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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 marzo 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    il diffondersi del contagio da Covid-19 nel nostro Paese ha avviato una fase di rallentamento dell'economia destinato a produrre gravi ripercussioni, non solo nell'immediato, ma anche nei prossimi anni;

    questa è una delle più grandi crisi sanitarie ed economiche che il nostro Paese ha dovuto affrontare, crisi che sta rischiando di mettere in ginocchio sia il nostro sistema sanitario che la nostra economia;

    dalle prime analisi effettuate si evidenzia come per il settore dell'industria e dei trasporti, già colpiti da una profonda crisi economica, la diffusione del Coronavirus, con annessa chiusura temporanea di molte aziende possa avere conseguenze disastrose;

    dai dati forniti da Confcommercio si stima che circa 100.000 dipendenti dei pubblici esercizi saranno a rischio licenziamento o cassa integrazione;

    il diffondersi dell'epidemia da Covid-19 è destinato a modificare profondamente l'assetto socio-economico italiano, prefigurando uno scenario di crisi profonda e depressione economica che dovrà essere necessariamente accompagnata da interventi di carattere strutturale e non solo emergenziale;

    secondo gli analisti, questa è la peggior crisi finanziaria dal 2008, e si prevede venga accompagnata da una lunga recessione economica, dovuta anche alla chiusura di molte imprese;

    la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato diverse misure al fine di contrastare il diffondersi sul territorio nazionale del virus Covid-19 o Coronavirus;

    in data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;

    in data del 23 febbraio 2020 è stato emanato il decreto-legge n. 6, con il quale sono state introdotte misure urgenti in materia di contenimento e gestione delle emergenze epidemiologiche a livello nazionale;

    in data 1° marzo 2020 è stato emanato un ulteriore decreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6;

    in data 17 marzo 2020 è stato emanato il decreto-legge n. 18 recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, cosiddetto «Cura Italia»;

    in nessuno dei decreti approvati fino ad ora vi sono norme relative al rilancio dell'economia attraverso lo sblocco dei cantieri pubblici o attraverso la semplificazione delle procedure burocratiche;

    dagli ultimi dati disponibili il settore edile rappresenta circa il 50 per cento del valore degli investimenti nazionali, vale circa il 10 per cento del Pil italiano e occupa circa 800 mila lavoratori, con una perdita di circa 400 mila addetti rispetto alla crisi economica che ha colpito il settore a partire dal 2008;

    al fine di sbloccare i cantieri fermi nel nostro Paese da diversi anni e rilanciare la crescita economica del Paese dopo l'emergenza sanitaria Covid-19 sarebbe utile ipotizzare l'adozione di normative specifiche per il rilancio delle grandi opere sull'esempio del cosiddetto «modello Genova», attraverso la nomina di «super commissari», al fine individuare un modello che responsabilizzi maggiormente le figure professionali attraverso il meccanismo delle autocertificazioni, demandando alle amministrazioni pubbliche le sole attività di controllo;

    il propagarsi dell'epidemia del virus Covid-19 su tutto il territorio nazionale sta avendo gravissime ripercussioni su tutto il nostro sistema economico, appare quindi inevitabile avviare quanto prima ulteriori iniziative a sostegno dell'economia e individuare nuove linee di intervento per rilanciare l'economia, l'immagine e il tessuto imprenditoriale del nostro Paese,

impegnano il Governo:

   ad adottare fin da subito iniziative idonee al rilancio della crescita economica dopo l'emergenza sanitaria Covid-19, con particolare riguardo al rilancio del settore dei trasporti e delle infrastrutture, tramite l'avvio di misure di semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative in maniera da consentire lo sblocco dei cantieri pubblici anche attraverso le nomine di «super commissari» sul modello di quanto stabilito dal decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, cosiddetto «decreto Genova»;

   ad adottare iniziative normative tali da consentire lo svolgimento in maniera semplificata e celere delle procedure autorizzative per il rilancio del settore dei trasporti, delle infrastrutture e delle opere edili, anche in deroga al decreto legislativo n. 50 del 2016, pur rispettando le normative in termini di tutela ambientale e paesaggistica, i regolamenti urbanistici e le normative di sicurezza.
(7-00436) «Plangger, Rospi».


   La III Commissione,

   premesso che:

    a far data dal 4 marzo 2020 sono ferme presso l'aeroporto di Ankara 200.000 mascherine Ffp2 e Ffp3 per fronteggiare l'emergenza coronavirus che un'azienda italiana ha acquistato da un'azienda turca per rifornire gli ospedali dell'Emilia-Romagna e delle Marche;

    il Governo turco sta bloccando la loro esportazione;

    dal 4 marzo l'ambasciata italiana sta facendo pressioni affinché venga sbloccata l'esportazione, ma senza esito;

    il 17 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri Conte avrebbe avuto rassicurazione da Erdogan che sarebbe stata risolta la questione;

    l'azienda italiana ha esborsato 670.000 euro per l'acquisto delle predette mascherine;

    ancora una volta il sedicente sultano Erdogan approfitta di crisi internazionali per proseguire il suo rapporto muscolare con l'Europa;

    tale contegno della Turchia testimonia, ad avviso dei firmatari del presente atto, inequivocabilmente le modalità con cui Erdogan interpreta i rapporti internazionali e segnatamente il rapporto con l'Italia e con l'Europa, nonostante lo status di «Paese candidato alla adesione» frutti alla Turchia decine di miliardi da parte dell'Unione europea;

    il Ministro Di Maio nei giorni scorsi, nel corso di una diretta Facebook, aveva promesso, con toni stentorei, ai suoi follower che avrebbe denunciato «in tutte le sedi internazionali competenti» tali pratiche aberranti da qualunque Paese provenissero,

impegna il Governo:

a «denunciare» il comportamento della Turchia, con gli strumenti previsti dall'ordinamento e nelle sedi internazionali competenti, per aver cagionato rischi per la salute e favorito la diffusione della pandemia, sequestrando materiale sanitario, e per aver indebitamente intralciato il libero commercio internazionale.
(7-00434) «Delmastro Delle Vedove, Galantino, Deidda».


   La III Commissione,

   premesso che:

    di recente la Turchia ha assunto, ad avviso dei firmatari del presente atto, un ruolo predatorio nei confronti dell'Unione europea, minacciando la stabilità e la tenuta dell'Unione sotto diversi punti di vista;

    la Turchia ha destabilizzato l'area libica inviando militari e armi da impiegare nella guerra civile in corso, favorendo l'assalto alle coste italiane da parte degli immigrati in fuga;

    la Turchia ha aperto i confini agli sfollati del conflitto siriano, violando i termini dell'accordo raggiunto con l'Europa che le ha fruttato 6 miliardi di euro solo nell'ultimo triennio, dopo aver fiancheggiato la costola dell'Isis contro la quale combatte il governo legittimo di Assad;

    da ultimo, le autorità turche hanno fermato dal 4 marzo 2020, presso l'aeroporto di Ankara, 200.000 mascherine Ffp2 e Ffp3 acquistate da un'azienda italiana per rifornire gli ospedali dell'Emilia-Romagna e delle Marche nell'ambito degli sforzi disumani che l'Italia sta sostenendo per fronteggiare l'emergenza coronavirus;

    il Governo turco ne sta bloccando l'esportazione;

    dal 4 marzo 2020 l'ambasciata italiana sta facendo pressioni affinché venga sbloccata l'esportazione, ma senza esito;

    il 17 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri Conte avrebbe avuto rassicurazione da Erdogan che sarebbe stata risolta la questione;

    a parere dei firmatari del presente atto ancora una volta il sedicente sultano Erdogan approfitta di crisi internazionali per proseguire il suo rapporto muscolare con l'Europa;

    tale contegno della Turchia testimonia, ad avviso dei firmatari del presente atto, inequivocabilmente le modalità con cui Erdogan interpreta i rapporti internazionali e segnatamente il rapporto con l'Italia e con l'Europa, nonostante lo status di «Paese candidato alla adesione» frutti alla Turchia decine di miliardi da parte dell'Unione europea;

    il Ministro Di Maio nei giorni scorsi, nel corso di una diretta Facebook, aveva promesso, con toni stentorei, ai suoi follower che avrebbe denunciato «in tutte le sedi internazionali competenti» tali pratiche aberranti da qualunque Paese provenissero,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative nelle competenti sedi europee affinché venga revocato lo status di Paese candidato all'adesione all'Unione europea nei confronti della Turchia.
(7-00435) «Delmastro Delle Vedove, Galantino, Deidda, Trancassini».


   La XIV Commissione,

   premesso che:

    il 12 marzo 2020 sulla A22, al confine del Brennero tra Italia e Austria, si sono formati, a causa dei controlli austriaci sui mezzi in uscita, fino a 90 chilometri di coda nel tratto tra Bolzano e il confine;

    l'istituzione, da parte delle autorità di Slovenia, Austria e Croazia, di una serie di complessi controlli al confine con l'Italia ha reso di fatto estremamente difficile, se non addirittura impossibile, il mantenimento dei servizi di trasporto che devono attraversare o raggiungere i loro territori nazionali;

    come dichiarato il 13 marzo 2020 da Conftrasporto-Confcommercio «tali prassi incidono in modo disomogeneo e unilaterale sulla libera circolazione delle merci e sulla libera prestazione dei servizi, impedendo o, comunque, rendendo estremamente laboriosa la circolazione ai veicoli che trasportano beni provenienti dall'Italia»;

    l'azione unilaterale attuata dai già citati Stati membri dell'Unione europea è stata lesiva, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, delle libertà fondamentali dell'Unione: libera circolazione delle merci; libera circolazione delle persone; libera prestazione dei servizi; libera circolazione dei capitali;

    l'inosservanza di tali libertà, disciplinate all'articolo 26 e negli articoli, da 28 a 37, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea («Tfue»), costituisce una violazione del diritto unionale stabilito nello stesso trattato;

    le restrizioni attuate rispetto al traffico merci in uscita ha costituito un costo aggiuntivo per gli autotrasportatori, nonché un trattamento iniquo che ha messo in dubbio la capacità competitiva di molte aziende del nord-est;

    a ciò è conseguito allungamento dei tempi di attraversamento del confine per i mezzi pesanti di tre ore rispetto ai normali standard;

    stando alle dichiarazioni del presidente di Anita (Associazione nazionale Imprese e Trasporti Automobilistici), Thomas Baumgartner, il prolungamento dell'attesa, come annunciato, dà in moneta – si stima – una lievitazione del costo per ogni passaggio di camion, che arriva a circa 450 euro; tenuto conto dei 100.000 passaggi realizzati in uscita al mese, il costo che sopporterà l’export italiano è di oltre 50 milioni di euro al mese;

    il 28 febbraio 2020 Coldiretti ha denunciato le speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari made in Italy in alcuni Paesi, dove sono state avanzate ingiustificate richieste di certificazioni sanitarie aggiuntive su merci, dal vino alla frutta e alla verdura, soprattutto provenienti dalla Lombardia e dal Veneto, ma ci sono state anche assurde disdette per forniture provenienti da altre parti del Paese,

impegna il Governo

ad assumere iniziative – ai sensi dell'articolo 259 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – per sottoporre alla Commissione europea la questione, ai fini dell'eventuale avvio di una procedura di infrazione nei confronti di quei Paesi dell'Unione europea che abbiano violato le norme previste dal suddetto Trattato sulla libera circolazione delle merci.
(7-00433) «Mantovani, Montaruli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, ROTELLI, CIABURRO, TRANCASSINI, VARCHI, CARETTA, DONZELLI e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mezzo della emergenza sanitaria determinata dal propalarsi del Coronavirus sono state sequestrate complessivamente da altri Paesi 19 milioni di mascherine Ffp2 e chirurgiche acquistate da aziende italiane e destinate alle necessità sanitarie italiane;

   il Ministro Di Maio ha precisato che avrebbe denunciato tale aberrante pratica di altri Paesi in tutte le sedi internazionali competenti;

   è notizia recente che mezzo milione di tamponi siano stati ceduti agli Stati Uniti dall'azienda italiana Copan Diagnostic con sede, per un beffardo destino, in Brescia;

   in Italia sono stati realizzati ad oggi 100.000 tamponi e 500.000 tamponi sono «volati» in America senza che vi sia stato un intervento del Governo;

   la notizia è stata confermata da Jonathan Hoffman, portavoce del Pentagono;

   appare evidente che 500.000 tamponi avrebbero soddisfatto le esigenze di tutto il Nord Italia;

   è altrettanto evidente che Brescia sia uno degli epicentri del fenomeno della diffusione del coronavirus in Italia e che sia l'ultima frontiera prima della sua totale penetrazione a Milano con effetti evidentemente devastanti per le dimensioni e la popolazione stesse della metropoli –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti denunciati e quali iniziative intenda adottare per assicurare il fabbisogno italiano di tamponi, mascherine, ventilatori e dispositivi protettivi;

   se il Governo sia a conoscenza di quali siano stati i contenuti della trattativa tra il Governo americano e l'azienda bresciana che ha ceduto 500.000 tamponi;

   se il fabbisogno italiano dei tamponi per fronteggiare l'emergenza determinata dal Coronavirus sia, alla data odierna, soddisfatto o se i tamponi manchino rispetto alle esigenze e alle richieste avanzate;

   se si intendano assumere iniziative draconiane per impedire che si verifichi l'esportazione di materiale sanitario, per fronteggiare la crisi dovuta al Coronavirus, senza prima farne notifica al Governo e ottenerne la licenza.
(3-01393)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con nota 18/2020 S.R. il vice segretario generale di O.s.a.p.p. (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) Gerardo Romano ha rappresentato il grave rischio sanitario nelle carceri di tutto il Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, a seguito della ripresa dei colloqui tra detenuti e famigliari, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 83, comma 16, del decreto-legge n. 18 del 2020;

   le limitazioni ai colloqui dei detenuti con i famigliari previste, a tutela della salute di agenti della polizia penitenziaria, di detenuti e dei loro famigliari, scadranno, infatti, ai sensi del predetto decreto-legge, il 23 marzo 2020;

   nella medesima nota si denuncia che la propagazione del Coronavirus, in assenza di debite protezioni per gli agenti della polizia penitenziaria in uno con la cronica carenza di organico e con la inadeguatezza strutturale di moltissime case circondariali, potrebbe essere catastrofica se non venissero mantenute, a tutela della salute degli agenti di polizia penitenziaria, dei detenuti e dei famigliari dei detenuti, le limitazioni ai colloqui;

   la situazione rappresentata per quanto concerne le predette regioni non è difforme da quella di tutte le altre regioni d'Italia;

   a ciò si aggiunga che appare del tutto incomprensibile e contraddittorio che, mentre permangono limitazioni nelle visite fra famigliari nei confronti di tutti i cittadini italiani nel supremo interesse della salute pubblica, vengano aperte le visite e i colloqui fra i detenuti e i loro famigliari, con grave pregiudizio per la loro salute e quella degli operatori;

   in ogni caso, appare evidente che, in mancanza di dispositivi di protezione per gli agenti della polizia penitenziaria, sarebbe gravissimo e fortemente pregiudizievole per la salute degli agenti aprire a colloqui con le modalità ordinarie fra detenuti e famigliari –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per prorogare immediatamente la vigenza della disposizione di cui all'articolo 83, comma 16, del decreto-legge n. 18 del 2020;

   in subordine ed in ogni caso, se il Governo si sia accertato della presenza di dispositivi di protezione individuale a favore degli agenti di polizia penitenziaria in tutte le case circondariali d'Italia;

   in estremo subordine, se il Governo si sia accertato della presenza di dispositivi di protezione individuale a favore dei detenuti in tutte le case circondariali d'Italia e intenda comunque adottare iniziative per prevedere che ogni famigliare, per accedere nelle singole case circondariali, debba dotarsi di dispositivi di protezione e profilassi per sé e per gli altri.
(4-04981)


   DI SARNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 (cosiddetto decreto Cura Italia) il Governo ha adottato una serie di misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   per i liberi professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, la cui attività sia cessata, ridotta o sospesa è stato istituto un «Fondo per il reddito di ultima istanza» con una dotazione pari a 300 milioni di euro per l'anno 2020, i cui parametri di attribuzione risultano ancora incerti;

   è stata altresì disposta la sospensione dei termini degli adempimenti tributari e dei versamenti fiscali e contributivi, che dovranno essere effettuati in unica soluzione entro la fine di maggio 2020, semplicemente posticipando i pagamenti a carico dei liberi professionisti;

   rispetto alle altre categorie di lavoratori autonomi, i titolari di partita iva iscritti alle casse di previdenza private sono esclusi dalla platea di beneficiari dell'indennizzo mensile di euro 600, erogato per far fronte alle difficoltà connesse alla diffusione del cosiddetto Coronavirus;

   gli studi professionali stanno attraversando un momento davvero critico, poiché, in ossequio alle disposizioni di legge, molti sono chiusi e hanno interrotti i rapporti con i clienti e il prospettarsi di una crisi finanziaria renderà ancora più difficile riscuotere i crediti professionali;

   nella predisposizione dei mezzi di sostegno a tale classe di lavoratori è necessario che anche le casse previdenziali private diano il loro contributo, essendo inammissibile che in un momento emergenziale come quello attuale, alcuna misura aggiuntiva venga da esse adottata a beneficio degli iscritti;

   la solidità finanziaria di tali fondi è testimoniata, oltre che dall'elevato numero di iscritti (circa 566.000) che annualmente erogano contributi, anche dai bilanci pubblicati sui portali istituzionali, tant'è che se si considera, ad esempio, la cassa forense si registra per il 2018 un patrimonio netto di quasi 12 miliardi di euro;

   occorrono, dunque, nuove e più efficaci misure di sostegno al reddito anche per i liberi professionisti, tra cui la riduzione delle imposte dovute, l'erogazione effettiva di una somma a titolo di indennizzo, e non la semplice compensazione, o ancora lo sblocco dei crediti vantati verso lo Stato –:

   alla luce di quanto illustrato in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per il sostegno reddituale dei liberi professionisti;

   quali iniziative intendano adottare al fine di coinvolgere le casse previdenziali private nella gestione della crisi economico-finanziaria determinata dalla pandemia da Covid-19.
(4-04982)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e altri interventi normativi, il Governo ha adottato e posto in essere numerose misure per il contrasto e il contenimento del diffondersi del virus Covid-19;

   in data 11 marzo 2020 l'organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato pandemia il Covid-19;

   data la natura emergenziale ed eccezionale della pandemia nonché la velocità con cui questa si sta diffondendo nel Paese – nonostante le misure d'urgenza assunte dal Governo – sono sempre maggiori le richieste da parte degli enti locali di ampi margini di manovra per contrastare il diffondersi del virus e conseguente sovraccarico sul sistema sanitario nazionale –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per fornire ai medici di base la possibilità di prescrivere l'isolamento fiduciario ai soggetti nei quali abbiano riscontrato i sintomi riconducibili al quadro clinico di Covid-19, permettendo alle forze dell'ordine, anche quelle locali, di verificare l'effettivo rispetto delle misure di contenimento sanitario prescritte.
(4-04984)


   CIABURRO e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, il Governo ha predisposto numerose misure per il contrasto e il contenimento del diffondersi del virus Covid-19, prevedendo, tra le altre, misure a tutela del ruolo fondamentale ricoperto il personale sanitario nazionale;

   come denunciato dalla sezione provinciale di Cuneo del Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami) molti medici di medicina generale, financo la stragrande maggioranza dei medici di famiglia e dei medici di continuità assistenziale, non sono stati forniti dei dispositivi di protezione individuale (mascherine omologate, camici monouso, occhiali, guanti) prescritti;

   sempre secondo quanto evidenziato dallo Snami, le mascherine omologate che il sindacato ha reperito sul mercato per rifornire – in assenza di forniture adeguate e idonee da parte delle autorità pubbliche – il personale medico di cui sopra risultano non consegnabili a causa delle recenti disposizioni da parte del Governo, con la conseguenza che numerosi medici attivi sul territorio si trovano impossibilitati a sopperire alle mancanze da parte pubblica;

   le prescrizioni sanitarie prevedono che il personale sanitario in contatto con soggetti con sintomi respiratori o sospetti, probabili o confermati casi di Covid-19, debba dotarsi dispositivi di protezione individuale adeguati e che l'inadeguato approvvigionamento di mascherine chirurgiche camici monouso non idrorepellenti, guanti e occhiali o visiere rende impossibile per il personale medico attenersi alle prescrizioni nazionali –:

   se il Governo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano intraprendere per:

    a) garantire la piena attuazione delle disposizioni governative in materia di sicurezza sanitaria, assicurando il rispetto delle prescrizioni nazionali anche nella provincia di Cuneo, così come in tutto il territorio nazionale, mediante un'adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale;

    b) garantire la fornitura di un idoneo approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale a tutto il personale medico per fronteggiare la crisi causata dal virus Covid-19, con particolare riferimento al territorio di cui in premessa.
(4-04985)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il consorzio l.r.i.s. di Biella ha segnalato, a quanto consta all'interrogante, che alla dogana francese sarebbero bloccate 600 mascherine ordinate per le necessità di profilassi della città di Biella;

   alla dogana francese sarebbero dunque bloccate, ad oggi, 600 mascherine ordinate al Fornitore Fashion Pro srl (sede legale a Barcellona, intermediario sede a Sandigliano, Biella) e 2000 pezzi prodotti da Sensor Medics Italia che usualmente ricevevano circa 10.000 mascherine al giorno;

   la dogana francese, ad avviso dell'interrogante senza una reale motivazione e con atteggiamento ostruzionistico, assolutamente inammissibile in tale frangente, chiede ulteriori delucidazioni sul tracciamento;

   di fatto, la Francia sta bloccando alla frontiera migliaia di protezioni che, in questo momento, sono di fondamentale importanza per il Biellese –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale gravissimo fatto e se abbia già interloquito con le autorità francesi e, in ogni caso, se intenda convocare l'ambasciatore francese per chiarire i rapporti con la Francia, affinché tali gravissimi episodi non si ripetano nel corso della drammatica crisi sanitaria che sta colpendo il nostro Paese.
(4-04990)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza Coronavirus diversi italiani sono bloccati in diverse aree del mondo senza poter fare rientro in Italia;

   l'interrogante è stato già promotore di una risoluzione in Commissione esteri per utilizzare Alitalia con voli charter per recuperare gli italiani nel mondo, scomputando da tali servizi di Alitalia le somme erogare a titolo di «prestito ponte»;

   in ogni caso è necessario affrontare l'emergenza immediatamente e per singoli casi, ove possibile;

   in Irlanda diversi studenti italiani attualmente vorrebbero fare rientro in Italia, ma non riescono a trovare voli;

   il Coronavirus si sta sviluppando similmente in Irlanda, così come è già avvenuto negli altri Paesi europei;

   per quanto gli studenti italiani stiano, con intraprendenza, tentando di acquistare voli diversi, anche con più scali, al fine di fare rientro, i voli vengono continuamente cancellati;

   l'ambasciata italiana a Dublino, contattata appositamente dagli studenti, ha solo saputo precisare che non ci sono voli programmati dalla Farnesina;

   gli studenti italiani, a quanto consta all'interrogante, hanno anche inviato una mail a eurodeputati italiani e alle autorità italiane in cui, oltre a chiedere la risoluzione del problema, precisano di non poter usufruire di personale medico e che quello universitario è inaccessibile, in quanto le università sono state chiuse per affrontare l'emergenza coronavirus –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione denunciata e quali siano gli intendimenti al riguardo;

   se, in ogni caso, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda contattare l'ambasciata di Dublino, affinché presti soccorso agli studenti italiani, anche per quanto riguarda l'acquisto dei biglietti aerei per fare rientro in Patria, e, in subordine, qualora neanche con l'ausilio della ambasciata fosse possibile far rientrare gli studenti, se si intenda predisporre un volo per recuperare gli studenti italiani in Irlanda e Irlanda del Nord.
(4-04991)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, DONZELLI e MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione del 18 marzo 2020 in Commissione il primo firmatario del presente atto chiedeva delucidazioni in ordine alle mascherine e ad altri dispositivi, quali ventilatori di sicurezza, che la Cina avrebbe, secondo dichiarazioni del Governo italiano, inviato all'Italia;

   in particolar modo, l'interrogante chiedeva di sapere, alla luce degli ufficiali ringraziamenti del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e di altri componenti del Governo alla Cina, se mascherine e dispositivi vari per affrontare l'emergenza coronavirus fossero stati donati dalla Cina all'Italia o se fossero stati acquistati e, in tal caso, quale fosse il motivo dei ringraziamenti;

   sempre maggiori fonti di stampa avanzano, infatti, dubbi in ordine alla cessione gratuita di mascherine e di dispositivi di sicurezza dalla Cina a favore dell'Italia;

   alla predetta interrogazione non vi è ancora stata risposta alcuna;

   recentemente, l'autorità giudiziaria della Repubblica Ceca ha sequestrato un enorme quantitativo di mascherine e respiratori automatici provenienti dalla Cina;

   secondo i primi comunicati si sarebbe trattato di mascherine e respiratori sottratti a imprese ceche da criminali che intendevano rivenderli lucrando eccessivamente sul prezzo, sino a quando l'autorità ha disposto il sequestro e la confisca di tutto il materiale;

   sembrerebbe, tuttavia, che gran parte degli scatoloni sequestrati recassero la bandiera cinese e quella italiana, con scritte in italiano e in cinese e la scritta «Siamo con voi - Forza Italia»;

   parrebbe quindi che il predetto materiale fosse destinato all'Italia ed è invece rimasto bloccato a Praga;

   si tratterebbe o di materiale destinato all'Italia e, diversamente, rimasto in Repubblica ceca o di materiale italiano riciclato;

   in ogni caso, ad avviso dell'interrogante, è evidente che quanto sopra apre a scenari inquietanti in ordine al materiale sanitario destinato all'Italia, apparentemente a fini umanitari, e che poi potrebbe essere stato dirottato su una sorta di «mercato nero per sciacalli» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi fatti riportati in premessa, se abbia assunto contatti con il Governo ceco o intenda assumerli per comprendere l'accaduto e/o collaborare con le autorità ceche per fare chiarezza sulla vicenda e quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per verificare se lo Stato cinese sia consapevole del fenomeno, alla luce del controllo e della direzione della economia, in particolare delle esportazioni, che vige in Cina;

   se il Governo non ritenga di dover chiedere chiarimenti all'ambasciatore cinese in relazione all'accaduto;

   se il Governo intenda adottare iniziative volte a definire protocolli per evitare che presunti e ipotetici, ancorché per ora non confermati, aiuti umanitari cinesi finiscano nelle mani di ignobili trafficanti.
(4-04992)


   GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da Coronavirus non ha fermato, ad oggi, i cantieri e il lavoro degli operai; il Premier Giuseppe Conte ha infatti stabilito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2020, che le fabbriche continuino la produzione ordinaria, a patto che i titolari siano in grado di garantire rigorose ed efficaci misure di sicurezza;

   così come riportato dalla gazzettadelmezzogiorno.it, il sindaco di Melendugno, Marco Potì, ha segnalato alle autorità locali e alla magistratura che presso i cantieri del gasdotto Tap-Snam di San Foca di Melendugno, in Salento, vi sono numerosi lavoratori, «molti dei quali» provenienti da altre regioni, «comprese ex zone rosse, con possibile violazione dell'ordinanza del presidente della regione Puglia Emiliano» che prevede l'obbligo di quarantena per chi proviene da altre regioni;

   secondo quanto dichiarato dal sindaco, questi lavoratori, entrerebbero pericolosamente in contatto con i lavoratori delle ditte locali. Il primo cittadino ha inviato la segnalazione anche all'ufficio di presidenza della regione Puglia, all'Asl Lecce e alla procura della Repubblica di Lecce;

   nella nota riportata dalla stampa, chiede che si provveda con urgenza ad accertare «l'applicazione delle misure previste dalle normative emergenziali da parte delle aziende e ditte in questione, al fine di attenuare il rischio di propagazione del contagio dal Covid-19 attraverso l'attività posta in essere in detti cantieri»;

   vi sono situazioni che difficilmente garantiscono la totale incolumità dei lavoratori, il rispetto della distanza di sicurezza, l'uso della mascherina, il lavarsi le mani, il viaggiare con mezzi di trasporto in sicurezza;

   il covid-19, si legge sul Corriere di Torino, ferma anche il cantiere Tav della Torino Lione; è infatti stato disposto il blocco delle attività, per ragioni di sicurezza e di contenimento del contagio, anche sul versante francese –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per predisporre la chiusura immediata di tutti quei cantieri in cui non si riesca a garantire l'osservanza delle disposizioni contro il diffondersi del Covid-19, a maggior ragione nei luoghi in cui i lavoratori vengono a contatto con i dipendenti di altre aziende, che arrivano da fuori provincia o regione, talvolta da zone del nostro Paese interessate da tassi di contagio molto elevato.
(4-04995)


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 12 marzo 2020, durante la presentazione del pacchetto di misure definito dalla Banca centrale europea in risposta alla grave crisi causata dal virus Covid-19, la presidente Christine Lagarde ha commentato l'attuale situazione economica con una infelice frase che ha lasciato trasparire l'intento della Banca centrale europea di non difendere la stabilità dei conti dei Paesi in difficoltà ad ogni costo, con un chiaro riferimento all'Italia;

   la reazione dei mercati è stata immediata e assolutamente negativa, innescando una fuga dai titoli di Stato italiani e causando, conseguentemente, una enorme perdita per la borsa italiana e, di contro, un'occasione ghiotta per gli speculatori. Si è trattato di un vero e proprio collasso verticale del valore di molti asset strategici quotati, considerati tasselli cruciali del sistema industriale ed economico italiano: si parla del settore energetico, della difesa, dell'aerospazio, delle tecnologie, della moda, di banche e assicurazioni;

   l'immediata reazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha evidenziato il bisogno di sollecitare e sostenere qualsiasi azione di maggior vigilanza verso azioni, speculative o aggressive, che possano danneggiare, assetti di controllo e di governance di società fondamentali per l'interesse nazionale, e che possono colpire anche settori non quotati e meno protetti del made in Italy;

   da un lato, risulta dunque necessario un rafforzamento del golden power, ossia la facoltà garantita all'autorità pubblica di intervenire nelle transazioni di mercato riguardanti società qualificate come strategiche, già oggetto di una revisione con l'approvazione del decreto sulla sicurezza cibernetica; dall'altro, bisogna considerare che il golden power si basa su una struttura per settori, che lascia scoperta una parte importante del tessuto economico, come ad esempio gli asset culturali;

   il settore culturale, tratto senza dubbio dominante del patrimonio del nostro Paese, vive anch'esso un momento di profonda crisi e non può rischiare di diventare oggetto di ulteriori minacce e speculazioni, senza nessuna forma di protezione come può essere, appunto, il golden power –:

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere a difesa del comparto culturale, alla luce del fatto che eventuali attacchi speculativi alla borsa italiana, così come accaduto il 12 marzo 2020, possono avere un impatto negativo anche sul settore economico della cultura.
(4-04996)


   RIZZETTO e PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come noto, mentre l'Italia era già nel pieno della grave emergenza sanitaria da Covid-19, Austria e Slovenia hanno chiuso, a giudizio degli interroganti arbitrariamente, i confini con il territorio italiano, violando l'accordo di Schengen. Sul punto, sebbene sia possibile, in casi eccezionali, sospendere temporaneamente le disposizioni in questione, i predetti Stati hanno agito senza provvedere a notificare alla Commissione europea l'introduzione di controlli alle frontiere interne in relazione all'epidemia da Coronavirus, nel quadro della normativa Schengen;

   non è accettabile che si agisca discrezionalmente, in violazione delle procedure accordate e senza alcun coordinamento con le autorità europee competenti, che devono successivamente valutare la proporzionalità e la necessità delle misure introdotte con la sospensione dell'accordo di Schengen;

   nonostante quella che appare una palese violazione dell'accordo, non risulta sia stato avviato alcun procedimento per sanzionare questi abusi;

   tra l'altro, al confine goriziano, nei giorni scorsi, sono stati bloccati, dalle autorità slovene, centinaia di veicoli italiani per il trasporto merci, impedendo ai lavoratori di raggiungere le proprie destinazioni in Europa dell'Est o nei Balcani;

   solo dal 17 marzo 2020 è stato ufficialmente sospeso il trattato di Schengen, per trenta giorni (rinnovabili), in accordo con i Governi europei, prevedendo la restrizione temporanea dei viaggi non essenziali nell'Unione, per contrastare la diffusione dell'epidemia in corso;

   ciò nonostante, restano i predetti comportamenti di dubbia legittimità assunti nei confronti dell'Italia rispetto ai quali la Commissione europea non ha adottato adeguate iniziative per censurarli, pur rappresentando, secondo gli interroganti, delle palesi violazioni degli accordi di Schengen da parte di Austria e Slovenia –:

   se e quali iniziative abbia adottato il Governo rispetto alla chiusura dei confini disposta discrezionalmente da Austria e Slovenia in danno dell'Italia;

   se e quali iniziative di competenza intendano porre in essere affinché quelle che gli interroganti giudicano violazioni dei citati accordi non si ripetano in futuro.
(4-04999)


   AMITRANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il numero dei contagi da Covid-19 è notevolmente aumentato su tutto il territorio nazionale e, in attesa dell'imminente picco epidemico, i sindacati dei medici e dirigenti sanitari, in virtù del decreto legislativo n. 81 del 2008, chiedono provvedimenti immediati a tutela della salute e della sicurezza dei medici, infermieri e operatori sanitari, considerato il notevole aumento del rischio clinico, per il lavoratore e per i pazienti contagiati dal virus;

   va considerata l'elevata percentuale di contagiati e asintomatici tenendo conto che i rischi di maggiore diffusione si verificano in sia ambito ospedaliero che in ambito territoriale che vedono coinvolti, oltre ai medici ospedalieri, anche quelli di medicina generale e di continuità assistenziale; ciò causerebbe un ulteriore rischio di default del sistema sanitario ospedaliero e territoriale e nonostante le diverse disposizioni ministeriali e regionali, non si rileva ancora oggi, un'adeguata risposta alle criticità riscontrate sulla cronica carenza di dispositivi di protezione individuale (Dpi) sufficienti e adeguati all'emergenza nazionale;

   l'articolo 7 del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, dispone che i sanitari esposti a pazienti contagiati da Covid-19 non siano più posti in quarantena, ma continuino a lavorare anche se potenzialmente infetti, poiché la sospensione dal lavoro è prevista solo se sintomatici o positivi;

   i sindacati denunciano la scarsa fornitura nonché l'inadeguatezza dei Dpi registratasi in tutto il territorio nazionale e, in particolar modo, in Campania, con un forte rischio di compromettere l'efficacia delle misure attuate ai fini del contenimento dell'epidemia, pregiudicando inoltre la sicurezza di medici, infermieri e operatori sanitari in servizio che continuano ad essere contagiati da Covid-19 (in tutta Italia sono circa 2000 gli operatori sanitari positivi) e, conseguentemente, ciò mette in pericolo la tenuta stessa del sistema di gestione dell'emergenza che si fonda integralmente sugli stessi;

   dall'inizio dell'emergenza gli stessi operatori sanitari hanno denunciato la scarsa quantità e qualità dei Dpi a loro disposizione se si pensa che le sole mascherine respiratorie risultano essere non adeguate a fronteggiare le ore di lavoro a contatto con il Covid-19, mettendo a rischio medici, infermieri e operatori sanitari che a loro volta, senza dispositivi di protezione efficienti, incorrono in un elevato rischio di contrarre il virus e diventare essi stessi fonte di infezioni e contagio anche per i pazienti;

   le mascherine «chirurgiche» o «igieniche» non sono dei Dpi perché sprovviste di filtro di cui alla norma Uni En 14683; comunemente impiegate in ambito sanitario e nell'industria alimentare, appartengono alla categoria dei dispositivi medici e non proteggono l'operatore, bensì proteggono il paziente o l'alimento dalle possibili contaminazioni;

   per le attività sanitarie, veterinarie o di laboratorio e, comunque in presenza di pazienti, animali o campioni biologici potenzialmente infetti da microrganismi a trasmissione aerea responsabili di patologie gravi quali meningite, tubercolosi e altro, è raccomandato l'utilizzo di maschere intere con protezione Ffp2, aventi capacità filtrante pari almeno al 95 per cento, perdita di tenuta non superiore al 10 per cento ed efficienza di filtrazione dei microrganismi del 94 per cento; inoltre, nell'esecuzione di particolari procedure assistenziali che possono aumentare il rischio di dispersione nell'aria di secrezioni respiratorie (ad esempio, broncoscopie, aerosolterapie) è raccomandabile dotarsi di protezione alta con efficienza filtrante Ffp3 –:

   se il Governo intenda adottare ulteriori iniziative in merito al soddisfacimento del fabbisogno straordinario di dispositivi di protezione individuale (Dpi), ossia alla fornitura dei necessari dispositivi che assicurino alta protezione, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori della sanità dal rischio di esposizione al contagio da Covid-19 nei luoghi di lavoro.
(4-05002)


   CILLIS, DEL SESTO, SUT, ALBERTO MANCA, TESTAMENTO e MAGLIONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata è interessata da anni dalle attività delle estrazioni petrolifere; sul suo territorio insistono due impianti di trattamento e pre-raffinazione del petrolio, il Cova di Viggiano e l'impianto Tempa Rossa di Corleto Perticara;

   nei giorni scorsi l'Eni, a causa dell'epidemia del Coronavirus, ha comunicato di avere ridotto del 30 per cento le attività dell'impianto di Viggiano e di aver attivato tutte le procedure per fare ricorso allo smart-working;

   la Total, invece, pare che ancora non abbia preso alcun provvedimento in merito e alla richiesta del sindaco di Corleto ha declinato ogni possibilità di aiuto concreto, adducendo come giustificazione la crisi in cui il settore è piombato a causa dell'epidemia;

   tuttora, a quanto consta agli interroganti, all'interno dei due centri di trattamento sono ancora al lavoro tecnici e operai e per il loro funzionamento vengono impiegati numerosi automezzi che entrano ed escono dall'area degli impianti utilizzando le strade comunali; in particolare, al Cova di Viggiano vengono utilizzate delle autocisterne per il trasporto dei reflui petroliferi che vengono trattati in altri siti;

   con il passare delle ore stanno montando sempre più i timori e la paura delle maestranze e dei lavoratori dell'Eni, della intera area industriale di Viggiano, e del centro Oli di Tempa Rossa a Corleto Perticara per la consapevolezza di poter diventare, loro malgrado, ignari vettori della pericolosa epidemia virale; per il tramite delle loro rappresentanze sindacali, i lavoratori stanno chiedendo la sospensione immediata delle attività lavorative;

   purtroppo, ci si trova nel pieno di una grave e complessa emergenza sanitaria che sta interessando e mettendo a dura prova tutto il territorio nazionale e tutti i settori economici e produttivi;

   il Governo con l'emanazione dei vari decreti e di ulteriori provvedimenti sta cercando, al fine di tutelare la salute pubblica, di contenere e mettere argine alla propagazione dell'epidemia con la limitazione e il blocco di quasi tutte le attività del Paese;

   negli ultimi giorni i territori dove insistono i due impianti sono stati interessati da diversi casi di persone risultate positive ai tamponi del coronavirus e, pertanto, si è dovuto ricorrere alla chiusura totale di alcuni comuni –:

   se il Governo, sulla base delle considerazioni espresse in premessa, non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza utile e necessaria affinché venga presa in considerazione la sospensione delle attività dei due impianti petroliferi di Viggiano e Corleto Perticara.
(4-05005)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dello scoppio dell'emergenza Coronavirus, numerosi italiani sono rimasti bloccati all'estero in virtù di repentine restrizioni sui mezzi di trasporto, adottate anche laddove il viaggio di ritorno risultava garantito;

   nonostante la questione sia nota da tempo, gli italiani all'estero continuano a lamentare una scarsa attenzione della rete consolare e delle ambasciate;

   in alcuni Paesi gli italiani continuano ad acquistare biglietti aerei per fare almeno rientro in Europa che vengono sistematicamente spostati e poi annullati;

   l'interrogante è a conoscenza personale del fatto che quanto sopra si verifichi con cadenza quotidiana ormai da due settimane in Ecuador;

   in particolar modo in Ecuador diversi italiani stanno tentando vanamente di fare rientro in Patria, seguendo pedissequamente le scarne indicazioni fornite dalla rete consolare e dall'ambasciata;

   in Ecuador, in particolar modo, è necessario e improcrastinabile un intervento autorevole della Farnesina, atteso che su decisione del sindaco Cynthia Viteri di Guayaquil è stata letteralmente sbarrata la pista del locale aeroporto internazionale;

   la pista è stata bloccata da auto e camion per impedire l'atterraggio fisico degli aerei come testimoniato da un video pubblicato da «Il corriere on line»;

   per quanto risulta all'interrogante, la rete consolare italiana in Ecuador continua a rassicurare gli italiani e a indicare loro di prenotare biglietti alternativi che vengono puntualmente posticipati e poi annullati;

   il supporto dato dal consolato agli italiani è, a quanto risulta all'interrogante, poco più che formale e protocollare –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla previsione di un piano generale per il rimpatrio immediato degli italiani bloccati in Ecuador che ne facciano richiesta e gestito direttamente dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale o, in subordine, per garantire che effettivamente i voli possano partire senza interferenze, assicurando agli italiani di poter rientrare in Patria;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'opportunità di convocare l'ambasciatore dell'Ecuador per ottenere chiarimenti in ordine ai fatti denunciati;

   quali siano gli intendimenti del Governo in ordine a un intervento presso l'ambasciata italiana a Quito per assicurare un maggior interessamento alle condizioni dei nostri connazionali che non riescono ad imbarcarsi per l'Europa.
(4-05006)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in questo delicato periodo di emergenza sanitaria nazionale, l'Ordine dei medici di Crotone ha lanciato un allarme per l'esorbitante, quanto anomala, richiesta di permessi per malattia presentati da circa 300 dipendenti, presumibilmente per potersi assentare dal lavoro e tenersi al riparo da eventuali contagi da coronavirus;

   in una nota, nella quale si dà conto di una serie di ulteriori misure adottate per dare risposte efficienti ai cittadini, l'Asp di Crotone sottolinea «che le misure appena evidenziate potranno compiutamente realizzarsi solo attraverso la fattiva collaborazione di tutto il personale dipendente aziendale. La precisazione non è meramente retorica, poiché dai reports forniti a questa Direzione strategica dall'ufficio gestione risorse umane è emerso che circa 300 dipendenti aziendali si trovano attualmente in regime di malattia. Con il dovuto rispetto per tutti coloro che legittimamente stanno usufruendo di un beneficio di legge, occorre tuttavia sottolineare l'anomalia del dato, stranamente coincidente con l'acuirsi dell'emergenza coronavirus»;

   dei 300 dipendenti in malattia, 151 appartengono al settore sanitario, di cui 91 infermieri, 33 medici e 17 operatori socio-sanitari;

   se i dubbi avanzati dall'Asp di Crotone circa le reali motivazioni dei certificati di malattia fossero confermati, si tratterebbe di una vera e propria "diserzione" di massa, soprattutto in considerazione dello sforzo eccezionale cui sono sottoposti medici, infermieri e operatori sanitari per fronteggiare l'emergenza di questi giorni e che oggi sono costretti a sobbarcarsi anche il lavoro dei colleghi in malattia;

   le assenze ingiustificate per malattia stanno rendendo ancora più gravoso il lavoro delle centinaia di professionalità di ogni categoria e di ogni profilo che quotidianamente stanno profondendo il massimo del loro impegno per contrastare l'epidemia da Covid-19;

   basti pensare che in soli due giorni l'Asp di Catanzaro ha approntato un nuovo reparto Covid-19 presso l'ospedale San Giovanni di Dio, che fornirà 50 posti letto complessivi di cui 8 di terapia intensiva e tutto ciò è stato realizzato da medici, infermieri e tecnici in tempo record;

   nonostante la Calabria non sia tra le «zone rosse» elencate nei primi provvedimenti emergenziali adottati dal Governo, l'incontrollato esodo di massa che ha interessato centinaia di persone nelle scorse settimane rischia di alimentare anche nelle regioni del Sud focolai di contagio, che potrebbero trasformarsi in vere calamità;

   secondo il bollettino della Protezione civile del 21 marzo 2020, le persone contagiate in Calabria sono 225 e le vittime 5; alcuni comuni, come Cutro (Crotone), Montebello Jonico (Reggio Calabria) e San Lucido (Cosenza), sono stati «chiusi» dalla regione, altri hanno deciso misure ancora più restrittive di quelle in vigore in Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo verifiche ispettive, per accertare la veridicità dei certificati di malattia presentati dai 300 dipendenti.
(4-05008)


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni le testate dei quotidiani si sono riempite di notizie relative alle diverse ordinanze emesse da enti locali in molte regioni a vocazione turistica – tra cui spiccano Alto Adige, Liguria e Valle d'Aosta, ma non sono esenti il Centro e il Sud – aventi per oggetto la «forte esortazione» a turisti e non residenti nelle regioni menzionate di ritornare nelle proprie aree di origine e residenza;

   un esempio è l'ordinanza del presidente della provincia di Bolzano, che ha imposto a chiunque non fosse residente nell'area di tornare alla propria abitazione abituale. La giustificazione è legata a «motivi sanitari» onde evitare di ingolfare il servizio dei medici di base e dei pediatri che in queste settimane rappresentano il filtro per la gestione dell'emergenza Coronavirus;

   anche in Valle d'Aosta il presidente della regione ha emanato un'ordinanza che vieta l'ingresso ai non residenti e ha fortemente invitato quelli ancora presenti sul territorio regionale a fare ritorno a casa;

   il quadro viene ancora più aggravato nei casi in cui si fa addirittura riferimento a segnalazioni da parte di lavoratori abituali di quelle aree che si sono ritrovati affissi sulla porta di casa le ordinanze relative all'ordine di uscita. A ciò si aggiunge il sentimento astioso dei residenti, che non hanno risparmiato insulti e offese – sia di persona che sulle piattaforme digitali – ai limiti della buona educazione nei confronti degli «ospiti indesiderati»;

   un ulteriore esempio in questo scenario è quello della Sardegna, dove la regione, per controllare i non residenti arrivati sull'isola, ha schierato 1.300 forestali per i controlli. Le ordinanze regionali impongono la registrazione obbligatoria, l'isolamento di 14 giorni e la reperibilità al domicilio per chi è entrato in Sardegna da fine febbraio in poi;

   tali provvedimenti, sebbene inquadrati all'interno di misure considerate mirate a salvaguardare la salute dei residenti, rappresentano un controsenso rispetto a quanto richiesto dal Governo: bisognerebbe, infatti, limitare al massimo gli spostamenti, mentre in questo caso vengono incentivati. Spesso gli inviti a tornare presso le proprie abitazioni abituali risultano anche ingiustificati sotto il profilo temporale, poiché molti non residenti si trovavano nelle regioni oggetto delle ordinanze da ben prima dello scoppio dell'emergenza –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo, d'intesa con le regioni, allo scopo di evitare che si faccia ricorso a tali ordinanze, alla luce della constatazione che queste comportano un numero elevato di spostamenti interregionali e alimentano sentimenti di contrasto in un momento emergenziale in cui risulta quanto mai necessario alimentare un maggiore senso di unione nella popolazione.
(4-05010)


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 marzo 2019 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, è comparso sul suo canale Facebook per aggiornare il Paese in merito alle nuove disposizioni anti-Covid-19;

   tale intervento, nonostante le richieste pervenute dall'Ente nazionale sordi, non ha visto alcun tipo di traduzione in simultanea a mezzo schermo in lingua italiana dei segni;

   in Italia esistono attualmente oltre 250 mila italiani con una sordità grave o profonda, che in queste giornate di continua apprensione ed espandersi dell'epidemia da Coronavirus si trovano a essere «isolate» senza poter ottenere informazioni sulle nuove disposizioni del Governo direttamente dal canale ufficiale del Presidente del Consiglio dei ministri;

   a quanto si apprende dall'Ente nazionale sordi, negli scorsi giorni, dopo alcune proteste, la Presidenza del Consiglio avrebbe rassicurato l'Ente nazionale sordi sull'introduzione di una traduzione simultanea durante gli interventi del Presidente del Consiglio dei ministri;

   nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea, vedasi la Francia, i messaggi video istituzionali vengono tradotti in lingua dei segni per garantire l'accessibilità alle informazioni da parte di tutti;

   la mancanza di una traduzione in lingua italiana dei segni rischia di rappresentare una grave violazione del diritto alla salute e all'informazione dei cittadini italiani sordi;

   l'emergenza Coronavirus ha reso ancor più evidente la discriminazione subita dai sordi italiani;

   tale discriminazione trova il suo apice nell'assenza di un servizio che faccia da ponte tra loro e i vari numeri di emergenza attivati ai vari livelli;

   invero, la Croce rossa ha attivato un simile servizio solo per il 118;

   sussistono oggi dei servizi ponte oggi denominati ComunicaEns finanziati da sole tre regioni;

   i sordi di tutta Italia traggono supporto solo grazie a questi due servizi e, tuttavia, se un sordo è residente fuori dalle tre regioni in cui insiste il servizio non può essere messo in contatto con il numero 1500 e gli altri numeri adibiti appositamente per l'emergenza;

   il sordo che non può confidare nel supporto di amici o parenti udenti pure in casi estremi si trova doppiamente isolato, fisicamente e pure comunicativamente;

   i sordi hanno diritto di accedere a tutti i servizi al pari degli udenti in maniera libera e indipendente e oggi la carenza di questa condizione, ad avviso dell'interrogante, viola i loro diritti civili, anche alla luce del diritto internazionale;

   anche in caso di ricovero di malati sordi, ancor più per Coronavirus, non essendo possibile confidare nelle visite di amici e parenti, si registra una grave violazione di diritti, non essendo garantito negli ospedali personale in grado di comunicare attraverso la lingua italiana dei segni;

   ove ciò si è verificato il malato sordo è stato costretto a comunicare scrivendo su foglietti, condizione incivile e che dà luogo a equivoci;

   in terapia intensiva la comunicazione diventa ancor più fondamentale e l'assenza di personale qualificato in grado di comunicare nella lingua italiana dei segni rappresenta una grave violazione anche dei diritti del malato che, in ogni istante, deve essere messo nelle condizioni di conoscere quanto sta avvenendo alla sua persona e di interagire con il personale: situazione oggi impossibile –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo per garantire l'accessibilità dei cittadini italiani sordi ad ogni livello, nella contingenza dell'emergenza coronavirus e successivamente.
(4-05011)


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   gli ospedali piemontesi hanno ricevuto una fornitura di 1.100 maschere di Boussignac, anziché di 1.100 caschi per la ventilazione;

   la fornitura ricevuta si è rivelata, infatti, inadeguata e inidonea ad affrontare l'emergenza coronavirus e, anzi, risulta pericolosa, potendo determinare un aumento dei contagi a causa del getto che movimenta l'aria nei pressi dei pazienti infetti;

   la fornitura dei caschi di ventilazione deve essere garantita dalla Protezione civile, la quale, a quanto consta all'interrogante, ha inviato le maschere senza un raccordo a L collegato a un filtro in grado di evitare il problema sopra esposto;

   solo grazie all'intervento della regione e della ditta produttrice è stato possibile ovviare un errore dell'unità di crisi nazionale –:

   quali siano state le ragioni dell'errore nella fornitura dei caschi di ventilazione a favore degli ospedali della regione Piemonte.
(4-05012)


   VARCHI e BUCALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   all'indomani dell'ennesimo annuncio del Governo, in un'Italia «blindata» per arginare la diffusione del contagio da Coronavirus, proprio in queste ore si è assistito a un vero e proprio esodo di centinaia di persone verso il Sud;

   con una semplice autocertificazione in mano, in spregio a restrizioni e decreti, in migliaia hanno percorso indisturbati chilometri di strada e si sono messi in viaggio verso la Sicilia, portando con sé il rischio di migliaia di focolai di contagio, che si sarebbe potuto e dovuto evitare;

   fotografie e video mostrano un esodo da ferie estive, con code chilometriche di auto e pulmini pieni di persone pronti ad attraversare lo Stretto di Messina e raggiungere la Sicilia, che rischia così di pagare il prezzo più alto di questa pandemia;

   la compagnia di traghetti Caronte & Tourist ha ridotto al minimo le corse, in ottemperanza al decreto dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e della salute del 18 marzo 2020, con l'obiettivo di blindare l'isola e consentire l'accesso solo ai pendolari dello Stretto, alle forze dell'ordine, agli operatori sanitari e ai soggetti in situazione di grave necessità, nonché alle merci;

   nonostante ciò, le norme dello Stato, per le quali sono previste anche sanzioni, vengono continuamente eluse, anche a causa di controlli inesistenti;

   nell'ultima ordinanza firmata dai Ministri della salute e dell'interno, che segue la stretta annunciata dal Presidente del Consiglio, si legge che «Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19 è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comuni diversi da quello in cui si trovano, salvo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute»;

   il Governo annuncia misure rigorosissime; ogni volta viene annunciato il divieto assoluto di spostamento addirittura da paese a paese, senza più alibi o giustificazioni, e quasi a cadenza periodica si assiste a un incredibile esodo come fosse un normale weekend di ritorno dalle vacanze;

   non si comprende come questi ripetuti episodi, ormai noti a tutti, possano far seguito a misure così stringenti e passare inosservati, senza adeguati provvedimenti;

   si tratta dell'ennesima fuga incontrollata dal Nord, la stessa che si registra a ogni annuncio di un nuovo decreto del Governo, nonostante gli appelli e i divieti e nel bel mezzo di una pandemia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e se e quali iniziative di controllo siano state adottate per verificare la regolarità delle autocertificazioni e il consequenziale diritto a far rientro in Sicilia;

   quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda adottare per arginare il fenomeno incontrollato degli esodi verso il Sud Italia e quali risorse stia destinando al controllo del rispetto delle norme sull'autoisolamento per coloro che hanno il diritto di rientrare in Sicilia e ivi soggiornare.
(4-05013)


   ROSPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute— Per sapere – premesso che:

   l'epidemia di Covid-19 o Coronavirus, partita dalla Cina, ben presto si è diffusa in tutto il mondo, fino a divenire una pandemia globale che secondo gli ultimi dati disponibili conta circa 407.485 contagi e oltre 17.000 vittime;

   in Italia il primo caso accertato di trasmissione secondaria risale al 18 febbraio 2020, quando un uomo di 38 anni è stato trovato positivo al Covid-19 a Codogno, comune della Lombardia in provincia di Lodi, nel quale si è successivamente sviluppato il primo focolaio italiano;

   l'Italia risulta una delle nazioni maggiormente colpite da questa nuova pandemia globale, soprattutto nelle regioni del Nord, quali Lombardia, la regione più colpita che conta oltre 19 mila casi accertati, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Toscana;

   al 24 marzo 2020, secondo gli ultimi dati disponibili forniti dalla Protezione civile, nel nostro Paese risultano oltre 69.000 casi positivi accertati e oltre 6.820 morti;

   l'emergenza sanitaria ha messo in forte crisi il sistema sanitario nazionale e ha costretto il Governo ad adottare misure restrittive senza precedenti per nostro Paese;

   il diffondersi del contagio non si è arrestato alle sole regioni del Nord, ma ha ormai raggiunto tutte le regioni della penisola, anche se in misura minore rispetto alle regioni focolaio;

   nelle regioni del Sud, quali Basilicata, Puglia, Campania e Calabria, il numero dei contagi risulta ancora essere sotto controllo e per fortuna non risulta nessun focolaio;

   il sistema sanitario del sud Italia e, in particolare quello lucano, non è paragonabile per efficienza, qualità e quantità a quello delle regioni del nord Italia, quali Lombardia, Veneto e Piemonte;

   in Basilicata, da quanto si apprende da organi di stampa, il numero dei contagi aumenta di giorno in giorno e al 24 marzo 2020 si contano 92 casi accertati, 67 casi positivi nella provincia di Potenza e 25 nella provincia di Matera, con un decesso;

   nei prossimi giorni il numero dei contagi potrebbe aumentare e raggiungere numeri non sostenibili per la sanità lucana, che ad oggi, da fonti regionali, avrebbe a disposizione 94 posti letto all'ospedale «Madonna delle Grazie» di Matera, 40 al San Carlo di Potenza e 100 all'ospedale di Venosa per il ricovero di pazienti affetti da coronavirus che non presentano ulteriori complicazioni e avrebbe soltanto 64 posti di terapia intensiva in tutta la regione;

   ad avviso dell'interrogante il numero dei posti letto in terapia intensiva della regione Basilicata risulta totalmente insufficiente al fine di fronteggiare la pandemia da Covid-19 nella regione, soprattutto qualora dovessero aumentare i casi positivi;

   il presidente della regione Basilicata nei giorni scorsi ha richiesto 30 respiratori per gli ospedali lucani e attualmente la richiesta risulta inevasa –:

   se il Governo sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e quali iniziative di competenza, in accordo con la regione Basilicata, intenda assumere al fine di aumentare il numero dei posti letto in terapia intensiva presso i presidi ospedalieri della regione Basilicata;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di inviare, presso gli ospedali della Basilicata, macchinari per la respirazione assistita.
(4-05017)


   MARROCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di sabato 21 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, annuncia una «diretta Facebook» per le 22:45 per dare «alcuni aggiornamenti», generando così ansia e attesa in milioni di italiani;

   con oltre mezz'ora di ritardo rispetto all'orario annunciato, il Presidente Conte si collega in diretta su Facebook (una modalità a dir poco inopportuna per comunicazioni ufficiali che incidono sulla vita e sulle libertà di cittadini e imprese, dato che si tratta di una pagina personale su un social network) – alla quale poi si «aggancia» la Rai – e, in poco più di 7 minuti, senza alcun confronto e senza ricevere alcuna domanda, annuncia restrizioni ulteriori in particolare per le attività produttive industriali e commerciali, con la solita, drammatica, gravissima incertezza su date, tempi, e, soprattutto, su quali aziende potranno continuare a lavorare;

   l'attesa diretta del Presidente Conte è servita, ad avviso dell'interrogante, non solo a incrementare sicuramente un sentimento di ansia negli italiani, ma anche – e soprattutto – ad aumentare di mezzo milione i follower della sua pagina personale (35 per cento);

   arrivare a quel numero con inserzioni Facebook a pagamento sarebbe costato tra i 500 mila e 1 milione di euro;

   un messaggio istituzionale ha un valore inestimabile e non si devono né si possono preferire strumenti o canali personali. La pagina istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri non ha pubblicato contenuti originali, ma ha condiviso il post della pagina personale di Giuseppe Conte;

   ad avviso dell'interrogante, gli strumenti di comunicazione istituzionale devono restare un asset pubblico. Utilizzando i propri canali personali, il Presidente del Consiglio dei ministri, a giudizio dell'interrogante, di fatto approfitta della propria posizione e ruolo in un contesto di piena emergenza, per diventare «influencer»;

   è inaccettabile gestire l'emergenza con tali assurde e pericolose modalità comunicative, che di settimana in settimana stanno gettando sempre più il Paese nel caos –:

   come il Presidente del Consiglio dei ministri giustifichi quella che, a parere dell'interrogante, è una modalità di gestione della comunicazione del Governo assolutamente scellerata e inadeguata per l'emergenza in atto, utilizzando strumenti e canali personali di comunicazione che hanno anche un valore economico, e se non intenda opportuno rivedere i ruoli di chi conduce, ad avviso dell'interrogante, in maniera così irresponsabile, la comunicazione del Governo.
(4-05018)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA, DONZELLI, ROTELLI e CIABURRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel mezzo della emergenza sanitaria costituita dalla propagazione del Coronavirus sono state sequestrate complessivamente da altri Paesi 19 milioni di mascherine Ffp2 e chirurgiche acquistate da aziende italiane e destinate alle necessità sanitarie italiane;

   segnatamente i Paesi che hanno, a giudizio degli interroganti improvvidamente e ignobilmente provveduto ai sequestri, nonostante il notorio collasso sanitario italiano, sono i Paesi di produzione e quelli di transito del predetto materiale;

   il Ministro interrogato ha precisato, nella consueta diretta Facebook, che: «denunceremo in tutte le sedi internazionali competenti i Paesi che si macchieranno della pratica ignobile di requisire mascherine destinate a Stati in necessità come l'Italia»;

   certamente il Ministro interrogato non si sarà accontentato di dare corso a dirette Facebook, ma avrà tutelato la dignità e l'orgoglio nazionale nelle sedi competenti, come promesso ai suoi follower –:

   quali Stati abbiano sequestrato materiale sanitario destinato all'Italia e legittimamente acquistato per fronteggiare l'emergenza Coronavirus e quali denunce abbia già avanzato il Ministro interrogato e in quali sedi internazionali competenti.
(5-03776)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, DONZELLI, MOLLICONE, BIGNAMI e FERRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a far data dal 4 marzo 2020 sono ferme presso l'aeroporto di Ankara 200.000 mascherine Ffp2 e Ffp3 per fronteggiare l'emergenza Coronavirus che un'azienda italiana ha acquistato da un'azienda turca per rifornire gli ospedali dell'Emilia-Romagna e delle Marche;

   il Governo turco sta bloccando la loro esportazione;

   dal 4 marzo 2020 l'ambasciata italiana sta facendo pressioni affinché venga sbloccata l'esportazione, ma senza esito;

   il 17 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri Conte avrebbe avuto rassicurazione da Erdogan che sarebbe stata risolta la questione;

   l'azienda italiana ha esborsato 670.000 euro per l'acquisto delle predette mascherine;

   ancora una volta il sedicente sultano Erdogan approfitta di crisi internazionali per proseguire il suo rapporto muscolare con l'Europa;

   tale contegno della Turchia, a giudizio degli interroganti, testimonia inequivocabilmente le modalità con cui Erdogan interpreta i rapporti internazionali e, segnatamente, il rapporto con l'Italia e con l'Europa, nonostante lo status di «Paese candidato alla adesione» frutti alla Turchia decine di miliardi da parte dell'Unione europea;

   il Ministro interrogato nei giorni scorsi, nel corso di una diretta facebook, aveva promesso, con toni stentorei, ai suoi follower che avrebbe denunciato «in tutte le sedi internazionali competenti» tali pratiche aberranti da qualunque Paese provenissero –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché venga risolta immediatamente la questione delle 200.000 mascherine ferme all'aeroporto di Ankara;

   se il Ministro interrogato abbia già provveduto a «denunciare» il comportamento della Turchia e in quali sedi internazionali competenti;

   se il Governo ritenga opportuno assumere formalmente iniziative nelle competenti sedi europee affinché venga revocato lo status di Paese candidato all'adesione all'Unione europea nei confronti della Turchia.
(5-03777)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARBONARO e ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel settembre 2012 Stogit spa, la società concessionaria del deposito di stoccaggio geologico del gas di importazione situato nel comune di Minerbio (Bo), ha presentato il progetto «Concessione Minerbio stoccaggio – ampliamento capacità di stoccaggio mediante incremento della pressione massima di esercizio (pmax) oltre la pressione statica (pi) di fondo originaria del giacimento»;

   il progetto è stato valutato con esito positivo dalla commissione Via del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è attualmente fermo al Ministero dello sviluppo economico in attesa della definitiva autorizzazione;

   la regione Emilia-Romagna non ha firmato l'atto di intesa che sancisce la sua approvazione al progetto;

   in data 20 luglio 2015, il professor Borgia evidenziava numerose criticità in merito al progetto, scrivendo, con specifico riferimento al rischio sismico, che: «Dalla documentazione presentata si evince che il giacimento di Minerbio è caratterizzato da un contesto strutturale con faglie che tagliano, delimitandolo, il serbatoio di stoccaggio, e che i dati presentati potrebbero far supporre che esse siano sismogenetiche, cioè in grado di generare terremoti, oltre che tutt'ora attive. (...) Il proponente inoltre non sembra dar sufficientemente peso al fatto che la struttura geologica di Minerbio fa parte di un ampio sovrascorrimento a scala regionale con vergenza NNE, il quale è attivo ed ha dato origine ad un'innumerevole serie di terremoti distruttivi sia storici che recenti»;

   in una recente intervista rilasciata alla rivista «Sapere» nel numero di gennaio-febbraio 2019 il professor Peter Styles (emeritus professor Keele University, Regno Unito), presidente della commissione Ichese, che fu istituita per indagare se alla base dei terremoti del maggio 2012 in Emilia-Romagna potessero esserci attività umane, ha affermato che «Con il senno di poi, non sono sicuro che tutte le informazioni che avrebbero potuto essere rilevanti per le nostre decisioni siano state messe a nostra disposizione e quindi potrebbe essere prudente – alla luce degli eventi devastanti del 2012 – dare un'ulteriore occhiata a queste attività considerando l'enorme e accurato lavoro svolto in merito negli ultimi anni, specialmente negli Stati Uniti» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra e quali iniziative di competenza intendano assumere, in base al principio di precauzione, per tutelare la sicurezza delle persone e delle attività produttive del territorio, nonché per la salvaguardia del rilevante patrimonio storico-monumentale che lo caratterizza.
(4-04983)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA, GALANTINO, DONZELLI, FERRO, VARCHI, LUCASELLI, MOLLICONE, PRISCO, CARETTA, ROTELLI e CIABURRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 e 9 marzo 2020 è stato previsto, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, per l'intero territorio nazionale, l'assoluto divieto di mobilità, dalla propria abitazione o dimora, per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena, ovvero risultati positivi al virus;

   l'articolo 3, comma 1, lett. m), del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2020, ha previsto, altresì che, chiunque, a partire dal quattordicesimo giorno antecedente la data di pubblicazione del medesimo decreto, abbia fatto ingresso in Italia, dopo aver soggiornato in zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'organizzazione mondiale della sanità, debba comunicare tale circostanza al dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio, nonché al proprio medico di medicina generale ovvero al pediatra di libera scelta;

   è stata, altresì, prevista l'estensione del divieto di spostamento dal proprio domicilio all'intero territorio nazionale, salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute e che le verifiche relative al rispetto di tale divieto sono state demandate a tutte le forze dell'ordine operanti nei singoli territori;

   le citate disposizioni seguono altresì la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e l'evolversi dell'epidemia in questione, nonostante le misure adottate, imporrebbe il pieno utilizzo di tutte le risorse umane a disposizione del Ministero della difesa, per garantire maggiormente la tutela della salute pubblica;

   appare necessario – al fine di rafforzare il contingente attualmente impegnato per fronteggiare l'emergenza in questione – prevedere la conferma, almeno per un anno, di tutto il personale di complemento o in ferma prefissata, ufficiali e militari di truppa, prossimi al congedo, evitando il disperdersi di esperienze e di personale già formato e pronto all'impiego, anche in ragione del fatto che tutte le prove concorsuali risultano sospese, così come tutti i corsi attivi nelle scuole accademiche –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di consentire la conferma, almeno per un anno, di tutto il personale di complemento o in ferma prefissata, ufficiali e militari di truppa, prossimi al congedo, al fine di garantire un maggiore supporto al personale già impegnato nel fronteggiare l'emergenza in questione.
(4-04988)


   DEIDDA, GALANTINO, PRISCO, MOLLICONE, VARCHI, LUCASELLI, FERRO, ROTELLI, MANTOVANI, DONZELLI, BIGNAMI e CIABURRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 e 9 marzo 2020 è stato previsto, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, per l'intero territorio nazionale, l'assoluto divieto di mobilità, dalla propria abitazione o dimora, per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena, ovvero risultati positivi al virus;

   successivamente, è stato imposto a tutta la cittadinanza, sull'intero territorio nazionale, il divieto di spostamento dal proprio domicilio, salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute e le verifiche relative al rispetto di tale divieto sono state demandate a tutte le forze dell'ordine operanti nei singoli territori;

   la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e l'evolversi dell'epidemia in questione, nonostante le misure adottate, impone l'utilizzo di tutte le risorse umane a disposizione del Ministero della difesa, per garantire maggiormente la tutela dell'ordine pubblico, ovviamente, munito delle necessarie dotazioni che garantiscano la tutela della salute del medesimo personale;

   in particolare, da quel che risulta, allo stato, il personale appartenente all'Arma dei carabinieri è stato autorizzato all'utilizzo delle mimetiche solo in alcuni comuni: ciò, nonostante il fatto che il citato abbigliamento, al contrario dell'uniforme, garantirebbe una maggiore sicurezza sanitaria, poiché lavabile in lavatrice con qualsiasi disinfettante;

   tale decisione riguarderebbe anche l'utilizzo della mascherina che sarebbe stato riservato solo per i «casi eccezionali», mentre, da uno studio dell'università di Bologna, sarebbe risultata l'esistenza di un nesso tra l'accelerazione della diffusione del Covid-19 in Pianura Padana e l'esposizione alle polveri sottili;

   le suindicate decisioni appaiono in contrasto con l'evidente eccezionalità dell'emergenza sanitaria in questione e, pertanto, appare opportuno dotare tutte le risorse umane impiegate dall'Arma dei carabinieri del necessario equipaggiamento, al fine di salvaguardarne la salute –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di consentire, per tutto il personale dell'Arma dei carabinieri impegnato nel far fronte all'emergenza in questione, l'immediato utilizzo delle tute per l'ordine pubblico e/o mimetiche e delle mascherine per assicurare adeguata protezione, come per altro richiesto dallo stesso Cocer dei carabinieri e dalle associazioni militari a carattere sindacale.
(4-04989)


   GALANTINO, FERRO, ROTELLI e PRISCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, la diffusione del Covid-19 ha assunto dimensioni preoccupanti in Italia e nel mondo tanto da essere stata qualificata come «pandemia»;

   al fine di far fronte alla gravissima situazione, il Governo ha emanato una serie di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, finalizzati al contenimento della diffusione del virus;

   sta di fatto che tali provvedimenti nulla prevedono a tutela dei militari impegnati nell'operazione «Strade Sicure», militari che non si sentono tutelati nemmeno dai loro comandanti;

   gli interroganti hanno appreso da diverse fonti che, a Napoli, i militari:

    sono sprovvisti di mascherine;

    dormono nelle stanze in compagnia di 10/12 persone con uno spazio limitato che non rispetta la così detta «distanza di sicurezza minima»;

    vengono mandati a casa quando si ammalano con febbre e difficoltà respiratorie per timore di contagi e al fine di evitare le quarantene e non avverrebbero, a quanto consta agli interroganti, approfondimenti dei casi;

    viaggiano sui mezzi per recarsi sul posto di lavoro in otto/nove persone. Un giorno, venivano fermati dai carabinieri che giustamente li ammonivano al fine di fare adottare le norme di sicurezza: tuttavia, tali ammonimenti rimanevano privi di riscontro, dato che i comandanti non avrebbero preso nessun provvedimento;

    nei «day off», sono bloccati nelle loro stanze privi della possibilità di recarsi a casa dalle loro famiglie, e addirittura sarebbero minacciati dal comandante del grave reato di diserzione;

   tali condizioni, pertanto, li espongono fortemente al rischio di contagio e a ulteriori rischi di diffusione del coronavirus, oltre a condizioni di stress psico-emotivo che in queste settimane sono già precarie –:

   se i fatti sopra riportati che riguardano Napoli si replichino nelle altre città italiane e quali urgenti iniziative intendano adottare a tutela dei militari impiegati nell'operazione «Strade sicure».
(4-04993)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Enav è una società per azioni che opera come fornitore in esclusiva di servizi alla navigazione aerea civile nello spazio aereo di competenza italiana;

   la società è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze ed è sottoposta alla vigilanza dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   il consiglio di amministrazione di Enav s.p.a., riunitosi in data 12 marzo 2020, ha approvato il progetto di bilancio 2019 e il bilancio consolidato di gruppo 2019;

   nel 2019 il gruppo Enav ha realizzato un utile consolidato pari a 118,3 milioni di euro, in aumento del 3,4 per cento e i ricavi consolidati sono stati pari a 902,9 milioni, in aumento dell'1,5 per cento rispetto all'esercizio precedente;

   il consiglio di amministrazione ha, altresì, deliberato di proporre all'assemblea di distribuire in favore degli azionisti un dividendo complessivo pari a 113,2 milioni di euro, in linea con la dividendipolicy, e corrispondenti a 0,2094 euro per ogni azione (+4,8 per cento); l'indicato dividendo verrà posto in pagamento il 27 maggio 2020;

   l'emergenza relativa alla diffusione nazionale e internazionale del virus Covid-19 e alle relative misure di mitigazione sta determinando a livello mondiale uno scenario in continua evoluzione, anche con riferimento ai flussi del traffico aereo;

   le ultime previsioni effettuate dagli organi statistici di Eurocontrol, che prevedevano per il 2020 un aumento del traffico aereo sull'Italia dell'ordine del 4,3 per cento (in termini di unità di servizio) rispetto al 2019, dovranno presumibilmente essere aggiornate in relazione agli sviluppi in termini di durata e di effetti sul traffico aereo del predetto scenario nazionale e internazionale di diffusione del virus Covid-19;

   va tenuto in considerazione il fatto che lo scenario nazionale e internazionale è in evoluzione, che gli effetti sull'economia in generale e sul traffico aereo in particolare non sono allo stato ancora quantificabili e che sarà, quindi, necessario attendere l'evoluzione della situazione internazionale per una valutazione più precisa sugli effetti di tale situazione emergenziale anche sulle attività future di Enav, che potrebbero avere impatti significativi –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare con riferimento alla decisione del consiglio di amministrazione di Enav di distribuire agli azionisti una parte consistente dell'utile maturato nel 2019.
(5-03775)


   RUGGIERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'esame del decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, recante misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento, la vice direttrice generale della Banca d'Italia, Alessandra Perrazzelli, in audizione in Commissione Finanze il 9 gennaio 2020 ha affermato che: «L'amministrazione straordinaria rappresenta un intervento di vigilanza particolarmente forte, con il quale si destituiscono gli organi amministrativi scelti dagli azionisti, limitando in maniera incisiva i diritti di questi ultimi. Essa può pertanto essere adottata solo quando ne ricorrano i presupposti definiti con precisione dalla legge: gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie; gravi irregolarità nell'amministrazione o gravi perdite patrimoniali. Il commissariamento della BPB è stato disposto quando le perdite hanno ridotto i livelli di capitale al di sotto dei minimi stabiliti dalle regole prudenziali, situazione che è emersa a seguito dell'ultimo accertamento ispettivo avviato a giugno 2019 dalla Banca d'Italia, che ha evidenziato anche gravi anomalie nella gestione del credito oltre alla incapacità di portare avanti un serio piano di risanamento»;

   Antonio Blandini, commissario straordinario della Popolare di Bari insieme ad Enrico Ajello, in audizione in Commissione Finanze nel corso dell'esame del citato decreto, ha sottolineato che la banca «richiede una ricapitalizzazione» e «si rende necessaria una vera e propria duediligence» sia delle attività e crediti, sia dei rischi, che sarà compiuta «con la massima celerità e attenzione»; nella medesima audizione ha reso noto che l'attività dei due commissari straordinari è «appena avviata» e quindi i commissari «non sono in possesso di dati sicuri e consolidati» da comunicare alla Commissione parlamentare e al mercato; oltre alla duediligence, lo stesso Blandini ritiene necessario provvedere all'elaborazione di un piano industriale messo a punto «in contraddittorio» con advisor del Fondo interbancario e del Mediocredito; «una definizione puntuale» ha sottolineato il commissario «ci sarà solo dopo e verrà sottoposta all'approvazione dell'assemblea dei soci»; obiettivo dichiarato del piano sarà non solo rafforzare la Popolare di Bari sul piano economico, patrimoniale e finanziario ma renderla «competitiva»;

   da notizie di stampa apparse sul quotidiano La Repubblica – edizione di Bari – il 27 febbraio 2020 si apprende che «Pop Bari risarcirà famiglie, fasce deboli e piccoli azionisti» –:

   se sia a conoscenza dello stato di avanzamento dei lavori della duediligence e del piano industriale da presentare ai soci, se disponga di dati sicuri e consolidati sulla situazione della Banca e delle iniziative proposte dai commissari della Popolare di Bari per ristorare i soci dei danni conseguenti alla mala gestio dell'istituto barese, e quali eventuali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere al riguardo.
(5-03778)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con comunicato stampa n. 50 del 13 marzo 2020, il Ministero dell'economia e delle finanze ha annunciato che i termini relativi ai versamenti previsti in data 16 marzo 2020 sarebbero stati differiti con una norma del successivo decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18;

   nonostante il predetto comunicato stampa, a cui è seguito puntuale riferimento normativo, le Casse edili, enti paritetici di origine contrattuale di mutualità e assistenza, hanno comunque preteso il pagamento del contributo Cassa edile;

   a seguito delle misure urgenti ed eccezionali assunte dal Governo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, a cui è seguito il «Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, 14 marzo 2020», numerose imprese edili hanno dovuto sospendere le proprie attività lavorative sino a data 25 marzo 2020, a seguito dell'impossibilità di applicare nei cantieri edili le misure di sicurezza predisposte dal predetto protocollo in maniera tale da garantire un adeguato svolgimento dei lavori con la continuità necessaria per assicurare la corretta esecuzione degli impegni contrattualmente assunti;

   questo combinato disposto è stato confermato nella conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2020, nella quale ha annunciato un ulteriore intervento normativo volto a garantire la chiusura di numerose attività produttive;

   numerose imprese edili nazionali sono imprese di natura familiare, nelle quali il ruolo dei cosiddetti «coadiuvanti familiari» è vitale per il corretto svolgimento dell'attività di impresa, in quanto costituisce in numerosi casi una vera e propria prestazione di attività lavorativa;

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha previsto l'erogazione di un'indennità di 600 euro nel mese di marzo per alcune categorie di lavoratori colpiti, tra le quali non figurano i coadiuvanti familiari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano intraprendere per:

    a) garantire una piena applicabilità del differimento dei termini relativi ai versamenti di cui al decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, anche alle imprese della categoria di cui in premessa;

    b) garantire una forma di integrazione salariale ovvero di ammortizzatore sociale anche nei confronti dei coadiuvanti familiari;

    c) predisporre le misure economiche anti-cicliche necessarie per sostenere il reddito di cittadini, professionisti e imprese e la loro ripartenza al termine delle misure straordinarie di contenimento del Covid-19.
(4-04980)


   MULÈ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza creata in Italia e nel resto del mondo dall'epidemia di Covid-19, oltre alle evidenti ripercussioni di carattere sanitario, produrrà effetti fortemente negativi in ambito economico;

   le strategie poste in campo per limitare il più possibile il propagarsi della pandemia si basano soprattutto sull'isolamento delle persone e su una forte limitazione della loro mobilità;

   alla luce di tali prescrizioni uno dei settori che ha immediatamente risentito in maniera negativa delle ripercussioni prodotte dall'epidemia di Covid-19 è quello del settore aereo, che ha visto un immediato calo del fatturato sia in Italia che negli altri Paesi;

   Enav spa è una società a partecipazione pubblica, controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il 53 per cento del capitale azionario, il cui core business è rappresentato dal traffico aereo;

   come altri soggetti del settore Enav ha visto recentemente le proprie azioni deprezzarsi fortemente e le previsioni per il bilancio dell'anno 2020 paiono estremamente negative, con ipotesi di forti perdite rispetto al 2019;

   nonostante l'esplosione della crisi nel settore aereo prodotta dall'emergenza Covid-19, il 12 marzo 2020 nell'approvare il bilancio per l'anno 2019, che ha visto aumentare l'utile della società, il consiglio di amministrazione ha deliberato di distribuire agli azionisti la quasi totalità dell'utile prodotto;

   tale scelta non sembra tenere conto delle difficoltà economiche che dovranno essere affrontate nel 2020 –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, in qualità di azionista di maggioranza di Enav spa, in merito alla decisione assunta dal consiglio di amministrazione di cui in premessa.
(4-04997)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   MORRONE, TURRI, MOLINARI, BISA, CANTALAMESSA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI, TATEO, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, prevede che, fino al 30 giugno 2020, «la pena detentiva viene eseguita, su istanza, presso l'abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena», salvo che riguardi alcune specifiche tipologie di detenuti, e che, «salvo si tratti di condannati minorenni o di condannati la cui pena da eseguire non è a superiore a sei mesi, è applicata la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari»;

   risulta evidente che la detenzione domiciliare sia subordinata all'effettiva disponibilità del braccialetto elettronico che sarà reso disponibile secondo un particolare programma di distribuzione adottato dal capo dell'amministrazione penitenziaria, d'intesa con il capo del Dipartimento di pubblica sicurezza, con riferimento alla capienza degli istituti di detenzione e alle concrete emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti;

   negli ultimi anni l'utilizzo di tali dispositivi ha subito un forte incremento, determinando una scarsa disponibilità degli apparecchi da parte dell'amministrazione, tanto da determinare l'impossibilità nei confronti di numerosi detenuti di accedere ai domiciliari;

   questa detenzione domiciliare appare agli interroganti come un indulto mascherato, posto che la disposizione va a beneficio anche di coloro i quali debbono scontare pene fino a 18 mesi avendo ricevuto, ab origine, pene ben più alte ed occorre stigmatizzare il «messaggio devastante che passa, e cioè che basta fare una rivolta, incendiare letti, devastare carceri, sequestrare poliziotti penitenziari per ottenere un premio. Perché di certo non tutti i rivoltosi sono stati identificati e comunque questo provvedimento giunge esattamente a seguito delle rivolte. È inaccettabile per uno Stato che in un momento così difficile deve mantenere la propria autorevolezza più che mai» –:

   quale sia il numero dei detenuti, suddivisi per tipologia di reati commessi, che potranno usufruire della detenzione domiciliare e quale sia nello specifico il numero esatto dei mezzi elettronici e strumenti informatici (braccialetti elettronici) già a disposizione dell'amministrazione penitenziaria e il costo unitario di acquisto e installazione in opera, così da verificare se siano sufficienti a soddisfare le potenziali richieste.
(3-01388)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   BAZOLI, VERINI, BORDO, MICELI, SOVERINI, VAZIO, ZAN, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'aggravarsi dell'emergenza COVID-19 pone un serio problema per la tenuta del nostro sistema detentivo, in ragione dei rischi drammatici di una diffusione epidemica in strutture sovraffollate e ristrette come i penitenziari;

   il rischio di contagio non riguarda solo i detenuti, ma interessa anche il personale che negli istituti di pena svolge il proprio lavoro;

   le drammatiche rivolte avvenute nelle scorse settimane, ovviamente da condannare duramente come ogni forma di violenza, hanno potuto trovare terreno fertile nella legittima preoccupazione della popolazione carceraria al riguardo;

   va considerata apprezzabile l'istituzione disposta dal Ministro interrogato di una task force multidisciplinare immediatamente operativa per fronteggiare l'emergenza, tuttavia non si può eludere la necessità di provvedimenti urgenti che contribuiscano a ridurre la pressione dovuta al sovraffollamento;

   le misure adottate dal Governo per iniziare a far fronte all'emergenza sanitaria e al sovraffollamento rappresentano un primo passo per tutelare la salute e la sicurezza della polizia penitenziaria, di chi lavora negli istituti e di chi sta scontando la pena, una risposta la cui efficacia deve però essere attentamente verificata;

   l'articolo 124 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, prevede l'allungamento delle licenze premio dei condannati ammessi al regime di semilibertà;

   l'articolo 123 del citato decreto-legge prevede che, fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva possa venire eseguita ai domiciliari, ove non sia superiore a diciotto mesi: vengono in ogni caso esclusi coloro che sono stati condannati per i reati di maggiore allarme sociale, i delinquenti abituali, coloro che hanno avuto sanzioni disciplinari o abbiano preso parte alle rivolte nelle carceri. Inoltre, salvo che si tratti di condannati minorenni o di condannati la cui pena da eseguire non sia superiore a sei mesi, è previsto che la detenzione domiciliare venga accompagnata dall'applicazione di procedure di controllo mediante braccialetti elettronici –:

   considerata la drammaticità della situazione e l'urgenza di adottare misure efficaci per tutelare la salute di tutti gli operatori e dei detenuti stessi, quale sia la platea dei potenziali beneficiari delle misure previste, stante la disponibilità e operatività degli strumenti di controllo, quanti siano i detenuti che ne hanno beneficiato dalla data di entrata in vigore e quali provvedimenti siano stati presi per mitigare gli effetti del blocco dei colloqui visivi.
(3-01389)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   BOSCHI, ANNIBALI, MIGLIORE, FERRI, VITIELLO, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le morti dei detenuti, le evasioni, i danneggiamenti, le aggressioni agli agenti, le proteste dei familiari di queste settimane sono senza precedenti e sono episodi gravissimi, che comportano soluzioni chiare ed efficaci per superare questo momento storico eccezionale;

   in questo contesto appare grave la circolare del 13 marzo 2020, corretta solo dopo circa una settimana, del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che imponeva ai poliziotti penitenziari di continuare a prestare servizio presso le strutture penitenziarie, anche se entrati in contatto con persone probabilmente positive al COVID-19;

   il personale dell'amministrazione penitenziaria, così come i detenuti, non risulta sia ancora stato dotato degli standard minimi di sicurezza, previsti dalle disposizioni normative emanate dal Governo in seguito alla diffusione del contagio;

   da quanto si apprende nessuna distribuzione di guanti e mascherine è stata ad oggi eseguita e quanto stabilito nella circolare del 20 marzo 2020 circa il programma di loro distribuzione appare del tutto aleatorio ed indeterminato;

   non è stato previsto alcun efficace programma di decongestionamento degli istituti penitenziari, che soffrono ormai da tempo di un reale problema di sovraffollamento. La recente pubblicazione dei dati dell'associazione Antigone evidenzia che si è tornati ai livelli drammatici di sovraffollamento con un tasso del 119,8 per cento, così come il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura evidenzia che il nostro Paese è al limite della soglia consentita dalla «sentenza pilota» nel caso Torreggiani contro l'Italia;

   le disposizioni previste dal decreto-legge n. 18 del 2020 appaiono insufficienti e di difficile applicazione, stante ancora la scarsa disponibilità dei braccialetti che rende inefficace le disposizioni ivi contenute; non è chiaro, inoltre, il numero effettivo di detenuti che potranno beneficiare delle disposizioni contenute nel decreto-legge menzionato;

   sembra molto difficile, nonostante le intenzioni, rispettare la quarantena all'interno delle carceri, come assicurare gli standard minimi di sicurezza per la polizia penitenziaria, elementi che aumentano le possibilità che possa trovare diffusione il virus e che potrebbero comportare nuove tensioni tra i detenuti –:

   quali ulteriori iniziative intenda adottare, in riferimento alle possibilità di contagio da COVID-19, al fine di tutelare efficacemente la salute all'interno degli istituti penitenziari sia del personale che dei detenuti, dato il grave problema di sovraffollamento delle carceri, rispetto a cui le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 18 del 2020 non sembrano costituire una soluzione sufficiente.
(3-01390)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   LUPI, SGARBI, TONDO e COLUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione nelle nostre carceri è di ordinario sovraffollamento;

   il 35 per cento delle persone detenute è in attesa di giudizio;

   molti sono i detenuti ristretti in cella per reati minori, per cui sarebbero applicabili pene alternative;

   la situazione sanitaria di molte carceri e il carcere stesso favoriscono una promiscuità che è il veicolo certo di diffusione del Coronavirus;

   le rivolte delle settimane scorse hanno provocato la morte di 14 persone;

   si sono verificati i primi casi di infezione in più di un istituto di detenzione –:

   quali misure intenda assumere il Governo per decongestionare le carceri e per assicurare, vista la gravità dei fatti avvenuti, una guida responsabile al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.
(3-01391)
(Presentata il 23 marzo 2020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero della giustizia al 29 febbraio 2020 in Italia i detenuti erano 61.230, a fronte di una capienza regolamentare delle carceri pari a 50.931 posti, di cui effettivamente disponibili circa 47.000;

   l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, prevede che, fino al 30 giugno 2020, «la pena detentiva è eseguita, su istanza, presso l'abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena», salvo che riguardi alcune specifiche tipologie di detenuti, e che, «salvo si tratti di condannati minorenni o di condannati la cui pena da eseguire non è a superiore a sei mesi, è applicata la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari»;

   poiché nel medesimo decreto si prevede altresì che «con provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia (...) è individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, che possono essere utilizzati per l'esecuzione della pena con le modalità stabilite dal presente articolo, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti», risulta evidente che la detenzione domiciliare sia subordinata alla effettiva disponibilità del braccialetto elettronico;

   negli ultimi anni l'utilizzo di tali dispositivi ha subito un forte incremento, determinando una scarsa disponibilità degli apparecchi da parte dell'Amministrazione;

   numerosi detenuti sono impossibilitati a lasciare le strutture detentive, a causa della mancata esecuzione delle ordinanze di concessione di misure alternative alla detenzione per l'indisponibilità dei nuovi braccialetti;

   l'Amministrazione, nel dicembre 2016, avviava una procedura ad evidenza pubblica per la fornitura di braccialetti elettronici conclusasi nell'agosto del 2018 con l'aggiudicazione definitiva dell'appalto a Rti Fastweb: il servizio prevede, per un periodo minimo di 27 mesi, la fornitura di 1000-1200 braccialetti mensili per l'intera durata triennale fino al 31 dicembre del 2021;

   l'erogazione del servizio sarebbe dovuta partire da ottobre 2018, previa nomina da parte del Ministero dell'interno di una commissione di collaudo, ma tale organo è stata nominato dal Ministero solo a fine novembre 2018 e ad oggi, dal sito della Polizia di Stato, risulta che la procedura di collaudo sia ancora aperta; infatti, è stato pubblicato esclusivamente il decreto di approvazione del verbale di collaudo positivo relativo alla fase 1 e non risulta invece il «piano di collaudo della fase 2» che rappresenta la base di tutte le attività di verifica di conformità della fornitura e che deve essere sottoposto a valutazione e approvazione da parte dall'Amministrazione;

   secondo quanto riportato da un articolo de «Il Dubbio» pubblicato il 18 marzo 2020, dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge «Cura Italia» emerge che al momento e fino al 15 maggio siano disponibili solo 2600 braccialetti, sebbene il contratto con Fastweb (che decorre dal 31 dicembre 2018) preveda la fornitura di 1000-1200 braccialetti mensili per un totale di 15 mila braccialetti che, invece, in teoria avrebbero dovuto essere già disponibili alla data odierna;

   il braccialetto elettronico rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre il sovraffollamento carcerario, alla luce dei recenti gravissimi episodi accaduti negli istituti carcerari –:

   se il Governo sia a conoscenza delle ragioni per le quali la procedura di collaudo risulti essere in così estremo ritardo;

   se il Governo sia in grado di fornire chiarimenti e indicazioni precise su modalità e tempi con cui i nuovi braccialetti elettronici saranno messi a disposizione, così da consentire l'esecuzione delle misure di detenzione domiciliare già disposte e di quelle altresì previste con l'entrata in vigore del decreto.
(4-04994)


   ZIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal Tirreno del 23 marzo 2020 risulta che il direttore della casa circondariale di Pisa impedisce a coloro che lavorano all'interno del carcere (infermieri, medici, personale di polizia penitenziaria, amministrativi ed educatori) di indossare le mascherine chirurgiche monouso, perché, a suo dire, ciò potrebbe ingenerare malcontento tra i detenuti;

   in tal modo, si desume che anche la Asl Toscana nord ovest stia derogando alle proprie responsabilità e all'integrità del proprio personale dipendente che lavora nella casa circondariale, ottemperando alle disposizioni della direzione carceraria;

   si ha notizia di un'operatrice sanitaria trovata positiva al Covid;

   è, ad avviso dell'interrogante, inaccettabile e illegittimo chiedere al personale di non indossare le mascherine, il cui uso certamente impedisce proprio la diffusione nell'ambiente circostante di goccioline e secrezioni respiratorie;

   diversi sindacati, rivolgendosi alle istituzioni, denunciano: «Divieto di mobilità per i cittadini, ma non per i familiari dei detenuti: il Governo sta cercando in tutti i modi di evitare contatti tra le persone limitando la mobilità, al fine di garantire dignità e tutela della salute per tutti i cittadini e il Direttore di Pisa, in piena emergenza sanitaria, tiene aperto il servizio dei colloqui per il ritiro dei soldi e dei pacchi, alimentando contatti e mobilità da parte dei cittadini familiari e affini dei detenuti, in barba ai divieti applicabili a tutti i cittadini. Ci rivolgiamo alle Istituzioni cittadine alle Istituzioni tutte, che sicuramente riescono a comprendere la drammatica situazione del mostro Covid-19 per il bene del nostro Paese e chiedo di far comprendere al Direttore di Pisa che siamo in “guerra” visto che ad oggi il servizio dei colloqui è operativo al ritiro di soldi e pacchi. Il provvedimento concernente l'estensione del divieto di movimento generale è valido per tutti i cittadini e applicabile anche allo spostamento dei familiari dei detenuti» –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire tutte le obbligatorie precauzioni, così come prescritto dalla legge a tutela di tutti i cittadini;

   per quali motivi non sia stato sospeso il servizio dei colloqui per il ritiro del denaro e dei pacchi con riguardo alla situazione segnalata in premessa e a eventuali altre analoghe.
(4-05020)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   SQUERI, GELMINI, OCCHIUTO, BALDELLI, BERGAMINI, GERMANÀ, MULÈ, PENTANGELO, ROSSO, SOZZANI e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è grave la situazione di numerosi nostri connazionali i quali ancora non sono riusciti a rientrare nel nostro Paese perché, trovandosi all'estero alla data di adozione delle misure più restrittive di contenimento della diffusione del COVID–19, si sono trovati nell'impossibilità di prendere un volo di rientro, cancellato dalle compagnie aeree, o di reperire altro mezzo di trasporto per il rientro in Italia;

   al blocco dei trasporti si è, come noto, aggiunta la quarantena adottata da molti Paesi esteri nei confronti dei cittadini italiani, che ha reso ancor più difficile il rientro in Patria. In tale quadro emergenziale, conseguentemente, gli operatori del settore dei viaggi non possono reperire servizi nel libero mercato per sopperire alla domanda di rientro dei nostri connazionali, residuando, quindi, la sola possibilità di un intervento pubblico di protezione civile;

   rispetto a tale situazione, il Governo, anche per il tramite del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, onorevole Luigi Di Maio, attraverso specifiche dichiarazioni, si è impegnato a organizzare voli di Stato per il rientro dei nostri connazionali; ad oggi, però, questi non sono stati ancora effettuati, se non in minima parte, lasciando ancora senza risposta l'appello accorato dei connazionali fuori dal Paese, che, sebbene assistiti dalle nostre rappresentanze diplomatiche e consolari, vivono quotidianamente oggettive e crescenti difficoltà, legate alla permanenza prolungata in Paesi, di natura alloggiativa, finanziaria e sanitaria, a cui si aggiunge la preoccupazione delle loro famiglie;

   vanno considerati i fatti esposti e la situazione problematica, appalesata anche dagli ultimi provvedimenti di sostegno assunti con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, della compagnia di bandiera, Alitalia, deputata ad effettuare i voli di Stato per far rientrare i nostri connazionali –:

   se siano già stati programmati i voli di rientro di tutti i nostri connazionali che si trovano ancora forzosamente all'estero per l'impossibilità di far ritorno con i normali mezzi di trasporto in ragione delle misure emergenziali legate al Coronavirus, per quali date siano previsti i voli e per quali destinazioni e se tali voli verranno operati dall’Alitalia.
(3-01378)
(Presentata il 23 marzo 2020)

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE, FERRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'Aero Club d'Italia (AeCI), in quanto esercita attività sportiva, è per gli sport aeronautici l'unica federazione del Comitato olimpico nazionale italiano, ai sensi dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 28 marzo 1986 nonché del decreto legislativo n. 242 del 23 luglio 1999;

   l'Aero Club d'Italia rappresenta gli Aero Club Federati, gli enti aggregati e le associazioni benemerite nei rapporti con le amministrazioni dello Stato;

   da ottobre 2019 AeCI non ha rinnovato la carica del presidente, né è stato nominato un commissario, non avendo quindi legali rappresentanti con le articolazioni statali;

   secondo i regolamenti dell'AeCI le scuole, associazioni sportive senza fine di lucro, devono pagare, a quanto consta all'interrogante, 2.000 euro entro aprile 2020 pena la chiusura delle attività, mentre gli Aero Club devono pagare somme variabili tra i 2.000 e i 9.000 euro. In pratica, bloccate nella loro attività, queste associazioni e scuole devono trovare somme ingenti per potere riprendere tra mesi a svolgere i loro corsi;

   la crisi del Covid-19 o Coronavirus è una delle più grandi crisi sanitarie che la Nazione abbia dovuto affrontare, crisi che sta mettendo in grande difficoltà il sistema sanitario, la coesione sociale e l'economia;

   l'emergenza rischia di far chiudere le oltre 200 scuole di volo ultraleggero che operano in Italia e molti degli Aero Club che svolgono un'importante opera di diffusione della cultura aeronautica –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire sostegno alle scuole di volo, alle associazioni sportive di volo e agli Aero Club nel corso dell'emergenza Covid-19 e se non ritenga necessario adottare iniziative per la sospensione dei pagamenti delle quote spettanti ad Aero Club d'Italia per causa di forza maggiore fino a dicembre 2020 nonché per il loro dimezzamento.
(3-01392)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA e GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014), ai commi 240, 241, 242 e 245 dell'articolo 1, disciplina i criteri di cofinanziamento dei programmi europei per il periodo 2014-2020 e il relativo monitoraggio, nonché i criteri di finanziamento degli interventi complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali;

   con delibera del Cipe n.10/2015, concernente la definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di programmazione 2014-2020, sono stati definiti il sistema di gestione e di controllo per l'attuazione del programma con la descrizione della struttura organizzativa, la definizione delle responsabilità e altri elementi di riferimento che completano il quadro attuativo;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato che «il Programma di azione e coesione (PAC) 2014-20 configurandosi come mero rafforzamento finanziario delle risorse assegnate nell'ambito PON Infrastrutture e reti 2014-20 non è assoggettabile ad ulteriore procedura di Valutazione ambientale strategica (VAS) tenendo conto che la distribuzione per tipologia di interventi e la concentrazione territoriale del rafforzamento finanziario non alterano in alcun modo la strategia complessiva del Programma stesso»;

   con delibera del Cipe n. 58/2016 è stato approvato il Programma di azione e coesione complementare al Pon Infrastrutture e Reti 2014-2020 (Pac 2014-2020) del valore complessivo di 670,448 milioni di euro;

   il Programma interviene nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, finalizzato a garantire uno sviluppo competitivo dei territori delle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno ed è articolato in 6 assi tematici (A,B,C,D,E,F);

   gli obiettivi di miglioramento della sostenibilità ambientale delle aree portuali, dell'accessibilità turistica e dell'efficienza logistica integrata che il programma persegue realizzerebbero ricadute economiche importanti sul territorio;

   il documento di attuazione allegato alla delibera prevede che tutte le attività siano realizzate nel periodo 2017-2023;

   ad oggi non risulta ancora pubblicato l'avviso di manifestazione di interesse per nessuno degli assi tematici e non è chiaro se siano intervenute criticità che abbiano portato a un così grave ritardo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative urgenti intenda porre in essere al fine di velocizzare Yiter del procedimento volto ad individuare le modalità di selezione degli interventi da finanziare nell'ambito del Programma di azione e coesione (Pac), considerata l'importanza degli obiettivi di sviluppo dei territori interessati che il programma persegue.
(5-03774)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da Covid-19 sta producendo inevitabilmente gravi ripercussioni economiche sul sistema produttivo, poiché al fine di limitare i contagi molte attività produttive e commerciali sono state sospese;

   come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio 11 marzo 2020 e, da ultimo, con quello del 22 marzo 2020, continuano a svolgersi solo attività connesse ad esigenze e servizi essenziali;

   i lavoratori che operano in tali settori, a iniziare da quello sanitario, sono gli unici che possono continuare a effettuare spostamenti, anche in un comune diverso da quello di residenza, per raggiungere il posto di lavoro;

   finché perdurano lo stato di emergenza e le conseguenti restrizioni imposte agli spostamenti delle persone e allo svolgimento delle attività lavorative non essenziali, è fondamentale agevolare il più possibile la mobilità delle persone che debbono assicurare i servizi essenziali, anche tramite l'attuazione di misure che possano ridurre i costi di spostamento;

   a tal fine, sarebbe opportuno e utile prevedere che, per il perdurare delle misure di esigenza, chi per necessità è costretto a circolare sulle autostrade non sia assoggettato all'obbligo del pagamento del pedaggio –:

   se il Governo, in via eccezionale e limitatamente al perdurare dell'emergenza sanitaria da Covid-19, non intenda adottare iniziative finalizzate ad agevolare l'esenzione dal pagamento del pedaggio per i veicoli che transitano in autostrada per motivi connessi all'attività lavorativa del conducente
(4-05001)


   FEDERICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 647 «fondo valle del Biferno» è oggetto di una serie di interventi previsti all'interno del contratto di programma di Anas;

   tra questi interventi vi è il primo lotto che riguarda il viadotto «Molise I», ubicato sulla strada statale 647 in territorio comunale di Guardialfiera e Larino, in provincia di Campobasso, dal valore complessivo di 50 milioni di euro;

   oggetto dell'intervento sono l'adeguamento delle barriere, il consolidamento e l'impermeabilizzazione degli impalcati, la realizzazione del sistema di raccolta liquidi sul viadotto all'altezza dell'invaso Liscione, con codice di progetto CB69;

   l'aggiudicazione della gara è avvenuta nel corso dell'anno 2019 in favore della società Amec srl con sede legale in Santa Venerina (Catania) e i lavori sono iniziati alla fine dell'anno stesso;

   in data 21 febbraio 2020 si è avuta notizia dai giornali che la Guardia di finanza ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quattro persone, tra cui Francesco Domenico Costanzo e Concetto Bosco, indagate per la bancarotta della Tecnis spa e di una serie di società controllate dichiarata dal tribunale di Catania nel giugno del 2017;

   secondo quanto riportato da Primo Piano Molise del 22 febbraio 2020 «La Tecnis spa è stata in amministrazione giudiziaria per quasi un anno (a cavallo tra il 2016 e il 2017) perché sequestrata nell'ambito di un'inchiesta antimafia. Nonostante i precedenti, Bosco e Costanzo avrebbero continuato le proprie condotte illecite per aggiudicarsi appalti e commesse. I due, infatti, secondo la Procura “risultano ancora oggi operativi sul mercato attraverso la società ‘Amec srl’, costituita alla fine del 2017 con sede a Santa Venerina, che opera nel settore costruzioni generali e delle infrastrutture, con un fatturato annuo dichiarato di 11 milioni di euro”. Secondo gli inquirenti, Amec sarebbe l'acronimo di “Ancora Mimmo e Concetto”. Dalle indagini dei militari del nucleo di Polizia economica finanziaria della GdF di Catania è emerso che la società sarebbe beneficiaria di un affitto d'azienda operato da “Cogip infrastrutture srl” e risulta aggiudicataria di commesse pubbliche come l'appalto dell'Anas da 50 milioni di euro per lavorare in Molise» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare la regolarità dei lavori sul viadotto Liscione.
(4-05015)


   MAZZETTI e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le prospettive economiche e industriali del nostro Paese e mondiali, come diretta conseguenza della emergenza sanitaria in atto, sono drammatiche. Si sta assistendo a un vero e proprio crollo di molte attività economiche e produttive con un rischio evidente sulla tenuta stessa del tessuto produttivo nazionale e per le prospettive di caduta del prodotto interno lordo;

   come appreso dalla stampa nazionale sulle stime imminenti per l'Italia pesa una forte incertezza; «si dice c'è l'elevato rischio» che la crescita sia decisamente più debole. Lo afferma il Fmi nell'Article IV, spiegando che anche se le stime «riflettono parte dei rischi al ribasso» del coronavirus «l'incertezza resta molto alta sulla diffusione e sull'impatto del Covid-19». Il Fondo prevede così che il prodotto interno lordo italiano cali nel 2020 dello 0,6 per cento, mentre il debito pubblico salirà al 137 per cento del prodotto interno lordo e il deficit al 2,6 per cento;

   per fare ripartire il prodotto interno lordo in Italia bisogna far ripartire le grandi infrastrutture che il Paese ha abbandonato, per creare occupazione e crescita e dare lavoro ai giovani;

   una delle priorità del nostro Paese è, infatti, quella legata alla realizzazione e alla conclusione nel nostro Paese delle opere infrastrutturali, nonché alla urgente messa in sicurezza e alla manutenzione di quelle già esistenti;

   come affermato dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia davanti a emergenza Coronavirus «Occorre attivare una domanda pubblica sulle infrastrutture italiane e europee che vada a compensare il calo della domanda privata, visto che i consumi arretreranno», e insieme «aprire un fronte sul credito per aiutare nel periodo di transizione le imprese che avranno cali di fatturato»;

   come affermato dal leader della Uil Carmelo Barbagallo «si deve affrontare l'emergenza subito e in tutto il Paese, per tutelare tutti i lavoratori dalle conseguenze di questa vicenda sanitaria, ma bisogna anche sbloccare gli investimenti. Ci sono 100 miliardi, fermi, per le opere infrastrutturali: è da qui che bisogna ripartire per la ripresa economica»;

   l'elenco delle opere infrastrutturali bloccate si allunga sempre di più e questo avviene, non solo, perché mancano le risorse, ma perché esse si sono impantanate nella palude della burocrazia, anche a causa di un codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), ad avviso degli interroganti, pensato male e scritto peggio;

   avviare i cantieri delle opere pubbliche è la grande priorità del Paese. Una priorità da affrontare snellendo le procedure con un cronoprogramma chiaro ed efficace; il decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede, infatti, che le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a redigere un programma triennale dei lavori pubblici –:

   se non si ritenga opportuno, in questi momenti di particolare urgenza nazionale, adottare iniziative per prevedere che siano redatti programmi annuali, oltre che quelli triennali conformemente al codice dei contratti, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalle stazioni appaltanti;

   se il Ministro interrogato, per quanto sopra richiesto, non ritenga opportuno conseguentemente adottare iniziative per definire con urgenza anche le relative specifiche risorse in ottemperanza al codice dei contratti.
(4-05016)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la situazione di progressivo e grave degrado della sicurezza e dell'ordine pubblico nel centro storico di Vicenza è stata denunciata dall'interpellante in numerosi precedenti atti di sindacato ispettivo, rimasti peraltro tutti privi di risposta da parte del Governo;

   l'episodio che ha avuto luogo il 23 marzo 2020, denunciato oggi presso il comando dei carabinieri di Vicenza, appare tuttavia meritevole di particolare attenzione, soprattutto in quanto la vittima è uno studente minorenne residente nel centro storico;

   il ragazzo, uscito sotto casa con il cane, è stato oggetto di un'aggressione da parte di una coppia di sbandati in corso Fogazzaro nei pressi della Galleria del Pozzo Rosso;

   la presenza molesta di questi figuri è stata documentata anche in un reportage fotografico del Giornale di Vicenza nella edizione in edicola il 24 marzo e segnalata da altri cittadini, che ne lamentano l'aggressività;

   il ragazzo, mentre era inseguito, avrebbe chiamato il 113, che però si sarebbe dichiarato impossibilitato a intervenire e avrebbe dirottato la segnalazione al comando della polizia municipale;

   per fortuna il ragazzo è potuto rientrare di corsa a casa, evitando a stento di essere raggiunto;

   l'interpellante ritiene intollerabile questa situazione, che ricorda il Far West;

   è necessario, in qualche modo, neutralizzare questi disadattati, per evitare il ripetersi di così spiacevoli episodi, ai danni soprattutto della fascia più fragile della popolazione –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire ai cittadini di Vicenza accettabili standard di sicurezza.
(2-00682) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIMINO, CANCELLERI, MARTINCIGLIO e PIGNATONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dall'11 marzo 2020 l'organizzazione mondiale della sanità ha ufficialmente dichiarato la Pandemia da Covid-19 e l'evolversi della situazione epidemiologica sta purtroppo mostrando un incremento esponenziale dei casi sul territorio nazionale in ragione del carattere particolarmente diffusivo dell'infezione;

   l'Italia sin dalle prime fasi dell'epidemia ha attivato tutti gli strumenti normativi nonché tutte le misure restrittive necessarie per contrastare l'emergenza da coronavirus;

   con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020 tutta l'Italia è diventata zona protetta con la conseguente estensione delle misure restrittive già applicate per la Lombardia e le 14 province del Nord più colpite dal contagio di coronavirus a tutto il territorio nazionale;

   anche in piena emergenza Covid-19 non si arrestano gli sbarchi di migranti registratisi in Sicilia nelle ultime ore;

   nei giorni scorsi – così come riportato a mezzo stampa – è stato disposto il trasferimento di circa centoventi migranti dall'isola di Lampedusa alla città di Porto Empedocle, per collocarli, al loro arrivo sulle coste siciliane, in quarantena presso apposite strutture;

   il sindaco di Porto Empedocle, Ida Carmina, a seguito del trasferimento dei migranti a Porto Empedocle e della loro sistemazione presso un hotel della città ha fin da subito rappresentato le gravi criticità in cui versa la sua comunità colpita dall'emergenza sanitaria, dichiarando che la scelta così operata rappresenta «una decisione poco considerata e che aumenta il pericolo sanitario per una popolazione che già oggettivamente sconta una componente di rischio maggiore rispetto agli altri comuni della provincia»;

   risulta agli interroganti, da segnalazioni pervenute da cittadini, che sia venuto meno, da parte di alcuni dei suddetti migranti, lo stato di quarantena necessario a fronteggiare la grave emergenza da Coronavirus che ha investito la Penisola in queste settimane;

   l'introduzione di centinaia di persone di cui non si conosce la provenienza né le condizioni di salute in un contesto già particolarmente provato – e che sta attraversando innumerevoli disagi non solo dal punto di vista sanitario ma anche economico – rischia di far venir meno le necessarie tutele dovute sia ai cittadini che ai migranti stessi;

   i comuni del sud Italia, nonostante le limitate risorse, sono da sempre costante punto di riferimento per la gestione del fenomeno migratorio che coinvolge il nostro Paese, fungendo da «approdo» per migliaia di migranti ogni anno;

   spesso i richiamati comuni sono lasciati soli dall'amministrazione centrale nel fronteggiare l'emergenza migranti;

   i comuni in questione, oggi, sono investiti dall'ulteriore emergenza sanitaria da contagio da Covid-19 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per risolvere una situazione potenzialmente drammatica come quella descritta in premessa, al fine di garantire la sicurezza della popolazione e la tutela della salute.
(4-04986)


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 e 9 marzo 2020 è stato previsto, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, per l'intero territorio nazionale, l'assoluto divieto di mobilità, dalla propria abitazione o dimora, per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena, ovvero risultati positivi al virus;

   l'articolo 3, comma 1, lettera m), del citato decreto del Presidente del Consiglio dell'8 marzo 2020 ha previsto, altresì che, chiunque, a partire dal quattordicesimo giorno antecedente la data di pubblicazione del medesimo decreto, abbia fatto ingresso in Italia, dopo aver soggiornato in zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'organizzazione mondiale della sanità, debba comunicare tale circostanza al dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio, nonché al proprio medico di medicina generale ovvero al pediatra di libera scelta;

   è stata, altresì, prevista l'estensione del divieto di spostamento dal proprio domicilio a tutta la cittadinanza, sull'intero territorio nazionale, salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute e le verifiche relative al rispetto di tale divieto sono state demandate a tutte le forze dell'ordine operanti nei singoli territori;

   le citate disposizioni seguono altresì la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e l'evolversi dell'epidemia in questione, nonostante le misure adottate, imporrebbe il pieno utilizzo di tutte le risorse umane a disposizione del Ministero della difesa, per garantire maggiormente la tutela della salute pubblica;

   in Sardegna, i casi hanno superato la soglia dei 200 e i tagli operati negli anni alle forze dell'ordine non consentono – nonostante il pregevole sforzo compiuto finora dagli uomini e dalle donne in divisa – il controllo necessario dell'intero territorio regionale;

   la Brigata Sassari – lodevolmente impegnata negli anni in tutte le missioni estere, nonché in quelle sul territorio nazionale – ha le competenze per supportare le forze dell'ordine nonché le strutture sanitarie regionali e il forte legame della stessa Brigata con il territorio sardo garantirebbe eccellenti risultati in termini di tutela e controllo dell'ordine pubblico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di consentire, nel territorio regionale sardo, l'impiego immediato della Brigata Sassari, dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica a supporto delle forze dell'ordine, nelle azioni di tutela e controllo dell'ordine pubblico, nonché delle strutture sanitarie regionali impegnate nell'emergenza sanitaria in questione.
(4-04987)


   MULÈ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il progetto di riorganizzazione della polizia stradale, predisposto dal dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, prevedrebbe la chiusura di alcuni distaccamenti, di cui ben due in Liguria, Sanremo e Finale Ligure;

   in coerenza con la legge 7 agosto 2015, n. 214 (cosiddetta riforma Madia), con la quale è stata disposta la razionalizzazione delle funzioni di polizia cui ha fatto seguito una direttiva emanata dal Ministero dell'interno il 15 agosto 2017, il presidio di Sanremo verrebbe accorpato alla sede di Ventimiglia, mentre il distaccamento di Finale Ligure alla sede di Albenga;

   si tratta di due presidi di strategica importanza su un territorio, drammaticamente interessato da cantieri stradali, che, essendo anche di confine, si caratterizza per importanti flussi di traffico, in considerevole aumento soprattutto nel periodo estivo;

   i poliziotti del distaccamento di Sanremo e di Finale Ligure, operando in situazioni di difficoltà, garantiscono alti livelli operativi nonostante la forte carenza di organico: solo 7 nel presidio di Finale Ligure e 10 nella sede di Sanremo;

   ad avviso dell'interrogante, piuttosto che procedere a una razionalizzazione dei presidi di polizia, con la conseguente chiusura di sedi strategiche, sarebbe auspicabile un potenziamento degli organici assicurandone, dunque, la continuità;

   con il ridimensionamento della Polstrada previsto nel Ponente Ligure si rischierebbe di non garantire un'adeguata sicurezza ai cittadini, in particolar modo sulle strade stradali considerate le più pericolose in assoluto –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, al fine di scongiurare la chiusura del distaccamento della polizia stradale di Sanremo e di Finale Ligure per garantire la sicurezza e la vigilanza stradale sul territorio ligure, la cui viabilità, soprattutto negli ultimi mesi, è stata condizionata da alluvioni ed eventi calamitosi eccezionali.
(4-04998)


   FERRARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 marzo 2020, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, comando provinciale dei vigili del fuoco di L'Aquila, ha inviato al proprio personale un ordine del giorno, recante un vademecum per l'utilizzo delle mascherine di protezione contro il Covid-19;

   si tratta di un opuscolo denominato «Vademecum utilizzo mascherine» predisposto da un'agenzia formativa accreditata della regione Piemonte, che contiene utili informazioni sull'utilizzo delle citate mascherine a beneficio di tutto il personale, anche al di fuori dell'attività lavorativa;

   in tale vademecum le mascherine Ffp2 (senza valvola) sono indicate come quelle da utilizzare da parte da forze dell'ordine solo in caso di emergenza e ausilio a soccorritori (perché devono essere protetti ma non rischiare di contagiarsi tra di loro) in abbinamento a occhiali e guanti monouso, mentre sono sconsigliate le mascherine con la valvola, visto che sono costretti a un contatto ravvicinato tra colleghi e si contaminerebbero l'uno con l'altro –:

   con quali tipologie di dispositivi di protezione individuali siano state equipaggiate le forze dell'ordine, e in particolar modo i militari, impiegate nei controlli sull'osservanza delle regole stabilite per fronteggiare l'emergenza da Covid-19.
(4-05007)


   CANNIZZARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019 è stato decretato lo scioglimento dell'organo direzionale generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e il conseguente affidamento dell'amministrazione dell'Azienda sanitaria, per la durata di diciotto mesi, a una commissione straordinaria;

   come risultante dalle notizie riportate all'interrogante, sembrerebbe che i commissari dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria non stiano garantendo la loro presenza nella sede dell'Azienda sanitaria in piena emergenza Coronavirus;

   se quanto appena riportato corrispondesse al vero, si tratterebbe di un fatto di gravissima entità, considerato che il personale delle istituzioni sanitarie calabresi si sta adoperando al massimo per garantire assistenza sanitaria a tutti i cittadini;

   l'assenza fisica e gestionale dei commissari straordinari, in uno dei momenti più drammatici vissuti dal nostro Paese per le note vicende legate al contagio del Coronavirus, evidenzia, ad avviso dell'interrogante, la manifesta inadeguatezza degli stessi, poiché il personale dell'Azienda continua a operare, nonostante l'incertezza legata agli strumenti per affrontare l'epidemia in corso;

   a ciò si aggiunga che la delibera n. 147 del 16 marzo 2020 avente ad oggetto «Emergenza Covid-19. Disposizioni di firma degli atti e dei provvedimenti», ad avviso dell'interrogante, lascia presagire l'intento da parte degli stessi commissari di potersi assentare dal luogo di lavoro proprio nel momento in cui l'Azienda necessiterebbe in misura maggiore della loro presenza al fine di coordinare e gestire il personale dell'Azienda medesima –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di assicurare la gestione diretta dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria da parte della commissione straordinaria, nominata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019, in piena emergenza Coronavirus;

   se il Governo, alla luce dei fatti riportati in premessa, non intenda adottare le iniziative di competenza per l'immediata sostituzione della commissione straordinaria, nominata con il decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 2019, e con la contestuale nomina di una nuova commissione di alto profilo professionale e di elevata competenza, al fine di fronteggiare adeguatamente l'emergenza sanitaria nazionale in corso.
(4-05019)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CASA, VACCA, TUZI, MELICCHIO, VILLANI, LATTANZIO, BELLA, CARBONARO, TESTAMENTO e VALENTE. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   l'improvvisa ed inaspettata emergenza sanitaria che l'Italia sta attraversando ha reso necessario assumere decisioni, in pochissime settimane, che richiedono una profonda riorganizzazione delle modalità di apprendimento-insegnamento, differenziandole per ordini di scuola, soprattutto in conseguenza della progressiva sospensione delle attività delle istituzioni scolastiche in ogni parte del Paese;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2020 («Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale») all'articolo 1, comma 1, lettera g), afferma: «i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità»;

   l'unica modalità, quindi, per garantire il diritto costituzionale all'istruzione è la didattica a distanza, troppo spesso in passato non adeguatamente valorizzata nelle sue potenzialità. Purtuttavia, in questa situazione emergenziale la didattica a distanza risulta essere la soluzione più indicata anche a mantenere viva la relazione educativa tra i docenti ed i loro studenti;

   i docenti, di fronte all'emergenza che si sta vivendo, hanno attivato molteplici strumenti e sfruttato un caleidoscopio di risorse che permettono giornalmente di superare le barriere fisiche. Così gli insegnanti stanno offrendo agli studenti la possibilità non solo di continuare ad apprendere, ma anche di mantenere viva la relazione tra loro e i discenti, dimostrando sia grande professionalità sia spinte motivazionali altamente etiche e deontologiche che tengono in dovuta considerazione anche la tensione emotiva che caratterizzano le alunne e gli alunni in questo periodo –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative abbia attivato al fine di strutturare e agevolare l'uso della didattica a distanza anche in riferimento alle risorse economiche, umane e tecnologiche messe a disposizione.
(3-01380)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   FORNARO, MURONI e FRATOIANNI. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   la crisi scatenata dal Coronavirus ha fatto emergere in maniera urgente e drammatica quanto sia necessario dotare il sistema scolastico italiano di un sistema efficiente di didattica a distanza. In un Paese come l'Italia, in cui aree marginali e digital divide erano già considerati un'emergenza ed un limite concreto per il diritto allo studio, il divario che c'è tra chi ha accesso adeguato ad internet e chi non ce l'ha comporta un'esclusione dai vantaggi e dai diritti della società digitale;

   la scuola si sta rivelando, anche in questo frangente, una delle comunità più importanti per garantire coesione sociale: in questi giorni di isolamento obbligato, che disorientano ciascuno di noi, la scuola entra nelle case di milioni di famiglie rappresentando un imprescindibile elemento di fiducia, di relazione e di motivazione, ben oltre la propria funzione formativa. Ed è qui che bisogna continuare ad intervenire rapidamente per colmare i gap conoscitivi di un corpo docente, che appare non adeguatamente attrezzato sul fronte delle nuove tecnologie e dell'informatizzazione;

   l'articolo 120 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «decreto Cura Italia»), stanzia 70 milioni di euro per consentire alle scuole di acquistare dispositivi digitali da mettere a disposizione, in comodato d'uso, agli studenti privi di mezzi e in situazione di svantaggio socio-economico. I fondi saranno distribuiti alle scuole in base a due criteri: il numero degli studenti e il reddito medio della regione. Le scuole potranno provvedere agli acquisti in maniera semplificata e tempestiva come previsto dall'articolo 75 del decreto-legge citato –:

   quali siano le modalità concrete di attuazione delle misure già previste e quali iniziative si intendano ancora assumere per garantire a tutte le studentesse e a tutti gli studenti parità di accesso alla didattica a distanza, al fine di non incentivare anche di fatto l'abbandono scolastico ed accentuare la differenziazione sociale nelle possibilità di accesso all'istruzione, anche lavorando sulla formazione informatica del corpo docente.
(3-01381)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   FUSACCHIA. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   la prolungata chiusura delle scuole in tutto il Paese, dovuta alla pandemia in corso, sta facendo emergere limiti e contraddizioni di un sistema scolastico non sufficientemente equipaggiato, da un punto di vista culturale ancora prima che infrastrutturale, per assicurare a tutte le studentesse e gli studenti una didattica a distanza di qualità;

   la didattica a distanza sta funzionando con impatti e risultati molto diversificati, non solo per il digital divide di cui ancora soffrono intere aree del Paese, ma per la diversa esperienza e familiarità dei docenti con le nuove tecnologie e per il diverso grado di penetrazione della cultura digitale nelle scuole e nelle famiglie italiane;

   non sono «istantanei» i tempi di attuazione della norma del decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto «decreto Cura Italia») che prevede che le scuole possano comprare e dare in comodato d'uso agli studenti svantaggiati strumenti per poter fruire della didattica a distanza;

   la Rai potrebbe adattare e potenziare il proprio palinsesto per sostenere scuole e docenti che hanno studenti con la sola televisione a casa;

   i ragazzi e le ragazze disabili si trovano doppiamente svantaggiati in questo momento di isolamento obbligato;

   la rendicontazione dei progetti Pon prevede in molti casi la firma in presenza dei corsisti, cosa che sta mettendo a rischio la possibilità di trasferire a distanza l'erogazione di corsi, con conseguente perdita di opportunità formative e di risorse ingenti su tutto il territorio nazionale;

   esiste una pluralità di associazioni e altre realtà che collaborano con le scuole, generando un'offerta educativa complementare attraverso iniziative e progetti che contribuiscono alla formazione di ragazze e ragazzi e alla loro capacità di maturare esperienze e restare connessi col mondo, e che sono per lo più inattivi e sospesi in questa fase, con un danno grave sia per chi promuove e lavora in queste associazioni e realtà, sia per studentesse e studenti che beneficiano dei progetti e delle iniziative, con un rischio di perdita complessiva di valore educativo e culturale molto forte –:

   quali strumenti il Governo stia usando per monitorare il diverso funzionamento della didattica a distanza, ivi compresi il suo impatto e la qualità in termini di apprendimento reale di queste settimane, e per sostenere associazioni e altre realtà normalmente impegnate con le scuole affinché il loro contributo non venga meno in questa fase delicatissima in cui serve scongiurare che si sviluppino disuguaglianze, fattori di esclusione e involuzione del sistema scolastico.
(3-01382)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, DI GIORGI, ORFINI, PRESTIPINO, ROSSI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   considerato l'evolversi della situazione epidemiologica in Italia causata dal carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia da Coronavirus (COVID-19), del rapido incremento dei casi e dei decessi notificati quotidianamente dall'Organizzazione mondiale della sanità, nelle ultime settimane il Governo ha varato misure restrittive estese all'intero territorio nazionale;

   tra le misure restrittive varate per arginare il Coronavirus è stata disposta dal 5 marzo 2020 la sospensione delle attività didattiche;

   dallo scenario epidemiologico non appare possibile prospettare una data di ripresa delle attività didattiche e dalle ultime dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri Conte – confermate dallo stesso Ministro interrogato – il rientro tra i banchi degli studenti italiani, inizialmente fissato per il 3 aprile 2020, sarà ulteriormente prorogato;

   tutte le scuole, di fronte all'emergenza sanitaria, sono state chiamate a trovare un'alternativa alla didattica tradizionale, pensando a strumenti finalizzati a garantire agli studenti la prosecuzione delle lezioni attraverso l'utilizzo di risorse digitali;

   in questo senso, la nota del Ministero dell'istruzione dell'8 marzo 2020 ha disposto che tutti i docenti attivino la didattica a distanza, al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all'istruzione;

   secondo il nuovo report dell'Osservatorio «Scuola a distanza» di Skuola.net – elaborato intervistando oltre 26 mila alunni di medie e superiori – circa 9 ragazzi su 10 svolgono regolarmente lezione da casa;

   tuttavia, le lezioni non risultano ugualmente avviate: in netta minoranza sono gli studenti che possono avvalersi di lezioni attraverso l'utilizzo di piattaforme in videoconferenza o con strumenti didattici on line; sono ancora troppe le classi virtuali create con il registro elettronico, che forniscono un approccio basico e un confronto impersonale col docente tramite mail, chat o social network;

   i più penalizzati risultano gli studenti della scuola primaria, la cui didattica è affidata nella maggior parte dei casi al solo registro elettronico;

   in base a una prima rilevazione del Ministero dell'istruzione sarebbero pervenute oltre 46 mila richieste di tablet da assegnare alle famiglie meno abbienti;

   è fondamentale, per affrontare questa emergenza in modo responsabile, che ogni studente venga coinvolto nel processo di apprendimento, con adeguati dispositivi digitali individuali per la relativa fruizione e attraverso forme mirate di verifica, che impediscano una fruizione passiva delle lezioni;

   si condividono le parole del Ministro interrogato quando afferma che «la didattica a distanza rappresenta uno strumento utile non solo per l'apprendimento ma anche come canale per non perdere il contatto docenti-alunni» –:

   quali strumenti urgenti il Ministro interrogato intenda avviare al fine di garantire rapidamente agli studenti meno abbienti dispositivi digitali individuali per la relativa fruizione e per l'apprendimento a distanza, a tutela del diritto costituzionalmente garantito all'istruzione.
(3-01383)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   CASCIELLO, APREA, GELMINI, OCCHIUTO, MARIN, PALMIERI e SACCANI JOTTI. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   la sospensione nelle istituzioni scolastiche dell'attività didattica in presenza, imposta a causa del diffondersi dell'epidemia di COVID-19, ha reso necessaria l'adozione di provvedimenti urgenti finalizzati ad attivare la didattica con metodologia e-learning;

   nonostante le misure contenute in tal senso nel decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «decreto Cura Italia»), che prevedono il potenziamento della didattica a distanza, anche attraverso l'implementazione di piattaforme e strumenti digitali, le rassicurazioni del Ministro interrogato sulla validità dell'anno scolastico e l'impegno dei docenti a restare punto di riferimento e a garantire la continuità scolastica, rimane l'impossibilità per molte scuole di poter attivare e garantire le lezioni a distanza per assenza di banda ultra larga;

   la veloce risposta delle istituzioni scolastiche, infatti, si scontra con l'insufficienza delle infrastrutture: i dati sulla diffusione della banda larga nel Paese che, sulla base del piano strategico per la diffusione della banda larga, approvato nel marzo del 2015, avrebbe dovuto portare l’internet super veloce a tutti gli italiani entro il 2020, testimoniano il grave ritardo nello sviluppo delle infrastrutture nell'ambito delle telecomunicazioni;

   secondo recenti studi del Politecnico di Milano, a dicembre 2019 risultavano non ancora utilizzati 1,14 miliardi di euro di fondi Pon e Por europei 2014-2020;

   si sta, quindi, determinando nel Paese una condizione di discontinuità e disparità tra studenti, in particolare per gli studenti con disabilità che spesso utilizzano strumenti digitali perché facilitano loro lo svolgimento dello studio;

   ancor di più si temono ripercussioni per quegli studenti delle scuole superiori che dovranno sostenere l'esame di Stato, ai quali le carenze della rete stanno di fatto impedendo di accedere a una formazione adeguata –:

   nelle more delle urgenti iniziative che dovranno essere adottate dal Governo per potenziare la rete affinché nella rilevante percentuale di territorio non coperto adeguatamente dal segnale le scuole possano adottare la didattica a distanza, quali misure compensative, alla luce dell'esito del monitoraggio sulle scuole non abilitate alla didattica a distanza, preveda il Ministro interrogato di assumere per questi studenti, con particolare attenzione a quelli con disabilità e a quelli che dovranno sostenere l'esame di Stato tra pochi mesi.
(3-01384)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, MOLLICONE, FRASSINETTI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro dell'istruzione. – Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», ha sospeso i servizi educativi;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19» dell'8 marzo 2020 ha previsto espressamente la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera h);

   a seguito della sospensione delle attività didattiche presso le strutture scolastiche, l'84 per cento dei docenti, da una rilevazione de Il Sole 24 ore, dichiara di avere già adottato una modalità alternativa per dare continuità alla programmazione con gli alunni, a fronte di un 76 per cento di studenti con difficoltà poiché per motivi vari a casa gli stessi possono non avere una connessione a internet o non disporre di un personal computer;

   le indicazioni contenute nell'ambiente on line per la didattica a distanza aperto dall'Indire e quelle promosse dal progetto «Solidarietà digitale» del Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione rimandano all'uso di piattaforme digitali private, con rischi legati alla privacy e alla proprietà dei dati, nonché alle implicazioni pedagogiche che l'inserimento di tali piattaforme comporterebbe nella scuola pubblica;

   il Ministro interrogato ha dichiarato a mezzo stampa che «sulla didattica a distanza sicuramente la situazione è variegata, con realtà in cui funziona bene e altre in cui meno. C'è un grande sforzo da parte dei docenti. So che alcuni sono in difficoltà, ma la situazione potrà migliorare»;

   secondo le stime di Tuttoscuola, dall'inizio dell'emergenza fino al 3 aprile 2020, il sistema scolastico nazionale perderà quasi 75 milioni di ore di lezione, parzialmente recuperate dalla didattica a distanza;

   è in corso di valutazione la proroga dei termini di sospensione dei servizi educativi oltre il 3 aprile 2020, con rischi per la fine dell'anno scolastico;

   le famiglie devono fare anche i conti con le rette già pagate per questo periodo di interruzione forzata delle prestazioni, le quali, sia pure per cause di forza maggiore, non vengono quindi erogate –:

   se non ritenga necessario garantire alle famiglie l'esenzione dal pagamento delle rette per tutte le scuole di ogni ordine e grado e fornire notizie certe sulla conclusione effettiva dell'anno scolastico.
(3-01385)
(Presentata il 23 marzo 2020)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   LATTANZIO. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le restrizioni imposte dal Governo per prevenire la diffusione del virus Covid-19 prevedono, come misura principale di contenimento, la permanenza nella propria abitazione abituale. Si tratta di una imposizione che comporta una restrizione della propria libertà per tutta la popolazione, ma che in alcuni casi può trasformarsi in una pericolosa imposizione. È il caso delle donne vittima di violenza domestica, costrette a convivere per l'intero corso della giornata a stretto contatto con un partner violento;

   il Ministro per le pari opportunità e la famiglia ha ribadito che il numero 1522, servizio pubblico dedicato proprio alle donne vittima di violenza, rimane attivo 24 ore su 24 al fine di accogliere le richieste di aiuto e assistenza; il Ministro ha inoltre evidenziato che le attività dei centri antiviolenza non vengono sospese e che le donne che si trovano in una situazione di emergenza e urgenza determinata da episodi di violenza possono uscire di casa e raggiungere il centro antiviolenza, in quanto sussistono «ragioni di necessità»;

   sebbene, dunque, il servizio rimanga attivo, esistono casi in cui le donne non possano ricorrere alle telefonate di emergenza, proprio perché sotto il continuo controllo del partner maltrattante. Per ovviare a tale problematica, il governo regionale delle Isole Canarie, in Spagna, ha intrapreso una campagna chiamata Mascarilla-19: si tratta di un nome in codice, da pronunciare nelle farmacie della regione, partendo dal presupposto che andare in farmacia possa essere considerata come una «scusa» accettabile per potersi liberare della condizione di controllo continuo. Il farmacista, nel momento in cui viene richiesta una «mascarilla-19», avvia il protocollo d'emergenza, chiamando la polizia e le strutture pubbliche di riferimento. Si tratta di una iniziativa che ha riscosso enormi consensi in tutto il Paese, facendo sì che stia pensando di applicarla come prassi sul territorio nazionale;

   a mezzo stampa si apprende che anche in Italia l'iniziativa ha raccolto largo consenso, tanto da dare vita ad una campagna per incentivare una procedura del tutto simile a quella spagnola con il nome in codice Mascherina 1522 –:

   se i Ministri interrogati intendano – durante questa fase di emergenza – sostenere le proposte relative a protocolli specifici finalizzati a rendere possibile per le donne vittime di violenza domestica una più semplice segnalazione delle richieste di aiuto – come l'adozione di meccanismi che prevedano sigle o nomi in codice – avvalendosi della collaborazione dei presidi che attualmente mantengono una completa operatività, come nel caso delle farmacie.
(4-05009)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   in questi ultimi tempi non è azzardato affermare che l'economia mondiale si sta fermando e che, in alcuni casi, si è già fermata; la pandemia del nuovo Coronavirus Sars-Cov-2 sta già impattando negativamente sull'economia globale: prima la Cina, poi l'Europa, e infine gli Stati Uniti stanno bloccando fabbriche e attività commerciali;

   tra i molti settori colpiti in questa situazione di disagio globale, nel nostro Paese ha subito forti conseguenze il settore della pesca, che ha visto crollare ai minimi storici il prezzo del pesce;

   dallo strascico alla piccola pesca, con l'emergenza Coronavirus, sono ferme in porto la maggior parte delle imbarcazioni, mentre quelle che avrebbero dovuto iniziare a fine marzo la loro stagione hanno deciso al momento di non armare le barche, non potendo garantire la distanza necessaria tra l'equipaggio e non avendo, una volta giunti a terra, garanzia di vendita del loro pescato a miglio zero, essendo chiusi i classici canali, che stagionalmente, attendono il pesce locale, come ristoranti e alberghi;

   attualmente, sono chiusi i ristoranti, in molti casi bacino primario per il pescato nazionale, e così viene a mancare una fetta importante per il mercato ittico; rimangono aperte le pescherie e la vendita diretta, ma gli italiani, pare, comprano meno pesce, che pure risponde perfettamente alle istanze di una alimentazione sana;

   oltre a queste difficoltà, il settore ittico sta subendo anche un ulteriore duro colpo, dettato dal vertiginoso calo dei prezzi del pescato, per evitare che rimanga invenduto; ciò determina allo stato attuale una débâcle per il comparto della pesca di Europa e Stati confinanti, che a breve riguarderà anche i Paesi del resto del mondo;

   a breve, come accade ogni anno, scatterà il fermo biologico della pesca, un provvedimento che, da consumatori, coinvolge tutti: si tratta di un periodo di tempo nel quale è proibita la pesca in determinate aree, decisione che è in vigore da ormai 30 anni e che l'Unione europea ha fortemente voluto per tutelare il patrimonio ittico dei mari, favorendo la riproduzione naturale delle specie più pescate;

   bloccare la pesca per un certo numero di giorni consecutivi, infatti, significa dare tempo ai pesci di portare a termine il loro ciclo riproduttivo senza pericoli, salvaguardando, così, la fauna dei mari più battuti dai pescherecci;

   a questo punto, in una fase critica che a causa dell'avanzamento del Coronavirus vede minata ogni giorno di più l'economia italiana, potrebbe essere utile anticipare la chiusura temporanea della pesca sia a livello nazionale che europeo;

   anticipando il fermo pesca che solitamente ha inizio tra la fine del mese di luglio e la prima metà del mese di agosto per i successivi 42 giorni, infatti, si salvaguarderebbe la salute dei pescatori che non rischierebbero di metterla a repentaglio, non potendo per forza di cose rispettare le minime norme di sicurezza per evitare di contrarre il virus; inoltre, si lascerebbe riposare e ripopolare tutta la fauna marina con tempi più idonei perché più lunghi di quelli soliti;

   se così si facesse, quando l'emergenza sarà rientrata i mari avrebbero avuto il tempo adeguato per ripopolarsi, al fine di poter soddisfare al meglio le richieste della grande distribuzione, della ristorazione e delle tavole dei consumatori –:

   tenendo conto che attualmente non ci sono le condizioni economiche per lavorare, essendosi ridotta al minimo la richiesta di pescato e considerando che, al tempo stesso, risulterebbero impraticabili a bordo delle imbarcazioni le disposizioni stabilite dal Governo volte a garantire la sicurezza degli equipaggi, se non si intenda valutare la possibilità di anticipare il fermo biologico previsto come ogni anno tra fine luglio e inizio agosto.
(2-00683) «Rossello».

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   BALDINO, SIRAGUSA, ALAIMO, DAVIDE AIELLO, BERTI, BARZOTTI, BILOTTI, COMINARDI, BRESCIA, COSTANZO, MAURIZIO CATTOI, SEGNERI, CORNELI, INVIDIA, D'AMBROSIO, VILLANI, SABRINA DE CARLO, DIENI, FORCINITI, MACINA, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. – Al Ministro per la pubblica amministrazione. – Per sapere – premesso che:

   il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro caratterizzato da una diversa modalità spazio-temporale;

   l'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ha disposto per le pubbliche amministrazioni di adottare la sperimentazione di tali nuove modalità spazio-temporali della prestazione di lavoro;

   la legge 22 maggio 2017, n. 81 (agli articoli 18-24), ha disciplinato il lavoro agile, inserendolo in una cornice normativa e fornendo le basi legali per la sua applicazione anche nel settore pubblico;

   per effetto delle modifiche apportate all'articolo 14 della suddetta legge n. 124 del 2015 dal decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante «Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», deve ritenersi superato il regime sperimentale dell'obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, con la conseguenza che la misura opera a regime;

   inoltre, allo scopo di agevolare l'applicazione del lavoro agile quale ulteriore misura utile a contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, nel citato decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono previste misure normative volte a garantire, attraverso Consip s.p.a., l'acquisizione delle dotazioni informatiche necessarie alle pubbliche amministrazioni, al fine di poter adottare le misure di lavoro agile per il proprio personale;

   con la circolare n. 1 del 2020, il Ministro interrogato ha emanato delle disposizioni aventi lo scopo di ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici e di evitare il loro spostamento, senza tuttavia pregiudicare lo svolgimento dell'attività amministrativa da parte degli uffici pubblici;

   sono state, pertanto, individuate le misure e gli strumenti, anche informatici, a cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere per incentivare il lavoro agile e, nello specifico, l'utilizzo di soluzioni «cloud» per agevolare l'accesso condiviso a dati, informazioni e documenti, il ricorso a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference) –:

   in quale misura e con quali modalità la pubblica amministrazione stia attuando le nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa di cui in premessa e quali siano i primi esiti delle attività di monitoraggio previste dalla direttiva n. 3 del 2017 del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di lavoro agile.
(3-01386)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   FORNARO e PALAZZOTTO. – Al Ministro per la pubblica amministrazione. – Per sapere – premesso che:

   l'aggravarsi della crisi connessa alla diffusione del COVID-19 ha imposto misure eccezionali di contenimento e prevenzione, tra cui la sospensione, disposta da ultimo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020, di molte attività produttive industriali e commerciali;

   i call center sono tra le attività che continueranno ad operare;

   la pubblica amministrazione ha contratti con diverse realtà che gestiscono call center e tale servizio è utilizzato da molti concessionari di pubblici servizi;

   ormai da giorni, lavoratori e sindacati lamentano la scarsa sicurezza sul posto di lavoro. L'uso della mascherina, il metro di distanza e il lavaggio frequente delle mani sono per loro difficili da mettere in pratica. Il primo, per chi lavora al telefono, è di fatto impossibile, perché difficile da indossare. Il secondo, fino a pochi giorni fa, non era stato concesso in diverse attività e i lavoratori continuavano ad essere posizionati l'uno accanto all'altro, a decine nello stesso open space. Il terzo, considerando i ritmi serrati (tre pause in otto ore), è di fatto non praticabile. Inoltre, tra le procedure previste vi è la predisposizione «a scacchiera» dei lavoratori, con conseguente diradamento delle presenze in turno per lasciare una postazione libera fra un lavoratore ed un altro, ma non è ovunque attuata;

   diverse società di gestione di call center non hanno avviato le procedure per l'attivazione del teleworking;

   purtroppo si è già avuta notizia del decesso, a causa delle complicazioni da Coronavirus, di un dipendente della Youtility di Roma, dopo i casi di positività registrati nei call center Comdata e Almaviva contact di Palermo;

   in relazione ai casi ricordati, il segretario della Cgil di Palermo, Enzo Campo, ha sottolineato come eventuali ritardi delle aziende rischiano di mettere a repentaglio la salute e la vita dei lavoratori, nonché le azioni dirette a limitare la diffusione del COVID-19, e quindi l'urgenza di adottare immediatamente le procedure per l'attivazione del teleworking;

   i servizi di call center sono utilizzati in appalto da diverse amministrazioni pubbliche, le quali dovrebbero richiamare e controllare le società a cui è affidato il servizio al rispetto dei protocolli e all'urgente adozione del teleworking –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché le pubbliche amministrazioni vigilino sul rispetto dei protocolli e sull'urgente adozione del teleworking da parte delle società a cui sono affidati servizi di call center, richiamando a tale vigilanza anche i concessionari di pubblici servizi.
(3-01387)
(Presentata il 23 marzo 2020)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazioni a risposta immediata:


   INVERNIZZI, BELOTTI, RIBOLLA, FRASSINI, MOLINARI, BIANCHI, BONIARDI, BORDONALI, CAPITANIO, CECCHETTI, CENTEMERO, COLLA, COMAROLI, ANDREA CRIPPA, DARA, DONINA, FERRARI, FORMENTINI, GALLI, GARAVAGLIA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, IEZZI, LOCATELLI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MAGGIONI, MOLTENI, MORELLI, PAROLO, TARANTINO, TOCCALINI, RAFFAELE VOLPI, ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BENVENUTO, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CESTARI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DURIGON, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FOSCOLO, FURGIUELE, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOLINELLI, GUSMEROLI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MACCANTI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TATEO, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

   la colonna di mezzi militari che attraversano le vie di Bergamo, i reparti di terapia intensiva al completo, i volti stremati dei medici e degli infermieri sono immagini che, purtroppo, fotografano meglio di qualunque altra la situazione drammatica che il nostro Paese e, in particolare, la provincia di Bergamo stanno attraversando a causa dell'epidemia da COVID-19;

   l'infografica dell'Istituto superiore di sanità, aggiornata al 22 marzo 2020, fornisce il seguente dato nazionale: 52.796 contagi e 4.465 decessi; dati che, tuttavia, non trovano corrispondenza nei bollettini che quotidianamente vengono diramati dalla Protezione civile;

   nell'ultimo bollettino della Protezione civile, infatti, sempre a livello nazionale, i morti sono mille in più (5.476) e la forbice si allarga se si prendono a riferimento i contagi (59.138);

   secondo gli amministratori dei comuni lombardi più colpiti, i dati ufficiali non rappresentano che una parte della realtà: si parla, nel bergamasco, di vera e propria ecatombe, nelle comunità per soggetti con disabilità, nelle residenze per anziani che quando va bene sono dimezzate dai decessi, ma anche di persone decedute nella propria abitazione, alle quali non è stato fatto neppure il tampone;

   c'è un altro dato che vacilla dinanzi alle evidenze delle ultime settimane: è quello relativo alla fascia della popolazione a rischio. Era stato detto che la pericolosità del virus fosse circoscritta alle sole persone anziane con patologie pregresse; un messaggio diffuso in maniera secondo gli interroganti quasi irrispettosa nei riguardi di tali categorie che, naturalmente, hanno lo stesso diritto di vivere di tutte le altre;

   si apprende oggi, invece, che tra i ricoverati in gravi condizioni ci sono anche diversi giovani. Hanno fatto notizia, poi, i casi dell'operatore del 118, proprio di Bergamo, 47enne, e del ragazzo di Cave, 34enne, entrambi tragicamente deceduti;

   a quasi due mesi dai primi casi accertati, si è perso il conto dei decreti del Governo e delle «conferenze alla nazione» su Facebook. Nel frattempo, gli operatori impegnati sul campo sono carenti dei dispositivi di protezione individuale, gli approvvigionamenti sono in ritardo e i dati diffusi non rispecchiano fedelmente la realtà –:

   se il Governo non ritenga doveroso fornire il numero reale delle persone decedute dopo aver contratto il COVID-19 nella regione Lombardia e, in particolare, a Bergamo e provincia e se non ritenga urgente e improcrastinabile equiparare le strutture residenziali per anziani e persone con disabilità alle strutture del Servizio sanitario nazionale in termini di sicurezza e prevenzione, dotando il personale ivi operante dei necessari dispositivi di protezione individuale.
(3-01376)
(Presentata il 23 marzo 2020)


   BOSCHI, DE FILIPPO, ROSTAN, NOJA, MARCO DI MAIO, BENDINELLI, FREGOLENT, GIACHETTI e D'ALESSANDRO. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

   la diffusione del virus COVID-19 ha determinato un aumento del fabbisogno di mascherine, indispensabili per contrastare il diffondersi del contagio in particolare negli ospedali e nei presidi sanitari che necessitano del tipo monouso e del tipo professionale ffp2 e ffp3;

   ad oggi si registrano 18 medici deceduti e 3.359 contagiati tra medici e personale infermieristico per cui il problema della produzione, dell'approvvigionamento e della distribuzione delle mascherine è divenuto vitale;

   il capo della Protezione civile ha stimato in 90 milioni di pezzi il fabbisogno mensile, ma la distribuzione sull'intero territorio nazionale è ancora al di sotto delle cifre stimate, come lamentato da molte regioni. In alcuni casi pare che il personale sanitario sia costretto ad indossare le mascherine monouso, che devono essere sostituite dopo 4 ore, per più giorni consecutivi;

   a fronte di questo non sarebbe ancora stata istituita una direzione centrale e, pur avendo il Governo nominato il dottor Domenico Arcuri quale commissario straordinario, gli approvvigionamenti sarebbero gestiti da una pluralità di soggetti, quali Protezione civile, regioni, aziende sanitarie locali, non in grado di far fronte ad un'efficace distribuzione a livello nazionale e di fronteggiare l'aumento del prezzo delle mascherine sul mercato, che da 36 centesimi sarebbe passato anche a 10 euro al pezzo;

   non si ha alcuna certezza riguardo ai contratti conclusi, al numero di mascherine effettivamente disponibili per la distribuzione e all'ammontare delle aziende che hanno proceduto alla riconversione industriale;

   non si può dimenticare, peraltro, l'attuale insufficienza delle mascherine anche per gli operatori dei centri residenziali per anziani o persone con disabilità gravi e le per le stesse persone delle categorie a rischio –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di sopperire alla crescente richiesta di mascherine sia monouso che di tipo professionale, intervenendo sul processo di acquisto, approvvigionamento e distribuzione sull'intero territorio nazionale, e se, a tal fine, vi sia una direzione centrale e come operi in termini di organizzazione, personale impegnato, contratti fino ad ora conclusi con le aziende produttrici o in via di riconversione industriale.
(3-01377)
(Presentata il 23 marzo 2020)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'Italia, così come la quasi totalità della comunità internazionale, sta faticosamente contrastando la drammatica pandemia legata alla diffusione del virus Covid-19;

   attualmente il nostro Paese ha purtroppo il triste primato per il maggior numero di contagi e per numero di morti che è superiore a quello della Cina;

   a contrastare questa epidemia sono da settimane in prima linea i medici, compresi quelli di famiglia, e il personale sanitario degli ospedali e dei presìdi sanitari che operano sul territorio;

   si tratta di personale chiamato ad affrontare situazioni di emergenza in condizioni estremamente difficili, senza le necessarie tutele e non adeguatamente protetto. Non è un caso che di tutti i contagiati da Covid-19, circa il 10 per cento, siano medici e operatori sanitari. In Val di Scalve, nel bergamasco, si sono ammalati tutti i medici di famiglia e si è dovuto ricorrere ai medici militari per sostituirli;

   di fronte a una diffusione dilagante dell'infezione, in Italia in questi lunghi giorni si sta continuando a mandare «in trincea» i medici e gli operatori sanitari, seppure in evidente carenza di dispositivi di protezione, esponendo i sanitari stessi a un inaccettabile rischio per la propria salute e a farsi involontariamente strumenti di diffusione del contagio alla popolazione stessa. Gli operatori sanitari infetti contribuiscono così, inconsapevolmente, alla diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti;

   secondo i recenti dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità (Iss), nel nostro Paese dall'inizio dell'epidemia sono 4.824 i professionisti sanitari che hanno contratto un'infezione da coronavirus, pari al 9 per cento del totale delle persone contagiate. Una percentuale troppo elevata e più che doppia di quella rilevata tra gli operatori sanitari cinesi;

   peraltro, anche in conseguenza della mancata esecuzione dei tamponi a tutti i professionisti e gli operatori sanitari, il numero ufficiale fornito dall'Iss è certamente sottostimato;

   ad aggravare il rischio di contagio, è infatti la constatazione che per il personale sanitario e per i medici, compresi quelli di medicina generale, non è prevista l'effettuazione del tampone per testare l'eventuale positività al virus. I tamponi sono determinanti peraltro per continuare a garantire l'assistenza, per la protezione stessa dei pazienti che accedono agli studi medici e di quelli più fragili che necessitano di visita a domicilio;

   a preoccupare ancora di più, è che non vengono effettuati i tamponi agli stessi operatori sanitari che sono stati a contatto con i soggetti Covid-19, finché non mostrano i sintomi;

   gli operatori sanitari sono quelli che, in queste settimane, stanno pagando il prezzo più elevato, e questo anche perché non possono mettersi in isolamento né essere sostituiti;

   troppi medici e sanitari, invece delle mascherine Ffp2 e Ffp3 a maggiore protezione, continuano a venire dotati di mascherine chirurgiche, che non proteggono adeguatamente questi professionisti qualora entrino in contatto con un soggetto infetto;

   i medici di famiglia continuano a fare il proprio lavoro negli ambulatori e visitano i pazienti nelle loro abitazioni, troppo spesso senza mascherine, senza guanti e senza i dispositivi di protezione individuale;

   chi sta combattendo in prima linea contro il Coronavirus dovrebbe, invece, avere tutte le necessarie tutele e tutti gli strumenti a disposizione per poter vincere questa «guerra». Medici, infermieri, operatori sanitari, ma anche forze dell'ordine, Forze armate, donne e uomini della Protezione civile, devono avere i dispositivi di protezione adeguati (mascherine, guanti, camici professionali) per salvaguardare la propria e l'altrui salute –:

   quali iniziative urgenti e improcrastinabili si intendano adottare, a tutela della salute degli operatori e della popolazione, per dotare tutto il suddetto personale non solo sanitario, impegnato nel contrasto alla diffusione del Covid-19, di tutti i dispositivi di protezione individuale più adeguati e, in particolare, per garantire la dotazione delle mascherine Ffp2 e Ffp3 a tutti i medici, compresi quelli di medicina generale, e agli operatori sanitari impegnati quotidianamente sul territorio con soggetti infetti o ad alto rischio di infezione;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per estendere i tamponi a tutto il personale sanitario impegnato sul territorio, e non solamente agli operatori sanitari con sintomi, per proteggere al meglio il personale esistente e ridurre sensibilmente il rischio di contagio nella popolazione.
(2-00684) «Gelmini, Bagnasco».

Interrogazione a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2020 il Governo italiano, facendo seguito alla dichiarazione di emergenza internazionale di sanità pubblica emessa dall'Organizzazione mondiale della sanità a causa dell'epidemia di Coronavirus sviluppatasi in Cina, ha dichiarato «lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» per sei mesi, con provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 1° febbraio 2020;

   in piena emergenza sanitaria da COVID–19, nella tarda serata di venerdì 14 febbraio 2020, così come si apprende da diversi comunicati, è partito dalla base di pronto intervento Unhrd delle Nazioni Unite di Brindisi un volo per Pechino, organizzato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per contribuire ad affrontare l'emergenza sanitaria in Cina nelle aree più colpite dal Coronavirus COVID-19;

   il Ministero ha precisato che si trattava di «16 tonnellate di materiale medico-sanitario di protezione personale (mascherine, tute e occhiali protettivi, guanti e termometri) messo a disposizione dall'ambasciata cinese in Italia e 2 tonnellate di materiale sanitario (mascherine protettive specialistiche per operatori sanitari, tute di protezione per operatori sanitari, mascherine protettive) finanziato direttamente dalla cooperazione italiana»;

   tale spedizione verso la Cina, in un momento in cui sarebbe stato più opportuno trattenere simili materiali in Italia, è stata denunciata anche da diversi ospedali italiani, tra i quali l'azienda sanitaria regionale del Lazio e gli ospedali di Bari e Palermo, ma anche da forze dell'ordine e farmacisti, che hanno dovuto affrontare la difficoltà di reperire proprio le tipologie di materiali spediti in Cina;

   in Italia, infatti, i dispositivi di protezione individuale hanno cominciato a scarseggiare da subito e la loro mancanza costituisce anche oggi una grossa difficoltà nell'affrontare la diffusione del virus COVID-19 –:

   per quali motivi il Governo, considerata la dichiarazione dello stato di emergenza, non si sia attivato di conseguenza, predisponendo immediatamente un piano per affrontare l'epidemia e, in particolare, reperendo dispositivi di protezione individuale come le mascherine, respiratori e potenziando il sistema sanitario nazionale, nonché come sia stato possibile che, nonostante la consapevolezza dell'emergenza in corso, in data 15 febbraio 2020 sia stato spedito il cargo con diciotto tonnellate di materiale sanitario in Cina.
(3-01379)
(Presentata il 23 marzo 2020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAMMÌ. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quando si è diffuso anche in Italia il contagio dal nuovo coronavirus Sars-CoV-2, denominato Covid-19, sono oltre 2600, in base ai dati diffusi il 18 marzo 2020 dall'istituto superiore di sanità, gli operatori sanitari contagiati;

   nel rapporto dell'istituto superiore di sanità Covid-19, n. 2/2020 è riconosciuto che "i soggetti maggiormente a rischio d'infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da Covid-19, in primis gli operatori sanitari impegnati in assistenza diretta ai casi e il personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni biologici di un caso di Covid-19, senza l'impiego e il corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) raccomandati o mediante l'utilizzo di DPI non idonei"; nel medesimo rapporto vengono specificati i Dpi raccomandati agli operatori sanitari per la prevenzione del contagio dal virus, quali mascherine dotate di filtranti respiratori Ffp2 o Ffp3 nelle procedure che generano aerosol, occhiali a mascherina o visiera, camici idrorepellenti e guanti monouso;

   allo stato attuale, i medici e gli infermieri impegnati in prima linea nelle attività di contrasto al Covid-19, si trovano a operare in condizioni di estrema criticità poiché dotati di semplici mascherine chirurgiche e privi di adeguati Dpi e mascherine Ffp3 o Ffp2, fondamentali per fronteggiare tutte le possibilità di esposizione al rischio di contagio;

   ad aggravare il quadro si inserisce anche la misura introdotta dall'articolo 7 del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, laddove prevede che gli operatori sanitari sottoposti alla sorveglianza sanitaria anche se asintomatici debbano continuare a lavorare, con il pericolo di divenire essi stessi vettori di infezione verso le proprie famiglie, i pazienti da loro assistiti e chiunque entri con essi in contatto; sarebbe invece opportuno che l'operatore sanitario entrato in contatto con un caso sospetto o confermato di Covid-19, venisse preliminarmente sottoposto a tampone al settimo e decimo giorno dal contatto avvenuto, per tornare in servizio solo in caso di esito negativo;

   il Governo ha richiamato i cittadini a seguire le restrittive misure dell'obbligo della permanenza domiciliare e del distanziamento sociale per contenere la diffusione del virus; altrettanto risolutamente andrebbe assunta la precauzione di dotare tutti i sanitari di adeguati Dpi, come scelta decisiva per interrompere la catena di trasmissione del coronavirus;

   infine, con riguardo alle nuove assunzioni di medici specialisti e infermieri, secondo le modalità disciplinate nel decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, si ritiene che le stesse debbano avvenire tutelando i loro diritti, prevedendo la possibilità di convertire i contratti a tempo determinato legati all'emergenza Covid-19, in contratti a tempo indeterminato alla loro scadenza;

   in questo momento di emergenza sanitaria, in cui tutti gli operatori sanitari sono chiamati in prima linea, non ci si può permettere che proprio essi, in carenza di adeguati Dpi, siano significativamente esposti al rischio di infettarsi, con il conseguente rischio per la popolazione di vedersi privata di preziose garanzie assistenziali;

   come affermato dallo stesso Ministro interrogato pubblicamente il 14 marzo 2020 «la priorità per affrontare l'emergenza è difendere il nostro personale sanitario che sta facendo un lavoro straordinario in queste ore», precisando che «Il modo migliore per farlo è garantire prima di tutto a loro i dispositivi di protezione individuale» –:

   quali concrete iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare, nel miglior modo possibile la salute degli operatori sanitari che quotidianamente entrano in contatto con pazienti potenzialmente infettati dal Covid-19 privi di adeguati dispositivi di protezione individuale;

   quali concrete iniziative il Governo intenda adottare per tutelare i diritti dei medici e degli infermieri che verranno assunti con contratto a tempo determinato in base alle disposizioni di cui al recente decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14.
(4-04979)


   VILLANI, NAPPI, ADELIZZI e MANZO. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   in questo momento storico in Italia e in tutto il mondo si sta vivendo un dramma causato dal virus Sars-Cov-2;

   a differenza del Nord Italia in cui i numeri fanno rabbrividire, nel Mezzogiorno i casi di contagio da Covid-19 sono ancora limitati e, se si agisce in questo iniziale momento della curva epidemica, si possono raggiungere significativi risultati;

   le misure di contenimento fissate dal Governo, se osservate, si prevede che avranno effetto non prima di 2 settimane;

   gli ultimi bollettini resi pubblici dall'unità di crisi della regione Campania rispetto all'emergenza Coronavirus, evidenziano al momento un importante aumento di casi di persone risultate positive al virus;

   è timore fondato e diffuso che le strutture ospedaliere nella provincia di Salerno, a sud del capoluogo, non abbiano reparti di terapia intensiva sufficientemente attrezzati con ventilatori polmonari, indispensabili per fronteggiare le patologie conseguenti all'infezione che, se non debitamente curate, hanno esito letale;

   nel piano sanitario della regione Campania, a quanto risulta, non è previsto l'adeguamento dei reparti di terapia intensiva all'interno delle strutture ospedaliere presenti sul territorio cilentano e valdianese (Agropoli, Vallo della Lucania, Roccadaspide, Polla, Sapri e altri);

   il presidio ospedaliero di Agropoli, nosocomio che, per capienza, potrebbe ospitare un reparto di terapia intensiva di circa 100 posti letto, è ad oggi incomprensibilmente chiuso e inutilizzato;

   un ospedale, rispetto a sistemazioni temporanee in tenda, potrebbe costituire, anche in considerazione della felice posizione di Agropoli, servita dalla strada a lunga percorrenza strada statale 18 Var di recente ripavimentata, un adeguato ed efficiente punto di assistenza per le comunità della vasta area del Cilento e del Vallo di Diano;

   l'articolo 32 della Costituzione sancisce il sacrosanto diritto alla salute e i cittadini del Cilento in questo momento sono terrorizzati dalla possibilità che, se contagiati, nessuno potrà curarli; lamentano che per lo Stato, oggi, ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B e che non venga garantita loro la possibilità di essere curati con l'ospedalizzazione;

   il territorio del Cilento è vasto e ha una densità demografica molto elevata che non può essere gestita dai vicini ospedali di Vallo della Lucania e Battipaglia;

   la struttura dell'ospedale civile di Agropoli deve essere solo attrezzata adeguatamente per poter, da subito, curare i contagiati e gestire l'emergenza da Sars-Cov-2 sul territorio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, in particolare delle gravi condizioni e dei disagi in cui versano le strutture ospedaliere del Cilento e del Vallo di Diano, e quali iniziative celeri e urgenti si intendano assumere, per quanto di competenza, per fronteggiare la sempre più prevedibile espansione dell'epidemia da Sars-Cov-2;

   quali iniziative di competenza intendano adottare, in sinergia con la regione Campania, per attrezzare tempestivamente, in un momento di grave emergenza sanitaria, il presidio ospedaliero di Agropoli con strutture di terapia intensiva pienamente operative.
(4-05000)


   BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese e tutta la comunità internazionale stanno affrontando un'emergenza sanitaria e un'epidemia drammatica legata alla diffusione del virus Covid-19;

   l'Italia, ad oggi, ha il triste primato di avere un numero di morti superiore a quelli della Cina e il maggior numero di contagi;

   in queste settimane a provare a contrastare questa epidemia sono in prima linea i medici e il personale sanitario degli ospedali e dei presìdi sanitari che operano sul territorio; si tratta di personale che è chiamato ad affrontare situazioni di emergenza in condizioni estremamente difficili e senza le necessarie tutele. Non è un caso che di tutti i contagiati da Covid-19, circa il 10 per cento, siano medici e operatori sanitari. E questo a dimostrazione che sono stati mandati in prima linea non adeguatamente protetti;

   di fronte a una pandemia incombente, in Italia si stanno mandando in trincea i medici e gli operatori sanitari in carenza di dispositivi di protezione, esponendo i sanitari e la popolazione a un inaccettabile rischio di diffusione del contagio;

   peraltro, ad aggravare il rischio di contagio è il fatto che per i farmacisti, il personale sanitario e per i medici, compresi quelli di famiglia, non è prevista l'effettuazione del tampone per testare l'eventuale positività al virus. I tamponi sono determinanti, tuttavia, per continuare a garantire l'assistenza, per la protezione stessa dei pazienti che accedono agli studi medici e di quelli più fragili che necessitano di visita a domicilio –:

   se non si ritenga indispensabile, per ridurre il rischio di diffusione del contagio e per assicurare la tutela della salute degli operatori, adottare iniziative per prevedere l'obbligo di effettuare il tampone per tutti i farmacisti, i medici e gli operatori sanitari e socio-sanitari direttamente impegnati nel contrasto alla diffusione del Covid-19 e nella cura delle persone contagiate.
(4-05003)


   BARBUTO e VILLANI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come è noto l'emergenza dovuta al diffondersi del Coronavirus sta mettendo a dura prova l'intero sistema sanitario del Paese, con gli ospedali del Nord ormai al limite del collasso e quelli del Sud, dove si teme che possa arrivare una nuova ondata di contagi, che stanno precipitosamente cercando di dotarsi di ulteriori posti in terapia intensiva, per far fronte ai contagi che si stanno diffondendo a macchia d'olio;

   è di queste ore l'encomiabile risposta di oltre 7.900 medici che in meno di 24 ore, compilando un form, hanno dato la loro disponibilità a far parte della costituenda task force di 300 medici, che la Protezione civile si appresta a predisporre per supportare le strutture sanitarie regionali;

   è, al contrario, imbarazzante e a dir poco vergognosa la situazione che nelle stesse ore si è verificata presso l'Asp di Crotone, di cui ha dato notizia il direttore generale facente funzioni e che ha avuto grande risalto a livello nazionale, essendo stata riportata dai maggiori organi di stampa, dove si è registrata l'improvvisa e contestuale assenza per malattia di 300 dipendenti, di cui 141 del settore sanità (91 infermieri, 33 medici e 17 operatori socio-sanitari) che si innesta, peraltro, su una cronica mancanza di personale;

   tra questi spicca il caso limite di un infermiere, assunto a tempo determinato per far fronte alla carenza di personale dell'Asp di Crotone che, dopo aver firmato il contratto e aver fatto il primo turno di lavoro, si è messo in malattia per 15 giorni e percepirà ugualmente lo stipendio;

   sicuramente dato l'elevato numero di soggetti coinvolti, vi saranno tra i 141 sanitari che, grazie alla certificazione medica presentata si assenteranno dal lavoro, coloro che effettivamente necessitano di cure e riposo, ma la singolarità di un così elevato numero di assenze, in un momento in cui ogni risorsa è preziosa per fronteggiare e sconfiggere il Covid-19, necessita delle opportune verifiche, per scongiurare il rischio che qualcuno possa pensare di fare il furbo in questo tragico momento, rimanendo seduto sul divano di casa;

   la necessità di predisporre immediati controlli per accertare e punire eventuali abusi, è ancora più impellente, laddove si consideri che vi sono medici e infermieri in prima linea, i veri eroi del momento, che ormai da settimane non osservano turni di riposo e sono sottoposti a orari massacranti per salvare la vita dei concittadini;

   in data 23 marzo 2020, per come si apprende dagli organi di stampa, la Guardia di finanza di Crotone ha proceduto presso l'Asp di Crotone al sequestro di tutti i certificati medici presentati da infermieri, medici, operatori socio-sanitari e personale amministrativo –:

   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione di carenza di personale – che aggrava notevolmente una situazione già cronica – venutasi a creare presso l'Asp di Crotone a seguito della contemporanea assenza di 141 operatori sanitari a causa di malattia e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per predisporre capillari controlli nei confronti di tutti gli assenti e dei medici che ne hanno certificato la malattia, anche disponendo all'uopo una visita ispettiva.
(4-05004)


   SIRACUSANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, contenente misure volte a fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, all'articolo 102, introduce delle norme sull'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, prevedendo che il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia abiliti all'esercizio della professione di medico chirurgo, previo giudizio di idoneità sui risultati relativi alle competenze dimostrate nel corso del tirocinio pratico valutativo svolto all'interno del corso di studi;

   la norma è finalizzata a superare, a regime, il meccanismo dell'abilitazione all'esercizio professionale per i laureati in medicina e chirurgia;

   detta previsione costituisce una misura dettata dalle particolari condizioni di sofferenza del servizio sanitario nazionale e, dunque, dalla necessità di disporre quanto prima di medici abilitati, nonché dalle oggettive condizioni di difficoltà con le quali verrebbe svolta la prova di esame di abilitazione la quale è già stata oggetto di un rinvio in considerazione dello stato emergenziale in cui versa il Paese;

   la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO), i questi giorni ha invitato gli stessi Ordini a procedere a una modalità di iscrizione semplificata e uniforme su tutto il territorio nazionale;

   all'interrogante risulta che molti Ordini professionali provinciali non si riuniscono da tempo e, quindi, non stiano procedendo con sollecitudine all'iscrizione di questi oltre 1.000 giovani medici che sono quindi costretti a rimanere inattivi. Cosa grave proprio in questa fase di drammatica emergenza sanitaria e alla luce del fatto che, proprio nei giorni scorsi, la protezione civile nazionale ha pubblicato un bando per reclutare medici volontari –:

   se sia a conoscenza che gli Ordini professionali non stiano procedendo o lo stiano facendo con ritardo, anche alla luce dell'articolo 102 del decreto-legge n. 18 del 2020, all'iscrizione dei tanti giovani medici laureati;

   se sia a conoscenza di quanti medici siano in attesa di iscrizione;

   se non ritenga che, in questa fase di emergenza, si debbano adottare iniziative per disporre procedure d'iscrizione all'Ordine professionale immediate, anche attraverso strumenti telematici.
(4-05014)