Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 23 giugno 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il Consiglio dell'Unione europea ha adottato il 29 aprile 2004 – con pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 6 agosto dello stesso anno – la direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato. Con essa, gli Stati membri hanno preso l'impegno di mettere in vigore «le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2006». La soprammenzionata direttiva è stata parzialmente recepita in Italia con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204; successivamente, a seguito di una pronuncia da parte della Corte di giustizia europea dell'11 ottobre 2016 sull'incompletezza del sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi sul proprio territorio, l'allora Governo era intervenuto mediante la legge europea 2015-2016 con l'estensione dell'indennizzo per tutti i reati dolosi commessi con violenza alla persona;

    nel mese di aprile 2020 «Il Corriere della Sera» ha dato notizia del pagamento da parte dello Stato italiano di un risarcimento di 150 mila euro a beneficio della vedova e dei figli di Gianfranco Benetti, camionista ucciso nel corso di una rapina avvenuta l'8 marzo del 1982: essendo nullatenenti i rapinatori responsabili dell'omicidio e condannati al pagamento del risarcimento, nel 2016 la famiglia aveva deciso di procedere ad una causa civile per ottenere il risarcimento dallo Stato che è stato riconosciuto con sentenza di aprile 2020 pronunciata dai giudici della seconda sezione civile del tribunale di Roma. Questo caso di cronaca è esemplificativo del recepimento solo parziale della normativa europea da parte di uno Stato membro come l'Italia;

    l'obiettivo della direttiva 2004/80/CE è quello di garantire alle vittime il diritto di ottenere un indennizzo statale equo ed adeguato per i danni subiti a prescindere dal luogo dell'Unione in cui il reato è stato commesso. Ad inizio dell'anno corrente sono entrati in vigore i nuovi valori di indennizzo per le vittime di reati intenzionali violenti, ma persistono delle restrizioni per l'accesso al Fondo: in particolare, la normativa italiana ha mantenuto un requisito economico – non menzionato nella direttiva del Consiglio dell'Unione europea – che esclude i titolari di reddito annuo superiore a quello previsto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Inoltre, per potervi accedere, la vittima deve aver tentato l'azione risarcitoria nei confronti dell'autore del reato senza averlo ottenuto, a meno che questo non sia rimasto ignoto. Tali disposizioni contribuiscono ai ritardi e alle complicazioni nell'ottenimento dei risarcimenti e, non di rado, scoraggiano i familiari ad avviare i procedimenti giudiziari;

    nonostante le modifiche apportate nella legge di bilancio pubblicata il 31 dicembre 2018 in Gazzetta Ufficiale, resta al comma 2 dell'articolo 11 della legge n. 122 del 2016 la presenza di una previsione che precisa che per i delitti diversi da quelli di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima «l'indennizzo è corrisposto per la rifusione delle spese mediche e assistenziali», non senza dubbi di compatibilità con la direttiva 2004/80/CE. Con decreto del 22 novembre 2019 dei Ministeri dell'interno e della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 gennaio 2020, il Governo ha adeguato gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti e per i delitti diversi da quelli di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima è stato previsto un risarcimento «fino ad un massimo di euro 15.000» ma «solo per la rifusione delle spese mediche e assistenziali documentate». Oltre a ciò, occorre ricordare che, mentre nelle strutture penitenziarie di detenzione e di reinserimento sociale sono previsti colloqui psicologici per detenuti anche reo confessi di delitti intenzionali violenti, l'ordinamento italiano non contempla, invece, percorsi volti al sostegno psicologico delle vittime di tali reati,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per il recepimento completo della direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato nell'ordinamento italiano e, dunque, per l'adeguamento agli obblighi comunitari;

2) ad assumere iniziative per l'istituzione di un efficace sistema d'indennizzo da estendere alle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi nel territorio italiano;

3) a valutare l'opportunità di non includere tra i requisiti di accesso al Fondo delle vittime dei reati intenzionali violenti il criterio selettivo su base reddituale;

4) ad adottare tempestivamente iniziative per rispettare la previsione della direttiva europea di provvedere ad un indennizzo equo ed adeguato per le vittime di tutti i reati intenzionali violenti e non soltanto di alcuni di essi;

5) ad adottare iniziative per prevedere nell'ordinamento italiano l'istituzione di percorsi diretti al supporto psicologico delle vittime di reati intenzionali violenti, a prescindere dal delitto subito e dal reddito annuo risultante dall'ultima dichiarazione.
(1-00361) «Potenti, Molinari, Turri, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Tateo».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la pandemia da Coronavirus ha costretto da marzo 2020 la scuola alla chiusura e a modalità di lavoro che, se hanno offerto una risposta immediata all'emergenza, non possono in alcun modo essere considerate un modello positivo;

    dal 18 maggio 2020 si sta assistendo alla riapertura del Paese, non a un ritorno alla normalità, ma a una ripresa delle attività produttive, sociali, economiche, con un lento ritorno alla vita;

    in questa riorganizzazione non è stato previsto (se non per gli esami di maturità) il ritorno a scuola prima della pausa estiva; ora si parla in maniera confusa di un ritorno in classe a partire dal 14 settembre 2020. Eppure, il ruolo della scuola come laboratorio di convivenza civile dovrebbe essere fondamentale, in un Paese che sarà attraversato in autunno da una drammatica crisi economica e sociale;

    la scuola a settembre deve essere una scuola in presenza, il ritorno deve avvenire nelle aule e bisogna incrementare il tempo pieno, prevedendo immediatamente l'attivazione di misure e investimenti che rendano tutto ciò possibile;

    la didattica digitale non può sostituire la relazione diretta dei docenti con gli alunni e degli alunni tra di loro, l'importanza dell'educazione tra pari, il ruolo attivo che gli alunni hanno nella didattica, le attività ludiche e formative, la crescita complice e reciproca;

    la didattica a distanza ha mostrato limiti e acuito le diseguaglianze sociali, economiche e territoriali. I docenti per la prima volta sono entrati nelle case dei propri alunni, hanno potuto vedere i ragazzi e le ragazze nel loro ambiente familiare, dentro la complessità delle condizioni materiali, affettive, socio-economiche. In troppi casi questa complessità si è esplicitata nella mancanza di connessione e di strumenti. Ma in questo periodo qualcosa di inedito è successo: la scuola è tornata in primo piano, è stato rivalutato il suo fondamentale ruolo di presidio di democrazia;

    l'istruzione non riguarda solo chi frequenta la scuola, ma riguarda il benessere e il futuro del nostro Paese. È necessario un impegno straordinario per finanziare una scuola che possa continuare a svolgere il suo compito: dare a ciascuna e ciascuno le conoscenze necessarie e indispensabili per essere cittadine e cittadini consapevoli, prima ancora che lavoratori competenti;

    in questo difficile momento occorre investire meglio e di più nella scuola, perché è forte il rischio di creare diseguaglianze nell'accesso al sapere con le soluzioni, pur legittime, già individuate. E bisogna intervenire subito, predisporre in tempi rapidi soluzioni per l'avvio del nuovo anno scolastico, che è molto più vicino di quanto sembri,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, in raccordo con le istituzioni scolastiche e le regioni, le province e i comuni per assicurare a settembre il rientro in presenza a scuola in sicurezza;

   a sostenere e supportare la ricognizione e l'allestimento in tempi rapidi di spazi pubblici alternativi a quelli scolastici per il rientro in classe in sicurezza di tutte le scuole di ogni ordine e grado;

   ad adottare iniziative immediate per la riduzione del numero di alunni per classe, a partire dalla formazione delle prime classi di ogni ciclo con numero non superiore a 15 alunni;

   ad adottare tutte le iniziative e le misure necessarie per limitare il ricorso a dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi (dsga) reggenti;

   ad adottare tutte le iniziative e le misure necessarie atte a garantire la medesima offerta formativa a tutti gli studenti delle scuole italiane;

   a considerare prioritario e sostenere, attraverso iniziative apposite e specifiche, il rientro in classe in sicurezza degli studenti con bisogni educativi speciali, a partire da quelli con disabilità, che più di altri hanno sofferto l'isolamento dovuto alla pandemia, garantendo la presenza del docente specializzato per ogni alunno certificato sin dall'inizio dell'anno scolastico, per evitare l'alternanza di personale;

   ad adottare iniziative per incrementare la dotazione organica di tutto il personale scolastico, a partire dal prossimo anno scolastico e attraverso un piano straordinario di assunzioni pluriennale;

   ad adottare linee guida e un piano della didattica a distanza a livello nazionale e per ogni ordine di scuola da utilizzare nei casi di emergenza sanitaria, in grado di arrivare all'intera popolazione studentesca, garantendo a tutti (personale e studenti) i mezzi tecnologici e la connettività necessaria;

   a promuovere e sostenere l'integrazione della didattica innovativa e digitale nella didattica ordinaria e in presenza;

   a promuovere la cultura della sicurezza nella comunità educante (personale, studenti, famiglie) attraverso attività di formazione e informazione specifiche;

   a promuovere test sierologici gratuiti per tutto il personale scolastico;

   ad adottare iniziative per potenziare e promuovere forme diverse di mobilità del percorso casa-scuola in grado di decongestionare il traffico cittadino e i mezzi pubblici, attraverso l'implementazione del trasporto pubblico locale e gli incentivi alla mobilità alternativa e sostenibile;

   ad adottare iniziative per prevedere sedi alternative a quelle scolastiche per la costituzione dei seggi elettorali in vista delle imminenti votazioni referendarie, regionali e amministrative;

   a dare vita a un grande piano nazionale di contrasto alla povertà educativa che in molte aree del Paese non è solo dispersione o abbandono scolastico, ma un vero e proprio fenomeno diffuso di analfabetismo;

   ad adottare iniziative per prevedere che per il segmento 0-6 anni vengano mantenute le sezioni di nido e della scuola dell'infanzia indipendentemente dal numero delle iscrizioni per l'anno 2020-2021;

   ad adottare iniziative per eliminare l'obbligo per tutti gli ordini di scuola della valutazione decimale, come già previsto per la scuola primaria a partire dall'anno scolastico 2020-2021.
(7-00502) «Fratoianni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   PALMIERI e GELMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo la relazione Desi 2020 (Indice di digitalizzazione dell'economia e della società), l'Italia si colloca al 25° posto su 28, con un peggioramento nella graduatoria sulla connettività internet a banda larga (dal 12° al 17° posto);

   nel 2015 il Governo ha approvato la Strategia italiana per la banda ultralarga, con l'obiettivo di ridurre il gap infrastrutturale e di mercato esistente nel nostro Paese. La prima fase di attuazione della Strategia riguardava interventi sulle cosiddette «aree bianche», quelle a fallimento di mercato, attingendo prevalentemente ai fondi comunitari (Fesr e Feasr);

   per il tramite della società in-house del Ministero dello sviluppo economico, la Infratel s.p.a., sono state indette tre gare per l'aggiudicazione della realizzazione dell'infrastruttura e il relativo mantenimento della stessa rete; tutte le gare sono state aggiudicate alla società Open Fiber s.p.a.;

   nelle recenti riunioni del Comitato banda ultralarga (Cobul) sono emerse numerose criticità nella realizzazione del progetto banda ultra-larga nelle aree bianche, così come comunicato da Infratel s.p.a.;

   a causa dei ritardi accumulati, dovuti a molteplici responsabilità, Infratel s.p.a. ritiene di escludere dal piano per le aree bianche 1.113 comuni in quanto ritenuti coperti da altri operatori già al 95 per cento delle unità immobiliari e, complessivamente, si potrebbe determinare lo slittamento del termine dei lavori anche dopo il 2022;

   tale tempistica, come sottolineato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 12 marzo 2020, non sembra essere compatibile con le regole di spesa dei propri fondi Fesr e Feasr relativi all'attuale programmazione comunitaria;

   difficoltà sono segnalate anche per le «aree grigie», nelle quali la presenza di un operatore di rete privato non consente di raggiungere un'offerta di servizi di connettività superiore a 30 Mbit/s in download e a 15 Mbit/s in upload, né si riscontra l'intenzione ad investire da parte di imprese private per il potenziamento di detti servizi. Si tratta, tuttavia, di aree dove forte è la concentrazione di distretti industriali e di comuni ad alta intensità manifatturiera;

   il bando da 1,1 miliardi di euro pare destinato a slittare al 2021, avendo il Governo dirottato le risorse previste per interventi legati all'attuale emergenza economica. A quanto si apprende dagli organi di stampa, bisognerà quindi attendere di poter attingere alle risorse della nuova programmazione europea 2021-2027;

   nel corso dei cosiddetti «Stati generali dell'economia», il Presidente del Consiglio, presentando il «Paese digitale», ha parlato di una «rete nazionale unica in fibra ottica», nonché della costruzione delle reti mobili di quinta generazione (5G);

   sono già 500 i comuni ed enti che hanno adottato provvedimenti contro l'installazione delle antenne per il 5G o hanno approvato atti di indirizzo in tal senso. Tali posizioni hanno portato a una contro-presa di posizione da parte di undici fondazioni tecniche e scientifiche, che chiedono al Governo di proseguire celermente, rimarcando che il 5G è «necessario e urgente» e chiedendo di liberare i sindaci «dall'assedio di posizioni irrazionali e antiscientifiche» –:

   quali iniziative intendano porre in essere per creare una rete 5G solida e performante, anche attraverso interventi normativi che accentrino le responsabilità delle autorizzazioni, garantendo adeguati limiti emissivi e liberando le diverse amministrazioni dall'assedio di posizioni sovente irrazionali e antiscientifiche;

   come intendano accelerare la realizzazione della banda ultra larga superando questi ennesimi rallentamenti riportati in premessa, con il rischio di perdere risorse comunitarie;

   come intendono perseguire l'obiettivo di una «rete nazionale unica in fibra ottica» stanti le attuali divergenze di opinioni, pubblicamente espresse, dai vertici di Tim e da quelli di Open Fiber proprio su una rete di telecomunicazioni integrata.
(3-01624)


   MELICCHIO, SAPIA, NESCI, BARBUTO, MISITI e D'IPPOLITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 39 dello statuto regionale della Calabria prevede che l'iniziativa legislativa compete anche «agli elettori della regione in numero non inferiore a cinquemila». In data 14 maggio 2018, presso la sede del consiglio regionale della Calabria, è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare denominata «Taglio privilegi», prot. n. 22173, per la riduzione dei costi della politica regionale. In data 15 novembre 2018, i promotori hanno regolarmente depositato oltre 5.000 firme certificate, prot. n. 45217; con deliberazione n. 76 del 21 dicembre 2018, l'ufficio di presidenza del consiglio regionale della Calabria, all'unanimità, ha dichiarato l'ammissibilità della proposta di legge;

   in data 28 febbraio 2019, si è riunita la Commissione «Affari istituzionali, affari generali e normativa elettorale» alla quale hanno partecipato i promotori e primi firmatari che ne hanno illustrato il contenuto, così come previsto dall'articolo 12 della legge regionale n. 13 del 1983;

   l'articolo 40, comma 2, dello statuto regionale dispone che i progetti di legge di iniziativa popolare «sono portati all'esame del Consiglio regionale entro tre mesi dalla data di presentazione. Scaduto tale termine, il progetto è iscritto all'ordine del giorno della prima seduta del Consiglio e discusso con precedenza su ogni altro argomento». Tale disposizione viene ripresa anche dall'articolo 11 della legge regionale n. 13 del 1983, anche se, stranamente, questa stabilisce un termine differente: sei mesi;

   ad oggi, nonostante i termini abbondantemente scaduti, il consiglio regionale calabrese non ha inteso provvedere a iscrivere la proposta all'ordine del giorno, in spregio alle norme statutarie e di legge, nonostante le diffide inviate sia al precedente consiglio regionale, il 7 giugno 2019, sia al nuovo nell'attuale composizione, il 13 maggio 2020. L'articolo 39, comma 4, dello statuto prevede che le proposte di iniziativa popolare non decadono con la fine della legislatura. Anche i presidenti dei gruppi non hanno provveduto ad adempiere a quanto previsto dalla legge, posto che l'articolo 38 del regolamento interno del consiglio regionale prevede che la conferenza dei presidenti dei gruppi approvi il programma trimestrale dei lavori del consiglio, nella cui formulazione deve tener conto delle proposte di legge di iniziativa popolare (comma 2, lett. b));

   l'articolo 126 della Costituzione prevede che «Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge». E statuisce altresì che tale decreto «è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica»;

   il mancato inserimento all'ordine del giorno della proposta di legge costituisce, ad avviso degli interroganti, una grave violazione statutaria e di legge, in quanto viene inibito il potere di iniziativa popolare dei cittadini calabresi, un potere garantito dallo statuto e dunque anche dall'articolo 123 della Costituzione. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 219/2013, ha chiarito il significato di «violazione di legge» dell'articolo 126 della Costituzione, descrivendola come «un'ipotesi tipica di trasgressione agli obblighi di fonte primaria o statutaria cui soggiace la stessa autonomia regionale, e a cui debbono prestare obbedienza, nell'ambito delle rispettive competenze, il Consiglio e il Presidente della Giunta»;

   la gravità della violazione è ancora più evidente al cospetto dell'articolo 2, comma 2, lettera «m», dello statuto regionale che indica «la partecipazione popolare» come uno degli obiettivi cui la regione Calabria ispira la sua azione. L'applicazione dell'articolo 126 della Costituzione, ad avviso dell'interrogante costituisce lo strumento più adeguato per poter restituire ai calabresi il potere di iniziativa legislativa –:

   se il Governo sia a conoscenza delle gravi violazioni in atto da parte del consiglio regionale della Calabria;

   se il Governo intenda diffidare la regione Calabria dal non rispettare lo statuto e, in caso di inerzia, valutare se sussistono i presupposti per avviare la procedura per lo scioglimento, ex articolo 126 della Costituzione, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
(3-01633)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER, TARANTINO e BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 giugno 2020 il Sottosegretario per l'economia e le finanze Pierpaolo Baretta ha annunciato la richiesta formalizzata dal Governo alla Commissione europea di autorizzare una proroga di tre anni del regime di split payment, in scadenza il 30 giugno 2020;

   il meccanismo di scissione dell'Iva è stato adottato in Italia in via derogatoria al regime Iva comunitario nel 2015, e nuovamente prorogato nel 2017, prevedendo che le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti versino, per i lavori svolti, l'imposta sul valore aggiunto direttamente all'erario, mentre l'impresa continua a pagare l'imposta per l'acquisto di beni e servizi;

   la misura, introdotta nell'ordinamento italiano come strumento di contrasto all'evasione fiscale, comporta — per le imprese che forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazione — l'impossibilità, al momento di emissione della fattura, di incassare l'Iva, che resta in carico allo Stato, con una conseguente sottrazione di liquidità alle aziende. Questo, a fronte dei ritardi da parte dello Stato nell'erogare ai privati i rimborsi della stessa imposta: come denunciato da Ance, l'Italia si attesta fanalino di coda rispetto al resto dei Paesi dell'Unione europea, con una media di 63 settimane contro le 16 europee per ottenere il rimborso Iva;

   secondo uno studio realizzato da I-Com-Istituto per la competitività, solo per il settore delle costruzioni il meccanismo drena alle imprese 2,5 miliardi di euro l'anno di liquidità. Se si allarga lo spettro dalle imprese delle costruzioni a tutte le attività private che hanno a che fare con lo Stato, la perdita totale di liquidità è stimabile per il 2019 in 12,4 miliardi di euro;

   l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha inferto un colpo durissimo al tessuto produttivo e imprenditoriale del Paese, caratterizzato da imprese, spesso medie e piccole, che con fatica provano a resistere alle drammatiche conseguenze del blocco delle attività durante il lockdown, al calo degli ordini e ai ritardi nei pagamenti delle fatture;

   il Governo, nella volontà di sostenere le imprese garantendo un'adeguata iniezione di liquidità, ha previsto misure volte a garantire prestiti e a erogare contributi a fondo perduto. Appare dunque quantomeno contraddittoria la volontà di iniettare liquidità a sostegno del sistema produttivo e, contemporaneamente, drenarla attraverso una proroga di ulteriori tre anni del meccanismo di scissione dell'Iva;

   rispetto a quando è stata varata la norma sul pagamento scisso dell'Iva, è entrata in vigore la fatturazione elettronica, che, oltre a consentire di controllare in modo capillare i versamenti, dal momento della sua introduzione ha assicurato un significativo aumento del gettito Iva. La sua piena operatività non giustifica più, pertanto, la richiesta di un'ulteriore proroga del regime di split payment –:

   quali siano le ragioni che hanno indotto il Governo a richiedere alla Commissione europea l'autorizzazione a un'ulteriore proroga triennale del meccanismo di split payment;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di fornire una risposta alla riduzione di liquidità che le imprese italiane continueranno a fronteggiare a seguito della proroga.
(5-04208)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 reca disposizioni in favore dei familiari delle vittime e dei superstiti del disastro di Rigopiano del 18 gennaio 2017;

   in particolare, il comma 1 di tale articolo stanzia 10 milioni di euro per l'anno 2019 ai fini della corresponsione di speciali elargizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro di Rigopiano, avvenuto il 18 gennaio 2017, e in favore di coloro che a causa del disastro hanno riportato lesioni gravi e gravissime;

   da contatti avuti con componenti del Comitato vittime di Rigopiano si apprende quanto segue;

   per l'attuazione di quanto previsto dal comma 2 del citato articolo si è provveduto a formare una commissione costituita dai sindaci dei comuni interessati per procedere, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla individuazione dei soggetti beneficiari della predetta elargizione;

   con nota del 21 gennaio 2020, la detta commissione ha provveduto ad inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri la formale intesa raggiunta in ordine alla distribuzione della suddetta elargizione;

   ad oggi, tuttavia, nessuna comunicazione al riguardo risulta pervenuta da parte Presidenza del Consiglio dei ministri;

   si tratta di fondi già stanziati in riferimento ai quali si sottolinea la assoluta urgenza della loro distribuzione tra gli aventi diritto;

   alla già grave crisi economica, legata alla tragedia di Rigopiano, si è aggiunta anche la terribile pandemia in corso, la quale acuisce ancor di più tali problemi;

   la posizione finanziaria di numerosi beneficiari sta assumendo contorni drammatici sicché è necessario che questi fondi vengano assegnati con celerità;

   i familiari delle vittime e i superstiti del disastro di Rigopiano, nonché coloro che a causa del disastro hanno riportato lesioni gravi e gravissime, attendono ormai da 3 anni e, ad oggi, vi è l'assoluta necessità che predette elargizioni vengano attribuite agli aventi diritto –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare per una celere definizione delle pratiche relative alla corresponsione delle speciali elargizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro di Rigopiano, avvenuto il 18 gennaio 2017, e in favore di coloro che a causa del disastro hanno riportato lesioni gravi e gravissime, come previsto dalla normativa citata in premessa.
(5-04210)

Interrogazione a risposta scritta:


   SENSI e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sistemi di riconoscimento facciale, come segnalato in precedenti interrogazioni sul tema, sono sempre più diffusi, malgrado le preoccupazioni crescenti in merito alla loro efficienza e ai rischi per la privacy e i diritti civili dei cittadini;

   è di queste ultime settimane il passo indietro compiuto da diverse aziende sull'onda delle proteste seguite in tutto il mondo all'uccisione di George Floyd a Minneapolis (Usa). La prima è stata l'Ibm, che in una lettera al Congresso Usa, ha comunicato di voler uscire dal business del generico riconoscimento facciale e di opporsi all'utilizzo di tale tecnologia per sorveglianza di massa e profilazione razziale. Poi è stata la volta di Amazon, che ha istituito una moratoria di un anno sull'uso da parte della polizia di Rekognition, il suo software di riconoscimento facciale basato sul cloud. Infine la Microsoft, che ha comunicato la decisione di non vendere tecnologie di riconoscimento facciale ai dipartimenti di polizia americana, finché non ci sarà una legge che le regolamenti e che tenga conto dei diritti umani;

   altrettanta attenzione e sensibilità alla privacy e ai diritti civili non sembra avvertita da alcuni amministratori locali italiani che, in assenza di norme sufficientemente chiare, stanno progettando l'installazione di massa nelle città italiane di sistemi di riconoscimento facciale, che prevedono il trattamento senza autorizzazione dei dati biometrici;

   in una precedente interrogazione (n. 4-05966), ancora senza risposta, era stata richiamata l'attenzione su quanto sta accadendo a Como, ora è la volta di Udine;

   l'assessore alla sicurezza del comune di Udine, Alessandro Ciani, ha annunciato l'installazione di nuovo sistema di videosorveglianza, con 67 nuove telecamere, che vanno ad aggiungersi alle 75 già presenti in città e 11 sistemi di lettura targhe. Ma la vera novità di questo intervento è nella volontà di «implementare gli strumenti di video-analisi, come il riconoscimento di mezzi e individui (e un domani il riconoscimento facciale) sulla base di filtri come l'età, il sesso, gli abiti, l'orario, attraverso l'utilizzo di software di analisi forense...» (http://www.udinetoday.it);

   il regolamento europeo sulla protezione dei dati (Gdpr) considera quelli biometrici tra i più delicati e prevede che il trattamento sia vietato, salvo alcune deroghe specifiche, perché la raccolta a distanza attraverso le telecamere è estremamente invasiva e – come ha evidenziato Giuseppe Busia, segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali – realizza «una sorveglianza globale, continua e massiva» (la Stampa, 18 gennaio 2020);

   queste tecnologie «permettono il monitoraggio, raccolta, conservazione, analisi e utilizzo di altri dati personali sensibili (dati biometrici) di massa senza un ragionevole e individualizzato sospetto di reato», e questo altro non è che «sorveglianza di massa indiscriminata», ricorda Amnesty International –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito alle decisioni assunte dal comune di Udine di installare un sistema di riconoscimento facciale e se le ritenga conformi alla normativa vigente;

   se non ritenga, in ogni caso, urgente, anche alla luce di quanto si sta verificando in altri comuni, adottare iniziative di competenza per uniformare le condizioni per il ricorso a dati biometrici, come definiti dal regolamento (Ue) 2016/679 (Gdpr), da parte degli enti territoriali, in particolare per le funzioni di polizia giudiziaria riservate alla polizia locale, oltre che per assicurare le necessarie garanzie a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini.
(4-06107)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale — Per sapere – premesso che:

   la scorsa settimana, il Ministro interrogato si è recato in Turchia per incontrare il suo omologo, Mevlut Cavusoglu;

   al termine dell'incontro, i due hanno tenuto una conferenza stampa dove hanno illustrato, sommariamente, alcuni argomenti di discussione come i rapporti bilaterali, quelli tra Turchia e Unione europea, la crisi in Libia e la situazione nel Mediterraneo orientale, con particolare riferimento alle concessioni petrolifere a largo delle coste cipriote;

   Cavusoglu ha sottolineato la partnership strategica che lega Italia e Turchia, consolidata ulteriormente durante l'emergenza da Coronavirus dati gli aiuti che Roma ha ricevuto da Ankara per cui il Ministro interrogato ha ringraziato il suo omologo, e ha espresso il suo interesse a rafforzare ulteriormente le relazioni tra i due Paesi, anche in materia di commercio;

   vale la pena ricordare al Ministro che, a marzo 2020, il cosiddetto «partner strategico» aveva bloccato duecentomila mascherine commissionate dalla regione Emilia-Romagna all'aeroporto di Ankara pagate seicentosettantacinquemila euro in contanti;

   per quanto riguarda il tema delle relazioni bilaterali tra Ankara e Bruxelles, Cavusoglu ha affermato che «l'Italia è sempre stato il paese n. 1 quando si parla del sostegno deciso per la nostra ammissione all'UE. Non abbiamo dubbi che continuerà così, oggi abbiamo parlato anche di questo»;

   tale affermazione è passata decisamente sottotraccia nel dibattito politico nazionale e racchiude un preciso indirizzo di politica estera da parte del Governo italiano;

   la Turchia sembrerebbe aver trovato il suo sponsor europeo nel Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano che, a giudizio dell'interrogante, invece di difendere l'interesse nazionale contro le prepotenti azioni di Erdogan in aree estrattive oggetto di concessioni esplorative petrolifere affidate ad Eni o contro quella che appare all'interrogante come una guerra per procura condotta dal sultano in Libia sempre al fine di «impossessarsi» dei giacimenti petroliferi, conferma l'impegno dell'Italia nel fare da mediatore negli affari turchi a Bruxelles e nel Mediterraneo;

   a giudizio dell'interrogante, la Turchia ha già abusato abbondantemente della pazienza dei cittadini italiani ed europei. L'uso politico dei flussi migratori al confine greco, le azioni militari per la destabilizzazione della Siria e della Libia, la scarsa trasparenza nell'uso dei fondi europei per la pre-adesione dovrebbero essere considerati per l'interrogante ostili che conducono al diniego dello status di Paese candidato all'adesione e non presupposti per una nuova e più stringente alleanza –:

   se quanto dichiarato dal Ministro degli esteri turco in merito all'impegno del Governo italiano a favore dell'adesione della Turchia all'Unione europea corrisponda al vero;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea e se intenda proporre, nelle sedi europee, la revoca dello status di Paese candidato.
(3-01634)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende della pesante limitazione al turismo nautico che vuole imporre la Slovenia, prevedendo il transito nelle proprie acque solo alle imbarcazioni immatricolate;

   tale decisione di Lubiana impedirebbe il transito a migliaia di natanti, al di sotto dei dieci metri, se non provvisti di targa;

   è evidente che un provvedimento del genere determina un danno al turismo nautico italiano, in particolare, del vicino Friuli Venezia Giulia che è tra le regioni leader sul territorio nazionale nel settore;

   a quanto è dato sapere, al momento, per le imbarcazioni sprovviste di targa, le autorità slovene hanno previsto solo il riaccompagnamento in Italia, mentre dal 15 luglio 2020 si applicheranno anche le multe a chi viola le nuove disposizioni;

   ebbene, dall'inizio dell'emergenza sanitaria da COVID-19, come l'interrogante ha già segnalato con precedenti atti di sindacato ispettivo, la Slovenia ha posto in essere provvedimenti che hanno fortemente danneggiato l'Italia, a partire dalla chiusura dei confini che hanno ostacolato anche le attività lavorative e commerciali dei nostri connazionali. Pertanto, questa forte limitazione al traffico marittimo rappresenta un ulteriore atto avverso nei confronti dell'Italia, che, oltre alle ovvie ripercussioni che avrà sul turismo italiano, mette a rischio ancora una volta la possibilità di ragionevoli relazioni tra Italia e Slovenia;

   a parere dell'interrogante, tale situazione è anche il frutto dell'incapacità che ha avuto questo Governo, ad oggi, di adottare valide iniziative per tutelare il territorio nazionale dai provvedimenti discriminatori che negli ultimi mesi hanno portato avanti non solo la Slovenia, ma anche altri Paesi di confine –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato affinché venga individuata una tempestiva soluzione che salvaguardi l'Italia, rispetto agli inevitabili danni al turismo nautico che determinerà la decisione della Slovenia di limitare il traffico nautico, come esposto in premessa;

   se e quali iniziative intenda avviare per ripristinare una ragionevole convivenza tra l'Italia e i territori di confine, allo scopo di escludere che la nostra nazione sia ancora destinataria di provvedimenti discriminatori come quelli esposti in premessa.
(5-04204)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   le gravi conseguenze connesse all'emergenza epidemiologica hanno impedito a molti connazionali che si trovano all'estero di rientrare in Italia non solo durante la fase del lockdown, ma anche nelle ultime settimane a causa delle continue cancellazioni e riprogrammazioni dei voli da parte delle compagnie aeree e dei costi elevati;

   l'Unione europea ha previsto per gli Stati membri lo stanziamento di 75 milioni di euro per cofinanziare i voli di rimpatrio coordinati dalla protezione civile comunitaria, consentendo a oltre 50 mila persone di poter tornare nei loro Paesi dopo un lungo periodo di incertezze e paure;

   dalla tabella relativa dei voli di rimpatrio organizzati mediante il meccanismo di protezione civile europeo e aggiornata al 24 aprile 2020 dal Cecis Eu Member States via Common Emergency Communication and Information System, si evince che Paesi quali la Germania, la Francia, la Spagna, il Belgio e tanti altri, hanno previsto una lunga serie di voli di rimpatrio, diversamente dall'Italia che avrebbe predisposto un unico volo proveniente da Tokyo in data 21 febbraio, con a bordo diciannove italiani;

   attraverso il meccanismo europeo, infatti, l'Italia avrebbe consentito il rientro di circa 1.000 persone, una cifra considerevolmente limitata rispetto alle 30.695 persone della Germania, 5.497 della Francia, 3.435 della Spagna, 2.470 del Belgio e tanti altri;

   in un recente intervento sul tema il Ministro interrogato ha specificato, come riportato da La Repubblica, che «il Regolamento del meccanismo unionale di protezione civile prevede che esso possa essere attivato solamente per i Paesi in cui non esiste opzione commerciale di rientro [...] Questo per evitarne l'uso eccessivo, per assicurare il rispetto dei principi di solidarietà, equità e proporzionalità. E che ci dovevano essere anche altri cittadini europei sul volo»;

   in una nota di replica, Bruxelles evidenzierebbe che non esiste un limite numerico, ma i voli devono portare a bordo anche cittadini provenienti da altri Paesi dell'Unione europea ed, inoltre, si specifica che l'Unione europea accoglie tutte le richieste ma che il meccanismo di protezione civile deve essere attivato dalle autorità nazionali e l'Italia, sino ad oggi, l'ha attivato una sola volta;

   resta, quindi, ancora irrisolta la situazione di tantissimi connazionali bloccati all'estero che, di fatto, si sentono abbandonati dal Governo italiano che non avrebbe predisposto misure celeri e adeguate per consentire il loro rientro;

   tra questi, gli organi di stampa riportano la notizia di un avvocato e politico del salernitano, Alfonso Senatore, che, bloccato in Sud Africa da tre mesi, avrebbe inviato una missiva al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro interrogato, sollecitando un intervento al fine di consentire a tutti gli italiani, come lui, rimasti in Sud Africa di poter tornare in Italia atteso che mancherebbero voli di linea certi e sicuri;

   le innumerevoli segnalazioni che provengono da più parti rendono evidente la necessità e l'urgenza di una azione da parte del Governo italiano per assicurare la massima tutela ai nostri cittadini, anche qualora si trovino oltre confine e in particolare in Paesi in cui la diffusione epidemiologica non sembra arrestarsi e continua a mietere vittime, come sta accadendo in Africa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se non intenda predisporre strumenti idonei e celeri per consentire il rientro dei connazionali dal Sud Africa, anche mediante l'utilizzo del meccanismo europeo di protezione civile.
(4-06096)

AFFARI EUROPEI

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere — premesso che:

   l'articolo 5, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo assicuri che la posizione rappresentata dall'Italia nella fase di negoziazione degli accordi tra gli Stati membri dell'Unione europea che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di regole in materia finanziaria o monetaria o comunque producano conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere;

   sia in occasione del Consiglio europeo del 23 aprile che in quello del 19 giugno scorso, il Governo, adducendo il carattere informale di entrambe le riunioni, non ha acquisito un preventivo indirizzo parlamentare delle Camere sul punto e, in ogni caso, ad avviso degli interroganti, non ha mostrato adeguata considerazione del ruolo del Parlamento;

   inoltre, risulta tuttora incerta la posizione che il Governo intende portare avanti riguardo il MES, con una parte delle forze politiche di maggioranza che ne appoggia l'attivazione ed un'altra che, invece, continua a dichiarare che non vi farà ricorso;

   è indubbio che in assenza di modifiche dei Trattati, e nonostante dichiarazioni d'intenti in senso contrario, il ricorso al MES espone il Paese al rischio di intervento della Troika, con la possibile riapertura della stagione dell'austerità, che darebbe un colpo definitivo al sistema delle imprese;

   contro ogni ottimistica previsione di questa maggioranza, l'ultimo Consiglio europeo non ha registrato alcun progresso nella discussione relativa al Recovery fund rinviando ogni decisione – a quanto si apprende, alla seconda metà di luglio – sconfessando le dichiarazioni del Ministro interrogato di «essere vicino alla meta» –:

   quale sia lo stato delle trattative con l'Unione europea e come il Governo intenda garantire al Paese la necessaria liquidità senza comprometterne la sovranità nelle principali decisioni di politica economica, sociale e di welfare state.
(3-01630)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della comunicazione del Governo circa il carattere informale della riunione del Consiglio europeo del 19 giugno, da svolgersi in videoconferenza, il Governo non ha acquisito un preventivo indirizzo parlamentare delle Camere sul punto e, in ogni caso, ad avviso degli interroganti, con riferimento a tale vicenda l'Esecutivo non ha adeguatamente tenuto in conto il ruolo del Parlamento;

   il 19 giugno, nella conferenza stampa in esito ai lavori del Consiglio europeo, il Presidente Charles Michel ha dichiarato che «il Consiglio europeo può procedere con il rinnovo delle sanzioni alla Russia», annunciando un accordo tra i leader dell'Unione in questo senso, raggiunto proprio nel corso della riunione del Consiglio –:

   quale posizione abbia tenuto il nostro Governo in merito all'eventuale rinnovo delle sanzioni dell'Unione europea verso la Russia e su quali altri argomenti abbia espresso una posizione e sulla base di quale mandato.
(3-01631)


   FUSACCHIA. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere — premesso che:

   il 18 giugno il Parlamento europeo ha approvato una nuova risoluzione sulla «Conferenza sul futuro dell'Europa», richiedendo al Consiglio di sciogliere quanto prima le riserve in modo da permetterne la convocazione già durante il prossimo semestre europeo;

   lo scorso 19 giugno si è svolta la prima riunione del Consiglio europeo per discutere la proposta relativa al Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, comprensiva del programma «Next Generation Eu»: come richiesto dalla Commissione e dal Parlamento tale discussione sarà collegata ad una riforma delle risorse proprie per il finanziamento del bilancio dell'Unione;

   come evidenziato dal Movimento europeo e da varie organizzazioni della società civile a mezzo stampa, nella proposta di Quadro finanziario pluriennale i fondi destinati a «Erasmus+», «Europa Creativa» e «Corpo europeo di solidarietà» sarebbero ridotti di quasi 6 miliardi di euro rispetto alla precedente proposta della Commissione europea del 2018;

   il prossimo 9 luglio ricorrerà il 40° anniversario del «Club del Coccodrillo», intergruppo di europarlamentari fondato da Altiero Spinelli per rilanciare il progetto costituente in seno al Parlamento europeo. Il dibattito generato da quell'iniziativa ha dato il via ad un processo di riforme istituzionali che hanno portato all'Unione europea contemporanea –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per ridare centralità e priorità ai temi della mobilità studentesca, della cultura, dei giovani e della costruzione di una vera cittadinanza europea all'interno del negoziato sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale e, più in generale, nelle decisioni che attengono alle risorse già programmate o in ipotesi di programmazione alla luce della ripartenza dell'Europa nel post Covid-19.
(3-01632)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   MORRONE, RAFFAELLI e LUCCHINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la società Energia Wind 2020 ha presentato il 30 marzo 2020 al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti domanda per la concessione trentennale di uno specchio acqueo di circa 114 chilometri quadrati, a circa 10 chilometri dalla costa, davanti ai comuni di Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica, per la realizzazione ed esercizio della centrale eolica offshore «Rimini» di 330 megawatt;

   le opere principali consistono in 59 aerogeneratori alti più di 35 metri, due condotte elettriche sottomarine lunghe 20 chilometri e due piattaforme marine in acciaio di 40 metri di diametro; secondo gli interroganti, gli aerogeneratori avranno un'altezza molto superiore visto che la tipologia di tali impianti utilizza palle di diametro tra 52 e 114 metri;

   inoltre, l'impianto, illuminato h24, sarà estremamente visibile dalla riva soprattutto nella notte, all'alba e al tramonto;

   la realizzazione di un'infrastruttura così drasticamente impattante sul paesaggio pregiudicherebbe per sempre e in modo gravissimo l'attrattività turistica della Riviera romagnola, con un grave danno per tutti, dai riminesi, ai turisti, alle strutture ricettive, dell'accoglienza e della pesca;

   gli impianti saranno infatti visibili, esattamente come è visibile la piattaforma estrattiva più vicina, che si trova a 15 chilometri dalla battigia;

   come riportato dalla stampa nazionale, pare che la provincia sia d'accordo e che già una quindicina d'anni fa, avesse deciso di studiare la fattibilità del progetto, attraverso un anemometro sulla piattaforma metanifera Azalea dell'Eni, a 15 chilometri al largo delle spiagge romagnole;

   sembra che sulla base delle risultanze di tali studi, la provincia abbia fatto un accordo con la società Energia Wind 2000 per la realizzazione del progetto;

   il 4 luglio 2020 scadrà la possibilità per gli stakeholder di presentare osservazioni od opposizioni a tutela dei loro diritti sugli usi pubblici del mare;

   il progetto dovrà ottenere l'autorizzazione Via da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la valutazione degli impatti che sembrano devastanti per l'ambiente marino, la costa di balneazione, la navigazione turistica, commerciale e pesca;

   simili impianti non sono stati mai autorizzati nei mari italiani; unico, quello nella rada esterna del porto di Taranto, di taglia molto inferiore e comunque in zona industriale;

   la nota associazione «Italia nostra» in data 14 giugno 2020 si è espressa contro la realizzazione del progetto sulla testata Corriere Romagna, utilizzando espressioni molto forti come «pietra tombale sul turismo» –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per le più rigorose e dovute valutazioni di impatto ambientale e paesaggistico, allo scopo di bloccare l'iniziativa della società Energia Wind 2020 ed evitare un grave danno ambientale ed economico per la costiera romagnola.
(3-01620)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IOVINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da numerosi articoli di stampa locale apparsi nei giorni scorsi si apprende del rinvenimento di svariati sacchi di tela contenenti scorie di lavorazione dell'acciaio stoccate e abbandonate in un terreno di proprietà privata di circa 20 metri quadrati situato nel comune di Roccarainola, in provincia di Napoli;

   sul luogo, una volta effettuati i primi accertamenti, i militari dell'Arma dei carabinieri della stazione di Roccarainola sono intervenuti provvedendo a disporre il sequestro preventivo del terreno agricolo;

   dai primi rilievi effettuati in loco sembrerebbe che la provenienza sia riconducibile a una nota azienda del settore dell'acciaio e che gli stessi rifiuti sarebbero stati trasferiti in Lazio per il loro relativo smaltimento; tuttavia, allo stato attuale, le attività di indagine risultano contro ignoti e si mira, pertanto, in tempi brevi a individuare i responsabili materiali del suddetto sversamento illecito;

   tali attività di indagine sono coadiuvate dalle attività di verifica dell'Arpac, al fine di accertare l'assenza di rischi di contaminazione per la falda e per l'incolumità pubblica, nonché per determinare la concreta natura dei rifiuti abbandonati;

   come è noto, secondo la normativa prevista in materia di tutela ambientale e di contrasto di illeciti ambientali, l'Arpac svolge una complessa attività di supporto e assistenza tecnica nei confronti dell'autorità giudiziaria e degli organi di polizia, agendo come soggetto ausiliario tramite collaborazioni di volta in volta richieste o prestazioni tecniche e attraverso sopralluoghi, ispezioni e rilevazioni;

   tenuto conto che il rinvenimento di questo materiale di lavorazione è avvenuto a pochi metri da alcune abitazioni, appare necessario pervenire in tempi brevi a una risoluzione delle indagini al fine di rassicurare la cittadinanza in merito ad eventuali rischi per l'incolumità –:

   ferme restando le indagini in corso ad opera dell'autorità giudiziaria nell'area suindicata nonché le prime verifiche eseguite dall'Arpac e nelle more degli esiti delle attività ispettive, quali iniziative s'intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire l'incolumità e la sicurezza dei cittadini residenti nelle zone circostanti.
(4-06108)


   MARAIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid-19, ancora in atto, seppur in forma molto attenuata, impone il rispetto di determinate prescrizioni igieniche, anche a livello di comportamenti individuali, al fine di prevenire la diffusione del contagio. Tra queste prescrizioni, dettate anche da decaloghi ministeriali, dell'istituto superiore di sanità e dall'Organizzazione mondiale della sanità, rientra una regola basilare anche nella normalità, quella di lavare frequentemente le mani, gli oggetti a contatto con il corpo, come i dispositivi di protezione individuale, e gli abiti. Una regola che le condizioni climatiche del periodo estivo, appena iniziato, renderanno ancora più indispensabile;

   eppure, tali prescrizioni vanno a scontrarsi con le inefficienze del servizio idrico nei comuni della Campania che rientrano nell'ambito della società Alto Calore Servizi, che è al servizio di una vasta area comprendente la provincia di Avellino ed alcuni comuni della provincia di Benevento. Tra i comuni serviti vi è anche Ariano Irpino, cittadina che ha particolarmente sofferto le fasi più dure dell'emergenza Covid, inasprita da ulteriori e lunghe restrizioni disposte attraverso un'ordinanza regionale, e che, attualmente, deve fare i conti con le conseguenze prettamente socio-economiche di quanto avvenuto;

   in particolare, due guasti, tra le giornate di martedì 9 e mercoledì 10 giugno 2020, hanno riguardato una condotta insistente nel territorio di Castelfranci. Questi i comuni interessati da una interruzione idrica durata più di ventiquattro ore: Ariano Irpino (compreso ospedale e carcere), Grottaminarda, Torella dei Lombardi, Lioni, Bonito, Melito Irpino, Montecalvo Irpino, Villanova del Battista, Savignano Irpino, Greci, Gesualdo, Villamaina, Mirabella, Sturno, Flumeri, Vallesaccarda, Scampitella, Castelfranci, Paternopoli, Luogosano, Taurasi, Sant'Angelo all'Esca, Apice, Paduli, S. Arcangelo Trimonte, Pietrelcina, Pesco Sannita, Pago Veiano, Reno, Campolattaro, Casalduni, Fragneto Monforte. Notevoli i disagi per tutte le popolazioni interessate;

   ci si attendeva da parte dell'Alto Calore Servizi un'inversione di tendenza per quanto riguarda la gestione della risorsa idrica e l'erogazione dei servizi ai cittadini. Evidentemente, però, l'amministratore unico Michelangelo Ciarcia, non è riuscito ad imprimere ad oggi la svolta auspicata;

   non a caso, l'interrogante ha depositato un emendamento al cosiddetto decreto «Rilancio», al fine di incentivare il rispetto di prescrizioni igienico-sanitarie, sia individuali che sociali, nel corso delle successive fasi dell'emergenza Covid-19, soprattutto nel corso del periodo estivo, assegnando alle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia contributi da destinare ad investimenti in opere di potenziamento ed adeguamento, a valere sul Fondo sviluppo e coesione programmazione 2014-2020 e sulle risorse dell'Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente);

   le attuali restrizioni alle attività economiche e sociali devono essere accompagnate da adeguate condizioni di vivibilità negli ambienti domiciliari, nelle strutture sanitarie e nei luoghi di lavoro, anche allo scopo di garantire il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitario, sia sociali che individuali, dirette a prevenire il contagio da Covid-19. Inoltre, alcuni gestori del servizio idrico integrato a capitale pubblico versano in condizioni finanziarie e patrimoniali caratterizzate da forti passività in bilancio, determinando, inevitabilmente ripercussioni sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini dei territori interessati. Allo stato attuale, vi è, dunque, il rischio di nuove interruzioni del servizio idrico, con nuovi disagi per i cittadini ed impossibilità effettiva del rispetto delle summenzionate prescrizioni igienico-sanitarie –:

   quali iniziative di competenza, alla luce di quanto riportato, il Governo intenda adottare per assicurare il rispetto dei parametri igienico-sanitari nel corso delle attuali e successive fasi dell'emergenza Covid;

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, affinché i servizi idrici essenziali siano garantiti, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria, a tutti i cittadini.
(4-06111)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 maggio 2020, il comune di Tarquinia ha pubblicato un'ordinanza (n. 22 del 28 maggio 2020), in merito alle misure di regolamentazione dell'accesso alle spiagge libere, con la quale delibera che realizzerà un'area parcheggio per autovetture di avventori della spiaggia demaniale della località Voltone. La delibera va inserita nel quadro degli interventi per l'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il terreno individuato per la costituzione di tale parcheggio, però, necessita di un'analisi specifica per la sua posizione e la sua destinazione d'uso;

   innanzitutto, il terreno confina con un'area privata residenziale. Il progetto non fa menzione delle distanze che verranno previste, per il parcheggio, dalle siepi perimetrali del consorzio;

   non è da trascurare che l'accesso all'area individuata per la costituzione del parcheggio è garantito solo da una strada sterrata, stretta e circondata da sterpaglia che non consentirebbe un passaggio agevole qualora si rendesse necessario l'intervento di mezzi di soccorso. La zona ha una storia che racconta di esondazioni del fiume Marta e di eventi temporaleschi violenti, tali da non permettere di sottovalutare la possibilità che il passaggio e la sosta continua delle auto sul terreno infici le naturali capacità di permeabilità del terreno in questione. Questo fa temere che possano verificarsi allagamenti dannosi sia per la zona del parcheggio e che per quelle confinanti;

   inoltre, le visure catastali aggiornate riportano che tale terreno è di proprietà dell'Università Agraria di Tarquinia che da decenni lo destina ad uso esclusivo come area pascolo e seminativo. Va considerato che il terreno potrebbe essere danneggiato dall'utilizzo come parcheggio, compromettendone il futuro utilizzo agricolo;

   infine, tale terreno risulta sottoposto a ben tre vincoli: quello paesaggistico, quello dei beni culturali e quello del piano di assetto idrogeologico (Pai), proprio in ragione di quanto detto precedentemente;

   per quanto riportato nella delibera, il progetto del parcheggio per la gestione dell'ingresso alla spiaggia libera di Voltone rischia di determinare un mutamento radicale del terreno e delle dune prospicienti il mare. Il consorzio privato confinante con l'area in questione ha già avviato una denuncia contro ignoti per abbattimento di una duna interna al consorzio ma in linea d'aria corrispondente ad un possibile accesso diretto dal parcheggio alla spiaggia –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e, nel caso, se intendano promuovere, per quanto di competenza, una ulteriore riflessione tecnica al fine di garantire, nel rispetto delle competenze specifiche del comune di Tarquinia, la verifica della compatibilità dell'opera con i vincoli paesaggistico, di bene culturale e idrogeologico esistenti in modo da tutelare sia l'incolumità delle persone che frequenteranno il parcheggio, sia l'area duale, sia l'area destinata per sua natura a pascolo e a seminativo.
(5-04214)


   FRASSINETTI e SILVESTRONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 maggio 2018 presso la sede di Ales Spa – Arte lavoro e servizi di Roma è stato richiesto dal comune di Ladispoli, per il recupero dell'edificio storico di proprietà dello stesso comune denominato «Castellaccio di Monteroni», il trasferimento del finanziamento accordato alla Fondazione diritti genetici (FDG) determinato in euro 2.000.000;

   in data 3 giugno 2019 presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è stata riconfermata dal presidente della Fondazione diritti genetici la volontà del trasferimento dei fondi da parte della Fondazione al comune di Ladispoli;

   in data 13 novembre 2019 il comune di Ladispoli ha richiesto al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo la riassegnazione dei fondi per i lavori per il recupero e riuso del Castellaccio di Monteroni;

   il comune di Ladispoli, come richiesto dall'Ales e dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, si è impegnato a prendersi carico del bene, garantendo l'esecuzione dei lavori in prima persona;

   il recupero de «Il Castellaccio dei Monteroni» riveste per la popolazione di Ladispoli un'importantissima opportunità di crescita culturale ed identitaria, essendo l'unico bene di rilevanza storico-architettonica di proprietà del comune, destinato ad ospitare attività di alto profilo scientifico e sociale, che la Fondazione diritti genetici si propone di ospitare nel territorio comunale;

   va evidenziato che a tutt'oggi l'edificio si trova in uno stato di fatiscenza all'interno e all'esterno –:

   quale sia il motivo del ritardo nell'emanazione del decreto di rimodulazione dei fondi da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per il recupero e il riuso del Castellaccio di Monteroni a Ladispoli;

   se in passato siano stati stanziati fondi per il restauro del bene in questione.
(5-04215)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'edificio di Palazzo Canevari, a Roma, considerato tra i primi esempi di «stile liberty» nell'edilizia pubblica, costituiva un unicum con il Museo geologico e, fino al 1995, quando si decise di ristrutturarlo, ha svolto la funzione di polo nazionale di Scienze della Terra;

   per consentire i lavori di ristrutturazione, tutto fu spostato nella sede provvisoria di via Curtatone, in affitto, ove una esigua parte delle preziose collezioni fu esposta per mantenere viva la memoria, mentre il resto, per un valore stimato in oltre 5 milioni di euro, giace imballato da oltre 25 anni in diversi magazzini;

   per la ristrutturazione del palazzo fu commissionato il progetto a uno studio di rilevanza internazionale e sono stati stanziati i fondi necessari in due leggi finanziarie, del 1996 e del 1998;

   nel 2002, nel corso dei lavori di ristrutturazione, furono rinvenuti sotto l'edificio reperti archeologici che bloccarono i lavori; nel 2005, in seguito ad una cartolarizzazione, l'edificio fu alienato e oggi è di proprietà di Cassa depositi e prestiti;

   sul palazzo gravano un vincolo architettonico e archeologico del 2004, mentre le collezioni, la biblioteca e gli arredi storici sono vincolati ope legis;

   nel 2015 è stato ritrovato un tempio del VI secolo a.C., che ridisegna la mappa di Roma, di tale importanza da impegnare Cassa depositi e prestiti a musealizzare l'area, a favore del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

   nel corso degli anni, ripetuti appelli di personalità scientifiche e culturali, sollecitazioni di molteplici organizzazioni e interessamento di media e cittadini, si sono susseguiti per salvare questa importante testimonianza e ripristinare il preziosissimo unicum culturale;

   da fonti di stampa si apprende che Cassa depositi e prestiti vorrebbe investire 11 milioni di euro sul Palazzo Canevari per adibirlo a uffici del Fondo nazionale innovazione: destinazione, quindi, non più culturale e scientifica;

   in questi oltre 25 anni, gli italiani sono stati privati della fruibilità di beni che, spostati innumerevoli volte in diversi magazzini, a volte inadeguati, hanno rischiato di compromettere l'integrità di questo immenso patrimonio, non solo economico, ma soprattutto culturale;

   la perdita di Palazzo Canevari e del suo museo, un unicum inscindibile appositamente voluto da Quintino Sella l'uno per contenere l'altro, ha comportato per lo Stato anche un notevolissimo dispendio di denaro pubblico: il ricavo irrisorio della svendita, i costi sostenuti per il progetto, i traslochi, gli affitti per sedi e magazzini che non sono mai stati quantificati –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per concludere il progetto di ristrutturazione, già finanziato, del Museo geologico nazionale e per riportare le collezioni museali nella sede in cui le avevano collocate i Padri della Patria, restituendo alla città di Roma, al pari delle altre grandi capitali europee, un museo di scienze della terra e un polo d'informazione ambientale di rilievo nazionale;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per implementare il museo, istituendo un «Polo per l'informazione ambientale finalizzato alla cultura e allo sviluppo del territorio, all'educazione ambientale e alla prevenzione dei rischi»;

   se non ritenga di dover adottare iniziative per mantenere la originaria connotazione scientifica e culturale del prestigioso edificio di Palazzo Canevari, impedendo qualunque cambio di destinazione d'uso.
(4-06097)


   CECCANTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Tar della Toscana (sezione prima), con sentenza pubblicata in data 1° giugno 2020 in relazione al ricorso della Associazione culturale islamica di Pisa contro il comune di Pisa e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha riconosciuto le ragioni di detta associazione, segnalando in particolare la necessità di rispettare, oltre alla libertà di culto quale diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione, anche l'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, l'articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e rilevando puntualmente come invece il comune e la Soprintendenza competente si fossero mossi in violazione di detti principi –:

   in presenza di motivazioni così impegnative e assertive, che hanno portato all'annullamento degli atti del comune e della Soprintendenza, risulta secondo l'interrogante quanto mai sorprendente che sia stato presentato al Consiglio di Stato un ricorso predisposto dall'Avvocatura dello Stato in nome della Soprintendenza competente ma anche del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, datato 15 giugno 2020, quasi come se si trattasse di un obbligo burocratico –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza di detto ricorso e se intenda prendere iniziative tali da ritirarlo.
(4-06112)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA, DEL BARBA e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145, come novellata dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e integrata dalla legge di bilancio 2020 - legge 27 dicembre 2019, n. 160, e dal decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18, ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021;

   il Fondo indennizzerà i risparmiatori danneggiati dalle banche e loro controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1o gennaio 2018, a causa delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza previsti dal Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

   la domanda di indennizzo può essere presentata, esclusivamente in via telematica e corredata da idonea documentazione, a decorrere dal 22 agosto 2019, per i 180 giorni previsti dalla normativa. I termini per la presentazione sono stati prorogati dal decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18, al 18 giugno 2020;

   anche a causa dell'emergenza COVID-19, molte persone hanno avuto e stanno avendo difficoltà a presentare domanda;

   è particolarmente significativo il fatto che, pur avendo le banche fallite o in difficoltà 300 mila azionisti che avrebbero titolo ad accedere al Fir, alla data attuale sono meno di 90.000 le domande presentate sul portale Consap, il quale peraltro risulta essere estremamente lento e di conseguenza è estremamente difficoltoso il collegamento;

   il dato sopra riportato, inoltre, testimonia che meno di un terzo degli aventi diritto ha presentato finora la domanda, a testimonianza del fatto che non tutti hanno avuto modo e possibilità di farlo –:

   se non ritenga, nella prima iniziativa normativa utile, di prorogare la data di scadenza del 18 giugno 2020, al fine di permettere a tutti i risparmiatori interessati di presentare domanda.
(5-04205)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASSINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   lo split payment (articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) è un sistema di liquidazione Iva che viene applicato nei rapporti di vendita o acquisto tra imprese e pubblica amministrazione. Questa modalità (introdotta con la legge di stabilità 2015, con finalità antievasione) permette che sia l'ente pubblico a versare l'Iva allo Stato: in pratica il soggetto privato incassa l'importo della fattura al netto dell'Iva. In questo modo lo Stato ottiene di fatto un anticipo dell'imposizione fiscale;

   lo split payment è sempre stato uno strumento assai divisivo: gli effetti del suo utilizzo si sono riverberati sulla liquidità dei fornitori della pubblica amministrazione. Non potendo più compensare l'Iva a credito con l'Iva non più percepita a valle dagli enti pubblici, molti di essi sono venuti a trovarsi in posizione strutturalmente creditoria verso l'erario, nei cui confronti hanno quindi dovuto chiedere il rimborso dell'Iva o la sua compensazione con altri tributi;

   per espressa menzione di legge (comma 1-ter del citato articolo 17-ter) l'autorizzazione della Commissione europea all'Italia per l'applicazione dello split payment scade il 30 giugno 2020. Nel 2017, al momento di deliberare una prima proroga dello split payment, il Consiglio dell'Unione europea aveva preso atto dell'introduzione generalizzata della fattura elettronica, con l'obiettivo di consentire la verifica incrociata delle operazioni effettuate e il controllo dei versamenti;

   proprio facendo conto sull'efficacia della fattura elettronica quale strumento anti-evasione, l'Italia aveva formalmente assicurato al Consiglio che alla scadenza del 30 giugno 2020 non avrebbe chiesto un'ulteriore proroga;

   viceversa si apprende che l'amministrazione fiscale ha già richiesto una seconda proroga e sembra aver praticamente già concordato con Bruxelles un rinnovo triennale del meccanismo, in considerazione del fatto che il suo utilizzo ha molto giovato alle casse dello Stato: l'Iva direttamente — e immediatamente — incassata è rimborsata a distanza di diversi mesi, quando non anni. Già nel 2015 le entrate dello Stato italiano sono aumentate, dal momento che le corrispondenti uscite per rimborsi sono avvenute per lo più nel 2016;

   tuttavia, questa situazione di vantaggio è destinata a capovolgersi se, entro il 30 giugno 2020 lo split payment non venisse rinnovato: l'erario dovrebbe rimborsare ai fornitori i maggiori crediti Iva maturati in precedenza, senza tuttavia poter più incassare l'Iva direttamente e immediatamente;

   di questo si gioverebbero le imprese, che, in particolare in questa fase, sono in grave crisi di liquidità –:

   se non ritenga opportuno, utilizzando le risorse in campo per il contrasto della crisi economica generata dal COVID-19, evitare iniziative volte a prorogare lo strumento fiscale dello split payment, in considerazione del fatto che questo ha esaurito, a seguito della introduzione della fatturazione elettronica, la sua funzione di contrasto all'evasione e si configura, al momento, come una mera sottrazione di risorse alle imprese, sia pure temporanea, complicando la loro gestione di cassa.
(4-06091)


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha richiesto alla Commissione europea un'ulteriore proroga triennale del meccanismo della scissione dei pagamenti o cosiddetto split payment, introdotto dal 2015 dall'articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la cui scadenza era fissata al 30 giugno 2020;

   il meccanismo è stato per lungo tempo oggetto di critiche da parte delle imprese operanti nei confronti della pubblica amministrazione, in quanto pone a carico delle pubbliche amministrazioni, comunque denominate, il versamento dell'Iva relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei loro confronti, cosicché gli operatori economici non si vedono più corrispondere l'Iva dalle stazioni appaltanti e, al contempo, si trovano comunque costretti a pagarla ai loro fornitori;

   tale dispositivo ha generato un incremento esponenziale del credito Iva in capo alle imprese, con una pesante perdita di liquidità, stimato dall'Ance in circa 2,5 miliardi di euro l'anno, a cui si aggiungono i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, i quali drenano ulteriori 8 miliardi di liquidità;

   il predetto contesto di criticità si trova ulteriormente aggravato dalla farraginosità con cui lo Stato italiano eroga i rimborsi dei crediti Iva, impiegando una media di 63 settimane contro la media europea di 16 settimane, compromettendo del tutto la possibilità di recuperare tempestivamente la liquidità;

   alla luce di questi elementi non si ravvisano le motivazioni per la richiesta di un'ulteriore proroga triennale dello strumento dello split payment, al netto del contesto di enorme disagio economico-sociale dovuto alla crisi epidemiologica da COVID-19, considerato anche che, alla luce della piena applicazione della fatturazione elettronica a tutti i rapporti commerciali, lo strumento dello split payment è ormai obsoleto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, se del caso, quali iniziative, anche di carattere normativo, abbiano intenzione di intraprendere per evitare una ulteriore proroga dello strumento dello split payment ed anzi prevederne la soppressione, anche alla luce della piena applicazione della fatturazione elettronica, garantendo tempi di erogazione dei rimborsi dei crediti Iva più rapidi e tempestivi e maggiormente in linea con la media europea di cui in premessa.
(4-06093)


   AMITRANO, VILLANI e DEL SESTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le misure contenute nei decreti relativi all'emergenza Covid-19, con particolare riferimento alle esigenze di liquidità delle piccole e medie imprese e delle famiglie, risultano fondamentali al fine di evitare possibili conseguenze distruttive del tessuto economico e sociale;

   l'emergenza Covid-19 ha prodotto, tra le sue immediate conseguenze, una delle maggiori crisi economiche nel nostro Paese, ma anche nel resto del mondo e le misure varate dal Governo e dalla maggioranza sono volte a superare e a sostenere le imprese in difficoltà attraverso l'introduzione della liquidità necessaria, così come previsto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 23 del 2020 e dal fondo centrale di garanzia delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 23 del 2020, finalizzato a prevedere adeguate e importanti misure straordinarie di garanzia di prestiti alle imprese, in forma diretta e immediata per far fronte alle possibili carenze di liquidità nei confronti del sistema impresa nel momento della ripresa;

   dal report dell'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno (Svimez) sull'impatto economico e sociale del Covid-19, si legge che «il rischio di default è maggiore per le imprese del Mezzogiorno» poiché la situazione di incertezza determinata dal lockdown, investe tempi e modalità delle riaperture, minando le prospettive di tenuta della capacità produttiva e, con la riapertura, molte imprese meridionali si sono ritrovate davanti ad uno stato di difficoltà causato dal blocco delle proprie attività produttive;

   secondo il rapporto Svimez, la chiusura delle attività produttive colpisce indistintamente l'industria, le costruzioni, i servizi, il commercio, il turismo;

   il report evidenzia come gli effetti economici e sociali del lockdown siano diffusi con grande intensità in tutto il Paese e che il Sud rischia di pagare un prezzo più alto rispetto al centro-nord sia in termini di impatto sociale, per effetto della maggiore precarietà del mercato del lavoro e l'alto tasso di disoccupazione, sia in termini di rischio di chiusura di moltissime piccole e micro imprese, finanziariamente più fragili;

   la cronaca giornalistica in questi giorni ha reso di estrema attualità le difficoltà che le imprese e i professionisti campani stanno incontrando nelle richieste di erogazione dei finanziamenti previsti con le tutele del fondo di garanzia dello Stato, difficoltà che risultano essere dovute alle diverse procedure adottate dagli istituti di credito, che richiedono spesso documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista e adottano modalità operative che rendono estremamente farraginoso l'accesso al credito da parte dell'imprenditore o del professionista;

   la grave situazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 che ha colpito il nostro Paese è stata affrontata dal Governo con una serie di interventi indispensabili per la protezione della salute dei cittadini e a sostegno delle attività economiche, ma il protrarsi della situazione emergenziale sanitaria, tuttavia, ha comunque costretto molte imprese a non poter riaprire le proprie attività non avendo la liquidità sufficiente a garantire il pagamento delle forniture e degli stipendi dei lavoratori considerando altresì che molti imprenditori campani hanno trovato difficoltà nell'accesso al credito, inoltre, da notizie stampa, agli interroganti risulta che molte attività non hanno ancora ricevuto la liquidità necessaria per poter ripartire, rischiando la chiusura definitiva –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle difficoltà all'accesso alla liquidità delle imprese campane colpite dall'emergenza Covid-19 e se intendano adottare iniziative di competenza, anche normative, per potenziare la capacità di intervento delle banche e degli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito, volte a favorire lo snellimento delle ulteriori procedure complesse dell'iter burocratico poste in essere dagli istituti di credito, al fine di agevolare l'accesso degli imprenditori e dei professionisti, in tempi rapidi, ai prestiti assistiti da garanzia dello Stato.
(4-06095)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, sulla base di elaborazioni di dati Eurostat, i mancati pagamenti di parte corrente della pubblica amministrazione hanno toccato, il 31 dicembre 2019, i 49,4 miliardi di euro;

   questi dati, diffusi in una nota dell'associazione, non contengono la componente in conto capitale, che secondo alcune stime ammonterebbe tra i 7-8 miliardi di euro all'anno;

   in attesa che il Ministero dell'economia e delle finanze certifichi ufficialmente a quanto ammonta il debito commerciale della nostra pubblica amministrazione, la situazione sembrerebbe destinata a peggiorare. Alle note difficoltà degli enti locali, si aggiungono quelle delle amministrazioni centrali che non hanno rispettato i tempi di pagamento;

   la giustizia tributaria e tre agenzie fiscali hanno saldato i propri fornitori in anticipo. Il Demanio, invece, ha liquidato le imprese dopo 7 giorni dalla scadenza prevista per legge. Il Ministero dell'economia e delle finanze dopo 8 e la Guardia di finanza dopo 136;

   le cifre Eurostat evidenziano inoltre che negli ultimi 4 anni lo stock complessivo è in costante crescita. Se nel 2016 i debiti di parte corrente erano 44,3 miliardi di euro, nel 2017 sono saliti a 45,6, nel 2018 hanno toccato i 47,8 per arrivare ai 49,4 miliardi di euro nel 2019. Nel 2019, il dato assoluto era pari al 2,8 per cento del Pil. Tra i 27 Paesi dell'Unione europea monitorati, solo la Croazia, con il 2,9 per cento, ha registrato una incidenza più elevata della nostra;

   il 28 gennaio 2020 l'Italia è stata condannata per l'inadempimento degli obblighi derivati dalla direttiva 7/2011/UE, che fissa il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni entro 30 giorni, 60 in alcuni casi;

   un barlume di speranza si è avuto con l'introduzione della procedura Siope+, ma gli entusiasmi sono stati presto disattesi perché non tutte le amministrazioni pubbliche procedono con ordinare gli incassi e i pagamenti esclusivamente con modalità informatica;

   questo rende estremamente difficile per lo Stato monitorare l'andamento complessivo delle dinamiche dei pagamenti e l'avere una quantificazione puntuale degli obblighi arretrati;

   il mancato saldo delle fatture sta innescando anche degli effetti negativi su intere filiere produttive, diffondendo questa patologia anche nel settore privato;

   il cosiddetto decreto «Rilancio» prevede l'istituzione di un Fondo per assicurare la liquidità dei pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili da 12 miliardi di euro, 8 destinati ai debiti degli enti territoriali e 4 a quelli del Servizio sanitario nazionale;

   le risorse messe a disposizione saranno finalizzate a concedere anticipazioni di liquidità per gli enti che, a causa del Covid-19, non riescano a far fronte al pagamento dei debiti commerciali per carenza di risorse;

   la liquidità anticipata sarà utilizzata per l'estinzione dei debiti maturati al 31 dicembre 2019. La pandemia, però, ha aggravato ulteriormente la situazione e si può facilmente prevedere come queste risorse siano del tutto insufficienti e siano necessari interventi strutturali;

   con la sentenza n. 4, depositata il 28 gennaio 2020, lo stesso giorno in cui la Corte di giustizia europea ha bocciato l'Italia per i ritardi dei pagamenti della nostra pubblica amministrazione, la Corte Costituzionale ha stabilito che le anticipazioni di liquidità ottenute dagli enti locali per onorare le passività pregresse sono prestiti di carattere eccezionale che devono essere utilizzati per la finalità per cui sono stati erogati e non per migliorare i risultati di bilancio –:

   quali amministrazioni pubbliche non abbiano ancora aderito alla piattaforma Siope+ e quali iniziative intenda assumere per farle aderire;

   quali iniziative intenda assumere il Governo per adempiere alle disposizioni della direttiva 2011/7/UE, che fissa il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni entro 30 giorni, e per smaltire l'arretrato pregresso.
(4-06099)


   SERRITELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della XVII legislatura sono state implementate numerose misure volte a contrastare le frodi, specialmente con riferimento alle forniture di beni e servizi effettuate nei confronti dei soggetti pubblici;

   lo split payment è uno speciale meccanismo di versamento dell'Iva dovuta per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti pubblici, introdotto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, comma 629, lettera b);

   lo split payment consente all'erario di acquisire direttamente l'imposta dovuta;

   il decreto-legge n. 50 del 2017 ha esteso lo split payment all'Iva dovuta per tutte le operazioni effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni;

   l'applicazione della scissione dei pagamenti è stata ulteriormente ampliata dal decreto-legge n. 148 del 2017, estendendo l'applicazione a tutte le pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica;

   a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 87 del 2018, è stato abolito lo split payment per le prestazioni rese alla pubblica amministrazione i cui compensi siano assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto per prestazioni di lavoro autonomo;

   è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 6 maggio 2017, la decisione di esecuzione n. 2017/784 del Consiglio dell'Unione europea 25 aprile 2017, la quale ha autorizzato l'Italia a prorogare l'applicazione dello split payment fino al 30 giugno 2020;

   secondo numerose fonti di stampa, da giorni circola la notizia di una possibile proroga delle norme per lo split payment oltre predetto termine;

   la notizia di una possibile proroga farebbe venir meno la logica di quanto il Governo ha fatto fino a questo momento, al fine di immettere liquidità per il sostegno economico delle imprese durante il Covid-19 –:

   se il Governo abbia richiesto formalmente una proroga dell'applicazione dello split payment all'Unione europea.
(4-06100)


   PATASSINI, BINELLI e TIRAMANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del direttore dell'Agenzia n. 114266 del 6 marzo 2020, l'Agenzia delle entrate ha approvato il modello di comunicazione per l'accesso alla definizione prevista dall'articolo 36, comma 2, del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, concernente il mantenimento del diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti riconosciute dal Gestore dei servizi energetici alla produzione di energia elettrica di cui ai decreti del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 6 agosto 2010, 5 maggio 2011 e 5 luglio 2012 in caso di cumulo con la detassazione per investimenti ambientali realizzati da piccole e medie imprese prevista dall'articolo 6, commi da 13 a 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

   la predetta definizione consente al contribuente che abbia fruito, in via cumulativa, delle tariffe incentivanti la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici (cosiddetto Conto energia) e della detassazione per investimenti ambientali realizzati da piccole e medie imprese (cosiddetto Tremonti ambiente) di mantenere i benefici derivanti dalle prime e di rinunciare alla detassazione ambientale. La definizione, infatti, garantisce una risoluzione per il contribuente dagli eventuali contenziosi pendenti aventi ad oggetto il recupero delle agevolazioni cumulate, con contestuale esenzione dal pagamento di sanzioni e interessi;

   a norma dell'articolo 36, comma 2, del decreto-legge n. 124 del 2019, il soggetto che intenda optare per la citata definizione agevolata è tenuto a trasmettere entro e non oltre il 30 giugno 2020 il modello di comunicazione all'indirizzo p.e.c. dell'ufficio competente dell'Agenzia delle entrate in base al domicilio fiscale del contribuente;

   per quanto riguarda il merito, la base giuridica sull'incumulabilità appare abbastanza fragile, essendo stata contestata non solo da diverse commissioni tributarie ma anche dai giudici amministrativi, ed è inoltre pendente, a quanto consta agli interroganti, un giudizio presso le sezioni unite della Corte di cassazione;

   suddetto termine, inspiegabilmente, non è stato prorogato dai recenti interventi legislativi correlati alla crisi pandemica come altre scadenze di natura fiscale; inoltre, a parere degli interroganti, tale dimenticanza potrebbe causare ulteriori problemi economici a quanti già sono in difficoltà finanziaria, acuita negli ultimi mesi –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di rispettiva competenza, prevedendo dapprima una proroga di almeno di 12 mesi dell'imminente scadenza imposta a legislazione vigente e, di conseguenza, una revisione dei contenuti del provvedimento per la definizione agevolata di cui al decreto-legge citato in premessa, salvaguardando espressamente il diritto di opzione dei contribuenti interessati.
(4-06104)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati pubblicati dal Ministero della giustizia ed aggiornati al 31 maggio 2020, nel circuito penitenziario risultavano essere presenti 30 detenute madri con 34 figli al seguito, in calo, anche per effetto delle misure adottate a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, rispetto ai dati aggiornati al 31 marzo 2020, quando vi erano 44 detenute madri con 50 figli al seguito; il periodo segnato dalla fase emergenziale ha reso ancor più grave la condizione in cui vivono mamme e bimbi in carcere a causa dell'elevato rischio di contagio, considerati i dati generali sulla diffusione del virus all'interno degli istituti penitenziari;

   la tutela della salute dei bambini è un principio fondamentale che deve costituire criterio guida nella definizione delle misure da adottare anche in questo contesto;

   è dunque necessario che la protezione della salute psicofisica dei minori, soprattutto nelle prime fasi della vita e dello sviluppo della personalità, vada rafforzata in contesti particolarmente difficili, come nel caso delle strutture detentive;

   la tutela della salute psicofisica dei bambini richiede anzitutto l'individuazione di percorsi alternativi alla detenzione in carcere delle madri assieme ai loro figli e alle loro figlie;

   considerato che, nella maggior parte dei casi, si tratta di donne e minori provenienti da contesti di particolare disagio e marginalità sociale, è necessario che tali percorsi si realizzino presso strutture residenziali protette che garantiscano anche servizi dedicati sia per i piccoli sia per le mamme, al fine di favorire un reinserimento di queste ultime nella società;

   tuttavia, attualmente, esistono soltanto due case famiglia protette su tutto il territorio nazionale, in quanto la normativa vigente (legge n. 62 del 2011) ne prevede il finanziamento interamente in capo agli enti locali, senza alcun onere per lo Stato, e tale vincolo di fatto ne ha impedito in buona parte la realizzazione;

   questi percorsi richiedono la realizzazione di nuove case famiglia protette da parte del Ministero della giustizia, attraverso la stipula di apposite convenzioni con gli enti locali, volte ad individuare le strutture idonee, anche valorizzando comunità già esistenti ed operative sul territorio, e con la previsione di un filone di finanziamento dedicato che sia di sostegno agli enti locali stessi, anche tramite l'impiego delle risorse dell'ente Cassa delle Ammende;

   l'attuale situazione di disagio è stata, tra gli altri, recentemente evidenziata dall'associazione Cittadinanzattiva che ha lanciato una campagna mediatica per rendere note le condizioni di vita dei minori all'interno delle strutture carcerarie e chiedere urgenti e necessarie modifiche al nostro sistema penitenziario –:

   se intenda adottare iniziative, anche normative, al fine di:

    prevedere l'esecuzione della misura custodiale applicata alle donne incinte o madri di prole di età fino a sei anni presso case famiglia protetta e, in via subordinata, presso gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam);

    prevedere l'aumento della soglia di età del minore stabilita per il differimento obbligatorio e per il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, con la possibilità di trascorrere il periodo di differimento in via principale in casa famiglia protetta ed in via subordinata negli Icam;

    prevedere la possibilità di attingere ai fondi a disposizione del Ministero della giustizia al fine di valorizzare o istituire nuove strutture per l'accoglienza di madri con prole provenienti dal circuito penitenziario.
(3-01622)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZICCHIERI, DURIGON, DE ANGELIS, GERARDI, LEGNAIOLI e POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionali riportano la notizia secondo la quale la Segreteria nazionale del Lazio del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, Sappe ha denunciato come, nella notte tra mercoledì 17 e giovedì 18 giugno 2020, un detenuto del carcere di Rebibbia sia riuscito a dare un forte morso ad un poliziotto;

   il morso è stato tanto violento da procurare all'agente delle ferite profonde sulle dita della mano, e che un dito ha quasi perso la falange –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire la vicenda sopra descritta e valutare la implementazione di idonei strumenti, come quelli in uso alla polizia di Stato e ai Carabinieri, ossia pistola «taser» e spray al peperoncino, a favore della polizia penitenziaria al fine di garantire l'incolumità degli agenti.
(4-06086)


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto emerge da un articolo del quotidiano Il Tirreno, nel tribunale di Lucca si sarebbero accumulati 2.178 fascicoli destinati al giudice di pace dal 2015 ad oggi, non permettendo la fissazione di una data di udienza per i casi ad essi relativi e facendo correre il rischio della prescrizione;

   dall'articolo pubblicato in data 16 giugno 2020, a firma del giornalista Luca Tronchetti, si apprende che la quasi totalità delle pratiche era stata istruita dai vice procuratori onorari che avevano poi provveduto a consegnarle al personale amministrativo, il quale però, non avrebbe completato l'iter di trasmissione;

   grazie all'intervento della dottoressa Lucia Rugani, procuratore facente funzioni a Lucca, 1.500 dei 2.178 faldoni giacenti in attesa di lavorazione sugli scaffali dei locali di via Galli Tassi in questi cinque anni sono stati, nel frattempo, inviati all'ufficio del giudice di pace in attesa della fissazione delle udienze –:

   se sia a conoscenza di quanto segnalato in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere in relazione alla copertura degli organici interni al tribunale di Lucca per impedire che la carenza di personale amministrativo possa determinare in futuro ritardi analoghi.
(4-06090)


   VARCHI e ROTELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'iraniano Behnam Fanaeyan è giunto in Italia nel 1979 per sfuggire alle persecuzioni messe in atto dal regime islamico dell'ayatollah Ruhollāh Khomeyní nei confronti degli oppositori politici e delle minoranze etniche e religiose all'indomani della cacciata dello scià Reza Pahlavī;

   in particolare, a Catania Fanaeyan ha avviato una florida attività di commercio di tappeti persiani, valorizzando le tecniche tradizionali di lavorazione dei tessuti legate all'antica cultura persiana, diventando altresì un punto di riferimento per la piccola comunità religiosa bahá'í presente in Italia e per numerosi giovani artisti che, fuggiti dall'Iran, giungono in Italia per studiare, formarsi e realizzare liberamente le proprie idee artistiche e culturali;

   l'amore e l'interesse per la civiltà persiana e per il messaggio umanitario e filantropico che la caratterizza hanno spinto Fanaeyan a impegnare le proprie risorse e a promuovere sul territorio nazionale una rete di iniziative a sostegno dell'attività di giovani artisti, studiosi e ricercatori provenienti dall'Iran, i cui temi e orientamenti sono rivolti alle tematiche umanitarie e alla difesa dei diritti delle donne;

   nel 2015 ha fondato la «Behnam Beniamin Art», una fondazione culturale che attualmente conta circa 1000 opere di artisti siciliani e stranieri, specialmente iraniani, e che svolge attività di studio, di ricerca e di formazione con lo scopo di promuovere i diritti umani attraverso l'arte, impegnando e sostenendo giovani talenti internazionali;

   mosso da una fervente fede religiosa, Behnam Fanaeyan non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alla comunità bahà'í presente in Italia, in trepidazione per la sorte dei 1.350.000 membri della comunità bahá'í che, in Iran, sono perseguitati dal fondamentalismo islamico;

   Behnam Fanaeyan è stato raggiunto da un ordine di arresto internazionale da parte delle autorità iraniane per presunta «appropriazione indebita e truffa» con contestuale richiesta di estradizione in Iran, notificato dai carabinieri il 6 giugno 2020;

   non si tratterebbe di «artifici e raggiri» alla base del reato di truffa per come intesa in Italia, bensì di mera ed indiretta violazione di norme civilistiche in materia di rapporti matrimoniali tra coniugi secondo la legge islamica: un reato religioso che non ha alcun corrispondente con quanto previsto dal codice penale italiano;

   le autorità iraniane, ben sapendo che l'Italia non avrebbe mai concesso l'estradizione per un reato politico, potrebbero avere individuato espressamente una fattispecie di reato utile ad ottenere, il rimpatrio di un soggetto pericoloso per il regime;

   l'articolo 698, comma 1, del codice di procedura penale dispone, che non può essere concessa l'estradizione quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, religione, sesso, nazionalità lingua, opinioni politiche o condizioni personali o sociali;

   contro gli appartenenti alla fede Bahà'í è attualmente in corso una vera e propria operazione di pulizia etnica da parte del regime degli ayatollah in Iran;

   esiste il fondato timore che Behnam Fanaeyan possa subire, qualora estradato nel proprio Paese di origine, una persecuzione personale lesiva dei propri diritti e della propria vita: moltissimi Bahá'í sono improvvisamente deceduti nelle carceri iraniane, nelle quali non sono consentite visite da parte di parenti e avvocati, così come attestato da numerose denunce di Amnesty International –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla richiesta di estradizione di Behnam Fanaeyan e se non ritenga di negarla ai sensi degli articoli 10, terzo comma, della Costituzione e 698, comma 1, del codice di procedura penale.
(4-06105)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere — premesso che:

   la Liguria ha una concentrazione di viadotti e gallerie, con criticità note, in particolare sulla tratta appenninica dell'autostrada A26 Voltri-Gravellona Toce, relative a scarsa manutenzione, oggetto di ispezioni ministeriali e all'attenzione della procura della Repubblica;

   le gravi problematiche viabilistiche di queste settimane nelle infrastrutture autostradali e gli annosi problemi strutturali di quelle ferroviarie rischiano di rendere impossibile la vita degli utenti e di far perdere occasioni di sviluppo, determinate dalla possibilità di intercettare le modifiche in atto nelle grandi direttrici dei traffici portuali e della logistica, oltre a mettere a rischio il rilancio post Covid-19 di un settore primario per l'economia ligure come quello del turismo;

   è necessario avere certezze sul piano strutturale di investimenti che, oltre al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza del territorio, affronti la questione della mobilità tra le regioni Liguria e Piemonte, sia essa autostradale che ferroviaria, tenuto conto delle criticità che continuano a verificarsi, nonché di procedere al passaggio all'Anas del tratto piemontese della ex statale 456 del Turchino;

   per Piemonte e Liguria il rischio isolamento è una realtà. Un problema che riguarda la Liguria, ma che investe l'economia del nord ovest, a partire dal basso Piemonte;

   ad oggi sono diciotto le gallerie chiuse in Liguria e lo saranno almeno fino al 30 giugno, le ispezioni ministeriali stanno determinando chiusure notturne di altre gallerie;

   nel fine settimana si sono verificati chilometri di file sulle autostrade A10 e A12 e i collegamenti ferroviari sono stati presi d'assalto rendendo inattuabili le vigenti regole di distanziamento sociale;

   gli abitanti del Gnocchetto di Ovada e della Val Stura da tempo subiscono pesanti disagi a seguito di una frana che incombe sulla ex statale 456, una strada che sconta i ritardi burocratici del passaggio dalla Provincia di Alessandria all'Anas che darebbe uniformità agli interventi di messa in sicurezza rispetto agli eventi alluvionali dello scorso anno;

   agli interroganti non risultano effettive interlocuzioni tra la regione Liguria e la provincia di Alessandria per affrontare efficacemente le criticità della ex statale 456 –:

   quali iniziative intenda assumere affinché siano affrontate con un piano strutturale di investimenti certi, contestualmente al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza del territorio, la questione della mobilità tra le regioni Liguria e Piemonte, sia autostradale che ferroviaria, a fini commerciali nonché turistici, determinando in tempi rapidi il passaggio della parte piemontese della ex statale 456 all'Anas.
(3-01627)


   PAITA, NOBILI, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere — premesso che:

   la Liguria per le sue caratteristiche geomorfologiche ha una concentrazione di gallerie e ponti autostradali unica in Europa;

   le autostrade, ad eccezione della A7, sono state costruite nei primi decenni successivi al secondo dopoguerra e necessitano di importanti interventi di manutenzione, in molti casi straordinaria, che non sono ancora stati effettuati, come è chiaramente emerso dalla immane tragedia del ponte Morandi;

   una direttiva europea del 2004 sulla sicurezza delle gallerie impone i lavori di messa in sicurezza delle gallerie;

   le necessarie e improrogabili verifiche di interventi di manutenzione sono state recentemente avviate ma in una modalità che ha creato disagi ai cittadini, al porto, al turismo e all'economia nel suo complesso con file chilometriche, proprio alla ripresa del traffico autostradale, dopo mesi di lockdown durante i quali le autostrade sono state quasi completamente deserte;

   per fare fronte a tali disagi è indispensabile un intervento straordinario del Governo che predisponga treni, servizi sostitutivi, maggiore frequenza di voli aerei e un piano di realizzazioni infrastrutturali che non possono più attendere. Tra queste lo sblocco immediato della «Gronda», completamente finanziata nel contratto di programma Autostrade per l'Italia, opera il cui costo risulta essere 4,7 miliardi, così come prevede il progetto approvato in conferenza dei servizi nel 2015. Insieme alla «Gronda» è necessario realizzare il tunnel della Fontanabuona, il cui progetto è fermo da 5 anni;

   per evitare che anche in futuro la Liguria, in caso di manutenzioni straordinarie, resti isolata, è necessario programmare e finanziare anche la rete di strade Anas. I tratti prioritari dell'Aurelia bis da finanziare sono: Ventimiglia – Camporosso, completamento Sanremo verso Pian di Poma, Imperia, prosecuzione Savona, completamento La Spezia e variante di Sarzana;

   tutto ciò appare urgente, anche per consentire al sistema portuale ligure, principale motore economico della regione nonché il maggior sistema portuale italiano con 4 milioni di teus annui, la maggior parte dei quali destinati a Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte, di ripartire senza compromettere ulteriormente i traffici;

   le attuali condizioni del traffico hanno fatto emergere una potenziale situazione esplosiva: code interminabili sui tratti stradali e molto pericolose soste all'interno delle gallerie, che necessitano della presenza di presidi della protezione civile e totale sospensione delle tariffe autostradali in caso di ritardi rilevanti causati dai lavori in corso –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per avviare i lavori esposti in premessa, tra i quali lo sblocco immediato della «Gronda», potenziare il sistema di trasporto stradale, ferroviario, aereo e salvaguardare il sistema portuale, ricordando che la Liguria è anche una delle principali mete turistiche del Paese.
(3-01628)


   SANDRA SAVINO, NOVELLI e GELMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   successivamente ad una lunga serie di voci che paventavano un possibile disimpegno di Alitalia dallo scalo di Trieste, a metà giugno si sono ufficialmente interrotte le trattative avviate tra la compagnia di bandiera e l'aeroporto di Trieste con la conseguenza che ad oggi la città capoluogo di regione del Friuli Venezia Giulia è rimasta priva di collegamenti aerei con Roma gestiti da Alitalia;

   come riportato da recenti notizie di stampa, Alitalia ha giustificato l'abbandono dell'aeroporto di Trieste alla luce del costo, a suo dire troppo elevato, delle tariffe aeroportuali;

   l'importante aeroporto del Friuli Venezia Giulia, fondamentale per i collegamenti dell'intera penisola con l'Europa centrale e per la presenza nella città giuliana della sede delle Assicurazioni Generali, non può essere penalizzato dalla difficile situazione del vettore italiano;

   l'abbandono dell'aeroporto di Trieste da parte di Alitalia, a giudizio degli interroganti, è inaccettabile alla luce delle risorse pubbliche versate a favore della compagnia aerea nel corso degli anni, alle quali da ultimo si è aggiunto lo stanziamento di ulteriori 3 miliardi di euro previsti dal decreto «rilancio» e che sono finalizzati alla nazionalizzazione definitiva della compagnia aerea;

   è necessario verificare che la gestione commissariale di Alitalia, così come la futura newco, non penalizzi i collegamenti dell'aeroporto Ronchi dei Legionari con il resto della penisola, collegamenti che risultano essenziali per garantire il rilancio economico nell'era post-Covid-19 –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di garantire il ripristino dei voli Alitalia presso l'aeroporto della città capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia.
(3-01629)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane sui notiziari locali è stata riportata la notizia che l'imprenditoria e parte delle forze politiche bresciane chiedono il commissariamento, in capo al presidente della provincia, per la costruzione «dell'autostrada» della Valtrompia, così da velocizzare l'inizio dei lavori della stessa;

   sono anni che viene annunciata l'imminente apertura dei cantieri ma, dopo 3 anni dall'ultimo accordo tra Anas e impresa appaltatrice delle opere, il nuovo progetto non è ancora stato approvato formalmente. Le primissime opere di preparazione del cantiere, avvenute nel 2019, tuttavia, hanno già evidenziato problemi di forte inquinamento del terreno dove è prevista l'opera, tanto è vero che è in corso un procedimento penale oltre ad una procedura di bonifica;

   il tratto Concesio-Sarezzo, progettato 20 anni fa, della lunghezza di circa 7 chilometri, costituito da 2 gallerie (una per ogni senso di marcia), con doppia corsia, si è ridotto da «raccordo autostradale» ad una strada extraurbana secondaria, con unica galleria con 2 corsie (una per ogni senso di marcia) che collega i paesi di Concesio e Sarezzo;

   il già esorbitante costo di 258 milioni di euro subirà certamente variazioni al rialzo. L'opera è sostanzialmente priva di valutazione di impatto ambientale (in un ambiente denso di criticità come il fondo valle della bassa Valtrompia) in quanto tale valutazione risale al 2002. L'ambiente di fondo valle è cambiato negli ultimi 20 anni e il tessuto industriale e produttivo si è modificato, tanto è vero che il traffico complessivo appare diminuito (sono circa 20 anni che non vengono fatte rilevazioni dei flussi di traffico);

   in provincia di Brescia esistono ben altre criticità viabilistiche (ponti chiusi o con limitazioni nelle portate, strade da mettere in sicurezza per pericolo frane, mancanza di piste ciclabili di collegamento, manutenzione ordinaria ridotta per mancanza di fondi, e altro);

   il collegamento con la Valtrompia potrebbe essere fortemente migliorato anche in termini ecologici. Nel 2013 è entrata in esercizio la metropolitana di Brescia, che giunge alle porte della valle e che, anche al fine di renderla economicamente sostenibile, avrebbe bisogno di estendere il proprio bacino d'utenza, riprendendo il progetto originario che ne prevedeva il prolungamento fino a Gardone Val Trompia e che ha vincolato tutti i piani di governo del territorio (Pgt) dei comuni interessati dal tracciato;

   nominare un commissario, a questo punto, significherebbe solo sorvolare sulle numerosissime problematiche che tutt'ora esistono per la realizzazione di quest'opera, che risulta diversa da quella per cui è stata stanziata una enorme somma di denaro pubblico, sanando irregolarità, omissioni e carenze eclatanti che si sono evidenziate in oltre 15 anni di tentativi di far partire l'opera e che sono alla base del suo clamoroso ritardo: l'autorizzazione del Cipe risale al 2004 e dopo 16 anni ancora non si ha un progetto esecutivo;

   l'unica motivazione per nominare un commissario dovrebbe essere quella di procedere alla liquidazione dell'opera e al recupero delle risorse da convogliare su attività più necessarie e urgenti. Questo è quanto si legge in una lettera denuncia, a firma di numerose associazioni e forze politiche facenti parti del Comitato «Valle Trompia – No Autostrada – Sì. Metrobus», inviata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   se i Ministri interrogati non intendano promuovere, per quanto di competenza, una ulteriore riflessione tecnica al fine di garantire, nel rispetto delle competenze specifiche della regione e degli enti locali, la verifica della compatibilità di un'opera per l'interrogante non compatibile dal punto di vista economico e al tempo stesso non utile per la mobilità di un territorio, quello bresciano, e dannosa per l'ambiente.
(5-04202)


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a fine maggio 2020 la procura della Repubblica di Firenze ha avviato un'inchiesta che ha per oggetto la gara regionale per l'assegnazione del servizio di trasporto pubblico locale, un bando da circa 4 miliardi di euro;

   da fonti di stampa si apprende che il governatore della regione Toscana è indagato nell'ambito di questa inchiesta con l'accusa di turbativa d'asta;

   Forza Italia da tempo aveva sollevato dubbi sulle modalità di svolgimento e aggiudicazione della gara, in particolare per quanto riguarda la sostenibilità dell'offerta economica della società che poi è risultata aggiudicataria della gara;

   al di là degli aspetti strettamente giudiziari che saranno chiariti nelle sedi istituzionalmente deputate, l'efficienza del trasporto pubblico locale deve essere garantita nell'interesse primario dei cittadini utenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire un corretto ed efficiente impiego delle risorse che lo Stato destina annualmente alle regioni al fine di finanziare il servizio di trasporto pubblico locale.
(5-04211)


   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la normativa vigente sul cambio dei pneumatici prevede che «nel periodo dal 15 novembre al 15 aprile gli autoveicoli devono essere muniti di pneumatici invernali, ovvero devono avere a bordo mezzi antisdrucciolevoli idonei alla marcia su neve e ghiaccio» come previsto dalla direttiva del 16 gennaio 2013 prot. n. RU/1580. Ad integrazione di questo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riconoscendo l'eventuale congestionamento dei gommisti per effetto del cambio delle gomme e quanto segnalato da Aniasa e dalle associazioni di categoria, ha ritenuto opportuno consentire l'uso dei pneumatici invernali sino al 15 giugno 2020, anche con indice di velocità inferiore rispetto a quello indicato nella carta di circolazione (comunque non inferiore a Q), come indicato nella circolare prot. 1049 del 17 gennaio 2014;

   nel pieno dell'emergenza COVID-19 secondo le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 i gommisti hanno potuto esercitare l'attività di manutenzione, autoriparazione e vendita al dettaglio di parti e accessori per autoveicoli in quanto rientranti tra quelle ritenute essenziali;

   da articoli di stampa e da diverse segnalazioni si apprende che numerosi conducenti avrebbero iniziato a effettuare il cambio dei pneumatici. Tuttavia, nel pagare la prestazione, diversi di loro hanno riscontrato una nuova voce tra gli addebiti che sembrerebbe far riferimento ad una «obbligatoria» sanificazione dell'abitacolo con un costo che attribuito variabile dai 30 ai 50 euro. La pratica di gonfiare i costi di un'attività di manutenzione dell'auto non riguarderebbe solo il cambio dei pneumatici, ma sarebbe purtroppo estesa anche ad altre attività quali riparazioni di parti meccaniche e o elettroniche, come alle concessionarie. Insomma, in fattura sarebbe presente un costo aggiuntivo sommato alle altre voci che descrivono l'intervento effettuato;

   non sono mai stati varati decreti che dispongono l'obbligo di sanificare l'auto di un cliente a pagamento. Gli unici obblighi per le aziende e gli esercizi commerciali sono quelli che impongono di adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei lavoratori e dei clienti dal rischio del contagio. Ne consegue che i conducenti abbiano il diritto di chiedere il lavoro senza sanificazione;

   a parere degli interroganti la pratica sarebbe scorretta e illegittima, ancorché subita purtroppo da molti automobilisti in Italia;

   in un articolo pubblicato proprio sulla questione in data 20 aprile 2020 sul sito web «iduepunti.it» si legge: «(...) Nel chiedere spiegazioni mi è stato risposto che a fronte della situazione attuale è una pratica di tutela per i dipendenti e per il cliente. Ancora più assurdo, l'operazione si sarebbe svolta solo all'ingresso dell'auto in officina ma non in uscita, dopo il maneggiamento da parte degli operai. Ovviamente ho disdetto l'appuntamento ed appena possibile andrò a ritirare le gomme, per poi dirottare su altra officina. Ho chiamato la ASL per avere informazioni in merito e l'ufficio addetto all'igiene sui luoghi di lavoro oltre a ritenere assurda la condotta dell'officina, poiché in nessun dpcm è menzionato tale obbligo, ha precisato poi che per effettuare operazioni di sanificazione bisogna avere certe competenze senza improvvisazioni e che purtroppo loro davanti a tali situazioni non sarebbero potuti intervenire, invitandomi a rivolgermi all'autorità giudiziaria» –:

   se il Ministro interrogato sia informato su quanto esposto in premessa, se i fatti risultino veritieri e di quali ulteriori elementi conoscitivi disponga in merito;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di accertare eventuali pratiche di «imposizione» del trattamento di sanificazione oneroso dell'abitacolo e se non ritenga opportuno coinvolgere le associazioni di categoria per promuovere una maggiore trasparenza nella prestazione dei servizi erogati ai clienti.
(5-04217)


   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane si è appreso dalla stampa di due tragedie che hanno coinvolto due ultraleggeri, aeromobili destinati esclusivamente al volo da diporto. In ultimo, e a pochi giorni dal velivolo biposto che si è inabissato nel Tevere a Roma, un ultraleggero con a bordo due giovani promesse del nuoto è precipitato pochi secondi dopo il decollo a Nettuno, a pochi chilometri dalla Capitale. Per i due atleti non c'è stato nulla da fare. Toccando terra il piccolo aereo si è incendiato e in pochi istanti è stato completamente avvolto dalle fiamme. Le due vittime, il pilota Gioele Rossetti, 23 anni romano, e il passeggero Fabio Lombini, 22enne di Castrocaro Terme, erano atleti della Fin e Lombini era stato finalista anche agli europei di vasca corta a Copenaghen;

   sul sito web istituzionale (www.ansv.it) dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) ad oggi è possibile consultare solo il «Rapporto informativo sull'attività svolta e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia - Anno 2019». Esso fa il punto sull'attività svolta dall'Ansv nel periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019 e sul livello generale di sicurezza dell'aviazione civile in Italia, così come previsto dall'articolo 4, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 996/2010;

   tra le informazioni più significative contenute nel rapporto in questione si segnalano le seguenti: nel 2019, l'Ansv ha aperto 36 inchieste di sicurezza per incidenti/inconvenienti gravi, occorsi, in Italia, ad aeromobili civili; giova ricordare, in proposito, che un evento investigato non è sempre necessariamente catastrofico. L'Ansv ha altresì accreditato propri investigatori in 54 inchieste di sicurezza aperte da autorità investigative straniere a seguito di incidenti/inconvenienti gravi, occorsi all'estero, ad aeromobili civili di interesse italiano (cioè iscritti nei registri italiani o progettati/costruiti in Italia o eserciti da operatori nazionali);

   il 17 novembre 2010 è entrato in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 133, il nuovo regolamento di attuazione della legge 25 marzo 1985, n. 106, concernente la disciplina del volo da diporto o sportivo pubblicato in (Gazzetta ufficiale, Serie generale, n. 193 del 19 agosto 2010 - Supplemento ordinario n. 197) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza ritenga di adottare per approfondire la sicurezza del comparto del volo diportistico nonché per chiarire le modalità dell'accaduto, anche tramite il coinvolgimento degli enti preposti alla regolamentazione, al controllo e alla sicurezza dei voli civili e, in particolare, per accertare: la proprietà dell'ultraleggero, le manutenzioni, le revisioni, i collaudi e le omologazioni dello stesso; il soggetto alla guida, il conseguimento e il mantenimento delle idonee abilitazioni al volo da parte di quest'ultimo;

   se non ritenga di avviare eventualmente una riflessione sulla necessità di adottare iniziative per modificare la normativa vigente in materia, rispetto al peso del velivolo e alle prescrizioni di sicurezza da rispettare prima di ogni impiego.
(5-04218)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in riferimento ai fondi previsti dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, «legge di bilancio 2018», articolo 1, comma 1072, relativi al finanziamento del Fondo di cui alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, articolo 1, comma 140 (stanziamento per gli interventi di completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento al Mezzogiorno), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il 22 maggio 2020, ha avviato le procedure per la predisposizione del bando pubblico di assegnazione delle suddette risorse;

   con una comunicazione ai gestori degli interporti italiani (ovvero quelli indicati nella legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive comunicazioni, tenuto anche conto delle indicazioni risultanti dagli allegati infrastrutture ai documenti di economia e finanza 2016, 2017, 2018, 2019) la direzione generale per il trasporto stradale e per l'intermodalità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sempre il 22 maggio 2020, ha richiesto «eventuali suggerimenti, commenti ed indicazioni che si ritiene possano essere utili ad integrare il bando in preparazione anche al fine di renderlo maggiormente aderente alle esigenze della realtà interportuale a cui è destinato»;

   le risorse messe a disposizione dal Fondo per gli investimenti e sviluppo infrastrutturale del Paese (2018-2022) destinate al completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento al Mezzogiorno, ammontano a complessivi 45 milioni di euro;

   i progetti saranno valutati dagli organi preposti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tenendo conto, tra l'altro, della coerenza dell'intervento con gli strumenti di pianificazione (Connettere l'Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture), degli effetti dell'intervento sotto l'aspetto della sostenibilità ambientale-energetica e dell'intermodalità finalizzata all'eliminazione di «colli di bottiglia» e allo sviluppo della retroportualità, delle opere stradali e ferroviarie finalizzate al potenziamento dell'interconnessione fra hub portuali e interporti, nell'ambito dell'area interportuale, della fattibilità tecnico economica dell'intervento, della connessione alla rete Ten-T (Trans-European Networks-Transportation), dell'attuabilità del progetto in tempi certi, connessa al grado di maturità e condivisione del progetto (cantierabilità) e altro;

   oltre alla rete di interporti esistenti, sono in progetto altre strutture che vanno a soddisfare le richieste del settore produttivo italiano al fine di renderlo più competitivo nel mercato mondiale –:

   se il Ministro non convenga sull'opportunità di estendere il bando citato in premessa anche alle strutture in progettazione, al fine — da un lato — di ammodernare gli interporti esistenti e — dall'altro — di ampliarne la rete in modo da coprire tutto il territorio, alla luce delle nuove infrastrutture viarie e ferroviarie realizzate in tempi recenti o in fase di costruzione.
(4-06092)


   PATELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 22 del 28 gennaio 2020 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 novembre 2019 recante la revisione della rete stradale relativa alla regione Piemonte;

   a tale decreto è allegata la tabella relativa alla provincia di Biella. La tabella contiene, fra le altre, la ex strada statale n. 232 (Panoramica Zegna), dall'innesto con la ex strada statale n. 230 (incrocio con la ex strada statale n. 232) fino soltanto alla località Falcero nel comune di Vallemosso (totale chilometri 19,173), escludendo di fatto il tratto da questa località fino alla località Bocchetto Sessera in comune di Tavigliano (per un'area estesa superiore a chilometri 22);

   il tratto escluso, che comprende, in prossimità del Bocchetto Sessera, 2 gallerie e reti paravalanghe a monte, era già peraltro in carico ad Anas prima del passaggio alla provincia;

   ugualmente, la tabella non contiene la ex strada statale n. 419 (della Serra), dalla ex strada statale n. 338 in comune di Mongrando al confine con la provincia di Torino in comune di Chiaverano (totale effettivo chilometri 7,100);

   la ex strada statale n. 419, nel tratto Biellese, che era già in carico ad Anas, sembra essere sostituita con il tratto dalla strada provinciale n. 338, variante dal chilometro 6,830 fino all'innesto con la strada statale n. 228 a Bollengo, al chilometro 24,585, per un'estensione di chilometri 17,755 su di una strada che è molto meno utilizzata dal traffico pendolare e turistico fra il Biellese e il Canavese –:

   se i tratti esclusi ai punti di cui sopra siano stati il frutto di una scelta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pur essendo stati segnalati dalla provincia di Biella e, in questo caso, quali siano le ragioni di tale esclusione, o se i tratti esclusi citati in premessa non siano stati segnalati dalla provincia di Biella in sede di concertazione, prima dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
(4-06094)


   DALL'OSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   oramai da molti, moltissimi anni la Compagnia di bandiera italiana, Alitalia, è al centro di una crisi economico-finanziaria difficile;

   da tempo si assiste, inermi, alla messa in cassa integrazione ed al mancato rinnovo di contratti per società appaltatrici di Alitalia con una conseguenza sociale, economica ed a volte psicologica che va a gravare ulteriormente sulla società italiana intera;

   negli ultimi giorni si sta assistendo ad un susseguirsi di notizie relative ad un finanziamento previsto nel cosiddetto decreto Rilancio che vede la nascita di una nuova compagnia di bandiera con 3 miliardi di euro –:

   come verranno utilizzati questi fondi;

   se sia prevista una sanatoria per i lavoratori afferenti alle ditte o alle cooperative appaltatrici di Alitalia, oltre che per il personale precario che abbia prestato la propria opera per almeno 10 anni con la compagnia di bandiera, al fine di non creare discrepanze di trattamento ed offrire un'uniformità di opportunità al personale, soprattutto in un momento storico come quello attuale post Covid-19.
(4-06110)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FIANO, MICELI, DELRIO, BAZOLI, BENAMATI, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BONOMO, BORDO, ENRICO BORGHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, BURATTI, CAMPANA, CANTINI, CARLA CANTONE, CAPPELLANI, CARNEVALI, CECCANTI, CENNI, CIAMPI, CRITELLI, DAL MORO, DE LUCA, DE MARIA, DE MENECH, DEL BASSO DE CARO, DI GIORGI, FASSINO, FRAGOMELI, FRAILIS, GARIGLIO, GIACOMELLI, GRIBAUDO, INCERTI, LA MARCA, LACARRA, LEPRI, LOSACCO, LOTTI, LORENZIN, MADIA, GAVINO MANCA, MANCINI, MARTINA, MELILLI, MINNITI, MORGONI, MURA, NARDI, NAVARRA, ORFINI, ORLANDO, PADOAN, PAGANI, UBALDO PAGANO, PELLICANI, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, PIZZETTI, POLLASTRINI, PRESTIPINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, ROSSI, ROTTA, SCHIRÒ, SENSI, SERRACCHIANI, SIANI, SOVERINI, TOPO, VAZIO, VERINI, VISCOMI, ZAN e ZARDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere — premesso che:

   il 6 giugno 2020 si è svolta a Roma, al Circo Massimo, la manifestazione organizzata da ultras di destra, cui si sono uniti Forza Nuova, i fuoriusciti della Rete delle Comunità Forzanoviste, Avanguardia e Rivolta Nazionale;

   tale mobilitazione, nata dagli ultras del Brescia della Brigata Leonessa, legata al network del Veneto fronte skinheads, e dagli Ultras Lazio, collegati agli Irriducibili dopo lo scioglimento del gruppo legato all'omicidio di Fabrizio Piscitelli, «Diabolik», è cresciuta sui social trovando consenso anche tra Lealtà Azione (presente nella curva nord dell'Inter) la veronese Fortezza Europa (vicina alla curva dell'Hellas), gli ultras del Varese, del Bologna, dell'Ascoli, della Juventus, della Roma;

   la manifestazione era stata preceduta da dichiarazioni minacciose quali l'invito a «togliere le mascherine ed indossare il passamontagna» e che «è vero la classe politica che ci governa dovrà pagarla, ma nessuno sconto alle Forze dell'Ordine che hanno dimostrato che non sono con il popolo ma con chi gli paga lo stipendio. Statene pure certi che fra poco le piazze diventeranno il vostro incubo»;

   all'esito della manifestazione le minacce si sono trasformate in realtà in intollerabili aggressioni ai danni di giornalisti e forze dell'ordine;

   una riunione di coordinamento è prevista per il 30 giugno dove «Mascherine tricolori», i «Ragazzi d'Italia» e i «Gilet arancioni» si salderanno con i no-vax, i no 5G e il Movimento R2020 di Sara Cunial;

   la Costituzione, nata dalla Resistenza al fascismo, garantisce la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero, ma dice anche, all'articolo 17, che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi;

   l'apologia del fascismo è reato, così come qualsiasi tentativo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. A tal proposito preoccupa molto la saldatura tra gruppi ultras e frange di estrema destra finalizzate alla contestazione politica di piazza con modalità violente;

   episodi come quelli accaduti il 6 giugno e come si preannunciano per il prossimo 30 giugno non possono essere tollerati –:

   quali valutazioni abbiano permesso lo svolgimento della manifestazione del Circo Massimo, viste le premesse particolarmente preoccupanti per il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza, quali siano gli elementi di conoscenza circa i gravi fatti accaduti nel corso della stessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare che episodi simili non si ripetano nelle prossime iniziative già annunciate.
(3-01625)


   ALAIMO, BALDINO, BRESCIA, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, DIENI, FORCINITI, MACINA, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO, ELISA TRIPODI, D'ORSO, CASA, VARRICA, PENNA, TRIZZINO, DAVIDE AIELLO e GIARRIZZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere — premesso che:

   nel corso degli ultimi mesi, nella città di Palermo, si sono registrati numerosi atti di vandalismo e furti perpetrati a danno di istituti scolastici e asili nido comunali;

   si sono susseguiti una serie di episodi spiacevoli che hanno colpito molte strutture comunali tra le quali l'istituto comprensivo Sperone-Pertini, l'istituto comprensivo Giovanni Falcone, la scuola elementare Maneri-Ingrassia, gli asili nido Papavero a Borgo Nuovo e Rallo nella zona di Don Orione;

   i soggetti che si sono introdotti nelle scuole hanno causato non pochi danni: porte divelte, stanze messe a soqquadro, arredi scolastici danneggiati, furto di materiale didattico e di computer utilizzati per la didattica; neppure la presenza di impianti di videosorveglianza è stata un deterrente per evitare un gesto simile e per individuare i responsabili;

   in data 22 giugno 2020, a distanza solo di una settimana dall'ultimo assalto, si è verificato l'ennesimo raid a danno dell'Istituto Falcone, dove i docenti ed il personale scolastico, all'apertura della scuola, hanno trovato le aule nuovamente a soqquadro;

   tali episodi, oltre a causare danni sotto il profilo economico, hanno ingenerato allarme sociale tra i cittadini;

   ad avviso degli interroganti, si è di fronte ad attacchi vili e delinquenziali a carico di luoghi e spazi realizzati per garantire il diritto alla crescita e al benessere dei più piccoli;

   non si tratta di piccoli furti, ma di veri e propri atti di mafia che vedono negli istituti scolastici la presenza e il controllo dello Stato nei territori;

   i suddetti atti vandalici sono da considerarsi gravissimi in quanto puntano ad indebolire il valore simbolico della giustizia e della legalità; inoltre, non è un caso il fatto che le scuole colpite siano notoriamente impegnate nella costruzione di una significativa cultura della legalità, partendo proprio dall'accoglienza e dalla tutela dei diritti dei più deboli;

   considerata la gravità di quanto accaduto, sarebbe utile incrementare la presenza delle forze dell'ordine nei quartieri ad alta densità mafiosa e nei pressi degli istituti scolastici colpiti da tali atti vandalici;

   altresì, sarebbe auspicabile l'istituzione di un tavolo tecnico con la presenza delle altre autorità istituzionali competenti, al fine di analizzare il fenomeno e adottare le misure preventive più idonee e immediate –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di arrestare questi continui episodi di violenza a danno degli istituti scolastici e, conseguentemente, di rafforzare la sicurezza dei cittadini.
(3-01626)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRISCO, ROTELLI, CARETTA, DEIDDA, LUCA DE CARLO e CIABURRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sperimentazione della pistola ad impulsi elettrici, cosiddetto taser, ha avuto inizio il 5 settembre 2018 ed è terminata il 5 giugno 2019;

   il taser è stato dato in dotazione alle forze di polizia di dodici città: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi e Genova;

   la sperimentazione ha dato esiti positivi facendo registrare circa ottantanove casi di utilizzo: per 30 volte la pistola ha «sparato» impulsi elettrici attraverso i due dardi, mentre per il resto è stato sufficiente brandirla per ottenere la deterrenza;

   finita la sperimentazione, l'uso della pistola a impulsi elettrici è stato autorizzato in via definitiva ed era stata prevista l'indizione di un'apposita gara d'appalto per la produzione dei taser di cui però non v'è traccia, mentre vi è traccia evidente del numero degli operatori di forze di polizia che nel frattempo sono rimasti feriti in interventi operativi, ben 2.700;

   le linee guida, predisposte dal dipartimento della pubblica sicurezza, stabiliscono che la pistola elettrica dovrà essere mostrata dall'agente senza impugnarla per far desistere il soggetto dalla condotta in atto. Solo se il tentativo fallisce, si potrà sparare il colpo, ma occorre «considerare per quanto possibile il contesto dell'intervento e i rischi associati con la caduta della persona» dopo essere stata colpita. Bisogna inoltre tener conto della «visibile condizione di vulnerabilità» del soggetto e fare attenzione all'ambiente circostante per il rischio di incendi, esplosioni e scosse elettriche. Si tratta di valutazioni complesse e difficili, se non impossibili, nelle situazioni di particolare rischio e concitazione, quando tutto avviene in tempi brevissimi. Il rischio è che i poliziotti vengano esposti a richieste di indennizzo da parte dei soggetti colpiti per eventuali lesioni e questo è inaccettabile;

   occorre un protocollo operativo che individui con chiarezza il perimetro delle modalità di utilizzo della pistola elettrica;

   il taser è di per sé un ottimo deterrente e protegge i poliziotti o i carabinieri quando sono alle prese con aggressori anche armati, ma va fatta luce sulle possibili conseguenze civili e penali per chi lo utilizza, anche alla luce del fatto che il decreto stabilisce che, come ricordato, il suo impiego dovrà sempre avvenire nel rispetto delle «necessarie cautele per la salute e l'incolumità pubblica e secondo principi di precauzione» condivisi con il Ministero della salute;

   nel nostro ordinamento giuridico, la responsabilità penale è sempre personale e nessuno può garantire che non ci siano conseguenze per l'operatore di polizia se dovessero verificarsi lesioni gravi o mortali a causa dell'utilizzo della pistola elettrica;

   stare realmente e concretamente dalla parte dei poliziotti significa anche questo, non cedere alla facile demagogia che rischia solo di danneggiare l'operatore in divisa –:

   cosa osti all'espletamento della gara per la produzione delle pistole a impulsi elettrici e se non intenda adottare iniziative per la predisposizione di un protocollo operativo che chiarisca definitivamente le troppe zone d'ombra ancora presenti in ordine alle responsabilità civili e penali in cui possono incorrere gli agenti che utilizzino il dispositivo.
(5-04203)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PERANTONI, LAPIA e VILLANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizia apparsa sulla stampa locale si apprende che il 3 maggio 2018 il Tar della Sardegna ha accolto il ricorso di Galaye Diop, senegalese di 71 anni, arrivato in Italia nel 1991, che si era visto negare dalla questura di Sassari il rinnovo del permesso di soggiorno «senza alcuna convincente spiegazione»;

   qualche tempo dopo il suo ingresso in Italia, Diop, è stato colpito da distacco di retina, patologia per la quale è stato sottoposto ad intervento chirurgico, ma che ha comunque comportato progressivamente l'attuale stato di cecità assoluta, tanto da essere stato riconosciuto invalido civile al 100 per cento;

   per questo, dal 1991 ha sempre soggiornato regolarmente in Italia in forza del permesso per cure mediche, più volte rinnovato. Sino al 25 luglio 2016, quando, a fronte della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per cure mediche, la questura di Sassari ha respinto la richiesta, «ritenendo che non siano state evidenziate cure mediche in corso che giustifichino il soggiorno e che, comunque, la condizione del ricorrente gli ha già consentito di rientrare più volte in Senegal nel corso della sua permanenza in Italia». A questo proposito il Tar ha stabilito che «non risponde al vero che l'interessato non sarebbe attualmente sottoposto a cure mediche» e «in ogni caso la sua condizione di cieco totale (e, dunque, di invalido civile), legata a una patologia maturata durante il soggiorno in Italia, giustifica ampiamente il rinnovo del titolo di soggiorno, sulla base della normativa vigente e, soprattutto, delle relative pronunce adottate dalla Corte costituzionale che ciò hanno garantito persino allo straniero “clandestino”». Per il Tar, oltretutto, «l'Autorità di P.S. non ha fornito alcuna convincente spiegazione circa il mutamento del proprio indirizzo a distanza di così tanto tempo, pur non essendo certamente migliorate — anzi — le condizioni fisiche dell'interessato»;

   alla sentenza hanno fatto seguito solleciti e diffide ad adempiere ma, anziché ottemperare alla sentenza, nell'estate 2018 è arrivato un nuovo preavviso di rigetto da parte della questura. Diop è cieco, cardiopatico, non percepisce la pensione di invalidità, non ha documenti e non può, quindi, curarsi. Nonostante viva a Sassari da oltre 30 anni, gli viene negato il permesso di soggiorno e con esso tutti i diritti che ne conseguono;

   ciò che emerge è preoccupante, in quanto sembrerebbe che l'amministrazione periferica si rifiuti di applicare o comunque ignori decisioni vincolanti dell'autorità giudiziaria e tale atteggiamento potrebbe essere diffuso sul territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di verificare se le amministrazioni periferiche rispettino le decisioni vincolanti dell'autorità giudiziaria e se ciò sia avvenuto nel caso di specie, al fine di tutelare e rispettare i diritti della persona di cui in premessa.
(4-06087)


   MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da COVID-19 non ha bloccato gli sbarchi di migranti provenienti dall'Africa, che continuano senza sosta a sbarcare sulle coste della Sicilia;

   nelle ultime settimane si sono susseguite proteste dei cittadini residenti nei dintorni della baraccopoli abusiva posta a sud di Cassibile, dove alcune centinaia di extracomunitari vivono in condizioni disumane, con gravi disagi igienico-sanitari e nel degrado più totale;

   la situazione nella baraccopoli è fuori controllo sia dal punto di vista igienico-sanitario sia da quello della sicurezza, rispetto alla quale i cittadini hanno segnalato, tra gli altri, episodi di furti e rapine, vicende di atti osceni in luogo pubblico, molestie di vario genere;

   la questione della baraccopoli di Cassibile non è affatto nuova e, nel corso degli anni, non sono mancate le denunce e le segnalazioni alle autorità competenti, ma quest'anno, soprattutto in considerazione dell'emergenza sanitaria in atto merita un'attenzione particolare per evitare l'aggravarsi della situazione sul territorio;

   gli sforzi e i sacrifici messi in atto sinora dai residenti per contrastare e ridurre l'espandersi dell'epidemia da COVID-19 rischiano di essere vanificati dalla presenza della baraccopoli, posto che diversi articoli di stampa e servizi televisivi hanno evidenziato come non siano attualmente garantite le condizioni per il rispetto delle disposizioni di sicurezza stabilite dal Governo e dalle ordinanze locali per il contrasto al diffondersi del contagio da COVID-19, sia per il numero di ospiti presenti che per gli spazi in cui sono collocati, con riguardo alle regole di distanziamento sociale e alla mancanza di adozione di presidi di protezione individuale, nonché con riferimento al rispetto delle disposizioni previste per le quarantene obbligatorie;

   malgrado negli anni i residenti di Cassibile abbiano dato dimostrazione di essere comunità votata all'accoglienza, pronta a sostenere gli ultimi o gli invisibili, oggi, con l'emergenza sanitaria da COVID-19, per nulla superata, la situazione rischia di diventare insostenibile con possibili rischi per la tenuta dell'ordine pubblico, oltre che sul fronte socio-sanitario –:

   se non ritenga di adottare con urgenza tutte le iniziative di competenza necessarie per chiudere la baraccopoli di cui in premessa e trasferire i migranti ivi alloggiati in altra sede, garantendo il pieno rispetto delle prescrizioni in materia di tutela della salute dei cittadini, con particolare riferimento alla diffusione del COVID-19;

   in che modo intenda gestire l'emergenza migratoria nell'ambito dell'emergenza sanitaria in atto.
(4-06088)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un'indagine partita dalla procura di Trapani ha fatto luce su alcuni inquietanti aspetti della criminalità a Trapani ed Erice, dove un noto gruppo di pregiudicati compie estorsioni e agisce come una sorta di «tribunale» in caso di controversie;

   in particolare, come riportato da fonti di stampa locale, tale gruppo interferirebbe nella vita democratica dei partiti, condizionandone il voto, e, addirittura, interverrebbe anche dopo le elezioni, se qualche candidato eletto non viene ritenuto «valido»;

   emblematico è il caso di Francesco Tarantino, eletto nella lista «Daniela Toscano - Sindaco per Erice», la coalizione vincente del sindaco Daniela Toscano e di Giacomo Tranchida, oggi sindaco di Trapani. Tarantino, dopo una campagna elettorale intensa, si è dimesso alla prima seduta di consiglio comunale, per far posto a Francesca Miceli, entrata nel gruppo del Pd;

   secondo gli investigatori, che solo oggi hanno saputo dare una spiegazione ad una vicenda avvolta per molto tempo nel mistero, in quel caso la criminalità locale si è spinta a «porre in essere pesanti e continue pressioni nei confronti di un neo consigliere comunale di Erice, eletto tra l'altro con il loro sostegno, affinché rinunciasse all'incarico dopo pochi giorni favorendo in quel modo la nomina di altro candidato a loro maggiormente gradito»;

   in città alcuni sapevano e tra questi anche Daniela Toscano, come dimostrato dalle intercettazioni delle conversazioni tra la sindaca e Tarantino, da cui emergerebbe non solo che era al corrente della situazione, ma avrebbe anche preparato il tutto per le dimissioni di Tarantino;

   il giorno dopo le elezioni, il 12 giugno 2017, in una conversazione telefonica, il neo-eletto sindaco e Giuseppe Diego Pipitone, personaggio centrale in questa vicenda, hanno fatto il punto sui voti e, mentre Pipitone si attribuisce la paternità di quelli di Tarantino e Miceli, Toscano non fa una piega, cosa che, scrivono gli inquirenti, «fa presumere che la stessa Toscano fosse chiaramente cosciente che dietro quel risultato ottenuto dal Tarantino vi era l'ingombrante presenza di Pipitone» e, anzi, la sindaca esulta e ringrazia: «Ce l'abbiamo fatta, intanto io sono sindaco.... grazie Diego, grazie di tutto. Salutami la moglie, devo ringraziarla» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, per accertare la sussistenza di un condizionamento degli ambienti criminali sull'amministrazione comunale di Erice;

   se il prefetto abbia effettuato l'accesso amministrativo presso il comune di Erice previsto nel quadro delle procedure propedeutiche all'eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose e, nel caso la procedura sia stata attivata, se e come ritenga di procedere al riguardo.
(4-06106)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO e PERANTONI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con nota n. 11457 del 9 giugno 2020, l'ufficio scolastico regionale della Lombardia pubblicava l'elenco dei candidati ammessi alla prova orale del concorso pubblico bandito con decreto del Ministero dell'istruzione del 18 dicembre 2018 per esami e titoli, per la copertura di 451 posti di direttore dei servizi generali e amministrativi del personale Ata nell'ambito della regione Lombardia (su un totale di 2004 sull'intero territorio nazionale);

   su 1.080 candidati presenti alle prove scritte svoltesi a Milano il 5 e 6 novembre 2019, solo 207 (meno del 20 per cento) è stato ammesso alle prove orali, lasciando vacanti un numero importante di posti a disposizione;

   con nota del 10 giugno 2020, l'Anquap inoltrava al Ministero dell'istruzione formale richiesta di riesame delle prove in questione per una loro più attenta valutazione alla luce dell'anomala esiguità del numero di ammessi all'orale, notevolmente inferiore ai candidati che hanno sostenuto le prove scritte e ai posti messi a concorso. L'Associazione aggiungeva che tale dato sarebbe isolato alla regione Lombardia, essendosi provveduto nelle altre regioni a ammettere agli orali percentuali di candidati coerenti con il numero dei posti disponibili;

   con ulteriore nota dell'11 giugno 2020 la stessa Associazione inoltrava al Ministero un'ulteriore segnalazione e richiesta di intervento: «Vi fornisco, in allegato, la prova formale di quanto di anomalo avvenuto in Lombardia (n.d.r. ossia la mail dell'USR Lombardia inviata a una candidata e contenente la asserita errata valutazione delle prove scritte della stessa). Un candidato prende 21 alla prima prova scritta e gli si comunica che non ha conseguito il punteggio minimo, quindi, non hanno valutato la seconda prova. È vero l'esatto contrario, il candidato ha superato la prima prova e si doveva (si deve) valutare anche la seconda. Se hanno agito così anche in altri casi siamo in presenza (preoccupante) di un'amministrazione che non sa svolgere le sue funzioni.». Effettivamente, l'articolo 13, comma 4, del bando di concorso stabilisce che solo «Nel caso in cui il candidato riporti un punteggio nella predetta prova inferiore a ventuno punti, non si procede alla correzione della prova teorico-pratica»;

   a ciò si aggiunga che un articolo di giornale del 13 giugno 2020 (www.indygesto.com) denuncerebbe, oltre alla rabbia e alle proteste del nutrito gruppo dei concorrenti esclusi per la regione Lombardia, presunte anomalie e gravi irregolarità verificatesi nello svolgimento della procedura concorsuale. In particolare, l'articolo darebbe atto di una missiva datata 6 novembre 2019 del Ministero dell'istruzione (giorno di svolgimento della seconda prova scritta) che comunicava la necessità di sostituire, in quella stessa mattinata, la traccia della seconda prova scritta del concorso. La necessità di tale improvvisa e non motivata sostituzione ne avrebbe comportato l'invio non nella modalità del plico telematico criptato (che garantisce il massimo della sicurezza) ma il semplice invio tramite file in pdf via e-mail. Infine, il medesimo articolo informerebbe su presunte gravi fughe di notizie sui quesiti teorici della prima prova scritta e, addirittura, di una presunta compravendita delle tracce già svolte: «sarebbe stata in vendita nel mercato nero del concorso una rosa di 23 domande, tra cui le sei effettivamente uscite. Ancora: alcuni compratori si sarebbero lamentati di aver pagato e, a differenza di altri colleghi che avevano fatto altrettanto, di essere stati bocciati lo stesso»;

   a settembre moltissime scuole lombarde si ritroveranno sprovviste del profilo del direttore dei servizi generali e amministrativi o, comunque, del personale selezionato attraverso un concorso pubblico;

   ai sensi degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, le procedure pubbliche di reclutamento di personale dipendente della pubblica amministrazione devono provvedere alla selezione dei candidati migliori secondo le loro effettive capacità e preparazione e svolgersi secondo criteri e modalità che garantiscano i princìpi di legalità, correttezza, imparzialità, parità di trattamento tra tutti i candidati e trasparenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga di adottare, anche tramite l'invio di personale ispettivo, al fine di verificare che la procedura concorsuale pubblica in questione sia svolta nel rispetto dei principi costituzionali citati;

   qualora si riscontrino delle irregolarità, se non si ritenga di disporre la ricorrezione delle prove scritte ad opera di una nuova commissione.
(3-01623)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORRONE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   mentre si discute sul rientro a scuola in sicurezza e dal Ministero arrivano poche certezze e confuse ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive, gli istituti scolastici devono organizzarsi, in particolare per quanto riguarda la formazione delle classi, sulla base delle norme già esistenti;

   l'anno scolastico appena concluso ha avuto un corso ed esiti non prevedibili per l'insorgenza dell'emergenza sanitaria, per la conseguente introduzione del metodo didattico a distanza e per la decisione assunta, ad avviso dell'interrogante infelice, di ammettere sostanzialmente d'ufficio tutti gli alunni alla classe successiva;

   è indispensabile consentire agli istituti scolastici di organizzare per tempo il prossimo anno scolastico 2020/2021, a partire dalla formazione delle classi;

   si è davanti a un paradosso, ovvero a fronte delle confuse regole di prevenzione sanitaria, la normativa vigente prevede la formazione di classi fino a 30 studenti;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, che stabilisce i parametri per la formazione delle classi nei vari ordini di scuola, porta infatti alla costituzione, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, di classi iniziali, le prime e le terze, formate mediamente da un numero di studenti compreso tra 27 e 30 unità;

   in particolare, il citato decreto può addirittura portare allo smembramento di classi nel passaggio dal primo biennio alla terza per creare nuove classi rispettose del parametro di 27 alunni per classe, senza tener conto dell'esigenza contingente e legata alla prevenzione della diffusione del Covid-19 di aumentare il distanziamento degli studenti nelle classi;

   la programmazione scolastica è avvenuta all'inizio del mese di febbraio 2020 e, in quel momento, non era prevista la sostanziale promozione d'ufficio di tutti gli studenti, fattore che ha determinato un numero superiore di allievi nelle terze rispetto a quello preventivato, derivante da eventuali bocciature;

   la prospettiva dello smembramento delle classi che, sulla scorta del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, sarebbero sottodimensionate sta sollevando le proteste e le preoccupazioni delle famiglie che, da un lato, apprendono da notizie diffuse dal Governo la necessità di superare il concetto di classi «pollaio», soprattutto dopo l'emergenza sanitaria, e, dall'altro lato, vengono a conoscenza del fatto che le norme obbligano a percorrere altre strade;

   va evidenziato il trattamento degli studenti come puri numeri poiché, dopo la prolungata assenza dal gruppo classe, si troverebbero a dover affrontare, al rientro a scuola, l'ulteriore difficoltà di doversi inserire in una classe di nuova formazione, anziché tornare alla normalità della propria classe;

   non è assolutamente chiarito come la maggioranza di Governo intenda selezionare gli insegnanti precari da immettere in ruolo con concorso straordinario, indispensabili per poter organizzare in sicurezza l'anno scolastico;

   questa situazione caotica e foriera di grande scontento e disorganizzazione, determinati, ad avviso dell'interrogante, da mancate indicazioni e decisioni chiare e precise da parte del Ministero, è comune alla stragrande maggioranza degli istituti scolastici –:

   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di assumere per scongiurare l'accorpamento di cui in premessa, individuando soluzioni immediate che superino i parametri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, al fine di garantire agli studenti un inizio di anno scolastico in sicurezza;

   quali iniziative si intendano assumere per selezionare al più presto gli insegnanti precari da immettere in ruolo con concorso straordinario, indispensabili per poter organizzare in tempi utili il prossimo anno scolastico.
(4-06089)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   alcune categorie di lavoratori dipendenti hanno diritto, oltre che alla tredicesima mensilità, a un'altra mensilità aggiuntiva, ossia la quattordicesima;

   tale mensilità viene corrisposta prima delle ferie estive collettive, per tale motivo la quattordicesima è anche nota come premio ferie o gratifica feriale;

   la maggior parte dei piccoli imprenditori, nei primi sei mesi dell'anno, accantonano le somme necessarie per corrispondere ai propri dipendenti la quattordicesima, mentre nel secondo semestre accantonano le somme per le tredicesime mensilità;

   tuttavia, nel 2020, a causa dell'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19, le imprese, a partire dal mese di febbraio, hanno avuto minori entrate, se non nulle, tanto da non riuscire a coprire gli stipendi standard di giugno e in particolare di luglio;

   pertanto, molte realtà aziendali, soprattutto di piccole dimensioni, hanno espresso la necessità di un intervento per poter riconoscere la quattordicesima mensilità ai propri lavoratori che ne hanno diritto, avanzando la possibilità di renderla per il 2020 esente da tasse o prevedere un fondo dedicato per il pagamento di tale mensilità aggiuntiva, in modo da poter riconoscere un contributo agli imprenditori per poterla elargire;

   di fatto, molti datori di lavoro non hanno fondi di riserva e per salvaguardare le imprese e conseguentemente i lavoratori, in un periodo così drammatico, è essenziale intervenire anche per rendere meno oneroso l'adempimento in questione –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative a sostegno delle imprese in difficoltà, al fine di garantire il pagamento imminente della quattordicesima, considerando l'assenza di fondi di riserva in questo periodo di emergenza sanitaria.
(5-04201)


   ALEMANNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   per il 2020 sono previste assunzioni agevolate al Sud grazie all'articolo 1, comma 10, della legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) che è intervenuta per agevolare le assunzioni dei lavoratori con meno di 35 anni, estendendo l'incentivo strutturale introdotto per le assunzioni stabili dal 2018;

   l'incentivo riguarda i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail, ed è fruibile mediante conguaglio sui contributi Inps, per un periodo non superiore a un anno, a partire dalla data di assunzione;

   può essere erogato fino a un massimo di 8.060 euro l'anno, per ciascun lavoratore assunto, in dodici rate mensili; in caso di part time, il massimale è ridotto in maniera proporzionale;

   per ottenerlo è necessario presentare domanda all'Inps dopo la pubblicazione della circolare operativa, ad oggi non ancora emanata –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire informazioni riguardo alla tempistica dell'emanazione della circolare Inps e quindi all'operatività della fruizione del bonus da parte del datore di lavoro.
(5-04206)


   FERRO e GALANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'11 giugno 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali inerente all'aggiornamento dei coefficienti di trasformazione della pensione, che conferma l'andamento negativo per l'importo degli assegni iniziato più di dieci anni fa;

   in particolare, sono stati pubblicati i coefficienti utilizzati per trasformare in importo della pensione il montante contributivo maturato dai lavoratori che verranno collocati in quiescenza dal 1° gennaio 2021;

   i coefficienti di trasformazione sono quei valori utilizzati nel calcolo contributivo della pensione, ovvero per quella quota di contributi maturata dopo il 1° gennaio 1996 (o il 1° gennaio 2012 per coloro che entro il 31 dicembre 1995 hanno maturato 18 anni di contribuzione), grazie ai quali il montante contributivo accumulato dal lavoratore si traduce in pensione;

   nella Gazzetta n. 147 del 2020 è stata pubblicata la quinta revisione dei coefficienti di trasformazione da quando questo strumento è stato introdotto nel 2009 e, da allora, ogni modifica è stata in negativo, con un taglio sull'assegno annuo di pensione del 12 per cento;

   l'unica soluzione per non essere danneggiati da questo sistema è quella di restare più anni al lavoro: il coefficiente di trasformazione massimo si applica infatti per coloro che restano al lavoro fino ai 71 anni;

   se a tale trend negativo, che non accenna a fermarsi, si aggiunge l'emergenza da Covid-19 e la crisi economica correlata, che potrebbe abbassare ulteriormente gli importi delle pensioni, la situazione rischia di assumere i connotati di una crisi sociale;

   secondo le stime riguardanti l'impatto che la crisi economica avrà sul coefficiente di rivalutazione del montante contributivo, infatti, per coloro che andranno in pensione tra il 2023 e il 2030 ci sarà una riduzione lorda dell'assegno futuro che potrebbe superare il 4 per cento e tale percentuale, qualora la situazione economica non dovesse migliorare, è destinata persino ad aumentare con la conseguenza che i contributi maturati dal lavoratore non verranno rivalutati per diversi anni: in base a quanto stabilito dalla riforma del 2015, infatti, è vero che la rivalutazione del montante contributivo dei futuri pensionati non può comunque scendere sotto all'1 per cento (anche in caso di variazione negativa del prodotto interno lordo), ma allo stesso tempo il provvedimento prevede anche che le differenze debbano essere recuperate negli anni successivi –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per invertire l'andamento negativo inerente all'importo degli assegni di pensione.
(5-04209)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», al Titolo II, Capo II, ha previsto speciali misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro nonché di modalità precauzionali anti contagio;

   a norma dell'articolo 43, comma 1, è stato assegnato l'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'Inail ad Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;

   il 7 maggio 2020 l'ufficio stampa di Invitalia ha dato comunicazione, con relativa e successiva pubblicazione del bando (cosiddetta Impresa Sicura), circa le modalità di richiesta per il rimborso delle spese sostenute per l'approvvigionamento dei Dpi: l'accesso al rimborso, nei limiti delle risorse disponibili, è stato stabilito nella misura del 100 per cento delle spese ammissibili come definite ai sensi dell'articolo 7 del bando, quindi nel limite massimo di euro 500,00 per ciascun addetto dell'impresa cui sono destinati i Dpi e, comunque, fino a un massimo di 150 mila euro per impresa, sul sito internetinvitalia.it è stato altresì pubblicato, in facsimile, la domanda di rimborso; in particolare, il punto 6.1 del bando definisce quali beneficiari «tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato»; inoltre, sono stati definiti i termini per le domande di rimborso;

   a causa della farraginosa, discutibile e disordinata gestione applicativa per l'accesso al rimborso delle spese sostenute dall'imprese per acquisto di dispositivi di protezione individuale, si è verificata di fatto l'esclusione di migliaia di imprese potenzialmente beneficiarie. Infatti, con il metodo cronologico nella ricezione delle domande, solamente 3.150 imprese sono riuscite a prenotarsi nel primo secondo utile, le altre 205.676 aziende, che pure avevano inviato la richiesta in un lasso di tempo brevissimo, sono rimaste ingiustamente scartate;

   l'interrogante, già durante l'iter parlamentare per la conversione in legge del decreto-legge di cui sopra ha presentato un ordine del giorno, il 9/02461-AR/165, per impegnare il Governo a una revisione degli strumenti finora messi in atto a rimborso delle spese sostenute dalle imprese al fine di garantire tutte quelle protezioni idonee per la tutela degli ambienti di lavoro, prevedendo quindi nuove e ulteriori misure specifiche a favore delle imprese stesse;

   a tutt'oggi nulla è stato previsto per le suddette imprese precedentemente escluse, generando quindi ulteriori problemi economici già fortemente avvertiti in questo periodo dal tessuto industriale italiano;

   rimane, a giudizio dell'interrogante, incomprensibile e ingiustificata l'ambiguità operativa del presidente dell'Inail e di Invitalia nel prevedere un «click day» quale modalità di istruttoria delle domande –:

   quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di garantire, ai legittimi beneficiari, il rimborso previsto come da normativa vigente e quali ulteriori iniziative intendano assumere, anche in maniera compensativa o risarcitoria, per l'acquisto dei dispositivi di sicurezza individuale all'uopo sostenuto dalle imprese.
(4-06103)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa è stata resa nota la vicenda relativa ai rimborsi percepiti dal presidente dell'Anpal Mimmo Parisi. Tali rimborsi ammonterebbero a circa 160 mila euro per auto di servizio, voli intercontinentali e un alloggio a Roma. Parisi, sempre a mezzo stampa, aveva dato rassicurazioni sulla rendicontazione di tali spese, ma era stato pubblicamente smentito dalla direttrice dell'Agenzia, Paola Nicastro, la quale aveva affermato che tali spese non erano state ancora rendicontate;

   Parisi avrebbe speso circa 71 mila euro per voli in business class, 55 mila euro per noleggio auto con conducente e circa 32 mila euro per l'affitto di una casa nel centro di Roma;

   a prescindere da tale vicenda, sono numerose le critiche mosse a Parisi per il suo operato, prima tra tutte quella che riguarda le politiche legate al reddito di cittadinanza che non avrebbero creato i posti di lavoro promessi. Il professor Parisi era stato voluto dall'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio, per la gestione dei cosiddetti navigator;

   peraltro, a parere dell'interrogante, andrebbe verificata anche la possibile incompatibilità dell'incarico di Parisi con il suo rapporto di lavoro con la Mississippi State University –:

   se, fin da subito, sia stata verificata una eventuale incompatibilità dell'incarico di Parisi con il suo rapporto di lavoro con la Mississippi State University;

   se, alla luce delle criticità emerse sia per quanto attiene ai risultati dell'operato di Parisi sia per quanto riguarda le note vicende relative ai rimborsi, si intendano avviare le procedure per la rimozione di Parisi dall'incarico di presidente Anpal.
(4-06109)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIABURRO, GALANTINO, LUCA DE CARLO e RUFFINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto «decreto liquidità», convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, il Governo ha normato la disciplina straordinaria relativa a prestiti verso privati coperti da garanzia di Stato;

   tali garanzie sono state garantite mediante l'avvalimento di Sace spa, del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e di Ismea per quanto riguarda il comparto agricolo;

   in tal senso la Banca Popolare di Novara non risulta aver siglato alcuna intesa con Ismea per l'erogazione del prestito coperto da garanzia statale;

   come conseguenza della mancata intesa con Ismea, i correntisti della predetta Banca Popolare di Novara, con particolare riferimento agli imprenditori agricoli, si trovano nella condizione di non poter usufruire dei prestiti con garanzia statale, rendendo impossibile disporre della liquidità monetaria necessaria per far fronte alle sopravvenute spese ordinarie, quali spese aziendali e stipendi, e straordinarie, relative a questi ultimi mesi di contenimento straordinario –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, se del caso, quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, abbiano intenzione di intraprendere per:

   a) garantire una tempestiva erogazione di liquidità mediante prestiti coperti da garanzia statale, così come disciplinati dal «decreto liquidità», a tutti i soggetti economici aventi diritto i quali si trovino esclusi dallo strumento a seguito della mancata intesa tra il proprio istituto di credito e Ismea, come nel caso di cui in premessa;

   b) prevedere forme di indennizzo nei confronti di tutti i cittadini, imprese, e affini i quali abbiano subito ulteriori danni economici derivanti dalla crisi epidemiologica da COVID-19 in seguito alla mancata erogazione di prestiti con garanzia statale da parte dei propri istituti di credito.
(5-04207)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SPORTIELLO, LAPIA, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Corriere della sera del 15 giugno 2020 riporta un articolo dal titolo «L'Umbria ha vietato l'aborto farmacologico in day hospital». L'aborto farmacologico in Umbria non potrà avvenire più in day hospital, le donne che ne faranno richiesta dovranno essere ricoverate almeno tre giorni in ospedale. La legge n. 194 prevede il ricovero ospedaliero, ma concede alle regioni la possibilità di organizzarsi in vario modo. Per questo, nel 2018, in Umbria era stata introdotta la possibilità, di abortire con la pillola RU486, entro la settima settimana di gravidanza, in day hospital e con terapia domiciliare;

   in Emilia-Romagna in una nota del 22 maggio 2020 del servizio sanitario regionale si scrive che per l'interruzione volontaria di gravidanza con il trattamento farmacologico è previsto il trattamento in day hospital;

   molte regioni, dalla Toscana all'Emilia, dal Lazio alla Liguria, hanno adottato il day hospital per l'interruzione volontaria di gravidanza con trattamento farmacologico, come prevedeva anche l'Umbria fino a pochi giorni fa, come scrive il giornale La Repubblica del 16 giugno 2020;

   nel Regno Unito, vista l'emergenza COVID-19, è stata adottata la modalità dell'aborto farmacologico in day hospital, come riporta il settimanale Io Donna del 10 aprile 2020;

   il Mifegyne, meglio conosciuto come pillola RU486, è un farmaco che assunto nei primi mesi di gravidanza consente l'aborto con metodo farmacologico in alternativa all'interruzione di gravidanza praticata chirurgicamente;

   la delibera dell'Aifa del 9 dicembre 2009 è intervenuta sul tema, regolamentando l'uso del farmaco e prevedendo che la somministrazione della pillola debba avvenire entro il 49esimo giorno di amenorrea, invece che entro i 63 giorni previsti negli altri Paesi europei;

   dieci anni fa, a giugno 2010, su richiesta del Consiglio superiore di sanità, un'apposita Commissione emanò le linee guida ministeriali per l'utilizzo della RU486;

   in Svezia l'aborto farmacologico è previsto entro i primi 63 giorni di gravidanza ed è stato approvato nel 1992;

   in Germania l'aborto farmacologico è legale dal 2008 ed è prescrivibile entro 63 giorni dall'ultimo ciclo mestruale –:

   se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza affinché siano aggiornate le linee guida per l'interruzione volontaria di gravidanza con trattamento farmacologico, prevedendo a tal fine che in tutta Italia sia utilizzato il ricovero ambulatoriale in day hospital, e per promuovere percorsi domiciliari sotto controllo sanitario per chi utilizza la pillola RU486;

   se non ritenga di assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché il tempo massimo di somministrazione della pillola RU486 sia definito in 63 giorni, equiparando la durata della prescrizione medica a quella di altri Paesi europei.
(3-01621)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel bollettino del 22 giugno 2020, diramato dalla regione Lazio a seguito della quotidiana riunione della task force tra assessorato alla sanità, direttori generali delle Asl, aziende ospedaliere, policlinici universitari e ospedale pediatrico Bambino Gesù, per gli aggiornamenti sull'emergenza coronavirus, è stato comunicato che un uomo indonesiano proveniente dal Bangladesh, che aveva manifestato i sintomi della malattia già prima della partenza del volo da Dacca, è stato trovato positivo ai test COVID-19, e ricoverato al Policlinico Umberto di Roma. L'assessorato ha avviato la notifica al Ministero della salute per le operazioni di verifica;

   il paziente, ai medici che lo hanno preso in cura, ha ribadito: «stavo già male alla partenza, avevo i sintomi della malattia» –:

   se siano state avviate le verifiche su quali persone sono venute in contatto con il passeggero risultato positivo;

   se sullo stesso aereo abbiano viaggiato altri passeggeri risultati già positivi al COVID-19 alla partenza;

   cosa intenda fare il Governo di fronte al possibile pericoloso ripetersi di casi come questi.
(5-04213)


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 27 marzo 2020 una ragazza ventiseienne dell'isola di La Maddalena ha perso tragicamente la bambina che portava in grembo all'ottavo mese di gravidanza, durante il volo in elicottero che la stava trasferendo d'urgenza per il parto dall'isola stessa all'Ospedale Giovanni Paolo II di Olbia;

   la comunità maddalenina si è stretta attorno alla famiglia, affranta dal dolore per questa nuova vita che sarebbe dovuta arrivare e che, invece, è stata tragicamente spezzata nel tragitto da un'isola all'altra;

   ancora non si conoscono con esattezza le cause che hanno impedito alla giovane donna di dare alla luce la bambina: sul caso, sono attualmente in corso gli accertamenti da parte delle autorità competenti;

   il tragico evento, peraltro, si ricollega alla battaglia che da tempo viene portata avanti dalla comunità locale per la riapertura del punto nascita dell'ospedale Paolo Merlo di La Maddalena; punto nascita soppresso nel settembre 2016 in quanto non rispondente agli standard individuati dall'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, recepiti nel decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70;

   con nota in data 30 gennaio 2020, prot. n. 591, la regione autonoma della Sardegna si è fatta carico delle richieste della comunità locale, presentando una formale domanda di deroga alla chiusura del predetto punto nascita al Ministero della salute, al competente Tavolo di monitoraggio e al Comitato percorso nascita nazionale;

   si è evidenziato all'interno di detta richiesta come gli standard previsti dalla normativa vigente non possano essere applicati rigidamente con riferimento al punto nascita di La Maddalena, tenuto conto delle indubbie peculiarità che caratterizzano detto territorio («isola nell'isola») e che si ripercuotono inevitabilmente sui tempi di collegamento dello stesso verso gli ospedali di riferimento;

   d'altro canto, lo stesso decreto ministeriale n. 70 del 2015 ricomprende espressamente i territori «insulari» tra le «zone particolarmente disagiate», per le quali si rende indispensabile una riflessione ad hoc sui requisiti richiesti dalla normativa vigente, non potendo chiaramente giustificarsi in loro nome la compromissione del fondamentale diritto alla salute dei cittadini;

   sotto tutti i dedotti profili e anche alla luce del tragico evento del 27 marzo 2020, si ritiene particolarmente urgente, oltre che fondata e condivisibile, la richiesta di deroga avanzata dalla regione autonoma della Sardegna con riferimento al predetto punto nascita;

   allo stato, tuttavia, non risulta agli interroganti che detta richiesta sia stata esaminata e/o riscontrata dai competenti organi ministeriali –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare con riguardo alla problematica esposta in premessa, relativa alla chiusura del punto nascita di La Maddalena, tenuto conto del tragico evento del 27 marzo 2020, della richiesta di deroga presentata ormai da oltre sessanta giorni dalla regione autonoma della Sardegna e dell'esigenza fondamentale di salvaguardare, in ogni sua declinazione, il diritto alla salute nonché il futuro stesso dei cittadini residenti nell'isola.
(5-04216)


   COLLETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni diverse testate giornalistiche stanno divulgando la notizia della chiusura del reparto di neonatologia dell'Ospedale di Borgo Trento a Verona, a causa della presenza del batterio Citrobacter Koseri;

   già nel 2018 era stato registrato il primo decesso di un neonato, successivamente, e sino alla definitiva chiusura del reparto, il numero dei decessi è salito a tre, mentre diversi sono i pazienti con esiti neurologici (cerebrolesi);

   il direttore generale e la responsabile della direzione medica dell'Azienda ospedaliera universitaria integrata, rispettivamente nelle persone del dottor Francesco Cobello e della dottoressa Giovanna Ghirlanda, hanno riferito alla stampa di aver posto in essere, nel corso del tempo, disinfestazioni e bonifiche degli ambienti, senza però riuscire nell'intento di debellare il Citrobacter o comprendere le cause delle microepidemie. Tuttavia, solo pochi giorni fa, hanno optato per la chiusura «precauzionale» del reparto;

   i famigliari coinvolti dai decessi hanno depositato un esposto presso la procura della Repubblica di Verona, chiedendo il perché l'ospedale non sia stato tempestivamente chiuso al verificarsi del primo caso invece di permettere ad altri infanti di contrarre il Citrobacter;

   il nosocomio ha nominato una commissione esterna di luminari della neonatologia, microbiologia ed epidemiologia, tutti della regione Veneto, affinché prestino la loro scienza all'analisi dei casi avvenuti e alla comprensione del meccanismo di diffusione del batterio;

   resta oscuro il motivo per cui la chiusura «precauzionale» sia arrivata a distanza di due anni dal primo caso nonché come mai, consapevoli dell'eccezionalità dell'infezione causata da questo germe – rispetto al quale vi è una scarsa letteratura medica – non siano state adottate misure più stringenti, lasciando che la sicurezza di partorienti e neonati venisse compromessa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte degli ispettori ministeriali, al fine di chiarire le ragioni della diffusione del germe e garantire maggiore trasparenza circa le procedure di prevenzione adoperate dall'azienda ospedaliera.
(5-04219)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende la notizia che il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, negli ultimi giorni, ha duramente criticato la regione Lombardia per la gestione e la comunicazione dei dati sull'epidemia di Covid-19. Nello specifico si è concentrato sulla questione dei dati a livello provinciale e sulla loro accessibilità, dichiarando che la regione Lombardia non comunica più i dati giornalieri divisi per provincia delle persone positive e di quelle decedute a seguito dell'infezione da Sars-Cov2, facendo quindi solo un quadro complessivo dei dati regionali, da quando lo stesso ha segnalato che i decessi reali erano stati molti di più di quelli ufficiali;

   in particolare, ha affermato che «i dati sui decessi per province sono stati accessibili fino al 26 aprile, collegati ad una mappa sviluppata con il software ArcGis e, dopo l'inchiesta di InfoData sulle Rsa, del 24 aprile, è stato fatto sparire tutto» e continua «dite voi se è normale che questi dati non vengano normalmente comunicati, e se ancora oggi i sindaci lombardi siano del tutto all'oscuro sul numero dei positivi #Covid dei loro comuni»; nei primi giorni di marzo 2020, con l'inizio dell'epidemia di Coronavirus in Italia, la regione Lombardia ha reso pubblica una mappa, tuttora accessibile online, dove vengono aggiornati quotidianamente due tipi di dati: quello sul totale dei positivi al Covid-19 nella regione e nelle singole province, e quello sui deceduti a livello regionale, ma non provinciale. Tuttora, inoltre, la regione Lombardia pubblica sul proprio sito dati regionali più dettagliati rispetto a quelli presenti nella mappa online ma non sono, comunque, comprese informazioni su quanti siano i morti divisi per provincia o quanti siano i guariti giornalieri. I numeri su questi ultimi vengono infatti sommati a quelli sui dimessi dagli ospedali (che però non sono necessariamente tutti guariti);

   nelle settimane più dure dell'epidemia, per avere dati locali più precisi sui decessi si è fatto ricorso a una varietà di altre fonti, come inchieste giornalistiche locali o i primi dati sull'eccesso di mortalità registrato in una parte dei comuni italiani;

   queste due mancanze sono state sottolineate oltre che da Gori, anche da altri esperti, come il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che nelle scorse settimane si è scontrato con la regione Lombardia per l'affidabilità dei dati lombardi, l'importanza di avere un quadro giornaliero completo e dettagliato dei dati aggregati, provincia per provincia, sulla situazione epidemiologica in una regione quale la Lombardia dove l'infezione da Covid-19 ancora oggi sembra contare il maggior numero di casi positivi accertati con una media ben superiore a quella riscontrata nelle altre regioni italiane e dove ancora sembra alto il numero delle vittime ed è fondamentale per poter programmare, in piena sicurezza, le strategie per il futuro;

   fin dall'inizio, la comunicazione dei dati da parte della regione Lombardia è stata molto farraginosa, là dove altre regioni, come il Veneto, dove anche qui l'infezione da Covid-19 ha colpito duramente, non solo hanno sempre dato un report giornaliero con il numero dei casi positivi, guariti, in isolamento, decessi, provincia per provincia, ma anche rispetto alle singole aziende ospedaliere e, tutto questo, sempre nel rispetto dei dati sensibili –:

   se il Ministro, anche alla luce dei fatti sopraesposti, non ritenga doveroso ed urgente adottare iniziative per la predisposizione di misure volte a prevedere una comunicazione e una pubblicazione omogenea e dettagliata dei dati aggregati su tutto il territorio nazionale del numero dei casi positivi, guariti, dimessi, in isolamento e deceduti divisi almeno per le singole province e città metropolitane, anche in previsione di una possibile recrudescenza dell'epidemia in atto.
(5-04220)

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alla base del sistema di difesa dei batteri noto come CRISPR-Cas9, un potente strumento di editing genomico, viene utilizzata una «guida RNA» modificabile per prevenire e controllare le malattie dal di dentro;

   l'editing embrionale del genoma mediante mRNA Cas9 è già utilizzato con successo nella creazione di animali geneticamente modificati;

   per consegnare i componenti CRISPR si possono usare dei vettori virali, come adenovirus, baculoviruses, lentivirus, e non virali, come nucleofection, elettroporazione (l'opzione più utilizzata perché può essere applicata in quasi tutti i tipi di cellule) e trasfezione con agenti liposomiali;

   CRISPR / Cas9 si può anche utilizzare per trattare malattie infettive come l'HIV: nel novembre 2018 He Jiankui in Cina ha modificato due embrioni umani producendo bambini protetti dalla malattia. L'esperimento, eticamente contestato, gli è costato tre anni di carcere e una multa di 3 milioni di yuan;

   He Jiankui è stato in grado di «riprodurre con successo» una mutazione a carico del gene CCR5 «simile», ma non identica, alla CCR5 delta 32 che permette, alle poche persone che ne sono naturalmente portatrici, di essere immuni all'infezione da HIV;

   sulla base della tecnologia CRISPR / Cas9 si è sviluppata la tecnologia «gene drive», in grado di propagare una particolare suite di geni in una popolazione, alterando la probabilità che un allele specifico venga trasmesso alla prole dalla probabilità naturale del 50 per cento;

   in Italia, e in Gran Bretagna, uno dei massimi esperti della materia è Andrea Crisanti, autore di diversi studi sull'argomento e conosciuto alle cronache come l'ideatore del modello di Vò Euganeo per l'emergenza Covid-19 in Veneto;

   l'esperimento più importante che utilizza questa tecnologia punta all'eliminazione della zanzara Anopheles gambiae, vettore della malaria, ma sono allo studio anche altri esperimenti per l'eliminazione del topo invasivo e dei parassiti dei roditori, e nuovi vettori vaccinali;

   nel 2016 Kevin Esvelt, pioniere del «gene drive» avvisava che l'esperimento poteva causare catastrofi di portata globale;

   nel 2017 la Fondazione Bill e Melinda Gates, molto attiva nella lotta alla malaria, si è interessata dell'argomento, finanziando iniziative nel campo, tra cui, con oltre 4 milioni di dollari, una consulenza alla Emerging Ag Inc. nel 2017, che si è ripetuta nel maggio del 2020, con la finalità di promuovere la tecnologia «gene drive» a livello internazionale e il consorzio di ricerca, denominato Target Malaria, che mira a sviluppare zanzare modificate per ridurre la trasmissione della malaria;

   il 29 novembre 2018 l'Onu boccia la proposta di moratoria sull'utilizzo della tecnologia «gene drive», accogliendo le istanze di alcuni scienziati che si opposero alla moratoria, tra questi: il professore Dr. rer. nat. Ruth Müller, direttore del laboratorio Polo GGB di Terni, finanziato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e dal Darpa per la realizzazione di zanzare geneticamente modificate e il già citato professore Andrea Crisanti, suggerendo che i progetti di «gene drive» vengano valutati caso per caso coinvolgendo le comunità locali, ma disattese dal progetto Target Malaria, come denunciato da Mariann Bassey-Orovwuje di Friends of the Earth Africa e dall'ETC Group nel caso del Burkina Faso;

   benché il vaccino allo studio contro il Covid-19 di Moderna faccia uso del «gene drive», non è detto che il mRNA-1273, all'interno della cellula bersaglio, non si integri in qualche altro virus presente e formi un nuovo virus contagioso o cancerogeno. Attualmente non si è ancora conclusa la sperimentazione di tale vaccino;

   va considerato che Bill Gates ha dichiarato che solo vaccinando 7 miliardi di persone contro il Covid-19 si tornerà alla normalità –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per vietare tale tecnologia sul territorio italiano e adoperarsi per vietarla a livello europeo ed internazionale;

   se il Governo non intenda ritirarsi dalla cordata per finanziare la produzione e l'immissione in commercio, nonché l'uso, di un vaccino contro il Covid-19 con sconosciute implicazioni di alterazione genetica su chi lo riceverà.
(4-06098)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI e PADOAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il settore orafo-argentiero rappresenta, con oltre 8500 aziende e 32000 addetti, uno dei comparti manifatturieri d'eccellenza del Made in Italy;

   i principali distretti produttivi nazionali sono localizzati nelle province di Arezzo, Vicenza e Alessandria: in questi poli sono infatti concentrati quasi un terzo delle imprese nazionali e la metà degli addetti;

   le esportazioni complessive si attestano a oltre 7 miliardi di euro di contro valore, con una incidenza sul totale dell'export nazionale pari all'1,5 per cento;

   in particolare, il distretto produttivo orafo di Arezzo è il più importante del settore a livello nazionale per imprese, addetti ed export (1.202 aziende, 7.964 addetti e 4 miliardi di export);

   quello orafo-argentiero rappresenta quindi un comparto trainante per l'economia aretina e toscana ed un volano prezioso per promuovere le opportunità offerte dall'economia circolare;

   il settore orafo-argentiero è stato fortemente colpito dalla crisi innescata dal COVID-19, che ha inficiato non solo l'organizzazione produttiva e la struttura finanziaria delle aziende, ma ha prodotto effetti dirompenti sull'offerta, sulla fiducia tra gli operatori economici e sulla domanda;

   il lockdown deciso per contrastare l'emergenza sanitaria sta quindi creando notevoli difficoltà al settore orafo-argentiero in tutta Italia e conseguentemente anche nel distretto aretino;

   le stime di Federorafi-Centro italiano della moda sugli effetti della pandemia sul comparto orafo aretino parlano, infatti, di un dimezzamento del fatturato nel primo trimestre 2020, nonostante le buone performance registrate fino a metà febbraio 2020;

   previsioni maggiormente negative sono però attese con la fase 2 della pandemia, a causa soprattutto della mancanza di ordini soprattutto esteri e delle prospettive sfavorevoli di breve e medio termine anche in relazione a possibili nuovi ondate di contagi a livello internazionale;

   si aggiungono a tali criticità le problematiche legate alle oscillazioni del prezzo dell'oro, che creano incertezza nei grandi acquirenti, inducendoli ad aspettare prima di comprare, in attesa di valutazioni più convenienti;

   alla data del 7 giugno 2020 sono 8.113 le domande di cassa integrazione in deroga per COVID-19 presentate nella provincia di Arezzo;

   Federorafi e la Consulta provinciale orafa di Arezzo hanno espresso la necessità di garantire alle imprese del settore la liquidità indispensabile per sostenere la continuità produttiva ed occupazionale, anche attraverso provvedimenti ad hoc che prevedano la notevole incidenza del costo della materia prima nei fatturati delle imprese;

   il 5 settembre 2018 il nostro Paese è stato ammesso alla Convenzione sul Controllo e la Marchiatura degli oggetti in metalli preziosi («Convenzione di Vienna»): un trattato che ha lo scopo di «facilitare il commercio internazionale degli oggetti in metalli preziosi, garantendo, nel contempo, un'adeguata tutela del consumatore». Ad oggi, le nazioni che hanno aderito a tale trattato sono: Austria, Cipro, Croazia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Israele, Lettonia, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera e Ungheria;

   la Convenzione però, ad oggi, non è stata ancora ratificata dall'Italia. Questi ritardi non consentono, quindi, alle nostre aziende di poter utilizzare le agevolazioni previste: come ad esempio la libera circolazione di gioielli marchiati secondo le procedure della Convenzione stessa all'interno dei Paesi aderenti –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Governo al fine di sostenere le aziende e gli addetti del settore orafo-nazionale pesantemente colpito dall'emergenza sanitaria in atto;

   per quali motivi non sia stata ancora ratificata dall'Italia la convenzione di Vienna citata in premessa;

   se il Governo non ritenga utile attivare un tavolo nazionale di confronto per individuare le misure necessarie per rilanciare e tutelare l'attività di un settore strategico per numerosi territori e vanto del Made in Italy nel mondo.
(5-04212)

Interrogazione a risposta scritta:


   COVOLO e BOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 2017, n. 24, recante «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie», prevede l'obbligo generale di copertura assicurativa per le strutture sanitarie e per il personale esercente prestazioni sanitarie che svolga la propria attività al di fuori delle strutture medesime;

   con riferimento, peraltro, all'azione di rivalsa esercitata dall'impresa di assicurazione nei confronti dell'esercente la professione sanitaria, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o socio-sanitarie pubbliche o private deve provvedere alla stipula, con oneri a proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave;

   tuttavia, non risultano ancora emanati i decreti attuativi determinanti i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio, e le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione, nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati, in attuazione del comma 6 del sopracitato articolo 10 della legge 8 marzo 2017, n. 24;

   si evidenzia, inoltre, che per superare tale lacuna normativa non sono sufficienti le pronunce giurisprudenziali intervenute nel merito, quale da ultimo l'ordinanza del tribunale di Venezia del 5 febbraio 2020, che pure ha indicato le condizioni di applicabilità della legge 8 marzo 2017, n. 24, in mancanza dei suddetti decreti attuativi;

   non sarebbe, dunque, corretto considerare operativo l'obbligo di assicurazione per le strutture sanitarie, poiché la suddetta mancanza dei tre decreti attuativi sulla tipologia delle polizze, sui massimali e sull'ultrattività e retroattività delle polizze, nonché di un regolamento del fondo di solidarietà per legge, priva le strutture sanitarie di regole e parametri definiti, non garantendo il principio generale di certezza del diritto –:

   quali siano le ragioni della mancata adozione dei decreti attuativi di cui in premessa, nonché quali iniziative intendano adottare tempestivamente al fine di completare il quadro normativo, a tutela degli operatori sanitari e dei pazienti che si rivolgono loro alla ricerca di risposte a esigenze di salute.
(4-06101)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAMMÌ. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a fronte della rapida evoluzione tecnologica nel settore della riproduzione medicalmente assistita (Rma), e più in generale dell'embriologia applicata, le modifiche del quadro normativo ed il recepimento delle direttive europee hanno notevolmente influenzato l'applicazione delle tecniche di riproduzione assistita, con un rilevante impatto sulle diverse professionalità coinvolte nel settore, in particolare quella del biologo che ricopre uno dei ruoli cardine in questo percorso;

   risulta indispensabile per la tutela della salute degli assistiti e per la riuscita dei trattamenti la richiesta di specifiche competenze per la corretta gestione di gameti e di embrioni durante l'iter diagnostico e terapeutico;

   ad oggi, gli embriologi clinici che operano nei centri di procreazione medicalmente assistita sono professionisti che si sono formati a seguito di lunghi e complessi percorsi con esperienze differenti svolte sia in Italia che all'estero;

   tale eterogeneità formativa, non essendo ancora formalmente riconosciuta, genera delle disparità tra i vari professionisti all'atto dell'inserimento nel mondo del lavoro, in particolar modo nell'ambito della sanità pubblica;

   il regolamento recante la disciplina concorsuale (decreto del Presidente della Repubblica n. 483 del 1997) per il personale dirigenziale specifica la richiesta di un titolo di specializzazione e pertanto laddove il professionista decida di intraprendere un percorso lavorativo nei centri di Rma dovrebbe esserne in possesso;

   tuttavia, nonostante il ruolo altamente professionale e di responsabilità, in Italia non esiste ancora un formale riconoscimento di un percorso istituzionale per la definizione della figura dell'embriologo clinico, mancando infatti attualmente un percorso universitario di specializzazione ad hoc, coerente con l'evoluzione scientifica del settore;

   tale carenza ha portato le diverse regioni italiane a stabilire, nelle rispettive normative regionali di autorizzazione dei centri di Rma, criteri disomogenei per la definizione della professionalità richiesta agli embriologi;

   in mancanza di un percorso formativo istituzionale che passi per l'acquisizione di una specifica specializzazione universitaria, tale carenza viene surrogata da altri titoli di specializzazione, per quanto attiene le modalità di assunzione nella pubblica amministrazione, ovvero da corsi di perfezionamento e master, per quanto riguarda il percorso professionalizzante sia in ambito privato che convenzionato;

   per sanare il vulnus del riconoscimento della figura dell'embriologo clinico, già nel 2010 il Consiglio universitario nazionale si era espresso con un parere in cui auspicava l'inserimento di adeguati percorsi formativi teorico-pratici nelle scuole di specializzazione esistenti, o la predisposizione di percorsi formativi (Master) post specialistici con carattere professionalizzante;

   in attesa della regolamentazione di un percorso istituzionale univoco, le società maggiormente rappresentative della figura dell'embriologo (Sierr e Siru), con l'approvazione dell'Ordine nazionale dei biologi (Onb), hanno elaborato una definizione il più possibile condivisa della figura dell'embriologo clinico;

   il mancato riconoscimento istituzionale della figura dell'embriologo clinico reca pregiudizio ai fini dell'inserimento nelle strutture ospedaliere, dove i professionisti per accedervi debbono necessariamente aver conseguito un titolo di specializzazione;

   è auspicabile l'istituzione di una scuola di specializzazione con percorsi formativi adeguati alla figura dell'embriologo clinico, o l'inserimento di tali percorsi nelle scuole di specializzazione già esistenti –:

   quali iniziative e criteri i Ministri interrogati intendano adottare per garantire il riconoscimento della qualifica professionale dell'embriologo clinico;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per prevedere un percorso formativo post-lauream di specializzazione in embriologia clinica e materie affini;

   se non ritengano possibile adottare iniziative di competenza per individuare criteri di accesso al ruolo dirigenziale di embriologo clinico alternativi alla scuola di specializzazione per consentire l'adeguato inquadramento contrattuale dei professionisti già in servizio presso i centri di Rma, a tal fine operando in raccordo con le regioni per identificare, su ciascun territorio, i professionisti da inquadrare, e definire i criteri, alternativi alla specializzazione, sulla base dell'esperienza maturata e dei titoli accademici acquisiti (master, corsi di perfezionamento, dottorati di ricerca) dai professionisti.
(4-06085)


   VERSACE. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Tar della Puglia, con sentenza n. 408 del 26 marzo 2020 ha dichiarato decaduto il presidente dell'accademia di Belle Arti di Lecce, dottor Luigi Puzzovio, per mancanza dei requisiti previsti dalla norma, ordinando che il consiglio accademico integrasse con immediatezza la terna da inviare al Ministero dell'università e della ricerca a norma dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 295 del 2006 per la nomina del nuovo presidente del consiglio di amministrazione, triennio 2020/2023;

   il Ministero dell'università e della ricerca, con nota registro ufficiale U. 0006597 del 29 maggio 2020, a quanto risulta all'interrogante, ha invitato il Direttore dell'Accademia a ottemperare senza indugio alla sentenza, chiedendo che lo stesso inviasse con immediatezza il nominativo del candidato designato dal consiglio accademico con allegato verbale della seduta e relativo CV;

   in tale nota risulterebbe riportato il parere dell'Avvocatura dello Stato di Lecce che invita ugualmente all'immediata ottemperanza della sentenza;

   in data 3 giugno 2020 il consiglio accademico ha deliberato in modo legittimo l'integrazione della terna composta oltre che dall'onorevole Nicola Ciracì e dottoressa Chiara Coppola dal neo designato dottor Massimiliano Baldari, e malgrado ciò, ad oggi, il direttore dell'istituzione, professor Andrea Rollo ha disatteso le indicazioni dell'organo collegiale non provvedendo all'invio della terna al Ministero dell'università e della ricerca in violazione di quanto prescritto dallo statuto, dai regolamenti e dalle norme citate;

   l'Accademia di Belle Arti di Lecce, per tale comportamento, è priva del datore di lavoro, figura che corrisponde al presidente del consiglio di amministrazione per il decreto legislativo n. 81 del 2008 sulla sicurezza dei luoghi di lavoro con tutte le evidenti difficoltà per l'andamento didattico;

   gli studenti dell'istituzione hanno denunciato al Ministro interrogato e agli organi di stampa, unitamente a docenti e organizzazioni sindacali, la grave situazione nella quale versa l'istituzione che rischia di essere fortemente danneggiata dalla mancanza dell'organo apicale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, in tempi brevi, nei confronti del direttore dell'accademia di belle arti di Lecce per la sua inerzia e per aver disatteso, ad oggi i citati: sentenza del TAR, Nota del Ministero dell'università e della ricerca, parere dell'Avvocatura dello Stato, deliberazione del consiglio accademico del 3 giugno 2020, impedendo la nomina del presidente del consiglio di amministrazione triennio 2020/2023, arrecando anche grave danno al normale andamento della didattica.
(4-06102)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Fusacchia e altri n. 7-00501, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Grimaldi, Roberto Rossini, Costanzo.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Delmastro Delle Vedove e altri n. 2-00838, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro e Prisco n. 4-06032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro e altri n. 4-06049, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Delmastro Delle Vedove e altri n. 5-04200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Bellucci e Luca De Carlo n. 4-06073, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche alla deputata Ciaburro.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fiano n. 5-04125 del 9 giugno 2020;

   interrogazione a risposta scritta Alaimo n. 4-06048 del 17 giugno 2020.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Zoffili e De Martini n. 4-05382 del 29 aprile 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04216.