Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 2 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    dal 1997 Hong Kong è una regione amministrativa speciale cinese, fa parte della Cina, ma possiede un sistema amministrativo diverso, uno statuto particolare d'autonomia negoziato tra la Cina popolare ed il Regno Unito;

    non sono ancora cessate le ingerenze di Pechino nelle vicende politiche della regione amministrativa speciale e le operazioni repressive sono proseguite con fermi ed arresti di numerosi attivisti democratici;

    il 24 maggio 2020 contro la nuova legge sulla sicurezza voluta da Pechino si schiera un'altra prima grande manifestazione e la polizia spara gas lacrimogeni contro chi si è riunito per protestare arrestando circa 200 persone;

    il leader democratico Joshua Wong ha chiesto che l'Unione europea imponga sanzioni alla Cina ed inserisca clausole legate al rispetto dei diritti umani a Hong Kong nei trattati commerciali che sta concludendo con la Cina;

    inoltre, con riferimento al nostro Paese, Wong ha sottolineato come non sia «sicuro che la Cina rispetti i suoi impegni e le promesse fatte nell'ambito degli accordi commerciali»;

    il 27 maggio 2020 Mike Pompeo ha certificato di fronte al Congresso americano che l'alto grado di autonomia di Hong Kong non esiste più, dichiarazione che apre la strada a sanzioni nei confronti della Cina;

    l'Assemblea nazionale del Popolo cinese ha approvato una risoluzione che dà mandato alla stessa Assemblea, attraverso il suo comitato permanente, di redigere il testo sulla legge della sicurezza;

    il Regno Unito, gli Usa, l'Australia e il Canada hanno firmato un comunicato di condanna congiunto che denuncia la violazione dei diritti internazionali da parte di Pechino;

    il 29 maggio 2020 l'Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea ha comunicato che «l'UE esprime grave preoccupazione per le misure adottate dalla Cina il 28 maggio, che non sono conformi ai suoi impegni internazionali (...) e alla Legge fondamentale di Hong Kong. Ciò rischia di minare seriamente il principio “One Country Two Systems” e l'alto grado di autonomia della Regione amministrativa speciale di Hong Kong»;

    il 30 giugno 2020 il Comitato permanente del Congresso nazionale cinese ha adottato la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong e successivamente è stata promulgata a Hong Kong lo stesso giorno;

    la nuova legge sulla sicurezza che Pechino vuole imporre ad Hong Kong rischia di minacciare l'indipendenza della magistratura. A dirlo è l'ex primo giudice, Andrew Li Kwok-nang, in un articolo e interviste pubblicati su diversi media locali;

    Andrew Li Kwok-nang sottolinea soprattutto il fatto che la nuova legge sulla sicurezza prevede un gruppo speciale di giudici per processi legati a crimini di sovversione, separatismo, terrorismo e collusione con potenze straniere ai danni di Hong Kong e della Cina. Tali giudici sarebbero selezionati dal capo dell'esecutivo, che presiederebbe anche la commissione sulla sicurezza. Per Andrew Li tutto ciò è «inappropriato» e sarebbe «a detrimento dell'indipendenza della magistratura» perché pone il potere esecutivo al di sopra del potere giudiziario, invece che garantire a quest'ultimo l'indipendenza. In Cina la magistratura si dichiara sempre al servizio del Partito comunista cinese;

    finora, contro la legge si sono espressi l'Associazione degli avvocati, gruppi di pastori protestanti, l'associazione dei giornalisti di Hong Kong e 86 organizzazioni internazionali. Anche molti Governi hanno manifestato opposizione o perplessità;

    oltre alle critiche sull'indebolimento dell'indipendenza della magistratura e dello stato di diritto, si denuncia la pretesa della Cina di voler condannare violazioni alla legge che avvengono anche fuori delle frontiere di Hong Kong e della Cina. L'articolo 38 della legge afferma che cittadini, residenti permanenti e non permanenti di Hong Kong sono perseguibili per atti di «secessione, sovversione, terrorismo, collaborazione con forze straniere» che avvengono fuori del territorio e della Cina. E si è perseguibili se tali atti avvengono anche su una nave o su un aereo registrato ad Hong Kong. In pratica, ogni persona del pianeta può essere accusata;

    il Ministro taiwanese per gli affari cinese, Chen Ming-tong, ha commentato: «Mi chiedo se questo è il desiderio di un impero celeste, a cui tutta l'umanità deve essere legata. Questo non è più qualcosa che dovrebbe preoccupare solo Hong Kong, o Taiwan»;

    il 1° luglio 2020 l'Alto Rappresentante, Josep Borrell, a nome dell'Unione europea comunicava che «L'Unione europea ribadisce le sue gravi preoccupazioni per questa legge che è stata adottata senza alcuna significativa consultazione preliminare del Consiglio legislativo e della società civile di Hong Kong» e prosegue che «vi sono dubbi sulla conformità della nuova legge con la legge di base di Hong Kong e agli impegni internazionali della Cina. In linea con le assicurazioni fornite dalla Cina in passato, l'Unione europea ritiene essenziali i diritti e le libertà dei residenti di Hong Kong affinché siano completamente protetti, compresa la libertà di parola, di stampa e di pubblicazione, nonché la libertà di associazione, di assemblea, di processione e di dimostrazione. Le disposizioni dell'Alleanza internazionale in materia civile e politica, i diritti (ICCPR) sanciti dalla legislazione di Hong Kong devono continuare ad essere pienamente applicati. L'Unione europea è preoccupata per il fatto che la legge rischi di compromettere gravemente l'elevato grado di autonomia di Hong Kong e avere un effetto dannoso sull'indipendenza della magistratura e sullo stato di diritto. Entrambi questi principi rimangono essenziali per la costante stabilità e prosperità di Hong Kong e sono quindi di vitale interesse per l'Unione europea e per la Comunità internazionale. L'Unione europea esorta la Cina a evitare qualsiasi atto che metta in pericolo l'autonomia di Hong Kong in campo giuridico, anche in termini di diritti umani. L'Unione europea sta valutando le implicazioni di tale legge e continuerà a sollevare preoccupazioni nel suo dialogo con la Cina. Si continueranno a seguire da vicino gli sviluppi, anche nel contesto delle prossime elezioni del Consiglio legislativo del 6 settembre, che devono procedere come previsto e in un ambiente favorevole all'esercizio dei diritti e delle libertà democratiche come sancito dalla Legge fondamentale»;

    tanti attivisti pro-democrazia avevano chiesto di poter manifestare, la richiesta è stata respinta al mittente. Sono scesi comunque per strada, ma la protesta non autorizzata ha portato ai primi arresti in base alla nuova legge. Circa 4 mila agenti sono stati schierati nell'area più a rischio, Causeway Bay, e il primo arresto è stato un manifestante in possesso di una bandiera dell'indipendenza di Hong Kong, che per giunta indossava una maglietta con la scritta Free Hong Kong, come riporta il Sole24ore. La polizia ha usato spray al pepe per disperdere la folla; è finito in manette anche il legislatore dell'opposizione Andrew Wan. Gli arresti a Causeway Bay dall'introduzione della legge sono oltre 30 con addebiti che vanno dalla manifestazione illegale alla violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale, fino all'ostacolo al rispetto delle leggi e al possesso di armi offensive,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per aderire all'impegno preso dall'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell'Unione europea in riferimento al rispetto degli accordi internazionali che garantiscono l'autonomia della Regione amministrativa speciale di Hong Kong in forza del principio condiviso di «un Paese, due sistemi»;

2) a sostenere, nelle sedi dell'Unione europea, l'avvio di una riconsiderazione complessiva delle relazioni con la Cina popolare, alla luce delle ripetute violazioni dei diritti umani, ed in vista dell'adozione di possibili sanzioni in reazione alla reiterazione di tali violazioni;

3) a farsi promotore, nelle opportune sedi internazionali, dello svolgimento di un'inchiesta internazionale intesa ad accertare l'eventuale violazione dei diritti umani nel territorio di Hong Kong nel biennio 2019-2020.
(1-00362) «Lupi, Molinari, Gelmini, Lollobrigida».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

   l'emergenza Coronavirus ha determinato la sospensione delle lezioni in presenza per tutti dal 10 marzo 2020 (in alcune zone del Paese dal 24 febbraio) e ha obbligato studenti e professori che ne erano capaci e che avevano gli appositi device a spostare sulle piattaforme digitali lo svolgimento della didattica fino alla fine dell'anno scolastico permettendo lo svolgimento in presenza esclusivamente degli esami di Stato senza prove scritte;

   la situazione, a quattro mesi distanza, appare ancora oggi incerta sia per quanto riguarda il timore che si possa riproporre una ripresa dei contagi sia, e soprattutto, perché ancora nulla di realmente definito si profila in vista dell'inizio del nuovo anno scolastico e della ripresa delle lezioni in presenza;

   appare evidente che in questo momento è importante fare di necessità virtù, ed è la politica che, con un minimo di vision strategica, deve saper trasformare l'emergenza in opportunità adottando tutte le misure necessarie, utilizzando tutte le risorse disponibili per attuare un cambio di passo e prevedere che la normativa applicata in fase di emergenza possa costituire un valido punto di partenza sulla base del quale sviluppare nuovi modelli di attività scolastiche, valorizzando e utilizzando quanto realizzato in questi mesi per la gestione ordinaria degli istituti scolastici e della didattica;

   le circostanze di straordinarietà che sono state affrontate nei mesi scorsi e che ancora oggi caratterizzano la quotidianità devono rappresentare una occasione per poter introdurre una «fase due» per il sistema di istruzione che dalla risoluzione del problema contingente permetta di immettere innovazione e tecnologia nelle nostre scuole e porti a regime un nuovo modo di fare scuola;

   la situazione in cui ci si trova pone davanti a un bivio: tornare indietro come se nulla fosse accaduto o raccogliere la sfida e, una volta superata la contingenza con misure di natura anche controvertibile, avere il coraggio di prevedere con prudente lungimiranza un cambiamento del paradigma formativo tradizionale ereditato dal Novecento, introducendo nel sistema innovazione e nuovi registri educativi;

   al fine di raggiungere questo obiettivo occorre, non soltanto aggiungere nuove tecnicalità a quelle utilizzate precedentemente così da operare lezioni a distanza, continuando a proporre lezioni teoriche ed interrogazioni, quanto, piuttosto, trasferire nelle scuole il senso dell'intera rivoluzione digitale che ingloba e supera le modalità precedenti di istruzione, migliorandole e sprigionando potenzialità di apprendimento e di crescita oggi ancora inedite rispetto alle prestazioni oratorie e alla routine di natura nozionistica tuttora imperante nelle scuole;

   non è più possibile rimandare il ripensamento del modo di fare scuola, è necessario prevedere una nuova organizzazione delle attività didattiche flessibili, improntate più al modello del campus che a quello delle regole rigide più adatto ad edifici a vocazione militare che alla scuola del terzo millennio e della società della conoscenza;

   i processi di apprendimento sono processi nei quali ogni passaggio influenza il passaggio successivo e, alla luce di ciò, deve maturare la consapevolezza del ruolo essenziale che svolge l'educazione sin dall'infanzia per lo sviluppo e l'apprendimento per tutto l'arco della vita;

   lo studio delle competenze digitali nei giovani italiani mostra che l'età è un fattore determinante per i livelli di competenza digitale: in Italia, nel 2019, il 92,2 per cento dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni usa internet, ma solo un terzo presenta alte competenze digitali in un panorama generale che — secondo il rapporto Desi (Digital Economy and Society Index) 2020 — vede il nostro Paese collocarsi al 25° posto su 28 Paesi per quanto riguarda la digitalizzazione e all'ultimo per quanto riguarda le competenze digitali del capitale umano;

   in un sistema scolastico mirato al riconoscimento della meritorietà di ciascuno non è il possesso di un semplice «pezzo di carta» a certificare le capacità di uno studente, tanto più oggi che la formazione non avviene solamente all'interno delle aule e che sarebbe auspicabile una certificazione delle abilità e delle competenze comunque raggiunte a conclusione del percorso di studio dall'alunno al di là del titolo per operare in modo equo offrendo più e diversa formazione a chi ha di meno;

   si vive oggi in un'epoca in cui il focus ritorna sulle potenzialità della persona formata che deve apprendere per tutto l'arco della vita e appare, quindi, fondamentale costruire percorsi scolastici diversi e validi per ciascuno che pongano al centro del percorso scolastico le competenze in sostituzione della centralità delle nozioni sulla base delle quali si continua ad insegnare e a valutare gli studenti superando l'idea di percorsi uniformi per tutti;

   le stesse Linee guida parlano dell'indifferibile necessità di «riconfigurare il gruppo classe in più gruppi di apprendimento», di prevedere attività di «gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso» quindi gruppi di livello, di compito/progetto o elettivi, siano essi di approfondimento, recupero o sviluppo disciplinare e interdisciplinare, di aggregare «le discipline in aree e ambiti» molto più larghi del disciplinarismo «fordista» a cui si è abituati, di «garantire, a ciascun alunno, la medesima offerta formativa, ferma restando l'opportunità di adottare soluzioni organizzative differenti, per realizzare attività educative o formative parallele o alternative alla didattica tradizionale»;

   in base alle disposizioni contenute nel piano scuola sarà necessario comunque operare dei cambiamenti rilevanti nell'organizzazione scolastica e nella didattica e sarebbe auspicabile uno sguardo sia di breve che di lungo respiro, così da rispondere sia all'esigenza immediata di assicurare ai ragazzi e agli operatori la ripresa della didattica in presenza, sia di farlo nel rispetto della salute di tutti, destinando le risorse necessarie ad apportare tali cambiamenti a interventi strutturali e non temporanei;

   il tempo a disposizione per intervenire appare ormai davvero scarso, perché troppo ne è stato perso in dissertazioni che hanno portato all'individuazione di indicazioni teoriche di non facile traduzione nella pratica quotidiana di chi la scuola la vive e la fa, come è il caso di dirigenti scolastici, docenti, lavoratori della scuola e non ultimi, studenti;

   appare evidente che è necessario prevedere ulteriori ingenti finanziamenti per operare i cambiamenti di natura didattica e organizzativa che sono richiesti dalla necessità che la scuola riprenda in sicurezza e, contemporaneamente, pronta ad affrontare una eventuale nuova crisi sanitaria non in ottica emergenziale ma attrezzandosi per tempo rispetto sia alla connettività su tutto il territorio nazionale che al possesso di strumenti tecnologici individuali per non creare nuove disuguaglianze;

   è necessario che tutte le risorse siano disponibili fin da subito, anche con norme in deroga per gli acquisti e le procedure per i lavori pubblici necessari, definendo un quadro chiaro di ripartizione delle competenze tra finti locali e istituzioni scolastiche;

   è necessario considerare che se i gruppi di alunni negli edifici devono rispettare il distanziamento «da bocca a bocca», da fermi o in movimento, se gli spazi dovessero risultare insufficienti — la stessa Ministra dell'istruzione parla di circa il 15 per cento di alunni in esubero — occorrerà ricercarne di nuovi;

   il Presidente del Consiglio e la Ministra Azzolina hanno anche annunciato che per far fronte alle nuove necessità si assumeranno in aggiunta agli organici di istituto, 50 mila nuove unità di personale,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per anticipare tutte le operazioni di assegnazione dei docenti alle scuole e le procedure di immissione in ruolo e lo scorrimento delle graduatorie provinciali per le nomine delle 50 mila unità aggiuntive a tempo determinato annunciate per arrivare a concludere le operazioni entro il 31 agosto 2020;

   ad adottare iniziative per prevedere che le scuole programmino entri i mesi di luglio ed agosto 2020 tutte le attività di recupero e consolidamento degli apprendimenti, con particolare attenzione alle studentesse e agli studenti con disabilità, affinché le stesse attività didattiche possano realmente partire dal 1° settembre, come previsto dai decreti emergenziali;

   ad adottare iniziative per prevedere deroghe alla quota di autonomia degli istituti scolastici, almeno per l'anno scolastico 2020-2021, passando dal 20 al 40 per cento, al fine di garantire l'attuazione della valorizzazione delle forme di flessibilità derivanti dall'autonomia scolastica, come indicato dalle Linee guida, che prevedono che le classi, i docenti disciplinari, i piani di studio giornalieri, settimanali e annuali, gli strumenti di apprendimento, tipo i libri di testo o la lavagna, non potranno più essere così come sono stati conosciuti prima del COVID-19 dovranno lasciare spazio a nuove riconfigurazioni;

   ad adottare iniziative per definire norme in deroga per autorizzare tutte le scuole, ovviamente fornendo loro adeguate dotazioni, finanziarie, ad introdurre la figura del docente tutor chiamato: a) sia ad accompagnare in modo personalizzato un gruppo di studenti per l'intera durata del prossimo anno e se possibile dell'intero ciclo scolastico all'interno di un'offerta formativa che, per lo stesso piano previsto dal Governo, dovrà essere molto diversa da quella a cui erano abituati non solo i docenti, ma soprattutto gli studenti e le famiglie così da assicurare ordine in un sistema che non dovrà scambiare la complessità per confusione; b) sia a guidare gli studenti del gruppo ad esso affidato e le loro famiglie nella compilazione del portfolio delle competenze personali reso ancora più necessario dagli insistiti ma giusti richiami delle Linee guida ad armonizzare i percorsi di apprendimento formali, non formali informali e occasionali;

   ad adottare iniziative per prevedere, contestualmente e tempestivamente, corsi di formazione per docenti tutor in collaborazione con le Università, al fine di garantire la presenza di queste figure specializzate in tutte le scuole di ogni ordine e grado;

   ad adottare iniziative per autorizzare tutte le scuole all'acquisto di strumenti tecnologici individuali da assegnare in comodato d'uso, agli studenti in via ordinaria per la fruizione della didattica con metodologia digitale e per la fruizione, in caso di emergenza, della didattica a distanza;

   ad adottare iniziative per autorizzare altresì l'acquisto entro il 31 agosto, attraverso le istituzioni scolastiche di abbonamenti individuali per docenti e per studenti finalizzati a garantire la connettività in quelle zone del Paese tuttora prive di banda ultra larga;

   a promuovere interventi urgenti per ampliare le zone di connessione a banda ultra larga;

   ad adottare iniziative per prevedere entro il mese di agosto la formazione obbligatoria in presenza o a distanza dei docenti in materia di prevenzione e sicurezza e corsi di formazione anche in modalità smartworking per l'utilizzo delle tecnologie;

   ad assumere iniziative per assegnare in tempi rapidi finanziamenti per consentire, oltre agli interventi di edilizia leggera, anche la sottoscrizione di protocolli e convenzioni per l'utilizzo di spazi esterni agli istituti scolastici, da concordare nei patti territoriali, per l'utilizzo temporaneo o permanente da parte di gruppi di alunni di tali ambienti nel caso di inadeguatezza dei locali della scuola al rispetto delle norme in materia di distanziamento e al fine di comprare gli arredi necessari a rispettare tali norme sin dall'avvio dell'anno scolastico e non in un momento successivo;

   ad adottare iniziative per prevedere l'opportunità di ricomprendere gli spazi delle scuole paritarie, in quanto parte costitutiva del sistema nazionale di istruzione, negli accordi territoriali, in tutti quei casi in cui ciò sia realmente possibile ed auspicabile;

   al fine di arrivare a determinare in tempi rapidi la reale disponibilità degli spazi ad accelerare le misurazioni nelle scuole degli spazi a disposizione secondo le disposizioni in materia di distanziamento fisico di 1 metro fra le rime buccali degli alunni, in modo da consentire per tempo l'acquisto di banchi singoli ma mobili e di ultima generazione;

   ad adottare iniziative per prevedere il coinvolgimento dei presìdi sanitari territoriali per la messa a disposizione delle scuole di équipe psicopedagogiche e controlli permanenti e continui del personale scolastico attraverso test sierologici e ogni altra modalità tesa a scongiurare la diffusione del SARS-CoV-2, intervenendo immediatamente con tamponi;

   ad adottare iniziative per stanziare, entro il mese di agosto, in attesa del parere del Comitato tecnico-scientifico, adeguate risorse per favorire il rifornimento da parte degli istituti scolastici degli strumenti di prevenzione (mascherine e visiere) da utilizzare a partire dal mese di settembre o, nel caso di rinnovato allarme di diffusione del contagio, non solo per il personale dipendente, ma anche per gli studenti;

   ad adottare iniziative per stanziare, entro il mese di agosto, le eventuali somme incentivanti per consentire al personale ausiliario, potenziato anche con personale esterno avventizio, l'uso degli appositi strumenti per la rilevazione della temperatura corporea degli studenti prima dell'inizio delle lezioni, per non scaricare questa responsabilità istituzionale educativa e sanitaria sulle famiglie dei minori;

   ad accelerare il monitoraggio e la messa a disposizione dei dati relativi all'andamento e ai risultati della didattica a distanza, al fine di intervenire sulle criticità e sui limiti che si sono evidenziati nel caso in cui si imponga nuovamente la necessità di adozione di detta modalità di svolgimento della didattica;

   ad adottare iniziative per prevedere una riserva del 20 per cento di finanziamenti previsti dal piano europeo Next Generation EU per progetti di digitalizzazione, di modernizzazione degli edifici scolastici, di potenziamento degli Istituti tecnici superiori (Its) e per la realizzazione di centri tecnologici avanzati per il made in Italy (automazione, arredamento, abbigliamento, agricoltura) e centri sportivi per l'attività motoria ed agonistica delle giovani generazioni.
(7-00508) «Aprea, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina».


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria conseguente alla diffusione del COVID-19 e le misure di distanziamento fisico e sociale adottate sono state in grado di limitare il propagarsi della pandemia, rendendo, però, necessario un approccio multidisciplinare che coniughi alla tutela della salute pubblica la necessità di intraprendere tutte le necessarie iniziative di sostegno all'economia e alle imprese;

    il Fondo monetario internazionale stima che la perdita del prodotto interno lordo per l'Italia nel 2020 si aggirerà intorno al -9,1 per cento, la più ampia della storia repubblicana, e l'Unione europea prevede per il nostro Paese una disoccupazione dell'11,8 per cento;

    si rende quindi necessario mettere in atto tutte le iniziative volte ad impedire che le previsioni sull'andamento degli indicatori economici ed occupazionali, già gravi, diventino insostenibili, gravando ulteriormente sul debito pubblico stimato dal documento di economia e finanza, per il 2020, al 155,7 per cento del prodotto interno lordo;

    le circa 160.000 norme italiane contribuiscono a rendere lento e confuso il sistema degli appalti e la Cgia di Mestre stima in 57,2 miliardi di euro il costo che le imprese devono sostenere ogni anno «a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia»;

    alla luce del pericolo che, come stima il Cerved, fino al 10 per cento delle imprese italiane possano fallire a causa delle conseguenze economiche legate alla pandemia, è indispensabile intervenire rapidamente con misure drastiche per favorire la semplificazione burocratica e sostenere l'economia;

    un ambito legislativo dove è necessario intervenire in maniera drastica è certamente quello degli appalti pubblici e in particolare il codice appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016). Un testo che fin dalla sua approvazione ha mostrato tutti i suoi gravi limiti che hanno finito per comportare: un allungamento dei procedimenti; spreco di risorse pubbliche; paralisi dei lavori, dei servizi e delle forniture; la proliferazione del contenzioso. In conclusione, incertezze e danni per i cittadini e le imprese;

    una misura drastica, ma forse necessaria dovrebbe essere quella di una sospensione di tutto il codice degli appalti, almeno fino a che il Paese non sia uscito da questa drammatica crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria in atto. Una sospensione e, quindi, una sua riscrittura integrale per poter finalmente disporre di un quadro normativo e relativa disciplina, chiaro e semplice da interpretare da parte degli operatori di categoria, con il taglio delle troppe lungaggini procedurali autorizzative ed attuative attualmente presenti nel codice;

    va comunque segnalato che la stessa Commissione europea, attraverso la comunicazione 2020/C 108 I/01, ha richiamato la possibilità di utilizzo delle previsioni di legge già presenti nel sistema normativo italiano, stimolando anche l'utilizzo di strumenti digitali e procedure telematiche;

    nell'ottica di prevedere una maggiore celerità per le procedure di affidamento degli appalti, il 30 aprile 2020, l'Autorità nazionale anticorruzione ha realizzato un apposito vademecum rivolto alle stazioni appaltanti, con l'obiettivo di fornire alle amministrazioni una ricognizione delle norme attualmente previste dal vigente codice degli appalti, non solo per far fronte all'attuale stato emergenziale ma anche per tutte quelle ipotesi in cui si rendano necessarie, in presenza dei presupposti di legge, un'accelerazione o una semplificazione delle gare,

impegna il Governo:

   a promuovere una profonda semplificazione e razionalizzazione normativa, che preveda anche interventi amministrativi, organizzativi e tecnologici finalizzati a ridurre il peso della burocrazia su cittadini e imprese nei settori dei lavori pubblici e delle costruzioni;

   ad adottare le necessarie iniziative normative al fine di prevedere una sospensione dell'applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 almeno fino a che il nostro Paese non sia uscito dalla drammatica crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria in atto;

   a prevedere, in ogni caso, a parte la suddetta sospensione dell'applicazione del codice appalti:

    a) di dare seguito alle indicazioni della Commissione europea, che nella comunicazione 2020/C 108 I/01 richiama quanto già previsto dalla legge italiana per quanto concerne:

     il ricorso alla riduzione dei termini delle procedure ordinarie di aggiudicazione;

     il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, che consente di negoziare direttamente con i potenziali contraenti termini, numero minimo di candidati da consultare o altri obblighi procedurali;

     il ricorso all'affidamento diretto ad un operatore economico preselezionato se risulta essere l'unico in grado di consegnare le forniture necessarie, nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall'estrema urgenza;

    b) di mettere in atto le iniziative normative di semplificazione e sburocratizzazione delle procedure di appalto, con particolare riguardo all'affidamento dei lavori da parte delle stazioni appaltanti, prevedendo in particolare:

     di fare ricorso all'affidamento diretto ad un operatore economico preselezionato se risulti essere l'unico in grado di consegnare le forniture necessarie, nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall'estrema urgenza, pur senza rendere illegittima la procedura nei casi in cui vi sia: a) la necessità di accertare e dichiarare, con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento, che l'omessa pubblicazione del bando o avviso è consentita dal codice; b) il rispetto di necessarie forme minime di pubblicità; c) il rispetto del termine dilatorio di 10 giorni prima della stipulazione del contratto;

     di ridurre i termini di affidamento per ragioni di urgenza motivati, sia in appalti soprasoglia che sottosoglia, da 35 a 15 giorni dall'invio del bando e da 30 a 10 giorni per l'offerta elettronica, e di incentivare la possibilità di dimezzare i termini previsti per le procedure ordinarie nei casi di modalità di affidamento agevolate; no stand still; forme semplificate di pubblicità; ricorso al mercato elettronico;

     di favorire la stipula precoce del contratto nei casi in cui: a) sia stata presentata o ammessa una sola offerta e non siano state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito oppure esse risultano già respinte con decisione definitiva; b) si sia in presenza di un appalto basato su accordo quadro; c) si sia in presenza di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione; d) si sia in presenza di affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o per i lavori in amministrazione diretta sottosoglia; e) si sia in presenza di affidamenti di importo compreso tra 40.000 e 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all'articolo 35 del codice per le forniture e i servizi;

     di favorire una procedura negoziata priva della pubblicazione del bando a causa di eventi imprevedibili in cui siano in ogni caso rispettati i princìpi di trasparenza, concorrenza, rotazione consentendo al responsabile unico del procedimento o al tecnico della pubblica amministrazione competente l'avvio immediato dei lavori per: a) spese entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio; b) le forniture entro il limite delle forniture nell'ordine dello stretto necessario; c) la redazione del verbale di somma urgenza; d) l'affidamento diretto; e) gli adempimenti necessari a consultare la ricognizione normativa pubblicata sul sito dell'Anac; f) la possibilità di autodichiarazione con verifica entro 60 giorni.
(7-00507) «Labriola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale crisi economica, conseguente alla crisi sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19 nel nostro Paese ha avuto gravissime ripercussioni sul sistema produttivo italiano;

   in alcune zone del nostro Paese, tuttavia, questa crisi non ha fatto altro che sommarsi a situazioni precedenti già particolarmente gravi, portando al collasso numerose aziende, come nelle zone dell'Emilia che nel 2012 hanno vissuto il drammatico terremoto che ha causato 27 vittime e danni per oltre 13 miliardi di euro;

   negli ultimi giorni la cronaca locale ha portato alla luce un presunto caso di malagiustizia che rischia di privare il territorio reggiano di un importante impresa produttrice e rovinare per sempre un'intera famiglia;

   si tratta dell'azienda agricola della famiglia Pelizzola-Valenza, venduta all'asta nonostante fosse ancora nell'ambito delle agevolazioni per il terremoto del maggio 2012, con scadenza 31 dicembre 2020, e nonostante le norme relative alla sospensione di pratiche bancarie, come mutui e prestiti, contenute nei vari decreti-legge durante l'emergenza Covid-19;

   infatti, il tribunale di Reggio Emilia avrebbe già completato l'iter per la vendita all'asta giudiziaria, che sembrerebbe essersi concluso con la vendita ad un imprenditore di Gonzaga (Mantova), il quale si sarebbe fatto carico anche del debito con la banca;

   la struttura commissariale per la ricostruzione post-terremoto della regione ha riconosciuto un sostanzioso contributo per il recupero dell'azienda il quale, ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge n. 109 del 2018, non è soggetto a procedure di sequestro o pignoramento e, in ogni caso, a esecuzione forzata in virtù di qualsivoglia azione esecutiva o cautelare;

   come dichiarato dal presidente della regione Emilia Romagna in qualità di commissario delegato per la ricostruzione post sisma, gli «atti di sequestro o pignoramento e, in ogni caso, qualsiasi azione esecutiva o cautelare volta all'esecuzione forzata eventualmente intrapresa, sono inefficaci e comunque non determinano obblighi di accantonamento, né sospendono l'accreditamento di somme a favore delle Amministrazioni interessate o dei soggetti beneficiari»;

   oltre alle gravissime e drammatiche conseguenze di una liberazione degli immobili e dell'impresa da parte della famiglia, si profilerebbe dunque anche il rischio che questa sia costretta a restituire tutto o parte delle somme ricevute, e impiegate, a seguito dell'emergenza terremoto;

   secondo la famiglia, vi sarebbero stati degli errori giudiziari e una errata «interpretazione delle leggi e dei decreti che non corrisponde a quanto deciso fin dai tempi del terremoto e attualmente dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l'emergenza sanitaria»;

   da articoli di stampa, risulterebbe che le perizie su cui si è fondato il giudicato sarebbero state contestate e sarebbero oggetto di denuncia e indagini;

   inoltre, sembrerebbe che la trascrizione degli atti, a partire dalla quale entro 4 mesi dovrebbe avvenire la liberazione degli immobili, non sia mai stata effettuata;

   il 19 giugno 2020 era previsto lo sgombero degli immobili: sul posto, oltre alla famiglia Pelizzola-Valenza, si trovavano gli avvocati della famiglia e il sindaco di Reggiolo, mentre non si sarebbe presentato nessuno della controparte;

   la scadenza per liberare gli immobili sarebbe slittata ad inizio luglio 2020 –:

   se sia a conoscenza di situazioni nelle quali la normativa sulla sospensione del pagamento dei prestiti bancari non è stata applicata e per quali ragioni e se intenda adottare le iniziative di competenza affinché la normativa venga applicata anche quando ricorrano procedimenti giudiziari di esecuzione di ipoteche, pignoramenti e vendite all'asta;

   quali altre iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di assicurare che in situazioni simili a quella descritta in premessa siano predisposte misure economiche e finanziarie adeguate per tutelare gli interessi del tessuto economico e produttivo del territorio.
(3-01653)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA, FITZGERALD NISSOLI, PALMIERI, APREA, SACCANI JOTTI, PETTARIN, RUFFINO, CASSINELLI, DALL'OSSO, VERSACE, PORCHIETTO, CAON, TORROMINO, POLIDORI, FERRAIOLI e CASINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Ispra ha in questi giorni stimato la produzione complessiva di rifiuti da mascherine e guanti anti-Covid, fino a fine 2020, quantificandola tra le 160 mila e le 440 mila tonnellate, con un valore medio di 300 mila tonnellate;

   il non corretto smaltimento di questa enorme quantità di dispositivi di protezione individuale (dpi), è un gravissimo problema ambientale, con effetti negativi anche per il nostro mare, che finisce per raccogliere gran parte di questi rifiuti;

   il 14 marzo 2020 l'Istituto superiore di sanità (Iss) ha pubblicato delle linee guida, nelle quali si evidenzia che guanti e mascherine, devono terminare la loro esistenza negli inceneritori o nei termovalorizzatori. Tuttavia, il percorso dei dpi verso la termodistruzione non è sempre lo stesso: si distinguono, infatti, a seconda di chi li ha utilizzati. I rifiuti prodotti in ambito ospedaliero prendono una strada diversa da quelli prodotti in ambito domiciliare;

   sempre l'Iss ha raccomandato, inoltre, di non gettare i guanti e le mascherine monouso in contenitori quali, per esempio, cestini individuali dei singoli ambienti di lavoro, cestini a servizio di scrivanie o presenti lungo corridoi, nei locali di ristoro, nei servizi igienici o presenti in altri luoghi frequentati e frequentabili da più persone, ma di gettarli negli appositi contenitori, che dovrebbero preferenzialmente essere situati in prossimità delle uscite dal luogo di lavoro, per prevenire percorrenze di spazi comuni. Alle aziende si raccomanda di adottare contenitori o comunque soluzioni che minimizzino le possibilità di contatto diretto del lavoratore che si disfa della mascherina o del guanto con il rifiuto e il contenitore. Prima della chiusura del sacco di plastica, il personale dedicato provvederà a spruzzare 3-4 erogazioni di prodotti sanificanti. I sacchi chiusi con nastro adesivo o lacci saranno assimilati a rifiuti urbani indifferenziati;

   il Politecnico di Torino, qualche tempo fa, ha fatto una stima del fabbisogno nazionale, pari a circa 953 milioni di mascherine al mese, 35 milioni al giorno. Se l'1 per cento delle mascherine utilizzate in un mese, sulla stima di poco meno di un miliardo a livello nazionale, venisse smaltito in maniera non corretta, si avrebbero 10 milioni di mascherine al mese disperse nell'ambiente;

   per provare a dare una risposta a questo problema fin troppo sottovalutato, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intende avviare una campagna per il corretto smaltimento di questi dispositivi anti-Covid. Iniziativa utile, ma certamente non sufficiente a dare una risposta al problema e a sensibilizzare efficacemente la popolazione e gli amministratori locali sulle procedure corrette di smaltimento, laddove la gran parte dei cittadini, degli uffici pubblici e privati non ha ancor chiaro come comportarsi e quali comportamenti tenere –:

   se il Governo non intenda avviare, anche con il contributo del servizio pubblico radiotelevisivo, una efficace e capillare campagna di sensibilizzazione e di informazione indirizzata alla popolazione e agli amministratori locali sul corretto smaltimento dei dispositivi di protezione individuale e per favorire la riduzione della produzione dei rifiuti di mascherine e guanti anti-Covid.
(5-04288)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni, le pagine ed i post social di molti quotidiani si sono riempiti di titoli relativi alla terribile vicenda avvenuta a Lecco, in cui un padre ha ucciso i due figli dodicenni – per poi togliersi la vita a sua volta – come forma di vendetta sulla sua ex moglie;

   molte testate importanti hanno titolato, utilizzando frasi e forme di linguaggio scorrette, che hanno concretizzato un capovolgimento della narrazione dei fatti, creando confusione tra vittima e carnefice. Primo tra tutti è stato il post lanciato dal quotidiano «Il Mattino», in cui si faceva riferimento al «dramma dei padri separati». Inoltre, proprio l'agenzia l'Ansa, riferendosi espressamente ad una «separazione difficile tra il padre e la madre», ha condizionato il modo in cui la notizia è stata ripresa da importanti testate giornalistiche, reiterando un racconto quasi edulcorato nelle sue cause, trasformando, a giudizio dell'interrogante, l'ex moglie in una sorta di co-responsabile dell'atto violento;

   tale visione crea la diffusione di una notizia in cui prevale un elemento che stempera quello che, invece, non è altro che l'atto di un assassino, rientrando a pieno titolo in quelle che sono le forme violente nella cornice del femminicidio;

   è stato dunque invocato il «Manifesto di Venezia», nato nel 2017 per la diffusione di una corretta informazione contro la violenza sulle donne, che, tra i vari impegni, cita espressamente quello di non utilizzare espressioni che possano «suggerire attenuanti e giustificazioni all'omicida, anche involontariamente» e di evitare «di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce la violenza, nel rispetto della sua persona» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda promuovere per una comunicazione istituzionale che diffonda una cultura volta alla prevenzione e al contrasto di qualsiasi forma di violenza di genere.
(4-06216)


   GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il comitato pari opportunità (Cpo) dell'Associazione Stampa Romana ha denunciato all'ordine dei giornalisti una grave distorsione dei fatti di cronaca compiuta da alcuni importanti organi di stampa, tra cui l'Ansa, nei confronti di una donna, vittima insieme ai suoi figli, di un efferato dramma familiare in provincia di Lecco. Colpevolizzandola, attraverso titoli fuorvianti, del duplice omicidio agito dall'ex marito nei confronti dei loro bambini;

   «Il dramma dei papà separati». «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». «Padre uccide i due figli, era sconvolto dalla separazione»;

   questi i titoli che il Cpo della Stampa Romana ha riportato nel comunicato stampa pubblicato il 29 giugno 2020 sul sito dell'associazione, ricapitolando i fatti seguenti;

   un marito invia un messaggio alla moglie: «I nostri figli non li vedrai più». Li ammazza, poi si getta da un ponte. Una bambina e un bambino di 12 anni, gemelli, sono stati soffocati all'alba del 27 giugno 2020;

   l'Ansa lancia la notizia: «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». Tutti i giornali, in web, riprendono il concetto: Corriere.it; Repubblica Milano.it; il Corriere Adriatico.it, Lecco Today;

   il Mattino.it, il 27 giugno 2020, riportando la notizia, arriva a scrivere in occhiello: «Il dramma dei papà separati»;

   il giorno dopo, il 28 giugno 2020, con un articolo di Alessio Fanuzzi, Il Mattino.it si scusa: È stata la fretta, scrivono. «Fare meglio è difficile». Sul giornale cartaceo, Il Mattino non pubblica le scuse affidate al web, si affida alla cronaca e a un commento di Giuseppe Montesano, scrittore;

   il quale scrive in prima pagina de «Il Mattino»: «Un uomo che si uccide è sempre una tragedia, e chiunque si tolga la vita non può essere condannato da nessun altro, ma può solo avere la pietà di chi, in quanto uomo fragile come lui, gli è fratello»;

   «Una banalizzazione della tragedia», continua la Stampa Romana, come se fosse un'attenuante, rendendo così all'opinione pubblica un quadro per cui questi reati legati al femminicidio sono sempre considerati di serie B. Una vittimizzazione secondaria, esplicitamente vietata anche dalla Convenzione di Istanbul che in Italia è stata ratificata con legge 27 giugno 2013, n. 77;

   «La narrazione di questo dramma, si legge ancora su the Huffingtonpost.it, è affidata unicamente al punto di vista maschile e con esso alla ricerca di una colpa assoluta, di un alibi e una giustificazione che possa legittimare, in qualche modo, quel gesto, per farlo diventare “disperato” o “folle” e non, come troppo spesso accade, prevedibile, perché frutto di una cultura specifica che ha un nome e “rituali” che si ripetono uguali. Non follia, non disperazione, ma una volontà di vendetta, una dimostrazione di forza e di potere»;

   il diritto di cronaca e di critica arretra di fronte alla tutela della dignità della persona, che, a sua volta, è un diritto inviolabile dell'uomo e in quanto tale, tutelato dall'articolo 2 della Costituzione –:

   se il Governo non intenda adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza, affinché sia implementata l'attività di comunicazione istituzionale per la promozione di una cultura finalizzata alla prevenzione della violenza sulle donne, e in ogni cosa volta alla tutela della dignità della persona, in particolare del genere femminile.
(4-06217)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   CADEDDU, ALBERTO MANCA, SCANU, MAGLIONE, DEL SESTO e CILLIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni nel Mar Mediterraneo si è manifestata in misura sempre maggiore la presenza della «Mnemiopsis leidyi», ctenoforo appartenente alla famiglia Bolinopsidae, comunemente conosciuto come noce di mare, una specie aliena e altamente invasiva, compresa nella lista delle prime 100 specie invasive a livello mondiale;

   originaria dell'Atlantico, introdotta con l'acqua di zavorra delle navi cisterna nel Mar Nero, nel Baltico e nel Caspio, con il tempo ha colonizzato anche altri mari fino a raggiungere il Mediterraneo e anche l'Adriatico; in particolare, è stata trovata in diverse lagune italiane come Orbetello, Grado, Marano e le Lagune Oristanesi e la Laguna di Venezia;

   è una specie divoratrice di zooplancton, uova e larve delle specie ittiche, pertanto può alterare la catena trofica, riducendo l'abbondanza degli stock ittici; è ermafrodita caratterizzata da un'impressionante capacità riproduttiva; in sole due settimane diventa adulto (un solo individuo può produrre migliaia di uova al giorno) ed è adattabile in tutti gli ambienti a qualsiasi latitudine e a diversa salinità;

   le noci di mare sono inoltre dannose per alcuni sistemi di pesca peculiari delle lagune (la pesca lagunare utilizza attrezzi da posta fissi), in quanto ostacolano l'operatività degli attrezzi per occlusione meccanica: essendo gelatinosi gli ctenofori si attaccano alle reti con la conseguente impossibilità di catturare le specie ittiche di interesse commerciale. Inoltre, l'ammasso di ctenofori nelle reti produce bagliori fluorescenti che allontanano i pesci;

   oltre alle ripercussioni ecologiche sulle risorse ittiche, dunque, se la noce di mare dovesse continuare a proliferare in maniera così massiva, nell'arco di pochi anni potrebbe causare grossi danni all'economia di tutto il comparto ittico, dalla pesca alla molluschicoltura, com'è successo nel Mar Nero, dove, alla fine degli anni '80, la biomassa ittica diminuì drasticamente da circa 0,9 a 0,3 milioni di tonnellate;

   in Italia sono stati avviati monitoraggi e campionamenti su questa particolare specie ma solo a livello regionale, come il progetto «noce di mare», un programma di osservazioni e di ricerca in laguna di Marano e Grado, finanziato dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia. È necessario, però, che il problema, vista la natura estremamente aggressiva della specie, venga affrontato a livello nazionale ed europeo;

   il 26 febbraio 2020, la Commissione europea, in risposta all'interrogazione sulla medesima questione (caso E-004283/2019) presentata dall'eurodeputato Ignazio Corrao, ha affermato di essere a conoscenza della comparsa e diffusione della noce di mare nel Mediterraneo e negli altri mari europei, nonché del suo potenziale impatto sugli stock ittici e sugli ecosistemi marini;

   il regolamento 1143/2014 stabilisce il quadro dell'Unione europea per intervenire nei confronti delle specie esotiche invasive. In particolare, l'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento descrive i criteri per l'inserimento delle specie nell'elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale e le misure da applicare per farvi fronte. Ad oggi, però, la Mnemiopsis leidyi non è stata proposta per l'inserimento nell'elenco dell'Unione;

   la Commissione conclude dicendo che: «Il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca potrebbe fornire opportunità per misure a sostegno della protezione e del ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini nell'ambito di attività di pesca sostenibili. Un sostegno finanziario è potenzialmente disponibile anche attraverso il programma dell'UE per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e i fondi della politica di coesione, indipendentemente dall'inserimento della specie nell'elenco dell'Unione» –:

   se, in relazione alla gravità del problema esposto, il Governo intenda promuovere degli interventi nazionali finalizzati a definire l'entità del fenomeno descritto in termini di diffusione e di incidenza sulla biodiversità;

   se, il Governo ritenga opportuno presentare alla Commissione europea la richiesta di iscrizione della Mnemiopsis leidyi nell'elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale;

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per contenere la presenza di questa specie altamente invasiva e per ridurre il danno economico subìto dagli operatori della pesca, anche alla luce delle opportunità proposte dalla suddetta risposta della Commissione europea.
(3-01651)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, BOLOGNA e SARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i composti perfluoroalchilici (Pfas) sono stati impiegati per anni nel Polo chimico di Spinetta Marengo (Alessandria) e sono stati rilasciati nelle falde acquifere e nei corsi di acqua. Sono defluiti dalla Bormida al Tanaro e via via fino al Po. Tali composti sono altamente nocivi alla salute umana: per questo motivo sono stati banditi su scala mondiale a decorrere dal 2012; anche nell'alessandrino è documentata un'inversione sessuale dei pesci a seguito dell'esposizione a questi interferenti endocrini;

   nell'ottobre 2018 ha smesso di produrre Pfas la Miteni di Trissino (VI) ed è fallita. Da alcuni anni stava trattando il ciclo cC604 proveniente in parte dalla Solvay di Spinetta Marengo (AL). Oltre 300 mila persone hanno avuto l'acqua potabile contaminata e sono stati necessari oltre 80 milioni di euro versati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla regione Veneto per nuove infrastrutture idriche; la bonifica vede solo iniziali progetti;

   Solvay, nel 2012, fu costretta a sostituire il Pfoa – vietato, come ricordato, dalle convenzioni e normative internazionali – con un altro componente fluorurato, appunto il cC604 che iniziò a produrre in un reparto allestito all'interno dello stabilimento di Spinetta Marengo e che in parte veniva inviato a Trissino finché la Miteni era aperta;

   Solvay ha richiesto alla provincia di Alessandria una nuova Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per poter costruire un nuovo e più grande reparto per la preparazione del cC604, in modo da aumentarne la produzione e l'impiego;

   Legambiente si è opposta alla richiesta ed il 28 ottobre 2019 ha inviato alla provincia di Alessandria un documento nel quale si afferma che tale autorizzazione debba essere concessa solo a conclusione di studi condotti da centri di eccellenza «super partes» e ha richiesto alla provincia medesima di poter visionare la documentazione integrale prodotta da Solvay Speciality Polymers Italy Spa riguardante il procedimento in questione, rendendo accessibile il contenuto dei ben 56 «omissis» presenti nella relazione tecnica attualmente resa pubblica sul sito della provincia;

   la provincia di Alessandria, a quanto consta agli interroganti, avrebbe espresso il diniego alla suddetta richiesta. Legambiente ha allora richiesto la sospensione del procedimento di autorizzazione a costruire il nuovo impianto (Aia) appellandosi al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della provincia di Alessandria. Anche questo ricorso sembrerebbe non essere stato accolto e il 19 novembre 2019 si è svolta in provincia la conferenza di servizi per l'autorizzazione a produrre tale composto, alla quale, per Legambiente, ha partecipato un suo rappresentante. Solvay ne ha contestato la presenza per preservare «segreti industriali». La provincia ha allora deciso che il rappresentante di Legambiente avrebbe potuto presenziare unicamente agli interventi di Arpa, comune e Asl, ma depurati di dati quantitativi e senza prendere la parola. In seguito pare che Arpa abbia reso noto che nelle acque del Bormida a valle dello scarico del polo chimico la concentrazione di cC604 è di 1,6 microgrammi/litro contro un valore di fondo inferiore a 0,1 micro grammi/litro. La direzione ambiente e pianificazione territoriale della provincia di Alessandria avrebbe espresso seri dubbi sull'efficacia dei sistemi di abbattimento delle emissioni inquinanti di cC604 adottati da Solvay e richiesto una serie di precisazioni. Net corso della recente audizione della Solvay in commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlate è emerso che la produzione della Solvay è orientata per l'85 per cento all'export –:

   se i Ministri interrogati abbiano a disposizione istruttorie tecniche indipendenti sulla sicurezza del cC604 e di quali elementi dispongano circa l'ampliamento del reparto cC604;

   quali iniziative di competenza intendano adottare in relazione al grave inquinamento di tutto il bacino del Po e del mare Adriatico, anche in considerazione del fatto che la produzione della Solvay è destinata prevalentemente all'export;

   se sia stata verificata la sicurezza della molecola cC604, la sua cancerogenicità, non teratogenicità e la sua compatibilità con l'ecosistema fluviale.
(5-04287)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEL MONACO, VILLANI, DEL SESTO, IORIO, SARLI e DI LAURO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione n. 79 del 26 giugno 2020, la giunta comunale di Caserta ha deciso di approvare il progetto definitivo per la realizzazione di un «impianto integrato di selezione di materiali riciclabili dal rifiuto indifferenziato e trattamento biologico del rifiuto organico»;

   con determinazione dirigenziale n. 1512 del 12 ottobre 2018 si è proceduto con l'aggiudicazione con efficacia della progettazione definitiva, esecutiva e del servizio di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione relativamente all'intervento «Realizzazione dell'impianto di compostaggio con recupero di biometano» alla RTI Tecnosistem spa con sede in Napoli;

   il quadro economico inserito nella stima economica del progetto in questione, è pari ad euro 36.013.000 riferiti ai soli lavori, superiore all'importo finanziato che per la realizzazione dei soli lavori prevede una spesa di euro 19.600.000, pertanto superiore di euro 16.413.000. La somma maggiore è dovuta in parte alla necessità di opere di mitigazione ambientale, considerato il posizionamento dell'intervento attiguo a zona sottoposta a vincolo ambientale ed a vincolo paesaggistico ed in parte ad opere complementari all'impianto stesso (distributore di Gpl, centro congressi, centro didattico-museale, centro formativo, e altro); per questo si è deciso di procedere, in accordo con la struttura di missione della regione, di realizzare l'intervento in due stralci funzionali. Uno da 19 milioni e mezzo circa come da finanziamento approvato. Il secondo da 16.413.000 euro più Iva per i quali chiedere un nuovo finanziamento;

   con la delibera n. 112/2017 il comune di Caserta ha approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica (progetto preliminare) e localizzato l'impianto in località Ponteselice;

   con determina n. 486/2020, poiché da più approfondite indagini risultava possibile trasferire l'impianto di trattamento dei rifiuti nell'area ex cava sita in località Casa Mastellone, veniva conferito un incarico professionale per la verifica dell'eventuale delocalizzazione dell'impianto;

   va considerando che entrambe le località individuate per la realizzazione dell'impianto integrato di selezione di materiali riciclabili dal rifiuto indifferenziato e trattamento biologico del rifiuto organico si trovano in zone con vincolo paesaggistico;

   si consideri altresì che, al di sotto della località Casa Mastellone, v'è una falda acquifera che alimenta le utenze idriche delle abitazioni dei cittadini del comune di Valle di Maddaloni, mentre la località Ponteselice è collocata di fronte al complesso monumentale Reggia di Caserta; è impressione che sia stato completamente dimenticato il valore paesaggistico dei siti, che ci sia un accanimento della realizzazione del progetto in una terra già abbastanza martoriata dal punto di vista ambientale e notoriamente conosciuta come «Terra dei fuochi»;

   dunque, entrambe le zone individuate per la realizzazione dell'impianto sono soggette a vincoli paesaggistici –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quale sia il loro orientamento, per quanto di competenza, in merito alla tutela e alla salvaguardia dell'ambiente, del paesaggio e del complesso monumentale di elevato valore culturale, storico, architettonico, e dichiarato Patrimonio mondiale dell'umanità dall'Unesco.
(4-06206)


   ZICCHIERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Arpa Lazio, su mandato della regione Lazio, ha avuto, in passato, mandato per svolgere l'attività di controllo e vigilanza secondo una serie di programmi specifici sulle microalghe che, da anni, aggrediscono il golfo di Gaeta e, nel 2012, ha pubblicato uno studio dello stato marino-costiero del golfo;

   in particolare, dal 2001 al 2011, l'Arpa Lazio ha condotto specifici controlli nel Golfo di Gaeta, su cui si affacciano i comuni come, a partire dalla foce del Garigliano, Minturno-Scauri, Formia, Gaeta, tra i quali il monitoraggio delle microalghe potenzialmente tossiche e la ricerca delle cause di moria di pesci;

   in relazione alla delicata situazione ambientale, il territorio del Golfo di Gaeta e i bacini drenanti ad esso afferenti sono stati designati come «Area Sensibile», con delibera regionale n. 116 del 19 febbraio 2010, ai sensi della direttiva 91/271/CE e del decreto legislativo n. 152 del 2006, sulla base dei criteri dell'allegato 6 alla parte terza del suddetto decreto;

   la D.G.R. n. 116 del 2010 stabilisce che vengano svolte azioni di indagine, di studio, di monitoraggio e strutturali tese a ridurre il carico di sostanze inquinanti in mare, in particolare nel caso in cui queste abbiano concentrazioni tali da avere effetto sul livello di eutrofizzazione delle acque;

   studi condotti nell'area del Golfo da una apposita commissione per problemi ambientali, turistici, attività di pesca e acquacoltura, nominata dalla amministrazione provinciale di Latina nel 2003, relativamente agli apporti di azoto e fosforo, evidenziano una situazione potenzialmente critica, tale da definire l'area come quella a più elevata complessità della provincia di Latina;

   i principali impianti di depurazione dell'area costiera del Golfo di Gaeta, gestiti da Acqualatina sono: i depuratori di Minturno e Spigno Saturnia, di Gaeta e Formia, il depuratore del centro urbano di Itri e il depuratore di Santi Cosma e Damiano;

   tra i principali apporti si evidenziano i comparti agricoli, zootecnici, civili, industriali, portuali e derivanti dall'acquacoltura;

   inoltre, la rete fognaria e gli impianti di depurazione dei centri urbani presenti nel golfo non sono in grado di smaltire in maniera idonea i reflui urbani e questo determina la fonte principale di inquinamento trofico dell'area;

   la stessa commissione sottolinea, inoltre, l'esistenza di gravi lacune conoscitive riguardo soli apporti di importanti bacini idrografici, come quello del Garigliano, il quale contribuisce in maniera sostanziale alle alterazioni ambientali che caratterizzano l'area del Golfo di Gaeta;

   i valori dei carichi organici apportati dai principali bacini drenanti nel golfo, tratti dal lavoro pubblicato dalla commissione, sarebbero stimati, a quanto consta all'interrogante in circa 330 tonnellate/anno da azoto e 150 tonnellate/anno di fosforo, a carico principalmente dei comparti agricolo e civile;

   ad oggi, le acque del golfo, in modo quasi costante e per tutto l'anno, sono invase dalla presenza di: mucillagini-aggregati gelatinosi-fioriture algali, fenomeni dovuti ad una eutrofizzazione delle acque ormai sature di microalghe per il costante apporto di nutrienti come azoto e fosforo;

   questi fenomeni ormai quotidiani rendono le acque marine antistanti le spiagge poco apprezzate e dunque si pone la necessità di combatterli a causa delle ricadute negative sul piano economico e di immagine del territorio –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti di cui in premessa, se intenda promuovere apposite indagini da parte dell'Ispra, e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché sia garantita una maggiore trasparenza sui dati relativi alla qualità delle acque marine, a partire dall'area di cui in premessa, rendendo accessibili al pubblico tutti gli elementi, anche relativi alle analisi chimico-fisiche, a disposizione del Ministero.
(4-06208)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   lo statuto dell'Ente Parco nazionale del Pollino, all'articolo 14, comma 1, esplicitamente prevede che: «Le sedute del Consiglio Direttivo sono pubbliche» e ciò per una evidente motivazione di necessaria trasparenza;

   il verificarsi della pandemia da Sars-CoV-2 ha determinato la necessità di distanziamento sociale, sancita dai decreti di volta in volta emanati dagli organi di Governo nazionali;

   conseguentemente, è stato necessario modificare le modalità di svolgimento delle riunioni necessarie al funzionamento di enti e della pubblica amministrazione in genere;

   tuttavia, ciò non può determinare il venir meno della necessaria trasparenza, nonché della possibilità, ove previsto, della presenza di soggetti/persone abilitate ad assistere a dette riunioni; le attuali, largamente utilizzate, tecnologie informatiche facilmente consentono di ampliare anche in maniera assai rilevante il numero delle persone che possano assistere a tali riunioni;

   al contrario, l'Ente Parco nazionale del Pollino ha già indetto ed effettuato, ad oggi), ben tre riunioni del consiglio direttivo (in data 15 aprile, 18 maggio e 12 giugno 2020), svoltesi lungo l'arco di circa due mesi, limitando l'accesso alla piattaforma digitale ai soli membri del consiglio direttivo, nonché ad alcuni funzionari dell'ente stesso, malgrado che, fin dalla prima convocazione, che prevedeva la riunione per via telematica, fosse stato formalmente sollevato il problema della necessità di consentire la partecipazione anche a soggetti diversi da quelli precedentemente indicati e ciò in ossequio al principio di trasparenza alla base del comma 1 dell'articolo 14 dello statuto dell'ente Parco, ma anche per i delicati argomenti trattati, tra cui la destinazione di ingenti risorse economiche;

   una ulteriore seduta del consiglio direttivo dell'Ente è stata convocata per il 26 giugno 2020, sempre con le modalità adottate di recente, che impediscono la possibilità di partecipazione a soggetti esterni all'Ente Parco, nonostante che, nello specifico, l'ordine del giorno rechi importanti provvedimenti di spesa che interessano tutte le ditte esistenti nel Parco;

   il presidente dell'ente Parco nazionale del Pollino ricopre, da oltre un anno, anche la carica di direttore generale di Arpa Calabria, regione che finanzia cospicuamente il parco del Pollino, nonostante in tale situazione si incorra secondo l'interrogante nell'inconferibilità di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 39 del 2013 –, con grave conflitto di interessi tra le riferite cariche, anche in considerazione del fatto che Arpa Calabria svolga attività di controllo sul predetto parco;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti accaduti e qui illustrati;

   quali iniziative intenda adottare a motivo di quelle che appaiono all'interrogante come evidenti infrazioni rispetto allo statuto dell'ente parco nazionale del Pollino circa la necessità che le sedute del consiglio direttivo siano pubbliche, quant'anche si svolgano con modalità telematiche;

   di quali elementi disponga riguardo alla validità delle decisioni assunte e dei conseguenti atti deliberativi da parte del consiglio direttivo dell'ente Parco;

   quali siano, gli intendimenti del Ministro interrogato riguardo alla situazione di sostanziale conflitto di interessi che connota la posizione del presidente dell'ente parco, che ricopre, come ricordato in premessa, anche l'onerosissimo incarico, in termini di impegno e di tempo, di direttore generale dell'Arpa.
(4-06214)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   durante il periodo di chiusura forzata per l'emergenza Covid-19 nel nostro Paese il 6 per cento delle imprese commerciali, il 9 per cento nella ristorazione, ha ricevuto proposte «irrituali» per rilevare l'attività con valori inferiori al prezzo di mercato;

   il dato acquisito da indagini selettive realizzate da talune camere di commercio sul territorio nazionale ha evidenziato potenziali rischi di infiltrazione della criminalità organizzata a caccia di locali e attività da rilevare «prendono per la gola» i commercianti più in difficoltà;

   l'indagine, svolta dal 3 all'8 giugno 2020, ha evidenziato che il 52 per cento delle imprese ha potuto usufruire di dilazioni di pagamento da parte dei fornitori e il 45 per cento ha corrisposto regolarmente il canone d'affitto, ma oltre il 60 per cento ha fatto ricorso al patrimonio aziendale o personale per affrontare il lockdown, il 43 per cento si è rivolto alle banche per negoziare un prestito, – l'1 per cento – il 3 per cento nell'intermediazione immobiliare – si è invece rivolto a società finanziarie o altri soggetti (fonte www.businessgentlemen.it);

   appare probabile e comunque prevedibile che in questo periodo così difficile di «stop» per l'emergenza sanitaria qualche impresa abbia fatto ricorso all'usura per reperire liquidità; sembrerebbe che soltanto l'1 per cento abbia avuto il coraggio di risponde affermativamente, il 2 per cento nella ristorazione. Il dato preoccupante è come la percentuale salga quando si ipotizza la possibilità di ricorrere a prestiti su canali illegali. Il 7 per cento ha infatti dichiarato di aver fatto in passato ricorso a prestiti usurai, percentuale che sale al 10 per cento nella ristorazione. E il 9 per cento delle imprese non ha denunciato o non denuncerebbe gli usurai;

   normativamente esistono strumenti idonei a contrastare e prevenire l'insorgenza del fenomeno delittuoso dell'usura come la legge 7 marzo 1996, n. 108 che reca «Disposizioni in materia di usura» ove, all'articolo 15, prevede l'istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze di un «Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura» destinato a favorire l'erogazione di finanziamenti a soggetti che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà di accesso al credito;

   il medesimo riferimento normativo dispone che siano le fondazioni e le associazioni, riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura, iscritte in apposito elenco tenuto dal Ministro dell'economia e delle finanze, con lo scopo di prevenire il fenomeno dell'usura, anche attraverso forme di tutela, assistenza ed informazione, a prestare garanzie alle banche ed agli intermediari finanziari al fine di favorire l'erogazione di finanziamenti a tali soggetti –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare l'opportunità di avviare una campagna divulgativa di informazione a carattere nazionale attraverso gli strumenti ritenuti più idonei, anche attraverso mezzi di comunicazione televisivi, volta a sensibilizzare gli imprenditori, possibili vittime del fenomeno delittuoso dell'usura, al fine di metterli nelle condizioni di conoscere ed accedere al «Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura» per scongiurare il potenziale riacuirsi del fenomeno.
(4-06201)


   FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore del cosiddetto «decreto Liquidità» dell'8 aprile 2020, autorizzato anche dalla Commissione europea, si è inteso ampliare il sostegno economico alle imprese italiane al fine di contrastare e contenere gli effetti negativi della pandemia da Covid-19 sull'economia nazionale;

   al primo step semplificato, è stato affiancato dal «decreto Liquidità» un più corposo intervento garantito da Sace spa, società controllata da Cassa depositi e prestiti, che è sempre stata al fianco dell'export italiano, in particolare delle grandi imprese;

   con il «decreto Liquidità» l'importo delle garanzie stanziate è di 400 miliardi di euro, di cui 200 miliardi – 30 dei quali sono riservati alle piccole e medie imprese – sono destinati a favore delle esportazioni e tale garanzia, concessa dal Governo, tramite Sace, sino al 31 dicembre 2020 – per finanziamenti di durata non superiore ai 6 anni con possibilità di preammortamento fino a mesi 36 mesi – potrà essere richiesta non solo dalle imprese, ma anche da liberi professionisti e partite Iva;

   i requisiti per accedere alle garanzie previste dal «Fondo Liquidità» implicano che la garanzia venga rilasciata solo ad imprese in «buona salute». Non deve infatti trattarsi di impresa in difficoltà, al 31 dicembre 2019, ai sensi dei Regolamenti (UE) n. 651/2014, n. 702/2014 e n. 1388/2014 e che, alla data del 29 febbraio 2020, non deve risultare presente tra le esposizioni deteriorate presso il sistema bancario e deve aver utilizzato il Fondo centrale di garanzia fino alla capienza;

   va considerato, inoltre, che l'importo del prestito per il quale si chiede la garanzia non può essere e superiore al maggiore tra i 2 criteri alternativi:

    il 25 per cento del fatturato annuo dell'impresa relativo al 2019;

    il doppio dei costi del personale dell'impresa relativo al 2019, con correttivi in caso di nuova attività;

   la copertura della garanzia varia dal 90 per cento al 70 per cento dell'importo del prestito, a seconda delle dimensioni dell'impresa, con una parte di rischio residuale a carico dell'ente finanziatore;

   è stato approvato in questi giorni un accordo tra Abi e Sace per la creazione di un manuale operativo di accesso ad una piattaforma che gestirà i finanziamenti garantiti per aziende con fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro e meno di 5.000 dipendenti; invece, per le imprese di dimensioni maggiori, sarà necessaria una procedura che prevede l'approvazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;

   l'auspicio condiviso dalla collettività è quello per il quale tutte le operazioni garantite da Sace potranno poi essere riassicurate per il 90 per cento degli impegni presi, con l'augurio che i tempi delle procedure implementate siano sufficientemente rapidi per consentire un accesso al credito garantito cosicché le imprese italiane possano avere una ripartenza veloce ed effettiva. È quindi necessario un coordinamento tra il Governo e gli istituti di credito coinvolti, che assumono in questa fase un ruolo di collaborazione fondamentale –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza per accertare quali e quante siano le imprese che abbiano ricevuto un diniego all'istanza presentata, ovvero se abbia già avviato iniziative in tal senso; in quest'ultimo caso, quale sia l'esito dell'accertamento compiuto e se intenda promuovere tali verifiche con cadenza trimestrale, rendendone note le risultanze.
(4-06209)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la procura di Parma, pm Paola Dal Monte, nel 2010 avviò una maxi indagine sul comune ducale, ipotizzando reati in danno della pubblica amministrazione. Nel mirino degli inquirenti, fra l'altro, finirono i dirigenti che erano stati assunti ai sensi dell'articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Per quelle 18 assunzioni, vennero indagati i vertici i dell'amministrazione comunale e tutti i responsabili amministrativi che avevano firmato i contratti;

   in particolare, l'assessore al personale, dottor Giovanni Paolo Bernini, il direttore generale, ingegner Carlo Frateschi, il segretario generale, dottor Michele Pinzuti, il direttore del settore personale, dottoressa Raffaella Rampini;

   a distanza di dieci anni la procura di Parma ha deciso di chiedere l'archiviazione per tutte le posizioni avendo accertato che le assunzioni erano state effettuate secondo la legge e che la guardia di finanza, che aveva condotto le indagini, aveva commesso degli «errori». «Il criterio previsto dalla legge per l'assunzione appare del tutto rispettato e non può essere invocata la violazione» scrive il pm ed annota Il Riformista. Nel frattempo, però, l'amministrazione comunale, travolta dallo scandalo, ha cambiato colore, i dirigenti dell'epoca sono andati tutti in pensione, la dottoressa Rampini è anche morta, probabilmente di crepacuore, prima di sapere di essere stata prosciolta. Le indagini, condotte in modo spettacolare dalla Guardia di finanza con perquisizioni e sequestri continui di documenti presso gli uffici comunali, determinarono un grave danno d'immagine a tutti gli indagati e paralizzarono per mesi l'attività amministrativa. A distanza di dieci anni tutto viene archiviato e nessuno presenta le dovute scuse ai cittadini ingiustamente accusati –:

   se non ritenga di attivare i propri poteri ispettivi e/o di promozione dell'azione disciplinare, considerato che, per verificare la correttezza giuridica di una decina di assunzioni, la procura di Parma ha impiegato ben 10 anni, ad avviso dell'interrogante violando le norme previste dal codice di procedura penale sulla ragionevole durata delle indagini preliminari e sottoponendo per tutto questo tempo gli indagati alla «spada di Damocle» e alla gogna mediatica di un carico pendente sul capo.
(2-00849) «Zanettin, Saccani Jotti».

Interrogazione a risposta orale:


   RUGGIERI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la trasmissione «Quarta Repubblica», in onda su Rete 4 lunedì 29 giugno 2020, ha pubblicato appena alcuni brani audio di Amedeo Franco, giudice relatore in seno alla sezione feriale che giudicò il ricorso di Silvio Berlusconi presso la Corte di Cassazione, nell'ormai arcinoto processo cosidetto «dei diritti televisivi»;

   il ricorso, da quel collegio rigettato, comportò la condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale per l'allora senatore Silvio Berlusconi, e – mesi dopo – il suo conseguente allontanamento dal Senato a causa della decadenza prevista dalla cosiddetta legge Severino;

   nell'audio mandato in onda, che è allegato al ricorso di Silvio Berlusconi ancora pendente alla Cedu, il giudice Franco sostanzialmente si scusa per quella che definisce una sentenza già scritta da un «plotone di esecuzione» cui il ricorrente Berlusconi «avrebbe dovuto evitare» di finire in mano;

   una sentenza – rivela il dottor Franco – figlia di un pregiudizio politico verso un avversario politico «manovrata dall'alto» che egli non avrebbe voluto firmare non fosse stato per le conseguenze negative che il Presidente del Collegio, Esposito, avrebbe lui prospettato («Fallo, e ti attaccheranno da destra e da sinistra»). Franco infine afferma che fosse perfettamente al corrente di tutta la dinamica (consumata con un modus operandi in camera di consiglio tale da farlo pentire di essere entrato in magistratura) l'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali ulteriori elementi conoscitivi sia in possesso sulla vicenda;

   se non intenda attivare le iniziative ispettive previste dall'ordinamento, anche ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare in relazione alla regolarità di funzionamento degli uffici giudiziari coinvolti nella vicenda.
(3-01652)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIACCONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da una inchiesta giornalistica pubblicata su Panorama già nel 2017 si veniva a sapere dell'arresto di Saber Hmidi, un cittadino tunisino di trentaquattro anni, appartenente all'organizzazione terroristica Ansar al-Shari'a, affiliata all'Isis;

   l'arresto, allora, fu operato al termine di un'indagine antiterrorismo, chiamata Black Flag, condotta dalla Digos di Roma e dal Nucleo investigativo centrale e dalla polizia penitenziaria per individuare in Italia cellule operative jihadiste;

   secondo quanto emerse dalle indagini, l'uomo, che si trovava già in carcere per un precedente arresto del 2014, nel corso degli anni, avrebbe dimostrato una «particolare capacità di indottrinamento dei compagni di detenzione», sperimentata e documentata in ben sei carceri italiane, in cui nel frattempo era stato più volte trasferito per motivi di sicurezza, dove avrebbe anche aggredito in più occasioni gli altri detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria nel nome dell'estremismo islamico;

   nel 2014, in occasione infatti del precedente arresto, la Digos di Roma trovò anche nell'abitazione di Saber Hmidi una bandiera dell'organizzazione terroristica Ansar al-Shari'a, molto simile a quelle del Califfato, oltre a diversi cellulari, computer e documenti di identità intestati a stranieri di provenienza sospetta;

   data quindi l'alta pericolosità già accertata da tempo di Saber Hmidi, desta preoccupazione il suo trasferimento e la sua presenza, ora, nel carcere di Asti, struttura che pare non idonea a garantire le necessarie misure e condizioni di sicurezza per la sua detenzione;

   difatti, secondo quanto si apprende anche dalla stampa, il carcere di Asti, seppure passato da casa circondariale a istituto ad alta sicurezza e catalogato come «As3», non avrebbe però le necessarie risorse per gestire adeguatamente e in sicurezza un profilo criminale così pericoloso come quello di Saber Hmidi, accusato di terrorismo internazionale, noto per la sua particolare aggressività e dedito al proselitismo negli istituti in cui è stato detenuto, come documentato nel corso degli anni da diversi articoli di stampa;

   difatti, da tempo, il personale della polizia penitenziaria avrebbe già lamentato gravi problemi nella gestione di tale detenuto, che evidentemente necessita di una sorveglianza speciale e costante da parte di un numero di agenti più elevato per scongiurare aggressioni agli agenti stessi o ad altri detenuti e per evitare che entri in contatto con altri reclusi per fare proselitismo;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, per quali motivi Saber Hmidi sia stato trasferito nell'istituto carcerario di Asti e quali iniziative specifiche siano state adottate per scongiurare qualsiasi contatto con gli detenuti e dunque attività di proselitismo da parte dello stesso, nonché a tutela della sicurezza degli agenti ivi in servizio e degli altri carcerati;

   alla luce delle considerazioni sopra svolte, se non ritenga più opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia trasferito il suddetto detenuto in altra struttura carceraria ed in regime di detenzione di sicurezza più elevata, destinati specificatamente, ai reati quali quelli di cui Saber Hmidi è accusato.
(4-06205)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   Confindustria Lecce, con una lettera aperta inviata a rappresentati di Governo ed istituzioni, ha denunciato una grave situazione di isolamento economico e sociale che si sta verificando nel Salento a causa della carenza di trasporti;

   già un anno fa, in occasione del piano di sviluppo per l'economia del Salento, Confindustria denunciò i limiti dei trasporti locali e dei collegamenti con il resto del Paese e del mondo, chiedendo al Governo l'incremento del numero dei voli sull'aeroporto di Brindisi, a costi competitivi, al pari di altri territori italiani, unitamente a una serie di proposte per rendere efficiente e attrattivo il Salento;

   a causa del lockdown, si legge, la situazione è precipitata. «Dopo il Covid-19, infatti, restano pochissimi collegamenti aerei – taluni ancora in via di istituzione, con tutte le incertezze del caso – a costi, a tratta, davvero esorbitanti. Di quelle curate dalla compagnia di bandiera per la capitale ne resta una sola, dal 1° luglio, e in un orario praticamente inutile. Nel Salento, poi, manca l'alta velocità su ferro; non si parla di partenza dei lavori della S.S. 275, né di rilancio dei porti turistici. L'attivazione dello scalo di Surbo per la movimentazione e il trasporto di merci e prodotti è ancora utopia. Le Istituzioni locali cercano, per come possono, di rispondere, con propri mezzi e sistemi di collegamento interni stagionali, alle esigenze dei primi timidi turisti in arrivo»;

   in questo momento parlare di turismo, continua la missiva, prescindendo dall'isolamento in cui si versa, appare un paradosso;

   i voli da e per Roma e Milano si legge su lecceprima.it «non solo sono pochissimi, meno addirittura della fase pre-covid, ma costano troppo»;

   i voli per Milano decollano alle 11,25 e alle 17,55, mentre quello per Roma Fiumicino alle 19,20. Le partenze dal capoluogo lombardo sono previste alle 9 e alle 14,15, mentre il volo dalla capitale parte alle 17,25. Per quanto riguarda l'aeroporto di Bari proseguono i collegamenti, rimasti attivi anche durante il periodo di chiusura per l'emergenza sanitaria, alle 11,05 per Roma Fiumicino e alle 13 per Milano Malpensa;

   nei mesi estivi cruciali per la stagione turistica, denuncia il presidente Negro, mancheranno i mezzi per raggiungere il Salento. In questa fase la provincia di Lecce parte in assoluto svantaggio, se non proprio sconfitta in partenza. I turisti, con sempre minori budget da destinare alle vacanze, con tempi ristretti a disposizione, sceglieranno mete facilmente raggiungibili con costi di trasporto contenuti;

   è prioritario, tra l'altro, avviare i lavori per l'alta velocità e per il miglioramento della viabilità interna. Il Salento necessita di collegamenti tra le principali mete turistiche e l'aeroporto e il porto di Brindisi e la stazione di Lecce;

   la città di Brindisi, riporta vesuviolive.it, è una di quelle che si trova in situazione di maggior disagio, avendo aperto l'aeroporto il 3 giugno 2020 ma da cui non è partito nessun aereo;

   i residenti pugliesi si lamentano del trattamento di Alitalia per aver trascurato il 2020 aeroporto. Il primo volo per Roma, infatti, è in programma dal 1° luglio 2020 per una sola tratta il mercoledì. Prima del lockdown Alitalia prevedeva 8 voli al giorno per la capitale;

   fino al 1° luglio, nonostante la struttura abbia riaperto i battenti da un mese, non si sono registrati aerei né in partenza né in arrivo –:

   quali iniziative e strumenti, per quanto di competenza, intendano adottare i Ministri interrogati, affinché vengano sostenuti e incrementati i trasporti per una delle mete turistiche più ambite dagli italiani, sostenendo al tempo stesso l'assetto economico-sociale del territorio salentino.
(4-06203)


   MORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tredici persone sono state arrestate (12 in carcere e una ai domiciliari) nell'ambito di una inchiesta della procura milanese sugli appalti all'Atm; secondo le accuse, due dirigenti Atm, imprenditori e manager avrebbero pilotato almeno 8 gare d'appalto per un valore complessivo che si aggira sui 150 milioni di euro;

   tra le aziende indagate, che hanno subìto perquisizioni, ci sono otto società tra cui Siemens Mobility, Alstom Ferroviaria, Ceit e Engineering Informatica;

   tra gli appalti al centro dell'inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Milano, uno è quello sulla manutenzione di impianti di telecomunicazione della linea 5 della metropolitana milanese e l'altro è quello sui sistemi di segnalazione automatica della Linea 2;

   la figura centrale dell'inchiesta sarebbe il responsabile dell'unità amministrativa tecnica complessa sugli impianti di segnalamento e automazione di tutte le linee metropolitane in servizio. Secondo gli inquirenti oltre a 125 mila euro, tra tangenti promesse o incassate, il dirigente avrebbe ottenuto «prestazioni di servizi e benefit» e «l'acquisizione di rilevanti subappalti» per le due aziende in cui aveva importanti interessi;

   dalla procura, per ora, fanno sapere che sono due i fascicoli aperti contro ignoti; uno riguarda l'episodio del 4 marzo 2019 che ha fatto cinque feriti, di cui uno con una frattura parziale al bacino e il secondo vuole fare luce sui fatti del 9 marzo 2019: nove feriti lievi in seguito a un altro «stop» anomalo di un convoglio Atm;

   almeno 8 appalti di forniture per le metropolitane milanesi, fra i quali quello da oltre 100 milioni di euro sui sistemi di segnalazione automatica della Linea 2, la «verde», negli ultimi due anni sono stati truccati, e, in alcuni casi, anche «comprati» con tangenti pagate o pattuite, secondo la procura e la guardia di finanza di Milano;

   uno degli appalti finito nell'inchiesta del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza, è quello dei sistemi di segnalazione automatica della linea 2. Il sistema è lo stesso installato sulla linea 1 e che ha creato tanti problemi negli scorsi mesi con una serie di brusche frenate che avevano provocato cadute tra i passeggeri che, in alcuni casi, erano stati anche ricoverati in ospedale;

   secondo i dati forniti da Atm, le frenate di emergenza sono state più di 300 negli ultimi quattro anni: 67 nel 2015, 79 nel 2016, 109 nel 2017 e 83 nel 2018. Quest'anno, finora, sarebbero state quattro, secondo quanto riferito dall'azienda –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per contribuire a far luce sui fatti esposti in premessa.
(4-06213)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici della polizia di Stato svolgono un costante presidio di legalità sul territorio e di assistenza e soccorso alle persone, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19;

   pur con le misure imposte dal distanziamento sociale, anche in questi giorni gli uffici di polizia e in particolar modo le questure della Repubblica assicurano comunque servizi al pubblico di ricezione delle denunce, di rilascio dei passaporti e dei permessi di soggiorno nonché sono tenuti a garantire condizioni dignitose anche per le persone eventualmente sottoposte a misure limitative della libertà personale;

   i sindacati regionali di polizia dell'Emilia-Romagna Siap e altri, a quanto consta all'interrogante, denunciano che da oltre un mese l'impianto centrale di climatizzazione presso la sede della questura di Piacenza è totalmente fuori uso e, tenuto conto che i locali sono stati costruiti circa 30 anni fa in modo da avere un'ampia superficie finestrata che già da sé disperde le situazioni di comfort interno e non isola dalle condizioni climatiche esterne, il personale della polizia sta lavorando con temperature interne che, nelle ore più calde della giornata, arrivano oltre i trenta gradi;

   condizioni di lavoro che diventano proibitive in questo periodo in cui è obbligatorio l'uso delle mascherine con difficoltà anche per i cittadini che devono recarsi presso gli uffici per fare il passaporto, per sporgere denunce o per chiedere il permesso di soggiorno;

   nonostante vi siano state numerose richieste da parte dell'amministrazione della polizia di Stato, ad oggi non sono ancora stati reperiti i fondi per rendere fungibile l'impianto e per provvedere alla sanificazione dei condizionatori posti negli uffici e nelle sale di attesa –:

   quale iniziative intenda adottare per ripristinare al più presto il funzionamento dell'impianto di condizionamento della questura di Piacenza e garantire così condizioni dignitose di lavoro ai poliziotti in servizio e condizioni di sicurezza sanitaria ai cittadini che vi accedono a vario titolo.
(4-06207)


   GIACCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in Gazzetta Ufficiale n. 161 del 27 giugno 2020 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell'interno 27 maggio 2020 recante Definizione delle modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative risorse;

   l'articolo 11-bis, comma 19, del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 12 del 2019, demanda ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 marzo di ciascun anno di riferimento, la definizione delle modalità di presentazione delle richieste da parte dei comuni interessati nonché i criteri di ripartizione delle ulteriori risorse di cui all'articolo 35-quinquies del decreto-legge n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2019, relativamente alle annualità 2020, 2021 e 2022;

   con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 31 gennaio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 9 marzo 2018, sono state definite le modalità di presentazione delle richieste di ammissione al finanziamento da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative somme stanziate per gli anni 2017, 2018 e 2019;

   successivamente alle procedure di valutazione delle richieste da parte dei comuni secondo le modalità di cui al citato decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 31 gennaio 2018, sono state assegnate le risorse stanziate per gli esercizi finanziari 2017, 2018 e 2019, per un ammontare complessivo di 67 milioni di euro;

   il provvedimento de quo è stato adottato in data 27 maggio 2020 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale solamente in data 27 giugno, che, a parere dell'interrogante, è un lasso di tempo del tutto ingiustificato ed incomprensibile;

   in particolare, l'articolo 3 del citato decreto prevede che «Le richieste dei comuni di ammissione al finanziamento per l'esercizio finanziario 2020 devono essere presentate alla Prefettura-UTG territorialmente competente entro il 30 giugno 2020», lasciando agli enti territoriali solamente tre giorni per la compilazione delle domande del tutto insufficienti per l'espletamento della procedura e con il rischio per gli amministratori, in caso di errori nella compilazione delle richieste, di incorrere in ipotesi anche di danno erariale;

   alquanto assurdi appaiono, pertanto, all'interrogante, sia il lasso di tempo intercorso tra l'emanazione del provvedimento e la sua pubblicazione, sia l'inadeguato termine per la presentazione delle domande di finanziamento, quest'ultimo, peraltro, ancora più sproporzionato tenuto conto che non era sufficiente la presentazione della sola domanda, bensì essa necessitava anche del progetto preventivamente approvato in sede di «Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica»;

   come noto la legge 11 febbraio 2019, n. 12, «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione», è stata approvata da una maggioranza parlamentare diversa da quella attuale e non si vorrebbe quindi che la previsione di un termine di soli tre giorni per la presentazione delle domande da parte dei comuni rappresenti una scelta politica artatamente preordinata per meri fini politici a danno degli enti locali –:

   se, non intenda fornire chiarimenti in ordine alla questione segnalata in premessa e comunque se non ritenga opportuno adottare con urgenza un'iniziativa volta a prorogare il termine previsto dall'articolo 3 del decreto 27 maggio 2020 citato in premessa.
(4-06210)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   mercoledì 24 e sabato 27 giugno 2020 si sono verificati a Susa due gravissimi episodi in cui alcuni appartenenti alla polizia di Stato sono stati minacciati e aggrediti da attivisti No Tav all'uscita del ristorante dove, terminato il turno ed ancora in servizio «in reparto inquadrato», avevano appena consumato un pasto;

   in un video, pubblicato poi sul sito «Notav.info», dal titolo «La grande ritirata» col fine di ridicolizzare il corpo di polizia, si vedono gli agenti accerchiati dai manifestanti che inveiscono con pesanti insulti e minacce e con fare violento;

   solo grazie alla grande professionalità degli agenti sono stati evitati contatti con i manifestanti e ulteriori problemi di ordine pubblico; tuttavia rimane gravissimo che un gruppo di persone violente in una manifestazione non autorizzata abbia costretto le forze dell'ordine, per evitare più gravi conseguenze, ad abbandonare il controllo di un pezzo di territorio, già teatro, anche recentemente, di violenti scontri da parte dei militanti No Tav che si oppongono all'allargamento del cantiere avviato in questi giorni;

   quanto accaduto attesta l'acuirsi di un grave problema di ordine pubblico nella zona, destinato a peggiorare poiché, sempre secondo quanto si apprende dai giornali, ai due gravissimi episodi non sono seguite esplicite dichiarazioni di condanna da parte delle istituzioni, in particolare dell'autorità nazionale di pubblica sicurezza, a difesa di quegli agenti aggrediti e anche a tutela della credibilità propria e di tutto il corpo della polizia;

   invece, sempre dalla stampa, giungono notizie dell'intenzione da parte del Ministro interrogato di voler modificare i decreti sicurezza, tra cui il decreto-legge n. 53 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2019, che, all'articolo 16, ha escluso la particolare tenuità del fatto per i delitti di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (articolo 336 del codice penale), di resistenza a pubblico ufficiale, (337 del codice penale) e di oltraggio a pubblico ufficiale (341-bis del codice penale) nell'esercizio delle proprie funzioni;

   pertanto, anche queste notizie non fanno che peggiorare situazioni già di grave ordine pubblico, come quelle sopra descritte in Val di Susa, ed ingenerare l'idea di una prossima e sostanziale impunità per condotte violente e gravissime nei confronti delle forze dell'ordine –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative abbia adottato anche per stigmatizzare i due gravissimi episodi accaduti a Susa il 24 e il 27 giugno 2020 e a difesa degli agenti ivi in servizio, e infine se abbia intenzione, nell'ambito della dichiarata volontà di modificare i decreti cosiddetti Sicurezza, di ricondurre in sostanza i casi di oltraggio, violenza o resistenza a pubblico ufficiale, all'ambito della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
(4-06211)


   LEGNAIOLI, BELOTTI, POTENTI, LOLINI e BILLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente su diversi social media, è apparso un video in cui si assiste ad una scena raccapricciante, ripresa con il cellulare da un passante all'alba nei pressi della stazione di Campiglia Marittima (Livorno), di un uomo che si sarebbe acceso una brace di fortuna in strada per arrostire un gattino appena catturato;

   nel video, infatti, sono riconoscibili una cassetta di plastica posata in terra, molto probabilmente servita per trasportare il povero gatto, accanto delle assi di legno, il fumo del fuoco, un gatto arrostito ed un uomo che con un rasoio o un coltello lo spella;

   nello stesso video si vede, altresì, una passante che, sconvolta, con urla disperate cerca di fermare l'uomo il quale, del tutto incurante delle reazioni inorridite della signora e degli altri passanti, cerca piuttosto di allontanarla per continuare imperterrito, anche mentre viene filmato, ad abbrustolire e spellare sul fuoco il povero animale;

   secondo quanto si è appreso, i carabinieri, intervenuti sul posto dopo le numerose segnalazioni dei cittadini sconvolti e scioccati da quanto stava accadendo in strada sotto i loro occhi, hanno poi identificato l'autore del macabro gesto in un ventunenne straniero, di origini africane e, pare, irregolare;

   difatti, sebbene la sua posizione sia ancora in fase di accertamento, da quanto emerso lo stesso risulterebbe privo di un permesso di soggiorno;

   sempre secondo quanto riportato dagli organi di informazione, l'immigrato verrà denunciato per il reato di uccisione di animali, di cui all'articolo 544-bis del codice penale;

   è di tutta evidenza che atti di così efferata crudeltà e inciviltà non possano essere comunque tollerati e che, a parere degli interroganti, siano frutto di politiche migratorie fallimentari che stanno consentendo l'ingresso in Italia di migliaia di stranieri irregolari senza alcuna prospettiva, vista anche la grave crisi economica che sta colpendo il nostro Paese, di integrazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia adottato o intenda adottare in merito e, in particolare, nei confronti dell'immigrato irregolare che si è macchiato di un reato così crudele ed efferato anche ai fini della sua immediata espulsione dal territorio nazionale.
(4-06212)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2016, n. 19, è stato approvato il regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento;

   successivamente, anche a seguito di interventi normativi, ed allo scopo di apportare alcune rettifiche destinate ad eliminare alcune imperfezioni, è stato adottato il decreto ministeriale n. 259 del 9 maggio 2017;

   con il decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2016, n. 19, sono state accorpate due classi di concorso:

    14/C esercitazione di officina meccanica agricola e di macchine agricole;

    32/C laboratorio meccanico-tecnologico;

   le citate classi di concorso sono confluite nella seguente disciplina:

    B/17 laboratori di scienze e tecnologie meccaniche;

   a seguito di tale unificazione, molti istituti tecnici e professionali si ritrovano docenti con diploma di perito agrario ad insegnare nelle officine meccaniche;

   appare evidente il danno prodotto agli alunni sotto l'aspetto didattico, ma l'elemento più preoccupante riguarda la sicurezza degli alunni che si trovano in un ambiente particolare dall'elevato rischio sicurezza con docenti il cui profilo di studi non prevede nessuna conoscenza nell'uso e nella conduzione delle macchine utensili;

   con il «decreto scuola» è ormai imminente la riapertura delle graduatorie provinciali triennali per la copertura dei posti a partire dall'anno scolastico 2020/2021;

   a causa del mancato ripristino delle due classi di concorso, il prossimo anno scolastico si avranno in cattedra numerosi diplomati del settore agrario ad insegnare nelle officine meccaniche degli istituti tecnici e professionali con il danno ed i rischi per la sicurezza degli studenti, e gli stessi docenti, che ne conseguono –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare, urgentemente, la necessità di adottare iniziative per tornare alle due classi di concorso precedenti 14/C e 32/C, rendendo così imprescindibile la sicurezza degli studenti e dei docenti che deve essere al primo posto nell'azione del Ministero dell'istruzione.
(4-06199)


   CIABURRO e LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto segnalato da Enzo Dho, sindaco del comune di Nucetto (CN), il Ministro dell'istruzione avrebbe operato diversi tagli al personale di vari istituti sul territorio nazionale, financo inclusa la scuola primaria di Nucetto;

   in tal senso, a seguito dei tagli discosti dal Ministero, verrebbe costituita una sola pluriclasse con 17 alunni per le 4 classi 1ª, 2ª, 4ª e 5ª, configurando un contesto in cui un solo docente deve sobbarcarsi l'onere di gestire contemporaneamente quattro classi con attività e programmi completamente diversi, cagionando altresì un danno agli alunni, i quali, per la predetta logistica, non potranno godere di un contesto di apprendimento funzionale;

   la decisione di sottoporre a taglio gli istituti di istruzione primaria quale quello di cui sopra appare inspiegabile, anche alla luce delle importanti risorse stanziate nel recente decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto Rilancio, anche a sostegno del comparto dell'istruzione;

   non si ravvisa in alcun modo la necessità di accorpare classi differenti alla luce della presente situazione di emergenza dovuta alla pandemia da COVID-19, in ragione della quale è – al contrario – necessario ed auspicabile attuare ogni iniziativa in grado di garantire il migliore distanziamento sociale tra gli alunni;

   le risorse stanziate dal decreto «Rilancio» dovrebbero incentivare un incremento del personale docente negli istituti sul territorio nazionale, anche per favorire in modo più agevole e funzionale il distanziamento sociale tra gli alunni, garantendone la sicurezza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se intenda spiegare la ragione sottesa ai tagli al personale docente di cui in premessa, alla luce delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 34 del 2020 e delle necessità di distanziamento sociale evidenti in ragione della crisi epidemiologica da COVID-19;

   se del caso, quali iniziative abbia intenzione di intraprendere per salvaguardare ed incentivare la divisione in classi ed il minore accorpamento di studenti possibile negli istituti su territorio nazionale, anche mediante apposite assunzioni ed incrementi di personale tramite le risorse stanziate con i recenti interventi normativi del Governo.
(4-06202)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI e GUIDESI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le linee guida sulla riapertura delle scuole stabilite dal Ministero dell'istruzione prevedono, tra l'altro, di trovare spazi alternativi dove svolgere le lezioni, come cortili e palestre scolastiche da utilizzare come aule;

   la trasformazione delle palestre in aule pregiudicherebbe non solo le lezioni di educazione motoria, ma anche l'attività delle realtà sportive legate che utilizzano, negli orari extrascolastici, le palestre delle scuole;

   il blocco delle attività a causa del Covid-19 e la difficile ripresa stanno mettendo a rischio tutto il mondo dello sport, tanto che si ipotizza che ben il 30 per cento delle circa centomila società sportive in Italia potrebbe chiudere a causa del taglio delle sponsorizzazioni e delle quote di iscrizione ai corsi perdute;

   l'impossibilità di accedere alle palestre scolastiche sarebbe il colpo di grazia per altre migliaia di società sportive locali;

   secondo un articolo de La Stampa solo nella città di Torino circa 30 mila sportivi amatoriali e agonisti si vedrebbero precluso lo svolgimento della loro attività, sia per gli allenamenti che per le competizioni;

   una simile ipotesi porterebbe alla possibile cancellazione di campionati di discipline come basket, pallavolo, calcetto, pallamano che si disputano all'interno delle palestre;

   nel «decreto Rilancio» i contributi messi a disposizione per le società sportive sono assolutamente insufficienti per garantire la loro sopravvivenza con il rischio di perdere 120 mila posti di lavoro;

   per venire incontro alla mancanza di aule gli istituti scolastici paritari, 12.547 in Italia, si sono dichiarati disponibili a mettere a disposizioni della scuola pubblica i loro spazi in eccedenza –:

   se non ritengano di stipulare accordi con le scuole paritarie al fine di recuperare le aule mancanti, in modo da non pregiudicare l'utilizzo delle palestre, garantendo così l'attività sportiva di milioni di atleti e, al tempo stesso, offrire un aiuto finanziario per gli istituti paritari, realtà fondamentale nei paesi e nei quartieri, oggi in enorme difficoltà a causa della sospensione delle lezioni e delle rette.
(4-06204)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI, MURA e CARLA CANTONE. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali— Per sapere – premesso che:

   attualmente presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), ente pubblico che opera in autonomia, trasparenza ed economicità, sotto la direzione del Ministero della salute e la vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze sono impiegati circa 100 precari, di cui 48 interinali;

   molti di questi lavoratori sono assolutamente indispensabili ed insostituibili e la mancata proroga del loro contratto di somministrazione comprometterebbe seriamente il buon andamento dell'Agenzia che, come noto, è, tra le altre cose, impegnata in prima linea nella gestione dell'emergenza da Covid-19;

   in particolare, in Uffici quali la segreteria tecnica della direzione generale, l'ufficio stampa, l'ufficio registri di Monitoraggio, l'area Autorizzazione Medicinali, l'Area Pre Autorizzazione il buon andamento, l'efficacia, l'efficienza, sono garantiti prevalentemente dal lavoro del personale precario;

   l'Aifa attualmente, non solo, rispetta pienamente la normativa in materia di utilizzo del lavoro interinale, ma potrebbe assumerne anche un numero maggiore in virtù delle numerose funzioni alla stessa attribuite dalle recenti disposizioni legislative;

   il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, all'articolo 9-duodecies, «Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco» al comma 1, dispone, anche al fine di adeguare il numero dei dipendenti agli standard delle altre agenzie regolatorie europee, che la dotazione organica dell'Agenzia sia determinata nel numero di 630 unità;

   nei giorni scorsi i lavoratori interinali dell'Agenzia italiana del farmaco, il cosiddetto personale «somministrato», hanno ricevuto una nota in cui il Ministero della salute invita l'Agenzia a non proseguire con l'utilizzo di tale tipologia di contratti e a non prorogare quelli in essere (di somministrazione), rimuovendo eventuali atti conseguenti compiuti a valere sullo stesso e invitando la società a portarne a conoscenza i lavoratori interessati –:

   quale siano le motivazioni che hanno portato a tale decisionale se non si ritenga doveroso ed urgente adottare iniziative per ripristinare lo status quo, vista anche la situazione di grave crisi economica e sanitaria in atto nel nostro Paese dovuta alla pandemia da Covid-19, in virtù della quale il Governo prima con il decreto «Cura Italia» e poi con il decreto «Rilancio» ha imposto il divieto di licenziamento alle aziende.
(5-04285)


   BOSCHI, DE FILIPPO, NOJA e ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, ha emesso due ordinanze contingibili e urgenti in via cautelativa a tutela della salute pubblica in seguito al caso del gatto domestico deceduto dopo aver morso la sua proprietaria ed essere risultato affetto da Lyssavirus, un virus appartenente a un ceppo tipico dei pipistrelli diverso da quello della rabbia classica;

   con la prima ordinanza il sindaco avrebbe disposto il sequestro degli animali di proprietà della donna (un cane, un gatto e tre gattini lattanti) con il contestuale affidamento in custodia presso il canile comunale «od altra idonea struttura equipollente, così come prescrive la legge», mentre, si apprende da fonti di stampa, la seconda ordinanza disporrebbe che «dalla data odierna e fino al 27 agosto compreso, i cani, anche se muniti di museruola, non possano circolare se non condotti al guinzaglio». Inoltre, i cani accalappiati rinvenuti vaganti non saranno restituiti ai possessori «se non abbiano subito favorevolmente il periodo di osservazione di 6 mesi, riducibili a 2 qualora vengano sottoposti a vaccinazione antirabbica postcontagio con le modalità stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954 n. 320, articolo 87 e con addebito delle spese agli stessi possessori»;

   al riguardo è immediatamente scattata la profilassi per 13 persone, cioè 3 membri della famiglia proprietaria della gattina, il veterinario di Arezzo e 9 addetti della clinica Valdinievole, che non sono stati morsi, ma hanno maneggiato il gatto, pur non essendo il virus riferibile alla rabbia, ma considerato ad essa molto vicino;

   il felino domestico sarebbe stato infettato dal West Caucasian Bat Lyssavirus che non era mai comparso prima dell'episodio in questione. L'identificazione del virus è avvenuta tempestivamente, ad opera dell'istituto zooprofilattico delle Venezie, sede del centro di referenza nazionale per la rabbia, che ha ricevuto il campione di cervello da analizzare inviato dai colleghi dell'istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana;

   l'episodio ha suscitato un certo effetto, oltre che per la strana dinamica, anche perché tra i «protagonisti» è presente un pipistrello, genere al quale sarebbe attribuita l'origine del Sars-CoV-2 –:

   se sia a conoscenza dell'episodio accaduto ad Arezzo di cui premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, nel caso in cui le informazioni riportate dagli organi di stampa risultino confermate, al fine di evitare ulteriori possibili contagi tra gli animali e tutelare la salute dei cittadini.
(5-04286)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI, VIVIANI, DE MARTINI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   la Peste suina africana (Psa) è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, solitamente letale e, nonostante sia una forma influenzale altamente virulenta, è innocua per l'uomo ed il virus non è trasmissibile attraverso le carni macellate e lavorate;

   la Psa è inserita nella lista delle malattie denunciabili dell'Organizzazione mondiale della sanità animale. È una malattia transfrontaliera, con un vasto potenziale di diffusione a livello internazionale, con pesanti conseguenze per la salute animale, per il patrimonio zootecnico e l'economia, per i risvolti sul commercio internazionale di animali vivi e dei loro prodotti. Questa malattia, infatti, ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa;

   con la direttiva 2002/60/CE del Consiglio sono state stabilite le misure minime da applicare all'interno dell'Unione; in particolare, è stato previsto che nel caso di comparsa di un focolaio lo Stato membro interessato debba elaborare un programma di eradicazione della pandemia, da sottoporre all'approvazione delle autorità della Commissione;

   con la decisione 2014/709/UE sono state stabilite ulteriori misure di protezione da applicarsi, fatti salvi gli approvati piani di eradicazione, negli Stati membri interessati dal fenomeno, tra i quali l'Italia, andando ad indicare nell'allegato alla decisione le specifiche aree dove adottare queste misure; misure che ricomprendono anche il divieto della spedizione dei prodotti di origine suina provenienti dai territori espressamente indicati, sia verso altri territori del medesimo Stato membro interessato che verso gli altri Stati, salva la possibilità di ottenere specifiche deroghe;

   la Commissione europea ha approvato il piano presentato dall'Italia per l'eradicazione della Psa in Sardegna: piano che, negli anni, ha comunque consentito il contenimento e la limitazione della diffusione della malattia;

   dagli ultimi dati, infatti, risulta che in Sardegna la Psa sia stata quasi del tutto debellata, grazie anche dalle azioni messe in campo dalla nuova giunta regionale del presidente Solinas. È importante sottolineare che in Sardegna l'ultimo focolaio di Psa in allevamenti di suini domestici, si è verificato il 12 settembre 2018: pertanto, è da quasi 2 anni che non si verificano focolai di Psa in aziende suinicole registrate della regione. Anche nella popolazione selvatica la situazione è in forte miglioramento, come indicato dai dati raccolti nel corso della stagione venatoria 2019-2020, che confermano che la malattia si sta con ogni probabilità gradualmente auto-estinguendo dai cinghiali in assenza di altre fonti di infezione, che in passato erano costituite dai maiali bradi ed anche dai suini domestici;

   si ritiene che sussistano, da subito, le condizioni perché venga richiesto alla Commissione europea, per il tramite del Ministero della salute, l'inclusione della Sardegna tra le regioni elencate nella parte II dell'allegato della decisione di esecuzione della Commissione 2014/709/UE, in cui sono elencate le aree della Unione europea in cui la Psa è presente nei soli cinghiali. Ciò consentirebbe, ovviamente sempre all'interno di un sistema di controlli e monitoraggio adeguato, una ripresa dei commerci di carni suine, salumi e sottoprodotti di origine suina da qualsiasi area della Sardegna verso la penisola e verso gli altri Stati membri, che, dopo decenni di embargo, rappresenterebbe un evidente beneficio per tutto il comparto zootecnico in generale e suinicolo in particolare –:

   se intendano avviare interlocuzioni, per quanto di competenza, con le competenti istituzioni europee, al fine di rivedere le disposizioni circa le attuali limitazioni alla commercializzazione e all'esportazione di carni suine, prodotti a base di carni suine e preparati provenienti dalla Sardegna e al fine di salvaguardare le aziende suinicole sarde, consentendo, così, finalmente, agli allevamenti in regola e certificati di esportare in Italia, in Europa e nei Paesi extra Unione europea.
(4-06198)


   CARNEVALI, SIANI, RIZZO NERVO, PINI e SCHIRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'adenocarcinoma del pancreas è la neoplasia più comune a carico di quest'organo ed è tra le forme di tumore più aggressive e con minore sopravvivenza;

   la sua incidenza in Italia appare in lieve ma costante incremento rappresentando, infatti, il 3 per cento dell'incidenza di tutti i tumori (secondo i dati dell'Associazione italiana di oncologia medica relativi all'anno 2019 vi sono state 13.500 nuove diagnosi di tumore al pancreas, con un aumento dell'incidenza dello 0,4 per cento annuo);

   il tasso di sopravvivenza a 5 anni è molto basso, pari all'8 per cento in Italia e al 6 per cento nel mondo e un dato preoccupante è che in quarant'anni non è stato osservato alcun miglioramento significativo in termini di sopravvivenza, anzi nell'Unione europea è stato registrato un aumento del 62 per cento della mortalità dal 1992 al 2016;

   il tumore al pancreas è difficile da diagnosticare precocemente, poiché nelle fasi iniziali non presenta una sintomatologia specifica, o è addirittura asintomatico e, ad oggi, non sono disponibili test di screening per la popolazione ciò comporta che solo il 7 per cento dei casi viene diagnosticato allo stato iniziale;

   l'unico approccio potenzialmente curativo è la resezione chirurgica, anche se, tutt'oggi, è tra le più complicate essendo gravata da un maggior tasso di complicanze post-operatorie;

   è, pertanto, doveroso che i pazienti possano godere di una presa in carico assistenziale completa, in centri ad alto volume di attività chirurgica e che prevedano il supporto integrato di un team multidisciplinare in grado di garantire un continuum of care, il che passa inevitabilmente attraverso la creazione di una rete nazionale di centri di eccellenza specializzati e la definizione ed adozione di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) ad hoc a livello nazionale;

   ad oggi, benché con il decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 siano state stabilite l'individuazione di poli d'eccellenza a livello nazionale per ogni condizione patologica e la definizione di una rete assistenziale per garantire la presa in carico dei pazienti in presidi che dispongano di un livello organizzativo coerente con la complessità assistenziale richiesta, si registra una disomogeneità della presenza di strutture specializzate nel Paese;

   secondo il Piano nazionale esiti del 2018, in Italia solo in 4 regioni è presente almeno una struttura con pazienti trattati superiore al cut-off di 50 procedure per anno; ciò determina sia un «esodo» dei pazienti verso i pochi centri idonei che possono risultare sovraccarichi, che il trattamento dei pazienti in centri con un numero di casi trattati esiguo (nel 2017 è stato trattato un solo paziente in ben 72 strutture);

   è pertanto necessario provvedere all'individuazione dei centri di eccellenza e definire una rete assistenziale per il tumore metastatico del pancreas, cosicché tutti i pazienti possano ricevere assistenza in strutture idonee;

   infine, per quanto riguarda l'approccio farmacologico nel trattamento del tumore al pancreas attualmente questo si basa sull'impiego di farmaci chemioterapici di prima linea, mentre sono scarse le opzioni terapeutiche per i pazienti con tumori in fase avanzata e, in assenza di farmaci indicati e rimborsati, l'unico approccio terapeutico seguito è quello di ricorrere all'uso di terapie off label –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, quali siano i motivi del ritardo dell'applicazione di quanto previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 in termini di individuazione di centri d'eccellenza e istituzione di una rete assistenziale per chirurgia dei tumori, in particolare per tumori complessi come l'adenocarcinoma al pancreas;

   quali siano i motivi per i quali non si consente l'accesso a farmaci per il trattamento degli stadi avanzati dei tumori gastrointestinali, e specificatamente per l'adenocarcinoma pancreatico, approvati dall'Ema e già in commercio in numerosi Paesi europei.
(4-06200)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 18 febbraio 2020 la Società Galata S.p.a. ha iniziato i lavori per il posizionamento di una stazione Radio Base per telefonia cellulare su un lotto non edificato confinante con le abitazioni limitrofe, in via Gavi, a Roma;

   come denunciato in un esposto presentato dagli abitanti della località «Cerquette Grandi» all'amministrazione comunale, tale apparato non risponderebbe a specifiche esigenze, presenti o future, dei residenti, ma esclusivamente a logiche commerciali e lucrative;

   i cittadini interessati avrebbero, peraltro, potuto indicare un luogo alternativo all'interno del perimetro del comprensorio dove abbondano aree agricole e boschive, come previsto dall'articolo 3 del «Regolamento per la localizzazione, l'installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile...», approvato con la deliberazione dell'assemblea capitolina n. 26 del 2015;

   in particolare, la costruzione dell'impianto, se confermata, potrebbe costituire una situazione di grave pregiudizio per la salute dei cittadini, a causa della prolungata esposizione alle onde elettromagnetiche: a distanza di circa 20 metri dal luogo ove dovrebbe sorgere l'impianto, infatti, abitano famiglie con bambini, anziani e persone soggette a gravi malattie ed, in particolare, cardiopatici e malati oncologici; nelle zone limitrofe al costruendo impianto sono, inoltre, presenti centri sportivi e ricreativi, scuole e asili nido;

   le normative vigenti in materia, proprio al fine di salvaguardare la salute dei cittadini impongono, tra le altre misure, il rispetto di distanze minime dalle abitazioni private, dai centri sportivi e/o ricreativi, dagli ospedali, dalle scuole e dagli asili nido per l'installazione di nuovi impianti di trasmissione;

   la zona risulta già compromessa da inquinamento elettromagnetico poiché, su di essa, insistono potenti impianti di trasmissione di onde elettromagnetiche (antenne del Centro radio operativo della Marina militare italiana e della Radio Vaticana) e altre antenne per telefonia mobile;

   come se ciò non bastasse, le importanti dimensioni dell'impianto avranno un impatto negativo anche dal punto di vista paesaggistico, deturpando l'habitat naturale circostante e insistendo su un'area caratterizzata da ampie distese verdi, boschi e zone sottoposte a vincoli paesaggistici;

   il codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, con riferimento ai procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, prevede che l'installazione delle stesse sia «autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione»;

   il titolare dell'emittente, seppur in possesso del nulla osta autorizzata rilasciato per quanto di competenza, dal Ministero dello sviluppo economico ai fini dell'installazione di una stazione radioelettrica, dovrà comunque provvedere all'acquisizione delle necessarie autorizzazioni presso i competenti enti locali, in ottemperanza a norme, regolamenti e disposizioni urbanistiche ed ambientali in vigore;

   il quadro normativo italiano relativo alla regolamentazione delle emissioni elettromagnetiche ha come norma di riferimento la legge quadro n. 36 del 2001 recante «protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici»;

   i cittadini residenti nella zona si trovano a dover sopportare un ulteriore, grave, peso economico e psicologico, sentendosi altresì lasciati soli dall'amministrazione locale –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche normative, per evitare l'installazione dell'antenna «SRB» di telefonia mobile di cui in premessa. Tenuto conto in particolare dei possibili effetti nocivi di opere di tale genere in termini di potenziali danni alla salute, di danno ambientale e paesaggistico, e non ricoprendo la stessa carattere di pubblica utilità.
(4-06215)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Università degli studi di Bergamo vive una palese contraddizione;

   negli ultimi quattro anni, infatti, l'ateneo ha aumentato progressivamente il numero dei docenti, senza però riuscire a compensare la significativa crescita degli studenti che, ormai, hanno stabilmente superato i 23.000 iscritti;

   l'università di Bergamo continua ad avere il rapporto più alto studenti/docenti, con oltre 60 studenti per ogni docente rispetto ad una media nazionale che si attesta poco sopra i 30 studenti per docente, risultando l'università più sottodimensionata in Italia;

   tale sottodimensionamento riguarda anche il personale tecnico amministrativo che, con 240 unità, risulta essere pesantemente sottodimensionato rispetto alla media nazionale;

   in questi ultimi anni l'ateneo ha inoltre raggiunto ottimi risultati in termini di spazi per gli studenti, qualità della didattica, riconoscimenti della ricerca, bilanci e diritto allo studio;

   a tali nuove attività si è fatto fronte attuando un rigoroso contenimento dei costi di gestione, in particolare delle residenze e del personale, e tramite un diretto intervento finanziario dell'ateneo;

   tuttavia, nonostante l'impegno, gli sforzi profusi e gli ottimi risultati raggiunti, l'università di Bergamo continua ad essere l'ateneo più sottodimensionato in Italia;

   per poter fare il salto di qualità e puntare alla vera eccellenza in una regione che beneficia di un contesto unico in Italia, con il Pil pro capite superiore a quello della Germania, l'ateneo in questione ha bisogno di investire ulteriormente nella crescita per sopperire al sottodimensionamento, ormai atavico, e quindi poter avere le stesse possibilità degli altri atenei delle sue dimensioni –:

   quali siano, per quanto di competenza, le ragioni per le quali un ateneo come l'Università degli studi di Bergamo, pur avendo tutti gli indicatori di sostenibilità finanziaria in ordine e ben al di sopra della media nazionale, continui a vivere un grave problema di sottodimensionamento sia con riguardo al personale docente, sia con riguardo a quello tecnico amministrativo.
(5-04289)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BERGAMINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il New York Times ha recentemente pubblicato un articolo, ripreso dalla stampa nazionale (La Repubblica del 26 e 27 aprile 2020), che segnala il pericolo che l'Unione europea ceda alle pressioni della Cina, nell'azione di propaganda sulla pandemia da COVID-19, notizie che sembrano delineare una nuova guerra fredda fra le superpotenze;

   in particolare, il quotidiano americano denuncia come la frase «la Cina ha condotto una campagna di disinformazione globale per sviare le accuse legate allo scoppio della pandemia e per migliorare la sua immagine internazionale», sarebbe scomparsa dalla stesura finale del rapporto della Commissione europea sulla disinformazione legata alla pandemia di coronavirus, rapporto firmato da EuVsDisinfo, la task force che dipende dal Servizio europeo per l'azione esterna della Ue (Seae) e che dal 2015, mediante la piattaforma online, vigila sulle fake news provenienti da Cina, Russia e Nordafrica;

   le omissioni nel testo finale del suddetto rapporto sarebbero addebitate a una pressione coordinata da fonti ufficiali della Cina sul personale diplomatico di Bruxelles per ammorbidire la critica nei confronti della gestione poco trasparente da parte di Pechino su origini e informazione tempestiva dell'epidemia nel Paese e volta a pubblicizzare accordi bilaterali con importanti partner commerciali membri della Unione europea, al fine di dimostrare come la Cina sia decisiva per le sorti dei cittadini europei e molto più utile della Unione europea;

   dopo alcune smentite da parte di Bruxelles circa le pressioni esterne sul documento finale – i cui contenuti rimangono comunque molto critici nei confronti di Russia e Cina – si è appresa, da fonti giornalistiche, la conferma da parte del Governo tedesco circa il tentativo di esponenti governativi cinesi di contattare funzionari ministeriali tedeschi per «ottenere prese di posizioni positive» per come la Cina «ha gestito la crisi da Coronavirus»;

   tali notizie confermerebbero le pressioni cinesi su alcuni Stati membri, a partire dalla Germania, e sulla Commissione europea, laddove si evidenzino critiche e richieste di una maggiore trasparenza sulle cause dell'epidemia; il Governo tedesco dichiara di non aver mai ceduto alle pressioni cinesi, in quanto «la trasparenza ha un'importanza cruciale nella lotta contro la pandemia», segnalando come rimanga forte il sospetto che sia in atto una campagna di disinformazione sulla gestione della pandemia;

   i servizi tedeschi (Verfassungsschutz) allertano anche sull'invio di aiuti sanitari, come mascherine e indumenti protettivi, a Francia, Germania e Italia, utilizzati dalla Cina come strumenti di propaganda per migliorare la sua immagine internazionale;

   dall'inizio della pandemia si moltiplicano le accuse sull'azione di propaganda da parte di Cina e Russia che, mediante fake news o teorie complottiste via social circa la presunta non pericolosità del coronavirus e l'esagerazione da parte della stampa sulla pandemia, mirano sostanzialmente a indebolire l'azione dell'Unione per estendere la loro influenza sulle opinioni pubbliche europee; in tal senso, rileva l'intervista, di La Repubblica del 9 aprile 2020, all'Alto Rappresentante Josep Borrell, laddove afferma che: «È chiaro che Russia e Cina vogliono aumentare la loro influenza a livello globale. Stanno usando la crisi sanitaria per farlo» –:

   se il Governo abbia ricevuto pressioni, in forma diretta o indiretta, da parte di esponenti governativi cinesi al fine di omettere informazioni chiare e trasparenti circa l'origine, la diffusione e l'impatto reale della pandemia da coronavirus e se non ritenga di dover esplicitare una posizione del nostro Paese sul rischio di eventuali pressioni indebite citate in premessa.
(4-05432)

  Risposta. — Onorevole Deputata Bergamini, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-05432.
  L'Alto Rappresentante Josep Borrell ha immediatamente replicato in modo molto chiaro alle asserite pressioni cinesi per ammorbidire il rapporto del Servizio europeo di azione esterna (Seae) sulle attività di disinformazione osservate durante la pandemia COVID-19. Le analisi del Seae, ha specificato l'Alto Rappresentante, sono svolte da un'unità di esperti indipendenti, non vi è stata alcuna pressione esterna né la versione destinata alla circolazione interna del rapporto è nella sostanza difforme da quella pubblicata sul sito
https://euvsdisinfo.eu.
  Per quanto concerne l'Italia, il Governo ha più volte richiamato l'esigenza fondamentale, nella gestione dell'emergenza sanitaria e delle sue conseguenze, di un approccio internazionale fondato su solidarietà e costante scambio di informazioni anche nella ricerca di una cura e di un vaccino. L'Italia offre, ma chiede anche a tutti, massima trasparenza.
  Fin dall'emergere delle prime notizie sulla diffusione del nuovo
coronavirus, le autorità italiane hanno assicurato contatti e raccordo costanti con l'Organizzazione mondiale della sanità, con i suoi Paesi membri, con le autorità cinesi, al fine di monitorare l'evolversi della situazione e adottare le necessarie, tempestive misure. Ugualmente strettissimo il coordinamento del nostro Paese con i partner dell'Unione europea e G7.
  L'Italia ha preso parte alle regolari riunioni informative organizzate a Pechino dalle autorità cinesi per il corpo diplomatico. La Commissione nazionale della salute cinese ha tenuto inoltre regolari conferenze stampa di aggiornamento in stretto raccordo con l'Oms. I contatti tra Italia e Cina sono poi proseguiti parallelamente anche a Ginevra proprio in seno all'Oms. Il coordinamento e la condivisione d'informazioni avevano come obiettivo una migliore comprensione dell'evoluzione dell'epidemia e della sua origine.
  L'Italia si è sempre espressa chiaramente in tutte le sedi multilaterali (Oms, Ue, Nato, G7 e G20) in favore della collaborazione solidale e coordinata nella lotta al COVID-19 e della trasparente condivisione delle relative informazioni scientifiche.
  In ambito G7 abbiamo avviato un esercizio volto a individuare le risposte di breve, medio e lungo periodo alla pandemia, con l'obiettivo di definire in maniera coordinata la risposta all'emergenza COVID-19 e alle sue conseguenze in diversi ambiti: dal settore umanitario e del sostegno ai Paesi più vulnerabili, all'impatto geopolitico; dalle conseguenze economiche alla protezione dei nostri valori; dal coordinamento nel settore dei trasporti alla preparazione a nuove, eventuali, pandemie.
  In questo contesto, come Italia, ci siamo posti l'obiettivo di mantenere un approccio collaborativo con gli altri partner, fondato sul multilateralismo e sull'ordine internazionale basato sulle regole. Anche in futuro, come ricordato dalla stessa OMS, Sarà fondamentale assicurare un'attività di monitoraggio e informativa accurata e tempestiva per avere una corretta cognizione delle dimensioni e della letalità della pandemia a livello globale.
  Con l'Unione europea e gli altri Stati membri stiamo lavorando a una bozza di risoluzione che verrà presentata all'Assemblea mondiale della sanità dell'Oms in programma il 18 maggio 2020. Il progetto di risoluzione, attualmente oggetto di negoziato con l'intera
membership dell'Organizzazione mondiale della sanità, tocca i vari aspetti della risposta internazionale alla crisi sanitaria causata dal COVID-19, anche al fine di migliorare la preparazione futura alle pandemie, e contiene un paragrafo che impegna l'Oms ad approfondire – insieme agli altri organismi internazionali competenti e agli Stati membri – le origini del virus e la sua trasmissione agli esseri umani.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   CANTALAMESSA, BISA, TURRI, MORRONE, PAOLINI e TATEO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 gennaio 2020, il segretario per la Campania del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe ha reso noto, con un comunicato stampa, che all'esito di perquisizioni nel carcere napoletano di Secondigliano sono stati ritrovati 4 telefonini e sono stati segnalati 20 detenuti sospettati di occultare sostanze stupefacenti o oggetti proibiti;

   la struttura penitenziaria di Secondigliano conta circa 1.400 detenuti (con evidente sovraffollamento), dei quali, la maggior parte appartenenti al circuito «alta sicurezza» in quanto detenuti per reati di camorra e criminalità organizzata;

   quanto accaduto a Napoli è solo l'ultimo in ordine temporale di una lunga serie di episodi che hanno portato alla luce la situazione fuori controllo degli istituti penitenziari italiani. Soltanto nel mese di dicembre 2019, altre perquisizioni nella casa circondariale di Bellizzi e nel carcere di Foggia, avevano dato altresì riscontro positivo, con il ritrovamento di numerosi micro-telefonini, smartphone e sim-card;

   i sindacati di polizia penitenziaria chiedono da anni un adeguamento degli organici per far fronte alle esigenze scaturenti dall'aumento della popolazione detenuta;

   molti istituti penitenziari sono fatiscenti e privi dei vetri divisori che servirebbero a rendere difficoltoso lo scambio di oggetti proibiti durante i colloqui;

   la sicurezza all'interno delle carceri è essenziale per una corretta e reale esecuzione della pena, oltre che per un effettivo recupero del detenuto;

   è necessario dotare la polizia penitenziaria di organici adeguati e di strumenti idonei a svolgere il proprio lavoro con efficienza e serenità –:

   quali iniziative si intendano assumere per quanto di competenza, al fine di contrastare la grave situazione di illegalità all'interno degli istituti penitenziari italiani e di incrementare le risorse umane e strumentali della polizia penitenziaria.
(4-04465)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, inerente alla casa circondariale di Napoli «Secondigliano», si rappresenta quanto segue.
  Con riferimento all'evento critico segnalato dall'interrogante, si evidenzia comunque che in data 7 gennaio 2020, di concerto con il provveditorato regionale, si è proceduto a una perquisizione straordinaria presso l'istituto in trattazione con l'ausilio sia di personale di polizia penitenziaria ivi in servizio, sia del personale a supporto del nucleo provinciale traduzioni e piantonamenti autorizzato dal locale provveditorato, nonché con l'ausilio delle unità cinofile del distaccamento di Avellino.
  L'attività di controllo e perquisizione ha interessato due sezioni detentive del reparto denominato «Adriatico», ove sono presenti detenuti ascritti al circuito della media sicurezza, provenienti, in larga parte, dal recente sfollamento dell'istituto di Napoli «Poggioreale», nonché tre sezioni detentive del reparto «Ligure», ove sono presenti detenuti ascritti al circuito dell'Alta sicurezza 3.
  A seguito dei rilevamenti al
metal detector sono stati sequestrati n. 5 microcellulari (dimensioni 6 cm circa) occultati nell'anno, di cui n. 4 rinvenuti su detenuti media sicurezza allocati nel reparto «Adriatico» e uno su un detenuto alta sicurezza. Un microcellulare è stato rinvenuto, altresì, dopo la perquisizione, all'interno della minestra contenuta nel carrello del vitto destinato alla sezione 3^ del reparto alta sicurezza «Ligure», probabilmente gettato da qualche detenuto della sezione per sottrarlo al rinvenimento. Sono state rilevate, altresì, alcune segnalazioni di detenuti media sicurezza del reparto «Adriatico» da parte dei cani antidroga delle unità cinofile, nonché 22 segnalazioni del metal detector su detenuti del reparto «Ligure» appartenenti al circuito Alta sicurezza, le quali, tuttavia, a seguito di ulteriori e approfonditi accertamenti, sono risultate negative.
  Il tutto è stato segnalato alla locale Procura della Repubblica e il personale del settore polizia giudiziaria dell'ufficio comando dell'istituto sta effettuando ulteriori accertamenti su quanto rinvenuto.
  Per completezza, si evidenziano di seguito i dati relativi al ritrovamento di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti comunicati dalla casa circondariale Napoli «Secondigliano» relativamente al biennio 2019/2020:
  

  Totale telefonini rinvenuti

  Dall'1.01.2019
  all'1.12.2019

  92

  Dall'1.01.2020
  al 23.01.2020

  7

  Rinvenimento sostanze stupefacenti

  Rinvenimento in spazi comuni colloqui familiari

  Rinvenimento in camere di pernottamento

  Totale eventi comunicati

  Dall'1.01.2019
  all'11.12.2019

  8

  8

  16

  Dall'01.01.2020
  al 23.01.2020

  0

  1

  1

  In via preliminare, si evidenzia che il Ministero, tramite il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel corso degli anni, ha emanato una serie di direttive volte ad assicurare il mantenimento della sicurezza all'interno degli istituti di pena e a prevenire il compimento di attività illecite.
  Già con lettera circolare 12 ottobre 1999 recante «
Ordine, disciplina e sicurezza negli istituti penitenziari» è stata evidenziata a tutte le direzioni degli istituti penitenziari la necessità di svolgere con periodicità una serie di operazioni di servizio con finalità preventiva (perquisizioni dei locali occupati dai ristretti, accertamenti numerici dei detenuti presenti in istituto, controllo dei detenuti che espletano attività lavorative, ispezione degli ambienti detentivi), anche volte a verificare l'integrità delle grate metalliche, di muri e suppellettili, oltre al controllo della popolazione detenuta durante le ore di permanenza all'aperto e in tutte le altre circostanze in cui i ristretti si trovino comunque legittimamente al di fuori delle rispettive camere.
  Successivamente, con lettera circolare 25 gennaio 2001, facendo seguito alle direttive emanate nella succitata circolare del 1999, è stata sottolineata l'opportunità di effettuare, con la maggiore frequenza possibile, gli accertamenti numerici dei detenuti, la verifica dell'integrità delle grate metalliche, il controllo della presenza di oggetti che impediscono o limitano la visibilità delle celle, la revisione dello stato di efficienza degli impianti di sicurezza, dei mezzi di illuminazione e dei sistemi di allarme.
  Poi, con la circolare 13 ottobre 2005, n. 3602/6052, è stata comunicata ai provveditori regionali l'assoluta necessità, nell'ambito delle responsabilità e delle attribuzioni proprie della funzione svolta, di esercitare, con incisività e assiduità, le attività di controllo e verifica dell'andamento e della gestione degli istituti dipendenti, affinché fossero attuate tutte le misure e le cautele necessarie al perseguimento degli obiettivi primari della sicurezza, efficienza ed efficacia nell'adempimento dei peculiari compiti istituzionali.
  Laddove non si reputa opportuno disporre il trasferimento dei soggetti direttamente coinvolti in traffici o possesso di oggetti non consentiti, la direzione generale dei detenuti e del trattamento dispone alle singole direzioni e provveditorati coinvolti di adottare le adeguate e consentite misure di vigilanza, sensibilizzando il personale di Polizia penitenziaria per richiedere il massimo zelo e scrupolo nell'adempimento dei propri doveri istituzionali, con particolare riferimento al personale comandato in posti di servizio nevralgici per la sicurezza (settore colloqui, controllo pacchi, vigilanza sezioni, vigilanza cortili passeggio, personale preposto alle traduzioni, ecc.).
  Con specifico riferimento, invece, all'istituto in trattazione, giova evidenziare che l'istituto registra, in media, 300 colloqui giornalieri dei detenuti, con un afflusso quotidiano di accesso di circa 900 familiari.
  Accedono quotidianamente in istituto, altresì, a vario titolo (personale di polizia, operatori penitenziari, operatori sanitari, avvocati, assistenti volontari, insegnanti, ditte di lavori), circa 400/500 unità.
  Nell'ambito delle ordinarie e frequenti attività giornaliere di prevenzione e controllo ivi condotte, vengono effettuate perquisizioni ordinarie volte al contrasto dell'introduzione in istituto di sostanze stupefacenti, armi e oggetti non consentiti, come dispositivi cellulari, e, con frequenza, anche perquisizioni straordinarie con l'ausilio delle unità cinofile dei distaccamenti di Benevento e Avellino.
  Sono impiegati strumenti specifici per la rilevazione dei cellulari (
jammer, rilevatori manuali, cell detector, metal detector, ecc.), accompagnati dall'osservazione quotidiana delle dinamiche interne alle sezioni detentive da parte del personale.
  Analogo impegno viene applicato negli istituti campani per le attività di controllo delle persone e dei luoghi, con perquisizioni ordinarie e straordinarie: nel 2019, in Regione, le perquisizioni straordinarie sono state n. 537, mentre nel C.P. di Napoli «Secondigliano» sono state n. 86; a queste vanno aggiunte quelle ordinarie che vengono effettuate quotidianamente.
  In generale, al fine di contrastare l'introduzione di apparati elettronici non consentiti, si evidenziano di seguito gli acquisti all'uopo effettuati da questa Amministrazione:
  Amministrazione:

   40 metal detector a portale. Distribuiti e installati negli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano. L'installazione di tali apparati consente l'intercettazione di armi da fuoco, armi bianche e piccole parti di armi da taglio, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari;

   90 apparecchiature a raggi X per il controllo pacchi. Acquisite e installate presso gli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano (si è partiti con l'area centro sud), con priorità verso quelli che ne sono sprovvisti o che dispongano di apparecchiature malfunzionanti, sulla base delle risultanze emerse da una ricognizione preventiva. Tali apparecchiature sono di ridotte dimensioni esterne e tunnel d'esame di grande capacità e tecnologia avanzata e sono poste, in genere, nelle portinerie degli istituti.

  Più nello specifico, per il contrasto e l'utilizzo di apparati di telefonia mobile all'interno degli istituti, sono stati effettuati i seguenti acquisti:

   200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici a breve distanza (10-15 cm) di telefonia cellulare e dispositivi bluetooth. Acquisiti e distribuiti presso tutti i Provveditorati regionali. Tali apparecchiature sono in grado di rilevare qualunque componente elettronico, anche circuiti stampati – tipo sim card telefoniche – oltre che metalli classici e cacciaviti o utensili di piccole dimensioni;

   65 rilevatori portatili di telefoni cellulari. Tali apparecchiature rilevano telefonate o invio di messaggi in corso. In particolare, rilevano trasmissioni nelle seguenti bande: GSM - 3G - 4G - LTE - BLUETOOTH e WI.FI. a distanze che variano in base alla tipologia della struttura (10-25 mt). Sono già stati acquisiti e distribuiti ai provveditorati regionali.

   40 Jammer (disturbatori elettronici). Distribuiti nei provveditorati regionali dell'Amministrazione e usati, di volta in volta, in base alle necessità, negli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano. Lo jammer è uno strumento utilizzato per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni. Tali apparecchiature sono utilizzate principalmente in luoghi ove l'uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza possono rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti Paesi europei ne consentono l'uso solo alle Forze di polizia.

  Di quanto sopra è stata programmata una distribuzione per ogni provveditorato regionale, il quale provvederà, in autonomia e sulla base delle esigenze che si prospetteranno, al relativo impiego sul campo.
  Nella fattispecie, con riferimento al provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria per la Campania, sono stati assegnati i seguenti apparati:

   metal detector a portale: 4 di 40 totali (di cui 1 a Secondigliano);

   raggi X – controllo pacchi: 15 di 90 totali (di cui 5 a Secondigliano);

   rilevatori cellulari: 7 di 65 totali;

   rilevatori manuali di cellulari: 20 di 200 totali;

   jammer: 3 di 40 totali.

  Per alcuni dei presidi di sicurezza attualmente non operanti, la direzione dell'istituto ha reso noto di aver elaborato, nella programmazione economica del triennio 2010/2022, la previsione di lavori strutturali relativi, in particolare, ai sistemi di videosorveglianza nei reparti detentivi e sul muro di cinta.
  A seguito dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 sono stati eliminati i vetri divisori nelle sale destinate ai colloqui tra detenuti e familiari, così come disposto dall'articolo 37 di tale regolamento di esecuzione; sono presenti tavolini con sedie e, in alcuni periodi dell'anno, sono previsti colloqui nelle aree verdi dell'istituto.
  In Campania, peraltro, non vi sono reparti/sezioni dedicati al circuito previsto dall'articolo 41-
bis dell'Ordinamento penitenziario, per il quale, invece, le sale colloqui sono dotate di vetri divisori.
  In ordine alle presenze detentive, si evidenzia che l'istituto penitenziario di Napoli «Secondigliano» insiste su un'area di circa 40 ettari con numerosi reparti detentivi, di cui due di 200 detenuti e due di 300 detenuti, nonché diversi circuiti penitenziari per l'80 per cento classificati come alta sicurezza.
  Alla data del 10 febbraio 2020, presso l'istituto in esame erano presenti un totale di n. 1.425 detenuti (di cui 1.330 sono di nazionalità italiana ed i restanti 95 stranieri.
  855 detenuti sono ascritti al circuito detentivo Alta sicurezza) rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 1.020 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 141,65 per cento, che, seppur rilevante, si configura comunque in linea con l'indice percentuale medio di molti altri istituti del Paese di pari livello.
  Relativamente alle posizioni giuridiche dei ristretti ivi allocati, si evidenzia la seguente situazione:

   328 in attesa di primo giudizio;

   207 appellanti;

   105 ricorrenti;

   45 mista senza definitivo;

   357 condannati non definitivi;

   603 definitivi;

   135 mista con definitivo:

   2 internati.

  La verifica delle condizioni detentive dei ristretti in termini di spazio minimo garantito, non fa oggi registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla C.E.D.U., atteso che tutti i ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, un adeguato spazio di vivibilità.
  Nella fattispecie, 9 ristretti risultano avere a disposizione uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 1.414 risultano fruire di uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadrati.
  La competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza/capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, sollecitando i singoli provveditorati regionali a provvedere a una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, sia provvedendo, ove richiesto, alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distretto.
  A tal uopo, attesa la necessità di reperire nuovi spazi detentivi da destinare al circuito alta sicurezza 3 e deflazionare le sedi penitenziarie del sud Italia, anche favorendo l'allontanamento dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata dai territori di radicamento e attività del sodalizio mafioso di appartenenza, nei mesi di giugno e luglio 2019, è stato disposto il trasferimento di n. 157 detenuti dalla casa circondariale di Napoli «Secondigliano». Delle 157 movimentazioni previste, risultano aver lasciato l'istituto 118 soggetti, essendo stati emessi, nel frattempo, 18 provvedimenti di revoca per motivi sanitari e di giustizia, 16 provvedimenti di scarcerazione, 2 provvedimenti di ammissione alla semilibertà e 3 ricoveri.
  La rilevata carenza del personale del Corpo nell'istituto in esame è una difficoltà purtroppo comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del Corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, e alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  Di seguito i dati relativi all'organico previsto e alla forza amministrata presso l'istituto
de quo:
  

  Ruolo

  Organo
  previsto

  Forza
  Amministrata

  Direttivo

  6

  6

  Ispettori

  71

  57

  Sovrintendenti

  86

  19

  Agenti assistenti

  917

  975

  Totale

  1.080

  1.057

  Ai dati sopra riferiti vanno sottratte n. 78 unità distaccate in uscita e aggiunte n. 163 unità distaccate in ingresso, in quanto l'istituto è sede di nucleo operativo provinciale traduzioni e piantonamenti, il quale vede impiegate, allo stato, complessive 293 unità assegnate alla casa circondariale di Napoli «Secondigliano».
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo (a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia), è in corso di svolgimento.
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione dell'istituto
de quo in occasione della possibile rimodulazione delle risorse umane.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CASSINELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, tra dirigenti e militanti del Partito Radicale insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019 i detenuti ristretti nelle nostre carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   la delegazione che ha visitato il carcere di Lecce il 15 agosto 2019 era composta da: Anna Briganti, Partito Radicale; Giovanni Zezza, Partito Radicale; Augusto Fonseca, Partito Radicale; Roberto Cavallo, Partito Radicale; Fabiola Bucarello, Partito Radicale; Mario Barbaro, coordinatore Associazione Marco Pannella di Torino; Pasquale De Salve, Partito Radicale; Cosimo Fonseca, Partito Radicale; Germano Santacroce, presidente del consiglio comunale di Taviano;

   i detenuti presenti sono 1060 di cui 83 donne, 283 nella sezione «alta sicurezza» ristretti nei 660 posti regolamentari; i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 235, alcuni dei quali si occupano della manutenzione ordinaria interna della struttura; altri, invece, in semilibertà impiegati in un istituto tecnico; le donne, in particolare, coinvolte nel progetto «Made in carcere»; i casi psichiatrici sono 225 con 20 casi di soggetti autolesionisti; i casi di epatite C sono 290; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 581 a fronte di una pianta organica che al 2011 ne prevedeva 795 –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione; quali iniziative di competenza intenda assumere per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti, considerata la presenza di un così alto numero di casi psichiatrici e di tossicodipendenti; quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione della necessità di garantire il funzionamento di un servizio sanitario carcerario h24, attivo anche per far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
(4-03685)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento agli esiti della visita presso il carcere di Lecce effettuata il 15 agosto 2019 da una delegazione di dirigenti e militanti del Partito radicale insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, da cui sono emerse una serie di criticità relative, in particolare, al sovraffollamento della popolazione detenuta ed alle scoperture dell'organico di Polizia penitenziaria ivi in servizio, chiede di sapere quali iniziative intenda il Governo assumere affinché sia garantito il rispetto dell'articolo 27, comma 3, della Costituzione, quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché sia garantito il diritto alla salute dei detenuti, tenuto conto della presenza di numerosi casi psichiatrici e di tossicodipendenza, quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla necessità di garantire il funzionamento di un servizio sanitario carcerario h24, attivo anche per far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
  Per quanto attiene alle presenze detentive, va detto che alla data del 19 novembre 2019, presso la Casa circondariale di Lecce sono presenti 1083 detenuti, per una percentuale di affollamento che si attesta sul 185,13 per cento, come tale effettivamente superiore alla media nazionale che oscilla attorno al 128 per cento.
  Pur sussistendo una obiettiva e significativa problematica di sovraffollamento, va dato conto, innanzitutto, del pieno rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla CEDU, in quanto 291 detenuti risultano allocati in uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 790 ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadrati.
  Per quanto riguarda il numero di detenuti stranieri (162 rispetto ai 921 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in temi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, decreto legislativo n. 286 del 1998(T.u. Immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Rientra fra gli intendimenti prioritari di questo Dicastero fronteggiare incisivamente il problema del sovraffollamento carcerario anche attraverso un serio e concreto rilancio dell'edilizia penitenziaria, puntando sia alla riqualificazione degli spazi esistenti, che all'incremento dei posti detentivi.
  Nel tracciare in questa sede un profilo delle più importanti linee di intervento, oltre a richiamare l'avvenuto completamento nel 2018, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei tre padiglioni detentivi da 200 posti ciascuno presso gli istituti penitenziari di Parma, Lecce e Trani, occorre dare atto dell'imminente ultimazione dei due padiglioni detentivi da 200 posti presso gli istituti penitenziari di Sulmona e Taranto e del nuovo padiglione in realizzazione presso la Casa di reclusione di Milano «
Opera» per ulteriori n. 400 posti detentivi.
  Dei circa 3.500 posti attualmente risultanti inagibili, circa 1.000 sono già compresi nei procedimenti e negli interventi avviati con i finanziamenti del Piano carceri e con la successiva rimodulazione deliberata dal Comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria, curati dai competenti provveditorati interregionali per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Sono in corso i procedimenti a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la ricerca dell'area del nuovo istituto penitenziario di Savona e la progettazione e realizzazione di nuove strutture detentive, nonché a cura della Provincia autonoma di Bolzano, per il nuovo carcere della città, per un totale di circa 3.500 nuovi posti, che, sommati ai 51.500 sopracitati, porterebbero al raggiungimento di un realistico obiettivo di medio termine, entro il 2025, di circa 55.000 posti detentivi.
  Nel solco normativo tracciato dal cosiddetto decreto-legge
Semplificazione (decreto-legge, 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12), si dovranno portare a compimento le riconversioni a uso penitenziario della ex caserma «Battisti» di Bagnoli e della ex caserma «Bixio» di Casale Monferrato, mentre è imminente il conferimento all'Amministrazione penitenziaria della caserma «Barbetti» di Grosseto e sono in corso gli studi di fattibilità per la riconversione della Caserma «Capozzi» di Bari.
  Quanto alla dotazione organica della Polizia penitenziaria, presso l'istituto in parola, le uniche scoperture si registrano nel ruolo dei sovrintendenti, numericamente compensate dagli esuberi sia nel ruolo degli ispettori che in quello degli agenti/assistenti.
  In ogni caso, al fine di un riequilibrio anche sul piano funzionale, con riferimento alla carenza dei sovrintendenti, va ricordato in questa sede che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1.300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria - ai sensi dell'articolo 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) – anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto Funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della casa circondariale di Lecce che, comunque, va ricordato, già nel mese di luglio 2019 ha fruito di un incremento di 27 unità.
  Da ultimo, per quanto attiene all'assistenza sanitaria in favore dei detenuti, si rileva quanto segue.
  Presso la Casa circondariale di Lecce è presente un servizio di assistenza psichiatrica per 6 giorni a settimana, nonché un'assistenza medico-infermieristica h24, con la presenza del S.e.r.d. per n. 6 giorni a settimana.
  Da quanto a conoscenza di questo Ministero, sono stati inoltre stanziati dalla giunta regionale i fondi necessari al rafforzamento delle consulenze psichiatriche e psicologiche negli istituti di pena, per garantire un'adeguata presa in carico dei pazienti psichiatrici ristretti.
  Tutti gli istituti penitenziari del distretto hanno intensificato i contatti con le competenti aziende sanitarie locali, al fine di definire i migliori interventi sui detenuti in carico al servizio psichiatrico e, nel contempo, hanno chiesto una implementazione delle ore dei servizi psichiatrici e psicologici.
  In particolar modo, per quanto attiene all'istituto penitenziario leccese, sono state recentemente avviate iniziative finalizzate, da un lato, ad assicurare alla popolazione ristretta un'appropriata e, per quanto possibile, completa assistenza sanitaria intramuraria e, dall'altro, a dotare le macrostrutture dell'Assistenza sanitaria locale di Lecce (Ospedale «
V. Fazzi» e Distretto socio-sanitario di Lecce) di ambienti idonei ad accogliere i detenuti.
  Risulta in atti che l'Azienda sanitaria di Lecce ha disposto di attivare, con estrema urgenza, le procedure per il conferimento di incarico a 6 medici (24 ore settimanali ciascuno) del Servizio di continuità assistenziale da assegnare alla medicina penitenziaria, nonché le procedure per il reclutamento di uno specialista ortopedico da assegnare al medesimo servizio; nelle more, si è proceduto a richiedere al direttore dell'unità operativa di competenza di ortopedia di Lecce di acquisire la disponibilità degli specialisti ospedalieri a effettuare le visite presso l'ambulatorio della casa circondariale di Lecce.
  Va altresì rimarcato che presso l'istituto leccese è operativa, a far data dal 2015, anche la sezione articolazione per la tutela della salute mentale destinata a ospitare detenuti ai sensi degli articoli 111 dell'Ospedali psichiatrici commi 5 e 7, 148 del codice penale e 112, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2020, presso la quale risultano ristretti 15 detenuti e per la quale, recentemente, è stata segnalata la necessità della totale funzionalità della stessa.
  Sono stati avviati da parte del Provveditorato una serie di contatti con le direzioni generali delle Azienda sanitaria locale tra cui quelle di Lecce e Taranto, e con le relative case circondariali, per l'attuazione di un progetto che vedrà coinvolto tutto il personale impegnato nel trattamento delle persone detenute con problemi di salute mentale, al fine di prevenire il verificarsi di possibili fenomeni di aggressione.
  Per quanto qui di interesse, è utile evidenziare, inoltre, che la direzione della casa circondariale di Lecce ha dato avvio al tavolo paritetico con le parti istituzionali direttamente coinvolte nella prevenzione del rischio suicidiario e nella gestione dei detenuti affetti da patologie psichiatriche. Il Tavolo ha come interlocutori la Azienda sanitaria locale, il Dipartimento di salute mentale, la magistratura di sorveglianza, l'ufficio esecuzione penale esterna di Lecce, il responsabile dell'area sanitaria, i medici psichiatrici intramurali, il capo area trattamentale e il funzionario dell'A.T.S.M.
  A seguito dei protocolli d'intesa stipulati con le Regioni Puglia e Basilicata per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidiario, le strutture penitenziarie del distretto hanno sottoscritto con la competente Azienda sanitaria locale i relativi protocolli locali.
  In termini più generali, occorre sottolineare che il potenziamento complessivo dell'assistenza sanitaria in contesto penitenziario, entro i limiti delle proprie competenze, riveste uno specifico rilievo nell'ambito delle linee programmatiche di questo Dicastero.
  Con specifico riguardo al segnalato incremento di problematiche di natura psicologica e psichiatrica in contesto carcerario, va dato atto che sono in corso progetti per incrementare o istituire nuove sezioni delle a.t.s.m. (articolazioni per la tutela della salute mentale) presso varie strutture carcerarie del territorio.
  Inoltre, si fa presente che è intendimento di questa Amministrazione continuare a sviluppare la progettualità appena descritta, nonché proporre la riattivazione dei lavori del Tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, per condividere con il Ministero della salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo di implementare l'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari, rendere omogenei i criteri di ammissione dei detenuti nelle uniformare l'assistenza sul territorio nazionale.
  Proprio grazie alla necessaria sinergia con il servizio sanitario e con le regioni, si persegue l'obiettivo di ampliare e migliorare il servizio anche attraverso informazioni complete sullo stato di salute dei detenuti, un accesso veloce alle prestazioni sanitarie, un incremento dei reparti di medicina protetta
ex articolo 7 del decreto-legge n. 187 del 1993 ed un rafforzamento del Piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere.
  A tal riguardo, per i profili di sua competenza, il Ministero della salute ha evidenziato che sono in corso i lavori del tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 e del Comitato paritetico per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. In particolare, il suddetto Dicastero, ha rappresentato che il 15 gennaio 2019 si è svolta l'ultima riunione plenaria che ha tracciato un
focus sulle principali da sviluppare, individuandole nella revisione degli accordi Conferenza Stato-regioni e unificata; nel monitoraggio dei cambiamenti del settore e nella ripresa di un governo strategico della problematica gestione delle REMS che, giova ricordare, esulano dalla sfera di competenza di questo Dicastero, ai sensi del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
  Tali propositi si innestano a pieno titolo nel più ampio alveo delle coordinate operative che puntano ad un innalzamento complessivo della qualità della vita detentiva focalizzando particolare attenzione alla valorizzazione dei rapporti familiari e della genitorialità ed al miglioramento dell'offerta trattamentale, con specifico riguardo sia alle attività didattiche, che alle iniziative in campo lavorativo.
  Sotto il primo aspetto assumono particolare rilievo l'adozione di iniziative tese, fra l'altro, ad agevolare i colloqui dei detenuti con i familiari sia favorendone la prenotazione
on line sia soprattutto, a seguito dell'adozione della circolare del 30 gennaio 2020, attraverso l'impiego dell'applicativo Skype for business per i videocolloqui.
  Attualmente già in 122 istituti di reclusione su 190 risulta attivo e funzionante il sistema
Skype – con il 64 per cento di copertura – così come in 12 su 17 tra ICAM e asili nido – per una percentuale pari al 75 per cento.
  In parallelo è intendimento di questo Dicastero curare un
restyling logistico-strutturale attraverso l'allestimento e il miglioramento di spazi di accoglienza, animazione e supporto psicologico nelle strutture già esistenti.
  Sul piano trattamentale, occorre evidenziare che l'offerta didattica verrà potenziata e modernizzata sia grazie all'imminente rinnovo del protocollo d'intesa con il MIUR lungo un solco già tracciato dalla recente stipula, l'11 settembre 2019, del protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale poli universitari (Cnupp) che prelude all'elaborazione di linee guida attraverso cui armonizzare i moduli di collaborazione fra atenei e mondo penitenziario, sia attraverso l'impiego del
web per sostenere gli esami a distanza ed espletare gli adempimenti burocratici funzionali e propedeutici.
  Ulteriore stimolo verrà impresso alle iniziative a carattere lavorativo, proseguendo nella diffusione del
format «Mi riscatto per...» ed estendendo la rete di contatti con il mondo imprenditoriale e delle cooperative così da ricreare, in contesto penitenziario, condizioni quanto più analoghe possibile al mercato del lavoro esterno e preparare al meglio i detenuti al re-ingresso nel tessuto produttivo all'atto della loro remissione in libertà.
  Il 14 ottobre 2019 il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha istituito un'innovativa articolazione centrale (denominata «Mi riscatto per il futuro») con il compito principale di agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro in contesto detentivo, tra l'altro attraverso la costituzione ed implementazione di una banca dati costantemente aggiornata con le informazioni relative al profilo lavorativo-attitudinale dei soggetti ristretti così da incrementare sensibilmente le attività trattamentali a base lavorativa, favorendo per tale via il re-inserimento sociale.
  È fermo intendimento di questo Ministero valorizzare ed implementare in maniera significativa la funzionalità di tale struttura così da innalzare sensibilmente la percentuale dei detenuti lavoranti, che attualmente si attesta su una percentuale del 28 per cento passando attraverso un radicale rinnovamento dell'impostazione di sistema del lavoro penitenziario.
  Per tale via si potrà favorire la capillare diffusione di laboratori e progettualità negli istituti di tutto il territorio e la realizzazione di cicli produttivi in cui coinvolgere stabilmente la popolazione detentiva così da assicurarle percorsi formativi e professionali qualificanti, agevolmente spendibili nei vari rami produttivi del mondo del lavoro, in tal modo facilitando sensibilmente il percorso di recupero e reinserimento sociale.
  È del tutto ragionevole ritenere, in conclusione, che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva in maniera trasversale su tutti gli istituti penitenziari tra cui, evidentemente, anche quello di Lecce.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CENTEMERO, ZOFFILI e FORMENTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile 2020, il Bureau International des Expositions (Bie), l'organismo intergovernativo che regola le Esposizioni universali, si riunirà per discutere la richiesta del Governo degli Emirati Arabi di spostare le date di «Expo 2020 Dubai» dal 20 ottobre di quest'anno al 1o ottobre del 2021 fino al 31 marzo 2022 e i 160 Paesi membri del Bie, dovranno pronunciarsi con un voto a maggioranza di due terzi per il rinvio dell'Expo;

   la richiesta del Governo emiratino è stata avanzata in seguito ad approfondite discussioni con il Bie e il Comitato organizzatore in merito all'impatto che la sopraggiunta pandemia da Covid-19 sta avendo e avrà sull'Expo stesso;

   il commissario per la partecipazione italiana, Paolo Glisenti, ha manifestato la propria intenzione di votare a favore di questo slittamento di date, se la maggioranza degli altri Paesi lo vorrà, e ha affermato che il Comitato sta cominciando a ripensare quali dovranno essere le caratteristiche degli elementi portanti della partecipazione italiana ritenendo comunque che Expo Dubai sia «un'occasione imperdibile per il rilancio dell'economia italiana, del Made in Italy all'estero, del turismo e dell'attrazione di investimenti stranieri verso le nostre piccole e medie imprese innovative e le start-up italiane, che in questo momento stanno soffrendo»;

   l'Italia in questo momento sta andando avanti con il progetto e sta seguendo con grande attenzione, anche per la salute e la sicurezza degli operai del cantiere a Dubai, la costruzione del Padiglione, del quale è stata intanto ultimata la realizzazione delle fondazioni e che al momento non sconta ritardi nella consegna dei materiali di costruzione provenienti dall'Italia –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in materia e se lo spostamento di un anno della manifestazione mondiale denominata «Expo 2020 Dubai» possa riflettersi negativamente sui costi dell'organizzazione della stessa.
(4-05130)

  Risposta. — Il 30 marzo 2020 si è tenuta una riunione in conference call del Comitato direttivo di Expo 2020 Dubai, cui partecipa anche l'Italia nella persona del Commissario generale. In quella sede è emerso un orientamento largamente maggioritario (quasi unanime) in base al quale i Commissari generali hanno invitato il Bureau International des Expositions (BIE) a «esplorare» la possibilità di un rinvio dell'Esposizione universale a fronte delle conseguenze della pandemia COVID-19 sull'organizzazione dell'evento.
  Il 2 aprile 2020 il Governo degli Emirati Arabi Uniti ha trasmesso al BIE una lettera con la quale ha richiesto ufficialmente il rinvio dell'Esposizione al periodo che va dal 1° ottobre 2021 fino al 31 Marzo 2022.
  Il 21 aprile 2020 il Comitato esecutivo del Bureau, composto da 12 rappresentanti permanenti, tra cui l'Italia, si è riunito per esaminare la richiesta pervenuta dal Governo emiratino. Il Comitato ha adottato una raccomandazione diretta all'Assemblea generale del BIE con la quale si accoglie la richiesta di rinvio avanzata dagli Emirati Arabi Uniti. Secondo quanto previsto dalla convenzione istitutiva, l'Assemblea generale prende la decisione finale con un voto a maggioranza dei due terzi degli aventi diritto, vale a dire i Paesi in regola con il pagamento delle quote di associazione al BIE. Ad oggi sono 111, quindi la maggioranza richiesta è di 74 Stati. Stando a quanto appreso presso il BIE, l'Assemblea generale dovrebbe essersi pronunciata il 26 aprile, con un voto telematico.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha già trasmesso alla rappresentanza permanente presso il BIE a Parigi l'istruzione di accedere alla richiesta di rinvio presentata dal governo emiratino, per spirito di solidarietà nei confronti del Paese organizzatore e tenuto conto dell'orientamento largamente maggioritario emerso in tal senso tra i Paesi partecipanti. Il nostro Rappresentate permanente ha ricevuto inoltre istruzioni di assicurare che, a fronte del rinvio, l'Italia rimane impegnata a preparare la propria partecipazione all'Expo di Dubai. L'evento viene, infatti, considerato strategico per il rilancio del Sistema Paese e del
made in Italy, nonché un'opportunità unica per promuovere l'attrazione in Italia d'investimenti esteri e turismo nell'ottica di sostegno alle nostre imprese nella delicata fase di ripresa dopo l'emergenza sanitaria.
  Il rinvio dell'Esposizione Expo 2020 Dubai di un anno, al momento dato per scontato, potrebbe comportare oneri aggiuntivi per i Paesi partecipanti. La valutazione di questi oneri è in corso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le numerose aggressioni agli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria nonché i danneggiamenti ai beni dell'amministrazione sarebbero dovuti, tra l'altro, anche alle tante disfunzioni provocate dalla concreta mancata attuazione della legge;

   in particolare, l'ordinamento giuridico prescrive specifici rimedi al fine di risolvere situazioni complicate all'interno delle carceri che, però, non sempre verrebbero attuati in modo tangibile;

   a tal proposito, sembrerebbe che l'articolo 32 del regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000) – che prevede che «i detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele» – e che dispone quindi, l'istituzione di specifici reparti per i detenuti intemperanti, non sempre sia attuato nella realtà. Così come, sarebbe necessaria una piena attuazione dell'articolo 14-bis della legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) che prescrive il regime di sorveglianza particolare;

   al fine di prevenire le denunce nei confronti del personale di polizia penitenziaria e per assicurare un clima di maggiore sicurezza all'interno degli istituti penitenziari, di particolare utilità risulterebbe anche la previsione della dotazione della cosiddetta body cam, da utilizzare nelle attività a contatto con i detenuti, previo raccordo con il Garante per la protezione dei dati personali, nel rispetto della disciplina sulla raccolta e sul trattamento dei dati. Tali strumenti, in particolare, gioverebbero in relazione alla raccolta di prove sui comportamenti dei detenuti responsabili di danneggiamenti e aggressioni;

   per di più, a fronte dei drammatici episodi di violenza nei confronti degli agenti all'interno delle carceri, estremamente efficace potrebbe risultare l'istituzione di contingenti di presidio per gli interventi in ambito penitenziario, anche in considerazione della formazione obbligatoria del Corpo per la neutralizzazione dei detenuti;

   infine, in applicazione dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 rubricato «Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale», dovrebbe essere rispettato, da parte dei direttori penitenziari, l'obbligo di prendere parte, con la loro effettiva presenza, agli episodi particolarmente problematici;

   a parere dell'interrogante, il rispetto di tali disposizioni potrebbe giovare all'organizzazione del sistema penitenziario e, principalmente, alla sicurezza e all'ordine all'interno delle carceri, essenziale non solo per i detenuti ma anche per gli agenti di polizia penitenziaria che quotidianamente rischiano la vita –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere, anche di carattere normativo, al fine di garantire la piena applicazione della disciplina vigente in ambito penitenziario nonché consentire l'utilizzo di sistemi di videoripresa e della cosiddetta body cam.
(4-04145)

  Risposta. — Si fa riferimento ai contenuti di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante, partendo dalla constatazione dell'aumento delle aggressioni in danno agli appartenenti al Corpo nonché dei danneggiamenti ai beni dell'Amministrazione da parte dei detenuti, chiede di conoscere quali urgenti iniziative questa Amministrazione intenda porre in essere al fine di garantire la piena applicazione della disciplina vigente in ambito penitenziario, nonché di consentire l'utilizzo di sistemi di videoripresa e della cosiddetta body cam.
  Si evidenzia in proposito che già la circolare 26 maggio 2015 relativa agli eventi critici ha specificato che devono essere previsti, nell'ambito delle unità operative di cui al decreto del Presidente della repubblica 15 febbraio 1999, n. 82, un servizio di controllo che intervenga in caso di bisogno del personale in servizio, nonché la creazione di sezioni
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, attraverso disposizioni indirizzate alle articolazioni periferiche e volte ad individuare alcune sezioni appositamente dedicate, nelle quali allocare i detenuti non ancora pronti al regime aperto, ovvero che si rivelano incompatibili con lo stesso.
  L'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, ma ad un'attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune «aperto», e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
  È comunque previsto che l'assegnazione a tali sezioni debba essere verificata dalle direzioni con cadenza semestrale, al fine di appurare la sussistenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
  Allo stato, sezioni di reclusione o circondariali ai sensi dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 sono presenti nella maggior parte dei provveditorati regionali, fuorché Calabria e Basilicata.
  Al fine di garantire l'innalzamento dei livelli di sicurezza all'interno degli istituti della Repubblica, con specifico riguardo al fenomeno degli eventi critici (ed in particolare di quelli aventi ad oggetto violenza nei confronti del personale dell'Amministrazione, del personale medico e infermieristico che presta assistenza sanitaria negli istituti, dei volontari o, ancora, nei confronti di altri detenuti), è intervenuta anche la lettera circolare 9 ottobre 2018, recante «Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza», con l'intento di valorizzare l'applicazione degli strumenti normativi, previsti sia dalla legge n. 354 del 1975 sia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, diretti proprio a tutelare la sicurezza degli istituti.
  È stato evidenziato, in particolare, che buona parte delle condotte aggressive vengono consumate da detenuti con seri e gravi profili psicologici o, addirittura, psichiatrici, meritevoli di cure e trattamenti terapeutici.
  In altri casi, diversi da quelli afferenti alle patologie psichiatriche, le dinamiche delle aggressioni da parte di un detenuto trovano contenuti e obiettivi del tutto differenti, spesso collegabili all'intento di porre in essere vere manifestazioni di forza prevaricatrice sugli altri detenuti, ovvero sul personale operante.
  In tali ipotesi, la condotta aggressiva interviene a minare lo stato di sicurezza interno al carcere, per cui è necessario fare ricorso a quegli strumenti normativi previsti dalla legge n. 354 del 1975 e dal relativo regolamento di esecuzione, diretti a tutelare la sicurezza degli istituti.

  La circolare ha dettagliato una mirata applicazione della normativa stabilita dall'articolo 42 della legge n. 354 del 1975, nella parte relativa ai trasferimenti per gravi motivi di sicurezza.
  Parimenti funzionale allo scopo, è apparso il richiamo all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, nella parte in cui è prevista l'assegnazione, in via cautelare, a particolari istituti/sezioni, di quei detenuti i quali, pur non avendo ancora commesso alcun atto di violenza, per il loro comportamento, siano da considerarsi comunque pericolosi per la sicurezza.
  Sulla base di quanto appena rappresentato, si è disposto, dunque, il trasferimento ad altri istituti di quei soggetti che si siano resi responsabili di:

   aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria, del personale medico e infermieristico o, ancora, di quello appartenente al volontariato;

   aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti;

   danneggiamento dei beni dell'Amministrazione;

   qualsiasi altro evento di violenza.

  Ferma restando in ogni caso l'apertura del procedimento disciplinare, i provvedimenti di trasferimento ad altri istituti, diversi da quello originario, dovranno essere immediati e potranno essere adottati dai provveditori regionali, i quali disporranno il trasferimento dei detenuti interessati presso altro istituto sito all'interno del territorio distrettuale, ovvero, nei casi da considerarsi più gravi, anche l'assegnazione ad altro istituto situato in territorio di altro distretto.
  Ciò posto, alla luce delle risultanze di alcuni mesi di applicazione, le «Linee programmatiche del capo dipartimento per il 2019» del 6 dicembre 2018, hanno posto l'accento sul perdurare di «una variegata e poliedrica realtà penitenziaria, dove proliferano le più differenziate forme di autogestione».
  Con il P.C.D. 18 aprile 2019 è stato istituito il gruppo di lavoro per l'elaborazione di proposte organiche finalizzate all'individuazione di nuove piante organiche del personale del Corpo di polizia penitenziaria e per l'individuazione di strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario, del quale fanno parte esperti in materia di esecuzione penitenziaria, che prestano servizio in sedi operative e scuole di formazione sparse su tutto il territorio nazionale.
  I lavori del suddetto gruppo sono in via di definizione e tendono al precipuo obiettivo di diffondere direttive per meglio prevenire e gestire le situazioni di criticità.
  Si ricorda, inoltre, la recente lettera circolare 24 settembre 2019, a firma del Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, recante «Ordine e sicurezza negli istituti penitenziari» nella quale è stata evidenziata la necessità di potenziamento dei sistemi elettronici di controllo remoto degli istituti penitenziari; laddove tali sistemi necessitano di essere potenziati o ripristinati, dovrà essere assicurato il servizio di vigilanza nello spazio intercinta o nell'area esterna al perimetro dell'istituto tramite pattuglie automontate, in supporto e a integrazione del servizio di vigilanza armata, come peraltro impone la normativa di riferimento.
  Per completezza, con specifico riferimento alla tipologia di eventi critici citati dall'interrogante (aggressioni e danneggiamento beni), si riportano di seguito i dati relativi, così come estrapolati dagli applicativi in uso alla sala situazioni di questo Dipartimento, riferiti al triennio 2018 -2020:

  tipologia evento critico

  2018

  2019

  2020*

  aggressioni fisiche al personale di polizia penitenziaria

  681

  827

  8

  danneggiamento ai beni dell'amministrazione

  2.509

  3.156

  43

* dato aggiornato al 6 gennaio 2020.

  Al fine di migliorare il servizio e le condizioni di lavoro degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, questa Amministrazione sta attuando una serie di iniziative all'uopo indirizzate, tra cui l'approvvigionamento, nei limiti della disponibilità finanziaria sul capitolo competente, di nuovi equipaggiamenti, in sostituzione e/o integrazione di quelli già in uso (caschi e scudi), nonché l'approvvigionamento, in via sperimentale, di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario (esempio prodotti antitaglio e nuovi giubbetti antiproiettile). Altri equipaggiamenti sono allo studio per l'anno in corso (es. prodotti paracolpi, scudi curvi, maschere facciali); il tutto finalizzato a migliorare le condizioni lavorative del personale di Polizia penitenziaria con l'obbiettivo di ridurre gli eventi critici.
  Con due successive acquisizioni, questa Amministrazione si è dotata, altresì, di un sistema di videosorveglianza in mobilità, comprendente n. 600 dispositivi individuali, provvisti anche di
body cam, indossabili dal personale di polizia penitenziaria, finalizzati alla registrazione audio e/o video.
  Per tali strumentazioni, tuttavia, è stato investito il Garante della
privacy e, solo successivamente, è stato diramato apposito disciplinare d'uso, che ha previsto l'utilizzo di tale dispositivo anche all'interno degli istituti penitenziari, con espresso divieto «... di operare registrazioni all'interno delle camere detentive durante la permanenza dei ristretti qualora non ricorrano esigenze relative alla documentazione delle attività di sicurezza o di indagine in corso di svolgimento».
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, ROTELLI e BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 aprile 2020 Hanoi ha protestato vibratamente nei confronti di Pechino per l'affondamento di un peschereccio con a bordo 8 vietnamiti da parte della Guardia costiera cinese;

   l'incidente è avvenuto il 2 aprile 2020 all'altezza delle Isole Paracelso;

   il Ministero degli esteri di Hanoi ha accusato l'imbarcazione cinese di aver violato la sovranità vietnamita sulle isole Paracelso, minacciato vite e danneggiato proprietà e interessi legittimi dei pescatori;

   l'incidente denunciato da Hanoi si inserisce nella sempre più conflittuali relazioni fra la Cina e le altre Nazioni del Sud Est Asiatico sulla questione del Mar cinese meridionale e sui diritti degli rivieraschi sullo stesso;

   la Cina, con una politica chiaramente egemonica, rivendica totalmente ed esclusivamente diritti sull'area del Mare cinese meridionale, viceversa Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei, più correttamente, rivendicano limitate aree del Mare conteso;

   la rilevanza del controllo del Mare cinese meridionale è di palmare evidenza se solo si considera che ivi insistono scambi commerciali dal valore di circa 5.000 miliardi di dollari all'anno, oltre al fatto che le acque sono ricche di giacimenti minerari;

   nella contesa sono stati coinvolti gli Stati Uniti che presidiano le aree a tutela degli asseriti diritti delle altre nazioni del Sud Est Asiatico, denunciando la politica eccessivamente egemonica e assertiva della Cina;

   diverse volte la Cina ha inviato navi da indagini geologiche nelle aree rivendicate dal Vietnam, scortate dalla Guardia costiera cinese;

   mentre Pechino continua a ribadire il suo diritto alla sovranità esclusiva sulle acque del Mare cinese meridionale a discapito delle altre nazioni del Sud Est Asiatico, adducendo motivazioni storiche, gli Usa presidiano la zona per garantire la libertà di navigazione e difendere i propri interessi commerciali nelle relazioni con gli altri Paesi rivieraschi;

   la Cina è stata spesso accusata di speronare le navi da pesca di altre nazioni nelle predette acque con navi militari;

   la situazione, dopo la violenta denuncia di Hanoi dell'ultimo incidente che ha comportato l'affondamento di un peschereccio vietnamita da parte della Guardia costiera cinese, rischia di diventare sempre più conflittuale;

   un ulteriore conflitto regionale, con il coinvolgimento, anche se «morbido», degli Stati Uniti, è da scongiurare;

   il Ministro interrogato vanta da sempre rapporti e interlocuzioni privilegiate con il Governo cinese –:

   se il Ministro interrogato abbia mai interloquito, nel corso dei suoi vari incontri bilaterali, con il Governo cinese in relazione a tale questione;

   se il Ministro interrogato, in forza dei suoi rapporti privilegiati con il Governo cinese, abbia intenzione di affrontare la spinosa questione dei diritti sulle acque del Mare cinese meridionale con l'obiettivo di favorire una soluzione che garantisca una de-escalation della conflittualità in essere;

   quale sia la posizione del Governo italiano in ordine alla fondatezza dei diritti di Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei, negati in toto dalla Cina.
(4-05141)

  Risposta. — Il Governo italiano, anche in coordinamento con i partner europei e le Istituzioni dell'Unione europea, segue con estrema attenzione la situazione nel Mar Cinese Meridionale di cui non sfuggono le importanti implicazioni in termini commerciali, securitari e di stabilità globale.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nel dialogo con tutti i Paesi interessati, tra cui la Cina, per rispondere all'interrogante, su queste complesse contese territoriali, richiama sistematicamente la necessità di ricercare una soluzione pacifica alle controversie sulla base del diritto internazionale e in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982 (
United Nations Convention on the Laws of the Sea, UNCLOS), invitando tutte le parti ad astenersi dalla minaccia e dall'uso della forza e ad interrompere ogni iniziativa unilaterale sia essa di militarizzazione o di creazione di isole artificiali.
  Sia nelle occasioni bilaterali con i Paesi dell'area interessati che in tutti i pertinenti consessi multilaterali, l'Italia non manca di reiterare altresì il proprio impegno in difesa dei principi fondamentali di libertà della navigazione e di sorvolo, nonché delle altre libertà e degli altri diritti di utilizzo legale dei mari, ivi incluso il Mar Cinese Meridionale.
  L'Italia, anche congiuntamente ai
partner europei, ha sempre incoraggiato i Paesi della regione a stabilire meccanismi di dialogo per la gestione delle controversie, evitando tensioni che possano sfociare in conflitto, e ad adottare misure di confidence-building.
  L'Italia e l'Unione europea sostengono ed incoraggiano inoltre, nel dialogo con tutte le parti coinvolte, il processo di definizione di un Codice di condotta nel Mar Cinese Meridionale quale strumento regolamentare efficace ed in linea con il diritto internazionale, inclusa la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Tale processo, avviato con la Dichiarazione del 2002 sul Codice di Condotta nel Mar Cinese Meridionale, frutto di un negoziato pluriennale tra la Cina e i Paesi dell'ASEAN, è ancora in corso ed è stato da ultimo oggetto di negoziato anche al ventiduesimo
Meeting ASEAN Plus Three (Cina, Giappone e Corea del Sud) dello scorso novembre a Bangkok.
  L'Italia ritiene che le controversie a livello regionale vadano composte in tali contesti multilaterali, sempre nel rispetto del diritto internazionale.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, ZOFFILI, FORMENTINI, COMENCINI, BILLI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° agosto 2019 veniva pubblicata la risposta del Governo pro tempore all'interrogazione n. 4-02899, presentata dal primo firmatario del presente atto il 14 maggio 2019;

   da tale risposta si evince che le pratiche di riconoscimento di cittadinanza italiana avviate ma non concluse in Argentina erano 7.944 a fine 2017, 7.679 a fine 2018 e circa 7.300 al giugno 2019, mentre in Brasile erano 6.018 pratiche a fine 2017, 12.002 a fine 2018 e circa 7.900 al giugno 2019;

   in Argentina, ad agosto 2019 risultavano 10.028 persone in lista d'attesa, mentre in Brasile ben 237.553;

   in un'intervista rilasciata dall'ambasciatore italiano in Brasile il 21 luglio 2019, risultano circa 30 milioni di oriundi nel Paese e 575 mila iscritti all'Aire;

   in Argentina gli oriundi sono stimati in circa 20 milioni di persone mentre gli iscritti all'Aire sono circa 950 mila;

   la difficoltà nell'accedere ai consolati in Brasile al fine di perfezionare le pratiche di cittadinanza sta creando un fenomeno di cittadinanze fittizie presso alcuni comuni italiani, come riportato da importanti organi di stampa;

   nell'ultima legge di bilancio sono state assegnate più risorse al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche al fine di aumentare il contingente del personale a contratto, destinato principalmente al rafforzamento degli uffici con attività consolare –:

   quali siano le cause che hanno creato la disparità nel numero di pratiche evase in Brasile, tali da generare una lista d'attesa che ad agosto 2019 ancora ammontava a 237.553 persone e quali siano i motivi per i quali vi sia una tale sperequazione fra gli iscritti all'Aire in Brasile rispetto a quelli in Argentina;

   quali siano gli ulteriori strumenti approntati nel frattempo dai consolati per smaltire un così ingente arretrato;

   quali iniziative si intendano assumere per evitare che si possa originare un ricorso sempre più diffuso ad un «mercato» parallelo del rilascio dei certificati di cittadinanza italiana.
(4-03997)

  Risposta. — La Farnesina dedica da sempre prioritaria attenzione alle funzioni consolari, a partire dalle pratiche di cittadinanza iure sanguinis, in Argentina e Brasile, due Paesi caratterizzati da una importantissima presenza di collettività italiane e di discendenti di italiani.
  La disparità tra i numeri relativi alle pratiche di cittadinanza
iure sanguinis trattate in questi due Paesi, quale osservata dall'interrogante, va fatta risalire innanzitutto alla diverse realtà, anche dell'inserimento storico delle nostre collettività. Differenti sono le situazioni, in termini di: accessibilità agli atti attestanti la discendenza (spesso assai datati ed anche risalenti a prima dell'Unità d'Italia), ricostruzione dei rapporti familiari, necessarie traduzioni dalla lingua locale.
  Nei nostri uffici consolari in Argentina non si evidenziano significative liste di attesa di coloro che aspirano ad un appuntamento per la presentazione dell'istanza di riconoscimento del nostro
status civitatis. Mentre, in gran parte delle Sedi brasiliane, il lasso di tempo che intercorre tra l'arrivo della domanda in consolato e la data della conclusione dell'iter ha generato un considerevole arretrato (e una conseguente giacenza di istanze).
  La disparità dei dati relativi alle iscrizioni Aire non necessariamente dipende dai riconoscimenti della cittadinanza italiana avvenuti
in loco, atteso che una parte importante riguarda sia i nuovi nati sia coloro che, trasferitisi, diligentemente hanno regolarizzato la loro condizione presso gli uffici consolari. Si segnala, ad ogni utile fine, che gli iscritti negli schedari consolari al 30 novembre 2019 sono 614.836 per il Brasile e 1.020.898 per l'Argentina.
  Per quanto riguarda gli strumenti approntati dai consolati per fronteggiare le criticità evidenziate, si segnala che i nostri uffici, in coerenza con le istruzioni dell'Amministrazione centrale, stanno promuovendo: razionalizzazione e trasparenza delle prenotazioni (in alcuni casi anche tramite ricorso a «WhatsApp»); turnazioni del personale addetto; potenziata allerta rispetto alla falsificazione documentale; incentivazione delle assegnazioni di personale alle sedi interessate.
  Le competenti Direzioni generali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sono impegnate nella predisposizione, a favore dell'intera rete estera, di un nuovo sistema di prenotazione
online, che consenta una gestione di massima efficacia delle richieste di appuntamento.
  A conferma dell'attenzione riservata alle esigenze delle comunità di connazionali residenti all'estero, la Farnesina ha destinato l'aumento del contingente di personale a contratto introdotto con l'ultima legge di bilancio principalmente al rafforzamento degli Uffici con attività consolare. Argentina e Brasile sono state destinatarie del 38 per cento (19 su 50) delle unità aggiuntive autorizzate nel 2019. In particolare, in Argentina, è stato potenziato il consolato generale di Bahia Bianca (una unità a tempo indeterminato), il consolato di Mar del Plata (una unità a tempo indeterminato), il consolato generale di Cordoba (una unità a tempo indeterminato), il consolato generale di Rosario (2 unità a tempo indeterminato), il consolato di Mendoza (2 unità a tempo indeterminato) e l'Agenzia consolare di Moron (una unità a tempo indeterminato).
  In Brasile è stato disposto il rafforzamento dell'ambasciata a Brasilia (2 unità a tempo indeterminato), dei consolati generali di Rio de Janeiro (una unità a tempo indeterminato e 2 unità a tempo determinato per le esigenze dell'istituendo sportello consolare di Vitoria), di San Paolo (2 unità a tempo indeterminato), di Curitiba (una unità a tempo indeterminato), di Porto Alegre (2 unità a tempo indeterminato), di Belo Horizonte (una unità a tempo indeterminato).
  Per quanto riguarda il «mercato parallelo» citato dall'interrogante, i nostri consolati sono attivi per segnalare episodi di illegalità nelle rispettive circoscrizioni e rilevare falsificazioni documentali, in stretto raccordo con le autorità competenti in Italia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FORMENTINI, ZOFFILI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Enac, l'ente italiano preposto alla gestione del traffico aereo, su input del Governo, aveva imposto lo stop ai voli da e per l'Italia della compagnia iraniana Mahan Air, a partire dal 15 dicembre 2019;

   la stampa nazionale ha però recentemente dato notizia del fatto che dal 2 dicembre prossimo riprenderà invece i suoi collegamenti con Roma e Milano la compagnia Iran Air;

   la scelta di Iran Air è stata argomentata facendo riferimento alle necessità dei numerosi iraniani che vivono in Italia ma nel darne notizia l'agenzia iraniana Fars ha anche fatto riferimento a posizioni ricondotte all'ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, che avrebbe auspicato lo sviluppo della collaborazione bilaterale tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Islamica;

   Iran Air figura nella lista delle società sanzionate dal Dipartimento del tesoro americano ed esiste quindi il rischio che l'apertura delle nuove rotte tra la capitale iraniana e le città italiane di Roma e Milano determini l'adozione di misure ritorsive da parte degli Stati Uniti;

   gli eventi sopra riferiti accadono mentre aumentano le tensioni nella regione e l'Iran compie nuovi passi sulla strada della ripresa dell'arricchimento dell'uranio –:

   se il Governo intenda assumere iniziative relative alla gestione delle tratte aeree tra l'Italia e l'Iran, tenuto conto del fatto che diverse società iraniane sono sottoposte a sanzioni da parte degli Stati Uniti.
(4-04162)

  Risposta. — La compagnia aerea iraniana Iran Air è designata dagli Stati Uniti dal 2011 nell'ambito del regime sanzionatorio in vigore nei confronti dell'Iran per l'asserito sostegno all'Islamic Revolutionary Guard Corps.
  Il vettore non è invece inserito nella lista delle entità destinatarie di misure restrittive in ambito dell'Unione europea, ciò che rende pertanto l'assegnazione di frequenze aeree, nonché – in termini più generali – la sua complessiva operatività all'interno dell'Unione europea e in Italia, legittima dal punto di vista giuridico.
  Iran Air opera regolarmente sul territorio nazionale dal 2000, sia sull'Aeroporto di Roma Fiumicino che su quello di Milano Malpensa, come da intese bilaterali siglate in tale anno dalle rispettive autorità aeronautiche e rinnovate da ultimo nel 2015.
  L'autorizzazione ad operare nel nostro Paese è sempre stata rinnovata con cadenza stagionale dal competente Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) che non ha mai riscontrato criticità né nella documentazione tecnica prodotta dal vettore, né dal punto di vista della sicurezza. La tratta su Roma non è stata operata dal vettore, per scelta aziendale, solamente durante le ultime due stagioni di traffico aereo.
  Il rinnovo dell'autorizzazione per la trascorsa stagione di traffico aereo invernale (27 ottobre 2019-28 marzo 2020) ottenuto dall'Enac prevedeva la possibilità di operare su entrambi i summenzionati aeroporti italiani. Con particolare riferimento alla frequenza riguardante Roma Fiumicino, da quanto appreso dall'Ente, i collegamenti programmati – due voli settimanali da Teheran, il lunedì e il giovedì, con arrivo e ripartenza nella stessa giornata – sarebbero dovuti iniziare il 2 dicembre 2019, ma, a causa di problemi logistico-amministrativi del vettore, non sono mai stati effettivamente operati. L'autorizzazione è stata da ultimo rinnovata per la corrente stagione di traffico aereo estivo 2020 (29 marzo 2020-24 ottobre 2020), in base al medesimo programma
de facto operato dal vettore nella stagione invernale (2 servizi settimanali Teheran-Malpensa, con frequenza il martedì e il venerdì).
  Con riferimento infine alla compagnia iraniana Mahan Air, si conferma che l'autorizzazione ad operare per la stagione di traffico aereo invernale non è stata rinnovata dall'Enac, che ha rilasciato una proroga straordinaria della licenza sino al 15 dicembre 2019. Il 7 dicembre 2019 il vettore ha presentato una ulteriore richiesta di proroga ad operare sino al termine della stagione invernale (ossia sino al 28 marzo 2020). Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sondato in merito dall'Ente, ha fornito parere di competenza negativo a tale istanza. Mahan Air ha cessato quindi definitivamente le proprie operazioni in Italia a partire dal 15 dicembre 2019.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   FORMENTINI, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, GIORGETTI, GRIMOLDI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 14 aprile 2020, il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato in un intervento trasmesso dai maggiori media nazionali l'intenzione di sospendere l'erogazione dei contributi che il suo Paese versa all'organizzazione mondiale della sanità (Oms), in conseguenza del comportamento da questa adottato nelle fasi iniziali dell'epidemia da Sars-CoV-2, ritenuto insoddisfacente;

   il Presidente Trump ha tra l'altro accusato l'Oms di aver di fatto avallato un'azione disinformativa da parte delle autorità della Repubblica Popolare Cinese;

   alcuni esponenti del Congresso americano hanno inoltre fatto cenno alla necessità di investigare sulle responsabilità della Repubblica Popolare Cinese, che avrebbe trasmesso informazioni incomplete e tardive sull'infezione in atto, mentre una maggiore trasparenza avrebbe probabilmente permesso alle autorità sanitarie internazionali e dei singoli Stati, inclusa l'Italia, di adottare tempestivamente misure efficaci di prevenzione e contenimento del contagio;

   secondo diversi organi di stampa, sarebbero inoltre allo studio negli Stati Uniti iniziative legali da assumere nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, tese all'ottenimento di compensazioni economiche per i danni causati dal suo tentativo di nascondere la verità in merito alla gravità dell'infezione da Sars-CoV-2 –:

   se il Governo intenda seguire gli Stati Uniti e adottare iniziative per ricorrere conseguentemente all'interruzione, quantomeno della quota volontaria dei finanziamenti all'Oms, almeno fino al momento in cui non ne vengano rinnovati gli organi direttivi e non sia stata fatta chiarezza sulle cause che hanno determinato il grave ritardo con unità internazionale è stata avvertita della gravità dell'epidemia da Sars-CoV-2;

   se il Governo intenda associarsi all'eventuale promozione di un'azione risarcitoria nei confronti della Repubblica popolare Cinese, qualora a questo passo si risolvano le autorità degli Stati Uniti d'America.
(4-05236)

  Risposta. — Fin dall'emergere delle prime notizie sulla diffusione del nuovo coronavirus (nCov-2019), le competenti autorità italiane hanno mantenuto costanti contatti con l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e con le autorità cinesi al fine di monitorare l'evolversi della situazione e adottare le necessarie, tempestive contromisure.
  L'azione di verifica e informazione dell'Oms è apparsa tempestiva sin dalle prime fasi della diffusione del virus, con l'invio già il 20 e 21 gennaio 2020 di una propria delegazione tecnica in missione a Wuhan, epicentro dell'epidemia, dove ha valutato efficaci le misure di contenimento messe in opera dalle autorità sanitarie cinesi a livello nazionale, provinciale e cittadino.
  Fin dal 30 gennaio l'Oms aveva certificato il più alto livello di allerta sanitaria globale e dichiarato COVID-19 una «emergenza sanitaria pubblica di rilievo internazionale», quando ancora, fuori dalla Cina, vi erano meno di 100 casi e nessun decesso.
  L'Oms è risultata strumentale nell'assicurare la circolazione delle informazioni scientifiche tra tutti i suoi membri. In particolare nell'ambito del Comitato di emergenza dell'Organizzazione sono stati attuati un costante ed intenso coordinamento nonché scambi di informazioni volti a comprendere l'evoluzione dell'epidemia e la sua origine, condividendo sistematicamente i dati disponibili su tutti i casi di infezione; a intensificare e meglio mirare le azioni di sorveglianza e ricerca di casi su tutto il territorio nazionale; ad effettuare sistematici controlli negli aeroporti e porti internazionali, con l'obiettivo di individuare i viaggiatori sintomatici.
  Nella lotta contro l'attuale pandemia, l'Italia, ha applicato sin dall'inizio i princìpi di trasparenza e collaborazione a livello internazionale. C'è, infatti, l'esigenza sul piano internazionale di un approccio condiviso, trasparente e solidale. Sin dai primi momenti di questa crisi, il nostro Paese ha promosso in tutte le sedi un approccio multilaterale e multi-dimensionale. Anche grazie al nostro contributo, riconosciuto dalla comunità internazionale, è stata appena costituita una piattaforma globale di collaborazione coordinata proprio dall'Oms («
ACT – Access to COVID-19 Tools Accelerator»), un acceleratore finanziario e sanitario per lo sviluppo e la distribuzione di un vaccino e di trattamenti diagnostici e terapeutici per la lotta al COVID-19. Questo esercizio globale, per essere efficace, deve essere portato avanti con la più ampia partecipazione. Tale piattaforma di collaborazione è stata sostenuta, oltre che dal Presidente Conte e dal Ministro Di Maio, dai Capi di Stato e di Governo di Francia, Germania, Spagna, Sud Africa (Presidente di turno dell'Unione Africana), Rwanda (Presidente di turno della NEPAD), Malesia (Presidente di turno Asia-Pacific Economic Cooperation), Norvegia, oltre che da Arabia Saudita (Presidenza di turno G20), Regno Unito e Commissione europea.
  In questo ambito e nel momento critico che stiamo vivendo, anche il Vertice G20 sulla risposta al COVID-19 e due Risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno ricordato che non è possibile fare a meno del ruolo chiave dell'Oms e come essa svolga quotidianamente un ruolo fondamentale per la lotta alla pandemia, sia a Ginevra sia tramite i suoi uffici regionali e i 149 uffici Paese. Questi ultimi sostengono in modo concreto e tangibile i Paesi membri, soprattutto i più vulnerabili, nella lotta al COVID-19. Al momento, l'Oms ha infatti procurato e distribuito più di 4 milioni di equipaggiamenti protettivi principalmente in Africa e ha in programma nuove forniture via aereo per raddoppiarne l'entità.
  Proprio ora risulta dunque essenziale poter contare sulla collaborazione e lo scambio di informazioni con tutta la comunità internazionale facilitate dall'Oms. Eventuali ulteriori riflessioni sull'opportunità di migliorare e riformare la
governance sanitaria globale potranno essere intraprese nei tempi più opportuni, non in un momento in cui la pandemia è purtroppo ancora in corso.
  A proposito della polemica tra Stati Uniti e Cina citata dall'interrogante, richiamo quanto recentemente affermato dal Ministro Di Maio, con riguardo al fatto che l'Italia prende seriamente le preoccupazioni di Washington; al tempo stesso ha invitato a concentrarsi sull'efficace risposta che la cooperazione scientifica internazionale dimostra di fornire in questo delicato campo.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   GIACCONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere di Asti, da alcuni anni classificato come casa di reclusione ad alta sicurezza, ha una popolazione carceraria formata prevalentemente da detenuti «con fine pena mai o gravati da condanne per lunghi anni di detenzione»;

   di fatto la struttura è stata trasformata da struttura puramente detentiva a istituto di massima sicurezza senza una contemporanea e contestuale implementazione nell'organico del personale, che configura una pianta organica deficitaria di figure chiave, come ispettori e sovrintendenti di polizia penitenziaria;

   le notizie degli scorsi giorni relative all'annuncio della realizzazione di un nuovo padiglione detentivo nella casa di reclusione ad alta sicurezza di Quarto Inferiore, hanno sollevato negli amministratori locali diverse perplessità anche dal punto di vista del metodo, in quanto un eventuale progetto di questo tipo, secondo l'interrogante, dovrebbe nascere in maniera condivisa e concertata con tutti gli attori senza cogliere di sorpresa amministrazioni e territorio;

   la fonte della notizia è, infatti, il «Quarto dossier» sulle criticità strutturali e logistiche relative alle carceri piemontesi presentato dal, garante regionale dei detenuti, che alla voce Asti recita tra le altre cose: «È stata annunciata la realizzazione di un nuovo padiglione detentivo utilizzando una parte dello spazio attualmente occupato dalle aree verdi»;

   nell'ambito del detto documento con riferimento al carcere di Asti figura – oltre ad altre specifiche esigenze quali «adeguamento, ampliamento e rifunzionalizzazione dei servizi di accoglienza dei parenti, in particolare per quanto riguarda i colloqui con i figli minori che ora si svolgono in condizioni del tutto inadeguate» e «costruzione di spazi per i progetti e le attività trattamentali, formative e scolastiche» — anche il progetto di realizzazione di un nuovo padiglione detentivo, da ricavare utilizzando una parte dello spazio attualmente occupato dalle aree verdi;

   preme ribadire che gli uffici del comune di Asti non hanno ricevuto alcuna comunicazione da parte del competente Ministero. Informazioni ufficiose riportano che si tratterebbe di un padiglione di 3 piani per ospitare circa 200 detenuti oggetti a «custodia attenuata», ovvero detenuti a bassa pericolosità sociale prossimi al fine pena, per i quali sono previsti laboratori per attività varie; questi nuovi detenuti andrebbero ad aggiungersi ai circa 300 già presenti. Una piccola città nella città con 500 detenuti;

   sarebbero opportune, da parte del Ministro della giustizia, le necessarie informazioni su questo progetto relativamente a quali siano i presupposti, il grado di definizione e le interlocuzioni avviate con il territorio e, non ultimo, andrebbe chiarito se la progettazione tenga conto della necessità di intervenire contenendo il consumo di suolo;

   quello che è certo è che bisogna innanzitutto sostenere il personale di polizia penitenziaria in modo da aumentare la sicurezza, a partire proprio da un incremento dell'organico;

   a parere dell'interrogante un simile progetto dovrebbe necessariamente trovare anche la collaborazione del comune e dell'Asl in considerazione delle inevitabili ricadute sui servizi sociali locali e dovrebbe trovare una collocazione territoriale diversa dal carcere di Asti che è già una casa di reclusione ad alta sicurezza, con una popolazione carceraria formata prevalentemente da detenuti «con fine pena mai o gravati da condanne per lunghi anni di detenzione» –:

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno rivalutare il progetto per non dare seguito alla costruzione di questo nuovo padiglione detentivo e, in ogni caso, scegliere per questo progetto una sede diversa da Asti.
(4-04598)

  Risposta. — Con riferimento al contenuto dell'atto di sindacato ispettivo in esame, vertente sulle medesime criticità paventate in relazione alla futura apertura del nuovo padiglione detentivo presso la casa di reclusione di Asti, si evidenzia quanto segue.
  Dall'attuale quadro esigenziale dell'Amministrazione penitenziaria è scaturita la necessità di attuare misure specifiche per far fronte al sovraffollamento delle strutture carcerarie, in osservanza a quanto disposto dall'articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «
Misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria». In accoglimento di tali esigenze, dai tecnici interni, incaricati con dispositivo n. 2230 del 31 gennaio 2019, è stato elaborato e poi sottoposto ad approvazione dei vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con nota 28 febbraio 2019, un prototipo di padiglione detentivo da 120 posti presso la casa di reclusione di Asti, per l'attuazione degli interventi di ampliamento del programma di edilizia penitenziaria, in applicazione del già citato articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135.
  Risultano, allo stato, in corso di definizione le attività finalizzate all'affidamento dei servizi utili al completamento del progetto di fattibilità tecnico economica e per l'individuazione dell'area di sedime della nuova struttura, al termine delle quali si procederà a espletare le procedure urbanistiche in Conferenza di servizi con gli enti territoriali (regione Piemonte, comune di Asti, Soprintendenza archeologica, etc.).
  Ad ogni modo, per completezza, si rappresenta che l'ampliamento in questione avverrà all'interno del muro di cinta, senza procedere all'esproprio di terreni privati e senza il paventato «consumo di suolo».
  La rilevata carenza di personale del Corpo nell'istituto in esame è una difficoltà purtroppo comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del Corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, nonché alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  Di seguito i dati relativi all'organico previsto e alla forza amministrata presso l'istituto
de quo:
  

  Ruolo

  Organico
  Previsto

  Forza
  Amministrata

  Direttivo

  3

  1

  Ispettori

  24

  4

  Sovrintendenti

  29

  3

  Agenti Assistenti

  130

  174

  Totale

  186

  182

  Ai dati numerici sopra riferiti vanno aggiunte n. 5 unità distaccate in ingresso e sottratte n. 8 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, sono effettivamente presenti complessive 179 unità.
  Relativamente alla mancanza di due unità del ruolo direttivo si rappresenta che degli ottanta commissari del ruolo a esaurimento del Corpo, il cui corso di formazione è terminato il 31 gennaio 2020, è stata assegnata una unità presso la casa di reclusione di Asti, con funzioni di vice comandante.
  Nel mese di luglio 2019, peraltro, in occasione della mobilità sviluppata dalle assegnazioni del 175° corso, il personale dell'istituto in trattazione è stato incrementato di n. 8 unità maschili appartenenti al ruolo agenti/assistenti.
  Dall'analisi della situazione organica dell'istituto si desume che la carenza maggiore si riferisce al ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, peraltro sofferta dalla generalità degli istituti del Paese.
  A tal riguardo, si evidenzia che il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, è in corso di svolgimento.
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione dell'istituto in questione allorquando si disporrà delle risorse umane da distribuire anche nella sede in esame.
  Ulteriori movimentazioni di personale appartenente al ruolo agenti/assistenti potranno eventualmente essere disposte in occasione del prossimo interpello di mobilità che si svilupperà in occasione del termine del 176° corso allievi agenti, attualmente
in itinere.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIACOMETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che nel carcere di Rovigo stanno per essere trasferiti cento detenuti condannati per reati di associazionismo di stampo mafioso, nell'ambito di una movimentazione che ne porterà duecento nel carcere di Vicenza. Ad oggi, un centinaio sono già arrivati a Vicenza e una sessantina a Rovigo, ma nel giro di poche settimane tutti i posti di alta sicurezza delle due carceri saranno occupati da condannati per reati per mafia;

   l'amministrazione penitenziaria, nell'esercizio del potere discrezionale inerente alla gestione dei detenuti e degli internati, in linea con i criteri individuati dagli articoli 13 e 14 dell'ordinamento penitenziario opera garantendo che la popolazione carceraria sia suddivisa per categorie omogenee. La circolare n. 3479 del 9 luglio 1998 ha istituito il circuito ad elevato indice di vigilanza (E.i.v.) L'assegnazione a tale circuito è stata prevista per quanti rispondono dei delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante compimento di atti di violenza, nonché per i soggetti provenienti dal circuito di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario a seguito di revoca e quindi già ritenuti organicamente inseriti al vertice delle associazioni mafiose;

   l'alta sicurezza è una sezione del carcere in cui sono riuniti tutti i condannati per reati di tipo associativo (mafia, traffico di droga e altro), che sono sottoposti a una sorveglianza più stretta rispetto ai detenuti comuni;

   secondo quanto riportato sul sito del Ministero della giustizia i posti ammonterebbero a 286, il trasferimento già effettuato di 60 detenuti, equivale al 30 per cento del totale, al quale debbono essere aggiunti gli ulteriori arrivi di circa 40 detenuti che porteranno la popolazione carceraria entro la fine dell'anno dagli attuali 318 detenuti a 415;

   la casa circondariale di Rovigo è un istituto penitenziario cosiddetto di terzo livello, prevalentemente volto ad accogliere detenuti di media sicurezza privo dei mezzi necessari alla gestione dei detenuti di alta sicurezza. Oltretutto la struttura ha una cronica carenza organica in particolare nel ruolo degli ispettori (7 su una pianta organica di 13) e dei sovraintendenti (1 su una pianta organica di 13);

   tutti i reparti sono a regime aperto, tranne una sola sezione, la «A1» dove ci sono i nuovi giunti che rimangono in osservazione per 7-10 giorni, prima di firmare un patto di responsabilità per accedere ai reparti ordinari, dove hanno la possibilità di vivere con le celle spalancate per buona parte della giornata (10 ore al giorno);

   complessivamente i detenuti impegnati in una qualche attività tra lavoro, scuola iniziative culturali, sono poco più dei 50 per cento. Ma va considerato che l'impegno della maggior parte degli stessi, consistente in lavori di casermaggio, ha durata media di poco superiore al mese, per un totale di 3 turni all'anno;

   presso l'ospedale rodigino non è presente un reperto bunker per eventuali ricoveri di detenuti «alta sicurezza» che sarebbero quindi eventualmente ricoverati presso i reparti ordinari, creando un ulteriore problema di ordine pubblico e di sicurezza per l'intera città;

   Rovigo si appresta a diventare la seconda città veneta con più detenuti dopo Verona (a Montorio possono ospitare un massimo di 530 detenuti) –:

   quali siano i motivi che hanno condotto l'amministrazione penitenziaria a destinare detenuti di alta sicurezza presso la casa circondariale di Rovigo, nonostante le carenze organiche e di sicurezza della struttura rodigiana.
(4-04304)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame inerente al trasferimento di detenuti alta sicurezza alla casa circondariale di Rovigo, si espone quanto segue.
  Al fine di riorganizzare il circuito alta sicurezza e con l'intento di addivenire a una migliore perequazione della popolazione detenuta, sia con la deflazione delle sedi penitenziarie del sud Italia che con l'allontanamento dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata dai territori di radicamento e attività del sodalizio mafioso di appartenenza, su disposizione del capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a partire dal mese di giugno 2019, due sezioni del terzo piano della casa circondariale di Rovigo sono state destinate al circuito Alta sicurezza.
  Pertanto, a partire dal mese di ottobre 2019, l'ufficio centrale competente ha provveduto a destinare presso la casa circondariale di Rovigo 94 detenuti alta sicurezza 3, di cui 77 provenienti dalla casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere e da altre sedi del sud Italia, con posizione giuridica di definitivi e fine pena residua al di sotto dei cinque anni, mentre i restanti 17, con posizione giuridica non definitiva, sono stati movimentati per ragioni di opportunità, assegnazione al circuito di appartenenza e su disposizione delle autorità giudiziarie di competenza.
  Per completezza, si evidenzia che, sulla base dello stesso criterio, sono stati movimentati un totale di 94 ristretti presso la casa circondariale di Vicenza, di cui, allo stato, soltanto 89 hanno raggiunto la sede di destinazione.
  Tali movimentazioni non sono suscettibili, allo stato, di alcuna variazione.
  Alla data del 31 gennaio 2020, presso l'istituto di Rovigo erano presenti un totale di 262 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 207 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 128,43 per cento, perfettamente in linea con l'indice percentuale medio del distretto, pari, alla stessa data, al 130,06 per cento.
  Dei 262 detenuti presenti, 131 sono di nazionalità italiana, mentre i restanti 131 sono stranieri.
  Inoltre, 88 detenuti sono ascritti al circuito detentivo Alta sicurezza.
  Relativamente alle posizioni giuridiche dei ristretti ivi allocati, si evidenzia la seguente situazione:

   28 in attesa di primo giudizio;

   18 appellanti;

   14 ricorrenti;

   4 mista senza definitivo;

   36 condannati non definitivi;

   185 definitivi;

   13 mista con definitivo.

  La verifica delle condizioni detentive dei ristretti in termini di spazio minimo garantito, non fa oggi registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla Cedu, Atteso che tutti i ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, uno spazio di vivibilità superiore ai 4 mq.
  La competente Direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza/capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, sia attraverso il sollecito dei singoli provveditorati regionali a provvedere a una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, che alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distretto, ove richiesta.
  La definizione di «reparto bunker» usata dall'interrogante sembra possa essere riferita ai cosiddetti «reparti di medicina protetta», previsti dall'articolo 7 della legge n. 296 del 1993, attivi in diverse strutture del Servizio sanitario nazionale in città capoluoghi di provincia, i quali svolgono un ruolo fondamentale nel ricovero in luogo esterno di cura delle persone in stato di detenzione, anche in regime
ex articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario, in quanto garantiscono qualità di cure ed elevatissimi standard di sicurezza.
  Come indicato nell'Accordo approvato dalla Conferenza unificata il 26 novembre 2009 recante «Strutture sanitarie nell'ambito del sistema penitenziario italiano» nonché nel ricordo del 22 gennaio 2015, i reparti di medicina protetta sono parte della rete sanitaria penitenziaria regionale e nazionale.
  L'utilizzazione di tali strutture offre ai detenuti ricoverati tutti i servizi specialistici presenti nel nosocomio, attraverso la collaborazione delle altre unità operative dell'ospedale di appartenenza, in condizioni di elevata sicurezza, e determina l'effettiva contrazione delle risorse di polizia penitenziaria che si renderebbero necessarie per i piantonamenti in tali luoghi.
  Ciò premesso, si rappresenta che la scelta geografica di tali reparti è stata nel tempo dettata da diversi fattori.
  Certamente, sono stati individuati ospedali dotati di vasta offerta assistenziale e specialistica, in modo tale da poter offrire ai detenuti cure per diverse patologie. In secondo luogo, la scelta è stata dettata dalla loro vicinanza rispetto a strutture penitenziarie con sezioni detentive per ristretti ad alta valenza di sicurezza, quali 41-
bis, collaboratori di giustizia e detenuti appartenenti al circuito dell'Alta sicurezza.
  Di fatto, solo di recente il carcere di Rovigo è stato interessato dalla presenza di detenuti di alta sicurezza e sarà prerogativa di questa Amministrazione valutare la possibilità, congiuntamente con i referenti Asl locali, avviare le procedure per l'attivazione di un reparto di medicina protetta presso l'ospedale cittadino.
  In ogni caso, eventuali emergenze cliniche improvvise e non preventivabili verranno gestite ai sensi dell'articolo 17 dell'Ordinamento penitenziario come del resto accade in tutto il territorio nazionale. In caso di necessità terapeutiche certificate, non assicurabili nell'istituto, il detenuto verrà trasferito ad altra sede.
  Con riferimento, da ultimo, alle attività trattamentali, culturali e lavorative attive presso l'istituto in trattazione, si riporta di seguito il dettaglio del progetto d'istituto relativo all'anno 2019.
  Attività lavorative alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria:

   servizi d'istituto: 47 detenuti;

   Mop (manutenzione ordinaria fabbricato): 2 detenuti;

   lavoratori articolo 21 dell'Ordinamento penitenziario: 4 detenuti.

   totale: 53 detenuti lavoratori, di cui 44 stranieri.

  Attività scolastiche svolte dal C.P.I.A. (anno scolastico 2018-2019):

   corso di primo livello (ex scuola media);

   corso di alfabetizzazione italiana;

   corso di inglese;

   progetto di recupero scolastico destinato a detenuti studenti con esigenze di apprendimento.

  Corsi professionali:

   corso di panificazione (attivato a giugno 2019) in collaborazione con E.N.A.I.P. di Rovigo;

   formazione normativa H.A.C.C.P, in materia di igiene alimentare;

   corso per la lavorazione degli scarti di sapone condotto da una volontaria ex articolo 78 dell'Ordinamento penitenziario, il corso si è svolto con cadenza settimanale ed è stato frequentato da 6 detenuti;

   laboratori di arte e terapia a cura di un volontario ex articolo 17 dell'Ordinamento penitenziario, il corso si è svolto con cadenza settimanale e vi hanno partecipano 12 detenuti;

   corso professionale nel settore dell'edilizia, a cura dell'Ente Comitato paritetico e di formazione di maestranza edili di Rovigo, frequentato da 15 detenuti;

   il 30 maggio 2019 è stata firmata la convenzione con la cooperativa sociale Solidalia per l'istituzione di un laboratorio di assemblaggio semplice di materie plastiche.

  Attività culturali, ricreative e sportive:

   spettacoli teatrali «Teatrando: giovani e scuola», a cura degli studenti del laboratorio teatrale scolastico del liceo scientifico Alvise Cornero di Padova;

   adesione alla Festa della Musica 2019, promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali, nell'ambito del quale è stato realizzato uno spettacolo musicale su iniziativa del Coordinamento dei volontari della casa circondariale di Rovigo;

   corso di musica con l'utilizzo di strumenti musicali, a cura di un volontario esperto di musica;

   la direzione collabora con l'Accademia dei Concordi di Rovigo per il prestito bibliotecario, che vede coinvolti anche alcuni volontari. Inoltre, l'Associazione Soroptimist di Rovigo ha regalato all'istituto dei libri per arricchire la biblioteca;

   è attiva la palestra, fruita da 85 detenuti. Le attività sportive e i tornei di calcio avvengono in collaborazione con il Coni e il Csi di Rovigo.

  Rapporti con la famiglia:

   grazie alla disponibilità della Garante del comune di Rovigo, che ha messo a disposizione dell'istituto il proprio compenso, è stato allestito, con dei giochi per bambini, un piccolo spazio nella sala d'attesa per i familiari dei detenuti che accedono in istituto per i colloqui; in tal modo, i bambini possono impegnare, giocando, il tempo dell'attesa prima dell'ingresso nella sala colloqui;

   la presidente dell'Associazione Soroptimist di Rovigo, nel mese di maggio 2019 ha donato alla direzione dei libri per bambini da utilizzare nel corso dei colloqui con i genitori;

   nel mese di febbraio 2019 ha avuto inizio il «Progetto di intrattenimento di figli di genitori detenuti», organizzato dal gruppo Scout AGESCI di Rovigo. Il progetto consiste in una attività di intrattenimento dei bambini che accedono in carcere per i colloqui con i genitori detenuti attraverso piccoli giochi o attività manuali.

  Attività religiose:

   il Cappellano, oltre alle consuete funzioni religiose domenicali e festive, realizzate anche in collaborazione con alcune associazioni di volontariato, a partire dal mese di aprile 2019, ha avviato un percorso spirituale di sostegno denominato «un momento di preghiera per i detenuti», al quale partecipano, in media, 20 detenuti. Per i detenuti di fede ortodossa accede in istituto, con cadenza settimanale, un sacerdote ai sensi dell'articolo 17 dell'Ordinamento penitenziario, che effettua colloqui individuali e di gruppo con i detenuti che ne fanno richiesta. In istituto accedono, inoltre, alcuni Ministri di culto dei Testimoni di Geova, autorizzati con nulla osta del Ministero dell'interno. I detenuti musulmani, non essendo ancora presente un imam, recitano le loro preghiere per proprio conto in diversi momenti della giornata e si riuniscono il venerdì per la preghiera in comune.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LOSS, VANESSA CATTOI, BINELLI e SUTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Enrico Forti (detto Chico), nato e cresciuto a Trento, è stato uno dei pionieri del windsurf, ottenendo risultati a livello mondiale; trasferitosi a Miami in Florida, ha quindi intrapreso un'attività di film-maker e presentatore televisivo;

   nel febbraio 1998 venne arrestato in Florida per l'omicidio di Dale Pike, per il quale nel 2000 una giuria lo ha ritenuto colpevole «oltre ogni ragionevole dubbio», nonostante si sia sempre ritenuto innocente dichiarando di essere vittima di un errore giudiziario e sul quale negli ultimi 20 anni numerosi dubbi hanno accompagnato la vicenda giudiziaria del nostro connazionale;

   oltre a molti errori compiuti a suo danno sia durante la fase di indagine che durante il processo, a Chico Forti furono anche negati i diritti previsti dalla convenzione di Vienna per cui è garantita per i Paesi firmatari l'immediata assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato diverso dal proprio;

   in casi simili, è prevista, inoltre, anche l'automatica simultanea comunicazione alle autorità consolari locali del cittadino stesso: il consolato italiano venne, invece, a conoscenza del primo arresto di Enrico Forti dai giornali nove giorni dopo;

   in seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore giudiziario, cinque appelli presentati per la revisione del processo sono stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza alcuna motivazione né opinione;

   numerosi sono ad oggi i documenti e gli atti politici presentati ai vari livelli per sollecitare l'impegno delle istituzioni a trovare soluzione alle ingiustizie contro Chico Forti, nonché a restituirgli la libertà;

   il 24 settembre 2014 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00291, con la quale si impegnava il Governo pro tempore ad assumere in ogni opportuna sede iniziative di competenza volte a tutelare il concittadino Enrico Forti detto Chico, dal 2000 in carcere negli Stati Uniti;

   nei primi giorni di dicembre 2019 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha ricevuto l'avvocato americano di Chico, Joe Tacopina, il quale gli ha presentato ufficialmente la domanda di trasferimento in Italia presentata da Chico, basata sulla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 «Convenzione sul trasferimento di persone condannate» sottoscritta dall'Italia e dagli Stati Uniti;

   il sottosegretario Riccardo Fraccaro ha recentemente confermato che il Governo considera la questione come prioritaria e di massima attenzione nell'interesse del cittadino italiano e della famiglia, dichiarando il proposito del Governo di incontrare il governatore della Florida e i rappresentanti diplomatici americani e chiedere la grazia;

   secondo le sue dichiarazioni l'intenzione del Governo è quella di «non abbandonare nessuna delle strade possibili» e tenere aperte tutte le tre strade percorribili: oltre alla grazia, quella della revisione del processo, più lunga e incerta, e la possibilità di cercare di far tornare qui Chico Forti anche se da detenuto –:

   quali iniziative di competenza abbia messo in atto ad oggi e quali ritenga di adottare nel corso dei prossimi mesi, al fine di arrivare a garantire a Chico Forti non solo un giusto processo, ma anche la piena libertà.
(4-05699)

  Risposta. — La vicenda del signor Enrico «Chico» Forti è seguita con la massima attenzione dall'Ambasciata a Washington e dal Consolato generale a Miami – in stretto raccordo con la Farnesina – fin dal 1998, quando il connazionale fu arrestato negli Stati Uniti con l'accusa di aver ucciso a Miami un cittadino australiano con il quale era in affari.
  Nel 2000 il signor Forti è stato condannato alla pena dell'ergastolo da un Tribunale della Florida per omicidio premeditato. Una volta respinti tutti i ricorsi in appello presentati dai legali difensori, la sentenza è divenuta definitiva nel 2010.
  L'assistenza consolare al connazionale viene assicurata dal consolato generale a Miami, che si mantiene in contatto costante con l'interessato e con i suoi avvocati. Molti gli interventi svolti in favore del connazionale, tra i quali anche un sostegno economico per il pagamento delle spese legali e l'acquisto di beni di prima necessità, e numerose le visite consolari in carcere effettuate per verificarne le condizioni di salute e di detenzione.
  Nell'impossibilità di recarsi presso la struttura penitenziaria dove il signor Forti è recluso, a causa del diffondersi della pandemia Covid-19, l'ultima di tali visite ha assunto la forma di un colloquio telefonico tra il console generale e l'interessato, avvenuto il 31 marzo 2020. Nell'occasione, il connazionale ha affermato di godere di buona salute e che le Autorità carcerarie hanno adottato tutte le misure atte a prevenire casi di contagio da Covid-19 all'interno della struttura. La nostra Rappresentanza consolare continuerà, anche nell'attuale contingenza emergenziale a mantenere contatti quanto più possibile regolari con il connazionale.
  In relazione alle azioni concrete messe in atto, il signor Forti ha optato nel luglio 2018 per la presentazione di un'istanza di trasferimento in Italia ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, per continuare a scontare nel nostro Paese la pena comminatagli dalla giustizia americana. Su tale istanza è chiamato a pronunciarsi il Governatore della Florida, la cui decisione passerà poi al vaglio del Dipartimento per la giustizia degli Stati Uniti per il nulla osta sull'accoglimento dell'istanza.
  L'Ambasciata a Washington, dietro espressa indicazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha avviato un'incisiva opera di sensibilizzazione presso le competenti autorità statunitensi – sia a livello statale sia a livello federale – perché la richiesta del connazionale venga debitamente esaminata e accolta.
  Al Governatore della Florida e ai vertici dell'Amministrazione federale è stata espressamente rappresentata la grandissima attenzione con la quale la vicenda è seguita dal Governo italiano, che si fa interprete della profonda emozione della nostra opinione pubblica.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i sindacati regionali della polizia penitenziaria hanno denunciato una situazione critica all'interno della casa circondariale di Reggio Emilia riguardante l'insalubrità di alcuni ambienti e il malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento della struttura;

   risulta, infatti, il malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento di n. 2 sezioni, poi estesosi a tutto l'istituto, comprese sia la caserma degli agenti di polizia penitenziaria sia la mensa di servizio riservata al personale ivi operante;

   per quanto riguarda la caserma degli agenti, il personale è stato costretto a utilizzare stufe elettriche per poter rendere l'ambiente più vivibile;

   l'acqua delle docce risulta essere appena tiepida e, nel locale dove vengono preparati i pasti per il personale in servizio, sono state rilevate numerose infiltrazioni d'acqua e vistose chiazze di muffa che rendono l'ambiente insalubre;

   i sindacati della polizia penitenziaria hanno sollecitato il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria dell'Emilia-Romagna e tutti gli organi competenti al fine di risolvere tale situazione, ripresa anche da alcuni organi di stampa;

   il personale di polizia penitenziaria dal 31 dicembre 2019 ha proclamato l'astensione dalla mensa di servizio per sensibilizzare le autorità a intervenire;

   la struttura carceraria attualmente ospita circa 430 detenuti e 212 appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria oltre al personale civile –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di verificare con la massima urgenza i fatti sopra descritti e garantire a tutto il personale operante ambienti sani e dignitosi e migliori condizioni di lavoro.
(4-04414)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla salubrità degli ambienti e al malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento della casa circondariale di Reggio Emilia, si evidenzia quanto segue.
  Il provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria per l'Emilia-Romagna e le Marche ha rappresentato che, a seguito dei sopralluoghi effettuati dal locale ufficio tecnico in data 18 aprile e 15 maggio 2019, sono state accertate una complessa serie di disfunzioni della centrale termica dell'istituto in trattazione, tra cui, in particolare:

   la rottura del generatore di calore a gas a servizio dell'impianto di riscaldamento;

   l'assenza di un sistema di regolazione dell'impianto (centralina di termoregolazione);

   la disfunzione dell'impianto di addolcimento dell'acqua a servizio della centrale termica;

   l'assenza di conduzione e manutenzione dell'impianto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 e successive modificazioni.

  Pur ravvisando la necessità di procedere a una complessiva attività di adeguamento e riqualificazione della centrale termica, il menzionato Provveditorato ha assicurato una prima copertura finanziaria, pari a euro 29.780,00 + iva, per la sostituzione di due caldaie della centrale termica e, successivamente, pari a euro 33.900,00 + iva per l'installazione di due defangatori, due scambiatori e due circolatori, finalizzati al miglioramento dell'efficienza del circuito primario della centrale termica.
  L'impianto di trattamento dell'acqua a servizio della centrale termica è stato ripristinato, successivamente, con una spesa di euro 1.150 + iva.
  Relativamente al sistema di regolazione dell'impianto, limitatamente ai circuiti termici dei fabbricati principali dell'istituto, la direzione di Reggio Emilia ha provveduto a far eseguire l'intervento dopo aver ottenuto la copertura finanziaria di euro 13.500 + iva.
  Allo stato risultano completate tutte le installazioni delle apparecchiature sopra indicate e i disservizi temporanei, verificatisi nell'ultimo periodo e connessi all'esecuzione e al completamento dei suddetti interventi, risultano risolti.
  Sono inoltre in corso di verifica e riparazione le pompe di circolazione del circuito secondario dell'impianto di riscaldamento.
  In merito alle anomalie presso la caserma agenti, riguardanti l'approvvigionamento dell'acqua calda sanitaria, si è appreso dal personale della M.o.f. (Manutenzione ordinaria fabbricati) di Reggio Emilia che dette disfunzioni sono presenti al 3° e 4° piano della citata caserma, presso la sezione femminile e la sezione Orione; risulta inoltre che è stato richiesto l'intervento tecnico del manutentore.
  Quanto alle lamentele relative alle docce, non risultano pervenute segnalazioni formali al locale Provveditorato, né agli atti risulta l'astensione dalla mensa indetta dal personale in data 31 dicembre 2019.
  Per quanto concerne la problematica delle infiltrazioni d'acqua piovana nella mensa di servizio, si rappresenta che, a seguito del sopralluogo del 3 ottobre 2019, sono stati indicati gli importi necessari al ripristino delle coperture maggiormente danneggiate dell'istituto di Reggio Emilia.
  In particolare, per quanto concerne il fabbricato, è stata stimata una spesa di euro 118.000,00 + iva per il rifacimento e di euro 43.000,00 + iva per la riparazione della sola area maggiormente danneggiata.
  La Direzione del penitenziario, in data 9 gennaio 2020, ha comunque avviato, attraverso la M.o.f., i lavori manutentivi volti al ripristino delle opere di finitura della soffittatura e delle pareti del locale in questione, al fine di eliminare le tracce di muffa presenti.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea potrebbe aprire scenari preoccupanti per i circa 700 mila italiani che vivono e lavorano in Gran Bretagna;

   l'amministrazione britannica ha in più occasioni rassicurato i cittadini comunitari in merito alla possibilità di ottenere il «Settled Status», la certificazione per chi arriva da un altro Paese dell'Unione e vive in Gran Bretagna da almeno cinque anni;

   recenti notizie di stampa hanno evidenziato il caso di una cittadina italiana, Anna Amato, di 57 anni arrivata nel Regno Unito all'età di due anni e ivi residente ininterrottamente per 55 anni, che si è vista negare da parte delle locali autorità il visto di soggiorno permanente, condizione per la concessione della cittadinanza. La connazionale in questione ha compiuto l'intero ciclo di studi nel Regno Unito, è sposata con un cittadino britannico, ha figli, a loro volta britannici, e ha svolto negli anni attività lavorative di vario genere nel settore dei servizi alla persona e nel settore del commercio. Tali attività, di difficile documentazione per la scomparsa degli enti presso i quali le prestazioni lavorative sono state effettuate, sono tuttavia evidenziate dai regolari adempimenti fiscali che l'interessata ha assolto nel corso del tempo;

   negli stessi servizi giornalistici, inoltre, si riportano numerose criticità e analoghe situazioni che riguarderebbero molti anziani italiani, immigrati negli anni Cinquanta e Sessanta, la cui documentazione certificante l'arrivo e la residenza continuativa per almeno cinque anni nel Regno Unito sarebbe andata persa. Molti di loro, inoltre, non avrebbero avviato le pratiche per il permesso di soggiorno («Settled Status») a causa di una insufficiente informazione o capacità ad operare attraverso modalità digitali –:

   se abbia già assunto iniziative affinché i rappresentanti diplomatici e consolari italiani prendano contatto con la connazionale indicata dalle notizie di cronaca al fine di sostenerne le istanze nei confronti delle autorità britanniche, fino al riconoscimento dei suoi giusti diritti;

   più in generale, quali iniziative siano state intraprese al fine di sensibilizzare i nostri connazionali a registrarsi al «settlement scheme» e di fornire l'assistenza necessaria ai connazionali medesimi in caso di bisogno;

   se sia stato predisposto un monitoraggio della situazione relativa a tutti coloro che si sono trovati, o possono trovarsi, nella stessa situazione della persona di cui in premessa in modo da dare al dialogo con le autorità britanniche un carattere organico e sistematico rispetto alle fasce più deboli e vulnerabili della comunità italiana, soprattutto agli anziani, profondamente radicate nel tessuto sociale del Paese, che rischiano di vedere messi in discussione i rapporti sociali e familiari e vanificata l'esperienza di una vita;

   se abbia avuto modo di registrare nel rapporto con le autorità britanniche una reale intenzione di salvaguardare, in modo sostanziale, i diritti dei residenti provenienti dai Paesi dell'Unione europea anche nel deprecato caso di uscita senza accordo del Regno Unito dall'Unione europea stessa.
(4-03589)

  Risposta. — Il recesso del Regno Unito dall'Unione europea è, come noto, avvenuto il primo febbraio 2020.
  Il Governo ha adottato misure legislative (decreto-legge del 25 marzo 2019, n. 22, convertito in legge del 20 maggio 2019, n. 41) per assicurare, ben prima del recesso, anche al fine di prevenire uno scenario senza accordo, la tutela dei diritti dei cittadini britannici residenti in Italia e l'assistenza nei confronti della consistente comunità italiana residente nel Regno Unito, In quest'ottica sono state avviate le procedure per la riapertura del Consolato a Manchester per consentire ai consolati generali a Londra ed Edimburgo di far fronte al considerevole incremento della richiesta di servizi da parte dei connazionali. È stato infatti disposto un piano di rafforzamento delle capacità delle sedi che si può considerare del tutto straordinario, viste anche le limitate risorse finanziarie e di organico a disposizione.
  Da parte sua, il Regno Unito ha deciso di offrire unilateralmente un livello di tutela dei diritti dei cittadini europei residenti nel Paese sino alla data di uscita sostanzialmente equivalente a quello assicurato dall'Accordo di recesso. A proposito, occorre segnalare che il nuovo Accordo di recesso del 17 ottobre 2019, poi entrato in vigore il primo febbraio 2020, non ha toccato le disposizioni sulla tutela dei diritti dei cittadini già presenti nel precedente Accordo concluso nel novembre 2018. Inoltre, il rispetto delle garanzie stabilite per i diritti dei cittadini costituisce una delle precondizioni che Londra dovrà rispettare per impostare il negoziato sulle future relazioni con l'Unione europea.
  Per poter far valere il nuovo
status dei cittadini dell'Unione europea nel Regno Unito è stato realizzato un meccanismo di registrazione dei cittadini europei su scala nazionale (lo EU Settlement Status Scheme – EUSS), concettualmente collegato all'Accordo di recesso dall'Unione. La scadenza per usufruire di tale schema è fissata al 31 dicembre 2020 (termine che è prorogato al 30 giugno 2021 per chi ha iniziato a vivere nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020). Esso è destinato ad assorbire, col tempo, tutti gli altri tipi di permesso di soggiorno in essere per cittadini italiani (e UE) nel Regno Unito.
  Dei circa 410.000 italiani che risiedono ufficialmente nel Regno Unito, sono sinora 351.600 (al 31 marzo 2020) coloro che hanno ottenuto il diritto di residenza permanente/
Settled Status. Il tema delle modalità pratiche di riconoscimento del Settled Status continua ad essere seguito e approfondito da parte italiana, in particolare nell'ambito dell'apposito User group dello Home Office britannico, a cui partecipa attivamente l'Ambasciata d'Italia a Londra insieme ai rappresentanti degli altri 26 Stati membri e della Commissione europea, La Commissione europea sta monitorando l'attuazione dei diritti dei cittadini attraverso riunioni periodiche del Comitato misto, istituto dall'accordo di recesso.
  Sull'introduzione dell'
EUSS, e sulle modalità per aderirvi, le autorità britanniche e le ambasciate dei Paesi europei nel Regno Unito stanno da tempo effettuando un'ampia campagna informativa, finalizzata a raggiungere anche le fasce più «deboli» della popolazione residente. La nostra ambasciata a Londra, in particolare, è da più di un anno impegnata in una capillare azione informativa in tutto il Paese, sia attraverso i media nazionali sia attraverso iniziative ad hoc organizzate sul territorio con la collaborazione di associazioni ed enti locali. È in tale ambito che il 19 febbraio 2020 il consolato generale d'Italia a Londra ha poi inaugurato, alla mia presenza, uno sportello «settled status». Si tratta di un nuovo strumento che permetterà ai connazionali che hanno meno familiarità con la tecnologia di accedere gratuitamente alle procedure britanniche in materia di immigrazione.
  Per quanto riguarda il caso specifico della signora Amato, non appena appresa – tramite gli organi di informazione – la sua vicenda, sia l'ambasciata d'Italia a Londra che i preposti uffici dell'
Home Office hanno contattato la connazionale per verificare la sua situazione e offrirle la necessaria assistenza. Della questione si è interessato direttamente anche il Ministro per gli affari europei, Amendola, che ha ricevuto rassicurazioni dall'ambasciata del Regno Unito in Italia sull'attenzione con cui il Governo britannico segue il caso.
  Dalle verifiche effettuate dall'ambasciata d'Italia a Londra e dall'
Home Office, è emerso che la signora è in possesso dei requisiti per richiedere il settled status ed è pienamente a conoscenza dell'obbligo di registrazione in capo a tutti i cittadini europei regolarmente residenti nel Regno Unito derivante dall'introduzione del nuovo EUSS, obbligo che però l'interessata contesta in via di principio. Alla connazionale è stato comunque suggerito di adempiere agli obblighi previsti dall'introduzione dell'EUSS entro le scadenze stabilite dalla normativa britannica (31 dicembre 2020).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.