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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 sta fortemente mettendo a dura prova il nostro Paese con risvolti in ambito sociale, economico e culturale non quantificabili né prevedibili con precisione a priori;

    la crisi che la nazione attraversa è una delle più gravi che abbia mai dovuto affrontare, una crisi che coinvolge inevitabilmente diversi settori tra cui quello dell'editoria;

    è innegabile che il settore già attraversasse da molto tempo una crisi che a causa dell'emergenza epidemiologica si è acuita e manifestata in tutta la sua drammaticità; è ormai dal 2007 che la diffusione dei quotidiani ha subito un brusco decremento e ancor di più il fenomeno non mostra tendenze di miglioramento, con riferimento alle edizioni cartacee;

    contestualmente, la transizione verso forme editoriali digitali aumenta costantemente, permettendo così la nascita di nuove esperienze e testate digitali insieme all'implementazione dell'offerta digitale da parte dei gruppi editoriali già consolidati;

    in questo contesto va assumendo una nuova centralità la stampa locale, in grado di coniugare informazione di prossimità, coinvolgimento della comunità, racconto del territorio;

    pur nell'emergenza epidemiologica, però, il Governo ha voluto garantire e salvaguardare massimamente il diritto costituzionale all'informazione ed infatti proprio le edicole, e le filiere ad essa connesse, sono state esonerate dalla chiusura delle attività;

    l'apertura delle edicole e il lavoro a pieno regime delle testate giornalistiche quotidiane ha costituito per il Governo una scelta di campo importante individuando l'informazione, in astratto, e i giornali, in concreto, come un bene essenziale per il Paese e per le comunità;

    l'aver permesso l'apertura delle edicole ha consentito una maggiore circolarità delle informazioni e, proprio in tale contesto, la stampa ha manifestato appieno la sua funzione informativa di pubblico servizio alla cittadinanza;

    il contrasto alle fake news è stato un obiettivo fortemente ricercato e voluto dal Governo che spesso ha richiamato la popolazione ad una maggiore attenzione alla veridicità delle informazioni e alla qualità delle fonti; al tempo stesso, le testate giornalistiche sono state chiamate a misurarsi con un rischio di diffusione di notizie false quanto mai alto in un percorso di verifica e approfondimento che di certo ha permesso di far emergere la qualità editoriale;

    una delle ragioni a cui si può ricondurre la crisi del settore dell'editoria, destinata ad aggravarsi in questa fase di convivenza con il virus, è da rinvenirsi alla minore richiesta di spazi pubblicitari. Nei primi tre mesi dell'anno la raccolta della carta stampata, secondo l'Osservatorio Fcp (Federazione concessionarie pubblicità), si è fortemente ridotta; i quotidiani a pagamento hanno registrato una contrazione di circa un quarto in termini di fatturato e del 15 per cento circa quanto a spazio; male anche i settimanali e i mensili anche se in controtendenza si trova la pubblicità online, che secondo Iab Italia quest'anno dovrebbe registrare un incremento nell'ordine del 7-8 per cento;

    la Federazione italiana degli editori giornali (Fieg) da tempo denuncia l'esistenza di numerosi casi di «pirateria editoriale» e di numerosi «canali edicola» sulle piattaforme digitali, ritenendoli veri e propri centri di distribuzione di giornali e riviste in formato pdf; gli utenti di social media che usufruiscono di tali prodotti sono aumentati vertiginosamente da inizio marzo 2020 e cioè da quando sono iniziate le misure restrittive per fronteggiare l'emergenza Coronavirus;

    il Governo è strategicamente intervenuto in aiuto al settore nel decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020), articolo 98, comma 1; in considerazione dell'attesa caduta dei volumi di investimento derivante dall'emergenza sanitaria in atto, ha previsto, per il 2020, un regime straordinario di accesso al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali;

    la libertà di espressione e il pluralismo dell'informazione sono assi portanti della nostra democrazia, come ricordato dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio, e le imprese e cooperative editrici hanno visto aggravare la situazione di crisi preesistente a causa della crisi in corso che sicuramente si protrarrà per i prossimi mesi,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni più idonea iniziativa volta a sostenere in questo momento di crisi il settore dell'editoria e le filiere connesse, al fine di salvaguardare il diritto all'informazione di cui all'articolo 21 della Costituzione e i livelli occupazionali del settore, anche incrementando le risorse finanziarie, abbandonando la logica dei «fondi a pioggia» e preferendo interventi mirati e specifici in grado di valorizzare, da un lato, la qualità dell'informazione e, dall'altro, la dimensione locale e di prossimità;

   ad adottare iniziative per sostenere e implementare gli strumenti individuati nel decreto-legge «Cura Italia», anche in ragione dell'aggravamento delle condizioni economiche legate al periodo emergenziale, attraverso un ampliamento del credito d'imposta sugli investimenti;

   a sostenere ed incentivare l'innovazione digitale del settore e le imprese editoriali che decidono di innovare la loro produzione e diffusione attraverso canali e strumenti digitali, anche al fine di agevolare la circolazione delle informazioni sui canali maggiormente utilizzati oggi dai lettori e contrastare il dilagante fenomeno delle false notizie;

   ad adottare iniziative per riconoscere il prezioso contributo svolto dalle edicole nel periodo emergenziale attraverso agevolazioni fiscali o contributi una tantum che ne agevolino la ripresa e ne valorizzino ulteriormente il molo di snodo di comunità;

   ad adottare iniziative per incrementare il fondo per le emittenti locali, profondamente in crisi in questo periodo a causa dei tagli agli investimenti pubblicitari, anche al fine di garantire ai cittadini l'informazione riguardante l'emergenza oltre che sostenere il settore;

   a garantire la continuità dell'erogazione dei servizi di informazione primaria a fronte delle sopravvenute esigenze imposte dal perdurare dell'emergenza attraverso le più opportune iniziative volte a supportare e garantire la continuità offerta dai servizi offerti dalle agenzie di stampa;

   ad adottare iniziative per tutelare attraverso appositi interventi economici e finanziari, i giornalisti precari e autonomi, con reddito basso e che necessitano, proprio in questo periodo emergenziale, idonei strumenti di supporto e garanzia del reddito;

   a impegnarsi a risolvere, con iniziative di tutela, le crisi aziendali del comparto con riferimento alle testate locali in virtù del valore non solo commerciale ma storico, culturale, identitario che le testate a diffusione locale rivestono per il Paese e per le comunità di riferimento;

   a porre in essere ogni più utile iniziativa volta a contrastare il fenomeno della pirateria editoriale attraverso la diffusione di copie digitali dei giornali e quotidiani che lede profondamente il settore editoriale, anche attraverso la previsione di accordi e convenzioni con la polizia postale;

   ad avviare, con il pieno coinvolgimento del Parlamento, una riflessione in merito alla necessità di una riforma dell'editoria che abbia al centro le nuove emergenze esplose nel settore a causa della pandemia globale.
(7-00482) «Vacca, Lattanzio, Gallo, Acunzo, Bella, Carbonaro, Casa, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Valente, Villani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il Memorandum sulla via della Seta, siglato tra Stato italiano e Repubblica popolare cinese nel marzo 2019 a Roma, prevede importanti investimenti cinesi nei principali porti italiani;

   il gruppo cinese China communication construction company (Cccc – un'azienda dello Stato cinese) investirà sia nel porto di Trieste, l'accordo è stato siglato nel novembre 2019, che nel porto di Genova. Ma le manifestazioni di interesse cinesi riguardano anche i porti di Venezia e Ravenna, di Palermo, che è stata visitata dal leader cinese Xi Ping nei giorni della firma del Memorandum, e di Gioia Tauro. I cinesi della Cosco sono presenti dal 2016 nel porto di Vado Ligure come partner (40 per cento) della danese Maersk. La Port Authority di Singapore controlla il porto di Voltri-Pra;

   per quanto riguarda il porto di Taranto, l'interesse della Cina è noto da diversi anni. Anche qui l'investitore dovrebbe essere la Cccc. Il porto che costituisce un centro intermodale e logistico vicino al canale di Suez, è gemellato con quello di Shenzhen e rientra nel progetto della Via della Seta come punto di affaccio sul Mediterraneo e di collegamento con l'Asia;

   dal momento della firma del Memorandum, taluni esponenti del M5S con incarichi di Governo, hanno sottolineato il coinvolgimento del porto di Taranto nella strategia cinese. Il 5 novembre 2019 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio all'expo sull'import di Shanghai ha dichiarato che sui moli del porto pugliese c'è un interesse che porterà presto ad iniziative. Sono note le ripetute esternazioni del sottosegretario alla presidenza del consiglio Mario Turco. Nel 2018 e nel 2019 l'Autorità portuale di Taranto ha partecipato alla fiera Cltf dedicata ai trasporti e alla logistica che si svolge a Shenzhen;

   è in via di costituzione presso il porto di Taranto una zona economica speciale interregionale Puglia-Basilicata. Il 29 aprile 2020 è stata definita da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la perimetrazione della zona franca interclusa del porto di Taranto, costituita da 11 aree per 162 ettari;

   nella medesima area sono programmati importanti interventi, che peraltro richiedono ingenti finanziamenti: piastra portuale di Taranto, nuova diga foranea di protezione del porto fuori rada, ampliamento del V sporgente, riqualificazione della banchina e dei piazzali in radice del molo polisettoriale, potenziamento dei collegamenti ferroviari del complesso del porto di Taranto con la rete nazionale, interventi di messa in sicurezza e bonifica della area ex Yard Belleli;

   è di questi giorni la notizia che, proprio in quest'area, la società cinese Weichai Group, proprietaria all'86 per cento della Ferretti Group, intende fare un importante investimento produttivo nell'ambito della cantieristica nautica. Questa operazione si svolge con l'appoggio del sottosegretario Mario Turco;

   la città di Taranto riveste un ruolo crescente per la strategia Nato. L'Alleanza Atlantica ha bisogno della disponibilità del porto di Taranto Mar Piccolo e Mar Grande, per le infrastrutture militari strategiche. Da tempo si sta lavorando a questa transizione, assieme alle trasformazioni in corso presso altre basi militari dell'Alleanza (Napoli, Sigonella, Niscemi, Vicenza) e alla riprogrammazione del ruolo della Nato;

   per quel che riguarda le modalità operative con cui l'Italia sta attuando il Memorandum sulla Via della Seta, sia il Governo che le autorità portuali nazionali, appaiono procedere in ordine sparso, ciascuna con una propria strategia, ma senza una direttiva di carattere nazionale. Ogni Autorità, ad avviso degli interpellanti, cerca di chiudere accordi utili per sé, senza valutare l'utilità in termini di Paese. Viceversa la controparte cinese si muove in modo coordinato, lasciandosi aperta la strada a più opzioni, non confliggenti tra loro;

   se è giusto collaborare in termini economici con tutti i Paesi, tuttavia non si può consegnare le infrastrutture più importanti del nostro Paese, che è al centro del Mediterraneo e quindi al centro sia dei traffici mondiali che dello scacchiere strategico internazionale, a Stati che hanno potenza economica notevole e una propensione ad egemonizzare i mercati –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle ipotesi di investimento di società cinesi, in taluni casi direttamente controllate dal Governo cinese, nel porto di Taranto e, più in generale, nei porti italiani individuati in premessa;

   quali risorse si intendano impegnare per l'ammodernamento del porto di Taranto e a sostegno di investimenti cinesi e se il Governo sia a conoscenza, per questo scalo, di manifestazioni d'interesse di altre società cinesi;

   se non si ritenga opportuno evitare che le varie Autorità portuali nazionali sottoscrivano documenti impegnativi con imprese di Stati non facenti parte dell'Unione europea, senza che siano stati espressi specifici indirizzi operativi dal Parlamento;

   se il Governo non intenda adoperarsi affinché tali iniziative si muovano nel quadro di una strategia nazionale concordata e coordinata tra tutte le autorità coinvolte, tenuto conto del ruolo che l'Italia riveste nell'Unione europea e nell'Alleanza Atlantica.
(2-00807) «D'Attis, Gelmini, Sandra Savino, Occhiuto, Pettarin, D'Ettore, Sisto, Tartaglione, Cattaneo, Giacomoni, Aprea, Pittalis, Rotondi, Rossello, Mulè, Nevi, Saccani Jotti, Maria Tripodi, Caon, Milanato, Fitzgerald Nissoli, Mazzetti, Baratto, Bond, Bergamini, Carrara, Ruffino, Rosso, Porchietto, Napoli, Elvira Savino, Novelli, Bagnasco, Pella, Dall'Osso, Fiorini, Versace, Marin, Spena».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'emergenza coronavirus, oltre al devastante impatto sanitario, sta moltiplicando i livelli di povertà, in particolare nelle grandi città o nelle città del Sud Italia: famiglie in difficoltà economiche, ma anche piccole e medie imprese sull'orlo del fallimento;

   secondo l'allarme lanciato anche da molti autorevoli magistrati, preoccupati di come «l'economia legale rischia di essere infettata ancora di più dalle mafie», la criminalità potrebbe approfittare della pandemia per sostituirsi all'assistenza pubblica;

   a Marsala, in uno dei quartieri popolari, le famiglie che al momento vivono in stato di completa indigenza sono circa una trentina, di cui più della metà composte da una prole numerosa: la necessità di generi di prima necessità o di riuscire a guadagnare il minimo indispensabile li ha resi oggetto di interesse delle varie famiglie mafiose, pronte a offrire un supporto immediato, con la consegna di beni essenziali, e dilazionato nel tempo, con concessioni di denaro;

   sempre in Sicilia, a Palermo, Giuseppe Cusimano, pregiudicato e fratello di Nicolò (condannato per traffico di droga), regala la spesa alle famiglie bisognose del quartiere Zen; a Napoli gli uomini dei clan consegnano cibi ai più bisognosi e un furgone proveniente dall'Est, guidato da calabresi vicini alla 'ndrangheta, è stato fermato mentre trasportava 500 mila euro in contanti;

   nel trapanese, invece, la presenza di numerose imprese edili fa della zona un teatro perfetto dove poter acquisire società o semplicemente garantirsi la partecipazione in molte attività commerciali, come testimonia il sequestro da parte della Dia, meno di un mese fa, di sei milioni di beni a Nicolò Clemente, un imprenditore di Castelvetrano, in provincia di Trapani, ritenuto vicino al boss latitante Messina Denaro;

   come è facile immaginare, non si tratta di un aiuto disinteressato, perché da una parte le mafie si assicurano il consenso e la fedeltà di alcuni cittadini a discapito dello Stato, dall'altra le legano a sé per poi stritolarle, magari concedendo prestiti a tassi usurai;

   quando non si tratta esclusivamente di sostegno finanziario, le organizzazioni criminali forniscono anche servizi di recruiting: secondo Salvo Caradonna, tra i fondatori del movimento antimafia Addiopizzo, a Palermo il rischio, emerso da segnalazioni e testimonianze, è quello di un reclutamento dei meno abbienti, artigiani, imprenditori o proprietari di aziende dalle dimensioni modeste, in plotoni che saranno poi impiegati nei settori più prolifici, come quello del traffico di droga;

   a mettere in guardia da queste prospettive erano stati, tra gli altri, il magistrato Raffaele Cantone e il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, secondo i quali la crisi sanitaria e le restrizioni hanno fermato tutti quei lavoratori dell'economia sommersa, che sfugge alle rilevazioni fiscali, previdenziali e statistiche, che, non potendo ottenere sussidi statali, potrebbero ampliare il serbatoio dei gruppi criminali;

   i modi di infiltrazione nella società passano dal semplice bussare alle porte, fino al mimetizzarsi nelle numerose manifestazioni di solidarietà promosse dalle parrocchie, come denunciato da Luigi Cuomo, presidente nazionale di Sos Impresa, l'associazione impegnata nella lotta al racket e alla criminalità organizzata, secondo cui «I segnali in tutto il paese sono inquietanti. Le mafie, come di norma in situazioni dove lo Stato è costretto a immettere grosse somme di denaro, trovano il modo di aumentare il loro potere, non solo economico ma anche contrattuale»;

   le cosche, che hanno grande disponibilità di liquidità anche grazie al traffico di stupefacenti, come dimostra la mezza tonnellata di cocaina trovata pochi giorni fa in un capannone e sotto un terreno appartenenti a Rocco Molè, figlio del boss di Gioia Tauro, sono pronte, peraltro, a beneficiare anche della fase successiva: la ricostruzione e nel farlo non si pongono limiti territoriali;

   tale situazione di rischio, secondo le stime di Sos Impresa, coinvolge circa l'80 per cento delle piccole medie imprese presenti sul territorio nazionale; inoltre, quasi 8 mila soci, azionisti o amministratori di 9.200 aziende del Centro-nord, secondo la Banca d'Italia, sono legati da vincoli familiari a clan 'ndranghetisti e sono probabilmente affiliati alla 'ndrangheta;

   circa due milioni di piccole medie imprese sono a rischio infiltrazioni e la penetrazione al Nord di clan come quello Arena, tra i più potenti al mondo, fa capire come le mafie siano capaci di adattarsi e riciclarsi a ogni tipo di situazione –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per avviare un monitoraggio su base regionale, in particolare delle situazioni a rischio di infiltrazione da parte della criminalità;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per sostenere, con determinazione sempre maggiore, le attività dei beni confiscati ed evitare che le difficoltà economiche e, in particolare, la mancanza di liquidità, acuite dall'emergenza pandemica da Covid-19, possano aprire margini incontrollati alle organizzazioni criminali.
(2-00809) «Lucaselli, Luca De Carlo, Rizzetto, Butti, Osnato, Ferro, Varchi, Deidda, Foti, Frassinetti».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e dalle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfrancesco Belli, presidente della Commissione rischi ed etica sanitaria di Incer Institute, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca, presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi e del gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai risulta evidente che il Governo è, come più volte ripetuto dal Presidente del Consiglio, sottoposto a Comitati scientifici e tecnici;

   non è chiaro quindi a chi vadano attribuite le scelte politiche e le conseguenti responsabilità di aver portato il Paese nel «baratro»; se è vero che la «politica non è una scienza come molti professori s'immaginano, ma un'arte», ha il forte sospetto che il Governo non la possieda e, al contrario, si nasconda dietro un Comitato tecnico scientifico;

   presa visione dei Comitati tecnici scientifici, non sono presenti scienziati con più alta qualifica e punteggio (si veda banca dati «Scopus»: ad esempio, Mantovani o Remuzzi, indice di eccellenza rispettivamente 167 e 158, mai considerati nelle scelte governative, forse perché non hanno alcun tipo di incarico presso l'Oms e/o il centro europeo della prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc));

   difatti, il Governo ha inserito: Ippolito (61), direttore scientifico Inmi Spallanzani; Rezza (59), «Sufficiente mediocrità» per il direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità – adesso nominato direttore generale prevenzione del Ministero della salute – presente dal 2019 anche nel consiglio di amministrazione della Fondazione Smith Kline, fondazione finanziata da GlaxoSmithKline; Guglielmo Ricciardi («ampiamente insufficiente» con 39, è stato – prima di Rezza – nel board della Fondazione citata, poi membro del «board prevenzione» della stessa, presidente dell'Iss: membro del Consiglio superiore di sanità, attuale membro in rappresentanza dell'Italia all'executive board WHO, super consulente del Ministro Speranza («il suo compito è cruciale nella lotta al contagio, fornire pareri e indicazioni sulle misure di prevenzione necessarie a fronteggiare la diffusione del virus» secondo il Sole 24 Ore); lo stesso Brusaferro, attuale presidente dell'Iss («ampiamente insufficiente» con 21); Ricciardi e Brusaferro entrambi relegati ai livelli più bassi della classifica Scopus ma che, al contrario dei più quotati colleghi sopra indicati hanno brillanti incarichi di rilevanza politica presso l'Oms e/o Ecdc;

   tra l'altro, non si capisce il perché non vengono resi noti i verbali delle riunioni degli esperti del Comitato tecnico scientifico e degli altri Comitati (che risultano «secretati») istituiti in questo frangente, dal momento che così pesantemente hanno impattato sulla vita dei cittadini indirizzando le scelte del Governo;

   sulla base degli studi esistenti sulla famiglia dei coronavirus e verificata la «stretta parentela» (ribadita anche su documenti ufficiali sistema prevenzione Italia – Inmi Spallanzani: «si è rivelato essere B Cov del gruppo 2B con almeno il 70 per cento di similarità della sequenza genomica Sars Cov») con i virus SARS-CoV del n-CoV2 poi denominato SaRs-CoV-2 (nomen omen) non è chiaro perché non si sia intervenuti sulla base delle procedure esistenti quali, ad esempio, il piano di prevenzione e risposta a pandemia, 2005-2010, redatto dal Ccm, considerando che dal 24 gennaio risulta ufficialmente «la prova della trasmissione uomo-uomo» e si fa riferimento alle «precedenti outbreaks di Sars e Mers per la trasmissione» («can be similar through droplets, contact and fomites») e/o alle procedure esistenti del sistema di sorveglianza e prevenzione epidemiologica e virologica e/o altri documenti, anche dell'Oms –:

   quali siano stati i reali parametri scientifici per la scelta dei componenti dei vari Comitati tecnico scientifici che in questi mesi di emergenza hanno indirizzato la politica governativa e se non ritengano doveroso, anche per fugare qualsiasi ricostruzione fantasiosa, rendere pubblici i verbali delle riunioni degli esperti.
(4-05749)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e dalle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfrancesco Belli, presidente della Commissione rischi ed etica sanitaria di Incer Institute, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca, presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi e del gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai emerge che il virus sars Cov 2, anche per colpevoli omissioni interne ed internazionali, si è abbattuto come uno tsunami sull'Italia: ad avviso dell'interrogante, ha trovato terreno fertile in una politica inappropriata, nella sua miopia, inadeguatezza, mancanza di rapidità; nella inefficacia della prevenzione, nelle pieghe di interessi economici diffusi, nella inesistente capacità di visione strategica; il sistema infatti, nonostante i tagli pesanti, disponeva e dispone di norme di riferimento e di strutture specifiche, articolate, finalizzate alla sorveglianza, prevenzione e risposta alla diffusione di malattie infettive;

   non si è disposta subito la sollecita riconversione dei piccoli ospedali dismessi, in aree per la terapia intensive invece di procedere con nuove strutture «mobili», inutili su un piano di programmazione ordinaria di posti letto, considerando anche l'aumento delle criticità legato all'invecchiamento della popolazione;

   difatti, non si è accolta (in data 22 febbraio) l'indicazione su «l'urgente necessità di allestire degli ospedali esclusivamente riservati a ricoverati per COVID-19, così da evitare promiscuità con altri pazienti e quindi diffusione del virus nelle strutture ospedaliere»;

   non è stato richiesto dall'inizio, viste le caratteristiche della infezione riportate nelle prime notizie circa una possibile origine da laboratorio BLS4, l'intervento ed il coordinamento con gli specialisti medici delle Forze armate, anche in base a quanto previsto ex legge n. 138 del 2004 e successive modificazioni;

   infine, se era noto dal 20 gennaio che i primi quattro Paesi in cui erano stati rilevati casi di infezione avevano già adottato – dai primi di gennaio – misure importanti come la quarantena in Italia non si è operato in tal senso prima del 31 gennaio: dichiarazione dello stato di emergenza, chiusura ai soli voli diretti da/per Cina, utilizzo di scanner termici in aeroporto («misure molto utili perché consentono di verificare subito eventuali casi sospetti», secondo Ricciardi). Senza però alcuna considerazione degli asintomatici, pur con l'esperienza Sars e Mers e relativi studi e guide Lines;

   appare strano che il rappresentante italiano presso l'Executive Board dell'Oms dal 2017, Ricciardi, solo il 23 febbraio 2020 si accorga che «l'Italia paga il fatto di non aver messo in quarantena da subito chi sbarca dalla Cina (...) chiudere i voli non ha base scientifica e non ha permesso di tracciare gli arrivi», dimenticando però che lo stesso Oms ha solo provveduto a «update the travel advice for international travel in health» –:

   quali siano state le motivazioni che hanno determinato l'avvio della quarantena il 21 febbraio 2020, visto che erano già noti, da tempo, i pericoli legati alla diffusione del COVID-19.
(4-05750)


   LUCASELLI, LUCA DE CARLO, RIZZETTO, MOLLICONE, BUTTI, FERRO, VARCHI, DEIDDA, FOTI e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a distanza di quasi due mesi dalla chiusura delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e dalla conseguente attivazione della didattica a distanza, la confusione sembra regnare sovrana nelle faticose giornate delle famiglie, con alunni che faticano a seguire il ritmo di videolezioni, chat, mail, registro elettronico, whatsapp e docenti che lavorano decisamente più freneticamente che non nella normale attività didattica;

   se è vero che la quarantena forzata sta tirando fuori il meglio da docenti e studenti, costretti a reinventare un modo di insegnare e apprendere che era praticamente immutato da un secolo, è altrettanto vero che ci sono ancora troppi problemi legati alla didattica a distanza;

   in particolare, la didattica digitale rischia di fare esplodere divari sociali già esistenti: da una parte, i figli delle famiglie più solide, con una buona connessione Internet e genitori in grado di seguire i ragazzi nei compiti e nella didattica on line, dall'altra i ragazzi che hanno alle spalle famiglie fragili, con pochi strumenti culturali e digitali e che adesso faticano a partecipare alle lezioni on line;

   la scuola è luogo principe per garantire le pari opportunità ed, invece, si rischia che proprio l'istituzione perda questo ruolo, perché non in grado di colmare il divario sociale che la didattica a distanza sta acuendo e garantire le medesime opportunità per tutti i bambini;

   ai problemi di contesto creati da questa fase senza precedenti si sommano le rigidità di molti insegnanti, che cercano di replicare in digitale la stessa scuola che per decenni hanno vissuto in classe;

   secondo gli esperti, inoltre, a parte il concreto rischio per i ragazzi di fenomeni di dipendenza dovuti all'uso eccessivo delle nuove tecnologie, stare per tante ore davanti agli schermi (e nella didattica a distanza è proprio così, in aggiunta al normale uso e spesso abuso che quotidianamente ne fanno soprattutto gli adolescenti) può determinare conseguenze gravi anche per la vista;

   discorso diverso, ma non meno preoccupante, per i bambini più piccoli, il cui percorso educativo è fatto di relazioni sociali e non di didattica a distanza e che oggi sono a carico esclusivo delle famiglie, che in questi mesi hanno supplito alle carenze delle politiche pubbliche;

   non sorprende, pertanto, che, anche in questi giorni in cui si comincia a discutere nel dettaglio della cosiddetta «Fase 2», si parla di «ripartenza» a scuole chiuse, assumendo tacitamente che una parte rilevante dei costi di questa ripartenza sarà assorbita ancora una volta dalle famiglie;

   se tale scelta fosse confermata, significherebbe che, dopo due mesi di isolamento, con l'obiettivo di tutelare soprattutto le categorie più fragili e, in particolare, gli anziani, con la riapertura, seppure graduale, delle attività e il ritorno al lavoro dei genitori, i bambini saranno affidati alla cura proprio dei nonni, qualora non si abbia la possibilità di pagare una babysitter a tempo pieno –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per sanare le problematiche emerse in questi mesi di didattica a distanza, con particolare riferimento al coinvolgimento dei ragazzi che hanno alle spalle famiglie fragili, rischiando di alimentare disuguaglianze sociali che potrebbero diventare incolmabili;

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo per consentire a tutte le famiglie, anche con figli piccoli, di ripartire;

   se la decisione di tenere le scuole chiuse fino alla fine dell'anno scolastico, in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei, sia legata a motivi scientifici oppure organizzativi;

   se e come il Governo intenda supportare i nidi, le scuole d'infanzia e i centri estivi privati che, a causa della chiusura prolungata e della mancata riscossione delle rette di frequenza, sono condannati al fallimento, con il conseguente enorme vuoto di servizi pubblici che lasceranno.
(4-05757)


   MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge «Milleproroghe», all'articolo 40, ha stabilito che entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 dicembre 2019, deve essere nominato il commissario e il vicecommissario per il Gse (Gestore servizi elettrici) che sostituisce il commissario «in caso di assenza o impedimento»;

   si è oramai a metà maggio 2020, ma non sono ancora stati nominati né il commissario né il vice commissario del Gse;

   si evidenzia che questo stallo potrebbe avere delle ricadute alla luce della nuova direttiva del 14 aprile 2020. Ciò perché prima di questo provvedimento il processo di nomina dei vertici delle aziende controllate nell'ambito di gruppi societari partecipati dal Ministero dell'economia e delle finanze aveva natura puramente formale;

   in particolare, i vertici del consiglio di amministrazione del Gse si limitavano a recepire le indicazioni fornite dal Ministero di riferimento. Oggi non è più così. L'attuale consiglio di amministrazione del Gse ha il potere di definire anche il regolamento per la nomina dei vertici delle controllate, nonché predisporre l'elenco di nominativi da sottoporre al Ministero di riferimento;

   infatti, nella scorsa estate, il consiglio di amministrazione del Gse ha revocato le deleghe sul personale all'amministratore delegato. Di conseguenza, qualsiasi decisione importante viene ora assunta direttamente dal consiglio di amministrazione;

   a tal proposito, si fa presente che il presidente e un consigliere sarebbero entrambi riconducibili a una forza politica non più attualmente facente parte della maggioranza di Governo;

   è del tutto evidente che il rischio che si corre, in mancanza di nomina del commissario, è che sia l'attuale vertice del Gse, cioè di fatto il presidente, a nominare gli amministratori e gli organi delle società controllate che poi dureranno in carica per i successivi 3 anni;

   questo scenario si è peraltro già verificato rispetto alle nomine del nuovo organismo di vigilanza del Gse avvenute il 22 aprile 2020. Le procedure per l'individuazione dei soggetti meritevoli, a quanto consta all'interrogante, sarebbero infatti state effettuate in piena autonomia dal Gse, senza nessuna apparente condivisione con i Ministeri di riferimento e risulterebbero aver portato alla nomina di persone tutte riconducibili a forze appartenenti alle opposizioni;

   tra l'altro, le nomine sono avvenute dopo la norma che prevedeva il commissariamento del Gse –:

   quali siano i motivi che stanno ritardando la nomina del commissario e del vice commissario del Gse e, nel caso, se le circostanze ostative siano state superate e quali siano i tempi per la loro nomina oramai non più rinviabile.
(4-05758)


   SAPIA, D'IPPOLITO e BARBUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 19 febbraio 2020 il dottor Giuseppe Zuccatelli, già presidente dell'Agenas, fu nominato commissario ad interim dell'Asp di Cosenza;

   Daniela Saitta, ricercatore universitario e commercialista, si era dimessa dalla direzione della stessa azienda in seguito alle reazioni pubbliche suscitate dalla costituzione del proprio ufficio di segreteria con ricorso a professionisti esterni e dalla successiva attribuzione di un incarico, a sue spese, alla figlia;

   il primo firmatario del presente atto aveva contestato la nomina di Saitta, con la deputata Dalila Nesci, chiedendo al Governo di ritirarla poiché nel curriculum della medesima non figuravano esperienze significative di organizzazione e gestione di aziende della salute;

   la suddetta nomina a Zuccatelli e avvenuta in palese contrasto con le norme del cosiddetto «decreto Calabria», come convertito in legge, che, seppure ammetta che si possa nominare un unico commissario per più aziende del sistema sanitario regionale, prevede in ogni caso una specifica procedura, richiedente, tra l'altro, una non facoltativa deliberazione del Consiglio dei ministri e un decreto finale del Ministro della salute per l'assegnazione dell'incarico commissariale, altrimenti assicurando l'ordinaria gestione dell'ente, come peraltro già avvenuto nell'azienda in predicato, in situazioni di sopraggiunta mancanza dei vertici direzionali;

   secondo gli interroganti non appare esserci dubbio, stando alle norme di specie, che la suddetta nomina dello Zuccatelli, oltretutto insieme commissario straordinario dell'azienda ospedaliera e dell'azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro, sia illegittima, il che inficia tutti gli atti adottati dal medesimo nella veste di responsabile legale dell'Asp di Cosenza, non soltanto quelli relativi all'attribuzione di incarichi a soggetti esterni provenienti da Agenas e di responsabilità dirigenziali a vincitori di procedure concorsuali caratterizzate da potenziali vizi nella fase di completamento;

   agli atti risulta che lo Zuccatelli ha rinunciato al compenso quale commissario ad interim dell'Asp di Cosenza, il che potrebbe leggersi come apprezzabile scelta morale ma anche, ad avviso degli interroganti, come elemento di consapevolezza della dubbia legittimità della nomina in argomento, avvenuta a ridosso della pandemia da nuovo coronavirus;

   il mandato in questione si è esplicato e prosegue nell'emergenza in atto con indirizzi dello Zuccatelli, formalmente contestati dal primo firmatario del presente atto, di manifesta antitesi rispetto alle linee della presidente della regione, Jole Santelli, in ordine all'individuazione delle strutture per la cura dei pazienti con Covid-19;

   nello stesso periodo emergenziale il Ministro della salute, Roberto Speranza, ha rinnovato l'incarico di direttore generale della programmazione sanitaria nazionale al dottor Andrea Urbani, già revisore dei conti di Agenas, già subcommissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese e per diversi mesi contemporaneamente controllore, nella veste di direttore generale ministeriale, e controllato, in quella di delegato governativo;

   il «decreto Calabria», che peraltro ha tolto alla regione il suo ruolo in merito agli appalti e ha contemplato che, dopo 12 mesi dall'entrata in vigore, la regione possa avviare le procedure di nomina dei direttori generali, ha comportato, a causa di lungaggini nelle nomine dei commissari aziendali, avvicendamenti alla guida di aziende della salute, con tutte le pesanti conseguenze di gestione e circa l'erogazione delle prestazioni sanitarie;

   c'è dunque secondo gli interroganti, la necessità stringente, poiché la condizione di emergenza del servizio sanitario regionale non è stata affatto superata e anche alla luce di recenti vicende, da quella della Rsa Villa Torano (Cosenza) a quella dei tamponi conservati in frigoriferi dell'Asp di Cosenza, entrambe oggetto di inchieste giudiziarie, di intervenire con un nuovo decreto-legge che consenta di evitare confusioni e tutelare effettivamente la salute dei residenti in Calabria –:

   se non ritengano urgente adottare le iniziative di competenza per procedere alla nomina di un altro commissario per l'Asp di Cosenza;

   se non intendano promuovere in tempi rapidi altre iniziative di carattere normativo per assicurare ai calabresi piena tutela del diritto alla salute.
(4-05761)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e delle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del professor dottor Pierfrancesco Belli, presidente della Commissione rischi ed etica sanitaria di Incer Institute, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca e presidente della commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai (il professor dottor Pierfrancesco Belli è anche responsabile rischio clinico per la Toscana di Snam, Sindacato nazionale autonomo medici italiani) emerge che il virus pandemico SARS CoV 2 ha solo portato alla luce la fragilità di un sistema sanitario costruito originariamente per «garantire tutela della salute come interesse dell'individuo e della collettività nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana» (legge n. 833 del 1978), il modello sanitario così delineato ha avuto nella gestione della prevenzione dei rischi, nella gestione del rischio clinico, nella gestione del sistema di valutazione delle performance tre tasselli fondamentali per il controllo della governance sanitaria di questo Paese; una governance che non ha voluto investire in competenza, merito, effettiva connessione tra ricerca e applicazione, efficace prevenzione dei rischi: si è sempre privilegiata l'economia dell'emergenza: anche in questa occasione;

   difatti, il Governo era a conoscenza di comunicazioni dall'OMS e/o da altri enti e/o da autorità cinesi direttamente, su specifiche dei primi casi di infezione e sui primi studi in merito;

   infatti, si era a conoscenza dei numerosi casi «anomali» di polmonite riconosciuti nel mondo quali: (settembre 2019) polmonite alto mantovano; (ottobre 2019) polmonite Stati Uniti; (ottobre 2019) polmonite nella bergamasca; (novembre 2019) polmonite Mongolia; ma non si sa quali provvedimenti siano stati presi in merito all'attivazione del sistema di sorveglianza;

   è stato riportato in questi giorni da fonti giornalistiche – che le delegazioni, compresa quella italiana, ai giochi olimpici militari tenutisi a Wuhan dal 18 al 27 ottobre 2019, abbiano avuto numerosi casi di malattia con sintomi riferibili a quelli in seguito attribuiti al SARS CoV2;

   inoltre, si è preso conoscenza «dell'esercitazione di risposta emergenza» (passeggero affetto da coronavirus, come riportato da fonti giornalistiche) tenutasi presso l'aeroporto Tianhe proprio in occasione dell'apertura Giochi olimpici militari del 18 ottobre 2019;

   si nota che non si è proceduto alla istituzione di una zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro già dal 2 di marzo, nonostante le evidenze di allarme esistenti e, non è chiaro sulla base di quali documenti/studi/ricerche il Governo ha deciso di operare in tal senso;

   il Governo avrebbe dovuto fornire immediatamente al Parlamento: a) la nota riservata dell'Istituto superiore di sanità che evidenziava, appunto, dal 2 marzo, «l'incidenza di contagi da Covid-19 nei comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro, e anche in quello bresciano di Orzinuovi, raccomandandone l'isolamento immediato e la chiusura, con la creazione di una zona rossa come quella di Codogno» (come riconosciuto da Agostino Miozzo, Direzione Dipartimento della Protezione Civile e coordinatore del Comitato tecnico scientifico su Coronavirus, il 26 marzo durante conferenza stampa della Protezione civile); b) tutti i documenti e i pareri espressi dal Comitato tecnico scientifico e/o da altri comitati tecnici sull'argomento e su cui si sono basate le decisioni del Governo di non procedere in tal senso alla data del 2 marzo;

   invece, è stato deciso di attendere altri 6 giorni – con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 – per creare la zona rossa poi estesa a tutta la Lombardia –:

   quali siano state le motivazioni di un tale ritardo nell'affrontare una crisi così acuta che ha messo in ginocchio l'intero Paese, con problemi economici, sociali e sanitari e come mai il Parlamento non sia stato messo immediatamente a conoscenza delle comunicazioni di cui in premessa.
(4-05762)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUCA DE CARLO, CARETTA, GALANTINO, VARCHI, ROTELLI, RIZZETTO, SILVESTRONI, BUTTI, OSNATO, LUCASELLI, DEIDDA e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in ottemperanza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 applicate sull'intero territorio nazionale e nel rispetto delle ordinanze regionali e ministeriali, per la fruizione di luoghi pubblici, pubblici esercizi, musei e siti culturali vige l'obbligo di utilizzo di Dpi, mascherine e guanti monouso;

   tale obbligo di prevenzione potrà protrarsi nei mesi a venire e ad oggi è già riscontrato su tutto il territorio nazionale un improprio abbandono di questi dispositivi, sia su strada che nei parchi, nonostante alcune associazioni attive per la tutela dell'ambiente come Fare Verde, abbiano già avviato campagne volte alla sensibilizzazione della popolazione;

   il materiale utilizzato per la produzione di guanti, che essi siano in vinile, nitrile, lattice e polietilene, delle mascherine risulta essere particolarmente inquinante e pericoloso da un punto di vista ambientale e sanitario;

   la circolare del Ministero della salute n. 5443 del 22 febbraio 2020 specifica che dopo l'uso, i Dpi monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto –:

   se abbia intenzione di implementare una campagna di comunicazione e di sensibilizzazione per il rispetto dell'ambiente e circa il pericolo sanitario in cui si incorre relativamente all'abbandono improprio dei dispositivi monouso e se abbia previsto iniziative per incentivare la produzione, la commercializzazione e l'utilizzo di Dpi biodegradabili.
(5-04012)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VILLANI, SARLI, DI LAURO, CILLIS, ILARIA FONTANA, MARIANI, BELLA, LOVECCHIO, DEL SESTO, ADELIZZI, NAPPI, CADEDDU, MENGA, DEIANA e TESTAMENTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 22 maggio 2015, n. 68, che recepisce e rinforza la direttiva 2008/99/CE sulla tutela ambientale, è stato introdotto nell'ordinamento italiano il concetto di «Ecoreato» e sono state inasprite le pene per chi inquina;

   con decreto dirigenziale 28 novembre 2019, n. 291, la regione Campania, ha autorizzato la ditta «Polyurethan Recycling Technology s.r.l.» con sede legale in Sarno (Salerno) alla via Ingegno, alla realizzazione di un esercizio di un impianto di rifiuti speciali non pericolosi da ubicare nel medesimo comune di Sarno, per un'estensione complessiva di 2.981 metri quadrati, nei pressi di quello già preesistente della stessa ditta;

   con un successivo decreto dirigenziale 25 febbraio 2020, n. 50 del 25 febbraio 2020, la regione Campania ha autorizzato, per variante in corso d'opera, una modifica non sostanziale all'impianto sopra descritto, consistente nella realizzazione di una vasca da 30 metri cubi, dedicata alla raccolta delle acque di spegnimento di eventuali incendi, in luogo della vasca da 108 metri cubi, autorizzata con decreto dirigenziale n. 291 del 2019;

   nella notte tra l'11 ed il 12 marzo 2020 si è sviluppato un violento incendio nel suddetto capannone della Polyurethan Recycling Technology s.r.l.;

   l'area interessata dall'incendio è stata posta sotto sequestro giudiziario a seguito dell'intervento della procura della Repubblica presso il tribunale di Nocera Inferiore (Salerno) e, contestualmente, sarebbero stati disposti accertamenti circa l'eventuale presenza di amianto all'interno dello stabilimento;

   a seguito del grave fatto occorso il comando dei vigili del fuoco di Salerno sospendeva il certificato antincendio n. 9864 dell'8 maggio 2018, relativo al capannone industriale andato in fiamme;

   l'Arpac – Agenzia regionale per la protezione ambientale – ha pubblicato gli esiti analitici del primo ciclo di campionamento, effettuato nell'arco di ventiquattro ore dal 12 al 13 marzo 2020: dai dati si evidenziano, per diossine e furani, un valore di concentrazione pari a 0,738 pg/Nmc I-TEQ;

   tale risultato è superiore al valore di riferimento pari a 0,15 pg/Nmc, proposto dall'organismo tecnico tedesco Laenderausschuss fuer Immissionsschutz, generalmente utilizzato dalla comunità scientifica;

   dal 14 al 16 marzo 2020 nell'arco quarantotto ore, è stato effettuato un secondo ciclo di campionamento, dal quale sono emersi dati che evidenziano per diossine e furani un valore di concentrazione pari a 0,2745 pg/Nmc I-TEQ, anche in questo caso superiore al valore di riferimento del LAI;

   relativamente al periodo di campionamento di ventiquattro ore dal 12 al 13 marzo 2020, si è riscontrata altresì, la presenza di Ipa, con un valore rilevato pari a 1,4 ng/mc;

   nei giorni successivi, la regione Campania competente per materia, ha autorizzato la ripresa dell'attività produttiva della ditta Prt su citata;

   a parere dell'interrogante, non è chiaro se la regione Campania, nell'autorizzare la ripresa dell'attività produttiva della ditta in questione, abbia proceduto a verificare eventuali adempimenti della stessa circa le prescrizioni stabilite nell'unico titolo abilitante rilasciato alla Prt per la conduzione dell'impianto;

   eppure, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale», testo unico sull'ambiente, sancisce nell'ambito delle disposizioni della Parte IV, in materia di rifiuti, all'articolo 177, comma 4, che i rifiuti siano gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

   inoltre, con la circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato le nuove «Linee Guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per la tutela dell'ambiente e per contrastare il danno ambientale a garanzia della sicurezza dei cittadini e del bene supremo alla salute in relazione al funzionamento ed alla gestione dell'impianto di rifiuti speciali nel territorio del comune di Sarno (Salerno).
(4-05752)


   GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 13 novembre 2018, n. 300, definisce i profili di competenza ed esperienza e i criteri di massima per l'individuazione dei componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via e Vas, specificando che i candidati devono dichiarare (lettera c): «assenza di conflitti di interesse» e «di non aver intrattenuto rapporti, nei due anni antecedenti alla nomina, né di intrattenere al momento della manifestazione di interesse, rapporti di collaborazione o consulenza, comunque denominati, anche svolti a titolo gratuito, con soggetti giuridici destinatari di atti autorizzativi emanati a seguito dei provvedimenti di VIA, VINCA e VAS»;

   con avviso pubblico 15524AGP, 19 novembre 2018, del direttore generale affari generali e personale, è stata richiesta la manifestazione d'interesse per la nomina dei componenti della Commissione Via e Vas, pubblicato in «bandi e avvisi» del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con scadenza ore 23:59 del 10 dicembre 2018. L'avviso ribadiva la richiesta di dichiarazione attestante l'assenza di conflitti di interesse nei due anni antecedenti alla firma della dichiarazione;

   con decreto 20 agosto 2019, n. 241, il Ministro ha discrezionalmente scelto 40 soggetti ritenuti idonei, individuati tra una rosa di candidati messi a disposizione dalla commissione di selezione;

   tra i 40 soggetti scelti, compaiono alcuni che potrebbero presentare situazioni di potenziale conflitto di interesse. In particolare:

    Luigi Boeri: ha svolto e continua a svolgere attività di consulenza a beneficio del commissario straordinario del Governo per la bonifica di Bagnoli; nell'anno 2019 il sito di Bagnoli è stato oggetto di Vas con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Mbac – Programma risanamento ambientale e rigenerazione urbana del sito di rilevante interesse nazionale Bagnoli; come riportato nel curriculum ha svolto e continua a svolgere attività di predisposizione di studi di impatto ambientale;

    Antonio Messineo: ha svolto e continua a svolgere attività di supporto tecnico alla regione siciliana; la regione siciliana è beneficiaria «... di atti autorizzativi emanati a seguito dei provvedimenti di Via, Vinca e Vas», l'ultimo dei quali risale a circa un anno dalla dichiarazione di assenza di conflitto di interessi presentata (decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Mbac – Piano di gestione del rischio di alluvioni del distretto idrografico della Sicilia – approvazione in sede Vas;

    Giorgio Galotti: svolge consulenza a beneficio della Nucleco S.p.A. società controllata dalla Sogin S.p.A.; la società si occupa della dismissione delle centrali nucleari italiane ed è sottoposta alle autorizzazioni ambientali di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – in particolare Via;

    Roberto Danovaro: risulta consulente e coordinatore scientifico di Tap, proponente del gasdotto di collegamento Italia-Albania;

    Gabriella De Giorgi: difensore di fiducia del comune di Melendugno e occupata più volte del gasdotto Tap, predisponendo osservazioni e redigendo azioni giurisdizionali;

    Elda Turco: rappresenta in giudizio la Global Petroleum Ltd, proponente di permessi di ricerca idrocarburi sottoposti a Via e ha messo in discussione la struttura, regolamentare dei permessi di ricerca, portando l'Italia davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea;

    Adriana Del Borghi: svolge attività di coordinamento tecnico-scientifico dello studio di impatto ambientale del nodo stradale ed autostradale di Genova «Gronda» sottoposto a Via con verifiche ottemperanza in corso;

   con decreto ministeriale 28 marzo 2018, n. 122, è stato adottato il piano triennale 2018-2020 di prevenzione della corruzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   se il Ministro, anche alla luce dei rilievi anzidetti, intenda adottare le iniziative di competenza, svolgendo ogni opportuna verifica.
(4-05760)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MULÈ. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 29 luglio 2014 ha previsto la possibilità per gli istituti e i luoghi della cultura dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali di impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di età non superiore a quaranta anni, individuati mediante apposita procedura selettiva;

   l'articolo 1, comma 306, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) e l'articolo 1, comma 343 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), hanno previsto la proroga annuale dei contratti di lavoro a tempo determinato testé menzionati;

   da ultimo, l'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge 30 dicembre 2019. n. 162, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 (cosiddetto Milleproroghe), ha stabilito la proroga dei contratti per i cosiddetti esperti per il patrimonio fino al 31 dicembre 2020;

   si tratta di lavoratori precari che dal 2017, anno in cui hanno preso servizio a seguito di selezione nazionale, hanno lavorato in varie sedi dislocate su tutto il territorio dello Stato, dimostrando capacità e competenza e privilegiando nel loro operato la valorizzazione, la tutela, la protezione e la conservazione del patrimonio archeologico, archivistico e bibliografico del Paese;

   purtroppo, nonostante la norma vigente, che autorizza la ripresa del servizio, fondamentale per dare continuità ai lavori che altrimenti rimarrebbero in sospeso o incompiuti, a causa della carenza del personale e dell'emergenza che sta attanagliando il Paese, si registra, a tutt'oggi, un ritardo nella ripresa del servizio stesso;

   tale situazione porta i 29 lavoratori precari di cui si parla a vivere una situazione molto critica e priva, inoltre, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di personale formato e di professionalità già adoperate con contratti a tempo determinato a servizio dell'amministrazione;

   a ciò si aggiunga che, in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, i lavoratori citati non si trovano nella condizione di poter svolgere il proprio incarico nei mesi prestabiliti –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle tempistiche necessarie per sbloccare i fondi previsti dall'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162;

   se, in considerazione dell'emergenza sanitaria, non intenda adottare iniziative per provvedere allo slittamento del termine della scadenza dei contratti citati in premessa al 31 dicembre 2021.
(4-05741)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il 14 maggio 2020, il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani, è stato audito dalla Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;

   in tale occasione, il presidente dell'Agcom ha specificato che l'Autorità con la delibera n. 42/19/CONS ha avviato un procedimento istruttorio di verifica dei compiti di servizio pubblico da parte della società Rai, i cui esiti davano evidenza della possibile configurazione di un inadempimento degli obblighi del servizio pubblico generale, con particolare riferimento alla mancata trasparenza e alla possibile discriminazione tra inserzionisti nella vendita degli spazi pubblicitari da parte di Rai;

   alla luce degli esisti del procedimento avviato con la citata delibera n. 42/19/CONS, l'Autorità, nella riunione del 23 luglio 2019, ha disposto l'avvio di un'istruttoria a sensi dell'articolo 48, comma 2, del Testo unico per accertare il presunto inadempimento degli obblighi di servizio pubblico da parte di Rai;

   in esito all'iter procedimentale concernente il mercato pubblicitario è emersa l'assenza di parametri certi e obiettivi per l'analisi delle negoziazioni della concessionaria e degli effetti sulla gestione complessiva del servizio pubblico radiotelevisivo;

   in particolare, il presidente dell'Agcom ha rilevato che «è stato impossibile» risalire ai criteri di formazione dei prezzi e individuare la «connessione» tra il listino e il prezzo effettivo, non risultando evidenti, chiari e univoci i parametri la cui applicazione conduce alla rilevazione della necessità di risorse pubblicitarie ulteriori e in misura non prevalente rispetto alle entrate da canone, al fine di svolgere la missione di servizio pubblico;

   il presidente dell'Agcom ha precisato che da parte della Rai c'è stato un mancato riscontro «alle numerose richieste di fornire dati, formulate proprio allo scopo di analizzare l'iter di formazione dei prezzi effettivi di vendita degli spazi pubblicitari» e che a tale riguardo è stato avviato nei confronti di Rai un procedimento sanzionatorio;

   tale procedimento si è concluso con la delibera n. 60/20/CONS di archiviazione per intervenuta oblazione e il presidente dell'Autorità, a tal proposito, ha aggiunto che «è noto che, secondo giurisprudenza consolidata, accedere a detto beneficio implica il riconoscimento, pur se implicito, della illegittimità della condotta posta in essere e oggetto di contestazione, e conseguentemente della legittimità del provvedimento»;

   il presidente dell'Autorità ha poi aggiunto: «accertato che la concessionaria del servizio pubblico aveva posto in essere un sistema non oggettivo e non trasparente per la formazione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari, per fascia e per programma, e che una rilevante differenza tra prezzi effettivi e condizioni di listino avrebbe potuto provocare discriminazioni tra inserzioni e inserzionisti, oltre che non dare evidenza della corretta destinazione del canone, l'Autorità adottava la delibera n. 61/20/CONS»;

   nello specifico, la violazione rilevata e sanzionata con la delibera appena citata consiste nell'adozione di pratiche non improntate al principio della trasparenza e della non discriminazione nella vendita degli spazi pubblicitari e dunque in una condotta incompatibile con le disposizioni riconducibili al contratto di servizio, che obbligano la concessionaria del servizio pubblico all'applicazione di parametri e condizioni certi e trasparenti nella costruzione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari, in grado di fornire all'Autorità le informazioni e i dati necessari alla misura dell'efficienza di gestione e corretto utilizzo del canone;

   ad avviso dell'interpellante è sconcertante che a distanza di due anni dall'entrata in vigore del contratto di servizio, e nonostante il procedimento avviato e concluso dall'Agcom, la Rai persista nel rifiuto di fornire dati e informazioni disaggregate ad un'Autorità indipendente allo scopo di analizzare l'iter di formazione dei prezzi effettivi di vendita degli spazi pubblicitari;

   a ciò si aggiunga che la Rai non solo persiste nel rifiuto di fornire dati e informazioni disaggregate all'Autorità di controllo, ma contesta in sede giurisdizionale il provvedimento stesso che le impone di predisporre misure e strumenti che consentano di dare attuazione a quanto stabilito dal contratto di servizio pubblico;

   l'archiviazione della delibera per intervenuta oblazione, oltre ad evidenziare il riconoscimento implicito dell'illiceità della condotta posta in essere dalla Rai, mostra la necessità da parte dell'azionista di maggioranza dell'azienda pubblica di fare chiarezza circa l'utilizzo dei ricavi derivanti dal canone –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione a quello che appare agli interpellanti una palese violazione degli obblighi di servizio pubblico da parte della RAI, e se non si intendano fornire gli opportuni chiarimenti, nell'ambito delle proprie competenze, circa l'ammontare delle risorse che sono state utilizzate dalla RAI per l'archiviazione della delibera n. 60/20/CONS dell'Agcom.
(2-00808) «Mulè».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, la Fondazione Enpam ovvero l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, attingendo a fondi propri, sta versando ai propri iscritti, per un tempo massimo di 3 mesi e in misure differenti, un'indennità a tutti i medici e odontoiatri che svolgono libera professione e che hanno registrato un calo del reddito dovuto alla limitazione o sospensione delle attività professionali a causa della diffusione della malattia Covid-19; in particolare, nell'ambito dell'attività di vigilanza sugli enti di previdenza di diritto privato da parte del Governo, e secondo quanto si evince dalla relativa nota n. 36/0005007/MED-L-137 del 21 aprile 2020, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, la delibera n. 44/2020 adottata dal consiglio di amministrazione dell'Enpam in data 27 marzo 2020, con la quale, a seguito della situazione di emergenza derivante dall'epidemia da COVID-19, è stata disposta l'attuazione di misure assistenziali straordinarie a sostegno del reddito dei medici che esercitano esclusivamente attività libero professionali iscritti al fondo di previdenza generale – quota B;

   i beneficiari della misura sono, in particolare, coloro che hanno subìto, dopo il 21 febbraio 2020, una riduzione del fatturato di oltre un terzo rispetto all'ultimo trimestre dello scorso anno. L'indennità viene erogata a tutti i liberi professionisti che hanno versato regolarmente i contributi previdenziali e per i quali nel 2019 risultino contributi versati su redditi prodotti l'anno precedente;

   l'importo dell'indennità risulta variabile ed in particolare gli iscritti che hanno versato all'Enpam l'aliquota contributiva annuale intera del 17,5 per cento del reddito dichiarato nell'anno precedente all'anno del versamento stanno ricevendo la quota massima stabilita ovvero 1.000 euro, mentre il professionista che ha versato l'aliquota dimezzata ne sta ricevendo il 50 per cento. Il sussidio è riconosciuto in proporzione anche a chi versa il contributo ridotto del 2 per cento;

   secondo quanto si evince da alcuni comunicati alla stampa, la Fondazione Enpam sta lamentando l'obbligo di corrispondere allo Stato, in quanto sostituto di imposta, la quota Irpef relativa alle indennità erogate ai propri iscritti. A titolo di esempio, e con riferimento all'importo massimo corrisposto di 1.000 euro, le imposte dovute allo Stato ammontano a circa 200 euro e di fatto l'indennità, peraltro interamente composta da contributi versati all'Enpam dagli stessi iscritti, si riduce a 800 euro –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Governo intenda porre in essere iniziative di tipo normativo volte a disporre l'esenzione e, laddove già versate, il rimborso all'ente relativamente alle imposte dovute allo Stato e calcolate sugli importi relativi alle indennità erogate dall'Enpam agli iscritti che hanno registrato un calo del reddito dovuto alla limitazione o, sospensione delle attività professionali a causa della diffusione della malattia da COVID-19.
(5-04009)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2000 la Fondazione Bill e Melinda Gates fonda la Gavi – Alleanza globale per i vaccini e l'immunizzazione;

   nel 2006, a supporto di Gavi, è stato creato lo strumento finanziario internazionale per l'immunizzazione, IFFIm, per raccogliere investitori privati e donatori pubblici;

   nel 2006 l'Italia diventa il primo contributore del IFFIm, sottoscrivendo, ai sensi della legge di stabilità n. 266 del 2005, un impegno finanziario di 499 milioni di euro, da erogarsi in 20 anni (2006-2025);

   con la direttiva 2007/18/CE del 27 marzo 2007, la Commissione ha assegnato rischio 0 per cento alle esposizioni verso IFFIm;

   nel 2007 con lo strumento dell'Advance Market Commitment, legalmente vincolante, l'Italia si è impegnata a finanziare l'acquisto di un numero prefissato di dosi del vaccino non ancora disponibile, a un prezzo garantito, a condizione che esso venga scoperto, sviluppato, certificato come efficace da un organo scientifico e domandato dai Paesi beneficiari;

   dal 2011 l'impegno è costantemente monitorato dagli indicatori di performance del Ministero dell'economia e delle finanze;

   il meccanismo e strumento innovativo di finanziamento dello sviluppo Global Alliance for Vaccine Immunization (Gavi), viene monitorato altresì nei processi e nei rischi con le relative schede ministeriali;

   nel 2016 Bill Gates ha fatto visita al Ministro pro tempore Padoan, il quale ha illustrato la legge in materia di cooperazione allo sviluppo n. 125 del 2014;

   il 2 maggio 2020 Bill Gates ha chiamato il Presidente del Consiglio, con il quale ha riconosciuto l'impegno dell'Italia su una cooperazione mondiale per trovare il vaccino anti Sars-Cov-2;

   nel quinquennio 2016-2020 l'Italia ha contribuito con 100 milioni di euro e le tematiche Gavi sono seguite dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale-Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   con interrogazione rimasta senza risposta n. 4/05410 sono state poste questioni circa il conflitto di interesse di Bill Gates;

   il Ministero dell'economia e delle finanze ha istituito, ai sensi dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, il Consiglio tecnico scientifico degli esperti, con il compito di svolgere le attività di elaborazione, di analisi e di studio nelle materie di competenza del dipartimento del tesoro;

   all'interno del Consiglio vi è il collegio degli esperti, con compiti di analisi di problemi e di formulare proposte per la definizione degli indirizzi di politica finanziaria, nonché analizzare i problemi connessi alla partecipazione del dipartimento del tesoro nei vari organismi internazionali;

   a tal fine, su mandato del direttore generale del Tesoro i singoli esperti possono rappresentare l'Amministrazione in organismi nazionali e internazionali e svolgere altri compiti specifici nell'ambito delle competenze istituzionali;

   tra i requisiti e criteri di scelta dei membri vi sono una serie di condizioni e requisiti, tra cui la «particolare e comprovata specializzazione universitaria strettamente correlata al contenuto della prestazione richiesta», nonché «esperienze già maturate nel settore di attività di riferimento e conseguente grado di conoscenza della normativa e della materia di settore ivi compresa la lingua occorrente»;

   dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, con decreto ministeriale 1° dicembre 2015 e con decreto ministeriale 15 novembre 2016, Angela Santoni è stata membro del consiglio degli esperti, a titolo gratuito;

   dal 2012 al 2018 Angela Santoni ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Gavi;

   nel 2017 ha partecipato al «Festival Scienza Medica: "Atto di civiltà radiare il dottore no-vax", per presentare il programma Gavi»;

   l'ultimo articolo scientifico pubblicato da Angela Santoni nel 2018, dal titolo: «Vaccini: una conquista della civiltà, un diritto umano, la nostra assicurazione sanitaria per il futuro», elogia l'attività di Gavi –:

   se il Governo, alla luce della vicenda relativa alla presenza di Angela Santoni nel consiglio degli esperti, citata in premessa, intenda evitare, per quanto di competenza, incarichi presso collegi di «esperti», su materie di tale delicatezza, che possano suscitare quantomeno forti perplessità sotto il profilo di possibili conflitti di interessi;

   se il Governo non reputi di revocare l'impegno in Gavi, nonché di uscire da tutti i programmi inerenti a programmi vaccinali internazionali.
(4-05739)


   GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'epidemia COVID-19, con il conseguente lockdown imposto alle attività economiche a partire dall'8 marzo 2020, ha avuto ripercussioni dirette e indirette anche sulla gestione dei rifiuti urbani e assimilati;

   le attività economiche rimaste chiuse per oltre due mesi hanno proposto istanze al fine di ottenere una decurtazione del tributo (Tari) in ragione della minore produzione di rifiuto, dell'impossibilità di accedere ai locali di impresa e della contrazione degli incassi che subiranno fisiologicamente anche nei prossimi mesi;

   recependo tali richieste, alcune amministrazioni comunali hanno adottato provvedimenti finalizzati a concedere una proroga per i pagamenti delle prime rate Tari relative all'anno 2020;

   le amministrazioni comunali non possono però sostenere con i loro bilanci il mancato pagamento delle rate Tari da parte delle attività commerciali che sono rimaste chiuse in questi mesi;

   l'autorità di riferimento – Autorità di regolazione energia reti e ambiente (Arera), con delibera n. 158 del 2020, ha varato un primo nucleo di misure atte a definire criteri oggettivi di articolazione dei corrispettivi da applicare alle utenze, oltre a segnalare a Governo e Parlamento l'opportunità di un intervento normativo volto sia a supportare l'applicazione di strumenti idonei alla corretta ponderazione dei consumi, alla stregua del principio «chi inquina paga», sia a sostenere le iniziative assunte dai comuni o da altri gestori delle tariffe a tutela degli utenti;

   per evitare che l'impatto economico degli interventi ricada sulle altre tipologie di utenze e sulle annualità future, potrebbero essere necessari – sulla base di prime stime sulla incidenza delle entrate tariffarie relative agli utenti non domestici colpiti dal lockdown – trasferimenti di risorse, a coltura delle mancate entrate, da parte dello Stato, eventualmente cofinanziate da altri enti (ad esempio, Csea – Cassa per i servizi energetici e ambientali), stimabili in 1,3 miliardi di euro per tre mensilità;

   i gestori dei servizi di igiene urbana e di smaltimento rifiuti hanno garantito nella fase del lockdown i loro servizi, ancorché la maggior parte delle attività fosse chiusa, sopportando i costi fissi di gestione aziendale, talvolta aumentati anche dalle prestazioni aggiuntive dovute per la sanificazione;

   i gestori indicati, nell'attuale fase di riapertura del Paese, potranno inoltre svolgere un ruolo fondamentale per le opere di sanificazione ed igienico-sanitarie da intraprendersi;

   queste aziende, per non compromettere la loro continuità d'impresa e quella di erogazione dei necessari servizi essenziali svolti nell'interesse della collettività, non sono nella condizione di sopportare ulteriori decurtazioni, a maggior ragione in una fase di emergenza sanitaria –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, anche economiche, per quanto di competenza, intendano adottare relativamente alla Tari e all'esigenza di tutelare le imprese e le famiglie in difficoltà, garantendo altresì condizioni di equilibrio finanziario dei comuni e degli operatori, a salvaguardia della continuità presente e futura del servizio e, in particolare, quali siano le iniziative atte a garantire che i trasferimenti ovvero le anticipazioni di risorse della finanza pubblica ai comuni vengano trattati separatamente dal più generale calcolo dei fabbisogni degli enti locali, trattandosi peraltro di servizi pubblici di interesse economico generale i cui costi devono trovare una totale copertura, nonché ad assicurare che tali trasferimenti siano efficientemente ed efficacemente allocati, con vincolo di destinazione riferito alla Tari;

   se non ritengano di dover adottare le iniziative di competenza per creare le condizioni ottimali affinché le regole tariffarie possano permettere modulazioni temporali certe del pieno recupero dei costi efficienti relativi al servizio di gestione dei rifiuti.
(4-05764)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riportano dell'ennesimo ritrovamento ad un detenuto di un micro telefono cellulare con scheda sim inserita. Lo hanno trovato gli agenti della polizia penitenziaria addosso ad un detenuto di 32 anni, che sta scontando la pena per omicidio nel carcere di Ivrea. La scoperta è avvenuta durante una perquisizione al primo piano della casa circondariale eporediese;

   da tempo il sindacato di polizia penitenziaria denuncia situazioni di violenza, aggressioni, offese, perpetrati ai danni del personale di polizia penitenziaria ed invece, solo grazie alla perspicacia professionale del personale in servizio, si è evitato che la casa circondariale di Ivrea divenisse un centro telefonico pubblico, chiaramente illecito;

   sempre e solo la polizia penitenziaria riesce a disimpegnare fino in fondo il proprio dovere con sacrificio e in precarietà di organico e di risorse continuando a mantenere integre le condizioni di sicurezza e di legalità interne alle carceri, andando ad individuare con perizia strumenti che possono minare la sicurezza della collettività esterna, quali appunto i telefoni cellulari;

   il jammer telefonico (disturbatore di frequenze) è uno strumento utilizzato per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere onde radio. Esistono anche jammer in grado di impedire il corretto funzionamento di sistemi Gps. Quando viene attivato, inibisce il funzionamento di questi dispositivi rendendoli completamente inefficaci;

   i jammer sono utilizzati principalmente in luoghi ove l'uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza può rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti Paesi europei ne consentono l'uso solo alle forze di polizia o esclusivamente per scopi militari –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non ritenga indifferibile dotare il carcere di Ivrea e tutti quelli che ne siano sprovvisti dei jammer, ovvero dei disturbatori di frequenza così da impedire ai detenuti di effettuare telefonate con le quali secondo l'interrogante sicuramente vi è un prosieguo dell'attività criminale.
(4-05744)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 83, comma 7-bis, del decreto-legge «Cura Italia», recentemente approvato dalle Camere stabilisce che: «Salvo che il giudice disponga diversamente, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del Servizio Socio assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale, sono sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato, secondo le modalità che saranno individuate dal responsabile del Servizio Socio assistenziale, e comunicate al giudice precedente»;

   secondo quanto riportato da unionesarda.it, una bambina di 4 anni, figlia di una giovane donna sarda, non solo vive separata dalla madre da ormai due anni, essendo stata assegnata al padre dopo la separazione dei coniugi, ma per effetto della pandemia non incontra la madre né può vederla via skype da tre mesi. I servizi sociali della località dove la bimba vive nella casa paterna, si legge, non hanno provveduto a favorire, almeno attraverso le videochiamate, la partecipazione attiva della madre al processo di crescita affettiva della bambina, privando così di fatto la madre del diritto alla genitorialità;

   l'articolo di stampa riporta l'appello di una ex consigliera regionale esponente dell'associazione «Socialismo diritti riforme» (Sde). È inconcepibile che una creatura di appena 4 anni possa subire – si sottolinea nel testo – una lesione del diritto di godere dell'affetto della madre, peraltro incensurata e mai sottoposta ad alcun provvedimento amministrativo o penale, per l'insorgere del COVID-19;

   appare evidente, infatti, che il protrarsi nel tempo dell'impossibilità di vedere la bambina e trascorrere del tempo con lei, seppure in un ambiente protetto, e non consentire alla bimba di vedere la mamma, almeno via skype o con videochiamate, rischia di avere delle ripercussioni negative sul suo sviluppo psicoaffettivo;

   è appena il caso di ricordare che l'Italia su questo tema venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2013. Anche un genitore detenuto non decade automaticamente dalla responsabilità genitoriale. Insomma, non esistono elementi tali – conclude l'esponente di Sdr – per impedire alla bambina di vedere la mamma;

   l'eccezionalità della pandemia non giustifica il mancato rispetto di un principio cardine della Costituzione, ossia quello che garantisce ai figli un rapporto equilibrato e continuativo anche con il genitore con cui non vivono. Principio confermato dall'articolo sopra citato, che garantisce gli incontri da remoto per tutti i minori, escludendoli solo in casi di assoluta impossibilità –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare affinché venga garantita la continuità dei rapporti genitori figli, nell'interesse primario del minore, favorendo interpretazioni che evitino situazioni difficilmente compatibili, ad avviso dell'interrogante, con il quadro costituzionale.
(4-05763)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO, VILLANI, CASA e SUT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dei numerosi interventi connessi allo sviluppo della pandemia legata al virus COVID-19, per alcune regioni di confine, interessate per ragioni lavorative e/o di transito, si riscontrano gravi difficoltà di circolazione;

   il Ministro interrogato durante le prime settimane di marzo 2020, sembrava aver scongiurato un blocco totale verso i vicini Stati confinanti. Una situazione tornata nuovamente in crisi con l'apertura della cosiddetta fase 2; infatti, se, da un lato, il nostro Paese si avvia verso un lento allentamento delle misure di contenimento, alcuni Paesi confinanti parrebbero non essere della stessa opinione, impedendo o rendendo difficile ai lavoratori e agli autotrasportatori di oltrepassare il confine;

   vige tutt'ora il divieto per le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in una regione diversa, rispetto a quella in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute, consentendo in ogni caso il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza;

   va considerato altresì che a fare le spese dei danni causati dalla chiusura delle frontiere sarebbero anche le relazioni familiari ed economiche interessate dalle aree di confine, in particolare con l'Austria, in cui negli ultimi giorni, a seguito di ulteriori controlli da parte delle autorità austriache, si sarebbero formate file chilometriche dovute appunto dall'aumento dei controlli a tappeto come denunciato dalla stessa associazione facente capo a Confindustria in rappresentanza delle imprese di logistica e trasporto, Anita;

   la suddetta associazione ribadisce che, nonostante l'intervento di Bruxelles con i «green corridors» abbia raccomandato a ogni Stato membro di garantire che almeno i mezzi per trasporto merci non subiscano fermi per più di 15 minuti, la frontiera del Brennero continua ad essere interessata da rallentamenti –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopracitati e se abbia intenzione di intervenire tempestivamente, anche valutando un'opportuna iniziativa normativa, per risolvere nel minor tempo possibile una situazione non più trascurabile, anche in vista di futuri eventi epidemici e/o eccezionali che potrebbero causare nuove chiusure di confini.
(4-05756)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI, PRISCO e RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante un'intervista pubblicata il 12 maggio 2020 dal quotidiano online IlGiornale.it e il 14 maggio 2020 dalla trasmissione «Dritto e Rovescio», su Rete 4 nei pressi della moschea di via della Marranella, nel quartiere romano di Tor Pignattara, a Roma, un uomo identificato da «Il Giornale» come «Batchu», «un musulmano sulla settantina», ma che secondo quanto appreso si farebbe chiamare «Mohamed» e sarebbe molto influente all'interno della comunità islamica, ha dichiarato riferendosi a Silvia Romano, rapita in Kenya il 20 novembre 2018 e liberata e rientrata nei giorni scorsi in Italia: «Lei stando lì ha capito, ha preso l'educazione con la prigionia. L'hanno educata, ha studiato. Quando le rapiamo noi non le violentiamo, non gli facciamo le porcherie. Noi gli insegniamo, le educhiamo. Vedi come l'hanno trattata? Come una signora. Hai visto com'è arrivata? Felice. La prima cosa che arriva è il cuore, la felicità, perché arriva la luce nel cuore». Alla domanda della giornalista «Ma quelli che l'hanno rapita sono terroristi?», l'imam ha risposto: «Ma quali terroristi, quelle sono persone che fanno la preghiera. I terroristi siete voi che buttate le bombe sopra i bambini, insieme agli americani. Ma quale Al Shabaab. Tutte le religioni parlano di pace. Per chi l'ha rapita è sua sorella. Loro muoiono per lei». In seguito a ciò il primo firmatario del presente atto ha presentato in data 15 maggio 2020 un esposto alla stazione dei carabinieri di Prato –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali siano, per quanto di competenza, le disposizioni del Ministero rispetto alle modalità di azione riguardanti il pericolo di terrorismo e come si intenda intervenire per prevenire e contrastare l'istigazione all'odio e alla violenza;

   quali e quanti provvedimenti siano stati assunti a tali fini;

   se abbia verificato per quanto di competenza se la moschea di Tor Pignattara sia un luogo dove si diffondano idee in contrasto con le leggi e la Costituzione italiana.
(3-01556)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione l'escalation di eventi delittuosi che si sta registrando in questo periodo a Siracusa e che sta destando paura tra i residenti;

   a distanza di pochi giorni un secondo pacco bomba è stato rinvenuto in città: un cittadino ha segnalato alla squadra mobile locale un pacco sospetto in via Filisto, nella parte nord della città, proprio a ridosso di un'abitazione; giunte sul posto le forze dell'ordine hanno messo in sicurezza l'area e richiesto l'intervento degli artificieri della polizia di Catania;

   l'ordigno rudimentale era disinnescato, ma, fino a quando l'allarme non è rientrato, i residenti hanno vissuto momenti di vero terrore;

   l'intervento degli artificieri di Catania si era già reso necessario il 2 maggio 2020, quando gli agenti della polizia di Stato e i vigili del fuoco sono intervenuti in via Pietro Novelli per la presenza di un ordigno sul parabrezza di un'auto e in quel caso non era disinnescato, anzi, pare che già vi fosse stata un'esplosione che ha spinto i residenti a chiamare le forze dell'ordine;

   anche dagli investigatori sembra trasparire preoccupazione per il susseguirsi di una serie di eventi delittuosi che stanno provocando tensione;

   nella notte tra il 9 e 10 maggio 2020 in via Barresi, sono andate a fuoco tre auto e, secondo le prime indiscrezioni, anche se non ci sono conferme da parte degli inquirenti, l'incendio sarebbe di origine dolosa;

   un'altra auto era stata data alle fiamme il 31 marzo 2020 in via Filisto, proprio la via in cui è stato ritrovato l'ultimo pacco bomba;

   sempre in via Barresi, pochi giorni fa agenti e vigili del fuoco sono intervenuti per l'incendio di un'autovettura, completamente distrutta dalle fiamme, che hanno lambito anche un ciclomotore;

   e ancora, nel pomeriggio del 30 aprile, invece, un incendio ha danneggiato nuovamente il chioschetto del Monumento ai Caduti, all'ingresso della pista ciclabile della città aretusea;

   non è chiaro se si tratta di ritorsioni nei confronti di persone che non vogliono piegarsi al pizzo o se la questione è il controllo del territorio;

   nonostante l'impegno instancabile di tutte le forze dell'ordine per garantire la sicurezza dei cittadini, non si può negare che tali episodi stiano suscitando grande preoccupazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire un maggiore dispiegamento di personale delle forze dell'ordine teso a contrastare il dilagante fenomeno criminale;

   se il Governo non ritenga di ricorrere all'impiego anche di contingenti di personale militare delle Forze armate per far fronte alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità.
(4-05743)


   MURA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di provvedimento di riorganizzazione delle strutture periferiche della polizia di Stato è stata disposta la chiusura del distaccamento di polizia stradale di Fonni;

   come da prassi oramai consolidata da anni, attraverso un atto di riorganizzazione, si realizza il taglio di un altro servizio, si restringe la presenza dello Stato in un territorio delle aree interne della Sardegna;

   la chiusura del distaccamento della polizia di Stato rappresenta il venir meno di un presidio di legalità, oltre che di un servizio essenziale in termini di sicurezza e ordine pubblico, in un ambito territoriale in cui sono presenti aree demaniali importanti quanto a estensione e quanto a complessità sociali ed economiche;

   si ridimensiona la presenza dello Stato in un territorio sardo, quello della provincia di Nuoro, in cui gli episodi di atti intimidatori agli amministratori locali e ai funzionari della pubblica amministrazione sono diventati una costante negli anni. Nel 2014-2018 in Sardegna gli atti intimidatori censiti sono stati 215 (se si considerano quelli non denunciati i numeri salgono notevolmente). Di questi ben 64 sono stati commessi nella provincia di Nuoro;

   non sono ancora disponibili dati ufficiali relativi agli atti intimidatori commessi a danni di amministratori locali nel 2019 e nei primi mesi del 2020, ma la Sardegna continua, se si considera il dato della popolazione e quello relativo alla mancanza di un locale crimine organizzato di stampo mafioso, a essere una delle regioni italiane in cui il fenomeno persiste e in cui, come riportato nel rapporto 2018 «Amministratori sotto tiro» realizzato dall'Associazione Avviso pubblico, si intimidisce in maniera più evidente, spettacolare, senza preoccupazione di destare allarme sociale;

   la chiusura del presidio di polizia avviene in un periodo di emergenza, in cui la crisi economica potrebbe acuire il malessere sociale che spesso diventa terreno fertile in cui maturano azioni criminose nei confronti di sindaci, amministratori locali, operatori sociali e altri funzionari della pubblica amministrazione in quanto rappresentanti istituzionali di maggiore prossimità;

   l'amministrazione comunale di Fonni si è resa disponibile a concorrere alla soluzione dei problemi che hanno indotto la polizia di Stato all'adozione del provvedimento di soppressione della sede territoriale –:

   se sia a conoscenza della situazione;

   se non intenda adottare le iniziative di competenza rispetto alla decisione di chiusura del distaccamento di cui in premessa, anche in considerazione delle particolari condizioni di contesto e vista la complessità del momento storico che si sta vivendo;

   se non intenda promuovere una specifica interlocuzione con il comune di Fonni al fine di individuare un'adeguata soluzione che consenta il mantenimento nel territorio di un essenziale presidio di sicurezza e di ordine pubblico.
(4-05754)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTTA, LORENZIN e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020 non ha previsto la riapertura dei servizi educativi da 0 fino a 6 anni;

   quattro nidi su dieci non potranno svolgere alcun tipo di servizio, tranne alcuni che stanno proponendo strumenti online di supporto alla genitorialità, come disposto dal cosiddetto decreto-legge «Cura Italia»;

   è ampiamente riconosciuto come gli asili nido e i servizi per la prima infanzia abbiano una funzione propriamente educativa e non di semplice custodia;

   con la chiusura di questi servizi, i comuni hanno fatto scattare pressoché ovunque lo «stop» al pagamento delle rette a carico delle famiglie per nidi, mense e trasporto scolastico. Tale scelta ha determinato due problemi: minori entrate per i comuni e una drastica diminuzione delle entrate per i nidi;

   in tal senso, i servizi privati, che si basano esclusivamente sulle rette pagate dalle famiglie rischiano di non riaprire. Il sistema dei nidi si poggia fortemente sugli operatori privati: dei 354.641 posti disponibili, solo il 51 per cento sono in strutture pubbliche. Il nido, infatti, nel sistema di welfare italiano, non è un servizio essenziale garantito dallo Stato, ma un servizio «a domanda individuale»;

   più in generale, anche i servizi convenzionati o in appalto, senza un adeguato sostegno pubblico che riconosca almeno i costi fissi, sono a rischio di chiusura, perché sono a rischio di chiusura gli enti gestori;

   senza riaprire si rischia seriamente di pregiudicare la continuità di più della metà dei servizi per la prima infanzia con un devastante impatto educativo e sociale, poiché essi rappresentano anche un presidio sociale per molte famiglie;

   il tema dei servizi educativi e scolastici ha un ruolo centrale; per questo, è essenziale non mettere in crisi i gestori dei servizi educativi, perché senza gli operatori privati il sistema per l'infanzia non reggerebbe;

   gli ammortizzatori sociali, pur tutelando i lavoratori, non mettono in sicurezza i soggetti che hanno fatto investimenti sulle strutture. Da un'indagine svolta emerge che tutti i nidi hanno già attivato la cassa integrazione o il Fis, consentendo ai lavoratori di avere un reddito, ma tali strumenti non mettono in alcun modo in sicurezza gli enti gestori;

   è del tutto evidente come, senza un piano per la riapertura, la proroga della cassa integrazione, eventuali sgravi per le spese ineludibili o contributi a fondo perduto, si rischia il collasso delle imprese dell'educazione, la perdita di migliaia di posti di lavoro e la contrazione dell'offerta di servizi educativi per bambini e famiglie;

   molti Paesi europei, nel momento in cui hanno pensato di riaprire le attività economiche hanno pensato anche a come offrire supporti educativi in sicurezza per i bambini;

   la riapertura in sicurezza dei servizi per l'infanzia è un tema che deve essere affrontato senza ulteriori indugi, dal momento che – come ribadito dalla comunità scientifica e dalle istituzioni – si dovrà convivere con il COVID-19 ancora a lungo –:

   come il Governo intenda procedere, per quanto di competenza, per la riapertura in sicurezza dei servizi per l'infanzia e, nel frattempo, quali iniziative intenda adottare per la proroga della cassa integrazione per tutte le settimane di chiusura dei servizi e per dare ristoro ai gestori.
(5-04011)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATINI, BELOTTI, FOGLIANI, FURGIUELE, PATELLI e RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha colpito duramente, tra le varie attività ed i vari settori, anche quello dell'intera filiera della produzione musicale, che ha subito un brusco arresto;

   il settore già da anni viveva una profonda crisi creativa, professionale ed economica ed ora, per effetto delle misure restrittive di contenimento del Coronavirus, l'eventuale ripresa rappresenta una vera e propria nuova sfida per il settore medesimo;

   in particolare, scuole musicali, per la tipologia di lezioni impartite che le connotano, hanno dovuto affrontare una strada in salita per continuare a garantire i corsi attraverso la didattica a distanza;

   indubbiamente la cosiddetta «fase 2» della riapertura deve garantire certezza sui tempi e sulle modalità della ripresa del settore in questione, per gli insegnanti, gli studenti e tutte le famiglie coinvolte –:

   sebbene sia considerata, da parte di qualcuno, secondaria, invero la musica, come l'arte e la cultura, continua a essere il motore immobile dell'economia italiana –:

   se i Ministri interrogati non convengano sulla necessità di adottare prontamente linee guida e protocolli di sicurezza per consentire nel breve termine una ripresa del settore.
(4-05746)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», definisce, all'articolo 22, comma 1, che «il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte»;

   la medesima legge indica i princìpi fondamentali della materia, le funzioni rimesse allo Stato, alle regioni e agli enti locali, le fonti di finanziamento del sistema e, all'articolo 18, istituisce il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali quale strumento di programmazione per individuare i princìpi e gli obiettivi della politica sociale. In particolare, al piano era rimessa anche l'indicazione delle caratteristiche e dei requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali previsti dall'articolo 22;

   tale disegno non ha però potuto realizzarsi per due ordini di ragioni. Prima di tutto la dotazione dei fondi nazionali, nonostante l'incremento degli ultimi anni, non ha assunto caratteri strutturali, rendendo impossibile il finanziamento di diritti soggettivi;

   in secondo luogo, con il riparto di competenze tra i diversi livelli di Governo emerso dalla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione la materia delle politiche sociali è diventata competenza esclusiva delle regioni, mentre allo Stato resta la definizione dei livelli essenziali;

   il risultato è che ad oggi l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona senza alcun riconoscimento formale del diritto soggettivo all'assistenza. A differenza di quanto avviene in campo sanitario. Le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione ma soprattutto dai comuni che ne sostengono l'onere maggiore, con la conseguenza che la qualità e l'entità delle prestazioni sono condizionate dalle dotazioni finanziarie presenti dei rispettivi bilanci;

   come viene anche riportato dal piano sociale nazionale 2018/2020 redatto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali il carattere forse più sorprendente della spesa sociale è la sua sperequazione territoriale: si va da 20 euro pro-capite della Calabria ai 325 euro della provincia autonoma di Bolzano. A fronte di una spesa media pro-capite nazionale di poco meno di 100 euro, nel Nord si spendono quasi 120 euro e nel Mezzogiorno circa la metà. L'esigenza di un rafforzamento generale e di garanzia di un livello uniforme di servizi sul territorio è pertanto evidente;

   questa disparità si ripercuote direttamente sulle fasce di popolazione più vulnerabili ma anche sull'organizzazione dei servizi, anche professionali e specialistici, ma sempre più spesso dequalificati da condizioni precarietà e mancanza di tutele;

   a oggi ci si trova di fronte ad un problema tutt'altro che teorico: la mancata definizione delle prestazioni sociali essenziali impedisce ai titolari di un diritto di pretenderne l'erogazione;

   l'articolo 46, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2003)» dispone che il provvedimento sui livelli essenziali è costituito da un decreto emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 –:

   quali siano le iniziative ad oggi assunte dal Ministro interrogato per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali previsti dalla legge 8 novembre 2000, n. 328.
(4-05737)


   NOVELLI, MUGNAI, RIZZETTO e BAGNASCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in materia di contenimento del contagio nei cantieri edili sono stati elaborati in queste settimane numerosi documenti, provvedimenti legislativi, linee guida, protocolli, come, ad esempio, i protocolli sottoscritti il 19 marzo 2020, il 24 marzo 2020 e, successivamente, il 24 aprile 2020, con specifico riferimento al «Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro»;

   questa ricchezza di materiali, da un lato, mostra l'attenzione verso un mondo, quello dei cantieri edili, così importante per l'economia e per la sicurezza dei lavoratori, ma dall'altro genera anche una grande confusione, specialmente in relazione a come affrontare la «Fase 2» dell'emergenza COVID-19 e la ripartenza di molti cantieri;

   di grande «confusione tra gli addetti ai lavori e, in particolare, tra i professionisti che svolgono le funzioni di Coordinatore della Sicurezza per l'Esecuzione (CSE)» ha parlato il Manifesto «Gestione COVID-19 nei cantieri. Proteggere il cantiere per proteggere le persone» del 22 aprile 2020. Un manifesto, a cura di esperti del settore che volevano favorire l'adozione di strumenti idonei all'attività di committenti, stazioni appaltanti, imprese e professionisti;

   l'esigenza per gli operatori del settore, nata ben prima del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 era, e resta tuttora, quella di diradare incertezze interpretative e puntare a misure di tutela efficaci e concrete;

   la posta in gioco è molto alta ed è urgente nel settore dell'edilizia un chiarimento sulla inadeguatezza dell'approccio del nuovo protocollo condiviso, di cui all'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 in vigore dal 4 maggio, che pare non considerare nella sua interezza la rete dei soggetti aventi un ruolo attivo in cantiere e che anzi poggia sulla iper-responsabilizzazione di alcuni di essi come datori di lavoro delle imprese e coordinatore in fase di esecuzione dei lavori;

   altri snodi fondamentali, immediatamente a valle dell'efficacia delle misure, sono la definizione dei costi delle misure stesse e dei soggetti che li devono sostenere e la chiara circoscrizione dei differenti ambiti a cui riferiscono, da una parte, la vigente normativa in materia di sicurezza e salute di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 e, dall'altra, il protocollo COVID-19 redatto in base alle indicazioni dell'autorità sanitaria;

   in particolare, desta poi preoccupazione che la «partita costi» sia inserita come addendum dei costi della sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento del cantiere, a seguito di valutazioni affidate al coordinatore per la sicurezza;

   sarebbe opportuno intervenire con una norma per definire la ripartizione dei costi tra committenti ed esecutori, anche perché il coordinatore della sicurezza non può essere l'ago della bilancia tra le diverse esigenze economiche di committenza e imprese esecutrici –:

   se il Governo sia intenzionato a tenere conto delle preoccupazioni espresse dagli esperti del settore in relazione al protocollo per la sicurezza nei cantieri e ad adottare iniziative per elaborarne uno nuovo, tenendo conto delle indicazioni provenienti da imprese e professionisti.
(4-05738)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Pilkington di San Salvo, con i suoi 1.800 dipendenti è il più grande del gruppo Nippon Sheet Glass e di tutta l'area del vastese;

   l'azienda Pilkington opera in uno dei settori produttivi, quello dell'automotive, tra i più colpiti a livello mondiale a causa dell'acuirsi della crisi dovuta alla pandemia da Covid-19;

   i lavoratori di detto stabilimento sono preoccupati e in apprensione per il loro futuro lavorativo anche in considerazione del fatto che, con l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la copertura finanziaria degli ammortizzatori sociali sarebbe garantita fino a metà del mese di giugno 2020, con il concreto rischio, quindi, superata quella data, di lasciare migliaia di lavoratori senza salario;

   dal 2008 i lavoratori Pilkington di San Salvo si ritrovano ciclicamente ad affrontare dichiarazioni di crisi aziendali con le conseguenti, tra l'altro, perdite retributive;

   con il ricorso continuo agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione e i contratti di solidarietà, sono riusciti a preservare il maggior numero di posti di lavoro possibili;

   negli ultimi anni, dimostrando grande senso di responsabilità, hanno fatto ulteriori sacrifici, rinunciando ad una annualità del premio di partecipazione, riducendo le pause di lavoro e anche partecipando economicamente al piano industriale del quinquennio 2018/2023 per il rilancio del sito produttivo di San Salvo;

   tale piano industriale, oltre ad una serie di investimenti, prevede anche un processo di insourcing di alcune attività;

   dopo i tanti sacrifici fatti dai lavoratori, per superare l'attuale situazione emergenziale servirebbe che anche i vertici aziendali facessero la loro parte con atti concreti, tangibili e visibili che vadano nella direzione della riduzione e ottimizzazione dei costi, salvaguardando anche per il futuro, gli attuali livelli occupazionali;

   a parere dell'interrogante le preoccupazioni manifestate dai lavoratori sono condivisibili e meritano la massima attenzione da parte dei vertici aziendali e di tutte le istituzioni coinvolte, perché dopo anni di sacrifici per mantenere questa importante realtà aziendale non si può correre il rischio che la situazione precipiti e che i lavoratori rimangano senza salario e privi di ammortizzatori sociali –:

   se i Ministri interrogati non intendano attivare un tavolo di confronto con i vertici aziendali della Pilkington e le parti sociali, al fine di individuare le opportune soluzioni che possano garantire ai lavoratori e alle lavoratrici dello stabilimento di San Salvo continuità salariale e garanzie occupazionali per il futuro.
(4-05742)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIABURRO, LUCA DE CARLO, GALANTINO, FERRO e BUTTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da COVID-19, come riportato da numerosi operatori del settore, ha colpito negativamente i processi produttivi e di approvvigionamento per varie aziende delle piccole D.o.p. piemontesi, con particolare riguardo per il Castelmagno D.o.p., il Robiola di Roccaverano D.o.p., il Murazzano D.o.p., l'Ossolano D.o.p. e la Raschera D.o.p., veri e propri presidi economici per il territorio;

   le predette criticità derivano, oltre che dal difficile contesto economico, dalle numerose limitazioni conseguenti alle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che ha colpito duramente le filiere bloccando logistica, distribuzione e rivendita dei prodotti, basti pensare che si tratta di D.o.p. fortemente diffuse nel canale Horeca, che comprende alberghi e ristoranti, tra le ultime attività che potranno tornare a pieno regime nella fase di ripartenza;

   tali difficoltà costituiscono nuovi ed ulteriori costi ed impedimenti per le filiere di questi prodotti tipici che, a causa di disciplinari di produzione tra i più rigorosi del settore caseario, hanno costi di produzione di per sé già molto elevati;

   per quanto attiene al Castelmagno D.o.p., si riporta inoltre come i produttori stiano vendendo il 60 per cento del latte prodotto, ricavando una cifra di circa 28,50 centesimi per litro, a fronte di un costo di produzione pari a 57 centesimi per litro, con 4000 chilogrammi di prodotto invenduto per settimana, con un danno stimato di euro 40.000 a settimana per le aziende del settore;

   per il Robiola di Roccaverano D.o.p. si stima un invenduto settimanale pari a 2000 chilogrammi, equivalente a circa 13.000 chilogrammi di latte, corrispondenti ad un danno di euro 20.000 a settimana per il comparto;

   la situazione per questa filiera risulterebbe ulteriormente compromessa a seguito del calo delle quotazioni dei capretti, fenomeno che ha inciso anche sulle quotazioni degli ovini per la produzione di Murazzano D.o.p., formaggio che, peraltro, necessita di consumo e commercializzazione in tempi brevi;

   parimenti, per l'Ossolano D.o.p. si registrano notevoli problemi dovuti ai quantitativi di formaggio invenduto, nonché per la necessità di collocare dai 300 ai 600 quintali di latte a settimana;

   per natura della posizione delle filiere produttive di questi prodotti, l'assenza di misure ad hoc per filiere di produzione casearia D.o.p. situate in aree montane e rurali, al netto delle già esistenti difficoltà di ordine economico e logistico, dà luogo ad un contesto di concorrenza sleale tra piccoli e grandi produttori, i quali sono in grado di abbattere i costi di produzione dei prodotti ricorrendo a processi produttivi di qualità inferiore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda predisporre per:

    a) fornire finanziamenti a fondo perduto per le aziende delle filiere produttive quali, ad esempio, quelle di cui in premessa, anche al netto del sopravvenuto crollo dei prezzi di vendita di latte e bestiame;

    b) prevedere, anche in raccordo con gli operatori del settore, la certificazione D.o.p. dei prodotti da parte di un ente terzo, come l'Organizzazione nazionale degli assaggiatori di formaggio (Onaf), mediante un esame olfattivo e gustativo finale, al fine di tutelare la qualità, tipicità e la specificità di una filiera nobile simbolo del made in Italy, nonché presidio produttivo dei territori, dai danni derivanti dalla concorrenza sleale dovuta a prodotti risultanti da catene produttive industriali di qualità inferiore.
(5-04007)


   GEMMATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'attività venatoria è disciplinata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157;

   il comma 8 dell'articolo 12 stabilisce i requisiti per l'esercizio dell'attività e, tra l'altro, detta l'obbligo per il cacciatore di sottoscrivere una polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi;

   la norma prevede che «L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con massimale di lire un miliardo (euro 516.456,90) per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni (euro 387.342,67) per ogni persona danneggiata e lire 250 milioni (euro 129.114,22) per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di lire 100 milioni (euro 51.645,69) per morte o invalidità permanente»;

   secondo quanto si evince da organi di stampa, i massimali previsti dalla norma citata apparirebbero non adeguati, in quanto non aggiornati rispetto ai valori di liquidazione dei danni alla persona corrisposti oggi (tra cui bisogna considerare i danni da perdita del rapporto parentale spettante ai più stretti congiunti della vittima), sia in caso di morte, sia in caso di invalidità permanente;

   nel 1992 il legislatore aveva comunque previsto la necessità di aggiornamento dei massimali e, infatti, il comma 9 del citato articolo 12 dispone che: «Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede ogni quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i massimali suddetti»;

   sembrerebbe che, ad oggi, i predetti massimali non siano mai stati oggetto del prescritto adeguamento;

   il mancato aggiornamento dei predetti massimali, sembrerebbe causare danni evidenti nel momento in cui limita i risarcimenti in favore delle vittime della caccia a quote troppo basse rispetto alla entità del danno causato. Inoltre, pare che i cacciatori ritenuti responsabili, risultino in alcuni casi fortemente penalizzati in quanto costretti a corrispondere, con il proprio patrimonio, la quota di risarcimento dovuta alle vittime della caccia che eccede i limiti assicurati;

   al riguardo, si osserva che gli attuali massimali previsti dalla normativa vigente in materia apparirebbero inadeguati se si tengono in considerazione i relativi ed esigui risarcimenti ai parenti delle vittime per casi di morte ed invalidità. Infatti, in caso di morte l'indennizzo liquidato secondo le tabelle adottate nei tribunali varia, per il danno da perdita parentale, da un minimo di 165.960 a un massimo di 331.920 per ogni parente (genitore, figlio o coniuge), mentre un danno biologico del 100 per cento può comportare un risarcimento tabellare fino a 1.200.000. Il dato appare rilevante se si pensa che nella scorsa stagione venatoria (2019/20) hanno perso la vita 27 persone e 67 sono rimaste ferite –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se intenda adottare le iniziative di competenza volte all'adeguamento dei massimali per l'esercizio dell'attività venatoria così come previsto dall'articolo 12, comma 9, della legge n. 157 del 1992.
(5-04010)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, VIZZINI e ZENNARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in data 13 settembre 2019 ha indetto 22 procedure selettive interne suddivise per ruolo, area e profili professionali per l'attribuzione della fascia retributiva immediatamente superiore del personale dipendente a complessive n. 902 unità di cui n. 461 unità del ruolo ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari e n. 441 unità del ruolo agricoltura;

   in data 5 novembre 2019, l'Amministrazione ha costituito, ai sensi dell'articolo 5 degli avvisi di selezione, sette commissioni esaminatrici e di valutazione con il compito di predisporre le diverse graduatorie distinte per profilo e fascia retributiva;

   successivamente, tra il 24 dicembre 2019 ed il 27 dicembre 2019, sul sito istituzionale del dicastero, sono state pubblicate le graduatorie di merito con l'indicazione dei vincitori;

   l'Amministrazione, nei giorni seguenti, ha concesso la possibilità a tutti i partecipanti alle selezioni di consultare direttamente on-line le schede personali di valutazione prodotte dalle commissioni esaminatrici, anche al fine di poter, nel caso, chiedere delucidazioni, rettifiche e chiarimenti sulle singole valutazioni –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, al netto delle eventuali rettifiche delle graduatorie e dei controlli previsti dalle vigenti disposizioni di legge, entro quale termine si chiuderanno le procedure selettive in argomento con il definitivo conferimento delle connesse fasce retributive ai lavoratori risultati vincitori e con quale tempistica si intenda procedere con i nuovi bandi per l'annualità 2020.
(4-05740)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   CECCONI e BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza coronavirus in tutta Italia ha portato alla luce la fragilità della organizzazione della rete assistenziale territoriale in particolare rispetto al numero di vittime da coronavirus ospiti delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) a partire dalla Lombardia che è stata la più colpita;

   la direzione programmazione del Ministero della salute, conformandoci alle indicazioni contenute nella raccomandazione dell'Oms del 21 marzo 2020, con la circolare del 25 marzo, recante l'aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19, ha segnalato l'emergenza connessa «agli ospiti/pazienti ricoverati nelle Rsa, per i quali è necessario attivare una stretta sorveglianza e monitoraggio nonché il rafforzamento dei setting assistenziali»;

   nelle Rsa alberga la popolazione più fragile ed esposta al maggior rischio di complicanze fatali associate all'infezione da COVID-19; sarebbe stato necessario identificare prioritariamente strutture residenziali assistenziali dedicate ove trasferire i pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, per evitare il diffondersi del contagio e potenziare il relativo setting assistenziale;

   l'Istituto superiore di sanità ha avviato un'apposita indagine nelle strutture residenziali e sociosanitarie. L'indagine iniziata il 24 marzo 2020, al 14 aprile ha coinvolto 3.276 Rsa (96 per cento del totale) distribuite in modo rappresentativo in tutto il territorio nazionale;

   la percentuale maggiore di decessi, sul totale dei decessi riportati, è stata registrata in Lombardia (45 per cento) con 3.045 morti. Le principali difficoltà emerse consistono nel reperire i Dpi e nell'impossibilità di eseguire tamponi, sull'aver ricevuto informazioni discordanti nella gestione della pandemia e nella mancanza di coordinamento;

   tutto questo evidenzia che la rete residenziale è stata costruita con una struttura rigida e ormai vetusta che rende precaria l'organizzazione, l'assistenza e la qualità delle cure e che ha incentivato poco l'apertura delle residenze verso il contesto di società che le circonda e non permette di essere flessibile rispetto alle necessità territoriali ordinarie ed emergenziali –:

   alla luce di quanto riportato in premessa, quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nei rispetto delle competenze territoriali in materia, per avviare un percorso che porti le Rsa ad entrare in una articolazione della rete territoriale che risponda alle nuove esigenze di residenzialità, alle nuove competenze e alla necessità di un coordinamento con il sistema per garantire di adattarsi ai bisogni dei cittadini nell'assistenza ordinaria e nell'emergenza secondo standard di qualità e di efficienza uniformi su tutto il territorio nazionale.
(5-04013)


   BAGNASCO, NOVELLI, MUGNAI, BOND, VERSACE e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la circolare della direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, contiene indicazioni sul settore funebre, cimiteriale e di cremazione, con un chiaro indirizzo a non procedere per l'intero periodo della fase emergenziale «all'esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati Covid-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio»;

   è un dato di fatto che nella fase iniziale dell'epidemia, nei pronto soccorso sono giunti pazienti con inizio di trombosi e che molte siano state le morti per embolie polmonari massive;

   come ricorda il sito «affaritaliani.it» del 10 maggio 2020, una svolta nella lotta ai Coronavirus è arrivata quando qualche medico ospedaliero fuori dal coro ha effettuato delle autopsie sui cadaveri dei pazienti deceduti durante la pandemia. Grazie a queste autopsie si è potuto così scoprire che il primo effetto del Covid-19 è la Cid, coagulazione intravascolare disseminata. Cioè la formazione di grumi nel sangue e di trombosi. Solo in seguito, e nei casi resistenti alle cure antitrombosi, arrivava la polmonite interstiziale doppia. Si è così capito che i trattamenti fin lì seguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, erano controindicati;

   dalla suddetta circolare del Ministero è arrivato lo «stop» a procedere alle autopsie, e ciò, di fatto, ha portato a errate diagnosi e terapie;

   se fossero state eseguite più autopsie, magari anche la corsa alle terapie intensive per la necessità della ventilazione meccanica si sarebbe forse potuta evitare;

   si può dunque ipotizzare che fino alla scoperta rivelatrice fatta dopo l'effettuazione di alcune autopsie, le complicanze da Covid sono state in qualche misura prodotte da errate diagnosi e, conseguente, inadeguata terapia;

   bastava forse fare da subito l'autopsia ai primi deceduti da Covid per evitare percorsi e rimedi sbagliati e controproducenti. Oggi fortunatamente, grazie alla svolta nelle conoscenze mediche, non si parla più di rianimazioni e ventilazioni che peggioravano il quadro clinico. Oggi, grazie alle scoperte scaturite dalle autopsie, al primo sintomo si interviene sui pazienti contagiati anzitutto con i fluidificanti del sangue –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato all'emanazione della circolare che ha vietato le autopsie o i riscontri diagnostici nei casi conclamati Covid-19, e se non ritenga che detto divieto abbia privato gli esperti di elementi conoscitivi fondamentali per la cura dei pazienti Covid-19.
(5-04014)


   ROSTAN, DE FILIPPO e NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'influenza è una malattia molto contagiosa che colpisce ogni anno in media l'8 per cento della popolazione italiana con una curva epidemica che raggiunge il picco nel mese di febbraio;

   i casi severi e le complicanze dell'influenza sono più frequenti nei soggetti con più di 65 anni e condizioni di rischio, come diabete; malattie immunitarie o cardiovascolari e respiratorie croniche;

   i dati della sorveglianza dell'influenza 2019-2020 confermano 169 casi gravi (35 decessi);

   l'età mediana è di 61 anni e il 78 per cento ha più di 50 anni. L'82 per cento dei casi gravi e il 97 per cento dei decessi da influenza presentano almeno una patologia cronica preesistente. Tutte caratteristiche che si sovrappongono con l'infezione da Covid-19;

   ogni anno il Ministero della salute predispone una circolare con indicazioni di prevenzione e controllo dell'influenza ove sono indicate anche le categorie a cui è raccomandata e offerta gratuitamente la vaccinazione, oltre che periodo di inizio e caratteristiche della campagna;

   la vaccinazione è il mezzo più efficace per prevenire l'influenza e ridurne le complicanze;

   la campagna di vaccinazione antinfluenzale avviene generalmente dalla metà di ottobre a fine dicembre;

   l'emergenza sanitaria in corso a causa del coronavirus rende ancora più necessario organizzare in modo capillare e con un largo anticipo la campagna vaccinale 2020-2021;

   l'emergenza coronavirus sta già spingendo diversi Paesi, in particolare quelli dell'emisfero australe che stagionalmente hanno epidemia anticipatamente rispetto alle nostre aree, a richiedere maggiori scorte di vaccini, anche perché intendono allargarne la copertura di popolazione rispetto agli anni precedenti;

   l'Italia non ha una sua capacità autonoma di produzione dei vaccini antinfluenzali e deve necessariamente rivolgersi a multinazionali estere per gli approvvigionamenti;

   viste le difficoltà evidenziate nelle forniture di Dpi, ventilatori o attrezzature sanitarie in genere, sarebbe opportuno muoversi per tempo e organizzare con largo anticipo la campagna vaccinale relativa all'influenza e, ove possibile, verificare anche lo stimolo a una produzione vaccinale autonoma del Paese da parte di aziende farmaceutiche italiane;

   medesimo discorso va fatto per la vaccinazione antipneumococcica, a protezione della maggior parte delle polmoniti batteriche della popolazione adulta –:

   se il Ministro intenda adottare iniziative per anticipare la campagna vaccinale 2020/2021 contro l'influenza e antipneumococcica garantendo un numero adeguato di vaccini, allargando eventualmente la quota generazionale, abbassando il limite di età, ripristinando la somministrazione in ospedale per operatori sanitari.
(5-04015)


   PANIZZUT, DARA, LOCATELLI, LUCCHINI, MAGGIONI, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO e LORENZO FONTANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già con precedente atto di sindacato ispettivo n. 3-01509, gli interroganti richiamavano l'attenzione del Governo sull'opportunità di ampliare su scala nazionale la sperimentazione che ha valutato l'efficacia della sieroterapia nel trattamento del pazienti COVID-19, alla luce dei risultati ottenuti presso il policlinico San Matteo di Pavia e l'ospedale Carlo Poma di Mantova, riconosciuti come pionieri di detta sperimentazione;

   dopo una iniziale impasse, la sperimentazione in esame è stata autorizzata con il parere del Comitato etico dell'istituto Spallanzani;

   tuttavia, secondo il comunicato pubblicato il 15 maggio 2020, lo studio che risulta indicato come capofila non è quello, come poteva sembra ovvio, messo a punto dalle suddette strutture lombarde, bensì il protocollo toscano denominato Tsunami;

   lungi dagli interroganti mettere in dubbio la qualità della ricerca scientifica toscana, non si comprendono comunque le ragioni per le quali fra i componenti del comitato scientifico con compiti di supervisione non vi sia menzione dei medici dell'Ospedale di Mantova che hanno applicato per primi la tecnica del plasma; c'è, invero, una citazione al Policlinico San Matteo di Pavia, ma a quanto consta dagli articoli di stampa il ruolo ad esso assegnato sarebbe secondario rispetto a quello dell'altro principal Investigator;

   proprio in relazione a tale selezione, peraltro, il Giornale ha recentemente pubblicato un'inchiesta, facendo notare che le regioni che hanno aderito al protocollo Tsunami siano tutte guidate da uno dei partiti della maggioranza e che il fratello di un esponente di detto partito è l'amministratore di un'azienda che, nel corso di un'audizione al Senato, ha persino dichiarato di avere interessi collegati alla sperimentazione con il plasma nazionale;

   sorge, quindi, naturale l'esigenza di fare chiarezza sui criteri della selezione in questione, atteso che, nell'ambito di un'emergenza sanitaria, in cui i tempi sono un fattore dirimente, anche in vista di una potenziale seconda ondata di contagi, sarebbe opportuno assegnare un ruolo di prim'ordine alle strutture e al professionisti che hanno acquisito una maggiore esperienza sul campo e che possono vantare un maggior numero di casi trattati con successo attraverso la tecnica di cui si discute –:

   sulla base di quali criteri, anche alla luce delle notizie di stampa, sia avvenuta la selezione dello studio scientifico di riferimento della sperimentazione nazionale con il plasma, nonché della struttura capofila e dei componenti del comitato di supervisione.
(5-04016)


   CARNEVALI, PIZZETTI, RIZZO NERVO, SIANI, PINI, SCHIRÒ, MARTINA, FIANO, BAZOLI, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI e POLLASTRINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è uno dei Paesi che sta pagando il prezzo più alto in vite umane nella pandemia da SARS-CoV-2, alcune regioni più di altre come la Lombardia dove si è concentrato il 46 per cento di tutti i casi italiani (Bergamo, Brescia. Milano e Cremona hanno registrato il 33 per cento);

   l'attuale emergenza sanitaria, nonostante l'impegno profuso da tutti i medici e i sanitari che lavorano negli ospedali e dei medici di medicina generale, ha evidenziato la difficoltà della capacità di tracciamento, sorveglianza e identificazione delle persone contagiate o che dovevano essere poste in quarantena o in isolamento fiduciario;

   a seguito delle indicazioni previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, per la gestione della «fase 2» diventa necessario intervenire tempestivamente per l'identificazione di nuovi focolari e la precoce presa in carico dei pazienti;

   la legge regionale della Lombardia n. 23 del 2015 (modificata poi in linea con quanto richiesto dal Governo dalla legge regionale n. 41 del 2015), ha dato via ad una riforma del sistema sanitario regionale con la creazione di due nuove strutture, le Ats che sostituiscono le Asl, ridimensionate da 15 a 8 comprendo aree territoriali molto vaste ed eterogenee e le Asst che sostituiscono le aziende ospedaliere e che avrebbero dovuto avere a loro volta delle articolazioni territoriali, i Pot e Presst, non ancora attuate;

   la stessa legge regionale n. 23 che è stata approvata con carattere di sperimentalità per il primo quinquennio al termine del quale la regione, in collaborazione con il Ministero della salute, valuta i risultati della sperimentazione ha previsto le articolazioni in Ats e in Asst diversamente dalle previsioni del decreto legislativo n. 61 del 1992;

   è necessario, che a ciascun livello si attribuiscano risorse e personale adeguato a svolgere le funzioni ed i compiti indicati dalla legislazione nazionale; la riorganizzazione della sanità pubblica regionale in questi anni è rimasta in parte incompiuta e l'auspicata integrazione ospedale-territorio si è dimostrata spesso inefficace. Nonostante il lungo periodo di riorganizzazione dell'attività delle aziende ospedaliere che si sono viste attribuire competenze prima in capo alle Asl ora Ats molto ridimensionate nei ruoli, la riforma ha mostrato molti limiti, anche per dichiarazioni dello stesso presidente della regione Fontana che ha manifestato la necessità di una rivisitazione ed aggiornamento –:

   alla luce dei termini temporali di «sperimentalità» attribuita alla riforma lombarda e dei fatti sopraesposti, quali verifiche e monitoraggio degli effetti della riforma siano stati effettuati e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare alla sua scadenza.
(5-04017)


   NESCI, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO e TROIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato nella circolare della direzione generale della prevenzione sanitaria del 3 aprile 2020, la rapida evoluzione epidemiologica della pandemia e la disponibilità limitata di test a livello internazionale rendono necessario adottare, in seguendo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, una strategia che individui priorità per l'esecuzione dei test diagnostici per SARS-CoV-2, per assicurare un uso ottimale delle risorse;

   secondo il Comitato tecnico-scientifico costituito presso il dipartimento della protezione civile nazionale, un elemento critico è rappresentato dalla ripetuta segnalazione di carenze nella disponibilità di reagenti necessari per l'esecuzione di questi test, che potrebbe in futuro acuirsi vista l'elevata domanda internazionale;

   qualora in aree con diffusa trasmissione di COVID-19 la capacità di laboratorio non consenta di effettuare le analisi diagnostiche, secondo l'anzidetta circolare ministeriale andrà valutata la possibilità di ampliare ulteriormente il numero di laboratori aggiuntivi identificati dalle regioni anche utilizzando laboratori mobili o drive-in clinics, consistenti in strutture per il prelievo di campioni attraverso il finestrino aperto dell'automobile su cui permane il paziente;

   in caso di necessità, ad esempio per accumularsi di campioni da analizzare con ritardi nella risposta o carenza di reagenti, si raccomanda di applicare, nell'effettuazione dei test diagnostici, alcuni criteri di priorità riguardo a: pazienti ospedalizzati con infezione acuta respiratoria grave (Sari), tutti i casi di infezione respiratoria acuta ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle altre strutture di lunga degenza, operatori sanitari esposti a maggior rischio, operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, persone a rischio di sviluppare una forma severa della malattia e fragili, primi individui sintomatici all'interno di comunità chiuse;

   se, dunque, la capacità di esecuzione dei test è limitata, tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari, mentre nelle aree in cui vi è ancora una limitata trasmissione di SARS-CoV-2, si possono effettuare test diagnostici in tutti i pazienti con infezione respiratoria solo se si dispone di risorse sufficienti;

   il commissario straordinario dell'emergenza, Domenico Arcuri, ha indetto una gara per acquistare un numero considerevole di tamponi, ma secondo il virologo Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell'Università-azienda ospedaliera di Padova, è prioritario risolvere il problema della carenza di reagenti –:

   quali iniziative prioritarie di competenza il Ministero interrogato abbia posto in essere per soddisfare il fabbisogno di reagenti necessari all'esecuzione dei test diagnostici per SARS-CoV-2.
(5-04018)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, PANIZZUT, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO e FRASSINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sindrome di Kawasaki è una condizione rara che colpisce in prevalenza i bambini di età inferiore ai cinque anni e che può causare un'infiammazione dei vasi sanguigni di medio calibro. I sintomi tipici includono febbre, eruzione cutanea, occhi rossi, labbra o bocca secche, arrossamenti sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi e rigonfiamento di linfonodi. Circa un quarto dei bambini affetti, inoltre, presenta complicazioni a livello delle arterie coronarie, anche se tale condizione si risolve rapidamente se trattata in modo appropriato in ospedale;

   sulla rivista scientifica The Lancet del 13 maggio 2020 è stato pubblicato uno studio, condotto dai pediatri dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in merito al legame tra la sindrome di Kawasaki e l'infezione da COVID-19;

   secondo i medici dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, struttura in prima linea contro l'emergenza coronavirus, l'incidenza di questa malattia è aumentata nell'ultimo mese di circa trenta volte rispetto alla norma;

   nei bambini con sindrome di Kawasaki trattati a partire dal mese di marzo 2020, inoltre, è stata osservata una sintomatologia più aggressiva rispetto al passato: oltre la metà dei bambini ha avuto complicanze a livello cardiaco, mentre nel periodo antecedente la pandemia tali complicanze si registravano in una percentuale assai inferiore di pazienti, pari al 10 per cento del totale; la metà dei bambini, inoltre, ha presentato segni da shock tossico, mai rilevati nei bambini del gruppo storico; allo stesso modo, sono aumentati i bambini che hanno richiesto un trattamento aggiuntivo con steroidi, la cui percentuale è passata, segnatamente, dal 16 per cento all'80 per cento del totale;

   non solo, in altre regioni è stata segnalata l'incidenza sospetta nei bambini di micro angiopatie agli arti inferiori e superiori che si manifestano con edema (gonfiore), arrossamento della cute sovrastante e con elementi che sembrano ecchimosi –:

   quali iniziative siano state adottate dal Ministro interrogato alla luce dello studio scientifico e delle segnalazioni richiamate in premessa;

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno segnalare alle regioni e agli enti del servizio sanitario nazionale l'incremento anomalo dei casi di malattia di Kawasaki e degli episodi di micro angiopatie nei bambini, al fine di monitorare approfonditamente l'incidenza delle patologie in questione e di garantire una risposta quanto più possibile tempestiva ed efficace nel loro trattamento.
(4-05747)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di aprile 2020, a causa dell'espandersi della pandemia da Covid-19 e dei numerosi casi di contagio all'interno di strutture di ricovero per anziani, la regione Friuli Venezia Giulia paventò l'idea di decentralizzare i pazienti affetti dal virus in una nave nel porto di Trieste, come già avvenuto nel porto di Genova;

   la prefettura locale e gli enti interessati non vennero da subito coinvolti, al contrario, appresero la notizia da fonti locali e giornali venendo interessati ufficialmente solo alla fine di aprile, con la convocazione in video conferenza del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica (Cposp) avente ad oggetto l'utilizzo della nave ospedale nel porto di Trieste. In tale occasione il vicegovernatore della regione Friuli Venezia Giulia informava della necessità di trasferire 150 anziani positivi al Covid-19 residenti nelle Rsa regionali in una struttura ad hoc, quale poteva essere la nave;

   appresa la notizia, il prefetto Valerio Valenti affidò alla capitaneria di porto triestina il coordinamento dei vari enti coinvolti con il fine di procedere ai dovuti approfondimenti, chiedendo agli stessi di condividere documentazioni idonee e all'azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) di dettagliare l'ipotesi di utilizzo del vettore navale e domandando tra l'altro, un incontro virtuale e conoscitivo;

   da incontri conoscitivi si apprendeva della non autosufficienza della gran parte dei pazienti da trasferire a bordo, a causa di deficit di carattere motorio e cognitivo e la Capitaneria di porto è in attesa dell'opportuna certificazione di conformità delle attuali sistemazioni di bordo alle vigenti norme che disciplinano le analoghe strutture terrestri;

   l'idea di decentralizzare anziani affetti da Covid-19 in una nave non appare appropriata alle esigenze dei pazienti stessi a causa degli angusti e stretti spazi che secondo le piante corrispondono per stanza a circa 2,3 x 4 metri (bagno e armadio compresi) con presenza di gradini che comprometterebbero il movimento di persone anziane e deambulanti –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e se abbia preso in considerazione l'ipotesi di adottare un'iniziativa tempestiva, per quanto di competenza, che possa evitare ai cittadini italiani un ulteriore sperpero di denaro pubblico per l'affitto di uno spazio non adeguato alla degenza di pazienti affetti oltretutto da patologie pregresse e che potrebbero essere ricollocati in idonei reparti ospedalieri.
(4-05748)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in un'inchiesta di Report, trasmessa lunedì 18 maggio 2020, si è ricostruita la vicenda di un paziente della Rsa Villa Torano (Cosenza) morto il 21 marzo durante il trasporto in ambulanza per l'ospedale di Cosenza;

   in un articolo del 18 maggio 2020 su Il Fatto di Calabria, firmato dal direttore Domenico Martelli, si legge che il «paziente 1» della suddetta struttura «è datato 13 aprile (poi tragicamente deceduto e con sintomi da Covid già il 7)»;

   l'articolista si è dunque chiesto «quanto poteva cambiare la storia di Villa Torano se qualcuno avesse deciso di eseguire il test sul paziente morto in ambulanza»;

   nel merito Martelli ha scritto che «“Report” ha diffuso una clip dove si ascolta il medico del 118 dell'ambulanza a colloquio con il medico di turno» di Villa Torano, cui raccomandava di fare subito il tampone al deceduto, eventualmente per «controllare immediatamente tutta la struttura»;

   nell'articolo si legge che «i legali del direttore sanitario della clinica, dottor Pansini, precisano invece che il direttore sanitario di Villa Torano nell'immediatezza riusciva ad interloquire con il direttore sanitario» dell'ospedale di Cosenza, cui chiedeva di effettuare il tampone, in risposta ottenendo che questi non l'aveva ritenuto necessario;

   «la redazione di “Report” — prosegue il summenzionato articolo — contatta proprio il direttore sanitario, Salvatore De Paola, il quale dichiara che quel giorno in sua vece era di turno la dottoressa Lea Perrone, la quale conferma di aver preso la telefonata della rsa», ma smentisce «che il direttore sanitario di Villa Torano abbia fatto richiesta di un tampone sulla salma e che il direttore sanitario dell'ospedale abbia mai risposto» di non ritenerlo necessario;

   in altro articolo del 18 maggio 2020 scorso su LACnews24.it, firmato da Salvatore Bruno, si legge, circa la vicenda, che «non è chiaro come mai il 118 non abbia allertato direttamente il dipartimento di prevenzione dell'Asp limitandosi ad informare la struttura senza poi verificare che sul corpo del defunto venisse effettivamente effettuato il test post mortem», che ci sarebbe anche altro ospite di Villa Torano «con sintomi di Covid 19 già il 6 aprile»;

   ivi si legge, poi, che «anche in questo caso nessun provvedimento sarebbe stato assunto» e che nel marzo 2020 lì «sarebbero morte altre tre persone ma nessuno si è preoccupato di verificare se tali decessi fossero riconducibili al Covid»;

   ivi si riportano dichiarazioni della presidente della regione Calabria, Jole Santelli, a proposito del ruolo del suo sostenitore elettorale Claudio Parente «legato a doppio filo alla famiglia Poggi proprietaria di questa ed altre Rsa», stando alle quali a Santelli era ignota tale circostanza;

   infine, nell'articolo si legge di rapporti «tra Parente e l'ormai ex direttore del dipartimento Salute Antonio Belcastro» — che «sembrano essere consolidati da tempo, tanto che il fratello del dirigente, Donato, nel 2011 entra nella struttura dello stesso Parente, allora consigliere regionale» —, tali da alimentare «il sospetto che sia questo il motivo per il quale l'altro socio della Rsa, Massimo Poggi, abbia potuto recarsi alla Protezione Civile per ritirare i kit» dei tamponi;

   quanto riassunto, insieme alla recente vicenda dei campioni conservati in frigoriferi dell'Asp di Cosenza, diretta ad interim dal dottor Giuseppe Zuccatelli, che nel contempo è commissario straordinario dell'azienda ospedaliera e dell'azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro, solleva forti dubbi sull'esistenza e/o sul rispetto dei protocolli previsti per il monitoraggio dei contagi nel Cosentino –:

   di quali precise informazioni disponga in relazione all'esistenza e/o al rispetto dei suddetti protocolli;

   se per la suddetta Asp non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza sostituire immediatamente Zuccatelli con altro commissario, da nominare secondo le procedure di cui al decreto-legge n. 35 del 2019 come convertito.
(4-05751)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo street food in Italia che registra perdite di quasi 200 milioni di euro per l'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus e al periodo di lockdown per una crisi che interessa venticinquemila operatori e milioni di euro di merce invenduta, prossima alla scadenza;

   in Italia ci sono circa 25 mila realtà di questo tipo, gestite soprattutto da giovani (età media 40 anni), che non lavorano da mesi e che, oltre ai mancati introiti, la merce invenduta e i costi fissi, in tanti hanno investito nelle infrastrutture e nei truck, ottenendo dei finanziamenti, o hanno appena ottenuto la licenza e si trovano nell'impossibilità di accedere alle forme di sostegno alla liquidità;

   oltre alla domanda di contributi a fondo perduto e l'azzeramento degli oneri fiscali per l'anno in corso, ciò che è più urgente, sottolinea la categoria, è la semplificazione burocratica;

   ulteriori richieste per rimettersi in cammino sono: tempi rapidi per la risposta dalle amministrazioni quando si chiede un permesso per un evento (ora è di 30/60 giorni); deroga per la stanzialità (la licenza itinerante prevede al massimo due ore di sosta in un punto); concessione per essere inseriti anche nelle aree mercatali ed istituzione e concessione gratuita di un'area centrale della città adibita al cibo di strada con le norme in vigore;

   pare essere una soluzione la creazione di un mercato temporaneo del cibo di strada. All'interno di questo nuovo spazio delimitato, potrebbero sostare da 7 a 10 operatori (uno per tipologia di cucina), distanziati di almeno di 3 metri, e somministrare le specialità ai clienti per l'asporto, mantenendo un metro di distanza e operando con tutti i dispositivi di protezione individuale richiesti. Per evitare code o assembramenti, una soluzione sarebbero gli ordini al telefono o via app o la richiesta di consegna a domicilio in assoluta sicurezza –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda assumere le iniziative normative di competenza, coinvolgendo gli enti locali, al fine di dare la possibilità di sopravvivenza ad imprenditori che altrimenti rischierebbero di perdere la propria attività, soprattutto in vista della stagione turistica estiva già limitata dalle necessarie misure di sicurezza per il contenimento della pandemia da Covid-19.
(4-05745)


   CAPARVI, MARCHETTI e SALTAMARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la gravissima crisi finanziaria innestatasi sull'emergenza sanitaria connessa alla diffusione di COVID-19 ha comportato un forte rallentamento dell'economia globale, trasformando una situazione già fragile e complessa in una vera e propria emergenza sulla quale non si può differire ancora un deciso intervento;

   esempio emblematico è rappresentato dal caso Thyssenkrupp che, a seguito dell'acuirsi della crisi e partendo dall'assunto della strutturale sovracapacità europea nell'ambito dell'acciaio, sta verificando possibili soluzioni per il sito di Terni e sarebbe aperta a tutte le opzioni;

   nelle ultime dichiarazioni stampa Ast-Terni ha fatto sapere che Thyssenkrupp ritiene che, al di fuori del proprio perimetro, potrebbero esserci opzioni migliori, in grado di rilanciare il sito produttivo, vale a dire che la multinazionale sta cercando partner o peggio acquirenti per la realtà ternana;

   la produzione siderurgica, come è noto, costituisce un settore dal cui buon andamento dipende anche la salute dell'economia nazionale, soprattutto in termini di prodotto interno lordo e sviluppare misure in grado di proteggere tale filiera produttiva, il suo indotto e il suo tessuto produttivo e occupazionale è, quindi, indispensabile per il perseguimento di una seria politica industriale nazionale;

   tra il 2018 e il 2019 le importazioni in Europa di acciaio indonesiano sono passate da meno del 3 per cento a circa il 18 per cento. Circostanza che ha spinto anche i vertici europei ad indagare il fenomeno e a rivedere l'elenco dei Paesi in via di sviluppo ai quali l'Europa applica le misure anti-dumping;

   nonostante la Commissione europea abbia concluso che le misure anti-dumping valide per la Cina dovessero essere estese anche ad alcuni prodotti siderurgici provenienti dell'Indonesia, il fenomeno ha comunque inciso negativamente sulla competitività della produzione siderurgica nazionale e, di conseguenza, sui suoi profitti, provocando immediate ricadute negative anche in termini occupazionali;

   l'Acciai Speciali Terni, in particolare, ha fortemente risentito della concorrenza asiatica, subendo duri contraccolpi, tanto sulle quantità prodotte, quanto sulla qualità degli acciai, ponendo di fatto pesantemente a rischio il know-how di eccellenza produttiva che aveva e finendo a operare su materie prime semilavorate;

   già a partire da settembre 2019 Ast-Terni, ha infatti attivato la cassa integrazione per centinaia di lavoratori a causa della riduzione di ordinativi, in buona parte dovuta alla concorrenza dell'acciaio asiatico;

   alla firma degli accordi tra Ast, Ministero dello sviluppo economico, e parti sociali, sottoscritti il 3 dicembre 2014, a fronte degli impegni sugli investimenti messi in campo dalla Thyssen, il Governo si impegnava a mantenere e sviluppare istituti e misure atti a contenere il costo dell'energia per le industrie ad alta intensità energetica;

   a distanza di quasi sei anni, le misure allora in atto per il contenimento del costo energetico hanno subito un sostanziale ridimensionamento e, dalla data della sottoscrizione dell'accordo, Ast ha sostenuto maggiori costi per l'energia pari a circa 34 milioni di euro, in un momento di forte concorrenza del settore a cui sopra si è accennato –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere il Governo per garantire la filiera dell'acciaio in Italia, i suoi livelli produttivi e occupazionali e, in particolare, se in tale quadro abbia considerato la possibilità di estendere la cosiddetta goldenpower al settore siderurgico;

   quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare l'Ast di Terni, le alte professionalità che vi lavorano, le eccellenze produttive del sito nonché gli investimenti ed il progetto di rilancio avviato.
(4-05753)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo tedesco Thyssenkrupp, nonostante gli impegni presi per la Ast di Terni, sarebbe nuovamente alla ricerca di partnership o di una vendita dello stabilimento;

   il consiglio di supervisione della ThyssenKrupp avrebbe deciso di collocare Acciai Speciali Terni, insieme a Terninox e al commerciale di Essen in una business area definita distribution stainless;

   a parere dell'interrogante avviare un processo di cessione o di ricerca di partnership durante l'emergenza sanitaria da Covid-19, che ha fortemente condizionato l'economia mondiale, può determinare un serio rischio per il sito industriale, per il mantenimento dei livelli occupazionali e per il settore siderurgico, asset strategico per il Paese;

   occorre ricordare come nel 2014 la vertenza sindacale condotta dai lavoratori per impedire 537 licenziamenti e un lunghissimo sciopero contro il disimpegno della proprietà sullo stabilimento di Terni avevano portato ad un accordo con l'azienda che si era impegnata a un piano di rilancio, sviluppo e ristrutturazione in quattro anni attraverso un investimento complessivo di 100 milioni di euro;

   nel giugno 2019 una nuova intesa prevedeva la produzione di un milione di tonnellate di acciaio inox nel periodo tra il primo ottobre 2019 e il 30 settembre 2020, garantiva il mantenimento dei livelli occupazionali e individuava il sito di Terni come strategico nel business di ThyssenKrupp e il management locale rassicurava circa gli investimenti seguenti alla cessione del settore elevator;

   nel mese di settembre 2019 però la proprietà ha chiesto la cassa integrazione, lamentando un calo delle commesse;

   per tutti questi motivi desta ancora più preoccupazione la decisione del consiglio di supervisione della Thyssenkrupp di mettere sul mercato lo stabilimento Ast di Terni, perché ancora una volta, e a dispetto degli impegni presi dai vertici Thyssen, vengono messe in discussione le prospettive del sito produttivo ternano senza alcuna garanzia per il futuro sia sul versante industriale che occupazionale –:

   di quali ulteriori notizie disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa;

   se non intenda convocare un tavolo istituzionale con i vertici Thyssen, le organizzazioni sindacali e gli enti locali al fine di richiamare Thyssenkrupp al pieno rispetto degli accordi già sottoscritti, di ribadire la strategicità della Ast di Terni e delle sue produzioni per la filiera italiana dell'acciaio e di salvaguardare il futuro industriale e occupazionale dello stabilimento siderurgico ternano.
(4-05755)


   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Ast ha 136 anni di storia e circa 2.500 persone tra dipendenti interni e dell'indotto. L'Ast rappresenta oltre il 15 per cento del prodotto interno lordo dell'Umbria, con un utile di 98 milioni di euro nell'anno fiscale 2017-2018 e una perdita di 1,8 milioni di euro del 2018-2019;

   l'Ast torna quindi sul mercato. È durata poco meno di due anni la presunta strategicità del sito italiano all'interno del gruppo di Essen. ThyssenKrupp ora punta a un partner o una vendita per il sito ternano, il principale polo italiano per l'acciaio inossidabile;

   ThyssenKrupp è oberato da difficoltà finanziare che nemmeno la cessione dell'intera divisione degli ascensori per 17,2 miliardi di euro ha rimarginato. Il Ceo Martina Merz ha comunicato la decisione di cedere anche la divisione Marine (si parla di una trattativa con Fincantieri) e di verificare soluzioni di consolidamento per l'acciaio, oltre che di nuove prospettive della divisione Material services, cui Ast appartiene;

   in una lettera inviata ai dipendenti l'Amministratore delegato Burelli ha dichiarato «per AST al momento abbiamo una sola certezza, che verranno valutate tutte le opzioni capaci di garantire crescita e sviluppo a un'azienda come la nostra, che negli ultimi anni ha dimostrato di essere competitiva sul mercato e in grado di migliorarsi costantemente, anno dopo anno». La stessa Ast che ha dichiarato «la nuova strategia prevede l'individuazione delle soluzioni migliori per ogni singola azienda, tra cui Ast, poiché Thyssenkrupp ritiene che al di fuori del proprio perimetro potrebbero esserci opzioni migliori, in grado di rilanciare queste diverse attività», con l'obiettivo «di garantire lo sviluppo e la crescita»;

   ai segretari di Fim Fiom Uilm Fismic Ugl e Usb locali convocati dall'amministratore delegato di Ast Massimiliano Burelli è stato comunicato che il consiglio di supervisione della ThyssenKrupp ha praticamente sancito la fine della multinazionale così come conosciuta negli ultimi vent'anni;

   ora per Ast si profilerebbero secondo l'azienda due ipotesi: la cessione o la partnership;

   i sindacati da parte loro hanno denunciato come l'avvio di un processo di tale portata in una fase storica economica condizionata dalla pandemia Covid-19 possa mettere in serio pericolo l'intero sito industriale con tutte le sue produzioni e livelli occupazionali;

   le organizzazioni sindacali da tempo chiedono un'attenzione più incisiva sulle vicissitudini del sito di Terni in quanto mai convinte delle strategie della multinazionale che avrebbero puntato al rilancio dopo la vendita del settore elevator;

   è necessario riaffermare la strategicità dell'Ast e delle produzioni a livello territoriale, regionale e nazionale tenuto conto che in sede ministeriale nel settembre 2019 un accordo prevedeva circa 60 milioni di euro di investimenti, il mantenimento dei livelli occupazionali e confermava la strategicità del sito di Terni nel business di ThyssenKrupp;

   appare sempre più necessario che da parte del Governo si determini un approccio complessivo e strutturale rispetto alle crisi industriali che stanno interessando attività e produzioni strategiche nel nostro Paese e che queste vengano affrontate sia caso per caso ma anche in un'ottica complessiva di tenuta industriale del nostro Paese –:

   quale siano le informazioni in possesso del Governo rispetto a quanto illustrato in premessa;

   se non ritenga improrogabile la ripresa di una iniziativa del Governo nei confronti del gruppo ThyssenKrupp allo scopo di riaffermare la strategicità dell'Ast e assumere tutte le iniziative finalizzate al mantenimento dei livelli occupazionali;

   se non ritenga, altresì, necessario che il Governo definisca una strategia complessiva che affronti la crisi della filiera dell'acciaio, che sta coinvolgendo tutte le produzioni strategiche nel nostro Paese, e che non investe solo la ThyssenKrupp, in maniera strutturale.
(4-05759)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della pandemia da coronavirus i servizi veterinari e i servizi in parte integrante del sistema sanitario nazionale, rivestono un ruolo di supporto rilevante nell'attuale situazione emergenziale. Svolgono, infatti, attività essenziali di controllo e vigilanza per garantire che, nonostante le difficoltà legate all'epidemia, sia assicurato il rispetto rigoroso dei requisiti di sicurezza alimentare e salute e benessere degli animali a tutela della salute pubblica. I medici veterinari impegnati negli istituti zooprofilattici sperimentali, inoltre, stanno dando un valido supporto diagnostico all'emergenza Covid-19;

   le professioni mediche, tra esse, quella veterinaria, stanno dando un grande contributo nella battaglia contro l'epidemia che ha trovato il nostro Paese, come del resto, l'intero pianeta impreparato. Il coronavirus ha evidenziato le falle del servizio sanitario nazionale e la scarsità di professionisti medici per fronteggiare la pandemia;

   in questo contesto il Governo ha scelto di varare nuove norme e destinare ingenti risorse per la sanità e la salute dei cittadini italiani. Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha consentito l'esercizio della professione di medico-chirurgo a partire dal conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico e previo svolgimento e superamento di un tirocinio trimestrale, abolendo in via definitiva l'esame di Stato;

   il Ministro dell'università e della ricerca, Gaetano Manfredi, in un'audizione informale del 22 aprile 2020 in Commissione cultura della Camera dei deputati, ha affermato che bisognerà valutare anche per le lauree di farmacia e di odontoiatria se renderle abilitanti, al fine di ridurre gli oneri amministrativi e i tempi per l'iscrizione all'albo per gli studenti;

   è stata avviata, in questi giorni, una petizione online dal titolo «Laurea in medicina veterinaria abilitante» mediante la piattaforma Change.org, che contiene la proposta per il superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di medico veterinario, affinché la laurea in medicina veterinaria venga riconosciuta abilitante;

   in pochissimi giorni sono state raccolte oltre 4.500 firme di sostegno alla petizione e il numero dei sottoscrittori è in continuo aumento –:

   se non ritengano di valutare l'adozione di tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, affinché la laurea in medicina veterinaria venga resa abilitante professione, così com'è previsto per la professione di medico-chirurgo.
(5-04008)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Donno e Melicchio n. 5-03954, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputati Gallo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Macina e altri n. 3-01551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Menga.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Rostan n. 5-03837 del 16 aprile 2020.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata in Assemblea Gribaudo e altri n. 3-01549 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 342 del 19 maggio 2020. Alla pagina 12759, seconda colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quarantottesima, deve leggersi: «nello stabilimento Maserati di Grugliasco, ove l'utilizzo dei contratti di solidarietà era stato prorogato fino a giugno 2020. Negli stabilimenti di Pratola Serra e Vm di Cento,» e non come stampato.