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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 19 febbraio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva 2008/50/CE, recepita dal nostro Paese con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, stabilisce gli obiettivi di qualità dell'aria volti a migliorare la salute dell'uomo e la qualità dell'ambiente fino al 2020 e specifica, inoltre, le modalità per valutare tali obiettivi e assumere eventuali azioni correttive in caso di mancato rispetto delle norme;

    il citato decreto legislativo n. 155 del 2010, assegna alle regioni il compito di svolgere le attività di valutazione e di pianificazione volte a conoscere il contesto nazionale e ad identificare le misure più efficaci per il rispetto dei valori di qualità dell'aria e ad assicurarne l'attuazione;

    vale la pena evidenziare che comunque la Corte costituzionale (sentenza n. 141 del 2014) ha ricondotto la tutela della qualità dell'aria alla materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», per la quale lo Stato ha la competenza esclusiva ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Carta Costituzionale;

    in relazione alla citata direttiva 2008/50/CE l'Unione europea ha aperto nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione (la n. 2014/2147 e la n. 2015/2143) legate al superamento, in alcune zone, dei valori limite di biossido di azoto (NO2) e di polveri sottili (PM10);

    riguardo alla prima infrazione, la Commissione europea, ha presentato ricorso il 13 ottobre 2018 presso la Corte di giustizia per fare dichiarare l'Italia inadempiente, in quanto la medesima Commissione ha ritenuto che i dati ottenuti sulla concentrazione di Pm10 nell'aria dimostrano una violazione sistematica e continuata;

    con la seconda procedura di infrazione, la Commissione europea ha contestato al nostro Paese la violazione di una serie di disposizioni sulla qualità dell'aria, con riferimento alla situazione esistente, in diversi «agglomerati» e «zone» del territorio italiano, in ordine alle concentrazioni di biossido di azoto (HO2) nell'aria;

    eventuali sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea potrebbero imporre costi economici di entità molto rilevante, nonché la possibile riduzione dei fondi strutturali per l'Italia;

    anche per dare una risposta alle suddette procedure di infrazione, il Governo ha emanato il decreto-legge n. 111 del 2019, cosiddetto «decreto clima». Una serie di misure che, ad avviso degli interpellanti, non hanno alcuna visione organica, e che toccano i temi più svariati, come il trasporto scolastico sostenibile, le attività di rimboschimento, l'informazione e la formazione ambientale, la piantumazione urbana, il cosiddetto «buono mobilità», riservato ai rottamatori di auto fino a «Euro 3» e motorini a due tempi. Norme davvero poco efficaci, e questo anche per l'esigua dotazione finanziaria prevista dal decreto;

    nonostante i buoni proclami del Governo in carica come di quelli che si sono succeduti negli ultimi anni, il nostro Paese risulta essere ancora del tutto carente sul fronte delle misure per la lotta allo smog;

    gli ultimi preoccupanti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea) nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria, indicano l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto (NO2) e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nei report dell'Aea, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno. Senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle nostre città;

    complessivamente nell'Unione europea a 28 lo smog è responsabile di 372 mila decessi prematuri, in calo dai 391 mila del 2015;

    l'Italia fa parte dei Paesi con la qualità dell'aria peggiore, tanto che il 98 per cento dei bambini è esposto a livelli troppo alti di polveri ultrasottili;

    una ricerca del 2018 commissionata dall’European Public Health Alliance (Epha), riporta che ogni anno gli effetti dell'inquinamento atmosferico dovuto al traffico sulla salute dei contribuenti europei causa almeno 70 miliardi di euro di danni. La grande maggioranza dei costi viene sostenuta dai contribuenti attraverso i servizi sanitari finanziati dal Governo. Costi che in realtà potrebbero essere ridotti dell'80 per cento entro il 2030 se venissero intraprese azioni ambiziose per limitare l'inquinamento atmosferico;

    una delle aree maggiormente interessate rispetto alla qualità dell'aria è sicuramente quella del bacino padano, che costituisce la zona con maggiori criticità riguardo al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria;

    il 23 gennaio 2020, Legambiente ha presentato il suo rapporto «Mal'aria 2019», il dossier annuale che monitora l'inquinamento delle città;

    quello che emerge ancora una volta dal rapporto annuale di Legambiente è davvero allarmante: nel 2018 in 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l'ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l'ozono). In 24 dei 55 capoluoghi, il limite è stato superato per tutti e due i parametri;

    quello che ancora una volta emerge è l'assenza di efficaci misure strutturali in grado di ridurre sensibilmente le concentrazioni di inquinamento presenti nell'aria. Tutto ciò determina un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all'anno;

    come confermato anche dall'Ispra, i trasporti stradali rappresentano una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane. Si ricorda peraltro che il nostro Paese è uno tra quelli europei con il più alto tasso di motorizzazione (con una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti) e questo è anche conseguenza dell'insufficiente trasporto pubblico nelle aree urbane;

    praticamente a nulla servono i blocchi, più o meno parziali, della circolazione per i mezzi più inquinanti che vengono periodicamente decisi dalle diverse amministrazioni comunali;

    in queste settimane alcune amministrazioni, come per esempio Roma o Torino, hanno previsto il blocco addirittura dei recentissimi diesel euro 6, ossia vetture che rispettano in pieno le ultime normative europee in materia di emissioni, ed emettono meno CO2 rispetto a gran parte dei motori a benzina;

    la decisione di alcune amministrazioni comunali di fermare le nuovissime diesel euro 6 è un atto incomprensibile, soprattutto se a questo blocco corrisponde la libera circolazione di altri autoveicoli (non solo privati ma anche di trasporto pubblico) ben più vecchi e inquinanti;

    si parla del blocco di veicoli diesel di ultima generazione che hanno emissioni di particolato e di ossidi di azoto uguali ai veicoli benzina e prossimi allo zero. L'adozione di queste misure di blocco nei confronti dei diesel euro 6 da parte di alcune amministrazioni comunali, Roma in testa, è in contrasto con quelle europee ed internazionali, frutto di studi accurati che certificano la piena idoneità a circolare ai suddetti veicoli diesel euro 6;

    uno degli effetti assolutamente negativi di queste decisioni, assai ben poco razionali, è stata la disdetta in pochi giorni di centinaia di prenotazioni di acquisto di autovetture diesel di ultima generazione, che ha fra l'altro spostato ancora di più il rapporto del mercato benzina/diesel, passato in una sola settimana da un mix del 70 per cento per le auto benzina e 30 per cento diesel, a meno del 10 per cento di vetture a gasolio. Un caso unico in Europa, visto l'atteggiamento politico della nostra amministrazione pubblica;

    il fatto è che, al di là dell'impegno delle regioni e dei singoli sindaci e amministratori locali, il Governo deve dare il suo contributo anche in termini di risorse finanziarie;

    devono essere messe in campo ben altre cifre per favorire e investire sulla mobilità pubblica nelle aree urbane, con particolare riguardo a quella elettrica e su rotaia, sul trasporto pubblico regionale, fino ad arrivare alla necessaria riqualificazione degli edifici pubblici per quanto riguarda l'efficientamento energetico;

    il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e una integrata strategia antismog;

    peraltro, non risulta che l'Italia abbia ancora presentato il programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico (Napcp), secondo quanto previsto dalla direttiva sui limiti nazionali di emissione entrata in vigore alla fine del 2016;

    nel 2015 era stato siglato dal Ministero dell'ambiente, dalla Conferenza delle regioni e dall'Anci un protocollo di intesa volto a migliorare la qualità dell'aria, con interventi prioritari nelle città metropolitane maggiormente inquinate. Successivamente, il 4 giugno 2019, Governo e regioni hanno sottoscritto un altro protocollo, il «Protocollo aria pulita», nel quale vengono individuate misure da porre in essere nel breve e medio periodo per contrastare l'inquinamento atmosferico in Italia. Iniziative importanti e che vanno nella giusta direzione, ma insufficienti a cominciare dalle risorse ad esse assegnate;

    è bene comunque evidenziare l'estrema incidenza sui livelli di smog del riscaldamento degli edifici. Uno studio del Politecnico di Milano sull'impatto sulla qualità dell'aria urbana da parte delle principali fonti di inquinamento attesta che gli impianti termici per il riscaldamento domestico hanno un'incidenza sul totale delle emissioni di CO2 in ambito urbano che è fino a 6 volte superiore rispetto all'incidenza del traffico veicolare;

    il presidente dell'Anaci di Milano (Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari), ha recentemente lanciato l'allarme relativo alla mancata sostituzione di impianti di riscaldamento obsoleti e fuori norma;

    è necessario favorire ulteriormente la sostituzione dei vecchi apparecchi con quelli di nuova generazione che abbattono le emissioni fino all'80 per cento;

    proprio riguardo al riscaldamento degli edifici, è necessario accelerare riguardo la sostituzione di energie fossili con energie rinnovabili, e tra queste le biomasse legnose;

    le biomasse legnose (ancora oggi legna e pellet), rappresentano, con più del 21 per cento, la seconda fonte di riscaldamento delle famiglie del nostro Paese. Da un lato, sono accusate di essere tra le cause di inquinamento e, dall'altro, sono ritenute fondamentali, perché rappresentano la prima fonte di energia rinnovabile. In realtà, più che le biomasse legnose, ad inquinare è l'utilizzo ancora molto diffuso di apparecchi inquinanti e vecchi;

    le cifre parlano di quasi il 60 per cento di stufe a legna o pellet con oltre cinque anni e il 18 per cento con più di dieci anni. Tutto questo mentre, come ha ricordato il coordinatore dell'Associazione italiana energie agroforestali, la tecnologia ha fatto passi da gigante. «Rottamare le vecchie stufe a legna e pellet è fondamentale nella lotta all'inquinamento, è come passare da un'auto Euro 0 a un'auto Euro 6»;

    la sostituzione di energie fossili con energie rinnovabili come le biomasse legnose è e resta una scelta irreversibile;

    peraltro, le misure da mettere in atto per il contrasto all'inquinamento atmosferico hanno effetti positivi diretti sulla lotta al cambiamento climatico. Questo impone soluzioni coordinate sia sul piano industriale sia per gli usi civili e richiede modelli di sviluppo nuovi, in grado di affrontare realtà diverse e armonizzarle in direzione di un comune obiettivo di crescita socio-economica e di compatibilità ambientale;

    per ridurre l'inquinamento dell'aria è altresì necessario accelerare verso un'economia capace di ridurre sempre di più le immissioni in atmosfera valorizzando maggiormente riutilizzo e il riciclo e implementando fortemente la dotazione impiantistica di ciascun ente territoriale indispensabile a consentire la chiusura del ciclo dei rifiuti superando un deficit impiantistico intollerabile;

    una inchiesta de Il Sole 24 Ore mostra come siano più di 200 mila i camion, fra tir e compattatori, necessari ogni anno per trasportare i rifiuti prodotti dalle regioni che non hanno abbastanza impianti per smaltirli, e che per questo motivo li destinano alle discariche o ai termovalorizzatori situati in altre regioni o all'estero. Sono calcoli fatti dal centro studi di «Ref Ricerche», i cui economisti hanno provato ad allineare questi veicoli in una fila immaginaria e hanno concluso che i camion formerebbero una colonna lunga 3.300 chilometri, quasi la distanza tra Reggio Calabria e Mosca. Inoltre, la tassa sull'immondizia sale dove mancano i siti di trattamento. Questa quotidiana migrazione di veicoli necessari a esportare l'immondizia e il costo crescente della tassa rifiuti per le famiglie, misurano gli effetti del «no» ad ogni costo alla realizzazione degli impianti necessari a smaltire i rifiuti,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative per incrementare decisamente le risorse, attualmente insufficienti, finalizzate ad un efficace piano nazionale contro l'inquinamento atmosferico che consenta realmente di finanziare misure strutturali in grado di ridurre sensibilmente le concentrazioni di inquinanti presenti nell'aria;

2) ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse per accelerare la realizzazione delle infrastrutture e delle colonnine di ricarica adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, con particolare riguardo alle aree urbane;

3) ad adottare iniziative per prevedere l'esenzione dal pagamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche qualora in dette aree siano ubicate le medesime colonnine di ricarica elettrica;

4) a favorire realmente una mobilità sostenibile, anche attraverso un improcrastinabile ricambio degli autoveicoli per il trasporto pubblico a disposizione degli enti locali, mediamente ormai troppo vecchio e fortemente inquinante, quale strumento di abbattimento dei livelli di smog sicuramente più efficace dei blocchi sempre più frequenti della circolazione decisi da alcune amministrazioni comunali, e che vedono coinvolti anche autoveicoli di ultima generazione immatricolati nel pieno rispetto delle ultime normative europee in materia di emissioni;

5) ad adottare iniziative per prevedere agevolazioni e misure di vantaggio anche per chi acquista autoveicoli «bifuel» a gpl e a metano, in quanto in grado di incidere sensibilmente di meno rispetto alla benzina e al diesel sui livelli di inquinamento atmosferico;

6) a predisporre un efficace piano di investimenti finalizzato a favorire e ad implementare sensibilmente il trasporto di persone e merci su rotaia;

7) ad adottare iniziative per prevedere ulteriori risorse e benefici fiscali al fine di accelerare la sostituzione degli impianti di riscaldamento degli edifici pubblici e privati con quelli di ultima generazione in grado di ridurre le emissioni fino all'80 per cento;

8) ad avviare una campagna informativa volta a far conoscere i benefici fiscali attualmente esistenti connessi alla sostituzione di vecchie caldaie con quelli di ultima generazione e il relativo conseguente risparmio sulla bolletta elettrica;

9) a prevedere le opportune iniziative volte ad aumentare sensibilmente i territori raggiunti dalla rete nazionale dei gasdotti, favorendo così la metanizzazione di tanti aree non servite e agevolando conseguentemente la sostituzione degli impianti a gasolio con quelli alimentati a metano combustibile decisamente meno inquinante;

10) ad adottare le opportune iniziative volte a accrescere la dotazione impiantistica legata al trattamento dei rifiuti, attualmente del tutto inadeguata in troppe aree del nostro Paese, al fine di garantire una efficace gestione territoriale del ciclo integrale dei rifiuti, consentendo – tra l'altro – una sensibile riduzione del quotidiano trasporto di tonnellate di rifiuti prodotti ma conferiti dai camion in impianti o discariche di altre regioni, con quello che ciò comporta in termini di riduzione di CO2.
(1-00333) «Mazzetti, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Labriola, Ruffino, Prestigiacomo, Occhiuto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDINI e GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sindrome di Brugada è una patologia cardiaca identificata verso la fine degli anni ’80, partendo dall'osservazione dell'interrelazione tra una specifica alterazione dell'elettrocardiogramma e l'insorgenza di aritmie ventricolari tali da condurre, in talune condizioni, al decesso;

   l'osservazione clinica ha condotto a successivi approfondimenti genetici che hanno appurato che la duplice sussistenza di alterazione dell'elettrocardiogramma e di aritmie sia determinata da un'alterazione genetica che coinvolge i canali ionici cardiaci: la mutazione ne altera la funzione e rende il muscolo cardiaco elettricamente instabile e suscettibile all'arresto cardiaco;

   l'individuazione della sindrome è spesso una sfida diagnostica, in quanto l'Ecg basale talora mostra solo tratti latenti;

   la sindrome, unitamente ad altre patologie quali la cardiopatia ipertrofica, la displasia aritmogena e la sindrome del QT lungo, si colloca tra le principali cause di arresto cardiaco giovanile, poiché la fascia di età maggiormente a rischio è tra i 20 e i 40 anni: il decesso di noti giovani sportivi si colloca proprio in questo scenario;

   considerando che i criteri diagnostici e prognostici sono ancora in sviluppo, tra la comunità dei cardiologi pediatri e i medici dello sport le patologie citate risultano ancora poco conosciute; pertanto, il sospetto è difficilmente sollevato in assenza dell'adeguata conoscenza, anche in ragione del fatto che spesso l'elettrocardiogramma non è eseguito personalmente dal medico specialistico;

   a seguito di accertata diagnosi nei casi a rischio, esistono specifiche terapie che consentono di svolgere le normali attività quotidiane in sicurezza: pertanto, la mancata diagnosi, segnatamente per assenza di adeguata conoscenza e formazione in capo agli specialisti, può essere causa di eventi avversi. Tali aspetti confermano, dunque, il carattere determinante e prioritario di un corretto percorso di informazione e sensibilizzazione sul versante medico in materia di sindrome delle morti improvvise nei giovani;

   il 30 luglio 2019, nell'ambito del provvedimento recante disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extra-ospedaliero, il Governo pro-tempore ha accolto l'ordine del giorno a firma dell'interrogante che lo impegna a «a valutare la possibilità di prevedere, anche attraverso iniziative di carattere normativo, la possibilità di allestire su tutto il territorio nazionale centri di prevenzione per la sindrome delle morti improvvise nei giovani» –:

   se si intendano intraprendere opportune iniziative per la promozione della conoscenza delle patologie di cui in premessa, al fine di renderle oggetto di formazione obbligatoria nella comunità dei cardiologi, pediatri, medici sportivi e medici di famiglia, e se in questa prospettiva si intenda promuovere l'istituzione della giornata nazionale contro le morti cardiache improvvise.
(5-03618)


   SAPIA e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'emergenza conseguente anche a illegalità diffuse, la sanità calabrese è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo;

   di recente Daniela Saitta, professore nell'Università La Sapienza di Roma, commercialista con studio nella capitale e già rappresentante degli obbligazionisti di Atlantia spa, è stata nominata commissaria dell'Asp di Cosenza, ma nel suo curriculum non figura il possesso di esperienza in materia di organizzazione e gestione sanitaria, precipuamente richiesto per codesto ruolo dal decreto-legge n. 35/2019 come convertito;

   tale nomina è stata contestata pure dall'Ordine dei medici della provincia di Cosenza;

   insediatasi alla direzione dell'Asp cosentina, con determinazione n. 15/2020 del 17 gennaio 2020 recante «Costituzione segreteria ufficio del Commissario» e previa selezione intuitu personae, Saitta ha affidato incarico di collaborazione ad un commercialista, già in rapporti professionali con azienda del gruppo iGreco, proprietario di cliniche convenzionate con l'Asp medesima, e a un avvocato, entrambi estranei all'organico dell'azienda sanitaria in predicato, con la motivazione di destinare alle originarie mansioni il personale della stessa Asp, «rimasto sottratto agli uffici di originaria appartenenza», benché per effetto del Dca n. 117/2017, di approvazione dell'atto aziendale dell'azienda medesima, tra gli uffici di diretta collaborazione del direttore generale sia previsto l'ufficio di segreteria, composto da personale interno;

   nella summenzionata fattispecie si potrebbe dunque, profilare, ad avviso dell'interrogante, danno all'erario;

   con propria deliberazione, n. 199/2020 del 14 febbraio 2020, la stessa Saitta ha conferito alla figlia, sua collaboratrice presso il proprio studio commerciale, un incarico di collaborazione all'interno dell'Asp di Cosenza;

   la suddetta deliberazione è stata subito ritirata in autotutela, con il che di fatto Saitta ha riconosciuto il proprio errore;

   stando alla deliberazione n. 199/2020, pare che la commissaria Saitta continui a esercitare la libera professione di commercialista, benché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 maggio 2001 abbia stabilito che il rapporto di lavoro del direttore generale – cui anche dall'Anac è assimilato quello di commissario aziendale come da deliberazione della stessa autorità, n. 66 del 2 settembre 2015 – di un'azienda pubblica della salute è esclusivo;

   con nota del 20 gennaio 2020 del deputato Francesco Sapia, è stato richiesto ai commissari alla sanità calabrese di annullare la riferita determinazione n. 15/2020, al momento senza risposta –:

   se il Governo non ritenga necessario e urgente, anche come indubbio segnale di legalità, adottare le iniziative di competenza per la sostituzione del commissario dell'asp di Cosenza e dei commissari governativi per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario calabrese.
(5-03635)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che due detenuti su tre sono malati, che tra i 25 mila e i 35 mila sono affetti da epatite C che sono, in aumento i casi di Hiv positivi (6.500) e tubercolosi e che sono almeno un migliaio i detenuti con problemi mentali nelle celle di istituti normali e 1.200 quelli in istituti specifici;

   sono questi in sintesi i dati del dossier che il Sindacato polizia penitenziaria ha consegnato nell'incontro al Ministero della salute dedicato ai problemi della sanità penitenziaria;

   l'epatite C è tuttora l'infezione maggiormente presente nella popolazione detenuta in Italia anche a causa dell'alta percentuale di tossicodipendenti (un terzo del totale). Tra il 25 per cento e il 35 per cento dei detenuti nelle carceri italiane sono affetti da epatite C: si tratta di una forbice compresa tra i 25 mila e i 35 mila detenuti all'anno. A questi vanno aggiunti 6.500 portatori attivi del virus dell'epatite B;

   un altro dato che sta emergendo dagli studi dei medici penitenziari è che tra tutti i detenuti Hcv positivi, solo poco più del 50 per cento sono realmente viremici e, quindi, da sottoporre a terapie, rispetto al 70-80 per cento atteso;

   gli Hiv positivi sono circa 5.000. Secondo dati più aggiornati l'assunzione dei farmaci antiretrovirali ha ridotto in maniera notevole la trasmissione del virus, anche in presenza di comportamenti a rischio. Infatti, la prevalenza di detenuti Hiv positivi è discesa dal 8,1 per cento del 2003 all'1,9 per cento attuale. Questo avviene in modo particolare tra i tossicodipendenti, che rappresentano oltre un terzo della popolazione detenuta, certificato dal 34 per cento di presenti per reati correlati a consumo e spaccio;

   si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale. Se in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosilatenti, cioè di portatori non malati, pari all'1-2 per cento nelle strutture penitenziarie sono stati rilevati tassi del 25-30 per cento, che aumentano ad oltre il 50 per cento se si considera solo la popolazione straniera. Dunque un detenuto su due risulta essere tubercolino positivo e questo sottintende una maggiore circolazione del bacillo tubercolare in questo ambito;

   sono almeno un migliaio i detenuti con problemi mentali nelle celle in istituti normali e 1.200 quelli in istituti specifici. Il 4 per cento dei detenuti è affetto da disturbi psicotici, contro l'1 per cento della popolazione generale. La depressione colpisce il 10 per cento dei reclusi, mentre il 65 per cento convive con un disturbo della personalità. Significativa, infine, la percentuale di popolazione carceraria che soffre di disturbo da stress post-traumatico, con particolare riferimento ai detenuti migranti: si va dal 4 per cento al 20 per cento. L'emergenza suicidi in carcere conseguenza quasi sempre di stupro subito;

   ogni duecento pazienti detenuti dovrebbe esserci un medico, mentre l'incolumità professionale non è garantita, perché esiste un burnout di lavoro insostenibile. In media i medici fanno 70 visite giornaliere, a cui si aggiungono controlli e dimissioni;

   questi dati sono allarmanti e mettono a rischio la salute dei detenuti e del personale penitenziario –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare.
(4-04758)


   CAPITANIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Radio Capodistria è una emittente radiofonica regionale della RTV Slovenija, ente radiotelevisivo pubblico della Repubblica di Slovenia, dedicato alla comunità nazionale italiana in Istria (Cni) e nelle regioni italiane limitrofe; essa ha sede a Capodistria, sul litorale sloveno, e trasmette in lingua italiana;

   fin dalla sua fondazione nel lontano 1949, Radio Capodistria si è distinta quale espressione della comunità italiana rimasta in Istria e quale mezzo di unione dell'intera comunità giuliana, tanto da essere a pieno titolo riconosciuta dalla legge sull'emittenza pubblica radiotelevisiva in Slovenia quale mezzo di attuazione del diritto all'informazione pubblica nella propria lingua madre ed ai contatti con la Nazione madre, riconosciuto alla minoranza italiana dalla Costituzione slovena;

   la Radio in questione trasmette in onde medie e Fm stereo, in particolare sulla storica frequenza 103.1 Mhz mediante il ripetitore sito sul Monte Nanos (in territorio sloveno), che garantisce la ricezione del segnale in Slovenia, nel Friuli-Venezia Giulia, nell'Istria occidentale e nel Veneto Orientale;

   da fonti di stampa si apprende della volontà del Governo sloveno di togliere la frequenza 103.1 Mhz a Radio Capodistria, nell'ambito del contenzioso italo-sloveno sulla regolamentazione delle radiofrequenze lungo il confine;

   per l'emittente in questione perdere la sua frequenza radio più importante equivale, in pratica, al suo spegnimento nel contesto transfrontaliero, al suo oscuramente, al suo allontanamento dalla Nazione madre e dai suoi numerosi ascoltatori;

   va considerato l'importante valore storico e culturale proprio di Radio Capodistria –:

   se il Governo intenda fornire maggiori delucidazioni rispetto a quanto rappresentato in premessa, anche con riguardo al più ampio tema della regolamentazione delle radiofrequenze confinarie tra Italia e Slovenia.
(4-04769)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione del Giorno del ricordo del 10 febbraio 2020 il comune di Solarolo (RA) ha patrocinato un evento, organizzato dall'Anpi, svoltosi il 7 febbraio, al quale è intervenuta Alessandra Kersevan la quale, insieme a Claudia Cernigoi e Alessandro Sandi Volk, è tra gli autori del sito giustificazionista/negazionista www.diecifebbraio.info, nel quale, tra l'altro, si contesta l'esistenza di omicidi di massa nella foiba di Basovizza;

   eventi di questo tipo, con o senza patrocinio di enti locali, si sono svolti un po’ ovunque in Emilia-Romagna e altrove. Per esempio a Ravenna, l'8 febbraio 2020, la Kersevan è intervenuta anche a un altro evento, sempre organizzato dall'Anpi. A Bologna, giovedì 6 febbraio 2020, si è svolto l'evento «Operazione foibe» che verteva sul tema «diffamazione della resistenza e deriva revisionista-rovescista in Italia e in Europa»;

   a Parma, proprio nel Giorno del ricordo, al cinema Astra Sandi Volk ha partecipato a un incontro durante il quale è stato proiettato anche il video «La foiba di Basovizza: un falso storico». A Trieste, l'11 febbraio, alle ore 17:30 presso la Libreria Knulp sono stati presentati i dossier: «Storia e memoria al confine orientale» e «Luoghi della memoria a Trieste» di Claudia Cernigoi, con l'autrice, mentre Alessandra Kersevan ha parlato dell'uso politico della storia. Il 15 febbraio a Pistoia, presso il Circolo Garibaldi si è svolto un incontro dal titolo «E allora le foibe?» con la Kersevan;

   il 9 febbraio 2020, a Porano, in provincia di Terni, alle ore 18 nella sala del consiglio comunale, si è svolta quella che gli organizzatori hanno definito «una iniziativa per il... vero Ricordo»: una rappresentazione di spettacolo prodotto dal cp Anpi Viterbo e tratto dai racconti di Nello Marignoli, partigiano viterbese che ha combattuto nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo di Tito;

   appare all'interrogante estremamente grave che si possa tuttora stravolgere una pagina così tragica della nostra storia per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi, la quale portò ad una vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per evitare che eventi come quelli descritti in premessa, secondo l'interrogante evidentemente di carattere giustificazionista o negazionista della tragedia delle Foibe, si ripetano con sistematicità ogni anno, offendendo, in tal modo, la memoria delle tante vittime troppo a lungo dimenticate;

   quali ulteriori iniziative di competenza si intendano assumere per una corretta e realmente commemorativa celebrazione del Giorno del ricordo, il cui intento è indubbiamente quello di ricordare le vittime e la tragedia dei tanti esuli costretti ad abbandonare le proprie terre.
(4-04772)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Turchia, per quanto Cipro sia Stato membro dell'Unione europea, non riconosce la sovranità di Nicosia;

   non riconoscendo la sovranità di Cipro, la Turchia sostiene che Nicosia non disponga di diritti per condurre esplorazioni nelle acque della zona economica esclusiva;

   nel mese di maggio, poi nel mese di giugno ed infine ancora a ottobre 2019 la Turchia ha inviato una nave da trivellazione al largo delle coste di Cipro, unitamente a navi militari;

   la nave da trivellazione Yavuz, unitamente alle navi militari turche, ha allontanato le navi di Total ed Eni a cui il Governo cipriota aveva concesso legittimamente licenze di esplorazione;

   il comportamento piratesco di Erdogan è stato condannato dalla comunità internazionale, ma rimane inquietante per le prospettive della sovranità cipriota e per i legittimi interessi di Eni;

   a seguito di quanto sopra, Cipro ha aumentato la cooperazione nel settore della difesa e militare con la Francia con la quale lunedì 17 febbraio 2020 ha concluso una esercitazione congiunta volta a verificare l'efficacia dei sistemi di difesa antiaerea dell'esercito cipriota;

   segnatamente la Francia ha inviato al largo delle coste cipriote la portaerei Charles De Gaulle dalla quale è partito un caccia subito intercettato dalla antiaerea cipriota;

   la Francia, tutelando Total, garantendo Cipro e rafforzando i rapporti di cooperazione militare, ha peraltro convenuto la cessione di armi a Cipro per 240 milioni di euro in data 10 febbraio 2020;

   in data odierna, il Ministro della difesa francese Florence Parly si è recata a Cipro con il deliberato scopo di rafforzare ulteriormente la cooperazione nel settore militare e della difesa con Cipro –:

   se i Ministri interrogati abbiano, a seguito della violazione della sovranità di Cipro da parte della Turchia e a seguito della violazione dei legittimi interessi di Eni, stretto maggiori collaborazioni con Cipro ed in quali campi;

   se i Ministri interrogati intendano rafforzare la cooperazione in campo militare e della difesa con Cipro, Stato membro dell'Unione europea.
(3-01324)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 18 febbraio 2020 i Ministri degli affari esteri e della difesa di Italia e Russia si sono incontrati per affrontare, in termini bilaterali, le questioni della stabilità strategica, del controllo sugli armamenti, delle relazioni fra Nato e Russia ed infine la questione siriana e libica;

   il Ministro della difesa russo Sergej Sojgu, in occasione dell'incontro, ha ribadito l'importanza di rafforzare i rapporti bilaterali e le relazioni tra i vertici militari italiani e russi, aggiungendo che l'Italia può contribuire a distendere le relazioni fra Russia e Unione europea;

   l'importanza strategica attribuita all'Italia dai Ministri degli esteri e della difesa russi è evidente –:

   se il Governo abbia precisato l'importanza strategica della Libia per l'Italia e abbia chiesto precise garanzie ai Ministri russi in ordine al fatto che la Libia non venga smembrata in due protettorati, rispettivamente, della Russia e della Turchia e, in tal caso, quali rassicurazioni eventuali abbia ricevuto dagli interlocutori.
(5-03621)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAZZETTI, LABRIOLA, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da troppo tempo si rileva un'inerzia nel mettere in atto politiche e azioni funzionali al prosieguo o all'avviamento di opere di bonifica e risanamento dei siti contaminati nel nostro Paese, vitali per una efficace tutela dell'ambiente e di rilancio dei territori;

   la crescita economica dipende, in larga misura, anche dalla capacità di risanare e mettere in sicurezza il territorio, nonché dalla valorizzazione delle aree dismesse (cosiddette brownfields), anche per quanto riguarda la scelta di localizzazione di opere e infrastrutture strategiche;

   in particolare, la reindustrializzazione dei brownfields può rappresentare un asse portante nella misura in cui favorisce la gestione «dinamica» della risorsa suolo. Infatti, consente di evitare il consumo di suolo, garantendo la realizzazione di nuove iniziative di sviluppo o riconversione industriale attraverso il riutilizzo di aree già antropizzate e sottoposte ad interventi di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica;

   le problematiche che ostacolano tale processo sono innanzitutto di natura normativo-procedimentale;

   secondo l'annuario dei dati ambientali dell'Ispra, edizione 2018, in termini di avanzamento complessivo delle procedure a terra per 35 Sin (ad eccezione di 4 Sin con contaminazione prevalente da amianto e dei Sin Bacino del Fiume Sacco e Officina grande riparazione Etr di Bologna), si osserva che la caratterizzazione è stata eseguita ad oggi in oltre il 60 per cento della superficie sia per i suoli che per le acque sotterranee, gli interventi di bonifica/messa in sicurezza sono stati in più del 12 per cento delle superfici e il procedimento si è concluso nel 15 per cento della superficie complessiva per i suoli e nel 12 per cento per le acque sotterranee;

   a ciò si aggiungono i meccanismi di bonifica previsti dal codice ambientale che risultano spesso incompatibili con le esigenze di risanamento di cui i territori hanno bisogno, non essendoci sufficiente certezza dei tempi, trattandosi di termini ordinatori e non perentori per l'amministrazione;

   ad oggi, risultano essere stati spesi da parte dello Stato circa 3 miliardi di euro, sebbene lo stanziamento dei fondi risulti disarticolato proprio a causa del rallentamento delle valutazioni e dei lavori che non ha impedito il raggiungimento degli obiettivi;

   nel rapporto «Dalla bonifica, alla reindustrializzazione» del 2016, Confindustria ha stimato che, a fronte di un investimento complessivo di 10 miliardi di euro per il risanamento delle aree pubbliche e private (una superficie complessiva di 46.000 ettari), si avrebbe, in 5 anni, un aumento del livello di produzione di oltre 20 miliardi di euro, un incremento del valore aggiunto complessivo di circa 10 miliardi di euro e circa 400.000 Ula;

   è stato avviato il lavoro istruttorio da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare condiviso con il sistema industriale, per l'emanazione di un decreto ministeriale, con il quale si intendono rivedere gli allegati che definiscono i valori limite di riferimento (Csc), necessari per avviare o meno un procedimento di bonifica. Il processo di revisione e aggiornamento consentirebbe di rivedere lo stato dei siti inquinati sul territorio nazionale, derubricando a siti non inquinati intere aree, senza compromettere in alcun modo la tutela dell'ambiente della salute;

   occorre evidenziare, inoltre, il lavoro della commissione di studio per la sburocratizzazione dei procedimenti in materia ambientale, che ha dedicato un intero capitolo alla individuazione delle criticità di tipo amministrativo procedurale e delle possibili soluzioni da attuare;

   riguardo allo stato di avanzamento delle bonifiche e delle reindustrializzazioni in Italia, sarebbe opportuno dare seguito alle diverse iniziative, anche di natura parlamentare –:

   se si intendano adottare efficaci iniziative relative alla semplificazione delle procedure di risanamento e di bonifica dei siti contaminati presenti su tutto il territorio nazionale, al fine di garantire la tutela ambientale, la salute dei cittadini e il rilancio degli investimenti.
(5-03620)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante è tra i co-firmatari dell'interrogazione a risposta scritta n. 4/01383 del 15 ottobre 2018, ancora priva di risposta, nonostante il sollecito del 17 luglio 2019, riguardante il depuratore comunale di Bisignano (Cosenza), che nel 1992 fu affidato alla ditta Wts, cui fu permesso l'ampliamento, aggiungendo un altro impianto per trattare la depurazione di liquami ad alta concentrazione;

   nell'anno 2000 la gestione del depuratore passò alla Consuleco, che nel frattempo aveva assorbito la Wts;

   Consuleco fu autorizzata ad esercitare autonoma attività di smaltimento e di trattamento dei rifiuti speciali;

   nel 2005 Consuleco presentò ulteriore proposta di ampliamento, giustificandola con il fatto che parte del refluo non trattato sversava direttamente nel fiume Mucone;

   dal 2007 in poi in base a vari rilievi emerse una consistente moria di pesci nei fiumi del territorio e un paventato disastro ambientale;

   a seguito di proteste civiche, il comune di Bisignano deliberò che a partire dal 1o gennaio 2010 il territorio comunale di contrada Mucone, su cui è ubicato l'impianto privato di depurazione, sarebbe ritornato in mani pubbliche;

   nella vicenda si inserì anche un aspetto giudiziario che portò all'emissione di avvisi di garanzia a carico del sindaco di Bisignano e dell'amministratore unico della Consuleco, mentre, ad aprile 2016, un filone dell'inchiesta «Tempa Rossa» evidenziò che i rifiuti pericolosi, ai quali erano stati cambiati i codici Cer, partivano dal Centro Oli di Viggiano per Bisignano, per essere smaltiti illegalmente nell'impianto della Consuleco;

   infine, i controlli effettuati dall'Arpacal nel 2016 e nel 2017 sulle acque reflue del depuratore certificavano il superamento dei valori rispetto ai limiti previsti, mentre dal punto di vista gestionale dell'impianto vi era stato il passaggio dalla Consuleco alla ditta Emid, a seguito di contenziosi con il comune di Bisignano;

   in risposta alla nota di richiesta della documentazione sulle analisi effettuate negli anni 2018 e 2019 sulle acque reflue dell'impianto in parola inviata in data 29 maggio 2019 dall'interrogante, il dipartimento di prevenzione dell'Asp di Cosenza affermò che non aveva riscontrato anomalie circa le autorizzazioni della ditta che lo gestiva, aggiungendo che non era in possesso o a conoscenza di recenti analisi effettuate dall'Arpacal;

   con nota prot. 28218 del 10 agosto 2019, Arpacal, egualmente investita dall'interrogante, trasmise la documentazione riguardante le analisi effettuate il 28 maggio 2018 sui pozzetti di ispezione afferenti all'impianto;

   Arpacal certificò l'avvenuto prelievo, in data 22 maggio 2018, corredato da relativa scheda tecnica, con invito al titolare o delegato a presenziare alle esecuzioni analitiche previste in data 23 maggio 2019;

   di recente l'operazione «Arsenico», coordinata dalla cura di Cosenza, ha accertato che due responsabili della Consuleco, avvalendosi della complicità di 12 dipendenti della stessa ditta, si sono resi responsabili del reiterato sversamento nel fiume Mucone di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi – provenienti da numerosi siti industriali ubicati in Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria – e reflui fognari non correttamente trattati e depurati, il che avrebbe cagionato la grave alterazione del relativo ecosistema;

   a commento dell'operazione, il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo, ha espresso la necessità di nuovi strumenti normativi per una più efficace attività di repressione –:

   di quali informazioni disponga in ordine a quanto in premessa e se, per quanto di competenza, non ritenga di adottare iniziative sul piano normativo al fine di potenziare le attività di controllo e repressione.
(5-03636)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo — Per sapere – premesso che:

   «Il lupercale» è secondo la leggenda la grotta nella quale giunsero, trasportati dal Tevere in piena, Remo e Romolo, e sui Lupercalia, festività ad esso connessa, dedicata a Lupercus, divinità protettrice della fertilità, del bestiame e del raccolto;

   nel 1526 venne scoperta, ai piedi dell'angolo sud occidentale del Palatino, una grotta-ninfeo decorata con conchiglie e pietre, secondo il Lanciani da identificare con il Lupercale; secondo D'Ossat la grotta e la fonte perenne in essa sgorgante, che secondo le fonti era soggetta a inondazioni del Tevere, poteva trovarsi nelle ghiaie di base del Palatino, a una quota approssimativa di 8 metri sul livello del mare;

   nel novembre del 2007 c'è stato l'annuncio del ritrovamento, nel corso di controlli sulla statica del Palatino, di un ambiente ipogeo sontuosamente decorato, nell'area di pertinenza della casa di Augusto;

   la grotta, situata presso le mura del palazzo di Aurelio, tra il Tempio di Apollo Palatino e la Basilica di Sant'Anastasia al Palatino, all'altezza del Circo Massimo, si trova a 16 metri di profondità; è stata esplorata da una telecamera sonda, la quale ha mostrato una struttura di 9 metri di altezza per 7,5 di diametro, con le pareti decorate a mosaici e al centro l'aquila augustea e potrebbe essere la stessa scoperta nel 1526;

   nel novembre del 2007 l'allora Ministro Rutelli rilasciava la seguente dichiarazione: «È incredibile pensare che possa essere stato finalmente trovato un luogo mitologico che oggi è diventato finalmente reale». E il soprintendente archeologo, Angelo Bottini, ha certificato: «Abbiamo la ragionevole certezza che quella sia la grotta della lupa». Entusiasta per «una delle più grandi scoperte mai fatte»; «Le visite partiranno all'inizio del 2008» dichiarava inoltre il Ministro pro tempore Rutelli, annunciando i «12 milioni di euro che serviranno a salvare il Palatino»; i lavori per riportare alla luce la grotta sono fermi al giorno del ritrovamento –:

   se sia a conoscenza del motivo per cui i lavori siano fermi da oltre dieci anni e quali iniziative intenda intraprendere per riportare alla luce «il lupercale».
(3-01325)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ERMELLINO, CASSESE e DE GIORGI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo fonte di agenzia, l'Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già capo di Stato maggiore della Marina e della Difesa, si sarebbe pronunciato sulla possibilità che il gruppo aerei imbarcati (Grupaer) in dotazione alla Marina militare possa essere trasferito dalla stazione aeromobili della Marina militare (Maristaer) di Grottaglie, nella provincia di Taranto, a quella dell'Aeronautica militare presso la base aerea di Amendola, nel foggiano. Questo spostamento potrebbe rendersi necessario a seguito della riassegnazione di un F35 a decollo verticale destinato in precedenza alla Marina;

   ove questa comunicazione dovesse attenersi alla realtà, le dichiarazioni dell'ammiraglio Binelli, secondo cui in questa maniera si penalizzerebbe l'addestramento dei piloti di Marina e si mortificherebbe ulteriormente l'indotto tarantino, già duramente colpito dalla crisi dell'ex Ilva, potrebbero trovare riscontro nel comune sentire, data la stretta sinergia tra la Forza armata della Marina sita nel capoluogo ionico da decenni e il territorio di Taranto;

   le comunicazioni dell'Ammiraglio Binelli Mantelli risultano essere ad oggi le uniche dichiarazioni riportate nel merito; pertanto, a parere dell'interrogante, è utile lasciare spazio alle stesse: «L'Aeronautica ha già dimostrato con grande efficacia di aver acquisito una capacità operativa iniziale con gli F35A tradizionali grazie anche a una costante alimentazione di nuove macchine, mentre la Marina ha ricevuto – e a fatica – i primi due F35B, troppo pochi per una capacità credibile. Senza preavviso il programma di distribuzione è stato modificato assegnando il terzo F35B all'Aeronautica e questo comporta un grave ritardo sul conseguimento della iniziale capacità operativa per la portaerei Cavour, per la Marina e, in definitiva, per la nostra Difesa. È inutile e costoso dotare anche l'Aeronautica di F35B e, comunque, questo sarebbe dovuto avvenire, più correttamente, dopo l'assegnazione di una sufficiente aliquota di aerei per la Marina. È una coesistenza destinata ad avere effetti negativi, perché alimenterà il contenzioso tra le due Forze armate con conseguenti danni di immagine e di cooperazione. In nome di una malintesa integrazione interforze e per un'inesistente economia di risorse, i due gruppi di volo dovranno concentrarsi sulla base aerea di Amendola e Grupaer verrebbe in un prossimo futuro sfrattato da Grottaglie. Ogni missione di volo che preveda l'imbarco su Nave Cavour da Amendola costerebbe circa il 30 per cento in più, penalizzando ancora di più l'Esercizio, quella voce di bilancio da cui dipende la vita stessa di ogni Forza armata. Per adeguare la base di Grottaglie ai nuovi mezzi servirebbe un investimento di circa 60 milioni di euro, una spesa non trascurabile ma nemmeno eccessiva, se si considerano i risparmi di gestione già nel breve e medio periodo e che buona parte di questo denaro andrebbe all'indotto tarantino in un momento di grave crisi locale» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle dichiarazioni riportate in premessa e quali iniziative preveda di adottare per rendere efficiente ed efficace lo strumento militare, tenendo in considerazione anche gli aspetti economici;

   quali iniziative intenda porre in essere per sanare le possibili congiunture negative derivanti dall'eventuale trasferimento di cui sopra.
(4-04761)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, reca una serie di misure in materia di contrasto all'omesso versamento delle ritenute;

   in particolare si dispone l'obbligo per il committente che affida il compimento di opere o di servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000, di richiedere all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute ai fini del riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese;

   la norma in questione pone a carico dell'impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice, l'onere del versamento delle ritenute operate «con distinte deleghe per ciascun committente» e, specularmente, obbliga il committente alla verifica del versamento;

   con risoluzione n. 109/E del 24 dicembre 2019, l'Agenzia delle entrate ha reso noto il codice da utilizzare sull'F24 con cui l'impresa è tenuta a versare cumulativamente le ritenute dovute in relazione a tutti i lavoratori impiegati presso uno stesso committente, precisando altresì che gli F24 compilati sono consultabili sia dall'impresa, sia dal committente, sul sito dell'Agenzia delle entrate;

   il comma 5 dell'articolo 4 stabilisce che gli obblighi introdotti non trovano applicazione qualora le imprese, comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista: a) di essere in attività da almeno tre anni, in regola con gli obblighi dichiarativi, e aver eseguito nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime; b) di non avere iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'IRAP, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro;

   inoltre, il parametro dei versamenti registrati nel conto fiscale non inferiore al 10 per cento; risulta essere un obiettivo di difficile raggiungimento per le imprese edili che lavorano per la pubblica amministrazione soggette al meccanismo dello split payment; appare del tutto evidente che tale soglia necessita di una revisione almeno per tali fattispecie che non versano l'Iva in quanto trattenuta in fattura dall'ente committente;

   il comma 3 del citato articolo 4 inoltre introduce l'obbligo per il committente di sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria nel caso di mancato adempimento da parte di queste ultime degli obblighi di trasmissione o nel caso di omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali; in mancanza dei necessari documenti che comprovano l'effettiva regolarità fiscale molti committenti hanno bloccato i pagamenti mettendo in crisi l'attività e il pagamento degli stipendi agli operai delle ditte edili –:

   quali iniziative intenda assumere per semplificare e rendere applicabile la normativa in questione evitando l'aggravio burocratico connesso, in particolare:

    a) prevedendo il rilascio telematico immediato del certificato di regolarità fiscale nell'area riservata del sito dell'Agenzia;

    b) concedendo un periodo di sperimentazione della normativa, senza applicazione delle sanzioni, al fine di attendere anche l'adeguamento dei programmi paghe da utilizzare per elaborare gli F24 suddivisi per cantiere;

    c) rivedendo la soglia dei versamenti registrati nel conto fiscale attualmente fissata 10 per cento per le imprese assoggettate al meccanismo dello split payment.
(5-03622)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2016 legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha introdotto un credito d'imposta in favore delle imprese del Mezzogiorno (articolo 1 comma 98-110) per l'acquisizione di beni strumentali nuovi, quali macchinari, impianti ed attrezzature varie, facenti parte di un progetto di investimento iniziale ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014;

   inizialmente l'agevolazione era prevista in relazione agli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2019. La legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) ha disposto la proroga della disciplina del suddetto credito d'imposta (articolo 1, comma 319) fino al 31 dicembre 2020;

   sebbene la proroga sia stata accolta con soddisfazione dalle imprese interessate, molte di esse hanno segnalato, negli scorsi giorni, il medesimo dubbio rispetto alla procedura per accedere al beneficio, attinente al momento meramente operativo della richiesta. In breve, al momento di presentare l'apposita comunicazione per l'indicazione dei dati degli investimenti agevolabili e del credito d'imposta del quale è richiesta l'autorizzazione alla fruizione, esse hanno riscontrato, un'incongruenza sulla piattaforma Sogei e, in particolare, in relazione al modello Cim 17. Quest'ultimo, infatti, riporterebbe solo due opzioni selezionabili: la prima relativa agli investimenti effettuati nelle zone economiche speciali (con termine al 31 dicembre 2020); la seconda relativa agli investimenti effettuati nel Mezzogiorno, recante il termine del 31 dicembre 2019, in luogo del 31 dicembre 2020, così come disposto dalla legge n. 160 del 2019;

   con ogni probabilità si tratta di un mancato aggiornamento del software alle ultime novità normative. La circostanza, dunque, causa di legittime perplessità, richiede una celere risoluzione, affinché le imprese che si vorranno avvalere della misura suesposta non incontrino difficoltà nel disbrigo degli adempimenti necessari all'ottenimento del beneficio. Allo stesso modo, necessitano del medesimo aggiornamento anche le sezioni del sito dell'Agenzia delle entrate dedicate alla misura;

   segnalata la circostanza alla direzione dell'organo competente (Agenzia delle entrate – settore gestione tributi), l'interrogante ha appreso nella comunicazione di risposta che l'Agenzia delle entrate è in attesa di ricevere, per il tramite del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, le necessarie comunicazioni circa l'avvenuto assolvimento degli unionali da parte delle amministrazioni competenti, relativi alla proroga dei regimi agevolativi. Si è appreso inoltre che non appena verrà fornito un riscontro positivo, l'Agenzia provvederà all'aggiornamento del modello e delle relative procedure informatiche –:

   se intenda adottare iniziative per quanto di competenza, affinché il dipartimento delle finanze proceda al disbrigo degli adempimenti necessari in modo che l'Agenzia delle entrate possa aggiornare il modello Cim 17 e relative procedure informatiche e, conseguentemente, permettere alle imprese di avanzare richiesta per il summenzionato beneficio.
(5-03633)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere — premesso che:

   l'organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp), con nota del 12 febbraio 2020 trasmessa agli organi competenti e, tra l'altro, anche al Ministro della giustizia, avrebbe segnalato ennesime criticità e disfunzioni che si verificherebbero presso l'amministrazione penitenziaria centrale – gestione dei detenuti di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario (di seguito «o.p.»);

   nel dettaglio, denuncerebbe la condotta di un alto dirigente dell'amministrazione penitenziaria centrale che nel corso di un incontro tenutosi con i coordinatori del gruppo operativo mobile si sarebbe riferito nei loro confronti in termini «notevolmente pesanti e duri, anche indicando come prossima l'abolizione dello stesso 41-bis su indicazione del Parlamento europeo»;

   il gruppo operativo mobile, istituito nel 1997 con provvedimento dell'allora capo del dipartimento della amministrazione penitenziaria e formalmente riconosciuto con decreto ministeriale del 19 febbraio 1999, da sempre costituisce il principale strumento di lotta contro la criminalità organizzata;

   pertanto, quanto affermato dall'alto dirigente, se corrispondesse al vero, svilirebbe l'importante e indispensabile ruolo degli appartenenti al gruppo operativo mobile, sovente elogiato dai Ministri della giustizia, dai procuratori delle direzioni distrettuali antimafia e da tanti altri; inoltre, simili dichiarazioni non sarebbero suffragate, o quantomeno giustificate, da alcuna iniziativa legislativa al vaglio del Parlamento volta ad abolire il regime di cui all'articolo 41-bis o.p.;

   a parere dell'interrogante, quindi, se quanto segnalato dall'Osapp con la nota de qua venisse accertato, si sarebbe di fronte non solo a una azione arbitraria che ha destato, come accaduto, ingiustificati turbamenti e tensioni, ma altresì si tratterrebbe di un comportamento irrispettoso e «superficiale» che un alto dirigente, quale vertice dell'amministrazione penitenziaria, non avrebbe dovuto assumere, soprattutto in considerazione dell'importante lotta alla mafia che da sempre la nostra Nazione, soprattutto tramite le forze dell'ordine, persegue per attribuire la giusta e legittima dignità ai concittadini vittime di aberranti crimini commessi dalle organizzazioni criminali; giova, inoltre, rappresentare che sia in dottrina e giurisprudenza, il regime di cui all'articolo 41-bis o.p. è stato ritenuto proporzionato alle esigenze di difesa sociale indotte da un fenomeno criminale di particolare gravità, qual è quello mafioso e la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo non è mai giunta a ritenere che siffatto regime carcerario superasse la soglia di tollerabilità tale da configurare una violazione dei diritti umani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, accertata la veridicità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare ulteriori azioni come quella descritta in premessa e quali indicazioni abbia impartito in merito alle segnalazioni di cui alla nota del 12 febbraio 2020 trasmessa dall'Osapp.
(4-04759)


   PALAZZOTTO e CONTE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 «disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia» (Tusg), dispone l'adeguamento periodico triennale degli onorari fissi, variabili e a tempo, legandolo, alle rilevazioni Istat;

   la stessa norma ne subordina la concreta operatività all'emanazione di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze;

   il sistema di liquidazione degli onorari degli ausiliari risulta disciplinato dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 in combinato disposto con l'articolo 4 della legge n. 319 del 1980, così come modificato con il decreto ministeriale 30 maggio 2002;

   da quasi 18 anni i Ministeri competenti non avrebbero proceduto agli adempimenti indicati dalla richiamata normativa e l'ultimo adeguamento sarebbe stato disposto con il citato decreto 30 maggio 2002 recante «Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale»;

   il sistema normativo in argomento, se da un lato, dispone un doveroso adeguamento triennale agganciato agli indici Istat, dall'altro fa dipendere l'operatività dell'adeguamento da un provvedimento amministrativo privo di automatismi e attualmente caratterizzato da un'inadempienza amministrativa divenuta cronica;

   dall'ordinanza n. 97 del 22 gennaio 2019 del tribunale di Torino si apprende che:

    il mancato adeguamento dei compensi degli ausiliari ex art. 54 TUSG è stato più volte stigmatizzato dalla Corte costituzionale e da ultimo con le sentenze n. 178/2017 e n. 192/2015 citate anche dalla sentenza n. 224/2018 ove, tra gli altri, è stato definito una «inerzia amministrativa» a seguito della quale «la base tariffaria sulla quale calcolare i compensi risulta ormai seriamente sproporzionata per difetto», anche a voler considerare che la misura degli onorari rapportata alle vigenti tariffe professionali, deve essere contemperata in relazione alla natura pubblicistica della prestazione richiesta;

   la Corte ha poi fatto salva l'eventualità che sopravvenga una complessiva ridefinizione della materia a opera del legislatore, tale da implicare il superamento del meccanismo di adeguamento cui si riferisce l'articolo 54 del Tusg, ma ciò non è ancora avvenuto;

   ritenuto che l'adeguamento in argomento sia doveroso e non dipendente da valutazioni discrezionali, si sottolinea, inoltre, come la periodicità triennale sia stata disposta dal legislatore, per assicurarne – evidentemente – la compatibilità con le esigenze di contenimento della spesa pubblica;

   la Corte Costituzionale (sentenza n. 192/2015) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 106-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, «[...] come introdotto dall'articolo 1, comma 606, lettera b), della legge 147/2013, [...] nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'articolo 54 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002» –:

   se siano a conoscenza dell'ammontare dell'aumento dei compensi e di quale sarebbe il loro valore attuale qualora l'adeguamento prescritto fosse stato effettuato con la periodicità dovuta, tenendo conto della variazione Istat accertata ogni triennio dal 2002 a oggi;

   se si intenda adottare, nel corso del corrente anno, il decreto dirigenziale citato in premessa che costituisce condizione necessaria per l'operatività dell'adeguamento in argomento;

   se il Ministro della giustizia, anche considerata l'inadempienza in riferimento all'adozione del decreto di cui al citato articolo 54, intenda adottare le iniziative utili al superamento delle evidenziate criticità che caratterizzano il vigente meccanismo di adeguamento;

   quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare per rendere coerente il vigente impianto normativo con i contenuti della sentenza della Corte Costituzionale n. 192 del 2015.
(4-04766)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'interpellante ha deciso di presentare l'ennesimo atto di sindacato ispettivo (ai precedenti peraltro finora il Governo non ha dato alcun riscontro) per segnalare, ancora una volta, l'insopportabile stato di degrado ed insicurezza, nel quale è precipitata Vicenza, quella che era una civile e prosperosa città di provincia, nota al mondo intero per le opere di Andrea Palladio. L'interpellante teme che, con ogni probabilità, anche questo ulteriore atto di sindacato ispettivo rimarrà privo di esito concreto, ma ritiene comunque suo dovere istituzionale sollecitare l'attenzione del Governo;

   ieri in prefettura si è tenuto un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, la cui convocazione era stata sollecitata con urgenza dal sindaco della città, avvocato Francesco Rucco, dopo una serie incredibile di vandalismi e furti ai danni di auto parcheggiate in strada e il decesso a Campo Marzio, per presunta overdose, di Renato Martinelli, un senza fissa dimora;

   il prefetto ha precisato che sono stati 90 gli episodi di vandalismo ai danni delle auto denunciati da inizio anno, mentre erano stati 622 nel corso del 2019;

   l'abnegazione e l'impegno delle forze dell'ordine ha consentito in queste ultime settimane di identificare cinque persone, perché colte in flagrante o in possesso di strumenti atti a compiere atti di vandalismo, che sono risultate destinatarie di provvedimenti di allontanamento e di espulsione dal territorio nazionale;

   ciononostante, la popolazione cittadina è esasperata ed allarmata, perché i raid vandalici continuano a ripetersi, senza che nessuna pubblica autorità appaia in grado di porvi rimedio –:

   quale esito concreto abbiano avuto i provvedimenti di polizia emessi nei confronti dei cinque soggetti recentemente denunciati per i raid vandalici;

   quali ulteriori iniziative di propria competenza il Governo intenda assumere per garantire ai cittadini di Vicenza standard di sicurezza maggiormente in linea con la sua tradizione di città prospera e tranquilla.
(2-00649) «Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con ricorso al Tar i ricorrenti chiedevano l'annullamento del decreto del capo della polizia n. 333-B/12D.3.19/5429 del 13 marzo 2019, pubblicato in Guri del 15 marzo 2019 per l'avvio al corso di formazione di 1.851 allievi agenti della polizia di Stato;

   con ordinanza 00372/2020 – Reg. Prov. Cau – n. 08446-2019 Reg. Ric. il Tar Lazio disponeva l'esecuzione dell'ordinanza n. 12636-2019, del 5 novembre 2019. In particolare, i partecipanti al concorso per allievi agenti della polizia di Stato chiedevano di adottare le misure attuative ex articolo 114, comma 4, lettera c), del codice del processo amministrativo;

   con ordinanza cautelare n. 5342 del 2 agosto 2019, il Tar Lazio, peraltro, disponeva l'ammissione con riserva dei ricorrenti alla prosecuzione dell’iter concorsuale già oggetto di impugnazione al Tar nell'ambito dello stesso procedimento;

   malgrado i provvedimenti ut supra indicati, codesto ente non ha ancora dato esecuzione all'ordine giudiziale espresso dal tribunale amministrativo e già passato in giudicato;

   tale ritardo reca nocumento, nonché un abuso a danno dei partecipanti del concorso oggetto di procedura amministrativa che hanno diritto a veder realizzato il loro interesse legittimo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto;

   quali siano le ragioni inerenti la mancata esecuzione delle ordinanze indicate in premessa;

   quali iniziative intenda adottare per rendere più celere il processo di assunzione anche in ragione della necessità di pubblica sicurezza nelle città.
(5-03634)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Veneto conta una grave carenza d'organico; su 2779 unità previste, la situazione aggiornata al 20 gennaio 2020 conta una mancanza di 439 unità; tra le qualifiche operative dei vigili, capo squadra e capo reparto la carenza ammonta a circa 300 unità;

   sono numerosi gli appelli provenienti dal Co.Na.Po. Sindacato autonomo dei vigili del fuoco e le manifestazioni e gli scioperi messi in campo, ultimi quelli del 9 novembre 2019 quando il personale operativo in regione ha scioperato per quattro ore e quello del successivo 11 novembre quando lo stesso personale è sceso in piazza a Venezia per manifestare il grave disagio cui è sottoposto a causa del mancato recupero delle previste risorse umane;

   la situazione non sembra destinata a migliorare, anche alla luce delle ultime assegnazioni di vigili del fuoco neo-assunti che non compensano le carenze nel ruolo né recuperano il personale transitato al ruolo dei capo squadra;

   nello specifico, per effetto dei pensionamenti, dei passaggi di qualifica al ruolo di capo squadra, della mobilità nazionale, dell'inidoneità al servizio operativo, in regione attualmente la situazione, suddivisa per sede dirigenziale, registra: 56 unità presso la sede del comando di Belluno; 50 unità a Padova; 25 unità a Rovigo; 33 unità a Treviso; 95 unità a Venezia; 61 unità a Verona; 61 unità a Vicenza e 58 unità presso la direzione interregionale Veneto e Trentino Alto Adige;

   da tale situazione ne consegue una continua e crescente difficoltà a mantenere il numero minimo di personale necessario a garantire un efficiente soccorso pubblico sul territorio veneto –:

   quali iniziative siano state assunte e quali si intendano assumere per sanare la grave carenza d'organico che affligge da anni le sedi dei vigili del fuoco in tutto il nord Italia e, in particolare, nel Nord-est.
(4-04757)


   LUCA DE CARLO, GALANTINO e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   facendo seguito a quanto previsto dalla legge n. 92 del 30 marzo 2004, con l'istituzione del Giorno del ricordo sono molteplici le associazioni, i movimenti, le organizzazioni che nei giorni vicini al 10 febbraio danno luogo a commemorazioni in memoria del martirio delle Foibe;

   tra le numerose dimostrazioni in ricordo degli infoibati e degli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia, durante il Derby di Milano si è assistito con particolare partecipazione all'esposizione di uno striscione, posto sotto a un'enorme bandiera Tricolore, con su scritto: «Milano non scorda i martiri delle Foibe»;

   contestualmente presso lo stadio Cino e Lillo Del Duca di Ascoli Piceno, è stato impedito l'ingresso di un analogo striscione «Ogni vero italiano è anche dalmata e giuliano», che, privo di offese, è stato bloccato da un solerte funzionario della questura locale –:

   se sia al corrente di quanto accaduto e se l'intervento del funzionario della questura che ha comportato il mancato ingresso dello striscione commemorativo, impedendone l'esposizione, sia dovuto a un regolare adempimento normativo.
(4-04760)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da diversi organi di stampa e dai sindacati di categoria, il Ministero dell'interno – direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere è in procinto di dar seguito a un progetto di riorganizzazione della polizia di frontiera;

   tale progetto prevedrebbe la chiusura degli uffici di polizia di frontiera di Taranto, La Spezia, Gioia Tauro, Brescia e Parma e la relativa assegnazione delle funzioni esercitate alle questure territorialmente competenti;

   secondo le organizzazioni sindacali, l'eventuale chiusura dell'ufficio di polizia di frontiera di Taranto costituisce «una follia tra le follie», in quanto – come si apprende dal comunicato stampa del Sindacato italiano unitario lavoratori polizia-segreteria provinciale Taranto – «la “security policy” propinata dalla Direzione Centrale dell'immigrazione e Polizia di Frontiere non risponderebbe ad esigenze legate a provvedimenti che ricalcano l'austerity imposta dall'esecutivo di Governo ovvero collegata alla “spending review [...] ma a logiche che [...] sfuggono, giacché, lo scorso anno, la medesima Direzione [...] ha completamente soppresso la Squadra Nautica”. Perdipiù, tale progetto andrebbe “esattamente al contrario dei progetti avviati e di imminente avvio, che rilanciano l'economia locale e le infrastrutture del territorio jonico”, nonché “l'ulteriore sviluppo dell'area portuale di Taranto, sia sui piano commerciale che turistico”»;

   il suddetto progetto di riorganizzazione appare in evidente contraddizione con l'attenzione riservata a Taranto dall'attuale Governo, i cui membri non hanno mancato negli ultimi mesi di farvi visita per presentare progetti di sviluppo economico e infrastrutturale dell'intera aree, quali, ad esempio, la recente istituzione della zona economica speciale (Zes) Jonica, gli investimenti sull'aeroporto di Grottaglie, l'ampliamento del porto mercantile;

   sempre secondo il Siulp – Taranto, il suddetto progetto di riorganizzazione è fondato su basi e dati erronei, non più attuali e comunque non aderenti alle odierne attività delle strutture e degli uffici della polizia di frontiera del capoluogo jonico. Inoltre, secondo il comunicato, né il prefetto di Taranto, né il questore sarebbero stati informati dell'operazione;

   perdipiù, la riorganizzazione si inserirebbe in una più ampia azione di depotenziamento degli avamposti della polizia in territorio tarantino. Come si legge nel summenzionato comunicato, infatti, si registra un deficit in termini di risorse umane anche nei reparti della polizia stradale da cui consegue «un esiguo servizio di prevenzione sulle strade», mentre l'Arma dei carabinieri, al contrario, consolida i suoi presidi e ne apre di nuovi, come dimostra l'apertura della stazione dei carabinieri nel cuore del Borgo Città Vecchia, e l'annunciata apertura di una scuola per allievi carabinieri –:

   se intenda confermare o smentire le notizie afferenti alla prossima riorganizzazione della polizia di frontiera e alla conseguente chiusura dell'ufficio di Taranto;

   se intenda, per quanto di competenza, rendere noti i dati e i criteri sulla base dei quali si è ritenuto opportuna la chiusura dell'ufficio di polizia di frontiera di Taranto;

   se trovi conferma la notizia della mancata notifica del progetto di riassetto organizzativo al prefetto e al questore competenti per territorio.
(4-04763)


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Centro per il rimpatrio (CPR) a Macomer, in provincia di Nuoro, è finalmente diventato operativo da meno di un mese eppure, secondo quanto riportato dalla stampa nazionale e locale, la situazione al suo interno sarebbe già ingestibile e al collasso a causa dei numerosi e gravissimi episodi di aggressioni e rivolte che avverrebbero quotidianamente tra gli ospiti della struttura ma soprattutto delle violenze e minacce ai danni del personale che lavora nel medesimo centro;

   l'ultima notizia è della notte scorsa quando alcuni immigrati irregolari di diverse etnie si sarebbero scontrati utilizzando come coltelli i pezzi di una porta frantumata, ma già precedentemente sono stati numerosi gli episodi di violenti scontri tra gli ospiti del centro e addirittura nella notte tra L'11 e il 12 febbraio 2020 un gruppo di extracomunitari si sarebbe diretto verso l'infermeria, avrebbe poi preso a calci e pugni la porta, nel tentativo di buttarla giù, insultando e minacciando l'operatore che si trovava al suo interno, «tenuto in ostaggio» per un'ora e mezza prima dell'arrivo dei soccorsi sul posto, come si legge nel comunicato degli operatori sanitari alla Ors che gestisce il centro;

   difatti, pare che ad essere oggetto delle violente aggressioni sia principalmente il personale sanitario, soprattutto durante le ore notturne e, in particolare, da parte di soggetti tossicodipendenti che hanno preso letteralmente d'assalto più volte l'infermeria;

   proprio per queste continue aggressioni, il personale sanitario avrebbe presentato anche una denuncia e avrebbe espresso l'intenzione di presentare le proprie dimissioni perché non si troverebbe più nelle condizioni di poter svolgere in sicurezza il proprio lavoro;

   nonostante quanto sopra, riportato ampiamente dalla stampa, non ci sarebbero state tuttavia comunicazioni ufficiali da parte del Ministero dell'interno relativamente alla situazione del centro, neppure dopo la visita alla struttura da parte del prefetto di Nuoro che «sarebbe stata coperta dal più stretto riserbo»;

   invece, a quanto consta agli interroganti i disordini e le violenze sarebbero all'ordine del giorno all'interno del Cpr di Macomer e, sebbene mai ufficializzati, sarebbero però ampiamente testimoniati dal continuo arrivo di ambulanze presso la struttura;

   proprio durante la visita del prefetto al Cpr, di Macomer pare sia arrivata la notizia dello sbarco irregolare sulla spiaggia di Sa Colonia di sei algerini, i quali, dopo essere stati fermati dai carabinieri e dopo le procedure di identificazione, sarebbero stati poi assegnati al centro, sebbene la struttura risultasse già al completo;

   il Cpr di Macomer, secondo l'accordo tra Ministero dell'interno, regione e comune di Macomer, dovrebbe ospitare principalmente i migranti irregolari di nazionalità algerina che sbarcano direttamente sulle coste dell'isola, mentre pare che nella struttura siano trattenuti una cinquantina di immigrati irregolari provenienti dai centri di Taranto, Torino e Trapani;

   il Cpr di Macomer è una struttura fondamentale e necessaria per il territorio sardo, di cui prima era sprovvista, soprattutto alla luce del vertiginoso aumento negli ultimi mesi degli sbarchi di immigrati irregolari sulle coste dell'isola;

   è indispensabile altresì garantire al suo interno le opportune condizioni di sicurezza e di legalità, non essendo oltremodo tollerabili le gravissime violenze finora rivolte ai danni di chi lavora nel Cpr di Macomer e neppure le continue rivolte e risse tra gli stessi ospiti –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se abbia notizia di ulteriori episodi di violenza verificatisi nel Cpr di Macomer rispetto a quelli già riferiti dalla stampa; quali iniziative intenda adottare al fine di garantire il rispetto della legalità e adeguate condizioni di sicurezza, in particolare per il personale impiegato al suo interno.
(4-04768)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI, BASINI, COLMELLERE, FOGLIANI, FURGIUELE, LATINI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con un comunicato congiunto, le principali organizzazioni rappresentative delle scuole paritarie hanno criticato il fatto che tra gli schemi dei decreti predisposti dal Ministero dell'istruzione per l'avvio della procedura straordinaria per la assunzione dei precari della scuola secondaria, del concorso ordinario per la secondaria e della valutazione dei titoli per il concorso infanzia e primaria, manchi quello relativo alla abilitazione dei docenti precari delle scuole secondarie paritarie;

   le stesse lamentano che tale procedura era prevista dal decreto-legge n. 126 del 2019 che è stato modificato in sede di conversione in legge (legge n. 150 del 2019), ed è stata corretta l'iniziale esclusione dei precari delle paritarie dalla possibilità di abilitarsi;

   è davvero irrituale che l'amministrazione scolastica non tenga in debita considerazione, come elemento vincolante, quanto deciso dal legislatore;

   le associazioni hanno espresso forte scetticismo sul fatto che il Ministero preveda di avviare, in un prossimo futuro, una procedura straordinaria per i precari delle paritarie, perché sono anni che il Ministero dell'istruzione non avvia i percorsi abilitanti previsti dalla legge;

   il decreto-legge n. 126 del 2019 prevedeva che tutte le procedure fossero avviate nel 2019; non c'è dunque ragione perché non venga attivata, contestualmente, anche quella finalizzata alla abilitazione dei precari delle paritarie;

   la possibilità di acquisire l'abilitazione incide non solo sulla condizione dei docenti delle paritarie, ma anche sulla sopravvivenza stessa delle scuole paritarie; gran parte di queste sono cattoliche, dalle quali si registra da anni l'esodo dei docenti verso le scuole statali;

   bisogna tenere in debito conto che sono 12.564 le scuole paritarie censite dal Ministero dell'istruzione e che, per il 71,3 per cento, si tratta di scuole dell'infanzia (8.957 istituti);

   nonostante la legge n. 62 del 2000 sulla parità scolastica, sancisca che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie, si rileva che rispetto ai circa 7 mila euro spesi per ciascun alunno della scuola statale, ammontano a poco più di 500 euro quelli destinati ad ogni studente della paritaria;

   come confermato anche da una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32386 del 2019), «le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale, secondo standard stabiliti dalla legge»;

   la Corte Costituzionale, nel 2003, ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge n. 62 del 2000;

   le scuole paritarie consentono l'ampliamento della scelta formativa, consentendo alle famiglie di scegliere, per i propri figli, il modello scolastico che preferiscono –:

   se il Ministro intenda modificare con la massima urgenza, lo schema di decreto di cui in premessa, includendo i docenti precari delle scuole secondarie paritarie, così come previsto dalla legge n. 159 del 2019, dato che per le scuole paritarie è vincolante, ai fini del mantenimento del requisito della parità, che i docenti abbiano ottenuto l'abilitazione all'insegnamento.
(4-04770)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   SIRAGUSA, COSTANZO e BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Secur Srl opera dal 2009 su tutto il territorio nazionale occupandosi di vigilanza privata armata e non armata, portierato tecnico e servizio antincendio;

   sono attualmente oltre 500 i dipendenti Secur in tutta Italia, presenti in particolare a Roma, Napoli e Cagliari;

   come affermato dal sito RomaToday il 15 gennaio 2020, in tutti e tre i casi, il gruppo Secur ha rilevato istituti di vigilanza privata falliti o in difficoltà, come la Coop Vigilanza Sardegna s.r.l., fallita nel 2015, e l'istituto di vigilanza privata Sipro in territorio romano;

   nella capitale sono 350 circa le persone che si sono ritrovate senza stipendi, mentre in Sardegna la situazione va avanti da prima, come evidenziato dal sito SardegnaLive in data 24 settembre 2019, in cui si parlava di mancate corresponsioni degli stipendi da febbraio 2019;

   come ricostruito dal sito Vistanet.it il 24 settembre 2019, i curatori fallimentari, a seguito del fallimento di Coop Vigilanza Sardegna, hanno concesso al gruppo Secur un affitto d'azienda finalizzato all'acquisto, e tuttavia il gruppo non avrebbe rispettato gli impegni presi e avrebbe rescisso il contratto, spingendo il giudice a revocare l'acquisto. Nel frattempo il gruppo Secur ha però mantenuto l'operatività del personale e anzi ha acquisito con le medesime modalità la S.g.s. di Sassari e il gruppo Sipro sul territorio romano;

   in tutti e tre i casi la situazione è la medesima: credito verso i lavoratori, decreti ingiuntivi, blocco dei conti e delle fatture;

   del mese di dicembre 2019, come affermato dal sito RomaToday, è l'annuncio dell'ingresso in società di un nuovo socio e del conseguente aumento di capitale: un passaggio ad oggi mai avvenuto;

   in data 15 gennaio 2020 i vigilantes della Secur hanno indetto un presidio a Roma davanti al Ministero dello sviluppo economico;

   durante il presidio c'è stato l'incontro di una delegazione dei lavoratori Secur con un funzionario del Mise che, da garante dell'acquisizione, secondo i sindacati, «deve ora responsabilmente cercare soluzioni concrete e condivise nell'interesse di centinaia di famiglie» –:

   quali urgenti iniziative di competenza si intendano assumere al fine di offrire una soluzione concreta ai lavoratori Secur, anche valutando la convocazione dei vertici aziendali e l'attivazione di un tavolo.
(5-03630)


   RIZZETTO e ACQUAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi, nelle Marche sono stati trasferiti al gruppo Conad 19 punti vendita Sma, rispetto ai totali 27 presenti in regione, e due Auchan. Nei prossimi mesi, inoltre, saranno completate ulteriori acquisizioni;

   tale operazione ha messo in grave crisi il polo logistico al servizio dei punti vendita acquisiti e gestito, con fitto di ramo di azienda, da Xpo Logistics di Osimo, che sta registrando una perdita del 50 per cento dei volumi movimentati. Tale comparto marchigiano, che occupa oltre 100 lavoratori e che ha servito con professionalità la rete Sma e Auchan, attualmente, ad avviso degli interroganti, non costituisce una priorità per Conad, che continua a non dare risposte sul piano che intende portare avanti per la logistica;

   pertanto, nel mese di ottobre 2019, i lavoratori del Magazzino Xpo Logistic di Osimo, temendo per la stabilità dei propri posti di lavoro, hanno scioperato. Gli stessi in tale sede hanno chiesto un incontro con la nuova proprietà per ottenere risposte concrete sul proprio destino;

   la mobilitazione si è resa necessaria a causa della rottura del tavolo nazionale che aveva il fine di raggiungere un accordo per tutelare, oltre ai lavoratori dei punti vendita acquisiti, anche quelli del polo logistico e della sede amministrativa. A ciò si è aggiunta l'indisponibilità delle cooperative Conad locali di dare inizio ad un confronto periferico;

   è evidente che, alla luce di quanto sta accadendo in danno ai lavoratori coinvolti, il piano di acquisizione che sta attuando il gruppo Conad, rischia di essere una mera operazione finalizzata a garantirgli il primato nel settore;

   ad Osimo, Xpo Logistics, come predetto, è vittima di una progressiva diminuzione dei volumi di merce movimentati e quindi del fatturato dell'unità produttiva –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per salvaguardare i livelli occupazionali del settore logistico delle Marche, penalizzato dal piano di acquisizione del gruppo Conad.
(5-03631)


   ZANGRILLO, CANNATELLI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i dati pubblicati dall'Istat relativi alla produzione industriale dell'anno 2019 hanno certificato un calo dell'1,3 per cento rispetto al 2018, il dato peggiore registrato negli ultimi sei anni;

   quasi contemporaneamente l'Ufficio parlamentare di bilancio, nella sua nota sulla congiuntura del mese di febbraio 2020 ha tagliato le stime di crescita del Pil per il 2020 di 0,3 punti, passando da una stima di crescita dello 0,5 per cento ad una dello 0,2 per cento;

   i dati sopra riportati costituiscono la preoccupante fotografia di un Paese che non cresce e che è alle soglie della recessione economica;

   all'interno di questo quadro macroeconomico giungono segnali di allarme dal mondo del lavoro, dove le principali misure strutturali di settore, adottate dal precedente Governo e, al momento, riconfermate da quello attuale stanno mostrando per gli interroganti in maniera evidente tutti i loro limiti e criticità;

   il decreto-legge n. 87 del 2018, noto come «decreto dignità», dopo aver prodotto una serie di stabilizzazioni, nei primi mesi del 2019, nel resto dell'anno ha prodotto una tendenza di segno inverso e, a giudizio degli interroganti, assolutamente perverso. A dicembre l'occupazione si è ridotta di 75 mila unità e contestualmente è aumentato il numero degli inattivi. Nel corso del 2019 i lavoratori a termine sono comunque aumentati, facendo registrare la quota massima di 3 milioni e 123 mila unità. Al tempo stesso si è registrata un'impennata dell'apertura di nuove partite iva individuali, con un aumento del 20 per cento. Segni che gli effetti prodotti del decreto dignità non sono stati molto diversi da quelli ipotizzati;

   il reddito di cittadinanza, a favore del quale per il 2020 sono stanziati oltre 7 miliardi di euro, si è dimostrato una misura esclusivamente assistenziale. Su 2.3 milioni di beneficiari, tra i quali si conta una platea di occupabili di circa 791 mila unità, a dicembre 2019, a quanto risulta dai dati forniti da Anpal, ha trovato occupazione per sole 28 mila unità, pari al 3,6 per cento del totale dei beneficiari –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo a fronte delle evidenti criticità manifestate dagli effetti prodotti dal reddito di cittadinanza e dal cosiddetto decreto dignità, al fine di modificare queste misure, recuperando risorse economiche da destinare al mondo del lavoro come incentivi all'occupazione e sostegno del reddito dei lavoratori, per non perdere preziosi posti di lavoro e per tutelare concretamente la dignità dei lavoratori.
(5-03632)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   POLVERINI e FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento (Ce) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ha novellato la disciplina previgente a livello europeo prediligendo il principio della lex loci laboris ai sensi del quale, in ragione dell'articolo 11, il cittadino che esercita un'attività subordinata in uno Stato membro è soggetto alla legislazione in materia di sicurezza sociale di tale Stato, abrogando in tal modo il diritto di opzione per il sistema di sicurezza sociale precedentemente previsto;

   la nuova disposizione con il suo strascico di oneri e vincoli in capo ai lavoratori decorre dal 1° maggio 2020 e si configura come una evidente riforma peggiorativa segnatamente per la categoria degli impiegati della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in ragione dell'obbligo di transito dal sistema previdenziale retributivo italiano, originariamente optato in ragione della previgente norma, a quello del Paese di residenza;

   l'attuazione del suindicato articolo 11, comporterà inevitabilmente una contrazione delle retribuzioni a causa del gravame dei contributi previdenziali locali che sono maggiori rispetto a quelli versati finora in Italia all'Inps, tale da identificarsi in una riduzione che può arrivare anche a 600 euro mensili; a ciò si aggiunge la conseguente riduzione dell'ammontare pensionistico pari a una quota media di 700 euro mensili;

   il transito verso il sistema di sicurezza sociale locale creerebbe notevoli disagi ai lavoratori a parità di oneri in capo agli stessi, rispetto a quanto previsto dal sistema italiano finora vigente e per il quale il personale aveva originariamente optato;

   l'articolo 16 del regolamento citato prevede la possibilità in capo a due o più Stati membri, di definire, delle specifiche deroghe, nell'interesse di una determinata categoria, ma al momento risulta che tale procedura non sia stata attuata per tutti i Paesi in cui sono operativi impiegati a contratto; pertanto, non risulterebbe essere stata delineata una univoca e comune formula di tutela del personale;

   nello specifico, al momento risulterebbero in corso ancora trattative con i 5 Stati membri dove maggiore è il numero di impiegati a contratto, per un totale di circa 100 lavoratori;

   la deroga, qualora attuata ai sensi del citato articolo 16, prevede un duplice livello, quello politico che afferisce al versante diplomatico-bilaterale dell'accordo e quello tecnico attraverso la sottoposizione, mediante l'Inps, della copertura previdenziale dei lavoratori agli enti assicuratori locali;

   la mancanza di tutele in alcuni Paesi legittima una sperequazione di trattamento che viola il principio della parità di condizioni in termini assicurativi-contributivi a tutti i dipendenti: ciò potrebbe essere oggetto di ricorso in sede amministrativa, esponendo l'amministrazione ad oneri significativi sul medio e lungo periodo;

   si ritiene opportuno evidenziare che, ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), del regolamento un pubblico dipendente è soggetto alla legislazione dello Stato dell'amministrazione da cui egli dipende; pertanto, il lavoratore a contratto, caratterizzato da una specificità contrattuale che lo qualifica comunque come dipendente statale presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, rientrerebbe per inevitabile analogia nella categoria destinataria di deroga diretta –:

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative, nella prospettiva di tutelare i lavoratori di cui in premessa, per riconoscere agli stessi la deroga diretta di cui all'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (Ce) n. 883/2004, attraverso il relativo rilascio del modello A1, recante il certificato di distacco del lavoratore in Paesi dell'Unione europea, anche al fine di garantirne la prosecuzione del rapporto previdenziale con l'Inps in assenza di penalizzazioni retributive e pensionistiche, anche nella prospettiva di evitare ricorsi in sede amministrativa sul medio e lungo periodo.
(5-03616)


   DONNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Fruendo srl è una new company sorta gennaio 2014 per un progetto di ristrutturazione aziendale del gruppo Banca Monte dei Paschi di Siena;

   oltre mille dipendenti fra diverse sedi di Roma, Lecce, Siena, Firenze, Mantova e Padova della Monte dei Paschi di Siena, fra cui anche lavoratori appartenenti alle categorie protette, dal 1° gennaio 2014 sono stati «esternalizzati» alla Fruendo srl senza alcuna richiesta di parere agli stessi interessati, secondo l'interpretazione, da parte della banca, dell'articolo 2112 del codice civile;

   l'operazione di spin-off aziendale, costituita dalla Accenture nella misura del 40 per cento e dalla Bassilichi per il restante 60 per cento dove tra l'altro la stessa Bassilichi è a sua volta partecipata da fondi riconducibili direttamente alla banca Monte dei Paschi di Siena, è stata considerata illegittima da ben due gradi di giudizio nei tribunali di Siena, Mantova, Roma e Lecce, oltre alla sentenza della Corte di Cassazione che si è già pronunciata negli anni passati su altre vertenze analoghe, rilevando senza esitazione la non conformità alla legge del comportamento di tutti quei datori di lavoro che hanno strumentalmente creato «inesistenti rami d'azienda» allo scopo non di efficientare la gestione aziendale, ma di espellere dal perimetro aziendale i lavoratori così come nel caso in questione;

   dopo le note vicende di cronaca che hanno visto il crollo della banca, l'azionista di maggioranza del gruppo Monte dei Paschi è lo Stato italiano che detiene, complessivamente, il 68,2 per cento del capitale sociale, con la partecipazione diretta del Ministero dell'economia e delle finanze;

   da oltre cinque anni, è in atto un contenzioso legale fra gli stessi lavoratori e lo Stato, nella veste di principale azionista della Banca Monte dei Paschi di Siena –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, al fine di assicurare un immediato intervento volto a superare i contenziosi onerosi in atto, evitando al contempo ulteriori future azioni risarcitorie e un importante sperpero di denaro pubblico.
(5-03617)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI e BELOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   risulta agli interroganti come le tre più importanti sigle sindacali abbiano dichiarato lo stato di agitazione a seguito della comunicazione da parte dell'azienda Clouditalia/Irideos della decisione di procedere con il trasferimento di 78 lavoratori dalla sede di Arezzo a Firenze;

   le organizzazioni sindacali avrebbero altresì richiesto di aprire un tavolo di trattative con la regione Toscana e l'azienda Irideos ha comunicato come possibile prima data d'incontro quella del 28 febbraio 2020;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda descritta in premessa e quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di scongiurare il trasferimento delle attività dalla sede di Arezzo.
(4-04762)


   LUCIANO CANTONE, VILLANI e SCERRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sin dal giugno 1995 Rete ferroviaria italiana spa (Rfi) copre le croniche carenze di organico degli equipaggi delle navi in servizio sullo Stretto di Messina con chiamata dal turno generale per la stipula di contratti (prima) a viaggio, (poi) a tempo determinato per 78 giorni, utilizzando l'ufficio collocamento «Gente di mare» come se fosse una sua articolazione organizzata;

   un nutrito contenzioso è giunto all'esame della Corte di giustizia dell'Unione europea che, con sentenza del 3 luglio 2014, Fiamingo, ha riconosciuto l'applicabilità della direttiva 70/99/CE al lavoro marittimo con conseguente obbligo di osservanza per lo Stato e le società pubbliche e contestuale rinvio al giudice nazionale per la interpretazione conforme;

   nel 2015, su richiesta dei lavoratori, la capitaneria di porto ha attestato il numero di marittimi imbarcati per ogni anno e per singola qualifica, con ciò consentendo di dimostrare in modo inconfutabile il rilevante numero di lavoratori assunti a tempo determinato (in modo non conforme alla clausola di contingentamento prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) ovvero unità pari al 18 per cento dei lavoratori a tempo indeterminato);

   all'esito dei giudizi molti contratti di lavoro sono stati convertiti, sebbene con ritardo di diversi anni con l'ulteriore condanna di Rfi a corrispondere le retribuzioni maturate senza aver acquisito la prestazione lavorativa e, quindi, con successiva soccombenza, anche per somme di notevole importo, tanto da aver subito il pignoramento della nave Logudoro procedura ancora in essere. Ciò nonostante Rfi persevera nella stipula con modalità di dubbia legittimità, di contratti a termine accedendo ad una ad una interpretazione, a giudizio dell'interrogante, non conforme dell'articolo 326 cod. nav., ossia continuando ad adoperare come «clausola di sicurezza» il termine di 78 giorni che, da un lato, impedisce il trascorrere del termine massimo di un anno (ovvero, ai sensi dell'articolo 326 cod. nav. Il contratto di lavoro a tempo determinato per più viaggi se stipulato per una durata pari o superiore ad un anno si considera a tempo indeterminato) e la conversione del rapporto lasciando decorrere il termine di 60 giorni tra un contratto e, dall'altro, consente ai lavoratori di godere dei benefici della disoccupazione;

   la violazione dei principi della direttiva 70/99/CE ma anche dell'articolo 19 del Ccnl, attività ferroviarie, è secondo l'interrogante evidente così come sono palesi le esigenze permanenti e durevoli della società di armamento che annovera ormai solo lavoratori precari nella qualifica di ufficiali di macchina e marittimi con altre qualifiche;

   tale condotta incide altresì, come espressamente osservato dall'Ispettorato del lavoro con nota del 4 marzo del 2019, in modo del tutto ingiustificato, sulla spesa pubblica;

   anche la Commissione per le petizioni ha dato comunicazione al Parlamento europeo, il 30 luglio 2019, di due petizioni dichiarate ricevibili che stigmatizzavano il perpetrarsi della condotta abusiva sopra richiamata, rimettendo alla valutazione del giudice e delle istituzioni competenti l'osservanza della direttiva e l'applicazione delle relative sanzioni;

   nel quadro delineato è evidente come i motivi di reclamo esposti dai lavoratori del comparto sono più che fondati ed è urgente un intervento delle istituzioni competenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione illustrata e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per trovare una soluzione ad una situazione che si protrae da molto tempo e per far cessare i comportamenti non conformi alla legge, ripristinando il rispetto dell'ordine giuridico.
(4-04764)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIABURRO, GALANTINO e DEIDDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 gennaio 2020, a Roma, è stata presentata una relazione sulle condizioni dell'agricoltura italiana in relazione all'uso della manodopera straniera a firma Hilal Elver, Special Rapporteur delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione;

   in tale relazione sono presenti numerosi rilievi in cui si indicano «orari di lavoro eccessivamente lunghi», «salari troppo bassi per coprire i bisogni più elementari» o ancora «prodotti contaminati abbandonati nelle aree rurali, bruciati o versati nei fiumi»;

   una permanenza in Italia di soli 11 giorni per osservare l'intero comparto agricolo nazionale, peraltro nel mese di gennaio, porta ragionevolmente a considerare il carattere limitante rispetto alle esigenze osservative e critiche che una relazione di questo tipo e importanza avrebbe richiesto;

   la relatrice è stata nei principali luoghi di produzione agricola d'Italia, compresa Saluzzo, dove ha avuto modo di incontrare un esponente Caritas di «Saluzzo Migrante»;

   il tessuto imprenditoriale saluzzese legato all'agroalimentare, così come quello dell'intero Paese, rappresenta un modello virtuoso di integrazione per migliaia di lavoratori stranieri, che nel caso del polo frutticolo di Saluzzo si traduce in una realtà che crea e offre lavoro, una vera e propria realtà di integrazione dei lavoratori nel tessuto sociale locale, in armonia con la natura e l'ambiente;

   il contenuto della relazione in questione manca, inoltre, di evidenziare l'opportuna rilevanza ricoperta dalle eccellenze offerte dai territori nazionali: dal servizio offerto dai malgari nella pulizia delle aree montane agli allevatori sempre più attenti al benessere animale con stalle all'avanguardia ai frutticoltori che hanno dato lavoro diretto e indiretto a migliaia di persone nella realtà del saluzzese;

   alla luce di questi elementi, le accuse mosse nel rapporto in questione costituiscono un grave danno di immagine, turistico, commerciale ed economico al territorio, sottovalutando le difficoltà che gravano sulle spalle dell'intero comparto agricolo italiano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare:

    a) per difendere l'intero comparto agroalimentare italiano dal grave danno di immagine che la relazione di cui in premessa, ad avviso dell'interrogante, costituisce per il territorio;

    b) per affermare le caratteristiche di eccellenza della filiera agroalimentare italiana e, soprattutto, delle realtà più virtuose, come quella del saluzzese.
(5-03619)


   MANZATO, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in materia di quote latte, si sono succedute, nell'ultimo anno, sentenze e decisioni giurisdizionali nazionali ed europee, da cui è emerso con nettezza che gli organi dello Stato sono incorsi in errori nella applicazione della normativa vigente, in particolare in fase di calcolo delle multe e di riscossione;

   l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Roma (in R.G. 96592/2016) del 5 giugno 2019 si è espressa in termini estremamente netti sulla esistenza di dati falsi e di inattendibilità del sistema sul quale da anni si regge la condotta degli organi dello Stato in materia di quote latte, affermando che la falsità dei dati era nota alle Autorità, le quali, per ragioni estranee al fedele rispetto delle regole, hanno tenuto nascosto quanto emerso da una documentata relazione dei carabinieri;

   durante una trasmissione televisiva del 10 ottobre 2019 (Le Iene) è stato richiesto al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali se fosse a conoscenza del contenuto di quella ordinanza. Rispose negativamente, affermando che non era giusto che chi lavora debba pagare per errori commessi da altri in passato;

   a distanza di quattro mesi nessuna iniziativa è stata assunta o comunque resa nota dal Ministero, salvo, da ultimo, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 28 del 4 febbraio 2020 del decreto 22 gennaio 2020 (del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) contenente disciplina dei termini e delle modalità di trasmissione, in via telematica, all'agente della riscossione, dei residui di gestione dei ruoli per debiti relativi al prelievo supplementare latte, emessi da Agea o dalle regioni fino alla data del 31 marzo 2019;

   questo provvedimento dà il via ad un nuovo processo di riscossione delle multe, affidato non più ad Agea, ma all'Agenzia delle entrate-riscossione, ex Equitalia, ciò sebbene il metodo di redistribuzione delle quote latte deciso dall'Italia sia stato duramente «bocciato» dalla Corte di giustizia europea (Cgue);

   nonostante la chiarezza delle prese di posizione del giudice penale italiano e della Cgue, gli imprenditori, destinatari di multe milionarie, non vedono, da parte degli organi dello Stato, alcuna iniziativa proattiva per fare chiarezza, accertare le responsabilità ed eliminare gli errori di calcolo e interpretativi commessi, nelle more sospendendo le procedure esecutive;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha espresso il concerto al provvedimento che sblocca nuovamente le procedure esecutive che aggravano gli imprenditori coinvolti, senza aver tenuto in debito conto delle successive ed ultime decisioni giurisdizionali nazionali ed europee;

   non risulta, altresì, avere avviato alcuna attività a tutela del settore per garantire con sicurezza che non si perseveri negli errori passati, anche se il Ministro aveva rassicurato sul fatto che si sarebbe attivata in tal senso –:

   se dopo l'intervista televisiva il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali abbia preso visione dell'ordinanza del Gup di Roma e abbia avuto modo di approfondire il dossier, come annunciato pubblicamente;

   se il Governo ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché non venga dato corso alle procedure esecutive senza aver prima fatto la necessaria chiarezza sugli errori passati, pesantemente stigmatizzati dalla magistratura nazionale ed europea, motivo per il quale è stata istituita la commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte» che ha il compito di relazionare sulla correttezza delle procedure seguite e sui calcoli effettuati;

   con quali strumenti e con quale tempistica il Governo ritenga di intervenire e se ritenga di adottare, in via di urgenza, un'ulteriore iniziativa normativa sospensiva delle procedure esecutive, posto che la sospensione è scaduta il 15 luglio 2019, nelle more delle necessarie azioni di ricalcolo, di verifica e correzione degli errori, per scongiurare il fallimento delle imprese coinvolte e il tracollo del settore, a causa degli errori commessi in passato.
(5-03625)

SALUTE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:

   il 2° rapporto Apmarr-WeResearch «Vivere con una malattia reumatica», che ha visto coinvolte oltre 1.020 persone con patologie reumatologiche, è stato presentato in occasione della Giornata delle malattie reumatiche del 12 ottobre 2019;

   da tale rapporto emerge che sono oltre 5 milioni gli italiani, che convivono con malattie reumatiche, ma di questi sono ben 700 mila quelli colpiti da patologie severe, che comportano gravi problemi di disabilità. Se si aggiungono i caregiver, le cifre raddoppiano e si arriva a un esercito di quasi 1 milione e mezzo di persone che tutti i giorni devono lottare con i disagi e la sofferenza che derivano da queste malattie invalidanti;

   in Italia 7 persone su 10, con patologie reumatologiche, hanno difficoltà a svolgere le attività abituali: studio, lavori domestici, attività familiari o di svago. La condizione invalidante di queste patologie incide pesantemente anche sulla relazione sessuale con il partner causando, in 9 casi su 10, l'allontanamento o la separazione. Nella sfera lavorativa, poi, i problemi aumentano;

   lunghi sono i tempi di attesa prima di poter fare una visita o un esame specialistico in una struttura pubblica: lo denunciano 7 persone su 10 affette da patologie reumatologiche. Oltre la metà delle persone (57 per cento) lamenta l'insufficienza nel numero di centri di reumatologia presenti sul territorio. Quasi 4 persone su 10 faticano a trovare uno specialista reumatologo per le cure;

   la ragione di questi lunghi tempi di attesa è la scarsa diffusione sul territorio dei centri di reumatologia: nel 69 per cento dei casi sono completamente assenti o presenti in numero insufficiente;

   il problema della lunghezza delle liste d'attesa è particolarmente grave nel centro-sud Italia dove in 9 casi su 10 (90,6 per cento) i tempi di attesa sono eccessivamente lunghi. Ciò costringe le persone a doversi rivolgere a strutture private o a strutture lontane dal luogo di residenza, con conseguente aggravio di costi e sviluppo del fenomeno delle migrazioni sanitarie. Lo stesso discorso vale per la diffusione sul territorio dei centri di reumatologia: al centro-sud nell'84,4 per cento dei casi sono completamente assenti o in numero insufficiente, con le persone costrette a dover percorrere lunghe distanze, facendosi accompagnare da qualcuno per raggiungerli –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di aiutare e risolvere i bisogni e le esigenze delle persone affette da patologiche reumatologiche, affinché possano avere cure precoci in tempi certi, favorendo, per quanto di competenza, l'apertura di nuovi centri per la diagnosi e la cura, garantendo cure vicino a casa o a domicilio e una rete organizzativa e assistenziale che le supporti;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di valorizzare la tutela delle persone affette da malattie reumatologiche affinché abbiano pari dignità rispetto alle altre e affinché si accelerino i tempi di attuazione, in tutti i territori, del Piano nazionale delle cronicità (PNC), e affinché siano stanziate adeguate risorse dedicate al medesimo Pnc;

   se sia nell'agenda del Governo tra le prossime iniziative, anche quella della revisione dei livelli essenziali di assistenza affinché si possa accedere con maggiore facilità alle cure;

   se si intendano adottare iniziative volte ad aumentare il numero di posti nelle scuole di specializzazione, in tale settore, visto che gli specialisti in reumatologia sono sempre meno, e molti sono i posti lasciati vacanti dai tanti reumatologi andati in pensione, causando con ciò liste di attesa sempre più lunghe e determinando ritardi nella diagnosi precoce, unica arma per poter accedere a cure altrettanto precoci, in modo da migliorare il decorso della patologia.
(2-00650) «Elvira Savino».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   DE FILIPPO, GADDA e NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'immunoterapia allergene-specifica risulta, secondo le più aggiornate evidenze scientifiche, l'unica terapia che cura alla radice un'allergia ai pollini;

   la Cryptomeria Japonica, comunemente cedro rosso giapponese, è una pianta della famiglia delle cupressacee di origine orientale e presente in Europa già dall'Ottocento, il cui polline è responsabile di gravi allergie respiratorie;

   in Italia tale allergia provoca forti sintomi oculo-rinitici, forme asmatiche e forti difficoltà respiratorie ed è curata con una immunoterapia specifica sottocutanea (sospensione di estratto allergenico da iniettare per via sottocutanea), da effettuarsi per minimo tre anni;

   a quanto risulta agli interroganti il farmaco per l'immunoterapia allergene-specifica era prodotto in Italia dalla Lofarma spa, che dal giugno 2015 ha sospeso la produzione per «scarsa richiesta», ovvero per motivi economici;

   l'ambasciata italiana in Giappone ha informato nel 2015 che la Torii Farmaceutica era l'unica impresa giapponese produttrice del farmaco immunoterapico in forma sublinguale per l'allergia al polline della Cryptomeria Japonica, denominato Shidatoren, non venduto all'estero;

   l'Aifa (ticket 2015090910001698 e 2015091110001559, settembre 2015), ha informato che non può sondare officine italiane alternative per la preparazione del farmaco, essendo una preparazione su richiesta nominale del medico per singolo paziente. Inoltre, l'importazione dall'estero è subordinata alla richiesta da parte di un medico operante in una struttura pubblica o ad essa assimilata per uno specifico paziente, con costo a carico del paziente, a meno che il farmaco non venga utilizzato in regime di ricovero ospedaliero;

   peraltro, è auspicabile che si proceda all'importazione del farmaco Shidatoren, visto anche che allo stato non risultano agli interroganti altri laboratori per la produzione di un farmaco dotato di principio attivo corrispondente;

   come conseguenza della mancanza di un farmaco per l'immunoterapia allergene-specifica per la Cryptomeria laponica, difatti, l'allergologia del Policlinico Gemelli di Roma si è trovato nella condizione di sospendere le terapie in atto;

   è opportuno evitare che i cittadini italiani, colpiti dall'allergia in parola, debbano recarsi a proprie spese in Giappone per proseguire o iniziare una terapia farmacologica per l'immunizzazione –:

   quali urgenti iniziative il Ministro intenda porre in essere rispetto alle criticità evidenziate al fine di evitare in futuro la sospensione della produzione di un vaccino per motivi economici, anche a fronte di terapie già iniziate.
(5-03637)


   PINI e CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 ottobre 2019 il Governo rispondeva a una interrogazione della prima firmataria del presente atto sulla difficoltà nel reperire da parte di pazienti e medici la cannabis ad uso terapeutico; nell'interrogazione si faceva riferimento all'annullamento da parte del Ministero della difesa di un lotto bandito all'azienda «Aurora Padanios» rilevando, nello, specifico, che «un lotto vinto dall'industria Aurora Pedanios nel bando emesso dal Ministero della difesa a giugno 2019 è stato annullato a causa dell'alto contenuto di Cbd e si rischia pertanto di vedere scoperta la fornitura necessaria per il 2019»;

   a tale interrogazione il Sottosegretario per la salute delegato rispondeva con la seguente affermazione: «Quanto al lotto rifiutato dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM) a cui si fa riferimento, si precisa che, lo stesso, non risulta conforme alle specifiche EU-GMP (Good manufacturing practices dell'Unione europea), in quanto non sono stati effettuati i prescritti studi di stabilità per la definizione della validità dei lotti, per la qualità del prodotto e la sicurezza dei pazienti e dei medici prescrittori»;

   tale affermazione, ad avviso degli interroganti, contraddice palesemente quanto scritto dal Ministro della difesa nel decreto di annullamento emesso dalla Agenzia industrie difesa, in cui si legge: «Sentito il parere del Direttore dello Stabilimento Militare Chimico Farmaceutico di Firenze che, vista la sopravvenuta irrilevanza, nel quadro del fabbisogno nazionale, della tipologia Cannabis infiorescenza ad alto contenuto di CBD (lotto di gara nr. 3), ritiene non necessario l'approvvigionamento»;

   le differenti indicazioni date dai Ministeri hanno creato molta confusione tra gli operatori del settore nonché un potenziale danno reputazionale all'azienda e perplessità nei medici prescrittori –:

   quali siano nello specifico le effettive motivazioni dell'annullamento della gara in questione al fine di fare chiarezza, viste le posizioni difformi espresse dal Governo su tale questione.
(5-03638)


   MUGNAI, MAZZETTI, BAGNASCO, BOND, NOVELLI, VERSACE e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'epidemia legata alla diffusione del coronavirus, continua a contare nuovi casi e decessi a livello mondiale: ad oggi sono 1.868 i decessi, mentre i contagiati sono 72.434. Dati purtroppo assolutamente provvisori, visto il quotidiano aumento sia dei soggetti infetti che dei decessi;

   nei giorni scorsi, in occasione della presentazione di un ambulatorio a Osmannoro (Firenze) dedicato proprio a chi sta rientrando dalla Cina, il presidente della Toscana Enrico Rossi, ha dichiarato che stanno tornando, o dovrebbero tornare in questi giorni dalla Cina, 2.500 cinesi che erano andati a festeggiare il loro Capodanno in patria. Il console cinese ha parlato di 2.500 persone: 2.000 su Prato, 500 su Firenze;

   peraltro, ci si chiede se un ambulatorio possa essere adeguato a garantire sufficienti controlli per 2.500 cinesi di ritorno dalla loro madrepatria dopo il Capodanno cinese;

   a Prato vivono tra i 30 e i 40 mila cinesi tra quelli registrati e quelli clandestini. Un primato europeo, se si pensa che Prato conta 195.000 abitanti, e la comunità è, come noto, quella dove è più alta la presenza di cittadini di origine cinese, in gran parte provenienti dallo Zhejiang, quarta regione cinese interessata per numero di casi accertati del coronavirus. Non si può escludere la possibilità che tra i rientrati, o rientrandi, ci siano persone positive al virus;

   è evidente che la Toscana, in questa occasione si muove e decide in netta controtendenza rispetto al resto del Paese e del resto del mondo, dove invece vengono prese tutte le cautele e le precauzioni possibili per evitare il diffondersi del contagio;

   peraltro, la quarantena volontaria alla quale si stanno sottoponendo i membri della comunità cinese di Prato e dintorni, sfugge a controlli di sicurezza e non ha responsabili di riferimento. C'è il rischio che la buona volontà non sia sufficiente. Sotto questo aspetto, si è sottolineato che servirebbe una cabina di regia, con al centro il commissario straordinario, che coinvolga anche Asl, comuni, regione e prefettura, con opportuni stanziamenti di risorse da parte del Governo –:

   se non ritenga di adottare quanto prima le iniziative di competenza per garantire tutte le indispensabili misure di prevenzione sanitaria, necessarie a gestire il rientro in Toscana, e in particolare a Prato e a Firenze, di circa 2.500 persone rientranti dalla Cina.
(5-03639)


   BOLOGNA, GRILLO, MASSIMO ENRICO BARONI, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TROIANO, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, MAMMÌ e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   gli organi d'informazione hanno dato diffuso risalto alla morte di una giovane ragazza di 16 anni, Aurora Grazini, dimessa poche ore prima dall'ospedale dei Belcolle, in provincia di Viterbo, ove la stessa si era recata presso il pronto soccorso poiché accusava da giorni un malessere generale;

   sempre dagli organi d'informazione emerge che la ragazza si era recata al pronto soccorso perché negli ultimi tempi accusava malori e aveva perso molto peso. Sembra che i medici, dopo alcuni accertamenti generali e non diagnostici/strumentali, abbiano deciso di dimetterla prescrivendole l'En, cioè una benziodiazepina con funzioni ansiolitiche, poiché avevano ritenuto che il malessere della ragazza fosse riconducibile ad un disagio di natura psicologica;

   risulterebbe che la procura di Viterbo abbia aperto un'inchiesta per accertare i fatti accaduti e che il Ministro abbia inviato una taskforce di ispettori del Ministero all'ospedale di Belcolle per far luce sull'accaduto;

   l'assessore alla sanità e l'integrazione sociosanitaria della regione Lazio, Alessio D'Amato ha dichiarato che «è stato immediatamente disposto dal Sistema sanitario regionale l’audit clinico sul decesso della giovane Aurora Grazini per verificare le procedure cliniche eseguite presso l'ospedale prima delle dimissioni. L'Azienda sanitaria di Viterbo è a completa disposizione dell'autorità giudiziaria per stabilire le cause del decesso»;

   i fatti hanno profondamente colpito l'opinione pubblica, come sempre accade quando si tratta di giovani vite, rinforzando altresì l'idea che si sia trattato di una terribile caso di malasanità;

   appare pertanto doveroso risalire alle cause del decesso, sia per dare una risposta al dolore della famiglia, sia per individuare eventuali responsabilità –:

   in riferimento ai fatti accaduti e descritti in premessa, quali siano, per quanto di competenza, le prime risultanze degli accertamenti condotti fino ad ora.
(5-03640)


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Cem centro di educazione motoria, di Roma, è una struttura di riabilitazione attiva gestita dalla Croce rossa italiana in convenzione con il sistema sanitario regionale, che offre i servizi di attività residenziale, semi-residenziale, ambulatoriale e domiciliare;

   il centro è un'eccellenza nel campo dell'assistenza alle persone con gravi problemi di disabilità psicomotoria;

   già in passato la struttura ha scongiurato il pericolo di essere chiusa per problemi burocratici, grazie anche alle battaglie portate avanti dalle famiglie delle persone assistite, al fine di poter continuare a garantire loro l'assistenza adeguata e il giusto rapporto operatori-utenti;

   nonostante ciò, ancora una volta, quaranta pazienti ricoverati al Cem sono rimasti con un solo infermiere, come denunciato dalle famiglie dei ragazzi ospiti del centro: «È il primo gennaio 2020. Al Cem la giornata è iniziata con la presenza di un solo operatore su due gruppi, composti dalla presenza di venti ragazzi. L'assistenza sotto i limiti della dignità, poiché la presente ha dovuto provvedere a tutto ciò che riguarda i ragazzi da sola. Lavarli, cambiarli e dargli da mangiare. Se questo è il modo di intendere l'assistenza a ragazzi con grave disabilità e inammissibile»;

   la gravissima carenza assistenziale avrebbe costretto molti giovani pazienti a rimanere a letto, giorno e notte, senza cura della persona, né della dovuta somministrazione dei pasti;

   tale situazione ha costretto i familiari dei pazienti a correre ai ripari, sostituendosi al personale mancante, in attesa di una soluzione che tarda ad arrivare;

   le istituzioni non possono permettere che venga portato al collasso un servizio che lavora per l'inclusione sociale di ragazzi, ai quali la vita ha purtroppo riservato un percorso già difficile;

   ai servizi offerti dall'ambulatorio dell'età evolutiva del Cem di Roma sono legate le speranze per tanti bambini e ragazzi e per le loro famiglie di condurre una vita migliore –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la salvaguardia del diritto alla salute e l'adeguata assistenza dei pazienti, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di confronto tra il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, la Croce rossa italiana e la regione Lazio, al fine di trovare la soluzione migliore per evitare il ripetersi dei disagi descritti e il protrarsi di una situazione precaria che si trascina da anni.
(5-03641)


   PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO e RIBOLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 537, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha previsto la creazione di elenchi speciali ad esaurimento, tutelando la posizione di quei lavoratori che hanno esercitato una professione sanitaria per un periodo superiore a 36 mesi negli ultimi dieci anni e non dispongono di un titolo idoneo per iscriversi nei nuovi albi professionali;

   il decreto del Ministro della salute 9 agosto 2019 ha precisato che, per i lavoratori autonomi, il periodo di attività può essere documentato: «I. dal possesso di partita IVA fin dall'inizio dell'attività libero professionale e/o la copia dei contratti delle collaborazioni espletate; II. dalla documentazione fiscale comprovante lo svolgimento dell'attività professionale nel mese di riferimento; III. da ogni altro eventuale atto utile a dimostrare l'effettivo svolgimento dell'attività professionale dichiarata»;

   dalla disposizione sopra citata appare evidente l'intento del Ministero di ammettere la prova dell'effettivo svolgimento dell'attività attraverso qualsiasi «atto utile», e non già solamente mediante alcuni documenti fiscali predeterminati;

   in fase di valutazione delle domande, tuttavia, risulta agli interroganti che i competenti organi collegiali abbiano espressamente richiesto, a dimostrazione del periodo di attività, l'inoltro da parte del professionista di un determinato numero di fatture;

   alcune associazioni hanno sollevato perplessità, supportate da pareri di studi legali e consulenti fiscali, rilevando come le fatture non possano essere individuate alla stregua di un documento fondamentale per dimostrare la continuità dell'attività, alla luce del tenore letterale della disposizione sopra citata; tra l'altro, per le limitate informazioni che vi sono riportate, le fatture non consentono neppure una reale valutazione del periodo lavorativo;

   inoltre, l'utilizzo della fattura con i dati del paziente espone il professionista che l'ha rilasciata e l'Ordine che la visiona al mancato rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali e a relative sanzioni;

   a quanto consta agli interroganti, sulla questione, l'Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica (Tsrm) e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Pstrp) si è limitato, per il momento, ad inoltrare il parere di uno studio di commercialisti a favore dell'utilizzo delle fatture; parere che, peraltro, si porrebbe in contrapposizione con quelli espressi dai professionisti consultati dalle associazioni –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per chiarire, anche attraverso una circolare interpretativa, che la produzione delle fatture non costituisce un elemento indispensabile per dimostrare l'effettivo svolgimento del periodo di attività lavorativa richiesto ai fini dell'iscrizione negli elenchi speciali.
(5-03642)

Interrogazioni a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la comunità cinese di Prato è originaria dello Zhejiang, la quarta regione cinese interessata per numero di casi accertati di infezione del cosiddetto «corona virus», con 1.162 casi accertati;

   questa comunità intrattiene, come ovvio, importanti rapporti con la madrepatria e, proprio in queste ultime settimane, moltissimi spostamenti da e per la Cina erano stati programmati per i festeggiamenti del capodanno cinese. A seguito dell'interruzione del sistema di collegamento aereo dovuto al blocco sanitario precauzionale contro il cosiddetto «corona-virus», molti cittadini cinesi sono rimasti bloccati nella madrepatria in attesa di rientro in Italia;

   la circostanza è confermata dal direttore generale dell'Asl Toscana centro, Paolo Morello Marchese, il quale riporta il dato di 2.500 persone che dovranno rientrare in Italia diretti in Toscana. Tale numero è stato infatti esternato dalle autorità consolari cinesi di Firenze;

   il 15 febbraio 2020, la regione Toscana ha sottoscritto un protocollo di collaborazione con il console della Repubblica popolare cinese Wang Wengang per predisporre l'operatività di un ambulatorio presso la località Osmannoro, dedicato alle persone di rientro dalla Cina per la pronta diagnosi dei casi sospetti di sintomatologia respiratoria acuta, potenzialmente ricollegabile a «Covid-19». Il protocollo si basa fondamentalmente solo su di un sistema di sensibilizzazione dei cittadini già rientrati in Toscana e volto a stimolare la sottoposizione a visita ambulatoriale dopo la eventuale emergenza di una sintomatologia –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei contenuti dell'accordo sottoscritto tra regione Toscana e le autorità diplomatiche cinesi;

   se e quali iniziative immediate si intendano assumere per garantire precauzioni volte a prevenire rischi di diffusione da corona-virus, quali la quarantena dei soggetti in fase di rientro.
(4-04765)


   GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre del 2018 è stato approvato dal Ministero della salute il documento in materia di Governance del farmaco redatto da un tavolo di esperti composto da rappresentanti di Aifa (Agenzia italiana del farmaco), del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico dal coordinatore tecnico della commissione Salute della Conferenza delle regioni e delle province autonome e dal coordinatore del tavolo tecnico sulla farmaceutica della stessa conferenza;

   al punto w) «Delibera Cipe 2001» del documento in materia di Governance del farmaco è indicato come sia: «necessaria una revisione e aggiornamento dei contenuti della delibera Cipe del 2001, per tener conto dell'evoluzione intervenuta nel settore farmaceutico e in coerenza con gli indirizzi forniti nel presente documento»;

   l'articolo 1 – comma 553 – della legge 30 dicembre 2018 n. 145 prevede come: «tenuto conto che il farmaco rappresenta uno strumento di tutela della salute e che i medicinali sono erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, in quanto inclusi nei livelli essenziali di assistenza, al fine di garantire criteri aggiornati all'evoluzione della politica farmaceutica nella fase di negoziazione del prezzo dei farmaci tra l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e l'azienda farmaceutica titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), entro il 15 marzo 2019. con decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono dettati i criteri e le modalità a cui l'AIFA si attiene nel determinare, mediante negoziazione, i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.»;

   per la definizione del decreto che detta i criteri e le modalità a cui l'Aifa attiene nel determinare, mediante negoziazione, i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, sono state udite le associazioni rappresentative delle imprese del farmaco in data 1° marzo 2019 e 28 e 29 maggio 2019;

   in data 1° agosto 2019 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha reso il proprio parere favorevole decreto trasmesso con protocollo 0007329-19/072019-GAB-GAB-P;

   in data 18 dicembre 2019 – Rep. Atti n. 209/CSR – è stata siglata l'Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano concernente il Patto per la salute per gli anni 2019-2021. Nella scheda 6 «Governance farmaceutica e dei dispositivi medici» è previsto come: «la tutela della sostenibilità del SSN è responsabilità di tutti gli attori coinvolti nel sistema a vario titolo, pertanto si conviene sulla necessità di revisionare e ammodernare la governance della farmaceutica e dei dispositivi medici al fine di migliorare la capacità di governare l'innovazione e migliorare l'efficienza allocativa delle risorse. A tal fine si conviene di sviluppare i due documenti di governance già elaborati dai gruppi di lavoro Ministero-Regioni.»:

   il decreto previsto all'articolo 1 – comma 553 – della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 n. 145 di fatto sostituisce la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 3/2001 recante «Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci» del 1° febbraio 200, datata quindi di 19 anni –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire quando sarà adottato, con la conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Decreto di cui all'articolo 1 – comma 553 – della legge 30 dicembre 2018 n. 145.
(4-04767)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° luglio 2019 la Jp Industries, azienda del settore degli elettrodomestici bianchi che nel 2011 ha rilevato il ramo d'azienda dell'ex Antonio Merloni, in amministrazione straordinaria, è interessata da una procedura di concordato con riserva e a gennaio 2020 è stato presentato il piano industriale al tribunale fallimentare di Ancona;

   il progetto del proprietario Giovanni Porcarelli stabilisce la nascita di una new company, che si avvarrebbe di soli 248 lavoratori dei 593 dipendenti attuali (545 operai e 48 impiegati);

   per i sindacati si tratta di un piano di ristrutturazione del debito inaccettabile ribadendo che «si deve costruire un progetto totalmente diverso, un percorso che tenga insieme tutti i dipendenti nel miglior modo possibile»;

   Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil hanno rimarcato che i lavoratori dei due stabilimenti di Fabriano (Santa Maria e Maragone) e di Nocera Umbra (Perugia) sono ormai stremati da ben otto anni di ammortizzatori sociali: il 20 dicembre 2019 il Ministero ha autorizzato il rinnovo della cassa integrazione fino al 31 luglio;

   apparirebbe necessaria e urgente poi l'individuazione di un partner industriale per la new company che per ora l'attuale proprietà sembrerebbe non aver trovato;

   il 13 febbraio 2020 sindacati e impresa sono stati ricevuti, informalmente e separatamente, al dicastero dello sviluppo economico e in tali incontri è stato assicurato l'impegno del Governo «a partire dagli ammortizzatori sociali, per proseguire con incentivi e finanziamenti nell'ambito dei contratti di sviluppo» al fine di «garantire la continuità dell'azienda e della produzione, tutelando al massimo i livelli occupazionali»;

   si attende che il tribunale di Ancona si esprima sulla richiesta di concordato presentata dall'azienda dal cui buon esito dipende tutto l’iter e, nel contempo, è stato sottoposto il piano industriale alla valutazione di Invitalia con la quale il Governo si sta consultando relativamente all'area di crisi complessa della ex Merloni, essendoci risorse ingenti non utilizzate nel corso degli anni che possono essere impiegate per rianimare il tessuto imprenditoriale di Marche e Umbria –:

   come intenda intervenire il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per garantire la continuità dell'azienda Jp Industries e della produzione, anche a tutela dei livelli occupazionali.
(5-03626)


   SUT, GIARRIZZO, RIZZONE, SCANU, ALEMANNO e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, è intervenuto sulla disciplina dell'assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico, disponendo la regionalizzazione della proprietà delle opere idroelettriche alla scadenza delle concessioni e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse;

   le regioni, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, possono assegnare le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche ad operatori economici individuati attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, e a forme di partenariato pubblico-privato;

   le regioni disciplinano con propria legge, entro il 13 febbraio 2020 e comunque non oltre il 31 marzo 2020, la definizione dei criteri di ammissione e di assegnazione — ossia i criteri di aggiudicazione — e i requisiti di capacità finanziaria organizzativa e tecnica sulla scorta dei requisiti minimi individuati dalla norma nazionale;

   le procedure di assegnazione delle concessioni sono avviate entro due anni dall'entrata in vigore della legge regionale e, nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata, si prevede l'esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato demandando ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, entro il 31 dicembre 2021, l'individuazione delle modalità e delle procedure di assegnazione applicabili;

   per le concessioni con scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ivi incluse quelle già scadute, è demandata alle regioni la fissazione, non oltre il 31 marzo 2020, di modalità, condizioni e quantificazioni dei corrispettivi a carico del concessionario uscente per la prosecuzione per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni oltre la scadenza e per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2023 –:

   quali siano le regioni che, allo stato attuale, risultano non aver ancora disciplinato con propria legge le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni a scopo idroelettrico.
(5-03627)


   NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edilizia rappresenta da sempre un settore trainante del sistema economico ed occupazionale del nostro Paese;

   si tratta di un comparto che ha registrato una gravissima crisi negli ultimi anni determinando in Italia la chiusura di circa 130 mila imprese e la perdita di 640 mila posti di lavoro;

   l'ultimo rapporto dell'Osservatorio congiunturale sull'industria delle costruzioni dell'Ance, pur registrando da tre anni una moderata inversione di tendenza, ha comunque rimarcato che i recenti dati positivi non rappresentano un aumento in grado di segnare una vera svolta e di stabilizzare un settore che negli ultimi 11 anni si è ridotto ai minimi storici;

   il valore della produzione in Italia del settore delle costruzioni è rappresentato per il 74 per cento dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio e delle infrastrutture esistenti;

   un fattore importante per la crescita degli investimenti nella riqualificazione del patrimonio è rappresentato dagli incentivi per l'efficienza energetica, che hanno svolto un'azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla forte crisi che ha interessato il mercato delle nuove costruzioni;

   tali incentivi hanno quindi anche rappresentato, promuovendo la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, politiche efficaci di risparmio energetico, di contrasto al consumo di suolo e messa in sicurezza degli edifici;

   alla luce delle varie tipologie di incentivi (che riguardano ad esempio, la ristrutturazione edilizia, la manutenzione straordinaria, il risparmio energetico, l'abbattimento delle barriere architettoniche, la bonifica amianto, gli interventi antisismici, la riqualificazione di facciate e parti comuni del condominio), che prevedono differenti percentuali di detrazione da «spalmare» in tempi diversi e tetti di spesa massima variabili, è ormai necessario un coordinamento del quadro normativo esistente per renderlo organico e in grado di dare stabilità agli investimenti di famiglie e imprese;

   sarebbe, quindi, opportuno elaborare un provvedimento organico se cui inserire tutti gli incentivi legati all'edilizia, anche al fine di promuovere una maggiore consapevolezza di tali strumenti nei confronti dei cittadini, incentivando il loro funzionale utilizzo –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di rilanciare e sostenere il comparto produttivo dell'edilizia favorendo una filiera produttiva italiana legata alla riqualificazione energetica e alla riconversione ecosostenibile.
(5-03628)


   FIORINI, BARELLI, CARRARA, SQUERI, POLIDORI e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011, il gruppo Lovol Heavy Industry Co. Ltd, costruttore cinese di macchine agricole, avvia una serie di acquisizioni di imprese italiane operanti nello stesso settore. Acquisito il marchio Arbos, di cui utilizza il know how industriale, costituisce una holding, la Lovol Arbos Group Spa, con il quale nel 2015 procede al salvataggio della Goldoni spa, impresa emiliana produttrice di trattori, andata in crisi a causa della contrazione del mercato di quegli anni;

   per la Goldoni Arbos segue un periodo di ammodernamenti delle linee produttive nello stabilimento di Migliarina di Carpi, di modifica all'approccio produttivo (2017), che viene orientato in funzione degli ordini, ma soprattutto di perfezionamento della gamma di trattori (2018) la cui ingegneristica è sviluppata in Italia ma prodotta nelle parti più importanti in Cina, in stabilimenti che, a detta delle maestranze italiane, sono radicalmente progrediti negli ultimi 5 anni grazie know how italiano;

   tali azioni consentono al marchio Arbos di competere da protagonista sul mercato europeo;

   tuttavia, il 14 febbraio 2020 la direzione aziendale ha comunicato alla rappresentanza sindacale dello stabilimento ex Goldoni di aver depositato al tribunale di Modena l'avvio di una procedura concorsuale di concordato preventivo. Secondo notizie assunte dai lavoratori a fine 2019 la fabbrica si è fermata per fare inventario e da allora non ha più prodotto, nonostante un rilevante portafoglio ordini, né ha pagato i fornitori;

   il concordato preventivo mette a rischio il futuro di 240 dipendenti e congela i debiti verso fornitori, con evidenti conseguenze per tutta la filiera collegata allo stabilimento. L'assemblea dei lavoratori ha chiesto il ritiro immediato della procedura concorsuale, la continuità produttiva, il pagamento dei fornitori e la convocazione di un tavolo istituzionale per affrontare la situazione;

   il comparto industriale agromeccanico italiano è all'avanguardia a livello internazionale, fattura (2018) 7,9 miliardi di euro, di cui 5,2 derivanti dall’export. L'Italia necessita di ammodernare un parco macchine da 1,5 milioni di trattori con un'età media di 25 anni, anche per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti fissati dall'Unione europea –:

   se non ritenga opportuno convocare, per quanto di competenza, un tavolo istituzionale per definire la situazione della Arbos Goldoni, ma anche per valutare quella che appare agli interroganti come una delocalizzazione di un'impresa strutturalmente sana e la sottrazione di un know how nazionale d'avanguardia.
(5-03629)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRAGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   esiste una strutturale criticità relativa al tenore della qualità dell'aria, in particolare nella zona della pianura padana, pesantemente esposta a fenomeni di ristagno delle polveri sottili per questioni di morfologia territoriale e di concentrazione di popolazione e attività produttive e tale da rendere molte città italiane tra le più inquinate d'Europa;

   le polveri sottili (il cosiddetto Pm10, il cui 60 per cento è composto da particelle più piccole ovvero dal cosiddetto Pm2,5 – polveri ultrasottili – capaci di raggiungere in 30 giorni le porzioni alveolari dei polmoni) ed altri inquinanti dell'aria causano fra i sei e i sette milioni di decessi prematuri nel mondo per l'esposizione ad agenti inquinanti, come censito dal Global environment outlook dell'Onu presentato il 13 marzo 2019 all’United Nations environment assembly, oltre 400.000 in Europa e circa 90.000 in Italia;

   da un'analisi dell'Ispra del 2016, il settore residenziale – ad esempio riscaldamento degli edifici – è il maggiore responsabile dell'emissione delle polveri ultrasottili con una quota del 60 per cento, seguito dal settore dei trasporti con il 16 per cento. Il settore del riscaldamento e condizionamento è responsabile del 50 per cento nella domanda di energia per usi finali nella Ue, e l'80 per cento di questa domanda origina nelle città;

   il 70 per cento della domanda complessiva per riscaldamento e condizionamento è ancora oggi soddisfatta con fonti fossili, nonostante siano localmente disponibili ingenti quantità di calore di scarto, che possono essere recuperate mediante sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento, tecnologia che innegabilmente risulta un fattore chiave per la transizione energetica;

   il settore del teleriscaldamento è tra quelli che maggiormente possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi del piano energia e clima (Pniec) in ragione, in particolare, sia delle potenzialità del comparto nel contenimento delle importazioni di combustibili fossili dall'estero (grazie agli insuperabili livelli di efficienza della produzione combinata di energia elettrica ed energia termica) e nella riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti (grazie all'utilizzo di fonti rinnovabili, recupero di calore di risulta da processi produttivi e di conversione energetica, utilizzo di tecnologie efficienti quali la cogenerazione), sia del positivo contributo alla qualità dell'aria nei centri urbani (grazie alla sostituzione di innumerevoli impianti condominiali a maggiore impatto emissivo);

   il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, prevede un regime di sostegno alla cogenerazione per teleriscaldamento individuato nei «titoli di efficienza energetica»;

   nel citato decreto-legge era previsto che il Ministro dello sviluppo economico avrebbe dovuto definire criteri e modalità di accesso al regime di sostegno con apposito decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;

   il suddetto decreto-legge, poi convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, entrata in vigore il 6 dicembre 2017, ha previsto il termine di emanazione entro il 6 marzo 2018 –:

   quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione del sopraccitato decreto attuativo, penalizzante rispetto allo sviluppo di una tecnologia con tale elevato potenziale di beneficio a livello energetico e ambientale, e se e quando il Ministro dello sviluppo economico intenda emanarlo.
(5-03615)


   CASO, MANZO, BUOMPANE, VILLANI, NAPPI, SARLI, IORIO, CANCELLERI, MAGLIONE, ZANICHELLI, DEL MONACO, MARTINCIGLIO, ADELIZZI, MISITI, TRIZZINO, DONNO e GRIMALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   numerosi cittadini segnalano agli interroganti la mancata predisposizione di preventivi, da parte delle imprese assicurative, per l'assegnazione della classe di merito più favorevole ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 134, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 209 del 2005, Codice delle assicurazioni private (CAP) così come modificato dall'articolo 55-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 125 del 2019 (di seguito, Rca familiare). Tra le segnalazioni pervenute si riscontra, altresì, la limitazione della fruizione della Rca familiare alla condizione che tutti i veicoli interessati siano assicurati presso la medesima impresa assicurativa;

   una notizia di stampa su «la Repubblica» riporta una dichiarazione dell'amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbi in merito alla norma così detta «RCA familiare»: «Le compagnie aumenteranno i prezzi e rivedranno le componenti tariffarie per far sì che questa operazione sia un gioco a somma zero (...) Effetti sui nostri conti», ha detto Cimbri agli analisti, «ne stimiamo zero»;

   le dichiarazioni rese dall'amministratore delegato di Unipol a giudizio dell'interrogante non apparirebbero compatibili con le disposizioni di cui all'articolo 29-bis del codice delle assicurazioni, né con i criteri di determinazione delle tariffe previste dal Cap e delle connesse disposizioni attuative;

   l'articolo 4 del (Cap) attribuisce al Ministro l'adozione dei provvedimenti previsti dal medesimo codice nell'ambito delle linee di politica assicurativa determinate dal Governo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle attività del comitato di cui all'articolo 136 del codice delle assicurazioni private, al fine di:

    a) osservare l'andamento degli incrementi tariffari e verificare se la mancata predisposizione di preventivi ai sensi delle nuove disposizioni di cui all'articolo 134, comma 4-bis, del Cap sia conforme alle disposizioni normative di settore;

    b) analizzare la conformità delle condizioni poste dall'impresa assicurativa alla fruibilità dell'assegnazione della classe di merito più favorevole, ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 134, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 209 del 2005 così come modificato dall'articolo 55-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 125 del 2019, con il decreto legislativo n. 209 del 2005 e le disposizioni normative di settore;

    c) valutare se le disposizioni di cui all'articolo 134, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 209 del 2005 così come modificato dall'articolo 55-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 125 del 2019 e le connesse disposizioni normative di settore siano sufficienti ad evitare un aumento generale del costo delle tariffe che le imprese assicurative intendono porre in essere per compensare la riduzione del costo unitario della tariffa per i singoli assicurati in conformità alle nuove disposizioni di cui al citato articolo 134, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 209 del 2005;

    d) introdurre un sistema di analisi e controllo dell'andamento del costo delle tariffe utile a verificare la congruità al Codice delle assicurazioni private ed alla normativa di settore dell'attività delle imprese assicurative ed evitare aumenti contrari alla normativa vigente.
(5-03623)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASA, LATTANZIO e VILLANI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale n. 95 del 12 febbraio 2020, in attuazione del decreto- legge n. 1 del 2020, recante «Disposizioni urgenti per l'istituzione del Ministero dell'istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca», è stata autorizzata l'attivazione, da parte degli atenei che ne hanno fatto richiesta, dei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico per gli alunni con disabilità;

   all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 95 del 2020 per l'organizzazione delle prove d'accesso e del percorso di formazione si rimanda all'articolo 3 del decreto ministeriale n. 92 del 2019 «Requisiti di ammissione e articolazione del percorso»;

   tuttavia il decreto ministeriale n. 92 del 2019 evidenzia alcune criticità sui meccanismi delle assenze, criticità che si rilevano soprattutto in riferimento al comma 4 dell'articolo 3, che prevede che «le assenze sono accettate nella percentuale del 20 per cento di ciascun insegnamento. Il monte ore relativo è recuperato attraverso modalità definite dai titolari degli insegnamenti. Per il tirocinio e per i laboratori vige l'obbligo integrale di frequenza delle attività previste»;

   va tenuto conto che l'obbligo integrale di frequenza delle attività previste per il tirocinio e i laboratori è una condizione poco sostenibile per i corsisti, in quanto li sottopone al rischio di essere esclusi dal tirocinio formativo attivo anche per una sola assenza. Si ricorda, a tal proposito, che l'accesso al corso avviene dopo una complessa valutazione in entrata, costituita da due prove scritte e una prova orale e che ha un costo medio che oscilla tra i 2.000 e i 3.500 euro a discrezione del singolo ateneo;

   l'interrogante aveva già sollevato la questione con l'interrogazione a risposta orale n. 3-00808 del 20 giugno 2019, senza ricevere peraltro alcuna risposta;

   sarebbe opportuno rivedere le procedure riguardo alle assenze; in particolare, potrebbe apparire utile considerare le assenze dei partecipanti sul computo totale delle ore di formazione universitaria o, in alternativa, prevedere meccanismi di recupero dei laboratori e del tirocinio indiretto universitario –:

   se i Ministri siano a conoscenza di quanto esposto e se sia loro intendimento prevedere un diverso meccanismo nel computo delle assenze per il V ciclo di tirocinio formativo attivo sostegno che tenga conto delle necessità dei corsisti.
(5-03624)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 16 febbraio 2020 sul sito «fanpage.it» si apprende che una studentessa ventenne che frequenta l'Accademia di belle arti di Napoli avrebbe subito molestie sessuali da un suo professore;

   nelle ultime ore gli avvocati difensori del docente, personaggio noto nel mondo dello spettacolo, attraverso un comunicato hanno respinto ogni addebito e smentito qualsiasi ipotesi di abuso o violenza;

   la studentessa, in un video inviato alla testata online fanpage.it, parla di imposizione, di ordini e di minacce da parte del docente che avrebbe preteso dalla stessa l'invio di foto hard, rapporti fisici e addirittura l'imposizione di un determinato abbigliamento, dietro la minaccia di una bocciatura;

   a sostegno della sua tesi la giovane sarebbe in possesso di messaggi audio Whatsapp e screenshot dal cellulare;

   al momento, sempre secondo il sito «fanpage.it» il professore in questione sarebbe in malattia e le sue lezioni gestite da una commissione;

   sul social network Facebook la studentessa si sarebbe sfogata affermando testualmente «prendo un anti-depressivo estremo, tre volte al giorno e ansiolitici. Una cura estrema per i danni che mi avete inflitta», e confessa di aver tentato anche il suicidio;

   il racconto della studentessa continua, con la stessa che dichiara di sentirsi in trappola, manipolata e destabilizzata. Lei avrebbe raccontato al professore le sue fragilità e lui alternava momenti in cui la minacciava e momenti in cui si dimostrava disponibile, momenti in cui sembrava che tenesse a lei e momenti in cui inviava messaggi audio dal contenuto disgustoso;

   infine, la giovane studentessa sostiene di non essere l'unica ad essere stata molestata e che, anzi, nella sua classe sarebbero state molestate tante ragazze, a dimostrazione dell'esistenza di altre storie simili, con un analogo schema iniziale che prevedeva preliminarmente la conoscenza a mezzo social e in alcuni casi, un film al cinema;

   il direttore dell'Accademia di belle arti, Giuseppe Gaeta, avrebbe chiesto di essere ascoltato in procura, ma non è dato sapere come si sia mossa l'istituzione universitaria per tutelare non solo la sua immagine ma anche la serenità degli studenti da quando si è venuti a conoscenza della denuncia di molestie fino ad oggi;

   a parere dell'interrogante si è di fronte ad una delicatissima vicenda che andrà tutta verificata e riscontrata, ma se rispondesse al vero è dovere del Ministero intervenire immediatamente per contribuire, per quanto di competenza, a fare chiarezza e prendere gli opportuni provvedimenti –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per contribuire a fare massima chiarezza su quanto accaduto;

   se intenda assumere tutte le opportune iniziative di competenza, a partire dalla promozione di iniziative ispettive così da poter restituire serenità agli studenti dell'Accademia di belle arti di Napoli e dimostrare la propria vicinanza e il proprio sostegno alla studentessa presunta vittima di molestie sessuali da parte di un professore;

   se sia a conoscenza di quali iniziative siano state intraprese dall'Accademia delle belle arti di Napoli non appena la stessa ha appreso della denuncia di una sua studentessa per molestie sessuali subite da un professore della stessa Accademia.
(4-04771)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e altri n. 4-02560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Raduzzi, Scagliusi, Migliorino, Carabetta, Berti, Lombardo, Zennaro, Romaniello, Sabrina De Carlo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Marino e altri n. 3-01320, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Perantoni.

  L'interrogazione a risposta scritta Cassinelli n. 4-04754, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bagnasco, Mulè.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gadda n. 5-02228 del 5 giugno 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Pini n. 5-03410 del 17 gennaio 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Nardi n. 5-03477 del 4 febbraio 2020;

   interpellanza urgente Cappellacci n. 2-00645 del 14 febbraio 2020;

   interrogazione a risposta scritta Fitzgerald Nissoli n. 4-04718 del 14 febbraio 2020.