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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nella condizione di emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19, il sistema della stampa ha continuato a svolgere una funzione essenziale di pubblico interesse, assicurando ai cittadini un servizio informativo professionale che, oltre a concorrere all'efficacia delle misure di contenimento del contagio, ha concretamente garantito l'esercizio dei diritti di libertà di cui all'articolo 21 della Costituzione;

    in considerazione della rilevanza costituzionale del diritto all'informazione, il Governo ha infatti escluso l'intera filiera della stampa, a partire dalle edicole, dal novero delle attività commerciali e produttive soggette agli obblighi di sospensione ai sensi dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo, 22 marzo e 1° aprile 2020;

    a fronte di ciò e pur con le obiettive difficoltà affrontate dagli operatori della filiera, il sistema della stampa nazionale e locale ha dato nell'emergenza una buona prova di tenuta, testimoniata dalla crescita di lettori e dall'accresciuta domanda di informazione professionale di qualità, anche in funzione di contrasto alle false notizie;

    tale tenuta, peraltro, non avrebbe potuto essere parimenti garantita senza le misure di messa in sicurezza del settore adottate, con il determinante apporto emendativo del Parlamento, attraverso l'ultima legge di bilancio e i provvedimenti successivi, che – per quanto parziali e da consolidare nel quadro di una riforma di sistema – hanno contribuito nell'immediato a limitare l'impatto economico, finanziario e occupazionale della crisi;

    il settore editoriale è investito da almeno dieci anni da una pesante crisi strutturale che l'emergenza in atto sta aggravando per effetto della caduta degli investimenti pubblicitari delle imprese, con immediato pregiudizio per le condizioni di sostenibilità economica di numerose realtà editoriali – giornali quotidiani e periodici ed emittenti radiotelevisive locali – per le quali la pubblicità è il prevalente driver di ricavi;

    all'erosione dei ricavi del settore editoriale ha contribuito negli ultimi anni, in misura esponenzialmente crescente in coincidenza con l'emergenza sanitaria, il fenomeno della pirateria editoriale e in particolare la diffusione, in rete e nelle chat, di intere edizioni digitali dei giornali; oltre ad arrecare gravi danni al sistema editoriale e a tutta l'industria creativa, tali pratiche illegali minano il pluralismo dell'informazione e colpiscono il giornalismo professionale e di qualità;

    l'articolo 98 del decreto-legge «Cura Italia», decreto-legge n. 18 del 2020, ha realizzato un primo intervento a sostegno della filiera della stampa, che la persistenza dell'emergenza sanitaria e l'ulteriore aggravamento della crisi economica impongono oggi di rafforzare, anche attraverso l'investimento di nuove risorse finanziarie,

impegna il Governo:

   a valutare, fin dai prossimi interventi di sostegno economico alle imprese per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, l'opportunità di adottare iniziative per un significativo rafforzamento delle misure per la stampa, secondo una logica di filiera, che consideri in un unico quadro tutti gli operatori del settore e i loro specifici bisogni;

   al fine di sostenere la ripresa degli investimenti pubblicitari delle imprese sui giornali e le emittenti radiotelevisive locali, a valutare l'adozione di iniziative per l'estensione fino al 50 per cento del credito di imposta di cui all'articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, disponendo un adeguato incremento della dotazione finanziaria della misura;

   a considerare l'introduzione di misure innovative idonee ad accompagnare i processi di trasformazione digitale che l'emergenza in atto ha di fatto accelerato, attraverso il riconoscimento di un credito d'imposta ad hoc rivolto alle testate edite in formato digitale per l'acquisizione dei servizi digitali (servizi di server, hosting, banda larga, e altro);

   per altro verso, in funzione di sostegno ai prodotti editoriali tradizionali, a valutare l'adozione di iniziative per prevedere agevolazioni fiscali connesse all'utilizzo della carta, quali un credito d'imposta per l'acquisto della carta dei giornali, rivolto alle imprese editoriali che non accedono ad altre forme di sostegno pubblico, e l'estensione del regime di forfettizzazione delle rese, a beneficio dell'intera filiera della stampa;

   con riferimento alle edicole, che nell'emergenza hanno garantito la continuità del servizio informativo, a prendere in considerazione iniziative per l'erogazione di un bonus una tantum per i maggiori oneri correlati allo svolgimento dell'attività durante l'emergenza sanitaria, da riservarsi agli esercenti di punti vendita esclusivi non destinatari di altre forme di sostegno, nonché per rafforzare il ruolo delle edicole quali soggetti erogatori di servizi in raccordo con gli enti territoriali;

   sul fronte ordinamentale, a garantire, anche a fronte delle difficoltà legate all'emergenza, il regolare pagamento dei contributi diretti in favore delle imprese editoriali, eventualmente attraverso la semplificazione delle procedure e il differimento dei controlli di regolarità sui soggetti beneficiari;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative per differire al 31 dicembre 2020 il termine per il completamento della procedura di riequilibrio dell'Inpgi, in modo da consentire lo svolgimento dell'attività dell'apposito tavolo tecnico insediato a tal fine dal Presidente del Consiglio dei ministri nel febbraio 2020, che l'emergenza sanitaria ha di fatto impedito;

   analogamente, in relazione ai rallentamenti che l'emergenza ha imposto all'agenda parlamentare e governativa, a valutare l'adozione di iniziative per un'ulteriore proroga – dopo quella già disposta dal decreto-legge «proroga termini» fino al 31 dicembre 2020 – dei contratti in essere con le agenzie di stampa per i servizi di informazione primaria resi alle amministrazioni centrali, in funzione della necessità di verificare la possibilità di superare l'obbligo di gara per la selezione delle agenzie di stampa nazionali che forniscono i servizi di informazione primaria, nel presupposto che l'informazione sia un bene costituzionalmente protetto e non fungibile, e come tale non assimilabile ad altri beni acquisibili sul mercato;

   sul fronte della tutela del reddito, ad adottare iniziative per garantire un'adeguata copertura ai giornalisti più esposti agli effetti della crisi, cioè ai giornalisti precari e autonomi a basso reddito iscritti all'Inpgi e, in generale, a garantire che l'utilizzo degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori dell'informazione, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge n. 18 del 2020, sia riservato ai casi di effettiva sospensione o cessazione di attività e non comporti alcuna penalizzazione contributiva per i giornalisti interessati;

   pur nelle condizioni di contesto mutate per effetto dell'emergenza sanitaria, a garantire, a partire dal prossimo anno scolastico, la piena attuazione della misura per la promozione della lettura introdotta con l'ultima legge di bilancio, che riconosce alle istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie, di ogni ordine e grado, un contributo per l'acquisto di abbonamenti a giornali e riviste di settore, nonché della misura che ha inserito i quotidiani tra i prodotti culturali acquistabili dai ragazzi con la «18APP», misure a maggior ragione rilevanti in questa situazione eccezionale per la valorizzazione presso i ragazzi della lettura dei giornali, anche come strumento per la comprensione degli effetti dell'emergenza;

   con riferimento al fenomeno della pirateria editoriale, a ricercare tra le forze politiche rappresentate in Parlamento il più ampio consenso su una iniziativa normativa idonea a dotare il nostro ordinamento di più adeguati strumenti normativi per la difesa della proprietà intellettuale e dei contenuti editoriali, quali quelli segnalati dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il 27 aprile 2020 con lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Sottosegretario di Stato per l'informazione e l'editoria;

   infine, ad adottare ogni iniziativa utile a limitare l'impatto delle perdite derivanti dall'emergenza sanitaria per il sistema editoriale, a sostenere l'informazione professionale e di qualità e a garantire la tenuta occupazionale e finanziaria di un settore economico cruciale per la qualità della democrazia.
(7-00474) «Piccoli Nardelli, Ciampi, Prestipino, Rossi, Di Giorgi».


   L'VIII Commissione,

   premesso che:

    il settore dell'edilizia e un settore centrale e trainante per molti altri comparti dell'economia e quindi di crescita per tutto il sistema. È quindi indispensabile – soprattutto in questa gravissima fase di emergenza sanitaria – agevolarne il rilancio, anche attraverso interventi efficaci in materia di governo del territorio che vadano nella direzione della massima semplificazione e accelerazione dell'iter dei procedimenti amministrativi e della riduzione di oneri e adempimenti in materia di urbanistica ed edilizia;

    la gravissima crisi economica e produttiva iniziata in conseguenza della diffusione del contagio del virus COVID-19, e che purtroppo non sarà superata in tempi brevi, si tradurrà in una caduta della produzione e dei consumi e quindi del prodotto interno lordo che il DEF 2020 da poco varato dal Governo, stima in oltre il 15 per cento nel primo semestre 2020 ed in un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno. La Confindustria stima che nel solo mese di marzo la produzione industriale sia caduta del 16,6 per cento in confronto al mese precedente; sempre il documento di economia e finanza (DEF) 2020 ricorda che il crollo degli ordini non risparmia neppure il settore delle costruzioni il cui indice settoriale perde quasi 35 punti: a 15,9 punti dai 50,5 di febbraio, con la flessione più acuta segnata dal comparto non residenziale. La fiducia delle imprese edili per quanto riguarda l'attività dei prossimi 12 mesi precipita al livello del febbraio 2009, quando si era all'apice della crisi finanziaria globale:

    secondo le recenti previsioni del Cresme, il comparto delle costruzioni potrebbe perdere 34 miliardi di euro di investimenti nel 2020. Un calo del 22,6 per cento, rispetto al 9,6 di 11 anni fa;

    seppur di minore entità, potrebbe essere drammatico anche il dato sui minori investimenti in opere infrastrutturali. Sempre il Cresme infatti, sottolinea che il settore potrebbe crollare del -12,6 per cento, sia in ambito di nuova costruzione (-2.5 miliardi), sia in ambito di manutenzione straordinaria (-1,9 miliardi):

    il Governo ha annunciato che la strategia di rientro dal deficit e dal debito pubblico, si baserà anche sul rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative. Ci si augura che a questo annuncio seguano misure concrete e soprattutto efficaci per consentire uno snellimento della burocrazia quale strumento principale per far ripartire le opere bloccate e i cantieri;

    come ricorda l'Ance, il fermo generale dell'edilizia privata conseguente alla drammatica pandemia in atto, equivale a circa il 70 per cento dell'attività del settore delle costruzioni, ed è presumibile che le conseguenze del blocco, unite a quelle più generali di recessione e alla minore capacità di spesa da parte dei privati siano destinate a manifestare i loro effetti per un periodo di tempo prolungato e comunque superiore a quello individuato con l'espressione di «emergenza sanitaria»;

    molte imprese di costruzioni, già in difficoltà, sono ora sempre più a rischio di fallimento. Si parla di un settore quale quello delle costruzioni, che con tutta la filiera (dai produttori dei materiali all'immobiliare) rappresenta ben il 22 per cento del prodotto interno lordo italiano;

    il solo comparto dell'edilizia ha prodotto il 4,5 per cento del valore aggiunto italiano, e ha rappresentato il 6.1 per cento dell'occupazione;

    è indispensabile quindi che vengano messe in atto tutte quelle misure di forte semplificazione e di sostegno fiscale, che consentano di sostenere sia il settore dell'edilizia e delle costruzioni, e che siano in grado di dare una scossa al tessuto economico del nostro Paese e consentire la ripartenza:

    il settore delle costruzioni, come altri comparti economici, ha bisogno di provvedimenti in grado di dare risposte concrete ed efficaci agli imprenditori e tutte quelle imprese già penalizzate durante una crisi durata più di dieci anni e che rischiano ora di non riuscire più a sopravvivere all'epidemia in atto, con conseguenze drammatiche per il lavoro, per le imprese e per tutta l'economia;

    si è di fronte a numeri drammatici che impongono decisioni rapide di politica economica e industriale di carattere straordinario, misure shock, in grado di rimettere rapidamente in moto il settore dell'edilizia e delle costruzioni,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative normative in materia di governo del territorio che vadano nella direzione della massima semplificazione e accelerazione dell'iter dei procedimenti amministrativi e della riduzione di oneri e adempimenti in materia di urbanistica ed edilizia;

   ad adottare, iniziative per prevedere, già nel più volte annunciato decreto-legge finalizzato alla semplificazione burocratica per il rilancio degli investimenti, misure di carattere «shock»; e straordinario in piena coerenza con la drammatica fase di emergenza sanitaria ed economica in atto, e in grado di rimettere rapidamente in moto e sostenere il settore dell'edilizia e delle costruzioni;

   ad avviare fin da subito un confronto costante con le associazioni del settore più rappresentative e con i soggetti professionali coinvolti al fine di individuare le linee di intervento più efficaci e rapide per garantire la ripartenza e l'apertura, dei cantieri;

   ad adottare iniziative per accelerare la ricostruzione delle regioni del Centro Italia colpite dagli eventi sismici del 2016, superando le attuali troppe complessità procedurali e introducendo semplificazioni, e specifiche linee guida attuative con indicazioni chiare per gli interventi di ricostruzione;

   con particolare riguardo all'edilizia privata, ad adottare iniziative per prevedere:

    a) l'estensione e la stabilizzazione dei contributi/incentivi per energetica, ristrutturazione, bonus facciata e sismabonus, uniformando le aliquote percentuali ad una sola e riducendo a 5 gli anni di ammortamento dei benefici fiscali, valutando l'opportunità per gli edifici industriali/artigianali/commerciali di riconoscere il «sisma bonus» collegando il contributo alla superficie dell'immobile anziché all'unità immobiliare;

    b) l'estensione della validità per l'applicazione del «Piano casa» almeno fino tutto il 2022;

    c) introduzione del silenzio/assenso esteso a tutti gli atti amministrativi e a tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le Soprintendenze in modo da ridurre i tempi di autorizzazione, nonché dell'obbligo di attivare e utilizzare la procedura tramite «conferenza di servizi» anche in forma di video-conferenza con tempi certi e perentori oltre i quali scatta il silenzio/assenso;

    d) un aumento delle tolleranze al 5 per cento per tutte le dimensioni planimetriche (lunghezze, larghezze, altezze dei fabbricati e dei singoli vani) e di consistenza (superfici e volumi) anche con riguardo ai requisiti igienico-sanitari;

    e) esenzione da Imu e Tasi per le unità immobiliari di categoria catastale C1 (negozi e botteghe) e quelle strumentali utilizzate nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, per le quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni, prevedendo forme di compensazione per gli enti locali in virtù del conseguente minor gettito;

    f) estensione dell'applicazione della Scia edilizia (SuperScia) anche ad attività ad oggi regolate dal permesso a costruire;

    g) riduzione al 50 per cento degli oneri di urbanizzazione per gli interventi di cambio di destinazione d'uso, sostituzione edilizia, ristrutturazione urbanistica, ampliamenti ed in generale per tutti gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, compresi i frazionamenti;

    h) forte riduzione della durata dei procedimenti edilizi;

    i) semplificazione dei percorsi amministrativi e revisione più stringente della conferenza di servizi indispensabile sia per la realizzazione di opere private sia di opere pubbliche, e termini perentori per l'acquisizione dei vari nulla osta necessari, obbligo di partecipazione e di risposta con decisione motivata da parte di tutti gli enti convocati, possibilità di richiedere eventuali integrazioni una sola volta;

    l) riduzione dei tempi di riesame delle procedure Via-Vas e attribuzione di maggiori competenze alle regioni sui piani e progetti di interesse locale;

   con riguardo all'edilizia pubblica, ad adottare iniziative per prevedere:

    a) sospensione temporanea, alla luce dell'eccezionale emergenza sanitaria ed economica, dell'applicazione del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) per tutti i lavori relativi agli appalti servizi riferiti alle progettazioni, attribuendo ai sindaci poteri speciali con la stesura di un unico «bando tipo», e prevedendo maggiore autonomia decisionale dei funzionari amministrativi (RUP) e maggiore tutela giuridica:

    b) incremento delle soglie per attribuzione degli incarichi a livello fiduciario per i servizi e per le imprese, e medesima attribuzione tramite procedure semplificate ad invito con la scelta dei concorrenti mediante criteri di territorialità, prossimità e fiducia;

    c) la semplificazione dei percorsi amministrativi e la suddetta revisione più stringente della conferenza di servizi con la previsione di una sua conclusione in tempi certi, al pari delle suddette misure proposte per l'edilizia privata;

    d) il potenziamento del ruolo delle amministrazioni locali, al fine di dar loro la forza e gli strumenti concreti per agire, anche attraverso un maggior ruolo e una maggiore autonomia decisionale della figura del R.u.p. (Responsabile unico del procedimento) visto che tale figura per legge è unica per le fasi della progettazione dell'affidamento, dell'esecuzione;

    e) un processo significativo di semplificazione delle norme edilizie e urbanistiche, anche attraverso la formazione di un unico «codice urbano nazionale».
(7-00475) «Mazzetti, Sozzani, Porchietto, Mugnai, Carrara, Bagnasco, Paolo Russo, Anna Lisa Baroni, Palmieri, Baratto, Squeri, Aprea, Polidori, Cortelazzo, Fiorini, Pentangelo, Ruffino, Casciello, Musella, D'Ettore, Ferraioli, Pittalis, Casino, Dall'Osso, Orsini, Giacomoni, Valentini, Napoli, Mulè, Labriola, Siracusano, Fitzgerald Nissoli, Versace, Maria Tripodi, Zangrillo, Ripani, Marin, Tartaglione, Pella, Pettarin, Milanato, Sandra Savino, Sisto, D'Attis, Cappellacci, Rossello, Novelli, Giacometto, Vietina, Caon».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:

   sono attualmente sottoposte alla disciplina dei piani di rientro (Pdr) del servizio sanitario regionale sette regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia. Di queste due sono state commissariate: Calabria e Molise (per le quali i commissari ad acta non coincidono con i rispettivi Presidenti);

   in data 27 febbraio 2020 sono stati emanati i decreti del capo del dipartimento della protezione Civile con i quali si individuano per tutte le Regioni (comprese quelle commissariate) i presidenti delle regioni soggetti attuatori ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020;

   alla data del 1° maggio 2020, secondo i dati forniti dal Ministero della salute, sono stati registrati 207.428 casi totali di positività al COVID-19 e 28.236 decessi correlati. Il maggior numero di casi è stato riscontrato in regioni non sottoposte a Pdr come Lombardia (76.469 casi, 13.860 decessi), Piemonte (26.684 casi, 3.097 decessi), Emilia Romagna (25.644 casi, 3.579 decessi): cifre significativamente più elevate se confrontate con quelle del Lazio (6.672 casi, 482 decessi), della Campania (4.444 casi, 359 decessi), della Calabria (1.112 casi, 86 decessi), del Molise (300 casi, 21 decessi), tutte regioni commissariate e sottoposte a Pdr;

   quale episodio rappresentativo, il commissario straordinario per la sanità calabrese, Gen. Saverio Cotticelli, ha pubblicamente affermato di non avere prodotto alcun decreto commissariale relativo al contrasto all'emergenza Covid-19, in quanto ritiene questa incombenza propria del soggetto attuatore (il presidente della regione) e tale situazione può generare un grave vuoto di potere, in particolare, nella gestione della emergenza nella regione Calabria;

   con la prossima fase in cui sarà possibile anche la circolazione tra le diverse regioni non è comunque da escludersi una seconda intensa ondata di contagi da COVID-19 che potrebbe interessare proprio le regioni meridionali;

   la XII Commissione della Camera (Affari sociali), nell'esprimere parere favorevole al documento di economia e finanza 2020, ha rilevato che appare necessario ripensare, anche e non solo per il periodo dell'emergenza, l'attuale sistema di gestione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario e del commissariamento delle regioni in deficit, che proprio nell'emergenza in atto ha dimostrato tutta la sua debolezza e fallibilità, sia per le regioni in deficit sia per le regioni cosiddette virtuose, che pure si sono trovate in estrema difficoltà nonostante le premialità di cui hanno usufruito;

   l'ordine del giorno AC 9/2463/148, accolto il 23 aprile 2020 impegna il Governo a valutare l'opportunità di intervenire per sospendere i piani di rientro delle Regioni interessate, quanto meno per il periodo dell'emergenza, consentendo, in modo paritario, a tutte le regioni di agire come soggetti attuatori dell'emergenza COVID-19;

   i vincoli imposti dal piano di rientro non consentono la realizzazione di rapide misure di contrasto fondamentali per gestire l'emergenza tra le quali, in via prioritaria, l'urgente reclutamento di personale sanitario;

   l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita (Psc), nell'ambito della strategia posta in essere per rispondere in maniera rapida, decisa e coordinata alla pandemia di coronavirus, consente agli Stati membri, e dunque anche all'Italia, di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero in forza del quadro di bilancio europeo –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza volte a ridefinire la linea di comando per la gestione dell'emergenza nelle regioni commissariate, consentendo, più in generale, di reclutare immediatamente il personale sanitario occorrente anche eliminando in via definitiva nella fattispecie con opportuni interventi di carattere normativo atti a garantire la fondamentale tutela del diritto alla salute nelle regioni obbligate a restrizioni circa la spesa sanitaria - oppure sospendendo in via temporanea il regime del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario ovvero quali altre iniziative intenda adottare per garantire la necessaria assistenza sanitaria in vista di una possibile ulteriore ondata di contagi da COVID-19 anche in queste regioni.
(2-00787) «Nesci, Anna Lisa Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano, Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Gallinella, Lovecchio, Lombardo, Maglione, Marzana, Parentela, Pignatone, Aresta, Chiazzese, Corda, D'Uva, Del Monaco, Ermellino, Frusone, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Dori, Ascari, Di Sarno, D'Orso, Palmisano, Perantoni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Fase 2 dell'emergenza sanitaria da COVID-19 ha visto esplodere un vero e proprio conflitto Stato-regioni sulla tempistica delle riaperture delle attività produttive, con l'adozione, da parte di alcune regioni, di ordinanze in conflitto con le disposizioni statali;

   con nota prot. 643 dell'8 maggio 2020, il Ministro Boccia, pur nel riconoscimento della competenza concorrente in materia di tutela della salute attribuita dalla Costituzione alle regioni e alle province autonome, ha chiesto al presidente della Conferenza delle regioni che le ordinanze emanate, oltre ad essere coerenti con i provvedimenti statali, «prevedano il rispetto dei protocolli per la sicurezza, dei lavoratori che saranno individuati con apposite linee guida definite dal Comitato Tecnico Scientifico e dall'INAIL per ciascun comparto di attività»;

   con la medesima nota il Ministro chiede, al presidente della Conferenza, di avere assicurazioni che «nessuna apertura verrà disposta in assenza della individuazione dei predetti protocolli»;

   le richieste del Ministro, ad avviso dell'interrogante, certificano, di fatto, quanto segue:

    che tutte le attività produttive ad oggi riaperte hanno operato e stanno operando in assenza di specifici protocolli per la sicurezza dei lavoratori che Comitato tecnico-scientifico e Inail dovrebbero individuare con apposite linee guida e che ad oggi non esistono;

    che tra le attività aperte (negozi per bambini, profumerie e altro) e quelle di prossima riapertura (negozi in genere per esempio) non vi sono effettive differenze organizzative delle misure di sicurezza;

    che in assenza di specifici protocolli per la sicurezza, la ripresa delle attività produttive determinerà una prevedibile risalita dei contagi;

    che Comitato tecnico-scientifico (composto da un grande numero di esperti), Inail e tecnici dei Ministeri risultano evidentemente gravemente omissivi rispetto alla elaborazione dei suddetti protocolli, considerando che le date di presunta «riapertura » erano note da tempo. Diversamente si dovrebbe sostenere che troppi centri decisionali sovrapponibili tra loro determinano decisioni poco certe e coerenti tra loro –:

   se i titolari delle attività produttive che hanno già riaperto e di quelle che riapriranno nei prossimi giorni, siano consapevoli della suddetta circostanza e quindi del fatto che i loro lavoratori stiano operando in assenza di specifici protocolli di sicurezza;

   se non intenda fornire urgenti chiarimenti in merito alla tempistica di adozione dei suddetti protocolli;

   in capo a chi ricadano le responsabilità omissive relative alla mancata adozione dei protocolli medesimi.
(5-03947)


   FOGLIANI e TONELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le maggiori organizzazioni sindacali del comparto della polizia di Stato lamentano che il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha provveduto a convocare i rappresentanti delle parti sociali e del comparto difesa nell'ambito della preventiva consultazione prevista prima della deliberazione sul disegno di legge di bilancio, ma non ancora le rappresentanze sindacali del comparto sicurezza, come espressamente previsto, invece, dall'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195;

   nonostante il Siulp, il Sap, il Siap e l'Fsp Polizia abbiano sollecitato l'incontro al Presidente del Consiglio il 24 settembre 2019, ad oggi il comparto sicurezza, ad avviso degli interroganti, continua ad essere ignorato dall'attuale Governo relativamente alla manovra economica, che sembra essere ormai delineata;

   ci sono numerose questioni per le quali vi è necessità di confronto, in particolare la politica dei redditi, il rinnovo del contratto di lavoro, il rinnovo dei mezzi, delle dotazioni e degli organici, il mancato pagamento degli straordinari, tutti temi che devono essere affrontati nella legge di bilancio per la programmazione delle risorse necessarie;

   anche i recenti fatti di cronaca, da ultima la sparatoria di Trieste, hanno evidenziato la scarsità e l'obsolescenza dei mezzi, anche di quelli minimi e indispensabili per i poliziotti, quali le divise logore, la mancanza di cappelli e di torce, le fondine poco resistenti, solo per fare alcuni esempi –:

   se il Governo intenda convocare le rappresentanze sindacali delle forze di polizia, in attuazione dell'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195;

   dal momento che il disegno di legge di bilancio per il 2020 sembra essere ormai delineato, come il Governo intenda affrontare i noti problemi strutturali della polizia di Stato, in particolare con riguardo al rinnovo del contratto di lavoro, al rinnovo dei mezzi, delle dotazioni e degli organici, al mancato pagamento degli straordinari.
(5-03951)


   GIGLIO VIGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   lo scopo principale di uno Stato è quello di proteggere le persone e i propri valori giuridici, costituzionali ed economici. A prescindere dall'epoca storica, una minaccia improvvisa derivante da attacchi stranieri, ribellioni o calamità naturali ha sempre richiesto una risposta immediata da parte del potere costituito;

   proprio l'istituto dello stato di pericolo, attraverso il decreto n. 40 dell'11 marzo 2020, è stato scelto dal Governo ungherese per affrontare l'emergenza coronavirus. In data 30 marzo l'Assemblea nazionale ha approvato la proposta dell'Esecutivo di una proroga sine die dello stato di pericolo, termine non definito non essendo definibile la fine della pandemia;

   in Ungheria la misura approvata dal Parlamento ungherese non dà «poteri assoluti» al Governo: la legge in questo senso è chiarissima nel ribadire che la Costituzione non può essere sospesa e il Parlamento, oltreché la Corte Costituzionale, continua ad esercitare pienamente il suo ruolo di supervisione sugli atti del Governo;

   è altrettanto fuorviante la valutazione che l'autorizzazione di emergenza al fine di proteggere efficacemente la salute dei cittadini ungheresi sia stata concessa a tempo indeterminato: infatti, la legge approvata associa il termine di applicabilità delle misure di emergenza alla durata dell'epidemia del coronavirus. Inoltre, il Parlamento avrà sempre la possibilità di ritirare l'autorizzazione anche prima della sua scadenza naturale (cioè, la fine dell'emergenza epidemiologica), in qualsiasi momento –:

   se il Governo non intenda valutare iniziative in sede europea che contrastino potenziali azioni illiberali atte a limitare la legittima sovranità di uno Stato membro, le cui istituzioni, Parlamento in primis, rimangono garanti nei confronti del popolo ungherese del rispetto della Costituzione e di libertà di valutazione di ultima istanza sugli atti del Governo.
(5-03963)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COMAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», al Titolo II, Capo II, ha previsto speciali misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro nonché le modalità precauzionali anti-contagio;

   in particolare, in attuazione dell'articolo 43, comma 1, è stato stabilito il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'Inail a Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;

   il 7 maggio 2020 l'Ufficio stampa di Invitalia ha dato comunicazione, con successiva pubblicazione del bando (cosiddetto Impresa Sicura), delle modalità per chiedere il rimborso per le spese sostenute per l'approvvigionamento dei Dpi: l'accesso al rimborso, nei limiti delle risorse disponibili, è stato stabilito nella misura del 100 per cento delle spese ammissibili come definite ai sensi dell'articolo 7 del bando, quindi nel limite massimo di euro 500,00 per ciascun addetto dell'impresa cui sono destinati i Dpi e, comunque, fino a un massimo di 150 mila euro per impresa;

   il punto 6.1 del bando definisce quali beneficiari «tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato»;

   per contro, al punto 5 delle Frequently Asked Questions allegate al predetto bando, nel tentativo di chiarire l'ambito applicativo dei soggetti beneficiari, si considerano ammissibili solo «coloro che svolgono in via esclusiva o principale, l'esercizio di un'attività di impresa», escludendo dalle agevolazioni «i soggetti che risultano iscritti in Camera di Commercio unicamente al Repertorio Economico Amministrativo – REA (ad esempio, gli enti pubblici non economici, le associazioni i riconosciute e non, le fondazioni, i comitati, gli organismi religiosi), in quanto non classificabili come imprese»;

   la maggior parte delle strutture di assistenza residenziale per anziani e disabili (Rsa) sono enti che svolgono attività di impresa per assistenza medica, infermieristica e a fini socio-assistenziali; la loro natura giuridica, invero, è assimilabile a qualunque altra impresa;

   inoltre, le stesse hanno alle loro dipendenze personale impiegatizio afferente all'Inail, quindi sono ampiamente legittimate a fare richiesta di rimborso, poiché versano i contributi previdenziali e assicurativi all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro;

   la conseguente e mancata equiparazione nel bando tra imprese e Rsa non solo è ingiustificabile nel merito, ma è oltremodo preoccupante in considerazione soprattutto dei trascorsi emergenziali delle strutture di ricovero ad oggi note;

   a parere dell'interrogante è quindi inverosimile l'esclusione tra i beneficiari delle strutture di assistenza residenziale per anziani e disabili, laddove lavorano e risiedono persone già ampiamente e tristemente coinvolte dai focolai epidemici, che necessitano di un continuo e costante approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, nel rispetto delle disposizioni normative previste, al fine di tutelare e garantire il diritto alla salute degli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali e del personale ivi operante;

   quali siano le ragioni che hanno impedito l'inclusione delle strutture di assistenza residenziale per anziani e disabili dai rimborsi del bando di cui in premessa;

   quali urgenti iniziative intendano adottare per sopperire a tale estromissione e, comunque, al fine di garantire, preventivamente, un approvvigionamento dei Dpi alle strutture di assistenza residenziale per anziani e disabili e, successivamente, il rimborso delle spese all'uopo sostenute.
(4-05609)


   CIABURRO, GALANTINO, BUTTI, LUCA DE CARLO e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio 26 aprile 2020, a partire dal 4 maggio 2020, avrà inizio una progressiva ripartenza del Paese a seguito delle misure straordinarie di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e successive modifiche ed integrazioni;

   secondariamente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 consente, a partire dal 4 maggio 2020, lo spostamento da una regione all'altra unicamente per spostamenti comprovati da situazioni di necessità indifferibili o motivi di salute;

   in tal senso, la normativa nazionale in vigore non consente, almeno in questa prima fase, di spostarsi nelle seconde case, ovunque dislocate;

   per natura delle cose, le disposizioni vigenti, anche per via della più vincolante normativa nazionale, non consentono di recarsi presso la seconda casa ubicata nel territorio di un'altra regione, anche se limitrofa;

   in tal senso, soprattutto nel caso di Piemonte e Liguria, sono numerosi i cittadini liguri in possesso di seconde case in Piemonte e viceversa, e la sopravvenuta impossibilità di verificare le condizioni di sicurezza e di manutenzione delle proprie abitazioni può comportare inevitabilmente maggiori costi di riparazione e rimessa in sesto relativi agli immobili –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, se del caso, intenda predisporre per:

    a) consentire, anche in deroga alla normativa vigente, gli spostamenti verso le seconde case tra regioni limitrofe unicamente per verificare lo stato di manutenzione dei beni, e con rientro previsto in giornata, anche sulla base delle casistiche di cui in premessa ed anche prevedendo meccanismi di segnalazione dell'arrivo dei cittadini nel comune dove è ubicata la seconda casa, in modo da monitorare lo spostamento dei cittadini;

    b) consentire spostamenti verso le seconde case tra regioni limitrofe per verificare lo stato di manutenzione dei beni per un tempo limite di 48/72 ore, previa segnalazione del proprio arrivo all'amministrazione comunale del comune di ubicazione della seconda casa, con possibilità per il sindaco di disporre l'isolamento fiduciario per il cittadino in arrivo limitatamente alla durata della visita, presso l'abitazione;

    c) consentire in ogni caso gli spostamenti verso le seconde case tra regioni limitrofe ai cittadini accompagnati dai propri conviventi, in modo da rendere più agevole l'attività di verifica di stato di manutenzione dei beni.
(4-05614)


   FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'attività di acconciatori ed estetisti e dei servizi alla persona, inseriti nella categoria benessere, è stata indicata tra le attività più a rischio di contagio;

   l'impossibilità di mantenere il distanziamento durante il lavoro, secondo l'interrogante, ha rappresentato talvolta, per il legislatore, un comodo appiglio per rinviarne a data da destinarsi la riapertura;

   in Nazioni straniere, notoriamente molto attente e rigide, come Germania, Norvegia e Svizzera, le attività di cui sopra hanno già riaperto dal mese di aprile ed altre, tra cui la Francia, si apprestano a consentire la riapertura in sicurezza ad inizio settimana prossima;

   le motivazioni che hanno portato i Governi delle altre nazioni europee alla riapertura delle attività della categoria benessere si basano sulla considerazione che tenere chiuso potenzialmente è molto più pericoloso, perché incentiva le visite domiciliari di chi abusivamente, anche per necessità, ha continuato ad operare, senza ovviamente adottare alcun accorgimento reale di sicurezza, aumentando il rischio di contagio;

   i saloni sono già fortemente normati dal punto di vista igienico-sanitario ed è possibile prontamente e scrupolosamente adeguarli ai nuovi protocolli anti-Covid –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per riaprire in sicurezza le attività di acconciatori ed estetisti prevedendo la redazione di un protocollo condiviso con l'Istituto superiore di sanità, Ats ed Inail che disciplini realmente nel dettaglio gli adempimenti da porre in essere per lavorare in sicurezza.
(4-05616)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in base agli ultimi decreti emanati, nell'ambito delle progressive riduzioni delle restrizioni alla mobilità, è stato consentito di incontrare congiunti, affini;

   qualora un figlio sia costretto ad essere residente in altra regione non è autorizzato ad incontrare i propri familiari di primo o secondo grado per la sola circostanza sfortunata di abitare in altra regione;

   nel dibattito pubblico ci si preoccupa di garantire quanto prima che possano avvenire spostamenti tra regioni in vista delle vacanze e per recarsi nelle seconde case, mentre i legami familiari non vengono adeguatamente posti in risalto;

   è necessario anche lenire lo strazio di anziani genitori che soffrono nel vedere altre famiglie ricongiungersi, al contrario della propria –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di derogare alle restrizioni vigenti, permettendo a tutte le famiglie che abbiano residenze in territori diversi di potersi ricongiungere quantomeno nelle proprie mura domestiche.
(4-05617)


   PAPIRO, CASA, D'ORSO, VILLANI e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   diverse denunce da parte di commercianti e imprenditori hanno messo in evidenza il disagio di questi ultimi, a seguito della previsione e conseguente introduzione nel mercato italiano del prezzo cosiddetto calmierato per le mascherine chirurgiche;

   diverse aziende si sono riconvertite, con grande entusiasmo e molti ostacoli, nella produzione di mascherine e, dopo l'annuncio del Governo di fissare un prezzo al pubblico calmierato a 50 centesimi più Iva, si ritrovano con una linea di produzione avviata, migliaia di mascherine prodotte e una domanda praticamente azzerata (cui consegue l'insostenibilità dei costi per chi realizza mascherine realizzate con le macchine da cucire e non stampate);

   i produttori italiani, in diverse occasioni, hanno espresso la delusione nei confronti del Governo che preferisce importare le mascherine a poco prezzo dalla Cina, anziché valorizzare le aziende che in tutto il Paese si sono riconvertite e hanno smesso di produrre;

   un passo importante è stato fatto tramite l'accordo siglato dal commissario Arcuri, qualche settimana fa, con Confcommercio, Federdistribuzioni, e Conad, che dovrebbe consentire alle imprese di non subire alcuna perdita dall'imposizione di questi prezzi, ma nonostante ciò, ad oggi, la problematica non sembra ancora del tutto risolta;

   tale situazione di disagio colpisce principalmente le aziende più piccole, poiché il prezzo calmierato, fissato con l'ordinanza n. 11/2020 del commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 del 26 aprile 2020, in questo momento può essere sostenuto sul mercato dalle aziende che producono grandi numeri e che hanno standardizzato la produzione di mascherine;

   queste problematiche si ripercuotono sulla vendita al dettaglio, poiché farmacie e parafarmacie, in molti casi, non effettuano rifornimento di mascherine chirurgiche, non potendo sostenerne la vendita, in quanto non riescono ad acquistare con un margine di utile questi prodotti al prezzo medio di mercato attualmente ancora praticato dalle aziende produttrici;

   inoltre, si ritrovano a vendere (in perdita) i prodotti giacenti già in magazzino e quelli precedentemente ordinati, acquistati ad un prezzo superiore;

   le mascherine chirurgiche, fondamentali in questa fase di ripartenza, sono praticamente quasi introvabili in alcune regioni; l'imposizione di un prezzo politico ha reso ancora più raro un bene che era già carente;

   molti esercenti hanno smesso di vendere per non andare in perdita ed, esaurite le scorte, hanno smesso di ordinare, in attesa dei rifornimenti statali;

   di fatto, le mascherine al prezzo calmierato di 50 centesimi (che arriva ad oltre 60 con il calcolo dell'Iva) sono difficili da trovare;

   altre mascherine ci sono, ma restano nei magazzini, perché molte di quelle importate sono sprovviste del marchio CE che ne attesta la conformità;

   senza i dovuti controlli si avrebbe la beffa dello Stato che si reinventa distributore di prodotti non a norma –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per tutelare la salute dei cittadini e assicurare l'immediata disponibilità delle mascherine chirurgiche fondamentali per l'attuazione della «fase 2»;

   quali ulteriori iniziative intenda attuare il Governo per dare delle risposte agli imprenditori che hanno riconvertito la linea di produzione per le mascherine chirurgiche, affinché non rimangano fuori dal mercato, a causa del prezzo imposto, non sostenibile per le piccole produzioni e per quelle che non hanno ricevuto incentivi e/o finanziamenti statali;

   se e quali iniziative intenda porre in essere il Governo per compensare e risarcire gli esercenti che, nel rispetto della norma, pur avendo acquistato ad un prezzo superiore, vendono mascherine chirurgiche a prezzi inferiori al costo di acquisto;

   se il Governo ritenga coerente, da un lato, imporre l'obbligatorietà di un dispositivo di sicurezza e un prezzo calmierato dello stesso e, dall'altro, mantenere l'Iva, o non ridurla, su questo bene indispensabile.
(4-05618)


   GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, l'articolo 43 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 riconosce al consigliere comunale il diritto di accesso agli atti che si traduce nella possibilità di avere «tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato», salvo il dovere di essere «tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge»;

   secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale amministrativo: «i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale», di conseguenza «sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio delle funzioni del consigliere comunale (così, T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. I, sentenza n. 77/2015; nello stesso senso, ex plurimis, C.d.S., Sez. V, sentenza n. 4525/2014)»;

  dal punto di vista penale, invece integra il reato di omissione di atti d'ufficio «la condotta di colui che, a fronte della richiesta di un consigliere comunale di accesso agli atti, ometta di fornirgli e di rispondere nei termini di legge, essendo irrilevante che gli atti richiesti non rientrino nelle competenze deliberative del consiglio comunale (ex articolo 42 TUEL)» (Cass. Pen., sez. VI, 8 aprile 2009, n. 21163);

   a Margherita di Savoia (BT), l'amministrazione negava alle consiglieri comunali avv. Elena Muoio e la Dr.ssa Rosa Scognamiglio il diritto di esercitare le loro prerogative istituzionali, negando una richiesta di accesso agli atti, proposta nell'interesse della collettività ed avente ad oggetto la documentazione relativa ai buoni spesa;

   all'interrogante risulta che la descritta condotta omissiva nei confronti delle consigliere è ormai consueta nel predetto Comune, di talché le stesse non sarebbero libere di esercitare le funzioni previste dalla legge –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare a tutela delle minoranze impegnate nell'attività politica presso gli organi dei Comuni, in particolare alla luce di quanto esposto con riguardo al comune di Margherita di Savoia;

   se il Governo intenda avviare, per quanto di competenza, un'indagine territoriale in materia di accesso agli atti dei consiglieri comunali, al fine di verificare la regolarità delle risposte da parte dei comuni nel rispetto delle minoranze;

   se il Governo intenda adottare iniziative normative urgenti che prevedano sanzioni ad hoc dinanzi all'omissione delle risposte che cagionano un danno all'esercizio delle prerogative istituzionali del consigliere comunale e, conseguentemente, ai cittadini che essi rappresentano.
(4-05620)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 7 aprile 2020 sul sito della regione dell'Umbria è stata pubblicata la nota stampa di presentazione di un ospedale da campo attrezzato fino a 30 posti in terapia intensiva, da poter allestire, rapidamente, in qualsiasi luogo;

   questa futura dotazione della regione dell'Umbria è stata progettata dall'ente stesso e finanziata interamente dalla Banca d'Italia per un importo di circa 3 milioni di euro;

   la tensostruttura esterna, autoinstallante, è già esistente e di proprietà della protezione civile regionale;

   tali moduli sono autonomi sia per l'energia elettrica che per l'acqua;

   questa tensostruttura «ospedale da campo» è già stata utilizzata per alcune emergenze tra cui il sisma de L'Aquila, ma almeno inizialmente, sarebbe risultata priva – come affermato dall'ingegner Stefano Nodessi nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto – della strumentazione adeguata a fronteggiare emergenze simili a quelle tipo Covid-19;

   con il progetto in questione detta struttura si ammodernerebbe di un potabilizzatore ad oggi mancante che alimenterebbe tutta la fornitura di acqua, di tutte le attrezzature mediche che grazie a questo progetto saranno acquistate trasformando la struttura in un ospedale in grado di trattare 30 degenti con patologia virale e strumentazione per la terapia intensiva;

   occorre sottolineare che l'Ospedale «Fiera di Milano», costruito a tempo record con un costo di circa 21 milioni di euro per 200 posti letto, oggi è al centro di molteplici critiche e polemiche, in quanto sarebbe sopraggiunta la consapevolezza che una struttura di terapia intensiva difficilmente può funzionare se non integrata con tutte le altre strutture complesse che costituiscono un ospedale, perché i pazienti in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di altre figure professionali, non solo dei rianimatori e degli infermieri, ma degli infettivologi, dei cardiologi, dei nefrologi, dei chirurghi;

   a parere dell'interrogante sarebbe stato più opportuno proporre alla Banca d'Italia il finanziamento di uno o più progetti differenti, magari partendo da miglioramenti o estensioni di strutture già esistenti nella regione Umbria dal momento che l'opzione «ospedale da campo» rischia di avere tempi di realizzazione che vanno oltre la stessa fase emergenziale o quanto meno della sua fase più acuta;

   nella delibera n. 282 approvata dalla giunta regionale umbra il 22 aprile 2020 si legge al punto 2: «di approvare il “progetto per l'implementazione dell'ospedale da campo della regione Umbria con specifiche apparecchiature sanitarie”, allegato al presente atto in modalità riservata, in quanto la sua divulgazione potrebbe essere lesiva del principio di segretezza e della par condicio»;

   tale scelta appare contraria ad ogni principio di trasparenza, renderà impossibile conoscere puntualmente i costi ed eventuali fornitori delle strutture necessarie per allestire l'ospedale da campo come gli arredi, gli apparati tecnologici, le strumentazioni sanitarie;

   va considerato che il presidente della giunta regionale dell'Umbria è autorità territoriale di protezione civile ai sensi del decreto legislativo gennaio 2018, n. 1, e soggetto attuatore ai sensi dell'ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020;

   inoltre la rendicontazione della fornitura e la gestione logistica dell'ospedale da campo dovrà essere effettuata a cura del servizio organizzazione e sviluppo del sistema di protezione civile –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo circa quanto esposto in premessa;

   se intenda attivare, tramite il Dipartimento nazionale della protezione civile, tutti gli strumenti di sua competenza al fine di verificare il pieno rispetto del codice degli appalti e valutare l'opportunità di proseguire con la realizzazione dell'ospedale da campo in Umbria dal momento che, a parere dell'interrogante, le risorse di cui in premessa potrebbero essere impiegate per ammodernare strutture ospedaliere già esistenti.
(4-05625)


   FOGLIANI, BAZZARO, BILLI, BINELLI, BITONCI, CAPITANIO, CAVANDOLI, CAFFARATTO, CAPARVI, CECCHETTI, CENTEMERO, COLLA, COVOLO, DONINA, GALLI, GIACCONE, GIACOMETTI, GUSMEROLI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MACCANTI, MURELLI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, RIXI, TOMBOLATO, TARANTINO e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 4 maggio 2020 una trasmissione di RAI3 ha mandato in onda un servizio dal titolo «Mascherine presidenziali», dando notizia di un sequestro, avvenuto il 27 marzo 2020 al porto di Prà a Genova, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di tubi endotracheali utilizzati nelle terapie intensive e parti fondamentali dei respiratori;

   il materiale posto sotto sequestro è risultato appartenere ad una multinazionale farmaceutica con diverse sedi in Italia ed aggiudicataria della commessa Consip di 2.200 respiratori e 125 mila tubi endotracheali;

   il servizio televisivo riportava che, sempre alla stessa azienda, già il 17 marzo 2020, a Bologna veniva sequestrata una fornitura di materiale sanitario per l'aerosolterapia che stava per essere inviata in Sud Africa e che invece è stata poi distribuita all'ospedale Maggiore della stessa città;

   anche la merce sequestrata a Genova è stata tempestivamente inviata presso gli ospedali liguri che in quei drammatici giorni si trovavano in grave difficoltà proprio a seguito della carenza di ventilatori e materiale per la terapia intensiva;

   il sequestro del materiale è avvenuto per la violazione dell'ordinanza del Capo dipartimento della protezione Civile 639/20 e della circolare del Ministro della salute prot. n. 4373/RU del 12 febbraio 2020 che vietano l'esportazione di strumenti e dispositivi di ventilazione invasivi e non invasivi, salva autorizzazione;

   ciò che appare oltremodo sconveniente, a parere degli interroganti, è la reazione del commissario Arcuri ai sequestri operati dai funzionari doganali che altro non facevano che svolgere correttamente il proprio lavoro applicando la legge;

   sempre secondo la ricostruzione giornalistica, infatti, il commissario straordinario quindi, in data 1° aprile, ha inviato una comunicazione all'Agenzia delle dogane, pregando il direttore dell'Agenzia delle dogane «per indifferibili e superiori interessi nazionali di non procedere ad alcuna requisizione pro futuro di merce importata ed esportata in nome e per conto della società (...), nonché di provvedere a sbloccare, al più presto eventuali operazioni attualmente in corso (...)»:

   nella missiva, peraltro, il dottor Arcuri mette in copia conoscenza anche il segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri ed i capi di gabinetto dei Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e delle infrastrutture e dei trasporti;

   i sensi dell'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020, il dottor Domenico Arcuri è stato nominato commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e, tra i suoi doveri rientra «... ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa .... nonché programmando e organizzando ogni attività connessa ... e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale» –:

   se il Governo intenda chiarire i fatti di cui in premessa, confermando la correttezza dell'operato del dottor Arcuri rispetto all'incarico ricoperto, ovvero le ragioni della sua missiva indirizzata non solo al direttore dell'Agenzia delle dogane, ma anche al segretario generale della Presidenza del Consiglio ed ai capi di gabinetto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(4-05626)


   PAOLO RUSSO, CASCIELLO, PENTANGELO, SARRO, FASANO, FERRAIOLI, BAGNASCO e NOVELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a fine aprile 2020 sono iniziati i primi test sperimentali sull'uomo per il vaccino messo a punto grazie alla partnership tra lo Jenner Institute dell'università di Oxford e la Irbm di Pomezia (Roma), che ha materialmente prodotto i campioni. È il primo step verso la definizione di uno strumento veramente efficace per offrire protezione contro il Covid-19;

   la società Irbm di Pomezia, attraverso il presidente Piero di Lorenzo, ha fatto sapere che si è potuto passare subito alla fase di sperimentazione sull'uomo grazie agli efficaci risultati di laboratorio che hanno consentito di testare la non tossicità del vaccino e la sua potenziale efficacia. Se i test sugli esseri umani si riveleranno positivi, si potrà partire con una campagna vaccinale sulle categorie più esposte al rischio di contagio, operatori sanitari e forze di polizia. Nel frattempo, si procederà con la produzione su larga scala, che però non potrà avvenire in tempi brevi, occorreranno mesi;

   è centrale, nel vaccino contro il coronavirus, il ruolo della multinazionale farmaceutica AstraZeneca, che si occuperà della produzione e distribuzione, e che nei giorni scorsi ha annunciato di essere pronta a lanciare e fornire fino a 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno: alla stessa toccherà il compito di pianificare questa produzione;

   il presidente della società Irbm ha ricordato che i test sono iniziati da giorni e bisogna aspettare le evidenze scientifiche, che arriveranno a settembre. Poi, nel giro di pochi mesi, con AstraZeneca, si potrà avere una prima produzione, ma la richiesta sarà pari a miliardi di dosi;

   come riporta il sito Dagospia del 2 maggio 2020 «quando l'IRBM di Piero di Lorenzo ha cercato di convincere il Governo di Conte ad entrare fra i finanziatori del progetto italo-inglese per portare a termine la ricerca per il vaccino, l'importanza della proposta è stata "sottovalutata" (...), Il dicastero della sanità britannico, invece, non ha avuto nessun tentennamento a finanziare con la somma di 20 milioni la ricerca italo-inglese Jenner-IRBM, Il risultato finale è che ora il vaccino è nelle mani dell'AstraZeneca britannica. E l'Italia, per una manciata di milioni, ha perso l'occasione di avere voce in capitolo nella produzione e la distribuzione globale» –:

   quale sia la ragione per cui il Governo abbia ritenuto di non aderire ad una proposta di joint/venture capital di un'azienda italiana la Irbm di Pomezia in un settore così strategico e vitale nelle dinamiche medico-scientifiche ed evidentemente anche geo politiche;

   chi per conto del Governo abbia istruito la pratica Irbm e quale sia la ragione tecnica della bocciatura;

   quali siano i reali motivi per i quali il vaccino anti-Covid di cui in premessa, sviluppato da una partnership tra lo Jenner Institute della Oxford University e la società Irbm di Pomezia, verrà prodotto e distribuito in esclusiva dalla multinazionale britannica AstraZeneca e non da una azienda italiana.
(4-05627)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 22 aprile 2020 il Comitato tecnico-scientifico (Cts) ha pubblicato la «Valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale». Il documento è stato diffuso senza i riferimenti da Giuffrida F. su Open.it in un articolo intitolato «Fase 2, il documento integrale che ha frenato il governo sulle riaperture del 4 maggio»;

   secondo il professore Marco Mamone Capria il Governo ha fondato la propria politica sanitaria, con pesantissimi risvolti sociali ed economici, su rapporti non firmati, incompleti, «riservati», né depositati su un pubblico archivio scientifico né, tanto meno, pubblicati su rivista scientifica. Il rapporto in questione non è stato sottoposto ad alcuna rivista di epidemiologia a libero accesso o con «peer review» tradizionale o aperta;

   nella gerarchia della medicina delle prove di efficacia («evidence-based medicine») la modellistica matematica occupa il livello più basso un ottimo esempio delle difficoltà che giustificano questa posizione è stato dato proprio in relazione al Covid-19, poiché gruppi di ricercatori utilizzanti modelli diversi sono arrivati a conclusioni radicalmente difformi;

   il report presume come sole variabili rilevanti quelle legate all'età, i luoghi d'incontro e le occupazioni, ma non le condizioni delle diverse regioni e stagionali, né considera un'anomalia internazionale e nazionale, cioè il fatto che nella sola Lombardia i presunti decessi dovuti alla propagazione del coronavirus siano stati tre volte quelli della Cina. Per il Cts, evidentemente, l'esistenza di «Tre Italie» (per usare la formulazione dell'ultimo rapporto Istat-Iss) dal punto di vista dell'epidemiologia del Covid-19 è del tutto marginale. Secondo l'Istat invece lo studio dell'andamento della mortalità totale associato all'epidemia Covid-19 non può prescindere dalle distribuzione dei casi per infezione da SARS-CoV-2, e dalla sua distribuzione differenziale sul territorio;

   il modello applicato è privo di variabili ecologiche su questo è stata sviluppata una previsione di 8 mesi che scavalca tutta l'estate; non si conoscono casi documentati di previsioni quantitative di questo tipo e di questa portata effettuate con un tale modello e confermate dai fatti;

   è ormai opinione di molti medici, basata su un'ampia esperienza clinica, che i numerosi casi siano dovuti in parte a errori diagnostici e all'incapacità del sistema sanitario italiano, dissennatamente definanziato nell'ultimo decennio, di fornire servizi adeguati, e in particolare un'adeguata assistenza domiciliare, come sarebbe stato auspicabile per tutti, salvo i casi più gravi;

   oggi si sa molto di più su come affrontare il Covid-19 e non sembra quindi né plausibile né metodologicamente corretto assumere che la sola alternativa a una timida «Fase 2» sia il sovraffollamento delle unità di terapia intensiva, anzi la catastrofe sanitaria. Eppure il rapporto del Cts è tutto impostato sulla previsione dei ricoveri in terapia intensiva e su come evitarli –:

  cosa intenda il Governo quando sostiene di seguire le indicazioni della «scienza», posto che, ad avviso dell'interrogante della scienza correttamente intesa si sono violate le più elementari e ordinarie regole procedurali;

   quanti dei membri del comitato tecnico-scientifico e del comitato di esperti in materia economica e sociale cui fornisce consulenza scientifica, siano in grado di giustificare la scelta e l'utilizzo dello specifico modello matematico alla base delle previsioni fatte nel rapporto;

   su quali basi, se non su un concetto inappropriato di unità nazionale, si sia trascurata la fisionomia geografica di questa epidemia nel dettare indicazioni su che cosa e dove «riaprire»;

   se, nel raccomandare, peraltro dopo averne ammesso le insufficienti basi scientifiche, l'uso delle mascherine a «tutta la popolazione», il Cts abbia valutato i costi e la sostenibilità ambientale dello smaltimento delle stesse;

   se e quando il Governo abbia intenzione di rendere pubblico il nome dei firmatari del rapporto e i criteri in base ai quali sono stati scelti.
(4-05634)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   Domenico Mantoan è attuale Presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) (incarico ricevuto per nomina del Ministro della salute d'intesa con la Conferenza Stato-regioni nel novembre 2019, quando già ricopriva la carica di direttore generale dell'area sanità e sociale della regione Veneto) e il Ministro della salute ne ha proposto la nomina come commissario dell'Agenzia nazionale per i servizi Sanitari regionali (AGENAS);

   già direttore per i servizi sanitari della regione Veneto dal 2007, dall'agosto 2010 ricopre anche l'incarico di direttore generale dell'area sanità e sociale della regione Veneto. Proprio in quegli anni, in nome della riduzione della spesa sanitaria (per altro mai ottenuta), si è avuta la chiusura di ospedali e di reparti ospedalieri, anche d'eccellenza, la riduzione dei posti letto sia dei reparti non intensivi che di quelli intensivi, il depotenziamento dei servizi di assistenza territoriale. Tutto ciò ha portato, a giudizio dell'interrogante, ad una grave riduzione delle prestazioni erogate dal sistema sanitario pubblico e ad un contemporaneo aumento delle prestazioni erogate dal sistema sanitario privato in regime di convenzione;

   tra i compiti specifici di particolare rilevanza dell'Aifa vi sono: coordinamento delle istituzioni coinvolte nelle delle attività relative a medicinali sperimentali e ricerca clinica e loro supervisione/formazione; monitoraggio, gestione e accesso a farmaci sperimentali o per «uso in deroga»; promozione e supporto a investimenti in ricerca e sviluppo; raccolta e valutazione di segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci; gestione della rete nazionale di farmacovigilanza e del finanziamento dei progetti regionali di farmacovigilanza; controllo proattivo della correttezza nell'acquisizione dei dati della spesa farmaceutica nazionale e regionale; esecuzione delle prove necessarie per l'autorizzazione all'immissione in commercio di medicinali e/o vaccini sottoposti a controllo di stato; promozione di norme e linee guida per le buone pratiche cliniche e per la farmacovigilanza, oltre che sviluppo di linee guida per gli ispettori incaricati di controllare l'applicazione di tali buone pratiche;

   il Patto per la salute 2014-2016 ha individuato nell'Agenas l'organo incaricato di valutare preventivamente l'efficienza sia sanitaria, sia economico-finanziaria dei sistemi sanitari regionali. Il successivo decreto ministeriale 70/2015 ha affidato ad Agenas la riorganizzazione dell'offerta sanitaria in termini di rete. Agenas e uno dei soggetti deputati al controllo della gestione della sanità regionale (inclusi la spesa sanitaria, i farmaci ed i protocolli clinici) e al potenziamento della medicina del territorio, prima fra tutte la medicina di base e preventiva;

   Agenas è stata quindi affidata ad un commissario che in Veneto per più di un decennio ha stabilito la strategia sanitaria, ad avviso dell'interrogante, ha attivamente contribuito, e ancora oggi attivamente contribuisce, al drastico depotenziamento della sanità territoriale –:

   se il Governo non ritenga che affidare la carica di Commissario Agenas a Mantoan concretizzi, quello che l'interrogante giudica, un enorme conflitto d'interessi che compromette, di fatto, l'indipendenza, l'equidistanza e l'autonomia dell'agenzia, dal momento che il suddetto svolgerebbe contemporaneamente la funzione di controllore (nella veste di commissario Agenas) e controllato (nella veste di direttore generale dell'area sanità e sociale della regione Veneto);

   se il Governo, conoscendo l'entità degli interessi in gioco in campo farmaceutico e delle pressioni che possono essere esercitate su Aifa da diversi soggetti (ad esempio industria, amministrazioni regionali, istituzioni sanitarie, strutture sanitarie, altre agenzie e altro), non ritenga che la separazione tra Aifa e Agenas sia necessaria per garantire imparzialità, autonomia e trasparenza nella gestione di un settore così delicato per il Paese e per i cittadini.
(4-05635)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   ZOFFILI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la volontaria cooperante Silvia Romano è stata sequestrata il 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama, in Kenya, dove si trovava per realizzarvi un progetto umanitario per l'infanzia promosso dalla onlus Africa Milele;

   il rapimento è stato opera di armati forse appartenenti al gruppo terroristico jihadista denominato al Shabaab o comunque a questo in qualche modo collegato;

   gli al Shabaab conducono da anni una spietata campagna terroristica che sta contribuendo ad insanguinare la Somalia, ma sono presenti anche in Kenya;

   agli al Shabaab sono stati attribuiti anche numerosi attentati recenti che in un caso, il 30 settembre 2019, hanno coinvolto anche dei militari italiani in movimento con un convoglio della Eutm (European union training mission) Somalia, rimasti fortunatamente illesi;

   il sito viaggiaresicuri.it – servizio dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – definisce il Kenya un Paese nel quale «permane elevata la minaccia terroristica di matrice islamica», paventando il persistente pericolo di atti ostili contro cittadini stranieri e raccomandando a coloro che vi si rechino di evitare gli spostamenti via terra e il soggiorno in alcune regioni di quello Stato;

   al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale competono delicate funzioni di orientamento ed indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, delle quali dovrebbe essere parte anche la valutazione concernente il rischio connesso all'effettuazione di interventi umanitari da parte delle organizzazioni non governative e delle onlus italiane –:

   quali iniziative il Governo ritenga opportuno assumere per scoraggiare in modo efficace gli interventi della cooperazione volontaria italiana nelle zone in cui sia concreto il pericolo del verificarsi di atti ostili nei confronti dei cittadini del nostro Paese.
(3-01531)


   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dell'Unione europea ha approvato il 31 marzo 2020, con procedura scritta (prevista in casi di urgenza dall'articolo 7 del Regolamento del Consiglio), la decisione PESC 2020/472 relativa all'istituzione e all'avvio – dal 1° aprile 2020 – della nuova missione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo, la missione Eunavfor Med Irini; contemporaneamente è terminata la missione Eunavfor Med Sophia, avviata nel 2015;

   essendo stata adottata la procedura scritta, non si è tenuta una formale riunione del Consiglio dell'Unione europea in composizione esteri e difesa, ma i Paesi membri, su proposta dell'Alto rappresentante Borrell, hanno espresso per iscritto il loro assenso e la decisione è stata adottata sulla base dell'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea. Nessun atto d'iniziativa è stato comunicato formalmente dal Governo italiano al Parlamento;

   compito principale della missione è contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'Onu nei confronti della Libia; tra i compiti secondari, vi è quello di contribuire allo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche;

   gli assetti navali della missione Irini saranno comunque obbligati, secondo il diritto internazionale, a condurre eventuali operazioni di salvataggio nelle zone di loro operazione. In una dichiarazione a verbale, allegata alla decisione del Consiglio, l'Italia ha indicato che, durante l'emergenza per l'epidemia di Coronavirus e fino alla prossima revisione della missione tra quattro mesi, non sarà in posizione di attuare gli accordi sulla redistribuzione delle persone salvate;

   come già per la missione Sophia, il comando operativo della missione Irini avrà sede a Roma e la missione sarà guidata dal contrammiraglio Agostini;

   nessun organo parlamentare ha deliberato sulla missione. Vi è stato solo un generico passaggio durante l'audizione del Ministro interrogato – il 30 gennaio 2020 – innanzi alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato; nell'occasione, il Ministro interrogato ha fatto riferimento agli impegni assunti nella Conferenza di Berlino sulla Libia (che non era una conferenza dell'Unione europea) e alla necessità di rivedere lo scopo della missione Sophia e ha comunicato che era convocato un Consiglio «affari esteri» il successivo 17 febbraio;

   la missione Sophia – sebbene anch'essa derivata da una decisione del Consiglio dell'Unione europea (composizione affari esteri), la n. 2015/778 – era stata oggetto di un decreto-legge (il n. 99 del 2015) –:

   quali siano le finalità specifiche e le caratteristiche operative della missione Irini e in quali sede e tempi intenda sottoporla al prescritto vaglio parlamentare.
(3-01532)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   per migliaia di nostri connazionali è ancora difficile rientrare in Italia, nonostante siano stati messi a disposizione dall'Unione europea 75 milioni di euro per cofinanziare il 75 per cento di una serie di voli umanitari di rimpatrio coordinati dalla protezione civile comunitaria;

   l'attivazione del meccanismo di rimpatrio ha permesso a quasi 60 mila persone di rientrare in Europa. Si tratta per circa la metà di tedeschi, oltre 5 mila francesi, 3.500 spagnoli e 2.500 belgi. L'Italia è ferma a poco più di mille persone;

   per rientrare a casa dall'estero, durante l'emergenza Coronavirus, gli italiani hanno speso il doppio degli altri europei;

   la Commissione europea mette a disposizione gli aiuti per gli Stati membri, ma il Governo deve chiedere il sostegno del meccanismo europeo di protezione civile;

   in Italia il Governo sembrerebbe essersi attivato per il solo volo di Tokyo che il 21 febbraio 2020 ha riportato in Europa 37 persone. Allo stato attuale risulta l'unica volta, dall'emergenza Coronavirus, che l'Italia ha chiesto l'attivazione del meccanismo (Ucpm) europeo;

   notizie di stampa e molteplici testimonianze dei cittadini hanno confermato costi sproporzionati per i biglietti di rientro. A differenza degli altri europei, gli italiani si sono ritrovati a pagare 800 euro per un volo solo andata da New York, 900 euro per la tratta Quito/Bogotà-Milano;

   nella maggior parte dei casi, per venire incontro a chi si trova bloccato all'estero da settimane in situazione di difficoltà economica, i voli umanitari organizzati da Bruxelles e da Parigi prevedono il saldo attraverso l'invio della fattura solo una volta che il passeggero ha fatto ritorno al proprio domicilio: quanti lo hanno fatto a proprie spese ancora non hanno ricevuto rimborso alcuno;

   a parere degli interroganti, una soluzione alle problematiche ostative al ricorso al meccanismo europeo è rappresentata dalla possibilità di utilizzare i 455 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo nel 2020 per l'organizzazione di voli di rimpatrio, operando, inoltre, le opportune modifiche alla legislazione vigente in materia di aviazione affinché per questi voli vengano derogate le disposizioni per il distanziamento minimo –:

   per quale motivo il meccanismo di finanziamento dell'Unione europea (Ucpm) sia stato utilizzato dall'Italia solo in piccolissima parte, abbandonando di fatto a sé stessi migliaia di italiani bloccati all'estero a causa di un iter burocratico ed economico estenuante, con costi elevati dei biglietti e pratiche di sicurezza poco efficienti.
(3-01533)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, SCHIRÒ, LA MARCA, FASSINO, BOLDRINI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 («Cura ltalia»), convertito dalla legge n. 27 del 2020, si dispone all'articolo 72, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, lo stanziamento di 1 milione per l'anno 2020 per le misure a tutela degli interessi italiani e della sicurezza dei cittadini all'estero in condizioni di emergenza e di 4 milioni per l'anno 2020 per le misure di assistenza ai cittadini all'estero in condizioni di indigenza o di necessità;

   il comma 4-ter, in particolare, autorizza la spesa di euro 4 milioni per l'anno 2020 ad integrazione delle misure per l'assistenza ai cittadini all'estero in condizioni di indigenza o di necessità, ai sensi degli articoli da 24 a 27 della disciplina sull'ordinamento e sulle funzioni degli uffici consolari (decreto legislativo n. 71 del 2011, articoli 24-27);

   a tale riguardo, il comma 4-ter autorizza, fino al 31 luglio 2020, l'erogazione dei sussidi – nei limiti dell'importo complessivo di spesa predetto – senza promessa di restituzione anche a cittadini non residenti nella circoscrizione consolare;

   la ragione di tale disposizione è di evidente natura emergenziale in relazione alle conseguenze determinate dall'espansione della pandemia a diverse realtà nelle quali è più elevata la presenza di connazionali che per molteplici fattori si possano trovare in condizioni di imprevedibile ed estrema necessità;

   la limitazione temporale della possibilità di spesa al 31 luglio 2020 aggiunge al carattere della necessità quello dell'urgenza, a garanzia non solo della corrispondenza a situazioni determinate dall'emergenza sociale dovuta alla pandemia ma anche della possibilità di concreta utilizzazione dei fondi aggiuntivi stanziati a tale proposito;

   la proiezione territoriale della pandemia e il suo manifestarsi nelle forme più acute stanno determinando esigenze di intervento e sostegno di cittadini italiani distribuite in aree molto più vaste rispetto a quelle nelle quali si è concentrato nel passato il soccorso assistenziale erogato in forma diretta e indiretta, vale a dire tramite associazioni di benevolenza –:

   quali siano i criteri che si intendono seguire per la distribuzione territoriale dei fondi aggiuntivi previsti dall'articolo 72, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge «Cura Italia» e quali criteri siano stati indicati ai terminali diplomatici e consolari circa la concreta utilizzazione di tali risorse;

   se, a seguito di una prima rilevazione di esigenze, si ritenga che l'ammontare dei fondi aggiuntivi possa essere sufficiente per corrispondere alle situazioni di più evidente necessità o se si pensi di adottare iniziative per prevederne un'ulteriore integrazione nei provvedimenti che faranno seguito a quello indicato («Cura Italia»).
(5-03956)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   già con diversi atti parlamentari (interrogazione n. 4/05321) tuttora priva di risposta; ordine del giorno n. 9/2463/285, accolto dal Governo), l'interrogante richiamava l'attenzione del Governo sulla situazione oramai insostenibile per molti lavoratori frontalieri, che quotidianamente a causa degli orari ridotti della dogana, la chiusura ovvero apertura parziale di taluni valichi, nonché i minuziosi controlli esercitati dalle guardie di confine, a seguito delle misure di prevenzione e contenimento per emergenza epidemiologica da Covid-19, sono costretti a code chilometriche per raggiungere il proprio luogo di lavoro;

   nonostante le ripetute segnalazioni, la situazione è ancora drammatica per migliaia di lavoratori frontalieri, in specie per i comaschi, aggravata dalla riapertura da lunedì 11 maggio 2020 in Ticino di bar e ristoranti e la permanente chiusura del valico di Valmara, in Val d'Intelvi, che significa per circa 1200 frontalieri attraversare 80 e più chilometri da sommare al tragitto quotidiano per raggiungere il posto di lavoro;

   il problema scaturisce anche dal fatto che, nonostante l'ammissione del Ministro degli esteri ticinese che «l'arrivo dei frontalieri va garantito», la decisione della chiusura dei valichi è stata decisa da Berna non già su basi territoriali, bensì in rapporto alle forze a disposizione per i controlli dei transiti e dei permessi «G»;

   in questa situazione di complessità e criticità, a pagare maggiormente dazio è proprio la val d'Intelvi, come sottolineato da molti sindaci, sebbene una considerevole quota parte del frontalierato sia costituito da personale impiegato in ambito sanitario –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per la riapertura del valico di Valmara, indispensabile e fondamentale a garantire il diritto alla mobilità dei lavoratori frontalieri.
(4-05615)


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i dati economici rappresentano come il 2020 sarà un anno pessimo nel settore del turismo che verrà riportato ai livelli di metà anni '60. Un'annata compromessa anche qualora l'emergenza sanitaria da coronavirus si risolvesse in maniera «veloce» con una perdita stimata di presenze nell'ordine del 60 per cento e danni per 29,1 miliardi di euro si minore spesa turistica;

   sono previsti per tutto il 2020, 172 milioni di turisti complessivi in Italia, numeri fatti registrare in piena guerra fredda e quando i viaggi in aereo erano lusso per pochi, dati che si basano su di un graduale ripristino della «normalità» per il mese di maggio. Per il settore una reale ripresa si prospetterebbe solo per i primi mesi del 2021;

   l'impatto, sottolinea la previsione, non sarebbe limitato solo alle imprese del settore della ricettività, ma coinvolgerebbe anche altri comparti direttamente correlati: quasi la metà dei mancati introiti, infatti, sarebbero relativi al settore ristorazione e servizio bar (-6,4 miliardi), alle vendite della rete commerciale (-5,1 miliardi) e ai fatturati delle imprese di trasporti collegate alla mobilità territoriale;

   notizie di stampa riportano delle trattative tra lo stato della Croazia ed i Governi austriaco e tedesco per la creazione di corridoi turistici che permettano di aggirare l'Italia, aggravando maggiormente la situazione, ove vi fossero state possibilità di presenze straniere;

   la mobilità italiana dal 2006 ad oggi è aumentata del 70,2 per cento. Si tratta, in termini assoluti, di essere passati da circa 3,1 milioni di iscritti all'Anagrafe italiani residenti all'estero a quasi 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all'Aire è originaria del Meridione d'Italia (48,9 per cento, di cui il 32 per cento Sud e il 16,9 per cento Isole); il 35,5 per cento proviene dal Nord (il 18,0 per cento dal Nord-ovest e il 17.5 per cento dal Nord-est) e il 15,6 per cento Centro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e ove risultassero perduranti le difficoltà di spostamento dagli stati esteri, se ritenga di predisporre «corridoi turistici» per permettere agli iscritti all'Aire e alle loro famiglie di raggiungere i loro territori di origine ove risultino proprietari di un immobile, nel rispetto delle regole sanitarie vigenti.
(4-05631)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   MORETTO, MARCO DI MAIO, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'inizio della cosiddetta «fase 2», che ha permesso un parziale allentamento del lockdown e dell'isolamento sociale, il 18 maggio 2020 riapriranno anche alcune attività commerciali finora sospese: bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici;

   si tratta di un anticipo di circa 15 giorni rispetto alla data precedentemente annunciata che permetterà anche alle attività al dettaglio – che rappresentano un tassello fondamentale del sistema produttivo italiano –, fino ad ora rimaste chiuse, di ripartire;

   terminata la prima fase di emergenza, è adesso il momento di programmare la ripartenza, anche in considerazione delle caratteristiche territoriali e dei dati epidemiologici di ogni singola zona. Tale richiesta giunge da tempo al Governo anche da alcuni presidenti di regione;

   all'incontro tenutosi lunedì sera 11 maggio 2020 tra l'Esecutivo ed i rappresentanti delle regioni, queste ultime hanno chiesto che ci sia un cambio di posizione che premi la collaborazione istituzionale, l'atteggiamento responsabile delle regioni ed una visione dell'autonomia territoriale come opportunità per rispondere alle esigenze dei diversi contesti socio-economici, al fine di sperimentare forme differenziate di ripresa delle attività;

   a tale riguardo sarà necessario, per una ripresa in sicurezza, che il Governo vari al più presto delle linee guida di carattere generale, alle quali le regioni si possano conformare: un nucleo di poche e chiare regole, sulla base delle quali chi è in grado di aprire, tenendo conto dei dati epidemiologici e nel rispetto delle regole di prevenzione, possa farlo il prima possibile;

   a tale richiesta si unisce anche la necessità di chiarire quanto prima quando e come sarà possibile spostarsi da una regione all'altra: una precisazione indispensabile per la completa ripresa delle attività produttive, con particolare riguardo alla filiera del turismo, che dalla limitazione allo spostamento interregionale è sicuramente il settore più colpito;

   è necessario anche stabilire quando sarà permesso ai cittadini iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero di rientrare in Italia per visitare i propri famigliari –:

   come intenda garantire entro il 18 maggio 2020 l'emanazione delle linee guida indispensabili per la riapertura delle attività di cui in premessa, se e come saranno differenziate le riaperture in ciascuna regione ed in tale contesto quali siano i tempi previsti per la riapertura degli spostamenti interregionali.
(3-01535)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


   MURONI e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   tra i molti effetti che il COVID-19 sta portando con sé, c'è quello relativo ai rifiuti e alla loro gestione. Secondo i dati Ispra nei mesi di marzo e aprile 2020 si è registrato un –10 per cento nella raccolta differenziata rifiuti, così come una riduzione della produzione di rifiuti urbani sempre pari a circa il 10 per cento. Da qui a fine 2020 il sistema italiano dovrà gestire un quantitativo di rifiuti derivanti dall'uso di mascherine e guanti, compreso tra 150 mila e 450 mila tonnellate;

   nel frattempo è in corso una campagna per rilanciare la plastica monouso come unica garanzia di igiene e sicurezza. Anche in ambito europeo i produttori del settore stanno provando a rimandare l'entrata in vigore della direttiva Sup (Single use plastics) che gli Stati membri, compresa l'Italia, hanno ancora un anno per recepire nel diritto nazionale;

   in Italia si va verso la sospensione della cosiddetta «plastic tax», mentre si ricorda che la direttiva sulla plastica monouso, adottata nel giugno 2019, ha introdotto il divieto su un numero selezionato di articoli plastici «usa e getta», come posate, bicchieri per bevande, bastoncini per palloncini, cannucce e bastoncini di cotone. In tempi di COVID-19 dire che una bottiglia di plastica è più sicura di una borraccia personale riutilizzabile è solo una risposta emotiva, perché sarebbe dimostrato che il virus sopravvive sulla plastica per 72 ore ed è inoltre intuitivo ritenere che l'aumento del monouso porti con sé un aumento nel volume dei rifiuti e della quantità degli oggetti con cui si entra quotidianamente in contatto. L'Unione europea ha già confermato che le strategie di medio termine sulla plastica continueranno ad essere governate dalle determinanti di sostenibilità, circolarità, minimizzazione del prelievo delle risorse e da investimenti su efficientamento del sistema, sviluppo di nuovi modelli di business e indotto occupazionale, a partire dalle bioplastiche. Le linee guida dell'Unione europea per l'adattamento alla crisi COVID-19 prevedono il mantenimento della raccolta differenziata, del riciclo e del compostaggio come servizi essenziali e prevedono di monitorare che non ci siano interruzioni in tali servizi o arretramento nelle politiche nazionali rispetto agli obiettivi del «pacchetto economia circolare», ulteriormente rafforzato del «Green deal» –:

   quali iniziative intenda assumere per tenere il Paese in linea con quanto previsto in sede europea e per scongiurare l'aumento dei rifiuti indifferenziati a causa del COVID-19.
(3-01534)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOGLIANI, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Teatro Stabile del Veneto «Carlo Goldoni», fondato nel 1992, a seguito della revisione del sistema italiano dello spettacolo operata dal decreto ministeriale 1° luglio 2014, ha ottenuto nel 2015 la qualifica di Teatro nazionale, collocandosi tra le eccellenze nazionali;

   soci fondatori sono la regione Veneto, il comune di Venezia, il comune di Padova, cui si sono aggiunti il comune di Vicenza (2003-2011), la provincia di Padova e la Fondazione Atlantide — Teatro Nuovo di Verona (2015-2017);

   dalla fondazione il Teatro Stabile gestisce il Teatro Goldoni di Venezia e il Teatro Verdi di Padova. Dal 2001 al 2011 ha assunto la direzione artistica del ciclo di spettacoli classici del Teatro Olimpico di Vicenza, di cui ha assunto dal 2003 al 2009 anche la gestione. Dal 2015 al 2017 ha gestito anche il Teatro Nuovo di Verona;

   il Teatro Stabile del Veneto costituisce un progetto culturale che si rivolge al futuro investendo sulle nuove generazioni che lo rendono uno dei motori più importanti per lo sviluppo culturale dell'intera regione. Nel corso della sua storia, infatti, lo Stabile del Veneto ha posto particolare attenzione alle attività di formazione professionale delle figure presenti nella vita di un teatro, in particolare con l'Accademia «Palcoscenico» che rappresenta a tutt'oggi la scuola del Teatro Stabile del Veneto e dalle cui fila puntualmente lo Stabile attinge energie e capacità per le sue produzioni e per proporre giovani talenti alle realtà artistiche con cui collabora;

   la cura nelle scelte produttive e della composizione dei programmi è sempre stata rivolta anche al «pubblico di domani» con l'attività di Teatro per ragazzi, le rassegne dedicate alle famiglie, la realizzazione di laboratori dedicati a specifiche fasce d'età oltre collaborazioni con istituti scolastici della regione in cui gli studenti hanno potuto esprimere le loro attitudini teatrali;

   lo Stabile del Veneto, in collaborazione con l'Ente Teatrale Italiano, ha inoltre organizzato dal 2003 al 2009 i Premi eti-olimpici del teatro;

   nonostante tutte le attività svolte ed il livello qualitativo espresso dalle sue produzioni, di recente la Commissione consultiva per il teatro del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha declassato questo teatro, non riconoscendolo più come teatro nazionale;

   la decisione appare agli interroganti immotivata ed incomprensibile a fronte di un aumento, dal 2014 al 2017, del 56 per cento delle giornate recitative, del 31 per cento delle giornate lavorative, del 42 per cento delle giornate di occupazione delle sale e del 42 per cento del numero degli spettatori;

   il declassamento colpisce pesantemente il Teatro che, in quanto azienda, ha dimostrato di saper operare coprendo per il 52,37 per cento i costi di produzione con risorse proprie, derivanti dalle entrate dalla vendita dei biglietti;

   i punteggi assegnati sembrano non coerenti alla realtà dei fatti ed inconcepibili nel confronto con quelli di altre realtà nazionali alle quali la qualifica di teatro nazionale è stata confermata;

   già il Veneto è penalizzato nell'attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo; dai dati del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo emerge che, nell'assegnazione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo rispetto alla popolazione residente, il Veneto ha un contributo pro-capite di 0,73 euro rispetto ad una media nazionale di 1,07 –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire la decisione assunta dalla Commissione consultiva per il teatro, atteso che la stessa, ad avviso degli interroganti, non solo mortifica il lavoro svolto nel triennio appena trascorso, ma potrebbe avere ripercussioni negative sull'immagine dell'intero sistema dello spettacolo dal vivo della regione Veneto e conseguenze ancor più gravi sul piano dell'occupazione delle maestranze, negando le risorse necessarie alla realizzazione del progetto presentato, con forte penalizzazione per una realtà pubblica virtuosa.
(5-03949)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   DE FILIPPO e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 dicembre 2019 la Banca d'Italia ha posto in amministrazione straordinaria la Banca Popolare di Bari a seguito di un'inchiesta per falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza;

   i commissari straordinari, conseguentemente, hanno predisposto un nuovo piano industriale da 1,4 miliardi di euro, con l'ambizioso obiettivo di tornare all'utile nel 2022, con il cospicuo impiego di risorse pubbliche e la previsione della trasformazione della banca popolare in società per azioni;

   per la riorganizzazione della Banca, peraltro, si prevederebbe un grande sacrificio occupazionale con 900 esuberi (300 dalle direzioni generali e 600 dalla rete territoriale) su 2.642 dipendenti complessivi;

   si prevede altresì la chiusura di 94 filiali in Basilicata, Campania, Abruzzo, Calabria, Marche, Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, nonché delle direzioni di Potenza e Teramo;

   si sono tenuti due successivi incontri tra l'azienda e le organizzazioni sindacali, al fine di illustrare il nuovo piano industriale, ma non si è raggiunto un sostanziale accordo tra le parti;

   le organizzazioni sindacali, in particolare, hanno respinto la prevista riduzione del personale e della rete territoriale e richiedono alle istituzioni, regionali e nazionali, di adoperarsi al fine di salvaguardare i livelli occupazionali ed i presidi territoriali dell'istituto bancario –:

   se siano a conoscenza di quanto su esposto e quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per garantire i livelli occupazionali ed i presidi territoriali della Banca Popolare di Bari, dal momento che tale piano industriale, con le sue esternalità negative in termini di occupazione, rischia di aggiungere un ulteriore pregiudizio alla condizione economica del Sud Italia, in aree già drammaticamente colpite dalle misure di lockdown necessarie al contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Governo al fine di individuare strumenti di tutela per i soci azionisti che hanno visto deprezzare le proprie azioni in conseguenza della cattiva gestione dell'istituto.
(3-01539)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'interpellante ha già presentato due atti di sindacato ispettivo in ordine alla vicenda della Berica Impianti S.p.A. di Arzignano (Vicenza);

   alla prima interrogazione n. 3-00097 il Governo ha risposto nella seduta del 22 gennaio 2019, limitandosi a una ricognizione del contenzioso in essere con la Berica Impianti, destinato, a suo dire, a esaurirsi in tempi contenuti;

   in tale occasione l'interrogante aveva invitato l'amministrazione a una sollecita conciliazione delle cause, per evitare rovinose pronunce, sulla base dei precisi criteri indicati dal giudice del Tribunale di Firenze, dottoressa Laura Maione, nel corso della udienza del 17 gennaio 2019;

   l'interpellante ha quindi presentato l'interpellanza n. 2-00265, nella quale segnalava l'avvenuto deposito di una sentenza del Tribunale di Torino, n. 545/2019 pubblicata il 5 febbraio 2019, che aveva accolto le domande della Berica Impianti, condannando il Ministero della giustizia al pagamento dell'importo di euro 4.677.825,70, oltre agli interessi moratori e alle spese del giudizio, e ipotizzava ulteriori rovinose pronunce ai danni del Ministero della giustizia, considerato che altre due cause pendenti avanti altri uffici giudiziari avevano una causa petendi sostanzialmente analoga;

   in relazione ad analogo appalto con sentenza n. 2469/2019 il Tribunale di Bologna ha condannato il Ministero della giustizia a pagare a Berica Impianti s.p.a. la somma di euro 86.864,99, oltre Iva se dovuta, oltre interessi dalla pronuncia al saldo e alla metà delle spese legali;

   come già segnalato nei precedenti atti di sindacato ispettivo il mancato pagamento dei costi addizionali da parte del Ministero della giustizia ha messo in crisi finanziaria Berica Impianti s.p.a. che, privata delle risorse necessarie sia per il pagamento dei fornitori, è stata costretta a ricorrere alla procedura di concordato per evitare il fallimento;

   solo grazie alla sentenza del Tribunale di Torino, che nel frattempo è passata in giudicato, come da certificazione ottenuta il giorno precedente all'adunanza dei creditori nella procedura di concordato, la società Berica Impianti s.p.a. ha potuto dimostrare di poter erogare (oltre a quanto dovuto ai creditori in prededuzione ed ai privilegiati) una percentuale superiore a quella minima del 20 per cento ai creditori chirografari;

   rimangono tuttora pendenti avanti i Tribunali di Firenze (n. 8009/2017 R.G.) e Bologna (n. 19877/2016 R.G.) altri due procedimenti aventi analoga causa petendi, il cui esito, alla luce dei precedenti citati, appare ormai scontato;

   con missiva 4 luglio 2019 il Ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, provveditorato regionale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, ha comunicato alla creditrice, in relazione a detta pronuncia di condanna del Tribunale di Torino, «che non appena disponibili i fondi di bilancio si procederà al pagamento a vostro favore di quanto disposto dal giudice»;

   con decreto 12 dicembre 2020 il Tribunale di Vicenza ha omologato il concordato preventivo proposto da Berica Impianti s.p.a. prevedendo: il pagamento dei creditori in prededuzione entro 6 mesi dall'omologa, il pagamento dei creditori privilegiati entro 6 mesi dall'omologa, il pagamento dei creditori chirografari per 1/3 entro sei mesi dall'omologa, per 1/3 entro quindici mesi dall'omologa e del residuo entro ventiquattro mesi dall'omologa;

   con missiva 20 marzo 2019 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, provveditorato regionale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, ha rinnovato al dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia la richiesta dei fondi richiesti per far fronte al pagamento del solo importo capitale di euro 4.677.825,70, dovuto in forza della sentenza del Tribunale di Torino, dimenticando che sono dovuti anche ingenti interessi e spese;

   a tutt'oggi, per ciò che risulta all'interpellante, nulla di quanto dovuto per effetto di sentenze esecutive è stato versato alla Berica Impianti, che viceversa ne ha urgente necessità per rispettare i termini del concordato;

   come sottolineato nei precedenti atti di sindacato ispettivo, la Berica Impianti era una azienda industrialmente sana e con buone prospettive di crescita, ma è stata costretta al concordato preventivo proprio per il mancato incasso di questi crediti vantati verso il Ministero della giustizia. La vicenda esposta è sintomatica della patologica gestione del debito dello Stato verso le imprese. Va ricordato che con la sentenza del 28 gennaio 2020 la Grande Sezione della Corte di Lussemburgo ha condannato l'Italia per il ritardo con il quale liquida i propri debiti commerciali;

   nei giorni scorsi la Berica Impianti ha presentato un esposto alle procure competenti della Corte dei Conti per danno erariale, considerate quelle che appaiono la sciatteria e la superficialità con cui, fino ad oggi, i diversi dirigenti ministeriali preposti hanno gestito il contenzioso in essere –:

   quando il Ministero della giustizia intenda ottemperare a quanto sancito dalla sentenza del Tribunale di Torino (passata in giudicato) e del Tribunale di Bologna (esecutiva);

   perché finora il Ministero della giustizia non abbia aderito alla proposta conciliativa formulata dal giudice del Tribunale di Firenze, evitando un'ulteriore condanna giudiziale, con aggravio di interessi moratori e spese.
(2-00785) «Zanettin, Gelmini».

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il sistema giustizia italiano si trova, ormai da troppo tempo, in una endemica condizione di crisi, cagionata da molteplici aspetti, fra i quali l'elevatissima mole di carichi pendenti con il conseguente arretrato, la sotto dotazione dell'organico e l'irragionevole durata dei procedimenti;

   tale complessa situazione, peraltro, genera ulteriore contenzioso, quello del risarcimento per ritardata giustizia, introdotto con la legge 24 marzo 2001, n. 89, così detta «legge Pinto»;

   sono evidenti le ricadute sul sistema Paese sia economiche – l'Italia è tra i Paesi meno attrattivi per le imprese proprio per i lunghi tempi di definizione dei procedimenti – quanto sociali, con i cittadini che non tollerano più un sistema costoso ed inefficiente; lo Stato di diritto, garante di tutele costituzionali, non riesce più a dare risposte ai cittadini, che si allontanano sempre di più dall'apparato giustiziale, con una sfiducia palpabile e motivata;

   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto la figura del consigliere ausiliario delle corti d'appello, al fine di recuperare il contributo di avvocati, docenti universitari, magistrati e avvocati dello Stato collocati a riposo;

   si tratta di magistrati onorari da affiancare ai magistrati togati in servizio, allo scopo di definire le cause già mature per la decisione, a fronte di un compenso per ogni procedimento definito;

   tale categoria di soggetti dunque, ha diritto alla nomina a giudice ausiliario in corte d'appello, nel numero massimo di seicento, onde definire i procedimenti civili dichiarati prioritari dai programmi per la gestione del contenzioso pendente;

   l'articolo 119 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, ha previsto una indennità per i giudici onorari, senza però ricomprendervi i giudici onorari ausiliari delle corti d'appello sopra menzionati;

   l'interpellante ha presentato un emendamento, respinto in Commissione bilancio, per estendere le indennità previste per i magistrati onorari, anche ai giudici onorari ausiliari, che offrono un importante contributo allo smaltimento degli, arretrati delle corti d'appello;

   i giudici onorari ausiliari i quali, peraltro, operano in organi di giustizia sovraordinati a quelli degli altri giudici onorari, sono pagati esclusivamente a sentenza che, però, in questo periodo di chiusura dei tribunali, non può essere emessa, con conseguente azzeramento del loro compenso;

   tale opzione pare assolutamente irragionevole, anche alla luce della delibera del Csm del 26 marzo 2020 con la quale l'organo di autogoverno ha deliberato di poter estendere il sussidio a tutte le categorie di giudici onorari –:

   se il Governo non intenda indicare le ragioni di tale esclusione e se non ritenga di dover tempestivamente intraprendere le opportune iniziative di competenza, atte a ricomprendere i giudici ausiliari onorari delle corti d'appello tra i beneficiari del bonus previsto dall'articolo 119 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020 sanando in tal modo una situazione di evidente iniqua discriminazione.
(2-00789) «Elvira Savino».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il carcere di Messina Gazzi è un istituto penitenziario di primaria importanza per la Sicilia e per l'intero Mezzogiorno;

   il personale dell'istituto penitenziario, seppur con grandi difficoltà e con un sottodimensionamento di circa 50 unità, sta svolgendo il proprio lavoro in modo eccellente, al fine di garantire ai detenuti la possibilità di scontare la pena senza incorrere nel sovraffollamento che, purtroppo, contraddistingue molte carceri italiane;

   la direzione dell'istituto penitenziario si è attrezzata per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, tanto che è stato allestito un reparto dedicato da utilizzare in caso di contagi per il completo isolamento dei detenuti ed esternamente è stata collocata una tenda pre-triage dedicata ai nuovi ingressi dei detenuti, al fine di accertarne accuratamente le condizioni cliniche;

   nell'istituto penitenziario vi è un reparto di chirurgia che dal 2016 è stato dismesso e l'area nella quale insisteva è rimasta del tutto inutilizzata;

   il reparto in questione possiede ancora i requisiti strutturali e tecnici per poter svolgere la sua funzione originaria;

   attualmente, per sottoporre i detenuti ad interventi di chirurgia, l'istituto penitenziario di Messina Gazzi si avvale dei presidi dell'azienda ospedaliera Papardo, che dista circa 20 chilometri dal carcere, con un conseguente aggravio di risorse economiche e di personale occorrenti alla traduzione dei detenuti al di fuori della casa di detenzione e alla loro sorveglianza;

   le recenti vicende relative alla scarcerazione di detenuti, alcuni dei quali reclusi in regime di 41-bis, dovrebbero suggerire al Ministro della giustizia di provvedere tempestivamente alla realizzazione di reparti clinici e di cura all'interno degli istituti penitenziari per poter bilanciare adeguatamente il principio del diritto alla salute con quello della sicurezza pubblica, garantendo l'assistenza all'interno delle carceri –:

   se il Governo non ritenga necessario prevedere, per il carcere di Gazzi a Messina, iniziative urgenti per:

    a) dotare l'organico della polizia penitenziaria delle 50 unità di personale mancanti;

    b) riattivare tempestivamente il reparto di chirurgia già funzionante e clamorosamente dismesso dal 2016
(4-05612)


   LONGO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 10-11-12 dicembre 2019 come ogni anno si è svolto l'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense;

   al sopracitato esame hanno preso parte in tutta Italia oltre ventimila aspiranti avvocati che avevano terminato il loro periodo di pratica forense;

   tutte le corti d'appello, a seguito dell'emergenza «Covid-19», nel mese di marzo 2020 hanno purtroppo sospeso la correzione degli elaborati relativi alle prove scritte che costituiscono la prima fase dell'esame di Stato per l'esercizio della professione di avvocato - sessione 2019-2020;

   la situazione emergenziale ha comportato un prolungamento, ad oggi sine die, della già lunga attesa cui tradizionalmente si sottopongono i candidati; ci si trova di fronte, dunque, ad una generazione di aspiranti avvocati del tutto impossibilitata a progettare il proprio futuro professionale;

   considerando che novembre 2020 è il termine ultimo per l'iscrizione alla sessione successiva del suddetto esame e che nessuno al momento è in grado di sapere se ha superato le prove scritte per accedere agli orali, si comprende la situazione di grave stallo in cui versa la giovane avvocatura, che osserva con preoccupazione le possibili ricadute, cagionate dal ritardo accumulato, che potrebbero riflettersi sulle modalità di correzione, con particolare riferimento alla eventualità di «correzioni telematiche», ossia poste in essere dai commissari in video conferenza senza che la quasi totalità di essi abbia la concreta percezione del contenuto dell'elaborato;

   inoltre, si è appreso dapprima che il Governo ha abilitato al lavoro, d'ufficio e con urgenza, i laureati in medicina per necessità di contrasto al virus e, successivamente, per bocca del Ministro dell'università e della ricerca Gaetano Manfredi, che, per la prima sessione del 2020, gli esami di Stato di abilitazione per l'accesso alle professioni consisteranno in un'unica prova orale a distanza. Questa metodologia sarà valida per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo, odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale;

   poiché, dunque, sono state date risposte a molte categorie professionali che nulla hanno a che vedere direttamente con l'emergenza sanitaria, l'interrogante ritiene necessario e urgente dare risposte ai praticanti avvocati, che, come è di tutta evidenza, al momento sono l'unica categoria professionale che non ha ricevuto nessun tipo di riscontro concreto, con la sola eccezione dei candidati della sessione 2018-2019 presso la corte di appello di Napoli che hanno ricevuto, pochi giorni or sono, la comunicazione recante la ripresa per il giorno 25 maggio 2020 delle interrogazioni orali –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere affinché venga riconosciuto un equo accesso alla professione legale in merito alla sessione 2019/2020.
(4-05629)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI, GALANTINO, VARCHI, PRISCO, BUTTI, ROTELLI, LUCA DE CARLO, BIGNAMI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, MANTOVANI e DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 maggio 2020 un «danneggiamento di un giunto di dilatazione del viadotto Tevere IV» ha comportato la deviazione sulla carreggiata opposta, allestita a doppio senso di circolazione, della viabilità «sulla superstrada E45 tra Valsavignone e il confine regionale della Toscana in direzione di Cesena. L'intervento riguarda un tratto di circa 2,6 chilometri tra il chilometro 159,150 e il 161,800 nel comune di Pieve Santo Stefano (Arezzo)». A comunicarlo, secondo quanto riportato dalla stampa, è Anas, che gestisce l'infrastruttura. Anas ha anche comunicato che è previsto «nelle prossime settimane il riavvio degli interventi di manutenzione programmata sul viadotto che necessitano della chiusura della carreggiata nord lungo lo stesso tratto per la prosecuzione dei lavori sulle pile dell'infrastruttura». Già a gennaio 2019 il viadotto Puleto della E45 era stato chiuso per un rischio di crollo e la viabilità era stata deviata, con gravi ripercussioni sul traffico e sulle comunità locali. Nel decreto di sequestro del viadotto il Gip aveva scritto: «Anche il confinante viadotto Tevere IV versa in condizioni di degrado». Ormai risulta evidente la falla infrastrutturale e di gestione di tali opere, come dimostrano numerosi gravi episodi, a partire dalla tragedia del ponte di Genova, da poco ricostruito, passando per il crollo del viadotto Albiano nel comune di Aulla (Massa Carrara), e molti altri episodi legati a piccole e grandi infrastrutture in tutto il territorio nazionale –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, con particolare riferimento alle avvisaglie dei cittadini, oltre che ai rilievi dei magistrati che nel gennaio 2019 avevano messo in guardia sui pericoli per il viadotto Tevere IV della E45;

   come si intenda fare chiarezza, per quanto di competenza, sulle responsabilità specifiche, alla luce delle suddette avvisaglie;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per risarcire la comunità locale per i gravi e continui disagi dovuti alla mancata manutenzione e controllo;

   se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per individuare i responsabili e riorganizzare in modo consistente Anas per evidenti e perpetrate inadempienze nella manutenzione delle opere in gestione.
(3-01530)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   MULÈ, SOZZANI, BALDELLI, BERGAMINI, GERMANÀ, PENTANGELO, ROSSO e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:

   l'epidemia da COVID-19 e le misure adottate per il contenimento del contagio hanno prodotto conseguenze economiche fortemente negative sul settore della nautica da diporto;

   il regime di lockdown, vietando l'utilizzo delle imbarcazioni da diporto sia in uscita che in entrata dai porti ed impedendo a molti proprietari di imbarcazioni anche soltanto di recarsi presso gli ormeggi delle proprie imbarcazioni, ha di fatto azzerato l'attività delle marine e dei porti turistici, con molti dipendenti di queste strutture ed in particolare il personale amministrativo, messo in cassa integrazione;

   come l'intero settore turistico, il comparto della nautica da diporto è di fondamentale importanza per l'economia italiana, con tantissimi utenti italiani e stranieri, e con l'indotto che ruota intorno all'attività diportistica;

   ad oggi non è chiaro quali saranno le reali prospettive per l'imminente stagione turistica, anche se è molto probabile che questa sarà fortemente limitata sia da misure adottate in Italia, sia da quelle che saranno adottate nella maggior parte dei Paesi europei dai quali proveniva un consistente numero di utenti del turismo diportistico;

   i porti turistici avevano già risentito di effetti economici negativi prima dell'esplosione della pandemia, anche a seguito dei canoni relativi alle concessioni, che il decreto «milleproroghe» per l'anno 2020 ha differito, per il momento, al 30 settembre 2020;

   a giudizio degli interroganti se si vuole rilanciare adeguatamente l'economia italiana è indispensabile prevedere misure mirate volte a sostenere il comparto della nautica da diporto e i porti turistici –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per sostenere il settore della nautica da diporto e dei porti turistici e se intenda adottare iniziative per prevedere un ulteriore, differimento del termine, attualmente fissato al 30 settembre 2020, relativo al pagamento dei canoni delle concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
(5-03957)


   PIZZETTI, GARIGLIO e COLANINNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il raddoppio ferroviario della tratta Codogno-Cremona-Mantova rappresenta un'opera infrastrutturale strategica per il miglioramento della rete di trasporto e della mobilità del comprensorio;

   risulta, da affermazioni rilasciate dallo stesso amministratore delegato di Rfi, essere in corso la stesura del progetto definitivo riguardante il tratto di 34 chilometri che va da Piadena a Mantova;

   non sussistono comunque ad oggi ulteriori informazioni sul progetto che interessa il tratto che va da Codogno a Piadena;

   il costo stimato dell'intera opera è di 1 miliardo e 320 milioni di euro;

   per la prima fase occorrono 490 milioni di euro di cui 340 risultano essere già disponibili, mentre la fine dei lavori è prevista per il maggio 2025;

   il raddoppio porterà dei benefici con un incremento della capacità di trasporto, passando dai 4 ai 10 convogli all'ora per direzione –:

   considerata l'importanza dell'opera, se risultino essere confermati gli stanziamenti e i riferimenti temporali di cui in premessa e se ritenga opportuno anticipare l'avvio del secondo tratto Codogno-Piadena e valutare la nomina di un commissario straordinario per la sua realizzazione.
(5-03958)


   ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sono circa 80 gli addetti tecnici amministrativi del dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale già abilitati alla qualifica di esaminatore per il conseguimento delle abilitazioni alla guida ancora in attesa di poter ricoprire il ruolo di esaminatore;

   si tratta di addetti che, a seguito dei corsi di qualificazione per esaminatori per il rilascio della patente di guida, hanno superato brillantemente gli esami e sono abilitati pertanto a svolgere gli esami per il conseguimento della patente;

   nonostante le grandissime difficoltà negli uffici provinciali a smaltire gli arretrati per le sedute degli esami con le proteste, delle autoscuole per i gravi ritardi, non si è ancora provveduto a rendere più celeri le assunzioni, per le quali già sono presenti soggetti con le qualifiche necessarie;

   infatti, nelle more del passaggio di qualifica di addetto a quello di assistente, ai sensi della tabella IV. 1-articolo 332 del regolamento, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante il regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada, il personale in servizio presso la Motorizzazione civile ha superato il corso si abilitazione per il ruolo di esaminatore, indetto con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 12 aprile 2018;

   per contro, risulterebbe che i dipendenti del dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici ammessi anche loro ai corsi di qualificazione siano stati ammessi da subito a svolgere tale attività solo per via della loro qualifica di assistente, pur essendo inquadrati nella stessa II area e nonostante non possano esercitare le mansioni di esaminatore, poiché non previsti dalla tabella IV del regolamento del codice della strada;

   è evidente la situazione di disparità venutasi a creare a discapito degli addetti tecnici amministrativi già abilitati alla qualifica di esaminatore per il conseguimento delle abilitazioni di guida –:

   se non ritenga necessario, al fine di sanare la situazione di disparità descritta in premessa, provvedere con ogni iniziativa, anche di carattere normativo, ad ammettere il personale in servizio presso la Motorizzazione civile all'esercizio del ruolo di esaminatore per prove teoriche e pratiche per il conseguimento della patente di guida.
(5-03959)


   RIXI, MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   alla data del 31 dicembre 2018, risultano iscritte in Italia 96.755 unità da diporto, delle quali 73.681 registrate negli uffici marittimi periferici delle capitanerie di porto e 23.074 presso gli uffici provinciali della motorizzazione civile, a fronte di 161.673 posti barca destinati all'attracco ed all'ormeggio di naviglio da diporto disponibili lungo i litorali;

   in Italia, nel settore della nautica operano 3.365 imprese che impiegano complessivamente 33.102 addetti (di cui il 90,2 per cento sono dipendenti) e generano un fatturato che nel 2016 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro; tale settore rientra a pieno titolo nei comparti di eccellenza, con l'Italia che detiene la leadership mondiale nella produzione di imbarcazioni sopra i 24 metri (circa il 50 per cento degli ordini mondiali), e un trend positivo nel fatturato relativo all'anno 2019, dopo un decennio altalenante;

   a causa dell'emergenza sanitaria anche la filiera nautica ampiamente intesa (progettazione, cantieristica, servizi) è stata costretta a sospendere le proprie attività, con contestuale fermo delle attività diportistiche, con discipline differenziate tra le diverse regioni; gli effetti in termini economici sono stati disastrosi: in sole due settimane di lockdown la cantieristica italiana ha perso il 15 per cento di fatturato con un'emorragia di oltre 5 mila posti di lavoro;

   la mancanza di una disciplina uniforme è fonte di confusione, disparità di trattamento e soprattutto costituisce un danno a tutto l'indotto, anche rispetto ad altri Paesi europei; in Liguria, ad esempio, un'ordinanza regionale consente «le uscite in barca anche con più persone, purché coresidenti», ma tale misura appare depotenziata alla luce di quanto previsto nella vicina Francia, dove, fino al 2 giugno, secondo quanto disposto dal Governo, potranno mettersi in navigazione equipaggi fino a 10 persone, purché siano rispettate le distanze di sicurezza: una stortura che può indurre i diportisti italiani a scegliere marine e porticcioli della Costa Azzurra, a danno di quelli italiani, già pesantemente colpiti dall'emergenza economica, e che dimostra la necessità di far riprendere le attività diportistiche indipendentemente dalle dimensioni dei natanti o dell'equipaggio;

   del tutto assente è poi una disciplina nazionale per quanto riguarda la ripresa delle attività di charter (ad esempio noleggio gommoni), funzionali alla ripresa del settore turistico –:

   quali informazioni intenda fornire in ordine alle iniziative di competenza che intende celermente intraprendere per la ripresa delle attività afferenti all'ampio settore della nautica.
(5-03960)


   GRIPPA, TERMINI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, CHIAZZESE, FICARA, DE GIROLAMO, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la crisi causata dal coronavirus sta colpendo molti settori e con gravi conseguenze economiche; tra questi, vi è il settore delle autoscuole che conta circa 7.000 attività con 30.000 occupati tra addetti al front-office, insegnanti di teoria e istruttori di guida;

   tra le misure adottate sono state previste la sospensione: degli esami per il conseguimento/revisione della patente di guida di tutte le categorie (teoria e pratica) in sede e fuori sede; degli esami per il conseguimento/revisione della carta di qualificazione del conducente (Cqc); degli esami per il conseguimento del certificato di abilitazione professionale (Cap) e del certificato di formazione professionale (Cfp Adr) e degli esami per il conseguimento della patente nautica (teoria e pratica) in sede e fuori sede;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, all'articolo 1, comma 1, lettera v) dispone la sospensione degli esami di idoneità di cui all'articolo 121 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, da espletarsi presso gli uffici periferici della motorizzazione civile; con apposito provvedimento dirigenziale è disposta, in favore dei candidati che non hanno potuto sostenere le prove d'esame in ragione della sospensione, la proroga dei termini previsti dagli articoli 121 e 122 del codice della strada;

   in riferimento ai codici ateco, nell'allegato 3 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile compare il codice 85, legato alle attività di istruzione, al quale appartengono anche le autoscuole;

   sono state emanate due circolari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una del 24 marzo 2020 che fornisce chiarimenti sulle proroghe di validità delle abilitazioni alla guida ai sensi degli articoli 103 e 104 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e un'altra del 30 aprile 2020 concernente l'attività di omologazione e collaudi indicando la ripresa delle operazioni tecniche da parte dei Cpa Centri prova autoveicoli e del Csrpad Centro superiore ricerche prove autoveicoli e dispositivi;

   ad oggi risulta che le autoscuole sono aperte solo per quanto riguarda il front office, e non vi sono linee guida alle quali conformarsi per procedere ad una riapertura complessiva delle loro attività –:

  quali iniziative di competenza intenda adottare per procedere all'emanazione di linee guida atte a consentire alle autoscuole di riprendere lo svolgimento di tutte le loro attività.
(5-03961)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIZZINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 14 agosto del 2018, a Genova, crollava il Ponte delle Condotte meglio noto con il nome di Ponte «Morandi», tratto finale dell'autostrada A10, a sua volta ricompresa nell'arteria autostradale europea E80 nonché snodo strategico per il collegamento fra il nord Italia e il sud della Francia, principale asse stradale fra il centro-levante di Genova, il porto container di Voltri-Pra', l'aeroporto Cristoforo Colombo e le aree industriali della zona genovese;

   il 10 aprile 2015 un evento franoso avrebbe causato il cedimento di alcuni piloni determinando una inclinazione del ponte Himera, situato sul tratto autostradale A19 Palermo-Catania, infrastruttura di strategica importanza per la viabilità dell'isola, collegando la parte orientale della Sicilia con quella occidentale. I danni riportati avrebbero reso necessaria la chiusura dell'autostrada in entrambe le direzioni tra le uscite di Scillato e Tremonzelli per circa sette mesi;

   per evitare il protrarsi dell'isolamento delle due zone della Sicilia, temporaneamente, il 16 novembre 2015 veniva aperta una bretella autostradale al fine di garantire la riapertura al traffico del suddetto tratto; nonostante ciò la viabilità è rimasta fortemente e gravemente compromessa portando in diverse occasioni, le amministrazioni pubbliche a sollecitare un celere intervento da parte di Anas per la conclusione dei lavori di ripristino del ponte Himera;

   solo alla fine di febbraio, l'Anas in una nota ufficiale avrebbe ribadito che il viadotto della A19 sarebbe stato percorribile «entro aprile-maggio prossimi», ma ad oggi non si ha notizia di quando realmente si concluderanno i lavori;

   il 28 aprile alla presenza del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con la posa dell'ultima campata, venivano completati i lavori relativi alla realizzazione del nuovo ponte di Genova. Per garantire la tabella di marcia prefissata nel 2018, i lavori del nuovo ponte non si sono fermati neanche durante questo periodo emergenziale dovuto al COVID-19;

   se per il cantiere in Liguria si è potuto beneficiare di deroghe alle normali procedure, per quello dell'autostrada A19 Palermo-Catania, invece, si seguono le procedure ordinarie, secondo il quadro di riferimento normativo vigente –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative con carattere d'urgenza, il Ministro interrogato, intenda porre in essere per ultimare la ricostruzione del ponte Himera;

   se non ritenga di adottare iniziative straordinarie per la realizzazione di infrastrutture nevralgiche per lo sviluppo del Paese, che garantiscano il completamento delle stesse in tempi rapidi, determinando un importante beneficio anche per il sistema economico.
(5-03948)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la stazione di Sacile è una stazione ferroviaria nodale di superficie ed è una tra le più importanti stazioni ferroviarie del Friuli-Venezia Giulia. La stazione si trova sulla linea ferroviaria Udine-Venezia ed è di tipo passante per le destinazioni di Udine e Venezia. Inoltre, la stazione è capolinea della linea ferroviaria secondaria Sacile-Pinzano, vi fermano tutti i treni regionali che circolano sulla linea Venezia-Udine e vi fanno capolinea quelli da Maniago della Sacile-Pinzano;

   nonostante ciò, a quanto risulta all'interrogante, la stazione è oggetto di profondo disinteresse da parte della società proprietaria, Rete ferroviaria italiana (Rfi);

   come riportato dalla stampa locale, infatti, la stazione ferroviaria versa in stato di abbandono, in particolare le biglietterie continuano ad essere chiuse da parecchie settimane ed i biglietti vengono venduti solamente dall'edicola antistante la stazione con l'ulteriore disagio che i passeggeri, quando l'edicola è chiusa, debbono accalcarsi alle biglietterie elettroniche;

   gli hub ferroviari gestiti direttamente da Rfi sono circa 2 mila, le stazioni del circuito sono spesso di pregio, anche dal punto di vista architettonico, e provengono da un passato in cui il servizio ferroviario veniva garantito con un numero di operatori e spazi dedicati di molto superiori a quelli necessari oggi, grazie alle tecnologie di ultima generazione installate per la gestione e il controllo a distanza del traffico ferroviario;

   l'impianto è stato inserito nel progetto «500 stazioni» di Rete ferroviaria italiana, la controllata del gruppo Ferrovie dello Stato italiane; che gestisce, appunto, l'infrastruttura, ovvero linee e impianti, stazioni comprese. Il progetto si pone l'obiettivo di migliorare, da un lato, la percezione da parte del cliente finale della qualità delle stazioni, dall'altro di ampliare il bacino di utenza non strettamente legata all'«uso del treno» ed avrebbe dovuto interessare gli scali utilizzati da quasi l'80 per cento dei viaggiatori del trasporto pubblico locale;

   nel 2015 Rfi ha avviato i primi lavori, per un investimento economico complessivo di circa 80 milioni di euro, con l'obiettivo di migliorare l'accesso e l'uscita dai treni, con l'innalzamento dei marciapiedi a 55 centimetri dal piano binari, potenziare l'informazione al pubblico sonora e visiva, abbattere le barriere architettoniche, curare gli spazi della stazione;

   il progetto 500 stazioni prevede, inoltre, il miglioramento e l'ampliamento dei servizi commerciali, insieme a una rinnovata e particolare attenzione alla soddisfazione del cliente per la pulizia e il decoro degli impianti, i cui parametri saranno misurati e rilevati da Istituti demoscopici terzi, solo sulla base della «qualità percepita dal cliente»;

   nella stazione di Sacile la previsione era quella di installare due ascensori con il preventivo di spesa pari a circa 600 mila euro, lavori di adattamento al sottopasso compresi. I marciapiedi avrebbero dovuto essere innalzati da 25 a 55 centimetri, adeguandoli agli standard europei con 400 mila euro;

   si prevedevano per la Tecnologia «led» per le luci, la sicurezza e le ritinteggiature e l'impianto di videosorveglianza. L'ammontare complessivo stanziato nel 2017 ammontava a 1,2 milioni di euro, ma ad oggi non sono stati effettuati lavori di alcun tipo;

   Sacile è la seconda città della provincia (di Pordenone) e la sesta della regione per numero di abitanti e dall'impianto ferroviario transitano in media 2.500 passeggeri quotidianamente con servizi per la lunga, media e breve percorrenza –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere affinché Rete ferroviaria italiana affronti e risolva le criticità esistenti presso la stazione ferroviaria di Sacile e se intenda acquisire elementi da Rete ferroviaria italiana circa le cause che comportano il prolungamento dei tempi dei lavori riferiti alle citate opere.
(4-05619)


   POTENTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a 52 anni dalla costituzione della Società Autostrada Tirrenica che avrebbe dovuto costruirlo, il progetto della Tirrenica continua ad essere lettera morta. Si tratta della super strada che dovrebbe collegare Rosignano con Civitavecchia, mettendo le basi per un rilancio economico dell'area costiera da cui sarebbe attraversata e rompendo l'isolamento della Maremma grossetana;

   le associazioni di categoria, con in testa la camera di commercio Maremma e Tirreno, da anni invocano la realizzazione del corridoio – almeno nel tratto da Rosignano ad Ansedonia – per uscire dal ritardo di sviluppo in cui è precipitato questo territorio anche a causa delle difficoltà di spostamenti sul tracciato dell'Aurelia, una delle strade a maggior tasso di mortalità in Italia; l'emergenza sanitaria ed economica dovuta al coronavirus rischia di impoverire ulteriormente le aree della provincia di Livorno e di Grosseto interessate dalla realizzazione dell'opera, dal momento che – per forza di cose – presentano principalmente una vocazione turistica. In queste settimane la camera di commercio Maremma e Tirreno ha evidenziato la necessità di far passare un piano di rilancio dell'economia dalla discussione sul completamento del corridoio tirrenico e sul miglioramento infrastrutturale del porto di Livorno;

   il presidente della camera di commercio «Maremma e Tirreno», Riccardo Breda, ha reso pubblico di aver invitato ad un confronto sul tema infrastrutture il Ministro interrogato. Una richiesta avanzata a dir la verità – già prima dello scoppio dell'emergenza, ben sei mesi fa e a cui – lamenta l'associazione – non è pervenuta alcuna risposta –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente organizzare un confronto – almeno in videoconferenza – con i rappresentanti della camera di commercio Maremma e Tirreno e le categorie da essa rappresentate;

   se e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di tutelare la sicurezza della viabilità e garantire le condizioni dell'atteso rilancio infrastrutturale, reso ancor più necessario dallo spettro della crisi economica legata al dramma sanitario.
(4-05630)


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:

   secondo un report dell'Istat sugli spostamenti sul territorio prima dell'emergenza Covid-19, i pendolari in Italia sono 33 milioni. Nel 2019 si sono spostati ogni giorno 22 milioni di persone per andare a lavoro e 11 milioni per andare a scuola. La metà risiede nelle regioni del Nord e 10 milioni nel Mezzogiorno. Si sono spostati fuori dal proprio comune 12 milioni di occupati e 3,5 milioni di studenti;

   con l'avvio della «Fase due» sono entrati in movimento circa 3 milioni di persone, ma solo il 10 per cento di questi (300 mila persone), in base alle prime stime, sta usando i mezzi pubblici. L'Istat rileva come nel 2019, invece, hanno usato tram, autobus e filobus ben 3 milioni di persone tutti i giorni e 3 milioni più volte alla settimana;

   guardando all'uso dei mezzi pubblici, nelle regioni del Nord li hanno utilizzati 1,5 milioni di persone di 14 anni e più tutti i giorni e 1,4 milioni più volte a settimana; al Centro 740 mila li hanno utilizzati tutti i giorni e 700 mila più volte a settimana; al Mezzogiorno 670 mila li hanno utilizzati tutti i giorni e 770 mila più volte a settimana. Hanno viaggiato in treno 500 mila persone tutti i giorni al Nord e 470 mila lo hanno preso più volte a settimana; al Centro 220 mila tutti i giorni e 230 mila più volte alla settimana; al Sud e nelle Isole 170 mila tutti i giorni e 250 mila più volte alla settimana;

   le linee guida del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rese note nei giorni scorsi disegnano la cornice della ripartenza, che va dall'obbligo di mascherina (anche in stoffa) al contingentamento degli ingressi con flussi separati in entrata e uscita, ma saranno le aziende a dover tradurre a livello pratico queste norme, con non pochi dubbi e preoccupazioni;

   come riportato dagli organi di stampa le criticità previste si sono presentate puntualmente sulla tratta ferroviaria canavesana, già problematica in regime di funzionamento ordinario, con sovraffollamento nelle corse serali gestite da Gtt e cancellamenti di corse riguardanti i treni gestiti da Trenitalia –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda adottare le iniziative di competenza al fine di assicurare ai pendolari che in un momento di estrema difficoltà tornano al lavoro i requisiti previsti dalle linee guida a tutela della salute e a garanzia del contenimento dell'epidemia in atto nel Paese, nonché al fine del rispetto da parte dei gestori delle partenze, in maniera tale da consentire ordinati spostamenti in sicurezza.
(4-05632)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista pubblicata dal quotidiano La Nuova Sardegna l'8 marzo 2020, il Ministro dell'interno, Luciana Lamorgese, avrebbe escluso che ci sia una situazione di emergenza in merito alla minaccia di una recrudescenza in Sardegna del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti di amministratori locali e rappresentanti delle istituzioni;

   l'affermazione avrebbe sollevato molteplici perplessità e alcune reazioni critiche da parte di amministratori locali e degli stessi vertici regionali dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), secondo i quali, contrariamente a quanto affermato, non si ravviserebbero elementi concreti in merito a un ridimensionamento del fenomeno;

   in particolare, sul quotidiano La Nuova Sardegna del 10 marzo 2020, in un articolo intitolato «I sindaci alla ministra: l'emergenza attentati c'è», il presidente dell'Anci Sardegna, Emiliano Deiana, nell'apprezzare «il fatto che la ministra abbia preso coscienza e si stia informando, bene della situazione in Sardegna», avrebbe anche affermato che «Tuttavia, (...) non vedo elementi di tranquillizzazione, soprattutto quando si parla di organici delle forze dell'ordine»;

   a questo proposito, il presidente dell'Anci avrebbe sollecitato «un rafforzamento di quei territori in cui ci sono stati attentati», contrariamente a quanto sarebbe stato fatto in passato, quando alcuni presidi delle forze dell'ordine sarebbero stati chiusi all'indomani del verificarsi di atti intimidatori;

   nel medesimo articolo, un altro amministratore locale, il sindaco di Burgos, nel raccontare la lunga e drammatica sequenza di attentati e atti intimidatori che avrebbero caratterizzato la storia recente del comune, avrebbe attribuito le affermazioni della Ministra a una scarsa conoscenza della realtà della Sardegna;

   è il caso di ricordare che, secondo i dati dell'Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, nel 2018, con 78 su 599 episodi verificatisi in Italia, la Sardegna si sarebbe collocata al primo posto tra le regioni italiane per numero di intimidazioni e attentati;

   secondo il presidente regionale dell'Anci, inoltre, i dati dell'Osservatorio sarebbero sottodimensionati rispetto all'ampiezza effettiva del fenomeno perché, da una parte, «non tengono conto delle intimidazioni che non vengono denunciate» (dato che verrebbe colto solo da chi opera nel territorio e non dagli osservatori), dall'altra, perché «l'Osservatorio tiene conto solo delle cariche elettive. Di attentati ai geometri o minacce agli assistenti sociali non c'è traccia»;

   a sostegno di questa affermazione giova segnalare che, secondo i dati dell'Osservatorio sociale sulla criminalità dell'università di Sassari, tra il 2011 e il 2013, in Sardegna sarebbero stati compiuti 1108 atti intimidatori nei confronti di sindaci, assessori, consiglieri comunali, esponenti delle forze dell'ordine, sindacalisti;

   il fenomeno delle intimidazioni agli amministratori locali in Sardegna si inserirebbe in un contesto territoriale e sociale profondamente disagiato, per effetto, da una parte, della crisi economica, che nella regione avrebbe accelerato la chiusura di importanti realtà produttive, e, dall'altra, per l'assottigliarsi della presenza dello Stato nei territori dell'entroterra, a seguito della progressiva chiusura di importanti presidi, come scuole, ospedali, caserme delle forze dell'ordine, tribunali e, in generale, uffici pubblici;

   la citata circostanza porrebbe amministratori locali e rappresentanti dello Stato a fronteggiare, in una condizione di solitudine istituzionale, con accresciute responsabilità e senza strumenti, le molteplici necessità di un contesto caratterizzato da un diffuso malessere socio-economico –:

   se il Ministro interrogato sia in possesso di informazioni e dati che possano, contrariamente a quanto emerso dai dati rilevati da studi e operatori sul campo, escludere una situazione di emergenza in tema di intimidazioni ai rappresenti delle istituzioni;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, rafforzare la presenza delle forze dell'ordine in Sardegna, con particolare riguardo ai territori maggiormente interessati dal fenomeno degli atti intimidatori contro sindaci e amministratori locali.
(3-01529)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOGLIANI, ANDREUZZA, BAZZARO, VALLOTTO e TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10° reparto volo della polizia di Stato di Venezia, che ha competenza territoriale su tutto il triveneto, lamenta da tempo la carenza di velivoli necessari, invece, per garantire l'operatività del reparto;

   in dotazione al reparto volo c'è solo un elicottero del 1983 e un aereo P68 utilizzabile, però, solo per il trasporto urgente di organi e la vigilanza stradale;

   il reparto ha richiesto, in particolare, la sostituzione dell'elicottero che viene utilizzato più in larga scala in caso di interventi delicati e urgenti legati all'ordine e alla sicurezza pubblica, peraltro dovendo garantire il servizio per il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige;

   in queste condizioni, ha denunciato l'FSP Polizia che da tempo sta seguendo la questione, risulta molto complicato per il personale del reparto lavorare dignitosamente per rispondere a tutte le richieste provenienti dal territorio di competenza;

   le denunce sulla criticità della situazione risalgono ormai allo scorso anno e i parlamentari veneziani della Lega-Salvini premier avevano prontamente sensibilizzato il Ministero a gennaio 2019;

   peraltro, consta agli interroganti che il Ministero dell'interno, d'intesa con il Ministero della difesa, avesse già concluso la fase della manifestazione di interesse per l'acquisizione di due elicotteri «classe media multiruolo», con l'opzione di altri quattro per i reparti volo di Firenze, Milano e Venezia, e dovesse provvedere alla pubblicazione del bando di gara per la fase finale della procedura di acquisizione –:

   se intenda fornire informazioni aggiornate sullo stato dell'arte del bando di gara per l'acquisizione finale degli elicotteri e se ritenga presumibile che il mezzo possa arrivare al 10° reparto volo di Venezia entro i primi mesi del 2020.
(5-03952)


   FOGLIANI, ANDREUZZA, BAZZARO e VALLOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'ex base missilistica «Silvestri», sita nel comune di Cona, è stata operativa fino al 2009, anno di cessazione delle attività militari in loco;

   dal 2015 la sopraindicata base è stata utilizzata come centro di accoglienza per richiedenti asilo e protezione umanitaria e, nel 2018, grazie ad una più accorta politica migratoria fortemente voluta dall'ex Ministro dell'interno, Matteo Salvini, il centro di accoglienza è stato smantellato;

   il sindaco del comune di Cona, dopo il definitivo smantellamento del centro di accoglienza presso l'ex base militare, ha prontamente avviato l'iter con l'Agenzia del demanio per la vendita a privati del terreno per un utilizzo agricolo;

   nel lasso di tempo in cui la ex base militare è stata utilizzata come hub di accoglienza, il comune di Cona e, nello specifico, la frazione di Conetta, è salita agli onori delle cronache nazionali per accadimenti non edificanti;

   un territorio in cui vivono circa 190 persone ha improvvisamente dovuto resistere all'arrivo di diverse centinaia di richiedenti asilo, il cui numero preciso non si è mai saputo, ma presumibilmente si aggirava intorno ai 1.600 ospiti;

   la popolazione del comune ha dovuto affrontare ogni tipo di proteste che hanno portato a svariati blocchi stradali e causato diversi rallentamenti al traffico urbano e al trasporto pubblico;

   una non accorta gestione delle persone stabilite nella ex base da parte della cooperativa assegnataria della conduzione della struttura ha portato a gravi crisi nei rapporti con i migranti e l'apice si è raggiunto con la triste morte di una ragazza ivoriana, Sandrine Bakayoko, che ha determinato una fortissima tensione nella struttura e nella frazione di Conetta;

   i residenti, che non avevano mai mostrato atteggiamenti razzisti, hanno sofferto la totale assenza e il disinteresse da parte dello Stato centrale e hanno subito uno stravolgimento delle abitudini di vita per la presenza nelle pubbliche vie e spesso anche in giardini privanti, financo nelle abitazioni, di persone che liberamente giravano sia di giorno che di notte, una presenza così massiccia di persone che, anche le forze dell'ordine, pur nel loro encomiabile lavoro, spesso si trovavano a non poter controllare completamente;

   con la nascita del nuovo Governo PD-Movimento 5 Stelle, ad avviso degli interroganti fortemente orientato al ritorno ad un modello di accoglienza già sperimentato con i precedenti Governi a guida PD, sono iniziate le prime avvisaglie giornalistiche che paventano una riapertura della ex base militare della frazione di Conetta come centro di accoglienza –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla destinazione d'uso dell'ex base missilistica «Silvestri», tenuto conto di quanto illustrato in premessa.
(5-03953)


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da lunedì 4 maggio 2020, circa, sotto i portici di piazza Palazzo di Città a Torino, nei pressi del Palazzo civico, stazionano accampati all'incirca una quarantina di immigrati clochard che sono stati sfrattati dai dormitori;

   i senza fissa dimora sotto Palazzo civico continuano ad aumentare giorno per giorno, tant'è che la questione è stata affrontata anche in prefettura, durante l'ultimo Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, e, stando alle dichiarazioni rilasciate dal vice sindaco Sonia Schellino, come apparso in un articolo sul quotidiano La Repubblica, soltanto per undici persone sono state completate le verifiche documentali, le quali, dunque, potranno essere inserite nei percorsi del sistema di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati;

   molti tra gli immigrati dimoranti sono sprovvisti di apposti dispositivi di protezione individuale ed, essendo confinati, seppur in luogo aperto, in spazi ridotti, il pericolo di contagio e diffusione del virus Covid-19 è in aumento e, in tal senso, è stato lanciato un allarme anche dall'Ordine dei medici;

   l'assenza di assistenza sanitaria e di servizi igienici potrebbe presto generare anche potenziali, problemi di ordine pubblico e sanitario, oltre a compromettere il decoro urbano a causa, tra l'altro, del posizionamento di diverse tende da campeggio, in condizioni igieniche scarse e piuttosto precarie;

   soltanto il distanziamento sociale rientra tra le misure idonee utili ad arginare il fenomeno del contagio –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di evitare che, a Torino ed in scenari analoghi, aumenti il pericolo di contagio derivante dall'assembramento di cui in premessa e quali iniziative ritenga utile adottare al fine di scongiurare probabili problemi di ordine pubblico.
(5-03955)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRASSINETTI e DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 aprile 2020, si celebra l'anniversario della morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, massacrato il 13 marzo del 1975 davanti a casa sua da un gruppo di Avanguardia Operaia, ad appena 18 anni, a colpi di chiave inglese e morto dopo 47 giorni di agonia;

   ogni anno il 29 aprile a Milano viene celebrato anche il ricordo di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi, assassinato sotto casa da un commando di Prima Linea un anno dopo la morte di Sergio Ramelli;

   nel pomeriggio del 29 aprile 2020 è stata celebrata come ogni anno la commemorazione con deposizione, da parte del comune di Milano, di una corona al cippo dei Giardini Ramelli ed alla lapide in memoria di Enrico Pedenovi in viale Lombardia, in occasione dell'anniversario dei loro assassini;

   la tradizionale manifestazione che ogni anno coinvolge migliaia di persone che si riuniscono per ricordare Sergio ed Enrico e si conclude sotto casa di Ramelli in via Amedeo, è stata annullata in ossequio alle misure di contenimento in atto;

   al posto della predetta manifestazione si sono recati sul posto solo quattro giovani a quanto consta agli interroganti, muniti di mascherina, e a regolare distanza tra loro con l'intento di sostituire la vecchia corona con quella nuova;

   gli stessi militanti sono stati sanzionati dalla Digos;

   il fatto risulta ancora più incomprensibile e l'atteggiamento persecutorio, poiché non risulta che lo stesso zelo e le stesse modalità di intervento siano state applicate ai partecipanti alle celebrazioni del 25 aprile avvenute pochi giorni prima a Milano. Usare per eventi simili, a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro due comportamenti così diversi induce a ritenere che per lo Stato esistano due pesi e due misure –:

   quali siano i motivi dell'atteggiamento assunto nell'occasione per mezzo di quella che appare all'interrogante un'ottusa applicazione delle normative anti-Covid in un contesto dove non si ravvisava alcun assembramento e venivano rispettate tutte le misure di sicurezza.
(4-05624)

ISTRUZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 del decreto-legge n. 22 del 2020, sancisce la sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego di cui all'articolo 87, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020;

   con decreto direttoriale n. 2015 del 20 dicembre 2018 è stato bandito un concorso per la copertura di 2004 posti a direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA), nelle istituzioni scolastiche ed educative per il quale si sono già svolte le prove preselettive e la prova scritta, da oltre cinque mesi;

   il su citato concorso, in via di espletamento, è a rischio concreto di non riuscire a concludersi in tempo per le nomine dei vincitori al 1° settembre, lasciando più del 40 per cento delle istituzioni scolastiche in una condizione di precarietà amministrativa e organizzativa, proprio nel momento in cui la scuola avrebbe bisogno delle condizioni di maggiore efficienza per la gestione della «Fase 2» di questa emergenza sanitaria;

   infatti, a fronte di un bando di concorso che prevedeva le assunzioni dei nuovi Dsga a partire da settembre 2020, a causa dell'emergenza sanitaria e stando ai dati riportati dalla stampa, ad oggi nella maggior parte delle regioni ancora non si è provveduto ad ultimare le correzioni e a pubblicare l'elenco degli ammessi alla prova orale;

   soltanto per sei uffici scolastici regionali (Campania, Sardegna, Marche, Abruzzo, Umbria e Piemonte) sono stati pubblicati i risultati delle prove scritte; per tutti gli altri uffici scolastici regionali l'ostacolo per la pubblicazione degli scritti è dato dal fatto che non è possibile procedere alle correzioni degli elaborati in formato cartaceo con la presenza dei commissari;

   se comprensibilmente l'emergenza da Covid-19 ha determinato un rallentamento nell'avanzamento dei lavori, allo stesso tempo non si può prescindere da quanto stabilito dall'articolo 4 del cosiddetto decreto-legge sulla scuola, il quale prevede che la sospensione delle procedure concorsuali riguardi lo svolgimento di prove in presenza dei candidati e non certo il prosieguo delle correzioni da parte delle commissioni di esame;

   l'attuale situazione di stallo, se non opportunamente affrontata, porterà ad avere oltre 3000 posti vacanti su un totale di circa 8000 e ciò metterebbe oggettivamente a rischio l'ordinato avvio di un anno scolastico (2020/2021) già gravido di incognite e criticità;

   la mancanza del «capo dei servizi di segreteria» renderebbe oltremodo difficoltosa l'organizzazione dei servizi amministrativi tecnici ed ausiliari, nonché lo svolgimento delle innumerevoli attività amministrative e contabili;

   sulla base delle predette rilevazioni sarebbe fondamentale portare a conclusione il concorso per direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) per una più serena apertura dell'anno scolastico 2020/2021, individuando soluzioni che possano permettere da subito la ripresa dei lavori, così da garantire, nel più breve tempo possibile, la pubblicazione dei risultati e degli ammessi alle prove orali e consentendo a questi ultimi di potersi finalmente concentrare sullo studio;

   sarebbe infine auspicabile che nelle graduatorie regionali permanenti si possano inserire, a domanda, gli assistenti amministrativi a tempo indeterminato in possesso della laurea specifica per accedere al ruolo di Dsga i responsabili amministrativi ancora presenti nelle graduatorie ex decreto ministeriale 146/2000) –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato, per quanto di competenza, volte a garantire la conclusione del concorso di cui sopra per procedere nei tempi stabiliti con le assunzioni dei direttori dei servizi generali e amministrativi (SGA) su tutti i posti vacanti e disponibili a garanzia di quei principi di meritocrazia e legalità che dovrebbero essere propri di ogni ordinamento democratico e civile e a garanzia, altresì, di un regolare e ordinato avvio del prossimo anno scolastico (2020/2021).
(2-00788) «Villani, Vacca, Gallo, Acunzo, Bella, Carbonaro, Casa, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Valente, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Cominardi, Costanzo, Cubeddu, De Lorenzo, Invidia, Pallini, Segneri, Siragusa, Tripiedi, Tucci, Bruno, Di Lauro, Berti, Galizia, Giordano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DONNO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 126 del 2019 ha differito al 1° marzo 2020 il termine fissato dalla legge di bilancio 2019 per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole statali esclusivamente con personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico; ha modificato la disciplina per la stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia; per la copertura dei posti eventualmente residuati all'esito della procedura selettiva ha previsto una procedura di mobilità straordinaria per l'anno scolastico 2020/2021 e una procedura selettiva per soli titoli riservata al medesimo personale, ma con un requisito di almeno 5 anni di servizio. La disciplina applicativa è stata adottata con decreto interministeriale n. 1074 del 20 novembre 2019 ed il bando è stato emanato con D.D. 2200 del 6 dicembre 2019. Sono state inoltrate 12.977 istanze e disposte le relative assunzioni per circa 12.000 lavoratori, di cui quasi la metà part-time, i quali si trovano a percepire uno stipendio insufficiente a soddisfare le primarie esigenze quotidiane;

   sebbene in data 8 aprile sia stata sottoscritta l'ipotesi di Ccnl riguardante la mobilità per il personale ex Lsu transitato nei profili di collaboratore scolastico, prevedendo una fase nazionale (riservata agli assunti part-time e a chi non fosse rientrato nel contingente delle assunzioni) e la successiva mobilità straordinaria per lo spostamento, ultimata la fase nazionale, sui posti rimasti disponibili del contingente di 11.263 posti, detti posti (full-time n. 1311) si trovano per la maggior parte nel Lazio (819); Emilia-Romagna (149), Campania (84), Lombardi (73) con penalizzazione degli Lsu residenti, tra l'altro, in Puglia;

   occorre, quindi, oltre a consentire la stabilizzazione dei lavoratori aventi diritto ma risultati in esubero, predisporre ulteriori misure che permettano la trasformazione dei contratti part-time in full-time. In attesa di tale soluzione potrebbe essere riconosciuta a detti lavoratori part-time: una priorità al completamento orario sugli incarichi annuali, sulle supplenze annuali, brevi e saltuarie, così come riconosciuta ai lavoratori precari, ciò nel rispetto dei diritti dei lavoratori statali (Ata) di prima fascia; una priorità su eventuali attività progettuali messe in campo dal Ministero per affrontare l'anno scolastico 2020/2021, che sarà all'insegna dell'emergenza; una integrazione stipendiale attraverso il reddito di emergenza, al fine di dare respiro alle famiglie impossibilitate a vivere con 600 euro al mese;

   peraltro, laddove si prevedesse per l'anno scolastico 2020/2021 la frequenza quotidiana delle lezioni con turni mattutini e pomeridiani a settimane alterne, sarebbe necessario un potenziamento dell'organico, anche con riferimento ai collaboratori scolastici, sì che in tale ipotesi potrebbe essere riconosciuto il completamento orario ai lavoratori part-time –:

   se le soluzioni prospettate siano percorribili;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per consentire la trasformazione dei contratti part-time in full-time per i collaboratori scolastici assunti a seguito della procedura indetta con D.D. 2200 del 6 dicembre 2019.
(5-03954)

Interrogazione a risposta scritta:


   BELLUCCI, PRISCO, MASCHIO, VARCHI, MANTOVANI, FERRO, LUCASELLI, CIABURRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, BUCALO, RAMPELLI, GALANTINO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia — Per sapere – premesso che:

   la sospensione dei servizi educativi e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, seppur condivisibile, è ricaduta pesantemente sulle famiglie, costrette a dover bilanciare l'esigenza di continuare a lavorare con la necessita di accudire i figli;

   nel corso dell'informativa urgente al Parlamento sulla ripresa delle attività economiche, il Presidente del Consiglio Conte ha ipotizzato una riapertura in via sperimentale di asili nido, scuole dell'infanzia, centri estivi e attività dedicate ai nostri bambini, ricordando come vada tutelato «il diritto al gioco e all'attività motoria dei minori», posto che la situazione di emergenza rischia, inoltre, di «amplificare (...) le disuguaglianze sociali», perché «per molti bambini il pasto nelle mense scolastiche (...) è il pasto più completo della giornata». Secondo il Presidente del Consiglio molti non hanno la possibilità di seguire la didattica a distanza e per alcuni le mura domestiche, che sono luogo di amore e di conforto, possono invece peggiorare situazioni a rischio;

   nonostante siano ancora molti i dubbi in merito alla ripresa dei servizi educativi e delle attività didattiche, tale ipotesi è stata confermata anche dalla Ministra Azzolina, che si dice pronta a dare il via a una sperimentazione all'interno degli spazi scolastici che coinvolga le realtà del terzo settore, annunciando di aver accelerato la spesa sull'edilizia scolastica: «a marzo sono stati stanziati 510 milioni di euro, altri 320 li abbiamo ripartiti fra le Regioni ad aprile, poi ci sono altri 855 milioni destinati a Province e Città Metropolitane. Stiamo facendo in modo che i cantieri possano andare veloci, ora che è prevista la loro ripartenza. Bisogna aprire le aule oggi chiuse, mettere le strutture in sicurezza»;

   la stessa Ministra per le pari opportunità e la famiglia, nel corso dell'incontro in videoconferenza con i presidenti dell'Anci e dell'Upi, si era assunta l'impegno di predisporre due protocolli da sottoporre al Presidente del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico, così che già dal 4 maggio 2020 si sarebbe potuto offrire alle famiglie un piano di attività educative per bambini e ragazzi e, al tempo stesso, sostenere i genitori che tornano al lavoro: il primo protocollo avrebbe dovuto permettere da maggio la possibilità di attività in spazi aperti e accessibili a piccoli gruppi contingentati; il documento successivo avrebbe dovuto, invece, prevedere indicazioni applicabili dal mese di giugno in riferimento all'attività di centri estivi, in collaborazione con il mondo sportivo, il terzo settore, gli enti locali;

   anche l'Autorità garante per l'infanzia ha suggerito di partire sin da maggio 2020 con esperienze pilota nei territori dove sono stati registrati pochi contagi rispetto alla popolazione, per poi avviare, non oltre settembre, la ripresa delle attività didattiche qualora il quadro epidemiologico lo consenta, perché «La didattica a distanza non può sostituire quella in presenza e potrebbe creare disparità nell'accesso all'istruzione»;

   nel frattempo, la «Fase 2» è iniziata, i genitori sono tornati a lavorare, ma dei protocolli non si è saputo più nulla, né sembrerebbe essere pronto un piano infanzia e, purtroppo, non è chiaro nemmeno cosa succederà con l'inizio del nuovo anno scolastico;

   non va meglio per quanto riguarda la riapertura dei parchi e giardini pubblici, con modalità di accesso lasciate alla discrezionalità di città e regioni e divieto di accesso alle aree attrezzate per il gioco dei bambini –:

   se il Governo stia lavorando a un piano per l'infanzia da far partire nell'immediato e per quali motivi i protocolli annunciati dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia Bonetti non siano stati avviati;

   se e come si intendano censire gli ulteriori spazi ipotizzati per la realizzazione delle attività dedicate ai minori;

   se non si ritenga opportuno partire già dal mese di maggio 2020 con esperienze pilota, almeno nelle regioni a basso numero di contagi.
(4-05610)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore delle disposizioni del regolamento 883/2004 si è venuta a creare una situazione a macchia di leopardo dovuta alla mancata estensione della deroga al personale in servizio in Olanda, Belgio e Danimarca, con una conseguente sperequazione inammissibile in termini di tutele;

   questa chiusura da parte dei Governi interessati capovolge paradossalmente lo spirito del regolamento 883/2004, voluto e approvato proprio per consentire un equo trattamento di tutte le persone residenti nell'Unione europea;

   una parte del personale a contratto della rete consolare italiana dal 1° maggio manterrà pertanto il rapporto con il sistema pensionistico italiano, mentre l'altra è assoggettata ai sistemi di sicurezza sociale dei Paesi dove sono operativi, che sono notevolmente peggiorativi rispetto a quello italiano, garantito al restante personale, come in Belgio, Danimarca e Olanda;

   dalla mancata applicazione a tutti gli Stati deriva l'assenza di una precisa linea operativa in tutti i Paesi interessati dovuta a normative contrastanti e addirittura concorrenti, le quali non porteranno certamente alla auspicata armonizzazione dei regimi sociali e contribuiranno bensì a rafforzare le già esistenti disparità;

   questa disparità di trattamento potrebbe ripercuotersi negativamente sui servizi consolari a favore degli utenti che chiedono servizi ad amareggiati impiegati di rappresentanze italiane colpiti da forti decurtazioni salariali dovute alle legislazioni straniere alle quali verrebbero sottoposti;

   l'amministrazione potrebbe risolvere la questione applicando la deroga diretta prevista dall'articolo 11, comma 3, lettera d), del regolamento, assimilando il personale a contratto, per mansioni svolte, al dipendente pubblico;

   il rilascio a questa tipologia di lavoratori del Modulo A1 da parte dell'Inps contribuirebbe, infatti, a superare questa evidente disparità e aggirerebbe definitivamente l'ostacolo posto dai Governi contrari a deroghe. Il modello A1 certifica che il lavoratore, detto «distaccato», rimane assicurato ai fini previdenziali nel Paese dell'Unione europea in cui ha sede l'impresa distaccante o in quello di esercizio abituale dell'attività lavorativa autonoma –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di segnalare a Belgio, Danimarca e Olanda l'assimilazione degli impiegati a contratto ai dipendenti pubblici con il conseguente assoggettamento di questi alla disciplina prevista in materia di sicurezza sociale dallo Stato italiano, loro datore di lavoro, nel cui interesse pubblico gli stessi operano assumendo la qualifica di personale «distaccato».
(4-05613)


   FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 giugno 2020 scadrà la commessa con Fca della Bcube, azienda di Villanova d'Asti specializzata in gestione lineare e integrata di processi complessi;

   da quanto si apprende da fonti sindacali, la società ha informato i responsabili della Camera del lavoro del fatto che la Fca non ha mai risposto alle richieste di incontro della Bcube in vista della scadenza della commessa e che la possibile cessazione del rapporto commerciale con la multinazionale determinerebbe un esubero di 210 lavoratori sul totale di circa 400 dipendenti della fabbrica villanovese;

   risulta all'interrogante che la Fca non ha mai risposto alle numerose sollecitazioni che sono state inviate, da parte della Bcube, al fine di addivenire alla definizione di una nuova commessa su nuove basi commerciali;

   in una fase già molto difficile per l'intero Paese a causa dell'emergenza Covid-19 e in una provincia che vede già un'alta percentuale di persone senza occupazione e dove, da anni, non si vede il sorgere di nuovi insediamenti produttivi, questa notizia desta, ovviamente, grande preoccupazione. La perdita di una commessa così importante in un settore, quello della logistica, strategico per lo sviluppo occupazionale della provincia di Asti, oltre all'esubero immediato di 210 lavoratori, potrebbe avere un effetto domino sul territorio e mettere a rischio molti altri posti di lavoro –:

   quali iniziative intenda intraprendere affinché vengano garantiti i livelli occupazionali dell'azienda.
(4-05628)


   PITTALIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i ritardi nell'erogazione della cassa integrazione in deroga stanno colpendo molte imprese italiane già in ginocchio per l'emergenza Covid-19;

   di fronte al tragico dissanguamento del tessuto imprenditoriale ed economico-sociale, si sta consumando, almeno sul piano della comunicazione mediatica e istituzionale, un ben poco commendevole fenomeno di scarico di responsabilità fra lo Stato e le regioni: il primo imputa alle seconde il ritardo nell'erogazione delle somme stanziate; le seconde obiettano al primo rilevando i ritardi dell'Inps e, soprattutto, che le risorse sono in realtà già esaurite;

   il tutto è, poi, alimentato da confusione, oscurità e scarsa trasparenza sui dati e sulle disponibilità finanziarie: in più casi, sul sito dell'Inps sono stati pubblicati dati circa lo stato di avanzamento delle pratiche relative alla cassa integrazione guadagni a livello delle singole regioni non aggiornati, e così largamente inferiori rispetto alle domande effettivamente evase dalle regioni stesse;

   emblematico il caso della regione Sardegna, che preme all'interrogante portare all'attenzione del Ministro interrogato;

   nei giorni scorsi il sottosegretario per lo sviluppo economico, Alessandra Todde, aveva puntato il dito contro la regione Sardegna, che però, attraverso il suo assessore al lavoro Alessandra Zedda, si era difesa rilevando come la delegata di Palazzo Chigi non avesse tenuto conto dei dati Inps in tempo reale: «Le istituzioni possono parlare per gli atti ufficiali che scrivono, per la regione Sardegna parlano gli atti protocollati con date precise», ha risposto la Zedda, esibendo puntualmente le note protocollate che hanno disposto l'evasione delle richieste. Non si è mancato di rilevare peraltro - anche qui sulla base di evidenze documentali – come la regione stia lavorando attualmente più del doppio delle pratiche che i sistemi informativi possono di regola supportare;

   puntualmente dalla regione sono arrivati i dati che hanno smentito, al di là di ogni ragionevole dubbio, la Todde, sottosegretario peraltro privo di specifiche competenze in materia;

   in particolare, i mandati di pagamento inviati da Inps alla data del 30 aprile 2020 sono pari a 5 istanze per 8 lavoratori. Nel sito Inps in data 30 aprile 2020 venivano indicati i seguenti dati:

    al 30 aprile 2020 la regione Sardegna ha determinato 1.364 domande per circa 3.000 lavoratori;

    al 4 maggio 2020 la regione Sardegna ha determinato 3.040 domande per circa 6.363 lavoratori;

   il sito Inps indicava i seguenti dati a fine giornata del 4 maggio e la mattina del 5 maggio: domande decretate 1074, autorizzate Inps 716, pagate 52;

   insomma, come si vede, c'è un gravissimo disallineamento – e sempre a scapito della regione – fra le risultanze dell'Inps e quelle processate a livello territoriale sardo. Questi dati, risultando dal sito istituzionale dell'INPS, rappresentano, secondo l'interrogante, un caso di fakenews di Stato, utilizzata poi, molto spesso, per attaccare regioni governate da maggioranze di colore opposto a quello del governo nazionale;

   è emblematica peraltro, di questa brutta vicenda, anche la situazione della ragione Lombardia. Sul sito Inps in una colonna risultano decretate dalla regione appena 37 domande di cui autorizzate 33. Nell'altra, 19.807 di cui autorizzate 6.484. Mentre i decreti trasmessi dagli uffici regionali sono 48.209 come risulta dal sito della regione Lombardia dove sono pubblicati i dati assieme agli stessi decreti. Di fronte a ciò la regione Lombardia si è detta disposta anche a querelare l'Inps –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per chiarire quali livelli di governo siano effettivamente responsabili per i ritardi nell'erogazione della cassa integrazione guadagni in deroga;

   se le risorse stanziate siano esaurite;

   per quali motivi il sito Inps sotto-rappresenti in modo sistematico gli adempimenti, a mano a mano realizzati dalle regioni;

   quali iniziative, di competenza, intenda assumere rispetto alla, presa di posizione del sottosegretario per lo sviluppo economico, Alessandra Todde, che ha formulato, secondo l'interrogante, giudizi infondati, oltreché sguarniti di ogni supporto fattuale sui temi oggetto della presente interrogazione.
(4-05633)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   l'Italia intera sta vivendo un momento delicatissimo. Il Covid-19 si è diffuso rapidamente e le misure di contenimento, introdotte dal Governo, nonché i danni d'immagine subiti dal made in Italy e le conseguenze sull'esportazione dei prodotti italiani, stanno producendo gravi ricadute economiche;

   la produzione agricola dell'intero Paese si deve confrontare con l'allineamento della raccolta alle predette norme di contenimento;

   in prossimità della stagione dei raccolti stagionati, in Italia mancano circa 300 mila lavoratori e lavoratrici stagionali, principalmente provenienti da Romania e Bulgaria, bloccati alle frontiere e ci si trova di fronte al concreto rischio di lasciare incolti i prodotti, con le conseguenti ricadute in termini di approvvigionamenti;

   le aziende agricole che assumono manodopera in Italia sono 220 mila. I lavoratori agricoli sono 1 milione e 200 mila: di questi, 1 milione e 50 mila sono a tempo determinato, di questi, circa 370 mila sono stranieri;

   in Italia le piccole e medie aziende agricole sono tutt'altro che marginali. Secondo l'ultimo rapporto dell'Istat sono oltre un milione, le aziende con meno di 5 ettari di superficie agricola utilizzata; rappresentano oltre il 71 per cento del totale. Producono principalmente per mense, mercati rionali e ristorazione: questo è il cosiddetto «canale Horeca», che rappresenta il 36 per cento dei consumi alimentari e che, attualmente, è fermo;

   i dati Ismea sui consumi nelle prime quattro settimane di lockdown mostrano, a contrario, un significativo aumento nella vendita dei prodotti della sola grande distribuzione organizzata e della sua filiera;

   l'imminente arrivo delle raccolte stagionali ha evidenziato le prime criticità: l'ultimo «decreto flussi» dell'aprile 2019 ha rilevato che gli imprenditori pugliesi hanno coperto il 7 per cento degli ingressi totali, con un fabbisogno di 3100-3200 lavoratori extra comunitari;

   il dossier statistico immigrazione del 2019 ha rilevato che 1/4 del made in Italy è prodotto grazie all'apporto dei lavoratori stranieri, e, in Puglia – in Capitanata – si concentra il 27,61 per cento delle 973 mila giornate di lavoro degli immigrati impiegati in lavori stagionali;

   la filiera agroalimentare non può fermarsi in un momento in cui i consumatori chiedono proprio quei prodotti, con un trend crescente dell'acquisto di prodotti come latte, uova, frutta, verdura, legumi, farina;

   pare indispensabile garantire la disponibilità delle derrate alimentari, tutelando, al contempo, gli imprenditori agricoli e la filiera del made in Italy;

   in Puglia è a rischio la raccolta di prodotto d'eccellenza: la ciliegia ferrovia, traino dell'economia locale. Tale pregiata varietà, denominata «oro rosso di Puglia», è la ciliegia italiana più apprezzata ed esportata nel mondo. 1/6 della produzione è realizzata a Turi, dove la coltivazione cerasicola (tra varietà Ferrovia, Georgia, Bigarreau ed altre) occupa una superficie di oltre 3700 ettari, con una produzione media annuale di 100 mila quintali;

   le misure governative per il contenimento dei contagi, paiono difficilmente applicabili nelle foresterie e/o nelle aree di accoglienza dedicate ai lavoratori stagionali che, da diversi anni, giungono numerosi per trovare impiego nelle campagne, soggiornando spesso in condizioni molto precarie;

   si rende necessaria un'attenta valutazione e prevenzione dei rischi economico-finanziari a cui il comparto cerasicolo sarà sottoposto a causa del coronavirus e un'adeguata gestione del fenomeno dei lavoratori stagionali dal punto di vista sanitario e dell'impiego;

   è, così, improcrastinabile il ricorso alla manodopera locate, tramite l'introduzione dello strumento dei voucher agricoli, che consentirà a studenti e disoccupati italiani lo svolgimento di tali lavori in un momento in cui scuole, università, attività economiche ed aziende sono chiuse e molti studenti e disoccupati potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne;

   il Governo in sede di conversione del decreto cosiddetto «Cura Italia», ha rigettato l'ipotesi dell'utilizzo dei voucher in agricoltura, come richiesto da tutte le associazioni di categoria, proposto da Forza Italia e appoggiato anche da settori della maggioranza l'idea era quella di permettere l'uso dei voucher limitatamente al periodo dell'emergenza dovuta al coronavirus, aiutando sia l'occupazione sia il settore agricolo;

   in questo periodo emergenziale e di precarietà economica sarebbe necessario perseguire politiche di sostegno all'occupazione e ai lavoratori agricoli, e non solo, che evitino i rischi connessi a mancati raccolti che porterebbe al crollo definitivo del comparto agricolo;

   inoltre, molte di queste aziende realizzano i propri profitti con l'export, Mercato da tutelare, perché la sola domanda interna non è sufficiente ad assorbire un'offerta destinata anche al mercato internazionale –:

   se il Governo non ritenga opportuno:

    a) adottare iniziative volte all'introduzione, per il periodo dell'emergenza sanitaria, di voucher agricoli al fine di garantire occupazione e tutela dei prodotti d'eccellenza made in Italy;

    b) intraprendere iniziative volte alla istituzione di un tavolo tecnico-politico con gli amministratori locali dei territori produttori ed i rappresentanti di tutte le categorie interessate.
(2-00790) «Elvira Savino».

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIARRIZZO, PAPIRO, RAFFA, DAVIDE AIELLO, PENNA, CANCELLERI, SCERRA, ALAIMO, MARTINCIGLIO, D'ORSO, CIMINO, PIGNATONE e CASA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto «Cura Italia» ha introdotto misure a sostegno dei lavoratori in conseguenza dell'emergenza sanitaria COVID-19;

   in Sicilia, secondo l'accordo tra sindacati e regione del 25 marzo 2020, le domande per la Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) devono essere presentate alla sede centrale del dipartimento del lavoro che provvede ad assegnarle ai 9 centri per l'impiego regionali (Cpi);

   per la gestione delle pratiche Cigd la regione ha attivato una apposita piattaforma informatica, all'interno del portale Silavora, che i Cpi devono utilizzare per l'inserimento delle pratiche da inviare all'Inps;

   è noto che la Sicilia è l'ultima regione per numero di pratiche Cigd lavorate;

   tale ritardo sembrerebbe essere stato causato dal farraginoso funzionamento della piattaforma informatica. Al riguardo, si precisa che l'Amministrazione regionale ha messo a disposizione dei dipendenti dei Cpi questa nuova piattaforma solo a fine aprile, così come da verbali sindacali. Inoltre, risulta che i dipendenti non abbiano ricevuto alcun tipo di formazione relativa al funzionamento della stessa;

   sulla base della nota prot. n. 16541 del 30 marzo 2020, il dipartimento regionale lavoro, richiedeva ai dirigenti dei Cpi, su un organico di personale di 1.707 unità in servizio presso i Cpi, l'individuazione di 100 unità di personale competente all'istruttoria delle istanze di Cigd. Giova precisare, inoltre, che l'amministrazione regionale conta un totale complessivo di 13.000 dipendenti;

   a fronte delle numerose domande Cigd, con nota prot. n. 19548 del 28 aprile 2020, il dirigente del dipartimento regionale lavoro rappresentava la carenza di personale presso i propri uffici e chiedeva al dipartimento regionale funzione pubblica di reperire personale tramite un interpello al fine di fronteggiare gli urgenti adempimenti connessi alla Cigd e accelerare le procedure;

   pertanto, con nota prot. n. 40124 del 30 aprile 2020, il dirigente dipartimento funzione pubblica pubblicava manifestazione d'interesse finalizzata al reclutamento di dipendenti dell'amministrazione regionale da destinare al dipartimento lavoro. Al personale interessato veniva concesso un termine di 7 giorni per presentare istanza di adesione, a cui sarebbe seguita selezione;

   ad avviso degli interroganti, alla luce dei fatti sopra menzionati, la regione siciliana avrebbe dovuto attivarsi molto prima effettuando eventualmente un trasferimento diretto del personale dipendente regionale al dipartimento lavoro;

   è evidente che ci sia stata una gestione confusa dell'intera vicenda e delle varie problematiche connesse all'emergenza sanitaria da parte della regione. Lo dimostra ad esempio la nota prot. n. 19230 del 24 aprile 2020 del dipartimento lavoro nella quale si comunicava la decisione di rinviare il rientro presso i propri uffici dei dipendenti addetti all'istruttoria delle domande Cigd in modalità lavoro agile, rientro che era stato autorizzato per almeno il 50 per cento del personale dedicato al Cigd con nota prot. n. 19155 del giorno precedente, tra l'altro adottata in violazione delle normative nazionali sullo smartworking;

   si apprende che, nonostante l'elevato numero di dipendenti in servizio presso la regione, il dipartimento regionale lavoro sia stato autorizzato ad avvalersi in via straordinaria di altro personale esterno;

   da articoli di stampa, risulta che alcune sigle sindacali hanno proposto al dirigente del dipartimento lavoro un accordo che prevede un bonus pari a dieci euro in più per ogni pratica Cgid in favore dei dipendenti regionali;

   il Ministro interrogato ha attivato l'Ispettorato del dipartimento della funzione pubblica per avere chiarimenti in merito a quanto successo –:

   se e quali altre iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda adottare celermente per far luce sulla vicenda esposta in premessa;

   quali dati e notizie siano emerse dalle verifiche svolte dall'Ispettorato del dipartimento della funzione pubblica presso gli uffici regionali.
(4-05611)


   ILARIA FONTANA, SEGNERI e FRUSONE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 2020 («Cura Italia») prevede che «Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d'ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell'amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall'ordinamento»;

   la regione Lazio, con determinazione dirigenziale G04196 del 14 aprile 2020, ha proceduto alla individuazione dei procedimenti amministrativi urgenti e strategici, ex articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in materia di politiche ambientali e gestione dei rifiuti;

   con successiva determinazione dirigenziale G04281 del 15 aprile 2020, la regione Lazio ha integrato l'elenco di «attività strategiche ed urgenti i relativi provvedimenti» di cui alla precedente determinazione;

   solo alcuni dei procedimenti elencati nelle determinazioni corrispondono a specifici atti di indirizzo, piani, programmi o accordi di programma strategici della regione Lazio o di cui l'ente sia individuato come soggetto attuatore –:

   di quali elementi disponga in ordine all'applicazione dell'articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 2020 da parte della struttura regionale in questione e quali strumenti normativi intenda utilizzare o abbia già utilizzato al fine di stabilire criteri e priorità circa l'applicazione da parte delle regioni dell'articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020.
(4-05621)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da una nota diffusa dal Coordinamento Veneto sanità pubblica, ripresa peraltro da alcuni organi di stampa il 4 maggio 2020; si apprende che il dottor Donato, direttore sanitario dell'ospedale di Padova avrebbe affermato che i comportamenti di distanziamento sociale degli specializzandi avrebbero messo in difficoltà l'Azienda ospedale-università di Padova;

   il dottor Donato avrebbe dichiarato che la percentuale degli specializzandi risultati positivi al virus, da lui stesso indicati in 22 casi, sarebbe più elevata di quella riscontrata sul totale dei dipendenti dell'azienda, 140 casi su un totale di 8000 dipendenti;

   tali affermazioni sarebbero state pronunciate il 1o maggio 2020, durante una teleconferenza con altri medici organizzata su una piattaforma web specializzata;

   secondo il Coordinamento Veneto sanità pubblica le accuse pronunciate sarebbero infondate e gli stessi numeri forniti dal dottor Donato indicherebbero l'esatto contrario di quanto affermato;

   la percentuale di infettati tra gli specializzandi padovani sarebbe in realtà più bassa, e non più alta, di quella dei dipendenti per quanto in misura non statisticamente significativa;

   neppure l'affermazione che il contagio degli specializzandi deriverebbe da comportamenti sociali, e non da contatto con pazienti positivi, sarebbe confermata dall'evidenza statistica;

   a parere dell'interrogante le parole utilizzate dal dottor Donato sono sorprendenti e restituiscono un'immagine gravemente distorta e offensiva di una delle categorie più esposte e fondamentali nella gestione dell'emergenza sanitaria in corso e non è accettabile che chi ricopre ruoli di responsabilità nella gestione dell'emergenza Covid-19 possa esprimere giudizi di tale gravità senza aver prima valutato correttamente i dati. Accusarli di aver favorito il contagio all'interno dell'ospedale per i loro comportamenti sociali è quantomeno ingeneroso, viste anche le condizioni di emergenza in cui spesso sono costretti a lavorare;

   per protestare contro le affermazioni del dottor Donato i medici specializzandi dell'ospedale di Padova il 4 maggio 2020 sono scesi in sciopero, dopo che la direzione dell'azienda ospedaliera non ha neanche risposto alla richiesta di incontro urgente avanzata dagli specializzandi;

   gli specializzandi coinvolti nell'emergenza Covid presso l'ospedale di Padova sono oltre un migliaio e lavorano in tutti i reparti, anche con i pazienti Covid: in rianimazione, al pronto soccorso, nelle malattie infettive, nelle pneumologie, effettuano anche i tamponi e supportano il dipartimento di igiene e sanità pubblica; quasi tutti lavorano durante il tirocinio, percependo solo la borsa di studio;

   in queste settimane e non solo a Padova, i giovani specializzandi di medicina si sono ritrovati in prima linea come tutti gli operatori della sanità nella lotta contro il Covid-19 e non meritano certo di essere dileggiati –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo in merito alla vicenda esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di fare massima chiarezza sulla fondatezza delle accuse lanciate dal direttore sanitario dell'ospedale di Padova contro gli specializzandi che operano presso l'ospedale cittadino.
(4-05622)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per affrontare la cosiddetta fase 2 dell'emergenza coronavirus la regione Friuli Venezia Giulia ha deciso di allestire una «nave-ospedale» nel porto di Trieste per ospitare fino a 168 anziani provenienti dalle case di riposo;

   la nave individuata sarebbe la «Gnv Allegra», ferma nel porto di Napoli in attesa dell'autorizzazione amministrativa da parte della Protezione civile nazionale a cui la regione Friuli Venezia Giulia avrebbe chiesto di coprire i costi per attrezzare la nave ad ospedale;

   le spese di gestione dovrebbero variare tra i 700 e i 900 mila euro al mese, per un totale di spesa tra 4 e gli oltre 5 milioni di euro per un tempo pari a 6 mesi;

   sulla piattaforma change.org circola una petizione contraria a tale soluzione che non viene affatto considerata come la migliore per ospitare gli anziani;

   la paura è che a tali pazienti possa venire negato il diritto ad essere curati con tutti i mezzi e le forze a disposizione e salvaguardando la loro dignità. L'idea di ospitarli su una nave ormeggiata in un molo secondario potrebbe significare lasciare queste persone da sole nel momento più delicato e difficile;

   le persone anziane positive al COVID-19 che dalle case di riposo di Trieste dovrebbero essere trasferite su questo traghetto, a parere dell'interrogante troverebbero migliore accoglienza in strutture tipo «Alberghi-Covid» o simili e non anguste cuccette; spesso gli anziani da curare e accudire sono persone fragili, il più delle volte con alterazioni cognitive come la demenza e/o con alterazioni della deambulazione, che potrebbero avere peggioramenti della loro qualità di vita negli spazi ristretti e nei labirinti di una nave che sicuramente non è concepita come una vera nave ospedale;

   il presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria, Raffaele Antonelli Incalzi, dietro richiesta di una consigliera regionale del Friuli Venezia Giulia ha fornito un parere circa l'impatto che l'accoglimento in una nave traghetto potrebbe avere sulla qualità di vita degli anziani Covid-19 positivi che ora si trovano nelle case di riposo a Trieste;

   secondo quanto riportato, il presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria avrebbe citato il rischio per gli ospiti della perdita dei punti di riferimento spaziali e umani propri della vita di ogni giorno e avrebbe segnalato come questo possa provocare un impatto fortemente negativo sullo stato di salute, con rischio di depressione, disorientamento, delirio e peggioramento di deficit cognitivo preesistente;

   tale rischio sarebbe accentuato dalle dimensioni anguste delle cabine e dalla scarsità di luce solare. Inoltre, verrebbe meno anche la possibilità di una pur modesta attività fisica di mantenimento, fondamentale ai fini dello stato di salute e si perderebbe il rapporto con i curanti;

   già tale parere avrebbe dovuto far ritenere inopportuno l'impiego di un traghetto per tale tipologia di ospiti;

   da quanto si apprende, la Protezione civile si sarebbe riservata di valutare l'effettiva assenza di soluzioni alternative alla nave-ospedale così come dichiarato dalla Regione Friuli Venezia Giulia;

   a parere dell'interrogante ci si trova di fronte al rischio di uno spreco inutile e dispendioso di fondi pubblici che non tutela gli ammalati –:

   se il Ministro non intenda, per quanto di competenza, verificare l'effettiva idoneità della nave Aurora della GNV ad ospitare pazienti anziani positivi Covid-19 provenienti dalle case di riposo, anche alla luce del parere negativo espresso dal presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria e dei rischi dallo stesso paventati per la salute dei pazienti che una tale soluzione potrebbe avere.
(4-05623)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PENTANGELO e SARRO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   in Campania, con delibera della giunta n. 170 del 7 aprile 2020, è stato approvato un piano per l'emergenza socio-economica con un importo complessivo stanziato pari a euro 908.330.502,00;

   ad avviso dell'interrogante, il piano appare inefficace, incompleto e non corretto;

   infatti, per affrontare un'emergenza gravissima sarebbe necessario l'assunzione di un piano maggiormente articolato, come indicato anche dalle istituzioni comunitarie che hanno garantito a tal fine una maggiore flessibilità economico-finanziaria necessaria per l'attuazione dei programmi in questione, prescrivendone la modifica, se necessaria ad ottenere effettivamente l'obiettivo della realizzazione di azioni mirate necessarie a contrastare efficacemente l'emergenza epidemiologica in atto;

   le apprezzabili indicazioni ed il proficuo impegno posto in essere dalle istituzioni dell'Ue, con particolare riferimento alla politica di coesione, evidenziano le insufficienti performance registrate dalla regione per l'uso dei fondi strutturali. Ciò fa rischiare, inoltre, ad emergenza finita, un potenziale problema di tenuta dello stesso sistema della governance dei fondi;

   la flessibilità consentita in Campania potrebbe essere vanificata se, nella fase successiva di rendicontazione, le misure contenute nel piano non dovessero essere ritenute in linea con quanto stabilito dalla normativa dell'Unione europea in particolare rispetto alla qualità degli interventi proposti, alla non sovrapposizione degli stessi rispetto a quelli previsti dal Governo e alle garanzie dei controlli, poiché gli interventi previsti nel piano non appaiono all'interrogante conformi all'iter che regola il processo di programmazione comunitaria nonché gli standard comunitari in termini di controlli della spesa;

   i medesimi organismi europei sembrano prioritariamente imputare all'autorità nazionale la responsabilità relativa alle decisioni e alle misure prioritarie da adottare per l'emergenza Covid-19;

   in particolare, tra le misure da adottare, ad avviso dell'interrogante dovrebbero essere contemplate sicuramente le seguenti: rafforzamento del sistema sanitario; sostegno al reddito; cassa integrazione e ammortizzatori sociali;

   ad avviso dell'interrogante, il piano per la regione Campania dovrebbe recepire al meglio le suddette azioni, in collegamento e coerenza con un quadro omogeneo di carattere nazionale;

   si ritiene invece che il piano sia stato presentato con eccessiva approssimazione nei contenuti e nelle forme. Infatti, il piano destina bonus e altre erogazioni una tantum per oltre 800 milioni, ad avviso dell'interrogante senza tenere conto e recepire completamente le citate indicazioni degli organismi europei;

   si consideri poi che le misure sono state adottate senza il necessario raccordo con le iniziative già poste in essere dal Governo –:

   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative di competenza intendano assumere affinché il piano citato abbia una forma e un contenuto conforme alla normativa di riferimento vigente;

   quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire in maniera omogenea e coerente in tutto il Sud Italia, e nella Campania in modo specifico, misure in grado di garantire e tutelare effettivamente le famiglie più colpite dalla crisi e di garantire anche un reale sostegno alle imprese, con elementi di strutturalità e durata che assicurino l'erogazione di risorse aggiuntive, non limitandosi, come ora accade, alle sole disponibilità esistenti nei programmi regionali;

   in quale modo, inoltre, intendano con urgenza favorire l'efficacia effettiva delle misure previste a favore della popolazione campana, considerando che il rimanente residuo di risorse impegnabili appare del tutto insufficiente per garantire un'efficiente programmazione degli interventi necessari per la ripresa economica della regione;

   se non intendano promuovere, in raccordo con le regioni, forme di efficace partecipazione delle autonomie locali nella elaborazione della pianificazione degli interventi quali quelli di cui in premessa, così come un effettivo partenariato in ambito economico-sociale, considerato che entrambi i profili risultano determinanti per l'efficacia e la completezza delle misure in questione;

   se, sempre nelle sedi competenti e in raccordo con le regioni, non intendano promuovere un efficace coordinamento che eviti sovrapposizioni e reiterazioni tra le misure assunte in ambito regionale e quelle già assunte in ambito nazionale, anche al fine di evitare un uso prevalentemente propagandistico di tali interventi;

   quali iniziative di competenza intendano adottare per l'utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie per realizzare l'ammodernamento delle strutture sanitarie, la compensazione e la diminuzione della pressione fiscale, la diminuzione del costo del lavoro e il cuneo fiscale, per accompagnare al meglio le imprese nelle azioni di rilancio, per realizzare migliori politiche per gli investimenti e, anche, per ridurre le disparità ora esistenti tra territori che compongono la Repubblica italiana.
(4-05636)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2020 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato un avviso relativo al rilascio obbligatorio delle frequenze dei canali 51 e 53 Uhf utilizzati dalle tv locali in Liguria, Toscana e Lazio e alla facoltà da parte dei soggetti che detengono una frequenza per la trasmissione radiotelevisiva in ambito locale di rilasciare anticipatamente la propria frequenza, rispetto al calendario stabilito dal decreto ministeriale 19 giugno 2019;

   il bando stabilisce una tempistica molto ristretta per il rilascio anticipato della frequenza, individuando una finestra temporale che va dal 4 al 30 maggio; allo stesso tempo, però, il bando non specifica quali saranno gli importi degli indennizzi e le tempistiche;

   la legge n. 205 del 2017, al comma 1039 dell'articolo 1, ha stanziato per gli indennizzi 230,3 milioni di euro per l'anno 2020 e 73,9 milioni di euro per l'anno 2021; il riparto di tali risorse sarebbe dovuto avvenire ai sensi di un apposito decreto ministeriale che, ad oggi, non è stato ancora adottato;

   la modalità operativa adottata dal Ministero dello sviluppo economico, a giudizio degli interpellanti, appare quanto mai singolare, perché si chiede alle emittenti radiotelevisive locali di cedere anticipatamente e «alla cieca» le proprie frequenze, rinviando ad una fase successiva la determinazione degli importi previsti per gli indennizzi;

   con numerose prese di posizione delle organizzazioni delle imprese radiotelevisive locali, è stata denunciata tale situazione assolutamente ingiustificata, in particolare in un momento come quello attuale caratterizzato dall'emergenza Covid-19;

   tale vicenda è già stata oggetto di un apposito atto di sindacato ispettivo della prima firmataria del presente atto, al momento in attesa di risposta;

   successivamente, come riportato da numerose fonti del settore è però emerso un ulteriore elemento di criticità in tema di procedure di indennizzo per il rilascio anticipato o volontario delle frequenze della Banda 700MHz. Diverse fonti hanno denunciato l'ipotesi che, anche a seguito della circolazione di bozze non ufficiali di norme che potrebbero essere inserite nel decreto-legge di prossima emanazione, denominato «Rilancio», il Ministero dello sviluppo economico avrebbe intenzione di determinare gli importi degli indennizzi in base alla stima dei costi fissi non recuperabili e del loro ammortamento, riferiti al numero e alla tipologia degli impianti in esercizio, sostenuti per la realizzazione della rete;

   con tale procedura l'indennizzo verrebbe attributo in via prioritaria sulla base del numero di impianti, invece che sulla base del numero di abitanti della regione o della provincia serviti in relazione al diritto d'uso;

   tale criterio non ha precedenti, dal momento che il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 23 gennaio 2012 (relativo alla dismissione della banda televisiva 800Mhz) e il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 aprile 2015 (relativo alla dismissione di ulteriori canali delle tv locali) avevano previsto criteri che si basavano sul riconoscimento di misure i cui importi erano calcolati sulla quantità di popolazione presente nelle aree relative al diritto d'uso. Tali decreti prevedevano inoltre che il pagamento degli importi dovuti avvenisse entro 90 giorni dal rilascio delle frequenze con contestuale disattivazione dei relativi impianti. Il criterio di attribuire un valore alla banda in relazione alla popolazione coperta, inoltre, è una linea costantemente seguita anche dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom);

   il criterio di indennizzo che il Governo sembrerebbe voler adottare appare inaccettabile in quanto basato su criteri particolarmente complessi che presuppongono un lungo iter procedimentale. Inoltre, non consentendo tale criterio di conoscere immediatamente gli importi degli indennizzi e i tempi di pagamento, come sarebbe invece opportuno per evidenti ragioni di trasparenza, rischia di ingenerare un ampio contenzioso (mettendo a rischio l'intero processo di transizione;

   la conseguenza che potrebbe produrre l'applicazione di un simile metodo di indennizzo, inoltre, potrebbe essere quella di avvantaggiare maggiormente pochi operatori che possiedono più antenne per coprire un territorio frastagliato ma con pochi abitanti, rispetto ad operatori che riescono a coprire, anche con una sola antenna, un bacino d'utenza di milioni di abitanti, falsando ogni logica, anche meramente commerciale, e ledendo un comparto che è già fortemente prostrato. A titolo di esempi non esaustivi una micro antenna o impianto verrebbe ad avere lo stesso valore dell'antenna di Vaicava in Lombardia che copre 5 milioni di utenti oppure un operatore della regione Basilicata, che conta circa 600 mila abitanti, potrebbe trovarsi nella condizione di ottenere un indennizzo maggiormente premiante di un operatore della regione Lombardia, che conta invece circa 10 milioni di abitanti –:

   se, per il riconoscimento degli indennizzi previsti per il rilascio della frequenza della banda 700MHz, il Governo intenda attenersi ai criteri già seguiti con i decreti ministeriali 23 gennaio 2012 e 17 aprile 2015;

   se non si intendano rivedere le stringenti tempistiche previste dal bando 30 aprile 2020 per il rilascio delle frequenze al fine di adottare, come nelle precedenti occasioni, un decreto ministeriale prima del rilascio delle frequenze, consentendo agli operatori di conoscere gli importi degli indennizzi e le tempistiche di pagamento.
(2-00786) «Zanella, Gelmini, Mulè, Saccani Jotti, Palmieri, Cannatelli, Anna Lisa Baroni, Squeri, Orsini, Rossello, Aprea, Cattaneo, Tartaglione, D'Attis, Labriola, Mazzetti, Elvira Savino, Mugnai, Sozzani, Bergamini, Baldelli, Pentangelo, Germanà, Rosso, Fiorini, Pittalis, Casino, Nevi, Pettarin, Bagnasco, D'Ettore, Ravetto, Maria Tripodi».

Interrogazioni a risposta immediata:


   NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI, FIANO, GRIBAUDO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edilizia rappresenta da sempre un settore trainante del sistema economico ed occupazionale del nostro Paese e può costituire uno dei settori strategici per la ripartenza economica dell'Italia in questa cosiddetta «fase 2» dell'emergenza Coronavirus;

   si tratta di un comparto che ha registrato una gravissima crisi negli ultimi anni, determinando in Italia la chiusura di circa 130 mila imprese e la perdita di 640 mila posti di lavoro;

   l'ultimo rapporto dell'Osservatorio congiunturale sull'industria delle costruzioni dell'Ance, pur registrando negli ultimi tre anni una moderata inversione di tendenza, ha comunque rimarcato che i dati positivi relativi al 2019 non rappresentano un aumento in grado di segnare una vera svolta e di stabilizzare un settore che negli ultimi 11 anni si è ridotto ai minimi storici;

   il valore della produzione in Italia del settore delle costruzioni è rappresentato per il 74 per cento dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio e delle infrastrutture esistenti;

   un fattore importante per la crescita degli investimenti nella riqualificazione del patrimonio è rappresentato dagli incentivi per l'efficienza energetica, che hanno svolto un'azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla forte crisi che ha interessato il mercato delle nuove costruzioni;

   tali incentivi hanno anche quindi rappresentato, promuovendo la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, politiche efficaci di risparmio energetico, di contrasto al consumo di suolo e di messa in sicurezza degli edifici;

   alla luce delle varie tipologie di incentivi (che riguardano, ad esempio, la ristrutturazione edilizia, la manutenzione straordinaria, il risparmio energetico, l'abbattimento delle barriere architettoniche, la bonifica amianto, gli interventi antisismici, la riqualificazione di facciate e di parti comuni del condominio), che prevedono differenti percentuali di detrazione da spalmare in tempi diversi e tetti di spesa massima variabili, si rende urgente un coordinamento del quadro normativo esistente per renderlo organico e in grado di dare stabilità agli investimenti di famiglie e imprese e si rende, altresì, urgente il rafforzamento di alcune di queste misure per consentire che la riqualificazione energetica e l'adeguamento sismico del patrimonio edilizio italiano possano costituire il necessario volano per il rilancio economico del settore e dell'economia nazionale –:

   quali misure urgenti intenda assumere, compatibilmente con la sostenibilità ambientale, al fine di rilanciare e sostenere il comparto dell'edilizia, favorendo una filiera produttiva italiana legata alla riqualificazione energetica e alla riconversione ecosostenibile.
(3-01536)


   RIZZONE, GIARRIZZO, SUT, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, FANTINATI, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, SCANU e VALLASCAS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   la diffusione dell'epidemia da COVID-19 ha innescato, in Italia e in Europa, una crisi senza precedenti, che sta esponendo il nostro Paese a una prova durissima;

   se, da un lato, si assiste al calo generalizzato della domanda di beni e servizi, correlata all'introduzione delle necessarie misure di contenimento del contagio, dall'altro si registra l'aumento della richiesta di alcuni prodotti, più strettamente legati al contrasto della pandemia;

   la corsa all'acquisto scatenata dal diffondersi dell'epidemia, infatti, ha favorito una lievitazione dei prezzi al consumo di molti prodotti non solo di tipo sanitario e parasanitario (come igienizzanti e mascherine), ma anche di beni di prima necessità (alimentari in particolare);

   numerose sono le segnalazioni effettuate da parte dei cittadini per denunciare gli ingiustificati rincari, con riferimento in particolare ai prezzi di mascherine e di altri prodotti che coadiuvano il contenimento dei rischi di contagio;

   il fenomeno sopra descritto – quanto mai inopportuno in una situazione di necessità e di emergenza, non solo sanitaria ma anche economico-sociale, quale quella in cui versa il Paese – è da contrastare –:

   quali iniziative, oltre a quelle già adottate, intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per contrastare aumenti esorbitanti dei prezzi, pratiche commerciali scorrette, manovre speculative e altri fenomeni opportunistici legati all'emergenza sanitaria in atto, anche al fine di individuare soluzioni di sistema e prevenire ulteriori criticità che potrebbero estendersi anche su un numero più ampio di beni di prima necessità.
(3-01537)


   TARTAGLIONE, GIACOMONI, MANDELLI, MULÈ, SQUERI, POLIDORI, PRESTIGIACOMO, SPENA, MAZZETTI, ROSSO, BAGNASCO, FASCINA, SACCANI JOTTI, PALMIERI, FASANO, NAPOLI, PETTARIN, CASSINELLI, FIORINI, RUFFINO, CANNATELLI, SARRO, GIACOMETTO, ROTONDI, D'ATTIS, LABRIOLA, VIETINA e PITTALIS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   appaiono sottovalutati gli effetti della crisi generata dal COVID-19 per alcune categorie economiche;

   nel settore della ristorazione, l'Osservatorio sui bilanci 2018 delle società a responsabilità limitata della Fondazione nazionale dei commercialisti prevede una contrazione di 8,8 miliardi di euro (-37,9 per cento) per le 53.145 società a responsabilità limitata del settore. Questo calcolo non tiene conto delle regole sul distanziamento dei posti a sedere e delle presenze nell'esercizio che il Governo si accinge a varare, dalle quali deriva una drastica riduzione della clientela;

   in merito alla riapertura degli esercizi commerciali prevista per il 18 maggio 2020, nelle aree turistiche questa equivale ad aprire nel deserto. Una situazione che si protrarrà per mesi. Gli esercenti di molte vie commerciali a Roma, Firenze, Venezia hanno organizzato serrate e manifestazioni di protesta per quella data. Secondo la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (Cna), a Roma le imprese a rischio chiusura per alcuni settori arrivano al 40 per cento;

   per gli stabilimenti balneari (8.000 stabilimenti sui quali operano 30.000 imprese, quasi tutte a conduzione familiare), le regole del distanziamento, le incertezze sull'avvio delle attività e l'elevata possibilità di «defezione» del turismo straniero (6,6 miliardi di euro nel 2018) lasciano intravedere una consistente riduzione delle attività nel 2020;

   nelle bozze del decreto-legge in sede di redazione, per le imprese sotto i 5 milioni di euro di fatturato è previsto un contributo a fondo perduto una tantum in percentuale al calo del fatturato del mese di aprile 2020, rispetto allo stesso mese del 2019. Quanto alla tassa di concessione di suolo pubblico (Tosap) per gli esercizi di ristorazione, è previsto il mero azzeramento dell'imposta per gli spazi concessi in più, ma solo fino al 31 ottobre 2020. Per i balneari è prevista la sospensione di una rata dell'Imu e un fondo di 50 milioni di euro da condividere con altre categorie del turismo;

   le amministrazioni locali, nei limiti dei propri bilanci, stanno valutando ogni possibile forma di aiuto. Dall'azzeramento della Tosap per gli esercizi di ristorazione all'ampliamento delle aree pubbliche per essi disponibili, fino allo stanziamento di fondi per le attività maggiormente penalizzate. Misure apprezzabili, ma del tutto insufficienti –:

   quali iniziative urgenti di competenza, a carattere duraturo e non una tantum, si intendano adottare in favore delle categorie citate in premessa e se non ritenga opportuno prevedere misure di ristoro per i comuni che adottano misure di azzeramento della Tosap, oltre a maggiori risorse per il sostegno del settore balneare.
(3-01538)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOGLIANI, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo Terna è proprietario della Rete di trasmissione nazionale di energia elettrica ed è responsabile della trasmissione, del dispacciamento dell'energia e della gestione in sicurezza della stessa;

   con avviso pubblico, la società ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio dell'intervento per la realizzazione di un progetto della rete di alta tensione, che si sviluppa in due aree di intervento: «Area di intervento Dolo-Camin», tra le province di Venezia e Padova, e «Area di intervento Fusina-Malcontenta», nei comuni di Venezia e Mira e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'avvio del relativo procedimento di VIA;

   l'intervento nasce dall'esigenza di rafforzare la maglia della rete elettrica in Veneto e potenziare la capacità di connessione, trasformazione e trasmissione in sicurezza della potenza prodotta nell'area;

   la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato alla società Terna la necessità di acquisire chiarimenti ed approfondimenti relativi alla documentazione già fornita che, ad oggi, non è pervenuta alla richiedente commissione;

   in particolare, ad integrazione del «quadro di riferimento progettuale», si chiedono, tra le varie cose, chiarimenti sulle valutazioni progettuali alternative, riscontrando incoerenze relative alle modalità di dismissione delle linee e dei manufatti presenti;

   con riferimento al «quadro programmatico», risultano mancanti, tra l'altro, la copia degli accordi/protocolli di intesa stipulati a seguito delle attività concertative con gli enti locali interessati all'opera;

   infine, relativamente al «quadro di riferimento ambientale», vengono richieste integrazioni sull'analisi della componente «atmosfera» e dettagli sulle operazioni di bonifica e contaminazione dell'area interessata;

   i residenti delle aree attraversate dal progetto s'interrogano sull'elettrodotto lungo 15 chilometri, che arriverà da Dolo alla centrale nel territorio e per il quale saranno posizionati tralicci alti fino a 50 metri per una linea da 380 KV;

   comitati e associazioni di cittadini manifestano da tempo per creare un fronte compatto a favore dell'interramento delle linee e la creazione di un corridoio ecologico;

   nei giorni scorsi, si apprende dai media locali dell'ennesima manifestazione di protesta dei sindaci della zona, organizzata dal gruppo «No elettrodotto aereo», al fine di ribadire e sostenere l'appello «pro interramento» della tratta;

   anche la regione Veneto ha scelto di contestare il piano originario proposto da Terna, approvando all'unanimità una mozione del consiglio regionale, che impegna la regione ad «ottenere un progetto alternativo, che preveda l'interramento delle linee elettriche»;

   le zone fra Camin e Dolo, come altre interessate dal progetto, sono ad alta densità di insediamenti industriali e di elettrodotti aerei e si registrano percentuali elevate di malattie tumorali;

   in tale contesto, realizzare progetti che prevedono oltre 50 chilometri di linee elettriche ad alto voltaggio, che sono scientificamente correlate a forme di leucemia, appare quantomeno indispensabile e corretto considerare tutte le possibili alternative, ai fini della salvaguardia della salute dei cittadini;

   si apprende dai media che Terna Spa ha riproposto la realizzazione dell'elettrodotto aereo da 380 KV per il tratto Dolo-Camin, con modifiche irrilevanti in relazione all'impatto paesaggistico rispetto al precedente progetto, che si ricorda è stato bocciato dal Consiglio di Stato nel 2013 poiché il parere positivo del Ministero dei beni culturali sull'impatto dell'opera non è stato adeguatamente motivato, evidenziando l'opportunità di considerare l'opzione cavo interrato a tutela del paesaggio –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, in ordine alla convocazione di un tavolo istituzionale alla presenza del gruppo Terna e degli enti locali interessati, ai fini della revisione del progetto dell'elettrodotto aereo tra Dolo e Camin e per la determinazione di un possibile e fattibile interramento delle linee elettriche.
(5-03950)


   BUTTI, SILVESTRONI e ROTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa (Repubblica 7 maggio 2020 a firma Sara Bennewitz) si apprende che Telecom intenderebbe cedere una quota della rete secondaria (rame e fibra dal cabinet alle abitazioni) al fondo Kkr;

   nell'articolo si citano cifre e circostanze che lasciano trasparire quanto le «voci» siano reali;

   da anni si parla di rete unica, saldamente in mano pubblica, ma il Governo sembra del tutto assente su un tema estremamente strategico per il Paese, ad avviso degli interroganti, confermando, anche nel delicato contesto sanitario, fa propria inadeguatezza;

   ad avviso degli interroganti non va sottovalutata l'ipotesi che le voci sopra riportate possano comportare un incremento del valore delle azioni Tim, che potrebbe avere ripercussioni nella trattativa con Open fiber proprio in vista della rete unica –:

   quali iniziative di competenza, alla luce dell'intento più volte manifestato di favorire la creazione di un'unica infrastruttura di rete, intenda adottare il Governo a fronte delle indiscrezioni di cui in premessa, che configurano il rischio della cessione di parte della rete ad un fondo americano.
(5-03962)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in commissione Di Giorgi n. 7-00468, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Piccoli Nardelli, Ciampi, Rossi, Carnevali, Pezzopane.

  La risoluzione in commissione Belotti e altri n. 7-00472, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Patelli.

  La risoluzione in commissione Belotti e altri n. 7-00473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Patelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferrari e Zoffili n. 4-05590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Locatelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Galantino e altri n. 4-05599, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferrari n. 4-05605, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fantuz, Toccalini, Boniardi, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Castiello, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato di Ivrea, Formentini, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Zoffili.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   Interpellanza Zanettin n. 2-00760 del 29 aprile 2020.

   Interrogazione a risposta in Commissione Mulè n. 5-03859 del 29 aprile 2020.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Fogliani e altri n. 4-00093 del 7 maggio 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03949.

   Interrogazione a risposta scritta Fogliani e altri n. 4-00134 del 7 maggio 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03950.

   Interrogazione a risposta scritta Fogliani e Tonelli n. 4-03814 dell'11 ottobre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03951.

   Interrogazione a risposta scritta Fogliani e altri n. 4-03835 del 16 ottobre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03952.

   Interrogazione a risposta scritta Fogliani e altri n. 4-03837 del 16 ottobre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03953.