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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 24 aprile 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la disabilità è la condizione di un soggetto che ha una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale ed è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale;

    il mondo della disabilità ha vissuto profonde trasformazioni in epoca contemporanea e da anni si vede un'azione di rinnovamento dei servizi e degli interventi a favore della persona disabile;

    il concetto di disabilità è stato dibattuto in occasione della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, redigendo un documento finale approvato dall'Assemblea generale il 25 agosto 2006;

    secondo i dati dell'Istat che nel 2019 ha redatto un rapporto dedicato alla disabilità, i soggetti interessati in Italia sono 3,1 milioni ovvero il 5,2 per cento della popolazione;

    il decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto una serie di indennità di 600 euro da corrispondere a diverse categorie di lavoratori che hanno visto la propria attività lavorativa impedita o ridotta a causa dell'emergenza epidemiologica in atto;

    in particolare, l'articolo 44 del medesimo decreto-legge 18 del 2020 ha stanziato risorse da destinare al cosiddetto «reddito di ultima istanza» che, in parte è stato finalizzato all'erogazione di indennità una tantum per i professionisti iscritti alle casse di previdenza ordinistiche;

    l'articolo 34 del decreto-legge 23 del 2020 contiene una norma di interpretazione autentica del suddetto articolo 44 del decreto-legge «Cura Italia», dove si chiarisce che i soggetti individuati dalla norma, per poter accedere alla misura di sostegno al reddito, non devono essere titolari di trattamento pensionistico diretto;

    il risultato pratico delle due suddette norme introdotte nei decreti n. 18 e n. 23 del 2020, è che detta indennità spetta ai lavoratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps o alle casse professionali e, sembrerebbe, anche al lavoratore che percepisce un assegno di invalidità civile (provvidenza di natura assistenziale erogata dall'Inps), mentre vengono esclusi i lavoratori con patologie che percepiscono un assegno di invalidità dell'Inps grazie ai contributi versati. Bisogna tenere presente che per questi lavoratori questo assegno costituisce un'integrazione al reddito professionale, ridotto per la diminuita capacità lavorativa;

    appare inspiegabile la disparità di trattamento che va così a gravare sui lavoratori invalidi che percepiscono un'integrazione al reddito dovuta per la loro invalidità. In questo caso, gli stessi vengono esclusi dal bonus di 600 euro;

    l'operazione avrà un costo complessivo di un miliardo e 600 milioni di euro a fronte di una manovra di 70 miliardi di euro;

    come evidenziato nello stesso sito dell'Associazione Fish, si legge: «La FISH ponendo il problema all'INPS ha già ottenuto una risposta: l'esclusione non riguarda le pensioni/assegni assistenziali, quelli per invalidità, cecità e sordità civile, ma “solo” le analoghe prestazioni previdenziali di invalidità, quelle che spesso constano di poche centinaia di euro e che derivano da versamenti previdenziali del lavoratore stesso»;

    alla Fish, si sono aggiunte anche Fand, Favo, Uniamo e Ail, al fine di chiedere al Governo di rimuovere tale disparità,

impegna il Governo:

1) ad adottare urgentemente le iniziative di competenza anche normative atte a rimuovere le suddette evidenti disparità di trattamento, pervenendo a una corretta interpretazione delle norme di cui in premessa, affinché possano beneficiare delle suddette indennità anche i lavoratori professionisti che percepiscono un assegno di invalidità dell'Inps grazie ai contributi versati;

2) ad adottare iniziative per garantire ai soggetti disabili e con invalidità pari o superiori al 70 per cento per l'intero 2020 e il 2021 il rinnovo gratuito della patente di guida e la gratuità del bollo auto per il trasporto della persona disabile;

3) ad adottare iniziative per applicare alle persone con invalidità o disabilità a partire dal 50 per cento, lavoratori autonomi o titolari di aziende con 15 o più dipendenti, uno sgravio fiscale che veda l'abolizione di Irap, lo sconto del 50 per cento di versamenti Inps e dei contributi Irpef e un bonus per le spese relative alle forniture idriche ed elettriche pari al 50 per cento dei costi effettivi.
(1-00344) «Dall'Osso, Versace, Marrocco, Mazzetti, Pittalis, Cassinelli, Polidori, Labriola, Fiorini, Occhiuto, Mugnai».

Risoluzioni in Commissione:


   La II Commissione,

   premesso che:

    l'eventuale tracciamento dei contatti personali, mediante applicazioni quali la cosiddetta app «Immuni», incide su diritti e libertà fondamentali delle persone, tutelati sia dalla nostra Costituzione, che dal diritto dell'Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu): innanzitutto, il diritto alla riservatezza e al corretto trattamento dei dati; ma senza dimenticare il novero di altre situazioni giuridiche sulle quali la misura produrrebbe limitazioni dirette e indirette, a cominciare dalla libertà personale (intesa anche, in senso ampio, come libertà di sviluppare appieno la propria personalità entro ambiti materiali e immateriali sottratti alla soggezione dal potere), dalla libertà di circolazione, alla libertà di riunione e di associazione;

    tali diritti, nella Carta costituzionale e negli altri documenti sovranazionali e internazionali di tutela, sono sempre assistiti dalla garanzia della riserva di legge, e risultano comprimibili, salva in ogni caso la garanzia del nucleo essenziale, solo alla stregua di canoni di ragionevolezza e proporzionalità;

    in particolare, la riserva di legge, una delle garanzie più antiche del costituzionalismo, è volta a consentire che su determinate materie le decisioni siano assunte in modo esclusivo, o comunque con il concorso decisivo delle assemblee rappresentative, mediante il procedimento legislativo che assicura pubblicità, trasparenza e il concorso sia della maggioranza che delle opposizioni;

    va considerato, altresì, che la riserva di legge è complementarmente funzionale ad escludere in tutto o in parte, dai medesimi ambiti, la potestà normativa secondaria dell'Esecutivo, in virtù del minor grado di legittimazione democratica di cui esso gode, e per la necessità di mantenere una distinzione logica e cronologica fra momento del disporre in astratto, affidato al legislatore, e del provvedere in concreto, affidato all'amministrazione;

    anche alla luce delle linee e opinioni espresse nel corso dell'audizione presso la IX Commissione della Camera dal presidente del Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro;

    su tutti i punti sopra richiamati, si ritiene di far proprio e richiamare il documento «Tracciamento dei contatti e democrazia: lettera aperta ai decisori», predisposto dal Nexa Center for Internet & Society del Politecnico di Torino, sottoscritto da diversi autorevoli studiosi delle principali discipline coinvolte, del seguente preciso tenore:

     «L'uso di tecnologie e dati digitali svolge – e ancor più svolgerà – un ruolo importante nelle strategie di sanità pubblica attuate dagli Stati per contrastare l'epidemia COVID-19. Relativamente allo specifico, cruciale tema del tracciamento dei contatti, registriamo sia aspettative di efficacia molto dibattute per l'uso di un'applicazione per telefono mobile o dispositivi indossabili (nel seguito congiuntamente “app”), sia una preoccupante sottovalutazione dei rischi connessi alla messa in campo di “app” non adeguate;

     l'adozione di una “app” può costituire un valido ausilio, ma non può sostituire la professionalità del personale sanitario, che deve prendere le ultime decisioni e deve comunicarle con umanità e competenza alle persone coinvolte. Tale tecnologia dovrà essere inserita in una efficace strategia sanitaria complessiva e dovrà essere largamente accettata e utilizzata dalla popolazione. Affinché quest'ultima condizione si realizzi è essenziale che tale tecnologia sia trasparente, sia sicura e rispetti i diritti e le libertà fondamentali delle persone: solo così si potrà conquistare la fiducia dei cittadini e suscitare il loro desiderio di contribuire al contrasto dell'epidemia utilizzando una “app” installata sul loro dispositivo personale;

     non è solo un problema di privacy:

    il potere generato dall'accesso e dal trattamento di grandi moli di dati personali è in grado di modificare profondamente i rapporti e le relazioni tra le persone e soprattutto tra i diversi attori sociali, tra consumatori e imprese e inevitabilmente tra i cittadini e lo Stato. È un potere reale ed ambito;

    il diritto alla protezione dei dati personali, diventato per la prima volta diritto fondamentale proprio qui in Europa, tenta di governare questo potere ed ha un perimetro molto più ampio della semplice tutela della riservatezza e della privacy, diritto a cui molti, in questo periodo, sono astrattamente disposti a rinunciare in cambio di sicurezza sulla propria salute;

    i sistemi di sorveglianza e profilazione di massa, resi possibili dalle tecnologie digitali, generano facilmente diseguaglianze e discriminazioni e senza adeguate e stringenti garanzie possono minare l'esercizio di tutti i diritti della persona, nessuno escluso;

    la complessa disciplina che ha trovato uniforme regolamentazione nel regolamento generale per la protezione dei dati personali – Gdpr (regolamento (CE) 27 aprile 2016, n. 2016/679/UE), nelle varie direttive collegate e nelle leggi nazionali, mira a tutelare non solo e non tanto la privacy, ma in ultimo la dignità della persona nel corretto esercizio dei suoi diritti fondamentali;

    per queste ragioni, le scelte politiche che come società si faranno in questo particolare momento di emergenza nell'utilizzo di tecnologie digitali per la lotta alla diffusione del virus, e per il suo contenimento, saranno determinanti nel disegnare domani il rapporto tra cittadini e Stato. Anche la scelta di una semplice “app” determinerà se si è in grado di utilizzare la tecnologia per proteggerci e migliorare le nostre esistenze, all'interno delle democrazie che sono state così faticosamente costruite, oppure se, attratti dal potere costituito dall'accesso ai dati personali della popolazione (in particolare i dati sanitari), l'emergenza diventerà, come accaduto spesso in passato, l'occasione per consolidare o creare nuovi poteri e contribuire a realizzare una società della sorveglianza che annullerebbe la dignità della persona e svuoterebbe le libertà civili e sociali;

    per queste ragioni, è essenziale che la scelta di una tecnologia di tracciamento del contagio per la gestione della cosiddetta “fase 2” sia aderente e non in deroga alle garanzie dettate dalla normativa europea in tema di protezione dei dati personali e più in generale ai diritti fondamentali;

     la privacy può subire limitazioni in emergenza, ma conformemente alle garanzie previste dalla normativa a protezione dei dati;

     la normativa prevede espressamente trattamenti di dati personali in fasi emergenziali “se il trattamento è necessario a fini umanitari, tra l'altro per tenere sotto controllo l'evoluzione di epidemie e la loro diffusione o in casi di emergenze umanitarie, in particolare in casi di catastrofi di origine naturale e umana” (considerando 46 del regolamento generale per la protezione dei dati personali);

     qualsiasi tecnologia che implichi il trattamento di dati personali dei cittadini anche in emergenza dovrà essere pienamente aderente, per la specifica finalità perseguita, ai principi dettati dal regolamento generale per la protezione dei dati personali (in particolare articoli 5, 25, 30, 32), e in Italia dovrà rispettare il più alto livello di tutela previsto dal decreto legislativo n. 101 del 2018 in relazione ad alcune categorie particolari di dati tra cui i dati sanitari;

     nel trattamento di categorie particolari di dati personali, necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, la normativa prevede come base di liceità del trattamento una riserva relativa di legge, dunque un vaglio democratico parlamentare, che, nel rispetto dei principi di limitazione delle finalità e di conservazione e del principio di minimizzazione dei dati, specifichi i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili per le singole finalità e le misure di tutela (articolo 2-sexies del codice in materia di protezione dei dati personali); in relazione ai dati sanitari (dati ambiti ad alto valore commerciale), sono necessarie misure di garanzia individuate ad hoc dall'Autorità Garante in relazione a ciascuna categoria di dati, avendo riguardo alla specifiche finalità del trattamento (articolo 2 septies del codice in materia di protezione dei dati personali);

     una finalità di tracciamento dei contatti è diversa, per tipologia di dato e per le misure di sicurezza necessarie, da una finalità di telemedicina o da una finalità di certificazione amministrativa quale può essere un nulla-osta alla circolazione, una autocertificazione digitale, un “passaporto immunitario”, o da una mappatura geolocalizzata del contagio. Troppo spesso, nelle comunicazioni alla stampa, in relazione all'adozione di “app” i decisori confondono e non differenziano le differenti finalità e i diversi trattamenti;

     su invito del Consiglio europeo, la Commissione europea ha presentato una tabella di marcia verso la revoca delle misure di contenimento del coronavirus. Nel documento, il tracciamento dei contatti e l'allerta, mediante l'uso di applicazioni mobili, è una delle misure per il contenimento ed il controllo della pandemia e la misura viene descritta nel documento in piena aderenza ai principi individuati dallo European Data Protection Board. Lo stesso Parlamento europeo ha preso chiara posizione su alcuni requisiti chiave delle tecnologie di tracciamento dei contatti;

     a livello europeo, è dunque possibile utilizzare dati digitali di prossimità se memorizzati nei dispositivi, e quindi senza ricorrere a server centralizzati, e senza derogare o limitare alcun principio o norma a protezione dei dati personali;

     a questi principi, in un'ottica necessariamente paneuropea, deve attenersi anche l'Italia che, all'esito di una procedura di selezione di diverse proposte, ha scelto la soluzione denominata “Immuni” proposta dalla Bending Spoons S.p.a.»;

    i firmatari del presente atto di indirizzo sono preoccupati che, nell'effettiva messa in campo dell'applicazione (o delle applicazioni), si possano insinuare interessi che hanno priorità diverse da quella della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini e che quindi siano adottate e implementate soluzioni in deroga alla normativa a protezione dei dati;

    inoltre, preoccupano anche alcuni aspetti tecnici riguardanti le specifiche del protocollo alla base del modello tecnologico e sanitario prescelto e del software acquisito che non sono ancora stati sufficientemente chiariti, in particolare la disponibilità del software con il codice sorgente completo e con licenza di software libero, la possibilità (appresa da alcuni organi di stampa) di acquisire dati quali la geolocalizzazione e la scelta tra un sistema di archiviazione delle informazioni centralizzato e uno decentralizzato;

    la «Risoluzione del Parlamento europeo sull'azione coordinata dell'UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze» del 15 aprile (n. 2020/2616(RSP) ha chiesto espressamente «che la memorizzazione dei dati sia completamente decentralizzata» (punto 52) per le app nazionali di tracciamento contatti COVID-19 e che i protocolli e il codice siano resi pubblici al fine di permettere verifiche indipendenti relative in particolare agli aspetti di privacy e di sicurezza. Sono delle questioni fondamentali in termini di sicurezza e minimizzazione dei dati;

    per tutte le ragioni suddette, in relazione alla specifica finalità di tracciamento dei contatti e a fronte di un dibattito pubblico salutare e importante, ma non sempre chiaro e adeguatamente informato, i firmatari del presente atto, nel richiamare le indicazioni della Commissione europea, dell'European Data Protection Board e del Parlamento europeo, ritengono essenziale comunicare, in particolare ai decisori a cui spettano le difficili scelte di governo dell'attuale fase di emergenza, le cose per gli stessi firmatari importanti:

     1) Volontarietà: la collaborazione e la responsabilizzazione dei cittadini è fondamentale: nessuna applicazione e nessun artificio tecnologico potrà esser efficace senza di esse. Ma responsabilizzazione e collaborazione presuppongono fiducia reciproca. Nel periodo di cosiddetto «lockdown», la cittadinanza ha, con grande senso civico, rispettato le indicazioni delle autorità, anche quando sono state confuse e contraddittorie. Lo Stato e le Autorità, adottando soluzioni che rispettano i principi e la normativa a protezione dei dati, e dunque tenendo saldo il timone della tutela dei diritti fondamentali, avranno la fiducia dei cittadini e, con essa, collaborazione e senso di responsabilità. L'uso dell'app dovrà esser volontario e libero: nessuna limitazione o discriminazione potrà essere determinata dal mancato utilizzo dell'«app»;

     2) Una sola app; una sola finalità; per il tempo strettamente necessario: La finalità specifica di una app di tracciamento dei contatti deve essere il tracciamento dei contatti per la ricostruzione delle vie interpersonali di contagio. La complessità dell'obiettivo generale perseguito, cioè governare la convivenza con il virus, non deve indurre a sfruttare un trattamento specifico, effettuato per una finalità specifica, per altre finalità diverse ed ulteriori. Nel rispetto dei principi di privacy e di «security by design», limitazione delle finalità, minimizzazione e limitazione della conservazione dei dati, dovrà esser dunque escluso il trattamento di dati di geolocalizzazione – utili semmai per altre finalità estranee al tracciamento dei contatti – ed i dati dovranno essere tutti cancellati al termine del periodo di utilità degli stessi ai fini della ricostruzione del contagio. Si ritiene errato pensare di legare l'app di tracciamento dei contatti ad ulteriori funzionalità quali autocertificazioni online o più o meno improbabili nulla-osta di circolazione che richiedono altre e diverse valutazioni di liceità del trattamento;

     3) Trasparenze, verificabilità e sicurezza: il software delle tecnologie da adottare deve essere disponibile pubblicamente, con il codice sorgente completo e con licenza di software libero, e quindi liberamente verificabile da parte di chiunque e deve rispettare i più alti standard di sicurezza informatica;

     il protocollo su cui si basa l'applicazione e le specifiche dell'architettura del sistema, al pari dei documenti che hanno portato e porteranno alle scelte dei decisori, inclusa la necessaria valutazione d'impatto e i preventivi pareri del Garante della Privacy, devono essere pubblici e disponibili con licenza libera, e quindi liberamente verificabili;

     deve essere trasparente il governo complessivo dell'intero processo di tracciamento inserito nelle più ampie strategie di contenimento del virus nella «fase 2»: non solo, come necessario, in relazione alla normativa a protezione dei dati, ma in relazione a tutti i processi decisionali, dalle autorità competenti per tutti i provvedimenti derivanti dagli output del sistema, sino ai sistemi di controllo e verifica su tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, al fine di escludere qualsiasi interesse commerciale o di altra natura che possa inficiare o deviare la finalità perseguita;

     4) Adottare tecnologie e approcci decentralizzati: La memorizzazione dei dati deve essere completamente decentralizzata. I dati, opportunamente protetti con sistemi di anonimizzazione o di pseudonimizzazione, devono essere conservati localmente sui dispositivi, dove deve avvenire anche il calcolo del rischio di infezione. Se sarà necessario l'utilizzo di server centrali, dovranno essere trasmesse a tali server soltanto chiavi anonime e temporanee corrispondenti agli utenti infetti, in mondo che non sia consentito di risalire all'identità delle persone. La soluzione decentralizzata risponde appieno all'esigenza, propria dell'intera normativa a protezione dei dati, di lasciare ai cittadini il controllo sulle loro informazioni personali. È un elemento fondamentale che può agevolare la fiducia e la collaborazione e sottrae a qualsivoglia autorità, agenzia o soggetto la possibilità di usi impropri di dati sanitari che, come noto, possono avere alto valore commerciale e di «intelligence»,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per disciplinare la materia con norme di rango primario, come imposto dalla riserva di legge prevista dalla Costituzione, se del caso anche attraverso iniziative normative urgenti, che possano essere esaminate, discusse e approvate con il concorso dei rappresentanti del popolo;

   a promuovere un intervento organico, ad hoc, al fine di consentire una esaustiva riflessione e il necessario approfondimento da parte delle Commissioni competenti in sede parlamentare, esigenza evidentemente impossibile da soddisfare, là dove le misure in questione venissero disperse in provvedimenti omnibus;

   ad adottare iniziative per elaborare una disciplina che sia conforme ad alcuni principi irrinunciabili:

    1) volontarietà piena ed effettiva;

    2) unicità (una sola app, una sola finalità);

    3) temporaneità;

    4) trasparenza, verificabilità e sicurezza;

    5) de-centralizzazione delle tecnologie e degli approcci;

   ad adottare iniziative per subordinare l'installazione e l'utilizzo della app al consenso dell'utente, garantendo che questo consenso sia libero, consapevole e genuino, e non indotto mediante forme di coazione diretta o indiretta (anche sotto forma di apparente premialità), quali sicuramente sarebbero le limitazioni dei diritti e delle libertà costituzionali, o il divieto di accedere a servizi essenziali, per quanti non accettino di sottostare al tracciamento;

   ad adottare iniziative di competenza per garantire che il tracciamento sia conforme ai più rigidi parametri di adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità, secondo la logica del minimo mezzo e della minore invasività possibile, e della esclusiva, e comprovata, funzionalizzazione del rilevamento a esigenze contingenti di contenimento del contagio;

   ad assicurare che la gestione della piattaforma e dei dati prodotti sia pubblica, trasparente e controllabile;

   a garantire che la raccolta dei dati sia rigorosamente temporanea e legata all'esigenza di scongiurare una nuova diffusione del virus entro orizzonti temporali ristretti e predeterminati;

   ad assicurare che i dati raccolti, una volta esaurita la funzione e spirato il termine, siano cancellati;

   ad adottare iniziative di competenza per prevedere adeguate sanzioni per ogni ipotesi di violazione, da parte dei gestori e degli altri soggetti responsabili della rilevazione e del trattamento.
(7-00452) «Costa, Zanella».


   La X Commissione,

   premesso che:

    la crisi economica conseguente al diffondersi della pandemia di coronavirus ha messo in evidenza i rischi letali, non solo per la produzione nazionale, ma anche per la sicurezza e la salute nazionale, di una eccessiva dipendenza da un singolo Paese nelle catene produttive del valore;

    nel decreto n. 18 del 2020, fra le disposizioni economiche relative alla bilancia commerciale italiana con l'estero, sono state inserite appropriate misure, sebbene timide, per la promozione della internalizzazione delle nostre imprese e per la promozione del made in Italy nel mondo;

    diversamente, non vi è alcuna traccia in ordine a politiche per la rilocalizzazione della catena industriale e della filiera corta in Italia;

    è strategico facilitare il ritorno in Patria di produzioni manifatturiere che garantiscano il prodotto finito, come l'emergenza coronavirus ha drammaticamente dimostrato;

    recentemente, fra le misure per contrastare la crisi economica determinata dalla pandemia di coronavirus, il Governo giapponese ha stanziato 2 miliardi di euro per facilitare il ritorno in Patria di intere produzioni industriali e manifatturiere,

impegna il Governo:

   a istituire una commissione governativa per l'indicazione delle attività strategiche manifatturiere, il cui ritorno alla produzione nazionale deve essere privilegiato;

   ad assumere politiche attive e ad adottare iniziative per introdurre misure di finanziamento e/o di detassazione e/o credito di imposta per facilitare il rientro in Patria delle attività manifatturiere.
(7-00451) «Zucconi, Delmastro Delle Vedove, Varchi, Butti, Donzelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   TERMINI, GRIPPA, SERRITELLA, TESTAMENTO, LAPIA, FICARA, SARLI, MENGA, BOLOGNA, NAPPI, SAPIA, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI e SIRAGUSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'attuale emergenza epidemiologica da COVID-19, tra i presidi sanitari necessari per tutelare la difesa della salute personale, le mascherine costituiscono protezioni fondamentali per evitare la diffusione del contagio. Tuttavia, si rivelano una barriera insormontabile per la comunicazione delle persone sorde, imperniata sulla lettura dei movimenti labiali;

   da alcune recenti stime, risulta agli interroganti che in Italia la comunità dei disabili sensoriali, in particolare dei sordi e dei sordomuti, conta ad oggi circa un milione di persone che incorrono, in particolare in questo periodo di emergenza, nelle criticità legate alle barriere della comunicazione che sovente ne alterano le relazioni interpersonali;

   per ovviare a tali difficoltà sarebbe opportuno che il personale sanitario, i pubblici ufficiali, gli addetti comunali e tutti coloro che lavorano a stretto contatto con il pubblico, siano muniti di particolari dispositivi di protezione individuale, con tassello trasparente, per consentire alle persone con disabilità uditiva di poter leggere i movimenti labiali e quindi di comunicare;

   dalla stampa si apprende che alcune aziende italiane sarebbero impegnate nello studio di prototipi e test di questo nuovo tipo di dispositivi di inclusione sociale;

   è noto altresì agli interroganti che un gruppo di volontari dell'Alta Val Seriana in provincia di Bergamo, denominato «Donne&UominiCheCuciono», si sarebbe attivato per la produzione di mascherine con tassello trasparente, e, grazie ai social network, sarebbe riuscito a coordinare persino una prima distribuzione alle famiglie che ne facessero richiesta a titolo totalmente gratuito;

   da una diretta corrispondenza con l'ufficio italiano brevetti e marchi, presso il Ministero dello sviluppo economico, la prima firmataria del presente atto è venuta a conoscenza del deposito nel mese di marzo 2020 di una richiesta di registrazione di brevetto relativa proprio ai dispositivi di protezione individuale per persone non udenti, che risulterebbe essere in attesa di verifica del servizio brevetti del Ministero della difesa –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle problematiche di cui in premessa e quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, intervenendo sul processo di produzione, approvvigionamento e distribuzione di tali dispositivi sull'intero territorio nazionale;

   se il Governo non ritenga opportuno attivare le iniziative di competenza al fine di porre in essere la produzione certificata di dispositivi di protezione individuale volti all'inclusione sociale, con tassello trasparente, e alleviare lo stato di disagio in cui vivono i cittadini affetti da disabilità uditiva.
(3-01488)


   DONZELLI, GALANTINO, DEIDDA, ROTELLI, CARETTA, CIABURRO, TRANCASSINI e MANTOVANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tema del conferimento di incarichi extraistituzionali da parte delle pubbliche amministrazioni ai magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato, chiamati a giudicare le controversie tra il cittadino e la stessa pubblica amministrazione, è quanto mai attuale ed era già stato incidentalmente affrontato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento pro tempore che, nella risposta data all'interrogazione n. 4-03267 pubblicata alla Camera il 15 giugno 2009, aveva ritenuto superata l'incompatibilità del consigliere di Stato Vito Poli, a cui era stato conferito un incarico di natura tecnico-scientifica dal Ministero della difesa, una volta che questi aveva cessato di far parte della IV Sezione del Consiglio di Stato deputata a trattare le controversie del Ministero della difesa;

   risulta agli interroganti che il medesimo magistrato sia stato oggi nuovamente assegnato alla IV sezione del Consiglio di Stato, peraltro quale presidente, sebbene detta sezione continui a trattare specificamente i contenziosi amministrativi del Ministero della difesa;

   il Consigliere Vito Poli ha ricevuto in passato numerosi incarichi professionali dal Ministero della difesa, tra i quali quello, remunerato, di redigere il nuovo codice dell'ordinamento militare oggi in vigore;

   la doppia veste di consulente retribuito del Ministero della difesa e giudice che si occupa dei contenziosi dello stesso dicastero suscita, secondo gli interroganti, legittime perplessità sul possibile conflitto di interessi e sulla garanzia di terzietà di giudizio sancita dall'articolo 111 della Costituzione;

   a parere degli interroganti appare chiaro che il caso del citato magistrato, così come di tutti gli altri che versano nella medesima potenziale condizione di conflitto di interessi per il solo fatto di aver in passato svolto incarichi per una pubblica amministrazione sottoposta alla propria giurisdizione, non possa assicurare, quanto meno sul piano dell'immagine esterna dell'istituzione, la terzietà, l'indipendenza e l'autonomia della funzione giurisdizionale, requisiti fondamentali e qualificanti della stessa funzione, come sancito dagli articoli 111 e 104 della Costituzione –:

   se si ritenga di adottare le iniziative di competenza, in particolare normative, in relazione a quanto esposto in premessa e, comunque, al fine di evitare situazioni di sostanziale incompatibilità, anche sotto il profilo dell'immagine istituzionale, a carico di membri degli organi della giustizia amministrativa.
(3-01489)


   MISITI, DONNO, TRIZZINO, ROBERTO ROSSINI e TROIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   lo statuto delle Nazioni Unite è fondato sui principi della dignità e dell'eguaglianza di tutti gli esseri umani e, con la legge n. 654 del 13 ottobre 1975, è stata ratificata e resa esecutiva la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966;

   l'articolo 3 della Costituzione italiana recita che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»;

   sono cronaca di questi ultimi giorni le affermazioni riportate durante la trasmissione televisiva «Fuori dal coro» del 21 aprile 2020 dal giornalista Vittorio Feltri, attuale direttore del quotidiano Libero, che commentando alcune dichiarazioni del presidente della regione Campania, ha rilasciato dichiarazioni evidentemente, a parere dell'interrogante, volte all'odio sociale, affermando come «i meridionali, in molti casi, siano inferiori»;

   l'articolo 48 della legge professionale n. 69 del 1963 afferma che «Gli iscritti nell'Albo, negli elenchi o nel registro che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell'Ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare è iniziato d'ufficio dal Consiglio regionale o interregionale, o anche su richiesta del procuratore generale competente ai sensi dell'articolo 44»;

   è notizia di queste ore che il presidente del Consiglio nazionale Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, avvierà un'azione legale contro Vittorio Feltri, reo di aver violato i precetti del codice deontologico dell'ordine dei giornalisti;

   con decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, sono state ridefinite le norme relative ai contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, in attuazione dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, che nello specifico determina le deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti;

   dai dati pubblicati dall'ufficio al sostegno all'editoria e in possesso dello scrivente, risulterebbero assegnati 5.541.745,16 come contributo al lordo delle ritenute, per i contributi diretti alle imprese editrici per l'anno 2018, di cui al decreto n. 70 del 2017 precedentemente menzionato, alla testata giornalistica Libero –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto;

   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, affinché i contributi statali di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, vengano assegnati a testate giornalistiche che non fomentino l'odio sociale o comunque non adottino strumenti volti a incentivare la discriminazione né direttamente, dalle pagine delle proprie testate, né attraverso dichiarazioni o atti compiuti direttamente e/o per conto dei propri editori e/o direttori.
(3-01490)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO, ROTELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA, CIABURRO, MOLLICONE, GALANTINO, PRISCO, LUCA DE CARLO, MASCHIO, SILVESTRONI, VARCHI, CARETTA, TRANCASSINI, FERRO e BUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dalle dichiarazioni riportate da organi di stampa italiani, sembrerebbe che il Presidente della Commissione europea Von der Leyen abbia dichiarato che «(...) Le persone anziane potrebbero dover rimanere isolamento “fino alla fine dell'anno” per evitare ogni rischio di contrarre il coronavirus (...)», delineando una ipotesi di percorso per la cosiddetta fase 2 nella gestione della pandemia da coronavirus;

   il sottosegretario per la salute Zampa ha dichiarato «è evidente che in questo quadro la priorità dovrà essere la tutela delle persone più fragili come anziani, immunodepressi e persone con comorbilità»;

   si ipotizza, in sostanza, un percorso diversificato tra popolazione tutta e gli ultra settantenni con restrizioni per questi ultimi ed ulteriori sacrifici;

   non si vorrebbe che l'unico criterio applicato sia stato quello di qualche millennio addietro di Terenzio «Senectus ipsa morbus»;

   il geriatra Bernabei, inoltre, membro del Cts, avrebbe così affermato: «Proteggiamo i più fragili, ma no al lockdown infinito per gli anziani (...) Organizziamo degli Stati generali per l'assistenza alla terza età»;

   appare altresì evidente che l'eventuale adozione di tali presunte disposizioni future potrebbe comportare sacrifici maggiori e pesanti limitazioni proprio alle persone anziane;

   al riguardo, e con riferimento all'ipotesi di isolamento sociale, giova ricordare che anziani mantenuti in ambiente confinato e deprivati della possibilità di fare movimento, sono sottoposti a un progressivo aumento del rischio cardiaco e vascolare strettamente collegato alla persistente sedentarietà, con aumento di infarti ed ancor più di ictus, oltre che al peggioramento di tutte le patologie metaboliche ed in particolare del diabete;

   la mancanza di movimento fisico e di contatto sociale con altri individui, inoltre, indurrebbe a un deterioramento dei processi cognitivi degli anziani, come dimostrati solo dopo breve soggiorno in ambiente Rsa (demenza senile, Halzheimer);

   la tendenza alla depressione delle persone anziane, causata dalla fragilità della condizione senile, sarebbe inoltre aggravata dall'isolamento anche se nella propria casa;

   non appaiono, inoltre, trascurabili i problemi causati dall'interruzione di attività professionali intellettualmente impegnative a un numero considerevole di anziani che provocherebbero relativo e serio nocumento alla salute fisica e mentale;

   eventuali restrizioni delle libertà personali, infine, sarebbero causa dell'interruzione della importante funzione sociale svolta nell'ambito familiare dalle persone più anziane che farebbero mancare il loro determinante supporto agli altri membri della famiglia impegnati in attività quotidiane diverse;

   alla luce delle considerazioni appena formulate, sembrerebbe ragionevole ipotizzare certamente un quadro normativo futuro che tuteli la salute di tutti e, in particolar modo, dell'ampia categoria degli immunodepressi e delle persone più vulnerabili e che si rivelano maggiormente esposte al rischio di contrarre il virus Sars-Cov-2. Al contempo, e nell'ambito di questa categoria, appare ragionevole ipotizzare un set di processi di profilassi che, fermo restando l'adozione di misure di distanziamento sociale e l'uso di strumenti di protezione individuali, siano dedicati alle persone anziane e volti alla tutela della loro salute fisica e alla stabilità della loro condizione psicologica, ma tali da non determinare eccessive restrizioni della libertà personale e drastiche interruzioni delle attività professionali e delle funzioni sociali in ambito familiare –:

   quali siano le linee di indirizzo politico e le relative iniziative che il Governo intende adottare volte a tutelare la salute delle persone anziane dal rischio di contagio dal virus Sars-Cov-2 e se, in particolare, saranno adottate eventuali misure di restrizione della libertà personale.
(5-03858)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO e GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 3 aprile 2020 l'Azienda Sanofi s.p.a. ha notificato all'Aifa il rischio di carenza per il farmaco Plaquenil, a base di idrossiclorochina, proprio mentre un'associazione di pazienti reumatici manifestava la propria preoccupazione rispetto alla possibile indisponibilità di quantità di farmaco sufficienti a garantire la continuità terapeutica per le indicazioni autorizzate;

   la denuncia è arrivata anche dal segretario di Federfarma Roma, secondo cui il Plaquenil, l'antimalarico su cui si sono accessi i riflettori per i possibili effetti contro Covid-19, è «in rottura di stock da una ventina giorni. La situazione è a macchia di leopardo, possono esserci 2-3 confezioni in qualche farmacia a seconda dei giorni, ma il farmaco non si trova praticamente più. La richiesta è molto aumentata»;

   di fatto, il farmaco Plaquenil non è in carenza, ma la richiesta è talmente elevata (5 volte il consumo medio storico con un trend in costante crescita) che si verificano indisponibilità presso grossisti e farmacie: se da un lato, infatti, viene solitamente utilizzato per il trattamento di malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide, la sindrome di Sjogren o il lupus eritematoso sistemico (Les), motivo per cui i pazienti che «vivono» di questo farmaco ne stanno facendo scorte, preoccupati di non riuscire più a trovarlo, dall'altro il boom del Plaquenil è dovuto anche al via libera dato dall'Aifa per il trattamento dei casi meno gravi di infezione da Sars-CoV-2;

   il risultato è che in pochi giorni il Plaquenil e gli altri farmaci a base di idrossiclorochina sono diventanti merce rara nelle farmacie di tutto il territorio nazionale, con il rischio che persone affette da artrite reumatoide, sindrome di Sjogren o LES rischiano di dover interrompere le terapie –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertato il rischio di carenza per il farmaco Plaquenil, se non ritenga di autorizzare lo Stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze alla produzione di farmaci a base di idrossiclorochina, al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti affetti da patologie di ambito reumatologico già in trattamento cronico con idrossiclorochina e assicurare la disponibilità del farmaco anche per i pazienti con malattia Covid-19, evitando al contempo fenomeni di accaparramento.
(4-05368)


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'avvicinarsi del presumibile inizio della cosiddetta Fase 2, tra i diversi temi aperti nel dibattito politico vi è senza dubbio quello dell'utilizzo dei sistemi e delle applicazioni per il «contact tracing», ossia dei programmi in grado di «tracciare» i contatti avuti da persone positive grazie all'utilizzo dei dati dei dispositivi mobili;

   durante l'informativa del 21 aprile 2020 al Senato, il Presidente del Consiglio Conte ha ribadito che è importante «rafforzare la strategia di mappatura dei contatti sospetti» e che «l'immediatezza nell'individuazione dei contatti stretti dei casi positivi e il loro isolamento sono cruciali per evitare che singoli contagiati possano determinare nuovi focolai. Per questo un'applicazione informatica disponibile su smartphone è uno strumento essenziale per accelerare questo processo». L'Italia ha scelto di utilizzare l'app «Immuni» che, come ha spiegato la Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, è stata scelta da un gruppo di esperti tra oltre 300 applicazioni; si è stabilito che funzioni con il bluetooth, che sia open source (garanzia ulteriore per il suo funzionamento) e che i dati trattati vengano resi quanto più possibile anonimi e cancellati dopo un certo lasso di tempo. Inoltre, il sistema sarà gestito da uno o più enti pubblici;

   assodato il fatto che l'utilizzo dell'app sarà volontario, rimangono delle incertezze sulla scelta di un modello centralizzato o decentralizzato, per cui, nel primo caso è un server esterno a gestire i dati, mentre nel secondo le informazioni vengono mantenute separate sui dispositivi elettronici. Sono molti gli esperti che sottolineano la maggiore sicurezza – in termini di privacy – dell'utilizzo di un sistema decentralizzato, così come stanno scegliendo di fare la Svizzera e il Belgio;

   in merito a un'indagine più approfondita sull'app Immuni, nella convinzione che ad ogni modo il sistema di contact tracing abbia delle implicazioni per la sicurezza della Repubblica anche in termini di salute pubblica, il Copasir ha dichiarato di voler audire il Ministro della salute, Roberto Speranza, e la Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, il direttore generale, prefetto Gennaro Vecchione e il vicedirettore del dipartimento informazioni e sicurezza professor Roberto Baldoni –:

   quali siano le caratteristiche specifiche del modello scelto per la gestione dei dati personali e quali siano le caratteristiche puntuali nella gestione delle app e dei sistemi informatici che si intendono implementare per garantire un utilizzo corretto dei dati, che escluda ogni rischio di utilizzo per scopi di sorveglianza e che preveda una immediata cancellazione nel più breve tempo possibile.
(4-05371)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 2 aprile 2020 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato un decreto che stabilisce nuovi criteri per l'immissione di specie faunistiche nel nostro Paese, che è diventato già esecutivo dal giorno 15 dello stesso mese;

   il decreto stabilisce nuovi criteri per la reintroduzione e il ripopolamento di specie: per quelle autoctone, ricollegandosi all'allegato D di un precedente decreto del 1997 e, per quelle non autoctone, prevedendo ulteriori e stringenti disposizioni;

   le nuove misure prevedono che gli enti di gestione devono compiere la valutazione dello studio preventivo di fattibilità per le specie endemiche, nonché la formulazione di una preventiva richiesta da inoltrare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, corredata da uno studio del rischio, per le immissioni di specie alloctone;

   tale decreto, in un periodo di emergenza sanitaria da Covid-19 come quella attuale, incrementa in misura significativa la burocrazia per le amministrazioni regionali italiane, a scapito sia delle attività delle stesse regioni, già congestionate in ragione della pandemia, sia di quelle degli operatori del settore, soprattutto degli operatori di allevamenti specializzati;

   sono particolarmente colpiti anche i settori dei parchi zoologici e degli acquari che a stento cercano di sopravvivere in questo periodo e garantire i migliori standard di qualità e benessere di tutti gli animali, con personale ridotto e con l'azzeramento di tutti i flussi economici in entrata dai visitatori;

   inoltre, occorre fornire da parte del Ministero o dell'Ispra specifiche indicazioni circa le immissioni di specie di interesse venatorio e per la pesca sportiva;

   peraltro, solo pochi mesi fa durante il primo Governo Conte, è stato approvato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019, che permetteva di derogare alle previsioni della direttiva «Habitat» sulle specie alloctone, al fine di consentire i ripopolamenti delle trote fario e iridea; in tale decreto era previsto che, nel termine di sei mesi, il Ministero avrebbe dovuto redigere le proprie linee guida su tale argomento che, tuttavia, non risultano ancora emanate;

   l'emanazione del nuovo decreto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare crea una situazione di ulteriore disagio e incertezza, che va a sommarsi sulla crisi prodotta dalla pandemia di Covid-19, incidendo in modo anomalo sugli allevamenti specializzati costretti a stoppare gli stock di animali prodotti, proprio a ridosso del momento in cui gli stessi avrebbero ripreso la propria attività –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per risolvere le questioni esposte in premessa, allo scopo di alleggerire i nuovi compiti previsti dal decreto del 2 aprile 2020 per gli operatori e per le regioni, in questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, e per adottare immediatamente specifiche misure in favore dei ripopolamenti di specie negli allevamenti specializzati.
(4-05372)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la qualifica di restauratore di beni culturali è attribuita, in esito ad apposita procedura di selezione pubblica con provvedimenti del Ministero che danno luogo all'inserimento in un apposito elenco suddiviso per settori di competenza e reso accessibile a tutti gli interessati (articolo 182, comma 1-bis, del «Codice Urbani» di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004);

   gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia (articolo 29, comma 6, del «Codice Urbani»);

   negli ultimi 18-20 anni la situazione dei restauratori Italiani è stata segnata da un percorso scandito da continui cambiamenti di leggi e decreti che non hanno fatto altro che creare grande confusione senza dar la possibilità di capire chi realmente potesse operare sui beni vincolati;

   fino al 2004 corsi che rilasciavano diplomi regionali di restauratore dei beni culturali (con specializzazione per tipologie di opere) hanno formato moltissimi giovani che hanno potuto operare per anni con l'avvallo delle sovrintendenze competenti;

   con la registrazione da parte della Corte dei conti, in data 6 agosto 2014, del decreto ministeriale 13 maggio 2014 di approvazione delle linee guida applicative dell'articolo 182 del codice dei beni culturali e del paesaggio, si avvia la procedura prevista dalla disciplina transitoria (legge n. 7 del 14 gennaio 2013) per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali e collaboratore restauratore di beni culturali;

   il 28 dicembre 2018 è stato pubblicato l'elenco degli abilitati all'esercizio della professione di «restauratore di beni culturali». Si tratta di oltre 6 mila persone tra esperti del restauro storici e quelli che si sono formati attraverso le scuole di alta formazione del Ministero, le università o le accademie di belle arti, esperti specializzati sulla base dei 6 percorsi formativi professionalizzanti previsti dal decreto ministeriale n. 87 del 2009:

    PFP 1 - Materiali lapidei e derivati; superfici decorate dell'architettura;

    PFP 2 - Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti;

    PFP 3 - Materiali e manufatti tessili e in pelle;

    PFP 4 - Materiali e manufatti ceramici, vitrei e organici. Materiali e manufatti in metallo e leghe;

    PFP 5 - Materiale librario e archivistico. Manufatti cartacei e pergamenacei. Materiale fotografico, cinematografico e digitale;

    PFP 6 - Strumenti musicali. Strumentazioni e strumenti scientifici e tecnici;

   coloro i quali hanno già ottenuto la qualifica di collaboratore restauratore/tecnico del restauro partecipando all'apposito bando pubblico dell'11 settembre 2014, potranno in futuro sostenere la prova di idoneità per l'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali prevista dall'articolo 182 del codice in via transitoria –:

   se il Governo, in merito alla figura di tecnico del restauro (ex collaboratore), intenda adottare iniziative per:

    a) pubblicare una nota chiarificatrice sulla permanenza in atto della transitorietà del procedimento, che consenta lo svolgimento dell'attività lavorativa ai professionisti regolarmente iscritti (con specifico codice Ateco) presso le rispettive camere di commercio;

    b) assumere una decisione in merito a data, luoghi e modalità di svolgimento dell'esame abilitante per accedere alla qualifica di restauratore;

    c) valutare le esperienze lavorative tra il 2015 e il 2019 ai fini dell'acquisizione di categorie lavorative;

   se, in merito ai restauratori, il Governo intenda adottare iniziative per:

    a) offrire la possibilità di reinserimento dei dati per accedere alla qualifica di restauratore, per coloro che per diversi motivi non hanno potuto farlo nel 2015;

    b) prevedere la parificazione/equipollenza dei titoli di studio tra scuole di alta formazione (Saf) e scuole regionali almeno triennali conseguiti entro la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 42 del 2004 che ha stabilito il primo riordino, al fine di ridurre la sperequazione fra diplomati Saf e gli altri diplomati, che, in seguito alla norma attuale, vede i diplomati Saf anche di preparazione triennale, equiparati a «laureati», anche predisponendo una prova di idoneità integrativa presso le Saf o la possibilità di integrare la formazione con corsi di specializzazione presso le Saf, per il conseguimento dei crediti necessari;

    c) rivedere la normativa in materia di appalti pubblici, con riferimento alla previsione che determina l'attribuzione di un maggior punteggio alle ditte presso cui è presente un direttore tecnico diplomato Saf, ad avviso dell'interpellante contravvenendo così al principio di equità delle posizioni di partenza per i partecipanti a una gara d'appalto.
(2-00757) «Pettarin».

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Mandatoriccio è un comune, in provincia di Cosenza, di circa tremila abitanti che nel periodo estivo viene raggiunto da decine di migliaia di persone;

   i cittadini di Mandatoriccio hanno sempre potuto contare sulla presenza della stazione dei carabinieri;

   ritenendo i locali della stazione in via Nazionale, n. 113, non più idonei sia per una carenza di requisiti di funzionalità, ma anche in considerazione del fatto che nell'ambito dell'operazione «Stige» era stato tratto in arresto il figlio della comproprietaria dei locali, l'Arma ha chiesto alla prefettura di Cosenza – con nota prot. 100/960-1-1934 – di rescindere il relativo contratto di locazione;

   al fine di mantenere il predetto presidio all'interno del territorio comunale, si è aperta una fitta interlocuzione istituzionale con la prefettura e con il comando provinciale di Cosenza;

   nello specifico il comune di Mandatoriccio ha dato la disponibilità a concedere gratuitamente l'utilizzo dell'ex edificio della scuola media, per essere parzialmente adibita a stazione dei carabinieri in quanto trattasi di stabile che avrebbe necessitato solamente di piccoli interventi di adeguamento sismico e funzionale chiedendo al Ministero dell'interno di potervi fare fronte;

   il comune ha, inoltre, indetto diverse manifestazioni di interesse rivolte ai soggetti proprietari di immobili, perché, previa valutazione di idoneità, si rendessero disponibili a concederli in locazione all'ufficio territoriale del Governo, con conseguente godimento e utilizzo da parte dell'Arma;

   il sindaco di Mandatoriccio ha comunicato gli esiti di tali manifestazioni di interesse alla competente prefettura, rappresentando che due soggetti si erano resi disponibili all'effettuazione dei lavori di adeguamento richiesti dalla destinazione cui avrebbero dovuto essere adibiti gli immobili;

   da ultimo il comune ha dato incarico di redigere (ed ha, poi, approvato) il progetto di adeguamento di un altro edificio comunale, Palazzo S. Barbara, per un importo di euro 1.097.916,63, trasmettendolo al Ministero dell'interno, al fine dell'ottenimento di un apposito sostegno finanziario, soprattutto in considerazione del fatto che l'ente si trova in stato di dissesto finanziario;

   l'interrogante si è personalmente interessata della questione cercando di organizzare un confronto in prefettura tra il sindaco di Mandatoriccio e il comando dei carabinieri, incontro che, a causa dell'emergenza epidemiologica, non si è potuto tenere;

   l'interrogante, però, ha appreso che il 21 aprile 2020, senza un congruo preavviso al sindaco e alla cittadinanza di Mandatoriccio, il comando dei carabinieri ha provveduto al ripiegamento della stazione di Mandatoriccio su quella di Scala Coeli;

   con nota 319/458-18-1908 la compagnia di Rossano ha informato il sindaco che il presidio di legalità all'interno del territorio comunale sarebbe stato garantito a mezzo di «stazione mobile» nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì (dalle 10:00 alle 13:30) e che, nei restanti giorni di saranno svolti servizi di controllo del territorio di competenza del comando (comprendente anche Pietrapaola);

   il trasferimento della stazione dei carabinieri in questione, peraltro avvenuto in piena emergenza epidemiologica, è intervenuto con forme e tempi che l'interrogante ritiene in contrasto con il principio di leale collaborazione tra amministrazioni;

   difatti, la comunicazione del ripiegamento con un congruo e ragionevole preavviso avrebbe quantomeno consentito alle autorità comunali di informare la cittadinanza e prendere gli opportuni provvedimenti;

   il mantenimento di un presidio di legalità, quale la stazione dei carabinieri è, per contro, indispensabile e irrinunciabile costituendo, per la cittadinanza, una presenza fondamentale per la sicurezza della comunità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle specifiche e valide ragioni che avrebbero condotto la prefettura e l'Arma dei carabinieri a non dare riscontro alle soluzioni alternative proposte dal comune di Mandatoriccio;

   se e con quali modalità i Ministri interrogati intendano ripristinare la stazione dei carabinieri all'interno del territorio comunale.
(4-05374)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI, CIABURRO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, MASCHIO, MOLLICONE, PRISCO e ROTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il prolungarsi dell'emergenza epidemica ha indotto all'adozione di misure eccezionali anche nell'ambito dei procedimenti penali, per consentire la celebrazione delle udienze indifferibili, come, ad esempio, la convalida dell'arresto, salvaguardando al contempo il principio di cautela sanitaria preventiva del distanziamento tra persone;

   la soluzione adottata, con l'introduzione dei commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 83 del decreto-legge «Cura Italia», propone di attribuire ai giudici, escludendo anche il previo consenso del difensore, la possibilità di organizzare la celebrazione dei processi da remoto, senza distinguere tra imputati detenuti o liberi;

   l'ipotesi prospettata, ad avviso dell'interrogante, si concretizza in una smaterializzazione dell'intero rito penale, dagli atti delle indagini preliminari e per tutto il processo, con il dislocamento fisico e conseguente collegamento video da sito imprecisato del giudice e delle parti, con addirittura un vulnus alla segretezza della decisione in camera di consiglio, individualmente delocalizzata per ogni giudicante;

   tali soluzioni non hanno nulla a che vedere con la semplificazione telematica delle comunicazioni e delle disponibilità degli atti di causa, che certamente contribuiscono a snellire la macchina giudiziaria: l'eliminazione della fisicità del luogo di udienza e delle relazioni tra le parti del processo rischia di minare i principi costituzionali di garanzia e, per le modalità previste, viola le vigenti regole di protezione dei dati e di sicurezza informatica e, conseguentemente, pone dei dubbi in materia di sicurezza nazionale, anche considerata la delicatezza dei temi oggetto di indagine;

   tale processo virtuale, peraltro, si realizza mediante l'utilizzo di piattaforme riconducibili a imprese private, sottratte alla vigilanza della giurisdizione nazionale, senza alcuna garanzia di legittimità, segretezza, privacy e cyber security dell'accesso ai dati e del loro trattamento secondo le vigenti norme italiane, secondo modalità organizzative determinate, peraltro, non dalla legge ma dall'autorità amministrativa ministeriale;

   lo stesso Garante per la protezione dei dati personali, rammaricandosi di non essere stato interpellato sulle determinazioni della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (Dgsia) in ordine alla scelta della piattaforma, ha ricordato come «È bene che questo spirito riformatore e le potenzialità proprie di questa scelta legislativa non siano frustrati nella prassi della gestione ordinaria e che, pur in un contesto difficile quale quello che viviamo, non venga meno quella leale cooperazione istituzionale rivelatasi, senza eccezioni, estremamente proficua per tutti gli interessi giuridici in gioco»;

   con provvedimento del 20 marzo 2020, il Dgsia del Ministero della giustizia ha individuato in «Skype Professional» e «Teams», entrambi di proprietà Microsoft, i sistemi da utilizzare per lo svolgimento delle udienze da remoto –:

   quali motivazioni e procedure abbiano portato a individuare nelle citate piattaforme quelle utili allo svolgimento delle udienze da remoto e se nella scelta si sia tenuto conto delle normative che tutelano la concorrenza fra operatori economici;

   se il Ministro interrogato abbia verificato l'esistenza di aziende italiane in grado di fornire analogo servizio anche attraverso l'utilizzo di tecnologia italiana;

   quali siano le garanzie prestate dalla Microsoft per la tutela dei dati giudiziari trattati e raccolti, con riferimento non solo alla tutela della privacy, ma anche per scongiurare il rischio che i dati immessi nel sistema siano utilizzati per fini ulteriori e non consentiti e garantire che server e connessioni avvengano sul territorio italiano;

   se, nell'individuare le piattaforme, si sia tenuto conto di quanto previsto dagli articoli 11 e 12 del decreto del Ministro della giustizia del 27 aprile 2009 in tema di infrastruttura e requisiti dei software e se sia stato emanato il decreto ivi richiamato e cosa preveda;

   come la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (Dgsia) intenda dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con particolare riferimento alla facoltà di collegamento da remoto indipendentemente dalla condizione di detenzione del soggetto.
(4-05358)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia ha ratificato nel 2013 la «Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica». La Convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

   l'alienazione parentale AP, chiamata in origine Pas, non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica. Ma spesso viene utilizzata nelle Ctu come pretesto, talvolta unico, per allontanare minori dalle madri, definendole alienanti, simbiotiche, malevole, manipolatrici;

   sostanzialmente sull'argomento la Corte di Cassazione ha ritenuto la AP priva di fondamento scientifico e nel 2019 la Corte ha escluso la decisiva rilevanza processuale di tale sindrome definendola priva di basi scientifiche;

   diversi articoli di stampa riportano la vicenda di Sabrina, una donna che dopo aver denunciato le violenze dell'ex compagno, rischia di perdere la custodia del figlio di 4 anni avuto con l'uomo. Dopo anni di soprusi e violenze, la donna è infatti accusata di «alienazione genitoriale», nonostante il padre del bambino sia stato condannato per maltrattamenti;

   «Il mio ex compagno, si legge su www.tpi.it, è stato riconosciuto come pericoloso e violento nei riguardi miei e di nostro figlio, con disturbo manipolativo a carattere istrionico/narcisista, ma il tribunale civile continua a proteggere lui anziché me e soprattutto il bambino»;

   dopo la nascita del bambino sono iniziate le aggressioni e le violenze fisiche nei confronti di Sabrina, perpetrate anche alla presenza del figlio e talvolta anche dinanzi ai parenti più stretti della coppia. «Un giorno abbiamo avuto l'ennesima lite furiosa, il mio ex compagno mi ha minacciata con una spranga di ferro davanti al bambino e mi ha buttata fuori di casa». «Mi ha detto che se fossi tornata mi avrebbe uccisa»;

   è a quel punto che la donna decide di denunciare, temendo per la propria vita e per quella del figlio. La sentenza di condanna di primo grado arriva nel 2017, ma dopo la sentenza continuano le minacce. «Un giorno mi ha inviato una mail dove alla fine del messaggio c'era un pupazzo di Babbo Natale a terra morto, l'ennesima minaccia nei miei confronti»;

   il bambino intanto inizia a vedere il padre con incontri protetti insieme agli assistenti sociali. Da uno di questi incontri torna con lo zainetto pieno di pericolosi petardi, vietati ai minori di 18 anni. L'uomo, che ammette il gesto, parla di una «leggerezza», ma lei sa che si tratta di una nuova intimidazione;

   nel 2019 Sabrina e il bambino vengono inseriti in una struttura protetta. Nel frattempo prosegue la battaglia per la tutela legale del bambino, durante il quale la donna viene accusata di avere un atteggiamento «ostativo alla genitorialità del padre ». Nel processo civile, infatti, nonostante vengano riconosciute le capacità genitoriali di Sabrina, la consulente tecnica d'ufficio, conclude sottolineando l'atteggiamento ostile, diffidente e sfiduciato della donna, che sarebbe da considerare ostativo alla genitorialità del padre e dunque tale da giustificare e richiedere la sospensione della sua responsabilità genitoriale. Questo nonostante i contatti del padre con il bambino, anche telefonici, siano continuati con regolarità: «Rischiare di perdere mio figlio perché ho denunciato la violenza è un ricatto inaccettabile» –:

   se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale, che, come spiegato in premessa, è priva di validità scientifica;

   se intenda adottare le iniziative di competenza affinché vengano adottate misure idonee a tutelare donne e minori coinvolti in episodi di violenza domestica;

   se non ritenga di promuovere, con estrema urgenza, iniziative ispettive in relazione all'operato degli uffici giudiziari che si sono occupati del caso di cui in premessa.
(4-05365)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORINI, SOZZANI, MULÈ, MAZZETTI e CATTANEO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi è sospesa l'attività di numerosi cantieri per la realizzazione di opere pubbliche e ciò non è conseguenza diretta della normativa emergenziale per la prevenzione della pandemia di COVID-19, in quanto collegata al blocco degli approvvigionamenti e alla carenza dei materiali, in seguito alla sospensione delle attività connessa ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri COVID-19;

   peraltro, il blocco delle opere pubbliche risulta essere preesistente al diffondersi, in Italia, dell'epidemia del coronavirus e ai conseguenti provvedimenti di contenimento;

   le infrastrutture e l'edilizia rappresentano un volano imprescindibile per il nostro Paese per la ripresa di molteplici filiere composte da numerose piccole, medie e grandi imprese;

   per consentire il riavvio del settore delle opere pubbliche nel quale operano circa 500 mila imprese con 2,7 milioni di addetti, appare necessario pagare immediatamente i lavori eseguiti con un Sal (stato di avanzamento lavori) emergenziale e, in seguito, con Sal mensili a regime;

   ci sono, infatti, 6 miliardi di euro di risorse già stanziate nei bilanci dei diversi enti pubblici per i cantieri su tutto il territorio nazionale che sono inutilizzate;

   si tratta di risorse economiche, accantonate e disponibili, specificatamente destinate al pagamento per stati di avanzamento di opere già realizzate, dunque non maggiori risorse da stanziare e delle quali attendere l'erogazione in favore delle stazioni appaltanti;

   ad oggi, tali risorse risultano inspiegabilmente bloccate;

   alle soglie della partenza della cosiddetta «fase 2» della gestione dell'emergenza coronavirus, in presenza di condizioni tecniche e sanitarie per riavviare l'attività dei cantieri edili in condizioni di sicurezza, si reputa improcrastinabile consentire la celere ripresa dell'esecuzione delle opere pubbliche e di tutto l'indotto sia mediante l'adozione di adeguati protocolli di sicurezza, sia mediante la semplificazione delle relative procedure di affidamento, fattori che, uniti, costituiscono un freno troppo pesante per lo sviluppo di un settore strategico per la ripresa economica nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per consentire il pagamento immediato delle opere eseguite sulla base dello stato di avanzamento dei lavori di emergenza, riavviando lo strategico settore delle opere pubbliche;

   quali specifici protocolli di sicurezza anti-contagio si intendano adottare per una celere ripresa dell'attività dei cantieri di opere pubbliche e dei diversi comparti del settore coinvolti nella filiera produttiva.
(4-05370)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «Selam Palace» è la più grande occupazione abitativa romana di titolari di protezione internazionale e non solo. Situato in zona La Romanina, attualmente si stima che ospiti circa 700/800 persone in maggioranza uomini, ma anche famiglie, donne e bambini;

   il palazzo è nato come struttura universitaria di nove piani e certamente non è adatto a ospitare un numero così elevato di persone. Intere famiglie, infatti, si trovano a vivere in stanze piccole, senza finestre, ricavate tramite pannelli di cartongesso dai vecchi aule e corridoi. Inoltre, poiché il palazzo non nasce per uso abitativo, ma per ospitare uffici e aule, è carente di servizi igienici;

   si è appreso dalla stampa che, dalle 19 del 21 aprile 2020, al Selam Palace di Roma, occupato principalmente da rifugiati somali, eritrei, etiopi e sudanesi e circondato dal 5 aprile 2020 da Esercito e polizia, da quando hanno cominciato a registrarsi casi di positività al coronavirus, sembrerebbe 53 in tutto, su quasi 500 persone, il cordone delle forze dell'ordine si sia dileguato; da quanto si è appreso da vari comunicati stampa, ma mai di interesse per la televisione pubblica, per la competente Asl laziale la strategia dal 21 aprile 2020, all'interno di un ambiente tra i più promiscui della capitale, è fatta di distanziamento sociale, lavaggio delle mani e mascherine per limitare il contagio;

   appare del tutto evidente che andrebbero fatte scelte alternative rispetto a quella di raccomandare il lavaggio delle mani, come quella di svuotare tutto il palazzo per evitare la circolazione del virus non solo all'interno della struttura, soprattutto adesso che si prevede che gli occupanti, al pari di qualsiasi cittadino, potranno entrare e uscire e gli spostamenti saranno del tutto illimitati, a partire presumibilmente dal 4 maggio 2020;

   i cancelli del Selam Palace sono stati chiusi per 15 giorni, con gli occupanti che non potevano entrare o uscire, anche solo per la spesa;

   probabilmente non esistono dubbi circa l'opportunità di adottare provvedimenti straordinari rispetto a una situazione potenzialmente esplosiva come quella del Selam Palace, dove esiste una situazione di promiscuità e affollamento che, al pari di quella che può registrarsi in una residenza per anziani o in altre residenze collettive, può dar luogo alla propagazione del contagio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali siano gli atti amministrativi con i quali è stata disposta la chiusura totale del centro e la presenza h24 delle forze armate e della polizia per 15 giorni e chi ne abbia disposto il loro allontanamento il 21 aprile 2020;

   quali misure sanitarie, oltre che di ordine pubblico, si intendano attuare per arginare la potenziale emergenza epidemiologica della zona adiacente al «Selam Palace».
(3-01487)

Interrogazione a risposta scritta:


   IOVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel quadro delle misure in materia di gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in data 31 marzo 2020 veniva emanata la circolare n. 15350/117(2) del Ministero dell'interno che, oltre a esplicitare una precisazione relativa agli spostamenti, confermava il divieto di assembramento e degli spostamenti di persone fisiche, in linea con le disposizioni emanate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;

   la ratio di tali disposizioni risiede nell'esigenza di ridurre l'espandersi del contagio da coronavirus; in tale ottica, si inseriscono il divieto di ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici, le restrizioni agli spostamenti nonché le prescrizioni concernenti il rispetto della distanza interpersonale;

   i divieti, inoltre, concernono anche l'impossibilità di organizzare manifestazioni di qualsiasi natura nonché cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri;

   tuttavia, nonostante le suindicate restrizioni, nel comune di Saviano, in provincia di Napoli, si è registrato un accadimento in totale contrasto con le disposizioni vigenti;

   l'episodio, in particolare, è legato al decesso del sindaco del comune a causa del contagio da COVID-19;

   nello specifico, emerge come, nel giorno successivo al decesso, gruppi di cittadini si siano riversati nelle strade per rendere un ultimo saluto all'autorità comunale, prendendo parte a una commemorazione che si sarebbe svolta, secondo le testate locali e alcune testimonianze, alla presenza di appartenenti alla polizia municipale e di volontari di Protezione civile in un contesto di inammissibile affollamento;

   l'ipotesi che ne deriva è che l'evento sia stato preventivamente organizzato ed emerge, inoltre, come episodi della medesima portata sempre legati alla scomparsa del primo cittadino siano avvenuti presso l'ospedale Santa Maria della Pietà di Nola dove il sindaco era primario e dove si sarebbe tenuta una cerimonia nell'atrio del nosocomio alla presenza di medici, del sindaco di Nola Gaetano Minieri e del consigliere regionale Pasquale Sommese. Appare del tutto evidente come tale accadimento non risulti consono a un contesto in cui più di qualsiasi altro luogo devono osservarsi le misure di sicurezza sanitarie e le prescrizioni ed è necessario appurare con quali modalità si sia organizzata l'adunanza, affinché tali episodi vengano chiariti individuandone i responsabili;

   conseguentemente ai fatti sopra riportati e al fine di tutelare l'incolumità pubblica, con l'ordinanza della regione Campania n. 35 del 19 aprile 2020, sono stati disposti per la durata di una settimana il divieto di allontanamento dal territorio comunale e di accesso allo stesso e la sospensione delle attività degli uffici pubblici, salvo i servizi essenziali e di pubblica utilità;

   appare necessario, inoltre, sottolineare come la procura della Repubblica di Nola si sia opportunamente attivata aprendo un'inchiesta per fare luce sull'accaduto e per valutare se si sia trattato di una partecipazione spontanea e incontrollabile o se vi sia stata una preventiva organizzazione;

   tenuto conto che il comune di Saviano si trova nel cuore di un'area del napoletano densamente popolata, dove un contagio potrebbe facilmente estendersi, appare necessario identificare coloro che hanno partecipato all'adunanza nonché ricostruire la dinamica, accertando le relative responsabilità –:

   ferme restando le funzioni attribuite alla procura della Repubblica in ordine allo svolgimento delle dovute attività di indagini e all'accertamento di eventuali reati, se il Ministro interrogato non intenda, per quanto di competenza, chiarire se l'adunanza nel nosocomio di Nola sia avvenuta nel rispetto delle disposizioni vigenti correlate alla tutela dell'incolumità e se e con quali modalità siano state adottate dall'ente locale tutte le misure idonee ad evitare quanto poi si è irrimediabilmente verificato e se non intenda, altresì, adottare ogni iniziativa di competenza volta ad evitare pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza al fine di assicurare il regolare funzionamento nonché la continuità gestionale dell'amministrazione locale nonostante il venir meno dell'amministratore eletto dai cittadini.
(4-05359)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   è entrato in vigore il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, «Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato»;

   in tale decreto, non viene presa in considerazione e disciplinata la situazione di migliaia di candidati privatisti iscritti agli esami di idoneità (regolati dagli articoli 192-193 del decreto legislativo n. 297 del 1994); vale a dire quegli esami che sanciscono il passaggio degli studenti privatisti da una classe a quella successiva;

   gli studenti privatisti che intendono accedere a una classe per la quale non possiedono titolo di ammissione, devono sostenere delle prove: degli esami finali (esami di idoneità, appunto) che – in seguito al superamento di verifiche sulle materie previste – consentono di accedere alla classe desiderata;

   gli esami di idoneità possono essere sostenuti presso una scuola pubblica o presso una scuola paritaria: libera è la scelta del candidato privatista su questo punto;

   solitamente, le scuole paritarie prevedono la sessione di esami di idoneità nel mese di giugno, prima delle date programmate a livello nazionale per lo svolgimento dell'esame di Stato (maturità);

   migliaia di studenti privatisti hanno iniziato a studiare e tuttora continuano a farlo, tramite la didattica on line, con l'obiettivo degli esami a giugno 2020;

   per gli allievi regolarmente iscritti e frequentanti la scuola pubblica verranno verosimilmente valutati i risultati ottenuti tramite la didattica a distanza, per cui già ai primi di giugno verrà sancito, praticamente tout court, il loro passaggio alla classe successiva;

   purtroppo, nulla garantisce che nel mese di settembre la situazione epidemiologica sia definitivamente risolta e che non siano invece necessarie ulteriori misure di contenimento del virus. Se ciò dovesse accadere, si correrebbe il rischio di un ulteriore slittamento della data esami, con conseguente perdita dell'anno scolastico da parte degli studenti privatisti;

   non è possibile lasciare in sospeso il destino di migliaia di studenti privatisti, che si trovano semplicemente a subire la situazione di straordinaria emergenza da coronavirus –:

   se il Governo intenda attivare ogni iniziativa di competenza per garantire che i candidati privatisti siano trattati in maniera conforme agli studenti non privatisti, in ottemperanza al principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione), e che agli stessi sia garantito lo svolgimento degli esami di idoneità nel mese di giugno 2020, eventualmente anche online, tramite verifica della loro preparazione, escludendo l'ipotesi di procrastinare gli esami.
(2-00756) «Pettarin».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO, VARCHI, CARETTA, MONTARULI, PRISCO e MANTOVANI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo i più recenti dati del Ministero dell'istruzione, le scuole paritarie, in Italia, sono circa 12.564, contro le oltre 40.000 statali, e accolgono circa 866.805 studenti, a fronte dei circa 7,5 milioni di studenti iscritti presso le strutture pubbliche; di questi 866.805 studenti, ben 524.031 sono nel segmento della scuola dell'infanzia, comprendendo asili e scuole materne;

   l'intero settore delle scuole paritarie, in Italia, impiega circa 160.000 unità di personale, tra docenti (90.000 circa) e tecnici-amministrativi (70.000) e le rette a carico delle famiglie oscillano dai 2.000 ai 4-5.000 euro annui, suddivise in 10 mensilità, a seconda del grado di istruzione;

   come riportato dalla testata giornalistica Il Sole 24 Ore, il sistema delle scuole paritarie era già in affanno prima della crisi da COVID-19 e, a seguito della diffusione della pandemia, dal 5 marzo 2020 esse si sono dovute adeguare alle esigenze di didattica a distanza;

   a fronte della chiusura dei plessi scolastici, al pari delle scuole statali, gli interventi a sostegno degli istituti paritari sono stati esigui: per le pulizie straordinarie sono stati stanziati 3,7 milioni di euro a fronte dei 43,5 per le scuole pubbliche e, dopo il passaggio parlamentare, 2 milioni di euro (contro gli 85 milioni per le scuole statali) per dotarsi di piattaforme e strumenti da utilizzare per la didattica digitale;

   nonostante gli utili stanziamenti di fondi a favore degli istituti paritari, il quadro risulta ulteriormente aggravato alla luce dei dati diffusi da Aninsei Confindustria, i quali indicano come nel solo mese di marzo 2020 solo il 30 per cento delle famiglie abbia pagato le rette scolastiche, e di come ad aprile invece nessuna famiglia abbia potuto sostenere il pagamento della retta, tendenza che, se dovesse continuare, comporterebbe la chiusura di almeno il 50-60 per cento degli asili nel mese di settembre, obbligando le altre strutture ad incrementare le proprie rette;

   come stimato da Aninsei Confindustria, un'eventuale chiusura massiccia delle scuole paritarie comporterebbe maggiori costi alla collettività nazionale nell'ordine dei 5-6 miliardi di euro, considerando che, secondo dati Ocse, la spesa media complessiva per uno studente è in Italia di circa 6.500 euro l'anno (più delle rette degli istituti paritari) e che gli studenti degli istituti che si ritroverebbero costretti a chiudere sarebbero improvvisamente a carico del sistema pubblico;

   in questo senso, il costo un intervento a sostegno del pagamento delle rette da parte delle famiglie si dimostrerebbe, in prospettiva, sensibilmente inferiore rispetto ad un tardivo intervento ex post, senza contare gli eventuali danni in termini di perdite di posti di lavoro per docenti e personale Ata attivo nel settore;

   per consentire a sempre più studenti di frequentare le scuole paritarie, numerosi istituti mantengono rette per studente inferiori ai costi medi stimati per la formazione individuale degli stessi; ne consegue che un sostegno al settore si convertirebbe naturalmente in un sostegno agli studenti e alla collettività tutta, evitando così una serie di ripercussioni e costi economici e sociali che difficilmente potrebbero essere sopportati dal sistema scolastico nell'attuale contesto di crisi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano predisporre, se del caso, per:

    a) sostenere, anche mediante l'istituzione di fondi appositi, le famiglie meno abbienti e in maggiore difficoltà con i pagamenti delle rette degli istituti di cui in premessa;

    b) concepire un sistema di detraibilità integrale del costo delle rette versate alle scuole paritarie dalle famiglie messe maggiormente in difficoltà dalla crisi epidemiologica da COVID-19, fino alla riapertura degli istituti.
(4-05361)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATTANZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale emergenza sta ponendo nuove sfide al nostro Paese, soprattutto laddove le restrizioni e le misure di contenimento del contagio impongono la chiusura di attività produttive e di gestione dei servizi. È in questo scenario che si mostra in maniera netta l'enorme contributo delle associazioni e degli enti del terzo settore alle comunità;

   si evidenzia, infatti, che la continuità di molti servizi – soprattutto di natura assistenziale nei confronti delle fasce di popolazione più fragili – è assicurata dal lavoro incessante di collaboratori e volontari impiegati negli organismi del terzo settore, anche a rischio della propria salute;

   il terzo settore gioca un ruolo fondamentale nel benessere delle comunità, in relazione alla sua essenza di presidio di prossimità e profonda conoscenza del territorio locale in cui opera. Per tale motivo nelle ultime settimane è cresciuta la consapevolezza – all'interno del dibattito politico legato alle misure di sostegno – di aiutare e sostenere adeguatamente – anche da un punto di vista economico – il lavoro di enti ed associazioni;

   se da un lato si sta lavorando per assicurare un celere sblocco delle risorse provenienti dal 5 per mille per le annualità del 2018 e 2019, una ulteriore misura di semplificazione risulterebbe essere quella dell'eliminazione della quota di cofinanziamento in capo alle associazioni e agli enti del terzo settore, nel quadro dei finanziamenti pubblici ai progetti: in tal modo, si darebbe la possibilità di accedere ai finanziamenti anche laddove non via sia la disponibilità di liquidità da parte delle associazioni – considerato il momento emergenziale – permettendo però la continuità dei progetti e, dunque, assicurando anche una continuità dei servizi, a beneficio delle comunità interessate –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare l'adozione di iniziative per apportare modifiche ai criteri di emanazione dei bandi destinati a finanziare progettualità di associazioni ed enti del terzo settore, al fine di eliminare la quota di cofinanziamento in capo a tali soggetti per andare incontro a una fase di crisi che rende difficile la loro disponibilità di liquidità e perché, dunque, si eviti il rischio di bloccare ulteriormente l'erogazione di servizi rivolti al sociale a vantaggio della popolazione.
(4-05363)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori pubblici andati in pensione il primo gennaio 2018, con 41 anni di contributi, avrebbero dovuto ricevere il trattamento di fine servizio (Tfs) nell'aprile 2020, al termine dei 27 mesi previsti da normativa vigente. Con l'introduzione della cosiddetta «legge Fornero», l'Inps tuttavia conteggia i 27 mesi a partire dalla maturazione di 42 anni e 8 mesi di contribuzione, pertanto i suddetti 27 mesi avranno scadenza a dicembre 2021, con ulteriore ritardi nell'erogazione del Tfs;

   in via generale, i ritardi nell'erogazione del Tfs, maturato negli anni dai lavoratori pubblici, rappresentano un problema annoso che andrebbe risolto tempestivamente in quanto percepito come fortemente penalizzante e iniquo per chi ha maturato il diritto a percepire il trattamento di fine servizio;

   di recente, è stata annunciata la prossima emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione della cosiddetta legge «Quota 100», per ottenere un anticipo del Tfs fino a 45 mila euro ed è stato contestualmente annunciata anche la convenzione con l'Associazione delle banche (Abi), che dovrà garantire un trattamento di assoluto favore ai pensionati e pensionandi del settore pubblico che decideranno di avvalersi di questo strumento –:

   quali iniziative di competenza siano state adottate o si intendano adottare per velocizzare la definizione di soluzioni volte all'ottenimento, da parte dei pensionati pubblici, del Tfs anticipato.
(4-05367)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PERANTONI, LAPIA, SCANU, CADEDDU e CORDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Sardegna, fin dall'inizio dell'epidemia nell'isola, ha fatto registrare numeri da record nella diffusione del contagio da Covid-19 tra il personale sanitario: i primi focolai del virus si sono verificati in ambito ospedaliero, dapprima al San Francesco di Nuoro e in seguito, in misura molto più grave e allarmante, al Santissima Annunziata di Sassari, oltre che negli ospedali di Alghero, Olbia, Ozieri, Oristano e Cagliari. Secondo i dati della regione, sul totale dei positivi in Sardegna, il 24 per cento sono operatori sanitari. In particolare, l'84,7 per cento dei contagi degli operatori sanitari sardi è avvenuto in ambienti ospedalieri (per il 69 per cento) e in strutture sanitarie di assistenza (il 15,7 per cento). Solo il 7,8 per cento dei sanitari positivi ha contratto il virus in ambienti extra-ospedalieri; mentre, per il restante 7,5 per cento, non è stato invece possibile ricostruire la catena del contagio. Solo a seguito dell'esplosione – o scoperta – di focolai infettivi all'interno delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa), nelle ultime settimane anche in Sardegna sono scattati i controlli a tappeto con tamponi a tutti i pazienti e dipendenti. A fronte dei 1.215 casi di positività al Covid-19 registrati al 19 aprile (796 solo a Sassari, ovvero il 66 per cento), il personale sanitario che si è infettato corrisponde – come detto – a oltre il 24 per cento del totale. Si tratta di un dato impressionante, con percentuali più che doppie rispetto a quelle nazionali. Altro aspetto fortemente negativo è quello che riguarda il numero di tamponi effettuati, poco più di 15.000: una media di soli 3 tamponi giornalieri ogni 10 mila abitanti, tanto da riservare alla Sardegna un allarmante primato negativo a livello nazionale. L'amministrazione regionale ha dapprima provato a minimizzare, quindi ha manifestato reticenza nel comunicare i dati e, infine, parrebbe che quelli diffusi ufficialmente non coincidano con quelli certificati – in percentuali maggiori – dall'Istituto superiore di sanità. La provincia più colpita è quella di Sassari dove, tra ospedali e Rsa, sono stati registrati oltre il 50 per cento dei casi totali e si sono verificati gravi episodi sui quali anche le competenti procure della Repubblica hanno cominciato ad indagare. La situazione più grave si è registrata all'ospedale Santissima Annunziata di Sassari, dove sono ripetuti gli episodi di positività che si continuano a registrare tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari nei vari reparti, tanto che il nosocomio rischia di diventare un focolaio incontrollato e incontrollabile. A metà marzo, l'intero reparto di cardiologia è stato isolato e blindato, con medici e infermieri bloccati all'interno ed evacuati, a quanto risulta all'interrogante sotto la supervisione del prefetto di Sassari dopo oltre 72 ore; numerosi sono i contagi risultati tra medici, infermieri, specializzandi, operatori socio-sanitari e pazienti di quello e di altri reparti, come cardiochirurgia, nefrologia, ginecologia. Oltre ai casi successivamente registrati in psichiatria e medicina interna. L'ultimo grave episodio si è verificato in geriatria nella settimana di Pasqua: una infermiera e una paziente, ricoverata da fine marzo e poi deceduta, sono risultate positive. Gli esami successivi hanno evidenziato, a quanto consta all'interrogante, la positività al Covid-19 di altri otto operatori sanitari del reparto, nel quale, peraltro, non risulta che, nel frattempo, i ricoveri siano stati sospesi. Da ultimo, si rileva l'apertura, il 18 aprile 2020, della cosiddetta «area grigia» per pazienti sospetti Covid non biologicamente confermati, a conferma del fatto che, sino a tale data, le procedure utilizzate non hanno tenuto conto degli effetti dirompenti correlati al mancato accertamento della positività all'infezione virale prima del ricovero in reparti non adeguati alla gestione di pazienti asintomatici. È inevitabile e urgente, dunque, che si provveda tempestivamente, in un momento di indiscutibile emergenza come questo, per evitare di far precipitare la sanità sarda e sassarese oltre il punto di non ritorno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle vicende riportate in premessa e se intenda adottare iniziative ispettive, per quanto di competenza, al fine di verificare se siano stati rispettati i protocolli e se medici, infermieri e operatori sanitari tutti siano nelle condizioni di lavorare in sicurezza, per sé stessi e per i pazienti, al fine di assicurare a tutti le necessarie cure e garantire il diritto fondamentale alla salute.
(4-05357)


   OLGIATI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a Legnano insiste una residenza assistenziale sanitaria (Rsa) denominata Accorsi che ospitava ad inizio emergenza Covid-19 un centinaio di persone;

   dai primi giorni di aprile 2020 all'interno dell'azienda, gestita dalla cooperativa Kcs, si assiste a una situazione ai limiti dell'assurdo. I parenti non hanno più alcuna notizia da parte dei gestori e non sanno più nemmeno le condizioni di salute dei propri cari che risiedono nella struttura; per un periodo è stato sospeso anche il servizio di video-chiamata isolando completamente dall'esterno gli ospiti;

   da notizie di stampa che filtrano grazie a qualche dipendente che ancora trova la forza e il coraggio di parlare la situazione sembra essere drammatica con quasi 30 morti e una altissima percentuale di operatori sanitari e medici assenti, perché anch'essi contagiati, con la conseguenza che all'interno si può dedurre una grave carenza di organico;

   tra gli ospiti portati in ospedale a causa dell'aggravarsi delle condizioni di salute risulta anche almeno un caso di persona fortemente disidratata;

   i parenti degli ospiti hanno sollecitato anche l'intervento delle forze dell'ordine per cercare di avere la possibilità di avere informazioni ma nemmeno il loro intervento è stato risolutivo;

   in data 17 aprile 2020 è stato presentato un esposto alla procura di Busto Arsizio per accertare l'eventuale commissione di reati nella gestione della Rsa da parte di Kcs;

   ad oggi la regione Lombardia non risulta all'interrogante essersi attivata per porre rimedio tramite i propri organi tecnici –:

  se, sulla base di tutto quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per cercare di risolvere una situazione di estrema urgenza che potrebbe avere risvolti ancora pesantemente più drammatici di quanto sembra.
(4-05360)


   LABRIOLA, PAOLO RUSSO, MARCHETTI, RUFFINO, PITTALIS, MUGNAI, NAPOLI, CASINO, CAPPELLACCI, POLIDORI, DALL'OSSO, RIPANI, VERSACE, FITZGERALD NISSOLI, SISTO, PALMIERI, BAGNASCO, CASSINELLI e D'ATTIS. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo il dossier elaborato in questi giorni da Tecné, su commissione di Forza Italia, le previsioni socio-economiche dei prossimi mesi restituiscono uno scenario gravissimo: entro la fine dell'anno circa un milione e settecentomila piccole e medie imprese rischiano la chiusura. Il prodotto interno lordo scenderà ben sotto la soglia del -9 per cento stimata dal Fondo monetario per giungere al -14,7 per cento, con le conseguenti ricadute in termini occupazionali (circa 6 milioni di italiani saranno disoccupati) e un aumento della povertà al 22,7 per cento;

   oltre a ciò, il dossier Tecné indica un dato ancor più preoccupante sull'andamento della pandemia di Covid-19 e, in particolare, sulla già ipotizzata seconda ondata del contagio;

   dall'inizio del prossimo anno, e non dall'autunno come ipotizzato dagli svariati esperti incaricati dal Governo, il Meridione del nostro Paese potrà essere investito dal secondo contagio con una nuova ondata proveniente dai Paesi dell'Africa e dell'Asia, con effetti catastrofici;

   proprio dai Paesi africani, come noto, si registrano importanti flussi verso l'Europa e, in particolare sui Paesi che affacciano sul Mediterraneo e, quindi, sul sud dell'Italia;

   se nella gravissima attuale situazione sanitaria ed economica il Mezzogiorno ha registrato un limitato numero di contagi, le fragili strutture sanitarie sul territorio e l'economia di tutta quell'area rischiano una situazione di collasso con gli inevitabili contraccolpi per l'economia nazionale;

   paiono improcrastinabili urgenti e attente strategie per contenere i catastrofici effetti sistemici della seconda ondata di coronavirus, con una particolare attenzione al Sud del nostro Paese;

   è necessario agire non solo sul fronte dell'immigrazione, ma anche su quello degli scambi commerciali, stipulando accordi con i Paesi dell'Africa, potenziando i servizi sanitari nell'area del Mezzogiorno e intensificando i controlli –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere, anche a livello internazionale, per evitare i gravissimi effetti sanitari ed economici che possono derivare da una seconda ondata di contagio proveniente dai Paesi del continente africano, con particolare riguardo al Sud dell'Italia.
(4-05362)


   PAITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che il Policlinico San Martino di Genova sarebbe stato escluso dalla lista dei dieci ospedali autorizzati dall'Agenzia italiana del farmaco, per sperimentare le cure del Remdesivir, farmaco americano di cui è iniziata la sperimentazione in relazione alle cure per il Covid-19;

   l'esclusione è tanto più inspiegabile in quanto il principale ospedale ligure era stato uno dei primi a sperimentare l'uso del Remdesivir già a inizio marzo 2020 secondo le regole dell'Aifa, prima che l'epidemia dilagasse negli Usa e le scorte del medicinale, utilizzato per la lotta all'Ebola, venissero trattenute;

   pur avendo, prima della decisione in questione, richiesto alcuni trattamenti, l'ospedale aveva potuto trattare pochi pazienti a causa dei tempi di attesa di arrivo del farmaco estremamente lunghi; il Policlinico San Martino è il quinto ospedale d'Italia ed è uno dei maggiori centri di ricerca e sperimentazione anche per l'infettivologia che ha utilizzato il farmaco con esito positivo; la Liguria ha un tasso di letalità da Covid-19 secondo alla Lombardia per numero di contagiati –:

   quali siano le ragioni che hanno portato all'esclusione del Policlinico San Martino di Genova dalla lista di 10 ospedali a livello nazionale autorizzati alla sperimentazione del farmaco Remdesivir.
(4-05364)


   FOSCOLO, RIXI e DI MURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella regione Liguria, così come in altre regioni italiane, è stata bloccata per ragioni meramente amministrative la sperimentazione di un farmaco antivirale potenzialmente molto importante nella lotta contro il Covid-19, avente denominazione Remdesivir;

   presso l'ospedale San Martino di Genova la sperimentazione del suddetto medicinale era iniziata in data 7 marzo 2020 e i risultati erano apparsi, sin da subito, incoraggianti, registrandosi la guarigione di diversi pazienti, tra cui un uomo settantanovenne originario della Lombardia; si trattava, precisamente, del primo guarito, a Genova, dal Covid-19;

   a pochi giorni dalla buona notizia, tuttavia, il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha modificato le procedure applicabili alla sperimentazione dei medicinali utilizzati nell'ambito dell'emergenza Covid-19, accentrando le competenze che la normativa affidava ai comitati etici regionali in capo al comitato etico dell'Istituto Lazzaro Spallanzani e alla Cts dell'Aifa;

   la procedura di approvazione del programma di utilizzo del farmaco Remdesivir è, quindi, ripartita in seno ai predetti organismi nazionali e, all'esito di essa, in maniera del tutto incomprensibile, si è stabilito di limitare la sperimentazione di detto medicinale ad appena dieci ospedali italiani, con esclusione di importanti centri, tra cui il San Martino di Genova;

   dinanzi alle reazioni di disappunto dell'amministrazione ligure, l'Aifa ha tentato di scaricare la responsabilità sulla ditta produttrice, asserendo che la decisione di limitare ad alcuni centri l'accesso al programma di sperimentazione del farmaco Remdesivir sarebbe stata presa, in autonomia, dalla ditta stessa;

   non è chiaro, tuttavia, per quale ragione la società farmaceutica avrebbe dovuto escludere l'ospedale San Martino dai centri autorizzati se proprio presso detta struttura la sperimentazione del medicinale era stata già avviata con ottimi risultati;

   a conti fatti, la procedura prevista dal decreto-legge «cura Italia» ha complicato l'iter amministrativo relativo ai programmi di sperimentazione, esautorando i comitati etici regionali e consentendo, per quanto concerne il Remdesivir, che vi siano regioni con due siti autorizzati e altre regioni, come la Liguria, che, senza un apparente criterio, sono state tagliate fuori –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente e improcrastinabile sbloccare la problematica esposta in premessa, attivandosi di concerto con gli organismi competenti, al fine di allargare il programma di sperimentazione in questione anche all'Ospedale San Martino di Genova;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, nel prossimo provvedimento utile, al fine di restituire la competenza in merito all'approvazione dei programmi di sperimentazione in capo ai comitati etici regionali.
(4-05366)


   DI LAURO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica dovuta al diffondersi del virus COVID-19 ha portato il nostro Paese, preso a esempio da quasi tutti gli altri Paesi europei, ad adottare misure urgenti e straordinarie di carattere restrittivo con l'obiettivo di contenere la pandemia, salvaguardare la salute pubblica e tutelare l'economia;

   le misure restrittive hanno imposto l'adozione generalizzata di serie misure di limitazione dei contatti sociali e interpersonali nonché il sostanziale blocco di interi comparti economici, ad esclusione, tra gli altri, dei settori della filiera produttiva alimentare, anche per assicurare alla popolazione la regolare fornitura di generi alimentari;

   tuttavia, secondo quanto denunciato dalla Lav, «le misure restrittive adottate in molti settori trovano inconcepibili deroghe per il trasporto di animali e, in questi giorni, per la macellazione degli agnelli»; in particolare, viene richiamata una misura adottata dalla Commissione europea per evitare restrizioni al trasporto di animali vivi a causa dell'emergenza COVID-19 che ha introdotto una «green lane» per il trasporto degli animali verso il macello;

   inoltre, viene richiamata una recente circolare del Ministero della salute in cui si legge: «in previsione dell'incremento del numero di agnelli e capretti introdotti sul territorio nazionale e destinati alla immediata macellazione presso gli impianti designati e ricadenti in zone sottoposte a restrizioni, si informa che (...) è possibile estendere a 72 ore il tempo di sosta degli agnelli e dei capretti in attesa di macellazione»; inoltre, continua la circolare, «Si raccomanda l'esecuzione dei controlli minimi previsti relativamente alla movimentazione dei capi in questione e nell'ambito delle attività ritenute indifferibili»;

   il direttore generale della Lav ha dichiarato a proposito degli agnelli e capretti oggetto della circolare: «ora dovranno stare 3 giorni in un piazzale, esposti all'odore del sangue degli altri animali macellati, con un innalzamento dello stress senza precedenti dopo la lunghezza dei viaggi e la conseguente sofferenza, gli animali accumuleranno anche la sofferenza di 3 giorni di sosta in un ambiente spoglio di cemento e asfalto e senza adeguate condizioni di cura degli animali, come sono tipicamente i piazzali dei macelli pensati solo per essere facilmente sterilizzati»;

   visto il drammatico periodo che si sta vivendo, si rischia una diminuzione de facto dei controlli veterinari che, sommati alla sosta per 3 giorni in luoghi potenzialmente poco salubri e ai rischi dovuti alla diffusione del COVID-19, potrebbero comportare un grave peggioramento sulla salubrità e igiene delle carni nonché potenziali effetti dannosi anche per i lavoratori dei macelli;

   nonostante la straordinarietà dei tragici eventi che si stanno vivendo, la circolare raccomanda esclusivamente l'esecuzione di controlli minimi previsti dalla legge, senza imporre misure straordinarie durante la permanenza degli animali, anch'essa straordinaria, fino a 72 ore nei piazzali; come la casistica della letalità da coronavirus dimostra chiaramente, nella grande maggioranza dei decessi avvenuti, è stata riscontrata la compresenza, oltre al predetto virus, di altre patologie che ne avrebbero aggravato il quadro clinico;

   la mancanza di misure straordinarie e specifiche di controllo sul processo di macellazione delle carni, come nel caso sopra richiamato, potrebbe potenzialmente comportare un innalzamento dei rischi di propagazione di infezioni e patologie nella carne, con riferimento alla diffusione della malattia animale Blue Tongue, oggetto della circolare stessa, o di altre malattie e zoonosi animali; le associazioni Comitato tutela diritti animali ed Animal aid Italia avrebbero provveduto a segnalare quanto sopra tramite una diffida indirizzata alla direzione generale del Ministero della salute competente in data 7 aprile 2020 –:

   se non intenda adottare iniziative al fine di garantire più efficaci regolamentazioni per la gestione della filiera produttiva legata alla carne e più efficaci controlli veterinari durante il periodo dell'emergenza epidemiologica dovuta al diffondersi del COVID-19, sia a tutela della salute umana che di quella animale.
(4-05369)


   PENTANGELO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 16 marzo 2020 una cittadina residente a Scafati si è recata all'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia per partorire;

   la signora è giunta nell'ospedale con evidenti sintomi influenzali, fatto che ha indotto il personale medico ad effettuare un tampone il giorno successivo il ricovero, facendone emergere con ritardo la positività al Covid-19;

   le autorità locali, interpretando il bisogno di sicurezza proveniente dai cittadini, che sono naturalmente spaventati, hanno chiesto informazioni alle autorità sanitarie competenti: la direzione sanitaria dell'ospedale, quella dell'Asl Na 3 Sud e quella amministrativa e generale della stessa azienda;

   anche il personale sanitario ha mostrato preoccupazione per la vicenda poiché la donna è transitata in più parti della struttura: pronto soccorso, reparto di ginecologia, blocco operatorio per effettuare un parto cesareo assistita da medici e infermieri in servizio il 15 e 16 marzo 2020;

   la popolazione ha iniziato a scambiarsi opinioni preoccupate a causa di presunte gravi anomalie registratesi nelle procedure seguite all'interno dell'ospedale che avrebbero favorito la diffusione del Covid-19. In particolare si è lamentata la mancata osservanza dei protocolli di sicurezza previsti in questi casi proprio al fine di limitare la diffusione del contagio;

   il sindaco di Castellammare di Stabia si è quindi fatto ulteriormente interprete del disagio collettivo, manifestato in modo spontaneo, facendolo proprio e dandogli forma istituzionale. Ha inviato ulteriori richieste di chiarimenti alle autorità sanitarie responsabili della sicurezza sanitaria. In particolare, ha inviato una Pec ai vertici dell'Asl per sapere se tutte le persone con cui la donna era venuta a contatto all'interno dell'ospedale fossero state sottoposte a tampone, purtroppo non ottenendo risposte sufficienti a suo giudizio, quindi non riuscendo a tranquillizzare in modo efficace i cittadini;

   per questo motivo ha ampliato il novero dei soggetti istituzionali competenti a cui inviare ulteriori richieste formali di spiegazione. Ha scritto al direttore sanitario dell'ospedale per chiedere quale fosse stato l'esito di tutti i tamponi effettuati al personale ospedaliero a seguito dell'episodio, senza successo;

   il 20 marzo 2020 ha esposto le medesime richieste e preoccupazioni direttamente al presidente della regione, sottolineando l'importanza di garantire comportamenti istituzionali sinergici per assicurare, anche durante la fase pandemica, tutti i servizi sanitari in modo sicuro e efficace, adottando ogni precauzione prevista nei protocolli di sicurezza per non vanificare il sacrificio collettivo sino ad ora sostenuto;

   il 1° aprile 2020, grazie ad una lettera firmata da lavoratori sindacalisti dell'ospedale, si è scoperto un ulteriore pericolo. Hanno lanciato un allarme rivelando che numerosi medici e infermieri sarebbero stati sottoposti a tampone perché alcuni, tuttora in servizio, sono risultati positivi al Covid-19 e diversi operatori sanitari si sono posti in autoisolamento. Nella lettera si è denunciata anche la scarsità di dispositivi di protezione necessari in questi casi, strumenti fondamentali per svolgere in sicurezza il lavoro degli operatori garantendo al meglio non solo la loro incolumità, ma anche la vita dei ricoverati ma non malati non di Covid-19 e dell'intera cittadinanza: mascherine, guanti, calzari non sono stati forniti agli operatori sanitari, persone che ogni giorno si battono in prima linea per tutelare la nostra salute;

   finalmente, il 5 aprile 2020, in risposta alle tante richieste, è giunta una relazione del direttore sanitario, ad avviso dell'interrogante ambigua e soprattutto tardiva, in cui si è affermato che la procedura eseguita per il parto della donna fu l'unica possibile vista l'urgenza imposta dal travaglio della stessa e che era stata salvaguardata la salute dei dipendenti-lavoratori che a vario titolo hanno avuto contatti con la partoriente positiva al coronavirus, al fine di limitare il contagio, ma confermando la notizia di diversi casi di positività al Covid-19 tra gli operatori sanitari dell'ospedale;

   infine, è stato da poco pubblicata, su organi di stampa, la notizia che un anestesista avrebbe proseguito l'attività lavorativa per un lungo periodo all'interno dell'ospedale, pur avendo mostrato sintomi di contagio da Covid-19, ipotesi divenuta certezza a seguito del risultato positivo del tampone, generando il fondato timore che possa aver contagiato involontariamente colleghi, pazienti, cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se, intenda intraprendere eventuali iniziative, per quanto di competenza, anche a carattere ispettivo, per accertare quanto accaduto e le cause degli eventi verificatisi in piena emergenza coronavirus;

   se, e in base a quali protocolli, sia avvenuta la sanificazione dell'ospedale e quali misure siano state adottate a tutela del personale sanitario con sintomatologia verosimilmente riconducibile al Covid-19;

   se si intenda verificare, per quanto di competenza, la corretta applicazione, da parte della direzione sanitaria, delle misure previste e obbligate, a tutela della salute pubblica, in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
(4-05373)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   D'ETTORE, CANNIZZARO e MUGNAI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 19 aprile 2020 il gruppo Volkswagen ha annunciato di aver raggiunto un accordo extragiudiziale con circa due terzi dei proprietari di auto prodotte dal gruppo, che avevano aderito a una class action intentata dall'associazione di tutela dei consumatori Vzbv, in relazione allo scandalo sulle emissioni truccate di gas inquinanti, che ha preso il nome di Dieselgate. Nei test di omologazione di taluni modelli posti in commercio dall'azienda, i dati sulle emissioni risultavano in linea con le specifiche ambientali richieste; viceversa, nella normale guida su strada le emissioni reali hanno superato fino a 40 volte quelle dichiarate;

   in base ai termini dell'accordo, Volkswagen pagherà 620 milioni di euro ai 200.000 consumatori su 260.000 che hanno deciso di accettare i termini dell'intesa. La deadline per aderire all'accordo è stata estesa al 30 aprile 2020, mentre rimane in sospeso il destino di altri 21.000 casi che potrebbero ricevere pagamenti compresi fra 1.350 e 6.250 euro a seconda del modello e dell'anno di immatricolazione dell'auto. Per questa class action la Volkswagen ha accantonato un fondo da 830 milioni di euro;

   il Dieselgate ha preso avvio nel 2015 quando il gruppo ammise l'utilizzo di software illegali per superare i test sulle emissioni di gas nocivi negli Stati Uniti. Per chiudere i contenziosi (attraverso spese legali, multe e risarcimenti) il produttore tedesco ha pagato in tutto oltre 30 miliardi, soprattutto oltre oceano;

   a fronte di questa affermazione dei diritti dei consumatori tedeschi, che segue quella dei consumatori americani, negli stessi giorni sul fronte italiano Volkswagen ha riportato una significativa vittoria. Il pubblico ministero della procura di Verona ha chiesto l'archiviazione per i vertici italiani della compagnia automobilistica tedesca, rispetto all'ipotesi di frode in commercio. Secondo la magistratura Veronese non vi sarebbero i presupposti per perseguire Volkswagen Italia per tale reato, in quanto mancherebbe la prova del dolo. Nel dicembre 2019 la stessa procura aveva archiviato la posizione di sei manager di Volkswagen Italia per reati ambientali. I consumatori, rappresentati dal Codacons si sono opposti alla richiesta di archiviazione davanti al giudice per le indagini preliminari, preannunciando che le conclusioni del pubblico ministero, ove accolte, verranno sottoposte il giudizio alla Corte dei conti, affinché verifichi eventuali danni sul fronte erariale;

   procede invece, seppur a rilento (la prima udienza è stata a maggio 2016, l'ultima il 4 marzo 2020), la class action contro Volkswagen sempre per lo scandalo Dieselgate al tribunale di Venezia. Si tratta di un procedimento diverso da quello del procedimento penale, portato avanti dall'associazione Altroconsumo. In tale ambito, la relazione redatta dai consulenti del pubblico ministero di Verona è stata depositata a ulteriore dimostrazione degli illeciti (civili) commessi dal gruppo Volkswagen e del danno subito dai consumatori;

   in questo momento l'Italia è l'unico Paese dove la falsificazione dei dati relativi alle emissioni di taluni modelli di auto diesel non ha ancora alcuna sanzione effettiva –:

   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in ordine alla vicenda e se non ritengano opportuno adottare iniziative per rafforzare gli strumenti di tutela dei cittadini rispetto alle frodi commerciali commesse in particolare da imprese multinazionali.
(3-01486)