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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 aprile 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il progetto denominato «Pietre d'intralcio» (Stolpersteine), ideato e realizzato dall'artista tedesco Gunter Demnig, è un'iniziativa monumentale diffusa, per ricordare le singole vittime della deportazione nei campi di concentramento e di sterminio nazisti;

    la pietra d'inciampo è un piccolo blocco di pietra ricoperto di ottone lucente (su cui è inciso nome, anno e data di nascita, luogo della deportazione e data di morte del deportato) collocato in prossimità delle abitazioni in cui risiedettero i deportati prima della deportazione;

    l'iniziativa è nata con lo scopo di ricordare le vittime del Nazionalsocialismo che siano state perseguitate per motivi di religione, razza, idee politiche o orientamento sessuale;

    come si apprende dal sito pietredinciampo.eu, oggi si incontrano Pietre d'inciampo in oltre 2.000 città europee: in Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina e Ungheria;

    in Italia, le prime Pietre d'inciampo furono posate a Roma nel 2010 e attualmente se ne trovano a Bolzano, Genova, L'Aquila, Livorno, Milano, Reggio Emilia, Siena, Torino, Venezia, Napoli e in altri centri minori;

    come enunciato dal sito, obiettivo della «Pietra d'inciampo» è creare un inciampo emotivo e mentale, una sorta di inciampo della coscienza, mantenendo così viva la memoria delle vittime dell'ideologia nazi-fascista nel luogo simbolo della vita quotidiana, la casa, invitando allo stesso tempo chi passa e si imbatte nell'opera a riflettere su quanto accaduto in quel luogo e in quella data;

    chiunque desideri promuovere il ricordo di una vittima delle deportazioni – singoli cittadini, associazioni o enti – può attivarsi per richiedere l'installazione di una pietra d'inciampo. Non sono quindi le istituzioni a scegliere le vittime da ricordare ma coloro che, mediante una richiesta diretta, si fanno promotori dell'iniziativa;

    a Milano è attivo un Comitato di scopo denominato «Comitato per le Pietre d'inciampo» impegnato a rafforzare la memoria delle persecuzioni nazifasciste, quelle politiche e quelle razziali, avvenute in città;

    nella città di Torino, promotore dell'iniziativa è il Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà, insieme alla Comunità ebraica di Torino, al Goethe-Institut Turin e all'Associazione nazionale ex deportati (Aned) - sezione Torino, in collaborazione con l'istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea «Giorgio Agosti»;

    proprio a Torino, grazie alla sinergia tra gli istituti menzionati e le istituzioni scolastiche, sono state sperimentate forme virtuose di collaborazione con il coinvolgimento diretto degli studenti in progetti interdisciplinari molto partecipati e capaci di incentivare processi di coesione sociale;

    come riportato nel sito del Museo della Resistenza di Torino www.museodiffuso.it, le scuole coinvolte prendono parte a un percorso sviluppato su più incontri, differenziato tra la scuola primaria e le secondarie di primo e secondo grado. Con i bambini si è scelto di lavorare in maniera più approfondita sui luoghi di memoria e sul contesto storico in cui il fenomeno della deportazione si è sviluppato, mentre con i ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado ci si è concentrati, invece, sulla definizione del sistema concentrazionario nazista e fascista, sulle peculiarità della deportazione razziale e politica e sulla storia della deportazione da Torino, per fornire strumenti utili alla ricostruzione delle biografie delle vittime, assegnando ad ogni scuola una Pietra d'inciampo. Contestualmente, agli studenti e agli insegnanti è stato richiesto di ideare e progettare un «evento» finalizzato alla valorizzazione dell'installazione artistica e alla divulgazione della storia delle vittime, da realizzarsi nella settimana del Giorno della Memoria;

    i progetti didattici collaterali alla posa delle Pietre d'inciampo hanno avuto notevole successo a Torino e hanno contribuito alla sensibilizzazione delle nuove generazioni sui temi legati agli orrori della Shoah, suggerendo la possibilità che siano gli studenti stessi, opportunamente supportati, a identificare e indicare nuovi nominativi a cui poter dedicare, in futuro, una Pietra di Inciampo;

    l'offerta didattica strutturata e articolata sperimentata e realizzata a Torino, è stata apprezzata dallo stesso Gunter Demnig che ha sottolineato il forte coinvolgimento degli studenti e dei loro insegnanti, attribuendo un particolare valore al progetto torinese;

    anche in altre città italiane esistono coordinamenti centralizzati costituiti da varie associazioni, istituti di ricerca, partner ed enti pubblici che lavorano in sinergia all'attività di posa delle Pietre d'inciampo;

    negli ultimi tempi le Pietre d'inciampo sono state oggetto di episodi d'intolleranza: a Roma il 10 dicembre 2018 in via Madonna dei Monti 82 sono state divelte e rubate venti pietre posate di fronte all'abitazione della famiglia ebrea Di Consiglio e nella notte tra il 28 e il 29 maggio 2019, in via della Reginella 10, al ghetto ebraico, su uno dei simboli che ricordano le vittime romane della Shoah è stata attaccata una scritta in tedesco per ricordare che: «L'assassino torna sempre sul luogo del delitto»;

    in occasione dell'ultima Giornata della Memoria si sono susseguiti almeno cinque atti vandalici diversi, da Cuneo a Reggio Emilia, svastiche, insulti, pietre d'inciampo divelte e vetrine spaccate;

    il 27 gennaio 2020, a Torino, la scritta «Crepa sporca ebrea» è comparsa sui muri del cortile interno di un palazzo di corso Casale, proprio di fronte all'abitazione di una donna di origini ebraiche, figlia di una staffetta partigiana, mentre il 26 gennaio, a Guastalla, nella Bassa reggiana, una pietra d'inciampo dedicata ad Aldo Munari – militare internato in Germania – è stata danneggiata, probabilmente con colpi di piccone, davanti a quella che fu la sua abitazione;

    il 12 febbraio 2020, a Pomezia sono state segnalate scritte antisemite e svastiche, mentre il 16 febbraio a Parma, medaglia d'oro per la Resistenza, sono comparsi diversi simboli e iscrizioni naziste;

    il rapporto Eurispes 2020 ha rivelato che il 15,6 per cento della popolazione italiana nega che l'Olocausto si sia effettivamente verificato e ritiene che sarebbe solo un'invenzione, mentre nel 2004 i negazionisti erano «solo» il 2,7 per cento;

    il 14 gennaio 2020 è stata pubblicata la prima ricerca italiana sulle discriminazioni curata da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri per conto dell'Osservatorio Solomon, pubblicata su La Stampa. Per realizzare il sondaggio sono stati intervistati 1.000 individui attraverso molteplici canali (telefono, mobile, email e WhatsApp) ed è emerso che l'1,3 per cento degli italiani ritiene che la Shoah sia una leggenda, il 10,5 per cento giudica invece che durante la Shoah non siano morti 6 milioni di ebrei;

    a fronte di questi dati preoccupanti e degli episodi citati, è quanto mai necessario investire in forme di coinvolgimento diretto delle nuove generazioni, attraverso percorsi didattici e multimediali di approfondimento che rafforzino e ravvivino costantemente la memoria collettiva della tragica esperienza della deportazione e degli orrori della Shoah,

impegna il Governo

1) a promuovere la diffusione e la conoscenza del progetto artistico e culturale delle «Pietre d'inciampo» su tutto il territorio nazionale e a introdurre nelle scuole del territorio, in accordo con i servizi educativi dei musei e degli archivi di Stato, percorsi didattici di approfondimento finalizzati alla ricostruzione della geografia urbana dei luoghi di deportazione e della biografia delle vittime della dittatura nazi-fascista.
(1-00343) «Nitti, Carbonaro, Rospi, Angiola, Lattanzio, Cubeddu, De Lorenzo, Zennaro, Schullian».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il Covid-19 e il lockdown che dall'inizio di marzo 2020 ha bloccato il Paese, hanno all'improvviso messo davanti ai nostri occhi la fragilità del mondo della cultura che conosciamo;

    il rispetto della libertà di pensiero e di ogni espressione artistica ha accompagnato la storia della Repubblica. Note distintive di una Nazione che ne ha fatto un valore fondante. E la vitalità, l'originalità del pensiero artistico, sposate con l'immenso patrimonio culturale che caratterizza l'Italia, hanno prodotto risultati straordinari che vengono riconosciuti ovunque nel mondo; oggi all'improvviso il sistema culturale italiano affronta una gravissima crisi che ne mette in forse la sopravvivenza, facendo scoprire le anomalie e le incongruenze che gli sono proprie e costringendo a prendere atto che il sistema culturale così come lo abbiamo strutturato negli anni rischia di non reggere più. Si parla di moltissimi lavoratori coinvolti, difficili da quantificare, che hanno perso o perderanno il loro lavoro, di altri che lo hanno visto ridursi e che non sanno se e come potranno recuperarlo; si sa che nell'Unione europea i settori dell'arte e della cultura rappresentano circa il 3,8 per cento dell'occupazione totale, circa 8,7 milioni di persone, e che di questi il 32 per cento è costituito da lavoratori autonomi, una percentuale che rappresenta quasi il doppio rispetto a quella rilevata negli altri settori del mondo del lavoro, più fragile, meno stabile, più esposta a rischio di precarietà; si parla di mondi fatti di filiere e di operatori con caratteristiche, forme giuridiche e strutture organizzative molto diverse fra loro;

    su questi occorre intervenire oggi per fronteggiare l'emergenza preparandosi a riprendere l'attività, operando sulle diverse infrastrutture e utilizzando quanto sta accadendo per ripensare il sistema culturale nel suo complesso;

    l'impegno è chiaro a tutti e il dibattito che ne è nato ne dà la migliore testimonianza;

    alcuni punti fermi sembrano ormai acciarati: il ruolo del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo resta centrale, anche a fronte delle evidenti difficoltà degli enti locali, oggi in affanno, ad occuparsi del proprio patrimonio culturale; sono circa 400 mila i lavoratori dello spettacolo fermi, 4.200 gli eventi programmati fino a fine maggio 2020 nel settore musicale e oggi annullati, migliaia i titoli di libri che non verranno più tradotti; il settore editoriale registra un calo del 30 per cento della produzione e, alla fine di marzo, vede il 64 per cento delle aziende già impegnate a utilizzare la cassa integrazione per i propri dipendenti;

    le librerie, sofferenti per la crisi profonda del mercato, speravano di trovare ristoro grazie alla recente legge per la promozione della lettura: sono state invece chiuse per l'epidemia e ora vivono con una grande conflittualità interna la possibilità di riaprire la loro attività;

    tutti i settori sono accomunati da una gravissima crisi di liquidità;

    il sistema del libro, quello della musica dal vivo, gli organizzatori di mostre hanno bisogno di sostegno;

    occorre potenziare gli strumenti che in questi anni hanno già dato buona prova di sé, come l'«art bonus» che sollecita in maniera virtuosa forme di macro ma anche di micro mecenatismo, legate a una restituzione virtuosa al proprio territorio ma anche a una forma di cittadinanza attiva che si vorrebbe vedere centrale in questo processo di sostegno alla cultura del nostro Paese;

    occorre sostenere il più possibile il «bonus cultura» come aiuto alla domanda di cultura per i prossimi difficili mesi da parte dei giovani;

    occorre, altresì, un intervento finalizzato a liquidare rapidamente il 5x1000 in favore degli enti culturali;

    è necessario rifinanziare alcuni capitoli della legge per la promozione della lettura e la «carta cultura» per i docenti;

    sono tutti provvedimenti relativamente semplici da implementare e che consentiranno di modulare gli interventi di fronte a una emergenza che va valutata di momento in momento;

    mancano dati certi sulla durata e sull'impatto di questa emergenza sanitaria. Soprattutto in vista di una riapertura da programmare con processi accelerati, in cui avrà un grande peso la possibilità o meno dei cittadini di frequentare i luoghi della cultura e di fruire in maniera tradizionale dei contenuti culturali;

    in un sistema in rapida trasformazione i problemi possono diventare opportunità per cambiare in meglio, per cercare nuove strade, superando una difesa vana del passato;

    la crisi che si sta vivendo può essere l'occasione per modificare l'idea di fruizione culturale rispetto alla filiera tradizionale dell'apprendimento;

    la rivoluzione digitale che sta accompagnando l'emergenza sanitaria ha modificato la scuola, l'università, il mondo della cultura. Non si tornerà indietro, occorre ripensare in modo virtuoso ipotizzando modelli più flessibili e decentrati che sappiano coniugare in modo nuovo momenti sincroni e asincroni, proponendo fonti diversificate di informazione e di conoscenza e costruendo nuove alleanze fra cultura e rivoluzione digitale;

    nuovi mestieri si propongono e sarebbe insensato non considerarli. Le Digital Humanities, che l'Unione europea sostiene e promuove da anni, dovranno avere anche nel nostro Paese uno spazio riconosciuto nei corsi di laurea, nei bandi dei concorsi pubblici, nei posti di lavoro, utilizzando di nuovo strumenti già pronti, a portata di mano;

    la Commissione europea sta negoziando con gli Stati membri i nuovi accordi di partenariato per il periodo 2021-2027. Dei 5 obiettivi principali 3 riguardano, in modo particolare, il mondo della cultura: 1) perseguire un'Europa più intelligente, attraverso l'innovazione, la digitalizzazione, la trasformazione economica il sostegno alle piccole e medie imprese; 3) perseguire un'Europa più connessa, con trasporti strategici e reti digitali; 4) perseguire un'Europa più sociale che sostiene l'occupazione di qualità, l'istruzione, le competenze, l'inclusione sociale e la parità di accesso all'assistenza sanitaria;

    la cultura è parte integrante dei 3 obiettivi: progetti contro la povertà educativa, per aiutare le scuole ad uscire da questa situazione di stallo, per favorire il turismo di prossimità, per creare portali per la fruizione di contenuti digitali, infine per integrare la fruizione dal vivo con la fruizione a distanza per accedere a collezioni o a materiali culturali già digitalizzati;

    gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono facili da capire e da seguire;

    l'attuale situazione collegata alla diffusione del Covid-19 influenzerà in modo significativo i negoziati e la scelta di allocazione delle risorse;

    la politica di coesione sostiene in modo specifico le strategie di sviluppo condotte a livello locale e responsabilizza le autorità nella gestione di fondi. L'appello di dodici assessori alla cultura delle grandi città italiane trova eco nella dimensione urbana della politica di coesione;

    l'impalcatura comunitaria può essere usata per sviluppare politiche a livello locale e nazionale in favore delle organizzazioni culturali riconosciute come mediatori all'interno del proprio territorio di riferimento ma anche in progetti internazionali;

    il Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il principale strumento per finanziare le politiche culturali nel nostro Paese ha visto assegnare all'Italia 44,7 miliardi di euro per il periodo 2014-2020. Gli obiettivi 6, 9 e 10 sono esplicitamente riferiti al settore culturale, ma il patrimonio culturale e la creatività sono anche istanze trasversali a molti altri obiettivi tematici;

    i finanziamenti dovranno essere spesi entro il 2023, per realizzare le iniziative per cui sono stati impegnati; dalle tabelle pubblicate si ricava che tutti i 51 programmi operativi regionali e nazionali hanno raggiunto l'obiettivo di spesa del 2019. Tuttavia, le percentuali di progetti non avviati è particolarmente elevato per il comparto cultura e turismo;

    quindi, occorre ripensare secondo nuove prospettive la realtà che ci si propone, aggiornando in tempo reale i percorsi, mantenendo unità di intenti dentro le diverse filiere, utilizzando strumenti già collaudati e già a disposizione, sia a livello italiano, sia nell'utilizzo dei fondi europei, da indirizzare secondo i nuovi bisogni e favorendo le nuove professionalità che emergono;

    occorre pensare anche a strumenti nuovi, a un fondo per la cultura che metta insieme risorse pubbliche e risorse private, consentendo investimenti a lungo termine, garantendo liquidità immediata e trasformandosi in un investimento legato al nostro patrimonio culturale e alla sua valorizzazione;

    il turismo ha il 13 per cento del prodotto interno lordo; è l'industria più importante del nostro Paese soprattutto per tutto l'indotto legato anche alla cultura;

    è necessario approvare rapidamente i provvedimenti ipotizzati nella bozza di decreto per il sostegno del settore cultura e turismo in via di avanzata definizione;

    laddove sia possibile, occorre costruire un rapporto di assistenza e di collaborazione reciproca con il mondo della scuola, che, seguendo percorsi analoghi a quello della cultura, si sta ripensando. Molte sono le responsabilità condivise e le opportunità che si possono offrire in una visione coraggiosa e innovativa, compresa la creazione di poli che leghino scuole e musei, istituti culturali o biblioteche consentendo di innovare la didattica tradizionale e l'abituale fruizione dei luoghi della cultura,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per incrementare l'entità dei finanziamenti destinati al settore dello spettacolo, del cinema e dell'audiovisivo, per affrontare la crisi che potrebbe protrarsi per lunghi mesi, soprattutto per la difficoltà di riaprire cinema, teatri e luoghi della cultura;

   ad adottare iniziative per prevedere l'istituzione di un «fondo emergenze» per dare un sostegno economico immediato alla filiera del libro, settore ancora sprovvisto di un aiuto specifico nelle misure finora varate per far fronte all'emergenza;

   ad adottare iniziative per istituire un «fondo per la cultura» dedicato alle imprese e agli operatori della cultura, su cui convogliare investimenti pubblici e virtuose forme private di macro ma anche di micro mecenatismo, per garantire la liquidità necessaria ad affrontare le più urgenti emergenze e a finanziare interventi di promozione e investimenti, per rafforzare il sistema culturale e renderlo idoneo a una ripartenza una volta superata la crisi dovuta all'emergenza sanitaria;

   ad adottare iniziative per ampliare ulteriormente i fondi destinati a finanziare la «18App» e la «Carta del docente», che già hanno dato ampia dimostrazione della loro efficacia nel rilanciare i consumi culturali, possibilmente stabilendo una formula che apra l'accesso a una platea più ampia;

   ad adottare iniziative per prevedere risorse per un'ulteriore estensione del Fondo di integrazione salariale e della cassa integrazione in deroga al fine di supportare i lavoratori della cultura fino alla ripresa delle attività; ad adottare iniziative per prevedere un sistema di ammortizzatori sociali a tutela di tutte le categorie dei lavoratori della cultura, che tengano conto delle specifiche professionalità ma che al contempo siano il più possibile inclusivi, garantendo di fatto una continuità di reddito a tutti i lavoratori intermittenti del settore dello spettacolo;

   ad adottare iniziative per potenziare il fondo per il tax credit per il cinema, valutando la possibilità di estenderlo anche al settore teatrale;

   ad assumere iniziative per prevedere dei finanziamenti per le piccole imprese del settore musicale per sostenere quelle figure professionali – produttori, editori, promoter, organizzatori di festival, club e discoteche – che costituiscono il vero e proprio motore della filiera della musica dal vivo;

   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di una diminuzione dell'imposta sul valore aggiunto al 4 per cento per la musica e lo spettacolo, così come avviene per i libri in questa fase di crisi sistemica nella quale è necessario al più presto rilanciare i consumi culturali;

   ad assumere iniziative per prevedere anche la possibilità del riconoscimento di un credito d'imposta, analogo a quello dell'Art Bonus, per i soggetti che rinuncino al rimborso mediante voucher del titolo di accesso, configurandosi così la fattispecie di una donazione a fronte di un beneficio fiscale;

   a prevedere l'apertura di tavoli tecnici specifici per ogni settore, dedicati al confronto tra i rappresentanti degli operatori sia della cultura che del turismo, per stabilire un'efficace programmazione dei lavori per la ripresa delle attività;

   ad approvare rapidamente i provvedimenti di cui alla bozza di decreto per il sostegno del settore della cultura e del turismo in via di avanzata definizione;

   a promuovere il lavoro congiunto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e Ministero dell'istruzione per testare l'ipotesi di nuove aggregazioni di scuole di ogni ordine e grado legate a realtà culturali quali musei, biblioteche, archivi, enti culturali per dare vita a forme di didattica integrata e innovativa.
(7-00447) «Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Rossi, Prestipino, Orfini».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    lo sforzo nel contrasto all'attuale emergenza sanitaria ha imposto al nostro Paese di adottare misure difficili e restrittive, che hanno limitato in maniera stringente tutte le attività: da quelle del singolo individuo alla dimensione dell'impresa e della produzione;

    nel quadro di una visione d'insieme, tutto il mondo della cultura ha subito un repentino ed inaspettato arresto, vivendo in uno stato di pausa, in attesa di indicazioni per la ripartenza. Allo stato attuale è proprio la ripresa a rappresentare la sfida più grande per la cultura del nostro Paese: da un lato, sarà necessario confrontarsi con i danni economici e sociali di uno stop forzato, dall'altro, bisognerà guardare al futuro – a quella che sarà indubbiamente una «normalità» nuova e ridisegnata – con il sostegno di nuovi e più forti strumenti, nonché con un miglioramento di quelli già esistenti;

    appare chiaro, dunque, il bisogno di pensare a quella che sarà una nuova governance del mondo della cultura che preveda una visione più ampia – e non tarata su comparti separati e blindati – che coinvolga attivamente e valorizzi tutto il territorio, le comunità – grandi e piccole –, le cittadine ed i cittadini. Bisogna ripartire dai musei, dai teatri, dalle imprese creative, dall'editoria, dalla musica, dal cinema e dall'audiovisivo: nessuno deve rimanere escluso ed è necessario affrontare le numerose problematiche emerse in maniera ancora più lampante in queste settimane complicate;

    la sfida che si propone al mondo della cultura è dunque complessa. Tale complessità è data, innanzitutto, dall'orizzonte temporale su cui bisogna operare: è indiscutibile il bisogno di un intervento urgente ed immediato per affrontare l'emergenza, ed è proprio su questo piano che si sviluppano le misure contenute nel decreto-legge cosiddetto Cura Italia, con la previsione di un Fondo emergenza da 130 milioni di euro, le indennità per le lavoratrici ed i lavoratori autonomi dello spettacolo e la destinazione della quota pari al 10 per cento dei compensi incassati dalla Siae per «copia privata» al sostegno economico degli autori, degli artisti, interpreti ed esecutori. In secondo luogo, sono necessarie delle misure che permettano l'avvio della fase di ripartenza, prevedendo risorse che diano «respiro» ai comparti in difficoltà, bloccati completamente dallo stato di emergenza: bisogna rilanciare l'editoria, sostenere la riapertura di cinema, teatri e musei, ragionare su come salvaguardare la stagione musicale, pensare dunque all'immediato dopo. Con questa visione bisogna guardare ad un orizzonte di lungo periodo, come detto, con l'obiettivo di ripensare il mondo della cultura nel suo complesso, nello scenario di una «nuova normalità»: renderla partecipata, vicina al territorio, accessibile a tutti, un fulcro attorno al quale può agganciarsi l'attività delle cittadine e dei cittadini. Un motore nuovo per il nostro Paese;

    lo scenario di complessità aumenta in relazione alla considerazione della natura del comparto culturale, non univoca, ma bensì declinata in un insieme articolato di settori, ognuno con le proprie specificità in termini di infrastrutture, filiere di produzione e professionalità. Bisogna dunque avere una visione complessiva, che tenga però conto del fatto che i diversi ambiti culturali non possiedono le medesime possibilità di resilienza e riconversione;

    il punto di partenza per la definizione di una strategia a sostegno della cultura deve essere del ripensamento della natura dei fondi e del reperimento delle risorse economiche: senza dubbio, la dimensione pubblica mantiene un ruolo primario e centrale, ma devono essere rafforzate le forme di partenariato pubblico privato, devono essere utilizzati meglio i finanziamenti di natura europea ed è centrale immaginare nuovi strumenti che coinvolgano in senso partecipato i cittadini, in una visione di azionariato popolare o di mecenatismo evoluto e disarticolato dalla logica dell'«investimento remunerativo», a beneficio di una reale partecipazione comunitaria e diffusa in grado non solo di alimentare il sistema, ma anche di produrre importanti esternalità positive in tema di formazione e sensibilizzazione culturale, partecipazione civica, sostegno diffuso, innovazioni della governance gestionale;

    senza dubbio una adeguata progettazione non può trascendere da una piena comprensione dei cambiamenti e delle condizioni in cui versa tutto il settore culturale, per cui si stima nel complesso – secondo l'International Council of Museums – una perdita in Italia di circa 3 miliardi di euro nei prossimi sei mesi;

    è necessario considerare, anzitutto, le numerose iniziative di divulgazione e valorizzazione digitali dei beni culturali, delle collezioni o delle fonti storiche promosse da musei, archivi e biblioteche nelle settimane di chiusura per l'emergenza Covid-19: su questo fronte si ripropone il perdurante stato di incertezza sulla legittimità degli utilizzi delle riproduzioni dei beni culturali a causa di una normativa italiana e di indicazioni amministrative non sempre coerenti con le direttive europee di riferimento, le quali, invece, sono sempre più orientate a un libero riutilizzo delle riproduzioni anche digitali delle opere di pubblico dominio. Il riuso dell'immagine del bene culturale è uno strumento funzionale alla libera diffusione del sapere in una prospettiva concreta di democrazia della cultura e si qualifica come strumento utile a rivitalizzare le imprese turistiche diffuse nel territorio, e dunque immagine del patrimonio culturale italiano nel mondo, e per sostenere l'industria creativa, il design, l'editoria e in generale tutte quelle attività culturali che subiscono maggiormente gli effetti negativi dell'emergenza in corso;

    Il «Network of European Museum Organizations» (Nemo) ha lanciato la prima indagine europea sull'impatto del Covid sui luoghi della cultura in Europa. I risultati parlano di altissime perdite in termini di reddito che in alcuni casi arriva fino al 75-80 per cento a settimana. In poco più di un mese, la filiera degli organizzatori delle mostre culturali ha subito gravi ripercussioni economiche, i cui effetti negativi e le conseguenti difficoltà per l'intero comparto della cultura saranno sempre più evidenti nei mesi a seguire. Si parla di una filiera complessa, composta principalmente da piccole, medie e grandi società e associazioni organizzatrici, musei privati e case-museo, ditte specializzate nei trasporti, case editrici, allestitori e artigiani del settore, curatori e specialisti, gallerie d'arte, testate giornalistiche, anche on-line, specializzate nelle tematiche del settore, per cui è necessario ragionare su soluzioni urgenti. I musei chiusi e le mostre in stand-by pongono di fronte uno scenario di enormi perdite economiche;

    è inoltre possibile ipotizzare una deroga al divieto di ripianare le perdite delle aziende partecipate da comuni e regioni particolarmente necessari per il settore, considerando la natura di enti partecipati dal settore pubblico di molte imprese culturali;

    si richiamano anche le manifestazioni popolari, che prevedono il coinvolgimento di istituzioni culturali quali complessi bandistici e cori, molto diffuse soprattutto nelle aree interne del Centro-Sud Italia, che verranno inevitabilmente compromesse dall'emergenza in atto, causando un impatto socio-culturale fortemente negativo in questi contesti;

    è necessario guardare anche al mondo del restauro, attività essenziale per la sopravvivenza delle nostre opere – e che, in alcuni casi, non si è fermata durante l'emergenza – prevedendo un contributo anche per le istituzioni che operano in tale ambito;

    il ragionamento su cui ha poggiato le basi la decretazione d'urgenza dedicata al mondo della cultura ha indubbiamente cercato risposte repentine ed immediate, che hanno però attenzionato solo una parte del vasto panorama di riferimento, determinando la necessità di agire a sostegno di quei comparti che sono stati tralasciati;

    il mondo dell'editoria – dal piccolo al grande editore – e tutta la filiera produttiva ad esso connessa – versa in un pericoloso affanno, contemplando la previsione di un drastico calo della produzione e della vendita, che rischia di mettere seriamente in ginocchio tutto il settore. La riapertura delle librerie è un piccolo segnale, ma ad esso devono accompagnarsi misure più ampie come quelle del sostegno alla domanda e la creazione di uno specifico fondo di sostegno. Anche il mondo della musica – dagli artisti, ai produttori, ai tecnici che vi orbitano intorno, composto in totale da quasi 10 mila imprese – ha accusato un duro colpo: secondo una stima di Assomusica, le perdite a fine stagione estiva ammonteranno a circa 350 milioni di euro per il solo settore del live, mentre la stima per l'indotto è di circa 600 milioni di euro. La peggiore delle ipotesi è, dunque, quella dell'annullamento di una intera stagione musicale, a cui è necessario rispondere con un adeguato sostegno in misure economiche e sociali;

    la stagnazione del mondo dello spettacolo nella sua interezza ha avuto un impatto devastante sul mondo del lavoro: secondo la Fondazione Centro Studi Doc sono fra i 300 mila e i 380 mila lavoratori dello spettacolo attualmente fermi, senza considerare il sommerso. Il riferimento non è soprattutto ai lavoratori definiti «intermittenti», comprendendo gli artisti e tutti i tecnici, i truccatori, i macchinisti, i costumisti, gli assistenti: tutti coloro i quali fanno funzionare la macchina dello spettacolo musicale, televisivo, cinematografico. È necessario dunque pensare urgentemente alla ripartenza di tutti i comparti e ad adeguate misure che comprendano una forma di indennità per questi lavoratori, che convivono da settimane con l'essenza di un'entrata salariale;

    tra gli operatori economici maggiormente colpiti vi sono, in aggiunta, le imprese culturali e creative, definite ai sensi dell'articolo 1, comma 57, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, come imprese o soggetti «che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali», per le quali è possibile pensare ad un adeguato sostegno di progetti di rigenerazione urbana finalizzando i contributi a favore delle stesse, in relazione alla loro attività, nelle aree di rigenerazione urbana e di operatori in spazi comunali, ma con redditività ridotta sugli eventi, non avendo altri aiuti pubblici;

    in questo scenario è possibile ragionare su di un rafforzamento di misure a sostegno della cultura già esistenti. È auspicabile, ad esempio, ragionare su di un aumento del Fondo cultura, previsto nella legge per la promozione ed il sostegno alla lettura, al fine di ampliare la platea dei beneficiari della Card Cultura ed incentivare la domanda dei lettori nonché indirizzare l'utilizzo della Carta docenti per gli acquisti presso le librerie indipendenti,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per aumentare le risorse destinate al Fondo emergenza spettacolo, cinema ed audiovisivo, creando un più ampio Fondo per il sostegno e il rilancio della cultura, al fine di comprendere in esso anche i settori dell'editoria, della musica, dei beni culturali e di tutti gli altri settori creativi al momento esclusi;

   a valutare l'adozione di iniziative per l'istituzione di fondi specifici, destinati ai settori dell'editoria, della musica, dei beni culturali e di tutti gli altri settori creativi al momento esclusi;

   a valutare l'adozione di iniziative per la creazione di un Fondo cultura con una natura «dal basso», a cui possano partecipare attivamente tutti i cittadini, in un'ottica di mecenatismo diffuso e partecipato, anche attraverso sistemi di microfinanziamento;

   a valutare l'adozione di iniziative per l'implementazione di misure fiscali di sostegno e di agevolazione dei canoni di locazione per i locali adibiti ad attività culturali;

   a costituire uno o più tavoli di crisi presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con rappresentanze di tutte le categorie interessate, anche quelle minori, dei vari settori con il fine di elaborare proposte e scenari utili ad affrontare le differenti fasi dell'emergenza;

   ad adottare iniziative per implementare le specifiche misure di sostegno al reddito per tutte le categorie di lavoratori dello spettacolo e della cultura, con particolare riferimento ai lavoratori intermittenti attualmente esclusi dalle misure di sostegno introdotte dal cosiddetto decreto-legge Cura Italia, nonché per prevedere il monitoraggio delle misure previste ed eventualmente implementare nuove misure a copertura di categorie del settore escluse dal sostegno al reddito;

   a valutare l'opportunità di definire una indicizzazione e l'adeguata tutela delle opere prodotte in formato digitale da imprese culturali durante il periodo di applicazione delle misure restrittive, in quanto rappresentano una forma di investimento che le stesse imprese hanno sostenuto;

   ad adottare iniziative per destinare prioritariamente agli autori, artisti, interpreti ed esecutori le risorse recentemente stanziate ed eventuali ulteriori;

   ad adottare iniziative per prevedere dei finanziamenti per le piccole imprese del settore musicale – specialmente quelle indipendenti – per sostenere quelle figure professionali – produttori, editori, promoter, organizzatori di festival, club e discoteche – che costituiscono il vero e proprio motore della filiera della musica dal vivo;

   ad adottare iniziative volte a sostenere librerie ed editori, con particolare riguardo a coloro che abbiano un'attività indipendente, prevedendo tra esse la possibilità di azzerare i costi di spedizione di libri e prodotti culturali per le micro, piccole e medie imprese, con lo scopo di favorire la ripresa delle attività che durante il periodo di emergenza sanitaria hanno subito ingenti perdite economiche a seguito delle misure di sospensione adottate;

   ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di creare misure fiscali orientate ad una diminuzione dell'Iva dal 10 per cento al 4 per cento per i biglietti per lo spettacolo dal vivo per i prodotti musicali, nonché per permettere la detraibilità delle spese di natura culturale dai libri ai biglietti di eventi;

   ad adottare iniziative per prevedere ulteriori risorse destinate alla «18App» per i neomaggiorenni e alla «Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione dei docenti di ruolo delle istituzioni scolastiche», nonché ad attivare la Card Cultura prevista dalla legge n. 15 del 13 febbraio 2020, come misura di contrasto alla povertà educativa e culturale e al fine di incentivare anche gli acquisti presso le librerie indipendenti;

   ad adottare iniziative volte a favorire, nel rispetto della normativa sul diritto d'autore, la libera riproduzione e divulgazione di immagini di beni culturali pubblici, compresi quelli visibili dalla pubblica via, attraverso l'utilizzo, tra la rosa delle licenze Creative Commons, di quelle tipiche dell'Open Access, nonché a riconoscere formalmente la facoltà dei singoli direttori di istituti centrali e periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di licenziare immagini in rete attraverso licenze Creative Commons di libero riuso;

   a promuovere il coordinamento territoriale tra le istituzioni culturali e quelle scolastiche, al fine di programmare, iniziative formative per gli studenti, favorire «patti locali per la cultura» anche con il coinvolgimento dei privati operanti nel settore, e supportare la ripresa delle attività didattiche delle scuole all'avvio del prossimo anno scolastico, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni culturali;

   ad adottare iniziative per prevedere risorse economiche per le start-up e le imprese culturali e creative di micro, piccole e medie dimensioni, con lo scopo di favorire la creazione di una rete di distribuzione di prodotti culturali, sostenere le iniziative di tali imprese attraverso finanziamenti a fondo perduto per l'innovazione e la digitalizzazione, nonché incentivare processi attivi di rigenerazione urbana;

   a prevedere, al termine delle misure restrittive nell'ottica della riapertura delle attività culturali tutte, la definizione di un'ampia campagna a sostegno della valorizzazione del patrimonio culturale italiano;

   a valutare misure di sostegno per il settore delle manifestazioni culturali popolari, con particolare riguardo a cori e bande;

   nell'ottica di garantire la sicurezza alla riapertura del comparto culturale, a predisporre delle linee guida destinate agli operatori culturali, anche caratterizzate da innovazioni tecnologiche e organizzative, volte a garantire lo svolgimento in sicurezza delle proprie attività e nel rispetto delle misure di contrasto alla diffusione del virus.
(7-00448) «Lattanzio, Vacca, Casa, Carbonaro, Testamento, Bruno».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la pandemia da Covid-19 ha messo e sta mettendo a dura prova il nostro sistema sanitario nazionale;

   il diffondersi del contagio purtroppo non si è arrestato alle sole zone focolaio del nord (dove si conta circa il 50 per cento dei casi), ma ha colpito tutte le regioni italiane, tra cui l'Abruzzo;

   in Abruzzo secondo gli ultimi dati disponibili si contano oltre 2.500 contagi, di cui 1.094 nella provincia di Pescara, 571 in quella di Chieti, 237 in quella dell'Aquila e 619 nella provincia di Teramo, con 258 decessi totali nella regione, a fronte di un numero molto esiguo di tamponi effettuati (solo 27.000 tamponi su 1.300.000 abitanti);

   con 258 morti, su una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, l'Abruzzo si colloca tra le regioni dove il coronavirus ha mietuto proporzionalmente più vittime: malgrado il numero dei contagi sia rimasto tutto sommato contenuto – 2.500 quelli attuali (esclusi morti e guariti) – il tasso di mortalità tra le persone malate di Covid-19 supera il 10 per cento, superando addirittura, in questa triste classifica, anche regioni quale il Lazio (341 deceduti, 5.755 contagi) e la Campania (304 morti, 4.029 casi appurati), entrambe con poco meno di 6 milioni di abitanti ciascuna;

   in particolare nella provincia di Teramo il 21 marzo 2020 si contavano solo 8 casi diagnosticati, ma nelle settimane successive l'esplosione dei contagi è stata anomala, e dagli allarmi lanciati da molti medici, e in particolare dal sindacato dei medici Cimo, sembra che il problema sia stata la gestione dell'emergenza da parte dell'azienda sanitaria locale;

   presso l'ospedale Mazzini di Teramo tra medici, infermieri, operatori sanitari e personale ci sarebbero oltre 70 contagiati, che porta il dato dei contagi tra il personale sanitario positivo tra i primi posti a livello nazionale;

   la situazione venutasi a creare ha evidenziato gravi carenze in relazione all'effettuazione dei tamponi – sia all'interno dei presidi ospedalieri che nell'intera regione – anche nella gestione degli stessi nelle strutture indicate dalla regione per le analisi;

   nel corso degli anni la regione Abruzzo ha adottato un sistema sanitario misto, formato da strutture pubbliche e private e le strutture sanitarie private hanno preso i pezzi più remunerativi della sanità «lasciando» al pubblico i pezzi maggiormente costosi e meno proficui, come ad esempio le rianimazioni;

   si apprende da organi di stampa che la giunta regionale in data 8 aprile 2020 ha siglato un accordo con le cliniche private che prevede che l'Asl competente dovrà anticipare a titolo di acconto alla struttura privata l'80 per cento del tetto di spesa mensile autorizzato per il 2020 per le attività di ricovero; in parole povere ai privati un posto in terapia intensiva sarà pagato 1.100 euro al giorno, 250 euro i posti letto ordinari e 700 euro quelli in terapia sub-intensiva;

   si apprende inoltre che la regione Abruzzo abbia finanziato, con 48.190,00 euro, una prima campagna di comunicazione sul coronavirus, e nei giorni scorsi abbia stanziato ulteriori 100 mila euro, a carico delle 4 Asl abruzzesi, per dare il via a un modello di comunicazione che coinvolga l'intero mondo dei media abruzzesi (quotidiani, televisioni, emittenti radiofoniche e testate giornalistiche online), mentre – a fronte di una campagna comunicativa nazionale imponente, a parere dell'interpellante queste risorse avrebbero potuto essere spese al fine di potenziare la dotazione dei dispositivi di protezione individuale a favore degli operatori sanitari;

   in vista della «fase due» dell'epidemia da Covid-19 bisognerebbe potenziare la medicina territoriale al fine di contrastare in maniera più efficiente il virus e iniziative in tal senso sono del tutto assenti –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di verificare se all'interno dell'Ospedale Mazzini di Teramo siano state rispettare tutte le misure minime previste per il contenimento del contagio e la tutela della salute dei lavoratori e della sicurezza sui luoghi di lavoro, anche al fine di evitare la contaminazione dello stesso;

   quali iniziative di competenza intendano assumere nella misura in cui la regione appare fortemente in difficoltà nella gestione dell'emergenza sanitaria abruzzese.
(2-00751) «Corneli».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2020, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato istituito un Comitato di esperti in materia economica e sociale con il compito di elaborare e proporre al Presidente del Consiglio misure necessarie per fronteggiare l'emergenza epidemiologica Covid-19, nonché per la ripresa graduale nei diversi settori delle attività sociali, economiche e produttive, anche attraverso l'individuazione di nuovi modelli organizzativi e relazionali, che tengano conto delle esigenze di contenimento e prevenzione dell'emergenza;

   la legge 23 agosto 1988, n. 400, all'articolo 5, norma le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri e, alla lettera h) del comma 2, stabilisce che il Presidente del Consiglio può disporre, con proprio decreto, l'istituzione di particolari Comitati di Ministri, con il compito di esaminare in via preliminare questioni di comune competenza, di esprimere parere su direttive dell'attività del Governo e su problemi di rilevante importanza da sottoporre al Consiglio dei Ministri, eventualmente avvalendosi anche di esperti non appartenenti alla pubblica amministrazione;

   la lettera i) del citato comma 2 dell'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400, prevede che il Presidente del Consiglio può disporre la costituzione di gruppi di studio e di lavoro composti in modo da assicurare la presenza di tutte le competenze dicasteriali interessate ed eventualmente di esperti anche non appartenenti alla pubblica amministrazione;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato, in data 10 aprile 2020, con il quale si istituisce il «Comitato», evidenzia, nel preambolo, che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza internazionale da parte dell'Oms per l'epidemia da Covid-19, con la deliberazione del Consiglio dei ministri adottata in data 31 gennaio 2020 è stato proclamato lo stato di emergenza per la durata di sei mesi e «sono state messe in atto le prime misure di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale»;

   peraltro, il 25 febbraio 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri, in conferenza stampa ha precisato che: «Nelle aree del Paese che non sono epicentri di contagio e neanche limitrofe ai cluster non c'è motivo di adottare misure severe, restrittive» ma «vanno adottate misure di cautela». In queste aree «non si giustifica la chiusura delle attività scolastiche» ma «possiamo sospendere i viaggi d'istruzione e le attività di cui in questo momento possiamo fare a meno». «Non ha ragione d'esistere la sospensione di attività produttive, scolastiche» per quei componenti della comunità nazionale lontani dai focolai;

   sempre il 25 febbraio 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri dichiarava: «ci sono delle aree delimitatissime del nostro territorio che in questo momento abbiamo assoggettato a delle restrizioni per quanto riguarda anche la circolazione delle persone ma sul restante territorio si può viaggiare tranquillamente»;

   il 27 febbraio 2020 il segretario del PD, facente parte della maggioranza di Governo, si recava a un aperitivo divenuto tristemente famoso a Milano, «Milanononsiferma»;

   solo successivamente al 4 marzo 2020, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020, e con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, sono state effettivamente prese misure di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale –:

   quali siano state esattamente le prime misure di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale adottate dal Governo il 31 gennaio 2020, citate nel preambolo del DPCM del 10 aprile 2020 che formalmente individua i presupposti giuridici per l'istituzione del Comitato di esperti in materia economica e sociale del Presidente del Consiglio dei ministri;

   quale tipo di procedura trasparente e ad evidenza pubblica sia stata seguita per l'individuazione e la selezione degli esperti di cui il Presidente del Consiglio si avvale e con quali criteri e parametri di valutazione sia stato formato un «Comitato»;

   quale sia la effettiva base giuridica che consente di avvalersi di un Comitato escludendo i Ministri, i quali sarebbero viceversa coinvolti ai sensi della previsione di cui alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

   per quale ragione il Parlamento non sia stato coinvolto nella valutazione dell'adeguatezza e della congruità, anche istituzionale, di un'iniziativa che presenta tali fondamentali profili, inerenti al futuro economico e nuovi modelli organizzativi e relazionali dei cittadini italiani a seguito della pandemia da Covid-19;

   se l'attività del Comitato non si sovrapponga alle competenze e alle prerogative del Parlamento, dei relativi organi e dei Ministri;

   se non si ritenga improprio avvalersi di un «Comitato» per guidare la Nazione fuori da una crisi sanitaria ed economica di portata planetaria prescindendo di fatto dal coinvolgimento degli organi costituzionali democraticamente rappresentativi previsti dalla Costituzione.
(2-00752) «Silvestroni».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   desta sconcerto la notizia, riportata dai principali organi di informazione, che i capimafia detenuti in regime di 41-bis, che per legge non possono usufruire di pene alternative, uno dopo l'altro, stanno lasciando il carcere;

   il giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo, Francesco Bonura, 78 anni, imputato del primo maxi-processo a «Cosa nostra» e condannato definitivamente per associazione mafiosa a 23 anni. Uomo fidato dei boss palermitani, fra cui Nino Rotolo, Bonura ha rappresentato un punto di riferimento mafioso per il controllo di lavori pubblici e l'imposizione del pizzo nel capoluogo siciliano, figura di spicco del mandamento dell'Uditore;

   il giudice di sorveglianza del capoluogo lombardo ha concesso gli arresti domiciliari per motivi di salute, riconoscendo come «siffatta situazione facoltizza questo magistrato a provvedere con urgenza al differimento dell'esecuzione pena», riferendosi all'emergenza sanitaria da Covid-19. In un provvedimento di 3 pagine, il giudice ha spiegato che Bonura trascorrerà i domiciliari nella casa della moglie a Palermo, dove «non potrà incontrare, senza alcuna ragione, pregiudicati», ma potrà comunque uscire di casa per motivi di salute, anche dei suoi familiari, e per «significative esigenze familiari»;

   l'assurda situazione nasce da una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), che invita tutti i direttori delle carceri a «comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i 70 anni, compresi quelli che sono ristretti in regime di 41-bis e Alta sicurezza;

   la missiva del Dap risale, peraltro, al 21 marzo 2020, quattro giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del cosiddetto decreto «Cura Italia», in cui sono previste alcune misure per scongiurare il rischio di contagio all'interno degli istituti penitenziari, tra cui la possibilità per i condannati per reati di minore gravità di scontare la pena detentiva non superiore a 18 mesi presso la propria abitazione;

   proprio nel giorno della scarcerazione di Bonura, lo stesso Dap ha diffuso un comunicato per sminuire la portata della sua circolare, definendola «un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti», ma il problema è che quel documento non fa alcuna distinzione fra i detenuti, includendo, quindi, nell'elenco di detenuti con più di 70 anni e qualche patologia, anche i circa 71 boss in regime di 41-bis e nei reparti ad Alta sicurezza, il cosiddetto «carcere duro», dove era detenuto Bonura e dove sono ancora reclusi capimafia, boss di Cosa nostra, di 'ndrangheta e di camorra, che adesso puntano ai domiciliari: dal boss di Cosa Nostra Leoluca Bagarella, killer dei corleonesi e cognato di Totò Riina, al cassiere della mafia Pippo Calò, a Nitto Santapaola, l'inventore della Nuova camorra organizzata, e Raffaele Cutolo, fino al capostipite della 'ndrangheta Umberto Bellocco, e ancora Pasquale Condello e Giuseppe Piromalli;

   già nelle settimane scorse, sempre per l'emergenza sanitaria, erano stati scarcerati il calabrese Rocco Filippone, detenuto in regime di Alta sicurezza, imputato con Giuseppe Graviano nel processo 'Ndrangheta Stragista; Vincenzino Iannazzo, considerato il boss della 'ndrangheta a Lamezia Terme e il boss dell'uditore Pino Sansone, uno dei protagonisti di maggiore rilievo dell'ultima stagione della riorganizzazione di Cosa nostra;

   il timore è che lo Stato si sia piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte e abbia dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della trattativa Stato-mafia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative ispettive intenda assumere in merito alla situazione rappresentata e cosa preveda espressamente la circolare del 21 marzo 2020 del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con particolare riferimento all'individuazione delle patologie ritenute incompatibili con il regime di detenzione;

   se il Governo non ritenga che la citata circolare deroghi illegittimamente alle disposizioni di cui all'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che esclude dall'ambito di applicazione della disposizione che prevede la possibilità di eseguire presso la propria abitazione la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, proprio i condannati per taluno dei delitti (ostativi) indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
(2-00753) «Ferro, Varchi, Delmastro Delle Vedove, Donzelli».

Interrogazioni a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, MANTOVANI, CARETTA, LUCA DE CARLO, ROTELLI, CIABURRO, VARCHI e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha recentemente selezionato la proposta dell'azienda Bending Spoons, di Milano, per la realizzazione dell'app di tracciamento dei positivi al coronavirus «Immuni»;

   questa scelta, e i suoi contenuti tecnici, pongono una serie di interrogativi sia sulla sicurezza che sull'opportunità;

   il primo riguarda la scelta del protocollo PEPP-PT, sviluppato da un consorzio principalmente europeo. Inizialmente ritenuto una buona scelta, il consorzio è stato recentemente abbandonato da Marcel Salathé, professore associato di EPFL di Losanna, seguito dagli istituti KU Leuven, EPFL, ETH Zürich, e il CISPA di Helmholz, tutti preoccupati della direzione centralizzata e contraria alla privacy presa dal progetto;

   essi hanno, insieme ad altri esperti, fondato un altro consorzio, il DP-3T, che adotta un approccio interamente decentralizzato, quindi nessun dato raggiunge mai i server di gestione e i dati restano sempre interamente sul dispositivo;

   il protocollo PEPP-PT pone alcuni ingenti e problematici quesiti, in quanto PEPP-PT ha un server centrale che possiede tutti gli identificativi, sia effimeri che permanenti. Questo consente di tracciare gli utenti nel tempo in maniera univoca. Il server riceve anche i dati delle persone non infette e di chi hanno incontrato. Gli utenti con un alto numero di contatti sono facilmente identificabili per differenziale, quelli con un numero basso per esclusione. Esiste un pericolo concreto di utilizzo fuori dai canoni previsti dei dati raccolti dall'applicazione;

   questi dubbi sono stati sollevati da molti esperti di information security italiani e stranieri, tra cui Stefano Zanero, professore associato di computer security al Politecnico di Milano. Per mitigare i rischi sopra esposti, sarebbe opportuno che il codice sorgente dell'applicazione, gli schemi di database e il software del server fossero interamente disponibili in rete, in forma libera, così che la comunità scientifica possa analizzare nel dettaglio il comportamento dell'applicazione e portare i dovuti commenti. Per rendere interamente trasparente il procedimento, il sistema di distribuzione dovrebbe essere dotato di un meccanismo chiamato «build riproducibile», che consenta di verificare che l'app scaricata, ad esempio, da App Store, sia effettivamente la stessa del codice sorgente pubblicato;

   il Governo nella sua ordinanza non fa alcun cenno a questa distribuzione o ai meccanismi di verifica;

   in secondo luogo appare non chiara la scelta di Bending Spoons. Eccellenza italiana nel settore dello sviluppo di app, ha un arco di applicazioni nella direzione principalmente del mercato del fitness e dei contenuti da social network solo per iOS, che rappresenta il 30 per cento del mercato, lasciando fuori il molto più comunemente utilizzato sistema Android che supera il 60 per cento;

   ad esempio, l'altra proposta presente sul tavolo del Governo, Covid Community Alert è una piattaforma già interamente realizzata e pubblicata sul web in maniera libera. Adotta una versione modificata del PEPP-PT che integra le ultime raccomandazioni dei comitati sulla privacy, non integra il protocollo DP-3T di cui sopra che richiede il supporto da parte dei produttori del sistema operativo. Rappresenta, in sintesi, un'alternativa interamente pubblicata e aperta, già pronta alla pubblicazione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla libera messa a disposizione del codice dell'app Immuni e delle chiavi di verifica e quali siano le ragioni che hanno portato alla scelta dell'offerta ancora da sviluppare di Bending Spoon in luogo di quelle open source già disponibili.
(3-01480)


   DI LAURO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica causata dal diffondersi del Covid-19 ha messo a dura prova il nostro sistema sanitario, incluso quello campano che, come evidenziato da numerose inchieste, soffre di gravissime criticità e potrebbe rischiare di collassare;

   l'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia è tra le strutture che erano state attrezzate per accogliere i casi sospetti di coronavirus con l'allestimento di tende esterne per il pre-triage e l'istituzione di un percorso interno indipendente per l'osservazione dei pazienti in attesa di tampone;

   attualmente, vi sarebbero 18 persone contagiate tra il personale sanitario di questa struttura, tanto da conquistare il non invidiabile primato per il numero di contagi tra sanitari in Campania;

   già a marzo 2020, a quanto consta all'interrogante, alcuni sanitari avevano accusato sintomi da Covid-19 senza che venisse attivata la procedura per essere sottoposti a tampone, nonostante le richieste fatte; mentre la notizia del primo tampone positivo è del 1° aprile 2020;

   alla base del focolaio, vi sarebbe il mancato rispetto dei percorsi protetti e il ricovero di pazienti con quadri clinici e sintomatologie compatibili con infezione da Covid-19 ma ricoverati ugualmente nei reparti non Covid, in attesa di tampone: in alcuni casi il risultato è stato positivo, comportando un alto rischio di contagio del personale sanitario e dei pazienti ricoverati nello stesso reparto, anche a causa di una cronica mancanza di dispositivi di protezione individuali adeguati;

   tra le criticità riscontrate vi sarebbe il caso di una partoriente positiva, che è stata sottoposta a tampone solo dopo aver dato alla luce la sua piccola, senza rispettare, secondo la denuncia dei sindacati, i protocolli anti-contagio;

   un altro caso più recente riguarda un'anestesista che, nonostante la febbre e il fatto che lei stessa avesse chiesto di essere sottoposta a tampone, per due giorni ha continuato ad operare, venendo a contatto con personale sanitario e pazienti, prima di scoprire di essere stata positiva;

   attualmente i reparti di pronto soccorso e medicina d'urgenza risultano quelli con il maggior numero di sanitari contagiati; tra questi un infermiere ha denunciato «negligenza, scelleratezza e in alcuni casi leggerezza nella gestione dei casi sospetti (...) i pazienti arrivati al pronto soccorso sono stati trasferiti nel nostro reparto nonostante sintomi da Covid-19 e chi, come me, ha lavorato in Medicina d'Urgenza s'è ritrovato a farlo senza gli adeguati dispositivi di protezione»;

   a seguito del diffondersi del Covid-19 tra il personale sanitario e delle denunce sul mancato rispetto di protocolli anti-contagio e sulla cattiva gestione dell'emergenza, il 10 aprile 2020 il direttore Mario Muto è stato sostituito da Rosalba Santarpia, affiancata dal ritorno di Pietro Di Cicco, alla guida del pronto soccorso;

   attualmente, sarebbero in corso due inchieste, una interna promossa dalla commissione disciplinare dell'Asl Na3 e una giudiziaria promossa dalla procura di Torre Annunziata: l'ipotesi è che almeno la metà dei contagiati tra i sanitari possano dipendere dal mancato rispetto dei protocolli anti-contagio;

   uno dei primi provvedimenti disposti dalla nuova direttrice è stata l'istituzione di stanze Covid in ogni reparto, allarmando i sanitari preoccupati dell'ingresso di pazienti positivi in tutta la struttura;

   i sindacati hanno chiesto invece la chiusura del reparto di medicina d'urgenza e la sanificazione dei locali;

   dopo la fuga di notizie dei giorni passati sulla drammatica situazione che si sta vivendo all'interno dell'ospedale, la direttrice ha recentemente inviato una lettera a tutti i dipendenti, ricordando le sanzioni previste in caso di divulgazione di informazioni a terzi, inclusi i media –:

   se si intendano avviare iniziative ispettive per quanto di competenza, per verificare quanto sta avvenendo all'interno dell'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, come esposto in premessa.
(3-01484)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da un recente articolo nella rubrica «retroscena» a firma di Alessandro Graziani pubblicato da Il sole 24 Ore si apprende che gli advisor finanziari di Ubi Banca, Goldman Sachs e Crédit Suisse e quelli legali Bonelli Erede e Link Lakers, starebbero valutando l'ipotesi di una controfferta del gruppo francese Crédit Agricole rispetto all'offerta pubblica di scambio formulata da Intesa Sanpaolo che verrà sottoposta all'assemblea degli azionisti del 27 aprile 2020;

   il giornalista, pur smentendo conferme «presso le fonti ufficiali», sembra disporre di indiscrezioni sufficientemente precise che danno oggettiva consistenza alla notizia, rendendo necessario che sulla stessa si faccia chiarezza onde assicurare assoluta trasparenza e corretta informazione al mercato;

   ciò al fine di evitare ogni speculazione e di assicurare che non si determinino turbamenti alle ordinarie dinamiche di aggregazione del consenso o dissenso sull'operazione liberamente e correttamente proposta da Intesa Sanpaolo;

   la proposizione delle offerte di scambio o di acquisto richiede infatti, come ben noto, che nel periodo di valutazione e fino alla conclusione della procedura le autorità preposte e, tenuto conto dell'importanza dell'operazione, anche il Governo, nell'ambito delle sue responsabilità e dei suoi poteri, garantiscano la veridicità e la chiarezza delle informazioni e l'assenza di ogni turbativa anche indiretta alla libera scelta degli azionisti –:

   se il Governo intenda comunicare se abbia notizie – anche non ufficiali – in ordine alla volontà del gruppo Credit Agricole di formulare offerte d'acquisto o di scambio totali o parziali rivolte agli azionisti di Ubi Banca o comunque di acquisire significative partecipazioni nella stessa;

   se il Governo non intenda adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, perché sia assicurato nel modo più rigoroso ogni chiarimento utile in ordine alle indicate notizie al fine di garantire una corretta informazione al mercato;

   se si intendano adottare iniziative per affermare in ogni caso l'esistenza di un rilevante e manifesto interesse nazionale in ordine all'acquisizione di imprese che operano nel settore bancario e assicurativo, anche in relazione a quanto stabilito nella nuova disciplina del golden power, tenuto conto dell'importanza delle stesse nel panorama economico e finanziario del Paese.
(4-05310)


   VARCHI, FERRO, LUCA DE CARLO, LUCASELLI, GALANTINO, ROTELLI, ZUCCONI, RAMPELLI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la dichiarazione dello stato di emergenza sono aumentati in maniera esponenziale non solo i vari decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, decreti ministeriali e decreti-legge, ma anche i gruppi di lavoro, sia nazionali che locali, con oltre 450 esperti, chiamati a supportare le scelte del «decisore politico»;

   in particolare, secondo quanto emerge da recenti fonti di stampa, il Governo si sarebbe affidato a un «esercito» di esperti per accompagnare l'Italia dalla fase 1, quella dell'emergenza acuta, alla fase 2, ovvero alla «convivenza con il Coronavirus»;

   la citata «folla di consulenti» non è inquadrata nella pubblica amministrazione e avrebbe come unico referente il Ministro che li ha scelti, con il rischio, in mancanza di un lavoro coordinato di squadra, di contribuire esclusivamente a paralizzare il processo decisionale;

   secondo quanto riportato nel dettaglio dal quotidiano La Verità, uno dei primi politici a essersi circondato di otto esperti provenienti dal mondo sanitario è stato il Ministro della salute; Francesco Boccia, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, ha insediato la cabina di regia tra Governo ed enti locali con 40 componenti; la Ministra Azzolina avrebbe nominato 100 esperti, tra pediatri, dirigenti del ministero e responsabili territoriali vari; mentre la Protezione civile avrebbe insediato già agli inizi di febbraio 2020 il proprio comitato tecnico-scientifico, passato dai 7 componenti iniziali ai 12 attuali, più un numero imprecisato di consulenti, con il compito di fornire pareri e indicazioni sulle misure di prevenzione necessarie a fronteggiare la diffusione del virus;

   e ancora, il Ministero dell'istruzione si sarebbe affidato a una seconda task force di 15 esperti, dopo quella riunita per l'emergenza; il Ministro dell'economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, avrebbe chiamato 35 consiglieri per la liquidità del sistema bancario; il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare conterebbe su 9 consulenti; Alfonso Bonafede, al Ministero della giustizia, avrebbe allestito la task force carceri con 40 esperti; Paola Pisano, Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, si sarebbe circondata di ben 76 tecnici per «individuare e valutare soluzioni tecnologiche data driven per supportare il Governo e gli altri pubblici decisori nella definizione di politiche di contenimento del contagio da Covid-19»; mentre Elena Bonetti, Ministro per le pari opportunità e la famiglia, e Andrea Martella, sottosegretario all'editoria, avrebbero insediato, rispettivamente, 13 e 11 membri e la lista continuerebbe con i 40 esperti ingaggiati dal commissario Domenico Arcuri; questo elenco si aggiunge alla task force voluta dal Presidente del Consiglio, con 19 membri tra giuristi, economisti ed esperti con competenze prevalentemente socio-economiche, guidati dal manager Vittorio Colao, ex amministratore delegato di Vodafone, con il compito di studiare le misure necessarie per la fase della ripartenza dell'Italia dopo il «lockdown» –:

   se trovino conferma gli elementi riportati in premessa e quante siano le task force istituite presso ciascun Ministero e con quali specifici compiti, chi ne faccia parte e quali siano le indennità riconosciute agli esperti chiamati dal Governo per affrontare lo stato di emergenza sanitaria da Covid-19.
(4-05312)


   LOLLOBRIGIDA, MOLLICONE e SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 16 aprile 2020, n. 10, il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 ha affidato un contratto di concessione di licenza d'uso e un appalto di servizio alla società Bending Spoons S.p.A. per la realizzazione di un'applicazione di contact tracing che dovrebbe assumere la denominazione di «Immuni»;

   la normativa vigente affida alla stazione appaltante il compito di indicare, nei documenti di gara, sia il criterio di aggiudicazione, sia, nel caso dell'offerta economicamente più vantaggiosa, gli elementi da prendere in considerazione, entrambi elementi mancanti nella procedura di incarico alla Bending Spoons;

   si ignora, infatti, sia quali siano state le considerazioni tecniche e pratiche che hanno fatto scegliere proprio l'applicazione di Bending Spoons, sia cosa nel dettaglio sia in grado di fare l'applicazione in questione;

   la sicurezza dei cittadini che dovranno utilizzare l'applicazione dipende in larga parte dalla verifica della qualità e dell'affidabilità degli operatori economici aggiudicatari;

   tale applicazione è destinata, infatti, a raccogliere e trattare ingenti quantità di dati personali, e, di conseguenza, si impone la necessità di adeguate garanzie sul rispetto dei diritti fondamentali, in particolare in merito alla protezione dei dati personali dei cittadini coinvolti e al fine di evitare una sorveglianza generalizzata;

   inoltre, non risulta sia stata effettuata un'analisi costi-benefici, né quale ruolo abbiano le autorità sanitarie nella messa a punto e gestione dell'operazione di tracciamento, quali siano le misure di sicurezza e di minimizzazione per la memorizzazione dei dati di prossimità sul dispositivo e la loro anonimizzazione, se sia prevista la loro conservazione in via temporanea fino al perdurare dell'emergenza, né chi sia il titolare del trattamento dei dati personali raccolti;

   in base alle norme vigenti l'installazione di una simile applicazione deve essere basata sul consenso e devono essere fornite agli utenti informazioni complete e chiare sull'uso e sull'elaborazione previsti per garantire il rispetto della legge applicabile, in particolare in materia di protezione dei dati e riservatezza delle comunicazioni elettroniche;

   in ambito europeo, anche la «Relazione sulla valutazione coordinata a livello di UE dei rischi per la cybersicurezza delle reti di quinta generazione (5G)», del 9 ottobre 2019, ha evidenziato la necessità di considerare, in sede di gara, il profilo di rischio dei singoli fornitori, da valutarsi in base a fattori quali la possibilità che gli stessi possano essere soggetti a interferenze di un Paese extra Unione europea;

   l'installazione e il funzionamento dell'applicazione coinvolgono l'esercizio di diritti fondamentali di libertà personale, protetti nel nostro ordinamento da norme di rango costituzionale, e questo impone che siano previsti e disciplinati da un atto con forza di legge e che siano le autorità nazionali competenti ad essere responsabili della stessa e del trattamento dei dati –:

   se non ritengano di promuovere l'adozione di un atto normativo primario volto a disciplinare il funzionamento dell'applicazione e la tutela dei dati personali dei soggetti che la utilizzano;

   in che modo intendano garantire il rispetto dei dati e la sicurezza dei cittadini che useranno l'applicazione;

   in base a quali criteri sia stata scelta l'offerta della società Bending Spoons S.p.A. e se fra essi sia stata considerata la sicurezza dell'offerta, ivi inclusa l'affidabilità del fornitore, se sia stata effettuata un'analisi costi-benefici e quali siano i risultati;

   quale sia stato il ruolo del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione nella procedura di selezione e aggiudicazione, in capo alla società Bending Spoons S.p.A., della realizzazione dell'applicazione;

   quale soggetto sarà considerato titolare e responsabile del trattamento – ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 – dei dati raccolti attraverso l'applicazione e dove e per quanto tempo saranno registrati;

   quale ruolo avranno le autorità sanitarie nella messa a punto e nella gestione dell'operazione di tracciamento.
(4-05314)


   BERGAMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 20 aprile 2020 è diventato obbligatorio in Toscana l'utilizzo della mascherina protettiva, come da ordinanza della regione Toscana n. 26 del 6 aprile 2020;

   i dpi (dispositivi di protezione individuali) sono obbligatori dal momento in cui si esce dalle proprie abitazioni e ci si reca in luoghi pubblici o privati ad uso pubblico, dove si entra a contatto con altre persone, purché non si creino assembramenti;

   i dpi devono essere obbligatoriamente indossati anche su mezzi di trasporto pubblico e mezzi privati ad uso pubblico quali ncc e/o taxi;

   la regione Toscana dispone che ad ogni cittadino di ogni comune toscano vengano distribuite n. 5 mascherine previo utilizzo della Tse (tessera sanitaria elettronica) e le stesse risultano essere indisponibili già dalla fine della mattinata del 20 aprile 2020;

   risulta all'interrogante che tale sistema di distribuzione gratuita stia creando non pochi problemi nei diversi luoghi di distribuzione, quali i supermercati della grande distribuzione organizzata, dove i suddetti dpi vengono consegnati agli utenti solo a condizione che essi effettuino acquisti presso quello stesso negozio; la consegna avverrebbe senza la presentazione della Tse, rendendo le mascherine non più tracciabili e non rendicontabili;

   non è possibile conoscere il numero esatto dei dpi distribuiti, né esercitare alcun adeguato controllo sulla loro corretta distribuzione e c'è soprattutto il rischio del verificarsi di situazioni in cui vengano donate mascherine in sovrannumero rispetto a quello previsto dalla regione Toscana –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, ove i fatti esposti trovino conferma:

    a) quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per monitorare la corretta distribuzione dei presidi sanitari di protezione personale per tutelare la salute dei cittadini ed evitare fenomeni speculativi;

    b) se risulti al Governo in quanti e quali comuni della Toscana si siano registrate anomalie nella distribuzione delle mascherine.
(4-05315)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa che la regione Abruzzo sta ponendo in essere una serie di iniziative per affrontare l'emergenza del Covid-19;

   il decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 18, attualmente in esame in Parlamento, specifica che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, è incrementato di 1.410 milioni di euro per l'anno 2020. Ciascuna regione perciò è tenuta a redigere un apposito programma operativo per la gestione dell'emergenza Covid-19 da approvarsi da parte del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e da monitorarsi da parte dei predetti Ministeri congiuntamente;

   a tal proposito, tra le iniziative della giunta della regione Abruzzo, pare vi sia la scelta di investire 11 milioni di euro per la realizzazione di un Covid Hospital a Pescara, un investimento importante, tutto questo anche in presenza di un Covid Hospital ad Atessa con sorti altalenanti, come si apprende da notizie stampa, in parte pare dovute a una rilevata riduzione della casistica nel territorio;

   è fondamentale capire come si stia preparando la regione per la «fase 2» e cosa stia studiando in termini di prevenzione dopo la riapertura delle attività, ad oggi ipotizzata tra meno di un mese, anche se graduale. Sarà necessario non solo prevenire ma essere pronti alla gestione di eventuali focolai di ritorno;

   la regione dovrebbe dotarsi quindi di un sistema di monitoraggio del territorio attraverso una vigilanza pre-ospedaliera per diagnosticare tempestivamente chi è positivo e contemporaneamente studiare un modo per potenziare la terapia intensiva, lì dove necessario;

   in fase di riapertura saranno diversi gli accorgimenti da adottare, a partire da uno screening delle fasce professionali (infermieri, medici e ogni altra categoria che ha molti contatti con il pubblico) maggiormente esposte al rischio, da estendere poi quanto più possibile alla popolazione, e da misure di distanziamento fisico con dispositivi di protezione individuali adeguati per evitare nuovi casi. È necessario capire quali protocolli di controllo e monitoraggio degli ingressi e dei movimenti interni alle strutture aziendali sono allo studio della regione, quali misure di prevenzione si ipotizza di adottare e per quali categorie professionali la regione intende favorire il telelavoro –:

   se il Governo sia a conoscenza della realizzazione del Covid Hospital di Pescara e se questo sia stato previsto all'interno del programma operativo sopra citato;

   come si intenda integrare nella pianificazione regionale le scelte nazionali per dare risposte tempestive ai cittadini in questa dura battaglia contro il Covid-19 che la regione e il Paese stanno affrontando.
(4-05316)


   CIABURRO, LUCA DE CARLO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020, seguito dai successivi decreti del Presidente del Consiglio 1° aprile e 10 aprile 2020, ha previsto l'estensione all'intero perimetro nazionale del divieto di spostamento dei cittadini dal proprio domicilio, fatte salve le necessità lavorative o situazioni emergenziali quali lo spostamento per motivi di salute;

   con decreto del Presidente del consiglio dei ministri 10 aprile 2020, l'applicazione delle predette misure straordinarie di contenimento è stata prorogata fino al 3 maggio 2020;

   con decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, il Governo ha emanato una serie di disposizioni sanzionatorie per le condotte che trasgrediscono le prescrizioni riportate nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri predisponenti le misure di contenimento;

   l'impianto normativo prevede la comminazione di sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000;

   la predetta sanzione verrebbe incrementata di un terzo in ipotesi di violazione commessa con l'uso di un veicolo e aumentata del doppio in ipotesi di reiterazione della stessa violazione;

   nella generalità delle ipotesi, la violazione delle misure adottate dal Governo non costituisce reato, salvo che per il soggetto risultato positivo al Covid-19 che viola il divieto di rimanere in quarantena presso la propria dimora; in tal caso, è previsto l'arresto da 3 a 18 mesi e un'ammenda da 500 a 5.000 euro, così come disposto dal decreto-legge n. 19 del 2020;

   si rileva, tuttavia, che il combinato disposto del decreto-legge e della predetta normativa recata dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri non prevede meccanismi sanzionatori per tutti i cittadini che, nonostante i divieti, riescono con successo a spostarsi da un comune all'altro;

   tale fattispecie è particolarmente critica se si considera che i sindaci non dispongono di strumenti per intervenire e che, data la portata dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il rischio di diffusione della malattia, soprattutto per i comuni più piccoli, è elevato;

   lo strumento della sanzione amministrativa pecuniaria è particolarmente inefficace nel caso di quei soggetti maggiormente abbienti che sono in grado di pagare la sanzione pecuniaria comminata, creando di fatto una situazione di profonda ineguaglianza e irregolarità nei confronti dei cittadini meno abbienti, situazione in cui chi dispone di più denaro può spostarsi liberamente da un comune all'altro, disincentivando i cittadini al rispetto delle regole e incentivando chi ne ha la possibilità a contravvenire alle disposizioni in vigore;

   tale situazione agisce a detrimento di tutti i cittadini che, con numerosi sacrifici, rispettano le disposizioni di contenimento –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda predisporre per:

    a) permettere ai sindaci e alle autorità localmente competenti di richiedere l'isolamento obbligatorio per i nuovi arrivi nel territorio di competenza;

    b) individuare tutti gli strumenti idonei per una maggiore efficacia della disciplina richiamata in premessa, anche valutando la possibilità del ricorso a sanzione di carattere penale.
(4-05319)


   VARCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come denunciato con numerosi atti di sindacato ispettivo, nonostante il decreto interministeriale del 7 aprile 2020, secondo cui «Per l'intero periodo di durata dell'emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e la definizione di Place of Safety ("luogo sicuro"), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo», nelle ultime settimane si sta paradossalmente registrando un incremento di sbarchi sulle coste siciliane;

   in particolare, fa discutere la notizia, riportata sui principali organi di stampa, della scelta, da parte del Governo, di Caltanissetta quale sede per accogliere i migranti sottoposti a misure di isolamento sanitario o di quarantena con sorveglianza attiva;

   i migranti che arriveranno in città dovrebbero essere 50 e si aggiungerebbero agli altri già ospitati nel centro di Pian del Lago;

   se confermata, non si comprende la scelta del Governo di fare della provincia di Caltanissetta un centro per la quarantena dei migranti, mettendo a rischio la salute dei cittadini, mentre la regione siciliana, così come annunciato dal presidente Musumeci, aveva reperito la Motonave Azzurra della compagnia Gnv, dotata di protocollo sanitario per l'assistenza a bordo fino a 488 casi di Covid-19 positivi –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e secondo quale criterio sia stata individuata la struttura a Caltanissetta per accogliere i migranti sottoposti a misure di isolamento sanitario o di quarantena con sorveglianza attiva e quale sia il costo giornaliero per persona.
(4-05323)


   GUIDESI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   crea non poca indignazione nella popolazione, in specie di coloro che a causa del Covid-19 hanno perso persone care, la notizia secondo cui esisteva un «piano segreto» di emergenza contro il Covid-19, risalente al mese di gennaio 2020, predisposto con l'obiettivo di preparare il servizio sanitario nazionale all'impatto causato dalla pandemia mondiale, di fatto ignorato;

   in un'intervista al Corriere della sera, il direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute ha confermato l'esistenza di siffatto piano;

   a quanto si apprende dagli articoli di stampa, il suddetto piano, composto da 55 pagine e realizzato dalla citata direzione ministeriale con la collaborazione dell'istituto superiore di sanità e l'Inmi Spallanzani, conteneva già a quella data grafici, tabelle e modelli matematici relativi ai contagi allora in atto nella città di Wuhan, dalla quale la pandemia si è diffusa in tutto il mondo;

   non solo, venivano elaborati, già a quella data, scenari sulla possibile diffusione del virus nel nostro Paese, il più catastrofico dei quali, con un tasso di contagiosità superiore a 2 e mancata sospensione dei motori dell'economia, prevedeva un numero elevatissimo di morti per Covid-19, compreso tra le 600 mila e le 800 mila;

   secondo le dichiarazioni rilasciate alla stampa dal direttore generale della programmazione sanitaria il motivo per il quale il suddetto piano sarebbe stato tenuto segreto è il seguente: «perché si è deciso di non gettare nel panico la popolazione»;

   è chiaro che questa motivazione non giustifica in alcun modo l'approccio tenuto dal Governo sulla questione. Dinanzi a scenari così preoccupanti, redatti già a partire dal mese di gennaio 2020, sulla base di modelli scientifici accurati, il Governo aveva il dovere politico, giuridico e morale di informare tempestivamente il Parlamento, le regioni e gli enti del servizio sanitario nazionale, adottando per tempo le misure di contenimento atte a scongiurare la diffusione dell'epidemia che, solo un mese dopo, si è invece diffusa con estrema rapidità nel nostro Paese;

   si è, invece, deciso di non adottare alcuna misura di contenimento e, soprattutto, di non coinvolgere in alcun modo il Parlamento e gli enti locali nel processo di maturazione di questa decisione, azzerando ogni forma di confronto su dati e scenari di cui, fino a pochi giorni fa, non si conosceva neppure l'esistenza e che coinvolgevano la salute pubblica e la vita di migliaia di cittadini;

   gravi ritardi si sono registrati anche con riferimento all'acquisizione dei dispositivi indispensabili per la gestione dell'epidemia: nonostante gli scenari noti a partire dal mese di gennaio 2020, il Governo, ad avviso degli interroganti, ha accumulato ritardi fatali nell'approvvigionamento di mascherine, dispositivi di protezione individuale e respiratori, nonché nell'incremento dei posti di terapia intensiva –:

   per quali reali motivi il piano emergenziale di cui in premessa non sia stato portato a conoscenza delle regioni, delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;

   per quale motivo, nell'arco temporale tra la redazione del piano in questione e la scoperta del focolaio di Codogno, non siano stati adottati provvedimenti finalizzati ad adeguare le dotazioni del servizio sanitario nazionale e del servizio di protezione civile agli scenari epidemiologici elaborati dallo stesso Ministero della salute.
(4-05328)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   continua a fare notizia il singolare caso delle «mascherine fantasma» acquistate dalla regione Lazio con una commessa da 35,8 milioni di euro affidata a un negozio di lampadine led: un preziosissimo carico di 10 milioni di mascherine mai arrivato a destinazione e pagato con un anticipo di oltre 11 milioni di euro di fondi pubblici; la maxi-fornitura sarebbe stata affidata dal dipartimento protezione civile regionale, tramite affidamento diretto, alla Eco.Tech Srl, una società produttrice di lampadine e materiale elettrico all'ingrosso con sede a Roma e il cui 49 per cento delle quote è intestato a un cittadino cinese;

   come già denunciato nell'interrogazione n. 4-05184, stando ai termini contrattuali fissati nelle apposite determinazioni dirigenziali, le tre distinte forniture di mascherine Ffp2 (a 3,60 euro l'una), Ffp3 (a 3,90 euro l'una) e chirurgiche (a 0,58 centesimi l'una) dovevano essere spedite entro il 18 marzo e fatte arrivare a destinazione in più tranche entro fine mese;

   l'azienda, però, non solo non ha rispettato i termini fissati per l'arrivo delle mascherine, rinviando continuamente la data di consegna, ma avrebbe addirittura fornito il numero di volo di un aereo che avrebbe dovuto trasportare il carico, sul quale, però, non c'era niente;

   in data 27 marzo e in data 30 marzo 2020, rispettivamente la prima e seconda distribuzione previste, nessuna consegna è stata eseguita dalla Eco.Tech, che è sparita nel nulla;

   tra i fornitori cui si sarebbe rivolta la regione Lazio per reperire almeno 36 milioni di mascherine da distribuire presso i presidi sanitari regionali non ci sarebbero solo venditori di lampade a led, ma anche profumerie, un editore di gossip, un portale di articoli di cancelleria, società anonime svizzere e perfino una società con sede nelle Isole Cayman inserita nel rapporto degli Offshore Leaks;

   i ritardi nelle consegne o la mancata consegna sarebbero clamorosi, tanto che ci sarebbero altre determine con le quali sarebbero stati annullati altri ordini per inadempienza contrattuale, tra cui una fornitura alla AD Medical per 490 mila mascherine Ffp2 e 110 mila Ffp3 (quasi 2,7 milioni) e un'altra, due milioni di Ffp2, alla Igoffice;

   come se non bastasse, dai documenti prodotti in occasione dell'audizione del vicepresidente Leodori emergono due elementi, a giudizio dell'interrogante quantomeno stravaganti: la regione avrebbe pagato alla Eco.Tech il 50 per cento della fornitura per le prime tre commesse, arrivando ad anticipare circa 14 milioni di euro su 36 totali e, sempre la regione, per acquistare le mascherine avrebbe utilizzato risorse dello Stato secondo procedure non chiaramente definite;

   una nota audio che circola su internet confermerebbe, peraltro, la notizia dell'assenza di una polizza assicurativa a copertura della commessa affidata alla Eco.Tech Srl –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se risulti secondo quali criteri siano stati individuati i fornitori e quali controlli siano stati effettuati sull'affidabilità e sulla capacità degli stessi di adempiere alla commessa affidata;

   se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza ed anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, in ordine alla regolarità della procedura adottata dalla regione Lazio per l'acquisto delle mascherine, con particolare riferimento alla successione degli affidamenti, intervenuti nonostante fossero già emersi problemi di affidabilità della società, come risulta dalle determine di annullamento delle comande, e con riferimento all'anticipo del corrispettivo del 50 per cento della fornitura per ben tre commesse, senza nemmeno la previsione di una polizza, con il rischio di un danno erariale;

   se risulti quali e quanti dispositivi debbano ancora essere consegnati e quante commesse siano state annullate per inadempienza contrattuale.
(4-05331)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante in data 18 marzo 2020, alla luce delle prevedibili difficoltà di reimpatriare gli italiani nel mondo per via della pandemia coronavirus, depositava una risoluzione in Commissione n. 7-00431, per l'adozione immediata di un piano straordinario di voli charter di Stato da realizzare con Alitalia prevedendo che i costi venissero compensati in sede di rimborso dei cosiddetti «prestiti ponte» nel tempo erogati alla compagnia;

   l'interrogante, in data 8 aprile 2020, presentava l'interrogazione n. 3-01437 segnalando la tragica situazione di alcuni italiani a bordo della nave da crociera Royal Carribean al largo delle Bahamas, segnalando, fra l'altro, il loro confinamento coatto, l'impossibilità di scendere a terra, il razionamento di acqua e viveri, l'alta probabilità della propagazione del virus;

   nella predetta interrogazione si chiedeva con quali modalità il Governo volesse intervenire tempestivamente;

   nessuna risposta è pervenuta all'interrogazione e la risoluzione non è stata ancora esaminata;

   gli italiani a bordo della Royal Carribean continuano, per il tramite della signora Giovanna Salaris, a lanciare disperati appelli al Governo, precisando di essere senza assicurazione sanitaria;

   dal 15 marzo 2020 ad oggi la situazione non è mutata –:

   quali attività abbia svolto l'ambasciatore per i nostri connazionali;

   quali e quante interlocuzioni alla data odierna abbia svolto il Ministro interrogato con l'omologo locale;

   quale sia la situazione sanitaria delle persone presenti sulla Royal Carribean e quella degli italiani in particolare;

   se intenda provvedere immediatamente ad organizzare un volo di Stato, e con quali tempistiche e modalità, per reimpatriare gli italiani a bordo della Royal Carribean, il cui calvario è testimoniato dagli accorati appelli di Giovanna Salaris.
(5-03846)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si è appreso della tragica morte, per contagio da Covid-19, di un nostro connazionale, Lucio Truono, esperto orafo 43 enne originario di Giffoni Vallepiana (Sa), da tempo trasferitosi nella capitale britannica dove lavorava per una importante società;

   sembrerebbe che la settimana precedente alla sua morte, a seguito di forte febbre, l'orafo, si sarebbe recato presso un ospedale londinese per essere assistito e ricoverato, tuttavia i sanitari, dopo una breve visita e senza effettuare i dovuti accertamenti, quali il tampone per escludere il contagio da Covid-19, lo avrebbero dimesso nonostante le critiche condizioni di salute;

   alcuni giorni dopo, gli amici, allarmati dall'assenza del connazionale sui social, avrebbero richiesto l'aiuto di una conoscente a Londra che subito avrebbe allertato la polizia londinese la quale, giunta presso l'abitazione del Truono ne ha constatato il decesso;

   sulla salma del ragazzo oltre all'autopsia è stato eseguito anche il tampone che ha confermato la positività al virus;

   a parere dell'interrogante, se la ricostruzione dei fatti venisse acclarata anche dalla Farnesina, si sarebbe dinnanzi a un grave caso di malasanità inglese in danno di un nostro connazionale sul quale il Governo italiano deve necessariamente fare chiarezza;

   tale intervento è un atto indispensabile e dovuto anche per proteggere i tanti italiani che tutt'oggi risiedono in Inghilterra, atteso che quanto accaduto non è un fatto isolato e ricorda la morte di un altro connazionale di soli diciannove anni, Luca Di Nicola, deceduto nella sua abitazione, presumibilmente per l'inefficienza sanitaria inglese in quanto risultato positivo al Covid-19 solo post mortem;

   anche Lucio Truono, nonostante la sintomatologia riconducibile al contagio da Covid-19, confermato dal tampone post mortem, non avrebbe ricevuto alcuna assistenza sanitaria, configurandosi, così, a giudizio dell'interrogante, una ipotesi di negligenza in capo agli operatori sanitari inglesi o ancor peggio, laddove questi ultimi avessero adottato un protocollo imposto dal Governo per casi similari una violazione del diritto alla vita sancito dall'articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per non aver predisposto un sistema sanitario nazionale utile a proteggere la vita dei cittadini;

   gli eventi richiamati richiederebbero un'azione del Governo volta a fare chiarezza sui protocolli assistenziali predisposti dal Governo inglese per l'emergenza Covid-19 e sulla loro applicazione da parte degli operatori sanitari, al fine di conoscere se gli stessi vengano attuati indistintamente per i cittadini britannici e per quelli stranieri, garantendo a tutti il diritto alla salute;

   a tal proposito, vale la pena ricordare che il diritto alla salute è parte integrante dei diritti umani fondamentali internazionalmente riconosciuti e l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella sua costituzione afferma: «il godimento delle migliori condizioni di salute fisica e mentale è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzioni di razza, religione, opinione politica, condizione economica o sociale»;

   la grave emergenza sanitaria che si sta vivendo ha permesso di accendere i riflettori sulle politiche di azione e di prevenzione di tutti gli Stati coinvolti, mostrando sin da subito l'inadeguatezza causata, da un lato, dall'inesperienza, data la straordinarietà degli eventi, ma dall'altro, evidenziando come per alcuni Stati prevalga l'interesse economico sul diritto inviolabile alla vita e alla salute –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, stia assumendo nei confronti delle autorità inglesi affinché si provveda all'accertamento della verità dei fatti e all'individuazione delle cause e degli eventuali responsabili della morte di Lucio Truono;

   se non intenda convocare l'ambasciatore inglese ai fini di una maggiore e celere cooperazione tra autorità italiane e inglesi e, attesa la gravità dei fatti esposti in premessa, se non si intenda adire la Corte europea dei diritti dell'uomo ai sensi dell'articolo 33 della Cedu per violazione dei diritti fondamentali alla vita e alla salute internazionalmente riconosciuti.
(4-05320)


   MOLTENI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI, ZOFFILI e DI MURO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica a causa del Covid-19 e le misure conseguentemente adottate hanno reso la situazione dei frontalieri fortemente critica e non più sostenibile;

   l'effetto di diverse combinazioni, orari ridotti della dogana, apertura di valichi parziali e contingentati e i dovuti controlli capillari esercitati dalle guardie di confine, costringe quotidianamente migliaia di lavoratori frontalieri a estenuanti e inumane code chilometriche;

   per i lavoratori comaschi, lombardi e piemontesi, che varcano le frontiere svizzere per recarsi al lavoro, significa circa 3 chilometri di coda ogni giorno;

   sono chiusi i valichi di Ronago, Val Mulini, Drezzo e, dopo un mese di chiusura, è stato riaperto il valico di Bizzarone;

   la situazione è critica non solo per i lavoratori comaschi, varesini e valtellinesi, ma anche per i liguri che, quotidianamente, si spostano dalla provincia di Imperia verso Francia e principato di Monaco; la maggior falla è, a parere degli interroganti, la mancanza di un protocollo ad hoc per i lavoratori frontalieri, di linee guida univoche tra i Paesi di confine per quel che concerne i moduli di autocertificazione e le regole di prevenzione e sicurezza;

   si evidenzia che i modelli di autocertificazione, infatti, sono differenti per ogni Stato e, peraltro, in continuo aggiornamento, il che contribuisce a prolungare le attese e i controlli;

   si ricorda, altresì, che l'attuale maggioranza ha completamente dimenticato i frontalieri dal punto di vista della tutela lavorativa, non contemplando alcuna misura di sostegno al reddito e/o accordi con i Paesi confinanti per il ricorso allo smart working –:

   se e quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, nell'ottica di snellire le procedure di identificazione e agevolare gli spostamenti quotidiani dei frontalieri, garantendo loro il diritto alla mobilità in sicurezza e senza ulteriori disagi.
(4-05321)


   GALANTINO, ROTELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, MANTOVANI e VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si legge da alcuni articoli di stampa, sembrerebbe siano destinati 100 milioni di euro in favore delle organizzazioni non governative (ong);

   mentre gli italiani patiscono la fame e le imprese chiudono e sono in grande difficoltà, l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, sotto l'egida del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, avrebbe:

    1) posto in essere una serie di misure in favore della filiera delle organizzazioni non governative;

    2) statuito la concessione di proroghe per 4 mesi;

    3) deciso di allungare le scadenze per i bandi in corso e di rimborsare le ong anche per i costi sopravvenuti e connessi all'emergenza sanitaria in corso;

    4) riconosciuto benefit erariali, finanziamenti mirati, meno rendicontazioni amministrative e varianti progettuali non onerose;

   l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, inoltre, avrebbe dichiarato che: «si dovranno valutare i percorsi su come destinare nuove risorse per assicurare il raggiungimento degli obiettivi per i beneficiari, pensare a forme di sostegno generale al settore della solidarietà internazionale, costruendo o partecipando a strumenti finanziari che consentano di superare la prevista riduzione di risorse private a dono»;

   a parere degli interroganti, in questo periodo storico particolare, è alquanto assurdo affrontare una spesa così rilevante con le risorse derivanti dalle tasse degli italiani. O comunque, appare discriminatoria tanta semplicità nei finanziamenti per le ong, mentre le aziende italiane per accedere al prestito garantito dovranno essere «in bonis ed affrontare non pochi oneri burocratici» –:

   se corrisponda al vero la notizia di cui in premessa e se il Ministro interrogato non ritenga parziale e iniqua la considerevole misura economica prevista a favore delle organizzazioni non governative, rispetto alla situazione precaria che stanno vivendo gli italiani e le imprese operanti sul territorio a causa della pandemia in atto.
(4-05322)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Scuola Sottoufficiali della Marina Militare di La Maddalena vanta, nell'organico, sette docenti civili che insegnano da oltre trent'anni materie di fondamentale importanza. Gli insegnanti vengono assunti con un contratto che viene loro rinnovato di anno in anno, da gennaio a luglio e da settembre a dicembre, con interruzione lavorativa e salariale nel mese di agosto. Le assunzioni vengono determinate in base alle risultanze del bando per l'aggiudicazione dei posti indicati nel relativo concorso pubblico che prevede l'elenco delle materie oggetto dei corsi di studio;

   il 19 dicembre scorso, stando a quanto si apprende anche da fonti di stampa, ad uno degli otto docenti, insegnante di diritto internazionale marittimo, materia prevista nel bando come sottocategoria de «Diritto, ordinamento e istruzione militare generale», non è stato rinnovato il contratto, dopo 32 anni di servizio;

   quanto accaduto ha generato un comprensibile allarme del corpo docente che teme future cancellazioni di altre materie al momento attribuite agli insegnanti civili. Uno stato di incertezza determinato dalla mancanza di garanzie, tipiche dello stato di precarietà;

   in questa situazione specifica, i docenti della scuola militare di La Maddalena, e di conseguenza altrettante famiglie, sono vittime di una stortura contrattuale che non concede loro la possibilità di godere degli stessi diritti garantiti a simili categorie professionali. Valga, a titolo esemplificativo, qualora non bastasse la condizione di precarietà trentennale, la considerazione che a partire dal 2012 i contratti proposti ai docenti in questione prevedono un incarico di 14 ore settimanali. Nella scuola secondaria superiore è, invece, di 18 ore. Le tabelle retributive non distinguono l'insegnante di ruolo dal precario, ma sono stilate in base all'anzianità di servizio maturata. Anzianità di servizio negata a questi insegnanti che ogni anno vengono licenziati per poi essere riassunti l'anno successivo. Ancora, nella scuola pubblica ai docenti precari è preposto un contratto con durata 1° settembre-31 agosto, senza interruzione alcuna e con il riconoscimento delle ferie nel mese di agosto, diritto negato invece ai docenti oggetto della presente interrogazione –:

   se il Ministro interpellato intenda risolvere la situazione descritta e concedere la stabilizzazione dei precari in considerazione attraverso gli atti che dovranno essere compiuti e – in attesa – consentire a questi dipendenti di godere degli stessi diritti dei colleghi delle scuole civili: monte ore lavorative e anzianità di servizio.
(5-03847)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO, GALANTINO, DEIDDA, VARCHI e CIABURRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 24 marzo 2020 il raggruppamento carabinieri biodiversità – ufficio comando ha emanato una nota n. 206/18 secondo la quale si dispone che «Tutti gli O.T.I. non utilizzati per queste esigenze dovranno, dal Comandante di Reparto, essere posti in Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli per il periodo reputato necessario (...)»;

   i comandanti dei reparti carabinieri biodiversità, attenendosi a quanto indicato nella nota n. 206/18 al fine di mitigare/prevenire il fenomeno epidemico Covid-19, hanno proceduto alla richiesta di cassa integrazione per gli operai forestali a tempo indeterminato e hanno inoltre dovuto provvedere alla sostituzione del personale per la gestione delle strutture di competenza del personale operaio con personale in «divisa»;

   il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento per il personale operaio dell'Arma è un contratto di tipo privato e, pertanto, è sottoposto ai principi e alle regole del settore privato e tali operai Oti/Otd attualmente in servizio presso varie strutture dell'Arma dei carabinieri non possono essere definiti né «pubblici dipendenti» né «dipendenti della pubblica amministrazione», sebbene i fondi per le «somme da corrispondere al personale operaio con contratto a tempo indeterminato» siano previsti nel capitolo 2865 del bilancio del Ministero della difesa, tabella 11, a giudizio dell'interrogante con un'evidente anomalia contrattuale;

   in occasione dell'emergenza sanitaria in atto il personale operaio regolarmente retribuito dal Ministero della difesa avrebbe potuto essere impiegato per mansioni di emergenza in sostegno all'operato della Protezione civile per le attività di assistenza alle fasce più deboli della popolazione, come per la consegna dei generi di prima necessità per anziani e famiglie impossibilitate a muoversi dalla propria abitazione –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare iniziative per la regolarizzazione delle posizioni lavorative degli operai a tempo indeterminato (Oti)/operai a tempo determinato (Otd), prevedendo un'internalizzazione dei contratti del personale operaio con passaggio al ruolo del Ministero della difesa e se, in occasione della crisi sanitaria in atto, intenda valutare l'ipotesi di revocare la cassa integrazione a fronte di una riammissione in servizio finalizzata all'impiego del personale per il sostegno alla comunità.
(4-05327)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (cosiddetto decreto liquidità) è un passo in avanti importante rispetto al decreto-legge «Cura Italia», ma ha il limite di concedere prestiti alle imprese e purtroppo non somme a fondo perduto;

   tale decreto prevede un procedimento di erogazione del credito che non sta funzionando perfettamente, in quanto gli istituti bancari applicano regole che non consentono celerità nella concessione dei prestiti;

   occorre snellire le regole burocratiche, in modo tale da consentire alle imprese di accedere in maniera semplice alla liquidità e non essere oppresse dalla crisi economica;

   con il «decreto liquidità» si è inserita una norma che concede, in favore delle imprese, la garanzia da parte dello Stato al 100 per cento per i prestiti di importo non superiore al 25 per cento del fatturato 2019 fino a un massimo di 25.000 euro, senza alcuna valutazione del merito di credito;

   allo stato attuale delle cose, risulta però difficile ottenere questo finanziamento;

   se l'impresa ha già un finanziamento aperto con l'istituto bancario, può chiedere un rifinanziamento, vale a dire un nuovo finanziamento con un importo superiore al precedente almeno del 10 per cento;

   in tal caso, il precedente finanziamento sarà estinto e la garanzia da parte dello Stato coprirà l'80 per cento del valore del nuovo prestito;

   la banca avrà così una garanzia diversa, in quanto quella precedente sarà sostituita da quella fornita dallo Stato;

   per i prestiti di valore superiore ai 25.000 euro, la garanzia fornita dallo Stato sarà invece pari al 90 per cento;

   in tale ultimo caso, saranno le imprese a dover garantire il restante 10 per cento;

   le imprese, però, spesso riscontrano difficoltà a garantire la restante parte del valore del prestito; così facendo, si pongono agli imprenditori ostacoli nell'accesso al credito;

   lo scopo del decreto è quello di finanziare le imprese per favorire la ripartenza da parte del sistema produttivo italiano, non quello di consolidare le garanzie degli istituti bancari per precedenti finanziamenti;

   imprenditori, artigiani, titolari di esercizi commerciali hanno chiuso la propria attività e devono avere la liquidità necessaria per ripartire;

   occorre rendere celere e di facile fruibilità l'attività di prestito effettuata dalle banche –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire la risoluzione dei problemi evidenziati ed evitare eccessiva burocrazia e ostacoli da parte delle banche nell'erogazione dei prestiti, in modo tale da consentire un più facile accesso al credito da parte delle imprese.
(5-03849)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Bers-Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo è una banca di sviluppo multilaterale, con sede a Londra, istituita nel 1991, con capitale sociale di 16 miliardi di euro, attivi di 61 miliardi di euro e volumi annui di operatività (prestiti e investimenti azionari) pari a 10 miliardi di euro. In base al proprio statuto, la Banca può operare esclusivamente in quei Paesi dell'Europa centrale e orientale, dell'Asia centrale e del Nord Africa che stiano attuando la transizione da un sistema monopartitico e caratterizzato da un'economia centralizzata a un sistema basato sull'economia di mercato, la democrazia e il pluralismo, favorendo a tal fine il necessario sviluppo del settore privato;

   il fine istituzionale della Bers si distingue da quello delle altre banche internazionali regionali, cui compete, genericamente, di favorire il progresso e la ricostruzione economica nelle rispettive aree di intervento;

   a seguito della crisi finanziaria globale del 2007-08, la Bers ha avviato la propria operatività in Grecia e Cipro nel 2015, per un periodo temporalmente limitato, in risposta a una esplicita richiesta delle autorità dei due Paesi, per sostenere le riforme e un ritorno alla crescita economica;

   la Bers opera come banca di sviluppo, finanziando progetti infrastrutturali con prestiti garantiti dai Governi beneficiari – come banca d'investimento – a supporto di investimenti esteri diretti, anche in forma di joint venture, e anche con l'assunzione di partecipazioni o tramite crediti;

   il sostegno allo sviluppo del settore privato e, in particolare, alle piccole e medie imprese è al centro del mandato della banca. La Bers, inoltre, presta particolare attenzione all'aspetto ecologico e ogni progetto è esaminato da un apposito dipartimento per valutarne l'impatto ambientale. Nel 1993, con il contributo dei 7 maggiori Paesi industriali del mondo tra cui l'Italia, è stato creato e posto sotto l'amministrazione della citata banca un fondo per la sicurezza nucleare, con lo scopo di finanziare progetti destinati a incrementare la sicurezza degli impianti nucleari dell'Est europeo. Gli azionisti della Banca sono 69, tra cui gli Stati membri dell'Unione europea, i 37 Paesi d'operazione, l'Unione europea e la Banca europea per gli investimenti. L'Italia è uno dei Paesi fondatori della Bers e partecipa al capitale della Banca con una quota dell'8,52 per cento –:

   se il Ministro interrogato, d'intesa con gli altri azionisti, non ritenga utile seguire il precedente esempio di Grecia e Cipro, facendo richiesta alla Bers di includere l'Italia tra i propri Paesi di operatività, per un periodo temporalmente limitato e in sostegno alle riforme e al ritorno alla crescita economica, a seguito del profondo shock economico e finanziario provocato dal virus Covid-19.
(4-05313)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CANTALAMESSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da organi di stampa, tra cui l'articolo a firma del giornalista Lirio ABbate su L'Espresso del 21 aprile 2020, in questo periodo di vigenza dello stato di crisi epidemiologica da Covid-19, molti detenuti in regime di carcere duro ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario starebbero lasciando il carcere grazie alla concessione della detenzione domiciliare;

   in particolare, si legge nel citato articolo che un giudice del tribunale di sorveglianza di Milano «ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura» di 78 anni, che, secondo quanto riportato dal giornalista, sarebbe considerato uno dei boss più influenti e sarebbe stato condannato a scontare una pena detentiva di 23 anni per associazione mafiosa;

   il giudice avrebbe concesso la detenzione domiciliare adducendo «motivi di salute» per il condannato Bonura ed, escludendo il pericolo di fuga, lo avrebbe inviato addirittura nell'abitazione a Palermo;

   si sostiene che il provvedimento sia la conseguenza dello stato di emergenza in cui si trovano i penitenziari italiani;

   il 21 marzo 2020, infatti, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in cui si invita a comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza i nominativi dei detenuti che rientrano tra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, suggerendone la scarcerazione insieme a tutti i detenuti che superano i 70 anni;

   sempre secondo l'autore dell'articolo citato, nelle scorse settimane, a causa dell'emergenza da Covid-19, è stata concessa la detenzione domiciliare di Vincenzino Iannazzo, ritenuto dal cronista un pericoloso boss della 'ndrangheta;

   il cronista giudiziario Lirio Abbate con l'espressione «arresti domiciliari» riteneva di riferirsi, evidentemente, alla detenzione domiciliare;

   vengono riportate notizie di cronaca giudiziaria che, se confermate, sarebbero estremamente gravi; l'11 marzo 2020, il Ministro interrogato, nella sua informativa al Parlamento in seguito agli episodi di rivolta nelle carceri, a parere dell'interrogante, si è limitato a fare l'elenco dei casi di rivolta accaduti con il pretesto dell'emergenza epidemiologica, rinviando a una successiva relazione scritta;

   peraltro, da parte di alcune forze politiche della stessa maggioranza è stata avanzata la richiesta di rimozione del capo del Dap Francesco Basentini –:

   se, in relazione a quanto esposto in premessa, trovino conferma le notizie riportare in premessa relative alla pericolosità dei detenuti scarcerati e sul percorso che ha condotto alla concessione della detenzione domiciliare;

   se intenda confermare che la circolare del 21 marzo 2020 emanata dal Dap abbia stabilito dei criteri così ampi per la scarcerazione;

   per quale motivo, se ciò risulti confermato, siano state prese le misure suddette se non risulta alcuna emergenza sanitaria all'interno delle carceri.
(4-05318)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile 2020 è venuto a mancare, dopo oltre un mese di degenza in ospedale per coronavirus, un giudice onorario di Lucca e avvocato del foro di Firenze, Carlo Mancini, 58 anni;

   secondo quanto denunciato da Federmot Toscana, la federazione dei magistrati onorari dei tribunali, il magistrato aveva lavorato fino a fine febbraio 2020 presso il tribunale civile di Lucca, tenendo circa tre udienze a settimana, fino a quando si è improvvisamente ammalato ed è stato ricoverato all'ospedale di Prato;

   magistrati onorari e giudici di pace rappresentano una categoria di lavoratori precari da sempre dimenticati dalle riforme degli ultimi anni: reclutati con contratti a termine, continuamente prorogati per necessità, pagati in gran parte a cottimo per udienza svolta e procedimento definito, senza previdenza e diritto alla pensione, senza tutele per maternità, malattia o infortuni ma scaricando sugli stessi il compito di smaltire migliaia di processi e riconoscendo loro solo briciole in termini di sicurezza economica e previdenziale;

   Federmot Toscana, a seguito di questa tragedia, ha chiesto un intervento immediato da parte del Ministro della giustizia per mettere fine alla situazione di precarietà nella quale versa tutta la magistratura onoraria che da anni, pur lavorando per lo Stato con continuità e abnegazione, viene privata delle tutele minime proprie di ogni lavoratore;

   al giudice Carlo Mancini, venuto a mancare a causa del Covid-19 contratto durante le sue funzioni, e alla sua famiglia nulla sarà verosimilmente riconosciuto. Questo, nonostante con comunicazione DGEMPL/B2/DA-MAT/sk (2016), la Commissione europea abbia chiuso con esito negativo il caso EU Pilot 7779/15/EMPL, preannunciando una procedura di infrazione sulla compatibilità con il diritto dell'Unione europea della disciplina nazionale che regola il servizio prestato dai magistrati onorari, in materia di reiterazione abusiva di contratti a termine e di disparità di trattamento in materia di retribuzione, con valutazione negativa dell'operato dell'Italia in riferimento a diverse violazioni di direttive comunitarie, tra le quali le direttive n. 2003/88/CE sull'orario di lavoro, n. 92/85/CEE sulla maternità o – a seconda della natura del servizio prestato – n. 2010/41/UE sulla parità di trattamento tra uomini e donne che esercitano un'attività di lavoro autonomo, n. 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato;

   tutto questo nonostante il giudice del lavoro del tribunale di Sassari, con sentenza storica, abbia dato torto al Ministero della giustizia che nega lo status di lavoratori subordinati ai magistrati onorari –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla stabilizzazione dei magistrati onorari;

   quali siano gli intendimenti del Governo in tema di riconoscimento della malattia di servizio e delle relative indennità previdenziali e assistenziali a favore della categoria dei magistrati onorari a seguito dell'emergenza da Covid-19.
(4-05325)


   BARTOLOZZI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da l'Espresso del 21 aprile 2020 che: un giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura, 78 anni, condannato definitivamente per associazione mafiosa;

  come risulta anche da fonti di stampa, il 21 marzo 2020 il Dap ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in cui li invita a comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza, il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria ed inoltre tutti i detenuti che superano i 70 anni, e con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41-bis. Fra loro si conta Leoluca Bagarella (che sta spingendo da tempo per avere gli arresti in casa) i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera;

   nelle scorse settimane, sempre per l'emergenza Covid-19, è stato posto agli arresti domiciliari dai giudici della corte d'assise di Catanzaro Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto un boss della 'ndrangheta, Iannazzo, detto «il moretto», è indicato come il capo del clan di Lamezia Terme (a luglio 2018 condannato anche in appello a 14 anni 6 mesi) e adesso torna a casa proprio nel cuore di Lamezia;

   sempre con la motivazione dell'incompatibilità carceraria, attende di andare a casa anche il capomafia Benedetto «Nitto» Santapaola, condannato definitivamente per diversi omicidi fra cui quello del giornalista e scrittore Giuseppe Fava, assassinato a Catania il 5 gennaio 1984;

   a seguito delle suddette notizie di stampa, con Ansa del 21 aprile 2020, il Dap ha smentito di aver emanato qualsiasi disposizione riguardante i detenuti al 41-bis confermando di aver eseguito solo un monitoraggio;

   è notizia di stamani che il boss dell'Uditore Pino Sansone, 69 anni, l'ex vicino di casa di Totò Riina nel complesso di via Bernini, è andato ai domiciliari per decisione del tribunale del riesame di Palermo, probabilmente tenendo conto del fatto che il costruttore dell'Uditore riarrestato a luglio 2019 era recluso nel carcere di Voghera (Pavia), dove nei giorni scorsi è morto un detenuto per il Covid-19 e ciò nonostante l'opposizione sostenuta dal sostituto procuratore della Dda Amelia Luise –:

   se e quando i Ministri interrogati abbiano avviato, per quanto di competenza, tutte le opportune verifiche e approfondimenti;

   se sia mai stata emanata la circolare del 21 marzo 2020 citata da L'Espresso con cui il Dap avrebbe invitato tutti i direttori delle carceri a «comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se il suo caso rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, e se si tratti di persone anziane;

   se le informazioni scaturite dal monitoraggio effettuato dal Dap siano state trasferite agli uffici giudiziari italiani e se siano state date indicazioni operative su eventuali richieste di scarcerazione.
(4-05329)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 21 marzo 2020 una circolare trasmessa per conto del direttore generale del Dap Giulio Romano, inviata a tutti i penitenziari italiani con oggetto generico «Segnalazione all'autorità giudiziaria», invita a comunicare «con solerzia alla Autorità giudiziaria, per le eventuali determinazioni di competenza», il nominativo di quei detenuti che hanno più di 70 anni e sono affetti da determinate patologie;

   la circolare segue l'emanazione del decreto-legge «Cura Italia» con cui il Governo affronta il problema del sovraffollamento delle carceri, prevedendo gli arresti domiciliari per i detenuti che abbiano una condanna «non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena»;

   il documento del Dap non fa distinzione tra detenuti. Ed è proprio quella mancata distinzione che ha fatto scattare l'allarme negli ambienti giudiziari, perché così si includono anche quei soggetti sottoposti al regime carcerario del 41-bis. Si parla di una «popolazione» di 74 boss al carcere duro, a cui si aggiungono le diverse centinaia di detenuti in alta sicurezza, che potenzialmente rientrerebbero nella «casistica» dei soggetti a rischio;

   tra i potenziali beneficiari delle misure riconducibili al decreto «Cura Italia» vi sono: Leoluca Bagarella, Pippo Calò, Nitto Santapaola, Raffaele Cutolo, Pasquale Condello, Giuseppe Piromalli, Umberto Bellocco, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Nino Rotolo e Benedetto Spera. Tutti nomi di primissimo piano di Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Camorra;

   come nella circolare del Dap, ai primi di aprile 2020 è stata trasmessa un'ulteriore disposizione da parte del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, a tutte le procure generali d'Italia. Nel documento in cui si suggeriva di considerare il carcere come «extrema ratio»;

   dal combinato disposto dei due documenti emerge che la decisione finale viene lasciata nelle mani del singolo giudice chiamato ad assumere le proprie «determinazioni di competenza», assumendosi di fatto ogni responsabilità qualora accada qualcosa al detenuto che ha presentato l'istanza tramite il proprio legale –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in merito alla scarcerazione dei detenuti sottoposti al regime carcerario del 41-bis e di quelli detenuti in alta sicurezza ai sensi della normativa riconducibile al decreto «Cura Italia», su cui ha posto la questione di fiducia alle Camere;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'emanazione di linee guida contenenti criteri precisi che sollevino i singoli giudici, soggetti alla legge ai sensi dell'articolo 101 della Costituzione, dalla responsabilità di aver rimesso in libertà detenuti sottoposti al regime carcerario del 41-bis e detenuti in alta sicurezza applicando le disposizioni volute dal Governo.
(4-05332)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da notizie di stampa, a seguito di un intervento diretto della Ministra delle infrastrutture e dei trasporti, la nave da crociera Costa Favolosa arriverà al porto di Taranto dove rimarrà ormeggiata per consentire al proprio equipaggio di trascorre il periodo di quarantena previsto dalle misure sanitarie per il Covid-19;

   la Costa Favolosa non aveva trovato altri porti dove effettuare il periodo di quarantena, perché le autorità responsabili degli stessi hanno negato il consenso all'attracco;

   il porto di Taranto non è meta di navi da crociera e, di conseguenza, non ha mai beneficiato dell'indotto economico prodotto per il territorio dalla presenza del turismo crocieristico;

   è singolare, a giudizio dell'interrogante, il fatto che nell'attuale situazione di emergenza prodotta dal Covid-19 – in cui perfino il porto crocieristico di Savona, la cui realizzazione è stata finanziata direttamente da Costa Crociere, per espressa volontà dell'amministrazione comunale di Savona ha manifestato resistenze rispetto all'attracco di navi Costa – ci si ricordi del porto di Taranto –:

   quali siano le motivazioni che hanno indotto il Governo a individuare Taranto, e non altri porti abitualmente scalo di navi da crociera, per consentire l'attracco della nave Costa Favolosa;

   se corrisponda al vero che i passeggeri della nave Costa Favolosa trascorreranno a bordo il periodo di quarantena, senza che sia prevista la loro discesa a terra e il trasferimento in strutture sanitarie locali del territorio.
(4-05324)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   malgrado tutte le rassicurazioni che continuano ad arrivare da parte del presidente dell'Inps, la lavorazione delle domande di cassa integrazione in deroga va a rilento. Per canto loro, anche le regioni stanno incontrando notevoli difficoltà nella decretazione delle istanze e il risultato finale sarà il notevole ritardo con cui i lavoratori e le lavoratrici riceveranno i sussidi;

   si apprende dal sito ufficiale della Società Acqualatina Spa che la stessa ha disposto di richiedere l'adozione della cassa integrazione gestione ordinaria, così come prevista dal Governo per il periodo di emergenza sanitaria in corso;

   dalla stessa fonte si evince che già dalle prime settimane di marzo 2020 la Società Acqualatina Spa, ha provveduto a contingentare le attività, riducendole a quanto necessario per la continuità del servizio e a proteggere quanto più possibile dipendenti e utenti, mediante la limitazione di spostamenti e contatti e che tale riduzione lavorativa ha richiesto l'adozione di una misura compensativa della condizione dei lavoratori impattati da tale contingentamento;

   a quasi due mesi dall'inizio delle chiusure, causate dall'emergenza sanitaria, la maggior parte dei lavoratori dovrà aspettare ancora per ricevere le indennità. Nella consapevolezza di tutte le difficoltà, è inaccettabile che le problematiche incontrate da regioni e Inps si scarichino direttamente sui lavoratori, facendo mancare anche quel minimo di integrazione salariale che per molti rappresenta l'unica fonte di reddito;

   a quanto consta all'interrogante la Società Acqualatina Spa, alla quale afferiscono molti lavoratori residenti nella provincia sud di Roma e particolarmente cittadini delle città di Nettuno e Anzio, non avrebbe comunicato le modalità applicative della cassa integrazione guadagni ai sindacati, e non avrebbe fatto una comunicazione ufficiale ai dipendenti, ma solo una telefonata che comunicava l'iter della cassa integrazione guadagni;

   risulta quanto mai singolare che una società pubblica di notevoli dimensioni come Acqualatina Spa che offre servizi essenziali, come il servizio idrico, pagati dai cittadini, faccia ricorso alla cassa integrazione e usufruisca di ulteriori fondi pubblici per affrontare questo periodo di emergenza Covid –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché società pubbliche con bilanci in attivo e incremento del fatturato nel periodo dell'emergenza, in considerazione dell'erogazione di servizi essenziali come l'acqua pubblica, non possano ricorrere alla cassa integrazione ma adottino misure alternative all'utilizzo di fondi pubblici.
(3-01483)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA e D'ATTIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende dalle organizzazioni sindacali, Arcelor Mittal, nello stabilimento siderurgico di Taranto ha ridotto del 25 per cento il personale addetto alle manutenzioni nelle aree di sbarco di materie prime, parchi minerali e agglomerato, zone in cui le materie prime vengono stoccate e dove avviene la preparazione dei materiali di carico per gli altiforni;

   la riduzione del personale addetto alle manutenzioni è dovuto alla scelta dell'azienda di porre detto personale in cassa integrazione, a seguito dell'emergenza da Covid-19, che è stata richiesta per un massimo di 8.173 addetti allo stabilimento;

   a quanto riferito dall'azienda per l'altoforno 2 sarà messo in cassa integrazione tutto il personale tranne 3 unità. Per la manutenzione dei refrattari e degli altiforni il totale di collocazioni in cassa integrazione è di 23 unità su 54. Per le manutenzioni meccaniche, elettriche e nastri trasportatori saranno invece collocati in cassa integrazione 69 unità su 193, con una riduzione del 30 per cento;

   ridurre eccessivamente il personale addetto alle manutenzioni crea un serio rischio per la sicurezza dei lavoratori e dell'ambiente circostante, poiché aumenta la probabilità che si verifichino incidenti –:

   se, alla luce di quanto riportato in premessa in relazione al personale addetto alla manutenzione, sia garantita la sicurezza dei lavoratori operanti nello stabilimento siderurgico di Taranto e la sicurezza ambientale, e quali eventuali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Governo per garantire adeguati livelli di sicurezza.
(4-05326)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   VIETINA e SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nella notte del 24 marzo 2020, un'area molto vasta nelle colline e basse pianure romagnole e, successivamente, il 1° aprile 2020 anche altre aree più prossime alla costa sono state colpite da un improvviso gelo, con temperature per molte ore al di sotto dello zero che hanno raggiunto anche i meno sette gradi;

   la gelata ha colpito diversi impianti di produzione: albicocche, pesche, mele, ciliegie, susine e kiwi sono stati letteralmente «bruciati» dalle avversità atmosferiche. In certe zone e in certe aziende si prevedono perdite del 100 per cento per ciliegio e albicocco e dell'80 per cento per susino e pesco;

   risultano colpiti, in base al censimento regionale, circa 48 mila ettari di frutteti ad alta specializzazione produttiva, con quasi 9 mila imprese agricole colpite e una stima provvisoria dei danni che ammonta a quasi 400 milioni di euro;

   molte aziende sono assicurate, ma l'assicurazione del danno complessivo riconosce intorno al 40-45 per cento. Molte aziende sono in crisi di liquidità, derivante dalla crisi di mercato e dagli ingenti danni della cimice asiatica del 2019. Inoltre circa il 60 per cento delle imprese colpite non ha una copertura assicurativa;

   la regione, già duramente segnata dall'emergenza sanitaria ancora in corso, rischia di non essere in grado di sopportare questa ulteriore calamità anche sotto il profilo economico. In questa situazione molte aziende agricole non riusciranno a reggere se non si trovano interventi straordinari e immediati;

   la gran parte delle aziende interessate ha inoltrato domanda alla regione per avviare una procedura di sostegno, al fine di consentire l'invio della richiesta dello stato di calamità previsto dal fondo di solidarietà nazionale per l'agricoltura di cui al decreto legislativo n. 102 del 29 marzo 2004 –:

   se non ritenga di dover adottare iniziative per estendere l'accesso agli interventi compensativi previsti per favorire la ripresa delle attività produttive di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, anche alle aziende agricole ubicate nei territori della regione Emilia-Romagna che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi il 24 marzo e il 1° aprile 2020 e che non hanno sottoscritto polizze, in deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b), del medesimo decreto;

   se non ritenga opportuno, in favore delle imprese colpite, adottare iniziative per prevedere l'istituzione di fondi di ristoro specifici da destinare anche a una moratoria sul pagamento dei mutui bancari in essere.
(3-01482)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIABURRO, DEIDDA, FERRO, GALANTINO, CARETTA, MANTOVANI, LUCA DE CARLO e ROTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   si riporta che nelle ultime settimane, tre trasmissioni televisive facenti parti del palinsesto Rai, «Sapiens», «Indovina chi viene a cena» e «Report», hanno sottolineato – ciascuna in modo differente;

   la presenza di una relazione vincolante tra i liquami degli allevamenti zootecnici e l'inquinamento atmosferico;

   nella fattispecie a giudizio dell'interrogante si tratterebbe di insinuazioni secondo cui il predetto rapporto si sostanzierebbe nello spandimento dei reflui che, tramite l'ammoniaca prodotta dagli stessi, avrebbe generata maggiori concentrazioni di polveri sottili Pm10, incentivando la diffusione del Covid-19;

   tali accuse troverebbero origine nella correlazione ritrovata in campo medico tra inquinamento atmosferico, e segnatamente le polveri sottili Pm10, e infiammazioni dell'apparato respiratorio; non esistono pareri univoci nella comunità scientifica riguardo la correlazione tra liquami e Covid-19, anzi, le maggiori evidenze riportano come l'emissione delle particelle sia in buona parte causata dal riscaldamento domestico e dai mezzi di trasporto su strada;

   come riportato dalle associazioni di categoria, infatti, il settore della zootecnia alimenta pratiche virtuose a tema di economia circolare, con la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni che stanno alla base delle agricolture «Bio» italiane, specificando inoltre come negli anni, a fronte di una popolazione di animali stabile, la produzione di Pm10 sia in costante diminuzione; questo fenomeno troverebbe attuazione grazie al fondamentale progresso tecnologico del settore;

   si riporta, altresì, che è lo stesso Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) a certificare come l'agricoltura sia responsabile di emissioni di Pm10 e Pm2.5 in percentuali nettamente inferiori e meno significative rispetto ad altri comparti produttivi nazionali;

   ad ora non esistono correlazioni scientifiche nette quindi tra la zootecnia e la diffusione del Covid-19, allorché invece esistono, suffragate da numerose evidenze empiriche, testimonianze di come il comparto agricolo, con particolare riguardo all'Italia, costituisca un esempio virtuoso di tutela dell'ambiente;

   a giudizio dell'interrogante le insinuazioni mosse dalle predette trasmissioni televisive sono lesive e dannose nei confronti di un comparto che rappresenta un'eccellenza in tutto il mondo, e che anzi si trova in uno stato di particolare difficoltà a causa della crisi da Covid-19 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda predisporre per:

    a) riparare il grave danno all'immagine delle aziende agricole derivanti dai servizi televisivi di cui in premessa;

    b) predisporre un tavolo di confronto tra il mondo giornalistico e le categorie agricole di cui in premessa, anche con il fine di promuovere le pratiche virtuose del comparto agricolo italiano.
(5-03848)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BALDINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore termale italiano e le sue potenzialità sul fronte della tutela della salute pubblica, di ripresa e valorizzazione del territorio risultano al momento fortemente compromessi dalle misure emergenziali che hanno condotto a un crollo significativo del fatturato con inevitabili ripercussioni in termini occupazionali e in termini di mancata erogazione di importanti servizi sanitari;

   il settore termale italiano è composto da 378 stabilimenti distribuiti tra venti regioni e occupa oltre 60.000 addetti: il nostro Paese è tra i primi dieci nel mondo per quanto riguarda il fatturato complessivo, pari a circa 800 milioni di euro annui, relativo alle sole prestazioni sanitarie che, con l'indotto e con le attività correlate, arriva a una cifra di circa 3 miliardi di euro annui;

   in ragione della specificità del comparto e dei molteplici indotti e correlazioni professionali che lo caratterizzano, appare urgente un intervento, che possa partire dal riordino della disciplina, già fortemente invocato dall'interrogante e definito con apposita proposta di legge, e che tenga conto dei cambiamenti culturali, socio-sanitari e turistici in atto nel nostro Paese, segnatamente nella fase di gestione emergenziale e post emergenziale da Covid-19;

   le caratteristiche della fonte termale, la sua struttura geologica e le vicende storico-culturali che l'hanno condizionata rivelano l'identità di un territorio, rappresentando un patrimonio da valorizzare e promuovere, attraverso specifici progetti per i quali le istituzioni possono avere un ruolo di garante in questa fase;

   la stessa specificità organolettica e scientifica del tipo di acqua rappresenta un aspetto che rende la fonte e il territorio unici sotto il profilo culturale, ambientale e turistico, configurando le terme come un elemento di eccellenza di valore trasversale (medico, terapeutico e turistico) in grado di avviare e di consolidare la vocazione turistica di un territorio e di rilanciarlo in un momento di ripresa come questo;

   lo studio Hydroglobe del 2014, condotto dalla Fondazione per la ricerca scientifica termale e dalla Federazione mondiale di idroterapia e climatoterapia in collaborazione con la Società internazionale di idrologia medica e con l'Oms, ha messo in luce la validità della medicina termale come strumento di risposta a bisogni di salute, sottolineando come il termalismo terapeutico e riabilitativo possa rappresentare un percorso alternativo rispetto alla medicalizzazione, in grado di ridurre l'onere della spesa sanitaria nazionale;

   il settore termale, può essere un avamposto della gestione sanitaria post emergenziale, anche in ragione della rilevanza delle cure termali sul versante delle affezioni delle vie respiratorie, strettamente connesse alla patologia da Covid-19, non solo sotto il profilo della prevenzione ma anche come deterrente rispetto alla medicalizzazione degli stili di vita: le terme sono il punto di approdo di risorse naturali, di servizi e di strutture nonché di diverse forme di cultura medica, superando la sola logica terapeutica, puntando all'obiettivo più complesso della conservazione della salute;

   le esigenze di salvaguardia della salute pubblica che andranno assecondate in futuro, creeranno le condizioni per consolidare un welfare termale basato sulla riscoperta medica delle potenzialità idriche termali, sulla promozione della conoscenza terapeutica dell'acqua e delle correlate terapie, sulla specializzazione dei professionisti e su un percorso di informazione dell'utenza –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per definire con urgenza un progetto di sostegno finanziario e, nel contempo, di rilancio del settore termale italiano, che consenta di riconfigurare il comparto come un avamposto della gestione sanitaria post emergenziale dell'utenza, attraverso una rinnovata valorizzazione delle cure termali sul versante delle affezioni delle vie respiratorie, e se non si ritenga, anche con il coinvolgimento delle aziende termali, di promuovere programmi di ricerca scientifica, di rilevazione statistico-epidemiologica e di educazione sanitaria, mirati anche a obiettivi di interesse sanitario generale.
(3-01481)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è nota a tutti la situazione di grave emergenza sanitaria correlata alla diffusione dell'epidemia da coronavirus (Covid-19);

   in Valle d'Aosta ci sono dati allarmanti e, ad oggi, è la regione con l'incidenza più alta di contagiati da Covid-19 rispetto al numero di abitanti, superando anche la Lombardia;

   dal bollettino ufficiale di aggiornamento n. 44 del 6 aprile 2020, le persone in isolamento sono 2.746, di cui i casi positivi accertati sono 805, mentre i decessi salgono a 95;

   a questo si somma la preoccupante situazione all'interno delle microcomunità valdostane, vere e proprie bombe ad orologeria dove, fino a qualche giorno fa, non si avevano dati precisi sulla reale condizione degli anziani e di tutto il personale impiegato nelle strutture;

   a seguito di segnalazioni da parte di familiari e degli stessi operatori sanitari preoccupati per la gestione dell'emergenza Covid-19 nelle microcomunità valdostane, si è appresa l'assoluta mancanza di trasparenza riguardo al numero di decessi nonché l'assenza di dispositivi di protezione personale necessari a tutelare la salute degli anziani e di tutto il personale tenuto alla gestione di tali strutture;

   è drammatica la situazione in cui versa la casa di riposo Père Laurent, sottoposta a indagine dalla procura di Aosta, nella quale sono risultati positivi al coronavirus 57 ospiti su 120 e i decessi registrati sono stati 38; fra gli operatori ci sono 4 infermieri positivi sugli 8 in servizio (fra dipendenti e liberi professionisti), di cui una ricoverata in ospedale, e almeno due operatori socio-sanitari positivi;

   un'operatrice socio-sanitaria dipendente del Refuge Père Laurent, adesso in malattia in attesa dell'esito del tampone Covid, ha rivelato che, inizialmente, non si sarebbero utilizzate le mascherine e gli altri dispositivi di protezione individuale nel modo corretto e gli operatori non sarebbero stati protetti a sufficienza: «Abbiamo lavorato scoperti, senza alcuna protezione, fino al 20 marzo, poi ci sono state consegnate le mascherine e il 22-23 marzo ci sono stati dati dei camici leggerissimi, verdi, di quel tessuto che solo a guardarlo lo rompevi e che, invece di essere buttati, venivano tutti appesi in uno stanzino e riciclati». Ed ancora afferma: «Quando io ho chiesto alla direzione maggiori protezioni mi è stato detto che non c'erano casi di Covid e che non bisognava spaventare gli ospiti»; tale situazione particolarmente grave, purtroppo, non rappresenta un caso isolato, ma coinvolge anche altre microcomunità valdostane;

   infatti, dopo Verrès e Pontey, in cui si sono registrati negli ultimi giorni 6 decessi, anche la microcomunità di Valtournenche è stata ospedalizzata, considerato che, dei 19 ospiti della struttura, 17 sono risultati positivi al Covid-19;

   anche in queste strutture, il personale sanitario ha sin da subito lamentato l'assenza di mascherine e di dispositivi di protezione individuali, materiale che risulta indispensabile per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini e del personale sanitario impegnato in prima linea nella lotta al coronavirus –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda valutare l'opportunità di effettuare un accertamento, per quanto di competenza, attraverso un'iniziativa ispettiva, in relazione alla gestione dell'emergenza da Covid-19 all'interno delle microcomunità per anziani regionali e private.
(4-05311)


   SCUTELLÀ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   San Lucido è un comune della provincia di Cosenza di circa seimila abitanti in cui con ordinanza della presidente della regione Calabria n. 11 del 17 marzo 2020 veniva istituita la cosiddetta zona rossa ordinando il divieto di accesso e di allontanamento dal comune stesso, misura poi prorogata con ordinanza n. 27 del 9 aprile 2020;

   alla data del 13 aprile 2020, i casi di contagiati da Covid-19 nel comune summenzionato risultavano essere cinquantadue con un incremento del circa 900 per cento rispetto alla data di firma dell'ordinanza n. 11;

   una volta istituita la zona rossa i tamponi agli abitanti di San Lucido sono stati fatti a singhiozzo e il virus ha proliferato tra le famiglie, determinando un incremento allarmante dei casi di contagi;

   il comune di San Lucido non ha un sindaco in quanto deceduto un anno fa, il vicesindaco si è dimesso il 4 febbraio 2020, così come il commissario subentrato al vicesindaco dimesso a sua volta a metà aprile e solo pochi giorni fa si è insediato il nuovo commissario, vicecapo di gabinetto della prefettura di Cosenza chiamato a dirigere l'attività amministrativa di San Lucido;

   l'istituzione della zona rossa ha lo scopo, oltre che di arginare territorialmente la diffusione del virus, anche quello di intensificare le procedure di prevenzione e di controllo sanitarie per evitare il grave ampliamento dei focolai di infezione all'interno dello stesso territorio;

   dal 17 marzo 2020 l'aumento significativo di contagi all'interno del territorio di San Lucido, nella misura del 900 per cento, rende manifesta, a giudizio dell'interrogante, una gestione e una organizzazione claudicanti che hanno di fatto contrastato la diffusione del virus dal paese ma allo stesso tempo non hanno evitato che lo stesso potesse espandersi tra le famiglie sanlucidane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle modalità e dell'effettiva attuazione delle misure di rafforzamento e ampliamento degli screening sanitari prescritti dall'ordinanza n. 27 della regione Calabria del 9 aprile 2020 a carico del dipartimento di prevenzione dell'Asp di Cosenza per arginare il diffondersi del Covid-19 all'interno del medesimo comune;

   quali iniziative di verifica intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza e in considerazione del commissariamento in atto, per fare luce sul grave espandersi del virus Covid-19 nel comune di San Lucido nelle more dell'ordinanza n. 11 del 17 marzo 2020 della regione Calabria.
(4-05317)


   VIETINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con la circolare n. 11715 del 3 aprile 2020, riguardante l'aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità, il Ministero della salute è doverosamente intervenuto per cercare di gestire la rapida evoluzione della pandemia in atto alla luce della troppo limitata disponibilità di reagenti e di test;

   con la citata circolare, il Ministero ha ritenuto necessario dover individuare delle priorità per l'esecuzione dei test diagnostici per Sars-CoV-2, al fine di assicurare un uso ottimale delle risorse;

   nella suddetta circolare ministeriale si raccomanda di applicare, nell'effettuazione dei test diagnostici, alcuni criteri di priorità. Tra i soggetti prioritari a cui effettuare i test diagnostici vengono riportati anche gli «operatori, anche asintomatici, delle RSA e altre strutture residenziali per anziani», nonché «le persone vulnerabili, quali le persone che risiedono in residenze per anziani»;

   purtroppo, la realtà è che l'Emilia-Romagna, a quanto consta all'interrogante, non sta di fatto provvedendo all'applicazione della citata circolare del Ministero della salute proprio nella parte su evidenziata relativa all'effettuazione di test diagnostici per operatori e ospiti delle Rsa e altre residenze per anziani;

   tale inadempimento mette evidentemente in pericolo gli ospiti delle strutture residenziali per anziani, dal momento che essendo stati vietati gli accessi di familiari e visitatori, gli operatori rimangono gli unici che accedendo alle strutture e poi ritornando alle proprie abitazioni, possono veicolare all'interno delle stesse l'infezione virale –:

   se non ritenga di adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare quanto esposto in premessa, anche al fine di garantire il diritto alla salute degli ospiti delle strutture residenziali per anziani e ridurre il forte rischio di focolai e diffusione del contagio.
(4-05330)


   D'ATTIS, SISTO, LABRIOLA e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal gennaio 2020 si è diffusa su tutto il territorio nazionale l'epidemia da Sars-CoV-2 e il Governo per fronteggiare l'emergenza ha adottato vari provvedimenti, tra cui la circolare del Ministero della salute del 25 marzo 2020, con cui si delineavano meglio i percorsi organizzativi dei servizi regionali ospedalieri e territoriali, fornendo indicazioni operative, escludendo in via principale che vi fossero contestualmente nei medesimi nosocomi pazienti Covid e pazienti non Covid e, solo in casi eccezionali, prevedendo la possibilità di ricoveri misti che, però, andavano nettamente separati;

   è accaduto a Brindisi che l'Ospedale «Perrino», unica struttura ospedaliera di II livello in tutta la provincia, sia stato destinato contestualmente, dalla regione Puglia, a presidio Covid e non Covid, determinando il sostanziale blocco dell'attività di assistenza sanitaria «ordinaria», anche per pazienti affetti da patologie croniche severe, e realizzando una ingiustificata promiscuità, atteso che il nosocomio è stato suddiviso per piani piuttosto che per ali, con uso indifferenziato degli ascensori, senza la predisposizione dei percorsi dedicati, così come da nota delle organizzazioni sindacali del 18 aprile 2020;

   è un dato certo che diversi medici e infermieri si sono infettati e che sono stati messi in quarantena due reparti (pneumologia e chirurgia, dei quali entrambi i primari sono risultati positivi) e che è stata denunciata dalle sigle sindacali la non effettiva divisione degli spazi riservati ai Covid e la distribuzione non esclusiva del personale;

   è altrettanto certo che ancora il 15 aprile 2020, la regione Puglia ha inviato delle note di precisazioni organizzative dell'Ospedale «Perrino» e del personale ivi al lavoro, facendo sottintendere che la situazione, a quella data e a un mese e mezzo dal primo contagio, non era ancora sotto controllo;

   il 18 aprile la direzione sanitaria dell'ospedale Perrino ha disposto la sospensione dei percorsi Covid-19 individuati sino a quel momento ammettendo, di fatto, gli errori compiuti;

   si è dovuto registrare, tra l'altro, un notevole ritardo nell'attivazione del laboratorio per gli esami di biologia molecolare, con conseguenziali effetti sulla possibilità di effettuare i tamponi, sia al personale sanitario, nonostante le richieste a inizio emergenza da parte dell'Ordine provinciale dei medici, sia ai pazienti, con la conseguenza che i referti hanno viaggiato per l'intera Puglia, salvo pure, in alcuni casi riportati dalla stampa, non tornare indietro esitati;

   il primario del reparto Covid-19 dell'Ospedale «Perrino» ha dichiarato che «è esistito un problema tamponi, ci sono stati grossi ritardi» legati «a difetti organizzativi iniziali»;

   il 15 aprile 2020 l'interrogante ha già richiesto al Governo un intervento sulla situazione della gestione sanitaria Covid-19 nella provincia di Brindisi, senza ricevere alcuna risposta –:

   se il Ministro interrogato intenda attivare, per quanto di competenza, una propria e già richiesta diretta verifica della situazione sanitaria dell'Ospedale «Perrino» di Brindisi e, ancora, se intenda acquisire informazioni rispetto ai ritardi nella individuazione di apposite strutture di accoglienza per i pazienti Covid e ai ritardi e ai difetti organizzativi iniziali nell'attivazione dei laboratori di analisi dei tamponi con individuazione delle reali cause che li hanno determinati;

   se il Ministro interrogato intenda acquisire, per quanto di competenza, ogni utile elemento sulla gestione dell'emergenza Sars-CoV-2 in provincia di Brindisi, ai fini della messa in atto di ogni iniziativa volta alla tutela della popolazione della città capoluogo e della provincia.
(4-05333)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Vianello e altri n. 4-04877, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 marzo 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

  L'interrogazione a risposta scritta Turri e altri n. 4-04941, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Murelli.

  L'interrogazione a risposta orale Ascari e Iovino n. 3-01447 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

  L'interrogazione a risposta scritta Cillis e altri n. 4-05224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

  L'interrogazione a risposta orale Ascari e altri n. 3-01462, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Palmisano.

  L'interrogazione a risposta scritta Zardini n. 4-05279 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Rotta.

  L'interrogazione a risposta scritta Nesci e altri n. 4-05284, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Baldino.

Ritiro di una firma da una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Nitti e Lattanzio n. 7-00439, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2020: è stata ritirata la firma del deputato Lattanzio.