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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 8 aprile 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'infermiere per definizione è il professionista sanitario responsabile della pianificazione e gestione dell'assistenza infermieristica rivolta all'individuo, alla comunità o alla popolazione, svolta su soggetti sani o malati, al fine di recuperare uno stato di salute adeguato e di prevenire l'insorgenza di situazioni dannose;

    nel nostro Paese la figura dell'infermiere fa parte delle professioni sanitarie e la formazione è demandata per legge alle università dove viene disciplinato un percorso universitario di studi magistrale, con il rilascio, al termine del triennio, del titolo accademico di dottore in infermieristica e di dottore magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche al termine dei 2 anni successivi;

    il concetto di professione infermieristica si basa sul possesso di competenza teorico-tecnica esclusiva e responsabilità e il comportamento collettivo e individuale dell'infermiere si circostanzia sui sistemi normativi: disciplinare, giuridico, etico;

    le regole disciplinari rappresentano il sistema regolativo dell'agire professionale e si materializzano soprattutto negli aspetti metodologici e strumentali della disciplina infermieristica;

    il sistema normativo e giuridico rappresenta la regola stabilita dallo Stato verso il professionalismo, in quanto rappresenta il riconoscimento sociale di alcuni passaggi ritenuti fondamentali nell'agire professionale e disciplinare;

    le regole etiche, oltre a essere indicate dallo Stato e dalla normativa giuridica, sono rappresentate dal comportamento deontologico che viene stabilito dalla professione stessa, basato sul sapere, saper essere e saper fare e l'agire professionale è basato su evidenze scientifiche (Ebn) motivo per cui si dispone l'obbligo di accreditamento e aggiornamento professionale continuo (Ecm);

    l'opera svolta dagli operatori del settore è fondamentale, ma è costituita anche da molti sacrifici, tra cui turni estenuanti e situazioni emergenziali, anche in luoghi di lavoro difficili, e spesso corrisposta da un salario non proprio consono sia alla professione sia all'opera stessa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire una formazione continua senza oneri da parte del personale;

2) ad adottare iniziative per garantire la sicurezza a tutto tondo anche degli ambienti lavorativi;

3) ad adottare le iniziative di competenza per rivedere sin da subito la retribuzione degli addetti alle professioni sanitarie aumentando il minimo previsto;

4) ad adottare le iniziative di competenza per rivedere sin da subito il contratto collettivo nazionale di lavoro degli addetti alle professioni sanitarie ovvero le retribuzioni, aumentando sia il minimo salariale sia in progressione ogni scaglione.
(1-00341) «Dall'Osso, Gelmini, Carfagna, Cassinelli, Bagnasco, Saccani Jotti, Novelli, Orsini, Tartaglione, Cannatelli, Cappellacci, Spena, Ruffino, Labriola, Squeri, Palmieri, Giacomoni, Rotondi, Rossello, Pettarin, Giacometto, Napoli, Pittalis, Milanato, Porchietto, Sisto, Versace, Fiorini, Sozzani, Marin, D'Attis, Cannizzaro, Carrara, Ferraioli, Anna Lisa Baroni, Paolo Russo, Rosso, Scoma, Battilocchio, Fitzgerald Nissoli, Polidori».


   La Camera,

   premesso che:

    le cure palliative sono «l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici» (articolo 2 della legge n. 38 del 15 marzo 2010);

    le cure palliative sono cure attive e complete rivolte a tutte le persone affette da patologie croniche evolutive quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la guarigione, con l'obiettivo prioritario di preservare fino alla fine la migliore qualità di vita possibile, senza accelerare o differire la morte, rispettando la dignità del malato, nonché supportandone il nucleo familiare nel percorso clinico, assistenziale ed esistenziale in osservanza al principio di autodeterminazione del malato;

    le cure palliative, quindi, per le caratteristiche intrinseche che presentano, possono svolgere un ruolo molto importante nell'ambito della pandemia Covid-19 attualmente in corso, come peraltro già riconosciuto dalla Organizzazione mondiale della sanità che ha previsto l'implementazione delle cure palliative nelle epidemie di infezioni potenzialmente letali, come in altre emergenze e crisi umanitarie, affinché la sofferenza delle vittime e gli sforzi per alleviarla non vengano trascurati nella fretta di salvare vite umane («Integrating palliative care and symptom relief into responses to humanitarian emergencies and crises», Organizzazione mondiale della sanità, 2018);

    le complicanze dell'infezione da Covid-19 provocano un'insufficienza respiratoria progressivamente ingravescente e potenzialmente letale (Sars-Cov-2) che produce gravissime sofferenze psico-fisiche legate ai sintomi connessi all'infezione stessa (dispnea, ingombro secretorio, ansia, angoscia, confusione mentale, agitazione psicomotoria e senso di morte imminente). È necessario che tali sintomi, principalmente nei malati non candidati alla ventilazione meccanica, siano attentamente valutati e trattati al fine di ridurre al massimo le sofferenze, soprattutto nella fase finale di vita, secondo i dettami della medicina palliativa;

    il sistema sanitario nazionale è attualmente impegnato in una fase di rapida e urgente riorganizzazione finalizzata a fare fronte allo stato di emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020; a tal riguardo, tutti i posti letto ospedalieri che possono essere riconvertiti vengono dedicati alla cura dei pazienti affetti da Covid-19; questa situazione sta determinando un forte incremento del numero di richieste di assistenza domiciliare da parte di pazienti complessi che, in conseguenza della diminuita ricettività degli ospedali, solitamente deputati ad accogliere molti dei malati cronici, presentano bisogni assistenziali tali da richiedere continuità assistenziale presso il loro domicilio;

    contestualmente alla rimodulazione dell'offerta ospedaliera per far fronte alla fase acuta dei pazienti affetti da Covid-19 è quindi necessario, fin da subito, potenziare anche la presa in cura e la sorveglianza sanitaria territoriale e domiciliare per i pazienti affetti da Covid-19 nonché per le persone che a diverso titolo ne possono avere necessità (pazienti con isolamento domiciliare, pazienti fragili e/o cronici, pazienti no Covid-19 dimessi dall'ospedale), al fine di garantire una efficace risposta assistenziale ai pazienti non possono accedere alle cure ospedaliere,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per la piena applicazione della normativa recante disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38;

2) ad adottare le iniziative di competenza affinché sia definita, in raccordo con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e per ciascun ambito territoriale, una nuova modulazione erogativa emergenziale che riorganizzi l'offerta di cure palliative domiciliari e la ampli anche in relazione ai pazienti Covid-19 complessi, cronici e fragili, centrale e periferico e l'utilizzo delle potenzialità assistenziali capillarmente offerte dalle reti locali di cure palliative (Rlcp);

3) ad adottare iniziative per potenziare le dotazioni di personale necessario a garantire il percorso di rimodulazione della rete nazionale per le cure palliative operanti a livello delle sue articolazioni regionali così come definita dalla legge n. 38 del 2010, dai successivi atti applicativi e dai livelli essenziali di assistenza 2017, finalizzato a rispondere al progressivo e rapido aumento dei malati affetti da Sars-Cov-2 e dei loro bisogni e per sostenere, al contempo, l'impegno delle famiglie;

4) ad approfondire lo sviluppo delle reti di cure palliative, come modello di clinical governance basato sull'identificazione precoce, sulla valutazione multidimensionale, sulla pianificazione delle cure, sulla condivisione e sull'integrazione delle informazioni per garantire l'efficacia della presa in carico della persona in condizioni di criticità complesse e con bisogni di cure palliative e di terapie del dolore;

5) ad adottare iniziative per definire percorsi formativi universitari in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, in attuazione di quanto già disposto dalla legge n. 38 del 15 marzo del 2010;

6) ad attuare campagne di promozione sociale volta a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'offerta assistenziale garantita dal sistema sanitario nazionale relativamente ai percorsi di accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore;

7) ad adottare iniziative per ampliare l'offerta delle cure palliative e della terapia del dolore, incentivando percorsi di ricerca relativamente al riconoscimento, a pieno titolo, di quelle terapie non farmacologiche, che vedano il pieno coinvolgimento dei pazienti con animali, piante, musica o comunque qualunque altra forma terapeutica che possa contribuire ad alleviare il dolore e altri disturbi, nonché contribuire al miglioramento dei problemi psico-sociali dei pazienti e dei propri famigliari.
(1-00342) «Trizzino, Misiti, Sarli, Nesci, Penna, Casa, Martinciglio, Lovecchio, Perantoni, Chiazzese, Lapia, Manzo, Papiro, Troiano, Barbuto, Bella, Alaimo, Palmisano».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    al sopraggiungere delle prime avvisaglie dell'epidemia da Covid-19, da una stima dell'Associazione generale italiana dello spettacolo (Agis) su dati Siae, si è evinto come, solo nella prima settimana di limitazione degli spettacoli dal vivo, si sia prodotta una riduzione complessiva di 10.092.000 euro di incassi derivanti da biglietti di ingresso e si sia verificato l'annullamento di 7.400 spettacoli dal vivo;

    le stime delle perdite di ricavo per il settore dello spettacolo dal vivo, effettuate all'inizio della diffusione dell'epidemia da Covid-19 sul nostro territorio nazionale, vanno quotidianamente aggiornate e crescono col passare dei giorni e della operatività del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, e dei successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, fino a quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2020;

    come riportato dal sito TheVision in data 30 marzo 2020, Assomusica, associazione di organizzatori e produttori di spettacoli di musica dal vivo in Italia, ha spiegato che la situazione dei live è vicina al default perché in questo momento circa 3 mila concerti sono stati rinviati o cancellati – e di questi, il 60 per cento è stato riprogrammato, mentre il 17 per cento annullato. Limitando il periodo di osservazione dalla data dell'inizio di vigenza delle disposizioni adottate fino al 3 di aprile 2020, si stima che la perdita da affrontare sia di circa 40 milioni di euro;

    il settore dello spettacolo, e in particolare quello della musica dal vivo, è uno dei maggiori veicoli di ricaduta economica nel nostro Paese per quanto riguarda il turismo e le realtà alberghiere e di ristorazione;

    gli eventi culturali generano un grande impatto sulla vita delle città, sotto i profili economico, occupazionale e socio-culturale;

    le misure adottate dal Governo impattano in maniera sensibile sul settore dello spettacolo dal vivo sia per il crollo dei ricavi da bigliettazione e del fatturato per la vendita di spettacoli, sia per la riduzione drastica dei compensi corrisposti agli operatori del settore;

    tra le conseguenze dell'emergenza non ci sono solo i concerti annullati, gli spettacoli teatrali rinviati a data da destinarsi, ma anche le produzioni cinematografiche in stallo, lo stravolgimento dei calendari di produzione, con conseguente annullamento di tournée per compagnie di tutto il territorio nazionale, oltre ad aspetti meno conosciuti ma ugualmente impattanti, come l'annullamento di festival, la mobilità bloccata per molti artisti, con conseguente blocco delle attività performativa e lavorativa;

    il 10 marzo 2020 Assolirica, alla luce della sospensione di ogni attività musicale nel nostro Paese, ha denunciato l'annullamento dei contratti per circa 300 cantanti lirici, a cui vanno aggiunti quelli di direttori, registi, ballerini, ossia tutte quelle figure professionali che i teatri ingaggiano per una produzione;

    come riportato dal sito TheVision in data 30 marzo 2020, il 71 per cento dei cosiddetti «lavoratori dell'immateriale» in Italia ha meno di 45 anni, e in media la sua retribuzione annuale è di poco più di 5 mila euro, mentre si stima che l'80 per cento abbia contratti temporanei, e poco tutelati;

    Massimo Dapporto, presidente dell'Apti-Associazione per il Teatro Italiano, in una nota, ha auspicato che il settore dello spettacolo dal vivo possa beneficiare di un sostegno straordinario per riuscire ad alleviare la già critica condizione dei suoi lavoratori;

    stando ai dati Inps, sono circa 137 mila le persone che lavorano nel settore dello spettacolo: attori, registi, musicisti e danzatori, oltre a tutti coloro che operano dietro le quinte, come tecnici, distributori, assistenti, sarti, imprese, scenografi, truccatori;

    al momento, anche tutte le produzioni cinematografiche e teatrali sono sospese, con conseguente interruzione dell'attività lavorativa per le manovalanze di questi settori, che si protrarrà almeno fino al 13 aprile 2020, senza che, ad oggi, sia possibile immaginare una data precisa di ripresa delle attività;

    molte delle produzioni in programma per queste settimane non potranno essere recuperate dal momento che gli eventi nelle sale da concerto e nei teatri sono già programmati fino all'estate e ciò ha già comportato l'inevitabile cancellazione di spettacoli che, dunque, non vedranno mai la luce, con conseguente annullamento di giornate lavorative, introiti, spettatori, incassi;

    tale situazione, come già detto, si protrarrà almeno fino al 13 aprile, secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2020;

    a seguito dell'incertezza sull'evoluzione della pandemia nei diversi Paesi coinvolti, nei prossimi mesi, anche al termine dell'emergenza sanitaria italiana, potrebbero perdurare talune difficoltà lavorative all'estero per gli artisti italiani, verosimilmente a quanto potrebbe accadere agli artisti stranieri che si esibiscono nel nostro Paese; risulta pertanto quanto mai opportuno sollecitare una sensibilizzazione delle fondazioni, delle Soprintendenze, dei vertici ministeriali e dei circuiti di produzione circa le istanze degli artisti di nazionalità italiana affinché venga favorita e incentivata un'intensa ripresa lavorativa, offrendo loro il più alto numero possibile di opportunità professionali;

    il decreto ministeriale 3 febbraio 2014, recante «Criteri generali e percentuali di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo, destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche», stabilisce, all'articolo 3, che «la quota di riparto dei fondi relativa alla valutazione degli elementi qualitativi dell'attività proposta si basa, tra gli altri, sul criterio di cui alla lettera d) che consiste nella incentivazione della produzione musicale nazionale (...), con particolare riguardo alle giovani generazioni di artisti»;

    lo stesso decreto ministeriale 3 febbraio 2014, all'articolo 3, comma 3, lettera b), indica, tra i criteri per il riparto della sub-quota relativa alla valutazione degli elementi qualitativi, quello dell’«inserimento nel programma di opere di compositori nazionali»;

    il Governo ha il dovere di tutelare, rilanciare e sostenere la cultura, lo spettacolo e soprattutto gli artisti italiani, che più di tutti si trovano a patire la situazione di chiusura delle attività culturali, pagando un altissimo prezzo in termini economici, lavorativi e di opportunità artistica,

impegna il Governo:

   a porre in essere con urgenza tutte le iniziative necessarie per la tutela degli artisti italiani, nel momento in cui l'emergenza sanitaria sarà rientrata, prevedendo, per enti, istituzioni, fondazioni, associazioni operanti sul territorio nazionale nell'ambito della produzione dello spettacolo dal vivo, l'obbligo di scritturare una percentuale minima di artisti italiani;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a creare meccanismi di incentivo economico per gli enti, le istituzioni, le fondazioni e le associazioni che scrittureranno una percentuale minima di artisti italiani nelle prossime stagioni;

   ad adottare iniziative per rivedere la disciplina del Fondo unico per lo spettacolo prevedendo, nell'atto di definizione delle ripartizioni, sul modello di quelle previste all'articolo 3 del decreto ministeriale 3 febbraio 2014, specifiche forme di incentivi o premialità per la scritturazione di artisti italiani.
(7-00439) «Nitti, Lattanzio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   a fronte dell'emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 il terzo settore italiano ha svolto un ruolo importante attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale a sostegno della popolazione;

   uno degli strumenti fondamentali per il finanziamento del volontariato italiano è l'istituto del 5 per mille introdotto con la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, commi 337 e seguenti). In base a quest'ultima è stata prevista la possibilità per il contribuente di devolvere il 5 per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a soggetti che operano in settori di riconosciuto interesse pubblico per finalità di utilità sociale;

   in particolare, i contribuenti possono destinare la quota del 5 per mille dell'Irpef a soggetti operanti nei seguenti settori:

    volontariato (competente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese);

    ricerca scientifica e universitaria (competente il Ministero dell'istruzione);

    ricerca sanitaria (competente il Ministero della salute);

    politiche sociali perseguite dai comuni (competente il Ministero dell'interno);

    attività sportive a carattere dilettantistico (competente la Presidenza del Consiglio dei ministri con il supporto del Coni, salvo per gli anni 2006 e 2007);

    attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici (competente il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – attività introdotta dall'anno 2012 con la legge 15 luglio 2011, n. 111);

   fino al momento dell'attuazione della riforma del terzo settore, possono presentare domanda per il beneficio del 5 per mille dell'Irpef, le onlus – organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460), le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali (ai sensi dell'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383), le associazioni e fondazioni che operano senza finalità di lucro nei settori indicati dall'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

   le procedure di assegnazione dei fondi sono state regolate con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri relativamente al riparto e alla corresponsione delle somme e alla loro rendicontazione da parte dei beneficiari;

   in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della legge 6 giugno 2016, n. 106, recante «Delega al Governo per la riforma del terzo settore», è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, disciplinante l'istituto del cinque per mille, che ha demandato ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione, tra l'altro, dei criteri di assegnazione dei fondi relativamente alla sezione volontariato;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione avrebbe dovuto essere adottato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 111 del 2017, ovvero entro gennaio 2018, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

   uno degli aspetti fondamentali che avrebbe dovuto regolare il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è legato alle modalità per il pagamento del contributo e ai termini per le comunicazioni da parte dei beneficiari, con l'obiettivo di consentire l'erogazione dei fondi entro il termine di chiusura del secondo esercizio finanziario successivo a quello di impegno (articolo 5 del decreto legislativo n. 111 del 2017);

   ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 111 del 2017, inoltre, «al fine di accelerare le procedure per l'erogazione del cinque per mille, nella ripartizione delle risorse destinate sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi presentate ai sensi dell'articolo 2, commi 7, 8 e 8-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322»;

   nello specifico l'adozione di tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri potrebbe, dunque, consentire di dimezzare i termini di assegnazione dei fondi, legando il riparto delle somme ai dati inseriti nella dichiarazione dei redditi senza attendere il termine previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa citata nel regolamento di cui sopra;

   in base all'elenco pubblicato dall'Agenzia delle entrate il 3 aprile 2020 gli enti ammessi al beneficio del 5 per mille ammontano a un totale di 56.908. Di questi, la maggior parte (trattasi di 46.312 enti) fa riferimento alla categoria del volontariato. La quota prevista a favore di questi enti ammonta ad oggi ad euro 331.809.965,51;

   ad oggi non risulta ancora versata ai predetti enti la quota di spettanza relativa alla dichiarazione dei redditi 2018;

   in virtù di quanto previsto dal decreto legislativo n. 111 del 2017, l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra menzionato permetterebbe di assegnare le quote relative alla dichiarazione dei redditi 2018, nonché 2019, in un arco temporale piuttosto ridotto, liberando così risorse già assegnate al volontariato per circa 700 milioni di euro. Tale misura avrebbe, inoltre, carattere strutturale;

   è evidente che, a fronte dell'emergenza e delle attività svolte dal volontariato, tali fondi potrebbero costituire un apporto fondamentale per assicurare assistenza a beneficio di tantissimi cittadini –:

   in relazione a quanto sopra, quale sia lo stato dell'arte della procedura di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra menzionato e se si intenda chiarire quali iniziative si stanno intraprendendo al fine di addivenire quanto prima all'emanazione del predetto decreto e consentire lo sblocco dei fondi del 5 per mille già stanziati per le dichiarazioni dei redditi 2018 e 2019.
(2-00714) «Gadda, Fregolent, D'Alessandro, Toccafondi, Moretto».
(Presentata il 7 aprile 2020)


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno - Per sapere - premesso che:

   la regione Sicilia, come tutte le regioni del Sud, ha una situazione sanitaria deficitaria cronica, e il coronavirus fa ancora più paura quando non si hanno mezzi e strumenti per fronteggiare un probabile aumento dei contagi: sono pochi i posti in terapia intensiva e i respiratori a disposizione. Il tema è anche quello, più generale, della sostenibilità stessa del comparto sanitario, alle prese con il flagello del Covid-19;

   tra le province siciliane, Messina è quella potenzialmente più esposta all'emergenza, essendo provincia di frontiera; il territorio messinese è stato infatti interessato da un vero e proprio esodo (dovuto anche agli annunci notturni di nuovi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con annesse restrizioni) e da migliaia di sbarchi di autoveicoli provenienti da altre regioni d'Italia dove il contagio era più diffuso. Solo grazie alla maturità dei cittadini, che hanno osservato con rigore le norme restrittive, e all'abnegazione del sindaco Cateno De Luca, che ha posto in essere numerose determine per rendere ancora più stringenti queste norme, i casi di contagio sembrano ancora sotto controllo;

   in considerazione delle restrizioni adottate a livello nazionale e regionale, si registra una notevole riduzione dei collegamenti anche via mare da e per la Sicilia e, di conseguenza, una concentrazione maggiore di viaggiatori nelle corse a disposizione;

   nello specifico, ogni giorno oltre 150 mezzi (nessuno dei quali trasporta merci) attraversano lo Stretto di Messina e secondo i dati riportati da Caronte&Tourist si registrano quotidianamente almeno 300 viaggiatori non pendolari che raggiungono la Sicilia dichiarando sulle autocertificazioni di aver perso il lavoro e di non avere più dimora in altre parti d'Italia;

   tra il 13 e il 22 marzo 2020 si sono registrati circa 12.265 rientri su 3.689 auto, quindi oltre 1.700 passeggeri entrati in Sicilia ogni giorno (quasi il doppio rispetto al numero massimo di pendolari autorizzati per motivi di lavoro);

   da ultimo, da uno dei due traghetti arrivati la sera del 4 aprile 2020 alla rada San Francesco sono sbarcate 82 auto e due camper, uno dei quali arrivato dal Belgio, con 113 passeggeri e altri 46 pedoni, questi ultimi lavoratori pendolari del settore della sanità e delle forze dell'ordine che operano da una parte all'altra dello Stretto di Messina;

   a ciò si aggiunga che, ad avviso degli interpellanti, risultano insufficienti le dotazioni di posti letto, soprattutto di terapia intensiva, nella provincia di Messina, così come preoccupante è la carenza di attrezzature mediche e di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari;

   la città di Messina ha inoltre insediamenti profondamente degradati ed assolutamente peculiari. Si tratta delle baraccopoli, nelle quali è praticamente impossibile (proprio per ragioni strutturali degli insediamenti) dare seguito alle misure restrittive di distanziamento. In tali agglomerati, a causa della documentata numerosità di patologie respiratorie conseguenti all'esposizione all'eternit, gli eventuali casi di contagio da Covid-19 avrebbero effetti disastrosi;

   nella città di Messina insiste il dipartimento militare di medicina Legale: si tratta di un ospedale militare che dispone di plessi non utilizzati, che potrebbe essere rapidamente ed utilmente convertito per reparti Covid-19;

   Forza Italia ha proposto, infatti, la temporanea riconfigurazione di tre locali non utilizzati del dipartimento militare di medicina legale di Messina in struttura di quarantena, isolamento e trattamento di casi lievi e moderati –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per rafforzare il livello di sicurezza dei controlli, sia in ordine alle condizioni di salute dei passeggeri che alla regolarità delle autocertificazioni, contemperando tali misure con il diritto alla mobilità;

   se, in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, non si intenda prevedere, oltre alla misurazione della temperatura corporea, test ematici per il personale sanitario, le forze dell'ordine e tutti coloro che giungono in Sicilia;

   se non si intenda chiarire quanti siano effettivamente i nuovi posti letto — soprattutto di terapia intensiva — attivati nelle scorse settimane;

   se le aziende sanitarie della provincia di Messina o l'assessorato regionale alla sanità abbiano richiesto nuove attrezzature e dispositivi di protezione individuali, e quanti di questi siano stati già conferiti alle strutture sanitarie della provincia di Messina;

   quale sia l'intendimento del Governo in ordine alla possibile riconversione dell'ospedale militare di Messina e quali siano i tempi necessari;

   quali iniziative speciali si ritengano necessarie per aumentare gli standard di sicurezza nelle zone delle baraccopoli.
(2-00717) «Siracusano, Gelmini».
(Presentata il 7 aprile 2020)


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   con decreto del 4 aprile 2020 è stata istituita dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega in materia di informazione ed editoria, una «Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al COVID-19 sul web e sui social network»;

   il tema della disinformazione riveste una particolare delicatezza e rilevanza, perché inerisce all'essenza stessa della democrazia. Incide sulla formazione dell'opinione pubblica, riguardando la libertà di espressione e di stampa, vale a dire la libertà di informare e di essere informati, che è garantita dall'articolo 21 della Costituzione ed è insuscettibile di limitazione, se non alla stregua di quanto previsto dalla medesima disposizione, così come precisato dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale;

   nessun intervento volto a contrastare la disinformazione può incidere sulla libertà e sulla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, in quanto inviolabili e non soggetti a limitazione, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge, ai sensi dell'articolo 15 della Costituzione;

   l'emergenza sanitaria, che sta mettendo a dura prova il Paese, impone cautele rafforzate in capo alle istituzioni, che debbono evitare di avviare iniziative improvvide, prive di sostenibilità giuridica e concreta efficacia operativa, tali da creare equivoci sulla loro adeguatezza e confusione nella collettività;

   ancorché nel rapporto del novembre 2018 «News vs fake nel sistema dell'informazione» l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia rilevato che le fonti informative on line (siti di quotidiani, testate on line, social network), a parità di risorse professionali utilizzate, producano una maggiore offerta di informazione, il fenomeno della diffusione di notizie false non riguarda solo la rete, ma il sistema dell'informazione e della comunicazione nel suo complesso, ivi compresi i mass media tradizionali;

   concetti quali «informazione ingannevole», «disinformazione» e «notizie false» hanno diverse accezioni; rivestono una particolare pericolosità nuove forme di contenuti audio o video artificiali, realistici e generati tramite intelligenza artificiale, noti come «media artificiali» (i cosiddetti «deep fake»), in quanto in grado di manipolare l'informazione e condizionare l'opinione pubblica e che possono essere rilevati, per lo più, solo con appositi strumenti tecnici e operativi;

   la rilevanza del tema della disinformazione è ulteriormente dimostrata dal fatto che sono state presentate proposte di legge – attualmente in corso di esame – per istituire un'apposita Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione intenzionale, seriale e massiva di informazioni false. Inoltre, già opera a livello europeo EUvsDisinfo, una task force per la lotta alla disinformazione del Servizio dell'Unione europea per l'azione esterna (Eeas), che da circa due mesi ha concentrato la propria attenzione sui casi di disinformazione relativi al COVID-19, riguardanti anche il nostro Paese, raccolti in un database costantemente aggiornato;

   all'unità in questione viene affidato il compito di procedere non solo al monitoraggio, ma anche alla ricognizione e classificazione dei contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, creati o condivisi con riferimento al virus, oltre all'analisi e valutazione delle modalità di diffusione e delle fonti di origine dei suddetti contenuti;

   si tratta di attività non consentite dall'ordinamento, in quanto in contrasto con principi e diritti di libertà riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale (articoli 15 e 21);

   non risulta quale tipo di procedura sia stata seguita per l'individuazione e selezione degli esperti di cui l'unità di monitoraggio si avvale, quale sia il loro curriculum e la specifica competenza di cui dispongono, da chi siano stati scelti e in base a quali criteri e parametri di valutazione –:

   quali siano i parametri in base ai quali l'unità intenda classificare i contenuti ritenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti e con quali strumenti intenda procedere alla loro analisi;

   quali siano i criteri per l'analisi e la valutazione delle loro modalità di diffusione;

   quale sia la legittimazione giuridica che consente all'unità di valutare le fonti di origine dei suddetti contenuti, laddove tale prerogativa è riservata all'autorità giudiziaria e implica sia l'accesso alle comunicazioni sia un sindacato di merito sui contenuti editoriali, ad avviso degli interpellanti in palese contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 15 e 21 della Costituzione e con le norme vigenti;

   per quale ragione il Parlamento non sia stato coinvolto nella valutazione dell'adeguatezza e congruità, anche istituzionale, di un'iniziativa che presenta tali fondamentali profili, inerenti alla libertà di espressione e di comunicazione;

   se l'attività dell'unità non si sovrapponga alle competenze e alle prerogative dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e in cosa si distingua dai compiti svolti da EUvsDisinfo, già operante a livello di Unione europea;

   per quale ragione il suo ambito oggettivo di intervento riguardi solo il web e i social network e non anche i mass media tradizionali;

   quali siano la procedura ad evidenza pubblica e i criteri in base ai quali sono stati scelti gli esperti, al fine di assicurare la trasparenza dell'agire amministrativo e di garantire la più elevata professionalità, l'adeguatezza e l'assenza di conflitti di interesse o di situazioni di incompatibilità.
(2-00723) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Delmastro Delle Vedove, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 dispone espressamente che è sempre consentita «l'attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna [...] di prodotti agricoli e alimentari»;

   in virtù di tale disposizione, il Governo, come si legge nella pagina internet ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri dedicata alle domande più frequenti sulle misure anti-contagio, ha confermato «la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti e altro. Peraltro tale attività rientra fra quelle produttive e commerciali specificamente comprese nell'allegato 1 dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri “coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”, con codice ATECO “0.1”, per le quali è ammessa sia la produzione sia la commercializzazione. Deve conseguentemente considerarsi ammessa l'apertura dei punti di vendita di tali prodotti, ma in ogni caso essa dovrà essere organizzata in modo da assicurare il puntuale rispetto delle norme sanitarie in vigore»;

   nonostante ciò, e in netta contraddizione rispetto alla previsione di legge e alle rassicurazioni governative, l'allegato 1 del medesimo decreto che riporta l'elenco delle attività produttive industriali e commerciali che possono proseguire, in deroga alle restrittive misure di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale, non riporta il codice ateco 47.76.10 relativo, appunto, al commercio al dettaglio di fiori e piante;

   tale situazione, con l'accavallarsi dei decreti, anche poco coordinati, ha causato confusione e disorientamento tra le aziende di categoria, come riconosciuto dallo stesso Ministro Bellanova, rispondendo sulla sua pagina facebook, alle numerose richieste di chiarimenti pervenute: «L'obiezione è comprensibile e mi rendo io stessa conto che sia tutt'altro che semplice, purtroppo, districarsi tra norme, interpretazioni autentiche (cioè fatte da chi ha emanato la norma) e soprattutto successive applicazioni da parte di funzionari regionali, comunali o, ad esempio, agenti della polizia municipale che si trovano a dover capire se un negozio di fiori possa o non possa stare aperto. Sconfiggeremo sicuramente il coronavirus, verrebbe da dire, ma la burocrazia è più dura a morire»;

   mentre Coldiretti si è detta soddisfatta del chiarimento del Governo sul via libera alla vendita di piante e fiori in supermercati, mercati, punti vendita e vivai, la regione Lombardia ha comunicato con nota ufficiale che: «In ottemperanza dell'ordinanza regionale del 21 marzo che ha introdotto limitazioni ancora più stringenti per contrastare la diffusione del coronavirus, sul territorio regionale l'attività floricola e di florovivaismo è ammessa soltanto per quanto riguarda la produzione e la vendita a domicilio, essendo il comparto assoggettato alla produzione agricola. Non è invece ammessa, in Lombardia, l'apertura dei punti vendita al dettaglio»;

   secondo i dati Coldiretti, «senza fiori e piante sono a rischio 27 mila imprese con 2,5 miliardi di fatturato che ora si trovano in gravissime difficoltà con il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali e le difficoltà alle esportazioni dove l'Italia ha svolto fino ad ora un ruolo di leader nel mondo con il record per le spedizioni florovivaistiche che nel 2019 hanno raggiunto ben 904 milioni di euro di piante, fiori e fronde, dirette soprattutto in Francia (188 milioni di euro), Germania (159 milioni di euro) e l'Olanda (153 milioni di euro)» –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per fare immediata chiarezza sulle attività commerciali che possono rimanere aperte e, in particolare, sul codice ateco 47.76.10 per evitare agli operatori del settore di incorrere in sanzioni amministrative e penali.
(2-00728) «Varchi, Ferro, Lucaselli, Prisco, Caretta, Zucconi, Delmastro Delle Vedove, Butti, Luca De Carlo, Ciaburro, Mantovani, Galantino, Rotelli, Mollicone».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il momento di grave emergenza legata al Covid-19, purtroppo, non è risultato immune da tentativi di truffe volte a cavalcare l'onda della solidarietà;

   si fa riferimento alle innumerevoli campagne di raccolta fondi volte a ingannare i consumatori che, convinti di fare delle donazioni benefiche in favore delle strutture sanitarie per fronteggiare l'emergenza pandemica, si trovano ignari a destinare il proprio denaro a soggetti privati che nulla hanno a che vedere con tali strutture;

   a titolo esemplificativo, si riporta il caso relativo alla falsa raccolta fondi per l'ospedale San Camillo di Roma fermata dalla polizia postale: la pagina Facebook «Emergenza Crowdfunding San Camillo» descriveva la situazione drammatica di medici e infermieri costretti a costruirsi camici con buste della spazzatura e giocando sulla sensibilità delle persone; i truffatori invitavano a versare delle somme di denaro su una carta postepay;

   il Codacons aveva denunciato tale rischio di truffe nell'ambito delle raccolte fondi destinate al coronavirus pubblicizzate sul web chiedendo alle competenti autorità che tutte le raccolte fondi sorte per l'emergenza fossero accentrate nelle mani o sotto il controllo della Protezione civile;

   è fondamentale sostenere tutte le iniziative di solidarietà, offrendo garanzie al donatori circa la destinazione dei fondi e l'assenza di costi e commissioni nascoste nelle operazioni di beneficenza avviate sul web;

   su segnalazione del Codacons, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato da ultimo, con provvedimento del 22 marzo 2020, è intervenuta in via cautelare nei confronti del sito web www.gofundme.com che gestisce una piattaforma attraverso la quale è possibile effettuare raccolte di fondi a scopo benefico (crowdfunding);

   il provvedimento è motivato dall'esigenza di interrompere la diffusione di una pratica estremamente grave, tale da rendere urgente e indifferibile l'intervento dell'Autorità;

   il sito, prima dell'intervento dell'Autorità, promuoveva la possibilità di effettuare le donazioni, tra cui molte, come quella promossa dagli influencer Fedez e Ferragni e il conduttore della Rai Salvo Sottile, in favore degli ospedali e dei reparti ospedalieri delle zone più colpite dall'emergenza coronavirus, garantendo che ciò fosse in maniera gratuita e senza costi per il donante quando, in realtà, vi erano dei costi connessi alle transazioni effettuate con carte di credito e debito (oltre il 2,9 per cento);

   inoltre, quella piattaforma – come altre – appariva preimpostata in modo che, al momento dell'effettuazione della donazione, in automatico veniva applicato un costo percentuale a titolo di commissione che poteva essere annullata solo se il consumatore cliccava su «Altro» in un menu a tendina adiacente (non agevolmente visibile in quanto con caratteri più piccoli), inserendo l'importo zero;

   l'Autorità ha ritenuto tali modalità di acquisizione delle commissioni ingannevoli, aggressive e lesive dei diritti dei consumatori, poiché «Il consumatore viene quindi indebitamente condizionato nella scelta della commissione, che di fatto non è più facoltativa come promesso»; si tratta di «sfruttamento della tragica pandemia in atto»;

   l'Autorità ha disposto che il meccanismo di preselezione della commissione facoltativa fosse immediatamente eliminato, lasciando piena libertà di scelta al consumatore donante attraverso l'indicazione del valore «zero» che egli potrà eventualmente modificare;

   grazie alla segnalazione del Codacons si è interrotta una pratica commerciale scorretta assai lesiva per i consumatori, così come ad oggi sarebbero pendenti attività di indagine volte ad accertare ulteriori casi di illecito;

   a seguito di questa lodevole iniziativa, alcuni promotori della colletta sospesa dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno scatenato una bagarre verbale usando i propri social contro il Codacons;

   a tal proposito, come riportato dalla stampa, il Sottosegretario per l'interno, Carlo Sibilia, sembrerebbe aver preso pubblica posizione nella sua veste istituzionale contro la meritoria associazione Codacons, ringraziando il cantante Fedez per le segnalazioni ricevute riguardo alle attività del Codacons medesimo per la raccolta fondi «contro il coronavirus»;

   come evidenziato dal Codacons, a seguito delle affermazioni e degli inviti pressanti di Fedez sui suoi social sostanzialmente ad attaccare lo stesso Codacons, affermando che sul web si può dire ciò che si vuole e che non si sarebbe punibili qualsiasi cosa si dica, circostanza falsa per l'ordine pubblico e smentita dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 40083/2018), migliaia di suoi follower hanno inondato i social di minacce di morte e violenza inaudita nei confronti del Codacons –:

   se il Governo intenda adottare le opportune iniziative affinché tutte le raccolte di fondi avviate e da avviarsi siano direttamente controllate dal Dipartimento della protezione civile, in modo tale che le somme raccolte confluiscano, direttamente e sicuramente, nelle casse degli enti interessati;

   se il Governo intenda attivarsi, anche attraverso le opportune iniziative normative, al fine di sostenere il terzo settore, di cui fa parte il Codacons, e in particolare le campagne e le attività sociali riguardanti la difesa dei consumatori con azioni meritorie avviate per aiutare i cittadini nella lotta contro il coronavirus e, soprattutto, per contrastare abusi e truffe, perpetrate sfruttando la paura e la minore attenzione dei consumatori;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di limitare l'uso della violenza verbale sui social network.
(2-00731) «Germanà, Bartolozzi, Prestigiacomo, Scoma».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   in questi giorni, i dati e le proiezioni descrivono il collasso repentino del settore turistico e del commercio, nel Paese in generale, e, per quanto qui d'interesse, del Verbano Cusio Ossola, dai Laghi Maggiore, Orta e Mergozzo al Monte Rosa;

   a preoccupare, però, non è solo il drammatico impatto sulle attività quotidiane, che ogni giorno mette alla prova gli operatori economici, le imprese, le famiglie, ma anche l'assoluta incertezza circa gli scenari futuri di medio e lungo termine, che appaiono quanto mai foschi;

   dubbi e timori, purtroppo, non stanno trovando alcuna risposta nelle istituzioni che, pur nella innegabile difficoltà di fronteggiare una crisi drammatica e inedita anche dal punto di vista scientifico, oltreché politico, economico e sociale, non possono dimenticarsi del futuro; non possono abdicare al tentativo di delineare e programmare con certezza se non le tempistiche, quantomeno le fasi in cui si articolerà il processo di riapertura;

   non sono giustificabili ritardi nella fase della gestione di una crisi molto difficile, in particolare per il settore del turismo, del commercio, degli eventi e degli spettacoli;

   da più parti si accenna, ragionevolmente, a una ripresa «graduale» delle attività;

   si comprende che stabilire i tempi sia in questa fase prematuro, ma le «condizioni» di tale gradualità possono essere definite fin da subito, nel concreto, così da consentire agli operatori di adeguarsi, là dove possibile, e di valutare la possibilità o meno di riaprire con determinate condizioni;

   la programmazione è infatti fondamentale, soprattutto in un settore, quello del turismo, che lavora per il domani;

   le misure relative, ad esempio, al distanziamento sociale possono essere applicate più facilmente nei contesti lavorativi industriali, dove il numero degli addetti è definito, così come le postazioni di lavoro, mentre hanno un impatto determinante per le attività turistiche, per i trasporti, per tutto il settore della ristorazione, degli eventi, dei concerti e spettacoli, delle attività sportive e dei servizi alla persona;

   è necessario, pertanto, conoscere con forte anticipo, e nel dettaglio, quali saranno i requisiti previsti e le precauzioni di carattere sanitario da adottare, per le attività al coperto e per quelle all'aperto, nelle diverse fasi, la cui sostenibilità andrà approfondita anche con le categorie interessate;

   è evidente che da tali condizioni di carattere sanitario dipenderanno le valutazioni dei singoli operatori, sia per coloro che avranno la possibilità – per metrature, spazi, tipologie di lavoro – di predisporre per tempo tutto quanto richiesto per riprendere appena possibile l'attività, sia per coloro che dovranno invece necessariamente prorogare le chiusure, data l'impossibilità di sostenere i costi o per oggettivi limiti strutturali nelle superfici o nei processi lavorativi;

   a tale proposito si invitano anche i comuni ad agevolare, dal punto di vista burocratico ed economico, l'utilizzo di edifici, spazi e superfici pubblici, ad esempio per ampliare i dehors o per ospitare eventi e spettacoli e a favorire in ogni modo le filiere locali, nonché i servizi reperibili sul territorio;

   si consideri inoltre che, nel Verbano Cusio Ossola, l'impatto sarà ancora più devastante, in quanto circa l'80 per cento del turismo è rappresentato da stranieri, con una forte presenza anche di visitatori ultra sessantenni; valutata la diversa tempistica di diffusione del virus a livello europeo ed extra-europeo, la crisi del trasporto aereo e il clima generale, la ripresa sarà ancora più lenta e per questo andrà previsto un significativo e prolungato sostegno finanziario al settore, con maggiore liquidità per le imprese, in proporzione al fatturato maturato nelle ultime annualità, con la sospensione delle imposte comunali (Imu — Tasi — Tari) e la proroga della moratoria per mutui e affitti;

   tali provvedimenti dovranno riguardare necessariamente anche i lavoratori del settore, compresi coloro che sono stati assunti dopo il 23 febbraio 2020 e che oggi sono privi di qualsiasi copertura, nonché le diverse forme di ricettività, anche le più piccole, come i B&B o gli affitti turistici, Che rappresentano per molte famiglie un importante sostegno al reddito;

   le chiusure o i ritardi nelle aperture stagionali determineranno infatti una situazione occupazionale di grande criticità per tutti i lavoratori stagionali che non potranno più beneficiare della NASpI, l'indennità mensile di disoccupazione;

   la definizione di tutto quanto è indispensabile per una possibile ripresa è prioritario rispetto ad ogni successiva azione di promozione o commercializzazione –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo con riferimento alle problematiche sollevate e, in particolare, se e quando sarà definita una compiuta programmazione delle fasi della riapertura delle attività e una definizione degli orizzonti temporali di riferimento (nei limiti in cui le attuali capacità predittive lo consentano) e delle misure di precauzione e sicurezza che saranno verosimilmente richieste agli operatori del settore di cui in premessa, così da consentire l'adeguamento in tempi ragionevoli e sufficienti.
(2-00733) «Cristina».

Interrogazioni a risposta orale:


   CIABURRO, PRISCO, CARETTA, GALANTINO, LUCA DE CARLO e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto «Cura Italia», il Governo ha previsto una serie di incentivi per la produzione e fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale per il contenimento e il contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19;

   Invitalia (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa spa) ha predisposto, con risorse previste nel decreto-legge «Cura Italia», un fondo di 50 milioni di euro destinato alla riconversione industriale, rivolto a tutte le imprese, costituite in forma societaria, che decidono di ampliare o riconvertire la propria attività finalizzandola alla produzione di dispositivi medici e/o dispositivi di protezione individuale (Dpi);

   la dimensione del progetto di investimento deve partire da un minimo di 200 mila euro a un massimo di 2 milioni di euro, cifre per le quali sono previsti finanziamenti a fondo perduto e mutui agevolati;

   da tale iniziativa sono tuttavia escluse piccole attività produttive che, seppur incapaci di gestire e predisporre progetti di investimento dal valore di almeno 200 mila euro, sono in grado di riconvertire la propria catena produttiva per la produzione di Dpi;

   fornire a queste attività produttive e artigianali la facoltà di produrre dispositivi di protezione individuale e ulteriori presidi di sicurezza igienico-sanitari consentirebbe una maggiore capillarità di queste attività sul territorio, contribuendo in modo più efficiente a soddisfare il fabbisogno di Dpi a livello locale, in sinergia con le iniziative già operative a livello nazionale;

   come emerso a mezzo stampa, il fabbisogno mensile italiano è di circa 90 milioni di mascherine, esigenza di fronte alla quale incrementare la platea di attività produttive che possono contribuire alla produzione di Dpi può costituire un fattore strategico –:

   se il Governo ritenga necessario adottare iniziative a favore delle imprese disponibili a elaborare progetti di investimento di valore inferiore a 200 mila euro e, in caso affermativo, quali iniziative intenda porre in essere per elaborare un nuovo programma di incentivi a favore di progetti di investimento dal valore compreso tra 50 mila euro e 200 mila euro.
(3-01424)


   SQUERI, GELMINI, NOVELLI, PALMIERI, MARROCCO, SACCANI JOTTI, BAGNASCO, VERSACE, BATTILOCCHIO, SPENA, MILANATO, MARIA TRIPODI, TARTAGLIONE, APREA, ORSINI, OCCHIUTO, VIETINA, ZANGRILLO, MULÈ, MAZZETTI, RIPANI, CASSINELLI, MUGNAI, PEREGO DI CREMNAGO, D'ATTIS, ROSSO, CRISTINA, RUFFINO, SISTO, CANNATELLI, CASCIELLO, CAPPELLACCI, GIACOMETTO, PORCHIETTO, RUGGIERI, D'ETTORE, PITTALIS, PETTARIN, NAPOLI, PAOLO RUSSO, PENTANGELO, POLIDORI, BARELLI, CARRARA, MARIN, CAON, SOZZANI, ROSSELLO, FITZGERALD NISSOLI, LABRIOLA, FIORINI, DALL'OSSO, PRESTIGIACOMO, CALABRIA, CASINO, BRAMBILLA, CORTELAZZO, BOND, NEVI, FERRAIOLI e RAVETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia sta affrontando la più grande crisi sanitaria della storia repubblicana;

   nonostante sia trascorso più di un mese dall'inizio dell'emergenza Covid-19, uno dei maggiori problemi continua a essere rappresentato dalla carenza di dispositivi di protezione individuale (in particolare, mascherine) per gli operatori sanitari, per i lavoratori e per tutti i cittadini;

   è di questi giorni la notizia che il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, avrebbe comunicato al presidente dell'Ordine dei medici che le mascherine riportanti la dizione ffp2 equivalenti, inviate dalla Protezione civile in data 1° aprile 2020 non sarebbero dispositivi autorizzati per l'uso sanitario e ne avrebbe chiesto, pertanto, la sospensione immediata della distribuzione e dell'utilizzo;

   tale notizia si pone in continuità rispetto a quelle dei giorni scorsi che hanno dato risonanza alle numerose denunce di diversi amministratori regionali (e non solo) riguardo alle forniture inviate dalla Protezione civile ritenute inadeguate e, pertanto, di nessuna utilità per i nostri operatori sanitari;

   ogni giorno continuano a essere importate e sdoganate in Italia, in deroga alle norme vigenti, milioni di mascherine in arrivo prevalentemente da Cina, India, Sri Lanka, per le quali è richiesta solo l'autocertificazione del produttore;

   in base agli accertamenti effettuati dal Politecnico di Milano, su richiesta di alcuni importatori, tali forniture sono risultate di bassissima qualità e inutilizzabili per lo scopo cui sono destinate;

   il decreto-legge «Cura Italia», nel prevedere alcune specifiche misure per rispondere alla carenza di dispositivi di protezione, ha stabilito, all'articolo 15, che fino al termine dello stato di emergenza, è consentita non solo l'importazione ma anche la produzione e l'immissione in commercio di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni;

   sono numerose le aziende italiane che hanno deciso di riconvertire le produzioni per aiutare il Paese, che hanno investito, che hanno ottenuto la certificazione dei test sui materiali – eseguiti da enti accreditati – che hanno inviato l'autocertificazione all'Istituto superiore di sanità e che sono, tuttavia, ancora oggi, in attesa di una risposta, che sarebbe dovuta arrivare in soli tre giorni e senza la quale non è possibile distribuire milioni di mascherine già disponibili –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se non ritenga opportuno sostenere la produzione di forniture strategiche all'interno del Paese e quali iniziative intenda intraprendere in merito alla perdurante assenza di risposta da parte dell'Istituto superiore di sanità, che rischia di vanificare il lavoro di decine di imprese italiane e che, di fatto, trasforma quella che dovrebbe essere una procedura semplificata nell'ennesimo ostacolo della burocrazia italiana.
(3-01425)


   ZANETTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel settembre 2019, ovvero 7 mesi fa, un gruppo di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato un report composto di 48 pagine, che studiava le pandemie del passato e offriva spunti per affrontare quelle del futuro, denominato «Un mondo a rischio»;

   i tecnici dell'Oms scrivevano: «La malattia prospera nel disordine, le epidemie sono in aumento e lo spettro di una emergenza sanitaria globale incombe su di noi», basandosi su pubblicazioni scientifiche di varie riviste che riguardavano le vecchie epidemie o i modelli di diffusione di nuove epidemie; segnatamente, lo studio veniva condotto da 15 esperti del Gpmb (Global Preparedness Monitoring Board) nominati dall'Oms e si basava sui dati di altre pandemie, come la febbre suina H1n1 del 2009 e l'epidemia di Ebola, ancora ampiamente diffuse in Africa; tutti virus che hanno provocato epidemie ad alto impatto e potenzialmente rapida diffusione;

   di questo studio anche il sistema sanitario nazionale avrebbe dovuto tener conto, in quanto era evidente che non sarebbe stato in grado, così come strutturato, a gestire un grande afflusso di pazienti infettati da un agente patogeno respiratorio capace di una facile trasmissibilità e di una elevata mortalità, com'è sotto gli occhi di tutti: il coronavirus;

   inoltre, come evidenziava lo studio sopra citato: «(...) i governi, gli scienziati, i sistemi sanitari di molti Paesi stanno affrontando un crollo della fiducia pubblica che minaccia la loro capacità di funzionare in modo efficace»;

   l'obiettivo degli esperti dell'Oms nei rapporti redatti annualmente e, in particolare, nel documento presentato nel settembre 2019, è quello di mettere in guardia dai rischi su larga scala di eventuali epidemie gli scienziati, ma soprattutto i responsabili della sanità pubblica dei diversi Paesi;

   è quindi legittimo chiedersi se il direttore generale della prevenzione sanitaria in Italia dottor Claudio D'Amario e suoi predecessori abbiano letto e preso in considerazione questo segnale di allarme, attuando le necessarie contromisure;

   nei primi giorni del mese di gennaio 2020 sono filtrate le prime informazioni sulla epidemia, che si stava diffondendo in Cina nella città di Wuhan;

   il 31 gennaio 2020 si è appreso che due turisti cinesi in Italia erano positivi al coronavirus;

   la domanda che l'interrogante intende porre è se a partire dal settembre 2019 le autorità sanitarie nazionali abbiano riflettuto su come migliorare il sistema sanitario nazionale, per gestire un grande afflusso di pazienti infettati da un agente patogeno respiratorio capace di una facile trasmissibilità e di un'elevata mortalità come il coronavirus;

   è compito della direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute occuparsi della prevenzione delle malattie e della protezione e promozione della salute, favorendo programmi e campagne di educazione sanitaria e di prevenzione nei confronti delle patologie infettive (e non) di maggior rilievo sociale;

   tra le altre cose, la direzione generale della prevenzione sanitaria dovrebbe attuare le necessarie misure di sanità transfrontaliera attraverso il coordinamento degli uffici periferici di sanità marittima, aerea e di frontiera, ai quali è deputato il controllo delle persone, dei beni e dei mezzi che attraversano la frontiera nazionale;

   l'interrogante ha l'impressione che nulla o poco sia fatto in tal senso prima della fase ormai acuta dell'emergenza –:

   quali concrete iniziative siano state progettate e realizzate dalla direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute per prevenire e contenere l'epidemia da Covid-19, a partire dal settembre 2019, a fronte dello scenario messo in luce dall'Organizzazione mondiale della sanità, e in quali progetti sia stato coinvolto il dipartimento della protezione civile per affrontare la gravissima l'emergenza che si profilava all'orizzonte.
(3-01436)


   BALDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del Ministero della salute n. 1997 del 22 gennaio 2020 avente ad oggetto «Polmonite da nuovo coronavirus (2019 – nCoV) in Cina» tratteggiava in maniera esaustiva, pur nella penuria di informazioni in merito alla configurazione scientifica del virus, il rischio correlato che stava diffondendosi nella provincia di Wuhan;

   nella circolare venivano descritti i sintomi della patologia da Covid 19 quali «febbre, tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie: gli esami radiologici del torace evidenziano lesioni infiltrative bilaterali diffuse»; veniva, tra le altre cose, ribadito che secondo le «informazioni attualmente disponibili il virus» può «causare sia una forma lieve, simil-influenzale, che una forma più grave di malattia. Una forma inizialmente lieve può progredire in una forma grave, soprattutto in persone con condizioni cliniche croniche pre-esistenti, (...) anche le persone anziane potrebbero essere più suscettibili alle forme gravi»;

   appare evidente, in ragione di quanto suesposto, che il Governo fosse pienamente a conoscenza del rischio da Covid-19 almeno un mese prima che si palesasse il caso del paziente 1 di Codogno;

   nella circolare si evidenzia ulteriormente che «L'OMS ha convocato una riunione per valutare se l'epidemia rappresenta una emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale», dunque dimostrando la consapevolezza in capo al Governo di un rischio potenziale significativo;

   tra l'altro, è presente anche un riferimento alla stima del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) secondo cui il rischio di introduzione dell'infezione in Europa, attraverso casi importati, sarebbe stato «moderato»;

   appare paradossale che ad un mese dal primo caso italiano nella circolare si definisse un protocollo specifico per sanitari per la gestione dei casi sospetti e, in particolare, si raccomandasse «di adottare le misure standard di biosicurezza, le precauzioni per prevenire la trasmissione per via aerea e per contatto» indossando «mascherina e protezione facciale, camice impermeabile a maniche lunghe non sterile e guanti»;

   si evidenzia che in data 30 gennaio 2020, l'organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale l'epidemia di coronavirus in Cina ed il giorno successivo, il 31 gennaio, il Governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza a cui non hanno fatto seguito interventi funzionali al contenimento dell'epidemia sebbene abbia evidenziato in vari interventi di «tener conto del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia»;

   ad amplificare la portata del paradosso si aggiunge il fatto in data 14 febbraio 2020, in piena emergenza sanitaria da Covid-19 siano state inviate in Cina 16 tonnellate di materiale medicosanitario di protezione personale (mascherine, tute e occhiali protettivi, guanti e termometri) e 2 tonnellate di materiale sanitario (mascherine protettive specialistiche per operatori sanitari, tute di protezione per operatori sanitari, mascherine protettive) finanziato direttamente dalla cooperazione italiana;

   malgrado fosse chiara la potenzialità dell'allora epidemia da Covid-19 e malgrado ci fosse consapevolezza di un vantaggio di qualche settimana rispetto ai fatti cinesi, non si è inteso sfruttare la conoscenza degli eventi epidemiologici in anticipo, provvedendo, anche in ossequio alle raccomandazioni annoverate nelle circolari del Ministero della salute, a munire il personale medicosanitario degli adeguati dispositivi e a definire misure di contenimento fattive che sarebbero arrivate, con enorme ritardo, soltanto alla fine di febbraio 2020, dunque un mese dopo la diramazione della citata circolare –:

   quali siano state le cause ostative alla piena gestione dell'emergenza sanitaria da Covid-19 già a partire dal mese di gennaio 2020, in ragione della già marcata consapevolezza da parte del Governo del rischio correlato alla potenziale propagazione virale, in relazione alla quale, ad avviso dell'interrogante, il palese ritardo di azione ha innescato un’impasse socio-sanitaria sicuramente evitabile.
(3-01438)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riferito dalle testate Formiche e Dagospia, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe comprato ingenti quantitativi di mascherine provenienti dalla Cina a un prezzo superiore a quello di mercato ante crisi; secondo quanto ricostruito dai giornali, la commessa del Governo italiano da 180 milioni di mascherine è costata 209,5 milioni di euro. A rivelare l'importo sono fonti diplomatiche che spiegano la composizione della partita annunciata dal Ministro interrogato. Una prima tranche, di 100 milioni, è già in produzione e ha iniziato le spedizioni: 7 milioni di mascherine sono arrivate in Italia lo scorso martedì, ha spiegato il Ministro interrogato alla Camera;

   il primo carico si compone di 50 milioni di mascherine Ffp2, acquistate a un prezzo di 1,50 euro ciascuna, e altri 50 milioni di mascherine chirurgiche (le cosiddette medical masks) a un prezzo di 0,29 euro ciascuna. Il secondo carico, da 80 milioni, è composto unicamente di mascherine Ffp2, allo stesso prezzo delle prime. A firmare il contratto è stato Gaetano Mignone, coordinatore del servizio della Protezione civile diretta da Angelo Borrelli;

   a fornirle sarebbe la Byd (acronimo di Build your dreams), che è il settimo costruttore automobilistico cinese ed è specializzata nelle auto elettriche. Da tre mesi però ha avviato una radicale riconversione della sua produzione, divenendo il primo produttore al mondo di mascherine contro il coronavirus;

   a lavorare per il contratto del Governo italiano con la Byd sarebbero stati in particolare l'ambasciatore italiano in Cina Luca Ferrari e il suo predecessore Ettore Sequi, oggi capo di gabinetto della Farnesina, sotto la regia dello stesso Ministro interrogato;

   nei giorni scorsi il settimanale Panorama aveva segnalato una differenza notevole con i prezzi ante-crisi, rispettivamente di 80-90 centesimi per le mascherine Ffp2 e di soli 10 centesimi per quelle chirurgiche. Secondo fonti qualificate in realtà i prezzi di acquisto sono di mercato, tenendo conto che da quando la crisi è divenuta globale il mercato delle mascherine è letteralmente esploso, con una domanda di gran lunga superiore all'offerta;

   la Byd, infatti, dovrà continuare a ritmi serrati la produzione per rispettare i termini dell'accordo con il Governo italiano: dopo il primo carico da 7 milioni, consegnerà ogni settimana 20 milioni di mascherine. Palazzo Chigi vorrebbe chiedere di portarle a 30, per colmare il fabbisogno italiano mensile che, ha dichiarato Di Maio alla Camera, ammonta a 90 milioni di mascherine;

   è stato il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dunque a fornire le cifre finali della più importante commessa di mascherine ad oggi acquistata dal Governo, facendo chiarezza su una delle tante aree grigie intorno alla gestione degli aiuti che da più parti del mondo sono arrivati in Italia;

   è più volte mancata, semmai, ad avviso dell'interrogante, la chiarezza sulla natura dei contratti. Spesso quelli che in realtà sono acquisti del Governo sono stati indicati come «donazioni». Il caso delle forniture cinesi ha fatto particolare rumore, non solo perché sono state le prime a mobilitarsi, con una imponente campagna dei media di Stato cinesi, ma anche perché provenienti da un Paese con una valuta diversa, che non ha facilitato la chiarezza dei conti, a differenza delle forniture donate dagli Stati Uniti. L'ambasciata americana a Roma ha fornito una lista esaustiva degli aiuti arrivati finora in Italia e il presidente Donald Trump si è impegnato a inviare a Roma materiale medico-sanitario per un valore di 100 milioni di dollari –:

   se sia vero che l'acquisto è avvenuto a prezzi superiori a quelli di mercato, confermando quindi che non si tratta di donazioni dagli amici cinesi come più volte pubblicamente dichiarato dal Ministro interrogato, e chi siano i soggetti istituzionali che hanno avuto la responsabilità di negoziare i contratti stipulati.
(3-01439)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi si è perfezionata la più importante commessa di mascherine ad oggi acquistata dal Governo;

   è più volte mancata, ad avviso dell'interrogante, la chiarezza sulla natura dei contratti. Spesso quelli che in realtà sono acquisti del Governo sono stati indicati come «donazioni». Secondo quanto ricostruito da Formiche, il costo complessivo dell'operazione sarebbe di 209 milioni di euro, al di sopra dei prezzi di mercato ante crisi;

   il caso delle forniture cinesi è emblematico, non solo perché sono state le prime a mobilitarsi, con una imponente campagna dei media di Stato cinesi, ma anche perché provenienti da un Paese con una valuta diversa, che non ha facilitato la chiarezza dei conti, a differenza delle forniture donate dagli Stati Uniti. L'ambasciata americana a Roma ha fornito una lista esaustiva degli aiuti arrivati finora in Italia e il presidente Donald Trump si è impegnato a inviare a Roma materiale medico-sanitario per un valore di 100 milioni di dollari;

   il sito Formiche riporta che il 27 marzo 2020, partecipando alla conferenza stampa del commissario Arcuri, aveva chiesto di avere contezza di quali fossero aiuti internazionali e quali invece acquisti. Il commissario aveva risposto che presto la struttura sarebbe stata in grado di fornire «una visibilità puntuale e reiterata nel tempo delle acquisizioni»;

   hanno poi inviato una mail alla Protezione civile chiedendo un chiarimento sull'importo economico dei contratti e sulle modalità e le tempistiche della spedizione. Il dipartimento, per parte sua, ha invitato a rivolgersi alla Farnesina. Formiche illustra come il rimando sia illogico, in quanto è proprio un dirigente della Protezione civile, Mignone, ad aver apposto la firma sui contratti;

   vale la pena di ricordare che il ruolo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è quello di coordinare le sole spedizioni inerenti ai contratti firmati dalla Protezione civile e dal commissario Arcuri. Non è competenza del dicastero del Ministro interrogato né la distribuzione del materiale sul territorio né la gestione delle donazioni di enti privati. Su quest'ultimo fronte si è verificato più di un problema;

   non è infatti chiaro chi sia preposto al controllo della qualità di queste spedizioni – l'ambasciata italiana non può occuparsene da sola – controllo che è garantito per i contratti firmati dal Governo sia alla partenza che all'arrivo del materiale, grazie anche alla supervisione del Comitato scientifico del Governo per l'emergenza;

   in questi giorni il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si è dunque ritrovato a dover rispondere a richieste su spedizioni che non rientrano nella sua competenza, rimandando al dipartimento di Borrelli. È il caso, fra le tante, di una donazione di due milioni di mascherine da Hong Kong e Shanghai da parte del movimento delle Sardine, per cui avrebbero fatto da mediatori alcuni imprenditori di Confindustria;

   questa situazione di confusione, certamente giustificata dalla drammaticità degli eventi che la Protezione civile e la struttura di Arcuri si trovano a gestire, ha fatto emergere alcune falle non indifferenti. Si è creato un caso, ad esempio, intorno alla partita di 600 mila mascherine chirurgiche provenienti dalla Cina e donate dalla Protezione civile all'Ordine dei medici. Un comunicato del commissario Arcuri diffuso dal presidente dell'ordine Filippo Anelli, ha raccontato Il Fatto Quotidiano, ha dovuto chiedere di sospendere la diffusione delle mascherine. Le scatole le indicavano come «maschere Ffp2 equivalenti», mentre invece si trattava di mascherine chirurgiche, e dunque non idonee all'uso dell'operatore sanitario;

   c'è da auspicare che nelle prossime settimane, nella speranza che diminuisca la pressione sulle strutture sanitarie e, in particolare, sui reparti di terapia intensiva e sub-intensiva, si possa far chiarezza per catalogare tutto il materiale ricevuto e distinguere fra donazioni e acquisti –:

   se il Governo intenda mettere a disposizione dei cittadini i dati dei pagamenti effettuati a favore delle aziende cinesi in merito all'acquisto di mascherine.
(3-01440)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, FERRO e LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da anni si reclamano iniziative, anche normative, per garantire un concreto sostegno ai disabili e alle loro famiglie, allo scopo di ripensare radicalmente l'attuale sistema che si è rivelato carente, in particolare, in termini di misure per la riabilitazione, il sostegno economico, l'inclusione sociale e lavorativa. A ciò si aggiunge la difficoltà per le famiglie di ottenere il riconoscimento delle prestazioni a cui hanno diritto, in mancanza, di procedure semplificate che ne agevolino l'accesso;

   l'emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha messo ancora di più in evidenza la predetta situazione, che si è aggravata con le sopravvenute difficoltà che ha determinato l'epidemia. Al riguardo, i disabili, soprattutto minori, e le loro famiglie, che avrebbero dovuto ricevere un'attenzione prioritaria e specifica, sono stati di fatto abbandonati, nonché costretti a privarsi delle attività di supporto domiciliare, sospese per l'epidemia. I genitori sono stati improvvisamente travolti dalle misure restrittive del Governo, che invece non è intervenuto per garantire un adeguato sostegno nella contestuale gestione del lavoro e della cura dei propri bambini disabili;

   in un articolo, del 31 marzo 2020, intitolato «L'emergenza Coronavirus e i disabili dimenticati» è stata raccolta la testimonianza di un padre della provincia di Udine, A. P., che racconta le difficoltà che sta affrontando la sua famiglia, così come migliaia di altre famiglie italiane con disabili in casa;

   il signor P. è padre di una figlia di sette anni sorda, a causa di una pregressa meningo-encefalite batterica, di un bambino autistico di sei anni e di un altro bimbo di un anno e mezzo. Dallo stesso si apprendono le tante incertezze che stanno accompagnando questi genitori, che si chiedono, ad esempio, se possano usufruire ancora per i loro figli dell'indennità di frequenza garantita nel periodo scolastico e in caso affermativo entro quale termine. Per ottenere un qualche riscontro ai molteplici interrogativi, non si riesce ad accedere neanche a servizi basilari, come quello informativo dell'Inps che risulta perennemente occupato, non prevedendo un canale di contatto preferenziale per le famiglie di minori disabili;

   ancora, creano costante ansia le difficoltà di gestione del lavoro. Sul punto, il decreto-legge «Cura Italia» ha previsto il congedo parentale, pari a 15 giorni mensili retribuiti al 50 per cento, ma risulta una misura non sufficiente soprattutto per i genitori che svolgono professioni di pubblica utilità (farmacisti, lavoratori della filiera alimentare e altro), costretti a dover uscire di casa per lavorare e, quindi, impossibilitati ad assistere i propri figli. A ciò si aggiunge l'estrema complessità di dover rapportarsi con i datori di lavoro, per far comprendere che i bambini disabili hanno bisogno della presenza dei genitori, anche come figure di riferimento per la riabilitazione, essendo state sospese tutte le misure di supporto e sostegno, pubbliche e private, a causa dell'emergenza sanitaria –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti di cui in premessa e se e quali iniziative urgenti intenda adottare per sostenere adeguatamente le famiglie con disabili, in particolare minori di età, anche riconoscendo procedure agevolate, durante la fase ancora in essere di emergenza sanitaria che si protrarrà per un periodo lungo e indeterminato, seppure con misure di volta in volta meno stringenti;

   se e quali iniziative normative il Governo intenda adottare per procedere a un'ampia riforma che riesca a supplire all'inadeguatezza e alle carenze dell'attuale sistema, soprattutto, in termini di misure per la riabilitazione, il sostegno economico e assistenziale alle famiglie, l'inclusione sociale e lavorativa, prevedendo adeguati interventi ad hoc per i disabili minori di età;

   se e quali specifiche iniziative il Governo intenda adottare per agevolare e semplificare l'accesso alle prestazioni di cui hanno diritto i disabili e le loro famiglie.
(5-03808)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto il 1° aprile 2020, l'Inps, a causa del malfunzionamento del proprio sito web, si è reso protagonista di un grave disservizio e di assurdi atti di violazione della privacy, in occasione della presentazione delle istanze dei cittadini per richiedere le prestazioni riconosciute dal decreto cosiddetto Cura Italia, tra le quali, l'indennità di 600 euro per alcune categorie di lavoratori;

   era prevedibile che dal primo giorno ci sarebbe stato un considerevole numero di accessi al sito dell'Inps per ottenere le indennità, trattandosi di misure coperte da risorse finanziarie limitate e, quindi, non garantite a tutti;

   doveva essere predisposto un sistema adeguato e sicuro per ricevere le domande e, invece, l'Inps, ossia l'ente previdenziale che gestisce la quasi totalità delle posizioni pensionistiche e prestazioni sociali italiane, ad avviso dell'interrogante ha dimostrato tutta l'inaffidabilità del proprio sistema digitale. Non è accettabile che una pubblica amministrazione si dimostri così inadeguata nel riconoscere importanti servizi ai propri utenti, tra l'altro, in un periodo così drammatico che vede molti di loro senza una retribuzione e con un azzeramento dei propri guadagni, per aver dovuto interrompere la propria attività lavorativa a causa della grave emergenza sanitaria da Covid-19 che sta affrontando l'Italia;

   inoltre, il malfunzionamento del sito ha comportato la dispersione di migliaia di dati personali degli utenti, incomprensibilmente visibili a chi accedeva al sistema, generando un imponente data breach;

   al verificarsi di tali gravi disservizi e violazioni, il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, e il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, si sono affrettati nell'attribuire ogni responsabilità a un attacco hacker. Al riguardo, al di là del fatto che molti analisti hanno, invece, attribuito il blocco del sito a un errore di programmazione della memoria cache dello stesso, anche nella remota ipotesi di una violazione esterna al sistema, non è possibile che l'Inps, che detiene e gestisce i dati di milioni di italiani, abbia una piattaforma digitale così vulnerabile;

   si è appreso che sulla violazione della privacy dei dati degli utenti, ha aperto un'istruttoria il Garante per la protezione dei dati personali –:

   se e quali iniziative abbia adottato il Ministro interrogato alla luce dei fatti esposti in premessa, considerando che l'Inps è sottoposto alla sua vigilanza;

   se e quali urgenti iniziative abbia assunto l'Inps per dotarsi di un sistema digitale, sicuro ed efficiente, al fine di garantire tempestivamente le prestazioni di sua competenza dovute ai cittadini;

   se e quali specifiche iniziative siano state poste in essere, per tutelare i diritti degli utenti che sono stati destinatari di atti di violazione della privacy attraverso il sito Inps.
(5-03809)


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a partire dalla data del 22 marzo 2020 la Federazione Russa ha inviato in Italia, a bordo di aerei militari, materiale sanitario e un contingente di personale militare formato da medici, interpreti e bonificatori diretti a Bergamo, uno degli epicentri dell'epidemia da virus Covid-19;

   il giornalista de La Stampa ha svolto un'inchiesta giornalistica che sottolineava le incongruenze su quanto riportato nelle dichiarazioni del Governo e l'effettivo numero di militari giunto nella provincia lombarda, oltre ad esprimere perplessità sui tempi e sulle funzioni delle missioni in Italia;

   in data 3 aprile 2020, in un post su Facebook, il generale Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della difesa russo, ha scritto il seguente tweet: «Abbiamo prestato attenzione agli incessanti tentativi che già da due settimane il quotidiano La Stampa sta mettendo in campo per screditare la missione dei russi che si sono mobilitati per prestare aiuto agli italiani in difficoltà. Nascondendosi dietro agli ideali della libertà di parola e del pluralismo di opinioni, La Stampa sta alimentando fake news russofobiche da guerra fredda rimandando a “opinioni” espresse da anonimi “alti funzionari” (...) Nella realizzazione di questa missione umanitaria nessuna aggressione ci distoglierà dall'obiettivo e non farà vacillare la nostra sicurezza nel fatto che stiamo agendo in buona fede. Per quanto riguarda i rapporti con i reali committenti della russofobia de La Stampa, i quali sono a noi noti, raccomandiamo loro di fare propria un'antica massima: Qui fodit foveam incidet in eam (chi scava la fossa, in essa precipita)»;

   tale messaggio, intriso di inaudite minacce, è, ad avviso dell'interrogante, un chiarissimo attentato alla libertà di stampa e all'incolumità personale di Jacopo Jacoboni e di tutta la redazione del quotidiano La Stampa;

   non esiste nessuna possibilità di «bilanciamento» tra la pretesa volontà del portavoce russo di limitare la libertà di stampa di un giornalista italiano e l'azione della Federazione Russa di procedere con l'invio di aiuti umanitari;

   la libertà di stampa è valore costituzionale fondamentale e imprescindibile, al quale si conforma la democrazia repubblicana italiana in ogni contesto;

   alla nota congiunta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministro della difesa, per altro improntata secondo l'interrogante a una eccessiva «cautela diplomatica», non è seguita nessuna presa di posizione ufficiale della Federazione Russa né alcuna smentita delle dichiarazioni del rappresentante del Governo russo –:

   se il Governo intenda agire in maniera più diretta nel reclamare il rispetto per un bene costituzionale quale quello della libertà di stampa, a partire dalla convocazione dell'ambasciatore russo in Italia.
(5-03811)


   GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si evince dalla comunicazione inviata il 6 aprile 2020 dal direttore del servizio di emergenza sanitaria (S.e.s.) 118 della Asl di Bari al direttore della unità operativa struttura complessa centrale operativa provinciale S.e.u.s. 118 di Bari e Barletta-Andria-Trani, sembra che, nel corso della stessa giornata, non sia stato possibile dotare gli operatori del 118 dei dispositivi di protezione individuale a causa della indisponibilità degli stessi;

   il perdurare della mancanza dei predetti dispositivi di protezione potrebbe determinare, di fatto e già nel corso dei giorni che seguiranno, l'eventuale interruzione del servizio di soccorso pubblico ovvero la futura impossibilità da parte degli operatori del 118 di entrare in servizio in condizioni di sicurezza, poiché le loro mansioni prevedono il contatto ravvicinato, costante e sempre potenzialmente pericoloso con soggetti presumibilmente contagiati dal virus Sars-Cov-2 –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire la fornitura di dispositivi di protezione individuale con estrema urgenza agli operatori del 118 citati in premessa, assicurando agli stessi condizioni di lavoro con elevati livelli di sicurezza e scongiurando eventuali interruzioni del servizio di soccorso pubblico.
(5-03812)


   UNGARO, MIGLIORE, COLANINNO, MORETTO, MARCO DI MAIO, FREGOLENT, DEL BARBA, OCCHIONERO, GADDA, LIBRANDI, PAITA, ANZALDI, NOBILI e NOJA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportano le maggiori testate giornalistica internazionali, europee e italiane dal 30 marzo 2020 il Primo Ministro della Repubblica di Ungheria Viktor Orban, in carica dal 29 maggio 2010, ha diritti di governo e «superpoteri» eccezionali rinnovabili senza limite. Potrà governare per decreto senza alcuna controfirma e chiudere a discrezione per un periodo imprecisato anche il Parlamento. Inoltre, per quanto riguarda la libertà di stampa saranno accettate solo informazioni di fonte ufficiale governativa sulla pandemia e chi verrà accusato dall'esecutivo di diffondere fake news o definibili tali – cioè potenzialmente anche critiche rispetto alla gestione dell'allarme sanitario e al disastroso stato della sanità pubblica magiara – potrà essere condannato con fino a 5 anni di carcere;

   con la crisi sanitaria da Covid-19 lo stato emergenza in vigore dall'11 marzo 2020 dunque viene ulteriormente e gravemente inasprito;

   de facto in Ungheria si assiste a dieci anni di riforme illiberali, di attacchi alle garanzie democratiche, di brutale propaganda sulla pelle di migranti e minoranze, di demolizione della libertà di stampa e di insegnamento; la decisione di proclamare uno stato di emergenza illimitato, per consentire all'esecutivo di scavalcare il Parlamento e di governare per decreto, è stata presa senza ascoltare le proteste dell'opposizione, che aveva chiesto un limite di tempo allo stato d'eccezione. Tutto questo è avvenuto attraverso un meccanismo formalmente ineccepibile e con un voto parlamentare. E la vera questione risiede nel meccanismo che lo ha reso possibile per uno stato appartenente all'Unione europea;

   la Corte di giustizia europea ha poi stabilito che la Polonia, l'Ungheria e la Repubblica Ceca hanno violato il diritto comunitario rifiutandosi di accogliere i richiedenti asilo trasferiti dall'Italia o dalla Grecia nel momento di picco degli arrivi di migranti nel 2015;

   il paragrafo 1 dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea così recita: «Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all'articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura»; al paragrafo 3 dello stesso articolo 7 si precisa: «Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall'applicazione dei trattati». Mentre l'articolo 2 dello stesso Trattato prevede che: «L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini»;

   le predette condizioni per l'appartenenza all'Unione europea risultano gravemente compromesse in Ungheria –:

   se il Governo non intenda valutare, per quanto esposto in premessa, di adottare iniziative nelle competenti sedi europee per attivare nei confronti dell'Ungheria la procedura dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea, sospendendo ogni aiuto economico a favore del Governo magiaro in attesa del ripristino della democrazia e dei valori europei.
(5-03815)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2020 la struttura della «Casa del pellegrino», ove insisteva l'Hotel del Santuario, è stata consegnata al curatore fallimentare e successivamente consegnata all'aggiudicataria A.pro.tu.r;

   al momento l'hotel è chiuso e tale rimarrà chissà per quanto tempo ancora;

   la Casa del pellegrino è una struttura di proprietà del comune di Siracusa e da quest'ultimo concessa in comodato all'ente Chiesa Santuario Madonna delle lacrime con contratto stipulato in data 22 ottobre 1997;

   detto contratto di comodato, all'articolo 10, a quanto consta all'interrogante, prevede che «il comodatario non può cedere ad altri, in tutto o in parte, la concessione oggetto del presente disciplinare a nessun titolo o per nessuna causale, la violazione a tale divieto comporterà la decadenza del comodato»;

   l'aggiudicataria A.pro.tu.r. è soggetto terzo rispetto alla concessione e quindi, nel pieno e rigoroso rispetto di quanto contrattualmente stabilito, è di chiara evidenza che oggi ricorrono i presupposti per la decadenza immediata della concessione della struttura in capo all'ente Chiesa Santuario Madonna delle lacrime;

   allo stato, si è resa immediatamente disponibile una struttura alberghiera composta da 71 camere con bagno, cucina attrezzata, ampi saloni e ascensori adibiti al trasporto di barelle e allettati; è dotata di 155 posti letto, oltre ulteriori 100 già disponibili, si trova accanto all'Ospedale Umberto I di Siracusa e si presta perfettamente al ricovero dei contagiati o a essere disposizione dell'Asp di Siracusa;

   la struttura per evidenti ragioni non potrà essere utilizzata per parecchio tempo per finalità turistica, né risulta che l'acquirente l'abbia donata al Santuario;

   la «Casa del pellegrino» è di proprietà comunale, attualmente è chiusa e non è adibita a ricezione dei pellegrini (clausola imprescindibile inserita nel contratto di concessione della struttura al Santuario) e si trova a ridosso dell'Ospedale Umberto I; non v'è motivo alcuno per cui non venga adibita al ricovero degli infetti;

   il comune dovrebbe quindi riappropriarsi della struttura a costo zero e potrebbe agire autonomamente, anche senza l'intervento del prefetto e/o delle autorità sanitarie, evitando in tal modo pericolosi ritardi a danno della salute pubblica;

   a seguito dell'ordinanza contingibile e urgente n. 10 del 23 marzo 2020 del presidente della regione, dove si dava mandato alle Asp di individuare strutture alberghiere per garantire l'isolamento dei pazienti paucisintomatici, senza necessità di ricovero, appena positivizzati a tampone o dimessi dall'ospedale in condizioni stabili ma ancora positivi o a coloro che è stata individuata la necessità clinica di una quarantena, nessuna struttura alberghiera della città di Siracusa ha manifestato la propria disponibilità;

   tutte le organizzazioni sindacali dei medici della provincia di Siracusa Anaoo-Anpo-Aupi-Cimo-Cgil-Cisl-Uil-Fials-Sinafo il 28 marzo 2020, hanno chiesto al sindaco di Siracusa di mettere a disposizione strutture idonee quali alloggi per gli operatori sanitari, ai fini di evitare la diffusione dei contagi all'interno dei nuclei familiari –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, per il tramite della prefettura di Siracusa, per esercitare il potere di requisizione in relazione alla casa del Pellegrino e metterla a disposizione gratuita all'Asp per l'attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19.
(4-05089)


   CIABURRO, GALANTINO, CARETTA, DEIDDA e LUCA DE CARLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal mese di febbraio 2020 ad oggi, in Italia si sono riscontrati più di 124.000 casi di Covid-19, con un totale di oltre 15.000 decessi;

   tale spaventoso numero è stato rapidamente raggiunto anche in Spagna, dove ad oggi si sono riscontrati più di 126.000 casi di Covid-19, superando l'Italia, di cui oltre 11.000 decessi; contemporaneamente, in Germania sono stati riscontrati, ad oggi oltre 91.000 casi di Covid-19, con quasi 1.300 decessi;

   la Repubblica federale tedesca è il Paese più popoloso dell'Unione europea, con circa 80 milioni di abitanti e il tessuto economico tedesco è tra quelli maggiormente a contatto con il commercio e il turismo cinese; sono inoltre numerose le aziende multinazionali tedesche con una filiale in Cina; da quanto si apprende da fonti stampa tedesche, sia tramite il sito della televisione di Stato tedesca, la Deutsche Welle, che secondo un rapporto del Robert Koch Institute (RKI) di Berlino, in Germania si sarebbe registrato un picco anomalo di casi di influenza nella fine dell'anno 2019, i cui numeri andrebbero a coincidere con le tendenze globali in termini di casi di Covid-19; come indicato in un'intervista del 31 marzo 2020 al responsabile Malattie infettive 1 dell'ospedale Luigi Sacco di Milano, il numero dei decessi di Covid-19, in Italia, è conteggiato tenendo conto anche delle patologie pregresse, modalità di calcolo non utilizzata dalle autorità tedesche; esiste anche la possibilità che il numero di decessi, in Italia, sia sottostimato, in quanto – come dichiarato dal presidente dell'Istituto superiore di sanità – i dati ufficiali prendono in considerazione unicamente i decessi con tampone positivo, senza quindi intercettare i decessi avvenuti nelle abitazioni o nelle case di riposo;

   come illustrato anche da fonti stampa italiane, sempre più elementi portano a ritenere che i dati relativi alla diffusione dell'epidemia da Covid-19 in Cina siano stati manipolati dalle autorità di Pechino, con un numero di decessi stimato in realtà superiore ai 40.000, contro i 3.000 dichiarati dalla Cina;

   ad oggi, il danno reputazionale, politico ed economico subito dal nostro Paese a seguito della diffusione del Covid-19 è incalcolabile, considerando anche alcuni tentativi da parte di media stranieri di attribuire all'Italia la responsabilità della diffusione capillare della pandemia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, anche in ambito europeo, per:

    a) pervenire a metodologie di conteggio dei decessi da Covid-19 comuni in sede europea, da applicarsi anche e soprattutto alla casistica tedesca;

    b) verificare la veridicità delle informazioni diffuse dalla Repubblica popolare cinese in merito alla diffusione dell'epidemia da Covid-19.
(4-05090)


   LUCA DE CARLO, ROTELLI, GALANTINO, CARETTA, DEIDDA, MANTOVANI, VARCHI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020, articolo 1, comma 1, «sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell'allegato 1»;

   con riferimento al contenuto dell'Allegato 1 del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è stata apportata una modifica all'elenco dei codici il 25 marzo 2020;

   nel suddetto allegato 1, riguardante tutte le attività industriali e commerciali cui è concesso l'esercizio, è riscontrata l'assenza del codice Ateco 02 — silvicoltura e altre attività forestali;

   l'attività di rimboschimento, trapianto, diradamento e conservazione delle foreste e delle aree boschive, coltivazione di bosco ceduo, di legna destinata alla produzione di pasta di cellulosa e legna da ardere e la gestione di vivai forestali non comportano alcun tipo di assembramento di persone né un elevato rischio di contatto tra individui; piuttosto la regolare manutenzione delle aree boschive previene il sopraggiungere di rischi ambientali ben più importanti;

   il regolare esercizio dell'attività di silvicoltura è di fondamentale importanza per la tutela del territorio da eventuali rischi idrogeologici e incendi boschivi legati agli eventi climatici stagionali e all'approssimarsi dell'arrivo dei caldi estivi –:

   se si intenda prendere in considerazione la possibilità di revocare il divieto di esercizio per le attività appartenenti al codice Ateco 02 e, quindi, di prevederne l'inserimento fra quelle consentite, anche nel periodo di applicazione delle misure straordinarie per il contenimento della diffusione del virus Covid-19.
(4-05093)


   GALLO e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   durante il periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19 sono numerose le segnalazioni ricevute dai lavoratori dalle quali risulta che alcune imprese, tra cui la Dussmann service srl e la I.B.M - Ideal building maintenance soc. coop., abbiano deciso di ricorrere alla sospensione nei confronti di lavoratori che hanno svolto servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali;

   le imprese che hanno adottato la scelta della sospensione, ai sensi dell'articolo 34 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) multiservizi, in questo modo non permettono ai lavoratori di beneficiare né di un reddito da lavoro dipendente impiegandoli in un apposito appalto in essere, né di un adeguato ammortizzatore sociale, lasciando questi lavoratori in una condizione di estrema difficoltà;

   risulta, altresì, che alcune aziende abbiano deciso di ricorrere alla sospensione, senza aver proposto ai lavoratori interessati di svolgere la propria attività lavorativa per servizi relativi ad altri appalti facenti capo alla medesima azienda;

   proprio in riferimento all'emergenza sanitaria, il Governo ha adottato il decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18, in materia di «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», che prevede interventi rilevanti a favore dei lavoratori, introducendo misure speciali in tema di ammortizzatori sociali che incidono sul trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale e sul reddito di cittadinanza. Esso introduce, altresì, norme speciali in materia di riduzione dell'orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori, al fine di limitare, per quanto possibile, le occasioni di contagio e aiutare i lavoratori a seguito della chiusura delle attività e della sospensione dei servizi educativi –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di verificare se vi siano state irregolarità relative alle sospensioni decise dalle imprese ai danni dei lavoratori, i quali ad oggi non ricevono alcun salario e non possono beneficiare di alcuna tutela o sussidio, come ad esempio la cassa integrazione guadagni, per fronteggiare tale situazione di estrema difficoltà;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per salvaguardare la situazione economica di questi lavoratori o di lavoratori che sono nelle stesse condizioni al fine di tutelarne la dignità sociale.
(4-05095)


   LUCASELLI, PRISCO, LUCA DE CARLO, ROTELLI, FERRO e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le misure di contenimento adottate dal Governo per arginare il contagio da coronavirus stanno mettendo in sofferenza il comparto delle bevande analcoliche, un mercato da 4,9 miliardi di euro e 80 mila lavoratori, che non riesce a compensare le perdite attraverso il canale della distribuzione moderna;

   mentre tra gli scaffali dei supermercati si scatena la corsa ai beni di prima necessità, le vendite delle bevande analcoliche (dalle aranciate ai chinotti, dalle cole alle bevande energizzanti), come confermato dal direttore generale di Assobibe, associazione aderente a Confindustria, hanno cominciato a registrare un calo del 10 per cento, destinato ragionevolmente ad aumentare;

   secondo quanto riportato nelle note dell'Associazione al decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto decreto Cura Italia, «il ricorso alla Cassa integrazione è in crescita e le prime stime ipotizzano una perdita di fatturato del 30 per cento nel 2020», stima che rischia di rivelarsi per difetto, dal momento che è correlata alla eventualità di una risoluzione a breve dell'emergenza;

   la contrazione della domanda e le incertezze sulla ripresa rendono insostenibile un qualunque ulteriore aumento della pressione fiscale, che metterebbe a rischio gli 80.000 posti di lavoro della filiera in Italia, in parte già in ferie forzate e in cassa integrazione;

   anche un colosso del settore come Coca Cola Italia è stato costretto ad attivare la cassa integrazione per 300 persone del team commerciale «di fatto impossibilitate a portare avanti il loro lavoro»;

   anche Unionplast, la Confindustria delle imprese trasformatrici delle materie plastiche, prendendo spunto dalle parole del Presidente del Consiglio dei ministri Conte che in una conferenza stampa aveva rassicurato gli italiani sulla sicurezza dei prodotti alimentari dei supermarket, protetti da «polistirolo e pellicola trasparente», ha avanzato la richiesta di riconsiderare l'entrata in vigore della tassa (45 centesimi al chilogrammo) prevista per luglio, che abbatterà del 10-15 per cento il fatturato delle aziende del settore;

   si tratta, peraltro, di una filiera in prima linea nella battaglia contro il Covid-19, se solo si considera che, ad esempio, le aziende dell'imballaggio flessibile forniscono il materiale con il quale altre aziende realizzano i contenitori sterili impiegati, in ultimo, dall'industria che produce i tamponi;

   già prima dell'emergenza sanitaria, l'introduzione di plastic e sugar tax aveva rappresentato un duro colpo a competitività e possibilità di mantenere inalterati i livelli occupazionali, ma adesso, con l'intera filiera recettiva in sonno forzato, le cosiddette «tasse etiche» potrebbero rappresentare un ostacolo insormontabile all'impegno messo in campo dalle aziende del settore per superare la crisi; in merito all'entrata in vigore della plastic tax, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato che sono allo studio «una serie di possibilità di sviluppo e di riflessioni, di ripresa economica che sono sul tavolo del Mef. L'importante è far ripartire il Paese [...]»;

   è necessario approvare nell'immediato tutte le misure necessarie per salvaguardare, non solo la salute dei cittadini, ma anche il tessuto produttivo italiano e la tenuta dei livelli occupazionali –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per tutelare imprese e lavoratori in un contesto economico senza precedenti, anche prevedendo la sospensione dell'applicazione dell'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego e sul consumo delle bevande analcoliche, in modo da alleggerire il peso dell'imposizione fiscale a carico delle attività produttive nazionali, eccellenze del made in Italy.
(4-05097)


   MAGLIONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di grave emergenza sanitaria connessa alla diffusione della infezione da Covid-19 ormai da settimane affligge il nostro Paese e negli ultimi giorni i casi di contagio in Campania sono in aumento;

   nel pomeriggio del 23 marzo 2020 Villa Margherita, struttura privata convenzionata di ricovero, cura e assistenza in ambito riabilitativo sita in provincia di Benevento, comunica all'Asl di Benevento di avere ricoverato un proprio degente, per sospetto caso di Covid-19, all'ospedale Rummo dell'azienda ospedaliera «S. Pio» di Benevento;

   l'Asl interviene e dispone l'ispezione, l'isolamento dei febbricitanti, la somministrazione di tamponi e il blocco di ricoveri e visite ai degenti;

   il 24 marzo 2020 un dirigente di Cgil della sanità privata, Taddeo Pompeo, interviene pubblicamente e chiarisce che il paziente trasferito all'ospedale Rummo, come sospetto caso Covid-19, era arrivato il 10 marzo da Villa Ester, struttura sita ad Avellino, nella struttura riabilitativa per curare patologie di altra natura e che solo successivamente il paziente aveva presentato sintomi riconducibili all'attuale patologia e che Villa Margherita aveva provveduto ad attivare il suo comitato di sorveglianza;

   il 27 marzo alle 21,15, l'Asl di Benevento con nota ufficiale, oltre a confermare la positività al Covid-19 di 25 tamponi effettuati su alcuni pazienti e dipendenti del centro riabilitativo di Benevento, comunica anche che i tamponi dalla stessa prescritti il 23 marzo sono stati effettuati il 25 marzo su alcuni pazienti e dipendenti. Aggiunge, inoltre, di essere ancora in attesa dell'esito del tampone fatto al paziente irpino sospetto di Covid-19 ricoverato e trasferito all'ospedale Rummo dell'Azienda ospedaliera «San Pio». Conferma, pertanto, le sue precedenti disposizioni, date il 23 marzo, e, alla luce dei 25 positivi accertati, estende il tampone a tutti i presenti nella struttura, anche agli asintomatici. Chiede pertanto alla struttura riabilitativa Villa Margherita una relazione dettagliata su tutti i pazienti ricoverati dal 1° marzo 2020, sulle ulteriori misure adottate verso i pazienti provenienti da altre strutture e sull'elenco completo degli operatori addetti all'assistenza, di tutti i pazienti ricoverati e di tutte le persone dimesse dal 23 marzo 2020, al fine di adottare i provvedimenti di legge;

   ad oggi dai tamponi effettuati, risulta che ben 52 persone sono risultate positive al Covid-19, tra pazienti e dipendenti del centro di riabilitazione Villa Margherita a Benevento. Di questi, 27 sono non residenti nella provincia di Benevento e 25 residenti in altri comuni della provincia di Benevento;

   il rischio di contagio è concreto e attuale, di difficile individuazione e potrebbe riguardare un numero indiscriminato di soggetti e rappresenta, inoltre, un pericolo oggettivo per la salute pubblica, ove si consideri l'esponenziale velocità con la quale il virus si propaga e la facilità di contagio –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con la regione, per acquisire ogni utile elemento sulla situazione e chiarire se nella struttura riabilitativa Villa Margherita, nella quale si sono verificati i contagi, siano state eseguite correttamente e senza omissioni le procedure necessarie per minimizzare il rischio di trasmissione.
(4-05098)


   MANTOVANI, DEIDDA, PRISCO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, CIABURRO, LUCA DE CARLO, VARCHI e ROTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, è stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;

   in data 20 febbraio 2020, ovvero venti giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza si è registrato, sul territorio di Codogno, il primo caso di cittadino italiano infettato da Covid-19;

   nelle giornate del 20 e 21 febbraio 2020 sono stati accertati ulteriori casi di infezione da coronavirus Covid-19 inerenti a pazienti ricoverati presso gli ospedali di Codogno e Lodi e tale constatazione ha reso incontrovertibile l'esistenza di un cluster di infezione nei comuni di Codogno e Castiglione d'Adda, contigui ai comuni di Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano;

   nelle quarantotto ore successive è stato emanato il primo di una serie di decreti-legge, il n. 6 del 23 febbraio 2020, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13; dalla seconda metà di febbraio si avvia un incremento del numero di accessi agli ospedali frutto della crescita dei contagi che a breve sarebbe divenuta esponenziale con conseguente sovraccarico delle terapie intensive;

   la scarsità di dispositivi medici, con particolare riferimento ai ventilatori, ha fatto emergere significativi problemi nella gestione dei pazienti con gravi difficoltà respiratorie. Per colmare l'enorme domanda del servizio sanitario nazionale e reperire tali strumenti necessari per l'attivazione dei posti letto di terapia intensiva, tutte le istituzioni coinvolte nella gestione dell'emergenza sono state costrette a rivolgersi sul mercato internazionale con tutte le difficoltà connesse, soprattutto per quanto concerne quantità e tempi delle consegne;

   in data 29 marzo 2020 il giornale «Il Fatto Quotidiano» ha pubblicato la notizia relativa alla Siare Engineering, azienda di Valsamoggia che produce ed esporta macchinari polmonari e che è stata contattata dal Governo solo il 4 marzo 2020, quando l'emergenza era ormai sotto gli occhi di tutti; dalle pagine del suddetto quotidiano il direttore generale della Siare ha dichiarato quanto segue: «Si poteva fare meglio con un po’ di anticipo. Dopo il contatto con Conte ho subito bloccato i respiratori già imballati nei cartoni per partire verso l'Asia, così ne abbiamo recuperati più di trecento per gli ospedali italiani» –:

   come mai, nella fase precedente all'esplosione della crisi sanitaria, il Governo, prima di procedere a una ricognizione sulla produzione nazionale di dispositivi sanitari, si sia rivolto e appellato al mercato internazionale e agli aiuti internazionali, preferendo appellarsi ad aiuti provenienti dall'estero che, per ovvi motivi logistici, hanno impiegato più tempo per essere consegnati.
(4-05099)


   SPENA, VERSACE e D'ATTIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la gravissima emergenza sanitaria in atto, conseguente alla diffusione del virus Covid-19, a seguito della richiesta, da parte delle autorità sanitarie, di rimanere nelle proprie abitazioni per ridurre al minimo il rischio di contagio, sta comportando fortissime, seppur necessarie, limitazioni agli spostamenti di ciascuna persona;

   le recenti disposizioni hanno comportato la chiusura delle scuole e dei servizi educativi per l'infanzia e la sospensione dell'attività dei centri semiresidenziali a carattere socio-assistenziale, socioeducativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per le persone con disabilità;

   in queste ultime settimane, ritenutosi necessario aumentare le misure di contenimento, sono state vietate, inoltre, alcune pratiche consentite fino al giorno prima, come le passeggiate o la corsa, così come si è provveduto alla chiusura al pubblico di parchi, aree gioco, giardini e altri spazi pubblici;

   a soffrire maggiormente questa situazione di estrema difficoltà e di drastica riduzione della propria mobilità, sono i bambini, le persone più fragili, affette da disabilità e le loro famiglie, tra queste certamente i giovani affetti da disturbi dello spettro autistico o da altre problematiche psichiatriche e comportamentali, privati delle attività nei centri diurni, degli interventi riabilitativi e in difficoltà nel vedersi garantiti alcuni servizi socio-sanitari;

   per le persone affette da tali fragilità, perdere le routine giornaliere come la scuola o il lavoro e non potersi relazionare con le persone che fanno parte della propria quotidianità è sicuramente causa di grandissime difficoltà e sofferenza personale. Il solo uscire di casa può rappresentare quindi per loro un'esigenza vitale. Pertanto, anche in questa situazione di emergenza sanitaria, sarebbe assolutamente necessario, pur con le indispensabili garanzie, consentire loro di uscire dall'ambiente domestico nel quale sono costretti –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere una parziale deroga alle disposizioni vigenti, al fine di consentire ai ragazzi affetti da disabilità motorie nonché da disturbi dello spettro autistico, o da altre problematiche psichiatriche e comportamentali e già privati troppo spesso della normale assistenza domiciliare, di muoversi con un genitore e di effettuare delle uscite controllate dall'ambiente domestico, seppur nel pieno rispetto delle condizioni di sicurezza sanitaria;

   se non si intendano implementare sensibilmente in questa fase di emergenza sanitaria, per le persone affette da disturbi dello spettro autistico o da altre disabilità, i servizi di assistenza sociosanitaria domiciliari specifici, compatibili con le attuali prescrizioni di sicurezza sanitaria, anche al fine di non vanificare le difficili conquiste acquisite con anni di terapie.
(4-05101)


   BELLUCCI, VARCHI, FERRO, LUCASELLI, PRISCO, LUCA DE CARLO, CARETTA, MANTOVANI, DEIDDA e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un'emergenza drammatica sta mettendo a durissima prova l'intero servizio sanitario nazionale, già colpito da anni di definanziamento con riduzione del 30 per cento dei posti-letto ospedalieri;

   trovarsi nella condizione di dover scegliere tra due o più malati quale ricoverare, perché il posto disponibile è uno solo, rischia, pertanto, di diventare uno dei dilemmi che frequentemente medici e anestesisti-rianimatori saranno chiamati a risolvere: è il triage delle maxi-emergenze;

   tali scelte sono state spiegate dalla Siaarti, Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva: a fronte di «un enorme squilibrio tra le necessità cliniche reali della popolazione e la disponibilità effettiva di risorse intensive (...) ogni medico può trovarsi a dover prendere in breve tempo decisioni laceranti da un punto di vista etico oltre che clinico: quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti i pazienti che arrivano, non tutti con le stesse chance di ripresa» e occorre «privilegiare la “maggior speranza di vita”»;

   il Forum del terzo settore parla di una «strage degli innocenti» e denuncia: «Non vi è nulla di naturale in questa scelta crudele di sacrificare le persone più fragili, illudendosi così di salvare quelle più forti. Con le loro vite stiamo sacrificando anche la nostra dignità»;

   parafrasando l'intervento della relatrice delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili, Catalina Devandas, gli Stati devono varare idonei protocolli per garantire pari diritto di accesso alle cure ai cittadini e, in particolare, ai disabili e far sì che non ci si ritrovi di fronte alla necessità di scegliere quali vite meritino di essere salvate e quali sacrificate –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire il diritto di accesso alle cure a tutti i pazienti, senza alcuna discriminazione fondata sulle condizioni di salute preesistenti, di età o di disabilità e, in particolare:

    a) per implementare i posti letto di emergenza, tenendo conto delle specifiche necessità delle persone con gravi patologie, creando, ove possibile, reparti dedicati alle terapie salvavita;

    b) per tutelare le persone con disabilità o con malattie croniche, rare e complesse, sia implementando le misure preventive del rischio di contagio, sia impedendo, in caso di contagio, che la condizione di salute si aggravi a tal punto da richiedere un ricovero ospedaliero;

    c) per potenziare l'accesso alle terapie domiciliari, evitando gli ingressi negli ospedali, ove non sia possibile garantire percorsi sicuri, lontani dalle possibili fonti di contagio;

    d) per garantire supporto psicologico e professionale ai familiari e alle persone con disabilità in caso di ricovero ospedaliero, anche al fine di fungere da facilitatore nella comprensione delle dinamiche legate all'ambiente, decodificando, specie in caso di disabilità gravissima non verbale, i bisogni e la comunicazione dei sintomi;

    e) per istituire un servizio di pronto intervento sociale e socio-sanitario a livello di distretto socio-sanitario e un numero verde che raccolga le richieste dei cittadini con disabilità intellettive e del neuro sviluppo o con malattie croniche, oncologiche, rare e complesse o non autosufficienti, che abbiano necessità di servizi medici specialistici in urgenza e sicurezza;

    f) per affrontare le situazioni di emergenza sociale, con particolare riguardo alle persone con disabilità non collaboranti e/o non autosufficienti, in quanto non in grado di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l'assistenza di un accompagnatore;

    g) per ripristinare l'assistenza domiciliare sia per coloro che già ne usufruivano, sia per coloro che precedentemente usufruivano di prestazioni e servizi in strutture le cui attività sono state sospese;

    h) per istituire un servizio di tele-assistenza continuativo per monitorare la situazione e intervenire laddove sia necessario.
(4-05102)


   D'IPPOLITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è da settimane in emergenza sanitaria per la diffusione del nuovo coronavirus, che provoca gravi polmoniti e conseguenti decessi, i quali allo stato, secondo i dati ufficiali della Protezione civile nazionale, ammontano a oltre 13.000;

   studi accreditati riportano significativi aumenti delle infezioni delle basse vie respiratorie in relazione all'incremento di Pm 2.5;

   tra i suddetti lavori scientifici si rammenta, a titolo esemplificativo, quello di Mehta pubblicato nel 2013 su Air Quality Atm Health nel 2013, uno di Xiaolin Xia pubblicato nel 2017 su International Journal of Environmental Research and Public Health, che documenta una crescita del 40 per cento delle polmoniti anche dopo esposizione di breve periodo ad elevati valori di Pm 2.5, nonché uno studio di Benjamin D. Horne, pubblicato nel 2018 su American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, che attesta l'incremento del 19 per cento di polmoniti dopo appena 27 giorni di superamento del valore soglia del Pm 2.5, nella fattispecie più basso di quello massimo stabilito in Italia, e una pubblicazione di Liu, del 2019, sul New England Journal of Medicine, la quale, esaminando i dati di mortalità in 652 città del mondo tra il 1986 e il 2015, indica l'avvenuto innalzamento dello 0,68 per cento della mortalità per insufficienza respiratoria, addirittura dopo due giorni di Pm 2.5 incrementato di microprogrammi per metro cubo;

   in una recente nota a firma del presidente dell'Isde internazionale, Ferdinando Laghi, e di altri ambientalisti, intanto indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri della salute e dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare, si chiede di «sospendere l'esercizio di centrali elettriche non strettamente necessarie o di back up che si trovino in un contesto delicato di salute e ambiente come quella del Mercure», impianto a biomasse, posto all'interno del Parco nazionale del Pollino, che libera in aria particolato, anche di tipo Pm 2.5 in grado di penetrare negli alveoli polmonari con eventuale diffusione nel sangue;

   nella nota in predicato si richiama l'attenzione, in ordine alla diffusione del Sars-CoV-2, sul «possibile trasporto del virus, da parte delle polveri sottili», questione posta nel Position Paper redatto da Sima – Società italiana di medicina ambientale – e condivisa con strutture dell'Università di Bologna e dell'Università di Bari;

   nella stessa nota si evidenzia, altresì, sulla scorta di ulteriori studi ivi citati, «una possibile maggiore persistenza del coronavirus in sospensione aerea, proprio a motivo dell’“ausilio” offerto dalla presenza di micro e nano-polveri», i cui effetti sulla salute umana sono contestualmente riassunti in una tabella a parte;

   per il principio di precauzione volto alla tutela della salute pubblica, peraltro ribadito dall'Organizzazione mondiale della sanità e seguito nell'adozione dei decreti emergenziali relativi all'epidemia/pandemia da nuovo coronavirus, appare essenziale verificare, eventualmente, di quali centrali elettriche presenti nel territorio nazionale si possa, in questa fase, sospendere l'esercizio per tutelare la salute pubblica –:

   se il Governo non ritenga di valutare l'adozione di iniziative per la sospensione temporanea dell'esercizio di centrali elettriche in rapporto al valore della loro produzione, alla quantità e alla tipologia del particolato emesso nell'aria, così come al contesto ambientale in cui si trovano;

  se il Ministro della salute non intenda promuovere, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, indagini specifiche al fine di approfondire l'eventuale rapporto/nesso tra inquinamento e diffusione dell'epidemia da nuovo coronavirus.
(4-05104)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Gazzetta di Parma del 1° aprile 2020, pagina 30, titola «Emergenza virus, personale malato: chiusa Villa IGEA, via alla sanificazione»;

   detto titolo riassume quanto accaduto alla clinica riabilitativa termale Villa Igea di Salsomaggiore Terme (in provincia di Parma) a causa della grave situazione che vede coinvolta la maggior parte del personale sanitario in essa operante che sarebbe interessato da contagi accertati o solamente potenziali da Covid-19;

   secondo quanto attribuito dai media alla proprietà della clinica, la chiusura si protrarrà fino a quando il personale in organico non tornerà a essere tutto disponibile e, nel mentre, verrà effettuata l'opportuna attività di sanificazione dei locali in questione;

   la clinica Villa Igea, di proprietà di Terme Salsomaggiore Tabiano S.r.l. (Tst), in ragione dell'accordo quadro concluso tra regione Emilia-Romagna e l'Associazione italiana ospedaliera privata (Aiop), avrebbe ospitato – già da alcune settimane – pazienti non affetti da Covid-19 e ciò al fine di poter alleviare le strutture ospedaliere pubbliche dai ricoveri ordinari, così permettendo alle dette strutture pubbliche di disporre di più posti-letto per gli effetti da coronavirus che necessitassero di ricovero;

   risulterebbero all'interrogante esposte lamentele, da parte del personale della clinica, alle rappresentanze sindacali e da quest'ultime alla proprietà per il fatto che gli operatori della clinica non sarebbero stati adeguatamente formati per prevenire e proteggersi da eventuale infezione da Covid-19, né sarebbero stati dotati di adeguati dispositivi di protezione individuale, così da determinare, in poco tempo, il fatto che la gran parte del personale risultasse infetta o potenzialmente tale;

   non vi è dubbio che i focolai di Covid-19 manifestatisi all'interno delle strutture sanitarie come appunto Villa Igea, sono ritenuti i più pericolosi per il diffondersi della gravissima epidemia in corso –:

   se e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza e di concerto con la regione Emilia-Romagna, al fine di chiarire le ragioni per cui il personale della clinica Villa Igea di Salsomaggiore Terme avrebbe lavorato per settimane senza le adeguate misure di prevenzione e protezione da Covid-19;

   se, sulla base degli elementi in possesso del Governo, la menzionata carenza di dispositivi di protezione individuale possa essere individuata come la principale causa della rapida diffusione del virus all'interno della detta clinica;

   di quali elementi dispongano circa le verifiche disposte prima del trasferimento a Villa Igea dei pazienti di cui in premessa e quali eventuali iniziative intendano assumere per circoscrivere il possibile espandersi dell'epidemia.
(4-05105)


   BALDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020, il dottor Domenico Arcuri è stato nominato commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19;

   il comma 1 dell'articolo 122 ha previsto che «il Commissario attua e sovrintende a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla, nonché programmando e organizzando ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni, e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale»;

   l'emergenza epidemiologica in atto ha sollevato l'urgenza prioritaria di acquisire apparecchiature biomediche, in particolare ventilatori polmonari da terapia intensiva, e dispositivi di protezione individuale in quantità elevate e in tempi molto limitati, al fine di consentire l'adeguamento alla impennata di domanda di servizi sanitari, configurandosi questi come strumenti determinanti e imprescindibili;

   si ritiene opportuno evidenziare che, sebbene le operazioni in questione siano effettuate nell'ambito di uno scenario emergenziale e secondo una procedura di acquisizione ad hoc, la complessità del processo di selezione, acquisizione, collaudo e manutenzione di apparecchiature biomediche e dispositivi di protezione, richiede un know-how specifico imprescindibile, riferibile alla professionalità dell'ingegnere clinico;

   risulta all'interrogante che siano molteplici le segnalazioni di forniture improprie: tra l'altro, si segnalano ventilatori polmonari inadeguati all'uso in terapia intensiva, mascherine non adatte alla destinazione per le quali sono state fornite, monitor multiparametrici privi dei moduli necessari, apparecchiature con limitato o assente servizio di manutenzione in Italia, apparecchiature senza manuali d'uso, apparecchiature non accompagnate da marcatura CE;

   malgrado l'urgenza di procedere celermente in deroga ai vincoli amministrativi ordinari, è prioritario il carattere imprescindibile del corretto funzionamento delle apparecchiature biomediche in ragione della ricaduta cruciale sulla salute e sulla sopravvivenza dei pazienti in cura per il Covid-19 e sul superamento – sotto il profilo sistemico – della impasse emergenziale in atto;

   si evidenzia, inoltre, che in queste ore il commissario Arcuri avrebbe segnalato che le mascherine Ffp2 distribuite agli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (OMCeO) dei capoluoghi di regione, non siano dispositivi autorizzati per l'uso sanitario dalla Protezione civile; pertanto, ne è stata chiesta la sospensione immediata della distribuzione e dell'utilizzo;

   quanto suesposto solleva molteplici dubbi circa le dinamiche di monitoraggio e di verifica dei dispositivi acquisiti in ragione dei riverberi che possono innescarsi sulla gestione dell'emergenza senza trascurare gli effetti anche sulle dinamiche di propagazione virale che l'uso di strumenti di contenimento fallati ed inappropriati possono determinare;

   le associazioni italiane di categoria professionali che raccolgono eccellenze italiane ed europee nel settore, come ad esempio l'Associazione italiana ingegneri clinici, unitamente a molteplici professionisti e tecnici di settore potrebbero essere coinvolte in questo procedimento straordinario e sostenere e supportare l'attività della Protezione civile e del commissario straordinario, alleggerendone il carico di lavoro ed evitando sprechi di risorse anche economiche –:

   se corrisponda al vero che siano state acquisite strumentazioni improprie e non adeguate alla funzionalità di destinazione;

   quali siano le procedure di monitoraggio, controllo e verifica della funzionalità e dell'adeguatezza dei dispositivi medici di emergenza;

   se non si ritenga opportuno coinvolgere professionalità competenti in materia di verifica, funzionamento e adeguatezza dei dispositivi medici di gestione dell'emergenza da Covid-19, come tra gli altri, gli ingegneri clinici.
(4-05106)


   CIABURRO, PRISCO, MANTOVANI, GALANTINO, BUCALO, LUCA DE CARLO, CARETTA e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del consiglio dei ministri 28 marzo 2020, il Governo ha confermato l'intendimento già raggiunto l'11 dicembre 2019 in Conferenza Stato-città, mettendo il Ministero dell'interno in grado di erogare il 66 per cento del fondo di solidarietà comunale (Fsc) con due mesi di anticipo rispetto a maggio 2020;

   tale anticipo di liquidità non costituisce in alcun modo misura straordinaria, andando a confermare una prassi tenuta dal Governo, che già ha anticipato l'Fsc a fine marzo-inizio aprile 2019;

   non tutti i comuni sono destinatari dell'Fsc o di quote significative di tale titolo; ci sono infatti circa 500 comuni «incapienti», le cui disponibilità sono direttamente collegate principalmente al gettito dell'Imu e altre non significative entrate proprie e che non si ritrovano anticipata nessuna somma per fronteggiare le voci di bilancio legate all'ordinaria amministrazione e per le sopravvenute esigenze economiche dovute alla crisi da Covid-19;

   a giugno 2020 numerosi comuni non potranno contare sulle risorse derivanti dalla riscossione dell'Imu, poiché i cittadini saranno – a buon diritto – impossibilitati a versare la somma, i cui proventi sono tuttavia già iscritti nel bilancio dei vari comuni per il pagamento di servizi essenziali;

   il Fondo di solidarietà comunale si basa su risorse provenienti prevalentemente dall'Imu versata dai vari comuni italiani, creando la paradossale situazione in cui molti dei predetti comuni «incapienti», soprattutto a vocazione turistica, contribuiscono al Fondo senza da questo ricevere alcuna risorsa, trovandosi ancor più penalizzati rispetto al resto dei comuni italiani;

   con ordinanza del dipartimento della protezione civile n. 658 sono stati assegnati ai comuni fondi per 400 milioni di euro, sotto forma di «anticipazione», utilizzabili per misure di solidarietà alimentare, nell'unità minima di 600 euro a comune;

   le risorse affidate ai predetti comuni «incapienti» sono, da un lato, insufficienti a fronteggiare le spese di ordinaria amministrazione, già iscritte a bilancio, che questi devono affrontare e, dall'altro, insufficienti a fronteggiare tutte le emergenze derivate da crisi Covid-19 –:

   se il Governo sia al corrente delle difficoltà di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per:

    a) destinare nuove e maggiori somme ai comuni italiani e soprattutto ai comuni «incapienti», al fine di fronteggiare le sopravvenute spese emergenziali per il mantenimento della loro struttura amministrativa;

    b) fornire ai comuni maggiore libertà circa la destinazione delle risorse aggiuntive erogate per misure di solidarietà alimentare, permettendo la destinazione delle predette somme anche per sostenere il pagamento delle utenze da parte dei cittadini;

    c) garantire ai comuni la liquidità necessaria per compensare la mancata riscossione dell'Imu nel periodo di giugno 2020, con misure che non costituiscano detrimento per le disponibilità economiche dei cittadini colpiti dalla crisi da Covid-19.
(4-05107)


   FASANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza coronavirus che imperversa sul nostro Paese dal mese di febbraio 2020 sta provocando notevoli danni economici alla maggior parte delle aziende italiane;

   le misure di contenimento varate dal Governo con i vari decreti firmati dal Presidente del Consiglio dei ministri e le ordinanze delle regioni hanno provocato la sospensione delle attività per numerose aziende ed esercizi commerciali;

   i tempi medi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle aziende e dei liberi professionisti sono, quasi sempre, ben più lunghi di quelli imposti dalla legge;

   i maggiori ritardi per il pagamento ai fornitori dalle pubbliche amministrazioni si registrano soprattutto nelle regioni meridionali dove, già prima dell'emergenza coronavirus, molte aziende palesavano situazioni di difficoltà, in particolare per carenza di liquidità;

   senza un intervento governativo molte aziende difficilmente riusciranno a far ripartire le proprie attività dopo il periodo d'interruzione forzata –:

   se il Governo, per aiutare aziende e liberi professionisti in crisi di liquidità, che contestualmente vantano crediti dalle pubbliche amministrazioni che non riescono a riscuotere nei tempi dettati dalla normativa, intenda adottare iniziative per istituire un fondo speciale destinato alle suddette categorie che consenta di pagare crediti non contestati e/o fondati su titoli esecutivi e/o giudizialmente accertati e dotati di forza di giudicato formale e sostanziale nei confronti dello Stato e delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento ai crediti relativi a forniture di beni e/o prestazioni di servizi e/o prestazioni d'opera effettuate sino al 31 gennaio 2020 e compensi per prestazioni d'opera intellettuale effettuate sino alla stessa data.
(4-05109)


   ROSPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   anche le scuole paritarie, così come definite dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione» si trovano ad affrontare l'emergenza da Covid-19;

   le scuole paritarie si trovano in grosse difficoltà economiche a causa degli elevati costi da sostenere per organizzare l'insegnamento a distanza attraverso le piattaforme certificate;

   molte scuole paritarie si trovano, inoltre, in difficoltà, in quanto con la sospensione dei corsi molte famiglie non stanno più pagando le rette mensili o chiedono una diminuzione della medesima; le scuole paritarie al fianco delle scuole statali offrono un servizio fondamentale per il sistema nazionale d'istruzione e per l'offerta formativa;

   in nessuno dei decreti emanati fino ad oggi vi sono norme atte a sostenere dal punto di vista economico gli sforzi che le scuole paritarie stanno affrontando durante l'emergenza da Covid-19;

   le scuole paritarie come tutti gli istituti statali sostengono anche spese relative al materiale didattico, agli affitti dei locali e ai costi per il personale docente, tecnico e amministrativo –:

   se siano a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di prevedere un incremento delle risorse a sostegno alle scuole paritarie di ogni ordine e grado al fine di contrastare l'emergenza da Covid-19;

   se non ritengano necessario adottare iniziative per istituire un fondo aggiuntivo o incrementare quello già previsto dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, per tutelare e sostenere le scuole paritarie e il servizio formativo svolto e agevolare l'accesso alle piattaforme didattiche a distanza anche per le scuole paritarie.
(4-05111)


   ZUCCONI, PRISCO, LUCA DE CARLO, CARETTA, MANTOVANI, DEIDDA e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emergenza determinata dal coronavirus, si sono rese necessarie misure straordinarie di sostegno ai lavoratori e ai professionisti;

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha introdotto la possibilità per alcuni lavoratori titolari di partita Iva di poter accedere a una indennità di 600 euro per il mese di marzo 2020, al fine di ovviare alle necessità impellenti;

   quanto appena descritto doveva avvenire mediante una procedura sul sito internet dell'Inps a partire dal 1° aprile 2020, ma sin dall'inizio, a causa dell'eccessivo afflusso e della limitata potenza digitale del portale, migliaia sono state le persone che hanno riscontrato enormi problemi non riuscendo a portare a termine l'istanza suddetta;

   a ciò si aggiunga che era evidente che annunciare l'apertura della possibilità di attivare la procedura a far data dal 1° aprile 2020, indicando poi come criterio di scelta per l'erogazione quello cronologico delle richieste, avrebbe comportato un afflusso concentrato e il conseguente default del portale;

   oltre al problema precedentemente esposto, si è riscontrata anche una gravissima falla di sicurezza sul sito dell'Inps: numerosissimi sono stati i casi in cui i dati personali degli utenti sono stati esposti pubblicamente e sono stati accessibili da chiunque entrasse nella pagina ufficiale del portale. Il livello di gravità della violazione della privacy è evidenziato dal fatto che in molti casi tra i dati consultabili erano visibili: nome, cognome, codice fiscale, indirizzo di casa, comune di residenza e numero di telefono o cellulare;

   Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, ha affermato in più occasioni che la problematica attinente alla falla sui dati sensibili probabilmente sia stato il frutto di un'azione di hackeraggio, nonostante il Ministro Catalfo, durante un'intervista a una importante trasmissione radiofonica nazionale, abbia dichiarato che nei giorni antecedenti l'apertura del servizio, il portale fosse stato potenziato digitalmente e pertanto messo in sicurezza;

   lo stesso presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, ha definito questo «data breach», come un episodio grave e decisamente preoccupante per i risvolti imprevedibili che potrebbe avere per la privacy degli utenti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo abbia adottato al riguardo e con quali oneri di spesa e quali iniziative intenda adottare nel futuro per garantire un'effettiva tutela dei dati personali dei cittadini italiani, affinché tali episodi non si verifichino più;

   se si intenda confermare l'impegno assunto dal Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al fatto che gli importi dovuti saranno liquidati entro e non oltre il 15 aprile 2020.
(4-05113)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'organizzazione sindacale FP C.g.i.l., già con atto del 20 marzo 2020, ha chiesto l'effettuazione dei test sierologici Covid-19 per una profilassi mirata al personale di polizia penitenziaria, così da identificare anche gli eventuali asintomatici e garantire loro una maggiore sicurezza nei confronti dell'utenza e della salute pubblica;

   su un comunicato stampa della giunta regionale dell'Umbria, datato 30 marzo 2020, si evince che, l'assessorato alla sanità ha messo a disposizione 5.000 test immunologia (nel giro di una settimana il numero dovrebbe arrivare a 10 mila, mentre per la metà di aprile 2020 dovrebbero arrivare 15 mila kit per effettuare il test molecolare rapido) estesi anche alla polizia penitenziaria;

   un agente di polizia penitenziaria di stanza presso la casa di reclusione di Sulmona è risultato positivo al Covid-19 e attualmente ricoverato presso una struttura ospedaliera;

   sul territorio nazionale vi sono 116 poliziotti penitenziari positivi al Covid-19 (come da comunicato stampa del Ministero della giustizia) ed è necessario e urgente che vengano valutati, nelle competenze politico-governative, interventi in tal senso, così da poter assicurare i test a tutti gli agenti penitenziari in servizio presso le strutture delle regioni Abruzzo e Molise –:

   alla luce dei fatti sopra riportati quali iniziative, compresa l'effettuazione dei test sierologici, il Governo intenda adottare al fine di tutelare la salute del personale di polizia penitenziaria.
(4-05114)


   VARCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'evoluzione in Italia del contagio da Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di restrizione agli spostamenti imposti dalle autorità nazionali hanno portato inevitabilmente alla cancellazione di numerosi voli, alla chiusura al traffico commerciale di alcuni scali nazionali e all'adozione di necessarie misure di sicurezza anche da parte delle compagnie aeree;

   nonostante il crollo dei flussi, però, a quanto consta all'interrogante, alcuni voli, come il volo AZ1785 da Roma a Palermo del 31 marzo 2020, continuano a viaggiare con un numero di passeggeri decisamente alto, tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale per evitare il contagio;

   in una nota dell'ex compagnia di bandiera, si legge che Alitalia può rifiutare l'imbarco a passeggeri che si presentano al gate dell'aeroporto senza indossare la mascherina, spiegando che il dispositivo di protezione individuale diventerà un obbligo nel caso l'elevata presenza di passeggeri a bordo impedisca di «rispettare la distanza interpersonale di sicurezza prevista»;

   in un video caricato sulla pagina internet di Alitalia e che approfondisce le misure sanitarie e precauzionali per tutelare la salute dei viaggiatori e dipendenti si legge, invece, «Tutti possiamo prevenire la diffusione del Covid-19 con semplici accortezze [...] rispettiamo la distanza di almeno 1 metro»;

   tra le altre misure di sicurezza, infatti, è prevista la limitazione all'accesso delle sale d'attesa proprio per rispettare la distanza di almeno un metro tra un passeggero e l'altro;

   non si comprende per quale motivo la distanza di sicurezza di un metro, imposta dal Governo in tutti i luoghi di lavoro, quale necessaria condizione per il proseguimento dell'attività, non sia valida anche a bordo degli aerei, considerata, peraltro, la circostanza non certamente secondaria, che le mascherine sono diventate irreperibili;

   la carenza di mascherine sul territorio italiano renderebbe, di fatto, impossibile per i passeggeri attenersi alle disposizioni di Alitalia –:

   se le misure adottate da Alitalia e, in particolare, la deroga all'obbligo di rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro, siano conformi ai protocolli anti-contagio e alle disposizioni emergenziali imposte dai decreti governativi.
(4-05116)


   ZIELLO, LEGNAIOLI, LOLINI, PICCHI e POTENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di dispositivi individuali di protezione e, in particolare, di mascherine munite dei necessari requisiti di filtraggio per essere utilizzate in ambito ospedaliero rappresenta una delle criticità più evidenti che fino ad oggi è stata riscontrata nell'ambito del sistema di gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   i presidenti delle regioni, da Nord a Sud, hanno sollevato a più riprese il problema in questione, lamentando la fornitura di materiale in quantità assolutamente insufficiente a soddisfare l'attuale fabbisogno, nonché in altri casi la fornitura di dispositivi di scarsa qualità del tutto inidonei ad assicurare un'adeguata protezione del personale sanitario impegnato in prima linea nella cura dei pazienti Covid-19;

   lo stesso commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento dell'emergenza ha ammesso pubblicamente il problema, dichiarando a mezzo stampa che il fabbisogno nazionale è pari a 90 milioni di mascherine al mese e che le unità che di tali dispositivi sono state fornite alle regioni dall'inizio dell'epidemia non sono neppure la metà di quelle che avrebbero dovuto essere consegnate;

   una potenziale soluzione al problema relativo alla carenza cronica di mascherine, ripresa da numerosi articoli di stampa, è stata studiata da un'azienda lucchese, la Cisa Production, specializzata nella costruzione di centrali di sterilizzazione;

   il sistema da questa messo a punto, da tempo inviato all'istituto superiore di sanità e validato anche dall'Organizzazione mondiale della sanità, si basa sulla trasformazione delle autoclavi disponibili nelle centrali di sterilizzazione degli ospedali in una macchina capace di inattivare il virus sui tessuti filtranti delle mascherine. Secondo l'azienda, basterebbero «piccole modifiche a uno degli impianti e un aggiornamento al software per trasformarlo in un dispositivo per l'inattivazione del virus», con costi estremamente contenuti e risultati che potrebbero essere decisivi nella risoluzione di questa ormai persistente problematica che mette a repentaglio la salute e la sicurezza del personale sanitario;

   secondo i medesimi articoli di stampa, tuttavia, il progetto si sarebbe inspiegabilmente arenato all'istituto superiore di sanità che non avrebbe fornito riscontro, a quanto consta agli interroganti, nonostante i ripetuti solleciti inviati al Presidente del Consiglio dei ministri, al capo del dipartimento nazionale della protezione civile e al commissario straordinario da ultimo nominato –:

   quali siano le eventuali ragioni che fino ad oggi hanno impedito l'implementazione del progetto presso gli ospedali italiani;

   se il Governo non ritenga necessario sbloccare con urgenza la situazione di impasse burocratico che si è venuta a creare sul progetto medesimo, portando rapidamente a conclusione il relativo iter valutativo.
(4-05117)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da sempre più parti l'interrogante riceve segnalazioni che le imprese che lavorano per lo Stato o amministrazioni pubbliche o enti vari dello Stato o ancora per stazioni appaltanti di singoli Ministeri sono in attesa di ricevere pagamenti per commesse già evase;

   il cronico ritardo dei pagamenti delle stazioni appaltanti dei singoli Ministeri, al posto di essere affrontato in questo momento di emergenza nazionale, pare acuirsi, con effetti devastanti e, a volte, esiziali nei confronti di imprese che già sono inginocchiate per la crisi economica;

   la «burocrazia dei pagamenti» delle stazioni appaltanti dei singoli Ministeri potrebbe avere effetti insopportabili e insuperabili dal sistema delle imprese italiane in questo momento di grande difficoltà economica;

   è necessario snellire la burocrazia dei pagamenti e imporre alle singole stazioni appaltanti le rendicontazioni e il successivo e immediato pagamento;

   la situazione sopra rappresentata è tanto più indigesta e incomprensibile se solo si consideri che nella stragrande maggior parte dei casi esistono già i fondi a bilancio per provvedere ai pagamenti;

   il sistema economico ha necessità di liquidità per la quale il Governo sta assumendo nuovi debiti;

   appare, pertanto, paradossale che, mentre si stanno assumendo misure a debito per iniettare nuova liquidità nel sistema delle imprese italiane per scongiurarne il collasso, le singole stazioni appaltanti dei singoli Ministeri abbiano in cassa la disponibilità di somme per provvedere al pagamento delle imprese e non vi provvedano per ritardi nella rendicontazione e per il peso insostenibile dei passaggi burocratici;

   il cronico ed endemico male italico dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione deve essere affrontato con durezza e con fermezza, al fine di stare al fianco delle imprese in questo momento di grande crisi economica –:

   quali iniziative intendano assumere per provvedere in tempi rapidi allo sblocco dei pagamenti alle imprese per commesse pubbliche già evase;

   se non ritengano opportuno adottare iniziative per creare nuovi modelli e nuove prassi per assicurare il pagamento alle imprese entro e non oltre 15 giorni a far data dalla consegna.
(4-05119)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   le testate Formiche e Dagospia riferiscono che l'Italia avrebbe acquistato ingenti quantitativi di mascherine provenienti dalla Cina a un prezzo superiore a quello di mercato ante crisi;

   secondo quanto ricostruito dalle predette testate, l'Italia avrebbe esborsato la somma di circa 209 milioni di euro, corrispondendo un prezzo unitario per mascherina di quasi il doppio del valore di mercato ante crisi; le fonti che le predette testate indicano sono proprio fonti diplomatiche che spiegano la composizione della partita annunciata dal Ministro interrogato;

   «Ho il contratto che abbiamo firmato oggi per 100 milioni di mascherine che arriveranno nelle prossime settimane dalla Cina, da una società cinese» ha annunciato, enfaticamente, nelle consuete dirette Facebook il Ministro interrogato;

   sempre secondo la citata inchiesta giornalistica, il contratto sarebbe stato perfezionato dalla Protezione civile, acquisendo le mascherine dalla società cinese Byd; ad agevolare la fornitura per il contratto del Governo italiano con la Byd sarebbe stato, in particolare, Ettore Sequi, oggi capo di gabinetto della Farnesina, sotto la regia dello stesso Ministro interrogato; la più importante commessa di mascherine ad oggi acquistata dal Governo proviene dunque dalla Cina, ancorché sino ad oggi la narrazione governativa fosse tutta incentrata a valorizzare le «donazioni della Cina» –:

   chi abbia sottoscritto per parte italiana la commessa e chi abbia agevolato la commessa e quale sia con esattezza il contenuto dei contratti sottoscritti;

   se vi siano stati intermediari e, in tal caso, chi siano stati;

   se siano state pagate eventuali mediazioni e da quale parte contrattuale siano state pagate e quale sia l'eventuale entità della somma esborsata a titolo di mediazione;

   se il Governo intenda rendere disponibili e fruibili al pubblico i predetti contratti.
(4-05123)


   LUCA DE CARLO, ROTELLI, GALANTINO, MOLLICONE e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, all'articolo 1, comma 2, sono state sospese «le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie)»;

   la filiera di produzione, trasformazione e vendita del latte di bufala si rivolge anche in buona parte al settore della ristorazione che assorbe una quota rilevante di prodotto trasformato;

   stando a quanto dichiarato dal Ministro Bellanova nel comunicato del 31 marzo 2020 pubblicato sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è in fase di approvazione del Fondo competitività un primo intervento da 2 milioni di euro che accompagna la fase di trasformazione nel congelamento del latte e nel successivo utilizzo per la produzione di mozzarella di bufala campana Dop, con un'etichettatura speciale;

   sentite le associazioni di categoria, va preso atto che il congelamento del latte non rappresenta una valida soluzione del problema, bensì potrebbe provocare una crisi nel settore bufalino che con ogni probabilità ricadrebbe principalmente sull'anello più debole della filiera, vale a dire i produttori primari: gli allevatori;

   i centri di stoccaggio del latte risultano essere ad oggi già saturi e i caseifici e i produttori primari di latte non sono attrezzati adeguatamente per il congelamento di una mole di prodotto così ampia dovuta alla scarsissima ricollocazione del prodotto lavorato sul mercato;

   a seguito dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e delle relative perdite economiche e commerciali sarà a rischio di fallimento circa il 50 per cento delle aziende e il restante 50 per cento del settore produttivo riscontrerà serissimi problemi economici, in conseguenza del fatto che il congelamento del latte potrebbe comportare un considerevole abbassamento del prezzo e quindi un'importante perdita di valore del prodotto;

   gli allevatori bufalini in tutto il territorio nazionale sono circa 2.700 e non tutti rientrano nel consorzio riconosciuto con il marchio «Bufala Campana Dop»;

   l'associazione R.I.S. Bufala ha già recapitato al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle politiche agricole alimentare e forestali una lettera contenente alcune proposte in sostegno dell'intera filiera produttiva della bufala mediterranea italiana;

   i caseifici sono in grado di produrre prodotti stagionati, semi stagionati e freschi con una conservazione garantita per 30 giorni, così come avviene già per i lavorati destinati al mercato estero e gli enti di assistenza alimentare quali Banco alimentare, Caritas e altri sono in grado di conservare il prodotto in attesa di destinarlo alle centinaia di migliaia di famiglie che oggi si rivolgono alle suddette fondazioni e/o associazioni –:

   se il Governo ritenga di prendere in considerazione le proposte avanzate dai rappresentanti del settore e se intenda adottare iniziative per una rimodulazione del fondo destinato alla filiera produttiva del latte di bufala, rivedendo la destinazione dell'incentivo al congelamento e intervenendo sul mercato per un'adeguata ricollocazione del prodotto lavorato, al fine di scongiurare una sovrapproduzione di latte e un relativo crollo del prezzo dello stesso, nonché lo sperpero di un prodotto nobile, quale è il latte di bufala.
(4-05128)


   CENTEMERO, ZOFFILI e FORMENTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile 2020, il Bureau International des Expositions (Bie), l'organismo intergovernativo che regola le Esposizioni universali, si riunirà per discutere la richiesta del Governo degli Emirati Arabi di spostare le date di «Expo 2020 Dubai» dal 20 ottobre di quest'anno al 1o ottobre del 2021 fino al 31 marzo 2022 e i 160 Paesi membri del Bie, dovranno pronunciarsi con un voto a maggioranza di due terzi per il rinvio dell'Expo;

   la richiesta del Governo emiratino è stata avanzata in seguito ad approfondite discussioni con il Bie e il Comitato organizzatore in merito all'impatto che la sopraggiunta pandemia da Covid-19 sta avendo e avrà sull'Expo stesso;

   il commissario per la partecipazione italiana, Paolo Glisenti, ha manifestato la propria intenzione di votare a favore di questo slittamento di date, se la maggioranza degli altri Paesi lo vorrà, e ha affermato che il Comitato sta cominciando a ripensare quali dovranno essere le caratteristiche degli elementi portanti della partecipazione italiana ritenendo comunque che Expo Dubai sia «un'occasione imperdibile per il rilancio dell'economia italiana, del Made in Italy all'estero, del turismo e dell'attrazione di investimenti stranieri verso le nostre piccole e medie imprese innovative e le start-up italiane, che in questo momento stanno soffrendo»;

   l'Italia in questo momento sta andando avanti con il progetto e sta seguendo con grande attenzione, anche per la salute e la sicurezza degli operai del cantiere a Dubai, la costruzione del Padiglione, del quale è stata intanto ultimata la realizzazione delle fondazioni e che al momento non sconta ritardi nella consegna dei materiali di costruzione provenienti dall'Italia –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in materia e se lo spostamento di un anno della manifestazione mondiale denominata «Expo 2020 Dubai» possa riflettersi negativamente sui costi dell'organizzazione della stessa.
(4-05130)


   CARETTA, DEIDDA, ROTELLI, CIABURRO, BUTTI e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la recente crisi epidemiologica da Covid-19 ha comportato l'assunzione da parte del Governo di numerose misure di ordine restrittivo, che hanno disposto il confinamento dei cittadini nelle proprie abitazioni salvo casi di necessità e la chiusura di una serie di attività produttive considerate come «non essenziali», così come disposto, in particolare, dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020;

   come riportato da numerose associazioni di categoria, le misure restrittive adottate dal Governo hanno comportato numerose difficoltà logistiche nella gestione degli ordinativi nel settore lattiero-caseario, con la conseguente riduzione della richiesta di prodotto da parte dei caseifici e di tutti gli operatori delle industrie di trasformazione;

   non di meno, tale situazione di disagio si è tradotta nell'emersione di numerosi contenziosi tra gli operatori del settore e anche di pratiche sleali, come l'abbassamento del prezzo pagato agli allevatori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere per:

    a) garantire la prosecuzione delle attività inerenti alla produzione di beni alimentari, includendo i servizi di trasporto, le forniture di impianti, macchinari, mezzi tecnici necessari per la produzione e di assistenza per gli allevamenti;

    b) consentire, per quanto riguarda la filiera del latte alimentare e da destinare alla trasformazione, ad allevamenti e impianti di condizionamento e trasformazione di continuare ad operare, nei limiti imposti dalla situazione socio-sanitaria attuale, anche predisponendo tavoli di confronto con le associazioni di categoria con il fine di rivedere la normativa emergenziale vigente;

    c) prevedere interventi specifici per favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad indigenti, coinvolgendo gli operatori del settore lattiero-caseario;

    d) prevedere un potenziamento straordinario del Fondo indigenti e un utilizzo dello stesso per varare bandi per l'acquisto di prodotti lattiero-caseari destinati alla distribuzione gratuita;

    e) coinvolgere le associazioni di categoria per varare misure straordinarie di indennizzo a tutela di tutto il settore e scongiurare l'emersione di nuove e più dannose pratiche di concorrenza sleale tra gli operatori;

    f) rinviare l'applicazione dell'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego o plastic tax e dell'imposta sul consumo delle bevande prodotte con l'aggiunta di dolcificanti o sugar tax almeno per un periodo di sei mesi, in modo da alleggerire il peso dell'imposizione fiscale a carico delle attività produttive nazionali.
(4-05134)


   CECCANTI, CIAMPI, CARNEVALI, CRITELLI, MURA, BRUNO BOSSIO, DE LUCA, NAVARRA, BORDO, PELLICANI, BERLINGHIERI, VISCOMI, DE MARIA, FASSINO e FIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Camera dei deputati polacca nella giornata del 6 aprile 2020 con i soli voti della maggioranza ha approvato un progetto di legge per l'istituzione del voto postale quale metodo esclusivo per l'espressione del suffragio per le elezioni presidenziali il cui primo turno è previsto per il 10 maggio 2020; tale scelta si presenta estremamente problematica non solo le per ragioni sanitarie, denunciate dall'Accademia delle scienze polacca, ma soprattutto per gli standard di democraticità che non appaiono assolutamente garantiti;

   l'approvazione definitiva della legge deve infatti passare per il voto del Senato che ha trenta giorni di tempo per esaminarlo e, quindi, per un nuovo voto decisivo della Camera. Pertanto esso avverrà a ridosso del primo turno. Per quanto la legge stessa preveda la possibilità di un breve rinvio, ciò comporta nella sostanza una delega piena alle Poste che vengono a subentrare nelle funzioni alla commissione elettorale nazionale, non essendo però dotate della medesima autonomia sia in sé sia per quanto accaduto nei giorni scorsi quando il direttore delle Poste è stato sostituito dall'ex viceministro della Difesa Tomasz Zdzikot;

   la maggioranza della Camera dichiara in modo infondato di ispirarsi al precedente delle recenti amministrative bavaresi, in cui sono state utilizzate stavolta come esclusive le modalità del voto per corrispondenza che però esistono già da decenni in tutta la Germania quale metodo complementare, non con regole varate dal nulla da parte della sola maggioranza con tempi che non consentono di varare una normativa di contorno di tipo garantistico e soprattutto di assicurare la segretezza e personalità del voto. Non a caso, come riferisce «Le Monde» i pareri dei costituzionalisti e degli osservatori indipendenti sono pressoché tutti negativi rispetto alle caratteristiche di fondo che debbono regolare uno scrutinio del genere;

   tale gravissima forzatura viene peraltro in sequenza ad altre innovazioni incrementali tra cui la discussa riforma della giustizia che ha già indotto la Commissione europea a fine 2017 a chiedere al Consiglio di avviare già allora la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea;

   a giudizio degli interroganti non esiste a questo punto motivo alcuno per cui il Consiglio non debba constatare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea, l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte della Polonia dei valori su cui si fonda l'Unione procedendo alle raccomandazioni conseguenti e, in caso di persistenza, alle necessarie sanzioni –:

   se il Governo intenda, con altri Stati membri, formulare la proposta motivata di cui all'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea e, in caso di difficoltà a giungere a tali esiti nell'ambito delle regole vigenti, se e quali iniziative alternative efficaci e tempestive intenda predisporre per sancire l'incompatibilità della progressiva costruzione di una democrazia illiberale con i valori di cui all'articolo 2 del medesimo Trattato.
(4-05140)


   MARINO, PERANTONI, ALBERTO MANCA, MARTINCIGLIO, RAFFA e TRIZZINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinanza 651/2020 del 19 marzo 2020, a firma del capo del dipartimento della protezione civile, estende la dematerializzazione delle ricette per i farmaci in Dpc (dispensazione per conto) escludendo però da tale procedura, semplificata e inevitabile considerate le attuali restrizioni, gli oppiacei e più in generale i farmaci dispensati per la terapia del dolore;

   l'esclusione dei farmaci indicati, ovvero gli antiaggreganti, quelli per la terapia del dolore oncologica (morfina) e quelli neurologici (pramipexolo), dalla procedura della dematerializzazione, costringe i medici a dover stampare le prescrizioni su ricetta rossa del servizio sanitario nazionale, apporre la propria firma manuale e, infine, procedere alla consegna al richiedente. Come riferito da moltissimi medici di famiglia operanti su tutto il territorio nazionale, i pazienti – o i loro familiari – che hanno bisogno dei farmaci già elencati continuano a dover necessariamente recarsi presso gli studi medici; l'esposizione al rischio connessa all'emergenza in atto, richiederebbe un intervento immediato –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per estendere le previsioni dell'ordinanza 651/2020 del 19 marzo 2020 ai farmaci attualmente esclusi dall'elenco di quelli in Dpc ed elencati in premessa, in modo da permettere ai pazienti di non recarsi negli studi medici e di stampare la ricetta direttamente in farmacia.
(4-05148)


   VARCHI, CIABURRO, FOTI, MONTARULI e SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   61.230 erano i detenuti nelle carceri italiane all'inizio dell'emergenza Covid-19, a fronte di una capienza regolamentare di 50.931 posti (dati Ministero della giustizia), troppi, secondo il Garante nazionale delle persone private della libertà, «per consentire che siano attuate le misure precauzionali indispensabili per impedire la diffusione del virus Covid-19»;

   lo stesso Csm ha definito non sufficienti le misure varate dal Governo per ridurre il rischio contagio nelle carceri, anche per «l'indisponibilità» dei braccialetti elettronici a cui è stata subordinata la concessione della detenzione domiciliare a chi deve scontare pene residue sino a 18 mesi;

   dopo le rivolte la tensione resta alta: il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha reso noto che sono 116 i poliziotti e 19 i detenuti positivi al coronavirus, numeri che non consentono di abbassare la guardia sul rischio che gli istituti penitenziari possano diventare una bomba epidemiologica;

   crea preoccupazione il caso di Gianluca Caruso, ispettore capo del Corpo di polizia del carcere di Bollate, che ha denunciato la sua odissea: «Ho avuto i primi sintomi il 12 marzo scorso [...]. Ho chiamato l'infermeria dell'istituto chiedendo di essere visitato nella caserma dove sono alloggiato, la risposta è stata che il medico del carcere ha competenza sui detenuti e non sulla polizia. Poi ho cercato di contattare il servizio di guardia medica di Milano, senza alcuna risposta. [...]»;

   solo il 14 marzo 2020 è stato disposto l'isolamento domiciliare presso la caserma dell'istituto e il 17 marzo, insieme ad altri due colleghi, è stato trasferito in «un'ala della caserma adibita ad isolamento, ma in realtà non lo è, in quanto sullo stesso piano ci sono altri colleghi non malati che vi alloggiano, e finalmente ci fanno il tampone nasale»;

   Caruso è risultato positivo al Covid-19 e nel suo ufficio si sarebbero registrati altri casi di colleghi malati, di cui due in condizioni critiche;

   secondo la Federazione italiana medici di medicina generale, inoltre, il rapporto medico/detenuto è pari a 1 per ogni 315 detenuti e ciò significa che un solo contagio tra la popolazione penitenziaria, in presenza di numerose criticità organizzative e strutturali, causerebbe migliaia di decessi;

   ha destato clamore quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere, dove l'ex deputato regionale, Ruggirello che, secondo i familiari, aveva i sintomi da giorni quando è stato eseguito il tampone con esito positivo, è stato trasportato al Cotugno, mentre all'interno del penitenziario il reparto è stato isolato e sono stati effettuati test rapidi sui 131 detenuti e i 54 agenti che vi operano;

   la diffusione della notizia ha, peraltro, gettato nel panico gli altri detenuti, che hanno tenuto in ostaggio sei sezioni del reparto «Nilo» dell'istituto;

   secondo le dichiarazioni rilasciate da Aldo di Giacomo, segretario generale del Spp, «il clima, nelle ultime settimane, è diventato molto pesante soprattutto nelle carceri del sud. Temo che nei prossimi giorni si possano verificare proteste anche nelle altre carceri, in particolare in Campania e Sicilia, ma anche nel Veneto ci sono sentori»;

   non ci sono soltanto i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria (31.992, dati Sappe), il personale amministrativo, gli operatori del diritto, il personale sanitario e i volontari, numeri che portano a più di 100 mila unità la «popolazione carceraria» :-

   quali protocolli siano stati adottati per affrontare l'emergenza sanitaria negli istituti penitenziari, al fine di garantire la certezza dell'esecuzione delle pene nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio, anche prevedendo i tamponi a tappeto sulla popolazione carceraria, dai detenuti, agli agenti, al personale amministrativo;

   quanti siano i casi positivi accertati all'interno degli istituti penitenziari.
(4-05150)


   NOJA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Arengario è un edificio storico situato nel centro di Monza inaccessibile alle persone con disabilità;

   in data 13 agosto 2019, il comune di Monza ha affidato in concessione la valorizzazione dell'Arengario tramite la realizzazione di mostre nel periodo settembre 2019/marzo 2021, prevedendo nel relativo capitolato speciale l'obbligo del concessionario di «realizzare complessivamente, per l'intero periodo della concessione da settembre 2019 a marzo 2021, sei mostre di rilievo nazionale e internazionale»;

   per adempiere a tale obbligo, il concessionario ha già organizzato negli spazi dell'Arengario una mostra per bambini sul Lego che ha avuto ampia risonanza nazionale ed è attualmente in corso un'esposizione del fotografo Steve MC Curry, visitata già da oltre 20 mila persone;

   la scelta di imporre l'obbligo in parola, quindi, ha avuto la conseguenza che l'Arengario sia attualmente il luogo della città di Monza ove si svolgono i principali eventi culturali cittadini ai quali, tuttavia, non possono partecipare le persone con disabilità;

   l'articolo 30 della convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dallo Stato italiano con legge n. 18 del 2009, stabilisce che gli Stati Parti riconoscano «il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di eguaglianza con gli altri alla vita culturale» e debbano prendere tutte le misure appropriate per assicurare che queste «abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale»;

   dunque, le pubbliche amministrazioni devono agire affinché ciascuno possa accedere ed utilizzare, in modo paritario, inclusivo, non discriminante ed emarginante, gli spazi in cui si svolgono attività culturali, sia ricorrendo a interventi strutturali, sia attraverso accorgimenti organizzativi e gestionali;

   coerentemente, il decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali del 21 febbraio 2018, recante «Adozione dei livelli minimi uniformi di qualità per i musei e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica e attivazione del Sistema museale nazionale», indica l'assenza di barriere architettoniche come un requisito minimo degli spazi espositivi;

   la decisione di rendere l'Arengario il centro della vita culturale di Monza, senza aver assunto alcun provvedimento per rendere tali spazi espositivi accessibili, si pone, per l'interrogante, in netto contrasto con la predetta indicazione e sembra concretizzare una discriminazione collettiva, vietata dalla legge n. 67 del 2006 e dall'articolo 30 della convenzione dell'Onu succitata –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, anche in virtù delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche in favore delle persone con disabilità, per prevenire il ripetersi di quelle che all'interrogante appaiono come situazioni discriminatorie che violano il diritto di accesso alla cultura delle persone con disabilità.
(4-05151)


   DEIDDA, GALANTINO, VARCHI, FERRO, LUCASELLI, ROTELLI, CIABURRO, LUCA DE CARLO, BUTTI, TRANCASSINI e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il contratto nazionale di lavoro del settore vigilanza privata e servizi fiduciari è scaduto ormai dal 31 dicembre 2015;

   i dipendenti del settore in questione sono circa 70 mila, di cui oltre 41 mila sono guardie particolari giurate che, ogni giorno, svolgono mansioni importanti nel settore pubblico e privato, con l'impiego anche in servizi a supporto delle forze dell'ordine nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nei tribunali, negli ospedali, negli uffici pubblichi;

   le associazioni di categoria lamentano che il rinnovo del contratto nazionale di lavoro incontra da anni difficoltà e lungaggini, nonostante che sia ormai palese la necessità di aggiornare salari e tutele dei lavoratori;

   punti cruciali della vertenza sono: gli incrementi salariali, cambi d'appalto, classificazione del personale, salute e sicurezza, turni di riposo e contrattazione di secondo livello; in particolare, vi è la necessità di evitare forme di «concorrenza pirata» (tanto nei contratti quanto nei prezzi di appalto praticati) nei confronti delle aziende del settore che operano nel pieno rispetto delle norme;

   la figura della guardia giurata in Italia appare tra le più indefinite e non adeguatamente tutelate, avuto riguardo, in particolare, ai delicati compiti in cui sono impiegate;

   il vice capo di gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Michele Forlivesi, il direttore generale, Romolo De Camillis e altri rappresentanti del dicastero hanno incontrato l'11 febbraio 2020 i segretari generali di Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs UIL per un confronto sulle problematiche dei lavoratori del settore e per verificare le ragioni dello stallo nelle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale (Ccnl) in questione;

   le segreterie generali hanno rappresentato la situazione generale che vive il comparto, le sue distorsioni competitive e l'affastellarsi di contratti siglati da sindacati privi di adeguata rappresentanza, per poi entrare nel vivo delle condizioni in cui versano i lavoratori del comparto, privati del potere d'acquisto e di diverse forme di tutela anche a causa del mancato rinnovo di un Ccnl scaduto dal lontano 2015;

   i rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali si sono impegnati a sentire le associazioni datoriali per valutare assieme quali spazi esistono per riattivare il tavolo di concertazione per il rinnovo del contratto nazionale;

   anche nell'ambito dell'emergenza Covid-19, attualmente in corso, per i servizi prestati, è stato importante il contributo offerto da questa categoria nell'assolvimento di numerose funzioni, dalla regolazione degli accessi negli esercizi commerciale alla consegna di alimenti e farmaci –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e, in particolare, delle problematiche relative alla condizione dei lavoratori di tale comparto e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di agevolare il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore, necessario per meglio regolamentare l'inquadramento e le tutele del predetto personale, nonché per prevedere adeguati incentivi economici e/o fiscali per le aziende del medesimo settore che, allo stato, garantiscono, nonostante l'emergenza epidemiologica in atto, l'impiego del proprio personale, con le dovute cautele, a supporto dei servizi essenziali.
(4-05152)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2018 è sfociata in Lombardia una epidemia di polmonite legata anche all'inquinamento e a una possibile infezione da legionella, colpendo soggetti analoghi a quelli affetti da Covid-19;

   il Ministero della salute aveva pubblicato online le «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi» nella quale sosteneva che la RT-qPCR non era validata e dava più valori positivi e più alti in quantificazione rispetto alla coltura;

   esistono diversi tipi di tamponi per la determinazione del SARS-CoV-2, tra cui: Covid-19 Real-Time PCR (RT-qPCR) Assay Development Solutions, CFX Real-Time PCR Detection Systems, Covid-19 Droplet Digital PCR (ddPCR) Assay, e altro;

   per alcuni tamponi RT-PCR è stata messa in dubbio l'affidabilità da uno studio cinese, di cui il testo integrale non risulta più reperibile, con un tasso di falsi positivi dei risultati positivi dell'80,33 per cento;

   il 1° marzo 2020 la rivista onlineAxios ha dato lo scoop che alcuni kit americani per test del coronavirus erano contaminati;

   in un articolo del 29 febbraio 2020, sulla rivista Sciencemag.org, si legge che: «La Food and Drug Administration (FDA) ha raccomandato oggi un cambiamento radicale nel modo in cui implementa le normative che controllano se i laboratori possono utilizzare kit diagnostici creati internamente per testare le infezioni di COVID-19», rilasciando in via eccezionale l'autorizzazione ma chiedendo verifiche di controprova di validità;

   il 31 marzo 2020 è apparso sul telegraph.co.uk, la notizia che anche nel Regno Unito erano stati ritrovati kit contaminati della ditta fornitrice Eurofins. La ditta ha insistito sul fatto che altri fornitori privati avevano subito lo stesso problema;

   Eurofins Scientific è una multinazionale che ha laboratori in tutto il mondo e in Italia;

   il 12 marzo 2020 Eurofins ha dichiarato che due dei suoi laboratori di test diagnostici clinici negli Stati Uniti ora offrono test per la valutazione di Covid-19;

   il 13 marzo 2020, Viracor Eurofins, negli Stati Uniti, sta lanciando un test PCR trascrittasi inversa in tempo reale per il rilevamento qualitativo di Sars-CoV-2;

   il 30 marzo 2020 sono stati sperimentati i primi «drive-test», a Mentone, sede del laboratorio di biologia medica Eurofins;

   il 3 aprile 2020 il Ministero della salute ha autorizzato la sperimentazione dei tamponi «drive-in clinics» dal finestrino aperto dell'automobile del paziente;

   nella circolare del 3 aprile 2020 del Ministero della salute è stato allegato l'elenco dei fornitori dei tamponi, da cui non risulta come fornitrice la Eurofins;

   sempre nella medesima circolare, il Ministero afferma che i test sierologici non possono venire usati in quanto non ancora validati dalla comunità scientifica e che a loro sarebbe preferibile il tampone RT-qPCR RdRp;

   sul sito del Centro diagnostico italiano si legge che il test molecolare non è in grado di dirci se il soggetto è entrato in contatto con Sars-CoV-2;

   secondo l'Istat, al 1° aprile 2020, i dati sui decessi da polmonite come prima causa di morte, relativi al primo trimestre 2020, ammontano a 15.000, confermando un trend in crescita rapida dal 2003 –:

   per quali ragioni il Ministero della salute abbia escluso dalle aziende fornitrici la Eurofins e se, in particolare, tale scelta sia dovuta alla scoperta di kit di tamponi contaminati forniti da tale ditta, come riportato in premessa, e sulla base di quali procedure ed evidenze scientifiche abbia escluso che i tamponi delle aziende elencate nella circolare siano contaminati;

   se, prima che siano divulgati dalla Protezione civile i dati sui numeri dei decessi in relazione all'epidemia da Covid-19, siano state eseguite le conferme di laboratorio con test sierologici, sui casi di morti di Covid-19, attribuite effettivamente al Sars-CoV-2;

   se, prima di effettuare il censimento dei casi di Covid-19, si siano fatti sugli stessi test riguardanti altre infezioni prevedibili, come l'influenza o altre forme di polmonite, per verificare se sia davvero in atto una epidemia da Sars-CoV-2.
(4-05154)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la situazione di emergenza sanitaria per la diffusione del virus Covid-19 ricopre carattere di assoluta gravità a livello globale;

   i territori di confine con la Svizzera sono caratterizzati da un flusso quotidiano di migliaia di cittadini italiani, lavoratori frontalieri presso le aziende del Canton Grigioni e del Canton Ticino;

   la Confederazione elvetica ha consentito ai singoli cantoni di attuare, per aree territoriali nei quali i numeri del contagio appaiono significativi, misure obbligatorie di chiusura delle attività lavorative, ad eccezione dei servizi essenziali, quali assistenza sanitaria, settore alimentare, filiere strategiche;

   ad oggi, il cantone dei Grigioni, a differenza del Canton Ticino, a quanto consta all'interpellante non ha attivato forme obbligatorie di limitazione dell'attività delle aziende, ma i contagi, secondo le fonti ufficiali, sono in costante aumento con un rapporto molto elevato rispetto alla popolazione residente, ponendo tali territori tra coloro che presentano i tassi di incidenza più alti al mondo;

   sono state raccolte le forti preoccupazioni dei lavoratori con le loro famiglie e delle amministrazioni locali, anche considerando che il flusso quotidiano di lavoratori rappresenta un veicolo di diffusione del virus, rischiando di vanificare gli sforzi posti in essere sul territorio italiano –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda intraprendere il Governo, nell'ambito dei rapporti con la Confederazione elvetica, affinché siano contemperate la tutela della salute pubblica, in particolare dei concittadini lavoratori frontalieri, e la tutela degli stessi sotto il profilo economico, anche per non arrecare alcun pregiudizio al prosieguo dei rapporti di lavoro.
(2-00732) «Parolo, Bianchi, Claudio Borghi, Locatelli, Molteni, Zoffili».

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da «La Nazione», vi sarebbero una decina di italiani bloccati a bordo di una nave da crociera Royal Caribbean attualmente ancorata al largo delle Bahamas;

   tali persone sarebbero isolate da 15 giorni e ora anche costrette a rimanere in cabina con acqua e cibo razionati, in attesa di essere sbarcate, mentre il virus si diffonde velocemente tra i membri dell'equipaggio;

   «Non sappiamo quando e se potremo sbarcare – racconta una giovane aretina contattata telefonicamente dall'Ansa – tra i membri dell'equipaggio ci sono decine di persone contagiate: stiamo vivendo un incubo. Sono stati sbarcati solo i passeggeri e 300 membri dell'equipaggio – spiega – Chi come me è rimasto a bordo è bloccato in cabina, senza acqua in bottiglia e con il cibo razionato. Se dovessimo ammalarci in tanti non c'è la possibilità di curarci»;

   l'odissea inizia il 15 marzo 2020 quando arriva lo stop alle crociere a causa del coronavirus. «Dopo due giorni abbiamo raggiunto Miami e sono stati fatti sbarcare i passeggeri – riassume la donna – Noi con l'equipaggio, oltre duemila persone, siamo invece rimasti a bordo. Lo stop doveva essere di 30 giorni ma poi è stato prolungato a 60 e sono state adottate alcune misure di sicurezza sulla nave: controlli della temperatura eseguiti da altri membri dell'equipaggio, ma senza mascherine e guanti. In quel periodo abbiamo continuato a pranzare negli stessi luoghi tutti assieme. L'unica cosa che veniva fatta era la disinfestazione delle aree». Il 24 marzo la nave, che intanto si era ancorata a largo delle Bahamas, torna a Miami per rifornimenti e per far sbarcare 300 membri dell'equipaggio. Ma non gli italiani;

   «Ci hanno detto che in Italia erano state avviate le restrizioni e non potevamo scendere, non c'erano voli disponibili – spiega – abbiamo contattato l'Unità di crisi e ci hanno detto che c'erano voli il 31 marzo e il 7 aprile. Abbiamo cercato di acquistarli, ma non è stato possibile: i nostri passaporti sono in mano alla compagnia e inoltre per sbarcare negli Usa ci vogliono permessi che noi non avevamo». A quel punto vengono riscontrati i primi due casi di coronavirus a bordo e scatta la quarantena. «I quattordici giorni scadevano il 29 – dice la giovane croupier – e adesso ne è stata avviata una seconda che finirà il 12 aprile. Non sappiamo se ci faranno scendere, e la paura aumenta perché il virus potrebbe aggredire tutti noi. I casi sicuramente saliranno di numero»;

   le speranze degli italiani a bordo sono riposte nei parenti in Italia. «Sono in contatto con l'Unità di crisi, mi auguro si trovi presto una soluzione» –:

   in che modo il Governo si stia adoperando per risolvere la situazione degli italiani bloccati a bordo della Royal Caribbean.
(3-01437)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, ROTELLI e BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 aprile 2020 Hanoi ha protestato vibratamente nei confronti di Pechino per l'affondamento di un peschereccio con a bordo 8 vietnamiti da parte della Guardia costiera cinese;

   l'incidente è avvenuto il 2 aprile 2020 all'altezza delle Isole Paracelso;

   il Ministero degli esteri di Hanoi ha accusato l'imbarcazione cinese di aver violato la sovranità vietnamita sulle isole Paracelso, minacciato vite e danneggiato proprietà e interessi legittimi dei pescatori;

   l'incidente denunciato da Hanoi si inserisce nella sempre più conflittuali relazioni fra la Cina e le altre Nazioni del Sud Est Asiatico sulla questione del Mar cinese meridionale e sui diritti degli rivieraschi sullo stesso;

   la Cina, con una politica chiaramente egemonica, rivendica totalmente ed esclusivamente diritti sull'area del Mare cinese meridionale, viceversa Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei, più correttamente, rivendicano limitate aree del Mare conteso;

   la rilevanza del controllo del Mare cinese meridionale è di palmare evidenza se solo si considera che ivi insistono scambi commerciali dal valore di circa 5.000 miliardi di dollari all'anno, oltre al fatto che le acque sono ricche di giacimenti minerari;

   nella contesa sono stati coinvolti gli Stati Uniti che presidiano le aree a tutela degli asseriti diritti delle altre nazioni del Sud Est Asiatico, denunciando la politica eccessivamente egemonica e assertiva della Cina;

   diverse volte la Cina ha inviato navi da indagini geologiche nelle aree rivendicate dal Vietnam, scortate dalla Guardia costiera cinese;

   mentre Pechino continua a ribadire il suo diritto alla sovranità esclusiva sulle acque del Mare cinese meridionale a discapito delle altre nazioni del Sud Est Asiatico, adducendo motivazioni storiche, gli Usa presidiano la zona per garantire la libertà di navigazione e difendere i propri interessi commerciali nelle relazioni con gli altri Paesi rivieraschi;

   la Cina è stata spesso accusata di speronare le navi da pesca di altre nazioni nelle predette acque con navi militari;

   la situazione, dopo la violenta denuncia di Hanoi dell'ultimo incidente che ha comportato l'affondamento di un peschereccio vietnamita da parte della Guardia costiera cinese, rischia di diventare sempre più conflittuale;

   un ulteriore conflitto regionale, con il coinvolgimento, anche se «morbido», degli Stati Uniti, è da scongiurare;

   il Ministro interrogato vanta da sempre rapporti e interlocuzioni privilegiate con il Governo cinese –:

   se il Ministro interrogato abbia mai interloquito, nel corso dei suoi vari incontri bilaterali, con il Governo cinese in relazione a tale questione;

   se il Ministro interrogato, in forza dei suoi rapporti privilegiati con il Governo cinese, abbia intenzione di affrontare la spinosa questione dei diritti sulle acque del Mare cinese meridionale con l'obiettivo di favorire una soluzione che garantisca una de-escalation della conflittualità in essere;

   quale sia la posizione del Governo italiano in ordine alla fondatezza dei diritti di Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei, negati in toto dalla Cina.
(4-05141)


   ZOFFILI, FORMENTINI, RIBOLLA, BILLI, PICCHI e DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i wet markets, il cui nome sinistro deriva dal sangue che vi scorre per effetto della macellazione in situ degli animali vivi, sono molto diffusi in Estremo Oriente e, in particolare, in Cina;

   è noto come sia sospettato da molti ricercatori e scienziati un ruolo del wet market di Wuhan nell'innesco della pandemia da Sars-CoV-2 che ha colpito anche il nostro Paese, provocando la morte di molte decine di migliaia di persone;

   nei wet markets non risultano rispettati gli standard d'igiene imposti nei Paesi occidentali a tutela dell'igiene e della salute umana e vi risulta commerciata anche la carne proveniente dalla macellazione in situ di animali selvatici, la cosiddetta bush meat;

   dagli organismi rappresentativi della Convenzione sulla biodiversità delle Nazioni Unite è giunto un invito a tutti i Governi degli Stati membri, affinché mettano al bando i cosiddetti wet markets in cui si procede alla macellazione degli animali vivi destinati al consumo umano;

   dopo lo scoppio della pandemia purtroppo ancora in atto, allo scopo di ridurre il rischio che se ne verifichino altre nel prossimo futuro, sembrano in ogni caso opportune e inderogabili delle iniziative internazionali che impongano universalmente il rispetto degli standard igienici più avanzati –:

   se il Governo intenda aderire all'invito di cui in premessa e, quindi, sostenere la campagna internazionale per la messa al bando dei wet markets, rappresentandone le istanze nei maggiori fori multilaterali di cui l'Italia è parte.
(4-05149)

AFFARI EUROPEI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:

   dall'insorgere dell'emergenza COVID-19, numerosi sono stati gli interventi di risposta comune posti in essere dalle istituzioni europee e coordinati dalla Commissione europea, per rafforzare i settori della sanità pubblica e attenuare l'impatto socio-economico della pandemia nell'Unione europea;

   tra le priorità individuate dalle istituzioni dell'Unione europea, c'è quella di affrontare le conseguenze socio-economiche del virus, utilizzando tutti gli strumenti necessari e mediante un'applicazione flessibile delle norme europee, in particolare per quanto riguarda gli aiuti di Stato e il Patto di stabilità e crescita;

   nello specifico, con la comunicazione COM (2020) 123 la Commissione europea ha proposto di autorizzare il ricorso alla flessibilità offerta dalle norme di bilancio dell'Unione europea introdotte dal Patto di stabilità e crescita, attraverso l'attivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto, sollecitando il Consiglio dell'Unione europea a fare propria tale conclusione;

   nella dichiarazione congiunta sul Patto di stabilità e crescita, i Ministri dell'economia e delle finanze, riuniti in videoconferenza il 23 marzo 2020, nel ribadire che il ricorso a tale misura assicurerà la flessibilità necessaria a sostenere i sistemi sanitari e di protezione civile, hanno quindi riaffermato il proprio «pieno impegno» rispetto al Patto di stabilità e crescita;

   il 26 marzo 2020 i membri del Consiglio europeo hanno quindi dato seguito, in videoconferenza, alla risposta dell'Unione europea all'epidemia di COVID-19, concordando, nella dichiarazione comune, di continuare a operare seguendo i cinque filoni di intervento già precedentemente definiti: limitare la diffusione del virus, fornire attrezzature mediche, in particolare maschere e respiratori, promuovere la ricerca, anche per trovare un vaccino, affrontare le conseguenze socio-economiche, aiutare i cittadini bloccati in Paesi terzi;

   con specifico riferimento all'Italia, la Commissione europea ha, altresì, valutato che la necessità di porre rimedio al grave turbamento dell'economia, determinato dall'epidemia, giustifichi l'esenzione dalla normativa in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, misura estesa successivamente a tutti gli Stati membri;

   da ultimo, per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, il Consiglio dei ministri del 6 aprile 2020 ha approvato un decreto-legge che introduce, tra le altre, misure urgenti finalizzate a rafforzare ulteriormente il sistema delle garanzie dello Stato ai prestiti alle imprese, fino al 90 per cento degli importi, per complessivi 200 miliardi di euro, sfruttando tutti i margini consentiti dal nuovo quadro europeo sugli aiuti di Stato, recentemente rafforzato ed esteso a nuovi settori, al fine di sostenere l'economia nel contesto dell'epidemia di COVID-19, in conformità con la normativa europea in materia;

   in risposta alla crisi in atto, il Governo italiano ha quindi auspicato un piano europeo per la ripresa, con la proposta, di un European recovery and reinvestment plan, un progetto che necessita di un supporto finanziario condiviso a livello europeo, per ricostruire il tessuto sociale ed economico dell'Unione europea e non perdere la sfida della competizione globale –:

   se il Ministro interpellato, in considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica COVID-19, che è in continuo mutamento, e degli ultimi provvedimenti adottati a livello nazionale, intenda fornire un quadro aggiornato delle iniziative già assunte dalle varie istituzioni europee in merito alla risposta comune nei confronti dell'epidemia di Coronavirus, con particolare riferimento alle misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi nell'Unione europea, attraverso l'estensione della portata prevista dal quadro temporaneo degli aiuti di Stato e l'attivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita;

   se il Ministro interpellato intenda altresì fornire elementi in merito alla posizione che il Governo intende sostenere nei prossimi tavoli europei, anche in merito alla valutazione, nel quadro dell'auspicata proposta italiana di un European recovery and reinvestment plan, dei nuovi strumenti adottati nelle scorse settimane dalla Commissione europea, come il fondo Sure, l'estensione del quadro temporaneo degli aiuti di Stato adottato il 19 marzo 2020 e l'ulteriore flessibilità nell'utilizzo dei fondi strutturali non ancora spesi, in vista dei prossimi vertici e riunioni ministeriali, a partire dalla riunione dell'Eurogruppo del 7 aprile 2020.
(2-00719) «Galizia, Battelli, Berti, Bruno, De Giorgi, Di Lauro, Giordano, Grillo, Ianaro, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Torto, Leda Volpi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Chiazzese, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Zanichelli, Varrica».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo de Il Sole 24 Ore, a firma di Nicol Degli Innocenti, si apprende che l'emergenza coronavirus rischia di avere un impatto negativo sui cittadini europei che ancora non hanno ottenuto il diritto di residenza permanente in Gran Bretagna dopo la Brexit. Per questo è stata appena lanciata una campagna per chiedere al Governo britannico di abbandonare le procedure in vigore e di garantire per legge a tutti i cittadini dell'Unione europea attualmente residenti in Gran Bretagna il diritto a restare;

   l'attuale sistema prevede infatti che i cittadini dell'Unione europea facciano domanda per ottenere il «settled status», o diritto di residenza permanente, se vivono nel Regno Unito da oltre cinque anni, e il «pre-settled status», se residenti da meno tempo. Finora oltre 3 milioni di cittadini europei hanno chiesto e ottenuto il diritto a restare, in forma definitiva o temporanea;

   i cittadini dell'Unione europea avranno tempo fino al giugno 2021 per fare domanda, quindi sei mesi oltre la fine del periodo di transizione che termina il 31 dicembre 2020, data che segna l'uscita definitiva della Gran Bretagna dalla Unione europea. È opportuno però ricordare che sia la campagna di informazione che la rete di sostegno, compresi i call-center e gli aiuti gestiti da enti di beneficenza e ong rivolti alla persone più fragili e con poca familiarità con internet, sono ora congelate a causa del divieto di incontrare persone e della necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili per combattere l'epidemia;

   il sistema online di valutazione delle richieste di «settled status» è già stato rallentato dall'emergenza. Il tempo medio per ottenere una risposta, che era di cinque giorni, ora è di diverse settimane. E nel solo mese di febbraio 2020 l’Home Office ha respinto 300 richieste di residenza, citando la mancanza di documentazione corretta e completa. Si tratta di un'impennata senza precedenti: finora infatti solo sette persone erano state «bocciate», per ragioni solitamente legate a precedenti penali. Secondo il gruppo «the3Million», associazione che rappresenta i cittadini dell'Unione europea in Gran Bretagna, è una «strana coincidenza» che l'impennata sia avvenuta proprio il mese dopo la Brexit –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché le autorità britanniche tengano conto della necessità di un rafforzamento delle attività di informazione e orientamento, specie per le persone più fragili e meno alfabetizzate digitalmente, sulle modalità e sul termine di presentazione della domanda per ottenere il «settled status», specie a favore della numerosa comunità italiana residente nel Regno Unito.
(4-05112)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   TASSO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   l'esplosione di una pandemia di proporzioni inimmaginabili, oltre al tema attuale del contenimento e delle modalità di ripresa delle attività, pone prepotentemente alla ribalta riflessioni argomentate sulle sue origini, che scienziati, studiosi ed esperti propongono con convinzione;

   quando la pandemia di Coronavirus sarà cessata, bisognerà intervenire sui fattori che l'hanno determinata. Se non si agisse sulle cause della diffusione di nuovi virus, che sono anche ambientali, continueremmo a vivere in una condizione di grave rischio potenziale;

   come afferma la virologa Ilaria Capua: «Noi viviamo in un ambiente chiuso. Come se fossimo in un acquario. La nostra salute dipende per il 20 per cento dalla predisposizione genetica e per l'80 per cento dai fattori ambientali. La cura deve studiare, oltre all'organismo in questione, anche il contesto»;

   la pandemia di COVID-19 ha molto a che fare con l'ambiente: i cambiamenti climatici che modificano l’habitat dei vettori animali di questi virus, l'intrusione umana in un numero di ecosistemi vergini sempre maggiore attraverso la deforestazione e la conseguente perdita di biodiversità, l'agricoltura e l'allevamento intensivi;

   tre Coronavirus in meno di vent'anni rappresentano un forte campanello di allarme: se si interviene su un ecosistema e, nel caso, lo si danneggia, questo troverà un nuovo equilibrio, che spesso può avere conseguenze patologiche sugli esseri umani;

   per il COVID-19 il meccanismo identificato dagli scienziati è quello di un salto di specie innescato dalla promiscuità con animali selvatici, amplificato dalla concentrazione di popolazione nelle megalopoli e trasportato dalla globalizzazione;

   la crisi climatica potrebbe offrire scenari ancora più pericolosi. Il «Lancet countdown report 2019» associa ai cambiamenti climatici un'aumentata diffusione delle patologie infettive: in un pianeta più caldo virus, batteri, funghi, parassiti potrebbero trovare condizioni ideali per diffondersi e ricombinarsi, con un aumento tanto della stagionalità quanto della diffusione geografica di molte malattie;

   anche lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe rilasciare virus molto antichi e pericolosi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per affrontare con misure mirate e strutturali le cause ormai conclamate di eventi pandemici, scongiurando così il loro ripresentarsi.
(3-01432)
(Presentata il 7 aprile 2020)


   MURONI e FORNARO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Coronavirus è una tragedia umana; è diventata in pochissimo tempo la più grave crisi socio-economica che il Paese abbia mai vissuto dal dopoguerra. La priorità è salvare quante più vite possibili, riuscire a contenere il contagio. Si deve, però, anche pensare a come si vuole uscire dall'emergenza e a come si vuole riprogettare il futuro per rendere l'economia e la società più sostenibile;

   sarebbe un errore se ancora oggi si pensasse di rilanciare lo sviluppo a spese dell'ambiente, come è successo ad avviso degli interroganti con la cosiddetta «legge obiettivo» e con altri provvedimenti del passato. Nessuno pensi che la fase della ripresa possa contenere le vecchie ricette di un industrialismo obsoleto;

   invece arrivano richieste di soppressione della plastic e della sugar tax oppure ipotesi di rilancio degli inceneritori. Sarebbe sbagliato anche soltanto immaginare di venir meno all'impegno sul green deal. È invece il momento di essere ambiziosi. Non certo di tornare indietro;

   si parla di rilanciare l'economia al ritmo di nuovi cantieri e opere pubbliche, di semplificazioni e grandi investimenti. Una strada che può funzionare a patto che siano fissati alcuni paletti, snellite le procedure senza abbassare le tutele, orientati gli investimenti con criteri trasparenti. È necessario specificare che le opere pubbliche non significano affatto nuovo cemento, ma devono declinarsi in ammodernamento della rete ferroviaria, lotta al dissesto idrogeologico, cura del territorio, messa in sicurezza dei cittadini;

   gli investimenti devono puntare su interventi generativi, capaci di creare buona occupazione, di migliorare la qualità della vita: per esempio, riqualificazione degli edifici, creazione di una rete di produzione di energia rinnovabile e per la ricarica dei veicoli elettrici, realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale, la diffusione degli impianti necessari per chiudere in modo corretto il ciclo di gestione dei rifiuti; riuscire a realizzare l'economia circolare. Il sistema dei rifiuti, proprio in questi giorni di emergenza sanitaria, sta mostrando la sua fragilità; sta cercando di tamponare con delle deroghe, consentite dalla legge (decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto «Codice ambiente», come indicato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con una circolare del 30 marzo 2020), ma sempre deroghe a siti di stoccaggio, discariche, termovalorizzatori –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla ripresa delle attività per evitare che questa avvenga attraverso deroghe alla disciplina a tutela dell'ambiente (che presenta evidenti connessioni con la tutela dei beni culturali e paesaggistici e della salute pubblica), temi che, oggi più che mai, devono rimanere l'approccio fondamentale per l'avvio del nostro green deal.
(3-01433)
(Presentata il 7 aprile 2020)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, DEIANA, SCANU, CADEDDU, CABRAS, PERANTONI e MARINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione n. 17/21 del 1° aprile 2020 la giunta regionale della Sardegna ha dichiarato il «preminente interesse generale e la rilevanza regionale» dell'intervento proposto dal comune di Castiadas, località Monte Turnu, finalizzato alla realizzazione di una struttura ricettiva alberghiera di fascia di alta gamma, con una volumetria di 10.000 metri cubi, di cui 8.340 metri cubi a destinazione ricettiva e 1.660 metri cubi a servizi pubblici. L'area di proprietà è di 71.445 metri quadrati, di cui 59.288 metri quadrati in zona urbanistica turistica F2 e i restanti 12.157 metri quadrati, in prossimità della costa, in zona H in area di particolare pregio paesaggistico ed ambientale, ad oggi incontaminato;

   tale deliberazione apre le porte alla realizzazione di una struttura alberghiera in fascia protetta (300 metri dalla costa), senza il previo adeguamento del piano urbanistico del comune di Castiadas al piano paesistico regionale (Ppr) della Sardegna approvato nel 2006, né al piano di assetto idrogeologico (Pai) e, dunque, con un clamoroso ritardo di oltre 14 anni rispetto agli obblighi di legge;

   l'articolo 20-bis della legge regionale n. 45 del 1989 (come innovata dalla legge regionale n. 8 del 2015 e successivamente dalla legge regionale n. 1 del 2019), al comma 1, obbliga i comuni ad adeguare i propri strumenti urbanistici al Ppr entro termini stabiliti, pena la nomina di un commissario regionale, con il divieto di «adottare e approvare qualsiasi variante» con poche eccezioni di interesse generale (ripristino delle originarie destinazioni agricole, opere di pubblica utilità e altro), tra le quali appunto quella del «preminente interesse generale e di rilevanza regionale» con delibera della giunta regionale che – ovviamente – deve essere riempito di contenuti di vero pregio e interesse pubblico;

   nel caso specifico, detto «preminente interesse generale e regionale» è invece, ad avviso dell'interrogante, del tutto immotivato, fatto salvo un generico riferimento a «un discreto incremento occupazionale (si stimano 70 unità a impiego diretto e circa 20 indirette) in zone ad alto tasso di disoccupazione, oltre che a positive ricadute in termini di immagine del territorio e alla valorizzazione delle componenti ambientali, paesaggistiche e culturali» del comune, del tutto privo di riferimenti specifici ed oggettivi;

   di fatto tale dichiarazione di interesse generale — di carattere esclusivamente tautologico su generiche motivazioni di carattere occupazionale, asserite positive ricadute di immagine e valorizzazione ambientale e paesaggistica — è riproducibile all'infinito per tutti i 1.849 chilometri delle coste sarde, rispetto a un'isola depressa economicamente (nonostante le decine di migliaia di metri cubi realizzati nelle coste, il prodotto interno lordo pro capite è fermo a 20.600 euro, al 228esimo posto tra le regioni europee – fonte Eurostat 2017, su elaborazione del 2019) e diventa, a giudizio dell'interrogante, strumento contrario ai principi di cui all'articolo 9 della Costituzione in materia paesaggistica e ambientale –:

   se i Ministri interrogati siano stati coinvolti nel procedimento citato in premessa e se, per i profili di competenza, abbiano espresso un parere in merito all'intervento di cui sopra, alla luce delle vigenti disposizioni comunitarie e nazionali, anche di rango costituzionale;

   se l'area in parola sia sottoposta a vincoli di interesse ambientale o paesaggistico.
(4-05153)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   ARESTA e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con la Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale, fino al 31 luglio 2020, in conseguenza del rischio sanitario connesso all'infezione da virus SARS-CoV-2;

   le Forze armate, sin dal principio dell'emergenza in corso, sono impegnate sia sul fronte sanitario che nel controllo del territorio;

   in particolare, medici e infermieri militari sono stati mandati in aiuto del personale sanitario in servizio nelle zone più colpite dall'epidemia;

   con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in considerazione della situazione emergenziale in atto, è stato autorizzato, altresì, l'arruolamento eccezionale di 120 ufficiali medici e 200 sottoufficiali infermieri;

   le Forze armate, inoltre, supportano le Forze dell'ordine in attività di pubblica sicurezza, eseguendo i controlli relativi al rispetto delle misure restrittive disposte dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri volti a contenere e contrastare la diffusione dell'epidemia;

   il decreto-legge, citato in premessa, in considerazione dell'elevato livello di esposizione al rischio di contagio connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali delle Forze armate e del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera autorizza la spesa necessaria per la sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi, nonché per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale;

   sempre allo scopo di tutelare maggiormente il personale sopra citato, lo stesso decreto-legge consente al Servizio sanitario nazionale di svolgere accertamenti diagnostici nei confronti del personale delle Forze armate che potrebbe essere stato contagiato, rimuovendo, per la situazione contingente, la competenza esclusiva dei servizi sanitari militari;

   lo Stato Maggiore della Difesa – Ispettorato Generale della Sanità Militare, ha recentemente diramato, a tutto il personale, per opportuna conoscenza e diffusione, il documento redatto dal Gruppo di Lavoro ISS Prevenzione e Controllo delle Infezioni, recante indicazioni per il corretto uso dei Dispositivi di Protezione Individuali e lo smaltimento degli stessi –:

   se il Ministro interrogato possa confermare che tutto il personale della difesa impiegato a vario titolo al contrasto dell'infezione da virus SARS-CoV-2, compreso il personale impegnato nelle missioni e operazioni all'estero, adotti tutte le precauzioni necessarie volte ad evitare il contagio e, conseguentemente, osservi quanto prescritto sul corretto uso e smaltimento dei Dispositivi di Protezione Individuali.
(5-03802)
(Presentata il 3 aprile 2020)


   DEIDDA, FERRO e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i recenti provvedimenti governativi intervenuti, tutti recanti misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19, hanno previsto, fin da subito, in particolare a sostegno delle operazioni per il mantenimento dell'ordine pubblico, l'utilizzo, in aggiunta al personale delle Forze di Polizia, anche di quello delle Forze Armate;

   il personale appartenente alle Forze Armate, al pari di quello delle Forze di Polizia, impiegato nella gestione dell'emergenza in questione, si è da subito contraddistinto per l'eccellente professionalità, nonché per la grande umanità dimostrata nei confronti delle popolazioni residenti nelle aree particolarmente interessate dalla diffusione del fenomeno;

   le Forze Armate italiane sono state impegnate, fin dai primi giorni, inizialmente per garantire il rientro dei connazionali da Wuhan, con i voli dell'Aeronautica Militare, nonché, successivamente, per il rimpatrio degli italiani presenti sulla nave Diamond Princess nella baia di Fukuyama;

   il personale militare in questione, dunque, opera, al pari delle Forze di Polizia, a supporto della popolazione, in attuazione delle direttive interministeriali, anche al fine di garantire un'efficace risposta del sistema Paese: ciò, peraltro, in aggiunta e unitamente, al personale già impiegato, da tempo, nella missione «strade sicure», parimenti appartenente alle medesime Forze Armate –:

   se non ritenga che il monte ore di lavoro straordinario del personale delle Forze armate debba essere il medesimo della Polizia di Stato, in relazione all'attività svolta per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in atto.
(5-03803)
(Presentata il 3 aprile 2020)


   FERRARI, FANTUZ, TOCCALINI, BONIARDI, PICCOLO, PRETTO, ZICCHIERI e CASTIELLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'insorgenza in Italia dell'epidemia da Covid-19 ha determinato una situazione emergenziale al contenimento della quale partecipa attivamente anche il personale delle Forze armate, il cui impegno merita la riconoscenza dell'intero Paese, considerati anche i rischi cui i militari sono esposti;

   il concorso del personale militare alla gestione dell'emergenza da Covid-19 si aggiunge all'operazione Strade Sicure, che vede schierati sul territorio nazionale oltre 7 mila effettivi delle Forze Armate;

   non sono invece ancora note l'esatta dimensione quantitativa del coinvolgimento militare nazionale nella gestione dell'emergenza da coronavirus, né la sua distribuzione sul territorio del Paese, che dipende dalle richieste delle prefetture e dalla loro compatibilità con le risorse materialmente disponibili;

   è obiettivamente utile sapere quanti militari siano attualmente utilizzati in attività di contenimento e gestione dell'emergenza virale tanto in rapporto alle richieste che provengono dalle prefetture quanto in relazione alle residue disponibilità delle Forze Armate –:

   quale sia la consistenza numerica totale e per provincia del contingente militare destinato attualmente alle esigenze determinate dall'insorgenza del Covid-19, con annessa valutazione di congruità attuale e futura rispetto alle richieste giunte.
(5-03804)
(Presentata il 3 aprile 2020)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIA TRIPODI, D'ATTIS e LABRIOLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   risulta che, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, abbia individuato Amendola (Foggia) – già sede dei velivoli F35 a decollo convenzionale dell'Aeronautica Militare – quale unico polo nazionale dei velivoli F-35B, a decollo verticale, sia della Marina Militare che dell'Aeronautica Militare;

   tale scelta ha comportato l'interruzione dei lavori di ammodernamento della Base Aerea di Grottaglie della Marina Militare, già in avanzato stato di realizzazione e progettazione, sottraendo all'indotto ionico importanti risorse in un momento particolarmente delicato, a causa della vicenda ex ILVA, che ha avuto pesanti ripercussioni economiche per la provincia di Taranto;

   non è condivisibile — proprio nel contesto dell'emergenza in atto — l'allontanamento degli F35-B della Marina Militare, oltre che dalla loro naturale base di rischieramento (Grottaglie), anche dalla propria Portaerei Cavour (con sede a Taranto a solo pochi chilometri di distanza) cui sono indissolubilmente legati per lo svolgimento delle proprie missioni, comportando con ciò una ingente spesa annuale per ogni trasferimento dei velivoli della Marina per operare dalla propria Unità;

   significativo è anche l'aspetto collegato alle ingenti perdite di sinergie operative e addestrative tra il nuovo velivolo F-35B della Marina Militare e l'AV8 B plus, di stanza a Grottaglie e destinato a lasciare il servizio operativo in concomitanza con l'acquisizione delle capacità operativa del nuovo mezzo;

   d'altronde, l'emergenza COVID-19 non ha condotto a decisioni interruttive sullo stabilimento di Camei (Novara), sarebbe, pertanto, auspicabile riprendere i lavori di adeguamento della base di Grottaglie sia per non disperdere la sua trentennale vocazione di supporto alle Forze Aeree della Marina Militare sia per non penalizzare ulteriormente l'indotto tarantino, già duramente colpito dalla crisi dell'ex Ilva –:

   se il Ministro interrogato, anche in considerazione dell'emergenza sanitaria, non ritenga di valutare al meglio tutte le implicazioni scaturenti, comprese quelle di natura economica e sociale, derivanti dall'eventuale trasferimento da Grottaglie del Gruppo Aerei imbarcati.
(5-03816)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO, DEIDDA, PRISCO, MANTOVANI, CARETTA, GALANTINO e LUCA DE CARLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 marzo 2020, numerosi organi di stampa lussemburghesi hanno riportato la notizia della costruzione di un ospedale da campo nei pressi del Chl – Centre Hospitalier de Luxembourg con assetti logistici trasportati dalla Puglia attraverso sei voli cargo provenienti dal Southern Operational Center di Taranto della Nato, in dotazione alla Nspa (Nato Support and Procurement Agency), il cui comando centrale è situato in Lussemburgo;

   da quanto emerge dalla stampa, le risorse Nato inviate in Lussemburgo serviranno per erigere un ospedale da campo con una capienza di 200 posti letto e 100 respiratori;

   sempre da quanto si apprende dalla stampa, la Nspa avrebbe confermato che gli assetti logistici inviati in Lussemburgo sono provenienti dalla base di Taranto;

   dai media lussemburghesi si apprende che, essendo i materiali logistici conservati in una base Nato e gestiti dalla Nspa, il Lussemburgo, in qualità di membro dell'Alleanza atlantica nonché Paese ospitante dell'agenzia, è stato in grado di richiederli, possibilità finora esercitata unicamente dal Lussemburgo, e non dall'Italia;

   l'Italia, con oltre 80.000 casi attuali di Covid-19 e 13.000 morti è, al momento, il Paese più colpito al mondo;

   in data 26 febbraio 2020, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02402-A/063, impegnandosi a valutare l'impiego del personale medico-amministrativo del Corpo militare della Croce rossa italiana, disponendo la precettazione del personale necessario;

   come emerso da fonti di stampa del 24 febbraio 2020, il presidente nazionale della Croce rossa italiana, così come la Croce rossa stessa, hanno affermato come i nuclei anti-decontaminazione specializzati Nbcr (nucleare, batteriologico, chimico, radioattivo), siano pronti a essere impiegati, qualora fosse richiesto dalla Protezione civile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, se corrisponda al vero quanto sopra riportato riguardo a una struttura ospedaliera militare dispiegata in Lussemburgo e proveniente dal territorio nazionale;

   se abbia fatto esplicita richiesta alle autorità della Nato e della Nspa per il dispiegamento di assetti logistici militari per uso non militare connessi all'esigenza operativa emersa dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 e, in caso contrario, quali siano i motivi di tale mancata richiesta;

   se siano presenti, in altre basi militari dislocate sul territorio nazionale, altre strutture utili che possano essere richieste a supporto delle strutture sanitarie italiane;

   se il Governo abbia intenzione di richiamare in servizio il personale medico-amministrativo del Corpo militare della Croce rossa italiana, a supporto del personale sanitario già schierato sul territorio, e di richiedere l'uso degli assetti logistici a disposizione del Corpo per edificare nuovi ospedali da campo nelle aree più colpite dall'emergenza Covid-19.
(4-05103)


   PAOLO RUSSO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BIANCOFIORE, CASSINELLI, D'ATTIS, DALL'OSSO, FASCINA, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI, MILANATO, NAPOLI, PELLA, PETTARIN, POLIDORI, RIPANI, RUFFINO, SACCANI JOTTI, SARRO, SCOMA e SQUERI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   per fronteggiare l'emergenza sanitaria del Covid-19, i volontari in ferma quadriennale stanno fornendo il loro straordinario contributo per supportare i cittadini nella gestione della grave crisi epidemiologica;

   la disciplina speciale dei volontari di truppa, prevista dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), reca, tra le altre norme, lo status giuridico dei militari in ferma prefissata quadriennale, ivi compreso l'avanzamento di carriera;

   nello specifico, ai sensi dell'articolo 878 del codice dell'ordinamento militare, i volontari in ferma prefissata delle Forze armate sono militari in servizio temporaneo e, come tali, non sono legati a rapporto di impiego, ma solo a rapporto di servizio per la durata della loro ferma;

   ai sensi dell'articolo 700 del codice dell'ordinamento militare, possono partecipare ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma quadriennale i volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo;

   nel mese di aprile 2019 è stata resa nota la procedura concorsuale per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate, per il 2017, 2018 e 2019 dei volontari in ferma prefissata quadriennale con decorrenza giuridica 30 luglio 2013 (1° immissione 2013) e 31 dicembre 2013 (2° immissione 2013);

   la presentazione delle domande di partecipazione alla procedura concorsuale citata è stata rinviata, nell'arco di undici mesi, per sei volte e l'ultimo avviso del 9 marzo 2020 ha reso noto che i termini per la presentazione delle domande sarebbero stati pubblicati mediante avviso del 30 marzo 2020;

   allo stato attuale, i volontari in ferma quadriennale non hanno ricevuto alcuna comunicazione in merito alla procedura concorsuale citata che, come appena riportato, ha subito un notevole rallentamento delle tempistiche, generando, in questo modo, incertezza sul futuro lavorativo dei volontari dopo più di otto anni di servizio;

   ad avviso dell'interrogante, è evidente come le lungaggini burocratiche riguardanti le procedure di immissione in servizio permanente siano in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, poiché le tempistiche in questione non rispondono ai criteri di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, principi ai quali la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto il valore di parametro di legittimità delle scelte discrezionali effettuate dal legislatore nell'organizzazione degli apparati e dell'attività amministrativa –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda adottare tempestivamente le opportune iniziative al fine di definire tempistiche certe in merito all'immissione, nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate, dei volontari in ferma prefissata quadriennale che, con spirito di servizio, continuano a servire il Paese anche oltre i confini nazionali.
(4-05138)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   come riportato i giorni scorsi da alcuni organi di stampa nazionale, fonti dell'Eurogruppo hanno dichiarato che il trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) sarà firmato il prossimo aprile dagli ambasciatori degli Stati membri dell'Unione europea durante la riunione del Coreper, su un testo ritenuto da loro ormai non più soggetto a possibilità di modifiche;

   sempre nei giorni scorsi, il Ministero dell'economia e delle finanze ha smentito la notizia della calendarizzazione della firma del trattato per il prossimo aprile, aggiungendo che il tema sarà discusso nei tavoli della riunione dell'Eurogruppo che si terrà il prossimo marzo;

   sull'argomento è intervenuto il Presidente del Consiglio, il quale ha assicurato che sul trattato Mes «non c'è nessuna novità e nessuna firma prevista»;

   il 30 gennaio 2020, il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno ha scritto in una lettera ufficiale pubblicata sul sito dell'Eurogruppo che il tema del trattato Mes sarà chiuso il prossimo marzo su un testo già approvato, al netto di poche modifiche marginali;

   il fatto che anche il Ministero dell'economia e delle finanze abbia confermato che il tema sarà trattato nella riunione dell'Eurogruppo di marzo 2020 non sembra essere in contraddizione con la possibilità che, proprio in quella data, il testo possa essere approvato definitivamente;

   l'11 dicembre 2019, nel corso delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019, i Gruppi avevano sollevato con forza la necessità di un coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni relative alla riforma del Mes;

   il centrodestra unito aveva presentato una risoluzione unitaria, nella quale si invitava il Governo a non procedere ad alcuna formale adesione al trattato Mes prima che le numerose criticità fossero state discusse e risolte, e a dare da quel momento in poi compiuta attuazione alla legge n. 234 del 2012, riferendo in modo chiaro ed esaustivo alle Camere e agli organi parlamentari competenti circa l'effettivo stato di avanzamento del negoziato sul Mes e sugli altri elementi del pacchetto;

   anche la stessa risoluzione di maggioranza, approvata dalla Camera, impegnava chiaramente il Governo «ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell'unione economica e monetaria e sulla conclusione della riforma del Mes»; il Presidente del Consiglio si era impegnato quindi a tenere costantemente informato il Parlamento sui futuri sviluppi nei negoziati sul trattato Mes in sede europea;

   nell'ultima riunione del Consiglio europeo, l'Unione europea ha concesso all'Italia più tempo per discutere degli elementi di criticità presenti nel testo del trattato Mes –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle osservazioni riportate in premessa e quali iniziative intenda assumere per rendere note al Parlamento le decisioni prese dall'Eurogruppo nella riunione tenutasi in data 20 gennaio 2020 e le eventuali proposte di modifica al trattato sul Mes avanzate dal Governo italiano dopo la riunione del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019;

   se intenda assicurare che il trattato sul Mes non sarà sottoscritto il prossimo aprile e se vi sia ancora la possibilità per l'Italia di modificare il testo formulato antecedentemente alla riunione del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019;

   se e come intenda coinvolgere il Parlamento nel processo di modifica dei contenuti del trattato sul Mes, al fine di giungere ad un testo ampiamente condiviso.
(2-00725) «Brunetta, Gelmini».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:

   come noto l'obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica discende dall'articolo 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, ed è più puntualmente sancito dalla previsione dell'articolo 119 della Costituzione – novellato insieme agli articoli 81 e 97 dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 – che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale e ha attribuito alla competenza esclusiva dello Stato la materia del coordinamento della finanza pubblica;

   nel delineare il nuovo assetto della contabilità pubblica, la normativa di riforma dell'articolo 81 della Costituzione ha previsto che il «ricorso all'indebitamento è consentito» soltanto al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, «al verificarsi di eventi eccezionali»;

   la stessa legge costituzionale n. 1 del 2012, all'articolo 5, sancisce che la legge rinforzata prevista dall'articolo 81, sesto comma, della Costituzione deve disciplinare, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, la definizione «delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione, (...) al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all'indebitamento non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo» degli scostamenti negativi cumulati, sulla base di un piano di rientro (lettera d)), nonché «le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) del presente comma, anche in deroga all'articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali» (lettera g));

   con riguardo agli eventi eccezionali l'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 ha precisato che per eventi eccezionali, da individuare in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea debbono intendersi, tra l'altro, eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie, nonché «le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese»;

   il medesimo articolo stabilisce, altresì, la procedura per fronteggiare tali eventi eccezionali, disponendo che il Governo, qualora a causa di essi ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenta alle Camere, per le conseguenti deliberazioni, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico;

   con delibera del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 è stata approvata la relazione aggiuntiva di integrazione a quella già approvata al Parlamento per l'anno corrente ai fini dell'autorizzazione, da parte del Parlamento, a ricorrere, ulteriormente, all'indebitamento aggiuntivo rispetto a quanto già indicato nella relazione al Parlamento 2020, incrementato di 13,75 miliardi di euro (pari a circa 0,8 per cento), da impiegare nel corso dell'anno 2020;

   con le relazioni del 5 e dell'11 marzo 2020 risulta attivato il procedimento previsto dalla normativa richiamata relativo all'indebitamento;

   non risulta avviata alcuna iniziativa relativamente al sostentamento dei «livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali», pur a fronte di previsioni normative che ancora stabiliscono un pesante contributo al risanamento della finanza pubblica da parte delle regioni (ad esempio, per la Sicilia di 1.001.000.000 di euro);

   contributi che, se direttamente e pacificamente conseguenti alla disciplina richiamata, oltre alla ratifica del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (cosiddetto fiscal compact), debbono sicuramente essere riconsiderati nel delineato contesto di revisione dell'indebitamento;

   in questo contesto finanziario va sottolineato che le regioni non possono operare in deficit, essendo obbligate dalla normativa richiamata al pareggio di bilancio;

   tale circostanza, in mancanza di correttivi che rimuovano i contributi al risanamento della finanza pubblica e in un contesto di grave crisi finanziaria, si risolve inevitabilmente in un concreto pregiudizio per i livelli di assistenza e delle prestazioni in presenza di situazioni straordinarie che determinano «rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese», come quelle conseguenti alla pandemia in atto e alle misure di chiusura varate dal Governo e dalle regioni –:

   quale sia il contributo che le singole regioni italiane sono obbligate annualmente a versare allo Stato a titolo di concorso alla finanza pubblica;

   quali urgenti iniziative previste dalla normativa di cui sopra siano adottabili anche per le regioni;

   quali misure di riduzione dell'impatto finanziario si intendano estendere alle regioni obbligate al concorso finanziario;

   in caso di risposta contraria, quali iniziative intendano assumere per garantire i livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.
(2-00730) «Bartolozzi, Prestigiacomo, Germanà, Scoma, Siracusano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020 è stato pubblicato il decreto-legge n. 18 del 2020 recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», il cosiddetto «Cura Italia»;

   tra le misure a sostegno del mondo sportivo ci sono quelle di cui all'articolo 96 (per i collaboratori sportivi) e all'articolo 27 (per i professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa) che prevedono l'erogazione di un'indennità per il mese di marzo pari a 600 euro;

   le modalità di presentazione delle domande sono diverse e, ai sensi del citato articolo 96, dovevano essere individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro 15 giorni, a partire dal 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del decreto-legge «Cura Italia»), perciò entro il 1° aprile 2020. Nei fatti, per quanto riguarda i collaboratori sportivi l'indennità sarà riconosciuta da Sport e salute s.p.a. mentre per i professionisti e lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.) l'indennità sarà riconosciuta dall'Inps (si veda, anche l'articolo 27 del decreto-legge che qui interessa) –:

   se il Ministro interrogato – essendo decorsi i termini per l'emanazione del sopra indicato decreto ministeriale e posto che l'assenza di tale decreto preclude la possibilità di presentazione della domanda per ottenere la prevista indennità – intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere in merito con l'urgenza che il caso conclama.
(5-03805)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ETTORE, GELMINI, OCCHIUTO, D'ATTIS, MUGNAI, CANNIZZARO, RIPANI, VIETINA, BARTOLOZZI, SACCANI JOTTI, PELLA, CASCIELLO, PALMIERI, CANNATELLI, GIACOMONI, GIACOMETTO, MULÈ, PITTALIS, TARTAGLIONE, MILANATO, CAPPELLACCI, RUFFINO, SISTO, CARRARA, FIORINI, SQUERI, PENTANGELO, ZANGRILLO, NAPOLI, NOVELLI, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, MARROCCO, FITZGERALD NISSOLI, SOZZANI, SPENA, LABRIOLA, FERRAIOLI, ROSSELLO, PORCHIETTO, CASINO, RAVETTO e VERSACE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 54 del decreto-legge «Cura Italia» (decreto-legge n. 18 del 2020) viene prevista l'ammissione ai benefici del Fondo di solidarietà per i mutui prima casa (Fondo Gasparrini) per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che autocertifichino ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data, un calo del proprio fatturato, superiore al 33 per cento del fatturato dell'ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall'autorità competente per l'emergenza coronavirus;

   con il decreto ministeriale 25 marzo 2020 sono state emanate le disposizioni attuative dell'articolo 54 citato, integrando così la disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (Fondo Gasparrini);

   per quanto risulta all'interrogante, risulterebbero talune controindicazioni che caratterizzerebbero la richiesta per l'ammissione ai benefici che impattano in modo rilevante sulla vita e sulle condizioni economiche dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti;

   in particolare, vi sarebbero alcuni elementi da valutare prima di richiedere la sospensione del mutuo. Innanzitutto, la richiesta di sospensione diventa uno strumento indispensabile per coloro che sono certi di non riuscire a sostenere l'impegno economico delle rate, in seguito alla riduzione del fatturato, anche per evitare eventuali segnalazioni nelle centrali rischi finanziarie in caso di ritardo di pagamento alla banca. In secondo luogo, la richiesta di sospensione è consigliata per i titolari di mutuo il cui piano di ammortamento è nello stadio iniziale e, infatti, gli interessi da corrispondere alla banca sono più elevati nei primi anni del mutuo e, pertanto, tale sostegno produce evidenti vantaggio in questa fase. Infine, per chi si avvale della sospensione potrebbe essere preclusa, nel futuro, la possibilità di optare per una surroga o una rinegoziazione che, ridefinendo le condizioni di rimborso del mutuo, potrebbe alleggerire le rate;

   alla luce di quanto precede non si comprendono le ragioni in forza delle quali possa essere anche solo possibile una segnalazione alle centrali rischi finanziarie a fronte del riconoscimento del beneficio previsto per l'accesso al «Fondo mutui prima casa», diversamente e con evidente disparità di trattamento rispetto a quanto previsto dall'articolo 56 del decreto-legge «Cura Italia» in materia di moratoria sulle linee di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su titoli di credito, scadenze di prestiti a breve e rate di prestiti e canoni in scadenza, come peraltro confermato da un recente comunicato della Banca d'Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere al riguardo, per tutelare la posizione dei liberi professionisti e dei lavoratori autonomi che, come noto, rappresentano una delle categorie più esposte e colpite con violenza dalla crisi economica derivante dalla diffusione del Covid-19.
(4-05108)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con una sentenza pronunciata il 28 gennaio 2020, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per l'incapacità di risolvere definitivamente il problema dei ritardi nei tempi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione verso i suoi fornitori;

   la Grande Sezione della Corte ha certificato che l'Italia «non ha assicurato che le sue pubbliche amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di simili transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario» (per la sanità), limiti stabiliti dalla direttiva comunitaria che norma la materia;

   secondo l'ultimo aggiornamento del Ministero dell'economia e delle finanze risalente al novembre 2019, nel 2018 la piattaforma dedicata ai pagamenti della pubblica amministrazione ha registrato oltre 28 milioni di fatture ricevute, per un importo totale pari a 163,3 miliardi di euro, di cui 145 miliardi effettivamente liquidabili (ossia al netto della quota Iva e degli importi sospesi e non liquidabili). I pagamenti hanno riguardato 22,1 milioni di fatture, per 128,3 miliardi di euro, che corrisponde a circa l'88,5 per cento del totale: «I tempi medi ponderati occorsi per saldare, in tutto o in parte, queste fatture sono pari a 54 giorni, a cui corrisponde un ritardo medio di 7 giorni sulla scadenza delle fatture stesse». Tra i dati pubblicati, in una tabella si scorge che il totale dei debiti commerciali residui scaduti delle pubbliche amministrazioni arriva a 27 miliardi di euro;

   il caso era stato portato davanti alla Commissione da «operatori economici e associazioni di operatori economici italiani», che avevano denunciato i tempi lunghi d'attesa nel vedersi saldare le fatture;

   la Corte ha precisato che la direttiva «impone agli Stati membri di assicurare il rispetto effettivo, da parte delle loro pubbliche amministrazioni, dei termini di pagamento da esso previsti» e ha stabilito che l'Italia si «conformi alla sentenza senza indugio»;

   la Corte ha stabilito altresì che «la Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest'ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza» –:

   se i dati esposti in premessa corrispondano al vero;

   a quanto ammontino i crediti non pagati alle aziende alla data odierna;

   quali siano gli intendimenti del Governo per saldare gli arretrati accumulati.
(4-05125)


   CARETTA, DEIDDA, CIABURRO, PRISCO, MANTOVANI, ROTELLI, VARCHI e LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in Italia circa uno studente universitario su tre è cosiddetto «fuorisede», ovvero frequenta istituti universitari in una regione diversa, spesso molto distante, da quella di residenza;

   ad oggi, più del 27 per cento degli iscritti alle università frequenta un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza e, come si apprende a mezzo stampa, tale tendenza è in crescita costante;

   segnatamente, circa il 20-22 per cento degli studenti residenti nel Centro e Nord Italia decidono di studiare fuori dalla propria regione, mentre oltre il 32 per cento dei ragazzi provenienti dal Sud e Isole italiane frequenta l'università lontano dalla propria regione;

   tra le città universitarie scelte maggiormente dagli studenti fuori sede figurano Bologna, Milano, Pisa, Roma e Torino, dove i canoni di affitto per delle stanze vanno da un prezzo medio minimo di circa euro 280-300 per una stanza doppia, cioè condivisa con un'altra persona a un prezzo medio di euro 450-600 per una stanza singola, da anni si registra un tendenziale aumento di questi costi;

   in molti casi, le esigenze degli studenti meno abbienti vengono recepite con apposite politiche sociali di accoglienza stabilite dalle agenzie regionali per il diritto allo studio, che si occupano di fornire borse di studio e studentati mediante graduatorie basate prevalentemente su criteri di reddito;

   sono tuttavia molti gli studenti che vivono in affitto, spesso a carico dei genitori, che effettuano sugli studi dei propri figli un vero e proprio investimento, sobbarcandosi spesso spese di una certa rilevanza, se non la totalità dei pagamenti degli affitti e delle utenze;

   a seguito della crisi epidemiologica da Covid-19, sia per le misure predisposte dal Governo, sia per le evidenti necessità di sicurezza, numerose attività produttive, autonomi e partite Iva hanno dovuto cessare la propria attività, con una conseguente perdita di liquidità e guadagni;

   sono elevate le difficoltà e le criticità rilevate dalle predette categorie nell'affrontare i sopravvenuti costi dell'emergenza in assenza del reddito derivante dal proprio lavoro;

   nel decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto «Cura Italia» non figurano misure di sostegno al pagamento delle utenze da parte dei cittadini, men che meno a sostegno di tutti quei cittadini che vivono in appartamenti dati in locazione, tra cui anche gli studenti fuorisede, che in molti casi si sono ritrovati a dover corrispondere l'intero canone dell'affitto di marzo nonostante la mancata capacità dei genitori di produrre reddito a sostegno di questa spesa, incrementando gli oneri a loro carico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per:

    a) porre in essere misure straordinarie di sostegno agli affitti per gli studenti fuori sede, anche indennitarie, anche di concerto con le regioni e mediante coinvolgimento di enti privati, contemperando tali misure con i legittimi interessi dei locatori;

    b) sostenere la liquidità dei cittadini anche mediante forme di indennità che permettano di sostenere i canoni di locazione e il pagamento delle utenze, prendendo in considerazione anche la sospensione di quest'ultime.
(4-05136)


   LUCA DE CARLO, DEIDDA, GALANTINO, ROTELLI, CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in ottemperanza alle misure emanate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, dal mese di marzo 2020 sono stati sospesi tutti gli eventi e le manifestazioni ed è temporaneamente vietata l'apertura di esercizi commerciali non di primissima necessità, quali ristoranti, bar, pub, teatri, cinema, locali notturni, parco giochi e altro;

   il periodo emergenziale si protrae da oltre un mese e non è prevista né una data di termine, né una strategia chiara e definita per la «fase II», per la quale devono essere stabiliti i termini di riapertura delle attività produttive;

   l'arresto temporaneo della vita sociale ordinaria della popolazione comporta al settore produttivo alimentare un gravissimo calo di vendite legato al mondo della ristorazione e degli eventi e il 40 per cento del mercato del beverage è attualmente fermo, mentre il resto delle forniture connesse alla grande distribuzione ha subito una brusca battuta d'arresto con previsioni di calo del fatturato di oltre il 30 per cento rispetto all'anno precedente;

   la legge 27 dicembre 2019, n. 160, articolo 1, comma 634, prevede che «È istituita l'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego, di seguito denominati “MACSI”, che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari»; con i successivi commi da 661 a 670, è istituita e normata «l'imposta sul consumo delle bevande analcoliche, come definite al comma 662, di seguito denominate “bevande edulcorate”; le imposte comunemente conosciute come plastic tax e sugar tax saranno in riscossione rispettivamente da luglio e ottobre 2020» –:

   se il Governo, in considerazione delle perdite macroscopiche che il settore sta affrontando, intenda considerare l'ipotesi di adottare iniziative per sospendere la corresponsione delle imposte sulla plastica e sul consumo di bevande edulcorate previste nella legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160), al fine di scongiurare un ulteriore aggravamento della crisi economica in essere.
(4-05137)


   FICARA, SUT, CILLIS, VIANELLO, MARTINCIGLIO e PERANTONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 maggio 2014, conformemente alle previsioni statutarie, il consiglio di amministrazione di Eni ha nominato amministratore delegato e direttore generale Claudio Descalzi cui ha affidato la gestione della società, riservando alla propria esclusiva competenza la decisione su alcune materie. Descalzi terminerà il suo mandato a maggio 2020 e, probabilmente, nelle prossime settimane sarà decisa la sua riconferma o sarà scelto un suo eventuale successore;

   Eni è soggetta al controllo di fatto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, in forza della partecipazione detenuta, sia direttamente sia indirettamente, tramite Cassa depositi e prestiti spa, controllata dallo stesso Ministero;

   da fonti stampa si evince che l'attuale amministratore delegato dell'Eni è sotto processo, nell'ambito dell'acquisizione della licenza Opl 245 avvenuta nel 2011, per corruzione internazionale ed è accusato di aver pagato oltre un miliardo di euro in tangenti a manager, politici e faccendieri nigeriani in cambio di alcune concessioni petrolifere;

   dal Fatto Quotidiano del 27 settembre 2019 si evince che Descalzi è inoltre accusato di omessa dichiarazione di conflitto di interessi per non aver fatto sapere alla società che sua moglie, la cittadina congolese Marie Magdalene Ingoba, controllava quote di una serie di società che tra il 2007 e il 2018 avevano ottenuto contratti dall'Eni per 310 milioni di euro. Secondo i magistrati, Ingoba possedeva direttamente le quote fino al 2014. Poi, pochi giorni prima che il marito venisse promosso amministratore delegato di Eni, le aveva cedute a un prestanome;

   la rivista l'Espresso ha pubblicato un colloquio con Luigi Zingales, che tra il 2014 e il 2015 è stato consigliere d'amministrazione di Eni. Zingales, insieme alla sua collega consigliera Karina Litvack, ha sostenuto di avere allora chiesto l'apertura di un'indagine interna indipendente che sarebbe stata rifiutata e che Eni avrebbe iniziato un'operazione di spionaggio e screditamento nei confronti suoi e della Litvack;

   dal Fatto Quotidiano del 24 gennaio 2020 si apprende che, secondo quanto riportato nel decreto di perquisizione eseguito dalla Guardia di finanza, «nelle Procure di Trani e Siracusa nel gennaio 2015 sono stati incardinati procedimenti penali nei quali si accreditava la tesi (falsa) di un complotto organizzato ai danni di Descalzi da vari soggetti italiani e stranieri». Questi procedimenti, scrivono i pm, «sono stati avviati e coltivati da Piero Amara» e dai «suoi complici» tutti «interessati a vario titolo a proteggere Descalzi», indagato e poi imputato nel processo in corso sul caso Eni-Shell/Nigeria. In particolare, secondo quanto riportato da SiracusaNews.it del 9 febbraio 2018, nel 2015 Alessandro Ferraro, collaboratore di Amara si presentava presso il pm Longo, per sporgere una denuncia di sequestro in modo da «consentire al Pm di aprire le indagini (autoassegnandosele) con il metodo che gli inquirenti definiscono del “fascicolo specchio” e acquisire informazioni da altre procure che stavano indagando sugli stessi fatti»;

   desta poi non poca preoccupazione apprendere da Repubblica dell'11 febbraio 2020 dell'arresto dell'avvocato Pietro Amara su disposizione della procura di Messina per «scontare un cumulo di pena di 3 anni e 8 mesi per la condanna inflittagli nei procedimenti relativi alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato e al Sistema Siracusa, indagine che ha scoperchiato una sorta di accordo tra pm e avvocati per pilotare indagini e fascicoli» –:

   se il Governo, nell'esercizio delle funzioni di competenza attinenti al rinnovo del consiglio di amministrazione di Eni e alla nomina del nuovo amministratore delegato, non ritenga meritevoli di valutazione le circostanze richiamate in premessa, in considerazione dei procedimenti giudiziari in corso e non ancora esauriti che vedono coinvolto l'attuale direttore generale e amministratore delegato.
(4-05139)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   sono passate tre settimane dalla morte in diverse carceri italiane di 13 detenuti a seguito delle rivolte nate contro la mancanza di informazione e di gestione della crisi dovuta alla pandemia da Covid-19; una protesta che ha avuto alcune espressioni violente, ma che ha coinvolto oltre seimila detenuti;

   solo dopo molti giorni si sono saputi i nomi dei detenuti morti e le cause e le dinamiche sono tuttora ignote, nonostante le richieste di trasparenza avanzate sia dalla società civile, dal Garante nazionale e dai garanti territoriali dei diritti delle persone detenute e dagli organi di stampa;

   l'11 marzo 2020 il Ministro interpellato ha svolto un'informativa urgente alla Camera e al Senato sui gravi fatti accaduti in alcuni penitenziari nella quale ha affermato che il tempo che le era concesso non le consentiva di riferire nel dettaglio dei singoli casi in ogni città; pertanto, avrebbe trasmesso il giorno stesso una relazione dettagliata del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   da tale relazione non si evincono le informazioni più importanti relative a quegli episodi ma solo notizie sommarie riportate anche dagli organi di stampa;

   l'Associazione Antigone ha denunciato di aver ricevuto numerose segnalazioni di violenze e abusi che sarebbero stati perpetrati ai danni di persone detenute successivamente alle rivolte; in particolare, nell'istituto di pena di Milano-Opera, diverse persone si sono rivolte all'associazione raccontando quanto sarebbe stato loro comunicato dai congiunti o da altri contatti interni, e le versioni riportate, le quali parlano di brutali pestaggi di massa che avrebbero coinvolto anche persone anziane e malati oncologici e gravi contusioni delle persone coinvolte, risultano tutte concordanti; sul caso di Milano-Opera, l'associazione ha inviato un esposto alla procura competente, e si appresta a farlo anche per altri istituti;

   nel corso del question time del 25 marzo 2020, con riferimento alle misure di cui agli articoli 123 e 124 del decreto-legge n. 18 del 2020, il Ministro interpellato ha affermato che «il numero degli effettivi destinatari della nuova legge (…), tra i 6 mila detenuti circa non condannati per reati cosiddetti ostativi e con pena residua fino a diciotto mesi, oggi già tutti potenzialmente destinatari della precedente n. legge 199 del 2010, dipenderà da diversi requisiti e variabili, come, per esempio, il domicilio idoneo, che dovranno essere accertati dalla magistratura» e che, a tale data, circa cinquanta detenuti avevano beneficiato della misura di cui all'articolo 123; 150 detenuti sarebbero stati interessati dalla concessione di licenze in virtù dell'articolo 124 del decreto-legge n. 18 del 2020. Come specificato dal Ministro, «si tratta di detenuti già ammessi al regime di semilibertà che durante il giorno si trovavano già fuori dalle carceri e non vi rientrano più la notte»;

   il provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, d'intesa con il capo della polizia, che attua il decreto sopra citato afferma che il dipartimento della pubblica sicurezza rende disponibili complessivi 5.000 braccialetti elettronici, di cui 920 alla data della firma del documento, avvenuta il 27 marzo; il provvedimento interdipartimentale prevede inoltre l'installazione di un massimo di 300 apparecchi a settimana;

   con il numero di installazioni attualmente previste, gli ultimi detenuti usciranno dal carcere infatti tra oltre tre mesi, quando auspicabilmente la fase acuta legata al diffondersi del Covid-19 sarà già ampiamente alle spalle;

   il Consiglio superiore della magistratura, nel parere sul decreto-legge n. 18 del 2020 «auspica soluzioni volte a ridurre il sovraffollamento delle carceri, ivi compresi interventi volti a differire, per la durata dell'emergenza, l'ingresso in carcere di condannati a pene brevi per reati non gravi»;

   la presidente del tribunale di sorveglianza di Milano Giovanna Di Rosa, dopo aver scritto al Ministro interpellato, ha scritto alla reggente della procura generale Nunzia Gatto e al procuratore della Repubblica Francesco Greco per chiedere di valutare l'opportunità di sospendere l'emissione di ordini di carcerazione;

   il procuratore generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi, in un documento trasmesso a tutti i pg delle Corti d'appello italiane, ha affermato che «occorre incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione delle presenze non necessarie in carcere»;

   la commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, ha chiesto a tutti i Paesi di utilizzare tutte le misure alternative alla detenzione in tutti i casi possibili e senza discriminazioni;

   in senso analogo, si sono espressi il Papa, l'Alto commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet e l'Organizzazione mondiale della sanità;

   i detenuti contagiati sarebbero ufficialmente 31 e gli agenti di polizia penitenziaria oltre 200, escludendo coloro che, essendo entrati in contatto con positivi, sono stati posti in quarantena obbligatoria;

   il 5 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, alla notizia di un detenuto positivo è scoppiata una protesta che ha coinvolto circa 150 detenuti –:

   quali siano le cause della morte per ognuna delle 13 persone decedute, come accertate dalle autopsie, e nello specifico, ove la morte sia dovuta all'assunzione di farmaci, quali farmaci siano stati assunti e se fossero opportunamente custoditi; quante morti siano avvenute nei luoghi della protesta e quante durante o a seguito delle traduzioni ad altro carcere, dettagliando luoghi, circostanze e tempistica; se prima del trasferimento ad altro carcere i detenuti siano stati sottoposti a visita medica, anche in considerazione dell'avvenuta sottrazione di farmaci dall'infermeria;

   se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia avviato, per quanto di competenza, delle indagini interne sui pestaggi denunciati da Antigone;

   quale sia il dato aggiornato relativo al numero di detenuti che abbiano beneficiato delle misure di cui agli articoli 123 e 124 del decreto-legge n. 18 del 2020;

   se, alla luce delle informazioni riportate in premessa, il Governo non intenda assumere iniziative che siano concretamente in grado di incidere sul sovraffollamento carcerario in modo da consentire il rispetto delle norme sul distanziamento e l'adozione di misure di isolamento idonee, senza che le misure alternative siano condizionate all'uso del braccialetto elettronico, che appare del tutto superfluo in un momento in cui la libertà di movimento dei cittadini è ridotta al minimo, mentre massimo è il controllo del territorio da parte delle forze di polizia.
(2-00712) «Magi, Schullian».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la mattina di martedì 12 marzo 2019, Ciro Russo, 42enne napoletano ha aggredito, dando fuoco e tentando di ardere viva l'ex moglie, Maria Antonietta Rositani;

   l'uomo era evaso dagli arresti domiciliari, presso l'abitazione dei genitori ad Ercolano, dopo un periodo di custodia cautelare in carcere disposta il 20 gennaio 2018, con provvedimento del Gip di Reggio Calabria, su richiesta della locale procura della Repubblica, a conclusione di indagini condotte dalla squadra mobile reggina per maltrattamenti in famiglia;

   al Russo, oltre alla misura custodiale degli arresti domiciliari e a quella del divieto di avvicinamento alla moglie, l'ordinanza applicativa imponeva anche, a chiare lettere, limiti di comunicazione del detenuto con i soli familiari. Ciò nonostante, risulta agli interpellanti, che Ciro Russo, non solo aveva già violato il divieto di avvicinamento alla distanza di 300 metri, ma aveva altresì palesato pubblicamente – tramite Facebook – la propria intenzione omicida nei confronti di Maria Antonietta;

   malgrado le reiterate ed ininterrotte richieste di aiuto della vittima e le misure imposte dall'autorità giudiziaria, Ciro Russo ha avuto la possibilità di allontanarsi dall'abitazione di Ercolano, percorrendo circa 500 chilometri per realizzare il suo folle proposito di vendetta;

   i genitori del Russo, tra l'altro, stando a quanto da loro stessi dichiarato, avrebbero, una volta riscontrata l'assenza del figlio, tempestivamente dato l'allarme comunicando alle 8:05 alle forze dell'ordine l'accaduto;

   Maria Antonietta Rositani sarebbe stata avvisata dal padre della fuga dell'ex marito, attorno alle 8 e 30: pochi minuti dopo Maria Antonietta ha chiamato, terrorizzata, le forze dell'ordine per chiedere aiuto;

   ad avviso degli interpellanti la vicenda appena riportata mostra la necessità di fare giustizia per Maria Antonietta che presenta ustioni sul 50 per cento del corpo e lotta con tutte le sue forze per tornare alla sua vita, dalla sua famiglia;

   il tragico evento pone all'attenzione dei Ministri interpellati la necessità di intervenire al fine di fare luce su una vicenda che poteva essere evitata anche attraverso l'applicazione del braccialetto elettronico che non avrebbe permesso al soggetto in questione di allontanarsi indisturbatamente dalla propria abitazione e compiere l'orribile delitto –:

   se il Ministro della giustizia non ritenga opportuno attivare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa;

   quali iniziative, anche di carattere disciplinare, si intendano assumere con riguardo alle diverse autorità preposte alla tutela dell'incolumità fisica della vittima e coinvolte nella vicenda, alla luce della condotta socialmente pericolosa posta in essere da Ciro Russo.
(2-00724) «Cannizzaro, Carfagna, Occhiuto».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della salute – Per sapere – premesso che:

   come dichiarato recentemente dall'epidemiologo Walter Pasini, direttore del Centro di Travel Medicine and Global Health è probabile che l'infezione sia arrivata in Italia attraverso i tre voli settimanali da e per Wuhan prima che le nostre autorità bloccassero i voli dalla Cina ovvero che il virus potesse essere portato in Italia e in altri Paesi del mondo dalla miriade di voli che hanno collegato l'epicentro della pandemia (il focolaio di Wuhan) con migliaia di altre città. L'aeroporto di Wuhan aveva infatti contatti con le principali città cinesi e del mondo e non si può sottovalutare il fatto che le autorità cinese abbiano imposto il cordone sanitario a Wuhan dopo aver lasciato uscire 5 milioni di abitanti;

   era evidente, a quanto sostenuto sempre da Pasini, che attraverso i viaggi internazionali e l'enorme flusso di voli intercontinentali, il virus sarebbe arrivato in Italia e nel resto del mondo. Così settimane preziose sono lasciate passare senza acquisire dispositivi di protezione individuale, addestrare personale e mettere in atto il sistema di sorveglianza epidemiologica;

   quando l'epidemia da Covid-19 in Cina è apparsa talmente estesa da far adottare misure restrittive nei confronti dei voli provenienti da quel Paese, nei protocolli di sicurezza posti in essere si sono registrate comunque delle falle, come quelle relative ai voli oggetto di triangolazioni aeree, voli cioè che trasportavano passeggeri partiti dalla Cina ma non direttamente provenienti in Italia dalla Cina, bensì da altro Stato europeo od extraeuropeo ove avevano effettuato uno scalo;

   alla luce di quanto sopra, è molto probabile che proprio il trasporto aereo abbia rappresentato il principale canale di trasmissione del virus Covid-19 in Italia;

   l'Italia è ad oggi il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti d'America, per numero di contagiati. La virulenza con cui il virus Covid-19 si è diffuso in Italia ha imposto a partire dal mese di marzo 2020 l'adozione di misure fortemente restrittive della mobilità personale e di sospensione di molte attività commerciali e produttive finalizzate a limitare la diffusione dei contagi;

   tra tali misure vi è l'ordinanza dei Ministri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2020 che, pur limitando le possibilità di accesso al territorio nazionale da persone provenienti dall'estero ai casi di necessità, tra i quali esigenze di natura lavorativa, non ha previsto la totale chiusura del trasporto aereo come avvenuto in altri Stati anche europei;

   in particolare, è stato previsto all'articolo 1 di detta ordinanza che le persone che intendano entrare in Italia tramite trasporto di linea aereo, ferroviario e marittimo, debbano fornire una serie di indicazioni che dovranno essere acquisite e verificate dai vettori prima dell'imbarco;

   sempre nella medesima ordinanza si prevede che i soggetti che entrano in Italia dall'estero siano obbligati all'effettuazione della quarantena fiduciaria;

   alla luce di detta ordinanza continua a rimanere aperto il principale aeroporto italiano, quello di Roma Fiumicino ove, seppure con limitazioni, continuano ad arrivare voli dall'estero;

   benché le disposizioni previste dall'ordinanza del 28 marzo 2020 prevedano un periodo obbligatorio di isolamento fiduciario in luogo noto alle autorità pubbliche per le persone che arrivano dall'estero, a giudizio degli interpellanti, è molto forte il rischio che la concreta applicazione dell'obbligo di isolamento fiduciario non sia sottoposta a controlli effettivi, con il conseguente rischio che possa divenire ancora più difficile limitare la propagazione dei contagi che purtroppo ad oggi non sembrano ancora aver raggiunto il così detto picco dopo il quale si potrà parlare di inversione di tendenza;

   anche in considerazione delle misure restrittive adottate da numerosi Paesi europei, agli interpellanti appare opportuno un'attenta ponderazione delle misure adottate in materia di traffico aereo per l'Italia, al fine di valutare se siano effettivamente efficaci ai fini del contenimento della diffusione dei contagi, nell'ambito del quadro complessivo delle misure restrittive adottate per imporre l'isolamento sociale –:

   se il Governo non intenda adottare ulteriori iniziative in materia di traffico aereo per l'Italia volte a garantire la massima sicurezza possibile in ordine alla eventualità che si verifichino nuovi focolai di contagi del nostro Paese;

   quanti siano i cittadini non italiani giunti in Italia con voli di linea aerei per motivi di lavoro dal 28 marzo 2020 e quali siano state le misure adottate al fine di verificare l'effettivo svolgimento da parte di questi del periodo di quarantena fiduciaria.
(2-00720) «Marrocco, Gelmini, Occhiuto, Baldelli, Bagnasco, Barelli, Battilocchio, Bergamini, Cannatelli, Casino, Cortelazzo, Dall'Osso, D'Attis, Germanà, Milanato, Mugnai, Mulè, Palmieri, Pentangelo, Pettarin, Ripani, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Elvira Savino, Siracusano, Spena, Maria Tripodi, Vietina, Zangrillo».

(Presentata il 7 aprile 2020)

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'ordinanza dei Ministri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2020, al fine di contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, ha limitato le possibilità di accesso al territorio nazionale da persone provenienti dall'estero;

   in particolare, è stato previsto all'articolo 1 di detta ordinanza che le persone che intendano entrare in Italia tramite trasporto di linea aereo, ferroviario e marittimo, debbano fornire una serie di indicazioni che dovranno essere acquisite e verificate dai vettori prima dell'imbarco;

   sempre nella medesima ordinanza si prevede che i soggetti che entrano in Italia dall'estero siano obbligati all'effettuazione della quarantena fiduciaria;

   alla luce di detta ordinanza, continua a rimanere aperto il principale aeroporto italiano, quello di Roma Fiumicino, ove, seppure con limitazioni, continuano ad arrivare voli dall'estero;

   benché le disposizioni previste dall'ordinanza del 28 marzo 2020 prevedano un periodo obbligatorio di isolamento fiduciario in luogo noto alle autorità pubbliche per le persone che arrivano dall'estero, a giudizio dell'interrogante, è molto forte il rischio che la concreta applicazione dell'obbligo di isolamento fiduciario non sia sottoposta a controlli effettivi con il conseguente rischio che possa divenire ancora più difficile limitare la propagazione dei contagi;

   in considerazione delle misure restrittive adottate da numerosi Paesi europei, all'interrogante, appare opportuno valutare la possibilità della chiusura totale del traffico aereo per l'Italia, fatta eccezione per i connazionali che, rimasti all'estero, sono in attesa di rientrare –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative ulteriormente restrittive volte a limitare la possibilità di raggiungere l'Italia per via aerea con voli di linea ai soli cittadini italiani che debbono rientrare dall'estero.
(2-00713) «Marrocco».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACOMONI, MARTINO, CATTANEO, BARATTO, ANGELUCCI, GIACOMETTO, PORCHIETTO, SQUERI, BARELLI, DELLA FRERA, FIORINI e POLIDORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati diffusi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a marzo 2020 diminuiscono dell'85 per cento le immatricolazioni di autovetture;

   ciò rappresenta il più grave calo di sempre nel mercato dell’automotive che rappresenta una delle filiere più strategiche del sistema Paese;

   la risoluzione in tempi non brevi della drammatica crisi sanitaria da Covid-19, con gli effetti che si stanno abbattendo sull'economia nazionale e il tracollo, senza precedenti nella sua dimensione e velocità, che ne potrebbe seguire, porterà verosimilmente nei mesi di aprile e maggio 2020 a un sostanziale azzeramento delle immatricolazioni di veicoli in Italia;

   secondo l'Unrae, in assenza di profondi e significativi interventi di sostegno sul settore auto, il 2020 potrebbe chiudersi con meno 500 mila immatricolazioni di veicoli, lasciando sul campo quasi 1 punto di prodotto interno lordo e un ulteriore aggravamento dello stato di anzianità del mercato circolante, uno dei più vecchi e pericolosi d'Europa;

   l'impatto sull'economia del lavoro sulla filiera è stimato dagli operatori in una perdita di circa il 15-20 per cento della forza lavoro;

   oltre alle ancora non chiare misure di sostegno finanziario per proteggere la liquidità delle imprese ed evitare il crollo dell'intero sistema, si rendono necessari un robusto aumento dei fondi per la rottamazione dei veicoli, allargando l'incentivo non solo ai veicoli elettrici e ibridi, e l'allineamento della fiscalità delle auto aziendali ai principali Paesi europei;

   appare chiaro che la situazione di crisi in cui versa il mercato dell’automotive produrrà degli effetti a catena che si estenderanno a tutto il suo indotto, senza considerare la necessità di avviare un percorso di sostituzione, con appositi incentivi e strumenti di sostegno nei confronti dei soggetti economicamente più deboli, di tutto il parco automobilistico inquinante presente in Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza della drammatica situazione che sta investendo il settore automobilistico e quali iniziative urgenti e non più procrastinabili intenda assumere, alla luce di quanto evidenziato in premessa, per provare a rilanciare una filiera che dà lavoro a oltre 160.000 persone nel nostro Paese e a tutto il suo indotto.
(4-05096)


   FRAILIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la Sassari-Tempio-Palau è una linea ferroviaria a scartamento ridotto della Sardegna; l'infrastruttura nacque per dotare vari comuni della Gallura di un collegamento ferroviario con Sassari, compito che mantenne sino al 1997, anche se poi l'intera linea è esclusivamente utilizzata a partire dal 2015. Con riferimento al tratto finale della linea ferroviaria Luras-Palau, un'arteria assolutamente decisiva per lo sviluppo del nord Sardegna, si evidenzia come diversi siano stati gli interventi per favorirne la realizzazione;

   in data 7 novembre 2012, dal verbale della conferenza di servizi indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risulta che si è deciso di redigere la progettazione delle opere per l'attuazione dell'accordo di programma, con cessione delle aree interessate, tra la regione Sardegna e il comune di Palau del 15 dicembre 2008, al fine dell'utilizzo del sedime ferroviario prospiciente la spiaggia di Palau vecchio, per ricavarne una strada a doppio senso di marcia, in modo da risolvere il grave problema della congestione del traffico nella direttrice principale del centro urbano, che attualmente costituisce l'unica strada di accesso al porto commerciale e passaggio obbligatorio per gli imbarchi verso La Maddalena;

   con nota n. 0011550 del 23 ottobre 2015, C.I. 34.19.06/13.2, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio (Beap) per le province di Sassari e Nuoro esprime, in merito all'istanza volta al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica concernente l'intervento, un parere favorevole ai fini del rilascio della citata autorizzazione, concordando con le valutazioni espresse nella relazione istruttoria, nella quale si afferma che l'intervento in esame, dettato da esigenze funzionali e di ammodernamento del sistema dell'accessibilità all'area portuale e finalizzato a migliorare la sicurezza del traffico e incrementare la qualità dei servizi, risulta compatibile con le valenze paesaggistiche generali dell'area vincolata, in quanto le opere previste in variante non incidono in maniera significativa rispetto a quanto già previsto nel progetto originario e si inseriscono in modo equilibrato e armonico nel contesto urbano;

   con determinazione n. 2757, prot. n. 45304 – 26 ottobre 2015, il direttore del servizio tutela del paesaggio e vigilanza delle province di Sassari e Olbia/Tempio, assessorato enti locali, finanze e urbanistica della regione Sardegna, ha autorizzato il comune di Palau alla variante per la realizzazione delle infrastrutture nell'ambito dell'accordo di programma per la cessione delle aree della ferrovia e strada di accesso al porto, così come descritto negli elaborati progettuali;

   con nota del 29 giugno 2016, prot. 4135, il segretario regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per la Sardegna, vista la documentazione trasmessa dall'ente richiedente e valutato il parere espresso dalla Soprintendenza archeologia della Sardegna con nota n. 3301/08.02.2016 e il parere n. 6613/16.02.2016 della Soprintendenza Beap per le province di Sassari e Nuoro, ha attestato che l'immobile sopradescritto non presenta i requisiti di interesse culturale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, pertanto, ai sensi dell'articolo 12, comma 4, non risulta soggetto all'applicazione della disciplina di tutela relativa ai beni culturali;

   infine, con nota del 31 gennaio 2020, prot. n. 932, il Soprintendente delle belle arti per le province di Sassari e Nuoro, ha disposto l'immediata sospensione dei lavori che interessano i binari, relativamente al tratto finale della linea ferroviaria Luras-Palau. Tutto questo nonostante tutti gli atti e i provvedimenti sopra citati contenessero le necessarie autorizzazioni per la realizzazione dell'opera –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, per individuare in tempi rapidi una soluzione adeguata in modo da consentire l'immediata ripresa dei lavori in questione.
(4-05127)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   da tempo il comune di Parma subordina diverse tipologie di richieste (come l'autorizzazione a ottenere un cartello di passo carraio davanti il proprio garage o ad ottenere uno spazio pubblico o una sala civica per eventi o altre iniziative) all'adesione ai valori antifascisti, richiedendo esplicitamente al cittadino di barrare l'apposita casella su moduli parecchio singolari;

   a mezzo stampa si apprende che l'adesione ai valori antifascisti era stata inizialmente richiesta anche per ottenere il buono spesa concesso dal Governo per le famiglie in difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria determinata dall'epidemia di Covid-19. Comprensibilmente, sono scoppiate numerose polemiche e, il giorno successivo, il sindaco di Parma ha affermato che si era trattato di un errore, almeno per quanto riguarda il contributo per i buoni spesa;

   per le altre casistiche citate invece, occorre ancora dichiarare di essere antifascisti, di riconoscersi nei valori della resistenza, di non professare, tra l'altro, ideologie xenofobe, razziste e sessiste. Questo è, infatti, quanto contenuto nello specifico regolamento comunale del comune di Parma;

   in altre parole, il comune di Parma continua a subordinare la concessione di servizi pubblici in favore di un determinato e preciso pensiero unico, operando, a giudizio degli interpellanti, un vaglio preventivo sulle opinioni dei cittadini: situazione che presenta evidenti profili di incostituzionalità. La libertà di pensiero che è propria di uno Stato di diritto come quello in cui viviamo merita massima tutela, così come è opportuno ribadire che le opinioni, in quanto tali, possono presentare migliaia di sfumature. In tale contesto, quello di un regolamento comunale, è lecito dunque chiedersi chi possa decidere quando un'affermazione è connotata da xenofobia, razzismo, sessismo o fascismo, se, per esempio, difendere le famiglie tradizionali possa essere considerato sessismo o se sia razzismo sostenere che, nell'erogazione dei servizi alla persona, debbano essere privilegiati gli italiani, o se equivalga alla denigrazione della Resistenza dare una differente lettura storica sui partigiani, che pure commisero crimini efferati. È evidente che si tratta di un sindacato sulle idee delle persone che nessuno può condurre –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda acquisire elementi conoscitivi ed avviare verifiche, per quanto di competenza, rispetto a quanto esposto in premessa;

   quali urgenti iniziative, anche normative, si intendono assumere per evitare che amministrazioni locali possano adottare determinazioni che appaiono assolutamente arbitrarie e contrarie ai principi della Costituzione.
(2-00729) «Bignami, Prisco, Rotelli, Galantino, Deidda, Luca De Carlo, Donzelli, Ciaburro, Varchi».

Interrogazioni a risposta immediata:


   BALDINO, ALAIMO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, DIENI, FORCINITI, MACINA, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO, ELISA TRIPODI, NESCI, ASCARI, PIERA AIELLO, SALAFIA e D'UVA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   la crisi epidemiologica da COVID-19 sta producendo sul tessuto socio-economico delle conseguenze molto rilevanti, avendo determinato il brusco ed inevitabile arresto di tante attività produttive;

   da organi di stampa è emerso come, in questo delicato momento storico, i fenomeni criminali e mafiosi stiano sfruttando la situazione di enorme difficoltà economica, soprattutto legata alla mancanza di liquidità, di quei piccoli imprenditori che sono stati costretti a sospendere le proprie attività;

   sempre da organi di informazione gli interroganti hanno appreso come il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, guidato da Franco Gabrielli, avrebbe diramato ai vertici sul territorio una circolare della Dac (Direzione centrale anticrimine) dalla quale emerge la necessità di individuare uno specifico programma di sostegno informativo e investigativo sui futuri scenari evolutivi della criminalità organizzata, considerato che queste organizzazioni sono pronte a «reinvestire flussi significativi di capitali in diversi segmenti del tessuto produttivo e finanziario»; a ciò si aggiunga che Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, in una trasmissione radiofonica, ha affermato che: «L'usuraio ’ndranghetista vuole meno garanzie, perché sa che la vera garanzia è la vita del commerciante (...) Inizialmente ci saranno interessi più bassi, anche sotto la soglia di quelli delle banche, poi nell'arco di uno o due anni inizierà una lenta agonia. Il commerciante sarà sgozzato e l'obiettivo dell'usuraio mafioso non è quello di guadagnare sull'usura, ma è quello di rilevare l'attività commerciale che, attraverso un prestanome, diventerà un'azienda per fare riciclaggio»;

   la crisi economica causata dall'epidemia in corso si sta, pertanto, rivelando una grande possibilità per le mafie di aumentare i traffici e gli affari illegali, infiltrandosi nel tessuto socio-economico;

   fermi restando gli indispensabili interventi di tipo economico/finanziario che sta predisponendo il Governo, soprattutto a sostegno del mondo imprenditoriale, gli interroganti ritengono che l'attenzione verso i piccoli e medi imprenditori debba passare anche attraverso nuove e più penetranti azioni di tipo preventivo, investigativo oltre che repressivo, di tali gravissimi fenomeni criminali –:

   con quali modalità e quali strumenti il Ministro interrogato intenda rendere più efficace – soprattutto in questa delicata fase economico-sociale – il contrasto ai fenomeni criminali e mafiosi descritti in premessa, in particolare legati ai reati di riciclaggio di denaro e di usura.
(3-01430)
(Presentata il 7 aprile 2020)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   da una settimana tutte le città d'Italia sono semi-blindate per le misure di contenimento dell'emergenza sanitaria COVID-19: ingressi nei negozi scaglionati, distanze di sicurezza, autocertificazioni per spostarsi, che è possibile solo in caso di comprovate necessità per motivi di salute o di lavoro;

   ciò nonostante, c'è qualcuno per cui le regole contenute nell'ultimo decreto sembrano non valere; il materiale video e fotografico che sta circolando sui social, come denuncia il consigliere municipale di Roma, Nicola Franco, mostra gruppi di ragazzi stranieri, provenienti dal vicino Sprar (Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che, in spregio al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha «recluso» in casa tutti i cittadini per ragioni di salute, incuranti di divieti, norme e restrizioni, si incamminano verso un negozio di alimentari multietnico che funge da bar, senza indossare i presidi di sicurezza personale e senza rispettare le fondamentali distanze; risulta agli interroganti che nei giorni scorsi uno degli ospiti che da giorni era affetto da una febbre alta è risultato positivo al Coronavirus;

   non si tratterebbe, peraltro, di un fatto isolato, ma di episodi che si verificano quotidianamente in molti quartieri e nel resto d'Italia; tale circostanza sarebbe stata confermata anche dai dati forniti dagli agenti di polizia, impegnati con difficoltà a far rispettare divieti e disposizioni a tutela della salute pubblica, secondo cui un'alta percentuale dei fermi effettuati in questi giorni riguarderebbe persone uscite senza motivo dai centri Sprar;

   anche alcune testate giornalistiche hanno mostrato come a piazza Venezia, a piazza Duomo e nel centro delle città italiane gli immigrati bivacchino o si ammassino nelle aree verdi, vietate e recintate per tutti;

   si fa oltretutto presente che gli ospiti degli Sprar non avrebbero necessità di uscire nemmeno per esigenze alimentari, posto che tutto viene fornito loro dai centri –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per censire i casi di positività al COVID-19 e garantire un presidio costante dei centri Sprar, tale da far rispettare le prescrizioni richieste ai cittadini italiani anche alle persone immigrate, visto che la tutela della salute pubblica dipende dall'osservanza di tali norme anche da parte degli stranieri presenti sul nostro territorio.
(3-01431)
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazioni a risposta orale:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 1° aprile 2020 sulla stampa locale è stata pubblicata una lettera del prefetto di Bergamo Elisabetta Margiacchi in cui annuncia la fine del suo incarico per raggiunti limiti di età;

   Bergamo, epicentro europeo dell'epidemia Covid-19, la nuova Wuhan del mondo, sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua millenaria storia, il più difficile dal dopoguerra ad oggi;

   secondo una verifica giornalistica, avallata da uno studio dell'Istat, solo nell'ultimo mese sarebbero oltre 4500 i morti nel territorio bergamasco;

   l'emergenza prevede un coordinamento di tutte le istituzioni e alla prefettura competono proprio molti dei compiti di gestione del territorio dal punto di vista della salute pubblica e della protezione civile;

   per sopperire alla carenza di personale sanitario è stato richiesto ai medici in pensione di rientrare in corsia e ai medici di base in procinto di andare in pensione è stato prorogato l'incarico di servizio per alcune settimane;

   il termine per raggiunti limiti di età della dottoressa Margiacchi non è certo una motivazione improvvisa, ma nessuno al Ministero dell'interno pare aver pensato a una proroga dell'incarico –:

   per quali ragioni non sia stata presa in considerazione la possibilità di prorogare il mandato al prefetto di Bergamo, vista la grave emergenza che sta attraversando il territorio orobico;

   per quali ragioni non sia stata prevista nei vari decreti per l'emergenza Covid-19 la possibilità di derogare sui limiti di età dei dirigenti apicali pubblici, in particolare per quelli in servizio nelle aree più critiche;

   se non si ritenga, in alternativa alla proroga dell'incarico della dottoressa Margiacchi, di adottare iniziative per nominare subito un prefetto che conosca già bene la realtà di Bergamo, procedendo in deroga a graduatorie e scatti di carriera, visto che la gestione dell'emergenza comporta una profonda conoscenza del territorio.
(3-01427)


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 4 aprile 2020 la prefettura di Roma, alla luce dell'accertamento della positività al coronavirus rilevato dall'Asl Rm 2 a carico di un ospite del Cas Casilina, su indicazione della stessa Asl informava il Ministero dell'interno e la Asl Rm 6, che era stato disposto un primo alleggerimento delle presenze presso la succitata struttura di 50 unità;

   tale «alleggerimento» sarebbe avvenuto entro il 6 aprile 2020 per il tramite dello «spostamento» di 50 migranti dal Cas Casilina al Cas Nettuno;

   il sindaco della città di Nettuno dichiarava a più organi di stampa il 5 aprile 2020 di essere venuto a conoscenza per via non ufficiale dell'imminente arrivo a Nettuno di 50 migranti da un Cas della Capitale in cui si era registrato un caso positivo di coronavirus, circostanza confermata successivamente dalla prefettura di Roma che ribadiva la decisione dello «spostamento» di 50 ospiti provenienti dal Cas Casilina;

   l'amministrazione comunale di Anzio il 5 aprile 2020 ha esplicitamente comunicato nel sito istituzionale del comune di aver appreso dalla stampa locale che sarebbe stato trasferito dal Centro di accoglienza stranieri di Nettuno, sito in via Sele, presso la sede di Anzio, in via Portofino, un numero imprecisato di migranti;

   a causa dell'evolversi della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e l'incremento dei casi sul territorio nazionale è stato necessario emettere da parte del Ministro della salute, congiuntamente al Ministro dell'interno, l'apposita ordinanza del 22 marzo 2020, con la quale è stato fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute -:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere affinché vengano maggiormente tutelati la salute dei cittadini residenti e l'ordine pubblico nei comuni nei quali è presente una struttura di hotspot o di Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), di Centro di accoglienza (Cda), di Centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), di Centro di accoglienza straordinaria (Cas) o di Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) o che a qualsiasi titolo ospiti migranti extracomunitari;

   se non ritengano opportuno e prudente adottare iniziative per evitare che nei giorni di picco della pandemia da Covid-19 in Italia si dia seguito da parte delle prefetture ad «alleggerimenti» e spostamenti di «ospiti» extracomunitari da comune diverso da quello in cui si trovano mentre è in vigore l'ordinanza del 22 marzo 2020.
(3-01443)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riferiscono anche organi di informazione, il 1° aprile 2020, il sindaco di Massa ha annunciato, tramite i social media, che le farmacie comunali avrebbero consegnato gratuitamente, il giorno seguente, 500 mascherine ai cittadini;

   tale comunicazione ha creato inevitabilmente, sia per l'attuale carenza di dispositivi medici sia per il numero di tali dispositivi distribuito rispetto alla popolazione residente (500 unità per circa 70 mila abitanti) prevedibili e pericolosi assembramenti di persone nei pressi delle farmacie comunali;

   dalle fotografie disponibili e dagli articoli della stampa si evince come tali raduni, che hanno coinvolto moltissimi cittadini, non abbiano comunque rispettato le normative vigenti relative al contenimento dell'epidemia e al rispetto di determinate distanze interpersonali;

   da quanto si evince, infatti, dai media la distribuzione delle mascherine avrebbe causato ressa e code tali da richiedere l'intervento della polizia municipale: lo stock disponibile era infatti di gran lunga inferiore rispetto alle richieste, mentre non sarebbero state disposte adeguate misure di sicurezza per contenere le file; la distribuzione è stata quindi presto sospesa;

   episodio altrettanto grave è il fatto che le mascherine non siano state consegnate nelle farmacie comunali preposte ma nelle piazze antistanti e non da farmacisti autorizzati o dal personale dell'amministrazione comunale di Massa ma da consiglieri comunali di partiti di maggioranza che hanno richiesto, contestualmente al rilascio del dispositivo medico, dati anagrafici dei beneficiari senza però specificare, la finalità per il loro utilizzo;

   appare quindi evidente all'interrogante che tale iniziativa, di chiaro carattere propagandistico e partitico e non istituzionale, possa aver rappresentato una occasione pericolosa per veicolare il contagio e compromettere le attuali misure sul contenimento sociale vigenti da settimane;

   al tempo stesso, qualora fosse confermata la richiesta dei dati personali per i beneficiari dei dispositivi, si tratterebbe di quella che all'interrogante appare una grave e palese violazione delle normative vigenti nazionali e comunitarie sulla gestione dei dati sensibili –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati in premessa, se sia stata informata l'autorità di pubblica sicurezza della «manifestazione» e delle relative modalità di svolgimento, compresa la richiesta di dati sensibili, e se siano state attivate o si intendano attivare, per il futuro, iniziative urgenti per verificare il rispetto delle disposizioni a tutela della salute pubblica.
(5-03817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   STEFANI, TOCCALINI e FRASSINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il canale Telegram «Stupro tua sorella 2.0» è una chat con migliaia di iscritti che hanno potuto per giorni scambiarsi indisturbati fotografie e video di ragazze minorenni, con continue istigazioni alla pedopornografia e al femminicidio. Il più grande network italiano di revenge porn si trova su Telegram, in un'enorme chat accessibile a tutti, contenente foto e video di atti erotici e sessuali pubblicati senza il consenso o la consapevolezza delle vittime e utilizzati per mettere in scena il rito dello stupro virtuale di gruppo;

   sono diversi i gruppi segnalati da alcuni utenti nelle ore scorse: quello principale, che contava quasi 50 mila iscritti, è stato chiuso, ma ne sono stati aperti molti altri, e tuttora vi si stanno riversando immagini pedopornografiche. Tutti i canali si chiamano «Stupro tua sorella 2.0» e, a quanto pare, sono molti gli utenti che, dopo aver salvato le foto sui propri dispositivi, continuano a inserire fotografie sempre corredandole di insulti e istigazioni alla violenza;

   Telegram è un servizio di messaggistica istantanea e broadcasting basato su cloud ed erogato senza fini di lucro dalla società Telegram LLC, fondata dall'imprenditore russo Pavel Durov. Caratteristiche di Telegram sono la possibilità di scambiare messaggi di testo tra due utenti o tra gruppi fino a 200.000 partecipanti, effettuare chiamate vocali cifrate «punto-punto», scambiare messaggi vocali, videomessaggi, fotografie, video, sticker e file di qualsiasi tipo fino a 1,5 GB;

   il 3 aprile la rivista Wired ha pubblicato un'inchiesta condotta nei mesi scorsi dalla quale è emersa l'esistenza di oltre 43 mila iscritti in due mesi al canale pedopornografico, 21 canali tematici collegati e un volume di conversazioni che si aggira sui 30 mila messaggi ogni giorno. La rivista ha osservato che ai vertici di questa desolante piramide della mercificazione ci sono tre oggetti di culto: le foto delle ex, alcuni video amatoriali particolarmente difficili da reperire e la mitologica «Bibbia 5.0», un enorme file contenente gli scatti di migliaia di vittime di revenge porn, catalogate per provenienza (le foto arrivano perlopiù da gruppi Facebook segreti) ed esposte con nome, cognome e volto visibile. L'anonimato su internet è, in generale, uno strumento prezioso, la risorsa che rende possibile l'esistenza stessa di un'opposizione ai regimi più oppressivi e violenti;

   la legge n. 69 del 19 luglio 2019, all'articolo 10, ha introdotto l'articolo 612-ter del codice penale, chiamato più comunemente «revenge porn», consistente nella sottrazione e diffusione illecita e senza consenso delle persone rappresentate di immagini o video a contenuti sessualmente espliciti e destinati a rimanere privati. Tale comportamento illecito è punito con la reclusione da uno a sei anni e la sanzione da 5 mila a 15 mila euro; pena, quest'ultima, che si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati;

   la lotta al cyberbullismo è realizzata anche attraverso una forte azione di prevenzione svolta dal servizio di polizia postale e delle comunicazioni della polizia di Stato. Nonostante i notevoli e importanti compiti attribuiti, l'organico della polizia postale e delle comunicazioni è sottodimensionato e nessun provvedimento in senso contrario risulta ancora essere adottato –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo ritenga opportuno adottare, per contrastare i reati commessi per mezzo di strumenti informatici e telematici e per procedere al blocco immediato di tali contenuti, con oscuramento e rimozione delle immagini diffuse, così come ad esempio previsto per il cosiddetto reato di cyberbullismo, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 71 del 2017.
(4-05115)


   SABRINA DE CARLO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le misure attuate a seguito dell'espandersi della pandemia globale da Covid-19 non permettono liberi spostamenti fisici di persone da un comune all'altro se non per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute;

   in alcune zone del nostro Paese si evidenzia una forte crisi epidemiologica, per numero di contagi e per numero di vittime, in particolare si segnala la situazione del Cpr di Gradisca d'Isonzo. La notizia, riportata alcuni giorni fa da testate locali, ha portato alla luce la situazione di un ospite di origine nigeriana, arrivato nel Cpr di Gradisca dalla Lombardia, in un momento in cui l'intero Paese era in piena emergenza Covid-19;

   il ragazzo risultato positivo è stato posto in isolamento, come dichiarato dalla sindaca di Gradisca, Linda Tomasinsig;

   il garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, in uno dei suoi recenti report, rammenta che a Gradisca su 45 persone trattenute, 13 entro due mesi dovranno essere rilasciate, comportando di fatto una esposizione accentuata al pericolo di contagio;

   si tratta di persone che, oltre a non poter essere rimpatriate con voli verso gli Stati di origine, non potranno ottemperare neppure alla misura alternativa del cosiddetto «foglio di via», dato che le frontiere attualmente sono chiuse –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per proteggere il diritto alla salute di ognuno e quali misure di sicurezza si stiano mettendo in atto all'interno del Centro per i rimpatri (Cpr) e dell'adiacente Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) per gli operatori, le forze dell'ordine e per gli ospiti delle strutture;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, con estrema urgenza, per bloccare temporaneamente i trasferimenti di nuovi ospiti provenienti da zone ad alto rischio di contagio;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in relazione a chi, legittimamente espulso – come evidenziato dalla sindaca di Gradisca – non potrà rimpatriare nel proprio Paese d'origine a causa del Covid-19.
(4-05131)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 gennaio 2020, l'avvocato Angelo D'Abramo, consigliere comunale in carica del comune di Leporano e capogruppo della lista civica «Leporano Futura», dopo aver inoltrato (senza riscontro) una nota ufficiale al presidente del consiglio comunale, al sindaco e al segretario generale del comune di Leporano in data 30 dicembre 2019 per provvedere in autotutela, ha presentato un esposto-ricorso al prefetto di Taranto per rappresentare una serie di presunte irregolarità e violazioni del regolamento comunale per il funzionamento del consiglio comunale e dello statuto del comune di Leporano occorse nel periodo tra il 23 e il 31 dicembre 2019;

   tra le violazioni a vario titolo contestate figurano:

    la convocazione illegittima e nulla della conferenza dei capigruppo del 23 dicembre 2019 per il 27 dicembre 2019, ai sensi degli articoli 5, 35 e 37 del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale e degli articoli 11 e 19 dello statuto;

    la convocazione illegittima e nulla del 27 dicembre 2019 per la seduta del consiglio comunale del 30 dicembre 2019 (non tenutosi e senza alcun verbale di seduta circa il rinvio) ai sensi degli articoli 5, 35, 37 e 39 del regolamento e degli articoli 11 e 19 dello statuto;

    la mancata notifica al suddetto consigliere dell'avviso di convocazione del consiglio del 30 dicembre 2019 per il 31 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 39, comma 6, e 38 del regolamento, con grave compromissione dell'esercizio del mandato elettivo di controllo e di ispezione dell'attività amministrativa; inoltre, la seduta del consiglio comunale del 31 dicembre 2019, in seconda convocazione, sarebbe da ritenersi di dubbia legittimità dato che è avvenuta senza che tutti i consiglieri ne avessero ricevuto l'avviso, ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del regolamento;

    il silenzio dell'amministrazione avverso l'esplicita richiesta del 3 gennaio 2020, prot. 71, di accesso agli atti e ai documenti amministrativi relativi all'ordine del giorno da parte dello stesso consigliere, il cui riscontro, a quanto consta all'interrogante in modo parziale e limitato, è stato dato solo in data 6 febbraio 2020, data in cui la segretaria generale del comune di Leporano, dottoressa Tania Giovane, ha inviato i chiarimenti alla prefettura di Taranto;

   successivamente ai suddetti chiarimenti del 6 febbraio 2020, il consigliere D'Abramo provvedeva ad integrare il su menzionato ricorso-esposto con ulteriore atto integrativo del 10 febbraio 2020, ritualmente inoltrato alla prefettura di Taranto;

   tutte le suddette riunioni sono state convocate con il seguente ordine del giorno: riconoscimento dei debiti fuori bilancio;

   con il suddetto esposto-ricorso, il consigliere D'Abramo ha inteso chiedere al prefetto di Taranto e al sindaco, al presidente del consiglio comunale e al segretario generale del comune di Leporano, per quanto di competenza, l'annullamento delle convocazioni sopra richiamate e di ogni atto deliberativo eventualmente adottato dai suddetti organi;

   il Consiglio di Stato – Sezione V, con sentenza del 14 dicembre 2012 n. 4892, giudicando su fatti analoghi, ha deciso per l'annullamento di tutti gli atti impugnati;

   con i chiarimenti sopra citati del 6 febbraio 2020 rispetto a quanto indicato nell'esposto-ricorso del 14 gennaio 2020, il segretario generale del comune di Leporano avrebbe sostanzialmente confermato la maggior parte delle te- circostanze sopra richiamate, che per l'interrogante rappresentano gravi violazioni dello statuto comunale e del regolamento comunale già eccepite –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto sopra riportato;

   se e quale esito abbia avuto nei limiti delle proprie competenze, l'istruttoria avviata dalla prefettura di Taranto in relazione all'esposto-ricorso di cui in premessa e alle criticità nello stesso evidenziate.
(4-05142)


   GERMANÀ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'annuncio da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, delle ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, si è verificato un consistente, quanto pericoloso, esodo verso la Sicilia;

   in particolare, nella notte del 23 marzo 2020, si sono registrate lunghe code di macchine piene di bagagli e di persone sulle banchine dei traghetti del porto di Villa San Giovanni in attesa dell'imbarco per la Sicilia, nonostante le norme che prevedono l'assoluto divieto di assembramenti al fine di contenere la diffusione del virus;

   nello specifico, nella notte del 23 marzo, alla Rada San Francesco, sulla nave delle ore 22:00, sono state imbarcate 26 autovetture di cui 20 di pendolari, mentre 3, con dieci passeggeri in totale, non essendo in regola con le disposizioni della normativa vigente sono state denunciate;

   a ciò si aggiunga la vicenda che ha riguardato tre ragazzi, artisti di strada e senzatetto, che in piena emergenza sanitaria sono riusciti a viaggiare con la loro Renault 4 strapiena, dalla Francia alla Sicilia, superando i controlli senza che le autorità avessero ritenuto il loro ingresso sull'isola in violazione della normativa vigente;

   nonostante l'ordinanza del 22 marzo 2020, del Ministero della salute e del Ministero dell'interno, con cui è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute, nonché l'ordinanza del 28 marzo 2020, del Ministero della salute e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con cui sono previste disposizioni più stringenti per l'ingresso in Italia, ancora oggi si verificano spostamenti non consentiti dalla normativa vigente;

   nello specifico, sulla nave arrivata il 29 marzo 2020 alla Rada San Francesco sono state imbarcate oltre un centinaio di auto, di queste all'incirca 40 autovetture erano di militari della Guardia di finanza, mentre tutte le altre erano vetture in transito per raggiungere altre località della Sicilia e alcune provenivano addirittura dall'estero;

   a ciò si aggiunga che il comune di Messina ha reso noto che un nutrito gruppo di viaggiatori, forse nomadi, sono stati bloccati a Siderno in attesa di essere contingentati per l'imbarco;

   come riscontrato da fonti pervenute all'interrogante, la quasi totalità dei passaggi registrati sullo stretto di Sicilia, esclusi i pendolari, sono di persone che attraversano l'Italia, spesso provenendo dall'estero, che dichiarano di tornare nella loro città di origine dopo aver perso il lavoro a causa dell'emergenza sanitaria in corso;

   i soggetti appena menzionati, che tentano di fare ritorno nella propria città di origine, a quanto consta all'interrogante ricorrono dunque alla motivazione della «necessità», comunicando all'Asp e al portale Costruire Salute di osservare la quarantena senza specificare, non essendone obbligati, il luogo;

   di conseguenza, l'Asp non comunica tali dati ai comuni che, a loro volta, non possono verificare se i cittadini rispettano le prescrizioni per la quarantena;

   in considerazione di quanto appena riportato e nonostante le forze dell'ordine stiano svolgendo il loro straordinario lavoro a difesa della salute dei cittadini, ad avviso dell'interrogante, le autorità statali preposte al controllo della mobilità dello stretto di Messina, non hanno adottato tutte le necessarie precauzioni al fine di limitare gli spostamenti verso la Sicilia –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda adottare le iniziative di competenza al fine di verificare eventuali responsabilità a carico delle autorità statali preposte al controllo della mobilità dello stretto di Messina, nonché al fine di una revisione delle procedure per renderle più efficaci.
(4-05143)


   FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il prefetto di Roma Gerarda Pantalone aveva disposto il trasferimento di una cinquantina di migranti a Nettuno, a causa della presenza di alcuni casi di Covid-19 in una struttura in via Casilina a Roma che è stata evacuata;

   il sindaco di Nettuno lamenta assenza di comunicazioni ufficiali da parte della prefettura in merito a trasferimento dei migranti;

   il sindaco di Nettuno, Alessio Coppola, assieme alla giunta e a diversi consiglieri comunali della maggioranza hanno invitato i cittadini a manifestare pubblicamente contro questa scelta e, alcuni di loro, vi hanno preso parte;

   sollecitando e scendendo a manifestare in piazza, il sindaco e la sua amministrazione, a giudizio dell'interrogante, avrebbero contravvenuto alle norme sulla sicurezza anti contagio previste dai diversi provvedimenti adottati; inoltre, cosa ancora più grave per l'interrogante è che di questi atti si sono resi responsabili degli amministratori pubblici che hanno la responsabilità giuridica, nonché morale di rispettare e fare rispettare le norme dirette a contrastare la diffusione del Covid-19. Nel caso del sindaco, in più, va ricordato che ad esso sono attribuite dalla legge funzioni di autorità sanitaria locale;

   si tratta di proteste che, secondo l'interrogante, sono dirette ad ostacolare le scelte decise dalle autorità preposte alla soluzione dei problemi riguardanti la gestione dei migranti; è invece urgente ribadire che, di fronte alla pandemia da Covid-19, la gestione dei centri di accoglienza è fondamentale per garantire a tutti (migranti, operatori sociali, forze dell'ordine e cittadini dei territori interessati) la maggiore sicurezza contro i rischi da contagio;

   il prefetto di Roma, a seguito delle proteste, avrebbe dato indicazione di sospendere il trasferimento dei migranti a Nettuno –:

   se il Governo sia al corrente di quanto verificatosi a Nettuno e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in relazione alla vicenda sopra richiamata, in cui secondo l'interrogante si sarebbe contravvenuto alle disposizioni di legge contro il contagio da Covid-19, mettendo a rischio la comunità cittadina;

   quali iniziative intenda adottare affinché, da un lato, vi sia adeguata informazione preventiva dei sindaci delle comunità coinvolte circa le decisioni adottate dalle autorità competenti a livello nazionale e, dall'altro, si eviti che episodi del genere abbiano a ripetersi, in modo tale da scongiurare il verificarsi in futuro di nuove proteste plateali e strumentali, per l'interrogante contrarie alla legge e pericolose per la salute pubblica.
(4-05155)

ISTRUZIONE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la legge n. 62 del 2000, nel definire il sistema nazionale di istruzione come costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali, ha riconosciuto con norma di legge la parità formale tra le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali, seppur limitandosi a riconoscere tale parità esclusivamente in merito alla valenza del titolo rilasciato, dimenticando l'equiparazione degli aspetti economici e negando, in tal modo, sia la parità sostanziale tra istituzioni educative statali e istituzioni educative private, sia il diritto delle famiglie a scegliere il genere di istruzione da impartire ai propri figli;

   in questo momento di emergenza e complessità, in cui le misure adottate in seguito all'emergenza sanitaria da Covid-19 stanno determinando forti ripercussioni sul tessuto economico e sociale del Paese, appare estremamente importante assicurare la continuità dell'attività didattica per tutti gli alunni e gli studenti delle scuole pubbliche;

   nella situazione contingente le scuole paritarie si trovano in una situazione di estrema difficoltà a causa dei costi aggiuntivi che derivano dall'organizzazione della didattica a distanza attraverso piattaforme valide e sicure, che si aggiungono alle spese già sostenute per lo svolgimento dell'anno scolastico in corso;

   dall'altra parte, le famiglie chiedono uno sconto sulle rette già versate e per quelle da versare relative ai mesi in cui non si stanno svolgendo le lezioni, anche perché la presenza dei figli a casa e, per alcuni, anche la mancanza o la contrazione del reddito, hanno certamente comportato e comporteranno ulteriori spese e minori entrare;

   le rilevanti difficoltà economiche che le famiglie si troveranno a dover affrontare nel medio periodo si ripercuoteranno sulla loro concreta possibilità di esercitare la libertà di scelta educativa con conseguente compromissione del diritto di scelta e del pluralismo educativo;

   con l'avanzare di uno stato di crisi, infatti, il ricorso alle scuole paritarie diminuisce, in quanto l'aspetto economico nella scelta del modello scolastico ricopre un ruolo se non determinante quanto meno molto significativo;

   inoltre, è necessario non discriminare i lavoratori delle scuole paritarie che contribuiscono quotidianamente al funzionamento del sistema educativo: le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico fondamentale, soprattutto per quanto riguarda il segmento della scuola dell'infanzia, e contribuiscono alla realizzazione delle finalità di istruzione che la Costituzione attribuisce allo stesso sistema scolastico, cui peraltro lo Stato non riuscirebbe a far fronte;

   è quindi necessario da parte del Governo uno sforzo in più teso a riconoscere alle scuole paritarie il ruolo strategico nell'ambito del sistema nazionale di istruzione;

   in data 24 ottobre 2019, rispondendo in Commissione Cultura della Camera dei deputati a una interrogazione a risposta immediata in materia di riconoscimento del servizio svolto dai docenti delle, e nelle, scuole paritarie, l'allora sottosegretaria on. Azzolina, oggi Ministro dell'istruzione, ha esplicitato l'impegno dell'esecutivo a «mettere la scuola davvero al centro del Paese, perché è dalle scuole che comincia la costruzione di una nuova società» riconoscendo, in quella sede, l'importanza del ruolo svolto dalle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione –:

   se non si ritenga necessario prevedere iniziative urgenti volte a salvaguardare questo comparto educativo con concreti interventi di natura economica quali:

    a) l'istituzione di un fondo per le esigenze emergenziali delle scuole paritarie, al fine di garantire la continuità del servizio da queste svolto per le famiglie e il futuro dei lavoratori del settore;

    b) l'esonero, per l'anno 2020, dal pagamento di qualsiasi tipologia di imposta e tributo locale per le scuole paritarie no profit;

    c) il riconoscimento della detraibilità integrale, per l'anno 2020 delle rette versate dalle famiglie per alunno o studente, per la frequenza di scuole del sistema nazionale di istruzione;

    d) l'equiparazione del personale delle scuole paritarie alle altre categorie di lavoratori a favore dei quali sono previsti gli interventi straordinari di cassa integrazione per il periodo di emergenza coronavirus;

    e) l'accesso per le scuole paritarie alle risorse stanziate dal Governo per la didattica a distanza, in quanto il servizio da queste erogato rientra nel sistema pubblico di istruzione;

    f) l'accelerazione delle procedure necessarie a rendere disponibili i fondi pregressi 2019/2020.
(2-00711) «Gelmini, Aprea, Spena, Palmieri, Casciello, Marin, Saccani Jotti, Bagnasco».
(Presentata il 7 aprile 2020)


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   con l'emergenza coronavirus le scuole paritarie si trovano ad affrontare notevoli costi aggiuntivi se vogliono organizzare l'insegnamento a distanza attraverso piattaforme certificate di qualità;

   in questi giorni le famiglie legittimamente chiedono lo sconto della retta, visto che non è possibile partecipare fisicamente alle lezioni e spesso devono pagare le baby sitter che assistano i figli;

   le scuole paritarie hanno comunque sostenuto le spese per il materiale didattico, gli affitti dei locali e i costi per i docenti che temono per lo stipendio e per il futuro;

   non si può non riconoscere la funzione pubblica delle scuole paritarie in Italia che contano 12 mila scuole, 900 mila allievi e 100 mila dipendenti –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza della situazione di cui in premessa e se non si ritenga necessario adottare iniziative per istituire un fondo straordinario per l'erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie per l'anno scolastico 2019/2020 per tutelare il servizio svolto alle famiglie e il futuro dei dipendenti che ne permettono la realizzazione;

   se si intenda adottare iniziative per sbloccare i fondi pregressi 2019/2020 superando le lentezze burocratiche ancora in atto e prevedendo anche l'accesso ai fondi previsti per le «Piattaforme didattiche a distanza», anche per le scuole paritarie;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per permettere la detraibilità fiscale delle rette pagate dalle famiglie.
(2-00716) «Lupi, Colucci, Toccafondi, Alessandro Pagano, Garavaglia, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Sangregorio, Sgarbi, Silli, Sorte, Tondo, Calabria, Squeri, Sozzani, Polidori, Cattaneo, Versace, Pella, Porchietto, Musella, Costa, Novelli, Fatuzzo, Della Frera, Anna Lisa Baroni, Baratto, Giacometto, Zanella, Mazzetti, Cassinelli, Colaninno».
(Presentata il 7 aprile 2020)


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze – Per sapere – premesso che:

   le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione, contribuendo alla realizzazione della finalità di formazione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola; sono oltre 13.000, per un totale di oltre 800.000 alunni e circa 120.000 lavoratori, tra personale docente ed amministrativo;

   le richieste delle scuole paritarie hanno il fine di valorizzare il pluralismo dell'istruzione in Italia, partendo dal presupposto che sostenere concretamente la scuola in questo difficile momento storico, costituisce il migliore investimento per il futuro delle giovani generazioni;

   specie per la prescolarizzazione e il grado della primaria, alle paritarie si affiancano, a copertura di un'offerta carente da parte dello Stato, le strutture private, le cui rette rappresentano, in questa fase emergenziale di rischio perdita di lavoro, per i genitori un costo improvvisamente difficile da sostenere e, per le strutture educative medesime, in mancanza delle rette, una serie di spese da sostenere (fitti e utenze, stipendi degli insegnanti) senza entrate;

   se, infatti, bisogna tutelare le famiglie che repentinamente e loro malgrado si ritrovano privi di un reddito certo a fine mese — si pensi ad esempio ai tanti lavoratori autonomi e partite iva che, molto spesso, ricorrono a scelte di percorsi privati per necessità di orari correlati alla propria attività — è anche vero che per ogni struttura ci sono altrettanti padri e madri che lavorano e che meritano tutele;

   l'emergenza sanitaria che attanaglia la nazione sta inevitabilmente investendo il settore scolastico: la mancata approvazione di una serie di interventi a favore di tali strutture, comporterebbe il fallimento di tantissime di esse e l'impossibilità per lo Stato di garantire il diritto allo studio ai tantissimi alunni e il diritto al lavoro dei loro docenti, nonché il rischio di ritrovarsi al prossimo settembre con la necessità di istituire nuove e ulteriori classi, per far confluire gli alunni improvvisamente privi dei propri Istituti, dovendo comunque scongiurare la formazione delle cosiddette «classi pollaio» e assicurare – come preannunciato dal Ministro interpellato – una distanza minima in classe tra gli alunni a fini preventivi di possibile contagio;

   il sistema scolastico privato e parificato è importante per l'intero sistema dell'istruzione e, se lo Stato lo ignora e non interviene, rischia di collassare;

   è irresponsabile, a parere degli interpellanti, che il Ministro interpellato, in questa fase emergenziale, non dia risposte concrete: non solo in merito alle strutture educative paritarie e private ma anche con riguardo all'altra importante questione dei precari della scuola;

  in occasione della conferenza stampa di lunedì sera, 6 aprile 2020, il Ministro interpellato si è limitato a chiedere «scusa a tutti i precari della scuola, ma non riusciamo ad aggiornare le graduatorie di Istituto» senza alcuna aggiunta di previsione sul quando la questione possa trovare soluzione;

   in proposito, si ricorda che il Ministero dell'istruzione ha abrogato per l'anno scolastico 2020/2021, contrariamente alle aspettative, la possibilità per i docenti iscritti alle graduatorie d'Istituto di aggiornare la propria posizione, attraverso apposita domanda, con il relativo punteggio legato ai nuovi titoli e servizi conseguiti, posticipandola all'anno scolastico 2021/2022;

   per poter aggiornare e migliorare la propria posizione in graduatoria, gli insegnanti hanno sostenuto sia sacrifici economici, al fine di conseguire il punteggio relativo ai titoli, tra cui master, corsi di perfezionamento e crediti formativi, sia sacrifici personali e familiari, accettando incarichi anche molto distanti dai propri affetti, pur di conseguire ulteriore punteggio relativo al servizio;

   la motivazione ufficialmente addotta da parte del Ministro, che risiede nella «impossibilità di analizzare un milione di raccomandate e domande cartacee» appare agli interpellanti pretestuosa, considerato che per le domande di mobilità e di trasferimento del personale scolastico il Ministero ha autorizzato l'invio delle domande per via telematica;

   considerate le risorse recentemente stanziate per la digitalizzazione e per la didattica a distanza e visto che si prevede la possibilità di presentare la suddetta domanda entro il 31 agosto 2020, paiono legittime le doglianze del personale docente, a causa di questa mancanza da parte del Ministero, tale da indurre pubblicamente il Ministro dell'istruzione a chiedere scusa agli insegnanti precari –:

   se si intendano adottare iniziative per:

    a) l'immediata erogazione dei contributi già assegnati alle scuole paritarie con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

    b) l'erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie e private per l'anno scolastico 2019/2020 al fine di esonerare i genitori dal pagamento delle rette per tutta la durata dell'emergenza sanitaria;

    c) la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per la frequenza scolastica e per i servizi educativi nelle scuole paritarie e private per l'anno 2019/2020;

    d) l'estensione agli alunni delle scuole paritarie della possibilità di accesso ai fondi previsti per l'implementazione delle «piattaforme didattiche a distanza»;

    e) l'estensione anche alle scuole private del credito di imposta per gli affitti previsto per botteghe e negozi a prescindere dalle categorie catastali di appartenenza e il credito di imposta per le spese relative alle utenze;

    f) la possibilità di procedere all'aggiornamento delle graduatorie di terza fascia, attraverso domanda telematica, utilizzando sia il portale Sidi del Ministro dell'istruzione, al quale ogni docente è obbligatoriamente registrato, sia la posta certificata (pec).
(2-00722) «Sasso, Molinari, Basini, Belotti, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Lorenzo Fontana, Lucchini, Ribolla, Ziello, Bordonali, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO, GALANTINO, CARETTA, DEIDDA e LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, il Governo ha definito numerose misure per favorire la continuità didattica, stanziando risorse con il fine di mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d'uso, i dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di apprendimento a distanza;

   sono numerose le iniziative predisposte dai vari Internet service provider per favorire la fruibilità dei propri servizi in rete senza provocare oneri aggiuntivi per gli utenti;

   mancano tuttavia misure sistemiche che favoriscano l'accesso a internet a quelle famiglie per le quali l'installazione di una nuova connessione comporta costi non sostenibili nell'attuale condizione di crisi;

   nella presente e straordinaria situazione di emergenza, la necessità di adottare pratiche di lavoro agile o di didattica a distanza ha reso la connessione a internet un servizio essenziale e irrinunciabile per i cittadini;

   per gli utenti che già dispongono di un impianto di connessione a rete online, il pagamento delle relative utenze è un onere inevitabile, pena l'isolamento dalle pratiche di lavoro a distanza o di didattica telematica;

   come riportato dall'Unione nazionale comuni comunità enti montani nell'ottobre 2019, sono 1.220 i comuni e relativi borghi, frazioni, strade e porzioni di territorio completamente isolati, dove telefonare, inviare messaggi e navigare su internet è impossibile, con tutte le ricadute del caso sul corretto svolgimento delle attività lavorative o didattiche;

   nonostante l'esistenza di piani strategici nazionali, quale il Piano per la banda ultra larga (Bul), tali strategie dispongono obblighi unicamente per l'inizio dei lavori di predisposizione delle infrastrutture di rete, senza offrire tempistiche chiare per quanto concerne il termine dei lavori –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

    a) garantire, in via eccezionale e straordinaria, la gratuità della connessione a internet alla cittadinanza per una corretta fruibilità delle pratiche di lavoro agile e di apprendimento a distanza;

    b) garantire in tempi utili connessioni di rete ad alta velocità pienamente funzionanti in tutte quelle aree rurali e montane isolate di cui in premessa, prevedendo misure di tutela ulteriori a compensazione della loro impossibilità di usufruire della rete internet, anche mediante l'erogazione di bonus o voucher per il sostegno della connettività a consumo;

    c) integrare il Piano per la banda ultralarga (Bul) con un orizzonte temporale chiaro per il termine dei lavori di costruzione delle infrastrutture di rete in tempi utili, anche coinvolgendo gli amministratori locali delle aree più isolate per connettività.
(4-05091)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   nel primo giorno possibile per inoltrare le domande per il bonus da 600 euro – introdotto dal cosiddetto «decreto Cura Italia» – lavoratori autonomi e partite Iva, nel tentativo di accedere alla piattaforma Inps prevista per l'erogazione del bonus, hanno riscontrato problemi enormi subendo un vero e proprio calvario digitale;

   secondo le stime si tratta di una platea di 5 milioni di persone – i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), i liberi professionisti non iscritti a casse di previdenza obbligatoria, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo – un'intera categoria di precari impossibilitati nell'accesso alla seppur minima indennità concessa per decreto;

   la difficoltà nel «caricare» i dati sul portale Inps era evidente sin dalle fasi iniziali della compilazione e da subito, elemento gravissimo, si sono verificati scambi di persona tra gli utenti;

   alla domanda per il bonus è possibile accedere tramite Spid o pin semplificato: una procedura «apparentemente» accelerata, ma «evidentemente» non è così, per ottenere il codice d'accesso, che solitamente si richiede on line, ma deve esser completato tramite una successiva comunicazione cartacea;

   nella riorganizzazione che ha azzerato a fine dicembre 2019 i vertici dell'Inps e ristrutturato interamente l'ente, l'organigramma, completamente ridisegnato, avrebbe dovuto riammodernare, tra gli altri, il sistema informatico con il neonominato Capo dei sistemi informativi Vincenzo Caridi, responsabile diretto dell'informatizzazione del sistema informatico Inps e figura considerata molto vicina al Sottosegretario per lo sviluppo economico Stefano Buffagni;

   le critiche mosse, al momento della riorganizzazione, da parte dei sindacati, che hanno parlato di «autoreferenzialità del vertice politico» e di un rimescolamento di incarichi «non supportato da un'effettiva valutazione di merito dei dirigenti», sembrano trovare sempre più conferma nei disagi che hanno colpito le categorie più fragili ed esposte alle conseguenze della pandemia in corso;

   a parere degli interpellanti, le misure possibili da adottare per impedire ulteriori disagi sono diverse, prima fra tutte la possibilità di erogare automaticamente il contributo previsto, dal momento che l'Inps conosce sia iscritti che possibili beneficiari, oltre ad essere a conoscenza degli iban attraverso i contributi periodici che vengono versati tramite il modello F24;

   inoltre, a parere degli interpellanti, si sarebbe potuto limitare l'accesso simultaneo di 5 milioni di utenti, abilitando tutti i professionisti e intermediari, in tal modo, in luogo del milione di connessioni rilevate, gli accessi sarebbero stati di gran lunga minori, dato che questi soggetti giornalmente operano per tutte le altre pratiche ed adempimenti relativi ai loro assistiti –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per garantire la meritocrazia dirigenziale e la funzionalità dell'ente Inps, evidentemente minata, ad avviso degli interpellanti, da dirigenti che hanno dato prova, a danno dei cittadini più bisognosi, di non essere all'altezza delle funzioni loro attribuite;

   quali siano le misure previste a tutela della privacy, evidentemente violata in questi giorni attraverso l'accesso a un sistema informatico non adeguato, e se non si ritenga necessario adottare iniziative per abilitare tutti i professionisti e gli intermediari, limitando l'accesso simultaneo di tutti gli utenti;

   in che modo intenda garantire l'erogazione della misura prevista, necessaria, pur se inadeguata, a garantire la sussistenza per le categorie descritte in premessa.
(2-00721) «Lollobrigida, Rizzetto, Bucalo, Montaruli, Donzelli, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Meloni, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'Inps, con la circolare 47/2020, ribadendo un orientamento già espresso con la n. 130/2017, ha precisato che «Durante il periodo di percezione dell'assegno ordinario non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare»;

   l'Istituto supporta questo orientamento con la considerazione che il decreto interministeriale 3 febbraio 2016 n. 94343, istitutivo del Fondo di integrazione salariale (Fis), non prevede espressamente il pagamento dell'assegno per il nucleo familiare (Anf) per i lavoratori che siano destinatari dell'assegno ordinario o di solidarietà;

   diversamente, la succitata circolare afferma che «la disposizione riconosce ai beneficiari dei trattamenti in argomento la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori (ANF) ove spettanti» relativamente alla cassa integrazione in deroga di cui all'articolo 22 del decreto-legge n. 18 del 2020; tale differenza di trattamento rispetto all'applicazione di istituti aventi ontologicamente la stessa natura di sostegno al reddito, ad avviso dell'interpellante non trova fondamento giuridico;

   il decreto legislativo n. 148 del 2015 prevede in linea generale:

    all'articolo 3, comma 9, che ai «lavoratori beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni»;

    all'articolo 7, comma 4, che «nel caso delle integrazioni salariali ordinarie, la sede dell'Inps territorialmente competente può autorizzare il pagamento diretto, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante, in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell'impresa, su espressa richiesta di questa»;

    all'articolo 30, comma 1, che «all'assegno ordinario si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie»;

   l'articolo 7, comma 9 del decreto interministeriale 30 marzo 2016, n. 94343, poi, prevede che all'assegno ordinario, per quanto compatibile, si applica la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie;

   si ricava dunque che, sia in riferimento al trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) che al trattamento Fis durante il periodo di percezione dell'assegno ordinario, sia dovuta la prestazione accessoria degli assegni per il nucleo familiare;

   inoltre, deve essere riconosciuta anche la possibilità al datore di lavoro di anticipare la prestazione in caso di assegno ordinario, salvo successivo conguaglio con i contributi dovuti;

   gli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 18 del 2020 hanno la finalità di introdurre strumenti di sostegno al reddito per i lavoratori occupati presso datori di lavoro che nell'anno 2020 sospendono o riducono l'attività lavorativa per l'emergenza da Covid-19; appare, pertanto, ingiustificata esclusione della prestazione degli assegni per il nucleo familiare in caso di assegno ordinario;

   va tenuto presente che tali interventi sono finalizzati alla concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all'assegno ordinario con causale «emergenza Covid-19», per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020, per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020;

   a tal fine, il decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto che:

    limitatamente ai periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi ai sensi del comma 1 del citato articolo 19 e in considerazione della relativa fattispecie, non si applica quanto previsto dagli articoli 5, 29, comma 8, secondo periodo, e 33, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148;

    l'assegno ordinario è concesso, limitatamente per il periodo indicato e nell'anno 2020, anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti;

    ai lavoratori non si applica la disposizione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148;

   coerentemente con la disciplina specialistica di favore, il legislatore ha previsto che gli oneri finanziari per sovvenzionare la prestazione siano in parte posti a carico del bilancio dello Stato;

   non a caso, lo stesso Inps ha ritenuto con la circolare n. 47/2020 che vi sia una deroga alla disciplina ordinaria prevista per l'accesso alla prestazione relativa ai fondi di solidarietà bilaterali alternativi ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 148 del 2015;

   tali fondi, ai sensi dell'articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020, debbono consentire l'accesso all'assegno ordinario anche in mancanza di regolarità contributiva;

   a giustificare tale interpretazione, sono il carattere di specialità dello stesso «Cura Italia» e, più in particolare, la previsione di uno specifico finanziamento delle prestazioni contenuto all'articolo 19, comma 6, del provvedimento –:

   se siano a conoscenza dell'interpretazione di cui in premessa, ad avviso dell'interpellante discriminatoria, fornita dall'Inps;

   se intendano adottare iniziative per estendere la corresponsione degli assegni al nucleo familiare ai lavoratori collocati in sospensione del rapporto di lavoro con accesso all'assegno ordinario e al fondo di integrazione salariale (Fis);

   se intendano adottare iniziative per consentire l'accesso all'assegno ordinario anche in mancanza di regolarità contributiva.
(2-00726) «Bartolozzi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   ai sensi di quanto previsto agli articoli 27, 28, 29, 30, 38 del decreto-legge n. 18 del 2020, a tutti noto come «Cura Italia», a collaboratori coordinati e continuativi con rapporto attivo alla data del 23 febbraio 2020, operai agricoli a tempo determinato, liberi professionisti iscritti alla gestione separata dell'Inps, nonché autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'assicurazione generale obbligatoria, è riconosciuta la corresponsione di una indennità per il mese di marzo 2020 pari a euro 600 e, per riceverla, devono necessariamente presentare la domanda all'Inps; l'Istituto, già con avviso pubblico del 27 marzo 2020 e successivamente con circolare n. 49 del 30 marzo 2020, informava della possibilità di presa in carico delle istanze esclusivamente in via telematica a decorrere dal 1° aprile 2020;

   la previsione, nel decreto, di un riconoscimento dell'indennità nei limiti delle risorse stanziate e quella che gli interpellanti giudicano l'ambiguità operativa da parte del presidente dell'Inps di prevedere un click day — quindi un invio per ordine cronologico — hanno generato timori tra gli utenti costringendoli, di fatto, ad affrettarsi per trasmettere le richieste nel primo giorno utile;

   il portale web dell'Inps, già alle prime ore, registrava un anomalo malfunzionamento con limitazioni di connettività ai server; alle 10 circa, il blocco era pressoché statico, con rallentamenti dell'interfaccia-utente, impedendo, colpevolmente, l'inoltro di nuove domande;

   a peggiorare la situazione è stata la falla nel sistema informatico per la conservazione dei dati sensibili: in particolare, sono stati violati e divulgati dati anagrafici, codici fiscali, indirizzi di residenza/domicilio, indirizzi di posta elettronica ma, soprattutto, sono stati visibili e consultabili i profili-utente di terze persone;

   l'inoperatività per l'intera giornata della piattaforma inps.it ha reso impossibile, peraltro, inoltrare richieste anche per le ulteriori prestazioni agevolative per famiglie e imprese, tra cui il bonus baby-sitting e il congedo speciale Covid-19, e per le procedure per i trattamenti di integrazione salariale, i certificati di malattia e gli assegni familiari;

   il presidente Tridico, in tarda mattinata, giustificava l'inconveniente come frutto dell'interazione di due fenomeni: l'accesso molto ampio di tantissimi utenti e un attacco hacker, sollevando quindi, a giudizio degli interpellanti pavidamente, l'Istituto da ogni responsabilità;

   anche il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, stigmatizzando quanto stava avvenendo, dichiarava: «Avvieremo i primi accertamenti per verificare se possa essersi trattato di un problema legato alla progettazione del sistema o se si tratti invece di una problematica di portata più ampia. Intanto è di assoluta urgenza che l'Inps chiuda la falla e metta in sicurezza i dati»;

   successivamente, il Codacons annunciava un esposto alla procura della Repubblica di Roma chiedendo le dimissioni dei vertici e il commissariamento immediato dell'Istituto;

   non da ultimo, anche il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, Guglielmo Loy, esprimeva, di fatto, forti preoccupazioni circa la mancata chiarezza comunicativa ed esecutiva da parte dell'Ente nel pianificare le operazioni della prima giornata;

   ad avviso degli interpellanti è stata scelta schizofrenica e caotica anche quella successiva, adottata nel corso della giornata, di riaprire il servizio fino alle 16,00 solo a patronati, consulenti, dimenticando, peraltro, colpevolmente in un primo momento i commercialisti, e dalle 16,00 in poi anche ai cittadini;

   la violazione dei dati personali è per definizione un problema di sicurezza strategica non trascurabile né sottovalutabile: il regolamento (UE) 2016/679, articolo 33, definisce, infatti, questo tipo di infrazioni come un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche;

   secondo gli esperti di sicurezza informatica il sito non è stato configurato in maniera adeguata per sostenere tanti accessi simultaneamente; inoltre, è quasi da escludere un attacco hacker, perché non sono state sottratte dai server informazioni di particolare interesse, né c'è stata alcuna manipolazione delle richieste ivi presenti, bensì c'è stata una pericolosa esposizione dei dati di utenti ad altri utenti;

   il lockdown dell'Inps solleva anche una domanda sullo spreco in termini di risorse per lo Stato: è stato stimato, infatti, che il costo di realizzazione e manutenzione del sito Inps negli ultimi 15 anni sia stato di 776 milioni di euro. I vincitori dell'ultima gara, tra cui Eustema spa, avvenuta nel 2011, hanno avuto un consistente budget proprio per garantire la conservazione e l'implementazione dei sistemi di contenimento dei dati –:

   se, alla luce della gravità della vicenda riportata in premessa, il Ministro interpellato non intenda chiarire quanto accaduto;

   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di garantire preventivamente la conservazione dei dati sensibili, scongiurando ulteriori violazioni, così come emerse e accertate nella giornata del 1° aprile 2020 e se, in ottemperanza al regolamento (UE) 2016/679, sia stata data comunicazione entro le 72 ore successive della violazione alle competenti autorità e ai diretti interessati;

   se e quali garanzie intenda fornire agli aventi diritto al bonus in merito alla loro non esclusione dal beneficio per fallimento del server.
(2-00727) «Centemero, Durigon, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan».

Interrogazione a risposta immediata:


   MURELLI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è apparsa sui social la notizia che il presidente dell'Anpal, Mimmo Parisi, il professore italoamericano notoriamente amico del Ministro Di Maio, sia rientrato in Mississippi, abbandonando la gestione della struttura in una situazione già precaria, aggravata dall'emergenza COVID-19, che ha sospeso una serie di procedure relative all'incontro domande-offerte di lavoro per i percettori del reddito di cittadinanza;

   secondo il tweet, il Parisi avrebbe assunto nel Mississippi un incarico incompatibile che, al rientro, creerebbe ulteriori problemi nella prosecuzione della guida dell'Anpal;

   sembrerebbe, inoltre, che il consiglio di amministrazione non abbia approvato il piano industriale, motivo per cui il Parisi si sia dato a quella che, a parere degli interroganti, assume la connotazione di una vera e propria fuga;

   va evidenziato, opportunamente, lo scontro in corso da mesi tra il Ministro interrogato ed il «padre dei navigator», che, dopo il sospetto di un conflitto di interessi sul software per il reddito di cittadinanza, l'opacità nella gestione economica (Ernst&Young aveva stimato in meno di 1 milione di euro il costo per la realizzazione del software a fronte dei 17 milioni prospettati da Parisi), le denunce interne contro la gestione autoritaria dell'Anpal e le accuse di comportamenti antisindacali, ha raggiunto l'apice, a gennaio 2020, nella trattativa con i 654 precari storici, la cui stabilizzazione era stata prevista nel cosiddetto «decreto salva-imprese»;

   la tensione era ferma, prima di questa partenza, alla richiesta sindacale di «commissariare» Parisi ed al Ministro interrogato che sostanzialmente non voleva andare contro il suo ex capo politico, ora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Di Maio –:

   se non intenda fornire chiarimenti in relazione a quanto riportato in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per porre rimedio alla situazione di gravità inaudita creatasi, a cominciare dalla sospensione dell'emolumento percepito.
(3-01429)
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazioni a risposta orale:


   CAFFARATTO, DURIGON, MURELLI, CAPARVI, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 28 marzo 2020, l'Inps ha emanato la circolare n. 47, finalizzata a illustrare le misure a sostegno del reddito previste dal decreto-legge n. 18 del 2020, relativamente alle ipotesi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché in materia di gestione dell’iter concessorio relativo alle medesime misure previste dagli articoli 19, 20, 21 e 22 del predetto decreto-legge;

   alla lettera c) della citata circolare, relativamente alla disciplina dell'assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (Fis) è espressamente previsto che: «Durante il periodo di percezione dell'assegno ordinario non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare»;

   trattasi, ancora una volta, di una interpretazione restrittiva della norma generale da parte dell'Istituto, giacché l'incumulabilità tra le due prestazioni non trova riscontro né nella vigente normativa né tantomeno nelle nuove disposizioni recate dal decreto-legge cosiddetto «Cura Italia» (decreto-legge n. 18 del 2020);

   a parere degli interroganti, è oltremodo grave che, puntualmente, l'Inps proceda a emanare circolari interpretative in senso restrittivo della normativa generale, penalizzando fortemente i destinatari delle misure – in questo caso peraltro riguarda famiglie con minori a carico, potenzialmente anche disabili – e disattendendo di fatto la volontà del legislatore –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per rimediare a quella che, a parere degli interroganti, è una macroscopica ingiustizia che potrebbe prefigurare profili di abuso di potere da parte dell'Inps.
(3-01423)


   CAPARVI, DURIGON, MURELLI, CAFFARATTO, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è scoppiata la polemica in merito all'applicazione dell'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «Cura Italia», ai sensi del quale i Fondi di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 148 del 2015 garantiscono l'erogazione dell'assegno ordinario con causale Covid-19, per 9 settimane, con oneri finanziari posti a carico del bilancio dello Stato nel limite di 80 milioni di euro per l'anno 2020 e sono trasferiti ai rispettivi fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;

   alcuni ritengono che il Fondo di solidarietà bilaterale per l'artigianato (Fsba) sia tenuto a erogare prestazioni di sostegno al reddito anche ai lavoratori i cui datori di lavoro siano stati inadempienti rispetto all'obbligazione contributiva disposta per il Fsba medesimo;

   altri, invece, sulla base della disposizione letterale del citato comma 6, che ha previsto un importo ad hoc, gli 80 milioni di euro, ritengono che, ai fini della concessione della prestazione, nulla c'entra la regolamentazione dell'Fsba sulla continuità e regolarità contributiva;

   altri ancora, invero, ritengono che il predetto comma 6, inserendosi nella struttura del decreto legislativo n. 148 del 2015, che già definisce procedimenti, finalità, contribuzione e prestazioni caratterizzati da una certa specialità, non prevede alcuna deroga dell'intero assetto normativo del medesimo decreto legislativo, per cui l'Fsba sarebbe tenuto ad amministrare la cifra degli 80 milioni di euro secondo le regole già approvate dall'Fsba stesso, tra le quali quelle che attengono alla regolarità contributiva triennale;

   il Fondo, con la delibera di urgenza del 2 marzo 2020 (in seguito all'accordo interconfederale del 26 febbraio), aveva stabilito che «per accedere all'Accordo Covid-19, l'impresa deve avere anzianità contributiva non inferiore a 36 mesi. In caso di impresa già esistente e non in regola, la posizione contributiva (36 mesi) deve essere regolata in un'unica soluzione, prima di effettuare richieste di prestazione»;

   qualora trovasse fondamento la tesi della iscrizione e regolarità contributiva con l'Fsba, per migliaia di artigiani significherebbe dover pagare l'equivalente di 36 mesi di iscrizione, per una cifra intorno ai 4/5 mila euro che, in una fase posteriore alla chiusura dell'attività per pandemia, è tutt'altro che irrisoria;

   gli interroganti sposano la tesi per cui la volontà del legislatore sottesa alla norma contenuta nel decreto-legge «Cura Italia» sia orientata non già a creare nuovi iscritti al fondo settore artigiano, bensì a individuare semplicemente un canale già esistente per l'erogazione della prestazione, al pari di come è stato individuato, dal medesimo decreto, lo strumento della Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) e del fondo d'integrazione salariale (Fis);

   tale tesi, peraltro, trova conferma nella circolare Inps n. 47/2020, laddove in maniera esplicita prevede che, per ottenere la prestazione, «non rileva se l'azienda sia in regola con il versamento della contribuzione al Fondo» –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare urgentemente iniziative per far luce su quanto esposto in premessa, chiarendo in maniera univoca e definitiva se i datori di lavoro artigiani debbano in ogni caso, procedere con l'adesione al Fondo di solidarietà bilaterale per l'artigianato (Fsba), qualora non abbiano mai svolto alcuna operazione di iscrizione e/o comunicazione dei dati aziendali e delle relative posizioni all'Fsba stesso e, di conseguenza, procedere alla regolarizzazione della posizione contributiva, tenuto conto che ciò significherebbe per migliaia di artigiani sia il dover pagare 36 mesi di iscrizione, che far decadere il requisito della volontarietà dell'iscrizione stessa.
(3-01426)


   SILVESTRONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da martedì 17 marzo 2020, nell'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino è temporaneamente chiuso il terminal 1 ed è stato chiuso anche il terminal per i passeggeri dei voli di linea all'aeroporto di Ciampino e rimarranno invece invariate le attività degli enti di Stato e l'aviazione cargo;

   dal 27 marzo 2020 la società Aeroporti di Roma informa di aver predisposto un ulteriore piano di ridimensionamento dell'operatività dei terminal passeggeri di Fiumicino;

   è stato comunicato da Aeroporti di Roma che i terminal passeggeri degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino riprenderanno a operare regolarmente non appena sarà superata l'attuale fase di emergenza;

   il grande hub internazionale così come tutti gli aeroporti italiani si sono totalmente svuotati a causa della pandemia e un gran numero di lavoratori stagionali e quelli nel settore dei servizi aeroportuali, come i lavoratori delle imprese di auto a noleggio o delle società che gestiscono i parcheggi e i piccoli spostamenti nell'area aeroportuale, sono impossibilitati ad operare;

   le categorie lavorative e le società operanti nei settori e nei servizi sopra enunciati si vedono pregiudicata la ripresa delle medesime attività anche dopo la riapertura di gran parte delle attività commerciali, poiché la diffusione non omogenea del Covid-19 a livello mondiale ha determinato misure non sincronizzate dei vari Stati; ciò permetterà una riapertura dilazionata e differenziata della mobilità internazionale;

   la situazione rappresentata colpisce in maniera assolutamente negativa i lavoratori stagionali aeroportuali, poiché vedranno la possibilità di una normalizzazione lavorativa dopo molti mesi dalla fine delle misure restrittive;

   il settore turistico, legato alla Capitale e alle bellezze dell'Italia intera, avrà pesantissime ripercussioni anche nel lungo periodo e, pertanto, occorre valutare misure di sostegno in favore di tutte quelle imprese e delle migliaia di lavoratori che, a differenza di altre, potranno tornare alla normalità alla fine dell'emergenza nazionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere a tutela e a sostegno dei lavoratori stagionali, soprattutto aeroportuali e turistici, e delle imprese del settore aeroportuale e di quelle turistiche, che non saranno nelle condizioni di tornare alla normale attività lavorativa anche dopo la riapertura totale delle attività commerciali sul territorio nazionale, in ragione delle misure adottate autonomamente da ogni Stato colpito dall'emergenza epidemiologica del coronavirus, diversificate, sia nei tempi che nelle modalità, da quelle italiane.
(3-01442)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 14 marzo 2020 è stato siglato fra parti sociali e Governo un protocollo d'intesa in 13 punti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro a seguito dell'emergenza coronavirus, in base al quale «la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione»;

   numerosi centri logistici Amazon sono entrati in mobilitazione nel mese di marzo 2020 per chiedere il rispetto delle regole anche all'interno dei magazzini della multinazionale americana, la fornitura di dispositivi di protezione individuale ai dipendenti nonché la limitazione delle consegne ai soli generi di prima necessità; il magazzino di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, è entrato in sciopero il 17 marzo 2020; quello di Calenzano, in provincia di Firenze, il 30 marzo;

   forte preoccupazione è stata espressa anche dalle rappresentanze sindacali dei rider e in genere dei lavoratori delle piattaforme di food delivery, i quali nella grande maggioranza dei casi non vengono forniti di dispositivi di protezione individuale, quali guanti e mascherina, nello svolgimento delle consegne, mettendo a rischio sia la propria salute che quella dei clienti delle piattaforme –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro delle aziende della logistica, nonché il rispetto delle limitazioni commerciali stabilite nel corso dell'emergenza Covid-19;

   se siano stati effettuati specifici controlli nelle strutture delle aziende della logistica e nei confronti delle piattaforme di food delivery per verificare il rispetto delle prescrizioni per la tutela della salute di questi lavoratori in base alle disposizioni adottate nel corso dell'emergenza da Covid-19 e a quelle presenti nel protocollo d'intesa del 14 marzo 2020.
(5-03806)


   NARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   2i Rete Gas spa, si legge nel sito ufficiale dell'azienda, «con le sue controllate, 2i Rete Gas Srl e Cilento Reti Gas Srl, opera nel settore della distribuzione del gas in 2.150 comuni presenti sull'intero territorio nazionale. L'acquisizione e l'integrazione nel corso della propria storia di numerose società del settore, tutte caratterizzate da un elevato know-how tecnico, ha permesso il conseguimento di un alto livello di competenza nella progettazione, costruzione e gestione delle reti di distribuzione del gas»;

   Rete Gas è il secondo player nazionale di distribuzione del gas naturale in Italia, dopo Italgas;

   il fondo F2I, azionista di 2i Rete Gas, è partecipato da Cassa depositi e prestiti (controllata interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze);

   nell'ultimo bilancio pubblicato e relativo all'anno 2018, 2i Rete Gas ha evidenziato ricavi per oltre 985 milioni di euro (con un aumento di 118 milioni di euro rispetto all'esercizio precedente);

   secondo quanto denunciato dalle associazioni sindacali di categoria della regione Sicilia, 2i Rete Gas sarebbe ricorsa a pratiche scorrette a seguito delle norme varate dal Governo per contrastare gli effetti dell'emergenza sanitaria da coronavirus: l'azienda avrebbe chiesto, infatti, la cassa integrazione per i dipendenti e contemporaneamente esternalizzato servizi ed attività;

   secondo le sigle sindacali «per i lavoratori siciliani ci sarà dunque una decurtazione salariale spregiudicata e senza senso. Il danno e le beffe peraltro, visto che l'azienda intende sostituire almeno in parte il personale avvalendosi massicciamente del lavoro in appalto (...). Il costo dei lavoratori, con il ricorso alla cassa integrazione, verrebbe quindi scaricato impropriamente sulla fiscalità generale dalla quale verrebbero drenate risorse, quelle della cassa integrazione, a discapito di aziende e lavoratori che ne hanno la reale ed effettiva necessità»;

   le associazioni sindacali hanno inoltre accusato l'azienda di non aver «adottato il protocollo di sicurezza (...) in riferimento alle attività svolte dai lavoratori, che sono ad oggi sprovvisti di adeguati Dpi [dispositivi di protezione individuale] per svolgere le proprie attività e non si è nemmeno premurata di adottare integralmente le misure previste dai protocolli per mettere in sicurezza le sedi e i mezzi. Cosa ancor più grave, non lo ha fatto neanche dopo l'accertamento di alcuni casi di positività al Covid-19 di alcuni lavoratori siciliani di cui siamo venuti a conoscenza per le vie informali» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di contrastare eventuali pratiche speculative da parte di 2i Rete Gas spa in relazione alla richiesta di cassa integrazione e alla corretta erogazione del servizio, anche in virtù della compartecipazione pubblica nell'azienda stessa.
(5-03807)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da tutti gli organi di informazione, nella giornata del 1° aprile 2020, il sito dell'Inps è stato oggetto di un «collasso» operativo e non è riuscito a garantire la riservatezza dei dati, anche sensibili, degli utenti;

   secondo i primi elementi emersi, tali gravi disfunzioni sarebbero state certamente determinate dall'ingente afflusso di collegamenti finalizzati prioritariamente all'attivazione delle domande per il bonus di 600 euro per i lavoratori autonomi (oltre un milione e 650 mila domande, su un totale di quasi due milioni di richieste). Inoltre, l'Istituto avrebbe registrato e denunciato alla polizia delle comunicazioni – anche se all'indomani, non risultava alcun esposto presso la procura di Roma – diversi attacchi informatici ai danni del proprio sito;

   oltre al blocco del sito, a destare preoccupazione è stata la diffusione dei dati degli utenti dovuta, sembra, all'adozione di uno specifico programma che avrebbe dovuto accelerare le procedure di accesso, ma che si sarebbe rivelato una vera e propria falla, determinando la comparsa dei dati di chi era già entrato nel sito sui video degli utenti che riuscivano a collegarsi successivamente;

   a parere dell'interrogante, ad accentuare i problemi, in una situazione di estrema sensibilità sociale quale quella che si è determinata a seguito della diffusione dell'epidemia da Covid-19 e alla conseguente crisi economica e occupazionale che sta compromettendo la condizione economica di milioni di cittadini e imprese, sono intervenuti alcuni messaggi che hanno disorientato la cittadinanza circa le procedure per l'accesso ai benefici introdotti con il cosiddetto decreto-legge «Cura Italia»;

   l'affidabilità delle istituzioni e degli enti pubblici, a maggior ragione in una situazione di crisi sanitaria e sociale, è requisito indispensabile per la tenuta del Paese e per motivare la cittadinanza nella prospettiva di un superamento dell'attuale fase emergenziale –:

   quali iniziative intendano assumere al fine di accertare, per quanto di competenza, le reali cause delle gravi disfunzioni che si sono registrate nelle procedure informatiche del sito dell'Inps;

   come intendano intervenire affinché sia assicurata la massima operatività, anche in questa fase di straordinario impegno gestionale, al principale ente di assistenza e previdenza del Paese.
(5-03810)


   NOJA, OCCHIONERO, DE FILIPPO e VITIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto «decreto Cura Italia») il Governo ha introdotto un bonus di euro 600 come forma di sostegno economico per i liberi professionisti con partita Iva e i lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti all'Inps danneggiati dalla crisi economica provocata dalla diffusione dell'epidemia Covid-19;

   per richiedere il suddetto bonus, l'interessato, a partire dal 1° aprile 2020, ha potuto accedere al sito web dell'Inps, scaricare un modulo già predisposto dall'Istituto, compilarlo e poi spedirlo tramite un link indicato;

   tuttavia, tale modulo non risulta essere accessibile alle persone con disabilità sensoriale in quanto sviluppato in modo non conforme alla normativa sull'accessibilità digitale;

   per le persone con disabilità l'accesso ai servizi online è una questione determinante. Infatti, molte di loro già normalmente non possono recarsi presso gli uffici pubblici, anche a causa della mancanza di accessibilità. Oggi, queste difficoltà sono acuite dal rischio di contagio e dalla riduzione dei servizi essenziali;

   la mancata fruibilità del modulo in questione rappresenta, quindi, un fatto particolarmente grave, poiché rende impossibile l'accesso alle misure economiche di emergenza richiamate da parte delle persone con disabilità sensoriale, e ciò ad avviso degli interroganti in violazione di norme vigenti nell'ordinamento italiano;

   la legge 9 gennaio 2004, n. 4, così come aggiornata dal decreto legislativo n. 106 del 2018, infatti, stabilisce espressamente che deve essere garantito il diritto di accesso ai servizi telematici e informatici della pubblica amministrazione anche alle persone con disabilità; in caso contrario, la condotta della pubblica amministrazione integra una discriminazione collettiva ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 67 del 2006;

   inoltre, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, impegna gli Stati che hanno aderito a prendere misure appropriate per assicurare l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, all'informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico;

   il 1° aprile 2020, l'Associazione Luca Coscioni ha inviato una diffida all'Inps sul punto e l'Associazione, non avendo ricevuto alcun riscontro, a quanto consta agli interroganti, in data 6 aprile, ha nuovamente inoltrato la diffida –:

   quali iniziative correttive urgenti si intendano adottare per assicurare il diritto delle persone con disabilità sensoriale di scaricare l'apposito modulo dell'Inps, salvaguardando la parità di trattamento di tutti i cittadini e garantendo a tutte le persone con disabilità che ne abbiano i requisiti la possibilità di accesso alla misura prevista dal decreto «Cura Italia» per i lavoratori autonomi.
(5-03814)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ritiene che il presidente di Anpal, Mimmo Parisi, in tale ruolo, si sia distinto esclusivamente per condotte che ne hanno dimostrato l'inadeguatezza, determinando, sotto più profili, un danno anche economico all'Agenzia. Difatti, la sua gestione è stata al centro di approfondite inchieste giornalistiche (in particolare, di Linkiesta e il Foglio);

   da ultimo, dopo aver presentato un piano industriale triennale 2020-2022, debole e inconsistente, che, difatti, è stato respinto dal consiglio di amministrazione di Anpal, Parisi è partito per gli Stati Uniti, per un periodo imprecisato, per assumere, a quanto è dato sapere, un nuovo incarico alla Mississippi State University. Ciò, pur mantenendo la veste di presidente dell'Anpal e ponendo, dunque, anche un problema di compatibilità con gli incarichi che mantiene nella predetta università americana; quindi, in piena emergenza sanitaria, economica e lavorativa, l'Agenzia che si occupa delle politiche attive del lavoro si trova senza un piano industriale e con un presidente assente, poiché all'estero per affari e interessi personali;

   a ciò si aggiunge che, ad oggi, non vi sono stati chiarimenti, né da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali né da parte dell'Anpal, rispetto alle spese assurde di Parisi per circa 151.000 euro, tra viaggi mensili negli Usa, noleggio auto con autista e affitto di casa. Costi che vanno a unirsi a un lauto compenso di 179 mila euro all'anno;

   non si comprende per quali motivi il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che vigila su Anpal, non abbia adottato immediate e concrete iniziative per rimuoverlo dal proprio incarico;

   l'Italia, già colpita da un annoso problema di disoccupazione, sta affrontando una crisi gravissima per l'emergenza sanitaria. In tale fase, le politiche attive del lavoro sono fondamentali, ma l'Agenzia che ha la competenza a occuparsene, ad avviso dell'interrogante, si trova al completo sbando, con un presidente che, come predetto, non solo si è dimostrato non all'altezza, ma sta causando anche un danno economico, poiché fa pesare in bilancio spese eccessive e non giustificate –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza abbia posto o intenda porre in essere il Ministro interrogato affinché il presidente Mimmo Parisi sia rimosso dal proprio incarico;

   se e quali iniziative abbia adottato per verificare le onerose spese sostenute dal presidente dell'Anpal di circa 151.000 euro, come descritto in premessa, e, qualora risultino delle illegittimità, se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per ottenere dallo stesso la restituzione del dovuto.
(5-03818)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio udinese insiste la «Casa di cura – Città di Udine», una struttura ospedaliera privata che opera da numerosi anni opera in convenzione con il sistema sanitario regionale e che conta al suo interno 270 dipendenti;

   da una nota divulgata dal Policlinico, si è appreso che nei giorni scorsi il Policlinico avrebbe avviato la richiesta di integrazione salariale per 210 dei 270 dipendenti, dovuta al calo sostanziale delle attività della struttura in seguito alle disposizioni regionali che hanno sospeso tutte le prestazioni ambulatoriali non urgenti per il contenimento del contagio da Covid-19. A partire dal 10 marzo 2020 è rimasto infatti operativo solo per le prestazioni indifferibili, come le urgenze oncologiche, la dialisi o le prestazioni ambulatoriali con priorità B (breve);

   il direttore dell'azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale ha replicato che già a metà marzo 2020 era stato richiesto al Policlinico l'elenco del personale medico, infermieristico e sanitario della struttura privata, al fine di impiegarlo in distacco nel nosocomio udinese, oltre alla disponibilità di 50 posti letto per accogliere i pazienti dalle medicine. Elenco che non è mai giunto all'attenzione della direzione della struttura;

   a parere dell'interrogante, la decisione di procedere con la richiesta di integrazione salariale dei 210 dipendenti da parte della struttura privata udinese, che opera in convenzione con il pubblico, è immorale e inaccettabile. A maggior ragione in questa situazione di emergenza da Covid-19, nella quale si è costretti a richiedere l'aiuto di medici e infermieri provenienti da fuori regione per dare supporto al personale sanitario regionale sotto pressione –:

   se al Governo risulti che sia stata fatta richiesta di cassa integrazione ed, eventualmente, per quanti dipendenti e se ritenga di porre in atto le iniziative di competenza volte a sospendere – almeno per una parte di personale medico/infermieristico – l'avvio del procedimento di integrazione salariale e favorire un percorso che ne permetta il distacco in altre strutture sanitarie della regione Friuli Venezia Giulia.
(4-05100)


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già nel primo semestre dell'anno 2019, il consiglio d'amministrazione della Fondazione Enasarco, sulla base dello statuto e del regolamento elettorale, ebbe a deliberare l'indizione per il 2020 delle elezioni per la costituzione della nuova assemblea dei delegati;

   quattro anni dopo le prime elezioni, agenti, rappresentanti di commercio, consulenti finanziari e ditte preponenti risultano quindi essere chiamati a scegliere gli organi di vertice della Fondazione, poiché, una volta costituita, l'assemblea dei delegati eleggerà il nuovo consiglio d'amministrazione;

   risulta all'interrogante che lo svolgimento delle elezioni interessa uno spazio temporale di 14 giorni, segnatamente dal 17 al 30 aprile 2020. Giusto quanto previsto dal regolamento elettorale, è consentito di votare dalle 9,00 alle 18,00 nei giorni dal lunedì al venerdì e fino alle 20,00 nei giorni di sabato e domenica;

   la richiesta di rinvio delle elezioni che qui interessano, che è stata rivolta al Ministro interrogato in ragione delle limitazioni introdotte dal Governo stante la grave situazione epidemiologica legata al proliferare del virus Covid-19, non risulterebbe accolta. Questa decisione risulterebbe, ad avviso dell'interrogante, priva di logica alcuna, atteso che proprio i provvedimenti del Governo hanno di fatto limitato e, come nell'ultimo mese, del tutto impedito l'effettuazione della campagna informativa che la commissione elettorale della Fondazione aveva stabilito si svolgesse dal 13 gennaio al 16 aprile 2020 (si veda al riguardo la nota diffusa in data 10 gennaio 2020 dall'ufficio comunicazione della Fondazione). Ne segue che l'espletamento delle operazioni elettorali, nei tempi suindicati, è risultato parziale –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare le iniziative di competenza per autorizzare il rinvio delle elezioni per la costituzione dell'assemblea dei delegati della Fondazione Enasarco e ciò, non solo in relazione alla attuale situazione sanitaria, ma anche per evitare possibili impugnative delle stesse elezioni, non essendo stato possibile, proprio per il proliferare del virus, dare corso a tutte le iniziative previste nell'ambito della campagna informativa da parte dei rappresentanti delle liste che risultano essere state ammesse alla competizione elettorale.
(4-05110)


   ZUCCONI, VARCHI, GALANTINO, ROTELLI, CIABURRO, LUCA DE CARLO, BUTTI, TRANCASSINI e PRISCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il turismo, con il suo 13 per cento e un giro di affari di circa 146 miliardi di euro, rappresenta in Italia uno dei settori economici che maggiormente contribuiscono al prodotto interno lordo nazionale;

   l'avvento del coronavirus, e delle relative restrizioni, potrebbero comportare gravissimi danni all'intero comparto: secondo Assoturismo il settore turistico italiano potrebbe vivere un calo di oltre 260 milioni di presenze, comportando non solo la ovvia cancellazione delle stesse e il relativo slittamento dell'inizio della stagione turistica, ma anche un reale rischio di un suo annullamento;

   sono oltre 2 mila le richieste di cassa integrazione già presentate dai titolari di imprese che operano nel settore turistico, come alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari e strutture ricettive in generale; secondo Federalberghi sono oltre 400 mila gli operatori del settore turismo che rischiano di perdere il loro lavoro stagionale;

   in questo momento di grave crisi, la vita delle migliaia di micro e piccole imprese che contraddistinguono il comparto turistico è messa a rischio da un'ulteriore criticità: i contratti di soggiorno, perfezionati tramite piattaforme on line. Numerosi, infatti, a quanto consta all'interrogante sono stati i casi in cui le cosiddette Ota (Online Travel Agency) hanno provveduto, su richiesta del cliente, all'annullamento della prenotazione effettuata nei confronti di una struttura ricettiva senza fornire la possibilità a quest'ultima, garantita dal comma 3 dell'articolo 88 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, di emettere un voucher di pari valore per un periodo successivo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare in relazione a quelle Ota (Online Travel Agency), responsabili in numerosi casi di aver avuto un comportamento ostile nei confronti delle imprese turistico-ricettive in materia di voucher, al fine di tutelare un comparto economico già pienamente vessato dalla situazione emergenziale e se, nell'ambito di queste iniziative, si intenda prevedere la possibilità di irrogare sanzioni pecuniarie.
(4-05118)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questo momento di contenimento degli spostamenti, «badanti» o «assistenti familiari» svolgono un lavoro che permette alle famiglie di affrontare con più serenità le insidie dell'emergenza coronavirus;

   superata la fase dell'emergenza, questa dovrebbe essere l'occasione per stabilizzare i rapporti di lavoro e garantire continuità a chi lavora e a chi riceve le prestazioni di cura;

   appare quindi utile istituire un contributo a carattere universale per le prestazioni domiciliari per i malati non autosufficienti e le persone con disabilità con autonomia limitatissima erogato dal Servizio sanitario nazionale (regioni, asl);

   con tale contributo si potrebbe garantire il lavoro a «badanti»/assistenti familiari, nonché l'impiego di personale Oss (operatori socio-sanitari) al domicilio;

   tale contributo dovrebbe essere riconosciuto al malato cronico non autosufficiente o alla persona con disabilità con autonomia limitatissima, affinché l'interessato o chi lo rappresenta (familiare, amministratore di sostegno, tutore) sia messo nelle condizioni di avvalersi dell'aiuto anche di terze persone per assicurare 24 ore su 24 le prestazioni necessarie e indifferibili, indispensabili per il mantenimento della persona non autosufficiente al domicilio –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto proposto in premessa.
(4-05120)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli Stati generali dei consulenti del lavoro hanno adottato una mozione che contiene un'analisi delle carenze e i possibili rimedi rispetto all'emergenza coronavirus nel campo lavoristico;

   tale documento tiene conto della gravissima situazione in cui versa il Paese a causa dell'emergenza da Covid-19, i cui risvolti economico-sociali devono ancora apparire in tutta la loro gravità e della delicatissima situazione personale in cui versano imprenditori e lavoratori, angosciati da difficoltà finanziarie ed economiche, nonché dall'incertezza del futuro;

   gli studi dei consulenti del lavoro, su cui grava l'onere di adempimenti burocratici oltremodo complessi e inadeguati a soddisfare le urgenti aspettative emergenziali, si trovano in uno stato di estrema difficoltà;

   tale difficoltà è ancora più aggravata dall'impossibilità di utilizzare i canali telematici dell'Inps per l'inoltro delle pratiche, a causa del concomitante accesso di numerosi soggetti per la richiesta di sussidi e indennità, nonché del blocco del sito conseguente ad attacchi hacker;

   i consulenti del lavoro denunciano l'inadeguatezza delle disposizioni sinora adottate per la gestione della fase emergenziale. In particolare, sottolineano la totale sottovalutazione delle urgenti necessità finanziarie ed economiche di aziende, lavoratori e professionisti che si è concretizzata: nella mancata previsione di un sostegno finanziario diretto alle piccole e medie imprese, che ha comportato enormi difficoltà gestionali, oltre che disagio sociale diffuso nelle centinaia di migliaia di aziende che hanno sospeso la loro attività; nella mancata previsione di un rinvio generalizzato di scadenze e di adempimenti fiscali e contributivi, segno dell'evidente disinteresse verso chi rappresenta il tessuto produttivo del Paese; nella mancata previsione di uno strumento straordinario di ammortizzatore sociale unico, così come proposto dai consulenti del lavoro, a fronte di una situazione di altrettanto straordinaria emergenza; nella mancata semplificazione delle procedure di ricorso agli ammortizzatori sociali, che sta comportando per i consulenti del lavoro un sovraccarico di adempimenti, reso ancora più gravoso dalla presenza di richieste sindacali irricevibili; nell'annuncio della liquidazione delle pratiche e del pagamento degli importi maturati per ammortizzatori sociali per il 15 aprile 2020, senza tenere in considerazione i contenuti del decreto-legge n. 18 del 2020 che, confermando le procedure ordinarie, non crea le condizioni necessarie per l'erogazione degli importi nei termini previsti; nella concentrazione sull'Inps della gestione dell'intero sistema di misure a sostegno di cittadini e imprenditori, con ciò creando un carico amministrativo insostenibile per l'Ente, sotto il profilo organizzativo e informatico;

   i consulenti del lavoro chiedono altresì: di insediare a cura del Governo una task force di specialisti, in cui vi siano i consulenti del lavoro medesimi, che elabori sin da ora un piano di interventi strategici per ridurre gli effetti negativi che le misure restrittive adottate avranno sul prodotto interno lordo italiano; di eliminare dalle procedure di richiesta di strumenti di integrazione salariale qualsiasi tipo di accordo o informativa sindacale, perché la chiusura delle aziende per Covid-19 non va motivata; di prevedere il silenzio-assenso per l'approvazione delle istanze presentate per richiedere strumenti di integrazione salariale, in modo da snellire l’iter di approvazione delle domande e la conseguente liquidazione delle somme in tempi brevi –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle proposte degli stati generali dei consulenti del lavoro indicate in premessa.
(4-05121)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge «Cura Italia» riconosce, per l'emergenza Coronavirus o Covid-19, un'indennità di 600 euro per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali che tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 hanno involontariamente perso il posto di lavoro;

   il bonus di 600 euro vale per il mese di marzo 2020 e non concorre alla formazione del reddito ai fini del Tuir, ossia il bonus di 600 euro è esentasse, quindi netto in tasca;

   per il periodo di fruizione dell'indennità di 600 euro, ossia per il mese di marzo 2020, la circolare dell'Inps n. 49 del 30 marzo 2020, precisa che non è riconosciuto l'accredito di contribuzione figurativa, né il diritto all'assegno per il nucleo familiare;

   sempre la circolare n. 49 del 30 marzo 2020 precisa «Fermi restando i requisiti legislativamente individuati, come sopra esposti, si precisa che l'indennità in argomento è rivolta esclusivamente ai lavoratori con qualifica di stagionali, il cui ultimo rapporto di lavoro sia cessato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 e che detta cessazione sia avvenuta con un datore di lavoro rientrante nei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali, come individuati nelle tabelle sotto riportate»;

   l'Inps poi dirama un elenco di attività ben preciso di datori di lavoro con il codice statistico contributivo (Csc) di inquadramento previdenziale;

   tra queste attività non figurano quelle che sono comunque legate ai flussi turistici come, per esempio, il personale del comparto trasporto aereo che opera, a vario titolo, negli aeroporti delle località turistiche che generalmente vengono assunti con contratto a tempo determinato semestrale coincidente con la stagione turistica;

   appare evidente che il blocco del turismo blocca pure queste tipologie di lavoratori –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di includere nel beneficio di cui in premessa altre categorie non qualificate direttamente come stagionali ma, di fatto, collegate alla stagionalità turistica.
(4-05122)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la crisi generata dalla pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio il nostro Paese e il settore del trasporto aereo in modo specifico;

   il Governo ha messo in campo delle iniziative a sostegno del lavoro che sono risultate, ad avviso dell'interrogante, inconciliabili con il suddetto comparto;

   in questo momento, attraverso l'apertura della cassa integrazione straordinaria, la maggior parte dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è stata tutelata;

   la forza lavoro del settore è formata in maniera importante da lavoratori con contratto a tempo determinato, stagionali o somministrati;

   i lavoratori stagionali sono da lunghi anni parte integrante del comparto aereo e devono essere tutelati dal punto di vista economico e lavorativo durante questa crisi e reinseriti nel ciclo produttivo non appena il trasporto aereo darà segnali di ripresa –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'ampliamento della durata della Naspi di almeno 12 mesi per i lavoratori del comparto del trasporto aereo che, al momento, non sono in servizio;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito al «congelamento» dell'anzianità lavorativa maturata, al fine di non perdere il diritto di precedenza per gli eventuali richiami in servizio secondo gli attuali accordi in essere.
(4-05124)


   LATTANZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli enti e le associazioni del terzo settore rappresentano per il sistema Paese una risorsa preziosa e in questo momento così complesso potrebbero costituire una preziosa fonte di supporto, su base sussidiaria, nella gestione della continuità di molti servizi al territorio, rappresentando un innegabile presidio di solidarietà, perseguendo anche un importante indirizzo di inclusione sociale. Risulta dunque necessario trovare forme che garantiscano la continuità del loro operato, essenziale per dare continuità al sostegno alle fasce più deboli e fragili della popolazione, sia nel caso delle grandi realtà urbane, che nelle piccole comunità dove è più complesso garantire il funzionamento dei servizi;

   il terzo settore dovrebbe diventare dunque sempre più un attore centrale nella gestione del momento emergenziale, sia per la presenza di tante professionalità utili alla vita di comunità, sia per la solida struttura già presente e radicata sui territori;

   in questo scenario è importante garantire l'immediata applicabilità degli articoli 47 e 48 del decreto-legge «Cura Italia», perché si accelerino la possibilità di implementare gli strumenti di co-progettazione previsti con gli enti locali da parte del terzo settore;

   l'obiettivo deve dunque essere quello di reperire con urgenza maggiori risorse economiche a sostegno, da un lato, dell'attività degli enti del terzo settore per permettere la continuità lavorativa di lavoratrici e lavoratori che garantiscono la continuità dei servizi, anche rischiando il contagio, dall'altro degli stessi enti del terzo settore intesi come soggetti economici: una soluzione è sicuramente quella di lavorare sull'immediata erogazione – in relazione alle annualità 2018 e 2019 – delle risorse derivanti dal versamento del 5 per mille, ossia la quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno di determinate categorie di soggetti beneficiari, tra cui rientrano gli attori del terzo settore;

   ad oggi, l'Agenzia delle entrate ha individuato i beneficiari fino all'anno fiscale 2018 – a causa di lungaggini burocratiche – tenendo bloccate le somme che spetterebbero agli enti e alle associazioni relative alle rimanenti annualità e che in questo momento rappresenterebbero, invece, una importante forma di sostegno al loro operato –:

   se i Ministri interrogati abbiano intenzione di porre in essere iniziative atte a pervenire a un celere sblocco delle quote del 5 per mille destinate al terzo settore per le annualità successive al 2017;

   quali siano le ulteriori iniziative che i Ministri interrogati intendano implementare a sostegno dell'operato delle associazioni e degli enti del terzo settore.
(4-05146)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   BOLDRINI, DELRIO, ROTTA, GRIBAUDO, BORDO, ENRICO BORGHI, DE MARIA, DI GIORGI, FIANO, LEPRI, PEZZOPANE, POLLASTRINI, VISCOMI, SCHIRÒ, CARLA CANTONE, BERLINGHIERI, QUARTAPELLE PROCOPIO, NARDI, BRUNO BOSSIO, BRAGA, MADIA, MURA, BONOMO, INCERTI, SERRACCHIANI, CENNI, CIAMPI e CARNEVALI. – Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. – Per sapere – premesso che:

   parallelamente all'adozione delle misure restrittive anti COVID-19, il Governo ha specificato che la rete a sostegno delle donne vittime di violenza c'è e continua a operare, organizzando la propria attività in base a determinati standard di sicurezza sanitaria ovvero dotandosi di strumenti di protezione e di spazi adeguati;

   a tal proposito, la Ministra dell'interno ha diramato una circolare a tutti i prefetti affinché siano individuate nuove soluzioni alloggiative, anche temporanee, nelle quali offrire ospitalità alle donne vittime di violenza che non possono trovare accoglienza negli esistenti centri antiviolenza e nelle case rifugio;

   a fronte dell'attenzione delle istituzioni al tema della violenza contro le donne in questo momento così drammatico per il nostro Paese, purtroppo sono emerse criticità che rischiano di rendere ancora più difficile il percorso di quante decidono di uscire dalla spirale della violenza, poiché in alcuni casi è emerso che donne fuggite dalla violenza e dalle minacce di morte del compagno avrebbero incontrato delle difficoltà nell'accedere alle strutture di accoglienza, giacché, per essere accettate, avrebbero dovuto dimostrare di non essere positive al tampone diagnostico COVID-19. Il tampone era stato loro rifiutato in quanto asintomatiche;

   si tratta, dunque, di un circolo vizioso paradossale che richiede soluzioni urgenti omogenee su tutto il territorio nazionale;

   sul tema la regione Lazio, con circolare del 18 marzo 2020, ha precisato che, a fronte di nuovi ingressi, viene avviato un percorso che prevede che la donna venga prontamente contattata dal personale medico per una valutazione circa la presenza o meno di fattori di rischio COVID-19: in caso di assenza di rischi, viene rilasciato il nulla osta all'ingresso presso la struttura. In caso positivo, invece, la donna viene subito segnalata all'azienda sanitaria locale per eventuali misure di sorveglianza sanitaria (ricorso a dispositivi di protezione, tampone e, se necessario, isolamento) –:

   quali urgenti misure intenda promuovere per garantire, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, la protezione delle donne vittime di violenza prevedendo un percorso sanitario-diagnostico COVID-19 che consenta, con la massima tempestività, l'accesso in sicurezza, sia per le ospiti sia per gli operatori, presso i centri della rete antiviolenza, al fine di impedire che eventuali richieste di certificazione di negatività al contagio da effettuarsi tramite tampone si traducano in un paradossale ostacolo per la messa in sicurezza delle donne che fuggono dalla violenza.
(3-01434)
(Presentata il 7 aprile 2020)


   BOSCHI, ANNIBALI, FREGOLENT, GADDA, MARATTIN, ANZALDI, BENDINELLI, DEL BARBA, CARÈ, COLANINNO, D'ALESSANDRO, DE FILIPPO, MARCO DI MAIO, FERRI, GIACHETTI, LIBRANDI, MIGLIORE, MOR, MORETTO, NOBILI, NOJA, OCCHIONERO, PAITA, PORTAS, ROSATO, ROSTAN, TOCCAFONDI, UNGARO e VITIELLO. – Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. – Per sapere – premesso che:

   le misure restrittive imposte dalla crescente diffusione del COVID-19 per le donne vittime di violenza rischiano di trasformarsi in un incubo. La necessità di limitare le possibilità di spostamento, evidenziata dal celebre slogan #iorestoacasa, porta anche con sé il timore di non potersi allontanare dalla propria abitazione e di non riuscire a mettere in condizioni di sicurezza se stesse ed i propri figli;

   secondo il Dipartimento per le pari opportunità, nella fase successiva alle misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, si è registrato un evidente calo delle telefonate al numero 1522, segno di un'iniziale crescente paura, data dall'impossibilità di allontanarsi dal proprio domicilio in caso di pericolo, tendenza che è andata poi ad invertirsi nei giorni seguenti anche grazie alla campagna informativa portata avanti dal Dipartimento medesimo;

   a tale fine fondamentale è stata la pubblicità istituzionale volta ad incoraggiare le donne a rivolgersi al 1522 in caso di pericolo, anche tramite l'utilizzo dell'apposita app, nonché l'informazione circa la prosecuzione delle attività dei centri antiviolenza e delle case rifugio, che in questo periodo non si sono fermate. Strumenti questi che sicuramente dovrebbero essere incentivati per tutto il periodo di limitazione degli spostamenti previsto dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e dalla decretazione d'urgenza;

   il diffondersi del virus, però, necessità di forme di sicurezza e di prevenzione che devono riguardare anche i centri antiviolenza e le case rifugio e le loro ospiti, le quali, a tale scopo, dovrebbero essere incluse tra i destinatari dei dispositivi di protezione individuale, così come l'accoglienza delle donne ed eventualmente dei loro figli sia nei centri antiviolenza che nelle case rifugio dovrà prevedere delle forme di isolamento o quarantena in caso si presenti la necessità di allontanamento dalla propria di residenza;

   il momento straordinario che stiamo vivendo ripropone con evidente forza, inoltre, il problema dell'erogazione dei fondi stanziati, sia ordinari che straordinari, per la prosecuzione delle attività dei centri, che lamentano di non ricevere gli aiuti da parte delle regioni da quasi due anni. Una situazione che potrebbe prevedere una forma di erogazione tramite una procedura straordinaria –:

   quali iniziative siano state intraprese, in questa eccezionale situazione connessa alla diffusione del COVID-19, affinché le donne vittime di violenza o abuso possano continuare a sentirsi protette, anche in relazione al proseguimento dell'attività dei centri, inclusa l'erogazione effettiva dei fondi stanziati, e alle misure previste per rispettare le disposizioni relative alla prevenzione e diffusione del virus.
(3-01435)
(Presentata il 7 aprile 2020)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   nel mese di febbraio 2019, in Sardegna, si è assistito alla protesta dei produttori di latte ovino volta a denunciare la scarsa remunerazione del loro prodotto e, in generale, lo stato di crisi dell'intero settore lattiero-caseario;

   al fine di sostenere le istanze degli allevatori riguardo al prezzo all'origine e al riordino della organizzazione e della gestione complessiva della intera filiera del comparto in questione, il decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, recante «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale e per l'emergenza nello stabilimento Stoppani, sito nel Comune di Cogoleto», tra le misure volte al sostegno del settore lattiero-caseario, prevede la tracciabilità dei quantitativi di latte e dei suoi derivati importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi;

    con il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, in materia di proroga di termini legislativi, allo scopo di supportare le aziende del settore nei molteplici adempimenti burocratici, si modifica la normativa in materia di trasmissione dei dati di produzione dei prodotti lattiero caseari al Sian, prevedendo che essa avvenga trimestralmente e non più mensilmente, demandando a un decreto del Ministro competente, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, le modalità di applicazione della suddetta disposizione;

   ad oggi, tale iter non risulta ancora concluso viste le forti resistenze da parte di alcune regioni al raggiungimento dell'intesa;

   l'emergenza sanitaria in atto, dovuta alla diffusione del virus Covid-19, sta causando una grave crisi economica che interessa anche il settore lattiero caseario, con un conseguente peggioramento delle problematiche sopra esposte;

   si registrano quotidianamente istanze e richieste di aiuto da parte delle imprese del settore in difficoltà;

   in particolare, il crollo dei consumi dei prodotti freschi e a breve scadenza, nonché il ricorso, sempre più massiccio da parte delle aziende di trasformazione, all'acquisto di latte proveniente dall'estero a prezzi più vantaggiosi, stanno causando ingenti danni alle aziende produttrici di latte italiane –:

   se il Ministro interpellato, alla luce di quanto esposto in premessa e al fine di tutelare il settore lattiero-caseario in grave crisi, non ritenga opportuno adottare ogni utile iniziativa volta al superamento delle resistenze e delle perplessità che impediscono il raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
(2-00718) «Cillis, Cadeddu, Cassese, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Galizia, Gallinella, Lombardo, Lovecchio, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Parentela, Pignatone, Alemanno, Berardini, Carabetta, Davide Crippa, Fantinati, Giarrizzo, Papiro, Paxia, Perconti, Sut, Vallascas, Adelizzi, Gabriele Lorenzoni, Zennaro, Manzo».
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA, ROTELLI, BUTTI e MOLLICONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il settore merceologico florovivaistico, al contrario di altri settori agricoli o industriali, è caratterizzato da una elevatissima stagionalità delle vendite, al punto che le mensilità comprese tra febbraio e maggio sono quelle nelle quali l'intero comparto piazza circa l'80 per cento delle vendite dell'intero anno;

   l'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha comportato la chiusura di numerose attività produttive sul territorio italiano e la chiusura dei mercati europei per quanto riguarda una numerosa pletora di settori, tra cui quello florovivaistico;

   in virtù dell'alta stagionalità del comparto, la chiusura dei mercati in questo periodo critico non corrisponde a una semplice diminuzione delle vendite, ma alla perdita del 70 per cento del fatturato annuo; escluso il periodo intercorrente tra febbraio e maggio, le aziende del settore, in tutto il resto dell'anno, devono affrontare prevalentemente costi di produzione e di commercializzazione, in quanto le aziende agricole fornitrici cominciano le semine nei mesi di giugno e luglio, sostenendo quindi tutti i relativi costi del nuovo impianto (vasi, terriccio, piantine o bulbi) e la manodopera per la coltivazione;

   altre aziende facenti parte della filiera florovivaistica investono in strutture, viaggi d'affari, fiere e in personale commerciale specializzato, con la conseguenza che, con la chiusura totale del mercato nel periodo febbraio-maggio 2020, tutto il comparto ha accumulato costi per un periodo di guadagno e fatturato previsti che, almeno nel 2020, non hanno avuto luogo;

   i prodotti florovivaistici sono per loro natura altamente deperibili, con tempi di vendita fisiologicamente limitati con conseguenti ed elevati costi di smaltimento per tutti i prodotti invenduti;

   la situazione di chiusura dei mercati attuale comporta la situazione nella quale le aziende della filiera, quando dovranno sostenere le spese per la produzione 2021, non disporranno della liquidità per farlo in quanto tutte le prospettive di guadagno per l'anno 2020 sono state cancellate dall'emergenza Covid-19;

   l'intero settore florovivaistico italiano vale complessivamente più di 2 miliardi di euro, con 100 mila addetti in 27 mila aziende, corrispondenti a una superficie agricola di quasi 29 mila ettari e i danni della mancata vendita per la mensilità febbraio-maggio 2020 sull'intero comparto e tutti gli addetti avrebbe conseguenze disastrose per il comparto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano intraprendere per:

    a) garantire finanziamenti a fondo perduto o finanziamenti decennali a tasso zero a sostegno dell'intera filiera per compensare il danno economico dovuto alla crisi epidemiologica da Covid-19;

    b) predisporre tavoli di lavoro con le associazioni di categoria per elaborare piani di intervento a sostegno del comparto.
(4-05135)


   LEGNAIOLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locali di Pisa riportano la notizia secondo cui i presidenti delle confederazioni provinciali di Pisa e di Livorno della Coldiretti avrebbero scritto una lettera indirizzata al prefetto di Pisa e al prefetto di Livorno per evidenziare come mancherebbero diverse migliaia di lavoratori nelle attività agricole;

   a quanto noto, l'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus ha dei riflessi che possono aggravare le condizioni di precarietà economica e sociale del nostro Paese e la raccolta, dalle fragole alla frutta primaverile, dal carciofo violetto della Val di Cornia alle ciliegie a Lari, per aggiungere le lavorazioni dei vigneti, fino alla raccolta delle orticole a pieno campo, come il popone e il pomodoro, oltre alle necessarie e improcrastinabili attività agricole, è a rischio;

   le disposizioni governative impartite per rallentare la diffusione del virus nelle ultime settimane hanno chiuso scuole, università, attività economiche e aziende e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per garantire un sostegno alle attività agricole, ovvero se ritenga possibile promuovere una radicale semplificazione del voucher agricolo, al fine di agevolare la possibilità di assunzione, ancorché temporanea, nel settore.
(4-05147)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza al fine di contrastare e contenere la diffusione del Covid-19;

   mentre il Paese è, giustamente in via prioritaria, impegnato ad affrontare l'emergenza sanitaria, è fondamentale predisporre tutti gli strumenti necessari per consentire al sistema produttivo del Paese di innescare, nella fase successiva, una ripartenza capace di superare i rischi di crisi e di recessione;

   fondamentali sono certamente le misure di ordine economico che il Governo ha già adottato e che sta tuttora adottando, ma altrettanto importante sarà garantire la rapidità e la speditezza dei processi, sia decisionali che operativi nella fase post emergenziale;

   oggi sull'attività della pubblica amministrazione, sui poteri di presidenti di regione e sindaci, sulle opere pubbliche, sulle infrastrutture, sulle attività economiche e produttive delle imprese, grava il peso di vincoli e iter burocratici che, se da una parte sono certamente garanzia di sicurezza e trasparenza, dall'altra, non piccola, possono tradursi in un rallentamento dei processi decisionali e, in definitiva, in un pesante onere in termini di costi;

   il 31 maggio di ogni anno scade il termine fissato dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, (cosiddetta Bassanini) per la presentazione del disegno di legge di semplificazione annuale in base al quale, il Governo, seguendo un programma di priorità di interventi, definito in relazione alle proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata, presenta al Parlamento, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali;

   tale legge annuale, negli anni, ha avuto un'applicazione via via diversa rispetto al modello disegnato originariamente fino ad arrivare a non essere più adottata a cadenza periodica. Il risultato è che non è venuto meno l'obiettivo della semplificazione che, sia pure nelle sue molteplici e diverse accezioni, continua a essere presente in alcune scelte legislative, ma lo strumento che avrebbe dovuto garantire invece una certa stabilità nelle politiche in materia;

   gli strumenti normativi vigenti consentono, quindi, già di intervenire in materia di semplificazioni amministrative;

   si ritiene pertanto fondamentale intervenire in modo tempestivo e risoluto su questo annoso problema, utilizzando al meglio questo tempo in cui l'attività è ridotta alle funzioni essenziali per consentire alle imprese e alla pubblica amministrazione di trovarsi, al momento della ripartenza, con processi decisionali ed operativi più snelli, rapidi e più adeguati a far fronte alle difficoltà di questa fase; occorre approntare con somma urgenza «un'Agenda per la semplificazione», come prevista anche dal decreto-legge n. 90 del 2014, da condividere con il Parlamento, tutti i ministeri, le regioni e gli enti locali con l'obiettivo di dare un contributo decisivo per sbloccare gli investimenti, liberare risorse per la ripresa e la crescita;

   alla fase di predisposizione normativa dovrà poi necessariamente seguire una fase di verifica circa l'avvenuto cambiamento dei comportamenti quotidiani delle amministrazioni, dell'organizzazione, delle modalità di cooperazione, dell'uso delle tecnologie e dell'utilizzazione delle piattaforme telematiche –:

   se intenda adottare iniziative, con la massima tempestività, sulla base anche delle disposizioni legislative vigenti, per definire urgenti misure, articolate e puntuali, anche di carattere normativo, di snellimento, riduzione e semplificazione di tempi, vincoli e iter burocratici vigenti.
(2-00715) «Giacomelli, Losacco, Rotta, Madia, Enrico Borghi, Serracchiani, Bazoli, Carnevali, Critelli, Mura, Andrea Romano, Pezzopane, Dal Moro, Miceli, Bruno Bossio, Ubaldo Pagano, Bonomo, Frailis, Lorenzin, Sensi, De Luca, Ceccanti, Piccoli Nardelli, Fiano, Benamati, Cenni, Carla Cantone, De Maria, Fragomeli, Buratti, Navarra, Lacarra, Lotti, Gribaudo, Rossi, Vazio, Topo, Siani, Nardi, Pellicani, Berlinghieri, Pizzetti, Gariglio, Ciampi, Di Giorgi, Zan, Boldrini».
(Presentata il 7 aprile 2020)

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:


   GIACOMONI, GELMINI, OCCHIUTO, BALDELLI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI, NOVELLI e VERSACE. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   continua nel nostro Paese la gravissima carenza di dispositivi di protezione e di prevenzione, mentre i contagi tra medici e infermieri crescono;

   dopo due mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, ancora scarseggiano i dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari in prima linea negli ospedali, nelle farmacie, nei quartieri delle città;

   i contagiati tra i sanitari sono oltre 11.000, 89 medici e 25 infermieri sono morti;

   alcuni giorni fa 600 mila mascherine che i medici attendevano sono state bloccate dal Commissario straordinario perché non valide per uso sanitario. Solo ora sembrerebbe iniziata la distribuzione al personale sanitario;

   il Commissario, di fronte ai ritardi nella disponibilità di dispositivi di protezione individuale e di altri presidi di sicurezza, ha dichiarato di non potersi far carico delle responsabilità di Consip e che il 50 per cento dei respiratori sarebbe arrivato ad emergenza conclusa;

   la Consip ha aggiudicato a marzo 2020 la prima procedura negoziata, prevedendo, per alcuni lotti, tempi di consegna non compatibili con l'emergenza in atto;

   occorre abbattere gli ostacoli burocratici e organizzativi che rallentano la fornitura dei dispositivi di protezione individuale al personale sanitario. Aziende italiane hanno prodotto 4 milioni di mascherine che non vengono distribuite, perché l'Istituto superiore di sanità non dà il nulla osta che andava rilasciato entro tre giorni;

   inaccettabile è stata finora la carenza di mascherine, camici e tamponi per categorie di rischio III. Ad avviso degli interroganti è stato vergognoso innalzare a dignità di dispositivo di protezione individuale la semplice mascherina chirurgica, in contraddizione con le linee guida delle società scientifiche internazionali;

   a ciò si aggiunga l'articolo 7 del decreto-legge n. 14 del 2020, con cui si è escluso il personale sanitario dal dovere dell'isolamento fiduciario in caso di esposizione non protetta a COVID-19. Il personale sanitario, anche se venuto a contatto con un paziente poi scoperto positivo, deve per legge continuare a lavorare se non presenta sintomi, senza essere sottoposto obbligatoriamente a tamponi, diventando lui stesso diffusore del virus;

   si è voluto limitare la procedura diagnostica ai soli sanitari con evidenti sintomi respiratori, a causa della carenza dei tamponi e dei reagenti;

   le comunicazioni del Capo della Protezione civile e del Commissario sono apparse agli interroganti spesso contraddittorie, fino a negare la necessità stessa delle mascherine per chi esce di casa –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per superare, con la massima urgenza, le gravissime criticità finora riscontrate, per motivi secondo gli interroganti burocratici, organizzativi e normativi, al fine di garantire la tutela della salute dei cittadini e, soprattutto, dei sanitari e dei medici, compresi quelli di famiglia, impegnati in prima persona nella lotta alla diffusione del COVID-19.
(3-01428)
(Presentata il 7 aprile 2020)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di marzo 2020 presso la residenza sanitaria assistenziale «Fondazione Santa Chiara» di Lodi (ex Ipab a controllo pubblico comunale, sottoposta a vigilanza dell'azienda per la tutela della salute di Milano Città Metropolitana) sono stati registrati ben 52 decessi, su un totale di 250 ospiti (nello stesso periodo del 2019 i decessi erano stati 4);

   fin dai primi giorni di diffusione dell'epidemia da Coronavirus e in presenza dell'anomala progressione dei decessi degli ospiti, oltre a disporre il divieto di visita da parte dei parenti e il blocco dei ricoveri, la presidenza e la direzione della Rsa hanno chiesto all'azienda per la tutela della salute (Ats) di poter effettuare uno screening a tappeto su tutti gli ospiti e il personale, anche allo scopo di isolare gli eventuali positivi e arginare per quanto possibile la propagazione del contagio; a tali ripetute richieste, formalizzate tramite Pec, Ats ha risposto autorizzando il ricorso al tampone esclusivamente per gli operatori sintomatici o in rientro da quarantena;

   tale linea non è stata modificata dall'Ats neppure a seguito della circolare del Ministero della salute del 25 marzo 2020 («Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19»), con la quale si dava indicazione di eseguire i tamponi quantomeno a tutto il personale, ritenendo «indispensabile effettuare in maniera sistematica tamponi per la diagnosi precoce dell'infezione a carico degli operatori sanitari e socio-sanitari e dotarli dei dispositivi di protezione individuale»;

   con un documento congiunto dei gruppi di minoranza del consiglio comunale di Lodi, il 26 marzo 2020 la situazione è stata portata a conoscenza della prefettura di Lodi, che in data 27 marzo è intervenuta nei confronti dell'Ats, segnalando anche la disponibilità sul territorio di una struttura (Parco Tecnologico Padano) abilitata all'analisi dei tamponi;

   il 2 aprile 2020 l'Ats ha infine parzialmente riscontrato le richieste della Fondazione Santa Chiara, programmando, a far data dal 3 aprile, le attività di formazione degli operatori della Rsa che successivamente saranno incaricati di effettuare i tamponi agli ospiti con chiara sintomatologia; nel frattempo, la prefettura di Lodi, a quanto consta agli interroganti, ha inviato una ulteriore richiesta urgente di informazioni all'Ats, per venire a conoscenza della situazione complessiva delle Rsa del territorio della provincia di Lodi, a fronte di notizie non ufficiali di gravi fenomeni di diffusione del contagio e di elevata mortalità tra gli ospiti, e ciò avverrebbe, sempre a quanto consta agli interroganti, in assenza di misure di prevenzione e di diagnosi adottate in modo uniforme e coerente alle indicazioni del Ministero della salute –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza e nel rispetto delle competenze territoriali, al fine di tutelare e garantire il diritto alla salute degli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali e del personale ivi operante, diritto garantito in eguale misura dalla Costituzione a tutti i cittadini.
(5-03813)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO, SUT e ELISA TRIPODI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria da Covid-19 che ha colpito l'Italia ha visto impegnati in prima linea medici e operatori. Alcune regioni, vicine alla Lombardia, hanno attivato una task force per fronteggiare l'espandersi del virus, tra queste il Friuli Venezia Giulia;

   l'emergenza sanitaria non era assolutamente prevedibile, alcuni articoli di giornale, evidenziano di fatto una situazione allarmante: il Policlinico Città di Udine (azienda privata e in convenzione con il servizio pubblico), a seguito di una chiusura forzata di alcuni comparti ospedalieri, dopo aver fatto smaltire ferie e permessi, avrebbe deciso di attivare la cassa integrazione per 210 dei suoi 270 dipendenti. Una decisione inaspettata per il settore sopracitato, visti i numeri di contagi e la costante richiesta di operatori nel settore;

   infatti, secondo una ricostruzione della vicenda, sembrerebbe che il direttore dell'azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale dopo aver incontrato il direttore del Policlinico Città di Udine, avrebbe domandato una collaborazione da parte di quest'ultimo per permettere alle strutture ospedaliere pubbliche di gestire in maggiore sicurezza i malati di Covid-19, spostando di fatto i malati per altre patologie in altre strutture, tra cui lo stesso Policlinico. Inoltre, da quanto si evince, l'Asu avrebbe fatto richiesta di una lista dei dipendenti dell'istituto: medici, infermieri, anestesisti, da poter ricollocare quanto prima, secondo i vari istituti contrattuali, in relazione all'emergenza coronavirus. Pare che la richiesta non sia mai stata accolta;

   in un momento in cui il comparto medico avrebbe bisogno di essere potenziato e non diminuito, la mancanza di una cabina di regia e di una diretta collaborazione tra pubblico e privato è evidente e non tollerabile: si tratta di una situazione che coinvolge non solo il Friuli Venezia Giulia, ma anche altre regioni d'Italia –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per disciplinare a livello nazionale i casi di emergenza sanitaria che possano coinvolgere sia il settore pubblico che il settore privato, al fine di evitare, in futuro, facili ricorsi a istituti previdenziali, laddove la domanda di lavoro nel settore sanitario, in una situazione di crisi, supera l'offerta.
(4-05094)


   PENNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in uno stato di emergenza, come quello attuale, caratterizzato da provvedimenti generali volti al contenimento dell'epidemia da Sars-Cov-2, alcune strutture sanitarie, specialmente nelle regioni più colpite, come la Lombardia, hanno deciso di sospendere o addirittura di interrompere gli interventi di interruzione volontaria della gravidanza;

   a tal proposito, Sara Martelli, coordinatrice della campagna «Aborto al sicuro» in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano in data 26 marzo 2020, denuncia: «Il servizio IVG è sospeso all'Ospedale Sacco, al Buzzi, e parzialmente al Niguarda. Al San Carlo hanno sospeso le IVG con metodo farmacologico e molti reparti ora funzionanti a Milano stanno dedicando posti letto al COVID-19. Ci sono altri ospedali in Lombardia che hanno dovuto chiudere i propri ambulatori IVG e quasi metà dei consultori sono chiusi a Milano. La situazione cambia continuamente ed è quasi impossibile raggiungere informazioni»;

   nell'edizione de il Manifesto di venerdì 27 marzo 2020, la dottoressa Mirella Parachini, ginecologa dell'ospedale San Filippo Neri e del Centro per la salute della donna Sant'Anna di Roma, cofondatrice di Amica (Medici italiani contraccezione e aborto) e vicesegretario dell'Associazione Luca Coscioni, appartenente alla rete «Pro-choice» afferma, inoltre, che: «pur di ridurre il numero di accessi in ospedale, in modo da abbassare al massimo il rischio contagio, alcuni ospedali preferiscono scegliere le tecniche chirurgiche anziché quelle farmacologiche. Perché con la chirurgia tutto si risolve in un solo ricovero, mentre con i farmaci la paziente è costretta teoricamente ad un ricovero di tre giorni e comunque a tre accessi in ospedale»;

   secondo i dati forniti dall'ultima relazione del Ministro della salute sullo stato di attuazione della legge concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, trasmessa il 31 dicembre 2018, in Italia, la percentuale di aborti pervia farmacologica, rispetto al totale delle interruzioni volontarie è del 17,8 per cento in aumento rispetto agli anni precedenti, ma nettamente inferiore alle percentuali di altri Paesi dell'Unione europea come la Francia (67 per cento);

   da più fronti, negli ultimi anni e con maggiore insistenza nelle ultime settimane, è emersa la richiesta di de-ospedalizzare il ricorso all'aborto farmacologico fino alla nona settimana, non solo per le interruzioni volontarie di gravidanza, ma anche per gli aborti interni, laddove prolungare il limite temporale ridurrebbe le procedure chirurgiche, con conseguente utilizzo delle sale operatorie e del personale, compresi gli anestesisti, come sostiene anche l'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani;

   la legge 22 maggio 1978, n. 194, articolo 8, prevede la possibilità che l'interruzione della gravidanza sia praticata anche al di fuori degli ospedali generali, presso i consultori, gli ambulatori specializzati, i poliambulatori funzionalmente connessi con le strutture ospedaliere; al fine di ridurre gli accessi in ospedale e il rischio di contagio da coronavirus, sarebbe opportuno valutare l'opportunità di ricorrere ad alternative valide rispetto al ricovero ospedaliero, come l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, consentendo di svolgere alcune fasi della procedura anche presso consultori e ambulatori e fino alla nona settimana di gestazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e della situazione di emergenza che l'epidemia da Covid-19 sta causando anche nei presidi ospedalieri dove viene praticata l'interruzione volontaria di gravidanza;

   quali iniziative il Governo intenda assumere e se ritenga di promuovere interventi specifici - anche temporanei e sottoposti a successive valutazioni - volti a tutelare il diritto alla salute di tutte le donne, comprese quelle che decidono di intraprendere una interruzione volontaria di gravidanza.
(4-05126)


   BAGNASCO, BOND, VERSACE, MUGNAI, NOVELLI e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese, al pari degli altri Paesi della comunità internazionale, sta affrontando faticosamente la gravissima epidemia legata alla diffusione del virus Covid-19;

   si registra un'estrema difficoltà conseguente anche ai troppi ostacoli burocratici e organizzativi che rallentano la fornitura dei materiali di protezione e prevenzione e dei disinfettanti indispensabili alla disinfezione e alla sanificazione;

   per far fronte alla situazione emergenziale da Covid-19, la normativa vigente consente per questa fase di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (Dpi) in deroga alle vigenti disposizioni;

   al fine di avvalersi della suddetta deroga, i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, e coloro che li immettono in commercio, inviano all'istituto superiore di sanità (Iss) una autocertificazione ed entro 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all'Iss ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche;

   in considerazione purtroppo del persistere dell'emergenza sanitaria e dello scarseggiare dei minimi presidi di protezione, sta emergendo la necessità di estendere la citata disciplina prevista per le mascherine anche ai gel igienizzanti a base idroalcolica. Questo consentirebbe alle aziende che già producono cosmetici o detersivi di produrre gel disinfettanti, purché certifichino la presenza di alcol in misura non inferiore al 60 per cento. Peraltro, detta previsione è stata già adottata da altri Paesi –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per estendere le deroghe previste per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (Dpi) anche ai gel igienizzanti a base idroalcolica, consentendo così alle aziende che già producono cosmetici o detersivi di produrre gel disinfettanti, purché certifichino la presenza di alcol in misura non inferiore al 60 per cento tramite test di laboratorio.
(4-05129)


   GIANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da un servizio video andato in onda su «Non è l'Arena» del 5 aprile 2020, e da diversi quotidiani d'informazione on line, tra cui bari.repubblica.it, video.corriere.it, La7.it tanti altri, a Soleto, in provincia di Lecce, si sarebbe verificata una vera e propria strage di anziani ospiti in una casa di riposo, non solo per Covid-19 ma soprattutto per le gravi condizioni in cui sono stati abbandonati;

   gli ospiti della casa di riposo La Fontanella di Soleto, si legge infatti su bari.repubblica.it, sono ormai quasi tutti contagiati;

   su 87 anziani circa 80 sono risultati positivi al Covid-19, tra questi ben 9 non ce l'hanno fatta. Le cause di questi 9 decessi sarebbero però da attribuirsi non solo al Covid-19, ma anche alla generale incuria in cui sono stati abbandonati gli anziani. A complicare il loro quadro clinico, si legge, è stata anche la condizione in cui sono stati trovati; alcuni di loro erano disidratati e deboli, rimasti senza acqua e senza cibo per oltre due giorni;

   sul comodino di alcuni anziani allettati, incapaci di mangiare e bere da soli, sono stati trovati i vassoi ancora pieni;

   il sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato, il 25 marzo 2020, si apprende nel testo, aveva messo un'ordinanza urgente obbligando la Asl a intervenire nella struttura dopo che il gestore privato non aveva più garantito l'assistenza e aveva, per così dire, alzato bandiera bianca;

   quando il sindaco con il personale sanitario è entrato nella casa di riposo ha trovato una situazione drammatica. «C'era gente che non beveva e mangiava da due giorni – racconta Graziano Vantaggiato – gli anziani mi chiedevano l'acqua e le medicine. Ora attendo di conoscere i verbali della Asl sui decessi che ci sono stati nei giorni a seguire per capire che cosa è realmente accaduto»;

   i familiari degli anziani morti non si danno pace, come nel caso di una donna ospite della struttura e poi ricoverata al Dea di Lecce morta per grave disidratazione, acuta insufficienza renale e insufficienza respiratoria;

   durante la trasmissione «Non è l'Arena» andata in onda anche su La7, il medico della Asl di Lecce, Mattia Marchello, intervenuto personalmente nella casa riposo, ha raccontato di aver trovato gente per terra o sui letti tra i loro i bisogni. Ha anche dichiarato che «è possibile che alcuni anziani siano morti di fame e di sete e non per il Coronavirus» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e se non intenda, con estrema urgenza e come annunciato dalla stampa, promuovere iniziative ispettive, per quanto di competenza, per verificare le cause di questi decessi, con particolare riferimento all'individuazione di eventuali gravi disfunzioni organizzative.
(4-05132)


   GIARRIZZO, AMITRANO, MARTINCIGLIO, ALAIMO, SUT, CIMINO, DEIANA, ELISA TRIPODI, RAFFA e IOVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo notizie riportate da organi di stampa on line, è evidente la situazione di piena emergenza da coronavirus presente nella città di Enna e nei comuni della sua provincia;

   a Enna 3 medici del reparto di medicina dell'Umberto I sono risultati positivi al Covid-19, essendo stati a contatto con la paziente morta, trasferita da Enna all'ospedale di Chiello di Piazza Armerina. La donna sarebbe stata spostata senza avere effettuato alcun tampone e la procura di Enna ha aperto in merito un fascicolo per epidemia colposa;

   sempre nel medesimo presidio, il personale del reparto di medicina dell'Umberto I veniva sottoposto a tampone dopo che la moglie di un paziente, ricoverato nel reparto, risultava positiva al Covid-19. A Piazza Armerina, a seguito del decesso della paziente pervenuta dall'ospedale di Enna, completata la sanificazione dei reparti dell'ospedale Chiello, lo stesso è stato deputato all'analisi dei tamponi Covid-19 per tutta la sanità provinciale, con abbattimento dei tempi di attesa e valorizzazione delle risorse umane e delle strutture locali;

   ad Agira, primo comune isolato per zona rossa dichiarato tale nella provincia di Enna, il primo cittadino, oltre a chiedere l'intervento dell'Esercito, continua a richiedere l'effettuazione dei tamponi rapidi a tutta la popolazione;

   a Leonforte, invece, alcuni pazienti in via di guarigione da Covid-19 sarebbero stati trasferiti presso l'ospedale Ferro-Branciforti-Capra, una struttura fredda, non igienizzata, che veniva usata per fare riabilitazione ma non adatta per accogliere pazienti, con operai ancora a lavoro la sera mentre i malati sono già all'interno;

   si tratta di uno scenario agghiacciante;

   per tale motivo il direttore sanitario dell'Asp di Enna ha provveduto a trasferire i pazienti in un'altra parte isolata dell'ospedale di Leonforte con un percorso dedicato, per evitare contatto con gli altri malati: ingresso, ascensori e percorsi separati, per garantire operatori e degenti;

   in merito a questa decisione, il sindaco di Leonforte ha comunicato contrarietà a trasferire i pazienti affetti da Covid-19 a Leonforte e l'intenzione di trattenerli nell'ospedale di Enna, perché più attrezzato, altrimenti si rischierebbe di veicolare la trasmissione del virus, mettendo in pericolo il personale medico-sanitario sprovvisto dei necessari dispositivi di protezione individuale, nonché le persone già ricoverate in altre unità del nosocomio, prevenendo così l'accensione di ulteriori focolai nell'isola soprattutto in strutture non in grado di reggere l'epidemia;

   la soluzione proposta da alcuni sindaci era trasferire presso l'ospedale «Ferro-Branciforti-Capra» i reparti «no-Covid-19» dell'Umberto I, consentendo, così da liberare risorse per trattare i pazienti Covid-19 e da trattare tali pazienti nei principali ospedali, evitando così che quelli meno attrezzati diventino incubatore di altri contagi;

   una situazione di emergenza si registra anche a Nicosia, dove operatori medici e infermieri del reparto di medicina dell'ospedale Basilotta sono stati posti in quarantena dopo che 4 infermieri sono risultati positivi al tampone;

   anche a Troina, ennesima zona rossa, si registra una situazione di emergenza da Covid-19, in particolare presso l'Irccs Oasi Maria Santissima onlus che assiste disabili mentali gravi, dove i contagi ad oggi sono saliti a 135 tra ospiti e personale: un'emergenza nell'emergenza dove per affiancare medici, infermieri e altri operatori socio-sanitari dell'Oasi Maria Santissima fino al 31 luglio 2020 è stato nominato un commissario ad acta ed è arrivato anche il personale sanitario militare formato da 19 persone tra medici e infermieri di Esercito e Marina, inviato dal Ministro della difesa –:

   se sia a conoscenza delle vicende esposte in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e di concerto con la Regione Siciliana, intenda intraprendere, per far fronte alle criticità sopra evidenziate, tenendo conto dell'elevato numero di contagi e delle difficoltà delle strutture destinate a ricevere i pazienti affetti da Covid-19.
(4-05133)


   PAOLO RUSSO, CARFAGNA, CASCIELLO, FASANO, PENTANGELO, SARRO, COSIMO SIBILIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, è stato pubblicato sul sito della So.Re.Sa. s.p.a., la società regionale per la sanità della regione Campania, un avviso di indagine di mercato, per acquisire la disponibilità di laboratori di analisi accreditati, in grado di effettuare diagnosi su campioni clinici respiratori per Sars-Cov-2. L'iniziativa è finalizzata a fronteggiare la difficoltà analizzare i tamponi oro-faringei per le attività di screening rispetto alla diffusione del Covid-19 in Campania;

   il presidente di Federlab Italia, dottor Gennaro Lamberti, ha successivamente inviato una lettera al presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, per sottolineare le perplessità e le criticità nel modo con cui questo avviso è stato redatto;

   una prima forte criticità riguarda i termini entro cui presentare l'istanza di partecipazione, originariamente fissato alle ore 12, poi spostato alle ore 16 del giorno subito successivo alla pubblicazione dell'avviso (pubblicato comunque nella tarda serata);

   come evidenziato dalla suddetta lettera di Federlab, non si comprende e lascia molte perplessità il senso di una tempistica così stretta e ravvicinata (meno di 36 ore per concorrere), laddove l'interesse della regione dovrebbe essere invece quello di avere il maggior numero possibile di laboratori in grado di processare i tamponi oro-faringei, magari anche a condizioni economicamente più vantaggiose. Concedere più tempo, seppure sempre con una tempistica stringente in conseguenza dell'emergenza sanitaria in atto, avrebbe consentito a laboratori o loro aggregazioni di offrire la propria disponibilità;

   altro aspetto su cui si solleva più di una perplessità è la produttività giornaliera minima richiesta per partecipare alla procedura: l'avviso è, infatti riservato a «singoli laboratori, accreditati con il servizio sanitario regionale, che garantiscano un minimo di produttività di 500 tamponi processati al giorno; per le strutture aggregate in associazione dovranno essere assicurati almeno 300 tamponi processati al giorno per ogni singolo associato». Pur essendo chiara la ratio della previsione, che è quella di esigere un livello qualitativo minimo al di sotto del quale non è possibile avere risultati affidabili, la Federlab ha evidenziato che quel quantitativo minimo non appare in alcun modo proporzionato rispetto alla suddetta esigenza;

   da un lato, si registra il tetto di 500 tamponi al giorno, dall'altro la tempistica della gara che ha «tagliato le gambe» ad ogni possibile associazione di impresa;

   per come è stato scritto il suddetto avviso, è forte la sensazione degli interroganti di trovarsi di fronte a un bando di gara costruito «su misura». Anche per questo motivo la vicenda è ora attenzionata dalla stessa procura, che, tra l'altro, starebbe valutando anche il rapporto tra l'Istituto zooprofilattico di Portici, il quale è stato da poco autorizzato ad effettuare tamponi, e il centro privato di Casalnuovo Ames, che senza aver effettuato bandi sta portando avanti un numero importanti di tamponi giornaliero –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, si intendano, adottare anche tramite l'Ispettorato per la funzione pubblica, in relazione alla necessità di garantire la trasparenza delle procedure di selezione di cui in premessa.
(4-05144)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la terapia intensiva è il reparto ospedaliero che garantisce cure intense a pazienti affetti da patologie di media o alta gravità;

   la terapia intensiva dispone normalmente, per ogni unità letto, di un respiratore automatico, un monitor multiparametrico, un defibrillatore manuale, pompe infusionali, impianto d'aspirazione, nonché di assistenza infermieristica specializzata in numero non inferiore a una unità ogni due letti e di un medico anestesista-rianimatore;

   è costituita da un unico spazio di degenza, in modo da assicurare in qualsiasi momento, da parte di tutto il personale presente, il controllo di ciò che avviene nel reparto e la garanzia di immediati interventi in caso di necessità;

   in Lombardia, come risulta dall'archivio open data della regione, i letti medi disponibili di terapia intensiva nel 2019 ammontavano a: 252 nel settore privato, costanti dal 2011, 572 nel settore pubblico (+12 per cento circa rispetto al 2011);

   nella sanità pubblica i posti letto di terapia intensiva attivati al 31 dicembre 2019 erano in realtà solo 312, così come indicato nell'archivio open data della regione (-63 per cento rispetto al 2017); in entrambi gli archivi manca il dato del 2018;

   nel 2017 i casi di pazienti ricoverati in terapia intensiva ammontavano a 8.400 (+4,6 per cento rispetto al 2013) e in costante crescita;

   dai dati Istat sulla mortalità si evince che alcune delle principali patologie presenti nei pazienti positivi a Covid-19 deceduti recentemente erano in continuo aumento, dal 2003 al 2017: demenza +176 per cento, diabete +6,67 per cento, cancro +7,26 per cento, malattie croniche delle basse vie respiratorie +17,91 per cento; in Lombardia i casi di polmonite sono da anni in forte incremento, da 1642 morti nel 2003 a 2537 nel 2017; nel 2018 altri casi, legati anche all'inquinamento e a una possibile infezione da legionella, hanno colpito soggetti in maggioranza maschi (circa il 70 per cento), prevalentemente anziani e/o con fattori di rischio;

   il Ministero della salute aveva pubblicato online le «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi»;

   a pagina 21 di tali linee guida, nel capitolo sul Real-Time Pcr, si legge che, nonostante fosse stata pubblicata una norma Iso nel 2010 «che aggiorna e specifica i requisiti metodologici, di valutazione e controllo di qualità del metodo qPCR applicato a Legionella. [... I. Tuttavia, a meno di non disporre di un sistema per l'analisi di DNA di Legionella mediante PCR per il quale siano stati verificati tutti i criteri di un metodo standard, la qPCR resta non validato»; ciò in quanto «Alcuni studi condotti al fine di confrontare il metodo colturale con la Real-Time PCR mostrano un più elevato numero di campioni positivi e valori più alti di quantificazione rilevati con la Real-Time PCR rispetto alla coltura»; e ancora che «L'elaborazione dei dati raccolti ha consentito la determinazione di livelli di allerta e/o di azione (...) che comunque sono strettamente legati al tipo di protocollo di qPCR utilizzato come confronto con il metodo colturale. (...) la q-PCR (...) può, ad oggi, essere solo consigliata per una rapida analisi di numerosi campioni prelevati da siti (...), potendo in tempi brevi escludere i siti negativi ed identificare quelli positivi. I campioni risultati positivi devono essere comunque analizzati con il metodo colturale»;

   nel giugno del 2016 la procura di Monza ha chiuso l'inchiesta definita da fonti di stampa «sulle ruberie della Lega nella Sanità lombarda» e nel gennaio di quest'anno sono state inflitte le prime condanne-:

   di quali dati disponga il Ministro interrogato circa i posti di terapia intensiva attivati nella regione Lombardia negli scorsi anni – prima dell'arrivo della pandemia di Covid-19 – e circa l'adeguatezza dello stesso numero in relazione all'esigenza di fronteggiare il forte incremento di patologie di cui in premessa che necessitano di tale trattamento.
(4-05145)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diverse inchieste giornalistiche condotte dalla giornalista Selvaggia Lucarelli e dalle testate TPI e Il Fatto Quotidiano, si apprende che, presso la clinica Sant'Antonino di Piacenza, struttura privata e accreditata presso il Servizio sanitario nazionale, pazienti, medici, operatori e dipendenti si sarebbero ammalati di Coronavirus già a metà febbraio 2020, se non prima e nessuna informazione sarebbe stata resa nota se non dopo la notizia della morte di una donna delle pulizie in servizio presso la clinica e la scoperta che settimane prima un anziano affetto da Coronavirus sarebbe stato portato via in tutta fretta dalla struttura;

   la proprietà della clinica starebbe tacendo su tutto, rimandando qualsiasi richiesta di informazioni alla Ausi di competenza, che però si rifiuterebbe di interessarsi alla vicenda;

   a metà febbraio, quindi prima che esplodesse l'emergenza Coronavirus in Italia, un anziano paziente ricoverato alla clinica Sant'Antonino avrebbe cominciato ad avere febbre alta che non scendeva con le normali terapie;

   in seguito si sarebbe ammalato anche il suo vicino di letto, così come anche alcuni dottori;

   il 24 febbraio 2020, in clinica, sarebbe arrivata la notizia che un medico in pensione che svolgeva alcune operazioni presso la clinica Casa Piacenza, del medesimo proprietario della Sant'Antonino, sarebbe stato ricoverato a Tenerife, affetto di Coronavirus;

   nessuna comunicazione ufficiale sarebbe pervenuta dal proprietario delle due cliniche, nessuna comunicazione alle famiglie dei pazienti ricoverati, né al personale; l'anziano signore, trovato positivo al Coronavirus, sarebbe stato trasferito alcuni giorni dopo;

   il 16 marzo 2020, Monica Rossi, una donna delle pulizie di Casa Piacenza, viene trovata morta in casa;

   da metà febbraio a quel 16 marzo 2020, nelle cliniche private Casa Piacenza e Sant'Antonino, molti dipendenti avrebbero continuato a lavorare in una condizione di incertezza e paura, scoprendo sempre in modo ufficioso e mai ufficiale che il Coronavirus stava girando nelle cliniche e che tanti di loro si stavano ammalando;

   il 13 marzo 2020, la Ausi di Piacenza ha annunciato che la clinica Sant'Antonino è diventata clinica specializzata Covid;

   presso la Sant'Antonino ci sarebbero decine e decine di persone positive, nonostante il primo paziente anziano avesse avuto febbre altissima già dal 10 febbraio 2020 circa;

   il servizio di igiene dell'ospedale di Piacenza, a metà marzo, avrebbe avuto una lista di dipendenti parziale e la clinica non avrebbe fornito vari nominativi di alcuni dipendenti malati o provenienti dalle zone rosse;

   gli operatori del Sant'Antonino, per settimane, non avrebbero avuto neanche una mascherina FFP3 per fare l'ossigenoterapia e, nonostante il panico e l'altissimo rischio di contagio, nessuno della dirigenza avrebbe condiviso alcuna informazione con gli operatori;

   i responsabili delle cliniche, inoltre, avrebbero avuto un atteggiamento intimidatorio nei confronti dei dipendenti, minacciando licenziamenti per chi avesse svelato episodi rivelatisi poco chiari, come la presunta mancata comunicazione al personale sui numeri del contagio all'interno dell'ospedale, lasciando gli operatori inconsapevoli e spaventati;

   a parere dell'interrogante occorrerà fare luce sui tanti aspetti ed episodi troppo poco chiari che sono accaduti in queste settimane in varie parti del Paese;

   su quanto accaduto alla Sant'Antonino di Piacenza occorrerà fare chiarezza fino in fondo -:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti esposti in premessa;

   se il Ministro interrogato non intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela della salute presso la clinica Sant'Antonino di Piacenza, al fine di verificare, per quanto di competenza, se presso la clinica sia stato garantito il pieno rispetto delle leggi e dei protocolli, in riferimento a quanto esposto in premessa.
(4-05156)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GIARRIZZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che su un social network viene riportato che sul sito internet del Codacons (Coordinamento dei consumatori per la difesa dell'ambiente e la tutela di diritti di utenti e consumatori) è comparso un banner in cui si invitava a sostenere una campagna di raccolta fondi contro il coronavirus ma il cui link portava in realtà a fare donazioni dirette alla stessa associazione dei consumatori, che è un ente privato, e, inoltre, che fino a sabato 28 marzo 2020 sulla pre-home page del sito del Codacons compariva in seconda posizione un riquadro con lo sfondo verde che rimandava alle modalità per «fare una donazione all'associazione e risparmiare sulle tasse future (si ricorda, infatti, che sono previste agevolazioni fiscali per le donazioni agli Enti del terzo settore)», con le indicazioni sul funzionamento delle detrazioni per i privati e per le società/enti e le modalità di versamento (banche, uffici postali, PayPal) e anche con la dizione specifica da riportare nella causale della donazione: «Erogazione liberale in favore dell'ente del terzo settore – organizzazione di volontariato – CODACONS», senza nessuna specifica sulla destinazione d'uso di questi fondi;

   secondo notizie riportate da organi di stampa on line, in seguito anche alla segnalazione sui social, la pagina è stata prontamente modificata e, inoltre, la questione è stata sottoposta all'attenzione della stessa polizia di Stato per realizzare gli approfondimenti del caso;

   ai sensi dell'articolo 137 del codice del consumo, il Codacons risulta iscritto, su sua istanza, nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico che provvede annualmente al suo aggiornamento;

   l'iscrizione al citato elenco deve essere confermata entro il 30 giugno di ogni anno da parte delle stesse associazioni che devono comprovare la sussistenza dei requisiti di legge;

   si ravvisa a giudizio dell'interrogante – ove i fatti corrispondano al vero – un atteggiamento poco trasparente da parte dell'associazione citata -:

   se la vicenda esposta in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(3-01441)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO e OSNATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2014 il gruppo cinese Wanbao ha acquisito Acc Compressors, storica azienda produttrice di compressori per frigoriferi fiore all'occhiello della metalmeccanica bellunese, dando vita al sito produttivo italiano di «Italia Wanbao-Acc»;

   a ottobre 2019 la proprietà ha comunicato in sede del Ministero dello sviluppo economico la condizione di crisi dello stabilimento bellunese e la conseguente volontà di disimpegno della multinazionale cinese dalla produzione di compressori in Italia;

   a fronte di tale decisione irrevocabile il Ministero ha attivato un apposito tavolo di crisi con l'azienda, le parti sociali e la regione del Veneto, finalizzato alla verifica di soluzioni che potessero garantire la continuità produttiva del sito bellunese e la conseguente salvaguardia occupazionale dei circa trecento lavoratori coinvolti;

   in considerazione delle peculiarità della crisi e degli obiettivi del tavolo ministeriale, il gruppo cinese Wanbao ha ritenuto di verificare la possibilità di richiesta di attivazione della procedura di amministrazione straordinaria. In prospettiva di tale ipotesi, il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto al dottor Maurizio Castro, quale profondo conoscitore del sito zumellese e del suo mercato di riferimento, di supportare il tavolo di crisi nelle relazioni con i clienti e i fornitori circa l'affidabilità dell'azienda in relazione al possibile scenario di continuità produttiva;

   con sentenza del 27 marzo 2020 il Tribunale di Venezia ha ammesso l'azienda Italia Wanbao-Acc alla fase propedeutica dell'amministrazione straordinaria, confermando di fatto la bontà del percorso di salvataggio dell'azienda intrapreso, al quale il Ministero, la regione e le parti sociali tutte hanno lavorato per mesi;

   in tale occasione, si è appreso che il Ministro Patuanelli, disattendendo un percorso di gestione della crisi concertato tra tutti i componenti del tavolo ministeriale e durato vari mesi, ha indicato con procedura diretta, quale commissario giudiziale, il nominativo di un professionista diverso da quello del dottor Castro, che, come sopra richiamato, su richiesta ministeriale ha svolto il fondamentale ruolo di «rassicuratore» del mercato circa la possibile «tenuta» e affidabilità dello stabilimento di Wanbao; questa decisione, ad avviso dell'interrogante, rischia di creare un forte disorientamento tra i clienti e i fornitori dell'azienda con possibili gravi ricadute sulla continuità produttiva;

   il Ministro interrogato, a quanto consta all'interrogante, non ha mai presenziato ad alcuna riunione del tavolo di crisi riferito alla situazione di Italia Wanbao-Acc -:

   quali siano state le ragioni che hanno portato il Ministro interrogato, di fatto, a disconoscere il lavoro di gestione della crisi coordinato dalle strutture tecniche ministeriali e quali valutazioni abbiano condotto all'individuazione del professionista indicato quale commissario giudiziale.
(4-05092)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-02555, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-02963, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-03067, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-03132, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito n. 4-04012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta in Commissione D'Ippolito n. 5-03636, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Parentela.

  L'interrogazione a risposta orale Zoffili e altri n. 3-01402, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Picchi.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro e altri n. 4-05073, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Foti, Silvestroni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza urgente Cannizzaro n. 2-00485 del 9 settembre 2019;

   interpellanza urgente Brunetta n. 2-00638 dell'11 febbraio 2020;

   interpellanza Siracusano n. 2-00699 del 31 marzo 2020.