto a urne chiuse da tempo, la fissazione dell'udienza preliminare rivelò che De Luca era stato indagato per peculato;

   il 28 ottobre 2016, Vincenzo De Luca è stato rinviato a giudizio per falso in atto pubblico, per l'approvazione nel febbraio 2011, di una variante ai lavori di piazza della Libertà da ben 8 milioni di euro;

   il processo, ad oggi non ancora concluso, partì nel 2010 dall'inchiesta condotta dalla procura di Salerno, con a capo proprio Roberti;

   un'altra vicenda emblematica è quella che riguarda il tesseramento sospetto nel PD in provincia di Salerno, partito al quale apparteneva ed appartiene tuttora De Luca. Nel 2013 si viene a conoscenza, dalla stampa locale, di un'indagine per accertare eventuali infiltrazioni di personaggi legati a clan negli elenchi dei tesserati PD. Come riportano articoli di stampa, il magistrato puntava ad accertare se negli elenchi dei cittadini iscritti al PD di Salerno vi fossero anche figli o nipoti di vecchi boss, indagati per spaccio, per associazione mafiosa o per tentato omicidio. Anche con riferimento a questo episodio, Franco Roberti, essendo stato fino al luglio 2013 a capo della procura di Salerno e negli anni successivi alla guida della Procura nazionale antimafia, a parere dell'interrogante avrebbe avuto quanto meno degli elementi sull'inchiesta, il cui esito, tra l'altro, è ad oggi sconosciuto;

   infine, la procura di Salerno, anche mentre era diretta dal predetto Roberti, ha indagato sul più vicino dei collaboratori del presidente De Luca, nonché suo attuale capo di segreteria, Franco Alfieri. In particolare, l'indagine era legata al ruolo di Alfieri come assessore provinciale per reato di corruzione: indagine durata molti anni e che ha portato, nonostante il patteggiamento di molti imputati, alla prescrizione per il reato base, proprio per il predetto Alfieri;

   parte dell'indagine, peraltro, partì su denuncia dell'avversario storico del predetto Alfieri, compianto sindaco «pescatore» Angelo Vassallo, assassinato in circostanze ancora ignote; anche questa indagine fu seguita da Roberti, sia quando era a capo della Procura di Salerno che successivamente nella veste di Procuratore nazionale antimafia;

   è noto che alla base, anche giuridica, di una nomina assessoriale, di cui ha beneficiato il Roberti, vi è un rapporto fiduciario che presuppone un legame ben consolidato di stima e di condivisione;

   pertanto, all'interrogante appare opportuno domandarsi come, quando ed in quale contesto sia potuto nascere tale rapporto, essendo stato lo stesso De Luca inquisito più volte dalla procura diretta da Roberti;

   è necessario, inoltre, per tali motivazioni, comprendere se le indagini fin qui svolte siano state portate avanti con la dovuta dedizione e nei tempi adeguati nei confronti del Presidente De Luca e dei collaboratori politici più importanti legati al Partito Democratico del presidente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'avvio di un'ispezione presso la procura di Salerno.
(4-00946)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, premesso che il dottor Franco Roberti, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno dal 2009 al 2013 ed ex procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo dal 2013 al 2017, è stato nominato, nel mese di maggio 2018, assessore regionale alla sicurezza dal presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, già sindaco di Salerno; premesso altresì che il governatore De Luca è stato più volte indagato e processato in relazione a condotte perpetrate nell'esercizio delle funzioni politiche e amministrative ricoperte a Salerno, si è chiesto di sapere se sussistano i presupposti per l'avvio di un'ispezione presso la procura della Repubblica di Salerno e quali iniziative si intenda assumere.
  In merito, la procura della Repubblica presso il tribunale di Salerno ha rappresentato che un primo procedimento penale iscritto nel 2009, a carico dell'allora sindaco Vincenzo De Luca, si è concluso, in primo grado, con la condanna del medesimo alla pena di un anno di reclusione, con sospensione condizionale.
  Più specificatamente, si osserva che il procedimento era stato iscritto nel registro delle notizie di reato in data 13 novembre 2009 e definito con esercizio dell'azione penale mediante richiesta di rinvio a giudizio del 21 aprile 2011, tempestivamente depositata nella cancelleria dell'ufficio Gip: emerge, dunque,
ex tabulas, come non sia stata «dettata» alcuna «linea della riservatezza» da parte del procuratore della Repubblica, al fine di non influenzare la campagna elettorale in corso per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011, come, invece, asserito nella interrogazione parlamentare.
  Per completezza si rappresenta che dopo la sentenza di primo grado di condanna per abuso d'ufficio, il procedimento si è articolato in una successiva sentenza di assoluzione in appello poi definitivamente confermata in Cassazione.
  Un ulteriore procedimento penale risulta egualmente iscritto nel 2009, a carico, fra gli altri, di De Luca Vincenzo, sempre quale sindaco di Salerno, per i reati di falso in atto pubblico, di abuso di ufficio e per altri reati in materia edilizia, relativamente alla realizzazione dell'edificio denominato Crescent; la procura della Repubblica di Salerno ha formulato richiesta di rinvio a giudizio in data 16 giugno 2014, a seguito della quale vi è stata pronuncia di assoluzione in primo grado.
  Quanto al procedimento penale avente ad oggetto anche l'indagine nei confronti di Alfieri Francesco, assessore ai lavori pubblici presso la provincia di Salerno negli anni 2006 e 2007, lo stesso risulta essere stato definito dal pubblico ministero in data 2 dicembre 2013, con richiesta di rinvio a giudizio, fra l'altro per il delitto di corruzione aggravata. La posizione di Alfieri è stata definita con sentenza pre-prescrizione nel 2015.
  Il procedimento penale riguardante i lavori di piazza della Libertà a Salerno, invece, è stato iscritto nel registro delle notizie di reato in data 12 marzo 2012 ed è stato definito con richiesta di rinvio a giudizio di ventisei indagati del 4 maggio 2016, con la contestazione di condotte, tra le altre, di indebite locupletazioni, relativamente a lavori non svolti o svolti in conformità al capitolato di appalto, e falsità ideologica in atto pubblico da parte di competenti della giunta comunale di Salerno, tra cui De Luca; attualmente pende in fase dibattimentale.
  Da ultimo, in relazione all'indagine citata nell'interrogazione relativa al cosiddetto «tesseramento sospetto nel PD in provincia di Salerno», il relativo procedimento, iscritto in data 29 ottobre 2013, è stato riunito ad altro procedimento e le indagini hanno visto nel tempo l'iscrizione di ulteriori ipotesi di reato.
  Si aggiunge che altro procedimento,
in fieri prima e durante l'incarico del Procuratore Roberti, nei confronti di trentotto indagati per fatti collegati all'insediamento industriale Ideal Standard di Salerno, si è definito con una sentenza dibattimentale, del 29 settembre 2016, di assoluzione del De Luca.
  Ciò posto, giova, inoltre, sottolineare come il dottor Franco Roberti sia fuoriuscito dall'ordine giudiziario, per raggiunti limiti di età, il 17 novembre 2017, di modo che non risulta più ritualmente suscettibile di valutazioni disciplinari.
  In ogni caso, il medesimo dottor Roberti, pari di tutti gli altri magistrati, sino a quando è rimasto in servizio, è stato sottoposto a reiterate verifiche — in termini di professionalità, responsabilità disciplinare e deontologia — in maniera costante durante tutta la sua attività, senza incorrere in alcun momento di criticità ed anzi arrivando al termine della carriera a ricoprire, previa scrupolosa delibazione da parte dell'organo di autogoverno, l'alto incarico di procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Del pari, le ispezioni ordinarie periodicamente svoltesi presso la procura della Repubblica di Salerno non hanno mai rivelato elementi negativi rispetto ai profili riportati dall'interrogante, non rendendosi, quindi, necessari ulteriori approfondimenti ispettivi mirati.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   tra fine marzo e inizio aprile 2020, nell'ambito del progetto europeo PEPP-PT (Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing) è stata presentata una app per tracciare e contenere la diffusione del coronavirus. In pratica, ogni Paese aderente propone ai propri cittadini un'app che permetterà di «localizzare, tramite bluetooth, gli utenti e informare chi si è trovato per almeno 15 minuti accanto a una persona risultata positiva al Covid-19»;

   i Paesi che si sono subito dimostrati interessati sono Germania, Austria, Francia, Italia, Malta, Spagna e Svizzera;

   l'epidemiologo Marcel Salathé, che aveva prestato il suo volto nella presentazione del progetto europeo per la piattaforma di monitoraggio, ha deciso di lasciare il progetto, pubblicando una nota in cui afferma che «Non faccio più parte di PEPP-PT. Non so più in quale direzione sta andando il progetto e non ho più fiducia in quello che sta accadendo». In particolare, Salathé ha criticato la mancanza di trasparenza. «Per ora PEPP-PT non è abbastanza aperta e trasparente»;

   nella discussione sulle app per il tracciamento del coronavirus, la questione della privacy resta il punto cruciale. Soprattutto, considerato che si tratta di un progetto che coinvolge più Paesi e risulta difficile assicurarne il rispetto da parte di tutti, così come assicurare che i dati non vengano custoditi per altri scopi;

   in Italia, la piattaforma scelta dal Governo per tracciare gli spostamenti dei cittadini e prevedere nuovi focolai di coronavirus, è la App «Immuni», proposta gratuitamente al Governo italiano dalla Bending Spoons;

   il progetto del software è stato elaborato infatti della milanese Bending Spoons, che verrà affiancata dalla società di marketing Jakala e dalla rete lombarda di poliambulatori del Centro Medico Santagostino;

   tra i soci di minoranza dell'azienda Bending Spoons anche la holding dei tre figli di Silvio Berlusconi e Veronica Lario (Luigi, Eleonora e Barbara), il fondo Nuo Capital, che investe in Italia con capitali cinesi e StarTip, veicolo della famiglia Tamburi. Sempre la holding H14 dei tre figli di Berlusconi è anche in Jakala, società di marketing fondata e controllata da François e Matteo de Brabant che, come soci di minoranza, ha Paolo Marzotto, il fondo Ardian e Davide Serra e, attraverso una holding, Renzo Rosso, le famiglie Dompè e Branca, i Lucchini, Giuliana Benetton e la stessa Mediobanca;

   il sito per la sicurezza Ofcs Report ha sottolineato che vi sono «diverse perplessità che stanno circolando tra gli addetti: una per tutte l'assenza di esperti di sicurezza informatica nella squadra di valutazione delle proposte (non solo sul contact tracing) arrivate al dicastero del Ministro Pisano. Molti si sono infatti chiesti come possano valutare appieno le proposte tecniche se non hanno tutte le competenze necessarie. Sicurezza e privacy vanno a braccetto, perché non c'è privacy senza sicurezza e l'assenza di un esperto del settore grida vendetta e lascia spazio a tesi complottiste»;

   il presidente del Copasir Raffaele Volpi, non ha escluso un'audizione di Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia e commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere, per chiarire «le forme scelte dal commissario per l'affidamento e la conseguente gestione dell'applicazione (…) ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale» –:

   quali siano le modalità di assegnazione del progetto di cui in premessa e le modalità di gestione dei dati sensibili; per quali scopi verranno gestiti tali dati, se solo per scopi sanitari, oppure se ne verranno fatti altri usi e per quanto tempo saranno archiviati; se e come il Governo intenda chiarire gli aspetti più controversi dell'app sopra richiamata; se e come si intenda garantire la privacy dei cittadini e proteggere la loro sicurezza e quella nazionale dalle criticità segnalate.
(4-05348)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo 4-05348, con il quale l'interrogante chiede di sapere quali siano le modalità di individuazione e assegnazione della soluzione tecnologica di contact tracing e le modalità di gestione dei dati sensibili; per quali scopi verranno gestiti tali dati, se solo per scopi sanitari, oppure se ne verranno fatti altri usi e per quanto tempo saranno archiviati; se e come il Governo intenda chiarire gli aspetti più controversi dell'app sopra richiamata; se e come si intenda garantire la privacy dei cittadini e proteggere la loro sicurezza e quella nazionale dalle criticità segnalate.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  Per quanto attiene alla procedura di selezione ed assegnazione della soluzione tecnologica di
contact tracing, mi ricollego a quanto illustrato in più sedi parlamentari. Dopo la disamina svolta dal «Gruppo di lavoro data-driven per l'emergenza Covid-19» (sui cui lavori rinvio alle relative relazioni, di cui ho promosso la pubblicazione nel sito https://innovazione.gov.it/task-force-dati-le-relazioni-delle-attivita-dei-gruppi-che-hanno-valutato-le-app/), con nota del 10 aprile 2020 a firma mia e del Ministro della salute è stata trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri una breve relazione riepilogativa nella quale era precisato che l'app «Immuni» era risultata la più idonea come base per la realizzazione del sistema nazionale di contact tracing digitale. Alla nota sono state allegate tutte le relazioni predisposte dal gruppo di lavoro.
  Nella medesima giornata, il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto al commissario di procedere rapidamente, nell'ambito dei poteri conferiti dall'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, a valutare le modalità con cui dare attuazione alla proposta ricevuta.
  Con ordinanza n. 10/2020, il commissario, raccordandosi con la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha stipulato il contratto con il quale la società sviluppatrice dell'
app, allo scopo esclusivo di fornire un proprio contributo, volontario e personale, utile per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 in atto, ha concesso la licenza d'uso aperta, gratuita, perpetua e irrevocabile del codice sorgente e di tutte le componenti dell'app «Immuni», nonché si è impegnata, sempre gratuitamente e pro bono, a completare gli sviluppi software necessari per la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale.
  Precisata la procedura di selezione ed assegnazione della soluzione tecnologica di
contact tracing, mi preme puntualizzare i profili di privacy richiamati dall'onorevole interrogante.
  Al riguardo, invero, già nel corso delle audizioni presso le competenti Commissioni parlamentari, ho affermato che l'adozione del sistema di
contact tracing sarebbe dipesa dall'approvazione di una norma primaria, indispensabile per delimitarne il campo e le modalità di azione, oltre che fornire il necessario quadro di garanzie per i cittadini utilizzatori anche sotto il profilo della privacy.
  Tale intervento è stato varato: in data 30 aprile 2020 è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19. L'articolo 6, rubricato «Sistema di allerta Covid-19» contiene le disposizioni miranti a dare risposta agli aspetti che più hanno ingenerato legittime domande e anche timori, cui pure si fa riferimento nell'interrogazione (quali siano le modalità di gestione dei dati sensibili; per quali scopi verranno gestiti tali dati; se e come si intenda garantire la privacy dei cittadini e proteggere la loro sicurezza e quella nazionale).
  In particolare, viene individuato il titolare del trattamento dei dati nel Ministero della salute, che si coordina, nel rispetto del regolamento (UE)2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali (articolo 28), con i soggetti competenti in relazione alla tipologia di dati trattati.
  Sono poi previste misure tecniche e organizzative idonee a garantire la sicurezza dei diritti e le libertà degli interessati; tali misure sono adottate dal Ministero della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, garantiranno che:

   a) gli utenti riceveranno, prima dell'attivazione dell'applicazione, informazioni chiare e trasparenti sulle finalità e sulle operazioni di trattamento;

   b) i dati personali raccolti dall'applicazione saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell'applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19;

   c) il tracciamento dei contatti sarà basato sul trattamento di dati di sola prossimità dei dispositivi, resi anonimi oppure, ove ciò non sia possibile, pseudonimizzati. A tale proposito specifico espressamente che è esclusa in ogni caso la geolocalizzazione dei singoli utenti;

   d) per evitare il rischio di reidentificazione degli interessati saranno garantite tutte le adeguate misure di sicurezza dei sistemi e dei servizi di trattamento;

   e) i dati relativi ai contatti stretti saranno conservati, anche nei dispositivi mobili degli utenti, per il periodo, stabilito dal Ministero della salute, strettamente necessario al tracciamento. È previsto che alla scadenza del termine siano cancellati in modo automatico.

  Circa gli scopi di utilizzo, la norma precisa che i dati raccolti attraverso l'applicazione non possano essere utilizzati per finalità diverse da quella dell'app, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini di sanità pubblica, profilassi, statistici o di ricerca scientifica, nel rispetto del diritto europeo.
  Con riguardo agli aspetti di sicurezza, è chiaramente affermato che la titolarità della piattaforma così come la sua gestione saranno pubbliche, con infrastrutture localizzate esclusivamente sul territorio nazionale, e affidate ad amministrazioni o enti pubblici o società interamente in mano pubblica. I programmi sviluppati saranno
open source, aperti e verificabili, secondo le previsioni di legge.
  Infine, viene stabilita una durata temporalmente limitata del trattamento e dell'utilizzo dell'applicazione, fino al termine dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, data entro la quale tutti i dati personali trattati sono definitivamente cancellati o resi anonimi. Giova evidenziare che su tale disposizione il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole, ritenendo il sistema di
contact tracing prefigurato, coerente con i princìpi e le disposizioni in materia di protezione dei dati personali.
  Si tratta, dunque, di un intervento normativo, che verrà posto all'esame del Parlamento e che trova la sua chiave nella proporzionalità, ragionevolezza, e nella volontarietà. Infatti la modalità di tracciamento dei contatti tramite l'applicazione è complementare alle ordinarie modalità in uso nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e che l'eventuale mancato utilizzo dell'applicazione non comporta alcuna conseguenza pregiudizievole ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento.

La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   D'ATTIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il prefetto di Brindisi in data 7 aprile 2020 ha diramato ai sindaci della provincia di Brindisi una circolare con il seguente oggetto: «Misure di emergenza per la prevenzione ed il controllo della polmonite da nuovo coronavirus Covid-19 - Flusso comunicativo dei dati relativi a soggetti sottoposti a sorveglianza fiduciaria»;

   nella comunicazione il prefetto ricorda ai sindaci che i dati personali che i comuni ricevono al fine di poter svolgere le funzioni di competenza nel garantire il rispetto delle regole adottate ai fini del contenimento del contagio epidemiologico, sono «sensibilissimi e protetti dalle disposizioni a tutela della privacy, non divulgabili, né utilizzabili per finalità diverse da quelle consentite, conformante a quanto previsto dall'articolo 5 dell'ordinanza n. 630/2020 del Capo Dipartimento della Protezione Civile»;

   il prefetto ricorda ai destinatari le responsabilità civili e penali connesse a un uso difforme rispetto a quello consentito dei dati sensibili che giungono in loro possesso, chiudendo la comunicazione con la precisazione che la prefettura proseguirà l'attività di monitoraggio sul corretto utilizzo dei dati personali da parte dei comuni;

   il tenore della nota del prefetto di Brindisi è, ad avviso dell'interrogante, molto simile a quello di un richiamo rivolto alle amministrazioni locali della provincia e lascia ipotizzare che sia stata motivata da un uso non corretto da parte di alcune amministrazioni comunali dei dati personali pervenuti in loro possesso nell'ambito della attività volte al contrasto della diffusione epidemiologica da Covid-19;

   un'ipotesi simile, se confermata, sarebbe estremamente preoccupante e per questo è necessario, a giudizio dell'interrogante, fare la massima chiarezza anche per evitare l'insorgere di un rapporto di sfiducia in un momento particolarmente critico come quello attuale tra la cittadinanza soggetta a misure di isolamento sociale a fini sanitari e le istituzioni che dovrebbero tutelarla –:

   se vi siano evidenze di casi di uso difforme da quello consentito, da parte delle amministrazioni comunali della provincia di Brindisi, relativamente ai dati personali giunti in loro possesso nell'ambito del flusso dei dati di persone sottoposte a sorveglianza fiduciaria.
(4-05199)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda oggetto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quadro normativo emergenziale conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, deliberata dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, ha demandato al livello statale l'adozione degli interventi e delle misure di contenimento, in particolare per le prescrizioni che incidono su diritti anche di rango costituzionale.
  Alla regione è stato attribuito l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità, nonché di emissione di ordinanze con efficacia estesa alla stessa regione o a parte del suo territorio.
  Più in particolare, si evidenzia come l'accertamento e la raccolta d'informazioni concernenti i sintomi tipici del coronavirus spettino alle autorità sanitarie e al dipartimento della protezione civile, quali organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica.
  Più in particolare detto dipartimento, con nota dello scorso 16 marzo indirizzata a tutti i presidenti delle regioni, ha invitato i dipartimenti di prevenzione delle Asl assicurare la trasmissione dei dati personali, necessari all'espletamento delle funzioni esercitate nell'ambito dell'emergenza epidemiologica, a tutti i soggetti legittimati, in particolare alle prefetture, alle forze di polizia, nonché, al fine di assicurare i servizi di assistenza alla popolazione, ai comuni.
  La modalità di trasmissione, condivisa su tutto il territorio regionale, avviene con l'inoltro dei dati pervenuti dal servizio di protezione civile regionale, per il tramite della prefettura capoluogo, alle prefetture territorialmente competenti, per il successivo invio ai sindaci mediante l'utilizzo di posta elettronica certificata dedicata.
  Il prefetto di Brindisi, nell'ottica di assicurare una costante interlocuzione e collaborazione con i sindaci, realizzata mediante un costante flusso informativo sulle questioni connesse all'emergenza, ha indirizzato agli amministratori locali una lettera in data 7 aprile 2020 che, senza presupporre un uso non corretto dei dati personali, ha inteso sottolineare la natura giuridica dei dati inviati, nonché la valenza delle norme poste a presidio degli stessi, in considerazione della preminenza degli interessi da tutelare.
  Ciò in conformità con le recenti pronunce del Garante della
privacy, che ha posto l'accento sull'obbligo di rispettare la dignità e la riservatezza dei soggetti sottoposti a sorveglianza fiduciaria da Covid-19.
  La prefettura di Brindisi ha comunicato di avere sempre richiamato l'attenzione sull'osservanza delle norme relative al trattamento dei dati personali in occasione della trasmissione dei dati, richiamando in particolare le specifiche previsioni contenute nell'articolo 5 dell'ordinanza n. 630/2020 del Capo dipartimento della protezione civile e dell'articolo 14 del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il reclutamento, il favoreggiamento, la prostituzione minorile, l'induzione e la tratta di persone, nonché l'esercizio degli stessi in luoghi privati, costituiscono specifiche fattispecie di reato, previste, rispettivamente, dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e dagli articoli 537 e 540 del codice penale;

   la Caritas diocesana di Cagliari, tramite lo sportello antiracket, ha denunciato che il 90 per cento delle ragazze nigeriane sbarcate in Italia finisce nelle mani del racket della prostituzione;

   in passato, è stato più volte denunciato il diretto collegamento tra l'aumento dei flussi migratori di clandestini e l'incremento della prostituzione, e ciò, in particolare, nelle strade dei comuni nei quali hanno sede i centri d'accoglienza per i migranti richiedenti asilo e protezione internazionale;

   non è tollerabile il mancato intervento degli organi istituzionali al fine di eliminare tale fenomeno criminale, che, invece, si sta rapidamente diffondendo nelle città, determinando un accrescimento considerevole del degrado sociale e un calo della qualità della vita per i residenti dei quartieri e dei centri interessati;

   il fenomeno della prostituzione è spesso accompagnato da altri crimini, quali lo spaccio della droga, furti, rapine e altri episodi di violenza a danno di terzi;

   da più parti è stato anche segnalato, con riferimento alle donne straniere costrette alla prostituzione, il molteplice ricorso alle pratiche interruttive della gravidanza presso le strutture delle aziende locali sanitarie;

   all'interrogante non risulta che i citati episodi delittuosi, nonché il ricorso alle pratiche richiamate, siano stati fatti oggetto di apposite segnalazioni alle autorità competenti ad opera degli operatori dei centri di accoglienza –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti denunciati dallo sportello antiracket della Caritas della diocesi di Cagliari, anche con riferimento all'aumento del ricorso alle pratiche interruttive della gravidanza, e, se del caso, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per porre fine a questo ennesimo fenomeno criminale e di degrado sociale, frutto di una gestione fallimentare dei flussi migratori.
(4-00506)

  Risposta. — Con riferimento alle questioni poste dall'interrogante, appare opportuno, in primo luogo, evidenziare quanto segue.
  La struttura dei gruppi criminali nigeriani che operano in Italia è caratterizzata da frammentazioni etnico-tribali, di tipo verticistico, con caratteristiche organizzative e comportamentali analoghe a quelle esistenti nell'ambito delle associazioni di natura mafiosa, che si concretizzano nella forza dell'intimidazione del vincolo associativo, nella condizione di assoggettamento e di omertà, nel ricorso alla violenza.
  Particolare attenzione viene riservata a specifici gruppi, presenti in Italia da anni, spesso implicati in conflitti finalizzati alla supremazia territoriale.
  In relazione allo svolgimento delle attività di prevenzione e di controllo sul territorio, si assicura che il fenomeno delle mafie «straniere» e, in particolare di quella nigeriana, è monitorato, con attenzione, dalle forze di polizia, anche grazie all'impiego di risorse specificamente dedicate. Al riguardo, si evidenzia infatti come, sia nell'ambito del Servizio centrale operativo del dipartimento della pubblica sicurezza sia all'interno delle squadre mobili delle Questure, esistano articolazioni rivolte alle indagini concernenti la criminalità straniera, tra cui quella nigeriana, mentre sul piano internazionale l'azione è sviluppata tramite Europol.
  Il Ministero dell'interno promuove, già da alcuni anni, progetti di cooperazione internazionale di polizia, dedicati all'approfondimento e al monitoraggio del fenomeno, fra i quali: il progetto denominato «ETUTU», volto a contrastare il fenomeno della tratta degli esseri umani e di sfruttamento sessuale da parte degli appartenenti alle consorterie criminali di estrazione nigeriana; il progetto EMPACT FII, di cui l'Italia, insieme all'Austria, è dal 2016
co-driver; il progetto AFIC, finanziato dall'Unione europea, al quale partecipa il servizio centrale operativo della polizia di Stato, insieme a Frontex ed Europol, nonché a rappresentanti di Eritrea, Gambia, Marocco, Niger, Nigeria, Guinea, Libia, Costa d'Avorio, Sudan, Ghana, Senegal e Mali. L'obiettivo è di mantenere costantemente aggiornati i dati strategici sui flussi migratori e sulla criminalità transfrontaliera, oltre alla conoscenza del modus operandi dei gruppi criminali.
  Ciò premesso, con riferimento alle specifiche problematiche segnalate nell'interrogazione in esame, si evidenzia che presso la Caritas diocesana di Cagliari è stato attivato uno «sportello mobile» antitratta, con finalità esclusivamente assistenziali.
  Alla luce dell'attività di monitoraggio condotta dalle forze dell'ordine è emerso che il fenomeno della prostituzione, legata alla criminalità di matrice nigeriana, assume una portata limitata nella provincia del cagliaritano.
  Dai dati statistici in possesso risulta che nella provincia, nel corso del 2019, il numero di segnalazioni per «tratta di persone» è stato pari a 8 persone (di cui 7 di nazionalità nigeriana), rispetto alle 3 persone (di cui 2 cittadini nigeriani) denunciate/arrestate nel 2018.
  Per i delitti in materia di prostituzione, nello stesso arco temporale, sono state denunciate/arrestate 8 persone straniere (di cui 6 nigeriane), a fronte delle 5 (di cui 4 nigeriane) del 2018.
  Per quanto riguarda, più in particolare, i fenomeni legati alla prostituzione di ragazze nigeriane nella città di Cagliari si rileva che, nell'ambito di diversi procedimenti penali, coordinati dalla locale sezione distrettuale antimafia (DDA), sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza in ordine a ipotesi di tratta, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione a carico di alcuni soggetti di nazionalità nigeriana, in pregiudizio di donne loro connazionali, avviate alla prostituzione su strada nelle zone periferiche del capoluogo.
  Tale circostanza è stata confermata, più in particolare, da un'indagine conclusa dalla locale direzione distrettuale antimafia il 21 novembre 2018, con la quale sono stati emessi provvedimenti restrittivi nei confronti di 27 persone di nazionalità nigeriana.
  Nei casi descritti, le vittime di tratta erano state portate a Cagliari e avviate alla prostituzione fino all'estinzione del debito contratto con gli aguzzini, i quali esercitavano sulle vittime diverse forme di intimidazione, anche attraverso riti religiosi voodoo e pratiche esoteriche.
  Si assicura, in conclusione, che le forze dell'ordine pongono in essere una continua attività di monitoraggio ai fini della prevenzione e del controllo sul territorio degli episodi delittuosi consumati ai danni delle giovani donne, specie straniere, avviate alla prostituzione.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, DONZELLI e MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione del 18 marzo 2020 in Commissione il primo firmatario del presente atto chiedeva delucidazioni in ordine alle mascherine e ad altri dispositivi, quali ventilatori di sicurezza, che la Cina avrebbe, secondo dichiarazioni del Governo italiano, inviato all'Italia;

   in particolar modo, l'interrogante chiedeva di sapere, alla luce degli ufficiali ringraziamenti del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e di altri componenti del Governo alla Cina, se mascherine e dispositivi vari per affrontare l'emergenza coronavirus fossero stati donati dalla Cina all'Italia o se fossero stati acquistati e, in tal caso, quale fosse il motivo dei ringraziamenti;

   sempre maggiori fonti di stampa avanzano, infatti, dubbi in ordine alla cessione gratuita di mascherine e di dispositivi di sicurezza dalla Cina a favore dell'Italia;

   alla predetta interrogazione non vi è ancora stata risposta alcuna;

   recentemente, l'autorità giudiziaria della Repubblica Ceca ha sequestrato un enorme quantitativo di mascherine e respiratori automatici provenienti dalla Cina;

   secondo i primi comunicati si sarebbe trattato di mascherine e respiratori sottratti a imprese ceche da criminali che intendevano rivenderli lucrando eccessivamente sul prezzo, sino a quando l'autorità ha disposto il sequestro e la confisca di tutto il materiale;

   sembrerebbe, tuttavia, che gran parte degli scatoloni sequestrati recassero la bandiera cinese e quella italiana, con scritte in italiano e in cinese e la scritta «Siamo con voi - Forza Italia»;

   parrebbe quindi che il predetto materiale fosse destinato all'Italia ed è invece rimasto bloccato a Praga;

   si tratterebbe o di materiale destinato all'Italia e, diversamente, rimasto in Repubblica ceca o di materiale italiano riciclato;

   in ogni caso, ad avviso dell'interrogante, è evidente che quanto sopra apre a scenari inquietanti in ordine al materiale sanitario destinato all'Italia, apparentemente a fini umanitari, e che poi potrebbe essere stato dirottato su una sorta di «mercato nero per sciacalli» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi fatti riportati in premessa, se abbia assunto contatti con il Governo ceco o intenda assumerli per comprendere l'accaduto e/o collaborare con le autorità ceche per fare chiarezza sulla vicenda e quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per verificare se lo Stato cinese sia consapevole del fenomeno, alla luce del controllo e della direzione della economia, in particolare delle esportazioni, che vige in Cina;

   se il Governo non ritenga di dover chiedere chiarimenti all'ambasciatore cinese in relazione all'accaduto;

   se il Governo intenda adottare iniziative volte a definire protocolli per evitare che presunti e ipotetici, ancorché per ora non confermati, aiuti umanitari cinesi finiscano nelle mani di ignobili trafficanti.
(4-04992)

  Risposta. — Onorevole Deputato Delmastro Delle Vedove, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-04992.
  A fronte dell'emergenza, la Farnesina ha fornito massimo sostegno alla Protezione civile e all'ufficio del commissario Arcuri nel reperimento del materiale medico-sanitario indicato da queste strutture come prioritario. Sin dall'inizio della crisi, l'intera rete di ambasciate, consolati e uffici ICE è stata attivata per individuare sui mercati internazionali possibili fornitori, dando priorità al reperimento di: dispositivi di protezione personale (mascherine), ventilatori ad alta intensità per la respirazione assistita e bombole di ossigeno. Abbiamo raccolto circa 650 segnalazioni di potenziali fornitori, da più di sessanta Paesi, poi trasmesse alle strutture deputate all'approvvigionamento di materiali medico-sanitari. Molti dei fornitori individuati sono stati o sono in contatto con l'ufficio del commissario Arcuri per la conclusione di contratti di fornitura. Quest'azione ha consentito di acquisire milioni di mascherine e centinaia di respiratori – oltre ad altro materiale medico-sanitario – da Brasile, Cina, Egitto, Filippine, Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti e Sud Africa, solo per citare alcuni dei principali Paesi di origine delle forniture. Allo stesso tempo, interventi puntuali e mirati hanno consentito l'arrivo di forniture medico-sanitarie bloccate dal divieto all'esportazione deciso da alcuni Paesi. A questo nostro sforzo si è accompagnata la solidarietà dei
partner internazionali. Una solidarietà geograficamente variegata, frutto e testimonianza del capitale di simpatia e amicizia di cui l'Italia gode, delle ottime relazioni che il nostro Paese intrattiene e dell'azione di sensibilizzazione svolta – a tutto campo – dalla nostra rete. E poi concretizzatasi in aiuti umanitari, provenienti da governi e privati da ogni parte del mondo. Non solo dispositivi e attrezzature, ma anche squadre di medici e altro personale sanitario.
  Con specifico riferimento alla Cina, le forniture essenziali al nostro sistema sanitario sono state inviate tempestivamente anche grazie al ponte aereo tra le città di Pechino, Shanghai, Shenzhen e Guangzhou e gli aeroporti di Roma e Milano. Come esplicitato fin da subito, le forniture sono in parte donate e in parte acquistate. Ciò è comprensibile se si tiene conto delle ingenti quantità di cui si necessita. Essendo la Cina tra i maggiori produttori al mondo di forniture sanitarie non sorprende che essa sia stata la principale fonte di approvvigionamento non solo per l'Italia, ma anche per moltissimi altri Paesi. Gli stessi Stati Uniti, la Francia e la Germania si sono rivolti a Pechino per le proprie esigenze di materiali sanitari in questa emergenza.
  Per quanto riguarda lo specifico caso della Repubblica Ceca, il ricercatore ceco Lukàš Lev Červinka ha pubblicato sulla propria pagina Facebook la notizia di un carico di mascherine e respiratori che erano stati sequestrati dalle autorità giudiziarie ceche, indicando che si trattava di materiale destinato, almeno in parte, all'Italia a titolo di aiuto umanitario da parte delle autorità cinesi. Immediatamente la nostra rappresentanza a Praga si è attivata contattando l'ufficio del Governo, il Ministero degli esteri e il Ministero dell'interno per ottenere i chiarimenti necessari sulla vicenda, e ciò ancor prima che la notizia venisse ripresa dai mezzi di informazione italiani, il 21 marzo. Da quanto si è appreso dalle autorità ceche, malgrado il riserbo che circonda naturalmente le attività di indagine penale, un sequestro di materiale sanitario ha avuto effettivamente luogo. Secondo una dichiarazione pubblica del Ministro dell'interno Hamacek, il materiale sequestrato sarebbe stato oggetto di un tentativo di truffa ai danni del Ministero della salute ceco, truffa consistente nel rivendere detto materiale al doppio del suo prezzo. Lo stesso Ministro ha confermato che una parte del materiale era destinata all'Italia (101.600 mascherine) e ha assicurato che «l'Italia non avrebbe perso nulla». Sono continuate le pressioni dell'Ambasciata (per le vie brevi) per recuperare e far inviare in Italia le mascherine a noi destinate.
  Il 22 marzo le autorità ceche, anche per effetto di questa forte azione di sensibilizzazione della nostra Ambasciata, hanno deciso di attingere alle proprie scorte e di compensare l'Italia per la perdita subita, inviando nel nostro Paese 110.000 mascherine, quindi un quantitativo superiore del 10 per cento a quello sequestrato. La decisione è stata formalizzata in una lettera del Ministro degli esteri ceco, Petricek, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio, Il materiale è giunto in Italia il 24 marzo, con un autobus partito da Praga e messo a disposizione dal Ministero degli esteri ceco. Con lo stesso autobus è stato effettuato peraltro il rimpatrio di alcuni connazionali. La protezione civile ha assunto in carico il materiale il 24 marzo. Successivamente, a titolo di solidarietà e nel quadro delle più generali relazioni di amicizia con la Repubblica Ceca, quest'ultima ha inviato, il 29 marzo, materiale sanitario supplementare all'Italia: 10.000 tute protettive e campioni di mascherine per la stampa in 3D.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   di recente è apparsa un'intervista sul Sole 24 Ore dal titolo «Concorso Farnesina: rinviate le preselezioni ma è già una realtà la formazione a distanza», dove si pubblicizzava un corso on line offerto da una Ong denominata «eastwest European Institute», gestito da un ex appartenente alla carriera diplomatica destinato alla preparazione dei candidati al prossimo concorso per diplomatici;

   nel corso dell'intervista si vantava con fervore l'esistente collaborazione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con l'associazione «I Diplomatici», tanto da sottolineare che, quanto ai rapporti con la Farnesina, c'è un'interazione costante;

   «Il Segretario Generale, Elisabetta Belloni – ricorda Scognamiglio – avrebbe dovuto chiudere il corso dal vivo, a Campus X, qualche giorno fa. La pandemia ci ha costretti a trasformare la sua lezione in uno speech in Webinar, che si terrà a fine aprile. Come ci disse l'ex ministro Alfano stiamo dando corpo a un grande progetto di diplomazia democratica»;

   si rileva che nel consiglio direttivo della stessa figurano personalità provenienti dai partiti di maggioranza del Governo, come Partito Democratico e Più Europa, e che vi figurano diversi ex ministri, tra quelli degli affari esteri, come Emma Bonino e Angelino Alfano;

   dal sito dell'associazione «i Diplomatici» si rileva che le attività del 2019 sono patrocinate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   sul tema della preparazione ai concorsi per la carriera diplomatica vi sono una pluralità di enti ed istituzioni che operano in regime di concorrenza;

   è necessario garantire i massimi livelli di trasparenza e imparzialità nella selezione del personale diplomatico del futuro, che sarà chiamato a gestire relazioni sensibili e vitali per gli interessi nazionali –:

   quali siano i rapporti tra il segretario Generale Belloni e le associazioni «Eastwest» e «I Diplomatici»;

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia proceduto, nell'ambito dell'ultimo quinquennio, o intenda procedere al finanziamento diretto o indiretto, nell'ambito dell'ultimo quinquennio, a favore delle due associazioni indicate in premessa.
(4-05565)

  Risposta. — L'affermazione, contenuta nell'articolo del quotidiano «Sole 24 Ore» citato nel testo dell'interrogazione, può risultare fuorviante. Il segretario generale, ambasciatore Elisabetta Belloni, infatti, non ha partecipato, né dal vivo, né online, alla chiusura del corso di preparazione per la carriera diplomatica organizzato dall'«eastwest European Institute».
  Il Segretario generale non ha inoltre alcun rapporto con l'«eastwest European Institute» e la «Associazione diplomatici», se non la conoscenza personale del Chairman dell'«eastwest European Institute», dottor Giuseppe Scognamiglio, in quanto ex collega.
  I corsi di preparazione al concorso diplomatico sono liberamente offerti da enti di natura diversa, anche in concorrenza tra di loro. Sul sito istituzionale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è pubblicato un elenco di tali enti e organismi, in cui peraltro non compare il corso di preparazione organizzato dall'«eastwest European Institute». Sul sito è precisato che i dati contenuti nella pagina sono pubblicati esclusivamente a scopo informativo, non impegnando il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e che i centri indicati non dipendono in alcun modo dalla Farnesina.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non ha erogato finanziamenti diretti o indiretti, nel corso dell'ultimo quinquennio, a favore dell’ «eastwest European Institute» e dell'«Associazione diplomatici».
  L'«Associazione diplomatici» ha ottenuto, in passato, il patrocinio gratuito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per alcuni suoi eventi (da ultimo, nel 2019, l'iniziativa di formazione «Change the World Model United Nations», basata su simulazioni di processi negoziali e svoltasi a New York presso le Nazioni United Le richieste di patrocinio avanzate dall'associazione sono state vagliate dalla direzione generale competente e approvate dal gabinetto del Ministro. La Farnesina ha inoltre ospitato, nel 2018, una manifestazione di lancio dell'edizione italiana del «Change the World Model United Nations», i cui costi organizzativi sono stati coperti dall'Associazione.
  Il 18 giugno 2019 si è tenuta presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale l'iniziativa «Farnesina Day», organizzata in collaborazione con l'«eastwest European Institute» e volta ad approfondire i meccanismi della diplomazia economica a beneficio degli studenti e dei giovani professionisti inseriti in un percorso informativo del medesimo Istituto. All'evento hanno partecipato, in qualità di relatori, oltre che i Direttori generali delle strutture del Ministero interessate, il presidente di Confindustria, l'amministratore delegato di Sace e la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo del Ministero della giustizia. La Farnesina ha sostenuto i costi relativi al personale di sicurezza ai varchi d'accesso degli ospiti e alla regia della conferenza.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   IORIO, DEL MONACO, ERMELLINO, GIOVANNI RUSSO e DEL SESTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il Castello di Carlo V è una struttura edificata a Capua (Caserta), tra il 1543 e il 1552, lungo la riva sinistra del fiume Volturno in località «la portella» nei pressi del ponte romano attualmente ubicata all'interno dello Stabilimento militare «Pirotecnico»; trasformato dal 1848 al 1852 in prigione per detenuti politici, il castello dal 1856 divenne sede del Pirotecnico militare; ulteriori modifiche strutturali si susseguirono nel periodo tra le due guerre mondiali per l'intensificarsi della lavorazione connessa alle esigenze belliche. Gravi danni furono poi riportati in seguito ai bombardamenti del 20 agosto e del 9 settembre 1943; cessata così la produzione militare, l'edificio si avviò a un progressivo degrado. Parziali interventi di ristrutturazione furono effettuati a partire dal 1982;

   allo stato attuale il Castello di Carlo V risulta essere un bene culturale appartenente alla Difesa che ha già visto numerose iniziative locali volte alla sensibilizzazione delle istituzioni nazionali e territoriali riguardo alla sua fruizione dal punto di vista culturale e come attrattore turistico locale, tra cui l'iniziativa, «I Luoghi del Cuore» del Fondo ambiente italiano, un appello dal titolo «Liberiamo il Castello di Carlo V» da parte di Le piazze del Sapere, oltre a numerosi appelli e petizioni da parte della cittadinanza sia on line che a mezzo carta stampata;

   il bene, inoltre, risulta essere vincolato ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 42 del 2004 «Codice dei beni culturali e del paesaggio» con provvedimento amministrativo del Ministero per i beni e le attività culturali (decreto ministeriale 15 gennaio 2004, n. 257);

   a quanto risulta alla interrogante dall'ottobre 2016 su iniziativa della direzione dei lavori e del demanio (Geniodife), è allo studio un progetto di enucleazione del castello dallo Stabilimento militare «Pirotecnico» e successiva acquisizione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali ai fini di tutela, conservazione e valorizzazione culturale;

   lo studio di cui sopra prevede la valorizzazione da parte del Polo museale della Campania con l'obiettivo della messa a sistema con altri siti culturali insistenti nella zona di Santa Maria Capua Vetere (Caserta);

   nel febbraio 2017, in occasione di un sopralluogo, il Ministero per i beni e le attività culturali aveva constatato e preso atto dello stato conservativo del sito;

   a quanto risulta alla interrogante il Ministero della difesa resta disponibile alla cessione del sito –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti;

   quali iniziative si intendano assumere riguardo all'acquisizione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali alla necessaria restaurazione, alla conservazione e alla valorizzazione, al fine di rendere il bene fruibile come attrattiva turistica e culturale, anche in un'ottica di gestione partecipata e condivisa assieme alle associazioni locali e alla cittadinanza attiva presenti sul territorio.
(4-02538)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo all'acquisizione da parte di questo Ministero del Castello di Carlo V sito in Capua, al fine di rendere fruibile il bene come luogo di attrattiva turistica e culturale.
  Acquisite le opportune informazioni, si rappresenta quanto segue.
  Il Castello di Carlo V è un esempio significativo di architettura militare dell'età vicereale spagnola.
  Edificato nel 1542, con le sue geometriche e regolari masse murarie, il forte si eleva maestoso accanto alla riva sinistra del Volturno, in posizione strategica.
  Da qui, infatti, si potevano tenere sotto tiro dei cannoni i due accessi principali alla città: a occidente la porta delle torri o Porta Roma e a oriente la Porta Napoli con il suo ampio fossato.
  Oggi il castello è situato all'interno dello «Stabilimento Militare Pirotecnico» di Capua che è una fabbrica di munizioni e di altri materiali bellici.
  Il complesso, come riportato nell'interrogazione, appartiene al Demanio militare e riveste carattere di eccezionale interesse storico e architettonico.
  Più volte questa Amministrazione ha manifestato il proprio interesse ad acquisirlo è e più volte è intervenuta collaborando per gli interventi di manutenzione del compendio.
  Ad oggi, acquisite le opportune informazioni anche dal Ministero della difesa risulta che, su richiesta del comune di Capua, è stata avviata una procedura diretta a rendere fruibile ai visitatori il Castello di Carlo V.
  Il proposito è quello di enucleare il Castello dallo Stabilimento militare, unitamente ad alcune palazzine adibite ad uffici e alle aree antistanti, per permettere l'ingresso dei visitatori.
  Allo stato attuale, è in via di elaborazione una bozza di protocollo d'intesa fra le amministrazioni interessate per gli interventi di restauro e di adattamento compatibili con la natura propria dei beni, compresa la dotazione delle risorse occorrenti, anche allo scopo di poter qualificare il complesso in questione come area di interesse turistico e culturale.
  I dettagli sono in fase di definizione.
  La fase di realizzazione comporterà il coinvolgimento sia di difesa servizi che, degli organi tecnici competenti per valorizzare il sedime e quantificare i lavori a compensazione delle strutture cedute (ad esempio, la dislocazione degli uffici del comando in altra area). Il documento di valorizzazione, quindi, sarà oggetto di un bando, al fine di individuare soggetti pubblici o privati che abbiano interesse ad investire risorse nel progetto.
  La cessione non comporterà comunque un trasferimento di proprietà, che rimarrà allo Stato.
  Da quanto esposto, risulta evidente che il processo è iniziato, ma si può presumere di durata non breve, in ragione di tutti gli adempimenti necessari per il miglior esito dell'operazione.
  Questo Ministero, comunque, è senz'altro disponibile a inserire il bene in questione, verificando che ne ricorrano tutti i presupposti, nel sistema museale nazionale, agevolando l'attuazione di progetti sinergici e contribuendo a individuare soluzioni efficaci.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'avvicinarsi del presumibile inizio della cosiddetta Fase 2, tra i diversi temi aperti nel dibattito politico vi è senza dubbio quello dell'utilizzo dei sistemi e delle applicazioni per il «contact tracing», ossia dei programmi in grado di «tracciare» i contatti avuti da persone positive grazie all'utilizzo dei dati dei dispositivi mobili;

   durante l'informativa del 21 aprile 2020 al Senato, il Presidente del Consiglio Conte ha ribadito che è importante «rafforzare la strategia di mappatura dei contatti sospetti» e che «l'immediatezza nell'individuazione dei contatti stretti dei casi positivi e il loro isolamento sono cruciali per evitare che singoli contagiati possano determinare nuovi focolai. Per questo un'applicazione informatica disponibile su smartphone è uno strumento essenziale per accelerare questo processo». L'Italia ha scelto di utilizzare l'app «Immuni» che, come ha spiegato la Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, è stata scelta da un gruppo di esperti tra oltre 300 applicazioni; si è stabilito che funzioni con il bluetooth, che sia open source (garanzia ulteriore per il suo funzionamento) e che i dati trattati vengano resi quanto più possibile anonimi e cancellati dopo un certo lasso di tempo. Inoltre, il sistema sarà gestito da uno o più enti pubblici;

   assodato il fatto che l'utilizzo dell'app sarà volontario, rimangono delle incertezze sulla scelta di un modello centralizzato o decentralizzato, per cui, nel primo caso è un server esterno a gestire i dati, mentre nel secondo le informazioni vengono mantenute separate sui dispositivi elettronici. Sono molti gli esperti che sottolineano la maggiore sicurezza – in termini di privacy – dell'utilizzo di un sistema decentralizzato, così come stanno scegliendo di fare la Svizzera e il Belgio;

   in merito a un'indagine più approfondita sull'app Immuni, nella convinzione che ad ogni modo il sistema di contact tracing abbia delle implicazioni per la sicurezza della Repubblica anche in termini di salute pubblica, il Copasir ha dichiarato di voler audire il Ministro della salute, Roberto Speranza, e la Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, il direttore generale, prefetto Gennaro Vecchione e il vicedirettore del dipartimento informazioni e sicurezza professor Roberto Baldoni –:

   quali siano le caratteristiche specifiche del modello scelto per la gestione dei dati personali e quali siano le caratteristiche puntuali nella gestione delle app e dei sistemi informatici che si intendono implementare per garantire un utilizzo corretto dei dati, che escluda ogni rischio di utilizzo per scopi di sorveglianza e che preveda una immediata cancellazione nel più breve tempo possibile.
(4-05371)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo 4-05371, con il quale l'interrogante chiede di sapere quali siano le caratteristiche specifiche del modello scelto per la gestione dei dati personali e quali siano le caratteristiche puntuali nella gestione delle app e dei sistemi informatici che si intendono implementare per garantire un utilizzo corretto dei dati, che escluda ogni rischio di utilizzo per scopi di sorveglianza e che preveda una immediata cancellazione nel più breve tempo possibile.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  Con riferimento al primo quesito posto dall'interrogante, premetto che con la disamina compiuta dal «Gruppo di lavoro data-driven per l'emergenza Covid-19», sui cui lavori rinvio alle relative relazioni, di cui ho promosso la pubblicazione nel sito istituzionale del dipartimento per la trasformazione digitale, è stato avviato un percorso condiviso, successivamente anche con il Parlamento, per esporre i nostri orientamenti e ascoltare valutazioni e raccomandazioni utili a favorire un ponderato processo decisionale.
  Si è trattato, quindi, di un primo passo funzionale a successive verifiche e adattamenti tecnici. Verifiche volte a garantire sia l'ottenimento della massima efficacia possibile del sistema individuato sia l'aderenza sua e delle sue modalità di funzionamento alle normative italiane ed europee sul rispetto della
privacy in un quadro di sicurezza.
  In questa direzione, abbiamo fissato cinque punti fondamentali che l'applicazione deve rispettare:

  1. che l'intero sistema integrato di contact tracing sia interamente gestito da uno o più soggetti pubblici e che il suo codice sia aperto e suscettibile di revisione da qualunque soggetto indipendente voglia studiarlo;
  2. che i dati trattati ai fini dell'esercizio del sistema siano «resi sufficientemente anonimi da impedire l'identificazione dell'interessato»;
  3. che la decisione di usare la soluzione tecnologica sia liberamente assunta dai singoli cittadini;
  4. che raggiunta la finalità perseguita tutti i dati ovunque e in qualunque forma conservati, con l'eccezione di dati aggregati e pienamente anonimi a fini di ricerca o statistici, siano cancellati con conseguente garanzia assoluta per tutti i cittadini di ritrovarsi, dinanzi a soggetti pubblici e privati, nella medesima condizione nella quale si trovavano in epoca anteriore all'utilizzo della soluzione;
  5. che la soluzione adottata – nelle sue componenti tecnologiche e non tecnologiche – possa essere considerata, almeno in una dimensione prognostica, effettivamente efficace sul piano epidemiologico.

  Ritengo opportuno precisare inoltre che il codice sorgente del sistema di contact tracing sarà rilasciato con licenza open source, come software libero e aperto.
  L'
app non raccoglie alcun dato di geolocalizzazione degli utenti. Se il ricorso al contact tracing verrà reso possibile, registrerà esclusivamente dei codici randomici inviati dai dispositivi di altri utenti dell'app mediante la tecnologia bluetooth low energy.
  Questa scelta di progettazione ha due vantaggi: è più precisa e rispetta la
privacy, in quanto evita di localizzare l'utente. L'app è in grado di determinare che è avvenuto un contatto stretto fra due utenti, non tuttavia il luogo in cui esso è avvenuto.
  L'applicazione potrà essere scaricare gratuitamente e volontariamente su telefoni iOS e Android, non accede alla rubrica, non invia
sms e non chiede il numero di telefono all'utente. Una volta attivata, l'app scambia codici generati randomicamente con altri dispositivi che hanno installato l'app.
  Questi codici non permettono di risalire all'identità dell'utente. Lo scambio è bidirezionale: ogni
smartphone invia il proprio codice randomico e riceve i codici randomici degli smartphone nelle vicinanze, salvandoli nella propria memoria interna. Per rendere il sistema più sicuro, il codice randomico cambia frequentemente.
  Chiarite in questi termini le caratteristiche specifiche del modello e dei sistemi informatici che si intendono implementare per garantire un utilizzo corretto dei dati, aggiungo che è stata adottata una norma primaria, indispensabile per delimitarne il campo e le modalità di azione, oltre che fornire il necessario quadro di garanzie per i cittadini utilizzatori anche sotto il profilo della
privacy.
  In data 30 aprile 2020 è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, che all'articolo 6, rubricato «Sistema di allerta Covid-19», contiene le disposizioni alle quali si dovrà attenere il Governo nella realizzazione dell'app e riserva la gestione dell'app a un soggetto pubblico al fine di garantire un modello efficiente, solido anche lato privacy, capace al contempo di assicurare la più opportuna condivisione di informazioni epidemiologiche.
La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   LOLLOBRIGIDA, MOLLICONE e SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 16 aprile 2020, n. 10, il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 ha affidato un contratto di concessione di licenza d'uso e un appalto di servizio alla società Bending Spoons S.p.A. per la realizzazione di un'applicazione di contact tracing che dovrebbe assumere la denominazione di «Immuni»;

   la normativa vigente affida alla stazione appaltante il compito di indicare, nei documenti di gara, sia il criterio di aggiudicazione, sia, nel caso dell'offerta economicamente più vantaggiosa, gli elementi da prendere in considerazione, entrambi elementi mancanti nella procedura di incarico alla Bending Spoons;

   si ignora, infatti, sia quali siano state le considerazioni tecniche e pratiche che hanno fatto scegliere proprio l'applicazione di Bending Spoons, sia cosa nel dettaglio sia in grado di fare l'applicazione in questione;

   la sicurezza dei cittadini che dovranno utilizzare l'applicazione dipende in larga parte dalla verifica della qualità e dell'affidabilità degli operatori economici aggiudicatari;

   tale applicazione è destinata, infatti, a raccogliere e trattare ingenti quantità di dati personali, e, di conseguenza, si impone la necessità di adeguate garanzie sul rispetto dei diritti fondamentali, in particolare in merito alla protezione dei dati personali dei cittadini coinvolti e al fine di evitare una sorveglianza generalizzata;

   inoltre, non risulta sia stata effettuata un'analisi costi-benefici, né quale ruolo abbiano le autorità sanitarie nella messa a punto e gestione dell'operazione di tracciamento, quali siano le misure di sicurezza e di minimizzazione per la memorizzazione dei dati di prossimità sul dispositivo e la loro anonimizzazione, se sia prevista la loro conservazione in via temporanea fino al perdurare dell'emergenza, né chi sia il titolare del trattamento dei dati personali raccolti;

   in base alle norme vigenti l'installazione di una simile applicazione deve essere basata sul consenso e devono essere fornite agli utenti informazioni complete e chiare sull'uso e sull'elaborazione previsti per garantire il rispetto della legge applicabile, in particolare in materia di protezione dei dati e riservatezza delle comunicazioni elettroniche;

   in ambito europeo, anche la «Relazione sulla valutazione coordinata a livello di UE dei rischi per la cybersicurezza delle reti di quinta generazione (5G)», del 9 ottobre 2019, ha evidenziato la necessità di considerare, in sede di gara, il profilo di rischio dei singoli fornitori, da valutarsi in base a fattori quali la possibilità che gli stessi possano essere soggetti a interferenze di un Paese extra Unione europea;

   l'installazione e il funzionamento dell'applicazione coinvolgono l'esercizio di diritti fondamentali di libertà personale, protetti nel nostro ordinamento da norme di rango costituzionale, e questo impone che siano previsti e disciplinati da un atto con forza di legge e che siano le autorità nazionali competenti ad essere responsabili della stessa e del trattamento dei dati –:

   se non ritengano di promuovere l'adozione di un atto normativo primario volto a disciplinare il funzionamento dell'applicazione e la tutela dei dati personali dei soggetti che la utilizzano;

   in che modo intendano garantire il rispetto dei dati e la sicurezza dei cittadini che useranno l'applicazione;

   in base a quali criteri sia stata scelta l'offerta della società Bending Spoons S.p.A. e se fra essi sia stata considerata la sicurezza dell'offerta, ivi inclusa l'affidabilità del fornitore, se sia stata effettuata un'analisi costi-benefici e quali siano i risultati;

   quale sia stato il ruolo del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione nella procedura di selezione e aggiudicazione, in capo alla società Bending Spoons S.p.A., della realizzazione dell'applicazione;

   quale soggetto sarà considerato titolare e responsabile del trattamento – ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 – dei dati raccolti attraverso l'applicazione e dove e per quanto tempo saranno registrati;

   quale ruolo avranno le autorità sanitarie nella messa a punto e nella gestione dell'operazione di tracciamento.
(4-05314)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo 4-05314, con il quale l'interrogante chiede di sapere se si ritenga di promuovere l'adozione di un atto normativo primario volto a disciplinare il funzionamento dell'applicazione e la tutela dei dati personali dei soggetti che la utilizzano; ed inoltre, in che modo intendano garantire il rispetto dei dati e la sicurezza dei cittadini che useranno l'applicazione. L'interrogante pone altresì quesiti in ordine ai criteri di selezione dell'offerta della società Bending Spoons S.p.a. con specifico riferimento alla sicurezza, all'affidabilità del fornitore e chiede se sia stata effettuata un'analisi costi-benefici e quali siano i risultati.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  Sul primo quesito posto dall'interrogante, richiamo quanto già affermato nel corso delle audizioni presso le competenti commissioni parlamentari, in merito alla necessità che l'introduzione del sistema di
contact tracing sarebbe dipesa dall'approvazione di una norma primaria, indispensabile per delimitarne il campo e le modalità di azione, oltre che fornire il necessario quadro di garanzie per i cittadini utilizzatori anche sotto il profilo della privacy.
  Tale intervento è stato già varato: in data 30 aprile 2020 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, che, all'articolo 6, rubricato «Sistema di allerta Covid-19», contiene le disposizioni alle quali si dovrà attenere il Governo nella realizzazione dell'app e riserva la gestione dell'app a un soggetto pubblico al fine di garantire un modello efficiente, solido anche lato privacy, capace al contempo di assicurare la più opportuna condivisione di informazioni epidemiologiche.
  In particolare, viene individuato il titolare del trattamento dei dati nel Ministero della salute, che si coordina, nel rispetto del regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali (articolo 28), con i soggetti competenti in relazione alla tipologia di dati trattati.
  Sono poi previste misure tecniche e organizzative idonee a garantire la sicurezza dei diritti e le libertà degli interessati; tali misure sono adottate dal Ministero della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, e garantiranno che:
  
a) gli utenti riceveranno, prima dell'attivazione dell'applicazione, informazioni chiare e trasparenti sulle finalità e sulle operazioni di trattamento;
  
b) i dati personali raccolti dall'applicazione saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell'applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19;
  
c) il tracciamento dei contatti sarà basato sul trattamento di dati di sola prossimità dei dispositivi, resi anonimi oppure, ove ciò non sia possibile, pseudonimizzati. A tale proposito specifico espressamente che è esclusa in ogni caso la geolocalizzazione dei singoli utenti;
  
d) per evitare il rischio di reidentificazione degli interessati saranno garantite tutte le adeguate misure di sicurezza dei sistemi e dei servizi di trattamento;
  
e) i dati relativi ai contatti stretti saranno conservati, anche nei dispositivi mobili degli utenti, per il periodo, stabilito dal Ministero della salute, strettamente necessario al tracciamento. È previsto che alla scadenza del termine siano cancellati in modo automatico.
  Circa gli scopi di utilizzo, la norma precisa che i dati raccolti attraverso l'applicazione non possano essere utilizzati per finalità diverse da quella dell'app, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini di sanità pubblica, profilassi, statistici o di ricerca scientifica, nel rispetto del diritto europeo.
  Con riguardo agli aspetti di sicurezza, è chiaramente affermato che la titolarità della piattaforma così come la sua gestione saranno pubbliche, con infrastrutture localizzate esclusivamente sul territorio nazionale, ed affidate ad amministrazioni o enti pubblici o società interamente in mano pubblica. I programmi sviluppati saranno
open source, aperti e verificabili, secondo le previsioni di legge.
  Infine, viene stabilita una durata temporalmente limitata del trattamento e dell'utilizzo dell'applicazione, fino al termine dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, data entro la quale tutti i dati personali trattati sono definitivamente cancellati o resi anonimi.
  Giova evidenziare che su tale disposizione il Garante della
privacy ha espresso parere favorevole, ritenendo il sistema di contact tracing prefigurato, coerente con i principi e le disposizioni in materia di protezione dei dati personali.
  Per quanto attiene agli ulteriori quesiti posti dall'interrogante in relazione alla procedura di selezione della soluzione tecnologica di
contact tracing, mi ricollego a quanto illustrato in più sedi parlamentari, dove ho anticipato la disamina svolta dal «gruppo di lavoro data-driven per l'emergenza Covid-19», sui cui lavori rinvio alle relative relazioni, di cui ho promosso la pubblicazione nel sito istituzionale del dipartimento per la trasformazione digitale.
  Preciso, per quanto emerge dalle citate relazioni, che all'attenzione di componenti del sottogruppo «Tecnologie per il governo dell'emergenza» sono pervenute in esame 319 proposte. La disamina, volta alla selezione delle proposte tecnicamente più rispondenti al bisogno di contribuire tempestivamente al governo dell'emergenza, è stata articolata in tre fasi successive. In particolare, insieme ad altri criteri, è stata valutata specificamente l'affidabilità e la sicurezza e, al termine delle tre fasi del processo di selezione, caratterizzazione e valutazione delle proposte è stata realizzata una tabella sinottica delle soluzioni ritenute maggiormente affidabili, per illustrarne le principali caratteristiche tecniche, i punti di forza e le possibili criticità.
  In particolare, i due gruppi della
task force dati, allocati alla valutazione delle applicazioni e all'analisi di privacy nella gestione dei dati, hanno condiviso i primi risultati delle loro analisi con il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Successivamente, il gruppo di lavoro ha concluso indicando, fra tutte le soluzioni esaminate, quelle denominate «Immuni» e «CovidApp» le maggiormente idonee a essere testate in parallelo per eventuale uso nell'emergenza Coronavirus. La task force ha evidenziato di ritenere che Immuni, dal punto di vista tecnico più avanzata, si avvicinava maggiormente a una visione europea promossa dalla commissione medesima.
  Con ordinanza n. 10/2020, il Commissario, raccordandosi con la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha stipulato il contratto con il quale la società sviluppatrice dell'app, allo scopo esclusivo di fornire un proprio contributo, volontario e personale, utile per fronteggiare l'emergenza da Covid-19 in atto, ha concesso la licenza d'uso aperta, gratuita, perpetua e irrevocabile del codice sorgente e di tutte le componenti dell'app «Immuni», nonché si è impegnata, sempre gratuitamente e pro bono, a completare gli sviluppi software necessari per la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale.
  Considerata pertanto l'assenza di una spesa pubblica a sostegno dell'iniziativa, non si è posta la necessità di procedere ad ulteriori processi valutativi in termini economici. Giova precisare, inoltre, che la già citata disamina del «Gruppo di lavoro
data-driven per l'emergenza Covid-19» ed in particolare l'analisi del sottogruppo «Tecnologie per il governo dell'emergenza» hanno espressamente riguardato il livello di maturità di sviluppo delle soluzioni proposte, propendendo per l'applicazione tecnologicamente più avanzata, offerta allo Stato pro bono e coerente con le indicazioni già diffuse in ambito europeo.
  Mi preme precisare che si trattava e si tratta dell'inizio di un percorso, non di un punto di arrivo ed è anche per questo motivo che ho ritenuto il Parlamento, attraverso le commissioni competenti di Camera e Senato, la sede principale nella quale esporre i nostri orientamenti e ascoltare valutazioni e raccomandazioni utili a favorire un ponderato processo decisionale da parte di Governo e Parlamento per le rispettive competenze.
  

Il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO, ZORDAN, CENTEMERO, MURELLI, FOSCOLO e PATASSINI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 16 aprile 2020 il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d'uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con Bending Spoons spa;

   l'applicazione è stata scelta perché «ritenuta più idonea per la sua capacità di contribuire tempestivamente all'azione di contrasto del virus, per la conformità al modello europeo delineato dal Consorzio Pepp-pt e per le garanzie che offre per il rispetto della privacy»;

   Bending Spoons fa parte dell'iniziativa paneuropea per la tutela della privacy (Pepp-Pt) lanciata a inizio aprile da scienziati di 8 Paesi dell'Unione europea per tracciare la diffusione del nuovo coronavirus tramite app. Come noto l'iniziativa Pepp-Pt dovrebbe essere inquadrata come una organizzazione senza scopo di lucro in Svizzera. Tra i 30 membri accreditati si trovano il Robert Loch Institut, Acticom, Arago, Heartbeat Labs, PocketCampus, Vodafone, 3db e Bending Spoons appunto;

   l'app immuni di Bending Spoons utilizzerà la tecnologia bluetooth per individuare quando gli utenti sono vicini l'uno all'altro. Lo stesso obiettivo che persegue anche il consorzio Pepp-Pt: ovvero un approccio standardizzato per le app di tracciamento più pro-privacy, basato su bluetooth (e non su geolocalizzazione, Gps). I sistemi di contact tracing basati su bluetooth non usano i dati di geolocalizzazione, ma tracciano solo il fatto che un certo dispositivo si sia avvicinato a un altro, salvando questi eventi sotto forma di un codice identificativo;

   in proposito, il Ministro Pisano ha dichiarato che, secondo le conclusioni della task force, «La soluzione Immuni utilizza la tecnologia sviluppata dal Consorzio Progetto Europeo Pepp-Pt, promettendo quindi maggiori garanzie di interoperabilità e anonimizzazione dei dati personali. Tale soluzione inoltre risulta essere ad uno stadio di sviluppo più avanzato della soluzione CovidApp»;

   successivamente all'uscita dal consorzio i Bending Spoons e delle aperture effettuate da Apple e Google, il Ministero ha «ritenuto opportuno valutare tale soluzione perché risolutiva di molti dei problemi tecnici riscontrati su tutte le soluzioni valutate dalla task force. Su tale soluzione è poi ricaduta la nostra scelta, infatti oggi Immuni utilizza il framework di Apple e Google Exposure Notification ovvero un sistema cosiddetto decentralizzato»;

   la stampa ha riportato la notizia che l'applicazione per «Immuni» starebbe invece sviluppando l'applicazione con due protocolli tecnologici Bluetooth e Gps. Secondo la testata online Key4biz l'app per come si sta sviluppando, oltre al Bluetooth chiederà agli utenti anche il consenso per l'utilizzo del GPS. Gli sviluppatori di Immuni sin dall'inizio hanno affermato che l'applicazione sarebbe stata idonea sia per il tracciamento di prossimità con il Bluetooth sia per quello con il Gps. Si rammenta sul punto che l'articolo 6 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, ha stabilito che: «... è esclusa in ogni caso la geolocalizzazione dei singoli utenti»;

   anche la trasmissione televisiva Report nella puntata dell'11 maggio 2020 ha affrontato la questione dell'applicazione osservando che al momento i tecnici di Bending Spoons starebbero collaborando con il Governo per la scrittura del programma. Se la scrittura del programma avviene solo in questo momento è lecito porsi la domanda su come sia stata scelta l'applicazione, visto che non risultano effettuati test di sicurezza;

   a parere degli interroganti conoscere quale codice sorgente utilizzerà Immuni è un'informazione fondamentale per il destino del diritto alla riservatezza dei cittadini italiani –:

   quali siano le specifiche del codice sorgente dell'applicazione;

   se corrisponda al vero che l'applicazione chiederà anche il consenso per l'utilizzo del Gps ed infine quali dati rimarranno nella disponibilità di Apple e Google.
(4-05683)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante chiede di sapere quali siano le specifiche del codice sorgente dell'applicazione di contact tracing e se corrisponda al vero che l'applicazione chiederà anche il consenso per l'utilizzo del Gps ed infine quali dati rimarranno nella disponibilità di Apple e Google.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  Con riferimento al primo quesito posto dall'interrogante, rinvio alle specifiche tecniche di cui ho promosso la pubblicazione all'indirizzo
https://github.com/immuni-app/documentation.
  Come già riferito in più sedi parlamentari, preciso che il codice sorgente del sistema di
contact tracing è rilasciato con licenza open source GPL 3.0, come software libero e aperto. La massima trasparenza è un valore fondante per il progetto. Rendere il codice accessibile a tutti è importante per almeno due motivi: aiuta a guadagnare e mantenere la fiducia degli utenti e permette a tanti esperti di fornire consigli utili a migliorare Immuni.
  Il codice sorgente è rilasciato su
github come tutti i progetti del dipartimento per la trasformazione digitale e l'app sarà scaricabile dopo i test come in ogni progetto di questo tipo.
  Quanto alla tecnologia usata, come già precisato in occasione delle audizioni tenute presso le commissioni competenti di Camera e Senato, tengo a rimarcare che è esclusa in ogni caso la geolocalizzazione dei singoli utenti.
  In questo contesto si inserisce l'articolo 6 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, che contiene le prescrizioni necessarie al rispetto della riservatezza degli utenti e riserva la gestione dell'app a un soggetto pubblico, così delineando un modello efficiente di tracciamento e rispettoso della
privacy. In particolare, sono previste le misure tecniche e organizzative idonee a garantire la sicurezza dei diritti e le libertà degli interessati ed è previsto che i dati personali raccolti dall'applicazione saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell'applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19.
  In conformità alla Raccomandazione della Commissione europea dell'8 aprile e ai principi generali contenuti nel
toolbox of practical measures, il tracciamento dei contatti è basato sul trattamento di dati di sola prossimità dei dispositivi, resi anonimi oppure, ove ciò non sia possibile, pseudonimizzati.
  I dati relativi ai contatti stretti sono conservati esclusivamente nei dispositivi mobili degli utenti, per il periodo, stabilito dal Ministero della salute, strettamente necessario al tracciamento. È prevista la cancellazione di tutti dati al momento della disinstallazione dell'app e comunque entro il 31 dicembre 2020.
  Nessun dato viene raccolto da Apple e Google che, come per tutte le app, saranno solo in grado di sapere che l'app di
contact tracing è stata scaricata, senza avere accesso ad alcun dato di contatto.
  Nel frattempo sono in corso confronti ed aggiornamenti con altri Paesi europei, come la Francia e la Germania e con la stessa Commissione europea, (in particolare con la direzione generale
Communications Networks, Content and Technology,) al fine di garantire un unico approccio europeo, sicuro, in cui cittadini europei siano liberi di attraversare le frontiere protetti anche da una applicazione interoperabile europea di contact tracing.
La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, ha dettato una serie specifica di princìpi cui gli ordinamenti professionali devono uniformarsi. Tra questi princìpi vi è l'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione permanente;

   in attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 138 del 2011, fu emanato il decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137. Il regolamento riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve le specificità di quelle sanitarie;

   è, certamente vero che la formazione obbligatoria continua per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, assume un ruolo di garanzia per la collettività in quanto l'aggiornamento delle proprie competenze professionali è imprescindibile ed essenziale, ma appare, altresì, una misura eccessiva quella che prevede la violazione dell'obbligo di formazione continua come un illecito disciplinare, mentre finora i singoli Ordini si limitavano a sanzioni indirette;

   è, senza dubbio, molto difficoltoso raggiungere i crediti richiesti per tutti i professionisti per cui è obbligatoria la formazione professionale, così come appare non congrua la contestazione dell'illecito disciplinare in caso di mancanza di rispetto dei crediti formativi –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per una revisione della disciplina dei crediti formativi, considerando la possibilità di prevedere un numero minore di crediti obbligatori;

   se il Governo intenda valutare una forma agevolativa di conseguimento dei crediti formativi per i liberi professionisti;

   se il Governo, intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative per rivedere il meccanismo della sanzione disciplinare per coloro che non raggiungano il minimo di crediti formativi obbligatori.
(4-04267)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, premesso che:
  l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 ha dettato una serie specifica di principi cui gli ordinamenti professionali devono uniformarsi, tra cui l'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione permanente;
  in attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 138 del 2011, è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, riguardante tutte le professioni ordinistiche, fatte salve le specificità di quelle sanitarie;
  è certamente vero che la formazione obbligatoria continua per i professionisti iscritti agli ordini e collegi assume un ruolo di garanzia per la collettività, in quanto l'aggiornamento delle proprie competenze professionali è imprescindibile ed essenziale, ma appare, altresì, una misura eccessiva quella che prevede la violazione dell'obbligo di formazione continua come un illecito disciplinare, mentre finora i singoli ordini si limitavano a sanzioni indirette;
  è, senza dubbio, molto difficoltoso raggiungere i crediti richiesti per tutti i professionisti per cui è obbligatoria la formazione professionale così come appare non congrua la contestazione dell'illecito disciplinare in caso di mancanza di rispetto dei crediti formativi, si chiede di conoscere:
  «se il Governo intenda assumere iniziative per una revisione della disciplina dei crediti formativi, considerando la possibilità di prevedere un numero minore di crediti obbligatori;

  se il Governo intenda valutare una forma agevolativa di conseguimento dei crediti formativi per i liberi professionisti;
  se il Governo, intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative per rivedere il meccanismo della sanzione disciplinare per coloro che non raggiungano il minimo di crediti formativi obbligatori».
  Occorre in via principale premettere che al Ministero della giustizia è attribuito il compito di vigilare sul funzionamento di taluni consigli e degli ordini professionali.
  Secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo consiglio, ovvero ancora quando il consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti, persista nel violarli (si veda, in tal senso, l'articolo 24 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista);
  tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 11/1968 (relativa all'ordine dei giornalisti), nella quale tra l'altro si legge che «il potere del Ministro è corollario del pubblico interesse al regolare funzionamento dei Consigli sicché nessuna ingerenza è consentita all'esecutivo sull'attività amministrativa relativa agli iscritti, salva la implicita possibilità di segnalare fatti che possano giustificare il promovimento dell'azione disciplinare: nel che non si può riscontrare, in verità, nessun rischio di abuso».
  Orbene, alla luce delle suesposte premesse in merito al perimetro delle competenze ministeriali nei confronti degli ordini professionali, risulta agevole affermare che i quesiti oggetto dell'interrogazione esulano dall'attività di vigilanza del Ministero della giustizia.
  Al riguardo preme soltanto ricordare, per completezza, che proprio in ragione dell'importanza riconosciuta alla formazione continua nell'impianto del decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, quale indefettibile requisito per assicurare il costante mantenimento di un adeguato livello di competenze professionali, l'articolo 7, comma 1, ha delineato una fattispecie tipica di illecito disciplinare per il mancato assolvimento dell'obbligo.
  La norma, invero, così dispone: «Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell'obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare».
  Ne consegue che una proposta come quella delineata nell'interrogazione in oggetto rischia di incidere fortemente sulla nozione stessa di formazione quale componente essenziale per assicurare uno standard qualitativo a garanzia dei clienti finali e della stessa tenuta del mercato interno in ottica concorrenziale.
  Quanto alla misura dei crediti formativi obbligatori, la stessa è definita dai singoli ordini professionali con regolamenti che sono sottoposti al parere vincolante del Ministero della giustizia. Tanto premesso, l'individuazione concreta di tale misura varia in considerazione delle peculiarità delle singole categorie professionali ed è rimessa a scelte discrezionali, sulle quali viene svolto un sindacato soltanto nei termini di compatibilità con il principio di ragionevolezza e di parità di trattamento. Del resto, ogni consiglio nazionale può liberamente rivedere le modalità concrete di assolvimento dell'obbligo formativo da parte degli iscritti, potendosi ragionevolmente presumere che la quantità dei crediti formativi richiesti risponda a un sentire comune della maggioranza dei professionisti che hanno espresso il voto nelle elezioni di rinnovo dell'organo consiliare.
  In ogni caso, deve rilevarsi che attualmente non vi sono proposte di modifica della legislazione vigente in materia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle notti comprese tra il 30 dicembre 2019 e il 3 gennaio 2020, presso il comune di Ciriè (Torino), sono stati occupati i locali di un ex sito industriale dismesso per l'organizzazione di un rave party abusivo che ha creato enormi problemi di ordine pubblico a carico del territorio e a danno dei cittadini;

   tali eventi, grazie a una ben organizzata struttura logistica e comunicativa, sono difficilmente prevedibili se non si interviene per tempo con un'azione di monitoraggio;

   l'elevato numero di giovani e persone coinvolte e l'assiduità nella partecipazione a eventi simili richiederebbero un monitoraggio dei fruitori volto a intercettare e prevenire ulteriori simili eventi;

   il rave party potrebbe essere stato anche occasione per un mercato di sostanze stupefacenti illegali con condotte, quindi, che hanno portato alla segnalazione di numerosi giovani per detenzione e uso di droghe, oltre che per invasione di proprietà privata;

   il sequestro della merce rappresenterebbe un intervento dissuasivo nei confronti degli organizzatori di simili eventi abusivi ed illegali –:

   se non si intendano adottare ulteriori iniziative, per quanto di competenza, per prevenire e reprimere l'organizzazione dei rave party, ivi comprese per l'inasprimento della disciplina in tema di sequestro della merce e il monitoraggio della partecipazione a tali eventi.
(4-04416)

  Risposta. — Con riferimento alla vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Dalla notte del 30 dicembre 2019 alla giornata del 3 gennaio 2020, circa un migliaio di giovani, prevalentemente provenienti dalle regioni del nord Italia e da alcuni Stati esteri confinanti, sono giunti a Ciriè (TO) e, dopo aver danneggiato i lucchetti posti a chiusura del passo carraio, hanno invaso l'ex cartiera «Reno De Medici», di proprietà privata, sita in località Remondi, dando vita ad un
rave party.
  L'iniziativa era stata pubblicizzata alcuni giorni prima sul
web, in modo generico, prospettando un rave party da tenersi nel nord Italia nel periodo di fine anno.
  Si sottolinea, al riguardo, che la peculiarità delle iniziative promosse dai cosiddetti
ravers è quella della estemporaneità che non consente un'adeguata azione preventiva, idonea ad evitare o arginare le problematiche connesse al fenomeno.
  Anche lo scambio di informazioni attraverso il circuito telematico risulta spesso poco chiaro, in quanto volutamente privo di dettagliate informazioni sull'evento, soprattutto relativamente al luogo fisico ove lo stesso si terrà. Infatti queste modalità, che sono tipiche degli ambienti legati al cosiddetto «mondo rave», limitano, di fatto, la diffusione di notizie precise, riducendo la possibilità di un controllo preventivo da parte delle autorità preposte.
  È indubbio che tali manifestazioni determinano situazioni di criticità legate all'ordine pubblico, all'incolumità pubblica, nonché all'inquinamento acustico ed ambientale, stante il notevole afflusso di persone, in prevalenza giovani, che esaspera i cittadini dei comuni limitrofi per l'incessante rumore prodotto dagli impianti musicali.
  In considerazione della particolarità del fenomeno le forze di polizia, appena avuto contezza di quanto stava avvenendo, sono tempestivamente intervenute predisponendo servizi mirati.
  Fin dalle prime ore dello svolgimento del
rave party è stato attivato l'apposito servizio della competente Asl – in esecuzione del progetto «neutravel» attuato dalla regione Piemonte per attività di prevenzione e riduzione del danno da consumo di sostanze psicotrope nei contesti ludici giovanili – per prestare assistenza nel caso in cui l'abuso di alcool e droga avesse richiesto interventi di soccorso sanitario.
  Sono, inoltre, intervenute la polizia locale del comune di Ciriè e, in data il 1° gennaio, una squadra dei vigili del fuoco di Torino.
  La situazione è stata approfonditamente esaminata in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica presso la prefettura di Torino con la partecipazione del sindaco di Ciriè.
  Nel corso della riunione, considerato che non era possibile procedere ad uno sgombero dell'area in ragione della sua vastità e del numero dei partecipanti all'evento (peraltro costituiti in parte da alcuni nuclei familiari), si è convenuto di procedere ad un'attività di costante monitoraggio e di controllo della manifestazione, dedicando specifici servizi all'esterno dell'area interessata, rafforzati dal posizionamento di pattuglie lungo le strade di accesso, con l'intento di identificare gli avventori e di scoraggiarne l'afflusso.
  Al fine di incrementare la percezione di sicurezza nei cittadini di Ciriè, particolarmente preoccupati per eventuali ripercussioni di comportamenti illeciti dei
«ravers» sono stati disposti, altresì, nel centro cittadino, specifici servizi di controllo del territorio a cura dell'Arma dei carabinieri.
  I servizi immediatamente predisposti, attraverso un attento monitoraggio degli accessi alla struttura occupata, hanno consentito di limitare l'afflusso dei giovani e di effettuare mirati controlli dei partecipanti, anche attraverso l'impiego di unità cinofile.
  Il personale del comando della compagnia Carabinieri di Venaria, ha proceduto all'identificazione e alla denuncia di 708 giovani per il reato di invasione di edifici privati previsto dall'articolo 633 del codice penale, all'arresto di un soggetto per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui all'articolo 337 del codice penale, nonché alla denuncia di venti ragazzi per detenzione ed uso di sostanze stupefacenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MULÈ. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   come riportato in un articolo del sito Infosec.news, in un'intervista del 9 maggio 2020, Paolo De Rosa responsabile tecnologico del dipartimento del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione e uno dei tre coordinatori della task force che ha individuato la App Immuni, ha dichiarato che tra i soggetti che si stanno occupando della sicurezza della App Immuni vi è Sogei Spa;

   l'adozione della App Immuni è stata oggetto di numerose polemiche, che allo stato in parte ancora perdurano, in ordine proprio alla sicurezza del trattamento dei dati che verranno raccolti;

   a tal proposito, aver individuato Sogei tra i soggetti che dovranno occuparsi della definizione dei requisiti tecnici, dell'analisi dello sviluppo, dell'installazione del backend e dei test di sicurezza suscita qualche perplessità, a giudizio dell'interrogante;

   come ricostruisce sempre l'articolo di Infosec.news, infatti, sono numerosi gli insuccessi, in alcuni casi anche di ampie dimensioni, dei quali si sono rivelati protagonisti sistemi informatici curati da Sogei. Per citare un caso su tutti è sufficiente fare riferimento alla vicenda delle cosiddette «cartelle pazze», che ha generato una lunga serie di contenziosi tra contribuenti e pubblica amministrazione –:

   quali siano le motivazioni che abbiano indotto ad individuare Sogei tra i soggetti che dovranno assicurare e garantire la sicurezza della App Immuni.
(4-05648)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo 4-05648, con il quale l'interrogante chiede di sapere quali siano le motivazioni che abbiano indotto ad individuare Sogei per assicurare e garantire la sicurezza della App Immuni.
  Al riguardo preciso che Sogei — Società Generale d'informatica S.p.a. — è una società di
Information Technology, pubblica, partecipata al 100 per cento del Ministero dell'economia e delle finanze e opera sulla base del modello organizzativo dell'in house providing.
  Si tratta di una società che, mediante la collaborazione in numerosi e rilevanti progetti, contribuisce alla modernizzazione del Paese, partecipando attivamente al processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione, essendo dotata delle competenze tecniche specialistiche indispensabili per realizzare servizi informatici in grado di governare la complessità del sistema pubblico.
  Si pensi, a mero titolo esemplificativo, al sistema informativo della fiscalità e all'automazione dei processi operativi e gestionali del Ministero dell'economia e delle finanze, della Corte dei conti, delle agenzie fiscali e di altre pubbliche amministrazioni.
  Con particolare riferimento al sistema di allerta nazionale Covid-19, Sogei, unitamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero della salute, al Dipartimento per la trasformazione tecnologica, al commissario straordinario per l'emergenza, e a PagoPA S.p.a., ha contribuito a rilevanti attività. Tra queste, la verifica del codice sorgente dell'applicazione, la condivisione dello stesso in modalità
open source, l'analisi e l'ulteriore implementazione dell'applicazione, la gestione dei dati, la diffusione dell'app negli store, installazione e gestione del back-end della stessa app e ulteriori perfezionamenti.
  A tali fini, è stato necessario ricorrere a Sogei, in ragione delle specifiche competenze possedute (in particolare, in materia di
cyber security, sicurezza infrastrutturale, protezione dei dati personali) ed anche delle capacità organizzative richieste dalla necessità di verificare e sviluppare in breve tempo il sistema di allerta.
  Preciso infine che Sogei si è impegnata a provvedere alle attività con le risorse umane e tecniche nella propria disponibilità e a operare a titolo gratuito.
  

La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   RAMPELLI, CARETTA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il ponte sul Brenta di Bassano del Grappa, detto Ponte Vecchio o Ponte degli alpini, edificato nel 1209, è uno dei ponti più noti e caratteristici d'Italia. L'attuale struttura, totalmente realizzata in legno, anche se riedificata nel 1748, nel 1821 e nel 1948, è ancora oggi basata sul progetto di Andrea Palladio del 1569;

   da qualche anno però la struttura presenta problemi di cedimento strutturale che impongono un intervento di restauro;

   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel corso del 2015, ha stanziato un contributo di tre milioni di euro, per il progetto di ripristino e consolidamento del ponte;

   l'intervento del Ministero intendeva valorizzare la natura culturale e artistica del manufatto ligneo realizzato nella seconda metà del Cinquecento su progetto di Andrea Palladio;

   il ponte è stato inserito dal Palladio nel III tomo dei «Quattro libri dell'architettura», del 1570;

   il citato intervento di restauro e consolidamento è stato più volte sospeso e rinviato a causa di contrapposizioni tra il comune di Bassano del Grappa e la società inizialmente incaricata dei lavori, la Vardanega Srl, che ha presentato più volte precise rimostranze per supposte carenze progettuali;

   il 5 settembre 2018 la Vardanega è stata sostituita nell'esecuzione dei lavori dalla Inco Srl;

   nel gennaio 2019 sono ripresi i lavori di ripristino del ponte, lavori che hanno portato al riallineamento del livello dell'impalcato e alla totale rimozione delle due stilate est del ponte;

   le stilate lignee – le prime due nel corso del 2019 e le altre due nel 2020 – verranno ricostruite e non sottoposte a restauro conservativo, come indicato nel progetto dei professori Carbonara e Modena, che il comune aveva incaricato e le cui proposte di soluzione erano state presentate al pubblico;

   mentre il restauro conservativo avrebbe imposto di preservare le stilate dell'ing. Casarotti perché erano presenti al momento del progetto, la loro completa eliminazione non ostacola più l'esecuzione del progetto di Andrea Palladio, come disegnato nel suo «I quattro libri di architettura», trattato notissimo e molto pubblicato anche all'estero, che consente a tutti di riscontrare la falsificazione della ricostruzione in corso;

   i lavori in corso non sono esempi di come lo straordinario patrimonio artistico monumentale costituito dal ponte palladiano andrebbe valorizzato;

   la decisione di sostituire completamente le stilate ha trasformato il progetto in una vera e propria ricostruzione del ponte, discostandosi dall'iniziale volontà di procedere a un intervento di restauro conservativo –:

   se il Governo condivida la scelta di operare un intervento di ripristino che – pur non essendo più un restauro conservativo – continua a discostarsi dall'originale progetto palladiano e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché, con l'avvenuta demolizione delle stilate, si valuti la possibilità di realizzare finalmente il geniale disegno di Andrea Palladio.
(4-02607)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto informazioni sul progetto di restauro del Ponte degli Alpini di Bassano del Grappa.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona, si comunica quanto segue.
  Il Ponte Vecchio di Bassano è definito «palladiano» in omaggio al primo progettista, ovvero l'architetto cinquecentesco Andrea Palladio, ma la fabbrica in realtà oggi è una ricostruzione ottocentesca profondamente modificata dagli interventi post-bellici e post-alluvione del 1966, nonché da interventi di restauro degli anni '90; il che non ne attenua il potente valore identitario, per il quale sono sempre stati valutati con attenzione sia gli interventi specifici di restauro sia i potenziali impatti di progetti limitrofi.
  Difatti si è determinata una vasta area di rispetto di tale opera, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (con provvedimento dell'8 maggio 2017) proprio al fine di preservarne la percezione, nonché le condizioni di decoro all'altezza del suo prestigio.
  Il progetto di restauro del Ponte Vecchio, detto degli Alpini, di Bassano del Grappa (Vicenza) è stato autorizzato con nota prot. 17406 del 12 agosto 2015 e prot. 26197 del 2 dicembre 2015; in seguito alle note vicende relative all'aggiudicazione dell'appalto, procedura interamente gestita dall'amministrazione comunale, l'avvenuta stipula del contratto con la ditta Vardanega Costruzioni s.r.l. è datata 17 gennaio 2017.
  In data 4 ottobre 2016 il comune ha trasmesso un progetto di messa in sicurezza per la salvaguardia del ponte e della pubblica incolumità sulle stilate 2 e 3, approvato dalla soprintendenza in data 17 ottobre 2016 prot. 24581.
  Dalla ripresa del cantiere in gennaio del 2017, visto il prolungarsi di alcune operazioni di analisi sulle strutture lignee, in data 11 maggio 2017 la soprintendenza ha chiesto, con nota prot. n. 11182, un aggiornato monitoraggio dello stato di conservazione del ponte sia per gli aspetti strutturali, che materici.
  In data 22 maggio 2017 il comune di Bassano ha fornito la documentazione relativa, composta da una relazione predisposta dal dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'università di Padova e una relazione specialistica sulla classificazione e mappatura del degrado dei legni.
  Nella relazione si documenta anche il miglioramento dello stato del ponte dovuto all'alleggerimento dei carichi.
  Il progetto presentato dalla stazione appaltante, quale risultato di un'accurata indagine preliminare, rappresenta una delle possibili soluzioni al problema complesso del restauro del ponte.
  La valutazione comparata di costi-benefici in termini di sicurezza, tutela e valore economico dell'intervento nel suo complesso, è stata espressa a seguito di confronto anche con altri istituti preposti alla tutela di questo Ministero (incontro con progettisti presso la direzione generale Abap e con il Cisa (Centro internazionale di studi Andrea Palladio), con il quale si è ritenuto di condividere un'approfondita riflessione sul progetto in questione, trattandosi del massimo consesso degli studi palladiani, con esito positivo.
  In data 24 agosto 2018, il comune di Bassano del Grappa ha comunicato:

   la risoluzione in danno del contratto nei confronti dell'impresa Nico Vardanega Costruzioni srl;

   l'avvio di una nuova ricognizione e aggiornamento del quadro economico;

   la valutazione di interventi aggiuntivi di sicurezza;

   l'avvio delle procedure preordinate per l'affidamento alla ditta INCO srl.

  In data 12 settembre 2018, acquisita al prot. 23243 del 14 settembre 2018, è pervenuta la comunicazione, comprensiva del progetto, ai sensi dell'articolo 27 del codice, dei lavori di messa in sicurezza delle stilate 3 e 4.
  In data 17 settembre 2018, con nota prot. 23366, la soprintendenza ha preso atto della messa in sicurezza, prescrivendo alcune attività specifiche volte a garantire ulteriormente la conservazione del ponte.
  In data 3 ottobre 2018, con nota acquisita al prot. 24956, il comune di Bassano del Grappa ha comunicato l'inizio dei lavori di messa in sicurezza delle stilate 3 e 4, della durata prevista di circa un mese.
  Gli straordinari eventi meteorologici della fine di ottobre 2018 non hanno causato ulteriori danni al ponte grazie alle strutture di sicurezza realizzate appena prima.
  L'intervento autorizzato, con nota prot. 17406 del 12 agosto 2015, era improntato sui principi della conservazione e prevedeva soluzioni complesse che mantenevano nella propria posizione maggiori perdoni della struttura più antica; prendendo atto del tempo trascorso e del naturale avanzamento dello stato di degrado (si ricorda che i lavori di restauro sono iniziati dopo oltre quattro anni), si impone oggi una tempistica di realizzazione dell'intervento più rapida al fine di preservare la totale integrità del ponte; a tal fine la soprintendenza ha autorizzato, con nota prot. 2296 del 29 gennaio 2019, una variante relativa al nuovo sistema di cantierizzazione e alla parziale sostituzione di alcune porzioni lignee che si trovano nella struttura di fondazione, che è stato possibile esaminare nella loro concreta consistenza materiale con la messa in secca del fiume Brenta.
  Si precisa che le stilate propriamente dette non saranno sostituite e che la cosiddetta «trave Casarotti» del 1821 è una trave lignea con funzione di dormiente per l'appoggio di fondazione.
  Questa trave fu oggetto di interventi di restauro già durante i lavori degli anni '90 del secolo scorso, con l'uso di impasti a base di resina che a distanza di quasi trent'anni non garantiscono più la tenuta del residuo materiale ligneo.
  Le parti più integre della «trave Casarotti» saranno mantenute in opera, mentre quelle più deperite l'amministrazione comunale intende ricoverarle presso il museo locale e favorirne un'ulteriore fase diagnostica, per determinarne natura e cronologia.
  Tutto ciò premesso, trattandosi dell'esecuzione di un progetto conservativo, che si è spinto al dettaglio dello studio degli impasti cromatici originali, la collegialità tecnico-scientifica che si è determinata nelle valutazioni non ha previsto la ricostruzione integrale del progetto palladiano, pur avendo preso in considerazione i numerosi convincimenti che si sono avvicendati.

La sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   TONDO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la crisi epidemiologica da COVID-19 è un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale che ha colpito duramente il sistema economico italiano, in modo particolare il settore del turismo;

   il 16 marzo 2020 la Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri di applicare una restrizione temporanea coordinata per i viaggi non essenziali da paesi terzi verso l'Unione europea e misure per la gestione delle frontiere nell'Unione europea destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali, con proroga in data 8 aprile 2020;

   il 29 aprile 2020 la vicepresidente della Commissione europea per i valori e la trasparenza, Vĕra Jourová, dichiara che il turismo potrebbe perdere almeno il 50 per cento del suo fatturato nel 2020 e alcune aree saranno più colpite, con una situazione seria in particolare per l'Europa del sud;

   in Italia il comparto turistico è un asset economico pari al 13 per cento del prodotto interno lordo e vale 4,2 milioni di lavoratori, come riportato da Eurostat, l'Italia è il primo Paese in Europa per occupati in questo settore;

   nel 2019 la spesa turistica internazionale in Italia è stata di oltre 40 miliardi di euro e con la crisi epidemiologica l'Enit (Agenzia nazionale del turismo) prevede un impatto sulla spesa turistica in entrata dall'estero che si traduce in un calo di quasi 20 miliardi di euro per il 2020;

   alcuni Paesi europei stanno stipulando offerte bilaterali per proteggere il turismo con un corridoio turistico a circuito chiuso per il prossimo periodo estivo;

   il 18 aprile 2020 il Ministro austriaco del turismo, Elisabeth Köstinger, ha dichiarato che se i Paesi gestiscono bene la situazione, come la Germania, esiste una reale possibilità di accordi bilaterali;

   ogni anno i tedeschi rappresentano il 30 per cento del turismo che si reca in Austria, tuttavia la Germania è anche il primo Paese per numero di presenze turistiche in Italia, come riporta Enit;

   il 22 aprile 2020 il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, rende noto di aver discusso con il Primo Ministro croato, Andrej Plenković, le modalità di «un approccio coordinato sulla riapertura del settore turistico nei rispettivi Paesi, sui lavoratori stagionali e sui controlli alle frontiere»;

   lo stesso giorno, Plenković rende noto di essersi confrontato con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, con il primo ministro ungherese, Viktor Orban, e con il primo ministro sloveno, Janez Janša, sulla possibilità di un «modello europeo coordinato per il settore turistico»;

   il 27 aprile 2020 il Ministro croato del turismo, Gari Cappelli, conferma che i corridoi turistici dovrebbero essere concordati entro la fine di maggio 2020;

   il corridoio turistico è un accordo di reciprocità per il libero transito, seppure controllato, dei turisti europei provenienti da Germania, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia e Croazia, per sostenere il turismo di questi Paesi e, in modo particolare, di Austria e Croazia per il prossimo periodo estivo;

   numerose località e imprese turistiche in Italia, specialmente quelle del Friuli Venezia Giulia al confine con Austria e Croazia, patiscono la chiusura delle frontiere a discapito della loro economia più specifica;

   le regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia presentano un quadro epidemiologico migliore delle altre regioni italiane e rimangono la meta estiva di austriaci e tedeschi; molti di questi hanno immobili di proprietà in Italia a ridosso del confine;

   nella task force dello Stato per affrontare l'emergenza non c'è alcun rappresentante del settore turistico;

   si conviene sull'interesse di proteggere il settore del turismo dei partner europei e dell'Italia –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in merito alla situazione descritta in premessa.
(4-05496)

  Risposta. — Il settore turistico e dei viaggi è stato uno dei più duramente colpiti e direttamente danneggiati dalla crisi pandemica. Già nella videoconferenza dei Ministri del turismo del 27 aprile 2020 la Commissione aveva segnalato la necessità di uno sforzo aggiuntivo ed eccezionale per il rilancio a lungo termine del settore e l'esigenza di seguire tutti le stesse regole al momento della ripartenza, adottando protocolli di salute e sicurezza comuni. Anche gli Stati membri, sebbene con diverse sfumature, avevano sostenuto un approccio coordinato e regole uniformi per i viaggi all'interno dell'Unione europea tramite protocolli comuni sulle misure sanitarie da adottare per l'ingresso dei turisti, in modo da poter riaprire gradualmente le frontiere interne e consentire viaggi transfrontalieri.
  Il sostegno al comparto turistico rappresenta una priorità per il Governò. È in tale ottica che l'Italia continua ad adoperarsi affinché siano adottate misure di sostegno europee per una rapida ed efficace ripresa del settore, anche per il suo stretto collegamento con molte altre filiere economiche, insistendo sulla necessità di destinare significative risorse al turismo nell'ambito del
recovery plan. Il tema è sempre al centro delle discussioni che il Ministro Di Maio intrattiene con gli altri Ministri europei, ad esempio nelle recenti visite in Germania, Svizzera e Grecia.
  Allo stesso tempo, il Governo è impegnato a far ripristinare la libera circolazione all'interno dell'Unione europea sulla base di protocolli comuni, nel pieno rispetto delle esigenze di tutela della salute pubblica. L'Italia, in particolare, ha promosso numerose iniziative volte ad affermare il principio di non discriminazione e contrastare tentativi d'intese tra piccoli gruppi di Paesi, sulla base di criteri e parametri definiti
ad hoc tra le parti, al solo scopo di creare «corridoi turistici sicuri» tra Stati membri percepiti come più al riparo dalla pandemia.
  L'Italia ha quindi aderito – assieme a Spagna, Bulgaria, Romania, Malta, Cipro, Portogallo, Grecia e Irlanda – al documento congiunto che, su iniziativa francese, è stato presentato a inizio maggio alla Commissione. Alcuni principi in esso richiamati sono poi confluiti nella strategia europea per la tutela e il rilancio del settore turistico, insistendo in particolare su: definizione di protocolli sanitari comuni per gli operatori del settore turistico, coordinamento delle date di riapertura delle strutture turistiche in particolare tra aree limitrofe, contrasto alle discriminazioni basate sulla cittadinanza per i turisti provenienti dall'area Schengen e messa a punto di misure volte a favorire la ripresa della mobilità intra-Unione europea internazionale.
  A giudizio del Governo, il «pacchetto» di misure adottato dalla Commissione europea il 13 maggio fornisce nel complesso un'importante guida in vista di un approccio coordinato e omogeneo alla ripresa dei servizi turistici e dei trasporti, così come richiesto dall'Italia e dagli altri Paesi «like minded» nel documento congiunto.
  I principi cardine che informano l'azione del Governo nell'attività di sostegno al settore sono stati ribaditi dal Ministro Di Maio in occasione della Conferenza dei Ministri degli esteri di alcuni Paesi dell'Unione europea tenutasi, su iniziativa tedesca, il 18 maggio scorso e a cui hanno partecipato, oltre alla Germania e all'Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna.
  Nel suo intervento il Ministro Di Maio ha illustrato le decisioni del Consiglio dei ministri in merito alla riapertura dei movimenti da e per i Paesi dell'Unione europea a partire dal 3 giugno e sottolineato il nostro impegno valorizzando il sistema di monitoraggio e informazione, messo a punto dal Ministero della sanità, attraverso il quale è possibile informare costantemente i partner sulla situazione epidemiologica nelle varie zone del Paese.
  I risultati ottenuti dall'Italia e dagli altri Stati europei nel contenimento della pandemia del Covid-19 consentono ora di rimuovere le restrizioni interne all'Unione europea rispettando i principi di proporzionalità, coordinamento e non discriminazione, così come delineato dalla Commissione nelle sue linee guida. Alla luce di questa tendenza positiva, dal 15 giugno gli stati dell'Unione europea hanno cominciato a rimuovere ogni restrizione alle frontiere interne.
  Riguardo invece alle frontiere esterne, l'11 giugno la Commissione europea ha adottato una comunicazione in cui raccomanda agli Stati membri di prolungare fino al 30 giugno l'applicazione delle restrizioni ai viaggi non essenziali verso l'Unione europea. Dalla misura restano esclusi tutti i cittadini dell'Unione europea che vogliano rientrare in Europa a qualsiasi titolo.
  L'Italia, in linea con la Commissione e gli altri Stati europei, sta delineando «una lista dei Paesi terzi per i quali le restrizioni di viaggio potranno essere rimosse apartire dal primo luglio», elenco che andrà «aggiornato regolarmente» seguendo alcuni criteri. Primo fra tutti quello epidemiologico, insieme a valutazioni sulla capacità di applicare misure di contenimento durante il viaggio e sulla reciprocità.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   VARCHI e FRASSINETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 13 settembre 2019, il tunisino S.H., condannato per reati legati al terrorismo internazionale e, pertanto, inserito nel circuito «Alta sicurezza 2», veniva recluso presso la casa di reclusione Opera di Milano;

   nel provvedimento di assegnazione si specificava che tale disposizione era da ritenersi temporanea per motivi di incompatibilità nei tre istituti penitenziari individuati per accogliere detenuti rientranti nel citato circuito;

   l'istituto lombardo, infatti, non rientra tra le strutture carcerarie predisposte ad ospitare questa categoria di detenuti che, secondo i numerosissimi protocolli previsti dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), devono essere trattati in modo particolare per scongiurare il rischio di proselitismo in carcere ed evitare di favorire una loro deradicalizzazione;

   ad Opera, invece, pur non potendo entrare a contatto diretto con gli altri detenuti, rimaneva alto il rischio di un'ulteriore radicalizzazione di Hmidi e, in particolare, di proselitismo su altri detenuti facilmente manipolabili;

   proprio per queste ragioni e già dalle prime avvisaglie di problemi gestionali, a quanto risulta alle interroganti, la direzione della casa di reclusione di Opera avrebbe più volte chiesto il trasferimento del detenuto, richieste cadute nel vuoto per mesi, fino a quando, il 22 aprile 2020, ne è stato finalmente disposto il trasferimento presso il carcere di Asti;

   il trasferimento di S.H., però, non sarebbe andato a buon fine, perché il detenuto sarebbe arrivato nel nuovo carcere con 37,5 di febbre e, dopo ore di tentennamenti, sarebbe stato rimandato a Opera sulla base di un'interpretazione dei protocolli anti-COVID –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi e considerata la loro gravità, per quali motivi il detenuto S.H. non sia stato immediatamente recluso presso una struttura carceraria inserita nel circuito «alta sicurezza 2» e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per disporne l'immediato trasferimento presso idonea struttura;

   sulla base di quale interpretazione dei protocolli di contenimento del contagio da COVID-19 S.H. è stato rimandato nella casa di reclusione Opera di Milano, con i rischi legati ad un ulteriore trasferimento, invece che isolarlo e curarlo nel carcere di Asti dove ormai si trovava.
(4-05454)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo al provvedimento di assegnazione alla casa di reclusione di Milano «Opera» del detenuto tunisino Hmidi Saber, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, giova evidenziare che in data 27 dicembre 2016 il detenuto Hmidi Saber è stato ascritto al circuito «Alta sicurezza 2» e ne è stato disposto il trasferimento dalla casa di reclusione di Rossano, in quanto era stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal tribunale di Roma – ufficio 25° G.i.p. per il reato di cui all'articolo 270-bis, comma 2, codice penale, per aver partecipato all'organizzazione terroristica sovranazionale denominata «Ansar Al-Sharia», da intendersi affiliata e, di fatto, ricompresa in quella denominata «ISIS».
  Il reato di cui all'articolo 270-
bis codice penale, in sede di appello, è stato riqualificato ai sensi dell'articolo 302 codice penale.
  Ciò nonostante, Hmidi Saber è rimasto ascritto al circuito «Alta Sicurezza 2» in relazione alla sua elevata pericolosità, giusto parere fornito al riguardo dalla procura della Repubblica di Roma.
  Il detenuto in questione, infatti, è particolarmente riottoso, incline all'uso della violenza e alla sopraffazione fisica.
  Per tali motivi, a far data dal 23 dicembre 2016, è stato sottoposto al regime di sorveglianza particolare previsto dall'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario.
  Tale regime, come noto, prevede contingenti limitazioni trattamentali, limitate nel tempo e predisposte di volta in volta (fino a sei mesi per la prima applicazione, con proroghe di mesi tre), in relazione al comportamento serbato durante tale periodo.
  In tutti gli istituti penitenziari in cui è stato trasferito, il detenuto in esame ha attuato comportamenti violenti e minacciosi, perpetrati sia nei confronti dei compagni di detenzione sia del personale di polizia penitenziaria (ha posto in essere aggressioni fisiche e ripetute azioni di danneggiamento ai beni dell'amministrazione, mediante distruzione delle camere di pernottamento e delle relative suppellettili).
  Le sezioni detentive adibite al contenimento dei soggetti ristretti per reati afferenti al terrorismo internazionale di matrice islamica sono presenti, allo stato, presso le sole sedi penitenziarie di Rossano, Sassari e Nuoro.
  Dalle prime due sedi il medesimo detenuto risulta essere stato allontanato per motivi di ordine e sicurezza, mentre la casa circondariale di Nuoro è interessata, allo stato, da lavori di ristrutturazione che ne sconsigliano la sua assegnazione.
  Per tali motivi, si è reso necessario disporre il trasferimento del detenuto in interesse in istituti che, seppur privi del circuito detentivo Alta sicurezza 2, potessero rispondere ad adeguate garanzie strutturali e di sicurezza, quali gli istituti di Tolmezzo e, per l'appunto, Milano «Opera», ospitanti, fra l'altro, soggetti ascritti al circuito Alta sicurezza 3 e 41-
bis ordinamento penitenziario.
  A seguito dei reiterati comportamenti aggressivi e violenti, nonché delle ripetute richieste di allontanamento pervenute dall'istituto di Milano «Opera», è stata individuata, provvisoriamente, la sede penitenziaria di Asti, al fine di poter garantire la prosecuzione delle limitazioni di cui al predetto regime di sorveglianza particolare.
  L'istituto penitenziario di Asti, ospitante circa trecento detenuti, la maggior parte dei quali appartenenti alla criminalità organizzata, veniva individuato in ragione della vicinanza alla sede milanese e poiché rispondente ad adeguate caratteristiche di sicurezza.
  Detto trasferimento è stato disposto in data 22 aprile 2020, con provvedimento di questa sede centrale e previo nulla osta del sanitario dell'istituto milanese.
  Le criticità evidenziate dall'interrogante sono state segnalate dagli istituti interessati alla direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel tardo pomeriggio del 22 aprile 2020, quando il detenuto in questione non è stato autorizzato dal dirigente sanitario del carcere di Asti ad accedere in istituto, a causa dell'elevata temperatura corporea rilevata sullo stesso durante le operazioni di triage effettuate all'ingresso.
  Dopo diverse ore trascorse all'interno del furgone utilizzato per la traduzione e a seguito di ripetute misurazioni della temperatura, non avendo, l'istituto di Milano «Opera», eseguito sul detenuto il tampone attestante la sua negatività al Covid-19 (non previsto dai protocolli tra Asl e regione Lombardia ma richiesto, invece, da quelli tra Asl e regione Piemonte), al fine di evitare possibili contagi nell'istituto astigiano, ancora immune dal virus, è stata disposta la ritraduzione dello stesso all'istituto milanese, previo nulla osta del dirigente sanitario dell'istituto astigiano, il quale certificava che le condizioni generali del ristretto erano apparentemente buone.
  Il detenuto è rientrato, pertanto, presso la casa di reclusione di Milano «Opera» nella tarda serata del 22 aprile 2020; è stato sottoposto a visita medica dal sanitario, il quale gli ha misurato la temperatura corporea tramite termometro ascellare, rilevando 36.6°C, saturazione al 99 per cento e benessere soggettivo.
  In via precauzionale, il detenuto è stato posto in isolamento sanitario.
  In data 23 aprile 2020 si è proceduto all'effettuazione sul detenuto di un tampone nasofaringeo per Covid-19 e, in data 24 aprile 2020, giungeva l'esito negativo del tampone.
  I riscontri pervenuti nei giorni seguenti nonché l'effettuazione, con esito negativo, del tampone sul detenuto, hanno determinato la conferma dell'assegnazione del detenuto nella sede astigiana, previo accordo fra le direzioni e i dirigenti sanitari competenti, al fine di adempiere alle diverse misure anti contagio previste dai rispettivi protocolli regionali, con conseguente traduzione del ristretto in data 30 aprile 2020.
  Si sottolinea che al detenuto in questione, fino al perdurare della sottoposizione al regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-
bis ordinamento penitenziario, risultano essere preclusi i contatti fisici con la restante popolazione detenuta presente presso la casa di reclusione di Asti; non si ravvisano, pertanto, pericoli per fenomeni di proselitismo o sopraffazione nei confronti dei detenuti ivi presenti.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.