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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 14 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'influenza è una malattia respiratoria causata da virus influenzali del genere Orthomixovirus, che si trovano nella saliva e nel muco delle vie respiratorie e penetrano nell'organismo attraverso le mucose (bocca, occhi, naso), infettando le vie aeree (naso, gola, polmoni);

    l'influenza è una malattia molto contagiosa, perché la trasmissione per via aerea da persona a persona avviene facilmente in maniera diretta, attraverso le goccioline di saliva e le secrezioni respiratorie di un soggetto infetto che tossisce o starnutisce o con un colloquio a distanza molto ravvicinata o indiretta mediante dispersione delle goccioline (droplet) e contatto con secrezioni su oggetti e superfici; gli individui adulti affetti da influenza possono diffondere il virus ad altri soggetti da un giorno prima dell'inizio dei sintomi a circa cinque giorni dopo l'inizio della sintomatologia; i bambini e le persone con un sistema immunitario indebolito possono essere più contagiosi e diffondere il virus per periodi più lunghi;

    l'esordio dell'influenza generalmente si manifesta con l'insorgenza improvvisa di febbre alta, tosse e dolori muscolari; altri sintomi comuni includono mal di testa, brividi, perdita di appetito, affaticamento e mal di gola, ma possono verificarsi anche nausea, vomito e diarrea, specialmente nei bambini;

    la maggior parte delle persone guarisce nell'arco di una settimana o dieci giorni, ma i bambini molto piccoli, le donne in gravidanza, gli anziani e chi soffre di patologie croniche sono a maggior rischio di sviluppare complicanze più gravi che vanno dalle polmoniti batteriche, alla disidratazione, al peggioramento di malattie preesistenti (quali ad esempio il diabete, malattie immunitarie o cardiovascolari e respiratorie croniche), alle sinusiti e alle otiti (queste ultime soprattutto nei bambini);

    l'influenza è una malattia stagionale che in Italia si manifesta durante l'autunno e raggiunge generalmente il picco nei mesi invernali (prevalentemente da dicembre a marzo) per ridursi poi in primavera e in estate e, come nel resto d'Europa, si presenta con epidemie influenzali annuali associate a morbosità e mortalità elevate;

    secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell'influenza, coordinato dal Ministero della salute con la collaborazione dell'Istituto superiore di sanità, da ottobre 2019 al 26 aprile 2020, il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzale è pari a circa 7 milioni e 595 mila casi;

    l'influenza colpisce mediamente ogni anno il 9 per cento della popolazione italiana – con un minimo del 4 per cento registrato nella stagione 2005-06 e un massimo del 15 per cento per la stagione 2017-18 – e presenta una curva epidemica che generalmente raggiunge il picco all'inizio del mese di febbraio, colpendo soprattutto la popolazione in età pediatrica (0-4 e 5-14 anni), con un'incidenza cumulativa che decresce all'aumentare dell'età;

    in Italia, l'influenza è una delle 10 principali cause di morte; i dati di mortalità specifici per influenza che l'Istat fornisce ogni anno in Italia, stimano in circa 400 il numero di decessi direttamente imputabili all'influenza. Tuttavia, tenuto conto che il virus influenzale aggrava le condizioni già compromesse di pazienti affetti da altre patologie (per esempio respiratorie o cardiovascolari) fino a provocarne il decesso, la stessa Istat stima in circa 8.000 il numero dei decessi, registrati ogni anno in Italia, per influenza e per le correlate complicanze;

    dai dati relativi all'impatto dell'influenza in Unione europea, elaborati dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), si stima che in media circa 40 mila persone muoiano prematuramente ogni anno a causa dell'influenza e che il 90 per cento dei decessi si verifica in soggetti di età superiore ai 65 anni, specialmente tra quelli affetti da patologie croniche (ad esempio ipertesi, diabetici, broncopneumopatici, immunodepressi);

    la spesa diretta e indiretta sostenuta a causa della patologia influenzale e delle sindromi simil-influenzali, secondo quanto emerge dal primo studio italiano presentato al 19esimo Congresso nazionale della Società italiana di pneumologia nel 2018, pesa sulle famiglie e sullo Stato quasi quanto una manovra economica; ogni anno, infatti, i costi complessivi ammontano a circa 10,7 miliardi di euro, di cui 8,6 miliardi di euro a carico delle famiglie e 2,1 miliardi a carico dello Stato: annualmente, dunque, ogni famiglia spenderebbe in media 250 euro, mentre il servizio sanitario nazionale circa 62 euro per malato;

    nel rapporto «Prevenzione e controllo dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2019-2020», il Ministero della salute evidenzia che «l'influenza rappresenta un serio problema di sanità pubblica e una rilevante fonte di costi diretti e indiretti per la gestione dei casi e delle complicanze della malattia e l'attuazione delle misure di controllo»; diventa, quindi, indispensabile proporre interventi di sanità pubblica che possano determinare una svolta migliorativa nella lotta all'influenza che è, di fatto, tra le poche malattie infettive che ogni uomo sperimenta più volte nel corso della propria esistenza;

    la vaccinazione è la forma più efficace di prevenzione dell'influenza ed è ricompresa nel calendario vaccinale nazionale tra le quelle previste nei livelli essenziali di assistenza (Lea); la vaccinazione antinfluenzale, in accordo con gli obiettivi della pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento degli obiettivi specifici del programma di immunizzazione contro l'influenza, viene offerta attivamente e gratuitamente alle persone che, per le loro condizioni personali, corrono un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l'influenza;

    per la sostenibilità economica, secondo quanto previsto dal piano nazionale della prevenzione vaccinale (2017-2019), in base al principio del partenariato pubblico-privato di rilevante contenuto sociale e in piena trasparenza, si sostiene che potrebbero essere individuati meccanismi negoziali con i produttori che permettano, ad esempio, di diminuire il costo unitario del vaccino in proporzione al raggiungimento di tassi di copertura progressivamente più elevati;

    secondo quanto stabilito dalla circolare «Prevenzione e controllo dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2019-2020», predisposta dal Ministero della salute (Accordo Stato-regioni 1° agosto 2019), la vaccinazione antinfluenzale è raccomandata ed offerta attivamente e gratuitamente a: soggetti che per le loro condizioni personali nel caso contraggano l'influenza corrono un alto rischio di complicanze o ricovero correlato all'influenza (soggetti di età pari o superiore a 65 anni; soggetti dai 6 mesi ai 65 anni affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze da influenza; bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di sindrome di Reye in caso di infezione influenzale; donne che all'inizio della stagione epidemica si trovino in stato di gravidanza; individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegenti; familiari e contatti di soggetti ad alto rischio di complicanze); soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori (medici e personale sanitario di assistenza in strutture che, attraverso le loro attività, sono in grado di trasmettere l'influenza a chi è ad alto rischio di complicanze influenzali; forze di polizia; vigili del fuoco; altre categorie socialmente utili nello svolgimento della loro attività lavorativa individuati dalle regioni/pubbliche amministrazioni; personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani. Invece, per tutti i soggetti della popolazione generale, non appartenenti alle citate categorie a rischio che decidano di vaccinarsi contro l'influenza stagionale, il vaccino deve essere prescritto dal medico e acquistato con oneri a loro carico;

    ogni regione e provincia autonoma stabilisce le strutture deputate alla vaccinazione, individuate prioritariamente nei servizi di vaccinazione dei dipartimenti di prevenzione delle Asl e negli ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, a cui appare opportuno aggiungere anche le farmacie di comunità che, nella funzione di presidi sanitari polifunzionali del territorio, nell'ambito del progetto di «farmacia dei servizi», possono essere siti vaccinali permanenti, previa disponibilità di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e con la presenza di medici eventualmente assistiti da infermieri o personale sanitario idoneo, secondo modalità e specifici accordi da stabilire con apposita disciplina; tale previsione ridurrebbe significativamente i tempi necessari alla somministrazione del vaccino e consentirebbe una più estesa e agevole copertura vaccinale della popolazione, grazie anche alla capillare distribuzione delle farmacie sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le aree rurali e periferiche che sono prevalentemente sguarnite di presidi sanitari;

    l'Organizzazione mondiale della sanità e il Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-19 riportano, tra gli obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale il 75 per cento come obiettivo minimo perseguibile e il 95 per cento come obiettivo ottimale negli ultrasessantacinquenni e nei gruppi a rischio, ma nella stagione 2017-2018, in analoga tendenza con le stagioni precedenti, vi hanno fatto ricorso solo il 15,3 per cento della popolazione generale e il 57,2 per cento delle persone con età superiore ai 65 anni;

    l'Organizzazione mondiale della sanità – in un documento del 7 marzo 2020 – ha fornito chiarimenti sul virus dell'influenza e su Covid-19, precisando che, seppur appartenenti a tipologie differenti, essi si manifestano con sintomi a carico dell'apparato respiratorio assai simili e con una medesima modalità di trasmissione; sul tema anche il Ministero della Salute ha precisato che il vaccino contro l'influenza stagionale non protegge da COVID-19 e risulta indispensabile raccomandare fortemente la vaccinazione anti-influenzale anche per consentire la diagnosi differenziale e facilitare la distinzione tra le due malattie; inoltre, è necessario evidenziare che la percentuale ancora troppo bassa di soggetti vaccinati, rispetto a quella minima perseguibile auspicata dalle competenti autorità, determina una condizione di potenziale rischio per la tutela della salute pubblica;

    dal rapporto del 4 maggio 2020 relativo all'«impatto dell'epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente primo trimestre 2020», prodotto congiuntamente dall'istituto nazionale di statistica (Istat) e dall'istituto superiore di sanità (Iss), dai dati riferiti a 6.866 comuni (87 per cento dei 7.904 complessivi) e relativi all'86 per cento della popolazione residente in Italia, è emerso che dal 20 febbraio, data di inizio della pandemia in atto, fino al 28 aprile 2020 sono stati segnalati al sistema di sorveglianza nazionale integrata, 199.740 casi positivi di Covid-19 diagnosticati dai laboratori di riferimento regionale, di cui 113.312 fino al 31 marzo 2020 (periodo di riferimento del Rapporto) dei quali: il 52,7 per cento dei casi (104.861) è di sesso femminile; l'età mediana è di 62 anni (range 0-100); nelle fasce di età 0-9 anni, 60-69 e 70-79 anni si osserva un numero maggiore di casi tra gli uomini rispetto alle donne; nella fascia di età >90 anni, le donne sono più del triplo degli uomini probabilmente a causa della netta prevalenza femminile in questa fascia di età;

    il vigente sistema di «sorveglianza integrata», deputato anche alla raccolta dei dati sui decessi, a partire dal 20 febbraio e fino al 31 marzo 2020 ha registrato 14.324 decessi di persone notificate come positive al Covid-19; la mortalità «diretta» attribuibile a Covid-19 in individui con diagnosi confermata, nel primo trimestre 2020, è stata di circa 13.700 decessi (dati riferiti a 6.866 comuni esaminati come emerso nel rapporto Istat del 4 maggio 2020); esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale si possono ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l'aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e una quota di mortalità indiretta non correlata al virus, ma causata dalle difficoltà del sistema ospedaliero – soprattutto nelle zone del territorio nazionale più colpite dalla pandemia – e dal timore di recarsi in ospedale per scongiurare il rischio di contagio;

    soprattutto nei mesi di gennaio e febbraio 2020 – quando sono stati riscontrati i primi casi di contagio da Covid-19 – in Italia si registrava il picco dell'influenza stagionale e, pertanto, una più estesa copertura vaccinale contro l'influenza avrebbe ridotto sensibilmente il numero dei soggetti ammalati e una maggiore certezza nella diagnosi di patologia da Covid-19; su tali presupposti e per conseguire una più estesa copertura vaccinale con l'obiettivo di raggiungere il 75 per cento come traguardo minimo perseguibile, molte regioni stanno valutando l'opportunità di svolgere più corpose campagne sociali di informazione sui benefici derivanti dalla profilassi vaccinale, nell'ottica che la «Fase 2» e la «Fase 3» necessitino anche di misure per agevolare la diagnosi differenziata per ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;

    la concomitante circolazione sul territorio nazionale del virus influenzale e del Covid-19, il rischio di una recrudescenza epidemiologica nel contagio da Covid-19 nel prossimo periodo autunnale e la conseguente sovrapposizione della epidemia influenzale alla pandemia da Covid-19 potranno determinare un forte impatto sui livelli di efficienza del servizio sanitario nazionale, un ricorso incontrollato e inappropriato ai servizi di pronto soccorso, un sensibile aumento delle ospedalizzazioni e una congestione dei servizi sanitari territoriali, con conseguente pregiudizio per la garanzia Lea e possibili tensioni anche di natura sociale;

    al fine di contenere la diffusione del virus influenzale e di ridurre il numero dei soggetti che si ammalano, si ritiene necessario raccomandare la vaccinazione antinfluenzale attraverso un ampliamento delle categorie a rischio e delle fasce di età, come oggi indicate in Tabella 1 nel documento «Prevenzione e controllo dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2019-2020» predisposto dal Ministero della salute (Accordo Stato-regioni l'agosto 2019);

    da tempo anche il board delle società scientifiche Sip-Siti-Fimp-Fimmg sostiene un allargamento delle indicazioni alla vaccinazione, che vada oltre le tradizionali categorie a rischio e abbassi progressivamente a 50 anni l'età di offerta attiva e gratuita della vaccinazione;

   un'inversione di tendenza nella percezione dell'importanza delle vaccinazioni sarebbe utile per ampliare la platea di popolazione vaccinata e sana, ridurre complicanze, ospedalizzazioni e morti dovute a tale infezione, ma richiede la necessità di trovare nuove modalità organizzative per l'offerta vaccinale dei prossimi anni in Italia, anche al fine di rispondere ai bisogni dei cittadini e dei territori;

    per il conseguimento degli obiettivi suindicati, la stessa società italiana di medicina pediatrica, in vista della riapertura delle scuole nei mesi di settembre-ottobre, auspica che, nella campagna vaccinale 2020-2021, siano inseriti anche i bambini dai 6 ai 14 anni,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per introdurre l'obbligo vaccinale gratuito per tutte le categorie a cui oggi è raccomandata la vaccinazione;

2) ad adottare iniziative per introdurre l'obbligo vaccinale gratuito, attualmente previsto solo «per medici e personale sanitario di assistenza in strutture che attraverso le loro attività sono in grado di trasmettere l'influenza a chi è ad alto rischio di complicanze influenzali» a tutti gli operatori sanitari indipendentemente dall'età;

3) ad estendere la raccomandazione alla profilassi vaccinale, che oggi è prevista per gli ultra sessantacinquenni, ai soggetti con più di sessant'anni;

4) ad attuare, con urgenza, quanto previsto dal Piano nazionale delle vaccinazioni, prevedendo la collaborazione di tutti gli operatori sanitari, delle istituzioni scolastiche, delle università e dei mass media, anche per favorire e promuovere la cultura vaccinale, mediante l'organizzazione con cadenza ciclica di incontri con i genitori, convegni tematici, interventi mirati da svolgersi nelle scuole e nei luoghi di lavoro, finalizzati a una più estesa informazione sulle vaccinazioni, da conseguirsi anche tramite la consegna professionalmente assistita ai cittadini di materiale informativo tramite le farmacie;

5) ad investire risorse per migliorare i servizi di prevenzione sanitaria e di promozione dei programmi vaccinali;

6) a promuovere l'adozione, nel rispetto dei principi costituzionali della autonomia delle regioni e della libertà di scelta individuale, di provvedimenti legislativi per ripristinare un livello accettabile di sicurezza sanitaria, mediante il mantenimento di elevate coperture vaccinali, per garantire una copertura vaccinale uniforme in tutto il territorio nazionale;

7) ad adottare iniziative per destinare le risorse economiche necessarie a sostenere e potenziare la ricerca scientifica;

8) ad assumere iniziative per utilizzare a tale scopo le farmacie di comunità che, nella funzione di presidi sanitari polifunzionali del territorio, nell'ambito nel progetto della «Sperimentazione della farmacia dei Servizi», possono essere siti vaccinali permanenti, previa disponibilità di spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e con la presenza di medici eventualmente assistiti da infermieri o personale sanitario idoneo, secondo modalità e specifici accordi da stabilire con apposita disciplina, per ridurre i tempi necessari alla somministrazione e consentire una più estesa copertura vaccinale della popolazione;

9) a promuovere presso le regioni (e le province autonome), per quanto di competenza, una disciplina omogenea circa il tempestivo approvvigionamento dei vaccini da parte dei medici, mediante appositi accordi da stipulare con le rappresentanze sindacali dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e delle farmacie;

10) a presentare al Parlamento una relazione, con cadenza annuale, sullo stato della copertura vaccinale, sui dati epidemiologici e sull'impatto sanitario ed economico della patologia influenzale.
(1-00349) «Gelmini, Mandelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RACCHELLA, COVOLO e PRETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le misure restrittive di contrasto e contenimento dell'emergenza sanitaria da COVID-19 attuate dal Governo stanno avendo un impatto devastante sull'intero sistema economico nazionale. Il calo di prodotto interno lordo per il 2020 è stato stimato all'8 per cento nel documento di economia e finanza, mentre ancor più negative sono le previsioni del Fondo monetario internazionale e dei mercati, che si attestano intorno al 10 per cento;

   il sostanziale blocco delle attività produttive e i ritardi nell'attuazione delle misure di sostegno al reddito e di rilancio delle imprese stanno altresì avendo dei riflessi drammatici sulla tenuta economico-finanziaria dei comuni, i quali, da un lato, hanno visto ridurre, e in alcuni casi azzerare, la propria capacità fiscale, a causa del mancato gettito derivante da tributi, servizi a domanda individuale e sanzioni per violazioni del codice della strada mentre dall'altro, hanno dovuto sostenere una rilevante e improvvisa crescita della spesa sociale, con evidenti conseguenze in termini di garanzia di erogazione dei servizi essenziali;

   in particolare, solo in Veneto, si registra una perdita di 6 mila posti di lavoro a settimana, un dato che, se confermato, porterà i disoccupati della regione a toccare quota 180.000 entro la fine del primo semestre del 2020, con un incremento di circa 50.000 unità rispetto a dicembre 2019. Proprio per far fronte alle sempre maggiori istanze di sostegno da parte delle nuove povertà emergenti, la stessa regione Veneto ha anticipato, dal mese di marzo 2020, un fondo di emergenza di circa 10 milioni di euro, pur in un contesto economico tanto incerto;

   le misure adottate dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, circoscritte all'utilizzo della quota libera degli avanzi di amministrazione a copertura delle spese correnti connesse all'emergenza e alla sospensione della quota capitale dei mutui concessi da Cassa depositi e prestiti in gestione del Ministero dell'economia e finanze, non paiono affatto sufficienti ad affrontare le criticità che i comuni si trovano ad affrontare, vieppiù nel rispetto dei vincoli di bilancio derivanti dalle regole del patto di stabilità;

   nella stessa bozza del cosiddetto «decreto rilancio», circolata in queste ore, non sembra si rinvengano misure idonee a garantire ai comuni risorse e strumenti adeguati alla gestione dell'emergenza in corso –:

   se non ritengano opportuno un maggiore coinvolgimento e confronto con gli enti locali, al fine di predisporre, strumenti realmente efficaci che consentano agli enti di prossimità di sostenere l'ingente carico di richieste di aiuto al quale sono sottoposti, garantendo altresì l'erogazione dei servizi essenziali e scongiurando il concreto rischio di dissesto finanziario.
(4-05666)


   COLMELLERE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 ha prorogato fino al 17 maggio molte misure restrittive già adottate l'8 marzo per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che erano previste per la cosiddetta fase 1;

   l'articolo 5 ha tuttavia previsto la possibilità di transiti e soggiorni di breve durata in Italia, esclusivamente per comprovate esigenze lavorative e per un periodo non superiore a 72 ore, salvo motivata proroga per specifiche esigenze di ulteriori 48 ore, senza l'obbligo di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario per quattordici giorni;

   tale possibilità non è invece prevista per motivi di salute, legati ad altre patologie pregresse che necessitano di cure «salva vita» e non inerenti in alcun modo all'emergenza sanitaria in corso;

   è risaltato all'attenzione dell'interrogante il fatto di cronaca denunciato dai familiari di una ragazza del Trevigiano che lavora in Inghilterra e, ogni tre mesi, torna in Italia il tempo strettamente necessario per effettuare i controlli e prendere le terapie farmacologiche utili a tenere sotto controllo una forma di leucemia dalla quale è affetta;

   in base alla normativa vigente la ragazza dovrebbe mettersi in quarantena per 14 giorni solo per venire in Italia a fare un controllo e a prendere i farmaci necessari, una quarantena che le sue esigenze lavorative non le consentono di affrontare a causa del rischio della perdita del posto di lavoro;

   la denuncia di questa madre ha evidenziato una falla normativa, in quanto tale situazione sarà comune anche ad altri connazionali sottoposti a terapie mediche che nei Paesi in cui vivono per esigenze di lavoro costano molto, connazionali che ora sono impossibilitati a venire in Italia se non sottoponendosi alla quarantena –:

   se si intendano adottare iniziative per estendere la previsione dell'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 anche alle esigenze legate a motivi gravi di salute, come illustrato in premessa, consentendo in tal modo a molti italiani all'estero per motivi di lavoro di rientrare solo per un paio di giorni in Italia a fare degli importanti controlli medici e a ritirare le terapie «salva vita» senza doversi per questo sottoporre all'isolamento fiduciario per quattordici giorni.
(4-05669)


   SAPIA, D'IPPOLITO, BARBUTO, FORCINITI e TUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 12 maggio 2020 il primo firmatario del presente atto ha esposto all'autorità giudiziaria d'aver ricevuto un file contenente il messaggio di un operatore del 118 dell'Asp di Cosenza, secondo cui in un magazzino aziendale stavano in frigoriferi migliaia di tamponi non processati;

   ivi si ascolta che, secondo disposizioni ricevute, i tamponi effettuati non dovevano essere portati «assolutamente in Virologia» perché «poi si vedrà»;

   il 13 maggio 2020 un primario dell'Asp di Cosenza ha scritto al primo firmatario del presente atto una nota, anche pubblicata su Facebook, in cui si legge che l'11 maggio 2020 egli ha visto, nella centrale operativa del 118, «un magazzino» in cui «erano allocati in maniera alquanto strana alcuni “frigoriferi” accesi e funzionanti»;

   nella nota è scritto che lo stesso ha lì saputo da un infermiere che quei frigoriferi erano «pieni di tamponi effettuati, prevalentemente, e non solo, ai cittadini tornati nei giorni scorsi dal Nord su ordinanza della Santelli, in attesa di essere processati»;

   in un'intervista pubblicata su LaCnews24 il 12 maggio 2020, il commissario dell'Asp di Cosenza, Giuseppe Zuccatelli, anche commissario dell'azienda ospedaliera e dell'azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro, ha affermato che al momento nei magazzini dell'Asp di Cosenza giacciono 250 tamponi che stanno per essere portati all'Azienda ospedaliera di Reggio Calabria e si trovano all'interno di un frigorifero appositamente acquistato che può contenerli con garanzia assoluta per ben 5 giorni;

   Zuccatelli ha aggiunto che il «collo di bottiglia» sta nel fatto che i laboratori di microbiologia dell'Asp cosentina non sono in grado di assorbire complessivamente la quantità di tamponi che ogni giorno vengono prodotti;

   in una nota del 12 maggio 2020 il direttore generale del dipartimento regionale tutela della salute, Antonio Belcastro, ha affermato: «Sono circa 1.500 in tutta la Regione i tamponi in corso di lavorazione: 500 circa presso il Pugliese, 500 all'Asp di Reggio Calabria e 500 presso la Centrale operativa del 118 dell'Asp di Cosenza», tutti «custoditi sulla scorta della circolare del Ministero della salute del 22 gennaio 2020, che prevede la conservazione degli stessi fino a 5 giorni a una temperatura di 4°»;

   ivi si legge, circa l'audio suddetto, che lo stesso dipartimento ha informato «le competenti autorità giudiziarie al fine di valutare l'esistenza di eventuali ipotesi di reato, anche rispetto al procurato allarme», benché il segnalatore di eventuali illeciti sia protetto per legge;

   sulla gestione dei tamponi in Calabria, in cui l'emergenza sanitaria è nella responsabilità della presidente della regione, il gruppo consiliare «lo resto in Calabria» ha presentato un'interrogazione alla medesima, cui anche i sindacati regionali hanno chiesto chiarezza;

   nelle proprie «Raccomandazioni» sui tamponi per la diagnosi di COVID-19, aggiornate al 17 aprile 2020, l'istituto superiore di sanità ha precisato che essi «devono essere inviati immediatamente al laboratorio o in alternativa possono essere conservati in frigo (+4° C) per un tempo <48 ore» e che «se il campione non può essere processato entro 48 ore va conservato a -80° C»;

   ivi sono raccomandate le cautele per il trasporto dei tamponi: «refrigerato (utilizzando i siberini) o» con «ghiaccio secco per campioni congelati»;

   non è chiaro quanti tamponi siano conservati, da quanto tempo e con quali precise modalità, presso la centrale operativa del 118 dell'Asp di Cosenza e delle altre aziende nominate dal direttore generale Belcastro –:

   di quali precise informazioni dispongano sulla vicenda riassunta, sulle specifiche modalità di conservazione dei tamponi non processati in Calabria e sull'approvvigionamento dei medesimi e dei materiali correlati;

   se il Ministro della salute non ritenga urgente, sulla scorta delle contraddizioni od omissioni rilevate in premessa, verificare la situazione riassunta per il tramite di ispettori ministeriali.
(4-05677)


   CIABURRO, GALANTINO, BUTTI, ROTELLI, LUCA DE CARLO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, disciplina la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, cosiddetto «scontrino elettronico»;

   lo scontrino elettronico è già utilizzato dalle attività con un fatturato annuo superiore ai 400.000 euro a decorrere dal luglio 2019;

   con circolare n. 3/E del 2020 l'Agenzia delle entrate ha disposto la vigenza dell'obbligo di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi a partire dal 1° luglio 2020 per tutti gli altri soggetti non ancora oggetto del predetto obbligo;

   tale obbligo di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi comporta l'obbligo e l'onere per tutti gli esercizi commerciali di dotarsi di appositi registratori di cassa telematici, per i quali sono state disposte anche agevolazioni;

   predette agevolazioni, tuttavia, non abbattono completamente il costo dei predetti registratori di cassa che, soprattutto nel caso di piccole attività commerciali, costituiscono un costo difficilmente trascurabile;

   l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha ulteriormente ridotto all'osso, se non esautorato, le disponibilità economiche di gran parte degli operatori economici del Paese;

   inoltre, in Italia, sono oltre 1.200 i comuni nei quali si registrano difficoltà nella ricezione di segnali di rete, aree in cui le dotazioni infrastrutturali di connessione a banda larga sono del tutto assenti o inadeguate, costringendo gli operatori economici ivi presenti a sostenere ulteriori costi anche in termini di installazione di infrastrutture di rete per andare incontro agli obblighi di cui sopra;

   alla luce di questa perdita di liquidità e delle sopravvenute difficoltà economiche, le quali difficilmente avranno termine per la fine dell'anno, è necessario disporre deroghe e differimenti per tutte quelle disposizioni che, almeno nel breve periodo, costituiscono maggiori costi per gli operatori economici nazionali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, se del caso, intenda predisporre per differire la piena entrata in vigore in materia di regime di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi di cui in premessa almeno al 31 dicembre 2022.
(4-05681)


   CECCHETTI e VANESSA CATTOI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di emergenza epidemiologica, in corso, sta determinando effetti sia sotto il profilo sanitario sia in ambiti sociali differenti (tra i quali quello economico) nonché sta mettendo in risalto l'esigenza di una revisione del sistema burocratico italiano, che rischia di produrre ulteriori conseguenze sul tessuto imprenditoriale e sulla salute collettiva;

   risulta, infatti, che l'attuale burocrazia (caratterizzata da marche da bollo, certificati, controcertificati, l'incertezza dei tempi, i costi) sia tale da non solo scoraggiare le imprese italiane (e non) ma anche da rischiare di determinare gravi conseguenze per la salute pubblica; questo in un Paese, come alcune agenzie stampa (AdnKronos) riportano, che ha la peggiore burocrazia d'Europa;

   quanto detto è il caso che sta affrontando, ad esempio, la società «Indutex» di Corbetta, nel milanese (leader in Italia e in Europa nella produzione di indumenti di protezione individuale), che è in prima linea nell'emergenza Covid-19; tuttavia, proprio per la burocrazia, si vede bloccati presso la dogana i propri prodotti Dpi (Dispositivi di protezione individuale) non potendo, così, procedere alla consegna già programmata agli ospedali che ne hanno fatto richiesta;

   nonostante la predetta società abbia presentato regolare richiesta di svincolo diretto, secondo la procedura di cui all'articolo 2 della ordinanza commissariale n. 6/2020, i Tir son fermi dal 24 aprile 2020, pur trattandosi di container aventi un carico di indumenti provenienti dai laboratori di confezione tunisini e destinati, per quanto riguarda i Dpi a protezione biologica, agli ospedali ed alle Croci Rosse Italiane; trattasi nel dettaglio di materia prima fabbricata in Italia ma lavorata, per la trasformazione in indumenti, nei laboratori tunisini e successiva sterilizzazione con relativa apposizione codice in conformità di legge nei laboratori italiani;

   questi ritardi, determinati da un eccesso di burocrazia, rischiano di mettere in seria difficoltà tutti gli operatori sanitari, nonché i lavoratori di ogni settore, che sono in attesa dei Dpi, lasciandoli privi delle dovute protezioni;

   appare quindi, intollerabile, dopo i tanti proclami del Governo, che ci siano ancora situazioni di questo tipo; le imprese hanno bisogno che le decisioni vengano prese senza ritardi avendo la certezza della durata delle procedure da parte delle istituzioni pubbliche –:

   se il Governo non ritenga necessario intervenire prontamente per superare ogni difficoltà burocratica che le imprese, come quella indicata in premessa, affrontano quotidianamente nonché adottare, nell'immediato, specifiche iniziative che, sempre garantendo il contrasto all'importazione selvaggia di prodotti non sicuri nella protezione individuale, superino le attuali criticità dell'ordinanza commissariale citata in premessa ed assicurino ogni approvvigionamento che occorra per la salute collettiva e dei singoli operatori impegnati nell'emergenza da Covid-19 e in generale, di tutti i lavoratori che necessitano di Dpi nello svolgimento della propria attività lavorativa.
(4-05684)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   l'interpellante è venuto a conoscenza delle difficoltà che stanno incontrando gli italiani in Messico per rimpatriare, difficoltà manifestate anche da connazionali a Santo Domingo, India, Kenya e Brasile;

   si assiste a continue cancellazioni di voli commerciali programmati e già pieni, molti dei quali venduti sold-out a prezzi di mercato prima della crisi, e a continue riprogrammazioni di voli a distanza di qualche settimana dalla data di cancellazione;

   i voli da e per il Messico sono sospesi fino al 31 maggio 2020. Il Paese dovrebbe riaprire al turismo dal 1o giugno;

   a giudizio dell'interpellante, quanto appena premesso sembrerebbe condizione già sufficiente per attivare il Meccanismo europeo di protezione civile per il rimpatrio quantomeno nelle date e nei periodi di sospensione dei voli commerciali;

   l'articolo 88-bis del cosiddetto decreto «Cura Italia» disciplina la fattispecie dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto, ai contratti di soggiorno e ai contratti di pacchetto turistico;

   l'articolo, da un lato, permette all'acquirente di esercitare la propria facoltà di richiedere il rimborso di quanto precedentemente acquistato, dall'altro permette ai vettori di esercitare il diritto di recesso quando le prestazioni non possono essere eseguite in ragione di provvedimenti adottati dalle autorità nazionali;

   alle persone che hanno comprato il volo cancellato viene generalmente consegnato un voucher;

   i nuovi voli vengono venduti a prezzi decisamente al di sopra delle medie delle rispettive tratte. Ad esempio, un volo da Varsavia a Roma che sarebbe costato mediamente 60 euro ad ottobre ad oggi viene venduto a 430 euro. Un volo dal Messico all'Italia che sarebbe costato mediamente 450 euro ad oggi viene venduto a 1250 euro;

   appare evidente che le restrizioni imposte al traffico aereo e alla capienza massima dei velivoli si ripercuotano sul prezzo al consumatore finale e che gli operatori non trovino economicamente vantaggioso operare in perdita. Uno dei maggiori ostacoli al rimpatrio è l'eccessiva ristrettezza della normativa in vigore in Italia che, in mancanza di compensazioni economiche europee, dovrebbe essere derogabile in presenza di precauzioni individuali di sicurezza;

   appare piuttosto singolare che su 58.000 europei rimpatriati, 32.000 tedeschi si trovino in condizione di non poter usufruire di voli commerciali, mentre tutti i concittadini italiani sembrerebbero nella condizione opposta di poter tranquillamente usufruire di un volo commerciale;

   davanti all'inerzia della Farnesina nell'attivazione del Meccanismo europeo di protezione civile, una lodevole iniziativa di un privato cittadino amministratore del gruppo Facebook «Italiani in Messico» ha portato all'organizzazione di un volo charter della compagnia Blu Panorama nei giorni 5-6 maggio e altri sono in fase di definizione. Uno di questi dovrebbe essere al momento confermato per la fine di maggio, con 147 preadesioni già pervenute all'organizzatore;

   in data 18 marzo, l'interpellante segnalava in apposita risoluzione (allo stato non ancora esaminata) come il Governo continui a sostenere Alitalia con «prestiti ponte» affinché questa non fallisca, come i voli Alitalia fossero fermi e che la compagnia, in accordo con le regole europee, dovrà in futuro ripagare il prestito per non violare la normativa sugli aiuti di Stato;

   l'interpellante intendeva impegnare il Governo ad adottare iniziative per definire un piano che preveda l'acquisto di voli charter da Alitalia per il rimpatrio di tutti gli italiani bloccati nel mondo che ne facciano richiesta, prevedendo inoltre che i costi di tali voli siano compensati in sede di rimborso dei «prestiti ponte» concessi ad Alitalia;

   con una soluzione di tal guisa, astrattamente non incompatibile con le procedure di rimborso del Meccanismo europeo di protezione civile, si sarebbero potute evitare lungaggini e disagi per i nostri connazionali bloccati all'estero;

   con risoluzione dell'11 maggio 2020 l'interpellante suggeriva al Governo un modo per risolvere le problematiche ostative per il ricorso al Meccanismo europeo individuate dal capo dell'unità di crisi della Farnesina Stefano Verrecchia – ossia la duplice circostanza che il rimborso europeo è successivo rispetto al volo, che quindi lo Stato deve pagare in anticipo mediante risorse di cassa, e che la normativa italiana prevede un distanziamento molto elevato e riduce il numero dei posti a bordo ad 1/3 della capienza massima – ossia ad adottare iniziative per operare le opportune variazioni di bilancio, affinché i 455 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo nel 2020 siano destinati all'organizzazione di voli di rimpatrio nell'ambito del Meccanismo europeo di protezione civile, e per operare le opportune modifiche alla legislazione vigente in materia di aviazione, affinché per questi voli vengano derogate le disposizioni per il distanziamento minimo –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle soluzioni proposte in premessa in materia di rimpatrio di cittadini italiani all'estero e, segnatamente, i motivi per cui le proposte sull'utilizzo del Meccanismo europeo di protezione civile oppure sull'uso del vettore Alitalia per l'acquisto di voli charter da ripagare mediante compensazione del «prestito ponte» attualmente in essere non sono state accolte, lasciando migliaia di persone a terra e cagionando costi elevati ampiamente evitabili ai rimpatriati.
(2-00793) «Delmastro Delle Vedove, Galantino, Rotelli, Osnato, Prisco, Montaruli, Luca De Carlo, Ferro, Bignami, Mantovani, Ciaburro, Deidda, Donzelli».

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 aprile 2019 è stata annunciata la scomparsa del cittadino italo-venezuelano di 55 anni Hugo Marino, titolare della Sea Corporation, società specializzata in recuperi;

   Hugo Marino è un ingegnere molto noto nella comunità italo-venezuelana che, con la sua società, si occupa anche della ricerca degli aerei scomparsi in mare;

   nel giugno del 2013 coordinò le operazioni che portarono al ritrovamento del bimotore della famiglia Missoni YV2615, precipitato il 4 gennaio del 2013 a largo di Los Roques. Nell'incidente morirono quattro passeggeri italiani fra cui Vittorio Missoni, sua moglie Maurizia Castiglioni, i due bresciani Guido Foresti ed Elda Scalvenzi;

   Hugo Marino, negli ultimi 20 anni, ha lavorato su tre importanti incidenti aerei;

   la famiglia di Hugo Marino dichiara di avere sospetti che la sparizione del proprio caro sia legata alla sua attività di ricerca e che sia avvenuta ad opera della direzione generale di controspionaggio militare (Dgcim) del regime comunista del dittatore Maduro, sostenendo che l'uomo sia stato fermato dopo il suo arrivo in Venezuela;

   non ci sono conferme ufficiali sul suo arresto. E nemmeno sul suo coinvolgimento con il controspionaggio. Ma la moglie e la figlia rimangono ferme sulle loro convinzioni: Marino sarebbe stato prelevato da qualcuno in aeroporto per portarlo chissà dove;

   l'ultimo contatto avuto con la famiglia risale al 12 aprile 2019;

   il caso è stato trattato anche dalla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto?»nella puntata del 16 ottobre 2019 –:

   quali siano le informazioni attualmente in possesso del Governo sulla sparizione del concittadino Hugo Marino;

   se il Governo intenda convocare l'ambasciatore del Venezuela in Italia per chiedere chiarimenti in merito alla scomparsa di Hugo Marino.
(4-05678)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONTARULI e CIABURRO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del virus COVID-19, le libertà di circolazione e di soggiorno, previste dall'articolo 16 della Costituzione della Repubblica italiana, sono state fortemente limitate, eccetto casi straordinari legati a motivi di lavoro ovvero salute, sia all'interno del territorio nazionale, ma anche sullo scenario europeo ed internazionale;

   tale limitazione, oltre ad aver compromesso l'attività d'impresa di numerosi operatori economici operanti sia nel settore pubblico che in quello privato, si accinge ora a compromettere anche il settore turistico ed alberghiero nonché quello dei trasporti che, in periodi di non emergenza, vedrebbero, nei prossimi mesi, il picco della propria attività;

   in questi giorni, su numerose testate giornalistiche di portata nazionale, tra cui il Messaggero del 13 maggio, vengono riportate notizie relative a presunti colloqui bilaterali per la creazione di accordi estivi, con cui il Regno Unito e la Francia consentirebbero ai propri cittadini di ritornare a muoversi liberamente, senza alcun tipo di limitazione legato alla diffusione del virus COVID-19;

   tale iniziativa, in materia di politiche dell'Unione europea, gioverebbe solo ed esclusivamente al settore turistico anglo-francese e, per converso, si ritiene possa essere dannoso per il settore turistico dei Paesi che non siglano l'accordo;

   l'oggetto dell'accordo relativo alla libertà di movimento, seppur ancora in fase embrionale, potrebbe estendersi ad altri Paesi membri dell'Unione europea che pare abbiano manifestato interesse in tal senso;

   le tre Repubbliche baltiche riapriranno tra loro i confini a far data dal 15 maggio 2020 e la Grecia, che pare abbia gestito con successo l'emergenza pandemica, ha manifestato il proprio interesse a procedere sulla strada degli accordi bilaterali;

   l'Italia, ad oggi, stando a quanto comunicato dal Governo, risulta riscontrare ancora molte difficoltà a garantire già solo la mobilità a livello interregionale –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere in sede europea per tutelare il settore turistico-alberghiero italiano ed evitare che venga penalizzato.
(5-03980)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANTOVANI, GALANTINO, MOLLICONE e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   l'impatto sull'economia del COVID-19 avviene – secondo le principali fonti istituzionali – attraverso: uno shock che incide sulle catene di approvvigionamento, sulla domanda da parte dei consumatori e sulla liquidità delle imprese;

   le stime sul prodotto interno lordo pubblicate il 5 maggio 2020 da S&PRatings evidenziando, per il nostro Paese, un crollo del 9,9 per cento in un'Eurozona stimata in calo del 7,3 per cento mentre, per il 2021, si prevede un rimbalzo che nella zona euro sarebbe del 5,6 per cento con l'Italia al +6,4 per cento;

   il 19 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato la comunicazione «Quando temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» che, tra l'altro, illustra le possibilità di cui gli Stati membri dispongono in base alle norme dell'Unione per garantire la liquidità e l'accesso ai finanziamenti per le imprese;

   il «Temporary Framework» non sostituisce, ma integra gli altri strumenti consentiti di intervento pubblico sulla base delle norme già vigenti sugli aiuti di Stato e si basa sul paragrafo 2, lettera b), e sul paragrafo 3, lettera b), dell'articolo 107 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   il provvedimento del 19 marzo 2020 è stato potenziato il 3 aprile includendo, nel perimetro degli aiuti di Stato ammissibili, ulteriori e più ampie possibilità di sostegno pubblico, subendo un'ulteriore modifica in data 8 maggio 2020;

   in data 4 maggio 2020, la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, in teleconferenza con la commissione mercato interno dell'Europarlamento ha affermato che: «la Commissione ha dato parere favorevole a richieste di aiuti di Stato e compensazione per danni derivanti dalla crisi da coronavirus per circa 1.900 miliardi di euro»;

   come riportato da diverse ed autorevoli testate nazionali e straniere, tra il 3 e il 5 maggio 2020 il 52 per cento delle risorse facenti parte degli aiuti di Stato autorizzati dall'Unione europea riferibili alla Germania, mentre Italia e Francia si fermano a una cifra vicina al 17 per cento del totale;

   tale condizione, come evidenziato anche dalla stessa commissaria Vestager, genera forti disparità all'interno del mercato europeo con una crescente polarizzazione degli squilibri tra Stati, un rischio già evidenziato nei giorni scorsi al Financial Times della stessa commissaria;

   se si lascia che Paesi con maggiori margini di bilancio come la Germania possano inondare di risorse pubbliche le loro imprese, ci si ritroverà preso un mercato europeo squilibrato tra coloro che hanno potuto investire senza limiti e coloro che dispongono di risorse minori –:

   quali iniziative intenda attuare il Governo affinché le istituzioni europee pongano limiti formali all'abnorme sproporzione tra gli aiuti di Stato erogati dai vari Stati membri che genera squilibri tali da cagionare alterazioni di mercato che pongono in particolar modo le aziende tedesche in una posizione di forza rispetto alla concorrenza.
(4-05675)


   FIORAMONTI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   i fondi strutturali europei rientranti nel fondo di coesione dell'Unione europea rappresentano uno degli strumenti fondamentali a disposizione dei Paesi membri, in quanto rispondenti a quei principi di eguaglianza e di sviluppo a cui tutte le regioni dell'Unione europea devono protendere;

   il Trattato istitutivo dell'Unione europea disciplina all'articolo 2 tra gli obiettivi dell'Unione, la promozione di uno «sviluppo armonioso delle attività economiche» e di un processo di espansione dei Paesi membri che sia caratterizzato da continuità ed equilibrio;

   numerose sono le difficoltà a cui le varie regioni – in particolare le regioni del Sud – sono andate incontro nell'utilizzo di tali fondi; da vari studi è emerso in riferimento al periodo di programmazione 2014-2020, che le risorse stanziate nel nostro Paese ammontano a poco più di 55 miliardi di euro;

   nonostante tale stanziamento, si registra un ammontare di risorse impegnate pari a 14,15 miliardi di euro corrispondenti al 25,7 per cento circa del programmato e un livello dei pagamenti ammessi pari a 5,39 miliardi di euro, corrispondenti a meno del 10 per cento del programmato;

   in seguito all'informativa del Ministro Provenzano in Parlamento del 6 maggio 2020, all'evidenza delle innumerevoli difficoltà economiche a cui il nostro Paese sta andando incontro a causa dell'emergenza sanitaria indotta dal COVID-19, l'efficientamento e la facilitazione dei meccanismi nell'erogazione e nell'utilizzo di tali fondi andrebbero a garantire a pieno quei principi di addizionalità e di concentrazione a cui devono rispondere;

   inoltre, nell'informativa il Ministro ha fatto esplicito riferimento all'interlocuzione in atto con la Commissaria europea alle politiche di coesione, Elisa Ferreira, sul possibile contributo dei fondi strutturali europei in funzione anticrisi e alla elaborazione di proposte da parte della Commissione che raccolgano richieste di snellimento delle procedure da tempo avanzate dall'Italia –:

   quali iniziative normative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire lo sfruttamento massimo di tali fondi, soprattutto nel perseguimento degli obbiettivi di innovazione e sviluppo, in grado di rafforzare la posizione strategica della ricerca italiana nella partnership del programma Horizon Europe e di attrarre ulteriori investimenti, tali da ridurre quelle disparità e quei ritardi esistenti fra le differenti regioni, con particolare attenzione a quelle meno favorite.
(4-05685)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), in Via Figliola 40/42, al confine con i comuni di Cercola e S. Giorgio a Cremano, è stato realizzato un impianto di trattamento di rifiuti in un'area privata;

   il 19 maggio 2015 la Ciscav srl ha presentato domanda per l'autorizzazione unica ambientale (A.u.a.) al comune di S. Sebastiano al Vesuvio al fine di installare nell'immobile (un capannone con un piazzale di circa 4.000 metri quadrati) un'attività commerciale di vendita di materiale edile e connessa attività di deposito e recupero di rifiuti non pericolosi R13;

   risulta all'interrogante che il piazzale e il capannone in questione ricadono in area «A», con interesse storico-ambientale del piano regolatore generale comunale, e in area A.I., poiché all'interno della settecentesca «Villa Figliola» e confinanti con l'area «Pir» della «Masseria Marchese Rota»; sembra che il certificato di destinazione urbanistica rilasciato per l'autorizzazione non indichi tale vincolo; non è chiaro all'interrogante se il comune abbia informato la Soprintendenza;

   nelle more dell'A.U.A., la Ciscav ha depositato una nuova richiesta autorizzativa, ex articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ai fini della realizzazione nella medesima zona, di un impianto di deposito, frantumazione e recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi; nella relativa conferenza di servizi la Soprintendenza di Napoli affermava che la richiesta «è relativa ad una modifica per il potenziamento delle attività di trattamento e stoccaggio dei rifiuti in un'area già dedicata a tale attività; che tale ciclo di trattamento avverrà in capannone già esistente e nella parte esterna e che, pertanto, quest'ampliamento non risulta alterare sotto l'aspetto paesaggistico-ambientale le caratteristiche del contesto»;

   il 17 gennaio 2017, con decreto dirigenziale n. 10 del 17 gennaio 2017 (protocollo 2017.003135) la regione Campania ha autorizzato l'impianto, in subordine comunque alla verifica da parte del comune della compatibilità urbanistica dell'intervento;

   risulta all'interrogante che, a seguito alla messa in esercizio dell'impianto di frantumazione e recupero dei rifiuti, alcuni cittadini abbiano lamentato notevoli quantità di polveri ed esalazioni e mancata copertura dei rifiuti anche con impianto non funzionante, e abbiano depositato denunce e richieste di intervento. Peraltro, il suddetto impianto è inserito in un contesto abitativo residenziale, ove insistono abitazioni, scuole ed aree agricole;

   risulta all'interrogante che il comune avrebbe eseguito un sopralluogo con la polizia municipale e in quella sede il responsabile del comune avrebbe dichiarato la conformità delle opere rispetto ai progetti autorizzati, nonostante dalle fotografie del sito emerga, secondo i denuncianti, una palese difformità. Inoltre, il responsabile del comune si sarebbe riservato di verificare la compatibilità urbanistica, nonostante fosse stato proprio lui ad eseguire la pratica A.U.A. e quella ex articolo 208 e nonostante la regione abbia richiesto al comune, prima dell'inizio dell'attività, di verificare la compatibilità delle opere rispetto alla destinazione urbanistica del luogo;

   in relazione alla vicenda sono state presentate interrogazioni comunali, ma non è pervenuta alcuna risposta per i cittadini da parte delle istituzioni comunali;

   se i fatti evidenziati fossero confermati, il comune di San Sebastiano al Vesuvio avrebbe autorizzato la realizzazione di un impianto industriale di trattamento di rifiuti pericolosi in una zona A.I. vietata a impianti industriali, nonostante potesse sorgere soltanto un impianto destinato al commercio –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, se i ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, in particolare tramite il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, ovvero tramite la Soprintendenza, in ordine alla sussistenza di eventuali violazioni e alla immediata cessazione dell'impianto.
(4-05689)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO, ROTELLI, LUCA DE CARLO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e CARETTA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come un grido di dolore, l'arcivescovo di Rossano-Cariati ha denunciato i troppi episodi legati alla malavita locale, che «Nella indifferenza di tanti, ci stanno “bruciando vivi”»;

   in particolare, da inizio anno, già drammaticamente segnato dall'emergenza pandemica, non si contano, per quanto numerosi, gli attentati incendiari ad auto e negozi e gli atteggiamenti di sopruso, fino a vandalizzare una casa canonica e dare alle fiamme diversi mezzi;

   secondo il prelato, tali episodi, non più isolati, stanno assumendo i contorni di un fenomeno dilagante che si espande a macchia d'olio, in un territorio già martoriato e sopraffatto da una infinità di problemi, e che meriterebbe, invece, di essere tutelato e difeso;

   con la chiusura del tribunale, peraltro, è caduto l'ultimo baluardo di legalità a difesa del territorio e all'aumentare dell'escalation criminale è paradossalmente corrisposta una contrazione dell'organico delle forze dell'ordine, come già denunciato con atto di sindacato ispettivo n. 4-04695 del 12 febbraio 2020 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per assicurare un adeguato rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine e, in particolare, del commissariato di polizia che oggi controlla un territorio di 400 chilometri quadrati;

   se non si ritenga di ricorrere all'impiego anche di contingenti di personale militare delle Forze armate per far fronte alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità.
(4-05672)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO, FRAGOMELI e PRESTIPINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25-undecies del decreto-legge n. 119 del 2018 è intervenuto, con una novella all'articolo 31 della legge n. 448 del 1998, sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo per la cessione del diritto di proprietà o del diritto di superficie delle singole unità abitative edificate in regime di edilizia residenziale convenzionata;

   la disposizione prevede che il vincolo del prezzo massimo di cessione possa essere rimosso con atto pubblico o scrittura privata autenticata, a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile (e non più, come attualmente previsto, mediante convenzione in forma pubblica stipulabile con il comune solo da parte del singolo proprietario), dietro il pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo;

   dalla lettura della norma si evince che la determinazione di tale corrispettivo debba essere stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il medesimo decreto individua, altresì, i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo;

   si ricorda che, prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 119 del 2018, con l'articolo 29, comma 16-undecies, del decreto-legge n. 216 del 2011 era stato stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (Erp), nonché del canone massimo di locazione fosse stabilita dai comuni;

   tale ritardo sta provocando un rallentamento delle attività di compravendita nel settore immobiliare e mancate entrate ai comuni: il cittadino proprietario della casa non è incentivato a compiere l'oneroso passaggio di trasformazione del diritto di superficie sul terreno comunale in diritto di proprietà se contestualmente non può fare anche il passaggio relativo al pagamento dell'ulteriore corrispettivo per poter liberamente disporre della propria casa;

   sul tema il Governo ha risposto ad un'interrogazione (n. 5-02823) affermando che «il nuovo decreto definisce il criterio di calcolo dell'onere concessorio per la rimozione del vincolo di prezzo, determinandolo in una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del medesimo articolo 31 – che disciplina le modalità di calcolo del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà – ed inserendo una riduzione rapportata alla durata residua del diritto. In particolare è previsto che l'onere per la rimozione del vincolo di prezzo sia determinato nella misura del 50 per cento del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, con la citata riduzione rapportata alla durata del diritto. Nella bozza di decreto si prevede, inoltre, per evitare un aumento o una riduzione eccessiva del canone, un valore minimo e uno massimo del medesimo corrispettivo»;

   il 19 febbraio 2020 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/2325-AR/189 Fragomeli che lo impegnava ad emanare il decreto;

   ad oggi non è stato ancora emanato alcun decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze –:

   quali siano le ragioni della mancata emanazione del decreto di cui in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere, anche di carattere normativo, per risolvere, nelle more dell'adozione del decreto, la questione dei comuni che avevano già deliberato, prima dell'entrata in vigore della modifica del 2018, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (Erp), nonché del canone massimo di locazione.
(5-03977)

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel contesto della grave situazione attuale caratterizzata dalla crisi emergenziale sanitaria indotta dal dirompere del COVID-19, si è registrato un forte impatto negativo sulla già precaria condizione economica del nostro Paese, andando ad accentuare maggiormente il divario esistente tra le diverse classi sociali e allargando sempre di più la forbice delle diseguaglianze;

   il Governo – rispondendo prontamente a tale emergenza – stanzia, attraverso le previsioni di vari decreti, risorse a sostegno delle imprese italiane e delle piccole attività imprenditoriali, prevedendo misure contributive e fiscali agevolate per limitare l'eventualità di fallimento;

   in un panorama così delicato, caratterizzato da un'emergenza senza precedenti, la richiesta di sacrifici e sforzi condivisi è vitale in questo momento per il mantenimento del tessuto economico-sociale del nostro Paese;

   da organi di stampa si apprende che il consiglio di amministrazione di società concessionarie di servizi pubblici – quale il gruppo Hera – abbia deliberato, in merito alla remunerazione degli amministratori ed, in particolare, dell'amministratore delegato, un notevole aumento del compenso, fino a portarlo alla cifra di 952.000 euro annui, quasi il doppio rispetto all'anno precedente;

   sebbene tali importi siano conseguenti al sistema di remunerazione e incentivazione del gruppo Hera e funzionali al raggiungimento di obbiettivi o di determinati parametri, annuali o poliennali, misure di tale portata da parte di un'azienda a prevalente controllo pubblico, si configurano, a giudizio dell'interrogante, in un'ottica eticamente contraria alla responsabilità sociale di impresa nel corso dell'emergenza;

   negli ultimi anni la materia dei compensi delle società pubbliche e, in particolare, degli organi di amministrazione delle stesse, è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, in vista dell'adozione finale di un decreto relativo alla previsione di limiti stipendiali per gli organi di vertice delle società non quotate a controllo pubblico, come previsto dall'articolo 11, comma 6, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 –:

   quali iniziative normative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per stabilire tetti massimi stipendiali per gli organi di vertice delle società quotate e a prevalente controllo pubblico, come previsto dal decreto legislativo sopracitato per le società pubbliche.
(4-05670)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI, MARTINCIGLIO, VILLANI e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi non esiste una banca dati nazionale che contenga informazioni dettagliate sul numero di minori in affidamento e minori adottati;

   i dati più aggiornati e affidabili si ritrovano nelle raccolte dati sperimentali dell'Autorità garante per infanzia e l'adolescenza elaborate con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, nonché da alcuni quaderni di ricerca sociale elaborati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   la terza e, finora, ultima raccolta dati sperimentale dell'Autorità garante, pubblicata nel novembre 2019, con dati aggiornati al 31 dicembre 2017, indicava 32.185 minori, in aumento rispetto ai 29.692 dell'anno precedente, ospiti delle 4.027 comunità presenti sul territorio italiano, in aumento rispetto alle 3.686 comunità del 2016;

   tuttavia, i dati forniti sembrerebbero essere incompleti e non totalmente attendibili: infatti, sono stati raccolti in collaborazione con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, i quali, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 184 del 1983 ricevono semestralmente dagli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare gli elenchi dei minori accolti;

   come dichiarato nel documento stesso, «La raccolta ha fatto emergere l'esistenza di prassi disomogenee sul territorio in ordine all'esercizio del potere di vigilanza dei procuratori. In particolare tale vigilanza comprende, solo in taluni casi, anche le strutture di prima accoglienza. Inoltre, alcune procure hanno inserito nel dato trasmesso anche le cifre relative all'accoglienza nelle comunità di pertinenza del Ministero della giustizia»;

   l'assenza di un sistema informativo unico e uniforme su tutto il territorio nazionale, raccomandato dalla stessa Autorità garante, che raccolga in maniera automatica i dati relativi ai minori privi di un ambiente familiare, il numero delle strutture di accoglienza e il numero dei soggetti affidatari, costituisce un serio ostacolo alla comprensione del fenomeno e alla garanzia della continuità degli interventi e del coordinamento tra i diversi livelli di amministrazione coinvolti –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative al fine di predisporre un sistema informativo unico e uniforme su tutto il territorio nazionale dei dati relativi ai minori privi di un ambiente famigliare, al fine di monitorare il numero e le caratteristiche dei minori fuori famiglia, le tipologie, i tempi e le modalità di uscita del percorso di accoglienza.
(4-05671)


   BRAMBILLA, PRESTIPINO, FRASSINETTI, BIANCOFIORE e ZANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'8 maggio 2020 le agenzie di stampa (per esempio l'Adnkronos delle 16,43) e i media online hanno riferito di un orribile caso di maltrattamento e uccisione di animale avvenuto nel pomeriggio del giorno procedente a Priolo (Siracusa);

   secondo le fonti di stampa, i carabinieri – avvertiti da un ciclista di passaggio – hanno contestato ad un pensionato di 69 anni l'accusa di aver legato le zampe anteriori di un cane randagio al paraurti posteriore della propria auto, trascinandolo a lungo su una strada di campagna. L'animale, nonostante le immediate cure veterinarie ricevute, è deceduto. Il pensionato non avrebbe fornito spiegazioni;

   per essere valutato in tutta la sua gravità, il fatto non ha bisogno di lunghe descrizioni. Si tratta purtroppo di un crimine ancora molto diffuso che, proprio per la frequenza con cui viene commesso, ha indotto numerosi parlamentari, comprese le interroganti, a presentare progetti di legge per inasprire le pene a carico di chi maltratta e uccide gli animali –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per inasprire e rendere effettive le sanzioni penali (incluso il carcere) a carico dei soggetti che si macchiano di tali ripugnanti reati.
(4-05673)


   PITTALIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tutte le attività giudiziarie, con la sola eccezione di quelle assolutamente indifferibili, sono state sospese per circa due mesi dai primi giorni del mese di marzo 2020 per le esigenze connesse alle misure di profilassi relative alla diffusione del virus «Covid-19» con la corrispondente sospensione dei termini processuali, fatto assolutamente unico nella storia italiana;

   gli operatori del diritto a tutti i livelli, e le loro rappresentanze, a cominciare dall'Organismo congressuale forense per quanto concerne gli avvocati, hanno denunciato a viva voce che la ripresa delle attività, sia sul versante dei termini e degli adempimenti, sia sul fronte dello svolgimento delle udienze, era e resta condizionata, in modo necessario e infungibile, dalla predisposizione di un piano nazionale omogeneo di procedure e risorse umane e materiali per mettere materialmente in sicurezza la giustizia e gli ambienti giudiziari, che tutt'ora ne sono privi;

   occorre tuttavia constatare che, nonostante il passaggio alla cosiddetta Fase 2 e con il riavvio delle attività giudiziarie, di questo piano nazionale non v'è traccia alcuna;

   l'emergenza nella «fase 2» è stata regolata su base territoriale in modo totalmente disomogeneo, con discipline e termini di ripresa differenziati in modo ingiustificato per i diversi settori della giustizia italiana e senza adeguate garanzie per la difesa delle parti e la tutela dei loro diritti: allo stato, lo svolgimento delle attività giudiziarie è stato disciplinato in ogni sede in modo diverso (talvolta con diversi protocolli per le diverse sezioni) con oltre duecento provvedimenti dei capi degli uffici giudiziari, una vera e propria babele. Drammatica, e del tutto abbandonata a se stessa, è poi la situazione dei giudici di pace;

   in mancanza di un orientamento uniforme, di mezzi e personale, si stanno moltiplicando per di più le prese di posizione delle rappresentanze dei magistrati e del personale, di cancelleria che, per il timore di contagi, osteggiano la ripresa delle attività lavorative in sede, anche per il noto stato di inadeguatezza della gran parte degli edifici in cui sono ubicati gli uffici giudiziari;

   di fatto e in mancanza di adeguati interventi, è ragionevole e realistico prevedere che le attività giudiziarie non riprenderanno in modo sostanziale ed effettivo in moltissime sedi quantomeno fino all'inizio del mese di settembre 2020;

   quanto sta accadendo fa anche temere che con la ripresa del decorso dei termini processuali, perdurando però gli ostacoli all'accessibilità degli uffici, i difensori delle parti non possano svolgere adeguatamente la loro funzione, con il rischio di grave danno per i diritti dei cittadini;

   tutto ciò appare ancora più drammatico se si considera che le problematiche socio-economiche che l'epidemia e la conseguente crisi economica stanno determinando fanno prevedere una significativa crescita delle esigenze di intervento della giustizia, che non sarà invece possibile attuare nel perdurare della situazione descritta, con il rischio che si inneschi una gravissima e drammatica crisi delle tutele dei cittadini e delle imprese per il lungo blocco delle attività giudiziarie;

   la «quarantena» del diritto di agire e difendersi in giudizio, insieme al «congelamento» dell'attività giudiziaria, è uno degli effetti più gravi di questa pandemia, e sembra all'interrogante che le forze di Governo l'abbiano troppo a lungo trascurata –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di assicurare una disciplina uniforme dell'organizzazione di tutti i plessi giurisdizionali, per una ripresa effettiva, omogenea e al contempo sicura delle attività giudiziarie sul territorio nazionale.
(4-05674)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'emergenza COVID si avvia, seppur lentamente, alla soluzione attraverso le misure della «fase 2» la quale, gradualmente, prevede la ripresa delle attività, pur con l'adozione di specifiche disposizioni atte a contenere il rischio del contagio;

   tra queste, il permanere del distanziamento sociale e l'uso della mascherina protettiva e guanti sono le misure giudicate irrinunciabili per garantire la sicurezza delle attività e delle operazioni che comportano l'interazione di persone;

   in tale ambito, anche il settore del volo da diporto e sportivo (Vds), ancorché non espressamente nominato nei decreti e nelle circolari, necessita di riprendere la propria attività;

   di conseguenza, è necessario individuare quali siano le procedure e le predisposizioni più adatte e confacenti alla tipologia degli ambienti e dei vettori utilizzati;

   poiché i piloti di Vds operano all'aria aperta, utilizzando per lo più campi di volo che, essendo agevolmente monitorizzati, riducono la possibilità di assembramento di persone, si può ritenere che l'adozione delle normali e ormai note predisposizioni (uso della mascherina, dei guanti monouso e occhiali, eventuale distanziamento sociale) soddisfi gli indispensabili requisiti di sicurezza;

   del resto, nel caso in cui l'attività di volo Vsd sia condotta, come prevalentemente avviene, da singolo pilota, l'ipotesi di contagio è di per sé scongiurata;

   per quanto precede, nell'ottica di normalizzazione e ripresa delle attività sportive, si ritiene che tutte le attività del Vsd soprattutto per la loro stessa natura, possano essere svolte con modalità e procedure in grado di assicurare la celere ripresa in sicurezza;

   anche l'Aeronautica militare ha operato in questi ultimi mesi senza interruzione nelle proprie scuole di volo con vettori aerei della stessa tipologia di quelli di cui trattasi, adottando un protocollo di prevenzione delle misure di contagio, validato dagli enti sanitari;

   va peraltro ricordato che il settore aeroscolastico comporta globalmente numeri considerevoli di personale addetto e strutture;

   sul territorio italiano sono presenti circa 280 scuole di volo, tra aviazione generale e Vsd, che impiegano oltre un migliaio tra istruttori di volo e personale specializzato, mentre sono circa 70.000 i piloti titolari di licenze di volo e attestati Vsd che svolgono la loro attività senza assembramento di personale –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire, anche attraverso idoneo protocollo di prevenzione del rischio, da concordare con gli operatori del settore, una graduale e sicura ripresa nel nostro Paese dell'attività del volo da diporto e sportivo.
(2-00792) «Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI, PAITA e MIGLIORE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza COVID-19 le autoscuole hanno dovuto interrompere le loro attività;

   in particolare, si è dovuto interrompere anche lo svolgimento di esami di guida, con una conseguente proroga dei fogli rosa per 3 mesi;

   al momento della chiusura, numerose candidature per l'ottenimento della patente di guida erano già in corso; basti pensare che nella sola provincia di Firenze, così come in tante altre città italiane, i candidati «bloccati» sono 7800, di cui 1600 avevano l'esame fissato per il mese di marzo 2020;

   tale situazione sta generando una grande crisi anche economica al settore delle autoscuole, chiamate a fare i conti con i mutui da pagare, utenze e affitti dei locali. Alcune di queste – soprattutto le più piccole – rischiano di non riuscire a riaprire neanche quando sarà ad esse consentito; tenendo presente che per un esame per il conseguimento della patente occorrono mediamente cinque mesi, nel momento in cui riapriranno le autoscuole e potranno riprendere lo svolgimento degli esami di guida, le motorizzazioni civili dovranno contemporaneamente «smaltire» le domande bloccate da marzo e accogliere le nuove domande;

   la situazione degli esami di guida, in alcune province d'Italia, era già critica a causa della mancanza di esaminatori dalla motorizzazione civile, che dipende dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; quindi, servirà certamente nuovo personale abilitato allo svolgimento degli esami di guida;

   al momento, non sono arrivate indicazioni di alcun genere né sulle date in cui potranno riprendere gli esami di guida né sui protocolli di sicurezza che le autoscuole saranno chiamate ad adottare – nelle aule di lezione e sugli autoveicoli – al momento della ripartenza –:

   quando e con quali protocolli di sicurezza potranno riprendere a svolgersi gli esami di guida per il rilascio delle patenti e quali iniziative intenda assumere per migliorare la situazione in tempi certi e brevi.
(5-03979)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ingegneri ed architetti sono stati pesantemente colpiti nell'attività professionale di tecnici strutturisti esperti in diagnostica sulle costruzioni esistenti dall'approvazione della circolare del Consiglio superiore dei lavori pubblici 633/STC e delle «Linee Guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti»;

   il decreto «sblocca cantieri» ha introdotto un nuovo operatore dedicato esclusivamente alla diagnostica sulle costruzioni esistenti, il cosiddetto laboratorio su costruzioni esistenti, e ha quindi portato all'emanazione della circolare attuativa n. 633/STC del 3 dicembre 2019, che stabilisce i requisiti minimi di autorizzazione per tali nuovi laboratori;

   con la successiva approvazione delle «Linee Guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti» di cui all'assemblea del Consiglio superiore dei lavori pubblici del 14 aprile 2020, per la prima volta si stabilisce, al paragrafo 1.8, che gli ingegneri liberi professionisti certificati in diagnostica non potranno più eseguire alcun tipo di indagine e prova, anche e soprattutto non-distruttiva, sui ponti esistenti;

   è del tutto evidente che tale esclusione, nel prossimo futuro, verrà estesa anche alle altre tipologie strutturali (edilizia pubblica e infrastrutturale, edilizia privata e altro) e che, in ogni caso, questo primo provvedimento costituisce una «ferita» verso i tecnici che non può in alcun modo essere accettata;

   vengono così messi fuori mercato tutti i liberi professionisti, ingegneri ed architetti, che eseguono controlli sull'edilizia esistente e che si vedrebbero ora costretti, per poter continuare l'attività, a sostanziali investimenti per l'obbligatoria costituzione di laboratori;

   in questo momento di grave emergenza sanitaria, in cui il sentire comune è quello di togliere i lacci alle attività e renderle il più possibile operative, le disposizioni menzionate a parere dell'interrogante assumono contorni del tutto paradossali –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di rivedere il contenuto dei recenti atti normativi nella direzione di permettere di operare anche ai tecnici liberi professionisti già abilitati e certificati.
(4-05679)


   FERRO, LUCASELLI, VARCHI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 19 febbraio 2019, n. 54, l'ing. Massimiliano Gattoni, è stato nominato responsabile della segreteria tecnica del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a decorrere dal 25 febbraio 2019. Tale incarico è cessato in data 4 settembre 2019;

   ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 212, La segreteria tecnica svolge attività di supporto tecnico per l'elaborazione ed il monitoraggio delle politiche riguardanti i settori di intervento del Ministero e per le conseguenti determinazioni di competenza dell'organo politico circa l'utilizzazione delle relative risorse finanziarie (...);

   dal curriculum vitae dell'ingegnere Gattoni, disponibile su internet, si apprende, inoltre, che lo stesso è stato «Senior Policy and Strategy Advisor to the Undersecretary of State and to the Deputy Minister» da ottobre 2019 a maggio 2020;

   sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, peraltro molto lacunoso e di difficile consultazione nella sezione «Amministrazione trasparente», non si riesce a risalire all'attività effettivamente svolta dell'ingegnere Gattoni presso il Ministero nel periodo ottobre 2019-maggio 2020 in qualità di consulente politico e strategico del Vice-Ministro Cancelleri;

   con disposizione organizzativa n. 12/AD del 4 maggio 2020 l'amministratore delegato di Anas s.p.a. Massimo Simonini, ha nominato Massimiliano Gattoni a capo della direzione generale dell'Information and Communication Technologies;

   da notizie di stampa si apprende che i compensi per l'incarico sarebbero pari a 250 mila euro annui;

   tale incarico appare inopportuno, a parere dell'interrogante, in quanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercita sull'Anas s.p.a. una influenza determinante e l'ingegnere Gattoni, dapprima come capo della segreteria tecnica del Ministro Toninelli e, in seguito, come consigliere del Vice-Ministro Cancelleri, ha certamente svolto funzioni di controllo e/o di indirizzo nei confronti dell'Anas tali, secondo l'interrogante, da viziare, de facto, la procedura di selezione –:

   quali attività abbia svolto l'ingegnere Gattoni da ottobre 2019 a maggio 2020 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   se corrisponda al vero che gli emolumenti previsti per l'incarico ammontino a 250 mila euro.
(4-05691)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO, ZORDAN, CENTEMERO, MURELLI, FOSCOLO e PATASSINI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 16 aprile 2020 il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d'uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con Bending Spoons spa;

   l'applicazione è stata scelta perché «ritenuta più idonea per la sua capacità di contribuire tempestivamente all'azione di contrasto del virus, per la conformità al modello europeo delineato dal Consorzio Pepp-pt e per le garanzie che offre per il rispetto della privacy»;

   Bending Spoons fa parte dell'iniziativa paneuropea per la tutela della privacy (Pepp-Pt) lanciata a inizio aprile da scienziati di 8 Paesi dell'Unione europea per tracciare la diffusione del nuovo coronavirus tramite app. Come noto l'iniziativa Pepp-Pt dovrebbe essere inquadrata come una organizzazione senza scopo di lucro in Svizzera. Tra i 30 membri accreditati si trovano il Robert Loch Institut, Acticom, Arago, Heartbeat Labs, PocketCampus, Vodafone, 3db e Bending Spoons appunto;

   l'app immuni di Bending Spoons utilizzerà la tecnologia bluetooth per individuare quando gli utenti sono vicini l'uno all'altro. Lo stesso obiettivo che persegue anche il consorzio Pepp-Pt: ovvero un approccio standardizzato per le app di tracciamento più pro-privacy, basato su bluetooth (e non su geolocalizzazione, Gps). I sistemi di contact tracing basati su bluetooth non usano i dati di geolocalizzazione, ma tracciano solo il fatto che un certo dispositivo si sia avvicinato a un altro, salvando questi eventi sotto forma di un codice identificativo;

   in proposito, il Ministro Pisano ha dichiarato che, secondo le conclusioni della task force, «La soluzione Immuni utilizza la tecnologia sviluppata dal Consorzio Progetto Europeo Pepp-Pt, promettendo quindi maggiori garanzie di interoperabilità e anonimizzazione dei dati personali. Tale soluzione inoltre risulta essere ad uno stadio di sviluppo più avanzato della soluzione CovidApp»;

   successivamente all'uscita dal consorzio i Bending Spoons e delle aperture effettuate da Apple e Google, il Ministero ha «ritenuto opportuno valutare tale soluzione perché risolutiva di molti dei problemi tecnici riscontrati su tutte le soluzioni valutate dalla task force. Su tale soluzione è poi ricaduta la nostra scelta, infatti oggi Immuni utilizza il framework di Apple e Google Exposure Notification ovvero un sistema cosiddetto decentralizzato»;

   la stampa ha riportato la notizia che l'applicazione per «Immuni» starebbe invece sviluppando l'applicazione con due protocolli tecnologici Bluetooth e Gps. Secondo la testata online Key4biz l'app per come si sta sviluppando, oltre al Bluetooth chiederà agli utenti anche il consenso per l'utilizzo del GPS. Gli sviluppatori di Immuni sin dall'inizio hanno affermato che l'applicazione sarebbe stata idonea sia per il tracciamento di prossimità con il Bluetooth sia per quello con il Gps. Si rammenta sul punto che l'articolo 6 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, ha stabilito che: «... è esclusa in ogni caso la geolocalizzazione dei singoli utenti»;

   anche la trasmissione televisiva Report nella puntata dell'11 maggio 2020 ha affrontato la questione dell'applicazione osservando che al momento i tecnici di Bending Spoons starebbero collaborando con il Governo per la scrittura del programma. Se la scrittura del programma avviene solo in questo momento è lecito porsi la domanda su come sia stata scelta l'applicazione, visto che non risultano effettuati test di sicurezza;

   a parere degli interroganti conoscere quale codice sorgente utilizzerà Immuni è un'informazione fondamentale per il destino del diritto alla riservatezza dei cittadini italiani –:

   quali siano le specifiche del codice sorgente dell'applicazione;

   se corrisponda al vero che l'applicazione chiederà anche il consenso per l'utilizzo del Gps ed infine quali dati rimarranno nella disponibilità di Apple e Google.
(4-05683)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACCONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 giugno 2020 alla BCube, azienda di Villanova d'Asti specializzata nella gestione lineare e integrata di processi complessi, scadrà la commessa con Fca – Fiat Chrysler Automotive;

   secondo fonti sindacali, sembrerebbe che la Fca non abbia mai risposto alle numerose sollecitazioni inviate dalla stessa BCube al fine di addivenire alla definizione di una nuova commessa su nuove basi commerciali;

   la cessazione del rapporto di lavoro tra Fca e BCube di Villanova rischia di determinare un esubero di 210 lavoratori su una platea di 400 dipendenti del sito di Villanova d'Asti, con gravissime ripercussioni sul territorio in termini occupazionali ed economico-sociali in un momento storico già difficile per le conseguenze dovute all'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   la provincia d'Asti, infatti, è già economicamente provata da un'alta percentuale di disoccupati, essendo territorio in cui da anni non sorgono nuovi insediamenti produttivi –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, nell'ottica della salvaguardia dei livelli occupazionali di Villanova d'Asti.
(4-05680)


   LOLLOBRIGIDA e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni» prevede che «Al fine di consentire l'attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l'inclusione sociale, assicurando il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché per finalità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo del programma del Rdc, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Sistema informativo del Reddito di cittadinanza. Nell'ambito del Sistema informativo operano due apposite piattaforme digitali dedicate al Rdc, una presso l'ANPAL, per il coordinamento dei centri per l'impiego, e l'altra presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il coordinamento dei comuni, in forma singola o associata. Le piattaforme rappresentano strumenti per rendere disponibili le informazioni alle amministrazioni centrali e ai servizi territoriali coinvolti, nel rispetto dei principi di minimizzazione, integrità e riservatezza dei dati personali»;

   stando alla lettura della norma, le piattaforme «costituiscono il portale delle comunicazioni tra i centri per l'impiego, i soggetti accreditati di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 150 del 2015, i comuni, che si coordinano a livello di ambito territoriale, l'ANPAL, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'INPS»;

   mediante tali piattaforme devono essere comunicate dai servizi competenti anche le «informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui all'articolo 7, entro dieci giorni lavorativi dall'accertamento dell'evento da sanzionare, per essere messe a disposizione dell'INPS ai fini dell'irrogazione delle suddette sanzioni»;

   la norma prevede, inoltre, che al sistema informativo possa accedere anche la Guardia di finanza per svolgere le attività di controllo nei confronti dei beneficiari del reddito di cittadinanza;

   da notizie in possesso degli interroganti risulta, invece, che le regioni stiano lamentando il fatto che le segnalazioni inviate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per erogazioni indebite della misura di sostegno non abbiano seguito, perché ad oggi, dopo oltre un anno dall'avvio della misura, l'Inps non ha ancora elaborato la procedura per controllare le informazioni e disporre la revoca del reddito di cittadinanza laddove indebitamente percepito –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   se e quali procedure siano state adottate al fine di revocare con urgenza la concessione del reddito di cittadinanza ai soggetti che non ne avevano diritto;

   quanti illeciti in materia di fruizione del reddito di cittadinanza siano stati accertati sino ad oggi.
(4-05686)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Traces (Trade Control and ExpertSystem) – di cui alla direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale – è una piattaforma informatica veterinaria per la segnalazione, la certificazione e il controllo delle importazioni, delle esportazioni e degli scambi di animali e prodotti di origine animale. Il sistema si inserisce, nell'ambito delle rispettive competenze, quale collegamento tra le organizzazioni (operatori economici) e le figure di controllo istituzionali;

   il Traces è, quindi, un documento sanitario redatto da un'unità veterinaria competente, di solito statale – ma non sempre sembra essere così, come ad esempio in Francia dove l'ente preposto è un laboratorio privato incaricato dallo Stato – che serve a garantire lo stato di salute di una partita di animali vivi durante il trasferimento da uno Stato europeo ad un altro;

   per quanto risulta all'interrogante in Grecia non viene emesso il Traces, nonostante le autorità siano obbligate dai regolamenti dell'Unione europea, perché, a quanto sostengono, non hanno un'unità veterinaria preposta dal Ministero della salute; per questo motivo i mitili greci non vengono accompagnati dal Traces e quindi non hanno garanzie relative a eventuali patologie riguardanti i mitili stessi, che potrebbero causare il trasporto di malattie infettive dei molluschi;

   in passato, i mitili provenienti dalla Grecia sono risultati positivi sia alla Salmonella che alla presenza di Escherichia coli; i mitili provenienti dalla Grecia non sono sottoposti al processo di depurazione in loco in quanto esclusivamente esportati per essere reimmersi negli impianti a mare anche italiani con successiva depurazione fatta dai produttori;

   in Italia chi alleva mitili e molluschi in genere, ne gestisce l'accrescimento;

   essi, filtrano autonomamente l'acqua di mare trattenendo le particelle alimentari, per cui non si rende necessaria alcuna somministrazione di cibo, farmaci e altro. Inoltre, i molluschi filtrando fitoplancton e sostanze organiche di fatto abbattono i livelli di azoto e fosforo. Inoltre, costruendo i loro gusci di carbonato di calcio, sequestrano CO2 dall'atmosfera in modo permanente pari al 30 per cento del loro peso per mitili e vongole e al 50 per cento ostriche;

   una volta che i mitili importati sono reimmessi negli impianti è facile che si possa perderne la tracciabilità e quindi anche dopo pochi giorni questi possono essere venduti come mitili italiani;

   sono frequenti le intercettazioni di carichi di cozze provenienti dalla Grecia e respinti nei porti italiani per la mancanza della documentazione obbligatoria con le indicazioni della filiera, allevamenti di provenienza, controlli sanitari all'origine, e altro e che purtroppo, arrivano anche ai punti vendita della grande distribuzione, ma anche a pescherie e ristoranti italiani;

   naturalmente i mitili importati vengono venduti a prezzi molto inferiori a quelli allevati in Italia, perché non sottoposti al regime dei controlli obbligatori comunitari e con costi del lavoro molto più bassi;

   sembra che i mitili provenienti dai Paesi extra europei per entrare nel mercato europeo transitino addirittura per alcuni Paesi che poi rilasciano i certificati Traces senza effettuare i dovuti controlli –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano mettere in atto per aumentare i controlli, ai fini della tracciabilità del prodotto, su tutte le partite di mitili in arrivo in Italia provenienti dagli Stati membri nonché da Paesi extra europei, affinché siano tutte accompagnate dal certificato «Traces» e dal certificato d'origine, nel quale deve essere indicata la zona di provenienza e lo stato sanitario della stessa, in quanto sono le uniche documentazioni idonee a tutela dei mitilicoltori italiani e soprattutto per salvaguardare la salute dei consumatori.
(4-05668)


   TRANCASSINI e LUCA DE CARLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento ai mercati all'ingrosso vanno considerati i seguenti aspetti:

    la centralità dei mercati medesimi nella dinamica della distribuzione dei prodotti agricoli ed agroalimentari;

    il valore aggiunto che possono rappresentare in termini di competitività del sistema produttivo;

    la dimostrata resilienza nell'affrontare l'emergenza sanitaria ed il contestuale adattamento ad un rinnovato assetto economico e sociale, avendo garantito comunque la costante distribuzione del prodotto fresco in tutto il territorio nazionale;

    l'opportunità di provvedere ad un piano strategico 4.0 per la ristrutturazione, l'ammodernamento e la trasformazione dei mercati in moderni hub logistici informatizzati e polifunzionali;

    l'esigenza di promuovere la sicurezza alimentare dei prodotti che transitano dai mercati-centri all'ingrosso e la loro tracciabilità;

    l'utilità, nella strategia «farm-to fork», di inquadrare i mercati-centri all'ingrosso, come strumenti di difesa e valorizzazione delle produzioni agricole e delle specificità produttive tipiche dei prodotti italiani;

    anche al fine di garantire la difesa e la valorizzazione dei prodotti agricoli, per il tramite dei mercati all'ingrosso, l'esigenza di individuare sistemi di riconoscibilità e tracciabilità dei prodotti locali, anche con la conversione di alcuni settori dei mercati a green hub logistici locali per la concentrazione e la distribuzione di prossimità al consumatore finale, garantendo in tal modo il decongestionamento del trasporto su gomma e la diminuzione delle emissioni di CO2;

    anche in ragione delle ultime esigenze di mercato dettate dall'emergenza sanitaria, l'agevolazione ed incentivazione di sistemi di recupero delle eccedenze per la donazione dell'invenduto (contro lo spreco alimentare e a favore di organizzazioni no profit per il consumo a fasce sociali in difficoltà) –:

   se intenda adottare iniziative concrete volte al raggiungimento degli obiettivi sopra elencati;

   quali iniziative intenda assumere in relazione al ruolo dei mercati all'ingrosso.
(4-05676)


   GASTALDI, VIVIANI, BUBISUTTI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 29 gennaio 2019 la Commissione agricoltura della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione (n. 8-00014) in tema di timbratura delle uova;

   nella risoluzione si esplicitava, in particolare, il problema relativo alla previsione contenuta nel regolamento (CE) n. 589 del 2008 dove viene prevista la facoltà per gli Stati membri di esonerare gli operatori dagli obblighi di stampigliature qualora le uova siano consegnate dal sito di produzione direttamente all'industria alimentare;

   la suddetta esenzione, valevole anche per le uova provenienti da altri Stati membri e da Paesi terzi e ancorché, in tali casi, regolata da precisi obblighi di informazione a carico delle autorità competenti degli Stati interessati dalla deroga, espone al rischio che uova non marchiate vengano consegnate ai centri di imballaggio;

   il suddetto rischio è tanto più concreto considerato che molte imprese dispongono, nello stesso luogo, di centro di imballaggio e di centro di sgusciatura e, benché la norma nazionale preveda che le uova siano stoccate e lavorate in linee di produzione separate da quelle destinate al confezionamento per il consumo diretto, sono frequenti i casi in cui le uova non marchiate, spesso provenienti da altri Stati membri, finiscono per essere destinate al consumo diretto, generando altresì il rischio di confusione tra sistemi di allevamento diversi;

   con questa risoluzione si impegnava, infatti, il Governo pro tempore ad «assumere iniziative nelle opportune sedi dell'Unione europea al fine di modificare la normativa in materia di commercializzazione delle uova nel senso di introdurre l'obbligo di timbratura presso l'azienda di produzione per tutte le uova a qualsiasi uso destinate», mantenendo l'esonero da questo obbligo per alcuni casi;

   in sostanza, con la risoluzione si impegnava il Governo pro tempore a introdurre l'obbligo di timbratura delle uova nel luogo di produzione, migliorando così il sistema della tracciabilità delle uova in tutti i passaggi della filiera e impedire anche l'introduzione nel nostro Paese di uova dall'estero prive di timbratura;

   la timbratura delle uova in allevamento è una realtà in molti Paesi europei, come in Germania e Olanda dove viene adottata praticamente da tutti gli operatori, perché dà maggiori certezze sia alle aziende che ai consumatori sulla tracciabilità delle uova e quindi sulla sicurezza alimentare;

   sembra che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali abbia chiesto alla Commissione europea indicazioni sulla possibilità di introdurre l'obbligatorietà della timbratura delle uova da adottare sia nel nostro Paese che in tutti gli Stati membri, ma non si conosce nei dettagli quale sia stato il quesito e quale sia stata la risposta da parte della Commissione europea;

   i sequestri di uova per mancanza di tracciabilità mettono in luce quanto la circolazione di uova di provenienza incerta sia purtroppo un fenomeno diffuso e tutt'altro che occasionale, che minaccia la sicurezza dei consumatori e dei produttori;

   in questo momento di emergenza sanitaria dovuta dal COVID-19 la possibilità di avere ulteriori controlli tramite la stampigliatura sul guscio delle uova del codice dell'allevamento e, soprattutto, l'indicazione, sulle confezioni delle uova poste in vendita al consumatore finale, del Paese di origine delle stesse dà maggiore certezza e sicurezza al consumatore che prediligerà sicuramente l'acquisto di uova italiane, dando così rilancio anche al settore che come altri sta soffrendo di questa grave crisi sanitaria –:

   se intenda adottare iniziative per dare seguito alla risoluzione approvata a gennaio 2019 dalla Commissione agricoltura, perché non si può lasciare al solo lavoro ispettivo di monitoraggio e controllo delle forze dell'ordine la soluzione di questo problema, ma è necessario intervenire a livello normativo comunitario e nazionale, affinché i consumatori possano avere la certezza sulla provenienza delle uova che acquistano e sulla tipologia di allevamento, anche per le uova provenienti dall'estero.
(4-05682)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BALDINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto riportato sul portale dell'Istituto superiore di sanità (Iss) circa il 75 per cento delle malattie emergenti dell'uomo riconosciute negli ultimi decenni hanno un'origine zoonotica;

   l'Iss nel report del 12 febbraio 2020 «COVID-19, molto probabile un ruolo per i pipistrelli, ma si cerca ancora l'ospite intermedio» ha evidenziato a proposito del nuovo virus che «dalle analisi genetiche e dai confronti con le sequenze di altri coronavirus da diverse specie animali sembra essere originato da pipistrelli. In particolare due coronavirus dei pipistrelli condividono l'88 per cento della sequenza genetica con quella del SARS-CoV2 (...), si ipotizza che la trasmissione non sia avvenuta direttamente da pipistrelli all'uomo, ma che vi sia un altro animale ancora da identificare che ha agito come una specie di trampolino di lancio per trasmettere il virus all'uomo»;

   il citato report ha evidenziato che il virus può «infettare anche altre specie animali, causando malattie importanti per i gravi danni che possono causare alla zootecnia»;

   la responsabile dell'unità malattie emergenti e zoonosi dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha evidenziato, così come riportato anche sul sito del Ministero della salute, che «non crediamo che gli animali domestici abbiano un ruolo nella trasmissione del coronavirus, ma pensiamo che possano essere infettati dai loro proprietari» sottolineando come al momento «Ci sono gruppi di ricercatori che stanno indagando sui contagi tra gli animali domestici»;

   stando a quanto riportato dai media i casi, confermati e registrati, di animali contagiati dal virus sono solo cinque a livello mondiale e all'origine dell'infezione ci sarebbe la malattia degli umani a loro vicini affetti da COVID-19; pertanto, sembrerebbe che il percorso di contagio virale sia esclusivamente unilaterale «uomo-animale», sebbene non risultino studi o fondamenti scientifici che escludano un'ipotesi bilaterale;

   molti esperti confermano il fatto che, essendo il virus di provenienza animale e che il contagio dell'uomo sia avvenuto attraverso una sorta di upgrade virale, non esistano elementi scientifici per escludere che non vi possa essere un contagio di ritorno, anche in ragione delle scarse informazioni che attualmente si detengono sull'evoluzione del virus;

   stando a quanto evidenziato nel suddetto report «anche l'ISS, attraverso la partecipazione al consorzio europeo MOOD finanziato dalla Commissione Ue nell'ambito del programma H2020, è coinvolto nella raccolta di informazioni a livello internazionale sugli aspetti ecologici e il coinvolgimento degli animali» nelle dinamiche di trasmissione virale;

   sebbene al momento risultino avviati programmi di ricerca volti anche ad appurare le dinamiche di trasmissione virale tra gli animali e non si escluda l'ipotesi di un contagio di ritorno da parte dell'animale verso l'uomo, il Ministero della salute ha qualificato come fake news l'ipotesi che gli animali possano essere portatori del virus, non fornendo però, ad avviso dell'interrogante, adeguati elementi ai cittadini circa l'approfondimento scientifico in divenire sulla materia;

   l'analisi della potenziale interrelazione patogena tra animali e uomo acquista un aspetto particolarmente rilevante con riferimento allo scenario di criticità che condiziona molte città italiane per quanto attiene all'esposizione ad agenti biologici di tipo zoonotico come, tra tutti, quelli correlati al guano dei piccioni, alle infestazioni di ratti e al fenomeno del randagismo, che rischierebbero di amplificare gli eventuali rischi connessi alla propagazione virale, sollevando pertanto l'urgenza di un doveroso approfondimento;

   si ricorda a proposito che l'Oms ha individuato il piccione fra gli animali infestanti in grado di avere un ruolo strategico nella trasmissione all'uomo di molte malattie infettive –:

   a quali evidenze si sia giunti in materia anche in ragione del coinvolgimento dell'Iss nei citati programmi di ricerca e quali siano state le evidenze scientifiche che hanno condotto a definire la trasmissione virale da animale a uomo come «fake news»;

   se, al momento, non si ritenga opportuno coinvolgere gli esperti del settore, in primis medici veterinari, in una task force di supporto alle strutture già operative in materia volte ad implementare gli approfondimenti scientifici sulle dinamiche di trasmissione virale bilaterale uomo-animale.
(3-01542)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla testata on lineIl Fatto di Calabria è apparso l'11 maggio 2020 un articolo intitolato «Quelle urgenze sospette nella clinica Tricarico» in cui si riassumono volumi di attività chirurgica di questa struttura convenzionata nella fase emergenziale determinata dalla diffusione del COVID-19;

   secondo il citato articolo essa avrebbe effettuato ben «130 interventi chirurgici “urgenti” dal 19 marzo al 28 aprile», quando per urgenti si intenderebbero colecisti, appendiciti, eccessi di cellulite, realizzando un fatturato di più di mezzo milione di euro;

   nell'articolo si legge che, nello «stesso periodo da panico Coronavirus, l'ospedale dell'Annunziata di Cosenza ha visto ridurre del 90% la propria chirurgia mentre tutte le altre strutture della provincia di Cosenza che erogano interventi per acuti hanno fatturato esattamente zero, zero spaccato (clinica Scarnati, Villa del Sole, la Madonnina, Cascini)», con una «riduzione del 100% del proprio fatturato relativamente agli interventi chirurgici»;

   l'articolista poi ironizza sulle ragioni della suddetta marcata differenza di operatività della clinica Tricarico: «Se non è solo l'aria di mare, a incoraggiare pazienti e bisturi in direzione della clinica Tricarico, dev'essere il tramonto mozzafiato lungo il Tirreno ma anche Cascini (che ha fatto zero) gode dello stesso panorama»;

   «ma come ha fatto la Tricarico – si chiede l'articolista – a “incoraggiare” così tanti interventi e rassicurare così tanti pazienti nella fascia temporale pandemica peggiore dalla peste “Spagnola” degli anni '20?»;

   «il Dpcm del premier Conte – si legge nell'articolo – e l'ordinanza 20 del 27 marzo di Santelli parlano chiaro», nel senso che «in piena emergenza sanitaria nelle corsie degli ospedali pubblici e privati si possono effettuare solo interventi di natura urgente e indifferibile» e, in caso di violazione, c'è «persino il rischio di revoca dell'accreditamento»;

   «tanto per capirci, quel 10% che l'Annunziata di Cosenza – prosegue l'articolo – ha comunque erogato d'urgenza in termini di interventi chirurgici ha riguardato quasi esclusivamente pazienti oncologici in stato avanzato»;

   «tutti urgenti e indifferibili – si chiede l'autore del pezzo – gli interventi chirurgici effettuati allora nella clinica Tricarico in piena emergenza COVID-19?»;

   «di sicuro – si osserva nell'articolo – questa è una struttura importante e prestigiosa che a differenza degli altri erogatori convenzionati può contare sul pronto soccorso, come è noto passaggio non secondario e persino funzionale all'intervento chirurgico urgente»;

   «ma qualcosa “l'aria di mare” – ivi si opina – deve aver aggiunto di suo se è vero come è vero che anche l'ospedale hub dell'Annunziata di Cosenza ha il suo pronto soccorso eppure di interventi urgenti (oncologici gravi a parte) non s'è fatto niente, niente di niente»;

   l'interrogante ritiene che occorra verificare partitamente quanti e quali interventi siano stati eseguiti nella clinica Tricarico nel regime emergenziale vigente, se nello specifico siano state rispettate le riferite limitazioni volte al contenimento dei contagi e se, in rapporto all'attività operatoria delle cliniche convenzionate e dei reparti pubblici, nella fase in predicato vi siano in Calabria situazioni di effettiva disparità, anche al fine di scongiurare eventuali alterazioni della concorrenza e pregiudizi al corretto rapporto tra pubblico e privato nella stessa regione, sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario –:

   se non si ritenga essenziale, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, disporre, per quanto di competenza, immediata e completa verifica circa la tipologia e l'urgenza degli interventi chirurgici eseguiti nella fase emergenziale presso le strutture convenzionate della Calabria.
(4-05667)


   DI SARNO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Commissario ad acta 103/18, piano dell'offerta ospedaliera in Campania, prende atto che nell'area di Napoli, il patrimonio edilizio della ASL Na3 fa rilevare una carenza di strutture di rilevanti dimensioni utilizzabili nell'area dell'emergenza/urgenza. Tuttavia con l'attuazione degli interventi del primo stralcio del programma di edilizia sanitaria, non si prevede alcun intervento per la messa a norma e incremento relativo di posti letto, rispetto a quelli attualmente disponibili del presidio ospedaliero di Pollena, che resta, nonostante il mantenimento dello stesso nella rete ospedaliera, largamente e inspiegabilmente sottoutilizzato;

   lo stesso precitato decreto del Commissario ad acta configura il presidio ospedaliero di Pollena quale stabilimento senza pronto soccorso annesso al Dea di Nola. È costituita un'unica Afo medica con medicina, pneumologia e gastroenterologia, nonché la disciplina di riabilitazione (cod. 56) per una dotazione di complessivi 87 posti letto di cui 8 di pneumologia, 12 di medicina, 6 di chirurgia, 4 di ortopedia, 25 di riabilitazione e 32 di lungodegenza;

   l'atto aziendale tuttora vigente, adottato con decreto-legge n. 372 del 31 maggio 2017 prevede che il presidio ospedaliero di Pollena una struttura complessa di medicina con 14 posti letto, 1 struttura complessa di pneumologia con 8 posti letto 1 struttura complessa di patologia clinica comprensiva delle funzioni di biologia molecolare, programmi di screening di popolazione, Torch e virologia; 1 Uos lungodegenza, 1 Uosd di chirurgia con 6 posti letto più day surgery e altri 4 posti letto di ortopedia, 1 Uosd chirurgia endoscopica, 1 Uosd di lungodegenza con 16 posti letto + 24 di riabilitazione ed un servizio di radiologia per un totale di 72 posti letto complessivi;

   in totale divergenza con gli atti di programmazione prefati, in data 31 ottobre 2019 il commissario ad acta ha adottato il decreto n. 83 ad oggetto piano regionale della rete di assistenza sanitaria territoriale che annovera il presidio Apicella come presidio territoriale ospedale di comunità diretto da un medico di medicina generale e dunque non più inserito nella rete ospedaliera dell'emergenza quale stabilimento afferente al Dea di Nola;

   stante le contraddizioni degli atti di programmazione adottati, in totale incoerenza presso il presidio ospedaliero di Pollena sono comunque attivi un Gom per il tumore della mammella, un Dh di oncologia medica, un servizio di endoscopia digestiva, una Uosd di fisiopatologia della comunicazione e un day surgery per il trattamento chirurgico delle neoplasie cutanee, oltre alle degenze dell'Afo medica a vocazione pneumologica ed ai servizi (radiologia, laboratorio con virologia e biologia molecolare, farmacia, terapia del dolore) ed un poliambulatorio. A decorrere dal mese di marzo 2020 tutti i ricoveri del presidio ospedaliero sono sospesi, nessun posto letto è occupato, e la maggior parte del personale è stato messo a disposizione di altri presidi;

   il ridimensionamento dell'ospedale Apicella è cominciato inesorabile fin dal 2008 con la progressiva chiusura dei reparti principali, a cui non è seguito alcun lavoro di ammodernamento nell'ambito dell'offerta sanitaria di minor intensità – riabilitazione – lungodegenza – di cui neanche oggi il fabbisogno in regione è soddisfatto. A seguito delle successive programmazioni, contraddittorie le une con le altre, l'ospedale è prima uscito dalla rete ospedaliera e poi vi è rientrato come stabilimento annesso al presidio ospedaliero di Nola distante circa 40 chilometri. Nelle more nessun intervento è stato intrapreso –:

   quali siano, alla luce dei provvedimenti adottati dal Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, le prospettive per l'utilizzo efficiente e per l'ottimizzazione delle risorse umane, strutturali e tecnologiche e per l'expertise disponibile presso il presidio Apicella di Pollena Trocchia;

   quali interventi siano stati avviati e quali siano da avviare per l'adeguamento del presidio almeno all'atto aziendale, in vigore e inattuato, da ben 3 anni; se, e per quale ragione, nelle more di tali adempimenti, se siano depotenziate/chiuse unità operative/servizi e sia stato ridotto il numero di posti letto.
(4-05687)


   ROTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 181 del 6 aprile 2020 a firma del direttore generale della Azienda Zero, è stata stabilita la «Ammissione dei candidati e nomina della Commissione Esaminatrice del concorso pubblico, per titoli ed esami, per n. 4 posti di Dirigente Medico – disciplina di Chirurgia Vascolare»;

   il concorso riguarda la assunzione, in forza al servizio sanitario regionale veneto, di 4 dirigenti medici: 1 per la Ulss n. 1 Dolomiti, 1 per la Ulss 4 Veneto orientale e 2 per la Ulss 9 Scaligera. Il termine per presentare la domanda di ammissione al concorso è scaduto il 9 gennaio 2020;

   con nota protocollo n. 9190 del 12 febbraio del 2020, ovvero oltre 1 mese dopo la scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione, l'Azienda Ulss n. 1 Dolomiti indicava quale presidente di commissione esaminatrice il direttore della unità operativa complessa di chirurgia vascolare di Verona;

   con nota con protocollo n. 13157 del 13 gennaio 2020, cioè 4 giorni dopo la scadenza del termine per la presentazione delle domande, l'area sanità e sociale della regione Veneto indicava il direttore di unità operativa complessa di chirurgia vascolare della Ulss 3 Serenissima, quale componente titolare della stessa commissione esaminatrice;

   il 16 gennaio 2020, a seguito di sorteggio tra direttori di struttura complessa della disciplina di chirurgia vascolare, veniva individuato il dottor Emidio Costantini Brancador, della Asst della Valle Olona, quale ulteriore componente titolare della commissione esaminatrice dello stesso concorso. Venivano inoltre nominati i sostituti del presidente della commissione e di tutti i membri titolari;

   si ritiene doveroso, anche da parte della regione Veneto, garantire la correttezza e la imparzialità della commissione esaminatrice di concorsi pubblici;

   nel concorso di cui sopra risultano esserci, fra i candidati ai due posti della Ulss 9 Scaligera, ben 2 medici su 13, i quali lavorano attualmente nella stessa unità operativa complessa del presidente della Commissione esaminatrice, ovvero nella chirurgia vascolare di Verona;

   la stessa situazione si verifica per quanto riguarda il posto di chirurgo vascolare previsto per la Ulss 1 Dolomiti: un medico-candidato, lavora nella équipe del membro titolare di commissione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative anche promuovendo una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica, al fine di garantire un corretto svolgimento del concorso pubblico, per titoli ed esami, per n. 4 posti di dirigente medico – disciplina di chirurgia vascolare.
(4-05688)


   VIETINA. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane la regione Lazio ha firmato un contratto con la società Eco.tech di Frascati, per la fornitura da 35 milioni di euro, per 7.5 milioni di mascherine e dispositivi di protezione;

   la mancata consegna dei dispositivi da parte della Eco.tech, ha fatto sì che la regione Lazio abbia deciso di risolvere i contratti con la medesima Eco.Tech per il mancato rispetto di tutti i termini concessi alla società, compreso quello legato alla mancata consegna della merce;

   cinque giorni dopo il via libera della Protezione civile del Lazio alla Eco.tech per la commessa di 7,5 milioni di mascherine anche l'Emilia-Romagna contatta la società a responsabilità limitata di Frascati e ordina i dispositivi di protezione;

   come ricorda «Il Giornale» del 28 aprile 2020, il presidente della regione Emilia-Romagna, ordina 24 milioni di euro tra mascherine e tute protettive. La garanzia per tale commessa è un acconto di 2,6 milioni (pari al 10,8 per cento) –:

   di quali elementi disponga il Governo circa quanto esposto in premessa e se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, in ordine alla procedura di acquisto dei dispositivi di protezione individuale da parte della regione Emilia Romagna, con particolare riferimento alla successione degli affidamenti intervenuti nonostante fossero già emersi problemi di affidabilità della società, con il rischio di un danno erariale.
(4-05692)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   il 5 maggio 2020 il Comitato interministeriale per la banda ultralarga (Cobul) ha approvato una rimodulazione del piano per la banda ultralarga e nella stessa riunione è stata approvata anche una rimodulazione delle risorse da destinare all'erogazione di voucher per favorire l'accesso alla banda ultralarga, nonché una conseguente modifica del piano di riparto tra le varie categorie di beneficiari: famiglie, imprese, scuole;

   come riportato anche da notizie di stampa il precedente piano di riparto prevedeva di destinare 535,7 milioni di euro rispettivamente a famiglie e imprese e 199,8 milioni alle scuole. Il nuovo piano di riparto prevede ora la destinazione di 607 milioni per le famiglie, 516 milioni per le imprese e 400,4 milioni per le scuole;

   l'aumento della quota di voucher da destinare alle scuole è comprensibile anche alla luce della possibilità che il prossimo anno scolastico possa prevedere una didattica non in presenza o parzialmente in presenza per motivi di ordine sanitario;

   allo stesso tempo appare singolare che, a seguito di un aumento totale delle risorse da destinare complessivamente al finanziamento di voucher per l'accesso ad internet, la quota da destinare alle imprese sia stata ridotta in valore assoluto, rispetto al precedente riparto, di quasi 20 milioni di euro, in una fase emergenziale per l'economia, come quella prodotta dalla crisi da COVID-19, in cui la competitività delle imprese italiane deve essere sostenuta con ogni strumento disponibile, ad iniziare dalla digitalizzazione e dall'accesso ad internet;

   non si può non considerare, inoltre, che le piccole e medie imprese sono concentrate in gran numero nelle così dette aree grigie, ove sono ubicate circa 7.000 aree industriali italiane che ad oggi sono prive di connessione in fibra oltre 30 Mbps. In queste zone i bandi per l'infrastrutturazione della fibra sono in estremo ritardo, e soprattutto sarebbe opportuno prevedere un sistema di bandi diverso da quello previsto per le aree bianche, mettendo a gara lotti di minore dimensione da assegnare a più operatori;

   un forte impulso alla digitalizzazione nelle zone grigie sarebbe indispensabile per le piccole e medie imprese, consentendo maggiore competitività economica in campo internazionale e, alla luce di quanto sta emergendo a seguito dell'emergenza COVID-19, costituirebbe un efficace strumento per il contenimento delle moderne pandemie;

   in tema di divario digitale e competitività delle imprese non si può trascurare il ritardo registrato nel piano di infrastrutturazione della banda ultralarga che a fine 2019 su 5.554 comuni interessati dagli interventi registrava solo in 5 di essi l'ultimazione definitiva dei lavori, con la rete collaudata e operativa. In altri 310 comuni i lavori sono stati ultimati, ma non è ancora stato effettuato il collaudo di funzionalità. In 1.614 comuni i lavori sono in corso, con 220 comuni in cui si attende l'approvazione del progetto esecutivo e 474 in cui il concessionario Open Fiber ha avviato la richiesta di autorizzazione. Nei restanti 3.625 comuni i lavori non sono stati ancora avviati –:

   quali siano le motivazioni che hanno portato a ridurre la quota di risorse da destinare alle imprese tramite voucher per l'accesso ad internet;

   se il Governo preveda, quanto meno, di adottare iniziative per portare la quota complessiva di risorse da destinare alle imprese a 535,7 milioni di euro, come previsto dal precedente piano di riparto approvato dal Comitato interministeriale per la banda ultralarga (Cobul).
(5-03978)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLINARI, COVOLO, GAVA, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva previsto dall'articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è stato differito dal 30 aprile 2020 al 30 giugno 2020 a norma dell'articolo 107, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» (convertito dalla legge n. 27 del 2020);

   il comma 5 del richiamato articolo 107 ha poi previsto che i comuni possono, in deroga all'articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, approvare le tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva adottate per l'anno 2019, anche per l'anno 2020, provvedendo entro il 31 dicembre 2020 alla determinazione ed approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti (Pef) per il 2020, utilizzando il metodo predisposto dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera). L'eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal Pef per il 2020 ed i costi determinati per l'anno 2019 potrà essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021;

   l'Arera – con la deliberazione n. 158/2020/R/RIF del 5 maggio 2020 recante «Adozione di misure urgenti a tutela delle utenze del servizio di gestione integrata dei rifiuti, anche differenziati, urbani ed assimilati, alla luce dell'emergenza da Covid-19» - ha adottato misure di tutela per le utenze non domestiche soggette a sospensione, prevedendo la riduzione della quota variabile della tariffa, agevolazioni tariffarie per altre utenze non domestiche non soggette a sospensione, nonché misure di tutela per le utenze domestiche disagiate;

   pertanto, i gestori del servizio dovranno operare in tempi rapidi per redigere il piano economico finanziario secondo la nuova metodologia di Arera, di cui alla delibera n. 443/2019 e alla surrichiamata deliberazione n. 158/2020/R/RIF, e i comuni dovranno validare il Pef in tempo utile per l'approvazione delle suddette tariffe entro il termine stabilito, a pena di sanzione amministrativa per il mancato rispetto di tali obblighi;

   l'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), con lettera inviata al Presidente del Consiglio dei ministri il 12 marzo 2020, ha rappresentato, tra l'altro, che il Governo deve garantire il ristoro della tassa sui rifiuti che i sindaci non intendono chiedere ai gestori delle attività commerciali per i mesi in cui sono stati costretti, a chiudere per decreto; relativamente alla gestione dei rifiuti, sempre secondo i sindaci, «le cifre sono tutt'altro che certe e le competenze appaiono confuse con l'entrata in campo dell'Arera, attraverso una regolazione dei costi complessa che sarebbe stato meglio ripensare alla luce dell'impatto effettivo dell'emergenza»;

   la normativa, inoltre, prevedendo che la ripartizione dei conguagli tra costi effettivi e sostenuti e costi determinati avvenga in tre anni, a decorrere dal 2021, obbliga, di fatto, i cittadini e le aziende a pagare un servizio potenzialmente maggiorato quest'anno per poi essere rimborsati fra due anni, così trascurando il periodo di emergenza in corso;

   se e quali iniziative di competenza anche di carattere normativo, i Ministri interrogati intendano adottare, affinché si pervenga ad un rinvio dell'applicazione del nuovo Metodo Tariffario Rifiuti al 2021, senza la ripartizione dei conguagli e, in ogni caso, quali iniziative di competenza intendano assumere per l'anno in corso, anche al fine di evitare che la giusta riduzione prevista per le attività produttive che abbiano subito dei danni a causa dell'emergenza sanitaria non gravi sui bilanci familiari, comunali e dei gestori del servizio.
(4-05690)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Giarrizzo e altri n. 4-05611, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Saitta.

  L'interrogazione a risposta scritta Papiro e altri n. 4-05618, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Alaimo.