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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 15 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni V e VI,

   premesso che:

    la direttiva 2011/7 è stata recepita nell'ordinamento giuridico italiano dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 – Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 267, del 15 novembre 2012). Il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, a sua volta, aveva recepito nell'ordinamento giuridico italiano la direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (Gazzetta Ufficiale 2000, L 200, pag. 35);

    nella sentenza Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) (C-122/18) pronunciata il 28 gennaio 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione, ha constatato una violazione da parte dell'Italia della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in quanto tale Stato membro non ha assicurato che le sue pubbliche amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di simili transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario, quali stabiliti all'articolo 4, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva;

    a tal fine, la certificazione prevista dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e le certificazioni richiamate all'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica, sono utilizzate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito;

    la Corte ha segnatamente rilevato che, in considerazione dell'elevato volume di transazioni commerciali in cui le pubbliche amministrazioni sono debitrici di imprese, nonché dei costi è delle difficoltà generate per queste ultime da ritardi di pagamento da parte di tali amministrazioni, il legislatore dell'Unione ha inteso imporre agli Stati membri obblighi rafforzati per quanto riguarda le transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni;

    la Corte ha sottolineato che «le pubbliche amministrazioni, alle quali fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese, godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese, possono ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto a queste ultime e, per raggiungere i loro obiettivi, dipendono meno delle imprese dall'instaurazione di relazioni commerciali stabili. Orbene, per quanto riguarda dette imprese, i ritardi di pagamento da parte di tali amministrazioni determinano costi ingiustificati per queste ultime, aggravando i loro problemi di liquidità e rendendo più complessa la loro gestione finanziaria. Tali ritardi di pagamento compromettono anche la loro competitività e redditività quando tali imprese debbano ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di detti ritardi nei pagamenti»;

    a partire dal 1° gennaio 2011, per ridurre i ritardi nei pagamenti è stata introdotta con l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1973, n. 602, la possibilità che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per somministrazione, forniture e appalti, siano compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previa presentazione di apposita certificazione; l'estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell'esistenza e della validità della certificazione;

    a tal fine, la certificazione prevista dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 e le certificazioni richiamate all'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica, sono utilizzate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito;

   tale misura non è risultata sufficiente a ridurre i ritardi nei pagamenti: infatti, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sanzionato l'Italia per i ritardi registrati negli anni dal 2014 al 2016,

impegna il Governo:

   a prevedere iniziative in favore delle imprese agevolando il recupero del credito vantato nei confronti della pubblica amministrazione attraverso la compensazione universale dei debiti;

   ad adottare iniziative per introdurre disposizioni che favoriscano il puntuale pagamento delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali;

   ad assumere le iniziative, anche normative, volte a consentire il pagamento delle somme dovute mediante compensazione con crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, anche qualora l'iscrizione a ruolo delle somme dovute sia effettuata in data successiva a quella prevista per il pagamento ma antecedente all'incasso effettivo del credito.
(7-00479) «Cancelleri, Donno, Martinciglio, Perconti, Grimaldi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 1962, con un accordo tra il Ministero della salute, il Ministero della difesa e il comando generale dell'Arma dei carabinieri, fu istituito il comando carabinieri per la tutela della salute, un'unità specializzata dell'Arma dei carabinieri da cui dipendono i vari nuclei antisofisticazioni e sanità del Corpo, conosciuti nella collettività come Nas;

   gli stessi sono posti alle dipendenze funzionali del Ministero della salute con diversi settori d'intervento, tra cui il controllo nel settore farmaceutico e sanitario;

   è notizia positiva e di grande orgoglio che presso l'azienda socio sanitaria territoriale (Asst) di Mantova, in collaborazione con l'Ircs San Matteo di Pavia, sotto la direzione rispettivamente, del dottor Stradoni e del dottor Nicora, i team guidati dai dottori Perotti e Franchini, quest'ultimo con la collaborazione del dottor De Donno della pneumologia di Mantova si siano contraddistinti per avere condotto a termine una sperimentazione con siero iperimmune, atto a bloccare il peggioramento evolutivo in pazienti malati di COVID-19;

   tale sperimentazione, giunta al termine, è in questi giorni sottoposta a valutazione specifica, al fine di pubblicazione su riviste internazionali;

   il succitato dottor De Donno, ha affermato che, pur senza poter ancora offrire dati ufficiali, i primi riscontri del trattamento sono stati molto incoraggianti;

   anche il direttore generale dell'Asst di Mantova, Raffaello Stradoni, intervistato sull'utilizzo della terapia sperimentata su una donna in stato interessante, ha affermato che il trattamento con plasma sia nell'ambito del rigido protocollo sperimentale sia in altre situazioni in cui è stato comunque somministrato con procedure «compassionevoli» si è mostrato molto promettente, ribadendo peraltro che l'infusione di plasma costituisce una ulteriore arma tra tutto ciò che può essere utilizzato sia in ambito terapeutico che in ambito preventivo per la lotta al COVID-19;

   a Mantova è stata creata una «banca del plasma» e, in collaborazione tra ospedali, ovvero Pavia e Mantova, si è instaurato e dato avvio a questa sperimentazione;

   al fine di creare una banca del plasma è condicio sine quanon avere all'attivo un numero cospicuo di donatori, i quali devono essere guariti da coronavirus e offrono la disponibilità a donare 600 mi di sangue, di cui viene trattenuto il liquido, previo assenso del Comitato etico;

   il plasma ha una considerevole durata conservativa, grazie alla creazione della banca del plasma: Mantova e Pavia sono in grado di aiutare anche altre strutture ospedaliere che ne abbiano bisogno;

   è notizia oramai nota di come anche la regione Veneto, sulla scia di quanto accaduto favorevolmente a Mantova e Pavia, abbia posto le basi per la nascita di una «banca del plasma» regionale;

   negli ultimi giorni si è assistito ad un accanimento nei confronti del gruppo operativo dei Nas della Lombardia, a seguito di una presunta e poi smentita presenza degli stessi presso i locali dell'ospedale Poma di Mantova, per una fantomatica acquisizione di informazioni, gettando discredito sull'Arma dei carabinieri e mettendo in secondo piano la cura sperimentale –:

   come il Governo intenda valorizzare la scoperta degli Ospedali di Mantova e Pavia facendola diventare un simbolo della rinascita del Paese anche grazie alla fattiva collaborazione con le forze dell'ordine e, nel caso specifico i Nas, che hanno solamente reperito informazioni utili alla tutela dei cittadini e del personale impegnato nell'opera di salvataggio di concittadini;

   quali iniziative intenda adottare, il Governo, al fine di contrastare le fake news e per quale motivo, la stessa Commissione ovvero task force, creata ad hoc durante il lockdown, non si sia ancora espressa a favore dell'Arma dei carabinieri;

   quali siano le motivazioni per cui la task force di competenza ed il Ministro della salute non abbia ancora espresso un netto apprezzamento nei confronti del personale medico di Mantova e Pavia, nonostante la valenza della scoperta, e comunque evidenziando quanta riconoscenza e gratitudine il popolo italiano riservi sia per tutto il personale sanitario sia per le forze dell'ordine;

   come il Governo intenda intervenire celermente al fine di garantire onore e dignità ai servitori della collettività e dello Stato quali il personale sanitario e quello delle forze dell'ordine e anche delle forze armate troppo spesso dimenticati ed abbandonati alla mercé di sterili polemiche:

   se il Governo abbia ipotizzato di dare avvio alla creazione di una «banca del plasma» nazionale, al fine di garantire eventuali cure su tutto il territorio;

   se il Governo intenda, con il più ampio consenso possibile, proporre nelle competenti sedi europee la creazione di una centrale del plasma europea, ridando così credibilità allo spirito dell'Unione che in questo periodo di lockdown è venuto a mancare;

   per quale motivo il Governo non abbia garantito la continuità delle sperimentazioni sul plasma agli ospedali di Mantova e Pavia e per quali motivazioni l'Istituto superiore di sanità e l'Aifa abbiano scelto come Centro di sperimentazione Pisa.
(2-00794) «Dall'Osso».


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   la ristorazione collettiva è un importante comparto economico per il Paese, con i suoi circa 6,5 miliardi di euro di fatturato, 1,5 miliardi di pasti all'anno e circa 120 mila occupati;

   l'attuale situazione di lockdown ha creato per tale comparto un rimarchevole danno economico: per i mesi di marzo e aprile 2020 le aziende hanno avuto una contrazione del fatturato di circa il 67 per cento rispetto all'anno precedente, con una equivalente riduzione del numero di pasti serviti. Per il solo settore delle mense scolastiche, tale riduzione di fatturato e di numero di pasti sale al 95 per cento rispetto all'anno prima;

   ipotizzando uno scenario ottimistico, le variazioni negative dei volumi e dei ricavi delle vendite arriverebbe al 34 per cento rispetto all'anno precedente, mentre in quello pessimistico si arriverebbe a sfiorare un -40 per cento; il settore più colpito sarebbe quello della ristorazione scolastica e universitaria (-56 per cento di ricavi nello scenario pessimistico), seguito a non molta distanza da quella aziendale (-44 per cento di ricavi);

   un aspetto non meno rilevante è la gravità della situazione per le addette e gli addetti delle mense, di cui circa il 95 per cento assunti a tempo indeterminato e per lo più donne prevalentemente occupate proprio nella ristorazione scolastica. Ad oggi, circa il 63 per cento degli occupati sta godendo di misure di sostegno al reddito, tramite il fondo di integrazione salariale (F.i.s.) o la cassa integrazione guadagni (Cig). Un numero allarmante, se si considerano le stime, prospettate per il futuro per l'intero comparto, sopra esposte;

   la ristorazione collettiva è un servizio ad alto valore sociale:

   nelle mense scolastiche è un importante momento di educazione alimentare, di inclusione e di uguaglianza sociale, ma anche un pasto indispensabile per i molti bambini che vivono nelle zone disagiate del nostra Paese, dove spesso quello a scuola è l'unico della giornata, sano ed equilibrato; è da sottolineare che tale situazione potrà peggiorare a causa della crisi che sta colpendo molte famiglie; nella ristorazione ospedaliera, è un fondamentale supporto alla terapia riabilitativa; nelle strutture socio-assistenziali, contribuisce ad una corretta nutrizione; nelle mense aziendali è strumento di diffusione di sane ed equilibrate abitudini alimentari;

   si tratta di un settore, inoltre, che è parte della filiera agroalimentare e la sua ripresa economica favorirebbe la filiera della produzione primaria, che sta soffrendo durante il lockdown per la mancanza di tutto il settore del «fuoricasa»;

   un servizio, infine, essenziale anche per sostenere la ripresa economica dell'intero Paese, laddove permetterebbe ai genitori di tornare presso i propri luoghi di lavoro, lasciando i propri figli a scuola, con la garanzia di un luogo sicuro per consumare un pasto;

   la scuola dovrà esser un punto centrale nella strategia di ripartenza del Paese ed un sistema scolastico più forte non può prescindere da un parallelo rafforzamento del ruolo del servizio mensa, anch'esso ripensato per aderire necessariamente al nuovo contesto in cui ci si ritrova –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di garantire ai genitori degli studenti la presenza del servizio di ristorazione scolastica alla riapertura delle scuole e potenziarne la diffusione anche nelle aree finora prive, considerandola non solo parte integrante delle attività didattiche ma anche un valido strumento per favorire la ripresa dell'economia italiana e il work-life balance.
(2-00795) «Elvira Savino».


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   l'emergenza da Covid-19, con le conseguenti limitazioni agli spostamenti dei cittadini, ha portato ad un cambiamento delle abitudini di vita degli Italiani e alla chiusura di molte attività commerciali, come bar, ristoranti ed enoteche, ha portato ad un drastico calo dei consumi e ha messo in crisi anche il settore vitivinicolo;

   con 356 mila aziende, 650 mila ettari vitati, 50 milioni di ettolitri e un valore di 13 miliardi di euro, il comparto vitivinicolo è una delle eccellenze più rappresentative dell'Italia, non soltanto per il primato mondiale di volumi produttivi, ma per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici;

   il brusco calo dell'export ed il perdurare della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche, anche nella fase 2 dell'emergenza Coronavirus, mettono a rischio la sopravvivenza del settore, che conta 1,3 milioni di addetti;

   Confagricoltura ha stimato un ulteriore calo del 40 per cento del fatturato delle aziende del settore viti-vinicolo;

   la vitivinicoltura italiana, che, tra l'altro, vede la Puglia ai vertici nazionali per la produzione totale, ha origini antiche e un forte legame con le caratteristiche pedoclimatiche di ogni regione; queste peculiarità danno ai vini nazionali un valore unico e irripetibile da tutelare;

   condannare la vitivinicoltura italiana al collasso, pertanto, significa condannare un settore che, insieme all'arte, alla cultura e alla gastronomia, costituisce l'identità e la fortuna del nostro Paese;

   il lockdown, che non ha interessato solamente il nostro Paese, ha portato anche ad un blocco delle esportazioni, portando le giacenze, secondo i dati del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a quota 54 milioni di ettolitri;

  è inevitabile, dunque, in vista dell'approssimarsi della stagione delle vendemmie, pensare a gestire le quantità che verranno, ma anche a smaltire quote di prodotto che saranno, in assenza dell'adozione di tempestive ed adeguate misure, inevitabilmente sempre più in eccesso e difficili da gestire;

   in Italia (ma anche in Europa, dalla Francia alla Spagna), per esempio, una delle proposte che raccoglie consensi da parte del settore è quella della distillazione straordinaria di crisi, con fondi dell'Unione europea per circa 50 milioni di euro per ritirare dal mercato tra i 2,5 e i 3 milioni di ettolitri;

   si tratta di una cifra pari al 5-6 per cento delle giacenze che dovrebbe non solo consentire di agevolare l'offerta, sostenendo la politica dei prezzi, ma anche contribuire alla produzione di alcol per disinfettanti, presidi sanitari fondamentali in questa contingenza, e garantire, infine, un minimo di flusso economico alle cantine;

   oltre ad abbattere le eccedenze, si consentirebbe anche ai produttori di creare spazio per lo stoccaggio dei prodotti della nuova vendemmia;

   un ulteriore rimedio che si dovrebbe potenziare, per gestire la quantità di produzione, può essere la «vendemmia verde». Più difficile da applicare, perché richiede che, alla presentazione della domanda di contributo, segua poi la verifica dell'avvenuto totale abbattimento dell'uva da parte del viticoltore. Per un produttore l'ipotesi di distruggere il prodotto o di non produrre resta sempre comunque molto difficile, poiché equivarrebbe alla richiesta di vanificare parte degli investimenti e soprattutto del lavoro effettuato durante l'anno;

   altre misure cui ricorrere, e da incentivare, soprattutto per le produzioni di maggior valore e dalla longevità più accentuata, sono quelle della riserva vendemmiale e dello stoccaggio, nella speranza che il mercato riparta nei prossimi mesi e anni;

   oltre alle criticità evidenziate, derivanti dalle limitazioni e dalle chiusure per l'emergenza Covid-19, si aggiunga che il made in Italy, compreso il comparto vitivinicolo, ha subito e sta subendo un deplorevole boicottaggio da parte di Paesi dell'Unione europea, dalla richiesta di certificati di sicurezza per i prodotti agroalimentari italiani al blocco immotivato delle merci ai confini;

   è fondamentale che tanto le istituzioni italiane quanto quelle europee prendano decisioni nette e chiare per il settore vitivinicolo, proprio in vista dell'approssimarsi della vendemmia 2020 –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sia a livello nazionale, sia nelle competenti sedi europee, per salvaguardare il comparto vitivinicolo italiano e promuovere il vino italiano sul mercato estero;

   se non ritengano di intraprendere urgenti e concrete iniziative, nelle competenti sedi dell'Unione europea, volte a programmare azioni positive contro pratiche insensate compiute ai danni dei produttori italiani, quali quelle descritte in premessa.
(2-00796) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il lotto 6 dell'appalto Consip per l'acquisto di 32.039.550 mascherine per un valore di 12.220.528 euro, bandito seguendo la procedura negoziata di urgenza, è stato vinto dalla «Biocrea, società agricola», successivamente risultata una scatola vuota a seguito delle rivelazioni dei giornali e delle conseguenti indagini della magistratura;

   Biocrea società agricola sembra appunto un'azienda agricola e nulla di più. Si occupa di agricoltura e silvicoltura, ha tra le proprie ragioni sociali la gestione del fondo agricolo, la produzione di piante aromatiche, persino di energia rinnovabile e di turismo sostenibile. Ma di produzione di mascherine non si parla in nessuna sede;

   il titolare della società Antonio Ieffi è stato arrestato, in quanto le mascherine che diceva di avere acquistato in Cina per l'appalto non esistevano, come accertato dalla Guardia di finanza;

   una successiva gara bandita sempre da Consip, sempre con procedura di urgenza, viene anch'essa bloccata, perché vinta da una società facente capo a Salvatore Micelli già detenuto in carcerazione preventiva per «associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata» a danno della Unione europea;

   con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute Speranza, il 31 gennaio 2020 viene nominato commissario straordinario per la emergenza da Covid-19 Angelo Borrelli. Lo stesso firma in data 3 febbraio l'ordinanza n. 630 in cui si legge che il capo della protezione civile nonché commissario straordinario nominato dal Governo, può realizzare interventi in deroga alla normativa vigente in materia di appalti e con ricorso al regime di somma urgenza;

   in pratica Borrelli poteva e può procurarsi mascherine, respiratori e quanto necessario con procedura negoziata, cioè con trattativa privata con imprese italiane e straniere del settore;

   Borrelli, invece, demanda questo compito a Consip la quale bandisce una procedura semplificata (procedura negoziata di urgenza), che prevede termini brevissimi;

   mentre nella trattativa privata vera e propria il Commissario può individuare aziende leader del settore e iniziare con queste una negoziazione, forse minimizzando il rischio di truffe, gli appalti d'urgenza obbligano la stazione appaltante a tralasciare una serie di verifiche funzionali per evitare truffe;

   appare quindi necessario strutturare un piano di verifica a tappeto e a-posteriori delle aggiudicazioni avvenute in modo tale da dare un segnale forte della presenza dello Stato, un messaggio ai furbetti e ai truffatori che pensano di fare illeciti guadagni approfittando dello stato di emergenza –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative volte alla creazione di un pool che veda uno stretto coordinamento tra Guardia di finanza, Corte dei conti e ANAC deputato a «passare al setaccio» a posteriori, tutte le aggiudicazioni a seguito di bandi di gara emessi nel corso di questa emergenza, al fine di rilevare sistematicamente situazioni in cui si sia abusato dello stato di emergenza.
(3-01543)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTINCIGLIO, RAFFA, TRIZZINO, VILLANI, D'ORSO e LOMBARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria Covid-19 ha reso improvvisamente necessario un cospicuo approvvigionamento di mascherine e Dpi per tutelare la salute dei medici, infermieri, operatori di pubblico servizio e, in generale, dei cittadini;

   la verificata carenza in Italia dei detti dispositivi ha comportato una frenetica azione governativa volta al celere reperimento attraverso la riconversione della produzione di aziende italiane nonché l'importazione, anche avvalendosi di soggetti terzi;

   è noto che con contratto del 17 marzo 2020 la Presidenza del Consiglio dei ministri/Dipartimento della Protezione civile ha commissionato alla Only Italia Logistics s.c.a.r. la fornitura di 10 milioni di mascherine «FFP2 senza valvola» per un valore complessivo di 30 milioni di euro, con pagamento immediato, del 60 per cento (circa 18 milioni di euro) e saldo del 40 per cento alla disponibilità della merce in dogana;

   in ragione del suddetto contratto, la Only Italia – società sanmarinese con capitale sociale di appena 50.000 euro, con bilancio poco superiore a 70.000 euro e il cui amministratore unico e rappresentante legale è l'ex-presidente Camera dei deputati Pivetti – avrebbe importato dalla Cina milioni di Dpi, parte dei quali il 26 aprile sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza all'aeroporto di Malpensa perché privi di certificazione, di legge e inidonei all'uso;

   precedentemente al sequestro, la Only avrebbe distribuito nelle farmacie italiane migliaia di mascherine il cui marchio CE risulterebbe contraffatto;

   sulla descritta vicenda stanno indagando le procure di Savona, Roma, Siracusa e Imperia per reati di frode in commercio, ricettazione, falso e violazione della legge sui dazi doganali;

   su quest'ultimo punto, si aggiunga che l'addetto commerciale della Only avrebbe rivelato, ad un noto quotidiano nazionale, che «a margine del contratto con la Protezione Civile c'era un accordo riservato per il quale la dottoressa Pivetti poteva rivendere privatamente una parte delle mascherine che importava» circa 1 milione di pezzi), che grazie all'esibizione alla dogana della lettera d'acquisto della Protezione civile, avrebbe acquisito esentasse per effetto della Determinazione direttoriale 3 marzo 2020 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che autorizza l'esenzione Iva/tasse/doganali per i dispositivi diretti alla Protezione civile o altri enti pubblici, escludendola, dunque, per quelli destinati alla vendita al dettaglio;

   la certificazione «ICR Polska cb.Ltd», pur presente sulle mascherine distribuite dalla Only, sarebbe non valida per come chiarito dall'Accredia (Ente italiano di accreditamento), che la inserisce fra gli esempi di documenti che non sono certificati di conformità di dpi;

   a ciò si aggiunga che la Guardia di finanza siciliana ha segnalato che le mascherine importate dalla Only sarebbero state distribuite nonostante il divieto di immissione in commercio dell'Inail intervenuto il 16 aprile 2020, circostanza non smentita dalla società, che si è limitata a chiarire di aver fatto richiesta all'ente il 3 aprile e che solo dopo 3 giorni (termine entro cui l'ente doveva pronunciarsi) aveva proceduto alla distribuzione, aggiungendo, altresì, che le stesse mascherine di cui era stato vietato il commercio erano state, successivamente, considerate valide dall'Inail in risposta ad altra domanda presentata da una diversa società incaricata a ciò dalla Only stessa;

   il 12 maggio 2020 è stata sequestrata un'altra partita di materiale cinese importato dalla Only che, secondo le prime indiscrezioni, sembrerebbe anch'essa far parte dell'ordine di mascherine commissionatole a marzo 2020 dalla Protezione civile;

   le gravi accuse mosse alla Only e tutta la fumosità della vicenda descritta rendono opportuni puntuali chiarimenti, anche al fine di evitare che manipolazioni e travisamenti mediatici screditino l'operato della Protezione civile –:

   quali siano stati i criteri di selezione e le procedure di pubblicità adottati per individuare il soggetto cui commissionare la fornitura di Dpi del valore 30 milioni di euro;

   quali valutazioni abbiano indotto ad aggiudicare la commessa milionaria ad una società di modeste dimensioni esonerandola, peraltro, dalla prestazione di adeguata polizza assicurativa.
(5-03984)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'ENPAM, Fondazione senza scopo di lucro e con la personalità giuridica di diritto privato ai sensi del comma 33, lettera a), n. 4, dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, è l'Ente di previdenza e di assistenza dei medici e degli odontoiatri;

   in data 26 marzo 2020 il consiglio di amministrazione ha deliberato il riconoscimento di un'indennità dell'ammontare di mille euro, a tutti i medici e odontoiatri che svolgono libera professione e che durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno registrato una compromissione del proprio fatturato;

   ai fini della composizione del suesposto riconoscimento indennitario la Fondazione ha attinto esclusivamente dalle proprie risorse e l'indennità non è vincolata né correlata alla configurazione dell'indennità di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020, presentandosi quest'ultima come assolutamente autonoma rispetto all'indennità erogata dalla Fondazione ai propri iscritti;

   appare opportuno sottolineare che la delibera della Fondazione è verosimile che sia stata legittimata dall'urgenza di definire uno strumento di sostegno ai professionisti medici direttamente coinvolti dalle circostanze emergenziali e tenuti a latere dagli interventi governativi del mese di marzo 2020;

   stando ai dati resi noti dalla Fondazione, in data 7 maggio 2020 risultano essere state corrisposte 45.920 indennità con un importo medio liquidato di circa 1.500 euro, corrispondenti al primo periodo indennizzabile: al riguardo la Fondazione ha segnalato di essere stata «obbligata a trattenere il 20 per cento a titolo di ritenuta d'acconto», pertanto il corrispettivo versato al singolo professionista come indennità per la gestione emergenziale risulterebbe oggetto di imposizione fiscale ai sensi della normativa vigente, non essendo stata prevista alcuna formula derogatoria;

   malgrado le risorse con cui la Fondazione ha composto le indennità erogate siano attinte dal patrimonio della stessa, quindi già oggetto di imposizione fiscale e tributaria, la mutata configurazione di una parte di queste risorse in strumento di sostegno al reddito di una categoria di professionisti, avrebbe legittimato una seconda imposizione fiscale, che appare ancora più incomprensibile se letta attraverso la lente dell'urgenza di definire un sostegno economico in piena emergenza epidemiologica;

   la consapevolezza di una pressione fiscale indefessa a danno della categoria professionale, pragmaticamente e simbolicamente espressione di una emergenza sanitaria e sociale senza precedenti, solleva più di qualche dubbio circa la legittimità di una tale circostanza, segnatamente perché l'indennità erogata da un ente previdenziale privato risulta essere l'unico reale strumento di sostegno per quei medici che svolgendo la propria attività in regime privato hanno subito una seria contrazione del proprio fatturato e di cui non si fa menzione in nessun provvedimento di gestione emergenziale;

   infatti, il paradosso si colloca proprio nelle esigue misure previste dal decreto-legge n. 18 del 2020, che al citato articolo 44 ha istituito il «Fondo per il reddito di ultima istanza» – con una dotazione finanziaria notevolmente ridotta e con dei vincoli applicativi poco chiari disseminati in altri provvedimenti – attraverso cui dovrebbe essere garantita una indennità a sostegno del reddito dei liberi professionisti iscritti agli enti di previdenza privati, nella cui categoria rientrano anche i medici;

   appare evidente la sperequazione attuatasi con i provvedimenti di gestione emergenziale, che hanno legittimato un meccanismo di sostegno assolutamente differenziato: infatti, per i lavoratori autonomi e i professionisti iscritti all'Inps è stato disposta una indennità di 600 euro mensili priva di oneri fiscali –:

   se non si ritenga prioritario adottare iniziative per prevedere una deroga alle imposizioni fiscali sull'indennità erogata dall'Enpam e dagli altri enti previdenziali privati, al fine di tutelare uno strumento indispensabile di sostegno al reddito dei professionisti esorcizzando il paradosso della doppia tassazione statale, del patrimonio dell'Ente e dell'indennità da esso attinta, e garantendo nel contempo il superamento della discriminazione fiscale attualmente sussistente tra sussidi erogati ai lavoratori.
(4-05697)


   CIABURRO, CARETTA, GALANTINO e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della chiusura, imposta dal Governo, di numerose attività produttive in ragione del contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19, è stato emanato il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Decreto «Cura Italia»;

   predetto decreto-legge ha predisposto numerose misure con lo scopo di fornire supporto economico alla popolazione, tra cui una serie di ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione;

   alla data del 13 maggio 2020, centinaia di migliaia di lavoratori in tutta Italia non hanno ancora ricevuto liquidità di alcun tipo da marzo, a causa dei problemi di gestione dello strumento della cassa integrazione;

   per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria (Cigo), a fronte di 8,3 milioni di lavoratori, la stragrande maggioranza risulta pagata o in corso di pagamento, anche grazie agli anticipi effettuati dalle aziende; è stimato a quasi 3 milioni il numero di lavoratori in attesa di ricevere la Cigo;

   nel dettaglio, secondo dati Inps, al 10 maggio 2020, su 8,5 milioni di beneficiari di Cigo ed assegno ordinario, 5,6 milioni di pagamenti sarebbero stati anticipati dalle aziende, mentre il restante 34 per cento è in corso di pagamento da parte dell'Inps;

   per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, invece, destinata ad imprese con meno di 5 dipendenti ed a tutte le imprese che normalmente non avrebbero accesso alla Cigo, si sono registrate numerose criticità;

   come emerso da fonti stampa, sulla base di dati Inps, solo un lavoratore su cinque, il 19 per cento, avrebbe ricevuto i fondi della cassa integrazione in deroga; 122 mila lavoratori su 641 mila circa avrebbero ricevuto quindi la somma alla quale avevano diritto;

   tuttavia, i predetti dati sono stati contestati dalle regioni, secondo le quali i richiedenti sono in realtà più di un milione, per cui in realtà sarebbero stati versati fondi a un lavoratore su undici, appena il 9 per cento;

   inoltre, se nel caso della Cigo le aziende hanno potuto anticipare la somma ai dipendenti, lo strumento della cassa integrazione in deroga non consente in questo caso l'anticipo delle somme dovute;

   emerge sempre a mezzo stampa che le risorse per Cigo e cassa integrazione in deroga siano in realtà terminate, con un buco stimato dalla ragioneria generale di Stato pari a 2,8 miliardi di euro, cifra necessaria per esperire le richieste inevase e attualmente priva di copertura, causando un blocco di tutte le richieste inevase presentate finora;

   tale situazione di gravissima incertezza ha comportato l'impossibilità per moltissimi lavoratori di ricevere liquidità negli ultimi due mesi, dovuta sulla base della prestazione della loro attività professionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda predisporre per:

    a) rifinanziare con effetto immediato gli ammortizzatori sociali di cui in premessa;

    b) prevedere misure, anche indennitarie, per sostenere il sopravvenuto indebitamento e l'indigenza che la mancanza di ammortizzatori sociali ha comportato in capo ai cittadini.
(4-05701)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza sanitaria che si sta tuttora attraversando e dei conseguenti, eccezionali, provvedimenti adottati dai vari Stati del globo per far fronte alla stessa, un enorme numero di nostri connazionali – è noto – si è trovato bloccato all'estero, impossibilitato a rientrare in Italia a causa della sostanziale sospensione del traffico aereo mondiale;

   la risoluzione del problema ha richiesto al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale uno sforzo straordinario, mai prima d'oggi sperimentato; eppure, oggi la partita può dirsi sostanzialmente vinta: grazie all'indefessa attività del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di questi mesi, sono stati fatti rimpatriare ben 79 mila nostri connazionali. Purtroppo, si sa che ancora molti altri – qualche migliaio – devono essere riportati in Italia;

   se la straordinarietà degli eventi ha messo in luce le virtù della struttura di supporto degli italiani all'estero, allo stesso tempo ha evidenziato altre, già note, criticità: ossia, la scarsa coordinazione dei – troppi – canali comunicativi ufficiali attraverso i quali i nostri connazionali possono reperire le informazioni loro utili;

   il quadro è ulteriormente aggravato, nella sua disarticolazione, da un altro elemento: alcuni consolati hanno raccolto, infatti, i nominativi di chi era rimasto bloccato all'estero, mettendo a disposizione un indirizzo di posta elettronica, o un modulo da compilare online; altri ancora, aggiornando invece la lista sulla base delle chiamate ricevute. La modalità di raccolta delle informazioni è stata quindi diversa Paese per Paese. È da sottolineare inoltre come questi strumenti non siano stati comunque in grado di raggiungere tutti i connazionali presenti in quei dati territori;

   sarebbe sicuramente stato utile, e più efficace, se la rete del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avesse sfruttato maggiormente le potenzialità del portale dovesiamonelmondo.it, invitando i nostri connazionali a registrare la propria presenza all'estero unicamente su quel sito, già predisposto a svolgere questa funzione;

   per quel che riguarda l'attività parlamentare sulle questioni fin qui esposte, è da ricordare come la Camera si sia già espressa più volte, negli scorsi mesi, sulla necessità di potenziare e migliorare i canali comunicativi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al fine di semplificare, e rendere maggiormente intuitiva, l'esperienza online dell'utente: nel mese di aprile 2020, e nel mese di luglio 2019 sono state depositate due risoluzioni per l'istituzione di un portale unico per gli italiani all'estero (n. 7/00288, n. 7/00455), così come, a dicembre, un'interrogazione a risposta scritta (n. 4/04344) e, a febbraio, una proposta di legge, sempre sullo stesso tema (A.C. 2375); ancora a dicembre, inoltre, nell'ambito dell'approvazione dell'ultima legge di bilancio, è stato accolto un ordine del giorno che impegna il Governo in tal senso (n. 9/02305/322). Infine, a febbraio 2020, è stata approvata una mozione partiticamente trasversale volta a promuovere l'utilizzo del portale dovesiamonelmondo.it (n. 1/00239) –:

   se non si intenda incentivare maggiormente la registrazione della posizione all'estero dei nostri connazionali attraverso il portale dovesiamonelmondo.it, al fine di avere a disposizione una lista affidabile, completa e costantemente aggiornata, degli italiani nel mondo, evitando la creazione di liste parallele, poste in essere attraverso strumenti diversi.
(5-03981)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOSS, VANESSA CATTOI, BINELLI e SUTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Enrico Forti (detto Chico), nato e cresciuto a Trento, è stato uno dei pionieri del windsurf, ottenendo risultati a livello mondiale; trasferitosi a Miami in Florida, ha quindi intrapreso un'attività di film-maker e presentatore televisivo;

   nel febbraio 1998 venne arrestato in Florida per l'omicidio di Dale Pike, per il quale nel 2000 una giuria lo ha ritenuto colpevole «oltre ogni ragionevole dubbio», nonostante si sia sempre ritenuto innocente dichiarando di essere vittima di un errore giudiziario e sul quale negli ultimi 20 anni numerosi dubbi hanno accompagnato la vicenda giudiziaria del nostro connazionale;

   oltre a molti errori compiuti a suo danno sia durante la fase di indagine che durante il processo, a Chico Forti furono anche negati i diritti previsti dalla convenzione di Vienna per cui è garantita per i Paesi firmatari l'immediata assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato diverso dal proprio;

   in casi simili, è prevista, inoltre, anche l'automatica simultanea comunicazione alle autorità consolari locali del cittadino stesso: il consolato italiano venne, invece, a conoscenza del primo arresto di Enrico Forti dai giornali nove giorni dopo;

   in seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore giudiziario, cinque appelli presentati per la revisione del processo sono stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza alcuna motivazione né opinione;

   numerosi sono ad oggi i documenti e gli atti politici presentati ai vari livelli per sollecitare l'impegno delle istituzioni a trovare soluzione alle ingiustizie contro Chico Forti, nonché a restituirgli la libertà;

   il 24 settembre 2014 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00291, con la quale si impegnava il Governo pro tempore ad assumere in ogni opportuna sede iniziative di competenza volte a tutelare il concittadino Enrico Forti detto Chico, dal 2000 in carcere negli Stati Uniti;

   nei primi giorni di dicembre 2019 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha ricevuto l'avvocato americano di Chico, Joe Tacopina, il quale gli ha presentato ufficialmente la domanda di trasferimento in Italia presentata da Chico, basata sulla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 «Convenzione sul trasferimento di persone condannate» sottoscritta dall'Italia e dagli Stati Uniti;

   il sottosegretario Riccardo Fraccaro ha recentemente confermato che il Governo considera la questione come prioritaria e di massima attenzione nell'interesse del cittadino italiano e della famiglia, dichiarando il proposito del Governo di incontrare il governatore della Florida e i rappresentanti diplomatici americani e chiedere la grazia;

   secondo le sue dichiarazioni l'intenzione del Governo è quella di «non abbandonare nessuna delle strade possibili» e tenere aperte tutte le tre strade percorribili: oltre alla grazia, quella della revisione del processo, più lunga e incerta, e la possibilità di cercare di far tornare qui Chico Forti anche se da detenuto –:

   quali iniziative di competenza abbia messo in atto ad oggi e quali ritenga di adottare nel corso dei prossimi mesi, al fine di arrivare a garantire a Chico Forti non solo un giusto processo, ma anche la piena libertà.
(4-05699)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLIDORI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 5 del 18 ottobre 2019, la comunità del Parco nazionale dei Monti Sibillini designava quali suoi rappresentanti in seno al consiglio direttivo dell'Ente – in regolare applicazione della legge n. 394 del 1991, dello Statuto parco nazionale dei Monti Sibillini e del regolamento della comunità del Parco – i signori: Alessandro Gentilucci, Domenico Ciaffaroni, Giammario Ottavi, Nicola Alemanno;

   la delibera in questione veniva successivamente trasmessa al Ministro interrogato ai fini dell'emanazione del decreto di nomina dei quattro componenti designati, come previsto dall'articolo 9 della già richiamata legge n. 394 del 1991;

   in data 27 novembre 2019, in riscontro alla richiesta ministeriale, il direttore dell'Ente Parco inviava anche i curriculum vitae dei soggetti designati, in uno alle dichiarazione d'insussistenza delle cause d'inconferibilità e incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013;

   con atto protocollo n. 13464 del 25 febbraio 2020, il Ministero comunicava all'Ente quanto segue: «dal certificato rilasciato dalla Procura di Spoleto risulta pendente a carico del dottor Nicola Alemanno un procedimento penale per reato che rientra nella casistica per la quale il decreto legislativo n. 39 del 2013 prevede l'inconferibilità dell'incarico. Tanto si comunica al fine di una ponderata valutazione, da parte di codesta Comunità, in merito all'opportunità di provvedere alla designazione di altro nominativo»;

   alla missiva in questione, la Comunità del Parco, in persona del suo presidente, replicava con nota protocollo 1391 del 4 marzo 2020, rappresentando con «delibera n. 5 del 18 ottobre 2019 la Comunità del Parco ha designato i quattro componenti per il nuovo Consiglio direttivo del Parco. Nel corso della seduta la circostanza (della sussistenza di un procedimento penale pendente) è emersa ed è stata oggetto di discussione e valutazione da parte dei rappresentanti della Comunità del Parco, prima della elezione. All'esito del dibattito, effettuata la votazione, la Comunità del Parco ha ritenuto di eleggere il candidato Alemanno quale componente del Consiglio Direttivo. Non sussistendo all'atto della designazione la causa di preclusione prevista dal decreto legislativo n. 39 del 2013, risultando solo pendente procedimento penale, si ritiene che la Comunità del Parco abbia già effettuato, con il dibattito e la votazione di propria competenza, una ponderata valutazione circa l'opportunità della designazione»;

   a conferma della correttezza dell'operato della Comunità del Parco, occorre rilevare come l'articolo 3 del decreto legislativo n. 39 del 2013, là dove vengano in rilievo reati contro la pubblica amministrazione, ricolleghi l'inconferibilità dell'incarico alla condanna (a seconda dei casi, definitiva o anche di primo grado), non già alla mera pendenza di un procedimento o di un processo in primo grado non ancora definito. La stessa rubrica della disposizione è illuminante, dal momento in cui recita: «inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione»;

   tale soluzione, del resto, appare quella più conforme alla Costituzione, che, come noto, all'articolo 27, prevede la presunzione di non colpevolezza per i soggetti sottoposti a procedimento penale, fino a condanna definitiva. La pendenza di un'indagine o un rinvio a giudizio, a giudizio dell'interrogante, non sono, in quanto tali, rivelatori di alcun disvalore penale o di alcuna rimproverabilità in capo al soggetto che vi è sottoposto, e sono dunque, a ragione, irrilevanti sul piano che qui interessa;

   alla luce di quanto sopra, non sussiste alcuna preclusione normativa alla nomina del sindaco Alemanno, e l'ente Parco ha già assolto, con spirito di leale collaborazione e rispetto sia formale che sostanziale della legge, alla richiesta di ponderare e valutare l'incidenza del procedimento pendente ai fini della propria determinazione –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti in ordine alla propria posizione sul punto e procedere all'adozione del decreto di nomina di propria competenza.
(4-05702)


   MAGLIONE, VILLANI e DEIANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Campania ha autorizzato alla società New Vision srl la realizzazione di un impianto di compostaggio in località Pianelle del comune di Sassinoro (Benevento) in prossimità del sito di interesse comunitario IT 8002001 «Alta Valle del Fiume Tammaro», compreso nel comprensorio del neo istituito parco nazionale del Matese;

   il piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani (Prgru) della regione Campania individua 2 località nelle quali realizzare analoghi impianti di compostaggio: lo Stir di Casalduni, sito a pochi chilometri dal Comune di Sassinoro, con capacità di 25.000 t/anno di frazione organica e nel comune di Molinara con capacità di 6.000 t/anno. Nel Prgru non c'è nessun riferimento al sito realizzato nel comune di Sassinoro;

   in provincia di Benevento si producono circa 30.000 t/anno di rifiuto organico. Il sito di Sassinoro, insieme alle due iniziative pubbliche, arriverebbero a trattare oltre i 40.000 t/anno in netto contrasto con il principio dell'autosufficienza territoriale sancito dalla norma regionale;

   in data 14 aprile 2020 con prot. n. 2020.0190278 l'UOD autorizzazioni ambientali e rifiuti di Benevento ha rilasciato a favore della New Vision una autorizzazione per l'avvio dell'esercizio dell'attività;

   contro detta autorizzazione c'è stata richiesta di sospensiva urgente da parte del comune di Sassinoro concessa dal giudice monocratico amministrativo fino al 12 maggio 2020 in attesa della discussione camerale;

   dalla lettura di detta autorizzazione emerge una chiara discrepanza tra ciò che sostengono gli uffici regionali e quelli provinciali in virtù di una corrispondenza intercorsa tra gli stessi;

   con nota del 23 marzo 2020 prot. n. 0008257, la provincia di Benevento, infatti, invitata dalla regione ad effettuare una verifica sull'esecuzione dei lavori eseguiti dalla New Vision in riferimento ad un intervento non sostanziale presso lo stabilimento di Sassinoro, risponde, senza possibilità di equivocare, che non è competenza della stessa effettuare detta verifica;

   nelle premesse contenute nella suddetta autorizzazione regionale, prot. n. 2020.0190278, si scrive che la provincia avrebbe provveduto alla suddetta verifica dopo l'avvio dell'attività in netto contrasto con quanto riportato nella nota provinciale prot. n. 0008257. Situazione, questa, che ha spinto la stessa provincia ad avviare una specifica istruttoria interna a valle della quale l'Ente ha deciso di sottoporre gli atti all'attenzione della procura della Repubblica;

   nella nota inviata dalla provincia, l'Ente oltre a sottolineare, ancora una volta, la sua formale contrarietà alla realizzazione dell'impianto rimarca ulteriormente la necessità di rimandare l'avvio dell'attività, perché pendente un ricorso dinanzi al Tar volto a verificare la veridicità di alcune circostanze alla base delle autorizzazioni ricevute dalla New Vision per la realizzazione dell'impianto. Nello specifico, inoltre, si fa riferimento ad una relazione del Comitato tecnico d'ufficio (Ctu) designato dall'organo giudiziario amministrativo per verificare l'effettiva distanza dell'impianto sia dalle abitazioni circostanti e sia dal corridoio ecologico rappresentato dal fiume Tammaro e parte integrante del sito di interesse comunitario IT 8002001 «Alta Valle del Fiume Tammaro»;

   la perizia condotta dal Ctu avvenuta con sopralluogo in contraddittorio con le parti, consacra l'assenza delle distanze minime richieste investigate: 300 m dal corridoio ecologico del fiume Tammaro e 250 m dalle abitazioni così come previsto dal piano territoriale di coordinamento provinciale (ptcp) della provincia di Benevento –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali urgentissime iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire il rispetto del principio di precauzione e assicurare, coerentemente alle conclusioni della perizia del Ctu, il rispetto della «direttiva HABITAT» in ordine alla incidenza del progetto sul sito di interesse comunitario IT 8002001.
(4-05704)


   CONTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Sma Campania s.p.a. è una società in house della regione Campania, le cui attività sono finalizzate alla prevenzione e contrasto degli incendi nelle aree boschive e ad altre cruciali funzioni in campo ambientale; essa è attiva sul territorio con diverse collaborazioni e progetti e ha una rete di partnership con atenei campani, centri di ricerca locali e nazionali;

   la Campania ambiente e servizi s.p.a. (Cas) è una società in house con socio unico della regione Campania, con sede nel comune di Napoli, nata nel 2012, con scopo sociale la produzione di servizi di interesse generale afferenti al settore ambientale tra cui prevenzione e contrasto degli incendi nelle aree boschive, risanamento ambientale, monitoraggio del territorio, riassetto idrogeologico;

   essa occupa, al momento, circa 300 lavoratori con attività che vanno dalla pulizia, disinfezione e disinfestazione, alla bonifica e agli interventi di recupero ambientale; ha all'attivo accordi di programma e protocolli di intesa con amministrazioni locali, enti, università e ricopre un ruolo di primo piano nell'ambito dell'accordo tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e regione Campania sulla «Terra dei fuochi», oltre che sugli interventi di tutela ambientale del litorale domizio;

   la regione Campania, nell'ambito del piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie, con decreto n. 221 del 4 novembre 2015 e poi con legge regionale del 23 dicembre 2016, n. 38, infine, con delibera della giunta regionale n. 31 del 22 gennaio 2020, ha istituito la Società unica del polo ambientale risultante dalla fusione per incorporazione della Cas nella Sma;

   nasce così una società unica, la quale preoccupa i lavoratori e le rappresentanze sindacali di Campania ambiente, alla luce del ritardo con cui si sta attuando il crono programma firmato dai due amministratori unici e dalla regione, che avrebbe dovuto fissare le modalità di assorbimento di tutto l'organico di Cas presso la società incorporante Sma Campania;

   la preoccupazione dei lavoratori è aumentata anche in seguito alla decisione di provvedere ai sensi dell'articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020 alla attivazione della procedura di accesso agli ammortizzatori sociali per i 300 dipendenti di Cas, i quali a tutt'oggi restano in attesa di sapere tempi e modi relativi al pagamento delle spettanze salariali maturate;

   in Campania la questione ambientale è cruciale; incrocia temi legati alle bonifiche, alla tutela, al rilancio di una economia di territorio, alla protezione della salute delle persone, e interroga, per le sue rilevanze nazionali, tanto i livelli istituzionali centrali che quelli locali, tanto è vero che frequenti sono accordi e intese tra Governo, regione, comuni e i vari attori istituzionali su problematiche ambientali e d'inquinamento;

   le professionalità al lavoro da anni sul territorio e gli stessi progetti e interventi avviati in questi anni hanno bisogno di continuità e certezza dell'impegno, anche alla luce degli accordi siglati –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritengano, per quanto di competenza di adottare iniziative sia sul fronte della ritardata operatività del nuovo soggetto afferente a tematiche e progetti ambientali che hanno una specificità locale ma un indubbio rilievo nazionale, sia per garantire i livelli occupazionali e i diritti dei lavoratori, anche in relazione al mancato pagamento delle spettanze salariali maturate.
(4-05705)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'estate 2020 sarà completamente differente rispetto al passato con nuove regole molto stringenti e le regioni stanno già attuando nuovi piani di azione, differenti da zona a zona, in base anche alla morfologia del territorio e della tipologia di spiaggia e di mare a disposizione dei turisti;

   molti comuni aspettano indicazioni precise dal Governo, ma nel frattempo c'è chi prova ad ipotizzare progetti per rilanciare le spiagge pubbliche, dove sarà necessario «educare» turisti e bagnanti per il rispetto delle norme di distanziamento sociale e ogni regione sta ipotizzando diverse soluzioni e accorgimenti. Per fare alcuni esempi: sulle spiagge del Veneto ci si è già organizzati con postazioni di 50 metri quadrati che possono consentire alle famiglie di avere una sorta di vera e propria «casetta» in riva al mare. Negli stabilimenti ci saranno percorsi dedicati, sanificazione (non solo di bagni, docce e ambienti comuni ma anche di ombrelloni, sdraio e lettini), divieto di stazionamento. Per prenotare l'ingresso e la propria postazione si potrà usare internet oppure il telefono con prenotazione anticipata, in modo da evitare le file agli ingressi. In Emilia si ipotizza, invece, di consentire il pranzo direttamente sotto l'ombrellone – a distanza di sicurezza – per evitare assembramenti nei punti di ristoro. Per chi invece preferisce prendere il sole in terrazza o in giardino, a Rimini ci si sta organizzando per la consegna dei lettini direttamente a casa. Sulla costiera amalfitana e nel Cilento si sta pensando di contingentare gli ingressi nelle spiagge affidando ai vigili i controlli sui tratti «liberi». A Ischia si pensa, invece, di creare delle piattaforme galleggianti gestite direttamente dagli stabilimenti che possano ospitare 2/3 persone con lettini e protezione per il sole. Una sorta di solarium in mare aperto e distante da tutto e tutti. Sul litorale romano e laziale numerose località stanno pensando di creare un sistema che attraverso una «app» possa consentire di prenotare il proprio posto in spiaggia e un «braccialetto» che segnali eventuali assembramenti. In tutte le spiagge vi sarà il numero chiuso e garanzia di distanziamento;

   in Puglia si ipotizzano accessi a «numero chiuso», piantane degli ombrelloni distanziate, controlli con droni e vigili tra i bagnanti. Diversi comuni balneari sono pronti ad attrezzare le spiagge libere;

   la vigilanza potrebbe spettare alla polizia municipale ed a volontari. Si potrebbero ingaggiare anche pro-loco o beneficiari del reddito di cittadinanza, spiega Mauro Della Valle di Federalberghi Salento, una delle associazioni coinvolte per le proposte alla regione Puglia in vista delle linee guida nazionali;

   è evidente che la stagione balneare, se partirà, è di fatto già iniziata, in assenza di qualsiasi indicazione o programma d'azione;

   le ipotesi e gli orientamenti sono molteplici e dovrebbe essere il Governo a stabilire le linee guida;

   nel rispetto delle competenze regionali e, soprattutto, nel rispetto delle peculiarità di ciascun territorio, è comunque necessaria maggiore omogeneità;

   sono indispensabili direttive precise sulla fase di avvio, sulla manutenzione e sulle regole per le spiagge libere e in concessione –:

   se i Ministri interpellati non ritengano di adottare le iniziative di competenza per fornire in tempi brevi linee guida alle regioni e ai comuni, al fine di garantire pari diritti e pari livelli di sicurezza agli utenti e agli operatori del settore balneare.
(2-00798) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta scritta:


   IORIO e VILLANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Real Sito di Carditello rappresenta un bene culturale della provincia di Caserta dall'intenso rapporto affettivo con il suo territorio e costituisce un simbolo di riscatto culturale per la Terra di Lavoro;

   dal 2016 il complesso monumentale è gestito dalla Fondazione Real Sito di Carditello, costituita dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, dalla regione Campania e dal comune di San Tammaro;

   la Fondazione promuove la conoscenza, la protezione, il recupero e la valorizzazione del Real Sito di Carditello e delle aree annesse, in attuazione dell'accordo di valorizzazione sottoscritto dalle parti il 3 agosto 2015;

   con nota 673 del 16 ottobre 2017, la ex direttrice della Fondazione, dottoressa Angela Tecce, autorizzava un gruppo di studiosi diretti dall'architetto Ettore Ventrella a compiere ispezioni speleologiche all'interno del Sito Reale, al fine di individuare il percorso sotterraneo di una delle tre diramazioni dell'Acquedotto Carolino realizzata da Francesco Collecini, che portava a Carditello l'acqua della Peschiera della Reggia di Caserta;

   nel corso di tali ispezioni, eseguite in data 2 febbraio 2018 con l'ausilio di una cooperativa di speleologi specializzati, alla presenza del responsabile del servizio protezione e prevenzione e tecnici della Fondazione Carditello, venivano rinvenuti al di sotto dei torrioni e dei corpi di fabbrica ad essi adiacenti, una serie di ambienti di eguali estensioni sormontati da volte con altezza intradosso di circa 2 metri, costituenti il piano sotterraneo di fondazione del Real Sito, accessibile da botole in pietra, poste al centro del piano terra e in chiave alle volte, unitamente ad una serie di cisterne colme di acqua, appartenenti all'impianto idrico originario di Carditello;

   a causa di detriti e materiali di risulta, illecitamente riversati al loro interno, molti ambienti non furono oggetto di ispezione;

   dei risultati di cui sopra furono prontamente messi a conoscenza i responsabili della Fondazione del Real Sito di Carditello, soprattutto in relazione al fatto che il progetto di prosecuzione dei lavori di restauro, al momento in fase di esecuzione, prevede per tutta la superficie dei piani terra di 6 degli 8 torrioni, la realizzazione di un vespaio con l'impiego di numerosi getti in calcestruzzo armato, al fine di eliminare possibili tracce di umidità riscontrate al piano terra;

   quanto riportato è stato ampiamente denunciato a mezzo stampa dall'architetto Ventrella che alla luce dei nuovi rinvenimenti, aveva chiesto anche una variazione di progetto in ragione proprio della funzione che avevano gli ambienti voltati, nell'impedire la risalita di umidità;

   l'esecuzione dei lavori, si legge nella denuncia, avrebbe portato alla totale distruzione delle volte di fondazione, delle pavimentazioni e delle botole in pietra, oltre all'impossibilità di recuperare in futuro tali ambienti sotterranei;

   nella stessa denuncia, è stato evidenziato come gli interventi, oltre ad essere in contrasto con i princìpi del moderno restauro conservativo dei beni culturali e delle belle arti, determinano anche l'impoverimento del manufatto, anche in considerazione dei limiti arrecati alla ricerca di ulteriori preziosi elementi di valorizzazione, come le viscere del sottostante collegamento con l'Acquedotto Carolino, storicamente di grande rilevanza;

   va inoltre evidenziato che, a quanto consta agli interroganti, a tale denuncia non è seguita alcuna replica né da parte della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, né dal Comitato tecnico-scientifico della Fondazione Real Sito di Carditello –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui sopra;

   se si sia configurato qualche tipo di danno, con particolare riferimento alle strutture sopra descritte e, se necessario, quale tipo di iniziative si intendano intraprendere per porvi rimedio.
(4-05696)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAGANI, MICELI, ENRICO BORGHI, DE MENECH, FRAILIS, LOSACCO e LOTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si sta entrando in una fase particolarmente delicata, durante la quale la ripresa di molte attività deve fare i conti con un virus ancora circolante che rende quindi necessario un alto livello di attenzione per prevenire l'aumento delle possibili «occasioni» di contagio;

   nel documento tecnico emanato dall'Inail nel mese di aprile 2020, circa la possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da Sars Cov 2 nei luoghi di lavoro, peraltro, sono state individuate le forze dell'ordine e del soccorso pubblico, e in primo luogo il personale sanitario, come categorie maggiormente a rischio di esposizione al virus a causa della peculiare attività svolta;

   qualche regione ha già avviato, in autonomia, protocolli con le amministrazioni interessate volti ad eseguire test sierologici sul personale delle forze di polizia. Senza nulla togliere a queste iniziative si è dell'avviso che i presidi e dispositivi di monitoraggio debbano essere tempestivamente garantiti su tutto il territorio nazionale a coloro che, fin dal primo momento, stanno combattendo l'epidemia «in prima linea»: gli operatori sanitari, quelli della sicurezza e del soccorso pubblico e il personale delle Forze armate impegnato nelle stesse attività;

   questa esigenza è già stata rappresentata alle competenti autorità da organizzazioni sindacali che rappresentano il personale delle forze di polizia ad ordinamento civile e da associazioni a carattere sindacale che si sono costituite, al fine di rappresentare il personale delle forze di polizia ad ordinamento militare, ed è altrettanto sentita dal personale delle Forze armate –:

   se i Ministri interrogati intendano adoperarsi per la messa a sistema su tutto il territorio nazionale di test sierologici, su base volontaria, per tutto il personale sopracitato con la successiva effettuazione, a seguito del responso, di tampone nasofaringeo in caso di positività.
(5-03982)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VISCOMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5, si introducono misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento;

   in particolare, il citato decreto dispone il potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie della Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale (Mcc) fino a un massimo di 900 milioni di euro, per consentire alla stessa di operare quale banca di investimento che possa accompagnare la crescita e la competitività delle imprese italiane;

   nell'ambito e in linea con la suddetta missione, viene disposto un aumento di capitale che consente a Mcc insieme con il Fondo interbancario di tutela dei depositi, (Fitd) e ad eventuali altri investitori, di partecipare al rilancio della Banca popolare di Bari (Bpb), sottoposta, nel mese di dicembre 2019; alla procedura di amministrazione straordinaria da parte della Banca d'Italia, confermando così la determinazione del Governo nel tutelare i risparmiatori, le famiglie, e le imprese supportate dalla Bpb;

   da prime notizie apprese dalle Organizzazioni sindacali territoriali e pubblicate sul nuovo modello di business 2020-2024 della Banca Bpb, sul piano della riorganizzazione, i commissari, subentrati al vecchio management;, avrebbero inserito, su indicazione della Banca d'Italia, la chiusura in Calabria di 6 filiali su 7: Amantea, Casali del Manco, Rende, Scalea, Trebisacce e Lamezia Terme;

   nonostante il titolo del citato decreto-legge n. 142 del 2019 faccia espressamente richiamo alla creazione di una banca di investimento per la valorizzazione territoriale del Mezzogiorno, il piano di ristrutturazione sembrerebbe invece proseguire il processo di «desertificazione» bancaria messo in atto dalle aziende creditizie che, nell'ottica ormai prevalente del taglio dei costi, procedono alla chiusura ed all'accorpamento delle filiali;

   in Italia vi sono evidenti segnali di una divaricazione tra aree del Paese e fasce della popolazione che stanno entrando nell'era digitale ed altre che invece hanno avuto un avvio rallentato verso l'innovazione; secondo una recente ricerca Istat, la percentuale di famiglie senza computer supera il 41 per cento nel Mezzogiorno, con Calabria e Sicilia in testa (rispettivamente 46 per cento e 44,4 per cento);

   lo sviluppo da parte della Banca Bpb di servizi bancari che consentono al cliente di effettuare operazioni a distanza (Internet banking), seppur abbia una connotazione positiva, potrebbe tuttavia penalizzare un territorio come la Calabria proprio per la forte connotazione del digital divide;

   in un momento così delicato per il Paese e per il Sud, le esternalizzazioni e la chiusura di filiali potrebbero danneggiare ulteriormente la necessità di liquidità e la ripresa economica del tessuto produttivo nel Mezzogiorno –:

  quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per la piena applicazione delle disposizioni del citato decreto-legge che prevedono in particolare l'istituzione di una banca del Mezzogiorno, radicata sul territorio, che favorisca gli investimenti, evitando così il processo di desertificazione di intere regioni del Sud, come in particolare la Calabria, anche al fine di avviare, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, una rapida ripresa economica del tessuto produttivo, che necessita dell'imprescindibile sostegno finanziario per gli investimenti e la liquidità immediata.
(5-03983)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giustizia italiana soffre da troppi anni di gravi disfunzioni che si ripercuotono inevitabilmente sulla vita dei cittadini, rimanendo, così, a parere dell'interrogante, lettera morta i principi costituzionali del giusto processo, della ragionevole durata dello stesso e della certezza della pena;

   l'inefficienza giudiziaria genera, a sua volta, inefficienza della pubblica amministrazione quando i procedimenti riguardano dipendenti pubblici accusati di presunti fatti illeciti commessi nell'espletamento delle loro attività, e quindi, reati contro la pubblica amministrazione;

   il dipendente pubblico consapevole della propria innocenza ma indagato talvolta per supposte convinzioni della magistratura inquirente, se sapesse di essere giudicato in breve tempo dallo Stato che lo ha assunto, non esiterebbe nell'adempiere sempre e comunque ai doveri d'ufficio;

   siffatta convinzione viene meno di fronte all'evidenza che la maggior parte dei procedimenti giungono a prescrizione nelle primissime fasi, privando il dipendente pubblico della possibilità di approntare ogni utile difesa e costringendolo non solo a subire le lungaggini processuali ma altresì gravi conseguenze economiche e morali;

   l'articolo 18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, prevede che «le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato»;

   la ratio legis è quella di tenere indenni i pubblici dipendenti che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse delle amministrazioni dalle spese legali sostenute per difendersi, qualora non vengano condannati;

   la norma, nella odierna interpretazione, tuttavia, esclude dalla possibilità di rimborso i dipendenti pubblici che – fatti salvi i presupposti per accedere al beneficio (in ultimo, riepilogati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 8137 del 2019: l'esistenza di un giudizio, promosso nei confronti del – e non anche dal – dipendente; la sussistenza di un nesso tra gli atti e i fatti ascritti al dipendente e l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali) – vedono concludersi il procedimento penale per prescrizione, anche se questa è intervenuta prima dell'apertura del dibattimento o, peggio ancora, della stessa udienza preliminare;

   ogni anno centinaia di migliaia di procedimenti terminano con dichiarazioni di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, un milione e mezzo nell'ultimo decennio e, più precisamente, nel 75 per cento dei casi la prescrizione matura prima della sentenza di primo grado;

   è evidente che tale situazione alimenta la burocrazia difensiva, per cui i dipendenti pubblici sono convinti che solo «non facendo» possono evitare rischi, bloccando di fatto il Paese –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano, adottare al fine di garantire massimi livelli di efficienza giudiziaria e se non intendano fornire i dati aggiornati degli ultimi cinque anni in relazione ai procedimenti per il delitto di cui all'articolo 323 del codice penale;

   se il Ministro dell'interno non intenda, tramite consultazione del Sistema di indagine (Sdi), rendere noto il numero dei soggetti denunciati, per genere, per regione e per fasce di età;

   se il Ministro della giustizia non intenda fornire i dati statistici relativi al numero di soggetti per i quali il pubblico ministero ha richiesto l'archiviazione, differenziando tra archiviazione nel merito e per prescrizione, di quelli per i quali, invece, è stato disposto il rinvio a giudizio, di quelli condannati in primo grado, in appello e in Cassazione, clusterizzati per anno di commissione del delitto.
(4-05698)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo è un'infrastruttura fondamentale e strategica per l'Emilia-Romagna, poiché si tratta di un collegamento tra la A22 e la strada statale 467 Pedemontana la cui realizzazione porterebbe un importante beneficio sgravando la viabilità ordinaria dal traffico dei mezzi pesanti e dal traffico commerciale, con effetti positivi per la sicurezza stradale ma, soprattutto, sarebbe decisiva per l'economia regionale e nazionale considerando i vari distretti industriali della zona, a cominciare da quei settori di eccellenza come l'industria ceramica, il cui solo distretto di Sassuolo occupa 25 mila addetti diretti con altrettanti nell'indotto e fattura oltre 6,5 miliardi di euro;

   l'iter procedurale per la realizzazione dell'opera è partito nel 2001, ma, nonostante i ripetuti annunci dei Ministri competenti degli ultimi Governi e del presidente della regione, nei fatti, è ancora bloccato nonostante la comunità locale e il tessuto produttivo chiedano da tempo la realizzazione dell'opera e l'avvio effettivo dei lavori, atteso da decenni;

   più volte l'interrogante ha presentato in merito degli atti di sindacato ispettivo e il 19 febbraio 2020 durante lo svolgimento un'interrogazione in Commissione ambiente, veniva comunicato che «Sono in corso le attività preordinate all'esproprio da parte del concessionario e, una volta terminata la fase di acquisizione dei suoli, si potrà procedere all'avvio dei lavori che, secondo le pattuizioni convenzionali, potranno essere eseguiti direttamente dal concessionario»;

   ed ancora si comunicava che «Come evidenziato più volte dal Ministro De Micheli, abbiamo bisogno di infrastrutture utili, moderne, efficienti e sicure, non solo stanziando nuove risorse ma anche eliminando tutti quegli ostacoli che hanno, fino a oggi, rallentato l'efficace impiego delle risorse già disponibili»;

   al momento, però, di quanto anticipato ed annunciato non risulta, dai fatti, alcun seguito, ci si trova invece dinanzi a proclami rilanciati in corrispondenza di scadenze elettorali seguiti da rinvii, a giudizio dell'interrogante, inqualificabili e ingiustificati, invece dell'attesa accelerazione delle procedure di accantieramento;

   nella difficile situazione economica legata all'emergenza Covid-19 che l'attività produttiva sta vivendo, la realizzazione di quest'opera viaria potrebbe rivelarsi ancor più decisiva e vitale per favorire sia la ripartenza dell'economia che la competitività dei poli industriali locali –:

   se il Governo sia conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali siano le motivazioni per le quali si ritardi ancora l'avvio dei lavori per la realizzazione della bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo, aggravando ulteriormente i disagi logistici e i danni economici ai distretti produttivi dell'Emilia-Romagna con effetti che si ripercuotono anche sull'intero territorio nazionale.
(4-05700)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della difesa per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che in data 11 maggio 2020 la Guardia di finanza di Brindisi ha sottoposto ad arresti domiciliari cinque persone e ne ha sottoposta una all'obbligo di dimora;

   tra le persone coinvolte ci sono 5 militari della Marina militare italiana e un ufficiale della guardia costiera libica;

   le indagini sono state condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Brindisi; l'ordinanza è stata emessa dal Gip del tribunale di Brindisi;

   le accuse contestate nell'ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Brindisi sono di imbarco arbitrario di merci, contrabbando su una nave militare, peculato d'uso, istigazione alla corruzione, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio e falso ideologico;

   i fatti sarebbero stati commessi nel contesto della missione internazionale «Operazione Mare Sicuro», svolta dalla nave Caprera della Marina Militare italiana nel porto di Tripoli, in Libia, dal 31 marzo del 2018 fino al 12 luglio. La nave sarebbe stata ceduta dall'Italia alla Libia per il potenziamento del contrasto all'emigrazione clandestina verso l'Italia;

   la nave Caprera era giunta nel porto di Brindisi il 15 luglio 2018, da Tripoli, senza scali intermedi e sembra che trasportasse 774 chilogrammi circa di tabacco lavorato estero di contrabbando e di Cialis, sbarcati sulla banchina Garibaldi del porto di Brindisi nella prima mattina del 15 luglio 2018;

   tutto comincia con la cessione di alcune motovedette della Guardia di finanza italiana alla Guardia costiera libica per il controllo dei flussi migratori. Il Governo italiano, nell'accordo, si impegna a pagare l'efficienza delle imbarcazioni –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   come sia possibile che una nave della Marina militare italiana, che doveva pattugliare le coste e impedire l'immigrazione irregolare, sia stata usata per gli scopi illeciti descritti in premessa;

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di altri episodi simili che hanno visto motovedette italiane cedute alle autorità libiche per il controllo dei flussi migratori utilizzate invece per fini illeciti;

   quante motovedette siano state cedute dall'Italia alla Libia per il controllo dei flussi migratori;

   se e come le autorità libiche riferiscano alle autorità italiane circa l'utilizzo effettivo e i risultati ottenuti da tali motovedette per il controllo dei flussi migratori;

   se e quali autorità italiane, militari, politiche e amministrative siano preposte a supervisionare l'operato delle motovedette italiane cedute alla Libia per contrastare l'immigrazione illegale: nel nostro Paese;

   se e quanto personale italiano sia stato impiegato per istruire il personale libico nell'utilizzo delle motovedette italiane cedute alla Libia;

   quali precauzioni intendano adottare i Ministri interpellati affinché in futuro motovedette italiane cedute alla Libia per il contrasto dell'immigrazione irregolare non vengano invece utilizzate per affari illeciti.
(2-00799) «Elvira Savino, D'Attis, Labriola, Sisto».

Interrogazione a risposta scritta:


   RUGGIERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa si apprende di assalti a mano armata in campagna, con una recrudescenza dei fenomeni criminali in provincia di Bari, soprattutto a Bitonto e con gravi episodi a Terlizzi. Le bande armate si presentano all'alba tra le 4 e le 5 della mattina dopo aver perlustrato le aree: assaltano aziende agricole e frantoi, disinseriscono allarmi e impianti antifurto, per rubare trattori, tagliaerba, motoseghe, forbici elettriche e in caso di mezzi agricoli di grande valore chiedono il «cavallo di ritorno», un riscatto per l'eventuale restituzione;

   Coldiretti Puglia elenca i seguenti dati: il furto di mezzi agricoli rappresenta il 15 per cento dei reati contro il patrimonio nell'area, l'abigeato l'11 per cento, il furto di prodotti agricoli il 13 per cento, senza contare racket (9 per cento), usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, che insieme sono «la porta di ingresso principale della malavita organizzata e spicciola nella vita dell'imprenditore» in campagna;

   il fenomeno delle agromafie negli ultimi anni ha «accresciuto la propria intensità, in particolar modo in Puglia», al terzo posto della classifica nazionale evidenziando in testa le zone di Bari, Taranto e la provincia di Barletta-Andria-Trani;

   da notizie apparse sulla stampa si apprende che il contratto collettivo di lavoro delle guardie campestri sui territori della provincia di Barletta-Andria-Trani (Bat) e dell'area metropolitana di Bari risale al 2008, con un aggiornamento effettuato nel 2010;

   la questione della sicurezza agricola è molto delicata e le condizioni di lavoro degli oltre 100 agenti dei diversi consorzi sono complicate –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per tutelare il diritto al lavoro del comparto agricolo e per riconoscere giuste condizioni di lavoro alle guardie campestri.
(4-05695)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la contingente emergenza epidemiologica colpisce duramente anche il settore ittico, da tempo tra l'altro vessato da una normativa comunitaria incurante delle peculiari prerogative delle aree mediterranee;

   in Italia la prolungata sospensione delle attività turistiche, alberghiere e della ristorazione ha pesantemente ridotto gli spazi del mercato ittico;

   si tratta spesso di realtà familiari, di microimprese che vivono su una rete commerciale che si basa sui ristoranti, alberghi e su tutto il mondo del turismo a livello nazionale;

   in Italia la flotta di pescherecci conta circa 12 mila unità e, dietro ad ogni singolo peschereccio, vi sono piccole imprese a base familiare, non grandi realtà imprenditoriali;

   si tratta, infatti, di 12 mila imprese a conduzione familiare, quasi 30 mila posti di lavoro a rischio:

   in particolare, in Puglia – regione a forte vocazione ittica – oltre la metà del pescato (55 per cento) viene consumato fuori casa; dunque, la chiusura prolungata dei ristoranti ha messo in crisi 1.500 pescherecci e cinquemila posti di lavoro;

   lo «stop» forzato alla ristorazione ed il connesso duro colpo per il settore ittico, hanno portato, infatti, anche la chiusura a cascata delle pescherie e dei mercati ittici all'ingrosso e alla produzione;

   ad aggravare la paralisi del settore, ovviamente, contribuiscono i limiti agli spostamenti che hanno causato anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo, con la nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, che ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati, provenienti, spesso, da Paesi esteri;

   già in tempi ordinari quasi 8 pesci su 10 consumati erano di provenienza straniera, sovente all'insaputa dei consumatori, soprattutto a causa della mancanza dell'obbligo dell'indicazione di origine che consente di vendere per italiani prodotti provenienti dall'estero che hanno meno garanzie rispetto a quelle del Made in Italy;

   l'emergenza Coronavirus ha aggravato questo scenario con la vendita quasi esclusiva di pesce importato e surgelato;

   si tratta di una crisi che rischia di diventare irreversibile, in assenza di urgenti ed efficaci interventi di sostegno del settore;

   la pesca e tutte le attività ad essa connesse rappresentano un settore di punta dell'economia nazionale;

   dunque, sono ormai improcrastinabili interventi di sostegno alle imprese e ai lavoratori, a partire dall'estensione al settore ittico delle esenzioni e delle misure per gli altri comparti produttivi in caso di perdita del fatturato derivante dall'emergenza da Covid-19, come nel caso in cui componenti dell'equipaggio siano messi in quarantena con conseguente arresto totale dell'attività –:

   quali urgenti ed idonee iniziative il Governo intenda adottare al fine di tutelare il comparto ittico nazionale a sostegno di imprese e lavoratori e del made in Italy.
(2-00797) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la crisi epidemiologica da COVID-19 ha messo in ginocchio l'intero comparto ittico nazionale, con le marinerie ferme a terra e il tracollo della domanda di pesce dovuto alle misure di chiusura totale di numerose attività produttive sul territorio nazionale, misure che peraltro hanno colpito in uno dei periodi più produttivi dell'anno;

   ogni anno, con criteri determinati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, viene stabilito un periodo di fermo biologico, noto anche come «fermo pesca», nel quale, per tutti gli operatori, l'attività di pesca è temporaneamente sospesa, salvo poi riprendere, erogando degli appositi indennizzi a tutti gli operatori colpiti dalla misura;

   a mezzo stampa si apprende che numerosi operatori del settore ittico lamentano il mancato versamento relativo ai fermi relativi alle annualità 2018 e 2019;

   il versamento della liquidità relativa alle predette annualità costituisce un diritto acquisito da parte degli operatori del settore; al più, essendo le somme da erogare già iscritte a bilancio, devono solo essere versate;

   oltre che essere un impegno che lo Stato si è assunto nei confronti degli operatori, ed al quale sta immancabilmente venendo meno, l'indennizzo in questione costituisce ora più che mai una boccata di ossigeno ed un'iniezione di liquidità in uno dei settori più colpiti dalla crisi epidemiologica da COVID-19;

   secondo quanto emerso da fonti stampa, i ritardi nell'erogazione dell'indennità sarebbero dovuti a lungaggini burocratico-amministrative da imputare alla direzione generale per la pesca dell'Unione europea, aggravate da ulteriori controlli in capo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda predisporre per:

    a) garantire l'erogazione delle indennità relative al fermo biologico per le annualità non evase di cui in premessa a tutti gli operatori del settore ittico alla prima occasione utile, considerando anche la particolare necessità di liquidità dovuta alla crisi epidemiologica da COVID-19;

    b) alleggerire tutti quegli oneri burocratico-amministrativi che in modo strutturale vanno puntualmente a ritardare l'erogazione di contributi già iscritti a bilancio, e quindi unicamente da erogare, agli operatori del settore ittico, anche con particolare riguardo al caso di cui in premessa;

    c) introdurre nuove misure a tutela degli operatori del settore ittico, le cui criticità, imputabili al blocco dovuto all'emergenza epidemiologica da COVID-19, sono state aggravate dalla mancata erogazione di una liquidità per essi tanto necessaria quanto garantita.
(4-05694)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   DARA, LOCATELLI, LUCCHINI e MAGGIONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già con un precedente atto di sindacato ispettivo n. 3-01509 del primo firmatario del presente atto, gli interroganti richiamavano l'attenzione del Governo sull'opportunità di adottare iniziative per ampliare su scala nazionale il programma di sperimentazione che ha valutato l'efficacia della sieroterapia (anche detta «terapia con il plasma da convalescenza»), alla luce dei risultati positivi ottenuti presso il policlinico San Matteo di Pavia e l'ospedale Carlo Poma di Mantova;

   negli scorsi giorni, su indicazione del Ministero della salute, l'Agenzia italiana del farmaco e l'Istituto superiore di sanità si sono sbloccati e hanno deciso di proporre la sperimentazione in parola su tutto il territorio nazionale;

   secondo notizie stampa ci sarebbe l'idea di individuare l'azienda ospedaliera universitaria di Pisa quale capofila del protocollo di sperimentazione, assegnando agli ospedali di Mantova e Pavia un ruolo del tutto marginale nella medesima sperimentazione;

   la decisione in parola appare ingiusta e difficilmente comprensibile;

   come hanno rilevato diversi articoli di stampa, infatti, in uno studio clinico di tale portata, in cui i tempi sono un fattore dirimente, sarebbe stato opportuno dare la precedenza alle strutture che, sul fronte, si trovano in una fase più avanzata. Si poteva, quindi, far guidare lo studio al Policlinico San Matteo di Pavia, primo istituto a testare ed avviare un protocollo per la plasmo-terapia, ovvero all'Ospedale Carlo Poma di Mantova, dove a seguire la sperimentazione è il professor Giuseppe De Donno, direttore della pneumologia e terapia intensiva respiratoria –:

   se le notizie di stampa trovino conferma ovvero quali criteri siano seguiti per la scelta dell'azienda ospedaliera cui affidare la sperimentazione della cura con il plasma contro il coronavirus;

   quali siano i tempi, la metodologia, le caratteristiche e gli obiettivi prefissati della sperimentazione in corso.
(4-05693)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   ROTONDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come denunciato da una lettera aperta dei lavoratori dell'Azienda Novolegno di Avellino e come riportato da fonti di stampa, l'azienda ha rinunciato ad avvalersi della cassa integrazione appositamente prevista a seguito dell'emergenza COVID per i lavoratori dello stabilimento Arcella di Montefredane, mentre per i lavoratori del gruppo Fantoni dello stabilimento di Udine il ricorso agli strumenti di integrazione al reddito è stato regolarmente richiesto;

   tale decisione fortemente dannosa per i lavoratori dello stabilimento di Avellino, a quanto si apprende, sembrerebbe essere stata posta in essere come una ritorsione nei confronti dei medesimi lavoratori a seguito del loro rifiuto di sottoscrivere una dichiarazione preventiva volta ad escludere da parte loro ogni iniziativa finalizzata ad impugnare la procedura di licenziamento collettivo nei loro confronti;

   la condotta dell'azienda, a giudizio dell'interrogante, non solo è fortemente lesiva delle libertà sindacali dei più elementari diritti dei lavoratori, ma appare ancora più inaccettabile, perchè posta in essere in una situazione come quella attuale in cui gran parte del Paese e gli stessi lavoratori stanno subendo gli effetti fortemente negativi sull'economia prodotti dall'epidemia da COVID-19;

   la chiusura dello stabilimento Arcella di Montefredane comporterebbe il licenziamento di oltre 100 lavoratori e produrrebbe impatti sociali devastanti, aggravati ulteriormente dal particolare momento attuale, per il territorio –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di tutelare i lavoratori coinvolti nella vicenda di cui in premessa e tutelare adeguatamente l'economia del territorio irpino;

   se il gruppo Fantoni abbia ottenuto in passato finanziamenti pubblici da parte dello Stato e se la loro erogazione fosse vincolata alla permanenza in Irpinia dello stabilimento industriale.
(4-05703)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Di Giorgi e altri n. 7-00468, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: De Menech e Cenni.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Patrick George Zaky è uno studente egiziano che sta seguendo un master sugli studi di genere presso l'Università di Bologna e collabora, in Egitto, con una organizzazione per i diritti umani, la «Egypitian Iniziative for Personal Rights». Il 7 febbraio 2020, Zaky è stato arrestato senza apparenti motivi, all'arrivo al Cairo, dove era atterrato per una breve vacanza in famiglia;

   di lui si sono perse le tracce per quasi 24 ore, per poi apprendere che per lui erano stati disposti 15 giorni di detenzione, dopo aver subito un durissimo interrogatorio di oltre 30 ore, anche con torture. Zaky avrebbe chiesto di essere visitato da un medico legale per mettere agli atti le tracce delle torture. I suoi genitori riferiscono di minacce, colpi allo stomaco e alla schiena e scosse elettriche;

   da sabato 8 febbraio 2020 il giovane si trova in una camera di sicurezza del commissariato di polizia Mansoura-2, a 120 chilometri dal Cairo. Il periodo di 15 giorni di detenzione, che ufficialmente serve per permettere lo svolgimento delle indagini, può essere rinnovato più e più volte. Amnesty ha fatto sapere che alcune persone, con questo metodo, sono detenute in Egitto da oltre tre anni;

   quanto accaduto, anche alla luce dei tristi fatti legati al ricercatore Giulio Regeni, deve indurre immediatamente le istituzioni ad approfondire la vicenda e a pretendere chiarezza dal Governo egiziano. È inaccettabile, grave e intollerabile che un Governo agisca in questo modo e in palese violazione dei diritti umani;

   il nostro Paese avrebbe chiesto l'inserimento del caso all'interno del meccanismo di «monitoraggio processuale» coordinato dalla delegazione dell'Unione europea in loco che consente ai funzionari delle ambasciate dell'Unione europea di monitorare l'evoluzione del processo e presenziare alle udienze –:

   quali ulteriori iniziative di competenza si intendano assumere affinché lo studente Patrick George Zaky venga liberato e possa dunque ritornare in Italia per terminare gli studi presso l'Università di Bologna.
(4-04750)

  Risposta. — La detenzione e la vicenda giudiziaria del cittadino egiziano Patrick George Michel Zaky è seguita, dall'inizio, con la massima attenzione dalla Farnesina, in linea con la forte sensibilità delle istituzioni e dell'opinione pubblica italiane per le questioni inerenti alla tutela dei diritti umani in Egitto.
  Come indicato dall'interrogante, la nostra ambasciata al Cairo ha immediatamente provveduto a chiedere l'inserimento del caso nel meccanismo di monitoraggio processuale coordinato dalla delegazione dell'Unione europea. Nell'ambito del meccanismo di monitoraggio, un funzionario della nostra ambasciata e un rappresentante della delegazione UE hanno partecipato alla prima udienza davanti al procuratore del 15 febbraio, insieme a funzionari delle rappresentanze di Svezia, Canada e Usa. Il nostro funzionario, oltre a un rappresentante della delegazione UE, ha presenziato anche alla seconda udienza del 22 febbraio a Mansura e alla terza udienza del 7 marzo al Cairo.
  La nostra ambasciata al Cairo ha svolto, e continua a svolgere, una intensa attività di sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni egiziane.
  Oltre alle iniziative promosse in Egitto, l'Italia ha portato avanti l'azione anche a livello UE, tenuto conto che Zaky è beneficiario di una borsa di studio (Erasmus +) per un
master presso l'Università di Bologna.
  In quest'ottica, la Farnesina ha dato istruzioni alla nostra rappresentanza permanente a Bruxelles di portare il caso all'attenzione dell'UE e degli Stati membri, rappresentando la necessità di una partecipazione più profilata dei relativi funzionari alle udienze del processo, nonché di un'adesione più convinta al citato meccanismo europeo di monitoraggio processuale.
  Segnalo, infine, che la questione è stata sollevata anche a Roma, nel corso di consultazioni svoltesi presso questo Ministero il 25 febbraio 2020 con una delegazione egiziana guidata dall'
Assistant Foreign Minister per gli affari europei, Amb. Badr Abdel Atty.
  Il Governo continuerà la sua azione affinché i diritti fondamentali del giovane vengano pienamente tutelati, soprattutto con riferimento alle sue condizioni detentive e all'esigenza di assicurare un adeguato
iter processuale.
La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   BILLI, ZOFFILI, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale unitario dei brevetti (Tub), in via di definizione, avrà tre sedi principali a Monaco, Parigi e Londra e fungerà da istanza giurisdizionale competente in via esclusiva per le controversie in materia di brevetti europei; il Tub è stato istituito da un accordo stipulato tra 24 Paesi dell'Unione europea, pur non essendo un'istituzione della stessa;

   affinché l'accordo entri in vigore e si proceda alla reale definizione delle sedi del Tub era necessario aspettare che la Corte costituzionale tedesca si pronunciasse, perché il Parlamento non lo aveva ratificato con la prevista maggioranza dei due terzi;

   tale pronuncia, sfavorevole alla ratifica dell'accordo sul Tub, è giunta il 20 marzo 2020, ma il Ministro della giustizia tedesco, Christine Lambrecht, ha affermato, il 26 marzo 2020, che il Governo vuole portare comunque avanti il progetto il più velocemente possibile e che avrebbe comunque valutato attentamente la decisione della Corte suprema tedesca;

   il Regno Unito, dal canto suo, uscirà dall'accordo a causa della Brexit, come più volte dichiarato dalle autorità britanniche;

   il Gruppo parlamentare della Lega chiede da tempo che il Governo si adoperi affinché una sede sia assegnata all'Italia, sin dalla risoluzione in Commissione n. 7-01076 presentata nelle Commissioni III e X nella XVII legislatura, continuando con una serie di atti di indirizzo politico e di sindacato ispettivo degli interroganti, passando anche per la mozione n. 1-00157 Molinari approvata dall'Assemblea nell'aprile 2019;

   lo spostamento della sede di Londra è oggetto di contesa da parte di molti Paesi europei aderenti, anche perché l'indotto generato da questa sede nella città che la accoglierà è stimato in più di 100 milioni di euro all'anno –:

   se e quali iniziative, alla luce della situazione esposta in premessa, intenda adottare per assicurare che la sede attualmente prevista a Londra venga trasferita in Italia, in modo da cogliere questa importante opportunità di crescita per il nostro Paese, finita la drammatica emergenza del coronavirus, e in modo che l'Italia non debba perdere anche questa occasione, come già successo con l'Agenzia del farmaco, assegnata all'Olanda durante il mandato dei Governi di centro-sinistra.
(4-05176)

  Risposta. — Dopo il recesso del Regno Unito dall'Unione europea lo scorso 31 gennaio, è tornato d'attualità il tema della sorte della sede di Londra del Tribunale unificato dei brevetti (Tub), su cui circola da tempo la proposta di presentare una candidatura italiana. La questione presenta complessi risvolti giuridici e istituzionali.
  Secondo quanto stabilito dal suo accordo istitutivo, il Tub si articolerà in un Tribunale di primo grado e in una Corte d'appello. Mentre per quest'ultima è prevista un'unica sede, in Lussemburgo, il tribunale di primo grado si comporrebbe di una divisione centrale, a Parigi, con sezioni a Monaco di Baviera e Londra. È prevista inoltre per gli Stati parte la possibilità di istituire divisioni secondarie del tribunale di primo grado, con competenza geografica limitata al territorio nazionale («divisione locale») o estesa ad un gruppo di Paesi («divisione regionale»). In questo quadro, si ricorda che l'Italia si è già vincolata per ospitare a Milano una divisione locale del tribunale di primo grado, di cui sono già state predisposte le infrastrutture necessarie.
  Conviene ricordare in premessa che l'istituzione del Tub e la questione dello spostamento della sede londinese presentano una serie di differenze rispetto alle note questioni legate all'avvenuta ricollocazione della sede dell'Agenzia europea del farmaco (EMA).
  Pur essendo entrambi i trasferimenti motivati dall'uscita del Regno Unito dall'Unione, EMA costituisce un'agenzia completamente inserita nel quadro giuridico-istituzionale dell'Unione europea, già perfettamente funzionante al momento della sua ricollocazione. Il Tub, al contrario, costituisce l'oggetto di un trattato internazionale non ancora entrato in vigore, poi confluito in una cooperazione rafforzata, volto alla creazione
ex novo di un organismo avente competenze giurisdizionali specifiche esclusivamente nei confronti degli Stati parte di tale cooperazione rafforzata. Per questo motivo, ogni questione relativa alle sedi delle sezioni del Tribunale dev'essere logicamente affrontata successivamente al tema dell'entrata in vigore dell'Accordo internazionale che lo istituisce.
  A tale elemento si lega nuovamente e inevitabilmente il recesso del Regno Unito dall'Unione europea. Come infatti chiarito dalla Commissione europea, l'accordo sul Tub è aperto solo agli Stati membri dell'Unione europea e il sistema del brevetto unificato è parte dell'
acquis comunitario. Dunque il Regno Unito decadrà dall'intero sistema del brevetto unificato al termine del periodo transitorio, attualmente previsto scadere il 31 dicembre 2020, salva un'estensione dello stesso, al momento peraltro esclusa da Londra. Lo scorso marzo il governo britannico ha quindi reso noto di non voler più partecipare all'accordo sul Tub e di ritirarsi pertanto dai lavori del «PrepComm» (il comitato tecnico in cui sono rappresentati i 25 Stati firmatari dell'accordo Tub che sovrintende all'adozione delle misure preparatorie per l'entrata in funzione del tribunale).
  La questione del trasferimento della sede da Londra verso un'altra città europea resta tuttavia in ogni caso condizionata dall'entrata in vigore dell'accordo istitutivo del Tub, su cui è venuta a pesare da ultimo la sentenza pronunciata dalla Corte costituzionale federale tedesca lo scorso 20 marzo. La Corte – contrariamente alle attese – ha accolto per vizio procedurale di forma (l'atto non sarebbe stato approvato dalla maggioranza parlamentare dei 2/3 del Bundestag, necessaria per le modifiche della legge fondamentale tedesca) il ricorso presentato da un privato avverso la legge tedesca di ratifica dell'accordo Tub, stabilendone la nullità. Benché sussista, almeno a livello formale, la possibilità che il Bundestag ratifichi in futuro con le maggioranze richieste l'adesione tedesca al Tub (che, ai sensi dell'articolo 89 dell'accordo istitutivo, è necessaria per l'entrata in vigore dello stesso), la sentenza della Corte federale costituzionale ha inferto un duro colpo al procedimento di entrata in vigore dell'accordo. Una valutazione politica in tal senso da parte di Berlino appare altresì subordinata all'interesse a partecipare a un sistema brevettuale di cui il Regno Unito non sia più parte.
  Allo stato attuale, gli unici dati certi rimangono quindi l'uscita definitiva del Regno Unito dal Tub il 1° gennaio 2021 (salvo proroga del periodo transitorio, che come si è già detto è stata sin qui esclusa da parte britannica) e il protrarsi dell'incertezza circa l'entrata in vigore dell'accordo Tub, che viene a dipendere di fatto dalle determinazioni che il governo tedesco assumerà a seguito della pronuncia della Corte costituzionale federale.
  Tutto ciò va ovviamente tenuto in considerazione nel valutare la possibile candidatura di una città italiana ad ospitare la divisione centrale del tribunale di primo grado del Tub attualmente prevista a Londra. Prima della formalizzazione di tale candidatura occorre infatti che esista di fatto una possibilità di candidarsi e, perché ciò accada, è necessario anzitutto che l'accordo entri in vigore e che ne consegua la necessità di ricollocare la sede londinese a seguito della decadenza del Regno Unito dalla partecipazione al sistema del tribunale unificato dei brevetti alla fine del 2020.
  Tenendo conto di queste premesse indispensabili, nel momento in cui se ne verificassero le condizioni, il Governo si impegnerà ad assumere tutte le iniziative concrete affinché l'Italia possa partecipare al processo di assegnazione della nuova sede, con il fine di dimostrare l'effettiva capacità e credibilità della propria azione.
  Parte di questo sforzo dovrà essere l'individuazione di quella candidatura nazionale che, sulla base di criteri oggettivi, risulti la più idonea ad ottenere il trasferimento nel nostro Paese della sezione specializzata della divisione centrale del Tub ad oggi assegnata a Londra e in grado di far valere – nel processo competitivo tra i paesi aderenti al Tub che con ogni probabilità condurrà all'individuazione della nuova sede – il peso dell'Italia nel contesto brevettuale europeo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


   CASCIELLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 14 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, dirigenti e militanti del Partito Radicale, l'Osservatorio delle Camere penali italiane, diversi parlamentari, i garanti delle persone private della libertà hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019, i detenuti ristretti nelle carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello è decisamente ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   nella casa circondariale di Salerno i detenuti presenti alla visita del 14 agosto sono risultati essere 529 (504 alla precedente visita del 19 luglio), con un incremento della popolazione detentiva di 25 ristretti in poco più di 1 mese, ospitati in soltanto 366 posti regolamentari;

   i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 15/20 con turnazioni di 6 mesi, i tossicodipendenti e i casi psichiatrici sono moltissimi, di cui soltanto 4 ricoverati nell'articolazione psichiatrica interna al carcere che dispone appena di 5 posti letto;

   40/50 sono i detenuti in trattamento metadonico; i ristretti in attesa del primo giudizio sono 203; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 184 a fronte di una pianta organica che ne prevedrebbe 243, di questi però 43 destinati al nucleo traduzioni e quindi sottratti alla sorveglianza;

   si tratta di una struttura fatiscente risalente agli inizi degli anni ottanta con evidenti deficienze strutturali, pur a fronte di una recente ristrutturazione e messa a norma della sezione femminile (43 ristrette), della 2a sezione alta sicurezza (54 ristretti) e di quella dei semiliberi (17 ristretti), i rimanenti 411 (tranne ovviamente i due ricoverati al reparto detentivo del nosocomio cittadino) sono stipati e ammassati quali carne da macello;

   nella 1a sezione cosiddetta dei comuni, dove sono allocati tossicodipendenti, migranti, 2 disabili e tantissimi disabili psichiatrici, sono presenti le criticità maggiori; vi è concentrato il sovraffollamento dell'intero penitenziario, in 6/7 per ogni stanza in condizioni disumane, con muffa e umidità e impianto idrico con copiose perdite che non garantiscono sufficiente pressione per raggiungere docce e lavabi al terzo piano;

   da pochi mesi, grazie alla caparbietà della direttrice Rita Romano, si è riusciti a far finanziare dalla «Cassa delle ammende» un progetto di ristrutturazione e messa a norma dell'intera sezione, che risolverà, come per le altre sezioni, i problemi strutturali, ma purtroppo non potrà essere risolta la problematica del sovraffollamento oramai divenuta da tempo strutturale e sempre più fuori controllo, la cui matrice è, ovviamente, da ricercare oltre la cinta muraria della casa circondariale; l'assistenza sanitaria è spesso garantita soltanto da una eccellente guardia medica coadiuvata dall'amorevole personale paramedico e dal personale di custodia che più volte supplisce con tempestivi interventi salvavita anche notturni;

   è esigua la disponibilità di farmaci; visite specialistiche e interventi anche chirurgici sono procrastinati nel tempo, nonostante l'urgenza e la gravità delle patologie;

   sono pochissimi gli educatori e gli psicologi a fronte di una popolazione detentiva bisognosa di cure e inesorabilmente in crescita –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dette situazione descritta in premessa e quali iniziative intendano assumere affinché si ponga fine ai trattamenti disumani ai quali sono ogni giorno sottoposti i detenuti nelle carceri italiane e, in particolare in quelle salernitane nel rispetto dei princìpi statuiti dall'articolo 27, terzo comma della Costituzione;

   quali iniziative di competenza ritengano di adottare per garantire un adeguato livello di assistenza alla popolazione reclusa, fronteggiare la gravissima situazione sanitaria e tutelare la salute dei detenuti, considerato il così alto numero di pazienti psichiatrici e tossicodipendenti, assicurando il servizio sanitario h24 per far fronte alle gravi emergenze notturne.
(4-03764)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento agli esiti della visita presso il carcere di Salerno effettuata il 14 agosto scorso da dirigenti e militanti del partito radicale, dall'osservatorio delle Camere penali italiane e da diversi parlamentari e garanti delle persone private della libertà, da cui sarebbero emerse una serie di criticità quali il sovraffollamento della popolazione detenuta, la scopertura degli organici di polizia penitenziaria, la fatiscenza della struttura, la scarsa disponibilità di medicinali e l'esiguo numero di psicologi ed educatori, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere affinché si ponga fine ai trattamenti disumani dei detenuti e sia garantito il rispetto dell'articolo 27, comma 3, della Costituzione, quali iniziative si intendano adottare per garantire un adeguato livello di assistenza alla popolazione reclusa, fronteggiare la gravissima situazione sanitaria e tutelare la salute dei detenuti, considerato il così alto numero di pazienti psichiatrici e tossicodipendenti, assicurando il servizio sanitario h24 per far fronte alle gravi emergenze notturne.
  Preliminarmente si deve far rilevare che alla data del 2 dicembre 2019, presso l'istituto in esame risultano presenti un totale di 531 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 394 posti disponibili, rilevandosi, un indice percentuale di affollamento pari al 135,46 per cento, come tale lievemente superiore alla percentuale media nazionale che si attesta attorno al 128 per cento.
  Pur a fronte del richiamato sovraffollamento, va dato atto del pieno rispetto dei parametri previsti dalla C.e.d.u. atteso che 299 ristretti risultano avere a disposizione uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 232 detenuti risultano allocati in camere di pernottamento che garantiscono loro uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadrati.
  Per quanto riguarda il tasso di detenuti stranieri (69 rispetto ai 462 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i Paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in tempi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo coi paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico immigrazione) verso i paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli Uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Rientra fra gli intendimenti prioritari di questo Dicastero fronteggiare incisivamente il problema del sovraffollamento carcerario anche attraverso un serio e concreto rilancio dell'edilizia penitenziaria, puntando sia alla riqualificazione degli spazi esistenti, che all'incremento dei posti detentivi.
  Nel tracciare in questa sede un profilo delle più importanti linee di intervento, oltre a richiamare l'avvenuto completamento nel 2018, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei tre padiglioni detentivi da 200 posti ciascuno presso gli istituti penitenziari di Parma, Lecce e Trani, occorre dare atto dell'imminente ultimazione dei due padiglioni detentivi da 200 posti presso gli istituti penitenziari di Sulmona e Taranto e del nuovo padiglione in realizzazione presso la casa di reclusione di Milano «
Opera» per ulteriori 400 posti detentivi.
  Dei circa 3.500 posti attualmente risultanti inagibili, circa 1.000 sono già compresi nei procedimenti e negli interventi avviati con i finanziamenti del piano carceri e con la successiva rimodulazione deliberata dal comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria, curati dai competenti Provveditorati interregionali per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Sono in corso i procedimenti a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la ricerca dell'area del nuovo istituto penitenziario di Savona e la progettazione e realizzazione di nuove strutture detentive, nonché a cura della provincia autonoma di Bolzano, per il nuovo carcere della città, per un totale di circa 3.500 nuovi posti, che, sommati ai 51.500 sopracitati, porterebbero al raggiungimento di un realistico obiettivo di medio termine, entro il 2025, di circa 55.000 posti detentivi.
  Nel solco normativo tracciato dal cosiddetto decreto-legge Semplificazione (decreto-legge, 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12), si dovranno portare a compimento le riconversioni a uso penitenziario della ex Caserma «Battisti» di Bagnoli e della ex Caserma «Bixio» di Casale Monferrato, mentre è imminente il conferimento all'Amministrazione penitenziaria della Caserma «Barbetti» di Grosseto e sono in corso gli studi di fattibilità per la riconversione della Caserma «Capozzi» di Bari.
  Con specifico riferimento alla dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, va evidenziato che le maggiori scoperture si registrano nel ruolo dei Sovrintendenti e che le stesse, quanto meno dal punto di vista numerico, sono compensate dagli esuberi nel ruolo degli agenti/assistenti.
  In ogni caso, anche nell'ottica di un riequilibrio funzionale, va ricordato che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo sia maschile che femminile del Corpo, al termine del corso di formazione in atto, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore e a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1.300 allievi agenti del corpo di polizia penitenziaria – ai sensi dell'articolo n. 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio 2019) — anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della casa circondariale di Salerno che, comunque, giova ricordare, lo scorso mese di luglio ha già usufruito di un incremento di 5 unità.
  Relativamente all'area trattamentale, si registra allo stato una scopertura di due unità, in quanto risultano effettivamente in servizio 6 delle 8 previste in pianta organica.
  Il problema è, almeno in parte, in via di risoluzione grazie alla prossima definizione dell'interpello straordinario nazionale che ha previsto l'integrazione di una unità appartenente al profilo di funzionario giuridico pedagogico.
  Tale situazione, comunque, potrà essere agevolmente fronteggiata anche grazie alla procedura concorsuale per 50 posti relativi al profilo professionale di funzionario della professionalità giuridico-pedagogica, autorizzata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale 29 agosto 2019, n. 204.
  Dal punto di vista strutturale, nella casa circondariale «A. Caputo» di Salerno, allo stato, sono stati implementati tutti gli interventi possibili per migliorare le condizioni di vita interna alle sezioni e assicurare adeguati livelli di sicurezza intramuraria, sia in considerazione delle risorse disponibili sia delle esigenze degli altri istituti penitenziari del distretto.
  Non si riscontrano particolari criticità neppure con riferimento all'offerta sanitaria.
  I medici di continuità assistenziale sono presenti nell'arco delle 24 ore, sette giorni su sette, con una turnazione che prevede la presenza di tre medici al mattino, due nel pomeriggio e uno di notte.
  Gli infermieri, anch'essi presenti h 24, per l'intera settimana, hanno una turnazione che prevede la presenza di 5 infermieri al mattino, 4 nel pomeriggio e 2 di notte.
  Il monte ore mensili previsto per gli esperti
ex articolo n. 80 dell'ordinamento penitenziario è pari a 126 ore, suddivise tra tre professionisti.
  La casa circondariale di Salerno dispone, altresì, di un reparto A.t.m.s. (Articolazione per la tutela della salute mentale) dotato di 8 posti letto e viene garantita la presenza giornaliera feriale di 2 psichiatri e 3 psicologi.
  Sono garantite, altresì, così come previste dal Piano sanitario regionale di assistenza penitenziaria (D.g.r.c. n. 716/2017) visite specialistiche nelle branche della cardiologica, della dermosifilopatica, della medicina fisica e riabilitazione, dell'oculistica, dell'odontostomatologica, dell'ortopedica, dell'ostetrica e ginecologica, dell'otorinolaringoiatrica e dell'infettivologica.
  Eventuali ulteriori prestazioni specialistiche o esami strumentali sono effettuati nei poliambulatori distrettuali o nei presidi ospedalieri viciniori. Gli interventi chirurgici sono effettuati presso l'azienda ospedaliera universitaria di Salerno.
  Viene effettuato su tutti i detenuti lo
screening per l'HCV e, a coloro che risultano positivi, viene somministrata terapia eradicante.
  Allo stato, l'istituto penitenziario di Salerno, insieme a quelli di Eboli e Vallo della Lucania, è una struttura HCV
free.
  Viene garantita copertura vaccinale e si attua il programma di prevenzione per le patologie neoplastiche.
  In termini più generali, va detto che il potenziamento complessivo dell'assistenza sanitaria in contesto penitenziario, entro i limiti delle proprie competenze, riveste uno specifico rilievo nell'ambito delle linee programmatiche di questo Dicastero.
  Con specifico riferimento al segnalato incremento di problematiche di natura psicologica e psichiatrica in contesto carcerario, va dato atto che sono in corso progetti per incrementare o istituire nuove sezioni delle A.t.s.m. (articolazioni per la tutela della salute mentale) presso varie strutture carcerarie del territorio.
  Inoltre, si fa presente che è intendimento di questa amministrazione continuare a sviluppare la progettualità appena descritta, nonché proporre la riattivazione dei lavori del tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, per condividere con il Ministero della salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo di implementare l'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari, rendere omogenei i criteri di ammissione dei detenuti nelle A.t.s.m. e uniformare l'assistenza sul territorio nazionale.
  Proprio grazie alla necessaria sinergia con il servizio sanitario e con le regioni, si persegue l'obiettivo di ampliare e migliorare il servizio anche attraverso informazioni complete sullo stato di salute dei detenuti, un accesso veloce alle prestazioni sanitarie, un incremento dei reparti di medicina protetta
ex articolo 7 del decreto-legge n. 187 del 1993 ed un rafforzamento del Piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere.
  A tal riguardo, per i profili di sua competenza, il Ministero della salute ha evidenziato che sono in corso i lavori del tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 e del comitato paritetico per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. In particolare, il suddetto Dicastero, ha rappresentato che il 15 gennaio 2019 si è svolta l'ultima riunione plenaria che ha tracciato un
focus sulle principali attività da sviluppare, individuandole nella revisione degli accordi conferenza Stato-regioni e unificata, nel monitoraggio dei cambiamenti del settore e nella ripresa di un governo strategico della problematica gestione delle Rems che, giova ricordare, esulano dalla sfera di competenza di questo Dicastero, ai sensi del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
  Tali propositi si innestano a pieno titolo nel più ampio alveo delle coordinate operative che puntano ad un innalzamento complessivo della qualità della vita detentiva focalizzando particolare attenzione alla valorizzazione dei rapporti familiari e della genitorialità ed al miglioramento dell'offerta trattamentale, con specifico riguardo sia alle attività didattiche, che alle iniziative in campo lavorativo.
  Sotto il primo aspetto assumono particolare rilievo l'adozione di iniziative tese, fra l'altro, ad agevolare i colloqui dei detenuti con i familiari sia favorendone la prenotazione
on line sia soprattutto, a seguito dell'adozione della circolare del 30 gennaio u.s., attraverso l'impiego dell'applicativo Skype for business per i videocolloqui.
  Attualmente già in 122 istituti di reclusione su 190 risulta attivo e funzionante il sistema
Skype – con il 64 per cento di copertura – così come in 12 su 17 tra Icam e asili nido – per una percentuale pari al 75 per cento.
  In parallelo è intendimento di questo Dicastero curare un
restyling logistico-strutturale attraverso l'allestimento e il miglioramento di spazi di accoglienza, animazione e supporto psicologico nelle strutture già esistenti.
  Sul piano trattamentale, occorre evidenziare che l'offerta didattica verrà potenziata e modernizzata sia grazie all'imminente rinnovo del protocollo d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lungo un solco già tracciato dalla recente stipula, lo scorso 11 settembre, del protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale poli universitari (CNUPP) che prelude all'elaborazione di linee guida attraverso cui armonizzare i moduli di collaborazione fra atenei e mondo penitenziario, sia attraverso l'impiego del
web per sostenere gli esami a distanza ed espletare gli adempimenti burocratici funzionali e propedeutici.
  Ulteriore stimolo verrà impresso alle iniziative a carattere lavorativo, proseguendo nella diffusione del
format «Mi riscatto per...» ed estendendo la rete di contatti con il mondo imprenditoriale e delle cooperative così da ricreare, in contesto penitenziario, condizioni quanto più analoghe possibile al mercato del lavoro esterno e preparare al meglio i detenuti al re-ingresso nel tessuto produttivo all'atto della loro remissione in libertà.
  Il 14 ottobre scorso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha istituito un'innovativa articolazione centrale (denominata «Mi riscatto per il futuro») con il compito principale di agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro in contesto detentivo, tra l'altro attraverso la costituzione ed implementazione di una banca dati costantemente aggiornata con le informazioni relative al profilo lavorativo-attitudinale dei soggetti ristretti così da incrementare sensibilmente le attività trattamentali a base lavorativa, favorendo per tale via il re-inserimento sociale.
  È fermo intendimento di questo Ministero valorizzare ed implementare in maniera significativa la funzionalità di tale struttura così da innalzare sensibilmente la percentuale dei detenuti lavoranti, che attualmente si attesta su una percentuale del 28 per cento, passando attraverso un radicale rinnovamento dell'impostazione di sistema del lavoro penitenziario.
  Per tale via si potrà favorire la capillare diffusione di laboratori e progettualità negli istituti di tutto il territorio e la realizzazione di cicli produttivi in cui coinvolgere stabilmente la popolazione detentiva così da assicurarle percorsi formativi e professionali qualificanti, agevolmente spendibili nei vari rami produttivi del mondo del lavoro, in tal modo facilitando sensibilmente il percorso di recupero e reinserimento sociale.
  È del tutto ragionevole ritenere che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva in maniera trasversale su tutti gli istituti penitenziari tra cui, evidentemente, anche quello di Salerno.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CASSINELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, tra dirigenti e militanti del Partito Radicale insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019 i detenuti ristretti nelle nostre carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   la delegazione che ha visitato il carcere di Marassi il 16 agosto 2019 era composta dall'interrogante e Roberto Bagnasco, deputati di Forza Italia; Claudio Muzio, consigliere regionale di Forza Italia; Avv. Deborah Cianfanelli, consiglio generale del Partito Radicale, Camera penale La Spezia; Stefano Petrella, Partito Radicale; Enrico Aurelio Bruzzone, Partito Radicale; Avv. Fabio Barbieri, Walter Bertanzetti, Partito Radicale; Antonella Carrosio, Partito Radicale; Ruggero Navarra, direttivo della Camera penale regionale Ligure; Ilaria Torri, Camera penale regionale Ligure;

   nel carcere di Genova Marassi i detenuti presenti sono 766, di cui 423 stranieri, ristretti nei n. 525 posti regolamentari; i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 19; i detenuti lavoranti per conto di imprese cooperative sono 15; i detenuti semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni sono 15; i tossicodipendenti e i casi psichiatrici sono moltissimi; i tossicodipendenti sono 247, di cui 82 sono in trattamento metadonico; i detenuti sieropositivi 17 ed i detenuti con patologie di tipo psichiatrico sono 2 disabili e 1 ASM; i detenuti con pena definitiva sono 401, mentre quelli in attesa di giudizio sono 257 dei quali: 138 imputati, 73 appellanti e 46 ricorrenti; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 314 a fronte di una pianta organica che ne prevedrebbe 400 ed assegnati 351 –:

   quali iniziative intenda il Governo assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione; quali iniziative di competenza intenda il Governo assumere per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti, considerata la presenza di un così alto numero di casi psichiatrici e di tossicodipendenti; quali iniziative intenda il Governo assumere in relazione all'esigenza di funzionamento di un servizio sanitario carcerario h24, attivo anche per far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
(4-03684)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento agli esiti della visita presso il carcere di Genova «Marassi» effettuata il 16 agosto 2019 da una delegazione di dirigenti e militanti del Partito radicale insieme all'osservatorio delle camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, da cui sono emerse una serie di criticità relative, in particolare, al sovraffollamento della popolazione detenuta ed alle scoperture dell'organico di Polizia penitenziaria ivi in servizio, chiede di sapere quali iniziative intenda il Governo assumere affinché sia garantito il rispetto dell'articolo 27 della Costituzione, quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché sia garantito il diritto alla salute dei detenuti, tenuto conto della presenza di numerosi casi psichiatrici e di tossicodipendenza, quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla necessità di garantire il funzionamento di un servizio sanitario carcerario h24, attivo anche per far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne.
  Per quanto attiene alle presenze detentive, va detto che alla data del 19 novembre 2019, presso la Casa circondariale di Genova «Marassi» sono presenti 752 detenuti, per una percentuale di affollamento che si attesta sul 143,24 per cento come tale superiore alla media nazionale che oscilla attorno al 128 per cento.
  Pur a fronte di tale sovraffollamento, va dato conto, innanzitutto, del pieno rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla CEDU, in quanto 83 detenuti risultano allocati in uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadri, mentre i restanti 659 ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadri.
  Per quanto riguarda il numero particolarmente elevato di detenuti stranieri (416 rispetto ai 336 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i Paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo dicastero sviluppare e condurre in porto in temi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16 comma 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo Unico Immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Rientra fra gli intendimenti prioritari di questo dicastero fronteggiare incisivamente il problema del sovraffollamento carcerario anche attraverso un serio e concreto rilancio dell'edilizia penitenziaria, puntando sia alla riqualificazione degli spazi esistenti, che all'incremento dei posti detentivi.
  Nel tracciare in questa sede un profilo delle più importanti linee di intervento, oltre a richiamare l'avvenuto completamento nel 2018, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei tre padiglioni detentivi da 200 posti ciascuno presso gli istituti penitenziari di Parma, Lecce e Trani, occorre dare atto dell'imminente ultimazione dei due padiglioni detentivi da 200 posti presso gli istituti penitenziari di Sulmona e Taranto e del nuovo padiglione in realizzazione presso la casa di reclusione di Milano «Opera» per ulteriori n. 400 posti detentivi.
  Dei circa 3.500 posti attualmente risultanti inagibili, circa 1.000 sono già compresi nei procedimenti e negli interventi avviati con i finanziamenti del piano carceri e con la successiva rimodulazione deliberata dal comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria, curati dai competenti provveditorati interregionali per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Sono in corso i procedimenti a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la ricerca dell'area del nuovo istituto penitenziario di Savona e la progettazione e realizzazione di nuove strutture detentive, nonché a cura della provincia autonoma di Bolzano, per il nuovo carcere della città, per un totale di circa 3.500 nuovi posti, che, sommati ai 51.500 sopracitati, porterebbero al raggiungimento di un realistico obiettivo di medio termine, entro il 2025, di circa 55.000 posti detentivi.
  Nel solco normativo tracciato dal cosiddetto decreto-legge Semplificazione (decreto-legge, 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12), si dovranno portare a compimento le riconversioni a uso penitenziario della ex Caserma «Battisti» di Bagnoli e della ex caserma «Bixio» di Casale Monferrato, mentre è imminente il conferimento all'amministrazione penitenziaria della caserma «Barbetti» di Grosseto e sono in corso gli studi di fattibilità per la riconversione della caserma «Capozzi» di Bari.
  Quanto alla dotazione organica della Polizia penitenziaria, presso l'istituto in parola, le principali scoperture si registrano nel ruolo dei sovrintendenti, numericamente compensate dagli esuberi nel ruolo degli agenti/assistenti.
  In ogni caso, al fine di un riequilibrio anche sul piano funzionale, con riferimento alla carenza dei sovrintendenti, va ricordato in questa sede che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria – ai sensi dell'articolo 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) – anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di Polizia penitenziaria e di 150 unità del comparto funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della casa circondariale di Genova «Marassi» che, comunque, va ricordato, già lo scorso mese di luglio ha fruito di un incremento di 6 unità.
  Da ultimo, per quanto attiene all'assistenza sanitaria in favore dei detenuti, si rileva innanzitutto che presso la struttura in argomento è in funzione un servizio di guardia medica continuativo nell'arco delle 24 ore.
  In termini più generali, occorre sottolineare che il potenziamento complessivo dell'assistenza sanitaria in contesto penitenziario, entro i limiti delle proprie competenze, riveste uno specifico rilievo nell'ambito delle linee programmatiche di questo Dicastero. Con specifico riguardo al segnalato incremento di problematiche di natura psicologica e psichiatrica in contesto carcerario, va dato atto che sono in corso progetti per incrementare o istituire nuove sezioni delle A.T.S.M. (articolazioni per la tutela della salute mentale) presso varie strutture carcerarie del territorio.
  Inoltre, si fa presente che è intendimento di questa Amministrazione continuare a sviluppare la progettualità appena descritta, nonché proporre la riattivazione dei lavori del tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, per condividere con il Ministero della salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo di implementare l'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari, rendere omogenei i criteri di ammissione dei detenuti nelle A.T.S.M. e uniformare l'assistenza sul territorio nazionale.
  Proprio grazie alla necessaria sinergia con il servizio sanitario e con le regioni, si persegue l'obiettivo di ampliare e migliorare il servizio anche attraverso informazioni complete sullo stato di salute dei detenuti, un accesso veloce alle prestazioni sanitarie, un incremento dei reparti di medicina protetta
ex articolo 7 del decreto-legge n. 187 del 1993 ed un rafforzamento del piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere.
  A tal riguardo, per i profili di sua competenza, il Ministero della salute ha evidenziato che sono in corso i lavori del tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 e del comitato paritetico per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. In particolare, il suddetto Dicastero, ha rappresentato che il 15 gennaio 2019 si è svolta l'ultima riunione plenaria che ha tracciato un
focus sulle principali da sviluppare, individuandole nella revisione degli accordi Conferenza Stato-regioni e unificata, nel monitoraggio dei cambiamenti del settore e nella ripresa di un governo strategico della problematica gestione delle REMS che, giova ricordare, esulano dalla sfera di competenza di questo Dicastero, ai sensi del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
  Tali propositi si innestano a pieno titolo nel più ampio alveo delle coordinate operative che puntano ad un innalzamento complessivo della qualità della vita detentiva focalizzando particolare attenzione alla valorizzazione dei rapporti familiari e della genitorialità ed al miglioramento dell'offerta trattamentale, con specifico riguardo sia alle attività didattiche, che alle iniziative in campo lavorativo.
  Sotto il primo aspetto assumono particolare rilievo l'adozione di iniziative tese, fra l'altro, ad agevolare i colloqui dei detenuti con i familiari sia favorendone la prenotazione
on line sia soprattutto, a seguito dell'adozione della circolare del 30 gennaio 2020, attraverso l'impiego dell'applicativo Skype for business per i videocolloqui.
  Attualmente già in 122 istituti di reclusione su 190 risulta attivo e funzionante il sistema
Skype – con il 64 per cento di copertura – così come in 12 su 17 tra ICAM e asili nido – per una percentuale pari al 75 per cento.
  In parallelo è intendimento di questo Dicastero curare un
restyling logistico-strutturale attraverso l'allestimento e il miglioramento di spazi di accoglienza, animazione e supporto psicologico nelle strutture già esistenti.
  Sul piano trattamentale, occorre evidenziare che l'offerta didattica verrà potenziata e modernizzata sia grazie all'imminente rinnovo del protocollo d'intesa con il Miur, lungo un solco già tracciato dalla recente stipula, lo scorso 11 settembre, del protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale poli universitari (CNUPP) che prelude all'elaborazione di linee guida attraverso cui armonizzare i moduli di collaborazione fra atenei e mondo penitenziario, sia attraverso l'impiego del
web per sostenere gli esami a distanza ed espletare gli adempimenti burocratici funzionali e propedeutici.
  Ulteriore stimolo verrà impresso alle iniziative a carattere lavorativo, proseguendo nella diffusione del
format «Mi riscatto per...» ed estendendo la rete di contatti con il mondo imprenditoriale e delle cooperative così da ricreare, in contesto penitenziario, condizioni quanto più analoghe possibile al mercato del lavoro esterno e preparare al meglio i detenuti al re-ingresso nel tessuto produttivo all'atto della loro remissione in libertà.
  Il 14 ottobre 2019 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha istituito un'innovativa articolazione centrale (denominata «
Mi riscatto per il futuro») con il compito principale di agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro in contesto detentivo, tra l'altro attraverso la costituzione ed implementazione di una banca dati costantemente aggiornata con le informazioni relative al profilo lavorativo-attitudinale dei soggetti ristretti così da incrementare sensibilmente le attività trattamentali a base lavorativa, favorendo per tale via il re-inserimento sociale.
  È fermo intendimento di questo Ministero valorizzare ed implementare in maniera significativa la funzionalità di tale struttura così da innalzare sensibilmente la percentuale dei detenuti lavoranti, che attualmente si attesta su una percentuale del 28 per cento, passando attraverso un radicale rinnovamento dell'impostazione di sistema del lavoro penitenziario.
  Per tale via si potrà favorire la capillare diffusione di laboratori e progettualità negli istituti di tutto il territorio e la realizzazione di cicli produttivi in cui coinvolgere stabilmente la popolazione detentiva così da assicurarle percorsi formativi e professionali qualificanti, agevolmente spendibili nei vari rami produttivi del mondo del lavoro, in tal modo facilitando sensibilmente il percorso di recupero e reinserimento sociale.
  È del tutto ragionevole ritenere, in conclusione, che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva in maniera trasversale su tutti gli istituti penitenziari tra cui, evidentemente, anche quello di Genova «Marassi».

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CECCHETTI e BONIARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2019, nel carcere di Bollate (Milano), considerato una eccellenza nella detenzione, durante un'accurata perquisizione delle sezioni detentive, in una cella sono stati rinvenuti coltelli, lame e cellulari e diverso materiale pericoloso non consentito;

   nel carcere in questione sono detenuti personaggi molto noti alla cronaca quali Rosa Bazzi e Massimo Bossetti;

   la notizia della perquisizione è stata comunicata dal Segretario regionale per la Lombardia del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe: «Ieri sera i nostri Agenti, nel corso di una perquisizione straordinaria all'interno del carcere di Bollate occupata da soli detenuti stranieri, hanno rinvenuto e sequestrato materiale pericoloso di cui, ovviamente, non è consentito il possesso. Parliamo di un telefono cellulare, lame affilate, un punteruolo, un cacciavite. Ma quel che più è significativo è il sequestro di più di 50 buste di tabacco che probabilmente venivano utilizzate per traffici illeciti.»;

   sulla questione relativa all'utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado la polizia penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo;

   una comunicazione ministeriale risalente a maggio 2019 dava notizia che «il Servizio Telecomunicazioni del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria aveva ultimato la consegna degli apparati inibitori di comunicazioni cellulari a tutti i Provveditorati» e che «a breve si sarebbe dovuta dare l'adeguata e pertinente formazione del personale individuato per l'utilizzo e il funzionamento di tali apparecchiature». Non risulta, ad oggi, che tali apparecchi siano stati dati in uso alla polizia penitenziaria di Bollate;

   come richiesto anche dal Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria, occorre segnare con forza un netto «cambio di passo» nelle attività di contrasto all'indebito possesso ed uso di telefoni cellulari e droga in carcere «a tutela di coloro che in prima linea delle sezioni detentive del carcere di Bollate rappresentano lo Stato, ossia gli appartenenti alla polizia penitenziaria» –:

   se il Ministro interrogato non reputi necessaria ed indifferibile l'adozione di concrete iniziative a tutela della sicurezza della polizia penitenziaria, nonché interventi, anche di carattere normativo, per contrastare il dilagante quanto indebito uso di telefoni cellulari o altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani, nonché il possesso di materiale pericoloso non consentito, come appunto lame e coltelli.
(4-03916)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, nel fare riferimento agli esiti di una perquisizione effettuata il 22 ottobre scorso presso il carcere di Bollate, in esito alla quale vennero rinvenuti coltelli, lame e cellulari, ponendo in particolare la questione relativa all'illecito ingresso e utilizzo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica all'interno delle strutture detentive, chiede di sapere se il Ministro della giustizia non reputi necessaria ed indifferibile l'adozione di concrete iniziative a tutela della sicurezza della polizia penitenziaria, nonché interventi anche di carattere normativo per contrastare il fenomeno del possesso di materiale illecito, ed in particolare di telefonini da parte della popolazione detenuta.
  L'emergente ed allarmante fenomeno dell'ingresso illecito, all'interno delle strutture penitenziarie, di micro-cellulari che consentono ai detenuti di comunicare indebitamente con l'esterno è alla costante attenzione di questo Ministero, che sta mettendo in campo ogni utile iniziativa a fronteggiarlo incisivamente.
  A tal fine, sono stati da poco distribuiti 40
jammer, mentre 40 metal detector, 90 apparecchiature a raggi x e 65 rilevatori portatili di cellulari, tutti recentemente acquistati, sono in corso di installazione ed altri 200 rilevatori sono in fase di acquisto.
  Il provveditorato per la Lombardia ha attualmente a disposizione 3 inibitori, ed è in programma, entro la fine del corrente mese di dicembre, la dotazione di altri rilevatori, in particolare di 23 rilevatori manuali e di 8
cell detector.
  È inoltre allo studio l'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare nella progettazione e nel finanziamento di impianti perimetrali esterni ed impianti interni di videosorveglianza ed allarme.
  L'innalzamento del livello di sicurezza negli istituti penitenziari a favore di chi vi lavora quotidianamente, oltre che dei detenuti stessi, costituisce uno degli obiettivi prioritari di questo Dicastero.
  In punto di diritto occorre innanzitutto precisare che gli operatori penitenziari già godono dello stringente sistema di tutela apprestato, in via generale, in favore dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio rispetto a condotte criminose di cui siano vittime nell'atto o a causa dello svolgimento del servizio.
  Ed invero, oltre all'aggravante a effetto comune, prevista dall'articolo 61 n. 10 codice penale, che comporta l'aumento fino a un terzo della pena per qualunque reato commesso in loro danno, con specifico riferimento a condotte di aggressione fisica, trova applicazione l'aggravante a effetto speciale di cui all'articolo 576, comma 1, n. 5-
bis codice penale che determina l'ergastolo, in caso di omicidio, e l'aumento della pena da un terzo alla metà, in caso di lesioni.
  Per quanto qui rileva, va altresì rimarcato che con cosiddetto decreto sicurezza
bis (decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77), al fine di innalzare ulteriormente il livello di tutela penale per gli operatori di pubblica sicurezza, è stata esclusa l'applicabilità dell'esimente della particolare tenuità prevista dall'articolo 131-bis del codice penale proprio rispetto ai reati di violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (articoli 336, 337, 341-bis codice penale).
  L'attuale assetto ordinamentale, per altro, già fornisce una copertura normativa di tipo penale anche rispetto a condotte di introduzione illecita di cellulari o comunque di dispositivi elettronici di comunicazione attraverso l'articolo 391-
bis codice penale, che sanziona con la reclusione da uno a quattro anni chiunque consente a un detenuto in regime di 41-bis di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni a cui è tenuto, pena elevata in caso la condotta sia commessa da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.
  Resta ferma, in ogni caso, l'apertura di questo Ministero alla valutazione di ogni altra ipotetica prospettiva di ulteriore rafforzamento della tutela degli operatori penitenziari e potenziamento delle condizioni generali di sicurezza in contesto detentivo, oltre che sul versante normativo, anche su quello organizzativo e strumentale.
  Proprio in questa direzione, del resto, lo scorso mese di aprile è stato istituito un gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il compito di individuare nuovi modelli organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
  Gli esiti dei lavori sono attualmente oggetto di un'approfondita attività di analisi funzionale all'adozione di soluzioni utili ad incrementare il livello di sicurezza nelle carceri.
  Tale obiettivo viene perseguito anche riservando particolare attenzione agli strumenti a disposizione del personale di polizia penitenziaria.
  A tal fine sono state avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi e maschere facciali.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che la caserma dei carabinieri della frazione Licola, nel comune di Pozzuoli (NA), sarebbe chiusa da oltre 2 anni (e, precisamente, da agosto 2017) perché bisognosa di importanti lavori di ristrutturazione;

   tuttavia, ad oggi, gli interventi non sarebbero stati ancora completati e il personale militare sarebbe ospite nella caserma di Monterusciello;

   la situazione avrebbe suscitato fin da subito le proteste dei residenti i quali avrebbero preso parte a numerose manifestazioni svoltesi anche proprio in via dei Platani, dinanzi alla stazione oramai vuota a Licola, al fine di richiederne la riapertura;

   fonti giornalistiche confermerebbero che, per gli abitanti della zona, la presenza dei militari nella caserma sarebbe essenziale per assicurare la sicurezza, l'ordine pubblico e la legalità della zona, quest'ultima da sempre ritenuta poco sicura, in quanto molto spesso teatro di episodi di microcriminalità;

   a parere dell'interrogante, la riapertura della caserma di Licola sarebbe di fondamentale importanza per i cittadini, costituendo la stessa una struttura istituzionale di estrema rilevanza e grazie alla quale tutti i residenti della zona si sentivano sicuri ed oltremodo tranquilli. Situazione radicalmente mutata in questi due anni: la cittadinanza, infatti, lamenterebbe un peggioramento, uno stato di grave degrado, che va dallo spaccio di droga agli episodi di violenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per garantire la riapertura della caserma dei carabinieri di Licola, la cui assenza costituirebbe grave nocumento alla legalità.
(4-03911)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede se il Ministro dell'interno sia a conoscenza della chiusura della caserma dei carabinieri di Licola, nel comune di Pozzuoli e quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per garantire la riapertura della stessa.
  La caserma in questione, a seguito di un sopralluogo effettuato dal provveditorato interregionale per le opere pubbliche, richiesto dal comando provinciale dei carabinieri, ha evidenziato alcune gravi criticità infrastrutturali, in relazione alle quali si è resa necessaria la temporanea chiusura.
  Infatti, i vigili del fuoco, intervenuti per le necessarie verifiche, hanno interdetto l'accesso alle aree situate al piano terra e al primo piano, più direttamente interessate dalle lesioni.
  Nell'aprile 2017, il provveditorato ha pertanto proceduto all'affidamento degli interventi necessari all'immediata messa in sicurezza delle strutture, nonché alla demolizione dei locali al primo piano che, in relazione alla pericolosità derivante dal loro precario stato di conservazione, non potevano essere recuperati in alcun modo.
  Lo stesso provveditorato, inoltre, ha affidato a professionisti esterni esperti in materia, la verifica relativa allo stato di vulnerabilità sismica dell'edificio.
  Per queste ragioni, in attesa dell'esecuzione dei lavori programmati, si è provveduto a individuare un edificio alternativo per assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali, nella citata caserma della stazione carabinieri di Monterusciello, che per dimensioni e caratteristiche consente di ospitare uffici, mezzi e personale.
  Si evidenzia, altresì, che la caserma sede della stazione Carabinieri di Licola è stata selezionata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito dell'attuazione del cosiddetto «Piano Casa», su richiesta dell'Arma, per l'adeguamento sismico, con i fondi stanziati nel corso del 2019.
  Come riferito dal comando provinciale carabinieri di Napoli, nella sede del predetto dicastero si è svolta, nello mese di luglio 2019, una riunione con i referenti del competente dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  In tale occasione si è stabilito che il provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Campania e il Molise, predisponga il progetto di fattibilità tecnico-economica che, allo stato, è in fase di approvazione da parte del predetto ente.
  Il provveditorato alle opere pubbliche procederà a bandire la gara d'appalto, presumibilmente nei primi mesi del corrente anno.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Matteo Mauri.


   COMENCINI, FORMENTINI, ZOFFILI, RIBOLLA, BILLI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA e PICCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Etiopia è un Paese nel quale ormai vivono fianco a fianco differenti confessioni, essendo compresenti diverse denominazioni cristiane e musulmane;

   suscitano preoccupazioni crescenti le condizioni in cui in Etiopia la locale comunità cristiana celebra il proprio culto e le sue ricorrenze;

   si ha notizia da varie fonti di gravi violenze contro persone e cose;

   la rivista on line Africa ha pubblicato il 1° ottobre 2019 un reportage dedicato al fenomeno, nel quale si cita una fonte della diaspora americano-etiope secondo la quale dal luglio 2018 all'ottobre 2019 sarebbero state non meno di trenta le chiese ortodosse etiopiche date alle fiamme. Numerosi, altresì, i sacerdoti e laici uccisi o comunque sfollati;

   in seguito all'aumento delle violenze, si sono svolte nelle città della regione di Amhara dimostrazioni popolari volte a chiedere al Governo federale etiopico misure di protezione adeguate a tutelare i luoghi di culto cristiani e la sicurezza dei fedeli;

   un problema ulteriore è il sovrapporsi del problema interconfessionale sopradescritto alla rivalità politica che in Etiopia oppone gli amhara cristiani agli oromo, invece più vicini alla tradizione musulmana e animista;

   ulteriori violenze si sono registrate in seguito all'assegnazione del premio Nobel per la pace ad Abiy Ahmed, premier etiope di etnia omoro, riformista, insignito dell'ambìto riconoscimento in ragione del ruolo svolto nella soluzione del conflitto tra l'Etiopia e l'Eritrea;

   ad Abiy Ahmed si sta opponendo un suo ex alleato, Jawar Mohammed, anch'egli omoro, ritenuto da molti osservatori l'ispiratore di una nuova ondata di violenza, che sarebbe costata tra la fine di ottobre e le prime settimane di novembre 2019 la vita ad un'ottantina di persone –:

   quali siano le effettive condizioni di sicurezza in cui si trova l'Etiopia;

   quale sia il livello di rischio cui sono esposti i cristiani in Etiopia in ragione del loro credo e del loro coinvolgimento in aspre rivalità politiche che hanno anche una base etnica;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire l'attenuazione delle tensioni e comunque promuovere una più efficace protezione delle comunità cristiane esposte alle violenze.
(4-04242)

  Risposta. — Vorrei innanzitutto premettere che, in linea generale, la tutela e la promozione della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche e religiose rappresentano priorità della politica estera italiana in ambito multilaterale, nei rapporti bilaterali con i paesi terzi e nei programmi della cooperazione allo sviluppo e figurano tra i temi prioritari del mandato triennale dell'Italia in Consiglio diritti umani ONU (2019-2021).
  In tale quadro, nonché in linea con la priorità tradizionalmente accordata dalla politica estera italiana al Corno d'Africa, si inserisce l'attenzione costante con la quale il Governo, e nello specifico il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, seguono l'evolversi della situazione etiope. Come noto, il Presidente Conte è stato il primo capo di Governo occidentale a visitare il Paese dopo la firma della pace con l'Eritrea, a testimonianza del convinto supporto italiano all'agenda riformista di Abiy, diretta a conseguire la pacificazione nazionale e regionale.
  Nella convinzione che la stabilizzazione politica e il miglioramento della situazione securitaria passino per lo sviluppo economico, l'Italia mantiene con Addis Abeba un solido partenariato commerciale (siamo il secondo esportatore dell'Etiopia a livello UE) e un ampio portafoglio di iniziative di cooperazione allo sviluppo, anche a sostegno della creazione di opportunità d'impiego per i giovani. A testimonianza dell'importanza che l'Italia annette al rafforzamento delle relazioni economiche, nel 2019 si sono svolti numerosi
business fora, in Italia e in Africa, diretti a favorire un maggiore afflusso di investimenti in Etiopia.
  L'impegno italiano a sostegno della stabilizzazione politica etiope, anche in vista del superamento delle divisioni etniche e delle nuove tensioni religiose, prosegue con convinzione e si manifesta tanto in ambito bilaterale quanto nei principali
fora multilaterali (ONU e UE), in seno ai quali l'azione italiana è volta ad assicurare che l'attenzione sull'intera regione sia sempre mantenuta viva, anche in termini di adeguate allocazioni finanziarie.
  Quanto alla situazione in Etiopia, l'insediamento del Primo ministro Abiy, nella primavera del 2018, è coinciso con una maggiore sensibilità relativa alla tutela dei diritti umani nel Paese, conseguenza dell'ambizioso programma di aperture in senso riformista e democratico promosso dal
leader etiope. Ciononostante, la transizione inaugurata da Abiy verso forme di governance maggiormente inclusive e partecipate, anche attraverso provvedimenti di amnistia accordati a gruppi politici di opposizione in esilio, ha coinciso con una parziale intensificazione, che si auspica temporanea, delle tensioni interne, per lo più dovuta a motivazioni di carattere economico.
  Occorre rilevare che le tensioni politiche nel Paese sono storicamente legate a contrapposizioni di natura inter-etnica. Al contrario, le violenze interreligiose non hanno mai svolto un ruolo rilevante nel contesto etiope, dove per secoli hanno convissuto fedi e credenze diverse (il 63 per cento circa della popolazione è di fede cristiana; il 35 per cento circa di religione musulmana, in forte crescita nelle regioni orientali del Paese). Gli ultimi mesi hanno fatto tuttavia registrare un maggiore attivismo di esponenti legati ad interpretazioni radicali e violente della religione islamica, sfociato in una serie di attacchi a chiese ortodosse. È da sottolineare che il Primo ministro ha comunque svolto, nel primo anno e mezzo di governo, un'azione volta a dirimere i contrasti religiosi, anche facendo leva sulla sua figura di sintesi delle diverse confessioni (Abiy è evangelico, di padre musulmano e di madre cristiano-ortodossa).
  Gli episodi di violenza a danno di chiese ortodosse (anche ad Addis Abeba) sono stati riportati prontamente sotto controllo dalle forze di sicurezza etiopiche, anche se in alcuni casi vi sono stati vittime e danni materiali (recentemente c'è stata ad Addis Abeba un'azione violenta nel tentativo di dare fuoco alla Chiesa di San Michele). Più in generale, gli episodi d'intolleranza religiosa appaiono rientrare nel più ampio contesto di violenze e atti criminosi che si verificano a macchia di leopardo nel Paese, causati innanzitutto dalle precarie condizioni socio-economiche in cui versano larghi strati della popolazione e dall'elevato tasso di disoccupazione tra gli oltre 70 milioni di giovani. L'elemento religioso sembra in tal senso profilarsi come nuovo segnale qualificante di alcune violenze dalle cause interculturali più profonde, soprattutto tra Amhara e Oromo. Un segnale che merita naturalmente di essere monitorato, per mantenere una pacifica convivenza tra fedi religiose e favorire la stabilizzazione del Paese.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   COSTANZO, PALLINI, CIPRINI, DAVIDE AIELLO, PERCONTI, DE LORENZO, CUBEDDU, INVIDIA, TUCCI, SIRAGUSA, GIANNONE e AMITRANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella prima settimana di febbraio 2019 la rappresentanza di Vercelli del sindacato autonomo dei vigili del fuoco Conapo ha incontrato il prefetto Michele Tortora per esporre le problematiche del comando provinciale, dalla mancanza di personale all'assenza di alcuni automezzi di soccorso;

   all'incontro in prefettura erano presenti il vice segretario regionale Alessandro Basile, il segretario provinciale Conapo, Luca Filetti, e Alessandro Boni della segreteria provinciale;

   i rappresentanti del comando vercellese hanno poi ribadito, come riportato dal quotidiano on-line La Sesia in data 6 febbraio 2019, la carenza di personale (37 unità operative su 156 totali, ripartite tra graduati e vigili permanenti, a cui si aggiungono 11 unità assenti per malattie di lunga durata e leggi speciali) con forti limitazioni del turn over e situazioni di stress psico-fisico per i lavoratori che devono rientrate al di fuori del proprio turno per garantire i soccorsi. Tale carenza è accentuata nel ruolo dei capi squadra, per i quali si quantifica un'assenza pari a circa il 75 per cento che influisce sul sistema di soccorso, complicando inoltre la formazione del personale che non può aumentare il proprio bagaglio professionale a causa dello scarso numero del personale in servizio;

   in una nota del Conapo riportata dal quotidiano La Sesia si legge che «altrettanto importante è l'assenza di un'autoscala o piattaforma aerea nella Valsesia, che limita la rapidità di intervento ai piani alti e che espone a maggiori rischi i vigili durante le attività di soccorso»;

   il Sindacato Conapo aveva già fatto presente in una lettera del 10 giugno 2017 al direttore regionale Piemonte dei vigili del fuoco come «a causa della particolare morfologia del territorio, lunga oltre 150 km, le autoscale in dotazione al Comando impiegassero troppo tempo per raggiungere le aree montane, costringendo in via eccezionale il personale operativo a effettuare operazioni congiunte con piattaforme aeree messe a disposizione da altre Amministrazioni»;

   nel territorio comprendente il lago Maggiore, in cui operano battelli e traghetti per il trasporto di mezzi (auto e camion) e fino a 600 passeggeri verso le sponde e le isole Borromee, oltre al trasporto di studenti e lavoratori anche frontalieri, risulta l'utilizzo di una sola e non più idonea imbarcazione antincendio, come riportato dal quotidiano La Stampa in un articolo dell'11 agosto 2018;

   Alberto Antoniazzi, segretario provinciale Conapo di Verbania, aveva denunciato al quotidiano on-line Verbano-24 il 21 luglio 2018 come «nel pieno della stagione turistica l'unico mezzo in grado di garantire un minimo di standard antincendio risulta fuori servizio da quasi un mese, e allo stato attuale non si conoscono i tempi di ripristino»;

   le acque del Verbano, che comprendono anche le tre isole Borromee, Pescatori e Isola Bella, sono le più trafficate rispetto agli altri laghi italiani e per questo necessiterebbero di avere disposizione mezzi navali antincendio, in modo da garantire un efficace e completo servizio di soccorso rivolto alla popolazione che vive e lavora nei pressi del lago in questione –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per garantire con urgenza una piattaforma aerea dislocata presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Varallo Sesia, richiesta rimasta inevasa da circa quattro anni;

   quali iniziative intenda assumere per affrontare la carenza cronica di personale operativo nel Vercellese e per gestire adeguatamente il sistema di soccorso tecnico urgente e presso il lago Maggiore, anche fornendo una nuova e più efficiente imbarcazione antincendio al comando di Verbania.
(4-03486)

  Risposta. — Nell'interrogazione in esame, l'interrogante segnala alcune problematiche riconducibili al comando provinciale dei vigili del fuoco di Vercelli, relative alla carenza di personale operativo e di adeguate attrezzature di soccorso, che comporterebbero un complessivo depotenziamento dell'intera struttura operativa.
  In primo luogo, con riferimento alla situazione del personale in servizio, si evidenzia che l'organico effettivo, dal mese di dicembre è aumentato da 131 a 133 unità operative (suddivise in 39 capi reparto/capi squadra e 94 vigili del fuoco), a fronte di una dotazione organica teorica di 158 unità complessive. I numeri tengono conto delle assegnazioni derivanti dalla conclusione dell'86° corso di formazione, nonché degli intervenuti trasferimenti per mobilità.
  Si segnala, altresì, che il decreto ministeriale 2 dicembre 2019, con il quale è stata aggiornata la ripartizione delle dotazioni organiche, ha previsto — nel rispetto dei nuovi aumenti di organico disposti dalla legge di bilancio n. 145 del 2018 — un progressivo aumento della dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da attuarsi in più fasi, che si concluderanno entro la fine del 2020.
  Per il comando di Vercelli, in particolare, è stato previsto un incremento progressivo della dotazione organica, fino a 168 unità (108 Vigili del fuoco e 60 capi squadra/capi reparto).
  Con riferimento ai mezzi a disposizione dello stesso comando, si informa che sono attualmente operative due autoscale, ma in ogni caso la direzione regionale del Piemonte può disporre, in base alle necessità, della dislocazione temporanea di mezzi provenienti da altri comandi della stessa regione.
  In ordine alla disponibilità di una piattaforma aerea, il comando di Vercelli non dispone, allo stato, di tale mezzo.
  Per gli interventi in altezza, sono utilizzate 2 autoscale (AS) con cestello di soccorso, una collocata nella sede centrale, l'altra presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Varallo Sesia.
  Al contempo, appare opportuno precisare che questa Amministrazione ha già indetto una gara per l'acquisto di 80 piattaforme aeree A/TRID e che le prime consegne sono previste a partire dall'ultimo trimestre del corrente anno.
  In tale occasione, con riferimento alle esigenze del comando di Vercelli, si assicura che particolare attenzione sarà rivolta nell'ambito dei criteri di assegnazione dei predetti mezzi, da destinare alla direzione regionale dei vigili del fuoco del Piemonte, tenuto anche conto delle analoghe problematiche riguardanti l'intero territorio italiano.
  Sulla questione, infine, relativa all'utilizzo di un'imbarcazione antincendio sul lago Maggiore, si precisa che la materia è regolamentata dalla legge n. 690 del 1940, con la quale sono stati individuati i distaccamenti portuali nell'ambito dei quali il Corpo nazionale dei vigili del fuoco effettua il servizio antincendio e che non contempla i distaccamenti lacustri.
  In merito alla questione posta dall'interrogante, relativa all'utilizzo di una sola e non più idonea imbarcazione antincendio nel territorio comprendente il lago Maggiore, nel confermare che le unità navali antincendio maggiori sono dislocate presso le sedi previste dalla vigente normativa, si evidenzia che questa amministrazione ha assicurato, in ogni caso, il supporto richiesto dal comando di Verbania per garantire l'operatività e l'efficacia del mezzo nautico antincendio (RIB/M 021), in dotazione al comando.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Matteo Mauri.


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 23 marzo 2020, la Ministra Pisano ha pubblicato una «call for action» per «aziende, università, enti e centri di ricerca pubblici e privati, associazioni, cooperative, consorzi, fondazioni e istituti che, attraverso le proprie tecnologie, possono fornire un contributo nell'ambito dei dispositivi per prevenzione, diagnostica e monitoraggio per il contenimento e contrasto del diffondersi del Coronavirus sull'intero territorio nazionale»;

   in base alle dichiarazioni di Brusaferro e Ricciardi il Governo vorrebbe utilizzare il modello della Corea del Sud per contenere la diffusione del coronavirus attraverso il tracciamento dati dei cittadini, senza il loro consenso e senza il consenso delle piattaforme digitali che sono proprietarie dei dati;

   per rendere efficace un'operazione del genere sono necessarie due condizioni al momento non presenti in Italia su tutto il territorio nazionale: la capacità di effettuare tamponi anche alle persone con sintomi lievi o con nessun sintomo ma venute a contatto con infetti e un numero relativamente basso di contagi;

   verrebbero a determinarsi, a giudizio dell'interrogante, alcune violazioni nei confronti dei cittadini e dei loro diritti. In primis, le autorità, come in Sud Corea, possono ricostruire in ogni caso i percorsi del contagiato attraverso i dati incrociati di telecamere, sistemi di geolocalizzazione, transazioni con carta di credito. Una volta tracciati, i cittadini perdono inoltre il controllo delle informazioni che li riguardano: il Governo pubblica, anche se in forma anonima, i loro spostamenti, in modo tale da consentire a chiunque di sapere se ha avuto contatti con persone contagiate;

   questi dati possono essere aggregati anche da sviluppatori privati, che li rendono più precisi e ordinati e c'è la possibilità che le vite personali dei pazienti vengano rivelate;

   la situazione, ad avviso dell'interrogante, non è pericolosa soltanto per la privacy dei contagiati. Pone problemi anche per chi contagiato non è ancora e verrebbe a sua volta monitorato: per rendere il processo di tracciamento realmente efficace, i dati degli spostamenti dei contagiati non sarebbero soltanto pubblicati online in un sito apposito, ma anche inviati via sms ai cittadini che possono aver incrociato un infetto;

   oggi, in Italia, in nome della salute pubblica si è già ampiamente derogato alla libertà di circolazione, riunione, associazione;

   Antonello Soro ha dichiarato: «Non esistono preclusioni assolute nei confronti di determinate misure in quanto tali. Vanno studiate, però, molto attentamente le modalità più opportune e proporzionate alle esigenze di prevenzione, senza cedere alla tentazione della scorciatoia tecnologica solo perché apparentemente più comoda, ma valutando attentamente benefici e costi, anche in termini di sacrifici imposti alle nostre libertà»;

   il Governo ha previsto un sistema di intercettazione Trojan che costituisce un precedente invasivo, in quanto si uniformano in questo modo la sfera privata e la sfera dove potenzialmente i reati possono essere commessi, ma i dati delle conversazioni così ottenute possono essere utilizzati anche per provare reati che invece non consentirebbero intercettazioni di questo tipo;

   con un'ordinanza emanata dall'Enac, sono entrati in funzione i droni per il «monitoraggio degli spostamenti dei cittadini». Nel documento è specificato che «le operazioni condotte con sistemi aeromobili a pilotaggio remoto con mezzi aerei di massa operativa al decollo inferiore a 25 kg, nella disponibilità dei Comandi di polizia locale, potranno essere condotte in deroga ai requisiti di registrazione e di identificazione» –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare, in linea con i principi di efficacia, proporzionalità e ragionevolezza, a tutela della privacy e dei cittadini, assicurando che le misure di cui in premessa siano applicate in modo proporzionale alle reali necessità del contesto attuale;

   dove verranno eventualmente immagazzinati e analizzati i dati raccolti per garantire la dovuta sicurezza informatica e per quanto tempo.
(4-05079)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo n. 4-05079, con il quale l'interrogante chiede di sapere quali iniziative di competenza si intendano adottare, in linea con i principi di efficacia, proporzionalità e ragionevolezza, a tutela della privacy e dei cittadini e dove verranno eventualmente immagazzinati e analizzati i dati raccolti da sistemi di tracciamento, onde garantire la dovuta sicurezza informatica e per quanto tempo.
  Al riguardo, rappresento quanto segue.
  Nell'ambito delle numerose iniziative, non solo normative, intraprese per far fronte all'emergenza sanitaria in corso, considerata la necessità di avviare quanto prima l'analisi e lo studio dei dati socio-economici e sanitari relativi all'impatto del fenomeno legato al rapido evolversi della situazione epidemiologica da COVID-19, ho ritenuto opportuna, in accordo con il Ministero della salute, la rapida istituzione di un «Gruppo di lavoro
data-driven per l'emergenza COVID- 19», a cui affidare compiti di studio e analisi dei dati sanitari e socio-economici, al fine di supportare, su basi tecnico-scientifiche, i processi decisionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e la conseguente adozione di provvedimenti tesi a contenere e contrastare l'emergenza sanitaria in atto, anche mediante l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
  L'istituzione del gruppo di lavoro e la composizione del medesimo sono state condivise in accordo con il Ministero della salute e in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (ISS) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
  Le peculiari ragioni di urgenza sollecitata dal carattere particolarmente diffusivo dell'emergenza epidemiologica causata da COVID-19 e dal considerevole incremento dei casi di infezione sul territorio nazionale, nonché dai correlati impatti sul piano economico e sociale, insieme alla specifica competenza degli autorevoli soggetti pubblici con i quali si è agito, hanno determinato la scelta di una rapida istituzione del gruppo di lavoro, con ogni garanzia di imparzialità, trasparenza e competenza dei profili coinvolti sia sul piano tecnico sia scientifico.
  Con specifico riferimento alle esigenze di tutela della
privacy rappresentate dall'interrogante, tengo a precisare che con il gruppo coopera un rappresentante direttamente designato dal Garante per la protezione dei dati personali, che, insieme ai rappresentanti delle altre Autorità indipendenti presenti, offre il proprio apporto all'attività, sebbene nel rispetto della propria autonomia e indipendenza, in particolare fornendo supporto di competenza con riguardo alle valutazioni compiute dal gruppo e dai suoi componenti.
  Ancora sul fronte della tutela della
privacy, preciso altresì che ogni iniziativa si informa ai principi di efficacia, proporzionalità e ragionevolezza. In particolare, l'applicazione di contact tracing si fonda anzitutto sulla volontarietà della partecipazione del cittadino e sulla collaborazione attiva del singolo, il quale va reso consapevole che l'uso dell'applicazione può costituire una misura efficace e utile a contenere il contagio (proprio e altrui), nonché sulla trasparenza, legittimità e correttezza delle caratteristiche del servizio, nonché sull'assenza del perseguimento di scopi ulteriori e incompatibili con la finalità di prevenzione sanitaria.
  La gestione dell'applicazione sarà esclusivamente pubblica dell'intero sistema integrato di
contact tracing in cui codice deve essere reso in modalità open source e i dati trattati siano «resi sufficientemente anonimi da impedire l'identificazione dell'interessato», in conformità a quanto prescritto dal regolamento generale sulla protezione dei dati, n. 2016/679, in sigla GPDR, segnatamente al Considerando 26.
  Preciso che non si darà luogo ad alcuna cessione dei dati, bensì alla loro cancellazione, ovunque e in qualunque forma conservati, con l'unica eccezione di dati aggregati e pienamente anonimi a soli fini di ricerca e statistici.

La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   DEIDDA, GALANTINO e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il terzo e l'ottavo comma dell'articolo 560 del codice di procedura civile prevedono che il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento e, quando l'immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari, il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell'articolo 586;

   la suindicata formulazione è conseguente all'approvazione della legge 11 febbraio 2019 – di conversione del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 – la quale ha altresì previsto che le disposizioni suddette non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della citata legge di conversione;

   attualmente, entrato a regime il cosiddetto «fondo salva casa», innovativo ammortizzatore sociale, pensato per aiutare concretamente le famiglie in difficoltà, con l'obiettivo di acquistare gli immobili pignorati e messi all'asta per riaffidarli, in un secondo momento, in locazione, a un canone sostenibile, a coloro che hanno subito il pignoramento dell'abitazione favorendone anche il riacquisto;

   allo stato, in relazione all'applicazione della nuova formulazione dell'articolo 560 anche alle procedure esecutive già attive, si stanno registrando orientamenti giurisprudenziali differenti, al punto che alcuni tribunali stanno consentendo anche ai debitori esecutati antecedentemente all'introduzione delle norma di abitare l'immobile anche nel periodo di espletamento dell'asta e fino alla pronuncia del decreto di trasferimento;

   dai dati forniti dal Ministero, su scala nazionale, le esecuzioni immobiliari in essere, con probabile conclusione nei prossimi 5 anni, sono stimate in circa 248.000: tale situazione potrebbe comportare, nel prossimo quinquennio, la perdita, per quasi un milione di persone, della propria abitazione, con gravi ripercussioni sul piano sociale, di cui, verosimilmente, dovranno occuparsi i comuni, che, dunque, si troveranno costretti a far fronte a un'emergenza sociale di dimensioni inimmaginabili, senza godere delle adeguate risorse;

   la normativa suindicata, nell'escludere le procedure esecutive iniziate anteriormente alla data di introduzione della novella legislativa, appare agli interroganti di dubbia costituzionalità, oltre che socialmente inaccettabile e la permanenza del debitore con la propria famiglia nel medesimo immobile non impedisce, in alcun modo, la prosecuzione dell'azione esecutiva, né la soddisfazione dei creditori, a maggior ragione successivamente all'attivazione del predetto fondo –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se intenda adottare iniziative normative, anche urgenti, al fine di modificare l'articolo 560 del codice di procedura civile, prevedendone l'applicazione anche alle azioni esecutive iniziate antecedentemente all'entrata in vigore della novella legislativa;

   se intenda adottare iniziative per incentivare la partecipazione di ulteriori soggetti al fondo in questione, eventualmente anche prevedendo la sospensione delle procedure esecutive interessate dalla presentazione dell'istanza di accesso al medesimo fondo.
(4-04062)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, gli interroganti, dopo avere evidenziato che «il terzo e l'ottavo comma dell'articolo 560 del codice di procedura civile prevedono che il debitore e i familiari che con lui con vivono non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento e, quando l'immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari, il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell'articolo 586; la suindicata formulazione è conseguente all'approvazione della legge 11 febbraio 2019 — di conversione del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 — la quale ha altresì previsto che le disposizioni suddette non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della citata legge di conversione; attualmente, entrato a regime il cosiddetto “fondo salva casa”, innovativo ammortizzatore sociale, pensato per aiutare concretamente le famiglie in difficoltà, con l'obiettivo di acquistare gli immobili pignorati e messi all'asta per riaffidarli, in un secondo momento, in locazione, a un canone sostenibile, a coloro che hanno subito il pignoramento dell'abitazione favorendone anche il riacquisto; allo stato, in relazione all'applicazione della nuova formulazione dell'articolo 560 anche alle procedure esecutive già attive, si stanno registrando orientamenti giurisprudenziali differenti, al punto che alcuni tribunali stanno consentendo anche ai debitori esecutati, antecedentemente all'introduzione della norma di abitare l'immobile anche nel periodo di espletamento dell'asta e fino alla pronuncia del decreto di trasferimento; dai dati forniti dal Ministero della giustizia, su scala nazionale, le esecuzioni immobiliari in essere, con probabile conclusione nei prossimi 5 anni, sono stimate in circa 248.000; tale situazione potrebbe comportare, nel prossimo quinquennio, la perdita, per quasi un milione di persone, della propria abitazione, con gravi ripercussioni sul piano sociale, di cui, verosimilmente, dovranno occuparsi i comuni, che, dunque, si troveranno costretti a far fronte a un'emergenza sociale di dimensioni inimmaginabili, senza godere delle adeguate risorse; la normativa suindicata, nell'escludere le procedure esecutive iniziate anteriormente alla data di introduzione della novella legislativa, appare agli interroganti di dubbia costituzionalità, oltre che socialmente inaccettabile e la permanenza del debitore con la propria famiglia nel medesimo immobile non impedisce, in alcun modo, la prosecuzione dell'azione esecutiva, né la soddisfazione dei creditori, a maggior ragione successivamente all'attivazione del predetto fondo».
  Pertanto viene richiesto al Ministro della giustizia: «se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se intenda adottare iniziative normative, anche urgenti, al fine di modificare l'articolo 560 del codice di procedura civile, prevedendone l'applicazione anche alle azioni esecutive iniziate antecedentemente all'entrata in vigore della novella legislativa; se intenda adottare iniziative per incentivare la partecipazione di ulteriori soggetti al fondo in questione, eventualmente anche prevedendo la sospensione delle procedure esecutive interessate dalla presentazione dell'istanza di accesso al medesimo fondo».
  Tanto premesso in ordine all'oggetto dell'interrogazione parlamentare si evidenzia che l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, aveva novellato l'articolo 560 del codice di procedura civile inserendo alla fine del comma 3 i seguenti periodi: «Tuttavia, quando il debitore all'udienza di cui all'articolo 569 documenta di essere titolare di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni certificati e risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, per un ammontare complessivo pari o superiore all'importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti, il giudice dell'esecuzione, con il decreto di cui all'articolo 586, dispone il rilascio dell'immobile pignorato per una data compresa tra il sessantesimo e novantesimo giorno successivo a quello della pronuncia del medesimo decreto. Della sussistenza delle condizioni di cui al terzo periodo è fatta menzione nell'avviso di cui all'articolo 570».
  La portata applicativa della nuova disposizione, in relazione alla peculiarità del presupposto soggettivo, apparve da subito molto circoscritta, tanto che la stessa fu radicalmente modificata già in sede di conversione.
  In particolare, con il preciso intento di salvaguardare l'abitazione dell'esecutato dalla liberazione «anticipata» (rispetto al momento finale, individuato dalla norma previgente nella aggiudicazione/assegnazione del cespite), il legislatore ha individuato un doppio binario: uno per i cespiti destinati ad abitazione dell'esecutato e dei suoi familiari; l'altro per tutti gli immobili non abitati dal debitore e dal suo nucleo familiare.
  Per questi ultimi, la regola si rinviene nel comma 6 dell'articolo 560 a tenore del quale «Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare». Per gli immobili abitati dal debitore e dai familiari che con lui convivono, invece, la liberazione è collegata all'emissione del decreto di trasferimento posto che — per espressa disposizione di legge — «il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ...» (comma 8), salve particolari eccezioni normativamente disciplinate in relazione a condotte scorrette del debitore o comunque pregiudizievoli per i creditori (confronta infra).
  È stata, in tal modo, compresa la discrezionalità del giudice dell'esecuzione in ordine all'emissione dell'ordine di liberazione, collegando il provvedimento a circostanze o fasi processuali predeterminate
ex lege.
  Nel vigore dell'articolo 560 del codice di procedura civile anteriore alla legge n. 12 del 2019, la Suprema Corte aveva invece pacificamente riconosciuto la facoltà del G.E. di disporre la liberazione anche in un momento anteriore all'aggiudicazione («e fatta salva comunque l'obbligatorietà dell'ordine di liberazione al momento dell'aggiudicazione»), trattandosi dell'esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice dell'esecuzione, che è espressione dei suoi compiti di gestione del processo ed è funzionale alla realizzazione dello scopo del processo, che è quello della soddisfazione dei crediti del procedente degli intervenuti mediante la vendita del bene pignorato (confronta Cassazione 3 aprile 2015, n. 6836).
  Anche se non imposta dalla norma, l'emanazione dell'ordine di rilascio prima dell'aggiudicazione era considerata opportuna dalla prevalente giurisprudenza (in alcuni casi ritenuta doverosa) e costituiva prassi diffusa, stante l'evidente difficoltà di vendere un bene occupato se non a prezzi notevolmente inferiori rispetto al suo effettivo valore.
  Proprio per rendere maggiormente efficiente, efficace e rapido il processo di liquidazione coattiva (e, più in generale, il sistema delle vendite giudiziarie), lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura — nel definire le «Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari» con delibera n. 12 dell'11 ottobre 2017) — aveva stabilito che «la pratica del processo esecutivo, peraltro, dimostra che può sicuramente sortire effetti benefici l'anticipazione dell'emissione e anche dell'attuazione dell'ordine di liberazione, posto che un bene libero è certamente più appetibile sul mercato. È dunque buona prassi che il giudice dell'esecuzione emetta detto ordine di liberazione contestualmente all'ordinanza di delega quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l'immobile ai sensi del 30 comma dell'articolo 560 del codice di procedura civile».
  Ad ogni buon conto, in forza di una chiara scelta di natura politica, il legislatore della novella intervenendo sull'assetto precedente e sulle prassi in base ad esso consolidatesi, ha sottratto al giudice la possibilità di disporre la liberazione anticipata dell'immobile abitato dal debitore e dai suoi familiari, sempre che gli stessi non si sottraggano ai doveri che la stessa disposizione o altre norme di legge impongono agli occupanti.
  Nel contempo, il legislatore non lascia discrezionalità al giudice dell'esecuzione in caso di immobile che «non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare», dovendosi emettere il provvedimento quando tale circostanza venga appresa (ferma la preventiva audizione).
  Il legislatore della novella si è anche preoccupato di disciplinare la prosecuzione dell'occupazione del bene abitato dall'esecutato.
  Nel precedente regime normativo, il giudice poteva autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso; tuttavia, la norma circoscriveva l'esercizio di tale potere discrezionale, non solo limitandolo al momento dell'aggiudicazione (termine finale), ma anche in base ad un necessario contemperamento dell'interesse del debitore a continuare ad abitare l'immobile con le ulteriori esigenze del processo, onde garantire l'effettività dell'azione giurisdizionale esecutiva, perseguita dall'innovazione legislativa dell'ordine di liberazione obbligatorio.
  Oggi, invece, «Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento ...» (comma 3) e «... quando l'immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ...» (comma 8), salve le ipotesi di condotte illegittime (in violazione di legge) del debitore (comma 6).
  Il legislatore ha, infatti, introdotto obbligazioni
ex lege in capo al debitore che abita nell'immobile staggito.
  Con riguardo alla conservazione del bene il comma 2 stabilisce che «il debitore e il nucleo familiare conservano il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengono e tutelano l'integrità».
  Inoltre, il debitore è tenuto alla collaborazione col custode giudiziario per garantire il diritto di visita degli interessati all'acquisto (comma 4).
  La sanzione per l'inadempimento di tali doveri — e, più in generale, per tutte le ipotesi in cui «il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico» — è costituita dall'emissione dell'ordine di liberazione (comma 6).
  A ben vedere, dunque, per gli immobili abitati dall'esecutato, cambia radicalmente la
ratio della liberazione: da strumento volto ad agevolare l'aggiudicatario e a favorire la liquidazione del bene, l'ordine si trasforma in misura sanzionatoria, per colpire l'esecutato che non presti la dovuta collaborazione alla vendita della propria abitazione.
  Tanto premesso, venendo più nello specifico ad esaminare le questioni poste dagli interroganti, merita rilevare che a norma dell'articolo 1, comma 4, della stessa legge n. 12 del 2019, la nuova disciplina normativa entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 12 febbraio 2019).
  Ciò posto poiché ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito dalla legge n. 12 del 2019 «Le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», la nuova disciplina dell'ordine di liberazione è applicabile solo alle esecuzioni immobiliari iniziate con pignoramenti notificati dal 13 febbraio 2019.
  Quanto infine al cosiddetto «fondo salva casa» trattasi della misura recentemente introdotta dall'articolo 1, comma 445, della legge di 27 dicembre 2019, n. 2020 (cosiddetta legge di bilancio), che aggiungendo un comma 8-
bis all'articolo 7.1 della legge 30 aprile 1999, n. 130 ha testualmente previsto che «Ove l'operazione di cui al comma 1 (cessione di crediti deteriorati alle cosiddette società di cartolarizzazione) rivesta una valenza sociale in forza della partecipazione di un'associazione di promozione sociale iscritta al registro da almeno cinque anni, ovvero di società o ente dalla stessa istituiti, che assista il futuro conduttore nella stipulazione del contratto di locazione con la società veicolo di appoggio, il limite temporale di cui al primo periodo del comma 4-quater è di quindici anni dalla data di acquisto e comunque non inferiore alla durata della locazione. L'eventuale soggetto cedente alla società veicolo di appoggio è esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla regolarità urbanistico-edilizia e fiscale, qualora entro sei mesi dalla cessione sia avviata l'istruttoria per la procedura per la citata documentazione e la medesima procedura sia conclusa nel limite massimo di trentasei mesi. L'esonero non è esteso alla successiva vendita effettuata dalla società veicolo d'appoggio. Nel caso di trasferimento effettuato a partire dal 2020 alla società veicolo d'appoggio, l'immobile è esente dall'imposta municipale propria, se lo stesso continua ad essere utilizzato come abitazione principale del debitore del credito ceduto che ne aveva il possesso prima della cessione. L'esenzione non si applica per gli immobili classificati nelle categorie catastali Al, A8 e A9».
  Trattasi all'evidenza di misura volta ad incentivare il trasferimento di immobili pignorati ed adibiti a casa di abitazione a società di cartolarizzazione aventi finalità sociale, che potranno acquistare case e crediti dalle banche o da altre società di cartolarizzazione ma, a differenza di queste ultime, non con l'obiettivo di rivenderli all'asta, ma allo scopo di dare al debitore la possibilità di continuare ad abitarli, corrispondendo un canone di locazione, con opzione di riacquisto ad un prezzo simile a quello corrisposto dalla società di cartolarizzazione.
  Peraltro da ultimo appare opportuno evidenziare che il «Disegno di legge recante delega al governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie», pur non contenendo previsioni volte specificamente ad incidere sulla disciplina di cui all'articolo 560 del codice di procedura civile, detta tuttavia una serie di disposizioni in materia di esecuzione immobiliare allo scopo di accelerarne il corso e di contenerne i costi attraverso la collaborazione del debitore, il quale può avere interesse a farsi parte attiva nella ricerca di un acquirente, sia per velocizzare le operazioni di vendita e giungere più rapidamente alla definizione del procedimento, sia per evitare il deprezzamento del bene, quale si verifica, a volte, per effetto del meccanismo dei ribassi. A questo fine, si prevede che il debitore possa essere autorizzato dal giudice dell'esecuzione a vendere direttamente il bene pignorato, con atto da celebrare dinanzi al notaio, ma con gli effetti purgativi propri della vendita coattiva.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2020 l'Agenzia Dire ha segnalato la presenza di circa 300 connazionali bloccati alle Canarie dall'emergenza Coronavirus;

   gli italiani intervistati lamentano di essere abbandonati a sé stessi e di non aver ricevuto alcun supporto delle autorità consolari dopo che compagnie aeree come Ryanair, che avevano garantito i voli di ritorno, poi hanno optato per la cancellazione degli stessi;

   secondo quanto riportato dall'articolo, la situazione sarebbe ancora più critica in virtù del fatto che sull'arcipelago scarseggiano i posti in terapia intensiva. A Fuerteventura, ad esempio, ci sarebbero solo due posti;

   quel che appare ancora più assurdo è che l'ambasciata italiana in Spagna ha impostato un messaggio automatico di risposta alle richieste dei nostri connazionali, invitandoli a provvedere da soli a ricercare informazioni per rientrare in Italia rivolgendosi ai più comuni motori di ricerca specializzati disponibili su internet;

   l'articolo riporta che una signora che era riuscita a mettersi in contatto con la Farnesina abbia ricevuto come risposta l'invito ad avvicinarsi il più possibile all'Italia e che, qualora fossero stati bloccati, avrebbero visto che soluzione adottare;

   infatti, secondo quanto riportato da Dire, molti connazionali hanno già iniziato a partire «per viaggi della speranza» via Lisbona, Lione, Barcellona, Londra, Nizza, Tolosa, Basilea per sperare poi di trovare un mezzo da quelle città. Tale indicazione delle autorità consolari italiane appare illogica nella misura in cui si chiede a tutto il mondo di limitare i viaggi per limitare le possibilità di contagio;

   appare evidente come una risposta del genere rappresenti la resa dello Stato alla sua disorganizzazione, elemento, ad avviso dell'interrogante, ancor più inaccettabile da parte di un'unità di crisi che – per definizione – dovrebbe avere sotto controllo persone e movimenti per individuare la miglior soluzione da adottare –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle operazioni di rientro degli italiani bloccati nel mondo a causa dell'emergenza coronavirus;

   se intenda avviare, per quanto di competenza, un'ispezione interna per verificare eventuali responsabilità in merito alle indicazioni date dall'ambasciata e ai pericoli di diffusione del contagio che da queste ne possano derivare.
(4-04953)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dello scoppio dell'emergenza coronavirus, numerosi italiani sono rimasti bloccati all'estero in virtù di repentine restrizioni sui mezzi di trasporto, adottate anche laddove il viaggio di ritorno risultava garantito;

   tra le persone bloccate non vi sono solo turisti. Molti, infatti, hanno sono partiti dall'Italia per questioni lavorative o per far visita alla propria famiglia lontana;

   mentre sulla stampa si moltiplicano gli appelli degli italiani che non riescono a tornare in Italia, appare ancora più increscioso leggere dai loro racconti la mancanza di aiuto da parte delle autorità consolari. Ad esempio, l'interrogante ha avuto modo di raccogliere in prima persona le doglianze di italiani che hanno provato a contattare consolati e ambasciate in Ecuador e in Spagna senza ricevere risposta alcuna o che, come accaduto in Spagna, si sono visti recapitare un messaggio automatico di risposta che invitava a viaggiare in maniera autonoma e con triangolazioni internazionali, a tutto detrimento degli sforzi per il contenimento della pandemia in corso;

   la mancanza di risposte da parte delle autorità consolari in merito alle possibilità e modalità di rientro in Italia, che generano nei cittadini un senso di abbandono da parte dello Stato nella loro ora più buia, appaiono ancora più gravi davanti al dinamismo del privato;

   secondo quanto stimato dalla Astoi, l'organizzazione di Confindustria che raccoglie la quasi totalità dei touroperator in Italia, da quando è scoppiata l'emergenza coronavirus al 14 marzo 2020 12.000 italiani sono stati riportati in Italia con l'invio di voli charter vuoti, con 48 rotazioni e su 134 tratte aeree. A questi si aggiungono altri 10.000 connazionali che sono stati gestiti attraverso riprotezioni su voli di linea;

   secondo Astoi le situazioni più gravi si stanno per determinare soprattutto agli antipodi, in Australia e nelle Americhe, dove ci sono migliaia di Italiani tra Brasile, Argentina, Cile, Ecuador e Messico, che rischiano di rimanere isolati per lungo tempo dall'altra parte dell'Oceano;

   poiché il supporto dato dalla maggior parte delle ambasciate e dai consolati, a quanto consta all'interrogante, è stato praticamente nullo, è possibile affermare che la rete diplomatica si è dimostrata impreparata, distante e certamente di poco aiuto nell'emergenza –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla previsione di un piano generale per il rimpatrio degli italiani bloccati nel mondo che ne facciano richiesta;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla convocazione di un tavolo di coordinamento tra operatori pubblici e privati per la gestione dei suddetti rimpatri.
(4-04955)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza Coronavirus diversi italiani sono bloccati in diverse aree del mondo senza poter fare rientro in Italia;

   l'interrogante è stato già promotore di una risoluzione in Commissione esteri per utilizzare Alitalia con voli charter per recuperare gli italiani nel mondo, scomputando da tali servizi di Alitalia le somme erogare a titolo di «prestito ponte»;

   in ogni caso è necessario affrontare l'emergenza immediatamente e per singoli casi, ove possibile;

   in Irlanda diversi studenti italiani attualmente vorrebbero fare rientro in Italia, ma non riescono a trovare voli;

   il Coronavirus si sta sviluppando similmente in Irlanda, così come è già avvenuto negli altri Paesi europei;

   per quanto gli studenti italiani stiano, con intraprendenza, tentando di acquistare voli diversi, anche con più scali, al fine di fare rientro, i voli vengono continuamente cancellati;

   l'ambasciata italiana a Dublino, contattata appositamente dagli studenti, ha solo saputo precisare che non ci sono voli programmati dalla Farnesina;

   gli studenti italiani, a quanto consta all'interrogante, hanno anche inviato una mail a eurodeputati italiani e alle autorità italiane in cui, oltre a chiedere la risoluzione del problema, precisano di non poter usufruire di personale medico e che quello universitario è inaccessibile, in quanto le università sono state chiuse per affrontare l'emergenza coronavirus –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione denunciata e quali siano gli intendimenti al riguardo;

   se, in ogni caso, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda contattare l'ambasciata di Dublino, affinché presti soccorso agli studenti italiani, anche per quanto riguarda l'acquisto dei biglietti aerei per fare rientro in Patria, e, in subordine, qualora neanche con l'ausilio della ambasciata fosse possibile far rientrare gli studenti, se si intenda predisporre un volo per recuperare gli studenti italiani in Irlanda e Irlanda del Nord.
(4-04991)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dello scoppio dell'emergenza Coronavirus, numerosi italiani sono rimasti bloccati all'estero in virtù di repentine restrizioni sui mezzi di trasporto, adottate anche laddove il viaggio di ritorno risultava garantito;

   nonostante la questione sia nota da tempo, gli italiani all'estero continuano a lamentare una scarsa attenzione della rete consolare e delle ambasciate;

   in alcuni Paesi gli italiani continuano ad acquistare biglietti aerei per fare almeno rientro in Europa che vengono sistematicamente spostati e poi annullati;

   l'interrogante è a conoscenza personale del fatto che quanto sopra si verifichi con cadenza quotidiana ormai da due settimane in Ecuador;

   in particolar modo in Ecuador diversi italiani stanno tentando vanamente di fare rientro in Patria, seguendo pedissequamente le scarne indicazioni fornite dalla rete consolare e dall'ambasciata;

   in Ecuador, in particolar modo, è necessario e improcrastinabile un intervento autorevole della Farnesina, atteso che su decisione del sindaco Cynthia Viteri di Guayaquil è stata letteralmente sbarrata la pista del locale aeroporto internazionale;

   la pista è stata bloccata da auto e camion per impedire l'atterraggio fisico degli aerei come testimoniato da un video pubblicato da «Il corriere on line»;

   per quanto risulta all'interrogante, la rete consolare italiana in Ecuador continua a rassicurare gli italiani e a indicare loro di prenotare biglietti alternativi che vengono puntualmente posticipati e poi annullati;

   il supporto dato dal consolato agli italiani è, a quanto risulta all'interrogante, poco più che formale e protocollare –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla previsione di un piano generale per il rimpatrio immediato degli italiani bloccati in Ecuador che ne facciano richiesta e gestito direttamente dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale o, in subordine, per garantire che effettivamente i voli possano partire senza interferenze, assicurando agli italiani di poter rientrare in Patria;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'opportunità di convocare l'ambasciatore dell'Ecuador per ottenere chiarimenti in ordine ai fatti denunciati;

   quali siano gli intendimenti del Governo in ordine a un intervento presso l'ambasciata italiana a Quito per assicurare un maggior interessamento alle condizioni dei nostri connazionali che non riescono ad imbarcarsi per l'Europa.
(4-05006)

  Risposta. — Dal 10 marzo una drastica, in alcuni casi progressiva, chiusura del traffico aereo, marittimo e terrestre ha reso molto difficile, talvolta impossibile, il rientro in Italia con normali mezzi commerciali da parte dei cittadini italiani in quel momento all'estero.
  Da quella data la Farnesina, tramite l'unità di crisi e la rete diplomatico-consolare, ha assistito oltre 60.000 italiani, i quali sono riusciti a rientrare in Italia principalmente grazie a voli commerciali «speciali», vale a dire con spese a carico dei singoli passeggeri ma organizzati in deroga alla sospensione del traffico aereo. Vi sono stati anche trasferimenti con traghetti o pullman realizzati, sempre a pagamento e in deroga alla chiusura dei confini, con la collaborazione delle autorità dei Paesi nei quali i nostri connazionali si trovavano. Al 16 aprile, sono oltre 420, tra voli, trasferimenti con traghetti e pullman, le operazioni che hanno consentito il rientro degli italiani temporaneamente all'estero. Tali operazioni hanno coinvolto oltre 90 Paesi, il cui elenco completo è allegato a questa risposta (disponibile presso il Servizio Assemblea).
  Per quanto riguarda la Spagna, e in particolare le Canarie, oggetto di particolare attenzione, sono stati realizzati 16 voli commerciali operati dalla compagnia NEOS, che hanno consentito il rientro di oltre 2.000 connazionali. È stato possibile inoltre mantenere voli Alitalia pressoché quotidiani da Madrid e da Malaga, rispettivamente fino al 29 e al 26 marzo, nonostante la sospensione del traffico aereo in arrivo dall'Italia, disposto dalle autorità spagnole. Ulteriori voli speciali sono stati realizzati il 6 e 17 aprile, da Madrid su Roma, e l'8, il 12 e il 17 aprile da Valencia. Sono stati inoltre mantenuti dall'11 al 26 marzo collegamenti con i traghetti Grimaldi Lines da Barcellona a Civitavecchia e Porto Torres. Il 27, 31 marzo e 3 aprile hanno operato gli stessi traghetti tra Barcellona e Porto Torres, mentre il 18 e 26 marzo e il 2 aprile i traghetti Grandi Navi Veloci da Barcellona a Genova. La compagnia GNV ha effettuato due ulteriori servizi il 9 e il 16 aprile, sempre sulla linea Barcellona-Genova. Complessivamente, solo dalla Spagna sono rientrate circa 11.000 persone.
  Per quanto riguarda l'Irlanda, espressamente menzionata nell'interrogazione n. 4-0991, a seguito dell'intervento della Farnesina, Alitalia ha ripristinato alcuni collegamenti straordinari diretti da Dublino, consentendo così il rientro di circa 400 italiani. Nella stessa area geografica, grazie alla medesima collaborazione tra la Farnesina e Alitalia e nonostante la sospensione di ogni altro collegamento diretto tra Regno Unito e Italia, i voli da Londra a Roma sono passati da 4 a 6 al giorno fino al 5 aprile, per poi avere comunque 4 voli quotidiani dal 6 al 30 aprile. Stimiamo che tali voli abbiano consentito, ad oggi, il rientro di oltre 31.000 connazionali.
  Prendendo in considerazione altri Paesi, non solamente quelli richiamati nelle interrogazioni, sono centinaia i connazionali rientrati, alle stesse condizioni, dal Marocco (circa 1.000), dall'Argentina (oltre 400), dal Cile e dal Perù (oltre 500), dalla Repubblica Dominicana (oltre 500), da Cuba (circa 500), dalla Romania (circa 500), dal Portogallo e dalla Tunisia (poco più di 400 da ciascuno dei due Paesi), dall'Algeria (poco meno di 300), dall'India (circa 400) e dal Messico (circa 180 persone). Si tratta di un elenco non esaustivo che cita solo le operazioni numericamente più significative. Per quanto riguarda il Messico, oggetto di specifica attenzione dell'interrogante, continuano i collegamenti di linea con New York, dove resta operativo un volo Alitalia per Roma, Madrid e Amsterdam (due aeroporti dai quali, con ulteriori scali, è possibile raggiungere Roma). Quanto all'Argentina, altro Paese richiamato dall'interrogante, sono stati organizzati due voli commerciali e ulteriori voli commerciali sono in fase di realizzazione.
  Ai mezzi approntati grazie all'intervento della Farnesina nei confronti delle autorità dei diversi Paesi per ottenere autorizzazioni in deroga alla chiusura dei confini, così come nei confronti delle compagnie aeree per mantenere rotte non più commercialmente convenienti, si aggiungono i voli dei quali i connazionali hanno potuto usufruire grazie alla costante opera di raccordo e cooperazione tra la rete diplomatico-consolare italiana all'estera e i Paesi UE (anche i
partner UE hanno richiesto che le spese fossero a carico del viaggiatore). In questo ambito fornisco riscontrò alla interrogazione n. 4-05006 relativamente all'Ecuador. Molti connazionali hanno infatti potuto avvalersi di voli di altri Paesi (in particolare tedeschi, svizzeri, francesi e austriaci) per il rientro in Europa e, da lì, in Italia. Questi voli sono stati determinanti per il rientro dall'Ecuador e da Colombia, Bolivia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Haiti, El Salvador, Laos, Cambogia, Myanmar, Camerun, Niger, Gabon, per un totale di circa 300 connazionali.
  Per i Paesi dai quali è ancora possibile rientrare in Italia con voli commerciali regolarmente programmati, con uno o più scali, la rete diplomatico-consolare e l'unità di crisi sono impegnate in prima linea nel fornire la massima assistenza ai connazionali, indirizzandoli verso le compagnie aeree tuttora operative, al fine di individuare la miglior soluzione di viaggio. È questo il caso dell'Australia, altro Paese citato, dove grazie ad un intervento combinato dell'ambasciata d'Italia a Canberra e dell'ambasciata d'Italia a Doha, la Qatar Airways ha deciso di mantenere aperte le rotte che consentono il collegamento verso Roma, con scalo nella capitale qatarina. La compagnia sta inoltre applicando uno sconto speciale per chi rientra nel proprio Paese.
  Con specifico riferimento ad un altro Paese espressamente menzionato, il Brasile, Alitalia ha sospeso il volo Rio de Janeiro-Roma dopo il 23 marzo e fino al 30 aprile. Il volo San Paolo-Roma è stato tuttavia garantito fino al 2 aprile ed è in fase di valutazione la fattibilità di un ulteriore volo commerciale. La rete diplomatico-consolare italiana in Brasile, grazie anche alla tempestiva ritrasmissione di tutte le informative via SMS e App dell'unità di crisi in favore degli italiani registrati sul sito
DoveSiamoNelMondo, ha fornito e fornisce informazioni puntuali sullo stato dei voli disponibili per il rientro in Italia attraverso i propri canali su internet tradizionale e reti sociali.
  Tutte le iniziative elencate e quelle in corso di valutazione avvengono nel pieno rispetto della normativa vigente sul territorio italiano, con massima attenzione ad assicurare quindi il rientro nel Paese di chi si trovi all'estero in un effettivo stato di necessità e la salvaguardia della salute pubblica.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FIORINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo il sindacato della polizia Siulp di Modena chiede che la questura di Modena sia elevata di fascia, poiché, a seguito dell'aumento dei fenomeni criminosi da fronteggiare, si rende necessario un aumento di organico, sia per il capoluogo che per i commissariati di Carpi, Sassuolo e Mirandola;

   l'elevazione di fascia avrebbe come effetto un aumento di personale e di mezzi. Risulta che sia allo studio un piano del Ministero dell'interno per elevare di fascia alcune questure, tenendo conto di diversi parametri;

   il Siulp ha prodotto un'analisi sulla sicurezza nella provincia di Modena. Negli ultimi 12 mesi, il sindacato ha conteggiato indicativamente poco meno di 700 servizi di ordine pubblico. Il che significa che dipendenti della questura o dei commissariati di Carpi, Sassuolo e Mirandola, hanno lasciato il loro incarico per garantire la sicurezza in eventi pubblici di particolare rilievo che richiamano migliaia di persone, ovvero in manifestazioni e proteste particolarmente gravose in termini di dispendio di risorse umane;

   sul fronte della prevenzione generale e del soccorso pubblico, sempre relativamente alla città di Modena, i dati Siulp dicono che negli ultimi 12 mesi sono stati tratti in arresto circa 140 soggetti, la maggior parte dei quali per reati contro il patrimonio (furto, rapina, ricettazione), la persona e in materia di stupefacenti. Decisamente più alto, sempre per lo stesso periodo, sarebbe il numero di persone denunciate a piede libero, che sfiorerebbe le 1.000 unità. Inoltre, più di 26.000 soggetti sono stati sottoposti a controllo dalle volanti, molti dei quali a bordo di veicoli anch'essi controllati;

   del pari molto intensa è l'attività investigativa svolta dalla polizia di Stato di Modena. Si ricordano solo le più recenti ed importati operazioni, quali quella del 2018 denominata «Baby gang» che ha portato all'arresto di 5 minorenni accusati di lesioni, furto aggravato e rapine, e l'indagine «Flipper» che ha consentito di eseguire due ordinanze di custodia cautelare in carcere e un fermo di soggetti responsabili di numerose rapine;

   nel 2019 si rammenta l'operazione «Fossalta» che ha condotto a 9 ordinanze di custodia cautelare e tre divieti di dimora nei confronti di una banda di albanesi, per tentato omicidio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione;

   tra l'altro, dagli anni ’90 a oggi, è esponenzialmente aumentata l'attività relativa al rilascio e al rinnovo dei permessi di soggiorno;

   nel gennaio 1990, gli addetti dell'ex ufficio stranieri erano in totale 6 e si occupavano di circa 5.000 immigrati. Attualmente, negli stessi uffici prestano servizio 35 operatori, mentre i cittadini extracomunitari regolarmente presenti nella provincia di Modena risultano essere quasi 75.000, con un carico di lavoro per gli addetti pressoché triplicato;

   per alcune province che hanno immigrati in numero similare a quello di Modena (Bologna) il numero di addetti è molto più elevato se non quasi il doppio di quello della questura modenese; in altri casi, come ad esempio a Salerno, che sarà prossimamente «promossa» in fascia «A», si registra un organico di 25 addetti tra dirigenti, diretti, operatori e impiegati civili per un numero di immigrati che sfiora le 30.000 unità –:

   se la questura di Modena sia ricompresa nel progetto di revisione delle dotazioni organiche delle questure e di definizione di un nuovo modello organizzativo delle questure e dei commissariati, allo studio presso il Ministero dell'interno, ai fini dell'elevazione di fascia e, in caso contrario, se non ritenga di adottare iniziative affinché vi sia inclusa;

   se non ritenga di assumere iniziative volte a rimodulare l'organigramma della questura di Modena, elevandolo alla fascia superiore (A), nel contesto della nuova classificazione.
(4-04166)

  Risposta. — In merito alla questione posta dall'interrogante, si rappresenta che la situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico nella città di Modena e nella sua provincia è alla costante attenzione di questa amministrazione e delle autorità provinciali di pubblica sicurezza che, attraverso un costante monitoraggio del territorio e la predisposizione di adeguate misure di vigilanza e controllo, garantiscono il pieno rispetto del principio di legalità.
  Il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica si riunisce con frequenza regolare, svolgendo apposite riunioni nel corso delle quali, attraverso analisi sempre aggiornate del contesto generale, vengono individuate e aggiornate le strategie e le linee guida da sviluppare in sede tecnico-operativa per le attività di controllo svolte dalla Forze di polizia.
  Il piano di controllo integrato della Città, che segue le linee generali del piano di controllo della provincia approvato dal prefetto, è stato sviluppato con l'obiettivo di intensificare ulteriormente l'azione di contrasto allo spaccio di stupefacenti, all'immigrazione irregolare e, nel complesso, a tutti quei fenomeni in grado di creare allarme o pregiudizio per la sicurezza.
  Le politiche della sicurezza urbana sono da parecchi anni al centro del rapporto tra Stato e autonomie locali nella città di Modena. Si ricorda infatti che, sulla scorta del progetto «città sicure» della regione Emilia Romagna, proprio Modena ha visto la firma nel 1998 del primo protocollo d'intesa tra sindaco e prefetto per «la sperimentazione di nuove modalità di relazione finalizzate alla realizzazione di iniziative coordinate per un governo complessivo della sicurezza nella città».
  La ricerca di sinergie, in grado di costituire fattore moltiplicatore della garanzia della sicurezza, si è consolidata nel tempo anche attraverso il «Patto per Modena Sicura», rinnovato nel dicembre 2019.
  La nuova versione del Patto testimonia l'attenzione e il dinamismo di tutti gli attori coinvolti nella gestione dei vari aspetti della sicurezza urbana, mostrando la volontà non solo di consolidare i risicati positivi ottenuti nel passato, ma di fare ancora meglio.
  In una logica di sicurezza integrata, si intende dare nuovo impulso all'azione di prevenzione e repressione dei reati, da parte delle Forze di polizia, e alla riqualificazione urbana, da parte dell'amministrazione comunale.
  Si tratta di un ulteriore rilancio, teso a creare un contesto generale di maggiore sicurezza, nel solco già avviato delle iniziative di sicurezza partecipata, attraverso la promozione di momenti di confronto con i vari settori della rappresentanza cittadina, dai lavoratori alle organizzazioni datoriali, dalle categorie professionali ed economicamente produttive alle varie associazioni espressione delle singole realtà locali.
  È una strategia d'intervento che ha già prodotto nel tempo risultati assolutamente positivi, permettendo di rinsaldare i legami con la comunità e ridimensionare, al contempo, quel sentimento di insicurezza e isolamento urbano, proprio al centro delle analisi che condussero allo sviluppo del citato progetto «città sicure».
  In tale contesto, in materia di prevenzione della criminalità predatoria – che più da vicino colpisce e preoccupa i cittadini – si colloca anche l'istituzione dell'«
Action Day», giornata in cui il tema dei furti in appartamento è posto all'attenzione delle associazioni degli inquilini, della proprietà edilizia e degli amministratori di condominio, e che prevede, tra l'altro, la distribuzione di materiale illustrativo e informativo presso diversi centri di aggregazione.
  Sempre in un'ottica di sicurezza partecipata, si evidenzia anche il protocollo per il controllo di vicinato, sottoscritto con il comune di Modena, che dal suo avvio, nel maggio del 2017, ha coinvolto in modo attivo, nel solo capoluogo, quasi 2.000 cittadini, organizzati in circa 50 gruppi di vicinato, costantemente in contatto con la Polizia municipale e con le Forze dell'ordine.
  Gli aspetti della sicurezza presi in considerazione dalle istituzioni non potevano non riguardare, nella provincia, i locali pubblici e in particolare le discoteche, luoghi frequentati dalla fasce più giovani della popolazione.
  In quest'ambito due protocolli, stipulati con le organizzazioni dei gestori delle discoteche e con gli istituti di vigilanza, stanno realizzando risultati positivi, grazie anche alla particolare attenzione che il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha voluto imprimere al programma delle verifiche e dei controlli, attuato con l'impegno di Forze dell'ordine, Vigili del fuoco, polizie municipali e amministrazioni comunali, in collaborazione con i gestori stessi delle discoteche.
  Per quanto concerne, infine, la questione dell'organico nelle Forze dell'ordine presenti sul territorio, si rappresenta come la questura di Modena disponga di 353 unità, a fronte di una previsione organica di 365.
  Un ulteriore incremento di 10 unità di personale, riguardante i ruoli degli assistenti e agenti, è programmato a breve.
  Quanto, infine, allo richiamata classificazione della questura di Modena, si evidenzia che il 15 febbraio 2020 è entrato in vigore il decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 2019, n. 171, (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 2020), con il quale, è stata rimodulata l'individuazione delle questure sedi di particolare rilevanza, alle quali, in considerazione delle specifiche esigenze operative e funzionali, sono preposti dirigenti generali di pubblica sicurezza.
  Dette sedi di particolare rilevanza sono indicate dalle tabelle A e B, allegate al citato decreto del Presidente della Repubblica e tra queste, al momento, non rientra la città di Modena.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   GAGLIARDI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 al 18 agosto 2019 circa 300 persone, tra dirigenti e militanti del Partito Radicale insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, hanno visitato 70 istituti penitenziari in 17 regioni;

   al 31 luglio 2019 i detenuti ristretti nelle nostre carceri erano 60.254 per una capienza regolamentare di 50.480 e il personale di ogni livello ridotto nel suo organico;

   dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane ci sono stati 29 suicidi;

   la delegazione che ha visitato il carcere di Sanremo il 18 agosto era composta da: avvocato Deborah Cianfanelli; consiglio generale del Partito Radicale; Camera penale La Spezia; avvocato Marco Bosio, ex presidente della Camera penale Sanremo-Imperia; Stefano Petrella, Partito Radicale; Gianpiero Buscaglia, Partito Radicale; Giacomo Giannello, Partito Radicale;

   nel carcere di Sanremo:

    i detenuti presenti sono 269, dei quali 149 stranieri ristretti nei 234 posti regolamentari;

    i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 58; i lavoranti per conto di imprese e cooperativa sono 4; 2 detenuti semiliberi lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni;

    12 detenuti sono in trattamento metadonico su 74 detenuti tossicodipendenti; i detenuti con patologie di tipo psichiatrico sono 54;

    i detenuti affetti da epatite C sono 40 ed i sieropositivi sono 3;

    47 ristretti sono in attesa di giudizio di cui imputati 22, appellanti 12 e ricorrenti 13;

    gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 183, mentre la pianta organica ne prevede 201;

    la struttura non è servita da mezzi pubblici di trasporto;

    non esiste il regolamento di istituto in attesa della compilazione della parte di competenza della Asl;

    non vi è mediatore culturale;

    vi è prevalenza di celle da 6 detenuti ed a custodia chiusa;

    vi è scarsa presenza di psichiatri;

    sono presenti n. 2 defibrillatori;

    il reparto ordinario comuni è composto da celle da sei detenuti a regime chiuso. Le ore d'aria sono 9:30-11:30, 13:30-15:30 e quelle di socialità dalle 16:30 alle 19:30;

    sono scarsi gli incontri con gli educatori e si registra scarsità di lavoro;

    si rileva scarsità, se non totale assenza, della parte trattamentale e riabilitativa;

    vi sarebbe impossibilità di ottenere permessi per cure esterne;

    ai definitivi vengono detratte le spese di mantenimento nella misura di euro 112,00 ogni 15 giorni;

    i detenuti lamentano la scarsità delle forniture per igiene personale e di carta igienica (1 rotolo a settimana a testa);

    le celle sono fatiscenti e molto umide;

    sono rarissimi anche gli incontri con gli psicologi;

    alcuni detenuti tossicodipendenti che in libertà erano seguiti dal Sert non sono più stati seguiti dal momento dell'ingresso in carcere;

    il reparto degenza ha celle da 2 a regime chiuso con 2 ore d'aria la mattina e 2 la sera;

    un detenuto soffre di apnee notturne e lamenta che non gli viene messo a disposizione il necessario dispositivo;

    il reparto protetti detiene 53 detenuti. In questo reparto si trova detenuto Boccalatte, ex presidente del tribunale di Imperia, entrato per la «legge spazzacorrotti» nonostante i suoi 78 anni di età –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   quali iniziative si intendano assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;

   quali iniziative intendano adottare il Governo per riportare nella legalità costituzionale il carcere di Sanremo e per porre fine ai trattamenti disumani e degradanti ai quali sono oggigiorno sottoposti i detenuti;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per fronteggiare la gravissima situazione sanitaria.
(4-03739)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento agli esiti della visita presso il carcere di Sanremo effettuata il 18 agosto scorso da una delegazione di dirigenti e militanti del partito radicale insieme all'Osservatorio delle Camere penali italiane, a diversi parlamentari, ai garanti delle persone private della libertà, da cui sono emerse una serie di criticità relative, in particolare, al sovraffollamento carcerario, alle scoperture degli organici di polizia penitenziaria e una serie di altre problematiche tra cui la mancanza del regolamento interno, l'impossibilità di ottenere permessi per cure esterne, la scarsità degli incontri con gli educatori, delle offerte trattamentali e delle forniture per igiene personale, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione descritta, quali iniziative si intendano assumere affinché sia garantito il rispetto dell'articolo 27 comma 3 della Costituzione, quali iniziative si intendano adottare per riportare nella legalità costituzionale il carcere di Sanremo e porre fine ai trattamenti disumani e degradanti a cui sono sottoposti ogni giorno i detenuti, quali iniziative di competenza si intendano adottare per fronteggiare la gravissima situazione sanitaria.
  Va considerato in premessa che, alla data del 25 novembre 2019, presso la casa di reclusione di Sanremo risultano ristretti 278 detenuti rispetto a 234 posti disponibili, per una percentuale di affollamento pari ai 118,80 per cento, come tale inferiore alla media del Paese che si attesta attorno al 128 per cento.
  Va altresì dato atto del pieno rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla Cedu, in quanto 14 detenuti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, uno spazio compreso tra i 3 e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 264 ristretti risultano avere a disposizione uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadrati.
  Per quanto riguarda l'elevato numero di detenuti stranieri (162 rispetto ai 116 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo dicastero sviluppare e condurre in porto in temi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo Unico Immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Quanto alla dotazione organica della polizia penitenziaria, presso l'istituto in parola, le maggiori scoperture si registrano nel ruolo dei sovrintendenti, compensate almeno numericamente dall'esubero nel ruolo degli agenti assistenti.
  In ogni caso, al fine di un riequilibrio anche sul piano funzionale, con riferimento alla carenza dei sovrintendenti, va ricordato in questa sede che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che su tutto il territorio si registrano in questo profilo professionale.
  Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario.
  A tal riguardo ci si limita a evidenziare che è in atto il corso di formazione anche per i vincitori del concorso a 80 posti di vice commissario, mentre verranno completate le procedure concorsuali a complessivi 49 posti di ispettore superiore ed a complessivi 754 posti di allievo agente. Si provvederà, altresì, al completamento dell'assunzione straordinaria di 1.300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria — ai sensi dell'articolo 1, commi 382-383, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) — anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti e verranno inoltre avviate, nei prossimi mesi, le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti conseguito all'incremento della dotazione organica previsto dall'articolo 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), e alle vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
  È altresì previsto un programma straordinario di assunzioni per i prossimi anni per un totale di 620 unità di polizia penitenziaria è di 150 unità del comparto funzioni centrali con un impegno di spesa di quasi sei milioni annui per il 2020 e per il 2021.
  In tale direzione, si confida realisticamente di poter disporre, a breve, di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze della casa di reclusione di Sanremo che, comunque, va ricordato, già lo scorso mese di luglio ha fruito di un incremento di 3 unità.
  Per quanto qui di interesse, sempre in relazione alla copertura degli organici, è utile rilevare che non si ravvisano particolari criticità rispetto al personale dell'area trattamentale, essendo in servizio 4 delle 5 unità previste in pianta organica. Tale situazione, comunque, potrà essere agevolmente fronteggiata anche grazie alla procedura concorsuale per n. 50 posti relativi al profilo professionale di funzionario della professionalità giuridico-pedagogica, autorizzata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale 29 agosto 2019, n. 204.
  Per quanto riguarda la mancanza del regolamento interno, va segnalato che sono stati avviati i lavori per la sua predisposizione ed approvazione.
  Non trova conforto in atti l'asserita impossibilità di ottenere permessi per visite esterne, in quanto risulta che dal 1° gennaio 2019 al 18 agosto 2019 sono state effettuate 489 complessive visite in luogo esterno di cura.
  Gli educatori effettuano colloqui all'atto dell'ingresso, su richiesta dei detenuti stessi, in caso di segnalazione da parte di altri operatori e partecipano alle attività di osservazione e all'organizzazione delle iniziative trattamentali e scolastiche.
  Sono presenti due esperti psicologi
ex articolo 80 O.P., convenzionati per 62 ore mensili, per i colloqui con i detenuti e le attività di osservazione.
  A tal fine, si segnala come, da tempo, il fondamentale processo di lavoro dell'osservazione è stato oggetto di sistematizzazione, con la programmazione mensile degli incontri del G.O.T., nell'ottica di conferire massima rilevanza al momento della collegialità e del confronto tra tutte le professionalità, chiamate a interagire, a vario titolo, con il detenuto e, per ciò stesso, componenti il collegio.
  Lo specialista psichiatra è presente nella struttura due volte la settimana.
  In relazione alle attività trattamentali e riabilitative si evidenzia che è attivo un laboratorio Pvc gestito dalla cooperativa sociale art. 27, che impegna giornalmente 3 detenuti, è presente una serra formativa, alla quale partecipano 2 persone detenute, con l'ausilio di un volontario specializzato, settimanalmente, è organizzato, con il coinvolgimento del volontariato, un corso di disegno, al quale partecipano 18 detenuti, durante la stagione invernale si svolge, periodicamente, nei locali del teatro, il cineforum, con l'ausilio di una volontaria, che cura anche la redazione del giornalino d'istituto. Oltre alla possibilità di accesso alla palestra, consentita giornalmente a turnazione, e al campo sportivo, è iniziato, nel mese di ottobre, un corso di calcio al quale partecipano circa 46 detenuti, organizzato in due gruppi con cadenza settimanale. Lo scorso anno è stato organizzato un corso di teatro che si è concluso con una rappresentazione nel mese di maggio 2019, da settembre 2018 è stato attivato un corso di sostegno alla genitorialità, che prosegue anche per il prossimo anno, rivolto sia ai detenuti comuni sia ai detenuti ristretti nel padiglione riservato ai
sex offenders. L'istituto ha avviato una collaborazione con i comuni di Taggia, Riva Ligure e Santo Stefano al mare per la manutenzione di aiuole e vi presta la propria attività un detenuto in regime di articolo 21 O.P., mentre continua la fattiva collaborazione con l'istituzione scolastica per l'offerta di percorsi di alfabetizzazione e di scuola media inferiore e, nel mese di settembre, essendo stato attivato il corso scolastico di istruzione secondaria di secondo grado a indirizzo enogastronomico e di ospitalità alberghiera, al quale sono iscritti 12 detenuti, ed è altresì attivo un corso di lettura, tenuto settimanalmente da due volontarie, al quale partecipano 14 detenuti.
  I lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono 58; i lavoranti per conto di imprese e cooperative sono 4, mentre 2 detenuti semiliberi lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni.
  Nell'ottica di coinvolgere il maggior numero di detenuti e in base agli stanziamenti economici assegnati, il lavoro interno è organizzato secondo turnazione e i ristretti vengono avviati all'attività lavorativa sulla base di una graduatoria stilata secondo le previsioni normative dall'ufficio educatori.
  Del pari, non si rileva alcuna specifica criticità nemmeno con riferimento alle forniture per l'igiene personale, in quanto al momento dell'ingresso in istituto al detenuto viene consegnato un
kit completo per l'igiene personale, integrato mensilmente.
  Viene inoltre consegnato materiale specifico per la pulizia delle camere di pernottamento.
  Si segnala, inoltre, che nella giornata del martedì i volontari sono a disposizione della popolazione detenuta per la consegna di generi alimentari e di prodotti per l'igiene personale.
  Il potenziamento complessivo dell'assistenza sanitaria in contesto penitenziario, entro i limiti delle proprie competenze, riveste uno specifico rilievo nell'ambito delle linee programmatiche di questo Dicastero.
  Con specifico riguardo al segnalato incremento di problematiche di natura psicologica e psichiatrica in contesto carcerario, va dato atto che sono in corso progetti per incrementare o istituire nuove sezioni delle A.t.s.m. (articolazioni per la tutela della salute mentale) presso varie strutture carcerarie del territorio.
  Inoltre, si fa presente che è intendimento di questa Amministrazione continuare a sviluppare la progettualità appena descritta, nonché proporre la riattivazione dei lavori del Tavolo di consultazione permanente per la sanità penitenziaria presso la Conferenza unificata, per condividere con il Ministero della salute e le regioni la definizione di un regolamento organizzativo delle Articolazioni per la tutela della salute mentale con l'obiettivo di implementare l'assistenza psichiatrica negli istituti penitenziari, rendere omogenei i criteri di ammissione dei detenuti nelle A.t.s.m. e uniformare l'assistenza sul territorio nazionale.
  Proprio grazie alla necessaria sinergia con il servizio sanitario e con le regioni, si persegue l'obiettivo di ampliare e migliorare il servizio anche attraverso informazioni complete sullo stato di salute dei detenuti, un accesso veloce alle prestazioni sanitarie, un incremento dei reparti di medicina protetta
ex articolo 7, del decreto-legge n. 187 del 1993 ed un rafforzamento del piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere.
  A tal riguardo, per i profili di sua competenza, il Ministero della salute ha evidenziato che sono in corso i lavori del tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 e del comitato paritetico per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. In particolare, il suddetto dicastero, ha rappresentato che il 15 gennaio 2019 si è svolta l'ultima riunione plenaria che ha tracciato un
focus sulle principali da sviluppare, individuandole nella revisione degli accordi conferenza Stato-regioni e unificata, nel monitoraggio dei cambiamenti del settore e nella ripresa di un governo strategico della problematica gestione delle Rems che, giova ricordare, esulano dalla sfera di competenza di questo Dicastero, ai sensi del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
  Tali propositi si innestano a pieno titolo nel più ampio alveo delle coordinate operative che puntano ad un innalzamento complessivo della qualità della vita detentiva focalizzando particolare attenzione alla valorizzazione dei rapporti familiari e della genitorialità ed al miglioramento dell'offerta trattamentale, con specifico riguardo sia alle attività didattiche, che alle iniziative in campo lavorativo.
  Sotto il primo aspetto assumono particolare rilievo l'adozione di iniziative tese, fra l'altro, ad agevolare i colloqui dei detenuti con i familiari sia favorendone la prenotazione
on line sia soprattutto, a seguito dell'adozione della circolare del 30 gennaio 2020, attraverso l'impiego dell'applicativo Skype for business per i video-colloqui.
  Attualmente già in 122 istituti di reclusione su 190 risulta attivo e funzionante il sistema
Skype — con il 64 per cento di copertura — così come in 12 su 17 tra Icam e asili nido — per una percentuale pari al 75 per cento.
  In parallelo è intendimento di questo Dicastero curare un
restyling logistico-strutturale attraverso l'allestimento e il miglioramento di spazi di accoglienza, animazione e supporto psicologico nelle strutture già esistenti.
  Sul piano trattamentale, occorre evidenziare che l'offerta didattica verrà potenziata e modernizzata sia grazie all'imminente rinnovo del protocollo d'intesa con il Miur, lungo un solco già tracciato dalla recente stipula, lo scorso 11 settembre, del protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale poli universitari (Cnupp) che prelude all'elaborazione di linee guida attraverso cui armonizzare i moduli di collaborazione fra atenei e mondo penitenziario, sia attraverso l'impiego del
web per sostenere gli esami a distanza ed espletare gli adempimenti burocratici funzionali e propedeutici.
  Ulteriore stimolo verrà impresso alle iniziative a carattere lavorativo, proseguendo nella diffusione del
format «Mi riscatto per...» ed estendendo la rete di contatti con il mondo imprenditoriale e delle cooperative così da ricreare, in contesto penitenziario, condizioni quanto più analoghe possibile al mercato del lavoro esterno e preparare al meglio i detenuti al re-ingresso nel tessuto produttivo all'atto della loro remissione in libertà.
  Il 14 ottobre scorso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha istituito un'innovativa articolazione centrale (denominata «Mi riscatto per il futuro») con il compito principale di agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro in contesto detentivo, tra l'altro attraverso la costituzione ed implementazione di una banca dati costantemente aggiornata con le informazioni relative al profilo lavorativo-attitudinale dei soggetti ristretti così da incrementare sensibilmente le attività trattamentali a base lavorativa, favorendo per tale via il re-inserimento sociale.
  È fermo intendimento di questo Ministero valorizzare ed implementare in maniera significativa la funzionalità di tale struttura così da innalzare sensibilmente la percentuale dei detenuti lavoranti, che attualmente si attesta su una percentuale del 28 per cento passando attraverso un radicale rinnovamento dell'impostazione di sistema del lavoro penitenziario. Per tale via si potrà favorire la capillare diffusione di laboratori e progettualità negli istituti di tutto il territorio e la realizzazione di cicli produttivi in cui coinvolgere stabilmente la popolazione detentiva così da assicurarle percorsi formativi e professionali qualificanti, agevolmente spendibili nei vari rami produttivi del mondo del lavoro, in tal modo facilitando sensibilmente il percorso di recupero e reinserimento sociale.
  È del tutto ragionevole ritenere, in conclusione, che i propositi operativi sin qui sintetizzati impatteranno favorevolmente sulle condizioni e sulla qualità della vita detentiva in maniera trasversale su tutti gli istituti penitenziari tra cui, evidentemente, anche la casa di reclusione di Sanremo.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le problematiche del carcere di via Burla nel comune di Parma – costruito nel 1990 e aperto nel 1992 – in vista dell'ampliamento della struttura che oggi vede detenute circa 637 persone – un terzo stranieri – saranno realmente aggravate dall'apertura di un nuovo padiglione per ulteriori 200 detenuti che aprirà senza risorse necessarie, con 200 problemi in più e una sola certezza: le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a Parma saranno costretti a lavorare in condizioni sempre più difficili. L'incremento numerico porterà la presenza, oltre alle 800 unità, facendo divenire Parma la sede del più grande penitenziario della regione, sebbene con una direzione di livello inferiore rispetto a quella di Bologna;

   duecento nuovi detenuti in arrivo nel nuovo padiglione del carcere di Parma, struttura che conta 637 «ospiti» a fronte di una capienza regolamentare di 468. In tutta l'Emilia-Romagna i detenuti sono quasi 3.800, anche se i posti disponibili sono mille in meno e i reclusi stranieri in tutta la regione superano le 1.900 unità;

   la situazione del penitenziario cittadino resta decisamente critica e problematica a partire dalla direzione che vede da anni affidi temporanei che non permette la programmazione di azioni a lungo termine. Già oggi si registra una profonda carenza di personale, con una grave difficoltà nel portare a esecuzione nuovi progetti lavorativi per i detenuti: problematiche che saranno inevitabilmente aggravate con altre 200 persone in più da gestire. Solo per i ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori si registra una carenza del 90 per cento, le figure educative sono invece in carenza del 50 per cento, solo un Commissario quando ne sono previsti 4 ed un unico direttore «in missione» senza il supporto dei due previsti funzionari aggiunti;

   a fronte di una capienza regolamentare di 468 unità, il reparto detentivo maggiormente interessato dai nuovi ingressi è quello della media sicurezza, ma anche le sezioni di Alta sicurezza (a Parma vi è il circuito AS1 che sono gli ex 41-bis e il circuito AS3) registrano un incremento dei flussi in entrata, mentre sono stabili i 66 detenuti in regime di 41-bis, il cui reparto è comunque alla massima capienza possibile;

   il trasferimento a Parma di circa 50 detenuti AS3 dal mese di luglio 2019 ad oggi e, recentemente, l'assegnazione dal carcere di Voghera di 10 detenuti AS1, sette dei quali con ergastolo ostativo, che portando a 129 gli ergastolani presenti ovvero il 20 per cento dei reclusi, ha compromesso la vivibilità delle stanze detentive per i detenuti con lunghe condanne e, spesso, costretto i detenuti a vivere con un compagno malato, anch'esso bisognoso di maggior tutela e accade che i detenuti, pur di non vivere in cella con un compagno, preferiscono farsi rinchiudere nelle celle di isolamento e avviare forme di proteste;

   nel reparto di media sicurezza si assiste all'arrivo da altri istituti di detenuti con forti problematiche disciplinari che, inevitabilmente, hanno peggiorato la qualità delle relazioni tra detenuti e operatori penitenziari, arrivando così al verificarsi di eventi critici che hanno superato, nel numero, la soglia della normale tollerabilità da parte di un sistema che sempre più si espone alla concreta possibilità del verificarsi di eventi irreparabili e drammatici;

   la situazione, se non regolarizzata al più presto, rischia di minacciare la sicurezza, l'ordine e in generale i diritti fondamentali all'interno della struttura penitenziaria. C'è bisogno di più personale per meglio gestire e supportare le reali necessità del carcere, bisogna garantire stabilità direzionale per definire un piano organizzativo che possa assicurare continuità nel lavoro e nell'amministrazione di una struttura rilevante per l'intera regione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di garantire la massima agibilità e sicurezza al personale operante nel carcere di Parma, dotandolo anche di una dirigenza stabile e con risorse di personale ed economiche sufficienti.
(4-04554)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, inerente alla casa di reclusione di Parma, si evidenzia che la casa di reclusione di Parma costituisce un istituto di portata rilevante, sia per dimensioni sia per tipologia dei detenuti ivi ristretti, essendo la complessità del contesto legata alla presenza di diversi circuiti detentivi: 41-bis alta sicurezza 1, alta sicurezza 2 e media sicurezza; è inoltre attivo un reparto per minorati fisici e un S.A.I. (Servizio di assistenza intensificata) che, inevitabilmente, richiede il frequente ricorso anche a prestazioni sanitarie territoriali.
  Alla data del 30 gennaio 2020 presso l'istituto di Parma erano presenti un totale di 634 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 456 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 142,79 per cento, il quale, pur essendo rilevante, è comunque in linea con l'indice percentuale medio del distretto, pari al 141,38 per cento circa.
  Dei 638 detenuti presenti, 447 sono di nazionalità italiana, mentre i restanti 187 sono stranieri.
  Inoltre, 239 detenuti sono ascritti al circuito detentivo alta sicurezza, mentre 66 ristretti sono inseriti nel circuito detentivo per l'esecuzione del regime
ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; la restante popolazione detenuta appartiene al circuito della media sicurezza.
  In particolare, relativamente alle posizioni giuridiche dei suddetti detenuti si evidenzia la seguente situazione:

   63 in attesa di primo giudizio;

   27 appellanti;

   24 ricorrenti;

   7 mista senza definitivo;

   58 condannati non definitivi;

   449 definitivi;

   64 mista con definitivo.

  Trattandosi di una casa di reclusione, la quasi totalità dei detenuti ivi presenti risulta essere in espiazione di condanne definitive alla pena della reclusione e dell'ergastolo.
  La competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza e di capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, attraverso il sollecito dei singoli provveditorati regionali ad effettuare una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, sia provvedendo, ove richiesto, alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distrettuali.
  Considerata la necessità di reperire nuovi spazi detentivi da destinare al circuito alta sicurezza 3 e di deflazionare le sedi penitenziarie del sud Italia, anche attraverso l'allontanamento dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata dai territori di radicamento e dall'attività del sodalizio mafioso di appartenenza, nel mese di settembre 2019 è stata disposta la conversione delle due sezioni alta sicurezza 1, presenti nella casa circondariale di Voghera (ospitante 51 detenuti), in circuito alta sicurezza 3; sono stati così recuperati 94 posti per tale sottocircuito.
  A seguito di tale conversione, solamente 11 detenuti AS1 (dei 51 presenti a Voghera) sono stati trasferiti presso la casa di reclusione di Parma.
  Risulta inoltre che nel corso dell'anno 2019 sono stati trasferiti all'istituto di Parma 12 detenuti AS3 dalla regione Campania e 8 detenuti AS3 dalla casa circondariale di Voghera, oltre quelli assegnati provvisoriamente per motivi sanitari o sopraggiunta definitività del titolo detentivo, nei limiti comunque delle consentite capacità ricettive della struttura.
  A tal riguardo, si evidenzia che, con provvedimento della direzione generale dei detenuti e del trattamento 29 ottobre 2019, è stata disposta la sospensione delle assegnazioni di detenuti alta sicurezza 3 all'istituto di Parma per due mesi.
  Per completezza, si riporta di seguito la tabella riassuntiva dei provvedimenti di sfollamento dall'istituto di Parma, emessi dal provveditorato nel corso del 2019.

RICHIESTE PERVENUTE DAGLI ISTITUTI

RICHIESTE ESEGUITE DAL P.R.A.P.

DATA RICHIESTA (GG/MM)

ISTITUTO

N. SOGGETTI RICHIESTI

DATA PROVV.

N. SOGGETTI ESEGUITI

16/02/2019

PARMA

12

20/02/2019

11

04/07/2019

PARMA

10

05/07/2019

4

27/09/2019

PARMA

19

30/09/2019

8

29/10/2019

PARMA

17

30/10/2019

8

Totale eseguiti

31

  Per quanto attiene alla criticità relativa alla carenza del personale del Corpo, si evidenzia che quella dell'istituto in esame è analoga a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del Corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, il quale ha ridotto l'organico previsto da 45.121 a 41.202 unità, e alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  In particolare, si indicano i dati relativi all'organico previsto e alla forza amministrata presso l'istituto in esame:
  

  Ruolo

Organico previsto

Forza amministrata

G.O.M.

  Funzionari

4

2

0

  Ispettori

65

23

3

  Sovrintendenti

76

6

1

  Agenti Assistenti

317

381

67

  Totale

462

411

71

  Ai dati sopra riferiti va aggiunta n. 1 unità distaccata in ingresso e sottratte n. 56 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, sono effettivamente presenti complessive 356 unità, escluso il contingente in forza al Gruppo operativo mobile.
  Nel mese di luglio il personale della casa di reclusione di Parma è stato incrementato di n. 13 unità maschili appartenenti al ruolo agenti/assistenti, a seguito della mobilità sviluppata in occasione del 175° corso.
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo (a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia) è in corso di svolgimento,
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione dell'istituto
de quo in occasione della possibile rimodulazione delle risorse umane, così come potranno essere disposte ulteriori movimentazioni di personale appartenente al ruolo agenti/assistenti in occasione del prossimo interpello di mobilità che si svilupperà in occasione del termine del 176° corso allievi agenti, attualmente in itinere.
  Nell'ambito delle sedi e dei posti cui destinare gli ottanta futuri commissari del ruolo a esaurimento del Corpo, il cui corso è in fase di svolgimento, si sono individuati, nell'ambito dell'istituto di Parma, due dei summenzionati commissari con le funzioni, rispettivamente, di vice comandante di reparto e di responsabile dell'N.T.P., giusta comunicazione del direttore generale del personale e delle risorse dell'8 ottobre 2019.
  Si rappresenta che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84, recante «Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche», ha dato corso al ridimensionamento delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione penitenziaria, prevedendo la riduzione degli uffici dirigenziali generali istituiti presso l'amministrazione centrale nonché la riduzione dei provveditorati regionali (come individuati nella tabella b allegata al regolamento), con la soppressione delle sedi di Ancona, Genova, Perugia, Pescara e Potenza.
  Sono stati ridotti, inoltre, i posti di funzione dirigenziale non generale prevedendo, tra l'altro, l'accorpamento degli istituti penitenziari ubicati nelle città di Alessandria, Ancona, Brescia, Civitavecchia e Reggio Calabria.
  Più gravemente, il citato regolamento ha previsto, in attuazione del piano di
spending review e di vincoli normativi vigenti, un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche, per il personale delle aree funzionali, prevedendo un contingente organico di 4.689 unità e, per le qualifiche dirigenziali, un contingente complessivo di 345 unità (dato tabellare iniziale pari a complessive 9.929 unità, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2000).
  Nel prospetto che segue si riportano dettagliatamente i dati delle qualifiche dirigenziali e del personale delle aree funzionali alla data del 1° novembre u.s.:
  

Dotazione organica complessiva del personale dirigente e delle aree funzionali

  Qualifiche dirigenziali

  Organico

  Presenti

  Dirigenti generali penitenziari

  16

  14

  Dirigenti penitenziari (ruolo istituti)

  300

  256

  Dirigenti Area 1 (oggi funzionari centrali)

  29

  25

  Totale qualifiche dirigenziali

  345

  295

  Aree funzionali

  Terza area

  2.219

  1.749

  Seconda area

  2.377

  2.114

  Prima area

  93

  78

  Totale aree

  4.689

  3.941

  Totale generale (dirigenti + aree funzionali)

  5.034

  4.236

  Relativamente al personale delle qualifiche dirigenziali, le carenze organiche sono state segnalate all'ufficio concorsi sia per i dirigenti di area 1, per l'eventuale avvio delle procedure di competenza, sia per la sollecita definizione del regolamento di accesso alla carriera dirigenziale penitenziaria.
  La carenza organica del ruolo dei dirigenti penitenziari necessita di urgenti soluzioni di intervento, in considerazione dei compiti e delle responsabilità attribuite ai citati dirigenti dall'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, recepito con il decreto legislativo n. 63 del 2006; il ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario registra attualmente uno scoperto pari al 14,67 per cento con una presenza effettiva di 256 dirigenti, a fronte di una previsione organica di n. 300 unità.
  Per quanto riguarda specificamente l'istituto parmense, si evidenzia che all'esito della prima e seconda fase degli interpelli per il conferimento degli incarichi dirigenziali cosiddetti «ordinari», non è stato possibile conferire i posti di funzione di direttore e vice direttore dell'istituto di Parma, in considerazione delle disponibilità manifestate dai dirigenti penitenziari, nonché dei limiti temporali per la permanenza in una sede dirigenziale previsti dall'articolo 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 63 del 2006.
  Data anche la carenza di organico dirigenziale (meno 44 unità a livello nazionale), la reggenza della struttura penitenziaria in esame è assicurata, per quattro giorni a settimana, dal dottor Tazio Bianchi, vice direttore della casa circondariale di Bologna; mentre, la dottoressa Lucia Monastero, vice direttore della casa circondariale di Reggio Emilia, garantisce la presenza presso la casa di reclusione di Parma per tre giorni a settimana.
  Si evidenzia inoltre che mediante il piano «Interventi correttivi nuovo padiglione», le lacune relative al nuovo padiglione detentivo sono state in parte colmate, mentre altre sono in fase di superamento.
  Tra queste ultime, sono in fase di realizzazione i lavori volti a eliminare la promiscuità dell'ingresso al padiglione mediante la realizzazione di inferriate e pannelli.
  Inoltre, a fronte della necessità di predisporre un'ulteriore cucina prima dell'apertura del nuovo padiglione, il provveditorato interregionale per le OO.PP. per la Lombardia e l'Emilia Romagna ha recentemente comunicato che la prima procedura di gara relativa alla fornitura e posa in opera della cucina detenuti del padiglione in oggetto è andata deserta.
  È stata, dunque, avviata una nuova gara e l'attività della relativa commissione, il cui inizio è stato previsto per il giorno 7 novembre 2019.
  Considerato il termine di 120 giorni previsto dal bando di gara per l'esecuzione delle prestazioni, si prevede che l'apertura del nuovo padiglione potrà avvenire nel primo semestre dell'anno 2020.
  Rispetto alla tipologia di detenuti da destinarsi al nuovo padiglione detentivo, il locale provveditorato ha formulato propria proposta di destinazione d'uso dello stesso al circuito media sicurezza a regime aperto e, quindi, a soggetti a basso indice di pericolosità con modalità di vigilanza dinamica, poiché, a seguito di un sopralluogo congiunto effettuato in data 26 marzo 2019 dal personale tecnico del provveditorato e di questa sede centrale, si è ritenuta inidonea l'assegnazione dell'alta sicurezza, ritenendo preminenti le esigenze di sicurezza rispetto alla tipologia della struttura (a causa dell'eccessiva prossimità del padiglione medesimo alla cinta muraria), nonché per il sovraffollamento del circuito media sicurezza, rispetto all'alta sicurezza.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo a firma Rita Bernardini, pubblicato dal quotidiano Il Dubbio il 29 ottobre 2019 a pagina 12, si dà notizia della vicenda di un malato terminale per un tumore ai polmoni, detenuto in custodia cautelare in regime di «41-bis» presso il carcere di Opera;

   nell'articolo, si spiega che:

    la vicenda riguarda Antonio Tomaselli, per le cronache giudiziarie reggente della famiglia Santapaola-Ercolano, invischiato in diverse inchieste e già in passato condannato per associazione mafiosa;

    Tomaselli non è imputato, né mai lo è stato in passato, per fatti di sangue; la condanna massima che potrebbe ricevere per i fatti oggetto dell'attuale vicenda giudiziaria non potrà superare i dieci anni di detenzione;

    nel luglio del 2017 a Tomaselli viene diagnosticato un tumore inoperabile al IV stadio al polmone destro, al polmone sinistro e al surrene con una speranza di vita di tre anni, oggi ridotta per il trascorrere inesorabile del tempo;

    all'epoca della diagnosi Tomaselli era ancora in libertà e aveva iniziato le indispensabili terapie presso l'ospedale «Garibaldi» di Catania; terapie basate su farmaci palliativi, chemioterapici naturali quali il Crizotinib, farmaci che richiedono somministrazioni giornaliere continuative e controlli diagnostici serratissimi al fine di valutare l'efficacia degli stessi in quanto devono essere immediatamente interrotti e sostituiti in caso di mutamento del quadro clinico;

    a distanza di tre mesi dalla diagnosi, nel novembre 2017 Tomaselli viene arrestato e condotto nel carcere di Catania-Bicocca in quanto di lì a tre giorni era prevista una Tac presso l'ospedale della città. Fatta la Tac, che confermava l'avanzamento inesorabile della malattia, Tomaselli viene tradotto a 1.500 chilometri di distanza, nel carcere di Tolmezzo, dove i sanitari stabiliscono di non poterlo curare;

   successivamente, dal carcere di Tolmezzo, Tomaselli viene tradotto nel carcere di Torino e anche lì i sanitari si dichiarano impossibilitati a seguire un malato in quelle condizioni. Nel frattempo, i periti del tribunale di Catania comunicano che il Tomaselli doveva essere trasferito a Messina, in quanto malato oncologico terminale residente e in cura presso l'ospedale di Catania. Invece, accade che il detenuto viene tradotto nel carcere di Milano-Opera perché il Governo aveva intanto firmato il decreto che gli infliggeva il «41-bis»;

   nell'articolo si legge ancora che:

    sia i familiari che i difensori documentano come i controlli, i monitoraggi e le cure per il loro congiunto e assistito, in qualsiasi carcere sia stato, non siano stati e non siano effettuati secondo i protocolli e che per una persona in quelle condizioni né il carcere né tanto meno il regime speciale del «41-bis» possono consentirgli un'assistenza adeguata;

    sia il tribunale del riesame, sia la Corte di cassazione decidono però che «le condizioni di salute in cui versa il Tomaselli non risultano modificate in peggio malgrado la gravissima malattia da cui l'indagato è affetto», e che, quindi, le sue condizioni di salute sono compatibili con la detenzione al carcere duro –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se corrisponda al vero;

   se, anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999, le cure e le terapie ricevute dal detenuto nel carcere di Milano-Opera corrispondano ai protocolli sanitari previsti per un malato oncologico con una speranza di vita ormai ridottissima.
(4-04136)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento ad un articolo a firma di Rita Bernardini pubblicato il 29 ottobre 2019 a pagina 12 del quotidiano Il Dubbio in cui vengono sollevati dubbi sulla compatibilità dello stato di detenzione di Tomaselli Antonio rispetto alle sue gravi condizioni di salute, ed in particolare ad un tumore inoperabile diagnosticato poco prima di essere attinto dalla misura cautelare per la quale è attualmente ristretto, evidenziando anche la sua breve aspettativa di vita e la condanna massima a cui egli potrebbe andare incontro, non superiore ai dieci anni, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti in premessa e se, anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999, le cure e le terapie ricevute dal Tomaselli presso il carcere di Milano «Opera», ove è ristretto, rispondano ai protocolli sanitari.
  Va preliminarmente evidenziato che, alla luce degli elementi informativi forniti dall'autorità giudiziaria competente, Tomaselli Antonio risulterebbe essere un pregiudicato esponente di rango apicale della consorteria criminale denominata «Santapaola Ercolano», rispetto a cui, nel periodo ricompreso tra l'ottobre 2016 ed il novembre 2017, egli avrebbe agito in veste di «reggente operativo».
  In considerazione della sua asserita posizione apicale e del profondo grado di compenetrazione nelle dinamiche della criminalità organizzata del territorio, per altro radicate nel tempo, sono state ravvisate a suo carico eccezionali esigenze cautelari poste alla base del provvedimento restrittivo.
  È opportuno rimarcare che, contrariamente a quanto osservato dall'interrogante, fatti salvi i temperamenti di legge
ex articolo 78 del codice penale, in relazione ai titoli di reato per i quali si trova attualmente detenuto, il Tomaselli potrebbe andare incontro ad una pena massima di 38 anni di reclusione aumentabile sino al triplo, alla luce della cornice normativa di riferimento (articoli 416-bis, commi 3 e 6, del codice penale, 12-quinquies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito in legge n. 356 del 1992, 416-bis, comma 1, del codice penale, già articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 convertito in legge n. 203 del 1991).
  Per quanto attiene al profilo sanitario, gli elementi informativi offerti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dall'autorità giudiziaria competente, convergono univocamente nel delineare un quadro di compatibilità delle condizioni di salute del Tomaselli rispetto allo stato di detenzione.
  Premesso, in termini generali, che la struttura penitenziaria è tenuta ad assicurare a ogni detenuto non più dello stesso livello di cure che avrebbero potuto essere praticabili all'esterno, va chiarito che il Tomaselli, già in epoca antecedente alla detenzione, seguiva un trattamento farmacologico che non è stato giammai sospeso dopo l'inizio della carcerazione.
  Proprio al fine di garantire al Tomaselli il miglior livello possibile di cure, sulla scorta delle conclusioni dei consulenti all'uopo nominati, il tribunale ha individuato un protocollo medico da seguire e che prevede, oltre alla fornitura del medicinale, rivalutazioni periodiche, la programmazione tempestiva di
follow-up strumentale e la possibilità di accedere al centro di alta specializzazione più vicino per tutti gli accertamenti clinici e strumentali necessari.
  Accertati sia la costante somministrazione del farmaco, sia l'adeguato monitoraggio clinico da parte dei periti, l'autorità giudiziaria, sulla base di tali evidenze, ha concluso per la compatibilità delle condizioni di salute rispetto al regime detentivo.
  Allo stesso modo va chiarito che è emerso il costante rispetto del protocollo medico indicato in perizia, ad eccezione di discostamenti marginalissimi avvenuti, comunque, sotto il controllo e su indicazione degli specialisti oncologici che hanno in cura il detenuto.
  Anche dalle notizie acquisite sia dal dirigente medico dell'unità operativa sanità penitenziaria della regione Lombardia, sia dal coordinatore sanitario della casa di reclusione di Milano «Opera», si evince che il detenuto è stato ed è sottoposto agli accertamenti diagnostici e alle terapie necessarie, con la supervisione costante dell'Unità operativa di oncologia dell'ospedale universitario San Paolo di Milano.
  Risulta, altresì, che i sanitari del suddetto reparto oncologico abbiano concordato con il medico di fiducia del paziente, specialista oncologo catanese, l'opportuna gestione clinica e strumentale, un programma di
follow-up condiviso e le prospettive terapeutiche future.
  Le cure mediche somministrate al paziente hanno portato, ad oggi, al raggiungimento di un quadro clinico non mutato e stazionario, indicativo di una fase di stabilità clinica.
  Analoga conclusione è stata confermata per iscritto, in data 3 dicembre 2019, dal dirigente medico dell'unità operativa sanità penitenziaria della regione Lombardia che, valutata la documentazione clinica e la relazione sanitaria redatta dal coordinatore sanitario del carcere di «Opera», ha dichiarato che il detenuto in questione è seguito adeguatamente e che la malattia neoplastica è attualmente stabile e controllata regolarmente presso l'oncologia dell'ospedale San Paolo di Milano.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo un «alleggerimento» degli ultimi anni la situazione di sovraffollamento della casa circondariale di Brissogne torna ad essere critica con 225 detenuti a fronte di una capienza di soli 181 posti;

   il dato è stato fornito dal Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive, che ha rimarcato come oggi più che mai Brissogne riveste il poco invidiabile ruolo di «polmone», rispetto a criticità di affollamento sussistenti in altri istituti limitrofi. Ma il sovraffollamento non è l'unico problema: il Garante segnala anche la «mancanza di un vertice» (direttore e comandante della polizia penitenziaria), l'elevato turn over dei detenuti e un'abbondante presenza di stranieri, in percentuale doppia rispetto alla media nazionale;

   alcuni periodi dell'anno, soprattutto quelli prefestivi, sono particolarmente difficoltosi per quei detenuti, soprattutto quelli più poveri e stranieri, che patiscono un maggior senso di abbandono. I casi proteste, anche riportate dalla stampa nazionale, conferma una volta di più, se ancora fosse necessario, che sia particolarmente importante in una struttura come quella del carcere di Brissogne, avere un direttore stabile che continui a monitorare i detenuti nella loro situazione di quotidianità e sia di effettivo supporto per tutto il personale del penitenziario;

   nel 2017 è scaduto il protocollo di intesa con il Ministero della giustizia che la regione Valle d'Aosta, ha proposto e fortemente sostenuto nel 2007 per inquadrare formalmente l'attenzione che le strutture pubbliche e le associazioni di volontariato pongono da sempre alle attività di rieducazione e il reinserimento dei detenuti;

   la regione ha fatto tutto il possibile per rinnovare questo protocollo di intesa, visto che in data 22 maggio 2019 è stata prodotta una bozza di rinnovo non ancora sottoscritta; ad oggi, non è ancora stato possibile procedere al suddetto rinnovo anche per la mancanza di un interlocutore, a livello governativo, che conosca la realtà della casa circondariale di Brissogne con cui confrontarsi;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per arrivare nel più breve tempo alla sottoscrizione del protocollo di intesa tra il Ministero della giustizia e la regione Valle d'Aosta, scaduto nel 2017, nell'ottica di ridare piena operatività tecnica ed amministrativa alla casa circondariale di Brissogne, l'unico carcere della regione Valle d'Aosta.
(4-04192)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento alle problematiche di cui risente la casa circondariale di «Brissogne», in termini di sovraffollamento, di elevata presenza di detenuti stranieri e di mancanza dei vertici (direttore e comandante), richiamata la scadenza, nel 2017, del protocollo d'intesa tra il Ministero della giustizia e la regione Valle d'Aosta che ha favorito attività di rieducazione e reinserimento dei detenuti, chiede di sapere se e quali iniziative di competenza il Ministro della giustizia intenda intraprendere per arrivare nel più breve tempo al rinnovo del suddetto protocollo, nell'ottica di restituire piena operatività tecnica e amministrativa alla struttura in argomento.
  Va considerato in premessa che alla data del 13 gennaio 2020, presso la casa circondariale di Aosta «Brissogne», risulta una percentuale di affollamento pari al 131,67 per cento, come tale sostanzialmente in linea con la media nazionale che si attesta attorno al 130 per cento.
  Pur al netto del richiamato tasso di affollamento, l'istituto
de quo non fa registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla C.E.D.U., in quanto dei detenuti ivi ristretti, 172 risultano avere a disposizione uno spazio compreso fra i 3 metri quadrati e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 64, uno spazio superiore ai 4 metri quadrati.
  Per quanto riguarda l'elevato numero di detenuti stranieri, pari a 155, va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in tempi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, e i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Con specifico riguardo all'assenza delle posizioni apicali, nel dare atto che, allo stato, sia le funzioni di direttore che quelle di comandante sono comunque coperte grazie a incarichi di reggenza temporanea, va debitamente rimarcato che la criticità relativa al posto di comandante è in via di superamento, in quanto, la casa circondariale di Aosta «Brissogne» è stata individuata fra le sedi di destinazione degli 80 futuri commissari del ruolo a esaurimento del corpo di polizia penitenziaria, il cui corso di formazione è tuttora in atto.
  Per quanto attiene, da ultimo, al richiamato protocollo d'intesa, scaduto nel 2017, va detto che il rinnovo è in via di finalizzazione.
  A seguito della seduta del 23 dicembre 2019, si è inteso aggiornare a breve i lavori per una migliore ponderazione delle problematiche correlate alla materia sanitaria.
  Il Ministero della giustizia, comunque, continua nel suo massimo impegno per favorire in tempi rapidi una definizione condivisa delle questioni ancora aperte, così da poter sottoscrivere finalmente un testo il più possibile funzionale al soddisfacimento delle esigenze didattiche, formative, inclusive e rieducative a cui il protocollo è ispirato.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MORRONE, TATEO, BISA, CANTALAMESSA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI, SASSO e TURRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che nel carcere di Foggia in seguito a perquisizioni sono stati rinvenuti diversi micro cellulari nelle celle di alcuni detenuti;

   l'allarme è scattato proprio in seguito ad una telefonata partita dall'interno del carcere e diretta alla stazione dei carabinieri, durante la quale un detenuto ha denunciato il comportamento dei sanitari che operano all'interno dell'istituto. In seguito a tale richiesta di intervento, inusuale oltre che surreale, la casa circondariale in questione è stata immediatamente perquisita dagli agenti della polizia penitenziaria, al fine di rinvenire e porre sotto sequestro tutti gli oggetti non consentiti, tra cui micro cellulari e sostanze stupefacenti;

   all'indomani dell'operazione svolta, l'episodio è stato denunciato dal segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo: «Dalla telefonata è scaturita una perquisizione generale, con l'utilizzo di uomini della penitenziaria da tutta la regione, che ha portato al ritrovamento di diversi micro cellulari nella disponibilità dei detenuti. Siamo al ridicolo (...). È da tempo che denunciamo che i detenuti dalle carceri riescono ad impartire ordini all'esterno. Oramai lo Stato ha perso il controllo delle carceri non riuscendo più a garantire la sicurezza sia dentro che fuori le prigioni»;

   «Questo episodio – affermano i sindacalisti di polizia penitenziaria – riporta all'attenzione la problematica, peraltro comune a tutti gli istituti penitenziari, dell'introduzione e del possesso di micro cellulari – che oramai hanno dimensioni sempre più ridotte – da parte dei detenuti. Ci auguriamo che al più presto il personale del Corpo di polizia penitenziaria venga dotato di apposite strumentazioni per contrastare questo fenomeno»;

   a parere degli interroganti l'attività di prevenzione e controllo per quanto riguarda il possesso di micro cellulari risulta essere indispensabile, dal momento che quest'ultimi sono utilizzati per impartire direttive criminali a complici esterni che operano per conto di chi è detenuto, che può così continuare a delinquere indisturbato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di contrastare e debellare il fenomeno.
(4-03813)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, nel richiamare le fonti di stampa che fanno riferimento al rinvenimento di diversi microcellulari nel carcere di Foggia, notizia che rilancia la problematica di stretta attualità dell'illecita introduzione di tali apparecchi telefonici all'interno delle strutture detentive, chiedono di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere al fine di contrastare e debellare il fenomeno.
  Preliminarmente, per quanto attiene al fatto storico in argomento, va detto che, dopo essere stato allertato da fonte riservata in merito alla illecita presenza di cellulari all'interno della casa circondariale di Foggia nuovo
complesso, il comandante di reparto contattava il responsabile del Nucleo investigativo regionale (N.I.R.), di stanza presso il locale Provveditorato.
  Ne conseguiva l'organizzazione e la successiva esecuzione di una operazione straordinaria di perquisizione, gestita dal N.i.r. con personale inviato in supporto da altri tre istituti (Trani, Lucera e San Severo), in esito alla quale si addiveniva al rinvenimento di tre micro telefonini cellulari e di un cavetto usb.
  A seguito dei fatti, prontamente rimessi al vaglio della competente autorità giudiziaria in relazione ai profili di rilevanza penale, sono stati attivati i procedimenti disciplinari che hanno riguardato non solo i detenuti trovati in possesso dei dispositivi, ma anche quelli che hanno tentato di ostacolare l'attività di perquisizione e sono stati altresì adottati, ricorrendone i presupposti, due provvedimenti di trasferimento per ragioni di ordine e sicurezza ad altre strutture del distretto.
  Poste tali premesse di ordine fattuale, va detto che l'emergente ed allarmante fenomeno dell'ingresso illecito, all'interno delle strutture penitenziarie, di micro-cellulari che consentono ai detenuti di comunicare indebitamente con l'esterno è alla
costante attenzione di questo Ministero, che sta mettendo in campo ogni utile iniziativa a fronteggiarlo incisivamente.
  In particolare, deve darsi atto che si è proceduto all'acquisto di 40
metal detector, attualmente in corso di installazione.
  Si tratta apparati in grado di rilevare la presenza di armi da fuoco, armi bianche e piccole parti di armi da taglio, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari.
  Sono, inoltre, in fase di acquisizione 200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici che consentono di rilevare, a breve distanza, la presenza di telefonia cellulare, dispositivi
bluetooth, componenti elettronici (tipo sim card telefoniche), oltre che metalli classici, cacciaviti e utensili di piccole dimensioni.
  Sono altresì di prossima distribuzione nei provveditorati generali 65 rilevatori portatili di telefoni cellulari, utili a rilevare telefonate, invio di messaggi in corso e comunque ogni flusso comunicativo che avviene sulle bande Gsm-3G-4G-LTE-Bluetooth e Wi.Fi, a distanze che variano a seconda della tipologia della struttura su cui insistono.
  Sono invece stati già distribuiti ai provveditori regionali 40
jammer (disturbatori elettronici) che sono strumenti impiegati per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni.
  Inoltre, tenuto conto che l'occultamento all'interno dei pacchi in entrata costituisce una delle più comuni modalità di ingresso illecito di tali dispositivi, va rimarcato che presso gli istituti penitenziari del territorio, con priorità per quelli che sono privi di dispositivi idonei, sono in fase di installazione 90 apparecchiature a raggi x che permettono di effettuare indagini su valigie, bagagli, pacchi e colli, rilevando la presenza di oggetti metallici non consentiti, dispositivi di innesco e oggetti pericolosi, nonché di telefoni cellulari e apparecchiature elettroniche.
  Per quanto attiene più specificatamente al distretto in argomento, che accorpa le strutture delle regioni di Puglia e Basilicata, si rileva quanto segue.
  Oltre alla fornitura (tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018) in favore dell'istituto foggiano di un
Sentryhound (rilevatore a portale con possibilità di rilevare anche apparati non operativi e con batteria non inserita), di un PDA (rilevatore portatile, con possibilità di rilevare una potenziale chiamata telefonica nelle diverse bande di frequenza da GSM a 4G, in aggiunta alla possibilità di rilevare segnali bluetooth e wi-fi) e di un Manta Ray (rilevatore portatile, con possibilità di rilevare anche apparati non operativi e con batteria non inserita), e ad analoghe dotazioni di cui nel medesimo periodo hanno fruito altre strutture del medesimo distretto, va dato atto del recente acquisto di 6 dispositivi jammer aventi diverso raggio operativo, in parte già installati ed in parte di imminente installazione.
  In termini generali, l'innalzamento dei livelli di sicurezza delle strutture detentive costituisce un obiettivo primario, recisamente perseguito da questo Ministro, sin dal suo primo insediamento.
  A tal riguardo, è d'uopo richiamare la circolare adottata il 9 ottobre dello scorso anno dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, che ha inteso perseguire una mirata politica di valorizzazione dell'istituto del trasferimento per ragioni di ordine e sicurezza, previsto dall'articolo 42, legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) a cui, come anticipato in premessa, si è proceduto anche nel caso di specie.
  Si reputa opportuno evidenziare i benefici che ne possono conseguire in termini di incremento dei livelli di sicurezza nelle strutture detentive, tangibile anche nel più consistente ricorso a tale strumento che si è registrato dalla data di adozione della suddetta circolare al mese di marzo scorso (n. 1550 detenuti trasferiti), rispetto al numero ben più esiguo di occasioni in cui vi si è fatto ricorso nel medesimo periodo del biennio precedente (n. 1143).
  Con provvedimento del 18 aprile 2019 è stato, inoltre, istituito un apposito gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il precipuo compito di individuare, tra l'altro, specifici strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
  Le risultanze dei lavori del summenzionato gruppo, conclusisi lo scorso 29 maggio, sono attualmente oggetto di uno studio attento e mirato che offrirà la stura all'imminente adozione di direttive attraverso cui ottimizzare la prevenzione e la gestione di eventi critici in contesto penitenziario.
  La sicurezza all'interno delle carceri, passa anche attraverso il potenziamento degli strumenti a disposizione del personale di polizia penitenziaria ivi in servizio.
  In proposito, va debitamente rimarcato che sono state avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi e maschere facciali.
  Infine, sempre nel solco del potenziamento dei sistemi di sicurezza all'interno delle carceri, nel programma di edilizia penitenziaria 2019 sono stati inclusi i lavori di adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza ed è attualmente allo studio l'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare, per la progettazione ed il finanziamento di innovativi impianti perimetrali esterni alle strutture penitenziarie e di impianti interni di videosorveglianza e allarme.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   ROSPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella serata del 10 ottobre 2019 nel comune ionico di Policoro, in provincia di Matera, si è verificata una sparatoria in pieno centro cittadino nel parcheggio antistante l'ospedale;

   il conflitto a fuoco ha interessato due pregiudicati locali e considerando il luogo e l'orario solo per un caso fortuito non si contano ulteriori vittime tra la popolazione;

   negli ultimi anni la fascia ionica ha subito un aumento esponenziale della criminalità organizzata, come dimostrano anche gli arresti eseguiti nelle corse settimane nel comune di Scanzano jonico, sempre in provincia di Matera;

   tra le attività criminali maggiormente diffuse sul territorio ionico vi sono la gestione del racket delle estorsioni, in particolare nei confronti delle imprese ortofrutticole che rappresentano il traino per l'intera economia locale, gli incendi dolosi al fine di intimidire la popolazione e gli imprenditori locali, le rapine, lo spaccio di droga e diversi tentati omicidi, tutti caratterizzati dall'utilizzo di metodi mafiosi;

   questo susseguirsi di attività criminali comporta un continuo stato di paura e ansia nella popolazione locale nella classe imprenditoriale del luogo che ogni giorno vive nel timore di minacce e ripercussioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di potenziare l'organico delle forze dell'ordine sul territorio per poterlo meglio presidiare e contrastare le attività criminali in continuo aumento.
(4-03855)

  Risposta. — L'area litoranea della fascia jonica, compresa tra Policoro e Metaponto, risulta interessata da fenomeni criminali legati al traffico di sostanze stupefacenti nonché, in particolar modo a partire dal 2012, da diversi atti incendiari e di danneggiamento ai danni di opifici, aziende agricole e attività agroalimentari.
  Un duro colpo è stato inferto ai vertici e ai sodali dei
clan del metapontino grazie a due importanti operazioni di polizia giudiziaria coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza, compiute tra la fine dello scorso anno e l'inizio del 2019, che hanno permesso di assicurare alla giustizia 42 persone e di procedere a numerosi sequestri di droga, armi, munizioni e materiali esplodenti, utilizzati, verosimilmente, anche per realizzare condotte estorsive a danno di imprenditori locali.
  Il prefetto di Matera, anche a seguito degli elementi emersi nel corso delle citate attività d'indagine, ha proceduto a disporre, su delega del Ministro dell'interno, l'accesso ispettivo antimafia presso il comune di Scanzano Jonico, nell'ambito delle attività di tutela e prevenzione delle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali.
  Successivamente, il 21 dicembre 2019, il comune di Scanzano Jonico è stato sciolto ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali, a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali.
  L'efficacia dell'azione svolta dalle Forze di polizia e i provvedimenti disposti dall'autorità giudiziaria hanno determinato una consistente diminuzione della delittuosità nella provincia di Matera, nel capoluogo e nel comune di Scanzano Jonico.
  Il raffronto degli indici della criminalità tra i primi nove mesi dell'anno e lo stesso periodo del 2018, attestano infatti una flessione del 9,8 nella provincia di Matera, del 9,5 nel comune di Matera e del 32,4 nel comune di Scanzano Jonico.
  In merito allo specifico episodio criminale segnalato nell'interrogazione, si rappresenta che il 10 ottobre 2019 a Policoro sono rimaste ferite in un conflitto a fuoco due persone risultate pregiudicate per vari reati, tra cui quello previsto all'articolo 416-
bis del codice penale.
  A seguito dalla ricostruzione dei fatti effettuata dal personale della locale squadra mobile, unitamente a quella di Potenza e al personale del commissariato di pubblica sicurezza di Policoro, è stata eseguita la misura precautelare del «fermo di indiziato di delitto» a carico di un pregiudicato ritenuto responsabile del duplice «tentato omicidio», nonché dei reati di detenzione e porto illegale di arma da fuoco e ricettazione dell'arma. Per tutti i reati contestati è stata ipotizzata anche l'aggravante del metodo mafioso. Sull'accaduto sono tuttora in corso indagini.
  In merito alla presenza delle forze dell'ordine lungo la fascia Jonica metapontina, si evidenza che il dispositivo di controllo del territorio può contare sulla presenza di due commissariati della polizia di Stato e di due compagnie dell'Arma dei carabinieri, ambedue ubicati nei comuni di Pisticci e Policoro, nonché sul concorso straordinario del reparto prevenzione crimine della Polizia di Stato.
  Per quanto riguarda il potenziamento dell'organico della Polizia di Stato, si rappresenta che la provincia di Matera per il mese di dicembre ha beneficiato di un incremento di personale appartenente ai ruoli di assistenti ed agenti pari a 10 unità, mentre nell'aprile 2020 è previsto un ulteriore invio di 6 unità.
  In relazione al personale appartenente alla carriera e ai ruoli della Polizia di Stato che svolge attività tecnico-scientifica o tecnica, l'esigenza di un incremento sarà tenuta in debito conto in occasione di favorevoli circostanze.
  Si informa, inoltre, che il comando generale dell'Arma dei carabinieri ha già determinato l'istituzione di nuova stazione dei carabinieri nel comune di Scanzano Jonico, che verrà perfezionata ad avvenuta realizzazione della sede.
  Al riguardo, la regione Basilicata ha formalizzato la disponibilità a concedere in uso un proprio immobile, stanziando 650.000 euro per le necessarie opere di adeguamento sismico e di riqualificazione, cui si aggiunge l'ammissione a finanziamento, per euro 850.000, avvenuta con decreto dell'autorità di gestione del 28 marzo 2019, nell'ambito del programma di azione e coesione (Pac) «Legalità» 2014-2020. L'intervento avrà presumibilmente una durata di 30 mesi e, attualmente, come da crono-programma, sono in corso le attività professionali propedeutiche ad opera della regione.
  Infine, la prefettura di Matera ha comunicato che nei comuni ricadenti nella fascia jonico-metapontina sono stati intensificati i servizi di controllo del territorio anche attraverso l'impiego di pattuglie del predetto reparto prevenzione crimine.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Matteo Mauri.


   SERRITELLA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   i processi e gli strumenti informatici, con uno sviluppo in continuo divenire, hanno assunto un ruolo di fondamentale importanza per la società. Questi permettono un aumento della produttività, un risparmio di energie, una diminuzione degli sprechi e soprattutto un risparmio sui costi;

   a tali scopi è stata creata l'Agenzia per l'Italia Digitale, che è l'agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio con il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana e contribuire alla diffusione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, favorendo l'innovazione e la crescita economica;

   al fine di proseguire il percorso di digitalizzazione è stato emanato il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12;

   la suddetta normativa, in particolare al comma 2 dell'articolo 8-ter, disciplina i cosiddetti smart contract, i quali «soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia Digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;

   ancora al comma 4 del suddetto articolo si prevede che «entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l'Agenzia per l'Italia Digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere»;

   ad oggi, pur essendo la normativa entrata in vigore il 15 dicembre 2018, a quanto consta all'interrogante l'Agenzia per l'Italia Digitale non ha ancora adempiuto alle previsioni di legge;

   l'Agenzia per l'Italia Digitale ha unicamente istituito, mediante la determinazione n. 116/2019, un «Gruppo di lavoro per la predisposizione delle linee guida e standard tecnici relativi alle tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al riguardo.
(4-04196)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante richiama l'articolo 8-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione», convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 e, in particolare, il secondo comma che reca la disciplina dei cosiddetti smart contract e prevede che lo stesso soddisfi il requisito della forma scritta, previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale con linee guida.
  L'interrogante richiama altresì il comma 4 del medesimo articolo 8 ai sensi del quale l'Agenzia per l'Italia digitale è tenuta ad individuare gli
standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all'articolo 41 del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014.
  Sulla scorta di tali premesse, l'interrogante chiede di sapere se l'Agenzia per l'Italia digitale abbia adempiuto alle richiamate previsioni di legge.
  Sulla base degli elementi forniti dall'Agenzia per l'Italia digitale, rappresento che il gruppo di lavoro costituito con determinazione del direttore generale n. 116 del 2019, per la predisposizione delle linee guida e degli
standard tecnici relativi alle tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract, è prossimo alla conclusione dei suoi lavori.
  All'esito della conclusione delle attività del gruppo di lavoro, come previsto dal codice dell'amministrazione digitale, il documento sarà sottoposto a consultazione pubblica per trenta giorni al fine di raccogliere osservazioni e proposte di modifica per la formulazione del testo definitivo.
  Per l'importanza del tema, il lavoro del gruppo di lavoro è da me seguito e chiederò espressamente al dipartimento per la trasformazione digitale di esaminare il testo che sarà oggetto di pubblicazione, al fine di poter dare ogni utile apporto.

La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   i dati del Ministero della Giustizia, aggiornati al 30 settembre di quest'anno, mostrano una situazione al collasso, con 60.881 detenuti presenti nelle carceri italiane, quasi 10.000 in più dei posti disponibili, per un tasso ufficiale di sovraffollamento del 120 per cento;

   in particolare, secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di questi 60.439 detenuti 20.225, quindi oltre il 30 per cento, sono stranieri;

   se si tiene conto, poi, che il costo medio giornaliero per un singolo detenuto è di 131,39 euro, per mantenere quelli stranieri l'Italia spende ogni giorno 2.657.362 euro, che in un mese fanno 82.378.245 euro e in un anno 988.538.943 euro: circa un miliardo di euro ogni anno;

   le nazionalità che registrano maggior detenuti sono quella marocchina (3.808, il 18 per cento), albanese (2.429, il 12 per cento), rumena (2.420, il 12 per cento), tunisina (2.033, il 10,1 per cento), nigeriana (1.647, l'8,1 per cento), egiziana (556, il 2,7 per cento), gambiana (514, il 2,5 per cento), senegalese (486, il 2,4 per cento) e algerina (484, il 2,4 per cento). I principali delitti per cui stanno scontando la pena sono reati contro il patrimonio, traffico di stupefacenti e reati contro la persona, come omicidio e violenza;

   tali dati sono stati recentemente confermati anche dal capo della polizia, Franco Gabrielli, secondo il quale «da 10 anni, c'è un trend in calo complessivo dei reati. Ma c'è anche, negli ultimi anni, un aumento degli stranieri coinvolti tra arrestati e denunciati», sottolineando come «nel 2016, su 893 mila persone denunciate e arrestate, avevamo il 29,2 per cento degli stranieri coinvolti; nel 2017 il 29,8 per cento, nel 2018 il 32 per cento e in questo 2019 siamo quasi al 32 per cento»;

   se, da un lato, il perdurare del fenomeno del sovraffollamento carcerario impedisce un trattamento individualizzato di recupero del reo, portando al conseguente fallimento della funzione rieducativa della pena, principio cardine del sistema penale italiano, dall'altro, il peggioramento della qualità della vita all'interno delle carceri si ripercuote anche sul numero dei suicidi, un malessere che riguarda anche il Corpo di polizia penitenziaria;

   a tutto questo si aggiungono i rischi legati al proselitismo e alla radicalizzazione jihadista. La prigione, infatti, è un terreno fertile nel quale gli estremisti possono indottrinare gli elementi più deboli: su 12 mila detenuti di religione islamica, lo scorso anno sarebbero stati oltre 500 quelli tenuti sotto stretta osservazione, per comportamenti radicali;

   i provvedimenti in materia di giustizia approvati dal Parlamento negli ultimi anni, seppur numerosi, si sono concentrati esclusivamente sulla questione della deflazione della popolazione carceraria, nulla è stato fatto, invece, per quanto attiene all'espiazione della pena dei detenuti di origine straniera nei propri Paesi di provenienza;

   il 24 ottobre 2018 la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-0002 che impegnava il Governo pro tempore «ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative»;

   nonostante ciò, ad oggi, la situazione non sembra essere mutata –:

   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di dare seguito a quanto indicato nella risoluzione di cui in premessa;

   quali siano i dati ufficiali relativi al numero di detenuti stranieri trasferiti nei Paesi di origine per l'esecuzione della pena.
(4-03789)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, nel fare riferimento all'elevata percentuale di detenuti stranieri all'interno delle carceri italiane, dato questo che incide in maniera significativa sul sovraffollamento e sui disagi che ne derivano nonché sui rischi legati al proselitismo e alla radicalizzazione jihadista, richiamando l'approvazione, il 24 ottobre 2018, da parte della Camera dei deputati, della risoluzione n. 8-00002 che impegnava il Governo ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti ai fini dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, chiedono di sapere se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di dar seguito a quanto indicato nella suddetta risoluzione e quali siano i dati ufficiali relativi al numero di detenuti stranieri trasferiti nei Paesi d'origine per l'esecuzione della pena.
  Va innanzitutto premesso, in termini generali, che l'elevato flusso migratorio, registrato nel corso degli anni, ha determinato una considerevole presenza di detenuti stranieri nei penitenziari italiani.
  Al 10 ottobre del 2019, su 60.924 detenuti presenti, i soggetti di nazionalità straniera si attestano a 20.217, rappresentando, pertanto, il 33 per cento della popolazione detenuta.
  Molti di essi provengono dai paesi del continente africano e dall'Albania.
  Posto che il sovraffollamento è oggetto della prioritaria attenzione di questo Ministero, tra le coordinate operative che si perseguono nel fronteggiare in maniera incisiva il problema, figura senz'altro il forte impegno sul piano della cooperazione giudiziaria per far sì che i detenuti stranieri proseguano l'espiazione nel loro paese d'origine.
  A riprova di quanto si sostiene, va ricordato che l'8 novembre del 2018 è stato firmato a Roma con la Nigeria l'Accordo sul trasferimento delle persone condannate, unitamente agli accordi sull'estradizione e l'assistenza giudiziaria penale e che l'11 luglio 2019 il Senato ha approvato il relativo disegno di legge di ratifica ed esecuzione.
  Il Ministero si propone altresì di incrementare ulteriormente i contatti operativi con l'Albania, diretti al superamento di alcuni fattori ostativi alla velocizzazione delle assai numerose procedure di trasferimento dei detenuti incardinate con tale Paese, rispetto a cui va comunque rimarcata l'attuale vigenza dell'accordo aggiuntivo alla convenzione del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate.
  Per quanto riguarda gli altri due stati menzionati dagli interroganti, va ricordato che la convenzione sul trasferimento delle persone condannate con il Marocco è stata già firmata a Rabat il 1° aprile 2014 e ratificata dall'Italia con legge 28 febbraio 2016, n. 152, ma il Marocco non ha proceduto alla ratifica, mentre permane la riluttanza della Tunisia ad intavolare negoziati sulla base di una precisa e ferma scelta politica.
  L'11 giugno 2019 il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate firmato con la Colombia il 16 dicembre 2016, unitamente ai trattati sull'estradizione e l'assistenza giudiziaria penale.
  Sono in corso i negoziati con gli Emirati Arabi Uniti e con capo Verde per la conclusione di un trattato sul trasferimento dei detenuti.
  Sta anche proseguendo il trattato con le Filippine ed il Gambia, mentre lo scorso 14 aprile è stato firmato a Roma l'accordo con il Kosovo sul trasferimento delle persone condannate.
  Sono stati inoltre parafati i seguenti trattati:

   in data 19 giugno 2019, il Trattato sul trasferimento delle persone condannate con la Libia, nel quale è previsto il trasferimento senza il consenso del detenuto nel caso in cui lo stesso detenuto sia destinatario di un provvedimento di espulsione;

   in data 4 luglio 2019 il Trattato sul trasferimento delle persone condannate, con il Mali nel quale è previsto il trasferimento senza il consenso del detenuto nel caso in cui lo stesso detenuto sia destinatario di un provvedimento di espulsione;

   in data 28 febbraio 2019 il Trattato sul trasferimento delle persone condannate con il Niger nel quale è previsto il trasferimento senza il consenso del detenuto nel caso in cui lo stesso detenuto sia destinatario di un provvedimento di espulsione;

   in data 26 luglio 2019 il Trattato sul trasferimento delle persone condannate con il Paraguay nel quale è previsto il trasferimento senza il consenso del detenuto nel caso in cui lo stesso detenuto sia destinatario di un provvedimento di espulsione;

   in data 12 luglio 2018 è stato parafato il Trattato sul trasferimento delle persone condannate con l'Uruguay.

  Lo scorso 1° luglio si è positivamente svolto a Roma il negoziato con Taiwan per la conclusione di un trattato sul trasferimento dei detenuti, così come dei trattati sull'estradizione e l'assistenza giudiziaria, mentre dal 3 al 7 giugno 2019 si è svolto con il Vietnam un primo round negoziale, conclusosi con la parafatura dei trattati di estradizione e assistenza giudiziaria.
  Oltre alla cooperazione giudiziaria, questo Dicastero si propone di valorizzare quanto più possibile l'istituto dell'espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico immigrazione).
  A tal fine, è stato di recente istituito un tavolo tecnico fra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il Dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri verso i paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, ed i tribunali di Sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  In particolare, gli obiettivi a cui mira il suddetto gruppo di lavoro sono:

   la velocizzazione della fase istruttoria del procedimento di espulsione, fra l'altro sollecitando le procedure di identificazione degli stessi ad opera degli uffici stranieri presso le locali questure;

   l'incremento del numero dei fascicoli da inviare alla magistratura di sorveglianza che, per quanto di esclusiva competenza ed ai sensi del decreto legislativo n. 286 del 1998, provvederà alla definizione degli stessi;

   l'espletamento di una funzione propulsiva con riferimento alla fase esecutiva sia dei decreti già emessi dalla magistratura di sorveglianza sia di quelli di futura emissione, sensibilizzando le articolazioni territoriali competenti del Ministero dell'interno.

  Con particolare riguardo alle competenze legate all'esecuzione dei provvedimenti di estradizione, mandati di arresto europeo, trasferimenti ai sensi dell'accordo quadro n. 2008/909/GAI del Consiglio dell'Unione europea, espulsioni, convenzione di Strasburgo, accordi bilaterali Italia-Albania, Italia-Romania, questo Ministero, per il tramite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, collabora con il servizio per la cooperazione internazionale di polizia – Interpol, attenendosi, nell'esecuzione dei trasferimenti, alle determinazioni delle Autorità che hanno emesso il provvedimento.
  Nel corso dell'anno 2019 sono stati disposti 461 trasferimenti di soggetti dall'Italia verso altri Stati (estradizioni n. 78, M.a.e. n. 260, Convenzione di Strasburgo n. 4, decisione quadro 2008/909/GAI n. 119) e 468 trasferimenti di soggetti che vengono consegnati allo Stato italiano (88 estradizioni, 344 mandati di arresto europeo, 3 ai sensi della Convenzione di Strasburgo e 33 ai sensi della decisione quadro 2008/909/GAI).
  Con specifico riferimento al rischio di radicalizzazione, va dato atto della costante osservazione penitenziaria sul fenomeno, attuata con lo stretto coinvolgimento del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria che, ricevuta la segnalazione dall'istituto penitenziario di un presunto processo di radicalizzazione in corso, effettua una vera e propria attività di profilatura.
  In particolare, tale attività consiste nel condurre una serie di accertamenti volti ad acquisire elementi di valutazione finalizzati ad assegnare un profilo di analisi che si sviluppa su tre diversi livelli che prevedono, tra le altre cose, un'intensificazione della vigilanza, della sorveglianza e dell'attività di osservazione e monitoraggio.
  Le risultanze di tali attività di osservazione danno vita ad una virtuosa circolarità di informazioni, in quanto esse vengono condivise con vari soggetti istituzionali, tra cui con il comitato di analisi strategica antiterrorismo e la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, nonché con l'autorità giudiziaria, qualora ci siano fatti di interesse investigativo e/o giudiziario.
  I soggetti attualmente sottoposti a specifico monitoraggio sono, all'11 ottobre 2019, complessivamente 451 a cui si aggiungono ulteriori 205 detenuti che, dal 1° gennaio 2019 a oggi, sono stati sottoposti a profilo ma sono stati dimessi dagli istituti di pena. Dall'inizio del 2019, il nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria ha eseguito accertamenti nei confronti di 225 detenuti segnalati dalle sedi periferiche per rischio di radicalizzazione violenta, sebbene si reputa opportuno rilevare che gli episodi relazionati non sempre erano collegati al fenomeno del rischio radicalizzazione violenta e proselitismo.
  Per quanto di interesse, dal mese di gennaio al mese di ottobre 2019, 58 detenuti profilati sono stati espulsi dal territorio nazionale.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione del carcere «Di Lorenzo», sito in contrada Petrusa ad Agrigento, in merito al quale la procura di Agrigento, dopo varie denunce, ha aperto un fascicolo a carico di ignoti sulle condizioni di vita all'interno della struttura carceraria, necessita di interventi immediati;

   tale notizia non stupisce, trattandosi di una vicenda costellata da una serie di denunce sulla situazione sconfortante della casa circondariale agrigentina, dove ai problemi di organizzazione, si aggiungono anche quelli strutturali che si ripercuotono direttamente sulla qualità di vita dei detenuti e degli agenti penitenziari;

   come riportato da Il Dubbio, le maggiori criticità strutturali riscontrate riguardano, ad esempio, le finestre delle camere detentive, oltre alle sbarre, alle quali sono applicate reti a maglia stretta che limitano l'ingresso di aria e luce. I sei piccoli cortili passeggio di cui dispone il reparto sono spazi squallidi, con il water close alla turca, sprovvisti di panchine;

   tale situazione era già stata segnalata dal Sappe, secondo il quale «L'insufficiente organico stabilito dalla legge Madia porta il personale a effettuare turni massacranti. Ad aggravare la pesantissima condizione lavorativa dei poliziotti del Petrusa il dovere gestire senza alcuna formazione specifica, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, i criminali folli che continuano a delinquere anche dentro le galere. Forse è l'unico penitenziario in Italia dove i riscaldamenti non funzionano e le camere detentive sono prive di doccia e l'illuminazione all'interno delle camere è comandata manualmente ancora dall'operatore della Polizia penitenziaria, aspetti che rendono di fatto questa una realtà da terzo mondo», denunciando, peraltro, come l'unica risposta ricevuta dalle istituzioni sia stato «il trasferimento di ben otto agenti dal reparto al nucleo traduzioni e piantonamenti nonostante a breve verrà avviato il servizio delle videoconferenze con una riduzione del lavoro di oltre il 30 per cento a favore del nucleo, depauperando ulteriormente l'organico»;

   pesante è la denuncia della federazione sindacati autonomi di polizia penitenziaria, che parla di «organizzazione del lavoro fallimentare, turni di lavoro massacranti e diritti negati»;

   da ultimo, cento poliziotti penitenziari in servizio ad Agrigento, hanno chiesto nelle ultime settimane di essere trasferiti. Le carenze d'organico, secondo quanto emerge dalle denunce dei sindacalisti, costringono i pochi agenti ad effettuare turnazioni di lavoro estenuanti e, in alcune circostanze, alla negazione per determinate fasce di personale, di alcuni diritti previsti. Tra questi, l'esonero dei servizi di vigilanza e osservazione di cui dovrebbe godere il personale femminile con figli di età minore ai tre anni. L'organizzazione sindacale, inoltre evidenzia come gli intensi turni di lavoro non consentano il necessario recupero psicofisico. L'esiguo numero di personale dunque, non solo potrebbe cagionare alla qualità e sicurezza del servizio stesso, ma indurrebbe i poliziotti anche a un eccessivo stato di stress che sarebbe testimoniato dalle tante assenze per malattia. Tali disagi sono stati denunciati nel corso di una riunione di cui la stampa ha dato notizia, alla quale hanno partecipato i rappresentanti delle sigle sindacali Sappe, FSA cnpp, UilPa Penitenziari, Uspp, Cisl FINIS e Ospa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, verificata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per affrontare l'atavico problema del sovraffollamento carcerario e sanare la drammatica situazione del carcere Di Lorenzo - Petrusa di Agrigento, anche a tutela del personale dell'amministrazione penitenziaria.
(4-03968)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento all'apertura di un procedimento penale a carico di ignoti relativo alle condizioni di vita all'interno del carcere di Agrigento, richiamando le criticità organizzative e strutturali che si riverberano negativamente sulle condizioni di vita dei detenuti, nonché le scoperture degli organici di polizia penitenziaria che costringono gli operatori ivi in servizio a intensi turni di lavoro con le conseguenti ricadute pregiudizievoli sul necessario recupero psico-fisico, chiedono di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, verificata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per affrontare l'atavico problema del sovraffollamento carcerario e sanare la drammatica situazione dell'istituto in argomento, anche a tutela del personale di polizia penitenziaria.
  Con specifico riferimento alla densità demografica, va detto che, alla data del 24 ottobre 2019, presso la casa circondariale di Agrigento risultano presenti un totale di 360 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi 283 posti disponibili, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 128,11 per cento come tale in linea con la percentuale media di affollamento nazionale che si attesta proprio intorno al 128 per cento.
  Pur a fronte del richiamato sovraffollamento, va comunque chiarito che, allo stato, non risulta alcuna violazione dei parametri minimi stabiliti dalla CEDU rispetto allo spazio a disposizione di ciascun detenuto.
  Va altresì dato atto della recente adozione di due iniziative, una tesa ad una più razionale distribuzione dei detenuti all'interno della struttura attraverso la riallocazione di un congruo numero di soggetti nella sezione circondariale a custodia aperta, al fine di diminuire l'affollamento di quella ordinaria, e l'altra tesa alla selezione di detenuti da destinare ad altre sedi, nell'ottica dell'intensa opera di monitoraggio svolta dall'amministrazione penitenziaria e propedeutica all'adozione di provvedimenti di trasferimento infra ed extra distretto con finalità perequative e deflattive.
  Per quanto riguarda il consistente tasso di detenuti stranieri (95 rispetto ai 265 italiani) va dato atto dell'azione che, in campo internazionale, il Ministero sta già conducendo al fine di favorirne il rimpatrio per l'espiazione del residuo pena nei rispettivi Paesi di origine, proseguendo i negoziati in essere, stipulando nuovi accordi e valorizzando altresì lo strumento dell'espulsione verso i paesi d'origine per quei detenuti la cui pena residua lo consenta.
  In particolare, è fermo proposito di questo Dicastero sviluppare e condurre in porto in tempi ragionevoli i negoziati già in corso con molti Stati (Capoverde, Filippine, Tunisia, Vietnam, Cina), affinché, in linea con i risultati soddisfacenti già conseguiti nell'anno corrente (Argentina, Colombia, Kosovo, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Taiwan, Paraguay) nuovi accordi vengano siglati anche nell'anno venturo e verranno aperti nuovi fronti di dialogo con Paesi come la Bolivia e Cuba.
  Nella medesima direzione deflattiva si iscrive la recente istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un tavolo tecnico fra il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento per gli affari di giustizia con l'obiettivo di stimolare l'adozione e l'esecuzione di provvedimenti di espulsione dei detenuti stranieri
ex articolo 16, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico immigrazione) verso i Paesi d'origine, velocizzandone le procedure di identificazione all'atto dell'ingresso in carcere attraverso lo sviluppo di una sinergia virtuosa con gli uffici immigrazione delle questure, da un lato, e i tribunali di sorveglianza, dall'altro, ciascuno per i profili di rispettiva competenza.
  Con specifico riferimento all'organico della polizia penitenziaria, al netto dei distacchi in ingresso e in uscita, allo stato risultano in servizio effettivo 212 unità rispetto alle 236 previste.
  Il profilo professionale che all'interno della struttura in argomento risente, allo stato, delle maggiori scoperture è quello dei sovrintendenti.
  A tal riguardo, va rammentato che i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti proprio per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo sia maschile che femminile del Corpo, al termine del corso di formazione, costituiranno un bacino significativo a cui attingere per colmare le diffuse scoperture che si registrano in questo profilo professionale nelle varie strutture del territorio, con riserva di prendere debitamente in considerazione anche le esigenze dell'organico del carcere di Agrigento.
  Per quanto attiene al personale del comparto funzioni centrali, si registra una situazione di parità, in quanto le 21 unità previste dalla pianta organica sono effettivamente presenti.
  Dei quattro funzionari giuridico pedagogici previsti, soltanto due sono effettivamente assegnati alla struttura, mentre gli altri due risultano in posizione di assegnazione provvisoria, uno dei quali, nondimeno, è risultato vincitore della procedura di mobilità interna in corso di prossima definizione per la medesima sede.
  Il nodo relativo alla mancanza del mediatore culturale è di prossima soluzione, in quanto è in fase di calendarizzazione la prova scritta del concorso esterno per il reperimento di tale figura professionale.
  Con specifico riguardo alle varie criticità strutturali che l'istituto di Agrigento presenta, va detto che alcune (acqua calda sanitaria, impianto di riscaldamento, nuovo depuratore) sono in via di risoluzione, mentre molte altre sono attualmente all'attenzione e allo studio dell'amministrazione.
  In particolare, è in via di predisposizione un cronoprogramma di interventi a cui si darà corso declinandone inevitabilmente le esigenze anche in base alle concrete disponibilità finanziarie.
  Di non secondario rilievo è la recente destinazione del campo sportivo di pertinenza dell'istituto ad area edificabile per la creazione del nuovo padiglione detentivo, nonché la riqualificazione dell'area verde del reparto maschile, a cui si è proceduto nel corso del 2018.
  Da ultimo, l'apertura di un procedimento penale a carico di ignoti rispetto alle condizioni generali della struttura detentiva, trova conferma nella nota informativa trasmessa dall'autorità giudiziaria competente.
  Detto che il procedimento ha tratto origine da una nota del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che ha trasmesso un esposto a firma dell'ex parlamentare Rita Bernardini, secondo quanto evidenziato dalla procura della Repubblica di Agrigento, le indagini sono attualmente in corso e, pertanto, coperte da segreto investigativo.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.