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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 aprile 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nell'ambito dell'emergenza sanitaria derivante dal diffondersi del Covid-19 è stato riconosciuto alla stampa quotidiana e periodica e al servizio radiofonico il ruolo di servizio essenziale;

    tale riconoscimento, nei recenti provvedimenti emanati dal Governo, si è concretizzato con l'esclusione dell'attività editoriale e radiofonica dalle attività produttive sospese e, in particolare, per le edicole dalla chiusura delle attività commerciali;

    la crisi strutturale del settore dell'editoria giornalistica ha determinato negli ultimi 11 anni un calo del 69 per cento del totale dei ricavi (da vendita delle copie e da pubblicità) a cui si aggiungono i primi segnali di contrazione dell'attività economica derivanti dall'emergenza coronavirus. In particolare, ciò si riflette, nel settore dell'editoria giornalistica e radiofonica, con tagli rilevanti degli investimenti pubblicitari, prevalente driver di ricavi per le aziende del settore, con cancellazioni delle campagne già pianificate, in particolare di eventi, fiere e concerti già programmati;

    la Federazione concessionarie pubblicità (Fcp) stima per il mercato pubblicitario una perdita per i primi 6 mesi del 2020 di circa 450 milioni di euro, pari al 15 per cento degli investimenti complessivi. In particolare, le stime sul mezzo stampa sono di una perdita del 25 per cento sui quotidiani e del 25 per cento sui periodici, significativamente superiore alla contrazione media del mercato, mentre per il settore radiofonico la perdita è pari al 18 per cento quindi sempre superiore alla contrazione media del mercato;

    la stampa e la radio continuano, comunque, a rendere un servizio di informazione puntuale, qualificato, verificato e attendibile ai cittadini, di particolare valore ed efficacia nel contrasto attivo alla diffusione di false informazioni;

    tale situazione, in assenza di immediati interventi, metterà a serio rischio la tenuta finanziaria ed economica delle imprese editrici di quotidiani e periodici e delle imprese radiofoniche per sostenere l'informazione di qualità, tale da limitare l'impatto delle perdite derivanti dall'emergenza sanitaria;

    la crisi rischia, tra l'altro, di compromettere l'attività e l'esistenza di circa 200 (duecento) aziende editoriali, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro, condotte da cooperative di giornalisti e poligrafici per lo più sorte dall'iniziativa di ex dipendenti dopo il disimpegno o il fallimento dei precedenti editori. Tali iniziative editoriali rappresentano un punto di riferimento soprattutto a livello locale quale garanzia di corretta informazione,

impegna il Governo:

   ad assumere, nel più breve tempo possibile, iniziative di sostegno al settore dell'informazione volte a prevedere:

    a) per l'anno 2020 alle imprese editrici di quotidiani e di periodici di un credito d'imposta pari al 10 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa;

    b) per l'anno 2020, un regime fiscale straordinario per il commercio di quotidiani e di periodici, in deroga al regime vigente, con l'applicazione, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di una forfettizzazione della resa del 100 per cento delle copie consegnate o spedite, in luogo dell'80 per cento oggi previsto;

    c) una modifica della disciplina della pubblicità delle aste giudiziarie con l'obbligo – in luogo della mera facoltà – di pubblicazione degli avvisi d'asta, anche sui quotidiani nazionali e locali;

    d) per l'anno 2020 un credito d'imposta del 50 per cento per le spese sostenute dalle imprese radiofoniche per l'utilizzo di energia elettrica;

   ad adottare iniziative per abrogare il comma 810 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in previsione di una riforma organica della normativa a tutela del pluralismo dell'informazione, che tenga conto anche delle nuove modalità di fruizione dell'informazione da parte dei cittadini e degli effetti sulle imprese editrici di quotidiani e periodici della diffusione del Covid-19;

   ad adottare iniziative volte a prevedere che, al fine di garantire un trattamento equo, trasparente e non discriminatorio degli investimenti pubblicitari da parte della pubblica amministrazione, degli enti locali, degli enti pubblici, delle società partecipate da questi soggetti o da soggetti che, a qualunque titolo, esercitino la propria attività in ragione di concessione individuale o autorizzazione generale con gli enti anzidetti, i predetti soggetti devono destinare una quota pari almeno al cinque per cento degli investimenti pubblicitari alle imprese che nell'esercizio precedente erano in possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70;

   ad adottare iniziative volte a prevedere che, al fine di consentire una più efficiente gestione dei flussi pubblicitari è fatto obbligo a tali imprese di attivare consorzi o cooperative con almeno venti soggetti, di cui almeno otto imprese editrici di giornali quotidiani, stabilendo che detti consorzi o cooperative di imprese ripartiscano gli investimenti pubblicitari tra i vari mezzi con criteri di equità e trasparenza e che sia delegato al Dipartimento per l'informazione e l'editoria il controllo dell'effettivo rispetto della norma, demandando il regolamento di attuazione a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le associazioni di categoria.
(7-00449) «Casciello, Aprea, Marin, Palmieri, Saccani Jotti».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'emergenza Coronavirus ha determinato la sospensione delle lezioni in presenza dal 10 marzo 2020 e ha obbligato studenti e professori a spostare sulle piattaforme digitali lo svolgimento della didattica;

    la situazione si presenta tale per cui non si sa ancora oggi se gli alunni e gli studenti rientreranno nelle scuole prima della fine dell'anno scolastico, per quanto si può supporre con sufficiente sicurezza questo anno scolastico sarà gestito fino alla fine in modalità a distanza;

    appare evidente che, in questo momento, è importante fare di necessità virtù, ed è la politica che deve saper trasformare l'emergenza in opportunità adottando tutte le misure necessarie, utilizzando tutte le risorse disponibili per attuare un cambio di passo e prevedere che la normativa applicata in fase di emergenza possa essere valorizzata e utilizzata per la gestione ordinaria degli istituti scolastici e della didattica;

    le circostanze di straordinarietà che ci si trova a vivere in questi giorni deve rappresentare una occasione per poter introdurre una fase due per il sistema di istruzione che dalla risoluzione del problema contingente permetta di immettere innovazione e tecnologia nelle nostre scuole e porti a regime un nuovo modo di fare scuola;

    la situazione in cui ci si trova pone davanti a un bivio: tornare indietro come se nulla fosse accaduto o raccogliere la sfida e, una volta superata la contingenza, con misure di natura anche controvertibile, avere il coraggio di prevedere un cambiamento del paradigma formativo introducendo innovazione e nuovi registri educativi;

    al fine di raggiungere questo obiettivo occorre, non soltanto aggiungere nuove tecnicalità a quelle utilizzate precedentemente così da operare lezioni a distanza, continuando a proporre lezioni teoriche ed interrogazioni, quanto, piuttosto, trasferire nelle scuole l'intera rivoluzione digitale che ingloba e supera le modalità precedenti di istruzione, migliorandole e sprigionando potenzialità di apprendimento e di crescita oggi ancora inedite rispetto alle prestazioni oratorie e alla routine di natura nozionistica tuttora imperante nelle nostre scuole;

    le modalità di svolgimento degli esami del primo e del secondo ciclo scolastico disciplinate dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, approvato il 6 aprile 2020 in sede di Consiglio dei ministri, se soddisfano l'esigenza burocratica e immediata di verbalizzare comunque una sessione d'esame, costituiscono anche la prova provata dell'inadeguatezza di un sistema educativo fermo a paradigmi del Novecento;

    i processi di apprendimento sono processi cumulativi in cui ogni passo è prodromico al successivo, ogni passaggio influenza il passaggio successivo e, alla luce di ciò, deve maturare la consapevolezza del ruolo essenziale che svolge l'educazione sin dall'infanzia per lo sviluppo e l'apprendimento per tutto l'arco della vita;

    lo studio delle competenze digitali nei giovani italiani mostra che l'età è un fattore determinante per i livelli di competenza digitale che sono prerogativa di circa un terzo dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni e tra i 25 del 36,5 per cento dei giovani tra i 20 e i 24 anni;

    in un sistema scolastico mirato al riconoscimento del merito, non è il possesso di un semplice «pezzo di carta» a certificare le capacità di uno studente, tanto più oggi che la formazione non avviene solamente all'interno dell'università e che sarebbe auspicabile una certificazione delle abilità e delle competenze raggiunte a conclusione del percorso di studio dall'alunno al di là del titolo;

    si vive oggi in un'epoca in cui il focus ritorna sulle potenzialità della persona formata che deve apprendere per tutto l'arco della vita e appare, quindi, fondamentale costruire percorsi scolastici diversi e validi per ciascuno, che pongano al centro del percorso stesso le competenze in sostituzione della centralità delle nozioni sulla base delle quali si continua ad insegnare e a valutare gli studenti superando l'idea di percorsi uniformi e validi per tutti,

impegna il Governo:

   in vista dell'avvio della cosiddetta «Fase 2» di contenimento del Covid-19, ad avviare per la scuola una nuova fase di interventi per riscrivere e organizzare su nuove basi il sistema educativo nazionale, affinché sia realmente innovativo nella metodologia e nella didattica e punti più a formare realmente persone in grado di gestire la complessità del nostro tempo, che a trasmettere un sapere che può diventare velocemente obsoleto, insufficiente e inadatto a confrontarsi con le sfide inattese non facilmente decifrabili, utilizzando le categorie del passato;

   ad avviare, in stretta connessione con l'introduzione del nuovo paradigma formativo, una massiccia e ampia attività di formazione iniziale e continua dei docenti, affinché possano realizzare un nuovo modo di fare scuola più consono alle sollecitazioni del terzo millennio, a partire dalle più essenziali competenze digitali per l'uso di device attraverso reti accessibili e funzionali;

   ad adottare iniziative per prevedere l'abolizione dell'esame di Stato e del conseguente valore legale del titolo di studio.
(7-00450) «Aprea, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per il sud e la coesione territoriale, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante «Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno», convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, ha introdotto, all'articolo 7-bis, un principio di riequilibrio territoriale riferito agli stanziamenti in conto capitale delle amministrazioni centrali, nella percentuale del 34 per cento. A seguito delle modifiche intervenute con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 597, 598 e 599, si è provveduto a prevedere che le risorse aggiuntive per la politica di coesione siano assegnate secondo le differenziabilità presenti nei territori del Sud con l'obiettivo di favorire il riequilibrio territoriale delle diverse zone del Paese;

   il dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha redatto una bozza di documento di sintesi delle azioni di Governo di risposta al Covid-19 nella quale sono state elaborate una serie di proposte da attuare al fine di poter rispondere alle drammatiche conseguenze derivanti dalla pandemia;

   nel documento, tra le proposte avanzate dal dipartimento, vi è quella in merito alla sospensione della regola di destinazione del 34 per cento degli investimenti a valere su risorse ordinarie al Sud. Si evince dal testo che «a seguito dell'esplosione della crisi sanitaria e delle sue conseguenze economiche nel Paese si rende necessario operare una sospensione del criterio di riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, consentendo all'Autorità Politica la valutazione delle zone ove concentrare la maggior quantità di risorse per investimenti in considerazione del mutato scenario sociale e produttivo»;

   il suggerimento di modifica dell'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, rischierebbe di penalizzare l'economia meridionale che da anni si trova in una situazione di profonda crisi;

   il rilancio degli investimenti al Sud risulta imprescindibile, soprattutto in un periodo di profonda crisi come quello che si sta vivendo oggi. L'assistenza sanitaria nel Mezzogiorno non è uguale a quella del Nord. Le profonde diseguaglianze che da sempre caratterizzano la parte meridionale del Paese sono un elemento di gravità assoluta. Secondo il rapporto Svimez 2019, l'emigrazione ospedaliera dei ricoverati al Sud verso le regioni del Centro-nord è circa del 10 per cento e il numero dei posti letto è nettamente inferiore;

   un'altra proposta presente nel documento è quella di istituire un fondo per la realizzazione di interventi finalizzati al potenziamento e all'adeguamento delle infrastrutture e dei servizi digitali del Paese. Le relative coperture prevedono, in alternativa, l'utilizzo delle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione non ancora programmate, sottolineando la necessità di un processo di ricognizione dello stato di attuazione degli interventi degli uffici del Ministro per il Sud e la coesione territoriale; inoltre, è necessario considerare che gran parte delle regioni del Sud vivono di turismo, ad oggi, un settore fortemente compromesso. Il rischio di paralisi dell'economia della parte meridionale del Paese potrebbe creare molteplici problemi che devono essere affrontati nell'immediato –:

   se il Governo intenda chiarire la sua posizione riguardo ai fatti esposti in premessa al fine di evitare che le diseguaglianze del Paese siano accentuate ancor di più e, al contempo, se non intenda elaborare strategie riguardo al riparto delle risorse che non penalizzino ulteriormente il Meridione incentivando gli investimenti nelle regioni del Sud.
(2-00755) «Lovecchio, Faro, Maglione, Martinciglio, Perantoni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 12 aprile 2020 si è appreso che la Presidenza del Consiglio dei ministri, dopo avere dichiarato a fine gennaio l'emergenza sanitaria nazionale, ha adottato i provvedimenti del caso, ordinando, con determina del 26 febbraio 2020, il materiale sanitario utile a proteggere dal coronavirus, sia il Presidente che i suoi collaboratori: dalle mascherine ai guanti al gel, addirittura i camici e le bombole di ossigeno. Tale ordine è stato poi successivamente integrato con ulteriori dispositivi sanitari;

   al riguardo, non si mette in discussione il fatto che siano stati effettuati gli ordini necessari per porre in essere gli adempimenti di sicurezza e sorveglianza sanitaria a Palazzo Chigi. L'aspetto incomprensibile della questione è per quali motivi gli atti relativi agli approvvigionamenti per il personale sanitario e tutti i cittadini italiani siano stati disposti solo due settimane dopo i predetti adempimenti. Difatti, mentre ai primi di marzo 2020 palazzo Chigi era già in possesso delle prime protezioni necessarie, solo successivamente e con ritardo, è stato chiesto a Consip di fare una gara per il materiale protettivo necessario per il territorio nazionale. Tra l'altro, tale procedura per gli acquisti è stata, secondo l'interrogante, sotto più profili fallimentare, visto che una serie di lotti sono stati revocati e secondo il commissario agli approvvigionamenti sanitari, Domenico Arcuri, buona parte dei materiali ordinati potrebbe arrivare fuori tempo massimo, quando l'emergenza si sarà già drasticamente ridimensionata, lasciando invece scoperto il periodo di necessità;

   inoltre, si apprende che la Presidenza del Consiglio ha ordinato, nel mese di febbraio 2020, anche un importante quantitativo extra di farmaci, per un importo di 9.000 euro, che non vengono specificati, ma che si ritiene siano speciali, considerando che è stato necessario l'ulteriore acquisto, per 2.500 euro, di un frigorifero per la conservazione di farmaci e vaccini. Sul punto, quello che intende verificare l'interrogante, per motivi di trasparenza, è quali medicinali l'ufficio medico competente abbia ritenuto di dover far acquistare alla Presidenza del Consiglio dei ministri per contrastare il Covid-19, nel mese di febbraio 2020, ossia quando ancora, non erano state avviate le sperimentazioni su farmaci specifici, solo successivamente autorizzate come si evince dagli atti pubblicati sul sito dell'Aifa –:

   per quali motivi l'approvvigionamento necessario per proteggersi dal Covid-19 sia stato disposto in largo anticipo, rispetto a quello a tutela del personale sanitario e dei cittadini italiani;

   dove sia stato effettuato l'acquisto e di quali specifici farmaci abbia ritenuto di doversi dotare la Presidenza del Consiglio dei ministri, con un ordine risalente al mese di febbraio 2020, per contrastare l'eventuale contagio da Covid-19, anche con medicinali che richiedono la conservazione in frigo.
(5-03856)


   ROBERTO ROSSINI e CECCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la salute è un diritto di tutti, tutelato dalla Costituzione in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, e il servizio sanitario nazionale (Ssn) ha lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l'accesso universale all'erogazione equa delle prestazioni sanitarie;

   la Costituzione stessa prevede la responsabilità della tutela della salute ripartita tra Stato e regioni; secondo il Titolo V, articolo 117, secondo comma), lettera m), lo Stato ha il compito di determinare i livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e di vigilare sulla effettiva erogazione del servizio;

   secondo quanto specificato nel citato Titolo V, le regioni hanno il compito di programmare e gestire in piena autonomia la sanità nell'ambito territoriale di loro competenza, avvalendosi delle aziende sanitarie locali (Asl) e delle aziende ospedaliere;

   nelle prime fasi dell'emergenza da Sars-CoV-2, più comunemente conosciuto come Covid-19, l'autonomia regionale si è sostanziata in ordinanze diverse di chiusura e distanziamento sociale e, i presidenti delle varie regioni si sono mossi in autonomia e senza un modello definito per la somministrazione di tamponi e contact tracing;

   il professor Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare e professore di epidemiologia e virologia presso l'azienda ospedaliera dell'Università di Padova ha sostenuto che i dati comunicati dalla Protezione civile, in conseguenza ai tamponi effettuati dalle varie regioni, appaiono essere incompleti, poiché non si tiene conto degli asintomatici e di tutti i pazienti positivi che si trovano in isolamento domiciliare e che non hanno ricevuto ancora il tampone;

   nella regione Marche, la giunta regionale aveva pensato di attuare un modello di estensione dei tamponi al fine di individuare i positivi asintomatici, i quali da portatori sani del virus, diffondono il contagio, ma la strategia che non ha avuto successo, poiché i tamponi tardano ancora a essere effettuati anche ai cittadini sintomatici;

   è ormai noto che predisporre tamponi in tempi rapidi, rispetto al verificarsi dei primi sintomi che consentano di identificare i contagiati, comporta sia un contenimento efficace sia un approccio terapeutico precoce con opportunità e possibilità di trattamento e riuscita migliori;

   l'interrogante ha personale evidenza del fatto che i test nella regione Marche vengono, infatti, effettuati in ritardo o non vengono predisposti a coloro i quali lamentano stati febbrili o primi sintomi da Covid-19; a taluni soggetti, a quanto consta all'interrogante, viene effettuato esclusivamente il tampone per la verifica dell'avvenuta guarigione, comportando questo anche un evidente vulnus nell'elaborazione statistica predisposta dalla Protezione civile e dalla comunità scientifica stessa;

   predisporre la mappatura dei familiari o del nucleo più vicino a una persona positiva diminuirebbe le probabilità di trasmissione del virus e aiuterebbe ad avere un quadro più completo della situazione di contagio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e del fatto che nella regione Marche non vengano effettuati i tamponi a pazienti che lamentano sintomi e che potrebbero essere mezzo inconsapevole di ulteriore diffusione del virus;

   se il Ministro interrogato, in conseguenza al numero di tamponi svolti dalle regioni, ritenga che i dati sino ad oggi divulgati rispecchino la realtà della diffusione del contagio e quali iniziative di competenza intenda adottare per mettere in atto un sistema di contrasto e prevenzione più efficace, stimolando i controlli e programmando un sistema di tamponi più rapido ed esteso, nella tutela del diritto alla salute di ogni cittadino, costituzionalmente riconosciuto.
(5-03857)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese», ha introdotto alcune garanzie statali, al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19 in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato e nel rispetto di determinati criteri;

   in particolare, è stato previsto che le garanzie in questione siano rilasciate alle imprese interessate, per prestiti di importo non superiore, tra l'altro, al 25 per cento del fatturato annuo dell'impresa relativo al 2019, come risultante dal bilancio ovvero dalla dichiarazione fiscale;

   in ragione dell'attuale stato emergenziale e delle conseguenti misure limitative adottate dal Governo, moltissime aziende non hanno potuto avviare gli adempimenti relativi al deposito del bilancio relativo all'annualità 2019;

   in particolare, le aziende di nuova formazione, da quel che risulta, per il rilascio dei citati prestiti garantiti, sarebbero costrette a far riferimento al bilancio relativo all'annualità precedente, vale a dire il 2018, spesso notevolmente inferiore al volume d'affari attuale;

   tale situazione determinerebbe un grave danno nei confronti delle citate aziende, le quali si vedrebbero costrette ad ottenere la garanzia prevista dal decreto-legge in questione per un finanziamento di importo notevolmente inferiore, rispetto a quello che sarebbero in grado di ottenere potendo far riferimento al fatturato del 2019;

   appare necessario consentire, nell'ipotesi in esame, la concessione della garanzia, oltre che sulla base dei dati risultanti dal bilancio per il 2019, anche a fronte del rilascio da parte dell'operatore economico interessato di idonea dichiarazione attestante l'effettivo volume di affari registrato nell'annualità 2019 –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di consentire agli operatori economici in esame – che, dunque, allo stato, non abbiano potuto completare gli adempimenti relativi al deposito del bilancio 2019 – di accedere alle garanzie in questione sulla base del fatturato 2019, se del caso, mediante il rilascio, ad opera dei medesimi, di apposita dichiarazione attestante l'effettivo volume di affari registrato nel corso dell'annualità appena conclusa.
(4-05334)


   TERZONI, ROBERTO ROSSINI, EMILIOZZI e GIULIODORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del sisma 2016 e sulla base dell'articolo 14 del decreto-legge n. 8 del 2017, veniva stabilito che le regioni interessate agli eventi sismici, invece di procedere alla realizzazione delle Sae e sentiti i comuni coinvolti, avrebbero potuto acquisire a titolo oneroso al patrimonio dell'edilizia pubblica abitazioni agibili;

   dopo una corposa corrispondenza tra Protezione civile, regione Marche e comune di Tolentino, il comune medesimo comunicava al presidente della regione Marche l'orientamento a non costruire Sae, informandolo che il comune aveva puntato all'acquisto di abitazioni già realizzate o da realizzare in tempi ragionevoli (6/8 mesi) rinunciando alla fornitura richieste delle 50 Sae;

   in data 13 dicembre 2017 il comune di Tolentino si rivolgeva al capo della Protezione civile, alla regione Marche e al dottor Piccinini (Erap), richiedendo di poter realizzare nuovo patrimonio immobiliare, con un aumento dei nuclei familiari richiedenti;

   in data 27 febbraio 2018 la Protezione civile, a seguito di rassicurazione del comune di Tolentino circa la riconsegna delle opere entro il 31 agosto 2019, emetteva l'ordinanza n. 510 che destinava 20.850.000 euro al comune per la realizzazione dei nuovi immobili, invece delle Sae, precisando che i costi dovessero essere più vantaggiosi e congrui rispetto ai costi dell'edilizia residenziale;

   ad oggi i cantieri non sono ancora stati appaltati ad eccezione di quello in C.da Rancia che già risulta in ritardo di circa 12 mesi rispetto alla data di consegna contrattuale prevista per il 4 marzo 2019;

   gli appartamenti realizzati non saranno dotati di mobilio e accessori invece previsti nel caso di realizzazione delle «casette» Sae –:

   se, visti i tempi di realizzazione, l'intervento sia congruo e legittimo rispetto alle previsioni del decreto-legge n. 8 del 2017;

   se corrisponda ai criteri d'emergenza il fatto che gli appartamenti realizzati non saranno dotati di mobilio e accessori previsti nel caso di realizzazione delle «casette» Sae;

   se il Ministero dell'economia e delle finanze sia stato informato del fatto che la conclusione della maggior parte dei lavori è slittata almeno al primo semestre 2021;

   se continui a essere opportuno finanziare l'operazione nella sua totalità, visto che, a causa dei ritardi, molte delle circa 200 famiglie aventi diritto stanno rinunciando alla soluzione abitativa di emergenza, avendo la prospettiva di rientrare presso la propria abitazione in tempi poco dissimili.
(4-05335)


   MURELLI, LOCATELLI, BOLDI, FOSCOLO, LAZZARINI, PANIZZUT e TIRAMANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, la diffusione del virus Covid-19 sta mettendo a dura prova la tenuta del servizio sanitario nazionale (Ssn);

   se l'erogazione dei servizi essenziali prosegue, se i pazienti sono ancora assistiti negli ospedali, se il numero dei guariti sta gradualmente salendo nei bollettini che vengono diramati dalle autorità, il merito è del personale sanitario impegnato in prima linea nella lotta contro questo nuovo virus; medici, infermieri e operatori sanitari sono sottoposti a turni estenuanti, restano in corsia ben oltre l'orario contrattuale di lavoro, mentre le mascherine scarseggiano o sono prive dei requisiti necessari per essere utilizzate in ambito ospedaliero;

   secondo l'ultimo aggiornamento dell'Istituto superiore della sanità, gli operatori sanitari che hanno contratto il Covid-19 sono circa diciottomila (dato nazionale aggiornato al 20 aprile 2020): un numero elevatissimo che restituisce effettivamente la percezione delle condizioni estreme in cui i professionisti in questione si trovano costretti ad operare;

   nonostante la grave emergenza, il trattamento economico riconosciuto al personale sanitario e socio-sanitario non prevede un'indennità aggiuntiva correlata specificamente all'epidemia da Covid-19;

   particolarmente critica appare la situazione degli infermieri, la cui retribuzione (circa 1.500 euro mensili) non compensa in alcun modo il rischio di contagio al quale gli stessi sono costantemente esposti nell'esercizio delle loro fondamentali funzioni;

   un'indennità giornaliera che si aggiunge al trattamento economico di base viene, invero, riconosciuta ai soli infermieri reclutati dalla Protezione civile attraverso l'ordinanza n. 656 del 26 marzo 2020;

   si ritiene che un analogo incentivo premiale debba essere riconosciuto nei confronti di tutti i professionisti e operatori del settore sanitario che sono impegnati nell'assistenza, cura e riabilitazione dei pazienti affetti da Covid-19 –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per adeguare il trattamento economico del personale sanitario e socio-sanitario, attraverso la previsione di un apposito bonus, un'indennità o un altro incentivo premiale, correlato all'emergenza epidemiologica in atto, anche nell'ottica di evitare sperequazioni e trattamenti differenziati nella remunerazione del personale stesso.
(4-05338)


   AMITRANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, le strutture ospedaliere presenti sull'intero territorio nazionale, rischiano di diventare delle vere e proprie «polveriere» soprattutto per la mancanza dei dispositivi di protezione efficaci a disposizione del personale sanitario, impegnato in prima linea nelle corsie e che quotidianamente rischia di essere contagiato;

   il rischio di contagio è concreto e attuale e rappresenta un pericolo oggettivo per la salute pubblica, considerando l'esponenziale velocità con la quale il virus si propaga e la facilità di trasmissione;

   la particolare situazione sanitaria che investe il nostro Paese richiede immediate e tempestive misure atte a contenere e contrastare la diffusione del contagio anche tra medici, infermieri e operatori sanitari, poiché, senza i test da tampone, il sospetto di contaminazione o il contatto con i pazienti contagiati è di difficile individuazione e potrebbe riguardare un numero molto alto di medici e personale sanitario che potrebbero essere asintomatici ma positivi al Covid-19;

   in Italia, secondo i dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità (Iss), dall'inizio dell'epidemia, sono 6.205 i professionisti sanitari che hanno contratto un'infezione da Covid-19, più del 9 per cento del totale delle persone contagiate, una percentuale doppia rispetto a quella cinese dello studio pubblicato su Dama (3,8 per cento) e aumentano di ora in ora i medici morti per coronavirus con un elenco dei «caduti» curato dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) che aggiorna il totale a 33 vittime e peraltro, secondo le rappresentanze sindacali di categoria, la mancata esecuzione dei tamponi a tutti i professionisti e operatori sanitari farebbe ipotizzare che il numero ufficiale fornito dall'Iss risulti essere sottostimato;

   dall'inizio dell'emergenza epidemiologica sanitaria, la percentuale delle persone infette, anche se asintomatiche, nella sola popolazione italiana sembrerebbe essere altissima e rappresenta la maggioranza dei casi e soprattutto il personale medico-sanitario, ove asintomatico, senza un test da tampone che ne accerti immediatamente le condizioni, potrebbe veicolare l'infezione tra i colleghi, i pazienti e all'interno delle proprie famiglie, a meno che non sviluppino sintomi chiari propri del Covid-19;

   in tutto il territorio nazionale si susseguono le segnalazioni di casi di contagi, per medici, infermieri, operatori sanitari, in prima fila contro la pandemia da Covid-19, considerando altresì che nelle regioni del Mezzogiorno, e in particolar modo in Campania, la situazione nella quale i medici si trovano è ben più grave, in quanto, oltre all'evidente sovraccarico di lavoro, si ritrovano anche privi di forniture di qualsiasi genere anche del minimo equipaggiamento, come guanti, tute e mascherine, situazione che rischia di aggravarsi nei prossimi giorni;

   la sicurezza all'interno del posto di lavoro è necessaria anche per tutelare l'incolumità del personale medico, infermieristico e di tutto il personale sanitario negli ospedali ed è soprattutto necessario effettuare una tempestiva estensione dei test per la diagnosi del contagio da Covid-19 –:

   al fine di scongiurare l'aumento del numero di medici contagiati, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire una maggiore protezione a medici, infermieri e operatori sanitari coinvolti quotidianamente in prima linea nell'emergenza sanitaria nazionale per le cure necessarie ai pazienti Covid-19 all'interno delle aziende ospedaliere e se non ritenga opportuno assumere ulteriori iniziative volte a dare priorità assoluta all'esecuzione di tamponi mirata a tutto il personale sanitario sia negli ospedali sia per i professionisti coinvolti sul territorio nazionale nell'assistenza domiciliare.
(4-05339)


   GAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   milioni di imprese, artigiani e professionisti guardano con terrore alle prospettive finanziarie che attendono il Paese di qui ai prossimi mesi; a preoccupare fortemente la classe produttiva del Paese è molto la burocrazia, specie quando quest'ultima si rivela non solo inutile ai fini economici, ma addirittura dannosa e onerosa per le categorie produttive;

   il decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003, così come modificato dal decreto legislativo n. 101 del 10 agosto 2018, e recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento italiano al regolamento (Ue) 2016/679, impone a carico dei liberi professionisti una serie di adempimenti in tema di tutela della privacy, che si rivelano puramente formali eppure passibili di pesanti sanzioni in caso di errori o omissioni; tra questi, risulta come incombenza il modulo di censimento dati che i professionisti devono compilare, far sottoscrivere al cliente e conservare adeguatamente al momento dell'avvio di ogni singola pratica; l'oggettiva inutilità di tale passaggio burocratico è dettata dal fatto che è il cliente a rivolgersi spontaneamente al professionista, delegandolo quindi di fatto al trattamento dei propri dati personali; è sempre il cliente a rilasciare al proprio professionista di fiducia un mandato professionale (spesso un'autentica procura ad agire, come capita per gli avvocati) nel quale sono già contenuti tutti i dati di riferimento dei soggetti in causa; sui professionisti grava in ogni caso un obbligo di portata generale e il cui mancato rispetto è sanzionato penalmente, di rispetto del segreto di ogni dato, elemento e circostanza appresa durante l'espletamento del proprio mandato; a parere dell'interrogante è oltremodo necessario un impegno del Governo affinché la farraginosa normativa sulla privacy sia snellita con riguardo agli adempimenti in capo ai soggetti cui è rilasciato un mandato professionale, ritenendo che il documento redatto a tal fine sia sufficiente a dimostrare, fino a prova contraria o a revoca, l'autorizzazione rilasciata di fatto dall'avente diritto al trattamento dei propri dati personali –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare tempestivamente per snellire nel senso indicato in premessa gli adempimenti burocratici oggetto del presente atto.
(4-05346)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   tra fine marzo e inizio aprile 2020, nell'ambito del progetto europeo PEPP-PT (Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing) è stata presentata una app per tracciare e contenere la diffusione del coronavirus. In pratica, ogni Paese aderente propone ai propri cittadini un'app che permetterà di «localizzare, tramite bluetooth, gli utenti e informare chi si è trovato per almeno 15 minuti accanto a una persona risultata positiva al Covid-19»;

   i Paesi che si sono subito dimostrati interessati sono Germania, Austria, Francia, Italia, Malta, Spagna e Svizzera;

   l'epidemiologo Marcel Salathé, che aveva prestato il suo volto nella presentazione del progetto europeo per la piattaforma di monitoraggio, ha deciso di lasciare il progetto, pubblicando una nota in cui afferma che «Non faccio più parte di PEPP-PT. Non so più in quale direzione sta andando il progetto e non ho più fiducia in quello che sta accadendo». In particolare, Salathé ha criticato la mancanza di trasparenza. «Per ora PEPP-PT non è abbastanza aperta e trasparente»;

   nella discussione sulle app per il tracciamento del coronavirus, la questione della privacy resta il punto cruciale. Soprattutto, considerato che si tratta di un progetto che coinvolge più Paesi e risulta difficile assicurarne il rispetto da parte di tutti, così come assicurare che i dati non vengano custoditi per altri scopi;

   in Italia, la piattaforma scelta dal Governo per tracciare gli spostamenti dei cittadini e prevedere nuovi focolai di coronavirus, è la App «Immuni», proposta gratuitamente al Governo italiano dalla Bending Spoons;

   il progetto del software è stato elaborato infatti della milanese Bending Spoons, che verrà affiancata dalla società di marketing Jakala e dalla rete lombarda di poliambulatori del Centro Medico Santagostino;

   tra i soci di minoranza dell'azienda Bending Spoons anche la holding dei tre figli di Silvio Berlusconi e Veronica Lario (Luigi, Eleonora e Barbara), il fondo Nuo Capital, che investe in Italia con capitali cinesi e StarTip, veicolo della famiglia Tamburi. Sempre la holding H14 dei tre figli di Berlusconi è anche in Jakala, società di marketing fondata e controllata da François e Matteo de Brabant che, come soci di minoranza, ha Paolo Marzotto, il fondo Ardian e Davide Serra e, attraverso una holding, Renzo Rosso, le famiglie Dompè e Branca, i Lucchini, Giuliana Benetton e la stessa Mediobanca;

   il sito per la sicurezza Ofcs Report ha sottolineato che vi sono «diverse perplessità che stanno circolando tra gli addetti: una per tutte l'assenza di esperti di sicurezza informatica nella squadra di valutazione delle proposte (non solo sul contact tracing) arrivate al dicastero del Ministro Pisano. Molti si sono infatti chiesti come possano valutare appieno le proposte tecniche se non hanno tutte le competenze necessarie. Sicurezza e privacy vanno a braccetto, perché non c'è privacy senza sicurezza e l'assenza di un esperto del settore grida vendetta e lascia spazio a tesi complottiste»;

   il presidente del Copasir Raffaele Volpi, non ha escluso un'audizione di Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia e commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere, per chiarire «le forme scelte dal commissario per l'affidamento e la conseguente gestione dell'applicazione (…) ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale» –:

   quali siano le modalità di assegnazione del progetto di cui in premessa e le modalità di gestione dei dati sensibili; per quali scopi verranno gestiti tali dati, se solo per scopi sanitari, oppure se ne verranno fatti altri usi e per quanto tempo saranno archiviati; se e come il Governo intenda chiarire gli aspetti più controversi dell'app sopra richiamata; se e come si intenda garantire la privacy dei cittadini e proteggere la loro sicurezza e quella nazionale dalle criticità segnalate.
(4-05348)


   DEIDDA, MASCHIO, CARETTA, FERRO e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, vale a dire il Covid-19;

   in particolare, nella citata delibera vengono richiamate: a) la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus dell'Organizzazione mondiale della sanità intervenuta in data 30 gennaio 2020; b) la nota del 31 gennaio 2020, con cui il Ministro della salute ha rappresentato la necessità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018;

   già in quella sede, il Governo riteneva esistente una situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l'Italia;

   recentissimamente, il direttore generale del Ministero della salute ha dichiarato che già dal 20 gennaio 2020 sarebbe stato predisposto un piano, poi asseritamente seguito, optando però per la sua secretazione, al fine di evitare lo stato d'allarme della popolazione;

   da alcune notizie apparse sulla stampa negli ultimi giorni, il giocatore dell'Inter, Lukaku, avrebbe denunciato che, nella giornata precedente la partita Inter-Cagliari del 26 gennaio 2020, 23 giocatori su 25 della propria squadra, sarebbero stati interessati da sintomi influenzali analoghi a quelli determinati dall'insorgenza del Covid-19;

   contrariamente a quanto sostenuto finora dal Governo, dagli atti suindicati, ad avviso degli interroganti, risulta incontestabilmente che, ben prima dell'adozione delle misure straordinarie tuttora in atto, il Governo avrebbe ipotizzato la grave evoluzione dell'emergenza, ritardando, però, incomprensibilmente, l'attivazione delle citate misure –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali siano le ragioni per le quali l'adozione delle misure in questione sia stata ritardata, nonostante le possibili evoluzioni, poi effettivamente verificatesi, fossero ben note fin dalla fine del mese di gennaio 2020.
(4-05349)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 21 della Costituzione recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. [...] La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»;

   il termine «fake-news» implica bugia, calunnia, menzogna. Quando la «fake-news» è in violazione del codice penale e civile, l'autorità competente è la magistratura;

   Agcom ha istituito un Osservatorio per la disinformazione che si serve di «debunker» professionisti (Open, di cui David Puente è un autore principale, e Pagella Politica), per l'analisi delle fonti di disinformazione, il cui metro di giudizio metodologico ad avviso dell'interrogante è di tipo soggettivo, e non oggettivo;

   il 2 aprile 2020 Agcom ha comunicato l'istituzione di uno strumento di «fact-checking» denominato Facta, gestita da Pagella politica;

   il Dizionario definisce così il termine soggettivo: «Che riflette il modo di essere e di pensare del soggetto; che deriva da una visione personale, non sempre obiettiva». Secondo Wikipedia, un «debunker», è una persona che mette in dubbio o smaschera ciarlatanerie, bufale, affermazioni o notizie false, esagerate, antiscientifiche, dubbie o tendenziose. Il lavoro del debunker consiste non tanto nel discriminare il vero dal falso, quanto piuttosto il vero dal verosimile;

   il dottor Stefano Montanari, laureato in Farmacia nel 1972 con una tesi in Microchimica, è autore di diversi brevetti e direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena che si occupa di nanopatologie. Il 19 marzo 2020, è stato ospite della video intervista, condotta dalla giornalista professionista Virginia Camerieri, della redazione di Byoblu Edizioni Srsl, e caricata sul canale youtube Byoblu, di Claudio Messora, dal titolo: «Così diventeremo immunodepressi per legge» con oltre 2 milioni di visualizzazioni, 30 mila like e 3.700 dislike;

   Roberto Burionie Gerardo D'Amico, responsabile per l'informazione Scientifica di Rainews24e inserito nella Task-Force contro le «fake-news» della Rai, sono tra i soci fondatori dell'Associazione Patto Trasversale per la Scienza. Il 25 marzo 2020, l'associazione ha denunciato all'autorità giudiziaria Montanari, chiedendo anche l'oscuramento del canale Byoblu;

   il 30 marzo 2020, su Open.it, appare un articolo a firma David Puente (voluto dal Sottosegretario con delega all'editoria Martella, nella istituenda task-force del Governo contro le «fake-news» sul coronavirus) dal titolo «Coronavirus. Le fonti del movimento sovversivo Nuova Resistenza Italiana che incita a violare la quarantena», che ipotizza ByoBlu come fonte del movimento, a suo dire, eversivo, e Stefano Montanari come principale punto di riferimento;

   nel regime nazista c'era un Ministero dedicato a controllare le espressioni culturali nel Paese;

   a detta dell'interrogante, unità operative di «debunker» istituzionali, istituite contro le «fake-news», sono equiparabili a strumenti di censura e/o di indirizzo dell'opinione pubblica, che agiscono al limite della diffamazione personale, i cui autori vengono protetti dalla autorità pubblica –:

   quali siano le modalità d'azione della task-force governativa sulle «fake-news» e quali siano i suoi poteri;

   quali siano i parametri adottati dal Governo per riconoscere una «fake-news» e distinguere una opinione personale, tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, da una notizia fallace, da una verità non ancora accertata, e che potrebbe essere strumentalmente censurata, e da una notizia falsa accertata;

   se il Governo, nel pubblicare su siti istituzionali le attività dei «debunker», preveda di rendere noti articoli firmati contenenti autori e fonti degli articoli considerati «fake-news», con la contestazione dimostrata con opportuni riferimenti bibliografici oggettivi, oppure se intenda operare in tale ambito, fornendo una mera illustrazione dei suoi orientamenti su temi presi in considerazione dagli autori stessi;

   se la task-force governativa di cui in premessa sia in qualche modo intervenuta in relazione all'oscuramento del video citato, mediante una segnalazione a Youtube.
(4-05350)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione comunale di Castel San Pietro Terme (BO), al pari di altre amministrazioni, ha emesso a inizio aprile 2020 il bando per l'ottenimento dei buoni spesa legati all'emergenza sanitaria da Covid-19, atti a soddisfare le esigenze primarie relative all'acquisto di alimenti. I buoni spesa sono appunto finanziati con risorse dello Stato;

   tra i beneficiari, come specificato sul sito dell'amministrazione comunale, vengono citati oltre ai nuclei familiari residenti, anche le persone in situazione di permanenza presso Cas o Sprar. Tale scelta, a parere dell'interrogante, appare quantomeno discutibile. Le persone che sono nei Cas ricevono già vitto e alloggio, proprio perché tali sono le modalità di funzionamento dei Centri di accoglienza straordinaria. I richiedenti asilo che vivono negli Sprar hanno diritto all'alloggio e al pocket money, oltre a essere seguiti per altre necessità anche dai servizi sociali. Pertanto, queste persone percepiscono già sussidi statali e indicarli come beneficiari di buoni spesa, che servono nello specifico per acquistare beni di prima necessità a causa di crisi economica sopravvenuta per l'emergenza sanitaria, appare quantomeno incoerente;

   per fare richiesta dei suddetti buoni spesa il comune di Castel San Pietro Terme ha fissato la scadenza al 18 aprile 2020 –:

   se intenda avviare le verifiche di competenza in relazione a quanto esposto in premessa;

   se si intendano adottare le iniziative di competenza per chiarire, con specifico atto, i destinatari delle suddette risorse, esplicitando che i residenti in Cas o Sprar, essendo già percettori di benefici, non dovrebbero figurare tra i destinatari dei suddetti buoni spesa;

   nel caso in cui il comune di Castel San Pietro Terme e altri comuni d'Italia avessero erogato buoni spesa a persone che si trovano in Cas o Sprar, se si intendano adottare le iniziative di competenza per chiarire che i comuni stessi sono tenuti a rifondere le suddette somme e a metterle a disposizione, con buoni spesa di importi equivalenti, di cittadini residenti regolarmente sul territorio e in situazione di difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria.
(4-05355)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da settimane si succedono inchieste giornalistiche relative a una presunta cattiva gestione da parte della regione Lazio nelle modalità con cui sarebbero state espletati gli affidamenti per l'acquisto di presidi sanitari e, in particolare, di mascherine;

   in particolare, l'attenzione si è accentrata su un affidamento per complessivi 37,8 milioni di euro a un'unica società, la Eco.Tech., che al momento del conferimento del primo appalto era specializzata nella vendita di led e lampadine;

   in sostanza la Eco.Tech. avrebbe venduto mascherine Ffp2 e Ffp3 rispettivamente al costo unitario di 3,60 e 3,90 euro, non rispettando però i termini di consegna, previsti entro fine marzo 2020, tanto che la quasi totalità della commessa non è ancora arrivata in Italia;

   secondo quanto riportato dal quotidiano il Tempo in data 22 aprile 2020, la regione aveva però ricevuto fin dal 19 marzo un'offerta della società Exor che fissava il prezzo unitario delle mascherine, tanto le Ffp2 quanto le Ffp3, a 2,50 euro, cioè 1,10 e 1,40 euro in meno dell'offerta Eco tech;

   l'offerta Exor è stata ignorata, ma il fatto curioso è che la Eco.Tech. si è poi a sua volta affidata proprio alla Exor per acquistare le mascherine destinate alla regione;

   per quanto consta all'interrogante, in data 27 marzo 2020, infatti, sarebbe stato sottoscritto il contratto tra Exor e Eco.Tech., assicurando a quest'ultima la fornitura di 3,5 milioni di mascherine FFp2 e di 4 milioni di mascherine Ffp3, che altro non erano che parte della fornitura Eco.Tech. destinata alla regione Lazio;

   sempre secondo quanto risulta all'interrogante, il carico sarebbe attualmente bloccato per problemi doganali dal 7 aprile 2020, mentre sembra possibile ipotizzare un suo arrivo a Fiumicino il 24 aprile, il che significa che mai sarebbe potuto arrivare entro fine marzo in regione, come pure pattuito contrattualmente tra la Protezione civile regionale e la Eco.Tech.;

   sulla base di tali presupposti e considerato che la Eco.Tech. ha venduto alla regione 3,5 milioni di mascherine Ffp2 a 3,60 euro l'una e 4 milioni di Ffp3, risulta chiaro che l'aver ignorato l'offerta originaria della Exor ha determinato un maggior esborso di denaro pubblico pari a 7,4 milioni di euro di cui si fatica a comprendere la giustificazione –:

   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per approfondire i gravi fatti riportati in premessa e per evitare un danno erariale inutile e particolarmente odioso nella situazione drammatica che si sta vivendo a causa dell'epidemia Covid-19.
(4-05356)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONTARULI, ROTELLI e BUTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   alla data del 20 aprile 2020 numerosi cittadini italiani, oltre 100, sarebbero bloccati in Messico nell'impossibilità di far ritorno in Patria a causa delle subentrate restrizioni derivanti dall'emergenza coronavirus;

   in particolare, molti di loro, anche più volte, avrebbero acquistato biglietti aerei sempre più costosi presso le compagnie aeree, le quali successivamente hanno soppresso le tratte impedendo il ritorno. La permanenza straordinaria in uno Stato straniero e l'acquisto dei suddetti biglietti, sebbene per voli poi soppressi, stanno aggiungendo alle difficoltà legate all'emergenza sanitaria quelle di natura economica con la conseguenza che alcuni sono stati costretti a ricorrere a prestiti per poter sopravvivere;

   ad oggi, nonostante le molteplici segnalazioni, anche attraverso l'ambasciata italiana, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non avrebbe ancora organizzato un volo per provvedere al rimpatrio dei nostri connazionali;

   solo recentemente, a quanto consta agli interroganti, l'ambasciata avrebbe iniziato un censimento degli italiani in Messico che si trovano nella suddetta condizione;

   la situazione si protrae da troppo tempo, ormai oltre un mese, ed è impensabile chiedere oggi nuovamente l'acquisto di biglietti aerei verso vettori che hanno già dimostrato di non garantire le tratte –:

   come si intenda provvedere al rimpatrio dei nostri connazionali in Messico e con quali modalità.
(5-03852)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 22 marzo e il 13 aprile 2020 sono arrivate in Italia due delegazioni di operatori sanitari cubani, circa 100 operatori fra medici e infermieri, appartenenti alla «Brigada Henry Reeve», al fine di sostenere l'Italia in questo periodo di grave emergenza sanitaria dovuta alla diffusione pandemica del Covid-19; il primo gruppo presta il proprio servizio in Lombardia, presso l'Ospedale di Crema, il secondo è impiegato in Piemonte, a supporto degli operatori della nuova area sanitaria temporanea allestita alle O.G.R di Torino;

   da alcune inchieste giornalistiche sarebbero emerse preoccupanti controversie in merito alle missioni mediche internazionali dell'isola cubana che risulterebbero avvalorate da numerose denunce degli stessi medici cubani e confermate da una voce autorevole quale quella del Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici del Venezuela, il dottor Douglas Leon Natera;

    quanto affermato, oltre a evidenziare che dietro le missioni mediche di Cuba, ritenute più mosse da propaganda ideologica che da un fine nobile, vi sarebbe un importante ed efficiente meccanismo di sfruttamento che consentirebbe al regime cubano di incassare tra i 4.000 e i 6.000 dollari al mese per ogni medico attraverso una trattenuta variabile dal 70 al 90 per cento dello stipendio pagato ai medici dai Paesi di accoglienza e che coloro che partono per missioni all'estero risulterebbero sottoposti a rigorose restrizioni, come ad esempio l'impossibilità di avere la propria famiglia al seguito per timore di defezioni, ha fatto emergere quella che sarebbe una gravissima denuncia riguardante una presunta mancanza di professionalità dei medici inviati anche in Italia;

    da quanto dichiarato in un'intervista rilasciata alla testata giornalistica «La Nuova Bussola Quotidiana» dal presidente della Federazione medica venezuelana, la maggior parte degli operatori impiegati nella missione sanitaria in Venezuela, così come in altre missioni nel Sud America, non avrebbe avuto la qualifica necessaria per esercitare la professione medica in quanto non in possesso di una laurea in medicina, ma al massimo di un diploma da operatori sanitari, ove non si tratti di personale che abbia addirittura semplicemente seguito corsi di soli 2 o 3 mesi in medicina semplificata, con conseguenze gravissime a danno della salute pubblica;

   sempre da quanto affermato dal dottor Douglas Leon Natera, tale mancanza di qualifica professionale potrebbe riguardare anche i medici della cosiddetta «Brigada Henry Reeve» arrivata in Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   se siano stati effettuati i doverosi controlli, per quanto di competenza, sulla trasparenza degli incarichi affidati e soprattutto in merito alla qualifica professionale degli operatori sanitari della «Brigata Henry Reeve» arrivati in Italia;

   se il Governo non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza con la collaborazione della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, per effettuare le dovute verifiche al fine di contrastare eventuali forme di abusivismo, di cui all'articolo 348 del codice penale, o qualsiasi altra forma di esercizio non qualificato della professione medica per garantire la massima tutela e la sicurezza dei cittadini italiani che si trovano già a dover affrontare una situazione sanitaria emergenziale senza precedenti.
(4-05354)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   MANTOVANI, LUCA DE CARLO, CIABURRO, DEIDDA, GALANTINO, CARETTA, ROTELLI, VARCHI e BUTTI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 aprile 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, in un'intervista alla Sueddeutsche Zeitung afferma in merito al dumping fiscale interno all'Unione europea: «Prendiamo l'esempio dell'Olanda, che con il suo dumping fiscale attrae migliaia di multinazionali, che trasferiscono lì la propria sede, ed ottengono un flusso di entrate fiscali massicce, che vengono sottratte ad altri partner dell'Unione: 9 miliardi di euro ogni anno, come riporta un'analisi di Tax Justice Network»;

   come descritto in un articolo firmato da Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi e pubblicato sul sito del quotidiano economico Il Sole 24 Ore l'Olanda «sottrae» ai Paesi dell'Unione europea, tramite la sua politica fiscale, fino a 10 miliardi di euro;

   come si apprende dall'ultima relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la concorrenza fiscale genera evidenti vantaggi per taluni Paesi: il Lussemburgo, Paese di circa 600 mila abitanti, è in grado di raccogliere imposte sulle società pari al 4,5 per cento del prodotto interno lordo, a fronte del 2 per cento dell'Italia;

   dalla sopracitata relazione si apprende che l'Italia attira investimenti esteri diretti pari al 19 per cento del prodotto interno lordo; il Lussemburgo pari a oltre il 5.760 per cento, l'Olanda al 535 per cento e l'Irlanda al 311 per cento. Valori così elevati non trovano spiegazione nei fondamentali economici di tali Paesi, ma sono in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo;

   la relazione annuale dell'Autorità garante afferma che l'Italia è certamente uno dei Paesi più penalizzati. Nell'articolo redatto da V. A. Cobham – P. Jansky dal titolo «Global distribution of revenue loss from corporate tax avoidance – re-estimation and country results» pubblicato sul Journal of International Development e ripreso dalla relazione annuale illustrata in data 2 luglio 2019: «la concorrenza fiscale genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l'anno, con un danno per l'Italia stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l'anno» –:

   se il Governo intenda attivarsi, all'interno dei consessi europei, per avviare un dibattito sugli effetti del dumping interno all'Unione europea, avanzando altresì la proposta di un riequilibrio di questa pratica iniqua che danneggia pesantemente l'economia italiana e quella di altri Stati membri.
(4-05347)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il principale quotidiano cittadino ha dato diffusione alle dichiarazioni del prof. Chierici il quale ha proposto un progetto di valorizzazione dell'identità storica e preistorica del comune di Casalecchio di Reno mediante la realizzazione di un museo archeologico dedicato precipuamente alla civiltà etrusca (www.ilrestodelcarlino.it);

   tale polo museale potrebbe qualificarsi come uno dei principali in ambito regionale e nazionale anche e soprattutto con riguardo alla presenza della cultura etrusca nel territorio in questione che costituisce, insieme, ad esempio, a Toscana, Umbria, Lazio, la culla della civiltà etrusca;

   nel territorio nazionale esistono numerosi musei archeologici situati nelle regioni sopra citate, insistendo, sul territorio dell'Emilia-Romagna, musei come il museo archeologico di Marzabotto che, essendo collocato a pochi chilometri da Casalecchio, potrebbe generare un virtuoso percorso rivolto proprio alla valorizzazione della conservazione della civiltà etrusca;

   intorno a questi poli museali del centro Italia esistono progetti intorno ai quali le amministrazioni locali hanno saputo creare, con l'apporto del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, una significativa offerta turistico-culturale;

   l'auspicato potenziamento della mobilità nel nodo di Casalecchio potrebbe generare un'ulteriore capacità attrattiva e di transito, visto che proprio Casalecchio si colloca esattamente sulla A1 e sul nuovo percorso del nodo di Casalecchio, intercettando flussi turistici endemicamente in movimento sul territorio;

   il Ministro interrogato, emiliano, in più sedi ha affermato come la cultura sia da considerare una vera e propria infrastruttura per la regione stessa;

   pertanto, si rende opportuno un coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo sia sul versante economico che su quello di inserimento nel circuito culturale regionale di Casalecchio –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito alla proposta di realizzare un museo della civiltà etrusca a Casalecchio di Reno;

   se abbia ricevuto, alla data della presente interrogazione, richieste di contribuzione o proposte di qualsiasi tipo su questo progetto da parte dell'amministrazione comunale di Casalecchio;

   se ritenga opportuno adottare iniziative per investire risorse, di qualsiasi tipo, su questa proposta.
(4-05337)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   SGARBI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 19 aprile 2020 a Gallignano, frazione di Soncino, in provincia di Cremona, due carabinieri hanno fatto irruzione nella chiesa di San Pietro Apostolo, dove don Lino Viola stava celebrando la santa messa, intimandogli di interromperla, sostenendo che la presenza di 13 fedeli, del celebrante e dell'aiutante, costituisse un «assembramento», e in quanto tale, secondo i due militari, in contrasto con le restrizioni imposte dai decreti governativi sul contenimento del coronavirus;

   i fedeli presenti, appena 13, oltre a rispettare il cosiddetto «distanziamento sociale», indossavano una mascherina di protezione, in condizioni dunque tali da non rappresentare alcun pericolo;

   più volte il prete, durante la funzione religiosa, come è facilmente verificabile dall'esame del video che è stato diffuso su internet, con tono pacato, ha chiesto ai due carabinieri di non interrompere la messa, obiettando come l'inaudita irruzione costituisse un grave abuso di potere, ma con una protervia e una tracotanza che offendono prima che la Chiesa, la divisa che portano, i due militari sono saliti sull'altare per impedire che il prete continuasse a celebrare messa;

   l'articolo 19 della Costituzione stabilisce che «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume»;

   l'articolo 405 del codice penale stabilisce che: «Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni»;

   il codice penale va in concerto con il codice di diritto canonico che asserisce che la messa non può assolutamente essere interrotta –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere nei confronti dei due carabinieri che si sono resi protagonisti di quelle che l'interrogante ritiene così gravi violazioni di legge.
(3-01485)

Interrogazione a risposta scritta:


   COMENCINI, BILLI, BONIARDI, CASTIELLO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FANTUZ, FERRARI, FORMENTINI, GIORGETTI, PICCHI, PICCOLO, PRETTO, RIBOLLA, TOCCALINI, VALBUSA, ZICCHIERI e ZOFFILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'infezione da Sars-CoV-2 ha assunto ormai le caratteristiche di una pandemia presente in tutti i continenti del pianeta; non si può quindi escludere che sia presente in alcuni dei teatri sui quali operino militari italiani impegnati in missioni di mantenimento della pace;

   si trovano attualmente all'estero circa 7 mila effettivi, alcuni dei quali schierati in zone vicine a noti focolai di Sars-CoV-2 di ragguardevole intensità; preoccupano soprattutto le posizioni dei contingenti italiani di stanza ad Herat in Afghanistan e nel Kurdistan iracheno, in quanto situati in prossimità della Repubblica Islamica d'Iran, fra i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia;

   il problema riguarda, a maggior ragione, anche tutto il personale militare in servizio nelle sedi estere della rete diplomatica e consolare nazionale, diffusa su tutto il pianeta, come parte della sua sicurezza o nel contesto delle addettanze per la Difesa, militari, navali e aeronautiche;

   il Covid-19 tende comunque a spostarsi, seguendo direttrici non sempre prevedibili, che impediscono di considerare al riparo da rischi i militari che si trovino in zone in cui la presenza del Sars-CoV-2 è per il momento meno evidente;

   è quindi opportuno dotare i militari italiani in servizio all'estero di dispositivi protettivi individuali idonei a tutelarne la salute nelle ambasciate, nei consolati e nei teatri in cui sono schierati –:

   se il Governo abbia già provveduto a inviare ai militari italiani in servizio nelle sedi della rete diplomatica e consolare italiana o impegnati in missioni di mantenimento della pace all'estero idonei quantitativi di dispositivi individuali di protezione per assicurarne l'incolumità in ambienti contaminati dal virus Sars-CoV-2;

   quali iniziative ulteriori il Governo abbia assunto finora o ritenga di assumere nell'immediato futuro per garantire la salute del personale delle Forze armate impegnato all'estero rispetto al pericolo del contagio da Sars-CoV-2.
(4-05345)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT e ANNIBALI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le carceri sono luoghi ideali per l'incubazione e la rapida diffusione delle malattie infettive; ambienti chiusi, sovraffollati talvolta al limite del collasso, dove i detenuti vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie; gli istituti di cura sono, quindi, per queste ragioni il veicolo perfetto per la trasmissione anche e soprattutto del coronavirus: un contagio che minaccia detenuti e conseguentemente il personale del carcere ed in particolare la polizia penitenziaria;

   anche il carcere di Torino, come la maggior parte degli istituti di pena del Paese, ha un numero di detenuti secondo gli ultimi dati ufficiali, superiore rispetto ai posti disponibili (circa 1250 a fronte di 1061 posti regolamentari);

   l'emergenza sanitaria da coronavirus sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema sanitario nazionale e, in particolare, quello piemontese. La regione Piemonte è infatti tra le più colpite in Italia per casi positivi, vittime e ricoveri in terapia intensiva, nonostante i tamponi effettuati siano minori rispetto ad altri territori;

   i dati confermano purtroppo come il Piemonte, nonostante alcune settimane di vantaggio rispetto alle regioni limitrofe, non sia riuscito ancora a contrastare con efficacia e tempestività lo sviluppo dell'epidemia;

   nel carcere di Torino, secondo quanto denunciato dal segretario regionale dell'Osapp, si sta verificando una «situazione estremamente grave e preoccupante. Su 1.250 detenuti almeno 60 sarebbero risultati positivi al coronavirus. Di questi una decina sarebbero già usciti, mentre 47 sarebbero ancora allocati all'interno, distribuiti su tre reparti»: per l'Osapp «il personale di polizia penitenziaria ha paura di prestare servizio, a motivato timore per la propria incolumità, laddove i dispositivi di protezione individuale non stati forniti in maniera sufficiente a parte le mascherine chirurgiche che tra l'altro il personale indossa in questo momento per più giorni consecutivi»;

   i sindacati di polizia penitenziaria hanno inoltre richiesto al presidente della regione Cirio di effettuare maggiori tamponi, non soltanto per prevenire focolai tra detenuti e agenti ma anche per evitare che gli stessi detenuti si possano contagiare volontariamente al fine di essere trasferiti all'esterno –:

   quali siano i numeri effettivi del contagio tra gli agenti penitenziari e tra i detenuti nel carcere di Torino;

   se il materiale sanitario di protezione personale distribuito all'interno del carcere sia adeguato e conforme alle misure vigenti di contrasto al contagio;

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, al fine di monitorare e prevenire lo sviluppo del contagio nel carcere di Torino e garantire la salute di detenuti e personale dipendente.
(5-03853)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   tra le misure più immediate decise dal Governo per fronteggiare l'emergenza derivante dal Covid-19, vi sono senza dubbio le norme volte a prevedere che le pubbliche amministrazioni assicurino lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del personale dipendente;

   da ultimo il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, all'articolo 87, prevede che il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni che devono impegnarsi a limitare la presenza del personale negli uffici, assicurando esclusivamente le attività indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza;

   l'articolo 83 dello stesso decreto-legge detta altresì disposizioni urgenti per contenere gli effetti negativi derivanti dall'emergenza epidemiologica sullo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali, prevedendo, al comma 6, che i capi degli uffici giudiziari, adottino misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus Covid-19, al fine di evitare assembramenti e contatti ravvicinati tra le persone;

   pertanto, anche all'interno dell'amministrazione giudiziaria, è stato necessario cercare di adeguare le peculiarità della forma di prestazione di lavoro agile con le specificità delle attività giudiziarie; in tal senso, il Ministero della giustizia ha emanato il 19 marzo 2020 le nuove «Linee guida sullo svolgimento dell'attività lavorativa per il personale dell'Amministrazione giudiziaria al fine di attuare le misure di contenimento del contagio da COVID-19»;

   già una precedente circolare, in applicazione delle disposizioni governative sulla materia, ha posto l'obiettivo di «limitare, per quanto è possibile, la presenza fisica negli uffici centrali e territoriali, relativamente sia all'utenza esterna sia al personale magistratuale e amministrativo» e ha lasciato a capi degli uffici e dirigenti un'ampia libertà di manovra in tema di lavoro flessibile; a quanto si apprende da numerose segnalazioni da parte sia delle organizzazioni sindacali sia a mezzo stampa, sono emerse sinora numerose resistenze e ritardi nell'applicazione delle norme e delle direttive impartite al fine di favorire l'utilizzo dello smart working all'interno degli uffici giudiziari e nelle articolazioni territoriali del Ministero;

   nello specifico le organizzazioni sindacali, a quanto consta all'interrogante, lamentano la mancanza di predisposizione di piani di raccolta delle richieste dei lavoratori e di autorizzazione del personale avente diritto, oltre che ritardi nell'autorizzazione del personale all'accesso remoto ai sistemi informatici –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della specificità della situazione dell'amministrazione giudiziaria e se intendano procedere all'individuazione di ulteriori misure idonee al fine di conciliare le specificità delle attività ausiliarie delle funzioni giudiziarie con il ricorso allo strumento del lavoro agile nel contenimento dell'emergenza da Covid-19.
(4-05353)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

  l'8 aprile 2020, alle ore 10,20, è crollato il ponte gestito da Anas che collega Albiano e Caprigliola, coinvolgendo gli unici 2 furgoni che in quel momento vi transitavano. Il ponte era lungo 258 metri ed è crollato da un'altezza di oltre 10 metri. La tragedia infrastrutturale non ha fortunatamente coinvolto delle vittime, nonostante fossa catalogata come arteria stradale ad alta intensità di traffico, grazie alle note e stringenti limitazioni di movimento dovute al lockdown per Covid-19;

  i sindaci dei comuni coinvolti hanno reso pubblica la copiosa corrispondenza ufficiale intercorsa con Anas sino al dicembre 2019 con cui veniva richiesto un urgente intervento di risanamento statico, della cui necessità Anas ha ripetutamente e pubblicamente negato, in maniera assoluta e diversamente da quanto stabilito nel «decreto Genova», la necessità;

  da direzione generale strade del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la nota del 15 aprile 2020, ha reso pubblici tutti gli impegni nazionali ed europei cui Anas, nel corso della gestione 2019, è consapevolmente venuta meno, causando, non solo inestimabili danni diretti per la popolazione già gravemente colpita, non solo degli irrecuperabili danni di immagine internazionale per il nostro sistema Paese, ma anche quello che l'interpellante ritiene un ingente danno erariale per l'Italia, dal momento che sono stati deliberatamente disattesi, nei tempi e nei termini, tutti gli adempimenti comunitari prescritti;

  il 30 marzo 2020 è stato approvato il primo bilancio Anas con una perdita di oltre 71 milioni di euro. L'esercizio precedente (2018) era stato chiuso con ricavi superiori ai 2 milioni di euro;

  tali pessimi dati gestionali ufficializzati nel bilancio 2019 stanno subendo tali ulteriori ingenti aggravi, nel primo trimestre 2020, da lasciare senza liquidità proprio l'Azienda attraverso la quale si sarebbe potuto ricominciare a investire nelle infrastrutture;

  accreditate fonti di stampa riportano come lo stesso Massimo Simonini, amministratore delegato di Anas dal 21 dicembre 2018, si sia recato in «destinazioni esotiche» nei primi dieci giorni di questo tragico marzo 2020, in piena emergenza pandemica e a pochi giorni di distanza dall'approvazione dei dati del peggior bilancio di Anas e soprattutto della ingiustificabile e rovinosa caduta del Ponte di Albiano. Negli stessi articoli si fa esplicito riferimento alle assidue prossimità familiari e continue frequentazioni dell'amministratore delegato Simonini con personaggi malavitosi, come Giovan Battista Papello – dal 5 febbraio 2020 in carcere per corruzione – utili al presunto mantenimento e alla tessitura di posizioni e privilegi –:

  se il Governo non ritenga utile approfondire quale sia stato l'iter di nomina con il quale la capogruppo Ferrovie dello Stato italiane abbia scelto Massimo Simonini, dirigente di III fascia, come amministratore delegato di Anas, la più grande stazione appaltante italiana, ad avviso dell'interpellante senza quei minimi requisiti obbligatori di professionalità previsti dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296;

  se non si ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza, ferme restando le attribuzioni della Corte dei conti, affinché siano verificate le responsabilità in capo all'attuale amministratore delegato di Anas per i danni diretti, derivati e conseguenti, che la popolazione italiana, tutta, sta subendo e dovrà continuare a subire;

  se non si ritenga urgente avviare verifiche sullo stato e sulla qualità delle ispezioni effettivamente compiute da Anas sui ponti e sui viadotti in gestione diretta;

  quali urgenti iniziative si intendano adottare per l'immediato riavvio del sistema infrastrutturale del Paese e la relativa doverosa messa in sicurezza.
(2-00754) «Bond».

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dalla cronaca di questi giorni si apprende che si è verificato il crollo di un ponte sulla strada provinciale 70 in località Albiano, vicino Aulla, in provincia di Massa e Carrara; nel crollo sono rimasti coinvolti due automezzi e uno degli autisti è rimasto ferito;

   da quanto emerge dalle ricostruzioni della stampa, il ponte era stato oggetto di un sopralluogo nel mese di novembre 2019 da parte dei tecnici dell'Anas, da cui dipende l'infrastruttura, dopo che erano stati rilevati numerosi danni all'asfalto derivanti dagli eventi atmosferici avversi che avevano colpito la regione in quel periodo;

   a giudizio dei tecnici tuttavia, la struttura non presentava condizioni di pericolosità tale da interdirne l'utilizzo e, pertanto, poiché il ponte rappresenta una importante struttura di raccordo tra la Liguria e la Toscana, il volume del traffico sul medesimo non ha subito limitazioni;

   nel 2018 la struttura è passata dalla gestione della provincia di Massa e Carrara alla società Anas spa, che nonostante le continue segnalazioni sulle cattive condizioni del manto stradale da parte degli automobilisti, non aveva ritenuto di sottoporre l'infrastruttura a un monitoraggio più accurato, dato che le verifiche svolte nel mese di novembre 2019 non avevano dato esito negativo;

   inoltre, si apprende, sempre a mezzo di notizie stampa, che secondo recenti statistiche, sarebbero una ventina i ponti autostradali non ancora sottoposti a verifiche tecniche, oltre a 200 gallerie che non rispettano gli standard europei e quasi un migliaio di viadotti di cui non si sa con certezza chi sia il proprietario e che per anni non sono stati monitorati, con gravissimo rischio per la popolazione che quotidianamente li attraversa e per il trasporto di merci su strada;

   con l'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018 è stata istituita, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), voluta a seguito del crollo del Ponte Morandi a Genova, con il compito di garantire la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, verificando direttamente la corretta organizzazione dei processi di manutenzione da parte dei gestori stradali e autostradali, coordinando l'attività ispettiva e di verifica a campione sulle infrastrutture, nonché obbligando i gestori a mettere in atto le necessarie misure di controllo del rischio in quanto responsabili dell'utilizzo sicuro delle infrastrutture;

   la sicurezza della rete stradale e delle connesse infrastrutture deve essere monitorata con cadenza continua e sistematica dagli organi preposti a farlo; a maggior ragione in questo periodo di blocco delle attività economiche e di grandi restrizioni dovute all'emergenza Covid-19, la circolazione delle merci e dei beni essenziali su strada non può rischiare di subire ulteriori danni a causa di crolli e incidenti stradali dovuti a mancate verifiche e manutenzioni delle infrastrutture –:

   se sia a conoscenza della situazione di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire il monitoraggio delle infrastrutture, anche attraverso una maggiore operatività dell'Ansfisa e la predisposizione di un immediato piano di censimento delle infrastrutture.
(4-05336)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRETTO, RACCHELLA e COVOLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Vicenza, patrimonio mondiale riconosciuta dall'Unesco, nelle ultime settimane si è assistito a un progressivo peggioramento della situazione dell'ordine pubblico, con la dilagante presenza nelle strade della città, dal centro storico alle periferie, di spacciatori, accattoni molesti e sbandati senza fissa dimora, spesso di origine straniera;

   i cittadini, già fortemente preoccupati per l'emergenza Covid-19, sono chiamati a fare enormi sacrifici sul piano personale, sociale ed economico per rispettare le restrizioni imposte dalle disposizioni per il contenimento dell'epidemia e le forze dell'ordine, unitamente alla polizia locale, sono quotidianamente impegnate nelle attività di controllo, mentre gruppi di delinquenti ignorano qualsiasi disposizione e, addirittura, reagiscono in modo aggressivo e violento al momento del controllo e dell'eventuale sanzione;

   la situazione descritta non è più tollerabile e rischia di sfociare in episodi di forte tensione sociale analoghi a quelli che si stanno verificando in altre città di Italia;

   è necessario che si mettano a disposizione delle forze dell'ordine degli strumenti più adeguati alla gestione dell'emergenza, che non possono limitarsi a sanzioni amministrative e pecuniarie, palesemente insufficienti nei confronti di soggetti dediti ad attività criminali, anche ipotizzando l'arresto, come già avviene in altri Paesi, per chi resiste a pubblico ufficiale e il carcere per chi oppone resistenza ai controlli e l'individuazione di spazi per la detenzione temporanea in alternativa al carcere –:

   al fine di arginare la situazione di tensione sociale, quali concrete iniziative di competenza intendano mettere in atto i Ministri interrogati per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza e tutelare, quindi, i diritti di tutti i cittadini che meritano risposte chiare e forti da parte del Governo;

   se, a fronte di quanto esposto, il Governo non reputi necessario e improrogabile adottare le iniziative di competenza per un rafforzamento degli organici delle forze di polizia a livello locale nella città di Vicenza, incrementando così la loro presenza sul territorio a scopo di deterrenza, controllo e repressione dei reati per rendere più incisiva la presenza dello Stato;

   se non si ritenga urgente, alla luce della particolare situazione di emergenza epidemiologica che il nostro Paese sta vivendo, adottare le iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, per prevedere misure straordinarie, fino alla previsione dell'arresto per chi resiste a pubblico ufficiale e del carcere per chi oppone resistenza ai controlli, finalizzate al contrasto di ogni comportamento contra legem e attività criminale.
(4-05344)


   RUGGIERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 16 aprile 2020, diversi comunicati stampa hanno evidenziato che vi sarebbero numerosi casi di positività al Covid-19 nello stabilimento del gruppo Siciliani, con sede a Palo del Colle, che si occupa della trasformazione di carni, con 460 unità;

   alcuni casi sarebbero anche gravi tanto da richiedere il ricovero nelle unità ospedaliere attrezzate per la cura e il contenimento di detto virus;

   tale circostanza è stata confermata anche dal commissario prefettizio, dottoressa Rosanna Riflesso, dello stesso comune da informazioni apprese dalla competente Asl, che avrebbe ritenuto di non dover chiudere l'azienda;

   con circolare del 14 aprile n. 15350/117(2)/Uff III-Prot.Civ., il capo di gabinetto del Ministero dell'interno, Matteo Piantedosi, ha invitato i prefetti, con l'aiuto della Guardia di finanza e dell'Ispettorato del lavoro, a svolgere controlli serrati per verificare rispettivamente se nelle fabbriche aperte si lavori effettivamente alla produzione di beni delle categorie autorizzate (o comunque appartenenti alle varie filiere consentite) e per eseguire sopralluoghi all'interno dei locali per verificare che siano rispettate le misure di sicurezza previste;

   l'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce il principio della precauzione al fine di garantire un alto livello di protezione dell'ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio;

   nella conferenza stampa avvenuta il 21 aprile 2020 il dirigente dell'Asl di Bari, Pasquale Drago, ha dichiarato che «Salgono a 40 i casi positivi al Coronavirus all'interno dello stabilimento Siciliani a Palo del Colle. Di questi sono 2 del comune di Grumo Appula, 1 a Santeramo, 2 a Toritto, 3 a Bari, 1 a Binetto, 3 ad Altamura, 2 a Modugno, 1 a Bitonto, 2 a Bitritto, 1 ad Acquaviva e 16 a Palo Colle, lasciando fuori dal conto i casi precedenti al 15 marzo» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e se sia stato informato dalla prefettura di Bari della sanificazione e del rispetto del distanziamento sociale nell'azienda in questione, nonché dell'utilizzo di prodotti igienizzanti e dispositivi di protezione individuale, ovvero mascherine, guanti e camici monouso;

   se i predetti uffici, ognuno nell'ambito delle proprie competenze, tenuto conto delle procedure organizzative e gestionali oggetto del protocollo tra Governo e parti sociali del 14 marzo 2020 e al fine di evitare il diffondersi del virus nell'ambito del comune di Palo del Colle e nella stessa azienda, abbiano effettuato sopralluoghi e verifiche, valutando l'eventuale chiusura dell'azienda all'esito di dette attività.
(4-05351)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le graduatorie di istituto sono gli elenchi dei docenti dai quali i dirigenti scolastici attingono per assegnare le supplenze annuali e temporanee, hanno validità triennale e sono articolate in tre fasce; tali graduatorie vengono aggiornate ogni tre anni per consentire l'adeguamento dei punteggi posseduti, la richiesta di variazione della provincia d'interesse e l'inserimento di nuovi docenti; nel corso di ogni triennio, molti insegnanti supplenti procedono, con grandi sacrifici economici e personali, all'acquisizione di crediti utili all'inserimento e all'aggiornamento delle graduatorie; ai docenti è stato richiesto, data l'attuale sospensione delle attività didattiche tradizionali, un aggiornamento tecnologico imponente per garantire il proseguimento dell'attività a distanza; i docenti hanno risposto con grande senso di responsabilità, adoperandosi per consentire la didattica a distanza;

   a fronte di tale innovazione digitale, hanno stupito le dichiarazioni ministeriali in merito all'impossibilità dell'aggiornamento delle graduatorie per incapacità di informatizzare la procedura di raccolta delle domande;

   sono stati stanziati 85 milioni di euro per la digitalizzazione e la didattica a distanza; è necessario prevedere una procedura interamente telematica per le domande di inserimento e di aggiornamento delle graduatorie;

   la dichiarata volontà di far fronte al fabbisogno di personale della scuola tramite concorsi, appare, nel frangente attuale, non praticabile a causa del blocco delle procedure imposto dalla pandemia in atto;

   il Consiglio superiore della pubblica istruzione, nel parere reso il 6 aprile 2020, ha auspicato una riflessione da parte del Ministero in merito alla possibilità di assumere procedure concorsuali le più semplificate possibili, che tengano conto essenzialmente del periodo di servizio già prestato e delle esperienze culturali e professionali possedute dai docenti;

   occorre un'azione comune volta a riconoscere l'aggiornamento delle graduatorie come un punto fondamentale per il regolare avvio dell'anno scolastico 2020/2021, che è considerato l'anno in cui gli studenti dovranno consolidare le competenze acquisite nel periodo di didattica a distanza;

   molti precari lavorano da anni nelle scuole, hanno accumulato esperienza e hanno fatto ingenti sacrifici per acquisire punteggio;

   esiste il diritto da parte dei docenti di veder realizzate le proprie aspettative e ambizioni –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire il regolare aggiornamento delle graduatorie di istituto, consentendo sin da subito una procedura telematica per le domande di inserimento e aggiornamento di tali graduatorie.
(5-03851)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della grave crisi economica e produttiva che si è determinata in conseguenza dell'epidemia da Covid-19, tra i vari strumenti messi in campo dal Governo con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si segnala l'istituzione di una specifica cassa integrazione in deroga, per la quale sono state destinate risorse finanziarie pari a 3.293,2 milioni di euro per l'anno 2020;

   una misura di tale natura rappresenta una vera propria boccata d'ossigeno per decine di migliaia di lavoratori di imprese e settori che, altrimenti, non avrebbero alcuna forma di sostegno del reddito in questa difficilissima congiuntura socio-economica;

   per quanto concerne le domande di cassa integrazione ordinaria con motivazione Covid-19, le domande provenienti dal territorio dell'Abruzzo ammontano complessivamente a 2.313: 675 a Chieti, 667 a Pescara, 540 a Teramo e 431 in provincia dell'Aquila;

   a tutt'oggi, invece, ancora non si è a conoscenza di quante domande siano state presentate per la cassa integrazione in deroga per la regione Abruzzo. La piattaforma telematica predisposta dalla regione Abruzzo che sta raccogliendo le domande è stata attivata poco più di dieci giorni fa, ma all'Inps non sarebbe stata inviata neppure una pratica da tale territorio e, quindi, l'ente previdenziale non può provvedere alla liquidazione delle indennità che potenzialmente riguardano circa 54.000 lavoratori operanti in micro e piccole imprese, da uno a cinque dipendenti –:

   se corrisponda al vero che, a tutt'oggi, la regione Abruzzo non avrebbe ancora trasmesso alcuna richiesta di accesso al trattamento della cassa integrazione in deroga per i lavoratori dipendenti delle imprese del proprio territorio e, qualora sia confermato, quali siano le ragioni di tale inaccettabile ritardo, nonché quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di superare tale situazione che sta determinando un grave pregiudizio per la condizione economica di decine di migliaia di lavoratori abruzzesi.
(5-03855)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, MANTOVANI, TRANCASSINI e CIABURRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha introdotto il contratto di prestazione occasionale, che ha di fatto sostituito lo strumento dei «voucher», abolito con decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25;

   nel caso delle imprese balneari, come emerso a mezzo stampa e come riportato da SIB-Confcommercio, l'abolizione dei voucher ha comportato una riduzione di almeno il 30 per cento dei collaboratori nel 2017, anno di abolizione, rispetto all'anno precedente;

   come riportato da numerosi operatori del settore, l'abolizione dei voucher per le prestazioni dei lavoratori stagionali reca con sé il rischio di incrementare i volumi dell'economia sommersa, essendo stato abolito uno strumento che, per semplicità e immediatezza, riusciva a dare un quadro normativo chiaro all'impiego di personale per la prestazione di attività lavorativa stagionale o occasionale;

   le regole ad oggi vigenti sulla disciplina del lavoro occasionale prevedono una serie di procedure complicate, incapaci di rispondere alle particolari esigenze di flessibilità e urgenza che caratterizzano il lavoro stagionale;

   alla luce della attuale crisi economica da Covid-19, il settore turistico è tra quelli più colpiti in Italia, con particolare riguardo per le imprese balneari, la cui stagione per l'anno 2020 è ormai irrimediabilmente compromessa;

   in tal senso, anche con il fine di poter affrontare in modo più adeguato le necessarie attività di manutenzione degli stabilimenti, nonché la ripartenza economica auspicabilmente nella stagione in corso, lo strumento del voucher è il più indicato per mantenere gli attuali livelli di occupazione del settore, salvaguardando i posti di lavoro esistenti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per:

    a) una modifica normativa volta a reintrodurre l'istituto dei voucher per le prestazioni occasionali dei lavoratori stagionali, così come regolati prima della loro abrogazione, inserendo tra i loro beneficiari anche persone iscritte regolarmente nell'assicurazione generale obbligatoria;

    b) istituire un tavolo di lavoro con le principali associazioni di rappresentanza dei comparti lavorativi a maggiore stagionalità per predisporre una riforma complessiva della disciplina del lavoro occasionale, anche sulla base di quanto esposto in premessa.
(4-05340)


   MUGNAI e MAZZETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «Cura Italia», ha previsto una serie di indennità una tantum da corrispondere a diverse categorie di lavoratori che hanno visto la propria attività lavorativa impedita o ridotta a causa dell'emergenza epidemiologica prodotta dal Covid-19;

   il medesimo decreto, all'articolo 44, ha altresì stanziato risorse da destinare al cosiddetto «reddito di ultima istanza» che, in parte, è stato finalizzato all'erogazione di indennità una tantum per i professionisti iscritti alle casse di previdenza ordinistiche;

   l'articolo 34 del decreto-legge n. 23 del 2020 contiene una norma di interpretazione autentica del suddetto articolo 44 del decreto-legge «Cura Italia» in esame, dove si chiarisce che i soggetti individuati dalla norma, per poter accedere alla misura di sostegno al reddito, non devono essere titolari di trattamento pensionistico diretto;

   in pratica, per come è scritta la norma, detta indennità spetta ai lavoratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps o alle Casse professionali e anche qualora il lavoratore percepisca un assegno di invalidità civile (provvidenza di natura assistenziale erogata dall'Inps), mentre è di fatto negato a chi percepisce una «pensione/assegno» di invalidità;

   in pratica, quindi, vengono esclusi lavoratori con patologie che percepiscono un assegno di invalidità dell'Inps grazie ai contributi versati. Per questi lavoratori questo assegno costituisce un'integrazione del reddito professionale, ridotto per la diminuita capacità lavorativa;

   la circolare dell'Inps 47/2020 ha dichiarato l'incompatibilità tra la percezione delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del suddetto decreto-legge n. 18 del 2020 «Cura Italia» con l'assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222;

   tale interpretazione appare agli interroganti ingiustificata e arbitraria –:

   se non si intendano adottare con urgenza le iniziative di competenza al fine di pervenire a una corretta interpretazione delle norme di cui in premessa, affinché possano beneficiare delle suddette indennità anche i lavoratori professionisti che percepiscono un assegno di invalidità dell'Inps grazie ai contributi versati.
(4-05343)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione Abruzzo ha pianificato la decisione di realizzare un ospedale Covid a Pescara dal costo di 11 milioni di euro e di coinvolgere le cliniche private nel trattamento dei pazienti colpiti dall'epidemia e, d'altro lato, ha disposto l'apertura e poi la chiusura di un Covid hospital ad Atessa, per riduzione della casistica;

   tali decisioni sembrano all'interrogante tra loro contraddittorie e prese in assenza di un programma operativo dell'emergenza Covid-19, previsto tra l'altro dal decreto-legge n. 18 del 2020, dove illustrare nel dettaglio le azioni da mettere in campo per contrastare la pandemia, previa valutazione e approvazione da parte del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;

   il programma operativo dell'emergenza Covid-19 è uno strumento che si è reso necessario anche per il fatto che il Governo si è impegnato a incrementare i trasferimenti ai sistemi sanitari regionali, in prima linea nella emergenza coronavirus dopo anni di tagli e commissariamenti;

   l'Abruzzo avrà circa 120 milioni di euro in più di cui 31 milioni già assegnati nell'ambito della ripartizione dei fondi nazionali per la emergenza Covid-19 e, iscritti a bilancio con una delibera della giunta l'8 aprile 2020; fondi che per essere utilizzati necessitano dell'approvazione da parte della regione del programma operativo;

   inoltre, la regione Abruzzo si è dotata di una complessa governance dell'emergenza Covid, costituita, dal responsabile delle maxi-emergenze Alberto Albani, di un Comitato regionale emergenza urgenza, il Crea, da una task force incardinata nel dipartimento di protezione civile, da un tavolo regionale di esperti e da altre quattro unità di crisi aziendali, per ciascuna delle Asl, con quella di Teramo che ha costituito anche una seconda task force rischiando di fare scelte, senza un quadro di riferimento organico del programma operativo;

  in particolare, la prima scelta è stata la realizzazione del Covid hospital in via Rigopiano a Pescara dal costo complessivo di 11 milioni di euro, a cui è seguita l'ordinanza 28 dell'8 aprile 2020 per il coinvolgimento delle case di cura private accreditate della regione Abruzzo nell'emergenza coronavirus prevedendo «accordi di collaborazione» validi per due mesi, per poter trasferire i pazienti «non Covid» dagli ospedali pubblici, da sottoporre anche a interventi chirurgici, e anche per ospitare pazienti «Covid» in ripresa dopo la fase acuta ma non dimissibili; infine, vi è stata, a quanto consta all'interrogante, l'apertura e poi la chiusura di un Covid hospital ad Atessa –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, quale programma operativo dell'emergenza Covid-19 sia stato presentato dalla regione Abruzzo e, qualora ciò non sia avvenuto, quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare anche al fine di tutelare la salute dei cittadini residenti in Abruzzo.
(5-03854)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI e CAPITANIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per l'emergenza epidemiologica da Covid-19 che si è diffusa in Italia da fine febbraio 2020, il Ministro interrogato ha nominato consigliere per le relazioni dell'Italia con gli organismi sanitari internazionali il professor Walter Ricciardi, assegnandogli un ruolo determinante anche nel fornire indicazioni per il contenimento del contagio in tutto il territorio nazionale;

   ad oggi, sul sito del Ministero, ancora non sono consultabili l'atto di conferimento dell'incarico, il curriculum vitae, né l'indicazione del compenso relativo al rapporto di consulenza e/o di collaborazione e nemmeno l'attestazione dell'insussistenza di conflitti di interessi, adempimenti previsti dalle norme sull'amministrazione trasparente che lo stesso Ministero si è dato proprio allo «scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche»;

   peraltro, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e successive modificazioni e integrazioni, «la pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato (…), sono condizioni per l'acquisizione dell'efficacia dell'atto e per la liquidazione dei relativi compensi»;

   negli ultimi giorni si è parlato molto del professor Walter Ricciardi e del suo ruolo all'interno dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), soprattutto a seguito delle sue esternazioni sul Presidente americano Trump, tanto che l'Oms è intervenuta con una nota, chiarendo che il Professore «non rappresenta l'Oms ma il governo italiano presso il comitato esecutivo dell'Organizzazione», trattandosi di nomina politica per incarico che ricopre dal 2017, mentre professionalmente è docente di igiene e medicina preventiva presso l'Università Cattolica di Roma;

   è utile ricordare in questa sede, che il professor Ricciardi era stato nominato presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss) nel 2015 dal Governo Renzi, ha poi rassegnato le sue dimissioni, a inizio 2019, qualche mese prima della fine del suo incarico, nelle mani dell'allora Ministro della salute, pare in polemica con il Governo di allora, soprattutto con il M5S, sia per le sue posizioni favorevoli alle vaccinazioni, emerse anche dalle inchieste giornalistiche che avevano svelato un presunto conflitto di interesse nel suo ruolo di Presidente dell'Iss per aver collaborato con alcune società di lobbying nel settore farmaceutico e, in particolare, in quello dei vaccini, sia perché il Ministro aveva revocato tutti gli incarichi dei membri non di diritto del Consiglio superiore di sanità da lui nominati;

   la pronta pubblicazione dell'incarico a lui conferito, del suo curriculum vitae e del suo compenso sarebbe, quindi, un importante atto di trasparenza e un utile chiarimento per tutti i cittadini italiani in questa fase, anche per calmare le polemiche che continuano a circolare sul suo nome –:

   se ritenga opportuno pubblicare, quanto prima, l'atto di conferimento dell'incarico, il curriculum vitae e il compenso del professor Ricciardi sul sito del Ministero della salute, al fine di ottemperare al principio della trasparenza nel pieno rispetto del decreto legislativo n. 33 del 2013 e della delibera dell'Anac n. 1310 del 28 dicembre 2016, contenente le prime linee guida sull'attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, che il Ministero dice di seguire.
(4-05342)


   D'ATTIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal gennaio 2020 si è diffusa sul territorio nazionale l'epidemia da Sars-CoV-2;

   desta particolare preoccupazione la diffusione del contagio nelle residenze socio-sanitarie assistenziali (R.S.S.A) ove sono ospitate persone vulnerabili e spesso affette da comorbilità;

   uno dei focolai più gravi nella provincia di Brindisi si è rivelato essere la R.S.S.A. «Il Focolare», in cui si registrano al 20 aprile 2020, 102 contagi, tra ospiti e operatori, e diversi decessi tra gli ospiti della struttura;

   l'articolo 66 del regolamento regionale 18 gennaio 2007, n. 4, attuativo della legge della regione Puglia del 10 luglio 2006, n. 19, prescrive che l'assistenza medica generica e specialistica alle R.S.S.A. spetti all'Asl competente territorialmente;

   il 25 marzo 2020 il Governo aveva inoltrato alle regioni una circolare di indirizzo organizzativo, prescrivendo, con riferimento alle R.S.S.A., il ricorso «sistematico ai tamponi per la diagnosi precoce dell'infezione» e la «dotazione dei dispositivi di protezione individuale»;

   sebbene la direzione della R.S.S.A. pare abbia adottato, con congruo anticipo, misure di prevenzione della diffusione del contagio, alcuni anziani hanno palesato i segni del contagio;

   il 2 aprile 2020 è stato comunicato informalmente della positività al Covid-19 di un ospite che era stato ricoverato all'Ospedale «Perrino» e che nel frattempo era rientrato nella R.S.S.A;

   la direzione della R.S.S.A. afferma di aver chiesto il 1° aprile 2020 al dipartimento prevenzione Asl che tutti (residenti e personale) fossero sottoposti a tampone rino-faringeo, richiesta reiterata ulteriormente, cioè anche dopo il 6 aprile 2020, primo giorno in cui solo i primi residenti furono sottoposti al test;

   solo in data 11 aprile 2020 la Asl ha sottoposto i restanti ospiti e il personale a tampone, mentre solo in data 15 aprile 2020 la regione ha determinato che la Asl Brindisi assumesse, in persona del dottor Angelo Greco, il ruolo di responsabile sanitario della R.S.S.A. e in persona del dottor Pietro Gatti quello di referente degli aspetti clinici;

   pare evidente all'interrogante che l'emergenza sanitaria sia dipesa soprattutto dal grave ritardo con cui sono stati effettuati i tamponi e le relative refertazioni, ritardi causati dalla mancata e tempestiva attivazione sul territorio di laboratori di biologia molecolare da parte della regione Puglia;

   la città di Brindisi, terza nella classifica delle città più colpite nell'intero Meridione, rischia di essere il capoluogo di provincia del Sud-Italia avente il rapporto più alto fra infezioni da Covid-19 e popolazione residente;

   il 15 aprile 2020 l'interrogante ha già richiesto al Governo di intervenire sulla situazione della gestione sanitaria Covid-19 nella provincia di Brindisi, con particolare riferimento alla vicenda in questione, senza ricevere alcuna risposta –:

   se il Ministro, alla luce anche dell'elevato numero di contagi e di decessi, non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, in ordine alla gestione complessiva dell'emergenza sanitaria nell'ambito della Regione Puglia e dell'ASL Brindisi, con particolare riferimento alla situazione sanitaria presso la R.S.S.A. «Il Focolare», considerati i ritardi con cui la regione Puglia e l'Asl locale hanno disposto i tamponi agli ospiti ed al personale, nonché in relazione alle modalità con cui è stato preso in carico e gestito presso l'ospedale «Perrino» di Brindisi l'ospite paziente risultato, una volta dimesso e reinserito nella R.S.S.A., positivo al Covid-19.
(4-05352)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UNGARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il «decreto liquidità», e cioè il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, all'articolo 13, comma 1, lettera m), ha previsto l'accesso gratuito e automatico al 100 per cento della garanzia del Fondo per le piccole e medie imprese (Pmi) per i nuovi finanziamenti, fino a 25 mila euro, concessi in favore di piccole e medie imprese e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d'impresa sia stata danneggiata dall'emergenza da Covid-19; in linea con la disciplina recata dal decreto in materia, già di non facile comprensibilità per i non addetti ai lavori e fortemente problematica quanto al metodo di calcolo degli interessi da applicare, il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato sul proprio sito istituzionale, il 14 aprile 2020, il modulo per la richiesta di garanzia su finanziamenti di importo fino a 25.000 euro, che è poi stato pubblicato anche sul sito del Fondo Pmi poco prima che andasse in tilt;

   detto modulo, che va compilato dagli aventi diritto e consegnato alla banca, confidi o intermediario, che poi provvederà a inoltrare la relativa richiesta al Fondo Pmi, si compone di numerosissime e svariate voci, che riguardano temi che spaziano dai provvedimenti giudiziari al codice dei contratti pubblici, passando per il codice Ateco e la richiesta di indicazione delle finalità del finanziamento; in Svizzera è stato previsto un meccanismo di finanziamento simile, tramite prestiti-ponte fino a 500 mila franchi, ai quali gli imprenditori e le aziende possono accedere, anch'esse, con un modulo di autodichiarazione, che però è nettamente più snello e intuitivo rispetto a quello previsto dal Fondo Pmi, in quanto si limita a richiedere i dati anagrafici del richiedente e l'indicazione del parametro reddituale sulla cui base calcolare il finanziamento –:

   prendendo spunto anche dal modello svizzero, quali iniziative intenda adottare per semplificare il modulo per l'accesso ai finanziamenti previsti dal «decreto liquidità» e agevolare la presentazione delle relative domande da parte dei professionisti.
(5-03850)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPORTIELLO, D'ARRANDO, DEL SESTO, MARTINCIGLIO, PERANTONI e VILLANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'incentivo «Resto al Sud» sostiene la nascita e lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali o libero professionali nelle regioni del Mezzogiorno e nelle aree del Centro Italia colpite dai terremoti del 2016 e 2017;

   le agevolazioni sono rivolte ai cittadini under 46 residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e nelle aree del Centro Italia colpite dai terremoti del 2016 e 2017; sono oltre 12000 le domande presentate; le banche convenzionate con Invitalia impiegano per concludere l'istruttoria 45 giorni dalla richiesta del finanziamento bancario oppure, per i richiedenti non ancora costituiti in società, 45 giorni dalla data di costituzione, al fine della presentazione della domanda delle agevolazioni;

   risulta all'interrogante che vi siano molti casi in cui alcuni istituti bancari, a causa dell'emergenza dovuta al coronavirus, non rispettino i tempi di conclusione dell'istruttoria dalla richiesta del finanziamento bancario;

   tali ritardi stanno causando il rischio di non rispettare i tempi di presentazione della richiesta di agevolazioni da parte dei cittadini che hanno presentato la domanda di cui i termini scadono i questi giorni –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché gli istituti bancari impegnati nelle istruttorie per le richieste di finanziamento bancario espletino le medesime in tempi compatibili con la presentazione delle domande in scadenza in questo periodo.
(4-05341)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Lattanzio e altri n. 7-00448, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gallo.