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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria COVID-19 ha comportato la chiusura delle scuole su tutto il territorio nazionale a decorrere dal 5 marzo 2020. Le indicazioni del Comitato scientifico e dell'Istituto superiore di sanità consigliano di pianificare il rientro a scuola attraverso misure specifiche per il mantenimento e il rispetto delle condizioni di sicurezza sanitaria, al fine di preservare gli studenti e gli insegnanti dal rischio di contagio;

    quello all'istruzione è un diritto primario: le scuole chiuse ed una didattica a distanza che, purtroppo, non raggiunge la totalità degli studenti rischiano di lasciare ai margini estremi del percorso formativo circa 1,5 milioni di studenti e studentesse, creando un'emergenza educativa che si aggiunge a quella sanitaria;

    per la programmazione dell'anno scolastico 2020/2021 occorre, quindi, adottare opportuni provvedimenti per migliorare le condizioni igienico-sanitarie degli ambienti scolastici e garantire nuove modalità didattico-organizzative con, da un lato, l'utilizzo di nuovi spazi interni ed esterni alla scuola – parchi, strutture sportive e siti culturali – in previsione di una dilatazione spaziale e temporale dei luoghi educativi, che preveda il coinvolgimento delle comunità territoriali (enti locali ed associazioni del terzo settore) e, dall'altro, strumenti per il potenziamento della didattica a distanza, attraverso piattaforme di e-learning e implementazione del sistema blended;

    è necessario, quindi, che il Governo fornisca delle alternative organizzative e delle linee guida volte a pianificare al meglio il rientro a scuola degli studenti nel rispetto delle misure di sicurezza;

    appare evidente che, in quest'ottica, classi con un numero eccessivo di alunni non possono garantire il rispetto delle misure di distanziamento sociale, soprattutto in presenza di alunni con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992 o con patologie specifiche che rendono il loro stato di salute maggiormente a rischio;

    per questa ragione, si profila la necessità di ridurre il numero degli alunni nelle classi numerose, attraverso lo sdoppiamento delle stesse, e per alcune attività appare necessaria una riorganizzazione degli interventi didattici attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali;

    a tal proposito, bisogna considerare che la didattica a distanza pone una serie di difficoltà oggettive, dovute alla condizione socio-economica degli studenti, alla loro situazione familiare, alla possibilità di accedere ad una connessione stabile, agli strumenti digitali a loro disposizione. Sono moltissimi, infatti, gli studenti che non possiedono una connessione Adsl flat in casa o dispositivi digitali e che, quindi, devono essere adeguatamente sostenuti. A questi si aggiungono gli studenti con disabilità, che necessitano di strumenti digitali specifici e con un'accessibilità maggiore rispetto agli strumenti digitali tradizionali;

    particolarmente preoccupante è inoltre, la condizione di tantissimi ragazzi e ragazze che si trovano in condizione di povertà educativa che vivono una condizione di marginalità e disagio in cui il contesto sociale, economico, abitativo, la difficoltà di disporre di spazi accessibili, la carenza di servizi e di opportunità educative, la mancanza di un'offerta culturale fruibile dai ragazzi (libri, musei, mostre), l'inesistenza di spazi dedicati allo sport, di edifici scolastici in buone condizioni e di tutti i servizi ad essi collegati (mensa, tempo pieno, apertura al territorio), l'impossibilità dell'accesso a internet e ai nuovi mezzi di comunicazione stanno acuendo in maniera ancora più profonda le disuguaglianze sociali esistenti, trasformandole in divari a cui sarà sempre più difficile porre rimedio, privando la scuola e l'educazione della sua natura intrinseca di ascensore sociale per chi vive condizioni di svantaggio;

    non si tratta solo di competenze di natura puramente formativa: la riapertura delle scuole – che per molti ragazzi è l'unico presidio educativo disponibile e l'unica agenzia di socializzazione che promuove la cooperazione tra pari – permette di tenere le ragazze ed i ragazzi lontani dalla strada e dal rischio di devianza e contemporaneamente è anche un presidio che garantisce modelli comportamentali positivi, relazionalità attiva e costruttiva nel gruppo dei pari;

    laddove le condizioni socio-economiche delle famiglie influenzano in maniera negativa la capacità dei più piccoli di imparare e sentirsi parte integrante di una più ampia comunità, la scuola diventa il presidio a sostegno dell'educazione per eccellenza. Per tale motivo è fondamentale ragionare sull'orizzonte futuro di riapertura in maniera sicura garantendo la salute di tutto il personale scolastico, di studenti e studentesse, tornando ad essere il cardine della vita di milioni di giovani cittadini e cittadine;

    tutti questi fattori richiedono la necessità di prevedere un'adeguata strategia di pianificazione ed al contempo delle figure professionali, dei piani di coordinamento con le politiche sociali nei comuni (patti territoriali educativi) e delle nuove modalità di didattica che sostengano e raggiungano gli studenti che vivono in condizioni familiari ed economico-sociali di disagio;

    inoltre, si evidenzia che sono quasi 300 mila gli alunni con disabilità di cui 269.138 inseriti nelle scuole statali e non meno di 26.500 nelle scuole paritarie. Hanno un compito non facile i loro docenti di sostegno (172.324 nelle classi di scuola statale, di cui purtroppo circa metà precari, quindi soggetti a cambiare scuola quasi ogni anno) per tenere viva la relazione a distanza. Per cui risulta ancora più arduo poter condividere a distanza la programmazione della classe,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per ridurre il numero di alunni per classe attraverso lo sdoppiamento delle classi eccessivamente numerose e la riorganizzazione delle attività didattiche con l'utilizzo di tecnologie digitali;

   ad adottare iniziative per riorganizzare le attività didattiche prevedendo la possibilità che esse siano svolte anche in spazi sia interni diversi dall'aula, sia esterni alla scuola, come parchi, strutture sportive o spazi culturali anche all'aperto di proprietà pubblica o privata, d'intesa con i comuni e i soggetti coinvolti, nella previsione di considerare sempre di più la comunità educante come soggetto principalmente attivo nelle strategie educative;

   a intraprendere le iniziative necessarie per la redazione di un piano didattico-organizzativo finalizzato alla revisione dei criteri per la formazione delle classi e il conseguente adeguamento dei piani di studio e dei relativi orari, con lo scopo di pianificare il rientro a scuola attraverso misure specifiche per il mantenimento e il rispetto delle condizioni di sicurezza sanitaria, al fine di preservare gli studenti e gli insegnanti dal rischio di contagio;

   a programmare per la fascia di bambini 0-6 anni e per la scuola primaria attività didattiche strutturali che intervengano sulla sfera emotiva, programmando con giochi e laboratori un adeguato accompagnamento alle nuove regole sociali che il distanziamento e i protocolli di sicurezza impongono;

   ad adottare iniziative per prevedere apposite misure per il sostegno agli studenti con disabilità nel pieno rispetto di ogni norma di sicurezza per la salute;

   ad attivare iniziative per il potenziamento delle piattaforme digitali e il sostegno alla didattica a distanza, con particolare riferimento a tutte le studentesse e gli studenti che fino ad ora non sono stati raggiunti con la didattica da remoto, al fine di evitare un più profondo acuirsi delle disuguaglianze sociali, prevedendo la fornitura di Sim telefoniche a cui sia associato un piano tariffario con giga illimitati per le famiglie in condizioni di disagio economico-finanziario;

   ad adottare iniziative per supportare le scuole di ogni ordine e grado con appositi finanziamenti nella gestione della sicurezza, prevedendo, attraverso appositi protocolli, la pianificazione e la programmazione relativa all'organizzazione degli spazi scolastici e allo spostamento degli alunni del personale scolastico e del personale esterno all'interno e all'esterno degli edifici scolastici;

   ad adottare iniziative per garantire l'attivazione di percorsi formativi per i docenti sulla didattica digitale e sulle metodologie didattiche innovative mediante l'utilizzo delle nuove tecnologie;

   ad avviare tutte le iniziative necessarie per un piano di assunzioni straordinario di tutto il personale scolastico (dirigenti scolastici, docenti e personale ata) per tutte le scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola dell'infanzia, prevedendo altresì l'esonero di un collaboratore del dirigente scolastico per supportare la complessa attività organizzativo-didattica delle scuole in questo periodo di emergenza;

   a prevedere iniziative per il coinvolgimento e il reclutamento di assistenti sociali, psicologi e sociologi a supporto degli studenti e degli operatori scolastici che ne abbiano bisogno;

   ad adottare iniziative per incrementare stabilmente la dotazione organica di assistenti tecnici competenti in informatica e telematica, prevedendone l'assunzione in tutte le istituzioni scolastiche del primo ciclo, superando quanto stabilito dall'articolo 120 del decreto-legge n. 18 del 2020 (1.000 unità) per il solo periodo emergenziale.
(7-00483) «Casa, Villani, Vacca, Lattanzio, Melicchio, Gallo, Carbonaro, Mariani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   con determinazione n. 98135 del 6 febbraio 2019 e successiva autorizzazione unica, la regione Lazio, disattendendo i pareri negativi della Soprintendenza, ha concluso positivamente la procedura di valutazione di impatto ambientale per il progetto di realizzazione di un «Impianto fotovoltaico a terra della potenza di circa 150 MWp connesso alla Rtn», in località Pian di Vico;

   la competente Soprintendenza aveva espresso (prot. n. 2465/2019) un parere radicalmente negativo per il pesante impatto ambientale sul contesto di paesaggio archeologico e storico della Tuscia «non compatibile con il contesto di riferimento, per estensione, tipo, materiali», e «non compatibile con la tutela del territorio dal punto di vista paesaggistico e agricolo»;

   nonostante ciò, la regione ha emanato il citato provvedimento, impugnato in sede giurisdizionale e sottoposto all'attenzione del Consiglio dei ministri per una decisione finale;

   si tratta di un autentico scempio ambientale: 246 ettari di terreni agricoli, con intercluse aree boscate, perderebbero le loro caratteristiche ambientali, paesaggistiche, socio-economiche per diventare una distesa di pannelli fotovoltaici di dubbia utilità;

   tale progetto non è, peraltro, l'unico: a febbraio 2020, come si evince dal protocollo regionale, i progetti di centrali fotovoltaiche a terra presentati e sottoposti alla procedura di valutazione di impatto ambientale nella Tuscia erano ben undici, per un totale di 2.500 ettari in corso di valutazione;

   la realizzazione di questi progetti stravolgerebbe centinaia di ettari di terreni agricoli e boscati, snaturando radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari della Tuscia con pesanti impatti sull'ambiente e sui contesti economico-sociali locali;

   è il risultato di una politica scellerata, che invece dovrebbe vietare il fotovoltaico su terreni agricoli: in Puglia ci sono 1480 ettari di installazioni; nel Lazio 380; in Emilia-Romagna 340 e ciò, nonostante le linee guida nazionali prevedano espressamente «il ricorso a criteri progettuali volti ad ottenere il minor consumo possibile del territorio, sfruttando al meglio le risorse energetiche disponibili»;

   lo stesso piano energetico regionale del Lazio, adottato con deliberazione giunta regionale n. 656/2017 e in corso di approvazione definitiva, ha fra i suoi obiettivi strategici la riduzione al minimo del consumo del suolo, il riutilizzo di aree degradate, il rispetto del contesto ambientale, storico, naturalistico, nonché, per il fotovoltaico, l'ubicazione su edifici non in centri storici e in aree produttive;

   il caso di Pian di Vico, e della Tuscia in generale, è emblematico delle conseguenze in termini di impatto devastante che può produrre l'attuale normativa: esiste infatti una deroga all'uso agricolo, dettata dall'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2008, introdotta per consentire in via eccezionale la costruzione in zona agricola di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non adeguatamente contemperata, però, con l'esigenza di sottrarre all'insediamento di impianti di considerevoli dimensioni porzioni di territorio agricolo che meritino particolari attenzioni per la loro specificità o perché connesse alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio;

   la limitazione del consumo di suolo ed il riutilizzo di aree degradate, così come una progettazione legata alle specificità dell'area in cui realizzare l'intervento, rimangono dichiarazioni di principio e tali obiettivi sono, peraltro, ulteriormente minimizzati dai criteri indicati dal decreto ministeriale 10 settembre 2010, nel quale si pongono limitazioni di carattere generale alla individuazione da parte delle regioni dei siti non idonei alla installazione degli impianti, con particolare riferimento alle aree agricole;

   al di fuori delle aree oggetto di tutela, la normativa non prevede strumenti efficaci finalizzati alla salvaguardia di porzioni territoriali che costituiscono una componente fondamentale del paesaggio, bene tutelato dall'articolo 9, secondo comma 2, della Costituzione e dalla Convenzione europea del paesaggio, definito dalla legge come tutto «il territorio espressivo di identità»;

   secondo i dati Ispra, riportati nel rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2018», Viterbo è la provincia dove nel 2017 la percentuale di terra passata al cemento, e non solo, è cresciuta più di tutte a livello nazionale. Un secco +0,91 per cento, subendo un enorme impoverimento ambientale e paesaggistico a causa del fotovoltaico a terra, delle centinaia di ettari già installati a partire dal 2009, senza contare gli impianti eolici da decine di aerogeneratori installati nei comuni di Piansano, Arlena e Tessennano;

   se la totale e drastica alterazione del territorio di Tuscania e dell'intera Maremma Viterbese dovesse realizzarsi, ingenti ed irreparabili sarebbero i danni per chi ha investito nelle risorse, nelle vocazioni tradizionali e nell'integrità del contesto paesaggistico;

   a parere dell'interrogante, uno sviluppo davvero «sostenibile» del territorio non può e non deve passare attraverso radicali e rapide trasformazioni di vocazioni secolari o addirittura millenarie, spesso ben mantenute con precise scelte politiche da parte delle comunità locali –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere il Governo per garantire la difesa di paesaggi identitari, come la Tuscia, che meritano particolari attenzioni per la loro specificità o perché connessi alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio.
(2-00810) «Rampelli».

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO e VILLANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2020 il quotidiano La Stampa rivelava che 5 milioni di mascherine prive di marchiatura CE del tipo ffp2 (poi risultate KN95), acquistate dalla Protezione civile per approvvigionarsi del materiale e necessario per contenere l'epidemia Covid-19, al costo complessivo di 12,5 milioni di euro, sarebbero state bloccate in Cina dalle autorità locali perché ritenute non in regola;

   risulterebbe, infatti, che il fornitore cinese – la TUS Data Asset, fondata nel 2018 dall'università Tsinghua di Pechino per occuparsi di big data, tecnologia blockchain e intelligenza artificiale – sarebbe stata inclusa nella lista nera di Pechino con l'accusa di commerciare ed esportare materiale di scarsa qualità con evidenti ripercussioni sulla immagine del Paese;

   secondo il quotidiano cinese South China Morning Post, la citata società avrebbe, il 23 marzo 2020, una settimana dopo la conclusione del contratto di fornitura con la Protezione civile, cambiato la sua ragione sociale per includere l'esportazione di strumenti medicali;

   la fornitura in questione desterebbe numerose perplessità – peraltro manifestate anche dagli stessi funzionari che gestiscono la crisi Covid-19 intervistati dal citato quotidiano italiano – in ordine a numerosi elementi. Tra questi il contenuto del prospetto di vendita inviato dall'azienda che recherebbe, oltre alle foto dei modelli dei Dpi forniti, anche la espressa indicazione che «si tratta solo di un esempio» con espressa specificazione che «il materiale inviato dipende dalle scorte disponibili»;

   a ciò si aggiungano le restrittive condizioni di vendita secondo cui la società fornitrice cinese avrebbe richiesto un acconto pari al 50 per cento dell'importo e il saldo prima che la merce lasciasse la Cina, oltre che la presenza di una insolita clausola che, secondo quanto emergerebbe dalla fattura, imporrebbe il pagamento del materiale destinato alla protezione civile a favore di un'azienda terza, la Aipo International, rivenditore di cuffie bluetooth e videoproiettori con sede a Shenzhen, l'hub dell'elettronica cinese a 2.000 chilometri di distanza da Pechino;

   l'improvvisa emergenza sanitaria, la carenza in Italia di mascherine e Dpi necessari per contenere il contagio Covid-19 e la corsa globale al loro approvvigionamento se, da un lato, hanno comprensibilmente reso necessario ridurre i tempi e le cautele hanno dall'altro, comportato un aumento esponenziale del rischio connesso all'affare;

   intervistata sulla vicenda, la Protezione civile avrebbe dichiarato: «Noi puntiamo ad avere la merce certificata(...). Se la merce non sarà riconosciuta valida allora avvieremo le procedure di rimborso. Ma speriamo vada tutto bene»;

   risulta agli interroganti che a tutt'oggi la fornitura di mascherine non sia stata consegnata perché ancora bloccata in Cina;

   quanto descritto non è l'unico caso in cui la Protezione civile sia incappata in una situazione in cui, a fronte di un saldato pagamento di costosissime forniture di Dpi, si sia poi trovata a non disporre del materiale acquistato o perché, come nel caso in esame, mai arrivato in Italia o perché, come nella vicenda oggetto dell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03984 della prima firmataria del presente atto, sequestrato alla dogana;

   l'acquisto dei Dpi è finanziato anche dalle donazioni solidali di cittadini e imprese italiani mediante versamento in appositi fondi o sottoscrizione a ciò dedicate;

   quanto descritto è grave sia sotto il profilo economico che strettamente pratico comportando tali disguidi la materiale indisponibilità dei Dpi irrinunciabili per la tutela della salute pubblica, soprattutto, nella appena avviata «fase2» della gestione della epidemia –:

   quali siano i criteri, le cautele, le garanzie e i controlli adottati dal Governo per individuare i fornitori del materiale Dpi;

   quali iniziative intenda intraprendere per recuperare, senza maggior oneri per la dotazione economica della Protezione civile finanziata anche dalle generose donazioni solidali la mancata disponibilità del materiale acquistato per il contagio del virus Covid-19.
(3-01557)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI, GALANTINO, LUCA DE CARLO, CIABURRO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   fa discutere il video, ottenuto da Alarm Phone, un servizio di assistenza telefonica per i migranti, in difficoltà in mare, che mostra una nave della Marina maltese mentre respinge illegittimamente un gommone con a bordo migranti, molti dei quali si sono gettati in acqua, pensando erroneamente di essere soccorsi;

   dietro quelle immagini, c'è un'accusa precisa: Malta avrebbe respinto un centinaio di persone, arrivate nelle sue acque territoriali ad aprile, fornendo loro carburante e indirizzandole verso l'Italia;

   il caso risale all'8 aprile 2020 quando un gruppo di 101 migranti lasciò la Libia per dirigersi verso l'Europa su un gommone: l'arrivo nelle acque territoriali maltesi sarebbe avvenuto l'11 aprile e il giorno dopo la stessa imbarcazione arrivò misteriosamente a Pozzallo in Sicilia;

   in un primo momento il sindaco della cittadina siciliana aveva ipotizzato che i migranti fossero stati trasferiti da una nave madre su dei gommoni dai trafficanti libici, per aggirare i porti chiusi e lasciarli nelle acque territoriali italiane, ma secondo un'inchiesta del Guardian e di Avvenire la responsabilità sarebbe delle forze armate maltesi;

   l'inchiesta giornalistica costituisce un atto di accusa senza precedenti, avvalorata dalle versioni concordanti fornite dai superstiti, secondo cui la Marina maltese «è venuta da noi e ci ha detto: Malta ha il coronavirus e non possiamo prendervi perché sono tutti malati a Malta. Malta è piccola e non può accogliervi tutti». Il gommone è stato equipaggiato con un nuovo motore e del carburante e le persone a bordo, secondo le testimonianze, sarebbero state istruite su come raggiungere l'Italia, riprogrammando la rotta dell'apparecchio gps su 0.0., ossia direzione nord e a nord c'è solo l'Italia; il mattino dopo, la domenica di Pasqua, i migranti sono entrati nel porto di Pozzallo;

   secondo l'inchiesta condotta dai citati quotidiani britannico e italiano, la guardia costiera italiana non avrebbe ricevuto da Malta alcun avvertimento o notifica al riguardo;

   nei giorni dal 10 al 13 aprile 2020 quattro imbarcazioni avevano contattato Alarm Phone e tutti i natanti erano stati avvistati dagli aerei di Frontex, l'agenzia europea per i confini, precisando che «nel corso dei voli di pattuglia durante il fine settimana (tra il 9 e l'12 aprile) gli aerei di Frontex hanno individuato diverse imbarcazioni in pericolo. In linea con le convenzioni internazionali, abbiamo avvisato tutti i competenti centri nazionali di coordinamento per il salvataggio marittimo (Mrcc) nell'area»;

   in base al diritto internazionale gli Stati sono le uniche entità responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio;

   pochi giorni prima, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli aveva assicurato proprio ad Avvenire che nel Mediterraneo non c'è nulla che sfugga alle autorità, perciò è difficile credere che nessuno, oltre Malta, fosse consapevole dei respingimenti illegali verso la Libia e dei dirottamenti verso l'Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per chiarire la situazione e per far sì che Malta non continui a violare le norme internazionali, a danno dell'Italia;

   quanti siano i respingimenti di imbarcazioni giunte in acque maltesi effettuati dalla marina maltese e i conseguenti dirottamenti verso l'Italia.
(4-05765)


   VARCHI e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Invitalia è l'Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell'economia, che ne detiene il 100 per cento del capitale;

   l'Agenzia gestisce tutti gli incentivi nazionali che favoriscono la nascita di nuove imprese e le startup innovative, finanzia piani di sviluppo, offre servizi alla pubblica amministrazione ed è centrale di committenza e stazione appaltante per la realizzazione di interventi strategici sul territorio;

   amministratore delegato di Invitalia è, dal 2007, Domenico Arcuri, confermato nel ruolo lo scorso anno per il quinto mandato consecutivo;

   a seguito delle misure adottate dal Governo Monti prima e dal Governo Letta poi, gli emolumenti corrisposti all'amministratore delegato di Invitalia sono passati da poco più di 800.000 euro a 300.000 euro prima e 240.000 euro poi, per poi tornare a circa 300 mila euro;

   nel marzo del 2014, intervistato da Repubblica, Arcuri ha dichiarato «se non avessi ritenuto giusto il taglio al mio stipendio, me ne sarei andato»;

   nel luglio del 2017, Invitalia ha emesso un prestito obbligazionario quotato sul mercato del Lussemburgo per un ammontare pari a 350 milioni di euro, «finalizzato a finanziare l'acquisizione della Banca del Mezzogiorno, nonché altre finalità aziendali»;

   la normativa vigente in tema di società partecipate consente di superare il limite di 240.000 euro per gli emolumenti di dipendenti e amministratori solo in caso di quotazione in borsa o emissione di prestiti obbligazionari;

   il 18 marzo 2020 ai sensi dell'articolo. 122 del decreto-legge n. 18 del 2020, il dott. Arcuri è stato nominato commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19;

   a seguito di tale nomina il dottor Arcuri non ha lasciato il suo incarico in Invitalia;

   dal 2018, il dottor Arcuri è consigliere di amministrazione di Treccani Reti (ex Editalia), società interamente controllata dall'istituto della Enciclopedia italiana, nel cui capitale Invitalia è entrata nel 2015, durante la gestione dello stesso Arcuri, con un investimento di 3,44 milioni di euro –:

   se gli emolumenti corrisposti al dottor Arcuri e alle altre figure di vertice di Invitalia e delle sue partecipate abbiano subito mutamenti a seguito dell'emissione del prestito obbligazionario e in quale misura;

   quale sia stata la convenienza per Invitalia ad emettere il prestito obbligazionario e in quale misura esso sia stato sottoscritto;

   se il socio unico sia stato informato prima dell'emissione del prestito obbligazionario e per quale motivo non abbia ritenuto opportuno che le figure di vertice di Invitalia non sforassero il limite di 240.000 euro posto per tutti gli emolumenti corrisposti dalla pubblica amministrazione, nonostante l'emissione del prestito obbligazionario;

   in base a quale criterio sia stato scelto il mercato del Lussemburgo per l'emissione del citato prestito obbligazionario;

   se per gli incarichi di commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 e di consigliere di amministrazione di Treccani Reti, Arcuri riceva emolumenti o rimborsi spese e, in caso, come si concilino con il suo ruolo, oltre che di amministratore delegato, anche di dirigente di Invitalia;

   chi si faccia carico dei costi della struttura del dottor Arcuri e delle sue spese personali nel ruolo di commissario;

   nell'ipotesi in cui riceva emolumenti o rimborsi spese, se non si ritenga che essi dovrebbero essere conferiti dal dottor Arcuri ad Invitalia, essendo il suo ruolo di consigliere di amministrazione di Treccani Reti conseguenza, seppur indiretta, della partecipazione, decisa durante la gestione dello stesso dottor Arcuri, di Invitalia al capitale dell'istituto della Enciclopedia italiana, socio unico di Treccani Reti.
(4-05773)


   PATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» al Titolo II, Capo II, ha previsto speciali misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro nonché le modalità precauzionali anti contagio;

   in attuazione dell'articolo 43, comma 1, viene stabilito il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'Inail ad Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;

   sono ammissibili al rimborso le spese, non inferiori a 500 euro, sostenute dalle imprese successivamente al 17 marzo 2020 per l'acquisto di Dpi le cui caratteristiche tecniche rispettino tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa; il rimborso è concesso, nei limiti delle risorse disponibili, nella misura del 100 per cento delle spese ammissibili, nel limite massimo di 500 euro per ciascun addetto dell'impresa cui sono destinati i Dpi e, comunque, fino a un importo massimo per impresa di 150.000 euro;

   nel bando per l'accesso al rimborso delle spese sostenute per l'acquisto dei Dpi, al punto 6.1 sono individuati quali beneficiari «tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato»;

   sul sito internet invitalia.it è stato altresì pubblicato, in facsimile, la domanda di rimborso; in particolare, è da notare, che al punto 6 della predetta si richiede che il legale rappresentante dell'impresa attesti – nella forma della dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e quindi assumendo le «responsabilità, anche penali, derivanti dal rilascio di dichiarazioni non veritiere, ai sensi degli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445» – anche i requisiti dimensionali dell'impresa di riferimento secondo la classificazione contenuta nella Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003;

   a norma dell'articolo 3, paragrafo 4, della succitata raccomandazione è previsto: «Salvo nei casi contemplati al paragrafo 2, secondo comma, un'impresa non può essere considerata PMI se almeno il 25 per cento del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici, a titolo individuale o congiuntamente»: ne consegue che le imprese con almeno il 25 per cento di capitale pubblico risulterebbero di fatto impossibilitate a presentare la domanda di finanziamento previsto dall'articolo 43, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;

   a parere dell'interrogante, l'incoerenza tra quanto scritto dalla domanda di rimborso e la normativa vigente, nonché il bando dispositivo, rischia di ingenerare dubbi interpretativi e di escludere di fatto le imprese a partecipazione statale dal rimborso ivi previsto –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per una interpretazione in merito – eventualmente con una revisione del modulo in facsimile – al fine di scongiurare prontamente siffatta ipotesi e consentire ad una platea più ampia di beneficiari i rimborsi per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale.
(4-05784)


   FERRO, VARCHI, PRISCO e LUCA DE CARLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   mentre numerose aziende e contribuenti sono ancora in attesa di un riscontro per quanto riguarda il riconoscimento o meno della cassa integrazione, c'è una categoria al riparo da ogni lungaggine burocratica: i precettori del reddito di cittadinanza e non importa che siano onesti disoccupati in cerca di occupazione o affiliati alla criminalità;

   è di questi giorni la notizia che la Guardia di finanza, nell'ambito dell'operazione «Mala civitas», ha scoperto tra i percettori del reddito di cittadinanza anche più di 101 tra boss e gregari delle principali cosche della 'ndrangheta: dalle cosche di Gioia Tauro alle 'ndrine di Reggio Calabria dei Tegano e dei Serraino oltre ai «capibastone» della Locride appartenenti ai Commisso-Rumbo-Figliomeni di Siderno, Cordi di Locri, Manno-Maiolo di Caulonia e D'Agostino di Canolo;

   i militari hanno provveduto a segnalarli all'Inps non solo per la revoca del beneficio economico ma anche per il recupero delle somme già erogate, per un totale stimato di 516 mila euro e, si spera, l'interruzione dell'erogazione del sussidio statale che avrebbe comportato l'ulteriore perdita di risorse pubbliche di oltre 470 mila euro;

   tra i beneficiari del reddito di cittadinanza c'erano anche i figli di Roberto Pannunzi, detto «Bebé» e definito il «Pablo Escobar italiano», uno dei più grandi broker di cocaina nel mondo che si vantava di «pesare» i soldi, anziché contarli e il cui figlio maggiore, Alessandro, sposato con la figlia di uno dei maggiori produttori mondiali colombiani di cocaina, è stato condannato, in via definitiva, con l'accusa di aver importato quintali di sostanza stupefacente in Italia;

   nonostante le rassicurazioni e i proclami politici sulla predisposizione di efficaci controlli «massivi e preventivi», sono ormai all'ordine del giorno le inchieste che svelano come il reddito di cittadinanza finisca puntualmente nelle tasche di boss e manovalanza delle cosche mafiose, ma anche di ex brigatisti che hanno trascorso parte della loro vita sognando di colpire lo Stato;

   secondo i dati dell'Anpal (Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro) diffusi il 14 febbraio 2020), in totale le persone che percepiscono il reddito di cittadinanza sono circa 2 milioni e 300 mila, ma di queste solamente 791 mila hanno i requisiti per aderire al «Patto per il lavoro», cioè quel percorso che dovrebbe accompagnare i beneficiari del sussidio a trovare lavoro, vincolandolo ad accettare almeno una di tre offerte di lavoro ritenute «congrue»;

   per avviare questo percorso sono necessarie alcune condizioni, tra cui quella di essere senza lavoro da non più di due anni;

   per attivare il percorso, inoltre bisogna passare per un colloquio con un centro per l'impiego, che fin qui hanno svolto soltanto in 331 mila;

   ad oggi, sempre secondo Anpal, i navigator hanno offerto ai beneficiari di reddito di cittadinanza 9.534 tra «vacancies e opportunità formative/orientative», proposte che non sono necessariamente di lavoro e ovviamente non tutte andate a buon fine, ma l'agenzia non fornisce dati più precisi;

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se si intenda chiarire cosa non ha funzionato nel sistema dei controlli preventivi e quanti siano i casi accertati di indebita percezione del reddito di cittadinanza;

   quali siano i dati aggiornati in merito al reddito di cittadinanza, con particolare riferimento al numero delle offerte di lavoro e di quelle andate a buon fine.
(4-05789)


   FERRO, VARCHI, CARETTA, PRISCO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e LUCA DE CARLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 14 maggio 2020 due fatti hanno segnato la fine dell'alta velocità nel Mezzogiorno e l'inaugurazione di una nuova linea di alta velocità nel Lombardo-Veneto;

   mentre la Ministra De Micheli, infatti, presentava in conferenza stampa il pacchetto per il settore trasporti e infrastrutture contenuto nel «decreto rilancio», annunciando lo stanziamento di 40 milioni di euro per la progettazione e il potenziamento con caratteristiche di alta velocità di rete (Avr) delle linee Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia, Genova-Ventimiglia, il Comitato interministeriale per la programmazione economica approvava, nell'ambito della linea ferroviaria alta velocità – alta capacità Milano-Venezia (Avac), il progetto preliminare del Nodo di Verona-est con un limite di spesa di 379,96 milioni di euro;

   l'alta velocità/alta capacità è l'infrastruttura oggi percorribile a 300 km/h, domani con nuove generazioni di treni a 350 km/h, cioè l'alta velocità vera; mentre l'Avr è una rete in cui sono comprese sia le linee Avac (quindi 300-350 km/h), sia le linee tradizionali in cui si fanno interventi per consentire la velocità a 200 km/h;

   ciò significa, ad esempio, che a sud di Battipaglia, dato che non c'è traccia della linea ferroviaria alta velocità – alta capacità, i lavori consentiranno ai treni di viaggiare a 200 km/h, mentre a est di Milano verrà realizzata la seconda linea Avac Milano-Venezia, quasi parallela alla linea Milano-Bologna, già realizzata;

   ancora una volta, 10 milioni di cittadini italiani vengono tagliati fuori dalla modernità e da tutti i suoi corollari –:

   per quale motivo il Governo abbia deciso di finanziare la realizzazione di una linea alta velocità/alta capacità solo nel lombardo-veneto, riservando alle regioni del Mezzogiorno il più modesto stanziamento di 40 milioni di euro per la realizzazione delle sole linee ferroviarie alta velocità di rete;

   quali iniziative urgenti intenda adottare per finanziare adeguatamente l'ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie nelle regioni del sud Italia e consentire la realizzazione di linee ferroviarie alta velocità – alta capacità, colmando il divario infrastrutturale tra Nord e Sud.
(4-05791)


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   molte agenzie di stampa ed alcuni programmi Tv (anche «Le Iene», su «Italia 1») hanno riferito della presunta vicenda concernente la moglie del Sottosegretario per la salute Pierpaolo Sileri, avente ad oggetto, specificamente, la vendita di mascherine da parte di una azienda dove lavorerebbe la medesima consorte del Sottosegretario che sarebbe anche agente di zona al Policlinico Umberto I di Roma;

   il Codacons ha presentato un esposto all'Anac. L'avvocato Giuseppe Ursini, per conto del Codacons dichiarava: «Il servizio de Le lene ha sollevato dubbi, e perplessità, finanche la possibile sussistenza di un conflitto di interessi in relazione al ruolo della moglie del Viceministro alla salute Pierpaolo Sileri, che lavorerebbe all'interno di una ditta che vende prodotti agli ospedali pubblici, (...) e che figurerebbe, nei documenti della ditta, come agente di zona, ovvero come colei che si occuperebbe, tra le altre cose di fornire direttamente informazioni sui prodotti presentati in gara»;

   sarebbero emersi rapporti – passati e presenti – della già menzionata con le aziende che procedono alla vendita di prodotti sanitari ed elettromedicali (Assut s.r.l.), risultando altresì un presunto finanziamento per bandire un posto di professore straordinario presso l'Università di Tor Vergata. Tale vicenda sarebbe la causa di alcune controversie, e di azioni del dottor Sileri anche nei confronti dei colleghi di Tor Vergata in quanto non si sarebbe concretizzata nella attribuzione di una cattedra;

   si ricordano inoltre le vicende denunciate anche dall'Assessore alla Sanità della regione Lazio con riguardo all'attività privata del dottor Sileri in una casa di cura privata accreditata (Nuova Villa Claudia) quando era in esclusività di rapporto con il Policlinico Tor Vergata;

   come riporta il sito «progettoitalianews.net», il Sottosegretario Sileri avrebbe partecipato senza successo a concorsi per diventare professore, tra i quali quelli all'Università di Chieti e all'Università di Tor Vergata di Roma, e anche il suo ricorso al TAR in merito all'assegnazione della cattedra in quest'ultimo Ateneo è stato respinto –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti illustrati in premessa;

   se ancora il Sottosegretario Sileri faccia parte dell'Associazione Merito e Trasparenza di Tor Vergata e se abbia ancora rapporti e contatti con l'Università degli Studi di Tor Vergata e con quali effetti ed incarichi relativamente allo svolgimento dell'attività accademica;

   in particolare, se sia vero che la moglie del Sottosegretario Sileri lavori come agente e venditrice di presìdi medico-sanitari per una ditta che abbia vinto una gara per la fornitura di mascherine ed altri dispositivi medici al Policlinico Umberto I di Roma, e se, in relazione a tale vicenda, non siano da ravvisarsi conflitti di interessi;

   se comunque quanto riportato in premessa abbia determinato indagini ed accertamenti pure in sede ministeriale, al fine di verificare la regolarità e la correttezza dell'operato del Sottosegretario.
(4-05792)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e dalle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfranceseo Belli, presidente della commissione rischi ed etica sanitaria di INCER INSTITUTE, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca e presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi, gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai è stata presa coscienza che il nostro Paese continua, ad avviso dell'interrogante, a non disporre di un effettivo potere sovrano in materia di sanità, stanti il ruolo e/o i rapporti che molti dei decisori istituzionali in tema di sanità e degli appartenenti ai suddetti Comitati tecnici hanno avuto o hanno, fuori dai confini nazionali, in enti, organizzazioni quale l'Oms e/o le aziende farmaceutiche;

   dati che hanno constatato che non sembrano essere state rispettate nemmeno le disposizioni previste da direttiva 2011/24/UE, dalla decisione n. 1082/2013/UE, dalla decisione 1313/2013/UE, e dal regolamento (UE) n. 282/2014 in materia di gravi minacce per la salute;

   il Governo non ha reso disponibili i documenti con cui è stato informato che l'Oms ha pubblicato ben tre situation report Covid-19 con livello di rischio globale «moderate» e ha poi provveduto a «correggere», ex post, tale valutazione nei report del 23-24 e 25 gennaio, passandola a «high»;

   difatti, il Governo non ha informato sulle date e sui metodi del passaggio dal sistema di sorveglianza italiano da passivo a stato attivo e a quale livello e in quale data è stato richiesto dal Governo alle autorità nazionali e regionali di porre attenzione a malattie respiratorie e di usare il sistema di sorveglianza per malattie respiratorie gravi con causa sconosciuta –:

   se siano stati messi a conoscenza delle prime informazioni inviate dall'Organizzazione mondiale della sanità circa «la situazione in Cina» e se sia «stato richiesto il supporto» offerto;

   quali comunicazioni siano intercorse con l'incident management system dell'Oms e quali siano stati i provvedimenti conseguentemente adottati;

   quando il sistema dell'Unione europea Sarr si sia attivato, con quali contenuti e comunicazioni e in che data esse siano arrivate al Governo;

   quali siano stati gli aggiornamenti inviati a partire dal 2013 alla Commissione sullo stato di avanzamento della pianificazione e preparazione della risposta alle emergenze di sanità pubblica;

   chi abbia ricoperto il ruolo di rappresentante italiano all'interno del Comitato per la sicurezza sanitaria e del Comitato per le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero dal 2014 ad oggi e se sia stato attivato, come, in che data, il meccanismo EU Disaster Response Law.
(4-05793)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e delle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfranceseo Belli, presidente della commissione rischi ed etica sanitaria di INCER INSTITUTE, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca e presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi, gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai (il professor dottor Pierfrancesco Belli è anche responsabile rischio clinico per la Toscana di Snami, Sindacato nazionale autonomo medici italiani) emerge che il virus pandemico SARS CoV 2 ha solo portato alla luce la fragilità di un sistema sanitario costruito originariamente per «garantire... tutela della salute come interesse dall'individuo e della collettività nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana» (legge n. 833 del 1978) ma che, purtroppo, è stato corrotto nel tempo tanto da diventare un sistema depotenziato, spacciato per virtuoso senza in realtà esserlo;

   ciò ha favorito e sempre più alimentato, con il patrocinio internazionale, Oms in primis, un vero e proprio business privato, pauci sed electi, depotenziando di fatto il servizio pubblico ma inesorabilmente incrementandone il costo;

   risulta che il 17 aprile sia stata bandita una gara per 150.000 kit test IgG con possibilità di fornitura per altri 150.000, aggiudicata il 20 aprile ad Abbott, prima che lo stesso test ricevesse il marchio CE – come risulta da fonti stampa attribuito solo il 26 aprile;

   inoltre si è a conoscenza che la Abbott è stata selezionata con quattro giorni di anticipo tra i 72 partecipanti alla gara stessa rispetto a quanto indicato all'articolo 8 dell'indizione di gara semplificata, «Modalità di espletamento della gara»;

   la gara è stata indetta nonostante la circolare n. 11715 del Ministero della salute, del 3 aprile 2020 (che riferisce del parere tecnico del Comitato tecnico-scientifico) affermi: «e, per ragioni di possibile cross-reattività con altri patogeni affini come altri coronavirus umani, il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico della infezione da SARS-CoV2. Infine, l'assenza di rilevamento di anticorpi (non ancora presenti nel sangue di un individuo per il ritardo che fisiologicamente connota una risposta umorale rispetto all'infezione virale) non esclude la possibilità di un'infezione in atto in fase precoce o asintomatica e relativo rischio di contagiosità dell'individuo»;

   non si capisce perché è stato concesso il marchio CE in così poco tempo («sito web Abbott press in data 15 aprile – riporta: “Additionally, Abbott plans to file an EUA submission with the FDA, and plans to CE Mark to the IVD Directive (98/79/EC) in the European Union”») e sulla base di quali documenti tecnici e di sperimentazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali elementi e chiarimenti intendano fornire per quanto di competenza, rispetto alla procedura di gara per l'aggiudicazione dei kit per i test rapidi.
(4-05794)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alla luce dei dati e delle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfranceseo Belli, presidente della commissione rischi ed etica sanitaria di INCER INSTITUTE, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca e presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi, gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai (il dottor Pierfrancesco Belli è anche responsabile rischio clinico per la Toscana di Snami, Sindacato nazionale autonomo medici italiani) si ritiene doveroso un nuovo Patto della salute tra medici, operatori sanitari e pazienti; patto ancor più indispensabile adesso, per ricostituire un clima di fiducia tra i primi, lasciati soli nella trincea dei pronto soccorso e delle corsie, senza direttive e senza protezioni, ed i secondi, i pazienti, colpiti dal virus e dal caos organizzativo e comunicativo di uno Stato che doveva essere pronto a proteggerli;

   il Governo e gli esponenti della maggioranza, solo da un certo punto in poi, hanno definito la situazione di estrema emergenza ribadendo ciò come un mantra a cui appellarsi per autorizzare la serie di provvedimenti che ben si conoscono; il Governo, sempre per lo stesso motivo dell'emergenza, ha proceduto ad innumerevoli nomine di comitati di esperti ma sempre prive di rappresentanti dei cittadini e/o delle categorie interessate dai provvedimenti; occorre rendere concreto e tangibile il diritto dei cittadini a essere informati e ad operare un legittimo controllo sull'attività del Governo in un momento in cui si sono limitati i loro diritti;

   si ritiene necessaria la costituzione di un organismo di controllo, con pieni poteri di indagine e ispezione, al fine di verificare contraddizioni, inadempienze, ritardi, carenze, negligenze, omissioni, errori sia in riferimento a norme costituzionali, sia a norme ordinarie sia a quelle disposizioni – a qualsiasi titolo emanate – da organi internazionali quali, a titolo di esempio, Ihr, Oms recommendations e guide lines, Ecdc riscontrati nella gestione dell'attuale situazione;

   occorre elaborare e presentare proposte concrete per garantire la riorganizzazione delle strutture di sorveglianza e prevenzione epidemiologica e virologica l'attuazione di tutte le misure necessarie per affrontare l'eventuale fase di ritorno del virus, e predisporre, pianificare, attuare ogni azione e misura di intervento necessaria ad una efficiente e rapida risposta a possibili, nuove, epidemie/pandemie;

   non sono stati attivati in maniera tempestiva provvedimenti, circa l'effettiva protezione degli operatori sanitari, risultando indicazioni in tal senso, a livello internazionale, in data 5 gennaio e, successivamente, in data 12 gennaio;

   infine, è ignoto ai più il percorso, ufficiale, dei dati, delle schede e dei campioni biologici oggetto del sistema di sorveglianza e prevenzione epidemiologica e virologica per le malattie infettive e influenza trasmissibili e non si conoscono bene i collegamenti con sistemi internazionali di raccolte dei dati in oggetto e il loro reale funzionamento e la loro effettiva finalità;

   ancora non si conoscono gli studi, le pubblicazioni e le ricerche considerati dal Consiglio superiore di sanità per rendere il parere datato 26 febbraio circa il non doversi procedere a tamponi per gli asintomatici, inizialmente previsti (22/2) e invece, dopo 5 giorni, considerati non più necessari, nonostante gli studi e le guide lines esistenti e risalenti almeno al 2012 e i documenti dell'Oms –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e su quali basi, documenti e studi, siano stati creati i cluster familiari domiciliari e se siano stati tenuti in debito conto i potenziali rischi dovuti alla presenza di eventuali asintomatici.
(4-05795)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   un'inchiesta giornalistica pubblicata in contemporanea da Avvenire e The Guardian lancia un'accusa senza precedenti alle autorità maltesi ritenute colpevoli, nei giorni di Pasqua, di aver dirottato un gommone pieno di clandestini dalle proprie acque territoriali verso le coste italiane;

   l'inchiesta si basa su materiali ottenuti da varie fonti: filmati, foto, testimonianze concordanti dei superstiti, verifiche incrociate sulle scarse dotazioni alla partenza dalla costa libica, e quelle rinvenute all'arrivo, nel porto di Pozzallo;

   dopo quattro giorni di traversata, 101 clandestini partiti dalla Libia arrivano a Pozzallo. Nelle stesse ore erano partiti altri tre barconi. Uno finirà per essere protagonista della «Strage di Pasquetta» e della flotta per i respingimenti ad opera di pescherecci fantasma rivelata da Avvenire e su cui a Malta sono indagati il premier Robert Abela e i vertici delle Forze armate;

   i superstiti rintracciati in Sicilia dopo il periodo di quarantena hanno fornito versioni concordanti. Uno dei superstiti ha raccontato che un militare maltese aveva urlato «Malta è colpita da una grave malattia. Forse lo sapete: si chiama Coronavirus. I nostri porti sono chiusi e voi non potete entrare». Davanti all'insistenza del gruppo di profughi, la motovedetta si sarebbe fatta consegnare il telefono satellitare Thuraya fornito dai trafficanti e un apparecchio gps. «Ce lo hanno restituito dopo avere riprogrammato la rotta su 0.0.», in direzione Nord dove c'è solo l'Italia;

   al momento di rimettere in moto, il motore «Parsun» di fabbricazione cinese era stato danneggiato, probabilmente dalle corde lanciate dal pattugliatore maltese. Le autorità maltesi avrebbero montato sul barcone un «Yamaha 40 hp». «Ci hanno consegnato il nuovo motore, bottigliette d'acqua e almeno 60 litri di carburante»;

   raccontano inoltre che un militare li aveva rassicurati: «non vogliamo uccidervi e non vogliamo farvi del male, non vi stiamo minacciando, ma se ci seguite verso l'Italia vi salveremo la vita»;

   «Abbiamo fatto come dicevano. Ci avevano dato anche una bussola in una scatola di legno: “seguite sempre 0.0. e sarete in Italia” ci ripetevano». Il mattino dopo entrano nel porto di Pozzallo. È la Domenica di Pasqua. Il giorno dopo, sempre da Malta, respingeranno un altro barcone causando la morte di 12 persone;

   le immagini consegnate dai profughi ai giornalisti non lasciano dubbi. In lontananza si vede la costa maltese, segno che il gommone si trovava a una distanza inferiore alle 12 miglia, il limite delle acque territoriali. I migranti, dunque, erano già ufficialmente a Malta e non potevano essere allontanati;

   le testimonianze e i video dei telefonini mostrano come a bordo non vi fosse nient'altro che alcune taniche per rifornire il motore con cui i trafficanti libici avevano messo in mare il barcone, un fuoribordo cinese «Parsun Power» da 60 hp e nessun motore di riserva. A Pozzallo, però, il gommone grigio arrivò spinto da uno Yahama da 40 hp;

   le prove raccolte da questa inchiesta costituiscono un atto d'accusa senza precedenti. Malta è parte dell'Unione europea e non può in alcun modo tenere comportamenti del genere e restare impunita –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto denunciato da Avvenire e se ritenga di denunciare, nelle competenti sedi europee il comportamento delle autorità maltesi in violazione del diritto internazionale e del diritto europeo.
(3-01558)

Interrogazione a risposta scritta:


   DURIGON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza internazionale determinata dall'infezione da Covid-19, originata in Cina, classificata come pandemia dall'organizzazione mondiale della sanità, ha comportato non solo il decesso di molte migliaia di persone in Italia e nel mondo, ma anche una situazione di drammatico disagio per numerosi nostri connazionali all'estero;

   nel tentativo di limitare la diffusione del morbo, infatti, molti Stati hanno adottato misure severamente restrittive della mobilità personale, determinando all'improvviso la chiusura delle frontiere e l'interruzione dei voli da e per il nostro Paese;

   la rete consolare del nostro Paese e l'unità di crisi della Farnesina sono state messe a dura prova dal gran numero di situazioni individuali di sofferenza, circostanza che ha comportato l'impossibilità di soddisfare tutte le richieste di rimpatrio;

   vi è stato anche chi, in condizione di difficoltà, per esser aiutato a rientrare in Italia, ha dovuto rivolgersi al servizio di azione esterna dell'Unione europea, come ha fatto il signor D.L., rimasto bloccato nella capitale della Mauritania, Nouakchott, dove vive da molti anni, senza tuttavia ottenere alcuna risposta;

   in Mauritania, in effetti, il nostro Paese non dispone di rappresentanza diplomatica, ma solo di un consolato onorario, circostanza che ha fatto del servizio di azione esterna dell'Unione europea il presidio di riferimento per i nostri concittadini presenti in quello Stato –:

   se il Governo italiano sia soddisfatto o meno del livello di protezione offerto dal servizio di azione esterna dell'Unione europea ai nostri concittadini che all'atto d'insorgenza della pandemia da SARS-CoV-2 si trovavano in Mauritania, Stato in cui l'Italia è presente solo con un consolato onorario;

   se il Governo non ritenga opportuno, di fronte alla magnitudine dell'emergenza affiorata in occasione della pandemia, potenziare gli organici e le dotazioni dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   se il Governo non intenda chiedere l'attivazione del Meccanismo di protezione civile dell'Unione europea (Upcm) al fine di agevolare il rapido rimpatrio dalla Mauritania del signor D.L. e di tutti i nostri concittadini che si trovino nelle medesime condizioni.
(4-05788)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   BERTI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea ha tra le proprie fondamenta il mercato unico (libertà di circolazione, servizi, merci, capitali). Il mercato unico, ad oggi, non comprende l'Unione fiscale. Tale mancanza implica che gli Stati possano attuare politiche di concorrenza fiscale, le quali impattano fortemente sulla responsabilità fiscale delle imprese a detrimento della fiscalità generale e quindi della capacità degli Stati di finanziare la spesa pubblica e i servizi ad interesse generale;

   nel 2012 con la firma del patto di stabilità e crescita gli stati dell'Unione europea (ad esclusione di Repubblica Ceca e Regno Unito) hanno inteso coordinare le loro politiche fiscali tramite il cosiddetto Semestre europeo. All'interno del semestre europeo, in un'ottica di convergenza economica, ogni anno la Commissione e il Consiglio dell'Unione europea inviano ad ogni Stato membro delle raccomandazioni contenenti pareri sul programma nazionale di riforma;

   nelle raccomandazioni della Commissione e del Consiglio verso Olanda, Lussemburgo, Malta, Cipro, Irlanda emerge dal 2017 il tema della pianificazione fiscale aggressiva strategica (aggressive tax planning, Atp), il quale sottolinea come l'elevato livello dei dividendi, degli interessi e delle royalty pagati in percentuale del prodotto interno lordo indica che le imprese impegnate nella pianificazione fiscale aggressiva sfruttano la normativa tributaria dei Paesi per eludere l'imposizione fiscale. Tali transazioni, se non sono tassate neanche nella giurisdizione di riscossione, rappresentano una vera e propria evasione fiscale;

   l'Institut für Höhere Studien di Vienna ha pubblicato nel 2017 uno studio dove si calcola che la percentuale di investimenti esteri diretti in uscita (outward foreign direct investment, Fdi) in Lussemburgo è 67 volte il prodotto interno lordo, 9 volte in Cipro, 7 volte a Malta, 6 volte nei Paesi Bassi e 3 volte in Irlanda. Tale indicatore segnala la presenza di società veicolo che funzionano da condotto verso Paesi extra-UE, i quali rendono difficile individuare il beneficiario finale della transazione;

   ad esempio, nei Paesi Bassi, lo stesso Governo ammette l'esistenza di 12.000 società veicolo (special purpose entities), le quali nel 2016 avevano un bilancio di 4.228 miliardi di euro. Il Governo dei Paesi Bassi aveva assunto l'impegno tassare al 20,5 per cento, a partire da gennaio 2020, gli interessi e le royalty delle società. Tale impegno, però, è slittato al 1° gennaio 2021;

   l'entità delle transazioni finanziarie all'interno degli Stati dell'Unione e all'interno degli stessi gruppi di imprese (holding) è di difficile misurazione, poiché le società multinazionali non rendono pubblici i report Stato per Stato (Country by country report, Cbcr). Questo rende impossibile valutare i dati di bilancio aggregati e facilita i casi di profit-shifting che, in termini di mancato gettito Ires, è stimato da alcuni economisti in 6,35 miliardi di euro di utili d'impresa trasferiti artificialmente in sei giurisdizioni a tassazione fiscale agevolata (Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro, Malta);

   a livello europeo l'Unione, tramite la direttiva 2016/0107, sta valutando l'estensione dell'obbligo di pubblicazione dei Cbcr, già in vigore per il settore bancario, a tutti gli operatori del settore economico. Su questo tema il Consiglio competitività dell'Unione non trova un accordo generale che possa poi portare all'apertura di un trilogo tra Europarlamento e Commissione –:

   se il Governo reputi necessario sostenere in sede di Consiglio competitività la posizione in favore dell'obbligo di pubblicazione dei Cbcr per tutti gli operatori economici, con particolare attenzione alle grandi imprese;

   se il Governo reputi di adottare iniziative per prevedere la pubblicazione dei Cbcr come condizione necessaria per beneficiare delle garanzie e dei finanziamenti pubblici.
(4-05786)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nella prima metà di maggio 2020 l'ampia area alberata del complesso universitario della collina di Monte Sant'Angelo dell'Università Federico II di Napoli è stata pesantemente mutilata da improvvide quanto dannose e inspiegabili potature massicce. Un intervento che ha lasciato la collina in una condizione spettrale con i grandi alberi di alto fusto ridotti a moncherini privi di foglie, e ha sollevato indignazione e sconcerto nella popolazione;

   l'intervento non solo non trova alcuna giustificazione, ma, soprattutto, è fuori da qualsiasi criterio agronomico, arboriculturale, ecologico e faunistico e stupisce ancor di più, considerando che è stato permesso dalla più grande e prestigiosa università dell'Italia meridionale, alla quale non mancano certo le competenze per capire che tutto ciò non andava fatto le quali, forse, non sono state minimamente consultate;

   qualsiasi docente di scienze forestali, di scienze agrarie e di botanica, ma perfino l'uomo della strada, sa bene che in primavera gli alberi sono impegnati nel rigonfiamento delle gemme, nella schiusa delle foglie e dei fiori, nell'ingrossamento di rami e rametti. Tutte attività che esigono un apporto energetico enorme e mettono in moto un potentissimo e complessissimo laboratorio chimico. Manomettere un albero in questo periodo significa disorientare completamente la pianta, interrompendone il flusso di messaggi chimici e ormonali destinati a regolare l'intensa attività biochimica, e, quando si parla di potatura, 6 o 7 centimetri rappresentano il diametro di taglio massimo fino al quale ci si può spingere. Oltre queste misure crolla qualunque capacità di reazione efficace dell'albero. Tagli di diametro maggiore di questi devono costituire un'eccezione assolutamente straordinaria, e devono essere più che ben motivati. Più un esemplare è vecchio, minore sarà la sua capacità di sopportare deprivazioni di fogliame. Un'asportazione del 5 per cento potrebbe già significare un limite invalicabile. Su un esemplare giovane si può tollerare valori superiori, spingendosi anche al 20 o 25 per cento del volume complessivo, come denunciato da Green Italia Campania;

   una potatura troppo severa su un vecchio esemplare o su un esemplare fortemente deperito, potrebbe innescare un rapido decadimento, e si potrebbe assistere al veloce disseccamento di tutta la pianta nei pochi anni successivi, spesso mettendo a rischio la sua crescita e soprattutto la sua stabilità e quindi la conseguente sicurezza pubblica;

   a tal proposito si ricorda che l'articolo 21, comma 1, lettera o) della legge n. 157 del 1992 fa divieto di prelevare e uccidere i nidiacei, cosa che avviene con la potatura in questo periodo. Ebbene le alberature di Monte Sant'Angelo in questo periodo ospitavano decine e decine di nidificazioni in atto di 12-15 specie di uccelli selvatici; l'articolo 5 della direttiva 2009/147/CE fa divieto di disturbo durante il periodo di riproduzione quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;

   in più la potatura va a intervenire in maniera opposta a quanto definito il 10 marzo 2020 dal decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recante «Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde», al cui paragrafo C si spiega che «per garantire l'approccio strategico di medio-lungo periodo, è essenziale che le stazioni appaltanti, in particolare le amministrazioni comunali, siano in possesso e applichino concretamente strumenti di gestione del verde pubblico...». Sempre nel paragrafo C si specifica che vanno evitati interventi sul territorio «qualitativamente scarsi e persino dannosi che compromettono lo stato di salute delle piante con conseguente aggravio di costi per la comunità» –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intendano fornire elementi circa le motivazioni che hanno portato a tale operazione.
(5-04021)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDELLI, LABRIOLA, MAZZETTI, RUFFINO e CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   una delle criticità di queste drammatiche settimane di emergenza sanitaria, è stata la difficoltà a reperire e distribuire le mascherine e i dispositivi di protezione individuali;

   una ulteriore difficoltà sarà quella legata alla necessità di un loro corretto smaltimento;

   il Politecnico di Torino ha fatto una stima del fabbisogno nazionale, pari a circa 953 milioni di mascherine al mese, 35 milioni al giorno;

   se l'1 per cento delle mascherine utilizzate in un mese, sulla stima di poco meno di un miliardo a livello nazionale, venisse smaltito in maniera non corretta, si avrebbero 10 milioni di mascherine al mese disperse nell'ambiente –:

   se il Governo non intenda porre in essere idonee iniziative per il corretto smaltimento dei suddetti dispositivi e per consentire il recupero e il riciclo dei materiali.
(4-05781)


   TESTAMENTO e DEL SESTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la situazione ambientale e sanitaria nella piana di Venafro è da anni molto critica, a causa dei continui sforamenti dei parametri delle emissioni inquinanti, soprattutto particolato Pm2,5 e Pm10, e dell'alto indice di malattie bronco-polmonari, cerebrovascolari, cardiovascolari e di tumori alla mammella diagnosticati alla popolazione residente. Associazioni locali, come le «Mamme per l'ambiente e la salute» di Venafro sostengono che le criticità dipendano sostanzialmente dalla presenza di tre impianti di incenerimento rifiuti: quello Herambiente, a Pozzilli, che brucia circa 100 mila tonnellate di rifiuti l'anno, il cementificio Colacem di Sesto Campano, dove vengono incenerite quasi 25 mila tonnellate di rifiuti ogni anno, e quello Acea di San Vittore del Lazio, al confine con la piana, dove vengono bruciate 400 mila tonnellate di rifiuti;

   a seguito del riconoscimento delle criticità sanitarie da parte del Ministero della salute, poche settimane fa è stato avviato dal Cnr di Pisa uno studio epidemiologico finalizzato ad approfondire, sotto la supervisione dell'istituto superiore di sanità e della direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero, anche le ricadute sulla popolazione residente delle emissioni inquinanti provenienti dagli impianti Herambiente e Colacem;

   dal sito di Arpa Molise si evince che per il 2019 la stazione di monitoraggio della qualità dell'aria Venafro2 ha registrato 39 superamenti della concentrazione media giornaliera (50μg/m3) del Pm10, cioè 4 sforamenti in più rispetto ai 35 consentiti dalla normativa vigente, mentre per il Pm2,5 si è registrata una media annuale di 21 μg/m3, al di sotto del limite di 25 μg/m3 previsto dall'attuale normativa, ma al di sopra del limite di 20 μg/m3, tuttora indicativo, previsto nella direttiva 2008/50/CE;

   oltre ai continui sforamenti dei mesi di gennaio e febbraio 2020, il livello di inquinamento nella piana non è diminuito nemmeno con il blocco del traffico e delle attività disposto per il contenimento del Covid-19, coi valori di Pm10 e Pm2,5 che hanno raggiunto anche in queste settimane picchi preoccupanti. Ciò dimostra che la pessima qualità dell'aria della piana non dipende dal traffico, pressoché inesistente in queste settimane, bensì da altri fattori, come quelli sopra richiamati. A tal proposito, nei giorni scorsi le «Mamme per la Salute e l'Ambiente» di Venafro hanno chiesto chiarimenti ad Arpa Molise, Ispra e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   il 10 dicembre 2019, in riscontro a una precedente interrogazione della prima firmataria del presente atto, la n. 4-01304, il Ministro interrogato ha riferito della valutazione da parte della regione Molise di un progetto di Arpa Molise per la caratterizzazione delle fonti emissive di particolato, al fine di individuare le fonti di inquinamento che maggiormente condizionano la qualità dell'aria nel territorio venafrano. Ancora non si hanno notizie di questo progetto, che rivestirebbe una certa importanza anche nelle fasi di superamento dell'emergenza Covid-19 e di ritorno graduale alla normalità;

   nella stessa risposta del 10 dicembre 2019 il Ministro interrogato si riservava, inoltre, qualora necessario, la possibilità di avviare, con il supporto del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, un monitoraggio ambientale della zona volto ad acquisire un quadro puntuale sullo stato di inquinamento dell'area –:

   se, alla luce delle elevate concentrazioni di Pm10 e Pm2,5 riscontrate anche nelle ultime settimane di blocco del traffico e delle attività per il contenimento del Covid-19, il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, ogni utile iniziativa volta ad acquisire un quadro puntuale della situazione di inquinamento ambientale nella piana di Venafro;

   se, per quanto di competenza, intenda acquisire elementi circa l'esito dell'iter di valutazione del progetto di cui in premessa per la caratterizzazione delle fonti emissive di particolato.
(4-05783)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   ZUCCONI, GALANTINO, LUCA DE CARLO, MASCHIO, CIABURRO, CARETTA e FERRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il turismo in Italia, contribuendo al prodotto interno lordo nazionale per oltre 13 per cento (pari a 232 miliardi di euro) solo nell'anno 2019 e garantendo circa 3,5 milioni di occupati, rappresenta da sempre il fiore all'occhiello dell'economia italiana;

   secondo una recente analisi dell'Istat nel 2019 il turismo in Italia ha fatto registrare 130,2 milioni di arrivi e 434,7 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, con un aumento di 42 milioni rispetto al 2015. Con 219 milioni 800 mila presenze, pari al 50,6 per cento della totalità, le presenze di clienti stranieri hanno rappresentato la componente di maggior peso negli esercizi ricettivi italiani;

   a causa della pandemia COVID-19 l'Italia vivrà conseguenze economiche molto negative da un punto di vista turistico: tra febbraio e settembre 2020 la perdita di turisti stranieri ammonterebbe a 50,2 milioni e a circa 180,8 milioni di presenze. Secondo uno studio effettuato da Confturismo sarebbero stimate in oltre 120 miliardi di euro le perdite per il turismo italiano solo per il 2020;

   secondo notizie di stampa, alcuni Paesi dell'Unione europea vorrebbero suddividere l'Europa in zone regionali rosse e verdi, autorizzando i flussi turistici soltanto fra queste ultime. In questo inquietante disegno di corridoi turistici, definiti «Covid – free», l'Italia verrebbe esclusa in maniera indiscriminata;

   in particolar modo, articoli di stampa Riportano che i Governi di Repubblica Ceca, Austria, Croazia e Slovenia stiano predisponendo progetti per la creazione di un corridoio che dalle città tedesche porti i turisti fino al mare croato;

   lo stesso cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha dichiarato in un'intervista al quotidiano Tiroler Tageszeitung del 20 maggio 2020, che la riapertura in estate del confine con l'Italia «sarebbe irresponsabile alla luce dei dati epidemiologici in Italia»;

   discriminare una località turistica o una struttura ricettiva in base a ipotetici fattori sanitari non supportati da evidenze scientifiche è inaccettabile;

   se ciò venisse permesso, se l'Unione europea permettesse un boicottaggio dell'Italia così palese all'interno del mercato unico, la situazione del comparto turistico italiano subirebbe ripercussioni pesanti in uno scenario già di per sé tragico a causa delle conseguenze determinate dal coronavirus. Infatti, secondo un recente studio dell'istituto Demoskopika, elaborato su dati Unioncamere – Infocamere, sono quasi 7 mila le imprese del comparto turistico che hanno chiuso i battenti solo nei primi tre mesi del 2020. Questo dato, secondo l'istituto, rappresenta il peggior saldo degli ultimi 25 anni. Lo scenario per il futuro è tutt'altro che roseo: sono oltre 40 mila le imprese turistiche che rischiano il fallimento e oltre 184 mila i lavoratori che rischiano il posto (statisticamente 1 addetto su 10 potrebbe restare senza occupazione) –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare affinché il comparto turistico italiano possa operare in assenza di una concorrenza estera sleale.
(4-05790)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FRUSONE, VILLANI, ILARIA FONTANA, EHM e NAPPI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2020 militanti di Casa Pound hanno occupato una serie di prefabbricati di proprietà del Ministero della difesa e gestiti dall'Aeronautica militare, in un'area conosciuta a Ostia come Villaggio Azzurro, al numero 263 via delle Baleniere;

   in data 29 gennaio 2020 è stata approvata in Commissione IV la risoluzione n. 8-00062 con la quale, tra le altre questioni, si impegna il Governo a valutare il patrimonio abitativo della Difesa che necessita di ristrutturazione, con la ratio di rispondere al problema della carenza di alloggi di servizio militari; solo a Roma, nell'ultimo quadrimestre, sono state presentate 150 richieste di alloggio di servizio delle quali solo due hanno avuto esito positivo;

   l'area occupata denominata Villaggio Azzurro è un complesso di 50 alloggi prefabbricati costruiti negli anni Cinquanta. Questi costituiscono una risorsa da recuperare potendo rientrare in un'ottica di valorizzazione del patrimonio della Difesa e quindi rientrare nella strategia per una risposta complessiva all'annoso problema della carenza di alloggi specialmente nell'area della Capitale –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per il recupero dell'area Villaggio Azzurro alla luce della risoluzione di cui in premessa.
(4-05780)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO NERVO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la notte del 12 maggio 2020 si è registrato l'ennesimo episodio di violenza nei confronti di una donna nel parco dopolavoro ferroviario «Ettore Bufalieri» di Bologna (sito in un'area di oltre sei ettari tra via Sebastiano Serlio e via Stalingrado);

   tale area – che presenta uno stato di degrado avanzato – è di proprietà di Ferrovie dello Stato s.p.a. e attualmente gestita da Patrimonio Dlf s.r.l. (società riconducibile all'associazione nazionale dopolavoro ferroviario che ha lo scopo di occuparsi dei beni immobili acquistati o locati da Ferrovie dello Stato Italiane);

   tuttavia, l'area in questione avrebbe dovuto essere ceduta al comune di Bologna come pattuito nell'accordo territoriale relativo agli assetti territoriali, urbanistici, infrastrutturali della nuova stazione ferroviaria di Bologna ai sensi dell'articolo 15 della legge regionale n. 20 del 2000 sottoscritto a Bologna il 18 luglio 2006 dal comune di Bologna, provincia di Bologna, regione Emilia-Romagna ed Rfi s.p.a., Difatti all'articolo 9, punto 2, avente ad oggetto la riqualificazione delle aree ferroviarie dismesse e dismettibili, si pattuisce che l'ambito Mascarella – di cui fa parte l'area in esame – «interamente di proprietà ferroviaria (...) sarà oggetto di cessione al comune di Bologna quale quota parte della dotazione di attrezzature ad interesse collettivo relative alla trasformazione della stazione»;

   ad oggi l'amministrazione comunale di Bologna, a quanto consta all'interrogante, evidenzia non solo che la cessione in questione non è avvenuta, ma anche che quelle aree sono attualmente occupate in virtù di una concessione scaduta a Patrimonio DLF S.r.l. Pertanto, il comune è attualmente impossibilitato ad intervenire sull'area e a riqualificarla anche per prevenire i succitati episodi di violenza che continuano a verificarsi –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché Ferrovie dello Stato Italiane adempia celermente all'obbligazione contratta nei confronti del comune di Bologna e si impegni a consegnare l'area libera da persone e cose per consentire all'amministrazione di intervenire tempestivamente ed impedire che degrado ed incuria proliferino a danno dei cittadini.
(4-05778)


   LO MONTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo apparso il 12 febbraio 2020 su «Il Fatto quotidiano» ritorna alla ribalta il caso di Bonifiche Ferraresi e le operazioni che investono importanti segmenti dello Stato;

   a seguito della disponibilità alla vendita, nel 2014, da parte della Banca D'Italia di quella che viene considerata come la più grande azienda agricola italiana, la B.F. Holding, una società veicolo costituita da investitori privati, con la leadership di Federico Vecchioni, nel ruolo di amministratore delegato, ne acquista il 78,3 per cento e con lo scopo di creare un polo agroindustriale europeo di eccellenza. Partono quindi una serie di aumenti di capitale per 260 milioni con il risultato che il principale socio risulta la Fondazione Cariplo con il 35,7 per cento poi il gruppo farmaceutico del milanese, Dompé, con il 17,9 per cento, De Benedetti con il 14,7 per cento, il gruppo Cremonini, la Cdp Equity con il 19 per cento e tre casse previdenziali: l'Enpia degli agricoltori, l'Enpam dei medici e l'Inarcassa degli ingegneri e architetti;

   si ricorda che Cdp Equity opera acquisendo quote di minoranza in imprese di rilevante interesse nazionale, che siano in equilibrio economico-finanziario e presentino adeguate prospettive di redditività e sviluppo;

   sotto la regia di Vecchioni, si compiono, in questi anni, cessioni di azioni ed aumenti di capitale tra i quali un aumento di 10 milioni di euro, riservato all'amministratore delegato, con cui lo stesso Vecchioni conferisce il 100 per cento della sua società agricola, «Cicalino Green», salvo poi nominarne la moglie amministratore unico;

   attualmente si sta dando vita ad una nuova operazione: Si lavora ad un progetto di fusione tra B.F. Holding e i rami di azienda di alcuni consorzi agrari attraverso la costituzione di una «newco»;

   da quanto riportato da «Agricolae» il progetto prevede che il 51 per cento della proprietà resti in mano agli stessi consorzi agrari, mentre il 49 per cento vada agli azionisti di mercato, tra cui Bonifiche, il cui amministratore delegato è Federico Vecchioni, per quanto riguarda la governance presidente sarà nominato dai consorzi, mentre l'amministratore delegato verrà nominato dal gruppo BF –:

   quali iniziative il Governo abbia intenzione di porre in essere, per quanto di competenza, al fine di capire, visto il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, quali sono i motivi fondanti dell'operazione e quali gli strumenti messi a disposizione degli azionisti ai fini della trasparenza sulla nuova governance.
(4-05779)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRUSONE e SEGNERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 aprile 2020 è stato presentato in conferenza stampa dal presidente della regione Lazio e dall'amministratore delegato e direttore generale del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane un protocollo di intesa per il rilancio del trasporto, dell'economia e del turismo nel Lazio, alla presenza del Ministro interrogato;

   il protocollo d'intesa, che pone allo studio una fermata dell'alta velocità nella provincia di Frosinone, si inserisce nell'importante piano di investimenti da oltre 18 miliardi di euro del gruppo Ferrovie dello Stato italiane. In particolare, 13 miliardi di euro sono dedicati alle infrastrutture ferroviarie tramite Rfi, 1,4 miliardi al trasporto ferroviario e 3,9 miliardi alle infrastrutture stradali. Circa 1 miliardo di euro è invece destinato a interventi di rigenerazione urbana e di riqualificazione delle stazioni;

   oltre al protocollo sull'alta velocità (A/V) sono stati presentati 2 treni sperimentali, per questa estate, che dalla linea A/V si immetteranno nella linea regionale per fermare nelle stazioni di Frosinone e Cassino garantendo il servizio A/V a queste stazioni e continuando poi la loro corsa reimmettendosi sulla linea A/V;

   il rapporto di Legambiente «Pendolaria 2019» sulla situazione del trasporto ferroviario in Italia, evidenzia che la tratta Roma-Frosinone è la nona in assoluto a livello nazionale per numero di viaggiatori giornalieri, con ben 42.000 passeggeri e tempi di percorrenza che in alcuni casi arrivano a superare anche le due ore;

   da anni esiste una proposta del comitato Roma-Cassino express che implementa il concetto della sperimentazione che partirà questa estate, utilizzando treni regionali politensione per farli entrare nella tratta A/V dopo aver percorso il normale tragitto provinciale fino alla stazione di Sgurgola, bypassando e decongestionando il nodo di Ciampino, servendo la quasi totalità dei pendolari della provincia e permettendo tempi di percorrenza simili ai treni sperimentali di cui sopra –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se non ritenga utile avviare, con gli attori competenti, un protocollo per intraprendere una sperimentazione sull'utilizzo di treni regionali su tratti A/V a servizio dei pendolari.
(4-05782)


   BAZZARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'avvento delle misure di contenimento per prevenire il contagio da COVID-19, l'uso dei mezzi di trasporto pubblico locale (Tpl) da parte di cittadini si è ridotto sensibilmente, e le aziende del Tpl hanno continuato ad erogare i servizi di trasporto, seppur in configurazione ridotta;

   le aziende del trasporto pubblico locale (Tpl) hanno dovuto ugualmente sostenere i costi di gestione e del personale, indipendentemente dalle minori corse o percorrenze effettuate, altresì fronteggiando la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri;

   la riduzione dei traffici, registratasi nei mesi di lockdown, si è rivelata esiziale per alcune aziende del trasporto pubblico locale (Tpl), come quelle presenti nella regione Veneto e – in particolare – come quella presente a Venezia, che ora si trovano in ginocchio e con un futuro incerto, anche e soprattutto per i lavoratori del comparto;

   la lega da subito ha posto la questione in particolare nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge cosiddetto «Cura Italia», presentando una serie di emendamenti, puntualmente respinti; sull'argomento il Governo ha risposto con la previsione di un fondo ad hoc di 500 milioni di euro per sostenere il settore del Tpl e compensare la riduzioni dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri; tuttavia, i dati dimostrano che tali risorse sono insufficienti, essendo necessario almeno un miliardo di euro –:

   quali iniziative di competenza, più efficaci di quelle finora messe in campo, intenda intraprendere a supporto delle aziende del trasporto pubblico locale (Tpl) e dei lavoratori in esse impiegati.
(4-05787)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione dell'emergenza sanitaria che si è determinata in Italia a causa della pandemia da Covid-19, sono stati sospesi tutti i concorsi pubblici ad eccezione di quelli che consistevano in una valutazione dei candidati esclusivamente su basi curriculari o in modalità telematica e dei concorsi per il personale sanitario, compresi gli esami di Stato e di abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo, e quelli per il personale della protezione civile;

   il Comitato laureati dei vigili del fuoco chiede al Governo di bandire urgentemente anche una procedura concorsuale straordinaria per il personale, non direttivo e non dirigente, altamente qualificato interno, come medici, infermieri, psicologi, biologi, ingegneri, architetti, geologi, questi ultimi in qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione e di (Rspp) e di addetto ai servizi di prevenzione e protezione (Aspp), tutte figure indispensabili per affrontare l'attuale fase 2, nonché altre figure da individuarsi con apposito decreto, come gli avvocati, utili per i controlli in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni e integrazione, per l'attività di polizia giudiziaria nell'ambito del soccorso tecnico urgente e la cura del contenzioso giudiziario che vede coinvolto il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per la cui mole di lavoro l'Avvocatura dello Stato non sempre riesce a sopperire tempestivamente, commercialisti per il forte intensificarsi delle gare d'appalto per le sedi regionali, quali centri unici di spese, laureati in scienze statistiche, per meglio poter pianificare e organizzare il compito primario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le attività collaterali, il tutto in conformità con la cosiddetta «legge Madia» finalizzata alla valorizzazione del personale interno, la cui ratio è la valorizzazione del personale interno in possesso di titoli di studio e qualifiche appropriate e con l'esperienza maturata nel corso degli anni di servizio;

   nel recente riordino delle carriere dei vigili del fuoco, infatti, è stato istituito un ruolo speciale dei direttivi che ha consentito la promozione di una ristretta cerchia di personale in possesso del solo diploma, trascurando che, tra il personale interno non direttivo, ci sono diversi laureati come geologi, architetti, ingegneri, avvocati, medici, infermieri, biologi, commercialisti e altro, che potrebbero essere valorizzati con la doppia finalità di garantire il diritto alla progressione in carriera e, contemporaneamente, accrescere sempre di più la professionalità in conformità alla «legge Madia»;

   prova ne sia anche il concorso pubblico esterno per 87 posti nella qualifica di vicedirettore, bandito il 12 maggio 2020, ad avviso dell'interrogante, lesivo della dignità di molti appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco del che si aspettavano, invece, una modifica della legge delega per correggere le storture normative sul nuovo ordinamento dei vigili del fuoco come più volte annunciato dal Governo –:

   quali iniziative ritenga di dover assumere per correggere il recente riordino delle carriere dei vigili del fuoco al fine di valorizzare il personale interno, come vuole la ratio della cosiddetta «legge Madia», illustrata in premessa, e se sia in previsione di bandire a breve anche un concorso interno per il personale non direttivo e non dirigente in possesso di specifici titoli di studio e per il personale altamente qualificato, rientrando tale tipologia concorsuale eventualmente nelle eccezioni, anche in costanza di pandemia, dal momento che si tratta di figure indispensabili per affrontare l'attuale «fase 2».
(4-05771)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sera del 29 febbraio 2020, nella città di Napoli, un carabiniere fuori servizio, in compagnia della fidanzata, mentre stava parcheggiando la sua auto, veniva affiancato da uno scooter con in sella due ragazzi, uno dei quali, coperto nel volto, gli avrebbe puntato una pistola alle tempie e tentato di rapinargli l'orologio;

   nel legittimo tentativo di difendere se stesso e la fidanzata, il carabiniere avrebbe sparato al rapinatore che, dopo poche ore, sarebbe deceduto al pronto soccorso dell'ospedale Pellegrini a causa delle ferite d'arma riportate;

   il decesso del giovane rapinatore avrebbe scatenato all'interno dell'ospedale la furia dei familiari che hanno devastato il nosocomio, rendendolo inagibile e inibendo lo svolgimento del regolare servizio pubblico;

   inoltre, si apprende da organi di stampa, che dopo il decesso, alcune persone in scooter avrebbero raggiunto la caserma di Pastrengo, sede del comando provinciale dei carabinieri presso cui si stava svolgendo l'interrogatorio del complice, esplodendo dei colpi di arma da fuoco in classico stile camorristico;

   la vicenda drammatica sopra descritta sarebbe chiara espressione di un sistema punitivo voluto da una certa politica troppo indulgente che non sortisce alcun effetto dissuasivo ma che anzi alimenta il diffuso senso di impunità dei minorenni, rendendoli i migliori complici della criminalità organizzata;

   sono, infatti, proprio i minori ad essere i principali artefici delle «stese», rafforzati in ciò dalla presunzione di poter agire in una sorta di impunità, consapevoli che nei loro confronti ci sarebbe una maggiore tolleranza;

   la questione minorile, in tutta Italia, ma ancor più in una realtà «particolare» come quella napoletana, necessita di risposte concrete che devono arrivare in primis dallo Stato attraverso misure idonee, con norme più severe, pene certe e reali ma anche attraverso un piano di rieducazione che coinvolga le istituzioni scolastiche e le famiglie, al fine di ripristinare il senso di legalità, di giustizia e il rispetto per le istituzioni, a quanto pare smarrito;

   quanto accaduto mette in luce un quadro disarmante, di una società che si indigna, perché a perdere la vita è stato un giovane ragazzo, senza tenere in considerazione, ad avviso dell'interrogante, che quel quindicenne era un criminale e stava commettendo un grave e violento reato contro una persona, una società che «tollera» gesti illegittimi e violenti perché dettati dalla «rabbia del momento»;

   all'interrogante sembra doveroso ricordare, tra le altre, un'analoga vicenda che il 6 giugno 2008 vide protagonista il tenente Marco Pittoni, il quale, mentre era in borghese insieme ad un collega presso l'ufficio postale di Pagani (Sa), fu aggredito e ucciso da tre appartenenti al clan Gionta di Castellammare di Stabia, tra i quali, anche in quella occasione vi era un minorenne;

   in quell'occasione, non vi furono devastazioni, né proteste o indignazione, perché il militare aveva fatto il suo dovere e verosimilmente avrebbe potuto perdere la vita;

   lo Stato ha il dovere di contrastare simili deficienze, riappropriandosi della funzione inibitoria ed adottando una strategia meno tollerante, prevedendo modifiche normative che attribuiscano anche ai minori la giusta ed effettiva responsabilità delle proprie azioni delittuose;

   quando muore un ragazzo è sempre un dramma per l'intera comunità, tuttavia in circostanze come quella descritta lo Stato ha il dovere di intervenire a gran voce a supporto degli appartenenti alle forze dell'ordine che con il loro incessante operare a difesa della sicurezza dei cittadini rischiano quotidianamente la loro incolumità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere normativo, al fine di evitare il ripetersi di fatti come quelli descritti in premessa e al fine di tutelare maggiormente le forze dell'ordine.
(4-05775)


   LAPIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'organico della polizia di Stato, per effetto della legge di riforma della pubblica amministrazione n. 124 del 2015 (meglio nota come legge Madia), ha subito un taglio di circa 11 mila poliziotti;

   ciò, come conseguenza, ha comportato che il capo della polizia – ufficio direttore generale della polizia di Stato, abbia avviato recentemente un processo di revisione delle strutture centrali e delle articolazioni periferiche delle suddette forze dell'ordine;

   la riorganizzazione delle questure, ha visto la sua realizzazione con la pubblicazione, il 31 gennaio 2020 in Gazzetta Ufficiale, del decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 2019, n. 171, con cui è stato modificato il «Regolamento per il riordino della struttura organizzativa delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza» (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2001, n. 208);

   con lettera protocollo n. 23847 del 30 aprile 2020, la prefettura di Nuoro ha comunicato al comune di Fonni quanto segue: «la provincia di Nuoro sarà interessata dalla chiusura del Distaccamento di Polizia Stradale di Fonni», con la riallocazione del personale presso la sezione di polizia stradale di Nuoro;

   la chiusura della sede del comune di Fonni era già stata paventata nel 2017, anno in cui era già in opera un progressivo ridimensionamento dell'organico in forza al succitato distaccamento, che portava a pensare ad una decisione di imminente chiusura (come di fatto è avvenuto negli ultimi giorni);

   sono diverse le ragioni per le quali è necessario mantenere aperto un distaccamento presso il comune di Fonni: la percezione positiva da parte della popolazione di un senso di maggiore sicurezza; la percezione del senso di legalità con il notevole decremento degli incidenti stradali negli ultimi anni; la tempestività degli interventi in situazioni in cui si ritenesse utile la presenza degli agenti; l'egregio lavoro svolto dagli agenti in situazioni di grave difficoltà (si pensi alla nevicata del gennaio 2017 o all'interruzione di arterie stradali come la «Desulo-Fonni»); l'alta ricettività turistica del territorio;

   appare inverosimile come ancora una volta, nel caso della regione autonoma della Sardegna, piuttosto che incrementare i servizi in un'area già di per sé caratterizzata da numerosi problemi relativi alla grave carenza in molti settori vitali del territorio (si pensi alla sanità), si proceda ad un taglio indiscriminato e che non tiene conto di peculiarità oggettive del territorio, che si legano alla ineludibile necessità di assicurare un costante servizio di vigilanza da parte della polizia di Stato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se il Ministro interrogato non ritenga utile adottare le iniziative di competenza affinché sia ritirato il provvedimento emesso a discapito del comune di Fonni e ricercare, anche di concerto con le istituzioni territoriali (comune e prefetto), una migliore e più adeguata soluzione alla problematica descritta.
(4-05785)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

  il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali e inalienabili della persona, riconosciuto dall'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu e dall'articolo 34 della Costituzione; l'Agenda 2030 vede fra le 16 finalità il diritto all'apprendimento e alla formazione della persona, come meglio rappresentato dagli stessi obiettivi 4 e di riflesso 3 e 5;

   obiettivo 4: fornire un'educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti;

   obiettivo 3: assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età;

   obiettivo 5: raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze;

   il libro verde sull'educazione e gli obiettivi della strategia di Lisbona vedono l'istruzione, l'educazione e la formazione quali elementi portanti della società della conoscenza, elemento dirimente nel sostenere la competitività di un Paese;

   il Ministero dell'istruzione prevede per l'anno scolastico 2020/21 per la Toscana ben 118 posti comuni docenti in meno, che significano la soppressione di almeno cinquanta classi;

   la provincia di Massa Carrara risulta particolarmente penalizzata, come evidenziato da tutte le sigle sindacali i posti docenti passeranno, infatti, da un numero di 2.139 a 2.105; questa diminuzione costerà dalle 20 alle 30 classi in meno;

   nell'intraprendere tali decisioni, non si tiene conto di aspetti essenziali come l'edilizia scolastica, che nella provincia di Massa Carrara ha spesso strutture inadeguate per contenere un numero elevato di studenti per classe, perché inagibili o non a norma; non si considera la tipicità degli alunni della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, caratterizzata da una forte presenza di partecipazione sensoriale nel processo educativo; non si tiene neppure conto della necessità di supportare la permanenza in aree particolarmente svantaggiate, pur se strategiche nella loro posizione, anche in un'ottica interdisciplinare di salvaguardia del territorio (leggasi rischio idrogeologico, abbandono delle terre, forte avanzamento di zone boschive non gestite);

   la pesante riduzione dei posti docenti non può essere giustificata dal calo demografico senza prendere in considerazione il contesto;

   non si evince che gli uffici competenti abbiano valutato l'avvio dell'anno scolastico 2020-2021 in un'ottica di fase terza o quarta dell'emergenza sanitaria mondiale;

   a seguito della pandemia, è invece necessario che il numero degli alunni per classe diminuisca, per consentire il dovuto e necessario rientro degli studenti nelle aule;

   a settembre, con l'inizio del nuovo anno scolastico, occorre ripartire in sicurezza, permanendo nella propria terra ed evitando un numero di studenti per classe lesivo del rispetto delle limitazioni in ordine al distanziamento interpersonale in particolare in una provincia come quella di Massa Carrara che, specie in alcune aree particolari quali la Lunigiana, è stata duramente colpita dalla pandemia; l'aggregazione di più alunni provenienti da luoghi diversi ripropone la necessità di mobilità per studenti, in un momento nel quale la mobilità viene fortemente limitata e sconsigliata;

   il diritto alla salute, alla sicurezza e alla formazione di studenti e lavoratori può essere salvaguardato solamente riducendo i numeri degli allievi per classe e mantenendo, quindi, lo stesso numero di posti docenti del precedente anno scolastico;

   occorre garantire a studenti e lavoratori sicurezza all'interno delle classi e parità di trattamento nel numero di docenti tra tutte le province toscane, analizzando i dati di contesto e non semplicemente leggendo il numero degli alunni e il conseguente numero dei docenti;

   è di fondamentale importanza attuare e valorizzare il pieno diritto allo studio e tutelare il diritto alla salute di allievi, docenti e personale Ata –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire per l'anno scolastico 2020/21 lo stesso numero di posti comuni docenti dell'anno scolastico 2019/20 e parità di trattamento tra le varie province della Toscana.
(5-04020)


   FRASSINETTI, BUCALO e MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 dell'ordinanza ministeriale n. 10 del 16 maggio 2020 prevede che l'ammissione dei candidati esterni agli esami di Stato per il secondo ciclo di istruzione è subordinata al superamento di un esame preliminare, in presenza, le cui sessioni si terranno a partire dal 10 luglio 2020;

   l'esame di Stato si farà in sessione straordinaria adottata con specifica ordinanza, normalmente fissata a settembre;

   per quanto sopra è evidente che i candidati esterni non potranno sostenere l'esame tra il 17 giugno e il 10 luglio come i loro colleghi interni degli istituti statali e paritari, subendo di fatto una disparità di trattamento, oltre a un danno economico e psicologico dovuto al fermo dello studio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per eliminare questa discriminazione su tutto il territorio nazionale e far sì che tutti i candidati esterni possano avere gli stessi diritti di quelli interni anche in tempi di emergenza e pandemia e possano quindi sostenere gli esami nello stesso periodo, ossia tra il 17 giugno e il 10 luglio e nella stessa modalità.
(5-04022)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il numero di personale ispettivo attualmente impiegato dall'ispettorato, nazionale del lavoro (Inl) risulta essere pari a 2.561 unità, secondo quanto indicato nel «Rapporto annuale dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale – anno 2019» redatto dall'Inl stesso;

   si tratta, peraltro, di un dato sovrastimato. Infatti, visto che l'età media dei dipendenti che svolgono mansioni amministrative è molto alta, nel corso degli ultimi anni l'Inl ha perso centinaia di impiegati, dovendo quindi sopperire a tali carenze utilizzando personale ispettivo e distogliendolo dalla propria mansione. Così, sempre dal rapporto citato, risulta che solo 1.550 sono gli ispettori del lavoro adibiti all'attività ispettiva a tempo pieno, in quanto il restante migliaio è impiegato, anche solo parzialmente, in attività di ufficio;

   a ciò si aggiunga che il personale specializzato nello svolgimento di ispezioni in materia di salute e sicurezza – i cosiddetti ispettori tecnici – si è ridotto ormai a sole 222 unità in tutta Italia. Se a questo dato si affianca quello della forte riduzione di personale anche fra i tecnici della prevenzione delle Asl, il risultato è che la salute e la sicurezza in questo Paese non sono più da tempo oggetto di controlli approfonditi;

   si rende necessario, quindi, implementare al più presto tutte le forze dell'ispettorato del lavoro, mirando all'assunzione sia di personale amministrativo che di personale ispettivo. Si ricorda che un primo concorso, mirante all'assunzione di 691 ispettori del lavoro e 131 funzionari amministrativi, è stato già bandito e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 68 del 27 agosto 2019. Tuttavia, tale concorso – gestito dalla commissione Ripam e che prevede assunzioni anche per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e per l'Inail, per un totale di 1.514 posti – è tuttora fermo e non se ne comprendono i ritardi; se ne possono, però, verificare gli effetti, ossia il totale stallo dell'intera procedura, aggravato ora dall'emergenza determinatasi a seguito della diffusione da COVID-19;

   la strada più rapida per garantire l'immediata immissione di centinaia di nuovi dipendenti nell'Inl sarebbe quella di snellire le procedure concorsuali. In tal senso, era presente nella prima bozza del cosiddetto «decreto rilancio» una norma che autorizzava l'Inl a bandire una procedura di concorso per le aree funzionali, nei limiti del budget assunzionale relativo al personale cessato nell'anno 2019. Tale procedura semplificata si sarebbe svolta per titoli e colloquio da effettuare a distanza, eliminando perciò le prove scritte, che evidentemente rallentano l'iter. La previsione è purtroppo sparita dal testo finale e non se ne comprendono le ragioni, considerando che essa aveva copertura finanziaria, riguardando il budget assunzionale già autorizzato per il 2019;

   nel testo del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, è invece prevista agli articoli 251 («modalità straordinarie di svolgimento dei concorsi pubblici presso il Ministero della salute»), 252 («misure urgenti per lo svolgimento di concorsi per il personale del Ministero della giustizia») e 262 («Procedure assunzionali del Ministero dell'economia e delle finanze») la possibilità per queste amministrazioni di bandire dei concorsi semplificati, per titoli ed esame orale, giustificando variamente la deroga alla normativa generale;

   in questo quadro complesso, si inserisce anche il nuovo tipo di verifiche che l'Inl è chiamato a svolgere, al fine di verificare l'osservanza del «Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro», sottoscritto tra Governo e parti sociali il 14 marzo 2020, con ulteriore aggiornamento aprile. Nell'ambito di queste verifiche, ribadite da ultimo dall'articolo 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020, l'Inl è chiamato a controllare, tramite i suoi ispettori, il rispetto delle previsioni del suddetto protocollo, mediante la compilazione di apposite check-list, che vengono poi trasmesse alla prefettura territorialmente competente, perché adotti gli eventuali provvedimenti di competenza, come la sospensione delle aziende che non garantiscono una riapertura conforme al protocollo;

   a fronte di tale nuovo importante compito affidato all'Inl, quest'ultimo però, rischia di non avere tutte le risorse umane necessarie per poterlo svolgere, nonostante l'impegno ripetutamente e pubblicamente assunto dalla Ministra del lavoro e delle politiche sociali a rafforzare l'Inl, anche attraverso assunzioni di personale –:

   quali iniziative intenda intraprendere per assicurare che l'Inl possa svolgere le importanti funzioni ad esso affidate.
(2-00811) «Magi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONTARULI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 aprile 2020 la Società Sviluppo Commerciale s.r.l. con insegna Carrefour, in persona del legale rappresentante, trasmetteva alle organizzazioni sindacali comunicazione di avvio della procedura di consultazione sindacale per l'attivazione della cassa integrazione in deroga, ex articolo 22 del decreto-legge n. 18 del 2020, per il personale dipendente degli Ipermercati Carrefour;

   tale decisione veniva assunta asseritamente a seguito dell'applicazione ed attuazione di quanto previsto dalle disposizioni normative assunte dal Governo concernenti l'imposizione di misure restrittive per il contrasto all'emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del virus COVID-19;

   Carrefour in particolare lamenta la drastica riduzione del fatturato della società (oltre il trenta per cento) derivante, principalmente, dalla chiusura dei reparti non food nonché dalla limitazione del flusso della clientela;

   vero è, tuttavia, che nel periodo di lockdown i supermercati sono gli unici ad aver lavorato a regime e significativamente sono anche le attività che nei mesi successivi avranno una minore previsione di perdita;

   nelle grandi città non si arresta la richiesta di insediamento di ipermercati tanto che laddove si sono imposte provvisorie misure stringenti alle nuove aperture ne è derivata la contestazione da parte dei rappresentanti del settore, a significare quindi che gli stessi confidano nella tenuta economica della categoria;

   ciò nonostante il ricorso alla cassa integrazione da parte di Carrefour interessa buona parte del personale dipendente per nove ovvero tredici settimane, a seconda dell'ubicazione dell'ipermercato, a far data dal 27 aprile 2020 sino al 31 agosto 2020;

   in data 11 maggio 2020, le parti concludevano accordo sindacale che prevedeva il ricorso all'ammortizzatore di cui sopra per 4.422 dipendenti –:

   se non intenda convocare i vertici della società in questione per verificare il reale stato di crisi della medesima a tutela dei lavoratori dipendenti.
(5-04019)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le previsioni di Unioncamere sull'impatto economico legato all'emergenza sanitaria da Covid 19, secondo cui in Puglia, nel 2021, potrebbero scomparire 20 mila imprese, con la conseguente perdita di 69 mila posti di lavoro, presentano un quadro molto preoccupante che, a livello nazionale, secondo i dati forniti da Istat, con il lockdown ha fermato un'impresa su due, generando uno shock sull'economia senza precedenti;

   in Puglia, come in molte altre regioni la situazione attuale è allarmante. L'assessore alla formazione e al lavoro Sebastiano Leo ha comunicato che «il numero di domande di cassa integrazione in deroga inoltrate da parte delle imprese pugliesi alla Regione Puglia, su tutto il territorio regionale, è pari a 34.689»;

   secondo l'assessore Leo, dati del 27 aprile 2020, la regione Puglia ha istruito e decretato e, quindi, trasmesso ad Inps un numero pari a 5.573 domande di Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) da parte delle rispettive imprese per un numero di lavoratori interessati pari a 13.343. Secondo il rapporto dell'Inps del 29 aprile invece risultano essere decretate dalla Puglia 4.467 domande. Di queste 4.033 sono le domande autorizzate dall'Inps, di cui 1.094 le domande pagate per un totale di 2245 beneficiari;

   consta all'interrogante che, alla data del 7 maggio 2020, come si evince da articoli di stampa (www.gazzettadelmezzogiorno.it dell'11 maggio 2020) delle 7.932 domande decretate dalla regione, ne sono state autorizzate dall'Inps 6.374 e ne sono state pagate 3.367, con numeri di gran lunga inferiori rispetto a quelli effettivi, dovuti principalmente alla lentezza dello smaltimento delle relative pratiche;

   questi dati evidenziano notevoli ritardi nella gestione delle migliaia di domande pervenute pochi mesi di distanza dell'attivazione del portale Sistema Puglia, piattaforma dedicata alla ricezione delle domande di Cassa integrazione guadagni in deroga e che porteranno inevitabilmente allo slittamento delle erogazioni dei trattamenti a danno di imprese e lavoratori;

   numerose critiche sono giunte anche dai sindacati che hanno chiesto di accelerare la trasmissione delle domande, poiché ci si trova spesso di fronte a situazioni molto difficili, come nel caso della provincia di Bari, dove su 1 milione e 200 mila cittadini, ve ne sono 400 mila, in età da lavoro, tra i 15 e i 65 anni, che non hanno reddito da lavoro ed in questi numeri rientrano fenomeni come il lavoro nero e la disoccupazione forzata –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire il rispetto dei tempi nella concessione della cassa integrazione in deroga come previsto dall'articolo 22 del decreto n. 18 del 17 marzo 2020 cosiddetto «Cura Italia», in base al quale la regione Puglia ha approvato l'accordo quadro con le organizzazioni sindacali e datoriali per la concessione del relativo trattamento, con riferimento ai datori di lavori del settore privato (compreso quello agricolo, della pesca e del terzo settore), al fine di salvaguardare le imprese e i lavoratori pugliesi, già duramente colpiti da altri fattori che contribuiscono ad indebolire l'intero settore produttivo locale, messo in ginocchio dall'emergenza sanitaria da Covid-19 che ha colpito il nostro Paese e il resto del mondo.
(4-05768)


   FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Cnh Industrial è la società industriale d'origine italo-canadese, attiva nel mercato dei capital goods e sorta in seguito alla fusione tra Fiat Industrial e Cnh. Il gruppo progetta, produce e commercializza macchinari per il settore agricolo e delle costruzioni, veicoli per l'industria e commerciali, autobus e mezzi speciali; è inoltre attivo nella produzione di propulsori per applicazione marina e motori. È presente in circa 180 Paesi, con più di 63.000 dipendenti in 67 stabilimenti produttivi e in 56 centri di ricerca e sviluppo;

   il 1° ottobre 2019 la direzione aziendale di Cnh, che conta 4.300 lavoratori sul territorio nazionale, ha illustrato alle delegazioni sindacali un piano di riorganizzazione che prevede la dismissione e la conseguente chiusura dello stabilimento di Pregnana Milanese a partire dal 2020, rispettivamente entro il 2020 per le attività produttive e entro il 2021 per le attività di logistica. Tale riorganizzazione è stata motivata dalla volontà del gruppo di concentrare tutta la produzione a Torino e le attività di logistica nello stabilimento di San Mauro, in provincia di Torino. A Pregnana Milanese i lavoratori coinvolti sono 254: 170 addetti alla produzione di motori marini e generatori di potenza e 84 al polo logistico;

   i dipendenti del sito di Pregnana Milanese vivono il paradosso che lo stabilimento non solo ha ordini e commesse che gli attuali dipendenti non riescono ad evadere, ma produce anche molti utili;

   il 7 febbraio 2020, alla presenza di diversi rappresentanti istituzionali, i sindacati hanno presentato un piano alternativo alla chiusura di Pregnana Milanese, elaborato dalle lavoratrici e dai lavoratori dello stabilimento. Il piano prevede una forte riduzione dei costi e un aumento della redditività della fabbrica, e rilancia la necessità di non azzerare una realtà industriale importante, che produce profitti elevati;

   a causa dell'emergenza sanitaria del Covid-19 ogni decisione è stata rimandata, anche perché le eventuali intese andrebbero discusse e votate in assemblea dei lavoratori, cosa impossibile per le misure previste in difesa della salute dei cittadini. In relazione all'andamento del contagio si decide di chiudere il reparto manufacturing di Pregnana Milanese dal 16 marzo 2020;

   il 10 marzo 2020 si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico in videoconferenza, un incontro tra Cnh e le rappresentanze sindacali. Si è raggiunto un accordo che stabilisce lo spostamento a dicembre 2020 della chiusura dell'attività produttiva di Pregnana Milanese. Inoltre, per evitare licenziamenti si prevede il ricorso a proposte di incentivo al trasferimento in altro sito, a uscite agevolate dei lavoratori vicini alla pensione, a distacchi, trasferte e ammortizzatori sociali. L'Accordo è la cornice e il presupposto fondamentale per la prosecuzione del confronto costruttivo tra le parti per la costruzione dei singoli accordi territoriali;

   risulta all'interrogante che nell'ultimo periodo la proprietà ha persino attivato contratti di lavoro interinale presso il sito di Pregnana Milanese per fare fronte alla produzione, ma, nonostante questo, non recede dalla volontà di chiudere lo stabilimento –:

   se il Governo non ritenga utile adottare iniziative per salvaguardare i livelli occupazionali e per evitare a molti lavoratori di essere trasferiti a circa 200 chilometri dall'attuale luogo di occupazione;

   se risulti anche al Governo l'attivazione di nuovi contratti in questa fase e, in caso affermativo, se non si ritenga utile adottare iniziative per riaprire il tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di valutare un nuovo accordo alla luce di questa novità.
(4-05770)


   FIORAMONTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese ha attraversato, e sta tuttora attraversando, la situazione di emergenza sanitaria derivante dall'insorgere del Covid-19. Tale pandemia ha coinvolto in maniera indiscriminata tutta la popolazione, sebbene alcune fasce della società abbiano sofferto maggiormente: in particolare, le categorie più deboli, spesso prive di mezzi sufficienti a provvedere al proprio sostentamento ed istruzione. All'interno di queste famiglie, sovente vi sono membri fragili, che necessitano di assistenza continua. Coloro che se ne occupano, i cosiddetti caregiver, non possono al momento fare affidamento su una puntuale disposizione legislativa volta a tutelare il loro status con tutte le garanzie che andrebbero riconosciute;

   il caregiver familiare o assistente familiare è colui che presta assistenza gratuita a tempo pieno o parziale, verso un proprio familiare o congiunto non più autosufficiente a causa dell'età avanzata oppure di patologie croniche invalidanti;

   nonostante l'entità dell'impegno in termini di tempo e di energia e le innumerevoli difficoltà, non solo di ordine morale, ma anche di natura economica, il caregiver familiare non è ancora una figura professionale riconosciuta e protetta dal nostro ordinamento giuridico;

da una recente indagine del Confad è emerso come tale categoria sia stata dimenticata durante la crisi: durante la fase 1, il 50 per cento dichiara di non essere stato mai contattato da assistenti sociali né centri diurni; il 65 per cento afferma al non aver avuto contatti con i centri di assistenza che seguono il familiare (neanche in remoto), il 71 per cento non si sente sostenuto dalle istituzioni e, rispetto ai provvedimenti emanati dal Governo, il 98 per cento dice che sono stati insufficienti e il 97 per cento che non ha ricevuto finora «sostegni economici, né pacchi spesa o buoni spesa»;

   tali problematiche riguardano anche i minori con forme diverse di disabilità, che, a causa del Covid-19, sono anch'essi stati costretti a rimanere in casa e non andare a scuola, per cui i caregiver familiari denunciano, nel 45 per cento dei casi, di non aver ricevuto alcuna assistenza scolastica da remoto e che, nel 35 per cento dei casi, l'hanno ricevuta da una a tre volte la settimana: la continuità didattica, laddove è stata possibile, lo è stata solo grazie al caregiver familiare che ha permesso allo studente di mantenersi collegato alla scuola –:

   quali iniziative normative di competenza il Governo intenda assumere fine di dotare la categoria dei caregiver di tutti gli strumenti necessari alla loro tutela giuridica e a quella del familiare assistito, specialmente rispetto ai soggetti minori, a garanzia della continuità del diritto allo studio.
(4-05772)


   ANGIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le persone con disabilità gravi o plurime e soprattutto le loro famiglie sono tra quelle che sono state doppiamente colpite dalle restrizioni dovute al coronavirus;

   alle pesanti difficoltà che affrontano già normalmente nella loro vita si sono aggiunte quelle correlate ai divieti di contatti sociali e di movimento e, quindi, all'interruzione dell'assistenza sociale, sanitaria e dei trattamenti terapeutici che, negli anni, hanno consentito importanti conquiste di autonomia e che ora sono drammaticamente a rischio;

   durante la «fase acuta» dell'emergenza, il Governo e le sue task force, ad avviso dell'interrogante, non hanno riservato alcuna attenzione nei confronti delle persone con disabilità e delle loro continue richieste di aiuto. Anzi, pare che gli invalidi siano stati addirittura oggetto di discriminazioni. Basti considerare il semplice fatto che il bonus da 600 euro dell'Inps non è cumulabile con l'assegno ordinario di invalidità riservato ai lavoratori la cui capacità lavorativa risulti ridotta a meno di un terzo a causa di un'accertata infermità di natura fisica o mentale;

   si ricorda ai Ministri interrogati che il misero assegno che i citati invalidi ricevono dall'Inps serve per curarsi e, cosa che a giudizio dell'interrogante probabilmente il Governo ignora, viene erogato perché gli interessati pagano regolarmente i contributi (si devono avere almeno cinque anni di contributi versati negli ultimi tre). Sono persone che hanno partita Iva e pagano regolarmente le tasse;

   i titolari di pensione di invalidità all'atto della presentazione della domanda per i 600 euro, si sono visti restituire dall'Inps la seguente risposta: «La sua domanda non può essere accolta poiché lei risulta titolare di pensione di invalidità»;

   al contrario e paradossalmente, il bonus è cumulabile con l'assegno di invalidità civile, e più in generale, con le prestazioni di natura assistenziale riconosciute agli invalidi civili, ciechi civili e sordi civili –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per dare una risposta alle istanze che provengono da migliaia e migliaia di invalidi civili, con versamento di tutti gli arretrati dei mesi precedenti.
(4-05777)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto emerso a mezzo stampa in data 20 maggio 2020, i Centri di assistenza agricola (Caa) sull'intero territorio nazionale stanno da giorni riscontrando problematiche legate all'accesso al sistema Agea mediante il quale le imprese agricole possono interfacciarsi per richiedere le risorse legate, tra le altre, ai fondi di cui ai programmi di sviluppo rurale (Psr);

   secondo le segnalazioni dei Caa, tali problematiche di accesso starebbero perdurando da oltre 14 giorni, con conseguenti ed ingenti ritardi nell'elaborazione dei propri carichi di lavoro;

   in base a quanto segnalato dai Caa, tali criticità sarebbero legate ad alcuni aggiornamenti in atto sul Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), deputato a gestire sia la parte fascicolare che la parte amministrativa delle domande legate ai programmi e Pac e Psr;

   il termine di scadenza delle domande per l'utilizzo dei fondi di cui ai predetti programmi - segnatamente Psr e domanda unica - è fissato alla data del 15 giugno 2020, data rispetto alla quale i Caa hanno riportato aver esperito poco meno del 50 per cento delle pratiche e domande ricevute, anche a causa dei ritardi amministrativi comportati dalla crisi da COVID-19;

   se per quanto attiene alla domanda unica per l'accesso alle risorse di cui al regolamento (CE) 73/2009, sono ammessi ritardi nell'elaborazione e presentazione delle richieste fino al 10 luglio, senza alcuna penalità nei confronti del richiedente, i ritardi legati alle erogazioni dei Psr sono vincolati all'approvazione della regione di competenza, in assenza della quale ogni giorno di arriva a costare all'agricoltore l'1 per cento sul pagamento di premio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per:

    a) garantire la corretta elaborazione delle richieste di erogazione dei fondi di cui in premessa;

    b) tutelare l'intero comparto da eventuali ripercussioni negative derivanti dalla manca elaborazione delle domande di cui in premessa.
(4-05769)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPARVI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la polemica intorno alla casa famiglia di Nocera Umbra, alimentata anche dal servizio de «Le Iene», merita a parere dell'interrogante un approfondimento al fine di far luce sulla realtà dei fatti ed evitare strumentalizzazioni di situazioni delicate come quelle di persone anziane e bisognose;

   due anni fa circa, si ricorda, il comune di Nocera Umbra, per motivi economici, si è trovato costretto a chiudere la residenza sociale comunale, con capienza per 10 ospiti, gestita tramite convenzione con l'Usl Umbria 2;

   la struttura, infatti, secondo anche quanto dichiarato dal sindaco, aveva un costo annuo di circa 300 mila euro, di cui 200 mila a carico del comune: una cifra esosa per un comune di appena 6 mila abitanti;

   la decisione diventa oggetto di scontro tra maggioranza e opposizione, strumentalizzata anche per visibilità politica e, sempre secondo il racconto del sindaco, la struttura è stata trasformata in «residenza autogestita guidata da due consiglieri comunali dell'opposizione: una "Casa" completamente abusiva, senza alcun tipo di autorizzazione, con i locali occupati che sono di proprietà dell'Azienda Sanitaria, la quale Azienda ha già più volte richiesto di liberare gli stessi ma, soprattutto, con ospiti anziani particolarmente fragili seguiti da personale senza alcun tipo di qualifica idonea»;

   nel frattempo è nata la Residenza per anziani, struttura in regola con tutte le normative in materia sanitaria e assistenziale, gestita da personale sanitario qualificato e convenzionata con il servizio sanitario regionale, nella quale era stata prevista una riserva di 10 posti proprio per il trasferimento degli ospiti della vecchia casa famiglia;

   tali ospiti, tuttavia, con il consenso anche dei propri familiari, non hanno voluto trasferirsi e, a causa anche dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e dei diversi contagi avvenuti nelle case di riposo, la struttura è stata sottoposta a controllo dei Nas;

   diversa versione, invece, è quella fornita dalla Cgil locale, che accusa l'Usl di aver fatto recapitare in piena pandemia «un provvedimento di sfratto, perché avrebbe deciso di vendere i locali» –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda tempestivamente adottare per contribuire a far luce sulla vicenda esposta in premessa, anche con riguardo al possibile esercizio di una qualche forma di coercizione a danno di persone fragili sistemate in una situazione che, ad avviso dell'interrogante, non garantisce i livelli assistenziali necessari.
(4-05766)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende il commissario della Asl Umbria 2, in piena emergenza Covid-19, avrebbe inviato una lettera intimando il rilascio dei locali a 14 anziani, ospiti della casa di riposo di Nocera Umbra;

   solo due anni fa, gli ospiti di tale struttura si erano già opposti al trasferimento forzato a Foligno proposto dall'amministrazione comunale e, successivamente, venuto meno ogni tipo di contributo pubblico, gli stessi si sono autorganizzati in una casa famiglia, rimanendo nella stessa struttura, di proprietà della Asl, che li ospita da tanti anni;

   gli anziani di questa casa di riposo si sono fatti carico delle spese di gestione e di ristrutturazione dei locali e hanno proposto alla Asl2 di realizzare un nuovo contratto di locazione;

   la Asl in questione, invece, ha evidentemente preferito richiedere il rilascio dei locali, perché avrebbe deciso di vendere la proprietà;

   secondo quanto dichiarato dallo Spi Cgil locale, che ha lanciato l'allarme e denunciato lo sfratto definitivo da parte della Asl2, i 14 ospiti della casa di riposo hanno recentemente effettuato il tampone e risultano tutti negativi al Covid-19;

   tutti gli ospiti hanno un'età che va dai 77 ai 95 anni; si tratta quindi di persone fragili che andrebbero tutelate dalle istituzioni e dalla società tutta e non private di un tetto e dell'assistenza necessaria;

   a parere dell'interrogante l'esperienza della casa di riposo di Nocera Umbra dimostra l'importanza di queste forme di auto organizzazione e di co-housing. Tali esperienze andrebbero salvaguardate e incentivate e non ostacolate per ragioni economiche, politiche o burocratiche, come non è ragionevole pensare di far cambiare città a persone così anziane e privarle delle visite dei parenti e delle passeggiate in paese –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché esperienze di co-housing e forme di autorganizzazione come quella descritta in premessa e che ha permesso a 14 anziani di Nocera Umbra di continuare a vivere nel loro paese, in una casa di riposo, peraltro in assenza di contributi pubblici, vengano tutelate e incentivate.
(4-05767)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il «modello Campania» del presidente De Luca, che a suo dire rappresenterebbe un modello nazionale per concretezza e operatività nell'ambito delle manovre per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, presenterebbe alcune criticità;

   in data 5 aprile 2020 «La Repubblica» riportava la notizia dell'avviso di indagine di mercato pubblicato sul sito della So.Re.Sa. s.p.a., Società regionale per la sanità, per acquisire la disponibilità di laboratori di analisi accreditati per effettuare diagnosi sui campioni clinici per Sars-Cov-2, che, sin da subito, presentava le seguenti criticità: pochissime ore a disposizione per concorrere e la produttività giornaliera richiesta di 500 tamponi;

   tali presupposti sarebbero risultati così stringenti da limitare l'accesso alla partecipazione esclusivamente a specifici laboratori e da indurre l'opinione pubblica e politica a ritenere che si trattasse di un bando ad hoc, poiché solo un laboratorio, Ames di Casalnuovo, sarebbe in grado di eseguire una mole di test così alta;

   gli interrogativi sollevati da più parti, anche dal dottor Gennaro Lamberti, presidente Federlab Italia, associazione di categoria nazionale fra le più rappresentative nel campo della laboratoristica, sarebbero stati attenzionati dalla procura di Napoli che, secondo organi di stampa, avrebbe aperto un fascicolo contro ignoti per indagare su un presunto «affare tamponi» che coinvolgerebbe la regione Campania e i reati ipotizzati sarebbero di turbativa d'asta, frode e truffa;

   al vaglio degli inquirenti vi sarebbero il predetto bando e i rapporti tra l'Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno (Izsm) di Portici, autorizzato ad effettuare i tamponi e il laboratorio privato Ames presso cui l'Izsm avrebbe trasferito personale e attrezzature per l'analisi dei tamponi, passando da 58 tamponi (28 marzo) a 700 tamponi al giorno;

   il centro Ames, di fatto, effettuerebbe le diagnosi senza autorizzazioni, bandi, validazioni scientifiche del Ministro competente o dei centri di riferimento;

   con decreto disposto dalla procura, i carabinieri avrebbero acquisito documentazione presso i suddetti uffici, tra cui un contratto da 750 mila euro tra il direttore generale dell'Izsm, Antonio Limone e il dottor Antonio Fico di Ames, firmato a marzo 2020 in piena crisi Covid e relativo ad una precedente gara d'appalto risalente a dicembre, che prevederebbe una clausola di sospetta legittimità che introduce l'emergenza Covid e la collaborazione gratuita in calce al contratto riguardante, invece, indagini epidemiologiche nella «Terra dei fuochi»;

   tale contratto sarebbe stato siglato nelle stesse ore in cui la So.Re.Sa. lanciava la manifestazione di interesse per ricercare laboratori privati al fine di consentire alla regione Campania, di implementare l'analisi dei tamponi e i cui requisiti sarebbero risultati idonei esclusivamente per mega laboratori, tra cui Ames;

   organi di stampa riferiscono che al vaglio degli inquirenti vi sarebbero, altresì, superconsulenze dell'Izsm, tra cui quella del direttore amministrativo e di un consulente esterno;

   decine di inchieste sono state avviate dalle procure per presunti illeciti riconducibili alla gestione sanitaria della regione Campania, tra cui anche un'indagine della Corte dei conti relativa all'accordo siglato tra la regione e le cliniche private;

   laddove fossero acclarate le presunte irregolarità riportate dagli organi di stampa e oggetto di inchieste, si sarebbe di fronte ad una inadeguata gestione politica e amministrativa dell'emergenza epidemiologica da parte della regione Campania con gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione alle presunte irregolarità sollevate, al fine di tutelare la salute dei cittadini della regione Campania e garantire maggiore trasparenza delle procedure di selezione utili per fronteggiare l'emergenza COVID-19.
(4-05774)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa della assurda vicenda che il 2 maggio 2020 avrebbe visto coinvolto un giovane 33enne di Ravanusa (Agrigento), Dario Musso, sottoposto trattamento sanitario obbligatorio apparentemente per aver solo espresso la propria opinione;

   in particolare, quest'ultimo, sceso per strada con il suo megafono, all'interno della propria autovettura, avrebbe iniziato a pronunciare frasi del tipo: «la pandemia non esiste, uscite tutti di casa e levatevi le mascherine»;

   a quel punto, come documentato da un video condiviso in rete, sarebbe stato fermato da una volante dei Carabinieri, i quali lo avrebbero immobilizzato per terra e con l'aiuto di operatori sanitari, lo avrebbero sedato:

   da quel momento Musso sarebbe stato trasferito presso il reparto psichiatrico dell'Ospedale Barone Lombardo di Canicattì, in esecuzione di un trattamento sanitario obbligatorio che sarebbe stato disposto dal sindaco della città di Ravenusa, Carmelo D'Angelo;

   di poi, nell'immediatezza del ricovero, il fratello, l'avvocato Lillo Massimiliano Musso, avrebbe provato molteplici volte ad entrare in contatto con Dario dal giorno del ricovero coatto, ma, gli operatori sanitari, oltre alla vaghezza delle ragioni del ricovero fornite, avrebbero addirittura negato la possibilità di comunicare anche solo telefonicamente con il ristretto;

   solo dopo ben 4 giorni di insistenze del fratello, un medico gli avrebbe passato telefonicamente Dario che oltre ad apparire palesemente stordito, probabilmente sedato, avrebbe riferito: «sono chiuso nelle mani e nelle braccia»;

   se quanto sopra riferito corrispondesse al vero, ci si troverebbe innanzi ad una grave violazione delle libertà e dei diritti civili e politici costituzionalmente garantiti, che, non possono in alcun modo essere compressi se non nei casi eccezionali tassativamente previsti dalla Costituzione e dalla legge;

   è noto che in Italia gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari: nessuno può essere sottoposto a visite mediche o a ricovero ospedaliero contro la sua volontà, così come dispone l'articolo 32 della Costituzione; l'unica eccezione, quale estrema ratio, è data dal trattamento sanitario obbligatorio ovvero il ricovero coatto e forzato del paziente che presenta problemi psichiatrici tali da renderlo potenzialmente pericoloso per se stesso e per la comunità secondo quanto previsto dagli articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

   tuttavia, dal video che il giovane Musso avrebbe registrato poco prima dell'accaduto e dalle stesse parole utilizzate per propagandare le sue teorie negazioniste sull'epidemia esprimendo pacificamente il proprio pensiero, non sembrerebbe in alcun modo presentare uno stato di alterazione psichica, né tantomeno essere pericoloso per se stesso o per gli altri, sicché, ad avviso dell'interrogante, si sarebbe proceduti con il trattamento sanitario obbligatorio in assenza dei presupposti legittimanti;

   a fronte di quanto previsto dall'articolo 21 della Carta Costituzionale che sancisce diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione, appare davvero inaccettabile che l'emergenza epidemiologica che si sta vivendo possa arrivare a minare le fondamenta democratiche della nostra Nazione dando la stura finanche a derive autoritarie liberticide –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se non si intenda acquisire ogni utile elemento, per quanto di competenza, al fine di contribuire a fare chiarezza in ordine al caso evidenziato in premessa e al rispetto delle libertà e dei diritti riconosciuti, prima che al paziente, ad ogni individuo.
(4-05776)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Lucaselli e altri n. 2-00809, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Formentini e altri n. 4-05445, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Binelli, Vanessa Cattoi, Loss, Sutto.

  L'interrogazione a risposta orale Luca De Carlo e altri n. 3-01555, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Frassinetti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-03994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi.

  L'interrogazione a risposta scritta Galantino e Donzelli n. 4-05724, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Frassinetti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ciaburro e altri n. 5-04007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Frassinetti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Sarli n. 5-04008, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nappi, Menga Sabrina De Carlo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Luca De Carlo e altri n. 5-04012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Lucaselli e altri n. 4-05757, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI, DE GIROLAMO, VILLANI, BOLOGNA, BRUNO e TROIANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, accade che, i detenuti, una volta scontata la propria pena, continuino la permanenza negli istituti penitenziari ovvero vengano trasferiti in case lavoro o in colonie agricole, ove sono costretti a rimanere anni o anche decenni in virtù della pericolosità sociale che questi soggetti avrebbero;

   la misura di sicurezza detentiva nelle case lavoro costituisce una pena aggiuntiva, che dovrebbe servire, soprattutto per i delinquenti abituali, come forma di rieducazione e reinserimento nella società e come periodo di prova in cui il magistrato di sorveglianza dovrebbe valutare l'attualità della pericolosità sociale degli individui;

   tuttavia, questa forma di misura detentiva, spesso non consente una vera e propria rieducazione, in quanto molto spesso mancano le opportunità di lavoro e i soggetti continuano a permanere in carcere, come i detenuti che devono ancora scontare la propria pena: in altre parole, tali misure sembrerebbero delle forme di prolungamento delle pene detentive, in assenza, però, di una sentenza di condanna giustificativa;

   inoltre, non sempre la valutazione della pericolosità sociale dei soggetti è attuale, per cui, anche a seguito di lunghe condanne detentive, in cui la pericolosità sociale potrebbe essere già venuta meno, questi soggetti sono comunque sottoposti a queste misure di sicurezza detentiva;

   si ritiene che il reinserimento nella società e la rieducazione dei detenuti e degli internati debba essere la priorità assoluta del sistema penitenziario italiano e l'utilizzo di case lavoro o colonie agricole debba essere efficace ed utile innanzitutto per gli stessi soggetti ospitati –:

   quante siano le persone attualmente sottoposte a misure di sicurezza detentiva, con particolare riguardo alle case lavoro e alle colonie agricole;

   se il Governo intenda intraprendere iniziative normative al fine di rendere più efficiente e tempestiva la valutazione della pericolosità sociale dei soggetti sottoposti a misure di sicurezza detentiva, inclusa la possibilità di prevedere che si possa anticipare tale valutazione anche prima del termine della pena detentiva;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di rendere utili ed efficaci le case lavoro e le colonie agricole al fine della rieducazione e del reinserimento nella società delle persone ivi ospitate.
(4-04342)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo gli interroganti, nel richiamare l'istituto delle misure di sicurezza detentive, a causa delle quali i soggetti che ne sono destinatari, una volta scontata la pena, di fatto continuano a permanere in carcere ovvero vengono trasferiti presso case lavoro o colonie agricole pur in mancanza di reali opportunità di lavoro, con l'effetto di subire un prolungamento della pena aggravato da una valutazione della pericolosità sociale non sempre attuale, chiedono di sapere quante siano le persone attualmente sottoposte a misure di sicurezza detentiva, con specifico riferimento alle case lavoro e alle colonie agricole, se il Governo intenda intraprendere iniziative normative al fine di rendere più efficiente e tempestiva la valutazione della pericolosità sociale, inclusa la possibilità di anticipare tale valutazione anche prima del termine della pena detentiva, quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di rendere utili ed efficaci le case lavoro e le colonie agricole per la rieducazione e il reinserimento nella società delle persone ivi ospitate.
  Preliminarmente, dal punto di vista numerico, va detto che, sulla base dell'ultimo rilevamento, i soggetti con posizione giuridica di «internati» presenti presso gli istituti penitenziari italiani sono 321, di cui 316 uomini e 5 donne.
  Le case di lavoro per internati attive sul territorio sono quella di Vasto, quella di Aversa, quella di Castelfranco Emilia e quella di Biella a cui devono aggiungersi le sezioni destinate esclusivamente ad internati presenti presso le case di reclusione di Trani e Venezia «Giudecca», nonché presso la casa circondariale di Tolmezzo.
  Le colonie agricole attive sono le case di reclusione di Isili, Is Arenas e Mamone in Sardegna, nonché Gorgona nell'Arcipelago toscano.
  Sempre sulla base dell'ultimo rilevamento, non si rileva alcuna criticità nel rapporto numerico fra i soggetti da destinare a tali strutture e la capacità ricettiva delle stesse. Relativamente alle case lavoro, a fronte della disponibilità di 371 posti, sono presenti 258 internati, con un sopravanzo di 113 posti letto.
  Presso le colonie agricole si registra una perfetta corrispondenza numerica fra i 25 internati e gli altrettanti posti disponibili.
  Ad ogni buon conto è opportuno evidenziare che, proprio per ampliare la capacità ricettiva di tali strutture, è prevista l'apertura di una sezione a Barcellona Pozzo di Gotto al termine dei lavori di messa in sicurezza che stanno interessando l'istituto.
  Con specifico riferimento alla verifica della pericolosità sociale, il quadro normativo attualmente vigente già soddisfa le richieste degli interroganti.
  Premesso che la platea dei potenziali destinatari delle misure di sicurezza detentive è circoscritta a coloro che rientrano nell'elenco tassativamente codificato dall'articolo 216 del codice penale, va chiarito che all'indomani dell'entrata in vigore della legge 10 ottobre 1986 n. 663 (cosiddetta legge Gozzini), l'applicazione delle misure di sicurezza personali presuppone un concreto accertamento della pericolosità sociale del soggetto, essendo venuto meno il previgente meccanismo presuntivo previsto dall'articolo 204 del codice penale, abrogato proprio dalla richiamata legge Gozzini.
  A tale valutazione deve, poi, fare seguito il nuovo accertamento, da parte del magistrato di sorveglianza, del permanere della condizione di pericolosità sociale anche tenuto conto della condotta del condannato, sia durante che dopo l'espiazione della pena.
  In altre parole, ai sensi dell'articolo 679 del codice di procedura penale l'accertamento in concreto della pericolosità sociale deve accompagnare la statuizione giudiziale sia in fase applicativa che in fase esecutiva, di tal che il magistrato di sorveglianza deve previamente verificarne la permanenza, anche quando essa sia stata già in precedenza accertata dal giudice della cognizione che ha emesso la sentenza di condanna, ancorché passata in giudicato.
  L'attuale sistema normativo e processuale, dunque, contempla la possibilità di una rivalutazione della pericolosità sociale del soggetto, anche prima che sia stato ultimato il periodo di espiazione, così da stimolare proprio quella valutazione — o meglio rivalutazione — anticipata a cui gli interroganti fanno riferimento.
  Per quanto attiene alle offerte lavorative, va debitamente rimarcato che, a far data dal 1o ottobre 2017, sono entrati in vigore i prescritti adeguamenti ai 2/3 dei Ccnl stabiliti dalla commissione competente.
  Tale adeguamento ha comportato un aumento della retribuzione di circa l'80 per cento, a cui non si procedeva dal 1994.
  Per bilanciare il notevole incremento delle retribuzioni e contrastare la flessione nel numero dei lavoranti alle dipendenze dell'Amministrazione, nel corso dell'esercizio finanziario corrente, le risorse stanziate sul capitolo delle retribuzioni, pari a circa 110.000.000.00 euro, sono state integrate all'inizio del mese di ottobre 2019 con ulteriori 8.000.000.00 euro.
  In termini più generali, va ricordato in questa sede che il Ministero della giustizia è attivamente impegnato nel potenziare in maniera significativa la formazione professionale e le offerte lavorative per i detenuti, sulle premesse già poste all'inizio della corrente legislatura con la riscrittura dell'articolo 20 dell'Ordinamento penitenziario attraverso il decreto legislativo n. 124 del 2 ottobre 2018, a mente del quale devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro.
  L'esempio più recente, in questo senso, è rappresentato dalla realizzazione, nel mese di ottobre, di una struttura denominata «Mi riscatto per il futuro», una sorta di ufficio di collocamento interno che assolve al compito di favorire l'incontro fra domanda e offerta di lavoro in contesto detentivo, anche innescando una virtuosa circolarità di informazioni che ben può stimolare una rinnovata e più efficace impostazione di sistema, con riflessi positivi apprezzabili a tutti i livelli, e dunque sia per i soggetti in espiazione pena, che per coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza detentive.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, tra dirigenti e militanti del Partito Radicale, insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019 i detenuti ristretti nelle nostre carceri erano 60.254, per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello così ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   la delegazione che ha visitato il carcere di Cosenza il 17 agosto 2019 era composta da: Giuseppe Candido, del Consiglio Generale del Partito Radicale; Daniele Armellino, Partito Radicale; Rocco Ruffa, Partito Radicale; Giovanna Canigiula, Associazione Radicale Abolire la Miseria 19 maggio; Antonio Lento, Associazione Radicale Abolire la Miseria 19 maggio;

   la suddetta delegazione, durante la visita nell'Istituto, ha potuto rilevare che i detenuti presenti sono 233, di cui 80 in regime di alta sicurezza, 148 in regime di media sicurezza, 2 in isolamento e 3 in permesso; 65 sono stranieri, i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 50 con turni in base a graduatoria, i tossicodipendenti in terapia metadonica sono 11, i non più trattati circa 20 e i casi psichiatrici in trattamento 36 mentre i senza cura circa 60 e detenuti con epatite C 16; B 1. In isolamento due detenuti;

   inoltre, la delegazione ha potuto effettuare i seguenti rilievi: un caso di sovraffollamento in una cella, scarse condizioni igieniche generali, nessuna forma di reinserimento sociale, niente lavoro se non per pochi e in base ad una graduatoria interna e con rotazione trimestrale, nessun corso o altra forma di attività, assistenza sanitaria pressoché inesistente per mancanza di attrezzature e medicinali, tempi lunghi di intervento, educatori che non scrivono relazione di sintesi anche a due anni di distanza dall'arresto, 16 ore in cella e otto fuori: in caso di caldo o freddo eccessivi possibilità di passeggio nella sezione a celle chiuse;

   nel regime di alta sicurezza, oltre ai sopracitati aspetti, appare palese per l'interrogante che quanto sancito dalla Corte europea dei diritti umani nella sentenza cosiddetta «Torreggiani», non venga applicato e si sono constatate lamentele nei confronti del magistrato di sorveglianza –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   quali iniziative intendano assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per riportare nella legalità costituzionale il carcere di Cosenza e per porre fine ai trattamenti disumani e degradanti ai quali sono oggigiorno sottoposti i detenuti;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per fronteggiare la gravissima situazione sanitaria;

   se e in quale modo il Governo intenda intervenire al fine di garantire un adeguato livello di assistenza alla popolazione reclusa;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti, considerata la presenza di un così alto numero di casi psichiatrici e di tossicodipendenti;

   se sia in funzione nelle carceri il servizio sanitario h24 e in che modo si intenda urgentemente far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
(4-03710)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento agli esiti della visita presso il carcere di Cosenza effettuata il 17 agosto 2019 da una delegazione dei Radicali italiani, da cui sono emerse una serie di criticità relative, in particolare, al sovraffollamento di una cella, alle scarse condizioni igienico-sanitarie, al ritardo nella predisposizione delle relazioni di sintesi, all'inadeguatezza dell'assistenza sanitaria, alla inidoneità delle offerte trattamentali di tipo lavorativo, alla inosservanza della sentenza Torregiani per il regime alta sicurezza, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione descritta, quali iniziative si intendano assumere affinché sia garantito il rispetto dell'articolo 27 comma 3 della Costituzione, quali iniziative di competenza si intendano adottare per riportare nella legalità il carcere di Cosenza e porre fine ai trattamenti disumani e degradanti a cui sono sottoposti ogni giorno i detenuti, quali iniziative di competenza si intendano adottare per fronteggiare la grave situazione sanitaria, se ed in quale modo si intenda intervenire per garantire un adeguato livello di assistenza alla popolazione detenuta, quali iniziative si intendano assumere per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti, considerata la presenza di un così alto numero di detenuti psichiatrici o tossicodipendenti, quali iniziative si intendano adottare per migliorare il servizio sanitario h24 e in che modo si intenda far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
  Va considerato in premessa che, alla data del 21 novembre 2019, presso la Casa circondariale «Sergio Cosami» di Cosenza risultano ristretti 227 detenuti rispetto a 218 posti disponibili, per una percentuale di affollamento pari al 104,6 per cento, come tale sensibilmente inferiore alla media del Paese, che si attesta attorno al 128 per cento.
  Va altresì dato atto del pieno rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla Cedu, in quanto 14 detenuti risultano essere allocati, nelle rispettive camere di pernottamento, in uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadri mentre i restanti 213 ristretti risultano avere a disposizione uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadri.
  Per quanto riguarda il numero di detenuti stranieri (67 rispetto ai 160 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in tempi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflativa si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico Immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Quanto alla dotazione organica della Polizia penitenziaria, presso l'istituto in parola, le principali scoperture si registrano nel ruolo dei sovrintendenti.
  A tal riguardo, va ricordato in questa sede che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria – ai sensi dell'articolo 44, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) – anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021. In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della Casa circondariale di Cosenza che, comunque, va ricordato, già lo scorso mese di luglio ha fruito di un incremento di 6 unità.
  In relazione al rilievo relativo mosso in merito alle scarse condizioni igieniche generali, occorre evidenziare che con l'ausilio degli addetti al reparto M.o.f. (manutenzione ordinaria del fabbricato) dell'istituto, sono stati effettuati lavori di rifacimento delle camere di pernottamento, al fine di risolvere tutte le problematiche inerenti alle condizioni igieniche e strutturali delle medesime stanze.
  Sulla questione relativa al ritardo nelle relazioni di sintesi, risulta a questo Dicastero che per tutti i detenuti condannati con sentenza definitiva si apre la procedura di osservazione scientifica della personalità, finalizzata alla stesura di un'ipotesi trattamentale individualizzata.
  Si reputa opportuno, comunque, precisare che la chiusura dell'osservazione non determina, di per sé, l'ammissione ai benefici di legge, se non avvalorata da altri elementi, quali, ad esempio, la correttezza del comportamento nel corso della permanenza nell'istituto penitenziario, la partecipazione attiva ai corsi scolastici, alle attività lavorative, alle iniziative culturali-ricreative-sportive, e, soprattutto, alla revisione critica rispetto al reato commesso.
  Con riferimento alle attività lavorative, si evidenzia che la direzione ha effettuato un'attenta e capillare «analisi dei bisogni» della popolazione detenuta, grazie all'ausilio di tutte le aree operanti all'interno dell'istituto.
  Al fine di consentire a tutti i detenuti di svolgere attività lavorativa, in data 12 marzo 2019, è stata convocata la commissione Lavoro prevista dall'articolo 20 O.P. con il precipuo compito di stabilire i criteri di ammissione al lavoro secondo i principi della rotazione, dando così una maggiore opportunità a tutti i detenuti.
  In sede di commissione, con la partecipazione del direttore del centro per l'impiego, sono state previste due graduatorie, una generica e l'altra per qualifica, per l'assegnazione al lavoro dei detenuti, ai sensi dell'articolo 20 O.P., così come modificato dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 124.
  Sempre al fine di offrire maggiori opportunità lavorative ai detenuti, la Direzione dell'istituto penitenziario si è attivata per il completamento dei progetti da tempo finanziati dalla cassa delle ammende, consistenti nella realizzazione dell'area verde, della sala-colloqui per i familiari e nella ristrutturazione del campo sportivo, con l'assunzione al lavoro di detenuti.
  Grazie al primo progetto, dal mese di giugno tutti i detenuti con figli minori di anni 14 possono effettuare i colloqui con i propri familiari nella predetta area verde.
  Sono inoltre iniziati i lavori di ristrutturazione del campo sportivo, che prevede, altresì, l'ulteriore assunzione di detenuti e sono state ripristinate le serre presenti in istituto al fine di renderle pienamente operative, con l'impiego di due detenuti che si occupano delle piante da vivaio già esistenti.
  La direzione dell'istituto ha inoltre dato la propria adesione ai progetti di partecipazione al bando «Fondazione con il Sud» anno 2019 e tali progettualità, ove approvate, consentiranno la produttività delle serre nonché ulteriori opportunità lavorative per i detenuti.
  Le attività lavorative interne vengono svolte mensilmente, a rotazione periodica, da circa 57 detenuti impiegati nei cosiddetti «servizi domestici» e presso la M.o.f. mentre 5 detenuti svolgono attività lavorativa con le modalità di cui all'articolo 21 dell'Ordinamento penitenziario.
  A tutto ciò va aggiunto che, sempre al fine di stimolare il reinserimento sociale dei detenuti, sono in fase di stipulazione dei protocolli di intesa con gli enti locali per l'attivazione dei lavori di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 20-
ter del decreto legislativo n. 124 del 2018.
  Il servizio sanitario della casa circondariale di Cosenza fornisce assistenza medica di base continua nell'arco delle 24 ore, nonché specialistica per le seguenti branche: psichiatria (20 ore settimanali), psicologia (27 ore settimanali), cardiologia (4 ore settimanali), odontoiatria (35 ore settimanali), otorinolaringoiatria (5 ore settimanali), chirurgia (6 ore settimanali), oculistica (3 ore settimanali), dermatologia (6 ore settimanali), ortopedia (3 ore settimanali), radiologia ed ecografia (5 ore settimanali) e, di recente, anche neurologia (6 ore settimanali).
  Gli specialisti accedono dal lunedì al venerdì e hanno liste d'attesa che variano dai sette ai trenta giorni, in relazione alle ore assegnate.
  Tali tempi d'attesa sono da ritenersi assolutamente e in gran parte inferiori a quelli dei presidi sanitari esterni, posto che i casi ritenuti urgenti vengono prontamente inviati al nosocomio cittadino.
  Gli esami radiologici, compresa l'ortopantomografia, esame non praticabile in molti istituti e poliambulatori esterni, vengono eseguiti regolarmente ogni settimana con lista d'attesa azzerata; i prelievi ematochimici, salvo urgenze, vengono eseguiti regolarmente due volte a settimana e i campioni sono lavorati presso il poliambulatorio dell'A.s.p. di Rende (CS).
  Nei primi cinque mesi del 2019, per una popolazione residente media di circa 260 detenuti e un totale di circa 440 accessi in istituto, sono state fornite circa 2.800 prestazioni di medicina generale, 293 visite cardiologiche, 122 visite chirurgiche, 52 visite otorinolaringoiatriche, 156 visite dermatologiche, 77 visite oculistiche, 87 visite ortopediche, 247 visite odontoiatriche, 331 visite psichiatriche e 427 colloqui psicologici. Sono state eseguite, inoltre, 139 radiografie e 247 ecografie.
  Sempre nello stesso periodo, la dirigenza sanitaria ha fornito 308 prestazioni di natura medico-legale, di cui 68 relazioni sanitarie, su richiesta dell'autorità giudiziaria.
  Quanto alla disponibilità di medicinali, sono presenti tutte le molecole utili al soddisfacimento di qualunque tipo di urgenza nonché per la prosecuzione delle terapie salvavita. È attiva una
équipe multidisciplinare per la presa in carico di soggetti con particolare disagio psicologico. Le problematiche maggiori attengono ai lunghi tempi di attesa necessari all'esecuzione di esami strumentali (per esempio, Tac e Rm) e consulenze presso i presidi sanitari esterni che, evidentemente, esulano dalla sfera di competenza di questo Ministero.
  In termini più generali, occorre sottolineare che il potenziamento complessivo dell'assistenza sanitaria in contesto penitenziario, entro i limiti delle proprie competenze, riveste uno specifico rilievo nell'ambito delle linee programmatiche di questo Dicastero.
  Con specifico riguardo al segnalato incremento di problematiche di natura psicologica e psichiatrica in contesto carcerario, va dato atto che sono in corso progetti per incrementare o istituire nuove sezioni delle A.t.s.m. (articolazioni per la tutela della salute mentale) presso varie strutture carcerarie del territorio.
  Inoltre, si fa presente che è intendimento di questa Amministrazione continuare a sviluppare la progettualità appena descritta, nonché proporre la riattivazione dei lavori del Tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, per condividere con il Ministero della salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo di implementare l'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari, rendere omogenei i criteri di ammissione dei detenuti nelle A.t.s.m. e uniformare l'assistenza sul territorio nazionale.
  Proprio grazie alla necessaria sinergia con il servizio sanitario e con le regioni, si persegue l'obiettivo di ampliare e migliorare il servizio anche attraverso informazioni complete sullo stato di salute dei detenuti, un accesso veloce alle prestazioni sanitarie, un incremento dei reparti di medicina protetta
ex articolo 7 decreto-legge n. 187 del 1993 ed un rafforzamento del Piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere.
  A tal riguardo, per i profili di sua competenza, il Ministero della salute ha evidenziato che sono in corso i lavori del tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 e del comitato paritetico per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. In particolare, il suddetto Dicastero, ha rappresentato che il 15 gennaio 2019 si è svolta l'ultima riunione plenaria che ha tracciato un
focus sulle principali azioni da sviluppare, individuandole nella revisione degli accordi Conferenza Stato-regioni e tipificata, nel monitoraggio dei cambiamenti del settore e nella ripresa di un governo strategico della problematica gestione delle REMS che, giova ricordare, esulano dalla sfera di competenza di questo Dicastero, ai sensi del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
  Tali propositi si innestano a pieno titolo nel più ampio alveo delle coordinate operative che puntano ad un innalzamento complessivo della qualità della vita detentiva focalizzando particolare attenzione alla valorizzazione dei rapporti familiari e della genitorialità ed al miglioramento dell'offerta trattamentale, con specifico riguardo sia alle attività didattiche, che alle iniziative in campo lavorativo.
  Sotto il primo aspetto assumono particolare rilievo l'adozione di iniziative tese, fra l'altro, ad agevolare i colloqui dei detenuti con i familiari sia favorendone la prenotazione
on line sia soprattutto, a seguito dell'adozione della circolare del 30 gennaio 2019 attraverso l'impiego dell'applicativo Skype for business per i video-colloqui.
  Attualmente già in 122 istituti di reclusione su 190 risulta attivo e funzionante il sistema
Skype – con il 64 per cento di copertura – così come in 12 su 17 tra Icam e asili nido – per una percentuale pari al 75 per cento.
  In parallelo è intendimento di questo Dicastero curare un
restyling logistico-strutturale attraverso l'allestimento e il miglioramento di spazi di accoglienza, animazione e supporto psicologico nelle strutture già esistenti.
  Sul piano trattamentale, occorre evidenziare che l'offerta didattica verrà potenziata e modernizzata sia grazie all'imminente rinnovo del protocollo d'intesa con il Miur, lungo un solco già tracciato dalla recente stipula, l'11 settembre 2019, del protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale poli universitari (CNUPP) che prelude all'elaborazione di linee guida attraverso cui armonizzare i moduli di collaborazione fra atenei e mondo penitenziario, sia attraverso l'impiego del
web per sostenere gli esami a distanza ed espletare gli adempimenti burocratici funzionali e propedeutici.
  Ulteriore stimolo verrà impresso alle iniziative a carattere lavorativo, proseguendo nella diffusione del
format «Mi riscatto per...» ed estendendo la rete di contatti con il mondo imprenditoriale e delle cooperative così da ricreare, in contesto penitenziario, condizioni quanto più analoghe possibile al mercato del lavoro esternò e preparare al meglio i detenuti al re-ingresso nel tessuto produttivo all'atto della loro remissione in libertà.
  Il 14 ottobre scorso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha istituito un'innovativa articolazione centrale (denominata «Mi riscatto per il futuro») con il compito principale di agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro in contesto detentivo, tra l'altro attraverso la costituzione ed implementazione di una banca dati costantemente aggiornata con le informazioni relative al profilo lavorativo-attitudinale dei soggetti ristretti così da incrementare sensibilmente le attività trattamentali a base lavorativa, favorendo per tale via il re-inserimento sociale.
  È fermo intendimento di questo Ministero valorizzare ed implementare in maniera significativa la funzionalità di tale struttura così da innalzare sensibilmente la percentuale dei detenuti lavoranti, che attualmente si attesta su una percentuale del 28 per cento, passando attraverso un radicale rinnovamento dell'impostazione di sistema del lavoro penitenziario.
  Per tale via si potrà favorire la capillare diffusione di laboratori e progettualità negli istituti di tutto il territorio e la realizzazione di cicli produttivi in cui coinvolgere stabilmente la popolazione detentiva così da assicurarle percorsi formativi e professionali qualificanti, agevolmente spendibili nei vari rami produttivi del mondo del lavoro, in tal modo facilitando sensibilmente il percorso di recupero e reinserimento sociale.
  È del tutto ragionevole ritenere, in conclusione, che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva in maniera trasversale su tutti gli istituti penitenziari tra cui, evidentemente, anche quello di Cosenza.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CECCHETTI, MACCANTI e TOMBOLATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio di sorveglianza di Peugeot S.A. e il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles N.V. hanno concordato all'unanimità di lavorare a una piena aggregazione dei rispettivi business tramite una fusione paritetica;

   l'aggregazione proposta creerebbe il 4° costruttore automobilistico al mondo in termini di unità vendute (8,7 milioni di veicoli), con ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro;

   il consiglio di amministrazione sarebbe composto da 11 membri: cinque sarebbero nominati da FCA (incluso il presidente) e cinque da Groupe PSA (incluso il senior Independent Director e il vice presidente), mentre l'attuale amministratore delegato di PSA ricoprirebbe il ruolo di chief executive officer, oltre che membro del consiglio di amministrazione, per un mandato iniziale di cinque anni;

   la nuova capogruppo con sede in Olanda sarebbe quotata sui mercati Euronext (a Parigi), Borsa Italiana (a Milano) e al New York Stock Exchange e continuerebbe a mantenere la presenza nelle attuali sedi operative centrali in Francia, Italia e negli Stati Uniti;

   i cinesi di Dongfeng, azionisti di Psa con una quota pari a quella della famiglia Peugeot e della Cdp francese, non hanno siglato l'accordo di lock-up di tre anni sulle azioni della nuova società che dovrebbe nascere dalla fusione tra Psa e Fca, cui si sta lavorando. Dongfeng detiene circa il 12 per cento del capitale del gruppo automobilistico francese e, mentre si è impegnata in un accordo di standstill di 7 anni con Exor, la famiglia Peugeot e Bpifrance Participations SA, non ha siglato l'accordo di lock-up di tre anni. Entrambe le intese hanno validità dal momento della fusione. Unica eccezione all'accordo è che alla famiglia Peugeot sarebbe concesso di aumentare del 2,5 per cento la propria partecipazione nella società risultante dalla fusione nei primi 3 anni successivi al closing, esclusivamente acquisendo azioni da Bpifrance Participations e Dongfeng;

   il quotidiano Il Sole 24 Ore ha osservato che «La presenza del costruttore cinese offre delle opportunità ma allo stesso tempo può rappresentare un'incognita. Le opportunità sono evidentemente tutte legate al fatto che l'alleanza con una delle principali compagnie asiatiche può aprire le porte del mercato del Far East al maxi gruppo dell'auto che nascerà dalla fusione tra Fca e Psa. Le perplessità riguardano invece il passaporto di Dongfeng e il Dna per metà americano di Fiat Chrysler: un binomio che, nell'epoca dei dazi, non sempre può risultare vincente»;

   l'incertezza sui mercati globali dovuta al rischio dazi tra gli Stati Uniti e la Cina potrebbe avere conseguenze dirette sul settore dell'automobile;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che «il Governo non può rimanere indifferente rispetto a un progetto industriale così importante» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per tutelare il mercato dell'automotive e salvaguardare i livelli occupazionali e gli stabilimenti produttivi sul territorio nazionale;

   se e con quali iniziative il Governo intenda affrontare l'ipotesi di un arresto dell'esportazione di autovetture, dovuto all'applicazione di eventuali dazi commerciali, e l'inevitabile contrazione dello sviluppo economico dato il ruolo strategico ricoperto dall'industria dell'auto.
(4-04035)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, nell'ambito delle competenze del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla fusione tra «
Fiat Chrysler Automobiles» e «Groupe PSA».
  Com'è noto, l'accordo tra i citati gruppi è stato firmato a dicembre 2019 e attribuisce la carica di presidente a John Elkann e la carica di amministratore delegato a Carlos Tavares.
  Come sottolineano gli interroganti, con la fusione nascerebbe il quarto costruttore automobilistico al mondo, con ricavi congiunti di 170 miliardi di euro, quasi 9 milioni di veicoli venduti annualmente e un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro.
  Gli interroganti, invero, esprimono preoccupazione sulla presenza dell'azienda cinese
Dongfeng motor corporation, azionista PSA, riportando un articolo del 2 novembre 2019 del quotidiano Il Sole 24 Ore, nel quale si sostiene che la presenza del costruttore cinese offra opportunità ma anche incognite: le perplessità riguarderebbero «il passaporto di Dongfeng e il Dna per metà americano di Fiat Chrysler: un binomio che, nell'epoca dei dazi, non sempre può risultare vincente».
  Ebbene, in un articolo del 4 gennaio 2020, lo stesso quotidiano
Il Sole 24 Ore ha fornito la seguente fotografia dello stato dell'arte dell'azionariato della Dongfeng: «In teoria nel nuovo aggregato, post fusione dei due gruppi e alla luce di una aggregazione alla pari, l'assetto vedrebbe la holding della famiglia Agnelli al 14 per cento, e la famiglia Peugeot, Bpifrance e Dongfeng al 6 per cento ciascuno. Nel nuovo accordo gli equilibri sono stati leggermente spostati. [... È stata infatti stabilita ...] la discesa del socio cinese che venderà una parte dei titoli in suo possesso nella nuova entità, l'1,5 per cento, al Gruppo Psa, con contestuale annullamento delle azioni. Dongfeng, dunque, scenderà non al 6 per cento ma al 4,5 per cento».
  Vista l'entità dell'operazione citata e la rilevanza del settore
automotive per l'economia nazionale, il Governo ritiene necessario porre la massima attenzione sugli effetti derivanti dalla fusione tra i due gruppi sulle sue ricadute in termini economici e occupazionali. A tal ultimo proposito, si ricorda che i gruppi in parola hanno garantito un massiccio piano industriale, nell'ambito del quale sono stati confermati gli investimenti in Italia.
  Pertanto, il Governo monitorerà l'attuazione del citato piano industriale anche nell'ottica di rilanciare, più in generale, l'industria, dell'
automotive in Italia.
  D'altro canto va ricordato che il principale mutamento che il settore dell'
automotive dovrà affrontare nei prossimi anni è rappresentato dall'avvento delle nuove tecnologie: il settore è infatti profondamente toccato dalla transizione dalla propulsione endotermica alla trazione elettrica.
  Peraltro, è previsto che il settore dei trasporti contribuisca al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea in termini di emissioni di CO2, obiettivi che anche l'Italia ha fissato in seno al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), inviato a dicembre scorso alla Commissione europea.
  La priorità per il Governo, dunque, è quella di guardare al futuro del settore, accompagnando l'industria nazionale verso le nuove modalità di trasporto merci e persone, puntando ad aumentare la quota di energie rinnovabili nei trasporti, adeguando le infrastrutture di ricarica alla crescita prevista del numero di veicoli elettrici.
  Quanto sopra esposto evidenzia la necessità di una strategia di medio-lungo termine che il Ministero dello sviluppo economico sta delineando insieme agli
stakeholders.
  Primo passo di questa strategia è rappresentato dall'istituzione del tavolo dedicato all'
automotive, che si è riunito in prima convocazione il 18 ottobre 2019.
  Il tavolo è stato poi articolato in tre gruppi di lavoro, dedicati rispettivamente al:

   sostegno alla domanda di mezzi di trasporto orientati sui nuovi standard tecnologici energetici e di mobilità sostenibile;

   supporto per lo sviluppo delle reti infrastrutturali;

   sostegno all'offerta di mobilità e alla transizione tecnologica della filiera.

  Il 4 febbraio 2020 ha avuto luogo l'incontro del gruppo di lavoro sul sostegno alla domanda, che io stesso ho presieduto e che ha visto la partecipazione degli operatori dal lato della domanda, nonché di rappresentanti sindacali, della Conferenza delle regioni, dell'università e della ricerca.
  In apertura dei lavori, è stato sottolineato il rilievo strategico del settore dall'
automotive e la necessità che il Governo intervenga, attraverso misure incentivanti, ad accompagnare la transizione energetica e produttiva del settore, anche nell'ottica di raggiungere gli obiettivi al 2030 relativi alla mobilità indicati nel Pniec (in particolare, quelli sui consumi energetici e sulle emissioni nei trasporti).
  Il lavoro del tavolo, dunque, consentirà di definire le misure e le risorse da destinare alla domanda di mezzi di trasporto orientati sui nuovi
standard tecnologici energetici e di mobilità sostenibile, tenendo conto dei cambiamenti tecnologici ed economici in atto nella filiera di riferimento.
  Il 17 febbraio 2020 ha avuto luogo l'incontro del gruppo di lavora sullo sviluppo delle reti infrastrutturali. All'incontro hanno partecipato referenti della società RSE, associazioni datoriali, aziende, sindacati, nonché rappresentanti della Conferenza delle regioni, dell'università e della ricerca.
  Nel corso dell'incontro è stato illustrato l'attuale stato delle infrastrutture di rifornimento e di ricarica, sia a livello nazionale che europeo, e il fabbisogno necessario a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità per il trasporto prefissati nel Pniec.
  Si auspica che il confronto con gli
stakeholders consenta di individuare le misure e le risorse da destinare alla pianificazione della rete infrastrutturale del Paese, al fine di favorire la diffusione dei nuovi servizi di mobilità sostenibile.
  L'obiettivo è quello di realizzare un modello di sviluppo infrastrutturale capace di realizzare sinergie tra pubblico e privato.
  Per sostenere la ricerca e la realizzazione delle reti infrastrutturali saranno messi a disposizione incentivi, misure di semplificazione e standardizzazione delle procedure autorizzative. Si prevede anche di installare impianti di rifornimento e di ricarica negli edifici, con specifiche
policy per la pubblica amministrazione.
  Il tavolo
automotive pone, dunque, le fondamenta della strategia di sostegno e promozione di questo settore, garantendo, al contempo, la tutela del mercato di riferimento, dei livelli produttivi ed occupazionali connessi.
  Su questa scia si pongono anche gli incentivi inseriti nei recenti interventi normativi. Si fa riferimento in particolare:

   alle misure previste nella legge di Bilancio per il 2020 in materia di green mobility per il rinnovo delle dotazioni degli autoveicoli delle pubbliche amministrazioni, prevalentemente mediante acquisto o noleggio di veicoli ad energia elettrica o ibrida o alimentati ad idrogeno (articolo 1, commi 107-109, legge 27 dicembre 2019, n. 160);

   all'estensione dell'ecobonus prevista nel decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (cosiddetto Decreto Milleproroghe), convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8. In particolare, con tale decreto è stata estesa la possibilità di fruire del contributo previsto per l'acquisto di autoveicoli nuovi elettrici o ibridi (ecobonus), anche al caso di rottamazione di autoveicoli omologati «Euro zero». Inoltre, è stata abbassata la soglia massima di emissione di CO2 prevista per poter fruire dell'ecobonus per l'acquisto di veicoli, escludendo dal contributo i veicoli ibridi con più alte emissioni di CO2 (articolo 12, commi 2 e 2-bis);

   alle misure di rottamazione dei veicoli adibiti al trasporto merci previste nell'articolo 53 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili», convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

  Le iniziative sopra richiamate prendono le mosse dalla considerazione che in Italia il parco auto è composto per il 62 per cento da veicoli con almeno 10 anni di vita (euro 4 o inferiori) e pertanto vanno attuate in primis misure di incentivo alla rottamazione e di rinnovo del parco auto, che hanno il duplice obiettivo di migliorare i livelli di emissioni e di stimolare la domanda.
  Infine, si rappresenta che, alla luce delle difficoltà economiche che l'Italia sta attraversando nel periodo attuale, anche e soprattutto in ragione dell'epidemia da Covid-19, questo Governo continuerà ad attuare tutte le misure, idonee e tecnicamente percorribili per tutelare il settore in parola e garantirne lo sviluppo, al fine di mantenere la stabilità dei livelli di produzione ed evitare possibili ricadute occupazionali.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   FIORINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Sappe di Reggio Emilia, il sindacato delle guardie carcerarie, ha lanciato un nuovo allarme per il continuo e crescente numero di eventi critici nella casa circondariale di Reggio Emilia. Solo nel mese di agosto 2019, infatti, ci sono state due aggressioni ai danni del ridotto personale di polizia penitenziaria e nella giornata di ferragosto hanno tentato il suicidio due tunisini con pene detentive elevate;

   i detenuti presenti nel carcere reggiano sono poco meno di 400, un numero in costante aumento dal 2015, mentre il personale di vigilanza ammonta a quasi 200 unità;

   la preoccupazione del Sindacato è alta, come riportano vari organi di stampa, per questo esso rilancia l'allarme legato alle carenze di personale: gli uomini in più di cui il complesso avrebbe bisogno sarebbero almeno una trentina e tra le richieste avanzate ci sono anche le dotazioni tecnologiche utili alla sicurezza: taser o body scanner;

   la sottoscritta con l'interrogazione n. 4-00891 già evidenziava queste problematiche del carcere di Reggio Emilia, ma ad un anno di distanza la situazione non è migliorata nonostante la consapevolezza del Ministro, come si legge nella risposta scritta del 28 novembre 2018: «... la situazione presso gli istituti penitenziari di Reggio Emilia risulti aggravata dalla significativa carenza di organico» e «...quanto all'uso della pistola taser, che l'amministrazione penitenziaria, pur avendo preso parte ai lavori del gruppo tecnico (istituito nel novembre 2017 presso l'ufficio per il coordinamento e la Pianificazione delle forze di polizia del dipartimento di pubblica sicurezza) – ha ritenuto di soprassedere, in questa prima fase, alla sperimentazione della pistola elettrica in ambito penitenziario (...)» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei nuovi episodi di violenza richiamati in premessa;

   quali iniziative si intentano mettere in campo per prevenire velocemente e concretamente le aggressioni a danno del personale e se si ritenga di adeguare gli organici della polizia penitenziaria nel più breve tempo, rivalutando anche la possibilità di dotarli dei nuovi strumenti, quali taser o body scanner.
(4-03671)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento ad una serie di eventi critici occorsi durante il mese di agosto presso la casa circondariale di Reggio Emilia, indicativi delle criticità che vive la struttura sia in termini di affollamento della popolazione carceraria, che in termini di scoperture degli organici, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza degli episodi richiamati in premessa e quali iniziative si intendano mettere in campo per prevenire velocemente e concretamente le aggressioni a danno del personale e se si ritenga di adeguare gli organici della Polizia penitenziaria nel più breve tempo possibile, rivalutando anche la possibilità di dotarli di nuovi strumenti, quali taser o body scanner.
  Preliminarmente si rileva che gli episodi a cui fa riferimento l'interrogante sono avvenuti in un arco temporale compreso fra l'11 ed il 15 agosto 2019 ed hanno avuto per protagonisti quattro diversi detenuti.
  In tutti e quattro i casi, due dei quali consistiti in atti di aggressione ai danni del personale di Polizia penitenziaria, e due in gesti anticonservativi, uno dei quali preceduto da offese e minacce al personale di vigilanza, i relativi autori sono stati allontananti dalla struttura e trasferiti ad altri istituti.
  Poste tali premesse di ordine fattuale, per quanto attiene alle presenze detentive, si evidenzia che, alla data del 31 ottobre 2019, presso gli II.PP, di Reggio Emilia sono presenti un totale di 429 ristretti rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi di 297 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 144,44 per cento in linea con quello medio regionale, che si attesta, in pari data, sul 140,05 per cento e di poco superiore alla media nazionale, che si attesta intorno al 130 per cento.
  Pur a fronte di tale sovraffollamento, va comunque dato atto del costante monitoraggio del rispetto dei parametri minimi di vivibilità sanciti dalla Cedu e garantito dall'impiego dell'apposito applicativo «Monitoraggio camere e spazi di detenzione».
  Con riferimento alla struttura in questione tutti i ristretti risultano allocati in uno spazio superiore ai 4 metri quadrati, di tal che non sussistono elementi di criticità, quanto meno con riferimento ai parametri minimi sanciti dalla Corte di Strasburgo.
  Per quanto riguarda il tasso di detenuti stranieri particolarmente elevato (248 rispetto ai 181 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in tempi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capo Verde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  In ordine alla dotazione organica, va detto che la struttura in disamina risente delle maggiori scoperture nel ruolo dei sovrintendenti, in parte compensate, quanto meno sotto il profilo numerico, dal sovrannumero nel ruolo degli agenti/assistenti.
  In ogni caso, al di là del dato numerico, al fine di un riequilibrio anche sul piano funzionale, va ricordato in questa sede che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo sia maschile che femminile del Corpo, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolò nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria – ai sensi dell'articolo 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) – anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di Polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto-funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della struttura in argomento.
  L'innalzamento dei livelli di sicurezza delle strutture detentive costituisce un obiettivo primario che viene perseguito da questo Ministero, oltre che attraverso il rafforzamento degli organici, anche sotto il profilo organizzativo e funzionale.
  A tal riguardo, è d'uopo richiamare la circolare adottata il 9 ottobre 2018 dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha inteso perseguire una mirata politica di valorizzazione dell'istituto del trasferimento per ragioni di ordine e sicurezza, previsto dall'articolo 42, legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario) a cui, come anticipato in premessa, si è proceduto anche nel caso di specie.
  Si reputa opportuno evidenziare i benefici che ne possono conseguire in termini di incremento dei livelli di sicurezza nelle strutture detentive, tangibile anche nel più consistente ricorso a tale strumento che si è registrato dalla data di adozione della suddetta circolare al mese di marzo scorso (n. 1550 detenuti trasferiti), rispetto al numero ben più esiguo di occasioni in cui vi si è fatto ricorso nel medesimo periodo del biennio precedente (n. 1143).
  Con provvedimento del 18 aprile 2019 è stato istituito un apposito gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il precipuo compito di individuare, tra l'altro, specifici strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
  Le risultanze dei lavori del summenzionato gruppo sono attualmente oggetto di un'accurata attività di studio ed analisi propedeutica all'adozione di soluzioni idonee a garantire un generale innalzamento del livello di sicurezza.
  La sicurezza all'interno delle carceri, passa anche attraverso il potenziamento degli strumenti a disposizione del personale di polizia penitenziaria ivi in servizio.
  In proposito, va debitamente rimarcato che sono state avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi e maschere facciali.
  Sempre nel solco del potenziamento dei sistemi di sicurezza all'interno delle carceri, nel programma di edilizia penitenziaria 2019 sono stati inclusi i lavori di adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza ed è in corso lo studio dell'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare nella progettazione e nel finanziamento di impianti perimetrali esterni ed impianti interni di videosorveglianza ed allarme.
  Particolare attenzione è dedicata anche alla questione dell'illecito ingresso di dispositivi mobili all'interno delle carceri, rispetto a cui questo Ministero sta conducendo una mirata politica di potenziamento delle dotazioni strumentali.
  A tal fine, sono stati da poco distribuiti 40
jammer, mentre 40 metal detector, 90 apparecchiature a raggi x e 65 rilevatori portatili di cellulari, tutti recentemente acquistati, sono in corso di installazione ed altri 200 rilevatori sono in fase di acquisto.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Convenzione di New York del 1999 sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata nel ’91, stabilisce, all'articolo 3, che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, (...) l'interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente». L'articolo 12 garantisce al minore «il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa», prevedendo «la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne»;

   la convenzione di Istanbul del 2011, all'articolo 5, obbliga gli Stati ad astenersi da qualsiasi atto di violenza verso le donne, prevedendo all'articolo 31 «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione»;

   la Convenzione di Strasburgo stabilisce, nel combinato disposto degli articoli 3 e 6, il diritto del minore ad essere informato e di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, imponendo all'autorità giudiziaria di permettergli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto;

   il codice civile, all'articolo 315-bis, riconosce il diritto del fanciullo – che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento – ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano;

   così come riportato da un recente articolo de «Il Giornale» – 15 dicembre 2019 – Alessio (nome di fantasia) è un bambino di 13 anni che chiede a gran voce di tornare a vivere con sua madre, dopo essere stato allontanato da casa dai servizi sociali;

   tutto ha inizio nel 2010 quando Giada, la madre, chiede la separazione dal padre del bambino, denunciando: «erano anni che subivo, non ho mai avuto il coraggio di denunciare, ma Alessio vedeva tutto e la situazione era diventata pesantissima»;

   durante la prima udienza, il padre chiederà senza successo, che Alessio gli venga affidato. In Corte d'appello, dopo aver denunciato la madre di non essere in grado di accudire il bimbo, chiede addirittura che venga messo in casa famiglia. La proposta viene accettata e i giudici dispongono una consulenza tecnica per valutare le capacità genitoriali della madre;

   la consulente nominata dal Tribunale fa valutare il profilo psicologico della mamma ad una associazione che ha un conflitto di interesse in quanto si tratta di «un'associazione in cui la responsabile figurava nella sua stessa persona e il consulente legale era l'avvocato al quale si era rivolto l'ex marito di Giada»: la madre viene giudicata «simbiotica» addossandogli comportamenti del tutto inappropriati;

   Alessio viene, senza preavviso, forzatamente prelevato da scuola e accompagnato in casa famiglia, a portarlo via, sotto gli occhi di tutti, ben otto persone, tra operati e polizia;

   le prove che raccontano la realtà obbligata in cui era costretto a vivere Alessio non verranno mai prese in considerazione dal Tribunale: i verbali dell'educatore non contano, a dirlo sarà proprio il giudice che, dopo aver acquisito solo alcune delle prove documentali, dichiara in sentenza: «...rimane superfluo acquisire tutti i verbali e le videoregistrazioni degli incontri avvenuti presso il servizio sociale tra madre e figlio». A nulla servirà la scelta di Alessio che scrive una lettera al giudice chiedendogli di accogliere la richiesta di tornare a vivere con la madre;

   nell'ultima udienza viene affidato di nuovo al padre; adesso vive con lui dal 31 luglio, ma Alessio non si rassegna a questa decisione, ogni volta che può ribadisce: «voglio tornare a vivere con la mamma, con lei era tutto più bello» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche sul piano normativo, affinché venga data effettiva applicazione alle convenzioni internazionali, garantendo il pieno diritto di ascolto del minore, così come peraltro previsto dal codice civile.
(4-04379)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Ministro della giustizia se sia a conoscenza dei fatti esposti nel corpo dell'atto di sindacato ispettivo e se intenda adottare, anche sul piano normativo, iniziative affinché venga data effettiva applicazione alle convenzioni internazionali, garantendo il pieno diritto di ascolto del minore considerato che nel caso trattato sembrerebbe essere stata completamente trascurata la volontà di quest'ultimo.
  Ciò premesso, preme in primo luogo osservare che, non essendo stato specificato presso quale ufficio giudiziario sarebbe stato adottato il provvedimento citato, non è stato possibile richiedere eventuali informazioni al riguardo.
  In linea generale va poi ricordato che la decisione di procedere all'ascolto del minore rientra tra le prerogative esclusive dell'autorità giudiziaria adita, che agisce, in tale ambito, in piena autonomia e indipendenza, senza alcuna possibilità di ingerenza da parte di questa direzione generale.
  Quanto alle invocate iniziative, anche di carattere normativo, volte a garantire «l'effettiva applicazione alle convenzioni internazionali, garantendo il pieno diritto di ascolto del minore», va evidenziato che i procedimenti concernenti i minori sono ormai, dopo le riforme operate con la legge 21 marzo 2001, n. 149 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, fortemente giurisdizionalizzati.
  In esso sono infatti previsti sia l'assistenza legale dei genitori, che l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo (tramite le figure del curatore speciale). Non va poi sottaciuto che l'articolo 336 ultimo comma codice civile già prevede l'assistenza legale del minore nei procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale.
  Ne deriva che il sistema, come delineato, è in grado di garantire che l'affido dei minori ad uno o all'altro genitore, così come la regolamentazione dei rapporti con il genitore non affidatario, siano normativamente controllati e monitorati.
  Peraltro, si evidenzia che la normativa inerente alla tutela dei minori, nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stata oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).
  La giurisdizionalizzazione dei procedimenti suddetti comporta che i diritti dei minori ad avere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori in caso di crisi familiare sono fortemente garantiti e non rimessi, unicamente, alle valutazioni di consulenze tecniche di ufficio, vieppiù alla luce del fatto che la consulenza tecnica rappresenta, nel nostro ordinamento, uno dei mezzi di prova che, in un processo, possono ben essere superati dalle altre risultanze probatorie emerse nel corso dell'istruttoria. Tant'è che il giudice è
peritus peritorum e può, dunque, anche superare i risultati delle conclusioni del perito o del consulente tecnico, qualora esse non siano convincenti.
  Va poi detto, con riferimento a quanto riferito a proposito della qualità soggettiva del consulente tecnico incaricato, che il sistema delle incompatibilità del consulente tecnico e del perito è stabilito rispettivamente dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale ed è valevole per tutte le ipotesi di supporto tecnico, ivi comprese le perizie e consulenze tecniche psicologiche e psichiatriche.
  In questa sede può osservarsi che le convenzioni di New York del 1989 e di Strasburgo del 25 gennaio 1996 regolamentano a livello internazionale il diritto di ascolto dei minori nei giudizi ove vengono adottati provvedimenti che li riguardano (oggi regolato, nell'ordinamento civile italiano, dagli articoli 315-
bis, 336-bis e 337-octies del codice civile introdotti dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, e dal decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).
  In particolare l'articolo 12 della convenzione di New York richiede agli Stati di garantire al fanciullo – capace di discernimento – il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, e che la sua opinione sia presa in seria considerazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità: a tal fine, viene riconosciuta al minore la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, conformemente alle regole di procedura delle legislazioni nazionali.
  La Convenzione di Strasburgo (articolo 6) impone all'autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione nei procedimenti relativi a minori, di valutare se dispone di informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell'interesse superiore del fanciullo e, se necessario, ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali. Deve, inoltre, consultare il minore personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore, nonché permettere al minore di esprimere la propria opinione, tenendo in debito conto l'opinione da lui espressa.
  A ciò sia aggiunga che, assai di recente, è stata introdotta in ambito UE una norma in sede di revisione del regolamento cosiddetto Bruxelles II-
bis. Il nuovo regolamento (UE) 2019/1111 del consiglio del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale e alla sottrazione internazionale di minori (rifusione), pubblicato nella GUUE L 178 del 2 luglio 2019 (che si applicherà dal 1° agosto 2022), ha introdotto una nuova norma che così prevede: «Articolo 21. Diritto del minore di esprimere la propria opinione – 1. Nell'esercitare la competenza ai sensi della sezione 2 del presente capo, le autorità giurisdizionali degli Stati membri danno al minore capace di discernimento, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione, direttamente o tramite un rappresentante o un organismo appropriato. 2. Qualora decida, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione ai sensi del presente articolo, l'autorità giurisdizionale tiene debito conto dell'opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità».
  Tornando all'ambito nazionale, l'articolo 315-
bis, comma 3, del codice civile riconosce espressamente il diritto del fanciullo – che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento – ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. L'articolo 336-bis del codice civile dispone che il minore sia ascoltato dal giudice nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo interessano, salvo il caso in cui l'ascolto sia in contrasto con il suo interesse o manifestamente superfluo, e fermo restando l'obbligo di motivazione. L'audizione prevista da tale norma è condotta dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari: il giudice può autorizzare ad assistere all'ascolto i genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se nominato, ed il pubblico ministero. Tutti questi soggetti possono proporre al giudice argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento. Preliminarmente all'ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'audizione: dell'adempimento è redatto processo verbale nel quale ne è descritto il contegno, ovvero è effettuata registrazione audio/video.
  L'articolo 337-
octies, del codice civile ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Infine, la citata convenzione di Istanbul (convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata dalla legge 27 giugno 2013 n. 77) prevede all'articolo 31 (rubricato: «Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza») che «Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini».
  In tale contesto le misure che in qualche modo vedono coinvolti i figli minori sono quelle relative ai procedimenti di separazione e divorzio e ai procedimenti in genere aventi ad oggetto le convivenze di fatto, nell'ambito dei quali la persona vittima di violenza può appellarsi all'istituto dell'ordine di protezione, di cui agli articoli 342-
bis del codice civile e 736-bis c.p.c. oppure agli strumenti rimediali di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile (decadenza/limitazione della responsabilità genitoriale), laddove siano coinvolti, per l'appunto, i figli minori.
  Di conseguenza può rilevarsi che l'ordinamento italiano si è adeguato nella trasposizione dei principi internazionali richiamati provvedendo a creare un sistema di garanzie e tutele piene per il minore proprio con specifico riferimento al suo ascolto.
  Infine, si fa presente che, proprio per scongiurare il corto circuito tra le esigenze prioritarie del minore e l'esito dei connessi procedimenti di affido eterofamiliare, con decreto del Ministro della giustizia 22 luglio 2019 è stata istituita, presso questo dicastero, la «squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori».
  Essa è nata con lo specifico compito di: effettuare la ricognizione ed il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti. Tale organismo ha completato la prima fase di intervento con la raccolta dei dati e sta per attivare le successive fasi per verificare altresì l'esigenza di nuovi percorsi anche normativi ai quali il Ministero è assolutamente favorevole.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MAGGIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 22 settembre 2019 nel carcere dei Piccolini a Vigevano, in provincia di Pavia, è avvenuta una nuova aggressione da parte di un detenuto ai danni del personale di polizia penitenziaria;

   due agenti assistenti capo sono stati feriti da un detenuto che si è scagliato contro di loro. Si tratta del secondo caso in pochi giorni dopo quello del 17 settembre, quando tre agenti sono finiti in ospedale dopo essere stati picchiati da un detenuto che aveva tentato di ferire un sanitario;

   il detenuto ha aggredito i due agenti che, in seguito alle percosse ricevute, sono stati accompagnati in ospedale per controlli e medicazioni;

   i sindacati hanno diffuso una nota in merito all'accaduto: «La situazione non è più sopportabile. Il personale della polizia penitenziaria è in balia di questi soggetti che, per effetto delle ultime direttive dipartimentali – si legge – si spostano da un istituto all'altro a mietere vittime tra il personale, stanco e decimato da questi gravi eventi» –:

   quali siano le iniziative ormai indifferibili ed urgenti che il Ministro interrogato intende adottare in merito a queste aggressioni, ormai giornaliere, che non sono più sopportabili e gestibili da parte del personale della polizia penitenziaria stanco e decimato da questi gravi eventi.
(4-03807)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento ad un atto di violenza ed aggressione ai danni del personale di polizia penitenziaria posto in essere il 22 settembre 2019 da parte di un detenuto ristretto presso il penitenziario di Vigevano, evocando tale episodio come indicativo delle difficili condizioni in cui la Polizia penitenziaria si trova ad operare, chiede di sapere quali siano le iniziative ormai indifferibili e urgenti che il Ministro interrogato intenda adottare in merito a queste aggressioni non più gestibili dalla Polizia penitenziaria.
  Per quanto riguarda l'evento critico richiamato dall'interrogante, va innanzitutto evidenziato che il detenuto di origine marocchina che se ne è reso autore, è stato deferito alla competente procura della Repubblica per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate.
  Egli è stato altresì deferito al consiglio di disciplina che lo sanzionava con quindici giorni di esclusione dalle attività in comune, venendo altresì disposta nei suoi confronti la proroga del provvedimento di sorveglianza particolare.
  Con specifico riferimento alla dotazione organica del personale di Polizia penitenziaria, presso la casa di reclusione di Vigevano, a fronte di una pianta organica di 240 unità, risultano effettivamente in servizio 206 unità.
  Le maggiori scoperture riguardano il ruolo dei sovrintendenti, in parte compensate, quanto meno numericamente, con il sovrannumero degli agenti assistenti.
  In ogni caso, al di là del dato numerico, al fine di un riequilibrio anche sul piano funzionale, va ricordato in questa sede che da poco si sono concluse le procedure per il concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo sia maschile che femminile del Corpo i cui vincitori, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria – ai sensi dell'articolo 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) – anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della casa di reclusione di Vigevano che, comunque, va ricordato, già nel mese di luglio 2019 ha fruito di un incremento di dieci unità.
  L'innalzamento dei livelli di sicurezza delle strutture detentive costituisce un obiettivo primario che viene perseguito da questo Ministero, oltre che attraverso il rafforzamento degli organici, anche sotto il profilo organizzativo e funzionale.
  A tal riguardo, è d'uopo richiamare la circolare adottata il 9 ottobre 2018 dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha inteso perseguire una mirata politica di valorizzazione dell'istituto del trasferimento per ragioni di ordine e sicurezza, previsto dall'articolo 42, legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario).
  Si reputa opportuno evidenziare i benefici che ne possono conseguire in termini di incremento dei livelli di sicurezza nelle strutture detentive, tangibile anche nel più consistente ricorso a tale strumento che si è registrato dalla data di adozione della suddetta circolare al mese di marzo 2019 (n. 1550 detenuti trasferiti), rispetto al numero ben più esiguo di occasioni in cui vi si è fatto ricorso nel medesimo periodo del biennio precedente (n. 1143).
  Con provvedimento del 18 aprile 2019 è stato istituito un apposito gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il precipuo compito di individuare, tra l'altro, specifici strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
  Le risultanze dei lavori del summenzionato gruppo, conclusisi il 29 maggio 2019, sono attualmente oggetto di uno studio attento e mirato che offrirà la stura all'imminente adozione di direttive attraverso cui ottimizzare la prevenzione e la gestione di eventi critici in contesto penitenziario.
  La sicurezza all'interno delle carceri, passa anche attraverso il potenziamento degli strumenti a disposizione del personale di Polizia penitenziaria ivi in servizio.
  In proposito, va debitamente rimarcato che sono state avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi e maschere facciali.
  Sempre nel solco del potenziamento dei sistemi di sicurezza all'interno delle carceri, nel programma di edilizia penitenziaria 2019 sono stati inclusi i lavori di adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza.
  Nella medesima direzione si iscrivono la dotazione di strumenti per il rilevamento di cellulari introdotti illecitamente e la schermatura della loro ricezione, nonché lo studio dell'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare nella progettazione e nel finanziamento di impianti perimetrali esterni ed impianti interni di videosorveglianza ed allarme.
  Allo stesso scopo risponde la dotazione di strumenti per il rilevamento di cellulari introdotti illecitamente e la schermatura della loro ricezione, nonché lo studio dell'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare nella progettazione e nel finanziamento di impianti perimetrali esterni ed impianti interni di videosorveglianza ed allarme.
  Da ultimo, co-essenziali all'innalzamento del livello di sicurezza in contesto detentivo, risultano le iniziative messe in campo per potenziare, dal punto di vista strumentale, la vigilanza sul materiale in ingresso all'interno degli istituti penitenziari.
  A tal riguardo, deve darsi atto che si è proceduto all'acquisto di 40
metal detector, apparati in grado di rilevare la presenza di armi da fuoco, armi bianche e piccole parti di armi da taglio, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari.
  Sono, inoltre, in fase di acquisizione 200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici che consentono di rilevare, a breve distanza, la presenza di telefonia cellulare, dispositivi
bluetooth, componenti elettronici (tipo Sim card telefoniche), oltre che metalli classici, cacciaviti e utensili di piccole dimensioni.
  Sono altresì di prossima distribuzione nei provveditorati generali 65 rilevatori portatili di telefoni cellulari, utili a rilevare telefonate, invio di messaggi in corso e comunque ogni flusso comunicativo che avviene sulle bande GSM-3G-4G-LTE-BLUETOOTH e WI.FI, a distanze che variano a seconda della tipologia della struttura su cui insistono.
  Sono invece stati già distribuiti ai provveditori regionali 40
jammer (disturbatori elettronici) che sono strumenti impiegati per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni.
  Da ultimo, tenuto conto che l'occultamento all'interno dei pacchi in entrata costituisce una delle più comuni modalità di ingresso illecito di tali dispositivi, va rimarcato che presso gli istituti penitenziari del territorio, con priorità per quelli che sono privi di dispositivi idonei, sono in fase di installazione 90 apparecchiature a raggi x che permettono di effettuare indagini su valigie, bagagli, pacchi e colli, rilevando la presenza di oggetti metallici non consentiti, dispositivi di innesco e oggetti pericolosi, nonché di telefoni cellulari e apparecchiature elettroniche.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   PITTALIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio del 2009 la regione autonoma della Sardegna si è opposta in sede di Conferenza delle regioni alle disposizioni contenute nella legge n. 99 del 2009 relative alla localizzazione nel territorio regionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo di materiali e rifiuti radioattivi, ritenendo inaccettabile che in materia di nucleare il Governo assumesse le decisioni semplicemente sentendo le regioni;

   la regione Autonoma della Sardegna ha ribadito tale posizione il 27 gennaio 2010, quando la Conferenza delle regioni ha espresso parere negativo, a maggioranza, sullo schema di decreto legislativo recante: «Localizzazione ed esercizio di impianti di produzione elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché misure compensative e campagne informative»;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2011 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 «nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all'intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari»;

   il 28 maggio 2014 il consiglio regionale della Sardegna ha approvato l'ordine del giorno n. 6 che impegna il presidente della regione a respingere ogni possibilità che la Sardegna venga inserita tra le aree idonee ad ospitare il sito sul quale sorgerà il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nel rispetto dell'esito referendario del 15 e 16 maggio 2011;

   la scelta della Sardegna come deposito delle scorie nucleari costituirebbe un nuovo episodio di mancato rispetto da parte dello Stato italiano delle prerogative autonomistiche della regione autonoma della Sardegna, in considerazione, tra l'altro, del fatto che le scelte programmatorie dell'isola si fondano su progetti di sviluppo sostenibile, la valorizzazione e la tutela del paesaggio, dell'ambiente e del patrimonio archeologico e culturale;

   con il referendum svoltosi nell'anno 2011 i sardi hanno democraticamente espresso la netta opposizione, con oltre il 97 per cento dei voti, sia alle centrali nucleari che ai depositi di scorie e, pertanto, qualsiasi decisione calata dall'alto costituirebbe una profanazione della nostra terra, un atto di violenza verso l'autonomia e l'autodeterminazione del popolo sardo;

   ad oggi non appare ancora chiaro quale sia lo stato della procedura avviata in sede nazionale, attraverso la Sogin, con il supporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), per la localizzazione degli impianti e dei sistemi per il deposito di materiali e rifiuti radioattivi –:

   se il Governo intenda confermare che il territorio della Sardegna non sarà indicato tra le aree idonee ad ospitare il sito nel quale verrà realizzato il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
(4-04307)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante chiede di conoscere lo stato della procedura in corso, avviata in sede statale, per la localizzazione degli impianti e dei sistemi per il deposito di materiali e rifiuti radioattivi sul territorio nazionale, al fine di sincerarsi che la regione Sardegna non sarà indicata tra le aree idonee ad ospitare il sito nel quale verrà realizzato il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
  In proposito, si osserva preliminarmente che le procedure per la localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale destinato allo smaltimento dei rifiuti radioattivi sono disciplinate dal Titolo III del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, recante la «Disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché benefici economici, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99»;
  Come correttamente ricorda l'interrogante, con sentenza 26 gennaio 2011, n. 33 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della citata legge, recante la disciplina relativa all'autorizzazione degli impianti nucleari.
  Con successivo decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, è stato poi abrogato l'intero Titolo II del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, ivi compreso il contestato articolo 4.
  Sino al 2014, il testo del decreto legislativo n. 31 del 2010 ha subìto numerose altre modifiche.
  Allo stato attuale, il disposto normativo disciplina:

   «a) la localizzazione del deposito nazionale, incluso in un parco Tecnologico comprensivo di un centro di studi e sperimentazione, destinato ad accogliere i rifiuti radioattivi provenienti da attività pregresse di impianti nucleari e similari, nel territorio nazionale;

   b) le procedure autorizzative per la costruzione e l'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico;

   c) i benefìci economici relativi alle attività di esercizio del deposito nazionale, da corrispondere in favore delle persone residenti, delle imprese operanti nel territorio circostante il sito e degli enti locali interessati».

  L'articolo 27, comma 1, del citato decreto legislativo (rubricato «autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del Parco Tecnologico»), affida alla Sogin s.p.a. – società partecipata e vigilata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che opera in ottemperanza agli indirizzi strategici del Ministero dello sviluppo economico – il compito di definire una proposta di carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del parco tecnologico, tenendo conto dei criteri indicati dall'agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) e dall'autorità di regolamentazione competente (Isin), proponendone contestualmente un ordine di idoneità sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali delle suddette aree, nonché un progetto preliminare per la realizzazione del parco stesso.
  La proposta di Cnapi dovrà poi essere verificata e validata dall'Isin e, prima che la Sogin possa pubblicarla, dovrà ricevere il nulla osta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero dello sviluppo economico, recependone gli eventuali rilievi di competenza che dovessero essere contenuti nei rispettivi nulla osta.
  Ad oggi, la proposta di Cnapi è stata redatta dalla Sogin, tenendo conto dei criteri indicati dall'AIEA, nonché dei criteri stabiliti nella guida tecnica n. 29 dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), recante «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi di bassa e media attività», e trasmessa all'autorità di regolamentazione competente.
  A seguito di diversi procedimenti istruttori con formulazione di rilievi e richiesta di approfondimenti tecnici da parte di quest'ultimo, nonché della richiesta di questo Ministero di escludere, per motivi cautelativi nei confronti del territorio, le zone in classe sismica 2 («dove sono possibili forti terremoti») tra le aree potenzialmente idonee, sono stati poi realizzati diversi aggiornamenti della Cnapi, che attualmente si trova nuovamente in corso di validazione presso l'Isin.
  Dopo la citata validazione, dovrà poi essere trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e al Ministero dello sviluppo economico.
  Una volta ricevuto il nulla osta dai Ministeri competenti e recepiti gli eventuali rilievi da essi formulati, la proposta di Cnapi dovrà essere pubblicata sul sito della Sogin, «la quale dà contestualmente avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le Regioni, gli Enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche» (
ex articolo 27, comma 3, del decreto legislativo n. 31 del 2010).
  Successivamente alla pubblicazione della proposta di Cnapi dovrà essere organizzato un «seminario nazionale» alla presenza delle regioni, delle province e dei comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta stessa, nonché Upi Anci, associazioni datoriali e sindacali, università ed enti di ricerca dei medesimi territori.
  L'esito della consultazione condurrà alla carta nazionale delle aree idonee (Cnai) che, dopo il parere tecnico dell'Isin, sarà approvata con decreto dei Ministri competenti (Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). Dopo l'approvazione della carta, è prevista un'articolata interlocuzione con regioni e gli enti locali delle aree idonee alla localizzazione, i quali sono chiamati a esprimere una manifestazione di interesse ad ospitare il parco tecnologico.
  È utile ribadire che il processo di localizzazione prevede che vengano effettuate indagini tecniche di dettaglio, della durata di quindici mesi, su uno o più siti selezionati sulla base delle dichiarazioni di interesse. Le indagini di dettaglio dovranno essere svolte dalla Sogin, secondo modalità stabilite dall'Isin. Sulla base degli esiti di dette indagini, sulla cui esecuzione vigilerà lo stesso ispettorato, la Sogin formulerà la proposta del sito prescelto, che sarà oggetto di uno specifico
iter di approvazione.
  In assenza di manifestazioni spontanee di interesse da parte delle Amministrazioni territoriali, saranno attivati dei comitati inter-istituzionali Stato-regioni e sarà ricercata l'intesa della Conferenza unificata Stato-regioni ed enti locali. In caso di mancato raggiungimento delle intese sui singoli siti, la decisione sarà assunta con deliberazione motivata del Consiglio dei ministri (integrato con la partecipazione di ciascun Presidente di regione interessato).
  Da quanto descritto, si evince che la localizzazione del deposito nazionale sarà decisa a valle di una procedura ampiamente
partecipativa, che comprende la valutazione concertata di ogni elemento radiologico, territoriale ed ambientale utile a selezionare il sito.
  Infine, si evidenzia come la procedura partecipativa disciplinata dal citato decreto legislativo n. 31 del 2010 sia ampiamente trasparente, in linea con le migliori esperienze internazionali: essa non attribuisce alcuna discrezionalità in ordine all'inclusione o esclusione di specifiche aree fra quelle da prendere in considerazione per l'individuazione del sito in parola.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   ROSATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo rapporto del Garante nazionale delle persone detenute, alla data del 26 marzo 2019 erano presenti negli istituti penitenziari oltre 60 mila detenuti a fronte di una capacità regolare di quasi 47 mila posti, con un sovraffollamento che arriva al 129 per cento;

   preme all'interrogante riportare la situazione della casa circondariale di Taranto che detiene un primato in ordine al sovraffollamento carcerario, tenuto conto della presenza di circa 600 detenuti a fronte di 306 posti disponibili da regolamento;

   a questa situazione estrema si aggiunge la riduzione della pianta organica degli agenti di polizia penitenziaria che dalle 357 unità del 2001 sono scesi alle 277 unità odierne. Questa drastica riduzione dell'organico costringe il personale a estenuanti turni in deroga alla normativa vigente con le ore di lavoro straordinario che spesso superano le 41 ore mensili consentite a termini di legge;

   ad aggravare questa situazione vi è, tra il personale, un numero molto elevato di fruitori di permessi a vario titolo (legge 104 del 1992), di personale con età superiore ai 50 anni che dovrebbero essere esentati dai turni notturni, e di personale che ha superato i 25 anni di servizio ai quali spetterebbero 45 giorni di congedo annui, anziché 36 come per il restante personale;

   anche nei ruoli ispettori e sovrintendenti, si segnala la grave carenza di personale: 7 unità anziché 28 previste dalla pianta organica per i primi, 11 anziché le 30 previste dalla pianta organica per quanto riguarda i secondi;

   queste condizioni di sovraffollamento e di carenza del personale non solo rappresentano un rischio per la sicurezza e l'incolumità del personale che opera all'interno dell'istituto di pena, ma ledono anche i diritti dei detenuti;

   si ricorda che la legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha da ultimo disposto l'assunzione straordinaria, in aggiunta a quelle del turn over, di 861 unità di polizia penitenziaria entro il 2022;

   si ricorda altresì che il Governo ha già di fatto «affossato» la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, cancellando tutti gli spiragli che le commissioni di esperti e i precedenti Governi avevano individuato per potenziare l'area penale esterna e per superare la centralità che la privazione della libertà ha nel sistema di giustizia penale, così come richiesto dall'Europa, assolutamente necessarie, in funzione social-preventiva, per la sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle gravi criticità richiamate in premessa che riguardano la casa circondariale di Taranto;

   quali iniziative intenda promuovere, nel breve e nel lungo periodo, per affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e, in particolare, il sovraffollamento registrato nell'istituto di pena di Taranto;

   quali iniziative intenda adottare, nel breve e nel lungo periodo, per colmare la grave carenza di personale registrata nel carcere in questione.
(4-03304)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento al tasso di affollamento carcerario in Italia, ed in particolare a quello della casa circondariale di Taranto che, al contempo, risente di una preoccupante scopertura degli organici polizia penitenziaria, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza delle gravi criticità richiamate in premessa, quali iniziative intenda promuovere, nel breve e nel lungo periodo, per affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e, in particolare, il sovraffollamento registrato nell'istituto di pena di Taranto, quali iniziative intenda adottare, nel breve e nel lungo periodo, per colmare la grave carenza di personale registrata nel carcere in questione. Secondo i dati aggiornati al 30 luglio 2019, il numero complessivo dei detenuti nelle carceri italiane è pari a 60.205 su 50.480 posti regolamentari disponibili, per un tasso di affollamento che si attesta sul 129,10 per cento.
  A tale data, presso la casa circondariale di Taranto sono ristretti, allo stato, un totale di n. 570 soggetti (di cui 70 ascritti al circuito detentivo «Alta Sicurezza»), rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 306 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 186,27 per cento, tra i più elevati del Paese.
  A beneficio di un più corretto inquadramento del problema, occorre comunque prendere le mosse da una considerazione preliminare.
  Il tasso di affollamento, nel nostro Paese, è calibrato in base ad un indice dimensionale stabilito in 9 metri quadri per singolo detenuto, come da circolare del 17 novembre 1988 del Ministero della giustizia, emessa sulla base di un decreto del Ministero della salute del 5 luglio 1975.
  Questo indice dimensionale risulta superiore sia rispettò a quello di 3 metri quadri con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo individua la soglia minima al di sotto della quale può configurarsi il trattamento inumano e degradante sia rispetto ai parametri adottati da molti altri Paesi europei.
  Ne consegue che, allineandosi, in ipotesi, a parametri meno stringenti rispetto a quelli italiani, il problema dell'affollamento carcerario assumerebbe una portata sensibilmente più ridotta.
  Tanto premesso in linea generale, va comunque rimarcata la particolare sensibilità di questo Ministero al problema dell'affollamento carcerario ed il fermo proposito di perseguire rimedi concreti ed incisivi che muovono innanzitutto nella direzione dell'incremento qualitativo e quantitativo della capienza detentiva, a garanzia del principio di certezza della pena, svilito dall'acritico ricorso a provvedimenti svuotacarceri che pongono anche seri problemi in termini di sicurezza collettiva, rimettendo in libertà soggetti che non hanno ancora compiuto o completato un adeguato percorso di riabilitazione.
  Il piano di rilancio dell'edilizia penitenziaria, è sorretto sia dal significativo stanziamento di risorse economiche per l'anno in corso, pari a 13 milioni di euro per gli investimenti ed a 23,6 milioni di euro per manutenzione ordinaria e riparazioni, che dal decreto-legge semplificazione, ossia il decreto-legge, 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 che, ferme restando le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha attribuito al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria una serie di mirate prerogative quali l'effettuazione di progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, anche straordinaria, degli immobili in uso governativo, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie; la gestione delle relative procedure di affidamento e di formazione ed esecuzione dei contratti; la possibilità di individuare immobili nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie.
  Sulla scia del nuovo corso inaugurato da tale provvedimento, in proficua collaborazione con l'Agenzia del demanio e il Ministero della difesa, è stato avviato un piano per l'acquisizione e riconversione in istituti penitenziari di una serie di complessi ex militari, caratterizzati da una configurazione di tipo modulare.
  Si tratta di una soluzione operativa che offre all'Amministrazione penitenziaria l'opportunità di implementare il patrimonio immobiliare concesso in uso governativo, favorendo la possibilità di attivare – in tempi più brevi di quelli necessari all'individuazione e acquisizione di suoli privati e costruzioni
ex novo – strutture in grado di poter assicurare efficienza ed economicità sotto il profilo degli investimenti e delle gestioni, nonché efficacia rispetto alla missione istituzionale.
  L'innesco di questo percorso virtuoso ha già dato i suoi frutti con la recente sottoscrizione del protocollo d'intesa con il Ministro della difesa per la riconversione in struttura penitenziaria della caserma «Cesare Battisti», adiacente all'area delle ex acciaierie di Bagnoli, mentre e in previsione la prossima consegna della caserma Bixio di Casale Monferrato, ed è allo studio la possibilità di riconvertire altre caserme a Grosseto e Bari.
  Per i fini che nella presente sede rilevano, va dato atto che è previsto entro il corrente anno il completamento dei due padiglioni detentivi da 200 posti presso due istituti penitenziari, uno dei quali è proprio quello di Taranto, mentre nel 2018 sono stati già completati, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tre padiglioni detentivi da 200 posti ciascuno presso gli istituti penitenziari di Parma, Lecce e Trani, avviati dal Piano Carceri; per l'effetto, è in previsione il raggiungimento di 51.500 posti regolamentari.
  Inoltre, nel 2020 è prevista anche l'ultimazione del nuovo padiglione in realizzazione presso la casa di reclusione di Milano «Opera» per ulteriori 400 posti detentivi.
  Dei circa 3.500 posti attualmente risultanti inagibili, circa 1.000 sono già compresi nei procedimenti e negli interventi avviati con i finanziamenti del piano carceri e con la successiva rimodulazione deliberata dal comitato paritetico per l'edilizia.
  Sono in corso i procedimenti a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la ricerca dell'area del nuovo istituto penitenziario di Savona e la progettazione e realizzazione di nuove strutture detentive per un totale di circa 3.500 nuovi posti, che, sommati ai 51.500 sopracitati, porterebbero al raggiungimento di un realistico obiettivo di medio termine, entro il 2025, di circa 55.000 posti detentivi.
  A tutto questo, va aggiunto che è stata già espletata un'attività di verifica di disponibilità di aree interne alle cinte murarie degli istituti penitenziari già attivi, finalizzata all'inserimento di nuove strutture modulari, capaci di ospitare 120 detenuti ciascuna, per ulteriori 3.000 nuovi posti complessivi, da realizzarsi sotto la regia di questa Amministrazione, in attuazione dell'articolo 7 del decreto-legge n. 135 del 14 dicembre 2018 sulla semplificazione, utilizzando le risorse da assicurarsi progressivamente nei prossimi anni sul cap. 7300.
  Il programma dei lavori è stato approvato con decreto del Ministro della giustizia 15 marzo 2019, adottato d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicato secondo quanto previsto dall'articolo, comma 7, del decreto legislativo n. 50 del 2016.
  Sono già state avviate le procedure urbanistiche per i primi quattro moduli (due a Santa Maria Capua Vetere, uno a Vigevano e uno a Civitavecchia) inseriti nel programma finanziario 2019 e per altri quattro moduli (due a Rovigo e due a Perugia) che saranno inseriti nel programma finanziario 2020, per complessivi 960 posti detentivi.
  Allo scopo di una razionale gestione dei flussi demografici in contesto carcerario risponde anche il costante monitoraggio dei livelli di presenza/capienza svolto dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che sollecita frequentemente i provveditori regionali all'adozione di provvedimenti perequativi di distribuzione dei detenuti nelle strutture dei territori di competenza, attivandosi direttamente a livello centrale per movimentazioni extra-distretto, qualora ne ricorrano i presupposti.
  In questa direzione si iscrivono le movimentazioni in uscita di cui, dal 1° gennaio al 26 luglio del corrente anno ha beneficiato la casa circondariale di Taranto che ha riguardato un numero complessivo di 88 detenuti, di cui 55, trasferiti verso sedi del distretto e 33 verso sedi extra distretto, alcuni dei quali appartenenti al circuito AS3.
  Proprio per quanto attiene al distretto di Puglia e Basilicata, al precipuo fine di alleggerirne la consistenza demografica, con provvedimento del 5 febbraio 2020, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto la deroga al criterio della territorialità per i detenuti privi di figli minori degli anni sedici e che siano risultati effettuare un numero di colloqui inferiore a due nel corso dell'anno precedente, nonché per i detenuti appellanti e i detenuti con fine pena a breve scadenza, purché non inferiore a mesi sei.
  Ne sono conseguiti provvedimenti di movimentazione in uscita, adottati nel corso del periodo compreso fra il 15 aprile e l'8 maggio, che hanno interessato complessivamente 82 detenuti media sicurezza destinati a sedi extra distretto caratterizzati da minore sofferenza.
  A seguito delle suddette movimentazioni, il locale provveditorato ha potuto attuare movimentazioni infradistrettuali per una più equa distribuzione dei detenuti nell'ambito del distretto di competenza.
  Da ultimo, fermo restando quanto evidenziato in premessa in punto di spazi minimi, è utile rilevare che il circuito penitenziario si avvale dell'apposito applicativo «Monitoraggio camere di pernottamento e spazi detentivi» – istituito nel 2014 e notevolmente potenziato nel corso del tempo – grazie al quale, attraverso un monitoraggio costante delle strutture, ad implementazione giornaliera, e la generazione di un
alert, l'Amministrazione è messa in condizioni di intervenire in tempo reale per rimuovere eventuali condizioni di difformità rispetto ai parametri indicati dalla C.E.D.U.
  Per quanto attiene alla dotazione organica, va detto che presso la casa circondariale di Taranto risultano effettivamente in servizio un totale di 254 unità, rispetto a una previsione organica di complessive 277 unità, rilevandosi un indice di scopertura di circa il 9 per cento, come tale al di sotto di molti altri istituti del Paese.
  Le carenze si registrano nei ruoli degli ispettori e dei sovrintendenti, compensate dall'esubero nel ruolo degli agenti/assistenti, rispetto a cui si registra la presenza di 13 unità in più.
  Tanto premesso, deve innanzitutto darsi atto di un primo recente intervento correttivo grazie al transito al ruolo superiore di 2 neo vice ispettori, già amministrati dalla medesima sede che ha consentito un seppur parziale riequilibrio rispetto al ruolo degli agenti/assistenti.
  Relativamente alla carenza nel ruolo dei sovrintendenti, sono in fase di definizione le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia.
  Tenuto conto della complessità della procedura, a breve si procederà alla revisione delle graduatorie approvate con P.D.G. 18 aprile 2019.
  Da ultimo, proprio al fine di fronteggiare più incisivamente le stringenti criticità connesse al sovraffollamento della Casa circondariale di Taranto, in favore della stessa, il 18 luglio 2019, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha disposto un incremento organico di 15 unità maschili appartenenti al ruolo degli agenti/assistenti che saranno immesse in servizio presso tale struttura nel corso del mese di settembre.
  Tali misure si iscrivono a pieno titolo nel più ampio alveo del significativo potenziamento degli organici a cui sono ispirate le politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, come dimostrato da un'azione mirata che fra le sue tappe fondamentali annovera, tra l'altro, la finanziaria per il 2019, legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 382 e 383, con cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stato autorizzato all'assunzione straordinaria di 1.300 unità mediante scorrimento delle graduatorie vigenti; la pubblicazione il 5 marzo 2019 del concorso pubblico a complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile; l'avviamento, nei prossimi mesi, delle procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti per l'incremento della dotazione organica nonché per le vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018; l'autorizzazione, nei prossimi quattro anni, nel limite delle dotazione organiche, in aggiunta alle facoltà previste a legislazione vigente, di ulteriori assunzioni straordinarie e, precisamente, 513 unità nell'anno 2020; 337 unità nell'anno 2021; 100 unità sia per l'anno 2022 che per l'anno 2023.
  A tali misure vanno ad aggiungersi l'immissione in servizio già dal mese di agosto presso le rispettive sedi di destinazione dei 1.162 agenti del 175° corso, mentre è in atto il 176° corso di formazione per i primi 320 candidati aventi diritto, secondo la posizione nelle graduatorie approvate nell'anno 2017. Le restanti 980 unità saranno avviate al 177° corso che avrà inizio il 16 settembre 2019.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SUT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'ammanco di un considerevole numero di opere d'arte risalenti a diversi periodi storici, di proprietà del comune di Pordenone, è stato riscontrato fin dal 2013, quando una ricognizione inventariale evidenziò l'irreperibilità di circa 160 capolavori, a firma di autori come Amalteo, Grigoletti, Pizzinato, Bordini, Zuccheri, Florian, Licata, Zigaina. La successiva chiusura della Galleria d'Arte Pizzinato Parco comportò, nel 2018, il conseguente trasferimento di parte delle opere presso i depositi in uso dal comune pordenonese;

   tale ammanco veniva regolarmente riportato nella relazione stilata dalla conservatrice museale, dottoressa Isabella Reale che la sottopose all'attenzione della dirigente del settore cultura, sport e istruzione del comune di Pordenone Patrizia Mauro, dell'assessore competente Claudio Cataruzza e dell'allora sindaco del capoluogo friulano, Claudio Pedrotti;

   la segnalazione di irreperibilità delle suddette opere fu anche oggetto, nel febbraio del 2014, di un esposto alla procura di Pordenone da parte dell'amministrazione comunale – di cui è stata chiesta copia in una recente interrogazione consiliare da parte del gruppo del MoVimento 5 Stelle di Pordenone;

   una recente interrogazione consigliare, la n. 19 del 2019, presentata dal Gruppo MoVimento 5 Stelle al comune di Pordenone, ha confermato la mancata reperibilità di buona parte delle opere oggetto del presente atto, ad esclusione di trentacinque di esse, poi rinvenute;

   un accesso agli atti avvenuto in data 21 giugno 2018 ha inoltre prodotto la richiesta di copia delle ricognizioni inventariali fatte nel corso degli anni sotto le diverse direzioni museali ma, a tutt'oggi, la richiesta non è stata ancora riscontrata dall'amministrazione comunale, analogamente a quella di convocazione della commissione cultura avanzata dai consiglieri. Entrambe le istanze sono state di recente oggetto di un ulteriore esposto alla procura di Pordenone;

   in data 20 giugno 2019 il consigliere comunale Samuele Stefanoni presentava alla procura di Pordenone un esposto in cui chiedeva, tra l'altro, di «aggiornare l'indagine aperta con segnalazione del 28 febbraio 2014 con gli ultimi accertamenti condotti dal Comune di Pordenone riguardo gli ammanchi di opere d'arte sopra citati» –:

   se sia a conoscenza dell'importante ammanco di opere d'arte, alcune di proprietà del comune di Pordenone, altre in comodato d'uso o in concessione, già evidenziato negli esposti presentati alla procura nel 2014, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di contribuire a un esito risolutivo del caso che priva la comunità cittadina di una cospicua componente del suo patrimonio, identitario e culturale.
(4-03226)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si comunica che dopo aver interpellato il comando Carabinieri tutela patrimonio artistico, quest'ultimo ha comunicato che sono in corso indagini delegate dall'autorità giudiziaria di Pordenone al dipendente nucleo di Udine.
  Tale attività è stata attivata a seguito di un esposto presentato in data 11 luglio 2019 da Samuele Stefanoni, consigliere comunale di Pordenone.
  Si rassicura, comunque, l'interrogante che questo Ministero seguirà con particolare attenzione l'evolversi della vicenda.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   TESTAMENTO, AZZOLINA, CASA, NAPPI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Isernia operano da oltre dieci anni due impianti. Si tratta dell'inceneritore Herambiente di Pozzilli, che brucia circa 100 tonnellate di rifiuti all'anno, e il cementificio Colacem di Sesto Campano, nel quale vengono incenerite quasi 25 mila tonnellate di rifiuti ogni anno. Inoltre, a San Vittore del Lazio, comune al confine col Molise, è presente anche l'inceneritore Acea che brucia fino a 400 mila tonnellate di rifiuti all'anno. La loro presenza rende la situazione ambientale e sanitaria in tutta l'area della piana di Venafro molto critica, con continui sforamenti dei parametri delle emissioni inquinanti e un alto indice di malattie tumorali, bronco-polmonari e cardiovascolari diagnosticate alla popolazione residente;

   la preoccupazione per i livelli di inquinamento dell'aria è confermata anche da recentissime fonti di stampa. Sul sito www.primopianomolise.it, infatti, in un pezzo pubblicato il 12 agosto 2018 si riporta che dalle misurazioni effettuate da Arpa Molise, i livelli di Pm2,5, cioè del particolato fine sono tendenzialmente in crescita, quasi oltre i limiti consentiti. A fronte di un valore limite del Pm2,5 stabilito dalla legislazione vigente, di 25 μg/m3 e poi di 20 μg/m3 dal 1° gennaio 2020, il 7 agosto 2018 si è registrato un picco di 22 μ/m3. Le preoccupazioni derivano dal fatto che, a differenza del Pm10, ampiamente rilevato assieme al biossido di azoto NO2 nei controlli precedentemente effettuati, il Pm2,5, non si ferma all'altezza delle via respiratorie superiori, ma è in grado di penetrare facilmente negli alveoli polmonari, con eventuale conseguente diffusione nel sangue;

   questi dati hanno generato e continuano a generare giustificati allarmismi tra la popolazione della Piana di Venafro. I cittadini, infatti, sostengono che la presenza dei citati impianti produca enormi conseguenze sulla loro salute, confermate peraltro dai recenti dati diffusi dall'associazione venafrana «Mamme per la salute e per l'ambiente»: in cui si parla di sensibile incremento di neoplasie, tumori, leucemie e, nella misura di circa il 30 per cento, degli aborti spontanei. Numeri che però sono molto approssimativi, a causa dell'assenza di un registro tumori regionale effettivamente operativo per il quale, da fonti di stampa (www.primonumero.it – 3 agosto 2018), risulta sia stato finalmente approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica. Il registro tumori è fondamentale per costituire una rete oncologica regionale in grado di stabilire eventuali nessi di causa effetto tra inquinamento e malattie ovvero per organizzare una seria azione di prevenzione sanitaria. La non operatività del registro tumori dipende dalla perdurante assenza di un regolamento regionale sul trattamento dei dati personali, nonostante i continui solleciti dei consiglieri regionali del Movimento Cinque Stelle;

   al fine di contrastare il problema dell'inquinamento atmosferico, con deliberazione di giunta n. 345 del 30 giugno 2015, la regione Molise ha definito il «piano regionale integrato per la qualità dell'aria Molise (P.R.I.A.Mo.)» allo scopo di «raggiungere livelli di qualità dell'aria che non comportino rischi o impatti negativi significativi per la salute umana e per l'ambiente». Tuttavia, a distanza di tre anni, il P.R.I.A.Mo non risulta ancora approvato dal consiglio regionale, accumulando così un ritardo ingiustificato nelle politiche di tutela della salute dei cittadini;

   a peggiorare ulteriormente la situazione ambientale nei comuni della Piana, contribuisce, come detto in premessa, anche l'inceneritore Acea di San Vittore del Lazio, operativo dal 2003, e causa, anch'esso di continui sforamenti di PM10, PM2,5, benzene, nonché della trasformazione di migliaia di tonnellate di rifiuti in polveri fini e ultrafini pericolose per la qualità dell'aria e per la salute della popolazione residente –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, per acquisire un quadro puntuale della situazione di inquinamento ambientale nei comuni della Piana di Venafro, dove si rilevano altissime concentrazioni di polveri sottili e sottilissime, derivanti dalle attività di combustione dei tre impianti di cui sopra;

   quali iniziative il Ministro della salute, nei limiti delle proprie competenze, intenda porre in essere per favorire un tavolo di concertazione, con la partecipazione della regione Molise e della regione Lazio, per l'avvio di uno studio epidemiologico che accerti l'eventuale correlazione tra le altissime emissioni prodotte dagli inceneritori Herambiente e Acea e il cementificio Colacem e la crescita delle patologie tumorali, cardiovascolari e dell'apparato respiratorio tra la popolazione residente nella Piana di Venafro.
(4-01304)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, corre l'obbligo di precisare che, stante la sua pluralità tematica, di competenza del Ministero dell'interno, della giustizia, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la fase istruttoria si è rilevata piuttosto articolata. Di seguito quindi verranno affrontate in dettaglio le questioni, tenuto conto dell'attento contributo fornito da ciascuna amministrazione.
  1. La prefettura di Campobasso, per quanto riguarda il territorio della provincia di Isernia, ricompreso nelle aree dei comuni di Venafro, Sesto Campano e Pozzilli, riferisce quanto segnalato dalla prefettura di Isernia.
  Nel territorio sono presenti aziende che per il ciclo produttivo comportano una potenziale emissione di diossine dagli effluenti gassosi.
  In particolare la società Herambiente s.p.a. con sede legale a Bologna (BO) è localizzata nella zona di Pozzilli con un termovalorizzatore dichiarato impianto di coincenerimento, che produce energia elettrica dalla combustione di CDR (combustibile derivato da rifiuti), di CSS (combustibile solido secondario) e di altri rifiuti combustibili per i quali la società medesima è autorizzata.
  La predetta società ha ottenuto, in data 14 luglio 2015, l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), tuttora in corso di validità, rilasciata dalla regione Molise, con delibera n. 15.
  Nel territorio di Sesto Campano (Isernia) è presente invece la società Colacem s.p.a. con sede legale a Gubbio (Perugia), ove produce cemento anche attraverso l'utilizzo di CDR-CSS, quale combustibile nelle fasi intermedie della produzione del
clinker.
  La medesima società è in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata dalla predetta regione in data 21 luglio 2015, con delibera n. 16.
  In relazione al presunto traffico illecito di rifiuti nell'area compresa tra l'inceneritore in Pozzilli di proprietà della citata società Herambiente s.p.a. e il cementificio della predetta società Colacem, la prefettura rappresenta che il comando provinciale Carabinieri di Isernia, nel mese di settembre dell'anno 2016, ha avviato una attività investigativa per monitorare i mezzi in ingresso e in uscita da entrambi gli impianti.
  In data 16 novembre 2016, a seguito di segnalazioni in merito alle emissioni provenienti dai predetti impianti, la polizia giudiziaria ha svolto una attività ispettiva presso il cementificio Colacem s.p.a. i cui esiti hanno portato al sequestro di due rimorchi intenti a scaricare ceneri pesanti prodotte dall'inceneritore in Pozzilli, poiché le ceneri stesse sono state ritenute sospette e catalogate quali rifiuti pericolosi in difformità del codice CER alle stesse attribuito.
  Per la campionatura e le successive analisi di quelle ceneri, la procura della Repubblica di Isernia ha incardinato il procedimento penale n. 2061116. mod. 21 delegando a tanto l'Arpa Molise che, a conclusione delle espletate attività tecniche, ne ha certificato la non pericolosità.
  In relazione a tali accertamenti, la polizia giudiziaria incaricata nella predetta attività ispettiva ha evidenziato una serie di anomalie procedurali commesse dalla citata agenzia sia nella fase di campionamento e sia in quella di analisi vera e propria.
  A fronte di tali anomalie, il pubblico ministero ha richiesto al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Isernia un incidente probatorio per lo svolgimento di una definitiva analisi delle ceneri in questione.
  Il predetto tribunale ha, pertanto, fissato l'udienza per l'incidente probatorio in data 8 settembre 2017, volta ad evidenziare i risultati delle analisi svolte dal consulente nominato dal G.I.P. nei giorni 27, 28 e 29 giugno 2017, mediante nuovi campionamenti delle ceneri sottoposte a sequestro.
  All'inizio del mese di ottobre dell'anno 2017 il pubblico ministero, in considerazione dei risultati delle ulteriori analisi effettuate dal medesimo consulente, ha provveduto ad inviare gli atti di indagine e al G.P.P. con richiesta di archiviazione del procedimento penale.
  L'archiviazione è stata poi disposta con decreto in data 14 febbraio 2018.
  2. Il Ministero della giustizia, per quanto concerne la lotta alla criminalità organizzata, ha fatto presente che il problema «ecomafie» coinvolge le attività investigative di tutti gli uffici giudiziari italiani direttamente interessati dal fenomeno.
  Riguardo alle notizie acquisite dalle procure delle corti d'appello di Roma, Napoli e Campobasso, il Ministero della giustizia evidenzia che sono stati aperti diversi filoni d'indagine, a seguito degli esposti presentati dalla associazione nazionale illegalità e mafie «Antonino Caponnetto».
  In merito alle segnalazioni fatte dalla suddetta associazione alla direzione distrettuale antimafia di Campobasso, il Ministero della giustizia precisa che le indagini effettuate non hanno evidenziato condotte penalmente rilevanti nell'attività di gestione dei rifiuti oggetto dell'ipotizzato traffico illecito di residui da incenerimento, provenienti dall'inceneritore di Pozzilli dal cementificio di Piana di Venafro, inchieste chiuse con decreto di archiviazione.
  3. La regione Molise per quel che concerne la qualità dell'aria nel territorio di Venafro, oltre agli aspetti normativi di seguito illustrati ha fatto riferimento ai valori fatti registrare dalle stazioni di monitoraggio installate a Venafro, dal 2006 al 2018, relativamente al PM10 ed al NO2.
  La normativa vigente in materia di qualità dell'aria, rappresentata dal decreto legislativo n. 155 del 2010, fissa, per il PM2,5, il rispetto di un valore limite annuale pari a 25 μg/m3.
  Non è pertanto significativo, al momento, effettuare un confronto tra la media giornaliera ed il valore limite annuale.
  Il valore di 20 μg/m3 (a partire dal 1° gennaio 2020) è un valore indicativo, come precisato nel decreto legislativo n. 155 del 2010 e come altresì indicato nella direttiva 2008/50/CE, quindi non costituisce ancora un valore limite. Al momento non risultano avviate procedure che possano far ipotizzare una modifica dell'attuale valore limite di 25 μg/m3.
  L'analizzatore di PM2,5 è stato installato il 19 luglio 2018, presso la stazione di monitoraggio Venafro2, sita in via Campania a Venafro.
  Per questo tipo di inquinante la normativa dispone che il confronto tra il valore limite e la media annuale delle misurazioni giornaliere sia effettuato qualora il numero di medie giornaliere valide sia superiore al 90 per cento di quelle disponibili nell'arco di un anno solare.
  Nel 2018 la raccolta delle medie giornaliere è risultata pari al 44 per cento.
  L'analizzatore è stato installato il 19 luglio 2018, quindi non è stato possibile confrontare la media delle misurazioni giornaliere con il valore limite.
  Anche se non ha valore normativo, in quanto la media annuale va effettuata su l'anno solare, si è eseguita, tuttavia, una media annuale tendenziale, da luglio 2018 a luglio 2019. Il valore della media così calcolata, con una percentuale di raccolta dati del 95 per cento è pari a 21μg/m3 quindi al di sotto dei 25 fissati dalla legge ed in questo senso garantisce un riscontro rassicurante.
  Di seguito si riportano i valori fatti registrare dalle stazioni di monitoraggio installate a Venafro, dal 2006 al 2018, relativamente al PM10 ed al NO2.
  Nelle tabelle relative al periodo 2006/2018 si nota che, dopo il 2015, non si registrano superamenti né del PM10 né del NO2.
  Al fine di fornire ulteriori e maggiori informazioni, si rappresenta che, per quanto riguarda i dati relativi al 2019, forniti dalla stazione Venafro2, la tendenza della media, calcolata dal 10 gennaio al 26 settembre, è:

   per il PM2,5 pari a 19 μg/m3;

   per il PM10 pari a 26 μg/m3 (valore limite da rispettare 40 μg/m3);

   per il NO2 pari a 21 μg/m3 (valore limite da rispettare 40 μg/m3).

  Per quel che riguarda il PM10 si considera il valore limite equivalente — VLE — (il cui calcolo è riportato nella relazione «La qualità dell'aria in Molise — report 2017 — ARPA Molise») che rappresenta la media annuale da garantire affinché ci sia anche il rispetto del limite dei 35 superamenti della media giornaliera.
  Per il PM10 il decreto legislativo n. 155 del 2010 impone due limiti:

   media annuale pari a 40 mg/m3;

   numero di superamenti della media giornaliera di 50 tg/M3 che non devono essere maggiori di 35.

  Questi due limiti sono in stretta correlazione ed il limite più stringente è il limite giornaliero per PM10, corrispondente ad un valore limite annuale inferiore a 40 μg/m3.
  In base a queste considerazioni si può individuare un VLE per la media annuale. In sintesi, si individua un indicatore per stimare quale sia la media annua da garantire affinché ci sia il rispetto del limite sul numero massimo di superamenti giornalieri.
  Per la stazione Venafro2 il VLE calcolato è pari a 26 μg/m3. Confrontando, quindi, il VLE calcolato con la media tendenziale dei PM10 sopra riportata, si rileva che verosimilmente, ad oggi, sarà rispettato anche il limite dei 35 superamenti della media giornaliera consentiti dalla legge. I superamenti del limite giornaliero registrati da Venafro2, al 26 settembre, sono stati 20.
  Dal 1° gennaio 2018, inoltre, è stato ampliato il numero di metalli da ricercare nella frazione PM10. In dettaglio, sono stati ricercati su tutto il territorio regionale, oltre ai metalli previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 (As-arsenico, Cd-cadmio, Ni-nichel, Pb-piombo), anche i seguenti analiti, caratteristici delle emissioni dagli impianti di incenerimento rifiuti: Ti (tallio), Sb (antimonio), Cr (cromo), Co (cobalto), Cu (rame), Mn (manganese), V (vanadio).
  Dal monitoraggio non sono emerse criticità (si confronti
La qualità dell'aria in Molise report 2018 — Arpa Molise).
  Si evidenzia, infine, che al fine di garantire la massima tutela della popolazione in riferimento alla qualità dell'aria del territorio di Venafro, la regione Molise:

   ha confermato il parziale divieto di transito nel centro abitato di Venafro, di autoveicoli di massa a pieno carico superiore a 6,5 t, vietando la circolazione a doppio senso di marcia di tali mezzi pesanti, lungo la direttrice Molise-Lazio-Campania (decreto del Presidente della giunta regionale del 27 agosto 2019);

   ha in corso di esecuzione il progetto elaborato dall'Arpa Molise denominato «Acquisizione della strumentazione tecnico-scientifica per l'implementazione delle attività di monitoraggio e controllo ambientale in continuo per le analisi di laboratorio» per un importo di un milione di euro, finalizzato all'implementazione delle attività di monitoraggio della qualità dell'aria nell'area venafrana ed in altre aree della regione;

   ha altresì attivato lo studio epidemiologico di tipo ambientale, che coinvolgerà le popolazioni di otto comuni della piana di Venafro, provvedimento che, da tempo, gli abitanti dell'area avevano richiesto. Un progetto basato sulla ricostruzione del profilo di mortalità in associazione con i rischi ambientali, finalizzato a svolgere un approfondimento sullo stato di salute della popolazione residente nel comune di Venafro e nei comuni dell'area della Piana;

   ha in corso di valutazione l'ulteriore progetto presentato dall'Arpa Molise per la caratterizzazione delle fonti emissive di particolato, al fine dell'individuazione delle fonti di inquinamento che maggiormente condizionano la qualità dell'aria nel territorio di Venafro e della valutazione della misura in cui ciascuna di esse contribuisce alla concentrazione totale di particolato, nel rispetto della progressiva attivazione del progetto Priamo (piano regionale integrato per la qualità dell'aria del Molise).

  4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'ambito delle proprie competenze e al fine di poter ridurre il rischio di nuovi eventi di potenziale pericolo per la salute umana e per l'ambiente, ha lavorato, sinergicamente con le autorità competenti del Ministero dell'interno, alla predisposizione di una circolare, pubblicata il 15 marzo 2018, recante «Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi».
  Successivamente, anche per provvedere all'aggiornamento del testo delle stesse linee guida, è stato costituito, con decreto n. 271 del 19 novembre 2018 del Capo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, un gruppo di lavoro composto da funzionari dei Vigili del fuoco e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare finalizzato all'elaborazione di una norma tecnica di prevenzione degli incendi per depositi temporanei e stoccaggi dei rifiuti, così come definiti dal decreto legislativo n. 205 del 2010, anche non soggetti alle procedure di prevenzione incendi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.
  Inoltre, nella conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 (cosiddetto Sicurezza), con la legge n. 132 del 2018 è stato inserito nell'ordinamento l'articolo 26-
bis recante «Piano di emergenza interna per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti», che introduce l'obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, di predisporre un piano di emergenza interna, nonché un piano di emergenza esterno, a cura del Prefetto e di intesa con le regioni e gli enti locali interessati, finalizzato a mettere in atto le misure necessarie a prevenire gli incidenti e a minimizzarne gli effetti in caso di incidente rilevante attraverso forme di specifica cooperazione nelle attività di soccorso con l'organizzazione della protezione civile.
  A seguito delle consultazioni e delle richieste delle regioni si è, altresì, giunti all'aggiornamento delle linee guida pubblicate nel marzo del 2018. Con la circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019 sono state, pertanto, pubblicate le nuove linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi.
  Inoltre, tenuto conto degli ultimi incendi avvenuti alla fine del 2018 nella regione Campania, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è fatto promotore di un'azione sperimentale di coordinamento delle diverse autorità competenti sul territorio, per far attivare una serie di azioni sinergiche finalizzate alla prevenzione e al monitoraggio degli incendi.
  A tale scopo, in data 19 dicembre 2018, è stato siglato a Caserta, tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, dell'interno, della difesa, della giustizia, della coesione, ed il presidente della regione Campania, il primo protocollo sperimentale per la realizzazione di azioni per la tutela della salute, dell'ambiente e della popolazione e per l'attivazione di un presidio e di un controllo del territorio per la prevenzione degli incendi.
  Da questa esperienza potrà discendere una
best practice nazionale da poter replicare nelle diverse aree del Paese, trattandosi, come è noto, di una problematica che non interessa la sola regione Campania, ma tutti i territori regionali ad alta concentrazione di impianti di gestione dei rifiuti.
  Secondo le previsioni del predetto protocollo, è stata data un'impronta operativa per la programmazione e l'attuazione di dispositivi di vigilanza alla cabina di regia istituita in attuazione del «Patto della terra dei Fuochi».
  5. Il Ministero della salute, in merito alla situazione sanitaria in tutta l'area della piana di Venafro, riferisce che uno studio preliminare, commissionato al Cnr di Pisa dall'associazione «Mamme per la Salute» di Venafro, per il periodo 2006-2016, comprendente una prima valutazione dello stato di salute della popolazione dei comuni di Venafro, Pozzilli, Sesto Campano e Isernia, ha evidenziato eccessi statisticamente significativi per tutte le cause di morte, rispetto al contesto regionale, in particolare per le malattie cerebrovascolari e per quelle del sistema circolatorio. Per le donne, in particolare, l'analisi ha mostrato un eccesso per i tumori, in particolare per quello della mammella.
  Per quanto riguarda i tassi di ospedalizzazione le analisi hanno confermato il profilo emerso per l'intera provincia di Isernia, con eccessi di ricovero statisticamente significativi per le stesse cause cardiovascolari e respiratorie.
  Dai dati elaborati è emersa l'indicazione di approfondire l'indagine conoscitiva attraverso l'implementazione di uno studio epidemiologico di coorte residenziale basato sulla ricostruzione del profilo di mortalità e morbosità in associazione con rischi ambientali.
  Tale esigenza è stata accolta dal comune di Venafro che, con la deliberazione della Giunta municipale n. 96 del 20 giugno 2019, ha approvato uno schema di accordo tra il comune di Venafro e i comuni di Conca Casale, Filignano, Montaquila, Monteroduni, Macchia d'Isernia, Pozzilli e Sesto Campano, i cui sindaci hanno già manifestato la disponibilità a partecipare all'effettuazione del predetto studio.
  Sulla base dell'esigenza manifestata dal comune di Venafro e dagli altri comuni ricadenti nell'area indagata, la regione Molise con determinazione del direttore generale per la salute n. 60 del 1° agosto 2019 ha deliberato di aderire alla richiesta del comune e di stanziare la somma di euro 60.000 per la realizzazione dello studio epidemiologico/ambientale di coorte.
  In considerazione della situazione pervenuta all'attenzione del Ministero della salute, la direzione generale della prevenzione sanitaria ha informato e coinvolto l'Istituto superiore di sanità al fine di poter individuare idonea soluzione per la pianificazione dello studio.
  Il 7 ottobre 2019, il sindaco di Venafro ha convocato un incontro presso il comune con la partecipazione dei tecnici del Ministero della salute, del direttore generale dell'Azienda sanitaria regionale del Molise, del sindaco e dell'assessore all'ambiente del comune.
  Nel corso dell'incontro sono state esaminate le situazioni di criticità e l'area delle possibili ricadute degli inquinanti sulle popolazioni residenti, al fine di una corretta pianificazione dello studio epidemiologico di coorte, che sarà realizzato dal Cnr di Pisa, Ente pubblico di ricerca scientifica con valide e consolidate esperienze in campo epidemiologico, che dovrà garantire affidabilità e imparzialità e che sarà oggetto di particolare attenzione da parte della direzione generale della prevenzione del Ministero della salute e di attenta supervisione da parte dell'Istituto superiore di sanità.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se necessario avvierà un'interlocuzione con il sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, al fine di effettuare il monitoraggio ambientale della zona ed acquisire così un quadro puntuale dello stato di inquinamento dell'area.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Shiloh che ha il suo unico stabilimento in Italia nel comune di Verrès (Aosta), fa parte dell'omonimo gruppo americano che produce forniture leggere per automobili in particolare telai in alluminio e magnesio;

   nel corso di questo ultimo biennio l'azienda ha visto un netto calo del fatturato riconducibile alla crisi mondiale del settore automotive e in particolare al principale cliente Fiat-Chryler Automobiles; tale trend negativo ha già portato alla riduzione dei dipendenti che, all'inizio del 2018, erano oltre 200 unità per arrivare gli attuali 154 lavoratori;

   il perdurare e, purtroppo, l'aggravarsi della situazione di crisi mondiale che sta vivendo il mercato dell'auto ha portato l'azienda americana, dopo un periodo di cassa integrazione iniziato a gennaio 2019, ad aprire in data 23 settembre 2019 la procedura di licenziamento per 70 lavoratori su 154 dipendenti;

   appare evidente che un'ulteriore perdita di posti di lavoro andrebbe ad inficiare ulteriormente un tessuto sociale ed economico già molto indebolito dalla crisi che tocca tutta la comunità valdostana, ma soprattutto quella verrezziese ancora ferita dalla chiusura dello stabilimento Lavazza;

   la situazione appare ancora più grave se si considerano le prospettive negative che si prevedono per l'azienda americana; nel quinquennio 2018/2022 è prevista, infatti, una contrazione del fatturato pari al 50 per cento il chè farebbe propendere per una probabile e non auspicabile chiusura futura dello stabilimento Shiloh –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire la continuità occupazionale ed il rilancio produttivo dello stabilimento Shiloh in Italia, al fine di scongiurare la chiusura dell'azienda stessa.
(4-03866)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la struttura competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla situazione dello stabilimento dell'azienda statunitense «Shiloh Industries», sito nel comune di Verrès (Aosta).
  La Shiloh, in particolare, opera nel settore metalmeccanico, nella fabbricazione e distribuzione di prodotti fusi in leghe di magnesio e altre leghe leggere ed è specializzata in forniture leggere per automobili.
  Come correttamente ricorda l'interrogante, il 23 settembre 2019 l'azienda ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per 70 dipendenti, su un totale di 159 lavoratori. La decisione dell'azienda è correlata al calo di fatturato dovuto alla crisi mondiale del settore
automotive e arriva dopo un periodo di cassa integrazione ordinaria, iniziato a gennaio 2019.
  Nelle settimane a seguire, numerosi sono stati gli incontri tra l'azienda, le organizzazioni sindacali, la regione Autonoma Valle d'Aosta e il comune di Verrès, e nell'ottobre 2019 vi sarebbe stata la sigla di un apposito accordo quadro volto a ridurre gli esuberi ed aprire alla cassa integrazione straordinaria a rotazione.
  Sentito sulla specifica situazione aziendale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che la società Shiloh ha presentato un apposito piano per il periodo dal 1° novembre 2019 al 31 ottobre 2020. L'intervento di integrazione salariale è rivolto alla quasi totalità dell'organico aziendale, pari a n. 159 lavoratori.
  Con decreto direttoriale n. 104147 del 24 gennaio 2020 è stata, dunque, autorizzata concessione del trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (Cigs) per il periodo richiesto in favore di un massimo di 130 dipendenti.
  Stante le caratteristiche della vertenza (confinata in Valle d'Aosta) la competente unità di crisi del Ministero dello sviluppo economico, sentita a riguardo, auspica che la regione interessata (competente sul tema) possa intervenire per il ritiro della procedura di chiusura dello stabilimento, restando a disposizione ove sia fatta richiesta e sia possibile intervenire.
  In generale, con riferimento alla crisi che riguarda il settore
automotive nel suo complesso, si rappresenta che è alta l'attenzione del Governo sul tema.
  In proposito, si rappresenta che è necessaria una strategia di medio-lungo termine, che il Ministero dello sviluppo economico sta delineando insieme agli
stakeholder.
  Primo passo di questa strategia è rappresentato dall'istituzione del tavolo dedicato all'
automotive, che si è riunito in prima convocazione il 18 ottobre 2019.
  Il Tavolo è stato poi articolato in tre gruppi di lavoro, dedicati rispettivamente al:

   sostegno alla domanda di mezzi di trasporto orientati sui nuovi standard tecnologici energetici e di mobilità sostenibile;

   supporto per lo sviluppo delle reti infrastrutturali;

   sostegno all'offerta di mobilità e alla transizione tecnologica della filiera.

  Il 4 febbraio 2020 ha avuto luogo d'incontro del gruppo di lavoro sul sostegno alla domanda, che io stesso ho presieduto e che ha visto la partecipazione degli operatori dal lato della domanda, nonché di rappresentanti sindacali, della Conferenza delle regioni, dell'università e della ricerca.
  In apertura dei lavori, è stato sottolineato il rilievo strategico del settore dell'
automotive e la necessità che il Governo intervenga, attraverso misure incentivanti, ad accompagnare la transizione energetica e produttiva del settore, anche nell'ottica di raggiungere gli obiettivi al 2030 relativi alla mobilità indicati nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (in particolare, quelli sui consumi energetici e sulle emissioni nei trasporti).
  Il lavoro del tavolo, dunque, consentirà di definire le misure e le risorse da destinare alla domanda di mezzi di trasporto orientati sui nuovi
standard tecnologici energetici e di mobilità sostenibile, tenendo conto dei cambiamenti tecnologici ed economici in atto nella filiera di riferimento.
  Il 17 febbraio 2020 ha avuto luogo l'incontro del gruppo di lavoro sullo sviluppo delle reti infrastrutturali. All'incontro hanno partecipato referenti della società RSE, associazioni datoriali, aziende, sindacati, nonché rappresentanti della Conferenza delle regioni, dell'università e della ricerca.
  Nel corso dell'incontro è stato illustrato l'attuale stato delle infrastrutture di rifornimento e di ricarica, sia a livello nazionale che europeo, e il fabbisogno necessario a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità per il trasporto prefissati nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima.
  Si auspica che il confronto con gli
stakeholder consenta di individuare le misure e le risorse da destinare alla pianificazione della rete infrastrutturale del Paese, al fine di favorire la diffusione dei nuovi servizi di mobilità sostenibile.
  L'obiettivo è quello di realizzare un modello di sviluppo infrastrutturale capace di realizzare sinergie tra pubblico e privato.
  Per sostenere la ricerca e la realizzazione delle reti infrastrutturali saranno messi a disposizione incentivi, misure di semplificazione e standardizzazione delle procedure autorizzative. Si prevede anche di installare impianti di rifornimento e di ricarica negli edifici, con specifiche
policy per la pubblica amministrazione.
  Il tavolo
automotive pone, dunque, le fondamenta della strategia di sostegno e promozione di questo settore, garantendo, al contempo la tutela del mercato di riferimento, dei livelli produttivi ed occupazionali connessi.
  Su questa scia si pongono anche gli incentivi inseriti nei recenti interventi normativi. Si fa riferimento in particolare:

   alle misure previste nella legge di bilancio per il 2020 in materia di green mobility per il rinnovo delle dotazioni degli autoveicoli delle pubbliche amministrazioni, prevalentemente mediante acquisto o noleggio di veicoli ad energia elettrica o ibrida o alimentati ad idrogeno (articolo 1, commi 107-109, legge 27 dicembre 2019, n. 160);

   all'estensione dell'ecobonus prevista nel decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (cosiddetto decreto Milleproroghe), convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8. In particolare, con tale decreto è stata estesa la possibilità di fruire del contributo previsto per l'acquisto di autoveicoli nuovi elettrici o ibridi (Ecobonus), anche al caso di rottamazione di autoveicoli omologati «euro zero». Inoltre, è stata abbassata la soglia massima di emissione di CO2 prevista per poter fruire dell'ecobonus per l'acquisto di veicoli, escludendo dal contributo i veicoli ibridi con più alte emissioni di CO2 (articolo 12, commi 2 e 2-bis);

   alle misure di rottamazione dei veicoli adibiti al trasporto merci previste nell'articolo 53 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili» convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.
   Le iniziative sopra richiamate prendono le mosse dalla considerazione che in Italia il parco auto è composto per il 62 per cento da veicoli con almeno 10 anni di vita (euro 4 o inferiori) e pertanto vanno attuate
in primis misure di incentivo alla rottamazione e di rinnovo del parco auto, che hanno il duplice obiettivo di migliorare i livelli di emissioni e di stimolare la domanda.
   Infine, si rappresenta che, alla luce delle difficoltà economiche che l'Italia sta attraversando nel periodo attuale, anche e soprattutto in ragione dell'epidemia da COVID-19, questo Governo continuerà ad attuare tutte le misure idonee e tecnicamente percorribili per tutelare il settore in parola e garantirne lo sviluppo, al fine di mantenere la stabilità dei livelli di produzione ed evitare possibili ricadute occupazionali.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.